Tramonto oscuro

di Angus Young The God of Rock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo ***
Capitolo 2: *** La Compagnia ***



Capitolo 1
*** Solo ***


Capitolo 1 : “Solo”

 

Spark si sedette sul divano aprendosi l’ennesima bottiglia di birra. Ne sorseggiò velocemente buona parte del contenuto e si ritrovò, come al solito, da solo ad osservare vecchi porno visti un centinaio di volte e trattenere convulsamente un conato di vomito che prima o poi sarebbe venuto fuori.

Una piccola montagna di lattine di birra stava disordinamene arredando il piccolo soggiorno, alcune gia aperte e finite altre in attesa d’esser bevute. Una bava appiccicosa collegava il naso con il labbro superiore del ragazzo, così come buona parte del braccio destro, che aveva usato più volte come asciugamano. Uno sbuffo veloce fuoriuscì dalla sua bocca facendolo sussultare e lasciandolo a boccheggiare per qualche istante, prima di tornare a respirare correttamente.

Una bella bionda ansimava da dentro lo schermo e il ragazzo la indicò con un dito.

<< Te sei solo una… lurida… prostituta… >> disse con gli occhi semichiusi dalla sbornia.

<< Te >> continuò con il braccio che ondulava lievemente di fronte a lui << sei solo una stronza…>> e cadde bocconi sul pavimento, dove lasciò che la bottiglietta rotolasse per la sua strada. Essa concluse il suo cammino contro una gamba d’un piccolo tavolino sopra il quale si trovava un pacchetto di sigarette mezzo vuoto. Non si sentiva benissimo.

Vedeva tutto in maniera offuscata e non sentiva che un lieve battere nel suo cranio, che comportava dei leggeri balzi della sua vista ad ogni battito. Così non si sentiva stabile, e tremava. Bevendo aveva sperato di poter dimenticare ma in realtà ora il dolore era più forte. E soprattutto sentiva disgusto per se stesso…guardati... rimbombava una vocina dentro le sue orecchie…non sei più in grado di reggerti in piedi… insisteva.

<< A’fanculo tutti… >> disse prima di scoppiare in rochi colpi di tosse.

Ti serve una mano…ancora quella sorta di senso di colpa persisteva…su dai, basta che lo ammetti e sei gia d’un gradino avanti

Spark scoppiò a ridere sommessamente ma ne uscì solo un lieve rantolio raschioso e animale che si concluse ancora in colpi di tosse e sostanze verdognole sul tappeto del pavimento.

A lui non serviva una mano. Non gli era mai servita perché lui se l’era sempre cavata, anche da solo. E nessuno avrebbe osato entrare nella sua vita per cambiargliela…nessuno. Aveva solo bisogno di sentirsi stordito e magari non pensare…ah e adesso cos’è che staresti facendo scusa? Stai pensando! Bere non ti è servito a nulla...oh Santi Cazzi ma queste voci leggono anche nel pensiero?...ma che domanda è? Queste voci sono i residui della tua materia grigia che lentamente sta andando in pensione, pronto ci siamo?! Vogliamo crescere si o no?!...taci minchione, da come parli mi sembri una persona di mia conoscenza…ah cazzo però è vero che bere non mi ha fatto dimenticare…se tutto mi fa pensare ancora a lei allora significa che è stato uno spreco di tempo! Devo smetterla…

Devo smetterla?...lo prese in giro la voce. E su questo non sapeva più che obbiettare.

Se lo ripeteva ogni volta e ogni volta, con puntualità quasi incredibile, si ritrovava su quel punto del pavimento della sua sudicia casa a parlare con persone immaginarie o fantasticare su una vita migliore. Non sarebbe mai riuscito a smettere. Sarebbe diventato un alcolista anonimo sporco e zozzone e avrebbe osservato i suoi amici maturare e crescere fino al matrimonio, ma lui sarebbe stato ancora li, a vomitare rancore e merda. Merda, merda e ancora merda. Per cui tanto valeva continuare ancora a bere: a quanto pareva il destino lo aveva giocato in partenza.

Ecco, è proprio questo il coraggio che mi aspettavo da te...Spark ignorò il commento arguto del suo ego. Che se ne andasse a fanculo lui e tutti i no global della sua specie!

No global? E cosa centravano in quel momento? Stava diventando per caso uno di quelle persone che stanno sempre li a pensare alla politica e giudicano la gente come i cani fiutano la spazzatura nei cestini? Era forse così che stava diventando? Forse avrebbe dovuto smetterla di girare con le collanine del duce e i fasci in giro per il collo. Forse avrebbe dovuto fare a meno del tatuaggio dell’aquila sulla schiena…va beh, per quello ormai non c’era più speranza.

Ma perché anche fascista? Perché legato a quelle cose ormai concluse e finite? I suoi amici che uscivano con molte ragazze non li aveva mai visti cantare loro Faccetta Nera per conquistarle, ne portare quelle magliette assurde riguardanti i campi di concentramento robe simili che portava lui. Lui di ragazze ne avrebbe voluto avere un sacco…allora perché si comportava così? Perché faceva di tutto per essere emarginato? << Perché io sono così di natura>> …sbagliato…anche questo era vero, perspicacie questo ego.

Spark voleva una vita allegra. Allegra.

E sin ora aveva fatto di tutto per rendersela difficile.

Un campanello suonò lugubremente per la stanza. Forse qualcuno stava chiedendo di entrare da fuori. Alzò il capo e sbatté più volte le palpebre. Un mare di birre e schifosa merda lo circondava come tanti nemici che hanno sopraffatto da tempo il loro rivale. Il campanello suonò nuovamente.

S’alzò con fare stanco brancolando come un cieco senza il suo bastone, e si diresse verso la porta d’entrata, aggrappandosi alle pareti della casa. Giunse davanti alla porta vetrata. Una sagoma familiare s’intravedeva da dietro di essa. Amici? No. Lui non aveva amici.

Era solo e solo sarebbe morto.

 

Angus

 

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Capitolo 2
*** La Compagnia ***


“La Compagnia”

 

<< Oh che cazzo ma come sei ridotto?! >> chiese sbalordito Philip.

Spark si aggrappava a stento alla maniglia della porta. Rispose all’altro con un vago movimento della mano destra ed una vaga espressione del viso. Vomitò poi un liquido giallognolo di birra rappresa a terra nel punto dove qualche attimo prima v’erano i piedi del suo amico.

<< Forza vieni dentro >> disse Philip prendendolo bruscamente e spingendolo dentro. Si chiuse la porta alle spalle, e accompagnò duramente Spark sino al divano sfondato dove poco prima il giovine si era ubriacato. << Dai siediti >> lo spinse giu. Spark emise un grugnito e chiuse gli occhi. Aveva le mani attaccate spasmodicamente alla pelle di cuoio che ricopriva il divano.

<< Mi gira la testa >> disse rivolto più a se stesso che all’amico. Philip rimase un attimo incerto prima di mollargli una sberla sulla guancia. Spark incassò il colpo senza dar segno d’averlo realmente sentito: infatti un sorriso ebete incrinava le sue labbra. Philip alzò gli occhi al soffito. Aiutò poi l’amico a sdraiarsi sul divano e osservò la stanza in cui si trovava. << Cazzo… >> mormorò scioccato. Quella casa era semplicemente una voragine di sporcizia e birra.

Sospirando, Philip prese una sedia dalla cucina e la portò davanti al divano e si sedette osservando l’amico cambiare posizione voltando il viso verso lo schienale del divano. Sospirò di nuovo massaggiandosi la fronte con le punte delle dita. Rimase in silenzio per qualche minuto poi prese una sigaretta da sopra il tavolino e la portò alla bocca.

<< Dove hai messo l’accendino? >> chiese. L’altro non rispose così lo scosse con violenza.

<< Oh! >> gli urlò vicino all’orecchio. Spark aprì gli occhi stancamente.

<< Che cazzo vuoi? >> chiese a Philip osservandolo in tralice.

<< L’accendino >> disse l’altro mimando con la mano il gesto di accendersi la sigaretta. Spark si rivoltò verso lo schienale chiudendo gli occhi.

<< In cucina, sopra il microonde >> mugolò stancamente. Philip andò fino alla cucina per prendere l’accendino e tornò indietro aspirando di gusto. Si sedette nuovamente sulla sedia e osservò l’amico.

Cadde uno stanco e pacato silenzio tra i due rotto solamente da i lievi sospiri che emetteva Philip fumando la sua sigaretta e il ticchettio nevrotico di un orologio appeso alla parete. Un’invisibile nebbia di calore entrava dalla finestra semiaperta gravando, minuto dopo minuto, sulla testa dei due ragazzi. Spark, disteso sul divano, sembrava esser infreddolito: le sue spalle avevano ogni tanto dei rapidi scossoni e spesso si lasciava scappare dalle labbra un verso patetico d’affanno e stanchezza, come un moribondo. Al contrario Philip aveva molto caldo: si tolse il maglione leggero che stava portando e rimase con una maglietta attillata a maniche corte dalla quale emergeva incontrollabile la sagoma del suo capiente stomaco. V’erano due pesanti borse sotto i suoi occhi. Dita dalle unghie ingiallite segnalavano la presenza di troppa nicotina, affiancate dal lampante colore che i suoi denti avevano assunto. Ad un tratto, Philip, prese parola.

<< Questa sera andiamo a bere qualcosa da Ciano >> disse stancamente osservando un punto indefinito del pavimento. Spark non rispose.

<< Dovrebbero venire tutti quanti… persino la Foca! >> diede uno scossone all’altro con la mano che impugnava la sigaretta << non puoi mancare >> decretò infine. Philip si voltò verso di lui con aria infastidita. Mugolò qualcosa di incomprensibile, e si meritò così un altro ceffone dall’amico nella testa. << Cosa? >>. Sono questi gli amici che ti ritrovi… ancora quelle voci, se continua così va a finire che smetto veramente di bere!

<< Allora? >> rincarò Philip aspettando una risposta.

<< Allora potresti fare a meno di urtarmi in quella maniera e urlarmi in faccia… >> disse sospirando d’un lieve soffio. Philip ridacchiò tra se e se. Lo scimmiottò imitando il modo in cui aveva detto ‘urtarmi’ e incrociò le braccia.

<< Non vengo >> disse ad un tratto Spark. Philip rimase un attimo in silenzio. Scrollò poi le spalle.

<< Va bene… ciao sfigato >> disse alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso l’uscita senza salutare l’amico. Una volta fuori entrò in macchina e mise in moto la vettura. Stava per partire ma uno Spark agitato e pallido stava bussando forte sul finestrino chiedendo a gran voce di fermarsi.

<< Allora? >> chiese con un sorrisone Philip.

<< Beh, se viene la Foca non posso di certo mancare! >>.

<< Salta su>>.

 

***

 

 

L’American Pub era un posto carino, se si voleva bere con gli amici o ascoltare un po’ di buona musica. Ci andavano molti ragazzi giovani, alcuni in cerca di qualche altra ragazza da avvicinare, altri semplicemente venuti per ascoltare le proprie covers preferite. Molti gruppetti locali infatti venivano a suonare in quel posto le canzoni dei grandi artisti famosi. Un bicchiere di birra non costava molto, e il clima che si respirava era tranquillo, per cui anche ragazzi molto giovani si sentivano liberi di venire in quel posto, senza sentirsi intimoriti dall’età degli altri. Il servizio era ottimo e soprattutto non era un locale sporco, e questo era un punto di vantaggio sugli altri locali simili in quella zona di Londra. I gruppi che venivano a suonare, ammesso che avessero la licenza, venivano pagati a sufficienza e in più veniva loro offerto da bere gratis, così che proprio nessuno poteva lamentarsi. Per questo il locale era sempre parecchio frequentato.

La compagnia di amici in cui Spark e Philip si trovavano era solita recarsi all’Amercian Pub, tanto che il proprietario, Luciano Gallo, spesso offriva loro da bere e li intratteneva con le sue entusiasmanti e divertenti storie. Era un uomo che, si diceva, aveva viaggiato a lungo per l’Europa e ne aveva viste di tutti i colori: cose da morir dal ridere. Portava un pizzetto legato in una lunga treccia bionda, cosa che gli aveva meritato il soprannome di Barbaro, e di questo sembrava esserne fiero. I suoi occhi erano d’un azzurro pallido quasi inquietante, ma i suoi modi erano gentili e ospitali e nessun cliente aveva mai osato non ridere delle sue battute oppure non pendere dalle sue labbra quando raccontava una storia. In conclusione: era un uomo intelligente e misterioso, con grandi abilità oratorie.

<< Ciao Ciano >> disse Spark stancamente non appena si fu seduto in una delle alte sedie vicino al bancone. L’uomo lo salutò con un gesto della mano e gli fece segno d’attendere qualche secondo. Dopo un po’ arrivò tutto sorridente.

<< Stai morendo? >> chiese al ragazzo grattandosi sotto il mento avendo visto il colorito di Spark. Questi sorrise.

<< No >> rispose << Non ancora! Ho solo bevuto un po’… >>. Subito Luciano scoppiò a ridere mollandogli uno scappellotto scherzoso sul capo.

<< Anche io alla tua età mi ubriacavo spesso >> disse con semplicità << un po’ per colpa di una morettina, che avresti dovuto vederla!, con cui condividevo un appartamento a Milano…aveva questo vizio e come dirle di no! >>fece l’occhiolino. Spark scosse il capo e non rispose. L’altro attese qualche secondo prima di continuare.

<< Beh adesso devo andare. Ci sentiamo dopo, salutami i ragazzi! >>. Spark lo salutò con un gesto lento della mano destra. Non si sentiva poi tanto bene. Osservò il locale stancamente alla ricerca dei suoi compagni.

<< Su…su…Su Bellaaaa! >> sentì una voce urlare in uno dei tavolini vicino al palco dove i gruppi suonavano. Era Martin, ossia la Foca: era chiamato così per il modo che aveva di ridere e che ai suoi amici ricordava tanto, per l’appunto, una foca. Aveva questo brutto vizio di urlare in modo osceno e questo lo faceva ovunque. Inoltre sputava come un lama e fumava come una ciminiera. Nonostante questo però, i suoi amici sembravano adorarlo come una divinità e quando non c’era la Foca era un po’ una noia mortale, almeno secondo loro. Per il suo parere Martin era solo un animale, ignorante e ciccione, in grado solo di rompere i coglioni e sputare merda. E allora perché lui è apprezzato e tu no? Fottiti, io non ho bisogno di amici.

Si diresse verso la compagnia con aria afflitta.

Due ragazzi, uno magrolino e l’altro obeso, stavano facendo finta di darsi spallate e pugni sul petto vicendevolmente per attirare l’attenzione di due ragazze che erano sedute da sole ad un tavolo vicino, sghignazzando come ossessi. Paul e Robby, due stronzi come pochi.

Altri due stavano parlando tra di loro per sussurri e sembrava che si stessero scambiando informazioni losche e riservate. Uno dei due si stava facendo su del tabacco con una cartina mentre l’altro aveva in mano un boccale da un litro di birra. Ron e Sandrone, due fattoni come pochi.

Philip stava ridendo di una battuta di un altro ragazzo mingherlino che sembrava avere quindici anni, ma che in realtà ne portava trentadue. La sua voce acuta stonava in confronto con le altre cupe e gonfiate mentre infine, un ragazzo, da solo, se ne stava sulle sue giocando con il cellulare.

<< Ciao Spark >> lo salutò tranquillamente senza alzare troppo il tono della voce. Sembrava intimorito dal resto della compagnia e per questo la maggior parte del tempo veniva ignorato e lasciato in disparte. Spark gli sorrise di rimando e rispose con un cenno del capo.

<< Come va? >> gli chiese il ragazzo. Spark sbuffò incerto grattandosi la pelle sotto le ciglia.

<< Non bene… >>.

<< Gia, ho sentito Philip che ne parlava con gli altri >> disse il ragazzo. Rimase in silenzio per qualche secondo.

<< Devi smetterla >> concluse poi.

Anche i tuoi amici te lo dicono. Taci! Non ti sopporto più! Sei solo un fallito… Si! Proprio così! Sono un fallito per cui non mi rompere più i coglioni, capito?

<< Cosa pensi? >> chiese il ragazzo.

<< A niente >> rispose subito Spark << solo che quando sono ubriaco mi vengono strane idee per la testa…>>.

<< Appunto. Devi smetterla >>.

 

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Preciso una cosa per facilitarvi la comprensione. I pensieri in corsivo che avete incontrato nel capitolo, non sono altro che il risultato dello stato di Spark. Mi spiego subito. Lui è ubriaco per cui gli vengono questi pensieri per la testa, e sembra quasi che lui abbia due personalità: la sua autentica, dentro di se, e quella “ubriaca”, che si può ben vedere. Nei prossimi capitoli, in cui lo vedremo spesso sobrio, non troveremo questi commenti. Spero di essermi spiegato…XDD

 

Angus

 

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