Mothers & Sons

di Shnusschen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Reunion ***
Capitolo 2: *** Momenti ***
Capitolo 3: *** Il fantasma di una risata ***
Capitolo 4: *** Il dolore dell'abbandono ***



Capitolo 1
*** 1.Reunion ***


Mothers & Sons

Capitolo 1. Reunion


Un forte crac spezzò il silenzio della notte.
Nella camera immersa nella penombra un giovane pallido si svegliò con un sussulto.
Un solitario raggio di luna illuminava i suoi sottili capelli biondi, leggermente disordinati, e l’espressione guardinga dei suoi stupefacenti occhi grigi.
Dei colpi risuonarono alla portra.
Draco scattò ad afferrare la sua bacchetta.
-Mi sto gelando le chiappe- urlò una voce da fuori- vuoi farmi entrare?!
Il ragazzo scese dal letto e corse ad aprire la porta
-Zabini accidenti a te- imprecò- mi hai fatto prendere un colpo!
Il giovane bruno sogghignò entrando:
-Ti sie rammollito eh, Dracuccio?
Draco gli tirò contro un cuscino, ma sorrideva anche lui. Blaise era il suo migliore amico, l’unico che gli era rimasto vicino in quei tempi così difficili, al punto da aiutarlo ad inscenare la propria morte per trovare una via di fuga, quando anche la sua famiglia l’aveva abbandonato.
-Che ci fai qui Blaise?
-Sono venuto a portarti di persona la buona notizia. Reggiti forte: Voldemort è morto. La guerra è finita.
-Mi stai dicendo che alla fine lo Sfregiato ce l’ha fatta?!- chiese Draco sedendosi su una poltrona.
-Ne sono rimasto sorpreso anche io- sogghignò Blaise- eppure è così.
Draco restò un attimo in silenzio, poi chiese:
-Lucius e Narcissa…
Non riuscì a finire la frase, ma Blaise gli rispose ugualmente:
-Lucius è ad Azkaban, dovrà starci per un anno. Tua madre invece è libera
-Come è possibile?
-Dopo che sei fuggito ho diffuso la notizia della tua morte, come da accordi. Già prima i tuoi avevano cominciato a rendersi conto che Voldemort era un pazzo ma dopo la tua morte hanno definitivamente abbandonato la causa. Non conosco tutti i dettagli ma so che tua madre ha aiutato Potter in qualche modo e che Lucius sta aiutando gli Auror fornendo loro indicazioni sugli altri Mangiamorte.
Draco era senza parole.
Era quasi un anno ormai che viva nascosto, cercando di evitare di essere visto dagli Auror o dai  Mangiamorte. L’unico che sapeva che era ancora vivo era Blaise.
Tante volte si era chiesto se i suoi genitori erano ancora vivi, o se avessero perso la vita nell’inseguire la loro folle causa. Aveva sempre creduto di doversi nascondere anche da loro, che per i suoi genitori contasse più la purezza del sangue che la vita del loro stesso figlio., e ora invece scopriva di essersi sbagliato:
-Vuoi dire che hanno scelto me al posto dei loro ideali?-chiese a Blaise, senza riuscire a celare del tutto la sua emozione.
-Certo. Come hai potuto dubitarne?- rispose un’altrettanto emozionata voce femminile.
Draco si voltò.
Sulla soglia c’era sua madre, più pallida, più segnata, ma sempre bellissima. I suoi occhi grigi, così simili a quelli del figlio, luccicavano di lacrime trattenute.
Blaise sorrideva in un angolo.
Draco spostò lo sguardo da lui a sua madre e sorrise a sua volta. Blaise era davvero un ottimo amico.
Narcissa si avvicinò al figlio:
-Perdonami Draco, se ti ho fatto pensare che per me tu non fossi al primo posto. Per me e tuo padre sei tu la cosa più importante. Abbiamo sbagliato a lasciarti solo, ci dispiace.
-Madre non è stata colpa vostra…
Ma Narcissa lo interruppe:-Si invece. Ma d’ora in poi sarà tutto diverso. Tanto per cominciare non devi più nasconderti; Potter ha testimoniato in tuo favore quindi gli Auror non ti danno più la caccia e, in cambio delle informazioni di tuo padre e del mio aiuto, l’Ordine della Fenice ci ha offerto protezione. Se lo desideri potrai tornare a casa con me e ti prometto che saremo una famiglia. Non dovrai più essere solo.
Draco osservò sua madre. Lei, di solito così fredda e controllata, aveva le guance rigate di lacrime e le mani che tremavano.
La guerra, o forse la lontananza del figlio, avevano lasciato profonde cicatrici su di lei, che probabilmente non si sarebbero mai rimarginate.
Draco attraversò la stanza e posò un bacio sulla sua guancia scavata:
-Ne sarei molto felice Madre.
Narcissa sorrise e abbracciò il figlio, mentre il dolore spariva dal suo volto.
-Bè, direi che mi merito un bel regalo!- intervenne Blaise, che dal suo angolo osservava l ascena commosso.
Madre e figlio si guardarono e scoppiarono a ridere.
E andarono avanti per molto tempo.

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Capitolo 2
*** Momenti ***


Momenti

È così difficile per me non poterti stare vicino, piccolo mio.
È dura vederti crescere e affrontare la vita senza di me, mi si spezza il cuore pensando a tutte le ingiustizie e le avversità che hai dovuto affrontare da solo, senza che io, la tua mamma, fossi lì per proteggerti.
Ti ho dato la vita per due volte, stando a quel che si dice: la prima, in quella calda notte d’estate, mentre ancora il mondo ci sorrideva… e poi un’altra volta in quell’Halloween maledetto; quando è entrato in casa nostra sapevo che non c’era più speranza e l’unico pensiero che riempiva la mia mente era salvare te.
Ci sono riuscita.
Sapevo a cosa rinunciavo e per chi lo stavo facendo e non ho avuto alcun dubbio, in me c’era solo la certezza dell’istinto della madre che deve proteggere il suo bambino. Ma non credevo che sarebbe stata così dura non poterti stare accanto.
Ti ho sempre osservato, ogni istante, ed ho visto come bramavi il conforto di un genitore e come al tempo stesso lo nascondevi per non apparire debole.
Ho fatto ciò che ho potuto.
Ho rubato piccoli momenti per starti vicino.
Come lo Specchio delle Brame. Eri così piccolo e pure già così grande; non mi sembrava possibile che il mio bambino avesse già undici anni. Sedevi di fronte a me, così vicino da poterti quasi toccare, e desideravi che la tua famiglia fosse con te. Ed io desideravo poterti abbracciare, ma tutto ciò che mi era concesso era sorriderti, sperando che tu leggessi l’amore nei miei occhi, assaporando il gusto dolceamaro di una gioia imperfetta.
Momenti.
Come nel cimitero. Eri in pericolo ma non ti eri arreso, continuavi a lottare, coraggioso proprio come tuo padre. Ed io volevo solo urlarti di scappare, di salvarti. Volevo pormi tra te e lui, proteggerti ancora una volta. Ma non potevo farlo, ero solo fumo, l’immagine sbiadita di un omicidio lontano. Sono solo riuscita a starti accanto, a sostenerti indicandoti la via da seguire. E tu ce l’hai fatta, rendendomi orgogliosa.
Rendendomi triste perché non ero riuscita a proteggerti del tutto, ad impedirti di soffrire.
Momenti.
Per diciassette anni non abbiamo avuto che questi brevi momenti di vicinanza dal sapore dolceamaro.
E ora sei qui di fronte a me, non più il mio bambino ma oramai un uomo forte, coraggioso, buono, giusto e leale.
Sei qui di fronte a me e il cuore mi fa male per l’orgoglio e l’infinito amore che ho per te.
Sei qui e ora che il momento in cui potrò riabbracciarti si avvicina, darei tutto perché non arrivasse mai. Sceglierei un’eternità di momenti, se potessi.
Ma come sempre non posso.
Posso solo starti vicino e amarti e cercare di proteggerti.
Ti guardo negli occhi, specchio dei miei, unico elemento nuovo nel ritratto di James:
-Stammi vicino- mi sussurri.
Sempre, Harry, piccolo mio. Sempre.
Chiudo gli occhi e sei di nuovo bambino, addormentato tra le mie braccia:
-La mamma è qui tesoro. E ti ama tanto. Dormi tranquillo.

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Capitolo 3
*** Il fantasma di una risata ***


                                  Il fantasma di una risata

Troppe volte sono stata dura con te.
                                                                                                                                         Era tuo compito.

Ti volevo diverso. Più serio, più rispettoso, più obbediente.
                                                                                                                                          Io e George ne abbiamo combinate sempre tante. A volte fin                                                                                                                                                  troppe.

Non ti ho mai fatto capire quanto bene ti volessi.
                                                                                                                                            Ma io l’ho sempre saputo ugualmente.

Forse non sei stato un figlio perfetto, ma sei mio figlio, il mio adorato bambino sempre allegro. Anche quando eri piccolo non piangevi mai, ridevi sempre.
 
                                                                                                                                             È sempre stato il mio modo di affrontare la vita: con una                                                                                                                                                        risata.


Ora non ci sei più e il vuoto che hai lasciato non può essere colmato. Le lacrime non leniscono il mio dolore, né lo può fare la gioia per la vittoria o l’amore per i tuoi fratelli.

                                                                                                                                              Lo so io cosa può farti stare meglio, mamma…

Sul tavolo c’è uno dei vostri dolcetti. Mi ricordo quanto ho lottato per impedirvi di aprire il negozio di scherzi e di tutti i vostri trucchetti per farlo lo stesso, sotto al mio naso.
Mi viene da ridere. Era tanto che non lo facevo. Sembra così strano.
                                                                                                                                                
                                                                                                                                              Ecco. Ora stai meglio vero? Le lacrime non possono lenire il                                                                                                                                                       dolore e colmare il vuoto, ma le risate sì.
                                         

-È qui vero mamma?
-Sì George. Tuo fratello è qui con noi; non senti la sua risata?








































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Capitolo 4
*** Il dolore dell'abbandono ***


Il dolore dell’abbandono

Fa freddo in questa giornata di pioggia. Ma alla fine freddo o caldo importano poco quando la tua anima è morta e il tuo cuore continua a battere per inerzia.
Continuo a trascinarmi in questi fetidi vicoli anche se vorrei solo accasciarmi da una parte e lasciarmi finalmente andare. Ma non posso farlo, non ancora.
Oramai questo bambino è tutto ciò che resta di lui, di noi, e devo metterlo al mondo.
Questo bambino che non conoscerà mai i genitori, che è stato abbandonato da tutti prima ancora di venire al mondo.
Credevo davvero che sarebbe rimasto con me, che oramai mi amasse almeno un po’ o che l’avrebbe fatto per suo figlio, per questo ho smesso di dargli la pozione.
Sono stata una stupida. Mio padre aveva ragione, non sono capace di fare nulla.
Mio padre… cosa direbbe se sapesse che ho mescolato il prezioso sangue di Salazar Serpeverde con quello di un Babbano qualunque e che ho venduto il suo inestimabile medaglione per sostenere me e il mio bambino Mezzosangue? Sono certa che mi ucciderebbe…
La morte sarebbe una liberazione e per un folle momento penso quasi di tornare a casa; ma non posso. Ucciderebbe anche mio figli, che invece deve vivere.
Sono molto debole e il dolore è sempre più forte, ma finalmente ho trovato il posto adatto; c’è un orfanotrofio, lì ci accoglieranno.
Adesso sono al caldo, su un morbido letto con lenzuola candide. Il dolore è una marea che mi trascina nel suo oblio e si mescola alla costante agonia di un cuore spezzato.
Finalmente mio figlio è nato, finalmente posso lasciarmi andare.
Forse dovrei cercare di lottare per lui ma non posso, la mia anima sanguina da ormai quasi nove mesi e guerrieri di gran lunga più forti di me si sarebbero arresi già da tempo. Dopo un colpo mortale non si può lottare ancora a lungo.
Mi dispiace bambino mio, forse in un’altra vita e in un altro tempo avrei anche potuto volerti bene; se le cose fossero andate diversamente saresti stato cresciuto e amato da due genitori che si amavano.
Ma non è andata così e adesso nel mio cuore c’è solo dolore, non c’è spazio neanche per te. Capisci quindi che non posso prendermi cura di te, sono un guerriero caduto e sconfitto.
Forse altri lo faranno, altrimenti imparerai a cavartela da solo. Sopravviverai.
Resta solo un’ultima cosa da fare:
-Chiamatelo Tom, come suo padre, e Orvoloson , come suo nonno. Il cognome è Riddle.
Ora è finita.
Posso finalmente abbandonarmi alla tenebra della morte e…smettere…di…soffrire.  

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