La storia di Elanor e Niphredil - Cuori di Mezzelfe

di Elanor Eliniel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nìsiel e Mìrdan ***
Capitolo 2: *** Le due Mezzelfe ***
Capitolo 3: *** Finduilas ***
Capitolo 4: *** Molti viaggi ***
Capitolo 5: *** Specchi e verità ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni inattese ***
Capitolo 7: *** Le strade proseguono ***
Capitolo 8: *** Il principe, il cugino e lo zio ***
Capitolo 9: *** Rientro all'Ovest ***



Capitolo 1
*** Nìsiel e Mìrdan ***



Infine mi sono decisa a riprendere in mano questa storia scritta sei anni fa (di cui, tra l'altro, c'è già la vecchia stesura in giro per il web). Scritta con l'aiuto della mia amica Niphredil in un momento in cui tentammo di fare una nostra trasposizione in Arda. Ora, rileggendola con occhi più maturi, ho deciso di cambiare qualcosina e soprattutto di migliorare lo stile. Elanor e Niphredil appartengono a noi, così come tutti i nuovi personaggi inseriti fatta eccezione per Naerfindel, Carnifinde (che ho contribuito a sviluppare), Nauredhriw, Haidens e Neron Eargil i quali appartengono ad amici tolkieniani. Sarà piuttosto lunga come storia e gli aggiornamenti non saranno velocissimi. Buona lettura!



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Avvenne che, nell’anno 33 della Seconda Era, il successivo alla venuta degli Edain a Numenor, gli Eldar cominciarono a salpare per l’Ovesturia portando doni agli Uomini. Ed il pensiero di Elwing andò a suo figlio Elros, Tar-Minyatur, primo re di Numenor che non vedeva dal giorno dell’ultimo fratricidio degli Elfi e che non avrebbe mai più rivisto poiché egli aveva scelto il destino degli Uomini. Assai amara sembrò la sorte ad Elwing, che le aveva sottratto la gioia di crescere i propri figli.
Passarono molti ma molti anni, Numenor cadde, i Fedeli fuggirono e fondarono Arnor e Gondor in Endor, molte guerre si succedettero nella Terra di Mezzo, di cui gli Amanyar sapevano poco.
Ad Aman la vita procedeva come sempre, Elwing risiedeva nella sua torre dove si prendeva cura degli uccelli marini e dove aspettava il ritorno del marito; finché nacque in lei il desiderio di avere un altro figlio da crescere in quel reame beato. Eärendil acconsentì e fu così che nell’anno 2500 della Terza Era nacque la loro figlia Nìsiel. Il suo nome deriva del termine “nis”, che nella tradizione Eldarin indica le donne elfiche, ed era molto appropriato, in quanto era l’unica figlia femmina del grande Marinaio. Più gli anni passavano, più la grazia di Nìsiel s’accresceva e, sebbene ella vivesse nella Bianca Torre insieme a sua madre, sovente si recava nei boschi di Lòrien sulle rive del lago Lòrellin, dove cantava assieme agli usignoli e a Melian la Maia.
 
Conobbe molti tra i più nobili principi dei Vanyar e dei Falmari, ma a nessuno di loro andava il suo amore; difatti ella desiderava un amore come quello che legava i suoi genitori e che aveva indotto sua madre, tanti anni addietro, a seguire Eärendil per mare. Se i suoi fratelli dai capelli scuri e occhi grigi avevano ereditato le sembianze di Elwing, la fanciulla con i suoi capelli biondo miele e gli occhi grigio azzurri aveva conservato le fattezze di suo padre e della Casa di Hador.
Chiunque la osservasse poteva scorgere nel suo sguardo un velo di tristezza, ché molto desiderava rimirare la Terra di Mezzo; un giorno confidò questo desiderio a sua madre ed ella le ricordò tutte le disgrazie che si erano abbattute sui Noldor per aver abbandonato Valinor e la dama allora dimenticò quest’idea.
Erano passati trecento anni dalla sua nascita quando la fanciulla fu convocata da Manwë a Valimar, presso l’Anello della Sorte. La questione dei Mezzelfi tornava a turbare il Signore dei Valar e Mandos poiché Nìsiel, del pari dei suoi fratelli Elros ed Elrond, avrebbe dovuto scegliere a quale schiatta desiderava appartenere; pure la Mezzelfa mai aveva veduto Uomini nel corso della sua esistenza, né sapeva come fosse la loro vita.
Nìsiel quel giorno ascoltò molti pareri tra loro contrastanti, mentre timida e confusa, se ne stava nel mezzo del Màhanaxar in attesa che altri decretassero la propria sorte. Infine, allorché le ombre della sera s’allungarono anche su Valimar, fu deciso di inviare Nìsiel nella Terra di Mezzo, dove avrebbe avuto modo di incontrare popoli mortali e compiere al meglio la propria scelta.
E fu così che Elwing vide la sua unica figlia femmina abbandonare il porto di Alqualondë a bordo di un candido vascello a forma di cigno; e mentre guardava sua figlia allontanarsi all'orizzonte, rivolgeva una silenziosa preghiera ad Ilùvatar, affinché ritornasse un giorno a lei sana e salva. Suo padre Eärendil la guidò dai cieli con la sua stella, in quella notte limpida e Nìsiel manovrava il vascello con grande maestria, essendo figlia di suo padre e nel silenzio di quella notte e dei giorni che seguirono solcò il profondo Belegaer, finché sorse un’ alba diversa dalle altre, un’aurora che gli rivelò delle grigie sponde mortali.
Così, quando suo padre dal cielo più non la seguiva, ella approdò ai Porti Grigi; in quell’ora Cìrdan, Signore del Mithlond, dall’alto della sua torre vide quella nave meravigliosa e comprese che essa doveva essere stata fabbricata dai suo consanguinei di Aman. Si recò dunque al porto e vide la fanciulla scendere con disinvoltura e legare il suo vascello ad una colonna, con nodi che rivelarono la sua conoscenza dell’arte marinaresca.
Nìsiel si guardò attorno meravigliata e incerta. A lungo il suo cuore aveva desiderato raggiungere la Terra di Mezzo, di cui molti canti a Valinor parlano, ma ora che il momento era giunto, si accorse di essere null’altro che una timida fanciulla cresciuta sulle rive di un mare benedetto e avvezza a cantare in giardini beati. Un misto di nostalgia e timore la avvolse, ma si riscosse allorché vide il Signore dei Porti, alto e con capelli e barba d’argento, che le si avvicinava gentilmente.
- Benvenuta ai Porti Grigi, mia signora. Vi ho veduta dalla Torre, e mi sono chiesto da dove veniate. – la accolse lui.
- Sono Nìsiel, figlia di Eärendil ed Elwing. Sono nata a Valinor donde vengo. I Valar mi hanno inviata qui, affinché io decida, in quanto Mezzelfa, se appartenere ai Primogeniti o ai Venturi. Mio padre mi disse di rivolgermi al Signore dei Porti, ché una profonda amicizia li unì in passato. -  rispose lei.
Cìrdan sorrise benevolo ed allargò il braccio destro in segno di benvenuto, spalancando un vecchio mantello grigio.
- Sono io Cìrdan, Custode del Mithlond -
Nìsiel abbassò lo sguardo imbarazzata.
- I miei omaggi, signore – mormorò impacciata.
Cìrdan chiamò un Elfo, uno dei suoi servitori, affinché fosse fatta preparare una camera per la Dama.
- Così costei è la figlia del mio amico Eärendil – pensò il Carpentiere – bisognerà trattarla con riguardo. -
Nell’attesa la fanciulla si sedette sulla sabbia, lo sguardo rivolto ad Occidente: ancor tremendamente vicina era l'ora del suo viaggio e già avvertiva la mancanza dei suoi genitori e della sua terra.
Sentiva che presto qualcosa sarebbe accaduto, qualcosa che avrebbe portato sconvolgimenti nella sua vita; era giunta nella Terra di Mezzo, unica figlia di Eru a partire dal Reame Beato con il consenso dei Valar. Qualsiasi evento la attendesse, rifletté, sentiva già inspiegabilmente di aver trovato una casa nella Terra di Mezzo: i Rifugi Oscuri dove sarebbe rimasta. E infatti la sorte così volle.
Ivi conobbe Sìriel, sposa di Cìrdan, e trascorse molto tempo in sua compagnia, apprendendo la sua storia. “Figlia del fiume” era il suo nome, poiché era inizialmente un’elfa Nelyar, appartenente al popolo di Nurwë, Avari consanguinei dei Teleri. Durante la Grande Marcia, Cìrdan la trovò lungo le rive di un fiume che oggi non è più e se ne innamorò; indi la convinse a prendere parte al Viaggio ed ella più tardi divenne un’Elfa Falathrim, nonché sua moglie.
 
- Che ne è di mio fratello Elrond? – chiese un giorno Nìsiel alla Signora dei Porti.
- Ah, Mastro Elrond il Mezzelfo! Egli dimora a nord ad Imladris, di cui è il Signore ed il fondatore. Celebrìan fu sua moglie, ed Elladan ed Elrohir i suoi figli. Ha anche una figlia, Arwen, che ha ereditato l’ineffabile bellezza di Lùthien sua antenata. -
- So chi sia Celebrìan, che ora è all’ovest. Ma la mia domanda fu dettata dal fatto che molto desidero incontrarlo. – ribatté la fanciulla.
- Sono sicura che tra qualche tempo potrai recarti a Gran Burrone, se è ciò che vuoi. Ora devi scusarmi, ma debbo lasciarti, è giunta ora – disse l’Elfa – mio figlio sta per arrivare. -
 
E difatti era così, Mìrdan figlio di Cìrdan stava per arrivare nella sua dimora dopo un lungo peregrinare al Nord, al fianco dei Dùnedain e dei figli di Elrond. “Costruttore di Gioielli” dice il suo nome, poiché le navi che egli fabbricava erano sempre ricoperte di gemme e perle. I suoi capelli erano scuri e i suoi occhi avevano il colore verdecastano delle foglie autunnali, abili erano le sue mani e costante il suo cuore. Corni d’argento squillarono ed egli entrò sul suo destriero nel piccolo reame del Mithlond; Cìrdan e Sìriel lo attendevano in piedi accanto ai cancelli e non appena l’Elfo smontò da cavallo entrambi lo abbracciarono, ché erano passati alcuni anni da quando era partito.
Pure, in quell’ora qualcos’altro attrasse l’attenzione di Mìrdan, avendo scorto una fanciulla mai incontrata prima d’ora. Suo padre notò l’interesse del figlio per la Dama e lo condusse verso di lei.
– Ella è Nìsiel, figlia di Eärendil ed Elwing. E’ nata a Valinor ed i Valar l’hanno mandata qui, in modo che possa decidere, in quanto Mezzelfa, a che popolo appartenere – ora si rivolse a lei – Nìsiel, come avrai già capito, lui è mio figlio Mìrdan -
Nìsiel s’inchinò, e Mirdan prese la sua mano e la baciò dicendo:
- Lúthannen – [incantato].
 
Durante il breve periodo che il figlio di Cìrdan trascorse ai Rifugi Oscuri, spesso egli cercò la compagnia della Dama lungo le rive del mare, negli ampi saloni del palazzo di suo padre o ancora nei boschetti che lo circondavano. Così, allorché, fin troppo presto, giunse l’ora in cui l’Elfo doveva ripartire, il cuore di Nìsiel era inequivocabilmente volto verso Mirdan, e così quello di lui, anche se non lo sapevano ancora. E il loro amore fu come un fiore non ancora sbocciato colto di sorpresa da una tormenta dell’inverno e costretto a congelarsi; ma la Primavera sarebbe tornata anche per lui, per quel fiore che di fiori ne avrebbe generati due.
Così egli partì e Nìsiel rimase sola e amara fu la sua attesa. Spesso saliva sulla torre a scrutare verso Nord in attesa del ritorno del suo amato, e trascorreva le sue ore a tessere con Sìriel, sperando in un inatteso ritorno.
 
Qualche tempo dopo avvenne che alcuni raminghi del Nord arrivarono nel Mithlond in cerca di asilo;  avevano infatti con loro un uomo anziano, dalla folta barba bianca, il quale, ormai malato e in fin di vita aveva espresso desiderio di vedere il Mare. Lui e i suoi compagni erano più bassi dei Primogeniti e più robusti, ma se i visi dei più giovani potevano essere considerati non troppo diversi da quelli degli Elfi, il più anziano portava inequivocabili i segni dello sfacelo del tempo. Appagato che fu il suo desiderio, dopo alcuni giorni, senza apparente ferita, morì. Nìsiel rimase profondamente turbata quando vide il suo corpo giacere immobile senza nessuna ferita apparente, ché mai aveva veduto nulla di simile.
- Se questa è la Sorte degli Uomini, temo che non riuscirò a comprenderla -
A cagione di questa vicenda e dell'amore che ella nutriva per Mìrdan, scelse di essere giudicata con i Primogeniti. Dove si recasse lo spirito degli Uomini dopo la dipartita, continuò ad essere un mistero che Ilùvatar non ha mai svelato agli Elfi.
 
Alcuni mesi dopo, Nìsiel e la sua scorta viaggiarono per l’Eriador sino a Gran Burrone, così che la Mezzelfa potesse incontrare ivi suo fratello.
Assai lieto fu l’incontro tra Elrond e Nìsiel, ché il Mezzelfo mai avrebbe immaginato di possedere una sorella al di là del Mare, dopo aver perduto per sempre il suo gemello mortale. Ella restò a vivere ad Imladris per alcuni anni e un grande affetto sorse tra di loro; ben pochi ricordi Elrond possedeva dei suoi genitori, ma li rivide nella sua mente attraverso i racconti della sorella. Benché profondamente diversi per la diversa maniera in cui erano cresciuti, si legarono molto l’uno all’altra, rappresentando reciprocamente l’ultimo ed unico pezzo della loro famiglia nella Terra di Mezzo.
In tempi successivi la Dama si recò anche a Lothlòrien, ospite di Dama Galadriel, onde conoscere sua nipote Arwen; ma infine tornò ai Porti, ove dimorava il suo cuore.
Erano passati ormai trent’anni dal loro primo incontro, quando Mìrdan fece ritorno sulle rive del mare e in una notte stellata, condusse Nìsiel sulla cima di Elostirion dove le confidò il suo amore e si scambiarono anelli d’argento com’è consuetudine tra gli Eldar.
Grande fu pure la gioia di Cìrdan ed Eärendil, dall’alto dei cieli, per l’unione delle due casate dei più fedeli servitori di Ulmo.
 
Un’ultima missione per conto dei Dunedain separò nuovamente i due amati e Nìsiel rimase di nuovo sola, e s'avvide di quanto era amara la vita senza il compagno. Ma passati vent’anni egli tornò, e vennero dal Nord Elrond ed i suoi figli, poiché era giunto il momento di celebrare le nozze.
Splendida era la bianca figura di Nìsiel in quel giorno e il cuore di Mìrdan esultò nel trovare finalmente riposo dalle molte fatiche tra le braccia di colei che amava.
Si tenne un lungo banchetto prima della cerimonia, come solo soliti fare gli Elfi; e alla fine, dato che per Eärendil non era possibile, fu Elrond a porre la mano della sorella in quella del figlio di Cìrdan. Mìrdan e Nìsiel si restituirono gli anelli d’argento e si scambiarono gli anelli d’oro; Manwë e Varda furono chiamati a testimoni, venne pronunciato il nome di Ilùvatar ed essi furono sposi, dopo una lunga attesa. Serenamente passarono i sessant’anni seguenti ed arrivò l’anno 2910.

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Capitolo 2
*** Le due Mezzelfe ***


Era grande festa tra gli Elfi dei Porti; Dama Nìsiel aveva dato a suo marito Mìrdan due figlie, nate lo stesso giorno, ma dissimili fisicamente.
Esse furono chiamate Elanor e Niphredil dal nome del fiore dorato e di quello argentato che crescono a Lothlòrien e nelle terre beate, ché la prima aveva una ciocca di capelli d’oro e la seconda una ciocca di capelli d’argento. Nel sangue delle due bambine elfiche scorreva sia quello di Cìrdan sia quello di Eärendil, i più grandi navigatori elfici mai esistiti e il fato di Elanor era destinato a essere legato al Mare. Difatti, poco dopo la sua nascita, in quella notte limpida, la piccola Elanor fu colpita da uno dei raggi di Gil-Estel e divenne, come si narra accada in questi casi, una “Figlia di Eärendil”.
 
Gli anni passarono e le due sorelle erano diventate due graziose fanciulle dal cuore gentile, l’una, Niphredil, dall’animo più pacato e dolce, l’altra, Elanor, più indipendente e orgogliosa. Questa infatti, non smentendo il sangue dei propri nonni, divenne un’amante del mare; sovente passeggiava lungo le spiagge dorate dei Rifugi Oscuri e si tuffava tra le onde del Grande Mare imparando a cavalcarle e correva voce che una sera Ulmo in persona le fosse apparso ed ella avesse dialogato con lui. Molto spesso portava con sé anche Niphredil e insieme si tuffavano tra le acque di Belegaer in maniera giocosa e spensierata;  mai avrebbero pensato di allontanarsi dall’oceano e Cìrdan osservandole desiderò che conservassero quest’indole per sempre, lontano dall’ombra della guerra.
A ricordare l’amore di Elanor per il mare ci pensava anche il colore dei suoi occhi, che erano appunto azzurri, mentre i suoi capelli erano biondo scuro, ricci e lunghi. E chiunque guardasse i suoi occhi, non poteva fare a meno di rivedere in essi gli occhi di Idril Celebrindal, anche se privi del suo potere; Niphredil ricordava invece in alcuni momenti Aredhel, la Bianca Signora dei Noldor. Infatti i suoi capelli erano castano scuro, lunghi e ondulati, mentre i suoi occhi erano neri e vestiva spesso di bianco, come il fiore di cui porta il nome. Ciononostante, perduta ed ineguagliabile era la bellezza delle Dame di Gondolin nei Tempi Remoti ed esse ne erano soltanto un pallido riflesso.
Niphredil, pur amando il mare come tutti i Falathrim, aveva dato il suo cuore agli alberi ed era lei a curarsi di piantarne di nuovi ogniqualvolta gli Elfi erano costretti a servirsi del legno per costruire nuove imbarcazioni. Molto aveva appreso su come sussurrare agli alberi nelle librerie di Cìrdan, ove erano raccolti anche testi degli Elfi dell’Ovest; a lungo aveva studiato canti nella sacra lingua di Valinor che ne favorissero la crescita rigogliosa.
Spesso trascorreva dei periodi nel Mithlond loro cugino Haidens figlio della defunta Elengar sorella di Mìrdan e di Celyanor il Noldo ed egli era solito recarsi anche alla corte di Thranduil nel Bosco Atro. Così andavano le cose in quei luoghi, finché accadde quel che accadde.
 
Gli anni passavano, e nell’anno 2970, quando le fanciulle avevano sessanta anni ed erano ancora Mezzelfe molto giovani, accadde una disgrazia.
Quel giorno, Elanor era a guida di un vascello e così suo padre ed entrambi stavano andando a largo; sovente ciò accadeva, per collaudare nuove imbarcazioni. Ora Sauron, così come Morgoth, odiava il Mare, perché non riusciva a sottometterlo; e odiava Cìrdan, perché grazie ai suoi Porti molti Elfi gli sfuggivano ed andavano a rifugiarsi dai Valar, contro i quali nulla poteva. Così, quando Ulmo ed i suoi Maiar si recarono all’estremo ovest di Ekkaia, egli ne approfittò per muovere un vento maligno e sollevare onde contro i Porti. Ed in quell’ora Elanor e Mìrdan furono travolti dalle spaventose onde che nulla a che vedere avevano con lo splendido Mare, poiché il Nemico le aveva evocate, con le sue arti oscure. Per un caso fortuito, le onde sospinsero Mìrdan nel Porto, ma sua figlia fu sospinta a largo, molto a largo e verso Est, fuori dal Golfo di Lhun.
Allorché Ulmo ebbe consapevolezza di ciò che accadeva, inviò i suoi Maiar a proteggere l’insenatura, così che i Rifugi Oscuri non ne venissero devastati.
In quel momento, il faro del Mithlond, all'imboccatura del golfo veniva travolto dalle acque: lì resisteva il fedele Nauredhriw, Guardiano del Faro che cercava in ogni modo di avvistare Sire Mìrdan e Dama Elanor. Una grossa ondata si abbatté sulla costruzione e l'elfo poté salvarsi dall’essere trascinato tra i flutti solo aggrappandosi ad una grata. Mentre nuove onde si sollevavano, egli salì sulla cima del Faro e si mise in salvo; ivi la grande pietra di Gondolin sfavillava alla luce del sole e mandava segnali: era stata fatta a Gondolin dal mastro fabbro Enerdhil, il medesimo artefice dell' Elessar di Eärendil.
 
Mìrdan giaceva svenuto sulla sabbia dorata, i capelli scuri a coprirgli il volto, gli abiti zuppi. Così fu trovato su una riva da alcuni Elfi che lo stavano cercando capeggiati da Candir, il Capitano dei Marinai di Cìrdan; lesti allora lo riportarono a palazzo, ove fu affidato alle cure di Sìriel sua madre e ben presto riprese i sensi.
- Elanor! Elanor! – chiamò – dov’è mia figlia? - 
Nìsiel era seduta lì vicino, il volto tra le mani; Niphredil e Sìriel si scambiarono un’occhiata preoccupata e non seppero cosa rispondere; frattanto Cìrdan, che non era con loro, si trovava in cima ad Elostirion e scrutava le acque senza trovare alcun segno della nipote. Pregò allora che ella fosse ancora a bordo della sua imbarcazione, ovunque essa fosse stata trasportata dalle intemperie.
E non ebbero alcuna notizia della sua sorte per molto tempo, pure, ella non era perita, ché Ulmo la trasse in salvo, essendo la Dama del Mare una “figlia di Eärendil”.
 
Ella si trovava sul suo vascello, ma la violenta tempesta l’aveva allontanata con enorme rapidità dalla sua terra natia, trasportandola in fretta presso le foci del Brandivino. Allorché si risvegliò, riprendendo i sensi, si ritrovò in estrema difficoltà poiché le onde non erano affatto placate e così la corrente, che la trascinava via con grande velocità; ed ella, intuendo che qualcosa di oscuro era all’opera, cercava disperatamente di lottare per restare a galla, manovrando alla meno peggio l’imbarcazione. Mirando le coste a lei per nulla familiari fu assalita da una grande paura; un senso di vuoto la invase come una fitta ed immaginò la sua terra distrutta dall’inondazione, perduta, i corpi dei Falathrim e dei suoi familiari sparsi sulla riva o tra i flutti, la nave di Mìrdan che trascinava l’Elfo sul fondo. L’ultima speranza per gli Eldar della Terra di Mezzo, i Rifugi Oscuri, se li figurò ormai perduti e comprese che ben presto ne avrebbe seguito il tragico destino.
Gli occhi azzurri bruciavano, arsi da lacrime accumulate riluttanti a cadere, ché il panico aveva preso il sopravvento sulla tristezza e la vita che scorreva nelle sue vene era più forte della disperazione e dell’oblio; dunque, con la mente alla sola possibilità, invocò il suo signore Ulmo con un canto.
Ma in quel frangente, un enorme muro d'acqua si alzò contro di lei, sì alto da nascondere la terra alla sua vista; il candido vascello non era affatto adatto a questo genere di viaggi e già le vele sventolavano a cagione del vento infuriato ed erano a un passo dallo squarciarsi. L'onda s'incrinò, pronta ad abbattersi in tutta la sua violenza e l’angosciata fanciulla, con un ultimo gesto aprì una botola e si gettò di peso nello scafo. La porticina si richiuse ed ella tacque ascoltando i battiti del suo cuore; finché, infine, l'acqua si riversò sull'imbarcazione e la Mezzelfa nell'interno del vascello cercò in ogni modo di non sbattere contro le pareti, cosa assai difficile data la violenza dell’impatto, e tra l’altro l’acqua riversatasi sul ponte cominciava a filtrare attraverso le fessure.
Allorquando riaprì la botola e ne uscì, guardò di nuovo la costa che ora appariva più lontana, mentre altre mura d'acqua s’innalzavano pronte a nasconderla alla sua vista. Ma stavolta non fece in tempo a sottrarsi e a rinchiudersi nello scafo: un alto cavallone s’incrinò, spumeggiante, e ricadde su di lei, facendole perdere l’equilibrio; scivolò sulla superficie lignea, annaspando, ma batté la testa contro il timone e restò riversa accanto ad esso, mentre il buio si richiudeva sopra di lei.
 
Ulmo allora la trovò, e lieto che fosse ancora viva, la sospinse lontano dalla tempesta, presso Dol Amroth, accogliendo così le sue preghiere d’aiuto. Elanor rimase svenuta per lungo tempo, giorni, fino al momento in cui il suo vascello s’arenò sulle spiagge del Belfalas; lo scossone fece scivolare giù il suo corpo inerte, che ricadde sulla riva, ove il mare lambiva quella striscia di sabbia.
Allorché stava lentamente cominciando a riprendere i sensi, scorse due fanciulle venirle in soccorso, ma vaghe ed ancora confuse erano le loro immagini.
La prima aveva nome Finduilas e lunghi capelli scuri adornavano il suo volto: era una donna di discendenza Numenorean figlia di Adrahil Principe di Dol Amroth e vent'anni aveva all'epoca; la seconda era invero Elràwien, la sacerdotessa del tempio di Ulmo, di schiatta elfica; i suoi capelli d'ebano volavano nella brezza incorniciandole il volto dagli occhi color oliva ed ella recava con se un arco di perle.
Elanor tossì, e si mise a sedere sul bagnasciuga, la testa tra le mani, ché molto le doleva. Le due figure cominciarono ad apparire più nitide, ma i suoi ricordi restarono confusi. I capelli e le vesti azzurre erano completamente bagnati e si accorse di avere freddo, benché un luminoso sole la riscaldasse.
Forzò la sua memoria ed ebbe un rapido scorcio di se stessa che scivolava impotente sul ponte della nave. Poi, il nulla.
- Cos’è questo luogo? – balbettò preoccupata non appena le due dame furono a portata d’orecchio.
- Non hai ragione di preoccuparti, fanciulla degli Elfi - rassicurò Finduilas - grande è la tua fortuna in verità per essere giunta in contrade non corrotte dal Sire Oscuro, che creò la tempesta nella quale sei caduta. Finduilas figlia di Adrahil io sono, e dimmi il suo nome se ne serbi memoria. –
- Se è tuo desiderio saperlo, ci troviamo nella terra di Dol Amroth - soggiunse Elràwien, prima che la Dama del Mare rispondesse – Io sono Elràwien, la sacerdotessa del tempio di Ulmo. –
Elanor spalancò gli occhi udendo quel nome, ché le era noto e familiare. Difatti Dama Elràwien era la figliola di un nobile guerriero e marinaio e d'una donna elfica di origine Telerin, parente di Cìrdan. Per tale ragione, aveva già udito il suo nome e sapeva che ella era signora della Spiagge del Sud del Belfalas, non distante da Dol Amroth, e Ulmo le aveva dato l’incarico di controllare e riferire ciò che accadeva nei Mari del Sud, e in ciò si diceva che le Sirene, le Oarni, la aiutassero.
- “E quando cercherai aiuto, nel tuo stesso sangue lo troverai”- mormorò Elanor cantando una vecchia melodia insegnatale da sua madre Nìsiel.
- Grande è davvero la tua maestà, mio signore Ulmo e non a caso mi facesti giungere qui – aggiunse rivolta verso il Mare – Elanor figlia di Mìrdan Cirdanion è il mio nome. -
- Non a caso Ulmo è anche il mio signore - intervenne Elràwien sorridendo - e da sempre ammiro il suo regno. -
- Ah, quanto è dolce ed amaro il richiamo del Mare! - fece Finduilas - ma la dimora della mia razza non è tuttavia aldilà di questo –
E fu così che il destino volle che in quell'ora s'incontrassero tre delle maggiori amanti del Mare devote ad Ulmo ed un vincolo d'amicizia venisse stretto tra loro.
 
Non appena Elràwien e Finduilas si furono sincerate delle condizioni della Mezzelfa, sopraggiunse un ragazzo di quindici anni: Imrahil, fratello di Finduilas ed egli ritenne di dover condurre Elanor al palazzo del padre, dove fu accolta cordialmente.
Frattanto Ulmo aveva placato la tempesta e mentre Elanor si era stabilita a Dol Amroth tutto il Mithlond era in subbuglio per la sua scomparsa: per i sei mesi successivi Mìrdan e Cìrdan fecero esplorare le acque di Lhun e quelle attorno al golfo, senza risultato. Alla fine tutto il Mithlond si chiuse in lutto e Niphredil più non vestì di bianco come indica il fiore del nome che porta.
Scrutò con i suoi tristi occhi neri il mare, ormai tranquillo, attraverso la finestra della sua camera, mentre rinchiudeva gli abiti candidi in un baule. Assai assurda le pareva la sorte della sorella, che tanto aveva amato quelle acque da sparire per sempre mentre le solcava; ma ormai dopo sei mesi tutte le lacrime erano state versate lasciando il posto alla rassegnazione.
Le “Nyrn Hiril”, così si denominarono le tre Signore del Mithlond: Sìriel, Nìsiel e Niphredil. Anche al Nord Elrond e i suoi figli erano addolorati, così come molte persone vicine al Mezzelfo.




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Black_Moody: Ciao cara! Mi fa piacere iniziare a svelare il mistero e sono contenta che questo capitolo introduttivo ti sia piaciuto! Spero che la tua attesa sia meno lunga...la forza del mondo del Prof è proprio quella di essere sempre attuale! Ne approfitto per ringraziarti anche della splendidarecensione conclusiva all'altra storia! Qui Valinor è apparso all'inizio e riapparirà alla fine :) Grazie ancora e buon san Lorenzo!

Grazie anche a tutti quelli che leggono e se non vi dispiace fatevi sentire ;)

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Capitolo 3
*** Finduilas ***


 
In quel torno di tempo, Elanor a Dol Amroth era divenuta compagna di Finduilas ed Elràwien, ché le tre fanciulle avevano in comune l’amore per il mare. Spesso solcavano le acque con il vecchio vascello di Elanor e le gioconde Sirene di Elràwien spingevano lo scafo cantando melodie che riscaldavano il cuore di Ulmo ed Ossë, cui s'aggiungevano i canti delle fanciulle e così andavano le cose in quel periodo di pace.
In quegli anni Finduilas era promessa a Denethor, figlio di Ecthelion Sovrintendente di Gondor, e quando furono passati sei anni dall’arrivo della Dama del Mare fu il momento di celebrare le nozze nella Città dei Re.
 
- Sto per diventare la futura signora di Minas Tirith – commentò la donna in tono neutro alcune ora prima del matrimonio – E ciò è troppo per me. Volando così in alto, resterò scottata dal sole. –
La fanciulla guardava il proprio riflesso nello specchio, mentre Elràwien le pettinava i lunghi capelli scuri intrecciando tra essi i migliori fiori del Losannarch.
- Discendente di una delle più nobili casate di Gondor, dama bella e gentile; nessuna sarebbe più adatta di te – commentò la sacerdotessa.
Le sorrise nello specchio.
- Sono una semplice fanciulla proveniente dal Mare; il popolo della città è diverso da me e non mi comprenderà mai; amo la sottile sabbia granulosa, non la rude roccia o la liscia pietra bianca. –
Elanor era seduta sul letto, malinconica. Le parole di Finduilas le avevano riportato alla mente la propria terra, probabilmente ormai distrutta dal Nemico.
- Arriva per tutti il momento di volare via dal nido. – commentò con una punta d’asprezza.
- Spesso troppo presto – aggiunse Elràwien, ché i suoi genitori erano periti molti anni addietro ed ella era rimasta sola molto giovane.
- Ma tu spiegherai le ali come un nobile gabbiano d’argento – continuò la figlia di Mìrdan, stavolta con dolcezza.
Finduilas sorrise lievemente, senza apparire realmente convinta.
- Nessun gabbiano vola a lungo se non è sorretto dalla brezza del mare. – rispose.
La Dama del Mare soppesò queste ultime parole, trovandole fin troppo vere.
- Sei saggia, figlia degli Uomini – le disse – Ma sei anche bella, e questo è per te un giorno di festa. Non rattristarti in quest’ora! –
- No, non mi rattristerò adesso. – convenne la Principessa di Dol Amroth – Pure, lo farò non appena rimasta sola, come un gabbiano che vive tra aquile dei monti. –
Elanor osservò il riflesso dell’amica nello specchio e la vide fragile come non le era mai apparsa.
- Resta con me, te ne prego. – aggiunse la donna in un soffio.
La figlia di Mìrdan rimase spiazzata ed interdetta da quella richiesta; in realtà aveva progettato di partire e tornare nel Mithlond, onde scoprire che ne era stato dopo la tempesta di Sauron.
Continuare a vivere tra gli uomini per mesi, forse anni? Non era certo ciò che desiderava, ciò a cui il suo cuore tendeva.
Lottò alcuni istanti con se stessa chiedendosi quanto le sarebbe costato rimandare un momento che desiderava e temeva da tempo più di ogni altra cosa.
Mille ragioni per partire al più presto le sovvennero e affiorarono sulle sue labbra, pure, benché valide e legittime, le sentì affievolirsi e spegnersi come una fiammella, nel rivedere il riflesso di Finduilas nello specchio. Quella debolezza che vi lesse in viso, forse in parte dovuta alla natura umana, la turbò non poco.
- Resterò, se lo vorrai – mormorò, mentre una piccola parte di sé si ribellava, sostenendo che neanche lei poteva sopravvivere a lungo lontana dal mare.
- A vivere a Minas Tirith, con te. – completò la Mezzelfa, quasi pentendosi della promessa appena fatta.
Finduilas la guardò per qualche istante, con un misto di gratitudine e gioia, ma Elanor pregò che non aggiungesse nulla; sentiva che se ne avesse discusso ancora, forse la sua risoluzione si sarebbe indebolita.
- Hannon le. – rispose soltanto la donna e non fu un caso che avesse usato la lingua della Mezzelfa per ringraziarla.
 
- Sciocco è chi promette qualcosa senza sapere se sarà in grado di mantenerla – disse Elanor qualche minuto più tardi, allorché ebbero lasciato Finduilas sola per raggiungere gli altri invitati alle nozze ed attendere che venissero celebrate.
- Lo è davvero – convenne Elràwien scoccando un’occhiata alla Mezzelfa – Ma dimorare a Minas Tirith non significherà esserne prigioniera. –
- Almeno non per me. – concluse Elanor.
 
Denethor, a modo suo, amava Finduilas, ma né al momento delle nozze, né successivamente comprese quanto ella fosse rattristata all’idea di doversi trasferire a Minas Tirith e allontanarsi dal mare.
Elanor venne a dimorare nella città, pure, ogni due mesi si recava sempre a fare visita al Principe di Dol Amroth, non solo perché non era dimentica dell’ospitalità ricevuta, ma anche per avvicinarsi all’oceano e in quei torni di tempo si recava alla torre di Elràwien e le due fanciulle discutevano anche di Finduilas per tema che alla loro compagna mancasse troppo la musica del Mare.
Ed Elràwien diede ad Elanor uno piccolo strumento con funzioni simili ad un corno, fatto di corallo e perle nel quale la fanciulla poteva soffiare se si trovava in difficoltà, ed allora il cuore di Elràwien l'avrebbe saputo. La Dama del mare, invece, donò il suo vascello alla sacerdotessa, conscia che prima o poi sarebbe dovuta tornare nella sua terra natia per scoprire cos’era accaduto ed allora Elràwien avrebbe potuto raggiungerla se le circostanze lo richiedevano. Con questo episodio, tra loro si strinse un'alleanza che sarebbe durata sino alla fine di Arda.
 
Nei suoi viaggi a Finduilas non era permesso accompagnarla, poiché a Denethor poco andava a genio la presenza di Elanor del Mithlond.
La donna però nei primi tempi era felice del suo matrimonio e del fatto di avere accanto l’amica, sicché  non le pesava tanto la lontananza dalla sua terra; col passare del tempo però divenne per lei fonte di immenso turbamento.
 
Nel 2978 nacque Boromir e cinque anni dopo Faramir, figli di Finduilas e Denethor ed immensa fu la loro gioia ancorché per breve tempo; ben presto fu chiaro che l’Uomo amava incondizionatamente il figlio maggiore.
Nel cuore di Elanor nacque amore per i due bambini, ed anche loro le si affezionarono; così ella aiutava l’amica a crescerli; grande era l’affetto tra le due compagne, ma Elanor vedeva Finduilas consumarsi e volgere sempre lo sguardo a sud, in direzione del mare.
Un giorno allora la Dama del Mare si recò da Denethor e camminò silenziosa sino al suo seggio, udendo i suoi stessi passi rimbombare sul pavimento di pietra.
- A breve, mio signore, partirò per Dol Amroth, ove si festeggia la nascita di Elphir figlio di Imrahil. –
- Mi rallegro per mio cognato. – ribatté Denethor, senza traccia di gioia.
- Consenti a Dama Finduilas di venire meco, così che possa rivedere la sua famiglia, la sua terra ed il Mare. – disse la Mezzelfa con fermezza.
- Ah! Il Mare dici? Ma noi non siamo Elfi, il mare non ci chiama. Il posto di una donna è al fianco del suo sposo. –
Il cuore di Elanor si gonfiò di rabbia nell’udire quelle parole che le parvero assurde; si sforzò di controllarsi per rispetto alla Casa dei Sovrintendenti, pure, la sua voce già tremava d’ira repressa quando parlò di nuovo.
- In verità, il mare parlava anche all’orecchio di Tuor mio avo, il quale apparteneva alla schiatta degli Uomini. E il posto di una donna è dove il suo cuore desidera, a meno che essa non sia tenuta come una prigioniera. –
Denethor la fulminò con lo sguardo, coi suoi occhi grigi, ma nel rispondere la sua voce era ancora ferma, benché i suoi nervi iniziassero a tendersi.
- Il fato di Tuor fu scisso da quello dei Mortali ed egli è annoverato tra gli Elfi. – ribatté, facendo aperta mostra delle proprie conoscenze e inorgogliendosi – E non ti permetto di parlare a questo modo della mia sposa, la quale vive tra gli agi quasi fosse la Regina di Gondor e non solo la Signora. –
- Ciò che dici è vero, mio signore, ma Tuor nacque Uomo. Pure, una gabbia, ancorché costruita in mithril e gemme, resterà sempre una gabbia. – fece la Mezzelfa sostenendo gli occhi grigi del suo interlocutore con fierezza.
- Non mi è concesso porre un veto sui tuoi passi, ché nessun vincolo ci unisce, va’ dunque dove più ti aggrada. Tuttavia non accetterò consigli né imposizioni da una Strega Elfo che brama frapporsi tra me e mia moglie onde seminare discordia! –
- Strega Elfo? – ripeté Elanor, incredula, per poi scoppiare in una fragorosa risata priva di gioia.
- Sire, sei stato fin troppo chiaro. Partirò da sola. –
S’inchinò rigidamente ed in maniera del tutto formale, per poi voltarsi ed avviarsi verso l’uscita.
- Possa tu godere a lungo dell’ospitalità dei miei congiunti. – le gettò dietro Denethor.
 
In quell’occasione a Dol Amroth giunse anche Elràwien ed anche lei si rammaricò della sorte di Finduilas, ricordando i tempi spensierati in cui non c'era Denethor ad impedirle nulla.
Ma nessuno avrebbe immaginato l’epilogo drammatico che avrebbe avuto la vicenda: quando fu che Boromir ebbe dieci anni e Faramir cinque, Finduilas s’ammalò di tristezza e morì a trent’otto anni. Elanor fu sconvolta dal dolore e dovette passare molto tempo prima che il riso squillasse di nuovo sul suo viso; così Elràwien, che accorse a Minas Tirith non appena ebbe sentore di cattive nuove tramite lo strumento donato ad Elanor.
La Mezzelfa sapeva che l’amica era mortale, ma mai si sarebbe aspettata che la morte calasse su di lei così presto. Disperata era quando l’amica fu sul letto di morte; ma ora lei se n’era andata, Denethor era divenuto ancora più taciturno e chiuso, e i bambini piangevano per la loro mamma.
Tremendamente profetiche le parvero allora le parole di Finduilas il giorno del suo matrimonio, ma ciò la fece sentire, se possibile, ancora più impotente.
La convinzione di poter evitare quella tragedia le piombò addosso con violenza, lacerandola.
Finduilas era morta.
L’amica l’aveva voluta lì, credendo che soltanto lei potesse comprenderla tra quella gente di città, gente di montagna in mezzo cui vivevano come pesci fuor d’acqua. Eppure, aveva riposto male la sua fiducia, si disse Elanor. Era forse sì l’unica a capire la nostalgia della donna che bramava il mare, pure, non era riuscita nemmeno a portarla a Dol Amroth per alleggerire il suo cuore. Avrebbe mai potuto sfidare apertamente la volontà di Denethor? Le sembrava una cosa assurda o inutile, fino a qualche tempo prima, ma ora si pentì di non averlo fatto. Forse l’avversione del Sovrintendente nei suoi confronti aveva influito sulla sua decisione di non mandare la moglie nel Belfalas?
Quesiti senza risposta affollavano i suoi pensieri, mentre sedeva sulla tomba grigia della Signora di Gondor. Sotto quella fredda pietra, l’oblio, il nulla o forse qualcosa che i Primogeniti non erano in grado di afferrare.
 
Un rumore di passi pesanti giunse al suo orecchio, ma ella, persa nei suoi tristi pensieri su Finduilas, non ebbe voglia di voltarsi per scoprire di chi si trattava.
- Piangi, adesso? – chiese l’Uomo con la voce rotta, ma con tono feroce – Dimmi com’è potuto accadere tutto questo, tu che discendi da Cìrdan il lungimirante! –
Elanor si voltò e scorse Denethor come non l’aveva mai visto; pallido come un cencio, i capelli in disordine, gli occhi scuri velati di follia. Aveva pronunciato quelle parole quasi sputandogliele addosso, con rabbia.
- Gli Elfi non possiedono tutte le risposte. – mormorò piano la fanciulla.
- Forse, dove gli Elfi ignorano, gli uomini di Gondor possono rispondere. –
I suoi occhi erano terribili e parevano ardere tra le fiamme.
- Troppo a lungo ho sopportato la tua presenza nella mia Città, e solo per amore della mia povera moglie. Tu, con la tua presenza, i tuoi racconti, i tuoi viaggi al sud, hai alimentato la sua nostalgia per il Mare, avvelenandola. Non negare! L’hai uccisa ogni giorno a poco a poco! –
In quell’ora Denethor riversò i propri sensi di colpa sulla Mezzelfa, ché essendo saggio e lungimirante, ora ben s’avvedeva del male che aveva fatto a Finduilas, pure, in quei giorni, un buio seme di follia mise radici nella sua mente.
Egli era un uomo valente in cui scorreva il sangue dell’antica razza; tuttavia, i suoi occhi che vedevano sì lontano, erano capaci di divenir ciechi alle volte, se mostravano ciò che era in disaccordo con le sue convinzioni.
- No… - ribatté Elanor debolmente – Non è andata così e tu lo sai… -
- Lasciami solo con lei – sibilò fissando la tomba – Vattene! Va’ via! Nel regno degli eredi di Elendil non sei più la benvoluta. Per ordine di Denethor l'Alto ti è vietato di rimettere piede in queste contrade finché io, il Sovrintendente siederò in trono –
Elanor si alzò, fremente di rabbia e dolore, e comprese che era giunto infine il momento di levarsi e partire. Ma essere trattata a quel modo, era troppo; essere additata ingiustamente come la causa della morte dell’amica era assurdo e più di quanto potesse sopportare.
- Nè Denethor figlio di Ecthelion appartiene al lignaggio di Elendil. Se non fui la benvoluta da lui soltanto, non me ne rammarico - fece con il sangue dei Noldor che le ribolliva nelle vene - Forse verrà un giorno, quando tornerà il Re, in cui sarò più accetta a Minas Tirith. –
Così se ne andò dalla Città. E Denethor udì le sue ultime parole, né le dimenticò.
 
Nessuno, fatta eccezione per la vecchia badante, vide il momento in cui la  Mezzelfa disse addio a Boromir e Faramir; certo è che fu una triste ora e che la Dama diede a ciascuno di loro un ciondolo da recare al collo a forma di conchiglia in suo ricordo.


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Ok...c'è bisogno di un grande meaculpa per questa latitanza di 3 mesi e mezzo. Chiedo scusa a chi segue la storia, in particolare Black_Moody e Thiliol che voglio ringraziare di cuore! Ma è stato ed è un brutto periodo dal punto di vista sentimentale e questo mi ha tolto del tutto idee e ispirazione. Spero che mi perdoniate e continuiate a seguire! Alla prossima (che non sarà tra 3 mesi, prometto!)

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Capitolo 4
*** Molti viaggi ***


- Daro! – sibilò la voce, parlando inconsciamente nella sua lingua natia; in realtà, per rivolgersi agli stranieri, l’Ovestron era più appropriato.
La Mezzelfa scese dalla sua cavalla elfica, Nenia, e ne accarezzò la criniera argentea guardandosi attorno, cercando la fonte di quel rumore. Accanto a lei placide e canterine scorrevano le acque del Nimrodel. I suoi due accompagnatori fecero lo stesso.
Una guardia dei boschi, vestita di verde, avanzò con l’arco teso; quando scorse Niphredil lo abbassò dopo averla osservata a lungo, verificando che corrispondesse alla descrizione che ne aveva avuto.
- Niphredil è il mio nome, la Dama degli Alberi. – fece lei sulla difensiva.
- I Signori di Lòrien sono a conoscenza del vostro arrivo – rispose l’Elfo – Il mio nome è Haldir e perdonate la scortesia, ma l’Ombra ormai s’allunga e la prudenza non è mai troppa. -
- Naturalmente – convenne la fanciulla – Guidate ed io vi seguirò. –
 
Era ormai tarda sera allorché giunsero a Caras Galadhon, ove mille luci rischiaravano una città costruita per aria, avvinghiata agli alberi dai tronchi argentei e dalle foglie dorate. La dama dovette salire a lungo scale che contornavano i fusti sino a raggiungere il talan dei Signori di Lothlorien.
- Benvenuta, figlia di Mìrdan. Possa la tua venuta in queste terre arricchire la tua affinità con le cose che crescono. – la accolse Celeborn, alto e avvolto in vesti grigie col viso incorniciato da lisci capelli d’argento.
- Giungi qui, come mi hai già accennato, mossa dal desiderio di ammirare i mellyrn di questo piccolo regno di cui sono la custode. –
Dama Galadriel era apparsa al fianco del marito e la sua statura era pari a quella di Celeborn; le sue vesti erano candide e i capelli erano d’oro e argento, al punto che ella stessa sembrava brillare di luce, come una stella tra le ombre del bosco.
Niphredil chinò il capo in segno di deferenza.
- Per questo e per apprendere nuovi canti da sussurrare agli alberi onde addolcirne il cuore e favorirne la crescita, se la mia signora lo vorrà. In ogni caso, ringrazio i nobili signori di questa valle per avermi accolta. –
Galadriel la osservò per qualche istante prima di parlare e le sorrise in maniera enigmatica.
- Sul Cerin Amroth hai visto prati di elanor e niphredil, ma solo il fiore d’argento ora è qui innanzi a me. – udì Niphredil nella sua testa. La voce della Dama di Lòrien aveva pronunciato quelle parole, ma era certa di non aver visto le labbra dell’Elfa muoversi.
- Ne sarò lieta. – disse la figlia di Finarfin, riprendendo a parlare normalmente.
- La notte incalza – intervenne Celeborn – Haldir, conduci Dama Niphredil dove potrà riposare, presso la dimora di Dama Arwen –
Niphredil spalancò i grandi occhi scuri per lo stupore e poi sorrise al pensiero di incontrare sua cugina, ché non credeva si trovasse in quel luogo.
 
Il sole s’apprestava a tramontare dietro le colline mentre Elanor, seduta sul carro guidato dagli uomini di Denethor, rifletteva.
Non avrebbe mai immaginato che uno tra i più saggi e lungimiranti a Gondor arrivasse al punto di scacciarla come una mendicante, ordinando che fosse condotta nelle terre dell’Anorien e ivi lasciata senza nemmeno una cavalcatura. Ma tra loro non era mai scorso buon sangue e lui, ottenebrato dalla perdita della moglie, per non impazzire ne aveva imputato la responsabilità alla Mezzelfa; inoltre fin troppo beffarde ed orgogliose erano state le parole della fanciulla durante l’ultimo incontro.
Il suo primo pensiero era stato volgere i propri passi al Sud, da Elràwien e Imrahil, ma non le era stato concesso; doveva abbandonare il paese dal Nord e ciò non era semplice per lei che non era una fanciulla d’arme e non possedeva un destriero.
Avvilita e spaventata, si separò dai suoi accompagnatori una volta giunta a destinazione. Le ombre del crepuscolo s’allungavano mentre osservava il carro allontanarsi e i monti Bianchi proiettavano le loro ombre su quella striscia di terra.
In lontananza poteva scorgere l’Anduin e rabbrividì al pensiero della riva orientale su cui potevano aggirarsi bande di orchi; l’Anorien tuttavia era ancora una terra tranquilla, pure, la sua situazione non era delle migliori. Il viaggio sul carro con frequenti scossoni e le preoccupazioni degli ultimi giorni l’avevano sfinita ed era da molto ormai che non trovava riposo.
Con la mente oppressa dal dolore per la morte dell’amica, vagare sui sentieri dei sogni elfici le pareva difficile; abbisognava del sonno mortale, dell’oblio.
Camminò per un po’, finché vi fu luce, alla ricerca di un posto dove passare la notte. Sarebbe partita la mattina seguente, con la luce del sole a illuminarle la strada e avrebbe volto i suoi passi verso Nord, fino ad incontrare qualche abitante di Rohan, sperando di riuscire a procurarsi lì un cavallo. Pensò alla beata terra di Lothlòrien, ove non si era mai recata, e con un barlume di speranza immaginò di raggiungerla; chissà, forse vi avrebbe trovato Arwen sua cugina.
Infine, scorse una piccola grotta nella montagna; vi entrò per assicurarsi che fosse cieca e non avesse altri sbocchi, ma era davvero di piccole dimensioni. Depose a terra il suo fagotto e ne estrasse una coperta che arrangiò alla meno peggio sul terreno prima di accoccolarsi sopra. Cercando di ignorare la paura che le attanagliava lo stomaco, rivolgendo uno sguardo alle stelle, in particolare a quella di Eärendil suo nonno, si addormentò.
 
La Mezzelfa aprì gli occhi azzurri, muovendosi debolmente nel groviglio fatto di coperte e sobbalzò impaurita. Il cielo era screziato dal rosa dell’aurora, ma nella notte ormai vecchia brillava un fuocherello acceso nel mezzo della caverna; una figura ammantata era seduta sull’entrata della grotta, stagliata contro i primi albori del cielo, ed era affiancata da un cavallo bianco.
La figura ammantata si voltò avvertendo i movimenti della fanciulla, ma un cappuccio grigio gli lasciava scoperti soltanto la bocca e il mento.
- Ah, vi siete svegliata, dunque, signora. – fece.
Elanor si ritrasse contro la parete della caverna, in un gesto istintivo.
- Chi siete e cosa volete? – chiese sulla difensiva.
Egli rise brevemente alla diffidenza della dama e si lasciò cadere il cappuccio, mostrando il volto pallido incorniciato da disordinati capelli neri.
- Neron mi chiamano in queste terre. Non servo l’Oscuro, se ciò può rassicurarvi. Ciò che cercavo era un riparo per la notte e questo pare essere l’unico nei dintorni. –
La Mezzelfa si tranquillizzò un po’, ritenendolo sincero; d’altronde avrebbe potuto ucciderla nel sonno se avesse avuti intenti malvagi; pure, non abbassò del tutto la guardia.
- Questo comunque non mi pare luogo che si addica ad una dama elfica, priva di cavalcatura e priva di armi. – commentò accigliato.
- Sono d’accordo con voi. – rispose lei cupa e realizzando che l’interlocutore doveva già essersi accertato dell’assenza di armi mentre ella dormiva – Ma sono stata condotta ai confini di Gondor per dissidi col Sovrintendente. –
- La cortesia di Minas Tirith è diminuita molto, vedo. -
Elanor annuì e si strinse nel mantello stropicciandosi gli occhi, assonnata.
- Non avete detto ancora il vostro nome – constatò lui.
La fanciulla si passò una mano sul viso stanco, cercando di allontanare il sonno che ancora la avvolgeva, ma le sue labbra abbozzarono un sorrisetto.
- Neanche voi lo avete fatto in verità! Ad ogni modo, sono Elanor figlia di Mìrdan figlio di Cìrdan. – mormorò.
Il ramingo la guardò per qualche istante, stringendo gli occhi castano chiaro e scuotendo il capo.
Udire il nome del Signore dei Falathrim risvegliò in lui vecchi ricordi.
- E cosa avete intenzione di fare adesso, in queste condizioni? – chiese seccamente.
Elanor si alzò, cominciando a raccogliere le proprie cose.
- Perché dovrei dire a voi dove dirigo i miei passi? – rispose un po’ piccata, tornando ad essere diffidente.
Anche Neron si mise in piedi, le braccia sui fianchi.
- Cercavo soltanto di aiutarvi. – fece con una punta di disapprovazione.
La dama mosse qualche passo verso di lui, avvicinandosi.
- Aiutarmi? – chiese incerta – E come? Chi siete veramente, sire, e dove siete diretto? Come posso fidarmi di voi? –
La sua voce non era sarcastica, ma sincera.
- Vago per le Terre Selvagge, portando aiuto e informazioni a coloro che si oppongono all’Ombra. Questioni ben più urgenti mi richiamano nel nascosto rifugio dei Dùnedain d’Ithilien, Henneth Annun, dopo essere sfuggito per mare da Umbar ed essere approdato ad Edhellond. – spiegò lui.
La Mezzelfa lo osservò perplessa, chiedendosi come potesse c’entrare lei con il cammino che l’altro aveva da fare.
- Venite – aggiunse il ramingo conducendola fuori dalla grotta.
Il sole era ormai sorto e il cielo si tingeva di arancio. Gli ultimi pezzi di legna nel falò scoppiettarono e il fuoco si spense.
Il cavallo bianco sembrava brillare nell’atmosfera ancora soffusa dell’alba; mirandolo con più attenzione la fanciulla poté notare la sua criniera dorata e accorgersi che si trattava di una giumenta.
Pure, continuava a non comprendere.
- Bell’animale, nevvero? – chiese lui.
Elanor annuì accarezzandone il pelo.
- E’ una giovane cavalla elfica che mi fu donata ad Edhellond da una famiglia di Sindar salpata per l’Ovest. E’ stata una compagna leggera e veloce nell’attraversare Gondor, tuttavia una volta giunto nell’Ithilien non potrò tenerla. Fearil è il suo nome, Spirito Lucente. – continuò.
- E perché mai? – chiese la Mezzelfa, cominciando a capire.
- E’ bene che io raggiunga i rifugi nascosti inoltrandomi tra le selve privo di cavalcatura. Inoltre, come avrete notato, è fin troppo vistosa. Preferisco destrieri dal mantello più scuro onde cavalcare in segretezza. Tuttavia è una cavalcatura che si addice ad una dama degli Elfi, non trovate? –
Ella aprì la bocca, stupita, tuttavia qualcosa ancora non quadrava.
- Sarà vostra se cavalcherete con me sino alle sponde dell’Anduin in prossimità di Cair Andros. Lì sarò vicino alla mia meta. –
Elanor si chiese se fosse il caso di fidarsi di una persona che conosceva da meno di un’ora, pure, o le sue percezioni s’erano pesantemente affievolite, o Neron era in buona fede.
- Sembrerebbe un’offerta generosa – commentò – Ma perché dovrei fidarmi di voi? –
- Perché non avete molta scelta, signora. –
 
Poco dopo, Elanor, raccolte le sue cose, montava Fearil alle spalle del ramingo, cavalcando verso il fiume. Sentendosi un po’ tratta in salvo, un po’ prigioniera, trascorse un paio d’ore narrando la sua disavventura e la permanenza a Gondor.
Infine, giunsero sulla riva dell’Anduin ove l’isola fortificata di Cair Andros sorgeva dalle acque, presidio degli Uomini di Gondor. Ivi Neron smontò da cavallo, scrutando l’isola alla ricerca di volti amici cui aveva affidato il suo cavallo prima di discendere l’Anduin.
- Dama, i nostri passi si separano. Abbiate cura del dono che vi ho fatto e proseguite con prudenza. –
- Mai dono fu più generoso e tempestivo e per ciò vi ringrazio. Perdonate la mia iniziale diffidenza. –
- Non vi è nulla da perdonare, anzi è bene che d’ora in avanti siate ancor più diffidente nelle Terre Selvagge. –
Elanor annuì a quelle parole, fin troppo vere. Rabbrividì al pensiero del lungo cammino che la attendeva; era stato confortante incontrare qualcuno cui sembrava importare qualcosa della sua sorte, in mezzo a quella desolazione. Sorrise lievemente.
Neron parve capire cosa attraversava la mente della dama.
- Molto si apprende circa se stessi nella solitudine; pure, è bene non indugiarvi troppo a lungo. Dove dirigerete di zoccoli di Fearil? –
- Vorrei giungere a Lòrien, presso la Dama del Bosco d’Oro. Ivi mia madre Nìsiel visse per qualche tempo anni addietro e ivi dimora in alcuni periodi Arwen mia cugina. –
- Più a Nord Ovest l’Entalluvio si getta nell’Anduin in un ampio delta. Risalitene il corso sino alle propaggini della Foresta di Fangorn, ove sarà più facile guadarlo. Lì proseguite verso Nord, senza inoltrarvi tra quegli alberi antichi, ché per chi non li conosce è facile perdere la via; oltrepassate il Limterso e giungerete nei pressi del Lòrien Meridionale dove sembra, a buon ragione, sperate in una felice accoglienza. –
- Farò come consigliate. Una volta tra la mia gente, tutto sarà più semplice. – convenne lei.
Elanor sospirò, accarezzando la criniera di Fearil.
- Che i Valar proteggano i vostri passi e le vostre imprese. Spero di rivedervi un giorno, amico. –
- Non so se ai Signori dell’Ovest importi delle sorti di coloro che s’aggirano per le sponde mortali, ma poiché tu ne sei una discendente, che la stella di Eärendil vegli sul tuo cammino. – rispose Neron.
Egli chinò il capo a mo’ di congedo, imitato dalla Mezzelfa, e giunse sulla sponda del fiume ove giacevano piccole imbarcazioni tirate in secca; ne trascinò una con sé e ben presto galleggiò tra i flutti in direzione dell’isola.
- Fearil, mellon nìn, bedim na Lòrien -  sussurrò Elanor alla cavalla. [Fearil, amica mia, andiamo a Lòrien]
L’animale nitrì affettuosamente e partì al galoppo; per i successivi quindici giorni attraversarono insieme le praterie di Rohan e di Celebrant; criniera dorata e chioma bionda al vento.




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Rieccomi! Spero che una quarantina di giorni sia stato un miglioramento rispetto agli ultimi 3 mesi, e ne approfitto per fare gli auguri di buon anno a chi segue la storia, in particolare a Thiliol e Black_Moody, che ringrazio per le recensioni :)
Anche a me la storia di Finduilas, seppur appena tratteggiata, ha sempre colpito molto. Per il resto, sono contenta che sia riapparsa Niphredil e le vicende delle due sorelle si intrecceranno sino ad una prossima riunione. A presto, un abbraccio!

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Capitolo 5
*** Specchi e verità ***


- Ciò che ho potuto mostrarti, in queste due settimane l’hai appreso con molta pazienza. Altre cose io conosco, che tuttavia è bene non mostrare. Ma ben di rado ho scorto una tale affinità per gli Olvar, per cui sono lieta del tempo speso in tua compagnia. – disse Galadriel con dolcezza.
- Siete voi ad essere troppo gentile nei miei confronti, signora. – rispose Niphredil.
Le figure delle due donne rilucevano nel primo grigiore del crepuscolo.
- Il tuo cuore è turbato, figliola, i tuoi occhi ti tradiscono. Se me lo chiedi, potrei essere in grado di sollevarti dalle tue pene, ma anche di rendere peggiore la tua angoscia. Nessuno potrebbe dirlo. –
Gli occhi scuri della mezzelfa si strinsero dubbiosi. L’oscurità della sera stava avanzando, portando con sé un’atmosfera di inquietudine che faceva da sfondo alle parole misteriose della Dama.
- Non riesco a comprendere il senso delle vostre parole, signora. –
Galadriel allora le fece cenno di seguirla e lentamente la condusse in un piccolo giardino oltre una verde siepe. Niphredil la seguì, scendendo dei gradini e giungendo in una piccola conca verde, dove su di un piedistallo vi era un bacile d’argento. Con un brocca, la Signora di Lòrien riempì la vasca di acqua che sgorgava da un ruscello e vi soffiò, attendendo poi che le increspature sulla superficie svanissero.
- Lo specchio – constatò Niphredil cominciando a capire. – Mi state offrendo di guardare, ma non so se la mia volontà è così ferma. –
- Ma lo Specchio non è mai asservito del tutto alla nostra volontà; puoi cercare di vedere ciò che desideri, ma esso può mostrarti immagini spontaneamente e senza che tu ne abbia alcun controllo. Mostra il passato, il presente e i possibili futuri; potresti trarre conforto dalle visioni, se deciderai di guardare, ma anche perderti in esse. –
- Capisco – mormorò la fanciulla, esitante. Pensò a sua sorella, desiderando e temendo di vedere quale fosse stata la sua sorte. Il timore di scorgere gli attimi della sua fine la tratteneva.
- Si tratta di scegliere se sono in grado di accettare definitivamente un dolore già noto, o se preferisco continuare a vivere in una folle, illusoria ed infima speranza. – disse guardando Galadriel negli occhi.
- Soltanto tu puoi decidere se guardare, la mia è un’offerta, non un consiglio. Tuttavia se ti interessa conoscere il mio parere, ritengo che la verità sia, in ogni caso, auspicabile. –
Niphredil respirò profondamente, lasciando che tutti i suoi dubbi fluissero via con quel gesto; si chinò sulla vasca e scorse il cielo stellato sopra di lei; ma ben presto questo si offuscò per lasciare spazio ad una nuova visione.
Mìrdan giaceva nell’erba verde, impossibile per lei capire dove si trovasse. Da una ferita sul petto sgorgava sangue copiosamente; i capelli scuri ricoprivano in parte il volto. La fanciulla tese una mano verso di lui, trasalendo.
- Non toccare l’acqua. – l’ammonì Galadriel.
Niphredil si controllò, ritraendo la mano appena in tempo, e subito la visione svanì.
Il verde dell’erba mutò nell’azzurro del mare, ma era un mare ormai calmo. Una piccola imbarcazione di legno candidò arenò su una spiaggia dorata. Un corpo inerte, apparentemente senza vita, scivolò sulla riva, cadendo come un peso morto.
Le mani della Dama degli Alberi tremarono, in attesa.
Riconobbe la figura della sorella, in un groviglio di abiti che le parvero familiari. Contro ogni speranza, s’accorse che si stava muovendo: sollevava il capo e tossiva.
Due donne le andarono incontro; sullo sfondo un castello a picco sul mare, ricco di stendardi azzurri con un disegno bianco al centro; pure, troppa era la distanza per capire bene l’aspetto del vessillo.
- No! – esclamò Niphredil, vedendo l’immagine sbiadire e svanire.
Un’Elfo di bell’aspetto, dai capelli biondi ed occhi celesti stretti e penetranti le sorrise, ma il suo era un sorriso triste, accompagnato da un cenno del capo di congedo. Balzò a cavallo e corse via, lasciando nella fanciulla un’inspiegabile senso di vuoto e di abbandono.
La Mezzelfa sollevò il capo e lo specchio tornò ad essere un semplice bacile colmo d’acqua. Respirava affannosamente, cercando di afferrare e trattenere tutti i dettagli che sembravano sfuggirle, come al risveglio da un sogno.
I suoi occhi incontrarono quelli grigi di Galadriel, che la osservò con fermezza.
- E’ viva – esclamò Niphredil concitata e tremante – E’ viva, io l’ho vista, la soccorrevano… -
Sembrava a stento riuscire a mettere assieme le parole, mentre Galadriel la ascoltava senza profferir parola.
- C’era…c’era un castello a picco sul mare, con vessilli azzurri ed una sagoma bianca al centro. –
- Dol Amroth, è questo che hai visto – spiegò Galadriel – Lo stemma è una nave cigno bianca su fondo azzurro. Tua sorella si trova a Gondor dunque, o almeno si trovava lì anni fa. –
Gli occhi scuri della fanciulla si fecero lucidi.
- Per tutto questo tempo…ho creduto…abbiamo creduto…Ma perché non è tornata? Forse è in pericolo. –
Nel pronunciare la parola pericolo, con un tuffo al cuore le ritornò in mente l’immagine di suo padre sanguinante.
- Devo partire, c’è dell’altro, mio padre è in pericolo. -
Galadriel le si avvicinò e le poggiò le mani sulle spalle.
- Tranquillizzati e descrivi la visione con calma, se lo desideri. Io e sire Celeborn invieremo dei messaggeri al porto elfico di Edhellond, vicino Dol Amroth, e presto sapremo se di Elanor è giunta notizia. –
 
Così avvenne ed il dì seguente Dama Niphredil lasciò Lothlorien, diretta ai Porti Grigi assieme ad un paio di accompagnatori, onde recar notizia delle sue due visioni alla sua famiglia; frattanto un paio di viaggiatori partirono alla volta del porto meridionale dei Silvani.
 
Al momento della partenza, la Dama degli Alberi uscì da Caras Galadhon in fretta, dopo un cortese congedo dai Signori del Lòrien; le immagini confuse che aveva scorto nello specchio il giorno precedente si sovrapponevano e confondevano fra loro; l’ansia per la sorte di Elanor rendeva il tutto meno chiaro e la speranza di ritrovarla era tosto spazzata via dalla preoccupazione per suo padre Mìrdan, che nei meandri della sua mente giaceva a terra nel suo stesso sangue. Fu così che quasi non si accorse di passi leggeri, simili ad una danza, alle sue spalle.
- Cugina! – esclamò un voce carezzevole come il velluto.
I due Elfi si fermarono e Niphredil si voltò. Aveva trascorso due settimane in sua compagnia, pure, l’immagine che si ritrovava innanzi non poteva non suscitare rinnovata meraviglia.
La più bella dei figli di Iluvatar la raggiunse in fretta, ma senza scomporsi, senza alcun affanno. La chioma corvina simile a seta ornava la bianca figura e la luce dei suoi occhi era quella di due grigie stelle del firmamento.
- Credevo che avessimo già preso congedo, mia cara. – fece Niphredil sorridendo con dolcezza.
- E’ così, mia giovane congiunta. – rispose la figlia di Elrond – Pure, questa notte, ho tessuto questo per te dopo essere venuta a conoscenza dell’imminente partenza e desideravo che tu lo avessi poiché non molto frequenti sono i nostri incontri. –
Schiuse le mani mostrando uno stemma della casata di Cìrdan, che appuntò sul mantello verde di Niphredil.
- Ciò che proviene dalle tue mani è secondo soltanto alla tua bellezza. – commentò la figlia di Mìrdan – Ti ringrazio per questo dono. –
Arwen si limitò a sorridere, estraendo qualcos’altro dal proprio mantello.
- Il merito è di mia madre Celebrìan da cui ho appreso tale arte. – fece, oscurandosi in volto, mentre cresceva la consapevolezza che non l’avrebbe mai più rivista.
Porse alla congiunta un emblema identico a quello che le aveva appena donato e glielo pose tra le mani, stringendogliele.
- Dallo a tua sorella da parte mia. Il mio cuore mi suggerisce che è viva. Eravate poco più che bambine l’ultima volta che l’ho vista... –
Niphredil fissò l’intreccio delle loro mani, commossa. Soltanto allora notò un vistoso anello al dito della figlia di Elrond. Due serpenti dagli occhi di smeraldo si intrecciavano; uno di essi reggeva una corona d’oro, che l’altro divorava. Aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare dove avesse già visto quella scena.
- L’anello di Barahir! – esclamò di colpo sollevando il capo e sgranando gli occhi, mentre le sovveniva l’illustrazione ammirata in uno dei tomi nella biblioteca di suo nonno Cìrdan.
- Esatto, sei ben dotta sulla storia delle ere passate. – sorrise Arwen.
- Non credevo fosse pervenuto ad Elrond tuo padre… - disse Niphredil smarrita – Ho sempre saputo che era stato tramandato ad Elros nostro zio, poiché egli scelse il destino di Beren. –
- E difatti è così, non ti stai ingannando. –
- Appartiene ai discendenti di Isildur. – aggiunse Niphredil, ricordando i discorsi di Mìrdan sui suoi compagni Dùnedain.
Arwen continuava a fissarla coi suoi occhi grigi, annuendo senza dire nulla.
- Dovrebbe essere pervenuto all’Erede di Isildur, se ve n’è ancora uno in vita. –
- E’ da lui che l’ho ricevuto in dono – sussurrò la figlia di Elrond, lo sguardo perso in direzione del Cerin Amroth, come se potesse scorgervi qualcosa che agli altrui occhi non si palesava.
E Niphredil comprese, mentre un terribile pensiero s’ affacciava nella sua mente; incredula strinse gli occhi scuri cercando nel volto della cugina qualcosa che confermasse ciò che aveva intuito; pure, tutto in lei era fresco e giovane, nonostante gli innumerevoli anni trascorsi nella Terra di Mezzo.
- Un anello non è un dono qualunque – disse con fermezza.
- Dici il vero. – rispose la Stella del Vespro.
Niphredil conservò l’omaggio per sua sorella, in silenzio, gli occhi bassi.
Poi, d’un tratto, alzò nuovamente lo sguardo sul volto della congiunta e le strinse le braccia, afferrandola.
- Quanto vale questo dono per te? –
- Non immagineresti quanto. –
- L’e…l’eternità? – balbettò la più giovane.
 
- Hai un buon intuito, Niphredil. -
La Falathrim scosse lentamente il capo, angosciata, lasciando la presa sulle bianche braccia della dama che aveva di fronte. L’idea assurda ed innaturale che un giorno sua cugina avrebbe lasciato il mondo per davvero prese forma. Aprì la bocca, tremante, ma Arwen alzò una mano per zittirla.
- Nulla accade a Lòrien senza che la sua signora lo sappia. Ella neppure ha potuto cambiare il volere di sua nipote; qualsiasi cosa dirai, non servirebbe a nulla; la scelta è compiuta.
Non è ancora tempo per te di compiere la scelta, non hai ancora vissuto a sufficienza; potresti, in tutta sincerità, biasimarmi? A noi Mezzelfi è dato di scegliere, e ciò è al contempo un dono ed un onere. –
- No, credo che non dirò nulla. – convenne Niphredil in un triste sospiro.
Un attimo dopo, ella ed Arwen si gettarono l’una tra le braccia dell’altra, stringendosi con forza.
- Va’ ora. Lunghi sono ancora i miei anni e ci rivedremo molte volte prima della fine. L’Ombra si allunga su queste terre e la minaccia ad Oriente s’accresce. Pure, conserva sempre nel tuo cuore la speranza che essa un giorno svanirà. Verrà un tempo in cui, sono certa, comprenderai le mie motivazioni e le mie scelte, ancorché non al mio stesso prezzo. Namarie! –
E fu così che le due congiunte si separarono, ma in tempi successivi le loro strade si sarebbero rincontrate per una nuova stagione.
 
 
Aveva trascorso quindici giorni galoppando con grande rapidità assieme alla nuova amica Fearil; tuttavia, erano ben quattro giorni che, provenendo dal Meridione, s’aggirava attorno alle pendici del bosco, senza tuttavia riuscire a trovarne un sentiero d’accesso. Gli ultimi soli erano stati forse il periodo peggiore, ché Elanor non riusciva a trovar altro che alberi fitti o mura di terra; così cominciò a convincersi che la via d’accesso fosse esclusivamente da Nord.
La notte, i rumori e gli ululati la terrorizzavano; era solita nascondere il candore di Fearil tra gli alberi più fitti e arrampicarsi su uno di questi finché il sole non fosse sorto.
All’alba del quinto giorno dacché era giunta ai confini del reame, decise di continuare a puntare verso Nord, benché fosse certa di trovare la strada sbarrata dal Celebrant che dona le sue acqua al Grande Fiume.
Fiancheggiò per alcune ore l’Anduin, sino a raggiungere il luogo ove i due fiumi s’incontravano; il sole era ormai alto, ma la mattinata invernale era fredda e l’aria gelida le sferzava il viso; negli ultimi venti giorni il tepore autunnale aveva lasciato del tutto quelle terre.
Si strinse nel mantello, pregando Manwë di allontanare quel vento che le raggelava le membra; anche Fearil appariva ora stanca ed infreddolita, ma Elanor era determinata a trovare una via d’accesso alla terra di Galadriel e a trarre in salvo se stessa e l’animale.
Infine, il sole di mezzodì si levò alto a riscaldare debolmente la terra; i suoi raggi ora si riflettevano dinanzi ad Elanor e Fearil, nelle acque dell’Argentaroggia, che tagliava la loro strada confluendo nell’Anduin. Elanor sospirò, cercando di rammentare le parole di sua madre, non senza provare una fitta al cuore.
- I Galadhrim chiamano Naith il punto in cui i due fiumi si congiungono, e da lì talvolta salpano delle imbarcazioni a forma di cigno, costruite su modello di quelle di Alqualondë, principale città della baia di Eldamar. -
Ricordò quanto adorasse i racconti su Valinor da bambina; e Nìsiel le aveva sempre detto che il Lòrien serbava in sé tanti piccoli ricordi del Reame Beato, a partire proprio dal nome.
Non aveva ancora raggiunto il Naith, quando ebbe la sensazione che a manca, dal lato del bosco, degli occhi si posassero su di lei.
Due guardie elfiche, vestite di verde e marrone, emersero dal bosco verde e dorato; gli occhi puntati sulla nuca della dama e gli archi tesi.
- Scoprite il volto, chiunque voi siate! – fece uno di loro in Ovestron.
Elanor trattenne il fiato per un istante, poi sospirò sollevata e quasi rise tra sé e sé.
Molto lentamente, con entrambe le mani lasciò cadere il cappuccio sulle spalle, rivelando la chioma femminile. Poi Fearil volse i propri zoccoli verso gli interlocutori in modo che Elanor potesse palesare il proprio volto alle guardie.
- Chiedo scusa, signora. – riprese l’Elfo osservandola in viso – E’ chiaro che appartenete alla nostra razza. -
- Non vi è nulla da scusare. Sono Elanor figlia di Mirdan e chiedo asilo presso i Signori di Lòrien dopo venti giorni di viaggio. –
- Vi condurrò tosto presso di loro. – 


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Rieccomi! Stavolta un capitolo dedicato prevalentemente a Niphredil...che per pochi giorni non ha incontrato sua sorella! E la scoperta del fato di Arwen...presto avremo anche la reazione di Elanor e potremmo metterle a confronto, in un certo senso. Un grande abbraccio a chi segue e soprattutto commenta!

Thiliol: Buon anno anche a te cara! Mi dispiace averti fatto aspettare un po', però posso dirti con certezza che Neron non è Aragorn...e non lo vedremo per parecchio tempo! Sono felice che tu ti stia appassionando :)
Black_Moody: Tanti auguri anche a te, con palese ritardo :P Come vedi c'è mancato davvero poco e per circa cinque giorni non si sono incontrate e resteranno divise per...beh, un altro po'. Niphredil d'altronde ha avuto i suoi buoni motivi per andar via! Spero che il confronto Niphredil- Arwen ti sia piaciuto! Quanto a Neron, come ho già detto sparirà per un bel po' ed è un personaggio un po' slegato, pronto a offrire una mano e a portare informazioni utili per poi sparire...ma stai pur certa che ricomparirà ;)
Elanor89: Ciao omonima :) Ti ringrazio molto per i complimenti :) Capisco la tua sensazione iniziale perché anche io l'ho provata a volte, però forse riflettendoci non è così strano: Elanor e Niphredil devono essere tra gli Elfi dei nomi molto comuni, un po' come Rosa qui in Italia :) Anche per me questo è un po' un ritorno al passato, fa piuttosto sorridere riprendere in mano qualcosa che si è scritto sei anni fa per trasformarlo in qualcosa di più maturo. Detto questo, mi farebbe veramente piacere un giorno leggere la tua storia; una storia di Elfi nella Quarta Era, proprio per via del fatto che molti lasciano la Terra di Mezzo e che lo scenario non è pienamente definito, apre a molte possibilità :) A presto!
thegreenminstrel: Ciao, mi fa molto piacere che la storia ti piaccia e ti ringrazio! Cerco di fare il possibile per non contrastare con il canon e quindi rendere il tutto verosimile! a presto!

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Capitolo 6
*** Rivelazioni inattese ***


Elanor seguiva, senza profferir parola, i due Galadhrim, ammirando l’incanto che sembrava avvolgere quei luoghi. Poco distante, Fearil trotterellava beatamente in un verde prato, libera di nutrirsi, abbeverarsi e riposare; ma la dama aveva invece cominciato un’enorme rampa di gradini, gradini di legno che circondavano il tronco di un enorme mallorn andando a costituire una vera e propria spirale ascendente.
Elanor si chiese se fosse possibile realizzare gradinate più splendide di quelle; ché ogni cosa lì era luce e scintillio in un mare di verde e oro; poi però rammentò come ciò che la attorniava non fosse altro che una pallida imitazione della gloria di Valinor, che ella non aveva ancora ammirato. Ciononostante, Lòrien era impregnata dell’aria delle Terre Immortali, aveva la percezione di un luogo fuori dal tempo e dal mondo comune.
A distanza di tempo, non seppe descrivere quanto durò quella lunga salita silenziosa, sta di fatto che, quando ormai la stanchezza aveva infiacchito le sue membra, in una luce accecante erano apparsi i Signori di Lòrien.
Ella impiegò qualche istante per riprendersi da quel bagliore, dal baluginare del flet di Galadriel e Celeborn, appena sollevatisi dai loro seggi per accoglierla; indi chinò il capo in segno di deferenza, e Galadriel prese la parola.
- Salve perduta figlia di Mìrdan! Emergi dall’oblio tu che in realtà non fosti mai obliata dai tuoi cari; sono lieta di darti il benvenuto in questa terra. –
- Lieti siamo nell’accoglierti e lieti saremo di far correre la notizia della tua venuta; pure, se la tua venuta è stata improvvisa, non è stata del tutto inattesa. – aggiunse Celeborn.
- Vi sono infinitamente grata, Signori, di porre, seppur momentaneamente, fine al mio solitario ed inesperto peregrinare; e se non amassi il mare sopra ogni altra cosa, direi senz’altro che questo reame è il luogo più stupefacente delle Terre Mortali. – esordì Elanor con altrettanta cortesia.
- Pure, - continuò – Mi chiedo se, eccetto la vostra lungimiranza, altri segni vi abbiano informato della mia sorte. E soprattutto, ciò che più mi preme di sapere e che vi prego di rivelarmi, è cosa ne è rimasto ormai del mio regno d’origine, della mia dimora, dopo la tempesta di Sauron alla quale per grazia di Ulmo scampai. –
Galadriel la guardò grave, soppesando le sue parole e comprendendo ciò che ella aveva a lungo creduto.
- Dici di amare il mare sopra ogni altra cosa, eppure, come hai potuto credere così a lungo che Sauron l’avesse sconfitto, che il Mithlond fosse andato perduto e con esso i suoi abitanti? Ben mi avvedo, figliola, di come l’ingenuità e il timore abbiano preso il sopravvento sul tuo cuore in questi anni; i Porti Grigi non furono mai devastati grazie alla protezione offerta da Ossë su quei lidi, né ha potuto il potere di Barad-dur sovrastare quello di Ulmo. A lungo sei stata ritenuta, a torto, l’unica vittima di quel giorno nefasto. –
Galadriel restò immobile, alta e bianca, quasi noncurante dell’effetto che avrebbero avuto le sue parole. Difatti qualcosa esplose nelle viscere della Mezzelfa; in quel momento gli istanti parvero dilatarsi; gli occhi di Elanor si allargarono per la sorpresa e la bocca si schiuse in segno di stupore, come per profferir parola, ma non ne uscì alcun suono.
Forse, per la prima volta, si chiese con sincerità perché non avesse cercato prima di far ritorno nella sua terra. Aveva creduto di essere stata quasi graziata dai Valar per la sua devozione ad Ulmo, eppure, le parole di Galadriel suonavano ora tremendamente ovvie; si era detta più volte che sarebbe stato inutile tornare verso una dimora che più non esisteva, eppure, ora era improvvisamente consapevole di ciò che aveva sempre temuto e ciò da cui era sempre fuggita.
Forse col dolore poteva sopravvivere alla sua condizione, alla condizione di chi aveva perso tutto; ciò che non avrebbe mai potuto reggere era invece la vista di tutto ciò che era stato la sua vita perduto e distrutto; i Falathrim riversi sulla sabbia granulosa o fluttuanti sinistramente nell’acqua; suo padre sul fondo del Golfo di Lhûn e Nìsiel vinta dalle acque nel tentativo di raggiungerlo; Cìrdan e Sìriel correre per il palazzo e per le strade venendo travolti dalle onde innaturalmente lunghe e violente.
- Non so se io sia stata più sciocca o più codarda. – rispose infine con un’amarezza insopportabile, amarezza che non avrebbe mai potuto esternare del tutto.
Era così palese ora che Sauron non sarebbe mai riuscito a sottomettere la Grande Acqua!
E il pensiero di poter riabbracciare di lì a breve familiari, amici ed essere riaccolta nella sua casa la invase come caldo idromele; ma al tempo stesso si detestò e si maledisse per tutto il dolore che doveva aver loro causato con la sua scomparsa.
- Non essere troppo severa con te stessa – fece Celeborn, interrompendo il silenzio e i pensieri della Mezzelfa. – Le mosse di Sauron hanno confuso menti ben più esperte della tua. –
- Il riposo è la miglior cura per l’animo di cui tu possa disporre ora. E quando ogni tassello andrà al suo posto, non ci sarà più ragione di dolersi per ciò che è stato – aggiunse la Dama.
Elanor aprì la bocca per obiettare, decisa a non assolversi con tale facilità, ma il sorriso di Galadriel la mise subito a tacere.
- C’è qualcuno che gioirà nel vederti stasera. – disse il Signore di Lòrien.
La Mezzelfa aggrottò le sopracciglia, senza comprendere.
 
- Sapevo che sarebbe arrivato questo giorno! – esclamò Arwen correndole incontro, avvolta in un abito blu come il cielo notturno.
- E’ perché possiedi la lungimiranza di tuo padre, mia cara! – rispose felice la figlia di Mìrdan, riconoscendo la voce della cugina ancor prima di volgersi ed incrociare il suo sguardo.
Era da molti anni che non incontrava la Stella del Vespro, eppure l’effetto che le trasmetteva era rimasto immutato. Era di tale bellezza e dolcezza che non poteva fare a meno di restarne abbagliata e quasi sentirsi insignificante; sarebbe stato impossibile non nutrire per lei un profondo affetto, anche se non ci fosse stato il vincolo di sangue ad unirle.
Quando Elanor e Niphredil erano ancora poco più che bambine, durante le visite con Nìsiel presso la dimora di Elrond, Arwen aveva recitato un po’ il ruolo di sorella maggiore, insegnando molte cose alle piccole congiunte leggendo brani sulla Prima Era del Beleriand.
Arwen la strinse a sé con calore, percependone il tormento interiore e infondendole un po’ della sua pace; Elanor ricambiò con altrettanto vigore, sentendo che ormai il peggio era stato lasciato del tutto alle spalle.
 
- E così Niphredil è stata qui, in questo alloggio fino a qualche giorno fa! – esclamò Elanor al tempo stesso colpita e delusa – qualcosa si oppone al nostro ricongiungimento. – aggiunse melanconica.
Le due cugine si trovavano, qualche minuto più tardi, nel flet che aveva ospitato la Dama degli Alberi e che ora avrebbe consentito il riposo di sua sorella.
- Ma ho smesso di consentire agli eventi di pilotare il mio destino ed il mio percorso – riprese con asprezza. – Dimmi, cara, perché una tale fretta da parte di Niphredil nel lasciare un luogo così meraviglioso e a lei sì congeniale? La conosco bene, ella ama gli alberi e qui ce ne sono di magnifici. -
Arwen esitò prima di rispondere, essendo bene a conoscenza della verità e dei motivi che avevano spinto la cugina a lasciare Lòrien. Ma allorché l’espressione di Elanor si fece più preoccupata e turbata di quanto non fosse già, non se la sentì di resistere oltre e le narrò dello  Specchio e di ciò che Niphredil aveva visto, incluso Elanor stessa e la minaccia su Mìrdan.
Al termine del racconto, la bionda restò in silenzio a meditare su quello che aveva appena udito, quasi dimenticando la stanchezza che fino a poco fa stava per vincerla.
- Troppo a lungo ho creduto di aver perduto ogni cosa – mormorò – Non intendo perdere mio padre ora che ho saputo la sua sorte essere stata più felice della mia. E non prolungherò l’angoscia e la rassegnazione dei miei familiari; Niphredil sta per arrecare due notizie nel mio reame: una di queste metterà in allerta e sgomento nostro padre; l’altra ridarà speranza a tutti sulla mia sorte ma non darà alcuna certezza; farà ripiombare i miei cari nel dubbio, in cui hanno vissuto troppo a lungo a causa della mia codardia. Devo ripartire al più presto; nessun messaggero sarà mai più veloce di me, ché le motivazioni che mi porto addosso metteranno le ali alla bianca Fearil. –
- Ti prego, Elanor – la interruppe la Stella del Vespro – Non essere precipitosa o ingiusta con te medesima; hai bisogno di ristorarti qualche giorno prima di intraprendere un sì lungo viaggio. Non siamo né guerriere né viandanti e non siamo state educate come tali. Posso solo immaginare quanto debba essere stato spossante per te questo viaggio nella solitudine e nel pericolo. –
La più giovane la guardò, sorridendo cupamente, ma con dolcezza.
- Ti ringrazio della tua preoccupazione nei miei confronti; pure, devo fare qualcosa per erodere il rimorso che provo e una mia lunga permanenza qui non arrecherà conforto a nessuno, salvo te forse. Ma so che nella tua perfezione non riuscirai a comprendere come ci si senta a causare la sofferenza di coloro che ami; avrei voluto essere pacata come te ma non è la mia natura, e dunque devo far qualcosa subito per rimediare agli errori commessi. Sei sempre stata la delizia di tutti coloro che ti circondano, me compresa, e se non puoi immaginarti nella mia situazione, ti prego di non ostacolarmi. –
La figlia di Elrond si alzò, dal letto su cui era seduta, improvvisamente pallida e dura.
- Quello che tu dici è falso, Elanor. Credi forse che io sia perfetta? Non appena la tua lunga vicenda sarà stata chiarita e risolta, tra alcuni anni tutto ciò sarà soltanto un pallido ricordo. Ma il dolore che invece io arrecherò, durerà oltre i confini di Arda; e quello che tu hai causato al confronto è ben poca cosa. –
La figlia di Mìrdan udì quelle parole senza capire il loro significato; pure, esse non promettevano nulla di buono. Decisa a comprenderle fino in fondo, le prese la mano con forza e la fissò negli occhi grigi.
- Che cosa significa ciò che hai detto? Di cosa stai parlando? –
Arwen pensò, a ragione, che con Elanor i giri di parole fossero inutili; pertanto venne subito al nocciolo della questione.
- Benché tu sia ancora giovane, saprai per certo che a noi Mezzelfi è dato di scegliere… -
- Naturalmente – annuì Elanor, che aveva sempre considerato tale scelta un po’ scontata, soprattutto se si voleva considerare che era nata e cresciuta tra gli Eldar; e lo stesso valeva per Niphredil ed Arwen.
Mentre prendeva forma questo pensiero, questa constatazione quasi ovvia, la giovane realizzò ciò che probabilmente la maggiore stava cercando di dirle; un’idea talmente assurda che non osò pronunciare.
- Beh, io invece, benché goda della vita degli Eldar, giovane non sono più, nemmeno secondo il loro conto degli anni. Ed ho preso la mia decisione … ho scelto una vita mortale. –
La minore lo aveva già capito, ma sentirlo dire con freddezza, nero su bianco, fu un’emozione terribile. Sperò che fosse l’ultima di quella giornata, ma così non sarebbe stato.
- Mi prendi in giro? – chiese Elanor, accigliata – Che senso avrebbe una scelta del genere? E’ come se fossimo Elfi, Arwen! Il tempo scivola senza lasciar segni su di noi, la nostra cultura e la nostra educazione sono quelle del Beleriand! Abbiamo vissuto in roccaforti elfiche per gran parte della nostra vita. Che senso ha negare tutto questo? Ho vissuto per anni tra gli Uomini e non mi sono mai sentita una di loro. Perché per te dovrebbe essere diverso? –
- Perché io amo l’Erede di Isildur, Elanor. Aragorn figlio di Arathorn. –
Elanor, incredula, sospirò pesantemente, lasciandosi cadere seduta sul suo giaciglio. Poi subito dopo si rialzò e prese a camminare nervosamente per la stanza con una mano sul volto ed il passo frenetico irrequieto.
- Questo vuol dire che non rivedrai mai più tua madre Celebrìan. – tentò ragionando.
- Ne sono consapevole. –
- Arwen… - provò con voce tremante – Tu non sei una di loro … appartieni ai Primogeniti. Non gettare via quello che sei, la tua essenza, per seguire qualcun altro! Tu non capisci! Non voglio che tu finisca come Finduilas. Guardala! Lei non era fatta per i monti e la città, ma per il Mare. Ha annullato se stessa per amore, e cosa ha ottenuto? Si è consumata in un mondo che non le apparteneva e in cui le era negato tornare alle sue origini, sino alla morte. Credi di sapere davvero cosa sia lei adesso? Cosa credi che ci sia sotto la sua tomba? Il nulla, Arwen, l’ignoto. Non so dove ella sia, e cosa sia adesso; so per certo che la sua anima permane, ma tutto il resto è ombra. Vuoi davvero tutto questo? Non tradire te stessa, non farlo! –
Terminò con foga quell’ammonimento, con il respiro affannoso e l’ansia per la risposta che sapeva avrebbe ricevuto. Non aveva mai visto così Arwen prima d’ora e forse nel profondo si rendeva conto che le sue parole non avrebbero sortito l’effetto sperato, pure, non aveva potuto trattenerle, quasi si trattasse di un fiume in piena.
- Tutto quello che ora sono e che ora posseggo non basta ad ancorarmi ad una vita immortale, se non posso condividerlo con Estel. – rispose la maggiore in un soffio. Era tornata la dama gentile e delicata che la figlia di Mìrdan aveva sempre conosciuto.
- Non dovrebbe permettertelo. – riprese a bruciapelo Elanor, scuotendo il capo.
Arwen aggrottò le sopracciglia, come per richiedere ulteriori spiegazioni; le sue labbra non si mossero.
- Se i tuoi sentimenti sono ricambiati, come ho ragione di intendere, egli non dovrebbe accettare un sacrificio del genere da parte della donna che ama. –
Non lo disse con ferocia, ma con una semplicità ed una spontaneità che per un attimo parvero disarmare la Stella del Vespro.
- Tu sei l’erede di Lùthien, non Lùthien stessa. – continuò Elanor, gli occhi azzurri arrossati dall’emozione. – La tua sorte non deve essere la sua. –
La bruna scosse piano il capo, desolata quanto Elanor.
- Forse non hai capito fino in fondo le motivazioni della nostra antenata; la morte umana è per me l’unico modo per unire i nostri destini al di là dei confini di Arda. Se così non fosse, la nostra unione terrena sarebbe incompleta e vana. Ma ben mi avvedo che in questa sede non arriveremo a comprenderci, Elanor. E’ inevitabile, sei ancora troppo giovane. –
La Dama del Mare, che fino a qualche istante prima aveva ascoltato con attenzione, alle ultime parole della cugina si alzò in piedi, le sopracciglia inarcate.
- Ho vissuto avvenimenti più singolari e rischiosi di quanto non abbia fatto tu nella tua lunga vita, Arwen; quindi ti prego, non venirmi a dire che sono troppo giovane per capire. –
Senza attendere replica, ancora sconvolta per tutte le notizie e le emozioni di quella giornata, uscì dalla stanza, con l’intenzione di passeggiare nelle ormai prime ombre della sera, sotto le stelle e le fronde.



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Ok, chiedo umilmente perdono per la mia lunga assenza, dovuta da una parte sicuramente agli impegni universitari, dall'altra anche alla difficoltà di scrivere questo capitolo. E' un punto della storia che non ho ancora inquadrato del tutto; ci sono parecchie idee per quello che avverrà dopo ma c'è bisogno di passare una sorta di fase di transizione...per cui chiedo venia!
Non possono mancare i ringraziamenti per chi segue e commenta, come al solito, in particolare grazie a thegreenminstrel per la segnalazione :D
Ci vorrà ancora un po' per fare la conoscenza del partner di Niphredil :)
Black_Moody: Purtroppo questa angoscia durerà ancora un po'...tieni presente che Niphredil potrebbe agire in fretta, ma quello che ha visto è totalmente avulso da un contesto, quindi non sappiamo se quel momento accadrà e se si quando si collocherà...i futuri sono molti :) 
Spero ti sia piaciuto il confronto tra Elanor e Arwen!  Ho voluto inserire qualche elemento più incisivo di un semplice rapporto cordiale ed affettuoso, e al tempo stesso sottolineare la differenza di vedute con Niphredil e quanto la vicenda di Finduilas abbia segnato Elanor.
Thiliol: Immagino che stavolta il sobbalzo sia stato ancora peggiore, vista la mia latitanza su questa storia :P :) Se lo Specchio ti è piaciuto posso dirti  che tornerà...la vita di Mìrdan potrebbe essere totalmente cambiata e l'amore arriverà, non è Legolas poiché lo preferisco single e amico di Gimli a tempo pieno, tuttavia potrebbe esserci una connessione. Per quanto riguarda l'anello, nel film Aragorn lo porta al dito, ma nel libro lo dona ad Arwen quando sul Cerin Amroth si giurano amore eterno e ciò accade nel 2980; ora siamo invece nel 2988, anno della morte di Finduilas, o al massimo 89; quindi l'anello dovrebbe averlo proprio la Stella del Vespro. In ogni caso, immagino che lei lo avrà passato ad Eldarion e sia rimasto nella linea degli eredi al trono di Gondor.

Spero di non avervi deluso! A presto, un abbraccio a tutti!

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Capitolo 7
*** Le strade proseguono ***


- Ci troviamo finalmente nell’Eriador, mia signora! – esclamò soddisfatto un alto Elfo vestito di verde, mirando la montagna innevata alle sue spalle stagliata contro il cielo che si faceva scuro.
- Ne sono ben felice, Ithilion – rispose Niphredil, scostandosi una ciocca di capelli scuri dal viso, evidentemente affaticata. – Amo il tepore e non resisto a lungo per sentieri colmi di ghiaccio e neve; inoltre ho urgenza di rivedere mio padre e mio nonno. –
Un secondo Elfo avanzava alle calcagna della dama, gettando di tanto in tanto occhiate sospettose alle spalle.
- Presto, a manca! Correte! – urlò questi improvvisamente, cogliendo il compagno e la fanciulla di sorpresa. Ithilion si voltò verso l’interlocutore e, vedendo il paesaggio alle sue spalle, non esitò ad obbedire, tirandosi dietro per un braccio la Dama degli Alberi. Questa, infatti, piuttosto stanca ed infreddolita, non si era affatto resa conto del pericolo e temporeggiava perplessa; Narion, che aveva dato l’allarme, balzò in avanti spingendola rapidamente verso sinistra.
Dopo alcuni metri di folle corsa, si gettarono a terra, in avanti, mentre il ghiaccio finiva dappertutto. Una piccola valanga era appena discesa per il fianco del Caradhras, risparmiandoli soltanto a causa della loro fuga rispetto all’originaria posizione.
Niphredil si rialzò, tremante, cercando lo sguardo dei due Elfi.
- Oh, non mi piaceva per nulla questa montagna, ed ora meno che mai! – si lamentò col respiro affannoso. – Da dove salta fuori questa montagna di neve? –
Narion indicò un punto alle sue stesse spalle, per poi voltarsi. Un enorme nube avvolgeva la cima del monte vorticando velocemente ed in maniera impetuosa.
- Ottimo tempismo, Narion. – si congratulò l’altro. – Tra poco qui vi sarà una tempesta di neve poco piacevole; ormai l’inverno sta maturando e siamo stati già fortunati ad usufruire del Passo Cornorosso. Siete fortunata Dama Niphredil. –
Gli occhi scuri della Mezzelfa indugiarono sul viso di Ithilion, ma ella annuì distrattamente, senza rispondere nulla.
- Faremmo bene ad accelerare, dunque. – soggiunse Narion, preoccupato.
- Questo evento non ti ha colto impreparato, vedo. – gli disse Niphredil.
- Non del tutto. – rispose l’Elfo – da quando i nostri tre cavalli sono corsi laggiù, invece di cercare ciuffi d’erba accanto a noi, avevo capito che qualcosa non quadrava. –
- Beh, queste bestie sono più intelligenti di noi. – fece Ithilion richiamando i tre animali con un fischio.
- Oh, Nenia è di certo molto sveglia – convenne Niphredil accarezzando il muso della sua cavalla bianca appena riavvicinatasi.
 
Il bisogno di distendere la mente era tale che Elanor continuò la sua passeggiata al crepuscolo senza rendersi conto di dove si stesse recando. Da un flet all’altro, sino a raggiungere il suolo, incedeva senza sosta, quasi temendo che, se si fosse fermata, tutto ciò che aveva appreso nell’ultima giornata le avrebbe assalito del tutto la mente.
Come poteva Arwen aver preso una decisione del genere, quasi con apparente leggerezza e come se fosse del tutto naturale? Si chiese se suo zio Elrond fosse già a conoscenza della cosa e non riuscì a figurarsene il dolore.
Allorché finalmente si fermò, sembrò quasi stupita che i suoi passi si fossero arrestati. Distrattamente realizzò che vi era come un ostacolo sul suo cammino.
Abbandonando i fantasmi della sua mente, lo osservò meglio: era un bacile d’argento su di un piedistallo, colmo d’acqua, la cui superficie mostrava delle increspature, nonostante non vi fosse nemmeno un alito di vento.
Elanor se ne stupì e continuò a fissarlo, sentendosene magneticamente attratta per qualche inspiegabile ragione. La luna era ormai sorta e i suoi raggi si riflettevano nella conca come se fosse uno specchio; d’istinto, la Mezzelfa si chinò con l’intento di scorgere ivi la propria immagine.
Vide la propria chioma riccia, contornata dalle stelle e dai rami degli alberi, e quasi rimase delusa. Un attimo dopo però tale scena sparì in maniera confusa e lo specchio restituì immagini di altro genere.
 
- Sire, sono trascorsi ormai trenta giorni da quel dì nefasto e abbiamo perlustrato ogni angolo che ella avrebbe potuto raggiungere. Il vascello è stato certamente… inghiottito dai flutti. – fece Candir tristemente.
Cìrdan levò lo sguardo sul suo Capitano dei Marinai, rifiutandosi di accettare quelle parole. Col braccio destro stringeva a sé Sìriel, che aveva il volto premuto contro il suo petto, mentre con la mano sinistra si reggeva la fronte.
Nìsiel singhiozzava disperatamente affianco alla madre, sorretta da Niphredil, che era pallida come un cencio; poco più in là Mìrdan piantava nel muro un pugno ben assestato.
- Una nave non sparisce nel nulla, padre! – s’infervorò con occhi lucidi.
Elanor trattenne il fiato nell’assistere finalmente al dolore dei suoi familiari; ma in un attimo quella visione si dissolse, per lasciare il posto ad un’altra.
- No! – fece lei in un soffio, mentre i suoi cari svanivano.
Si sentì inspiegabilmente triste e depressa, come se avesse un macigno sul cuore, ma non aveva a che vedere con la visione appena avuta. Le sensazioni si fecero offuscate, ovattate, mentre udiva una voce che soltanto una volta nella vita aveva ascoltato.
- Scegli se raccogliere questa eredità. Ciò che ne verrà io non posso dirlo, non finché tu non avrai scelto quale strada percorrere. Dentro te cresce l’inquietudine, e con essa la frustrazione ed il dolore; questa è forse un’occasione per esorcizzarli. –
Le parve di distinguere una spiaggia, quella dove aveva vissuto per molti anni, tramutarsi in un’altra simile, eppur diversa, dove aveva invece trascorso l’esilio. Poi udì la sua stessa voce.
- Se farò questo, infrangerò la promessa fatta da mio zio Elrond a mio padre e mia madre. – ragionò.
- So che non attendi altro da molto tempo, e la devastazione che provi ora non ha fatto altro che acuire ciò –
Pur senza comprendere ciò che quella voce intendesse dire, Elanor non poté fare a meno di scorgere la verità in quelle parole, anche se in maniera non consapevole. Non ancora almeno.
Il mare sparì ed apparvero alberi, alberi come quelli sotto cui aveva camminato per tutta la serata. Ma non vi erano più luci e canti in quella rappresentazione di Lothlorien, ed il Cerin Amroth era ormai un colle spoglio. Camminava per quello che era stato l’ultimo barlume di Valinor nelle terre ad Est del Mare, fino a quando non vide un esile corpo, avvolto in abiti neri, giacere nell’erba.
Il volto pallido, recava appena i segni del tempo trascorso, segni che non aveva mai visto prima su quella pelle.
Gli occhi erano chiusi, ma, e ne era certa, Elanor pensò con terrore che se fossero stati aperti, sarebbero stati grigi.
- ARWEN, NO! – urlò con quanto fiato aveva in corpo, sentendo le gambe cedere dallo sconforto.
 
-        Lo Specchio spesso insinua più dubbi di quanti non tolga. – disse Galadriel con voce vellutata, richiamandola al presente.
La Mezzelfa trasalì, tornando bruscamente alla realtà, con il cuore che batteva all’impazzata: le ci vollero alcuni istanti, durante i quali restò in silenzio, per rendersi conto che tutto ciò non accadeva sul serio. Soltanto a quel punto, profondamente imbarazzata, si sentì avvampare.
-        Sono mortificata, mia signora. Non sapevo cosa fosse e cosa mostrasse. – rispose in tutta fretta, cercando di sostenere lo sguardo della Dama e al tempo stesso raccogliere le idee.
-        Non vi è una risposta univoca a questo interrogativo. Ad ogni modo, la curiosità non è un peccato. – riprese lei con tranquillità.
La figlia di Finarfin mosse qualche passo, trascinando le vesti scintillanti nell’erba verde.
-        Ma può essere pericolosa se esercitata senza criterio. – soggiunse Elanor.
-        Naturalmente. Diresti forse che si tratta del tuo caso? Io non lo penso. Ritengo soltanto che tu debba smetterla di tormentarti riguardo al passato. Il futuro, e non certo roseo, incombe. –
La Mezzelfa sorrise cortesemente, avvicinandosi alla Signora di Lòrien.
-        Le vostre parole sono fin troppo veritiere, eppure io non ho visto solo il passato, credo.–
-        No, certo, oltre al passato hai visto anche un futuro, un futuro che non puoi cambiare. E’ sulle cose che possiamo cambiare che dobbiamo concentrarci, Elanor. Ma come discernerle? Questa è la difficoltà maggiore. –
-        Ma…Dama Galadriel… non possiamo lasciarglielo fare, morirà, per sempre e come Lùthien e Beren. Deve esserci qualcosa che possiamo fare affinché rinsavisca. Non è bene alterare ciò che Ilùvatar ha infuso nella nostra natura e vivere come un pesce fuor d’acqua, nell’incomprensione di chi ci circonda. Io non posso permettere che si ripeta ciò che è stato fatto a Finduilas, sarei ben stupida a non imparare nulla sul modo in cui le donne gettano se stesse per amore. –
Lo disse gesticolando, senza riuscire a restare ferma, sotto lo sguardo di Galadriel, sul cui viso aleggiava un lieve sorriso.
-     Sai, Elanor – fece la dama, incerta se sorridere con dolcezza o cupamente – credo che tu abbia raggiunto la saggezza della mente, la saggezza della ragione. Ma non la saggezza del cuore, non ancora almeno. Non lo dico per scoraggiarti; indubbiamente tu mi riterrai saggia, ma non conosci la Galadriel che fui in gioventù.
Sicuramente tutto ciò che hai detto sul conto di tua cugina è vero, ragionevole, razionale. Pure, questo per lei non ha alcuna importanza dal momento in cui ella ha trovato l’amore; e bada bene che è rimasta sola per tutti questi lunghi anni, cosa inusuale per una degli Eldar. Forse semplicemente questo era il suo destino. Sono la madre di sua madre e, credimi, ti dico che Arwen non cambierà idea. -
Elanor annuì lentamente, sforzandosi di guardare le cose da un’altra prospettiva.
- Immagino che a questo punto l’unica cosa da fare sia accettare tutto questo, pur non condividendolo, o la rattristerò inutilmente, ché la scelta ormai è compiuta. –
- Bene – sorrise stavolta Galadriel – Vedo che ci siamo intese. –
- E seguirò anche il vostro primo consiglio: mi concentrerò su quello che posso cambiare – ripeté la Mezzelfa. – A tal proposito, benché io sia immensamente grata della sua accoglienza, dovrò partire al più presto nella giornata di domani. Il Mithlond non deve più aspettare. Non mi tormenterò più, ma debbo smuovere gli eventi. –
La Dama della Luce trattenne il fiato, poi sospirò.
- Temo che non sarà possibile. –
Elanor aggrottò le sopracciglia, confusa e preoccupata al tempo stesso.
- L’inverno e le tempeste di neve hanno ormai raggiunto il Passo Cornorosso, tua sorella avrà fatto giusto in tempo a raggiungere l’Eriador, ma per te non sarà possibile per il momento. –
La figlia di Mirdan si passò una mano sul volto, con espressione stanca ma non ancora sconfitta.
- Quanto dureranno queste tempeste? – chiese debolmente.
- Questo non saprei dirlo, nessuno può saperlo se non Manwë stesso. –
- Bene – fece Elanor, pensando che di positivo ci fosse ben poco – E se puntassi ad Imladris, mia signora? Potrei proseguire dritta verso Nord, passando per Gran Burrone, ove incontrerei mio zio Elrond. Da lì seguirei la via dell’Est, sostando a Brea e attraversando la Contea sino ai Rifugi Oscuri. –
- E’ un cammino indubbiamente più lungo e faticoso soprattutto nel raggiungere Imladris, ma l’Alto Passo è fortunatamente mantenuto aperto dai Beorniani. – constatò Galadriel.
- L’inverno del Caradhras potrebbe durare a lungo ed io non posso attendere oltre. – soggiunse pensierosa.
 
Quella stessa notte, Elanor passò presso il flet della Stella del Vespro prima di recarsi a riposare. Un po’ a malincuore si scusò per la propria reazione e durezza, avendo infine compreso che non vi era nulla che potesse fare se non offrire il suo sostegno. Dal suo canto Arwen dichiarò che le buone intenzioni della minore erano state palesi, ciononostante nulla avrebbe potuto incrinare la sua risoluzione.
- Ad ogni modo se c’è una cosa che ho sempre ammirato è una volontà ferrea ed indomita. – aveva convenuto la più giovane con un sorriso.
Il giorno seguente ella partì, dopo un cortese congedo dai Signori di Lòrien e dalla loro nipote, cui andava la sua promessa dell’assoluto silenzio nei confronti di sire Elrond circa la sua scelta di Mezzelfa. Dama Galadriel le aveva affiancato due Elfi come accompagnatori, i quali erano originari di Imladris e lì intendevano tornare.
Abbandonò la città dagli alberi d’oro in silenzio, certa che finalmente la sua strada avrebbe incrociato nuovamente quella della sorella, e allora i falsi concetti accumulatisi negli anni sarebbero stati spazzati via. Sarebbe tornata infine a casa, nella sua dimora, e il Mithlond sarebbe stato nuovamente un luogo felice.
Con queste speranze s’apprestò, il cuore gonfio d’emozione, a tornare ove la bussola del suo cuore indicava, benché sapesse che il cammino sarebbe stato più tortuoso della reale distanza che la separava dalla meta.
La Dama del Mare ed i due accompagnatori attraversarono la Valle dei Rivi Tenebrosi, sostando presso il Mirolago, per poi proseguire per parecchi giorni attraverso i Campi Iridati; frattanto Niphredil, Ithilion e Narion si sforzavano di raggiungere la Via dell’Est attraversando l’Agrifogliere e facendo attenzione a non imbattersi nelle Paludi.
Pure, mentre questi percorsi venivano ricamati sulla tela della Terra di Mezzo, altre fila erano pronte ad intrecciarsi e confondersi con essi, in modo non prevedibile.



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Mille scuse per aver aggiornato così in ritardo! Parte della colpa è imputabile sicuramente all'università, essendo stati maggio e giugno due mesi di fuoco...purtroppo però finita la sessione mi sono ritrovata del tutto stanca e priva di ispirazione! Diciamo che so come andrà la storia più avanti, ma non so ancora bene come raggiungere quel punto e quindi mi sono un po' impantanata!
Inoltre colgo l'occasione per dire che riprenderò a leggere le storie che stavo seguendo o anche di nuove ora che ne ho il tempo!

Grazie infinite a Black Moody per la sua puntuale recensione! Sono contenta che ti sia piaciuto il confronto e hai perfettamente ragione! Elanor è un po' troppo razionale e cinica, come ero io un tempo, e dovrà seguire un percorso di crescita che la porterà a trovare il giusto equilibrio. Niphredil è più tradizionalista ma non per questo meno disposta a raggiungere gli obiettivi prefissati. Naturalmente il riferimento al film che hai colto ci sta tutto :)
Ancora grazie per la recensione accurata!
Grazie anche a tutti gli altri che seguono e fatevi sentire! :) Baci a tutti

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Capitolo 8
*** Il principe, il cugino e lo zio ***


- Vieni dal mare e al mare desideri ritornare, non è così? – sussurrò Elanor a Fearil, accarezzandone la criniera dorata. – Non posso biasimarti, mia veloce amica; è quello che desidero anche io. –
Il suo sguardo spaziò per i boschetti che lambivano le pendici delle Montagne Nebbiose, individuando nella vegetazione alcuni ciliegi spogli.
-        Oh, avrei tanto desiderato qualcuno di quei frutti da alternare al lembas. – si rammaricò.
-        Ormai ci siamo quasi, Dama. L’Alto Passo e l’Ultima Casa Accogliente distano pochi giorni, tuttavia sarà la parte più pericolosa del nostro viaggio e occorrerà cautela. – fece uno degli accompagnatori.
La Mezzelfa rabbrividì, quasi rammaricandosi della sua precipitosa partenza.
-        Credo che andrò alla ricerca di qualche frutto. – fece lei, sforzandosi di apparire indifferente – La mia mente abbisogna di una piccola gratifica prima di intraprendere la parte più pericolosa del cammino – scherzò in risposta alle sopracciglia aggrottate dei due Elfi.
-        Non metteteci molto, signora. – commentò l’altro.
La dama s’inoltrò tra gli alberi, la maggior parte dei quali a malapena resisteva al freddo dell’inverno; chiazze di neve affioravano qua e là ai margini del sentiero e gli alberi sempreverdi erano pochi. Dopo alcuni minuti di cammino, udì degli zoccoli alle proprie spalle e si rese conto che i suoi compagni di viaggio la stavano raggiungendo e superando, come per controllarla, per poi attenderla sulla via principale; difatti l’Antica Via Silvana si congiungeva con la Via dell’Est proprio nell’Alto Passo.
Elanor sorrise tra sé e sé mentre le veniva gridato dietro di sbrigarsi; finalmente vide un melo che pareva rigoglioso e aiutandosi con un agile salto riuscì ad avvicinare un ramo alla terra, dal quale poté cogliere una decina di mele ben rosse.
Le lavò brevemente in un piccolo ruscello ove Fearil si stava dissetando e le ripose in una sacca sul fianco dell’animale.
Frattanto, un Elfo di bell’aspetto, dai lunghi capelli scuri e gli occhi verdazzurro s’apprestava, così come la Dama del Mare, a far ritorno alla sua dimora, dopo aver effettuato un giro d’ispezione attorno al confine ovest di Bosco Atro Nord durato svariati giorni.
Arcund figlio di Turlas figlio di Oropher era un principe del Reame Boscoso incaricato dal sovrano Thranduil di risolvere le controversie riguardanti i confini del regno. Benché la situazione ai confini fosse tranquilla, era ben rammaricato delle cattive notizie che aveva raccolto specie dai Beorniani o dai boscaioli che vivevano più a sud.
Se ne stava lì, seduto sotto una grossa quercia a raccogliere le idee e far mente locale di tutto ciò che avrebbe dovuto riferire a suo zio, con le dovute implicazioni, quando vide la fanciulla cogliere qualche frutto di cui cibarsi.
Per qualche istante osservò l’esile figura avvolta in un mantello azzurro chinata sul ruscello; la vide sollevare poi il capo con decisione, gettando all’indietro i lunghi capelli che le coprivano il volto e la vide balzare a cavallo con estrema naturalezza.
E la sua visione mai più lo abbandonò; ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, ella montò su Fearil e continuò il suo viaggio, non avendolo visto. La chiamò a gran voce:
- Eliniel ! Eliniel ! -  [figlia delle stelle]
Ma ella non lo udì, e quando Arcund ebbe ormai richiamato il proprio destriero, inoltratosi liberamente tra gli alberi, la dama era già molto lontana, essendo Fearil veloce come il vento e essendo i suoi accompagnatori intenzionati a proseguire quanto prima e rapidamente.
Ciononostante il figlio di Turlas provò ad inseguirla col suo cavallo Lagordal, che vuol dire piede veloce, ma il destino volle che non la ritrovasse. E allora se ne ritornò sull’Antica Via Silvana, diretto verso il Reame Boscoso, senza immaginare chi ella fosse.
 
- Su i cappucci! – ricordò bruscamente Narion, poggiando una mano sulla porta di legno bruno.
Ithilion, tornando dalle stalle dove avevano lasciato i cavalli, eseguì l’ordine; nel frattempo Niphredil osservava un’insegna su cui era raffigurato un piccolo destriero rampante.
- Dama Niphredil – la riprese, facendo cenno di coprirsi il capo – Capita che gli Elfi alloggino qui ma non è una cosa molto frequente. Meglio non dare troppo nell’occhio. –
La fanciulla obbedì e seguì Narion, il quale spinse con forza la porta ed entrò insieme a Ithilion.
- Sistemerò tutto io – sussurrò Ithilion per poi avviarsi verso un bancone dietro il quale sedeva l’oste, un uomo decisamente basso ed in carne di nome Anselmo Cactaceo.
- Perfetto – convenne Narion, passando un braccio attorno alle spalle di Niphredil e conducendola in una stanza dove, pur essendo l’ora abbastanza tarda, vi era ancora qualche avventore seduto al proprio tavolo.
Lo sguardo della dama indugiò sulle pareti di legno, sulle sedie rozzamente intagliate e sul cibo casereccio dal buon odore che veniva servito; la sala era riscaldata da un camino, cosa di cui, dopo un lungo viaggio invernale, fu immensamente grata.
Infine, notò una figura nell’angolo, di spalle, china sul tavolo come se stesse scrivendo qualcosa; i suoi capelli erano lunghi e lucenti, e non parevano quelli di un semplice umano, per quanto alto potesse essere.
Mentre prendevano posto ad un tavolo piuttosto in disparte, Ithilion varcò la soglia della stanza e, dopo una rapida occhiata, li individuò e li raggiunse per poi accasciarsi sulla sua sedia.
- Dopo cena ci saranno assegnate due camere, di quelle riservate alla Gente Alta; domani ad ora di pranzo riceveremo il carico di provviste richiesto e potremo ritirare i cavalli dalla stalla e ripartire. – spiegò rapidamente.
- Ben fatto. – rispose Narion.
Niphredil restò silenziosa mentre ascoltava distrattamente cosa avrebbero fatto fino alla partenza; desiderava ardentemente consumare un pasto alla svelta e assaporare il piacere di un letto dalle candide lenzuola e una camera in cui poter star sola a godersi un bagno caldo e profumato.
Pure, la sua mente non poteva far a meno di correre veloce e soffermarsi sulle visioni nello Specchio: Mìrdan, Elanor, lo sconosciuto dai capelli biondi; non ultimo tra i suoi pensieri era la strana sensazione che la avvolgeva ogniqualvolta guardava il viaggiatore intento a scrivere nell’angolo della sala.
Indossava un pesante mantello grigio, privo di ricami, fatta eccezione per un piccolo simbolo nell’angolo destro; gli occhi scuri della dama si ridussero a due fessure mentre si sforzava, inspiegabilmente di capire cosa fosse.
Sobbalzò, raddrizzando la schiena. Era lo stemma di Eärendil.
- Mia signora ho come la sensazione che non stia ascoltan… -
Ithilion si interruppe non appena Niphredil scostò la propria sedia dal tavolo, rompendo il silenzio che regnava nella stanza. I presenti le rivolsero una breve occhiata, a constatare che non stesse accadendo nulla di interessante. Dopo qualche attimo di esitazione, la dama si alzò, scostando dai piedi il mantello verde che aveva ancora addosso e si avviò verso lo sconosciuto nell’angolo.
Narion le afferrò un braccio senza neppure alzarsi, costringendola a voltarsi e fermarsi.
- Che state facendo? Questo non è uno scherzo, ma un viaggio, e non possiamo stringere amicizia con chiunque. –
Il sarcasmo nella sua voce era palese e misto a stupore.
- Non preoccupatevi, è mio cugino. – sussurrò lei – Solo non so ancora quale. –
 
Il Mezzelfo la sentì arrivare, benché i suoi passi fossero leggeri, ma non si voltò a vedere chi fosse; si limitò a far sparire in tutta fretta i propri scritti.
- Mae govannen, figlio di Elrond. Non sai che gioia provi nell’incontrarti! – esclamò Niphredil con calore.
Egli si voltò e la fanciulla seppe, grazie anche ad una piccola cicatrice sulla mano destra, che si trattava di Elladan.
- Buon Eru, Niphredil, cosa ci fai qui a Brea? – chiese esterrefatto lasciandosi abbracciare, nonostante non fosse molto avvezzo alle esternazioni di affetto.
Niphredil rimediò in fretta una sedia e si accomodò vicino a lui.
- Sono di ritorno da Lòrien, ero ospite presso Dama Galadriel – cominciò in fretta.
- Oh, ma avrai incontrato anche Arwen dunque. – constatò lui.
- Certo e ne sono ben felice, ma non è questo il punto. Ho guardato nello Specchio…e vi ho visto due cose che è bene sappia anche tu. –
Elladan sgranò gli occhi grigi che aveva ereditato dal padre, per poi ridurli a due fessure.
- Hai visto Elanor? – chiese precipitosamente.
La Dama degli Alberi annuì.
- Sappiamo che è sopravvissuta al naufragio e che è stata accolta a Dol Amroth. Ci sono buone possibilità che possa essere viva. –
Il volto del ramingo si aprì in un ampio sorriso, cosa che accadeva assai di rado da molti anni.
- Sono diretto ad Imladris, non vedo l’ora di dirlo a mio padre. Sono certo che la ritroveremo, la buona stella di Eärendil non abbandona i propri discendenti. – fece Elladan.
- Io invece sono naturalmente diretta ai Porti, onde recar la buona notizia alla mia famiglia. Tuttavia c’è dell’altro. –
Il volto allegro della fanciulla si incupì, seguito a ruota da quello del congiunto.
- Mio padre. Ho visto mio padre. –
- Tuo padre è nella sua dimora, Niphredil. Non ripartirà al fianco mio e di Elrohir prima di due lune. – la tranquillizzò.
- Questo lo so, ma l’ho visto giacere nell’erba, con una ferita al petto da cui sgorgava molto sangue! – spiegò febbrilmente – Sarebbe meglio che non partisse. –
Elladan le accarezzò una guancia col dorso della mano.
- Oh, Niphredil, devi capire che esistono molti futuri. Io non credo che a causa di questa visione tuo padre desideri, d’ora in poi, vivere in una teca di cristallo. Ciò che hai visto potrebbe non accadere mai. –
La Mezzelfa si sentì delusa dalla durezza di quelle parole e ignorò il gesto da cui erano accompagnate.
- Nella mia visione lui era solo. Fa’ che non resti da solo mai dunque e che in ogni sua missione vi siano degli accompagnatori. –
- Naturalmente – assicurò Elladan, sforzandosi di apparire meno preoccupato di quanto non fosse.
 
Erano trascorsi quattro soli dall’attimo in cui la strada di Elanor aveva incrociato quella del figlio di Turlas e finalmente il terzetto s’apprestava ad entrare nella dimora di Elrond Mezzelfo. La vallata nascosta era immersa nella notte, fatta eccezione per una miriade di piccole luci che adornavano i sentieri o facevano capolino dalle finestre dei suoi abitanti; il silenzio era rotto da un lieve suono di flauto e la luna era ancora alta, segno di una notte inoltrata ma non troppo vecchia.
Le mani di Elanor tremavano appena, mentre varcava i cancelli di Imladris al seguito dei due Elfi; questi erano stati prontamente riconosciuti dalle guardie, avendo sempre avuto dimora proprio a Gran Burrone.
La fanciulla aveva seguito gli Elfi in silenzio per gran parte del viale, ma non appena si ritrovò nel cuore del reame il suo spirito esultò e prese a correre per le stradine ed i giardini, allegra, senza attendere nessuno che la annunciasse. In fretta e con passo agile risalì la via principale e la gradinata, entrando nel palazzo ove a suo tempo aveva alloggiato; si precipitò per corridoi e gradini sino a raggiungere una porta di legno che conosceva molto bene.
Affannata, respirò profondamente, cercando di calmarsi, ma a nulla valse questo tentativo; di lì a pochi minuti avrebbe cessato di essere una sorta di fantasma, almeno in quella che considerava una seconda casa.
Batté con forza il pugno sulla superficie lignea, certa che suo zio non stesse dormendo, né del sonno mortale né del sogno elfico. In effetti, durante le sue visite a Gran Burrone aveva sempre notato quanto poco trovasse riposo.
Il Mezzelfo distolse lo sguardo dalla finestra che affacciava ad ovest nell’udire i colpi sulla porta e ne fu assai stupito, essendo l’ora molto insolita per le visite.
Elanor ripeté il gesto, del tutto impaziente. Poi sentì una chiave girare nella toppa e la porta si aprì.
Gli occhi grigi di Elrond, spalancati come non mai, indugiarono sul volto e sulle fattezze della nipote; poi un largo sorriso si fece strada sul suo viso senza età, mentre lei scoppiava a ridere e gli gettava le braccia al collo.
- Che lieto giorno quello in cui mia nipote ricompare contro ogni speranza! – fece Elrond.
- Gli eventi si sono presi il gioco di me a quanto pare! – esclamò lei – Però, ho molto da raccontare. Non ultima mi preoccupa la follia latente di Denethor; non so se sarà ancora a lungo una giusta guida per gli Uomini di Gondor. –
Le sopracciglia scure del Mezzelfo si aggrottarono.
- A questo arriveremo dopo – mormorò riprendendo a sorridere – Ora desidero che tu mi narri questi anni di esilio dal giorno del naufragio sino ad ora. La notte è ancora giovane, a meno che tu non preferisca riposare e rimandare il tutto a domani. –
- No, affatto. – mentì Elanor. Aveva in effetti un gran bisogno di riposo, ma non seppe lasciare sulle spine suo zio; sapeva inoltre quanto diventasse malinconico nel momento in cui si ritirava nella propria stanza e restava solo per tutta la notte.
- La mano di Ulmo sorregge coloro che lo amano. – mormorò lei tornando con la mente al giorno del naufragio. E cominciò a narrare di come era giunta a Dol Amroth, della sua amicizia con Finduilas ed Elràwien, del periodo trascorso a Minas Tirith, sino alla morte dell’amica e al modo in cui era stata mandata via. Raccontò del misterioso incontro con Neron e del dono che le aveva fatto; del viaggio in solitudine sino al Bosco d’Oro e del periodo ivi trascorso, incluso l’incontro con Arwen, ma senza menzionare la sua scelta.
La luna era ormai calante allorché giunse a descrivere la sua esperienza con lo Specchio di Galadriel; i suoi pensieri indugiarono sul corpo senza vita di Arwen o sulla misteriosa voce udita che quasi pareva esortarla a infrangere una tale promessa fatta da Elrond stesso. Raccontò unicamente la scena in cui aveva visto i suoi familiari nel Mithlond, spiegando che ciò l’aveva spinta ad affrettare la partenza.
Mentre udiva il resoconto, Elrond ascoltava senza profferir parola; pure, Elanor avrebbe giurato di aver visto una strana espressione nei suoi occhi quando aveva glissato nel parlare di sua cugina o nel descrivere un’unica visione nel giardino di Galadriel.
-        E’ ben raro che lo Specchio mostri un’unica scena. – disse difatti il Signore di Imladris – Probabilmente non mi hai detto tutto, questo è ciò che intuisco, ma non è mio diritto indagare oltre, a meno che ciò che mi hai taciuto non coinvolga eventi ben più grandi di te circa il destino del nostro tempo. –
Elanor scosse la testa, arrossendo. Non era mai stata brava a mentire o raccontare mezze verità, ma credeva che farlo con suo zio Elrond fosse pressoché impossibile.
Aprì debolmente la bocca, senza sapere cosa aggiungere; ma lui sorrise agitando una mano, come a voler suggerire di lasciar perdere.
-        Ho abusato dei tuoi ricordi sin troppo. – convenne. – La tua vecchia stanza è lì come l’hai lasciata, accanto a quelle di Arwen e Niphredil. Ho ragione di credere che ripartirai presto, ma permettimi di festeggiare con un banchetto una nipote che credevo perduta. –
La fanciulla sorrise ed annuì; infine prese congedo e dopo aver richiuso la porta alle sue spalle si fermò, appoggiandole al muro.
Provò una gran pena ripensando alla scelta di Arwen e all’esistenza già carica di sofferenza di Elrond. Quando era poco più di una bambina sua madre Nìsiel le aveva raccontato la vita di suo fratello, raccomandandole di non essere indelicata o poco opportuna durante le visite ad Imladris.
Il suo pensiero andò ancora una volta alla voce udita nello Specchio e, resasi conto che probabilmente anche lei gli avrebbe arrecato sofferenza, se ne rammaricò.


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Ok, un po' per affetto verso quella storia, un po' perché ci sono delle cose che ho già in mente di riutilizzare...vi informo che questa storia mostrerà delle connessioni con Il Raccondo di Elrond e Celebrìan. Connessioni più che veri e propri ritorni.
In questo capitolo appare per la prima volta il personaggio di cui si accenna in "Il mio cuore brama il mare". Ma è presto ancora per conoscerlo.
A presto!

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Capitolo 9
*** Rientro all'Ovest ***


- E’ un vero peccato doverci spostare prevalentemente al calar del sole! – commentò Niphredil guardandosi attorno. – Invero magnifica è la terra dei Mezzuomini e mi duole non ammirarla sotto la luce diurna! –
Il suo sguardo spaziò sulle verdi colline, i boschetti ed i ruscelli canterini; sulla natura incorrotta inframmezzata da spaccati di vita hobbit semplice e genuina.
-        Tra poco gli ultimi barlumi del crepuscolo svaniranno e potremo proseguire – fece Narion gettando un pezzo di lembas a Niphredil, seduta nell’erba di fronte a lui, insieme ad Ithilion.
- Godiamoci il nostro pasto in attesa che le tenebre calino su questo ridente paese – commentò quest’ultimo, portandosi il cibo alla bocca.
Consumarono la propria cena gettando occhiate ad ovest, certi di trovarsi nel bel mezzo della vegetazione, lontani dagli occhi degli Hobbit.
- Non appena gli alberi si faranno più fitti, avremo l’opportunità di avanzare anche di giorno, protetti dagli occhi indiscreti; ciononostante i nostri cavalli non saranno certo liberi di lanciarsi al galoppo. – riprese Narion.
- Sono felice di essere stata a Lòrien – sospirò Niphredil. – Ho appreso molte cose che desideravo imparare ed altre che invece non avevo previsto; dopo essere stata discepola di Dama Galadriel dovrei recarmi soltanto a Fangorn presso gli Ent e nelle profondità di Bosco Atro presso Thranduil per completare le mie conoscenze ed affinare le mie abilità.  –
Ithilion buttò un rapido sguardo alla bianca figura della Mezzelfa, un po’ sorpreso dalla sua ingenuità.
- Mia signora, ad essere franco ritengo questo desiderio difficilmente realizzabile negli anni a venire; mi accontenterei di aver conosciuto la dolce Lothlòrien. –
Narion annuì serio.
- Le ombre si allungano e i territori ad Est delle Montagne Nebbiose diventano sempre meno sicuri; sembra essere in arrivo una tempesta, anche se non nell’immediato futuro. Vedrete che a breve anche Dama Arwen lascerà la terra materna per far ritorno ad Imladris. –
L’aria fresca e umida della sera calò su di loro, quasi a voler rinfrescare i loro pensieri e rinvigorire i loro spiriti nella marcia.
- Quanto a noi, dopo un breve soggiorno presso Sire Cìrdan, credo proprio che partiremo per Valinor, lasciandoci alle spalle un destino incerto. Addio mia Lòrien, barlume di occidente nelle Terre Mortali! L’ora per noi giungerà a breve. –
Niphredil trattenne il fiato, sorpresa, fissandoli con gli occhi scuri come l’ebano, rendendosi improvvisamente conto del fatto che le genti elfiche stavano cominciando la loro fuga verso Ovest.
- Sarà un occasione per rivedere il buon vecchio Cìrdan – esclamò ora Ithilion. – Finché vi sarà lui a reggere le sorti dei Rifugi Oscuri, la via verso le Terre Immortali sarà senz’altro praticabile. Quanto a voi, dama, una volta giunti lì il nostro compito sarà terminato. Vi auguriamo comunque di poter realizzare queste vostre aspirazioni, un giorno. Pure, se conosco abbastanza Sire Cìrdan e la sua lungimiranza, molte cose dovranno cambiare in queste terre prima che possiate avere tale opportunità.-
- Tra l’altro, ho ragione di credere che da sempre il Carpentiere non ami molto i boschi ad Est delle montagne se essi non sono sicuri quanto Lòrien. – buttò lì Narion.
Niphredil aggrottò le sopracciglia, senza capire ma incuriosita.
- E perché mai? –
- Oh, per via di sua madre naturalmente – fece con noncuranza Ithilion.
Narion gli gettò un’occhiata perplessa, quasi desiderando che quelle parole non fossero state dette.
- Mio nonno non ama parlare dei propri genitori – rispose lentamente la Mezzelfa.
- E di certo non siamo noi i più adatti a discorrere dell’argomento. – tagliò corto Narion, fulminando con lo sguardo il compagno.
- So soltanto che Dama Galadwen morì nel corso della Grande Marcia, ancor prima di valicare le Montagne Nebbiose; e che Tinwë vive in Aman. – fece lei, ansiosa di saperne di più.
Il crepuscolo si tingeva sempre più del nero della notte; probabilmente da un momento all’altro uno dei due Elfi avrebbe esortato a proseguire il cammino verso il Mithlond. Ma vi era sempre stata una sorta di nebbia attorno alle figure di questi suoi avi, e Niphredil s’apprestò a riempire di idromele i boccali ormai vuoti dei suoi accompagnatori.
Ithilion ingoiò l’ultimo boccone di lembas, per poi mandar giù la bevanda, seguito da Narion.
- Come ben saprai, all’epoca della Grande Marcia i Teleri erano piuttosto divisi; alcuni decisero di restare nella Valle dell’Anduin sotto la guida di Lenwë. –
La fanciulla annuì, mentre il volto di Narion rimase impassibile.
- Già prima di prendere tale decisione, i dissidi serpeggiavano in seno ai Lindar. Tinwë, grande amico di Olwë, desiderava ardentemente proseguire la Marcia e così suo figlio Nowë, poi noto come Cìrdan. Galadwen invece era timorosa e s’attardava nei boschi, desiderosa di rimanervi. Ma anche la sua famiglia paterna premeva affinché si proseguisse con rapidità: ella era difatti sorella di Galadhon e figlia di Elmo, fratello minore di Thingol.
I seguaci di Lenwë presero ad opporsi alla fretta di Elwë e i Teleri tutti temporeggiarono in terre poco sicure, incerti sul da farsi. Cìrdan e suo padre Tinwë discussero con Galadwen, la quale era incinta e sin dal principio avrebbe preferito restare nelle note terre di Cuivienen, piuttosto che avanzare verso l’ignoto. Così, opponendosi ai suoi familiari, si schierò dalla parte di Lenwë. D’altro canto Tinwë desiderava essere in Aman al più presto per crescere il suo ultimo figlio alla luce dei Due Alberi; cosa su cui Galadwen era piuttosto scettica, preferendo crescerlo in luoghi conosciuti fino al momento in cui avrebbero ripreso la marcia essendo ormai il figlio maturo.
La discussione degenerò in lite e Galadwen si allontanò, desiderando restare sola tra i boschi. Tanto si allontanò, che fu trovata da un manipolo di orchi. –
Niphredil ascoltò il racconto, decisamente turbata dalla piega che stava prendendo e dai motivi che probabilmente avevano condotto la dama alla morte.
Fu trovata prima da Sìriel, all’epoca promessa di Cìrdan, con la quale condivideva l’amore per le terre dell’Est. Allorché le due donne furono assalite dagli orchi, sopraggiunse Cìrdan che riuscì a trarre in salvo soltanto la sua amata. Galadwen gli morì sotto gli occhi, e con essa il fratello mai nato; troppo tardi giunse Tinwë, ché la vita aveva già abbandonato la figlia di Elmo. –
Ithilion terminò il racconto nel silenzio più totale, lasciando Niphredil sgomenta e Narion rassegnato.
- Suppongo che Cìrdan non narri mai tale vicenda perché non riuscì mai ad allontanare il senso di colpa per aver, istintivamente, messo la vita di Sìriel innanzi a quelle di sua madre e suo fratello. – aggiunse Narion, tetro. – E fu probabilmente il dolore che Tinwë portò dentro per questa grave perdita e per la successiva separazione da Cìrdan che gli diede l’opportunità di divenire un vero artista, al punto da collaborare con Fëanor. -
Qualche uccello cantava in tono lugubre, essendo ormai scesa la sera e con essa l’oscurità che aspettavano.
- E’ giunto il momento di proseguire. – fece Ithilion, interrompendo il mutismo che era calato sul gruppo. Silenziosamente radunarono le proprie cose e si alzarono.
- Com’è che voi conoscete sì bene questa storia? – domandò Niphredil all’improvviso – E cosa ha a che fare Fëanor con tutto ciò? –
Ithilion si volse, come per parlare, ma Narion lo zittì alzando una mano e rispose:
- Vi fu un tempo in cui appartenemmo ai marinai di tuo nonno, ma fu prima che il mondo mutasse e prima che decidessimo di barattare il Mare per i boschi. Quanto a Fëanor, per stasera hai sentito sin troppo su queste antiche storie ed ora dobbiamo metterci in marcia. -
 
L’alba era rosea e dorata allorché, giorni dopo, Niphredil giunse a varcare i cancelli del Mithlond. Come sempre accade al termine di un viaggio, si ritrovò a pensare a tutto ciò che aveva appreso e a ciò che aveva visto dal momento in cui si era messa in cammino. Sì, era stato un viaggio intenso e foriero di nuove capacità e di notizie.
Portò Nenia alle stalle, più lentamente di quanto non fosse necessario, mentre cercava di trovare le parole giuste per ciò che doveva riferire. Non avrebbe avuto tentennamenti e sarebbe andata dritta al dunque, proprio come era solita fare sua sorella.
- C’è un solo modo per dire certe cose: dritti e concisi! –
La voce scherzosa di Elanor risuonò nella sua mente, ma non riuscì a ricordare a cosa fosse riferita. Probabilmente qualche scherzo dei tempi passati, quando erano ancora più giovani.
Questo semplice pensiero le fece capire quanto in realtà le mancasse, benché la sua assenza fosse divenuta ormai un’abitudine.
- Sei stata lesta ad apprendere gli insegnamenti di Dama Galadriel, vedo! Sono fiero di te. – esclamò Cìrdan allargando le braccia in segno di accoglienza.
Niphredil si voltò e vide l’Elfo in cima alla gradinata del proprio palazzo.
- Nonno! – esclamò andandogli incontro e lasciandosi baciare sulla fronte – In effetti è così ma ho delle grosse novità, ti prego di convocare la famiglia al più presto. –
 
Mezz’ora dopo Niphredil si ritrovò in una stanza chiusa con Cìrdan, Sìriel, Mìrdan e Nìsiel.
Raccontò della visione su suo padre senza sollevare lo sguardo, gli occhi fissi a terra.
Mìrdan restò con gli occhi sbarrati, ascoltando distrattamente Nìsiel e Sìriel che lo pregavano di non ripartire; Cìrdan restò invece in silenzio, cercando di scrutare quanto lontano o vicino questo pericolo potesse essere.
Passarono molti minuti in cui a Niphredil fu chiesto e richiesto di raccontare il tutto, finché Cìrdan non intervenne.
- Quest’ombra è ancora lontana, se mai tale futuro dovesse essere il prescelto tra i tanti futuri possibili – sentenziò infine.
Nonostante tale effimera rassicurazione, l’atmosfera si era fatta, a ragione, alquanto sgradevole.
- C’è anche una notizia confortante. – soggiunse la fanciulla.
I tre familiari si volsero verso di lei, quasi chiedendosi che buona novella potesse esserci dopo una rivelazione del genere.
- Ho visto Elanor nello Specchio ed è sopravvissuta al naufragio. –
 
Era invece da poco calato il sole e il cielo serbava gli ultimi riverberi scarlatti quando Elanor giunse ai confini del Mithlond e scrutò il Mare all’orizzonte.
Ogni fibra del suo essere era in trepidazione e gli occhi le si riempivano di lacrime di gioia nell’osservare che dopo questi anni nulla nel paesaggio era cambiato.
Il sole era calato una ventina di volte da quando aveva lasciato Gran Burrone, non dimentica dell’affetto ivi ricevuto; i suoi accompagnatori erano cambiati, si trattava infatti di altri due Eldar diretti a Valinor.
Nella penombra del crepuscolo, Cìrdan vide dalla sua torre lo scintillio della cappa azzurra e oro della Mezzelfa e se ne rallegrò. In quell'ora giunse Elanor figlia di Mìrdan del Lignaggio di Eärendil e quando superò gli argentei cancelli i Falathrim rimasero strabiliati, quasi credessero si trattasse di uno spirito proveniente da Mandos. Pure, ciò non fu del tutto vero per i suoi familiari, ché trovarono finalmente compimento al racconto di Niphredil appena dieci giorni prima.
Ineffabile, impossibile a dirsi fu la gioia provata in quel frangente da Cìrdan, Mìrdan e le loro spose; e fu tutto un susseguirsi di abbracci e parole di felicità mista a stupore.
- Sell nìn, sell nìn – ripeteva Nìsiel fuori di sé ormai dalla contentezza.
- E’ lei! E’ Dama Elanor! – vociavano gli Elfi qua e là.
Infine, mentre la Mezzelfa stava godendosi il calore di Sìriel, Nìsiel, Mìrdan e Cìrdan, giunse infine Niphredil, ché ella stava trascorrendo il crepuscolo lontana da lì, in uno dei pochi boschi del Mithlond, ai piedi d'un albero come era solita fare ogni sera, quando lasciava che la sua mente indagasse indietro tra i ricordi.
Pure, la buona nuova non aveva esitato a raggiungerla e si era precipitata ai cancelli dei Porti cavalcando Nenia veloce come il vento.
Elanor si guardava attorno, emozionata e confusa, cercandola con lo sguardo; la moltitudine di occhi puntati su di lei e le miriadi di voci non facevano altro che disorientarla e rendere le sue percezioni ovattate.
Il rumore di zoccoli al galoppo fece sì che molti si scansassero dalla strada principale, consentendo finalmente ad Elanor di scorgere sua sorella in sella ad una bianca giumenta, avvolta in vesti chiare e mantello verde.
Con un balzo fu a terra e corsero l’una incontro all’altra sino a stringersi in un lungo abbraccio.
- Sapevo che lo Specchio non mentiva! Ti ho visto giungere a Dol Amroth! – esclamò felice la bruna.
- Beh, sono stata fortunata. – rispose l’altra – O forse no. – continuò sovrappensiero.
Non poteva far a meno di ripensare al modo rocambolesco con cui era stata risparmiata; a quei momenti drammatici in cui aveva creduto di non farcela e poi al risveglio sulla spiaggia; l’illusione di aver perduto tutto e la scoperta che era stato soltanto un incubo: voleva capirne il senso, sentiva che qualcosa le sfuggiva.
Pure, questi dubbi per il momento potevano aspettare, tale era la serenità di quel momento in cui le gemelle si erano ricongiunte; erano certamente diverse tra loro, ma sin da prima che nascessero i fili delle loro esistenze si erano intrecciati in maniera indissolubile.
- Mi dispiace – disse Elanor sorridendo tra le lacrime.
Gradualmente la folla di Falathrim si ridusse; chi si recava a casa onde portar la nuova notizia, chi semplicemente aveva compreso che quel momento dovesse, almeno per ora, appartenere a pochi, fatto sta che finalmente rimase soltanto la famiglia di Cìrdan. Questi ordinò ai suoi collaboratori che fosse preparato un banchetto entro un paio d’ore per festeggiare il lieto evento e frattanto si ritirò in privato con i suoi congiunti.
Ivi fu naturalmente chiesto ad Elanor che ne era stato di lei dopo il naufragio, ed ella raccontò tutto per la seconda volta, ma la sua voce s’incrinò sul finire.
- Mai dimenticherò la mia amica Finduilas, fanciulla dal cuore sincero, che fu strappata dal suo mare. Ahimè come la comprendevo. Ma ella sarà sempre viva nel mio ricordo. Né dimenticherò i suoi figli. - 
- Avremo tempo per discorrere ancora – intervenne Niphredil poggiandole una mano sulla spalle in segno di conforto– Ora i festeggiamenti non possono attendere. – sorrise.

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