Richiamo Di Sangue

di Tinotina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Settembre 1979 ***
Capitolo 2: *** 2.Pazzia ***
Capitolo 3: *** 3.Come Ali Di Corvo ***
Capitolo 4: *** 4.Senza Una Figlia ***
Capitolo 5: *** 5.Malfoy Manor ***
Capitolo 6: *** 6.Segni di Tortura ***
Capitolo 7: *** 7.Fin Sotto Le Fondamenta ***
Capitolo 8: *** 8.La Cosa Più Giusta ***
Capitolo 9: *** 9.Punti Interrogativi ***
Capitolo 10: *** 10.Il Signore Oscuro ***
Capitolo 11: *** 11.Al Piano Di Sotto ***
Capitolo 12: *** 12.Parlami ***
Capitolo 13: *** 13.Diritto Di Nascita ***
Capitolo 14: *** 14.Sacrificio ***
Capitolo 15: *** 15.Mai Più Codardo ***
Capitolo 16: *** 16.Morirai... ***
Capitolo 17: *** 17.L'Ultimo Horcrux ***
Capitolo 18: *** 18.Dolore.Lacrime.Sangue.Silenzio. ***
Capitolo 19: *** 19.Hogwarts ***
Capitolo 20: *** 20.Tu Sei Re ***
Capitolo 21: *** 21.Come Salvare Una Vita ***



Capitolo 1
*** 1.Settembre 1979 ***


1.Settembre 1979
 

 
Di Bellatrix Black si potevano dire innumerevoli cose.
Alcune vere, la maggior parte false; ma in ogni caso lei restava la più chiacchierata tra tutte le streghe che era solita frequentare.
Era sempre stata una bella donna dai ribelli ricci neri come l'inchiostro e con due occhi penetranti; tuttavia ciò che ammaliava gli uomini era il suo temperamento forte, determinato, potente, folle, indomabile.
Era quest'ultimo aggettivo forse a dover essere rimesso in discussione, poiché tra tutti gli uomini che avevano cercato di plagiarla e spezzarla, alla fine aveva ceduto.
Aveva ceduto a quegli occhi rossi come il sangue che erano gli unici, nell'intero mondo magico, a farla tremare; e lei non tremava mai, non mostrava mai il suo terrore, chiunque fosse l'osservatore. Mai.
Eppure ... eppure davanti a quegli occhi era crollata.
Sciolta come pozione al sole.
Ricordava con chiarezza tutto quello che era successo mesi prima, per l'esattezza nove mesi prima, e tutte le decisioni che avrebbero seguito quell'assurdo, folle gesto di pura passione.
Folle e sconsiderato come lei.
 
 
Era inginocchiata di fronte a un mago dalla scura veste. Un brivido correva lungo la colonna vertebrale. Un brivido di puro piacere. Puro come il sangue che le scorreva nelle vene.
Era eccitata.
Aveva atteso questo giorno da tanto tempo.
Era il giorno in cui sarebbe stata finalmente insieme a Lui e non solo, l'avrebbe aiutato e sostenuto nella sua impresa, avrebbe fatto tutto per Lui, perché Lui era tutto per lei.
Giurargli fedeltà e obbedienza nella vita e nella morte era stato di quanto più appagante avesse fatto negli ultimi anni della sua vita; e quando Lui pronunciò l'incanto che la rese a tutti gli effetti una di loro, lei non urlò per il dolore causatole – come fuoco sulla carne viva – bensì sorrise.
Sorrise lasciandosi sfuggire una sola lacrima prima di svenire.
- Finalmente sono una Mangiamorte - l'ultimo pensiero logico nella sua mente.
 
 
Ricordava anche dove si era risvegliata, dopo ore. L'avevano portata in una bellissima camera dall'arredamento regale. Una stanza i cui toni di colore erano esclusivamente il verde e l'argento, tinte che potevano apparire fredde e neutre ma che per lei rappresentavano un'unica cosa : casa.
 
 
Aveva impiegato un po' di tempo per vedere l'ambiente intorno a se in modo più nitido.
Dapprima tutto era sfuocato, poi vedeva semplicemente doppio fino a che tutti i contorni non tornarono alla normalità.
Solo che non riconosceva nulla di suo in quella stanza.
La sua intelligenza, per nulla scarsa, la portarono ad un'unica soluzione possibile: non era nella sua camera; era ovvio.
<< Finalmente Bellatrix Black. Iniziavo a cambiare idea su di te >>
Si voltò verso la voce che aveva appena parlato. Il cuore accelerò impetuosamente quando vide che apparteneva all'uomo dai tormentati occhi color rubino.
Lord Voldemort.
<< Mio Signore, non penso che lei debba ricredersi. Lei non sbaglia, mai. >>
La strega aveva deciso di non lasciarsi intimidire.
Era forte, era orgogliosa, lei.
E a quella risposta insolente lui … lui la guardò come mai aveva fatto.
Iniziò a bramarla con gli occhi così tanto che si poteva scorgere l'iride in fiamme.
<< Bene. Molto bene. A quanto pare hai proprio ragione. Non ho bisogno di cambiare idea … veramente bene. Sono estasiato, Bellatrix. Dico davvero >>
Ed ecco che, con le movenze di un serpente, si avvicinava strisciando ad ogni parola, ad ogni sussurro.
<< Su cosa non dovete cambiare idea, se posso chiedere >>
E per la prima volta, da che lo conosceva, lo vide ridere.
Rideva di scherno, con la sua risata ferrosa e fredda.
<< Bella, Bella >> la chiamò mentre si sedeva sul letto, al suo fianco << Stavo pensando di fare sesso con te >>
 
 
Oh quel tono … quel tono di voce che ancora la tormenta e la tiene sveglia la notte, impossibile da dimenticare. Così suadente. La faceva sentire sporca di lussuria, ma con in mano un potere immenso. Era lei la causa di quell'eccitazione nella voce e questo le piaceva.; le piaceva da impazzire.
Ancora oggi dopo nove mesi ricorda tutto alla perfezione, ogni gesto, ogni suono, ogni sapore ...
 
 
<< Il mio Signore sarà così magnanimo da dirmi perché tra tante donne più affascinanti abbia scelto proprio me, poiché io non ne comprendo la ragione >>
<< Cosa c'è Bellatrix Black? Mi ritieni così stolto nel prendere decisioni? >>
<< No, mio Signore. Io mai insinuerò una cosa tanto ignobile nei vostri confronti. Non mi ha mai neanche accarezzato il pensiero. Non pensate che non ne sia onorata >>
<< Allora non vedo il motivo della tua reticenza nei miei riguardi, Bellatrix Black >>
<< Mio Signore, lei lo sa che presto sarà moglie di Rodolphus Lestrange … se non fosse io … >>
<< Tu cosa, sciocca? Credi forse che a me importa qualcosa di un insulso legame che d'altronde ancora neanche c'è! Ti ricordo che mi hai giurato fedeltà e obbedienza poche ore fa, Bellatrix Black. Vale cosi poco per te un giuramento? >>
<< No! MAI! Io sono fiera e orgogliosa di quello che sono, Mio Signore, e lo sa che farei qualunque cosa... >>
Ma Lord Voldemort non la lasciò neanche finire di parlare, di elogiarlo.
Semplicemente la baciò. La baciò e le fece capire che aveva accettato le scuse, e che ora potevano fare tutto ciò che volevano, che voleva, con lei.
<< Sai di pericolo Bellatrix Black >> sussurrò suadente quando interruppe per un attimo il contatto tra le loro labbra.
Lei, a quell'adulazione non arrossì, non indietreggiò.
Lo guardò fiera, come se avesse appena detto ciò che già tutti sapevano.
Lei era pericolosa.
Lei sapeva di pericolo.
Lei era pericolo.
Per dimostrare questo avvicinò il suo volto a quello diafano del suo Signore, e lo morse.
Lo morse forte e lo sentì ridere sotto i suoi denti.
Forse aspettava questo momento. L'attimo in cui la scintilla di passione del suo carattere uscisse fuori e cominciasse ad essere attiva su di lui.
E da quel morso partì la furia di due anime impetuose e indomite.
Fu un attimo; un secondo e, mentre prima erano composti seduti all'estremità del letto, ora stavano rotolando tra le coperte di quel morbido materasso, pronti a godersi ogni gemito e urlo di piacere.
Continuarono così a lungo. Esploravano il corpo estraneo, baciando, leccando e graffiando quanta più pelle arrivavano a toccare, fino a che di due non decisero di farne uno.
Quando ebbero finito, il Lord Oscuro si alzò da quel letto caldo, da quel corpo caldo, si rivestì e le disse, in ultimo saluto: << Solo questo, Bellatrix Black >>
 
 
Solo questo. Solo questo.
Quante notti si era ripetuta che era stato solo questo.
Solo questo. Solo questo.
Quante notti, dopo che aveva scoperto che quel ritardo mestruale non era un semplice ritardo, aveva pianto su quel cuscino sapendo che per Lui era stato solo questo.
Solo questo. Solo questo.
Quante notti passate a riflettere se fosse il caso di una soluzione più semplice e drastica per affrontare quest'inconveniente. Inconveniente di cui Lui non ne era neanche a conoscenza. Per Lui era stato solo questo. Non voleva altro.
Solo questo. Solo questo.
Le sentiva ancora rimbombare dentro la testa quelle parole. Se le avesse seguite; se anche per lei fosse stato solo questo, probabilmente ora non avrebbe quel fagottino rosa tra le mani.
Bellatrix Black infatti aveva deciso di tenere per sé il problema, aspettare i nove mesi lontano da tutti, come se fosse in missione per Lui; mentre invece era nascosta in un Maniero della famiglia.
Voleva dimostrare che anche lei, per una volta, poteva essere umana, poteva permettersi di provare emozioni, poteva permettersi di avere una figlia.
Ed ora l'aveva.
Una bellissima bambina che la guardava sorridente, come per ringraziarla di averla fatta nascere.
Bellatrix ricambiò il sorriso, l'unico che avrebbe mai potuto darle, perché non avrebbe potuto crescerla, poiché nessuno sapeva di lei.
<< Kreacher! >> urlò la strega.
Un attimo dopo un esserino verde con enormi orecchie da pipistrello e due occhi verdi e sporgenti, grandi come palle da tennis e vestito di stracci fece la sua comparsa.
<< Si, padrona >> chiese umile.
<< Prepara un pugnale, e una cesta con un lenzuolo e delle garze. Veloce! Guai a te se non ritorni in meno di due secondi >>
La creaturina sparì e riappari poco dopo, con tutto ciò che gli era stato ordinato.
La strega lo guardò con sufficienza, prese l'arma e poi rivolse le sue attenzioni verso la piccola.
Non poteva rischiare … non poteva.
La volse a pancia in giù, e delicatamente, con la punta del pugnale incise un segno indelebile sulla neonata. Una linea, da spalla a spalla.
Una linea che, lo sperava, l'avrebbe ricondotta da lei.
Non poteva rischiare di perderla.
La bambina iniziò a piangere per la ferita appena subita.
La strega, d'altro canto, non provò più a toccarla. Si scostò da lei con il pugnale sporco di sangue e impartì l'ultimo ordine.
<< Kreacher, vedi di guarirla. Fasciala, e incestala. Poi portala dove sarà al sicuro e all'oscuro da tutto. Non voglio più vederla. In quanto a te, la tua testa farà parte della nostra collezione privata se solo oserai parlare con qualcuno di questo >>
Poi, silenziosa come la notte, lasciò la camera.

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Capitolo 2
*** 2.Pazzia ***


2.Pazzia
 


Esistono persone che provano un piacere sottile nel vedere la sofferenza altrui, nel causare la sofferenza altrui.
Un piacere cosi intenso che è secondo solo alle gioie del sesso.
Più forte è il dolore inflitto, più forte il piacere irradiato nelle membra.
E alla fine si pretende di più, di più, sempre di più, sempre più male, sempre più dolore perché è con il dolore che si riesce a sopravvivere.
E quelle urla di disperazione, di pietà, che a molti straziano l'anima, diventano vitali. Sono riuscite ad entrarti dentro, nella pelle, e ormai ne sei rimasto ammaliato; come fossero le movenze di un serpente incantatore.
Bellatrix, Lestrange da poche settimane ormai, era un'esperta conoscitrice di questo.
Lei si drogava del dolore che infliggeva a quei maghi e streghe sventurati che si imbattevano nel suo cammino.
Anche ora si stava beando delle grida che uscivano dalla bocca di quei due patetici traditori del loro sangue.
Com'è che si chiamavano? Ah si, Paciock.
Stupidi e traditori, i Paciock.
Meritano tutto quello che stanno ricevendo. Si, lo meritano.
Lo meritano perché è colpa loro se Lord Voldemort è scomparso; loro e di quell'Ordine della Fenice creato da quel babbanofilo di Silente.
E' colpa loro ... colpa loro ... solo loro … e la pagheranno, oh si, pagheranno. A cominciare da questi due.
<< Crucio >> disse puntando la bacchetta verso i due uomini ormai stremati.
<< Crucio! Crucio! Crucio! >> continuò senza sosta.
Li voleva vedere morti. Morti dal dolore; così come lei continuava a morire da mesi ormai.
Avevano impiegato del tempo dalla fine di ottobre per venire a capo della tragedia che aveva colpito l'intero gruppo dei Mangiamorte; il Marchio Nero, simbolo della forza di Lord Voldemort, che tutti i Mangiamorte avevano sul braccio, aveva perso il suo colore ed ora era una testimonianza sbiadita del loro antico potere.
Al termine di numerose riunioni avevano stabilito che i maghi dovevano pagare per ciò che era successo.
Pagare col sangue.
E sarebbero stati i primi, i Paciock.
La tortura continuò a lungo e sempre più forte.
Moglie e marito ormai non riuscivano più a respirare, tanto il dolore nelle ossa.
Avevano smesso perfino di chiedere pietà, che in ogni caso non sarebbe mai arrivata.
Piangevano e ridevano insieme.
Pazzi. Solo dei pazzi potevano ridere di fronte a tanto male.
Ma in fondo, loro sapevano che era la fine. Sarebbero morti.
Morti e non sarebbero ritornati mai più.
Non avrebbero più avuto momenti di tempo per stare insieme, questo era l’ultimo.
Non avrebbero più avuto quei litigi e urla che caratterizzano un matrimonio, queste, per giunta di dolore, erano le ultime.
Non avrebbero più potuto crescere il loro unico figlio; il loro piccolo Neville, questo sarebbe stato il loro ultimo momento come una vera famiglia.
E di fronte a tutto questo continuavano a ridere.
Ridevano così forte da far imbestialire la loro aguzzina, che voleva sentire implorare.
<< Crucio >>
Bellatrix lanciò ancora l’incantesimo. Lo scagliò così forte che la luce rossa della maledizione sembrò prendere vita.
<< Bella >> disse una voce annoiata , abbassando la bacchetta della strega << basta così >>
<< Non ho ancora finito >> fece notare lei, disgustata  dal fatto che quegli esseri infimi e indegni respiravano ancora.
<< Non possono parlare se sono morti, Bella. >> spiegò come se fosse ovvio. << Inoltre, le loro urla sono state troppo forti. Sei stata avventata Bella. Dobbiamo andarcene. Subito. >>
Bellatrix si voltò verso verso quel mago che è divenuto suo marito; gli occhi fuori dalle orbite per l'ordine appena emanato.
Rodolphus Lestrange era un uomo dall'aspetto longilineo con occhi e capelli scuri tanto quanto quelli della moglie. Erano una coppia perfetta. Entrambi potenti. Entrambi crudeli. Entrambi avevano accettato di sposarsi per continuare a rendere onore a quel sangue che gli scorreva nelle vene. Più puro dell'oro zecchino.
Rodolphus conservava in se quell'eleganza e quel modo di fare glaciale che lo rendevano un soldato e un Mangiamorte perfetto.  Era l'unico all'interno dell'esercito oscuro che, dalla scomparsa di Lord Voldemort, poteva concedersi il lusso di prevalere sugli altri.
Su tutti gli altri.
Compresa la moglie. Quella donna che tutti temevano e rispettavano per il suo carattere fuori dal comune. Una donna che aveva una pessima fama, in quanto considerata pericolosa da tutti i punti di vista, in special modo quello fisico. Sapeva creare del dolore così forte da rendere le pene dell'inferno una delicatezza, al confronto.
Sai di pericolo Bellatrix Black.
Oh si. Lei era pericolo; e questo le piaceva. Le piaceva enormemente.
E per il fatto che lei sapeva cogliere quel gusto particolare insito nella tortura, che altri, stolti, non riuscivano a comprendere, era considerata una squilibrata.
Pazza. Completamente svampita.
Ma lei era del tutto indifferente alle occhiate storte che riceveva.
- È perfettamente normale – pensava – Loro, con le loro scialbe aspirazioni, non riescono a capire la mia grandezza, e l'unica maniera in cui pensano di poter ottenere su di me una qualche tipo di rivincita, è quella di gettarmi addosso del lurido fango. Ma non cederò. Mostrerò a tutti chi è Bellatrix e quanto vale il sangue Black che mi scorre dentro. Lo farò per me, per Lui, perlei. -
<< Non voglio fuggire. Io sono fedele all'Oscuro. Sono sicura che questi sanno qualcosa; sono degli Auror. Parleranno. >>
Rodolphus scosse la testa. << Non abbiamo tempo. Ritorneremo Bella; te lo prometto >>
Solo alla luce di quel giuramento Bellatrix acconsentì a partire. Affiancò il marito pronta per smaterializzarsi.
Ma qualcosa non impedì loro la fuga. Una barriera magica.
-Qualcosa non va – rifletterono immediatamente.
Presero mano alla bacchetta e, come previsto, in pochi secondi si ritrovarono accerchiati.
Erano gli Auror; i paladini della legge.
Eccoli pronti alla carica non appena il Signore Oscuro è scomparso. Vigliacchi! Maghi senza onore!
Appena Bellatrix li vide, con le loro uniformi scure e le bacchette sguainate, rise di scherno e sputò per terra.
Per terra, il gradino più basso della gerarchia. Non erano niente più che terra su cui poter sputare.
In terra, dove avrebbero gettato i loro corpi al termine di tutto.
Erano polvere, e lei non avrebbe fatto altro che riportarli all'origine.
I presenti non si lasciarono intimidire dal gesto, bensì non attesero un secondo di più prima di attaccare.
<< Avada Kedavra >> urlarono in contemporanea.
Bellatrix, per nulla sorpresa da quella mossa così grossolana e prevedibile, parò gli incantesimi e rise ancor di più.
<< Piccini, piccini. Poveri piccoli Auror. Adesso che mamma e papà vi hanno dato il permesso, giocate con le magie da grandi? >>
Il suo tono era forte; accusatorio e beffardo. Alla sua insinuazione Rodolphus e Barty Crouch Jr., l'altro Mangiamorte presente a quella missione, risero con lei.
Gli Auror invece, offesi da quella calunnia, vollero mostrare a quella strega di che pasta fossero fatti.
Uno, in particolare, ancora giovane, ancora di animo focoso, arrivò alle spalle della strega.
Tentò di lanciarle la Maledizione della Tortura, inutilmente. Fu fermato dalla stessa Bellatrix che, accortasi di quel giovane mago così tanto ingenuo, l'aveva abilmente schiantato.
Lo guardò steso al suolo. Povero piccolo stupido Auror.
<< Se vuoi far del male, non puoi nasconderti e attaccare di spalle. Devi volerlo. Devi voler far male con tutto te stesso >> spiegò pratica << in questo modo … Crucio!>>
Il ragazzo urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Urlò cosi forte che coprì le risa di soddisfazione di Bellatrix.
Risa che la seguirono fino alla fine. Fino alla cattura.
La battaglia che si svolse in casa Paciock infatti, non fu vinta dai tre Mangiamorte che in inferiorità numerica, furono sopraffatti.
Schiantati e incatenati poi, gli Auror si smaterializzarono al Ministero della Magia.
 

***


Quando i tre riaprirono gli occhi avevano di fronte l'intero Wizengamot al completo.
<< Bella sei sicura che ci hanno condotto nella stanza giusta? Io qui non vedo maghi >>
Rodolphus parlò per primo. Le sue parole avevano un che di tagliente, eppure non aveva censurato o accresciuto i propri pensieri.
Semplicemente li aveva espressi con tranquillità. Per lui, quelli non erano maghi. Non si poteva dargli quel titolo che spettava solo a loro, ai Purosangue.
Per lui, quelli che stavano seduti li di fronte, erano poco più accettabili dei babbani stessi.
Bellatrix alzò lo sguardo fiera verso il marito e pronta continuò quell'attacco verbale all'onore di quei maghi sudici.
<< Io vedo quel che vedi tu, marito mio. Nulla più che patetici ometti. Mi dà il voltastomaco solo il fatto che respirino la nostra stessa aria. Sono solo feccia.>>
A quell'insinuazione, neanche troppo aggressiva per gli standard dei Mangiamorte, molti dei presenti rimasero senza parole, molti rimasero indignati per l'affronto verso il loro essere maghi; solo il Capo degli Auror, colui che aveva ordinato l'arresto, mantenne i nervi saldi e rispose alle dure parole.
<< Non penso che sarà un tuo problema ancora a lungo, lurida Mangiamorte. Ti dovrei preoccupare se avrai dell'aria da respirare, nel prossimo futuro. >>
La sua voce era pratica, cosi come lo erano tutte le cose che lo circondavano; dal lavoro al mantenimento della famiglia. La sua vita era ordinaria sotto tutti i punti di vista.
<< Siamo pronti per cominciare? >> chiese.
Il Ministro della Magia acconsentì e iniziò ad enunciare i vari motivi del processo in corso.
<< Barty Crouch Jr., Rodolphus e Bellatrix Lestrange siete stati condotti davanti a questo tribunale con l'accusa di attività di Mangiamorte, utilizzo di maledizioni senza perdono, utilizzo della maledizione Cruciatus sui coniugi Paciock, aggressione al Signor Dawlish con la maledizione Cruciatus ad opera della signora Lestrange, come vi dichiarate? >>
Anche se aveva posto la domanda, tutti sapevano che la risposta sarebbe stata inutile. La questione era stata posta solo per facciata. Per dimostrare la correttezza del processo.
La decisione era giù stata presa: Colpevoli.
Sarebbe potuto venire anche Merlino in persona. Nulla avrebbe potuto risparmiare loro la condanna ad Azkaban per il resto della vita.
I Mangiamorte non risposero. Barty Crouch Jr. guardò il Ministro con aria annoiata; Bellatrix inclinò la testa verso quegli uomini e rise; Rodolphus invece disse : << Abbiamo servito il Signore Oscuro con fedeltà. La mia anima nera è innocente >>
L’affermazione  scatenò lo scompiglio generale. Brusii e commenti sussurrati si levarono nell’aula; taciuti solamente quando prese di nuovo la parola il Capo degli Auror.
<< Voldemort è morto. State servendo un uomo morto. Non avete più nulla! Ringraziate di poter respirare ancora e di avercela, quell’anima nera che tanto sonoramente sbandierate di fronte a questa commissione. Fosse dipeso da me, non avrei dubbi … il Bacio sarebbe la punizione adeguata. A cominciare da te, strega. >>
Alla minaccia si susseguirono diverse reazioni.
Gli Auror guardarono il loro portavoce con profonda ammirazione; Bellatrix sputò a terra;  Barty Crouch Jr. digrignò i denti; ma l'effetto più aggressivo l'ebbe Rodolphus.
Irato per il modo con cui essi si sono rivolti alla moglie e, peggio ancora, al loro Signore, cercò di alzarsi in piedi, dimenticandosi per un istante che non solo era legato ma che gli avevano anche confiscato la bacchetta.
Si agitò per alcuni istanti facendo tintinnare convulsamente le catene che lo stavano imprigionando. Solo quando, dopo una manciata di minuti, si calmò, disse << Il Signore Oscuro è vivo. Voi siete morti. Ricordate queste parole: il Marchio Nero ritornerà a brillare e voi tutti diverrete polvere >>
Tutti tremarono, tutti si spaventarono, ma alla fine la decisione unanime fu la condanna all’ergastolo all’interno del carcere di massima sicurezza.
Scelti degli Auror; furono scortati all’interno di quella prigione dove nessuno era ancora riuscito a fuggire, dove si levavano solo grida di terrore e implorazioni di pietà verso i carcerieri sordi.
Quando si ritrovarono davanti al portone d’ingresso, Barty Crouch Jr. tremò appena, Rodolphus guardò fisso in avanti, come per poter vedere oltre; solo la risata di Bellatrix squarciò l’aria. 

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Capitolo 3
*** 3.Come Ali Di Corvo ***


3.Come Ali Di Corvo

 
Kreacher aveva ricevuto un ordine.
Kreacher doveva portare la bambina di padrona Bellatrix al sicuro.
Kreacher avrebbe fatto il suo dovere.
E Kreacher conosceva solo un posto dove la bambina sarebbe stata sicuramente accolta e protetta nel migliore dei modi. Un posto rispettato da tutti i maghi.
Così, presa la cesta contenente la piccola fasciata e dormiente, si smaterializzò con un sonoro “Puff”.
Riapparirono poco dopo ai margini di un antico castello le cui torri altissime e le mura imponenti potevano suscitare sentimenti di inadeguatezza a tutti coloro che non erano invitati ad entrare.
Il castello trasudava magia; antica e recente, grazie alle generazioni di maghi che, ciclo dopo ciclo, erano state accolte ed educate da quelle mura .
Si, quella era Hogwarts.
Il luogo in cui nessuno veniva abbandonato.
Il luogo abbastanza degno di ospitare la piccola Black.
Kreacher non temeva quelle pietre, no. E non le avrebbe temute neanche in seguito.
Aveva ricevuto un ordine; e lo doveva portare a termine.
Al sicuro, al sicuro. Doveva portarla al sicuro.
Entrò senza fatica all’interno, superando quegli incantesimi di protezione che quei maghi compivano per proteggersi dai propri simili, ma che non impedivano l’accesso a lui, che possedeva un altro tipo di magia.
La notte nel frattempo si era impadronita di ogni angolo, inglobato ogni luce, zittito ogni suono.
Regnava incontrastata nell’aria che, ubbidiente, prese a scorrere lenta e gelida mentre la Luna, unico faro in quell’oscurità, illuminava la Terra e impotente si mise ad osservare, come faceva fin dalla notte dei tempi.
Kreacher ora camminava leggero su un pavimento marmoreo. La cesta volava appresso a lui sorretta da un banalissimo incantesimo di levitazione, e ondeggiando qua e là mantenne stabile il sonno della bambina che stava lì sdraiata.
I quadri alle pareti non fecero caso all’esserino che vagava nel corridoio, i fantasmi non udirono niente che potesse indurli ad accorrere; il nulla sembrava il padrone assoluto.
Avanzò veloce in quel luogo di scale e intrecci fino a che non arrivò davanti a un maestoso gargoyle.
L’elfo provò ad attraversare quel passaggio che, tutti sapevano, portava all’interno dell’ufficio del Preside della scuola; carica attualmente occupata da Albus Silente.
Tentò varie volte di entrare, ma il custode del passaggio non volle sentir ragioni: non si entra senza parola d’ordine.
Kreacher un primo attimo si smarrì – come avrebbe fatto ora a portare la piccola al sicuro? Oh, la padrona Bellatrix si sarebbe arrabbiata, sicuro, sicuro. Ma Kreacher era stato bravo- lui l’aveva portata a Hogwarts – la padrona non punirà Kreacher per questo; la bambina era al sicuro. Padrona Bellatrix capirà che la bambina è al sicuro e non punirà Kreacher. Si, si, andrà così. Padrona Bellatrix capirà … - dopodiché decise di lasciare la cesta ai piedi della statua.
Non è che Kreacher non nutrisse in se una coscienza, ma proprio non riusciva a comprendere la gravità dell’azione che aveva appena compiuto.
Lasciare lì la bambina, in balia di se stessa, non era per lui una cosa cosi grave.
Lui aveva semplicemente obbedito agli ordini: la bambina, all’interno delle mura, era al sicuro e ciò era quel che doveva fare.
Fece per andarsene quando la piccola si destò un momento, scalciando quel lenzuolo che la riparava dal freddo.
Aprì i suoi grandi occhi di bimba e sorrise a quegli occhi verdi di elfo. Con le sue piccole manine cercò di afferrare quelle enormi orecchie per stringerle a se, mentre Kreacher, impaurito da quel piccolo gesto di vicinanza, si allontanò terrorizzato.
No, no. La bambina appartiene a padrona Bellatrix; Kreacher non può toccare la bambina.
La piccola, visto l’allontanarsi dell’elfo, si spaventò anch’essa.
In fondo, cosa aveva chiesto, se non un minuscolo abbraccio?
Aveva fatto qualcosa di male e per questo non lo meritava?
Tutto ciò, nella mente della neonata, portava a una sola conseguenza inevitabile.
Piano piano, più forte, sempre più forte, iniziò a piangere.
Quel gridare il bisogno disperato di una piccola carezza, ad un ritmo sempre più sostenuto, svegliò l’intero castello.
I quadri iniziarono a lamentarsi e a dibattersi chiedendo silenzio; i fantasmi che non avevano bisogno di sonno, iniziarono ad affrettarsi per raggiungere il luogo, parlottando tra loro : in quella notte era sicuramente accaduto qualcosa di insolito.
L’elfo si impaurì: aveva fatto piangere la figlia di padrona Bellatrix! Si sarebbe punito duramente! Si, si. Aveva sbagliato e si sarebbe punito.
Dopo un’ultima occhiata alla bambina, si smaterializzò in direzione del maniero in cui alloggiava padrona Bellatrix e dove poi si sarebbe chiuso le sue grandi orecchie nel forno caldo.
 

 
Tutto quel chiasso portò Albus Silente e Minerva McGranitt, preside e vice-preside della scuola ad accorrere davanti al gargoyle.
Quel che trovarono, li lasciarono sbigottiti : una bambina, chiusa in una cesta ormai logora, piangeva disperata circondata da vari fantasmi; i quali, non volendosi perdere l’avvenimento, erano subito giunti al luogo del fracasso.
Quel ciarlare di mille voci sovrapposte fece agitare ancor di più la bambina, già spaventata dal suono della smaterializzazione, fino a che l’ordine perentorio della strega non zittì quadri e fantasmi.
<< Silenzio! >> gridò << Non la vedete come piange? Smettetela immediatamente e tornate alle vostre occupazioni. Sir Nicholas, affido a lei il compito di rimandare nel dormitorio i capiscuola che oggi stanno facendo la ronda. In quanto a voialtri, dormite, vagate, non mi interessa; ma se vedo anche uno solo di voi …>>
<< Suvvia, suvvia, Minerva cara >> intercedette il professor Silente << Non si agiti così tanto. Piuttosto non crede sia meglio portare questa povera bambina in un luogo asciutto e darle un po’ di latte caldo? Sarà affamata, a giudicare dagli strilli >>
Minerva rimase interdetta dall’ordine ricevuto ma, senza porre obiezioni, prese la bambina tra le braccia e partì in direzione delle cucine dove, sicuramente, qualcuno stava già preparando quanto richiesto.
Sicuramente – pensava tra sé - Albus non è così ingenuo da non capire che qualcuno è entrato nel castello stanotte; qualcuno che ha lasciato questa bambina di proposito.
Mi chiedo chi sia questa bambina …
Forse fu proprio quella curiosità, o forse quell’istinto materno che non aveva mai avuto occasione di essere soddisfatto, a spingere la strega a guardare quel fagotto che teneva stresso a sé.
Era proprio una bella bambina. Si vedeva che era nata da poco tempo, data la grandezza del piccolo corpo e dai corti e radi capelli neri.
Gli occhi erano aperti, grandi e vispi. A prima vista si poteva dire che erano tinti di oro puro, ma se si guarda con attenzione; come in quel momento stava facendo la professoressa, si possono notare delle leggere pagliuzze nere come le ali di un corvo.
E mentre osservava quella piccola creatura che teneva tra le braccia, che la fissava a sua volta divertita, pensava a chi mai potesse aver voluto abbandonarla all’interno di Hogwarts.
Sapeva che anche il preside stava riflettendo sulla questione e che, di conseguenza, non avrebbe dovuto affatto preoccuparsi - Silente avrebbe fatto tutto il possibile per quella bambolina dagli occhi d’oro; l’avrebbe protetta e portata in un luogo sicuro – ma non riusciva davvero a smettere di preoccuparsi.
Dal momento in cui l’aveva presa tra le braccia aveva provato verso quella piccolina, un moto di protezione che non riusciva a spiegarsi.
Derivava forse dal fatto che non aveva mai avuto dei bambini suoi? O forse perché questa, diversamente da altri bimbi che aveva avuto il piacere di conoscere nel corso della sua vita, non aveva nulla?
Era sola.
Ripudiata perfino dalla donna che l’aveva messa al mondo.
Non aveva una risposta a queste domande.
Non aveva una risposta. E non l’avrebbe avuta quella sera.
Ora mai era arrivata nelle cucine e l’ aveva affidata alle cure degli elfi.
In un attimo la bambina succhiò il latte con voracità, quasi non avesse mangiato nulla fin dalla nascita.
Impiegò diversi minuti per consumarlo interamente,e quando ebbe finito, subito s’addormentò, con un piccolo sorriso che increspava le guance magre.
La prese leggera con sé, salutò educatamente gli elfi, e si indirizzò verso l’ufficio del preside.
Lungo la strada non incrociò nessuno; avevano tutti paura dell’ordine da lei impartito.
Molto bene.
Non gradiva i pettegolezzi, né le chiacchiere in genere, in special modo quelle del tutto inutili.
La sicurezza della bambina era la cosa più importante ora, e le dicerie avrebbero fatto solo perdere del tempo prezioso.
Detta la parola d'ordine al Guardiano di pietra, la strega entrò nell'ufficio del preside, che la stava aspettando.
Il professor Silente era adagiato su di una sedia dietro l'imponente scrivania dell'ufficio. La mani incrociate davano all'uomo un'aria stanca, molto più di quando egli volesse effettivamente mostrare.
Non riusciva a capire come mai far crollare tutte le sue barriere, mostrarsi fragile, non lo spaventava quando aveva davanti il volto di Minerva.
Un volto sempre pieno di comprensione e rispetto, per lui.
<< Minerva cara >> la salutò << La piccola ha mangiato? >>
<< Oh si. Ha divorato tutto ed ora si è addormentata >>
<< Molto bene. Deve essere stata una giornata lunga per lei. Mettila lì; starà più comoda >> disse facendo apparire magicamente un grazioso lettino per neonati.
La strega la adagiò leggera e poi la coprì con una calda coperta.
<< Albus >> sospirò quando ebbe finito << Dobbiamo parlare >>
<< Suvvia Minerva! Ti prego di metterti seduta anche tu. Sei troppo tesa e preoccupata, stare in piedi non gioverà alla tua salute. E poi ho già pensato a tutto io, non hai bisogno di allarmarti >>
<< Cosa hai in mente, Albus? >> chiese dopo essersi seduta.
<< Nulla di particolare, mia cara. Noi non possiamo tenere la bambina, l'anno scolastico è appena cominciato e con tutti gli studenti in giro, la bambina non sarebbe al sicuro. Restare qui, per lei, è una cosa inammissibile >>
Il volto della McGranitt si scurì di colpo. Non che si aspettasse un esito diverso, ma quelle parole, intrise di una così cruda realtà, la risvegliarono come se fosse stata appena colpita da una secchiata di acqua gelida.
<< Suvvia, non faccia quella faccia. Non può rimanere al castello, ciononostante credo fermamente che chiunque l'abbia portata qui voglia soltanto il bene della bambina. Hogwarts non chiuderà le sue porte a lei, né a nessun altro, e per questo mi sono preso la libertà di affidarla a una buona famiglia. La stanno aspettando in questo momento. Dobbiamo proprio affrettarci, sempre se lei vuol venire con me nel dire arrivederci a questa giovane strega >>
Hogwarts non chiuderà le sue porte a lei.
Minerva era sicura di questo. Albus, in tutti questi anni, è stato il preside e l'uomo migliore da lei conosciuto. Sapeva che aveva capito l'importanza del passato – da come ne parlava sempre – e aveva capito che voleva assicurare a quella bambina un passato di cui non si sarebbe dovuta preoccupare in seguito.
Un passato felice e sorridente, con un solitario castello immerso nei più profondi ricordi inconsci.
E voleva far iniziare quel passato fin da ora.
<< Io … si, vengo molto volentieri >>
Cosi riprese con se la bambina,poi lo raggiunse e, prendendolo sotto braccio, in una nuvola di polvere si smaterializzarono.
Riapparirono molto lontano dal mondo magico.
Sembrava quasi di essere in un altro mondo.
Era un altro mondo.
E in quel mondo, una piccola casetta di mattoni a vista con un prato curato e le luci accese.
Aveva un'aria cosi pacifica che sembrava quasi invogliare i passanti ad osservare cosa succedesse all'interno, sbirciando attraverso le finestre.
Si, quella era Casa Granger. 

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Capitolo 4
*** 4.Senza Una Figlia ***


4.Senza Una Figlia

 

Cara signorina Hermione Granger,
Siamo lieti di informarLa che, con la presente, Lei è stata ammessa alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Hogwarts è una scuola storica e molto famosa in tutta l'Inghilterra ma, certamente, Lei non ne è a conoscenza.
Per noi e soprattutto per Lei, è di fondamentale importanza che Lei venga    a studiare nella nostra scuola.
Per evitare che possa prendere in considerazione un eventuale rifiuto, le   annunciamo che domani alle ora 16.30 un nostro insegnante verrà nella vostra abitazione per comunicarvi ulteriori dettagli e per rispondere alle vostre domande.


Cordiali Saluti
Minerva McGranitt
Vice-preside
 

Tutto è cominciato con quella lettera.
L'inizio della sua vita in un mondo così diverso da quello a cui era stata abituata, un mondo normale, lei che normale non era per nulla.
Sconcertanti verità, un nuovo mondo, era stato aperto ad una mente di soli undici anni da quel colloquio di sette anni fa.
Una donna dal cipiglio severo si era presentata all'incontro. Aveva detto di chiamarsi Minerva McGranitt, la vice-preside, ed era venuta per spiegare la situazione all'intera famiglia.
 

- Hermione è una strega, signori Granger – aveva detto con fare assolutamente grave – e pertanto è assolutamente necessario che lei venga a studiare nella nostra scuola. Vi posso assicurare che se la signorina Granger rimanesse nel vostro mondo non si sentirebbe mai a proprio agio poiché lei non ne fa parte.-
Il signor Granger prese la parola: - Mi dica solo una cosa. Lei è convinta, non solo dell'esistenza delle “streghe” ma addirittura che la nostra Hermione sia una di loro.-
- Esattamente -
- Questo è assurdo! - sbottò il padre di famiglia.
La signora Granger  cercò di placare il marito, appoggiando leggermente la sua mano destra sulla spalla del consorte, e contemporaneamente di non sembrare scortese nei confronti di quella donna che aveva l'aria cosi terribilmente seria.
- Signora McGranitt … – iniziò piano.
- Professoressa – corresse lei – professoressa McGranitt -
- Oh, mi scusi. - disse imbarazzata, prima di poter continuare. - Professoressa McGranitt, francamente io non credo nell'esistenza di streghe e maghi, e poi, solo per rassicurarla, noi viviamo con la nostra Hermione da ben undici anni, le posso assicurare che lei si trova molto bene qui da noi. Non deve andare in nessuna “scuola speciale”, lei è perfettamente in grado … -
- Signora Granger – interruppe la strega – lei ha mai visto Hermione fare delle cose, cose che normalmente nessuno è in grado di fare, quando è arrabbiata o spaventata? -
Alla domanda i signori Granger ammutolirono; perché loro avevano visto, sono a conoscenza della straordinarie capacità di Hermione e rimasero stupefatti dal fatto che anche quella donna sapeva  e che, stranamente, ne parlava con una pacata tranquillità.
- Come pensavo – continuò – Dunque sapete già dell'esistenza dei poteri da strega della signorina Granger. Posso solo dirvi che quei poteri hanno la necessità di essere tenuti sotto controllo, altrimenti le conseguenze saranno troppe e troppo preoccupanti anche solo per poterne parlare. Hermione deve essere educata alla nostra scuola di magia, per il bene di se stessa e degli altri.-
- Professoressa McGranitt, lei ci consiglia di lasciare Hermione in quella scola per quanti... troppi anni. Io non posso stare cosi a lungo senza avere notizie della mia bambina. Mi dispiace -
- Signora Granger, lei non capisce, è l'unica scelta possibile e sicura per il futuro di Hermione. L'unica possibilità per una giovane strega come lei. E poi tornerebbe qui ad ogni estate, senza poi contare le vacanze natalizie -
I signori Granger stavano per ribattere che non era una questione di feste, quando nella sala dove stava avvenendo l'incontro entrò la piccola Hermione.
- Mamma, papà, chi è questa signora? Cosa vuole da me? -
- Tesoro – disse la signora Granger non appena la vide arrivare, così graziosa nella sua gonnellina rossa – vieni qui da mamma. Questa signora è la professoressa McGranitt e ci stava parlando di una scuola molto speciale dove ti invitano ad andare -
- Ma tu e papà non volete che io ci vada- disse tranquillamente.
- Tesoro perché dici questo? - la interrogò il padre.
- Mamma è triste, e siete rimasti qua a parlare per tanto tempo. -
- Amore, la mamma non è triste, è solo che è preoccupata per te, non sa se ti troverai bene in quella scuola -
- Perché non dovrei trovarmi bene? -
- E' una scuola per ragazzi speciali e … -
- Hermione – chiamò il padre – Io e tua madre siamo solo preoccupati per il tuo futuro. È una cosa da genitori non trovi? -
- Beh, si. Lo penso anch'io – ammise – Però io sono forte! E sono speciale. Starò benissimo mamma. E voglio andarci. -
 


Sorrideva Hermione a quel pensiero, come aveva sorriso da piccola mentre con convinzione dichiarava a gran voce il suo desiderio di introdursi in quel mondo pieno di persone con poteri speciali, proprio come lei, che la reclamava a gran voce.
Forse fu proprio per quel sorriso spontaneo e sincero che i coniugi Granger  approvarono l’ingresso di Hermione ad Hogwarts.
Ormai erano trascorsi ben sette anni dalla prima volta in cui aveva messo piede nel grande castello, dove aveva conosciuto ed instaurato ottimi rapporti, in special modo con Harry Potter e Ronald Weasley, i suoi due migliori amici.
Insieme a loro aveva vissuto innumerevoli avventure: sconfitto cani a tre teste, camere segrete, dissennatori, tornei stregati … ma ora, ora basta.
Era giunto il momento di prendere in mano il destino e di combattere.
Si, combattere.
Combattere per i propri ideali e le proprie idee.
Combattere per il futuro del mondo magico.
Combattere per la propria vita e il proprio futuro.
Combattere perché Lord Voldemort era risorto e aveva dichiarato guerra; e il suo primo obiettivo era proprio Harry Potter, il bambino che lo aveva sconfitto anni orsono, il bambino sopravvissuto.
Ora tutto il mondo magico era in attesa di una mossa, da ambo le parti, mentre lentamente cadeva in rovina; solo che Harry doveva agire in segreto, muoversi velocemente su ordine di Silente.
Solamente lei e Ronald potevano accompagnarlo in quell’impresa disperata, e per questo si era preparata già da mesi, raccogliendo libri utili, imparando nuovo incanti.
Ed ora doveva compiere l’ultimo atto prima di poter uscire da quella casa e raggiungere i suoi amici.
Doveva cancellare la memoria ai suoi genitori.
L’unica soluzione per salvarli.
L’unica scelta possibile per permettergli di vivere. Senza di lei.
Scese le scale e li raggiunse il salotto, dove i suoi stavano organizzando un loro viaggio in Australia.
Non l’avevano sentita scendere.
Erano intenti a sfogliare i deplian e a confrontare le offerte migliori.
Meglio così. Dirgli addio sarebbe stato impossibile.
Così, con un tremolante movimento del polso, pronunciò quell’incantesimo che avrebbe fatto dimenticare loro l’esistenza di una figlia.
Subito dopo lasciò quella casa e quella famiglia che non aveva mai avuto una figlia. 

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Capitolo 5
*** 5.Malfoy Manor ***


 
5. Malfoy Manor

 
Non sapeva dire da quanto tempo vagabondavano in cerca di qualche indizio per procurare la morte di Voldemort.
Sapevano solo che dovevano trovare altri quattro Horcrux e non sapevano da che parte cominciare.
L'unico in loro possesso – il medaglione di Serpeverde - era stato distrutto da Ron con la spada di Griffondoro, l’unica arma che conoscevano capace di distruggere quegli oggetti demoniaci che racchiudevano dentro di sé un pezzo dell’anima di Voldemort.
<< Siamo solo a meno tre >> aveva detto scherzando subito dopo.
Hermione sapeva però che adesso veniva la parte più complicata. Ben o male fino ad ora avevano dato la caccia all’unico Horcrux di cui avevano notizie e a qualcosa per poterlo distruggere – dopo che ebbero capito che tutti gli incantesimi sarebbero stati inutili – ma ora… ora dovevano contare solamente sulle loro forze.
Non avevano idea della sembianza degli altri oggetti, non avevano la minima idea di dove trovarli.
Ed erano tutti e tre stremati.
Vivevano in una tenda magica e si spostavano di bosco in bosco, sempre coperti con i migliori incantesimi difensivi.
Più di una volta Hermione si era chiesta se non fosse il caso di abbandonare quella missione suicida.
Riusciva a calmarsi e a riprendere il controllo di se stessa solamente quando guardava gli occhi smeraldini di Harry.
Lo sapeva.
Lo sapeva da sempre.
Questa era la sua guerra.
E niente lo avrebbe trattenuto dal combatterla, specie quando si ricordavano che, al di fuori di quella bolla sicura, i loro amici rischiavano la vita per innalzare il comune ideale di pace.
Era totalmente inutile anche solo tentare di proporre qualcosa del genere.
La mente di Harry, nel frattempo, era occupata anche da altri pensieri. Dopo aver udito la storia dei tre fratelli, la storia dei doni della morte, non faceva altro che pensarci su.
 
Voldemort ha paura della morte; Silente me lo ha sempre ripetuto.
La creazione stessa degli Horcrux ne è la prova, ma sono convinto che sia anche alla ricerca dei Doni.
In fondo, meglio avere due piani che uno.
Se con gli Horcux non andrà come aveva pensato - come è mia intenzione- vorrà sicuramente trovarsi le spalle coperte.
Per ora è in cerca della bacchetta … almeno secondo le mie visioni.
 
La sua riflessione sugli intenti di Voldemort fu interrotta da un grido d'esultanza.
<< SI! Ce l'ho fatta!! Finalmente! >>
Era Ron che aveva urlato così potentemente.
Il rosso si stava agitando all'interno della tenda con i pugni in alto e un grande sorriso in volto.
<< Che cosa hai fatto, Ron? >> chiese Hermione scettica.
<< Dopo mesi sono riuscito a sintonizzarmi su Radio Potter. Grazie a Morgana! >>
<< Radio Potter? >> dissero all'unisono i due amici.
<< Miseriaccia, è vero. Voi non lo sapete >> sbottò Ron, sentendosi un po' colpevole. Non aveva modo di dire loro quella sua scoperta fatta durante al sua assenza << Radio Potter è l'unica radio del mondo magico a fornire le notizie come realmente stanno, oltre, come potete capire dal nome, l'unica a non essere dalla parte di Tu-Sai-Chi. Solo che è maledettamente difficile sintonizzarsi, ma alla fine ce l'ho fatta! >>
<< Come mai è così complicato? >>
<< Harry non è ovvio. Tu-Sai-Chi non permetterà mai un programma contro di lui. È ovvio che tutti coloro che ascoltano Radio Potter sono fuorilegge e colori che mandano in onda il programma non possono permettere di essere facili da rintracciare >> spiegò pratica Hermione
<< Giusto >> acconsentì Harry.
 
***
 
Rimasero a guardare quella vecchia radio, come se magicamente potesse ricominciare a far vibrare quelle parole tanto confortanti, seppur il programma fosse finito da ben più di cinque minuti.
Ma riascoltare quelle voci così familiari – di Lee, Lupin, Fred , Kingsley - era stato per loro molto importante.
Sorridevano al solo ricordo.
Servirono in special modo ad Harry che, talmente abituato all'isolamento che quella ricerca aveva portato, si era quasi dimenticato che anche altri resistevano a Voldemort.
Era come risvegliarsi da un lungo sonno.
Un sonno incorniciato da capelli rosso fuoco.
No, non quelli di Ronald. Qualcuno di simile, con le stesse lentiggini e lo stesso sangue.
Ginny Weasley.
La ragazza che fuori, nel mondo vero, lo stava aspettando mentre combatteva per lui, per lei, contro Voldemort.
La ragazza che amava.
<< Bello, eh? >> domandò Ron allegramente.
<< Geniale >> commentò Harry.
<< Sono così coraggiosi >> sospirò Hermione con ammirazione << Se li trovano … >>
<< Beh, si muovono sempre >> ribatté Ron << Come noi >>
<< Ma avete sentito cos'ha detto Fred? >> chiese eccitato Harry.
 
Gente non cullatevi in un falso senso di sicurezza, solo perché pensate sia fuori dal paese. Forse lo è, forse no, ma resta il fatto che se vuole è in grado di spostarsi più in fretta di Severus Piton davanti a un flacone di shampoo”
 
<< E' All'estero! Sta ancora cercando la bacchetta! Lo sapevo! Le mie visioni avevano ragione! >>
<< Harry … >>
<< Andiamo, Hermione, perché non vuoi ammetterlo? Vol ... >>
<< HARRY, NO! >>
<< … demort sta cercando la Bacchetta di Sambuco! >>
<< Il suo nome è Tabù! >> ringhiò Ron scattando in piedi << Te l'avevo detto, te l'avevo detto che non possiamo pronunciarlo. Hermione forza, cerca di ricomporre le barriere magiche prima che ci trovino. Loro fanno così per rintracciare … >>.
ma si ammutolì d'un tratto, e trattenne il fiato.
Una voce dall'esterno gridò : << Venite fuori con le mani in altro! Avete sei bacchette puntate addosso. non fate scherzi. >>
Erano arrivati i Ghermidori.
 
***
 
Tutti e tre tremarono. Fino ad allora avevano vissuto con la paura di poter essere scoperti.
Ora che questa paura è diventata realtà, non si sentivano meglio.
Anzi, il terrore era entrato dentro di loro e stringeva il cuore in una morsa dolorosa.
Hermione agì d'istinto.
Punto la bacchetta verso di Harry e lanciò un incantesimo.
In un attimo il viso di Harry si gonfiò a dismisura.
Alla fine non sembrava neanche lui, la cicatrice così tirata era impossibile da riconoscere.
Fattura Pungente
<< Vi avevo detto di venire fuori >>.
Erano entrati tre uomini, due enormi e sudici, il terzo più mingherlino e quindi probabilmente quello con più cervello.
Lui aveva preso Harry per i capelli e lo tirò fuori dalla tenda, uno dei due più grossi strattonò Hermione per un braccio e la portò fuori, l'altro invece assestò un pugno a Ron prima portarlo insieme agli altri.
<< Vediamo un po' >> disse l'uomo che aveva preso Harry << Chi siete? >>
Nessuno rispose. I due gorilla allora diedero due colpi ad Harry e Ron
<< Stan … Stan Picchetto. >> sputò quest'ultimo.
<< Ragazzino non prenderci in giro. Lo conosco Stan Picchetto e ti assicuro che non sei tu >> poi passò lo sguardo ad Harry << E tu, mostro, chi sei? E come ti sei ridotto cosi? >>
<< Sodo Dudley. Qualcosa mi ha punto >> sibilò.
<< Oh lo vedo. E tu, ragazzina, chi sei? >> chiese velenoso.
Hermione si guardò in giro prima.
<< Coraggio, dolcezza. Non farti trattare come i tuoi due amici, qui >>
<< Penelope Light >> sussurro con lo sguardo rivolto ai suoi piedi.
<< Brava bambina >> disse accarezzandole una guancia << E dimmi, come mai avete deciso di pronunciare il nome di Voi-Sapete-Chi? Non sapete che sono solo quelli dell'Ordine a chiamarlo per nome? Volevate fare gli spiritosi, eh? >> e, quando provò a sfiorarla di nuovo ...
<< Non la doccare! >> urlò Harry.
<< Sennò mostro che mi fai? Legato come un salame e disarmato, eh. Vuoi forse... >>
S'interruppe di colpo. Aveva visto qualcosa di strano. Allungò la mano e toccò la fronte del ragazzo, dove evidentemente c'era un segno.
<< E questa? Come te la sei fatta? >>
<< Incidedde >>
<< Incidente eh? Strano che abbia questa forma. Non dici niente? Bene. GreyBack, cambio di programma. Questi li portiamo a Malfoy Manor >>
 
***
 
Il cancello era imponente e tetro, come tutta la dimora, ma conferiva all'apetto globale un'aria nobile.
Davanti al cancello i ghermidori con i tre ragazzi, all'interno del cancello una donna con un lungo vestito nero e ribelli ricci neri.
Una strega, dalla bacchetta che teneva in mano, dalla profonda anima corrotta.
Bellatrix Lestrange li stava aspettando.
Il ghermidore più piccolo avvicinò il viso del mostro al cancello e indicò quel segno sospetto.
La strega parve rifletterci un attimo, poi con un sorriso sadico in volto disse : << Chiamate Draco >>

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Capitolo 6
*** 6.Segni di Tortura ***


6.Segni di Tortura
 
<< Allora? E' lui? >> chiese trepidante una voce di donna.
Anche se era stato poco più di un sussurro, l'interlocutore tremò.
<< Non lo so. Non … non ne sono sicuro. Forse >> balbettò in risposta un giovane ragazzo con i lisci capelli così biondi da parer quasi fili si luce.
Le parole incerte suscitarono un' ira irrefrenabile in un uomo dall'aspetto simile - stessi capelli, stessi occhi dal cipiglio altezzoso - che aveva osservato attentamente tutta la scena al suo fianco: tre giovani, due ragazzi e una ragazza, erano stati scaraventati in malo modo davanti ai cancelli della sua nobile dimora; il sospetto che tra loro si celava Harry Potter li aveva fatti entrate sotto la scorta di Bellatrix Lestrange, sua cognata che aveva ordinato a Draco Malfoy di far luce sull'intera faccenda. L'unico, secondo il suo giudizio, in grado di eseguire quel compito.
<< Draco, tu non capisci. >> dichiarò Lucius Malfoy << Se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto...tutto sarà dimenticato. I Malfoy torneranno nelle grazie del Lord Oscuro, come un tempo >>
<< Non essere timido tesoro>> insistette la zia << Vieni qui davanti. Guardalo bene. Se non è chi pensiamo che sia e Lo chiamiamo, Lui ci ucciderà. Tutti. Dobbiamo essere sicuri.>>
Così Draco, imprigionato dalle aspettative della sua famiglia, rivolse la sua attenzione a quel tizio che stava davanti a lui. I ragazzi si scambiarono uno sguardo. Gli occhi verdi del prigioniero invocarono una silenziosa pietà – Non tradirci - ; gli occhi grigi dell'altro che sembravano voler accogliere quella muta preghiera.
<< Come si è ridotto così? >> chiese solamente.
<< Già! Come si è ridotto così? >> domandò aspra Bellatrix ai ghermidori.
<< Non lo sappiamo, mia signora >> rispose il più mingherlino con riluttanza.
<< Se non siete stati voi...>> rifletté << Non è che sei stata tu, carina? >>
Tirata in causa, Hermione abbassò gli occhi. Non voleva che lei potesse leggere la verità nei suoi occhi tremanti.
<< Datemi la sua bacchetta >> ordinò ed immediatamente l'oggetto richiesto le fu portato dinnanzi. Le fece un semplicissimo incantesimo per riconoscere l'ultima magia scaturita dall'oggetto in questione.
Prior Incantatio
Aspettò e quando l'incanto finì, un sorriso di soddisfazione comparve sulle sue labbra. Allora era proprio come aveva immaginato … Fattura Pungente.
<< Ah Ah!! Beccata! >> disse ridendo di lei e del suo patetico tentativo di proteggere quell'essere che aveva la morte scritta nel suo destino.
Rise di gusto fino a che non vide qualcosa di brillante e di enormemente prezioso. Qualcosa che non avrebbe mai dovuto venire in sua presenza. Una spada. Una spada con incastonati preziosi rubini. Una spada antica forgiata dai folletti.
La spada di Godric Griffondoro.
Il sorriso le morì in volto. << Dove l'hai presa quella? >> chiese indicando l'arma.
<< Era nella sua borsa quando l'abbiamo frugata, eh eh. Ma adesso è mia >>
La strega non aspettò un secondo di più. Velocemente schiantò l'uomo e materializzando serpenti neri spaventò gli altri, cacciandoli via. Erano nei guai, lo sapeva. Lo sapeva bene.
<< VIA! >> urlò << FUORI! >>
Quelli non se lo fecero ripetere due volte e immediatamente scapparono dal castello, cercando di mettere quante più miglia possibile fra loro e quella donna folle.
<< Cissy >> disse poi rivolta alla sorella << Rinchiudi i ragazzi nel sotterraneo. Voglio fare una chiacchieratina con questa qui. Da donna a donna >>
La ragazza tremò.


***

 
Le avevano legato entrambe le braccia a due pareti di pietra contrapposte con un Incarceramus, così che Bellatrix l'avrebbe potuta colpire sia sul petto che sulla schiena, girandole attorno come un avvoltoio affamato quando sente odore di morte.
Da quanto era in quella stanza? Da quanto tempo stava subendo quella tortura? Non lo sapeva.
All'ennesimo incantesimo, Hermione gridò. Gridò forte, benché l'aria rimastale era poco più di un fiato.
Il dolore era così pungente, talmente forte, che le impediva di pensare. Figurarsi a contare.
Con tutta probabilità sarebbe morta quella notte stessa. Forse dopo essere stata il giochino di Bellatrix ancora per un po'. Oppure avrebbero deciso che era giunto il momento per Draco di farsi le ossa, e quale occasione migliore per utilizzare e umiliare ancora di più quella mezzosangue che aveva disprezzato e tormentato per anni, a scuola?
<< Allora Sangue Sporco? Non vuoi ancora parlare? >> disse Bellatrix con disgusto.
La giovane strega, d'altro canto, faticava a respirare; figurarsi a ribattere.
Ribattere cosa, poi? Dirle con non sapeva nulla non sarebbe servito a nulla.
Aveva già tentato, e si era rivelato tutto inutile. Bellatrix non voleva sentire le sue motivazioni; lei voleva soltanto udire la spiegazione che attendeva. Le parole che l'avrebbero resa colpevole.
<< Allora? Chi è entrato nella mia camera blindata? >> domandò nuovamente. << Rispondi! Crucio! >>
Un altro urlo. Più potente del precedente, che le lacerò l'anima, lasciandola senza respiro.
<< Non lo so … La prego, io non ho rubato niente >> piagnucolò Hermione.
<< Non mentirmi! Crucio! >>
Un altro grido.
<< Kracher! >> chiamò la strega, stanca del fatto che quella dannata mezzosangue non aveva intenzione di risponderle.
L'elfo fedele apparì subito al cospetto della padrona << Avete chiamato, mia signora? >> chiese umilmente.
<< Certo che ti ho chiamato, inutile elfo. La mezzosangue non accenna ad essere ubbidiente. È ora che le si insegni ad essere più docile, e a occupare quella posizione a cui l'ha condannata il suo sangue infetto. Sai cosa devi prendere >>
L'elfo annuì mentre s'inchinò. Poi con un sonoro “Puf” si smaterializzò.

 
***

 
Bellatrix stava affilando il suo pugnale personale. Un bel pugnale dall'impugnatura verde smeraldo. Terribilmente appuntito. Letale. Gli occhi sprizzavano di pura follia mentre guardava con disgusto quella ragazza che ansimava sotto i suoi piedi.
Hermione d'altronde aveva capito benissimo che la sua aguzzina si stava preparando per distruggerla, una volta per sempre. Le erano rimasti solo pochi minuti per poter dar vita ai suoi ultimi ricordi... forse sarebbero bastati.
Forse avrebbe potuto vedere per l'ultima volta il sorriso di Harry, che le aveva sempre ricordato che l'amico stava dalla sua parte, gli occhi pieni di premura di Ron. Oh quanto le dispiaceva; non avrebbe fatto in tempo a dirgli nulla del suo amore per lui. Sarebbe morta e lui non lo avrebbe mai scoperto. Rifletti Hermione, soffrirà meno.
E forse, se si concentrava abbastanza, avrebbe potuto sentire su di sé l'abbraccio dell'intera famiglia Weasley, la sua numerosa, chiassosa, impagabile, insostituibile e magica famiglia.
Così chiuse gli occhi e attese un segno.
Ed eccolo lì. Fu come una carezza leggera. Avrebbe potuto giurarlo anche sotto effetto del Veritaserum o di qualunque altra pozione. Per lei era l'energia dei Weasley che volevano infonderle coraggio.
Sorrise per questo: loro non l'avevano abbandonata. Non l'avrebbero mai fatto.
<< Cosa c'è mezzosangue? Deliziata all'idea della mia lama sulla tua pelle? >> infierì Bellatrix alla vista di quella smorfia insopportabile.
<< Non mi spaventi, Mangiamorte >> disse alzando lo sguardo, cercando di mostrare una sicurezza che in realtà era ben lontana dal possedere.
<< Vedremo >> minacciò.
Rapidamente scivolò alle sue spalle. Hermione non riusciva a vedere cosa stesse facendo ma poco dopo sentì del sangue scorrerle lungo tutta la schiena e il suono di stoffa strappata.
<< Il tuo sangue sta imbrattando il pavimento. Persino queste pietre sono più pure di te, mezzosangue. Non ti vergoni a contaminarlo con quel tuo liquido sporco? Penserei di metterti a pulirlo dopo che avrò finito con te; peccato che sarai fredda come una pietra, quando terminerò! >>
Hermione si sentì male. Stava perdendo troppo sangue, questo era certo.
Il taglio che le aveva fatto era più profondo di quello che avesse pensato all'inizio.
Probabilmente sarebbe cascata priva di forze, come un sacco svuotato e gettato via senza alcun valore, se non avesse avuto quei fili che le legavano i polsi in una morsa impossibile da sciogliere.
Le avrebbero lasciato i lividi.
La strega dietro di lei rise. Finalmente vedeva quello che aveva sempre sognato.
Lei, abbattuta, sconfitta, inginocchiata al cospetto dei maghi purosangue.
<< Cosa c'è mezzosangue? Stai tremando? Il pugnale ti ha fatto paura? Eppure mi sembra di ricordare che avevi detto di non essere spaventata da me, ma sai com'è potrei sbagliarmi, infondo non è che io presti attenzione a ciò che dice un'insulsa Nata-Babbana. >>
Hermione tentò di rispondere all'insinuazione, ma tutto ciò che le usci fuori fu solo un miscuglio di versi dal significato incomprensibile.
<< Guarda, guarda >> continuò imperterrita Bellatrix. Stava adorando quell'attacco verbale. << A quanto pare le voci sul tuo intelletto sopraffino non sono poi così veritiere. D'altronde io l'avevo sempre saputo che voi mezzosangue siete così patetici. Kreacher vedi come sono deboli questi esseri? Vedi un po' di ripulirle questo sangue lurido; voglio vedere bene il prossimo punto che colpirò >>
Kreacher obbedì immediatamente. Prese un pezzo di stoffa bagnata e lo passò lento sulla lunga ferita fresca.
L'odore di quel sangue fuoriuscito violentemente impregnava l'intera stanza.
L'unico suono era quello della benda rossa strizzata e gettata in una bacinella di acqua fresca più e più volte.
Flop … flop... flop...
Le gocce di sangue che cadevano leggiadre sull'acqua … fino a che le mani dell'elfo domestico non iniziarono a tremare.
La creaturina si scostò di colpo dal corpo della ragazza e guardò la sua padrona con gli occhi pieni di terrore.
<< Ebbene? >> chiese questa << Perché mai ti sei fermato? >>
<< Padrona... padrona, la prego. Kreacher non può … non può … lei... Kreacher è un elfo cattivo. Perdono, padrona! >>
Il vecchio Kreacher sembrava sul punto di scoppiare in lacrime, mentre Bellatrix lo guardava sorpresa. Non le era mai capitato che quell'essere non obbedisse ad un suo ordine.
<< Ti ho fatto una domanda, elfo! Perché ti sei fermato? >>
<< Padrona la prego venga a vedere. Venga a vedere ciò che Kreacher ha scoperto >> disse indicando tremolante un punto sulla schiena della ragazza, poco sopra le scapole.
Una linea che era diventata un tutt'uno con la pelle, ma che sicuramente era un segno di riparazione.
Una linea che correva da spalla a spalla.
Una cicatrice.
Un segno di riconoscimento.

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Capitolo 7
*** 7.Fin Sotto Le Fondamenta ***


 
7.Fin Sotto Le Fondamenta

 
<< Questo non è possibile >> sussurrò tra sé e sé.
La sola presenza di quella cicatrice sulla schiena della mezzosangue non era ammissibile.
Forse … forse è solo una coincidenza? Uno strano scherzo del destino che quella sporca ragazzina aveva architettato per prendersi gioco di lei?
No, impossibile. Nessuno sarebbe mai riuscito anche solo a imitare un segno del genere, fatto con il suo pugnale. Nessuno, neanche uno, nemmeno il suo amato Signore Oscuro.
La sua lama tracciava un marchio sulla pelle. Un marchio ineguagliabile.
Era lei? Allora era proprio lei?
Non è possibile. Non possiede i tratti caratteristici dei Black, i loro famosi capelli neri ed i focosi occhi d'inchiostro, no. Lei aveva lunghi boccoli castani ed occhi chiari.
Nessuno, a prima vista, l'avrebbe ricondotta a quell'antico e purissimo albero genealogico.
Eppure … eppure quel segno ne era una conferma.
Lei era una Black.
Lei era la legittima figlia di Bellatrix Black e Lord Voldemort. L'unica figlia.
Non ebbe nemmeno il tempo di decidere cosa farne di lei, ora che sapeva, che ne era sicura, ora che finalmente l'aveva ritrovata; perché un gran botto esplose al piano superiore della casa.
<< Kreacher, tienila qui e non far entrare nessuno. Inoltre, se torno e la trovo ancora sporca di sangue, poi sarà il tuo sangue a sporcare il pavimento >>
Impartito l'ordine uscì velocemente dalla stanza. La bacchetta sguainata.

 
***

 
I due ragazzi erano stati scaraventati in uno sotterraneo lurido e umido.
E Hermione non era con loro. L'avevano presa. Quella pazza di Bellatrix Lestrange la stava torturando ed ora loro erano lì, deboli e sconfitti, a sentire le urla della loro migliore amica che provenivano dal piano superiore.
Gridava talmente forte, la piccola Hermione.
Ciononostante sapevano che tutto ciò che udivano era solo un pallido riflesso delle sofferenze della cara amica.
Non riuscivano proprio a sopportarlo.
Erano impavidi Grifondoro; avevano lottato contro numerosi ostacoli mortali, ma questo sembrava non servire a niente.
Erano bloccai lì, in quei sotterranei, senza alcuna possibilità di ribellione, privati delle loro bacchette, e soprattutto non erano stati capaci di difendere la loro migliore amica. L'avevano vista mentre quella mangiamorte la portava via con sé.
La rabbia faceva tremare i loro corpi. Non erano mai stati tanto impotenti in vita loro.
La loro stessa indole Grifondoro giocava a loro sfavore.
Non riuscivano a restare lucidi; a ragionare con razionalità. Hermione centrava tutti i loro pensieri.
Dobbiamo salvarla. Ora. Subito.
Dobbiamo andarcene da qui.
Dobbiamo raggiungerla.
Dobbiamo salvarla.
Un' altro urlo.
<< Basta >> disse Ron tra i sussulti << Io non resisto qui a non fare niente mentre quella pazza si sta prendendo le sue soddisfazioni con Hermione. Miseriaccia Harry! Chissà cosa le stanno facendo lassù! >>
<< Ron? >>
<< Niente “Ron”, Harry. Dobbiamo uscire di qui...miseriaccia dobbiamo uscire! Dobbiamo salvare Hermione! >> ripeté sconvolto all'ennesimo grido.
<< Ron, non sono stato io a parlare >> disse Harry all'amico, andando al suo fianco.
<< Ma allora ... chi? >>
<< Ron? Harry? >>. La voce era dolce, sebbene fioca e debole. Apparteneva a una ragazza, sicuramente.
Una giovane che, con tutta probabilità, era stata torturata a lungo.
<< L – Luna? >> chiese Harry, dopo un'improvvisa illuminazione.
La ragazza rise: << Certo sciocchino! Ma... non è che sei un po' confuso? Colpa dei gorgosprizzi?>>
Harry, rincuorato di aver ritrovato l'amica piena di tutta la sua allegria e unicità con cui l'aveva conosciuta, corse ad abbracciarla.
<< Oh Luna! Che bello rivederti! >> disse stringendo la ragazza tra le braccia.
<< Già... ecco, si... ti trovo bene anch'io Luna.. >> commentò Ron, inserendosi nel discorso.
Luna guardò il rosso. Anche con quel buio terrificante, il suo sguardo infondeva una pace assoluta.
<< Anche io ti trovo bene Ron. Hermione? >>
La glaciale risposta, fece agognare la ragazza : << Dunque sono sue, le urla >>
I ragazzi annuirono.
<< Beh >> continuò dopo un sospiro << Allora non dobbiamo far altro che andare a salvarla >>
Se Hermione fosse stata lì con loro, sicuramente avrebbe sorriso della positività della bionda.
Luna era fatta così. La sua eccentricità e il suo modo particolare di porsi di fronte ai problemi, la rendevano unica. Hermione aveva ripetuto più di una volta che si sarebbe potuto girare l'intero mondo magico: nessuno avrebbe creduto ai gorgosprizzi in modo più fedele di Luna. Dubitava perfino che qualcuno l'avrebbe seguita nella ricerca di quelle immaginarie creature.
<< Già perché ce ne possiamo andare via da qui subito subito, non è vero? >> ribatté sarcastico Ron.
<< Luna >> disse Harry << tu sei qui da … da più tempo di noi. Hai trovato per caso un'uscita, o un modo per scappare da qui? >>
<< Veramente è il signor Olivander quello che è bloccato qui da più tempo di tutti >>
<< Il signor Olivander? >> chiese, guardandosi attorno. Con quel buio era difficile scorgere qualcosa, ma distinse chiaramente la figura di un vecchietto gracile e sfinito.
<< Esatto. E il signor Olivander mi ha spiegato che il soffitto è incantato e l'unica porta è chiusa con la magia. L'unica possibilità è avere una bacchetta nascosta nei calzetti, ma io non la tengo lì. E credo neanche voi.>>
<< Già, chi può pensare di tenere la bacchetta nei calzini...>>
Ma, mentre Ron acconsentiva alle parole dell'amica, Harry, preso da un colpo di fulmine, iniziò ad arrotolarsi il calzino, giù fino alla caviglia.
Nascosto dalla stoffa, Harry si era portato dietro un frammento di uno specchio, che gli aveva fatto sanguinare la gamba.
<< Che oggetto curioso da tenere nel calzino...>> sussurrò Luna.
<< Questo >> spiegò Harry, mostrando l'oggetto agli amici << E' un frammento di uno specchio che mio padre e Sirius utilizzavano per comunicare quando li mettevano in punizione in stanze diverse. Io non so chi mi risponde dall'altra parte; so solo che ogni volta che chiedo aiuto a questo specchio mi ritrovo fuori dai guai. Se solo non fosse impossibile, direi che è Silente. >>
<< Silente? >>
<< Lo so, lo so. Questo non è possibile. So solo che è così, quindi è meglio provarci. Almeno avremmo una possibilità di uscire da qui >>
<< Io concordo con Harry >> disse Luna sorridente.
<< Male non farà … >> disse Ron.
Il moro annuì; guardò lo specchio e sussurrò: << Aiutaci... >>
Non dovettero aspettare molto prima che sentirono il caratteristico suono della smaterializzazione, e videro un piccolo elfo comparire sotto i loro occhi.
<< Dobby? >> esclamò Harry alla vista dell'amico dalle orecchie da pipistrello << Che cosa ci fai qui? >>
<< Dobby è venuto a salvare Harry Potter, naturalmente. Dobby ci sarà sempre per Harry Potter. >>
<< Ma … ma tu puoi smaterializzarti per entrare e uscire? Potresti portarci con te? >>
<< Certo Harry Potter, sono un elfo >>
Harry guardò Ron.
<< Per me va bene >> rispose allo sguardo, per poi rivolgersi a Dobby : << Allora, porta Luna e il signor Olivander da Bill e Fleur, a Villa Conchiglia. >>
<< Quando è pronto lei, signore >> disse Luna raggiante.
<< Signore? Oh, lei mi piace moltissimo! >>.
Così prese per mano la bionda e il vecchio fabbrica – bacchette e si smaterializzò, prima di dire : << Ci vediamo in cima alle scale tra dieci secondi >>


***

 
Come promesso l'elfo tornò in un lampo, facendo anche in modo di aprire le sbarre che imprigionavano i due ragazzi, rimasti ormai soli in quel sotterraneo umido.
Harry e Ron uscirono di soppiatto e, silenziosamente si indirizzarono verso il piano superiore.
Cercarono in tutti i modi di tornare in quella grande sala dove avevano visto Hermione per l'ultima volta. Forse, se avessero iniziato le ricerche da lì avrebbero ritrovato la ragazza più facilmente.
Facile, come trovare uno asticello in mezzo a un cumulo di bastoncini qualunque.
Quella casa era come un labirinto; con quelle stanze tutte uguali, tutte piene di mobili costosi e raffinati sebbene tetri e oscuri.
L'aria pomposa che aleggiava tra quelle mura dava ad Harry il voltastomaco.
Tutto, tutto in quella casa suscitava la sua ira e il suo disprezzo.
Svoltarono parecchie vuote, affacciandosi poi in stanze tutte uguali, senza vita.
<< Harry Potter >> sussurrò l'elfo << Da questa parte >>
Harry e Ronald seguirono Dobby senza discutere e constatarono che la creaturina aveva un senso dell'orientamento migliore del loro.
Sbirciarono nella stanza e, se nelle altre non c'era anima viva, in questa ce ne erano fin troppe; e tutte marce.
L'intera famiglia Malfoy stava seduta su quei lussuosi divani e conversava.
Come se fossero una famiglia normale.
<< Non te lo ripeterò un'altra volta, Draco, quindi fa bene attenzione. Tu sei un Malfoy, l'ultimo del casato, e il tuo atteggiamento di poco fa è stato a dir poco deplorevole. Se tua zia, io, tua madre e ancor di più il Signore Oscuro, ti poniamo una domanda, tu devi rispondere senza esitazione alcuna, e soprattutto devi dire tutto quello che sai, anche le tue teorie >>
<< Si, padre >>
<< Non voglio che il nostro casato cada in disonore per colpa tua. Vedi di comportarti in modo adeguato Draco, o ne risponderai. Come quella tua pietosa interferenza con tua zia per cercare di fare proteggere quell'insulsa nata – babbana. Ti ho avvisato, Draco. Guai a te se farai un altro colpo di testa. >>
<< Lucius, non credi che il suo sia stato un errore dettato dalla sua poca esperienza. In fondo, è solo un ragazzo. Questa guerra non lo doveva coinvolgere. >>
<< La guerra coinvolge tutti, Narcissa cara. E Draco non è più un bambino. Bisogna che si decida a combattere dalla parte giusta e con valore, come un degno Malfoy >>
Harry era rimasto basito nello scoprire così tanta verità in quei pochi scambi di parole,
E così Malfoy aveva cercato di proteggere Hermione da sua zia. Allora non era così crudele e senza cuore come aveva pensato in tutti questi anni.
Forse poteva provare pietà verso di lui.
Una pietà che Ron non aveva neanche lontanamente preso in considerazione.
Per lui non era importante il fatto che Draco avesse almeno tentato di proteggere Hermione, ma vedeva solo il fatto che non aveva fatto tutto il possibile per risparmiare alla ragazza quelle torture.
E, all'udire quella confessione, Ron aveva deciso che in quel momento Draco aveva avuto il dovere di proteggere Hermione con tutto se stesso. E aveva fallito.
<< Oh, al diavolo >> sbraitò prima di irrompere nella stanza e a lanciare schiantesimi ad ogni cosa che si muovesse.
Del tutto inutile il tentativo di Harry di trattenerlo.
L'esplosione che ne derivò sembrava aver scosso l'intero castello, dal tetto fin sotto le fondamenta.

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Capitolo 8
*** 8.La Cosa Più Giusta ***


8.La cosa più giusta

 
Era entrato il caos.
In quella casa millenaria che aveva ospitato e protetto i Malfoy fin dalle origini era entrato il caos, per la prima volta.
Il tutto era nato perché Harry e Ronald avevano accettato di prendere le bacchette che Dobby aveva dato loro - chissà poi da chi le aveva prese quelle bacchette – e perché Ron non possedeva un’alta capacità di mantenersi freddo e lucido, quando l’ira lo possedeva.
Come in quel momento.
Aveva agito d’istinto ed ora avevano ingaggiato una battaglia con i padroni della tenuta.
Il mobilio della stanza era stato squarciato a forza di riparare i biondi purosangue dai continui schiantesimi lanciati dai due ragazzi, i quali, a loro volta, avevano trovato copertura dietro gli ampi divani.
Volavano raggi rossi e verdi in tutte le direzioni. Schiantesimi, cruciatus, avada kedavra cercavano di colpire il bersaglio, tagliando l'aria che aveva deciso di appesantirsi all'improvviso.
Però, in quel frastuono, Harry riuscì a chiamare a sé Dobby.
<< Va a cercare Hermione e portala al sicuro. Dopo ci verrai a recuperare. Lo puoi fare vero? >> gli disse di fuga e, mentre l'elfo scompariva sotto i suoi occhi, fece appena in tempo a vedere il cenno d'assenso.
Il combattimento continuò a distruggere buona parte della stanza e a ferire i maghi che la stavano combattendo.
Ed ecco l'ennesimo rumore di vetri infranti di fronte ad un incantesimo deviato.
I cocci cadevano giù come fantasmi, senza più valore o bellezza. E pensare che prima erano parte di un elegante specchio.
Ma la battaglia finì all'improvviso com'è iniziata, con l'arrivo di Bellatrix Lestrange.
La strega ricciuta non si lasciò intimidire da quell'attacco improvviso, bensì, con grande maestria, non solo lo placò, ma fece anche in modo che i due ragazzi risultassero completamente inoffensivi, dopo il suo intervento.
Pietrificati, infatti, Harry e Ron, stavano immobili in posizione di attacco.
<< Guarda guarda un po' chi abbiamo qui! Oh Cissy, non lo vedi anche tu? E' Harry Potter. E tutto rimesso a nuovo … >> gongolò prima di rivolgere lo sguardo ai suoi parenti << Lucius come mai sei tutto sudato? Harry Potter si è sistemato per il Signore Oscuro e tu ti fai trovare messo poco meglio di un babbano qualunque? Mi deludi molto Lucius. E anche tu, sorella mia. Una padrona di casa non dovrebbe mai farsi trovare nelle condizioni in cui ti trovi tu attualmente. Hai i capelli tutti arruffati e la gonna storta. Non ditemi che avete avuto dei problemi a calmare quei ragazzini sovreccitati >>
L'uno accanto all'altro, i coniugi Malfoy rimasero in silenzio di fronte alla predica di Bellatrix.
In cuor loro sapevano di non avere tutti i torti. Non era lei che si era trovata colta di sorpresa e attaccata da due ragazzi che, sebbene la loro giovane età, combattevano in modo eccellente e avevano tutta l'intenzione di veder le loro teste servite su un piatto d'argento.
No, lei non aveva avuto a che fare con tutti questo. Lei era stata tranquilla tranquilla in una stanza del sotterraneo a torturare quella mezzosangue per ottenere informazioni.
Informazioni su cosa, non l'aveva detto a nessuno, ma era fermamente convinta che se il Lord Oscuro tornava e vedeva quella spada in casa loro, sarebbero morti tutti.
Lucius riusciva a stento a sopportarlo. Essere servo, in casa sua, di sua cognata, lo agitava parecchio, ma non poteva dire nulla. Se avesse parlato, se solo avesse osato lamentarsi, tutta la sua famiglia sarebbe spazzata via e dei Malfoy non resterebbe null'altro che il ricordo.
<< Ci hanno presi alla sprovvista, Bellatrix. Non è colpa di nessuno, se non di quel babbeo di Codaliscia, che doveva sorvegliare i prigionieri. >> intercedette Narcissa per il marito.
<< Su questo hai ragione, cara. >> rispose Bellatrix serenamente << ciò non toglie che, senza il mio aiuto, questi due babbanofili avrebbero potuto portar via la loro amica, e ciò non deve accadere prima che io abbia finito. Dopo, non so cosa potrebbero portar via >>
Rise da sola alla sua stessa battuta mentre i Malfoy rimasero nel più totale silenzio.
<< Ciononostante >> proseguì con il sorriso sulle labbra << la vostra inettitudine va punita. Giusto per farvi ricordare, in futuro, di questo atteggiamento poco consono e totalmente inappropriato >>
Tutto ciò che si sentì in seguito furono le urla di dolore di una moglie e di un marito che giacevano agonizzanti sul pavimento di marmo.
Nascosto dietro la carcassa del divano, Draco si tappò le orecchie.

 
***

 
Dobby impiegò poco tempo a trovare la cella in cui si trovava l'amica di Harry Potter.
In fondo, lui aveva servito in quella casa per tanti anni.
Tempo molto brutto per Dobby, in cui aveva solo sofferto e punito. Ma ora non sarebbe stato più costretto a infilarsi le orecchie nel forno o a stirarsi le mani; ora era un elfo libero. Non aveva più un padrone.
E tutto questo grazie a Harry Potter.
Che mago buono, Harry Potter. Per lui Dobby avrebbe fatto di tutto ed ora Harry Potter gli aveva chiesto di portare in salvo la sua amica Hermione e lui l'avrebbe fatto.
Riconobbe subito la cella in cui tenevano prigioniera la ragazza.
L'unica a cui un vecchio elfo stava facendo la guardia alla porta. Kreacher.
Dobby, capendo subito, che sarebbe stato impossibile entrare dalla porta principale, iniziò a dissolversi, per poi riapparire all'interno della stanzetta.
Si guardò un attimo intorno, soprattutto per abituare i suoi occhi a quell'oscurità e tese le grandi orecchie per tentare di ascoltare qualche disperato segno di vita.
Nulla. Né da fuori, né da dentro.
Per un verso, la cosa è molto positiva. Significava che Kreacher non aveva sentito il rumore della smaterializzazione e non aveva avvertito i suoi padroni.
D'altro canto il silenzio presente all'interno della cella, mettevano l'elfo in agitazione.
E se era arrivato troppo tardi?
No, no. Dobby avrebbe salvato Hermione Granger. E lo avrebbe fatto perché Hermione Granger era amica sua e di Harry Potter.
Mentre gli occhi di Dobby si erano ormai abituati a quel velo di tenebra che regnava in quel luogo, distinse un gemito soffocato.
Girò la testa di scatto, e la vide.
Hermione stava sdraiata sul pavimento gelato. La pancia a contatto con quelle pietre, mente sulla schiena c'erano solo i brandelli della stoffa della sua maglietta.
Dobby si avvicinò lentamente. Aveva paura che anche un solo respiro avesse potuto farle del male.
<< Signorina Hermione... >> sussurrò in ogni caso.
Doveva portarla via. Lo aveva promesso al suo amico Harry Potter.
La ragazza aprì con fatica gli occhi e vide il piccolo elfo chino su di lei.
<< Do...Dobby ... >> ansimò << Che...che cosa … che cosa ci fai qui? >>
<< Harry Potter ha detto a Dobby di portarla in salvo. Dobby deve aiutarla... Dobby ha visto le ferite … Dobby sa … Dobby deve! >>
<< Do...dov'è Harry? >>
<< Lui e Padron Weasley sono di sopra, con i Malfoy. Stavano combattendo mentre Harry Potter ha detto a Dobby di andare a cercarla. Dopo Dobby salverà anche loro, ma adesso devo salvare prima la signorina Hermione >>
<< Sal..salvarli? >> boccheggiò preoccupata << No. Dobby ascoltami, io sto bene. Tu devi portare via da qui Harry e Ron, mi hai capita? >>
Lo sforzo che le richiedeva impartire quell'ordine al suo piccolo amico era immane.
Sia fisicamente che psicologicamente.
<< Ma Harry Potter ha detto... >>
<< Dobby fa come ti dico. Bellatrix è uscita da qui preoccupata. Harry e Ron sono in pericolo e tu dev...tu devi andare a salvarli. La guerra non si vince senza Harry. Devi proteggere lui e basta, hai capito bene? >>
<< Ma io... io non posso...Harry Potter ha detto che devo prima salvare Hermione, poi lui e io... >>
<< Dobby, Harry deve vivere...e devi dirgli di continuare la nostra missione e portarla a termine. Che io voglio che lui la porti a termine. E poi tu non devi tornare in questo castello, anche se Harry te lo chiede. Dopo che saranno scappati intensificheranno la mia guardia. E...e devi dirgli...di andare a controllare nella camera blindata dei Lestrange...è molto importante...la camera blindata, ricorda. Questo me lo devi...mi devi promettere che glielo dirai, hai capito? >>
L'elfo tentennò. Non poteva abbandonarla, ma Harry Potter gli aveva sempre ripetuto che la signorina Hermione era quella più intelligente tra di loro e che le sue idee erano sempre quelle che portavano tutti in salvo.
Allora doveva dare retta ad Hermione?
<< Ma se io la lascio qui >> domandò << lei starà bene? Sopravviverà? >>
La ragazza abbozzò un sorriso << Ci proverò. Ora vai. >>
E richiuse gli occhi, per far capire all'elfo che era giunto il momento di mantenere la sua promessa e salvare Harry Potter.


***

 
Dobby se ne andò dal sotterraneo così com'era entrato, senza destare sospetto alcuno.
Apparì fuori al salone in cui aveva lasciato i suoi due amici.
L'istinto di Hermione non sbagliava; erano in grossi guai.

 
<< Allora... vediamo un po'; che cosa ne faremo di voi? E' meglio torturarvi un po' oppure uccidere direttamente quel traditore del proprio sangue e lasciar finire il lavoro al Signor Oscuro? >>
Bellatrix Lestrange parlava piano. Scandiva parola per parola senza il minimo tremore o incertezza. Ed era anche per questo che era così pericolosa.
Come la sua voce era calma e tranquilla nel pronunciare quelle sentenze, così anche lei.
Non temeva il dover uccidere qualcuno, tutt'altro.
E per questo Dobby sapeva di dover fare presto. Conosceva quella donna; aveva saggiato le sue punizioni, e sapeva che se voleva togliersi lo sfizio di uccidere Padron Weasley con le sue mani, l'avrebbe fatto senza pensarci due volte.
Perciò l'elfo entrò velocemente in quel salone che tante volte aveva pulito e lucidato, individuò i due ragazzi e li portò con sé.


***

 
Quando Hermione sentì un grido rabbioso provenire dal piano superiore seppe finalmente che Dobby era riuscito a portar via Harry e Ronald.
Sarebbero sopravvissuti.
Senza di lei, ma sarebbero sopravvissuti.
Sorrise immaginando le reazioni degli amici, ma in cuor suo sapeva di aver fatto la cosa più giusta nel persuadere Dobby a portarli in salvo.
Ora doveva solo trovare il modo per fuggire anche lei. Forse ci sarebbe stato tempo anche per quello.

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Capitolo 9
*** 9.Punti Interrogativi ***


9. Punti Interrogativi
 

 
Bellatrix Lestrange stava seduta su una delle lussureggianti poltrone di velluto verde presenti nel salotto della sorella, con un calice pieno di Firewhisky in mano.
Era sola nella stanza.
Probabilmente, data l'ora tarda, erano tutti rintanati sotto le pesanti coperte dei loro morbidi letti.
Lucius e Narcissa – la sua cara sorellina – certamente avevano augurato la buona notte al loro unico figlio e forse si erano anche scambiati un leggero bacio prima di coricarsi.
Che scena nauseabonda.
Solo il pensiero le faceva venir su un conato di vomito non indifferente.
Quella dolcezza … quell'amore familiare … non riusciva nemmeno a immaginare una cosa così. Solo il pensiero la faceva star male.
Ed è per questo che era ancora sveglia a sorseggiare Firewhisky mentre tutto intorno a lei taceva.
Lei non aveva una famiglia a cui sorridere prima di addormentarsi.
Aveva sì un marito. Rodolphus era un eccellente compagno di vita, ma non provavano l'uno per l'altra quell'amore incondizionato. Condividevano solo una nera passione.
E così si era ritrovata ad aspettare la notte; il momento che assolutamente preferiva dal momento che nessuno, dopo il tramonto, osava camminare all'interno del Manor.
La paura di incontrarla era troppo forte. Il terrore che i Mangiamorte avevano di lei era come un veleno che si era diffuso in tutti quegli anni ed ora era diventato letale.
E in quella silenziosa oscurità lei riusciva a respirare.
In quell'oscurità lei viveva.
Nonostante ciò, stava bevendo quel Firewhisky come un assetato nel deserto alla vista dell'acqua.
Era tesa. Tesa, preoccupata e confusa come non lo era da anni, ormai.
E tutto per quella mezzosangue che era racchiusa nei sotterranei.
No, no … non era una mezzosangue.
Non era una mezzosangue.
Non era una mezzosangue!
Lei era … era … quella bambina.
Quella piccola bambina che aveva quel segno sulla schiena.
Il marchio che la rendeva inequivocabilmente sua.
Lei era quella bambina che aveva dovuto lasciare diciassette anni or sono
Quella bambina che, dopo così tanto tempo, era finalmente tornata da lei.
Ma ora, dopo questo ricongiungimento inaspettato, non sapeva come comportarsi.
Non poteva assolutamente riconoscere la ragazza come sua figlia senza subire conseguenze pesanti ed era impossibile salvarla – come aveva intenzione di fare – mantenendo il suo attuale stato di sangue.
I mezzosangue in quella casa non vivevano a lungo.
L'unica soluzione possibile, per il momento, era quella di convincere il Signore Oscuro a mantenerla in vita per un possibile riscatto.
Doveva riuscirci.
Non poteva permettere che le fosse fatto del male. Non questa volta. Da nessuno.
E mentre pensava ad un discorso efficace, bevve d'un fiato tutto il contenuto del bicchiere di cristallo.
Si, ce l'avrebbe fatta. Anche a costo di sfidare il Signore Oscuro.


***

 
Era notte?
Forse. O forse no.
Era viva?
Per il momento, ma chi lo sapeva quanto questo momento sarebbe durato. Forse l'indomani l'avrebbero già uccisa … o forse il domani sarebbe giunto tra poche ore.
Hermione ancora non riusciva a credere come la sua vita si era trasformata in un immenso punto di domanda la cui risposta non dipendeva da lei. E questa era la cosa che più la frustava.
Lei, che in tutta la sua vita aveva organizzato piani ben delineati ed era stata responsabile delle scelte che l' avrebbero condotta alla distruzione o alla salvezza, ora non aveva più potere sulla sua stessa esistenza.
Sarebbe sopravvissuta un altro giorno o quella notte sarebbe stata l'ultima?
Non lo sapeva; e non avrebbe mai potuto dare una risposta a questa domanda.
Eppure godeva di un certo senso di sicurezza. Come se, anche se si sarebbe persa la sua anima, le sue azioni, tutto ciò che aveva iniziato, sarebbe rimasto in quel mondo e l'avrebbero fatta vivere in compagnia dei suoi amici ancora per un po'.
E per questo non permetterà a se stessa di crollare, ad un eventuale interrogatorio.
Nel suo piccolo era riuscita a portare Harry e Ronald al sicuro con l'aiuto di Dobby e mai e poi mai avrebbe messo in pericolo i suoi ragazzi.
Sarebbe morta.
Oh si, sarebbe morta piuttosto che tradirli e venderli a quel pazzo di Voldemort.
Forse poteva sperare che la morte sarebbe venuta dolcemente e il più velocemente possibile.
Mangiamorte permettendo.
E con questi pensieri che ancora le vorticavano in testa, chiuse gli occhi e appoggiò il viso sulle pietre fredde.
Forse avrebbe tratto sollievo sentire su di sé il gelo mentre il suo corpo era ancora infiammato dal dolore che la lama di Bellatrix aveva tracciato su di lei.
E così contesa, tra ghiaccio e fuoco, entrò in un mondo fatto di latte e miele.
Un mondo interamente suo.


***

 
Dobby si era smaterializzato dove Padron Weasley gli aveva detto precedentemente di portare il signor Olivander e quella giovane ragazza bionda, Luna Lovegood.
A Villa Conchiglia.
E in quel viaggio aveva portato con sé Harry Potter e Padron Weasley. E basta.
Appena comparvero sulla sabbia i due ragazzi caddero a terra come massi.
Forse perché massi lo erano ancora.
Dobby se ne ricordò solo quando colpirono il terreno con un tonfo sordo, che non li aveva ancora liberati dall'incantesimo pietrificante.
Quando i due ragazzi ritornarono in possesso dei rispettivi corpi – come per magia – si avventarono sul piccolo amico.
<< Dobby … Dobby dov'è Hermione? E' dentro, vero? >> chiese Ron con la voce tesa.
<< Padron Weasley … Dobby doveva ma … Dobby … oh Padron Weasley, Dobby ha dovuto promettere alla signorina Hermione che … oh, la prego non ce l'abbia con Dobby >>
Il piccolo elfo era ormai preda della sua disperazione per l'ordine non eseguito.
Sarebbero riusciti a farlo concentrare a sufficienza per ottenere le informazioni di cui necessitavano? Dov'era Hermione?
<< Dobby... Dobby... che ne è di Hermione? >> domandò Harry liberando la creatura dalla stretta di Ron, che nel frattempo l'aveva afferrato per quello straccio che indossava.
<< Harry Potter non deve avercela con Dobby, signore >> rispose l'elfo accarezzando le mani del suo amico << Dobby ha fatto quello che la signorina Hermione gli ha detto di fare. Perché Harry Potter deve vivere! >>
<< Dobby, concentrati... che cosa ti ha detto Hermione esattamente? >> insistette il Bambino Sopravvissuto.
L'elfo tentennò un po', ma alla fine disse : << Prima Harry Potter deve promettere che farà come la signorina Hermione ha detto >>
Harry rimase scioccato dalla risposta. Mai, prima di allora, Dobby gli aveva risposto con quel tono serio.
<< Lo deve promettere >>
<< Io... e va bene, prometto >>
<< Bene... e anche lei Padron Weasley. Deve promettere >>
<< Come? Prometto, prometto! Ora dicci che cosa ne è di Hermione! >>
<< La signorina Hermione mi ha fatto promettere di portare Harry Potter e Padron Weasley in salvo perché solo così la guerra si sarebbe conclusa e mi ha...mi ha detto di lasciarla lì a Malfoy Manor perché lei...lei aveva la priorità, Harry Potter. Dobby è infinitamente dispiaciuto di non aver rispettato i suoi ordini ma la signorina Hermione è stata irremovibile...Lei voleva solo che salvassi voi...e voleva che voi continuaste la vostra missione e che voi dovete controllare la camera blindata dei Lestrange. Voleva che andaste avanti senza di lei e finire il lavoro, senza ritornare alla dimora dei Malfoy. Dobby non sa altro, signori. A Dobby dispiace di non aver potuto fare di più >>
<< Fare di più! >> espose Ron prendendo l'elfo per le braccia e strattonarlo su, occhi contro occhi << Ti avevamo chiesto una sola cosa, Dobby. SALVARE HERMIONE! E tu adesso ci dici che l'hai abbandonata in un covo di Mangiamorte che probabilmente si stanno divertendo a torturarla in questo momento! IO TI... >>
<< RON! >> urlò Harry strappando l'elfo dalle mani dell'amico
<< RON UN ACCIDENTE, HARRY! HERMIONE E' LA'...E' LA' DA SOLA!! E CHISSA' COSA LE STARANNO FACENDO IN QUESTO MOMENTO E TUTTO PER COLPA DI...>> gridò in risposta il rosso.
<< Non è colpa di Dobby, Ron. Non l'hai sentito? E' stata Hermione a obbligarlo a lasciarla li... e non possiamo prendercela con lui... dopotutto la conosci Hermione...è così testarda...>>
<< Non dirmi cose che già so, Harry >> disse Ron amareggiato << E questo è solo un lato di tutta la sua bellezza...e non posso credere che adesso io non sono con lei a difenderla da qualunque cosa le stanno facendo. Lo so che l'ha fatto per noi, Harry, per salvarci...ma lei chi la salverà? Non vuole che ritorniamo in quel covo di casa...>>
<< La salveremo, Ron. In un modo o nell'altro >> disse Harry con tono sicuro.
Sicurezza o speranza vana, non si sapeva bene.
Forse era solo una di quelle frasi fatte per non sentire il dolore prepotente.
Forse era solo una di quelle frasi che si sarebbero ripetuti nel cuore della notte così tanto fino a che non sarebbe diventata convinzione.
Avrebbero fatto quello che la loro amica aveva detto loro.
Forse, era tutto quello che avrebbero potuto fare.

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Capitolo 10
*** 10.Il Signore Oscuro ***


10.Il Signore Oscuro

 
Lord Voldemort era compiaciuto.
Compiaciuto per il fatto che ogni cosa stesse andando per il verso giusto. Finalmente.
Il tempo – il troppo tempo – che aveva impiegato in quella missione solitaria aveva dato i suoi frutti.
La lunga ricerca che aveva compiuto era stata snervante da ogni punto di vista: continuare a seguire i piccoli indizi sanguinosi che si era lasciata dietro fino ad arrivare al luogo in cui il suo ultimo padrone l'aveva deposta era stato noioso, lungo e problematico.
Ma ora era sua.
La Bacchetta di Sambuco – la bacchetta invincibile – era tra le sue mani.
La rigirava con uno sguardo estasiato e, se solo non fosse stato lui, si sarebbe anche detto con gioia e dolcezza.
Oh, si. Era decisamente affascinato da quella bacchetta con poteri illimitati. Ne sentiva il potere defluire fin dentro le sue vene e accrescere la sua potenza. Nulla avrebbe potuto fermarlo adesso.
Harry Potter – quel moccioso baciato fin troppo dalla fortuna – non avrebbe avuto più nessuna via d'uscita.
Altro che “Bambino-Sopravvissuto”, Harry Potter sarebbe passato alla storia come un ragazzino vigliacco con la paura della morte e sopravvissuto solo grazie ad una massiccia dose di fortuna.
Per questo morirà presto, come avrebbe dovuto morire anni or sono... soprattutto perché questa volta nessuna donnicciola insulsa l'avrebbe salvato sacrificandosi per lui.
Per prima cosa però, doveva concedersi un attimo di pausa per impratichirsi con la Bacchetta di Sambuco. Era il momento di ritornare a Malfoy Manor, dove avrebbe pregustato solo la punta dell'iceberg del suo nuovo potere.


***

 
Bellatrix Lestrange non ricordava di essersi addormentata su quella poltrona verde.
Non ricordava le ultime azioni che aveva compiuto e che avevano fatto si che un delizioso calice di Firewhisky aveva macchiato il tappeto cadendo.
Aveva l'animo troppo tormentato per ricordare qualcosa.
Ed è per questo che il suono di una smaterializzazione la destò all'improvviso.
Prese in mano la bacchetta, anche se sapeva di non correre pericoli: chi mai sarebbe venuto a quell'ora tarda in un covo di mangiamorte, se non per trovare la morte? Morte che, per altro, lei sarebbe stata felice di regalare.
Avanzò piano nella penombra della casa con passo lento ma tuttavia deciso. Era sicura che fosse entrato qualcuno all'interno di Malfoy Manor anche se non ne conosceva l'identità.
Sentiva l'odore di magia fresca lungo il corridoio. Non sapeva spiegarlo, forse era un suo potere particolare, ma riusciva a captare la magia altrui in modo totalmente indipendente dalla sua volontà.
E questo intruso aveva in se' una magia dannatamente potente. Calda, avvolgente, passionale e pericolosa. Sfacciatamente pericolosa.
Era come se non avesse mai sentito della magia prima di allora.
Detestava ammetterlo, ma era affascinata da quel flusso di potere.
Lo riconosceva, lo sentiva suo.
<< Bellatrix, sguaini la bacchetta contro il tuo signore? >>
Lord Voldemort aveva parlato suadente sul collo tremante della mangiamorte e mentre Bellatrix, suo malgrado, si ritrovò costretta ad abbassare la bacchetta, rise di scherno.
<< Mio Signore, non l'aspettavo a Malfoy Manor. Ho temuto un estraneo >>
<< Bellatrix, per quanto sei una mangiamorte eccellente e le tue menzogne riescono ad ingannare le menti più semplici, io ho la presunzione di considerare la mia mente di un livello superiore ed è per questo che non mi inganni. Bellatrix, tu non temi gli estranei. Tu non temi nulla in generale, hai l'anima troppo nera per temere l'oscurità >>
<< Il Mio Signore mi fa dei complimenti che non merito >>
<< Bellatrix, lo sappiamo entrambi che questo atteggiamento accondiscendente non è da te. Forza; entriamo in salotto. Stare a chiacchierare qui in piedi è dannatamente scomodo. Le poltrone di tua sorella sono decisamente più comode; non concordi con me? >>
Bellatrix non rispose nulla; si indirizzò solamente verso il luogo indicatogli.
Il Signore Oscuro andò dietro alla strega e si sedette in tutta la sua maestosità su una delle poltrone verdi.
La Black, nel frattempo, prima di sedersi, andò a riempire due calici di Firewhisky invecchiato da bere con il suo signore.
<< Bene, mia cara. >> iniziò Lord Voldemort dopo aver iniziato a sorseggiare l'alcolico << Ora spiegami cosa ti ha causato questo sconvolgimento emotivo. Cosa che, per altro, è difficile indurre in te. Quindi....racconta pure quello che è successo al tuo Signore >>
<< Non è successo nulla, mio Lord. Mi sono appisolata in salone ed il rumore della smaterializzazione mi ha svegliata all'improvviso >>
<< E cosa ci facevi in salone a quest'ora della notte, Bellatrix? Trovo che il letto sia un luogo più indicato per riposare...o per fare altro >>
<< Non avevo intenzione di dormire o di fare alcunché su queste poltrone, per giunta scomode e sciatte. Stavo qui a assaporare del buon Firewhisky e a pensare alla notte, quando mi sono appisolata >>
<< A che cosa stavate pensando a quest'ora buia? >> domandò interessato.
<< A nulla d'importante, come potete ben immaginare, altrimenti non mi sarei addormentata come una sciocca >>
Bellatrix sminuì ancor di più il fatto con un plateale gesto della mano. Non voleva darlo a vedere, ma era preoccupata per essersi lasciata sfuggire quell'inutile e piccolo verbo che non doveva mai venir pronunciato in presenza di Lord Voldemort.
Pensare.
A cosa doveva mai pensare lei, umile serva, se non a compiacere il suo signore?
A nulla, semplice.
Tutto il suo mondo doveva girare intorno a Lui, alle missioni che doveva compiere per Lui.
Era stato questo il patto che aveva suggellato quando aveva accolto il Marchio Nero dentro di sé come il più prezioso tra i doni.
Eppure non aveva missioni in programma, nessuna grana di nessun genere... a cosa mai doveva pensare allora?
Il Signore Oscuro poteva vantare una mente pronta, fredda e manipolatrice, ma di fronte a questa domanda non era capace di dare una risposta soddisfacente per il suo intelletto esigente.
Proprio per questo era così irritato.
Lui aveva la necessità di avere tutto sotto il suo controllo. Conoscere fino a limiti dell'impossibile e oltrepassarli per scoprire cosa esisteva oltre.
E nonostante il fatto che Lui si era spinto più oltre di ogni mago o strega fino ad ora conosciuto, non riusciva a sopraffare l'animo di Bellatrix Black.
- Perché per lui era e sarebbe rimasta sempre una Black -
Aveva cercato di vincerla sotto ogni aspetto, ma ogni suo tentativo si era dimostrato inutile.
Era come cercare di accalappiare il vento e costringerlo a soffiare e a sbuffare a proprio piacimento.
Impossibile.
Assurdo.
Inammissibile.
Il vento è indomabile, bellissimo ed eterno. Nessuno sarebbe mai riuscito a renderlo schiavo.
Nessuno, neanche uno, nemmeno Lui.
<< Erano dunque futili fantasie? Pensieri leggeri e di nessuna importanza? >>
<< Si, Signore >>
Bellatrix era ferma. Non si poteva dubitare delle parole della strega.
Peccato che Lord Voldemort era un formidabile Legilimens.
<< Molto bene, puoi ritirarti Bellatrix >>
E sapeva che la strega gli aveva nascosto qualcosa. Qualcosa di grosso.


***

 
Draco Malfoy era irrequieto.
Agitato come mai prima di allora.
E il turbamento che aveva in corpo gli aveva impedito di riposare tranquillo.
Sapeva a cosa era dovuto tutto quel trambusto: non era perché aveva visto i suoi genitori torturati da sua zia, né perché aveva potuto osservare come questa avesse scagliato la maledizione senza alcun pentimento.
No, Draco Malfoy era inquieto per i fatti avvenuti prima.
Prima, quando aveva visto quei tre sciocchi imprigionati davanti a quella furia di sua zia.
Prima, quando aveva sentito l'ordine di sua zia di portare la mezzosangue nei sotterranei, e quando aveva cercato di non ascoltare le grida di dolore della ragazza provenire dalle fondamenta della casa.
Casa sua.
Gli sembrava di essersi addentrato in un incubo durato fin troppo a lungo.
Lui non desiderava questo.
Non sentiva la necessità di uccidere babbani e mezzosangue. Li disprezzava, ma non era pronto per la morte.
Forse non sarebbe mai stato pronto.
Cercò più e più volte di addormentarsi durante la notte, ma fu tutto vano.
Il rumore di quelle grida sofferenti ancora lo tormentavano e non lo lasciavano in pace.
Le immagini che si era costruito riguardo la tortura della coetanea erano così raccapriccianti che aveva paura anche solo di chiudere gli occhi.
Non poteva continuare così.
Doveva in assoluto cercare di parlare con la ragazza, non sapeva perché; forse per tentare di salvarsi da questi sensi di colpa che l'avevano fatto prigioniero o forse perché il suo animo ne sentiva la necessità.
E finché non fosse riuscito a compiere questa autentica missione, sarebbe andato avanti con pozioni che lo avrebbero donato di un sonno senza sogni.
Pozioni come quella che ora teneva in mano. E che aveva bevuto tutto d'un sorso.

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Capitolo 11
*** 11.Al Piano Di Sotto ***


 
11.Al Piano Di Sotto

 
Al contrario di ogni aspettativa, Harry Potter e Ronald Weasley avevano deciso di continuare il loro folle viaggio alla distruzione degli Horcrux, senza l'appoggio della loro amica Hermione.
I pochi che all'interno dell'Ordine della Fenice sapevano il perché dell'assenza della piccola strega – informati da Bill e Fleur - avevano dubitato che i due sarebbero ritornati velocemente alla loro missione; qualsiasi essa fosse.
Credevano piuttosto che, passata la distruzione iniziale – nonostante ci fosse stata e fosse stata molto pesante e distruttiva, specie da parte di Ron – i due avrebbero progettato un piano per riportare a casa la piccola Hermione.
Invece i fatti dimostravano tutt'altro.
I due maghi erano ripartiti per chissà dove e ormai non si avevano più notizie di loro da tempo.
Avevano lasciato Villa Conchiglia subito dopo aver ottenuto le informazioni che volevano dal Signor Olivander. Erano usciti da quella fragile quotidianità così in fretta che si poteva pensare che il loro ritorno non fosse nulla più che un'apparizione.
Per questo se si visitava la Tana di notte e se si faceva particolare attenzione, si poteva sentire il passo felpato di Molly Weasley che andava spedita nella cucina e lì, nel conforto silenzioso delle sue pentole e dei fornelli, sfogava le lacrime che non poteva e non voleva mostrare al marito.

 
Il Bambino-Sopravvissuto e Ronald Weasley avevano discusso tra loro le varie priorità che la loro stessa vita gli aveva messo di fronte.
Da una parte avevano gli ordini di Silente e le aspettative dell'intero mondo magico: dovevano distruggere gli Horcrux per avere una possibilità di sconfiggere l'Oscuro Signore.
Dall'altra però, il loro animo li spingeva verso un castello tetro e pieno di insidie; palazzo in cui avevano dovuto abbandonare Hermione.
Erano stati molto combattuti in merito. Ron aveva puntato fin dall'inizio a correre a liberare Hermione da quei pazzi che seguivano il pensiero di Voldemort. Non aveva minimamente calcolato il numero infinito di problemi che questo piano poteva avere. Lui voleva solo raggiungere l'obiettivo: salvare Hermione.
Harry invece era stato molto più riflessivo. Aveva considerato pro e contro di quella proposta e alla fine aveva deciso che era molto più prudente continuare con il piano originario. Piano che, tra l'altro, era pienamente appoggiato anche da Hermione, come avevano avuto modo di scoprire dalla confessione del piccolo elfo.
Alla fine Ron dovette ammettere che il parere di Harry era molto più sensato del suo e così, insieme, partirono alla ricerca del prossimo Horcrux, nascosti dalla macchia delle foreste e di numerosi incantesimi.
Avevano solo un indizio, solo il nome di un luogo, per raggiungere l'Horcrux.
Dobby era stato molto chiaro: dovete controllare la camera blindata dei Lestrange.
Camera Blindata voleva significare solo una cosa: La Gringott, la banca dei maghi.
Harry ricordava bene l'incisione sulla porta della Gringott:

 
Straniero entra, ma tieni in gran conto,
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato”

 
I folletti erano molto coscienziosi e scrupolosi riguardo ai furti. Infatti per questo duro e meticoloso lavoro si poteva dire che la Gringott è uno dei luoghi più sicuri dell'intero mondo magico; forse solo Hogwarts...Già, Hogwarts...
Eppure Hermione è lì che li stava mandando. Voleva che andassero dentro la Gringott a prelevare un tesoro estraneo...
E' per questo che Harry e Ron si erano alzati con un un senso di oppressione non da poco.
La notte precedente non era stata delle più rosee; erano andati a letto con una preoccupazione in corpo sempre più crescente e che non si era sfumata durante la notte.
Sarebbero riusciti in quell'impresa disperata?

 
***

 
Quel giorno Malfoy Manor si era svegliato con un sole rosso cremisi; più scuro di ogni cosa un essere umano avesse mai avuto il brivido di vedere ma brillante come una goccia di sangue fresco, rigorosamente puro.
I Mangiamorte che abitavano la casa e che non erano riusciti a scappare, cercavano un riparo per fuggire dall'ira disumana del proprio padrone che proprio in quel momento si stava rivestendo su tutto il castello.
Non l'avevano mai visto così in collera.
Molti di loro non sapevano nemmeno il perché di tale sdegno. Neanche Codaliscia, che era stato l'uomo più martoriato dai Cruciatus di Lord Voldemort, conosceva il motivo per cui era stato sottoposto a tali torture. Che cosa aveva sbagliato stavolta?
Ma il morale del Signore Oscuro non si era infuocato solo per colpa dell'inettitudine di quel suo seguace inutile e ottuso, ma perché questa incapacità disarmante sembrava essere dilagata ovunque e, come colpo finale, aveva fatto fuggire da quel luogo quel dannato damerino di nome Harry Potter.
<< Malfoy! >> urlò il Signore Oscuro dopo aver fatto riunire tutti i Mangiamorte << Vieni in mia presenza! >>
Lucius avanzò piano – non aveva la minima voglia di velocizzare l'intera situazione.
<< Mi avete chiamato, Mio Signore? >> chiese umile, inchinandosi di fronte a lui.
<< Certo che ti ho chiamato, stupido inetto >> disse Lord Voldemort sprezzante << Ti ho chiamato anche per un motivo ben preciso, sai quale? >>
<< Il Mio Signore non può certo pretendere che la mia lenta mente raggiunga le vette della sua magnificenza. >>
<< Sarebbe un no, Lucius? >>
Il mago non rispose nulla, poiché nulla lo avrebbe salvato, lo sapeva.
<< Non sono per nulla soddisfatto, Lucius. Per nulla. Un buon padrone sa sempre cosa avviene nei luoghi sotto la sua supremazia, e questa, non è forse casa tua, mio caro e buon vecchio Lucius? >>
<< Si, Mio Signore >>
<< Ebbene, perché nella tua casa sono avvenute cose di cui tu non sei a conoscenza? Crucio! >>
Lucius Malfoy urlò. Urlò come mai aveva fatto in vita sua.
<< Mio... Signore... >> ansimò
Lord Voldemort non sentì la supplica << So per certo che in questa casa sono stati fatti dei prigionieri la settimana scorsa...sai chi erano? Crucio! >>
Narcissa Malfoy chiuse istintivamente gli occhi per un secondo. Non voleva vedere quella tortura, ma quello non era il luogo e il momento adatto per mostrare debolezze.
<< Non lo sai? Beh, Lucius mi sorprende come tu sia riuscito ad ottenere una bacchetta. Bacchetta che, come posso notare, non ti serve a granché dato che sei riuscito a far fuggire Harry Potter da questa casa. Crucio! Hai capito ora chi era il prigioniero, stolto? Era quel moccioso senza spina dorsale di Potter! Crucio! Prenderò io la tua bacchetta , Lucius, poiché a te non serve. Che questo sia di lezione a tutti voi. Non tollero simili errori.>>
<< Si, Mio Signore >> risposero in coro i mangiamorte.
<< Molto Bene. Bellatrix, vieni con me >> disse con un tono più calmo.
<< Ma, Mio Signore … >> intercedette per lei il marito, temendo una ripercussione nei confronti della donna.
Fortunatamente, prima che il Signore Oscuro potesse lanciare un qualsiasi incantesimo, la moglie fermò le parole dell'uomo.
<< Rodolphus, se il Mio Signore desidera conferire con me in privato io non ho nulla da temere e di certo nemmeno tu. >>
Rodolphus guardò la moglie. Lo sguardo di lei era fiero e non ammetteva repliche.
Bastò solo quell'occhiata truce per rimettere Rodolphus nelle fila, come se non ne fosse mai uscito.
<< Rodolphus, ringrazia la strega che hai il privilegio di chiamare moglie se non ti uccido qui e adesso per il tono in cui ti sei rivolto a me. Ricordati il tuo posto Lestrange e forse potrai ancora tenerti la tua patetica vita >>
<< Chiedo perdono, Mio Signore. Non accadrà più >>
<< Ne sono convinto; ed ora se non ci sono altre interruzioni... Bellatrix, prego... Voialtri potete andare >>


***

 
Erano spariti tutti. Dal primo all'ultimo.
Se ne erano andati con mantello e bacchetta e avevano lasciato Malfoy Manor il più velocemente possibile.
Tutti, tranne i Malfoy.
Narcissa e Draco Malfoy non potevano andarsene. Quella era la loro dimora, la loro casa, nel bene e nel male. Ed ora stavano affrontando il male della loro esistenza.
Lucius lottava contro il dolore fisico inferto dalle numerose cruciatus mentre Narcissa e Draco cercavano di sopportare insieme le emozioni di terrore e paura che la visione di quella tortura aveva fatto nascere dentro di loro.
Il volto della donna non possedeva più quell'impavida sicurezza e freddezza tipica dei Malfoy che lei aveva sempre posseduto prima di allora.
I capelli, seppur perfetti nell'acconciatura rigida, sembravano sfibrati e sfiniti, proprio come lei.
Quell'atteggiamento altezzoso era scomparso non appena aveva sentito le grida del marito, sostituito da pura preoccupazione per quell'uomo che, dopotutto, aveva imparato a conoscere e a rispettare.
Narcissa si inginocchiò a fianco del marito – dove era sempre stata – ed iniziò a togliere quegli indumenti ormai inutili e pieni di sangue.
<< Draco >> sussurrò << va di sopra e restaci. Quando dovrai scendere ti farò chiamare >>
<< Si...mamma >>
<< Molto bene. E … se incontri uno qualunque di quegli elfi stupidi, digli di venire subito qui. Ci dobbiamo occupare di tuo padre, adesso >> disse cercando di riprendere quel tono austero che usava così spesso.
Draco, anche se non fu visto, annuii prima di lasciare la stanza.

 
Bum. Bum. - Bum. Bum.
Era il suo cuore quello o il rumore irrefrenabile di tamburo, quello?
Bum. Bum. - Bum. Bum.
No, senza dubbio era il suo cuore; e non riusciva a calmarlo.
Perché non ci riusciva? Dannazione!
Draco sapeva che doveva calmarsi. Riprendere il controllo del suo corpo, del suo respiro, del suo cuore. Quello non era il luogo per farsi prendere dalle emozioni. Aveva imparato a proprie spese che quelle mura avevano acquisito le orecchie e per questo era sempre stato molto attento a tutte le sue azioni. Non era più casa sua. Aveva imparato a trattenere tutti i suoi istinti, ma allora perché non riusciva a rallentare quel maledetto battito?
Doveva trovare una soluzione.
Magari, sfogarsi … forse parlare … ma parlare con chi?
Poi, ecco l'illuminazione!
La Granger.
Lei l'avrebbe ascoltato. Non perché fossero chissà quanto amici, anzi per dirla tutta non lo erano affatto, però sperava, quasi follemente, che quella ragazza avrebbe potuto condividere i suoi pensieri e forse, liberarlo da quei sensi di colpa che aveva fin troppo spesso.
Così, a dispetto di tutto, scese al piano di sotto, nelle segrete.

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Capitolo 12
*** 12.Parlami ***


 
12.Parlami

 
<< Dovresti insegnare al tuo caro marito come ci si comporta in mia presenza, Bellatrix. >>
Così iniziò il suo discorso il Lord Oscuro alla sua più oscura seguace.
<< Sono sorpresa quanto il Mio Signore. Normalmente Rodolphus sa qual è il suo posto >>
<< Evidentemente no >>
Bellatrix tacque. Effettivamente Rodolphus aveva parlato seppur non fosse stato interpellato. Era stata una fortuna che il Loro Signore non avesse alzato la bacchetta su quell'uomo.
<< Ad ogni modo >> continuò << non siamo qui per parlare della condotta alquanto discutibile del tuo consorte, piuttosto ho desiderio di parlare con te su questioni piuttosto delicate >>
<< Sono onorata che il mio signore riponga in me così tanta fiducia da rendermi partecipe dei suoi oscuri piani >>
<< Suvvia, Bellatrix, non iniziare a fare la riverente con me. Non è la prima volta che preparo una parte importante per te nei miei progetti. Ti sei sempre dimostrata all'altezza >>
<< Ho sempre fatto ciò che il Mio Signore richiedeva >>
<< E l'hai fatto in modo sublime, Bellatrix. Non credere che il Tuo Signore non ne tenga conto >>
<< Non l'ho mai pensato >>
<< No, evidentemente >>
<< Il Mio Signore ha per caso letto la mia mente? >> domandò pungente Bellatrix << In tal caso sarei molto amareggiata perché ciò significa che il Mio Signore non si fida di me, la sua serva devota >>
<< Oh Bellatrix! Io non ho bisogno di leggere la tua mente! Il mio animo è in sintonia con il tuo, Bellatrix, e questo non lo nego. Questo fatto fa si che non ho mai avuto la necessità di sondare la tua mente, come invece ho fatto con i miei Mangiamorte >>
<< Me ne rincuoro >>
<< Ciononostante Bellatrix, sono veramente molto insoddisfatto >>
<< L'ho delusa in qualche modo, Signore? >>
<< Bellatrix, non eri presente anche tu il giorno della cattura di Potter? >>
<< Si, Mio Lord >>
<< Allora dov'eri quando sono riusciti a scappare quei maledetti ragazzini? >> chiese duro Lord Voldemort << Tutto questo mi delude Bellatrix. Se davvero eri presente dovevi fare in modo che non se ne andassero almeno fino al mio ritorno >>
La strega si zittì.
Non poteva certo dire che non aveva potuto impedire a quei pezzenti di uscire di casa perché lei stava di sotto, nelle segrete di Malfoy Manor a torturare il terzo membro di quella compagnia che Lord Voldemort odiava più di ogni altra cosa.
Non poteva parlare perché sarebbe di certo corso nei sotterranei a uccidere definitivamente quella ragazza come provocazione per il suo amico Potter.
Il punto era che non era solo l'amica di Potter.
Era quella dolce bambina che era stata nel suo ventre per nove lunghi mesi.
Quella bambina che le apparteneva, ma che era anche un po' sua. Benché lui non lo sapesse nemmeno. Perché lei lo aveva tenuto nascosto a tutti.
Non si era mai pentita di aver preservato la vita di quella creaturina, sebbene avesse dovuto in qualche modo lasciarla per tutti quegli anni; ma ora, se avesse parlato, se gli fosse uscita dalla bocca anche mezza parola sul fatto che non se ne erano andati tutti e tre, la ragazza sarebbe morta e il suo tentativo di proteggerla, fallito.
Non poteva permettere che ciò accadesse.
<< Ha ragione, Mio Signore. Il mio comportamento è stato inqualificabile. Sono pronta a ricevere la mia punizione >>
Lord Voldemort, che prima camminava lento all'interno della stanza, si fermò di colpo solo al sentire quel tono accondiscendente che normalmente avrebbe apprezzato.
<< Tutto questo non è da te, Bellatrix. Ti stai comportando come un cucciolo ferito. Dov'è la possente e fiera pantera che sei stata fino a pochi giorni fa? Si direbbe che questo fallimento ti abbia scosso profondamente … ma la domanda è perché? >>
<< Non ho il piacere di veder il Mio Signore di pessimo umore >>
<< Di nuovo non ci siamo, Bellatrix. Odio questo temperamento mite in te. >>
<< So qual è il mio posto >>
<< Molto bene. Allora questo non ti dispiacerà … Crucio >>
Se Bellatrix era una maestra nell'arte della tortura, Lord Voldemort era un sublime artista della stessa abilità.
Crudele, senza pietà, inumano.
Eppure, Bellatrix non urlò. Nonostante stesse soffrendo come mai in vita sua, non emise un fiato.
<< Dimmi, Bellatrix, ti ho fatto male? >>
<< M-mio signore … >> ansimò
<< Bellatrix, perché vuoi infliggerti dolore inutilmente? Per far finire tutta questa sofferenza basta solo che tu mi dica la causa di questa tua reazione indegna >>
<< N-non c'è n-nessuna c-causa, Mio … Mio Signore >>
<< Mi menti, Bellatrix? E per quale ragione? >>
<< Io … io non … >>
<< Su su, Bellatrix. Mentire è normale per quelli come noi … però non posso accettarle, soprattutto da te. Devo sapere la verità, per questo mia cara, mi rincresce ma … Legilimens >>

 
L'inizio era come tutte le altre volte, la fitta nebbia che racchiudeva i ricordi ancora da diramare … ma poi ecco, la scena si stava facendo più chiara.
Finalmente vedeva Bellatrix e, contrariamente a quanto aveva pensato all'inizio, non si trovava insieme ai Malfoy, bensì stava affilando quel suo affascinante coltello nelle segrete del Manor.
E mentre compiva questo gesto con quella particolare luce folle negli occhi guardava la ragazza che stava ai suoi piedi. Salazar solo poteva sapere se non avesse riconosciuto quei ricci... era l'amica di Potter! La mezzosangue!
E Bellatrix la stava torturando per avere informazioni. Ottimo.
L'aveva sbeffeggiata prima di colpirla, squarciando la schiena con un taglio netto. Meglio di quanto avesse sperato. Doveva solo godersi la morte di quella smorfiosa.
Subito dopo il primo colpo aveva ordinato a quel patetico elfo di ripulire la schiena della giovane ma, a metà dell'operazione, l'elfo s'interruppe.
<< Ebbene? Perché mai ti sei fermato? >> aveva chiesto feroce.
<< Padrona... padrona, la prego. Kreacher non può … non può … lei... Kreacher è un elfo cattivo. Perdono, padrona! >>
L'immonda creatura sembrava sul punto di scoppiare in lacrime, ma Lord Voldemort non era interessato a questo. Lui, come Bellatrix, voleva sapere.
<< Ti ho fatto una domanda, elfo! Perché ti sei fermato? >>
<< Padrona la prego venga a vedere. Venga a vedere ciò che Kreacher ha scoperto >> disse l'elfo indicando tremolante un punto sulla schiena della ragazza, poco sopra le scapole.
E quando anche Bellatrix ebbe visto, sussurrò tra sé e sé: << Questo non è possibile >>

 
Era difficile sorprendere Lord Voldemort, ma quella volta Bellatrix aveva superato se stessa.
E tutto perché Bellatrix non aveva ucciso quella stupida ragazzina dal sangue infetto …
Come mai non l'aveva uccisa? Prima sembrava intenzionata a privare il mondo di quell'esistenza inutile, ma alla fine non l'aveva fatto. Perché … perché non l'aveva fatto?
Aveva già capito che Bellatrix nascondeva qualcosa di opprimente dentro di sé, ma non pensava che avesse sulla coscienza la vita di quella Granger.
E poi come aveva fatto quella streghetta, se così la poteva definire date le sue origini, a incantare Bellatrix in quella maniera?
Aveva bisogno di risposte. Subito.
<< Per questo hai lasciato fuggire quei damerini? Per torturare una ragazza e poi fermarsi senza un motivo. Hai avuto dei rimorsi di coscienza per quella ragazza, Bellatrix? Crucio! >>
L'urlo disumano di Bellatrix riecheggiò in tutta la casa, riflesso dell'ira del proprio padrone.
<< Mi hai veramente deluso, Bellatrix. E dimmi, la ragazza si trova ancora nei sotterranei? >>
<< S - Signo … Signore … >>
<< Rispondi! >> ordinò
<< Non … Io non … >>
<< No? Ebbene, allora puoi senz'altro dirmi come mai hai deciso di risparmiare la vita alla ragazza? Deve essere una persona speciale per te se ti ha fatto cambiare idea nel bel mezzo di una esecuzione … posso chiedere come mai? >>
<< Non c'è … io … lei non è … >>
<< Oh no, Bellatrix. Lei è. È qualcosa di serio e dannatamente problematico per me. Il suo arrivo è stata una disgrazia e per questo dovrò porre rimedio. Temo che … >>
<< NO! >> disse la Mangiamorte, contravvenendo ai dei desideri espliciti del proprio Signore e Padrone.
<< No? >> chiese Lord Voldemort esterrefatto << Hai, per caso, risposto ai miei ordini, Bellatrix?>>
<< Mio Signore, io non vole... >>
<< Oh no, Bellatrix. Tu volevi, anzi mi correggo, tu vuoi che quella ragazza sia in salvo … come mai? >>
Bellatrix tacque.
<< Non mi rendi le cose più facili non parlando >> insisté Lord Voldemort
Bellatrix sapeva che il Lord Oscuro era fuori controllo in quel momento – gli occhi così vividamente rossi glielo comunicavano più forte che mai - ma all'appello rispose con perfetto mutismo.
<< Se la vuoi mettere su questo piano, non mi lasci altra possibilità Bellatrix … Legilimens >>

 
Per la seconda volta, nell'arco di quella, aveva alzato la bacchetta sulla sua Mangiamorte favorita. Nonostante questo però, non riusciva a pentirsene. Doveva ottenere una risposta e se Bellatrix non voleva parlare, avrebbe ricercato la ragione nel suo passato.
Così si tuffò in quella nube argentea fatta di ricordi.

 
Il secondo viaggio nella mente di Bellatrix era stato molto più lungo del precedente, forse perché il Signore Oscuro non aveva un ricordo particolare da scovare bensì un unico incontro compromettente tra milioni e milioni di memorie o forse perché Bellatrix stava tentando, con le ultime forze rimastele, si chiudere la propria mente a Lord Voldemort.
Se fosse riuscita a farlo velocemente, il Suo Signore non avrebbe potuto accedere ai ricordi di quella notte di tanti anni or sono. La notte in cui aveva deciso di abbandonare la loro figlia.
Non sapeva dire se fosse stata colpa delle troppe maledizioni cruciatus ricevute o perché in cuor suo voleva far conoscere il reale stato di sangue della ragazza.
Fatto sta che Lord Voldemort vide - vide un cesto, una neonata e un pugnale imbrattato di sangue, sangue puro.
Vide tutto questo e seppe. Seppe che non era stato solo questo.

 
***

 
<< Ehi, mostriciattolo, vieni qui. Subito. >> urlò Draco Malfoy dalla porta d'ingresso del sotterraneo di Villa Malfoy.
L'elfo di nome Kreacher, a cui erano rivolte le suddette parole arrivò immediatamente ai piedi del discendente del casato.
<< Ha chiamato, padroncino? >> chiese umile.
<< E' ovvio che ti ho chiamato, imbecille >> rispose aspro << devi raggiungere mia madre nel salone. Ha bisogno di ogni genere di pozione curativa; non ti è dato sapere altro. >>
<< Subito, padroncino >>
<< Molto bene … ah! Prima che tu vada … mia madre mi chiamerà per la cena al momento opportuno. Ti ordino di essere tu a venire a chiamarmi, non prima. Sarò qua sotto tutto il tempo, non hai il diritto di sapere il perché. E se mia madre scopre che sono nel sotterraneo, sarà l'ultimo ordine che potrai eseguire... sono stato abbastanza chiaro? >>
<< Certo, padrone. Sicuro, padrone. Kreacher può andare? >>
<< Sparisci! >>
E l'elfo sparì.
Una volta solo, Draco prese fiato. Non era molto difficile rimanere da solo in quella casa – era rimasto più volte chiuso in camera sua ad aspettare che tutto questo finisse – ma questa volta stava andando contro tutti gli ordini ricevuti per qualcosa che probabilmente si era solo immaginato.
In fondo chi gli assicurava che la Granger avrebbe voluto parlare con lui?
Si sarebbe rilevata un inutile perdita di tempo, se lo sentiva dentro.
Lui per primo non sapeva cosa dirle. Voleva parlare ma al contempo non voleva coinvolgere nessuno nei suoi pensieri.
Non sapeva se stava facendo la cosa giusta, ma continuò a camminare all'interno del sotterraneo fino alla porta dell'unica cella occupata.
Non era come i portoni che aveva al piano superiore, finemente decorati. Questa era lercia, logora e piuttosto pesante; pensata apposta per non lasciar fuggire chiunque si trovasse all'interno.
Un po' grezza ma efficiente, secondo i gusti di Draco.
Arrivato alla meta si fermò, respirò a fondo, di nuovo, e prese l'unica decisione possibile: era inutile stare lì fuori a tormentarsi. Era il momento di entrare.

 
Il cigolio della porta lo anticipò, facendo sobbalzare la ragazza all'interno; non che in quella stanza ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa, per poter distrarre il mago o la strega rinchiuso; solo fredde pietre e catene appese ai muri – semmai il prigioniero si dimenticasse la sua posizione in quella casa.
Draco si sorprese di quanto fosse piccolo lo spazio compreso tra quelle quattro mura, ma ancor di più quando vide la persona che aveva vissuto all'interno di esse.
Hermione Granger era diventata ciò che non era mai stata prima. Se prima era stata una giovane dal volto sereno, con l'umore allegro anche contro le situazioni più impervie, ora era il fantasma di se stessa, così piccola piccola raggomitolata vicino al muro.
Tutto in lei era cambiato: i capelli sempre indomabili che le incorniciavano graziosamente il volto erano solo un ricordo; il volto le si era sciupato enormemente, mostrando gli zigomi tirati, gli occhi infossati e spenti.
Nemmeno nei suoi sogni più vividi aveva mai pensato di incontrare gli occhi della mezzosangue così privi di vita.
Draco era pronto a scommettere che, se non fosse sicuro della sua identità, avrebbe pensato ad uno sbaglio.
Che fine aveva fatto la fiera Grifondoro?
<< Granger? >>
La ragazza alzò la testa, come per controllare che effettivamente colui che era entrato stava parlando con lei e non con qualcun altro. Quando si rese conto che lei era l'unica persona, oltre al ragazzo che aveva parlato, annuì.
<< Sei ridotta piuttosto male,sai. Fortuna che non hai uno specchio in questo buco, altrimenti … >>
Quel tono di voce così strafottente e arrogante Hermione l'aveva già udito prima di allora … ma dove?
<< Malfoy? >>
<< Certo, chi altri verrebbe a trovarti quaggiù >>
Poi, come se si fosse appena risvegliata da un incubo, ricordò tutto e ripiombò in un incubo forse ancor più gravoso del suo sogno ad occhi aperti.
<< Mi dispiace se l'ambiente non è di tuo gusto, sai non ho potuto addobbarlo... non sono uscita molto di recente >>
<< Oh, vedo che almeno non hai perso la lingua biforcuta. Per quella non c'è proprio speranza, invece per i capelli vedo che hai trovato una soluzione... >>
Hermione si portò una mano ai ricci – se ricci si potevano definire – e sentì quello che erano diventati i suoi capelli.
<< Vorrà dire che è arrivato il momento di tagliarli.>> concluse
<< Chiamami quando verrà il giorno. Non ho nessuna intenzione di perdermi questo momento storico >>
<< A proposito di momenti storici … come mai ai portato la tua regale presenza in questo … com'è che l'hai definito … ah, si... questo buco? No, no, non me lo dire, indovino da me: sei venuto a finire il lavoro iniziato da quella pazza di tua zia? >>
<< Cosa c'entra adesso mia zia? >> disse Draco pungente
<< Oh nulla … nulla davvero >>
<< Cosa c'entra mia zia, mezzosangue? >> ripeté avvicinandosi alla ragazza.
<< Diciamo … diciamo che si è divertita un po' … ma ad un mangiamorte, seppure giovane come te, cosa può importare. Vedrai queste scene tutti i giorni … >> affannò Hermione.
All'allusione Draco perse la pazienza. Afferrò Hermione per le spalle, la strattonò, e la sbatté di nuovo a terra.
Alla botta, la ragazza gemette.
<< Andiamo Granger, se davvero sei sopravvissuta a mia zia, questo non è nulla >>
Ma la ragazza non si mosse.
<< Granger, muoviti. Alzati >> ribadì Malfoy.
Era davvero possibile che le avesse fatto così male?
Il giovane mago le andò vicino, la girò per guardarla e si spaventò.
Il volto di Hermione era spaventosamente bianco.
Draco si preoccupò. Non era normale che un volto raggiungesse tale pallidezza.
Doveva solo capire perché la ragazza era sbiancata così all'improvviso. Insomma prima della botta al muro era tutto … ecco! La botta sul muro! Probabilmente l'aveva sbattuta più forte di quel che credeva.
La voltò, per vedere se sulla schiena si era formato qualche livido o qualcosa del genere, ma sul dorso della ragazza non c'era nessuna macchia violacea o simili, bensì un lungo taglio netto.
<< Oh mio … Granger che ti è successo ?>> chiese anche se era consapevole che non avrebbe ricevuto risposta. Doveva curarla prima, per poter parlare poi, così impugnò la bacchetta e lanciò degli incantesimi curativi sulla ragazza.
Ripulì e fasciò la ferita e l'adagiò su una brandina, fatta apparire anch'essa.
<< Chi l'avrebbe mai detto che mi sarei messo a curare un'odiosa mezzosangue come te? >> chiese Draco a se stesso.
<< Io no di certo >> bisbigliò Hermione semi-cosciente.
<< Granger, sei ferita … vedi di stare un po' zitta almeno. E prova a dormire. Rimanderò la nostra conversazione, adesso non sei in grado di affrontarla come voglio. >>
<< Forse mi sono sbagliata … forse non sei un mangiamorte >> sbadigliò.
<< Dormi Granger. Quando tornerò devi essere pronta >>
E uscì dalla stanza con un sorriso in volto.

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Capitolo 13
*** 13.Diritto Di Nascita ***


 
13. Diritto di Nascita

 
<< Che cosa significa questo? >>
<< Mio Signore... >>
<< Cosa Significa, Bellatrix? >> chiese duro, afferrando la strega per entrambi i bracci e sollevandola di peso, portando i loro sguardi ad uno stesso livello. Anche se entrambi sapevano che non sarebbero mai stati eguali.
Per questo Bellatrix si arrese.
Cedette come aveva sempre fatto con lui. Era una sua prerogativa non saper vincere nessuna battaglia tra loro. Era capace di sconfiggere troll, lupi mannari, ogni genere di creatura oscura … ma con lui era sempre vinta.
<< Significa esattamente ciò che il Mio Signore intende >>
<< Per me non significa nulla. Per quanto mi riguarda quella ragazza non è mia figlia. E' solo feccia, e come tale sarà trattata >>
Sputò quelle parole come fossero veleno da gettare per purificarsi . E con esse gettare anche la verità che voleva negare ad ogni costo.
<< Mi sorprendo come tu, Bellatrix, ti sia lasciata coinvolgere da una simile situazione >> continuò gelido << Credevo che fossi molto più forte di così. Quella mezza- strega è qui da poco più di sette giorni e la tua mente, i tuoi ragionamenti, sono già contaminati dalla sua presenza. Spero che comprenderai che questo segreto non deve uscire da qui, poiché neanche lei uscirà da qui. Non sulle sue gambe, per lo meno >>
Bellatrix a sentir tutto quell'astio e il futuro destino della sua bambina non riuscì a congelare quell'istinto che aveva soppresso per anni e si avventò alla gola del proprio padrone.
E' forse questo l'amore che tanto predicano quei pazzi?
O forse è solo un istinto primordiale e irrefrenabile che tutti scambiano per amore?
Bellatrix non sapeva se dava ascolto all'uno o all'altro. Lei voleva solamente far del male a quell'uomo che aveva pensato di farne alla ragazza nascosta nelle segrete.
Purtroppo per lei, riuscì solo a graffiare leggermente il collo diafano del padrone prima di essere immobilizzata dallo stesso con un gesto fulmineo.
Una volta immobile, Lord Voldemort ebbe tutto il tempo di allontanarsi e cercare di tamponare la ferita con le dita aguzza della mano.
Non si aspettava una reazione così violenta dalla Mangiamorte. Ovviamente conosceva la sua indole crudele, ma non pensava che avesse il coraggio di attaccare il suo padrone.
Un gesto che, per quanto audace, non poteva rimanere impunito.
Fece apparire dei lacci dal muro e, con un abile movimento del polso, legò le funi ai polsi e alle caviglie della strega. Dopodiché la liberò dall'incantesimo.
Per la strega fu come ritornare a respirare. Anche solo per un breve istante.
<< Che cosa dovrei fare con te adesso? >> chiese piano; come se stesse facendo la domanda a se stesso. << Non ho molta voglia di annientarti eppure … eppure non posso far finta che non sia accaduto nulla. Cerca di capirmi, Bellatrix. Questo tuo atteggiamento non è consono ad una Mangiamorte. Sei troppo coinvolta con quella ragazza … che cosa ti succede? Dopotutto la famiglia non ha mai rappresentato un ostacolo per te, o sbaglio? >>
Bellatrix guardò fiera il proprio carceriere. Era vero: aveva ucciso Sirius. Sirius Black. Suo cugino, agli occhi del mondo. Un traditore indegno, per i suoi occhi.
Un essere immeritevole del proprio sangue puro. Non provava rimorso nel ripensare alla fine che aveva fatto. La fine che lei gli aveva fatto fare.
<< Non era la mia famiglia, Mio Signore. La mia famiglia è legata al Marchio >> disse ferma.
<< Molto bene. Allora non ti dispiacerà accompagnarmi nei sotterranei per porre fine a tutto questo. La ragazza non è segnata. >>
<< Mai! >> ringhiò, scuotendo le corde che la imprigionavano.
Lord Voldemort sospirò. A quanto pare plagiare la mente di Bellatrix era più complicato di quanto pensasse. Quella ragazza rappresentava un legame troppo profondo per la strega e, seppur in modo minimo, era una connessione tra Lui e Bellatrix.
Ucciderla … non ucciderla
Non si era mai posto il problema di uccidere una persona. Perché per quella ragazza ricercava il consenso di Bellatrix? Era riuscita ad infettare anche la sua mente?
<< Ti contraddici, Bellatrix. Se la tua devozione al Marchio è così reale e forte, dovresti obbedire ai miei comandi, o mi sbaglio? >>
<< Non sbaglia >> ammise << Ma la ragazza ha un altro marchio. Il mio marchio. Quel segno la lega a me. Non posso permettere che le succeda qualcosa.>>
<< Con ciò, saresti disposta a combattere me? >>
<< Mio Signore … Nella ragazza vive una parte di lei. Come vive una parte di me. Perché volete perderla. Perché volete che la perda anch'io? >>
Lord Voldemort rifletté su quelle parole. Era questo che stava facendo? Uccidere la mezzosangue avrebbe rappresentato anche la morte di una parte di sé?
<< Facciamo in questo modo, Bellatrix. Rimanderò la decisione sulla vita e sulla morte della mezzosangue. Io e te andremo da quella ragazza, le parleremo rivelandole tutto, poi io , e solamente io, deciderò quale sarà il suo destino. Se comprenderà il ruolo che dovrà occupare per diritto di nascita, in quel caso potrei pensare di lasciarla vivere. Diventerà una nuova strega. Potente. Violenta. Oscura. In caso contrario…>>
Bellatrix rifletté su quelle parole. L’accordo che il Suo Signore proponeva, oltre ad essere unico, sarebbe stata anche l’ultima possibilità per salvare la vita ad Hermione.
Doveva fidarsi?
Non sapeva dare una risposta. Non avrebbe mai saputo farlo. Eppure era l’unica possibilità per Hermione.
Doveva fidarsi. Non aveva altra scelta.
Bellatrix annuii con vigore all’offerta dell’uomo.
<< Molto Bene >> disse questo liberandola dai lacci stretti. << Andiamo >>

 
***

 
Hermione si era alzata stranamente bene. I muscoli indolenziti non facevano più tanto male come i giorni precedenti. Si stava ristabilendo. E il merito era tutto di Malfoy.
Convinta della forza ritrovata, provò a mettersi seduta su quella brandina dove non ricordava di essersi sdraiata.
Fu tutto inutile.
Dopo un paio di minuti in cui aveva tentato di alzarsi, rinunciò sfinita.
Evidentemente non era così forte come pensava di essere.
Odiava questa sensazione che le invadeva il corpo come un veleno. Sentirsi debole e in balia degli eventi era quel tipo di stato d'animo che Hermione detestava con tutto il cuore.
Lei voleva combattere. Aveva combattuto tutta la sua vita ed ora il sentirsi impotente,l'essere privata della capacità di difendere se stessa … non riusciva ad accettarlo.
Non voleva dipendere da nessuno, ma finché la sua salute fosse rimasta così leggera, così fastidiosamente precaria, non poteva far altro che sperare nelle buone intenzioni dei padroni di casa.
In pratica, sapeva da avere una condanna da cui non sarebbe potuta scappare.
Le sembrava assurdo. La sua morte sarebbe arrivata dolce e letale da coloro che l'avevano sempre disprezzata. Ed eccolo, il suo più grande rimpianto: non era riuscita a dimostrare l'assurdità della purezza del sangue.
Ovviamente sapeva che la purezza del sangue, in questa guerra tra maghi, non era il motivo scatenante.
La guerra si combatteva per la sete di potere di Voldemort. Una sete tanto insaziabile quanto sbagliata e corrotta.
In fondo al suo cuore, però, la purezza del sangue contava molto più che ai suoi amici.
Nascondeva bene questa sua debolezza, questo Tallone d'Achille fastidioso, ma esisteva e pungeva dritto nel suo cuore.
Non riuscì a sondare più in profondità il turbamento dei suoi pensieri che affluivano in lei senza sosta, senza freno. Un cigolio assordante soppresse tutta la riflessione.
Hermione pensò che si trattasse nuovamente di Draco Malfoy e chiuse gli occhi, tranquilla. Se lui l'avesse trovata ancora priva di sensi, probabilmente l'avrebbe lasciata in pace.
Sfortunatamente per lei non era Draco, bensì Lord Voldemort in persona, seguito da Bellatrix Lestrange.
<< Mezzosangue non credi che sia ora per te di svegliarti? Imperio >> disse il Signore Oscuro entrando nella cella.
Come se fosse stata mossa da un burattinaio, Hermione aprì gli occhi e si mise a sedere sulla brandina con enorme sforzo.
<< Molto meglio >> commentò.
Hermione aveva potuto osservare più volte il volto serpentesco di Lord Voldemort, ma mai ad una distanza così intima.
Tutto questo le metteva paura. Una paura tremenda.
Il Signore Oscuro rilasciava un energia negativa impressionante. Un aura fredda e mortale, ma in qualche modo riusciva a incanalare su di sé ogni attenzione, ogni sguardo, ogni sospiro o pensiero.
<< Che cosa ti porta a trovarmi, Voldemort. Ti piacerebbe finire il lavoro iniziato dalla tua degna compare? >> disse Hermione raccogliendo tutto il suo coraggio.
Se la sua vita doveva finire stanotte – pensò – allora doveva fare in modo di non sprecare neanche un attimo. E sottomettersi a quell'omicida, non rientrava nei suoi piani.
<< Non istigarmi, ragazza. Non sai che piacere mi possa procurare vedere il tuo corpo congelare sotto il peso della morte, ma temo che ci siano delle complicazioni >>
Complicazioni?
Hermione non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. Perché non la uccideva subito? Voleva qualche informazione da lei?
Lord Voldemort, notando che aveva catturato l'attenzione della sangue-sporco, riprese: << Resteresti sorpresa, ragazza, se ti dicessi quali inconvenienti mi assillano la mente. Per prima cosa, non ti sei chiesta perché Bellatrix non abbia finito il suo lavoro? O il perché sei rimasta in vita per così tanto tempo? Perché in questo momento siamo qui solamente in due e, chiaramente, non siamo venuti per ucciderti? Tutto questo per via delle complicazioni che sei riuscita a creare. Sono veramente arrabbiato per questo. >>
Hermione non riusciva a capire. Le voleva forse rivelare il motivo della sua sopravvivenza? Come mai? Perché non poteva ucciderla se, come poteva vedere, ne aveva così voglia?
<< Tutto questo perché tu hai un diritto di nascita, ragazzina. Un diritto di cui devo metterti al corrente. La tua vita dipende dal fatto se accetterai o meno ciò che ti dirò adesso >>
Che cosa …
<< Diciassette anni fa ho commesso un errore ed è per quello sbaglio che ora ci troviamo qui. Tutti. >>
<< Mezzosangue quello che il Mio Signore vuole dire e che … >>
<< Taci! Dopotutto quello che hai fatto non hai il diritto di poter parlare. Non adesso. Non qui. >> disse pieno di furore il Lord, tacendo la strega.
Quando Bellatrix si fece da parte, Hermione realizzò che quella non era una situazione normale. Realizzò che, con tutta probabilità, lei aveva qualcosa a che fare con quell'errore di tanti anni fa.
Magari esserlo...
<< Come stavo dicendo … diciassette anni fa compii un errore. Misi incinta una donna. Una mia Mangiamorte e, dato che le voci sulla tua intelligenza non dovrebbero essere fasulle, avrai certo capito che la donna di cui parlo è Bellatrix Black. E il bambino che nacque … sei tu. >>
<< Non è possibile … >> sussurrò la ragazza sconvolta.
<< Lo credevo anch'io, ma quella cicatrice che ti percorre la schiena ne è una prova inconfutabile. Bellatrix te la fece a poche ora dalla tua nascita. Non c'è alcun dubbio, sei nostra figlia. >>
<< Non posso crederci! >> esclamò Hermione << I miei genitori sono dentisti; non assassini senza scrupoli. Persone che hanno cercato di uccidermi per tutti questi anni e che ora pretendono che io beva questa... questa storia! Impossibile. Non siete i miei genitori. >>
<< Allora come spieghi la tua cicatrice? >>
<< Ce l'ho da quando sono nata, non devo giustificare la sua esistenza >>
<< Ascoltami bene ragazzina, non starò di certo qui a pregarti di credere a questa storia, come l'hai definita. Non ho la minima intenzione di mettermi a fare il genitore, se è questo che temi. Io ti ho solamente esposto i fatti. Se hai intenzione di accettarli, hai una possibilità di sopravvivere. Ovviamente dovrai conformarti al ruolo che la tua nascita comporta. Dovrai cambiare, ma resterai viva. In caso contrario, non esiterò a ucciderti. È l'unica opportunità che ti offro. Usala come meglio credi >>
Hermione lo guardo fiera. << Per me, puoi andare all'inferno >>
Voldemort rise senza entusiasmo. << Ti concedo la notte. Domani, se rimarrà ancora questa la tua decisione, mi manderai un patronus dall'inferno per dirmi com'è >>
Hermione provò ad attaccarlo, usando le poche forze rimastele, per darsi un poderoso slancio. Alla fine però, fu sbalzata all'indietro, per ricadere sulla brandina.
L'incantesimo di protezione che avvolgeva Lord Voldemort era troppo potente. L'impatto fortissimo. La botta contro il muro, inevitabile.
Hermione svenne.
Lord Voldemort e Bellatrix lasciarono la stanza. << Buona notte, ragazzina >>
E, a dispetto di tutto, lo fu davvero, una buona notte. Sognò un enorme drago volare in alto nel cielo con due cavalieri sul dorso. Sembrava che avessero appena vinto un'enorme battaglia, visto che brindavano con graziose coppe d'oro.
Chissà, magari era un buon augurio. 

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Capitolo 14
*** 14.Sacrificio ***


 
14.Sacrificio

 
La Gringott era famosa per non aver mai subito furti di alcun genere, almeno fino ad allora.
Infatti Harry Potter e Ron Weasley avevano appena commesso la rapina del secolo. Non solo erano riusciti a prendere il tesoro estraneo all'interno di una delle camere blindate più antiche della banca, ma erano riusciti ad scappare in groppa ad un maestoso drago.
<< Non posso crederci, ci siamo riusciti! >> esclamò Harry con la voce piena di entusiasmo, una volta a terra. << Guarda Ron, eccola qui! La coppa di Tassorosso; il quarto Horcrux! Secondo Silente, Voldemort aveva intenzione di dividere la sua anima in sette parti, sei Horcrux più l'ultima parte racchiusa nel suo corpo. Per me, Voldemort ha usato degli oggetti appartenuti ai fondatori di Hogwarts. In fondo la considerava la sua prima casa. Abbiamo già distrutto il medaglione di Serpeverde, adesso abbiamo la coppa e , dato che la spada di Griffondoro distrugge gli Horcrux non può esserne uno, rimane solo qualcosa appartenente a Cosetta Corvonero e poi... >>
<< E poi cosa, Harry? >> lo interruppe l'amico << Poi dovremo distruggere un'altra dannata cosa, e se non ricordo male, con la coppa, il medaglione, il diario, l'anello e l'oggetto di Corvonero siamo a cinque, non a sei. E, notizia delle notizie, abbiamo terminato i fondatori di Hogwarts per oggi! >>
<< Non abbiamo già fatto questo discorso? >> chiese Harry con un ombra negli occhi << Lei sapeva a cosa andava incontro e nonostante ciò ci ha chiesto di continuare con la missione affidataci da Silente, io so solo che ... >>
<< Tu non sai nulla, Harry! Non sai quale sia il prossimo Horcrux e non hai neanche idea di come distruggere questo! Se non l'hai notato non abbiamo più la Spada di Griffondoro, l'unica arma che conoscevamo capace di distruggere quei dannati affari! >>
<< E' vero, abbiamo perduto la Spada, ma troveremo un'altra arma capace di eliminare gli Horcrux >>
<< E dove? Perché non ho portato con me un unguento al veleno di Basilisco! >>
<< Forse è proprio questo che dobbiamo fare! Prendere il veleno del Basilisco >>
<< Ah, hai per caso un Basilisco nella borsa? Non credo proprio. Io dico che ci abbiamo provato a tentare di concludere questa missione ed ora, tutto quello che voglio, è salvare Hermione. >>
<< Ron, anch'io voglio Hermione al sicuro e per farlo, per salvarla per sempre, dobbiamo uccidere Voldemort e questa è l'unica strada possibile! Cerca di capire >>
<< Io ho tentato di capire, Harry. Sono venuto con te, ti ho aiutato a recuperare quella maledetta coppa. Ora sei tu che devi capire me. Io voglio salvare Hermione >>
<< Per te, io non la voglio salvare? >> esclamò Harry sconvolto dalla piega del discorso << Ovviamente voglio che lei sia al sicuro, e concludere questa missione è la via giusta. É anche mia amica, Ron, e le voglio bene. >>
<< Non è vero >> sussurrò il rosso << Se davvero le volevi bene non te ne andavi da quella casa come se niente fosse. Se davvero le volevi bene, adesso lei dovrebbe essere in cima alle tue priorità e, guarda un po', non c'è! >>
<< Ehi! >> disse Harry afferrando il suo migliore amico per il colletto << Non provare a ripeterlo. Io … voglio bene … a Hermione, per questo non mi comporto da egoista, come stai facendo tu. È stata lei a dirci di continuare, lei! Non l'ho deciso io. Per questo farò esattamente ciò che Hermione vuole. E tu, che ti proclami amico di Hermione, anteponi i suoi desideri ai tuoi! >>
<< Io non antepongo un bel niente! La voglio viva! Con il cuore che batte e la pelle calda! Non mi dichiaro egoista per questo! >> rispose.
<< Non riesci a capire, Ron. Proprio non ci arrivi. Ricorda quello che ha detto Dobby, ricorda che glie l'hai promesso. >>
<< Cos'è che non capisco? >> chiese Ronald offeso.
<< Lei! Non capisci Hermione! Lei si è sacrificata per noi, per questo mondo, per il suo mondo! >> gridò il Bambino-Sopravvissuto << E se ora tu pretendi di andare a riprenderla, mi dispiace, ma non ti appoggerò. Non renderò vano il suo sacrificio. E impedirò di farlo anche a te >>
Ron studiò le parole del moro.
Hermione si era davvero sacrificata per loro? E per questo non poteva neanche salvarla.
Dannazione!
<< Allora, come recuperiamo un po' di veleno di Basilisco? >>

 
***

 
Da quando era rimasta sola in quella cella sotterranea, Hermione non aveva fatto altro che pensare a quello che le era stato svelato.
La verità, sempre se di verità si poteva parlare, che le avevano riversato addosso senza curarsi di nulla, le opprimeva il petto, il cuore, l'anima.
Come avrebbe fatto ora, a raccontarlo ai suoi amici? O solamente guardarli in viso? Con che coraggio avrebbe potuto farlo?
Se tutto quello che le avevano detto era vero, era figlia di due persone dall'anima corrotta. Malvagie e senza sentimenti.
Assassini con le mani imbrattate di sangue.
Sangue di persone che conosceva; persone che non avrebbero dovuto morire.
Ed immediatamente, nella mente della strega, comparvero i volti di Sirius Black, di Malocchio Moody, di Silente e, anche se non li aveva potuti conoscere personalmente, di Lily e James Potter. Maghi e Streghe che perirono per essersi opposti ai voleri di Lord Voldemort, l'uomo che diceva di essere suo padre.
Provava ribrezzo solo al pensiero.
Non potevano essere i suoi genitori.
I suoi genitori erano babbani, dentisti per la precisione, non praticavano la magia ed erano buoni. Estremamente buoni. E l'amavano. L'amavano come non mai.
Nessuno poteva convincerla del contrario, neanche se fosse sceso Merlino da chissà quale universo a mostrale una qualsiasi prova, lei non si sarebbe lasciata illudere. Mai.
Dov'erano loro, quando aveva bisogno di aiuto? Erano dall'altra parte della strada, a tentare di ucciderla, a torturarla.
Non è propriamente un comportamento da genitori amorevoli.
Non poteva accettarlo. E per questo sarebbe morta.
Il suo nome sarebbe comparso nella lista delle persone decedute in questa lunga guerra.
Aveva paura. Una paura dannata.
La morte era arrivata troppo presto e, benché prima di partire sapeva che questa era una missione suicida, non era pronta.
Aveva ancora tanti desideri irrealizzati, tanti sogni racchiusi in un cassetto che non avrebbe più avuto occasione di aprire.
Aveva vissuto nella speranza di un futuro migliore per tutti, ed ora avrebbe dovuto pagare per quel desiderio che non aveva neanche avuto la possibilità di veder realizzato.
Non le rimaneva altro che aspettare la fine.

 

 
Si era addormentata? Non lo sapeva.
Sicuramente si era appisolata, altrimenti non avrebbe saputo spiegare come mai il cigolio della porta che si apriva l'aveva sorpresa così tanto.
<< Granger, sei sveglia? >> si sentì chiedere.
Hermione alzò la testa per vedere chi fosse entrato. Rise alla vista di Draco Malfoy. Evidentemente il destino le aveva riservato un'ultima distrazione prima di far concludere la sua vita.
La ragazza annuii all'interessato.
<< Bene >> rispose questo << Vedo che ti sei ripresa >>
<< Eccomi qua, l'indistruttibile mezzosangue >> disse sarcastica.
<< Allora possiamo finalmente parlare un po' >>
<< Di cosa vorresti mai parlare con me? Ti hanno per caso ordinato di raccontarmi le bellezze della vita da Mangiamorte? >>
<< Se mi lasciassi spiegare >> fremé pieno d'ira << sapresti che non sono venuto per elencarti tutte le meraviglie che comporta l'essere un Mangiamorte, tutt'altro. La vita di un seguace di Lord Voldemort fa schifo. Schifo come non puoi immaginare. Ma tu che ne vuoi sapere. Tu, con le tue belle amicizie e la morale perfetta! E dire che avevo anche pensato … che cretino! >>
<< Cosa c'è, vuoi riversare su di me tutte le tue frustrazioni da Mangiamorte pentito? Non sono io che ti ho obbligato a fare questa vita >>
<< Granger tu pensi davvero che se avessi potuto scegliere, avrei scelto di vivere con la morte sempre appresso? >> chiese duro.
<< Se non l'avessi capito, il lavoro di Mangiamorte è proprio questo >>
<< Lo so benissimo. Uccidere e disprezzare babbani e mezzosangue e affini sono le uniche attività permesse. >> ribatté Draco all'insinuazione della Granger.
<< Ormai hai firmato, Malfoy. Abituatici e cerca di sopravvivere >> “Tu che puoi”
<< E' facile per te, non è vero? Non sei tu che devi uccidere bambini indifesi e uomini che ti implorano pietà >> sussurrò amareggiato.
<< Che cosa ci fai qui, Malfoy? >> chiese Hermione, cambiando discorso.
<< Cosa? >> esclamò lui sorpreso.
<< Che cosa ci fai qui? >> ripeté.
<< Non lo so più >>
<< Si che lo sai >> insisté la mora << Sei qui perché sai di non essere un Mangiamorte e speri di poter sfogare le tue frustrazioni su di me. Ma hai sbagliato i calcoli. Non hai più una via di fuga. Sei rimasto senza scelte. Come me, d'altronde. >>
<< Tu hai fatto una scelta, Granger. Stare con Potter è stata una tua iniziativa. Morire per qualcosa che hai scelto è onorevole. Io non ho avuto questa possibilità. Il mio cognome ha segnato il mio destino. Morirò per la mia inettitudine. >>
<< Questo non è del tutto esatto. >> pensò ad alta voce.
<< Cosa significa? >>
<< Io morirò perché non ho intenzione di sottomettermi >>
<< Ancora non capisco >>
<< Voldemort è stato qui, prima di te. Mi ha offerto un'alternativa >>
<< Cosa? >> gridò esterrefatto << E perché mai? >>
<< Non ha importanza. Non accetterò >>
<< Sei una pazza, Granger! Te l'hanno mai detto quei tuoi amici? Il Signore Oscuro non dà seconde possibilità, e quando lo fa … beh, diciamo solo che ti conviene accettare. E alla svelta >>
<< Non vedo come a te possa importare della mia vita >> insinuò Hermione.
<< Diciamo che ho assistito a fin troppe morti >>
<< Che animo generoso, Malfoy. Non me l'aspettavo da uno come te >>
<< Io invece non credevo che fossi così tanto scorbutica. Come vedi nessuno dei due ha quello che aspettava >>
<< A quanto pare … >>
Rimasero in silenzio per un po'. Draco stava ancora in piedi ed Hermione lo guardava seduta nella brandina.
<< Dimmi un po' Granger >> prese parola il mago << quale offerta ti ha fatto il Signore Oscuro? Mangiare rane? Distruggere i tuoi amici? Dubito che ti abbia chiesto di fargli da concubina... >>
<< Malfoy, cosa sai di Bellatrix? >>
<< E' una Black, ma questo lo sai già. Spietata, completamente pazza, e … >>
<< … ed è anche mia madre >>
<< COSA? >> urlò pieno di stupore.
<< Zitto! Vuoi che scoprano che sei qui! >> gridò lei in risposta.
<< Non è possibile, Granger. >> rispose lui ignorando l'avvertimento della ragazza << Mia zia è sterile. Dopo diciassette anni di matrimonio con Rodolphus Lestrange non gli ha ancora dato un erede. Non pensi che se fossi stata sua figlia ti avrebbe tenuto e allevato e, probabilmente, ora non saresti qui, ma a bere Firewhisky in una lussuosissima camera? >>
<< No, perché mio padre non è Lestrange >> disse come se fosse ovvio.
<< Ah, e ci sarebbe mai? Sentiamo >>
<< Voldemort >> mormorò lasciando Draco di stucco << E' per questo motivo che mi offerto di rimanere viva a condizione di … com'è che aveva detto … assumere il ruolo che la mia nascita comporta >>
<< Così hai scelto di morire >> sussurrò Draco.
<< Esattamente. Non posso tradire Harry, quindi non ho scelte. Morirò domani all'alba. >>
Malfoy considerò quelle parole. << E se non tradirai Potter, saresti disposta a considerare la proposta di Voldemort? >>
<< Non posso passare dalla parte dei Mangiamorte senza tradire Harry. È una strada senza uscita. >>
<< Tieni, prendi questa. >>
Hermione rimase sbalordita di fronte all'oggetto che il compagno le stava porgendo.
La sua bacchetta.
<< Malfoy ... che stai facendo? Perché me la stai dando? >>
<< Chiama Potter. Mandagli un Patronus e spiegagli la situazione. In questo modo lui saprà la situazione e tu vivrai >>
<< Non posso >> disse Hermione con le lacrime agli occhi. << Non posso farlo >>
<< Cosa? Perché … No! Non hai capito Granger, se non lo fai, la tua sorte è segnata! >>
<< Lo so da me. Il punto è che non posso dirlo a Harry. Lui … lui mi odierà >>
<< Ma cosa stai dicendo? Non ti odierà mai >>
<< Sono figlia delle sue persone che odia di più al mondo, Malfoy. Coloro che gli hanno portato via la sua intera famiglia … è ovvio che non riuscirà più a guardarmi in faccia senza provare ribrezzo. Preferisco morire >>
<< Tu sei completamente andata. Granger non ti lascerò morire, quindi o il messaggio glielo mandi tu, o glielo mando io >>
<< Non ti crederà mai … >>
<< Vero, ma posso costringere te a mandarlo >> disse persuasivo.
<< Non oseresti … >>
<< Saresti sorpresa Granger; ma non siamo qui per parlare di me. >> ribadì. << Allora, mandiamo questo Patronus, si o no? >>

 
***

 
La porta della cella di Hermione si aprì per l'ennesima volta, facendo entrare Lord Voldemort in tutta la sua regale presenza
<< Ragazzina >> disse << Qual è la tua decisione? >>
<< Sono pronta ad unirmi a voi, padre >>

 

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Capitolo 15
*** 15.Mai Più Codardo ***


 
15.Mai Più Codardo

 
Draco era più agitato che mai e la notte per lui non aveva portato consiglio, tutt'altro.
Non era riuscito a prender sonno neanche per un istante. Troppo teso per poter riuscirci.
Aveva fatto bene a salvarla? E se l'avessero scoperti; se non fosse stato abbastanza attento prima di scendere nei sotterranei e qualcuno l'avesse visto? Tutta quella fatica per tentare di salvarla sarebbe stava vana, inutile. E sarebbero morti entrambi.
Normalmente non avrebbe dubitato di niente. Quando svolgeva un lavoro era serio e preciso e poche volte sbagliava, ma tutta quella pressione lo faceva diffidare di se stesso.
Aveva paura, come un bambino alle prime armi e tutto ciò non prometteva niente di buono. L'aveva imparato lo scorso anno. Se permetteva alla paura di dominarlo, l'unica uscita per lui in quel mondo era la morte.
Doveva solo rimanere lucido.
La situazione era chiara: Hermione avrebbe accettato la proposta di Voldemort e sarebbe stata sotto sorveglianza ancor più di prima. Probabilmente con incantesimi di protezione inventati da Voldemort stesso. Sarebbe stato impossibile avvicinarsi alla ragazza per pianificare un piano di sopravvivenza. Dovevano solo aspettare che il Signore Oscuro desse a Draco l'autorizzazione per andare dalla ragazza e lui avrebbe dovuto mostrare tutto il suo disgusto e tutta la sua sorpresa.
In fondo non sapeva che Hermione si trovava lì e ancor meno i suoi legami di parentela con Voldemort.
Lei sarebbe rimasta sempre la mezzosangue fino a che Voldemort non avrebbe desiderato il contrario.
Doveva solo calarsi in quell'ordine di idee e racchiudere tutte le altre dietro ad un muro impenetrabile. La minima crepa avrebbe creato il finimondo.
Draco prese un forte respiro. Doveva concentrarsi ed affrontare tutto questo.
Ne aveva abbastanza di subire morti innocenti e non avere il coraggio di ribellarsi di fronte a tutto questo.
Lo promise … non sarebbe mai più stato un codardo.

 
***

 
Hermione si sentiva una stupida. Una stupida enorme.
Come avrebbe fatto ad ingannare Voldemort e Bellatrix? Non sarebbe mai riuscita ad interpretare la parte della malvagia, della strega oscura senza rimorsi né pietà.
Tutta quella storia sarebbe andata a finire male, se lo sentiva.
E tutto perché aveva dato ascolto a Draco Malfoy.
Non doveva camminare in quei corridoi marmorei pieni di quadri e statue, come in realtà stava facendo. Lei avrebbe dovuto morire e invece stava seguendo Lord Voldemort per un giro turistico all'interno di Malfoy Manor.
Che stupida!
<< Da questa parte >> disse Tu-Sai-Chi indicando un alto portone raffinato << Questa sarà la tua stanza per tutto il tempo che resterai qui. Prima di entrare però, ti devo avvisare.>>
Hermione annuii, incapace di fare altro.
<< Ho promesso a Bellatrix di darti quest'unica opportunità per non soccombere e non uscire dalla sua vita. Non capisco perché, ma sembra che tu sia importante per lei. Se vuoi sapere come la penso io, baggianate. Non mi fido di te e non esiterò un istante a ucciderti se dovessi crearmi problemi. >> Qui si fermò un attimo, come se volesse davvero assaporare quel momento << Quindi, ecco l'unica regola che dovrai rispettare se vuoi vivere tranquilla e serena: non potrai uscire da questa stanza se non ti verrà ordinato. Non mi interessa se ti sentirai sola, sconsolata o affranta. Se ti comporterai bene, vedrò di farti avere compagnia, intesi? >>
<< Si, padre >>
<< Molto bene. Prego, da questa parte >>
Dopo quelle parole, la porta si aprì magicamente davanti agli occhi meravigliati di Hermione.
La ragazza entrò nella camera piano piano; per poter osservare con calma l'intero ambiente.
L'ampio letto dominava su tutti gli altri mobili. Aveva una struttura in legno pregiato con graziosi intagli floreali, dove si appoggiava un enorme materasso, all'apparenza molto morbido.
Di fianco stavano due comodini in legno con il medesimo intaglio del letto.
Nel resto della stanza dominavano quadri di paesaggi di fiumi, vasi in vetro contenente fiori freschi di giornata.
Nella parete di sinistra si elevava una libreria contenente più di un centinaio di volumi che si potevano leggere tranquillamente su quella poltrona dannatamente invitante. A fianco della libreria si trovava una porta meno sfarzosa di quella che aveva appena attraversato e che, con tutta probabilità, portava al bagno riservato per quella stanza.
Sulla destra, invece, stava l'enorme porta-finestra che dava luce all'intera stanza e che serviva per accedere al piccolo spazio che si affacciava sul giardino della casa.
Si sentiva un'intrusa di fronte a tanta ricchezza.
Sarebbe potuta restare a rimirarla in eterno. E l'avrebbe anche fatto, se non fosse stata richiamata da Lord Voldemort.
<< E' di tuo gradimento? >> chiese.
<< Si, padre >> affermò voltandosi verso l'uomo.
<< Eccellente. Anche perché la scelta era tra questa camera o la cella del sotterraneo >>
<< Sono più che soddisfatta, padre. Dubito che qualcuno non lo sarebbe >>
Sapeva che stava correndo un rischio ad attaccare Voldemort in maniera così diretta, ma doveva pur iniziare da qualche parte, se voleva ottenere un po' di rispetto e considerazione in quella casa.
Voldemort ride davanti al coraggio della ragazza. << Fantastico. Hai la stessa lingua velenosa di Bellatrix. >>
Hermione lo guardò immobile, tentando di mostrare sicurezza.
<< Purtroppo per te, non è abbastanza >> disse ancora << A presto, mia cara. >> ed uscì.
Finalmente sola, le lacrime che aveva a lungo represso furono libere di scorrere sulle sue guance.
Libere di uscire fuori da lei, insieme alla paura che le aveva invaso il corpo durante tutto quel tempo. Libere si andarsene senza contegno; come se fosse tornata bambina all'improvviso.
Una bimba spaventata da avvenimenti più grandi di lei. Eventi che, per quanto tentasse, non riusciva a controllare.
Una bimba bisognosa di affetto e di amore. Sentimenti che poteva rivivere solo nei ricordi, ormai. Preziosi e incancellabili ricordi.
Una bimba in cerca della gonna materna in cui rifugiare le proprie delusioni e i propri spaventi.
Ma bambina non era più da tempo. Non aveva altre vesti, se non la propria. L'infanzia aveva corso il suo tempo, volata tra fiabe e racconti di principesse coraggiose e principi impavidi.
Aveva dovuto abbandonare presto quei mondi incantati e crescere.
Cosa che doveva fare anche adesso.
Così affilò lo sguardo, cancellò rudemente le scie umide che aveva creato il pianto e promise a se stessa … Mai più codarda.

 
***

 
Le prime luci avevano iniziato a brillare su Malfoy Manor; in particolare sulla camera assegnata ai coniugi Lestrange.
Bellatrix aveva desiderato quella mattina con impazienza. Quella mattina avrebbe scoperto se la ragazza avrebbe continuato a vivere o meno. Se avrebbe avuto una seconda occasione o meno.
Si vestì in fretta a furia, indossando il vestito più nero che avesse. Non voleva far vedere di essere cambiata; quanto quell'attesa l'avesse sfiancata.
Scese velocemente i gradini ed entrò rapida nella sala da pranzo, aspettandosela completamente deserta.
Aspettative deluse, poiché Lord Voldemort stava tranquillo a sorseggiare Firewhisky e a guardare lo squarcio del parco che offriva la finestra della stanza.
La strega si bloccò. Che cosa ci faceva Lui qui, a quest'ora?
<< Vieni pure avanti, Bellatrix. Non ho intenzione di mangiarti >> disse senza voltarsi.
Bellatrix ubbidì, iniziando a camminare verso di lui. << Mio Signore, come mai così mattiniero? >> chiese.
<< Potrei farti la stessa domanda, Bellatrix >>
La donna si fermò. Che stupida! Perché aveva fatto una domanda tanto idiota? L'averlo scoperto a rimirar le luci dell'alba l'aveva incuriosita; l'aveva portata a chiedersi come mai Lui, il padrone dell'oscurità, avesse voluto vedere quelle luci che per anni aveva considerato vuote, ma non avrebbe dovuto parlare. Dopo tutti questi anni ancora non aveva capito? Che stupida!
<< La ragazza sta bene, se è questo che ti preme sapere >> l' informò << Ha deciso di accettare la mia offerta e di sottomettersi al mio volere >>
Bellatrix sentì il cuore batterle furiosamente nel petto alla rivelazione.
Non sarebbe morta. Poteva ancora godere di lei.
<< Ciononostante >> continuò freddo << Non mi fido di lei. Temo che stia tramando qualcosa contro di me. Per questo nessuno in questo palazzo saprà della sua esistenza, né potrà vederla fino a che non sarò perfettamente convinto del suo cambiamento >>
<< Ma Signore. In fondo ha già tradito gli amici. Non è una prova sufficiente? >>
<< Ma lei non ha tradito, Bellatrix >> fece notare Voldemort << Ha solamente ritardato la sua morte. Vedi, non ci vuole poi molto dire di voler cambiare … ma dimostrarlo, è tutt'altra cosa. >>
<< Signore, come fa a dire una cosa del genere! >> esclamò Bellatrix indignata << Lei è un Legilimens eccezionale e se non ha visto nulla in quella ragazza quando è andato a chiederle la sua scelta, non vedo perché vogliate lasciare la sua vita sul filo della bacchetta! >>
<< Per Salazar, Bellatrix. Questa tua reazione è del tutto inappropriata! >>
<< La vostra lo è! >>
<< Nient' affatto. Non condivido questo tuo interesse per la mocciosa, ma per te le ho dato un'opportunità. Non le ho ancora letto la mente perché se lo sarebbe aspettato e, dato che non conosco le sue doti come occlumante, preferisco coglierla di sorpresa. Al momento si sente tranquilla e non dubita della sua riuscita >>
<< Non capisco >>
<< Ovvio, Bellatrix. La tua mente non è così aperta! Se la ragazza crede di essere riuscita a sopravvivere, non si aspetterà un attacco. Calerà le sue difese mentali ed è allora che colpirò. Vedrò le sue reali intenzioni e se ha o meno dei complici. >>
<< Ma questo significa … >>
<< … significa che se mi ha mentito, morirà. >>
<< Non potete farlo! E' mia figlia! >>
<< Era! Era tua figlia, Bellatrix. Le avresti dovuto dire addio diciassette anni fa, non lasciarle quella cicatrice come segno distintivo >>
<< Non l'ho potuta allevare per colpa vostra! Lo sapevate che ero promessa a Rodolphus! >>
<< Suvvia, Bellatrix! Come se questo ti avesse fermato. >>
<< Rimane comunque mia figlia >>
<< Se la vuoi mettere su questo piano, è anche mia figlia. E si sa che all'interno di una famiglia è il padre che prende le decisioni riguardante il futuro della sua prole. Osserva come stanno educando bene il tuo giovane nipote. >>
<< Cissy ha avuto solamente più fortuna >>
Voldemort rise. << Rassegnati Bellatrix. La sua vita è nelle mie mani. >>

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Capitolo 16
*** 16.Morirai... ***


A  Merope Molly Lestrange, che è stata così pazza da segnalare questa storia come storia scelta.
Grazie di tutto.



 
16. Morirai ….
 

 
Ora mai era chiusa in quella stanza da poco più di una settimana e ancora nessuno aveva ricevuto il permesso per andare da lei. La sola cosa che aveva la possibilità di accedervi era l'unico pasto del giorno che, magicamente, appariva all'interno della sua camera sempre alla solita ora.
Non che lei avesse voglia di passare le sue giornate con luridi mangiamorte, sia chiaro, però quella staticità non la rendeva affatto tranquilla.
Come mai Voldemort non si era ancora presentato davanti alla sua porta per obbligarla a qualche inutile prova di fedeltà? Perché la lasciava ancora vivere in pace?
All'inizio era stata contenta, perfino entusiasta, dell'essere lasciata sola in compagnia di quella piccola libreria, ma ormai questo fatto si stava facendo sospetto.
Qualcosa non andava, se lo sentiva. Rimaneva solo da capire cosa.
Andò in bagno a rinfrescarsi le idee. Sentiva l'acqua pulita scorrerle sul viso. Aveva preso questa insolita abitudine che la rilassava. Alzò il viso e, attraverso lo specchio, si rispecchiò nei suoi occhi.
Avvertì la rabbia crescerle in corpo e, con un gesto fulmineo, colpì lo specchio davanti a lei,staccandone una scheggia moderatamente appuntita.
Accidenti!
Provò ad aggiustarlo, ma il frammento non aveva nessuna intenzione di rientrare al suo posto.
Pazienza. Ci avrebbe pensato più tardi. - pensò prima di mettersi il frammento in tasca.

 
***

 
<< Kreacher! >> gridò Voldemort. Immediatamente comparve al suo cospetto il vecchio elfo della famiglia Black.
<< Cosa comanda a Kreacher, Signore? >> chiese inchinandosi davanti a lui.
<< Dove si trova Bellatrix? >>
<< La padrona è uscita con il padron Rodolphus, Signore. Kreacher non sa dove. Kreacher chiede perdono per la propria inutilità, Signore. >>
<< Fai bene, miserabile mostro. >> disse Voldemort velenoso. << Ho bisogno che tu faccia una cosa per me: sigilla ogni persona di questa casa nelle proprie stanze, prendi le loro bacchette e mettile sotto chiave. Poi, quando ritorneranno i signori Lestrange, dovrai chiudere Rodolphus nelle segrete e accompagnare Bellatrix da me. >>
<< Kreacher lo farà subito, Signore. Subito subito, così non lo punirete, il povero Kreacher >>
E all'istante sparì sotto la vista di un Lord Oscuro molto compiaciuto.
<< Ora posso concentrarmi su quella piccola bastarda >>


***

 
Aveva sbagliato qualcosa; fatto male i calcoli.
Eppure, dopo una settimana, pensava di essere riuscito a superare la fase critica, ma forse era stato proprio lì il suo errore. Quando vivevi sotto la supremazia di Voldemort, le fasi critiche non finiscono mai.
Aveva sentito la tensione alla presenza del Signore Oscuro, ma non aveva dato troppo peso a quelle impressioni dettate, secondo lui, più dalla paura che altro.
Che ingenuo!
Ed ora, per colpa di questa sfrontatezza era prigioniero nella sua stessa casa, e per di più privato della sua bacchetta.
Draco di chiese cosa poteva fare adesso. Se aveva ordinato di rinchiuderlo, Voldemort aveva deciso di entrare in azione. Il punto è … come uscirne indenni?
Come salvarsi? Come salvarla?


***

 
Voldemort strisciava dentro Malfoy Manor. Gli occhi erano tinti di un rosso che mai avevano visto. Brillanti, letali, come quelli di una serpe incantatrice.
Esigevano sangue.
Un passo alla volta si stava avvicinando alla camera in cui aveva barricato la ragazza. Appena fu davanti alla porta, questa riconobbe il mago che l'aveva incantata e si aprì su suo muto ordine.
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato entrò senza incertezze, lasciando la porta aperta dietro di sé.
Hermione stava leggendo un libro ma quando lo vide si alzò immediatamente dalla poltrona, fiera.
<< Cosa la porta qui, signore? >> chiese senza abbassare lo sguardo.
<< Pochi convenevoli, Miss Granger. Sappiamo entrambi perché sono qui. >>
Hermione rimase in silenzio, anche quando la paura iniziò a mischiarsi con il sangue che le scorreva dentro.
Sangue Sporco.
<< E' giunto il momento >> disse << di vedere chi sei realmente. Ed ora nessuno può venirmi a interrompere. Nessuno verrà a salvarti. Siamo solo io e te. >>
<< Credevo che Bellatrix … >>
<< Credevi male. Solo io ho potere decisionale in questa … situazione anomala >>
<< Posso capirlo >>
Ma, anche se comprendeva il desiderio di Voldemort di non essere secondo a nessuno, Hermione iniziò a provare vero e proprio terrore. Per quanto pazza e violenta, Bellatrix era l'unica che riusciva a farle avere delle speranze di vita in più. Sembrava che per la strega la sua vita era molto importante, anche se non riusciva a capirne il motivo scatenante.
Voldemort, al contrario, sembrava imperturbabile verso ogni avvenimento.
Con lui, la sua vita era in pericolo. Come per chiunque altro.
<< Mi hanno sempre detto che hai una mente aperta, Miss Granger. Avrei piacere a leggerla. Mi concedete questo onore? >> e, senza alcun preavviso o assenso, lanciò l'incantesimo << Legilimens! >>
Hermione si accasciò al suolo per la sorpresa e la potenza dell'attacco.
- Era sempre stato questo il suo piano – pensò prima di iniziare a viaggiare dentro i suoi stessi ricordi.
Rivisse le memorie che vedeva anche Voldemort.

La lettera di Hogwarts; il messaggio che le rivelava la sua vera natura. La prima volta all'interno del maestoso castello; la paura nell'affrontare l'orco; i primi sorrisi rivolti a lei di Harry e Ron …

Troppo indietro.

Quarto anno. Riaffrontò il Torneo Tremaghi fino all'uscita di Harry dal labirinto insieme al corpo senza vita di Cedric Diggory ed un unica verità: “E' tornato. Lord Voldemort è tornato”
Sentì la rabbia e il dolore che aveva provato quella volta rifluirle dentro il corpo e accecarla.

Ancora non ci siamo.

L'estate dopo il suo sesto anno, alla Tana. Era in compagnia dei suoi migliori amici e la discussione si stava facendo pesante.
Voldemort capì di aver trovato un ricordo prezioso e lo capì anche Hermione, tant'è che la ragazza cercò con tutte le sue forze di bloccargli l'accesso. Inutilmente.

<< Ho bisogni di dirvi una cosa. È molto importante >> disse l' Harry del suo ricordo. << Non ritornerò a scuola, il prossimo anno. Silente mi ha affidato una missione. Se riuscirò a portarla a termine, avremo la possibilità di sconfigger Voldemort per sempre >>
<< Non ci pensare Harry, noi veniamo con te >>
<< Hermione ha ragione, amico. Cosa ti ha detto Silente? >>
<< Questa è una cosa che deve rimanere tra noi, okay. >>
Entrambi annuirono.
<< Voldemort >> iniziò << Nel corso della sua vita a dato vita ha creato degli oggetti. Oggetti molto particolari, molto oscuri, in cui racchiuse parte della sua anima. Si chiamano Horcrux >>
<< Horcrux? >> esclamò Hermione
<< Si. Se si viene uccisi non si può morire perché l'anima racchiusa all'interno dell' Horcrux continua a vivere. Noi dobbiamo trovarli e distruggerli e poi potrò avere qualche possibilità di ucciderlo >>
 
Hermione aveva la testa in fiamme.
Lo sforzo immane che aveva compiuto per tenere lontano quell'intrusione e l'ira di Lord Voldemort che rimbombava all'interno della tua mente la rendevano debole come non mai.
E non era ancora finita.
Quella stupida conosceva il suo segreto. Doveva scoprire cos'altro sapeva.
Scorse gli ultimi ricordi freneticamente. Scoprì con sdegno che quell'odioso ragazzo aveva già distrutto alcuni dei suoi preziosi Horcrux. Il diario, l'anello e il medaglione non esistevano più e con loro anche l'anima che aveva deciso di racchiudervi.
Andò avanti fino al suo arrivo a Malfoy Manor.
La vide nelle segrete con Bellatrix. Un ricordo che aveva già assaporato.
Rimase nella rievocazione della sua prigionia. Doveva accertarsi che non fosse accaduto qualcosa di irrimediabile.
Vide un piccolo elfo avvicinarsi alla ragazza. Era un elfo che non conosceva.
La Mezzosangue gli disse di condurre Harry nella camera blindata dei Lestrange.
No! La mocciosa sapeva della coppa. Non poteva credere che, anche alla Gringott, uno dei suoi Horcrux fosse in pericolo.
L'elfo sparì con la notizia lasciando Hermione sola.
Aveva deciso di sacrificarsi. Che cosa ridicola.
Attese ancora fino a che non sentì la porta aprirsi.
Credeva di essere lui, ad entrare.
Si sbagliava.
Vide la figura di Draco Malfoy farsi largo nell'oscurità e accudire quella piccola sangue-sporco.
Che intenzioni aveva quel traditore del suo sangue?
Andò avanti in cerca di una risposta, che arrivò come una doccia fredda.
Scartò il ricordo della loro chiacchierata ed andò direttamente a guardare la notte inoltrata.
Come si aspettava, Draco era tornato nella cella.
Avevano iniziato a discutere, a parlare, a confidarsi.

<< Hai scelto di morire >> sussurrò Draco.
<< Esattamente. Non posso tradire Harry, quindi non ho scelte. Morirò domani all'alba. >>
Malfoy sembrò considerare quelle parole. << E se non tradirai Potter, saresti disposta a considerare la proposta di Voldemort? >>

Così l'avevano preso in giro. Due ragazzetti appena maggiorenni!
Usci di corsa dalla mente della ragazza. Aveva tutto il materiale per poter giudicarla senza sbagli. E il giudizio unanime era chiaro: morte.


 
Hermione, distesa sul pavimento, ansimava.
Voldemort la guardò. Neanche un briciolo di pietà attraversò i suoi occhi. Vedeva solamente una traditrice.
<< Così, hai deciso di sprecare la mia offerta. Che peccato. Saresti stata un'ottima strega oscura. >> commentò << E dovrei anche ringraziarti. Mi hai dato anche un valido motivo per sbarazzarmi del piccolo Malfoy. >>
Hermione provò a mandarlo all'inferno, ma fu bloccata dall'enorme dolore che invase tutto il suo corpo.
Voldemort la stava torturando.
<< Credevi davvero di poterti salvare? >> disse cattivo.
<< Mo … mo … ri … morirai ... presto >> biascicò
<< Al contrario, mia cara. Credo che la prima a soccombere sarai tu >> sussurrò prima di colpirla di nuovo con una Cruciatus.
Le urla riecheggiarono nell'intero castello.
<< Padrone … >> sussurrò un elfo apparso all'interno della stanza.
Voldemort si voltò a guardarlo con aria di sufficienza. << Ebbene? >> chiese.
<< Kreacher ha fatto come il Padrone ha ordinato. La signora Lestrange l'attende nel salotto principale, Signore >>
<< Guarda un po' che fortuna, Mezzosangue. E' arrivata la tua cara Bellatrix. Andiamo a trovarla? >>
Puntò la bacchetta verso la strega e la richiuse in una bolla inaccessibile.
<< Ah, prima che mi dimentichi! Sarà meglio portare anche il tuo adorato cugino. E tu … >> disse all'elfo << Va alla Gringott e controlla se nella camera blindata dei Lestrange c'è ancora la Coppa di Tassorosso. Subito! >>

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Capitolo 17
*** 17.L'Ultimo Horcrux ***


 
17.L'Ultimo Horcrux

 
Era la fine.
La fine della sua vita, la fine della sua magia, la fine di tutto.
E quel che era peggio, aveva trascinato Malfoy nel baratro insieme a lei. Un baratro che non sarebbero mai riusciti a risalire.
Voleva andare ad avvertire Draco; scappare con lui da quell'inferno, permettere ad entrambi di vivere. Ma non poteva fare nulla di tutto questo.
Chiusa com'era in quella bolla soffocante non poteva andare da nessuna parte.
La sfera volteggiava alle spalle del suo creatore, che avanzava spedito verso la camera da letto di Malfoy senza mai voltarsi indietro.
Quando ritenne di essere mediamente vicina, Hermione provo ad urlare a Draco di scappare, di nascondersi, ma fu prontamente messa a tacere.
<< No, no, Mezzosangue. Non si può rovinare una sorpresa in questo modo oltremodo barbaro >> disse Voldemort facendole un incantesimo.
Se solo avesse potuto parlare, Hermione avrebbe espresso tutta la sua rabbia con tutti gli incanti offensivi di cui era a conoscenza.
<< Non guardarmi così, mia cara. Hai fatto la tua scelta … ora affronta le mie conseguenze >>
Lo sguardo ferito di Hermione si rispecchiava infatti negli occhi immobili di Voldemort, come a voler promettere morte e sofferenza ma che ricevevano in cambio solo freddezza e indifferenza.
Voldemort continuò a camminare fino all'ingresso della camera del giovane Malfoy. Spalancò le porte facendo così sobbalzare il ragazzo chiuso all'interno.
Non appena lo vide entrare con Hermione imprigionata dietro di sé, Draco capì che questa volta non si sarebbe potuto salvare. Era venuto per lui, per la sua testa e non importava cosa avesse fatto o promesso per salvarsi; l'avrebbe avuta.
<< Mio signore >> disse inchinandosi di fronte a Lord Voldemort << Cosa posso fare per lei? >>
<< Una cosa ci sarebbe, Malfoy. Ti dispiacerebbe seguirmi in modo da potertela mostrare? >> rispose calmo.
Draco aveva la bocca secca. L'aria che respirava ardeva lungo la strada per arrivare ai polmoni.
Non sentiva più nulla del suo corpo. Le braccia si erano fatte pesanti, così come le gambe parevano pezzi di cemento immobile.
Sembrava soffocare sotto quello sguardo infuocato.
Deglutì a vuoto – Dio, quanto bruciava – e balbettò un assenso.
Voldemort parve soddisfatto dalla risposta. Era ovvio che non si aspettava null'altro che questo atteggiamento accondiscendente.
Si voltò e iniziò a camminare con passo strisciante, sicuro di essere seguito.
Hermione, da dentro la sua bolla, si voltò in direzione di Draco.
Il ragazzo avanzava in silenzio, lo sguardo vuoto.
Hermione a quella vista inorridì. Aveva avuto modo di osservare parecchie volte Malfoy durante i loro anni ad Hogwarts. L'aveva visto farsi bello per il suo cognome, cercare di dimostrarsi grande, forte, coraggioso come suo padre, per poi entrare davvero nel circolo di morte che suo padre aveva costruito intorno alle loro vite. Aveva visto cercare di combattere, spaventato dall'idea del fallimento, dalla morte, della sorte della sua famiglia e, in ultimo, vedere la forza di quel ragazzo che aveva tentato di salvarle la vita.
Aveva potuto apprezzare il vero coraggio che quel ragazzo possedeva. Valeva dieci volte il padre.
Si meritava molto di più. Si meritava una vita, una vita intera, una vita vera fatta di felicità, ma tutto quello che era stata in grado di offrirgli era l'ira di Voldemort.
Non avrebbe mai dovuto coinvolgerlo.
Draco alzò gli occhi su di lei e capendo i pensieri che le attraversavano le mante, abbozzò un sorriso.

Lui era con lei.

***


 

I tre entrarono nel salone principale dove Bellatrix attendeva.
Appena misero piede all'interno della stanza la strega si alzò inorridita nel vedere sua figlia imprigionata in una bolla magica.
<< Che cosa significa? >> esclamò a Lord Voldemort, il quale ghignò compiaciuto dello stato d'ansia della mangiamorte.
<< Mia cara Bellatrix, ti prego di sederti in modo tale da spiegarti ogni cosa >>
<< Preferisco rimanere in piedi >> disse gelida << Spiegatemi >>
<< Come desideri. Devi sapere allora che la tua adorata figliola e il tuo caro nipote hanno congiurato contro di me, contro la nostra vittoria – come d'altronde io avevo previsto. Ha rifiutato la generosa opportunità che le avevo offerto e, come ben sai, questo porta ad un unico risultato possibile >>
<< Non ci credo. >> sussurrò a se stessa << Come hai potuto fare una cosa simile. Potevi vivere insieme a noi, diventare una brillante strega, molto più potente di come sei ora, sviluppare i tuoi poteri su ogni branca magica. Perché hai deciso di tradirci? >> urlò in preda alla collera alla ragazza.
<< Calma Bellatrix. Pagherà per quello che ha fatto… così come tuo nipote. Draco >> disse rivolgendosi direttamente al ragazzo << mi hai profondamente deluso. Tradire il tuo sangue, la tua intera famiglia per una come lei. Mi aspettavo molto di più da te. Crucio >>
Draco urlò in preda al dolore, seguito dal grido di paura di Hermione.
<< Non fategli del male, non fategli del male! >> ripeteva ma il Lord Oscuro non le prestò attenzione e lanciò un altro Cruciatus.
<< E' stata tutta colpa mia, lui non c'entra … vi prego … >> singhiozzò ancora vedendo il ragazzo sotto si sé contorcersi per i tormenti della maledizione.
<< Adesso chiedi la pietà, ragazza? >> disse Voldemort interrompendo per un attimo la maledizione. << Adesso che per me le tue parole sono vane, vieni a chiedermi clemenza? >>
<< Non chiedo clemenza per me, ma per Draco >> disse.
<< La sua vita non vale più della tua, dopo che mi ha voltato le spalle per aiutare te >>
Hermione guardò Bellatrix. Era vero che lei non aveva mai avuto intenzione di unirsi a loro ma, guardando quel viso immobile, sperava di riuscire a scorgere un muto indizio per poter salvare la vita di Draco.
Il volto di Bellatrix però era una maschera di morte. Immobile come se fosse stata scalfita nella pietra.
Lo sguardo di Hermione di offuscò ancora di più sotto il peso delle lacrime che sgorgavano senza essere raccolte da qualcuno.
<< In un moto di galanteria, Mezzosangue, potrei anche decidere di ucciderti per prima ma tu non meriti una tale gentilezza. Anzi, mi chiedo quale reazione scatenerebbe a Potter vedere la sua amica morire davanti a lui >> proseguì Voldemort dolce come il più letale dei veleni. << Sarebbe terribilmente affascinante >>
In quel momento Kreacher si smaterializzò all'interno della stanza, bloccando l'intera discussione.
<< Kreacher è di ritorno come il Padrone ha richiesto >> disse inchinandosi davanti a Voldemort.
<< Che notizie mi porti? >>
<< Kreacher ha trovato una cosa strana, Padrone. Kreacher è andato alla Gringott come richiesto per trovare la coppa e Kreacher l'ha trovata. C'erano tante e tante coppe nella camera dei Lestrange, signore. Allora Kreacher ha capito che doveva essere un incantesimo e che il Padrone voleva sapere della coppa originaria, così Kreacher ha fatto un incantesimo anche lui ma della coppa originaria non c'era traccia, Signore. Kreacher non sa dove si possa trovare >>
Voldemort urlò.
Con gli occhi completamente rossi, lanciò l'incanto mortale verso quel piccolo elfo che giacé a terra come un burattino senza più fili.
Si voltò verso Hermione. Liberandola dalla bolla, le lanciò un Cruciatus.
Hermione non era mai stata così spaventata in vita sua.
E così Harry e Ron erano riusciti a recuperare l' Horcurx.
Voldemort l'afferrò per i capelli e glieli tirò.
<< Dimmi, mezzosangue, gliel'hai detto tu? L'hai fatto? >> chiese duro.
La ragazza non fiatò.
<< Rispondimi! Crucio! >>
Hermione si morse le labbra fino a farsi sangue, pur di non parlare.
<< Molto bene. Vedo che non vuoi collaborare. >> disse sbattendola per terra. << Bellatrix puoi andare. >>
<< Ma signore … >> cercò di protestare la donna.
<< Ho detto vattene, Bellatrix. Non farmelo ripetere >>
Bellatrix lo guardò confusa e umiliata. Mai, in tutta la sua carriera di Mangiamorte, era stata trattata così dal proprio padrone. Ciononostante dovette nascondere l'orgoglio ferito e uscire dalla stanza, balbettando un incerto: << Si, Signore >>
<< Ora che siamo soli >> disse Voldemort ai due ragazzi ansanti sotto di sé << voglio illustrarvi l'idea che mi è venuta in mente >>
Hermione tremò mentre Draco cercava di avvicinarsi a lei per tranquillizzarla. Purtroppo il suo corpo era troppo pesante e martoriato per poter ubbidire ai suoi desideri.
<< Ragazzina, tu sai benissimo che cos'era quella coppa. Perché non lo spieghi anche a Draco? >>
Hermione temette quel tono affabile con cui aveva parlato ma iniziò a parlare.
<< Draco, ascoltami bene. Quella coppa era un oggetto oscuro davvero molto prezioso. >> si fermò e guardò Voldemort. Davvero voleva che Draco conoscesse il suo segreto?
<< Continua >> intimò.
<< Beh … ecco … quella coppa racchiudeva in sé un pezzo … un pezzo dell'anima di Voldemort. Questo tipo di magia si chiama Horcrux. Fino a che esiste l' Horcrux, Voldemort non può morire >>
<< Molto bene, ragazzina. Davvero molto in gamba e dimmi … sai come si crea un Horcrux? >>
<< Un Horcrux si crea … NO! >> gridò sbarrando gli occhi. << Non puoi farlo! >>
<< Non può fare cosa, Granger? >> disse Draco parlando per la prima volta da quando era stato portato via dalla sua camera << Cosa sta succedendo? >>
<< Coraggio, Granger. Non glielo spieghi al tuo amico? >>
<< No … tu non puoi volere questo … >>
<< Granger parla! Come si crea un Horcrux? >>
Hermione lo guardò. << Con un assassinio, Malfoy. Bisogna uccidere qualcuno >>
La voce della ragazza era piatta ma trasudava paura. Una paura folle.
Draco la guardò, indeciso se credere o meno a quella rivelazione.
<< Davvero molto brava. Sei una strega brillante ragazza. E' un peccato che tu non sia interessata alla vita dei Mangiamorte >>
Draco si girò verso Voldemort. << Non potete ammazzarla! E' vostra figlia! Sangue del suo sangue! >>
Voldemort si girò verso di lui, come se lo guardasse per la prima volta.
<< Oh mio caro, temo che tu abbia frainteso. Io non ammazzerò lei. Io ucciderò te. >>
<< No! >> singhiozzò Hermione << Non potete ucciderlo per colpa mia. Uccidete me! >>
<< Lo farei mia cara, ma come tu ben sai Potter è alla ricerca dei miei Horcrux e quando scoprirà di dover uccidere la sua migliore amica per potermi distruggere, cercherà in tutti i modi un'altra soluzione, anche se non esiste! >>
<< Vuoi … vuoi che io diventi un Horcrux …. >> balbettò Hermione.
<< Esattamente. >>
<< Ma … tu hai già ucciso adesso. Hai ucciso Kreacher. Non hai bisogno di uccidere anche lui. >> disse come ultimo disperato tentativo di salvare il ragazzo affianco a lei.
<< Hai ragione, ma non posso permettere che lui sveli il mio segreto a qualcuno >>
<< Bastardo! >> gridò alzandosi il più velocemente possibile per fare su quel corpo ciò che lui aveva intenzione di fare a loro.
<< Hermione! >> urlò Draco fermandola con un braccio.
Ormai aveva capito che aveva i minuti contati e, seppur spaventato da morire, volle impedire a lei di dargli qualche pretesto per ammazzarla.
<< Hermione >> ripeté tirandosela vicina. << Ti ricordi cosa ti dissi? Morire per qualcosa che hai scelto è onorevole. Ti dissi anche che non avevo altre possibilità, non avevo vie di fuga. Ebbene, tu me l'hai data. Per la prima volta in vita mia ho fatto qualcosa per me, in linea con i miei desideri ed ideali. Non mi pento di morire per questo. Solo … tu non farlo. Non morire per una stupidaggine. Promettimelo. >>
Hermione lo guardò. Non poteva permettergli di morire, non voleva che si arrendesse così.
<< Devi promettermelo, Hermione >>
<< Lo prometto >> disse afona.
<< Che scena disgustosa >> commentò Voldemort << Avada Kedavra! >>
E così Draco morì, impresso nel volto un'espressione di completa felicità e gratitudine.
<< Ora a noi due, ragazzina >> disse puntando la bacchetta verso di lei.
Ed Hermione gridò per l' immenso male che le entrava in corpo.
La fine iniziava ora.

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Capitolo 18
*** 18.Dolore.Lacrime.Sangue.Silenzio. ***


 
18.Dolore. Lacrime. Sangue. Silenzio.

 
Harry si era svegliato con un terribile emicrania. La cicatrice bruciava come non mai, ma non gli diede troppo peso. Ultimamente bruciava per ogni piccola sciocchezza e il ragazzo aveva attribuito la colpa del suo mal di testa alla furiosa litigata di circa dieci giorni prima che aveva avuto con Ron e che ancora riecheggiava dentro le sue orecchie.

 
Stavano dormendo dentro la tenda magica che era stata il loro rifugio durante tutto quel viaggio. Dentro di essa si respirava ancora la fresca presenza di Hermione – come se non si fosse mai allontanata da loro.
Il loro tuttavia non era un riposo sereno. Erano entrambi troppo tesi per riuscirci. Avevano seguito i consigli di Hermione, con un miracolo erano riusciti a trafugare la Gringott ed uscire per poterlo raccontare, ma ora si trovavano ad un punto cieco. La loro corsa si era fermata bruscamente perché non avevano idea di dove trovare il prossimo Horcrux.
Era notte inoltrata quando una luce azzurrina entrò dentro la tenda, svegliandoli dal loro sonno. L'istinto di Harry lo svegliò di soprassalto e il mago prese automaticamente la bacchetta e la puntò contro la luce estranea, per poi abbassarla.
<< Che diamine sta succedendo? >> sbadigliò Ron con voce impastata.
<< E' un Patronus, Ron >> rispose stanco Harry
<< E chi ci manda un Patronus a quest'ora? >> sbraitò rigirandosi nel letto.
Evidentemente era ancora così assonnato da non rendersi conto che quel Patronus portava notizie.
La piccola lontra girò intorno al Bambino-Sopravvissuto fino a che questi non gli diede il permesso di parlare.
La voce di Hermione risuonò intorno a loro e fu abbastanza per far sì che Ron riemergesse dal suo mondo per prestare attenzione a quella parole.
<< Ciao ragazzi … non preoccupatevi, siete ancora al sicuro, ho fatto una piccola modifica al Patronus cosicché vi abbia potuto trovare. Non funziona con altri, state tranquilli. Ho poco tempo quindi state a sentire fino alla fine, vi prego. Sono prigioniera a Malfoy Manor, un po' dolorante ma viva, bene o male. Vi mando questo Patronus perché non ho altra possibilità. Ho una condanna sopra la mia testa. Voldemort mi ha fatto un'offerta che era mia intenzione rifiutare perché prevedeva di tradirvi. Poco importava se sarei morta. Draco mi ha impedito di farlo. È la sua la bacchetta con cui vi ho potuto mandare questo messaggio quindi, se lo incontrerete fuori di qui, accettatelo e offritegli aiuto, vi prego. In sintesi dovete sapere che dovrò recitare una parte per sopravvivere, ma non vi ho tradito. Non lo farei mai. Ora, la cosa più importante che dovete sapere è il perché di questa … possibilità. Io …. sono un po restia a parlarvene ma Draco mi ha convinto. Il fatto è che io sono … cioè i miei veri genitori sono … ecco … sono figlia di Voi-sapete-chi e di Bellatrix. Loro vogliono che io prenda coscienza del mio ruolo di nascita e che diventi come loro, altrimenti … Harry io so che sei arrabbiato e deluso ma ti prego … ti prego cerca di capire che non posso scegliere i miei genitori. Sono sempre la stessa e ti voglio bene, nulla potrà mai … >>>
<< Granger, taglia corto. Devo andarmene >> disse Draco Malfoy in sottofondo.
<< Oh … si, d'accordo. Tieni presente quello che ti ho detto, Harry. Vi voglio bene, sia a te che a Ron. Ricordatevelo >>
E la lontra scomparve sotto i loro occhi lasciando entrambi i ragazzi sbalorditi.
<< Miseriaccia … >> commentò Ron sottovoce. Harry non rispondeva. Sembrava essere entrato in una specie di trans.
Le parole di Hermione ancora gli ronzavano in testa come una cantilena ascoltata troppe volte.
Io sono …”
I miei veri genitori sono …”
Sono figlia di Voi-sapete-chi e di Bellatrix”
Voldemort e Bellatrix
Non voleva credere a quelle parole. Il Patronus aveva mentito. La sua piccola e dolce amica, sempre gentile con tutti loro, sempre disposta a dare una mano per aiutarsi, la sua Hermione … non poteva essere figlia di due mostri del genere. Non poteva …
<< Non è Hermione >> Harry parlava più a se stesso che a Ron. Cercava disperatamente di convincersi che tutto quello che aveva udito era pura menzogna, perché anche solo pensare che quella ragazza condivideva lo stesso sangue marcio di quei due assassini … gli montava una rabbia cieca.
<< Certo che è Hermione >> obiettò Ron, ignaro del vero significato delle parole di Harry << Solo lei è in grado di fare una magia per modificare il Patronus >>
Harry lo guardò e ripeté freddo: << Quella non è Hermione >>
<< Che ti prende, amico? >>
<< Lei … lei non può essere chi dice di essere. Hermione … Hermione non è figlia di Mangiamorte … lei … non lo è. Quella non è Hermione >>
La furia che gli cresceva dentro e gli faceva tremare le parole che, in ogni caso, non uscivano come desiderava.
<< Che stai dicendo? Che non la riconosci più? Che tutto questo … che quel Patronus ti ha fatto cambiare idea su di lei? >>
<< No, certo che no. Solo che non è più lei … è >>
<< E' sempre Hermione. La lontra ne è una prova. Non è cambiato niente >>
<< Come fai a dire che non è cambiato niente? >> Harry urlava. L'ira l'aveva preso con sé << E' cambiato tutto! Tutto! >>
Ron aveva visto l'amico in quelle condizioni solo poche volte. Solitamente era lui l'impulsivo e irrazionale, quello da calmare e da far ragionare.
<< Harry, non è così >>
<< Si che è così! Lei … ha … il sangue … dell'uomo che ha ucciso … mamma e papà … della … della donna che ha ucciso Sirius … io non … riesco … >> Sputò quelle parole con difficoltà, come se cercasse in ogni modo di trattenerle dentro di sé, ma queste, troppo forti per lui, uscivano, rompendo gli argini come un fiume in piena.
Ron spalancò gli occhi. Non poteva credere a quello che sentiva.
Si avventò su di Harry e gli sferrò un pugno che gli colpì interamente la guancia destra.
Continuò a colpirlo fino a che non gli fecero male le mani. Si fermò solamente quando vide che Harry iniziava a non rispondere più ai suoi colpi e lui lo voleva lucido.
<< Stammi bene a sentire, perché non mi ripeterò. >> ansimò dallo sforzo << Lei è e rimarrà sempre Hermione. Non mi interessa chi siano i suoi genitori, chi siano i suoi parenti più o meno lontani. Lei è ancora quella ragazzina che abbiamo salvato dal troll di montagna al primo anno, la ragazza tutta ricci che ci ha aiutato a svelare il mistero della Camera dei Segreti, la migliore del nostro anno, l'unica studentessa a cui è stata affidata una giratempo, lei ci ha aiutato a fondare “L'esercito di Silente”. Di Silente, Harry! La sua fedeltà non è cambiata. Ci ha salvato la vita innumerevoli volte, si è sacrificata per noi, per farci vivere! E' rimasta a Malfoy Manor per me e anche per te! Perché queste cose non te le ricordi? Io mi ricordo ancora di quella bambina con la mano alzata, sempre pronta con la risposta esatta. Ho già sbagliato una volta a giudicarla solo per le sue capacità e a non voler vedere quello che era davvero. Non lo farò di nuovo. E non dovresti farlo neanche tu. Anche Sirius aveva una famiglia di Mangiamorte, ma questo non gli ha impedito di ribellarsi. >> Prese fiato, ma non si era accorto degli occhi che si era fatti lucidi all'improvviso nel ricordare la strega << Tu mi hai detto che le volevi bene, che dovevamo andare avanti per lei, essere forti per lei. Neanch'io sono felice di questo fatto, ma lei è e resta Hermione. E io l'amo così com'è. >>
Harry guardò l'amico ma, apparte un leggero rossore sulle gote, tutto il suo corpo gridava ciò che lui aveva appena sussurrato.
Lui l'ama, e io penso solamente al suo sangue”
Harry si sentiva così idiota in quel momento.
<< Io vado fuori. Quando torno sarà meglio per te che io ti trovi già a letto >> E uscì dalla tenda dove ora si sentiva solamente un odore di sangue nauseante.

 
Harry aveva ripensato tante volte a quella sera e sotto ogni punto di vista doveva solo ringraziare Ron. Se non fosse stato per lui a quest'ora si sarebbe arreso e avrebbe condannato se stesso ad una vita senza Hermione.
I pugni che Ron gli aveva assestato erano stati potenti e questo aveva comportato un ritardo nella loro missione. Ron aveva dovuto curare le sue ferite e non era decisamente portato, oltre il fatto che non avano bende e che non avevano più una goccia di essenza di Dittamo.
Dopo pochi giorni la situazione era migliorata ma, dato che non avevano indizi sul luogo dell' Horcrux di Priscilla Corvonero, erano rimasti nascosti.
Harry si vestì e uscì dalla tenda. Ron era già in piedi e giocava con l'acqua di un ruscello che scorreva lì vicino.
<< Ehi amico, come ti senti? >> disse Ron vedendolo arrivare.
<< Molto bene. La testa mi dà ancora qualche fitta, ma niente di irreparabile >>
<< Già … beh ecco .. scusa. Non volevo farti male >>
<< Non ti scusare, me lo meritavo >>
<< Eh già >> Sghignazzò. << Visto che stai meglio, tocca a te cucinare stasera >>
<< Ma cosa! Lo sai che faccio schifo sugli incantesimi domestici! >>
<< Sarai sicuramente più bravo di me. Hai presente quello che abbiamo mangiato di recente? >> Harry ricordava benissimo le zuppe di Ron e rabbrividì << Ecco … quello è il mio massimo. Ora è il tuo turno di avvelenarci entrambi. >>
Harry lo guardo. Era fantastico vedere come Ron lo trattasse come suo solito, come se non fosse successo niente. Era un lato del ragazzo che ammirava molto. Lui non avrebbe avuto lo stesso coraggio.
<< D'accordo, toccherà a me … vedrò di non far... >> Ma non terminò la frase. La cicatrice gli bruciava e in men che non si dica si ritrovò dentro la mente di Voldemort.
Era infuriato; furibondo come non lo sentiva da anni ormai.
Immagini scorrevano veloci senza fermarsi.
Luci, torri, mattoni, magia.
E una forte vibrazione negativa.
<< Harry … Harry, che cosa succede? >>
<< E' a Hogwarts >> ansimò << L' Horcrux è a Hogwarts >>
<< Cosa? Harry che stai … Hogwarts? Sei sicuro? >>
<< Si. Lui … era arrabbiato. Tanto. E continuava a pensare a Hogwarts. Sono sicuro, è lì >>
<< Ma non possiamo andare a curiosare al castello, Harry. Non credo che Piton ci accoglierebbe a braccia aperte >>
<< Se è per questo non ho nessuna voglia di abbracciare Piton, però dobbiamo raggiungere Hogwarts. L' Horcrux si trova lì, dobbiamo solo trovarlo e distruggerlo >>
Ron sospirò. << D'accordo. Prepariamo un piano >>

 
***

 
Hermione aprì lentamente gli occhi e fu travolta dalla notte. Notte tarda e fredda. Poteva ascoltare senza difficoltà il vento ululare e i lupi ringhiare affamati.
Sbatté le palpebre più e più volte per convincersi di non essere caduta in un incubo.
Ma qualcosa dentro di sé rifiutò quel pensiero per sostituirlo con qualcosa di devastante: lei non era caduta in un incubo, lei viveva l'incubo, era un incubo.
Ci era precipitata quando dentro di lei era entrata l'anima nera di Voldemort.
Solo un brandello e già si sentiva sporca, un' assassina.
Si drizzò a sedere.
Era di nuovo nella bolla di Voldemort.
<< Mio Signore >> sentì sbraitare << La Mezzosangue si è svegliata >>
Non udì risposta.
Iniziò a guardarsi intorno e vide solo un'immensa distesa di alberi con tronchi robusti e rami altri che tentavano in ogni modo di afferrare la luna.
La foresta proibita.
<< Sei tornata tra noi, ragazzina? Giusto in tempo per vedere la tua amata scuola crollare sotto il mio potere >>
Lord Voldemort strisciava dietro di lei. Non aveva bisogno di voltarsi, la sua anima riconosceva il padrone.
Aspettò che fosse davanti a lei per lanciarsi sulla bolla e cercare di strapparla con le unghie – o quello che ne rimaneva – ma una forza dentro di lei, capendo le intenzioni malevoli, la trattenne, come se fosse stata ripresa da un laccio invisibile che stringeva; stringeva e stritolava la sua carne.
<< Cosa credevi di fare? Non riuscirai mai a farmi del male. >> Si sbeffeggiava di lei << Dentro di te vive la mia anima ed è forte. Non potrai combattere contro di lei >>
Hermione lo guardò con disprezzo. Quell'essere non meritava di respirare, non meritava di stare lì di fronte a lei a parlare tranquillamente, come se nulla fosse.
Provava ribrezzo per quella pelle diafana e per quegli occhi rossi. Non poteva dimenticare ciò che aveva fatto: aveva ucciso Draco davanti ai suoi occhi, benché non c'è ne fosse motivo.
Sputò verso di lui, ma la saliva si infranse contro la barriera della bolla.
Voldemort rise del suo tentativo.
<< Patetico. >> commentò << Mi dispiace che il tuo atteggiamento sia questo; non ti godrai la vittoria. Perfino i coniugi Malfoy sono estasiati. Non li vedi laggiù? >>
Hermione guardò oltre il dito e vide Narcissa e Lucius Malfoy reggersi l'uno sull'altra.
La donna, che aveva visto sempre con una posa altezzosa e la pettinatura impeccabile, aveva ora gli occhi arrossati dal troppo piangere e i capelli arruffati. Lucius non era da meno. Non si era fatto la barba da un paio di giorni e questo aveva permesso un'evidente ricrescita. I vestiti inoltre erano pieni di tagli e macchie di terra, sangue e lacrime.
Non avrebbe mai pensato che potessero apparire come due persone normali, umane, ma evidentemente si sbagliava. Nei loro sguardi non vedeva speranza o gioia ma solo un grande e immenso vuoto.
Ne provò pietà.
<< Sicuramente saranno molto più contenti ora che li ho liberati di un inutile traditore del proprio sangue. >>
<< Sta zitto >> mormorò.
<< Mi devono solamente ringraziare. Senza la mia lungimiranza non avrebbero mai saputo la vera natura del proprio figlio >>
<< Sta zitto! >> ripeté.
<< Un inutile essere umano indegno della vita stessa. Codardo come un lurido verme. Si può dire che è quasi una fortuna se è morto >>
<< Zitto! >> urlò << Tu non sai niente di Draco. Non provare a infangare il suo nome. Lui era coraggioso, un uomo vero! Molto più di quanto sei tu! Lui non era inutile e l'unica cosa che vorrei e che tu patissi la stessa sorte che hai fatto patire ai Malfoy ammazzando un ragazzo innocente. Lui non era indegno della vita, quello sei tu! Sei tu che dovresti trasformarti in un ammasso di carne ed ossa senza vita! E se ne avessi il potere, sarei io stessa a mandarti a marcire all'inferno! >>
Voldemort ghignò. Era la reazione che desiderava. Voleva vedere gli occhi della ragazzina infiammarsi d'odio e sovraccaricarla fino a farle perdere se stessa.
Voleva trasformarla in una bambolina nelle sue mani e quei damerini Grifondoro erano facili da modellare come creta.
Non le rivolse la parola per il resto della notte.
Solamente quando il silenzio si fece assordante, disse ai suoi mangiamorte: << Che la battaglia cominci >>

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Capitolo 19
*** 19.Hogwarts ***


   
19.Hogwarts


 
Voleva essere fermato, portato indietro, a casa...
Ma
era a casa. Hogwarts era la prima e la migliore casa che avesse conosciuto.

 

 
Harry Potter e Ron Weasley avevano preparato un piano. Si erano smaterializzati in mattinata poco lontano da Hogsmeade sotto la protezione del mantello dell'invisibilità di Harry, eredità del suo defunto padre.
Avrebbero cercato di entrare nel castello dal passaggio segreto posto nella cantina di Mielandia e, una volta dentro, si sarebbero nascosti fino a sera per evitare di imbattersi in qualche studente o peggio, nei Carrow, i Mangiamorte che avevano preso in custodia la scuola, secondo le ultime notizie di Radio Potter.
Entrarono nel negozio di dolciumi insieme ad un gruppo di maghi. In questo modo la campanella dell'ingresso non avrebbe suonato per un nonnulla. Di soppiatto entrarono nella cantina e lentamente si avvicinarono alla mattonella che celava alla comune vista il segreto del castello.
Entrambi i ragazzi si chinarono leggermente verso il pavimento e con estrema cautela tentarono di spostarla.
Bastò un leggero tocco e un allarme si attivò.
Un suono impellente, forte e continuo che si estese lungo tutto il villaggio.
Poi una voce imperiosa ordinò: << Tornate dentro! Deve essere Potter che sta tentando di entrare a Hogwarts. Chiudete tutti i cancelli! Presto >>
Harry e Ron non ci misero molto a capire che se fossero rimasti, li avrebbero scoperti di li a poco.
Lasciarono la cantina immediatamente e, facendosi largo tra clienti terrorizzati, ritornarono lungo la via principale del villaggio. Sempre nascosti dal mantello, si infilarono in qualche vicolo buio e nascosto al pubblico e ai Mangiamorte impegnati alla loro ricerca.
<< Che cosa è successo? >> chiese Ron spaventato.
<< Non lo so. >> rispose Harry << Evidentemente ci stavano aspettando. >>
<< Fantastico! E ora come facciamo a entrare a Hogwarts? >>
<< Non lo so. Se hanno piazzato degli allarmi in tutti i vecchi passaggi segreti … >>
<< … dovete usarne di nuovi. Presto venite quà >>
La voce che aveva parlato al vuoto apparente era bassa e rude. Apparteneva ad un uomo anziano dalla folta barba bianca e con un fisico possente, nonostante l'età.
Harry e Ron si guardarono, incerti se dare o meno ascolto allo straniero.
L'uomo, non vedendo le impronte dei ragazzi seguirlo nella neve, si innervosì.
<< Per tutte le capre, volete seguirmi o preferite aspettare che quegli idioti dalla bacchetta facile vi trovino e vi portino direttamente da Tu – Sai – Chi? Io non credo proprio, perciò … entrate, veloci >> ed indicò la porta dove era comparso.

 
Seguirono il vecchio fin dentro un locale sporco e sudicio, arredato con mobili antichi e deteriorati. All'apparenza era una locanda in cui non avrebbero mai messo piede spontaneamente, se fosse stata un'uscita per Hogsmeade con i loro amici.
Ma non erano lì per una gita di piacere, e non potevano permettersi il lisso di cercarsi un posto più carino e accogliente.
<< Restate nascosti qui finché non torno >> ordinò il vecchio << E vedete di non fare cazzate questa volta. E tu che aspetti, infilati quel mantello! >> disse indicando Harry; dopodiché li abbandonò velocemente per correre nella stanza adiacente dove, con tutta probabilità, doveva sistemare i suoi affari per poter poi venire a parlare con loro in pace.
<< Secondo te dove siamo? >> chiese Ron.
Harry si guardò in torno, ma ogni dettaglio in quella stanza gli pareva completamente nuovo.
Perfino l'odore, un aroma talmente forte e disgustoso da far venire il voltastomaco a chiunque ed impossibile da dimenticare, non sembrava riconoscere.
<< Di sicuro non siamo da Madama Piediburro >> disse con ovvietà. Tutto quello che era presente nella locanda infatti, sarebbe stato bandito nel locale per le giovani coppie di Hogsmeade. Nemmeno il quadro con quella giovane ragazza sarebbe stato accettato, figurarsi poi lo specchio rotto lì a fianco.
Per un momento non dissero più nulla, entrambi concentrati su pensieri così gelosamente propri. Harry pensava a Ginny, la rossa sorella di Ron che aveva dovuto lasciare per avventurarsi in quella ricerca ma dalla quale lo dividevano ormai pochi metri secondo il suo cuore. Non vedeva l'ora di tuffare la mano in quel groviglio di capelli e assaporare le labbra gustose di cui aveva solamente il ricordo.
La mente di Ron, al contrario, era occupata da una massa di ricci indomabili e dai profondi occhi di Hermione. Li avrebbe mai rivisti caldi e pieni di vita? Sarebbe mai stato in grado di affrontare i suoi sentimenti davanti a lei come aveva fatto con Harry?
Il sole stava ormai calando quando Ron domandò: << Credi che se ne siano andati? >>
<< Se ti riferisci agli idioti in calzamaglia, posso assicurarti che non ci daranno problemi >>
A parlare non era stato Harry, bensì il proprietario del locale, appena rientrato.
<< Ebbene? >> chiese rude ai ragazzi una volta messosi seduto su una sedia che non aveva l'aria di essere in grado di sopportarne il peso.
<< Ebbene cosa? >> rispose Ron aggressivo.
<< Modera l'atteggiamento, ragazzo. Dopotutto vi ho salvato la vita, mo dovete parecchio >>
<< Infatti la ringraziamo infinitamente, signor... >>
<< Aberforth. Chiamatemi semplicemente Aberforth >>
<< Sicuro >> disse Ron pratico.
Harry tuttavia, dopo un cenno d'assenso, parve riflettere su quel piccolo indizio appena ricevuto.
Dopo tutti questi mesi a caccia di Horcrux se c'era una cosa che aveva imparato era quella di aver capito che ogni dettaglio era importante e preziosamente unico.
Sentiva che quel nome non gli era nuovo. Lo aveva già sentito da qualche parte, solo che non riusciva a ricordare dove. E mentre cercava di concentrarsi Aberforth prese la parola.
<< Molto bene. Ora, se non vi spiace, vorrei sapere perché avete tentato un'azione così sconsiderata come quella di entrare a Hogwarts attraverso uno dei più vecchi e conosciuti passaggi segreti sella scuola >>
<< Pensa che dal portone principale avremmo fatto più figura? >> disse Ron con velenoso sarcasmo << Già, me lo immagino Piton che ci accoglie a braccia aperte … per poi pugnalarci alle spalle, chiaro >>
<< Voi non dovevate neanche vederle da lontano le braccia di Piton, figurarsi andarlo a cercare nella scuola dove ora è preside >>
Ricordava le parole di Elphias Doge al matrimonio di Bill e Fleur.
<< E chi le ha detto che stavamo andando per Piton? >>
Conoscevo la famiglia Silente meglio di chiunque altro, se non si tiene conto di Aberforth.
<< Piton, Merlino, Morgana … non c'è differenza! E' comunque uno sbaglio >>
Ma nessuno tiene mai conto di Aberforth...”
<< Ma che ne sa lei dei nostri sbagli? >>
<< … Silente! >> esclamò Harry attirando su di sé le occhiate di entrambi gli uomini.
<< Harry, sei impazzito per caso? >>
Ma Harry parve non sentirlo. << Lei è Aberforth! Il fratello di Silente! >> continuò a ripetere imperterrito.
<< Harry ma che stai dicendo? >>
<< Ti ricordi quando ti dissi che avevo l'impressione che Silente ci aiutasse? Mi sono sbagliato, non era Silente, era lui! Ci osservava attraverso lo specchio! >>
<< Come ha avuto lo specchio? >> chiese Ron.
<< L'ho comprato un anno fa, all'incirca. Albus mi ha detto quello che era. Cercavo di tenerti d'occhio, e dovreste anche ringraziarmi per averlo fatto >> sbuffò Aberforth << Se non fosse per me a quest'ora sareste belli che fritti. Fate un favore a voi stessi, nascondetevi meglio che potete. Lasciate il paese e cambiate identità >>
<< Non andremo via >> disse Harry << Dobbiamo entrare a Hogwarts >>
<< Ti ho già detto che è impossibile. Non siate stupidi e scappate, invece >>
<< Dobbiamo farlo >> ripeté Harry.
<< Dovete? Non mi sembra proprio. L'unica cosa che dovete fare è andarvene. E il più velocemente possibile aggiungerei >>
<< Non capisce. Dobbiamo entrare nel castello. Abbiamo una missione … Silente voleva che noi … voleva che io … >>
<< Mio fratello voleva troppe cose. Fammi indovinare, la missione che vi ha dato deve essere molto gradevole se non volete andare via. Un compito comodo, presumo. Facile. >>
<< Non è facile, no >> disse Harry << Ma devo … >>
<< Devi? Perché? È morto, no? Vattene ragazzo. Salvati. >>
<< Non posso andarmene >>
<< Perché no? >>
<< Io … perché io >> Harry non sapeva dare una risposta, cosicché iniziò ad attaccarlo << Ma anche lei faceva parte dell'Ordine della Fenice, dovrebbe sapere perché lottiamo >>
<< L'Ordine della Fenice è finito. Chi finge il contrario è solo un illuso. Tu-Sai-Chi ha vinto. >>
Se non fosse stato così arrabbiato verso quell'uomo, Harry avrebbe sentito la nota amara nella sua voce.
<< Non possiamo andare via >> ripeté Harry per l'ennesima volta. << Abbiamo un compito … >>
<< Fatelo fare a un altro. >>
<< Non posso. Solo noi conosciamo le istruzioni di Silente >>
<< Ah, questo cambia tutto >> disse Aberforth << Scommetto che ti ha dato istruzioni facili da seguire. Ti ha spiegato tutto il suo piano per filo e per segno. È stato completamente onesto con te, non è vero? >>
Harry avrebbe tanto voluto rispondere che “Si, Silente lo riteneva all'altezza dei suoi segreti” ma purtroppo non era così.
<< Vedi ragazzo, tu credi che io non conoscessi mio fratello. Invece lo conoscevo molto bene. Albus è cresciuto a braccetto con bugie e segreti. Era nella sua natura >>
Harry si sentiva umiliato. Sopraffatto a quella valanga di parole che non riusciva più a ribattere.
Era vero tutto quello che Aberforth aveva detto?
Indubbiamente Silente gli aveva nascosto parte dei suoi piani, ma non poteva credere che gli avesse mentito per tutti quegli anni, che l'affetto che dimostrava per lui fosse fasullo.
<< Signore, chi è la ragazza nel quadro? >> chiese Ron per cambiare argomento.
Aberforth si rabbuiò.
<< E' Ariana. Nostra sorella. Ovviamente Albus non vi ha parlato di lei. Eppure Rita Skeeter e Elphias Doge hanno fatto così bene le loro ricerche che mi pare strano che non l'abbiate mai sentita nominare. >>
<< Ho letto l'elogio funebre di Elphias >> disse Harry.
<< Quel vecchio imbecille >> commentò Aberforth << Era convinto che mio fratello fosse più puro del sole. Buono, naturalmente, come lo credeva molta gente. Inclusi voi due, mi pare. >>
<< Il professor Silente teneva moltissimo a noi. >> disse Ron con voce piena di rispetto per il defunto mago.
<< Ah davvero? È curioso vedere come la gente che Albus amava finisca sempre con il fare una brutta fine. Ve lo ripeto, andatevene via. >>
<< Non ce ne andremo! >> ruggì Harry << Non mi interessa se lei non aveva buoni rapporti con suo fratello. Io so chi era Silente per me e concluderò la missione che mi ha affidato perché io so, come lo sapeva anche Silente, che ci sono cose più importanti della nostra sicurezza, più importanti della nostra stessa vita! Quindi o lei sa come arrivare a Hogwarts o ce ne andremo a cercare da un'altra parte! >>
Aberforth rimase paralizzato dal discorso di Harry. Guardò negli occhi quel diciassettenne e rivide lo spirito combattivo di suo fratello. Alla fine si schiarì la voce, si avvicinò al ritratto della sorella e disse: << Sai già cosa fare >>

 
***
 

 
Ariana sparì dentro al suo ritratto, lasciando Harry e Ron sbigottiti.
<< Dove … dov'è andata? >> chiese il rosso.
<< Volete entrare a Hogwarts o no? >> disse il locandiere << Come avete già avuto modo di notare, tutti i passaggi segreti sono controllati. Se un mago non autorizzato tenta di utilizzarli si attiva un incantesimo ululante. Ariana è andata a prepararvi l'unica entrata non controllata. >>
La fanciulla tornò dopo pochi minuti e dietro di lei. Qualcuno di più alto, con un viso sfinito e pallido.
Ariana aprì il ritratto, come se fosse stata una piccola porta, e rivelò un tunnel in cui un energico Neville Paciock urlò di gioia: << Sei tornato, Harry! >>
Neville saltò giù dal tunnel e abbracciò forte i due amici.
<< Che bello rivederti! >> esclamò Harry.
<< Già, ma come ti sei ridotto? >> disse Ron.
<< Cosa? Questo? >> chiese indicando la ferita sullo zigomo e i grossi lividi che gli macchiavano la pelle lattea << Non è niente. Dovete vedere Seamus. Lui sta peggio. Dai, andiamo! >> Prima di andare però si girò verso Aberforth << Grazie mille Ab. Se avremo bisogno di qualcosa chiamo Ariana >>
<< Si, si. Ma ora filate >>
E in attimo Neville condusse Harry e Ron con sé ed il ritratto celò ad altri la vista dei tre amici.
<< Sono veramente felice di vedervi sani e salvi. Ovviamente sapevamo che non eri morto. A Radio Potter l'avrebbero detto sicuramente. Hermione dov'è? >>
<< Si è sacrificata per noi. E' rimasta prigioniera a Malfoy Manor permettendoci di scappare, ma dovrebbe essere ancora viva >> sussurrò Ron mentre Harry abbassava la testa.
<< Oh diavolo … mi … mi dispiace veramente ma vedrete che la riprenderemo! >>
Harry e Ron gli rivolsero un sorriso di gratitudine.
<< Beh... avanti Neville dicci di Hogwarts. Che cosa è successo? >>
<< Non è più la nostra Hogwarts. Avete saputo dei Carrow, no? >>
<< Si, abbiamo sentito da Radio Potter che insegnano qui ora >>
<< Diciamo che oltre a insegnare si divertono un mondo a infliggere punizioni. Adorano le Cruciatus, i Carrow. Amycus poi le adora talmente tanto che ci ha chiesto di fare pratica sui primini durante Difesa contro le Atri Oscure, che ora è solo Arti Oscure. >>
<< Che cosa? >> esclamò Harry inorridito.
<< Mi sono rifiutato, ovvimamente >> disse Neville. << Quindi sono stato messo in punizione e mi sono guadagnato questi >> ed indicò i tagli sulle guance e sui bracci. << Sua sorella Alecto invece insegna Babbanologia, che è obbligatoria. Ci insegnano che i Babbani sono solo feccia e vanno trattati come animali. Mi sono beccato questa >> ed indicò il livido << per averle chisto quanto sangue Babbano avessero versato lei e suo fratello >>
<< Cavolo, Neville! >> commentò Ron << E pensare che una volta non avevi una lingua così lunga! >>
<< Non rimproverarmi. Se eri presente neanche tu ti saresti fermato nel dirgliene quattro. In ogni caso qualcuno deve tenergli testa. Diamo speranza agli altri studenti, come facevi anche tu, Harry >>
<< Ma sei uno straccio >> protestò Ron.
<< Non mi importa! Tanto alla fine non ci uccidono, anche se ci torturano un po' >>
Ron avrebbe voluto continuare a ribattere ma Neville si era fermato alla fine del tunnel. Si girò verso gli amici e disse : << Vi va di fare uno scherzo? >>
Harry e Ron non capirono e Neville non fece in tempo a dare spiegazioni perché la porta si aprì mostrando la Stanza delle Necessità in tutta la sua magnificenza.
<< Allora, che voleva Ab? >> disse qualcuno.
<< Spero che non ci ha propinato un'altra delle sue prelibatezze. Devo ancora digerire quella dell'ultima volta! >>
<< Beh, in effetti ci sarebbe una prelibatezza… >> disse Neville preoccupato.
<< No, ti prego. Non voglio nessuna Pappapizza o Hamburger di Drago andato a male >> esclamò una voce femminile.
<< Dai, la Pappapizza non è stata poi così male! >>
<< Ma se non sei riuscito neanche a digerirla! >>
<< Non è vero >>
<< Si invece. Hai occupato il bagno per due ore! >>
<< Ragazzi! >> disse Neville richiamando l'ordine << E' vero le Pappapizza erano disgustose ma … senza ulteriori indugi, ecco a voi un amico che ci è venuto a trovare. >>
E si scansò per far vedere a tutti Harry Potter e la sua cicatrice.
In un attimo all'interno della stanza scoppiò il finimondo. Esclamazioni di gioia proruppero in ogni dove e tutti i ragazzi si fecero più vicini per osservare meglio Harry e Ron.
<< Harry! >>
<< E' Potter! Potter è con noi! >>
<< Ron! C'è anche Ron >>
<< Sono loro. Sono tornati da noi! >>
Tutti volevano abbracciare i due compagni, stringerli in un caloroso abbraccio. Harry e Ron erano totalmente bloccati dalla massa che li sovrastava, li prendeva a pacche sulle spalle, gli stringeva le mani.
<< Ehi basta! Calmatevi >> protestò Neville facendo arretrare la folle.
Una volta liberati da quelle braccia sia Harry che Ron poterono finalmente guardare in faccia i loro amici.
Le facce familiari intorno a loro erano parecchie. C'erano entrambe le gemelle Patil, Ernie Macmillian, Goldstein, Michael Corner, Dean, Seamus, Lavanda, Cho e Luna.
Neville non aveva mentito. Seamus era davvero messo peggio di tutti ma chi più chi meno, ognuno di lui aveva in viso il passaggio dello stesso trattamento riservato a Neville.
Anche gli altri si accorsero però che qualcosa non andava.
<< Dov'è Hermione? >> chiese la bionda Corvonero.
<< Hermione è prigioniera a Malfoy Manor. Si è lasciata catturare per salvarci. Per farci terminare la missione che ci ha affidato Silente >>
A quella rivelazione tutti ammutolirono.
Nessuno avrebbe mai pensato che la strega migliore del loro anno, migliore di tutti loro, potesse essere stata catturata.
Credevano che quel trio fosse unito da un legame più forte di qualunque cosa, inscindibile, che dove andasse uno, lì si sarebbero recati tutti.
<< Oh Harry, non rattristare i tuoi occhi >> disse Luna << Sicuramente sta bene. Hai detto che Hermione voleva che terminassi una missione. Di che cosa si tratta? >>
<< Oh si, giusto. Siamo qui perché dobbiamo cercare qualcosa nel castello. >>
<< Che cos'è? >>
<< Ecco...non lo sappiamo >>
<< Dov'è? >>
<< Non sappiamo neanche questo >>
<< Allora è una passeggiata, perché non ce lo avete detto prima >>
<< Zitto un po' Seamus >> disse Ron.
<< L'unica cosa che sappiamo è che deve essere piccola e deve essere appartenuta a Priscilla Corvonero >> rivelò guardando gli appartenenti a quella casa.
<< Non saprei, Potter … >> disse Goldstein
<< C'è il diadema perduto di Corvonero. Si dice che chi lo indossi, riceva una conoscenza illimitata. E' un oggetto molto prezioso. È... >> azzardò Cho.
<< E' perfetto! >> disse Harry al massimo della gioia. Un altro piccolo pezzo per sconfiggere Voldemort.
<< Si, ma è perduto Harry. Nessun' anima viva sa dove si trova! >>
<< Ne … nessuno può saperlo? Sei sicura? >>
<< Sicura, Harry. Mi dispiace tanto. >>
<< Io non lo sono invece. >> disse Luna. << Sono sicura che qualcuno sa dove è nascosto il diadema. Ed è qui, nel castello >>
<< Davvero? Chi è? >>
<< Ma Helena Corvonero, naturalmente. Lei non è un'anima viva. >>

 
***
 

 
Il sole era ormai calato da poche ore quando finirono di mettere a punto il piano d'attacco. Ron sarebbe andato nella camera dei segreti a recuperare delle zanne di basilisco e a distruggere la coppa mentre lui era andato con Luna a cercare il fantasma della Dama Grigia per tutta Hogwarts, coperto dal mantello dell'invisibilità.
Tutti gli altri invece sarebbero andati a proteggere gli studenti e ad avvertire gli insegnati più fidati con messaggi in codice in modo da prepararli all'inevitabile attacco.
<< Sei sicura che sia qui? >> sussurrò Harry entrando nell'ennesimo corridoio deserto.
<< Sicura. Mi dice sempre che adora questo lato del castello, anche se non le ho mai chiesto perché. Sai, è molto timida su certi argomenti e ho voluto lasciarle un po' d'intimità >>
Harry non se ne stupì poi molto. Se c'era un'unica persona che poteva dare intimità ad un fantasma, quella era Luna.
<< Mi sembra molto gentile da parte tua >>
<< Grazie, Harry >> e sorrise.
Continuammo a camminare in silenzio fino a che non vedemmo una nube argentata volteggiare nell'aria.
<< Eccola, è Helena. Mi raccomando sii gentile con lei. Io vado alla torre prima che i Carrow mi scoprano in giro a quest'ora >>
<< Si certo, vai pure. E fai attenzione, mi raccomando >>
Dopo un fugace sorriso, Luna sparì ed Harry poté parlare con il fantasma della torre di Corvonero.
<< Ciao. Sei la Dama Grigia? >> chiese educato.
<< Non mi piace quel nome >>
<< Giusto. Scusami. Tu sei Helena. >>
<< Cosa vuoi, signor Potter? Perché vuoi disturbare la mia morte? >>
<< Mi dispiace disturbarti. Luna mi ha detto che potevi sapere una cosa che per me è di vitale importanza >>
<< Oh Luna. Che brava ragazza. Lei è gentile con me >>
<< Allora mi puoi aiutare >>
Lei si girò, nascondendo il volto << Io so cosa vuoi. Vuoi quello che vogliono tutti. Ma il diadema non ti darà la conoscenza per sconfiggerlo. Non posso aiutarti >>
<< Io non voglio indossarlo. Voglio distruggerlo! >>
<< Bugie! >> gridò furiosa << Voi umani non sapete far altro che mentire! Altri prima di te avevano giurato di distruggerlo. Sono solo bugie! >>
<< Io non sono come lui. Lui ha ucciso un sacco di gente e... >>
<< Io so lui chi è! So cosa ha fatto! E rivedo in te la stessa essenza >>
<< Ti stai sbagliando >> insistette Harry.
<< No, non mi mentire. Sono stanca delle bugie >>
<< Non ti sto mentendo! Voglio distruggerlo! Solo in questo modo potrò distruggere anche lui. Non voglio altro ma tu devi darmene la possibilità >>
<< E sia. Allora voi nel luogo in cui tutto è nascosto >>
<< Nel luogo in cui tutto è nascosto? >> chiese Harry, ma la domanda si perse nel vento.
Helena era già andata via.

 
***

 
Nel posto in cui tutto è nascosto? Ma che intendeva dire Helena?
Come può un unico posto raccogliere così tanti oggetti. Raccogliere tutto.
Poi una terribile fitta alla testa ed un unico pensiero: “Sta arrivando. Voldemort sta arrivando
Non gli aveva mai fatto così male, dannazione.
Evidentemente era infuriato. Arrabbiato come non mai. Questo stava a significare un'unica cosa: Lui aveva scoperto dove si trovava. Aveva capito che lo stava attaccando distruggendo i suoi Horcrux e non gli stava bene. Affatto.
Doveva avvertire gli insegnanti. Doveva svegliare il castello, salvarli tutti. Doveva trovare il diadema!
E il tempo scorreva inesorabile.
Poi un'altra fitta, ma non alla testa stavolta. Era molto più in profondità, come una pugnalata dritta nell'anima che lo accasciò a terra senza respiro.
Gli sembrava di essere morto ed in effetti aveva il colorito di un cadavere quando Ron lo trovò.
L'amico era bagnato da cima a piedi e lo guardava sconvolto.
<< Harry che hai? E' di nuovo la cicatrice? >>
<< No, non preoccuparti. Tu piuttosto, che hai fatto? Perché sei zuppo? >>
<< Un bagnetto nella camera dei segreti non ha mai ucciso nessuno. >> disse vago << Piuttosto ho distrutto la coppa. Manca solo il diadema. La Dama Grigia ti ha detto dov'è? >>
<< Ha detto solo che è nel luogo in cui tutto è nascosto >>
<< Fantastico. Molto illuminante >>
<< Non è questo l'importante adesso. Abbiamo poco tempo. Voldemort sta arrivando. Ha scoperto che siamo a Hogwarts. Sa che abbiamo distrutto i suoi Horcrux. Sta arrivando >>
<< Chi sta arrivando? >>
<< Luna! >> esclamò Harry << Non dovevi essere nella Torre? >>
<< Oh, ho deciso che avete più bisogno di me >>
<< Voldemort sta arrivando. Per combattere. Per distruggerci >>
<< Possiamo pronunciare il suo nome adesso? >> chiese curiosa
<< Ragazzi >> interruppe Ron << Non penso che parlarne nel bel mezzo del corridoio sia l'ideale >>
<< Ron ha ragione. Andiamo nella Stanza delle Necessità. Nessuno ci disturberà, se glielo chiediamo >>
<< Hai ragione quella stanza può fare tutto! >>
Harry s'illuminò << Luna, sei un genio! Ti bacerei! >>
La bionda ricambiò con un timido sorriso << Ne sono molto lusingata Harry, ma non credo che Ginny apprezzerà >>
Non appena fu nominata la chioma rossa di Ginny entrò nel corridoio e andò verso i tre ragazzi.
<< Chi baceresti tu, scusa? >> chiese velenosa.
Harry però non fece caso al tono pungente. Ginny era lì! Davanti a lui, e stava bene! Il suo corpo reagì d'istinto, la prese tra le braccia e assaporò le sue labbra famelico.
<< Nessuno apparte te >> sussurrò al suo orecchio.
<< Hem hem! Non per fare la Umbridge, ma credo sia meglio muoversi >> disse Ron imbarazzato.
<< Giusto >> acconsentì Harry, lasciando libero il corpo caldo di Ginny. << Bisogna fare presto. Ginny, Luna, radunate gli studenti e gli insegnanti. Avvertite loro del pericolo. Poi congiungetevi con gli altri. Io e Ron finiamo il lavoro e poi vi verremo a cercare. Qualunque cosa accada non separatevi e tenete sempre la bacchetta alla mano. >>
<< O...okay >> disse Ginny.
<< Ci vediamo presto. >> e partì trascinando Ron dietro di sé.


 
***

 
<< Dove stiamo andando? >> chiese Ron
<< Alla Stanza delle Necessità. Basterà domandargli il luogo in cui tutto è nascosto e lei ci farà entrare, troveremo il diadema e lo distruggeremo. Hai una zanna di basilisco, vero? >>
<< Una scorta >> ed indicò le tasche piene di denti del serpente.
<< Perfetto. Dopodiché combatteremo. Difenderemo la scuola, ucciderò Voldemort e liberemo Hermione >>
<< Che stiamo aspettando? >> disse Ron iniziando a correre.
Harry gli fu subito dietro.

 
Davanti all'ingresso della Stanza, Harry passò tre volte pensando intensamente : “Ho bisogno di un posto dove si nasconde tutto!”
Un'enorme portone si mostrò davanti a loro. Harry e Ron entrarono senza esitazione. Erano in un posto grande quanto una cattedrale. Le sue alte pareti erano coperte di oggetti nascosti da migliaia di studenti nel corso dei secoli.
<< Come diavolo faremo a trovarlo in mezzo a tutto questo ciarpame? >> chiese Ron.
<< Non c'è tempo per lamentarsi. Separiamoci, avremo più possibilità. >>
Si divisero per setacciare meglio i corridoi. Assomigliava al labirinto nella prova del torneo, solo che le pareti erano piene di cianfrusaglie inutili.
<< Deve essere qui da qualche parte >> sussurrava Harry mente entrava sempre più in profondità nel labirinto.
Poi da qualche parte sentì un bisbiglio maligno risuonagli nelle orecchie.
Deve essere vicino”
Bastò alzare gli occhi per vedere il diadema scintillare su un vecchio cappello polveroso.
Allungò la mano, benché fosse ad alcuni metri di distanza, e lo afferrò.
<< Ron, vieni presto! L'ho preso! >>
Fortunatamente per loro, Ron non era così distante da Harry e poté raggiungerlo velocemente seguendo solamente il suono della voce dell'amico.
<< L'hai preso? Fantastico! Forza distruggilo. >>
<< Penso che dovresti farlo tu >>
<< Sicuro? >>
<< Si. Veloce ora >>
Ron non se lo fece ripetere. Ogni suo gesto per porre fine alla vita di quel pazzo omicida era un passo in più per avvicinarsi ad Hermione.
Puntò la zanna verso il diadema e colpì.
Quello che non seppe però e che con questo gesto non bersagliò solamente l'oggetto, ma tre persone.
Harry si accasciò al suolo per la seconda volta, Voldemort urlò ed Hermione … Hermione svenne.


***
 

 
Quando fu nuovamente in grado di correre Harry, insieme a Ron, raggiunse gli altri in Sala Grande.
Da fuori sentì la voce severa di Minerva McGranitt gridare: << VIGLIACCO! >>
Abbandonò la stretta dell'amico e si fiondò all'interno. La strega stava in piedi di fronte ad una finestra in frantumi.
<< Professoressa... >> sussurrò.
La strega non lo sentì.
Una volta ripreso il controllo del suo cuore, si voltò verso l'intero corpo studentesco ed annunciò: << Il nostro preside si è presto una vacanza. Ora noi abbiamo ben altro a cui pensare. Dobbiamo evacuare la scuola poiché presto non saremo più al sicuro tra queste mura. Voldemort sta arrivando e dobbiamo fare in fretta. L'evacuazione sarà sorvegliata dal signor Gazza e da Madama Chips. I prefetti porteranno gli studenti delle proprie case al punto di evacuazione.>>
Una voce si alzò coraggiosa sopra il brusio esterrefatto degli studenti di Hogwarts.
<< E se vogliamo combattere? >>
<< Se siete maggiorenni potete rimanere >> disse la professoressa autoritaria.
<< E le nostre cose? Come faremo a recuperarle? >>
<< Non ne abbiamo il tempo! L'importante è farvi scappare . Abbiamo eretto una protezione per farvi scappare, ma non so per quanto potrà durare, pertanto bisogna essere il più rapidi possibile. Veloci! >>
E, seguendo le istruzioni della McGranitt, la Sala Grande si svuotò.
Solo una bambina rimase, insieme al gruppo di studenti maggiorenni che aveva deciso di combattere la battaglia.
Harry la notò subito e le si avvicinò gentile. << Cosa c'è piccola? Ti sei persa? >>
<< No … io … io devo darti questo prima di andare. Devi vederlo subito, è importante >> e scappò, lasciandogli tra le mani una fiaschetta contenente del liquido argentato.
Un ricordo.
Tuttavia non fece in tempo ad andare al Pensatoio, perché urlo agghiacciante gelò tutti i presenti sul posto.
La battaglia era arrivata. 

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Capitolo 20
*** 20.Tu Sei Re ***


 
20. Tu Sei Re



 
Al via di Voldemort, le grida furiose dei suoi Mangiamorte si elevarono dalla Foresta Proibita.
I passi frenetici scuotevano la terra. Non c'era scampo.
Se si osservava la scena dall'alto, quegli uomini così fieri assomigliavano ad inutili puntini che, come mosche, volavano in cerca di salvezza. Come insetti puntavano verso l'unica fonte di luce, che per tutti loro era rappresentata da Hogwarts e dalla sua distruzione.
Correvano senza freni e senza rimorsi. Volevano compiacere il Loro Signore, guadagnarsi la gloria e il rispetto riservato a coloro che sarebbero stati in grado di consegnargli il castello. Poco importava se alcuni di loro sarebbero caduti. I più deboli non possono servire adeguatamente il Signore Oscuro. Era giusto che perissero.
In poco tempo il branco si liberò della protezione che la Foresta offriva loro, lasciandoli nudi al cospetto delle antiche mura.
I più coraggiosi, se di coraggio si più parlare, tentarono di penetrare le difese del castello, venendo però distrutti dalla barriera protettiva eretta intorno a tutto il perimetro della scuola.
Dopo averla anche solo sfiorata nulla rimase di loro, se non il ricordo.
Le seconde file, prendendo coscienza della potenza di Hogwarts, iniziarono in contemporanea a lanciare incantesimi di attacco per far crollare la barriera. I più esposti tra loro rimasero vittime degli stessi incantesimi lanciati dai compagni e urlando, caddero a terra.
Voldemort, rimasto all'interno della foresta, udì le grida di lamento delle sue pedine, ma non se ne curò.
Seduto elegantemente sul suo trono fabbricato con la magia, aspettava.
Attendeva il momento in cui quegli inetti avrebbero abbattuto i cancelli di Hogwarts, assaporava l'immagine della sua entrata trionfale e, in particolar modo, bramava di veder il corpo senza vita di Harry Potter sotto i suoi piedi.
Come sarebbe dovuto essere fin dall'inizio.
Voleva mettere fine a tutta questa storia durata fin troppo.
Guardò alla sua destra. Nagini, il suo fedele serpente, stava raggomitola vicino a lui e dormiva beata.
Che cara, la sua Nagini.
L'unica compagna degna di poter vivere insieme a lui, l'unica in grado di capire i suoi desideri.
Spietata e velenosa. Il suo personale legame con il mondo magico e con Salazar Serpeverde, il suo nobile antenato.
<< Nagini, svegliati >> ordinò Voldemort << Ho un compito per te >>
Il serpente richiamato andò strisciando fino al braccio del proprio padrone. << Sssi? >>
<< Ho bisogno che tu vada a prendere Piton. Addentrati nel castello e portalo da me. >>
<< E' un viaggio lungo. Ho bisssogno di mangiare prima … quella ragasssa sssembra molto morbida. Possso morderla? >>
Voldemort si voltò nella direzione indicatagli dal serpente e sorrise compiaciuto.
<< Ottima scelta Nagini, però la ragazza non si può toccare. E' diventata preziosssa. Ti prometto però che avrrrai un enorrrme bottino, al tuo ritorno >>
<< Ma io voglio leeeei >> protestò il serpente << Quest' altri rozzi non sono cossssì appetitosssi. Ha la pelle moorbida. Sento il suo sangue … è doolce e disssetante. Sssento che mi apparrrrtiene. Nesssuno è come lei. È mia sssimile. >>
<< Ti ho detto di no, Nagini. La ragazza è un contenitore preziossso. Puoi spaventarla, giocare con lei, ma non ucciderla. >>
Contrariata, Nagini scivolò via dalle spalle del suo umano e sparì nella foresta.
Hermione tremava, anche quando l'animale era ormai scomparso nella macchia.
Il serpente l'aveva guardata vogliosa di sbranarla e, per un momento, aveva creduto che Voldemort glielo avrebbe lasciato fare.
Perché lei aveva sentito ciò che si erano detti. Ogni sibilo, ogni sussurro era stato un tormento.
Perché lei … lei li aveva capiti. E li temeva.

 
***

 
Hogwarts stava cedendo contro la forza delle Arti Oscure.
La barriera, come aveva previsto la McGranitt, non era durata a lungo ma giusto il tempo per evacuare la scuola. Ormai all'interno delle mura erano rimasti solamente gli Auror, i membri dell'Ordine e gli studenti che come Harry e Ron avevano deciso di combattere questa guerra.
Minerva aveva poi trasfigurato tutte le statue di Hogwarts per difenderne i confini. “Aveva sempre desiderato poterlo fare” aveva detto a Molly Weasley, la premurosa mamma di Ron e di Ginny e dei loro numerosi fratelli che era sopraggiunta insieme al resto della famiglia per lottare insieme.
Inutile dire che la strega rimase sbalordita dall'ammissione della nuova preside di Hogwarts, in via del tutto ufficiosa, ovviamente.
<< Paciock >> chiamò la McGranitt << Va all'ingresso settentrionale. Fate esplodere il ponte che collega la scuola, in questo modo, almeno da quel lato, saremo coperti >>
<< Posso farlo esplodere... ma proprio esplodere, per dire esplodere? >> chiese Neville stupefatto.
<< Sicuro, esplodere! Boom! Come una bomba! E porta con te anche il signor Finnigan. Ha esperienza in queste genere di abilità, se non sbaglio >>
E, lasciandolo con quegli insoliti ordini, iniziò a camminare verso il cortile esterno della scuola.
In sottofondo si sentì solamente un Neville entusiasta che gridava tra la folla: << Hey, Seamus! Non crederai mai a quello che dobbiamo fare! E' una cosa che scotta! >>

 
Nel frattempo, seguendo gli ordini di Shacklebolt, Harry, Ron e Ginny andarono a coprire la torre di Astronomia.
Da lassù avevano un'estesa visuale di Hogwarts e dei suoi confini. Potevano vedere la barriera da loro eretta tentare di proteggerli dagli incantesimi della massa nera dei mangiamorte ai piedi del castello.
Ogni incanto andato perduto era una gioia per tutti coloro che combattevano contro Lord Voldemort ma, con occhi pieni di preoccupazione, osservavano impotenti la barriera sgretolarsi colpo dopo colpo.
<< Non resisteremo a lungo >> mormorò Ginny.
Harry si voltò verso la ragazza, la sua ragazza << Ginny, se non vuoi combattere puoi uscire come gli altri studenti. Vai alla Tana e resta al sicuro … io … cioè noi, staremo più tranquilli sapendoti salva >>
Ginny si aspettava una reazione simile. Harry, probabilmente per colpa al suo passato, è cresciuto con la paura di perdere le persone che più ama e che lo amano, come è capitato sia ai suoi genitori che a Sirius Black, il suo padrino.
Anzi, Ginny fu sorpresa del ritardo di tale confessione e, avvicinandosi, con dolcezza gli rispose: << Pensi che possa andare a nascondermi mentre voi combattete e mettete a rischio la vostra stessa vita? La mia famiglia è qui, ed è qui che resterò anch'io. Ho solo paura che possa succedere qualcosa di male, come te d'altronde. Ma avrei più paura se fossi lontana e non avessi alcuna notizia di mia madre, o di papà, o di tutti i miei fratelli … o notizie di te >>
Harry l'accolse tra le sue braccia e la strinse a sé, passando delicatamente la mano destra tra i crini rossi di Ginny, resi ancor più brillanti dal rossore che le imporporava le guance e tutto il viso.
<< Andrà tutto bene. Te lo prometto >> le sussurrò.
<< Lo so. >>
Ron d'altro canto, aveva lasciato quel momento d'intimità alla sorella e il suo migliore amico piantando il suo sguardo al temibile orizzonte.
La rabbia lo aveva fatto preda ma in mente aveva un unico pensiero: “Hermione, verrò a riprenderti”

 
Secondo il piano di battaglia, a difesa del pian terreno si trovavano tre diversi gruppi capeggiati da Lupin, dal Signor Weasley e da Kingsley Shacklebolt in persona.
Fred e George invece si preparavano per difendere gli accessi interni del castello.
Tutti erano in posizione quando la barriera cedette.
I mangiamorte non persero altro tempo ed avanzarono compatti lanciando, dovunque si posasse il loro sguardo, maledizioni imperdonabili.
I primi accenni del combattimento risuonarono su tutta Hogwarts. Sembrava che non potesse esserci altro rumore che grida di dolore e nessun colore oltre al verde dell' Avada Kedavra.
I gargoyle vennero distrutti in poco tempo, così come le statue magicamente trasformate da Minerva McGranitt.
Harry, Ron e Ginny, insieme a coloro che difendevano la torre di Astronomia , iniziarono ad attaccare dall'alto i Mangiamorte che avevano mal pensato di sorvolare Hogwarts in sella alle scope.
<< Stupeficium! >>. Ginny aveva appena buttato giù dalla scopa l'ennesimo Mangiamorte. Sembrava nata per questo genere di cose. Aveva una grazia che nessun altro di loro possedeva. Concentrata mentre evitava gli attacchi, non notò che un Mangiamorte le era comparso alle spalle ed era pronto ad attaccarla.
<< Avada Kedavra >>
<< Protego >> gridò Harry con il cuore che batteva furioso << Sectumsempra >>
La maledizione lo investi in pieno e dei profondi tagli comparvero sul corpo dell'uomo che si accasciò a terra, sanguinante.
<< Grazie >> mimò Ginny.
Harry le sorrise e ritornò a colpire i Mangiamorte.
Ron non si era accorto di tutto quello. Combatteva con la ferocia di un leone pronto a difendere l'intero branco. Non sentiva nulla. Puntava e colpiva senza rimorso. Si era trasformato in una macchina letale dagli occhi vuoti.
<< Fatevi da parte >> ruggì Neville. Era arrivato in cima alla torre, con una dozzina di persone al suo seguito. In mano tenevano quello che sembravano essere grandi piante in vasi da fiori e tutti indossavano paraorecchie.
<< Mandragole >> spiegò rapido << Le lanciamo da quassù. Non gli piaceranno! >>
Harry annuii fugace a quell'idea, ma dentro di lui l'orgoglio che provava nei confronti di Neville crebbe a dismisura. Mentre osservava il ragazzo che lanciava i vasi dalla torre pensò che in lui non era rimasta traccia del bambino timido e impacciato che aveva attraversato per la prima volta la soglia di Hogwarts sette anni or sono.
<< Harry! >> gridò Neville.
Harry, che in quel momento stava duellando contro un Mangiamorte, non si voltò verso il richiamo ma urlò a sua volta: << Cosa c'è? >>
<< Bisogna raggiungere gli altri di sotto. Stanno arrivando i giganti. Non penso che useranno ancora le scope! >>
Harry schiantò l'avversario e annuii verso Neville. << D'accordo, andiamo. Io chiamo Ginny, tu trova Ron. Ci vediamo in fondo alle scale. >>
La rossa stava affrontando due Mangiamorte contemporaneamente. Era brava.
Tuttavia Harry non sopportò di vedere come quei vili non si facessero scrupoli ad attaccarla così ferocemente.
Si avvicinò alla ragazza ed iniziò a colpire i Mangiamorte con ogni tipo di incantesimo offensivo. Insieme, non ci volle molto a sopraffarli.
<< Dobbiamo andare di sotto. Neville e Ron ci stanno aspettando >> le urlò e, senza aspettare una risposta, la prese per un braccio e la portò con sé.
Una volta scese le scale si trovarono davanti a innumerevoli macerie.
Un lampo di tristezza e di collera attraversò gli occhi di tutti e quattro. La loro scuola stava cedendo sotto i colpi nemici e si stava trasformando in macerie.
E tutto per la voglia di potere di quel pazzo.
Harry strinse la mano libera in un pugno e con voce ferma parlò: << Andiamo a cercare gli altri, coraggio >>
Stavano camminando da un po' e avevano dovuto cambiare strada più e più volte dato che molti corridoi erano inaccessibili a causa delle frane. Ora mai avevano avuto modo di notare i danni che Hogwarts aveva subito in modo più completo. I quadri erano stati quasi tutti abbandonati, tranne quello di Sir Cardogan che, vedendo passere Harry e i suoi amici, li seguì di cornice in cornice in sella al suo grasso cavallino gridando: << Manigoldi sconsiderati! Harry Potter gettali in pasto ai corvi, coraggio! >>
<< Beh, è stato carino a farci coraggio >> mormorò Ginny.
<< Lui è pazzo, Ginny. >> disse Ron << Non ti ricordi che è stato l'unico quadro che ha voluto sostituire la Signora Grassa quando... beh si, insomma quando... quando facevamo il terzo anno, ecco. >>
<< Si, e cambiava le parole d'ordine ogni cinque minuti >> commentò Neville << Vi giuro che non ho mai dormito così tanto fuori dal mio dormitorio come quando c'era lui a sorvegliare l'ingresso >>
Tutti sorrisero.
Era bello ricordare quegli attimi, anche se per poco. Significava che in ogni momento sapevano per che cosa stavano combattendo.
Lottavano per difendere quei ricordi, per crearne di nuovi, per vendicare i morti, per proteggere la vita futura.
Ci stavano ancora pensando quando una voce lugubre rimbombò ovunque e interruppe ogni duello.
<< Complimenti, streghe e maghi di Hogwarts. Avete combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. >> diceva la voce, acuta e fredda << Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata e una perdita e uno spreco. Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente. Avete un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità, curate i vostri feriti >>
Poi fece una pausa, come se volesse dimostrare a tutti gli altri quanto quel discorso fosse difficile per lui.
<< Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella foresta proibita. Se entrò un'ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un'ora. >>
La voce di Voldemort sparì in fretta così com'era venuta, lasciando alla sua scomparsa un silenzio gelido.
<< Harry... >> disse Ginny << Tu...tu non devi farlo >>
<< Già, amico. Non ascoltarlo >>
<< Ron ha ragione, Harry. Vedrai che andrà tutto bene >>
Harry non diede segno di averli sentiti. << Raggiungiamo gli altri >> disse amaro.

 
Quando entrarono in sala grande Harry fece un passo indietro.
<< Harry, che succede? >> domandò Ginny.
<< Devo fare una cosa. Non ci metterò molto. Voi andate avanti, io vi raggiungo >>
<< Non … non hai intenzione di consegnarti, vero? >>
<< No, tranquilla. Devo solo vedere cosa c'è qui dentro >> e le mostrò l'ampollina contenente lo stano liquido argentato
<< Che cos'è? >>
<< Un ricordo. Una bambina me l'ha data prima che iniziasse la battaglia, raccomandandosi di vederlo subito. Vado al pensatoio e torno subito. >>
<< D'accordo >>
Harry accarezzò dolcemente la guancia di Ginny e ci depose un leggero bacio. << Farò in fretta >> e sparì.

 
***

 
Il gruppo dei mangiamorte ritornò barcollante dentro la Foresta Proibita.
Camminavano distanti gli uni dagli altri, ognuno con le proprie ferite e i propri pensieri.
In fondo al gruppo strisciava Nagini, elegante in tutta la sua figura, e dietro di lei Piton avanzava con passo pesante.
<< Il mio signore mi ha convocato? >>
Voldemort guardò il suo servo compiaciuto.
Ancora poco, e il suo piano avrebbe visto la sua conclusione.
Harry Potter lo avrebbe raggiunto all'interno della foresta e lui l'avrebbe ucciso senza nemmeno doversi scomodare a cercarlo. Perché il ragazzo non avrebbe mai permesso che qualcun' altro dei suoi amici rimanesse ferito, in quella guerra. E tutto per quell'inutile sentimento chiamato amore.
Al solo pensiero gli veniva il voltastomaco.
<< Esatto, Severus. Come hai potuto sentire tu stesso, tra poco Harry Potter si unirà a noi >> ed indicò il resto dei Mangiamorte << ed io ho intenzione di accoglierlo come si conviene ad un illustre ospite. Ma per farlo temo che mi servirà la massima potenza della Bacchetta di Sambuco >>
<< Non capisco, Mio Signore. Voi l'avete già la Bacchetta di Sambuco >>
<< Su questo hai ragione, Severus. Ho trafugato io stesso la Bacchetta di Sambuco dalla tomba di quel babbanofilo di Silente. Tuttavia essa non mi serve come io speravo >>
<< Non esiste bacchetta più potente al mondo >> gli ricordò Piton.
<< Hai assolutamente ragione >> acconsentì Voldemort per la seconda volta. << Se essa è effettivamente in mio potere, non c'è nulla al mondo che possa fermarmi. Disgraziatamente non è cosi >>
<< Non capisco cosa intendete dire, Mio Signor. La Bacchetta di Sambuco risponde a voi, e a voi solo >>
<< Vedi, Severus >> iniziò Voldemort << La Bacchetta di Sambuco non mi più servire adeguatamente perché io non sono il suo legittimo padrone. Se stato tu, ad uccidere il suo ultimo possessore. Tu hai messo fine alla vita di Silente >>
<< Mio Signore... >> sussurrò Piton, iniziando a capire.
<< Severus, mi duole veramente fare una cosa simile ma confido che comprenderai che non ho altra scelta. Fino a che tu resterai in vita, la Bacchetta di Sambuco mi resisterà >>
Piton, che fino a quel momento non aveva osato guardare il suo signore direttamente negli occhi, levò il suo sguardo per incontrare quello freddo e vuoto di Lord Voldemort.
<< Mi rincresce, Severus. >> lo sentì dire << Avada Kedavra >>
Ed una luce verde mise fine al suo mondo.
Non una voce di clemenza si alzò dal gruppo di mangiamorte presenti all'assassinio. Ognuno di loro aveva paura di essere il prossimo a raggiungere l'aldilà – e tutti sapevano che esisteva redenzione per gli uomini del loro calibro.
<< Un vero peccato. Era un servo così fedele >> sospirò prima di chiamare a sé il suo serpente. << Nagini >> disse nella nobile lingua << la cena >>
<< NO! >>
La voce di Hermione risuonò alta, infrangendo la coltre di silenzio che si era formata.
Tutti i Mangiamorte si voltarono verso la ragazza, ma Hermione non vedeva altro che gli occhi iniettati di sangue di Voldemort.
Nagini non diede segno di averla sentita e iniziò ciò che il suo padrone gli aveva ordinato.
<< Tu, vigliacco! >> orlò con tutta la voce che possedeva << Uomo senza onore! >>
<< Come osi, mezzosangue >> urlò Yaxley levando la bacchetta su di lei.
<< Fermo >> disse Voldemort, ed immediatamente il mago si bloccò << Lasciamo che la ragazza si esprimi come meglio creda. >>
Hermione non se lo fece ripetere due volte. Era dalla morte di Draco che voleva fargli sentire ciò che provava lei, che voleva distruggerlo. E se non poteva attaccarlo fisicamente, poteva almeno sfogare la sua rabbia parlando.
<< Tu … tu credi di poter cambiare l'anima al mondo magico con la tua forza o con le tue belle parole. Credi che i maghi possano essere messi a tacere mentre tu ti crogioli nel tuo castello. Ti credi un eroe, ti credi un re, Lord Voldemort? Resti qua nascosto mentre i tuoi degni compari vanno là fuori a distruggere solo per il piacere di veder soffrire. Tu cerchi il tuo dominio infondendo paura negli altri, ma io non ti temo. Troppe volte ho dovuto difendermi. Io, che non ho nulla. Potevi non intraprendere mai quest'assurda battaglia, ma hai preferito distruggere tutto e tutti pur di aver potere; ingannando con quelle tue parole così fragili. Te lo ripeto, non sei degno di poter vivere liberamente. Hai ucciso Draco, ed ora hai ucciso Piton, solamente per i tuoi scopi. Ebbene, mi fai solo pena. >>
I Mangiamorte non potevano credere a quello che avevano appena sentito. Con che coraggio quella ragazza, quell'insulsa mezzosangue poteva parlare a quel modo al Loro Signore?
<< Mio Lord >> riprovò Yaxley << chiedo di potervi vendicare. La ragazza ha parlato troppo. Merita una punizione >>
<< Verrai punito tu, Yaxley, se alzerai bacchetta su di lei >> disse Lord Voldemort.
<< Ma, mio signore … la ragazza … >>
<< La ragazza ha espresso il suo pensiero, che è esattamente ciò che gli ho chiesto. >> disse pratico << Nonostante questo temo, mia cara, che hai sbagliato i tuoi calcoli. Il mondo magico si piegherà perché capirà quanta verità ci sia nella mia filosofia. E sarà lo stesso mondo magico a mettermi sul trono del re. >>
<< Questo non accadrà mai. >> sputò velenosa.
<< Accadrà invece. Sai, quando tutti i maghi di questa terra saranno convinti che il loro paladino li abbia abbandonati, la loro rabbia si trasferirà da me a lui. Non c'è nulla di peggio che essere traditi dal proprio eroe. >>
<< Harry non si consegnerà mai >>
<< Questa, è un'opinione prettamente personale >>


***

 
Harry era appena uscito dal pensatoio, ed era distrutto.
Non poteva credere a quello che aveva appena visto, non poteva credere che quella bambina gli avesse consegnato i ricordi più preziosi di Severus Piton.
Ora sapeva tutto, e tutto gli sembrava un'enorme bugia.
Cresciuto per morire, chiuso in un mondo fragile come una bolla di sapone, riempito di bugie e menzogne. Tutto per arrivare a questo momento.
Doveva morire.
Per far finire questo incubo, doveva morire.
Buffa la vita. Aveva da sempre combattuto per vivere in pace, ma non poteva vederla realizzata.
Silente aveva organizzato tutto, gli aveva spiegato il piano e lui l'aveva messo in atto.
Distruggi gli Horcrux, distruggi Voldemort.
Non gli aveva rivelato però, che ogni Horcrux andato perduto, ogni brandello di anima che veniva ucciso era anche un passo in più verso la propria, di morte.
Perché lui era un Horcrux.
Doveva andare a consegnarsi. In questo modo avrebbe almeno potuto salvare tutti i suoi amici. Con un po' di fortuna, poteva sperare di salvare anche Hermione, prima di perire.
Uscii velocemente dall'ufficio del preside – non voleva più stare in quella stanza, si sentiva soffocare – e andò verso la Sala Grande.
Non aveva molto tempo per dire addio prima della fine.
Od ogni passo il suo cuore batteva sempre più velocemente, come per dimostrargli la sua vitalità. Ma non poteva esserci vita per lui, né tantomeno per il suo cuore.
Una bestia da macello – così Piton l'aveva definito. Si accorse con rammarico si non poter replicare. Silente l'aveva davvero visto solamente come un'arma?
Era davanti alla porta della sala principale, adesso. Quella stessa sala che l'aveva accolto il suo primo anno, dove il Cappello Parlante l'aveva assegnato a Grifondoro.
Prese un grosso respiro, ed entrò.
Il cielo del soffitto non era stellato, bensì coperto da fitte nuvole che non accennavano a diramarsi. Però Harry non ci aveva fatto caso, dal momento che più delle nuvole, era del silenzio innaturale che si preoccupava.
Nessuno aveva fatto troppo caso al suo ingresso, troppo occupati a curare i feriti e a rendere omaggio ai caduti.
Harry si avvicinò al grande gruppo con i capelli rossi. Era una gioia vederli ancora tutti insieme. Tutti uniti.
Ma Harry si sbagliava.
Se ne accorse quando sentì distintamente i singhiozzi a stento trattenuti e il rumore delle lacrime che si infrangevano sul pavimento.
<< Che … che cosa è successo? >>
Nessuno gli rispose. E non fu neanche necessario, quando vide stesi su dei materassi improvvisati i corpi senza vita di Fred, Tonks e Lupin.
Il peso del mondo gli crollò addosso e, preda del dolore, risentì le fredde parole di Voldemort: “Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona.”
Era vero? Era a questo che le sue azioni avevano portato?
<< Chi? >> Sentì la sua voce chiedere, al di fuori del suo controllo.
Ron gli si avvicinò e gli rispose. << Bellatrix e Rodolphus Black. Lui è morto, ora. Tonks e Lupin stavano combattendo contro di lui e quando è arrivata anche quella strega, e a visto ciò che avevano fatto a quell'essere che lei ... è stata lei... è stata lei ad... >> Non riuscì terminare la spiegazione. Le lacrime gli impedivano la fuoriuscita di ogni parola.
Harry capì ugualmente.
<< Ron, ti devo parlare. In privato. >>
L'amico lo guardò, senza capire il perché ma lo seguì fuori da quel luogo di tormento.
<< Devo andare nella foresta >> disse senza troppi giri di parole.
<< Cosa? No! Non ci pensare nemmeno. Non dopo tutti gli sforzi che abbiamo fatto >>
<< Ron, sono un Horcrux >>
<< E' impossibile. Non può essere >>
<< Invece è così. Credimi. >>
<< E chi ti ha raccontato una cosa del genere? Mago Merlino, per caso? >>
<< Silente. Sono andato al pensatoio. I ricordi mostravano Silente e le sue scoperte. Dovevo saperlo adesso, per andare ad incontrarlo preparato. Una volta morto io, tu potrai ucciderlo. Non avrà altri Horcrux su cui ritornare. Sarà la fine >>
<< Non puoi chiedermelo. Non adesso. Non dopo… . Non puoi. >>
<< Infatti non te lo sto chiedendo. Ti sto implorando. >>
<< Harry... >>
<< Ti prego, Ron. Non c'è altra via d'uscita. Prenderò il mantello e lo raggiungerò, dopodichè, quando verrà qui ad Hogwarts, lo ucciderete >>
<< Sei il mio migliore amico, lo sai questo vero? >>
<< Lo so. E tu sei il mio. Ti chiedo solo una cosa. Proteggi Ginny e dille che l'amo. Se vedrò Hermione, farò lo stesso >>
Ron annuì.
Harry lo abbracciò, per l'ultima volta. Dopo si nascose sotto il mantello dell'invisibilità e saprì ad ogni tipo di vista.


***

 
L'ora era ormai scaduta, e i due mangiamorte a guardia dell'ingresso del covo non sembravano tranquilli.
<< Tu vedi niente? >>
<< Nulla. Io dico che non arriva. Oh, se si arrabbierà >>
<< Puoi dirlo forte. Era convinto che venisse. L'ha detto anche a quella sporca mezzosangue. >>
<< Sarà meglio andare, tanto Potter non viene >>
I due si incamminarono ed Harry li seguì ben nascosto.
Impiegarono circa cinque minuti prima di raggiungere l'ampia radura dove si erano rintanati.
<< Ebbene? >> disse la voce che li accolse.
<< Mio Signore, il ragazzo non si è presentato, Signore >>
<< Ero convinto che sarebbe venuto. >> commentò aspro. << Mi aspettavo che venisse >>
<< Te l'avevo detto che Harry non si sarebbe consegnato >>
Harry guardò verso quella voce di donna che lo aveva difeso, quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille.
Hermione fluttuava all'interno di una sfera. Era stanca e provata, ma viva.
<< Non ti sbagliavi >>
Tutti si voltarono verso Harry, ormai scoperto dal mantello.
I Mangiamorte lo guardarono trionfanti. Finalmente avrebbero vinto.
<< HARRY! HARRY, NO! >>
Hermione dall'alto della sua gabbia, sbatteva i pugni e si dimenava.
- Non doveva finire così – pensava.
<< SILENZIO! >> ad urlare stavolta era stato Voldemort, ed Hermione tacé, come se fosse stata appena strozzata da una corda spessa.
<< Harry Potter >> mormorò. << Le tue ultime parole? >>
Harry guardò Hermione. << Ti voglio bene, ed ho un messaggio per te. È da parte di Ron. Dice che ti ama, e che ti verrà a riprendere. Sta tranquilla >>
<< Che cosa romantica. Avada Kedavra >>
Il lampo di luce verde lo colpì in pieno.

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Capitolo 21
*** 21.Come Salvare Una Vita ***


 
21. Come Salvare Una Vita


 
Il corpo di Harry cadde a terra con un tonfo sordo.
E così anche l'ultima speranza per l'intero mondo magico.
<< NO! Harry! Perché? Perché l'hai fatto? >>
Hermione piangeva senza controllo. Harry era morto. Morto sotto i suoi occhi e lei non aveva potuto fare niente per impedirlo.
Sentiva dolore. Così tanto dolore.
Ormai sembrava che era l'unica emozione che la vita voleva concederle.
<< Silenzio! >> ordinò Voldemort. << Tu, controlla. Dimmi se è morto >>
Narcissa Malfoy annuii e si avvicinò cauta al corpo del ragazzo.
Gli posò due dita sul collo, per sentirne il cuore morto.
Le sue dita erano fredde come ghiaccio, ma quello che percepì gli scaldò l'anima.
Un battito.
Forte, presente, vivo!
Il ragazzo era vivo. La maledizione aveva fallito. Perché?
<< Allora? >>
Narcissa si voltò verso i Mangiamorte e con voce atona confermò : << Morto >>
E adesso si levarono voci di gioia, urlarono trionfanti e batterono i piedi con forza.
Hermione li guardava scioccata. Come si può ridere di fronte alla morte di un ragazzo?
<< Visto? >> strillò Voldemort al di sopra degli altri << Harry Potter è morto per mano mio! Ed ora nessuno può sfidarmi! >>
Tutti urlarono ancora di più. Hermione desiderò cruciarli.
<< Ora >> proclamò Voldemort << Andremo al castello e mostreremo come il loro eroe sia caduto di fronte al mio potere. Lucius! Sarai tu a portare il ragazzo. Hai esperienza per questo genere di cose >>
Hermione si alzò di scatto ma subito fu rimessa a sedere. Qualcosa gli aveva ferito la caviglia. Non riusciva a mettersi in piedi.
Arrotolò i pantaloni e vide che il calzino era imbrattato di sangue. Lo scostò delicatamente e vide il pezzo di vetro acuminato che fino a quel momento era stato nascosto dalla stoffa.
Se ne era completamente dimenticata.
L'aveva messo lì da prima della morte di Draco, quando era ancora prigioniera a Malfoy Manor, quando aveva liberato la sua rabbia e la sua frustrazione su quello specchio.
<< Muoviti, Malfoy. E infilagli gli occhiali, devono riconoscerlo. >>
Quando fu soddisfatto del risultato disse: << Andiamo >> e tutti si mossero nella gloriosa marcia fino all'ingresso del castello.
Si fermarono davanti al portone, e Voldemort, con la voce amplificata magicamente parlò.
<< Harry Potter è morto. È stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi sciocchi combattevate per lui. Guardate. Venite fuori a guardare il suo corpo. Non stiamo mentendo. Posalo ai miei piedi Lucius.>>
L'ingresso cigolò lentamente e la piccola folla di sopravvissuti uscì da Hogwarts. Volevano vedere con i loro occhi che era vero, che Harry era morto.
<< No! >>
<< Harry! HARRY! >>
<< Non può essere! Harry! >>
Le voci disperate dei suoi amici, di Ron, di Ginny erano peggio di qualunque cosa avesse mai potuto ascoltare. E per la prima volta Hermione fece un gesto del tutto sconsiderato.
Aveva promesso di non fare azioni stupide, era stata più volte rassicurata sul fatto che qualcuno la sarebbe venuta a salvare, ma nessuno poteva.
Harry si era consegnato sperando nella fine di tutto quello, tuttavia finché restava in vita Voldemort non poteva morire.
Si rigirò il pezzo di vetro tra le dita e, senza riflettere, si colpi al petto.
L'urlo di dolore fu così forte che, se prima i suoi amici non l'avevano notata, ora aveva tutti gli occhi puntati su di sé.
<< HERMIONE! >>
Il grido rabbioso di Ron fece tremare ogni cosa.
La ragazza alzò lo sguardo. Sentiva il suo corpo abbandonarla e la sua anima finalmente pulita.
L'Horcrux non esisteva più. Stava morendo insieme a lei.
L'odore di sangue riempì l'aria.
<< Che cosa hai fatto? >>
Ma lei era beata. Guardò il corpo di Ron che tentava di avvicinarsi al suo e semplicemente lo amò.
Amò quegli occhi pieni di paura e le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi così blu.
Si sentiva felice di essere riuscita a provare amore prima di sparire per sempre.
Poi non sentì più nulla.

 
***

 
Voldemort raggiunse di corsa la ragazza, seguito da Bellatrix.
Non poteva averlo fatto. Non poteva essere così stupida.
Eppure era lì. Il suo corpo era lì, con il calore vitale che lentamente si dileguava per lasciare posto all'eterno freddo dei morti.
Bellatrix provò a sfiorarla, ma fu fermata dalla voce di Ron che le disse senza paura: << NON OSARE TOCCARLA! Tu, con le tue sporche mani non sei degna nemmeno di starle così vicino. Vattene da lei! >>
Voldemort si voltò verso il ragazzo.
<< E tu chi saresti? >>
<< E' Ronald Weasley, Mio Signore >> disse Lady Narcissa.
<< Ah, un Weasley >> esclamò come se avesse capito tutto di quel ragazzo. << Possiedi notevole ardimento per affrontare in questa maniera una delle mie più potenti Mangiamorte. Hai intenzione di unirti alle mie fila? Infondo la guerra ormai è vinta. Non avete il numero sufficiente per sopraffarci e non avete più nemmeno un paladino >>
<< Mai! Preferisco la morte! >>
<< Qualcuno ne ha intenzione? >>
Un urlo pieno di collera si levò dal gruppo. << Esercito di Silente! >> gridavano in coro.
Voldemort non accettò queste grida assurde ed iniziò a lanciare maledizioni sulla folla.
Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
Harry riuscì a recuperare il mantello dell'invisibilità e ci si nascose, Bellatrix e altri mangiamorte entrarono nel castello, pronti a combattere per l'ultima volta.
Altri, come i signori Malfoy, si smaterializzarono lontano e non rividero più i confini di Hogwarts.
Regnava il caos.
<< Harry! Harry … Dov'è Harry? >>
<< Avete recuperato il corpo di Hermione? >>
<< Ron dove sei? >>
<< MAMMA! >>
Harry non prestò ascolto ai richiami. Erano troppi.
Lui stava cercando Voldemort, e non si sarebbe fermato fino a che non fosse morto.
Alla fine lo vide nella Sala Grande. Stava scagliando incantesimi a destra e a manca, senza però smettere di urlare ordini agli uomini che gli erano rimasti.
Anche Bellatrix combatteva. AL momento stava lottando contro Ginny e Luna in contemporanea. Non era un duello difficile per lei. Quando però una maledizione senza perdono sfiorò il fianco di Ginny, Harry vide la Signora Weasley avanzare verso la strega, bacchetta sguainata.
<< MIA FIGLIA NO, CAGNA! >>
La donna gettò via il mantello per avere libertà di movimento.
Bellatrix rise nel vedere la sua nuova avversaria.
<< Fuori dai piedi! >> urlò la Signora Weasley alle ragazze e con un incantesimo iniziò a combattere contro Bellatrix.
Per la strega dai ricci scuri non era una sfida molto impegnativa e non si fece scrupoli ad attaccare la sua avversaria anche verbalmente.
<< Cosa sarà dei tuoi figli quando ti avrò ucciso? >>
La canzonava ma, nel frattempo, doveva nascondere l'amarezza nel suo cuore.
Quelle parole le ricordavano costantemente che non era riuscita a proteggere la sua, di figlia.
<< Tu … Non … Toccherai … Mai … Più … I … Nostri … Figli! >> urlò la Signora Weasley.
E, con infinito sforzo, lanciò un Avada Kedavra verso Bellatrix. E la strega non parò.
Voldemort vide il corpo di Bellatrix afflosciarsi a terra, come altri prima di lei, e s'infiammò. Alzò la bacchetta su Molly Weasley, pronto a colpire.
<< Protego! >> ruggì Harry, e il Sortilegio Scudo si allargò al centro della Sala, tagliando fuori tutti gli altri.
Restavano solo Harry e Voldemort.
<< Bene, bene. Tornato a strisciare, come un verme, Potter? Chi farai morire per te questa volta, ora che non ti è rimasto più nessuno? >>
<< Non ho bisogno di aiuto >> disse Harry << Deve essere così. Solo tu ed io >>
<< Che coraggio, Potter? Sei sicuro di non volere che uno di loro ti faccia da scudo? >>
<< Nessuno. >> rispose Harry semplicemente << Non ci sono altri Horcrux. Siamo soli, ed uno di noi sta per andarsene per sempre. Hai finito a causare la morte di altra gente. >>
<< Causare la morte? Ah, tu ti riferisci alla sporca mezzosangue... vedi non è stata colpa mia la sua morte. Lei l'ha scelta autonomamente. >>
<< Non chiamarla così! Era tua figlia! >> esplose << E poi, lei non l'avrebbe mai fatto >>
<< Invece l'ha fatto. Tutti i tuoi amici hanno potuto vederlo >>
<< L'ha fatto per causa tua! >>
<< Non è vero. E' stata tua, la colpa. Per condurci a questo. Per fare in modo che tu mi sfidarti adesso >>
Harry tacé.
<< Oh, non puoi capire. L' avevo trasformata in un Horcrux. Lei si è distrutta, per permettere a te di sconfiggermi. Che morte stupida, visto che tu non sei in grado di uccidermi! >>
<< Scommettiamo? Stupeficium! >>
Voldemort evidentemente si aspettava quella mossa, perché parò il colpo senza troppe complicazioni.
<< Sei solo un bambino che vuole giocare a fare l'eroe. Ma il tempo dei giochi è finito. >>
Harry udì la voce acuta strillare e urlò a sua volta.
<< Avada Kedavra! >>
<< Expelliarmus! >>
Lo scoppio fu come un colpo di cannone mentre gli incantesimi si scontravano a metà strada.
Harry vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la bacchetta del suo nemico volare in alto e il raggio mortale dell'incantesimo raggiungere il pallido corpo di Voldemort.
Harry guardò quel corpo e non provò nulla.
Non sentì il senso della vittoria, non provò pietà. Era come se fosse stato svuotato.
Non sentì le urla di vittoria dell'intera scuola. Non sentì e basta.
Si voltò in cerca di Ron, ma degli occhi azzurrini dell'amico nessuna traccia.
<< Se cerchi Ron, è fuori. Nel cortile principale. >>
Non capì chi gli aveva dato quell'indicazione, ma uscì di corsa dalla scuola, sotto lo sguardo incredulo di tutti.

 
***

 
Ron stava seduto nella roccia e stringeva convulsamente il corpo di Hermione tra le braccia.
Piangeva senza sosta e le sussurrava parole che non avrebbe mai potuto sentire.
<< Ron … >>
<< Potevo salvarla. >> sussurrò. << Potevo salvarla. Potevamo stare insieme >>
Harry non disse più nulla. Si chinò anche lui verso l'amica, e la pianse con lui senza fine, per tutto il giorno.

 



 
EPILOGO
-Tombe Bianche-

 
Due giovani uomini camminavano nel parco di Hogwarts fianco a fianco, nel più completo silenzio.
Era passato poco tempo dalla sanguinosa battaglia tenutasi all'interno di quelle mura ed i ricordi erano ancora freschi. E facevano male. Dannatamente male.
I cuori non erano così facili da riparare come le mura del castello. Non bastava un semplice incantesimo a rimettere tutto a posto. Non esisteva un incantesimo capace di richiamare tutti i caduti in quell'assurda guerra.
Si sentiva solo il rumore dei passi che schiacciavano l'erba morbida sotto di sé e il vento leggero che tentava di rinfrescare le menti.
Si fermarono davanti ad una tomba bianca. Era la tomba di Albus Silente, l'uomo che aveva dato la sua vita per la scuola e per i suoi studenti.
Vicino ad essa, Harry e Ronald avevano voluto che si innalzasse un enorme pezzo di marmo bianco, e ci incisero insieme i nomi di tutti coloro che avevano perso la vita per proteggere la scuola e la libertà di ognuno di noi.
Così rispecchiavano i nomi di Hermione Granger – perché entrambi i suoi amici avevano convenuto che lei sarebbe rimasta pulita così come lo era nata. – Fred Weasley, Ninfadora Tonks, Remus Lupin, Colin Canon, Alastor Moody ed altri cinquanta nomi di maghi e streghe coraggiosi fino alla morte.
Harry inoltre aveva insistito per aggiungere anche il nome di Draco Malfoy.
- Si è preso cura di Hermione fino alla fine. Gli dobbiamo qualcosa – così aveva detto quando Ron gli domandò per l'ennesima volta il motivo di tale decisione.
Solo al sentire il nome della sua amata scomparsa, Ron non ebbe più nulla da eccepire.
Venivano alla tomba quasi ogni giorno. Non riuscivano a dimenticare. Portavano fiori, portavano pensieri, portavano lacrime.
Non venivano mai a dire addio. Non ci riuscivano.
Non parlavano mai, di fronte alle tombe bianche. Tutto quello che potevano dire, l'aveva inciso Luna un giorno che era passata a trovare i suoi amici.
Così, sopra tutti i nomi, nessuno avrebbe mai dimenticato il motivo del loro sacrificio.
Sono morti da uomini liberi, per farci vivere da uomini liberi”



Ebbene, finalmente è finita.
Voglio solo dirvi che è stato un piacere scrivere per voi e leggere le vostre recenzioni.
Rigrazio ogni singolo lettore, ogni messa a seguita, ogni ricordata e ogni preferita.

Un rigraziamento particolare va a  Jaybree88, senza la quale questa storia non sarebbe mai stata scritta.
Spero di avre risposto alla sua immaginazione

Un saluto a tutti,
Tinotina

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