E tutto per un solo, unico, dannato Sì.

di sonounaspugna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Flashback. ***
Capitolo 3: *** Egoista. ***
Capitolo 4: *** Proposta. ***
Capitolo 5: *** Conquista. ***
Capitolo 6: *** Uguale. ***
Capitolo 7: *** Goal. ***
Capitolo 8: *** Sclero. ***
Capitolo 9: *** Ospedale. ***
Capitolo 10: *** Immobile. ***
Capitolo 11: *** Tregua? ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


 

 E tutto per un solo, unico, dannato Sì. 

- Marta, vuoi uscire? No. Marta, ti va di studiare insieme? No. Marta, andiamo al cinema? No. Mar.. –
- dacci un taglio.- replicai fredda.
- No, no e ancora no! Sai dire solo ed esclusivamente no! E io sai che ti dico? Anche io no! No, non ci do un taglio!-
- cosa vuoi che faccia per farti star zitta?- la guardai con sufficienza.
- solo una volta, per una volta rispondi di sì. – mi regalò un sorriso a quarantadue denti.
Annuii. – spara una domanda.-
- mmm.. devo pensarci, ora. Non posso sprecare un occasione simile con la prima cosa che mi passa per la testa-
Sospirai alzando gli occhi al cielo.  – d’accordo..- feci per allontanarmi, ma la sua voce mi fermò ancora una volta.
- ricorda, alla prossima domanda che ti verrà fatta occorre un tuo Sì. – mi ricordò, sebbene il tutto era stato accordato solo qualche millesimo di secondo prima.
Elena era riuscita a farsi accettare da me per quello, in fondo. Era stata la sua maledetta testardaggine, la sua dannata convinzione in tutto, a far si che la prendessi in considerazione come quella che era diventata.
La mia migliore amica.



Non chiedetemi come ho fatto ad uscirmene fuori con questa storia. -Puff- è nata dal nulla, e crescerà insieme a voi, perchè io non l'ho finita affatto :) Anticipazioni non ne faccio, chiudo solo gli occhi e premo invio.
Mia.

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Capitolo 2
*** Flashback. ***


Flashback.

“Non pensarci neppure, Annabeth! Devi smetterla di fare le bambina, devi piantarla!” un grido provenne dalla cucina, seguito da un debole singhiozzo.
“Tu non sai quello che sto passando, Gabbe! Non ne hai idea perché non ci sei mai, sei sempre fuori con quello stupido scooter chissà dove!” la voce della donna tremava, rotta dal pianto.
“E ti sei chiesta perché non sto in casa? Te lo sei mai chiesta?” anche la seconda voce tremava, ma di rabbia, frustrazione.
I singhiozzi si fecero più forti. “Gabbe, non urlare sveglier-“
“Non me ne importa un accidente, Anna! Io non posso più vivere così. Non sono fatto per questo.. La mia vita è uno schifo con te.”
“perché senza di me è più bella, più spassosa, vero? Guarda che so tutto, è inutile che ora mi scaraventi addosso ogni colpa. Io so.” era stato poco più di un sussurro, ma la frase, la rivelazione, era stata più potente di tutti gli urli precedenti.
“C- Cosa?” adesso fu lui a rispondere con una voce rauca e strozzata.
“Non prendiamoci in giro, basta. Io so e punto.”
“C- Cosa?” continuò lui.
“Non costringermi ha dirlo, non ad alta voce. Ti prego, Gabbe. È già tutto tremendamente difficile.”
Il silenzio si propagò in tutta la casa, ma dopo qualche minuto il tutto fu spezzato da un tossicchio. “Forse è meglio che vada.”
“E non tornare, mai più.”
 
Le guance le si rigarono di lacrime, la vista divenne sfuocata. Non trovò parole per fermarlo, ma rimase lì, dove da mezz’ora era appartata, nascosta da tutti.
Le ciglia erano bagnate, le sentiva pesanti sugli occhi.
Serrò le palpebre, non avrebbe resistito alla vista della schiena di suo padre varcare la soglia di casa, diretto chissà dove. Non di nuovo.

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Capitolo 3
*** Egoista. ***


Egoista.

Uscii all’aperto.
Solitamente rimanevo sempre in corridoio, il cortile era una nuvola tossica di fumo e non desideravo morire di cancro. No, grazie.
Ma quel giorno avevo bisogno di aria, poter sentire il vento tra i capelli, il sole accarezzarmi il viso..
No, questo succede solo nei film.
Io aprii, semplicemente, la porta cigolante che dà sul cortile del retro e dopo qualche istante mi trovai fuori dallo stabile, immersa in un forte odore di sigaretta.
Passai attraverso la massa di nicotina dipendenti  cercando di respirare il meno possibile.
-Hai da accendere?- mi chiese una ragazzina di si e no quattordici anni.
Una primina alle prese con i primi ‘cannoni’, che tristezza.
Limitare la propria adolescenza ad una paglia.
-se avessi un accendino qui sarebbe già scoppiato il finimondo- le risposi indicando con il capo la scuola alle nostre spalle.
-mi piaci- replicò con un sorriso.
E te per nulla..
Ma per una volta decisi di tenere a freno quella mia lingua troppo lunga, meglio evitare di aver troppi nemici.
Senza dar segno di averla sentita proseguii, così, per la mia strada, fino al muricciolo più lontano, l’unico al sole.
Mi sedetti lì, sola.
Non che non avessi amici, non che fossi un’eremita,  ma io ero così. Avevo bisogno dei miei spazi, dei miei momenti di solitudine.
Ero molto egoista, insomma, e non avevo paura di ammetterlo.
Chiusi gli occhi, cercando di non pensare a nulla per almeno dieci minuti, ma, come tutte le volte in cui si prova a liberare la mente volontariamente, non ce la feci.
Mi passarono davanti agli occhi molte immagini, situazioni che avevo vissuto o solo sognato, ma nulla era particolarmente rilevan-
- eccola.. - schiusi gli occhi.
- eccolo. - risposi ritornando ai fattacci miei.
- Marta, - tossicchiò. – avrei bisogno di una mano. –
- tu che vieni da me perché hai bisogno d’aiuto? – lo guardai confusa.
- Per favore.- mi pregò.
Rimasi interdetta per qualche istante alla vista dei due smeraldi che si ritrovava al posto degli occhi, ma ripresi immediatamente il controllo, probabilmente non si accorse neppure del mio momento di sbandamento.
- cosa può fare una come me, per uno come te? – chiesi sinceramente confusa.
- non si risponde a domanda con domanda, è segno di insicurezza.-
- non ti do il diritto di utilizzare mie frasi contro di me! – lo aggredii.
-Se, adesso devo chiedere persino i diritti d’autore!- buffò. – allora? Vuoi aiutarmi o no?- 
- ecco, io..-
No, no e ancora no! Sai dire solo ed esclusivamente no!’ taci, Elena! Mi dissi mentalmente.
-Sì!- mi sentii dire convinta alzando gli angoli della bocca.
-grande, allora! Ci vediamo  oggi pomeriggio sotto casa mia e poi.. ti spiego- mi diede le spalle, abbandonandomi, sconfitta, a quel muricciolo.
Sbuffai.
Beh, se non altro, avevo mantenuto la mia promessa. 
 
-Oh, Leonardo!- urlai dopo pochi attimi, mi dovevo togliere una curiosità.
Si fermò di colpo. –non avrai già cambiato idea.- rispose alla mia chiamata senza neppure voltarsi.
-No, è solo.. Elena ti ha chiesto di farlo? Di chiedermi un qualche cosa?-
-No.- si voltò mostrando un viso sinceramente confuso. –Perc..-
-Non fare più domande, ho già detto il mio sì, rischieresti di non ricevere risposta.-
Richiusi gli occhi, soddisfatta, in qualche modo, che Elena non ci avesse messo il naso.
Ma il mio Ego mi stava già chiamando, avevo dedicato troppa attenzione a un qualcun altro che non fosse me stessa per quella mattina.


Ebbene sì, ci sono salti temporali da giramento di testa. Se non è chiaro, questo è il seguito del Prologo, in poche parole.
Dite la vostra.

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Capitolo 4
*** Proposta. ***


Proposta.

Citofonai e, nell’attesa di una risposta, guardai l’orologio.
16.34, ero in ritardo di una mezzora buona. Sorrisi.
-Chi è?- la sua voce, impastata dal sonno.
-Perché diamine stavi dormendo? Dovevamo vederci!- aggredii l’apparecchio elettronico.
-Io..- sbadiglio -Non stavo dormendo.-
-Se, raccontalo a qualcun altr..-
-E poi, appunto, dovevamo vederci, sei in ritardo.- si difese.
-Muovi il culo e scendi, non sono arrivata fin qui per parlare con un citofono.-
 
-Ti rendi conto che ti sentivo urlare da qua sotto?! Ti ha sentito tutto il vicinato.- sussurrò seccato appena mi fu a pochi metri di distanza.
Feci spallucce. -Almeno non sono passata inosservata.- risposi annoiata.
-Già, ma almeno per una volta tanto vedi di controllarti. Non voglio che in giro si sappia che esco con la depressa.-
-Depressa? Leo, credevo sapessi ch..-
-Marta, io ti conosco, ma la gente no. Da fuori non sembri altro che una pazza che ha subito chissà quale shock quando era piccola.- scosse il capo. -Inquieti le persone.-
Sogghignai. -Seriamente? Non credevo di essere oggetto di tanti pettegolezzi.- commentai sincera.
-Scusa, hai bruciato i capelli di Gian, hai tagliato i cavi delle casse al ballo della scuola, sei stata sospesa cinque volte da quando ti sei trasferita da noi, ovvero sette mesi fa, e, all’intervallo, te ne stai sempre lì, su quel muricciolo. Sola, con gli occhi chiusi, allontanando tutti quelli che cercano di avvicinarsi, manco avessero la lebbra. Come puoi pensare che le persone non parlino di te?-
-Era stato un incidente, non volevo abbrustolirgli i capelli e non li avevo tagliati di proposito, quei fili elettrici. Ci ero caduta sopr..-
-Sì, con un taglierino in mano.- mi mise a tacere.
Sbuffai. -ma ora veniamo a te- deviai. -Dimmi di cosa hai bisogno.-
Lo guardai dritto negli occhi, come ben poche volte avevo osato fare.
Il suo sguardo non era fiero come mi aspettavo, però.
Gli occhi verdi erano velati da un’indecisione, per me, infondata.
-Devo pregarti in ginocchio?- sorrisi cercando di alleggerire la situazione. Odiavo quando tra di noi si creava quell’atmosfera. Insicurezza, indecisione, paura, timore..
-Sarebbe divertente.- prese la balla al balzo.
-Ti ho già detto che ti avrei aiutato, non ti pare abbastanza per i miei limiti?-
-Quali limiti! Te fai tanto la dura e ti convinci di essere l’egoista senza cuore che non sei.-
-Allora dimostrami che non lo sono.- incrociai le braccia al petto, sicura che non avrebbe saputo ribattere.
-sei vegetariana.- rispose con semplicità.
-con il fatto che non mangio carne vorr..-
-e saresti pronta a tutto se mai dovesse accadere qualcosa a tua sorella.- mi ignorò.
-Questo non c’entra, Leonardo. Per forza, è mia sorella!-
-Hai anche tu delle emozioni, Marta. Che ti costa ammetterlo?-
-Ti odio quando fai così. Pensavo che ormai avessi capito che sono una causa persa.- lo spinsi via, amichevole.
Forse non era vero che tutte le sue parole erano false e insensate, ma non ero ancora pronta ad ammetterlo, e non a lui. Ma a me stessa.
-Venire al ballo con me, ecco quello che dovresti fare.- mi disse dopo qualche minuto di silenzio.
-Come, scusa? Due secondi fa mi hai detto che non volevi che la gente ti vedesse in giro con me e ora mi chiedi di venire al ballo con te?- lo guardai confusa. Non me l’ero certo presa per quel ‘depressa’, ma in tutto questo non riuscivo a trovarci un senso.
Non mi rispose, però.
Rimasi a fissarlo per qualche minuto nella speranza che si decidesse a darmi qualche spiegazione, ma dalla sua bocca non uscì nemmeno una sillaba.
Sospirai. -Comunque sai bene che io non ho il permesso di andarci, dopo lo scorso autunno.-
-Tranquilla, quello non sarà un problema.-
-Oh, già, dimenticavo che è stato tuo padre a infliggermi nove giorni di sospensione dopo il casino che ho combinato.- ribattei sarcastica.
-Lo convincerò a farti entrare.- asserì, ignorando il mio disappunto nei confronti del papà.
-Se lo dici tu.- feci spallucce. -ma non dirgli nulla del tipo se combina qualche sciocchezza me ne assumo io la responsabilità, meglio se tu ne rimani fuori, non voglio che poi debba pagare anche tu qualche mia cazzata.-
-Hai intenzione di movimentare la festa come al tuo solito?- mi guardò preoccupato.
-Cos’è, sei già pronto a ritirare l’invito?- risi. -comunque animerò la festa solo se la troverò troppo noiosa, non preoccupartene.-
Alzò gli occhi al cielo. -quindi, verrai?-
-Beh, s.. sì.- risposi a mio malgrado.
Ero decisa a mantenere la promessa fatta a Elena, per quanto potesse esser stupida.
-è strano sentirtelo dire. Non ci avevo neppure sperato che acconsentissi.-
-Neppure io, Leo. Neppure io.-

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Capitolo 5
*** Conquista. ***


Conquista.

-Allora? Chi è che devi conquistare?-
-Prego?- mi fissò spaesato.
-Va bene, proverò a formulare la domanda in maniera diversa. Chi dobbiamo far ingelosire?
-Perché devi pensare ch..- lo guardai in cagnesco. –D’accordo.- sospirò, ma non aggiunse altro.
-Ho il diritto di sapere almeno il nome, non credi?!- lo stuzzicai impaziente.
-Perché non ti fai i cavoli tuoi?-
-Oh, me li faccio eccome. E questi sono cavoli miei, se permetti, ora che mi hai messa in mezzo.-
-Veronica.- alzò gli occhi al cielo. -Contenta?-
-Morrabido? Pensavo avessi gusti migliori.- risposi sinceramente nauseata.
-Tutti sanno che è la ragazza più bella della scuola.- sorrise.
-Ti prego. Pare un film, la ragazza più bella della scuola che cade ai tuoi piedi!- lo sfottei.
-Mi piace, ok? Che problema hai?- rispose in una smorfia.
-Non sei nella posizione di innervosirmi. Ti devo ricordare che mi stai usando?-
-Marta,- smise di camminare. –sai bene di essere mia amica.- sospirò. -E se vuoi puoi anche andartene e non venire con me al ballo. Non ci sono problemi.-
Non risposi. Ma dentro di me, sapevo che non sarei stata capace di tirarmi indietro. Da quando l’avevo conosciuto, non avevo fatto altro che deluderlo.
Non gli avevo mai dato nulla, non mi ero mai scomodata nel farlo.
Ma adesso, adesso che avevo detto quel ‘Sì.’, non sarei stata capace di ritirare la mia parola.
E tutto questo andava ben oltre la promessa fatta a Elena.
Sbuffai.
Che cosa mi prende?
-Muoviti- gli diedi una pacca sulla spalla dopo un attimo di pausa. Lui mi guardò confuso. –Abbiamo bisogno di un vestito per il ballo, giusto?-
Mi fissò ancora, scettico.
-Devo aiutarti in questa conquista, e, dato che ne sono costretta, vorrei almeno farlo con classe.-
 
 
 
 
 
 
Al contrario di quanto si possa pensare, Marta, non è affatto una cinica senza cuore.
Non voglio però far nascere un personaggio come tanti che da ‘duro’ diventa la ragazza più dolce dell’universo. 
Assisterete ad altre evoluzioni e non date per scontata una fine rosa e fiori. :) Ma non farò mancare quel tocco di invero. Quel pizzico in più che nella realtà spesso manca, quel gesto che rende la vita il proprio sogno. <3

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Capitolo 6
*** Uguale. ***


Uguale.

-Posso vederti?- Lo specchio davanti a me rifletté quello che stava accadendo dietro. La tenda si mosse quasi impercettibilmente.
-Non azzardarti ad aprire. Ti spacco la faccia appena sarò uscita da questo coso!- Fissai con disgusto il tubino blu che avevo in dosso.
-Sono venti minuti che sei lì dentro, Marta! Per Dio, quanto hai in mente d..- Afferrai il tessuto che ci divideva e, con un sonoro Strack , lo spostai.
-Sono orribile.- commentai senza alzare gli occhi, senza voler vedere la sua reazione.
Ero lì, con il capo chino, spalle e cosce troppo scoperte e piedi nudi.  
-Wow. Sei molto bella, M- disse piano, ma sincero.
Mi costrinsi ad alzare gli occhi e sorridere. -Grazie, ma.. Ma non fa per me.-
-Che cosa?! Non fare la modesta. Per una volta dì quello che pensi.- incrociò le braccia, in attesa.
-Ho detto quello che penso, Leo. E io non sono fatta per vestitini inguinali, non mi sento bene, non sono io- Scossi il capo.
-Peccato.- Mi mise le mani sulle spalle. -Così sembri normale.- Mi sorrise.
Annuii. -Già, così conciata non mi distinguerò tra massa. Sarò come tutte.-
-Beh, io ti riconoscerei comunque. Sia che indossi quegli scaldamuscoli che adori tanto- fece cenno con il capo verso quelli fucsia che avevo messo quella mattina. -Sia che ti metta abitini come tutte le ragazze.- mi accarezzò una guancia.
-Gra.. Grazie, Leo.  Ma io.. Io ho paura di perdermi tra la gente. Io ho paura di non riconoscermi.-


Calmi tutti. Questo è uno dei momenti un più delicati vissuti da questi due sbandati (perdonate la rima -.-)
Ma non aspettatevi che questi due si adorino. Aspettate e vedrete :)

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Capitolo 7
*** Goal. ***


Gol.

-Siamo nelle tue mani.- Veronica mi guardò dritta negli occhi. Vedevo quasi rabbia, ferocia, nei suoi occhi. Lei voleva vincere, non avrebbe accettato altre opzioni.
-Sei molto incoraggiante, davvero.- Risposi in un mezzo sorriso sprezzante.
Sospirò. -Oh, mio Dio, scusami.- rispose sinceramente scuotendo il capo. -Mi faccio sempre coinvolgere troppo. È solo ch..-
-Tranquilla.- Mi sentii in dovere di addolcirmi un poco. -Fidati che questa entra.- le mostrai la palla.
-Tira una delle tue solite mine, allora.- mi diede un pugno amichevole sulla spalla.
 
Chiusi gli occhi e fu come premere il tasto ‘pausa’. I rumori si spensero di colpo. Ero sola, lontana dal campo. Nella mia mente solo la palla. Niente rete, niente portiere, niente spettatori. Nulla di nulla.
Presi un forte respiro.
Indietreggiai.
Schiusi gli occhi e il mondo intorno a me si ricostruì in pochi attimi.
Poi il fischio, i miei piedi muoversi e il mancino che va a colpire il pallone.
Il boato.
Le ragazze che mi saltano addosso, i nostri sudori che si mischiano tra gli abbracci.
Ed è gol.
Sorrido.
 
Veronica. Sì, è proprio quella che ha ‘rubato il cuore’ a Leonardo. Lo scrivo perché, postando separatamente un capitolo dall’altro, magari ci si perde qualche nome. :)
 

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Capitolo 8
*** Sclero. ***


Sclero.
 
-Allora..- prese un forte respiro. -Ti va di venire al lago dai miei nonni?- Sorrise speranzosa.
-No.- Fui diretta.
-Prego? Sei famosa perché sei strana, introversa e maledettamente acida, non perché sei falsa e bugiarda!-
-Mio Dio, Elena! E poi sarei io quella strana?- mi guardai in giro, incontrando numerosi occhi che puntavano su di me. L’intero corridoio era fermo, tutti immobilizzati come se stessero seguendo una soap opera. –Non urlare come una pazza. Ci fissano tutti.- sussurrai.
-Al diavolo il mondo intero!- Alzò maggiormente il volume della voce. –Tu, Lei,- si rivolse ai ragazzi intorno. –è solo una ragazzina egocentrica. È per questo che sgobba tutti quelli che cercano di sfiorarla. La sua non è una protezione, è solo una dannatissimo narcisismo!- Il suo sguardo si posò sul mio. Era in fiamme, fuori di se. –Una volta ho persino pensato che avessi un cuore, sai?-
Sospirai, mentre sentivo l’orgoglio protestare dentro di me. –Che cosa ho fatto?- chiesi sincera.
-Cosa hai fatto?!- mi diede le spalle. –Questa mi chiede persino ‘cosa ho fatto’. Ci credete?-
-Elena, finiscila. Non sei qui per dare spettacolo.- le presi un braccio, delicatamente, e la riavvicinai a me.
Stava piangendo. Le lacrime le cadevano lungo le guance fin giù, al collo. Continuava a sussultare, smossa dai singhiozzi. –è per la promessa? Pensi che non l’abbia mantenuta?- le chiesi cauta.
Scosse il capo. –O meglio, non solo.- aggiunse dopo qualche secondo.
-Tu sei fuori di testa, Ele.- le sorrisi.
-Io non ho mai potuto fare nulla per te. Tu non hai mai fatto nulla per me, Marta.-
-è questo il problema?- tirò su con il naso.
-Già. Ora mi sembra quasi stupido..-
-Eh sì, devo confermare. Non c’era bisogno di fare scenate davanti al mondo.- le asciugai una lacrima.
-Momenti di sclero totale, scusami.- abbassò il capo.
-Sai, probabilmente solo davvero una narcisista e senza cuore. Ho un Ego troppo sviluppato. Ma una delle cose che hai detto è totalmente sbagliata.. Tu fai tutti i giorni qualcosa per me.- mi guardò confusa. -Esisti.- risposi alla sua domanda silenziosa.

L’ultima cosa che ricordo è l’odore dei suoi capelli mentre l’abbracciavo. Shampoo al miele, direi.


Per ricordare.
Elena: migliore amica a cui ha fatto la fatidica 'promessa'.

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Capitolo 9
*** Ospedale. ***


Ospedale.

Fu un rumore intermittente a svegliarmi.
E un ronzio, un sibilo sotto di me.
Schiusi gli occhi, ma riuscii ad intravedere solo un’ombra. Avevo gli occhi troppo impastati, le palpebre pesanti e le ciglia sembravano incollate fra loro.
C’era odore di pulito, disinfettante, alcool. Ma anche un qualcosa di più aspro, acido. Ferro?
Inspirai profondamente e capii finalmente da dove arrivava. E, soprattutto, che cos’era.
Sangue.
Sangue rosso, liquido.
Sangue che gocciolava giù, fino alla sacca ai miei piedi.
La mia vista era sfuocata, ma vedevo un ago (era solo uno?) impiantato nel mio braccio. Rabbrividii e, nel muovermi, mi resi conto di avere..
Mi tastai il volto. Una specie di cannuccia di plastica mi attraversava il viso appena sotto il naso. Lo strappai via.
Trattenni un urlo.
-Dobbiamo essere sinceri con lei,- una voce. Chiusi gli occhi. –non sappiamo cosa le sia successo, cosa abbia causato tutto questo.- Pausa. –E non sappiamo neppure se si riprenderà.-
In risposta ci fu un urlo strozzato.
Un pianto.
E delle lacrime, che, però, non ebbi la forza di guardare.

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Capitolo 10
*** Immobile. ***


Immobile.

Serrai gli occhi. Non avevo intenzione di vedere quello che mi circondava.
-Credo che siano passati abbastanza anni, Annabeth.- Quella voce l’avrei riconosciuta ovunque.
-Oh. G.. Gabbe?- Sentii mia madre balbettare.
-Già, sono io.- Un tossicchio.
-Abbastanza anni per cosa?- Mia madre parve riprendersi. Ora la voce non tentennava più, la percepivo fredda, distaccata.
-Per parlarci. Almeno qui, almeno ora che la nostra bambina è in queste condizioni.-
-La nostra bambina, Gabbe? Nostra?-
Dovevo intervenire prima che mamma peggiorasse la situazione. Cercai di aprire gli occhi, ma le palpebre erano serrate. Chiuse.
Cercai di muovermi. Ma nulla.
Il mio corpo non rispondeva ai comandi, non ne ero più padrona.
-Nostra, Anna. Me ne sono andato, è vero, ma sono pur sempre suo padre.-
-Oh, io non credo proprio. Non penso che lei voglia essere tua figlia.-
-Adesso ha bisogno di me. Di noi uniti. Lascia perdere il passato.-
-Pensi che sia così semplice? Marta è cresciuta senza un padre, molte volte avrebbe avuto bisogno di un padre. E te? Te dov’eri? Non c’eri, non ci sei mai stato. Eri con quella.. Quella..-
Non sentivo i piedi, le mani, il naso. Fui presa dal panico.
Ero bloccata, ma sentivo.
 
 
Per rinfrescarvi la memoria leggete: Flashback, capitolo due.
È lì che potete vedere la spaccatura tra i genitori di Marta..
Alla prossima. <3   

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Capitolo 11
*** Tregua? ***


Tregua?

Percepivo rumori, profumi e ragionavo. Parlavo nella mia testa, cercando di dare un senso alla situazione.
Fino a poco prima ero stata in grado di aprire gli occhi e intravedere ombre, almeno.
Ora?
-Ti avevo detto di non tornare mai più!-
I miei si stavano ancora scannando. Pregai arrivasse un’infermiera, conoscendoli  tra qualche minuto la situazione sarebbe precipitata.
Io ero inutile, lì, inerme su quel letto d’ospedale.
-Chi ti ha avvisato che Marta era qui?-
-Ho chiamato a casa perché è morta mia madre. Volevo che le ragazze sapessero, dopotutto era loro nonna.- Sentii qualcosa rompersi dentro di me. Nonna Barbara non c’era più? Nonna Barbara era.. era..
-Oh, mi spiace.- la voce di mia madre risultò quasi colpevole.
-E quella che ti stira i vestiti..-
-Cassie, si chiama Cassie, Gabbe.-
-..Beh, lei mi ha detto che Marta era stata ricoverata qui.-
Mia madre sospirò pesantemente.  -Vuoi  cominciare a comportarti da padre?- parlò cercando di mantenere ferma la voce.
-Sono qui per questo, Annabeth.-
-E allora vai di là. C’è Melanie da sola, in sala d’aspetto. Preferisco non veda la sorella in questo stato.-
-D’.. D’accordo.- rispose balbettando, incredulo del cambiamento d’umore di mia madre.
-La riconoscerai, indossa un vestito rosa e bianco.-
Sentii dei passi allontanarsi.
-Oh.- mia mamma lo fermò. –E adesso ha undici anni.- commentò con un velo di sarcasmo.

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