Not ready for love. di Pwhore (/viewuser.php?uid=112194)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
"Che cazzo fai?!" mi urlò contro Matt. "Che cazzo ti passa
per la testa Arin?!"
Sospirai, guardando l'orizzonte.
"Avevamo appuntamento con Zacky quindici minuti fa, l'hai
dimenticato?!" sbraitò. "Chissà quanto
sarà arrabbiato!" concluse, dando un calcio al pontile.
Non risposi. Continuai a fissare il mare, e questo lo adirò
ancora di più. Sbuffò e cominciò ad
avvicinarmisi con aria scocciata.
"D'accordo, d'accordo, arrivo" sospirai. Mi alzai e mi incamminai verso
una strada bianca e ciottolosa, che mi avrebbe portato a uno dei bar
più freguentati dal nostro amico. Matt mi seguiva tenendo un
po' di distanza fra noi, nel caso avesse avuto un altro attacco di
rabbia. Dal canto mio, la cosa non mi dispiaceva affatto. Non mi andava
per niente di parlare, tantomeno di dargli spiegazioni per il mio
'ritardo'. È che non mi andava di andarci. Avevo anche
pensato di dire ai ragazzi che stavo male o che avevo da fare, ma non
mi sembrava giusto; quindi mi ero avviato e mi ero fermato al pontile.
Mi piaceva, quel posto. Era abbastanza isolato, in quanto le barche
preferivano l'altro molo e i bagnanti erano troppo pigri per arrivare
fin lì. Ci andavo spesso, soprattutto di notte. Non ero un
fan di tutti quei locali notturni pieni di minorenni ubriachi e vecchi
maniaci che drogano i drink delle ragazze. Non mi piaceva neanche
ballare. Certo, il sapore dell'alcol sulle labbra era sempre il
benvenuto, ma preferivo bere da solo, o con qualche amico. Trovavo i
night club una delle stronzate più assurde e pericolose del
mondo, ma nessuno dei miei amici pareva condividere le mie idee. Non
che mi importasse molto, comunque.
Dopo una camminata di sì e no cinque minuti, entrammo nel
bar. La musica a palla e il nauseante odore di sudore furono la prima
cosa che notai. Arricciai il naso e proseguii. Matt si guardava intorno
e lanciava saluti a destra e manca, pareva quasi che quella fosse la
sua vera famiglia. Mi diedi un'occhiata attorno: i tavoli erano pieni,
e gli sgabelli traboccavano di persone che parevano sul punto di
vomitarsi l'anima da un momento all'altro; i pavimenti erano ricoperti
di cartacce, lattine e mozziconi di sigarette, e le poltrone avevano
visto tempi migliori, ma tutto sommato potevano essere in condizioni
peggiori. Il bancone era sempre zeppo come un'uovo, sia
perché il padrone del locale aveva la fama di essere un gran
simpaticone, sia perché sua figlia era un vero schianto.
Ogni sera decine di giovanotti resi audaci dall'alcol andavano da lei e
le dedicavano poesie e canzoni, ma nessuno aveva mai fatto breccia nel
suo cuore. Credo che Matt ci avesse provato una volta, per scherzo. Lei
mi era sembrata indecisa, ma alla fine non ha avuto il tempo di dirgli
niente a causa di un'ondata improvvisa di clienti.
Ad ogni modo, avvistai Zacky in mezzo alla folla. Era seduto su un
divanetto, circondato da persone e con un boccale in mano. Non sembrava
accorgersi della nostra mancanza, quindi mi girai a guardare Matt. Si
vedeva da lontano un miglio che era contrariato dal comportamento di
Zacky, ma si limitò a scrollare le spalle. Del resto eravamo
noi quelli in ritardo, dovevamo accontentarci.
"Ehy Zacky!" urlò. "Siamo qui!" gridò
sbracciandosi. Zacky si guardò intorno spaesato per qualche
istante e poi ci localizzò.
"Ehy, scansafatiche! Ce ne avete messo di tempo!" disse ridendo. Poi si
alzò, diede un ultimo sorso alla birra e
l'abbandonò su un tavolino vicino a noi.
"Sì, be', Arin si era perso" ci giustificò Matt
lanciandomi un'occhiataccia. Zacky rise e gli mise una mano sulla
spalla.
"Sono cose che succedono, dai!" scherzò. "Piuttosto, vi ho
già presentato Tyler?" ci domandò aggrottando le
sopracciglia. Scossi la testa e Matt alzò le spalle,
aggiungendo che non ne aveva neanche mai sentito parlare. Zacky
corrucciò la fronte stupito.
"Mai?"
"Mai."
Rimase in silenzio qualche secondo annuendo e poi ci indicò
il divanetto.
"Capisco... Be', andate a presentarvi, così capirete un po'
che tipo è" concluse facendo le spalluccie. Annuimmo e ci
avviammo verso il divano. Mi voltai verso Matt, dubbioso su chi fosse
Tyler. Lui mi guardò con aria persa e mi fece cenno di
buttarmi e sperare per il meglio. Feci un respiro profondo e scelsi la
mia 'vittima'. Un uomo di trenta trentacinque anni, con i capelli
lunghi e mossi.
"Ciao"
"Ciao" disse in tono insicuro. "Ci conosciamo?"
Scossi la testa. "Sei Tyler?" gli domandai incrociando le dita.
"No, scusa. Io sono Dave, comunque" si presentò allungandomi
la mano. La strinsi e sorrisi.
"Piacere di fare la tua conoscenza, Dave. Io sono Arin. Scusa se ti ho
importunato" aggiunsi.
"Nah, non ti preoccupare. Se ti va di fare due chiacchiere, sai dove
trovarmi" replicò lui con aria cordiale. Gli diedi il cinque
e mi girai verso Matt. Stava parlando con una ragazza, e aveva un'aria
piacevolmente compiaciuta. 'Stai a vedere che...' mi dissi tra me e me
avvicinandomi.
"Oh ciao! Tyler, questo è Arin! Sembra un po' tocco, ma
credimi, è un tipo a posto" mi presentò facendomi
l'occhiolino. Alzai la mano e feci un sorriso imbarazzato, maledicendo
Matt nella mia testa. Lei sorrise e mi allungò la mano.
"Piacere Arin, sono Tyler! Ma puoi chiamarmi Ty, come fanno tutti"
disse con un volto radiante di gioia. Annuii e lei tornò a
parlare con Matt. Come al solito, la gente non mi notava mai troppo. Ci
avevo fatto l'abitudine, ma faceva comunque male.
Rimasi nella penombra per qualche minuto, sperando che i tre si
riaccorgessero di me, ma fu tempo sprecato. Imprecai sottovoce e
scivolai via, verso il centro della stanza. Potevo sempre parlare con
Dave, dopotutto. Avvicinandomi al divano, vidi che il mio 'amico' stava
discutendo animatamente con qualche suo conoscente. Pensai che forse
gli serviva aiuto, ma quando fui distante pochi passi da lui, capii che
stavano solo scherzando. Per un secondo l'idea di intromettermi tra
loro e unirmi al gruppo mi frullò nella testa, ma poi decisi
che sarebbe stato sciocco. Stavo decidendo se andarmene o meno, quando
Zacky mi spuntò alle spalle.
"Hola!" esclamò buttandomi le braccia al collo.
" Hey" risposi con meno entusiasmo.
"Visto che tipa? Riesci a credere che stiamo insieme?" mi
domandò con aria sognante. Annuii e sorrisi, facendo una
smorfia contenta.
"Sei fantastico, amico!" gli urlai. Lui si pavoneggiò un po'
e poi mi lasciò andare.
"Un'ultima cosa!" mi gridò quando ero sull'uscio della
porta. "Trovati una ragazza, o sarai l'unico sfigato a passare il
sabato sera a giocare ai videogiochi!!"
Imprecai nuovamente e uscii sbattendomi la porta alle spalle.
Che schifo l'amore. Non fa altro che pugnalarti alle spalle, anche
sotto forma di uno dei tuoi migliori amici. Quel bastardo di Cupido si
diverte, lo so, a farmi soffrire così. Ma un giorno gliela
farò pagare, e quello stupido dio dei miei stivali
dovrà pregare perdono per quello che mi ha fatto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Uscii da quel posto nauseante in una manciata di secondi. Chiudendomi
la porta alle spalle, mi sembrava di essere uscito da un incubo.
Sospirai compiaciuto e mi incamminai verso il porto, godendomi l'aria
della notte. Tutto mi pareva più frizzante e profumato di
quanto non fosse mai stato. Sarà che sono strano,
sarà che odio quel posto con tutto il mio cuore, ma potrei
giurare di essere l'uomo più felice del mondo quando esco da
quel luogo.
Essendo ancora solo le undici meno venti, decisi che non potevo tornare
a casa. Era troppo patetico perfino per me. Decisi invece di avviarmi
verso il centro. Le luci mi attiravano, ma non entravo mai nei negozi e
mi tenevo alla larga dai locali. Ero quasi sempre al verde, e quando
avevo dei soldi volevo tenerli il più possibile. I miei
amici invece non si preoccupavano dei soldi. Per niente. Ma del resto
io provenivo da una famiglia normale, e non ero abituato a gestire
grosse somme di denaro. Mi imponevo da solo di stare lontano dai negozi
per turisti e quelli di roba di marca, e prediligevo i negozietti
piccoli e originali.
Quando venivo al centro, non facevo mai nulla di particolare. Giravo,
giravo, giravo. Esploravo ogni singolo centimetro della
città, appuntandomi in mente tutti i posti più
belli, anche per una persona sola. Non avevo una fidanzata da anni, e
ormai mia madre si era rassegnata all'idea di poter conoscere la mia
anima gemella. Era più triste lei che io, a momenti.
Camminando senza meta, mi trovai sotto casa di Syn. Guardai in alto,
cercando di vedere se c'erano luci accese, ma non riuscivo a veder bene
con la luce del lampione negli occhi. 'Maledetto coso' dissi tra me e
me, cercando di farmi ombra con la mano.
Mentre cercavo di vedere, il portone del palazzo si aprì, e
un uomo mi venne addosso.
"Scusi!" disse alzando le mani.
"Syn!" mormorai io, alzandomi da terra. "Syn, che succede?" sussurrai
preoccupato.
"Niente.. Niente. Quello che succede sempre" rispose freddamente,
asciugandosi una lacrima.
"Syn.." cominciai io, guardandolo aggiustarsi il cappello sulla fronte.
"Vaffanculo, stronzo!" urlò qualcuno dalla finestra sopra di
noi. "Vai ad affogarti nel canale!"
Syn impallidì e mise il volto tra le mani, cercando di
trattenere i singhiozzi. Gli misi una mano sulla spalla e gli sussurrai
che tutto sarebbe andato bene. Lui mi guardò con occhi
vacui, deglutendo. Lo abbracciai forte e lo portai al molo.
Syn continuò a tremare per tutto il tempo. Quando salimmo
sull'autobus, occupai il posto accanto al suo e lo strinsi forte a me,
accarezzandogli la schiena. Lui piangeva nella mia spalla e stringeva
la mia maglietta, cercando di mandar via il dolore. Gli baciai la testa
e gli sussurrai che andava tutto bene, che non era colpa sua se la sua
ragazza lo trattava così. Lui piangeva e singhiozzava
così forte che dubitai riuscisse a sentirmi.
Cercai di calmarlo e gli accarezzai la guancia, sentendo le sue lacrime
calde bagnarmi la mano. Vederlo così mi spezzava il cuore.
Syn era una persona magnifica, la migliore che conoscessi. Avrebbe dato
la vita per la sua fidanzata in ogni momento. Lei però non
sembrava capirlo, o forse non le importava. Lo trattava da schifo, non
perdeva occasione per dirgli che aveva sbagliato tutto nella sua vita e
che non era neanche bravo con la chitarra. Lui non replicava, era
troppo innamorato per farlo. Piuttosto correva fuori da casa in lacrime
e veniva a cercarmi. Tra i nostri amici ero quello più
sentimentale, più umano. E sapere che il mio migliore amico
soffriva mi spezzava il cuore in mille pezzi.
Quando scendemmo dal bus, Syn si era un po' calmato. Aveva gli occhi
vitrei e le guance rosse, ma almeno aveva smesso di piangere.
Camminavamo in silenzio, lui con la testa sulla mia spalla e io con la
mano sul suo fianco. Sentivo il calore del suo corpo scendere e i
tremolii aumentare. Era uscito in fretta e furia, senza neanche
prendere un cappotto, e la brezza marina non gli faceva certo bene. Mi
strinsi un po' più a lui e accellerai leggermente il passo.
Ormai il molo distava un centinaio di metri, e mi sentivo un po'
più sicuro. Syn riconobbe il posto e sorrise leggermente. Lo
feci sedere alla fine del ponticciolo, e mi misi accanto a lui. Mi
tolsi la felpa e gliela misi sulla schiena, tenendogli la mano. Lui
guardava il mare, stregato. Sentii che tremava ancora, quindi lo
abbracciai. Lui mi strinse a se e di morse il labbro, ricacciando
indietro le lacrime.
"Shh, va tutto bene.. Non è successo niente.." sussurrai.
"È tutto okay, non preoccuparti... Ci sono io qui con te..."
continuai. Lui annuì, deglutendo. Feci un respiro profondo e
continuai ad accarezzargli la testa. "Che cosa ha fatto questa volta?"
mormorai. "Che cosa... Che cosa ha detto?" domandai passandogli la mano
tra i capelli. Lui tremò ed esitò un istante.
"Mi ha chiesto cosa avremmo fatto oggi.. Le ho detto che ero stanco,
che non me la sentivo di uscire, e lei si è arrabbiata. Ha
detto che penso solo a me stesso, che non la considero neanche. Mi ha
urlato che sono un egoista, un figlio di troia che non ci tiene
realmente a lei, che la uso e basta. E poi.." gli si ruppe la voce.
"Poi ha detto che mi odiava, che sarebbe stata meglio senza di me, che
sono inutile. Mi ha.. Mi ha urlato in faccia che sono solo un debole.
Un fottuto stronzo che si crede chissà chi solo
perché suona in una band sconosciuta a tutta la gente
normale" continuò, nascondendo la faccia nel mio petto. "E
dopo.. Mi ha parlato male di tutti i miei cari, dei miei amici, dei
nostri fan. Voleva farmi sentire una merda. Voleva sentire il mio cuore
spezzarsi.." concluse tra le lacrime. Lo strinsi a me, incredulo.
Quella ragazza era una vera stronza. Far piangere Synyster e poi
fregarsene.. Quella ragazza era feccia della peggior specie.
"Va tutto bene, Syn, sono sicuro che lei era solo arrabbiata per motivi
suoi.. Se l'è presa con te perché sei la prima
persona che le è capitata sotto il naso.. Non devi
prendertela, lei ti ama.." sussurrai. Sapevo di mentire, ma del resto
non sapevo che altro fare. Non volevo ferirlo ulteriormente, ma allo
stesso tempo mentirgli era sbagliato. Tutto questo era sbagliato. Lei
non lo amava, amava i suoi soldi. L'avevo capito dal primo istante in
cui l'avevo vista, ma non ero mai riuscito a dirlo a Syn, né
c'erano riusciti gli altri, sebbene avessero provato. Lui l'amava
troppo per accettare la realtà.
Strinsi il mio amico il più forte possibile e gli baciai la
testa qualche volta, sussurrandogli parole di incoraggiamento. Odiavo
quella troia per ciò che gli faceva, e la odiavo veramente,
con ogni fibra del mio cuore. Asciugai le lacrime del mio amico e gli
misi un braccio attorno alle spalle, accarezzandogli la spalla. Lui
posò la sua testa sulla mia, calmandosi lentamente.
"Eccoli qui, i due frocetti! A quando il fidanzamento?"
esclamò una voce dietro di noi.
Mi girai di scatto e la vidi.
Cassidy.
La ragazza di Syn.
"Allora? Non mi avete sentito? Siete sordi per caso?"
continuò lei con voce amara.
Una lacrima cadde dall'occhio di Syn, e in un'istante non capii
più niente. Mi alzai in piedi e mi avvicinai a lei,
guardando basso.
"Oh guarda, il frocetto più giovane è venuto a
trovarmi!" cominciò lei. "Che hai per me, tesoro? Un bel
bacio magari? Sai, il tuo amico non mi soddisfa affatto"
sibilò. "Mi costringe a cercarmi altre storie" concluse
sorridendo cattivamente.
La vidi aprire bocca di nuovo, ma non saprò mai quel che
avrebbe detto.
Le diedi un pugno con tutta la forza che avevo, facendola cadere
all'indietro. La mano mi tremava, tanta era la rabbia che avevo in
corpo.
Cassidy giaceva per terra e si teneva una mano sulla guancia colpita,
senza parole. Dubito che qualcuno l'avesse mai colpita prima
d'allora. Mi avvicinai a lei, lentamente. La ragazza mi guardava con
terrore e stupore, indecisa sul da farsi.
"Va' via, puttana" sibilai. "Stai lontana da Syn, o ti farò
nera" mormorai, in preda alla rabbia.
Lei annuì velocemente, si rimise in piedi e
scappò via.
Mi girai verso il mio amico. Era voltato verso di me e tremava. Mi
avvicinai a lui e mi abbassai.
"Andrà tutto bene, vedrai" gli sussurrai nell'orecchio. "Da
ora in poi mi prenderò io cura di te."
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
'Mi prenderò io cura di te'... Facile a dirsi, ma come avrei
fatto? Avevo problemi a vivere da solo, figurati con Syn. Conclusi di
essere stato un idiota, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Allungai una mano al mio amico e sorrisi, aspettando che la stringesse.
Lui sembrava indeciso, continuava a guardare prima la mia mano poi il
posto dove la sua ragazza era scomparsa nel buio. Deglutii e avvicinai
la mano ulteriormente.
"Coraggio Syn, fidati di me" sussurrai dolcemente. 'Ti prego', aggiunsi
nella mia testa. Lui mi guardò, fece un respiro profondo e
afferrò la mia mano. Lo ringraziai mentalmente e lo tirai
su. Lui annuì e guardò in basso. Strinsi la sua
mano e cominciai a camminare verso casa, pensando al da farsi.
Erano passati quindici minuti da mezzanotte quando entrammo nel mio
appartamento. Diedi un calcio a una lattina abbandonata e scortai Syn
in camera mia.
"Puoi dormire qui per stanotte.. Domani andremo a casa tua a ritirare
la tua roba e ci organizzeremo un po' meglio.." dissi mostrandogli il
letto. Lui annuì pensieroso, mormorando un ok.
"Io dormirò di là, sul divano. Se hai bisogno di
qualcosa chiedi" snocciolai. Sapevo che era presto per andare a
dormire, ma considerando che Syn era decisamente scosso, un po' di
riposo non poteva fargli che bene.
"D'accordo.." rispose lui. "Credi che Cassidy mi verrà a
cercare?" chiese speranzoso. Vederlo in quello stato mi spezzava il
cuore, ma non potevo mentirgli.
"No, Syn, non tornerà. Lei non ti ama più, lo
dovresti aver capito. Non verrà a prenderti e non ti
cercherà. Per quello che so, sarà in qualche bar
in compagnia di qualcun altro.." risposi lentamente. Gli diedi una
pacca sulla spalla mentre lui annuiva, si sedeva sul letto e mormorava
'ho capito'. Gli sorrisi e gli strinsi la mano.
"Andrà tutto bene, vedrai. Te lo prometto" sussurrai
accarezzandogli il pollice. Gli baciai la mano, sorrisi e uscii dalla
stanza, socchiudendo la porta alle mie spalle.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
La luce del sole mi svegliò all'alba di mezzogiorno. Mi
stropicciai gli occhi e li richiusi, aspettando che si abituassero alla
luce. Emisi un mormorio stanco e mi girai verso sinistra, incappando in
qualcosa di duro. Sussultai e aprii gli occhi, col cuore che batteva a
mille. Ero un fifone, lo sapevano tutti.
Syn dormiva accanto a me, il suo respiro leggero riscaldava la mia
mano. Rimasi immobile a guardarlo respirare per un paio di secondi,
prima di alzarmi e indossare qualcosa di pulito. Quando tornai nella
stanza, Syn si era liberato dal lenzuolo e dormiva beatamente occupando
tre quarti del divano letto. Fu impossibile per me non notare che
indossava solo un largo paio di boxer neri, e che sul suo petto giaceva
una catenina con un cuore piangente intrappolato in una gabbia di
ferro. Probabilmente è così che si sentiva.
Sospirai e mi sdraiai accanto a lui, socchiudendo gli occhi. Lo sentii
muoversi e mormorare qualcosa, senza aprire gli occhi o alzarsi dal
letto. Probabilmente stava avendo un incubo, o almeno così
pensavo. Mi voltai verso di lui e aprii gli occhi, tanto per vedere
com'era sistemato. Trovai il suo viso a pochi centimetri dal mio, bello
come non mai. La pelle chiara era illuminata da un raggio di sole, e le
labbra fine erano leggermente schiuse. Sentii il suo respiro sul volto
e avvampai, scendendo dal letto. Mi girava la testa e sudavo
leggermente, ma non ne sapevo il perché. Sarà il
caldo, mi dissi. Calmai il mio respiro e 'mi presi cura' della cosa in
mezzo ai miei pantaloni. Syn era bellissimo quando dormiva, ma io ero
etero. Ci doveva essere un errore. Scossi la testa e aprii l'acqua,
deciso a cucinare qualcosa per colazione. Riempii il bollitore fino
all'orlo e lo misi sul fuoco, tappandolo bene. Poi tirai fuori del pane
dal frigo e lo misi a tostare. Vi posai accanto due piattini e due
tazze, accompagnate da due cucchiai e un coltello. Presi il burro e
della marmellata e li posai su un vassoio, cercando i tovaglioli con
gli occhi. Raccattai tutto ciò che mi serviva e spensi il
fuoco, pronto a versare l'acqua nella teiera. Un delizioso odore di
pane tostato e di the al limone si diffuse in tutta la stanza,
invadendo ogni angolo possibile. Annusai il tutto per un paio di
secondi, dato che non vi ero abituato. Non mi piaceva cucinare, ma
sapevo che non lo stavo facendo per me, ma per Syn. Mi girai verso di
lui e mi avvicinai al divano, stringendo forte il vassoio. Synyster
annusò un po' l'aria, mormorò qualcosa di
incomprensibile e aprì gli occhi. Parve stupito di
trovarsi a casa mia, ma per niente imbarazzato di essere solo in boxer.
Gli porsi una fetta di pane e marmellata e lui l'addentò.
"Buono" biascicò mezzo addormentato. "L'hai fatto tu?"
chiese. Annuii, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lui continuò a mangiare, interruppendosi ogni tanto per
sbadigliare e mormorare apprezzamenti per il mio appartamento, a cui io
sorridevo e basta. Mi chiesi se fosse abbastanza forte per riuscire ad
andare a casa della sua ragazza e recuperare le sue cose, ma arrivai
alla conclusione che sarebbe scoppiato a piangere anche solo dopo aver
visto l'inizio della 'loro' via. Sorseggiai il mio the e cominciai a
pensare a cosa avremmo dovuto fare quel pomeriggio.
"Cos'è quell'aria assorta?" domandò lui. Mi girai
a guardarlo e feci le spallucce.
"Niente. Mi chiedevo se stasera preferissi andar fuori o mangiare qui"
buttai lì con noncuranza.
"Stessa cosa" mormorò lui, dando un sorso al the. Annuii
distrattamente e mi alzai in piedi, dirigendomi verso la mia stanza. Il
letto era a posto, quindi Syn si era diretto direttamente verso il
divano letto dove dormivo io. Non sapevo se esserne felice o meno, ma
decisi che non mi importava. Raccolsi la maglietta del mio amico e la
portai di là.
"Tieni, fra poco ti servirà" dissi. Lui mi guardò
mezzo addormentato, afferrò la maglia e la
indossò. La dormita pareva aver affievolito la sua
sofferenza, o almeno così pareva. Synyster finì
di mangiare e si diresse barcollante verso il bagno, urtando tutto
quello che c'era sulla sua strada. Dovetti sforzarmi per non voltarmi a
fissarlo, ma appena scomparve dalla mia vista, fui lieto di aver
guardato il muro. Scossi la testa e mi buttai un po' d'acqua addosso,
giusto per svegliarmi un po'. Synyster sembrava parecchio intontito
perfino per i suoi standard, quindi decisi di sfruttare la situazione.
"Ehy, Syn!" urlai. "Oggi devo fare un po' di commissioni; ti va di
accompagnarmi?" Il rumore di acqua corrente si fermò e il
mio amico uscì dal bagno. Biascicò un ok e
crollò sul letto, inumidendolo. Gli lanciai un paio di
bermuda e aspettai che li indossasse, per poi infilargli le scarpe.
Dopodiché mi alzai in piedi e gli tesi la mano, aiutandolo
ad alzarsi. Afferrai le chiavi e mi precipitai fuori dall'appartamento,
per controllare se i vicini stessero chiacchierando fuori sul
pianerottolo. Nel mio palazzo tutti erano parecchio omofobi, e non
volevo ci insultassero senza motivo. Chiamai Syn e aspettai che
uscisse. Barcollava ancora, quindi lo aiutai a scendere le scale e a
salire in macchina. Lui bofonchiò un grazie e si
allacciò la cintura.
"Oggi sono lento a carburare" mormorò. "Stupidi sonniferi"
imprecò, cercando di non farsi sentire. Mi voltai verso il
mio amico, e lui mi sorrise, convinto che non l'avessi sentito.
Abbozzai un sorriso e ingranai la marcia. Prima d'ora Syn non aveva mai
avuto bisogno di sonniferi. Merda.
Quando arrivammo sotto casa sua, Syn si era addormentato. Sfilai le
chiavi dal cruscotto e azionai le sicure, visto il gran controllo di se
di cui godeva Synyster. Gli accarezzai i capelli e uscii dall'auto,
dirigendomi verso il suo appartamento. Avevo qualche sacco per la
spazzatura in mano, ma speravo di trovarvi delle borse utilizzabili.
Feci girare le chiavi nella toppa, e fui sorpreso dal trovare
l'abitazione ripulita e arieggiata. Mi addentrai nel salotto e
raccattai qualche disco e un paio di oggettini appartenenti a Syn.
Esitai un attimo prima di entrare nella camera da letto, ma poi mi
decisi ad aprire la porta. I vestiti di Syn erano ripiegati sul letto,
accanto ai suoi effetti personali. Un paio di occhiali giaceva di
fianco a una valigia. Cassidy non era così stronza
dopotutto. Cominciai a infilare i vestiti del mio amico nella valigia,
quando notai un biglietto. Mi sporsi verso il comodino e lo presi,
indeciso se aprirlo o meno. Mi guardai attorno e decisi che se Cassidy
non avesse voluto che lo leggessi, l'avrebbe scritto da qualche parte.
Aprii il biglietto lentamente, aspettandomi qualche scherzo o comunque
qualcosa di scioccante. Il biglietto era ricoperto dalla grafia della
ragazza, ma non mostrava segni di lacrime o incertezza nello scrivere.
Riassunto in poche righe, il messaggio intimava a Syn di non rimettere
piede in casa finché non avesse rotto tutti i rapporti con
me. Sentii una fitta al cuore e fui tentato dal bruciare il biglietto,
ma mi limitai ad accartocciarlo e metterlo in tasca. Feci il giro della
casa e controllai di non aver dimenticato niente più e
più volte, poi, soddisfatto del mio lavoro, chiusi la
valigia e la portai di sotto. Nel chiudermi la porta alle spalle,
avvertii un qualche senso di sollievo e tepore, che mi
accompagnò fino all'auto.
Syn mi stava aspettando, i piedi poggiati sul cruscotto e le braccia
conserte. La testa continuava a ciondolargli sul petto, e non aveva
ancora un'aria molto sveglia. Probabilmente aveva preso più
sonniferi del dovuto, e questo era il minimo che potesse capitargli.
Quando mi vide salire, sgranò gli occhi e mi chiese dove
fossi stato tutto quel tempo. Scrollai le spalle e gli mostrai la
valigia.
"Ora starai più comodo a casa mia" buttai lì. Syn
era troppo anestetizzato per capire, quindi annuì e basta.
Posai la valigia nel bagagliaio e infilai la chiave nel cruscotto,
mentre il mio amico metteva i piedi a posto. Diede un'occhiata alla
strada e posò la mano sul finestrino, indeciso. Gli misi una
mano sulla spalla e feci partire l'auto. Non dovevo lasciarmi
impietosire, o sarebbe stata la fine della nostra amicizia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Eh,
già, quella era proprio una bella giornata. Il Sole
splendeva nel cielo azzurro e la nostra macchina schizzava sull'asfalto
ad alta velocità.
"Wohoo!" urlò Syn mettendo la testa fuori dal finestrino.
"Più veloce, più veloce!" gridò
ridendo.
Avevo deciso di portarlo in campagna prima che gli effetti collaterali
dei sonniferi finissero, e lui era parso contento dell'idea. Durante il
tragitto si era fatto più irrequieto, ma niente che non
potessi sopportare. Si vedeva da lontano un miglio che l'unica cosa che
volesse fare era scendere dall'auto e sgranchirsi le gambe, tuttavia
non mi chiese neanche una volta quanto mancasse alla nostra
destinazione. Ad un certo punto, però, aveva deciso di
lasciarsi andare un po' e aveva cominciato a ficcare la testa fuori dal
finestrino, incurante dei rami che gli sfioravano il volto. Ridacchiava
contento, come se nulla potesse effettivamente ferirlo. Sorrisi, nel
vedere la sua allegria. Non era stato molto felice ultimamente, e
vederlo radiante di gioia era meraviglioso.
"Tieni gli occhi sulla strada, imbecille!" mi urlò qualcuno
dall'altra parte della strada. Scossi la testa e uscii dal mio stato di
trance. Non mi ero accorto di essermi imbambolato a fissare Syn, e
tantomeno che una macchina stesse sfrecciando nella nostra direzione.
Mi passai una mano sulla faccia, maledicendomi per la mia
stupidità. Non avrei dovuto distrarmi mentre ero alla guida,
specialmente dato che, per una volta, non ero in macchina da solo.
Diedi uno sguardo veloce a Syn, e constatai che non si era neanche
accorto dell'altro automobilista. Aveva gli occhi chiusi e si godeva il
vento tra i capelli, che gli svolazzavano attorno al viso. Il sole
faceva risaltare la sua pelle candida, mentre i capelli corvini
brillavano mossi dalla brezza. Lui si voltò a guardarmi e mi
sorrise, allegro. Arrossii e mi voltai verso la strada, sperando che
lui non mi avesse visto. Non staccai gli occhi da sopra il volante per
tutto il resto del tragitto. Sentivo il suo sguardo fisso su di me,
anche se forse era solo la mia immaginazione. Non ebbi modo di
scoprirlo, comunque.
Arrivammo a destinazione verso le tre. Avevo guidato per qualcosa come
due ore, e mi si erano intorpidite braccia e gambe. Syn, dal canto suo,
sembrava non essere mai stato meglio. Correva lungo il campo con una
velocità costante ma veloce, e saltava ogni ostacolo
possibile. Il solo guardarlo mi metteva stanchezza. Respirai a fondo un
paio di volte e lo raggiunsi, correndo il più velocemente
possibile. Non essendo un corridore o uno sportivo qualsiasi, dopo
cinquecento-seicento metri mi trovai appoggiato a un albero, ansimante
e coi polmoni che bruciavano. Mi guardai intorno, ma Syn era ancora
lontano. 'Maledizione' mormorai tra me e me, prima di incamminarmi
verso il ragazzo. Lui mi aspettava irrequieto, pronto a schizzar via da
un'altra parte. Lo seguii per un po', poi mi accasciai per terra,
sfinito. Sistemai il plaid e tirai fuori una borraccia, che avevo
riempito di caffè. Bevvi un sorso della bevanda e la riposi
accanto a me, sdraiandomi sul prato. Mi misi a guardare le nuvole, ma
proprio quando stavo ammirandone una a forma di chitarra, Syn mi
bloccò la visuale. Si sedette accanto a me, col fiatone e
una goccia di sudore che gli correva sul volto. Mi diede un'occhiata e
si sdraiò, posando la testa sul mio grembo. Avvampai, ma
riuscii a voltarmi prima che il ragazzo mi vedesse. Feci finta di
essere interessato dalle nuvole, mentre Syn giocava con le mie mani. Il
chitarrista diede uno sguardo al cielo, ma abbassò la vista
con una smorfia annoiata dopo circa tre secondi. Dopo un paio di minuti
si calmò e lasciò in pace le mie mani, allentando
completamente la presa. Rimasi immobile una decina di minuti prima di
decidere cosa fare, poi guardai in basso. Si era addormentato. 'Ma
quanti diavolo di sonniferi ha preso?!' mi domandai, corrugando le
sopracciglia. Scossi la testa e alzai lo sguardo. Uno stormo di uccelli
volava sopra le nostre teste, screpitando e schiamazzando. Li osservai
mentre si allontanavano formando grandi figure astratte nel cielo, poi
raccattai il libro che stavo leggendo qualche giorno prima che 'facessi
a botte' con Cassidy, e cominciai a leggere.
Saranno state le cinque e mezzo, quando Syn emerse dal sonno e io
abbandonai il mio mondo immaginario.
"Buongiorno" mormorai. Lui mi guardò, ancora mezzo
addormentato, e mi mise una mano sulla guancia, accarezzandola col
pollice. Arrossii leggermente, e la cosa parve divertirlo.
Portò la mano sul mio collo, e spinse la mia testa verso di
se; poi, prima che potessi dir niente, mi schiuse un bacio sulle
labbra. Sentii il mio cuore fermarsi e sgranai gli occhi, senza saper
cosa fare. Syn si staccò da me e mi ribaciò,
lentamente. Poi mi lasciò andare e mi guardò con
aria compiaciuta. Portai una mano alle labbra e me le sfiorai,
avvampando. Lui sorrise e infilò una mano sotto la mia
maglietta, accarezzandomi il torace. Sgranai gli occhi e lo guardai,
indeciso su cosa fare. Da una parte mi sentivo maledettamente bene, ma
dall'altra avevo paura che stesse solamente testando le mie reazioni.
Deglutii e lo guardai in faccia, mordendomi il labbro. Lui
intercettò il mio sguardo e mi lanciò un bacio
con aria provocante, togliendo la mano dalla mia maglietta. Sapevo di
essere rosso come l'inferno, riuscivo a sentirlo. Deglutii nuovamente,
mentre il mio cuore continuava ad accellerare il suo battito. Synyster
si leccò una mano e me la sfregò in faccia, come
a dire che ero territorio suo. Lo guardai stranito, mentre lui
sorrideva beffardo prima di baciarmi un'altra volta
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Dopo
quell'episodio, caddi nel panico più totale.
Non avevo idea di come comportarmi con Syn, e non sapevo neanche se
quello che era accaduto fosse stato un gioco, uno scherzo o qualcosa di
più. Synyster non sembrava ricordarsi niente di strano,
quindi attribuii il suo comportamento ai troppi medicinali. Tuttavia,
ogni volta che lo vedevo, lo stesso dubbio tornava. Provava anche lui
ciò che provavo io? O ero stato solo un passatempo, un
esperimento segreto di cui nessuno avrebbe mai saputo qualcosa? Il
dubbio mi attanagliava lo stomaco, e ogni volta che guardavo il mio
amico mi sentivo morire. Volevo che la terra si aprisse e mi facesse
sprofondare in un buco senza fine, solo con i miei pensieri. Almeno in
quel modo non avrei sofferto così tanto.
Ci sei, Cupido? Mi senti? Te la farò pagare, bastardo,
vedrai. Dammi un po' di tempo, e avrai finito di prenderti gioco di me.
"Arin". La voce di Synyster ruppe il silenzio che incombeva tra di noi.
Mi voltai verso di lui e inghiottii un pezzo del mio biscotto. "Che
cosa c'è?" domandai.
"Ho fatto qualcosa di male?"
"Eh?"
"Massì, hai capito. Ho fatto qualche casino, qualcosa che ti
ha fatto arrabbiare?" chiese, guardandomi negli occhi. Il mio sguardo
vacillò un po', ma poi scossi la testa.
"No, niente, stai tranquillo. È solo... Sono solo un po'
stressato, ecco tutto" buttai lì. Lui annuì senza
convinzione e abbassò lo sguardo. Mi sentii improvvisamente
un bastardo. Probabilmente Syn non aveva idea di quello che era
successo, e lo stavo facendo soffrire inutilmente.
"Vieni qua, sentimentalone" scherzai allargando le braccia. Lui sorrise
divertito e mi abbracciò, assestandomi qualche pacca sulla
schiena. Per un istante, ebbi l'impressione di essere tornato indietro
nel tempo, quando eravamo solo due amiconi sempre pronti a sbronzarsi.
Poi era arrivata Cassidy, e tutto era cambiato. Syn aveva dovuto
cambiare abitudini, sacrificare un sacco di serate in nostra compagnia
e modificare i suoi gusti per lei.
Allontanai quel brutto pensiero dalla testa e guardai l'orologio, il
cui ticchettio pareva farsi più flebile secondo dopo secondo.
"Cazzo!" esclamai soprappensiero. Synyster mi guardò
interrogativo, e feci un cenno verso l'oggetto.
"È tardi, ormai. Dovremmo mangiare qualcosa" constatai,
massaggiandomi il mento. Lui annuì, alzando le spalle.
"Come ti pare" acconsentì. Lo squadrai qualche secondo.
"Non hai fame?"
"No" rispose scuotendo la testa. Rimuginai qualche secondo e poi alzai
le spalle. Ormai era troppo tardi per mangiare. Mi infilai il giubbotto
e le scarpe, e feci cenno a Syn di fare lo stesso. Lui mi
guardò come a chiedermi il perché e gli sorrisi.
"Vedrai quando arriviamo" esclamai scattando verso la porta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
In
realtà, non avevo idea di dove stessimo andando. Solo che
improvvisamente casa mia mi era sembrata troppo stretta per noi due, e
avevo sentito il bisogno di prendere una boccata d'aria. Inspirai a
fondo, mentre Syn mi trotterellava dietro, impaziente di arrivare.
Cercai di ricordarmi se c'erano posti carini nei dintorni, ma nella mia
mente c'era il vuoto più totale. 'Merda' pensai mordendomi
il labbro. L'unico posto che valeva la pena di vedere nei dintorni era
un vecchio drive-in, ma non sapevo che film stessero proiettando, e
c'era la possibilità che fosse chiuso. Mi voltai a guardare
Syn e constatai che cominciava ad essere stufo di camminare, quindi
scrollai le spalle e mi diressi verso il cinema per auto. Ammesso che
fosse aperto, ci saremmo seduti sull'erba e avremmo guardato il film
sotto un'immenso manto stellato. Sorrisi all'idea. Pareva una cosa
carina, dopotutto.
"Siamo quasi arrivati" annunciai allegro, mentre Syn allungava il passo
e mi raggiungeva in una manciata di secondi.
"Grande!" esclamò soddisfatto. Abbozzai un sorriso e girai a
destra, tenendomi sulla sinistra. Svoltai quindi al primo incrocio,
avviandomi verso un viale alberato lungo una sessantina di metri.
Synyster si guardava intorno estasiato, mentre una foglia volava
leggera nell'aria.
"Ti piace qui?" domandai al ragazzo. Lui annuì, alzando lo
sguardo verso le stelle. Sorrisi, percorrendo gli ultimi dieci metri e
avvistando finalmente il drive-in. Accellerai leggermente il passo e mi
diressi verso l'entrata. Syn trotterellò al mio fianco,
guardardosi attorno con aria interessata. Salutai con la mano il
padrone del posto, che conoscevo da qualche anno ormai.
"Ehilà, Arin!" mi salutò.
"'Sera, mr Johnson!"
"Ne è passato di tempo" disse allungandomi la mano.
"Eh già. Un vero peccato" annuii, stringendogliela. Lui
sorrise pacato e indicò lo schermo del drive-in.
"C'è un film abbastanza romantico in corso, ti va bene?"
domandò. Esitai un secondo, e poi gli chiesi di dirmi di
più al riguardo.
"Be', è un film abbastanza recente, con parecchia azione e
qualche attimo di puro miele. Niente di intollerabile, alla fine"
snocciolò alzando le spalle. Guardai Syn e poi lo schermo,
indeciso.
"Due biglietti allora" mormorai allungando il denaro. Kayne prese i
soldi e mi diede il resto, passandomi poi i due biglietti. Ringraziai e
presi Syn per mano, guidandolo attraverso le macchine.
"Il film non è un granché, scusa" gli dissi con
una smorfia.
"Non importa" ribatté lui. Sorrisi e diedi uno sguardo al
film.
"Non è Jared Leto quello?" mormorai indicando un ragazzo,
probabilmente una comparsa.
"Potrebbe essere" sussurrò lui, senza staccare gli occhi
dallo schermo. Sorrisi, guardandolo, e poi mi concentrai anch'io sul
film. Non era cominciato da più di cinque minuti, ed era
facile capire cos'era successo. Parlava di una spia che s'innamorava
del suo capo, o qualcosa del genere. Non mi ci appassionai molto, a
dire la verità. Ero un po' soprappensiero, e il film era
l'ultima cosa che mi interessasse al momento. Pensavo alle solite cose:
Syn, la mia vita, i miei sentimenti... Tenerli nascosti mi era sempre
più difficile, e temevo di poter venire scoperto da un
secondo all'altro. Rabbrividii all'idea e strinsi i pugni. Non so come,
ma Syn se ne accorse. Mi squadrò preoccupato e mi si
avvicinò.
"Qualcosa non va? Hai freddo?" sussurrò poggiandomi la mano
sulla spalla. Tacqui per qualche istante. Non ci avevo fatto caso, ma
faceva freddo. Mi osservai le mani, e notai che erano viola e
intirizzite. Quindi mi voltai verso il chitarrista e annuii
imbarazzato. Lui sorrise e si sfilò la giacca, posandomela
sulle spalle. Feci per rifiutare, ma lui mi fermò.
"Non preoccuparti, starò benone" sussurrò con
tono tranquillizzante. Annuii, e lo ringraziai sottovoce, tornando poi
a fingere di fissare lo schermo. Dopo una decina di minuti lo guardai
con la coda dell'occhio: era concentrato sul film e non sembrava
curarsi del mondo accanto a lui. Sorrisi e mi abbracciai le ginocchia,
avvolgendomi nella sua giacca e respirandone l'odore. Fortunatamente
c'era il buio a nascondermi il viso, altrimenti le mie guance
rossissime avrebbero attirato l'attenzione di tutti. Chiusi gli occhi,
in preda a una strana euforia, e inspirai a fondo l'odore di Syn. Era
forte ma allo stesso tempo delicato, proprio come lui. Avrei potuto
star ore a stringere quella giacca e ad annusarla, come fosse il fiore
più profumato della Terra. Era come una droga, e le
sensazioni che mi dava erano più o meno le stesse, solo che
migliori.
Dovevo proprio aver un'aria stupida in quel momento, abbracciato alle
mie ginocchia e con un'espressione estasiata sulla faccia, eppure non
mi importava. Quella che credevo una sbandata era amore, amore puro. Io
amavo Synyster Gates, e volevo urlarlo a tutto il mondo. Dovevo solo
trovarne il modo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
"Hey, Arin" sentii una voce chiamarmi.
"Mh?" mormorai, senza aprire gli occhi.
"Svegliati, amico. Il film è finito" disse Syn, scuotendomi
delicatamente il braccio. Aprii gli occhi di scatto, ma mi ci volle una
manciata di secondi per abituarmi al buio. Alzai lo sguardo, e
incontrai quello soffice di Syn.
"Ciao, bell'addormentato" sussurrò togliendomi i capelli dal
volto. Mugugnai imbarazzato e girai leggermente la testa. Fu allora che
mi accorsi che mi ero addormentato sul mio amico. La mia testa era
posata sulle sue ginocchia, ed il mio corpo era rannicchiato accanto al
suo. Avevo ancora la sua giacca addosso, solo che ora era poggiata sui
miei fianchi.
"Tremavi" disse Syn intercettando la mia occhiata interrogativa. "Ho
fatto quello che mi sembrava giusto" concluse alzando le spalle.
"Syn.." mormorai guardandolo in volto. Aveva gli occhi leggermente
rossi e tremava un po'. "Syn, hai pianto, non è vero?"
chiesi con voce spezzata. Il mio povero, piccolo Syn. Lo abbracciai
forte e sentii i suoi muscoli allentare la tensione.
"Ci sono qua io, sai. Puoi dirmi tutto" sussurrai accarezzandogli la
schiena. 'Anche se probabilmente ascoltarti sarebbe come morire'
aggiunsi nella mia mente. Mi morsi il labbro e lo abbracciai
più forte, mentre lui si lasciava andare ai singhiozzi.
"Lei non tornerà, Arin, non tornerà... Non la
vedrò più, capisci?" mormorò tra le
lacrime.
"Lo capisco Syn... E mi dispiace da morire". Non mentivo completamente.
Mi dispiaceva sul serio, ma solo perché lui ci soffriva
tremendamente. Avrei voluto aiutarlo di più, ma non mi era
possibile.
"Andrà tutto bene, Syn, vedrai... Supereremo tutto questo,
insieme. So che ce la puoi fare.." sussurrai, cercando di fargli forza.
Lui annuì, e per un po' ce ne stemmo lì
abbracciati, tra singhiozzi e pacche sulla schiena. Sentivo il respiro
di Syn farsi più regolare ogni minuto che passava, e
così mi tranquillizzai un po'.
"Che ne dici di andare a casa e prenderci una bella tazza di latte?"
proposi dolcemente, accarezzandogli la spalla. Lo sentii annuire,
così mi alzai lentamente e gli porsi una mano. Lui la
strinse e si lasciò issare in piedi, barcollando poi verso
l'uscita. Diedi uno sguardo al mio amico e chiamai un taxi, che
arrivò in una manciata di minuti. Salii prima di Syn, che si
accomodò accanto a me. Mi sorrise con occhi vacui e
deglutì, mentre io dicevo il mio indirizzo all'autista. Poi
posò il volto sul finestrino e non pronunciò
parola per tutto il tragitto.
Nota dell'autrice: So che questo capitolo è piuttosto corto,
ma se avessi aggiunto anche il prossimo sarebbe diventata una cosa
troppo lunga, quindi ho preferito dividere le due parti. Mi scuso per
gli eventuali inconvenienti (?)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Saranno state le undici e quarantacinque, quando scendemmo dalla
macchina ed entrammo in casa, anche se dal buio si sarebbero dette le
due passate. Appena entrato, mi apprestai a infilarmi il pigiama, in
modo da ridare a Syn la sua giacca. Non ne avevo la minima voglia, ma
sapevo che era la cosa giusta da fare. Quando tornai in salotto, Syn
era senza maglietta sul divano-letto, pronto ad andare a dormire.
'Probabilmente non gli va di parlare' mi dissi, sorpassandolo. Aprii il
frigo e tirai fuori la bottiglia del latte, girandomi poi verso
Synyster. Decisi di preparare del latte anche per lui, anche se temevo
l'avrebbe rifiutato. Misi a scaldare il liquido bianco in un pentolino,
e tirai fuori due tazze dalla credenza. Aspettai qualche decina di
secondi, poi versai il tutto nelle tazze e mi avvicinai a Syn.
"Vuoi?" dissi, avvicinandogliene una. Lui annuì senza
convinzione e afferrò l'oggetto, per poi posarlo su un
comodino improvvisato.
"... Immagino vorrai restare solo..." considerai. "Stanotte dormo di
là, quindi avrai il divano tutto per te" conclusi, indicando
la porta della mia camera con un dito. Tacqui per qualche secondo, poi
diedi un paio di pacche sulla schiena del mio amico e mi alzai dal
letto. Abbozzai un sorriso e mi avviai verso la porta, fissando il
contenuto della mia tazza.
"Aspetta". Mi voltai di scatto, stupito di sentire la voce di Syn. "Non
voglio rimanere da solo... Non abbandonarmi..." mormorò con
voce flebile, abbracciandosi lo stomaco. Sorrisi, mentre il cuore mi si
scioglieva. Mi avvicinai al divano e alzai le coperte, scivolando al
fianco del mio amico. Sembrava così fragile, così
delicato... Mi veniva voglia di proteggerlo, baciarlo, abbracciarlo
finché il suo dolore non se ne fosse andato. Invece mi
limitai a sorridere, mentre lui faceva lo stesso, con l'aria di chi ha
visto la prima cosa bella dopo anni di sofferenza. Com'era bello, anche
con quella faccia bastonata e con il broncio. Era bello, bello da
morire. E io per lui sarei morto mille volte.
Quella notte:
Mi svegliai all'improvviso verso le tre del mattino. Avevo avuto un
incubo, l'ultimo di una lunga serie. Scivolai silenziosamente fuori dal
letto, avviandomi verso il bagno. Aprii l'acqua e la guardai scorrere
per un po', prima di schizzarmela in faccia. Mi asciugai il volto in un
asciugamano e rimasi immobile per un po' di tempo. Avevo avuto
abbastanza incubi di recente, ma di solito non mi svegliavo mai nel
cuore della notte, con la sensazione che qualcosa di terribile stesse
per accadere. Tornai in salotto e mi sedetti sul letto, cercando di
scacciar via l'angoscia. Misi la faccia tra le mani e scossi la testa
un paio di volte, prima di calmarmi e mettermi a guardare il muro
davanti a me. Stavo per addormentarmi, quando sentii due braccia
cingermi i fianchi. Sussultai e mi girai di scatto, trovando il viso di
Synyster a pochi centimetri dal mio.
"Ciao" sussurrò lui, chiudendo gli occhi.
"C-ciao" balbettai io, deglutendo.
"Hai avuto un incubo?" mi chiese, indicando il bagno con la testa.
Annuii e guardai in basso.
"Ora è tutto passato, però" mormorai a mo' di
scusa. Lui aprì gli occhi e mi guardò dubbioso.
"Sicuro?"
"Sicurissimo" mi affrettai a rispondere. Synyster mi squadrò
qualche secondo, poi esitò un attimo.
"Se ci fosse qualcosa che non andasse... me lo diresti, vero?" chiese
con la voce soffocata dalla mia spalla. 'Povero, caro Syn. Ti sto
davvero facendo preoccupare molto, vero?' pensai. Annuii e mi voltai a
guardarlo.
"Saresti la prima persona a saperlo" dissi. Lui sorrise annuendo e
disse che per lui era lo stesso. Sorrisi dal profondo del cuore e gli
sfiorai la guancia con un bacio.
"Ora è meglio che torni a dormire, però"
sussurrai, alzando le lenzuola e stendendomi nella mia parte.
"Mmmhh" mormorò lui, lasciandomi andare. "La prossima volta,
sveglia anche me" disse con aria seria. Lo guardai stupito, ma poi
annuii. Lui parve contento della cosa e mi sorrise.
"Buonanotte allora" esclamò.
"Buonanotte".
Piombai in un sonno agitato e senza sogni, da cui emersi solo verso le
cinque. Sentivo che qualcuno era accanto a me, ma ero troppo intontito
per pensare a Syn. Pensai invece che fosse qualche ragazza, una di
quelle che Matt si portava a casa la sera per i pochi giorni in cui
avevamo abitato insieme. Mi spaventai e cercai di far funzionare la
memoria, mentre un paio di labbra fine mi sfiorava il collo. Dire che
non mi ricordavo niente e che andai nel panico più nero
è niente. Mi scaraventai giù dal letto, andando a
sbattere contro un tavolo. Alzai lo sguardo verso il letto e vidi
Synyster che mi guardava con occhi sgranati. Lo fissai col cuore che
batteva a mille per almeno venti secondi, poi deglutii. Lui sembrava
imbarazzato, probabilmente non si aspettava una reazione del genere.
Restai sdraiato contro il muro col sudore che mi correva lungo il volto
e le tempie che mi pulsavano per due minuti buoni, poi mi alzai
lentamente in piedi e mi avviai verso la mia camera. Ero scioccato. Nel
chiudermi la porta alle spalle, cominciai a tremare. Avevo appena
rifiutato Synyster Gates, l'amore della mia vita. Avevo appena buttato
al cesso l'unica possibilità che avevo di sfiorare di nuovo
le sue labbra perfette, di poterlo abbracciare e baciarlo sulla pelle
nuda. Affondai la faccia nel cuscino e cercai di trattenere le lacrime,
mentre il mio cuore si spezzava in mille pezzi. 'Sei uno scemo, Arin,
uno scemo' mi ripetei. 'Questo non solo non ti farà
avvicinare a lui, ma potrebbe anche danneggiare la vostra amicizia! Sei
solo un povero idiota'. Strinsi forte il cuscino e vi soffocai i
singhiozzi, mentre le lacrime scendevano copiose. 'Non avrò
mai un'altra possibilità..' pensai, tremando.
"Sono un idiota..." mormorai tra i denti.
"No, non lo sei affatto" ribatté una voce accanto a me.
Alzai lo sguardo, e notai che accanto a me c'era Synyster. "Sono io
l'idiota, qui" continuò dolcemente, accarezzandomi la gamba.
"Ho forzato le cose, mi dispiace" sussurrò. Mi morsi il
labbro e guardai in basso, trattenendo le lacrime. Lui non capiva. Non
capiva che lo amavo con tutto me stesso. Pensava solo che non avessi
voglia di baciarlo, ecco tutto. Maledizione. Maledizione, maledizione,
maledizione. Avrei dovuto diglielo, parlargli. Urlargli in faccia che
si sbagliava, che io desideravo baciarlo più di ogni altra
cosa al mondo, che lo amavo con ogni fibra del mio corpo.
Però non ci riuscii. Fissai il pavimento finché
lui non se ne andò, un paio d'ore dopo. E quando sentii la
porta socchiudersi, per la prima volta in vita mia ebbi veramente paura.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
La mattina dopo, il silenzio tornò tra noi. Io non riuscivo
ad alzare gli occhi dalla tazza e a guardarlo in faccia, tanto ero
giù di morale. Lui, dal canto suo, pensava che stessi
così perché la sera prima mi aveva baciato,
quindi si era chiuso in un silenzio imbarazzato, che non sapeva come
sciogliere. Volevo andare da lui e dirgli che andava tutto bene, ma mi
sentivo così male che non sarei riuscito a mentire.
Così stavo lì, a guardare la mia tazza, con lo
stomaco che mi si stringeva sempre di più e le lacrime che
ricominciavano ad affollarmi gli occhi. Mi sentivo una merda, avrei
solo voluto poter dire a Syn che mi dispiaceva, ma che avevo sperato
che quel bacio significasse qualcosa di più per lui, se non
un semplice gesto per ricevere un po' di coccole. Quel silenzio mi
faceva paura. Temevo che Syn potesse fare qualche stronzata, come farsi
ospitare da qualcun altro o pensare che ce l'avessi con lui. Non volevo
neanche pensarci. Anche solo il pensiero faceva male, troppo male.
Volevo rimanere con Syn per sempre, ma il mio gesto avrebbe potuto
allontanarlo per altrettanto tempo. I dubbi attanagliavano il mio
stomaco, dolorosi e reali. Strinsi il manico della mia tazza e mi morsi
il labbro, cercando di distrarmi.
"Arin". La voce di Synyster mi svegliò dal mio incubo a
occhi aperti, riportandomi sulla Terra. Il moro mi stava guardando
preoccupato, e i suoi occhi erano stanchi a causa del sonno interrotto
più volte.
"Mi dispiace" disse deglutendo. Abbassò lo sguardo,
aspettando il peggio. Lo guardai, con gli occhi che bruciavano e la
mano contratta sulla tazza. Volevo dirgli che era lo stesso per me, che
ero stato un coglione, e che sarei dovuto essere io a scusarmi, ma la
voce mi morì in gola. Lui alzò lo sguardo, e
lessi la paura nei suoi occhi. Temeva che la nostra amicizia fosse
rovinata per sempre. Non potendo parlare, feci l'unica cosa che facevo
bene. Mi sporsi in avanti e lo abbracciai il più forte
possibile, inspirando il suo odore.
"Io... Scusa.." sussurrai con voce spezzata. "Non... Non era mia
intenzione.. comportarmi così... Io..." mormorai, mentre due
lacrime mi solcavano il volto.
"Arin, calmati. Non è stata colpa tua" mormorò
lui dolcemente, prendendomi il viso tra le mani e asciugandomi le
lacrime col pollice.
"Sono stato io a affrettare i tempi. Avevo dimenticato che non sei come
Cassidy, che vuole solo sesso, sesso, sesso. Tu sei speciale. Migliore.
Mi dispiace davvero" terminò accarezzandomi la guancia. Lo
guardai a bocca aperta per qualche secondo. Significava quello che
credevo io? Che lui contraccambiava i miei sentimenti? No, non era
possibile. Doveva esserci un'altra spiegazione. Però...
Sorrisi tra le lacrime e lo strinsi forte. Forse sotto sotto un po' gli
piacevo. Per me era abbastanza. Mi si era riaperto lo stomaco, e avevo
anche smesso di tremare. Abbracciato alla persona che amavo sopra ogni
cosa, niente poteva scalfirmi, niente poteva toccarmi e niente poteva
rattristarmi. Strinsi Syn più forte, quasi togliendogli il
respiro, e appoggiai la testa sul suo petto nudo. Ero contento che non
se la fosse presa, ed ero al settimo cielo per quell'abbraccio.
"Grazie" mormorai, solleticando il petto di Syn con le labbra. Alzai lo
sguardo, e notai che piangeva. Anche lui come me era stato in pensiero,
si era preoccupato come non mai per noi, per la nostra amicizia, per il
futuro. Sorrisi, asciugandogli una lacrima con un dito. Lui mi
guardò, e scoppiò a ridere. Adoravo quella
risata. Anche se lui stava ridendo del mio tentativo di essere
minimamente romantico. Lasciai andare il mio amico e mi accoccolai sul
divano, abbracciandomi le ginocchia. Lui mi sorrideva, sciogliendo il
mio cuore e facendomi desiderare ancora di più di poter
sfiorare le sue labbra fine. Sorrisi a mia volta, anche se il mio
sorriso non era per niente paragonabile al suo. Non riusciva a
contenere la mia gioia, la mia felicità per l'aver chiarito
quello che era accaduto l'altra sera. E poi la mia bocca era abbastanza
piccola, quindi pure i miei sorrisi lo erano. Quelli di Syn, invece,
erano sempre radianti e luminosi. Erano bellissimi. Come quelli di un
angelo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Syn mi guardò, senza muoversi, per qualche minuto. Aveva un'aria stanca ma felice, e probabilmente l'unica cosa che voleva fare era dormire. Improvvisamente capii che stava aspettando il mio permesso per salire sul divano, dato che pensava che forse non volessi più che ci salisse. Sorrisi e diedi un paio di pacche al materasso accanto a me, invitandolo a sedersi. Lui sorrise e mi raggiunse, accomodandosi a qualche passo da me. Improvvisamente, il sonno si fece sentire. Sbadigliai e alzai le coperte, fiondandomici sotto. Le mie preoccupazioni inutili mi avevano stancato da morire, e quindi scivolai velocemente in un sonno tranquillo e senza pensieri.
Mi svegliai verso le due, con la faccia illuminata dal sole. Mi riparai il volto con una mano e borbottai qualcosa, poi mi girai, intenzionato a dormire un altro po'. Improvvisamente mi accorsi che quello che stavo stringendo non era un cuscino, ma Synyster. Sgranai gli occhi, chiedendomi come avessi trovato il coraggio di abbracciarlo mentre era a letto. Mi guardai attorno, e notai che il braccio di Syn mi circondava il collo, per poi ricadere sulla mia spalla. Arrossii, intuendo che non ero stato io ad abbracciarlo, ma il contrario. Feci scorrere la mano sul petto di Syn, piano e delicatamente, memorizzandone la morbidezza. Lasciai ricadere la mia mano sul suo fianco, e poi la riportai vicino alla mia faccia, come a nascondere la carezza. Speravo solo che non se ne fosse accorto, o sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Sorrisi, appoggiando la testa contro il suo torace, molto più grande del mio. In effetti, ero abbastanza minuto. Non ero altissimo e neanche muscoloso, ma del resto non facevo mai a botte e lo sport non era mai stato il mio forte. Synyster, invece, era più grande di me. Le sue braccia erano forti e possenti, e il suo fisico enorme rispetto al mio. Facevo un po' ridere, quando lo abbracciavo. Era come se un gatto abbracciasse un San Bernardo. Buffo.
Sorrisi, chiudendo nuovamente gli occhi. Non volevo che quel momento finisse.
Synyster POV:
Vedere che Arin non se l'era presa e mi lasciava dormire con lui era fantastico. Temevo si fosse incazzato da morire, che mi avrebbe buttato fuori da casa sua senza esitazione. Invece no. Questo mi fece pensare a che persona straordinaria avessi davanti; capace di perdonare, aiutare e confortare. Beata chi se lo sposa. Mi avvicinai al letto con un enorme sorriso stampato sulla faccia, ma decisi di non abusare della sua gentilezza, e mi sedetti a tre quattro passi da lui. Era visibilmente spompato, e infatti si addormentò pochi secondi dopo. Io, invece, di sonno non ne avevo più. Mi sdraiai sul letto e guardai il soffitto, in cerca di ragnatele. L'appartamento di Arin era davvero pulito, in realtà, quindi non trovai proprio un bel niente. Mi voltai verso di lui e lo guardai respirare per un po'. Il suo fisico minuto sembrava davvero fragile quando dormiva. Probabilmente non voleva lasciarlo a vedere, ma c'era qualcosa che lo preoccupava. Sospirai. Vederlo giù di morale mi dispiaceva, ma il gesto dell'altra notte era stato qualcosa che non avevo potuto evitare. Sembrava di una dolcezza infinita quando dormiva. Per un secondo, avevo sentito l'impulso di baciarlo, abbracciarlo, stringerlo come se fosse mio. Avevo provato quella sensazione un paio di altre volte, ma l'avevo ignorata. Non potevo innamorarmi di lui. Sarebbe stata la fine della nostra amicizia. Eppure, in quegli attimi, non mi era importato nulla della nostra amicizia. L'unica cosa che avevo voluto era che Arin fosse mio, mio e solo mio. Mi imbarazzava pensarci, perché probabilmente lui non pensava a cose di questo genere, ma non potevo evitarlo. Era di una carineria assurda, perfino col viso rigato di lacrime e i capelli scompigliati. Chissà se se ne rendeva conto o se pensava di esser brutto. Se avesse chiesto a me, probabilmente gli avrei detto che era la cosa più carina che avessi mai visto, e lui sarebbe scoppiato a ridere, dicendomi di smettere di scherzare. In effetti, Arin era timido, ma con me si era aperto velocemente. Con Matt, invece, c'erano voluti mesi. Scrollai le spalle. Evidentemente dovevo essere un tipo simpatico o rassicurante, uno di quelli che sai non ti tradiranno mai. Sorrisi al pensiero che Arin pensasse qualcosa del genere di me, e mi stesi accanto lui. Chissene frega se mi avrebbe odiato, in quel momento era così dannatamente carino che lo volevo tutto per me. |
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Svegliarmi abbracciato a Synyster era per me un sogno. Non sapevo
perché lui si fosse stretto a me durante la notte, ma la
cosa mi faceva sentire fantasticamente. Ero completamente pazzo di lui,
e mi innamoravo sempre di più, secondo dopo secondo.
Dall'altro lato, però, probabilmente lui si era accorto che
qualcosa in me era cambiato, e che quando gli stavo vicino andavo su di
giri. Per il mio bene, dovevo darmi una calmata. Il fatto che lui
dormisse abbracciato a me poteva essere ricollegato all'improvvisa
ondata di freddo, e quel bacio, appunto, a una semplice mancanza di
coccole. Nessuno mi assicurava che Syn nascondesse un sentimento
più forte dell'affetto tra amici dentro di se, e forse mi
stavo solo illudendo di tante cose che non sarebbero mai successe.
Scossi la testa, battendomi le mani sulle guancie. 'Calmati,
dannazione!' mi ripetei, senza troppi effetti. Mi sentivo cambiato,
profondamente e radicalmente. Era come se la mia parte timida fosse
andata in vacanza, o, chi lo sa, sparita per sempre. Cominciavo a non
riconoscermi più, e la cosa mi spaventava un po'. Gli ultimi
avvenimenti mi avevano scioccato, sbloccando una parte di me sepolta da
anni. In un certo senso, era come se in certi momenti venissi posseduto
da qualcuno di estraneo, che diceva cose che io non avrei mai osato
dire. Il che era un bene, certo, ma anche un male. Troppa fiducia in se
non fa mai bene, e lo sapevo fin troppo bene. Eppure boh, le parole di
Synyster mi avevano lasciato a bocca aperta. Forse gli piacevo davvero,
o semplicemente lui mi vedeva come qualcosa di più di un
semplice amico. Avrei tanto voluto saperlo, ma non potevo
chiederglielo. Mi avrebbe raccontato una bugia, o comunque qualcosa che
non corrispondeva alle mie aspettative. In effetti, era anche una cosa
un po' imbarazzante, da chiedere e da rispondere. Decisi quindi di
farmi una bella doccia fredda, e di non montarmi troppo la testa, per
il bene mio e del mio amico.
Synyster's POV:
Quella testa calda mi ha lasciato a letto da solo. Imbarazzante. Sarei
dovuto rimanere sveglio e vedere la sua faccia, per capire come
stessero realmente le cose, ma mi sono addormentato. Mannaggia a me.
Non è stato male però. Approfittando del fatto
che dormiva, ho potuto abbracciarlo e sentire il suo respiro sulla mia
pelle. In altre occasioni mi sarei dato del maniaco, ma stavolta non mi
importava. Era troppo carino per non farlo. Non ne ero sicuro, ma
credevo che qualcosa in me stesse cambiando, anche se potrebbe anche
essere stata solo la cena della sera prima che tornava su. In fondo,
Arin era carino, ma io sono sempre stato etero fino al midollo. Non
credevo di poterlo amare, per quanto mi ci potessi sforzare. Certo, era
simpatico, gentile e tutto quanto, però... Però
boh. Io ero etero, e quello che provavo per Arin era una semplice
attrazione fisica, visto che i suoi capelli lunghi e il suo fisico
minuto mi ricordavano una ragazza. Certe volte, però,
guardandolo, mi trovavo a dubitare di me stesso e della mia
sessualità. Non avevo mai avuto un fidanzato, e non mi era
mai capitato di infatuarmi per un ragazzo, quindi davo per scontato di
essere etero, eppure... Eppure c'era qualcosa in quel ragazzo, che mi
faceva sorridere e sentire il mio cuore sciogliersi. Chissà,
forse non ero poi così etero.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Non successe niente di strano quella notte. Per fortuna, direi.
Synyster se ne stette nella sua parte di letto, e io non diedi di matto
un'altra volta. Svegliarmi lontano da lui mi dispiaceva, ma forse era
meglio così. Se avessi visto il suo petto nudo tutte le
mattine sarei impazzito e, prima o poi, gli sarei saltato addosso.
Decisi quindi, a malincuore, che Synyster stava facendo la cosa giusta,
e che probabilmente non avrebbe cambiato idea. Mi voltai verso di lui e
lo guardai qualche secondo, tirandomi a sedere. Quello che non mi
aspettavo era che lui aprisse gli occhi e mi squadrasse, in risposta
alla mia mossa.
"'Giorno" esitò lui.
"Ciao" balbettai io, arrossendo. "Vado a preparare la colazione" dissi
schizzando fuori dal letto e correndo in cucina. 'Merda, merda, merda'
imprecai. Tirai fuori il latte, i biscotti e le tazze, ma quando mi
girai verso Syn per chiedergli cosa voleva, lo trovai che ancora mi
fissava. Un brivido mi corse lungo la schiena. Chissà cosa
stava pensando in quel momento. Probabilmente era imbarazzato, o, chi
lo sa, irritato. Sperai che smettesse di fissarmi con tutte le mie
forze, e poi mi rivoltai verso la credenza. 'Cazzo, che vergogna' mi
dissi. Tirai fuori il vassoio, ci misi sopra il cibo e le tazze, e mi
avvicinai al letto. Porsi a Syn la sua tazza, e poi rimasi a fissare la
mia. Restare lì così era sciocco, quindi presi un
biscotto e lo porsi sorridente al mio amico.
"Ne ho comprati di nuovi, sono una nuova mar--"
"Anch'io lo faccio" mi interruppe lui.
"Eh?"
"Massì, guardarti dormire. Sei carino quando dormi" disse,
buttando giù un po' di latte. Poi si pulì la
bocca col dorso della mano.
"Oh..." esclamai, posando la tazza sul letto. "Be', anche tu hai il tuo
fascino" mormorai. "Ecco... Sei proprio bello quando sogni..."
aggiunsi, guardando basso. Lui mi guardò e rise.
"Be', grazie!" esclamò. "È proprio vero, sono una
meraviglia" disse, pavoneggiandosi e dandosi qualche aria. Risi. Non mi
sarei potuto innamorare di una persona migliore.
"Dopotutto sono il grande Synyster Gates, il famosissimo e
apprezzatissimo chitarrista!" continuò lui con voce solenne.
"Tutti dovrebbero ammirarmi mentre dormo, tutti!" disse, battendosi il
pugno sul petto con un gesto teatrale. Poi mi guardò
sorridendo e mi mise una mano sulla guancia, facendomi
sobbalzare il cuore.
"Guardami quanto vuoi, Arin" sussurrò. "Ma perfavore,
torniamo alla vecchia marca di biscotti" terminò con faccia
sofferente. Che attore. Risi, annuendo, e gli dissi che avrei comprato
la vecchia marca appena possibile. Fui felice di avere il suo permesso,
comunque. Certo, sapere che anche lui mi guardava dormire era strano,
però mi faceva sentir bene. Non si guardano le persone
dormire con insistenza, se non si prova qualcosa per loro, anche la
più piccola sensazione. Avevo ancora delle speranze, quindi.
Sorrisi felice, e saltai giù dal divano. La giornata si
preannunciava bene.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Finii la doccia in un lampo. O almeno, per i miei standard. Venti
minuti non erano tanti, considerato che per me la doccia era come un
bagno. Mi sentivo leggero, come se l'acqua si fosse portata via i miei
dubbi, la mia esaltazione e tutti i 'se' che si erano formati nella mia
mente. Sorrisi, infilandomi i jeans e appendendo gli asciugamani al
loro posto. Feci un salto e acchiappai un asciugamano di media
grandezza, con cui cominciai a strofinarmi i capelli gocciolanti. Uscii
dal bagno che ancora armeggiavo con i miei riccioli, e trovai Synyster
seduto sulla punta del letto. Lo salutai con un sorriso, e lui mi
rispose con un cenno del capo.
"Arin, ti devo parlare" disse ad un tratto. "È importante"
sottolineò. Deglutii, mentre mi sedevo sul letto di fianco a
lui.
"Dimmi" mormorai con lo stomaco chiuso.
"Ecco, vedi... Dovrei andare a una cena, domani... Avrei dovuto
portarci Cassidy, ma dubito che, dopo tutto quello che è
successo, sia la cosa giusta da fare. È una cena importante,
sai. Una di quelle con tutti i partecipanti vestiti eleganti, con la
musica, il punch e i palloni gonfiati che si vantano dei loro averi con
chiunque vedano. Be', ecco, vorrei che tu venissi. Non credo di poter
sopportare un'atmosfera simile da solo, e..." fece una pausa, cercando
le parole.
"Tu sei l'unico che potrebbe venire con me senza dare di matto, o senza
combinare casini. Tu sei speciale, le capisci queste cose. Sai come
comportarti, come piacere alla gente e come trattare tutto e tutti.
Emani un'atmosfera tutta tua, sei come una stella in mezzo a delle
lampadine" mormorò, bloccandosi alla fine della frase.
"Quello che sto cercando di dirti, è che sarei felice che tu
mi accompagnassi" concluse, guardandomi in faccia.
Esitai un secondo. Aveva detto così tante cose carine su di
me, ma forse gli altri non la pensavano così. Che avrei
fatto se non fossi riuscito a parlare con nessuno? Sarei corso da Syn a
cercare aiuto, dimenticando che lui era ancora più perso di
me? Deglutii, senza che l'idea mi attirasse molto. Però non
potevo abbandonare il mio amico proprio ora, nel momento del bisogno.
"A che ora si parte?" domandai quindi con un sorriso. Synyster mi
posò una mano sulla spalla e sorrise, sollevato.
"Sette e mezza. Grazie, sei un amico" mormorò con voce dolce.
"Ma ti pare?" scherzai io, facendo una smorfia. "Quanto può
essere tremendo? 'Mio caro Eustache, credo che il tempo oggi sia
piuttosto piacevole, non trovate?' 'Ma certo, madame Margherie.
Piuttosto, avete sentito dell'ultima partita a golf di sir Steward?
Pare abbia fatto un eccellente punteggio'" mimai la nobile coppia che
viveva nella villa in fondo alla strada. Syn rise e mi rilassai. Non
sarebbe stato niente di così terribile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Dopo aver lavato i piatti, decisi di fare quattro passi. Annunciai a
Syn le mie intenzioni, e lui decise di accompagnarmi. "Così
compreremo degli altri biscotti", aggiunse. Sorrisi e afferrai il
portafoglio, aprendo poi la porta di casa.
"Hai tutto?" mi domandò scrupolosamente Syn. Annuii,
chiudendomi la porta alle spalle.
"Chiavi?"
"Sì"
"Soldi?"
"Aha"
"Fidanzato?"
"Eh?"
"Scherzavo!" disse lui facendomi l'occhiolino. "Se avessi un fidanzato
sarei geloso" rise.
"Oh sì, ci credo molto" scherzai, dandogli una spinta sulla
spalla.
"Cos'è, non ci credi?" chiese lui, fingendosi indispettito.
"Sinceramente no" risposi, avviandomi verso l'auto.
"Credi che il grande Synyster Gates non possa essere geloso?"
domandò con aria di importanza.
"Oh, quello sì. Solo non di me" terminai con un sorriso. In
effetti, quello era ciò che pensavo. Lui non aveva
assolutamente niente da invidiarmi.
"Se ti interessa tanto, comunque, prima di baciare qualcuno ti
chiederò il permesso, okay?" scherzai.
"Okay" rispose serio lui. Lo guardai alzando un sopracciglio, ma il suo
volto era impenetrabile. Mormorai un 'd'accordo' e avviai il motore,
allacciandomi la cintura di sicurezza. Synyster la lasciò
slacciata, ma non dissi niente. Ci mancava solo che facessi la madre
petulante.
In una quindicina di minuti arrivammo a destinazione. Scesi dall'auto
sbadigliando, mentre Syn sbatteva la portiera e si avviava verso
l'entrata.
"Che bella giornata.." mormorai.
"Proprio bellissima" rispose lui, aspettandomi. 'Non quanto te,
comunque' aggiunsi nella mia testa.
"Sai se c'è un cesso nei dintorni?" chiese improvvisamente
Syn. Annuii.
"Appena possibile ti ci porto, okay?"
"Okay".
Seguii il moro entrare nel supermercato e lo guidai al bagno, poi mi
diressi verso il reparto colazione, dove avrei trovato i suoi amati
biscotti. Stavo giusto prendendone un pacco, quando una figura
conosciuta comparve nella corsia accanto.
"Cassidy!" esclamai stupito, facendola girare verso di me.
"Oh, ma guarda chi c'è" sbottò lei. "Ancora non
ti sei stufato di quel rompipalle?" domandò. "Complimenti.
Io dopo tre giorni non ne potevo già più. Fortuna
che ora c'è Mike, qui con me. È talmente caro e
ricco, lui. Forse sarebbe ora di presentartelo" concluse con un
sorrisetto, prima di chiamare il fidanzato.
"Tesorino, questo è un amico di quel balordo con cui stavo
prima, Sylvester, o come diavolo si chiama" disse indicandomi. Il suo
'tesorino' era un omone grande e grosso dall'aria irascibile, ma buona.
Doveva amarla molto, proprio come a sua volta l'aveva amata Syn.
Tacqui, spostando lo sguardo da lei al fidanzato, senza sapere cosa
fare.
"Sai, quel pugno ha lasciato il segno" cominciò lei,
giocherellando coi riccioli. "Sarebbe proprio un peccato se ora
qualcuno ti rovinasse quel bel faccino che ti ritrovi, non pensi?"
disse, voltandosi poi verso Mike. Deglutii, indietreggiando. 'Proprio
ora che Synyster è andato al bagno' pensai. Cassidy
sussurrò qualcosa all'orecchio dell'omone, che si
voltò a guardarmi e cominciò ad avanzare verso di
me. 'Merda merda merda' imprecai, terrorizzato. 'Questo mi spiaccica al
muro!' pensai, lasciando cadere i biscotti. Cercai di indietreggiare,
ma inciampai su un carrello abbandonato. Quando mi rialzai,
l'energumeno era a un metro e mezzo da me.
"Opporca.." sussurrai fissando la figura dell'uomo, che si ereggeva
ormai a pochi passi da me. 'La prima volta che uso le mani in anni e
anni, e mi finisce di merda!' constatai. 'Mannaggia a me' imprecai,
portandomi le mani vicino al volto. Quel tipo mi avrebbe fatto fuori.
"Non avresti dovuto colpire la mia cicci!" disse, scrocchiandosi le
dita delle mani. "Oh no, non avresti dovuto" ripeté con un
sorriso cattivo dipinto sulla faccia. Deglutii, nel panico
più totale. Se fossi stato centrato anche da un solo pugno,
sarei probabilmente stato scagliato lontano, contro un qualche
scaffale. Avrei quindi potuto fingere di essere svenuto, anche se non
era molto coraggioso. D'altronde, a che ti serve il coraggio, se poi
sei sottoterra?
Feci appena in tempo a proteggermi per bene il volto, che il tipo mi
colpì. Come previsto, volai di qualche metro e andai a
finire nel reparto accanto. Mi portai una mano alla faccia, e constatai
che almeno non mi ero rotto il naso. Sfortunatamente, il tizio sembrava
deciso a ridurmi in poltiglia, svenuto o cosciente che fossi. Mi
guardai intorno, ma prima che potessi scappar via, l'omone mi prese per
il colletto e mi sollevò in aria.
"Questo farà male, ragazzino" annunciò
l'energumeno con un sorriso soddisfatto. Chiusi gli occhi, pronto
all'impatto, ma sentii l'omone esitare.
"Lascialo stare, cazzo!" sbraitò Synyster, spingendolo verso
la parete. "Mollalo immediatamente! Mollalo! Molla il mio ragazzo!"
gridò, mentre quello allentava la presa. Sgattaiolai via e
indietreggiai, spaventato. L'uomo ci guardava, stupito e arrabbiato.
"Che devo fare, Cass?" domandò, senza smettere di fissarci.
Lei si strinse nelle spalle.
"La mia vendetta l'ho avuta" snocciolò con aria soddisfatta.
"Possiamo anche andare" acconsentì, dirigendosi verso
l'uscita. L'omone la seguì, obbediente.
"Addio, capellone" disse con un cenno del capo. Non risposi. Restai
immobile, portandomi la mano alla faccia. Faceva un male allucinante.
Syn si voltò verso di me e mi corse incontro,
inginocchiandosi.
"Tutto a posto?" chiese in preda all'ansia, abbracciandomi. Annuii.
"Potrei star peggio..." dissi in un sussurro.
"Dove ti ha colpito?" domandò, stringendomi.
"Syn.."
"Dove?!"
"Braccia e faccia" mormorai.
"Fammi vedere" disse sbrigativo.
"Syn..." cominciai.
"Non mi sembri ferito gravemente" borbottò.
"Syn.."
"Sì?"
"È vero quello che hai detto prima? Sono davvero il tuo
ragazzo?" sussurrai, guardandolo negli occhi. Lui abbozzò un
sorriso, imbarazzato.
"Be', ecco... Se a te va bene..." farfugliò, massaggiandosi
il collo. Lo abbracciai stretto, affondando il volto nel suo petto. Lo
sapevo, lo sapevo che era la mia giornata.
Synyster's POV:
Urlare a quel gigante che Arin era il mio fidanzato non era esattamente
la mia idea di spaventarlo, ma in qualche modo lo aveva lasciato
andare. In quel momento ero più preoccupato per lui che per
la mia stessa salute, di cui, anzi, non mi importava un accidente.
Vederlo libero, anche se con la faccia gonfia, era stato un sollievo.
Senza contare che quella bestia se ne è andata senza neanche
sfiorarmi un capello. Che botta di culo.
Onestamente, però, non mi aspettavo che Arin facesse
così attenzione a ciò che dicevo. Il mio
fidanzato... Suonava strano, nella mia testa, ma pronunciato da lui era
un termine perfetto. Avevo accettato i miei sentimenti per lui l'altro
giorno, prima di chiedergli di venire a quella specie di
galà con me. Quella che credevo una semplice attrazione
fisica era qualcosa di più profondo, che avevo poi
riconosciuto come amore. Da quando avevo capito di essere bi, era stato
più facile per me guardare il mio amico. Non mi sentivo
più 'strano', fuori posto. Non avevo più avuto
paura dei miei sentimenti. Un bel sollievo, per me. Tuttavia, urlare al
mondo che lui era il mio fidanzato era qualcosa che non avevo
progettato. Sapevo che avrei dovuto dichiararmi, ma in quel modo... Che
esibizionista. È solo che davanti a quella scena non mi sono
saputo trattenere, avevo DOVUTO intervenire. Non potevo tollerare che
qualcuno buono come Arin potesse essere malmenato da un qualsiasi
bestio alto due metri che non lo aveva mai visto in vita sua. Non
potevo proprio.
In quel momento, però, sentii di aver fatto la cosa giusta.
Strinsi Arin a me e gli accarezzai la schiena, baciandogli la testa.
Il mio ragazzo... Suonava davvero bene.
"Da ora in poi sei il mio ragazzo" annunciai. "Proprietà di
Synyster Gates".
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Dopo aver pagato, Synyster mi portò a casa. A sistemarmi la
faccia, probabilmente. La sfiorai con una mano, ma la ritrassi con una
smorfia dopo pochi secondi. Faceva un male porco.
Mi rannicchiai nel sedile, mentre la testa mi pulsava e il cuore mi
batteva veloce. Fidanzati... Wow. Non avevo mai pensato che Syn mi
amasse, tantomeno che sarebbe stato lui a dichiararsi. Sorrisi,
guardandolo di spalle. Il mio caro, dolce Syn. Ora era davvero tutto
per me, anche se ancora non ci credevo. Mi sembrava impossibile, io e
lui, lo scricciolo e il cane da guardia, il ragazzo qualunque e il
chitarrista più famoso del periodo.. Assurdo. Completamente
assurdo. Neanche nei miei sogni avevo mai sperato tanto, a essere
sincero. Quello che era successo era un miracolo, o qualcosa del
genere. Chissà, forse Cupido si era deciso a fare il suo
lavoro fino in fondo, per una volta.
Scossi la testa. Possibile che avessi sempre qualcosa da chiedermi? Che
ero insicuro lo avevo sempre saputo, però... Mi strinsi
nelle spalle, osservando la schiena di Syn. Armeggiò con il
cambio per qualche secondo, poi parcheggiò e scese
dall'auto. Sentii il mio sportello aprirsi, e, anche se da sdraiato non
riuscivo a vederlo, sapevo che Syn mi stava togliendo la cintura di
sicurezza. Mi prese in braccio e mi portò di peso su per le
scale.
"Guarda che posso camminare" lo avvertii. "Non spaccarti la schiena
inutilmente"
"Spaccarmi la schiena? Portando te?" mise un po' di enfasi sul 'te'.
"Non preoccuparti, d'accordo? Sono più forte di quello che
sembro" disse rassicurante. Annuii, poco convinto. Da com'ero messo,
potevo vedere tutto quello che Syn si lasciava dietro, comprese le
porte dei vicini e il mini giardinetto ai piedi delle scale. La strada
non era molta, ma era comunque composta da tanti, piccoli scalini.
Sperai di non pesare troppo, e che Syn non crollasse da un momento
all'altro. Resistette fino alla fine, invece.
"Ti avevo detto che ce l'avrei fatta" sorrise posandomi sul divano.
Annuii, lasciandomi cadere sul materasso. Ero davvero così
magro? Guardai il moro, che armeggiava con il frigorifero alla ricerca
del ghiaccio.
"Proprio stasera, dannazione!" imprecò, sottovoce. Mi morsi
il labbro, sentendomi improvvisamente in colpa. E se stasera la mia
faccia fosse ricoperta da un livido? Se mi facesse così male
da non riuscire a parlare? Un brivido mi corse lungo la schiena, ma
scacciai subito quel pensiero. Mi alzai dal letto e raccattai il
ghiaccio, mentre Synyster mi fissava. Senza guardarlo, tornai al mio
posto. Posai del ghiaccio sulla mia guancia, rabbrividendo dal dolore.
Probabilmente non sarebbe arrivato un livido, ma si sarebbe solo
gonfiata un po'.
"Esco" mi annunciò Syn, prendendo le chiavi. Annuii e lo
guardai chiudersi la porta alle spalle. Chissà dove andava.
Mi avvicinai alla finestra, e intravidi la sua silouette.
"Non fare stronzate!" gli urlai. Lui si voltò, mi sorrise e
scomparve tra la folla. Avrebbe fatto qualche stronzata. Sicuro come
che la Terra gira. Scossi la testa e mi rimisi a sedere, spostando il
ghiaccio sul mio naso. 'Devo trovare qualcosa da fare' mormorai tra me
e me. Poi mi alzai, andai in camera e mi sdraiai sul letto, ripensando
agli ultimi avvenimenti. La mia vita era cambiata così tanto
da quando avevo colpito Cassidy in faccia... Non che mi dispiacesse
però. Anzi. Ora avevo un ragazzo, una faccia dolorante e un
invito a una festa di ricconi. Niente male, calcolando che prima non
avevo mai niente da fare. Sorrisi. Synyster aveva cambiato
così tanto la mia vita.. I miei sentimenti per lui mi
avevano cambiato dentro, mi avevano fatto diventare più
aperto e meno schivo. Mi avevano fatto apprezzare la vita molto di
più di quanto avessi mai fatto, ed erano giorni che non mi
sentivo più solo. La mia 'sbandata' era stata la cosa
migliore che mi fosse mai capitata in vita mia. 'Grazie, Syn' sorrisi.
'Ti voglio bene' aggiunsi guardando il soffitto. Me ne stetti sdraiato
per un po', prima di alzarmi e andare a cercare qualcosa da mettere
sotto i denti. Dato che non facevo a botte molto spesso, non avevo
niente di troppo morbido in casa. Decisi quindi di uscire e comprare
qualcosa al bar, chessò, magari un gelato. Essendo Synyster
uscito con le mie chiavi, dovetti trovare un qualche modo per chiudere
la porta senza però chiudere fuori anche me. Dopo un paio di
idee davvero cretine, decisi di infilare un libretto tra la porta e il
muro, in modo da lasciarla aperta ma non troppo. Osservai soddisfatto
la mia creazione, poi corsi giù al bar. Il locale era
abbastanza affollato, e fui costretto a farmi spazio tra una decina di
persone che chiacchieravano, ma alla fine arrivai al bancone senza
troppe ammaccature. Ordinai un tramezzino e un muffin da portar via,
che pagai direttamente all'uomo che mi servì. Sgattaiolai
fuori dal posto il più velocemente possibile, avviandomi
verso casa. Avevo una voglia matta di andare al parco, ma non potevo
lasciare il mio appartamento semi aperto e incustodito per troppo
tempo. Accellerai quindi il passo e salii gli scalini due a due,
salutando la mia vicina. Stavo giusto aprendo la porta di casa, quando
lei mi fermò.
"Ehy, Arin" gracchiò.
"Mi dica, signora Hargrave" risposi voltandomi.
"Ho visto che hai un convivente. Un ragazzo moro, se non sbaglio"
cominciò.
"Non sbaglia" affermai, sbrigativo.
"Proprio un bel figliolo" continuò lei, scrutandomi. "La sua
ragazza non è gelosa, visto che vive con te?"
"Lui non ha una ragazza" tagliai corto. Avevo capito dove voleva andare
a parare, e cominciavo ad essere irritato dalle domande della vecchia
signora.
"Oh, ma che peccato. Devo quindi supporre che ne stia cercando una?"
insisté, ostinata.
"No, non ne sta cercando nessuna" ribattei, piccato.
"Ama la vita da single, quindi. È un donnaiolo, per caso?"
chiese, cocciuta come un mulo.
"Assolutamente no" risposi. "Proprio per niente."
"Bene, bene... Non è che per caso state insieme, voi due?"
domandò, alzando il labbro superiore e guardandomi con aria
di superiorità. Mi sentii invadere dall'ira.
"Francamente, questi non sono affari suoi. Mi sembra che sia andata un
po' oltre i limiti, non le pare?" risposi, acido. Non aspettai neanche
la sua risposta; mi allontanai e sbattei la porta con un 'arrivederci'.
Al diavolo. Tempo dieci minuti, e tutti i miei vicini si sarebbero
radunati alla mia porta a urlarmi contro che io e Synyster eravamo
malati e che dovevamo curarci in qualche clinica per pazzi. Come se mi
importasse qualcosa dei loro fottutissimi insulti. Fosse per me, quei
vecchi omofobi potevano anche andare a buttarsi giù da un
ponte. Anzi, ne sarei stato sollevato.
Mi sdraiai sul divano, incazzato nero. Dovevo sfogare la mia rabbia
prima che arrivasse Syn, ma non avevo idea di come fare. Non ero il
tipo di persona che si arrabbia facilmente, anzi, ero sempre calmo e
pacifico. Certe volte, però, la gente mi faceva davvero
incazzare di brutto.
Sentii bussare alla porta di casa, ma finsi di non sentire. Il bussare
continuò, più violentemente. Infilai la testa
sotto il cuscino, deciso a ignorare quello che probabilmente era il
marito della mia vicina.
"Arin, porca puttana, non fare il coglione e vieni ad aprirmi!"
sbraitò Synyster colpendo la porta. Scattai in piedi,
stupito, ed andai ad aprire.
"Alla buon'ora" borbottò lui. "Come va la faccia?"
domandò, sfiorandomi con un bacio. Sorrisi, contento.
"Molto meglio" risposi. "Avanti, entra" dissi, spostandomi dall'uscio e
cercando la signora Hargrave con gli occhi. La porta di casa sua era
chiusa, quindi tirai un sospiro di sollievo. Syn mi guardò
con aria interrogativa, ma gli dissi di lasciar perdere.
"Non è niente di importante" affermai con un sorriso. Lui
annuì poco convinto e si sedette sul divano, posando a terra
una busta. Fui tentato dal chiedergli della sua passeggiata, ma decisi
di non farlo.
"Sono andato a prendere uno smoking" disse, cercando qualcosa nelle
tasche. "Ecco, guarda. Ho pure la ricevuta" esclamò
orgoglioso.
"Ero tentato dal comprare un nuovo videogioco al suo posto,
ma alla fine ho scelto questo" borbottò, rigirandosi il
foglietto tra le mani. "Spero di non dovermene pentire" aggiunse.
"Credi sarà così tremendo?" chiesi.
"Non saprei. Potrebbe anche essere" rispose lui, stringendosi nelle
spalle. Annuii, senza mostarmi preoccupato. Raccattai la carta del mio
muffin e mi avviai in camera, alla ricerca di una bella giacca. Mi
sembrava di aver visto un completo da sera, un paio di giorni fa,
quando cercavo una maglietta pulita grande abbastanza da farmi da
pigiama, e infatti lo trovai appeso tra le felpe. Lo presi e lo stesi
sul letto, uscendo poi dalla stanza.
Synyster era ancora seduto sul divano, e si torturava le mani,
preoccupato.
"Andrà tutto bene" dissi con un sorriso. "Se ti annoi puoi
sempre parlare con me, no?". Lui sorrise, un po' più
tranquillo.
"Sì, hai ragione" ammise. "Spero di riuscire ad ambientarmi,
comunque" aggiunse pensoso. Mi sedetti accanto a lui e gli sfiorai la
guancia.
"Rilassati. Alla gente devi piacere per ciò che sei, non per
ciò che sembri, quindi tranquillizzati e sii te stesso.
Anche se non piaci, almeno avrai avuto la soddisfazione di parlare
chiaro con quegli stupidi aristocratici" dissi. Lui mi
guardò qualche secondo, ma poi annuì.
"Sì, hai ragione. Limiterò le parolacce e gli
insulti, ma non mi fingerò qualcun altro solo per fare buona
impressione" mormorò. Poi si alzò,
posò lo scontrino sul tavolo e andò a farsi una
doccia, lasciandomi solo sul divano. Mi aspettavo una chiacchierata un
po' più lunga, quindi ci rimasi un po' stranito. Scossi la
testa e mi alzai, andando a cercare una scopa. Avrei dato un pulita in
giro, e poi avrei pensato a pulire anche me.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Syn
uscì dalla doccia dopo dieci-quindici minuti, pronto a darmi
il cambio. Abbandonai la scopa in un angolo e andai a prendere l'abito
da sera, poi mi diressi verso il bagno. Appena varcai la soglia,
un'ondata di vapore mi investì, facendomi indietreggiare.
Aspettai che se ne andasse, e rientrai nella stanza, aprendo la
finestrella. Synyster era l'unico che, con questo caldo improvviso,
preferiva una doccia calda a una fredda. In effetti, questi sbalzi di
temperatura erano un po' insoliti, persino per l'autunno. Scrollai le
spalle, togliendomi la maglietta. Chiusi la porta e accesi la doccia,
finendo di svestirmi. Il caldo lasciato dal vapore stava sparendo, e
l'aria stava finalmente tornando tiepida. Entrai nella doccia,
aspettando un attimo prima di posizionarmi sotto il getto gelido, poi
mi bagnai per bene i capelli. Cercai lo shampoo e mi insaponai i
capelli, quindi li sciacquai e ripetei l'operazione un'altra volta. Mi
godetti l'acqua gelida sulla pelle per una manciata di secondi, poi
sentii il campanello suonare.
"Non aprire!" gridai a Syn.
"Non avevo intenzione di farlo" borbottò lui, continuando a
leggere il giornale. Scattai fuori dalla doccia e mi asciugai un po' i
capelli, poi mi legai un asciugamano attorno alla vita e
uscii dal bagno.
"Wow" mormorò sottovoce Syn. "Sei anoressico"
osservò. Gli lanciai un'occhiataccia, e lui si strinse nelle
spalle.
"Non ti converrebbe metter su una maglietta?" domandò.
"Spero che vedendomi così quei rompipalle se ne vadano
prima" spiegai avvicinandomi alla porta, che aprii con un gesto secco.
"Sì?". Come avevo pensato, erano i miei vicini.
"Signor Ilejay, dobbiamo parlarti" esordì un uomo grasso,
chiamato Paul.
"La tua condotta sta rovinando la nostra reputazione" mi
accusò la Hargrave.
"Dovresti pensare a quello che fai! E magari, farti controllare!"
aggiunse un'altra donna.
"Sì, be', non mi interessa" tagliai corto.
"A noi sì, invece! Tu e il tuo amico siete contronatura,
sbagliati! Avete qualche problema, ve lo dico io" continuò
una vecchia.
"Siete la nostra vergogna! Schifosi!" mi urlò un'altra tipa,
alla quale di gonfiarono le vene del collo. Ascoltai i loro insulti in
silenzio, senza batter ciglio.
"Finito?" domandai quindi, con un finto sbadiglio.
"Frocio del cavolo! Spero che brucerai all'inferno!" sbraitò
l'ometto grasso e pelato di fronte a me.
"Il sentimento è reciproco" disse Syn, appoggiato alla
porta. Poi mi scostò e si fece avanti, avvicinandosi al
ciccione.
"Vattene via, scarto umano!" gridò quello, stizzito. Syn
l'ignorò e si sporse verso di lui, baciandolo sulle labbra.
Poi si staccò e tornò al mio fianco.
"Ora sei come noi" disse con un sorrisetto compiaciuto. L'uomo si
toccò le labbra e poi ci guardò, con uno sguardo
sgomento.
"Mi avete contaminato! Brutti schifosi!" urlò paonazzo,
prima di correre verso casa sua.
"Chi vuole essere il prossimo?" domandò il moro con un
sorriso divertito.
"Vai al diavolo!"
"Infedele!"
"Vergognati di te stesso!" urlarono i nostri vicini, abbandonando il
nostro pianerottolo.
"Tornate presto" disse Synyster salutando con la mano e facendomi
rientrare in casa. Si sedette sul divano e borbottò qualcosa
riguardo a quella gente, per poi voltarsi verso di me.
"Tanto per la cronaca, quel tipo non riconosce i bei baci" disse,
fingendosi offeso. Poi si alzò e mi raggiunse, dandomi un
pizzicotto sulla guancia.
"Dovrai essere un po' più stronzo, sei vuoi che non tornino
più" mi disse, quindi tornò al suo giornale. Mi
strinsi nelle spalle e tornai in bagno, dove finii di asciugarmi e mi
rivestii.
"Ma come siamo carini" fu il commento di Syn appena mi vide uscire dal
bagno. "Mi fai venire voglia di mangiarti" aggiunse, prendendomi le
guancie tra le mani e stringendo. Cercai di dire qualcosa, ma in quel
modo non riuscivo a parlare. Syn mollò la presa e sorrise
divertito, poi mi baciò le labbra.
"Il tuo sapore è molto meglio di quello di quel ciccione"
mormorò soddisfatto.
"Grazie?"
"Non c'è di che!" esclamò ritornando al suo
posto. Sorrisi divertito.
"Faresti meglio a vestirti anche tu" lo avvertii. "È quasi
ora" aggiunsi.
"Volo" ribatté allegro. Lo osservai scomparire in camera e
mi sedetti sul letto, sfinito. Misi un altro po' di ghiaccio in faccia
e lo aspettai, pensando a cosa dire una volta lì. Syn mi
sembrava parecchio contento, quindi la sua allegria avrebbe contagiato
tutti, e sarebbe stato più facile parlare. Io sarei stato
timido come al solito e avrei parlato con due persone su
trecentocinquanta, mentre lui sarebbe stato al centro dell'attenzione.
Poco ma sicuro. Posai il ghiaccio nel congelatore e misurai la stanza a
grandi passi, annoiato. 'Spero solo che, quando usciremo, quei
rompicoglioni non siano di nuovo qui davanti' borbottai tra me e me.
"Come ti sembro?" esclamò Synyster, entrando nella stanza
con un salto teatrale.
"Woah..." boccheggiai, guardandolo.
"Sono proprio meraviglioso, eh?" esclamò. "Chiudi quella
bocca, però, o ti ci entreranno le mosche!"
scherzò baciandomi la guancia. Arrossii e sorrisi, mentre
lui saliva sul divano.
"E ora, alla Synyster mobile!" esclamò, alzando un dito. Poi
scese dal divano, aprì la porta e corse giù per
le scale. Raccattai le chiavi e lo seguii, chiudendomi la porta alle
spalle. Lo trovai davanti all'auto che aspettava, battendo un piede per
terra.
"La Synyster Mobile deve essere sempre pronta perché io ci
salga" sottolineò. "Dovremo rivedere questo dettaglio"
rimuginò, cercando qualcosa su cui appuntarlo.
"Se lasciassi l'auto sempre aperta, me la ruberebbero. Come faresti
allora?" osservai, girando la chiave. Lui borbottò qualcosa
di incomprensibile e decise che le cose andavano bene così.
Strappò una annotazione invisibile e la gettò
fuori dal finestrino, allacciandosi poi la cintura di sicurezza.
"Puoi indicarmi la strada?" chiesi, senza sapere dove andare.
"Sì, vedrò di farti questo favore"
acconsentì Syn. "Okay, alla prima rotonda giri a destra, poi
vai avanti per cinquecento metri, giri a sinistra e prosegui per tre
chilometri" indicò. "Passati i tre chilometri, gira a destra
e fermati all'Autogril, che ho fame" proseguì. Risi, senza
staccare gli occhi dalla strada.
"Mangerai quando arriveremo. Non ho intenzione di portarti a un
galà con lo smoking macchiato di formaggio" risposi
sorridendo.
"Sì, forse hai ragione" borbottò lui. "Ora a
sinistra!" esclamò. "Ecco, bravo" disse sollevato. Alzai gli
occhi al cielo, e guidai fino al 'ballo'. Arrivammo a destinazione
verso le otto meno cinque, senza aver trovato molto traffico. Synyster
saltò giù dall'auto e si sgranchì le
gambe, aspettandomi vicino a un enorme portone.
"Eccomi!" esclamai correndo verso di lui. Syn mi prese per mano e
andò dal portiere, mostrando gli inviti. Quello si
alzò e lo salutò educatamente.
"Signor Haner, signor Ilejay" pronunciò, abbassando il capo.
Noi passammo oltre, avviandoci verso una ripida rampa di scale. Mi
lasciai sfuggire un gemito, e Syn si voltò.
"Tranquillo, c'è l'ascensore!" disse ridacchiando. Quindi mi
portò verso le scale e si fermò davanti a una
porta lucida, accanto alla quale c'era un bottone verde, anch'esso
molto pulito. Syn lo premette, e nel giro di pochi secondi l'ascensore
arrivò. Le porte si aprirono silenziose, e noi entrammo.
L'abitacolo era piccolo, segno che non molte feste si tenevano
lì. Il pavimentino era di parquet, leggermente rigato, e le
pareti bianche. Un piccolo specchio, posizionato accanto ad altri
pulsanti, rifletteva le nostre immagini. Syn premette il bottone e si
appoggiò alla parete, fischiettando. Le porte si schiusero
un minuto dopo, e il vociare della festa ci raggiunse. Synyster
premette il campanello e aspettò che venissero ad aprire,
mentre mi guardavo intorno spaesato.
"Desidera?" domandò un cameriere, con voce roca.
"Sono Haner" borbottò Syn.
"Oh, signor Haner! La stavamo aspettando con ansia" disse. "Prego,
entri" aggiunse, indicando il salone pieno di gente. Il suo sguardo
ricadde poi su di me.
"Lei invece sarebbe..."
"Arin Ilejay" rispose Syn al posto mio. "È con me"
sottolineò. Il cameriere mi fece entare, riluttante, e mi
sentii improvvisamente come un pesce fuor d'acqua. Il salone era pieno
di dame e signori elegantissimi, che conversavano tranquillamente. Una
musica di Chopin faceva da sottofondo al vociare, che si teneva sempre
abbastanza basso. Guardai Syn, e lo vidi respirare profondamente.
"Un'ora e ce ne andiamo" disse. Annuii e mi guardai intorno, cercando
di riconoscere qualcuno. Cosa inutile, perché le uniche
persone a me conosciute erano la coppia di ricconi che viveva alla fine
della strada. Sospirai e mi addentrai nella sala, cercando qualcuno con
cui parlare. Sarebbe stata una lunga, lunga serata
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Girovagai
per la sala per qualche minuto, prima di arrendermi e avvicinarmi alle
sedie. Notai che vicino ad esse si ereggeva un ragazzo magro, che
pareva avere la mia età. Un paio di occhi grigi spuntavano
da sotto una ciocca di capelli castani, che il ragazzo continuava a
mettersi dietro l'orecchio. Era appoggiato al muro e non aveva l'aria
di uno che si stava divertendo, quindi mi avvicinai.
"Ciao" lo salutai.
"Ciao" rispose lui, alzando lo sguardo da terra.
"Stai aspettando qualcuno?" domandai, guardando verso gli altri. Lui
scosse la testa.
"Sono qui per accompagnare un amico, ma non ho niente da fare" disse,
dondolandosi da un piede all'altro.
"Anch'io sono qui per fare un favore ad un amico!" esclamai con un
sorriso. "Mi chiamo Arin, piacere" dissi, tendendogli la mano. Lui la
strinse e la agitò energicamente.
"Eddie" si presentò. "Sono felice di aver trovato qualcuno
con cui parlare" aggiunse, un po' imbarazzato.
"A chi lo dici. Questa festa è una palla" dissi con una
risata.
"Vero? Troppo chic per i miei gusti. A me basta una birretta con gli
amici e puf, tutto a posto" mormorò con sorriso.
"La mia serata ideale" annuii.
"Questa gente, invece... Troppo seria, altolocata" proseguì.
"Mi piacerebbe vederli ad un concerto rock" aggiunse ridacchiando.
"Magari in mezzo al pogo, ad un concerto degli Slipknot" risi.
"Da moricce!". Ridemmo per un po', poi ci fermammo e ci guardammo in
faccia.
"A me non dispiacerebbe vedere gli Slipknot un'altra volta" ammise lui.
"Li hai visti?!" esclamai.
"Sì, certo. Ben due volte, a essere sincero"
mormorò, massaggiandosi il collo.
"Woah! Che fortuna!" esclamai.
"Una volta sono anche stato in prima fila" disse lui con una smorfia
orgogliosa.
"Basta, ti odio" scherzai, spingendolo da una parte.
"Vorrei anche vedere!" ribatté lui.
"Scommetto che i Maiden però non li hai visti" dissi.
"Perché, tu sì?" domandò lui.
"Tre volte" risposi, godendomi il suo stupore.
"Tre?!" boccheggiò.
"Già. Mi piacciono da quando ero piccolo" ammisi. "Per i
miei genitori erano solo rumore, ma, del resto, loro non capivano
niente" aggiunsi.
"Posso dire lo stesso dei miei" disse lui. "Fosse per loro, sarei
diventato un amante del pop" fece, fingendo ribrezzo.
"Avresti dovuto vederli quando mi hanno accompagnato al mio primo, vero
concerto. Le canzoni erano piene di riff, urla e insulti; e il cantante
cantava growl" ridacchiai. "Io insistevo per andare nel pogo, e loro
stavano lì a guardarmi, pensando 'Ma questo è
davvero nostro figlio?'" conclusi. Eddie scoppiò a ridere,
posandomi una mano sulla spalla.
"I miei hanno fatto la stessa cosa!" esclamò. "Andai a
vedere gli Eyes Set To Kill con mia madre, che si presentò
con abito da sera e scarpe col tacco. Di certo non si immaginava di
trovare un branco di metal-rockettari con gli anfibi, pronti ad
ammazzarsi nel pogo" raccontò. Scoppiai a ridere io
stavolta, e quando, mi ripresi, gli misi una mano sulla spalla.
"Andiamo a bere qualcosa, prima che ci rubino tutto" dissi indicando il
tavolo col capo. Eddie annuì, scostandosi i capelli dalla
faccia.
"In effetti, sto morendo di sete" ammise con un sorriso. Ci avviammo
verso il tavolo e prendemmo due bicchieri, poi ci versammo un po' di
champagne.
"'sta roba non supererà mai la mia birra" esclamò
Eddie con una smorfia, prima di trangugiare l'alcolico.
"Sono nella tua stessa situazione" borbottai facendo girare il liquido
nel bicchiere.
"Che ci vuoi fare, però. Almeno c'è qualcosa che
contiene un minimo d'alcol, qui dentro" disse lui con un sospiro. "Se
avessero servito solo the, mi sarei sparato"
Annuii, dando un sorso alla mia bevanda. Arricciai il naso, che mi si
riempì di bollicine.
"Mf!" borbottai, starnutendo.
"Starnutisci in modo carino" osservò Eddie. "Silenziosamente"
"Sono un tipo strano" ribattei con un sorriso.
"Lo vedo! Ci manca solo che tu mi dica che hai visto gli Aiden dal
vivo, prima che ti strangoli dall'invidia" scherzò lui.
"Mi spiace avvisarti, ma per loro non ho ancora un biglietto. Sono
esauriti, a quanto pare" dissi con aria pensosa.
"Esauriti?! Opporca.." imprecò.
"Vorrà dire che la prossima volta ci andremo insieme!"
proposi io, allegramente.
"Alla grande!" rispose lui, senza obiettare. Sorrisi, buttando
giù un altro sorso di champagne. Stavo per riaprire bocca,
quando qualcuno mi afferrò per il colletto e mi
trascinò via.
"Torno... subito..." sussurrai a Eddie, senza fiato. Fui trascinato per
altri tre metri prima di fermarmi. Mi voltai, ma l'unica persona che
vidi fu Syn.
"Ehilà! Ti diverti?" domandai con un sorriso. Lui mi
lanciò un'occhiataccia.
"Affatto. Chi è quello?" chiese, indicando il mio nuovo
amico.
"Si chiama Eddie" risposi. "Anche lui accompagna qualcuno" aggiunsi
allegro.
"Mh. Di che parlavate?"
"Musica. Ha i miei stessi gusti, sai? Ha visto gli Slipknot due volte!"
esclamai. "Andremo a vedere gli Aiden insieme, appena sarà
possibile" dissi con un sorriso smagliante.
"Ah no, non ci andrete" disse secco Syn.
"Perché no?" domandai demoralizzato.
"Perché no" rispose lui.
"Ma.." cominciai.
"No" ribatté, amaro.
"Dimmi almeno perché" mi impuntai.
"Perché sono geloso, ecco perché" disse,
scontroso. "Non voglio che ti gironzoli attorno troppa gente. Chi mi
assicura che non mi lascerai per lui?"
"Oh, andiamo, questo è ridicolo" ribattei, ferito. "Sai
benissimo che ti amo con ogni fibra del mio corpo. Non ti fidi di me?"
"Ma certo che mi fido. È di quell'Eddie, che ho paura. Credi
che non abbia visto come ti guardava? Che abbia ignorato come gli
brillavano gli occhi mentre parlava con te? Quello ha doppi fini, ci
scommetto la testa" ribatté, con sguardo torvo.
"Be', scusami tanto, ma non mi pare proprio che abbia cercato di
sedurmi" dissi, snervato. "È solo un tipo che ho conosciuto
venti minuti fa, Syn. Rilassati" aggiunsi, prendendogli la mano. Lui mi
guardò, irritato, ma poi si calmò.
"Scusa, ho esagerato. È solo che quel tipo non mi piace"
mormorò posandomi una mano sulla guancia. "Ho visto come ti
guarda, e, credimi, quel modo non mi piace affatto"
sottolineò, voltandosi verso di lui.
"Non ha fatto niente di male" dissi, guardandolo. Si guardava intorno
con aria persa e imbarazzata, probabilmente in cerca dell'amico.
"È un bravo ragazzo. Te lo farò conoscere,
così capirai tu stesso" mormorai trascinandolo verso Eddie.
Lui mi seguì riluttante, senza opporre troppa resistenza.
"Eddie!" urlai, sbracciandomi. "Sono qui!".
Lui si guardò attorno spaesato per un paio di istanti, poi
mi individuò.
"Ehy! Tutto bene?" domandò. "Prima sei dovuto andar via
all'improvviso" aggiunse.
"Sì, be', Synyster doveva dirmi qualcosa di importante" mi
giustificai. "Eddie, questo è Syn, il mio ragazzo" dissi con
un sorriso. Lo sguardo del castano vacillò quando
incontrò quello incazzato di Syn.
"Ciao" borbottò il moro, secco.
"Ehilà!" ribatté Eddie, porgendogli la mano.
Synyster non la strinse, ma annuì, silenzioso.
"Syn!" esclamai, dandogli una gomitata nel fianco.
"Okay, okay. Ciao, sono Syn. Piacere di fare la tua conoscenza" disse,
alzando gli occhi al cielo. Eddie lo guardò, ma poi sorrise.
"Il piacere è tutto mio!" esclamò.
"Non sai quanto è vero" borbottò Syn, sottovoce.
Spostai lo sguardo dall'uno all'altro, mentre il silenzio calava tra
noi.
"Be'... Si parlava di Aiden, giusto?" mormorai, cercando di suscitare
qualche risposta. Eddie annuì, guardando Syn. Tacqui un
secondo, cercando le parole per rompere quel silenzio imbarazzato.
"Io vado" borbottò il moro, liberandosi dalla mia presa.
"No! Perché?" domandai, cercando di trattenerlo.
"Ho da fare. Divertitevi" disse, scomparendo tra la folla. Guardai il
punto in cui era scomparso per qualche secondo, poi sospirai e mi
voltai verso Eddie. Il suo sguardo si era un po' spento, da quando gli
avevo presentato Syn.
"Be', allora noi--" cominciai, venendo interrotto dal castano.
"Scusa, il mio amico mi sta chiamando. Devo proprio andare"
mormorò. "Ci vediamo" mi salutò, scomparendo
dalla mia vista.
Cavolo.
'Sta a vedere che aveva ragione Syn' dissi tra me e me, tendendo
l'orecchio. Niente. Eddie se l'era squagliata appena aveva visto che
ero impegnato, proprio come aveva previsto il moro. Scossi la testa,
deluso. Ero davvero così facile da ingannare?
Mi incamminai verso il punto dove era scomparso Syn, spompato. Lo
trovai che beveva un goccio di vino vicino alla finestra.
"E le cose da fare?" domandai.
"Avevo solo sete" borbottò scrollando le spalle. "Eddie?"
chiese, dando un altro sorso al liquido rosso.
"Avevi ragione tu. Mi ha abbandonato con una scusa appena capito che
non ero disponibile" mormorai. Lui mi guardò in silenzio,
poi si avvicinò e mi abbracciò, baciandomi la
testa.
"Mi dispiace" sussurrò. Scrollai le spalle, cercando di
nascondere la mia delusione.
"Scusa se non ti ho dato retta" dissi.
"Hai fatto bene" annuì inaspettatamente lui. "Stavo morendo
di gelosia, nel guardarvi" ammise. Sorrisi, abbracciandolo.
"Avanti, andiamo a casa" disse dolcemente, accarezzandomi il volto. "Un
altro paio di bicchieri e casco ubriaco".
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Lungo
la strada del ritorno, Syn fu inaspettatamente carino. Mi
regalò un pezzo di dolce che aveva fregato alla festa, e
continuò a parlare per un bel po' di tempo. Più
che altro, mi raccontava di vecchi aneddoti e ricordi. Tutto quello che
gli passava per la testa era destinato ad essere esposto, ma la cosa
non faceva che rendermi più felice. Mi faceva piacere sapere
cosa pensava Syn, quali erano le sue sensazioni, anche se spesso le sue
erano solo storielle assurde. E poi, guidare con qualcuno che parlava
sopra al motore mi faceva sentire in famiglia, anche se non ne capivo
il perché.
Fermai l'auto in un largo spiazzo asfaltato, circa cinque minuti dopo
che Synyster aveva smesso di parlare. Scesi dal veicolo e aprii lo
sportello del moro, allungandogli la mano.
"Non sono ancora così ubriaco" borbottò lui,
stringendo comunque la mia mano. Era buio, per essere in mezzo a una
stazione di servizio. Le luci erano mezze fulminate, ma una scala
appoggiata al muro dava l'idea che qualcuno le stesse riparando.
Entrammo nel fast food e ci dirigemmo verso la cassa, con gli ordini
già in mente. Dopo aver ordinato e pagato, prendemmo posto a
un tavolo vicino alla finestra. Diedi un'occhiata fuori, ma era troppo
scuro per vedere, quindi cominciai a osservare il locale. Era stato
riverniciato di fresco, ma i colori scelti non erano esattamente
meravigliosi. I tavoli erano circa sette o otto, di cui due uniti. Su
ogni tavolino c'era un depliant che declamava la bontà di un
nuovo panino con würstel, maionese e cipolla grossa,
accompagnato da una valanga di patatine. Synyster parve leggermente
attratto dal panino, anche se non disse niente al riguardo.
Ad ogni modo, il soffitto pareva cadere a pezzi, tanto era scrostato.
Probabilmente quello che aveva dipinto i muri non si era preso la briga
di pitturare pure là in alto. Il pavimento era piastrellato,
ma i disegni formati dai piccoli quadrati non erano un
granché. Onestamente, il posto lasciava un po' a desiderare,
ma decisi di ignorarne i difetti. Syn mi lanciò un'occhiata
preoccupata, e gli strinsi la mano. 'Speriamo che gli hamburger siano
migliori di come questo posto appare' mi dissi alzando lo sguardo verso
la cucina. Una cameriera alta e carina vi uscì, dirigendosi
verso di noi e portando un vassoio con due panini. Ci servì
con gentilezza, e ci indicò il portasalse. "Nel caso voleste
qualcosa di diverso" precisò. Annuii e ringraziai, mentre
lei si dileguava con un inchino. Alzai lo sguardo verso Syn, e notai
che lui aveva già preso il mano il cibo, avvicinandoselo
alla bocca. Seguii il suo esempio, e diedi un morso al mio cheeseburger.
"Buono" bofonchiai.
"Già" annuì il moro, con la bocca piena. "Molto
meglio di quelle schifose tartine al caviale" aggiunse con aria
disgustata. Risi, dandogli ragione. Quelle tartine erano ignobili; lo
dicevo pure io, che di solito mangio tutto. Bevvi un sorso di Coca e
continuai a mangiare, soddisfatto.
"Hai una macchia di formaggio qui" disse a un certo punto Syn,
sporgendosi verso di me e togliendo col dito il formaggio dalla mia
faccia. Poi si ficcò il dito in bocca e sorrise, tornando al
suo panino.
Terminammo di mangiare con calma, chiacchierando del più e
del meno, e ritornammo in macchina verso le undici. Mi allacciai la
cintura e aspettai che Syn facesse lo stesso, poi ripartii. Guidai per
una mezz'oretta, mentre il moro si godeva le stelle e il vento fra i
capelli. Sorrisi e accellerai leggermente, in modo da risparmiare
qualche minuto di viaggio. Arrivammo sotto il mio palazzo abbastanza
tardi, quasi a mezzanotte. Scendemmo dalla macchina e ci avviammo verso
casa facendo il meno rumore possibile, mano nella mano. Posai la testa
sulla spalla di Syn, e lui sorrise, baciandomi la fronte. Sorrisi e mi
fermai per accarezzargli il volto e baciarlo, quando qualcosa di
stranamente morbido mi colpì.
"Ma che diavolo..?" sbottai, guardandomi intorno.
"Fate schifo!" disse il ciccione di prima con un urletto, tirandomi
qualcosa di tondo che andò a spiaccicarsi accanto alle mie
scarpe. L'uomo era paonazzo e continuava a tirarmi roba, aggiungendo
qualche insulto ogni tanto. Essendo buio, potevo solo immaginare dove
fosse e che cosa mi stesse tirando, ma riconobbi subito la sua voce.
Feci per accendere il cellulare, ma mi accorsi di averlo lasciato in
casa.
"Andatevene da questo palazzo!" urlò nuovamente l'ometto
tirandomi un pomodoro, che andò a spiaccicarsi sulla schiena
di Syn, che si era messo davanti a me. Il moro raccolse un resto di
poltiglia rossa da terra e lo scagliò contro l'uomo, che si
riparò con le mani.
"Sei tu quello che dovrebbe andarsene!" gli gridò contro
Syn, incazzato. L'uomo avvampò di rabbia e si
avvicinò, digrignando i denti.
"Brutti schifosi, dovreste solo chinare la testa di fronte alla vostra
peccaminosa situazione e pregare Dio affinché vi curi da
questa disgustosa malattia!" sbraitò il ciccione,
avvicinandosi ulteriormente. Synyster ebbe uno scatto d'ira e
colpì l'ometto in faccia, facendolo cadere all'indietro.
"Sei tu il malato, che non accetti gli altri come sono e cerchi di
imporgli le tue sporche regole, mentre, schiavo della
società come sei, non ti accorgi di ripetere quello che ti
dicono gli altri di dire. Mi fai pena, anziché rabbia"
sibilò. L'ometto rimase in silenzio, stizzito, in cerca di
qualche insulto con cui ribattere. Non ne trovò nessuno di
abbastanza 'bello', perché se ne strisciò via
nell'ombra e ci lasciò in pace.
Mi voltai verso Syn, e cercai di focalizzare il suo volto. Era
contratto, ma pallido come al solito. Un'espressione incazzata era
dipinta su tutta la faccia, mentre il moro squadrava l'area circostante
in cerca di eventuali nemici. Poi mi prese per mano e mi
trascinò via, salendo velocemente le scale. Aprì
la porta, mi fece entrare, e se la sbatté alle spalle,
mentre un altro pomodoro ci si spiaccicava sopra.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
"Non
credo di poter vivere qui" disse Syn, amaro. "Quel coglione sta ancora
tirandoci i pomodori, e probabilmente domattina quei vecchiacci
torneranno alla carica" borbottò, misurando la stanza a
grandi passi.
"Non penso che dovresti stare in un simile ambiente" aggiunse poi,
guardandomi. "Non voglio che quegli stronzi ti rovinino"
bofonchiò, camminando un altro po' e poi sedendosi al mio
fianco.
"E dove vorresti andare, allora?" chiesi, consapevole che i miei vicini
ci avrebbero reso la vita un inferno.
"Non saprei" ammise lui, scrollando le spalle. "Qualunque posto va
bene" si giustificò. Annuii, per fargli capire che la
pensavo allo stesso modo.
"Comunque fra poco comincerà il tour. Non dovremmo
preouccuparci troppo di loro" dissi, accennando alla porta di casa. Syn
mi parve un po' più rilassato, ma comunque preoccupato.
Annuì un paio di volte e deglutì, alzandosi in
piedi.
"Dovrò comunque sistemare un paio di cosette, prima di
andarmene" disse, guardando acidamente verso il portone. Intuii quello
che voleva fare, ma la cosa non mi dava troppo fastidio. Onestamente,
era anche ora che quella gente imparasse la lezione. O sbaglio?
Seguii Synyster passeggiare con lo sguardo, poi guardai l'orologio.
"È tardi..." sussurrai, soprappensiero. Syn si
voltò verso di me, pensieroso. Lanciai un'altra occhiata
all'orologio, poi mi sbottonai giacca e camicia, e le posai sulla
sedia. Come in trance, mi slacciai le scarpe e me le sfilai, levandomi
poi anche i pantaloni. Mi alzai e andai a prendere qualcosa da bere,
per poi sedermi sul bordo del letto.
"Hai l'aria stanca" notò Syn, sedendosi accanto a me.
"In effetti, sono a pezzi" ammisi, imbarazzato. Lui sorrise e si
avvicinò a me, baciandomi sulle labbra.
"Be', sappi che sei bello anche così" mormorò,
spostandomi i capelli dalla faccia. Arrossii, facendolo ridere sotto i
baffi.
"Sarà meglio che vada a cambiarmi pure io, allora" sorrise,
alzandosi e avviandosi verso il bagno. Lo seguii con lo guardo, e,
appena scomparve, mi portai una mano alla bocca. Avevo il sapore di Syn
sulle labbra, ed era così buono.. Mi stesi sulle coperte,
guardando il soffitto e fantasticando sul futuro. Come avremmo detto ai
ragazzi di noi due? Sarebbe stato un segreto, o un'informazione di
pubblico dominio? La gente si sarebbe incazzata o meno? Avremmo dovuto
parlarne, decidere insieme, prima che il tour cominciasse. Quello era
poco ma sicuro.
Quasi non mi accorsi che Syn era tornato in camera e si era sdraiato
accanto a me. Lo sentii giocare coi miei capelli, e fu per questo che
mi girai. Che bello che era, in quel momento. La pelle candida pareva
delicatissima, quasi la si potesse rompere sfiorandola. Il volto magro
era contratto in un sorriso, e gli occhi scuri avevano un'aria
dolcissima, con quell'espressione. I capelli corvini, poi, erano di una
brillantezza ammirevole, e probabilmente erano anche morbidissimi. Le
braccia, tatuate il più possibile, erano piegate sotto la
sua testa, e lasciavano intravedere i muscoli.
Guardai il petto bianco ondeggiare su e giù per un paio di
secondi, prima di avvicinarmici. Posai una mano sul cuore di Syn e poi
mi ci rannicchiai accanto, la testa posata sulla sua spalla. Lui
sorrise e mi baciò dolcemente la fronte.
"Non mi importa quello che pensano quei cretini là fuori.
Sono davvero contento di star qui con te" sussurrò,
baciandomi la mano e stringendomela. Sorrisi, stringendolo a me.
Com'era bello poterlo finalmente abbracciare, dopo tanti casini. Quando
l'energumeno mi aveva picchiato, quella stessa mattina, non avrei
sperato in un avvenimento del genere. Anzi. L'unica cosa a cui pensavo
era che sarei finito all'ospedale per chissà quanto tempo,
senza la possibilità di svegliarmi abbracciato alla persona
che amavo e, chissà, forse lui non sarebbe neanche venuto a
farmi visita. Scossi la testa, baciando il petto di Syn. No. Anche se
fosse accaduto il finimondo, lui sarebbe venuto ad accertarsi che
stessi bene. Non riuscivo ad immaginare altrimenti.
"Non mi lasciare" sussurrai, stringendo gli occhi. "Non mi lasciare mai
più".
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Passammo la notte abbracciati, respirando ognuno l'odore dell'altro.
Era la prima notte che passavamo insieme, da fidanzati. Mi sembrava
ancora un po' strano dirlo, ma strano in senso positivo. Mi faceva
sorridere, ecco. Dopo tutte le paranoie e le seghe mentali che mi ero
fatto, poter baciare Syn quando mi pareva era meraviglioso. Anche se,
in effetti, era più Synyster quello che ne approfittava.
Diciamo che io ero troppo timido per farlo, e che mi sembrava di essere
assillante, ad abbracciarlo continuamente. Syn non si faceva tutti 'sti
problemi, e, quando gli girava, mi stringeva e mi baciava su tutta la
faccia, incurante degli sguardi degli altri. 'Sono solo gelosi,
perché io posso farlo e loro no' scherzava lui tirando fuori
la lingua, mentre la gente ci guardava furtivamente. La cosa mi faceva
sorridere. Mi piaceva pensare di essere di sua proprietà,
perché era come se dicessi che, di conseguenza, lui era mio
e solo mio; che era ciò che avevo, appunto, sperato per
giorni e giorni. Sorrisi, voltandomi verso Syn. Sapevo che era sveglio,
quindi rimasi in attesa. Lui aprì li occhi e mi sorrise,
rimanendo in silenzio.
"Buongiorno" mormorai. Lui bofonchiò qualcosa, richiuse gli
occhi e mi tirò a se.
"'Giorno, meraviglia" sussurrò mezzo addormentato,
baciandomi la spalla. "Quali sono i programmi per oggi?"
domandò sbadigliando. Posai la testa sul suo petto ed esitai
un attimo.
"Potremmo andare a fare un giro fuori città.." proposi.
"Oppure organizziamo una cosa con Zacky e gli altri". Syn
annuì, senza scegliere.
"Forse sarebbe meglio chiamare i ragazzi e fare qualcosa tutti insieme"
constatai. "Non vedo Johnny da una vita" aggiunsi.
"Johnny è in vacanza, tesoro" mormorò Syn, sempre
con gli occhi chiusi. "Non lo troverai manco se lo cerchi sotto un
sasso. Sarà lontano anni luce da qui, ci scommetto la testa"
concluse. Annuii un paio di volte, immaginandomi il bassista
spaparanzato su una sdraio in qualche bella spiaggia isolata, in
compagnia di un cocktail e qualche amico. Se la stava sicuramente
spassando.
"Provo a chiamare Matt?" proposi.
"Mmh.. Mi pare andasse fuori città per il week-end, sai"
mormorò Syn.
"Oh. E Zacky, allora?"
"Sta con una certa Tyler al mare, giù in California. Gli
andava di fare il turista" rispose, mettendosi le mani sulla faccia.
"Non mi dire che siamo gli unici a stare ancora in città!"
dissi, sgomento. Lui rise, come a confermare la mia ipotesi. Mi sbattei
una mano sul volto, poi mi tirai a sedere. 'Dove posso portarlo
affinché non si annoi?' mi chiesi, mordendomi il labbro.
Idee, saltatemi addosso.
"Andiamo a vedere che aria tira giù al lago?" propose il
moro. "Un po' di isolamento non fa mai male" aggiunse. Scrollai le
spalle e dissi che per me andava bene. Lui annuì e si tolse
le mani dal volto, sbadigliando. Scesi dal letto e preparai due
caffè, portandone uno a Syn.
"Come lo vuoi?" domandai.
"Come il tuo". Annuii e gli passai il caffè. Lui ne
buttò giù un sorso e si tirò a sedere,
gemendo.
"Ma come diavolo lo bevi, tu?!" domandò con una smorfia
disgustata.
"Come capita. Questo è nero" mormorai, bevendone un sorso.
Lui mi guardò esterrefatto, poi poggiò la tazza
sul comodino e si risdraiò.
"Non sono pronto a simili cose di prima mattina" bofonchiò,
affondando la faccia nel cuscino.
"D'accordo, d'accordo, ti ci metto il latte" acconsentii, fingendo un
tono esasperato. Raccattai la tazza e mi diressi verso la cucina, dove
presi del latte e lo versai nella tazza. Poi tirai fuori lo zucchero e
ce ne misi qualche cucchiaino, tanto per addolcirlo ulteriormente.
Tornai quindi da Syn e gli porsi il suo caffè.
"Ecco a lei, signor Gates. Ci ho messo il latte, come mi aveva chiesto.
Va bene, ora?" scherzai.
"Peggio di prima non può essere" borbottò lui,
buttandone giù un sorso. Scossi la testa e tornai al mio
caffè, che avevo lasciato sul davanzale.
"Andiamo a pescare, al lago?" domandai, appoggiandomi al muro.
"Potrebbe essere un'idea" annuì Syn, a cui la cosa non
sarebbe dispiaciuta affatto. "Sai pescare?"
"Sono più il tipo che si lancerebbe nel lago con un'arpione
per acchiappare un pesce, piuttosto che uno che usa la canna, ma
sì, so pescare" risposi dando un sorso alla bevanda. Syn
ridacchiò, aggiungendo che se ci avessi provato, avrei
spaventato tutti i pesci, lasciandolo senza vittime.
"Vuol dire che mi limiterò ai metodi classici" borbottai,
pensoso. "Quanto conti di stare lì?"
"Una settimana, forse"
"D'accordo" annuii. "Dovremo controllare le previsioni del tempo" dissi
tra me e me, conscio che sarei stato io a doverlo fare. Syn si
limitò a bere un altro sorso di caffè,
rigirandosi poi la tazza vuota tra le mani.
"Da' qua" mormorai, indicandola con la testa. Syn me la
passò, e andai a posarla nel lavello. Aprii l'acqua e, dopo
averla sciacquata, misi la tazza a posto. Feci per asciugarmi le mani
sulla maglietta, ma poi mi accorsi di aver dormito solo in mutande.
Aggrottai la fronte e andai ad asciugarmi le mani sulla faccia
addormentata di Syn, che protestò, non troppo animatamente.
Mi avviai quindi verso camera mia, e misi su un paio di jeans puliti,
prendendo poi la maglietta più vicina a me. La infilai e
andai in bagno a sciacquarmi la faccia. Mi guardai allo specchio e mi
portai una mano al viso, constatando che non si era gonfiato quasi per
niente. Faceva male, però. Spostai la mano e ritornai in
salotto, dove Syn girava senza maglietta lamentandosi per il caldo.
"Prima prepari le valige, prima si parte verso il fresco" dissi
sedendomi sul letto. Lo guardai raccattare la sua roba per un po', poi
tornai in camera a fare la mia, di valigia. Ci ficcai dentro delle
magliette e dei pantaloni, poi cercai una felpa. Misi dentro pure
quella, poi mi alzai e presi calzini e mutande dal cassetto; quindi
richiusi la valigia e tornai di là. Synyster era ancora
all'inizio, quindi agguantai le chiavi e mi infilai le scarpe.
"Torno subito" esclamai chiudendomi la porta alle spalle. Corsi
giù dalle scale e uscii dal palazzo, dirigendomi verso la
fontana del paese. Syn ci avrebbe messo un'eternità, quindi
tanto valeva trovarsi qualcosa da fare. Camminai osservando i negozi
attorno a me, ma senza davvero fare attenzione a ciò che
vendevano. Arrivai alla fontana in una decina di minuti, senza aver
incontrato troppa gente. Mi sedetti sul bordo, chiudendo gli occhi e
godendomi il vento fresco che arrivava da nord. Rimasi immobile qualche
minuto, poi aprii gli occhi. Non c'era quasi nessuno nella piazza,
neanche i vucumprà che, di solito, affollavano l'area. In
effetti, erano pochi gli scemi che rimanevano in città a
fine estate, quando, invece, c'erano le gare per accaparrarsi gli
ultimi raggi di sole nelle spiagge. Misi una mano nell'acqua della
fontana e la mossi un po', prima di schizzarmi la faccia. Si stava
bene, è vero, ma un po' di fresco extra non mi faceva certo
schifo. Diedi un'occhiata all'orologio e mi alzai, avviandomi verso
casa. A circa metà strada, mi fermai in un bar, dove comprai
due cornetti e un paio di panini, che avremmo mangiato durante il
viaggio. Arrivai a casa verso le dieci e mezza, aspettandomi di trovare
Syn che armeggiava con la lampo della valigia; ma, invece, notai che
aveva già finito.
"Ti ho preso la colazione" esclamai, porgendogli un cornetto ripieno di
cioccolata.
"Grazie" sorrise lui, addentandolo.
"Quando conti di partire?" domandai, quando ebbe finito di mangiare.
"Non saprei. Anche subito" disse scrollando le spalle. Annuii, prima di
aggiungere che sarebbe stato meglio partire col fresco. Syn stette in
silenzio per alcuni secondi, poi fece un cenno verso la porta.
"Hai incontrato qualcuno?"
Scossi la testa. Fortunatamente, tutti parevano dormire profondamente.
Syn annuì, poi si alzò in piedi.
"Avanti, partiamo" annunciò, prendendo la valigia e
avviandosi verso la porta.
"D'accordo" mormorai, andando in camera a prendere la mia. Scendemmo le
scale senza fare troppo casino, e notammo che le tracce di pomodoro
erano sparite.
"Evidentemente quel tipo si vergognava del suo atteggiamento cretino"
borbottò Synyster passando oltre. Ne dubitavo abbastanza, in
quanto nel palazzo erano semplicemente tutti fissati con l'ordine, ma
evitai di dirlo a Syn. Sistemammo le valige nel bagagliaio e poi
salimmo in macchina, abbassando i finestrini.
"Hai preso tutto?" domandai.
"Credo di sì"
"Le chiavi dello chalet?"
"Sono qui" annuì, mostrandomele.
"Allora si va" annunciai, avviando il motore.
Ero stato nella casa al lago di Syn un paio di altre volte, prima di
allora, quindi conoscevo la strada. In realtà, lo chalet non
era solo di Syn, ma di tutta la famiglia Haner. Comunque, in quella
stagione, i genitori di Syn erano al mare, quindi la casa era tutta
nostra. Il che era un bene, perché sarebbe stato difficile
spiegare al padre di Syn che stavamo insieme e che eravamo
lì per passare qualche giorno da soli. Avevo visto i
genitori di Syn solo un paio di volte, ma non mi erano sembrati molto
permissivi nei confronti del figlio. No, non permissivi, non
è la parola giusta. Mi sembravano un po' all'antica, ecco.
Anche se, in effetti, la cosa non era possibile, visto che il signor
Haner era un musicista come noi; ed essere musicista implicava sempre
avere una mentalità piuttosto aperta. In realtà,
non avevo visto i signori Haner così tante volte da avere
un'opinione precisa su di loro, quindi mi limitavo a non pensare troppo
a loro. Non ci sarebbero neanche stati, quindi non avrei neanche dovuto
preoccuparmi di loro.
Sorrisi, scacciando il loro ricordo dalla testa. Ora dovevo
concentrarmi nel guidare, o avrei sicuramente finito col sbagliare
strada, portandoci chissà dove. No, non era decisamente il
momento di distrarsi; cosa che, invece, mi veniva naturale. Accellerai,
dirigendomi verso l'autostrada. Due ore di viaggio non ce le avrebbe
tolte nessuno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Durante il tragitto, guidai sempre io. Synyster cadde addormentato dopo
quaranta minuti circa, lasciandomi solo con me stesso. Cercavo di
tenermi concentrato sulla strada per evitare di venir sommerso di
pensieri come mio solito, anche perché la cosa mi stancava
notevolmente, in tutti e due i sensi. Chissà se Syn si
accorgeva di tutti i casini che creava nella mia testa, anche solo
guardandomi o dicendomi la più sciocca delle cose. A volte,
mi fermavo a guardarlo mentre dormiva e cercavo di indovinare i suoi
pensieri, anche se non ci riuscivo mai. Syn era come una bambola per
me; vedevo solo quello che voleva che vedessi. Per questo mi piaceva
così tanto osservarlo dormire: era come se ogni volta
scoprissi una nuova parte di lui, più fragile e timorosa,
che veniva sempre nascosta da quella sua aria spavalda e sicura. Non
gli piaceva farsi vedere debole, quindi indossava una maschera e
recitava la parte dell'uomo grande e grosso che non ha mai paura di
niente. Il risultato era soddisfacente, in quanto tutti lo credevano
una specie di Ercole dei tempi nostri. Io avevo avuto qualche dubbio al
riguardo solo perché ci ero passato anch'io,
perché anche io avevo avuto paura di non essere all'altezza
di quello che mi chiedeva la società. Avevo avuto paura, e
mi ero nascosto dietro una maschera di carne, che mi assicurava
tranquillità e pace anche quando dentro stavo impazzendo.
Non ero durato a lungo, però. Tutti i miei amici volevano
bene all'altro me, un alter ego creato apposta per loro, e non c'era
nessuno che mi conoscesse e apprezzasse per quello che ero realmente.
Un giorno mi ero svegliato e avevo capito che quello che loro amavano
non ero io, ma un'altra persona, e avevo deciso di cambiare. Ecco
tutto. Synyster però non era ancora a quei livelli, per
niente. Lui era se stesso, anche se un po' più
spavaldamente, e lui in prima persona lo sapeva. Che motivo avevo
quindi di preoccuparmi?
Dopo i primi dieci minuti di silenzio, cominciai a esser stufo di
guidare, ma soprattutto a essere stufo della quiete. Accesi la radio,
tenendola a volume basso, ma niente di quello che c'era mi attirava
particolarmente. Spensi l'aggeggio e pescai un cd dal portadischi.
Alzai velocemente lo sguardo per vedere cos'era, e scorsi il titolo
'Iowa'. Ripensai a Eddie e feci una smorfia, infilando poi il cd nel
lettore. Saltai direttamente a People = Shit, in quanto era la canzone
che più descrivesse le mie ultime sensazioni. Quando le
prime note invasero l'auto, mi sentii invadere da un senso di
soddisfazione indescrivibile. I miei vicini, Eddie, Cassidy... La gente
era davvero merda. Non tutta quanta, certo, ma la maggior parte
sì. Del resto, in che altro modo puoi chiamare chi picchia
la moglie, abbandona un animale o uccide un'altra persona? Feccia della
peggior specie.
Mi abbandonai alla canzone e fusi la mia rabbia con la musica,
stringendo il più possibile le mani attorno al volante. Quel
brano liberava sempre tutta la mia negatività, ed era
perfetto per quando ce l'avevo con qualcuno o qualcosa. Lasciavo che
gli altri cantassero quello che provavo io, e così facendo
mi sfogavo senza combinare casini. D'altra parte, non avevo mai voglia
di sentirmi urlare contro per qualcosa che avevo combinato, quindi mi
sfogavo sempre in qualche modo tranquillo. Non che gli Slipknot fossero
poi così tranquilli, comunque. Semplicemente, era meglio se
i casini li combinavano loro, al posto mio. Non riuscivo a tollerare la
gente che mi urlava contro, qualunque fosse il motivo della loro
rabbia. Per questo mi comportavo bene e non facevo troppe stronzate. Mi
dava fastidio sentirmi urlare addosso, proprio come mi dava fastidio
chi alzava la voce contro gli altri. È assolutamente
inutile, l'unica cosa che ottieni è far incazzare anche
l'altro. Però per certe persone è una cosa
irrinunciabile, che fa funzionare tutto. Francamente, a chiunque passa
la voglia di fare le cose, se esse gli vengono sbraitate contro. O
almeno così l'ho sempre pensata.
Avevo superato da poco la metà strada, quando cominciai a
intravedere della coda. Mi battei una mano sul volto, lasciandomi
sfuggire un 'ci mancava solo questa!'. Probabilmente c'era stato un
incidente o un tamponamento, e le cose si sarebbero tirate per le
lunghe. Abbassai il finestrino, cercando con gli occhi un cartello o un
qualcosa che avrebbe potuto spiegarmi qualcosa di più, ma
non trovai niente. Richiusi il finestrino fino a metà,
sospirando. Avevo una gran voglia di parlare, ma non volevo svegliare
Syn. Diedi un'altra occhiata fuori dall'auto, e notai che c'era un tipo
che fumava nella vettura accanto alla mia.
"Ehy, scusa!" scattai, abbassando il finestrino. "Sai cos'è
successo?"
"Probabilmente un incidente" rispose quello, tirando una boccata dalla
sigaretta. "Ho la radio accesa, appena dicono qualcosa ti avverto"
annuì, liberando il fumo. Ringraziai e cominciai a
picchiettare le dita sul cruscotto, annoiato. Il tipo non sembrava aver
molta voglia di conversare, infatti finì la sua sigaretta in
silenzio e richiuse il finestrino velocemente, come a dire 'non provare
neanche ad attaccare bottone'. Sospirai e accesi la radio, cercando di
carpire qualche notizia riguardante la situazione, ma non ci fu neanche
un accenno al riguardo. Spensi l'attrezzo, sconsolato, e appoggiai la
faccia sul volante. Sarebbe stato un lungo, lungo viaggio.
Arrivammo a destinazione due ore dopo. La coda era durata una decina di
chilometri a causa di lavori in corso non segnalati, e la cosa aveva
irritato parecchi automobilisti, che erano scesi dalle macchine per
protestare. Io, sinceramente, ero troppo sollevato che la coda fosse
finita per andare lì e incazzarmi con dei poveri operai,
quindi andai oltre. Per il resto del tempo, il viaggio fu abbastanza
piacevole. L'asfalto era nuovo e si sfrecciava che era una meraviglia,
anche se il limite di velocità era piuttosto basso. Quando
poi era arrivata la strada sterrata, la macchina si era comportata
bene, e sulla strada non c'erano stati neanche tanti sassi. Non avevo
sofferto le curve, ed ero riuscito a trovare lo chalet senza troppi
problemi. Tutto sommato, ero fiero di me. Scesi dall'auto e respirai
l'aria fresca per qualche secondo, poi tornai indietro e aprii la
portiera di Syn. Gli slacciai la cintura e gli sfilai le chiavi dalle
mani, quindi aprii casa e portai i bagagli su in camera. Tornando
giù, aprii le finestre e feci scorrere un po' l'acqua, per
scacciare il gusto di vecchio. Una volta al piano terra, diedi
un'occhiata a Syn e constatai che dormiva ancora. Raccattai quindi una
scopa e diedi una pulita all'appartamento, in modo da non farci venire
un'attacco allergico durante i primi dieci minuti di soggiorno. Dopo
aver spazzato, posai i panini sul tavolo e misi delle bibite in frigo,
che avevo acceso pochi minuti prima. Andai quindi da Syn e lo guardai
qualche secondo. Mi chiedevo se avrei dovuto svegliarlo o lasciarlo
dormire un altro po'. In fondo, era così carino e pacioso
che mi sembrava un peccato portarlo via dal mondo dei sogni. Sorrisi,
colto dall'impulso di abbracciarlo e stritolarlo. Decisi che, se si
fosse svegliato, non sarebbe stata la fine del mondo, quindi mi
avvicinai e gli sfiorai le labbra con un bacio. Lui mi
accarezzò la guancia e contraccambiò il bacio,
lentamente.
"Eri già sveglio?" domandai sottovoce.
"Da pochi secondi" mormorò lui, baciandomi nuovamente.
"Perché non mi hai svegliato?" chiese.
"Sembravi così carino e contento che mi sembrava uno spreco"
sorrisi. Lui fece una smorfia allegra e mi levò la mano dal
viso. Mi spostai, in modo da lasciargli spazio per scendere, e mi
avviai lentamente verso lo chalet.
"Vieni, ho messo da bere in fresco" esclamai con un sorriso. Lui
sbadigliò, seguendomi. Lasciai la porta aperta alle mie
spalle, e presi due lattine di birra dal frigo, di cui una, la
più fresca, destinata a Syn. Le posai sul tavolo, accanto ai
panini, e mi girai verso il moro.
"Hai fame?" domandai, indicando il cibo con la testa. Lui
annuì e si sedette davanti alla sua birra.
"Sto morendo" mormorò afferrando un panino. Sorrisi,
agguantando quello rimasto e scartandolo. Mangiammo velocemente e
andammo a berci le birre in giardino, spaparanzati su una vecchia
sdraio posta all'ombra di un albero. Annunciai a Syn che avevo portato
i bagagli nella camera al secondo piano, e che avevo dato una ripulita
veloce al piano terra, mentre lui borbottava un qualcosa riguardo me e
la mia efficienza nelle pulizie. Finii la mia birra con calma e
aspettai che anche Syn finisse la sua, in modo da buttarle insieme. Poi
mi risedetti accanto a lui e gli domandai che cosa avremmo fatto nel
pomeriggio. Lui rimase in silenzio per un po', a raccattare le idee e
sceglierne la migliore.
"Potremmo andare direttamente al lago" mormorò. "Oppure
potremmo fare un'escursione su per la montagna". Feci una smorfia e
decisi che il lago andava più che bene.
"L'escursione facciamola un'altra volta. Ho guidato un sacco, e voglio
rilassarmi" spiegai. Il moro non fece obiezioni, e rimase sdraiato un
altro po'. Alla fine si alzò e andò a cercare
delle canne da pesca e dei secchi.
"Dovremo andare a comprare le esche" aggiunse. "o non prenderemo
niente". Mise l'occorrente nel bagagliaio e lo chiuse con forza, poi si
sedette al posto di guida, allacciandosi la cintura. Lo guardai
accigliato, e lui rispose che avevo guidato fin troppo e che ora era il
suo turno. Mi sedetti accanto a lui con un 'come ti pare' e aprii il
finestrino. Il moro fece retromarcia e si avviò quindi verso
il paese, che sorgeva trecento-quattrocento metri più in
basso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Il paese era un classico paesino medievale, di quelli con il castello,
la fontana nella piazza principale, e tutto il resto. Era piuttosto
carino, anche se non ci avrei mai abitato. Preferivo i posti affollati,
in cui puoi passare inosservato con facilità e in cui non ti
sparlano dietro per ogni minima idiozia, come invece accade in tutti i
piccoli paesi dimenticati da Dio. In un certo senso, però,
la cosa era comprensibile. Che altro avevano da fare, quei poveracci,
se non notare ogni piccola cosa? Mi facevano abbastanza pena.
Syn parcheggiò in una via larga, accanto a un Suv giallo.
'Strano colore per un Suv' pensai, entrando nel negozio. Sentii Syn
salutare, quindi feci la stessa cosa. Il negoziante rispose con un
cenno del capo, e poi si dedicò completamente a Syn,
dimenticandosi della mia esistenza. Approfittando della sua
distrazione, mi misi a osservare bene il negozio. Era abbastanza
piccolo, ma molto arioso e ben illuminato. Gli scaffali traboccavano di
roba di ogni tipo, dalle esche alle tagliole, e dal soffitto pendeva
una rete da pesca gigante. Sul muro accanto alla cassa, poi, c'era un
lungo articolo di giornale, che probabilmente parlava del negozio o del
proprietario. Sulla porta era attaccato un sonaglio a forma di pesce,
dall'aria molto simpatica. Stavo fissando quel pesce, quando sentii Syn
salutare il commesso. Salutai anch'io e risalii in macchina, mentre Syn
mi passava le borse.
"Bel posto, eh?" osservò. "Ci vado da quando ero piccolo. Il
proprietario mi ha visto crescere, ormai" sorrise. Annuii e strinsi le
borse 'della spesa'. Mi sarebbe piaciuto vedere com'era Syn da piccolo.
Doveva essere stato sicuramente molto carino.
"Siamo arrivati" annunciò lui, dieci minuti dopo. Scivolai
fuori dall'auto e mi avvicinai al lago, che era di un verde
più vivo che mai.
"Wow!" esclamai. "È bellissimo!". Syn annuì,
raggiungendomi con canne e secchi.
"Sono le alghe a farlo sembrare così" mi spiegò
il moro. "Sono di un verde fantastico. Se ne pesco una, te la faccio
vedere" aggiunse. Sorrisi e mi avvicinai al pontile, sedendomi. Guardai
la distesa d'acqua per un po', poi mi voltai verso Syn e presi una
canna. Lui si sedette accanto a me e mi mostrò come si
infilava l'esca nell'amo, poi fece un primo tiro. Non
abboccò niente, sfortunatamente. Con una smorfia, Syn si
alzò e sistemò la sua canna. Tirò
quindi l'amo lontano, e aspettò qualche decina di secondi.
Ripeté l'operazione un paio di altre volte, prima di
cambiare posto. Guardai nell'acqua alla ricerca di qualche pesce, ma
non vidi molto. Qualche movimento di pinne, e tutte le bestie
scomparivano. Aggrottai la fronte e feci un altro tiro, imperterrito.
Synyster's POV:
Dannazione, non abboccavano mica, i pesci! Avrò tirato l'amo
una cinquantina di volte, senza mai ottenere successo. Cominciavo a
dubitare seriamente della mia bravura. 'Nah, sarà che ci
sono pochi pesci' mi dissi, lanciando nuovamente l'amo. Morivo dalla
volta di acchiappare qualcosa, ma non vedevo neanche l'ombra di un
animale, giù nel lago. Imprecai, spostandomi più
a sinistra. Più che altro, ci stavo facendo una figura
tremenda agli occhi di Arin. Dopo aver detto che pescavo da quando ero
piccolo, non potevo tornare a casa senza un singolo bestio. Continuai a
lanciare l'amo per un paio di minuti, poi mi voltai verso il ragazzo.
Tirava sassi nel lago, aumentando la grandezza delle pietre sempre di
più. Sorrisi, rivedendo me da bambino che giocavo sul
pontile. Tornai al mio 'lavoro' con un sospiro, mentre il suono sordo
dei sassi aumentava di volume. Dava tranquillità, dopotutto.
Mi concentrai sulla pesca, dimenticando tutto il resto per una decina
di minuti. Ad un certo punto, sentii finalmente abboccare. Cominciai a
tirare, puntando i piedi e girando il mulinello. 'Tira forte, il
maledetto!' imprecai tra me e me.
"Daaaiii!" esclamai, tirando con molta più forza. Il pesce
sembrò stupito della mia mossa, e fu costretto a fare molta
più resistenza. Era troppo tardi, comunque. Dopo un paio di
altri secondi di sforzi, tirai fuori la mia vittima.
"Uoh!" esclamò la figura davanti a me. "Tiri forte!"
....Arin?
Lui scoppiò a ridere, togliendosi i capelli dalla faccia.
"Non ho resistito, scusa!" rise. Lo guardai strano per un paio di
secondi, poi scoppiai a ridere.
"Tu sei tutto matto!" esclamai.
"E anche vestito!" aggiunse lui, abbandonando la presa. "Non hai idea
di come pesino questi jeans" borbottò divertito. Posai la
canna accanto a me, scuotendo la testa. "Almeno l'acqua è
calda" gorgogliò, prendendone un po' in bocca e poi
sputandomela addosso. "Senti?" domandò con una smorfia. Lo
schizzai con una mano, allontanandolo.
"Ma va via, va'! Anzi, ancora meglio, mandami un po' di pesci da questa
parte!" esclamai, indicando l'altra parte del lago col capo. Arin fece
il saluto militare e si dileguò con un 'signorsì,
signore!". Scossi la testa, guardandolo nuotare. Quello era tutto
matto, date retta a me. Tutto matto. Eppure mi piaceva, quel suo essere
così spensierato, imprevedibile. Lo rendeva molto
più interessante di Cassidy, e ti faceva sorridere,
soprattutto. Sorrisi, infatti, e lo osservai far casino dall'altra
parte dello specchio d'acqua. Aveva preso il suo compito davvero sul
serio, a quanto pareva. Risi, mentre il ragazzo si immergeva alla
ricerca di vittime. Aveva un'aria così contenta e rilassata
che non potevi non sentirti calmo a tua volta. Aspettai qualche altro
minuto, poi mi alzai e lanciai l'amo. Ancora niente.
"Fa' un po' più di casino, Arin!" urlai, avvicinandomi una
mano alla bocca. Lui alzò il pollice e si immerse, nuotando
un po' in giro.
"Non ci sono pesci, Syn!" gridò di rimando. "O almeno, non
ne vedo nessuno!" aggiunse. Annuii e gli feci cenno di tornare accanto
a me. Lui diede un'ultima occhiata sott'acqua e si avviò
verso il pontile, prendendosela comoda. Quando arrivò, gli
allungai una mano per issarsi fuori dal lago. Per tutta risposta, lui
mi tirò giù accanto a se, aspettando che
risalissi a galla per baciarmi.
"Ma che diavolo...?" Cominciai.
"Volevo assaggiarti anche in questa circostanza" disse lui, alzando le
spalle. Sorrisi dolcemente e lo strinsi a me, per poi trascinarlo
sott'acqua.
"Ma che..!" boccheggiò lui, emergendo freneticamente.
"Era la mia piccola vendetta" spiegai. "Anche se il bacio mi
è piaciuto" aggiunsi con una smorfia allegra. Lui mi
schizzò, avvicinandosi poi alla riva. "Be'?" domandai. "Mi
lasci qui così?"
"Hai ragione" disse lui, fermandosi. Tirò fuori la lingua e
fece una smorfia, poi uscì dall'acqua. Scoppiai a ridere mio
malgrado, e seguii il suo esempio. Mi strizzai l'acqua fuori dai
capelli e feci lo stesso con la maglietta, mentre Arin si occupava dei
suoi pantaloni. Un venticello fresco si alzò, facendoci
rabbrividire. Raccattai velocemente la nostra roba ed entrai in auto,
allacciandomi la cintura. Aspettai che il ventenne facesse lo stesso e
poi misi in moto, guidando verso casa. Lui mi guardò e
scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con la mano.
"Che c'è da ridere, ora?" borbottai divertito. "Non mi
sembra che tu sia messo meglio di me" aggiunsi indicandolo.
"No di certo!" acconsentì lui, trattenendo le risate.
"Lo dicevo io, che sei mezzo pazzo" mormorai alzando gli occhi al cielo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
Synyster's POV:
Dopo cinque minuti circa, arrivammo allo chalet. Parcheggiai l'auto
alla bell'e meglio e aprii casa, mentre Arin mi guardava tremante.
Avendola lasciata chiusa, la villetta era abbastanza tiepida. Sorrisi,
sollevato.
"Vado a farmi una doccia" mormorò il mio amico, avviandosi
su per le scale e sfregandosi le mani. Mi levai la maglietta,
lasciandola ad asciugare sulla finestra. Una doccia. Mica male, come
idea.
Arin's POV:
Devo ammettere che tuffarmi nel lago non rientrava nei miei piani.
Avevo pensato di far qualcosa per rompere la noia, è vero,
ma... Diciamo che non ci avevo neanche pensato, prima di farlo.
Tuttavia, una volta uscito, non mi aspettavo di trovare vento. A quel
punto, mi era dispiaciuto aver trascinato Syn giù con me.
Sperai vivamente che non prendesse il raffreddore, e mi fiondai su per
le scale. Agguantai dei vestiti e un asciugamano ed entrai in bagno,
veloce. Posai il tutto su una mensola e accesi l'acqua, tremando
leggermente. Lasciai i miei vestiti zuppi a scolare nel lavandino, ed
entrai nella doccia. Lasciai che l'acqua scaldasse il mio corpo, poi
cominciai a levarmi i pezzi di alga dai capelli. Avevo appena
finito, quando lo sportello si aprì.
"Ehilà. C'è spazio per due?" domandò
Syn, entrando e posizionandosi accanto a me. Mi attaccai al muro,
lasciandogli prendere il getto d'acqua calda, e lo guardai. Piccole
goccioline correvano lungo il suo volto e il suo petto muscoloso,
scivolando verso il basso. Arrossii e deglutii, senza abbassare lo
sguardo. Syn fece una smorfia compiaciuta e mi tirò a se,
facendomi scivolare sotto il getto bollente.
"Ciao, tesoro" sussurrò. "Sei tanto bello, lo sai?".
Arrossii ancora di più, mentre il moro mi baciava la bocca.
"Sei bello. Dannatamente bello" continuò. "Non sai come ti
voglio, ora" mormorò, baciandomi sul collo. Mi lasciai
sfuggire un gemito di piacere, e Syn non se lo perse.
Cominciò a baciarmi in faccia, accarezzandomi il petto e
scendendo pian piano verso il basso. "Faccio tutto io"
sussurrò con voce provocante, mentre riprendeva a baciarmi.
Schiusi le labbra, lasciando entrare la sua lingua nella mia bocca. Ci
baciammo per una decina di secondi, poi Syn cominciò a
leccarmi il petto, accarezzandomelo con gesti circolari.
Risalì quindi verso il mio collo, baciandomelo in
più punti e lasciando che la sua mano scendesse ancora. Una
volta raggiunto il mio pene, cominciò a strattonarmelo e a
leccarmi la faccia, socchiudendo gli occhi. Chiusi i miei e mi lasciai
sbattere contro il muro, ansimando. Baciai il moro più
volte, facendo scorrere le mie mani lungo il suo petto. Presi la sua
mano e la posai sulla mia spalla, spostando poi le mie lungo i suoi
fianchi. Mi abbassai e cominciai a leccargli il petto, alternando anche
qualche bacio. Feci scivolare le mie mani vicino alla sua 'bestia' e lo
presi tra le mani, tirandolo verso me. Continuai a strattonare,
baciando il moro con foga. Lo sentii ansimare e continuai, leccandogli
la guancia. Lui mi prese il volto tra le mani e mi baciò,
venendomi sulla mano.
"Sei così bello" sussurrò, baciandomi ancora.
Chiuse l'acqua e aprì l'anta della doccia con un fianco,
leccandomi la mano e stringendomi a se. Poi mi trascinò via
di peso, continuando a baciarmi. Uscimmo dal bagno attaccati l'uno
all'altro, la sua mano che correva lungo la mia schiena e la mia che
stringeva il suo viso al mio. Il moro mi leccò la faccia,
buttandomi sul letto e scivolandomi sopra. Gli leccai il petto,
mordicchiandoglielo. Lui accellerò leggermente il respiro e
sentii che l'eccitazione lo si era ormai impossessata di lui.
"Voltati" sussurrò ansimando. Non me lo feci dire due volte
e mi girai, mentre le mani del moro mi stringevano i polsi,
attaccandomeli al letto. Sentii la sua lingua lungo la schiena,
più volte, e poi un dolore lancinante, giù, in
basso. Ansimai, lasciandomi sfuggire un gemito. Syn mi baciò
il collo, respirando velocemente e gemendo soddisfatto. Mi sentii
improvvisamente invadere dal piacere, mentre il moro stringeva la presa
sui miei polsi.
"Più giù" ansimai. "Fallo entrare tutto"
sussurrai, stringendo i pugni. Per un attimo mi mancò il
respiro, mentre Syn si andava su e giù per la mia schiena.
Dolore e piacere. Un mix perfetto. Lanciai un gemito e Synyster mi
baciò la base del collo, alzandosi e abbassandosi per
l'ultima volta. Voltai la testa e baciai il braccio del moro, che si
era ormai sdraiato accanto a me, sfinito.
"Ti... Amo..." sussurrò, senza respiro.
"Ti amo anch'io" mormorai, stringendogli la mano.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Fui
il primo ad alzarsi, il giorno dopo. Scivolai velocemente fuori dal
letto, senza far rumore, e uscii dalla camera, diretto verso il bagno.
Dal soppalco in cui ci trovavamo, riuscivo a vedere tutto quello che si
avvicinava alla casa, e questo fu esattamente ciò che
accadde quella mattina. Tornai velocemente sui miei passi e mi
inginocchiai sul letto, avvicinandomi al moro.
"Syn! Svegliati, Syn!" esclamai, scuotendolo. Lui aprì un
occhio e sorrise, ancora addormentato.
"Syn, devo dirti una cosa!" annunciai.
"Dopo, tesoro. Porta qui il tuo culetto dolorante e baciami, invece"
rispose, sporgendosi verso di me. Contrassi le labbra, allontanando la
testa.
"Syn, è importante!" ribattei.
"Va bene, va bene" acconsentì lui. "Di che si tratta?"
"I tuoi genitori... Sono qui, ora" mormorai, mentre la ghiaia veniva
calpestata da una ruota. Syn spalancò gli occhi e
saltò giù dal letto, andando a indossare un paio
di jeans.
"Merda merda merda" imprecò, infilandosi la maglietta.
Seguii il suo esempio e mi vestii, correndo a rifare il letto.
"Io vado a ripulire la doccia!" annunciai. Lui annuì,
aprendo le finestre, sistemandosi i capelli e correndo giù
per le scale. Feci scorrere l'acqua qualche secondo, e poi lavai via le
tracce del nostro passaggio il più velocemente possibile,
calcolando comunque che sentivo un dolore lancinante al sedere.
Asciugai tutto con uno straccio e aprii la finestra, correndo poi in
camera a mettermi le scarpe.
Synyster's POV:
Non mi aspettavo che i miei tornassero così presto. Li
credevo sperduti da qualche parte nel mondo, ovunque ma non qui. Corsi
per le scale saltando gli scalini due a due, e mi fiondai fuori dalla
porta.
"Mamma! Papà!" esclamai, raggiungendoli.
"Brian!" fece mia madre. "Già che sei qui, aiutaci coi
bagagli" ordinò, accennando alle valige col capo.
"Bagagli? Quanto avete intenzione di rimanere?" domandai con un filo di
voce.
"Una settimana, più o meno. Tuo padre ha bisogno di un po'
di calma, vista la vita che fa" mi informò la donna. Annuii,
senza spiccicar parola.
"Mi sembri pallido, Junior. Non è che stai male?"
domandò mio padre, sollevando una valigia.
"Ieri sono andato al lago" buttai lì. "Il mio amico mi ha
spinto dentro". Mia madre si girò a guardarmi.
"Hai portato un amico?" domandò. Annuii, varcando la soglia
di casa. "E dove dorme?"
"Con me, ma'. Siamo arrivati tardi, non abbiamo neanche disfatto le
valige" risposi, posando il bagaglio a terra. Lei mormorò un
'oh' e rimase a guardarmi.
"Non credi sarebbe ora di disfarle?" domandò con tono
autoritario.
"Sì, certo, come vuoi" borbottai. Disfare le valige. Ah!
Avrei portato Arin via da qui il più presto possibile, altro
che valige.
"Serve altro aiuto?" chiesi, avviandomi verso le scale. Udii un 'no',
quindi salii ed andai a cercare Arin. Lo trovai seduto sul letto,
alquanto pallido.
"Be'?" domandò. "Che dicono?". Mi sedetti accanto a lui e lo
baciai, accarezzandogli il volto.
"Per ora niente" sussurrai. "Ma conto di dileguarmi prima che
sospettino qualcosa" aggiunsi. Lui annuì, guardandomi poi
negli occhi.
"Dove... dove dormirò, io?" chiese poi.
"Ti monterò una branda qui, nella mia stanza" mormorai,
mentre lui annuiva. "Ora, comunque, devo presentarti ai miei" aggiunsi.
Arin deglutì e impallidì leggermente,
così lo strinsi e gli accarezzai la schiena. "Avanti, non ti
preoccupare" sussurrai. "Non gli permetterò di mangiarti"
conclusi, divertito. Lui annuì, senza convinzione. Mi alzai
e gli tesi la mano, indicando la porta. Con indecisione, Arin la
strinse e mi seguì fuori, dove mia madre stava prendendo il
sole e mio padre armeggiava con la macchina. Sentii che mi stringeva la
mano, mentre con voce più tranquilla possibile lo presentavo
ai miei come il mio migliore amico. Il ragazzo salutò
cordialmente, e mia madre lo squadrò.
"Si direbbe che ha paura di noi" osservò acida. Arin mi
guardò con aria persa, ma io sorrisi.
"Voi mettete tutti in soggezione, ma'. Dovresti esserci abituata, no?"
ribattei. Lei annuì, mentre mio padre andava a stringere la
mano al castano.
"Piacere, Brian" annunciò.
"Io sono Arin. Piacere di conoscerla" rispose il ragazzo, sorridendo
leggermente.
"Quella è mia moglie, invece" concluse. Arin la
salutò gentilmente, anche se lei rimase in silenzio. "Bene,
ora che ci siamo presentati, che ne dite di sederci a bere qualcosa?"
propose Papa Haner. Annuii distrattamente, guardando mia madre. Lei si
avviò semplicemente verso casa, togliendosi gli occhiali da
sole dal volto. Probabilmente non le andava a genio che avessi invitato
un maschio, al posto di una qualche ragazza. Trascinai Arin dentro con
me, e presi un paio di birre dal frigo.
"Questo è tutto quello che abbiamo" annunciai. "Pensavamo di
star qui fino a domani, quindi non abbiamo portato altre bibite"
aggiunsi. Mio padre guardò la birra con felicità
e se ne versò un bicchiere, mentre mia madre lo fulminava
con lo sguardo.
"Allora, ragazzi! Qualche idea su cosa fare questo pomeriggio?"
domandò allegro.
"Pensavo di andare a fare una camminata su per la montagna" snocciolai,
dando un sorso alla birra.
"Bel programma!" commentò. "In fondo, il tuo amico ha
proprio bisogno di smaltire un po' di ciccia" aggiunse. Arin sorrise,
accerchiando il bicchiere con le mani. "Be', direi che per me il relax
è finito" borbottò quindi, alzandosi dalla sedia.
"Tua madre vuole che vada a spaccar legna. Ci vediamo stasera" ci
salutò, uscendo dalla porta. Mia madre ci guardò
severamente, come se avesse capito tutto.
"Se vuole, ho una bottiglia di succo in borsa, signora"
mormorò Arin, cercando di alleviare la tensione. Mamma
sorrise, annuendo.
"Direi che sarebbe perfetto, grazie! Di birra ne ho fin sopra i
capelli, a forza di aver a che fare con questi due" scherzò.
Arin sorrise e si congedò silenziosamente, andando a predere
la bottiglia. Osservai mia madre in silenzio, cercando di capire cosa
aveva in mente.
"Be'?" domandai. "Non eravate in vacanza?". Lei scrollò le
spalle.
"Ci andava di cambiare, una volta tanto" buttò lì.
"Comunque noi partiamo domani" la informai. "Dobbiamo assolutamente
tornare in città" sottolineai. Lei fece una smorfia,
borbottando qualcosa fra se e se. La guardai contrariato, mentre Arin
tornava.
"Ecco, tenga" fece, imbarazzato.
"Grazie tante" rispose lei, aprendo la bottiglia e versando un po' del
contenuto nel suo bicchiere. "Allora, vi state divertendo?"
domandò. Guardai Arin, mentre lui sorrideva.
"Sì, è proprio bello, qui" disse.
"Ne sono contenta" sorrise lei, senza molta emozione. Il ragazzo lo
notò, e si sentì a disagio.
"Be', mamma, penso proprio che io e Arin andremo a farci quella
benedetta passeggiata" borbottai, alzandomi dal tavolo. Spinsi il
giovane fuori dalla porta e mi avviai verso il bosco.
"Quella ha qualcosa in testa, ci scommetto" borbottai acido. Arin si
guardò indietro, poi mi raggiunse.
"Non mi pare molto contenta di avere un ospite" osservò.
"Valla a capire, quella!" esclamai. "Non ha mai visto di buon occhio i
miei amici. Solo le ragazze le piacevano!" borbottai. Arin
abbassò lo sguardo, trotterellandomi dietro.
"Hai davvero intenzione di scalare il monte?" domandò.
"Affatto. Se ti faccio camminare troppo, mi ritroverò a
baciare le tue ossa, altro che la tua pelle" sorrisi. Lui
seguì il mio esempio, saltando da un sasso all'altro.
"Andremo da un'altra parte, invece" lo informai. "È molto
più vicina, e molto più bella" aggiunsi. Poi lo
presi per mano e sparii in mezzo alla vegetazione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
Tornammo
a casa verso sera. Il punto dove mi aveva portato Syn era molto
suggestivo, e lasciava intravedere tutta la vallata. C'era un vecchio
tronco ricoperto di licheni su cui potevi sederti e ammirare il lago
oppure mangiare qualcosa. Accanto al tronco, c'era un gruppo di
soffioni che ondeggiava, spinto dalla brezza. Lo spiazzo era circondato
da alberi altissimi, su cui tanti uccelli avevano fatto il nido, e
sull'albero più alto spuntava un gran buco, in cui
probabilmente qualche animale aveva fatto la tana. Davvero un bello
spettacolo. Comunque, eravamo scesi allo chalet dopo aver guardato il
tramonto, per evitare che i genitori di Syn ci chiedessero cos'avevamo
fatto tutto quel tempo. Una volta scesi, notammo che dall'interno della
casa fuoriusciva un leggero vociare femminile, come se ci fossero
più donne oltre alla madre del moro. Ci avviammo verso la
porta ed entrammo, attirando l'attenzione dei suoi.
"Tesoro!" esclamò la signora Haner al figlio. "Guarda chi
abbiamo invitato!" disse, indicando la ragazza accanto a se.
"Sybil..." boccheggiò Syn, sgranando gli occhi.
"Brian!" esclamò lei. "Oh, Brian, sei proprio tu!" sorrise,
abbracciandolo. "Sapessi quanto ho aspettato il tuo ritorno!"
mormorò, la testa appoggiata sul petto del moro.
"Mi sei mancata anche tu" rispose lui con un sorriso. Poi lei
alzò il volto e lo baciò sul collo e sulla
guancia, sorridendo.
"Oh, ho così tante cose da raccontarti!" esclamò
la ragazza, stringendogli la mano tra le sue. "Avanti, vieni!" disse,
trascinandolo fuori. Sentii la porta sbattere, e poi mi voltai verso i
genitori di Syn, cercando di nascondere la mia confusione. Il signor
Haner sorseggiava la sua birra fissando la porta, mentre la signora
pareva più che soddisfatta.
"Avanti, Arin, andiamo a guardare la partita" disse lui, mettendomi una
mano sulla spalla e facendomi sedere sul divano. "Tanto quella lo
monopolizzerà per tutta la sera" aggiunse, guardando storto
sua moglie. Annuii, cercando di sembrare calmo, e passai il telecomando
al signor Haner. Lui si sistemò accanto a me e accese la tv,
senza aver davvero voglia di guardarla. Si voltò verso di me
e mi mise una mano sulla spalla.
"Ancora qualche ora e quell'oca se ne va" annunciò.
"Dobbiamo resistere ancora per un po'" aggiunse. Annuii, abbracciandomi
le ginocchia. Sarebbe stata una serata molto lunga.
Synyster's POV:
Quando aprimmo la porta e vidi Sybil, fu come se tutto si fosse
fermato. Non mi aspettavo proprio di vederla, e da una parte avrei
preferito che non fosse venuta. Era stata la mia prima cotta, e me
l'ero data a gambe quando lei mi aveva detto di amarmi, un anno prima.
Non fu un'azione molto cavalleresca da parte mia, ma che ci potevo
fare? Dopo che mi aveva rifiutato, anni prima, vederla mi metteva
tristezza, e sapere che mi amava mi aveva solo riempito di rabbia.
Eppure, ora ero contento di poterla riabbracciare, di poter risentire
il suo dolce profumo sulla pelle. Avevo sentito molto la sua mancanza,
ma me ne resi conto solo in quel momento. Quando lei mi corse incontro,
fui abbastanza tentato di fare lo stesso. La mia cara, vecchia Sybil!
L'avevo amata molto, a suo tempo, e ancora le volevo bene. Era come una
sorella per me, eppure c'era qualcosa di lei che mi attirava, che mi
faceva pensare che forse avremmo dovuto essere qualcosa di
più. Mia madre non aveva fatto altro che ripetermelo, lungo
tutti questi anni, 'fidanzati con lei, fidanzati con lei'. Non le avevo
mai dato retta, ma lei non si era rassegnata. Già il fatto
di trovarmela qui era una conferma del fatto.
"Avanti, vieni!" esclamò Sybil, trascinandomi fuori. Mi
portò sotto la veranda, dove andavamo da piccoli, e si mise
davanti a me.
"Guarda, Brian" mormorò dopo aver parlato per un bel po',
prendendomi le mani e posandosele sui seni. "Sono cresciuti. Sono
cresciuta anch'io, sai? Non farò lo stesso errore dell'altra
volta, non ti lascerò più scappare"
sussurrò, baciandomi le labbra. "Non abbandonarmi di nuovo"
continuò. "Ne potrei morire. Ti ho aspettato tutto questo
tempo; sono rimasta qui per te. Sapevo che saresti tornato da me, prima
o poi! E ora che sei qui, rimanici. Rimani qui con me, ti prego"
mormorò, baciandomi le mani. "Lo so che mi ami, Brian. Ti
prego, resta qui. Saremo felici, insieme. Andremo a pesca, faremo delle
feste, viaggeremo in tutto il mondo... Saresti felice, Brian. Molto
più che con qualsiasi altra ragazza della Terra!"
esclamò, cercando di nuovo le mie labbra. Volevo spostarmi,
dirle che ero già felice, ma non riuscivo a muovermi. Era
questo il trucco di Sybil, ti stregava coi suoi grandi occhi
verdi e ti faceva fare tutto quello che voleva, quando voleva. Ero
caduto vittima di quel trucco tante volte, ma ultimamente aveva smesso
di farmi troppo effetto. Sentii le sue mani lungo la schiena, e le sue
labbra premute contro le mie. Non volevo che finisse così.
La spinsi lontano, nel buio, e indietreggiai.
"Brian!" esclamò lei, irritata. "Che fai?!"
domandò, alzandosi in piedi.
"Stammi lontana, Sybil. Tu non sei altro che un fastidioso ricordo"
sibilai. "Lasciami in pace una volta per tutte!" conclusi, rientrando
in casa. Fanculo. Sentirla parlare così faceva male,
riapriva la vecchia ferita del suo rifiuto. Era passato tanto tempo
ormai, ma lei non era cambiata. Sempre la solita ragazzina, convinta
che il mondo possa cadere ai suoi piedi dopo un battito di ciglia.
Forse era così per tanta gente, ma non per me. Odiavo quel
suo modo di fare, e mi ero illuso di poterla cambiare, di farle aprire
gli occhi. A quanto pareva, avevo fallito.
Scivolai silenziosamente al fianco di Arin e gli strinsi la mano.
"Chi vince?" domandai, mentre lui si voltava verso di me.
"Syn!" esclamò. "E la tipa?". Scrollai le spalle.
"Sta guardando le stelle, credo" buttai lì. "Avanti, dammi
una mano a montare la branda" dissi, facendo cenno al piano di sopra.
Lui annuì, sorridendo, e mi seguì. Una volta di
sopra, aprii l'armadio, cercando lo scheletro del letto, e lo portai in
camera mia, mentre Arin trascinava un materasso. Lo posizionai al suo
posto e mi ci sedetti sopra, facendo sedere il castano su di me e
baciandolo dolcemente. Lui contraccambiò, accarezzandomi il
volto.
"Hai un sapore strano" mormorò. Voltai la testa, come
imbarazzato da quell'affermazione, e lui mi guardò. "Syn...
Che avete fatto?" domandò con voce rotta. Lo abbracciai,
accarezzandogli la schiena.
"Io niente stavolta" risposi. "È tutta colpa sua..."
sussurrai. Lui mi guardò, annuendo, e lo strinsi
più forte. Povero il mio Arin. Doveva essersi accorto di
come l'avevo guardata, quando mi ero accorto della sua presenza,
proprio come doveva essersi accorto delle occhiate maliziose che lei mi
rivolgeva.
"Ti sei annoiato tanto?" chiesi, cercando di cambiare argomento. Lui
non rispose, lasciandomi intuire la risposta. "Mi spiace" sussurrai,
baciandogli la spalla.
"Non ti preoccupare" fece lui, sorridendo. "Tuo padre è
stato molto gentile. Credo abbia capito che ero agitato,
perché è stato con me tutto il tempo, a parlarmi
di voi e della casa. Non ce l'ho con te perché le vuoi bene"
cominciò. "Per me puoi fare tutto quello che vuoi, con lei"
aggiunse, con un sorriso forzato. Improvvisamente mi sentii invaso da
un senso di tepore, affetto. Arin doveva amarmi davvero tanto per dire
una cosa del genere, specialmente dopo aver visto come si era
comportata lei. Strinsi il suo viso fra le mani e lo baciai a lungo,
accarezzandogli il volto.
"Mi bastano le tue, di labbra" mormorai, staccandomi dal suo corpo. Lui
sorrise, abbracciandomi. Rimanemmo lì una decina di secondi,
poi ci alzammo e scendemmo di sotto, per non far insospettire troppo i
miei. Papà era ancora sul divano, godendosi gli ultimi
minuti della partita, e mamma stava cucinando qualcosa. Sybil doveva
essere fuori, seduta da qualche parte. Mi sentii in colpa e fui tentato
di andare a cercarla, ma poi abbandonai l'idea. Non dovevo darle false
speranze, o non mi avrebbe più lasciato in pace. Mi sedetti
invece sulla panca, tirando fuori un mazzo di carte.
"Ti va di giocare, pa'?" domandai. Lui declinò l'invito con
un sorriso, così mi sistemai davanti al mio amico e mescolai
le carte. Giocammo per un po', poi mia madre ci cacciò fuori
perché doveva apparecchiare e non voleva impicci. Mi chiusi
la porta alle spalle, mentre mi inoltravo nel buio più nero.
Sentivo Sybil singhiozzare, ma non avevo voglia di andare a consolarla,
quindi andai dall'altra parte della casa trascinandomi dietro Arin.
"Qui si riescono a vedere le luci delle città circostanti"
spiegai al ragazzo, mentre lo portavo verso la legnaia. "Ecco, guarda"
mormorai, indicando la vallata. Era ricoperta di luci di tutti i colori
ed era davvero una meraviglia. Sorrisi, cercando di riconoscere qualche
casa. Arin si appoggiò al muro, godendosi lo spettacolo in
silenzio. Aspettammo qualche minuto, poi decidemmo di rientrare in
casa. Cominciava a far freddo, ormai. Una volta dentro, notai che Sybil
era seduta sulla poltrona, con gli occhi rossi. La sorpassai, andando a
parlare con mia madre. Arin rimase lì, accanto a lei, per un
bel po' di tempo.
Arin's POV:
Sapevo che quella ragazza era la mia rivale d'amore, in qualche modo,
ma vederla triste mi tirava un po' giù. Decisi quindi di
avvicinarmi a lei e chiederle se c'era qualcosa che potessi fare per
lei. Ovviamente però, il suo consiglio di buttarmi nel lago
non mi attirò per niente.
"Si vede da lontano un miglio che soffri per lui" mormorai. "Forse
dovresti accontentarti di essere semplicemente sua amica, non credi?
Soffriresti di meno" aggiunsi. Lei mi guardò con occhi
vitrei.
"Soffrirei lo stesso" ribatté. "Lui domani
partirà. Almeno ho avuto la soddisfazione di sapere di cosa
sanno le sue labbra". Rimasi in silenzio. Anch'io, come Syn, avevo
assaggiato le labbra della ragazza, ma non mi era piaciuto il suo
sapore, come non mi era piaciuta lei. Non vedevo perché Syn
avrebbe dovuto provare qualcosa di più che amicizia per lei,
ma evidentemente Sybil non la pensava così. Scrollai le
spalle e me ne andai, lasciandola sola. Ci mancava solo che mi facessi
altri problemi a causa sua.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
Il
resto della cena fu abbastanza noioso. Sybil si sedette accanto a Syn,
che per tutta risposta si posizionò vicino a me. I signori
Haner si misero di fronte a noi, chiacchierando animatamente con la
ragazza. Era tutto piuttosto forzato, in quanto io non avevo idea di
cosa dire, Syn non aveva voglia di parlare e Sybil era semplicemente
giù di morale. Continuò, comunque, a provarci col
moro, posandogli la mano sulla coscia e lanciandogli occhiate
provocanti ogni tre secondi. Avevo detto che i due potevano fare
qualsiasi cosa volessero, insieme, ma non avevo calcolato che la bionda
potesse essere così appiccicosa dopo un esplicito rifiuto.
La cosa m'ingelosiva da morire, ma non potevo farci niente. Dovevo solo
sperare che la serata passasse presto, cosa che non avvenne. I due
coniugi, però, furono molto gentili. O meglio, il signor
Haner lo fu. Sostenne con me una conversazione sulla musica in
generale, a cui Syn cercò di partecipare, nonostante la
noiosa insistenza di Sybil. Intuii che l'unica ad apprezzare la ragazza
era la madre del moro, che pareva addirittura stravedere per lei. Mi
chiesi il perché, mandando giù un po' di birra.
Per me, lei era solo l'ennesima ragazza piena di se, disposta a tutto
per ottenere ciò che voleva. Scrollai le spalle, riprendendo
a parlare con il signor Haner. Almeno, non ero io quello che doveva
sopportarla.
Synyster's POV:
Sybil era davvero asfissiante, quella sera. Continuava a flirtare con
me nonostante le avessi detto di girare al largo, e, per di
più, non finiva mai di mettermi la mano vicino all'inguine.
Cominciava a sembrarmi una piccola troietta, di quelle tutte trucco -
niente cervello. La cosa mi irritava, e non facevo altro che cacciarla
via. Eppure lei tornava, imperterrita. Ero tentato dal voltarmi verso
di lei e urlarle in faccia che doveva lasciarmi in pace, ma tacqui.
Fissai mia madre con freddezza. L'aveva fatto apposta, potevo giurarlo.
L'aveva invitata perché sapeva quanto poteva essere
irritante. Strinsi il pugno, allontanandola un'altra volta. Finii di
mangiare il prima possibile, spostandomi nel posto libero accanto ad
Arin. Dall'altra parte c'era il vuoto, e Sybil fu costretta a lasciarmi
perdere. Sorrisi soddisfatto e cercai di aggiungermi alla conversazione
tra mio padre e il mio ragazzo, aspettando il momento giusto. Parlammo
della scena rock contemporanea e di quella passata, per poi concordare
che la nostra generazione stava diventando troppo 'figa' per
scatenarsi. Certo, c'erano delle eccezioni, ma fin quando ci sarebbero
state? Questione di anni e saremmo stati conquistati completamente
dalla musica elettronica. Scossi la testa, contrariato. Era un peccato
che la gente si stesse riducendo in quel modo, calcolando i sacrifici
fatti dagli artisti per riuscire a farsi ascoltare.
Ad ogni modo, papà ci salutò una decina di minuti
dopo, annunciando che sarebbe andato a sistemare la camera matrimoniale
per lui e la mamma. Devo ammettere che lo invidiai parecchio. Aspettai
che se ne andasse, poi mi voltai verso Arin. Sembrava dispiaciuto dal
fatto che papà avesse dovuto andarsene, anche se forse era
solo la mia immaginazione.
"Perché non andate a fare una passeggiata, mentre io
ripulisco?" propose mia madre, alzandosi in piedi.
"Oh, sì, sarebbe perfetto!" esclamò Sybil,
prendendomi per mano e sfrecciando lontano dal tavolo.
"Arin, tesoro, perché non mi aiuti?" aggiunse mia madre,
raccattando i piatti. Il castano accettò riluttante e
portò i bicchieri nel lavandino, aprendo l'acqua. Fui, mio
malgrado, trasportato fuori da casa, e dovetti abbandonare Arin alla
mercé di mia madre. Non sapevo chi fosse messo peggio, se
lui o io, ma sicuramente stasera avrebbe messo a dura prova la pazienza
di tutti e due.
Quando mi ritrovai nuovamente in camera mia in compagnia di Arin, mi
sentii finalmente contento e rilassato. Quella dannata serata era
durata un'eternità, e non ne potevo più di Sybil
e quella cospiratrice di mia madre.
"Non vedo l'ora di partire" dissi sdraiandomi sul letto. Arin
annuì.
"Mi manca il casino della città" mormorò. Tacqui
qualche secondo, fissando il soffitto.
"Grazie per non esserti arrabbiato" sussurrai, voltandomi verso di lui.
Lui sorrise, tranquillo.
"Fa niente. Ho passato di peggio, credimi" rispose. Gli inviai un bacio
e mi girai dall'altra parte, cercando di prendere sonno. Era la prima
volta che dormivo da solo in giorni, e non sentire la presenza di Arin
accanto a me era così strano, irreale. Mi voltai a
guardarlo, giù nella sua branda. Fissava il muro, la testa
affondata nel cuscino e il lenzuolo tirato su fino al petto. Mi sentii
in colpa, a farlo dormire in quel posto, ma non potevo fare altrimenti.
Se i miei genitori ci avessero beccato a dormire assieme, si sarebbero
incazzati da morire, e allora sì che sarebbe stato difficile
scambiarci anche il minimo segno d'affetto.
"Tutto a posto?" domandò mia madre, varcando la soglia della
nostra camera. Borbottai un sì, mentre Arin sprofondava
ancora di più sotto il suo lenzuolo. "Arin, dolcezza,
potresti aiutarmi un attimo?" continuò lei. "Devo innaffiare
le piante e finire di sistemare il cibo extra che ho fatto per Junior"
spiegò. Sentii il ragazzo respirare profondamente e alzarsi
ad aiutare mia madre, socchiudendosi la porta alle spalle. Sospirai.
Mia madre stava rendendo la vita impossibile al mio ragazzo, ma non
potevo fare molto al riguardo. Non senza essere 'attaccato' da Sybil,
che dormiva nella stanza accanto. Imprecai, ficcando il volto nel
cuscino e mordendolo. Il ventenne rientrò in camera dopo un
quarto d'ora, lasciandosi cadere pesantemente sul letto.
"Arin?" lo chiamai.
"Mh?" borbottò lui, senza voltarsi.
"Mi dispiace" mormorai, guardando basso.
"Fa niente" ribatté lui in un sussurro. Tacqui, annuendo.
Povero il mio Arin. Mia madre lo stava facendo impazzire, poco ma
sicuro; e, visto come lo trattava, mi stupivo che lui le desse ancora
retta. Se da una parte io impazzivo per il comportamento di Sybil,
dall'altra lui stava passando le pene d'inferno perché
quella strega di mamma voleva che stessi con quell'altra pazza il
più possibile. Feci una smorfia e scivolai giù
dal letto, avvicinandomi al castano. Lui si girò e lo
baciai, posandogli una mano sul volto.
"Fammi un po' di spazio" sussurrai accennando al letto. Lui sorrise e
si fece più in là, lasciandomi salire. Mi stesi
accanto a lui e lo abbracciai, inspirando il suo odore e riempiendomene
i polmoni. "Mi sei mancato, oggi" mormorai, baciandogli la guancia.
Dopodiché lo strinsi a me finché non ci
addormentammo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
Synyster's
POV
Partimmo presto, quella mattina. Alle otto avevamo cominciato a
riordinare, e per le nove la casa era a posto. Scivolai sul sedile del
guidatore, mentre Arin dava retta agli ultimi ordini di mia madre. Mio
padre si avvicinò alla vettura e si abbassò verso
di me, tendendomi due panini.
"Portalo al ristorante, quando siete a casa. Tua madre gli ha reso la
vita un inferno" disse indicando Arin. "Sei fortunato che ti ami
abbastanza da non scappare nella notte abbandonandoti qui" concluse
divertito. Sussultai e lo fissai qualche secondo, senza saper cosa dire.
"Ma papà, noi non stiamo insieme!" cominciai.
"E io sono Babbo Natale. A chi vuoi darla a bere? Scommetto che se ne
è accorta pure la mamma, a meno che non tratti tutti i tuoi
amici così" rise lui. Tacqui, sospirando.
"Si vede così tanto?" domandai.
"Lo si capisce dai suoi occhi. E poi, anche tu cambi espressione quando
lo guardi" spiegò mio padre.
"Capisco. E..?"
"E?"
"Che ne pensi?" domandai.
"Ti sei trovato un bel ragazzo" buttò lì lui.
"Sembrate felici" aggiunse con un sorriso.
"Siamo felici" precisai con una smorfia divertita.
"Trattamelo bene. È molto più simpatico di quella
Cassidy" borbottò. Annuii, dandogli ragione. Eppure, lui me
l'aveva detto che lei non era la ragazza per me e che mi avrebbe fatto
solo soffrire. Chissà perché non gli avevo dato
retta.
"Conti di tornare presto?" chiese poi. Scossi la testa.
"No, non penso. Non se c'è quella" dissi acido.
"Avevo detto a tua madre di farsi gli affari suoi, ma niente"
mormorò lui soprappensiero. "Sai com'è fatta.
Cocciuta come un mulo e stronza come non so cosa". Risi. Sentirlo
parlare della donna che amava in quel modo era buffo, anche
perché lei si stava avvicinando con Arin. Il ragazzo ripose
le ultime cose nel bagagliaio e scivolò sul sedile accanto a
me, sollevato. Gli scompigliai i capelli, sorridendo, e lui mi
guardò, senza sapere cosa pensare. Mi rivoltai verso mio
padre e gli sorrisi.
"Ciao, pa'" lo salutai. "Alla prossima" aggiunsi. Lui annuì
e ci salutò con la mano, mentre mamma si allontanava.
"Se cerca Sybil, può stare fresca. L'ho chiusa in camera,
quando sono sceso di sotto" dissi, facendo ridere papà.
"Ben fatto, ragazzo mio" commentò. "Ma ora è
meglio che parti, prima che tua madre la liberi" aggiunse, sentendo
vociare nella casa. Annuii e gli demmo l'estremo saluto, prima di
partire. Scomparii dalla sua vista proprio mentre Sybil, urlando,
usciva in giardino. Papà ridacchiò, godendosi lo
spettacolo. 'Ah, l'amore' pensò, guardando mamma e la bionda
che ci correvano dietro. 'Quei due hanno scelto proprio il momento
adatto" commentò, entrando in casa e sparendo dalla vista
delle due donne. In quanto a noi, stavamo già al fondo della
valle, a poche decine di chilometri dall'autostrada. Arin si era
lasciato andare con un sospiro, chiudendo gli occhi e riassaporando la
libertà, mentre io guidavo tranquillo. Gli lanciai uno
sguardo e gli diedi una pacca sulle spalle, sorridendo. Lui mi
risorrise, e poi tornò a guardare il paesaggio.
Guidai ininterrottamente fino a casa, senza incontrare troppo traffico.
Feci un po' di conversazione con Arin, ma lui non mi sembrava molto
sveglio. Probabilmente risentiva di tutto il lavoro svolto e del sonno
agitato che gli avevo fatto avere. Tuttavia non pareva prossimo ad
addormentarsi, e l'unica cosa che faceva era guardare fuori con aria
persa. Non credevo che l'avrei mai visto così spompato,
essendo lui un essere alquanto iperattivo e di forte resistenza.
"Dovresti dormire" suggerii, accarezzandogli i capelli. Lui scosse la
testa, ostinato. "Perché no?" domandai.
"Non ce la faccio" borbottò. "Mi fa male tutto"
spiegò, appoggiando la testa sul finestrino chiuso. Annuii,
accarezzandogli la guancia col pollice.
"Il sonno aiuta" ribattei.
"Forse". Poi si girò e si rannicchiò nel sedile,
fissando la portiera. Fui costretto a lasciarlo in pace, e mi
concentrai sulla guida. Mancavano quindici minuti a casa sua, ma non
avevo molta voglia di andarci.
"Te la senti di andare a fare un giro?" domandai. Lui annuì.
"Senza tuoi vecchi amici, però" precisò, posando
la testa sul braccio.
"Veramente pensavo più al parco" ammisi. "Non è
troppo lontano, e si sta al fresco" snocciolai.
"Come ti pare" acconsentì lui.
"Ce l'abbiamo qualcosa da mangiare?" chiesi poi.
"Mhm. Tua madre mi ha svegliato presto apposta per questo"
sbadigliò lui. Lo guardai, stupito. "Si è messa a
bussare come una matta, chiedendomi di uscire e aiutarla"
cominciò, "perché lei da sola non ce la faceva.
Onestamente, credo che ce l'avrebbe fatta anche un bambino,
però" concluse, facendo sprofondare la testa tra le braccia.
Annuii, sospirando. Lo aveva fatto apposta, sicuro come il mondo. Mia
madre era davvero una strega quando voleva. Parcheggiai l'auto e scesi,
sgranchendomi le gambe. Arin aprì lo sportello e mi
seguì dentro al verde, camminando il più
velocemente possibile per non essere lasciato indietro. Dopo un po' di
cammino, si sedette in uno spiazzo verde, sbadigliando. Seguii il suo
esempio e mi sedetti, passandogli la busta col cibo. Lui
tirò fuori due panini, della macedonia e due bottigliette
d'acqua. Prese il panino e si sdraiò, lasciandolo cadere
accanto a se.
"Sono stanco" annunciò con un sospiro.
"Lo vedo" sorrisi, lisciandogli una ciocca di capelli. "Dormi, allora"
sussurrai, mettendogli la testa sul mio grembo. Lui scosse leggermente
il capo, guardando verso l'entrata del parco.
"Se dormo resterai bloccato su questa montagnetta per un sacco di
tempo" disse. "Non sarebbe carino da parte mia" mormorò poi.
Sorrisi, baciandogli la fronte.
"Sì che lo sarebbe" ribattei. "Dimentichi che sei bello
quando dormi" lo ammonii. Lui sorrise, chiudendo gli occhi.
"E tu sei esagerato" mormorò, troppo stanco per ribattere
meglio. Gli diedi ragione, aspettando che si addormentasse.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
Passai
due ore immobile a guardare Arin dormire. Poi mi stufai e lo spostai,
alzandomi e sgranchendomi un po' le gambe. Feci due passi; poi tornai
indietro, raccattai il cibo rimasto e presi Arin in braccio, portandolo
in macchina. Gli allacciai la cintura di sicurezza e accesi l'auto,
dirigendomi verso casa. Fortunatamente, non incontrai nessuno che
conoscevo, così non dovetti fermarmi a parlare. Arrivato
sotto casa, mi sbrigai a portare il castano su per le scale e poi
tornai giù a prendere i bagagli. Dopo due o tre giri, finii
il mio lavoro e potei rilassarmi sul divano, accanto al mio ragazzo. Lo
guardai, temendo che si fosse svegliato, ma invece notai che dormiva
profondamente. Sorrisi, stendendomi al suo fianco e osservando i suoi
lineamenti. In questa ultima, lunga giornata, mi era sembrato lontano
anni luce, anche se eravamo stati insieme in più occasioni.
Ripensai a quando eravamo partiti, tre giorni prima. Sembravano passati
anni, ormai. La prima giornata era stata piacevolissima, e la sera...
La sera era stata fantastica; ma la giornata seguente era stata
infernale. Io bloccato con Sybil, e Arin sfruttato da mia madre. Ugh.
Sperai solo che il ragazzo non avesse cambiato idea sulla nostra
relazione, e lo abbracciai. Lui mormorò qualcosa, nel sonno,
e sorrise. No, non era cambiato niente. Me lo sentivo dentro.
Arin's POV:
Mi svegliai nel salotto di casa mia, abbracciato a Syn. Avrei potuto
giurare di essermi addormentato da un'altra parte, ma non mi ricordavo
proprio dove.
"Ehilà" mi salutò il moro con un bacio. "Dormito
bene?". Annuii, sbadigliando.
"Come...?" cominciai. Lui sorrise e rispose prima che terminassi la
frase.
"Siamo andati al parco, ricordi?" Scossi la testa. Non mi ricordavo
neanche di aver lasciato l'autostrada, in realtà. "Non
importa. Eri troppo stanco per renderti conto delle tue azioni" disse
lui dolcemente. Sorrisi e chiusi gli occhi, respirando il suo odore.
Quest'ultima serata era stata tremenda per me. Era stato più
che evidente che non ero piaciuto alla madre di Syn, nonostante avessi
cercato di essere il più carino e gentile possibile. Lei se
n'era approfittata e la cosa mi aveva contrariato abbastanza, anche se
non lo avevo dato a vedere. Almeno il signor Haner era stato cordiale,
però. Scrollai le spalle, sollevato. Per un secondo avevo
avuto la sensazione che l'uomo avesse intuito che tra me e Syn c'era
qualcosa di più che semplice amicizia, ma poi avevo scartato
l'idea, dicendomi che mi stavo immaginando tutto. In fondo, non avevo
quasi rivolto la parola al ragazzo da quando i suoi erano arrivati,
quindi la mia poteva essere solo paranoia. Sciocco, no? Strinsi il
moro, affondando la faccia nel suo petto.
"Quanto ho dormito?" domandai. Lui scrollò le spalle,
dicendo:
"Due ore e qualcosa. Sono quasi le quattro, ormai". Annuii, stupito.
Avevo dormito tanto. "E... la macchina... i bagagli... Sybil...?"
chiesi.
"La macchina è parcheggiata sotto casa, i bagagli sono
lì nell'angolo e Sybil non si è neanche vista"
rispose lui, tranquillo.
"Oh" esclamai. "Mi hai portato su tu?" domandai, senza approfondire
l'argomento Sybil. Lui annuì, accarezzandomi il volto.
"Sei leggero" sussurrò. "Troppo leggero. Stasera ti porto
fuori, e da domani ti terrò sott'occhio" mi
annunciò. "Non posso permettere che tu mi svenga durante un
concerto" disse sorridendo. Feci una smorfia divertita, tastandomi la
pancia. Riuscivo benissimo a sentire le ossa sotto la pelle, e si
vedeva da lontano un miglio che la cosa preoccupava Syn.
"Come vuoi" acconsentii. "Ma tu devi promettermi che terrai tua madre
lontana da me, la prossima volta" scherzai. Lui rise e mi
baciò le mani, accettando la condizione da me imposta. Mi
tirai a sedere e mi stiracchiai, scacciando il sonno con uno sbadiglio.
"Facciamo un giro?" proposi. Syn parve contento dell'idea, e scese dal
letto con un balzo. Poi si infilò le scarpe e si mise le
chiavi in tasca, tornando da me. Sbadigliando, uscii dalla porta,
avviandomi fuori dal palazzo. Syn mi seguì, cercando con gli
occhi i miei vicini. Sembrava si fossero dileguati tutti insieme, dato
che il silenzio era davvero irreale. Il moro mi strinse la mano e
uscimmo sulla strada, camminando senza una vera destinazione. Dopo un
paio di minuti arrivammo nel quartiere punk, pieno di gente con capelli
e gusti di ogni tipo. Mi piaceva quel quartiere. Lì nessuno
si scandalizzava se due ragazzi si baciavano o se le ragazze giravano
con vestiti attillati o strappati. Erano tutti troppo impegnati a
vivere la propria vita per sparlare di quella degli altri, di cui,
anzi, non gli importava più di tanto. E poi, tutti i negozi
di tatuaggi di quella zona mi attiravano, con i loro colori sgargianti
e i loro buffi padroni. Il quartiere punk era un posto in cui mi
sentivo felice, per farla breve. Avrei voluto viverci, ma avevo
scartato l'idea di comprare un appartamento lì a causa del
rumore. C'erano feste ogni sera e la gente ubriaca girava cantando
tutto il santo giorno, quindi avevo lasciato perdere. Era un bel posto
da visitare, comunque. Anche a Syn piaceva parecchio, soprattutto
perché era lì che abitava Johnny. Il suo palazzo
dava su una piazzetta alberata piena di decorazioni e luci sgargianti,
sempre pronta per una festa. Era un bel posto, bisognava ammetterlo. Ad
ogni modo, ci addentrammo nel quartiere a guardare un po' in giro,
riconoscendo in quei personaggi assurdi alcuni dei nostri amici. Non ci
avvicinammo a loro, comunque. Tirammo avanti, verso il negozio di
musica più fornito della città, senza neanche
farlo apposta. Varcammo la soglia del negozio e decidemmo di andare
ognuno dove voleva, in modo da fare i nostri giri senza sentire il
fiato dell'altro sul collo. Io andai nel reparto libri, a controllare
se quello che avevo ordinato era arrivato. Con una botta di fortuna,
era sul ripiano basso e potei arrivarci. Strinsi le mani accanto al
libro, rimirandone la copertina. 'The Heroin Diaries', recitava una
scritta. Sorrisi e rimisi il libro a posto. Sarei tornato a prenderlo
un'altra volta, con più calma. E poi non c'era fretta, le
copie erano tante. Ritornai di là, soddisfatto, e cercai Syn
con gli occhi. Aveva in mano qualcosa, ma non riuscivo a distinguerne
bene i contorni. Alzai le spalle e mi sedetti sulle scale,
aspettandolo. Eravamo entrambi piuttosto veloci nel comprare roba,
quindi non dovetti aspettare più di tanto. Infatti una
decina di minuti dopo, il moro mi raggiunse, guardandosi in giro. Il
negozio era cambiato parecchio negli ultimi tempi, e Syn era rimasto un
po' scioccato dalle nuove sistemazioni. Non se lo aspettava, ecco.
Uscimmo dal negozio e riprendemmo a vagare per la città,
lasciando decidere dove andare ai nostri piedi. Tanto, essendo in
procinto di iniziare la scuola e il lavoro, le persone si godevano la
libertà, organizzando feste da tutte le parti. Sorrisi,
camminando davanti a Syn. La città era davvero piacevole in
questo periodo dell'anno, ma non ci avevo mai fatto molto caso, ad
esser sincero. Quando ero più piccolo, passavo gli ultimi
giorni ad aiutare i miei amici a fare i compiti, facendogli spesso
copiare i miei. Non era una cosa di cui ero particolarmente contento,
ma, non avendo molti amici, ero stato costretto a farlo. Probabilmente
per Syn era stato diverso. Lui aveva più l'aria del ragazzo
che copia i compiti all'ultimo momento, di quella di quello che li fa
con calma il pomeriggio prima. Se ci fossimo conosciuti prima, avrebbe
finito con il copiare tutto da me, come facevano praticamente tutti i
miei compagni. Sorrisi, soddisfatto. Quei tipi non sapevano che
sbagliavo apposta a scrivere o a fare i calcoli, giusto per far passar
loro dei guai. Speravo che imparassero a farsi i compiti da soli, e
alla fine lo capirono. Non cambiarono, tuttavia. Si limitarono
semplicemente a cambiare vittima, scegliendo un ragazzo che abitava
vicino a me.
Aggrottai la fronte, proseguendo. Non mi piaceva ripensare ai tempi
della scuola, in quanto erano stati per me piuttosto brutti e noiosi.
Focalizzai i miei pensieri su qualcos'altro, ad esempio il giorno
successivo. Il pomeriggio saremmo dovuti partire per il tour, quindi
bisognava ripreparare le valige e darci appuntamento con l'autista del
pullman, per evitare fraintendimenti. Poi, che altro? Chiudere casa,
mettere l'auto nel garage di condominio, chiamare i ragazzi e bla bla
bla. Niente di che. L'avrei fatto quella sera stessa, senza troppa
fatica. Mi voltai verso Syn, che mi guardò.
"Ci sono problemi?" domandò accigliato. Scossi la testa,
aumentando la velocità per superare la puzza proveniente dal
carretto dei kebab. Non mi piaceva l'odore di fritto, e di quel fritto
in particolare. Pareva pensarla così anche parecchia altra
gente, che se ne andava velocemente lontano dal carretto. Il kebabbaro
non sembrava troppo contento della cosa, ma continuava a riempire i
suoi panini come se la puzza non arrivasse da lì. Rallentai
appena svoltato l'angolo, fermandomi a guardare la piazza. Una folla si
era radunata vicino alla strada, e ogni tanto si udivano dei mormorii
stupiti.
"Che c'è là?" domandò Syn,
raggiungendomi.
"Non ne ho idea" ammisi. "Provo ad avvicinarmi". Mi avviai verso la
massa di gente, ma non riuscii a passarvi in mezzo. Cercai di vedere
oltre le spalle dei tipi davanti a me, ma fu tempo sprecato.
"Allora?" chiese il moro, vedendomi tornare.
"Non saprei" mormorai scrollando le spalle. "Sono troppo basso per
vedere" spiegai, imbarazzato. Lui rise e si avviò verso la
folla, trascinandomi con se.
"Hai ragione, non si vede niente" borbottò contrariato.
Proprio in quel momento un applauso si levò dagli
spettatori, che lanciarono anche qualche fischio. "Aspetta," disse Syn.
"ho un'idea!" Mi girai a guardarlo, domandandomi che cosa volesse fare,
e poi lui si accucciò a terra.
"Ma che diavolo..?" cominciai, alzando un sopracciglio.
"Avanti, salta su!" esclamò lui. "Se da soli non vediamo, in
due ci riusciremo sicuramente" spiegò con un sorriso. Lo
guardai incerto, e lui fece nuovamente cenno di salire. Riluttante, mi
sedetti sulle spalle del moro, aggrappandomi con le mani alle sue
spalle. "Pronto?" domandò.
"Aha" risposi sorridendo.
"E allora via!" esclamò lui, alzandosi di scatto. Oscillai
qualche secondo, poi trovai un equilibrio e mi voltai verso la folla.
Un uomo girava per la piazza sputando fuoco e facendo numeri con la
spada.
"Ci sono i mangiafuoco" osservai. "Cioè, ce n'è
uno solo, senza aiutante. Fa anche giochi con le spade" commentai.
"Bello?" chiese il moro, alzando la testa per guardarmi. Annuii, con un
sorriso.
"Carino. La solita cosa da feste, anche se questo attira molta
più gente dei suoi colleghi" dissi senza troppo stupore.
"Allora possiamo andare" annuì Syn, prima di girarsi e
proseguire per la sua strada. Mi guardai intorno, sentendomi molto,
molto alto. Pizzicai la guancia del moro e aspettai che si girasse,
tranquillo. Anziché darmi retta, però, lui
cominciò a correre, zigzagando per la strada. Gli ficcai le
unghie nelle spalle, cercando di non cadere. Lui ridacchiò,
schivando un tavolo all'ultimo secondo, e aumentando la
velocità. Corse un po' in giro, mentre la gente ci guardava
divertita. Inforcò quindi una via semi-deserta e sbucammo in
un giardino enorme, pieno di piante di ogni tipo e grandezza.
"Wow" mormorai ammirato. "Di chi è?" domandai, guardando il
moro. Lui si strinse nelle spalle, facendomi sobbalzare.
"Probabilmente di qualche riccone che ha montagne di soldi da spendere
in giardineri" suppose lui. Annuii, guardandomi intorno. 'Proprio un
bel posto, allegro e dai colori brillanti' osservai.
"Dubito che il padrone sarebbe contento di trovarci qui, comunque"
commentò Syn. "Faremmo meglio ad andarcene" aggiunse,
aspettando una mia risposta. Gli diedi ragione, e lui girò
sui tacchi, portandomi fuori dal giardino.
"Non ti peso?" gli chiesi. Lui alzò la faccia e fece una
smorfia.
"Affatto" ribatté. "Sei fin troppo leggero" aggiunse,
stringendomi una mano.
"Tu dici?" domandai, guardandomi la pancia. Lui annuì,
baciandomi la mano.
"Ancora un po' e mi voli via" esclamò, tanto per
sottolineare il tutto. Sorrisi, mentre lui riprendeva a camminare. Mi
piaceva vedere il mondo da lassù; mi illudeva di essere alto
e grande, come i tipi che incontravo in discoteca dieci anni prima.
Invece, per mia sfortuna, ero rimasto un gracile mingherlino,
così poco pesante da poter essere portato sulle spalle da
praticamente mezzo mondo. Almeno non dovevo preoccuparmi della dieta,
mentre tutti gli altri stavano perennemente attenti alla linea.
Sorrisi, immaginandomi Syn su una bilancia che lancia via una fetta di
torta. Non mi sembrava proprio da lui.
Ad ogni modo, Syn mi scarrozzò in giro per un altro po',
prima di essere fermato per degli autografi. Quando i fan se ne furono
andati, gli chiesi di farmi scendere e lui si piegò. Scesi
con un salto e mi sgranchii le gambe, sbadigliando. Mi guardai intorno,
senza riconoscere il luogo, e mi avvicinai a una bancarella. Vendeva le
solite cose: bracciali, collane, occhiali da sole. Tutte tamarrate al
livello di Shannon Leto e Sebastian Bach, a essere sinceri.
"C'è un mercato, più in giù"
osservò Syn. Annuii e mi avviai verso la fine della via,
guardando la merce in vendita. Sempre le solite cose, pure
lì. Mi sentii chiamare e mi voltai, andando a sbattere
contro qualcuno.
"Scusi!" mi affrettai a dire, voltandomi.
"Sempre con la testa tra le nuvole, eh, Arin?" rispose il ragazzo di
fronte a me.
"Johnny!" esclamai. "Non eri in vacanza?"
"Hai detto bene; ero. Sono tornato ieri sera, dopo un viaggio molto
tranquillo. Tu, invece? Che ci fai qui?" domandò a sua volta.
"Cazzeggiamo" rispose Syn alzando le spalle. "Ciao, vecchio mio"
aggiunse poi, sorridendo.
"Ma guarda chi si vede! Il grande Synyster Gates!" esclamò
quello, fingendosi stupito. "Che ci fai, con questo comune mortale?"
scherzò. Syn scrollò le spalle con un sospiro.
"Un'opera di carità, ogni tanto" borbottò con
aria d'importanza. Feci una smorfia, spingendolo da una parte. Lui rise
e tornò da noi. "Dov'eri finito?" domandò al
biondo. Lui alzò le spalle e annunciò di essere
scappato all'Isola Moai.
"Quelle teste sono enormi" esclamò, annuendo. "Ti giuro che
erano più alte di me e Arin messe insieme" aggiunse. Annuii,
impressionato. "Ad ogni modo, che avete fatto di bello in queste ulime
due settimane, voi due?" chiese.
"Be', Arin mi ha fatto rompere con Cassidy, cosa che io non avevo le
palle di fare, e poi... Poi sono dovuto andare a vivere da lui, dato
che non mi andava di cercare un altro appartamento" disse Syn alzando
le spalle. "Tre giorni fa l'ho portato su al lago, dato che voi stronzi
eravate tutti dispersi e non avevamo niente da fare" concluse. Johnny
annuì, sorridendo.
"Era ora che vi lasciaste" commentò. "Lei era una stronza"
sottolineò, facendo una smorfia. Il moro annuì,
mettendomi un braccio attorno alla spalla.
"Sì, be', quando sei innamorato non ti rendi conto di certe
cose" disse a mo' di scusa. "Non me ne ero reso conto neanche dopo la
nostra ultima litigata, ad essere sincero. Diciamo che non ho avuto
molto altro da fare, quando Arin le ha mollato un pugno sul naso" rise.
"Le hai dato un pugno sul naso?! Non ci posso credere!"
esclamò il biondo rivolto a me. "Il piccolo Arin che usa le
mani! Sembra una barzelletta" commentò ridendo. "Era ora che
qualcuno lo facesse" mormorai, leggermente imbarazzato.
"Sì, e in cambio un energumeno ti ha riempito di mazzate"
scherzò Syn. Lo spinsi via con una smorfia divertita, mentre
Johnny tratteneva le risate.
"Scusate, ma Arin che fa a botte proprio non ce lo vedo"
ridacchiò.
"Infatti le prendeva e basta!" ribatté il moro, tornando
alla carica. "Sono dovuto venir io a proteggerlo!"
"Oh, fanculo!" esclamai, fingendomi offeso. "Non mi sembra che tu abbia
avuto molte possibilità di batterlo" sottolineai. "Quel tipo
era enorme perfino per te".
"Sì, ma io l'avrei messo ko con la forza del pensiero!" fece
lui, portandosi le dita sulle tempie.
"Ambe', allora" scherzai.
"Allora sarei uscito vincitore" ribatté lui con aria di
importanza. Alzai gli occhi al cielo e mi rivoltai verso Johnny.
"Visto con che gente devo avere a che fare?" dissi con tono esasperato.
Lui rise, aggiungendo che Syn non era mai stato normale. A quel punto,
il moro spuntò da dietro le mie spalle e diede ragione al
biondo, abbracciandomi il collo.
"Che ne dite se ci sediamo?" proposi, indicando un bar con il capo. Syn
apprezzò l'idea e si avvicinò al locale, seguito
da me e Johnny.
"Vado a comprare da bere" annunciò quindi il biondo. "Che
volete?" domandò.
"Una birra" buttai lì.
"Anche per me" rispose il moro. Johnny annuì e
scomparì nel baretto, sorridente.
"Poteri mentali, eh?" borbottai, voltandomi verso Syn.
"Eh be', sono pur sempre un supereroe" si giustificò lui. "E
poi, quel tipo era davvero troppo per me" ammise, sottovoce.
"Pensa quanto lo era per me" sottolineai divertito. "Pensavo sarei
morto con la testa schiacciata, in una marea di biscotti e sangue
fresco" confessai, sorridendo leggermente.
"E invece sono arrivato io" concluse il moro. "Meglio, no?". Annuii.
Decisamente meglio.
"A proposito, dov'erano tutti? Nessuno si è accorto di
niente, stranamente" mormorai.
"Non saprei" borbottò Syn. "Era come se fossero tutti
scomparsi" spiegò. Mi lasciai sfuggire un 'oh' e abbassai lo
sguardo. Quel bestione aveva fatto scappare la gente come se fosse
stato un uragano. Mi sorprese che Syn fosse tornato indietro a
difendermi.
"Eccomi!" urlò Johnny, sventolando una birra e reggendone
altre due con l'altra mano. Il moro si alzò e
andò a dargli una mano, mentre io li aspettavo vicino al
tavolo. Afferrai la birra che il biondo mi stava porgendo, e
ringraziai, tornando a sedermi.
"E quindi..." cominciai. "Che ci racconti di bello?". Johnny
scrollò le spalle e diede un sorso alla birra.
"Niente di che. Ho passato le ultime settimane in totale relax,
completamente isolato dal mondo, e temo di essermi perso un sacco di
cose" si lamentò.
"Zacky si è trovato una nuova tipa" lo informò
velocemente Syn. "Si chiama Tyler, se non sbaglio. Mi pare siano in
California, ora" aggiunse.
"Oh. E Matt?" domandò il biondo.
"Ha cominciato a frequentare una certa Val" buttò
lì il moro. "Non mi sono impicciato più di tanto;
ma, d'altronde, potrai chiederglielo tu domani, a inizio tour". Lui
annuì, pensieroso.
"Tutto qui?" chiese poi. Syn scrollò le spalle.
"Più o meno" rispose. Johnny lo guardò accigliato.
"Più o meno?" ripeté. "Che altro c'è?"
domandò, incuriosito.
"Sì, be', io e Arin ci siamo messi insieme"
mormorò il moro, distogliendo lo sguardo. Johnny tacque
qualche secondo, spostando lo sguardo da me a Syn, senza spiccicar
parola. Arrossii leggermente e guardai per terra, stringendo la mano
attorno alla lattina.
"Wow" disse lui, finalmente. "Non me lo sarei mai immaginato"
commentò tra se e se, stupito. "Be', tanti auguri allora!"
esclamò quindi, sorridendo. Mormorai un grazie e bevvi un
sorso di birra, sollevato. Una persona in meno a cui 'confessarlo'.
"A questo punto, non credo ci sia altro da dirti" borbottò
Syn, sorridendo.
"Meglio così. Troppe novità sono difficili da
accettare" commentò il bassista, dando un sorso alla sua
bibita. Il moro annuì, cambiando discorso. Parlammo del tour
e delle nuove date per un po', poi Johnny ci avvertì che
doveva proprio andare.
"Peccato" commentò Syn, mentre l'altro si alzava.
"Allora ci vediamo domani!" lo salutai io, sorridendo. Lui
annuì e ci salutò allegramente, scomparendo poi
nella folla.
"Mi pare l'abbia presa bene" se ne uscì quindi il moro.
Annuii, mormorando un 'già'. Lui mi mise un braccio attorno
alle spalle, posandovi sopra la testa. "Meglio così. Mi
sarebbe dispiaciuto litigare con lui" mormorò. Sorrisi e,
dopo un paio di minuti, mi alzai.
"Si sta facendo buio" osservai. "Sarà meglio trovare qualche
posto dove mangiare". Syn annuì, dicendo che sapeva dove
andare. Aspettai che si alzasse e mi lasciai guidare dal moro
finché non arrivammo in un posto riparato, vicino al molo.
Lui entrò nel locale e chiese un tavolo per due, poi
uscì a chiamarmi.
"Che fai?" domandò raggiungendomi.
"Guardo il mare" mormorai senza voltarmi. "Guarda, si vedono i pesci
nuotare" osservai, indicando un punto vicino a noi. Syn sorrise e si
posizionò accanto a me, godendosi la scena.
"Molto carino" commentò dopo un po'. Annuii, posando la
testa sulla sua spalla e guardando l'orizzonte. Che bel posto, che era.
Molto suggestivo, e con un'ottima vista. Stavo appunto contemplando le
alghe, quando il cameriere uscì e ci avvisò che
il tavolo era pronto. Il moro mi prese per mano e mi portò
dentro, scomparendo poi nei bagni. Dopo esserci lavati le mani,
prendemmo posto e il cameriere arrivò a servirci. Ordinammo
e ci rilassammo, aspettando che il cuoco cominciasse a preparare la
nostra cena. Improvvisamente, una folata di vento fece sbattere una
finestra. Il cameriere accorse subito a chiuderla, scusandosi, mentre
un vecchio si alzò e tuonò: "Tuoni e fulmini!
Fulmini e tuoni! Correte sottocoperta, marinai, correte! Sta arrivando
una tempesta, ve lo dico io!". Detto ciò, si
allontanò dal tavolo e uscì, sbattendosi la porta
alle spalle. Nella sala calò il silenzio per qualche minuto,
ma poi tutti tornarono a mangiare con una risata. Syn
ridacchiò sotto i baffi, aprendo un pacco di grissini e
mangiandosene uno.
"Ammainate le vele, corpo di mille balene! Arriva la tempesta!"
esclamò mimando il vecchio marinaio. "Ci credo molto,
infatti! In tv hanno detto che forse avrebbe fatto due gocce, figurati
se ora scoppia una tempesta" commentò, sgranocchiando il
grissino. Annuii, senza troppa convinzione. L'ultima volta che avevo
guardato le previsioni era stato tre giorni prima, quindi per me
potevano anche piovere polpette. Sorrisi, ripensando al film. Ero
andato a vederlo con la mia fidanzata del tempo, Suzi. Una bella
ragazza, anche se non il mio tipo. Diciamo che mia madre ci
aveva imposto di stare insieme, anche se, effettivamente, né
io né lei ci eravamo mai considerati più di
amici. Chissà come stava, dopo tutto questo tempo. Mi
appuntai di chiamarla, prima o poi, e, chessò, di invitarla
a bere qualcosa. Ad ogni modo, durante l'attesa prima del pasto, sia io
che Syn ci perdemmo nei nostri pensieri, non pronunciando parola e
dimenticandoci l'uno dell'altro per una quindicina di minuti,
respirando un po' di libertà. A volte il silenzio riempie
più delle conversazioni, e così, quando
arrivò la cena, ci sentimmo come se avessimo parlato per
tutto il tempo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
L'arrivo
del cameriere mi risvegliò dai miei pensieri, facendomi
cadere dalle nuvole. Farfugliai un grazie e mi voltai verso il mio
piatto, mentre Syn faceva lo stesso. Mangiammo con calma,
chiacchierando pacatamente e rubandoci il cibo di tanto in tanto. Dopo
aver finito, pagammo il conto metà e metà, anche
se Syn insistette per pagare tutto lui. Appena uscimmo all'aria aperta,
una ventata di brezza marina ci investì, rinfrescandoci. Mi
avvicinai al bordo del pontile, guardando il fondale e sporgendomi per
riuscire a scorgere la sabbia.
"Che bel posto" mormorai, sorridendo.
"E pensare che è quasi sempre vuoto" commentò
Syn. "A me piace, invece. Il mare, qui, è sempre diverso, e
i pesci abboccano facilmente" aggiunse, appoggiandosi al bordo di
sicurezza.
"Sei venuto a pescare qui?" domandai, voltandomi verso di lui. Il moro
annuì, lo sguardo perso nell'orizzonte. "Non mi pare molto
pulito, come posto. Siamo sempre vicini alla città"
obiettai. Lui alzò le spalle, mormorando che i pesci li
liberava sempre perché non gli andava di ammazzarli.
"Tenerone" lo apostrofai con una smorfia divertita. Lui rise sotto i
baffi, voltandosi poi verso di me.
"Parla lui" ribatté alzando un sopracciglio. Feci una
smorfia e gli baciai il naso.
"Hai visto che luna, stasera?" domandai, cambiando discorso. Lui
annuì, mettendomi un braccio attorno alle spalle.
"Molto bella. Peccato per le nuvole, però. Fra poco
copriranno tutto quanto, e non si vedrà più un
cavolo" borbottò.
"Vuol dire che ce la godremo tutta noi" mormorai, inspirando l'aria di
mare. "Ti va una passeggiata sulla spiaggia?" domandai, girandomi verso
di lui.
"Perché no? Basta che non ti butti in acqua"
acconsentì. Mi prese per mano e mi portò vicino
un cespuglio, che nascondeva una scala di legno. "Da lì si
arriva in spiaggia" mi spiegò. "È una di quelle
umide, però. C'è stata da poco l'alta marea,
quindi la sabbia è ancora un po' bagnata" aggiunse. Annuii,
scendendo le scale con un salto. Mi avvicinai all'acqua e mi chinai per
annusarne l'odore. Syn mi seguì, ma si fermò un
po' più indietro e si sedette su una roccia.
"Dì un po', questa luce non ti ispira qualcosa?"
domandò a un certo punto.
"Ad esempio?" dissi, sedendomi accanto a lui.
"Non saprei. Mi fa pensare, più che altro. Al tour, a
Cassidy, a noi..." mormorò.
"L'unica cosa che mi viene in mente è che ti rende molto
più bello del solito" borbottai, senza farci troppo caso.
"Ma sentilo!" esclamò Syn, abbracciandomi e baciandomi il
collo. "Sei diabetico" sussurrò, stringendomi.
"Forse" ammisi, alzando le spalle. "È che mi ispiri amore,
tanto amore" mi giustificai con un sorriso imbarazzato.
"Mi fa piacere" replicò lui, baciandomi il collo. "Tu mi
ispiri sesso, invece" mormorò. Risi, arrossendo leggermente.
"Scheeerzo. Però ogni tanto sì, desidero quel tuo
bel culetto con tutto me stesso" aggiunse, baciandomi la schiena.
"Fammi indovinare, magari anche ora?" domandai, alzando un sopracciglio
e voltandomi per baciarlo.
"Forse" ammise lui, schioccandomi un bacio sulle labbra.
"Però preferisco aspettare. Non mi va di essere osservato
dai gabbiani; e, soprattutto, non mi va di riempirmi le mutande di
sabbia" spiegò accarezzandomi la guancia col pollice.
"Come vuoi" acconsentii, accoccolandomi sulle ginocchia del moro e
lasciandomi stringere dalle sue braccia possenti. "È
romantico qui" commentai dopo un po', posando la testa sul suo petto.
"Già. Scommetto che tante altre donnette sdolcinate la
pensano allo stesso modo" ribatté lui. Gli allungai una
gomitata e tornai a guardare l'oceano, mentre lui rideva sotto i baffi.
"Dai, andiamo a casa" disse poi, accarezzandomi i capelli. "Comincia a
tirar vento". Mormorai un ok e mi alzai, avviandomi verso la strada.
Lui mi superò e mi fece cenno di seguirlo, poi prese una
scorciatoia e sbucammo a duecento-trecento metri dal mio appartamento,
in una piazzetta poco illuminata.
"Ancora pochi metri e siamo arrivati" annunciò lui, dandomi
una pacca sul sedere. "Avanti, che dobbiamo scandalizzare i tuoi
vicini" aggiunse, prendendomi in braccio e portandomi in giro come un
sacco di patate. Risi, levandomi i capelli dalla faccia e scuotendo la
testa, mentre il moro si avvicinava al portone. Infilò le
chiavi e aprì la porta con un calcio, chiudendosela poi alle
spalle. Girò velocemente su se stesso un paio di volte, e mi
lasciai scappare un'esclamazione soddisfatta. Lui sorrise e si
avviò verso le scale, salendo con calma gli scalini. Non
cambiò espressione neanche quando incontrò la
vecchia Hargrave, che ci aspettava fuori dalla sua porta. Non mi
interessai troppo a lei nemmeno io, e non mi presi neanche la briga di
salutarla, quando lei si voltò a guardarmi.
Continuai a ridacchiare come uno scemo, mentre Syn apriva la porta di
casa e mi lanciava sul letto, sbattendo la porta in faccia alla mia
vicina. Che andasse a farsi fottere, le avrebbe fatto solo che bene.
Syn scivolò al mio fianco e cominciò a baciarmi,
mentre io gli sfilavo la maglietta. Lui fece lo stesso, facendomi
sedere sulle sue ginocchia e accarezzandomi il petto. Mi levai le
scarpe con un gesto secco, senza staccare le labbra dalla bocca del
moro, e posai le mani sul suo viso, accarezzandoglielo. Lui fece
penetrare la lingua nella mia bocca e mi accarezzò il petto
più velocemente, poi si sdraiò sul letto e
cominciò a baciarmi sul collo. Emisi un gemito soddisfatto,
facendo scivolare le mani lungo i suoi fianchi e slacciando il bottone
dei suoi jeans. Glieli sfilai e posai le mani sui suoi boxer, mentre il
moro, ansimando, me le premeva contro la sua erezione. 'Così
presto?' mi domandai, massaggiandogliela. Poi mi abbassai e gli levai
le mutande, baciandogli l'ombelico. Abbassai ulteriormente la testa,
prendendoglielo in bocca. Mi sentii improvvisamente a disagio, ma
ignorai quella sensazione e continuai, chiudendo gli occhi. Alzai
quindi la testa, mentre il moro mi baciava la fronte e mi accarezzava i
capelli.
"Lascia fare a me, ora" sussurrò, mordendomi delicatamente
il labbro. Fece correre le mani lungo la mia schiena e i miei fianchi,
baciandomi il collo e scendendo lentamente verso il mio petto. Mi
sfilò quindi i pantaloni, leccandomi sensualmente la pancia
e massaggiandomi in basso. Gemetti di piacere e lo baciai
più volte, mentre lui continuava. Poi infilò una
mano nei miei boxer e me li tolse, stringendomi a se. Quindi si
staccò e mi leccò il petto, scendendo lentamente
verso il basso, e stringendo una mano attorno al mio pene.
Cominciò a tirare, finché, ansimante, non gli
venni sulla mano. A quel punto, mi fece girare e mi
accarezzò la schiena più volte, baciandomi la
base del collo e leccandomi ogni tanto. Poi scivolò sopra di
me, e potei sentire la sua eccitazione sulla pelle, mentre mi
accarezzava e mi mordicchiava l'orecchio. Gemetti un'altra volta,
mentre il dolore si mescolava al piacere e Syn cominciava a fare su e
giù sulla mia schiena. Strinsi i pugni e ansimai, mentre lui
si attaccava al mio corpo, baciandomi il collo e spingendo
più giù possibile. Si alzò e si
abbassò un paio di volte, quindi si staccò e mi
penetrò un'altra volta. Urlai, invaso da dolore e piacere,
mentre il cuore e il respiro di Syn aumentavano di velocità.
Sentii le sue mani correre lungo la mia schiena e tirare i miei fianchi
verso l'alto, aumentando il suo piacere. Si lasciò quindi
sfuggire un gemito soddisfatto e mi baciò il collo,
continuando ad andare più in giù. Rimanemmo ad
ansimare per una decina di secondi, poi Syn si staccò
definitivamente da me e si sdraiò al mio fianco,
stringendomi a se. Quindi mi baciò in bocca, lasciando che
le nostre lingue si sfiorassero, e mi accarezzò il collo con
delicatezza.
"Ti amo" sussurrò tra i baci, tirandomi a se.
"Lo so" ribattei io, abbracciandolo e ricambiando le attenzioni.
Mi risvegliai verso le due del mattino, a causa di un tuono. Il corpo
sudato di Syn giaceva accanto a me, abbracciato ai miei fianchi.
Sorrisi e allontanai le sue mani, alzandomi. Aprii la finestra e chiusi
le persiane, poi tornai a letto. Il moro mormorò qualcosa
nel sonno e tornò ad abbracciarmi, mentre la pioggia
cominciava a battere contro il vetro. Mi voltai verso Syn, cercando di
ignorare il brutto tempo. Cosa inutile, perché il sonno mi
era ormai passato. Chiusi gli occhi e poggiai la testa sulla spalla del
moro, respirando il suo odore. Era mischiato al mio, ma allo stesso
tempo puro e intaccato. Era inebriante, mi mandava su di giri. Mi
strinsi a lui, baciandogli il petto. Sperai di addormentarmi presto,
mentre la pioggia batteva con violenza sulla finestra, facendomi perder
sonno. 'Merda!' imprecai tra me e me, stringendomi più forte
a Syn.
"Che succede?" mormorò lui, senza aprire gli occhi.
"Niente. È solo la pioggia" risposi, allentando la presa.
Lui annuì e mi strinse, baciandomi la fronte.
"Mmmhh..." borbottò con uno sbadiglio. "Faresti meglio a
rilassarti un po'" osservò, baciandomi nuovamente. Annuii
senza molta convinzione, ma lui si limitò ad accarezzarmi i
capelli e a rimettersi a dormire. 'Stupida pioggia' borbottai
silenziosamente, rigirandomi nelle lenzuola. Dopo un paio di minuti, mi
alzai ed andai a prepararmi del latte caldo. Camminando al buio,
inciampai nelle scarpe di Syn e caddi in avanti, affondando il volto
nei nostri vestiti. Arrossii, mentre l'odore del moro penetrava nella
mia mente. Mi rialzai velocemente, portandomi una mano alla fronte e
cercando di pensare a qualcosa che non fosse il corpo nudo del moro, ma
non ci riuscii molto bene. Camminai fino al lavandino e mi schizzai un
po' d'acqua in faccia, scacciando l'ondata di calore che mi aveva
travolto. Rimasi immobile qualche istante a respirare al buio, poi
lasciai perdere il latte e m'infilai un paio di mutande, lasciandomi
quindi cadere sul letto. Mi accoccolai accanto a Syn, la testa sul suo
cuore e la mano sul suo petto, chiudendo gli occhi e sentendolo
mormorare qualcosa nel sonno. In quel momento avrei proprio voluto
fosse sveglio, a dir la verità. Lui
però non si svegliò, e mi lasciò solo
con i miei pensieri finché non mi addormentai, un paio di
minuti dopo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
Eccoci
qua, primo giorno di tour e primo giorno di casini. Mi sono svegliato
presto, intorno alle otto e mezza, a causa della chiamata di Johnny. In
poche parole mi spiegò che a mezzogiorno avremmo dovuto
trovarci all'entrata ovest del parco, dove il pullman ci avrebbe
caricato e portato alla prima tappa, Seattle. Dovevamo portarci il
pranzo e fare le valige, anche se ci saremmo probabilmente fermati a
comprare un po' di roba per strada. Attaccai il telefono e scivolai
giù dal letto, raccattando dei vestiti puliti e andando in
bagno. Mi feci una doccia rapida e, dopo essermi asciugato i capelli,
aprii le finestre per cambiar aria. Preparai velocemente la colazione
per me, poi andai a fare le valige. Intorno alle dieci meno venti avevo
finito tutto, quindi svegliai dolcemente Syn e gli portai la colazione
a letto.
"Sembri una camerierina, sai? Di quelle capaci di rovesciarti il the in
faccia se le fai arrabbiare, però" osservò lui,
sbadigliando. Sorrisi sotto i baffi, alzandomi dal letto e dirigendomi
verso la cucina.
"Cameriera?" mi chiamò poi, mentre trafficavo coi resti
della mia colazione. Mi voltai verso di lui, alzando le sopracciglia.
"Questo caffè è troppo amaro. Esigo un po' di
zucchero, e anche del latte, già che ci sei"
ordinò il moro con aria di importanza. Gli lanciai una
bustina di zucchero in faccia, e lui ridacchiò. "Mi
accontenterò" concesse con magnanimità, bevendo
il suo caffè. Poi si alzò e mi raggiunse,
abbracciandomi la vita.
"Sei poi riuscito a dormire, stanotte?" domandò. Annuii,
finendo di asciugare la mia tazza. "Meglio così"
sussurrò, baciandomi la guancia. Sorrisi, ricambiando il
bacio.
"Ha chiamato Johnny" lo informai, mentre si vestiva. "Ha detto che a
mezzogiorno dobbiamo andare al parco a prendere il pullman". Lui
annuì, infilandosi i pantaloni.
"Dovrò fare le valige" osservò con una smorfia.
Poi scrollò le spalle e si piegò in avanti,
raccogliendo la sacca che aveva portato al lago. La aprì e
tirò fuori una maglietta pulita e un paio di calze, che
poggiò accanto a se.
"Non vuoi farti una doccia?" domandai indicando il bagno col capo.
"Per levarmi il tuo odore di dosso? Neanche morto" ribatté,
facendomi sedere sulle sue ginocchia e baciandomi le labbra.
"Mmmhhh.. E gli altri, allora?" gli feci notare.
"Gli altri saranno invidiosi" concluse. Alzai gli occhi al cielo,
mentre lui mi baciava il collo. Stemmo lì abbracciati un
altro po', poi mi alzai e finii di lavare i resti della colazione. Syn,
invece, fece il giro della casa e raccolse la sua roba, ficcando quella
pulita nella valigia. Una volta finita l'operazione, ci si sedette
sopra e la chiuse con un'esclamazione soddisfatta.
"Perfetto! E ora, dedichiamoci al pranzo!" disse alzandosi e
dirigendosi verso la porta. "Vieni?" mi chiamò. Lasciai
perdere i piatti e presi le chiavi, seguendolo. Lui aprì la
porta e si fiondò giù per le scale, saltando gli
ultimi due gradini. Io me la presi comoda, scendendo tranquillamente le
scale e godendomi ogni secondo. Ancora poche ore e mi sarei lasciato
quel posto e tutti i suoi brutti ricordi alle spalle per giorni,
settimane, addirittura mesi. Dire che non vedevo l'ora è
dire poco. Stavo letteralmente morendo dalla voglia di partire e non
tornare mai più. E l'avrei fatto, se non fosse stato per la
mia testardaggine e la mia convinzione che cambiar casa sarebbe
equivalso a darla vinta a quegli stupidi omofobi. No, loro dovevano
capire che i nostri cuori non erano 'sbagliati', che il nostro amore
non era malato. Dovevano capire che c'era qualcosa oltre al semplice
aspetto di un omosessuale, ad esempio dei sentimenti. Dovevano capire
che i gay erano uguali a loro, in tutto e per tutto, se non per il
sesso della persona che amavano. Dovevano capirlo. La consideravo come
una missione, ormai. Una missione che andava completata, costasse quel
che costasse.
"Avanti, sbrigati!" mi chiamò Syn, costringendomi ad
accellerare il passo.
"Arrivo, arrivo" mormorai raggiungendolo. "Dove vuoi andare a comprare
il cibo?" domandai. Lui scrollò le spalle, indeciso.
"Dove hai comprato i panini l'ultima volta?" propose.
"D'accordo. Ma prendiamo qualcosa di più di un panino, o ti
ritroverò a rubare il cibo a Zacky o chi per lui"
sottolineai. Lui rise, imbarazzato.
"Sì, è molto da me" ammise. "Ma stavolta
lascerò in pace quel santo di Zacky e mangerò il
mio, di pranzo" si ripromise. Sorrisi, prendendolo per mano e
trascinandolo verso il bar.
"Non ci credo neanche un po', ma va bene" ribattei. Syn fece una
smorfia divertita e disse che era cambiato, che si sarebbe trattenuto e
che al massimo avrebbe mangiato il pranzo dell'autista. "Ah, perfetto,
così ci ritroveremo a piedi!" scherzai. Lui scosse la testa,
annunciando che non avrebbe toccato cibo che non fosse suo.
"Ehy, scherzo. Mangia il pranzo di chi ti pare" acconsentii con un
sorriso.
"Ad ogni modo, mi comprerò anche un dolce, tanto per essere
sicuri" borbottò Syn, avvicinandosi al bancone.
Comprò quattro panini e due cornetti, accompagnati da due
lattine di birra, e ritornò da me, tendendomi uno dei due
sacchetti. "Ecco. Con questo, siamo a posto per tutto il pomeriggio"
annunciò. "E, per consolidare il tutto, ci aggiungo pure
questi due cioccolatini che mi ha regalato il commesso del lago,
qualche giorno fa" aggiunse orgoglioso. Sorrisi, prendendo il sacchetto
e ringraziando il moro. Quindi uscii dal negozio e lui mi
seguì, trotterellando al mio fianco. Dopo una manciata di
minuti, raggiungemmo la macchina e vi salimmo, senza allacciare le
cinture.
"Dove andiamo?" domandò Syn, voltandosi verso di me.
"La Synyster Mobile deve andare in garage" spiegai. "Non voglio che
qualcuno ne rubi un pezzo o la rovini perché è
stata ferma per troppo tempo" mi giustificai. Il moro annuì
con un 'capisco' e poi tirò su i finestrini, continuando
però a guardar fuori. Portai la macchina nel garage
condominiale e la parcheggiai, dirigendomi quindi verso l'ascensore. Il
locale era vuoto, e il rumore dei nostri passi echeggiava tra le pareti
spoglie. Non era un posto molto allegro, in realtà, ma
almeno la mia auto era al sicuro.
"Ciao, tesoro" mormorò Syn alla mia auto, ondeggiando la
mano come segno di saluto. Alzai gli occhi al cielo e lo spinsi nella
cabina dell'ascensore, mentre le porte cominciavano a chiudersi.
"Andiamo, eroe!" esclamai, uscendo sul pianerottolo e dirigendomi verso
casa. Lui mi seguì, guardandosi intorno.
"Non torneremo qui per un bel po' di tempo" osservò. Annuii,
sorridendo. "Peccato. Avrei voluto fare due chiacchiere con quella
vecchia pazza che ti ritrovi come vicina" borbottò,
lanciando un'occhiataccia alla sua porta.
"Ne avrai più che l'occasione, credimi" ribattei, salendo le
scale. Stavo appunto aprendo la porta, che l'anziana signora
uscì da casa sua. "'Giorno, signora Hargrave" la salutai,
secco. Lei mi fulminò con lo sguardo, ignorando i saluti.
"Spero vi rendiate conto di quello che siete" sibilò.
"Due bei ragazzi? Sì, ce ne rendiamo conto"
replicò Syn, pacifico. La vecchia lo guardò male,
socchiudendo gli occhi finché essi divennero due piccole
fessure.
"Non dire fesserie, moretto. Sai benissimo cosa intendo" rispose
acidamente.
"Pensavo che Dio ci insegnasse che fossimo tutti fratelli, qualunque
fossero state le nostre scelte nella vita" osservò il
ragazzo.
"Dio non vuole che sul suolo del suo pianeta camminino pazzi come voi"
gracchiò la signora.
"Se Dio non ci vuole, può anche ammazzarci, non crede?". La
vecchia tacque, rossa in volto.
"Dio non vi ammazza solo perché non vuole sporcarsi col
vostro sangue!" screpitò.
"Probabilmente il motivo per cui lei è ancora qui
è lo stesso" ribatté il moro, sorridendo.
"Brutto figlio di...!" esclamò la donna. "Come ti permetti?!"
"Come si permette lei, a insultarci in questo modo e pretendere di
avere ragione?! Mi ha sempre trattato con gentilezza e rispetto,
finché non mi ha visto in giro con Syn! Non ha mai dubitato
di me, della mia normalità, finché non ha visto
lui. L'unica cosa che le ha fatto cambiare idea sul mio conto sono i
suoi pregiudizi del cazzo, che vengono prima di tutto, per lei! Prima
della religione, del rispetto, della fratellanza, vengono i suoi
pregiudizi nei confronti dei gay, dei poveri e dei drogati. Giudica gli
altri senza conoscerli, o fingendo di dimenticare tutto di loro, ma non
permette che la cosa sia fatta a lei! Prima di giudicare noi, si guardi
un attimo allo specchio! Chissà, forse capirà di
non essere quella simpatica creatura che crede!" sbottai. Lei mi
guardò colpita per qualche secondo, poi avvampò e
si sbatté la porta alle spalle.
"Buona giornata!" la salutò poi Syn, scuotendo la mano.
Entrammo a casa e chiudemmo la porta, per poi riaprirla e scendere le
scale con due valigioni sotto braccio. Ci dirigemmo verso la fermata
dell'autobus e montammo sul 130, accomodandoci alla fine del veicolo.
Non c'era molta gente, quindi potemmo mettere le valige accanto a noi.
"Non vedo l'ora di vedere i ragazzi!" mormorò Syn,
spaparandosi sul sedile. "Mi sembrano passate ere dall'ultima volta che
li ho visti" aggiunse con un sospiro. Posai la testa sulla sua spalla,
accarezzandogli la mano.
"Manca poco ormai" sussurrai.
"Già" annuì lui. "Non sto più nella
pelle".
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
Incontrammo
i ragazzi verso mezzogiorno meno dieci, quindi potemmo salutarli con
calma e chiacchierare qualche minuto, prima che l'autista ci facesse
salire. Il termine pullman non era abbastanza per definire il veicolo:
esso era infatti grande circa il doppio di un normale pullman, ma con
sole cinque o sei sedie. Il resto dello spazio era occupato dalle
cuccette, dal bagno e da uno scompartimento per il cibo.
"Wow!" esclamai, mettendo piede sulla vettura.
"Si vede che è la tua prima volta qui" sorrise Johnny.
"Abbiamo avuto tutti la tua stessa reazione quando abbiamo visto questo
posto per la primissima volta. Col tempo ti ci abitui, anche se
è davvero una meraviglia" mormorò compiaciuto.
'Già, è vero!' esclamai tra me e me. 'L'altra
volta abbiamo preso solo aerei e taxi per arrivare dove dovevamo
suonare. Questa volta mi farò tutte le tappe via pullman,
invece' ragionai. Diedi un'altra occhiata in giro, mentre il mio
cervello si adattava pian piano all'idea che quella sarebbe stata la
mia casa per le prossime 3 settimane, prima di volare in Europa.
"Che te ne pare?" mi domandò Matt, dopo che il pullman si
mise in viaggio.
"È una figata! Non sono mai stato su una roba del genere
prima d'ora" risposi sorridendo. Matt sorrise a sua volta, guardando
davanti a se.
"Ho la netta sensazione che questo tour sarà divertente"
commentò.
"Lo spero. Sinceramente sono un po' preoccupato per gli show" ammisi.
"Essere il sostituto di Rev non è esattamente una cosa
facile. Quando la gente mi guarda, vede solo un rimpiazzo per uno dei
più grandi batteristi dei nostri tempi, non una persona che
si sta impegnando al massimo per svolgere il suo compito" continuai.
"Ho paura che i vostri fan non mi accettino. So che è
stupido, me lo sono detto anch'io, però non riesco a non
sentirmi inferiore, a levarmi dalla testa l'idea di essere solo un
tappabuchi per loro; un qualcuno che gli fa pensare che i loro idoli
hanno smesso di soffrire per la perdita di una delle più
grandi persone che abbiano mai visto in vita loro e che non rivedranno
mai più" sospirai.
"Be', se è per questo, ti capisco. Perdere Rev è
stato difficile, ma volendo andare avanti, abbiamo dovuto pensare a un
nuovo batterista. Certo, la cosa può sembrare insensibile a
molti, ma è quello che avrebbe voluto lui. Non deludere i
nostri fan e farli felici come loro hanno fatto felici noi. Sapevamo
che aggiungere un membro alla band sarebbe stato malvisto da molti, ma,
credimi, era necessario. So che ti senti in colpa e che ti vedi come un
rimpiazzo, ma non dovresti. Non abbiamo mai pensato di rimpiazzare Rev
e non lo penseremo mai; per noi sei un membro della band a tutti gli
effetti ormai, ma non uno stupido rimpiazzo. E i nostri fan dovrebbero
capirlo e accettarlo, visto che Rev non tornerà e tu sei
destinato a restare" sorrise lui.
"Grazie" mormorai. "Scusa, non volevo farti cominciare il tour con
questi pensieri" sussurrai, abbassando lo sguardo.
"Guarda che ti capisco, sai? Essere il successore del mio migliore
amico non è mica facile" mi tranquillizzò lui. "E
poi, le partenze ci deprimono sempre un po' tutti" ammise con un
sorriso. Sorrisi a mia volta, sollevato.
"Arriveremo a Seattle domani mattina. Ti conviene trovarti qualcosa da
fare" mi avvertì, posandomi una mano sulla spalla e dandomi
una pacca. Annuii e mi appoggiai al vetro, mentre lui se ne andava.
Cominciai a mordermi il labbro, guardando fuori dal finestrino e
facendo correre lo sguardo da una parte all'altra della strada. Ero
agitato, nonostante le belle parole di Matt. Ma d'altronde, essere
agitati era da me, quindi ci ero, in un certo senso, abituato.
"Malinconico, eh?" esclamò Zacky tutto d'un tratto. "Non ti
preoccupare, fra un paio d'ore passa. È sempre
così le prime volte: ti manca la ragazza, non ti senti
all'altezza, ti ricordi del mega panino abbandonato sul tavolo del
salotto... -e qui tacque per qualche secondo- Ma poi ci pensa
l'adrenalina a scacciar tutto! Tu rilassati, e ti ci abituerai presto"
ciondolò aprendo una lattina di birra. "All'inizio anch'io
ero tutto spaventato dalla cosa, ma poi ho capito che era inutile. Ogni
singolo dettaglio è curato dal nostro manager, ogni
decisione è presa per il nostro bene e ogni birra nel frigo
bar è per noi. Potremmo essere più tranquilli?
Non vale proprio la pena di preoccuparsi, credimi. Dopo l'ansia
iniziale, tutto fila liscio come l'olio, e puf!, senza che tu nemmeno
te ne accorga, sei già a metà tour!"
gongolò, dando un sorso alla sua birra. "È una
bella vita, se sai come divertirti" commentò.
"Già... Credo che mi troverò bene.." sorrisi.
"'Credo'? Certo che ti troverai bene! Ti faremo uscire il cervello
dalle orecchie a forza di risate!" esclamò Zacky, dandomi
una pacca sulla spalla. Poi bevve un altro po' di birra e si
alzò. "Ora scusami, ma devo andare a rompere i coglioni a
Matt. Scommetto che sta di nuovo pensando a quella Val.."
borbottò. "Be', ciao!" mi salutò nuovamente. Che
tipo strano. Mi aveva rasserenato, però. In effetti, quel
tour era per me una benedizione in tutti i sensi: non solo sarei potuto
restare vicino a Syn, ma avrei anche guadagnato dei soldi facendo la
cosa che mi piaceva più al mondo. Regalare emozioni agli
altri... È per questo che ero diventato un musicista. Volevo
che la mia musica comunicasse qualcosa e aiutasse le altre persone,
proprio come la musica dei miei idoli aveva fatto con me. Non essendo
un genio con le parole, lasciavo che le note parlassero per me, come
d'altronde avevano sempre fatto. Sin da piccolo mi ritrovavo in quello
che dicevano i miei artisti preferiti, ma che io non avrei saputo
ripetere in altro modo. Era come se loro cantassero di me, della mia
vita, delle mie paure, anche se non mi conoscevano. Era una cosa
fantastica. Era per questo che avevo voluto imparare a suonare uno
strumento, anni prima. Avevo deciso che sarei diventato importante per
qualcuno, che sarei riuscito ad aiutare qualche ragazzo con solo il
suono di una corda. Più andavo avanti con gli Avenged e
più mi avvicinavo al mio sogno, e questo tour era solo la
prova tangente della mia vicinanza. Syn, i ragazzi, tutto quanto...
Facevano parte del mio sogno, o per meglio dire, erano il mio sogno.
Viaggiare con una band e fare arrivare i miei pensieri a tutti gli
altri... Non era quello che avevo sempre sperato? Eppure mi sembrava
tutto così irreale, assurdo. È strano, quando
desideri una cosa per anni e poi te la ritrovi tra le mani. Il tuo
primo pensiero è di felicità, ma poi ti chiedi se
quello è davvero ciò che volevi, che hai sognato
per tutto quel tempo. È una sensazione strana, ti trovi a
dubitare dell'unica cosa certa della tua vita, domandandoti se ne
è davvero valsa la pena. Quella volta è stato
diverso. L'unica cosa che sentivo era gioia, ogni dubbio era scomparso.
Ce l'avevo quasi fatta. Ancora poco e il desiderio su cui avevo basato
la mia intera esistenza si sarebbe avverato. Dovevo solo riuscire a
farmi accettare dagli altri fan, e da lì sarebbe andato
tutto liscio.
'Tieniti forte, Seattle, sto arrivando' fu il mio ultimo pensiero,
prima di addormentarmi.
Il pomeriggio volò via veloce. Dormii solo per una
mezz'oretta, e passai il resto del tempo a chiacchierare con Johnny e
gli altri. Giocammo anche a carte, a un certo punto, ma ci arrendemmo
uno dopo l'altro, senza sforzarci più di tanto per rimanere
in gioco. Decidemmo di tirare fuori una cartina stradale e controllammo
la distanza tra le varie tappe, per vedere quanto tempo avremmo passato
sul pullman e quanto sulla terraferma.
"Potrebbe essere peggio" commentò Johnny. Matt
annuì silenziosamente, mentre faceva scorrere il dito da una
località all'altra.
"Mmh.." mormorò. "A me non dispiacerebbe farmi un bel tour
di Seattle, a essere onesti"
"A chi dispiacerebbe?" ribatté Zacky. "Seattle è
la casa del grunge, no? C'è sempre qualcosa da imparare sul
genere, e chissà che non ci venga un po' d'ispirazione per
una nuova canzone" gongolò.
"Già, hai ragione. Potremmo anche andare a dare un'occhiata
alla sede della Sub Pop, tanto per vedere l'etichetta che ha lanciato
Soundgarden e Nirvana" propose Johnny.
"Mi pare una bella idea" commentò Syn. "Tu che ne pensi,
Arin?"
"Sarebbe fantastico" sorrisi.
"Allora è deciso!" esclamò Zacky. "Vado ad
avvertire l'autista" annunciò, allontanandosi. Noi rimanemmo
in silenzio per un po', Matt che osservava la carta, Johnny che
sbadigliava e Syn che cercava di capire dov'eravamo. Sorrisi,
tranquillo. Un po' di calma non mi faceva certo schifo, visto che dal
giorno dopo non ne avrei avuta più. Mi alzai e mi avvicinai
al finestrino, spostando lo sguardo da una macchina all'altra.
"Yellow car!" esclamò Syn dandomi un pugno sul braccio.
"Ow! Ma che fai?" sbottai massaggiandomi il punto colpito.
"C'era una macchina gialla" si giustificò lui alzando le
spalle. "Dovevo colpirti" aggiunse, come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
"Oh. Credevo funzionasse solo coi maggiolini" mormorai.
"Sei rimasto indietro coi tempi" scherzò il moro, dandomi
una pacca sulla schiena.
"Eh già. Posso chiederti una cosa?" feci, voltandomi verso
di lui.
"No" ribatté con una smorfia divertita. Alzai gli occhi al
cielo, sospirando. "Okay, va bene. Spara pure" acconsentì
lui.
"Troppo buono, maestà. Come pensi di dire ai ragazzi che
stiamo insieme?" domandai. Lui tacque per qualche secondo.
"Non ne ho idea. 'Ciao ragazzi, io posso scoparmi Arin quando mi pare
perché è di mia proprietà'
è okay, secondo te?" Gli diedi una spinta, divertito.
"Dico sul serio. Lo scopriranno senza dubbio, quindi tanto vale
dirglielo" replicai.
"Boh, pensavo di dirglielo una volta ubriaco" commentò lui.
"I discorsi migliori li faccio quando bevo troppo" si
giustificò. Alzai gli occhi al cielo, allegro. Syn sorrise
sornionamente, baciandomi la guancia. "Non farti troppi problemi.
L'inizio del tour è sempre tremendo, le prime volte. Fra
qualche ora ti abituerai all'idea e smetterai di preoccuparti per
tutto" sorrise. "Anche se, conoscendoti, non smetterai affatto di farti
le seghe mentali" aggiunse scuotendo la testa.
"Pff! Smetterò di pensare a tutto solo per provarti il
contrario" ribattei divertito.
"Ci crederò quando lo vedrò" scherzò
lui, alzando le sopracciglia. "Nah, scherzo. È meglio che
uno dei due resti coi piedi per terra, e sappiamo entrambi che quel
qualcuno non potrei mai essere io" ammise. "Penserò io a
tutto, comunque. Ho più familiarietà con questo
tipo di cose e con questo tipo di vita. Tu pensa solo a idolatrarmi,
okay?" Poi mi passò la mano tra i capelli e si
spaparanzò sul suo sedile, tirando fuori un libro.
"Aspetta... Tu leggi?" feci, fingendomi stupito. Lui mi
sbatté scherzosamente il libro sul muso, tornando poi a
sfogliarlo.
"È una guida ai fast food, alle rosticcerie e a quella roba
lì" spiegò. "Ho una gran voglia di vaccate. E poi
tu devi mettere su peso se vuoi suonare senza morire nel bel mezzo del
concerto" sottolineò. Finsi un sospiro seccato e mi girai,
tornando a guardare il panorama. Erano tutti ossessionati dal mio peso,
ultimamente. Perfino la madre di Syn aveva preso a chiamarmi
'mucchietto d'ossa' prima che partissimo. La cosa mi dava un po'
fastidio, perché tutti mi trattavano come un bambino e
cercavano di ingozzarmi fino a farmi scoppiare, senza curarsi del fatto
che io normalmente mangiavo anche più di loro.
Però non mi infastidiva quando era Syn a insistere
affinché mangiassi; anzi, lo trovavo carino. In un certo
senso, era come sapere che gli interessava davvero come stessi. Certo,
esagerava, proprio come esageravo io con le frasi carine, ma era sempre
meglio di niente. Mi voltai verso di lui e lo guardai leggere,
finché lui non si girò a guardarmi.
Alzò un sopracciglio e sorrisi, lanciandogli un bacio e
rimettendomi a guardare fuori dal finestrino. Sapevo di sembrare come
una stupida ragazzina innamorata, ma non potevo farci niente. Il mio
corpo era troppo piccolo per contenere tutto il mio amore, che tra
l'altro era sempre più forte. "Tempo stasera e lo sanno
tutti" sussurrai, fissando l'orizzonte. "Ci scommetto la testa".
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
Il
resto della giornata passò relativamente senza troppi
pensieri. Ci fermammo a cenare in un piccolo pub sulla strada, in cui
Matt, Syn e Zacky si ubriacarono fino al midollo, e in cui scoprii che
l'autista del pullman era un uomo molto simpatico. Non potendo bere
alcool, si teneva sveglio a forza di caffé, e fu ben lieto
di aver qualcuno con cui parlare, anche per pochi minuti. Johnny era
quasi sempre della sua stessa opinione e questo li fece avvicinare
abbastanza, anche se nessuno dei due avrebbe mai invitato l'altro a
bere qualcosa al di fuori delle serate di viaggio.
"A proposito, Arin" cominciò il biondo, approfittando del
fatto che l'omone era al bagno, "come va con Syn?". Scrollai le spalle,
mormorando un 'come al solito' e gli domandai perché. "Be',
sai, tutte le voci sul Synacky che girano hanno un po' di fondamento.
Quando sono ubriachi, a volte quei due vanno un po' oltre i limiti
dell'amicizia" spiegò, osservando la mia reazione.
"Oh" esclamai piuttosto silenziosamente. "Syn è grande e
vaccinato, può fare quel che vuole" mormorai qualche secondo
dopo. Johnny mi squadrò qualche istante, alzando le
sopracciglia. "Non credere che non mi importi" mi affrettai ad
aggiungere. "Credo che lui debba avere il suo spazio, però.
Siamo stati sempre insieme per giorni, ed è un bene che lui
stia con altre persone per un po' di tempo. La routine annoia" sorrisi.
Lui annuì, lanciando uno sguardo a Matt.
"Io morirei di gelosia" borbottò poi. "Per fortuna non ho
questi problemi, o impazzirei" Risi sotto i baffi, cercando di
immaginarmi Johnny così geloso da dare di matto davanti alla
sua ragazza. Interruppi i miei pensieri in quel momento, visto il
ritorno dell'autista.
"È ora di ripartire, ragazzi" ci avvisò con fare
gentile.
"Perfetto" commentò il biondo.
"Vuoi aiuto con gli altri?" domandai indicando gli ubriachi con la
testa.
"Nah, so come prenderli. Sta a vedere" disse l'omone, facendomi
l'occhiolino e voltandosi verso i tre. "Ehy ragazzi! Vediamo chi
raggiunge prima il pullman!" gridò, avvicinandosi le mani
alla bocca. Pochi secondi dopo Matt mi sfrecciò accanto,
urlante. A lui seguì Zacky, e quindi Syn. Entrai per
penultimo, subito prima che l'autista salisse e chiudesse le porte del
veicolo. Rimasi a guardare gli ubriachi con Johnny, mentre l'uomo
ricominciava a guidare. Erano divertenti, da osservare. Pure nella loro
ubriachezza avevano una logica, e quello che facevano lo facevano per
ottenere un determinato scopo. Guardandoli così, a prima
vista, avresti detto che erano ubriachi solo a causa dell'odore
penetrante di alcool di cui erano ormai impregnati, non per le loro
azioni, che erano, tutto sommato, abbastanza normali. Matt continuava a
ridacchiare e rotolare da qualche parte, Zacky cercava di avvicinarsi a
Syn ma non faceva altro che cadere, e il moro rimaneva seduto a
fissarli e ridere. Ogni tanto lanciavamo loro una palla o qualcosa del
genere, per testare le loro reazioni e i loro riflessi, ma ci stancammo
abbastanza presto. Il cantante si sarebbe ammazzato pur di recuperare
l'oggetto, ma Zacky se ne sbatteva altamente e si limitava a
toccacciare la guancia di Syn finché quest'ultimo non lo
mordeva, irritato. Lui, a quel punto, avrebbe cominciato a stuzzicargli
il naso fino a essere schiaffeggiato, senza comunque fermarsi. Il gioco
continuò per un quarto d'ora o giù di
lì, senza che dicessimo niente al riguardo. Ad in certo
punto, però, una pallina di carta finì in testa a
Syn, che si accorse finalmente della nostra esistenza e ci si
avvicinò, barcollando da una parte all'altra della stanza.
"Sciao" mormorò, lasciandosi cadere davanti a noi. "Come
va?" domandò con un sorriso ebete.
"Non c'è male" rispose Johnny, scrollando le spalle.
"Idem" commentai io.
"E il tuo gemello?" domandò ancora Syn, indicando un punto
accanto a me.
"Oh, sta bene pure lui" lo rassicurai. "Dice che fa un po' caldo,
però" aggiunsi con aria divertita.
"Oh! Allora dobbiamo raffreddarlo!" esclamò il moro,
cercando conferma negli occhi di Johnny.
"Lo raffreddo io, non ti preoccupare" mormorò il biondo.
"Così potremo finire di parlare, giusto, amico?" fece al mio
'gemello'. Poi sorrise e finse di accompagnarlo al bagno, scomparendo
dalla mia vista.
"Avresti dovuto dirmelo che avevi un fratello" biascicò il
moro, cercando un equilibrio.
"Già, hai ragione, scusa" sorrisi.
"Ti perdono giusto perché sei bello" mormorò
cercando poi le mie labbra. Dopo avermi baciato, si staccò
da me e mi guardò soddisfatto. "Mi piaci"
commentò, vacillando.
"Anche tu mi piaci" ribattei dolcemente.
"Oh" rispose semplicemente Syn, mettendosi poi a giocare con i lacci
della sua scarpa. Lo osservai per un po', ma poi decisi di andare a
dormire e lasciarlo con Matt e Zacky. Lo aiutai ad alzarsi e lo
sorressi mentre, barcollando, si avvicinava ai suoi amici.
"Wei" li salutò, inciampando sui suoi stessi piedi. "Anche
voi avete dei gemelli?" domandò, sorridendo al muro. Matt
annuì allegro, presentando il suo nuovo fratello al moro e
chiedendogli notizie del suo. Non so che fecero dopo, perché
li abbandonai e andai a salutare Johnny, annunciandogli che sarei
andato a dormire poco dopo. Lui mi salutò e disse che
avrebbe seguito presto il mio esempio. Presi il letto in alto, visto
che non lo voleva nessuno, e dato che gli ubriachi non sarebbero
riusciti a raggiungermi lassù. Faceva abbastanza caldo, in
realtà, quindi dormii solo con maglietta e boxer, lasciando
il letto intatto. Mi addormentai dopo neanche dieci minuti, e dormii
profondamente fino al mattino dopo, quando mi svegliai abbracciato a
Syn. Come riuscì ad arrivare fin lassù era per me
un mistero, visto che avevo fatto fatica a salirci io, che ero anche
sobrio. Lo guardai qualche secondo, intontito. Puzzava ancora un po'
d'alcool ed era in mutande, abbracciato stretto al mio braccio. Mi
girai quanto la posizione in cui Syn si trovava mi permetteva, e notai
che nel letto di sotto dormiva Matt, vestito di tutto in punto e
decisamente puzzolente di alcool. Sentivo il respiro di Zacky, ma non
riuscivo a capire da dove provenisse - probabilmente si era
addormentato per terra ed era finito ai piedi del muro. Johnny invece
passeggiava tranquillo su e giù per il pullman.
"Johnny!" lo chiamai, sottovoce. Lui mi sentì e si
avvicinò.
"Ehilà! Dormito bene?" mi salutò con un sorriso.
Annuii qualche volta, mentre lui arrivava vicino al mio letto.
"Senti, come ci è arrivato lui, qui?" domandai indicando Syn
con la testa. Il biondo aggrottò la fronte, stupito.
"Non ne ho idea" rispose scrollando le spalle. "Però faresti
meglio a scendere, prima che ti vedano gli altri" commentò,
dando un'occhiata furtiva in giro.
"Fosse facile. Questo non mi lascia manco se lo prendo a calci"
borbottai, cercando inutilmente di allentare la morsa del moro. "E se
lo svegliassimo?" proposi.
"Proviamo" acconsentì il mio amico, scrollando la schiena di
Syn. Quest'ultimo mormorò qualcosa nel sonno, avvinghiandosi
ancora di più al mio braccio. Mi lasciai sfuggire un gemito
di dolore, e Johnny mi chiese scusa con gli occhi. Aspettammo qualche
secondo, poi provai io. Lo chiamai qualche volta, poi cominciai a
scrollargli animatamente la spalla. Dopo un paio di tentativi, il moro
aprì gli occhi.
"Che c'è?" borbottò, gli occhi socchiusi e i
capelli scompigliati.
"C'è che mi stai ammazzando un braccio" lo informai. Lui mi
lasciò il braccio, cercando qualcos'altro da abbracciare. Mi
scansai appena in tempo e scesi giù dalla cuccetta con un
salto. Ringraziai il biondo dell'aiuto e mi infilai un paio di jeans,
mentre Syn mi osservava stancamente.
"Arin.." mi chiamò con voce addormentata.
"Sì?" sorrisi, voltandomi verso di lui.
"Ti ho sbavato sulla maglietta" mi fece notare, prima di girarsi e
rimettersi a dormire. Mi levai la maglia e finii di cambiarmi, poi mi
avviai verso Johnny, inciampando sul corpo di Zacky. Imprecai e mi
rialzai, mentre il ragazzo continuava a dormire beato. Lo superai,
guardando bene dove mettevo i piedi, e raggiunsi velocemente il biondo,
che stava controllando la mappa.
"Ancora qualche ora e arriviamo" annunciò sorridente.
"Fantastico. Anche se dubito che gli altri si godranno Seattle come
noi" osservai. Johnny alzò le spalle, tranquillo.
"Se la son cercata" borbottò con uno sbadiglio.
"Probabilmente stasera faranno la stessa cosa, dopo il concerto"
commentò, sfogliando la cartina. Mi voltai a guardare i
ragazzi, spostando lo sguardo da Matt a Zacky, e infine a Syn.
Dormivano tutti, senza dare segni di volersi svegliare.
"Fanno sempre così?" domandai.
"Sì, be', più o meno" farfugliò lui.
"Diciamo che non rifiutano mai della birra, se possono" sorrise.
"Però quando si tratta di musica, non c'è nessuno
più serio di loro, credimi" aggiunse poi, compiaciuto.
Sorrisi a mia volta, annuendo. Rimanemmo in silenzio un paio di minuti,
poi Johnny tirò fuori un depliant e cominciammo a decidere
dove andare appena scesi dal pullman. Il che fu abbastanza difficile,
visto che i posti da vedere erano tanti e il tempo poco, ma riuscimmo
comunque a stendere un programma che avrebbe probabilmente soddisfatto
tutti. Compiaciuti del nostro lavoro, ci rilassammo su due poltrone a
fagiolo in compagnia di due birre e chiacchierammo un po'. Dopo qualche
attimo di silenzio, più o meno dopo che la conversazione era
terminata da cinque minuti, mi alzai e presi la mia PSP, riprendendo
l'ultima partita. Il biondo, dal canto suo, si mise le cuffie e si
perse nel suo mondo, lasciandomi giocare in pace. Rimanemmo a farci gli
affari nostri per un'ora o giù di lì,
finché gli altri non si svegliarono e decisero di venire a
infastidirci. Misi da parte la console prima che Zacky riuscisse a
metterci le mani sopra e feci spazio a Matt, che voleva sedersi.
"Allora, che si fa oggi?" domandò, spaparanzandosi accanto a
me.
"Abbiamo un programma" annunciò Johnny, tirando fuori il
foglio e facendolo passare tra i ragazzi.
"Mi sembra vada bene" commentò Syn, mentre i rimanenti due
musicisti annuivano. Allungò quindi il foglio al biondo, che
lo piegò e se lo ficcò in tasca.
"Arriveremo in città tra venti-trenta minuti" li avvertii.
Loro annuirono, allegri.
"A proposito, non è che qualcuno ha un'aspirina o qualcosa?"
domandò Zacky, portandosi una mano alla tempia.
"Dovrebbe essercene un pacco qua dentro" commentò Johnny,
che si era messo a frugare nel cassetto delle medicine. "Ecco, tieni"
aggiunse poi, lanciandoglielo. "Danne un po' anche a quegli altri due
polli" fece con tono autoritario. Zacky annuì e fece passare
il pacco, ridandolo al biondo una volta che tutti ne avevano usufruito.
Mezz'ora dopo, i tre erano di nuovo a far casino nel retro del pullman,
interrompendosi ogni tanto per vomitare. Io mi sentivo un po' a
disagio, quindi mi sedetti accanto all'autista e rimasi accanto a lui
finché non arrivammo. A quel punto, mi alzai ed andai a
avvertire gli altri che potevamo scendere, spostandomi giusto in tempo
per evitare Zacky, che si stava fiondando fuori dal veicolo. Fu l'unico
a scappar fuori in quel modo, quindi dovette aspettare qualche minuto
prima che arrivassimo.
"Avete 6 ore, ragazzi" ci avvertì l'autista quando gli
passammo accanto. "Non tardate, mi raccomando" sottolineò
con aria seria. Poi le porte si chiusero e lui scomparve all'orizzonte,
lasciandoci in uno spiazzo spoglio pieno di macchine. Dopo aver
consultato la mappa, ci dirigemmo verso la prima tappa del nostro tour
cittadino, e tra grida e schiamazzi scomparimmo nel traffico.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
Il
tour di Seattle fu bellissimo. Vedemmo i posti più
importanti per la cultura grunge e visitammo i locali in cui i Nirvana
di Kurt Cobain avevano fatto i loro primi show, sotto la direzione
della Sub Pop. Il giro fu molto interessante, e tutti quanti ci
ritenemmo soddisfatti del tempo speso. Terminammo il tour con una tappa
in gelateria, poi ci avviammo verso il luogo del concerto. Saremmo
entrati da un'entrata secondaria, nascosta dai camion per le
attrezzature, e saremmo usciti su un'ambulanza, fingendoci fan malati.
Le guardie di sicurezza erano piazzate vicino a ogni porta, ogni
finestra e ogni punto critico; i medici erano parecchi, di cui alcuni
sparsi nel pubblico; la security era pressappoco ovunque e l'acqua da
lanciare ai fan era sistemata dietro al palco. L'organizzazione non
lasciava niente al caso, vista l'ondata di fan prevista. Personalmente,
avevo i miei dubbi che le precauzioni sarebbero bastate, ma ammiravo
comunque quella gente per metterci così tanto impegno. Di
solito regnavano il 'chissenefrega' o il 'vabbè, dai, che
vuoi che succeda?', ma stavolta tutti si stavano preparando al massimo
per la serata, con un'energia che non poteva non contagiarti. La stessa
cosa succedeva quando giravi con gli Avenged: l'adrenalina ti prendeva
e non riuscivi a rimanere impassibile, specialmente prima di un
concerto. O almeno, questo succedeva a me.
La prima metà del concerto passò piuttosto
velocemente. C'era il sold-out, e sembrava che i fan non entrassero
neanche nell'arena, per quanta gente c'era. Avevamo attaccato con una
delle ultime tracce, Nightmare, con cui avevamo riscaldato la folla, e
a cui poi seguì Buried Alive. Eseguimmo più o
meno tutte le grandi hits, con la folla che cantava con Matt e lo
sostituiva quando era stanco. Al momento di So Far Away calò
un rispettoso silenzio e i fan tirarono fuori degli accendini, che
fecero ondeggiare sopra la loro testa per tutta la canzone. Matt fece
un discorso molto toccante riguardo Rev, e molte persone nelle prime
file scoppiarono a piangere, abbracciandosi l'un l'altro e dandosi
pacche sulla schiena per tirarsi su. Fu una delle scene più
strappalacrime che abbia mai visto, con tutta quella gente riunita a
condividere un vivo dolore che li tormentava ogni giorno nel pensare al
batterista, e i miei amici che guardavano il cielo, cercando di
scorgere lo sguardo di Jimmy tra le stelle e le lacrime che riempivano
i loro occhi. Dire che tutti nell'arena erano commossi è
dire poco: perfino i tecnici, che avevano avuto poco a che fare con il
ragazzo, nascondevano i loro sguardi nell'ombra, con una smorfia
affranta dipinta sulle labbra. Jimmy era benvoluto da tutti, e l'ultima
cosa che meritava era andarsene in quel modo, con quello stupido
errore. Quella folla, quelle migliaia di anime, erano tutte
lì per lui, a ricordarlo e piangerlo, facendosi forza e
sostenendosi l'un l'altro. E con l'inizio di So Far Away, tutto il loro
dolore era stato riversato nelle stelle, che brillavano in quel momento
più che mai, come a onorare anche loro la memoria dell'idolo
di così tante persone. Ogni parola, ogni nota, ogni paura
scivolava via assieme a migliaia di emozioni e volava verso il cielo,
verso Rev, per fargli sapere che ci mancava e che lo pensavamo, anche
se lui era così lontano. Tutta quella gente avrebbe avuto
così tante cose da dire, da urlare, ma l'unica cosa che
poteva fare era far rimanere vivo il suo ricordo, tra sorrisi e pianti,
tra risate e lacrime. Perché in fondo gli Avengers sono
sempre stati una famiglia e il dolore di uno è il dolore di
tutti, e, accada quel che accada, nessuno deve mai soffrire da solo. La
tragedia di Rev ci ha fatti crescere tutti, ci ha fatto capire che
anche noi siamo mortali, umani. C'è voluta la sua morte per
farci capire che la vita è importante e va vissuta con tutti
noi stessi, nonostante il dolore e la tristezza che incontriamo. In
quel momento, quando lo perdemmo, capimmo finalmente il vero
significato della frase "You can't live until you die". Non puoi vivere
finché non non muori. Finché non fronteggi la
morte, non darai mai abbastanza importanza alla vita, che invece vivrai
con leggerezza e criticismo. Be', c'è voluta la morte di un
genio per farcelo capire, e ancora oggi non siamo capaci di vivere
appieno le nostre esistenze. Intelligente, no? Eppure lì, in
quel momento, mentre tutte quelle persone cantavano il loro dolore e la
loro malinconia, ebbi la sensazione che Rev avesse raggiunto il suo
scopo, e che tutta quella gente sapesse realmente quanto vale una vita.
La sensazione durò fino alla fine della canzone, che
sopraggiunse con un'enorme applauso commosso da parte del pubblico e
dei vari tecnici, toccati nel profondo.
"Grazie" mormorò Matt nel microfono, asciugandosi gli occhi
e lanciando un bacio verso il cielo. "La prossima canzone si chiama
Afterlife" cominciò. "Parla del luogo dove si trova Rev,
anche se quando l'abbiamo visitato non ci è sembrato molto
per noi. Tuttavia, non avendone altri a disposizione, ce lo faremo
andar bene, vero, ragazzi?" sorrise, voltandosi verso di noi. Annuimmo,
mentre Matt cominciava a cantare e noi a suonare. In effetti, Afterlife
sembrava come scritta per o da Rev: alcune righe sembravano calzare a
pennello la sua situazione di morte prematura e indesiderata, mentre
altre parevano scritte come se lui già sapesse cosa lo
aspettava. Probabilmente non era così, ma questa era la mia
idea, e non riuscivo a trovare altra spiegazione per le mie sensazioni.
Ad ogni modo, la canzone finì velocemente, e a quella
seguirono un paio di altre canzoni tratte dall'omonimo album che li
aveva resi famosi. Il pubblico, sebbene all'inizio fosse ancora un po'
commosso, non smise mai di cantare, neppure durante la parte parlata di
Brompton Cocktail, e Matt fu piacevolmente sorpreso da questo. Come
premio, decise che avremmo suonato una canzone extra, e, mentre le dita
di Syn sfioravano le corde, annunciò che la canzone sarebbe
stata Save Me. Il pubblico parve contento dell'idea e lanciò
i pugni verso l'alto in segno di apprezzamento. Dalle loro facce, si
sarebbe detto che questo era il più bel giorno della loro
vita, oltre che un grande inizio per il tour. Una volta finita la
canzone, Syn s'impossessò del microfono, fregandolo al
cantante.
"Bene, gente, stasera tocca a me fare le presentazioni!"
annunciò, mentre Matt indietreggiava per cedergli la scena.
"Mi scuso in anticipo per tutto quello che dirò" aggiunse.
"Alla voce. Una diva. Una persona sempre pronta a divertirsi fino allo
sfinimento. Quello che ha bevuto l'ultima birra e che sarà
costretto a ricomprarne altra, se ci tiene al suo culo. Fate un
bell'applauso per mister Matthew Shadows!" concluse sorridendo. Matt
arrivò di nuovo sul palco e lanciò delle
bottiglie d'acqua ai fan, suscitando un gran boato di approvazione.
"Alla chitarra. Una bellezza greca. Un mostro di bravura. Un gran
coglione quando beve. Massì, l'avrete capito, stiamo
parlando di me!" esclamò, facendo ridere la folla. Si
avvicinò quindi a loro, si spinse oltre il bordo e
tornò indietro, avvicinandosi a Zacky. "All'altra chitarra,
un ragazzo con un gran bel culo. Uno di quelli che quando li guardi
pensi 'ma dove diavolo l'ho trovato questo?'. Una delle migliori
persone con cui ubriacarmi che abbia mai avuto. Il nostro amato Zacky V
Baker!" lo presentò, mettendogli un braccio attorno alle
spalle. Lui sorrise e scosse la testa, facendo qualche accordo.
"Al basso, invece, un caro amico. Uno che fa la doccia nudo, e che gira
con le mutande pulite tutti i giorni. Uno di quelli che prima di
vomitare controllano su cosa stanno per rovesciare l'anima. Una brava
persona, possiamo anche dirlo. Al basso, c'è il mio caro
Johnny Christ!" annunciò applaudendo. Johnny fece un cenno
con la testa al pubblico e li salutò avvicinandosi al bordo
del palco.
"Invece, alla batteria. Uno coi ricciolini. Uno che bisogna stare
attenti quando lo si abbraccia perché potresti spaccarlo con
un dito. Uno così tranquillo che mi chiedo se gli piaccia
davvero ubriacarsi -e qui si avvicinò e mi portò
il pugno al cielo- Signore e signori, alla batteria c'è il
mio ragazzo!" concluse, baciandomi sulla guancia. Poi si
avvicinò a Matt e Zacky e diede loro una pacca sulla spalla.
"Ho provato a dirvelo ieri, ma non ho trovato il momento giusto"
spiegò. "Scusate tanto" aggiunse, accennando un sorriso.
"Non c'è problema" commentò comprensivo Matt,
scrollando le spalle.
"Già, così abbiamo messo i fan al nostro stesso
livello" esclamò Zacky, indicandoli col capo. Il moro
sorrise, annuendo, e si avvicinò alla folla.
"Mi pare sia tutto, per stasera. Grazie per la bella serata,
è stata davvero commovente" li salutò. "Ma
ricordate, il concerto non è finito qua! C'è una
piccola parte di noi che sta tornando a casa con voi, e che
farà casino ogni volta che ce ne sarà occasione!
Saltate e toccate il cielo, ragazzi, saltate e accarezzate Jimmy.
Questo concerto è tutto per lui, proprio come l'applauso che
ora farete!" disse, mentre i fan urlavano fino a perdere la voce,
terminando poi in un applauso scrosciante con le mani alzate verso le
stelle. Syn sorrise, mentre Matt si avvicinava e recuperava il
microfono.
"Be', avete sentito questo vento fresco, ragazzi? Era Jimmy che ci
salutava e vi ringraziava di essere venuti! Divertitevi e siate felici
delle vostre vite, proprio come lui è stato felice della
sua. Buona serata!" li salutò a sua volta, uscendo di scena
abbracciato alla vita di Syn. Zacky si avvicinò al pubblico
e tirò qualche plettro, mentre io lanciavo un paio di
bacchette ai ragazzi della prima fila. Quindi tornai nel backstage,
lasciando il chitarrista coi suoi ammiratori.
"Ehilà!" esclamò Syn, sbucandomi alle spalle e
baciandomi il collo, dopo avermi abbracciato da dietro. "Non ti
è sembrato un bel discorso?" fece, alzando le sopracciglia.
"Almeno non si è offeso nessuno" commentai.
"Questo è lo spirito, tesoro!" sorrise lui, baciandomi. "Mi
è mancato il tuo sapore" mormorò poi, lasciandomi
andare. Dissi che per me era lo stesso, e lui sorrise.
"Ora andiamo dai ragazzi, però" decisi, incamminandomi. Syn
non fece obiezioni e mi seguì nella zona ristoro, dove
trovammo praticamente tutti. Mancava solo Zacky, che era andato al
bagno. Appena ci vide, Matt lasciò stare la sua pasta e ci
venne incontro, sorridente.
"Ehy, diva" lo salutò Syn.
"Primadonna" ribatté l'altro con un cenno del capo.
"Buona la pasta?" domandò il primo, voltandosi a guardare il
buffet.
"Passabile" commentò il cantante scrollando le spalle. Io
feci per andarmene, ma Syn mi prese per il polso e mi bloccò.
"Fra poco potrai mangiare quanto vorrai, aspetta un attimo" disse,
mettendomi un braccio attorno al collo e costringendomi a rimanere con
loro.
"Da quant'è che state insieme?" domandò Matt,
interessato.
"Più o meno da quando tu e Zacky siete diventati
irreperibili" rispose il moro, facendo annuire il cantante. "Nuova
ragazza?" chiese quindi.
"No! Cioè, non ancora" arrossì Matt. "Spero lo
diventerà, ma per ora siamo solo amici" spiegò.
Syn annuì, pensieroso.
"Non vedo chi potrebbe mai rifiutarti" osservò. Il cantante
sorrise e accettò il complimento con felicità, ma
non colse l'occasione per pavoneggiarsi. Scorse invece Zacky, che
entrava in quel momento nella stanza, e lo invitò a venire a
chiacchierare. Il chitarrista accettò e raccattò
un panino, poi si avvicinò a noi.
"Di che si parla, belli?" domandò allegramente.
"Della tipa di Matt. Pare non essere ancora interessata al nostro
bellone" snocciolò Syn, dando una pacca all'innamorato.
"Secondo me è interessata. Non si dice sempre che quando una
donna dice che qualcosa non l'attira è il contrario?"
osservai io.
"Questo è vero!" mi diede ragione Zacky. "Ha cervello, il
nostro Arin!" esclamò poi, dandomi una pacca sulla schiena e
ridacchiando sotto i baffi.
"Voi dite?" fece Matt, sorridendo imbarazzato.
"Decisamente" annuì Syn.
"Be', non so che dire, speriamo sia così" mormorò
il frontman abbassando lo sguardo. "Ad ogni modo, mangiamo qualcosa?"
propose poi, per cambiare argomento. Ci fu un annuire generale e ci
avviammo verso i tavoli, chiacchierando e scegliendoci la cena. Da
quanto avevo capito, Matt aveva conosciuto questa Val circa due o tre
settimane prima, ed erano usciti insieme più volte da
allora. Poi il cantante l'aveva invitata a passare una settimana in
Canada con lui - mica male, eh? -, e lei aveva accettato, dicendo che
così avrebbe rivisto anche una sua cara amica. Alla fine
quest'amica non si era fatta sentite e i due erano rimasti soli per
tutta la settimana, anche se tra loro non era accaduto niente di quello
che Matt sperava. Secondo gli altri, invece, qualcosa era successo di
sicuro, anche se magari lui non se ne era accorto. Chessò,
magari lei aveva cominciato a guardarlo con occhi diversi, o aveva
considerato l'idea di uscire seriamente con lui, anche per solo una
sera. Comunque, dubitavo che saremmo mai riusciti a capire
ciò che pensava quella donna, anche
perché Matt non sembrava intenzionato a farcela conoscere
prossimamente. Però boh, nessuna ragazza era mai riuscita a
resistere alla fama e al fascino di Shadows, e questo lo sapeva anche
lui. Il fatto che aveva dubbi significava che la cosa gli importava
davvero, nel bene e nel male, quindi avrebbe fatto di tutto per
conquistare la sua bella. Gli diedi un mese al massimo, prima che lei
cadesse ai suoi piedi, in preda all'amore più folle che
c'era. Il nostro rubacuori non falliva mai.
Cenammo ognuno per conto suo, Matt al telefono con Val, Zacky a ridere
con Johnny, e io e Syn sdraiati sul prato dell'arena a rotolarci sotto
le stelle. Ero un po' brillo, e pure il moro aveva alzato un po' il
gomito. Niente di che, stranamente, ma il suo comportamento subiva
comunque l'effetto dell'alcool che aveva in circolo. Io ero felice,
esaltato dall'adrenalina, dalla birra e dalla presenza di Syn, e non
facevo altro che sorridere e baciare il moro. Non che a lui
dispiacesse, comunque. Quando rotolavo via lui mi riprendeva e mi
baciava sulle labbra, lasciandomi quindi andare per la mia strada. Io
rimanevo lì qualche secondo, con un'aria idiota dipinta
sulla faccia, e poi tornavo indietro, ad affondare la testa nel suo
petto. Lui mi ribaciava e mi accarezzava il volto, dolcemente. Sorrisi,
rotolando via e mettedomi a guardare le stelle. Syn si tirò
a sedere, diede uno sguardo al cielo e si aprì una lattina
di birra. Ne prese un sorso e me la passò, agguantandone
un'altra. Me la scolai tutta in un sorso e accartocciai il contenitore,
scagliandolo lontano. Dopo un rutto piuttosto silenzioso, mi sdraiai
per terra e mi rimisi a fissare le stelle.
"Guarda, Syn.." mormorai, indicando un punto nel cielo.
"Mh?"
"Le stelle... Le stelle si muovono..." spiegai, spostando lo sguardo.
"Sarà un aereo, no?" Scossi la testa. "Come fai a dire che
non lo è?" Alzai le spalle.
"Le luci non.. non si spengono" sussurrai. "Non vedi?" Syn mi
guardò qualche minuto, dopo aver osservato il cielo per
altrettanto tempo.
"Credo proprio sia un aereo, tesoro" mormorò quindi,
accarezzandomi i capelli. Annuii deluso, ripetendo tra me e me che
quello non era uno stupido aereo.
"Guarda là, piuttosto. Una stella cadente!"
esclamò il moro, tirandomi a sedere. C'era una luce
rossiccia che cadeva sul prato, non molto distante da noi, e pareva che
lui stesse indicando quella.
"Bella" commentai posando la testa sulla spalla del moro. "Puzza
parecchio, però" biascicai infastidito.
"Puzza..?" Syn aggrottò le sopracciglia. Arricciò
il naso, stando in silenzio per un paio di secondi. "Ahh, questa
è una fottuta sigaretta" disse poi, alzandosi in piedi.
"Probabilmente è uno dei ragazzi che ci sta venendo a
cercare" osservò. Annuii più volte del dovuto,
ignorando la mano tesa del moro, che mi tirò su a forza.
"Andiamo, forza" mi incitò, dandomi una pacca leggera sulla
spalla. Barcollai in avanti e crollai sui miei piedi ridacchiando,
soffiando via i capelli dal volto.
"La Terra gira veloce, stasera" borbottai allegro. "Guarda, non la
smette più" risi. Syn mi ritirò su e mi mise un
braccio attorno alle spalle, ridacchiando.
"La Terra ama fare scherzi" disse fingendo un'aria seria.
"È lei che ti fa sembrare così bello, anche se
non ti vedo quasi per niente?" domandai, mentre le bollicine di birra
m'invadevano il naso.
"Eh già. Lo fa apposta, perché così
non potrai lasciarmi più" sorrise il moro, facendo qualche
passo in avanti.
"Ohh. Ma tu sei troppo bello per essere lasciato, dovrebbe.. dovrebbe
fare il contrario" farfugliai, inciampando. Syn mi sorresse, sorridendo
e continuando a camminare. "No, cioè, non ha senso..
È una Terra stupida, non è vero? Fa cose
stupide.. Sono.. sono venti minuti che tutto fa su e giu, e lei.. Non
se n'è accorta, no no. Continua a farti più
bello, ma non si accorge di nient'altro. Tipo quella cosa bianca..
Perché cammina così piano e storto?
Perché lei è impegnata con te e non si prende
cura di lui. La Terra è cattiva, già
già.." biascicai, camminando lentamente in avanti. "Molto
cattiva... Quella creatura... cammina così storta, e la
Terra non si ferma neanche..." continuai.
"Ehy!" ci salutò Zacky, lanciandomi un'occhiata stranita.
"Bevuto tanto?" domandò. Syn alzò le spalle,
rimettendomi in piedi mentre parlavo da solo.
"Abbastanza" commentò.
"Abbastanza quanto?"
"Guarda un po' tu" disse il moro, lasciandomi il braccio. Crollai per
terra, ridacchiando.
"Heehee, Zacky è tutto mosso" farfugliai fissando il piede
del ragazzo e rotolandomi attorno ad esso. Il chitarrista mi
guardò qualche istante, divertito.
"Che ci dici della Terra, tesoro?" chiese Syn, sorridendo allegramente.
"È una stronza! Vi ha incollato i piedi al muro" esclamai,
dando un pugno al prato. "E guarda, ha fatto diventare il muro morbido,
così nessuno potrà più spaccarsi la
faccia a testate" aggiunsi, indignato. Il moro rise, chinandosi verso
di me e aiutandomi ad alzarmi.
"Su, fatti aiutare" mormorò sorridente. Io biascicai
qualcosa, senza senso ovviamente. Poi mi bloccai e rimasi a fissare gli
occhi di Zacky con aria assorta, senza sentire la sua domanda.
"Be'? Che c'è? Ti sei incantato?" scherzò lui
dopo un po', dandomi una pacca sulla spalla. "Se vuoi posso darti una
mia foto, durerà più a lungo" mi prese in giro.
Rimasi in silenzio, senza replicare o dare alcun cenno d'interesse.
"Mi hai sentito, Arin?" domandò dopo un po' Vee, scuotendo
una mano davanti alla mia faccia per attirare la mia attenzione.
"Uh?" boccheggiai io, cadendo dalle nuvole.
"Fa niente" mormorò alzando gli occhi al cielo. Lo guardai,
senza più interesse, e mi voltai verso Syn, affondando la
faccia nel suo petto.
"Devo vomitare" biascicai. Allarmato, il moro mi prese per le spalle e
mi fece girare verso Zacky, che fece un passo indietro.
"Vomita pure" disse quindi il musicista, facendo un cenno al terreno.
"Mwhhh" borbottai. "Non mi va" Syn mi guardò, aggrottando le
sopracciglia e scuotendo poi le spalle.
"Come vuoi" acconsentì, tenendosi sempre a una certa
distanza. "Ehy, Vee, torniamo dentro?" propose all'amico. Quello
annuì, incamminandosi.
"Teoricamente era quello per cui sono venuto a chiamarvi" ammise,
scrollando le spalle possenti. Dopo un paio di metri, ci fermammo un
attimo.
"Riesci a camminare, Arin?" mi domandò Synyster, levandomi i
capelli dalla faccia.
"Sì!" esclamai, annuendo con vigore. "Guarda!" aggiunsi,
staccandomi da lui e facendo qualche passo infermo sull'erba. Poi mi
voltai, come desideroso di un complimento o una frase carina. Il moro
sorrise, ma Zacky si limitò a bere un sorso della sua birra.
"Dammene un po', nanetto" disse il moro allungando la mano. A
malincuore, Vee gli passò la lattina, intuendo che avrebbe
dovuto prenderne un'altra una volta dentro.
"Forza, ricciolino" cominciò, voltandosi verso di me.
"vediamo chi arriva per primo!" mi sfidò, fingendo poi di
cominciare a correre. Scattai in avanti, inciampando non so quante
volte, e raggiunsi i distributori di birra. Li guardai speranzoso, ma
gli altri andarono oltre ai giganti oggetti senza neanche dire niente.
Ebbi la sensazione che mi stessero ignorando o che lo stessero facendo
apposta, a non darmi soddisfazione, ma poi scacciai l'idea dalla testa.
Con un grugnito scocciato mi avvicinai a loro, e Zacky mi
grattò la testa.
"Sembra proprio che tu abbia vinto" commentò, sorridendo
come si sorride a un cretino. Borbottai qualcosa, voltandomi prima a
destra e poi a sinistra.
"Che hai visto?" mi chiese poi, dopo aver constatato che lui nel buio
non ci vedeva un accidente. Scrollai le spalle con un sorriso
soddisfatto.
"I cosi laggiù stanno ballando" annunciai, tornando poi a
guardare i distributori. Vee mi guardò con aria delusa, e
poi riprese a camminare. Probabilmente voleva vedere qualcosa anche
lui, solo senza essere ubriaco.
"Zacky!" lo chiamai. Lui si voltò con aria paziente ma
scocciata.
"Sì?"
"Hai degli occhi bellissimi" mormorai. Il chitarrista sorrise, e poi mi
allungò una mano.
"Dai, torniamo dentro" disse con voce soffice. Annuii con vigore e lo
seguii con passo incerto, camminando un po' a destra e un po' a
sinistra, lentamente. Ci mettemmo un po' ad arrivare, grazie alle mie
continue pause, ovviamente. L'ultima pausa la feci a pochi metri dal
palco, dove mi vomitai l'anima.
"Be', perfetto, ora non ci fermeremo più"
commentò Zacky, bevendo un sorso di birra.
"E smettila, coglione" scattò Syn. L'altro
sospirò, scuotendo leggermente la testa e dando un'altra
sorsata dalla lattina.
"Va be'. Possiamo tornare dentro, ora? Mi sto gelando il culo"
borbottò seccato.
"Va pure avanti, nessuno te lo vieta" replicò Syn.
"Penso che farò proprio così, sai?"
sbuffò Zacky.
"Come ti pare" acconsentì il moro. "Attento a non inciampare
sui gradini. Sono pieni di lattine" lo avvertì. Quello
annuì, salutandoci e scomparendo nel buio. Rimanemmo in
silenzio qualche secondo, poi mi tirai su e ripresi a camminare. Syn
camminava a fianco a me, con le mani nelle tasche e la testa piena di
pensieri. Mi sentivo un po' in colpa, ma l'alcol mi mandava troppo su
di giri per pensarci. Feci uno scatto in avanti e corsi quasi fino
all'entrata, facendo l'aeroplano e mimandone il suono. Syn mi rincorse,
divertito, e mi bloccò per le spalle.
"L'ultimo pezzo lo fai con calma, okay?" mormorò sorridendo.
Annuii, calmato dai suoi meravigliosi occhioni scuri. Mi prese per mano
e mi aiutò a salire i gradini, poi entrammo finalmente nel
backstage. Considerato il freddo che faceva fuori, lì era
caldo come l'inferno. Syn si sventagliò la faccia con una
mano, e io mi diressi verso il cibo. Ormai la sbronza mi era passata
quasi del tutto, e non vedevo più le cose muoversi. Feci per
prendere una lattina di birra, ma poi lasciai perdere e presi una coca.
Era dolceamara e frizzante come al solito, ma mi diede come fastidio,
quindi la posai tra le altre lattine aperte e poi abbandonate.
Tracannai una mezza lattina di birra e agguantai un panino, poi andai a
sedermi sui divanetti. Mi sentivo abbastanza stupido, a dir la
verità. Pareva che tutti gli altri fossero sobri e
tranquilli, e che io fossi l'unico mezzo sbronzo con dei dubbi su come
si mangia un panino al prosciutto. Finii velocemente il panino, che mi
mise ancora più sete di quanto avessi avuto prima di
iniziarlo. Portai la birra alle labbra, e la bevvi soddisfatto. Non fu
una gran geniata, lo ammetto, ma tanto chi mi faceva la predica?
Synyster's POV:
Arin era decisamente brillo. Strano, per un tipo come lui. Mi viene il
dubbio che l'abbia fatto per quello che avevo detto sul palco un'ora
prima, ma boh, non credo sia quello. Comunque, rimane il fatto che si
era scolato un sacco di birra ed era ovviamente ubriaco. Stranamente,
però, lui non straparlava e non cercava di ammazzarsi con
qualche idea stupida, come fanno di solito tutti quelli che bevono
troppo. No, lui riusciva a controllarsi perfino in quel momento. La
cosa mi lasciava stupito, mentre faceva dubitare a Zacky che fosse
veramente ubriaco. Quando però il ragazzo aveva cominciato a
parlare della terra e dei distributori che ballavano, Vee ha dovuto
cambiare idea. Sembrava irritato dalla cosa, però. Magari
era solo una mia impressione, visto che avevo anch'io ingerito una
bella quantità d'alcol, ma mi sembrò che il
chitarrista fosse geloso delle attenzioni che davo ad Arin. Diamine,
era il mio ragazzo, non potevo lasciarlo lì così,
Zack! Per questo mi sono arrabbiato. Mi dava fastidio come il mio amico
si comportava con Arin, come lo trattava spesso da deficiente e come si
mostrava stupidamente insensibile quella sera. Questo non gliel'ho mai
detto, comunque. Diciamo che mi limitai a essergli ostile per un pezzo
della serata, e che lui ricambiò il trattamento. Facemmo
pace, alla fine, com'era giusto che fosse. Senza stupide promesse o
filastrocche per bambini, sia chiaro. Lui si scusò e io mi
scusai, tutto qui. Per noi bastava.
Passai comunque gran parte della sera con o a guardare Arin. Se ne
stava in disparte, al buio, a parlare con un panino - senza neanche
dargli un morso o chissà che. Stava lì e parlava,
come se il panino potesse rispondergli. Probabilmente aveva bevuto
ancora, o forse si stava lasciando un po' andare, visto che non c'era
nessuno a controllarlo. Bevvi un sorso della mia birra, osservandolo
scagliare il panino lontano e poi andare a riprenderlo con aria
dispiaciuta. Risi tra me e me, poi tornai al tavolo del buffet e mi
presi qualcosa da mangiare. Andai a sedermi accanto a Arin, e lui mi
fissò, come se non si ricordasse che c'ero anch'io alla
festa. Sorrisi e lo baciai sulla bocca, ritornando quindi al mio cibo.
Lui continuò a guardarmi, indeciso, poi cominciò
a mangiare il suo compagno, sentendosi probabilmente molto in colpa.
Sorrisi sotto i baffi, masticando la mia carne. Arin mi
lanciò un'altra occhiata furtiva, prima di tornare
silenziosamente al suo panino. Posai il mio piatto accanto a me e
circondai il castano con le mie braccia, stringendolo.
"Ti senti solo?" sussurrai. Lui tacque qualche secondo, poi scosse la
testa, lentamente.
"Sicuro che preferisci parlare col tuo panino piuttosto che con me?"
domandai ancora, baciandogli più volte la testa. Il ragazzo
deglutì, posando la testa sul mio petto e scuotendola.
"Preferisco te" mormorò.
"Ma come siamo carini" commentai, facendolo arrossire di brutto.
Sorrisi tra me e me, mentre il cuore mi si scioglieva.
"Sei bello" borbottò a un certo punto Arin, cogliendomi di
sorpresa. "Tanto bello. Vorrei baciarti la faccia finché non
ti scompare" mormorò, soprappensiero.
"Allora fallo" ribattei. "A me non dispiace affatto". Lui mi
guardò con aria persa, come se non si fosse accorto di
ciò che aveva appena detto, e io sorrisi, sfiorandogli le
labbra con un bacio. Lui sorrise, un sorriso quasi impercettibile, ma
pieno di gioia e gratitudine, e contraccambiò.
"Sicuro che posso?" domandò, incerto.
"Sicurissimo. Finché vuoi farlo, fallo. A me non da affatto
fastidio" sorrisi, accarezzandogli la fronte. "Anzi, mi riempi di
felicità" aggiunsi. Lui arrossì contento, e
cercò le mie labbra con le sue. Lo baciai e lo feci sedere
sulle mie ginocchia. Ci baciammo un altro po', accarezzandoci i capelli.
"Ehm, scusa Syn" ci interruppe Matt. "C'è da sistemare la
prossima scaletta" mormorò imbarazzato.
"Sì, arrivo" sbuffai, abbandonando Arin sul divano. "Torno
subito" gli sussurrai, scusandomi con gli occhi. Lui annuì e
mi guardò allontanarmi, poi sgattaiolò da qualche
parte, imbarazzato.
"Be'? Non potevi aspettare domani?" domandai scocciato.
"Sì, scusa, è che Zacky ha insistito tanto" si
scusò, massaggiandosi il collo. Mi diedi una manata in
faccia, grugnendo.
"Ah, fantastico" commentai. "Be'?"
"Pensavo di cominciare con Nightmare e poi passare alle hits
più importanti" cominciò il cantante. "Potremmo
aggiungerci anche qualcosa che non abbiamo suonato da tanto" propose.
"Tipo?" chiesi.
"Non lo so, qualcosa di vecchio" mormorò.
"Dancing Dead come la vedi?" domandai.
"Io ci sto" approvò lui. "Bella idea. Per il resto, facciamo
come al solito" concluse. Annuii e dissi che per me andava
più che bene, quindi andai a prendermi una birra. Certo che
quel coglione di Zacky ce l'aveva proprio con me. Decisi di non dargli
soddisfazione e tornai al divanetto a cercare Arin. Come temevo, lui
non c'era più. Imprecai, sedendomi e dando un sorso alla
lattina. Avevo voglia di coccole, di tranquillità, ma
l'unica cosa che stavo ottenendo era imbarazzo, seguito da rabbia e
solitudine. Diedi un altro sorso alla birra. Stavo anche per
ubriacarmi, poco ma sicuro. Scattai in piedi ed andai a cercare Zacky,
trovandolo sul palco a bere. Gli diedi una spinta e lui finì
disteso per terra.
"Che cazzo ti prende?!" mi sbraitò contro, rialzandosi.
"Che cazzo prende a me, Zack? Che cazzo prende a te, semmai! Non fai
altro che darmi fastidio, stasera! Si può sapere che cazzo
c'è?! Sei geloso, per caso?!"
"Geloso io? Perché tu preferisci un nuovo ragazzo a me, il
tuo migliore amico da chissà quanti anni? Ma figurati! Che
cazzo vuoi che me ne freghi!"
"Ma che merda dici, Baker. Sai benissimo che ci tengo tantissimo a te!
Sei un coglione!"
"Ah, io sarei il coglione?! Io?!" ringhiò il chitarrista.
"Sì!" sbraitai. "Come altro chiameresti uno che si paragona
a un fidanzato?! Sai benissimo che ti voglio un sacco di bene, quindi
non rompermi le palle in questo modo, cazzo! Sei un cazzo d'idiota! Ce
l'hai pure tu una ragazza di merda, quindi scopatela e lasciami in
pace!" gridai.
"Chissela incula, la mia merda di ragazza, Brian! Non è
questo il punto!"
"E allora qual'è il punto? Cazzo, Vee!"
"Non mi dai più retta, stai sempre con lui!"
sbraitò.
"Vaffanculo, Zacky" mi limitai a dire. "Sai quante volte l'hai fatto,
tu" gli rinfacciai, voltandogli le spalle.
"Smettila di comportarti come una cazzo di donnetta isterica, Baker,
perché così peggiori solo le cose" conclusi,
andandomene incazzato. Forse avevo fatto una cazzata, ad andarmene
così, ma avevo bisogno di sfogarmi. Se quel cretino di Zacky
non capiva come mi sentivo, chissene frega. Non era la prima volta che
litigavamo, e non sarebbe stata l'ultima. Mi infastidiva il fatto che
mi considerasse come di sua proprietà, però. Era
un cazzo di ipocrita, certe volte. Scossi la testa, cercando di
scacciare quei pensieri, e tornai a sedermi sul divano. Chiusi gli
occhi e mi rilassai qualche istante, lasciando andare via la mia
negatività. Sentii il divano abbassarsi accanto a me e aprii
gli occhi, voltandomi.
"Be'? Che vuoi ancora?" sbottai.
"Vaffanculo, va bene? Volevo chiederti scusa, idiota"
replicò Zacky. "Sono un coglione, d'accordo?"
"Decisamente" borbottai.
"Il fatto è che mi sento come se mi stessi abbandonando"
mormorò.
"Ma io non ti sto abbandonando, Vee. Ho semplicemente trovato qualcuno
che mi fa felice davvero, senza che ci sia l'alcol di mezzo. Sono
felice, Zacky, cerca di capirlo" risposi.
"Lo so, ed è giusto che tu lo sia. Non so cosa mi
è preso... Devo solo abituarmi all'idea che non sei
più solo mio, ma anche di Arin. Forse hai ragione tu, forse
mi manca solo Tyler e sono arrabbiato con te perché tu puoi
vedere il tuo ragazzo quando ti pare, mentre io posso solo chiamare la
mia fidanzata attraverso il telefono. Dev'essere quello. Scusa" sorrise
lui. Tacqui qualche secondo, poi lo abbracciai a lungo, e lui fece lo
stesso.
"Sei un coglione, Vengeance" lo sfottei.
"Anche tu, Haner" ribatté il mio amico. Annuii e gli diedi
una pacca sulla spalla, poi mi alzai e andai a cercare Arin.
Lo trovai dopo un po', seduto sui ponteggi per disabili, a guardare le
stelle. Non si accorse della mia presenza, quindi scivolai accanto a
lui e lo osservai.
"Stai sempre a guardare il cielo, eh?" scherzai sottovoce. Lui
sobbalzò e si girò verso di me, cercando i miei
occhi.
"Non ti ho sentito arrivare" farfugliò.
"Sono stato silenzioso, una volta tanto" sorrisi. "Che diavolo ci fai
qui?" gli domandai, alzando lo sguardo verso la Luna.
"Non lo so... Guardo le stelle... credo" mormorò lui,
portandosi una mano alla tempia.
"Sei così ubriaco?" ridacchiai.
"Forse" rispose il ricciolino, appoggiandosi a me. "Quand'è
che tutto si calma?" mi chiese, strizzando gli occhi.
"Non lo so, tesoro" replicai. "Ti fa male la testa?"
"Un po' " ammise. Annuii e lo abbracciai, accarezzandogli il viso.
"Come ci sei arrivato qui?" sussurrai, con voce più soffice
possibile.
"Non lo so. Mi ci sono svegliato" rispose lui, posando la testa sulle
mie ginocchia. Annuii nuovamente, aggiungendo un 'capisco'.
"Che ore sono?" mi domandò lui quindi.
"L'una e qualcosa, credo" buttai lì. Rimanemmo in silenzio
un paio di secondi, poi Arin si alzò e saltò
giù dal palchetto. Mi aspettavo un gemito di dolore o
qualcosa del genere, ma il ragazzo atterrò sui piedi e non
sulla faccia, come avevo temuto. Lo raggiunsi piuttosto velocemente,
visto che lui barcollava ancora al posto di camminare, e ci
avviammò insieme verso l'entrata. Impedii al ricciolino di
prendere altra birra e lo feci sedere in un posto tranquillo,
trovandogli poi qualcosa da mangiare.
"Non metterti a parlare pure con questa, perfavore" lo presi in giro
passandogli una mela. Lui sorrise e l'addentò, fermandosi
ogni tanto a guardarmi. Una volta constatato che non me n'ero andato
via mentre lui era distratto, ritornò a mangiare, tranquillo.
"A proposito, Arin, di che parlavi col panino?" domandai, cercando di
non sembrare troppo invadente. Lui rimase in silenzio, lo sguardo perso
nel nulla.
"Arin?" lo chiamai, toccandogli delicatamente la spalla. "Mi hai
sentito?" ritentai.
"Questo posto è veramente grande" mormorò il
castano, ignorando completamente la mia domanda.
"Già" acconsentii con un sospiro. Lui sorrise, contento che
non avessi insistito, e posò la testa sul mio grembo. Gliela
carezzai, soprappensiero, e lui mi baciò la mano.
"Forza, andiamo a cercare i ragazzi" dissi poi, dopo qualche minuto di
silenzio. Non sentendo risposta, abbassai lo sguardo sulle mie
ginocchia. Arin si era addormentato di nuovo. Sorrisi intenerito e lo
spostai lentamente da me, posandogli la testa su un cuscino. Quindi mi
alzai e mi allontanai, andando a cercare gli altri. Il primo che trovai
fu Johnny. Lo chiamai e lui mi raggiunse.
"Ehy, Syn!" mi salutò allegramente. "Bel concerto, eh?"
"Già, proprio fantastico" annuii. "Piuttosto, sai a che ora
è il coprifuoco?" domandai.
"Uhm, vediamo... Tra quindici minuti" mormorò, controllando
l'orologio.
"Grazie, nanetto" scherzai.
"Prego, capelli elettrici" ribatté lui. "Hai parlato con
Zacky?" mi chiese quindi.
"Sì, e abbiamo litigato. Poi abbiamo fatto pace e abbiamo
litigato di nuovo, finché lui non mi ha chiesto scusa per la
sua dannata gelosia" risposi.
"Vedrai che appena vede la sua morosa gli passa. Quel coglione
è fin troppo prevedibile" sorrise il biondo.
"A me lo dici? Ho le stesse abitudini dai tempi del liceo" replicai.
"Ah, è vero, cazzo. Ho toppato di brutto"
ridacchiò lui. "Vabbè, fa niente" si
scusò.
"Siamo tutti dei dannati abitudinari, nel bene e nel male" constatai
io, alzando gli occhi al cielo.
"Già... Quanto scommetti che l'autista verrà a
cercarci anche oggi?" disse lui, scuotendo la testa divertito.
"Non scommetto niente, vinceresti di sicuro" mi arresi. Quel poveraccio
se la guadagnava davvero la sua paga.
"Sai, Matt ha chiamato la tipa, stasera. Le ha chiesto se le andava di
venire a vedere un concerto 'fottutamente divino', per usare le sue
parole, e lei ha accettato. È quasi fatta, dammi retta" mi
disse quindi, accennando al frontman con il capo.
"Ecco perché è tutto felice" commentai. "Che cosa
bella, cazzo" sorrisi.
"Già" annuì il biondo. "È tutto
fomentato ora" scherzò. Poi si girò a guardarmi,
allegro.
"Tu che mi dici?"
"Be', Arin è ubriaco fradicio ed è collassato sul
palco per disabili là fuori, quindi l'ho portato dentro.
Diciamo che tutte le volte che ho cercato di ottenere delle coccole da
lui è arrivato qualcuno a rompere i coglioni" commentai.
"Una volta fatta pace con Zacky non è venuto più
nessuno" aggiunsi, alzando gli occhi al cielo con un gesto teatrale.
"Quel cretino... Gliel'avevo detto di pensarci un attimo su, prima di
fare scenate inutili, ma niente" sospirò Johnny.
"È proprio un coglione" ripeté, con un sospiro
esasperato.
"Ehilà, ho sentito la parola coglione, e quindi sono
arrivato. Che si dice di me?" scherzò Zacky.
"Che sei un gran coglione, Baker" sorrisi, dandogli una pacca sulla
spalla.
"Oh, ma quello si sapeva già" replicò lui.
"Niente di più piccante?"
"Ma va via, va'!" ridacchiò il biondo, spingendolo. "Non hai
niente di piccante, Vee, arrenditi" lo prese in giro.
"Si può sempre sperare" commentò l'altro,
stringendosi nelle spalle. Alzai gli occhi al cielo, divertito, e Zacky
rise. Stavamo per berci qualcos'altro, quando Matt arrivò
tra noi.
"Hey!" esclamò Vee, salutandolo col capo.
"Heeey. L'autista vuole che portiate il culo nel suo gioiellino, e alla
svelta" riferì il frontman. "Avanti, ubriaconi, tutti in
viaggio" scherzò, indicando l'uscita. "Muovetevi, o ci
chiederanno una mano per pulire" ci avvertì, agguantando
qualcosa da mangiare e da bere e incamminandosi. Zacky lo
seguì scuotendo la testa e tracannando una coca, mentre
Johnny li rincorreva tranquillo. Io tornai indietro e mi misi Arin
sulle spalle, portandolo al pullman.
"Bene, ora siamo proprio tutti" commentò Vee, andando ad
occupare il suo posto.
"Daje!" ribatté il biondo, sedendosi per terra.
"Vuoi una mano?" mi chiese Matt, guardando il castano dormire beato
sulla mia schiena.
"Non ti preoccupare" sorrisi. "Pesa ancora meno di quanto sembri" gli
spiegai, posando il ragazzo sulla sua cuccetta. Matt annuì e
tornò dagli altri, sbadigliando. Lo seguii, sedendomi
accanto a Johnny. Rimanemmo a scherzare un'altra mezz'oretta, poi li
abbandonai ed andai a dormire, nel letto sopra quello del castano. Mi
sfilai i pantaloni e li accatastai ai piedi della cuccetta, togliendomi
la maglietta e infilandomi sotto le lenzuola. Mi addormentai quasi
subito, in un sonno tranquillo e ristoratore.
Arin's POV.
Da quel concerto è passato ormai un mese o qualcosa del
genere, se non sbaglio.
Io e Syn stiamo ancora insieme, siamo anzi più
uniti che mai. Matt si è messo con Val e l'ha convinta a
venirlo a trovare almeno una volta a settimana, con grande gioia di
Zacky, che pare averla presa molto in simpatia. Quest'ultimo ha invece
rotto con Tyler ed ha cominciato a uscire con la sorella di Val, Gena,
la quale dev'essere davvero una santa, perché sopporta sia
le sue battutine sia le sue 'grandi' idee senza batter ciglio.
Probabilmente si metteranno presto insieme, oppure diventeranno
migliori amici. Propendo di più per la prima opzione, visti
gli sguardi che si lanciano quando s'incontrano. Insomma, va tutto alla
grande. Sono felice che le cose siano andate così,
nonostante la gelosia costante di Zacky sia stata alquanto opprimente i
primi tempi. Amo Syn con tutto il mio cuore, e ogni volta che lo guardo
mi dico che è lui quello con cui voglio passare tutta la mia
vita. Evidentemente anche lui pensa lo stesso, perché
è di una carineria assurda. Mi viene voglia di mangiarlo,
per quanto sa essere dolce. Certo, io sono decisamente più
diabetico di lui, però boh, anche lui non scherza, certe
volte. Alla fine tutto è andato anche meglio di quanto avevo
sperato quando mi sono reso conto dei miei sentimenti per il bel
chitarrista, e sono contento di tutto quello che ho fatto e che sono
diventato. Direi che il mio racconto finisce qui, anche se la mia
storia con Syn continua. Forse tornerò a parlarne a
qualcuno, prima o poi, ma ancora non ne sono certo. Nel raccontare
tutto questo, mi sono tolto un gran peso dal cuore, e devo dire che ora
mi sento benissimo. Credo che mi farò un sandwich e ne
porterò uno pure ai ragazzi, tanto per. Be', direi che
questo è un addio... o forse un arrivederci? Non saprei.
Facciamo che è un ciao e morta lì.
Be', Syn sta amorevolmente mandando a fanculo quel cretino di Zacky
un'altra volta, quindi farei meglio ad andare a controllare che i due
tengano a freno le mani.
Quei due mi tireranno matto!
CRISSHHTO!
Arin.
NOTA DELL'AUTRICE:
Okay, se la fine fa schifo è perché mentre la
scrivevo ero tutta 'Porco dio, non voglio che finisca ;-;'. Spero di
non avervi annoiati troppo, perché a me scrivere questa fic
è piaciuto molto. Oddio quanto amo Arin xhavabsincjk
Allooora. Ci sono alcune cose che vorrei precisare.
Punto uno) ho cambiato un po' i caratteri e il taglio dei capelli dei
personaggi, quindi possono non corrispondere in tutto.
Punto due) i ragazzi non hanno le correnti fidanzate/mogli
perché all'inizio della fic non avevo idea dei ruoli che
avrebbero avuto, e non volevo farle passare per stronze inutilmente.
Punto tre) il tempo. Ho modificato un po' le cose, nel senso che i
ragazzi non sono appunto ancora sposati / fidanzati con le persone
giuste e bla bla bla. Diciamo che il racconto si svolge a settembre -
ottobre, anche se ho avuto dubbi io stessa sul mese in cui si potesse
svolgere.
Punto quattro) no, basta, credo di aver finito. ._.
Ho scelto la coppia Synyster x Arin perché non l'avevo mai
vista in giro, e perché ho letto su vari siti che i due si
erano presi molto in simpatia, quindi ci ho subito visto l'ammmoreH. Io
vedo l'amore dappertutto, se ci sono due musicisti maschi di mezzo
<.<
Ad ogni modo. Questa è la prima ff minimamente slash che
scrivo, quindi potrebbe sembrare stupida in vari punti. Normalmente
sono per il Synacky, e questo si è visto negli scatti di
gelosia di Zacky - che io mi ostino a chiamare Zack. Poi boh, credo di
aver detto tutto.
Non fucilatemi, vi prego XD
Pwhore.
Ps) un ringraziamento finale a quella figona di LadySynacky, che
si è presa la briga di recensira questo gran casino di
storia. Gnaa, sei fantastica, davvero. Scusa se non ho risposto spesso
alle recensioni, ma avevo poco accesso a Internet e quindi le vedevo
tutte insieme çVç
Che dire, grazie mille di aver sprecato anche un solo istante della tua
vita per leggere questa fic, anche se non è neanche del tuo
pairing preferito. Sei una figa e scrivi da Dio. Tanto ammmore per te,
ragazza.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=784073
|