Le piante della Signora Wintrop

di Melisanna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wintrop e Willow ***
Capitolo 2: *** I furti ***
Capitolo 3: *** Le piante della Signora Wintrop ***
Capitolo 4: *** Dove sono i gioielli? ***
Capitolo 5: *** Un villaggio nella brughiera ***



Capitolo 1
*** Wintrop e Willow ***


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Le piante della signora Wintrop

In mezzo alla campagna verde e piovosa si trovava un piccolo villaggio di pietra grigia.

Una strada stretta e tortuosa lo divideva a metà.

Su questa strada si affacciavano l’una di fronte all’altra la casa signorina Willow e della signora Wintrop.

La signorina Willow aveva girato il mondo. Aveva lunghi capelli biondi, degli occhi deliziosi e parlava con un accento curioso.

La signora Wintrop era nata e vissuta fra la merceria all’angolo e la fattoria in fondo alla strada. Vestiva sempre di nero e il colore dei suoi capelli era stato così a lungo nascosto sotto la cuffietta scura che nessuno avrebbe saputo dire quale fosse.

La signorina Willow amava i fiori.

Il loro profumo le metteva allegria. Lo stormire delle foglie le ricordava vecchie melodie. I colori brillanti le facevano venir voglia di danzare.

E siccome i suoi gerani rossi e le bianche camelie crescevano rigogliosi e le roselline gialle si arrampicavano graziosamente lungo la finestra e sul muro, la signorina Willow rideva sempre, cantava spesso e a volte ballava.

La signora Wintrop detestava i fiori. Il loro profumo la faceva starnutire, lo stormire delle foglie le causava mal di testa. Giudicava i loro colori accesi sgargianti e volgari.

La signora Wintrop detestava anche essere la dirimpettaia della signorina Willow.

Era una ragazza troppo leggera. Rideva e cantava senza motivo alcuno. E a volte ballava in salotto. Inoltre chiunque tenesse tanti fiori sul davanzale, doveva avere qualcosa da nascondere.

Alla signora Wintrop piacevano le piante grasse.

“Sono quiete e silenziose” diceva “E così eleganti e discrete. Non hanno nessun profumo invadente. I loro fiori sono preziosi proprio perché rarissimi e delicati.”

Perciò piante grasse alte e snelle, basse e rotonde, grandi come un uomo o piccole come una caramella, con spine sottili come aghi o rigide e lunghe come pugnali riempivano ogni angolo della sua casetta.

Un giorno la signorina Willow chiese ai vicini di poter costruire un grande pergolato che avrebbe attraversato la strada come un arco.

Vi avrebbe fatto crescere una bella pianta di gelsomino, con i suoi grappoli di fiori bianchi dal dolce profumo di miele.

All’ombra del pergolato si sarebbero potute mettere delle panchine per sedersi a chiacchierare.

E lei si sarebbe occupata di tutto.

La signora Wintrop era del tutto contraria.

“L’odore di quei fiori sarà così intenso da svenire” andava dicendo “Attireranno un sacco di insetti, api, calabroni e orridi millepiedi: non si potranno tenere le finestre aperte né passeggiare in pace. E ci sarà un sacco di lavoro in più da fare per tenere pulita la strada dalle foglie cadute e impedire che i rami crescano troppo e le radici invadano tutto”.

Ma i vicini dissero che una pianta così bella avrebbe dato lustro al paese: sarebbe stato piacevole sedersi lì sotto d’estate.

Quanto alle finestre sarebbe bastato mettere delle zanzariere.

E per il resto la signorina Willow si sarebbe occupata di tutto.

La signora Wintrop non era per niente d’accordo, ma siccome nessuno l’ascoltava non poté far altro che brontolare.

La signorina Willow prese molto a cuore la buona riuscita della sua opera. In quattro e quattr’otto un’impalcatura di legno fu costruita attraverso la strada. E poco dopo una fresca pianticella cominciò ad arrampicarsi sui sostegni.

Dopo qualche mese il pergolato era già verde e rigoglioso. E tutti concordarono che era stata proprio una buona idea.

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Capitolo 2
*** I furti ***


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Un giorno la signorina Willow chiese ai vicini di poter costruire un grande pergolato che avrebbe attraversato la strada come un arco.

Vi avrebbe fatto crescere una bella pianta di gelsomino, con i suoi grappoli di fiori bianchi dal dolce profumo di miele.

All’ombra del pergolato si sarebbero potute mettere delle panchine per sedersi a chiacchierare.

E lei si sarebbe occupata di tutto.

La signora Wintrop era del tutto contraria.

“L’odore di quei fiori sarà così intenso da svenire” andava dicendo “Attireranno un sacco di insetti, api, calabroni e orridi millepiedi: non si potranno tenere le finestre aperte né passeggiare in pace. E ci sarà un sacco di lavoro in più da fare per tenere pulita la strada dalle foglie cadute e impedire che i rami crescano troppo e le radici invadano tutto”.

Ma i vicini dissero che una pianta così bella avrebbe dato lustro al paese: sarebbe stato piacevole sedersi lì sotto d’estate.

Quanto alle finestre sarebbe bastato mettere delle zanzariere.

E per il resto la signorina Willow si sarebbe occupata di tutto.

La signora Wintrop non era per niente d’accordo, ma siccome nessuno l’ascoltava non poté far altro che brontolare.

La signorina Willow prese molto a cuore la buona riuscita della sua opera. In quattro e quattr’otto un’impalcatura di legno fu costruita attraverso la strada. E poco dopo una fresca pianticella cominciò ad arrampicarsi sui sostegni.

Dopo qualche mese il pergolato era già verde e rigoglioso. E tutti concordarono che era stata proprio una buona idea.

Fu allora che accadde.

Al primo furto molti si meravigliarono perché il posto era così tranquillo, mai un problema c’era stato fin dai tempi dei loro nonni. Qualcuno fece supposizioni su gente venuta da fuori e tutti commentarono che il mondo non era più quello di una volta.

La mattina dopo il secondo furto capannelli di persone si formarono attorno ad oratori che sembravano ben informati e parlavano con voce alta e concitata. Ogni tanto uno degli ascoltatori scuoteva la testa ed esclamava: “Che tempi, che tempi!”, mentre tutti annuiva, indignati dalla disonestà dilagante.

Del terzo furto non si parlò che poco e a voce bassa. Si chiusero le imposte e si tirò il chiavistello alle porte. E ci si guardava alle spalle sospettosi e preoccupati.

Una sera che non riusciva a dormire la signora Wintrop si affacciò alla finestra per prendere un po’ d’aria: si sa che con l’età si dorme sempre meno! E alla luce della luna vide un’ombra snella scivolare a piedi nudi sul pergolato, come un funambolo sulla corda. Portava un sacco a tracolla e studiava con cura una finestra dopo l’altra.

“Oh Signore, che paura!” pensò la Signora Wintrop “E’ certamente il ladro. Che devo fare?”

Non poteva telefonare alla polizia. La signora Wintrop non aveva una gran fiducia in quegli aggeggi moderni. E poi il loro villaggio era così isolato! Prima che gli agenti arrivassero ne sarebbe passato di tempo.

Non osava mettersi a gridare: il ladro poteva prendersela con lei e chissà che tipaccio che era!

E allora si torceva le mani spaventata senza risolversi a far nulla.

Mentre lei si torceva le mani il ladro aprì con destrezza una finestra e vi si calò dentro. Usci poco dopo con il sacco pieno e svanì nel nulla.

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Capitolo 3
*** Le piante della Signora Wintrop ***


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Grazie a tutti per le recensioni! Spero che il seguito non deluda le vostre aspettative :) fatemi sapere!

I furti continuarono una notte dopo l’altra, ma la signora Wintrop stava all’erta: in fondo si sa che con l’avanzare dell’età si ha sempre meno bisogno di dormire!

E una notte la finestra della signora Wintrop cigolò lievemente, mentre una mano esperta la schiudeva.

Il ladro doveva conoscere bene la casa della signora Wintrop, perché, nonostante il buio, scavalcò con sicurezza il davanzale, e, evitando i vasi si lasciò cadere con leggerezza nella stanza.

E lanciò un grido di dolore e di sorpresa: il pavimento sotto la finestra era ricoperto dalle piantine più piccole della casa, tonde come palline da ping-pong o sottili come matite; dietro stavano altre grandi come palloni da calcio e in fondo si ergevano come colonne le più alte, a formare una barriera impenetrabile.

Mille e mille spine lunghe o corte, rigide o flessibili, dritte o uncinate pungevano i piedi nudi del ladro.

Quello cercò di risalire sul davanzale per uscire dalla stanza, ma si era dimenticato delle piante che aveva, poco prima, così abilmente scavalcato. Altri aghi punsero le sue dita delicate.

Perse la presa e cadde dalla finestra.

La signora Wintrop gridò. Voleva fermarlo, farlo andar via, catturarlo magari, non certo ucciderlo. Si fece largo fra le sue piante e si affacciò alla finestra.

E lo vide.

Avviluppato tra i rami del gelsomino penzolava a testa in giù.

La signora Wintrop rise di sollievo. Chiamò i vicini e telefonò alla polizia, questa volta nessuno le consigliò un rimedio per gli incubi.

Poco dopo due agenti liberavano il poveretto e lo posavano a terra sotto gli occhi di tutto il paese.

Uno dei poliziotti sollevò il passamontagna che copriva il volto del ladro.

Un brusio eccitato e sorpreso si sollevò tutt’intorno. Una signorina così carina. E gentile poi! Con occhi così graziosi e lunghi capelli biondi.

La signorina Willow rise gaia come sempre delle loro facce sorprese, nonostante i capelli scomposti e le manette ai polsi.

La guardarono con sospetto e indignazione. Come osava! Dopo averli derubati si faceva anche beffe di loro!

E sì che li aveva ingannati proprio per bene con le sue buone maniere e la sua allegria. Certo che era sempre allegra! Faceva la bella vita con i loro soldi. Chissà quanto doveva aver guadagnato rivendendo le loro gioie…

Vergognarsi, arrossire, chiedere perdono avrebbe dovuto.

Ma la signorina Willow non ci pensava proprio.

Attraversò tutto il paese a testa alta e con il sorriso sulle labbra. Solo, al momento di salire in macchina con gli agenti, sollevò un attimo lo sguardo verso la sua finestra e gli occhioni azzurri le si riempirono di lacrime.

“I miei fiori” mormorò “Le mie piantine.”.

“I suoi fiori!” esclamarono tutti “Le sue piantine!”. Di sé stessa avrebbe dovuto preoccuparsi: sarebbe passato un bel po’ prima che potesse uscire di prigione.

Solo la signora Wintrop non disse niente e si fece pensierosa.

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Capitolo 4
*** Dove sono i gioielli? ***


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Grazie a tutti per le recensioni! Mi fanno davvero piacere!

Il giorno dopo gli agenti tornarono al paese.

La signorina Willow alla prigione non ci si era nemmeno avvicinata.

A metà strada, chissà come, si era liberata dalle manette, era saltata fuori dalla macchina, schioccando un bacio sulla guancia di uno dei poliziotti ed era svanita nel nulla.

Ma la refurtiva poteva essere ancora lì da qualche parte, forse non aveva avuto il tempo di tornare a riprenderla

Gli agenti entrarono nella bella casetta della signorina Willow e misero tutto a soqquadro. Frugarono fra i ricordi che la signorina Willow aveva raccolto a giro per il mondo, ammucchiarono per terra i suoi vestiti colorati e sparsero a giro i dischi della sua collezione.

Infine, dopo un pomeriggio di inutili ricerche, qualcuno fece cadere il vaso delle camelie, che si ruppe in mille pezzi. Tra le radici luccicavano i resti di un bracciale d’argento e occhieggiavano delle perle appartenute un tempo a una collana.

E i frammenti di un orecchino di rubini erano sepolti nel vaso di gerani e consunte spille di topazi in quello delle roselline gialle.

E poi ancora e ancora e ancora ogni vaso nascondeva tracce di gioielli di ogni genere.

Ma gioielli interi non se ne trovarono da nessuna parte.

“Ecco perché a queste piante teneva tanto! Altro che amore per i fiori, altro che pollice verde, aveva qualcosa da nascondere!” esclamarono soddisfatti gli abitanti del paesello, che di quel pollice verde erano sempre stati un po’ invidiosi “I nostri gioielli ormai deve averli già rivenduti.”

“Se non possiamo riaverli indietro, possiamo per lo meno vendicarci! Al rogo queste piante traditrici!” Esclamò qualcuno.

“Al rogo, al rogo” ripeterono tutti “E abbattiamo il gelsomino per farne legna da ardere!”

“No” disse calma la signora Wintrop “Io ho catturato la ladra e la decisione spetta a me. E” continuò decisa “Ho deciso che mi occuperò io di tutti i suoi fiori e anche del pergolato.”.

Ma, protestarono tutti, aveva un odore così forte. E attirava gli insetti. E sporcava per terra.

Per non parlare dei ladri, poi!

Ma la signora Wintrop fu irremovibile.

“Non è poi un odore così forte e non è affatto cattivo, in verità trovo che sia proprio buono. Per gli insetti abbiamo già le zanzariere. E penserò io a tutto: è così piacevole star lì sotto d’estate… Quanto ai ladri” aggiunse con sorriso “insieme al gelsomino farò crescere una pianta di rose sul pergolato e si vedrà chi avrà ancora il coraggio di usarlo ancora come una scala!”.

E senza più una parola cominciò a rinvasare le povere camelie.

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Capitolo 5
*** Un villaggio nella brughiera ***


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Grazie ancora per le recensioni! Eccovi l'ultimo capitolo, spero che concluda degnamente la storia!

Nisi: Il nome Willow, in effetti, è un mistero anche per me! Dovete sapere che l'incipit di questa storia me lo sono sognato una note che avevo un febbrone da cavallo. La mattina mi sono alzata pensado "La signorina Willow amava i fiori. Alla signora Wintrop, invece, piacevano le piante grasse", ho preso carta e penna e mi sono messa a scrivere. Nonostante questo, in qualche modo il nome richiama il personaggio. Intanto la signorina Willow è flessuosa e sottile come un salice e poi ha un rapporto molto stretto con le piante e i fiori!

Nisi E Valley: spero che il finale soddisfi la vostra curiosità... ho deciso di non essere troppo esplicita, perchè volevo che chiunque potesse interpretarlo a modo suo... fatemi sapere!

Nessuno era d’accordo, ma siccome lei non li ascoltava non poterono far altro che brontolare.

E quando si furono dimenticati di quell’avventura convennero che il pergolato era davvero splendido con i delicati fiori bianchi del gelsomino e le rose rosse eleganti e vellutate. E che bella ombra che faceva!

E la casa della signora Wintrop con tutti quei fiori sul davanzale e deliziose piante grasse in ogni angolo e su ogni mobile era davvero carina.

Quanto alla signora Wintrop non le importava poi tanto cosa pensavano i suoi vicini. Da quando aveva adottato le piante della signorina Willow sai sentiva molto più allegra.

Sorrideva spesso, ogni tanto canticchiava vecchie melodie sottovoce e, quando era sicura che proprio nessuno potesse vederla, azzardava un passo di danza.

I suoi capelli erano castano scuro, avevano scoperto i suoi compaesani, poiché aveva rinunciato al cuffietta, fuorché la domenica, e si era comprata un vestito azzurro, una gonna rossa e un maglioncino verde chiaro.

Aveva anche preso l’abitudine di guardare le cartoline di paesi lontani che aveva trovato in casa della signorina Willow e ogni tanto camminava fino in fondo alla strada che attraversava il villaggio e scrutava l’orizzonte. A volte faceva anche qualche passo oltre le mura della fattoria e si sentiva soddisfatta.

E lei non si era dimenticata di quella avventura.

Perché il postino le portava sempre lettere con timbri di luoghi curiosi ed esotici e dentro ogni busta lei trovava una cartolina con scritto “Grazie!” e la foto di piante misteriose e coloratissime. E semi splendenti e luccicanti come pietre preziose.

La signora Wintrop piantava quei semi e li accudiva e da quei semi nascevano fiori dalle foglie verdi come smeraldi e petali bianchi come perle, azzurri come zaffiri e rossi come rubini. Ogni tanto nascevano anche piante grasse, di specie che la signora Wintrop non aveva mai visto, dalle delicate spine argentee e dai giganteschi fiori multicolori.

Quando le piante diventavano troppe la signora Wintrop le rinvasava e ne regalava qualcuna ai suoi compaesani. Qualcuno brontolava che non aveva il tempo di accudire una pianta che non producesse niente di buono da mangiare e anche con le spine magari, ma poi alla fine tutti ringraziavano e accettavano i doni della signora Wintrop.

Portavano a casa i vasi e li mettevano sul davanzale. E le piante donate dalla signora Wintrop crescevano sempre rigogliose, senza bisogno di grandi cure, se non magari, le note di una canzone canticchiata timidamente a mezza voce e il suono di una risata improvvisa.

Allora chi arrivava seguendo la strada tortuosa, scorgeva, in mezzo alla campagna verde, un paese che sfavillava come una pietra preziosa e udiva risuonare, tra lo scrosciare della pioggia, le note gaie di una vecchia canzone.

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