Sorridendo all'amore

di Struzzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imbarazzo sul ponte ***
Capitolo 2: *** Cavarsela da soli! ***
Capitolo 3: *** «Jack, stasera dobbiamo parlare» ***
Capitolo 4: *** Implosione ***
Capitolo 5: *** Chiudendo in bellezza ***
Capitolo 6: *** Madre di Dio ***
Capitolo 7: *** Difficile giornata ***
Capitolo 8: *** Dichiarazione d'amore! ***
Capitolo 9: *** Reazione allergica ***
Capitolo 10: *** La cosa sbagliata ***
Capitolo 11: *** Inizia l'Estate! ***
Capitolo 12: *** Big Bang d'emozioni Pt. 1 ***
Capitolo 13: *** Big Bang d'emozioni Pt.2 ***



Capitolo 1
*** Imbarazzo sul ponte ***


«Certo, Julia, soffrire non è mica divertente».
Lo sguardo di Jack era fisso sullo sfondo che si presentava davanti a lui, immerso in quello scintillio di luci prodotte dal riflesso del sole che faceva brillare l’acqua azzurra del fiume, che da sopra il ponte sembrava ancora più bella.
Per un attimo il ragazzo di 16 anni pensò di aver detto la citazione dell’anno, che un uomo vestito in giacca e cravatta sarebbe sbucato dalle acque con un premio luccicante con la scritta “premio frase storica”, pronto a darglielo con una voce decisa e felice, accompagnato da una forte stretta di mano.
Ma l’unica cosa che sentì fu la risatina della sua migliore amica alla quale s’era rivolto, Julia.
«Ahah, Jack, ma hai bevuto qualcosa prima di incontrarci? Mi sembri il grande saggio sulla cima della montagna!».
Vederla così solare lo faceva rallegrare un po’, ma dopo un attimo la vide tornare seria e le sue labbra si strinsero quasi quanto gli occhi azzurri, che diventarono fessure. «Senti: vederti così non mi piace, quindi smettila di star male per una ragazza. Quanti problemi ti fai!».
Detto da lei sembrava così semplice, che per un attimo si sentiva pronto a combattere un esercito di spartani da quanta forza di volontà aveva, ma poi si voltò e serrò la bocca: Zoe, con i capelli biondi lunghi, quel sorriso così innocente e quei grandi occhi celesti, stava correndo verso di loro, sorridente e per un attimo il ragazzo sognò di baciarla e forse, avrebbe fatto meglio a non sognare.
«Jack, Jack.. JACK!» Julia gli tirò una pacca sul coppino, tanto forte che fece un passo in avanti dal colpo; ci volle un attimo per accorgersi perché lo chiamava: mentre si stava facendo i suoi viaggi mentali, si era messo con gli occhi chiusi e le labbra sporgenti, pronto a baciare una ragazza, ma da lontano sembrava solo un pesce che muoveva la bocca. Era alquanto disgustoso e Julia scoppiò in una forte risata.
Jack diventò paonazzo, le guance che davano il calore a tutto il corpo, pronte ad esplodere da un momento all’altro; Zoe si mise davanti a lui e iniziò a parlare con la sua dolce vocina.
«Ehi Jack ti senti bene?».
Ci fu un momento di silenzio e quando il ragazzo capì che si stava rivolgendo a lui, fu il colpo di grazia: si immaginò con il fumo che usciva dalle orecchie, come in qualche cartone animato che aveva visto da piccolo e pensò di svenire da un momento all’altro, ma la voce della sua migliore amica lo fece tornare in sé.
 «Si si, rispondo io per lui, sta bene. Stavamo parlando.. ehm.. di.. di.. sesso!» sembrò sputare l’ultima parola.
Jack sbarrò gli occhi, la bocca spalancata fino a toccare terra; cosa aveva appena detto Julia?! Con tutte le scuse che poteva inventarsi, ha detto “sesso”?!
“È un incubo” pensò lui “Solo un brutto incubo”, ma la scena era reale e Zoe era davanti a loro con la mano davanti alla bocca, stupita.
Il ragazzo dai capelli neri si voltò verso Julia, lo sguardo come per dire “Ti ammazzo!” e appena incrociò gli occhi dell’alta ragazza capelli castani, Julia, si accorse che solo ora aveva realizzato quello che aveva appena detto, rossissima sulla faccia.
Il silenzio imbarazzante venne lacerato da una nervosa risata urlata.
«AHAHAH» urlò Julia «Intendo che lui, AHAH, si, Jack, AHAH, voleva rimanere vergine fino al matrimonio!» la risata fragorosa continuò per qualche secondo e poi.. SPLASH!
L’alta ragazza si ritrovò immersa tutta nell’ acqua, con qualche anatroccolo che le nuotava vicino, e tra un qualche qua, urlò come non mai, sovrastando le risate di Jack e Zoe da sopra il ponte.
«JAAAAAACK» strillò «Mi hai buttata giùùù dal ponteeee, ti odiooooo!».
Ma il ragazzo smise di ridere solo dopo un po’. Si voltò e si accorse di essere da solo con Zoe, sorridente.
“Oddio” pensò.

Ciao a tutti, sono Struzzo!
Questo è un corto inizio per una grande e appassionante storia; lasciando un piccolo commento mi fareste un piacere, sperando di non chiedervi troppo sforzo.
E’ negli altri capitoli che la storia prende un po’ forma, ripeto, questo è solo l’inizio.

Ci risentiremo nel quarto capitolo, buona lettura!

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Capitolo 2
*** Cavarsela da soli! ***


Le urla di Julia risuonavano in tutta la zona, ma ormai Jack non ci faceva caso, concentrato sulla figura che aveva davanti: la piccola Zoe che lo fissava con i suoi occhioni; il ragazzo doveva pensare a cosa fare, cosa dire, come reagire a domande o proposte, se aspettare che fosse lei a parlare o dire lui la prima parola.
Per un attimo gli balenò in mente l’immagine di suo nonno: baffoni bianchi e faccia rossa dopo qualche bicchiere di buon vino.
«Jack» ripeteva sempre agitando le mani come uno sciamano «Caro ragazzo, non devi aver paura delle donne! A parte di tua nonna, che sa essere tanto cattiva se la fai arrabbiare. Come quella volta che.. » e vagava nei suoi ricordi, ma alla fine tornava sempre al succo del discorso «Ho girato il mondo e ho visto tante donne, ma alla fine ho capito una cosa: a loro piace l’uomo deciso, capace di farle innamorare, sognare, deciso, pronto a portarle in cima ad una montagna con la sola forza di volontà» e giù un altro bicchiere.
«Ma nipote, fidati di me: fai sempre la cacca prima di uscire con una ragazza. Ti scappa ora? Eh, Jack? Ti scappa la cacca?».
«No, nonno, non mi scappa la cacca».
Momento di silenzio imbarazzante.
«Come scusa?» disse Zoe avvicinandosi al ragazzo «Hai detto “cacca”?» chiese lei sorridendo.
Jack realizzò di aver detto la risposta, che voleva dare al nonno nei ricordi, ad alta voce.
Arrossì.
«Ahah, macchè “cacca”, ho detto “bacca”!» disse grattandosi la testa.
Jack sperò con tutto il suo cuore che non gli chiedesse il perché dell’aver pronunciato quella parola e per fortuna non lo fece, ma cambiò argomento.
«Dici che Julia ha bisogno di aiuto?» disse sporgendosi dal ponte e vedendo la ragazza che si dimenava in mezzo alle anatre allegre di aver una nuova compagna di gioco.
«Passerò io a dargli una mano tra poco.. Se lo meritava».
Veder sorridere Zoe lo faceva star meglio, ma sapeva anche che doveva andarsene al più presto da quella situazione, non resisteva più.
«Va bene, Jack, allora io vado dagli altri, poi raggiungeteci!» disse sempre con quel suo magnifico sorriso stampato sul volto, girandosi e correndo dall’altra parte del ponte.

Jack, Julia e Zoe facevano parte della stessa compagnia; i primi due si conoscevano dall’asilo e per questo diventarono migliori amici. Si capivano alla perfezione, si completavano e l’uno poteva contare sempre sull’altro. Zoe si era aggiunta da quando iniziarono le superiori: fu Julia a conoscerla durante l’intervallo, quando aveva perso di vista il suo migliore amico. Da quel momento si unì a loro, assieme al miglior amico di Jack, Adam e il fratello di Julia, Sean.

L’alta ragazza uscì dall’acqua starnutendo e si distese sulla terra alla fine di un percorso, che Jack aveva appena preso, diretto verso lei.
«Cosa ti è passato per la testa?» chiese arrabbiata Julia quando vide una sagoma avvicinarsi.
«Potrei farti la stessa domanda» rispose il ragazzo con le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso l’alto.
«Sarà meglio che ti porti a casa prima che ti prendi un raffreddore. Com’era l’acqua?» aggiunse ridendo il ragazzo. Tese una mano alla sua amica e si avviarono verso casa di lei, lasciando goccioline lungo il percorso.
«Fottiti» disse non riuscendo a trattenere le risate.

Quella sera Jack si mise davanti alla finestra, osservando le poche stelle che coloravano il cielo scuro, accompagnate da aerei che attraversavano il tutto come se niente fosse.
Sospirò e si immaginò come doveva essere imbarazzante la scena del ponte vista da uno spettatore. Lui, però, era felice. Se l’era cavata bene, infondo. Molto.. molto infondo.
Abbandonò il suo corpo e cadde sul letto, pensieroso.

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Capitolo 3
*** «Jack, stasera dobbiamo parlare» ***


Tic tic tic tic tic
Questo suono rimbombava nella mente di Jack che parve impazzire al suo risveglio, accompagnato da un urlo; socchiuse gli occhi e spostò lo sguardo: era la sveglia che suonava, l’ora di andare a scuola era arrivata, ma si sarebbe tuffato ancora molto volentieri nel letto.
Era primavera, fuori dalla finestra il ragazzo aveva un paesaggio magnifico, con montagne e prati verdi, mentre dalla parte opposta della casa c’era la città.
Si vestì velocemente, un paio di jeans e una maglietta nera con un grosso zero stampato in bianco sul lato e parte della schiena. Appena accese il cellulare, gli arrivò un messaggio, lo lesse: “Buongiorno piccolo” mandato qualche minuto prima da Julia, che lo pensava sempre.
Sorrise, rispose e mise il cellulare in tasca, dirigendosi verso l’entrata della casa, pronto ad affrontare una nuova dura giornata.
Julia scese la piccola scalinata di casa sua e corse ad abbracciare il suo migliore amico che, come ogni mattina per andare a scuola, passava a chiamarla.
Il cielo era azzurrissimo già di prima mattina, ma anche se i ragazzi riuscivano a mantenersi in piedi, erano ancora assonnati e vedevano tutto pochino più scuro.
Julia tirò su dal naso e il ragazzo rise.
«Bel raffreddore, eh?» disse sorridendo.
Lei gli tirò una pacca sulla spalla e poi ricambiò il sorriso.
«Tutta colpa tua! Spero, almeno, che tu te la sia cavata sul ponte.. » la ragazza attendeva una risposta, ma Jack stava fissando le nuvole, con la tracolla che gli si allungava lungo il corpo e le mani in tasca, come sempre. Si era quasi dimenticato di rispondere, ma le raccontò tutto dopo aver girato l’angolo.

Ci misero i soliti venti minuti per arrivare alla scuola superiore, ma stando assieme a Julia, per Jack, il tempo volava via, come se fossero passati cinque minuti.
Si fermarono all’entrata, visto che erano arrivati in anticipo, come sempre.
Una vocina chiamò i loro nomi ed entrambi si voltarono verso la fonte del suono: Zoe correva verso di loro (erano poche le volte che avevano visto la ragazza camminare) agitando la mano, zaino rosa sulle spalle.
Julia si alzò e la salutò, mentre Jack borbottò un “ciao” abbassando lo sguardo.
Non ebbero nemmeno il tempo di parlare un po’, che la campanella era suonata e dovettero dividersi tutti, visto che frequentavano indirizzi diversi.

Jack entrò in classe salutando tutti i suoi compagni, quando Melissa – una sua compagna di classe – si avvicinò a lui: bassa, capelli biondi e occhi scurissimi, con le guanciotte rosse che coloravano il tutto.
«Ciao Jack! » disse allegramente.
Il ragazzo si ritrovò spaesato, poiché non aveva mai legato tanto con Melissa e quel saluto così improvvisò lo spaventò un po’. Comunque, senza pensarci di più, ricambiò il saluto.
«Ci sono strane voci.. ».
Jack strinse gli occhi e si avvicinò a Melissa, non volendo aspettare un attimo di più per sapere il continuo.
«Si dice che te.. si, ehm, ti piaccia quella dell’altra sezione: Zoe».
Il ragazzo sussultò e fece un passo indietro, andando ad appoggiarsi al muro, denti stretti e mani che tremavano. Come diavolo faceva a saperlo lei?
«Ehmmmm… L’hai detto tu.. Sono solo.. solo voci» cercò di tenere il tono di voce più normale possibile, ma aveva paura di esplodere da un momento all’altro.
La ragazza sorrise e se ne andò, scusandosi per averlo avvisato di una bugia del genere.
Si lasciò cadere lungo la parete, sospirando.
Dopo un attimo, entrò la professoressa: vecchia capelli bianchissimi e putroppo GONNA!
Da lì per terra Jack alzò lo sguardo e vide la signora, o meglio: sotto la gonna della signora.
Scacciò un urlo che fece volare via gli uccellini che canticchiavano sui rami.

Passarono le interminabili sei ore e tutti si ritrovarono fuori dalla scuola, poco più distante dall’entrata: Zoe, Jack, Julia, Adam e Sean. Quest’ultimo si accese la sigaretta dopo averli raggiunti con un passo veloce. Maggiorenne, era il fratello di Julia.
Adam strinse la mano a Jack, il suo migliore amico e salutò con un bacio sulla guancia Zoe, lei arrossì: un brivido salì lungo la schiena di Jack. Gelosia?
«Allora stasera tutti al solito bar?» propose il più grande «Tanto domani è domenica! » continuò.
Annuirono tutti quanti e poi si diressero verso casa, ma prima, mentre Jack si stava allontanando con Julia e Sean, Zoe afferrò la mano del primo, facendolo fermare all’improvviso.
Lui si voltò: arrossì e poì deglutì con difficoltà. Cosa voleva da lui?
«Jack» disse sicura «Stasera dobbiamo parlare»

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Capitolo 4
*** Implosione ***


Jack cercò di ricordare come riuscì a sopravvivere a quella situazione di improvviso calore, quando la mano di Zoe afferrò il suo braccio. Quella mano.. era così.. così calda. L’avrebbe tenuta per tutto il giorno, quando assieme avrebbero comprato un gelato e tra delle felici risate, si sarebbero stretti, fino a far unire i due cuori che sbattevano.. sbattevano.. sbatteva. Era solo il suo cuore che sbatteva.
Strinse i pugni e si infilò le cuffie del suo i-pod nelle orecchie, scaricando la tensione con i Nirvana.

Ascoltò la musica mentre si preparava, vestendosi e lavandosi, non doveva avere un momento nella quale pensare alla sera, se no sapeva che il cuore gli sarebbe salito in gola dal nervoso e avrebbe trovato una qualche banale scusa per non parlare con Zoe.
Si diresse verso l’uscio di casa, spegnendo l’ultima luce e chiudendo la porta dietro di sé.
Il bar alla quale andavano solitamente non era molto distante dal ponte dell’altro giorno; il locale, infatti, prendeva il nome dalla struttura ed era conosciuto in tutto il paese: Il Ponte.
Si trovò davanti all’entrata e sorrise: le voci dei suoi amici risuonavano in tutto il locale e fuori si sentivano le acute risate di Zoe e Julia; forse avevano già iniziato a bere senza di lui, ma non si sarebbe offeso. Era quello che aveva detto di fare alla sua migliore amica. Era uscito poco più tardi perché,
 si era fermato a riflettere. Poteva ascoltare tutta la musica che voleva, tutta la discografia dei Queen, Nirvana o The Beatles, ma almeno un momento a Zoe avrebbe pensato.
La ventata di calore che lo invase una volta varcata la soglia del bar fu immensa; come diavolo facevano a stare là dentro? Si moriva di caldo!
Julia corse ad abbracciarlo e uno alla volta salutò tutti, ma Zoe non c’era. Dov’era finita? Avrebbe giurato di averla sentita.
«Dov’è Zoe?» chiese grattandosi il collo.
«Ha detto che andava un attimo verso casa, ma torna tra poco» rispose Sean sorridendo con le guance rosse, simbolo di qualche sorso di birra di troppo.
Jack non si sedette nemmeno e voltò lo sguardo verso Julia.
«Qua dentro si soffoca, usciamo?».
La ragazza annuì e si alzò, camminando a fianco del ragazzo verso un muretto che dava sul fiume.
Il cielo era scuro e la luna piena rifletteva tutta la sua bellezza negli occhi di Julia, immersi nelle stelle.
«Sai che per sopravvivere nella savana devi spremere la cacca di elefante e bere i liquidi in essa contenuti?».
Neanche Jack sapeva il perché di quell’affermazione, ma tutti e due scoppiarono a ridere, colorando con un po’ di felicità il buio diffuso sulla città.
I due si abbracciarono. Ormai lo facevano sempre, si volevano bene. Tanto.
Mollarono la presa, le mani ancora unite.
I loro volti erano spaventosamente vicini.
Jack riusciva a sentire il respiro caldo della ragazza sul suo volto.
Cosa stava succedendo?
Nessuno dei due riusciva a liberarsi dalla morsa, erano uniti, come da delle catene invisibili.
I loro visi si avvicinarono.
Poi, si fermarono.
Il tempo si era fermato, ma le parole sottili di Julia sciolsero la situazione.
«Vado.. vado dentro a prendere da bere».
Se ne andò e corse verso il bar.
Jack ancora con gli occhi sbarrati, si voltò verso il fiume, dove gli anatroccoli nuotavano allegramente.
Lasciò cadere le braccia sul muretto, spaventato.
Sentì una presenza dietro.
«Julia» disse insicuro, senza voltarsi «Non stava succedendo niente, stavamo solo.. solo giocando!» neanche lui era capace di credere alle sue parole. Era sempre andato tutto bene tra loro, perché proprio ora?
Proprio ora che Zoe voleva parlare con lui!
«La cacca!» urlò sorridendo nervosamente «E’ colpa della cacca fresca di elefanti che ha scatenato quello?» iniziò a mangiarsi le unghie «No, perché so anche di informazioni sul bere pipì nel deserto!» urlò le ultime parole.
«Jack..».
«No, veramente, i bonobi si riproducono senza distinzione di sesso! Sono la rappresentazione di ciò che la natura dovrebbe essere!» il nervoso lo stava assalendo.
«Jack..».
«Avevo visto una foto di cinque volpi che si accoppiavano assieme!».
«JACK!».
Il ragazzo si voltò.
Impallidì.
Non stava parlando con Julia.
Ma con Zoe.
«Di che diavolo stai parlando?» sentì un pizzico di divertimento e spavento.
«Ti guardi le volpi che scopano?» non fu molto fine nel resto della frase.
Il ragazzo era ancora muto.
Vide Julia uscire dal bar con una birra in mano, ma dopo aver dato un’occhiata rientrò.
Zoe scoppiò in una risata acuta «Ahah, mi fai morire dalle risate!» le lacrime agli occhi.
Lui era ancora con la bocca serrata. Diavolo, era solo capace di fare figuracce con lei?
Passò qualche minuto tra le risate divertite di lei e le nervose di lui, quando lei tornò seria.
«Ho detto che dovevo parlarti..» la ragazza strinse le mani, poi alzò il volto «In verità devo chiederti un aiuto».
Jack era alquanto confuso: un aiuto? Lui si era allenato a baciarsi con la mano per sorprenderla, ma lei chiedeva solo un aiuto?
«Adam è il tuo migliore amico.. lo conosci e ehm.. Sarò chiara: mi piace Adam. Ho bisogno del tuo aiuto per dichiararmi!».
Implosione.






Con questo concludo il quarto capitolo di "Sorridendo all'amore"!
Non mi sono ancora presentato: sono Struzzo, ragazzo quindicenne dai capelli neri
Vi chiedo un favore: potete recensire?
Almeno riesco a capire i miei pregi e difetti.
Grazie mille!

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Capitolo 5
*** Chiudendo in bellezza ***


«Ho detto che dovevo parlarti..» la ragazza strinse le mani, poi alzò il volto «In verità devo chiederti un aiuto».
Jack era alquanto confuso: un aiuto? Lui si era allenato a baciarsi con la mano per sorprenderla, ma lei chiedeva solo un aiuto?
«Adam è il tuo migliore amico.. lo conosci e ehm.. Sarò chiara: mi piace Adam. Ho bisogno del tuo aiuto per dichiararmi!».
Implosione.


Le mani di Jack iniziarono a tremare, ma cercò di tenerle ferme per non dare troppo nell’occhio.
Il suo cuore stava esplodendo, era una sensazione bruttissima: un esercito di demoni infuocati iniziarono a squarciare il suo organismo dall’interno, lacerando ogni briciolo di amore, resistenza e il suo cuore diventò nero come l’universo, come l’infinito, come l’oscurità.
Il buio.
Quelle creature feroci trasformarono ogni briciola di felicità in tristezza, facendogli ricordare solo il bel viso minuto di Zoe pronunciare quelle maledette parole, con i suoi grossi occhi celesti che immaginava comunicassero “baciami”, mentre dicevano solo “aiutami”.
Cosa doveva fare ora, fingere?
«Jack, mi aiuterai?» chiese con voce esile la ragazza.
“No, tu mi piaci Zoe, ti amo, non posso aiutarti!”.
Questo è quello che avrebbe dovuto dirgli.
Mentre invece reagì in modo diverso: guardò la ragazza, sorrise e disse con finta allegria «Ma certo, Zoe! Ti aiuterò! In fondo.. è questo quello che fanno gli amici, no?».
Si perse in quelle ultime parole. Si sentì come un naufrago nel mare in tempesta: era solo, ma tutto attorno a lui sembrava così difficile da affrontare.
«Mi è sempre piaciuto Adam. Ma sai, sono una ragazza timida, infondo. Riesco ad essere me stessa solo quando parlo con persone a cui voglio tanto bene, degli amici fidati, come te, Jack» le sue piccole labbra erano fonte di tortura per il ragazzo: ogni cosa che diceva, lo faceva star male.
Prese il codino che aveva sul polso e si legò i lunghi capelli biondi dietro la testa, poi sorrise al ragazzo.
«Ma ho deciso di dichiararmi; ho capito che continuare a farsi i problemi non serve a niente. Non riuscirei a immaginarlo con un’altra ragazza. Scusa, Jack, a te non piace nessuna ragazza?».
La persona che sembrava un innocente angioletto stava scavando nel profondo del suo cuore. Era la prima volta che parlava per così tanto tempo con Zoe.. Eppure non stava arrossendo, non aveva caldo. Aveva freddo, e non poco.
«N-no. Non mi piace nessuna». Ecco cos’era capace di dire. Era solo un ragazzo non capace di affrontare la realtà. Avrebbe voluto baciarla, eppure non riusciva nemmeno a muoversi.. Solo fingere.
«Ahah, Jack, a volte mi chiedo come saresti con una ragazza! Sembra che tu non abbia emozioni» le parole della ragazza affondarono nel suo corpo come un meteorite atterra su un pianeta: un’esplosione.
«Ma» continuò lei «Metti caso che io ti piaccia..». Il diavolo era sceso in terra per ammazzarlo emotivamente, ne era certo.
«..non soffriresti nel vedermi con qualcun altro? Penso che dichiararsi sia la cosa giusta» le ultime parole si dissolsero nell’aria come il fumo di una sigaretta.
Si voltarono: Adam, Julia e Sean li avevano raggiunti fuori dal bar, il maggiorenne con la Chesterfield blu alla bocca e il fumo che saliva fino a sfiorare i contorni della Luna.
«Stavamo iniziando a preoccuparci! Ok, non è vero, è solo Julia che ha proposto di uscire. Jack, sembra che ti sia morto il gatto, cos’hai?» chiese Sean agitando la mano e facendo muovere il bianco fumo come una spirale.
«Ma che, non ti preoccupare, sto bene!» fece una risatina troppo finta per sembrare vera, eppure nessuno ci fece caso. Nessuno tranne Julia, che era lì che lo fissava senza distogliere lo sguardo; sembrava una statua con un cuore pulsante.
Jack si avvicinò a lei, mentre il resto della compagnia iniziò a discutere su quanto fosse grande la Luna.
«È piccola!» esclamava Sean «Quando ritraggono Babbo Natale che ci passa davanti, lui è più grande e quindi la Luna è piccola!» e si attaccavano ad altri discorsi assurdi, molto probabilmente provocati dall’alcohol.
Jack e Julia erano quasi alti uguali, ma lui la superava di qualche centimetro. Eppure davanti a lei si sentiva così piccolo, ora che aveva perso ogni speranza verso la conquista di Zoe.
«Com’è andata?» chiese lei fissando le labbra del ragazzo.
Forse voleva vedere se c’era traccia di rossetto. Quando invece c’era solo.. solo.. acqua?
Julia alzò lo sguardo: era davanti a lei che piangeva, le lacrime che gli solcavano il viso, distruggendo la sua instabile allegria.
Julia capì che non era il momento di abbracciarlo, avrebbe peggiorato la situazione perché tutti si sarebbero accorti della sua sofferenza. Sporse la testa e annunciò a gran voce che accompagnava Jack a fare pipì dietro l’angolo.
«Glielo devi tenereee?» - «Ha paura di perdeerlooo?» furono i richiami che giungevano dalle voci divertite del gruppo mentre si allontanavano.
La serata non era finita in un modo piacevole.
Da lontano Jack osservava Zoe e i suoi sorrisi non ricambiati da parte di Adam. Cosa aveva che non andava quel ragazzo? Come faceva a non capirlo?
Lui e Julia se ne andarono poco dopo con la scusa di un imminente attacco di diarrea.
Chiudendo in bellezza.


Ciao ancora da Struzzo!
Ringrazio vivamente November che segue la mia storia e chiedo ancora di recensire a chiunque si trovi davanti al mio capitolo; ho bisogno del vostro aiuto per migliorare e sono molto aperto alle critiche o a complimenti.
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, non mancate!

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Capitolo 6
*** Madre di Dio ***


La faccia immersa nel cuscino, pronta a scavare ancora più a fondo per trovare qualche spicchio di forza per farlo alzare da quel comodo e morbido letto.
Ma Jack non riusciva nemmeno a muovere un dito, sarebbe stato troppo difficile e complicat.. SBAM!
In un attimo si ritrovò con la schiena rivolta verso l’alto e il naso schiacciato contro il pavimento di marmo; si alzò di scatto e si ritrovò davanti quell’abnorme massa di peli bianchi e morbidi del suo cane: Mammut.
Era un pastore maremmano che avevano sin da quando era un cucciolo che si riusciva a tenere pure in braccio. Mentre ora, è Mammut a tenerti in braccio, da quanto è diventato grosso.
Leccò allegramente la faccia di Jack, tirandogli tutta la pelle verso l’alto: lifting naturale. Iniziò a scodinzolare e girare attorno al suo corpo ancora rimbambito dall’assurda sveglia.
«Si, si, Mammut, ho capito, mi alzo»
Passò la mano sugli occhi, strofinandoli.
Vide il suo cane camminare fiero verso una sagoma appoggiata all’entrata della sua cameretta, come se avesse lavorato per quella figura e, dopo aver portato a termine la missione, tornarsene a inseguire gatti nel giardino.
«Finalmente sveglio» disse una voce femminile divertita.
Si avvicinò per vedere meglio e.. JULIAAAAA?!
Inciampò all’indietro dallo spavento e cadde con la testa contro il letto: capì che quella non doveva essere una giornata normale. Aveva i capelli raccolti e una maglietta nera che superava la vita, dando spazio ad una minigonna bianca.
«Tu!» disse puntando il dito tremante contro il volto della ragazza «Cosa diavolo ci fai qua?!» la bocca ancora spalancata. Si era anche dimenticato di essere in mutande e per fortuna, diversamente dal resto delle mattine, la bandiera non gli si era alzata. Tirò un sospiro di sollievo, perchè sarebbe stato alquanto imbarazzante.
«Bè, sai, inizialmente ero passata per chiederti di uscire, ma tua madre mi avvisò che eri ancora a letto e lei stava uscendo di casa. Quindi mi ha fatta entrare con il compito di buttarti giù dal letto. A quello c’ha pensato Mammut, però» rise e si avvicinò a Jack, tendendogli la mano.
La afferrò e si infilò subito un paio di jeans; non voleva restare un attimo di più in mutande davanti a lei, era rossissimo in faccia.
«Qualcosa mi dice che sbavi durante la notte» disse Julia indicando una macchia di bava sul cuscino, ridendo.
Jack strinse gli occhi e uscì da camera sua.
«Qualcosa mi dice che devi andartene dalla mia camera» aggiunse prima di voltare l’angolo.
In tutto ci mise una ventina di minuti a fare colazione (alle 2 del pomeriggio, ovviamente) e prepararsi.
«Gli altri saranno qui a momenti. Fa un caldo fuori!» annunciò Julia asciugandosi la fronte dal sudore.
Un rutto risuonò in tutta la casa, facendo vibrare le pareti: qualcosa di assolutamente innaturale.
Julia si voltò verso Jack, divertito.
«Non guardarmi con quella faccia, non sono stato io» disse alzando le braccia in segno di resa «Ho impiegato mesi e mesi per convincere i miei genitori a mettere quel suono per il campanello e..» rise con le lacrime agli occhi «..è la prima volta che lo sento funzionare ahah» poi si appoggiò al tavolo, non riuscendo a stare in piedi.
Julia si diresse verso la porta, la aprì, ma fuori era vuoto.
Fece un passo verso l’esterno, per vedere se qualche simpaticone stesse scappando dopo aver suonato il campanello, ma nessuno.
SPLASH!
Julia fu travolta da un getto d’acqua puntato contro di lei, che la fece arretrare e scivolare sul pavimento dell’entrata dell’abitazione. Fu avvolta dalle risate dei presenti: Zoe, Adam e Sean.
Suo fratello impugnava un secchio azzurro opaco che doveva essere pieno fino a poco fa. La rabbia la annientò e mollò un urlo che fece ridere con voce ancora più alta tutti gli altri.
Se non altro erano arrivati puntuali.

«Non stare a scegliere, prendine una» disse Julia con lo sguardo rivolto verso il basso dall’imbarazzo. Aveva le guance rosse come un pomodoro, bagnata e seduta sul letto di Jack, mentre lui frugava nel suo guardaroba per scegliere una maglietta da prestarle.
Ne afferrò una dei Rancid, nera, con la copertina di “And Out Come The Wolves”, uno dei migliori album a parer suo. Il ragazzo fece qualche passo verso la ragazza e le passò la maglietta; lei la afferrò, ma per un attimo Jack non mollò la presa, rimanendo a fissare gli occhi brillanti di Julia, che sembrava tremassero dall’emozione.
Le gocce di acqua fresca scorrevano sul suo delicato collo, fino ad arrivare al seno e lui seguiva tutto il percorso, incantato.
«P-potresti lasciarmi la maglietta?» borbottò lei sempre fissando il pavimento, imbarazzata.
Jack scosse la testa, tornando nel mondo dei viventi, lasciandole il vestito, girando i tacchi e andandosene, più emozionato di lei.
I tre della compagnia si erano seduti sul divano, che era proprio sotto la scalinata che stava per percorrere Jack; il suo volto era ancora girato verso la camera, incantato.
Non guardò dove mise il piede e inciampò su Mammut, che si era bastardamente sdraiato prima dello scalino e per un attimo Jack pensò di essere la famosa pietra rotonda che inseguiva Indiana Jones, rotolando con la faccia da stupido, fino all’ultimo gradino, fermandosi sui piedi di Zoe, che stava per salire in camera a sua e vedere se erano ancora tutti vivi.
«Ehi» disse Jack con quel sorriso da imbecille di chi fa una caduta dalle scale (cosa che non succede tutti i giorni) agitando la mano e guardando la ragazza dal basso verso l’alto.
Riuscì ad uscire da quella situazione imbarazzante dando la colpa a Mammut che sembrava ridere da sopra le scale, mentre si rotolava su se stesso in cerca della sua coda.
Erano tutti raccolti in sala, sui divani, quando vide Zoe avvicinarsi ad Adam e poi dare un occhiata a Jack, che casualmente stava fissando il bellissimo viso di lei.
«E-ehm Adam, perché non vai con Zoe a prendere qualcosa da bere?» balbettò lui.
«Mmh, si, perché no?» disse lui senza emozioni, e si diresse in cucina con la ragazza.
Zoe fece l’occhiolino a Jack, ringraziandolo.
Dall’alto delle scale si sentì uno starnuto femminile; il ragazzo dai capelli neri si alzò, osservando quella magnifica scena: Julia era in cima alle scale, con le lunge e lucenti gambe che risplendevano e la maglietta dei Rancid che le stava grande e scendeva fino alle cosce, coprendo la gonna; i capelli tutti spettinati, selvaggi.
Jack deglutì.
“Madre di Dio..” pensò.



Buongiorno, cari lettori, da Struzzo (bè, si, sempre io sono, mica cambio)
E’ una pausa nelle grandi sofferenze di Jack, che però vengono scambiate con un nuovo sentimento nei confronti di Julia.
Cosa dovrà affrontare ora?
Mi è stato consigliato di cambiare la categoria in “commedia” – genere: “romantico” invece che – categoria: “romantico” – genere “commedia”.
Siete d’accordo?
Scrivetelo in un piccolo commento. Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Difficile giornata ***


Dall’alto delle scale si sentì uno starnuto femminile; il ragazzo dai capelli neri si alzò, osservando quella magnifica scena: Julia era in cima alle scale, con le lunge e lucenti gambe che risplendevano e la maglietta dei Rancid che le stava grande e scendeva fino alle cosce, coprendo la gonna; i capelli tutti spettinati, selvaggi.
Jack deglutì.
“Madre di Dio..” pensò.


Il ragazzo non distolse lo sguardo da quella magnifica presenza fin quando non arrivò all’ultimo gradino, dove si aggrappò alla spalla di Jack, dandogli un bacio sulla guancia.
«Grazie per la maglietta» sussurrò dolcemente.
Quando Adam e Zoe tornarono in sala con le birre, se ne andarono dalla bianca casa; Mammut rimase seduto davanti alla porta chiusa, un po’ triste ora che tutta la sua fonte di divertimento se ne era andata. Stese il suo corpo sul pavimento e si addormentò.
Camminavano sotto il Sole che splendeva così tanto per la prima volta dall’inizio della Primavera, con le bollicine della birra che rinfrescavano tutto il corpo e facevano salire un brivido lungo la schiena.
Zoe fece una piccola corsetta verso Jack (ovviamente) e gli afferrò il polso; intendendosi, si fermarono, ma  il ragazzo non potè evitare di arrossire. Pensò non ci fosse un rimedio a quella reazione.
Prima di fissare negli occhi la ragazza, vide Julia voltarsi verso loro due e il suo sorriso si abbassò, per poi girarsi nuovamente.
Zoe strattonò Jack, riprendendosi l’attenzione.
«Quel ragazzo non ha sentimenti, Jack! Forse è quasi come te» disse facendo una risatina sottile.
Ma il ragazzo non ci fece nemmeno caso.
Perché non aveva lasciato la maglietta quando lui e Julia si trovavano in camera?
«Sto facendo l’impossibile per conquistarlo».
Jack le mise due dita davanti alla bocca.
«Se pensi che questo sia l’impossibile, Zoe, ti sbagli. Bisogna combattere fino all’ultimo, finchè non ti senti il cuore sudare dalla fatica!» strinse le sopracciglia.
Gli occhi della ragazza brillavano.
«P-parli come se fossi innamorato, Jack..».
Zoe prese delicatamente le dita del ragazzo e le abbassò lungo il corpo, gli occhi fissi sulla sua bocca.
Jack realizzò un attimo dopo che qualcosa non andava.
La ragazza aveva le guance rosse, era emozionata! Ecco cosa non andava.
Un venticello si alzò e fece vibrare gli alberi, mentre le labbra dei due erano unite da una forza sovraumana.
Zoe in punta di piedi che sembrava svenire e le mani avvinghiate attorno al collo di Jack, che aveva una mano che accarezzava il volto di lei, mentre l’altra era distesa lungo la schiena.
Non seppe quanto quel bacio durò. La sua bocca era in fiamme, stava baciando il Sole e appena entrambi si divisero, un vento freddo gli sfiorò le labbra, facendolo rabbrividire.
Zoe si toccò le labbra con le dita, pensando a cosa era appena successo.
Jack non pensò ad altro che a chi poteva averli visti; si voltò: Julia era appoggiata su un muretto, le mani dietro la testa. Sembrava felice per il suo migliore amico, eppure gli occhi esprimevano qualcos’altro.
Il suo sguardo tornò su Zoe, che era ancora a sfiorarsi le labbra.
«Q-questo non doveva succedere» disse la ragazza bionda alzando il viso, fissando il ragazzo che aveva appena baciato.
Jack sapeva nel profondo che qualcosa sarebbe andato storto; a lei piaceva Adam, perché diavolo baciare lui?
«Io ti trovo molto attraente, si.. E non ci ho pensato due volte nel baciarti. M-ma te non ti sei spostato e pensavo.. pensavo..» le parole uscirono come nebbia dalla sua bocca, oscurando i pensieri di Jack, che si sentì un robot: senza emozioni e libertà di parola. Un giocattolo.
«A me piace Adam e mi dispiace per quello che è appena successo.. Non volevo rovinare le cose tra te e Julia.. ». Le ultime parole tagliarono a metà Jack, come una spada affilata.
Lui spalancò gli occhi. «Niente di tutto questo, Z-Zoe! Ti trovo.. s-solo attraente, ma.. ma non mi piace Julia».
Sembrò dover tirare fuori con la forza quelle parole, costringendole ad uscire.
Abbassò lo sguardo, e appena lo alzò vide Zoe sorridente.
«Tra qualche giorno mi dichiarerò ad Adam e questa storia verrà dimenticata, ok?».
Come faceva a lasciare tutto al passato così facilmente?
Con un semplice sorriso, per di più.
“Ah, si” si ripetè in mente “Mi trova solo attraente. Niente di più. Niente di meno”.

Si riunirono tutti assieme al ponte vicino al bar, sedendosi sul muretto che dava sul fiume.
Solo Julia aveva assistito a quella scena e sapeva di doverci parlare.
Eppure ora come ora gli sembrava più difficile parlare con lei che con Zoe; se avesse biacato quest’ultima un po’ di tempo fa, si sarebbe sciolto e sarebbero dovuti andare a raccoglierlo con paletta e secchiello.
Divise Julia dal gruppo per qualche secondo.
«Son felice per t-»
«Non deve saperlo nessuno» interruppe lui.
E le spiegò la storia per intero.
Quando tornarono dagli altri, era rimasto solo Sean con la sua compagna di polmoni: la sigaretta sempre accesa.
«Sono andati a prendere ancora qualcosa da bere a Il Ponte, saranno qui a breve» spiegò lui.
Una vecchietta attraversò il ponte: gobba, un foulard attorno al collo (anche se si moriva di caldo) e una borsettina a quadri.
Non seppe perché attirò la sua attenzione, ma il problema si rivelò presto: la vecchietta tirò sul il volto, ridendo e facendo cenno a Jack, poi iniziò a urlare.
«Ehii, ragazzo! Te la sei proprio slinguata per bene la biondina! Ihihihih! Perché non baci anche me così!? Ihihihih».
A Jack si rizzarono i peli: ora anche Sean sapeva la storia e anche lui avrebbe dovuto spiegare tutto dal principio.
Sbuffò.
Fu una difficile giornata.



Un colpo di scena che si rivela una fregatura!
Buongiorno, ancora, da Struzzo.
Jack subisce un grosso colpo al cuore, ma sembra subirne i danni lievemente.
Perché?
Se volete recensire, ben venga, se no vi ringrazio per la lettura e vi do appuntamento al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Dichiarazione d'amore! ***


Sean sembrò non interessarsi molto alla storia, ma anche lui si accorgeva della gravità della situazione. Certo, non gli avevano parlato né del fatto che a Jack piaceva Zoe, né del suo amore non corrisposto.
I giorni passarano in fretta, tranne quando Jack si trovava nelle vicinanze di Julia; si sentiva insicuro, come se dovesse fingere ad ogni movimento.
Lei, al contrario, cercava di avvicinarsi.
Lui trovava una scusa per allontanarsi.

Arrivò così il giovedì e come quasi tutti gli altri pomeriggi, uscirono.
Si ritrovarono al ponte, ma questa volta Jack evitò di passare a chiamare la sua migliore amica.
Sapeva di dover chiarire con lei, ma aveva bisogno di tempo.
Quel giorno il ragazzo dai capelli neri vide Adam chiudere il telefono prima di raggiungerli, felice, allegro. E anche lui provava quei sentimenti nel vederlo così.
Adam era il suo miglior amico, ma non avevano un legame comune: si sentivano uniti da un sentimento di fratellanza, ma il fatto di essere migliori amici non centrava nulla con il “dirsi tutto”“ho bisogno di sfogarmi”.
Per quello Jack andava da Julia, mentre Adam da chi voleva.
Visti dall’esterno si sarebbero potuti scambiare per conoscenti, ma a loro non interessava il parere della gente.
Sapevano di volersi bene.
Julia era seduta sul muretto del ponte vicino a Jack e quest’ultimo si sentiva parecchio a disagio.
Cercò di ripensare al perché di questo, ma l’unica cosa che gli venne in mente fu cacca, cacca, cacca, cacca.
Si battè la mano sulla fronte e pensò: “Successe tutto quando eravamo davanti a Il Ponte e ci stavamo per baciare!”.
Eppure, dopo esser giunto a questa conclusione non capì comunque il perché si stessero per baciare.
A lui piaceva Zoe.
Ne era sicuro.
«E allora ero lì con il fucile puntato sul topo, quando esce fuori un vecchio con le tettine pelose che penzolavano!».
Come sempre Sean raccontava delle sue avventure in campagna che venivano fuori da sé dopo qualche sorsata di birra. Per quanto potesse bere negli anni, il suo indice di resistenza non cambiava.
«Allora mi sono preso uno spavento e PAM!» si lanciò in avanti cercando di spaventare qualcuno, come in un racconto dell’orrore, ma riuscì ad ottenere soltanto un urletto da Zoe, che si strinse ad Adam.
Lui, ovviamente, la scostò.
Cosa diavolo aveva quel ragazzo?
«Alla fine ho sparato al vecchietto una pallina di plastica sul petto e si narra che ancora la notte si sentano le sue urla e le catene che strisciano nel castello».
Ci fu una risatina collettiva.
«Credo proprio che tu stia mischiando un po’ di storie, Sean» disse Julia ridendo.

Il cielo si stava oscurando e le nuvole bianche iniziavano a nascondersi dietro i palazzi, mentre il pigro sole rosso andava a rilassarsi dietro l’orizzonte.
Erano in silenzio a osservare il tramonto, quando arrivò Fry, l’amico di Adam, che si presentò.
Non doveva preoccuparsi di essere arrivato in ritardo; alla fine erano solo due ore.
Strinse la mano al ragazzo: bassino, capelli marroni scuro, con una banale frangetta che scendeva sulla fronte e un vestito troppo formale per adattarsi ad un sedicenne.
Sean tirò fuori uno zippo argento, mostrandolo vittorioso a Jack e passandoglielo tra le mani.
«Questo non lo trovi in giro, eeeh!».
Al ragazzo dai capelli neri si spalancarono gli occhi e iniziò a saltare dalla felicità.
«Oddio ma è bellissimo, Sean, grazie millee!».
Adorava quei tipi d’accendino.
Il fratello di Julia serrò gli occhi.
«Non te lo sto regalando, volevo solo fartelo vedere».
Poi scoppiò in una risata fragorosa, vedendo Jack abbattersi e deprimersi.
«Buaaah, tuo fratello è cattivo!».
Si accasciò su Julia, accennando un abbraccio, sdraiandosi sul suo petto, le braccia abbandonate lungo il suo corpo.
Julia lo strinse a sé.
«Tra noi non è cambiato niente» disse lui, esitando.
«Solo amici..» continuò.
Ci fu un momento di silenzio, in cui Jack sentì che Julia strinse la presa.
«Solo amici» ripetè lei insicura.


Jack non riusciva a non vedere Zoe con un po’ di odio, eppure non riusciva a dimenticarla.
Quel bacio gli era costato un pezzo del cuore, mentre lei sembrava essersene già dimenticata.
Vedeva il modo con cui fissava Adam e provava un po’ di invidia nei confronti del suo migliore amico, anche se sembrava non curarsi di quelle attenzioni da parte della ragazza.
Zoe si avvicinò a Jack, voltandosi a intervalli irregolari verso Adam.
«Lo farò» disse.
«F-farai cosa?» domando luì stupidamente.
Per un attimo gli balenò in mente la scena del bacio e mimò la scena.
«Che diavolo stai facendo?» disse lei, rabbrividendo.
«Ahah» disse lui arrossendo «Mi esercito per il teatro!».
In quella posa sembrava un cactus a cui scappava la pipì, ma si riprese.
«Comunque fari cosa?» continuò lui.
«Sto per dichiarare il mio amore ad Adam!».
L’ultima frase rimbombò nella mente di Jack.
Amare Adam?
Era come un scimpanzé che mangia le banane del suo ragazzo, ma poi bacia un altro scimpanzé!
Questo non aveva molto senso; e perché doveva pensare agli scimpanzé proprio adesso?!
Zoe, la ragazza che gli piace, sta per dichiararsi al suo migliore amico, che dirà sicuramente di si!
Aveva perso la sua occasione.
Perse le speranze quando vide Zoe camminare verso Adam e posizionarsi davanti a lui.
Strinse i pugni.
«Adam, tu mi piaci!» disse con assoluta decisione «Sarebbe magnifico se potessimo iniziare a frequentarci!».
Zoe era rossissima in faccia e Jack invidiò il suo coraggio.
Tutti avevano il cuore in gola, avevano assistito alla scena e ora volevano sapere la risposta.
Adam aveva chiuso gli occhi, pensieroso.
Li riaprì.
«Non posso» disse, calmo «Io sono gay».




Ciaoo a tutti da Struzzo (prima o poi cambierò, si)
Un colpo di scena inaspettato (?) che ribalta i pensieri sia di Jack che di Zoe.
Il ragazzo dai capelli neri avrà forse ancora la possibilità di dichiarare il suo amore alla piccolina dai capelli biondi?
Come reagiranno tutti a questa risposta da parte di Adam?
Bè, sapete come scoprirlo.
Approfitto di questo piccolo spazio per ringraziare tutti i lettori e coloro che commentano! <3
Grazie di tutto e al prossimo capitolo (:

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Capitolo 9
*** Reazione allergica ***


«Adam, tu mi piaci!» disse con assoluta decisione «Sarebbe magnifico se potessimo iniziare a frequentarci!».
Zoe era rossissima in faccia e Jack invidiò il suo coraggio.
Tutti avevano il cuore in gola, avevano assistito alla scena e ora volevano sapere la risposta.
Adam aveva chiuso gli occhi, pensieroso.
Li riaprì.
«Non posso» disse, calmo «Io sono gay».


Il tempo si era fermato, tutto sembrava ruotare attorno a Zoe e Adam, che avevano appena dichiarato due cose pazzesche.
Zoe si era impegnata tanto a trovare il coraggio per dire quelle quattro parole e lui distrusse tutti i suoi sogni.
Tutto tornò alla normalità, il cuore ricominciò a battere e fu Zoe la prima a parlare, sconcertata.
«Tu cosa?»
Adam chiuse gli occhi, paziente.
Un pregio di quel ragazzo era che riusciva ad emanare una calma che faceva cambiare gli stati d’animo di tutte le persone attorno; eppure a Zoe sembrava esserne immune.
«Io sono gay. Fry non è un mio amico, è il mio ragazzo».
Gli sguardi piombarono dritti su di lui, che sorrise e alzò le mani in segno di resa.
«Mi avete scoperto» disse allegro.
Il labbro superiore di Zoe cominciò a tremare dal nervoso e i suoi occhi battevano così velocemente da superare il ritmo delle ali di un colibrì.

Quella sera tutto cessò in un istante. Noi non potevamo che esserne felici, poiché Adam aveva trovato l’amore e la “retta via” e pure Jack, che era all’oscuro di tutto questo, faceva piacere vedere il suo migliore amico in pace con se stesso.
Ma per Zoe fu l’inizio della fine.
Quando venerdì tornarono a scuola, Zoe non era più quella calma e fragile ragazzina bionda: tutt’altro!
Era diventata un mostro dalla quale uscivano i serpenti da capelli e vestiti e il suo sguardo avrebbe fatto terrorizzare la Morte stessa.
Era diventata odiosa.
Una conversazione “tipo” era così:
«Buongiorno Zoe, ti sei ripresa?»
«Ripresa?! Ripresa da cosa?! Dall’essere rifiutata da Adam?! E’ questo che pensi di me?!»
«In verità volevo solo..»
E dopo averti tirato uno schiaffo in faccia, se ne andava.
Il gruppo cercava di riavvicinarsi a lei, ma dopo che Adam negò la sua eterosessualità, Zoe era letteralmente impazzita.
Passarono il fine settimana senza di lei e Jack ce la stava mettendo tutta per riavvicinarsi a Julia, che sembrava fosse sia felice che triste a ritornare “migliori amici”. Eppure si erano sempre voluti così bene.

Lunedì mattina Jack e Julia (che avevano ripreso a fare la strada assieme, stando quasi tutto il tempo in silenzio) si fermarono davanti alla scuola e Jack notò che la ragazza indossava ancora la maglietta che le aveva prestato quel giorno.
Quel giorno..
Quando lui era perdutamente incantato dalla sua bellezza.
Dal suo essere, perché Julia era vera.
«Zoe sembra aver tirato fuori la sua vera personalità» disse Julia squarciando i pensieri del ragazzo.
Lui la fissò e per un attimo fu travolto dall’immenso dei suoi occhi, ma poi, come un salvagente in aiuto di una persona incapace di nuotare, la voce di Zoe invase la sua mente e lui tornò nella realtà.
«Ciao Julia» disse la ragazza salutandola sorridente.
Sembrava esser tornata alla sua “forma base”, quando lei si voltò verso di lui e lo squadrò dalla testa ai piedi.
«Jack» disse con voce quasi schifata «Il ragazzo che mi ha baciata sul ponte senza il mio permesso».
Sapeva che lei non era pienamente in sé stessa, quindi non rispose.
Eppure, per quanto neutrale potesse esser stato, ricevette uno schiaffo.
Julia si mise a ridere quando Zoe se ne andò.
Quel sorriso era stampato così bene; ideato perfettamente per i lineamenti del suo volto.
Jack si stava perdendo ancora, ma questa volta fu Julia a riportarlo indietro.
«Hai ancora intenzione di provarci con lei?».
Le sue guance diventarono leggermente rosse e il suo sguardo si abbassò.
«Non che mi interessi personalmente.. c’è, si.. te lo sto chiedendo da amica» le ultime parole si levarono col vento, che fece andare i capelli di Jack sui suoi occhi.
«Credo di si.. Infondo..» e la scena in camera sua gli tornò alla mente, facendogli venir voglia di baciare Julia, ma continuò la sua frase «..Infondo.. è lei l’unica che mi piace».
Ci fu un momento di silenzio.
Julia si alzò, si mise la tracolla sulla spalla e si diresse verso la scuola.
«Dove vai?» chiese Jack allungando la mano.
«È suonata la campanella, vado».
In verità non era suonato un bel niente.

Alle ultime due ore del Lunedì le classi si univano e si ritrovavano in palestra per fare sport di gruppo, come pallavolo, calcio o pallamano. Oggi toccava alla classe di Jack e Julia, che  era in classe con Zoe.
I due professori delle rispettive classi mandarono questi tre a prendere dei palloni nello sgabuzzino.
Zoe si distaccò dai due, che rimanevano in silenzio e uscì con sette palloni in mano, tenendoli in modo che pure un giocoliere sarebbe stato colpito dalla bravura.
Sbuffò e si diresse verso i due, andandogli addosso e portando i palloni al professore, che si congratulò per la velocità. Era già tanto che Zoe non avesse tirato uno schiaffo pure a lui, visto che aveva lasciato le sue impronte digitali ad almeno una ventina di persone.
Julia si infilò nello sgabuzzino, ma non riusciva a prendere un pallone incastrato nel recipiente; Jack non sapeva se aiutarla o no. Esitò, ma sentì un’immensa spinta dal dietro, che lo scaraventò contro Julia, sbattendo contro gli scaffali. Era appena stato colpito da un calcio e pure potente!
Doveva essere sicuramente qualche bullo di due metri.
«Ahah e ora come farete voi due? Immagino che morirete dall’imbarazzo in due minuti!».
Era la voce di Zoe.
Morire dall’imbarazzo in due minuti?
No.

Ne bastava uno.



Eccomi ancora qua, Struzzo, a regalarvi un altro capitolo!
Mi scuso per il ritardo, ma sono stato un po’ impegnato in questi giorni.
Non manca molto alla verità finale. Come finirà questa storia?
Se esistono ancora i lettori, li ringrazio vivamente e non posso che darvi appuntamento al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** La cosa sbagliata ***


Jack era immobilizzato dalla presenza di Julia; era da troppo tempo che non si trovava in una situazione così intima con lei.
La ragazza non doveva trovarsi in una posizione tanto più comoda, visto che il suo cuore iniziò ad accelerare il ritmo dei battiti, come volesse distruggerle il petto e scappare da quel corpo che subiva troppe emozioni.
Uno goccia di sudore le delineò il viso, fino a raggiungerle la maglietta.
Jack la fissava e trovò cattivo il destino, che li faceva trovare in situazioni imbarazzanti e simili ad altre già vissute, come quella volta nella sua camera.
La maglietta, poi, era la stessa.
«Non c’è motivo di essere in i-imbarazzo» iniziò il ragazzo dai capelli neri, cercando di risollevare la situazione.
«C-certo.. Niente di imbarazzante» ripetè lei.
Quelle parole si alzarono fino al soffitto e poi si dissolsero nella stanza.
«Ci siamo trovati tante volte in situazioni così i-intime» continuò lui.
E la sua mente fu invasa dalle tante avventure passate assieme a quella semplice e affascinante ragazza.
«Ne abbiamo vissute proprio tante..» sognò lei.
Entrambi erano caduti nel mondo dei ricordi e Jack cominciò a parlare delle varie avventure.
Era l’inizio delle medie ed erano andati al circo, dove giocavano elefanti e cavalli, dove clown e giocolieri davano la dimostrazione delle loro abilità.
Loro erano riusciti ad avere uno special-pass per dietro le quinte e conobbero i gemelli siamesi attaccati per le chiappe, che si dovevano esibire in un numero di comicità quello stesso giorno.
Certo, loro peggiorarono la situazione continuando a chiedere il perché di quella scelta, il circo e loro dopo aver scavato nel passato, scapparono su un lama per andare a fare gli avvocati.
Jack e Julia furono obbligati a fingere di essere quei due e  scuotevano il sedere in un numero rivoltante per essere vero, ma che il pubblico trovava divertente. Morivano dall’imbarazzo e tutti ridevano di loro.

I due iniziarono a ridere dentro lo sgabuzzino, imitando i gesti delle loro chiappe in memoria del passato.
Poi si sedettero e tirarono un sospiro di sollievo.
Fin quando un altro ricordo balenò.
Erano in gita in terza media alla stalla (cosa che di solito si faceva alle elementari) e dovevano riuscire a domare un cavallo. Appena Julia prese il controllo dell’animale, lo domò, ma fu scaraventata con la faccia nello sterco bello fresco, che sembrava dire “suu, buttati che è morbido!”.
Jack scoppiò in una risata fragorosa, tanto da far spaventare il cavallo e dopo un bel calcione in pieno sedere, fu scaraventato nel fango dei maiali, dove loro lo accolsero come un nuovo compagno di giochi.

Jack e Julia si  erano completamente dimenticati della situazione imbarazzante nella quale si trovavano e continuarono.
Erano in una seduta che parlava della guerra e, dopo aver riunito tutte le prime della superiore, il professore iniziò a parlare delle armi usate durante le battaglie.
Appena accennò del TNT, Julia e Jack si diedero uno sguardo di intesa e cominciarono a cantare TNT degli AC-DC, dimenticandosi totalmente delle persone che c’erano e della situazione in cui si trovavano.
Si erano persino messi a ballare la canzone tenendosi per mano e una volta fermi l’imbarazzo fu quasi mortale.

Tornarono nel presente, accorgendosi di una cosa: erano uniti per mano, come ai vecchi tempi e stavano ballando la stessa canzone dell’inizio anno, con tanto di canto corale.
Entrambi arrossirono e mollarono subito la presa, dividendosi e tornando nel loro angolo di sgabuzzino.
«Cosa ci è successo?» chiese Jack mangiandosi le unghie e lanciando un’occhiata alla ragazza.
«Io.. io.. io penso che sia scattato qualcosa tra noi» disse lei cuocendo dall’imbarazzo.
Jack sbarrò gli occhi.
Scattato?
Qualcosa?
Tra loro?
«Macchè» disse sorridendo «Siamo solo amici.. Migliori amici!».
Lo sguardo di Julia si abbassò, contemplando il pavimento.
O forse.. per nascondere le lacrime.
Jack si avvicinò a lei, spaventato.
«Cos’è successo? Ti fa male la testa?» le toccò la fronte.
«S-si.. Mi fa male la testa. E’ solo quello» disse asciugandosi le lacrime.
«Deve essere proprio forte per farti piangere».
Lei si alzò di scatto, lo spinse e gli tirò uno schiaffo in faccia; lui restò immobile.
«Tra noi poteva uscire l’amore! Ma te hai deciso di lasciare stare, vero?! Solo amici! Solo amici, cazzo, solo amici!».
Sembrava parlare con se stessa e inondava la stanza con un misto di rabbia e tristezza.
«Non.. non vorrei fare la cosa sbagliata» disse lui a bassa voce.
Lei gli puntò il dito, strinse i denti e si asciugò le lacrime.
«Hai già fatto la cosa sbagliata».
Poi sfondò la porta con un calcio e se ne andò.

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Capitolo 11
*** Inizia l'Estate! ***


Tutto andava storto nella vita di Jack: la ragazza che le piaceva era diventata un colosso d’odio perché rifiutata da Adam, che dichiarò la sua omosessualità. In più l’unica persona che lo capiva alla perfezione lo voleva morto, distrutto, consumato dai sensi di colpa.
Quando quel giorno uscì dallo sgabuzzino, lo aspettò la partita di pallavolo più faticosa della sua vita: ricevette tante di quelle schiacciate da parte di Julia, della squadra avversaria, in faccia, che alla fine stramazzò a terra col sangue che colava dal naso.
Forse, adesso, Julia e Zoe iniziavano a capirsi.
L’odio della sua migliore amica, o forse ex migliore amica, finì circa dopo due giorni, ma prima fece in tempo ad agire come il nemico più cattivo e crudele, con sgambetti, spinte, schiaffi e finte dichiarazioni da parte sua verso la professoressa d’italiano.
Quel giorno Jack era seduto normalmente e abbastanza assonnato sulla sedia, appoggiato con la testa al banco, quando la campanellà suonò; la professoressa fece gesto di stare calmi e annunciò con la sua solita voce tranquilla: «Andate tutti, ci vediamo domani. Tranne Jack; tu starai qui un attimo, dobbiamo parlare».
Jack sbuffò e poi si avvicinò alla cattedra. Lei si tolse gli occhiali e si leccò le labbra, poi parlò.
«Vedi.. Girano voci che tu ti sia innamorato di me».
Al ragazzo venne un conato di vomito tanto forte da piegarlo a metà: l’idea di essere innamorato di una settantenne con le tette tanto lunghe da arrivare in tasca o essere usate come sciarpa, lo fece sprofondare nel disgusto.
 «Ehm in verità..» disse lui sconcertato.
«Non preoccuparti Jack, sono cose che succedono. Sai, molti alunni si sono innamorati di me e, non per vantarmi, ho ancora un certo fascino» disse sistemandosi gli occhiali.
Jack stava per svenire lì, in quel momento, pensando a lei che si buttava da un burrone e usando come paracadute la carne moscia sotto le braccia, come gli scoiattoli volanti.
Appena scoprì che l’artefice di tutte le bastardate erano Zoe e Julia, provò un odio immenso.
Eppure, non aveva il coraggio di avvicinarsi né all’una ne all’altra; da Zoe sapeva che avrebbe ricevuto un bello schiaffo. A Julia non riusciva ad avvicinarsi. Si sentiva ancora un po’.. un po’ in colpa.
Passarono le settimane e fare la strada tutte le mattine da solo era qualcosa di molto triste per Jack e vedeva la ragazza camminare qualche metro più avanti, ma non poteva fare niente, tranne trattenere le inutili parole.
Quando uscivano, Jack cercava sempre di non incrociare il suo sguardo, eppure vedeva con la coda dell’occhio che lei lo fissava, e quando si voltava, Julia singhiozzava e poi si copriva gli occhi con il braccio.
Tutti notarono quel disagio tra i due, ma nessuno sapeva la causa.
Eppure nessuno investigò.
Zoe tornò normale in circa due settimane, facendo ricomparire la ragazzina dolce che gli piaceva tanto; però, ogni volta che incrociava il suo sguardo, non riusciva a non pensare al mostro che si celava dietro a quei celesti e innocui occhi.
Ormai Fry faceva parte della compagnia e Adam aveva quello splendido sorriso di quando il suo cuore faceva scintille d’allegria e Jack si dimenticava tutti i suoi problemi anche solo guardandolo per due secondi.
La Primavera era agli sgoccioli e l’ultima settimana di scuola era ormai alle porte.
Uscirono il Lunedì pomeriggio e Jack portò con sé Mammut, che continuava a girare su sé stesso, allegro, nel vedere volti amichevoli.
Appena vide Julia, le saltò addosso e iniziò a leccarle la faccia: stava esplodendo dalla felicità.
Jack si avvicinò a lei, cercando di tirare il guinzaglio per allontanare il cagnolone assetato di affetto.
I due sguardi si incrociarono, il cuore salì alla gola.
«S-scusa..» disse lui.
Julia sbarrò gli occhi: si era deciso a chiedere scusa per averla fatta soffrire?
Si schiarì la gola e continuò.
«Scusa se Mammut è così vivace».
Julia abbassò lo sguardo.
“Ah” pensò “Scusa per il cane, eh?”.
Poi se ne andò stando zitta.
Nei tre giorni seguenti Jack non poté non notare che Zoe e Julia erano diventate amiche infallibili; chissà da quanto tempo ormai. Lui se ne era accorto tardi.
Formavano una coppia perfetta: la tristezza dell’una veniva curata dall’allegria dell’altra e non c’erano buchi di infelicità nelle loro anime.
Quando succedeva qualcosa tra Jack e Julia, lei correva subito dalla sua nuova inimitabile amica, Zoe, e quando la rivedeva era sorridente e sembrava spruzzare fiori colorati dal suo corpo, rallegrando tutta la zona.
Eppure Jack non stava poi così bene.

Giunse l’ultimo giorno di scuola e tutte le classi si ritrovarono nella palestra a festeggiare.
Tutti erano allegri, tutti ridevano.
Jack aveva capito di non essere parte di quel “tutti” da un po’ di tempo ormai.
Seduto sulla cavallina nell’angolo della struttura di ginnastica, osservava gli altri scambiarsi battute, con lo sguardo perso nel vuoto.
Qualche mese prima sarebbe uscita Julia pronta a ravvivarlo con le sue idiozie di prim’ordine e in pochi secondi si sarebbero ritrovati a ridere come iene, con le lacrime agli occhi.
Invece no.
Julia era distante, troppo distante per notare che Jack stava soffrendo.
Non doveva finire così, nulla doveva finire così!
Dove aveva sbagliato?
«Non.. non vorrei fare la cosa sbagliata»
«Hai già fatto la cosa sbagliata».

La scena invase i suoi pensieri.
«Fry arrivo subito» una voce allegra proveniva dalla sua sinistra, ma non si voltò a guardare.
La voce era di Adam, la conosceva alla perfezione.
«Mi fai un po’ di spazio?» chiese sorridendo.
Poi con un balzo si mise di fianco al ragazzo.
«E’ la prima volta che io e te parliamo di problemi personali. E’ la prima volta che ti vedo così triste».
Adam fissava il vuoto insieme a Jack, voltandosi a volte a vedere se il suo amico si era addormentato, piangeva o lo stava ascoltando.
Poi continuò: «Ma c’è sempre una prima volta, no?» gli occhi si strinsero e la bocca si allungò in un sorriso, poi tirò una pacca a Jack.
Lui lo fissò: una lacrima stava scendendo giù dall’occhio.
All’inizio Adam non sapeva come reagire, ma poi venne spontaneo stringerlo a sé con il suo braccio.
«Sfogati quanto vuoi, amico».
E lacrime piovvero dai suoi occhi, mentre singhiozzando raccontava tutte le sue emozioni.
Quando il suo cuore non aveva più nulla da dire, iniziarono tutti e due a raccontarsi storie divertenti ed entrambi ridevano come non mai.

Julia si staccò dalla conversazione con Zoe e per la prima volta in tutta la giornata, si voltò verso Jack: rideva.
Rideva tanto.
Forse non aveva bisogno di lei, veramente.
Doveva rassegnarsi, stop, finita.

Alla fine del suono della campanella, l’ultima in tutto l’anno, la confusione regnò sovrana: tutti festeggiavano e correvano fuori dalla scuola, lanciando i fogli dei compiti e tirando fuori birre da cespugli lì vicini, tutti pronti a festeggiare.
Jack guardò il Sole che splendeva forte sui suoi occhi.
Inizia l’Estate!



Ciao a tutti da Struzzo!
Mi scuso se questo capitolo è più lungo degli altri, ma avevo bisogno di introdurre bene il prossimo, nonché ULTIMO CAPITOLO!
Il mio prossimo commento ve lo lascerò all' inizio del prossimo capitolo, ringraziandovi tutti e facendovi godere l’ultima lettura di Sorridendo all’amore.
Vi ringrazio già ora, approfittando di questo spazio.
Allora al prossimo e ultimo capitolo, non mancate!

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Capitolo 12
*** Big Bang d'emozioni Pt. 1 ***


Il Sole splendeva alto su tutta la città, facendo luccicare i fiumi, con i fiori che assorbivano tutto quel benessere e crescevano rigogliosi nei campi verdi, solleticati da lunghe strade che si arrampicavano coraggiose sulle montagne che osservavano le case dall’alto.
Era finita la scuola e per ogni ragazzo il caldo sembrava esser sbucato da dietro l’angolo e aver preso a cinghiate il clima primaverile, con le vacanze che sembravano voler prendere il sopravvento delle menti delle persone.
Jack usciva ogni pomeriggio, dopo essere svegliato dall’abbaiare di Mammut che funzionava meglio di una sveglia e verso le due faceva colazione, a base di tè, cereali e voglia di rilassarsi.
Ma un mostro brutto e cattivo avrebbe rovinato quella calma: il cagnolone saltava sul tavolo e cadeva su un fianco, strisciando e facendo cadere la tazza e i cibi vari. Jack rimaneva ogni mattina con il cucchiaio davanti alla bocca, pronto ad immergerlo dentro al recipiente, quando l’ammasso di peli e bava distruggeva con divertimento tutte le cose.
Andò avanti così per giorni, fin quando Jack non si decise di fare colazione sopra il mobile. Mammut si metteva sempre sotto di lui, osservandolo dal basso verso l’alto e, dopo aver tirato qualche testata al mobile, cercando di farlo cadere, se ne andava sconfitto in sala.
Le giornate erano così solari e Jack aveva una voglia di vivere immensa, che calava a picco ogni volta che passava davanti a casa di Julia.
Julia.
Ecco qual’era il problema dopo Mammut.
Erano simili: sbavavano entrambi, erano pelosi e rompevano sempre.
Jack rise tra sé mentre camminava lungo il marciapiede, quando pensò che quella battuta sarebbe piaciuta alla ragazza. E, se fossero stati i vecchi tempi, avrebbero riso per minuti e minuti, tirandosi pacche e asciugandosi le lacrime di divertimento a vicenda.
Però, quelli non erano i vecchi tempi.
Come ogni pomeriggio, il ragazzo andò al ponte per trovarsi con i suoi amici; il martedì dopo la fine della scuola, raggiunse il ritrovo tardi e tutti erano già là, a scherzare e a ridere come dementi.
Jack vide che Sean aveva una bottiglia di birra in mano; sicuramente stava raccontando una di quelle storie impossibili sulle sue avventure.
«Quella ragazza che mi ero portato nella grotta, ERA una ragazza, Julia!».
Sean agitava le mani come un pazzo, mentre sua sorella rideva di gusto.
«Aveva i baffi, Sean, i BAFFI!».
Il ragazzo scuoteva la testa da tutte le parti possibili, convinto della sua tesi.
«Non dirmi che credevi veramente alla storia del bastone che teneva in tasca per portarlo a suo fratello, ahah!».
Sean si sedette per terra, le mani davanti al volto e urlava dal colpo subito.
«Un maschioo, aaaaah, mi sono fatto un maschiooo!».
Tutti ridevano, con Fry e Adam che si tenevano per mano, con la schiena appoggiata contro il muretto del ponte.
«Ciao ragazzi!» disse Jack agitando la mano, sorridente.
Fu ricambiato da un “ciao” di gruppo, tranne da Sean e..
Il suo sguardo finì su di lei, come se volesse dire qualcosa, ma strinse le labbra e si voltò verso gli altri.
Adam aveva uno sguardo fisso su di lui e sembrava dire irritato “muoviti o ti prendo a calci, parla!” e da quel momento iniziò una conversazione di sguardi che solo due migliori amici potevano fare.
Certo, lo scambio di occhiate finì con una strizzata di occhi che significava “si, anche a me piace il gelato alla fragola”, perché per un attimo avevano perso il filo del discorso, ma tutto il resto entrò nella testolina bacata di Jack.

Furono giornate quasi tutte uguali, eppure tutte diverse, ma la solfa era sempre la stessa: si parlava e alla fine tutti si accorgevano che Julia e Jack non erano più quelli di una volta e cercavano modi stupidissimi per lasciarli soli.
Una volta usarono la scusa di un virus della pancia che aveva girato tutti i loro organismi e scapparono tutti assieme dicendo di dover andare a casa, pensando che, ovviamente, le cose tra loro si sarebbero risolte con un “ai nostri amici scappa la diarrea, facciamo pace, ti va?”.
Certo, Jack avrebbe tanto voluto che fosse così facile, eppure non riusciva a dire una parola.
Quando li abbandonarono con la scusa “mia nonna sta male” (ovviamente usarono tutti la stessa, ed erano credibili quanto i genitori che ti dicono “babbo natale non verrà se fai il cattivo”)  Jack non riuscì a spiccicare parola, dando spazi a versi di un carciofo in coma, come: “nngh” – “mmhg” – “vvvhg”.
L’unica frase che Julia, infatti, disse a Jack da quel giorno nello sgabuzzino fu in quel pomeriggio: “ti è andato di traverso qualcosa?”.

Sean sbatté la sua mano sull’alta fronte e gridò: «Si, diamine, possiamo andare tutti in vacanza alla nostra casa al mare!».
Urlò così forte che da in fondo il bar si sentì una voce: “parli così forte per invitare anche noi qui in fondooo?”.
«Perché no? I vostri ci lasciano andare?» chiese Zoe con gli occhi che brillavano dall’emozione.
«Ma certo che si! Infondo possiamo usare la scusa del “noi siamo stati bravi tutto l’anno”» rispose il ragazzo facendo roteare il dito sul cono della bottiglia.
«Sean, hai investito una vecchietta a Novembre con la macchina!» intervenne Julia ridendo.
«Bla bla bla, l’importante è che lei fosse di corporatura forte e che se la sia cavata!» rispose lui facendo piccole sorsate tra una parola e l’altra.

Fu così che nacque l’idea di andare alla casa al mare e il Lunedì della settimana dopo erano tutti alla stazione, fermi davanti alle rotaie.
Il silenzio era tombale.
«Mi scappa la pipì» annunciò Jack.
«Potresti ripeterlo? Sai, è una cosa che mi interessa veramente molto» rispose Sean divertito.
«Indovina chi si ritroverà la valigia piena di piscio giallo?».
«L’orso Bear della casa blu?».
«Mi spieghi cosa centra?».
«Ah, non lo so, speravo me lo spiegassi tu».
«Fottiti, Sean, fottiti».

Il viaggio fu lungo, ma Jack non se ne accorse nemmeno, perché dormì per tutto il tempo; la prima ventina di foto della vacanza ritraevano le dita di Sean dentro il naso, la bocca, le orecchie, di Jack; poi un cappero sempre del fratello di Julia, attaccato sulla fronte, il naso, il labbro inferiore, la guancia e infine Jack con scritto “mangio cacca” sul petto.
Una cosa certa era che ci voleva un po’ a svegliarlo. Il repellente migliore per il suo sonno era Mammut.

La villetta era costruita sopra una collinetta, raggiungibile con una lunga fila di gradini, colorata da ciuffi d’erba che spuntavano simpatici tra la roccia.
Dalle finestre il panorama era fantastico: le onde si infrangevano contro gli scogli alla destra, si distendevano al centro e si perdevano dietro le colline, a sinistra.
Tutto era fantastico.
E Jack sentiva che stava per succedere qualcosa. L'unica cosa che successe il primo giorno, però, fu solo una "scoreggia con regalo".


Vi starete chiedendo perché c’è un commento dell’autore proprio qua, dove la storia doveva finire.
Per motivi di comodità, il capitolo sarà diviso in due parti: “Big Bang d’emozioni Pt.1” e “Big Bang d’emozioni Pt.2”.
Scusate l’imprevisto e vi chiedo di aspettare il vero finale per la fine di Agosto.
Oltre a Jack, Adam, Julia, Sean, Zoe e Fry, pure io devo andare in vacanza ^^
Ringrazio tutti e vi do appuntamento tra una decina di giorni, per la parte finale della storia <3

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Capitolo 13
*** Big Bang d'emozioni Pt.2 ***


Ciao da Struzzo!
È l’ultimo saluto che vi do, visto che questo è veramente l’ultimo capitolo.
Mi è piaciuto scrivere questa storia e sono contento di aver avuto dei lettori.
È ora di ringraziarvi tutti per l’ultima volta.
Spero che la storia vi sia piaciuta e questo capitolo sia di vostro gradimento.
Con questo è tutto: grazie di cuore;

Andrea.





Il primo giorno corsero tutti giù dalle scale come un’orda di bufali spaventati, sovrastando i campi d’erba e calpestando i fiori alti e belli, fino a raggiungere la spiaggia di sabbia lucente. Si tolsero i vestiti di fretta e furia e diedero posto al costume che indossavano già sotto e si lanciarono con tuffi improbabili nell’acqua salata e pulita.
«YEAAAH! È una sensazione bellissima avere l’acqua che ti solletica le pal-»
La frase di Sean fu interrotta da una ginocchiata nella pancia da parte della sorella, che poi lo atterrò con un placcaggio contro le onde.
In fatto di cucina erano tutti un enorme disastro: il primo giorno si propose di cucinare Zoe, facendo esplodere (non si sa nemmeno come) la padella. Successe tutto in un attimo:
«È facile questa ricetta: accendi il fuoco, metti la pasta e-»
KABOOM!
La padella si ritrovò con un buco in mezzo, fumante.
Per dormire si erano disposti in tre stanze: Sean e Jack in una, dove dormivano in un letto matrimoniale; le ragazze in un’altra, dove passavano la notte a spettegolare e raccontarsi storie sui ragazzi e nell’ultima la coppietta felice di Adam e Fry – la stanza più distante dalle altre, per lasciare un po’ di intimità.
Jack e Sean erano i più scomodi: quest’ultimo non stava un attimo fermo nel sonno e per due notti consecutive gli infilò il piede nel naso. Dopo l’ultima volta, però, iniziò a controllarsi, perché il dito del diciottenne gli solleticò la parte inferiore del naso e dopo uno starnuto fragoroso, Sean si ritrovò il piede cosparso da muco verde di Jack, che rideva come un pazzo.

La seconda sera, tutti riuniti attorno al focolare che avevano acceso le ragazze (che si erano rivelate più abili dei ragazzi) osservavano le stelle in tutta la sua bellezza.
Jack si sentiva a suo agio con tutti, tranne con quella presenza dalla parte opposta del fuoco: Julia.
Ripeteva le stesse sensazioni in tutte le situazioni possibili e immaginabili e il suo cuore non ce la faceva più.
C’era bisogno di una svolta.
Doveva fare qualcosa..
Una cosa che aveva iniziato, ma non finito..
«Hell!» urlò e si alzò, afferrando un bastoncino teso verso il fuoco; il suo marshmallow si era bruciato.
“Cavolo” pensò “ecco cos’era la cosa importante che dovevo fare”.
Una cosa che aveva imparato era mentire a sé stesso.

Stavano salendo le scale per raggiungere le proprie camere, quando Zoe spinse Jack contro il muro, puntandogli un dito accusatorio contro.
«Ti sei divertito abbastanza a far soffrire Julia?».
Il ragazzo dai capelli neri era spaesato, non sapeva cosa dire, quando intervenne Adam, che distanziò i due, dando un’occhiata a Zoe.
«Queste non sono cose che ti riguardano» era la prima volta che Adam lo difendeva in quel modo.
«Sono io che sento Julia tutte le sere. So quello che prova». Zoe aveva gli occhi infuocati.
«Sono io che capisco Jack tutti i giorni. So quello che prova».
«Perfetto. Fa continuare questa commedia ancora per un po’, Jack, come desideri».

Quella sera si abbandonò sul letto, osservando il soffitto così bianco da fargli venir la nausea.
Sean era di fianco a lui; voltò lo sguardo verso il ragazzo.
«Ti da fastidio se fumo?» chiese allungando la mano verso il comodino.
«È casa tua, mica mia» rispose lui, vago.
«Bè, i polmoni sono i tuoi» affermò lui.
«Lo sono anche i tuoi» terminò Jack mettendo le mani sotto il cuscino.
La fiamma dell’accendino illuminò la stanza per qualche secondo, dando spazio a una nuvola di fumo.
«Jack, non sono uno molto bravo con le parole..». Allungò le braccia, sporgendosi a lato e afferrando due birre, aprendole con i denti.
«..Ma ho intenzione di aiutarti».
Porse la bottiglia a Jack, facendo sbattere i due coni.
«Birra prima di dormire: perfetta».
Fecero lunghe sorsate, mentre Sean cercava di scavare nell’animo di Jack, duro, ancora sconcertato dalla scena accaduta prima; Julia soffriva ancora per lui. Eppure sembrava che fosse passato tutto, che l’unico a soffrire fosse Jack il mi-diverto-a-dire-le-cose-sbagliate-in-ogni-situazione.
«Le ragazze sono strane, ma vanno capite. In questo caso, però..» sbadigliò e fece rotolare la bottiglia vuota per terra, con tanto di mozzicone di sigaretta «..sei tu a dover essere capito».
E si addormentò, mentre Jack rifletteva su quelle parole.
Doveva capirsi.
Cosa voleva?

Il terzo giorno iniziò con le voci di Zoe e Julia che risuonavano nel corridoio.
«Non è colpa tua, è colpa sua»
«Non ti preoccupare, mi sono rassegnata».
Sean si svegliò con la bava alla bocca, girandosi verso Jack, che lo fissava ridendo.
«Cazzo, amico, hai un alito che sa di birra in un modo assurdo» disse grattandosi i capelli.
Poi ruttò e fece una faccia schifata.
«Oddio, pure io puzzo da far schifo!».
Scesero le scale uno dietro l’altro, quando Jack si accorse che Sean aveva le chiappe di fuori, con i peli che uscivano allegri.
Inizio a ridere, soffocando le sue risate e sperando che il diciottenne se ne accorgesse più tardi possibile.
Passò a lato di Julia e Zoe, che erano sedute al tavolo, quando andò verso il frigo, dando le spalle alle ragazze, che fecero un grido agghiacciante – stile horror, alla vista delle chiappe pelose, nemmeno avessero visto un mostro.
Jack non riuscì a trattenersi e iniziò a ridere come un babbo sulla cima delle scale, quando Fry e Adam corsero dalle loro stanze.
«Cos’è successo?!» chiese l’ultimo, spaventato.
Alla vista di Sean, si sbattè la mano sulla fronte, ridendo.

Jack era seduto in riva al mare, dopo aver bevuto (neanche fosse un amante della birra) cinque bottiglie, che aveva abbandonato sulla sabbia. La vista gli si era un po’ appannata, quando di fianco a lui comparì suo nonno, vestito da messicano.
«Nonno!» Jack iniziò a ridere da solo.
Da lontano Sean e Fry si godevano la scena sbellicandosi dalle risate: un ragazzo che ondeggiava in riva al mare parlando da solo.
«Ehi nipote» disse il vecchio agitando la mano e cingendogli le spalle con il suo possente e rossiccio braccio.
«Cosa mi stai combinando con quella ragazza?» l’espressione del Nonno si era fatta più dura, arricciando le sopracciglia in segno di disapprovazione. Eppure, era pronto ad ascoltarlo.
Intanto Sean stava già filmando la scena con il cellulare, con un sottofondo di risate.
«Nonno, io non so cosa fare» Jack osservava quella figura che rappresentava un padre per lui.
«Sono il tuo angelo custode, diavolo, non ti abbandonerò! Sarò la sicurezza per te! Fidati del tuo istinto. E.. scusa se ho abbandonato la vita terrena senza neanche salutarti. La Morte arriva senza neanche avvisare, che maleducata! Ohohoh» il fantasma iniziò a ridere, ondeggiando e Jack lo seguì.
«Ora è tempo di andare e fidati delle mie parole: segui l’istintooooooooo» e scomparve con il vento.
Jack vomitò per il troppo alcohol poco dopo.

Quel pomeriggio conobbero un’altra compagnia di ragazzi: Kristin, Pierre, Leila e Ronald.
Ci volle poco per far sì che si studiassero a vicenda: si vedeva lontano un miglio che a Kristin piaceva Ronald e che gli altri due erano in cerca di avventure.
Quello che loro pensarono di Jack e gli altri, non lo seppe nessuno.

Julia imparò a cucinare dei piatti base dal terzo giorno e quella sera sbalordì tutti con un piatto di pasta al sugo (sembra semplice da fare, ma per loro era una bella sfida) che Pierre e gli altri trovarono banale, presentando un piatto di grigliata mista, che oscurò la pietanza cucinata da Julia.
Mangiarono, e non poco.
La serata continuò fino a tardi: il fuoco era acceso in mezzo alla spiaggia, liberando le sue fiamme e emanando una forte ondata di calore, che riempiva tutti gli animi di allegria. La musica prendeva il volo nell’aria, facendo ballare tutti i presenti.
Tranne Jack.
Era seduto su un muretto, poco prima della spiaggia, osservando tutte le sagome che si muovevano.
Guardò Zoe: l’amore verso Adam era già scomparso e si era già rifatta con Pierre, baciandosi davanti alla luce della Luna, che rifletteva sullo scuro mare.
Sospirò.
Non provava più nessun sentimento verso di lei.
Appoggiò il mento sul braccio, osservando Adam e Fry: stavano ballando allegramente, fregandosene di tutti quelli attorno. Loro avevano capito tutto.
Sorrise.
Era felice per loro.
Poi scosse la testa: Sean in lontananza stava cercando di conquistare Leila, con metodi abbastanza insoliti, come il video di Jack che parlava da solo e le vecchie storie sui topi parlanti nella fattoria.
Rise.
Era felice di avere loro come amici.
Poi, con il sorriso ancora stampato sulla bocca, spostò il suo sguardo verso Julia.
Era seduta, fissa sul fuoco che divampava davanti a lei.
I vari giochi di luce facevano risplendere la sua bellezza.
Fidati del tuo istinto.
Il nonno aveva ragione.

Jack si alzò, pugni stretti, denti serrati.
Il tempo attorno a lui si era fermato.
Il nonno dentro di sé lo faceva restare impassibile.
Era pronto.
Pronto a scoprire la verità sui suoi sentimenti.
Ora sapeva cosa voleva.
Si trovò davanti a Julia, che lo guardò dal basso verso l’alto.
Con un modo brusco le afferrò la mano, la alzò e trasportandola dietro di sé, camminando velocemente, scomparve nel buio.
Il cuore che batteva all’impazzata, la mano calda di Julia stretta alla sua.
Le sue parole di sottofondo: “dove mi stai portando?” – “Jack, Jack!”
Ma a lui non fregava niente.
Ora era sicuro.
Era finalmente sicuro di sé stesso.
Si voltò verso Julia e la fece accasciare a terra, poco più su della collinetta, in mezzo al buio.
Si mise sopra di lei e le loro labbra si unirono, infinite, con un calore innaturale, mentre i due cuori si congiungevano.
La mano del ragazzo si muoveva lungo la coscia di lei, mentre le loro labbra erano lo specchio dell’anima, il sentimento d’amore.
Julia allungò le mani e tolse la maglietta al ragazzo, stringendolo a sé.
Erano una cosa unica, ora che sapevano tutti e due la verità.
Cosa volevano veramente.
Le mani di Jack esploravano il corpo di lei, mentre i due respiri si incrociavano tra i due visi.
Gli occhi fissi sul volto dell’altro.
E ancora le labbra si univano, fondendo le due anime.
Tutto era fermo.
Tutto stava succedendo in un istante.
Un Big Bang d’emozioni.
«Perdonami se sono stato uno stupido»
«Non mi interessa più niente. Baciami»

Solo in quel momento Jack conobbe la vera felicità.
Essendo felice, sorrise.
Sorridendo all’amore.

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