Not ready for love.

di Pwhore
(/viewuser.php?uid=112194)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


"Che cazzo fai?!" mi urlò contro Matt. "Che cazzo ti passa per la testa Arin?!"
Sospirai, guardando l'orizzonte.
"Avevamo appuntamento con Zacky quindici minuti fa, l'hai dimenticato?!" sbraitò. "Chissà quanto sarà arrabbiato!" concluse, dando un calcio al pontile.
Non risposi. Continuai a fissare il mare, e questo lo adirò ancora di più. Sbuffò e cominciò ad avvicinarmisi con aria scocciata.
"D'accordo, d'accordo, arrivo" sospirai. Mi alzai e mi incamminai verso una strada bianca e ciottolosa, che mi avrebbe portato a uno dei bar più freguentati dal nostro amico. Matt mi seguiva tenendo un po' di distanza fra noi, nel caso avesse avuto un altro attacco di rabbia. Dal canto mio, la cosa non mi dispiaceva affatto. Non mi andava per niente di parlare, tantomeno di dargli spiegazioni per il mio 'ritardo'. È che non mi andava di andarci. Avevo anche pensato di dire ai ragazzi che stavo male o che avevo da fare, ma non mi sembrava giusto; quindi mi ero avviato e mi ero fermato al pontile.
Mi piaceva, quel posto. Era abbastanza isolato, in quanto le barche preferivano l'altro molo e i bagnanti erano troppo pigri per arrivare fin lì. Ci andavo spesso, soprattutto di notte. Non ero un fan di tutti quei locali notturni pieni di minorenni ubriachi e vecchi maniaci che drogano i drink delle ragazze. Non mi piaceva neanche ballare. Certo, il sapore dell'alcol sulle labbra era sempre il benvenuto, ma preferivo bere da solo, o con qualche amico. Trovavo i night club una delle stronzate più assurde e pericolose del mondo, ma nessuno dei miei amici pareva condividere le mie idee. Non che mi importasse molto, comunque.
Dopo una camminata di sì e no cinque minuti, entrammo nel bar. La musica a palla e il nauseante odore di sudore furono la prima cosa che notai. Arricciai il naso e proseguii. Matt si guardava intorno e lanciava saluti a destra e manca, pareva quasi che quella fosse la sua vera famiglia. Mi diedi un'occhiata attorno: i tavoli erano pieni, e gli sgabelli traboccavano di persone che parevano sul punto di vomitarsi l'anima da un momento all'altro; i pavimenti erano ricoperti di cartacce, lattine e mozziconi di sigarette, e le poltrone avevano visto tempi migliori, ma tutto sommato potevano essere in condizioni peggiori. Il bancone era sempre zeppo come un'uovo, sia perché il padrone del locale aveva la fama di essere un gran simpaticone, sia perché sua figlia era un vero schianto. Ogni sera decine di giovanotti resi audaci dall'alcol andavano da lei e le dedicavano poesie e canzoni, ma nessuno aveva mai fatto breccia nel suo cuore. Credo che Matt ci avesse provato una volta, per scherzo. Lei mi era sembrata indecisa, ma alla fine non ha avuto il tempo di dirgli niente a causa di un'ondata improvvisa di clienti.
Ad ogni modo, avvistai Zacky in mezzo alla folla. Era seduto su un divanetto, circondato da persone e con un boccale in mano. Non sembrava accorgersi della nostra mancanza, quindi mi girai a guardare Matt. Si vedeva da lontano un miglio che era contrariato dal comportamento di Zacky, ma si limitò a scrollare le spalle. Del resto eravamo noi quelli in ritardo, dovevamo accontentarci.
"Ehy Zacky!" urlò. "Siamo qui!" gridò sbracciandosi. Zacky si guardò intorno spaesato per qualche istante e poi ci localizzò.
"Ehy, scansafatiche! Ce ne avete messo di tempo!" disse ridendo. Poi si alzò, diede un ultimo sorso alla birra e l'abbandonò su un tavolino vicino a noi.
"Sì, be', Arin si era perso" ci giustificò Matt lanciandomi un'occhiataccia. Zacky rise e gli mise una mano sulla spalla.
"Sono cose che succedono, dai!" scherzò. "Piuttosto, vi ho già presentato Tyler?" ci domandò aggrottando le sopracciglia. Scossi la testa e Matt alzò le spalle, aggiungendo che non ne aveva neanche mai sentito parlare. Zacky corrucciò la fronte stupito.
"Mai?"
"Mai."
Rimase in silenzio qualche secondo annuendo e poi ci indicò il divanetto.
"Capisco... Be', andate a presentarvi, così capirete un po' che tipo è" concluse facendo le spalluccie. Annuimmo e ci avviammo verso il divano. Mi voltai verso Matt, dubbioso su chi fosse Tyler. Lui mi guardò con aria persa e mi fece cenno di buttarmi e sperare per il meglio. Feci un respiro profondo e scelsi la mia 'vittima'. Un uomo di trenta trentacinque anni, con i capelli lunghi e mossi.
"Ciao"
"Ciao" disse in tono insicuro. "Ci conosciamo?"
Scossi la testa. "Sei Tyler?" gli domandai incrociando le dita.
"No, scusa. Io sono Dave, comunque" si presentò allungandomi la mano. La strinsi e sorrisi.
"Piacere di fare la tua conoscenza, Dave. Io sono Arin. Scusa se ti ho importunato" aggiunsi.
"Nah, non ti preoccupare. Se ti va di fare due chiacchiere, sai dove trovarmi" replicò lui con aria cordiale. Gli diedi il cinque e mi girai verso Matt. Stava parlando con una ragazza, e aveva un'aria piacevolmente compiaciuta. 'Stai a vedere che...' mi dissi tra me e me avvicinandomi.
"Oh ciao! Tyler, questo è Arin! Sembra un po' tocco, ma credimi, è un tipo a posto" mi presentò facendomi l'occhiolino. Alzai la mano e feci un sorriso imbarazzato, maledicendo Matt nella mia testa. Lei sorrise e mi allungò la mano.
"Piacere Arin, sono Tyler! Ma puoi chiamarmi Ty, come fanno tutti" disse con un volto radiante di gioia. Annuii e lei tornò a parlare con Matt. Come al solito, la gente non mi notava mai troppo. Ci avevo fatto l'abitudine, ma faceva comunque male.
Rimasi nella penombra per qualche minuto, sperando che i tre si riaccorgessero di me, ma fu tempo sprecato. Imprecai sottovoce e scivolai via, verso il centro della stanza. Potevo sempre parlare con Dave, dopotutto. Avvicinandomi al divano, vidi che il mio 'amico' stava discutendo animatamente con qualche suo conoscente. Pensai che forse gli serviva aiuto, ma quando fui distante pochi passi da lui, capii che stavano solo scherzando. Per un secondo l'idea di intromettermi tra loro e unirmi al gruppo mi frullò nella testa, ma poi decisi che sarebbe stato sciocco. Stavo decidendo se andarmene o meno, quando Zacky mi spuntò alle spalle.
"Hola!" esclamò buttandomi le braccia al collo.
" Hey" risposi con meno entusiasmo.
"Visto che tipa? Riesci a credere che stiamo insieme?" mi domandò con aria sognante. Annuii e sorrisi, facendo una smorfia contenta.
"Sei fantastico, amico!" gli urlai. Lui si pavoneggiò un po' e poi mi lasciò andare.
"Un'ultima cosa!" mi gridò quando ero sull'uscio della porta. "Trovati una ragazza, o sarai l'unico sfigato a passare il sabato sera a giocare ai videogiochi!!"
Imprecai nuovamente e uscii sbattendomi la porta alle spalle.
Che schifo l'amore. Non fa altro che pugnalarti alle spalle, anche sotto forma di uno dei tuoi migliori amici. Quel bastardo di Cupido si diverte, lo so, a farmi soffrire così. Ma un giorno gliela farò pagare, e quello stupido dio dei miei stivali dovrà pregare perdono per quello che mi ha fatto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Uscii da quel posto nauseante in una manciata di secondi. Chiudendomi la porta alle spalle, mi sembrava di essere uscito da un incubo. Sospirai compiaciuto e mi incamminai verso il porto, godendomi l'aria della notte. Tutto mi pareva più frizzante e profumato di quanto non fosse mai stato. Sarà che sono strano, sarà che odio quel posto con tutto il mio cuore, ma potrei giurare di essere l'uomo più felice del mondo quando esco da quel luogo.
Essendo ancora solo le undici meno venti, decisi che non potevo tornare a casa. Era troppo patetico perfino per me. Decisi invece di avviarmi verso il centro. Le luci mi attiravano, ma non entravo mai nei negozi e mi tenevo alla larga dai locali. Ero quasi sempre al verde, e quando avevo dei soldi volevo tenerli il più possibile. I miei amici invece non si preoccupavano dei soldi. Per niente. Ma del resto io provenivo da una famiglia normale, e non ero abituato a gestire grosse somme di denaro. Mi imponevo da solo di stare lontano dai negozi per turisti e quelli di roba di marca, e prediligevo i negozietti piccoli e originali.
Quando venivo al centro, non facevo mai nulla di particolare. Giravo, giravo, giravo. Esploravo ogni singolo centimetro della città, appuntandomi in mente tutti i posti più belli, anche per una persona sola. Non avevo una fidanzata da anni, e ormai mia madre si era rassegnata all'idea di poter conoscere la mia anima gemella. Era più triste lei che io, a momenti.
Camminando senza meta, mi trovai sotto casa di Syn. Guardai in alto, cercando di vedere se c'erano luci accese, ma non riuscivo a veder bene con la luce del lampione negli occhi. 'Maledetto coso' dissi tra me e me, cercando di farmi ombra con la mano.
Mentre cercavo di vedere, il portone del palazzo si aprì, e un uomo mi venne addosso.
"Scusi!" disse alzando le mani.
"Syn!" mormorai io, alzandomi da terra. "Syn, che succede?" sussurrai preoccupato.
"Niente.. Niente. Quello che succede sempre" rispose freddamente, asciugandosi una lacrima.
"Syn.." cominciai io, guardandolo aggiustarsi il cappello sulla fronte.
"Vaffanculo, stronzo!" urlò qualcuno dalla finestra sopra di noi. "Vai ad affogarti nel canale!"
Syn impallidì e mise il volto tra le mani, cercando di trattenere i singhiozzi. Gli misi una mano sulla spalla e gli sussurrai che tutto sarebbe andato bene. Lui mi guardò con occhi vacui, deglutendo. Lo abbracciai forte e lo portai al molo.
Syn continuò a tremare per tutto il tempo. Quando salimmo sull'autobus, occupai il posto accanto al suo e lo strinsi forte a me, accarezzandogli la schiena. Lui piangeva nella mia spalla e stringeva la mia maglietta, cercando di mandar via il dolore. Gli baciai la testa e gli sussurrai che andava tutto bene, che non era colpa sua se la sua ragazza lo trattava così. Lui piangeva e singhiozzava così forte che dubitai  riuscisse a sentirmi. Cercai di calmarlo e gli accarezzai la guancia, sentendo le sue lacrime calde bagnarmi la mano. Vederlo così mi spezzava il cuore. Syn era una persona magnifica, la migliore che conoscessi. Avrebbe dato la vita per la sua fidanzata in ogni momento. Lei però non sembrava capirlo, o forse non le importava. Lo trattava da schifo, non perdeva occasione per dirgli che aveva sbagliato tutto nella sua vita e che non era neanche bravo con la chitarra. Lui non replicava, era troppo innamorato per farlo. Piuttosto correva fuori da casa in lacrime e veniva a cercarmi. Tra i nostri amici ero quello più sentimentale, più umano. E sapere che il mio migliore amico soffriva mi spezzava il cuore in mille pezzi.
Quando scendemmo dal bus, Syn si era un po' calmato. Aveva gli occhi vitrei e le guance rosse, ma almeno aveva smesso di piangere. Camminavamo in silenzio, lui con la testa sulla mia spalla e io con la mano sul suo fianco. Sentivo il calore del suo corpo scendere e i tremolii aumentare. Era uscito in fretta e furia, senza neanche prendere un cappotto, e la brezza marina non gli faceva certo bene. Mi strinsi un po' più a lui e accellerai leggermente il passo. Ormai il molo distava un centinaio di metri, e mi sentivo un po' più sicuro. Syn riconobbe il posto e sorrise leggermente. Lo feci sedere alla fine del ponticciolo, e mi misi accanto a lui. Mi tolsi la felpa e gliela misi sulla schiena, tenendogli la mano. Lui guardava il mare, stregato. Sentii che tremava ancora, quindi lo abbracciai. Lui mi strinse a se e di morse il labbro, ricacciando indietro le lacrime.
"Shh, va tutto bene.. Non è successo niente.." sussurrai. "È tutto okay, non preoccuparti... Ci sono io qui con te..." continuai. Lui annuì, deglutendo. Feci un respiro profondo e continuai ad accarezzargli la testa. "Che cosa ha fatto questa volta?" mormorai. "Che cosa... Che cosa ha detto?" domandai passandogli la mano tra i capelli. Lui tremò ed esitò un istante.
"Mi ha chiesto cosa avremmo fatto oggi.. Le ho detto che ero stanco, che non me la sentivo di uscire, e lei si è arrabbiata. Ha detto che penso solo a me stesso, che non la considero neanche. Mi ha urlato che sono un egoista, un figlio di troia che non ci tiene realmente a lei, che la uso e basta. E poi.." gli si ruppe la voce. "Poi ha detto che mi odiava, che sarebbe stata meglio senza di me, che sono inutile. Mi ha.. Mi ha urlato in faccia che sono solo un debole. Un fottuto stronzo che si crede chissà chi solo perché suona in una band sconosciuta a tutta la gente normale" continuò, nascondendo la faccia nel mio petto. "E dopo.. Mi ha parlato male di tutti i miei cari, dei miei amici, dei nostri fan. Voleva farmi sentire una merda. Voleva sentire il mio cuore spezzarsi.." concluse tra le lacrime. Lo strinsi a me, incredulo. Quella ragazza era una vera stronza. Far piangere Synyster e poi fregarsene.. Quella ragazza era feccia della peggior specie.
"Va tutto bene, Syn, sono sicuro che lei era solo arrabbiata per motivi suoi.. Se l'è presa con te perché sei la prima persona che le è capitata sotto il naso.. Non devi prendertela, lei ti ama.." sussurrai. Sapevo di mentire, ma del resto non sapevo che altro fare. Non volevo ferirlo ulteriormente, ma allo stesso tempo mentirgli era sbagliato. Tutto questo era sbagliato. Lei non lo amava, amava i suoi soldi. L'avevo capito dal primo istante in cui l'avevo vista, ma non ero mai riuscito a dirlo a Syn, né c'erano riusciti gli altri, sebbene avessero provato. Lui l'amava troppo per accettare la realtà.
Strinsi il mio amico il più forte possibile e gli baciai la testa qualche volta, sussurrandogli parole di incoraggiamento. Odiavo quella troia per ciò che gli faceva, e la odiavo veramente, con ogni fibra del mio cuore. Asciugai le lacrime del mio amico e gli misi un braccio attorno alle spalle, accarezzandogli la spalla. Lui posò la sua testa sulla mia, calmandosi lentamente.
"Eccoli qui, i due frocetti! A quando il fidanzamento?" esclamò una voce dietro di noi.
Mi girai di scatto e la vidi.
Cassidy.
La ragazza di Syn.
"Allora? Non mi avete sentito? Siete sordi per caso?" continuò lei con voce amara.
Una lacrima cadde dall'occhio di Syn, e in un'istante non capii più niente. Mi alzai in piedi e mi avvicinai a lei, guardando basso.
"Oh guarda, il frocetto più giovane è venuto a trovarmi!" cominciò lei. "Che hai per me, tesoro? Un bel bacio magari? Sai, il tuo amico non mi soddisfa affatto" sibilò. "Mi costringe a cercarmi altre storie" concluse sorridendo cattivamente.
La vidi aprire bocca di nuovo, ma non saprò mai quel che avrebbe detto.
Le diedi un pugno con tutta la forza che avevo, facendola cadere all'indietro. La mano mi tremava, tanta era la rabbia che avevo in corpo.
Cassidy giaceva per terra e si teneva una mano sulla guancia colpita, senza parole. Dubito che qualcuno l'avesse mai colpita prima d'allora. Mi avvicinai a lei, lentamente. La ragazza mi guardava con terrore e stupore, indecisa sul da farsi.
"Va' via, puttana" sibilai. "Stai lontana da Syn, o ti farò nera" mormorai, in preda alla rabbia.
Lei annuì velocemente, si rimise in piedi e scappò via.
Mi girai verso il mio amico. Era voltato verso di me e tremava. Mi avvicinai a lui e mi abbassai.
"Andrà tutto bene, vedrai" gli sussurrai nell'orecchio. "Da ora in poi mi prenderò io cura di te."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


'Mi prenderò io cura di te'... Facile a dirsi, ma come avrei fatto? Avevo problemi a vivere da solo, figurati con Syn. Conclusi di essere stato un idiota, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Allungai una mano al mio amico e sorrisi, aspettando che la stringesse. Lui sembrava indeciso, continuava a guardare prima la mia mano poi il posto dove la sua ragazza era scomparsa nel buio. Deglutii e avvicinai la mano ulteriormente.
"Coraggio Syn, fidati di me" sussurrai dolcemente. 'Ti prego', aggiunsi nella mia testa. Lui mi guardò, fece un respiro profondo e afferrò la mia mano. Lo ringraziai mentalmente e lo tirai su. Lui annuì e guardò in basso. Strinsi la sua mano e cominciai a camminare verso casa, pensando al da farsi.
Erano passati quindici minuti da mezzanotte quando entrammo nel mio appartamento. Diedi un calcio a una lattina abbandonata e scortai Syn in camera mia.
"Puoi dormire qui per stanotte.. Domani andremo a casa tua a ritirare la tua roba e ci organizzeremo un po' meglio.." dissi mostrandogli il letto. Lui annuì pensieroso, mormorando un ok.
"Io dormirò di là, sul divano. Se hai bisogno di qualcosa chiedi" snocciolai. Sapevo che era presto per andare a dormire, ma considerando che Syn era decisamente scosso, un po' di riposo non poteva fargli che bene.
"D'accordo.." rispose lui. "Credi che Cassidy mi verrà a cercare?" chiese speranzoso. Vederlo in quello stato mi spezzava il cuore, ma non potevo mentirgli.
"No, Syn, non tornerà. Lei non ti ama più, lo dovresti aver capito. Non verrà a prenderti e non ti cercherà. Per quello che so, sarà in qualche bar in compagnia di qualcun altro.." risposi lentamente. Gli diedi una pacca sulla spalla mentre lui annuiva, si sedeva sul letto e mormorava 'ho capito'. Gli sorrisi e gli strinsi la mano.
"Andrà tutto bene, vedrai. Te lo prometto" sussurrai accarezzandogli il pollice. Gli baciai la mano, sorrisi e uscii dalla stanza, socchiudendo la porta alle mie spalle.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La luce del sole mi svegliò all'alba di mezzogiorno. Mi stropicciai gli occhi e li richiusi, aspettando che si abituassero alla luce. Emisi un mormorio stanco e mi girai verso sinistra, incappando in qualcosa di duro. Sussultai e aprii gli occhi, col cuore che batteva a mille. Ero un fifone, lo sapevano tutti.
Syn dormiva accanto a me, il suo respiro leggero riscaldava la mia mano. Rimasi immobile a guardarlo respirare per un paio di secondi, prima di alzarmi e indossare qualcosa di pulito. Quando tornai nella stanza, Syn si era liberato dal lenzuolo e dormiva beatamente occupando tre quarti del divano letto. Fu impossibile per me non notare che indossava solo un largo paio di boxer neri, e che sul suo petto giaceva una catenina con un cuore piangente intrappolato in una gabbia di ferro. Probabilmente è così che si sentiva. Sospirai e mi sdraiai accanto a lui, socchiudendo gli occhi. Lo sentii muoversi e mormorare qualcosa, senza aprire gli occhi o alzarsi dal letto. Probabilmente stava avendo un incubo, o almeno così pensavo. Mi voltai verso di lui e aprii gli occhi, tanto per vedere com'era sistemato. Trovai il suo viso a pochi centimetri dal mio, bello come non mai. La pelle chiara era illuminata da un raggio di sole, e le labbra fine erano leggermente schiuse. Sentii il suo respiro sul volto e avvampai, scendendo dal letto. Mi girava la testa e sudavo leggermente, ma non ne sapevo il perché. Sarà il caldo, mi dissi. Calmai il mio respiro e 'mi presi cura' della cosa in mezzo ai miei pantaloni. Syn era bellissimo quando dormiva, ma io ero etero. Ci doveva essere un errore. Scossi la testa e aprii l'acqua, deciso a cucinare qualcosa per colazione. Riempii il bollitore fino all'orlo e lo misi sul fuoco, tappandolo bene. Poi tirai fuori del pane dal frigo e lo misi a tostare. Vi posai accanto due piattini e due tazze, accompagnate da due cucchiai e un coltello. Presi il burro e della marmellata e li posai su un vassoio, cercando i tovaglioli con gli occhi. Raccattai tutto ciò che mi serviva e spensi il fuoco, pronto a versare l'acqua nella teiera. Un delizioso odore di pane tostato e di the al limone si diffuse in tutta la stanza, invadendo ogni angolo possibile. Annusai il tutto per un paio di secondi, dato che non vi ero abituato. Non mi piaceva cucinare, ma sapevo che non lo stavo facendo per me, ma per Syn. Mi girai verso di lui e mi avvicinai al divano, stringendo forte il vassoio. Synyster annusò un po' l'aria, mormorò qualcosa di  incomprensibile e aprì gli occhi. Parve stupito di trovarsi a casa mia, ma per niente imbarazzato di essere solo in boxer. Gli porsi una fetta di pane e marmellata e lui l'addentò.
"Buono" biascicò mezzo addormentato. "L'hai fatto tu?" chiese. Annuii, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Lui continuò a mangiare, interruppendosi ogni tanto per sbadigliare e mormorare apprezzamenti per il mio appartamento, a cui io sorridevo e basta. Mi chiesi se fosse abbastanza forte per riuscire ad andare a casa della sua ragazza e recuperare le sue cose, ma arrivai alla conclusione che sarebbe scoppiato a piangere anche solo dopo aver visto l'inizio della 'loro' via. Sorseggiai il mio the e cominciai a pensare a cosa avremmo dovuto fare quel pomeriggio.
"Cos'è quell'aria assorta?" domandò lui. Mi girai a guardarlo e feci le spallucce.
"Niente. Mi chiedevo se stasera preferissi andar fuori o mangiare qui" buttai lì con noncuranza.
"Stessa cosa" mormorò lui, dando un sorso al the. Annuii distrattamente e mi alzai in piedi, dirigendomi verso la mia stanza. Il letto era a posto, quindi Syn si era diretto direttamente verso il divano letto dove dormivo io. Non sapevo se esserne felice o meno, ma decisi che non mi importava. Raccolsi la maglietta del mio amico e la portai di là.
"Tieni, fra poco ti servirà" dissi. Lui mi guardò mezzo addormentato, afferrò la maglia e la indossò. La dormita pareva aver affievolito la sua sofferenza, o almeno così pareva. Synyster finì di mangiare e si diresse barcollante verso il bagno, urtando tutto quello che c'era sulla sua strada. Dovetti sforzarmi per non voltarmi a fissarlo, ma appena scomparve dalla mia vista, fui lieto di aver guardato il muro. Scossi la testa e mi buttai un po' d'acqua addosso, giusto per svegliarmi un po'. Synyster sembrava parecchio intontito perfino per i suoi standard, quindi decisi di sfruttare la situazione.
"Ehy, Syn!" urlai. "Oggi devo fare un po' di commissioni; ti va di accompagnarmi?" Il rumore di acqua corrente si fermò e il mio amico uscì dal bagno. Biascicò un ok e crollò sul letto, inumidendolo. Gli lanciai un paio di bermuda e aspettai che li indossasse, per poi infilargli le scarpe. Dopodiché mi alzai in piedi e gli tesi la mano, aiutandolo ad alzarsi. Afferrai le chiavi e mi precipitai fuori dall'appartamento, per controllare se i vicini stessero chiacchierando fuori sul pianerottolo. Nel mio palazzo tutti erano parecchio omofobi, e non volevo ci insultassero senza motivo. Chiamai Syn e aspettai che uscisse. Barcollava ancora, quindi lo aiutai a scendere le scale e a salire in macchina. Lui bofonchiò un grazie e si allacciò la cintura.
"Oggi sono lento a carburare" mormorò. "Stupidi sonniferi" imprecò, cercando di non farsi sentire. Mi voltai verso il mio amico, e lui mi sorrise, convinto che non l'avessi sentito. Abbozzai un sorriso e ingranai la marcia. Prima d'ora Syn non aveva mai avuto bisogno di sonniferi. Merda.
Quando arrivammo sotto casa sua, Syn si era addormentato. Sfilai le chiavi dal cruscotto e azionai le sicure, visto il gran controllo di se di cui godeva Synyster. Gli accarezzai i capelli e uscii dall'auto, dirigendomi verso il suo appartamento. Avevo qualche sacco per la spazzatura in mano, ma speravo di trovarvi delle borse utilizzabili. Feci girare le chiavi nella toppa, e fui sorpreso dal trovare l'abitazione ripulita e arieggiata. Mi addentrai nel salotto e raccattai qualche disco e un paio di oggettini appartenenti a Syn. Esitai un attimo prima di entrare nella camera da letto, ma poi mi decisi ad aprire la porta. I vestiti di Syn erano ripiegati sul letto, accanto ai suoi effetti personali. Un paio di occhiali giaceva di fianco a una valigia. Cassidy non era così stronza dopotutto. Cominciai a infilare i vestiti del mio amico nella valigia, quando notai un biglietto. Mi sporsi verso il comodino e lo presi, indeciso se aprirlo o meno. Mi guardai attorno e decisi che se Cassidy non avesse voluto che lo leggessi, l'avrebbe scritto da qualche parte. Aprii il biglietto lentamente, aspettandomi qualche scherzo o comunque qualcosa di scioccante. Il biglietto era ricoperto dalla grafia della ragazza, ma non mostrava segni di lacrime o incertezza nello scrivere. Riassunto in poche righe, il messaggio intimava a Syn di non rimettere piede in casa finché non avesse rotto tutti i rapporti con me. Sentii una fitta al cuore e fui tentato dal bruciare il biglietto, ma mi limitai ad accartocciarlo e metterlo in tasca. Feci il giro della casa e controllai di non aver dimenticato niente più e più volte, poi, soddisfatto del mio lavoro, chiusi la valigia e la portai di sotto. Nel chiudermi la porta alle spalle, avvertii un qualche senso di sollievo e tepore, che mi accompagnò fino all'auto.
Syn mi stava aspettando, i piedi poggiati sul cruscotto e le braccia conserte. La testa continuava a ciondolargli sul petto, e non aveva ancora un'aria molto sveglia. Probabilmente aveva preso più sonniferi del dovuto, e questo era il minimo che potesse capitargli. Quando mi vide salire, sgranò gli occhi e mi chiese dove fossi stato tutto quel tempo. Scrollai le spalle e gli mostrai la valigia.
"Ora starai più comodo a casa mia" buttai lì. Syn era troppo anestetizzato per capire, quindi annuì e basta. Posai la valigia nel bagagliaio e infilai la chiave nel cruscotto, mentre il mio amico metteva i piedi a posto. Diede un'occhiata alla strada e posò la mano sul finestrino, indeciso. Gli misi una mano sulla spalla e feci partire l'auto. Non dovevo lasciarmi impietosire, o sarebbe stata la fine della nostra amicizia.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Eh, già, quella era proprio una bella giornata. Il Sole splendeva nel cielo azzurro e la nostra macchina schizzava sull'asfalto ad alta velocità.
"Wohoo!" urlò Syn mettendo la testa fuori dal finestrino. "Più veloce, più veloce!" gridò ridendo.
Avevo deciso di portarlo in campagna prima che gli effetti collaterali dei sonniferi finissero, e lui era parso contento dell'idea. Durante il tragitto si era fatto più irrequieto, ma niente che non potessi sopportare. Si vedeva da lontano un miglio che l'unica cosa che volesse fare era scendere dall'auto e sgranchirsi le gambe, tuttavia non mi chiese neanche una volta quanto mancasse alla nostra destinazione. Ad un certo punto, però, aveva deciso di lasciarsi andare un po' e aveva cominciato a ficcare la testa fuori dal finestrino, incurante dei rami che gli sfioravano il volto. Ridacchiava contento, come se nulla potesse effettivamente ferirlo. Sorrisi, nel vedere la sua allegria. Non era stato molto felice ultimamente, e vederlo radiante di gioia era meraviglioso.
"Tieni gli occhi sulla strada, imbecille!" mi urlò qualcuno dall'altra parte della strada. Scossi la testa e uscii dal mio stato di trance. Non mi ero accorto di essermi imbambolato a fissare Syn, e tantomeno che una macchina stesse sfrecciando nella nostra direzione. Mi passai una mano sulla faccia, maledicendomi per la mia stupidità. Non avrei dovuto distrarmi mentre ero alla guida, specialmente dato che, per una volta, non ero in macchina da solo. Diedi uno sguardo veloce a Syn, e constatai che non si era neanche accorto dell'altro automobilista. Aveva gli occhi chiusi e si godeva il vento tra i capelli, che gli svolazzavano attorno al viso. Il sole faceva risaltare la sua pelle candida, mentre i capelli corvini brillavano mossi dalla brezza. Lui si voltò a guardarmi e mi sorrise, allegro. Arrossii e mi voltai verso la strada, sperando che lui non mi avesse visto. Non staccai gli occhi da sopra il volante per tutto il resto del tragitto. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, anche se forse era solo la mia immaginazione. Non ebbi modo di scoprirlo, comunque.
Arrivammo a destinazione verso le tre. Avevo guidato per qualcosa come due ore, e mi si erano intorpidite braccia e gambe. Syn, dal canto suo, sembrava non essere mai stato meglio. Correva lungo il campo con una velocità costante ma veloce, e saltava ogni ostacolo possibile. Il solo guardarlo mi metteva stanchezza. Respirai a fondo un paio di volte e lo raggiunsi, correndo il più velocemente possibile. Non essendo un corridore o uno sportivo qualsiasi, dopo cinquecento-seicento metri mi trovai appoggiato a un albero, ansimante e coi polmoni che bruciavano. Mi guardai intorno, ma Syn era ancora lontano. 'Maledizione' mormorai tra me e me, prima di incamminarmi verso il ragazzo. Lui mi aspettava irrequieto, pronto a schizzar via da un'altra parte. Lo seguii per un po', poi mi accasciai per terra, sfinito. Sistemai il plaid e tirai fuori una borraccia, che avevo riempito di caffè. Bevvi un sorso della bevanda e la riposi accanto a me, sdraiandomi sul prato. Mi misi a guardare le nuvole, ma proprio quando stavo ammirandone una a forma di chitarra, Syn mi bloccò la visuale. Si sedette accanto a me, col fiatone e una goccia di sudore che gli correva sul volto. Mi diede un'occhiata e si sdraiò, posando la testa sul mio grembo. Avvampai, ma riuscii a voltarmi prima che il ragazzo mi vedesse. Feci finta di essere interessato dalle nuvole, mentre Syn giocava con le mie mani. Il chitarrista diede uno sguardo al cielo, ma abbassò la vista con una smorfia annoiata dopo circa tre secondi. Dopo un paio di minuti si calmò e lasciò in pace le mie mani, allentando completamente la presa. Rimasi immobile una decina di minuti prima di decidere cosa fare, poi guardai in basso. Si era addormentato. 'Ma quanti diavolo di sonniferi ha preso?!' mi domandai, corrugando le sopracciglia. Scossi la testa e alzai lo sguardo. Uno stormo di uccelli volava sopra le nostre teste, screpitando e schiamazzando. Li osservai mentre si allontanavano formando grandi figure astratte nel cielo, poi raccattai il libro che stavo leggendo qualche giorno prima che 'facessi a botte' con Cassidy, e cominciai a leggere.
Saranno state le cinque e mezzo, quando Syn emerse dal sonno e io abbandonai il mio mondo immaginario.
"Buongiorno" mormorai. Lui mi guardò, ancora mezzo addormentato, e mi mise una mano sulla guancia, accarezzandola col pollice. Arrossii leggermente, e la cosa parve divertirlo. Portò la mano sul mio collo, e spinse la mia testa verso di se; poi, prima che potessi dir niente, mi schiuse un bacio sulle labbra. Sentii il mio cuore fermarsi e sgranai gli occhi, senza saper cosa fare. Syn si staccò da me e mi ribaciò, lentamente. Poi mi lasciò andare e mi guardò con aria compiaciuta. Portai una mano alle labbra e me le sfiorai, avvampando. Lui sorrise e infilò una mano sotto la mia maglietta, accarezzandomi il torace. Sgranai gli occhi e lo guardai, indeciso su cosa fare. Da una parte mi sentivo maledettamente bene, ma dall'altra avevo paura che stesse solamente testando le mie reazioni. Deglutii e lo guardai in faccia, mordendomi il labbro. Lui intercettò il mio sguardo e mi lanciò un bacio con aria provocante, togliendo la mano dalla mia maglietta. Sapevo di essere rosso come l'inferno, riuscivo a sentirlo. Deglutii nuovamente, mentre il mio cuore continuava ad accellerare il suo battito. Synyster si leccò una mano e me la sfregò in faccia, come a dire che ero territorio suo. Lo guardai stranito, mentre lui sorrideva beffardo prima di baciarmi un'altra volta

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Dopo quell'episodio, caddi nel panico più totale.
Non avevo idea di come comportarmi con Syn, e non sapevo neanche se quello che era accaduto fosse stato un gioco, uno scherzo o qualcosa di più. Synyster non sembrava ricordarsi niente di strano, quindi attribuii il suo comportamento ai troppi medicinali. Tuttavia, ogni volta che lo vedevo, lo stesso dubbio tornava. Provava anche lui ciò che provavo io? O ero stato solo un passatempo, un esperimento segreto di cui nessuno avrebbe mai saputo qualcosa? Il dubbio mi attanagliava lo stomaco, e ogni volta che guardavo il mio amico mi sentivo morire. Volevo che la terra si aprisse e mi facesse sprofondare in un buco senza fine, solo con i miei pensieri. Almeno in quel modo non avrei sofferto così tanto.
Ci sei, Cupido? Mi senti? Te la farò pagare, bastardo, vedrai. Dammi un po' di tempo, e avrai finito di prenderti gioco di me.

"Arin". La voce di Synyster ruppe il silenzio che incombeva tra di noi. Mi voltai verso di lui e inghiottii un pezzo del mio biscotto. "Che cosa c'è?" domandai.
"Ho fatto qualcosa di male?"
"Eh?"
"Massì, hai capito. Ho fatto qualche casino, qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?" chiese, guardandomi negli occhi. Il mio sguardo vacillò un po', ma poi scossi la testa.
"No, niente, stai tranquillo. È solo... Sono solo un po' stressato, ecco tutto" buttai lì. Lui annuì senza convinzione e abbassò lo sguardo. Mi sentii improvvisamente un bastardo. Probabilmente Syn non aveva idea di quello che era successo, e lo stavo facendo soffrire inutilmente.
"Vieni qua, sentimentalone" scherzai allargando le braccia. Lui sorrise divertito e mi abbracciò, assestandomi qualche pacca sulla schiena. Per un istante, ebbi l'impressione di essere tornato indietro nel tempo, quando eravamo solo due amiconi sempre pronti a sbronzarsi. Poi era arrivata Cassidy, e tutto era cambiato. Syn aveva dovuto cambiare abitudini, sacrificare un sacco di serate in nostra compagnia e modificare i suoi gusti per lei.
Allontanai quel brutto pensiero dalla testa e guardai l'orologio, il cui ticchettio pareva farsi più flebile secondo dopo secondo.
"Cazzo!" esclamai soprappensiero. Synyster mi guardò interrogativo, e feci un cenno verso l'oggetto.
"È tardi, ormai. Dovremmo mangiare qualcosa" constatai, massaggiandomi il mento. Lui annuì, alzando le spalle.
"Come ti pare" acconsentì. Lo squadrai qualche secondo.
"Non hai fame?"
"No" rispose scuotendo la testa. Rimuginai qualche secondo e poi alzai le spalle. Ormai era troppo tardi per mangiare. Mi infilai il giubbotto e le scarpe, e feci cenno a Syn di fare lo stesso. Lui mi guardò come a chiedermi il perché e gli sorrisi.
"Vedrai quando arriviamo" esclamai scattando verso la porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


In realtà, non avevo idea di dove stessimo andando. Solo che improvvisamente casa mia mi era sembrata troppo stretta per noi due, e avevo sentito il bisogno di prendere una boccata d'aria. Inspirai a fondo, mentre Syn mi trotterellava dietro, impaziente di arrivare. Cercai di ricordarmi se c'erano posti carini nei dintorni, ma nella mia mente c'era il vuoto più totale. 'Merda' pensai mordendomi il labbro. L'unico posto che valeva la pena di vedere nei dintorni era un vecchio drive-in, ma non sapevo che film stessero proiettando, e c'era la possibilità che fosse chiuso. Mi voltai a guardare Syn e constatai che cominciava ad essere stufo di camminare, quindi scrollai le spalle e mi diressi verso il cinema per auto. Ammesso che fosse aperto, ci saremmo seduti sull'erba e avremmo guardato il film sotto un'immenso manto stellato. Sorrisi all'idea. Pareva una cosa carina, dopotutto.
"Siamo quasi arrivati" annunciai allegro, mentre Syn allungava il passo e mi raggiungeva in una manciata di secondi.
"Grande!" esclamò soddisfatto. Abbozzai un sorriso e girai a destra, tenendomi sulla sinistra. Svoltai quindi al primo incrocio, avviandomi verso un viale alberato lungo una sessantina di metri. Synyster si guardava intorno estasiato, mentre una foglia volava leggera nell'aria.
"Ti piace qui?" domandai al ragazzo. Lui annuì, alzando lo sguardo verso le stelle. Sorrisi, percorrendo gli ultimi dieci metri e avvistando finalmente il drive-in. Accellerai leggermente il passo e mi diressi verso l'entrata. Syn trotterellò al mio fianco, guardardosi attorno con aria interessata. Salutai con la mano il padrone del posto, che conoscevo da qualche anno ormai.
"Ehilà, Arin!" mi salutò.
"'Sera, mr Johnson!"
"Ne è passato di tempo" disse allungandomi la mano.
"Eh già. Un vero peccato" annuii, stringendogliela. Lui sorrise pacato e indicò lo schermo del drive-in.
"C'è un film abbastanza romantico in corso, ti va bene?" domandò. Esitai un secondo, e poi gli chiesi di dirmi di più al riguardo.
"Be', è un film abbastanza recente, con parecchia azione e qualche attimo di puro miele. Niente di intollerabile, alla fine" snocciolò alzando le spalle. Guardai Syn e poi lo schermo, indeciso.
"Due biglietti allora" mormorai allungando il denaro. Kayne prese i soldi e mi diede il resto, passandomi poi i due biglietti. Ringraziai e presi Syn per mano, guidandolo attraverso le macchine.
"Il film non è un granché, scusa" gli dissi con una smorfia.
"Non importa" ribatté lui. Sorrisi e diedi uno sguardo al film.
"Non è Jared Leto quello?" mormorai indicando un ragazzo, probabilmente una comparsa.
"Potrebbe essere" sussurrò lui, senza staccare gli occhi dallo schermo. Sorrisi, guardandolo, e poi mi concentrai anch'io sul film. Non era cominciato da più di cinque minuti, ed era facile capire cos'era successo. Parlava di una spia che s'innamorava del suo capo, o qualcosa del genere. Non mi ci appassionai molto, a dire la verità. Ero un po' soprappensiero, e il film era l'ultima cosa che mi interessasse al momento. Pensavo alle solite cose: Syn, la mia vita, i miei sentimenti... Tenerli nascosti mi era sempre più difficile, e temevo di poter venire scoperto da un secondo all'altro. Rabbrividii all'idea e strinsi i pugni. Non so come, ma Syn se ne accorse. Mi squadrò preoccupato e mi si avvicinò.
"Qualcosa non va? Hai freddo?" sussurrò poggiandomi la mano sulla spalla. Tacqui per qualche istante. Non ci avevo fatto caso, ma faceva freddo. Mi osservai le mani, e notai che erano viola e intirizzite. Quindi mi voltai verso il chitarrista e annuii imbarazzato. Lui sorrise e si sfilò la giacca, posandomela sulle spalle. Feci per rifiutare, ma lui mi fermò.
"Non preoccuparti, starò benone" sussurrò con tono tranquillizzante. Annuii, e lo ringraziai sottovoce, tornando poi a fingere di fissare lo schermo. Dopo una decina di minuti lo guardai con la coda dell'occhio: era concentrato sul film e non sembrava curarsi del mondo accanto a lui. Sorrisi e mi abbracciai le ginocchia, avvolgendomi nella sua giacca e respirandone l'odore. Fortunatamente c'era il buio a nascondermi il viso, altrimenti le mie guance rossissime avrebbero attirato l'attenzione di tutti. Chiusi gli occhi, in preda a una strana euforia, e inspirai a fondo l'odore di Syn. Era forte ma allo stesso tempo delicato, proprio come lui. Avrei potuto star ore a stringere quella giacca e ad annusarla, come fosse il fiore più profumato della Terra. Era come una droga, e le sensazioni che mi dava erano più o meno le stesse, solo che migliori.
Dovevo proprio aver un'aria stupida in quel momento, abbracciato alle mie ginocchia e con un'espressione estasiata sulla faccia, eppure non mi importava. Quella che credevo una sbandata era amore, amore puro. Io amavo Synyster Gates, e volevo urlarlo a tutto il mondo. Dovevo solo trovarne il modo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


"Hey, Arin" sentii una voce chiamarmi.
"Mh?" mormorai, senza aprire gli occhi.
"Svegliati, amico. Il film è finito" disse Syn, scuotendomi delicatamente il braccio. Aprii gli occhi di scatto, ma mi ci volle una manciata di secondi per abituarmi al buio. Alzai lo sguardo, e incontrai quello soffice di Syn.
"Ciao, bell'addormentato" sussurrò togliendomi i capelli dal volto. Mugugnai imbarazzato e girai leggermente la testa. Fu allora che mi accorsi che mi ero addormentato sul mio amico. La mia testa era posata sulle sue ginocchia, ed il mio corpo era rannicchiato accanto al suo. Avevo ancora la sua giacca addosso, solo che ora era poggiata sui miei fianchi.
"Tremavi" disse Syn intercettando la mia occhiata interrogativa. "Ho fatto quello che mi sembrava giusto" concluse alzando le spalle.
"Syn.." mormorai guardandolo in volto. Aveva gli occhi leggermente rossi e tremava un po'. "Syn, hai pianto, non è vero?" chiesi con voce spezzata. Il mio povero, piccolo Syn. Lo abbracciai forte e sentii i suoi muscoli allentare la tensione.
"Ci sono qua io, sai. Puoi dirmi tutto" sussurrai accarezzandogli la schiena. 'Anche se probabilmente ascoltarti sarebbe come morire' aggiunsi nella mia mente. Mi morsi il labbro e lo abbracciai più forte, mentre lui si lasciava andare ai singhiozzi.
"Lei non tornerà, Arin, non tornerà... Non la vedrò più, capisci?" mormorò tra le lacrime.
"Lo capisco Syn... E mi dispiace da morire". Non mentivo completamente. Mi dispiaceva sul serio, ma solo perché lui ci soffriva tremendamente. Avrei voluto aiutarlo di più, ma non mi era possibile.
"Andrà tutto bene, Syn, vedrai... Supereremo tutto questo, insieme. So che ce la puoi fare.." sussurrai, cercando di fargli forza. Lui annuì, e per un po' ce ne stemmo lì abbracciati, tra singhiozzi e pacche sulla schiena. Sentivo il respiro di Syn farsi più regolare ogni minuto che passava, e così mi tranquillizzai un po'.
"Che ne dici di andare a casa e prenderci una bella tazza di latte?" proposi dolcemente, accarezzandogli la spalla. Lo sentii annuire, così mi alzai lentamente e gli porsi una mano. Lui la strinse e si lasciò issare in piedi, barcollando poi verso l'uscita. Diedi uno sguardo al mio amico e chiamai un taxi, che arrivò in una manciata di minuti. Salii prima di Syn, che si accomodò accanto a me. Mi sorrise con occhi vacui e deglutì, mentre io dicevo il mio indirizzo all'autista. Poi posò il volto sul finestrino e non pronunciò parola per tutto il tragitto.




Nota dell'autrice: So che questo capitolo è piuttosto corto, ma se avessi aggiunto anche il prossimo sarebbe diventata una cosa troppo lunga, quindi ho preferito dividere le due parti. Mi scuso per gli eventuali inconvenienti (?)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Saranno state le undici e quarantacinque, quando scendemmo dalla macchina ed entrammo in casa, anche se dal buio si sarebbero dette le due passate. Appena entrato, mi apprestai a infilarmi il pigiama, in modo da ridare a Syn la sua giacca. Non ne avevo la minima voglia, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Quando tornai in salotto, Syn era senza maglietta sul divano-letto, pronto ad andare a dormire. 'Probabilmente non gli va di parlare' mi dissi, sorpassandolo. Aprii il frigo e tirai fuori la bottiglia del latte, girandomi poi verso Synyster. Decisi di preparare del latte anche per lui, anche se temevo l'avrebbe rifiutato. Misi a scaldare il liquido bianco in un pentolino, e tirai fuori due tazze dalla credenza. Aspettai qualche decina di secondi, poi versai il tutto nelle tazze e mi avvicinai a Syn.
"Vuoi?" dissi, avvicinandogliene una. Lui annuì senza convinzione e afferrò l'oggetto, per poi posarlo su un comodino improvvisato.
"... Immagino vorrai restare solo..." considerai. "Stanotte dormo di là, quindi avrai il divano tutto per te" conclusi, indicando la porta della mia camera con un dito. Tacqui per qualche secondo, poi diedi un paio di pacche sulla schiena del mio amico e mi alzai dal letto. Abbozzai un sorriso e mi avviai verso la porta, fissando il contenuto della mia tazza.
"Aspetta". Mi voltai di scatto, stupito di sentire la voce di Syn. "Non voglio rimanere da solo... Non abbandonarmi..." mormorò con voce flebile, abbracciandosi lo stomaco. Sorrisi, mentre il cuore mi si scioglieva. Mi avvicinai al divano e alzai le coperte, scivolando al fianco del mio amico. Sembrava così fragile, così delicato... Mi veniva voglia di proteggerlo, baciarlo, abbracciarlo finché il suo dolore non se ne fosse andato. Invece mi limitai a sorridere, mentre lui faceva lo stesso, con l'aria di chi ha visto la prima cosa bella dopo anni di sofferenza. Com'era bello, anche con quella faccia bastonata e con il broncio. Era bello, bello da morire. E io per lui sarei morto mille volte.

Quella notte:
Mi svegliai all'improvviso verso le tre del mattino. Avevo avuto un incubo, l'ultimo di una lunga serie. Scivolai silenziosamente fuori dal letto, avviandomi verso il bagno. Aprii l'acqua e la guardai scorrere per un po', prima di schizzarmela in faccia. Mi asciugai il volto in un asciugamano e rimasi immobile per un po' di tempo. Avevo avuto abbastanza incubi di recente, ma di solito non mi svegliavo mai nel cuore della notte, con la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere. Tornai in salotto e mi sedetti sul letto, cercando di scacciar via l'angoscia. Misi la faccia tra le mani e scossi la testa un paio di volte, prima di calmarmi e mettermi a guardare il muro davanti a me. Stavo per addormentarmi, quando sentii due braccia cingermi i fianchi. Sussultai e mi girai di scatto, trovando il viso di Synyster a pochi centimetri dal mio.
"Ciao" sussurrò lui, chiudendo gli occhi.
"C-ciao" balbettai io, deglutendo.
"Hai avuto un incubo?" mi chiese, indicando il bagno con la testa. Annuii e guardai in basso.
"Ora è tutto passato, però" mormorai a mo' di scusa. Lui aprì gli occhi e mi guardò dubbioso.
"Sicuro?"
"Sicurissimo" mi affrettai a rispondere. Synyster mi squadrò qualche secondo, poi esitò un attimo.
"Se ci fosse qualcosa che non andasse... me lo diresti, vero?" chiese con la voce soffocata dalla mia spalla. 'Povero, caro Syn. Ti sto davvero facendo preoccupare molto, vero?' pensai. Annuii e mi voltai a guardarlo.
"Saresti la prima persona a saperlo" dissi. Lui sorrise annuendo e disse che per lui era lo stesso. Sorrisi dal profondo del cuore e gli sfiorai la guancia con un bacio.
"Ora è meglio che torni a dormire, però" sussurrai, alzando le lenzuola e stendendomi nella mia parte.
"Mmmhh" mormorò lui, lasciandomi andare. "La prossima volta, sveglia anche me" disse con aria seria. Lo guardai stupito, ma poi annuii. Lui parve contento della cosa e mi sorrise.
"Buonanotte allora" esclamò.
"Buonanotte".
Piombai in un sonno agitato e senza sogni, da cui emersi solo verso le cinque. Sentivo che qualcuno era accanto a me, ma ero troppo intontito per pensare a Syn. Pensai invece che fosse qualche ragazza, una di quelle che Matt si portava a casa la sera per i pochi giorni in cui avevamo abitato insieme. Mi spaventai e cercai di far funzionare la memoria, mentre un paio di labbra fine mi sfiorava il collo. Dire che non mi ricordavo niente e che andai nel panico più nero è niente. Mi scaraventai giù dal letto, andando a sbattere contro un tavolo. Alzai lo sguardo verso il letto e vidi Synyster che mi guardava con occhi sgranati. Lo fissai col cuore che batteva a mille per almeno venti secondi, poi deglutii. Lui sembrava imbarazzato, probabilmente non si aspettava una reazione del genere. Restai sdraiato contro il muro col sudore che mi correva lungo il volto e le tempie che mi pulsavano per due minuti buoni, poi mi alzai lentamente in piedi e mi avviai verso la mia camera. Ero scioccato. Nel chiudermi la porta alle spalle, cominciai a tremare. Avevo appena rifiutato Synyster Gates, l'amore della mia vita. Avevo appena buttato al cesso l'unica possibilità che avevo di sfiorare di nuovo le sue labbra perfette, di poterlo abbracciare e baciarlo sulla pelle nuda. Affondai la faccia nel cuscino e cercai di trattenere le lacrime, mentre il mio cuore si spezzava in mille pezzi. 'Sei uno scemo, Arin, uno scemo' mi ripetei. 'Questo non solo non ti farà avvicinare a lui, ma potrebbe anche danneggiare la vostra amicizia! Sei solo un povero idiota'. Strinsi forte il cuscino e vi soffocai i singhiozzi, mentre le lacrime scendevano copiose. 'Non avrò mai un'altra possibilità..' pensai, tremando.
"Sono un idiota..." mormorai tra i denti.
"No, non lo sei affatto" ribatté una voce accanto a me. Alzai lo sguardo, e notai che accanto a me c'era Synyster. "Sono io l'idiota, qui" continuò dolcemente, accarezzandomi la gamba. "Ho forzato le cose, mi dispiace" sussurrò. Mi morsi il labbro e guardai in basso, trattenendo le lacrime. Lui non capiva. Non capiva che lo amavo con tutto me stesso. Pensava solo che non avessi voglia di baciarlo, ecco tutto. Maledizione. Maledizione, maledizione, maledizione. Avrei dovuto diglielo, parlargli. Urlargli in faccia che si sbagliava, che io desideravo baciarlo più di ogni altra cosa al mondo, che lo amavo con ogni fibra del mio corpo. Però non ci riuscii. Fissai il pavimento finché lui non se ne andò, un paio d'ore dopo. E quando sentii la porta socchiudersi, per la prima volta in vita mia ebbi veramente paura.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


La mattina dopo, il silenzio tornò tra noi. Io non riuscivo ad alzare gli occhi dalla tazza e a guardarlo in faccia, tanto ero giù di morale. Lui, dal canto suo, pensava che stessi così perché la sera prima mi aveva baciato, quindi si era chiuso in un silenzio imbarazzato, che non sapeva come sciogliere. Volevo andare da lui e dirgli che andava tutto bene, ma mi sentivo così male che non sarei riuscito a mentire. Così stavo lì, a guardare la mia tazza, con lo stomaco che mi si stringeva sempre di più e le lacrime che ricominciavano ad affollarmi gli occhi. Mi sentivo una merda, avrei solo voluto poter dire a Syn che mi dispiaceva, ma che avevo sperato che quel bacio significasse qualcosa di più per lui, se non un semplice gesto per ricevere un po' di coccole. Quel silenzio mi faceva paura. Temevo che Syn potesse fare qualche stronzata, come farsi ospitare da qualcun altro o pensare che ce l'avessi con lui. Non volevo neanche pensarci. Anche solo il pensiero faceva male, troppo male. Volevo rimanere con Syn per sempre, ma il mio gesto avrebbe potuto allontanarlo per altrettanto tempo. I dubbi attanagliavano il mio stomaco, dolorosi e reali. Strinsi il manico della mia tazza e mi morsi il labbro, cercando di distrarmi.
"Arin". La voce di Synyster mi svegliò dal mio incubo a occhi aperti, riportandomi sulla Terra. Il moro mi stava guardando preoccupato, e i suoi occhi erano stanchi a causa del sonno interrotto più volte.
"Mi dispiace" disse deglutendo. Abbassò lo sguardo, aspettando il peggio. Lo guardai, con gli occhi che bruciavano e la mano contratta sulla tazza. Volevo dirgli che era lo stesso per me, che ero stato un coglione, e che sarei dovuto essere io a scusarmi, ma la voce mi morì in gola. Lui alzò lo sguardo, e lessi la paura nei suoi occhi. Temeva che la nostra amicizia fosse rovinata per sempre. Non potendo parlare, feci l'unica cosa che facevo bene. Mi sporsi in avanti e lo abbracciai il più forte possibile, inspirando il suo odore.
"Io... Scusa.." sussurrai con voce spezzata. "Non... Non era mia intenzione.. comportarmi così... Io..." mormorai, mentre due lacrime mi solcavano il volto.
"Arin, calmati. Non è stata colpa tua" mormorò lui dolcemente, prendendomi il viso tra le mani e asciugandomi le lacrime col pollice.
"Sono stato io a affrettare i tempi. Avevo dimenticato che non sei come Cassidy, che vuole solo sesso, sesso, sesso. Tu sei speciale. Migliore. Mi dispiace davvero" terminò accarezzandomi la guancia. Lo guardai a bocca aperta per qualche secondo. Significava quello che credevo io? Che lui contraccambiava i miei sentimenti? No, non era possibile. Doveva esserci un'altra spiegazione. Però...
Sorrisi tra le lacrime e lo strinsi forte. Forse sotto sotto un po' gli piacevo. Per me era abbastanza. Mi si era riaperto lo stomaco, e avevo anche smesso di tremare. Abbracciato alla persona che amavo sopra ogni cosa, niente poteva scalfirmi, niente poteva toccarmi e niente poteva rattristarmi. Strinsi Syn più forte, quasi togliendogli il respiro, e appoggiai la testa sul suo petto nudo. Ero contento che non se la fosse presa, ed ero al settimo cielo per quell'abbraccio.
"Grazie" mormorai, solleticando il petto di Syn con le labbra. Alzai lo sguardo, e notai che piangeva. Anche lui come me era stato in pensiero, si era preoccupato come non mai per noi, per la nostra amicizia, per il futuro. Sorrisi, asciugandogli una lacrima con un dito. Lui mi guardò, e scoppiò a ridere. Adoravo quella risata. Anche se lui stava ridendo del mio tentativo di essere minimamente romantico. Lasciai andare il mio amico e mi accoccolai sul divano, abbracciandomi le ginocchia. Lui mi sorrideva, sciogliendo il mio cuore e facendomi desiderare ancora di più di poter sfiorare le sue labbra fine. Sorrisi a mia volta, anche se il mio sorriso non era per niente paragonabile al suo. Non riusciva a contenere la mia gioia, la mia felicità per l'aver chiarito quello che era accaduto l'altra sera. E poi la mia bocca era abbastanza piccola, quindi pure i miei sorrisi lo erano. Quelli di Syn, invece, erano sempre radianti e luminosi. Erano bellissimi. Come quelli di un angelo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Syn mi guardò, senza muoversi, per qualche minuto. Aveva un'aria stanca ma felice, e probabilmente l'unica cosa che voleva fare era dormire. Improvvisamente capii che stava aspettando il mio permesso per salire sul divano, dato che pensava che forse non volessi più che ci salisse. Sorrisi e diedi un paio di pacche al materasso accanto a me, invitandolo a sedersi. Lui sorrise e mi raggiunse, accomodandosi a qualche passo da me. Improvvisamente, il sonno si fece sentire. Sbadigliai e alzai le coperte, fiondandomici sotto. Le mie preoccupazioni inutili mi avevano stancato da morire, e quindi scivolai velocemente in un sonno tranquillo e senza pensieri. Mi svegliai verso le due, con la faccia illuminata dal sole. Mi riparai il volto con una mano e borbottai qualcosa, poi mi girai, intenzionato a dormire un altro po'. Improvvisamente mi accorsi che quello che stavo stringendo non era un cuscino, ma Synyster. Sgranai gli occhi, chiedendomi come avessi trovato il coraggio di abbracciarlo mentre era a letto. Mi guardai attorno, e notai che il braccio di Syn mi circondava il collo, per poi ricadere sulla mia spalla. Arrossii, intuendo che non ero stato io ad abbracciarlo, ma il contrario. Feci scorrere la mano sul petto di Syn, piano e delicatamente, memorizzandone la morbidezza. Lasciai ricadere la mia mano sul suo fianco, e poi la riportai vicino alla mia faccia, come a nascondere la carezza. Speravo solo che non se ne fosse accorto, o sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Sorrisi, appoggiando la testa contro il suo torace, molto più grande del mio. In effetti, ero abbastanza minuto. Non ero altissimo e neanche muscoloso, ma del resto non facevo mai a botte e lo sport non era mai stato il mio forte. Synyster, invece, era più grande di me. Le sue braccia erano forti e possenti, e il suo fisico enorme rispetto al mio. Facevo un po' ridere, quando lo abbracciavo. Era come se un gatto abbracciasse un San Bernardo. Buffo. Sorrisi, chiudendo nuovamente gli occhi. Non volevo che quel momento finisse. Synyster POV: Vedere che Arin non se l'era presa e mi lasciava dormire con lui era fantastico. Temevo si fosse incazzato da morire, che mi avrebbe buttato fuori da casa sua senza esitazione. Invece no. Questo mi fece pensare a che persona straordinaria avessi davanti; capace di perdonare, aiutare e confortare. Beata chi se lo sposa. Mi avvicinai al letto con un enorme sorriso stampato sulla faccia, ma decisi di non abusare della sua gentilezza, e mi sedetti a tre quattro passi da lui. Era visibilmente spompato, e infatti si addormentò pochi secondi dopo. Io, invece, di sonno non ne avevo più. Mi sdraiai sul letto e guardai il soffitto, in cerca di ragnatele. L'appartamento di Arin era davvero pulito, in realtà, quindi non trovai proprio un bel niente. Mi voltai verso di lui e lo guardai respirare per un po'. Il suo fisico minuto sembrava davvero fragile quando dormiva. Probabilmente non voleva lasciarlo a vedere, ma c'era qualcosa che lo preoccupava. Sospirai. Vederlo giù di morale mi dispiaceva, ma il gesto dell'altra notte era stato qualcosa che non avevo potuto evitare. Sembrava di una dolcezza infinita quando dormiva. Per un secondo, avevo sentito l'impulso di baciarlo, abbracciarlo, stringerlo come se fosse mio. Avevo provato quella sensazione un paio di altre volte, ma l'avevo ignorata. Non potevo innamorarmi di lui. Sarebbe stata la fine della nostra amicizia. Eppure, in quegli attimi, non mi era importato nulla della nostra amicizia. L'unica cosa che avevo voluto era che Arin fosse mio, mio e solo mio. Mi imbarazzava pensarci, perché probabilmente lui non pensava a cose di questo genere, ma non potevo evitarlo. Era di una carineria assurda, perfino col viso rigato di lacrime e i capelli scompigliati. Chissà se se ne rendeva conto o se pensava di esser brutto. Se avesse chiesto a me, probabilmente gli avrei detto che era la cosa più carina che avessi mai visto, e lui sarebbe scoppiato a ridere, dicendomi di smettere di scherzare. In effetti, Arin era timido, ma con me si era aperto velocemente. Con Matt, invece, c'erano voluti mesi. Scrollai le spalle. Evidentemente dovevo essere un tipo simpatico o rassicurante, uno di quelli che sai non ti tradiranno mai. Sorrisi al pensiero che Arin pensasse qualcosa del genere di me, e mi stesi accanto lui. Chissene frega se mi avrebbe odiato, in quel momento era così dannatamente carino che lo volevo tutto per me.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Svegliarmi abbracciato a Synyster era per me un sogno. Non sapevo perché lui si fosse stretto a me durante la notte, ma la cosa mi faceva sentire fantasticamente. Ero completamente pazzo di lui, e mi innamoravo sempre di più, secondo dopo secondo. Dall'altro lato, però, probabilmente lui si era accorto che qualcosa in me era cambiato, e che quando gli stavo vicino andavo su di giri. Per il mio bene, dovevo darmi una calmata. Il fatto che lui dormisse abbracciato a me poteva essere ricollegato all'improvvisa ondata di freddo, e quel bacio, appunto, a una semplice mancanza di coccole. Nessuno mi assicurava che Syn nascondesse un sentimento più forte dell'affetto tra amici dentro di se, e forse mi stavo solo illudendo di tante cose che non sarebbero mai successe.
Scossi la testa, battendomi le mani sulle guancie. 'Calmati, dannazione!' mi ripetei, senza troppi effetti. Mi sentivo cambiato, profondamente e radicalmente. Era come se la mia parte timida fosse andata in vacanza, o, chi lo sa, sparita per sempre. Cominciavo a non riconoscermi più, e la cosa mi spaventava un po'. Gli ultimi avvenimenti mi avevano scioccato, sbloccando una parte di me sepolta da anni. In un certo senso, era come se in certi momenti venissi posseduto da qualcuno di estraneo, che diceva cose che io non avrei mai osato dire. Il che era un bene, certo, ma anche un male. Troppa fiducia in se non fa mai bene, e lo sapevo fin troppo bene. Eppure boh, le parole di Synyster mi avevano lasciato a bocca aperta. Forse gli piacevo davvero, o semplicemente lui mi vedeva come qualcosa di più di un semplice amico. Avrei tanto voluto saperlo, ma non potevo chiederglielo. Mi avrebbe raccontato una bugia, o comunque qualcosa che non corrispondeva alle mie aspettative. In effetti, era anche una cosa un po' imbarazzante, da chiedere e da rispondere. Decisi quindi di farmi una bella doccia fredda, e di non montarmi troppo la testa, per il bene mio e del mio amico.

Synyster's POV:
Quella testa calda mi ha lasciato a letto da solo. Imbarazzante. Sarei dovuto rimanere sveglio e vedere la sua faccia, per capire come stessero realmente le cose, ma mi sono addormentato. Mannaggia a me. Non è stato male però. Approfittando del fatto che dormiva, ho potuto abbracciarlo e sentire il suo respiro sulla mia pelle. In altre occasioni mi sarei dato del maniaco, ma stavolta non mi importava. Era troppo carino per non farlo. Non ne ero sicuro, ma credevo che qualcosa in me stesse cambiando, anche se potrebbe anche essere stata solo la cena della sera prima che tornava su. In fondo, Arin era carino, ma io sono sempre stato etero fino al midollo. Non credevo di poterlo amare, per quanto mi ci potessi sforzare. Certo, era simpatico, gentile e tutto quanto, però... Però boh. Io ero etero, e quello che provavo per Arin era una semplice attrazione fisica, visto che i suoi capelli lunghi e il suo fisico minuto mi ricordavano una ragazza. Certe volte, però, guardandolo, mi trovavo a dubitare di me stesso e della mia sessualità. Non avevo mai avuto un fidanzato, e non mi era mai capitato di infatuarmi per un ragazzo, quindi davo per scontato di essere etero, eppure... Eppure c'era qualcosa in quel ragazzo, che mi faceva sorridere e sentire il mio cuore sciogliersi. Chissà, forse non ero poi così etero.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Non successe niente di strano quella notte. Per fortuna, direi. Synyster se ne stette nella sua parte di letto, e io non diedi di matto un'altra volta. Svegliarmi lontano da lui mi dispiaceva, ma forse era meglio così. Se avessi visto il suo petto nudo tutte le mattine sarei impazzito e, prima o poi, gli sarei saltato addosso. Decisi quindi, a malincuore, che Synyster stava facendo la cosa giusta, e che probabilmente non avrebbe cambiato idea. Mi voltai verso di lui e lo guardai qualche secondo, tirandomi a sedere. Quello che non mi aspettavo era che lui aprisse gli occhi e mi squadrasse, in risposta alla mia mossa.
"'Giorno" esitò lui.
"Ciao" balbettai io, arrossendo. "Vado a preparare la colazione" dissi schizzando fuori dal letto e correndo in cucina. 'Merda, merda, merda' imprecai. Tirai fuori il latte, i biscotti e le tazze, ma quando mi girai verso Syn per chiedergli cosa voleva, lo trovai che ancora mi fissava. Un brivido mi corse lungo la schiena. Chissà cosa stava pensando in quel momento. Probabilmente era imbarazzato, o, chi lo sa, irritato. Sperai che smettesse di fissarmi con tutte le mie forze, e poi mi rivoltai verso la credenza. 'Cazzo, che vergogna' mi dissi. Tirai fuori il vassoio, ci misi sopra il cibo e le tazze, e mi avvicinai al letto. Porsi a Syn la sua tazza, e poi rimasi a fissare la mia. Restare lì così era sciocco, quindi presi un biscotto e lo porsi sorridente al mio amico.
"Ne ho comprati di nuovi, sono una nuova mar--"
"Anch'io lo faccio" mi interruppe lui.
"Eh?"
"Massì, guardarti dormire. Sei carino quando dormi" disse, buttando giù un po' di latte. Poi si pulì la bocca col dorso della mano.
"Oh..." esclamai, posando la tazza sul letto. "Be', anche tu hai il tuo fascino" mormorai. "Ecco... Sei proprio bello quando sogni..." aggiunsi, guardando basso. Lui mi guardò e rise.
"Be', grazie!" esclamò. "È proprio vero, sono una meraviglia" disse, pavoneggiandosi e dandosi qualche aria. Risi. Non mi sarei potuto innamorare di una persona migliore.
"Dopotutto sono il grande Synyster Gates, il famosissimo e apprezzatissimo chitarrista!" continuò lui con voce solenne. "Tutti dovrebbero ammirarmi mentre dormo, tutti!" disse, battendosi il pugno sul petto con un gesto teatrale. Poi mi guardò  sorridendo e mi mise una mano sulla guancia, facendomi sobbalzare il cuore.
"Guardami quanto vuoi, Arin" sussurrò. "Ma perfavore, torniamo alla vecchia marca di biscotti" terminò con faccia sofferente. Che attore. Risi, annuendo, e gli dissi che avrei comprato la vecchia marca appena possibile. Fui felice di avere il suo permesso, comunque. Certo, sapere che anche lui mi guardava dormire era strano, però mi faceva sentir bene. Non si guardano le persone dormire con insistenza, se non si prova qualcosa per loro, anche la più piccola sensazione. Avevo ancora delle speranze, quindi. Sorrisi felice, e saltai giù dal divano. La giornata si preannunciava bene.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Finii la doccia in un lampo. O almeno, per i miei standard. Venti minuti non erano tanti, considerato che per me la doccia era come un bagno. Mi sentivo leggero, come se l'acqua si fosse portata via i miei dubbi, la mia esaltazione e tutti i 'se' che si erano formati nella mia mente. Sorrisi, infilandomi i jeans e appendendo gli asciugamani al loro posto. Feci un salto e acchiappai un asciugamano di media grandezza, con cui cominciai a strofinarmi i capelli gocciolanti. Uscii dal bagno che ancora armeggiavo con i miei riccioli, e trovai Synyster seduto sulla punta del letto. Lo salutai con un sorriso, e lui mi rispose con un cenno del capo.
"Arin, ti devo parlare" disse ad un tratto. "È importante" sottolineò. Deglutii, mentre mi sedevo sul letto di fianco a lui.
"Dimmi" mormorai con lo stomaco chiuso.
"Ecco, vedi... Dovrei andare a una cena, domani... Avrei dovuto portarci Cassidy, ma dubito che, dopo tutto quello che è successo, sia la cosa giusta da fare. È una cena importante, sai. Una di quelle con tutti i partecipanti vestiti eleganti, con la musica, il punch e i palloni gonfiati che si vantano dei loro averi con chiunque vedano. Be', ecco, vorrei che tu venissi. Non credo di poter sopportare un'atmosfera simile da solo, e..." fece una pausa, cercando le parole.
"Tu sei l'unico che potrebbe venire con me senza dare di matto, o senza combinare casini. Tu sei speciale, le capisci queste cose. Sai come comportarti, come piacere alla gente e come trattare tutto e tutti. Emani un'atmosfera tutta tua, sei come una stella in mezzo a delle lampadine" mormorò, bloccandosi alla fine della frase. "Quello che sto cercando di dirti, è che sarei felice che tu mi accompagnassi" concluse, guardandomi in faccia.
Esitai un secondo. Aveva detto così tante cose carine su di me, ma forse gli altri non la pensavano così. Che avrei fatto se non fossi riuscito a parlare con nessuno? Sarei corso da Syn a cercare aiuto, dimenticando che lui era ancora più perso di me? Deglutii, senza che l'idea mi attirasse molto. Però non potevo abbandonare il mio amico proprio ora, nel momento del bisogno.
"A che ora si parte?" domandai quindi con un sorriso. Synyster mi posò una mano sulla spalla e sorrise, sollevato.
"Sette e mezza. Grazie, sei un amico" mormorò con voce dolce.
"Ma ti pare?" scherzai io, facendo una smorfia. "Quanto può essere tremendo? 'Mio caro Eustache, credo che il tempo oggi sia piuttosto piacevole, non trovate?' 'Ma certo, madame Margherie. Piuttosto, avete sentito dell'ultima partita a golf di sir Steward? Pare abbia fatto un eccellente punteggio'" mimai la nobile coppia che viveva nella villa in fondo alla strada. Syn rise e mi rilassai. Non sarebbe stato niente di così terribile.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Dopo aver lavato i piatti, decisi di fare quattro passi. Annunciai a Syn le mie intenzioni, e lui decise di accompagnarmi. "Così compreremo degli altri biscotti", aggiunse. Sorrisi e afferrai il portafoglio, aprendo poi la porta di casa.
"Hai tutto?" mi domandò scrupolosamente Syn. Annuii, chiudendomi la porta alle spalle.
"Chiavi?"
"Sì"
"Soldi?"
"Aha"
"Fidanzato?"
"Eh?"
"Scherzavo!" disse lui facendomi l'occhiolino. "Se avessi un fidanzato sarei geloso" rise.
"Oh sì, ci credo molto" scherzai, dandogli una spinta sulla spalla.
"Cos'è, non ci credi?" chiese lui, fingendosi indispettito.
"Sinceramente no" risposi, avviandomi verso l'auto.
"Credi che il grande Synyster Gates non possa essere geloso?" domandò con aria di importanza.
"Oh, quello sì. Solo non di me" terminai con un sorriso. In effetti, quello era ciò che pensavo. Lui non aveva assolutamente niente da invidiarmi.
"Se ti interessa tanto, comunque, prima di baciare qualcuno ti chiederò il permesso, okay?" scherzai.
"Okay" rispose serio lui. Lo guardai alzando un sopracciglio, ma il suo volto era impenetrabile. Mormorai un 'd'accordo' e avviai il motore, allacciandomi la cintura di sicurezza. Synyster la lasciò slacciata, ma non dissi niente. Ci mancava solo che facessi la madre petulante.
In una quindicina di minuti arrivammo a destinazione. Scesi dall'auto sbadigliando, mentre Syn sbatteva la portiera e si avviava verso l'entrata.
"Che bella giornata.." mormorai.
"Proprio bellissima" rispose lui, aspettandomi. 'Non quanto te, comunque' aggiunsi nella mia testa.
"Sai se c'è un cesso nei dintorni?" chiese improvvisamente Syn. Annuii.
"Appena possibile ti ci porto, okay?"
"Okay".
Seguii il moro entrare nel supermercato e lo guidai al bagno, poi mi diressi verso il reparto colazione, dove avrei trovato i suoi amati biscotti. Stavo giusto prendendone un pacco, quando una figura conosciuta comparve nella corsia accanto.
"Cassidy!" esclamai stupito, facendola girare verso di me.
"Oh, ma guarda chi c'è" sbottò lei. "Ancora non ti sei stufato di quel rompipalle?" domandò. "Complimenti. Io dopo tre giorni non ne potevo già più. Fortuna che ora c'è Mike, qui con me. È talmente caro e ricco, lui. Forse sarebbe ora di presentartelo" concluse con un sorrisetto, prima di chiamare il fidanzato.
"Tesorino, questo è un amico di quel balordo con cui stavo prima, Sylvester, o come diavolo si chiama" disse indicandomi. Il suo 'tesorino' era un omone grande e grosso dall'aria irascibile, ma buona. Doveva amarla molto, proprio come a sua volta l'aveva amata Syn. Tacqui, spostando lo sguardo da lei al fidanzato, senza sapere cosa fare.
"Sai, quel pugno ha lasciato il segno" cominciò lei, giocherellando coi riccioli. "Sarebbe proprio un peccato se ora qualcuno ti rovinasse quel bel faccino che ti ritrovi, non pensi?" disse, voltandosi poi verso Mike. Deglutii, indietreggiando. 'Proprio ora che Synyster è andato al bagno' pensai. Cassidy sussurrò qualcosa all'orecchio dell'omone, che si voltò a guardarmi e cominciò ad avanzare verso di me. 'Merda merda merda' imprecai, terrorizzato. 'Questo mi spiaccica al muro!' pensai, lasciando cadere i biscotti. Cercai di indietreggiare, ma inciampai su un carrello abbandonato. Quando mi rialzai, l'energumeno era a un metro e mezzo da me.
"Opporca.." sussurrai fissando la figura dell'uomo, che si ereggeva ormai a pochi passi da me. 'La prima volta che uso le mani in anni e anni, e mi finisce di merda!' constatai. 'Mannaggia a me' imprecai, portandomi le mani vicino al volto. Quel tipo mi avrebbe fatto fuori.
"Non avresti dovuto colpire la mia cicci!" disse, scrocchiandosi le dita delle mani. "Oh no, non avresti dovuto" ripeté con un sorriso cattivo dipinto sulla faccia. Deglutii, nel panico più totale. Se fossi stato centrato anche da un solo pugno, sarei probabilmente stato scagliato lontano, contro un qualche scaffale. Avrei quindi potuto fingere di essere svenuto, anche se non era molto coraggioso. D'altronde, a che ti serve il coraggio, se poi sei sottoterra?
Feci appena in tempo a proteggermi per bene il volto, che il tipo mi colpì. Come previsto, volai di qualche metro e andai a finire nel reparto accanto. Mi portai una mano alla faccia, e constatai che almeno non mi ero rotto il naso. Sfortunatamente, il tizio sembrava deciso a ridurmi in poltiglia, svenuto o cosciente che fossi. Mi guardai intorno, ma prima che potessi scappar via, l'omone mi prese per il colletto e mi sollevò in aria.
"Questo farà male, ragazzino" annunciò l'energumeno con un sorriso soddisfatto. Chiusi gli occhi, pronto all'impatto, ma sentii l'omone esitare.
"Lascialo stare, cazzo!" sbraitò Synyster, spingendolo verso la parete. "Mollalo immediatamente! Mollalo! Molla il mio ragazzo!" gridò, mentre quello allentava la presa. Sgattaiolai via e indietreggiai, spaventato. L'uomo ci guardava, stupito e arrabbiato.
"Che devo fare, Cass?" domandò, senza smettere di fissarci. Lei si strinse nelle spalle.
"La mia vendetta l'ho avuta" snocciolò con aria soddisfatta. "Possiamo anche andare" acconsentì, dirigendosi verso l'uscita. L'omone la seguì, obbediente.
"Addio, capellone" disse con un cenno del capo. Non risposi. Restai immobile, portandomi la mano alla faccia. Faceva un male allucinante.
Syn si voltò verso di me e mi corse incontro, inginocchiandosi.
"Tutto a posto?" chiese in preda all'ansia, abbracciandomi. Annuii.
"Potrei star peggio..." dissi in un sussurro.
"Dove ti ha colpito?" domandò, stringendomi.
"Syn.."
"Dove?!"
"Braccia e faccia" mormorai.
"Fammi vedere" disse sbrigativo.
"Syn..." cominciai.
"Non mi sembri ferito gravemente" borbottò.
"Syn.."
"Sì?"
"È vero quello che hai detto prima? Sono davvero il tuo ragazzo?" sussurrai, guardandolo negli occhi. Lui abbozzò un sorriso, imbarazzato.
"Be', ecco... Se a te va bene..." farfugliò, massaggiandosi il collo. Lo abbracciai stretto, affondando il volto nel suo petto. Lo sapevo, lo sapevo che era la mia giornata.

Synyster's POV:
Urlare a quel gigante che Arin era il mio fidanzato non era esattamente la mia idea di spaventarlo, ma in qualche modo lo aveva lasciato andare. In quel momento ero più preoccupato per lui che per la mia stessa salute, di cui, anzi, non mi importava un accidente. Vederlo libero, anche se con la faccia gonfia, era stato un sollievo. Senza contare che quella bestia se ne è andata senza neanche sfiorarmi un capello. Che botta di culo.
Onestamente, però, non mi aspettavo che Arin facesse così attenzione a ciò che dicevo. Il mio fidanzato... Suonava strano, nella mia testa, ma pronunciato da lui era un termine perfetto. Avevo accettato i miei sentimenti per lui l'altro giorno, prima di chiedergli di venire a quella specie di galà con me. Quella che credevo una semplice attrazione fisica era qualcosa di più profondo, che avevo poi riconosciuto come amore. Da quando avevo capito di essere bi, era stato più facile per me guardare il mio amico. Non mi sentivo più 'strano', fuori posto. Non avevo più avuto paura dei miei sentimenti. Un bel sollievo, per me. Tuttavia, urlare al mondo che lui era il mio fidanzato era qualcosa che non avevo progettato. Sapevo che avrei dovuto dichiararmi, ma in quel modo... Che esibizionista. È solo che davanti a quella scena non mi sono saputo trattenere, avevo DOVUTO intervenire. Non potevo tollerare che qualcuno buono come Arin potesse essere malmenato da un qualsiasi bestio alto due metri che non lo aveva mai visto in vita sua. Non potevo proprio.
In quel momento, però, sentii di aver fatto la cosa giusta. Strinsi Arin a me e gli accarezzai la schiena, baciandogli la testa.
Il mio ragazzo... Suonava davvero bene.
"Da ora in poi sei il mio ragazzo" annunciai. "Proprietà di Synyster Gates".

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Dopo aver pagato, Synyster mi portò a casa. A sistemarmi la faccia, probabilmente. La sfiorai con una mano, ma la ritrassi con una smorfia dopo pochi secondi. Faceva un male porco.
Mi rannicchiai nel sedile, mentre la testa mi pulsava e il cuore mi batteva veloce. Fidanzati... Wow. Non avevo mai pensato che Syn mi amasse, tantomeno che sarebbe stato lui a dichiararsi. Sorrisi, guardandolo di spalle. Il mio caro, dolce Syn. Ora era davvero tutto per me, anche se ancora non ci credevo. Mi sembrava impossibile, io e lui, lo scricciolo e il cane da guardia, il ragazzo qualunque e il chitarrista più famoso del periodo.. Assurdo. Completamente assurdo. Neanche nei miei sogni avevo mai sperato tanto, a essere sincero. Quello che era successo era un miracolo, o qualcosa del genere. Chissà, forse Cupido si era deciso a fare il suo lavoro fino in fondo, per una volta.
Scossi la testa. Possibile che avessi sempre qualcosa da chiedermi? Che ero insicuro lo avevo sempre saputo, però... Mi strinsi nelle spalle, osservando la schiena di Syn. Armeggiò con il cambio per qualche secondo, poi parcheggiò e scese dall'auto. Sentii il mio sportello aprirsi, e, anche se da sdraiato non riuscivo a vederlo, sapevo che Syn mi stava togliendo la cintura di sicurezza. Mi prese in braccio e mi portò di peso su per le scale.
"Guarda che posso camminare" lo avvertii. "Non spaccarti la schiena inutilmente"
"Spaccarmi la schiena? Portando te?" mise un po' di enfasi sul 'te'. "Non preoccuparti, d'accordo? Sono più forte di quello che sembro" disse rassicurante. Annuii, poco convinto. Da com'ero messo, potevo vedere tutto quello che Syn si lasciava dietro, comprese le porte dei vicini e il mini giardinetto ai piedi delle scale. La strada non era molta, ma era comunque composta da tanti, piccoli scalini. Sperai di non pesare troppo, e che Syn non crollasse da un momento all'altro. Resistette fino alla fine, invece.
"Ti avevo detto che ce l'avrei fatta" sorrise posandomi sul divano. Annuii, lasciandomi cadere sul materasso. Ero davvero così magro? Guardai il moro, che armeggiava con il frigorifero alla ricerca del ghiaccio.
"Proprio stasera, dannazione!" imprecò, sottovoce. Mi morsi il labbro, sentendomi improvvisamente in colpa. E se stasera la mia faccia fosse ricoperta da un livido? Se mi facesse così male da non riuscire a parlare? Un brivido mi corse lungo la schiena, ma scacciai subito quel pensiero. Mi alzai dal letto e raccattai il ghiaccio, mentre Synyster mi fissava. Senza guardarlo, tornai al mio posto. Posai del ghiaccio sulla mia guancia, rabbrividendo dal dolore. Probabilmente non sarebbe arrivato un livido, ma si sarebbe solo gonfiata un po'.
"Esco" mi annunciò Syn, prendendo le chiavi. Annuii e lo guardai chiudersi la porta alle spalle. Chissà dove andava. Mi avvicinai alla finestra, e intravidi la sua silouette.
"Non fare stronzate!" gli urlai. Lui si voltò, mi sorrise e scomparve tra la folla. Avrebbe fatto qualche stronzata. Sicuro come che la Terra gira. Scossi la testa e mi rimisi a sedere, spostando il ghiaccio sul mio naso. 'Devo trovare qualcosa da fare' mormorai tra me e me. Poi mi alzai, andai in camera e mi sdraiai sul letto, ripensando agli ultimi avvenimenti. La mia vita era cambiata così tanto da quando avevo colpito Cassidy in faccia... Non che mi dispiacesse però. Anzi. Ora avevo un ragazzo, una faccia dolorante e un invito a una festa di ricconi. Niente male, calcolando che prima non avevo mai niente da fare. Sorrisi. Synyster aveva cambiato così tanto la mia vita.. I miei sentimenti per lui mi avevano cambiato dentro, mi avevano fatto diventare più aperto e meno schivo. Mi avevano fatto apprezzare la vita molto di più di quanto avessi mai fatto, ed erano giorni che non mi sentivo più solo. La mia 'sbandata' era stata la cosa migliore che mi fosse mai capitata in vita mia. 'Grazie, Syn' sorrisi. 'Ti voglio bene' aggiunsi guardando il soffitto. Me ne stetti sdraiato per un po', prima di alzarmi e andare a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Dato che non facevo a botte molto spesso, non avevo niente di troppo morbido in casa. Decisi quindi di uscire e comprare qualcosa al bar, chessò, magari un gelato. Essendo Synyster uscito con le mie chiavi, dovetti trovare un qualche modo per chiudere la porta senza però chiudere fuori anche me. Dopo un paio di idee davvero cretine, decisi di infilare un libretto tra la porta e il muro, in modo da lasciarla aperta ma non troppo. Osservai soddisfatto la mia creazione, poi corsi giù al bar. Il locale era abbastanza affollato, e fui costretto a farmi spazio tra una decina di persone che chiacchieravano, ma alla fine arrivai al bancone senza troppe ammaccature. Ordinai un tramezzino e un muffin da portar via, che pagai direttamente all'uomo che mi servì. Sgattaiolai fuori dal posto il più velocemente possibile, avviandomi verso casa. Avevo una voglia matta di andare al parco, ma non potevo lasciare il mio appartamento semi aperto e incustodito per troppo tempo. Accellerai quindi il passo e salii gli scalini due a due, salutando la mia vicina. Stavo giusto aprendo la porta di casa, quando lei mi fermò.
"Ehy, Arin" gracchiò.
"Mi dica, signora Hargrave" risposi voltandomi.
"Ho visto che hai un convivente. Un ragazzo moro, se non sbaglio" cominciò.
"Non sbaglia" affermai, sbrigativo.
"Proprio un bel figliolo" continuò lei, scrutandomi. "La sua ragazza non è gelosa, visto che vive con te?"
"Lui non ha una ragazza" tagliai corto. Avevo capito dove voleva andare a parare, e cominciavo ad essere irritato dalle domande della vecchia signora.
"Oh, ma che peccato. Devo quindi supporre che ne stia cercando una?" insisté, ostinata.
"No, non ne sta cercando nessuna" ribattei, piccato.
"Ama la vita da single, quindi. È un donnaiolo, per caso?" chiese, cocciuta come un mulo.
"Assolutamente no" risposi. "Proprio per niente."
"Bene, bene... Non è che per caso state insieme, voi due?" domandò, alzando il labbro superiore e guardandomi con aria di superiorità. Mi sentii invadere dall'ira.
"Francamente, questi non sono affari suoi. Mi sembra che sia andata un po' oltre i limiti, non le pare?" risposi, acido. Non aspettai neanche la sua risposta; mi allontanai e sbattei la porta con un 'arrivederci'.
Al diavolo. Tempo dieci minuti, e tutti i miei vicini si sarebbero radunati alla mia porta a urlarmi contro che io e Synyster eravamo malati e che dovevamo curarci in qualche clinica per pazzi. Come se mi importasse qualcosa dei loro fottutissimi insulti. Fosse per me, quei vecchi omofobi potevano anche andare a buttarsi giù da un ponte. Anzi, ne sarei stato sollevato.
Mi sdraiai sul divano, incazzato nero. Dovevo sfogare la mia rabbia prima che arrivasse Syn, ma non avevo idea di come fare. Non ero il tipo di persona che si arrabbia facilmente, anzi, ero sempre calmo e pacifico. Certe volte, però, la gente mi faceva davvero incazzare di brutto.
Sentii bussare alla porta di casa, ma finsi di non sentire. Il bussare continuò, più violentemente. Infilai la testa sotto il cuscino, deciso a ignorare quello che probabilmente era il marito della mia vicina.
"Arin, porca puttana, non fare il coglione e vieni ad aprirmi!" sbraitò Synyster colpendo la porta. Scattai in piedi, stupito, ed andai ad aprire.
"Alla buon'ora" borbottò lui. "Come va la faccia?" domandò, sfiorandomi con un bacio. Sorrisi, contento.
"Molto meglio" risposi. "Avanti, entra" dissi, spostandomi dall'uscio e cercando la signora Hargrave con gli occhi. La porta di casa sua era chiusa, quindi tirai un sospiro di sollievo. Syn mi guardò con aria interrogativa, ma gli dissi di lasciar perdere.
"Non è niente di importante" affermai con un sorriso. Lui annuì poco convinto e si sedette sul divano, posando a terra una busta. Fui tentato dal chiedergli della sua passeggiata, ma decisi di non farlo.
"Sono andato a prendere uno smoking" disse, cercando qualcosa nelle tasche. "Ecco, guarda. Ho pure la ricevuta" esclamò orgoglioso.
"Ero tentato dal comprare un nuovo videogioco al suo posto,
ma alla fine ho scelto questo" borbottò, rigirandosi il foglietto tra le mani. "Spero di non dovermene pentire" aggiunse.
"Credi sarà così tremendo?" chiesi.
"Non saprei. Potrebbe anche essere" rispose lui, stringendosi nelle spalle. Annuii, senza mostarmi preoccupato. Raccattai la carta del mio muffin e mi avviai in camera, alla ricerca di una bella giacca. Mi sembrava di aver visto un completo da sera, un paio di giorni fa, quando cercavo una maglietta pulita grande abbastanza da farmi da pigiama, e infatti lo trovai appeso tra le felpe. Lo presi e lo stesi sul letto, uscendo poi dalla stanza.
Synyster era ancora seduto sul divano, e si torturava le mani, preoccupato.
"Andrà tutto bene" dissi con un sorriso. "Se ti annoi puoi sempre parlare con me, no?". Lui sorrise, un po' più tranquillo.
"Sì, hai ragione" ammise. "Spero di riuscire ad ambientarmi, comunque" aggiunse pensoso. Mi sedetti accanto a lui e gli sfiorai la guancia.
"Rilassati. Alla gente devi piacere per ciò che sei, non per ciò che sembri, quindi tranquillizzati e sii te stesso. Anche se non piaci, almeno avrai avuto la soddisfazione di parlare chiaro con quegli stupidi aristocratici" dissi. Lui mi guardò qualche secondo, ma poi annuì.
"Sì, hai ragione. Limiterò le parolacce e gli insulti, ma non mi fingerò qualcun altro solo per fare buona impressione" mormorò. Poi si alzò, posò lo scontrino sul tavolo e andò a farsi una doccia, lasciandomi solo sul divano. Mi aspettavo una chiacchierata un po' più lunga, quindi ci rimasi un po' stranito. Scossi la testa e mi alzai, andando a cercare una scopa. Avrei dato un pulita in giro, e poi avrei pensato a pulire anche me.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Syn uscì dalla doccia dopo dieci-quindici minuti, pronto a darmi il cambio. Abbandonai la scopa in un angolo e andai a prendere l'abito da sera, poi mi diressi verso il bagno. Appena varcai la soglia, un'ondata di vapore mi investì, facendomi indietreggiare. Aspettai che se ne andasse, e rientrai nella stanza, aprendo la finestrella. Synyster era l'unico che, con questo caldo improvviso, preferiva una doccia calda a una fredda. In effetti, questi sbalzi di temperatura erano un po' insoliti, persino per l'autunno. Scrollai le spalle, togliendomi la maglietta. Chiusi la porta e accesi la doccia, finendo di svestirmi. Il caldo lasciato dal vapore stava sparendo, e l'aria stava finalmente tornando tiepida. Entrai nella doccia, aspettando un attimo prima di posizionarmi sotto il getto gelido, poi mi bagnai per bene i capelli. Cercai lo shampoo e mi insaponai i capelli, quindi li sciacquai e ripetei l'operazione un'altra volta. Mi godetti l'acqua gelida sulla pelle per una manciata di secondi, poi sentii il campanello suonare.
"Non aprire!" gridai a Syn.
"Non avevo intenzione di farlo" borbottò lui, continuando a leggere il giornale. Scattai fuori dalla doccia e mi asciugai un po' i  capelli, poi mi legai un asciugamano attorno alla vita e uscii dal bagno.
"Wow" mormorò sottovoce Syn. "Sei anoressico" osservò. Gli lanciai un'occhiataccia, e lui si strinse nelle spalle.
"Non ti converrebbe metter su una maglietta?" domandò.
"Spero che vedendomi così quei rompipalle se ne vadano prima" spiegai avvicinandomi alla porta, che aprii con un gesto secco.
"Sì?". Come avevo pensato, erano i miei vicini.
"Signor Ilejay, dobbiamo parlarti" esordì un uomo grasso, chiamato Paul.
"La tua condotta sta rovinando la nostra reputazione" mi accusò la Hargrave.
"Dovresti pensare a quello che fai! E magari, farti controllare!" aggiunse un'altra donna.
"Sì, be', non mi interessa" tagliai corto.
"A noi sì, invece! Tu e il tuo amico siete contronatura, sbagliati! Avete qualche problema, ve lo dico io" continuò una vecchia.
"Siete la nostra vergogna! Schifosi!" mi urlò un'altra tipa, alla quale di gonfiarono le vene del collo. Ascoltai i loro insulti in silenzio, senza batter ciglio.
"Finito?" domandai quindi, con un finto sbadiglio.
"Frocio del cavolo! Spero che brucerai all'inferno!" sbraitò l'ometto grasso e pelato di fronte a me.
"Il sentimento è reciproco" disse Syn, appoggiato alla porta. Poi mi scostò e si fece avanti, avvicinandosi al ciccione.
"Vattene via, scarto umano!" gridò quello, stizzito. Syn l'ignorò e si sporse verso di lui, baciandolo sulle labbra. Poi si staccò e tornò al mio fianco.
"Ora sei come noi" disse con un sorrisetto compiaciuto. L'uomo si toccò le labbra e poi ci guardò, con uno sguardo sgomento.
"Mi avete contaminato! Brutti schifosi!" urlò paonazzo, prima di correre verso casa sua.
"Chi vuole essere il prossimo?" domandò il moro con un sorriso divertito.
"Vai al diavolo!"
"Infedele!"
"Vergognati di te stesso!" urlarono i nostri vicini, abbandonando il nostro pianerottolo.
"Tornate presto" disse Synyster salutando con la mano e facendomi rientrare in casa. Si sedette sul divano e borbottò qualcosa riguardo a quella gente, per poi voltarsi verso di me.
"Tanto per la cronaca, quel tipo non riconosce i bei baci" disse, fingendosi offeso. Poi si alzò e mi raggiunse, dandomi un pizzicotto sulla guancia.
"Dovrai essere un po' più stronzo, sei vuoi che non tornino più" mi disse, quindi tornò al suo giornale. Mi strinsi nelle spalle e tornai in bagno, dove finii di asciugarmi e mi rivestii.
"Ma come siamo carini" fu il commento di Syn appena mi vide uscire dal bagno. "Mi fai venire voglia di mangiarti" aggiunse, prendendomi le guancie tra le mani e stringendo. Cercai di dire qualcosa, ma in quel modo non riuscivo a parlare. Syn mollò la presa e sorrise divertito, poi mi baciò le labbra.
"Il tuo sapore è molto meglio di quello di quel ciccione" mormorò soddisfatto.
"Grazie?"
"Non c'è di che!" esclamò ritornando al suo posto. Sorrisi divertito.
"Faresti meglio a vestirti anche tu" lo avvertii. "È quasi ora" aggiunsi.
"Volo" ribatté allegro. Lo osservai scomparire in camera e mi sedetti sul letto, sfinito. Misi un altro po' di ghiaccio in faccia e lo aspettai, pensando a cosa dire una volta lì. Syn mi sembrava parecchio contento, quindi la sua allegria avrebbe contagiato tutti, e sarebbe stato più facile parlare. Io sarei stato timido come al solito e avrei parlato con due persone su trecentocinquanta, mentre lui sarebbe stato al centro dell'attenzione. Poco ma sicuro. Posai il ghiaccio nel congelatore e misurai la stanza a grandi passi, annoiato. 'Spero solo che, quando usciremo, quei rompicoglioni non siano di nuovo qui davanti' borbottai tra me e me.
"Come ti sembro?" esclamò Synyster, entrando nella stanza con un salto teatrale.
"Woah..." boccheggiai, guardandolo.
"Sono proprio meraviglioso, eh?" esclamò. "Chiudi quella bocca, però, o ti ci entreranno le mosche!" scherzò baciandomi la guancia. Arrossii e sorrisi, mentre lui saliva sul divano.
"E ora, alla Synyster mobile!" esclamò, alzando un dito. Poi scese dal divano, aprì la porta e corse giù per le scale. Raccattai le chiavi e lo seguii, chiudendomi la porta alle spalle. Lo trovai davanti all'auto che aspettava, battendo un piede per terra.
"La Synyster Mobile deve essere sempre pronta perché io ci salga" sottolineò. "Dovremo rivedere questo dettaglio" rimuginò, cercando qualcosa su cui appuntarlo.
"Se lasciassi l'auto sempre aperta, me la ruberebbero. Come faresti allora?" osservai, girando la chiave. Lui borbottò qualcosa di incomprensibile e decise che le cose andavano bene così. Strappò una annotazione invisibile e la gettò fuori dal finestrino, allacciandosi poi la cintura di sicurezza.
"Puoi indicarmi la strada?" chiesi, senza sapere dove andare.
"Sì, vedrò di farti questo favore" acconsentì Syn. "Okay, alla prima rotonda giri a destra, poi vai avanti per cinquecento metri, giri a sinistra e prosegui per tre chilometri" indicò. "Passati i tre chilometri, gira a destra e fermati all'Autogril, che ho fame" proseguì. Risi, senza staccare gli occhi dalla strada.
"Mangerai quando arriveremo. Non ho intenzione di portarti a un galà con lo smoking macchiato di formaggio" risposi sorridendo.
"Sì, forse hai ragione" borbottò lui. "Ora a sinistra!" esclamò. "Ecco, bravo" disse sollevato. Alzai gli occhi al cielo, e guidai fino al 'ballo'. Arrivammo a destinazione verso le otto meno cinque, senza aver trovato molto traffico. Synyster saltò giù dall'auto e si sgranchì le gambe, aspettandomi vicino a un enorme portone.
"Eccomi!" esclamai correndo verso di lui. Syn mi prese per mano e andò dal portiere, mostrando gli inviti. Quello si alzò e lo salutò educatamente.
"Signor Haner, signor Ilejay" pronunciò, abbassando il capo. Noi passammo oltre, avviandoci verso una ripida rampa di scale. Mi lasciai sfuggire un gemito, e Syn si voltò.
"Tranquillo, c'è l'ascensore!" disse ridacchiando. Quindi mi portò verso le scale e si fermò davanti a una porta lucida, accanto alla quale c'era un bottone verde, anch'esso molto pulito. Syn lo premette, e nel giro di pochi secondi l'ascensore arrivò. Le porte si aprirono silenziose, e noi entrammo. L'abitacolo era piccolo, segno che non molte feste si tenevano lì. Il pavimentino era di parquet, leggermente rigato, e le pareti bianche. Un piccolo specchio, posizionato accanto ad altri pulsanti, rifletteva le nostre immagini. Syn premette il bottone e si appoggiò alla parete, fischiettando. Le porte si schiusero un minuto dopo, e il vociare della festa ci raggiunse. Synyster premette il campanello e aspettò che venissero ad aprire, mentre mi guardavo intorno spaesato.
"Desidera?" domandò un cameriere, con voce roca.
"Sono Haner" borbottò Syn.
"Oh, signor Haner! La stavamo aspettando con ansia" disse. "Prego, entri" aggiunse, indicando il salone pieno di gente. Il suo sguardo ricadde poi su di me.
"Lei invece sarebbe..."
"Arin Ilejay" rispose Syn al posto mio. "È con me" sottolineò. Il cameriere mi fece entare, riluttante, e mi sentii improvvisamente come un pesce fuor d'acqua. Il salone era pieno di dame e signori elegantissimi, che conversavano tranquillamente. Una musica di Chopin faceva da sottofondo al vociare, che si teneva sempre abbastanza basso. Guardai Syn, e lo vidi respirare profondamente.
"Un'ora e ce ne andiamo" disse. Annuii e mi guardai intorno, cercando di riconoscere qualcuno. Cosa inutile, perché le uniche persone a me conosciute erano la coppia di ricconi che viveva alla fine della strada. Sospirai e mi addentrai nella sala, cercando qualcuno con cui parlare. Sarebbe stata una lunga, lunga serata

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Girovagai per la sala per qualche minuto, prima di arrendermi e avvicinarmi alle sedie. Notai che vicino ad esse si ereggeva un ragazzo magro, che pareva avere la mia età. Un paio di occhi grigi spuntavano da sotto una ciocca di capelli castani, che il ragazzo continuava a mettersi dietro l'orecchio. Era appoggiato al muro e non aveva l'aria di uno che si stava divertendo, quindi mi avvicinai.
"Ciao" lo salutai.
"Ciao" rispose lui, alzando lo sguardo da terra.
"Stai aspettando qualcuno?" domandai, guardando verso gli altri. Lui scosse la testa.
"Sono qui per accompagnare un amico, ma non ho niente da fare" disse, dondolandosi da un piede all'altro.
"Anch'io sono qui per fare un favore ad un amico!" esclamai con un sorriso. "Mi chiamo Arin, piacere" dissi, tendendogli la mano. Lui la strinse e la agitò energicamente.
"Eddie" si presentò. "Sono felice di aver trovato qualcuno con cui parlare" aggiunse, un po' imbarazzato.
"A chi lo dici. Questa festa è una palla" dissi con una risata.
"Vero? Troppo chic per i miei gusti. A me basta una birretta con gli amici e puf, tutto a posto" mormorò con sorriso.
"La mia serata ideale" annuii.
"Questa gente, invece... Troppo seria, altolocata" proseguì. "Mi piacerebbe vederli ad un concerto rock" aggiunse ridacchiando.
"Magari in mezzo al pogo, ad un concerto degli Slipknot" risi.
"Da moricce!". Ridemmo per un po', poi ci fermammo e ci guardammo in faccia.
"A me non dispiacerebbe vedere gli Slipknot un'altra volta" ammise lui.
"Li hai visti?!" esclamai.
"Sì, certo. Ben due volte, a essere sincero" mormorò, massaggiandosi il collo.
"Woah! Che fortuna!" esclamai.
"Una volta sono anche stato in prima fila" disse lui con una smorfia orgogliosa.
"Basta, ti odio" scherzai, spingendolo da una parte.
"Vorrei anche vedere!" ribatté lui.
"Scommetto che i Maiden però non li hai visti" dissi.
"Perché, tu sì?" domandò lui.
"Tre volte" risposi, godendomi il suo stupore.
"Tre?!" boccheggiò.
"Già. Mi piacciono da quando ero piccolo" ammisi. "Per i miei genitori erano solo rumore, ma, del resto, loro non capivano niente" aggiunsi.
"Posso dire lo stesso dei miei" disse lui. "Fosse per loro, sarei diventato un amante del pop" fece, fingendo ribrezzo.
"Avresti dovuto vederli quando mi hanno accompagnato al mio primo, vero concerto. Le canzoni erano piene di riff, urla e insulti; e il cantante cantava growl" ridacchiai. "Io insistevo per andare nel pogo, e loro stavano lì a guardarmi, pensando 'Ma questo è davvero nostro figlio?'" conclusi. Eddie scoppiò a ridere, posandomi una mano sulla spalla.
"I miei hanno fatto la stessa cosa!" esclamò. "Andai a vedere gli Eyes Set To Kill con mia madre, che si presentò con abito da sera e scarpe col tacco. Di certo non si immaginava di trovare un branco di metal-rockettari con gli anfibi, pronti ad ammazzarsi nel pogo" raccontò. Scoppiai a ridere io stavolta, e quando, mi ripresi, gli misi una mano sulla spalla.
"Andiamo a bere qualcosa, prima che ci rubino tutto" dissi indicando il tavolo col capo. Eddie annuì, scostandosi i capelli dalla faccia.
"In effetti, sto morendo di sete" ammise con un sorriso. Ci avviammo verso il tavolo e prendemmo due bicchieri, poi ci versammo un po' di champagne.
"'sta roba non supererà mai la mia birra" esclamò Eddie con una smorfia, prima di trangugiare l'alcolico.
"Sono nella tua stessa situazione" borbottai facendo girare il liquido nel bicchiere.
"Che ci vuoi fare, però. Almeno c'è qualcosa che contiene un minimo d'alcol, qui dentro" disse lui con un sospiro. "Se avessero servito solo the, mi sarei sparato"
Annuii, dando un sorso alla mia bevanda. Arricciai il naso, che mi si riempì di bollicine.
"Mf!" borbottai, starnutendo.
"Starnutisci in modo carino" osservò Eddie. "Silenziosamente"
"Sono un tipo strano" ribattei con un sorriso.
"Lo vedo! Ci manca solo che tu mi dica che hai visto gli Aiden dal vivo, prima che ti strangoli dall'invidia" scherzò lui.
"Mi spiace avvisarti, ma per loro non ho ancora un biglietto. Sono esauriti, a quanto pare" dissi con aria pensosa.
"Esauriti?! Opporca.." imprecò.
"Vorrà dire che la prossima volta ci andremo insieme!" proposi io, allegramente.
"Alla grande!" rispose lui, senza obiettare. Sorrisi, buttando giù un altro sorso di champagne. Stavo per riaprire bocca, quando qualcuno mi afferrò per il colletto e mi trascinò via.
"Torno... subito..." sussurrai a Eddie, senza fiato. Fui trascinato per altri tre metri prima di fermarmi. Mi voltai, ma l'unica persona che vidi fu Syn.
"Ehilà! Ti diverti?" domandai con un sorriso. Lui mi lanciò un'occhiataccia.
"Affatto. Chi è quello?" chiese, indicando il mio nuovo amico.
"Si chiama Eddie" risposi. "Anche lui accompagna qualcuno" aggiunsi allegro.
"Mh. Di che parlavate?"
"Musica. Ha i miei stessi gusti, sai? Ha visto gli Slipknot due volte!" esclamai. "Andremo a vedere gli Aiden insieme, appena sarà possibile" dissi con un sorriso smagliante.
"Ah no, non ci andrete" disse secco Syn.
"Perché no?" domandai demoralizzato.
"Perché no" rispose lui.
"Ma.." cominciai.
"No" ribatté, amaro.
"Dimmi almeno perché" mi impuntai.
"Perché sono geloso, ecco perché" disse, scontroso. "Non voglio che ti gironzoli attorno troppa gente. Chi mi assicura che non mi lascerai per lui?"
"Oh, andiamo, questo è ridicolo" ribattei, ferito. "Sai benissimo che ti amo con ogni fibra del mio corpo. Non ti fidi di me?"
"Ma certo che mi fido. È di quell'Eddie, che ho paura. Credi che non abbia visto come ti guardava? Che abbia ignorato come gli brillavano gli occhi mentre parlava con te? Quello ha doppi fini, ci scommetto la testa" ribatté, con sguardo torvo.
"Be', scusami tanto, ma non mi pare proprio che abbia cercato di sedurmi" dissi, snervato. "È solo un tipo che ho conosciuto venti minuti fa, Syn. Rilassati" aggiunsi, prendendogli la mano. Lui mi guardò, irritato, ma poi si calmò.
"Scusa, ho esagerato. È solo che quel tipo non mi piace" mormorò posandomi una mano sulla guancia. "Ho visto come ti guarda, e, credimi, quel modo non mi piace affatto" sottolineò, voltandosi verso di lui.
"Non ha fatto niente di male" dissi, guardandolo. Si guardava intorno con aria persa e imbarazzata, probabilmente in cerca dell'amico.
"È un bravo ragazzo. Te lo farò conoscere, così capirai tu stesso" mormorai trascinandolo verso Eddie. Lui mi seguì riluttante, senza opporre troppa resistenza.
"Eddie!" urlai, sbracciandomi. "Sono qui!".
Lui si guardò attorno spaesato per un paio di istanti, poi mi individuò.
"Ehy! Tutto bene?" domandò. "Prima sei dovuto andar via all'improvviso" aggiunse.
"Sì, be', Synyster doveva dirmi qualcosa di importante" mi giustificai. "Eddie, questo è Syn, il mio ragazzo" dissi con un sorriso. Lo sguardo del castano vacillò quando incontrò quello incazzato di Syn.
"Ciao" borbottò il moro, secco.
"Ehilà!" ribatté Eddie, porgendogli la mano. Synyster non la strinse, ma annuì, silenzioso.
"Syn!" esclamai, dandogli una gomitata nel fianco.
"Okay, okay. Ciao, sono Syn. Piacere di fare la tua conoscenza" disse, alzando gli occhi al cielo. Eddie lo guardò, ma poi sorrise.
"Il piacere è tutto mio!" esclamò.
"Non sai quanto è vero" borbottò Syn, sottovoce. Spostai lo sguardo dall'uno all'altro, mentre il silenzio calava tra noi.
"Be'... Si parlava di Aiden, giusto?" mormorai, cercando di suscitare qualche risposta. Eddie annuì, guardando Syn. Tacqui un secondo, cercando le parole per rompere quel silenzio imbarazzato.
"Io vado" borbottò il moro, liberandosi dalla mia presa.
"No! Perché?" domandai, cercando di trattenerlo.
"Ho da fare. Divertitevi" disse, scomparendo tra la folla. Guardai il punto in cui era scomparso per qualche secondo, poi sospirai e mi voltai verso Eddie. Il suo sguardo si era un po' spento, da quando gli avevo presentato Syn.
"Be', allora noi--" cominciai, venendo interrotto dal castano.
"Scusa, il mio amico mi sta chiamando. Devo proprio andare" mormorò. "Ci vediamo" mi salutò, scomparendo dalla mia vista.
Cavolo.
'Sta a vedere che aveva ragione Syn' dissi tra me e me, tendendo l'orecchio. Niente. Eddie se l'era squagliata appena aveva visto che ero impegnato, proprio come aveva previsto il moro. Scossi la testa, deluso. Ero davvero così facile da ingannare?
Mi incamminai verso il punto dove era scomparso Syn, spompato. Lo trovai che beveva un goccio di vino vicino alla finestra.
"E le cose da fare?" domandai.
"Avevo solo sete" borbottò scrollando le spalle. "Eddie?" chiese, dando un altro sorso al liquido rosso.
"Avevi ragione tu. Mi ha abbandonato con una scusa appena capito che non ero disponibile" mormorai. Lui mi guardò in silenzio, poi si avvicinò e mi abbracciò, baciandomi la testa.
"Mi dispiace" sussurrò. Scrollai le spalle, cercando di nascondere la mia delusione.
"Scusa se non ti ho dato retta" dissi.
"Hai fatto bene" annuì inaspettatamente lui. "Stavo morendo di gelosia, nel guardarvi" ammise. Sorrisi, abbracciandolo.
"Avanti, andiamo a casa" disse dolcemente, accarezzandomi il volto. "Un altro paio di bicchieri e casco ubriaco".

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Lungo la strada del ritorno, Syn fu inaspettatamente carino. Mi regalò un pezzo di dolce che aveva fregato alla festa, e continuò a parlare per un bel po' di tempo. Più che altro, mi raccontava di vecchi aneddoti e ricordi. Tutto quello che gli passava per la testa era destinato ad essere esposto, ma la cosa non faceva che rendermi più felice. Mi faceva piacere sapere cosa pensava Syn, quali erano le sue sensazioni, anche se spesso le sue erano solo storielle assurde. E poi, guidare con qualcuno che parlava sopra al motore mi faceva sentire in famiglia, anche se non ne capivo il perché.
Fermai l'auto in un largo spiazzo asfaltato, circa cinque minuti dopo che Synyster aveva smesso di parlare. Scesi dal veicolo e aprii lo sportello del moro, allungandogli la mano.
"Non sono ancora così ubriaco" borbottò lui, stringendo comunque la mia mano. Era buio, per essere in mezzo a una stazione di servizio. Le luci erano mezze fulminate, ma una scala appoggiata al muro dava l'idea che qualcuno le stesse riparando. Entrammo nel fast food e ci dirigemmo verso la cassa, con gli ordini già in mente. Dopo aver ordinato e pagato, prendemmo posto a un tavolo vicino alla finestra. Diedi un'occhiata fuori, ma era troppo scuro per vedere, quindi cominciai a osservare il locale. Era stato riverniciato di fresco, ma i colori scelti non erano esattamente meravigliosi. I tavoli erano circa sette o otto, di cui due uniti. Su ogni tavolino c'era un depliant che declamava la bontà di un nuovo panino con würstel, maionese e cipolla grossa, accompagnato da una valanga di patatine. Synyster parve leggermente attratto dal panino, anche se non disse niente al riguardo.
Ad ogni modo, il soffitto pareva cadere a pezzi, tanto era scrostato. Probabilmente quello che aveva dipinto i muri non si era preso la briga di pitturare pure là in alto. Il pavimento era piastrellato, ma i disegni formati dai piccoli quadrati non erano un granché. Onestamente, il posto lasciava un po' a desiderare, ma decisi di ignorarne i difetti. Syn mi lanciò un'occhiata preoccupata, e gli strinsi la mano. 'Speriamo che gli hamburger siano migliori di come questo posto appare' mi dissi alzando lo sguardo verso la cucina. Una cameriera alta e carina vi uscì, dirigendosi verso di noi e portando un vassoio con due panini. Ci servì con gentilezza, e ci indicò il portasalse. "Nel caso voleste qualcosa di diverso" precisò. Annuii e ringraziai, mentre lei si dileguava con un inchino. Alzai lo sguardo verso Syn, e notai che lui aveva già preso il mano il cibo, avvicinandoselo alla bocca. Seguii il suo esempio, e diedi un morso al mio cheeseburger.
"Buono" bofonchiai.
"Già" annuì il moro, con la bocca piena. "Molto meglio di quelle schifose tartine al caviale" aggiunse con aria disgustata. Risi, dandogli ragione. Quelle tartine erano ignobili; lo dicevo pure io, che di solito mangio tutto. Bevvi un sorso di Coca e continuai a mangiare, soddisfatto.
"Hai una macchia di formaggio qui" disse a un certo punto Syn, sporgendosi verso di me e togliendo col dito il formaggio dalla mia faccia. Poi si ficcò il dito in bocca e sorrise, tornando al suo panino.
Terminammo di mangiare con calma, chiacchierando del più e del meno, e ritornammo in macchina verso le undici. Mi allacciai la cintura e aspettai che Syn facesse lo stesso, poi ripartii. Guidai per una mezz'oretta, mentre il moro si godeva le stelle e il vento fra i capelli. Sorrisi e accellerai leggermente, in modo da risparmiare qualche minuto di viaggio. Arrivammo sotto il mio palazzo abbastanza tardi, quasi a mezzanotte. Scendemmo dalla macchina e ci avviammo verso casa facendo il meno rumore possibile, mano nella mano. Posai la testa sulla spalla di Syn, e lui sorrise, baciandomi la fronte. Sorrisi e mi fermai per accarezzargli il volto e baciarlo, quando qualcosa di stranamente morbido mi colpì.
"Ma che diavolo..?" sbottai, guardandomi intorno.
"Fate schifo!" disse il ciccione di prima con un urletto, tirandomi qualcosa di tondo che andò a spiaccicarsi accanto alle mie scarpe. L'uomo era paonazzo e continuava a tirarmi roba, aggiungendo qualche insulto ogni tanto. Essendo buio, potevo solo immaginare dove fosse e che cosa mi stesse tirando, ma riconobbi subito la sua voce. Feci per accendere il cellulare, ma mi accorsi di averlo lasciato in casa.
"Andatevene da questo palazzo!" urlò nuovamente l'ometto tirandomi un pomodoro, che andò a spiaccicarsi sulla schiena di Syn, che si era messo davanti a me. Il moro raccolse un resto di poltiglia rossa da terra e lo scagliò contro l'uomo, che si riparò con le mani.
"Sei tu quello che dovrebbe andarsene!" gli gridò contro Syn, incazzato. L'uomo avvampò di rabbia e si avvicinò, digrignando i denti.
"Brutti schifosi, dovreste solo chinare la testa di fronte alla vostra peccaminosa situazione e pregare Dio affinché vi curi da questa disgustosa malattia!" sbraitò il ciccione, avvicinandosi ulteriormente. Synyster ebbe uno scatto d'ira e colpì l'ometto in faccia, facendolo cadere all'indietro.
"Sei tu il malato, che non accetti gli altri come sono e cerchi di imporgli le tue sporche regole, mentre, schiavo della società come sei, non ti accorgi di ripetere quello che ti dicono gli altri di dire. Mi fai pena, anziché rabbia" sibilò. L'ometto rimase in silenzio, stizzito, in cerca di qualche insulto con cui ribattere. Non ne trovò nessuno di abbastanza 'bello', perché se ne strisciò via nell'ombra e ci lasciò in pace.
Mi voltai verso Syn, e cercai di focalizzare il suo volto. Era contratto, ma pallido come al solito. Un'espressione incazzata era dipinta su tutta la faccia, mentre il moro squadrava l'area circostante in cerca di eventuali nemici. Poi mi prese per mano e mi trascinò via, salendo velocemente le scale. Aprì la porta, mi fece entrare, e se la sbatté alle spalle, mentre un altro pomodoro ci si spiaccicava sopra.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


"Non credo di poter vivere qui" disse Syn, amaro. "Quel coglione sta ancora tirandoci i pomodori, e probabilmente domattina quei vecchiacci torneranno alla carica" borbottò, misurando la stanza a grandi passi.
"Non penso che dovresti stare in un simile ambiente" aggiunse poi, guardandomi. "Non voglio che quegli stronzi ti rovinino" bofonchiò, camminando un altro po' e poi sedendosi al mio fianco.
"E dove vorresti andare, allora?" chiesi, consapevole che i miei vicini ci avrebbero reso la vita un inferno.
"Non saprei" ammise lui, scrollando le spalle. "Qualunque posto va bene" si giustificò. Annuii, per fargli capire che la pensavo allo stesso modo.
"Comunque fra poco comincerà il tour. Non dovremmo preouccuparci troppo di loro" dissi, accennando alla porta di casa. Syn mi parve un po' più rilassato, ma comunque preoccupato. Annuì un paio di volte e deglutì, alzandosi in piedi.
"Dovrò comunque sistemare un paio di cosette, prima di andarmene" disse, guardando acidamente verso il portone. Intuii quello che voleva fare, ma la cosa non mi dava troppo fastidio. Onestamente, era anche ora che quella gente imparasse la lezione. O sbaglio?
Seguii Synyster passeggiare con lo sguardo, poi guardai l'orologio.
"È tardi..." sussurrai, soprappensiero. Syn si voltò verso di me, pensieroso. Lanciai un'altra occhiata all'orologio, poi mi sbottonai giacca e camicia, e le posai sulla sedia. Come in trance, mi slacciai le scarpe e me le sfilai, levandomi poi anche i pantaloni. Mi alzai e andai a prendere qualcosa da bere, per poi sedermi sul bordo del letto.
"Hai l'aria stanca" notò Syn, sedendosi accanto a me.
"In effetti, sono a pezzi" ammisi, imbarazzato. Lui sorrise e si avvicinò a me, baciandomi sulle labbra.
"Be', sappi che sei bello anche così" mormorò, spostandomi i capelli dalla faccia. Arrossii, facendolo ridere sotto i baffi.
"Sarà meglio che vada a cambiarmi pure io, allora" sorrise, alzandosi e avviandosi verso il bagno. Lo seguii con lo guardo, e, appena scomparve, mi portai una mano alla bocca. Avevo il sapore di Syn sulle labbra, ed era così buono.. Mi stesi sulle coperte, guardando il soffitto e fantasticando sul futuro. Come avremmo detto ai ragazzi di noi due? Sarebbe stato un segreto, o un'informazione di pubblico dominio? La gente si sarebbe incazzata o meno? Avremmo dovuto parlarne, decidere insieme, prima che il tour cominciasse. Quello era poco ma sicuro.
Quasi non mi accorsi che Syn era tornato in camera e si era sdraiato accanto a me. Lo sentii giocare coi miei capelli, e fu per questo che mi girai. Che bello che era, in quel momento. La pelle candida pareva delicatissima, quasi la si potesse rompere sfiorandola. Il volto magro era contratto in un sorriso, e gli occhi scuri avevano un'aria dolcissima, con quell'espressione. I capelli corvini, poi, erano di una brillantezza ammirevole, e probabilmente erano anche morbidissimi. Le braccia, tatuate il più possibile, erano piegate sotto la sua testa, e lasciavano intravedere i muscoli.
Guardai il petto bianco ondeggiare su e giù per un paio di secondi, prima di avvicinarmici. Posai una mano sul cuore di Syn e poi mi ci rannicchiai accanto, la testa posata sulla sua spalla. Lui sorrise e mi baciò dolcemente la fronte.
"Non mi importa quello che pensano quei cretini là fuori. Sono davvero contento di star qui con te" sussurrò, baciandomi la mano e stringendomela. Sorrisi, stringendolo a me. Com'era bello poterlo finalmente abbracciare, dopo tanti casini. Quando l'energumeno mi aveva picchiato, quella stessa mattina, non avrei sperato in un avvenimento del genere. Anzi. L'unica cosa a cui pensavo era che sarei finito all'ospedale per chissà quanto tempo, senza la possibilità di svegliarmi abbracciato alla persona che amavo e, chissà, forse lui non sarebbe neanche venuto a farmi visita. Scossi la testa, baciando il petto di Syn. No. Anche se fosse accaduto il finimondo, lui sarebbe venuto ad accertarsi che stessi bene. Non riuscivo ad immaginare altrimenti.
"Non mi lasciare" sussurrai, stringendo gli occhi. "Non mi lasciare mai più".

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Passammo la notte abbracciati, respirando ognuno l'odore dell'altro. Era la prima notte che passavamo insieme, da fidanzati. Mi sembrava ancora un po' strano dirlo, ma strano in senso positivo. Mi faceva sorridere, ecco. Dopo tutte le paranoie e le seghe mentali che mi ero fatto, poter baciare Syn quando mi pareva era meraviglioso. Anche se, in effetti, era più Synyster quello che ne approfittava. Diciamo che io ero troppo timido per farlo, e che mi sembrava di essere assillante, ad abbracciarlo continuamente. Syn non si faceva tutti 'sti problemi, e, quando gli girava, mi stringeva e mi baciava su tutta la faccia, incurante degli sguardi degli altri. 'Sono solo gelosi, perché io posso farlo e loro no' scherzava lui tirando fuori la lingua, mentre la gente ci guardava furtivamente. La cosa mi faceva sorridere. Mi piaceva pensare di essere di sua proprietà, perché era come se dicessi che, di conseguenza, lui era mio e solo mio; che era ciò che avevo, appunto, sperato per giorni e giorni. Sorrisi, voltandomi verso Syn. Sapevo che era sveglio, quindi rimasi in attesa. Lui aprì li occhi e mi sorrise, rimanendo in silenzio.
"Buongiorno" mormorai. Lui bofonchiò qualcosa, richiuse gli occhi e mi tirò a se.
"'Giorno, meraviglia" sussurrò mezzo addormentato, baciandomi la spalla. "Quali sono i programmi per oggi?" domandò sbadigliando. Posai la testa sul suo petto ed esitai un attimo.
"Potremmo andare a fare un giro fuori città.." proposi. "Oppure organizziamo una cosa con Zacky e gli altri". Syn annuì, senza scegliere.
"Forse sarebbe meglio chiamare i ragazzi e fare qualcosa tutti insieme" constatai. "Non vedo Johnny da una vita" aggiunsi.
"Johnny è in vacanza, tesoro" mormorò Syn, sempre con gli occhi chiusi. "Non lo troverai manco se lo cerchi sotto un sasso. Sarà lontano anni luce da qui, ci scommetto la testa" concluse. Annuii un paio di volte, immaginandomi il bassista spaparanzato su una sdraio in qualche bella spiaggia isolata, in compagnia di un cocktail e qualche amico. Se la stava sicuramente spassando.
"Provo a chiamare Matt?" proposi.
"Mmh.. Mi pare andasse fuori città per il week-end, sai" mormorò Syn.
"Oh. E Zacky, allora?"
"Sta con una certa Tyler al mare, giù in California. Gli andava di fare il turista" rispose, mettendosi le mani sulla faccia.
"Non mi dire che siamo gli unici a stare ancora in città!" dissi, sgomento. Lui rise, come a confermare la mia ipotesi. Mi sbattei una mano sul volto, poi mi tirai a sedere. 'Dove posso portarlo affinché non si annoi?' mi chiesi, mordendomi il labbro. Idee, saltatemi addosso.
"Andiamo a vedere che aria tira giù al lago?" propose il moro. "Un po' di isolamento non fa mai male" aggiunse. Scrollai le spalle e dissi che per me andava bene. Lui annuì e si tolse le mani dal volto, sbadigliando. Scesi dal letto e preparai due caffè, portandone uno a Syn.
"Come lo vuoi?" domandai.
"Come il tuo". Annuii e gli passai il caffè. Lui ne buttò giù un sorso e si tirò a sedere, gemendo.
"Ma come diavolo lo bevi, tu?!" domandò con una smorfia disgustata.
"Come capita. Questo è nero" mormorai, bevendone un sorso. Lui mi guardò esterrefatto, poi poggiò la tazza sul comodino e si risdraiò.
"Non sono pronto a simili cose di prima mattina" bofonchiò, affondando la faccia nel cuscino.
"D'accordo, d'accordo, ti ci metto il latte" acconsentii, fingendo un tono esasperato. Raccattai la tazza e mi diressi verso la cucina, dove presi del latte e lo versai nella tazza. Poi tirai fuori lo zucchero e ce ne misi qualche cucchiaino, tanto per addolcirlo ulteriormente. Tornai quindi da Syn e gli porsi il suo caffè.
"Ecco a lei, signor Gates. Ci ho messo il latte, come mi aveva chiesto. Va bene, ora?" scherzai.
"Peggio di prima non può essere" borbottò lui, buttandone giù un sorso. Scossi la testa e tornai al mio caffè, che avevo lasciato sul davanzale.
"Andiamo a pescare, al lago?" domandai, appoggiandomi al muro.
"Potrebbe essere un'idea" annuì Syn, a cui la cosa non sarebbe dispiaciuta affatto. "Sai pescare?"
"Sono più il tipo che si lancerebbe nel lago con un'arpione per acchiappare un pesce, piuttosto che uno che usa la canna, ma sì, so pescare" risposi dando un sorso alla bevanda. Syn ridacchiò, aggiungendo che se ci avessi provato, avrei spaventato tutti i pesci, lasciandolo senza vittime.
"Vuol dire che mi limiterò ai metodi classici" borbottai, pensoso. "Quanto conti di stare lì?"
"Una settimana, forse"
"D'accordo" annuii. "Dovremo controllare le previsioni del tempo" dissi tra me e me, conscio che sarei stato io a doverlo fare. Syn si limitò a bere un altro sorso di caffè, rigirandosi poi la tazza vuota tra le mani.
"Da' qua" mormorai, indicandola con la testa. Syn me la passò, e andai a posarla nel lavello. Aprii l'acqua e, dopo averla sciacquata, misi la tazza a posto. Feci per asciugarmi le mani sulla maglietta, ma poi mi accorsi di aver dormito solo in mutande. Aggrottai la fronte e andai ad asciugarmi le mani sulla faccia addormentata di Syn, che protestò, non troppo animatamente. Mi avviai quindi verso camera mia, e misi su un paio di jeans puliti, prendendo poi la maglietta più vicina a me. La infilai e andai in bagno a sciacquarmi la faccia. Mi guardai allo specchio e mi portai una mano al viso, constatando che non si era gonfiato quasi per niente. Faceva male, però. Spostai la mano e ritornai in salotto, dove Syn girava senza maglietta lamentandosi per il caldo.
"Prima prepari le valige, prima si parte verso il fresco" dissi sedendomi sul letto. Lo guardai raccattare la sua roba per un po', poi tornai in camera a fare la mia, di valigia. Ci ficcai dentro delle magliette e dei pantaloni, poi cercai una felpa. Misi dentro pure quella, poi mi alzai e presi calzini e mutande dal cassetto; quindi richiusi la valigia e tornai di là. Synyster era ancora all'inizio, quindi agguantai le chiavi e mi infilai le scarpe.
"Torno subito" esclamai chiudendomi la porta alle spalle. Corsi giù dalle scale e uscii dal palazzo, dirigendomi verso la fontana del paese. Syn ci avrebbe messo un'eternità, quindi tanto valeva trovarsi qualcosa da fare. Camminai osservando i negozi attorno a me, ma senza davvero fare attenzione a ciò che vendevano. Arrivai alla fontana in una decina di minuti, senza aver incontrato troppa gente. Mi sedetti sul bordo, chiudendo gli occhi e godendomi il vento fresco che arrivava da nord. Rimasi immobile qualche minuto, poi aprii gli occhi. Non c'era quasi nessuno nella piazza, neanche i vucumprà che, di solito, affollavano l'area. In effetti, erano pochi gli scemi che rimanevano in città a fine estate, quando, invece, c'erano le gare per accaparrarsi gli ultimi raggi di sole nelle spiagge. Misi una mano nell'acqua della fontana e la mossi un po', prima di schizzarmi la faccia. Si stava bene, è vero, ma un po' di fresco extra non mi faceva certo schifo. Diedi un'occhiata all'orologio e mi alzai, avviandomi verso casa. A circa metà strada, mi fermai in un bar, dove comprai due cornetti e un paio di panini, che avremmo mangiato durante il viaggio. Arrivai a casa verso le dieci e mezza, aspettandomi di trovare Syn che armeggiava con la lampo della valigia; ma, invece, notai che aveva già finito.
"Ti ho preso la colazione" esclamai, porgendogli un cornetto ripieno di cioccolata.
"Grazie" sorrise lui, addentandolo.
"Quando conti di partire?" domandai, quando ebbe finito di mangiare.
"Non saprei. Anche subito" disse scrollando le spalle. Annuii, prima di aggiungere che sarebbe stato meglio partire col fresco. Syn stette in silenzio per alcuni secondi, poi fece un cenno verso la porta.
"Hai incontrato qualcuno?"
Scossi la testa. Fortunatamente, tutti parevano dormire profondamente. Syn annuì, poi si alzò in piedi.
"Avanti, partiamo" annunciò, prendendo la valigia e avviandosi verso la porta.
"D'accordo" mormorai, andando in camera a prendere la mia. Scendemmo le scale senza fare troppo casino, e notammo che le tracce di pomodoro erano sparite.
"Evidentemente quel tipo si vergognava del suo atteggiamento cretino" borbottò Synyster passando oltre. Ne dubitavo abbastanza, in quanto nel palazzo erano semplicemente tutti fissati con l'ordine, ma evitai di dirlo a Syn. Sistemammo le valige nel bagagliaio e poi salimmo in macchina, abbassando i finestrini.
"Hai preso tutto?" domandai.
"Credo di sì"
"Le chiavi dello chalet?"
"Sono qui" annuì, mostrandomele.
"Allora si va" annunciai, avviando il motore.
Ero stato nella casa al lago di Syn un paio di altre volte, prima di allora, quindi conoscevo la strada. In realtà, lo chalet non era solo di Syn, ma di tutta la famiglia Haner. Comunque, in quella stagione, i genitori di Syn erano al mare, quindi la casa era tutta nostra. Il che era un bene, perché sarebbe stato difficile spiegare al padre di Syn che stavamo insieme e che eravamo lì per passare qualche giorno da soli. Avevo visto i genitori di Syn solo un paio di volte, ma non mi erano sembrati molto permissivi nei confronti del figlio. No, non permissivi, non è la parola giusta. Mi sembravano un po' all'antica, ecco. Anche se, in effetti, la cosa non era possibile, visto che il signor Haner era un musicista come noi; ed essere musicista implicava sempre avere una mentalità piuttosto aperta. In realtà, non avevo visto i signori Haner così tante volte da avere un'opinione precisa su di loro, quindi mi limitavo a non pensare troppo a loro. Non ci sarebbero neanche stati, quindi non avrei neanche dovuto preoccuparmi di loro.
Sorrisi, scacciando il loro ricordo dalla testa. Ora dovevo concentrarmi nel guidare, o avrei sicuramente finito col sbagliare strada, portandoci chissà dove. No, non era decisamente il momento di distrarsi; cosa che, invece, mi veniva naturale. Accellerai, dirigendomi verso l'autostrada. Due ore di viaggio non ce le avrebbe tolte nessuno.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Durante il tragitto, guidai sempre io. Synyster cadde addormentato dopo quaranta minuti circa, lasciandomi solo con me stesso. Cercavo di tenermi concentrato sulla strada per evitare di venir sommerso di pensieri come mio solito, anche perché la cosa mi stancava notevolmente, in tutti e due i sensi. Chissà se Syn si accorgeva di tutti i casini che creava nella mia testa, anche solo guardandomi o dicendomi la più sciocca delle cose. A volte, mi fermavo a guardarlo mentre dormiva e cercavo di indovinare i suoi pensieri, anche se non ci riuscivo mai. Syn era come una bambola per me; vedevo solo quello che voleva che vedessi. Per questo mi piaceva così tanto osservarlo dormire: era come se ogni volta scoprissi una nuova parte di lui, più fragile e timorosa, che veniva sempre nascosta da quella sua aria spavalda e sicura. Non gli piaceva farsi vedere debole, quindi indossava una maschera e recitava la parte dell'uomo grande e grosso che non ha mai paura di niente. Il risultato era soddisfacente, in quanto tutti lo credevano una specie di Ercole dei tempi nostri. Io avevo avuto qualche dubbio al riguardo solo perché ci ero passato anch'io, perché anche io avevo avuto paura di non essere all'altezza di quello che mi chiedeva la società. Avevo avuto paura, e mi ero nascosto dietro una maschera di carne, che mi assicurava tranquillità e pace anche quando dentro stavo impazzendo. Non ero durato a lungo, però. Tutti i miei amici volevano bene all'altro me, un alter ego creato apposta per loro, e non c'era nessuno che mi conoscesse e apprezzasse per quello che ero realmente. Un giorno mi ero svegliato e avevo capito che quello che loro amavano non ero io, ma un'altra persona, e avevo deciso di cambiare. Ecco tutto. Synyster però non era ancora a quei livelli, per niente. Lui era se stesso, anche se un po' più spavaldamente, e lui in prima persona lo sapeva. Che motivo avevo quindi di preoccuparmi?
Dopo i primi dieci minuti di silenzio, cominciai a esser stufo di guidare, ma soprattutto a essere stufo della quiete. Accesi la radio, tenendola a volume basso, ma niente di quello che c'era mi attirava particolarmente. Spensi l'aggeggio e pescai un cd dal portadischi. Alzai velocemente lo sguardo per vedere cos'era, e scorsi il titolo 'Iowa'. Ripensai a Eddie e feci una smorfia, infilando poi il cd nel lettore. Saltai direttamente a People = Shit, in quanto era la canzone che più descrivesse le mie ultime sensazioni. Quando le prime note invasero l'auto, mi sentii invadere da un senso di soddisfazione indescrivibile. I miei vicini, Eddie, Cassidy... La gente era davvero merda. Non tutta quanta, certo, ma la maggior parte sì. Del resto, in che altro modo puoi chiamare chi picchia la moglie, abbandona un animale o uccide un'altra persona? Feccia della peggior specie.
Mi abbandonai alla canzone e fusi la mia rabbia con la musica, stringendo il più possibile le mani attorno al volante. Quel brano liberava sempre tutta la mia negatività, ed era perfetto per quando ce l'avevo con qualcuno o qualcosa. Lasciavo che gli altri cantassero quello che provavo io, e così facendo mi sfogavo senza combinare casini. D'altra parte, non avevo mai voglia di sentirmi urlare contro per qualcosa che avevo combinato, quindi mi sfogavo sempre in qualche modo tranquillo. Non che gli Slipknot fossero poi così tranquilli, comunque. Semplicemente, era meglio se i casini li combinavano loro, al posto mio. Non riuscivo a tollerare la gente che mi urlava contro, qualunque fosse il motivo della loro rabbia. Per questo mi comportavo bene e non facevo troppe stronzate. Mi dava fastidio sentirmi urlare addosso, proprio come mi dava fastidio chi alzava la voce contro gli altri. È assolutamente inutile, l'unica cosa che ottieni è far incazzare anche l'altro. Però per certe persone è una cosa irrinunciabile, che fa funzionare tutto. Francamente, a chiunque passa la voglia di fare le cose, se esse gli vengono sbraitate contro. O almeno così l'ho sempre pensata.
Avevo superato da poco la metà strada, quando cominciai a intravedere della coda. Mi battei una mano sul volto, lasciandomi sfuggire un 'ci mancava solo questa!'. Probabilmente c'era stato un incidente o un tamponamento, e le cose si sarebbero tirate per le lunghe. Abbassai il finestrino, cercando con gli occhi un cartello o un qualcosa che avrebbe potuto spiegarmi qualcosa di più, ma non trovai niente. Richiusi il finestrino fino a metà, sospirando. Avevo una gran voglia di parlare, ma non volevo svegliare Syn. Diedi un'altra occhiata fuori dall'auto, e notai che c'era un tipo che fumava nella vettura accanto alla mia.
"Ehy, scusa!" scattai, abbassando il finestrino. "Sai cos'è successo?"
"Probabilmente un incidente" rispose quello, tirando una boccata dalla sigaretta. "Ho la radio accesa, appena dicono qualcosa ti avverto" annuì, liberando il fumo. Ringraziai e cominciai a picchiettare le dita sul cruscotto, annoiato. Il tipo non sembrava aver molta voglia di conversare, infatti finì la sua sigaretta in silenzio e richiuse il finestrino velocemente, come a dire 'non provare neanche ad attaccare bottone'. Sospirai e accesi la radio, cercando di carpire qualche notizia riguardante la situazione, ma non ci fu neanche un accenno al riguardo. Spensi l'attrezzo, sconsolato, e appoggiai la faccia sul volante. Sarebbe stato un lungo, lungo viaggio.


Arrivammo a destinazione due ore dopo. La coda era durata una decina di chilometri a causa di lavori in corso non segnalati, e la cosa aveva irritato parecchi automobilisti, che erano scesi dalle macchine per protestare. Io, sinceramente, ero troppo sollevato che la coda fosse finita per andare lì e incazzarmi con dei poveri operai, quindi andai oltre. Per il resto del tempo, il viaggio fu abbastanza piacevole. L'asfalto era nuovo e si sfrecciava che era una meraviglia, anche se il limite di velocità era piuttosto basso. Quando poi era arrivata la strada sterrata, la macchina si era comportata bene, e sulla strada non c'erano stati neanche tanti sassi. Non avevo sofferto le curve, ed ero riuscito a trovare lo chalet senza troppi problemi. Tutto sommato, ero fiero di me. Scesi dall'auto e respirai l'aria fresca per qualche secondo, poi tornai indietro e aprii la portiera di Syn. Gli slacciai la cintura e gli sfilai le chiavi dalle mani, quindi aprii casa e portai i bagagli su in camera. Tornando giù, aprii le finestre e feci scorrere un po' l'acqua, per scacciare il gusto di vecchio. Una volta al piano terra, diedi un'occhiata a Syn e constatai che dormiva ancora. Raccattai quindi una scopa e diedi una pulita all'appartamento, in modo da non farci venire un'attacco allergico durante i primi dieci minuti di soggiorno. Dopo aver spazzato, posai i panini sul tavolo e misi delle bibite in frigo, che avevo acceso pochi minuti prima. Andai quindi da Syn e lo guardai qualche secondo. Mi chiedevo se avrei dovuto svegliarlo o lasciarlo dormire un altro po'. In fondo, era così carino e pacioso che mi sembrava un peccato portarlo via dal mondo dei sogni. Sorrisi, colto dall'impulso di abbracciarlo e stritolarlo. Decisi che, se si fosse svegliato, non sarebbe stata la fine del mondo, quindi mi avvicinai e gli sfiorai le labbra con un bacio. Lui mi accarezzò la guancia e contraccambiò il bacio, lentamente.
"Eri già sveglio?" domandai sottovoce.
"Da pochi secondi" mormorò lui, baciandomi nuovamente. "Perché non mi hai svegliato?" chiese.
"Sembravi così carino e contento che mi sembrava uno spreco" sorrisi. Lui fece una smorfia allegra e mi levò la mano dal viso. Mi spostai, in modo da lasciargli spazio per scendere, e mi avviai lentamente verso lo chalet.
"Vieni, ho messo da bere in fresco" esclamai con un sorriso. Lui sbadigliò, seguendomi. Lasciai la porta aperta alle mie spalle, e presi due lattine di birra dal frigo, di cui una, la più fresca, destinata a Syn. Le posai sul tavolo, accanto ai panini, e mi girai verso il moro.
"Hai fame?" domandai, indicando il cibo con la testa. Lui annuì e si sedette davanti alla sua birra.
"Sto morendo" mormorò afferrando un panino. Sorrisi, agguantando quello rimasto e scartandolo. Mangiammo velocemente e andammo a berci le birre in giardino, spaparanzati su una vecchia sdraio posta all'ombra di un albero. Annunciai a Syn che avevo portato i bagagli nella camera al secondo piano, e che avevo dato una ripulita veloce al piano terra, mentre lui borbottava un qualcosa riguardo me e la mia efficienza nelle pulizie. Finii la mia birra con calma e aspettai che anche Syn finisse la sua, in modo da buttarle insieme. Poi mi risedetti accanto a lui e gli domandai che cosa avremmo fatto nel pomeriggio. Lui rimase in silenzio per un po', a raccattare le idee e sceglierne la migliore.
"Potremmo andare direttamente al lago" mormorò. "Oppure potremmo fare un'escursione su per la montagna". Feci una smorfia e decisi che il lago andava più che bene.
"L'escursione facciamola un'altra volta. Ho guidato un sacco, e voglio rilassarmi" spiegai. Il moro non fece obiezioni, e rimase sdraiato un altro po'. Alla fine si alzò e andò a cercare delle canne da pesca e dei secchi.
"Dovremo andare a comprare le esche" aggiunse. "o non prenderemo niente". Mise l'occorrente nel bagagliaio e lo chiuse con forza, poi si sedette al posto di guida, allacciandosi la cintura. Lo guardai accigliato, e lui rispose che avevo guidato fin troppo e che ora era il suo turno. Mi sedetti accanto a lui con un 'come ti pare' e aprii il finestrino. Il moro fece retromarcia e si avviò quindi verso il paese, che sorgeva trecento-quattrocento metri più in basso.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Il paese era un classico paesino medievale, di quelli con il castello, la fontana nella piazza principale, e tutto il resto. Era piuttosto carino, anche se non ci avrei mai abitato. Preferivo i posti affollati, in cui puoi passare inosservato con facilità e in cui non ti sparlano dietro per ogni minima idiozia, come invece accade in tutti i piccoli paesi dimenticati da Dio. In un certo senso, però, la cosa era comprensibile. Che altro avevano da fare, quei poveracci, se non notare ogni piccola cosa? Mi facevano abbastanza pena.
Syn parcheggiò in una via larga, accanto a un Suv giallo. 'Strano colore per un Suv' pensai, entrando nel negozio. Sentii Syn salutare, quindi feci la stessa cosa. Il negoziante rispose con un cenno del capo, e poi si dedicò completamente a Syn, dimenticandosi della mia esistenza. Approfittando della sua distrazione, mi misi a osservare bene il negozio. Era abbastanza piccolo, ma molto arioso e ben illuminato. Gli scaffali traboccavano di roba di ogni tipo, dalle esche alle tagliole, e dal soffitto pendeva una rete da pesca gigante. Sul muro accanto alla cassa, poi, c'era un lungo articolo di giornale, che probabilmente parlava del negozio o del proprietario. Sulla porta era attaccato un sonaglio a forma di pesce, dall'aria molto simpatica. Stavo fissando quel pesce, quando sentii Syn salutare il commesso. Salutai anch'io e risalii in macchina, mentre Syn mi passava le borse.
"Bel posto, eh?" osservò. "Ci vado da quando ero piccolo. Il proprietario mi ha visto crescere, ormai" sorrise. Annuii e strinsi le borse 'della spesa'. Mi sarebbe piaciuto vedere com'era Syn da piccolo. Doveva essere stato sicuramente molto carino.
"Siamo arrivati" annunciò lui, dieci minuti dopo. Scivolai fuori dall'auto e mi avvicinai al lago, che era di un verde più vivo che mai.
"Wow!" esclamai. "È bellissimo!". Syn annuì, raggiungendomi con canne e secchi.
"Sono le alghe a farlo sembrare così" mi spiegò il moro. "Sono di un verde fantastico. Se ne pesco una, te la faccio vedere" aggiunse. Sorrisi e mi avvicinai al pontile, sedendomi. Guardai la distesa d'acqua per un po', poi mi voltai verso Syn e presi una canna. Lui si sedette accanto a me e mi mostrò come si infilava l'esca nell'amo, poi fece un primo tiro. Non abboccò niente, sfortunatamente. Con una smorfia, Syn si alzò e sistemò la sua canna. Tirò quindi l'amo lontano, e aspettò qualche decina di secondi. Ripeté l'operazione un paio di altre volte, prima di cambiare posto. Guardai nell'acqua alla ricerca di qualche pesce, ma non vidi molto. Qualche movimento di pinne, e tutte le bestie scomparivano. Aggrottai la fronte e feci un altro tiro, imperterrito.


Synyster's POV:
Dannazione, non abboccavano mica, i pesci! Avrò tirato l'amo una cinquantina di volte, senza mai ottenere successo. Cominciavo a dubitare seriamente della mia bravura. 'Nah, sarà che ci sono pochi pesci' mi dissi, lanciando nuovamente l'amo. Morivo dalla volta di acchiappare qualcosa, ma non vedevo neanche l'ombra di un animale, giù nel lago. Imprecai, spostandomi più a sinistra. Più che altro, ci stavo facendo una figura tremenda agli occhi di Arin. Dopo aver detto che pescavo da quando ero piccolo, non potevo tornare a casa senza un singolo bestio. Continuai a lanciare l'amo per un paio di minuti, poi mi voltai verso il ragazzo. Tirava sassi nel lago, aumentando la grandezza delle pietre sempre di più. Sorrisi, rivedendo me da bambino che giocavo sul pontile. Tornai al mio 'lavoro' con un sospiro, mentre il suono sordo dei sassi aumentava di volume. Dava tranquillità, dopotutto.
Mi concentrai sulla pesca, dimenticando tutto il resto per una decina di minuti. Ad un certo punto, sentii finalmente abboccare. Cominciai a tirare, puntando i piedi e girando il mulinello. 'Tira forte, il maledetto!' imprecai tra me e me.
"Daaaiii!" esclamai, tirando con molta più forza. Il pesce sembrò stupito della mia mossa, e fu costretto a fare molta più resistenza. Era troppo tardi, comunque. Dopo un paio di altri secondi di sforzi, tirai fuori la mia vittima.
"Uoh!" esclamò la figura davanti a me. "Tiri forte!"
....Arin?
Lui scoppiò a ridere, togliendosi i capelli dalla faccia.
"Non ho resistito, scusa!" rise. Lo guardai strano per un paio di secondi, poi scoppiai a ridere.
"Tu sei tutto matto!" esclamai.
"E anche vestito!" aggiunse lui, abbandonando la presa. "Non hai idea di come pesino questi jeans" borbottò divertito. Posai la canna accanto a me, scuotendo la testa. "Almeno l'acqua è calda" gorgogliò, prendendone un po' in bocca e poi sputandomela addosso. "Senti?" domandò con una smorfia. Lo schizzai con una mano, allontanandolo.
"Ma va via, va'! Anzi, ancora meglio, mandami un po' di pesci da questa parte!" esclamai, indicando l'altra parte del lago col capo. Arin fece il saluto militare e si dileguò con un 'signorsì, signore!". Scossi la testa, guardandolo nuotare. Quello era tutto matto, date retta a me. Tutto matto. Eppure mi piaceva, quel suo essere così spensierato, imprevedibile. Lo rendeva molto più interessante di Cassidy, e ti faceva sorridere, soprattutto. Sorrisi, infatti, e lo osservai far casino dall'altra parte dello specchio d'acqua. Aveva preso il suo compito davvero sul serio, a quanto pareva. Risi, mentre il ragazzo si immergeva alla ricerca di vittime. Aveva un'aria così contenta e rilassata che non potevi non sentirti calmo a tua volta. Aspettai qualche altro minuto, poi mi alzai e lanciai l'amo. Ancora niente.
"Fa' un po' più di casino, Arin!" urlai, avvicinandomi una mano alla bocca. Lui alzò il pollice e si immerse, nuotando un po' in giro.
"Non ci sono pesci, Syn!" gridò di rimando. "O almeno, non ne vedo nessuno!" aggiunse. Annuii e gli feci cenno di tornare accanto a me. Lui diede un'ultima occhiata sott'acqua e si avviò verso il pontile, prendendosela comoda. Quando arrivò, gli allungai una mano per issarsi fuori dal lago. Per tutta risposta, lui mi tirò giù accanto a se, aspettando che risalissi a galla per baciarmi.
"Ma che diavolo...?" Cominciai.
"Volevo assaggiarti anche in questa circostanza" disse lui, alzando le spalle. Sorrisi dolcemente e lo strinsi a me, per poi trascinarlo sott'acqua.
"Ma che..!" boccheggiò lui, emergendo freneticamente.
"Era la mia piccola vendetta" spiegai. "Anche se il bacio mi è piaciuto" aggiunsi con una smorfia allegra. Lui mi schizzò, avvicinandosi poi alla riva. "Be'?" domandai. "Mi lasci qui così?"
"Hai ragione" disse lui, fermandosi. Tirò fuori la lingua e fece una smorfia, poi uscì dall'acqua. Scoppiai a ridere mio malgrado, e seguii il suo esempio. Mi strizzai l'acqua fuori dai capelli e feci lo stesso con la maglietta, mentre Arin si occupava dei suoi pantaloni. Un venticello fresco si alzò, facendoci rabbrividire. Raccattai velocemente la nostra roba ed entrai in auto, allacciandomi la cintura. Aspettai che il ventenne facesse lo stesso e poi misi in moto, guidando verso casa. Lui mi guardò e scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con la mano.
"Che c'è da ridere, ora?" borbottai divertito. "Non mi sembra che tu sia messo meglio di me" aggiunsi indicandolo.
"No di certo!" acconsentì lui, trattenendo le risate.
"Lo dicevo io, che sei mezzo pazzo" mormorai alzando gli occhi al cielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Synyster's POV:
Dopo cinque minuti circa, arrivammo allo chalet. Parcheggiai l'auto alla bell'e meglio e aprii casa, mentre Arin mi guardava tremante. Avendola lasciata chiusa, la villetta era abbastanza tiepida. Sorrisi, sollevato.
"Vado a farmi una doccia" mormorò il mio amico, avviandosi su per le scale e sfregandosi le mani. Mi levai la maglietta, lasciandola ad asciugare sulla finestra. Una doccia. Mica male, come idea.

Arin's POV:
Devo ammettere che tuffarmi nel lago non rientrava nei miei piani. Avevo pensato di far qualcosa per rompere la noia, è vero, ma... Diciamo che non ci avevo neanche pensato, prima di farlo. Tuttavia, una volta uscito, non mi aspettavo di trovare vento. A quel punto, mi era dispiaciuto aver trascinato Syn giù con me. Sperai vivamente che non prendesse il raffreddore, e mi fiondai su per le scale. Agguantai dei vestiti e un asciugamano ed entrai in bagno, veloce. Posai il tutto su una mensola e accesi l'acqua, tremando leggermente. Lasciai i miei vestiti zuppi a scolare nel lavandino, ed entrai nella doccia. Lasciai che l'acqua scaldasse il mio corpo, poi cominciai a  levarmi i pezzi di alga dai capelli. Avevo appena finito, quando lo sportello si aprì.
"Ehilà. C'è spazio per due?" domandò Syn, entrando e posizionandosi accanto a me. Mi attaccai al muro, lasciandogli prendere il getto d'acqua calda, e lo guardai. Piccole goccioline correvano lungo il suo volto e il suo petto muscoloso, scivolando verso il basso. Arrossii e deglutii, senza abbassare lo sguardo. Syn fece una smorfia compiaciuta e mi tirò a se, facendomi scivolare sotto il getto bollente.
"Ciao, tesoro" sussurrò. "Sei tanto bello, lo sai?". Arrossii ancora di più, mentre il moro mi baciava la bocca. "Sei bello. Dannatamente bello" continuò. "Non sai come ti voglio, ora" mormorò, baciandomi sul collo. Mi lasciai sfuggire un gemito di piacere, e Syn non se lo perse. Cominciò a baciarmi in faccia, accarezzandomi il petto e scendendo pian piano verso il basso. "Faccio tutto io" sussurrò con voce provocante, mentre riprendeva a baciarmi. Schiusi le labbra, lasciando entrare la sua lingua nella mia bocca. Ci baciammo per una decina di secondi, poi Syn cominciò a leccarmi il petto, accarezzandomelo con gesti circolari. Risalì quindi verso il mio collo, baciandomelo in più punti e lasciando che la sua mano scendesse ancora. Una volta raggiunto il mio pene, cominciò a strattonarmelo e a leccarmi la faccia, socchiudendo gli occhi. Chiusi i miei e mi lasciai sbattere contro il muro, ansimando. Baciai il moro più volte, facendo scorrere le mie mani lungo il suo petto. Presi la sua mano e la posai sulla mia spalla, spostando poi le mie lungo i suoi fianchi. Mi abbassai e cominciai a leccargli il petto, alternando anche qualche bacio. Feci scivolare le mie mani vicino alla sua 'bestia' e lo presi tra le mani, tirandolo verso me. Continuai a strattonare, baciando il moro con foga. Lo sentii ansimare e continuai, leccandogli la guancia. Lui mi prese il volto tra le mani e mi baciò, venendomi sulla mano.
"Sei così bello" sussurrò, baciandomi ancora. Chiuse l'acqua e aprì l'anta della doccia con un fianco, leccandomi la mano e stringendomi a se. Poi mi trascinò via di peso, continuando a baciarmi. Uscimmo dal bagno attaccati l'uno all'altro, la sua mano che correva lungo la mia schiena e la mia che stringeva il suo viso al mio. Il moro mi leccò la faccia, buttandomi sul letto e scivolandomi sopra. Gli leccai il petto, mordicchiandoglielo. Lui accellerò leggermente il respiro e sentii che l'eccitazione lo si era ormai impossessata di lui.
"Voltati" sussurrò ansimando. Non me lo feci dire due volte e mi girai,  mentre le mani del moro mi stringevano i polsi, attaccandomeli al letto. Sentii la sua lingua lungo la schiena, più volte, e poi un dolore lancinante, giù, in basso. Ansimai, lasciandomi sfuggire un gemito. Syn mi baciò il collo, respirando velocemente e gemendo soddisfatto. Mi sentii improvvisamente invadere dal piacere, mentre il moro stringeva la presa sui miei polsi.
"Più giù" ansimai. "Fallo entrare tutto" sussurrai, stringendo i pugni. Per un attimo mi mancò il respiro, mentre Syn si andava su e giù per la mia schiena. Dolore e piacere. Un mix perfetto. Lanciai un gemito e Synyster mi baciò la base del collo, alzandosi e abbassandosi per l'ultima volta. Voltai la testa e baciai il braccio del moro, che si era ormai sdraiato accanto a me, sfinito.
"Ti... Amo..." sussurrò, senza respiro.
"Ti amo anch'io" mormorai, stringendogli la mano.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Fui il primo ad alzarsi, il giorno dopo. Scivolai velocemente fuori dal letto, senza far rumore, e uscii dalla camera, diretto verso il bagno. Dal soppalco in cui ci trovavamo, riuscivo a vedere tutto quello che si avvicinava alla casa, e questo fu esattamente ciò che accadde quella mattina. Tornai velocemente sui miei passi e mi inginocchiai sul letto, avvicinandomi al moro.
"Syn! Svegliati, Syn!" esclamai, scuotendolo. Lui aprì un occhio e sorrise, ancora addormentato.
"Syn, devo dirti una cosa!" annunciai.
"Dopo, tesoro. Porta qui il tuo culetto dolorante e baciami, invece" rispose, sporgendosi verso di me. Contrassi le labbra, allontanando la testa.
"Syn, è importante!" ribattei.
"Va bene, va bene" acconsentì lui. "Di che si tratta?"
"I tuoi genitori... Sono qui, ora" mormorai, mentre la ghiaia veniva calpestata da una ruota. Syn spalancò gli occhi e saltò giù dal letto, andando a indossare un paio di jeans.
"Merda merda merda" imprecò, infilandosi la maglietta. Seguii il suo esempio e mi vestii, correndo a rifare il letto.
"Io vado a ripulire la doccia!" annunciai. Lui annuì, aprendo le finestre, sistemandosi i capelli e correndo giù per le scale. Feci scorrere l'acqua qualche secondo, e poi lavai via le tracce del nostro passaggio il più velocemente possibile, calcolando comunque che sentivo un dolore lancinante al sedere. Asciugai tutto con uno straccio e aprii la finestra, correndo poi in camera a mettermi le scarpe.

Synyster's POV:
Non mi aspettavo che i miei tornassero così presto. Li credevo sperduti da qualche parte nel mondo, ovunque ma non qui. Corsi per le scale saltando gli scalini due a due, e mi fiondai fuori dalla porta.
"Mamma! Papà!" esclamai, raggiungendoli.
"Brian!" fece mia madre. "Già che sei qui, aiutaci coi bagagli" ordinò, accennando alle valige col capo.
"Bagagli? Quanto avete intenzione di rimanere?" domandai con un filo di voce.
"Una settimana, più o meno. Tuo padre ha bisogno di un po' di calma, vista la vita che fa" mi informò la donna. Annuii, senza spiccicar parola.
"Mi sembri pallido, Junior. Non è che stai male?" domandò mio padre, sollevando una valigia.
"Ieri sono andato al lago" buttai lì. "Il mio amico mi ha spinto dentro". Mia madre si girò a guardarmi.
"Hai portato un amico?" domandò. Annuii, varcando la soglia di casa. "E dove dorme?"
"Con me, ma'. Siamo arrivati tardi, non abbiamo neanche disfatto le valige" risposi, posando il bagaglio a terra. Lei mormorò un 'oh' e rimase a guardarmi.
"Non credi sarebbe ora di disfarle?" domandò con tono autoritario.
"Sì, certo, come vuoi" borbottai. Disfare le valige. Ah! Avrei portato Arin via da qui il più presto possibile, altro che valige.
"Serve altro aiuto?" chiesi, avviandomi verso le scale. Udii un 'no', quindi salii ed andai a cercare Arin. Lo trovai seduto sul letto, alquanto pallido.
"Be'?" domandò. "Che dicono?". Mi sedetti accanto a lui e lo baciai, accarezzandogli il volto.
"Per ora niente" sussurrai. "Ma conto di dileguarmi prima che sospettino qualcosa" aggiunsi. Lui annuì, guardandomi poi negli occhi.
"Dove... dove dormirò, io?" chiese poi.
"Ti monterò una branda qui, nella mia stanza" mormorai, mentre lui annuiva. "Ora, comunque, devo presentarti ai miei" aggiunsi. Arin deglutì e impallidì leggermente, così lo strinsi e gli accarezzai la schiena. "Avanti, non ti preoccupare" sussurrai. "Non gli permetterò di mangiarti" conclusi, divertito. Lui annuì, senza convinzione. Mi alzai e gli tesi la mano, indicando la porta. Con indecisione, Arin la strinse e mi seguì fuori, dove mia madre stava prendendo il sole e mio padre armeggiava con la macchina. Sentii che mi stringeva la mano, mentre con voce più tranquilla possibile lo presentavo ai miei come il mio migliore amico. Il ragazzo salutò cordialmente, e mia madre lo squadrò.
"Si direbbe che ha paura di noi" osservò acida. Arin mi guardò con aria persa, ma io sorrisi.
"Voi mettete tutti in soggezione, ma'. Dovresti esserci abituata, no?" ribattei. Lei annuì, mentre mio padre andava a stringere la mano al castano.
"Piacere, Brian" annunciò.
"Io sono Arin. Piacere di conoscerla" rispose il ragazzo, sorridendo leggermente.
"Quella è mia moglie, invece" concluse. Arin la salutò gentilmente, anche se lei rimase in silenzio. "Bene, ora che ci siamo presentati, che ne dite di sederci a bere qualcosa?" propose Papa Haner. Annuii distrattamente, guardando mia madre. Lei si avviò semplicemente verso casa, togliendosi gli occhiali da sole dal volto. Probabilmente non le andava a genio che avessi invitato un maschio, al posto di una qualche ragazza. Trascinai Arin dentro con me, e presi un paio di birre dal frigo.
"Questo è tutto quello che abbiamo" annunciai. "Pensavamo di star qui fino a domani, quindi non abbiamo portato altre bibite" aggiunsi. Mio padre guardò la birra con felicità e se ne versò un bicchiere, mentre mia madre lo fulminava con lo sguardo.
"Allora, ragazzi! Qualche idea su cosa fare questo pomeriggio?" domandò allegro.
"Pensavo di andare a fare una camminata su per la montagna" snocciolai, dando un sorso alla birra.
"Bel programma!" commentò. "In fondo, il tuo amico ha proprio bisogno di smaltire un po' di ciccia" aggiunse. Arin sorrise, accerchiando il bicchiere con le mani. "Be', direi che per me il relax è finito" borbottò quindi, alzandosi dalla sedia. "Tua madre vuole che vada a spaccar legna. Ci vediamo stasera" ci salutò, uscendo dalla porta. Mia madre ci guardò severamente, come se avesse capito tutto.
"Se vuole, ho una bottiglia di succo in borsa, signora" mormorò Arin, cercando di alleviare la tensione. Mamma sorrise, annuendo.
"Direi che sarebbe perfetto, grazie! Di birra ne ho fin sopra i capelli, a forza di aver a che fare con questi due" scherzò. Arin sorrise e si congedò silenziosamente, andando a predere la bottiglia. Osservai mia madre in silenzio, cercando di capire cosa aveva in mente.
"Be'?" domandai. "Non eravate in vacanza?". Lei scrollò le spalle.
"Ci andava di cambiare, una volta tanto" buttò lì.
"Comunque noi partiamo domani" la informai. "Dobbiamo assolutamente tornare in città" sottolineai. Lei fece una smorfia, borbottando qualcosa fra se e se. La guardai contrariato, mentre Arin tornava.
"Ecco, tenga" fece, imbarazzato.
"Grazie tante" rispose lei, aprendo la bottiglia e versando un po' del contenuto nel suo bicchiere. "Allora, vi state divertendo?" domandò. Guardai Arin, mentre lui sorrideva.
"Sì, è proprio bello, qui" disse.
"Ne sono contenta" sorrise lei, senza molta emozione. Il ragazzo lo notò, e si sentì a disagio.
"Be', mamma, penso proprio che io e Arin andremo a farci quella benedetta passeggiata" borbottai, alzandomi dal tavolo. Spinsi il giovane fuori dalla porta e mi avviai verso il bosco.
"Quella ha qualcosa in testa, ci scommetto" borbottai acido. Arin si guardò indietro, poi mi raggiunse.
"Non mi pare molto contenta di avere un ospite" osservò.
"Valla a capire, quella!" esclamai. "Non ha mai visto di buon occhio i miei amici. Solo le ragazze le piacevano!" borbottai. Arin abbassò lo sguardo, trotterellandomi dietro.
"Hai davvero intenzione di scalare il monte?" domandò.
"Affatto. Se ti faccio camminare troppo, mi ritroverò a baciare le tue ossa, altro che la tua pelle" sorrisi. Lui seguì il mio esempio, saltando da un sasso all'altro.
"Andremo da un'altra parte, invece" lo informai. "È molto più vicina, e molto più bella" aggiunsi. Poi lo presi per mano e sparii in mezzo alla vegetazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Tornammo a casa verso sera. Il punto dove mi aveva portato Syn era molto suggestivo, e lasciava intravedere tutta la vallata. C'era un vecchio tronco ricoperto di licheni su cui potevi sederti e ammirare il lago oppure mangiare qualcosa. Accanto al tronco, c'era un gruppo di soffioni che ondeggiava, spinto dalla brezza. Lo spiazzo era circondato da alberi altissimi, su cui tanti uccelli avevano fatto il nido, e sull'albero più alto spuntava un gran buco, in cui probabilmente qualche animale aveva fatto la tana. Davvero un bello spettacolo. Comunque, eravamo scesi allo chalet dopo aver guardato il tramonto, per evitare che i genitori di Syn ci chiedessero cos'avevamo fatto tutto quel tempo. Una volta scesi, notammo che dall'interno della casa fuoriusciva un leggero vociare femminile, come se ci fossero più donne oltre alla madre del moro. Ci avviammo verso la porta ed entrammo, attirando l'attenzione dei suoi.
"Tesoro!" esclamò la signora Haner al figlio. "Guarda chi abbiamo invitato!" disse, indicando la ragazza accanto a se.
"Sybil..." boccheggiò Syn, sgranando gli occhi.
"Brian!" esclamò lei. "Oh, Brian, sei proprio tu!" sorrise, abbracciandolo. "Sapessi quanto ho aspettato il tuo ritorno!" mormorò, la testa appoggiata sul petto del moro.
"Mi sei mancata anche tu" rispose lui con un sorriso. Poi lei alzò il volto e lo baciò sul collo e sulla guancia, sorridendo.
"Oh, ho così tante cose da raccontarti!" esclamò la ragazza, stringendogli la mano tra le sue. "Avanti, vieni!" disse, trascinandolo fuori. Sentii la porta sbattere, e poi mi voltai verso i genitori di Syn, cercando di nascondere la mia confusione. Il signor Haner sorseggiava la sua birra fissando la porta, mentre la signora pareva più che soddisfatta.
"Avanti, Arin, andiamo a guardare la partita" disse lui, mettendomi una mano sulla spalla e facendomi sedere sul divano. "Tanto quella lo monopolizzerà per tutta la sera" aggiunse, guardando storto sua moglie. Annuii, cercando di sembrare calmo, e passai il telecomando al signor Haner. Lui si sistemò accanto a me e accese la tv, senza aver davvero voglia di guardarla. Si voltò verso di me e mi mise una mano sulla spalla.
"Ancora qualche ora e quell'oca se ne va" annunciò. "Dobbiamo resistere ancora per un po'" aggiunse. Annuii, abbracciandomi le ginocchia. Sarebbe stata una serata molto lunga.


Synyster's POV:
Quando aprimmo la porta e vidi Sybil, fu come se tutto si fosse fermato. Non mi aspettavo proprio di vederla, e da una parte avrei preferito che non fosse venuta. Era stata la mia prima cotta, e me l'ero data a gambe quando lei mi aveva detto di amarmi, un anno prima. Non fu un'azione molto cavalleresca da parte mia, ma che ci potevo fare? Dopo che mi aveva rifiutato, anni prima, vederla mi metteva tristezza, e sapere che mi amava mi aveva solo riempito di rabbia. Eppure, ora ero contento di poterla riabbracciare, di poter risentire il suo dolce profumo sulla pelle. Avevo sentito molto la sua mancanza, ma me ne resi conto solo in quel momento. Quando lei mi corse incontro, fui abbastanza tentato di fare lo stesso. La mia cara, vecchia Sybil! L'avevo amata molto, a suo tempo, e ancora le volevo bene. Era come una sorella per me, eppure c'era qualcosa di lei che mi attirava, che mi faceva pensare che forse avremmo dovuto essere qualcosa di più. Mia madre non aveva fatto altro che ripetermelo, lungo tutti questi anni, 'fidanzati con lei, fidanzati con lei'. Non le avevo mai dato retta, ma lei non si era rassegnata. Già il fatto di trovarmela qui era una conferma del fatto.
"Avanti, vieni!" esclamò Sybil, trascinandomi fuori. Mi portò sotto la veranda, dove andavamo da piccoli, e si mise davanti a me.
"Guarda, Brian" mormorò dopo aver parlato per un bel po', prendendomi le mani e posandosele sui seni. "Sono cresciuti. Sono cresciuta anch'io, sai? Non farò lo stesso errore dell'altra volta, non ti lascerò più scappare" sussurrò, baciandomi le labbra. "Non abbandonarmi di nuovo" continuò. "Ne potrei morire. Ti ho aspettato tutto questo tempo; sono rimasta qui per te. Sapevo che saresti tornato da me, prima o poi! E ora che sei qui, rimanici. Rimani qui con me, ti prego" mormorò, baciandomi le mani. "Lo so che mi ami, Brian. Ti prego, resta qui. Saremo felici, insieme. Andremo a pesca, faremo delle feste, viaggeremo in tutto il mondo... Saresti felice, Brian. Molto più che con qualsiasi altra ragazza della Terra!" esclamò, cercando di nuovo le mie labbra. Volevo spostarmi, dirle che ero già felice, ma non riuscivo a muovermi. Era questo il trucco di Sybil, ti stregava coi suoi  grandi occhi verdi e ti faceva fare tutto quello che voleva, quando voleva. Ero caduto vittima di quel trucco tante volte, ma ultimamente aveva smesso di farmi troppo effetto. Sentii le sue mani lungo la schiena, e le sue labbra premute contro le mie. Non volevo che finisse così. La spinsi lontano, nel buio, e indietreggiai.
"Brian!" esclamò lei, irritata. "Che fai?!" domandò, alzandosi in piedi.
"Stammi lontana, Sybil. Tu non sei altro che un fastidioso ricordo" sibilai. "Lasciami in pace una volta per tutte!" conclusi, rientrando in casa. Fanculo. Sentirla parlare così faceva male, riapriva la vecchia ferita del suo rifiuto. Era passato tanto tempo ormai, ma lei non era cambiata. Sempre la solita ragazzina, convinta che il mondo possa cadere ai suoi piedi dopo un battito di ciglia. Forse era così per tanta gente, ma non per me. Odiavo quel suo modo di fare, e mi ero illuso di poterla cambiare, di farle aprire gli occhi. A quanto pareva, avevo fallito.
Scivolai silenziosamente al fianco di Arin e gli strinsi la mano.
"Chi vince?" domandai, mentre lui si voltava verso di me.
"Syn!" esclamò. "E la tipa?". Scrollai le spalle.
"Sta guardando le stelle, credo" buttai lì. "Avanti, dammi una mano a montare la branda" dissi, facendo cenno al piano di sopra. Lui annuì, sorridendo, e mi seguì. Una volta di sopra, aprii l'armadio, cercando lo scheletro del letto, e lo portai in camera mia, mentre Arin trascinava un materasso. Lo posizionai al suo posto e mi ci sedetti sopra, facendo sedere il castano su di me e baciandolo dolcemente. Lui contraccambiò, accarezzandomi il volto.
"Hai un sapore strano" mormorò. Voltai la testa, come imbarazzato da quell'affermazione, e lui mi guardò. "Syn... Che avete fatto?" domandò con voce rotta. Lo abbracciai, accarezzandogli la schiena.
"Io niente stavolta" risposi. "È tutta colpa sua..." sussurrai. Lui mi guardò, annuendo, e lo strinsi più forte. Povero il mio Arin. Doveva essersi accorto di come l'avevo guardata, quando mi ero accorto della sua presenza, proprio come doveva essersi accorto delle occhiate maliziose che lei mi rivolgeva.
"Ti sei annoiato tanto?" chiesi, cercando di cambiare argomento. Lui non rispose, lasciandomi intuire la risposta. "Mi spiace" sussurrai, baciandogli la spalla.
"Non ti preoccupare" fece lui, sorridendo. "Tuo padre è stato molto gentile. Credo abbia capito che ero agitato, perché è stato con me tutto il tempo, a parlarmi di voi e della casa. Non ce l'ho con te perché le vuoi bene" cominciò. "Per me puoi fare tutto quello che vuoi, con lei" aggiunse, con un sorriso forzato. Improvvisamente mi sentii invaso da un senso di tepore, affetto. Arin doveva amarmi davvero tanto per dire una cosa del genere, specialmente dopo aver visto come si era comportata lei. Strinsi il suo viso fra le mani e lo baciai a lungo, accarezzandogli il volto.
"Mi bastano le tue, di labbra" mormorai, staccandomi dal suo corpo. Lui sorrise, abbracciandomi. Rimanemmo lì una decina di secondi, poi ci alzammo e scendemmo di sotto, per non far insospettire troppo i miei. Papà era ancora sul divano, godendosi gli ultimi minuti della partita, e mamma stava cucinando qualcosa. Sybil doveva essere fuori, seduta da qualche parte. Mi sentii in colpa e fui tentato di andare a cercarla, ma poi abbandonai l'idea. Non dovevo darle false speranze, o non mi avrebbe più lasciato in pace. Mi sedetti invece sulla panca, tirando fuori un mazzo di carte.
"Ti va di giocare, pa'?" domandai. Lui declinò l'invito con un sorriso, così mi sistemai davanti al mio amico e mescolai le carte. Giocammo per un po', poi mia madre ci cacciò fuori perché doveva apparecchiare e non voleva impicci. Mi chiusi la porta alle spalle, mentre mi inoltravo nel buio più nero. Sentivo Sybil singhiozzare, ma non avevo voglia di andare a consolarla, quindi andai dall'altra parte della casa trascinandomi dietro Arin.
"Qui si riescono a vedere le luci delle città circostanti" spiegai al ragazzo, mentre lo portavo verso la legnaia. "Ecco, guarda" mormorai, indicando la vallata. Era ricoperta di luci di tutti i colori ed era davvero una meraviglia. Sorrisi, cercando di riconoscere qualche casa. Arin si appoggiò al muro, godendosi lo spettacolo in silenzio. Aspettammo qualche minuto, poi decidemmo di rientrare in casa. Cominciava a far freddo, ormai. Una volta dentro, notai che Sybil era seduta sulla poltrona, con gli occhi rossi. La sorpassai, andando a parlare con mia madre. Arin rimase lì, accanto a lei, per un bel po' di tempo.


Arin's POV:
Sapevo che quella ragazza era la mia rivale d'amore, in qualche modo, ma vederla triste mi tirava un po' giù. Decisi quindi di avvicinarmi a lei e chiederle se c'era qualcosa che potessi fare per lei. Ovviamente però, il suo consiglio di buttarmi nel lago non mi attirò per niente.
"Si vede da lontano un miglio che soffri per lui" mormorai. "Forse dovresti accontentarti di essere semplicemente sua amica, non credi? Soffriresti di meno" aggiunsi. Lei mi guardò con occhi vitrei.
"Soffrirei lo stesso" ribatté. "Lui domani partirà. Almeno ho avuto la soddisfazione di sapere di cosa sanno le sue labbra". Rimasi in silenzio. Anch'io, come Syn, avevo assaggiato le labbra della ragazza, ma non mi era piaciuto il suo sapore, come non mi era piaciuta lei. Non vedevo perché Syn avrebbe dovuto provare qualcosa di più che amicizia per lei, ma evidentemente Sybil non la pensava così. Scrollai le spalle e me ne andai, lasciandola sola. Ci mancava solo che mi facessi altri problemi a causa sua.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Il resto della cena fu abbastanza noioso. Sybil si sedette accanto a Syn, che per tutta risposta si posizionò vicino a me. I signori Haner si misero di fronte a noi, chiacchierando animatamente con la ragazza. Era tutto piuttosto forzato, in quanto io non avevo idea di cosa dire, Syn non aveva voglia di parlare e Sybil era semplicemente giù di morale. Continuò, comunque, a provarci col moro, posandogli la mano sulla coscia e lanciandogli occhiate provocanti ogni tre secondi. Avevo detto che i due potevano fare qualsiasi cosa volessero, insieme, ma non avevo calcolato che la bionda potesse essere così appiccicosa dopo un esplicito rifiuto. La cosa m'ingelosiva da morire, ma non potevo farci niente. Dovevo solo sperare che la serata passasse presto, cosa che non avvenne. I due coniugi, però, furono molto gentili. O meglio, il signor Haner lo fu. Sostenne con me una conversazione sulla musica in generale, a cui Syn cercò di partecipare, nonostante la noiosa insistenza di Sybil. Intuii che l'unica ad apprezzare la ragazza era la madre del moro, che pareva addirittura stravedere per lei. Mi chiesi il perché, mandando giù un po' di birra. Per me, lei era solo l'ennesima ragazza piena di se, disposta a tutto per ottenere ciò che voleva. Scrollai le spalle, riprendendo a parlare con il signor Haner. Almeno, non ero io quello che doveva sopportarla.


Synyster's POV:
Sybil era davvero asfissiante, quella sera. Continuava a flirtare con me nonostante le avessi detto di girare al largo, e, per di più, non finiva mai di mettermi la mano vicino all'inguine. Cominciava a sembrarmi una piccola troietta, di quelle tutte trucco - niente cervello. La cosa mi irritava, e non facevo altro che cacciarla via. Eppure lei tornava, imperterrita. Ero tentato dal voltarmi verso di lei e urlarle in faccia che doveva lasciarmi in pace, ma tacqui. Fissai mia madre con freddezza. L'aveva fatto apposta, potevo giurarlo. L'aveva invitata perché sapeva quanto poteva essere irritante. Strinsi il pugno, allontanandola un'altra volta. Finii di mangiare il prima possibile, spostandomi nel posto libero accanto ad Arin. Dall'altra parte c'era il vuoto, e Sybil fu costretta a lasciarmi perdere. Sorrisi soddisfatto e cercai di aggiungermi alla conversazione tra mio padre e il mio ragazzo, aspettando il momento giusto. Parlammo della scena rock contemporanea e di quella passata, per poi concordare che la nostra generazione stava diventando troppo 'figa' per scatenarsi. Certo, c'erano delle eccezioni, ma fin quando ci sarebbero state? Questione di anni e saremmo stati conquistati completamente dalla musica elettronica. Scossi la testa, contrariato. Era un peccato che la gente si stesse riducendo in quel modo, calcolando i sacrifici fatti dagli artisti per riuscire a farsi ascoltare.
Ad ogni modo, papà ci salutò una decina di minuti dopo, annunciando che sarebbe andato a sistemare la camera matrimoniale per lui e la mamma. Devo ammettere che lo invidiai parecchio. Aspettai che se ne andasse, poi mi voltai verso Arin. Sembrava dispiaciuto dal fatto che papà avesse dovuto andarsene, anche se forse era solo la mia immaginazione.
"Perché non andate a fare una passeggiata, mentre io ripulisco?" propose mia madre, alzandosi in piedi.
"Oh, sì, sarebbe perfetto!" esclamò Sybil, prendendomi per mano e sfrecciando lontano dal tavolo.
"Arin, tesoro, perché non mi aiuti?" aggiunse mia madre, raccattando i piatti. Il castano accettò riluttante e portò i bicchieri nel lavandino, aprendo l'acqua. Fui, mio malgrado, trasportato fuori da casa, e dovetti abbandonare Arin alla mercé di mia madre. Non sapevo chi fosse messo peggio, se lui o io, ma sicuramente stasera avrebbe messo a dura prova la pazienza di tutti e due.

Quando mi ritrovai nuovamente in camera mia in compagnia di Arin, mi sentii finalmente contento e rilassato. Quella dannata serata era durata un'eternità, e non ne potevo più di Sybil e quella cospiratrice di mia madre.
"Non vedo l'ora di partire" dissi sdraiandomi sul letto. Arin annuì.
"Mi manca il casino della città" mormorò. Tacqui qualche secondo, fissando il soffitto.
"Grazie per non esserti arrabbiato" sussurrai, voltandomi verso di lui. Lui sorrise, tranquillo.
"Fa niente. Ho passato di peggio, credimi" rispose. Gli inviai un bacio e mi girai dall'altra parte, cercando di prendere sonno. Era la prima volta che dormivo da solo in giorni, e non sentire la presenza di Arin accanto a me era così strano, irreale. Mi voltai a guardarlo, giù nella sua branda. Fissava il muro, la testa affondata nel cuscino e il lenzuolo tirato su fino al petto. Mi sentii in colpa, a farlo dormire in quel posto, ma non potevo fare altrimenti. Se i miei genitori ci avessero beccato a dormire assieme, si sarebbero incazzati da morire, e allora sì che sarebbe stato difficile scambiarci anche il minimo segno d'affetto.
"Tutto a posto?" domandò mia madre, varcando la soglia della nostra camera. Borbottai un sì, mentre Arin sprofondava ancora di più sotto il suo lenzuolo. "Arin, dolcezza, potresti aiutarmi un attimo?" continuò lei. "Devo innaffiare le piante e finire di sistemare il cibo extra che ho fatto per Junior" spiegò. Sentii il ragazzo respirare profondamente e alzarsi ad aiutare mia madre, socchiudendosi la porta alle spalle. Sospirai. Mia madre stava rendendo la vita impossibile al mio ragazzo, ma non potevo fare molto al riguardo. Non senza essere 'attaccato' da Sybil, che dormiva nella stanza accanto. Imprecai, ficcando il volto nel cuscino e mordendolo. Il ventenne rientrò in camera dopo un quarto d'ora, lasciandosi cadere pesantemente sul letto.
"Arin?" lo chiamai.
"Mh?" borbottò lui, senza voltarsi.
"Mi dispiace" mormorai, guardando basso.
"Fa niente" ribatté lui in un sussurro. Tacqui, annuendo. Povero il mio Arin. Mia madre lo stava facendo impazzire, poco ma sicuro; e, visto come lo trattava, mi stupivo che lui le desse ancora retta. Se da una parte io impazzivo per il comportamento di Sybil, dall'altra lui stava passando le pene d'inferno perché quella strega di mamma voleva che stessi con quell'altra pazza il più possibile. Feci una smorfia e scivolai giù dal letto, avvicinandomi al castano. Lui si girò e lo baciai, posandogli una mano sul volto.
"Fammi un po' di spazio" sussurrai accennando al letto. Lui sorrise e si fece più in là, lasciandomi salire. Mi stesi accanto a lui e lo abbracciai, inspirando il suo odore e riempiendomene i polmoni. "Mi sei mancato, oggi" mormorai, baciandogli la guancia. Dopodiché lo strinsi a me finché non ci addormentammo.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Synyster's POV
Partimmo presto, quella mattina. Alle otto avevamo cominciato a riordinare, e per le nove la casa era a posto. Scivolai sul sedile del guidatore, mentre Arin dava retta agli ultimi ordini di mia madre. Mio padre si avvicinò alla vettura e si abbassò verso di me, tendendomi due panini.
"Portalo al ristorante, quando siete a casa. Tua madre gli ha reso la vita un inferno" disse indicando Arin. "Sei fortunato che ti ami abbastanza da non scappare nella notte abbandonandoti qui" concluse divertito. Sussultai e lo fissai qualche secondo, senza saper cosa dire.
"Ma papà, noi non stiamo insieme!" cominciai.
"E io sono Babbo Natale. A chi vuoi darla a bere? Scommetto che se ne è accorta pure la mamma, a meno che non tratti tutti i tuoi amici così" rise lui. Tacqui, sospirando.
"Si vede così tanto?" domandai.
"Lo si capisce dai suoi occhi. E poi, anche tu cambi espressione quando lo guardi" spiegò mio padre.
"Capisco. E..?"
"E?"
"Che ne pensi?" domandai.
"Ti sei trovato un bel ragazzo" buttò lì lui. "Sembrate felici" aggiunse con un sorriso.
"Siamo felici" precisai con una smorfia divertita.
"Trattamelo bene. È molto più simpatico di quella Cassidy" borbottò. Annuii, dandogli ragione. Eppure, lui me l'aveva detto che lei non era la ragazza per me e che mi avrebbe fatto solo soffrire. Chissà perché non gli avevo dato retta.
"Conti di tornare presto?" chiese poi. Scossi la testa.
"No, non penso. Non se c'è quella" dissi acido.
"Avevo detto a tua madre di farsi gli affari suoi, ma niente" mormorò lui soprappensiero. "Sai com'è fatta. Cocciuta come un mulo e stronza come non so cosa". Risi. Sentirlo parlare della donna che amava in quel modo era buffo, anche perché lei si stava avvicinando con Arin. Il ragazzo ripose le ultime cose nel bagagliaio e scivolò sul sedile accanto a me, sollevato. Gli scompigliai i capelli, sorridendo, e lui mi guardò, senza sapere cosa pensare. Mi rivoltai verso mio padre e gli sorrisi.
"Ciao, pa'" lo salutai. "Alla prossima" aggiunsi. Lui annuì e ci salutò con la mano, mentre mamma si allontanava.
"Se cerca Sybil, può stare fresca. L'ho chiusa in camera, quando sono sceso di sotto" dissi, facendo ridere papà.
"Ben fatto, ragazzo mio" commentò. "Ma ora è meglio che parti, prima che tua madre la liberi" aggiunse, sentendo vociare nella casa. Annuii e gli demmo l'estremo saluto, prima di partire. Scomparii dalla sua vista proprio mentre Sybil, urlando, usciva in giardino. Papà ridacchiò, godendosi lo spettacolo. 'Ah, l'amore' pensò, guardando mamma e la bionda che ci correvano dietro. 'Quei due hanno scelto proprio il momento adatto" commentò, entrando in casa e sparendo dalla vista delle due donne. In quanto a noi, stavamo già al fondo della valle, a poche decine di chilometri dall'autostrada. Arin si era lasciato andare con un sospiro, chiudendo gli occhi e riassaporando la libertà, mentre io guidavo tranquillo. Gli lanciai uno sguardo e gli diedi una pacca sulle spalle, sorridendo. Lui mi risorrise, e poi tornò a guardare il paesaggio.
Guidai ininterrottamente fino a casa, senza incontrare troppo traffico. Feci un po' di conversazione con Arin, ma lui non mi sembrava molto sveglio. Probabilmente risentiva di tutto il lavoro svolto e del sonno agitato che gli avevo fatto avere. Tuttavia non pareva prossimo ad addormentarsi, e l'unica cosa che faceva era guardare fuori con aria persa. Non credevo che l'avrei mai visto così spompato, essendo lui un essere alquanto iperattivo e di forte resistenza.
"Dovresti dormire" suggerii, accarezzandogli i capelli. Lui scosse la testa, ostinato. "Perché no?" domandai.
"Non ce la faccio" borbottò. "Mi fa male tutto" spiegò, appoggiando la testa sul finestrino chiuso. Annuii, accarezzandogli la guancia col pollice.
"Il sonno aiuta" ribattei.
"Forse". Poi si girò e si rannicchiò nel sedile, fissando la portiera. Fui costretto a lasciarlo in pace, e mi concentrai sulla guida. Mancavano quindici minuti a casa sua, ma non avevo molta voglia di andarci.
"Te la senti di andare a fare un giro?" domandai. Lui annuì.
"Senza tuoi vecchi amici, però" precisò, posando la testa sul braccio.
"Veramente pensavo più al parco" ammisi. "Non è troppo lontano, e si sta al fresco" snocciolai.
"Come ti pare" acconsentì lui.
"Ce l'abbiamo qualcosa da mangiare?" chiesi poi.
"Mhm. Tua madre mi ha svegliato presto apposta per questo" sbadigliò lui. Lo guardai, stupito. "Si è messa a bussare come una matta, chiedendomi di uscire e aiutarla" cominciò, "perché lei da sola non ce la faceva. Onestamente, credo che ce l'avrebbe fatta anche un bambino, però" concluse, facendo sprofondare la testa tra le braccia. Annuii, sospirando. Lo aveva fatto apposta, sicuro come il mondo. Mia madre era davvero una strega quando voleva. Parcheggiai l'auto e scesi, sgranchendomi le gambe. Arin aprì lo sportello e mi seguì dentro al verde, camminando il più velocemente possibile per non essere lasciato indietro. Dopo un po' di cammino, si sedette in uno spiazzo verde, sbadigliando. Seguii il suo esempio e mi sedetti, passandogli la busta col cibo. Lui tirò fuori due panini, della macedonia e due bottigliette d'acqua. Prese il panino e si sdraiò, lasciandolo cadere accanto a se.
"Sono stanco" annunciò con un sospiro.
"Lo vedo" sorrisi, lisciandogli una ciocca di capelli. "Dormi, allora" sussurrai, mettendogli la testa sul mio grembo. Lui scosse leggermente il capo, guardando verso l'entrata del parco.
"Se dormo resterai bloccato su questa montagnetta per un sacco di tempo" disse. "Non sarebbe carino da parte mia" mormorò poi. Sorrisi, baciandogli la fronte.
"Sì che lo sarebbe" ribattei. "Dimentichi che sei bello quando dormi" lo ammonii. Lui sorrise, chiudendo gli occhi.
"E tu sei esagerato" mormorò, troppo stanco per ribattere meglio. Gli diedi ragione, aspettando che si addormentasse.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Passai due ore immobile a guardare Arin dormire. Poi mi stufai e lo spostai, alzandomi e sgranchendomi un po' le gambe. Feci due passi; poi tornai indietro, raccattai il cibo rimasto e presi Arin in braccio, portandolo in macchina. Gli allacciai la cintura di sicurezza e accesi l'auto, dirigendomi verso casa. Fortunatamente, non incontrai nessuno che conoscevo, così non dovetti fermarmi a parlare. Arrivato sotto casa, mi sbrigai a portare il castano su per le scale e poi tornai giù a prendere i bagagli. Dopo due o tre giri, finii il mio lavoro e potei rilassarmi sul divano, accanto al mio ragazzo. Lo guardai, temendo che si fosse svegliato, ma invece notai che dormiva profondamente. Sorrisi, stendendomi al suo fianco e osservando i suoi lineamenti. In questa ultima, lunga giornata, mi era sembrato lontano anni luce, anche se eravamo stati insieme in più occasioni. Ripensai a quando eravamo partiti, tre giorni prima. Sembravano passati anni, ormai. La prima giornata era stata piacevolissima, e la sera... La sera era stata fantastica; ma la giornata seguente era stata infernale. Io bloccato con Sybil, e Arin sfruttato da mia madre. Ugh. Sperai solo che il ragazzo non avesse cambiato idea sulla nostra relazione, e lo abbracciai. Lui mormorò qualcosa, nel sonno, e sorrise. No, non era cambiato niente. Me lo sentivo dentro.


Arin's POV:
Mi svegliai nel salotto di casa mia, abbracciato a Syn. Avrei potuto giurare di essermi addormentato da un'altra parte, ma non mi ricordavo proprio dove.
"Ehilà" mi salutò il moro con un bacio. "Dormito bene?". Annuii, sbadigliando.
"Come...?" cominciai. Lui sorrise e rispose prima che terminassi la frase.
"Siamo andati al parco, ricordi?" Scossi la testa. Non mi ricordavo neanche di aver lasciato l'autostrada, in realtà. "Non importa. Eri troppo stanco per renderti conto delle tue azioni" disse lui dolcemente. Sorrisi e chiusi gli occhi, respirando il suo odore. Quest'ultima serata era stata tremenda per me. Era stato più che evidente che non ero piaciuto alla madre di Syn, nonostante avessi cercato di essere il più carino e gentile possibile. Lei se n'era approfittata e la cosa mi aveva contrariato abbastanza, anche se non lo avevo dato a vedere. Almeno il signor Haner era stato cordiale, però. Scrollai le spalle, sollevato. Per un secondo avevo avuto la sensazione che l'uomo avesse intuito che tra me e Syn c'era qualcosa di più che semplice amicizia, ma poi avevo scartato l'idea, dicendomi che mi stavo immaginando tutto. In fondo, non avevo quasi rivolto la parola al ragazzo da quando i suoi erano arrivati, quindi la mia poteva essere solo paranoia. Sciocco, no? Strinsi il moro, affondando la faccia nel suo petto.
"Quanto ho dormito?" domandai. Lui scrollò le spalle, dicendo:
"Due ore e qualcosa. Sono quasi le quattro, ormai". Annuii, stupito. Avevo dormito tanto. "E... la macchina... i bagagli... Sybil...?" chiesi.
"La macchina è parcheggiata sotto casa, i bagagli sono lì nell'angolo e Sybil non si è neanche vista" rispose lui, tranquillo.
"Oh" esclamai. "Mi hai portato su tu?" domandai, senza approfondire l'argomento Sybil. Lui annuì, accarezzandomi il volto.
"Sei leggero" sussurrò. "Troppo leggero. Stasera ti porto fuori, e da domani ti terrò sott'occhio" mi annunciò. "Non posso permettere che tu mi svenga durante un concerto" disse sorridendo. Feci una smorfia divertita, tastandomi la pancia. Riuscivo benissimo a sentire le ossa sotto la pelle, e si vedeva da lontano un miglio che la cosa preoccupava Syn.
"Come vuoi" acconsentii. "Ma tu devi promettermi che terrai tua madre lontana da me, la prossima volta" scherzai. Lui rise e mi baciò le mani, accettando la condizione da me imposta. Mi tirai a sedere e mi stiracchiai, scacciando il sonno con uno sbadiglio. "Facciamo un giro?" proposi. Syn parve contento dell'idea, e scese dal letto con un balzo. Poi si infilò le scarpe e si mise le chiavi in tasca, tornando da me. Sbadigliando, uscii dalla porta, avviandomi fuori dal palazzo. Syn mi seguì, cercando con gli occhi i miei vicini. Sembrava si fossero dileguati tutti insieme, dato che il silenzio era davvero irreale. Il moro mi strinse la mano e uscimmo sulla strada, camminando senza una vera destinazione. Dopo un paio di minuti arrivammo nel quartiere punk, pieno di gente con capelli e gusti di ogni tipo. Mi piaceva quel quartiere. Lì nessuno si scandalizzava se due ragazzi si baciavano o se le ragazze giravano con vestiti attillati o strappati. Erano tutti troppo impegnati a vivere la propria vita per sparlare di quella degli altri, di cui, anzi, non gli importava più di tanto. E poi, tutti i negozi di tatuaggi di quella zona mi attiravano, con i loro colori sgargianti e i loro buffi padroni. Il quartiere punk era un posto in cui mi sentivo felice, per farla breve. Avrei voluto viverci, ma avevo scartato l'idea di comprare un appartamento lì a causa del rumore. C'erano feste ogni sera e la gente ubriaca girava cantando tutto il santo giorno, quindi avevo lasciato perdere. Era un bel posto da visitare, comunque. Anche a Syn piaceva parecchio, soprattutto perché era lì che abitava Johnny. Il suo palazzo dava su una piazzetta alberata piena di decorazioni e luci sgargianti, sempre pronta per una festa. Era un bel posto, bisognava ammetterlo. Ad ogni modo, ci addentrammo nel quartiere a guardare un po' in giro, riconoscendo in quei personaggi assurdi alcuni dei nostri amici. Non ci avvicinammo a loro, comunque. Tirammo avanti, verso il negozio di musica più fornito della città, senza neanche farlo apposta. Varcammo la soglia del negozio e decidemmo di andare ognuno dove voleva, in modo da fare i nostri giri senza sentire il fiato dell'altro sul collo. Io andai nel reparto libri, a controllare se quello che avevo ordinato era arrivato. Con una botta di fortuna, era sul ripiano basso e potei arrivarci. Strinsi le mani accanto al libro, rimirandone la copertina. 'The Heroin Diaries', recitava una scritta. Sorrisi e rimisi il libro a posto. Sarei tornato a prenderlo un'altra volta, con più calma. E poi non c'era fretta, le copie erano tante. Ritornai di là, soddisfatto, e cercai Syn con gli occhi. Aveva in mano qualcosa, ma non riuscivo a distinguerne bene i contorni. Alzai le spalle e mi sedetti sulle scale, aspettandolo. Eravamo entrambi piuttosto veloci nel comprare roba, quindi non dovetti aspettare più di tanto. Infatti una decina di minuti dopo, il moro mi raggiunse, guardandosi in giro. Il negozio era cambiato parecchio negli ultimi tempi, e Syn era rimasto un po' scioccato dalle nuove sistemazioni. Non se lo aspettava, ecco. Uscimmo dal negozio e riprendemmo a vagare per la città, lasciando decidere dove andare ai nostri piedi. Tanto, essendo in procinto di iniziare la scuola e il lavoro, le persone si godevano la libertà, organizzando feste da tutte le parti. Sorrisi, camminando davanti a Syn. La città era davvero piacevole in questo periodo dell'anno, ma non ci avevo mai fatto molto caso, ad esser sincero. Quando ero più piccolo, passavo gli ultimi giorni ad aiutare i miei amici a fare i compiti, facendogli spesso copiare i miei. Non era una cosa di cui ero particolarmente contento, ma, non avendo molti amici, ero stato costretto a farlo. Probabilmente per Syn era stato diverso. Lui aveva più l'aria del ragazzo che copia i compiti all'ultimo momento, di quella di quello che li fa con calma il pomeriggio prima. Se ci fossimo conosciuti prima, avrebbe finito con il copiare tutto da me, come facevano praticamente tutti i miei compagni. Sorrisi, soddisfatto. Quei tipi non sapevano che sbagliavo apposta a scrivere o a fare i calcoli, giusto per far passar loro dei guai. Speravo che imparassero a farsi i compiti da soli, e alla fine lo capirono. Non cambiarono, tuttavia. Si limitarono semplicemente a cambiare vittima, scegliendo un ragazzo che abitava vicino a me.
Aggrottai la fronte, proseguendo. Non mi piaceva ripensare ai tempi della scuola, in quanto erano stati per me piuttosto brutti e noiosi. Focalizzai i miei pensieri su qualcos'altro, ad esempio il giorno successivo. Il pomeriggio saremmo dovuti partire per il tour, quindi bisognava ripreparare le valige e darci appuntamento con l'autista del pullman, per evitare fraintendimenti. Poi, che altro? Chiudere casa, mettere l'auto nel garage di condominio, chiamare i ragazzi e bla bla bla. Niente di che. L'avrei fatto quella sera stessa, senza troppa fatica. Mi voltai verso Syn, che mi guardò.
"Ci sono problemi?" domandò accigliato. Scossi la testa, aumentando la velocità per superare la puzza proveniente dal carretto dei kebab. Non mi piaceva l'odore di fritto, e di quel fritto in particolare. Pareva pensarla così anche parecchia altra gente, che se ne andava velocemente lontano dal carretto. Il kebabbaro non sembrava troppo contento della cosa, ma continuava a riempire i suoi panini come se la puzza non arrivasse da lì. Rallentai appena svoltato l'angolo, fermandomi a guardare la piazza. Una folla si era radunata vicino alla strada, e ogni tanto si udivano dei mormorii stupiti.
"Che c'è là?" domandò Syn, raggiungendomi.
"Non ne ho idea" ammisi. "Provo ad avvicinarmi". Mi avviai verso la massa di gente, ma non riuscii a passarvi in mezzo. Cercai di vedere oltre le spalle dei tipi davanti a me, ma fu tempo sprecato.
"Allora?" chiese il moro, vedendomi tornare.
"Non saprei" mormorai scrollando le spalle. "Sono troppo basso per vedere" spiegai, imbarazzato. Lui rise e si avviò verso la folla, trascinandomi con se.
"Hai ragione, non si vede niente" borbottò contrariato. Proprio in quel momento un applauso si levò dagli spettatori, che lanciarono anche qualche fischio. "Aspetta," disse Syn. "ho un'idea!" Mi girai a guardarlo, domandandomi che cosa volesse fare, e poi lui si accucciò a terra.
"Ma che diavolo..?" cominciai, alzando un sopracciglio.
"Avanti, salta su!" esclamò lui. "Se da soli non vediamo, in due ci riusciremo sicuramente" spiegò con un sorriso. Lo guardai incerto, e lui fece nuovamente cenno di salire. Riluttante, mi sedetti sulle spalle del moro, aggrappandomi con le mani alle sue spalle. "Pronto?" domandò.
"Aha" risposi sorridendo.
"E allora via!" esclamò lui, alzandosi di scatto. Oscillai qualche secondo, poi trovai un equilibrio e mi voltai verso la folla. Un uomo girava per la piazza sputando fuoco e facendo numeri con la spada.
"Ci sono i mangiafuoco" osservai. "Cioè, ce n'è uno solo, senza aiutante. Fa anche giochi con le spade" commentai.
"Bello?" chiese il moro, alzando la testa per guardarmi. Annuii, con un sorriso.
"Carino. La solita cosa da feste, anche se questo attira molta più gente dei suoi colleghi" dissi senza troppo stupore.
"Allora possiamo andare" annuì Syn, prima di girarsi e proseguire per la sua strada. Mi guardai intorno, sentendomi molto, molto alto. Pizzicai la guancia del moro e aspettai che si girasse, tranquillo. Anziché darmi retta, però, lui cominciò a correre, zigzagando per la strada. Gli ficcai le unghie nelle spalle, cercando di non cadere. Lui ridacchiò, schivando un tavolo all'ultimo secondo, e aumentando la velocità. Corse un po' in giro, mentre la gente ci guardava divertita. Inforcò quindi una via semi-deserta e sbucammo in un giardino enorme, pieno di piante di ogni tipo e grandezza.
"Wow" mormorai ammirato. "Di chi è?" domandai, guardando il moro. Lui si strinse nelle spalle, facendomi sobbalzare.
"Probabilmente di qualche riccone che ha montagne di soldi da spendere in giardineri" suppose lui. Annuii, guardandomi intorno. 'Proprio un bel posto, allegro e dai colori brillanti' osservai.
"Dubito che il padrone sarebbe contento di trovarci qui, comunque" commentò Syn. "Faremmo meglio ad andarcene" aggiunse, aspettando una mia risposta. Gli diedi ragione, e lui girò sui tacchi, portandomi fuori dal giardino.
"Non ti peso?" gli chiesi. Lui alzò la faccia e fece una smorfia.
"Affatto" ribatté. "Sei fin troppo leggero" aggiunse, stringendomi una mano.
"Tu dici?" domandai, guardandomi la pancia. Lui annuì, baciandomi la mano.
"Ancora un po' e mi voli via" esclamò, tanto per sottolineare il tutto. Sorrisi, mentre lui riprendeva a camminare. Mi piaceva vedere il mondo da lassù; mi illudeva di essere alto e grande, come i tipi che incontravo in discoteca dieci anni prima. Invece, per mia sfortuna, ero rimasto un gracile mingherlino, così poco pesante da poter essere portato sulle spalle da praticamente mezzo mondo. Almeno non dovevo preoccuparmi della dieta, mentre tutti gli altri stavano perennemente attenti alla linea. Sorrisi, immaginandomi Syn su una bilancia che lancia via una fetta di torta. Non mi sembrava proprio da lui.
Ad ogni modo, Syn mi scarrozzò in giro per un altro po', prima di essere fermato per degli autografi. Quando i fan se ne furono andati, gli chiesi di farmi scendere e lui si piegò. Scesi con un salto e mi sgranchii le gambe, sbadigliando. Mi guardai intorno, senza riconoscere il luogo, e mi avvicinai a una bancarella. Vendeva le solite cose: bracciali, collane, occhiali da sole. Tutte tamarrate al livello di Shannon Leto e Sebastian Bach, a essere sinceri.
"C'è un mercato, più in giù" osservò Syn. Annuii e mi avviai verso la fine della via, guardando la merce in vendita. Sempre le solite cose, pure lì. Mi sentii chiamare e mi voltai, andando a sbattere contro qualcuno.
"Scusi!" mi affrettai a dire, voltandomi.
"Sempre con la testa tra le nuvole, eh, Arin?" rispose il ragazzo di fronte a me.
"Johnny!" esclamai. "Non eri in vacanza?"
"Hai detto bene; ero. Sono tornato ieri sera, dopo un viaggio molto tranquillo. Tu, invece? Che ci fai qui?" domandò a sua volta.
"Cazzeggiamo" rispose Syn alzando le spalle. "Ciao, vecchio mio" aggiunse poi, sorridendo.
"Ma guarda chi si vede! Il grande Synyster Gates!" esclamò quello, fingendosi stupito. "Che ci fai, con questo comune mortale?" scherzò. Syn scrollò le spalle con un sospiro.
"Un'opera di carità, ogni tanto" borbottò con aria d'importanza. Feci una smorfia, spingendolo da una parte. Lui rise e tornò da noi. "Dov'eri finito?" domandò al biondo. Lui alzò le spalle e annunciò di essere scappato all'Isola Moai.
"Quelle teste sono enormi" esclamò, annuendo. "Ti giuro che erano più alte di me e Arin messe insieme" aggiunse. Annuii, impressionato. "Ad ogni modo, che avete fatto di bello in queste ulime due settimane, voi due?" chiese.
"Be', Arin mi ha fatto rompere con Cassidy, cosa che io non avevo le palle di fare, e poi... Poi sono dovuto andare a vivere da lui, dato che non mi andava di cercare un altro appartamento" disse Syn alzando le spalle. "Tre giorni fa l'ho portato su al lago, dato che voi stronzi eravate tutti dispersi e non avevamo niente da fare" concluse. Johnny annuì, sorridendo.
"Era ora che vi lasciaste" commentò. "Lei era una stronza" sottolineò, facendo una smorfia. Il moro annuì, mettendomi un braccio attorno alla spalla.
"Sì, be', quando sei innamorato non ti rendi conto di certe cose" disse a mo' di scusa. "Non me ne ero reso conto neanche dopo la nostra ultima litigata, ad essere sincero. Diciamo che non ho avuto molto altro da fare, quando Arin le ha mollato un pugno sul naso" rise.
"Le hai dato un pugno sul naso?! Non ci posso credere!" esclamò il biondo rivolto a me. "Il piccolo Arin che usa le mani! Sembra una barzelletta" commentò ridendo. "Era ora che qualcuno lo facesse" mormorai, leggermente imbarazzato.
"Sì, e in cambio un energumeno ti ha riempito di mazzate" scherzò Syn. Lo spinsi via con una smorfia divertita, mentre Johnny tratteneva le risate.
"Scusate, ma Arin che fa a botte proprio non ce lo vedo" ridacchiò.
"Infatti le prendeva e basta!" ribatté il moro, tornando alla carica. "Sono dovuto venir io a proteggerlo!"
"Oh, fanculo!" esclamai, fingendomi offeso. "Non mi sembra che tu abbia avuto molte possibilità di batterlo" sottolineai. "Quel tipo era enorme perfino per te".
"Sì, ma io l'avrei messo ko con la forza del pensiero!" fece lui, portandosi le dita sulle tempie.
"Ambe', allora" scherzai.
"Allora sarei uscito vincitore" ribatté lui con aria di importanza. Alzai gli occhi al cielo e mi rivoltai verso Johnny.
"Visto con che gente devo avere a che fare?" dissi con tono esasperato. Lui rise, aggiungendo che Syn non era mai stato normale. A quel punto, il moro spuntò da dietro le mie spalle e diede ragione al biondo, abbracciandomi il collo.
"Che ne dite se ci sediamo?" proposi, indicando un bar con il capo. Syn apprezzò l'idea e si avvicinò al locale, seguito da me e Johnny.
"Vado a comprare da bere" annunciò quindi il biondo. "Che volete?" domandò.
"Una birra" buttai lì.
"Anche per me" rispose il moro. Johnny annuì e scomparì nel baretto, sorridente.
"Poteri mentali, eh?" borbottai, voltandomi verso Syn.
"Eh be', sono pur sempre un supereroe" si giustificò lui. "E poi, quel tipo era davvero troppo per me" ammise, sottovoce.
"Pensa quanto lo era per me" sottolineai divertito. "Pensavo sarei morto con la testa schiacciata, in una marea di biscotti e sangue fresco" confessai, sorridendo leggermente.
"E invece sono arrivato io" concluse il moro. "Meglio, no?". Annuii. Decisamente meglio.
"A proposito, dov'erano tutti? Nessuno si è accorto di niente, stranamente" mormorai.
"Non saprei" borbottò Syn. "Era come se fossero tutti scomparsi" spiegò. Mi lasciai sfuggire un 'oh' e abbassai lo sguardo. Quel bestione aveva fatto scappare la gente come se fosse stato un uragano. Mi sorprese che Syn fosse tornato indietro a difendermi.
"Eccomi!" urlò Johnny, sventolando una birra e reggendone altre due con l'altra mano. Il moro si alzò e andò a dargli una mano, mentre io li aspettavo vicino al tavolo. Afferrai la birra che il biondo mi stava porgendo, e ringraziai, tornando a sedermi.
"E quindi..." cominciai. "Che ci racconti di bello?". Johnny scrollò le spalle e diede un sorso alla birra.
"Niente di che. Ho passato le ultime settimane in totale relax, completamente isolato dal mondo, e temo di essermi perso un sacco di cose" si lamentò.
"Zacky si è trovato una nuova tipa" lo informò velocemente Syn. "Si chiama Tyler, se non sbaglio. Mi pare siano in California, ora" aggiunse.
"Oh. E Matt?" domandò il biondo.
"Ha cominciato a frequentare una certa Val" buttò lì il moro. "Non mi sono impicciato più di tanto; ma, d'altronde, potrai chiederglielo tu domani, a inizio tour". Lui annuì, pensieroso.
"Tutto qui?" chiese poi. Syn scrollò le spalle.
"Più o meno" rispose. Johnny lo guardò accigliato.
"Più o meno?" ripeté. "Che altro c'è?" domandò, incuriosito.
"Sì, be', io e Arin ci siamo messi insieme" mormorò il moro, distogliendo lo sguardo. Johnny tacque qualche secondo, spostando lo sguardo da me a Syn, senza spiccicar parola. Arrossii leggermente e guardai per terra, stringendo la mano attorno alla lattina.
"Wow" disse lui, finalmente. "Non me lo sarei mai immaginato" commentò tra se e se, stupito. "Be', tanti auguri allora!" esclamò quindi, sorridendo. Mormorai un grazie e bevvi un sorso di birra, sollevato. Una persona in meno a cui 'confessarlo'.
"A questo punto, non credo ci sia altro da dirti" borbottò Syn, sorridendo.
"Meglio così. Troppe novità sono difficili da accettare" commentò il bassista, dando un sorso alla sua bibita. Il moro annuì, cambiando discorso. Parlammo del tour e delle nuove date per un po', poi Johnny ci avvertì che doveva proprio andare.
"Peccato" commentò Syn, mentre l'altro si alzava.
"Allora ci vediamo domani!" lo salutai io, sorridendo. Lui annuì e ci salutò allegramente, scomparendo poi nella folla.
"Mi pare l'abbia presa bene" se ne uscì quindi il moro. Annuii, mormorando un 'già'. Lui mi mise un braccio attorno alle spalle, posandovi sopra la testa. "Meglio così. Mi sarebbe dispiaciuto litigare con lui" mormorò. Sorrisi e, dopo un paio di minuti, mi alzai.
"Si sta facendo buio" osservai. "Sarà meglio trovare qualche posto dove mangiare". Syn annuì, dicendo che sapeva dove andare. Aspettai che si alzasse e mi lasciai guidare dal moro finché non arrivammo in un posto riparato, vicino al molo. Lui entrò nel locale e chiese un tavolo per due, poi uscì a chiamarmi.
"Che fai?" domandò raggiungendomi.
"Guardo il mare" mormorai senza voltarmi. "Guarda, si vedono i pesci nuotare" osservai, indicando un punto vicino a noi. Syn sorrise e si posizionò accanto a me, godendosi la scena.
"Molto carino" commentò dopo un po'. Annuii, posando la testa sulla sua spalla e guardando l'orizzonte. Che bel posto, che era. Molto suggestivo, e con un'ottima vista. Stavo appunto contemplando le alghe, quando il cameriere uscì e ci avvisò che il tavolo era pronto. Il moro mi prese per mano e mi portò dentro, scomparendo poi nei bagni. Dopo esserci lavati le mani, prendemmo posto e il cameriere arrivò a servirci. Ordinammo e ci rilassammo, aspettando che il cuoco cominciasse a preparare la nostra cena. Improvvisamente, una folata di vento fece sbattere una finestra. Il cameriere accorse subito a chiuderla, scusandosi, mentre un vecchio si alzò e tuonò: "Tuoni e fulmini! Fulmini e tuoni! Correte sottocoperta, marinai, correte! Sta arrivando una tempesta, ve lo dico io!". Detto ciò, si allontanò dal tavolo e uscì, sbattendosi la porta alle spalle. Nella sala calò il silenzio per qualche minuto, ma poi tutti tornarono a mangiare con una risata. Syn ridacchiò sotto i baffi, aprendo un pacco di grissini e mangiandosene uno.
"Ammainate le vele, corpo di mille balene! Arriva la tempesta!" esclamò mimando il vecchio marinaio. "Ci credo molto, infatti! In tv hanno detto che forse avrebbe fatto due gocce, figurati se ora scoppia una tempesta" commentò, sgranocchiando il grissino. Annuii, senza troppa convinzione. L'ultima volta che avevo guardato le previsioni era stato tre giorni prima, quindi per me potevano anche piovere polpette. Sorrisi, ripensando al film. Ero andato a vederlo con la mia fidanzata del tempo, Suzi. Una bella ragazza, anche se non  il mio tipo. Diciamo che mia madre ci aveva imposto di stare insieme, anche se, effettivamente, né io né lei ci eravamo mai considerati più di amici. Chissà come stava, dopo tutto questo tempo. Mi appuntai di chiamarla, prima o poi, e, chessò, di invitarla a bere qualcosa. Ad ogni modo, durante l'attesa prima del pasto, sia io che Syn ci perdemmo nei nostri pensieri, non pronunciando parola e dimenticandoci l'uno dell'altro per una quindicina di minuti, respirando un po' di libertà. A volte il silenzio riempie più delle conversazioni, e così, quando arrivò la cena, ci sentimmo come se avessimo parlato per tutto il tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


L'arrivo del cameriere mi risvegliò dai miei pensieri, facendomi cadere dalle nuvole. Farfugliai un grazie e mi voltai verso il mio piatto, mentre Syn faceva lo stesso. Mangiammo con calma, chiacchierando pacatamente e rubandoci il cibo di tanto in tanto. Dopo aver finito, pagammo il conto metà e metà, anche se Syn insistette per pagare tutto lui. Appena uscimmo all'aria aperta, una ventata di brezza marina ci investì, rinfrescandoci. Mi avvicinai al bordo del pontile, guardando il fondale e sporgendomi per riuscire a scorgere la sabbia.
"Che bel posto" mormorai, sorridendo.
"E pensare che è quasi sempre vuoto" commentò Syn. "A me piace, invece. Il mare, qui, è sempre diverso, e i pesci abboccano facilmente" aggiunse, appoggiandosi al bordo di sicurezza.
"Sei venuto a pescare qui?" domandai, voltandomi verso di lui. Il moro annuì, lo sguardo perso nell'orizzonte. "Non mi pare molto pulito, come posto. Siamo sempre vicini alla città" obiettai. Lui alzò le spalle, mormorando che i pesci li liberava sempre perché non gli andava di ammazzarli.
"Tenerone" lo apostrofai con una smorfia divertita. Lui rise sotto i baffi, voltandosi poi verso di me.
"Parla lui" ribatté alzando un sopracciglio. Feci una smorfia e gli baciai il naso.
"Hai visto che luna, stasera?" domandai, cambiando discorso. Lui annuì, mettendomi un braccio attorno alle spalle.
"Molto bella. Peccato per le nuvole, però. Fra poco copriranno tutto quanto, e non si vedrà più un cavolo" borbottò.
"Vuol dire che ce la godremo tutta noi" mormorai, inspirando l'aria di mare. "Ti va una passeggiata sulla spiaggia?" domandai, girandomi verso di lui.
"Perché no? Basta che non ti butti in acqua" acconsentì. Mi prese per mano e mi portò vicino un cespuglio, che nascondeva una scala di legno. "Da lì si arriva in spiaggia" mi spiegò. "È una di quelle umide, però. C'è stata da poco l'alta marea, quindi la sabbia è ancora un po' bagnata" aggiunse. Annuii, scendendo le scale con un salto. Mi avvicinai all'acqua e mi chinai per annusarne l'odore. Syn mi seguì, ma si fermò un po' più indietro e si sedette su una roccia.
"Dì un po', questa luce non ti ispira qualcosa?" domandò a un certo punto.
"Ad esempio?" dissi, sedendomi accanto a lui.
"Non saprei. Mi fa pensare, più che altro. Al tour, a Cassidy, a noi..." mormorò.
"L'unica cosa che mi viene in mente è che ti rende molto più bello del solito" borbottai, senza farci troppo caso.
"Ma sentilo!" esclamò Syn, abbracciandomi e baciandomi il collo. "Sei diabetico" sussurrò, stringendomi.
"Forse" ammisi, alzando le spalle. "È che mi ispiri amore, tanto amore" mi giustificai con un sorriso imbarazzato.
"Mi fa piacere" replicò lui, baciandomi il collo. "Tu mi ispiri sesso, invece" mormorò. Risi, arrossendo leggermente. "Scheeerzo. Però ogni tanto sì, desidero quel tuo bel culetto con tutto me stesso" aggiunse, baciandomi la schiena.
"Fammi indovinare, magari anche ora?" domandai, alzando un sopracciglio e voltandomi per baciarlo.
"Forse" ammise lui, schioccandomi un bacio sulle labbra. "Però preferisco aspettare. Non mi va di essere osservato dai gabbiani; e, soprattutto, non mi va di riempirmi le mutande di sabbia" spiegò accarezzandomi la guancia col pollice.
"Come vuoi" acconsentii, accoccolandomi sulle ginocchia del moro e lasciandomi stringere dalle sue braccia possenti. "È romantico qui" commentai dopo un po', posando la testa sul suo petto.
"Già. Scommetto che tante altre donnette sdolcinate la pensano allo stesso modo" ribatté lui. Gli allungai una gomitata e tornai a guardare l'oceano, mentre lui rideva sotto i baffi. "Dai, andiamo a casa" disse poi, accarezzandomi i capelli. "Comincia a tirar vento". Mormorai un ok e mi alzai, avviandomi verso la strada. Lui mi superò e mi fece cenno di seguirlo, poi prese una scorciatoia e sbucammo a duecento-trecento metri dal mio appartamento, in una piazzetta poco illuminata.
"Ancora pochi metri e siamo arrivati" annunciò lui, dandomi una pacca sul sedere. "Avanti, che dobbiamo scandalizzare i tuoi vicini" aggiunse, prendendomi in braccio e portandomi in giro come un sacco di patate. Risi, levandomi i capelli dalla faccia e scuotendo la testa, mentre il moro si avvicinava al portone. Infilò le chiavi e aprì la porta con un calcio, chiudendosela poi alle spalle. Girò velocemente su se stesso un paio di volte, e mi lasciai scappare un'esclamazione soddisfatta. Lui sorrise e si avviò verso le scale, salendo con calma gli scalini. Non cambiò espressione neanche quando incontrò la vecchia Hargrave, che ci aspettava fuori dalla sua porta. Non mi interessai troppo a lei nemmeno io, e non mi presi neanche la briga di salutarla, quando lei si voltò a guardarmi.
Continuai a ridacchiare come uno scemo, mentre Syn apriva la porta di casa e mi lanciava sul letto, sbattendo la porta in faccia alla mia vicina. Che andasse a farsi fottere, le avrebbe fatto solo che bene. Syn scivolò al mio fianco e cominciò a baciarmi, mentre io gli sfilavo la maglietta. Lui fece lo stesso, facendomi sedere sulle sue ginocchia e accarezzandomi il petto. Mi levai le scarpe con un gesto secco, senza staccare le labbra dalla bocca del moro, e posai le mani sul suo viso, accarezzandoglielo. Lui fece penetrare la lingua nella mia bocca e mi accarezzò il petto più velocemente, poi si sdraiò sul letto e cominciò a baciarmi sul collo. Emisi un gemito soddisfatto, facendo scivolare le mani lungo i suoi fianchi e slacciando il bottone dei suoi jeans. Glieli sfilai e posai le mani sui suoi boxer, mentre il moro, ansimando, me le premeva contro la sua erezione. 'Così presto?' mi domandai, massaggiandogliela. Poi mi abbassai e gli levai le mutande, baciandogli l'ombelico. Abbassai ulteriormente la testa, prendendoglielo in bocca. Mi sentii improvvisamente a disagio, ma ignorai quella sensazione e continuai, chiudendo gli occhi. Alzai quindi la testa, mentre il moro mi baciava la fronte e mi accarezzava i capelli.
"Lascia fare a me, ora" sussurrò, mordendomi delicatamente il labbro. Fece correre le mani lungo la mia schiena e i miei fianchi, baciandomi il collo e scendendo lentamente verso il mio petto. Mi sfilò quindi i pantaloni, leccandomi sensualmente la pancia e massaggiandomi in basso. Gemetti di piacere e lo baciai più volte, mentre lui continuava. Poi infilò una mano nei miei boxer e me li tolse, stringendomi a se. Quindi si staccò e mi leccò il petto, scendendo lentamente verso il basso, e stringendo una mano attorno al mio pene. Cominciò a tirare, finché, ansimante, non gli venni sulla mano. A quel punto, mi fece girare e mi accarezzò la schiena più volte, baciandomi la base del collo e leccandomi ogni tanto. Poi scivolò sopra di me, e potei sentire la sua eccitazione sulla pelle, mentre mi accarezzava e mi mordicchiava l'orecchio. Gemetti un'altra volta, mentre il dolore si mescolava al piacere e Syn cominciava a fare su e giù sulla mia schiena. Strinsi i pugni e ansimai, mentre lui si attaccava al mio corpo, baciandomi il collo e spingendo più giù possibile. Si alzò e si abbassò un paio di volte, quindi si staccò e mi penetrò un'altra volta. Urlai, invaso da dolore e piacere, mentre il cuore e il respiro di Syn aumentavano di velocità. Sentii le sue mani correre lungo la mia schiena e tirare i miei fianchi verso l'alto, aumentando il suo piacere. Si lasciò quindi sfuggire un gemito soddisfatto e mi baciò il collo, continuando ad andare più in giù. Rimanemmo ad ansimare per una decina di secondi, poi Syn si staccò definitivamente da me e si sdraiò al mio fianco, stringendomi a se. Quindi mi baciò in bocca, lasciando che le nostre lingue si sfiorassero, e mi accarezzò il collo con delicatezza.
"Ti amo" sussurrò tra i baci, tirandomi a se.
"Lo so" ribattei io, abbracciandolo e ricambiando le attenzioni.

Mi risvegliai verso le due del mattino, a causa di un tuono. Il corpo sudato di Syn giaceva accanto a me, abbracciato ai miei fianchi. Sorrisi e allontanai le sue mani, alzandomi. Aprii la finestra e chiusi le persiane, poi tornai a letto. Il moro mormorò qualcosa nel sonno e tornò ad abbracciarmi, mentre la pioggia cominciava a battere contro il vetro. Mi voltai verso Syn, cercando di ignorare il brutto tempo. Cosa inutile, perché il sonno mi era ormai passato. Chiusi gli occhi e poggiai la testa sulla spalla del moro, respirando il suo odore. Era mischiato al mio, ma allo stesso tempo puro e intaccato. Era inebriante, mi mandava su di giri. Mi strinsi a lui, baciandogli il petto. Sperai di addormentarmi presto, mentre la pioggia batteva con violenza sulla finestra, facendomi perder sonno. 'Merda!' imprecai tra me e me, stringendomi più forte a Syn.
"Che succede?" mormorò lui, senza aprire gli occhi.
"Niente. È solo la pioggia" risposi, allentando la presa. Lui annuì e mi strinse, baciandomi la fronte.
"Mmmhh..." borbottò con uno sbadiglio. "Faresti meglio a rilassarti un po'" osservò, baciandomi nuovamente. Annuii senza molta convinzione, ma lui si limitò ad accarezzarmi i capelli e a rimettersi a dormire. 'Stupida pioggia' borbottai silenziosamente, rigirandomi nelle lenzuola. Dopo un paio di minuti, mi alzai ed andai a prepararmi del latte caldo. Camminando al buio, inciampai nelle scarpe di Syn e caddi in avanti, affondando il volto nei nostri vestiti. Arrossii, mentre l'odore del moro penetrava nella mia mente. Mi rialzai velocemente, portandomi una mano alla fronte e cercando di pensare a qualcosa che non fosse il corpo nudo del moro, ma non ci riuscii molto bene. Camminai fino al lavandino e mi schizzai un po' d'acqua in faccia, scacciando l'ondata di calore che mi aveva travolto. Rimasi immobile qualche istante a respirare al buio, poi lasciai perdere il latte e m'infilai un paio di mutande, lasciandomi quindi cadere sul letto. Mi accoccolai accanto a Syn, la testa sul suo cuore e la mano sul suo petto, chiudendo gli occhi e sentendolo mormorare qualcosa nel sonno. In quel momento avrei proprio voluto  fosse sveglio, a dir la verità. Lui però non si svegliò, e mi lasciò solo con i miei pensieri finché non mi addormentai, un paio di minuti dopo.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Eccoci qua, primo giorno di tour e primo giorno di casini. Mi sono svegliato presto, intorno alle otto e mezza, a causa della chiamata di Johnny. In poche parole mi spiegò che a mezzogiorno avremmo dovuto trovarci all'entrata ovest del parco, dove il pullman ci avrebbe caricato e portato alla prima tappa, Seattle. Dovevamo portarci il pranzo e fare le valige, anche se ci saremmo probabilmente fermati a comprare un po' di roba per strada. Attaccai il telefono e scivolai giù dal letto, raccattando dei vestiti puliti e andando in bagno. Mi feci una doccia rapida e, dopo essermi asciugato i capelli, aprii le finestre per cambiar aria. Preparai velocemente la colazione per me, poi andai a fare le valige. Intorno alle dieci meno venti avevo finito tutto, quindi svegliai dolcemente Syn e gli portai la colazione a letto.
"Sembri una camerierina, sai? Di quelle capaci di rovesciarti il the in faccia se le fai arrabbiare, però" osservò lui, sbadigliando. Sorrisi sotto i baffi, alzandomi dal letto e dirigendomi verso la cucina.
"Cameriera?" mi chiamò poi, mentre trafficavo coi resti della mia colazione. Mi voltai verso di lui, alzando le sopracciglia. "Questo caffè è troppo amaro. Esigo un po' di zucchero, e anche del latte, già che ci sei" ordinò il moro con aria di importanza. Gli lanciai una bustina di zucchero in faccia, e lui ridacchiò. "Mi accontenterò" concesse con magnanimità, bevendo il suo caffè. Poi si alzò e mi raggiunse, abbracciandomi la vita.
"Sei poi riuscito a dormire, stanotte?" domandò. Annuii, finendo di asciugare la mia tazza. "Meglio così" sussurrò, baciandomi la guancia. Sorrisi, ricambiando il bacio.
"Ha chiamato Johnny" lo informai, mentre si vestiva. "Ha detto che a mezzogiorno dobbiamo andare al parco a prendere il pullman". Lui annuì, infilandosi i pantaloni.
"Dovrò fare le valige" osservò con una smorfia. Poi scrollò le spalle e si piegò in avanti, raccogliendo la sacca che aveva portato al lago. La aprì e tirò fuori una maglietta pulita e un paio di calze, che poggiò accanto a se.
"Non vuoi farti una doccia?" domandai indicando il bagno col capo.
"Per levarmi il tuo odore di dosso? Neanche morto" ribatté, facendomi sedere sulle sue ginocchia e baciandomi le labbra.
"Mmmhhh.. E gli altri, allora?" gli feci notare.
"Gli altri saranno invidiosi" concluse. Alzai gli occhi al cielo, mentre lui mi baciava il collo. Stemmo lì abbracciati un altro po', poi mi alzai e finii di lavare i resti della colazione. Syn, invece, fece il giro della casa e raccolse la sua roba, ficcando quella pulita nella valigia. Una volta finita l'operazione, ci si sedette sopra e la chiuse con un'esclamazione soddisfatta.
"Perfetto! E ora, dedichiamoci al pranzo!" disse alzandosi e dirigendosi verso la porta. "Vieni?" mi chiamò. Lasciai perdere i piatti e presi le chiavi, seguendolo. Lui aprì la porta e si fiondò giù per le scale, saltando gli ultimi due gradini. Io me la presi comoda, scendendo tranquillamente le scale e godendomi ogni secondo. Ancora poche ore e mi sarei lasciato quel posto e tutti i suoi brutti ricordi alle spalle per giorni, settimane, addirittura mesi. Dire che non vedevo l'ora è dire poco. Stavo letteralmente morendo dalla voglia di partire e non tornare mai più. E l'avrei fatto, se non fosse stato per la mia testardaggine e la mia convinzione che cambiar casa sarebbe equivalso a darla vinta a quegli stupidi omofobi. No, loro dovevano capire che i nostri cuori non erano 'sbagliati', che il nostro amore non era malato. Dovevano capire che c'era qualcosa oltre al semplice aspetto di un omosessuale, ad esempio dei sentimenti. Dovevano capire che i gay erano uguali a loro, in tutto e per tutto, se non per il sesso della persona che amavano. Dovevano capirlo. La consideravo come una missione, ormai. Una missione che andava completata, costasse quel che costasse.
"Avanti, sbrigati!" mi chiamò Syn, costringendomi ad accellerare il passo.
"Arrivo, arrivo" mormorai raggiungendolo. "Dove vuoi andare a comprare il cibo?" domandai. Lui scrollò le spalle, indeciso.
"Dove hai comprato i panini l'ultima volta?" propose.
"D'accordo. Ma prendiamo qualcosa di più di un panino, o ti ritroverò a rubare il cibo a Zacky o chi per lui" sottolineai. Lui rise, imbarazzato.
"Sì, è molto da me" ammise. "Ma stavolta lascerò in pace quel santo di Zacky e mangerò il mio, di pranzo" si ripromise. Sorrisi, prendendolo per mano e trascinandolo verso il bar.
"Non ci credo neanche un po', ma va bene" ribattei. Syn fece una smorfia divertita e disse che era cambiato, che si sarebbe trattenuto e che al massimo avrebbe mangiato il pranzo dell'autista. "Ah, perfetto, così ci ritroveremo a piedi!" scherzai. Lui scosse la testa, annunciando che non avrebbe toccato cibo che non fosse suo.
"Ehy, scherzo. Mangia il pranzo di chi ti pare" acconsentii con un sorriso.
"Ad ogni modo, mi comprerò anche un dolce, tanto per essere sicuri" borbottò Syn, avvicinandosi al bancone. Comprò quattro panini e due cornetti, accompagnati da due lattine di birra, e ritornò da me, tendendomi uno dei due sacchetti. "Ecco. Con questo, siamo a posto per tutto il pomeriggio" annunciò. "E, per consolidare il tutto, ci aggiungo pure questi due cioccolatini che mi ha regalato il commesso del lago, qualche giorno fa" aggiunse orgoglioso. Sorrisi, prendendo il sacchetto e ringraziando il moro. Quindi uscii dal negozio e lui mi seguì, trotterellando al mio fianco. Dopo una manciata di minuti, raggiungemmo la macchina e vi salimmo, senza allacciare le cinture.
"Dove andiamo?" domandò Syn, voltandosi verso di me.
"La Synyster Mobile deve andare in garage" spiegai. "Non voglio che qualcuno ne rubi un pezzo o la rovini perché è stata ferma per troppo tempo" mi giustificai. Il moro annuì con un 'capisco' e poi tirò su i finestrini, continuando però a guardar fuori. Portai la macchina nel garage condominiale e la parcheggiai, dirigendomi quindi verso l'ascensore. Il locale era vuoto, e il rumore dei nostri passi echeggiava tra le pareti spoglie. Non era un posto molto allegro, in realtà, ma almeno la mia auto era al sicuro.
"Ciao, tesoro" mormorò Syn alla mia auto, ondeggiando la mano come segno di saluto. Alzai gli occhi al cielo e lo spinsi nella cabina dell'ascensore, mentre le porte cominciavano a chiudersi.
"Andiamo, eroe!" esclamai, uscendo sul pianerottolo e dirigendomi verso casa. Lui mi seguì, guardandosi intorno.
"Non torneremo qui per un bel po' di tempo" osservò. Annuii, sorridendo. "Peccato. Avrei voluto fare due chiacchiere con quella vecchia pazza che ti ritrovi come vicina" borbottò, lanciando un'occhiataccia alla sua porta.
"Ne avrai più che l'occasione, credimi" ribattei, salendo le scale. Stavo appunto aprendo la porta, che l'anziana signora uscì da casa sua. "'Giorno, signora Hargrave" la salutai, secco. Lei mi fulminò con lo sguardo, ignorando i saluti.
"Spero vi rendiate conto di quello che siete" sibilò.
"Due bei ragazzi? Sì, ce ne rendiamo conto" replicò Syn, pacifico. La vecchia lo guardò male, socchiudendo gli occhi finché essi divennero due piccole fessure.
"Non dire fesserie, moretto. Sai benissimo cosa intendo" rispose acidamente.
"Pensavo che Dio ci insegnasse che fossimo tutti fratelli, qualunque fossero state le nostre scelte nella vita" osservò il ragazzo.
"Dio non vuole che sul suolo del suo pianeta camminino pazzi come voi" gracchiò la signora.
"Se Dio non ci vuole, può anche ammazzarci, non crede?". La vecchia tacque, rossa in volto.
"Dio non vi ammazza solo perché non vuole sporcarsi col vostro sangue!" screpitò.
"Probabilmente il motivo per cui lei è ancora qui è lo stesso" ribatté il moro, sorridendo.
"Brutto figlio di...!" esclamò la donna. "Come ti permetti?!"
"Come si permette lei, a insultarci in questo modo e pretendere di avere ragione?! Mi ha sempre trattato con gentilezza e rispetto, finché non mi ha visto in giro con Syn! Non ha mai dubitato di me, della mia normalità, finché non ha visto lui. L'unica cosa che le ha fatto cambiare idea sul mio conto sono i suoi pregiudizi del cazzo, che vengono prima di tutto, per lei! Prima della religione, del rispetto, della fratellanza, vengono i suoi pregiudizi nei confronti dei gay, dei poveri e dei drogati. Giudica gli altri senza conoscerli, o fingendo di dimenticare tutto di loro, ma non permette che la cosa sia fatta a lei! Prima di giudicare noi, si guardi un attimo allo specchio! Chissà, forse capirà di non essere quella simpatica creatura che crede!" sbottai. Lei mi guardò colpita per qualche secondo, poi avvampò e si sbatté la porta alle spalle.
"Buona giornata!" la salutò poi Syn, scuotendo la mano. Entrammo a casa e chiudemmo la porta, per poi riaprirla e scendere le scale con due valigioni sotto braccio. Ci dirigemmo verso la fermata dell'autobus e montammo sul 130, accomodandoci alla fine del veicolo. Non c'era molta gente, quindi potemmo mettere le valige accanto a noi.
"Non vedo l'ora di vedere i ragazzi!" mormorò Syn, spaparandosi sul sedile. "Mi sembrano passate ere dall'ultima volta che li ho visti" aggiunse con un sospiro. Posai la testa sulla sua spalla, accarezzandogli la mano.
"Manca poco ormai" sussurrai.
"Già" annuì lui. "Non sto più nella pelle".

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Incontrammo i ragazzi verso mezzogiorno meno dieci, quindi potemmo salutarli con calma e chiacchierare qualche minuto, prima che l'autista ci facesse salire. Il termine pullman non era abbastanza per definire il veicolo: esso era infatti grande circa il doppio di un normale pullman, ma con sole cinque o sei sedie. Il resto dello spazio era occupato dalle cuccette, dal bagno e da uno scompartimento per il cibo.
"Wow!" esclamai, mettendo piede sulla vettura.
"Si vede che è la tua prima volta qui" sorrise Johnny. "Abbiamo avuto tutti la tua stessa reazione quando abbiamo visto questo posto per la primissima volta. Col tempo ti ci abitui, anche se è davvero una meraviglia" mormorò compiaciuto. 'Già, è vero!' esclamai tra me e me. 'L'altra volta abbiamo preso solo aerei e taxi per arrivare dove dovevamo suonare. Questa volta mi farò tutte le tappe via pullman, invece' ragionai. Diedi un'altra occhiata in giro, mentre il mio cervello si adattava pian piano all'idea che quella sarebbe stata la mia casa per le prossime 3 settimane, prima di volare in Europa.
"Che te ne pare?" mi domandò Matt, dopo che il pullman si mise in viaggio.
"È una figata! Non sono mai stato su una roba del genere prima d'ora" risposi sorridendo. Matt sorrise a sua volta, guardando davanti a se.
"Ho la netta sensazione che questo tour sarà divertente" commentò.
"Lo spero. Sinceramente sono un po' preoccupato per gli show" ammisi. "Essere il sostituto di Rev non è esattamente una cosa facile. Quando la gente mi guarda, vede solo un rimpiazzo per uno dei più grandi batteristi dei nostri tempi, non una persona che si sta impegnando al massimo per svolgere il suo compito" continuai. "Ho paura che i vostri fan non mi accettino. So che è stupido, me lo sono detto anch'io, però non riesco a non sentirmi inferiore, a levarmi dalla testa l'idea di essere solo un tappabuchi per loro; un qualcuno che gli fa pensare che i loro idoli hanno smesso di soffrire per la perdita di una delle più grandi persone che abbiano mai visto in vita loro e che non rivedranno mai più" sospirai.
"Be', se è per questo, ti capisco. Perdere Rev è stato difficile, ma volendo andare avanti, abbiamo dovuto pensare a un nuovo batterista. Certo, la cosa può sembrare insensibile a molti, ma è quello che avrebbe voluto lui. Non deludere i nostri fan e farli felici come loro hanno fatto felici noi. Sapevamo che aggiungere un membro alla band sarebbe stato malvisto da molti, ma, credimi, era necessario. So che ti senti in colpa e che ti vedi come un rimpiazzo, ma non dovresti. Non abbiamo mai pensato di rimpiazzare Rev e non lo penseremo mai; per noi sei un membro della band a tutti gli effetti ormai, ma non uno stupido rimpiazzo. E i nostri fan dovrebbero capirlo e accettarlo, visto che Rev non tornerà e tu sei destinato a restare" sorrise lui.
"Grazie" mormorai. "Scusa, non volevo farti cominciare il tour con questi pensieri" sussurrai, abbassando lo sguardo.
"Guarda che ti capisco, sai? Essere il successore del mio migliore amico non è mica facile" mi tranquillizzò lui. "E poi, le partenze ci deprimono sempre un po' tutti" ammise con un sorriso. Sorrisi a mia volta, sollevato.
"Arriveremo a Seattle domani mattina. Ti conviene trovarti qualcosa da fare" mi avvertì, posandomi una mano sulla spalla e dandomi una pacca. Annuii e mi appoggiai al vetro, mentre lui se ne andava. Cominciai a mordermi il labbro, guardando fuori dal finestrino e facendo correre lo sguardo da una parte all'altra della strada. Ero agitato, nonostante le belle parole di Matt. Ma d'altronde, essere agitati era da me, quindi ci ero, in un certo senso, abituato.
"Malinconico, eh?" esclamò Zacky tutto d'un tratto. "Non ti preoccupare, fra un paio d'ore passa. È sempre così le prime volte: ti manca la ragazza, non ti senti all'altezza, ti ricordi del mega panino abbandonato sul tavolo del salotto... -e qui tacque per qualche secondo- Ma poi ci pensa l'adrenalina a scacciar tutto! Tu rilassati, e ti ci abituerai presto" ciondolò aprendo una lattina di birra. "All'inizio anch'io ero tutto spaventato dalla cosa, ma poi ho capito che era inutile. Ogni singolo dettaglio è curato dal nostro manager, ogni decisione è presa per il nostro bene e ogni birra nel frigo bar è per noi. Potremmo essere più tranquilli? Non vale proprio la pena di preoccuparsi, credimi. Dopo l'ansia iniziale, tutto fila liscio come l'olio, e puf!, senza che tu nemmeno te ne accorga, sei già a metà tour!" gongolò, dando un sorso alla sua birra. "È una bella vita, se sai come divertirti" commentò.
"Già... Credo che mi troverò bene.." sorrisi.
"'Credo'? Certo che ti troverai bene! Ti faremo uscire il cervello dalle orecchie a forza di risate!" esclamò Zacky, dandomi una pacca sulla spalla. Poi bevve un altro po' di birra e si alzò. "Ora scusami, ma devo andare a rompere i coglioni a Matt. Scommetto che sta di nuovo pensando a quella Val.." borbottò. "Be', ciao!" mi salutò nuovamente. Che tipo strano. Mi aveva rasserenato, però. In effetti, quel tour era per me una benedizione in tutti i sensi: non solo sarei potuto restare vicino a Syn, ma avrei anche guadagnato dei soldi facendo la cosa che mi piaceva più al mondo. Regalare emozioni agli altri... È per questo che ero diventato un musicista. Volevo che la mia musica comunicasse qualcosa e aiutasse le altre persone, proprio come la musica dei miei idoli aveva fatto con me. Non essendo un genio con le parole, lasciavo che le note parlassero per me, come d'altronde avevano sempre fatto. Sin da piccolo mi ritrovavo in quello che dicevano i miei artisti preferiti, ma che io non avrei saputo ripetere in altro modo. Era come se loro cantassero di me, della mia vita, delle mie paure, anche se non mi conoscevano. Era una cosa fantastica. Era per questo che avevo voluto imparare a suonare uno strumento, anni prima. Avevo deciso che sarei diventato importante per qualcuno, che sarei riuscito ad aiutare qualche ragazzo con solo il suono di una corda. Più andavo avanti con gli Avenged e più mi avvicinavo al mio sogno, e questo tour era solo la prova tangente della mia vicinanza. Syn, i ragazzi, tutto quanto... Facevano parte del mio sogno, o per meglio dire, erano il mio sogno. Viaggiare con una band e fare arrivare i miei pensieri a tutti gli altri... Non era quello che avevo sempre sperato? Eppure mi sembrava tutto così irreale, assurdo. È strano, quando desideri una cosa per anni e poi te la ritrovi tra le mani. Il tuo primo pensiero è di felicità, ma poi ti chiedi se quello è davvero ciò che volevi, che hai sognato per tutto quel tempo. È una sensazione strana, ti trovi a dubitare dell'unica cosa certa della tua vita, domandandoti se ne è davvero valsa la pena. Quella volta è stato diverso. L'unica cosa che sentivo era gioia, ogni dubbio era scomparso. Ce l'avevo quasi fatta. Ancora poco e il desiderio su cui avevo basato la mia intera esistenza si sarebbe avverato. Dovevo solo riuscire a farmi accettare dagli altri fan, e da lì sarebbe andato tutto liscio.
'Tieniti forte, Seattle, sto arrivando' fu il mio ultimo pensiero, prima di addormentarmi.

Il pomeriggio volò via veloce. Dormii solo per una mezz'oretta, e passai il resto del tempo a chiacchierare con Johnny e gli altri. Giocammo anche a carte, a un certo punto, ma ci arrendemmo uno dopo l'altro, senza sforzarci più di tanto per rimanere in gioco. Decidemmo di tirare fuori una cartina stradale e controllammo la distanza tra le varie tappe, per vedere quanto tempo avremmo passato sul pullman e quanto sulla terraferma.
"Potrebbe essere peggio" commentò Johnny. Matt annuì silenziosamente, mentre faceva scorrere il dito da una località all'altra.
"Mmh.." mormorò. "A me non dispiacerebbe farmi un bel tour di Seattle, a essere onesti"
"A chi dispiacerebbe?" ribatté Zacky. "Seattle è la casa del grunge, no? C'è sempre qualcosa da imparare sul genere, e chissà che non ci venga un po' d'ispirazione per una nuova canzone" gongolò.
"Già, hai ragione. Potremmo anche andare a dare un'occhiata alla sede della Sub Pop, tanto per vedere l'etichetta che ha lanciato Soundgarden e Nirvana" propose Johnny.
"Mi pare una bella idea" commentò Syn. "Tu che ne pensi, Arin?"
"Sarebbe fantastico" sorrisi.
"Allora è deciso!" esclamò Zacky. "Vado ad avvertire l'autista" annunciò, allontanandosi. Noi rimanemmo in silenzio per un po', Matt che osservava la carta, Johnny che sbadigliava e Syn che cercava di capire dov'eravamo. Sorrisi, tranquillo. Un po' di calma non mi faceva certo schifo, visto che dal giorno dopo non ne avrei avuta più. Mi alzai e mi avvicinai al finestrino, spostando lo sguardo da una macchina all'altra.
"Yellow car!" esclamò Syn dandomi un pugno sul braccio.
"Ow! Ma che fai?" sbottai massaggiandomi il punto colpito.
"C'era una macchina gialla" si giustificò lui alzando le spalle. "Dovevo colpirti" aggiunse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"Oh. Credevo funzionasse solo coi maggiolini" mormorai.
"Sei rimasto indietro coi tempi" scherzò il moro, dandomi una pacca sulla schiena.
"Eh già. Posso chiederti una cosa?" feci, voltandomi verso di lui.
"No" ribatté con una smorfia divertita. Alzai gli occhi al cielo, sospirando. "Okay, va bene. Spara pure" acconsentì lui.
"Troppo buono, maestà. Come pensi di dire ai ragazzi che stiamo insieme?" domandai. Lui tacque per qualche secondo.
"Non ne ho idea. 'Ciao ragazzi, io posso scoparmi Arin quando mi pare perché è di mia proprietà' è okay, secondo te?" Gli diedi una spinta, divertito.
"Dico sul serio. Lo scopriranno senza dubbio, quindi tanto vale dirglielo" replicai.
"Boh, pensavo di dirglielo una volta ubriaco" commentò lui. "I discorsi migliori li faccio quando bevo troppo" si giustificò. Alzai gli occhi al cielo, allegro. Syn sorrise sornionamente, baciandomi la guancia. "Non farti troppi problemi. L'inizio del tour è sempre tremendo, le prime volte. Fra qualche ora ti abituerai all'idea e smetterai di preoccuparti per tutto" sorrise. "Anche se, conoscendoti, non smetterai affatto di farti le seghe mentali" aggiunse scuotendo la testa.
"Pff! Smetterò di pensare a tutto solo per provarti il contrario" ribattei divertito.
"Ci crederò quando lo vedrò" scherzò lui, alzando le sopracciglia. "Nah, scherzo. È meglio che uno dei due resti coi piedi per terra, e sappiamo entrambi che quel qualcuno non potrei mai essere io" ammise. "Penserò io a tutto, comunque. Ho più familiarietà con questo tipo di cose e con questo tipo di vita. Tu pensa solo a idolatrarmi, okay?" Poi mi passò la mano tra i capelli e si spaparanzò sul suo sedile, tirando fuori un libro.
"Aspetta... Tu leggi?" feci, fingendomi stupito. Lui mi sbatté scherzosamente il libro sul muso, tornando poi a sfogliarlo.
"È una guida ai fast food, alle rosticcerie e a quella roba lì" spiegò. "Ho una gran voglia di vaccate. E poi tu devi mettere su peso se vuoi suonare senza morire nel bel mezzo del concerto" sottolineò. Finsi un sospiro seccato e mi girai, tornando a guardare il panorama. Erano tutti ossessionati dal mio peso, ultimamente. Perfino la madre di Syn aveva preso a chiamarmi 'mucchietto d'ossa' prima che partissimo. La cosa mi dava un po' fastidio, perché tutti mi trattavano come un bambino e cercavano di ingozzarmi fino a farmi scoppiare, senza curarsi del fatto che io normalmente mangiavo anche più di loro. Però non mi infastidiva quando era Syn a insistere affinché mangiassi; anzi, lo trovavo carino. In un certo senso, era come sapere che gli interessava davvero come stessi. Certo, esagerava, proprio come esageravo io con le frasi carine, ma era sempre meglio di niente. Mi voltai verso di lui e lo guardai leggere, finché lui non si girò a guardarmi. Alzò un sopracciglio e sorrisi, lanciandogli un bacio e rimettendomi a guardare fuori dal finestrino. Sapevo di sembrare come una stupida ragazzina innamorata, ma non potevo farci niente. Il mio corpo era troppo piccolo per contenere tutto il mio amore, che tra l'altro era sempre più forte. "Tempo stasera e lo sanno tutti" sussurrai, fissando l'orizzonte. "Ci scommetto la testa".

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Il resto della giornata passò relativamente senza troppi pensieri. Ci fermammo a cenare in un piccolo pub sulla strada, in cui Matt, Syn e Zacky si ubriacarono fino al midollo, e in cui scoprii che l'autista del pullman era un uomo molto simpatico. Non potendo bere alcool, si teneva sveglio a forza di caffé, e fu ben lieto di aver qualcuno con cui parlare, anche per pochi minuti. Johnny era quasi sempre della sua stessa opinione e questo li fece avvicinare abbastanza, anche se nessuno dei due avrebbe mai invitato l'altro a bere qualcosa al di fuori delle serate di viaggio.
"A proposito, Arin" cominciò il biondo, approfittando del fatto che l'omone era al bagno, "come va con Syn?". Scrollai le spalle, mormorando un 'come al solito' e gli domandai perché. "Be', sai, tutte le voci sul Synacky che girano hanno un po' di fondamento. Quando sono ubriachi, a volte quei due vanno un po' oltre i limiti dell'amicizia" spiegò, osservando la mia reazione.
"Oh" esclamai piuttosto silenziosamente. "Syn è grande e vaccinato, può fare quel che vuole" mormorai qualche secondo dopo. Johnny mi squadrò qualche istante, alzando le sopracciglia. "Non credere che non mi importi" mi affrettai ad aggiungere. "Credo che lui debba avere il suo spazio, però. Siamo stati sempre insieme per giorni, ed è un bene che lui stia con altre persone per un po' di tempo. La routine annoia" sorrisi. Lui annuì, lanciando uno sguardo a Matt.
"Io morirei di gelosia" borbottò poi. "Per fortuna non ho questi problemi, o impazzirei" Risi sotto i baffi, cercando di immaginarmi Johnny così geloso da dare di matto davanti alla sua ragazza. Interruppi i miei pensieri in quel momento, visto il ritorno dell'autista.
"È ora di ripartire, ragazzi" ci avvisò con fare gentile.
"Perfetto" commentò il biondo.
"Vuoi aiuto con gli altri?" domandai indicando gli ubriachi con la testa.
"Nah, so come prenderli. Sta a vedere" disse l'omone, facendomi l'occhiolino e voltandosi verso i tre. "Ehy ragazzi! Vediamo chi raggiunge prima il pullman!" gridò, avvicinandosi le mani alla bocca. Pochi secondi dopo Matt mi sfrecciò accanto, urlante. A lui seguì Zacky, e quindi Syn. Entrai per penultimo, subito prima che l'autista salisse e chiudesse le porte del veicolo. Rimasi a guardare gli ubriachi con Johnny, mentre l'uomo ricominciava a guidare. Erano divertenti, da osservare. Pure nella loro ubriachezza avevano una logica, e quello che facevano lo facevano per ottenere un determinato scopo. Guardandoli così, a prima vista, avresti detto che erano ubriachi solo a causa dell'odore penetrante di alcool di cui erano ormai impregnati, non per le loro azioni, che erano, tutto sommato, abbastanza normali. Matt continuava a ridacchiare e rotolare da qualche parte, Zacky cercava di avvicinarsi a Syn ma non faceva altro che cadere, e il moro rimaneva seduto a fissarli e ridere. Ogni tanto lanciavamo loro una palla o qualcosa del genere, per testare le loro reazioni e i loro riflessi, ma ci stancammo abbastanza presto. Il cantante si sarebbe ammazzato pur di recuperare l'oggetto, ma Zacky se ne sbatteva altamente e si limitava a toccacciare la guancia di Syn finché quest'ultimo non lo mordeva, irritato. Lui, a quel punto, avrebbe cominciato a stuzzicargli il naso fino a essere schiaffeggiato, senza comunque fermarsi. Il gioco continuò per un quarto d'ora o giù di lì, senza che dicessimo niente al riguardo. Ad in certo punto, però, una pallina di carta finì in testa a Syn, che si accorse finalmente della nostra esistenza e ci si avvicinò, barcollando da una parte all'altra della stanza.
"Sciao" mormorò, lasciandosi cadere davanti a noi. "Come va?" domandò con un sorriso ebete.
"Non c'è male" rispose Johnny, scrollando le spalle.
"Idem" commentai io.
"E il tuo gemello?" domandò ancora Syn, indicando un punto accanto a me.
"Oh, sta bene pure lui" lo rassicurai. "Dice che fa un po' caldo, però" aggiunsi con aria divertita.
"Oh! Allora dobbiamo raffreddarlo!" esclamò il moro, cercando conferma negli occhi di Johnny.
"Lo raffreddo io, non ti preoccupare" mormorò il biondo. "Così potremo finire di parlare, giusto, amico?" fece al mio 'gemello'. Poi sorrise e finse di accompagnarlo al bagno, scomparendo dalla mia vista.
"Avresti dovuto dirmelo che avevi un fratello" biascicò il moro, cercando un equilibrio.
"Già, hai ragione, scusa" sorrisi.
"Ti perdono giusto perché sei bello" mormorò cercando poi le mie labbra. Dopo avermi baciato, si staccò da me e mi guardò soddisfatto. "Mi piaci" commentò, vacillando.
"Anche tu mi piaci" ribattei dolcemente.
"Oh" rispose semplicemente Syn, mettendosi poi a giocare con i lacci della sua scarpa. Lo osservai per un po', ma poi decisi di andare a dormire e lasciarlo con Matt e Zacky. Lo aiutai ad alzarsi e lo sorressi mentre, barcollando, si avvicinava ai suoi amici.
"Wei" li salutò, inciampando sui suoi stessi piedi. "Anche voi avete dei gemelli?" domandò, sorridendo al muro. Matt annuì allegro, presentando il suo nuovo fratello al moro e chiedendogli notizie del suo. Non so che fecero dopo, perché li abbandonai e andai a salutare Johnny, annunciandogli che sarei andato a dormire poco dopo. Lui mi salutò e disse che avrebbe seguito presto il mio esempio. Presi il letto in alto, visto che non lo voleva nessuno, e dato che gli ubriachi non sarebbero riusciti a raggiungermi lassù. Faceva abbastanza caldo, in realtà, quindi dormii solo con maglietta e boxer, lasciando il letto intatto. Mi addormentai dopo neanche dieci minuti, e dormii profondamente fino al mattino dopo, quando mi svegliai abbracciato a Syn. Come riuscì ad arrivare fin lassù era per me un mistero, visto che avevo fatto fatica a salirci io, che ero anche sobrio. Lo guardai qualche secondo, intontito. Puzzava ancora un po' d'alcool ed era in mutande, abbracciato stretto al mio braccio. Mi girai quanto la posizione in cui Syn si trovava mi permetteva, e notai che nel letto di sotto dormiva Matt, vestito di tutto in punto e decisamente puzzolente di alcool. Sentivo il respiro di Zacky, ma non riuscivo a capire da dove provenisse - probabilmente si era addormentato per terra ed era finito ai piedi del muro. Johnny invece passeggiava tranquillo su e giù per il pullman.
"Johnny!" lo chiamai, sottovoce. Lui mi sentì e si avvicinò.
"Ehilà! Dormito bene?" mi salutò con un sorriso. Annuii qualche volta, mentre lui arrivava vicino al mio letto.
"Senti, come ci è arrivato lui, qui?" domandai indicando Syn con la testa. Il biondo aggrottò la fronte, stupito.
"Non ne ho idea" rispose scrollando le spalle. "Però faresti meglio a scendere, prima che ti vedano gli altri" commentò, dando un'occhiata furtiva in giro.
"Fosse facile. Questo non mi lascia manco se lo prendo a calci" borbottai, cercando inutilmente di allentare la morsa del moro. "E se lo svegliassimo?" proposi.
"Proviamo" acconsentì il mio amico, scrollando la schiena di Syn. Quest'ultimo mormorò qualcosa nel sonno, avvinghiandosi ancora di più al mio braccio. Mi lasciai sfuggire un gemito di dolore, e Johnny mi chiese scusa con gli occhi. Aspettammo qualche secondo, poi provai io. Lo chiamai qualche volta, poi cominciai a scrollargli animatamente la spalla. Dopo un paio di tentativi, il moro aprì gli occhi.
"Che c'è?" borbottò, gli occhi socchiusi e i capelli scompigliati.
"C'è che mi stai ammazzando un braccio" lo informai. Lui mi lasciò il braccio, cercando qualcos'altro da abbracciare. Mi scansai appena in tempo e scesi giù dalla cuccetta con un salto. Ringraziai il biondo dell'aiuto e mi infilai un paio di jeans, mentre Syn mi osservava stancamente.
"Arin.." mi chiamò con voce addormentata.
"Sì?" sorrisi, voltandomi verso di lui.
"Ti ho sbavato sulla maglietta" mi fece notare, prima di girarsi e rimettersi a dormire. Mi levai la maglia e finii di cambiarmi, poi mi avviai verso Johnny, inciampando sul corpo di Zacky. Imprecai e mi rialzai, mentre il ragazzo continuava a dormire beato. Lo superai, guardando bene dove mettevo i piedi, e raggiunsi velocemente il biondo, che stava controllando la mappa.
"Ancora qualche ora e arriviamo" annunciò sorridente.
"Fantastico. Anche se dubito che gli altri si godranno Seattle come noi" osservai. Johnny alzò le spalle, tranquillo.
"Se la son cercata" borbottò con uno sbadiglio. "Probabilmente stasera faranno la stessa cosa, dopo il concerto" commentò, sfogliando la cartina. Mi voltai a guardare i ragazzi, spostando lo sguardo da Matt a Zacky, e infine a Syn. Dormivano tutti, senza dare segni di volersi svegliare.
"Fanno sempre così?" domandai.
"Sì, be', più o meno" farfugliò lui. "Diciamo che non rifiutano mai della birra, se possono" sorrise. "Però quando si tratta di musica, non c'è nessuno più serio di loro, credimi" aggiunse poi, compiaciuto. Sorrisi a mia volta, annuendo. Rimanemmo in silenzio un paio di minuti, poi Johnny tirò fuori un depliant e cominciammo a decidere dove andare appena scesi dal pullman. Il che fu abbastanza difficile, visto che i posti da vedere erano tanti e il tempo poco, ma riuscimmo comunque a stendere un programma che avrebbe probabilmente soddisfatto tutti. Compiaciuti del nostro lavoro, ci rilassammo su due poltrone a fagiolo in compagnia di due birre e chiacchierammo un po'. Dopo qualche attimo di silenzio, più o meno dopo che la conversazione era terminata da cinque minuti, mi alzai e presi la mia PSP, riprendendo l'ultima partita. Il biondo, dal canto suo, si mise le cuffie e si perse nel suo mondo, lasciandomi giocare in pace. Rimanemmo a farci gli affari nostri per un'ora o giù di lì, finché gli altri non si svegliarono e decisero di venire a infastidirci. Misi da parte la console prima che Zacky riuscisse a metterci le mani sopra e feci spazio a Matt, che voleva sedersi.
"Allora, che si fa oggi?" domandò, spaparanzandosi accanto a me.
"Abbiamo un programma" annunciò Johnny, tirando fuori il foglio e facendolo passare tra i ragazzi.
"Mi sembra vada bene" commentò Syn, mentre i rimanenti due musicisti annuivano. Allungò quindi il foglio al biondo, che lo piegò e se lo ficcò in tasca.
"Arriveremo in città tra venti-trenta minuti" li avvertii. Loro annuirono, allegri.
"A proposito, non è che qualcuno ha un'aspirina o qualcosa?" domandò Zacky, portandosi una mano alla tempia.
"Dovrebbe essercene un pacco qua dentro" commentò Johnny, che si era messo a frugare nel cassetto delle medicine. "Ecco, tieni" aggiunse poi, lanciandoglielo. "Danne un po' anche a quegli altri due polli" fece con tono autoritario. Zacky annuì e fece passare il pacco, ridandolo al biondo una volta che tutti ne avevano usufruito. Mezz'ora dopo, i tre erano di nuovo a far casino nel retro del pullman, interrompendosi ogni tanto per vomitare. Io mi sentivo un po' a disagio, quindi mi sedetti accanto all'autista e rimasi accanto a lui finché non arrivammo. A quel punto, mi alzai ed andai a avvertire gli altri che potevamo scendere, spostandomi giusto in tempo per evitare Zacky, che si stava fiondando fuori dal veicolo. Fu l'unico a scappar fuori in quel modo, quindi dovette aspettare qualche minuto prima che arrivassimo.
"Avete 6 ore, ragazzi" ci avvertì l'autista quando gli passammo accanto. "Non tardate, mi raccomando" sottolineò con aria seria. Poi le porte si chiusero e lui scomparve all'orizzonte, lasciandoci in uno spiazzo spoglio pieno di macchine. Dopo aver consultato la mappa, ci dirigemmo verso la prima tappa del nostro tour cittadino, e tra grida e schiamazzi scomparimmo nel traffico.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Il tour di Seattle fu bellissimo. Vedemmo i posti più importanti per la cultura grunge e visitammo i locali in cui i Nirvana di Kurt Cobain avevano fatto i loro primi show, sotto la direzione della Sub Pop. Il giro fu molto interessante, e tutti quanti ci ritenemmo soddisfatti del tempo speso. Terminammo il tour con una tappa in gelateria, poi ci avviammo verso il luogo del concerto. Saremmo entrati da un'entrata secondaria, nascosta dai camion per le attrezzature, e saremmo usciti su un'ambulanza, fingendoci fan malati. Le guardie di sicurezza erano piazzate vicino a ogni porta, ogni finestra e ogni punto critico; i medici erano parecchi, di cui alcuni sparsi nel pubblico; la security era pressappoco ovunque e l'acqua da lanciare ai fan era sistemata dietro al palco. L'organizzazione non lasciava niente al caso, vista l'ondata di fan prevista. Personalmente, avevo i miei dubbi che le precauzioni sarebbero bastate, ma ammiravo comunque quella gente per metterci così tanto impegno. Di solito regnavano il 'chissenefrega' o il 'vabbè, dai, che vuoi che succeda?', ma stavolta tutti si stavano preparando al massimo per la serata, con un'energia che non poteva non contagiarti. La stessa cosa succedeva quando giravi con gli Avenged: l'adrenalina ti prendeva e non riuscivi a rimanere impassibile, specialmente prima di un concerto. O almeno, questo succedeva a me.

La prima metà del concerto passò piuttosto velocemente. C'era il sold-out, e sembrava che i fan non entrassero neanche nell'arena, per quanta gente c'era. Avevamo attaccato con una delle ultime tracce, Nightmare, con cui avevamo riscaldato la folla, e a cui poi seguì Buried Alive. Eseguimmo più o meno tutte le grandi hits, con la folla che cantava con Matt e lo sostituiva quando era stanco. Al momento di So Far Away calò un rispettoso silenzio e i fan tirarono fuori degli accendini, che fecero ondeggiare sopra la loro testa per tutta la canzone. Matt fece un discorso molto toccante riguardo Rev, e molte persone nelle prime file scoppiarono a piangere, abbracciandosi l'un l'altro e dandosi pacche sulla schiena per tirarsi su. Fu una delle scene più strappalacrime che abbia mai visto, con tutta quella gente riunita a condividere un vivo dolore che li tormentava ogni giorno nel pensare al batterista, e i miei amici che guardavano il cielo, cercando di scorgere lo sguardo di Jimmy tra le stelle e le lacrime che riempivano i loro occhi. Dire che tutti nell'arena erano commossi è dire poco: perfino i tecnici, che avevano avuto poco a che fare con il ragazzo, nascondevano i loro sguardi nell'ombra, con una smorfia affranta dipinta sulle labbra. Jimmy era benvoluto da tutti, e l'ultima cosa che meritava era andarsene in quel modo, con quello stupido errore. Quella folla, quelle migliaia di anime, erano tutte lì per lui, a ricordarlo e piangerlo, facendosi forza e sostenendosi l'un l'altro. E con l'inizio di So Far Away, tutto il loro dolore era stato riversato nelle stelle, che brillavano in quel momento più che mai, come a onorare anche loro la memoria dell'idolo di così tante persone. Ogni parola, ogni nota, ogni paura scivolava via assieme a migliaia di emozioni e volava verso il cielo, verso Rev, per fargli sapere che ci mancava e che lo pensavamo, anche se lui era così lontano. Tutta quella gente avrebbe avuto così tante cose da dire, da urlare, ma l'unica cosa che poteva fare era far rimanere vivo il suo ricordo, tra sorrisi e pianti, tra risate e lacrime. Perché in fondo gli Avengers sono sempre stati una famiglia e il dolore di uno è il dolore di tutti, e, accada quel che accada, nessuno deve mai soffrire da solo. La tragedia di Rev ci ha fatti crescere tutti, ci ha fatto capire che anche noi siamo mortali, umani. C'è voluta la sua morte per farci capire che la vita è importante e va vissuta con tutti noi stessi, nonostante il dolore e la tristezza che incontriamo. In quel momento, quando lo perdemmo, capimmo finalmente il vero significato della frase "You can't live until you die". Non puoi vivere finché non non muori. Finché non fronteggi la morte, non darai mai abbastanza importanza alla vita, che invece vivrai con leggerezza e criticismo. Be', c'è voluta la morte di un genio per farcelo capire, e ancora oggi non siamo capaci di vivere appieno le nostre esistenze. Intelligente, no? Eppure lì, in quel momento, mentre tutte quelle persone cantavano il loro dolore e la loro malinconia, ebbi la sensazione che Rev avesse raggiunto il suo scopo, e che tutta quella gente sapesse realmente quanto vale una vita. La sensazione durò fino alla fine della canzone, che sopraggiunse con un'enorme applauso commosso da parte del pubblico e dei vari tecnici, toccati nel profondo.
"Grazie" mormorò Matt nel microfono, asciugandosi gli occhi e lanciando un bacio verso il cielo. "La prossima canzone si chiama Afterlife" cominciò. "Parla del luogo dove si trova Rev, anche se quando l'abbiamo visitato non ci è sembrato molto per noi. Tuttavia, non avendone altri a disposizione, ce lo faremo andar bene, vero, ragazzi?" sorrise, voltandosi verso di noi. Annuimmo, mentre Matt cominciava a cantare e noi a suonare. In effetti, Afterlife sembrava come scritta per o da Rev: alcune righe sembravano calzare a pennello la sua situazione di morte prematura e indesiderata, mentre altre parevano scritte come se lui già sapesse cosa lo aspettava. Probabilmente non era così, ma questa era la mia idea, e non riuscivo a trovare altra spiegazione per le mie sensazioni. Ad ogni modo, la canzone finì velocemente, e a quella seguirono un paio di altre canzoni tratte dall'omonimo album che li aveva resi famosi. Il pubblico, sebbene all'inizio fosse ancora un po' commosso, non smise mai di cantare, neppure durante la parte parlata di Brompton Cocktail, e Matt fu piacevolmente sorpreso da questo. Come premio, decise che avremmo suonato una canzone extra, e, mentre le dita di Syn sfioravano le corde, annunciò che la canzone sarebbe stata Save Me. Il pubblico parve contento dell'idea e lanciò i pugni verso l'alto in segno di apprezzamento. Dalle loro facce, si sarebbe detto che questo era il più bel giorno della loro vita, oltre che un grande inizio per il tour. Una volta finita la canzone, Syn s'impossessò del microfono, fregandolo al cantante.
"Bene, gente, stasera tocca a me fare le presentazioni!" annunciò, mentre Matt indietreggiava per cedergli la scena. "Mi scuso in anticipo per tutto quello che dirò" aggiunse.
"Alla voce. Una diva. Una persona sempre pronta a divertirsi fino allo sfinimento. Quello che ha bevuto l'ultima birra e che sarà costretto a ricomprarne altra, se ci tiene al suo culo. Fate un bell'applauso per mister Matthew Shadows!" concluse sorridendo. Matt arrivò di nuovo sul palco e lanciò delle bottiglie d'acqua ai fan, suscitando un gran boato di approvazione.
"Alla chitarra. Una bellezza greca. Un mostro di bravura. Un gran coglione quando beve. Massì, l'avrete capito, stiamo parlando di me!" esclamò, facendo ridere la folla. Si avvicinò quindi a loro, si spinse oltre il bordo e tornò indietro, avvicinandosi a Zacky. "All'altra chitarra, un ragazzo con un gran bel culo. Uno di quelli che quando li guardi pensi 'ma dove diavolo l'ho trovato questo?'. Una delle migliori persone con cui ubriacarmi che abbia mai avuto. Il nostro amato Zacky V Baker!" lo presentò, mettendogli un braccio attorno alle spalle. Lui sorrise e scosse la testa, facendo qualche accordo.
"Al basso, invece, un caro amico. Uno che fa la doccia nudo, e che gira con le mutande pulite tutti i giorni. Uno di quelli che prima di vomitare controllano su cosa stanno per rovesciare l'anima. Una brava persona, possiamo anche dirlo. Al basso, c'è il mio caro Johnny Christ!" annunciò applaudendo. Johnny fece un cenno con la testa al pubblico e li salutò avvicinandosi al bordo del palco.
"Invece, alla batteria. Uno coi ricciolini. Uno che bisogna stare attenti quando lo si abbraccia perché potresti spaccarlo con un dito. Uno così tranquillo che mi chiedo se gli piaccia davvero ubriacarsi -e qui si avvicinò e mi portò il pugno al cielo- Signore e signori, alla batteria c'è il mio ragazzo!" concluse, baciandomi sulla guancia. Poi si avvicinò a Matt e Zacky e diede loro una pacca sulla spalla. "Ho provato a dirvelo ieri, ma non ho trovato il momento giusto" spiegò. "Scusate tanto" aggiunse, accennando un sorriso.
"Non c'è problema" commentò comprensivo Matt, scrollando le spalle.
"Già, così abbiamo messo i fan al nostro stesso livello" esclamò Zacky, indicandoli col capo. Il moro sorrise, annuendo, e si avvicinò alla folla.
"Mi pare sia tutto, per stasera. Grazie per la bella serata, è stata davvero commovente" li salutò. "Ma ricordate, il concerto non è finito qua! C'è una piccola parte di noi che sta tornando a casa con voi, e che farà casino ogni volta che ce ne sarà occasione! Saltate e toccate il cielo, ragazzi, saltate e accarezzate Jimmy. Questo concerto è tutto per lui, proprio come l'applauso che ora farete!" disse, mentre i fan urlavano fino a perdere la voce, terminando poi in un applauso scrosciante con le mani alzate verso le stelle. Syn sorrise, mentre Matt si avvicinava e recuperava il microfono.
"Be', avete sentito questo vento fresco, ragazzi? Era Jimmy che ci salutava e vi ringraziava di essere venuti! Divertitevi e siate felici delle vostre vite, proprio come lui è stato felice della sua. Buona serata!" li salutò a sua volta, uscendo di scena abbracciato alla vita di Syn. Zacky si avvicinò al pubblico e tirò qualche plettro, mentre io lanciavo un paio di bacchette ai ragazzi della prima fila. Quindi tornai nel backstage, lasciando il chitarrista coi suoi ammiratori.
"Ehilà!" esclamò Syn, sbucandomi alle spalle e baciandomi il collo, dopo avermi abbracciato da dietro. "Non ti è sembrato un bel discorso?" fece, alzando le sopracciglia.
"Almeno non si è offeso nessuno" commentai.
"Questo è lo spirito, tesoro!" sorrise lui, baciandomi. "Mi è mancato il tuo sapore" mormorò poi, lasciandomi andare. Dissi che per me era lo stesso, e lui sorrise.
"Ora andiamo dai ragazzi, però" decisi, incamminandomi. Syn non fece obiezioni e mi seguì nella zona ristoro, dove trovammo praticamente tutti. Mancava solo Zacky, che era andato al bagno. Appena ci vide, Matt lasciò stare la sua pasta e ci venne incontro, sorridente.
"Ehy, diva" lo salutò Syn.
"Primadonna" ribatté l'altro con un cenno del capo.
"Buona la pasta?" domandò il primo, voltandosi a guardare il buffet.
"Passabile" commentò il cantante scrollando le spalle. Io feci per andarmene, ma Syn mi prese per il polso e mi bloccò.
"Fra poco potrai mangiare quanto vorrai, aspetta un attimo" disse, mettendomi un braccio attorno al collo e costringendomi a rimanere con loro.
"Da quant'è che state insieme?" domandò Matt, interessato.
"Più o meno da quando tu e Zacky siete diventati irreperibili" rispose il moro, facendo annuire il cantante. "Nuova ragazza?" chiese quindi.
"No! Cioè, non ancora" arrossì Matt. "Spero lo diventerà, ma per ora siamo solo amici" spiegò. Syn annuì, pensieroso.
"Non vedo chi potrebbe mai rifiutarti" osservò. Il cantante sorrise e accettò il complimento con felicità, ma non colse l'occasione per pavoneggiarsi. Scorse invece Zacky, che entrava in quel momento nella stanza, e lo invitò a venire a chiacchierare. Il chitarrista accettò e raccattò un panino, poi si avvicinò a noi.
"Di che si parla, belli?" domandò allegramente.
"Della tipa di Matt. Pare non essere ancora interessata al nostro bellone" snocciolò Syn, dando una pacca all'innamorato.
"Secondo me è interessata. Non si dice sempre che quando una donna dice che qualcosa non l'attira è il contrario?" osservai io.
"Questo è vero!" mi diede ragione Zacky. "Ha cervello, il nostro Arin!" esclamò poi, dandomi una pacca sulla schiena e ridacchiando sotto i baffi.
"Voi dite?" fece Matt, sorridendo imbarazzato.
"Decisamente" annuì Syn.
"Be', non so che dire, speriamo sia così" mormorò il frontman abbassando lo sguardo. "Ad ogni modo, mangiamo qualcosa?" propose poi, per cambiare argomento. Ci fu un annuire generale e ci avviammo verso i tavoli, chiacchierando e scegliendoci la cena. Da quanto avevo capito, Matt aveva conosciuto questa Val circa due o tre settimane prima, ed erano usciti insieme più volte da allora. Poi il cantante l'aveva invitata a passare una settimana in Canada con lui - mica male, eh? -, e lei aveva accettato, dicendo che così avrebbe rivisto anche una sua cara amica. Alla fine quest'amica non si era fatta sentite e i due erano rimasti soli per tutta la settimana, anche se tra loro non era accaduto niente di quello che Matt sperava. Secondo gli altri, invece, qualcosa era successo di sicuro, anche se magari lui non se ne era accorto. Chessò, magari lei aveva cominciato a guardarlo con occhi diversi, o aveva considerato l'idea di uscire seriamente con lui, anche per solo una sera. Comunque, dubitavo che saremmo mai riusciti a capire ciò  che pensava quella donna, anche perché Matt non sembrava intenzionato a farcela conoscere prossimamente. Però boh, nessuna ragazza era mai riuscita a resistere alla fama e al fascino di Shadows, e questo lo sapeva anche lui. Il fatto che aveva dubbi significava che la cosa gli importava davvero, nel bene e nel male, quindi avrebbe fatto di tutto per conquistare la sua bella. Gli diedi un mese al massimo, prima che lei cadesse ai suoi piedi, in preda all'amore più folle che c'era. Il nostro rubacuori non falliva mai.
Cenammo ognuno per conto suo, Matt al telefono con Val, Zacky a ridere con Johnny, e io e Syn sdraiati sul prato dell'arena a rotolarci sotto le stelle. Ero un po' brillo, e pure il moro aveva alzato un po' il gomito. Niente di che, stranamente, ma il suo comportamento subiva comunque l'effetto dell'alcool che aveva in circolo. Io ero felice, esaltato dall'adrenalina, dalla birra e dalla presenza di Syn, e non facevo altro che sorridere e baciare il moro. Non che a lui dispiacesse, comunque. Quando rotolavo via lui mi riprendeva e mi baciava sulle labbra, lasciandomi quindi andare per la mia strada. Io rimanevo lì qualche secondo, con un'aria idiota dipinta sulla faccia, e poi tornavo indietro, ad affondare la testa nel suo petto. Lui mi ribaciava e mi accarezzava il volto, dolcemente. Sorrisi, rotolando via e mettedomi a guardare le stelle. Syn si tirò a sedere, diede uno sguardo al cielo e si aprì una lattina di birra. Ne prese un sorso e me la passò, agguantandone un'altra. Me la scolai tutta in un sorso e accartocciai il contenitore, scagliandolo lontano. Dopo un rutto piuttosto silenzioso, mi sdraiai per terra e mi rimisi a fissare le stelle.
"Guarda, Syn.." mormorai, indicando un punto nel cielo.
"Mh?"
"Le stelle... Le stelle si muovono..." spiegai, spostando lo sguardo.
"Sarà un aereo, no?" Scossi la testa. "Come fai a dire che non lo è?" Alzai le spalle.
"Le luci non.. non si spengono" sussurrai. "Non vedi?" Syn mi guardò qualche minuto, dopo aver osservato il cielo per altrettanto tempo.
"Credo proprio sia un aereo, tesoro" mormorò quindi, accarezzandomi i capelli. Annuii deluso, ripetendo tra me e me che quello non era uno stupido aereo.
"Guarda là, piuttosto. Una stella cadente!" esclamò il moro, tirandomi a sedere. C'era una luce rossiccia che cadeva sul prato, non molto distante da noi, e pareva che lui stesse indicando quella.
"Bella" commentai posando la testa sulla spalla del moro. "Puzza parecchio, però" biascicai infastidito.
"Puzza..?" Syn aggrottò le sopracciglia. Arricciò il naso, stando in silenzio per un paio di secondi. "Ahh, questa è una fottuta sigaretta" disse poi, alzandosi in piedi. "Probabilmente è uno dei ragazzi che ci sta venendo a cercare" osservò. Annuii più volte del dovuto, ignorando la mano tesa del moro, che mi tirò su a forza.
"Andiamo, forza" mi incitò, dandomi una pacca leggera sulla spalla. Barcollai in avanti e crollai sui miei piedi ridacchiando, soffiando via i capelli dal volto.
"La Terra gira veloce, stasera" borbottai allegro. "Guarda, non la smette più" risi. Syn mi ritirò su e mi mise un braccio attorno alle spalle, ridacchiando.
"La Terra ama fare scherzi" disse fingendo un'aria seria.
"È lei che ti fa sembrare così bello, anche se non ti vedo quasi per niente?" domandai, mentre le bollicine di birra m'invadevano il naso.
"Eh già. Lo fa apposta, perché così non potrai lasciarmi più" sorrise il moro, facendo qualche passo in avanti.
"Ohh. Ma tu sei troppo bello per essere lasciato, dovrebbe.. dovrebbe fare il contrario" farfugliai, inciampando. Syn mi sorresse, sorridendo e continuando a camminare. "No, cioè, non ha senso.. È una Terra stupida, non è vero? Fa cose stupide.. Sono.. sono venti minuti che tutto fa su e giu, e lei.. Non se n'è accorta, no no. Continua a farti più bello, ma non si accorge di nient'altro. Tipo quella cosa bianca.. Perché cammina così piano e storto? Perché lei è impegnata con te e non si prende cura di lui. La Terra è cattiva, già già.." biascicai, camminando lentamente in avanti. "Molto cattiva... Quella creatura... cammina così storta, e la Terra non si ferma neanche..." continuai.
"Ehy!" ci salutò Zacky, lanciandomi un'occhiata stranita. "Bevuto tanto?" domandò. Syn alzò le spalle, rimettendomi in piedi mentre parlavo da solo.
"Abbastanza" commentò.
"Abbastanza quanto?"
"Guarda un po' tu" disse il moro, lasciandomi il braccio. Crollai per terra, ridacchiando.
"Heehee, Zacky è tutto mosso" farfugliai fissando il piede del ragazzo e rotolandomi attorno ad esso. Il chitarrista mi guardò qualche istante, divertito.
"Che ci dici della Terra, tesoro?" chiese Syn, sorridendo allegramente.
"È una stronza! Vi ha incollato i piedi al muro" esclamai, dando un pugno al prato. "E guarda, ha fatto diventare il muro morbido, così nessuno potrà più spaccarsi la faccia a testate" aggiunsi, indignato. Il moro rise, chinandosi verso di me e aiutandomi ad alzarmi.
"Su, fatti aiutare" mormorò sorridente. Io biascicai qualcosa, senza senso ovviamente. Poi mi bloccai e rimasi a fissare gli occhi di Zacky con aria assorta, senza sentire la sua domanda.
"Be'? Che c'è? Ti sei incantato?" scherzò lui dopo un po', dandomi una pacca sulla spalla. "Se vuoi posso darti una mia foto, durerà più a lungo" mi prese in giro. Rimasi in silenzio, senza replicare o dare alcun cenno d'interesse.
"Mi hai sentito, Arin?" domandò dopo un po' Vee, scuotendo una mano davanti alla mia faccia per attirare la mia attenzione.
"Uh?" boccheggiai io, cadendo dalle nuvole.
"Fa niente" mormorò alzando gli occhi al cielo. Lo guardai, senza più interesse, e mi voltai verso Syn, affondando la faccia nel suo petto.
"Devo vomitare" biascicai. Allarmato, il moro mi prese per le spalle e mi fece girare verso Zacky, che fece un passo indietro.
"Vomita pure" disse quindi il musicista, facendo un cenno al terreno.
"Mwhhh" borbottai. "Non mi va" Syn mi guardò, aggrottando le sopracciglia e scuotendo poi le spalle.
"Come vuoi" acconsentì, tenendosi sempre a una certa distanza. "Ehy, Vee, torniamo dentro?" propose all'amico. Quello annuì, incamminandosi.
"Teoricamente era quello per cui sono venuto a chiamarvi" ammise, scrollando le spalle possenti. Dopo un paio di metri, ci fermammo un attimo.
"Riesci a camminare, Arin?" mi domandò Synyster, levandomi i capelli dalla faccia.
"Sì!" esclamai, annuendo con vigore. "Guarda!" aggiunsi, staccandomi da lui e facendo qualche passo infermo sull'erba. Poi mi voltai, come desideroso di un complimento o una frase carina. Il moro sorrise, ma Zacky si limitò a bere un sorso della sua birra.
"Dammene un po', nanetto" disse il moro allungando la mano. A malincuore, Vee gli passò la lattina, intuendo che avrebbe dovuto prenderne un'altra una volta dentro.
"Forza, ricciolino" cominciò, voltandosi verso di me. "vediamo chi arriva per primo!" mi sfidò, fingendo poi di cominciare a correre. Scattai in avanti, inciampando non so quante volte, e raggiunsi i distributori di birra. Li guardai speranzoso, ma gli altri andarono oltre ai giganti oggetti senza neanche dire niente. Ebbi la sensazione che mi stessero ignorando o che lo stessero facendo apposta, a non darmi soddisfazione, ma poi scacciai l'idea dalla testa. Con un grugnito scocciato mi avvicinai a loro, e Zacky mi grattò la testa.
"Sembra proprio che tu abbia vinto" commentò, sorridendo come si sorride a un cretino. Borbottai qualcosa, voltandomi prima a destra e poi a sinistra.
"Che hai visto?" mi chiese poi, dopo aver constatato che lui nel buio non ci vedeva un accidente. Scrollai le spalle con un sorriso soddisfatto.
"I cosi laggiù stanno ballando" annunciai, tornando poi a guardare i distributori. Vee mi guardò con aria delusa, e poi riprese a camminare. Probabilmente voleva vedere qualcosa anche lui, solo senza essere ubriaco.
"Zacky!" lo chiamai. Lui si voltò con aria paziente ma scocciata.
"Sì?"
"Hai degli occhi bellissimi" mormorai. Il chitarrista sorrise, e poi mi allungò una mano.
"Dai, torniamo dentro" disse con voce soffice. Annuii con vigore e lo seguii con passo incerto, camminando un po' a destra e un po' a sinistra, lentamente. Ci mettemmo un po' ad arrivare, grazie alle mie continue pause, ovviamente. L'ultima pausa la feci a pochi metri dal palco, dove mi vomitai l'anima.
"Be', perfetto, ora non ci fermeremo più" commentò Zacky, bevendo un sorso di birra.
"E smettila, coglione" scattò Syn. L'altro sospirò, scuotendo leggermente la testa e dando un'altra sorsata dalla lattina.
"Va be'. Possiamo tornare dentro, ora? Mi sto gelando il culo" borbottò seccato.
"Va pure avanti, nessuno te lo vieta" replicò Syn.
"Penso che farò proprio così, sai?" sbuffò Zacky.
"Come ti pare" acconsentì il moro. "Attento a non inciampare sui gradini. Sono pieni di lattine" lo avvertì. Quello annuì, salutandoci e scomparendo nel buio. Rimanemmo in silenzio qualche secondo, poi mi tirai su e ripresi a camminare. Syn camminava a fianco a me, con le mani nelle tasche e la testa piena di pensieri. Mi sentivo un po' in colpa, ma l'alcol mi mandava troppo su di giri per pensarci. Feci uno scatto in avanti e corsi quasi fino all'entrata, facendo l'aeroplano e mimandone il suono. Syn mi rincorse, divertito, e mi bloccò per le spalle.
"L'ultimo pezzo lo fai con calma, okay?" mormorò sorridendo. Annuii, calmato dai suoi meravigliosi occhioni scuri. Mi prese per mano e mi aiutò a salire i gradini, poi entrammo finalmente nel backstage. Considerato il freddo che faceva fuori, lì era caldo come l'inferno. Syn si sventagliò la faccia con una mano, e io mi diressi verso il cibo. Ormai la sbronza mi era passata quasi del tutto, e non vedevo più le cose muoversi. Feci per prendere una lattina di birra, ma poi lasciai perdere e presi una coca. Era dolceamara e frizzante come al solito, ma mi diede come fastidio, quindi la posai tra le altre lattine aperte e poi abbandonate. Tracannai una mezza lattina di birra e agguantai un panino, poi andai a sedermi sui divanetti. Mi sentivo abbastanza stupido, a dir la verità. Pareva che tutti gli altri fossero sobri e tranquilli, e che io fossi l'unico mezzo sbronzo con dei dubbi su come si mangia un panino al prosciutto. Finii velocemente il panino, che mi mise ancora più sete di quanto avessi avuto prima di iniziarlo. Portai la birra alle labbra, e la bevvi soddisfatto. Non fu una gran geniata, lo ammetto, ma tanto chi mi faceva la predica?

Synyster's POV:
Arin era decisamente brillo. Strano, per un tipo come lui. Mi viene il dubbio che l'abbia fatto per quello che avevo detto sul palco un'ora prima, ma boh, non credo sia quello. Comunque, rimane il fatto che si era scolato un sacco di birra ed era ovviamente ubriaco. Stranamente, però, lui non straparlava e non cercava di ammazzarsi con qualche idea stupida, come fanno di solito tutti quelli che bevono troppo. No, lui riusciva a controllarsi perfino in quel momento. La cosa mi lasciava stupito, mentre faceva dubitare a Zacky che fosse veramente ubriaco. Quando però il ragazzo aveva cominciato a parlare della terra e dei distributori che ballavano, Vee ha dovuto cambiare idea. Sembrava irritato dalla cosa, però. Magari era solo una mia impressione, visto che avevo anch'io ingerito una bella quantità d'alcol, ma mi sembrò che il chitarrista fosse geloso delle attenzioni che davo ad Arin. Diamine, era il mio ragazzo, non potevo lasciarlo lì così, Zack! Per questo mi sono arrabbiato. Mi dava fastidio come il mio amico si comportava con Arin, come lo trattava spesso da deficiente e come si mostrava stupidamente insensibile quella sera. Questo non gliel'ho mai detto, comunque. Diciamo che mi limitai a essergli ostile per un pezzo della serata, e che lui ricambiò il trattamento. Facemmo pace, alla fine, com'era giusto che fosse. Senza stupide promesse o filastrocche per bambini, sia chiaro. Lui si scusò e io mi scusai, tutto qui. Per noi bastava.
Passai comunque gran parte della sera con o a guardare Arin. Se ne stava in disparte, al buio, a parlare con un panino - senza neanche dargli un morso o chissà che. Stava lì e parlava, come se il panino potesse rispondergli. Probabilmente aveva bevuto ancora, o forse si stava lasciando un po' andare, visto che non c'era nessuno a controllarlo. Bevvi un sorso della mia birra, osservandolo scagliare il panino lontano e poi andare a riprenderlo con aria dispiaciuta. Risi tra me e me, poi tornai al tavolo del buffet e mi presi qualcosa da mangiare. Andai a sedermi accanto a Arin, e lui mi fissò, come se non si ricordasse che c'ero anch'io alla festa. Sorrisi e lo baciai sulla bocca, ritornando quindi al mio cibo. Lui continuò a guardarmi, indeciso, poi cominciò a mangiare il suo compagno, sentendosi probabilmente molto in colpa. Sorrisi sotto i baffi, masticando la mia carne. Arin mi lanciò un'altra occhiata furtiva, prima di tornare silenziosamente al suo panino. Posai il mio piatto accanto a me e circondai il castano con le mie braccia, stringendolo.
"Ti senti solo?" sussurrai. Lui tacque qualche secondo, poi scosse la testa, lentamente.
"Sicuro che preferisci parlare col tuo panino piuttosto che con me?" domandai ancora, baciandogli più volte la testa. Il ragazzo deglutì, posando la testa sul mio petto e scuotendola.
"Preferisco te" mormorò.
"Ma come siamo carini" commentai, facendolo arrossire di brutto. Sorrisi tra me e me, mentre il cuore mi si scioglieva.
"Sei bello" borbottò a un certo punto Arin, cogliendomi di sorpresa. "Tanto bello. Vorrei baciarti la faccia finché non ti scompare" mormorò, soprappensiero.
"Allora fallo" ribattei. "A me non dispiace affatto". Lui mi guardò con aria persa, come se non si fosse accorto di ciò che aveva appena detto, e io sorrisi, sfiorandogli le labbra con un bacio. Lui sorrise, un sorriso quasi impercettibile, ma pieno di gioia e gratitudine, e contraccambiò.
"Sicuro che posso?" domandò, incerto.
"Sicurissimo. Finché vuoi farlo, fallo. A me non da affatto fastidio" sorrisi, accarezzandogli la fronte. "Anzi, mi riempi di felicità" aggiunsi. Lui arrossì contento, e cercò le mie labbra con le sue. Lo baciai e lo feci sedere sulle mie ginocchia. Ci baciammo un altro po', accarezzandoci i capelli.
"Ehm, scusa Syn" ci interruppe Matt. "C'è da sistemare la prossima scaletta" mormorò imbarazzato.
"Sì, arrivo" sbuffai, abbandonando Arin sul divano. "Torno subito" gli sussurrai, scusandomi con gli occhi. Lui annuì e mi guardò allontanarmi, poi sgattaiolò da qualche parte, imbarazzato.
"Be'? Non potevi aspettare domani?" domandai scocciato.
"Sì, scusa, è che Zacky ha insistito tanto" si scusò, massaggiandosi il collo. Mi diedi una manata in faccia, grugnendo.
"Ah, fantastico" commentai. "Be'?"
"Pensavo di cominciare con Nightmare e poi passare alle hits più importanti" cominciò il cantante. "Potremmo aggiungerci anche qualcosa che non abbiamo suonato da tanto" propose.
"Tipo?" chiesi.
"Non lo so, qualcosa di vecchio" mormorò.
"Dancing Dead come la vedi?" domandai.
"Io ci sto" approvò lui. "Bella idea. Per il resto, facciamo come al solito" concluse. Annuii e dissi che per me andava più che bene, quindi andai a prendermi una birra. Certo che quel coglione di Zacky ce l'aveva proprio con me. Decisi di non dargli soddisfazione e tornai al divanetto a cercare Arin. Come temevo, lui non c'era più. Imprecai, sedendomi e dando un sorso alla lattina. Avevo voglia di coccole, di tranquillità, ma l'unica cosa che stavo ottenendo era imbarazzo, seguito da rabbia e solitudine. Diedi un altro sorso alla birra. Stavo anche per ubriacarmi, poco ma sicuro. Scattai in piedi ed andai a cercare Zacky, trovandolo sul palco a bere. Gli diedi una spinta e lui finì disteso per terra.
"Che cazzo ti prende?!" mi sbraitò contro, rialzandosi.
"Che cazzo prende a me, Zack? Che cazzo prende a te, semmai! Non fai altro che darmi fastidio, stasera! Si può sapere che cazzo c'è?! Sei geloso, per caso?!"
"Geloso io? Perché tu preferisci un nuovo ragazzo a me, il tuo migliore amico da chissà quanti anni? Ma figurati! Che cazzo vuoi che me ne freghi!"
"Ma che merda dici, Baker. Sai benissimo che ci tengo tantissimo a te! Sei un coglione!"
"Ah, io sarei il coglione?! Io?!" ringhiò il chitarrista.
"Sì!" sbraitai. "Come altro chiameresti uno che si paragona a un fidanzato?! Sai benissimo che ti voglio un sacco di bene, quindi non rompermi le palle in questo modo, cazzo! Sei un cazzo d'idiota! Ce l'hai pure tu una ragazza di merda, quindi scopatela e lasciami in pace!" gridai.
"Chissela incula, la mia merda di ragazza, Brian! Non è questo il punto!"
"E allora qual'è il punto? Cazzo, Vee!"
"Non mi dai più retta, stai sempre con lui!" sbraitò.
"Vaffanculo, Zacky" mi limitai a dire. "Sai quante volte l'hai fatto, tu" gli rinfacciai, voltandogli le spalle.
"Smettila di comportarti come una cazzo di donnetta isterica, Baker, perché così peggiori solo le cose" conclusi, andandomene incazzato. Forse avevo fatto una cazzata, ad andarmene così, ma avevo bisogno di sfogarmi. Se quel cretino di Zacky non capiva come mi sentivo, chissene frega. Non era la prima volta che litigavamo, e non sarebbe stata l'ultima. Mi infastidiva il fatto che mi considerasse come di sua proprietà, però. Era un cazzo di ipocrita, certe volte. Scossi la testa, cercando di scacciare quei pensieri, e tornai a sedermi sul divano. Chiusi gli occhi e mi rilassai qualche istante, lasciando andare via la mia negatività. Sentii il divano abbassarsi accanto a me e aprii gli occhi, voltandomi.
"Be'? Che vuoi ancora?" sbottai.
"Vaffanculo, va bene? Volevo chiederti scusa, idiota" replicò Zacky. "Sono un coglione, d'accordo?"
"Decisamente" borbottai.
"Il fatto è che mi sento come se mi stessi abbandonando" mormorò.
"Ma io non ti sto abbandonando, Vee. Ho semplicemente trovato qualcuno che mi fa felice davvero, senza che ci sia l'alcol di mezzo. Sono felice, Zacky, cerca di capirlo" risposi.
"Lo so, ed è giusto che tu lo sia. Non so cosa mi è preso... Devo solo abituarmi all'idea che non sei più solo mio, ma anche di Arin. Forse hai ragione tu, forse mi manca solo Tyler e sono arrabbiato con te perché tu puoi vedere il tuo ragazzo quando ti pare, mentre io posso solo chiamare la mia fidanzata attraverso il telefono. Dev'essere quello. Scusa" sorrise lui. Tacqui qualche secondo, poi lo abbracciai a lungo, e lui fece lo stesso.
"Sei un coglione, Vengeance" lo sfottei.
"Anche tu, Haner" ribatté il mio amico. Annuii e gli diedi una pacca sulla spalla, poi mi alzai e andai a cercare Arin.
Lo trovai dopo un po', seduto sui ponteggi per disabili, a guardare le stelle. Non si accorse della mia presenza, quindi scivolai accanto a lui e lo osservai.
"Stai sempre a guardare il cielo, eh?" scherzai sottovoce. Lui sobbalzò e si girò verso di me, cercando i miei occhi.
"Non ti ho sentito arrivare" farfugliò.
"Sono stato silenzioso, una volta tanto" sorrisi. "Che diavolo ci fai qui?" gli domandai, alzando lo sguardo verso la Luna.
"Non lo so... Guardo le stelle... credo" mormorò lui, portandosi una mano alla tempia.
"Sei così ubriaco?" ridacchiai.
"Forse" rispose il ricciolino, appoggiandosi a me. "Quand'è che tutto si calma?" mi chiese, strizzando gli occhi.
"Non lo so, tesoro" replicai. "Ti fa male la testa?"
"Un po' " ammise. Annuii e lo abbracciai, accarezzandogli il viso.
"Come ci sei arrivato qui?" sussurrai, con voce più soffice possibile.
"Non lo so. Mi ci sono svegliato" rispose lui, posando la testa sulle mie ginocchia. Annuii nuovamente, aggiungendo un 'capisco'.
"Che ore sono?" mi domandò lui quindi.
"L'una e qualcosa, credo" buttai lì. Rimanemmo in silenzio un paio di secondi, poi Arin si alzò e saltò giù dal palchetto. Mi aspettavo un gemito di dolore o qualcosa del genere, ma il ragazzo atterrò sui piedi e non sulla faccia, come avevo temuto. Lo raggiunsi piuttosto velocemente, visto che lui barcollava ancora al posto di camminare, e ci avviammò insieme verso l'entrata. Impedii al ricciolino di prendere altra birra e lo feci sedere in un posto tranquillo, trovandogli poi qualcosa da mangiare.
"Non metterti a parlare pure con questa, perfavore" lo presi in giro passandogli una mela. Lui sorrise e l'addentò, fermandosi ogni tanto a guardarmi. Una volta constatato che non me n'ero andato via mentre lui era distratto, ritornò a mangiare, tranquillo.
"A proposito, Arin, di che parlavi col panino?" domandai, cercando di non sembrare troppo invadente. Lui rimase in silenzio, lo sguardo perso nel nulla.
"Arin?" lo chiamai, toccandogli delicatamente la spalla. "Mi hai sentito?" ritentai.
"Questo posto è veramente grande" mormorò il castano, ignorando completamente la mia domanda.
"Già" acconsentii con un sospiro. Lui sorrise, contento che non avessi insistito, e posò la testa sul mio grembo. Gliela carezzai, soprappensiero, e lui mi baciò la mano.
"Forza, andiamo a cercare i ragazzi" dissi poi, dopo qualche minuto di silenzio. Non sentendo risposta, abbassai lo sguardo sulle mie ginocchia. Arin si era addormentato di nuovo. Sorrisi intenerito e lo spostai lentamente da me, posandogli la testa su un cuscino. Quindi mi alzai e mi allontanai, andando a cercare gli altri. Il primo che trovai fu Johnny. Lo chiamai e lui mi raggiunse.
"Ehy, Syn!" mi salutò allegramente. "Bel concerto, eh?"
"Già, proprio fantastico" annuii. "Piuttosto, sai a che ora è il coprifuoco?" domandai.
"Uhm, vediamo... Tra quindici minuti" mormorò, controllando l'orologio.
"Grazie, nanetto" scherzai.
"Prego, capelli elettrici" ribatté lui. "Hai parlato con Zacky?" mi chiese quindi.
"Sì, e abbiamo litigato. Poi abbiamo fatto pace e abbiamo litigato di nuovo, finché lui non mi ha chiesto scusa per la sua dannata gelosia" risposi.
"Vedrai che appena vede la sua morosa gli passa. Quel coglione è fin troppo prevedibile" sorrise il biondo.
"A me lo dici? Ho le stesse abitudini dai tempi del liceo" replicai.
"Ah, è vero, cazzo. Ho toppato di brutto" ridacchiò lui. "Vabbè, fa niente" si scusò.
"Siamo tutti dei dannati abitudinari, nel bene e nel male" constatai io, alzando gli occhi al cielo.
"Già... Quanto scommetti che l'autista verrà a cercarci anche oggi?" disse lui, scuotendo la testa divertito.
"Non scommetto niente, vinceresti di sicuro" mi arresi. Quel poveraccio se la guadagnava davvero la sua paga.
"Sai, Matt ha chiamato la tipa, stasera. Le ha chiesto se le andava di venire a vedere un concerto 'fottutamente divino', per usare le sue parole, e lei ha accettato. È quasi fatta, dammi retta" mi disse quindi, accennando al frontman con il capo.
"Ecco perché è tutto felice" commentai. "Che cosa bella, cazzo" sorrisi.
"Già" annuì il biondo. "È tutto fomentato ora" scherzò. Poi si girò a guardarmi, allegro.
"Tu che mi dici?"
"Be', Arin è ubriaco fradicio ed è collassato sul palco per disabili là fuori, quindi l'ho portato dentro. Diciamo che tutte le volte che ho cercato di ottenere delle coccole da lui è arrivato qualcuno a rompere i coglioni" commentai. "Una volta fatta pace con Zacky non è venuto più nessuno" aggiunsi, alzando gli occhi al cielo con un gesto teatrale.
"Quel cretino... Gliel'avevo detto di pensarci un attimo su, prima di fare scenate inutili, ma niente" sospirò Johnny. "È proprio un coglione" ripeté, con un sospiro esasperato.
"Ehilà, ho sentito la parola coglione, e quindi sono arrivato. Che si dice di me?" scherzò Zacky.
"Che sei un gran coglione, Baker" sorrisi, dandogli una pacca sulla spalla.
"Oh, ma quello si sapeva già" replicò lui. "Niente di più piccante?"
"Ma va via, va'!" ridacchiò il biondo, spingendolo. "Non hai niente di piccante, Vee, arrenditi" lo prese in giro.
"Si può sempre sperare" commentò l'altro, stringendosi nelle spalle. Alzai gli occhi al cielo, divertito, e Zacky rise. Stavamo per berci qualcos'altro, quando Matt arrivò tra noi.
"Hey!" esclamò Vee, salutandolo col capo.
"Heeey. L'autista vuole che portiate il culo nel suo gioiellino, e alla svelta" riferì il frontman. "Avanti, ubriaconi, tutti in viaggio" scherzò, indicando l'uscita. "Muovetevi, o ci chiederanno una mano per pulire" ci avvertì, agguantando qualcosa da mangiare e da bere e incamminandosi. Zacky lo seguì scuotendo la testa e tracannando una coca, mentre Johnny li rincorreva tranquillo. Io tornai indietro e mi misi Arin sulle spalle, portandolo al pullman.
"Bene, ora siamo proprio tutti" commentò Vee, andando ad occupare il suo posto.
"Daje!" ribatté il biondo, sedendosi per terra.
"Vuoi una mano?" mi chiese Matt, guardando il castano dormire beato sulla mia schiena.
"Non ti preoccupare" sorrisi. "Pesa ancora meno di quanto sembri" gli spiegai, posando il ragazzo sulla sua cuccetta. Matt annuì e tornò dagli altri, sbadigliando. Lo seguii, sedendomi accanto a Johnny. Rimanemmo a scherzare un'altra mezz'oretta, poi li abbandonai ed andai a dormire, nel letto sopra quello del castano. Mi sfilai i pantaloni e li accatastai ai piedi della cuccetta, togliendomi la maglietta e infilandomi sotto le lenzuola. Mi addormentai quasi subito, in un sonno tranquillo e ristoratore.

Arin's POV.

Da quel concerto è passato ormai un mese o qualcosa del genere, se non sbaglio.
 Io e Syn stiamo ancora insieme, siamo anzi più uniti che mai. Matt si è messo con Val e l'ha convinta a venirlo a trovare almeno una volta a settimana, con grande gioia di Zacky, che pare averla presa molto in simpatia. Quest'ultimo ha invece rotto con Tyler ed ha cominciato a uscire con la sorella di Val, Gena, la quale dev'essere davvero una santa, perché sopporta sia le sue battutine sia le sue 'grandi' idee senza batter ciglio. Probabilmente si metteranno presto insieme, oppure diventeranno migliori amici. Propendo di più per la prima opzione, visti gli sguardi che si lanciano quando s'incontrano. Insomma, va tutto alla grande. Sono felice che le cose siano andate così, nonostante la gelosia costante di Zacky sia stata alquanto opprimente i primi tempi. Amo Syn con tutto il mio cuore, e ogni volta che lo guardo mi dico che è lui quello con cui voglio passare tutta la mia vita. Evidentemente anche lui pensa lo stesso, perché è di una carineria assurda. Mi viene voglia di mangiarlo, per quanto sa essere dolce. Certo, io sono decisamente più diabetico di lui, però boh, anche lui non scherza, certe volte. Alla fine tutto è andato anche meglio di quanto avevo sperato quando mi sono reso conto dei miei sentimenti per il bel chitarrista, e sono contento di tutto quello che ho fatto e che sono diventato. Direi che il mio racconto finisce qui, anche se la mia storia con Syn continua. Forse tornerò a parlarne a qualcuno, prima o poi, ma ancora non ne sono certo. Nel raccontare tutto questo, mi sono tolto un gran peso dal cuore, e devo dire che ora mi sento benissimo. Credo che mi farò un sandwich e ne porterò uno pure ai ragazzi, tanto per. Be', direi che questo è un addio... o forse un arrivederci? Non saprei. Facciamo che è un ciao e morta lì.
Be', Syn sta amorevolmente mandando a fanculo quel cretino di Zacky un'altra volta, quindi farei meglio ad andare a controllare che i due tengano a freno le mani.
Quei due mi tireranno matto!
CRISSHHTO!

Arin.






NOTA DELL'AUTRICE:
Okay, se la fine fa schifo è perché mentre la scrivevo ero tutta 'Porco dio, non voglio che finisca ;-;'. Spero di non avervi annoiati troppo, perché a me scrivere questa fic è piaciuto molto. Oddio quanto amo Arin xhavabsincjk
Allooora. Ci sono alcune cose che vorrei precisare.
Punto uno) ho cambiato un po' i caratteri e il taglio dei capelli dei personaggi, quindi possono non corrispondere in tutto.
Punto due) i ragazzi non hanno le correnti fidanzate/mogli perché all'inizio della fic non avevo idea dei ruoli che avrebbero avuto, e non volevo farle passare per stronze inutilmente.
Punto tre) il tempo. Ho modificato un po' le cose, nel senso che i ragazzi non sono appunto ancora sposati / fidanzati con le persone giuste e bla bla bla. Diciamo che il racconto si svolge a settembre - ottobre, anche se ho avuto dubbi io stessa sul mese in cui si potesse svolgere.
Punto quattro) no, basta, credo di aver finito. ._.
Ho scelto la coppia Synyster x Arin perché non l'avevo mai vista in giro, e perché ho letto su vari siti che i due si erano presi molto in simpatia, quindi ci ho subito visto l'ammmoreH. Io vedo l'amore dappertutto, se ci sono due musicisti maschi di mezzo <.<
Ad ogni modo. Questa è la prima ff minimamente slash che scrivo, quindi potrebbe sembrare stupida in vari punti. Normalmente sono per il Synacky, e questo si è visto negli scatti di gelosia di Zacky - che io mi ostino a chiamare Zack. Poi boh, credo di aver detto tutto.
Non fucilatemi, vi prego XD

Pwhore.

Ps) un ringraziamento finale a quella figona di LadySynacky, che si è presa la briga di recensira questo gran casino di storia. Gnaa, sei fantastica, davvero. Scusa se non ho risposto spesso alle recensioni, ma avevo poco accesso a Internet e quindi le vedevo tutte insieme çVç
Che dire, grazie mille di aver sprecato anche un solo istante della tua vita per leggere questa fic, anche se non è neanche del tuo pairing preferito. Sei una figa e scrivi da Dio. Tanto ammmore per te, ragazza.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=784073