Ladri di sogni

di Poetessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ladra di sogni ***
Capitolo 2: *** The end ***
Capitolo 3: *** La preda ***
Capitolo 4: *** Christie ***
Capitolo 5: *** Il cacciatore ***
Capitolo 6: *** Condizioni ***
Capitolo 7: *** Vittime ***



Capitolo 1
*** Ladra di sogni ***


Note dell’autrice:

Ho sempre pensato che i sogni fossero qualcosa di intimo e profondo. Qualcosa che si custodisce con cura e che infiamma il cuore.

Continuano a dirmi di credere nei miei sogni, di alimentarli. E’ un po’ che non scrivevo, e ora che voglio ricominciare credo di poter ripartire solo da qui: da un sogno.

Questa è una prima stesura della storia, potrebbero esserci modifiche in futuro.

Vi auguro una buona lettura!

Poetessa

 

 

~ Ladra di sogni  ~

 

La cosa più bella che ci si porta dietro sono i sogni. Quelli che la notte ti tengono compagnia e di giorno ti impegni ad inseguire. Quelli che hai nel cuore. Che il cuore te lo fanno battere. Forte, sempre più forte ogni volta che si realizzano.

Quelli per cui dedichi tutta una vita.

Io non posso sognare. Non mi è permesso.

Il cuore di qualcun altro batte al mio posto, vive i sogni che io non posso avere. Mentre il mio si spegne. 

Allora ho capito che se non posso vivere dei miei di sogni, avrei dovuto vivere dei loro. A costo di strapparglieli. Ho iniziato a rubare i sogni, solo dopo ho capito a cosa significava. Quando era troppo tardi.

 

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Capitolo 2
*** The end ***


Note dell’autrice:

Inizia così: dalla fine. Da un sogno spezzato, per poterlo poi vivere dall’inizio. Apprezzarlo, desiderarlo. Perché solo quando si perde qualcosa se ne capisce l’importanza.

Poetessa

 

 

~ The end  ~

 

Mi voleva bene.

Anche se di giorno ero la ragazza che desiderava e di notte il suo incubo. Mi amava, per quello che ero, per il destino che avevo.

Avrei voluto salvarlo. Ma non mi è stato permesso. L’ho condannato il giorno in cui ho sentito il suo cuore battere, ancora prima di conoscerlo.

La lapide è troppo bianca, troppo fredda. Il vento sferza sui miei capelli e tra i fiori che tengo fra le mani. Il prato è deserto. E’ notte e non sto dormendo. Non dormo più. Una parte di me si è spenta per questo. Voglio essere solo quello che lui amava. Finché riesco.

Feli mi aspetta all’ingresso, oltre il cancello di ferro. Avvolto dalla nebbia. Fuma. La punta della sigaretta accesa si staglia nel buio. Lui è solo un’ombra che si confonde con lo sfondo. Non voleva lasciarmi sola, ma non è voluto entrare.

Non dovremmo essere qui. Il cimitero è chiuso e le telecamere registrano i movimenti tra le tombe. Ma io non mi muovo. Piango. Piango sulla scritta incisa nel marmo, piango sui fiori secchi che ho portato. Piango per soffocare il dolore. Io, io che non ho pianto mai, che ho visto il sangue fluire dai loro corpi senza paura, che ho sentito le loro labbra supplicare pietà, che li ho lasciati morire.

Questa volta è diverso, tutto è diverso. Lui era diverso. Lui aveva capito, mi era stato vicino. Troppo vicino. Così vicino da farsi male.

La torcia del guardiano notturno si sposta frenetica tra le aiuole. Non posso restare. Lascio i fiori sul prato, non ho il coraggio di sistemarli nel vaso. Una rosa bianca appassita, tra le margherite. Mi pungo di proposito con una spina. Il sangue fluisce lento e caldo sulla mia mano.  La appoggio sulla tomba e faccio scorrere le dita sul suo nome.

I passi del guardiano si fanno sempre più vicini. Devo andare via. È così poco il tempo che ho a disposizione. Mi sollevo. Corro senza toccare il terreno, sfiorandolo appena. Poi quel salto oltre il muro, deciso. Atterro con entrambi i piedi dall’altro lato nell’istante in cui la torcia illumina la scritta macchiata di rosso.

Feli getta il mozzicone sull’asfalto e lo calpesta con il piede. La cenere si sparge sotto lo stivale mentre la fiamma si spegne.

“Andiamo.” Sussurra.

E mi stringe a sé. Le sue braccia sono forti ed io mi sento al sicuro.

“Ti perdonerai mai?”

La domanda resta sospesa nell’aria. La conosciamo entrambi la risposta.

Saliamo in macchina. Feli gira la chiave nel cruscotto poi si ferma. Il motore vibra nel silenzio che ci circonda.

“Un giorno dovrai.”

Mi vedo riflessa nei suoi occhiali, le occhiaie pesanti che mi segnano il viso, i capelli raccolti e scombinati. Le mie labbra si muovono lente, senza rossetto, naturali e screpolate.

“Portami a casa.”

“Come vuoi.”

Partiamo e la notte diventa il mio silenzio ed il mio dolore. Quel dolore che non avevo mai provato. E mentre viaggiamo mi addormento e divento di nuovo il mostro che ho cercato di reprimere.

 

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Capitolo 3
*** La preda ***


 

~ La preda  ~

 

Non è nessuno.

Eppure l’ho sognato. È stato un lampo a mostrarmi il mio bersaglio. Camminava per strada, le cuffie nelle orecchie e la cartella su una spalla. Uno dei tanti nella folla della città. Non capivo perché proprio lui.

Ora lo so.

Il suo sonno è troppo tranquillo. Le lenzuola gli scendono aderenti sul corpo. Stringe il cuscino con il braccio. E il suo cuore batte troppo forte. E’ pieno di vita, di desideri, di sogni.

Funziona così: il tuo cuore si ferma ogni volta che un altro batte così velocemente. Ti ruba la tua anima, ti ruba quello che sei. E quando dormi l’unica cosa che puoi fare è spegnere il suo cuore per sentire il tuo ancora nel petto. È sempre così. Ci sarà sempre un cuore che ti ruberà la vita.

Non ricordo nemmeno quante volte è successo. E’ una fitta, l’aria che ti manca per un secondo, la mente che si annebbia, le forze che svaniscono. Poi la scintilla e quel cuore in lontananza che batte al posto del tuo. Lo cerchi, ogni notte, finché non svanisce. Lo uccidi, solo per continuare a vivere.

Sono i sogni che ti porta via, è la felicità che lo infiamma che ti consuma.

Il suo cuore batte più forte di qualsiasi altro. Eppure non è nessuno. Non mi era mai successo.

Non riesco ad entrare. Lo vedo dall’esterno. Nella sua camera, tra i disegni appesi alle pareti e i cd impilati sullo stereo. La spia del computer lampeggia. Non capisco. Non ero mai rimasta bloccata, tra il mio sogno e quello di un altro, non avevo mai visto la realtà che lo circondava.

Non ero mai stata reale per le mie vittime.

Mi avvicino. I miei passi rimbombano sul pavimento. Non può essere. La mia mano si posa sulla scrivania e la tocca. Sento il legno sotto il mio palmo. Poi succede, il suo respiro si ferma e i suoi occhi si aprono. Mi vede. Davvero.

Ho paura. Faccio un passo indietro, cerco di nascondermi. Ma non sono ombra, non ho poteri. Il suo cuore batte più forte ed il mio si ferma. E’ un secondo, il tempo di svegliarsi e capire che sono sola sul divano davanti alla televisione accesa del mio salotto.

 

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Capitolo 4
*** Christie ***


Note dell’autrice:

Questo è un capitolo di collegamento, in realtà solo una scena. Per introdurre questo personaggio.

Volevo ringraziare chi ha iniziato a seguirmi, commentando.

Non so quanto frequentemente aggiornerò, sto sviluppando un po’ la trama e alcuni punti devono essere ben saldi prima di proseguire.

A presto…

Poetessa

 

 

~ Christie ~

 

Sono le tre di notte, dal piano di sopra si sentono le voci di una festa che si sta spegnendo. La luce della cucina è accesa. Christie è riversa sul tavolo, una tazza tra le mani e la coperta sulle spalle. E’ luglio e ci sono trenta gradi. E’ pallida. I capelli le scendono disordinati sul viso stanco. Gli occhi sono spenti, sta cercando di non chiuderli, di non addormentarsi. Non ancora, almeno.

“Cosa fai sveglia a quest’ora?” mi anticipa, la sua voce non è che un sussurro.

“Mi sono svegliata.”

“Credevo che ci avresti messo di più.” commenta più a se stessa che a me.

“Mi ha svegliato.” ripeto, stupendomi dall’assurdità della mia affermazione.

“Non è possibile.”

“Lo credevo anche io…” non riesco a capacitarmene. Non ha senso. Non è mai successo. Non sono più di un’ombra nei sogni, nessuno mi può sentire.

…invece… mi ha visto.”

Scuote il capo. Soffia sulla tazza di tè fumante. Non ci crede. Come potrebbe?

“Ero sospesa… Sentivo i miei passi, toccavo quello che mi circondava. Ero nella sua vita reale: lui mi sentiva. Poi ha aperto gli occhi e mi ha visto.”

Il suo sguardo si fissa nel mio, poi si perde, si offusca come se fosse in un’altra dimensione, lasciandomi sola con le mie paure.

Si solleva e si trascina fino al lavandino, apre il rubinetto. L’acqua scorre riempiendo la tazza piena ed il liquido che ne esce si fa sempre più chiaro. Non dice niente. Resta immobile, i palmi inchiodati sull’acciaio della cucina. Christie è solo l’ombra della donna che era, un fantasma. Me ne rendo conto solo ora.

“Ti senti bene?” chiedo preoccupata.

“No.” è un sospiro, niente più.

“Mi sta uccidendo.”

Il secondo dopo è a terra, riversa sul pavimento. Dorme. Il suo respiro è flebile. Daimon, il nostro pastore tedesco, le lecca la mano. Qualcosa è andato storto. Non è da lei, non l’ho mai vista così. Basta una notte per spezzare una vita, una sola notte per recuperare a lungo le forze. E’ una settimana che si trascina dalla camera al salotto. So che non ha il coraggio di chiedermi aiuto, ma questa volta non ho la forza di lasciarla sola.

Le tocco la fronte ed entro nel suo sogno.

 

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Capitolo 5
*** Il cacciatore ***


 

~ Il cacciatore ~

 

I sogni di Christie hanno una melodia.

Ti accompagna, ti guida verso di lei. L’ho imparato durante le nostre sfide. Quando entro nei suoi sogni e le rubo la preda, la scovo di nascosto e distruggo il suo sogno. E’ solo un gioco e lei me lo permette, quando è in forze e vuole stare con me. Ci esercitiamo, per quando in un sogno non saremo sole. C’è sempre qualcuno che è pronto a spezzarlo, non bisogna mai dimenticarsene.

E’ così che ho imparato a conoscerla. Sono entrata dentro di lei, dentro quello che desidera davvero. Le note del pianoforte non le dimenticherò mai. Lente, ripetitive. Ti ipnotizzano. Cammini e le insegui. Ovunque. Tra le stradine della città affollate dalle bancarelle, sulla scogliera che si affaccia sul mare. Ti butteresti solo per sentirle più vicine. Ho imparato ad ignorarle. Ho imparato che i sogni non realizzati, sono sogni spezzati e basta. Che Christie non suonerà mai più il piano. Che dopo quell’incidente può solo inseguire questa melodia, come tutte le sue vittime. E in realtà questo è l’incubo che l’accompagna ogni notte.  

Le note sono più forti ora. Assordanti.

C’è una radura e il rudere di un castello. Piove. Fa molto freddo. Scivolo sull’erba falciata e morta. Scivolo sulle pareti diroccate. Scivolo nella torre scoperchiata. Sono un’ombra e niente più, sono il fantasma di un sogno che sta svanendo.

Immagino il prato luccicante all’esterno, le sfarzose mura, l’elegante salone in cui sono entrata. Il pianoforte a coda sul tappeto intarsiato e Christie che suona davanti al suo pubblico. Quello che vedo è la sagoma nera che la sovrasta, la punta della freccia di fumo sulla balestra e la sua pelle diafana, viva, che aspetta di essere colpita. Non può muoversi, è inchiodata al pavimento. E il cacciatore, aspetta impassibile. C’è una ragazza sullo sfondo, terrorizzata.

Il secondo dopo sento il cuore battere nel mio petto. Sento la luce colpirmi e la musica svanire. Sono reale. Dentro il sogno di Christie. Tocco il pavimento. Stringo la mano sul pigiama, sento la stoffa chiudersi tra le mie dita. E per la prima volta i miei occhi si fondono con quelli di un cacciatore. Sono neri, un abisso in cui sprofondare. Magnetici.  

“Ti aspettavo.” Mi dice.

La sua voce è profonda e calda. Rabbrividisco.

La freccia si solleva verso di me. La punta non è più fumo. E’ affilato argento, per ferire.

C’è solo un modo per sconfiggere un cacciatore. Convincere la tua vittima a salvarti. Ma questo sogno non è mio. E Christie è svenuta.

 

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Capitolo 6
*** Condizioni ***


 

~ Condizioni ~

 

Avrei dovuto capirlo.

I sogni possono diventare reali. Solo i cacciatori hanno questo potere. Sanno realizzare i desideri. Per tutti, tranne che per noi, infiniti cercatori di felicità. Li chiamano angeli, e noi siamo solo ladri. Che devono essere eliminati.

Credevo che gli angeli avessero le ali, credevo che salvassero le persone, non che le uccidessero. Credevo che brillassero, che il loro sguardo fosse un pozzo di gioia, non un abisso. Un abisso per sprofondare, un abisso di odio.

Questo è quello che vedo oltre la freccia lucente, questo è quello che mi spaventa. Ma il mio cuore batte, batte forte. Così forte che lo sento martellare nel petto. Questo sogno non è mio. Quella ragazza dai capelli biondi e lucenti può fissarmi con i suoi occhi di ghiaccio senza farmi male. Christie sognava la sue belle mani. Io no. Christie sta morendo, io no.

Io posso toccare quella ragazza senza farmi male. Un solo colpo e cadrebbe morta, un solo colpo e questo sogno svanirebbe.

“Non morirà.”

Il cacciatore mi anticipa. Lo stivale nero batte sulle lastre di pietra mentre si avvicina. La balestra puntata verso di me, fissa. La sua presa è sicura. Non sbaglierebbe. Mi colpirebbe ed io svanirei. I sogni svaniscono, come coloro che li rubano. Siamo fatti di sogni in fondo. Sparirei, nel nulla.

“Puoi salvarla”, mi dice. E’ un sussurro. Poi lo ripete, come se fosse più sicuro della sua scelta.

“Puoi salvarla.”

“Come?” la mia voce rimbomba impaurita nell’aria.

“Vuoi lasciarla morire?” mi chiede, la sua testa si inclina indicandomi Christie. Solo allora capisco.

Scuto il capo.

“Brava.”

Si complimenta per una scelta che non ho ancora preso. Si complimenta perché sa che non posso scegliere.

“E se il prezzo da pagare fosse per sempre?”

“Cosa vuoi?”

Per un istante si distrae, abbassa lo sguardo, si morde le labbra. E per la prima volta lo vedo, per quello che è realmente. Un ragazzo. Nascosto dietro abiti scuri, i capelli ricci gli scendono dolci sulla fronte pallida. Sembra triste. Una frazione di secondo, colgo solo i dettagli, poi i suoi occhi mi fissano. Affondo nell’abisso che si spalanca davanti a me. E’ un pozzo di sofferenza.

“Aiutami.”

E’ una supplica, questa parola che esce dalla sua bocca.

E’ una condanna, per me.

 

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Capitolo 7
*** Vittime ***


 

~ Vittime ~

 

 

Non posso lasciarla morire.

Non me lo potrei mai perdonare. Lei è tutto per me, lei è tutta la mia vita. O quello che ne rimane. Morirei, mi spegnerei insieme ai suoi sogni. Ho troppa paura di quello che potrebbe accadere, della perdita che potrei subire. Del dolore che non saprei affrontare. Tutto questo va oltre il nostro gioco. Ci porta indietro. Dove tutto ha avuto inizio.

Io non ho più guardato indietro. Io ho chiuso con il mio passato. Io vado avanti grazie a lei.

E se lei non ci fosse più? E se la perdessi? Così?

Non posso. Non sta succedendo. No. No. No.

Eppure la freccia luccica davanti ai miei occhi e Christie è pallida, riversa sul pavimento. Sento solo il suono di quella parola, che mi rimbomba nella testa.

Aiutami.

E la sofferenza e la difficoltà con cui l’ha sputata fuori. Trattenendola quasi, come se qualcuno potesse sentirlo. Come se avesse paura di dirla. E’ uscita dalla sua bocca, così, improvvisamente. Con fatica. Un istante di debolezza, che non mi sarei mai aspettata.

Christie mi ha sempre raccontato che i cacciatori sono esseri senza cuore,  che non sono umani. Vivono nei sogni per spegnere le nostre vite.

Nei suoi occhi però io l’ho vista, la vita. Quella che ti fa soffrire e disperatamente chiedere aiuto. Quella che si insegue, sempre e comunque. Nonostante tutto. Non si può affondare così nei sogni, può succedere solo fuori.

Io ne ho visti tanti, di mondi paralleli. Li ho creati. C’è un controllo che ti fa sentire sicuro. Non puoi perderti, sai che in qualche modo ne uscirai. Fuori non è così. E’ fuori che stai male veramente.

Chiunque sia, lui è stato fuori.

Annuisco, niente più.

Ma lui ha già capito. Come se sapesse, come se fosse già sicuro della mia risposta. Lui sa che non la lascerò morire. Lo sa già e basta. Ha pianificato tutto. Lui vuole me, non lei. Solo ora lo realizzo. Mentre la freccia si sposta nell’aria e trafigge la carne, mentre il sangue cade sul pavimento di pietra, mentre le note si spengono, mentre l’urlo straziante riempie l’aria e Christie svanisce. Mentre tutto sembra perduto.

Solo allora si proietta verso di me. Con una mano mi solleva il mento e mi costringe a fissarlo. Il suo viso è così vicino, i suoi occhi così neri inchiodati nei miei, la sua espressione così seria e il suo tocco così freddo. Resto immobile, impacciata nel mio pigiama a righe. Nuda di fronte alla sua crudeltà e prigioniera.

“Io sono Felix e tu sei la mia preda. E’ inutile fuggire. Io ci sarò, ogni notte quando ti addormenterai, quando entrerai furtivamente nei sogni altrui per salvarti. In ogni singola notte io ti attenderò.”

“Cosa vuoi da me?”

La mia voce non è che un sussurro, intrappolato tra la sua mano e il suo viso. Tra la mia paura e la sua sicurezza.

“Voglio capire.”

Solo questo, nient’altro. Poi la sua stretta si fa meno forte, la sua espressione si fonde in un sorriso che non riesco ad interpretare. Una nuova freccia si materializza sull’asta della balestra e sparisce, lasciandomi sola. Sullo sfondo la pozza di sangue che si allarga, immergendo quelle mani così sottili, così perfette, quelle mani che Christie tanto anelava. Quelle mani che non avrebbero più sfiorato la tastiera di un piano. La musica è svanita, Christie ha perso la sua battaglia e io la mia. Ma nessuno, né io, né lei, né la ragazza che non si sveglierà più nel suo letto domani mattina, riusciremmo a proseguire normalmente la nostra via. Qualcosa è già cambiato. E Christie alzandosi dal pavimento della cucina mentre Demon le scodinzola intorno, capirà che questa notte abbiamo commesso un errore. Un errore che ci costerà caro.

 

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