Jackie the Ripper

di queenseptienna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***
Capitolo 4: *** Parte 4 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Titolo: Jackie the Ripper
Fandom: Sherlock BBC
Beta: [info]naripolpetta 
Pairing: Holmes/Watson
Personaggi: Sherlock Holmes, John Watson, Ispettore Lestrade, nuovo personaggio
Rating: NC17
Genere: avventura, erotico, horror
Avvertimenti: slash, sesso descrittivo, violenza
Info: per il prompt “Prostituzione” della mia tabella del [info]bingo_italia  (Parte 1)
Per il prompt “Horror” (Parte 2)
Per il prompt “Primo appuntamento” (Parte 3)
Ho scritto questa ff per cercare di sforzare il mio blocco dello scrittore, spero che sia cosa degna ç_ç Mi sono aiutata con Wikipedia per la descrizione degli omicidi, in modo che fossero il più realistici possibile.
Contiene immagini forti e sanguinolente, evitate di leggere se sapete in partenza di esserne turbati.
Dediche: per la mia amata [info]hikaruryu , [info]babycin , [info]manubibi , [info]naripolpetta , [info]laurazel , [info]xel1980  e [info]the_great_hush  (che la fonte di ogni male ed è colpa sua se è nato tutto questo ò_ò) \O/
Disclaimer: Sherlock è di proprietà della BBC, questa è opera di fan.






JACKIE THE RIPPER – Parte 1



19 Agosto 2011 – ore 14.20

John Watson, nella sua vita, aveva visto molte cose, a partire dalla guerra in Afghanistan. I suoi occhi avevano registrato morte, distruzione, bombe, edifici devastati, episodi di sciacallaggio sui corpi delle vittime, torture. Insomma, un bagaglio di conoscenze di cui parecchi avrebbero fatto a meno o quanto meno cercato di evitare.
Ma Sherlock Holmes era di gran lunga l’esemplare più strano di essere umano su cui avesse mai messo gli occhi. Sociopatico ad Alta Funzionalità.
Quando non avevano casi su cui indagare, quando la noia avvolgeva le pareti del 221b di Baker Street, Sherlock usava riempirsi le braccia con una miriade di cerotti antifumo. A John venne da ridere al solo pensiero. Non rise poi molto quando l’immagine del consulente investigativo che si stringeva un laccio emostatico sul braccio e si bucava la pelle con l’ago sottile di una siringa contenente una soluzione di droga gli fece capolino in un angolo recondito del cervello, ma conoscendolo Sherlock avrebbe preferito darsi all’erba o a qualcosa di chimico di sua produzione. Era certo che quando i cerotti non avrebbero più fatto effetto, sarebbe passato a qualcosa di sempre più pesante.
Per la prima volta si sedette in poltrona supplicando Lestrade di arrivare presto con un nuovo caso.




31 Agosto 2011 – ore 06.10



L’ispettore Lestrade piombò nel loro appartamento come un angelo dal cielo, almeno secondo la visuale del dottore. Tutto ciò che poteva impedire a Sherlock di sperperare i suoi soldi in farmacia era ormai ben accetto.
“Abbiamo un caso.” Esordì l’uomo, i cui tratti ricordavano vagamente quelli di un allenatore di qualche squadra di calcio. Aveva spalancato la porta come sua consuetudine, con la povera signora Hudson che gli arrancava dietro sulle scale.
Quelle poche parole ebbero l’effetto di un’iniezione di adrenalina pura nelle vene di Holmes, che si strappò via ogni cerotto, pronto ad ascoltare ogni parola dell’ansimante rappresentante di New Scotland Yard. “E’ finalmente morto qualcuno?”
Quella domanda rammentò a John quel che gli aveva detto il sergente Donovan qualche tempo prima, all’epoca della sua prima sortita con il consulente investigativo, classificato e archiviato nel suo blog come “Uno studio in rosa”.
“Peggio.” Rispose Lestrade, dandosi una sistemata al bavero della sua giacca spiegazzata. “Tutti i giornali già ne parlano, ma per una volta hanno fottutamente ragione.”
Gettò a Holmes un giornale in grembo. “E’ stato appena stampato, i giornalisti sono stati veloci.”
Il Times sfoggiava a caratteri cubitali il titolo “Un nuovo Jack Lo Squartatore ha invaso le strade di Londra! La polizia brancola nel buio come al solito?
Le sue pupille si dilatarono, divorando l’articolo il pochi istanti e prendendo nota di ogni dettaglio, poi gettò il quotidiano a terra, con un sorriso. “Whitechapel?”
Lestrade annuì e Watson gemette.




31 Agosto 2011 – ore 7.29



“Sherlock, cosa stiamo facendo?”
Whitechapel, ai tempi dell’originale Jack lo Squartatore, era la parte più squallida di Londra. L’East End era la zona franca al di fuori delle mura cittadine, fuori controllo, il contraltare scadente di Westminster. Non che attualmente sia meglio, pensò John fra sé mentre camminavano tra i residui di frutta lasciati in terra durante il mercato domenicale di Brick Lane.
Camminavano a passo spedito verso la zona di Buck’s Row, dove una volta erano siti i mattatoi cittadini, ora sostituiti con nuove costruzioni. Holmes non parlava, la mente che lavorava febbrile e il sorriso appena accennato sulle labbra.
“A che ora è stato rinvenuto il cadavere della donna?” domandò ad un tratto a Lestrade, che gli arrancava dietro.
“Non ti ho detto che la vittima è una donna!” protestò l’investigatore.
Watson gli rivolse un sorriso di compatimento. “Jack lo Squartatore uccideva solo prostitute, è evidente che si deve trattare di una donna.”
“Esatto John, esatto! Sono fiero di te. Inoltre era scritto sul giornale.” Esclamò Sherlock, alzando il nastro di plastica che fungeva da divisorio in strada per non fare passare i giornalisti più invadenti. Donovan fece per fermarlo, ma Lestrade fu lesto a farle segno di lasciarli passare.
Salirono fino al secondo piano della palazzina in mattoni e immediatamente si fecero strada verso la camera da letto, dove una donna giaceva supina, sgozzata quasi fino alla decapitazione. I presenti erano un po’ restii, un simile orrore difficilmente si vedeva in giro e lo stesso Lestrade fu obbligato a portarsi un fazzoletto alla bocca per evitare di vomitarsi sulle scarpe nuove comprate a Camden qualche giorno prima. Era abituato a vedere morti ammazzati tutti i giorni, ma il suo cervello (e soprattutto il suo stomaco) non riusciva ancora a comprendere una simile carneficina.
“Dottore, vieni”. Fece Sherlock a Watson, gli unici che sembravano non risentire l’effetto del sangue schizzato fino sui muri come una spruzzata artistica e macabra. Arrivava a più della metà dell’altezza del muro, segno che i colpi erano stati inferti con una ferocia inaudita.
John si infilò i guanti di gomma che il compagno gli porse e si accucciò nei pressi del cadavere. La donna, al secolo Marta Sheridan, stando alla carta d’identità rinvenuta nella sua pochette, risultava disoccupata, ma una breve occhiata al corsetto squarciato che indossava prima della morte e i numerosi giocattoli sessuali presenti nella stanza diedero immediatamente a Holmes la sicurezza che si trattasse di una prostituta che accoglieva i clienti in casa, dunque su appuntamento. “Cercate un’agenda” esclamò rivolto verso Lestrade, prima di raggiungere il compagno e studiare il cadavere. “Cosa mi sai dire della sua morte, John?”
“E’ morta per la ferita inferta alla gola. Ha usato un bisturi, non un coltello. Vedi qui? La ferita non è slabbrata, al contrario è molto precisa e chirurgica. E’ la fonte del sangue sul muro.” incominciò Watson, indicando il taglio sul collo, da cui erano visibili le vertebre intaccate dalla ferocia dell’assassino. “Disgraziatamente il resto delle ferite sono state solo un assaggio. Guarda qui.” Gli indicò il ventre, da cui gli intestini rotolavano fuori da un’altra sanguinolenta ferita. “Deve essere stato orribile. Guarda i suoi genitali: seviziati con un oggetto appuntito. Esattamente come il primo caso di Jack lo Squartatore. Solo in seguito iniziò ad asportarli, insieme ad altri organi. A prima vista posso solo dire che in questo caso ha utilizzato un coltello seghettato, non un bisturi, qui le lacerazioni sono evidentemente frastagliate e irregolari. Non sono un medico legale, ma per sicurezza potresti chiedere alla tua amica all’obitorio dell’ospedale.”
“Ci troviamo di fronte ad un emule?” si domandò Sherlock, rimuginando su ciò che gli era appena stato detto; nella sua testa non c’era spazio per il dolore che aveva provato la vittima, solo un puzzle che si andava ad incastrare di fronte ai suoi occhi. “Ovviamente sì” si rispose da solo, rimuginando su quanto aveva di fronte. “Oggi è il 31 agosto, quando è stato rinvenuto il cadavere?”
“Alle 3.45 di stamane, psicopatico!” gli urlò Anderson dalla cucina, mentre raccoglieva impronte. “Ho trovato impronte di scarponi maschili, forse dell’assassino!”
“Bravo Anderson, dell’assassino e di altre centinaia di clienti che sono stati qua dentro a pagare per dare sfogo alla pressione dei propri lombi. Trovami qualcosa di intelligente.” Rispose a tono il consulente, con lo sguardo che ancora vagava sul pavimento un tempo bianco e ora incrostato del sangue che iniziava a seccarsi. Un tramestio soffocato gli rese conto di qualcuno che fermava Anderson che voleva andare a suonargliele di santa ragione, ma non gli sarebbe importato poi molto. Il medico non era certo noto per la sua prestanza fisica o la quantità di materia grigia utilizzabile. “Umh…”
“Trovato qualcosa, amico mio?” gli domandò Watson, avvicinandosi. Il suo sguardo era stranamente freddo, come se tutto quel sangue non lo impressionasse minimamente e quella qualità lo rendeva prezioso per Holmes, almeno non doveva tenergli la testa mentre vomitava in un cespuglio.
Quest’ultimo si inginocchiò nel pressi una chiazza di sangue sul pavimento. “Guarda qui. Scarpa da ginnastica, numero presumibilmente 5(1) se l’occhio non mi inganna, sono indossate da una donna. Non le troveremo quasi sicuramente in un cassonetto.”
“Come fai a dirlo?” domandò Watson, incuriosito.
Sherlock gli indicò la porta. “Nessuna traccia di sangue che va verso la porta di ingresso. Là in terra c’è un pezzo di carta assorbente, ci si è asciugata le suole e ha indossato un altro paio di scarpe, uscendo con quelle pulite. Gettarle in un cassonetto sarebbe controproducente perché sa che le ritroveremmo.”
“Ma tenerle sarebbe comunque azzardato, sono una prova.” John interruppe il filo dei suoi pensieri.
Sherlock lo bloccò immediatamente. “E’ per questo che le brucerà, volatilizzando ogni traccia. Ignoriamo le scarpe, ma teniamo conto del piede: troppo piccolo per essere quello di un uomo, ideale per essere quello di una donna, ma indubbiamente ciò mi dà la certezza di avere a che fare con un’assassina. Non molto alta, di giovane età, corporatura tra lo snello e il robusto, ottima agilità. Avete trovato l’agenda?”
Tutti lo guardarono senza capire e il consulente sbuffò vistosamente. “Insomma, una donna che ha un piede così deve essere alta non più di un metro e sessantacinque e deve avere una certa forza fisica. Guardate il volto della donna, vi sono escoriazioni da pugni, quindi la nostra lady non ha avuto difficoltà a tramortirla e a tenerla ferma. Inoltre l’agenda!” indicò la scrivania Ikea a fianco del letto. Vi passò un dito sopra e mostrò la polvere. “La signora qui non doveva essere molto amante delle faccende domestiche. Inoltre qui vi è chiaramente l’impronta di qualcosa di rettangolare, della dimensione giusta di un’agenda su cui segnare gli appuntamenti con i clienti. Ah, che fatica essere me.”
Donovan sbuffò a quelle parole, indispettita. Per quanto considerasse Sherlock uno psicopatico, lo detestava perché ci azzeccava sempre, nonostante usasse nient’altro che sciocchi giochi di prestigio e specchietti per le allodole. Le spiaceva per Lestrade, che insisteva a ritenerlo un aiuto per le loro indagini, ma in cuor suo era ben conscia che senza Holmes l’assassino sarebbe stato davvero come Jack lo Squartatore: mai assicurato alla giustizia.


(1) Il 5 è la corrispondenza inglese al nostro 37,5

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


JACKIE THE RIPPER – Parte 2




8 Settembre 2011- Ore 9.12


John aveva annotato con cura e precisione ogni dettaglio dell’inizio della loro avventura nel suo Moleskine nero che aveva comprato in una libreria nei pressi di Westminster Abbey, mentre era alla ricerca di libri che documentassero la storia di Jack lo Squartatore. Indubbiamente Wikipedia era un’ottima fonte di informazioni, ma internet era limitato per certe cose e soprattutto era stracolmo di congetture.
Sin dal giorno successivo al primo incidente, lui e Sherlock non avevano fatto altro che studiare a fondo la storia del celeberrimo assassino di prostitute di Whitechapel, senza fare altro. Quando aveva domandato il motivo, l’altro aveva semplicemente risposto di aspettare e così lui aveva fatto.
L’unica cosa su cui avevano realmente versato degli sforzi fu la ricerca di un simbolo. La vittima aveva sulla spalla destra un piccolo tatuaggio rappresentante una rosa rossa. Ovviamente la polizia non aveva dato alcun peso a quel dettaglio, ma Holmes aveva insistito per fotografarlo, non voleva lasciare nulla al caso.
Disgraziatamente il web era pieno di foto di tatuaggi e pensare di trovare qualcosa su una comune e banale rosa rossa era pura utopia.
Inoltre l’agenda con gli appuntamenti della prostituta non era stata rinvenuta, dando così a Sherlock la conferma che la donna conosceva l’assassina e che aveva un appuntamento con lei. Non che fosse una cosa inusuale nel ventunesimo secolo.
Così quella mattina John si era svegliato presto ed era andato alla ricerca del proprio portatile, maledicendo il coinquilino quando lo trovò dentro la lavatrice con i panni sporchi di qualche giorno prima. Si sedette sulla sua poltrona – Ah! Che piacere affondare su quel morbido cuscino rappresentante la bandiera inglese! – e aveva fatto la sua entrata nel World Wide Web, cercando di aggiornare il proprio blog con un post piuttosto articolato a cui stavano indagando. I post di Watson erano sempre privatizzati, li rendeva pubblici una volta concluso il caso, mettendoli sotto forma di racconti. Si era già fatto un notevole pubblico di blogger commentatori, che elogiavano la sua astuzia nell’inventare enigmi così fantasiosi, senza sapere che in realtà stavano incensando Sherlock Holmes.
Aveva appena finito di aggiungere un paio di foto sulla visuale esterna dell’edificio in cui era stato commesso il delitto (curiosamente nella stessa via dove era stato rinvenuto il cadavere di Mary Ann Nichols, la prima vittima ufficiale di Jack lo Squartatore) quando la signora Hudson andò ad aprire la porta.
John cliccò sul pulsante “programmato” quando vide Sherlock schizzare in piedi e quasi ribaltare la scrivania alla vista di un Lestrade affannato che saliva le scale. “Abbiamo un nuovo omicidio, stesse modalità dell’assassinio di Marta Sheridan, ma questa volta si tratta di un ragazzo.”
Un sopracciglio di Holmes schizzò immediatamente verso l’alto alla notizia del sesso del cadavere, ma il suo conflitto interiore durò molto poco agli occhi di Watson. “Muoviamoci, devo capire per quale ragione non abbia seguito lo schema.”



Quando furono nel piccolo appartamento ad Hanbury Street, i due si resero immediatamente conto che lo schema non era stato minimamente toccato. Tutto coincideva con l’omicidio di Annie Chapman, la seconda vittima ufficiale di Jack lo Squartatore, nonostante il morto fosse maschio e si chiamasse Norman Groff, professione modello.
“19 anni, gay. Arrotondava la paga da modello prostituendosi nell’ambiente della moda.” Commentò Sherlock dopo una semplice occhiata alla scena del delitto. Donovan corse fuori a vomitare.
Watson socchiuse appena gli occhi, ma indossò lo stesso un paio di guanti, avvicinandosi al letto su cui era riverso il povero Norman. Solo un lembo di pelle gli teneva attaccata la testa al resto del corpo.
“Ha usato il bisturi ancora una volta, ma su tutto il corpo. Niente coltello seghettato, qui il lavoro è proprio da chirurgo.” Iniziò John indicando al compagno i tagli netti. “La composizione del cadavere ricorda perfettamente quella di Annie Chapman, come puoi vedere tu stesso: gli ha inciso il ventre e strappato fuori gli intestini, appoggiandoglieli sulla spalla destra. Prima però lo ha seviziato asportandogli totalmente i genitali e parte della vescica, esattamente tre quarti. Tutto ciò è disgustoso e orrendo. Sembra di essere all’interno di un film dell’orrore di bassa lega”.
“Concordo.” Tagliò corto l’investigatore, ignorando i pareri personali dell’amico e ponendosi ai piedi della vittima. “Niente monete o messaggi. La nostra assassina non agisce seguendo alla lettera la leggenda, non lascia tracce di alcun tipo o biglietti. Sono sicuro che non troveremo neppure una scia di sangue come quella lasciata dal Jack originale, la nostra lady è molto più conscia che una pista del genere non verrebbe ignorata come la prima volta.”
“Come fai ad essere così sicuro che sia una donna ad aver ucciso?” esclamò Anderson alle sue spalle, nervoso per il solo fatto di vedere lì il rivale.
“Mi domando come faccia ad essere sicuro tu di avere un cervello.” Gli rispose l’altro, studiando il busto del cadavere; “Alle volte mi chiedo anche con che coraggio ti abbiano dato una laurea, ma è un mistero irrisolvibile persino per me. Le impronte. In terra. Sono le stesse della volta scorsa, stesso numero di piede, anche se la suola è leggermente differente. Inoltre la vittima era piuttosto esile e facile da tenere sotto controllo anche per una donna. Oh, guarda John, qui, sulla sua spalla. Del morto intendo.”
Watson si sporse immediatamente, individuando quello che l’amico gli stava indicando. “Un tatuaggio a forma di rosa! Forse le vittime si conoscevano.”
“No, mio caro John.” Il sorriso sul volto del suo Sociopatico ad Alta Funzionalità preferito si ampliò a dismisura, vedendo l’ovvio dove tutti loro erano ciechi. Come al solito, tra le altre cose. “Non si conoscevano magari, ma facevano sicuramente parte dello stesso giro, ma quale? Questa rosa è un disegno fin troppo banale.”
“E quindi?” domandò il medico, cercando di ignorare il tanfo dolciastro del sangue che impregnava il materasso.
Holmes incrociò le braccia, lisciandosi le pieghe della giacca con un gesto noncurante. “Qualcuno li vuole morti e sta usando la nostra novella Jack la Squartatrice per mascherare le tracce. Ora, se il mio ragionamento fila liscio come sempre, il prossimo omicidio si terrà la notte del 20 settembre a Berner Street.”
“Cielo, ora prevede persino gli omicidi.” Sospirò il sergente Donovan, con ancora un fazzoletto sulle labbra, cercando aiuto negli occhi dell’ispettore senza successo. L’uomo pendeva totalmente dalle labbra di Holmes, nonostante cercasse di non darlo troppo a vedere.
Lo stesso Holmes si girò verso di lei, puntandole un dito contro. “Sai Donovan, in un caso in cui la serial killer uccide le sue vittime riproducendo esattamente gli assassini compiuti da Jack lo Squartatore, io mi aspetterei dai vostri piccoli e noiosi cervelli un minimo di ricerca storica sull’argomento. Ma trattandosi appunto di piccoli e noiosi cervelli, posso comprendere che non abbiate nemmeno pensato. Ora scusate, io e John dobbiamo fare una ricerca. La vostra vicinanza fa scendere il mio quoziente intellettivo a rapidità impressionante ed è una cosa che non posso permettermi.”
Donovan poté rispondere solo boccheggiando, mentre Sherlock dava precise istruzioni a Lestrade su dove si sarebbe compiuto il prossimo omicidio ed entrambi furono d’accordo che un appostamento era il minimo che si potesse organizzare.
L’investigatore fece cenno a Watson di seguirlo, avevano una rosa e un roseto da estirpare e altro mostruoso orrore da evitare.

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


JACKIE THE RIPPER – Parte 3



18 Settembre 2011 – Ore 19.30

Il ristorante di Angelo era sempre il migliore dove mangiare una buona cena, soprattutto se si era due uomini totalmente incapaci di mettere insieme un pasto decente.
“Lestrade non ha trovato un’agenda nemmeno dell’appartamento di Norman Groff. Come fai ad essere così sicuro che ce ne sia una?” domandò Watson, arrotolando i suoi spaghetti ai gamberi intorno alla forchetta, pregustandone il sapore.
“Semplice.” Rispose Sherlock, compiendo il medesimo gesto “In base alla mia deduzione quei due facevano parte di un’organizzazione che tratta prostituzione e che qualcuno sta cercando di metterli a tacere. Marta Sheridan riceveva sicuramente su appuntamento, non ha l’aspetto della prostituta di strada, tutt’altro. Groff invece faceva il modello, probabilmente serviva una fetta di nomi importanti. Nonostante tu sia concorde con me che l’omosessualità non è nulla di sconveniente, alcuni non la pensano in questa maniera”.
Watson arrossì inconsapevolmente a quelle parole, rammentando il piccolo equivoco che avevano avuto a quello stesso tavolo durante la loro prima avventura, quando Sherlock non aveva ammesso apertamente il suo interesse per il sesso maschile, utilizzando la versione che si sentiva sposato con il suo lavoro.
“Rossore, lieve sudorazione, battito del cuore accelerato… John, il tuo corpo mi sta mettendo dei cartelloni sul fatto che questo argomento ti imbarazza.” Holmes infilzò un gamberetto. “La volta scorsa non parevi essere così a disagio”.
“Non sono a disagio.” Il medico si impose di calmarsi. Era in un ristorante in compagnia del suo inquilino e da un delitto erano improvvisamente finiti a parlare di relazioni fra uomini. Non poteva essere peggio dell’affrontare una raffica di mitra del fuoco nemico nel pieno di un deserto mediorientale.
“Oh certo. Visto che non ti senti così a disagio, questa sera non ho appuntamenti. Angelo, altro vino per cortesia!”
John lo fissò per qualche istante, senza capire bene cosa intendesse l’altro. Avevano passato tutte le loro giornate a cercare tatuatori che potessero aver fatto le rose sulle spalle dei cadaveri, ma non avevano trovato nulla. Era fin troppo stanco per capire i processi mentali contorti del suo coinquilino. “Non credo di aver compreso.”
“Cielo, che minuscolo intelletto!” esclamò Holmes con la sua voce profonda. “Quella cosa che fate voi persone normali… primo appuntamento o cose del genere”.
“Oh.”
John ci impiegò qualche istante e un paio di forchettate di pasta per decidere che la cosa gli andava a genio. Inoltre le cose con Susan non andavano così bene, non si sarebbe sentito certo in colpa se per una volta Sherlock gli dimostrava un interesse che non fosse quello di sezionarlo come un insetto sopra il vetrino di un microscopio.
“Beh, se la mettiamo così…” con un sorriso si sporse verso di lui. “Potremmo andare da qualche parte ad ascoltare della buona musica o passeggiare a piedi fino a Baker Street.”
L’investigatore annuì con decisione (fin troppa, decise John) e seguitò a mangiare con un certo entusiasmo, riempiendo la testa dell’amico di aneddoti disgustosi che per lui erano divertenti, ma Watson decise di far buon viso a cattivo gioco. Se Sherlock parlava a ruota libera poteva anche sopportarlo mentre raccontava di sezionare cervelli. E si era appena convinto che fosse possibile estrapolare informazioni dai ricordi di un cadavere.
“Sherlock.” Decise di fermarlo, posandogli una mano su un polso per fermarlo. “Ho capito che il tuo lavoro di laboratorio ti entusiasma, ma preferirei che mi raccontassi cosa ti piace veramente.”
“Te l’ho appena detto” rispose l’altro, apparentemente senza capire.
Watson rise e lo trascinò fuori dal locale. “No, mi hai parlato del tuo lavoro. Vorrei che mi parlassi di cose personali, tipo… che musica preferisci.”
Nel mentre passarono di fianco a un pub, dalla cui porta esplodeva l’inconfondibile melodia di “Black Betty” di Spiderbait. Holmes incurvò le labbra verso l’alto, voltandosi verso John. “Questa non è male. E a te? Che musica piace?”
“Quella del tuo violino” rispose l’altro con estrema certezza, stringendosi nel calore del proprio cappotto. A quelle parole Sherlock parve lievemente colpito e compiaciuto, a quanto pareva il suo orgoglio aveva iniziato a fare i voli pindarici.
Andarono avanti a botta e risposta ancora per un po’, fermandosi ogni tanto da qualche parte per una birra o un whisky e finendo inevitabilmente per barcollare l’uno addosso all’altro sulla strada di casa.
“Sai John, non mi ero mai reso conto di quanto morbidi siano i tuoi maglioni” balbettò l’investigatore, mentre si appoggiava a un lampione.
Watson gli si avvicinò, con le guance arrossate e gli occhi lucidi. “E tu cosa ne sai?”
“Ne ho indossato uno.”
“Oh, e per quale ragione?”
“Il tuo profumo. E’ persistente.”
John rise a quella pseudo romanticheria e, in uno slancio di entusiasmo, si alzò sulle punte dei piedi per premere le proprie labbra su quelle dell’amico, che non rispose subito, forse preso alla sprovvista. Ma quando stava per ritrarsi, le labbra di Sherlock divennero decisamente più coinvolte nella cosa. Lo baciava quasi con estrema minuzia, pareva voler apprendere tutti i segreti di quella curiosa attività.
Quando si separarono per prendere fiato, Watson si mise a ridere. “Sono veramente ubriaco per aver appena fatto tutto questo.”
“Ne riparleremo a casa” Sherlock lo afferrò per le spalle e lo voltò con forza verso est. Alla fine della strada, sotto un altro lampione, una prostituta stava abbordando un cliente. Sulla sua schiena nuda, vi era una vistosa rosa rossa, la stessa delle vittime di “Jackie The Ripper”, come l’avevano soprannominata.
Watson si scosse dal torpore dell’alcol per iniziare a correre insieme a Sherlock, ma fu troppo tardi. A pochi metri da lei, la videro salire su una macchina che si allontanò a gran velocità.
Si erano fatti fregare come due pivelli.

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Capitolo 4
*** Parte 4 ***


Ciao a tutti, so di avervi abbandonati per un bel pezzo, ma l'ispirazione era decisamente morta e... ora è tornata, grazie alla nuova stagione di Sherlock. E' stata proprio la seconda season a farmi riprendere in mano tutto, buttare via il materiale che avevo scritto e ricominciare, pronta a darvi un finale totalmente nuovo e diverso da quello che mi ero prefissata inizialmente.
Buona lettura!




JACKIE THE RIPPER - PARTE 4

 
18 Settembre 2011 - ore 23.30
 
L'inseguimento della macchina prese più tempo del previsto, a causa dell'alcol che ottenebrava i processi mentali di entrambi.
«La stiamo perdendo!» ringhiò John, mentre si sporgeva fuori dal finestrino del taxi a cui aveva ordinato di inseguire la macchina con a bordo la prostituta. Aveva sempre sognato di dire a un tassista «Insegua quella macchina!»
«Sta zitto John, non riesco a pensare.» borbottò Sherlock, con le mani giunte davanti al naso a massaggiarsi con decisione le borse sotto gli occhi rossi.
Watson ripiombò seduto vicino a lui. «Cosa...?»
«Taci.» l'investigatore batté improvvisamente le mani sulle cosce. Si sporse verso il tassista ed esclamò «Berner Street!»
«Ma è dall'altra parte della città, Sherlock.» gli fece notare John, ma l'altro lo zittì con un'occhiata omicida. 
«Sta ripercorrendo la storia di Jack lo Squartatore, ricordi? La terza vittima! Trovata a Berner Street con la gola squarciata, ma non dilaniata a causa di un imprevisto. Siamo noi l'imprevisto!»
John tacque, estraendo dal cappotto la sua Moleskine e sfogliando rapidamente le pagine alla ricerca dei dettagli che vi aveva segnato. «Come Elizabeth Stride, ma subito dopo, a causa di questo imprevisto, Jack uccise Catherine Eddowes, in Mitre Square... Oh mio dio.»
«L'omicidio principale è in Mitre Square, avverti Lestrade. Noi andiamo avanti.» Sherlock fece cenno al tassista di continuare e di aumentare la velocità, mentre Watson contattava l'ispettore di Scotland Yard.
 
 
Non sventarono nessuno dei due omicidi. 
Di fronte ad entrambi i casi, Sherlock arrivò alla conclusione che sì, entrambi seguivano "il canone", ma il secondo omicidio della serata era stato in realtà compiuto per primo.
«È terribile.» commentò John, levandosi i guanti di lattice, dopo aver esaminato il secondo cadavere, quello di Annette Gathering. «Chi l'ha uccisa si è letteralmente avventata su di lei e l'ha fatta a pezzi in maniera feroce, ma...»
«Ma calcolata.» lo interruppe Sherlock, con una smorfia di disappunto. «Simone Ander, la prima vittima, è stato solamente un assaggio per farci trovare questo
La prima prostituta era morta per un taglio inferto alla gola e gettata dall'auto in corsa proprio nella via che voleva la leggenda, ma era in Mitre Square che Sherlock aveva trovato i segni di qualcosa di più grande.
«Chissà perché sei riuscito a scoprire ben due omicidi senza nemmeno muoverti da casa...» insinuò Anderson, rivolto a Sherlock.
L'investigatore sollevò la testa per guardare l'altro, assottigliando gli occhi per rivolgergli uno sguardo glaciale. «Chissà come sia possibile che tu sia in grado di alzarti, nutrirti ed esistere senza che qualcuno ti tenga per mano. Presumo che chiederti di leggere quanto meno Wikipedia per sapere dove si sono svolti gli assassinii da cui la nostra emule si sente ispirata è troppo, per un idiota delle tue dimensioni.»
«Ma...»
«Anderson, chiunque a Londra sa dove colpì Jack lo Squartatore. Ci hanno scritto dei libri. Oh, perdonami, tu non sai leggere.»
Sherlock si girò di scatto. «John, parla con me per evitare il crollo verticale dell'intelligenza in questa stanza. Hai notato quello
Watson inarcò un sopracciglio, senza capire. Il suo inquilino si chinò vicino al cadavere, indicando un segno di evidente bruciatura all'interno della cassa toracica completamente sventrata di Annette. Il luccichio di un proiettile incastrato nelle vertebre aveva annerito la carne. Sherlock gli mostrò con un sorriso la polvere da sparo passando un dito ricoperto dai guanti sull'osso. «Gli assassini sono due.»

continua...

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