Il Matrimonio di Mio Fratello

di percysword
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It's You and Me Together ***
Capitolo 2: *** Just Get started. ***
Capitolo 3: *** Defying Gravity. ***
Capitolo 4: *** Don't let me down. ***
Capitolo 5: *** Sorry :) ***
Capitolo 6: *** Nevermind. ***
Capitolo 7: *** Face to Face ***
Capitolo 8: *** boulevard of broken dreams ***
Capitolo 9: *** you're not alone ***
Capitolo 10: *** i won't give up ***
Capitolo 11: *** sparks fly ***
Capitolo 12: *** sorry for party rocking ***
Capitolo 13: *** is aunt marie dead? ***
Capitolo 14: *** long live ***
Capitolo 15: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** It's You and Me Together ***


Hai presente quella canzone che fa: «And it's you and me together!» Si dai! Quella di Hannah Montana! Spero che tu l'abbia in mente, perché è così che inizia la mia storia…

Adesso mi presento: mi chiamo Claire, ho 15 anni, vivo a Londra, mia mamma ha un negozio di vestiti, mio padre è un ingegnere. Questo è tutto, anzi no… Ho una sorella di nome Elizabeth che ha 5 anni, è nana e le strapperei quei suoi riccioletti biondi uno per uno perché io per lei non sono la sua brava "sorellona", sono quella a cui da le colpe dei suoi dispetti, e mia madre le da retta e mi dice «É piccolina! Lasciala stare!». Un'altra cosa che non ho detto è che io sono quella che non viene capita da nessuno, sono considerata la pecora nera della famiglia non da tutti però, perché per mia fortuna esiste il ragazzo più bello, sincero e premuroso della Terra! No, non è il mio ragazzo. É mio fratello William: alto, biondo, occhi azzurri, di carnagione chiara, ha una pelle liscissima e due bellissime mani! SMETTETELA DI SBAVARE! Lui è MIO. Solo MIO.

Mi sono dimenticata di descrivermi! Scusate, sono sempre abituata a essere l'ultima. Comunque io sono abbastanza alta per la mia età, mora, occhi verdi… Non sono un granché… Anche se Will dice che sono la ragazza più carina del Mondo!

Mi sono trasferita a Londra quando è nata Elizabeth, prima abitavamo a Oxford in un piccolo appartamento e ci stavamo stretti in quattro, figuratevi in cinque! Così papà ha comprato una villetta nella periferia di Londra. Adoro la mia casa, ha un magnifico portico in cemento con quattro piccole colonne di mattoni, appena entri noti il magnifico caminetto con davanti i divani e le poltrone in pelle marrone, sulla destra ci sono le scale per accedere al piano di sopra dove ci sono quattro camere, due bagni e le scale per accedere alla terrazza. La cucina si trova accanto al salotto d'ingresso ed è immensa, mi ricordo che mia madre si è messa a piangere quando l'ha vista! Al piano di sotto c'è una taverna dove di solito ceniamo d'inverno. Il giardino è molto grande: una parte di esso è destinata all'orto, un'altra per i fiori di mio padre (che è ossessionato dal giardinaggio), poi c'è una magnifica piscina e l'ultima parte ha un gazebo.

Quando abitavo a Oxford non avevo amici, l'unico su cui potevo contare era William, per me è più di un fratello maggiore, lui è l'unico che mi abbia mai capito e sostenuto in tutto ciò che ho fatto lui è sempre stato con me, è per questo che la mia storia inizia con «Yeah, it's you and me together», perché ci siamo sempre stati io e lui o così credevo…

 


 
 

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Capitolo 2
*** Just Get started. ***


Era una fresca mattina d'estate, l'inizio di una settimana tanto attesa.

Will era stato via per studi due anni, e in quegli anni l'avevo visto poche volte, ma domenica sarebbe tornato.

Quella mattina cadeva una fitta pioggia, dopo aver fatto una grande colazione mi avviai verso la metro che mi avrebbe portato in centro: volevo comprare un regalo di ben tornato per mio fratello. 

 

Uscii di casa e sotto il mio ombrello mi avviai verso casa del mio vicino, che mi avrebbe accompagnato in quella lunga giornata di preparativi.

 

*Ding Dong*

 

«Hey Sam! Andiamo!»

«Arrivo, prendo l'impermeabile!»

 

Poco dopo ci avviammo verso la fermata della metropolitana.

Sam era il mio migliore amico, un ragazzo straordinario. Con i suoi capelli castani, i suoi occhi celesti e un magnifico sorriso riusciva a fare innamorare le ragazze più belle della scuola, ma chissà perché le rifiutava sempre.

Ha due anni più di me ed è abbastanza alto, la cosa che più mi piace di lui è il fatto che quando suona il piano vola sui tasti, è impressionante.

 

«Cosa gli vuoi comprare?»

«Secondo te perché sei qui?»

«Non hai nessuna idea?» mi guardò in un modo strano.

«No, ma me ne verranno. E a quel punto…»

«… Ne avrai così tante che non saprai più cosa fare»

«Giusto! Hey, siamo arrivati»

 

Eravamo arrivati a Oxford Circus, senza sapere dove andare. Così iniziammo a dirigerci verso Piccadilly Circus…

«Io andrei da Hamleys» scherzò, «C'è sempre qualcosa di figo»

«Andiamo Sam! Comunque io pensavo di andare da Abercrombie»

«Ma se quando vai lì per fare un regalo va a finire che ti compri qualcosa per te?»

«Stavolta non accadrà…»

«Si, certo. Come no…»

 

Sam era un ragazzo unico, ma aveva un problema, come tutti in fin dei conti: aveva sempre ragione. SEMPRE. Mai una volta che sbagliasse, una volta l'ha fatto gliel'ho rinfacciato e non mi ha parlato per una settimana… Non lo rifarò più. Però deve ammettere che è permaloso…

 

«Vieni con me», mi prese per mano, come faceva sempre quando aveva un'idea.

«Dove andiamo?»

«Ora vedrai…»

Uscimmo dalla via principale, percorremmo varie strade secondarie e mi ritrovai davanti a un negozio che non avevo mai visto… su un'insegna scolorita era scritto "Josh & Joe" e ai lati della porta di vetro vi erano due vetrine con tre manichini per ciascuna con indosso bellissime felpe. Entrammo.

Al banco c'era un ragazzo biondo, che stava dando il resto a una donna.

«Ciao Josh! Come vanno gli affari?»

«Sam? Sam Johnson? Non ci posso credere!» la sua voce era rauca, quasi non si sentiva, tutto il contrario di quella di Sam che è "allegra".

«Si proprio io! Allora come va?»

«Non c'è male. Le vendite sono aumentate in questi tempi. Cosa posso fare per te?»

«La mia amica deve fare un regalo a suo fratello…»

«Salve!» mi presentai con un sorriso.

«Mh, vediamo cosa posso fare…»

Iniziò a tirare fuori delle felpe tutte diverse e colorate: una era verde e sopra c'era scritto "I wanna Be a Chicken to be cooked by My Grandmother", un'altra era nera con un disegno di Lucky Luke, poi ce ne erano tante altre blu, gialle, rosse.... ma quella che mi aveva impressionato di più era stata una bianca e dietro c'era un mega hamburger che andava dal cappuccio fino ai fianchi e sotto c'era scritto "SLURP!" 

«Adoro questa. Avresti una M?« dissi, indicandola…

«Certo!» si diresse verso lo scaffale «Eccola!»

Pagammo e ci avviammo verso casa… Appena usciti mi rivolsi a Sam: 

«Hai avuto una magnifica idea, grazie»

«Non c'è di che! Quando arriva?»

«Tra una settimana»

«Che dolce farai?»

«Cazzo, me lo sono dimenticato! Ora che faccio? Perché mi scordo sempre tutto?»

«Claire, uno abbassa la voce che ci stanno guardando tutti, due hai ancora sette giorni per pensarci, tre ti aiuto io! Però domani, oggi non posso, ho da fare…»

«Ok… Cosa fai oggi?»

«Niente d'importante, ecco la nostra fermata…»

durante il tragitto metro-casa non aprì bocca, camminò con le mani in tasca guardando avanti, immerso nei suoi pensieri.

Arrivato alla porta di casa mi salutò e non lo vidi fino alla mattina dopo.

Così io passai la mia serata a guardarmi film drammatici, come al mio solito, senza una spalla su cui piangere. Ma gliel'avrei fatta pagare, si.  O almeno ne ero convinta.

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Capitolo 3
*** Defying Gravity. ***


Mi alzai e guardando fuori dalla finestra notai che aveva smesso di piovere e che presto il sole sarebbe uscito fuori e avrebbe abbracciato una nuova giornata. Mi feci la doccia, indossai i jeans, una felpa colorata e le mie converse. Erano le 8 quando scesi per fare colazione e appena misi in bocca un biscotto sentii suonare il campanello 

 

*Ding Dong*

 

Mia madre andò ad aprire e disse: «Buongiorno Sam! Entra pure. Hai già fatto colazione?»

«Non ancora, se non le dispiace mi piacerebbe approfittare dei suoi deliziosi biscotti…» disse timidamente.

«Ma certo accomodati.»

Lo scortò in cucina e gli porse una tazza di thè.

«'ngiorno» dissi.

Fece un gesto di saluto con la mano e mangiammo in silenzio.

«Quando tornano i tuoi genitori?»

«Dovrebbero tornare il prossimo mese. Ma non è sicuro, purtroppo.»

«E tu te ne stai tutto il giorno solo?»

«Si, ma ormai ci sono abituato…»

Stavo per chiedergli le ragioni della sua vista, visto che non viene quasi mai a colazione, ma poi si sentii un grande fracasso che proveniva dal piano di sopra, io, mia madre, Sam e mio padre (che era stato fino ad ora in disparte) corremmo a vedere. 

La mia mensola con le foto mie e di Will era a terra, distrutta. I vetri delle cornici infranti e in un attimo lo fu anche il mio cuore. Ci avevo messo tutto l'anno per stampare le foto, decorare le cornici, sistemarle… ed ora il mio lavoro era distrutto, anzi, era stato distrutto da quel mostro che non aveva niente a che fare con me, penso ancora che sia un alieno, una pecora nera nel bel mezzo di un candido gregge, una tigre nel mezzo ai leoni, avete capito no?

«Brutta… » mi fermai vedendo la faccia di mio padre, mi ripresi ma non mantenni comunque la calma «Cosa ca… ci facevi in camera mia?»

Elizabeth mi fissava, come un cucciolo ferito, e poi si mise a piangere. «Io non volevo» disse, tappandosi gli occhi per non far vedere le finte lacrime «Volevo solo aggiungere quest foto con me e William, so che tutto questo era per lui e non è giusto che io non ci sia…» gridò e continuò a piangere «mi dispiace tanto!»

«Va tutto bene» le disse mio padre.

«Tutto bene?» replicai «Come può andare tutto bene? Mi ha distrutto tutto! Ci ho messo un anno per farlo!»

«Velocizzerai il lavoro e lo rifarai tutto, aggiungendo la foto di tua sorella. Sam ti aiuterà, vero?»

Sam annuì.

«Elizabeth, » disse dolcemente mio padre «chiedi scusa a tua sorella. Sono sicura che accetterà.» mi guardò con una smorfia.

«Mi dispiace, Claire.»

«Scuse accettate.» dissi, seccata «adesso vai, devo ripulire tutto.»

Uscirono tutti dalla stanz, tranne Sam, che chiuse dolcemente la porta. «Va tutto bene?» mi chiese.

Una lacrima mi cadde sul volto e arrivata alla fine del viso cadette sulla moquette. Sam mi abbracciò. Scoppiai in lacrime.

 

Quando mi fui calmata Sam mi aiutò a ripulire tutto, io trovai la foto di mia sorella, la presi, la pulii, notai il suo volto sorridente e William che la stringeva. L'avevano scattata prima che lui partisse due anni fa, ero lì in quel momento e li guardavo, in quel momento io ero la pecora nera. Dopo aver dato un'occhiata al vetro che aveva soltanto un'incrinatura sulla parte destra, la scagliai contro l'altra parete, Sam mi guardò preoccupata, mi diressi verso la porta a passo svelto, la aprii e tesi le orecchie per sapere dove andare, anche se non lo sapevo bene. Ma Sam si, mi seguì con lo sguardo, poi, quando vide che presi la direzione "camera di Elizabeth" mi corse dietro, continuai del mio passo e me lo ritrovai davanti: «Andiamo Claire, è una bambina e poi c'è in gioco tutto quello che stai aspettando…»

«Non mi importa, stavolta non la farà franca.»

«Cosa dirai a tuo fratello?»

Lo fissai, capii il mio errore, mi prese per mano e mi accompagnò alla porta. 

 

Casa sua era una villetta poco più piccola della mia, quasi sempre vuota visto che i genitori di Sam lavoravano all'estero. Un piccolo viale alberato scortava alla porta d'ingresso. La sala era grande e a un lato c'era un pianoforte nero, abbastanza antico. Sam si sedette sullo sgabello e mi fece cenno di mettermi accanto a lui.

Iniziò a suonare "Defying Gravity" e mi sussurrò all'orecchio «Canta.»

 

Adoro cantare, penso che tutti lo amino. William mi aveva insegnato tante canzoni, era lui che mi aveva messo in testa che potevo diventare una cantante… 

Sam suonava e io cantavo. Alla fine ci guardammo e in quell'attimo un vortice di emozioni mi colpì.

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Capitolo 4
*** Don't let me down. ***


Dopo essere rimasti a fissarci per quello che era sembrato un secolo, mi disse che doveva andare e che la sera non saremmo potuti stare insieme, perché doveva fare qualcosa. Lo guardai stupita, mi alzai e mi avviai verso la porta.

«Allora a domani!» 

«A domani, buona serata Claire.»

«Anche a te.»

Passai quella sera a domandarmi cosa facesse rinchiuso da solo in casa, poi decisi di farla finita: dopo cena sarei andata a vedere cosa faceva. Dopo aver mangiato andai di cora in camera e pensai ad un modo per non fare scoprire ai miei della mia "scappatella", intanto presi una borsa e vi infilai dentro tutto ciò che pensavo mi sarebbe servito, ogni volta che ci ripenso mi scappa sempre da ridere, perché mi ero vestita tutta di nero, persino con il cappello di lana! 

Aspettai le 23.30 per uscire di casa, a quell'ora i miei genitori se ne stavano in camera loro al piano di sopra a leggere o a guardare la tv, ed era sicuro che non mi scoprissero ma, come in tutti i piani da me creati, fallì e senza piano di riserva mi ritrovai in punizione per motivi ancora sconosciuti, anzi in verità li so ma sono troppo stupidi.

Ero intenta a sistemare gli ultimi preparativi, verso le 22. Avevo già sentito i miei genitori andare di sopra e mia sorella era in camera sua a giocare.

«Dove stai andando?» mi voltai di scatto: era Elizabeth e mi fissava…

«Io? Da nessuna parte! Dove vuoi che vada?» la tensione mi giocò un brutto scherzo, e mi si poteva leggere la paura negli occhi e nella voce.

«Lo so che vuoi andare da qualche parte. Ora lo dico a papà.»

«No, no, no. Ascolta devo fare una cosa molto importante, ti prego non dirlo a mamma e papà… farò tutto quello che vuoi!»

«La smetterai di prendermi in giro?» annuii «E di darmi la colpa per tutto?» annuii di nuovo. E lei iniziò a elencarmi tutte le cose che non dovevo fare e io accettai le condizioni, così lei se ne ritornò a letto.

Alle 23.20 circa, sentii qualche rumore sospetto provenire dalla stanza davanti alla mia (camera di mia sorella), ora immaginatevi voi vestiti di nero, in una camera buia ad aspettare in silenzio il momento opportuno per "l'attacco", ecco io ero in gran parte tesa, ma decisa a risolvere il mistero, pensai "sarà mia sorella che si rigira o che ha un incubo". Per dieci minuti fu silenzio totale e all'ora stabilita mi affacciai alla finestra per vedere se Sam era ancora sveglio, e lo era: si vedeva chiaramente una luce accesa. Presi silenziosamente la borsa poggiata per terra e cercai la torcia, chissà perché l'avevo messa lì dentro… Andiamo avanti, dopo averla trovata la accesi, mi alzai e mi avviai alla porta, con delicatezza abbassai la maniglia e…

«AAAAAAH! Un mostrooo! Vuole mangiarmiii! AAAAH… ELIZABETH?» 

Nel frattempo le luci si accesero in corridoio e i miei genitori scesero.

«Piccola, che cosa è successo?» disse mio padre e io, pensando che si riferisse a me gli risposi: «Bhè, ecco… Ho aperto la porta e me la sono ritrovata davanti e…»

«Non tu. Liz, che cosa ti ha fatto Claire?» le disse dolcemente.

«Lei, Lei,» disse piagnucolante «voleva andare a casa di Sam per spiarlo ma…»

«COSA?» la guardai male.

«Si, è vero, non puoi negare. Prima sono entrata in camera sua e mi ha detto che se l'avrei detto a qualcuno mi avrebbe fatto del male. Ma io non ho paura.»

«Io non l'ho mai detto!»

«Ora basta!» ci ammonì mio padre «Claire qual è la tua versione?»

«Ammetto che avevo intenzione di uscire… Ma non l'ho mai ricattata!»

«NON É VERO!» mi gridò «L'hai fatto!»

«Elizabeth torna in camera tua!» disse mio padre «e tu Claire, sei in punizione. Non uscirai di casa fino a domenica. Ringraziami perché sono stato gentile con te. E ora a letto.»

Guardai mia madre, ma lei si voltò e si avviò di sopra.

«Perché mi fai questo? Perché credi sempre a lei?» gridai a mio padre, che stava portanto Elizabeth in camera. «A me non dai mai retta. Da quando William se n'è andato tu hai occhi solo per lei. Io non sono niente.»

Si voltò e mi squadrò, poi con un accenno di sorriso mi disse:  «Questo non è vero…»

Provò a continuare ma io avevo già sbattuto la porta e girato la chiave, lui bussò, ma io non mi mossi, se avessi aperto quella porta gli avrei detto cose cattive, e non volevo meritarmi davvero la punizione, anche se le ragioni sarebbero state diverse e non "hai mentito" oppure "hai provato a scappare". 

Mi affacciai alla finestra: la luce era spenta, così mi sdraiai sul letto pensando a cosa gli avrei detto l' indomani.

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Capitolo 5
*** Sorry :) ***


CAPITOLO 5

 

"Sam,… no così non va bene" pensai "Ora cosa li dico: Scusa, i miei mi hanno messo in punizione perché ti volevo spiare!  ?"

«Stai parlando da sola?» era Sam, che si affacciava alla siepe. Aveva notato che io camminavo "in su e in giù" sotto il portico, con passo pesante e gesticolando.

«Ehm, si, sai com'è, questa situazione…»

«Vuoi…»

«NO!» gridai, guardandolo in faccia con un sorriso falso…

«Ma non ti ho neanche chiesto cosa volessi fare!» replicò. Sorrise.

«É che io non posso comunque perché…» ricominciai a camminare «Perché… devo risistemare le foto per William!»

«Smettila di camminare! Tu hai già risistemato le foto…» il suo sorriso svanì, mi guardò e notai che suoi occhi azzurri erano lucidi. «Stai mentendo. Dimmi la verità.»

lo fissai, non sapevo cosa fare… aveva il coltello dalla parte del manico, se avessi riprovato a mentire mi avrebbe tagliato.

Mi avvicinai «Hey, senti… Ieri pomeriggio quando hai detto che avevi da fare la sera mi ero incuriosita, così avevo programmato di venire a vedere cosa facevi ma mia sorella mi ha beccato e l'ha detto ai miei, ora sono in punizione.»

Mi fisso, con gli occhi ancora più lucidi, si voltò e si incamminò verso il suo cancello.

«SAM!» gridai «SAM! Sam, mi dispiace okay?» gli corsi dietro «Sam, Sam, aspetta. Senti mi dispiace. Non avrei dovuto provare a spiarti, avrei dovuto pensare alle conseguenze, ma non l'ho fatto. E mi dispiace per questo ma ti prego perdonami!»

Mi guardò, restandomi di spalle. «Vieni con me.»

Entrai in casa sua, salii con lui al piano di sopra lui abbassò la maniglia della porta di camera sua e mi fece cenno di entrare, poi mi seguì.

«Questa è la ragione per cui ieri sera non potevo stare con te ed è anche quella per cui prima ti ho chiesto, o meglio "ho tentato di chiedere" di venire con me» indicò un quadro, un ritratto, un ritratto di me. Era come guardarsi allo specchio,, era perfetto in ogni minimo dettaglio, la cosa che più mi sorprese era il mio sorriso arcaico. 

«Sorrido davvero così?» gli chiesi.

«Si, a me piace quando sorridi così…»

Sorrisi. «Non so cosa dire…» mi voltai a guardarlo.

«Non dire niente.»

Feci per abbracciarlo, ma suonò il campanello, così Sam scese. Io mi affacciai alla finestra: era mio padre e io ero nei guai. Corsi di sotto silenziosamente senza farmi vedere. 

«É qui Claire» chiese mio padre arrabbiato come non mai.

«No, non è qui.» disse Sam, sicuro.

«Sai dov'è?»

«Non ci parlo da ieri pomeriggio.»

«Bene, grazie. Arrivederci, Sam.»

«Arrivederci, signore. Se la trova le può dire che la sto cercando?»

Mio padre annuì, tenendo il broncio, poi uscì e chiuse la porta.

«Grazie» dissi a Sam.

Lui sorrise, si avvicinò e mi baciò.

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Capitolo 6
*** Nevermind. ***


Avevo sempre pensato a Sam come un amico, un grande amico su cui contare. Era la mia spalla su cui piangere, fino a quel momento: avevo un amico in meno e un fidanzato in più, infatti andai nel panico perché non sapevo se con lui potevo parlare apertamente o se avrei dovuto cercarmi un altro amico. Ero comunque felicissima, e il resto della settimana passò in fretta da una parte era quello che volevo, dall'altra no volevo passare più tempo con Sam, anche se era quasi impossibile, visto che ero ancora in punizione, così per incontrarci mi segnai su un foglio gli orari di lavoro di mio padre, le ore in cui mia madre non era in casa e quelli in cui mia sorella non potesse farmi da spia. Ero stata un pomeriggio intero a preparare quel foglio, ne feci una fotocopia, ci scrissi «Vediamo ci domani a casa ia.» e lo misi nella buca delle lettere di Sam, la sera mentre portavo fuori il sacco dell'immondizia. 

Arrivò la mattina verso le dieci, potevamo stare insieme solo un'ora e per precauzione chiusi mia sorella in camera «Tanto dorme» dissi a Sam quando mi rimproverò di averlo fatto.Continuammo così fino al Sabato, stando insieme neanche due ore al giorno, sentendo la mancanza dell'altro nelle ore di assenza come accade agli amori appena nati.

Non vedevo l'ora di dirlo a William, infatti la domenica mattina alle 7 mi alzai tutta eccitata anche perché la mia punizione era finita e decisi di stare con Sam fino a mezzogiorno, visto che mio fratello sarebbe dovuto arrivare verso quell'ora. La sera prima aveva chiamato dicendo che avrebbe preso un taxi dall'aeroporto anche se mia madre aveva insistito nell'andarlo a prendere.

Nel tempo che passai con Sam pensavo che mi uccidesse, non facevo che parlare dell'arrivo di Will, di cosa avremmo fatto il giorno dopo insieme, di cosa ci eravamo persi… e lui mi fissava distratto, con uno sguardo che diceva «Hey, ci sono anch'io». Fissavo in continuazione l'orologio e alle 12 gli diedi un bacio veloce e scappai gridando «Ti chiamo!».

Appena arrivata a casa mi piazzai alla finestra che dava sulla strada, attenta ad ogni macchina che passava… Alle 12.30 un taxi si fermò davanti al cancello, si aprì una portiera e uscì William con una felpa grigia e un paio di jeans, corsi alla porta la aprii e avanzai sul portico per correre ad abbracciarlo ma nel frattempo l'altra portiera si era aperta e ne uscì una ragazza con i capelli neri, alta sicuramente meno di me, visto ce con i tacchi che portava raggiungeva a malapena le spalle di Will con il capo, indossava dei jeans attillati e una camicia nera e portava sull'avambraccio una borsa nera di pelle. 

Will non si era ancora accorto di me e si mise a scaricare le valigie, la ragazza non mosse un dito, si appoggiò al taxi rivolgendo lo sguardo a mio fratello, sorridendo.

Io stavo osservando attentamente, aspettando qualche nuova "mossa" quando arrivò mia madre

«WILLIAM! Caro sei arrivato! Claire,» si rivolse a me con aria torva «perché non mi hai avvertito?»

Non mi diede il tempo di rispondere, si era infatti già voltata per andare a chiamare mio padre ed Elizabeth; a quel punto William mi notò disse qualcosa alla ragazza, che si mise a finire di scaricare le vigie e che poi pagò il taxista, e si avvicinò con passo veloce a me, io feci lo stesso, ci guardammo per un secondo e poi ci abbracciammo.

«Mi sei mancato tanto.»

«Anche tu, ho tante cose da raccontarti!»

«Anch'io»

Quella bellissima scena fu rovinata da Elizabeth.

«Willy!»

«Ciao Eli!» lei gli corse incontro, la sollevo e l'abbracciò. Io ebbi un deja-vù e gli occhi mi si riempirono di lacrime, ma nessuno se ne accorse, tranne William che appena mi vide smise di abbracciare Elizabeth e corse a salutare i miei.

La ragazza nel frattempo rimase lì ferma con lo sguardo impaziente e impacciato, così mi avvicinai.

«Ciao, sono Claire. Tu chi sei?»

«Io sono Lucy, un'amica di William.»

«Starai con noi per il resto delle estate?»

«Credo di si.»

Sembrava simpatica, così le sorrisi e mi misi accanto a lei ad osservare la scena, le notai le sue grandi labbra rosse e i suoi bellissimi occhi scuri, aveva una carnagione chiara e la sua pelle sembrava velluto. Era di una bellezza incantevole e capii che non era "un'amica" come lei voleva farmi credere, mi venne un brivido e cacciai via quell'idea.

Will avanzava verso di noi.

«Caire mi aiuti a portare le valigie?»

«Si certo!»

«Vi aiuto anch'io!» aggiunse Elizabeth quando ci vide arrivare con le prime borse.

«Zitta nana.» le dissi.

«Non iniziare per favore, sono appena arrivato.» replicò Will, poi mi sorrise e si avviò verso camera sua.

«Lucy, se a te va bene starai nella stanza degli ospiti al primo piano, in fondo al corridoio.»

«Certo Signora, va benissimo.»

«Non mi chiamare "Signora", chiamami Rose»

Lucy sorrise a mia madre, che la accompagnò nella stanza.

 

Dopo pranzo William e Lucy si andarono a riposare, e io ne approfittai per chiamare Sam, gli dissi di venire subito a casa mia perché le cose da dire erano troppe.

Dopo neanche dieci minuti arrivò, venne in camera mia ed iniziammo a parlare.

«Tuo padre i guarda male…»

«Lascia perdere mio padre, il problema è un altro. Ma partiamo dal principio…»

Gli raccontai dell'arrivo di William e di Lucy, del suo modo di guardare Will, del mio deja-vù gli raccontai tutto e alla fine mi guardò, poi disse:

«É davvero così bella?»

«Fanculo» dissi arrabbiata.

«Scusa, non era appropriata…» 

«Infatti» 

«Sei sicura che sia più di un'amica? Forse ti sei sbagliata…»

«No. Non mi sono sbagliata.»

«Sei ancora arrabbiata per prima?» mi chiese dolcemente.

«Si. Mi hai offeso».

«Vieni qui» mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte, avvicinai il suo viso al mio, lo guardai sorridendo e lo baciai dolcemente, lui ricambiò e quel dolce bacio divenne appassionato, molto, una cosa che non avrei mai fatto davanti a nessuno, ma naturalmente mio padre entrò, come al suo solito senza bussare.

«CLAIRE! COSA STAI FACENDO?»

Le nostre labbra si divisero e ci fissammo impauriti.

«Papà posso spiegare…»

«Tu non hai niente da spiegare! E ora, per favore, Sam vattene.»

«Certo signore» rispose Sam, che mentre usciva gli scappò una risata, lo stesso successe a me.

Will sentendo mio padre che mi stava urlando contro arrivò di corsa.

«Come ti permetti di fare queste cose in casa mia?» gridò mio padre.

«Ci stavamo solo baciando!» gli risposi a suo stesso modo.

«SOLO? A me non sembrava! Tu non uscirai più da questa casa, non mi posso permettere di avere una come te come figlia, quando cambierai potrai rivedere Sam!»

«Questa è una cosa stupida! Non puoi farmi questo!» cercai di gridare ma lui se ne era già andato e Will entrò in camera mia, chiuse la porta e si sedette sul letto accanto a me.

«Non volevo che tu lo scoprissi così, mi dispiace.» ormai i miei occhi erano pieni di lacrime e mi misi a piangere «Scusa se ti ho rovinato la giornata.»

«Non fa niente.» mi disse gentilmente «Sono molto felice per te, e non ti preoccupare che con papà ci parlo io.»

Ci fu una pausa di silenzio.

«Ti voglio bene Claire e sono contento che tu sia felice, ma se prova a farti del male ti prometto che la pagherà».

«Grazie, ti voglio bene anch'io Will»

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Capitolo 7
*** Face to Face ***


 

Sing it out, Boy, you've got to see what tomorrow brings. Sing it out, Girl, you've got to be what tomorrow needs. For every time that they want to count you out, and use your voice every single time you open up your mouth.

 

Gli unici amici che potevo frequentare erano mio fratello e la musica. Me ne stavo chiusa in camera mia stando sdraiata sul letto o guardando fuori dalla finestra, sperando che si facesse vivo, ma non usciva mai o almeno io non lo vedevo. Uscivo da quella stanza solo per mangiare, ma nessuno se ne preoccupava tranne Will.

 

Sing it for the boys, sing it for the girls every time you that you lose it sing it for the world. Sing it from the heart, Sing it till you're nuts, Sing it out for the world that'll hate your guts. Sing it for the deaf, Sing it for the blind, Sing about everyone that you left behind. Sing it for the world. Sing it for the world.

 

Veniva a trovarmi spesso, ascoltavamo canzoni insieme e parlavamo di quello che avevamo fatto nell'anno passato e del futuro. Mi diceva sempre «Ricordati che qualsiasi cosa succeda, qualsiasi persona arriverà noi non ci lasceremo mai.» non è che diceva sempre così, ma il succo è quello. All'inizio mi piaceva sentirmelo dire ma il mio istinto da detective mi mandava dei segnali (ho acquistato quel senso i detective in una settimana perché lessi tutti i libri di Sherlock Holmes, me li aveva portati Will rubandoli dalla libreria, cosicché sapessi cosa fare nelle ore di noia). 

 

Sing it out, boy they're gonna sell what tomorrow means. Sing it out girl,
before they kill what tomorrow brings. You've got to make a choice, if the music drowns you out. And raise your voice, every single time they try and shut your mouth.

 

Dopo aver passato una settimana a ragionarci, capii che la persona in questione era Lucy, avevo capito che era la sua ragazza, si vedeva lontano un miglio. La cosa che non riuscivo a cogliere è che cosa avesse fatto di male, pensavo sempre "Si è vero che si veste sempre di nero con degli altissimi tacchi stile super spia, ed è anche vero che si mette tre strati di matita nera che la rende spaventosa, ma non nel senso cattivo era bellissima ma quando ti guarda fa paura, ma cosa potrebbe fare a William? Lo sposa? Ahahahahahahahahah! Chi vorrebbe sposarlo? Veramente se non fosse mio fratello me lo sarei già sposato…".

Il lunedì successivo cominciai ad indagare, andai in giro per casa ascoltando i suoi  discorsi con papà, poi me ne tornavo in camera, accendevo lo stereo e pensavo. Capitava sempre la stessa canzone, che non c'entrava niente con quello che pensavo, ma mi aiutò a capire una cosa molto importante: mio padre non mi poteva togliere ciò che era diventato parte importante della mia vita. 

 

Cleaned up corporation, park rats dying in the process. Children that can talk about it, living on the railways creeping, moving sideways, sell it till your last days. Buy yourself the motivation. Generation nothing. Nothing but a death scene, product of a white dream. I am not the singer that you wanted, but a dancer I refuse to answer, talk about the person rolling from the ones who want to get away.

 

In quel flusso di pensieri qualcuno bussò alla porta, abbassai il volume e nel mentre dissi: «Avanti…»

«Hey, potresti venire giù un attimo? Devo dirti una cosa importante…»

«Certo! Sai che c'è devo dire anch'io una cosa importante, non a te però». Uscii dalla stanza dopo di lui a passo pesante, sbattei la porta, lo rincorsi sulle scale e mi precipitai in salotto dove vidi, sorpresa, che c'era tutta la famiglia al completo.

«Ecco, » iniziò Will «ehm, devo dire una cosa importante… Ma, Claire!» mi guardò incerto, come se volesse guadagnare tempo « Devi dire anche tu qualcosa di importante, no? Inizia pure tu».  Si mise a sedere accanto a Lucy tranquillo e sorridente, lei gli sorrise e poi rivolse lo stesso viso a me. 

«Allora, vediamo da dove inizio… Ah si! Numero uno: Papà, caro papà, una volta eri innamorato di Sam. Perché ora non più? Perché mi ha baciato?» la mia voce stava diventando sarcastica, cattiva, lo stavo prendendo in giro e anche se ne ero a conoscenza continuai «Ommiodio papà! Non hai mai visto due persone baciarsi? Bhè se è questo il problema risolviamo subito: Will bacia Lucy.»

«COSA?» gridò William sconcertato dalla domanda

«Senti lo sa anche la regina che state insieme, forza aiutami a risolvere il problema.»

«Ha ragione, lei ci sta inconsapevolmente aiutando noi dobbiamo ripagarla.» disse sottovoce Lucy. Si guardarono e poi si baciarono, il mio stomaco si strinse, il mio cuore battè più forte ed esitai prima di continuare a parlare. «Ecco ora papà abbiamo risolto. Numero due: se io voglio stare con Sam, sto con Sam. Tu non ci puoi fare niente con ciò». Mio padre provo ad aprire bocca ma il mio sguardo lo fermò, la rabbia gli stava crescendo dentro ma non mi importava ormai avevo iniziato, perché fermarmi?

«Numero tre: cara Elizabeth, anche se ti chiami come la regina TU NON SEI LA REGINA. Lo capisci che sei solo una stupida bambina inutile? Ti sei presa il meglio della vita fino ad ora: nessuna colpa, tanti regali, tanti baci e tanti abbracci e io? NIENTE. Ma ora la smetti perché a me non me ne frega niente di ciò che fai o sei, perché tu nella vita non concluderai niente perché sei solo una spocchiosa viziata che riceve tutto senza dare niente. Ma nella vita vera non funziona così, nella vita vera devi sudare, devi soffrire, devi vivere. E…»

«BASTA.» gridò mia madre. «Adesso basta Claire. Vai in camera tua. Stasera non ceni.»

Mia sorella era in lacrime, per una volta piangeva davvero e non per fare punire me al posto suo. Mio fratello non aveva il coraggio di guardare mio padre, gli rivolsi uno sguardo di scuse prima di andarmene, stesso feci con Lucy. Arrivata alle scale mi voltai «Elizabeth!» mi guardò, io avvicinai la mano alla fronte con l'indice alzato e canticchiando le dissi «Perdentee!» poi sorrisi e me ne andai in punizione per un altro po'.

 

 



 

Grazie a chi continua a leggere la mia storia, scusate se ci metto molto a scrivere ma non ho molto tempo :(

La canzone che ho usato è Sing dei My Chemical Romance :)

Grazie ancora.

 

PS: tra poco inizierò a scrivere una nuova storia, chi ne vuole sapere di più mi contatti su twitter @acciologan :)

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Capitolo 8
*** boulevard of broken dreams ***


«Forse dovrei piangere invece di sorridere» pensavo. «Potrei rimanere in punizione per il resto della mia vita. Ma in fondo ne è valsa la pena!» e un sorriso maligno comparve sulle mie labbra. «Tanto prima o poi sarei esplosa comunque. Presto o Tardi…» I miei pensieri furono interrotti dal bussare di William, riconosco quando è lui: tre colpi, una pausa, un colpo. Lo inventammo da piccoli, per preparare gli scherzi a Elizabeth, così quando sentivo quel bussare sapevo che era lui e potevamo divertirci.

«Entra pure» gli dissi «Mi dispiace per quello che è successo prima. Sono letteralmente esplosa… Mi dispiace»

Nel mentre lui era entrato e si era seduto sul letto accanto a me.

 

«Penso che tu abbia fatto bene a dire la verità, e tutto ciò che hai detto è giusto ma forse reagire così è stato esagerato! Cosa hai concluso gridandole in faccia?»

 

«Non lo so, » gli risposi «forse pensavo di risolvere qualcosa, ma alla fine invece di ottenere più rispetto ho ottenuto l'effetto contrario. Un'altra cosa per cui ti chiedo scusa è per il fatto che ti ho interrotto: cosa volevi dirci prima?»

 

«Anche di questo ti volevo parlare… Pensavo di dirlo a tutti ma credo che dirlo per prima a te sia più lecito…»

 

«Su sputa il rospo!»

 

«Io e Lucy… Ci sposiamo!» e un sorriso comparve sul suo viso.

 

Dopo un attimo di esitazione gli sorrisi e lo abbracciai. «Ma è bellissimo! Quando?»

 

«Probabilmente a fine Agosto… »

 

«Sai che è poco più di due mesi, vero?» lui annuì «Pensi di farcela?»

 

«Se qualcuno mi aiuta…» e mi guardò con un sorriso da "piano malefico"

 

«Okay lo farò! Sarà un onore per me.»

 

Ci abbracciamo poi baciò sulla fronte e mi disse: «Per ripagarti ti coprirò se vorrai andare dal tuo amico!» e mi strizzò l'occhio.

 

«Grazie» gli dissi

 

Mi sorrise, si alzò e usci. Lo sentii scendere le scale ed avviarsi per la cena.

I rumori delle forchette sul piatto mi stavano mettendo fame cosi mi misi ad ascoltare la musica per distrarre lo stomaco. Dopo poco tempo sentii  degli applausi, pensai che Will l'avesse detto a tutti, ero proprio felice per lui, anzi per loro. A vederla così persino Lucy mi stava simpatica, e poi a pensarci bene era molto carina… Comunque era una sensazione strana perché ero molto possessiva nei confronti di William, soprattutto da piccola, ma ormai ero cresciuta ed iniziavo a capire che non sarebbe stato mio per sempre. «Se lo ami lascialo andare» pensai. Ormai avevo in testa quell'idea dell'abbandono da molto tempo, il solo pensiero che mi lasciasse da sola mi faceva piangere, ma mi aveva promesso che non mi avrebbe mai abbandonato, che sarebbe stato sempre lì per me. Lo aveva fatto a 16 anni, ma ci credo ancora perché ha sempre mantenuto le sue promesse anche se gli causavano guai! Ed è questo che adoravo di lui, il fatto che ci sarebbe sempre stato per me, la sua protezione, i suoi abbracci, mi sentivo al sicuro con lui. Il mondo si fermava e tutto sembrava così bello quando stavamo insieme. No, non mi avrebbe mai abbandonato, lo sapevo.

Da quando aveva lasciato la stanza io avevo continuato a sorridere, «Si sposa e ha chiesto il mio aiuto! WOW» pensavo, «Ma come li aiuto? Una cosa è certa: andrò a comprare il vestito da sposa con Lucy, devo farmi perdonare per tutte le cose brutte che le ho detto nella mia testa!»

Iniziai a sentire salire tutti, così decisi di scendere a cercare qualche avanzo.

 

Scesi silenziosamente le scale ma quando arrivai in sala vidi che la luce della cucina accesa e sentii la profonda voce di mio padre che intratteneva una discussione con William, così restai ad aspettare nascosta dietro il divano e intanto origliavo.

 

«Elizabeth sarà contenta di farti da damigella!» esordì mio padre

«Come, scusa?»

 

«Bè sarà lei la damigella d'onore! Sarà bellissima!»

 

«NO!» disse William con una voce molto alta «Lei non sarà la damigella! Cosa te lo fa pensare? Semplicemente perché è piccola non vuol dire che può ottenere tutto.»

 

«Si, invece. É piccola e avrà l'onore di farti da damigella. E poi, chi la farebbe se no? Claire? Non se lo merita per come tratta sua sorella!» lo riprese papà

 

«Non ti sei mai chiesto perché si comporta così?» era sempre più cattivo lo capivo dalla sua voce «Anch'io nelle circostanze in cui si trova lei farei cose del genere!Siete tutti cattivi con lei! Non avete mai accettato che io volessi più bene a lei che ad Elizabeth, si l'ho ammesso. Elizabeth è mia sorella e le voglio bene, sia chiaro, ma non è Claire! Lei c'è sempre stata per me, ha sempre capito quando avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, è la mia migliore amica!» mi scappò un sorriso

 

«Non mi importa a chi vuoi bene tu, so solo che lei non sarà al matrimonio.»

 

«É il mio matrimonio! Decido io chi invitare!»

 

«Non me ne importa è in punizione per il resto della sua vita dopo quello che ha fatto ad Elizabeth e…» si fermò e voltò lo sguardo verso la sala, William fece lo stesso. Come lo so? Perché guardavano me. Come ci sono finita lì non l'ho ancora capito, poco dopo scoppiai in lacrime, William mi abbracciò mi disse qualcosa nell'orecchio ma non capii, mi tolsi dall'abbraccio, andai verso l'ingresso e uscii sbattendo la porta.




AboutMe
per questo capitolo spero di ricevere abbastanza recensioni uu spero vi sia piaciuto, tra pochi giorni pubblicheò il non poi ci sarà una pausa di due settimane perché vado in vacanza quindi godetevelo.
volevo rigraziare quesi pochi che seguono la mia storia! :D

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Capitolo 9
*** you're not alone ***


SALVE!
SPERO VI PIACCIA! LEGGETE IN FONDO :)




Ero da sola in strada che piangevo. Come poteva mio padre avermi trattato in quel modo? Insomma sempre mio padre è, eppure per lui non farmi prendere parte al matrimonio di mio fratello sarebbe stato più che lecito dai suoi sguardi e da come ne parlava. Ma non capivo: perché in quella discussione Will non aveva potere? Perché si era praticamente messo contro Elizabeth e per mio padre lei vale più di tutto l'oro del mondo, persino più di me. Un'altra cosa che non capivo era perché avevo rifiutato di parlare con William quando lui mi è corso dietro, la prima volta che respingevo mio fratello.

«Claire! CLAIRE! Fermati! Aspetta…» gridava. Io seguii il suo consiglio, ma dopo aver rallentato e poi aver fermato del tutto i passi l'ho guardato, lui diceva qualcosa ma non volevo ascoltare, ho rifiutato un suo abbraccio e lui se n'è tornato dentro casa sbattendo la porta. 

Ripensavo a quei momenti mentre camminavo per la strada illuminata dai lampioni erano appena le 22:30 e sicuramente Sam sarebbe stato sveglio, avevo tanta voglia di un suo abbraccio.

Arrivai al grande cancello, suonai e mi aprirono. Percorsi il vialetto in ghiaia illuminato da piccoli lampioncini ai lati, la brezza muoveva gli alberi e trasportava il profumo dell'erba umida. Avvicinandomi notai che nel garage c'era una macchina in più, ma non mi feci tante domande così andai alla porta e la aprii.

 

 

 

«Claire, ciao! Cosa ci fai qui?» mi chiese Sam sul ciglio della porta, non mi voleva fare entrare.

«Ciao, veramente non va tanto bene avrei voglia di parlarti…»

«Questo, diciamo che non è un buon momento»

«Perché?» chiesi perplessa.

«Sam! Chi è?» una voce di donna proveniente dalla cucina aveva appena preso possesso del silenzio imbarazzante creatosi tra me e Sam dopo la mia fatidica domanda. Insieme alla voce anche un rumore di tacchi si stavano avvicinando e una donna sulla quarantina sbucò dietro la spalla destra del mio ragazzo.

«Claire! Che piacere rivederti! Quanto tempo è passato? Quanto sei cresciuta e sei ancora più carina!»

«Salve Signora Lewis! Saranno si e no tre anni che non la vedo! E il Signor Lewis come sta?»

«Sta benissimo, vieni a salutarlo!»

Mi fece entrare ed accomodare in salotto.

«Salve signor Lewis!»

«Oh Claire! Come va? Ho saputo da tuo padre che William si sposa!»

Papà sapeva che erano tornati? Perché non me l'aveva… Oh non importa.

«Va tutto bene! Si mio fratello si sposa e c'è già frenesia nell'aria!»

Scoppiarono in una fragorosa risata!

«Sembri un po' pallida, cara. Ha cenato?» mi chiese Martha

«No, in verità» risposi

«Deve esserci ancora qualcosa in frigo… Sam puoi dargli tu qualcosa? Io sono abbastanza stanca, penso che me ne andrò a letto. Piacere di averti rivista Claire!»

«É stato un piacere anche per me Signora Lewis, e grazie per l'accoglienza» mi sorrise, fece cenno al marito ed entrambi si avviarono al piano di sopra.

 

 

In cucina Sam aprì il frigo ed iniziò ad elencarmi il contenuto:

«C'è un po' di insalata, pasta con il pomodoro, arrosto…»

«Va bene l'insalata» gli dissi

Me la servì con un po' di pane e si sedette di fronte a me. Per tutta la durata del mio pasto, all'incirca dieci minuti perché stavo morendo di fame, ci fu un silenzio di tomba e alla fine lo aiutai a sistemare la cucina e andammo in camera sua.

«Perché non mi volevi fare entrare prima?»

«Non è che non volevo che tu entrassi, è che…»

«Cosa?» stavo iniziando a preoccuparmi

«Non volevo che tu lo scoprissi adesso»

«Che cosa?»

Lui mi guardò, con uno sguardo triste e dispiaciuto.

«Mi trasferisco» mi disse.

Che cosa ha detto? Si trasferisce? No, non è possibile…

«Cosa?»

«Si hai capito bene, me ne vado. Dovevamo partire tra due settimane ma poi mia madre ha saputo del matrimonio e ha detto di non poter mancare, quindi tra un mese sloggio»

«E me lo dici così? Come se non te ne fregasse niente?»

Le lacrime si impossessarono dei miei occhi e non ebbi la forza di trattenerle.

«Non è vero che non mi importa! Cosa te lo fa pensare?» me lo disse con una gentilezza tale che andai ad abbracciarlo.

«Non mi abbandonare anche tu» gli dissi, soffocata dal pianto. 

«Che cosa è successo?»

Lo guardai e gli chiesi se potevo rimanere a dormire lì, lui annuì e ci sdraiammo sul letto mentre gli raccontai tutta la mia giornata.

Ero senza William e in futuro sarei stata anche senza Sam, non sarei sopravvissuta da sola in quella maledetta casa.

 

#aboutme

SAAALVE! okay questo capitolo è cortissimo e fa schifissimo. ci sono pochissime descrizioni, dialogo poco e nulla. mi scuso per il ritardo. il mi sicuso vale per i pochi che leggono la mia storiella e.e 

GRAZIE A COLORO CHE CONTINUANO A LEGGERLA!

Se non ce la fate ad aspettare leggete intanto l'altra mia storia, se vi va, che trovate qui: The Journey

a presto, 

chiara :)

@acciologan on twitter

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Capitolo 10
*** i won't give up ***


Ci misi un po' ad addormentarmi quella sera, anche se ero stretta tra le braccia di Sam mi sentivo persa, spaesata. Se ne sarebbe andato, l'avrei perso. 

Sola, continuavo a ripetermi, sarai fottutamente sola. Avevo litigato con William, ma ci avrei fatto pace, avrei fatto di tutto pur di non perderlo, gli avrei chiesto scusa in ginocchio su carboni ardenti, avrei fatto tutto ciò che voleva purché mi perdonasse.

 

Ero in camera mia, stesa sul letto a fissare il soffitto, d'un tratto suona il campanello vado di corsa ad aprire e Will entra senza salutarmi. io lo chiamo, cerco di raggiungerlo, ma lui non mi vede, si allontana da me e io non risco a raggiungerlo, lo chiamo, gli grido contro, gli chiedo scusa, ma lui sembra non sentirmi, non mi vede. Poi va a chiamare tutta la famiglia ed insieme escono di casa, quando io provo ad uscire mi accorgo di essere bloccata, nessuno si accorge di me, sorridono spensierati, sono contenti della mia assenza. Mi metto a chiamare Will, di nuovo, ma non mi sente, grido ancora più forte. Mi sveglio.

«Hey tutto bene?» chiese Sam preoccupato

«Ho fatto un incubo… Ma che ore sono?»

«Sono circa le nove perché?»

«Devo andare a casa, di corsa» detto questo gli do un leggero bacio sulle labbra e esco di corsa da quella casa.

 

 

«Mamma hai visto Will?» chiedo a mia madre appena entro in casa. Lei si sporge dal divano e mi dice che è in camera sua, ad aspettare Lucy. La ringrazio e salgo di corsa le scale.

Busso alla sua porta e lui mi invita ad entrare.

«Hey Will, ti volevo chiedere scu…»

«No, non voglio che tu mi chieda scusa. Voglio che tu mi dimostri che mi vuoi bene Claire, perché da come mi hai trattato ieri sera non sembrerebbe che tu ci tenga a me»

«Ma io ti voglio bene Will!»

Non si voltò, rimase fermo a guardare delle lettere sparse sul tavolo. Scosse la testa. «Hai fino al giorno del matrimonio per trovare un modo per farti perdonare. A proposito, l'abbiamo anticipato al 28 luglio»

«Ma oggi è il 28 giugno, è tra un mese. riuscirete a prepararlo?»

«Di questo non ti devi preoccupare.» disse noncurante «L'abbiamo dovuto spostare perché i biglietti costavano di meno. Adesso, scusa ma preferirei stare da solo.»

«Certo»

Mi avviai verso camera mia, chiusi la porta e mi sdraiai sul letto. Gli occhi mi pizzicavano e non fu facile trattenere le lacrime. L'ho perso, pensai, l'ho perso per sempre.

 

 

I won't give up on us 

 

Even if the skies get rough 

 

I'm giving you all my love

 

I'm still looking up 

 

Jason Mraz risuonava nella mia testa ancora una volta, avevo ascoltato quella canzone almeno una decina di volte, sentivo che m faceva bene perché mi rilassava e poi dopo la terza volta ero scoppiata a piangere. Ogni tanto fa bene piangere, è uno sfogo interiore e ti fa stare bene, almeno per pochi minuti.

Avevo gli occhi chiusi, le guance piene di lacrime e la canzone nelle orecchie, d'un tratto mi sentii toccare la spalla, mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti Lucy che mi guardava preoccupata. Mi asciugai in fretta le lacrime e misi in pausa l'Ipod.

«Scusa se sono entrata! Ho provato a bussare ma non rispondevi, così…»

«Non fa niente» le dissi gentilmente. 

Lei mi sorrise.

«Va tutto bene?» mi chiese

Io scossi la testa e lei si sedette accanto a me.

Mi abbracciò e io scoppiai di nuovo a piangere.

«L'ho perso, vero? Non mi parlerà più.»

«No, non l'hai perso» mi guardò e mi asciugò le lacrime «So cosa è successo tra te e lui, e se accetti io ti aiuterò a farti perdonare»

Annuii e prova a sorriderle, ma con scarsi risultati dato i miei occhi arrossati, le mie guance rosse e le mie labbra che sembravano non volermi aiutare. Lei rise guardandomi. 

«Adesso capisco perché piaci tanto a Will»

I miei occhi iniziarono a brillare e iniziai a sorridere. 

«Sai, parlava sempre di te. Non faceva altro che parlare di te! Conosco meglio te che me, eppure ci siamo viste poche volte dal mio arrivo!»

Io rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire, e continuai a sorridere come un'ebete.

«Adesso devo andare ma ti devo chiedere un favore»

«Certo, dimmi pure!» le dissi emozionata

«Domani andrò alla prova del vestito e vorrei tanto che tu venissi con me»

«Si, assolutamente! Vengo!» dissi elettrizzata. Poi la abbracciai e le sussurrai un "Grazie", lei mi sorrise ed uscì di camera.

 

 

«Chi l'avrebbe mai detto? É stata così gentile con me. Mi ha fatto bene parlare con lei, penso che cenerò a casa mia stasera, e se mi diranno qualcosa farò finta di non ascoltarli. Non vedo l'ora che sia domani!»

 

«Neanch'io me l'aspettavo sinceramente, da come me la descrivevi doveva essere un mostro» rispose Sam dall'altra parte del telefono

 

«Be' mi sbagliavo, completamente!»

 

«Adesso scusa ma mia madre mi sta chiamando, da quando è arrivata non fa che rompere… ci sentiamo più tardi, okay?»

 

«Okay!»

 

 

'Cause even the stars they burn 

Some even fall to the earth 

Continuavo a canticchiare quella canzone che ormai possedeva la mia mente, così andai a cercare il testo su internet e ne stampai una copia.

Mi misi ad analizzare la canzone e poco prima che Lucy mi chiamasse per la cena l'avevo imparata a memoria. Era una bellissima canzone d'amore, l'armonia era dolce e le parole le si accostavano perfettamente. Una perfetta combinazione.

 

 

La cena fu piuttosto imbarazzante, ci fu silenzio per quasi tutto il tempo. Quasi tutto? vi chiederete, be' si, perché ad un certo punto Lucy inizia un dialogo con me.

«Prima ti ho sentita cantare, sei molto brava!»

Io arrossii.

«Oh, grazie. Ma non sono così brava!» dissi

«Solo perché non lo credi tu, non vuol dire che non lo sei! Will mi aveva accennato che avevi una bella voce, ma non credevo che tu fossi così brava!»

Spostai lo sguardo su mio fratello ma lui non si degnò di guardarmi, sorrisi a Lucy e il silenzio riprese.

Sapevo come farmi perdonare.

 






#aboutme

saaaalve, mi scuso se questo capitolo vi fa schifo ma ne ho bisogno per il seguito.
comunque Lucy si è rivelata una grande amica e nel prossimo capitolo (che non ho ancora scritto) veremo claire farle da spalla per la scelta dell'abito!
a presto,
Chiara :)

LE RECENSIONI NON MORDONO

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Capitolo 11
*** sparks fly ***




Era passata una settimana dal mio "Sapevo come farmi perdonare" e, be' non sapevo come realizzarlo. Lucy mi avrebbe sicuramente dato una mano. Adoravo quella ragazza, era speciale. Pensare che all'inizio non la sopportavo mi faceva vergognare di me, ma era tutta colpa della gelosia e del colpo di scena che non mi aspettavo proprio. Era stata veramente gentile con me in quei giorni, mi aveva persino coperto nei giorni in cui di nascosto ero andata da Sam, cavoli quanto mi mancava. É vero lo vedevo quasi sempre, ma per poco tempo e a malapena riuscivamo a dirci come avevamo passato la giornata, poi il fatto che mio padre mi avesse preso il cellulare per far si che non lo chiamassi neanche non aiutava. L'avrei preso di nascosto, ma non sapevo dove l'aveva messo.

Comunque sia quella mattina era speciale, lo si vedeva dal tempo: le nuvole che coprivano il cielo la sera prima se ne erano andate ed avevano lasciato lo spazio ad un bellissimo sole. Ma la ciliegina sulla torta quella mattina era Lucy, che mi aveva chiesto, anzi obbligato, ad accompagnarla a comperare il vestito da sposa, visto che ormai il tempo sembrava accorciarsi sempre di più. Purtroppo anche mamma e Elizabeth sarebbero venute, ma non potevo lamentarmi visto che avrei scelto anche i vestiti per le damigelle più piccole e per Elizabeth avevo pensato ad un orribile vestito che avevo visto qualche giorno prima in una vetrina in Oxford Circus: era un piccolo tubino che ti permetteva a malapena di fare un passo, di colore marrone ma non un bel marrone, uno brutto; e poi non era neppure di raso, era di velluto, ed il velluto marrone è orribile a mio parere, ma la parte più bella del vestito era il mega fiocco verde fluorescente in vita, oh si, era veramente orribile. Stavo per parlare a Lucy della mia scelta quando mia madre mi trascinò in macchina gridando che era tardi e che dovevamo fare tantissime cose. La solita.

«Che negozio hai scelto?» chiese mia madre titubante avviando il motore della Ford Anglia, che ricordava quella del film di Harry Potter.

«Ho pensato ad una boutique che si trova vicino a Tiffany, in una delle traverse di Oxford Circus» rispose dolcemente Lucy

«Vuoi dire quella con l'insegna color porpora? "Mrs Dobletouch"?»

«Si! Proprio quella! L'ho scelta perché è lì che mia sorella ha comprato il proprio vestito per il suo matrimonio all'inglese»

«É venuta fin qua per comprare un vestito?» chiese curiosa mia madre mentre faceva slalom nel traffico mattutino del centro

«Si! Mia sorella è strana! Non vedo l'ora di farvela conoscere!»

Il dialogo tra le due donne durò per tutto il tragitto, ossia per circa venti minuti. Appena mia madre trovò parcheggio, che era abbastanza vicino al negozio, scendemmo tutte dala macchina e ci avviammo all'entrata.

Si vedeva che il negozio era "particolare", la facciata era bianca latte e risaltava il porpora dell'insegna, su cui erano disegnate delle bellissime signore in abito bianco che contornavano la scritta "Mrs Doubletouch". Appena entrammo un odore di bosco mi invase le narici, tutto dovuto al fatto che ogni singolo manichino era in legno, i diversi banconi erano il legno, vi era del parquet e poi c'era un diffusore di profumo sopra lo stipite della porta, in modo che ogni volta che venisse aperta quel fresco profumo rivestisse l'atmosfera. 

Non vi era nessun cliente, forse perché era abbastanza presto, ma vi era una signora dietro al bancone intenta a scrivere. Lucy si avvicinò, le disse qualcosa e subito la donna si alzò.

A prima vista le avrei dato si e no una cinquantina d'anni e forse li aveva pure, si avvicinò a me e a mia sorella e ci scrutò da capo a piedi.

«Salve» disse «Sono Mrs Doubletouch e per oggi vi aiuterò a scegliere i vestiti per  il matrimonio. Allora, quante sono le damigelle e chi è quella d'onore?» chiese rivolta a Lucy.

«Sono quattro, tre della sua età» indicò Elizabeth «e vorrei che lei fosse quella d'onore» a quel punto guardò me.

«I-i-io?» chiesi balbettando

«No, è lei la damigella d'onore.» rispose mia madre

«Mi scusi signora, può concedermi un secondo?»

La donna annuì e torno a sedersi dietro al bancone.

Lucy guardò mia madre, poi me, poi Elizabeth, poi di nuovo mia madre.

«Senti Rose, io e William ne abbiamo parlato, e abbiamo deciso insieme» soffermò il suo sguardo su di me «che la damigella d'onore sarà Claire. É da quando lo conosco che mi dice che al suo matrimonio vorrebbe che la damigella d'onore fosse Claire e non credo che gli avvenimenti di questi giorni abbiano cambiato qualcosa, quindi mi dispiace ma sarà lei e se accetterà, vorrei aiutarla a scegliere il vestito.»

«Sarebbe un onore per me» le dissi sorridente

 

Non mi aspettavo così tanta simpatia dalla signora Dobletouch, a dire il vero non avevo neanche pensato alla parola "simpatia" riferita a lei. Fu molto disponibile riguardo alle scelte di mia madre per i vestiti delle damigelle, Lucy glielo aveva lasciato fare. «Non possiamo mica darle tutti dispiaceri!» mi sussurrò ridendo all'orecchio.

Il vestito delle damigelle, dopo vari «no» «troppo da adulta» «troppo da bambina», fu costituito da un corpetto con spalline e una gonna "a bomboniera" che arrivava fino ai piedi, tutto di colore lilla. Era senza cinta, senza pizzo, quindi molto semplice. Le scarpe le scelse Lucy, erano delle piccole ballerine bianca con fascia che si intonavano perfettamente al sottoveste. 

Dopo aver ordinato i vestiti mia madre ed Liz si misero da parte ed io accompagnai Lucy nella sala dei vestiti da sposa. 

C'erano un'infinità di vestiti che, a mio parere, oscillavano tra "brutto" ed "osceno", poi scoprii che quelli erano quelli da esposizione e non erano in vendita, anche perché nessuno li avrebbe comprati. La donna ci condusse dall'altra parte della sala dove c'era una porta che si apriva sulla sala dei vestiti, quelli veri. 

Ce ne era di tutti i tipi e per ogni occasione, andavano sul semplice bianco a tubino di raso senza tante rifiniture, a quelli con le mega gonnelle e il corsetto pieno di ricami ed è proprio tra questi ultimi che vidi quello che sarebbe stato il futuro vestito da sposa. Era messo su un manichino in un angolo, ma io lo notai subito, forse perché amo i vestiti da sposa in cui la gonnella pesa due quintali, am questo è un dettaglio irrilevante. Comunque, lo indicai a Lucy ed anche a lei brillarono gli occhi e decise di provarlo immediatamente.

«Ma, sei bellissima» le dissi appena uscì dal camerino seguita dalla sarta del negozio, che somigliava alla signora Doubletouch, ma non lo era, infatti era la sorella gemella, la signora Doubletouch.

«Credi?» mi chiese guardandosi allo specchio

«Si, assolutamente si. É perfetto per te! Aspetta, vado a chiamare la mamma!»

Appena mia madre la vide rimase incantata ed Liz iniziò a piangere chiedendo che anche il suo vestito fosse così, la solita.

Dopo aver convinto Lucy che quello era perfetto per lei, passammo a me. Non avevo ancora capito perché aveva voluto provare prima il suo, poi mi disse che aveva già scelto il mio vestito giorni fa, e che me o dovevo solo provare, In quel momento le mie emozioni erano un milkshake di paura, agitazione e quell'emozione che non so come chiamare che mi arriva quando Finn e Rachel si baciano in Glee. Insomma ero Pa-Gita-Lee.

Lucy mi accompagnò nel camerino e mi fece cenno di entrare, lei mi seguì e mi aiutò a vestirmi, dopo avermi coperto gli occhi con una benda. 

«Sei pronta?» mi chiese alla fine Lucy

«S-s-si»

Avevo sentito solo il vestito al tatto prima di vederlo, avevo sentito che non aveva spallini, che il corpetto era di raso e che la gonnella era a "strati", proprio come piacevano a me ed arrivava al ginocchio. La parte interna era di raso e sopra di essa vi erano vari "strati" di tulle, quello più esterno aveva qualcosa attaccato sopra, ma non capivo che cos'era. Poi quando mi tolse la benda capii che erano dei piccoli diamantini, sparsi qua e la in tutta la gonna. il vestito era di un bellissimo indaco e le scarpe erano delle ballerine argentate che facevano pandan con i brillantini.

Guardai Lucy nel riflesso che sorrideva, felice come una pasqua.

«Grazie» le dissi.

 

 



 

 

#aboutme

 

CCCCCCIAAAAAAAOOOOOO

SCUSATE IL RITARDISSIMOOOOOOO MA NON HO AVUTO TEMPO E IDEE.

Volevo pubblicare ieri il capitolo, ma poi ho visto hunger games e mi sono forgottata (?)

okay, ACCETTO CRITICHE E TUTTO CIÓ CHE AVETE DA DIRMI.

secondo la mia scaletta altri 3-4 capitoli e poi sarà finita, in parte mi dispiace cwc

 

qua trovate le altre mie storie C: 

The Journey (Original Story, PASSATE ASSOLUTAMENTE, è un ordine)

(un)broken (One Shot sui one direction)

do you remember? (One Shot sui one direction)

Up All Night (SERIE di storie sui one direction, per ora sono due C:)

 

 

GRAZIE A CHI CONTINUA A LEGGERE LA MIA STORIA!

BACI,

CHIARA C:

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Capitolo 12
*** sorry for party rocking ***


 

 

Mancava ormai una settimana al matrimonio e casa mia era diventata una specie di negozio di articoli da regalo. Scommetto che se avessi messo un banchetto alla porta di ingresso con sopra un registro di cassa avrei ottenuto molte vendite, gli articoli più venduti sarebbero stati i servizi da tavola visto che erano un'infinità e, per me, tutti uguali ma mamma ogni volta che ne vedeva arrivare uno diceva "Questo è il più bello di tutti!", contenta lei. Per non parlare poi dei candelabri, orribili candelabri che ormai erano ovunque, ce n'erano alcuni dorati, altri argentati e poi quelli di ottone Lucy mostrava un radioso e finto sorriso quando li riceveva e sussurrava un "Grazie", William rimaneva in silenzio sorridendo. Già, William… Non ci avevo ancora parlato, ma il mio piano andava a gonfie vele, almeno così diceva Lucy.

Quella mattina fui svegliata dalla confusione che si aveva in casa mia dalle 7.30 alle 22.30, causata da mia mamma che faceva su e giù per le scale gridando "É tardi! É tardi! Dobbiamo fare questo, poi quello e bla bla bla". 

«Che palle» fu tutto quello che uscii dalla mia bocca appena sveglia, mi misi a sedere sul letto, stropicciai gli occhi e mi stiracchiai, buttai giù le gambe e mi alzai a stento in piedi. Con gli occhi ancora semichiusi controllai l'ora: 7.40, mmm è in ritardo mamma.  Poi guardai il calendario e lessi "S. App. 8" e iniziai a farmi domande sul cosa potesse significare, dopo dieci minuti ero ancora a guardare il calendario maledicendomi sul perché non scrivessi tutte le parole invece di accorciarle, quando bussarono alla porta.

«Avanti» dissi con voce roca. La testa nera di Lucy sbucò dietro il legno bianco e mi sorrise.

«Mi domandavo, visto il tuo appuntamento con Sam alle 8, perché non ti fossi ancora alzata così…»

«Appuntamento? Sam? Otto?» la interruppi, poi fissai il calendario e collegai il tutto. Diedi una veloce occhiata all'orologio: 7.55. Sono fottuta

Lucy notò la mia faccia preoccupata.

«Avverto io Sam, fai con calma» mi disse gentilmente.

Annuii velocemente e appena lei chiuse la porta iniziai a rovistare nell'armadio alla ricerca di qualcosa di carino quando mi imbattei in un sacchetto strano, lo aprii e vi trovai dentro la felpa per Will, quella che gli avevo comperato e che mi ero dimenticata di dargli, mi ricordai tutto di quel giorno. Un sorriso si formò sul mio volto, accompagnato da una lacrima, notai in fondo al cassetto delle foto quelle che dovevano stare nella cornice che avevo fatto per William, mi sedetti sul letto e svuotai completamente il sacchetto. Non ricordavo di averle messe lì, forse perché non ero stata io. Ma abbandonai subito l'idea dato che la mia memoria era inutile.

Ne presi una tra le mani: era stata scattata in un parco, io ero sull'altalena e William era dietro che mi spingeva, un'altra lacrima solcò il mio volto, girai la foto e notai una scritta sbiadita che faticai a leggere Ti voglio bene, W. scoppiai a piangere. Non ce la facevo più a stare senza di lui, dovevo rimediare, avrei ricominciato da capo.

«Hey Claire, sono le 8.20 e Sam si sta innervosendo che faccio?»

Feci un respiro profondo e mi asciugai le lacrime.

«Mandalo qui»

La sentii scendere le scale ed io presi i primi jeans e la prima maglietta che trovai e mi infilai nel mio bagno, sentii bussare.

«Sam entra pure, arrivo subito. Scusa il ritardo ma mi ero dimenticata dell'appuntamento e poi ho trovato una cosa nell'armadio e be'… se vedi cosa ho trovato lo capisci, è sul letto»

«Non gli hai dato la felpa?» mi chiese

Uscii velocemente dal bagno «No» dissi «L'ho dimenticato»

«Sai una cosa Claire? Se possedessi il diamante più prezioso del mondo in una cassaforte, sta pur certa che non mi affiderei a te per ricordarmi la combinazione»

Lo fulminai con lo sguardo e lui rise.

«Comunque, andiamo a fare colazione? Ho così tanta fame che mangerei l'intera fabbrica di cioccolato di Willy Wonka.»

«Sei in vena di battute stamattina?» gli chiesi

Rise di nuovo. Se lo faceva un altra volta giuro che sarei svenuta in quel momento, cavoli se era bello.

 

«Mi accompagneresti in un negozio di articoli da regalo che non sia casa mia?» gli chiesi mentre passeggiavamo per Oxford Circus.

«Certo, ma perché?»

«Voglio comprare un album per metterci le foto… Mi aiuti?»

«Okay, tanto non ho niente di meglio da fare!»

Lo guardai fingendomi offesa e lui rise.

«Stavo scherzando amore, non c'è niente di meglio che passare del tempo con te…» 

Amore? Mi ha veramente chiamata amore? Oddio ora mi sciolgo. Questo fu tutto quello che passò nella mia mente in quel momento, il resto dei miei muscoli erano fermi, tranne che per le labbra che formavano un sorriso ebete.

«Sinceramente, non so come farò senza di te… A proposito di questo, sto insistendo molto con i miei per cercare di farmi restare a Londra, penso che cederanno, almeno lo spero!» mi disse ed io sorrisi e lo baciai.

 

Dopo aver comprato l'album ci rifugiammo in camera mia ad attaccare le foto, fu veramente difficile arrivarci anche perché dovemmo fare slalom tra copriletto, candelabri e roba varia… Mi passò per la mente il fatto che in quella mattina non avevo visto ne' i miei ne' Elizabeth, ecco perché era una bella giornata.

Dopo aver riempito l'album di foto iniziai a scrivere qualcosa accanto ad esse, ma non volevo che Sam guardasse perché erano cose idiote e un po' personali, quindi iniziai a chiedergli favori su favori: "Mi porteresti un bicchiere d'acqua? Ho sete" oppure "Vai a controllare se l'acqua per la pasta bolle!". All'inizio ci cascava, poi capii tutto, mi mandò a quel paese e si stese sul letto con il mio iPod nelle orecchie ed iniziò a cantare… 

Come on, come on

Don’t leave me like this

I thought I had you figured out

Can’t breathe whenever you’re gone

Can’t turn back now

I’m haunted

 

Amavo quella canzone, così iniziai a cantare con lui.

 

Stood there and watched you walk away

From everything we had

But, I still mean every word I say to you

He will try to take away my pain

And he just might make me smile

But, the whole time I’m wishing he was you instead

 

Passammo il resto della mattina a cantare canzoni, fino a quando Lucy non ci venne a chiamare per dirci che il pranzo era pronto, così scendemmo facendo di nuovo lo slalom tra tutta l'argenteria e il resto e arrivammo in cucina dove era apparecchiato per quattro, ma noi dovevamo essere in sette (si sono brava in matematica), così decisi di chiedere a Lucy dove fossero gli altri.

«Sono andati fuori Londra a prendere dei parenti, tornano domani»

Mi si illuminarono gli occhi e Lucy rise dopo che iniziai a correre per casa cantando "Party Rock Anthem", lei e Sam si unirono a me, così la misi allo stereo di casa a tutto volume ed iniziammo a ballare.

Party rock is in the house tonight 

Everybody just have a good time 

And we gonna make you lose your mind 

Everybody just have a good time 

Everybody just have a good time 

 

Poco dopo sbucò William dalle scale che ci guardava stranito e ci mettemmo tutti a ridere, spensi la musica e andammo in cucina per pranzare. Poco dopo suonò il campanello e tutti fissarono me, io a malavoglia mi alzai e andai ad aprire, ma non c'era nessuno, così abbassai lo sguardo e vidi la testa riccioluta di mio cugino Philip.

«Hey Phil, che ci fai qui?»

Lui indicò due macchine nel viaggetto, una mini blu e la macchina di papà… La macchina di papà? Oh no, ti prego. No, no, no. Ti scongiuro no…

Ma le mie preghiere non furono esaudite e quella cogli… ehm, dolcissima bambina che è Elizabeth uscì dall'auto, seguita da papà, mamma, gli zii e pure i nonni. Come hanno fatto ad entrarci tutti? Li fissai sbalordita, poi realizzai il tutto, mi inginocchiai e rivolta al cielo dissi: «Perché mi odi? Perché?» quando tornai a guardare davanti a me vidi mio padre che subito mi odino di andare a scaricare le valigie, mentre lui accompagnava all'interno tutta la famiglia per presentargli Lucy, poco dopo Sam mi raggiunse e mi aiutò, quando le valigie furono scaricate tutte, con la voce stremata mi disse, ridendo: «Certo che sei proprio sfigata, è».

Gli diedi un pugno sul braccio e mi misi a sedere sul portico, poco dopo mi raggiunse e mi abbracciò.

 

 

 

 

SAAAAAALVEEEEE!

Che dire? boh non lo so, ditemelo voi. nessuno se la caga sta storia quindi non mi scuso per il ritardo e.e

ci ho messo tutta me stessa per scrivere questo capitolo che alterna sorrisi a pianti, sarà uno degli ultimi visto che nel prossimo metterò il matrimonio, ma niente è certo…

Grazie a chi recensirà questa storia! :)

 

POTRESTE DARE UN'OCCHIATA A QUESTE? Thanks :)

The Journey (Original Story, PASSATE ASSOLUTAMENTE, è un ordine)

(un)broken (One Shot sui one direction)

do you remember? (One Shot sui one direction)

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Baci,

Chiara :)

 

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Capitolo 13
*** is aunt marie dead? ***


 

 

Venerdì, due giorni al matrimonio.

 

Erano passati soltanto cinque giorni dall'arrivo dei parenti e io già non li sopportavo più, credo che lo stesso fosse per Sam che ogni volta che mi veniva a trovare mi obbligava ad andare in centro anche se non ne avevo granché voglia, ma come biasimarlo? Erano tali e quali a mio padre, tranne mia zio, ossia il marito della sorella di papà. Lui era una specie di padre acquisito per me, ed era l'unico che non era ossessionato da Elizabeth. Se state aspettando un colpo di scena favorevole a lei be' sappiate che se non la smette di intrufolarsi nella mia stanza senza bussare la vedrete volare di sotto dalla finestra. Ma, aspettate, questo è favorevole a me. Comunque, stavo dicendo, i miei parenti erano alquanto insopportabili, persino Lucy, che era bravissima a mentire, sembrava non riuscirci con loro perché era sfinita. Figuratevi William, povero caro, gli sono andati tutti contro perché la piccola Beth doveva fare da damigella! Claire si comporta troppo male! , lui soffriva in silenzio e non proferiva parola. Mia madre non aiutava a rendere più calma la situazione, visto che iniziava ad andare nel panico credendo di essere in ritardo prima con le bomboniere, poi con la prenotazione della chiesa, una mattina si è persino messa a chiamare tutti gli invitati per essere sicura che avessero ricevuto gli inviti. Ma la cosa peggiore di tutto questo era che la casa straripava, uno spillo in più e sarebbe scoppiata. I candelabri erano finiti in camera mia, e la notte mi mettevano i brividi, la mia intenzione all'inizio era stata di metterli nell'armadio, ma poi mi resi conto che era pieno di bomboniere. Ma come cazzo ci erano finite lì? provai a parlarne con mia mamma ma sembrò fregarsene altamente, troppo preoccupata a preoccuparsi.

Quel venerdì il tempo non sembrava giocare a mio favore, visto che era terribilmente nuvoloso e un temporale sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro. Sam arrivò come al suo solito alle 9 in punto e insistette per andarcene in centro, alla fine riuscii a convincerlo e a starcene in casa, naturalmente andammo in casa sua. I suoi genitori non erano presenti, avevano un convegno fuori Londra e sarebbero tornati il sabato sera.

«Che farà Lucy domani sera?» mi chiese mentre apparecchiavo la tavola

«Ci ho parlato ieri, ma ha detto che non aveva molte idee. Mi sa che se ne sta a casa…»

«A casa? La sera prima delle nozze?» chiese sconvolto

«Non ti preoccupare la convincerò! Oggi passerò del tempo con lei e la aiuterò a trovare qualcosa da fare…»

«A proposito, come vanno le prove?»

«Male, cioè le prove bene, ma non so come farò domenica, ho paura che non funzionerà»

Si avvicinò dolcemente a me e mi strinse e fianchi, avvicinò le sue labbra alle mie e mi sussurrò un "Andrà tutto bene", poi mi baciò. La sicurezza che sentivo quando ero tra le sue braccia era incredibile, non avevo mai provato niente così, neanche per William, forse perché l'amore che provavo per Sam non era lo stesso che per mio fratello; se in quel momento mi avessero chiesto a chi volessi più bene tra i due sarei andata nel panico più totale.

«Hey, va tutto bene?» chiese Sam notando che mi ero incantata.

«Si, stavo solo pensando…»

«A cosa?»

«Niente» dissi. Sorrisi e lo baciai.

«Non mi fido… Ma non insisterò… Mangiamo?»

«Certo!»

 

Dopo essere andata via da casa di Sam passai parte del pomeriggio in compagnia di Lucy a fare le prove della sorpresa per William, ma ogni tre secondi venivamo interrotte da Beth e Philip, che sembravano voler prendere parte a quello che stavamo facendo, quindi dopo neanche un'ora ce ne andammo a fare una passeggiata nel quartiere.

«Hai deciso cosa fare domani sera?» le chiesi

«Credo che mi rinchiuderò in camera a guardare film strappalacrime» disse, ridendo

«E Will è contento?»

«Oh, lui se ne andrà in giro con alcuni amici che vengono dall'America, quindi non credo che si lamenterà» 

«Non puoi passare l'addio al nubilato da sola! Va contro i principi morali! Dobbiamo trovare qualcosa da fare, magari con alcune tue amiche… Vengono, vero? O dei tuoi parenti!»

«Verranno mia madre, le sue sorelle e le mie cugine… Io non ho amiche, neppure amici.» il suo sguardo si incupì «L'unico io amico in questi anni è stato William. Non sono mai stata brava a legare con gli altri, l'unico di cui mi fidavo era mio padre e dopo che se ne andò, quando avevo dieci anni, mi sono chiusa in me stessa. L'unica persona che credevo mi volesse bene mi ha deluso e mi ha portato a non porre mai più fiducia negli altri, fino a che non ho incontrato Will» sorrise pronunciando il suo nome «I suoi sguardi, il suo modo di camminare, la sua spavalderia, il suo coraggio, la sua voglia di vivere, il suo modo di essere se stesso, semplicemente William»

Le sorrisi dolcemente, cavoli ama davvero Will  pensai. Si era un po' rattristati, quindi per tirarla su di morale iniziai a sparare idee a caso per la sera successiva e tra una ristata e l'altra  ce ne tornammo a casa, accolte da voci femminili che si guastavano il the delle cinque alternando chiacchiere a sorsi.

 

«E tu Claire ce l'hai il fidanzatino?» mi chiese mia nonna

Il the che stavo bevendo mi andò di traverso ed iniziai a tossire. Non si erano mai interessate a me, perché farlo adesso, quando poi papà era appena rientrato dal lavoro? Forse avevano finito gli argomenti di cui sparlare…

Dopo una quasi morte certa riuscii a riprendere fiato pensando di averla scampata, ma mia zia distrusse immediatamente i miei sogni: «Insomma, ce l'hai? Come si chiama? Dove abita?»

Sembrava di aver preso parte ad un interrogatorio più che al solito the del pomeriggio.

«Si chiama Sam» dissi

«Sam? Come il cugino di Zia Mary!»

«Chi Mary?» interruppe la nonna

«Mary!» esclamò mia madre, come se fosse stupido non conoscere questa Mary… «Quella che sposò il marinaio che poi la lasciò per la cugina di suo padre! MA adesso è morta…»

«Mary è morta?» chiese scandalizzata la zia

«Si! Me l'ha detto la nipote di tizio, che bla bla bla…»

Mi stavo sinceramente domandando se anch'io sarei diventata così, quando decisi che dovevo approfittare di questo momento per squagliarmela in camera. Lucy decise di rimanere lì, sembrava divertirla il modo in cui erano in crisi per la morte di zia Mary.

Mentre finivo di impacchettare il regalo per William mi resi conto che non avevo comprato niente per Lucy, inizialmente andai un po' nel panico. Ma poi seppi cosa fare.

 



 

Sabato, un giorno al matrimonio 
 

Il fatto di essersi alzati alle 7 del mattino e aver tirato il tuo ragazzo giù dal letto dopo mezz'ora non ti permette di cantare a squarciagola mentre passeggi per una Londra mattutina, almeno così continuava a dirmi Sam, che in quei giorni era alquanto stressato per via dei genitori, i quali non avevano ancora dato una risposta chiara alla domanda "Posso rimanere a vivere a Londra?".

Mentre passeggiavo e pensavo a cosa regalare a Lucy, Sam mi stringeva forte la mano e camminava a testa bassa. Aveva paura che non lo avessero lasciato vivere qui, me lo aveva detto. Mentre mi diceva questo, la sera prima, era riuscito a farmi capire quanto ci tenesse a me.

Sai, non avrei mai pensato di arrivare a questo. É cambiato tutto così in fretta, non mi ricordo neanche quando mi sono innamorato di te… Forse lo sono sempre stato. Lasciarti sarebbe la cosa più orribile della mia vita. Non riuscirei a tenere una relazione a distanza, lo so. Non riuscirei neanche a starti lontano. Non riuscirei a vederti soffrire. Non so più che fare. Spero solo che la situazione si risolva.

«Che ne dici di Tiffany» mi chiese sorridendo, interrompendo il mio flashback mentale.

«Si! Ottima idea! Così passiamo anche da Abercrombie, è un po' che non ci vado… Poi non avrei voglia di tornare subito a casa. La confusione presente oggi è immensa.»

Alla parola "abercrombie" mi fa uno sguardo, come per dire "No, ti prego. Non mi portare lì", ma non mi abbindola neanche con il labbruccio, quindi ce lo trascino dentro dopo essere stati da Tiffany.

 

«Grazie! É Bellissimo!» dice Lucy scartando il pacchetto e osservando il ciondolo che ha la forma di una chiave.

«Speravo ti piacesse!»

«Si è bellissimo! Poi con la scusa del tuo regalo sono riuscita a trovare un secondo libero, sono stanchissima.Tra la prova finale del vestito, il ritiro delle bomboniere, la conferma del ristorante e altre cose che non ti sto ad elencare  potrei collassare da un momento all'altro.»

«Quindi non ti va di fare qualcosa stasera?» le chiedo speranzosa.

«Non lo so… Cosa avevi intenzione di fare?»

«Pensavo di passare la serata giù in taverna a ballare e a bere alcolici» dissi scherzosamente «ma visto che sei stanca… "Le pagine della nostra vita" e una valanga di popcorn?»

«Così si che mi piaci» dice ridendo.

Quindi tutto quello che facemmo quella sera fu strafogarci di popcorn davanti alla tv, senza pensare al domani. Ci addormentammo abbastanza presto nei nostri scacchi a pelo, immerse nei pensieri e sulle paure, le mie, da affrontare il giorno seguente.

 



 

#aboutme

VISTO COME SONO BRAVA? AVEVO PROMESSO CHE AVREI AGGIORNATO IN QUESTI GIORNI E L'HO FATTOOOOO VGYBUHN

 

okay, questo è il penultimo capitolo. lo so, dispiace anche a me lol

spero vi sia piaciuto :)

nel prossimo inserirò le foto degli attori a cui mi sono ispirata per i personaggi :)

 

a presto,

chiara :)

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Capitolo 14
*** long live ***


 

Quella mattina mi svegliai alle 6.30, pur essendo andata a letto verso mezzanotte. Avevo una strana sensazione, mista a paura ed emozione, e non era bello. Continuavo a rigirarmi nel sacco a pelo e così svegliai anche Lucy che dormiva accanto a me.

«Hai paura?» mi chiese

«No, ma che dici.» dissi poco convinta

Si mise a ridere e mi feci contagiare. Mi fece bene, ridere senza motivo intendo, mi sentii libera dalle frustrazioni e così passò il tempo. Verso le 7.30 decidemmo di alzarci e ce ne andammo a fare colazione. Mia madre era seduta al tavolino che rigirava il cucchiaino nella tazzina di caffè, fissando il vuoto e mugugnando.

«Giorno ma'… stai bene?»

Non mi rispose, così anche io e Lucy ci preparammo un caffè, un po' perplesse, e finita la nostra colazione andammo a sistemare la mansarda, dove avevamo dormito.

Nel frattempo il resto della casa si svegliò, persino mia madre che si fece prendere dall'agitazione quando alle 9.01 iniziò a dire che i parrucchieri erano in ritardo.

«Dovevano essere qui alle nove in punto! Come faremo? Oddio, siamo in ritardo!»

«Mamma, sono le nove e un minuto, vedrai che saranno qui tra poco insieme a tutti gli altri…» le disse tranquillamente William

«Tra poco? E cosa vuol dire? Potrebbe significare un secondo, un minuto o un'ora… siamo in ritardo, siamo in ritardo…»

Sembrava il Bianconiglio, quello di Alice nel Paese delle Meraviglie, pensando a quel paragone mi misi inconsciamente a ridere e tutti mi guardarono malignamente.

«Scusate» dissi soffocando l'ultima risata ed asciugandomi una lacrima.

Suonò il campanello e mia madre sembrò rinata, quando aprì la porta tutto lo staff di parrucchieri, truccatori, sarti occupò la casa. Tanto ci si stava larghi, no?

Si divisero in gruppi e ci trascinarono in diverse stanze. Naturalmente solo io, Lucy, William e Beth fummo presi, in quanto gli altri non avevano un ruolo particolarmente importante, fuorché lanciare il riso all'uscita della chiesa. I testimoni sarebbero arrivati verso le 10:30 e insieme a mio fratello si sarebbero avviati in chiesa con il resto della famiglia. Lucy mi aveva chiesto di accompagnarla, non voleva andare da sola.

Dal momento in cui mi chiusero in camera mia ricordo solo odore di fondotinta e pennelli ovunque.

 

«Vuoi tu William Thomson prendere Lucy Woldorf come tua legittima sposa, per amarla ed onorarla, in salute e in malattia finché morte non vi separi?»

«Lo voglio»

«E vuoi tu Lucy Woldorf prendere William Thomson come tuo legittimo sposo, per amarlo ed onorarlo, in salute e in malattia finché morte non vi separi?»

«Lo voglio»

«Vi dichiaro allora marito e moglie. Può baciare la sposa»

La cerimonia in chiesa si concluse con un grande applauso. Io non ne avevo la forza, intanto stavo per sciogliermi da quanto erano fighi i testimoni, ma non potevo guardarli più di tanto perché Sam, dalla panca accanto, ogni tanto mi lanciava occhiatacce, io ricambiavo con un dolce sorriso innocente. Poi c'era la paura che aumentava sempre di più, l'unico momento in cui se n'era andata era stato quando in macchina Lucy mi aveva detto «Andrà tutto bene» come faceva lei a non essere agitata? Cioè si stava per sposare. A volte proprio non la capisco. Prima di iniziare a camminare verso l'altare mi sorrise caldamente, fece un respiro profondo e percorse il corridoio. Ogni panca aveva un bouquet di rose gialle e di girasoli, i suoi fiori preferiti, alle estremità, anche l'altare era decorato in giallo. Lei in mano aveva un piccolo bouquet formato dagli stessi fiori, aveva chiesto a mia madre di non esagerare, e così è stato. Giurerei di aver visto lo sguardo di mio fratello illuminarsi alla sua vista, era veramente bella.

 

Come da programma giungemmo al ristorante alle 12:30 in punto. Era stato allestito un buffet all'esterno e al centro del giardino vi era una enorme pista da ballo che aspettava solo di essere riempita, ma la band sarebbe arrivata nel primo pomeriggio così iniziai ad ingozzarmi per mandare via la paura. Sam mi guardava schifato.

«Che c'è? Ho fame, okay?!»

«Tu non hai fame, hai paura.»

«Non è vero» mentii, lui si limitò a sorridere e mi tolse il piatto di mano per portarmi a fare un giro.

Scorsi Elizabeth in braccio a William e una strana sensazione mi percorse lo stomaco, ma non ci feci caso più di tanto.

«Sai che sei bellissima, oggi?» mi disse dolcemente Sam

«Vuoi dire che gli altri giorni facci schifo?»

Rise e poi mi baciò. Passammo gran parte del tempo insieme, ma la band arrivò in anticipo e andai a prepararmi.

 

Prima di salire sul palco Lucy diede lo spartito ai ragazzi che suonavano, poi mi abbracciò.

All'inizio non è che qualcuno si accorse di me, solo William, Lucy e Sam mi guardavano. Questi ultimi con un grande sorriso incoraggiante.

«Ehm…Salve» nessuno mi guardava ancora «Oh, mi cagate o siete tutti stitici?»

Tutti si voltarono indignati, tranne Sam che scoppiò in una fragorosa risata.

«Grazie. Non vi preoccupate, non sarà un discorso stile 'Divina Commedia', sarà una canzone dal quattro minuti che dedico a mio fratello sperando che mi perdoni.» presi un respiro profondo e feci cenno al chitarrista di partire. In quel momento la paura se ne andò tutta, le parole della canzone mi trascinarono via e mi sentii bene.

 

Promise me this: 

That you'll stand by me forever 

But if God forbid fate should step in 

And force us into a goodbye 

If you have children someday 

When they point to the pictures 

Please tell them my name 

Tell them how the crowds went wild 

Tell them how I hope they shine 

 

Long, long live the walls we crashed through 

All the candlelight shined just for me and you 

And I was screaming, "long live all the magic we made" 

And bring on all the pretenders 

I'm not afraid 

 

Singing long live all the mountains we moved 

I had the time of my life 

Fighting dragons with you 

 

And long, long live the look on your face 

And bring on all the pretenders 

One day we will be remembered

 

Finii la canzone con un sorriso, che fu ricambiato da Will. In fondo Long Live  di Taylor Swift è stata un'ottima scelta, lo ammetto. Mi girai verso la band e chiesi se potevo cantare altre canzoni, loro annuirono e mi dissero cosa sapevano suonare, quindi passai una mezz'ora a cantare, era una bellissima sensazione lo ammetto. Quando Don't Rain on My Parade finì, ringraziai la band e scesi dal palco dove trovai William che mi abbracciò calorosamente e capii che mi aveva perdonato.

«Ti va di ballare?» mi chiese

«Molto volentieri!»

Alternai balli con mio fratello e con Sam, poi lui ad un certo punto sparì e io smisi per un po' di ballare e andai al buffet per vedere cosa era rimasto.

La cosa strana di quel giorno è che non avevo spicciato parola con mio padre, ecco perché era anche una bella giornata.

Quando mi voltai verso la folla che continuava a ballare vidi Sam che si avvicinava a me a testa bassa.

 

 

 

#aboutme

 

SCIAAAAAAAAAAO ai miei pochi lettori <3

questo è l'ultimo capito, dopodiché ci sarà l'epilogo su cui sto lavorando.

mi scuso per il ritardo ma questa settimana avevo abbastanza compiti.

spero che vi sia piaciuto e spero che recensiate :)

vi lasci con le foto degli attori che hanno ispirato alcuni protagonisti protagonisti, come promesso. 

mi farebbe piacere se ve li siete immaginati così anche voi e.e

 

Lucy:

 

<a href="http://tinypic.com?ref=zl2har" target="_blank"><img src="http://i49.tinypic.com/zl2har.png" border="0" alt="Image and video hosting by TinyPic"></a>

 

 

 

 

William:

 

<a href="http://tinypic.com?ref=2qcjbqu" target="_blank"><img src="http://i46.tinypic.com/2qcjbqu.jpg" border="0" alt="Image and video hosting by TinyPic"></a>

 

 

 

 

 

baci,

Chiara :)

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Capitolo 15
*** epilogo ***


 

vi pregherei di leggere lo spazio autore finale.

 

 

 

 

 

 

 

«Hey William!» dissi rispondendo al telefono

«Bellissima, sei arrivata in college?»

«Finalmente si, sai due ore di macchina con papà e mamma non sono state male.»

«Ah, no?» sentii la sua risata

«No, dai. Sono rimasti in silenzio tutto il viaggio… Come sta Lucy?»

«Preferisci sapere come sta Lucy piuttosto che Elizabeth?»

«E me lo chiedi pure?» chiesi sarcastica

«Comunque, Lucy sta molto bene e ti saluta. Ha detto di chiamarla appena puoi, e devi raccontarle tutto… Ma cosa avete da dirvi? E Beth sta bene…»

«Non abbiamo niente che a te possa interessare da dirci… Adesso devo andare, stanno assegnando le stanze! Ti chiamo appena posso… Ti voglio bene!»

«Anch'io, divertiti!»

 

Avevo appena finito di disfare le valigie, i miei se n'erano andati ed ero finalmente sola. La mia coinquilina non c'era quindi scelsi il letto che mi sembrava migliore sulla destra della piccola stanza. Le pareti erano di un candido bianco e c'era odore di tinta, segno che la mia stanza era nella parte nuova dell'edificio. Insieme al letto c'erano una scrivania completa di sedia e lampada e due armadi. Non era male, se non fosse stato che c'era un bagno solo e il tutto faceva parte di un appartamento più grande compreso di cinque stanze e una cucina. Perché non mi piaceva? Be', le altre coinquiline non erano propriamente simpatiche… erano un po', ecco, troie.

Quando dissi ai miei che volevo andare al college di Oxford si misero a ridere, pensavano che non sarei riuscita ad entrare. L'unico che aveva creduto in me era William, mi aveva aiutato moltissimo, aveva preso molti giorni di vacanza dal lavoro per sostenermi. Il giorno del colloquio avevo la tensione alle stelle, avevo studiato tanto, ma come accadeva sempre, sapevo che mi sarei dimenticata tutto quello che avevo preparato, fu in quel momento, appena prima di entrare che mio padre mi guardò e mi sorrise incoraggiante. Appena entrata in quell'ufficio, che tra parentesi puzzava "di vecchio", la mia mente si dimenticò tutto, come da programma, e alla prima domanda "Qual è il suo nome?" risposi "Si". I signori e le signore attorno al tavolino mi sorrisero ed io arrossii, chiesi scusa e iniziai a parlare senza mai fermarmi. Sinceramente il mio discorso non aveva ne capo ne coda e quando mi fermai tutto ciò che mi dissero fu "Grazie, può andare. Le faremo sapere." Dopo quel giorno, fino all'arrivo della lettera, non parlai con nessuno, come se avessi fatto il voto del silenzio. La lettera non la aprii io, bensì William, io non ebbi il coraggio e quando mi disse che ero entrata il mio voto di silenzio finì, mentre pronunciavo un "Davvero?!", Will si mise a ridere poi mi abbracciò, sussurrandomi "Sapevo che ce l'avresti fatta". Ricorderò quel giorno per sempre, perché fu il primo, e sarà anche l'ultimo, in cui mio padre mi disse "Sono fiero di te". Eh già, so che può sembrare strano, ma lo disse veramente. Ho testimoni!

In quel momento, nella mia vita, non mancava niente: avevo una famiglia che ormai aveva imparato a capirmi, un fratello che mi voleva molto bene, avevo trovato una nuova migliore amica in Lucy, frequentavo il college dei miei sogni. Che cosa mi mancava? Ero sola. Ero fottutamente sola da ben due anni. Sam se n'era andato dopo il matrimonio. Mi aveva lasciato. I suoi l'avevano trascinato in Francia, avevamo provato a tenere una relazione a distanza e per i primi mesi aveva funzionato perché speravamo di rivederci per Natale, ma quando mi disse che i suoi non gli avrebbero permesso di venire in Inghilterra, il mondo mi crollò addosso e fu una decisione di entrambi la rottura, e così finì anche la nostra amicizia. Fu più dura del previsto, nei primi mesi il mio umore non era dei migliori e rischiai la bocciatura in alcune materie, poi mi feci forza e recuperai tutto. Non ebbi altre relazioni, non me la sentivo, anche perché ero ancora innamorata di lui, nessuno riusciva a colmare il mio vuoto. Mi mancava, tanto.

 

«Claire, hai gli appunti della scorsa settimana? Voglio confrontarli con i miei» mi chiese Kate dalla scrivania

«Certo, sono nel quaderno arancione… Senti, vado a fare un giro, ci vediamo dopo?»

«Incontriamoci a mensa, tanto lo so che starai fuori per ore!» disse ridendo

«Okay, a dopo!»

Era passato un mese dal mio arrivo, e stavo bene. La mia coinquilina era una ragazza adorabile, del tutto diversa dalle altre dell'appartamento. Aveva imparato a conoscermi, sapeva che quando uscivo da lì con un libro in mano avrei passato ore sotto l'albero del giardino a leggere, mi aiutava a rilassare la mente.

Stavo camminando nello stesso percorso di tutti i giorni, quando andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.

«Oh, scusa! Non ti avevo… Claire?»

«Sam! Ommiodio, cosa ci fai qui? Pensavo tu andassi a scuola in Francia!»

«Studio qua da un mese, ormai. Ho fatto tutto senza dirlo ai miei, quando è arrivata la lettera di accettazione, non potevano dirmi di no… E tu?»

«É una lunga storia…»

«Ho tutto il tempo che vuoi» mi sorrise, mi era mancato quel sorriso.

Gli raccontai tutto quello che avevo passato per entrare in quella scuola, della mia famiglia, di William, di lui. Anche il moro mi raccontò della Francia, della sua scuola, dei suoi amici mentre camminavamo sotto gli alberi del giardino, quando fermò sia la voce che i piedi non resistetti e lo abbracciai.

«Non ho mai smesso di pesare a te» mi disse 

«Anch'io non ho mai smesso di pensare a te»

Si avvicinò a me e mi lasciò un dolce bacio sulle labbra, sorrisi e poi ricambiai il bacio, fu uno degli attimi più belli passati con lui. Mi erano mancate le sue labbra sulle mie, la sua voce, il suo sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi. Mi era mancato.

«Sai, penso che rinuncerò all'appuntamento della figa del mio corso…» 

«E per quale motivo dovresti?» domandai ridendo

«Perché ti amo» e mi baciò prima che potessi dire anch'io.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SAAAAALVE! 
sciao a tutti.
allora questa è la fine, un po' sdolcinata, ma lo è.

cazzo, mi dispiace un sacco.

mettere 'completa' è un colpo basso.

sapete, non avrei mai pensato di finire questa storia, invece ce l'ho fatta, nessuno se l'è cagata, ma vabbè.

spero che vi sia piaciuta.

 

grazie a G the mockingjay e a Des & Sara, che in questi ultimi tempi mi hanno sempre recensito :)

 


qui ci sono alcune mie storie, spero che passiate.

 

(un)broken (One Shot sui one direction)

do you remember? (One Shot sui one direction)

 

 

a presto,

Chiara.

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