All Shook Up

di blaineywainey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Orange Colored Sky ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Someone To Watch Over Me ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Something Good ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Bella Notte ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Somewhere Over The Rainbow ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Don't You ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - One Night ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Something's Coming ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Dream A Little Dream Of Me ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Dream A Little Dream Of Me - Redux ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - These Arms Of Mine ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Singin' In The Rain ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Epilogo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Coda ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Prologo ***


La seguente storia appartiene all’autrice americana blaineywainey, che mi ha gentilmente permesso di tradurla.

Questo è il link dove potrete leggere il primo capitolo in inglese: http://www.fanfiction.net/s/6905924/1/All_Shook_Up

Buona lettura.

 

 

Capitolo 1 - Prologo

 

Kurt Hummel era sempre stato un po’ strano. Ad eccezione del suo corpo snello color porcellana ed i suoi espressivi occhi blu marino , le sue abitudini aggraziate ed il modo in cui curava il suo aspetto lo differenziavano dai suoi coetanei. Comunque, essere un po’ diverso non sembrava avere molta importanza nella sua città, persino nella perfetta omogeneità dei quartieri periferici dove viveva. Suo padre aveva portato avanti l’officina locale per più di trent’anni; le persone rispettavano Burt Hummel e perciò rispettavano allo stesso modo suo figlio, senza chiedere nulla.

Ad ogni modo, Kurt non era tipo da spingere le persone a fare delle domande.

Neanche Burt faceva domande, e nemmeno sua madre, finché lei morì quando Kurt aveva nove anni. Nonostante la tragedia, questo portò Burt e Kurt a legarsi di più; si capivano l’un l’altro e si accettavano l’un l’altro nella buona e nella cattiva sorte, senza discussioni. Solo recentemente Burt aveva permesso a se stesso di innamorarsi un’altra volta e sposare Carole Hudson, la madre vedova di uno dei compagni di classe di Kurt, Finn. Come da regola Finn, già decisamente leale con il suo nuovo fratello, diede il benvenuto a Kurt nella sua cerchia di amici e fu così che entrò a fare parte del gruppo più alla moda della scuola.

Ogni volta che voleva uscire di casa o andare in giro per l'edificio, doveva seguire Finn, Puck e Sam, vestito con una maglietta bianca firmata, jeans con risvolto, converse nere e una morbida giacca di pelle. Spruzzava qualsiasi diavoleria sui suoi capelli per farli sembrare come quelli dei suoi amici (Kurt trovava la brillantina rivoltante), si rilassava da Dellie, andava da Breadstix, guardava i ragazzi fare bizzarri giochetti con il fumo delle loro sigarette e ne provava alcune delle sue di tanto in tanto, e viaggiavano per la città alternando automobili. Molti avrebbero detto che quella era una vita felicissima per uno studente delle superiori, ma per Kurt era un qualcosa molto meno che “ideale”.

Quello che Kurt voleva essere e voleva fare era lontano dal tipicamente idealistico. Aveva un cuore romantico, conosceva i testi di ciascuno dei suoi musical di Broadway preferiti e suonava al pianoforte melodie romantiche con languidi movimenti delle mani. La sua collezione di dischi era composta dai cantanti di canzoni sentimentali degli anni trenta e quaranta, il jazz degli anni venti, di musical, ed esclusivamente brani jive selezionati per popolarità a quei tempi, legati per lo più ad Elvis Presley. La sua camera era costantemente immacolata e combinata per colori in modo che i suoi occhi si svegliassero felici e riposati al mattino, e in segreto usava la marca preferita di crema da notte della sua defunta madre ogni sera, prima di andare a dormire, per mantenere il suo viso di porcellana impeccabile. Il suo cuore batteva per il canto, per cantare con la sua naturale voce da controtenore, così contraria a quella profonda da tenore dei suoi coetanei che cercava di imitare in pubblico. E oh, quanto desiderava possedere le riviste di alta moda per cui le ragazze a scuola svenivano, vestirsi come gli uomini in quelle pubblicità appariscenti.

Ma ahimè, Kurt era afflitto dalla “bella” vita, la vita per cui ogni adolescente maschio avrebbe ucciso.

Kurt avrebbe ceduto tutto quello per anche un grammo di accettazione.

Perfino suo padre, l’essere umano più comprensivo nella sua vita, comprendeva soltanto una certa parte di quanto diverso Kurt in realtà fosse. Kurt non era stupido, conosceva la sua mente e il suo corpo in modo perfetto, e sapeva esattamente a cosa equivalevano i suoi intimi segreti e desideri. Ma non era nemmeno ottuso. Sapeva che cosa avrebbero pensato le persone se fosse uscito allo scoperto dicendo che amava Broadway, e la moda, che voleva diventare una star o uno stilista. In tutta onestà, non sapeva se avrebbe potuto - oppure se lo aveva già fatto - convivere con la consapevolezza di quello che era. E se non poteva lui, allora come diavolo poteva suo padre, per non parlare degli altri abitanti della città?

Così Kurt scelse semplicemente di essere diverso. Anche se non poteva cambiare chi era dentro, cambiò tutto il possibile all’esterno. Si adattò ai jeans e alle converse, le giacche di pelle e gli hamburger, il popolare Rock N’ Roll, la brillantina e le macchine. Finché teneva gli amici lontani dalla sua camera, il suo santuario privato dedicato a “Il Vero Kurt Hummel” , per lo più a Kurt andava bene vivere una doppia vita.

Fu nel momento in cui Blaine Anderson apparve dal nulla che essere diversi, dentro e fuori, cominciò ad essere un po’ un problema.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Orange Colored Sky ***


Capitolo 2 – Orange Colored Sky

 

Era una tarda estate del 1959 nella piccola città di Lima, Ohio e Kurt stava aiutando suo padre in negozio. Burt si era preso una pausa così da occupare l’entrata del negozio, solo per assecondare la nevrosi di Kurt; aveva la costante paura che suo padre si sarebbe sentito male se avesse lavorato troppo duramente per troppo tempo. Burt gli faceva sempre quella cortesia, sentendosi soprattutto orgoglioso del fatto che suo figlio fosse così preoccupato per lui. Inoltre, Kurt ora era grande abbastanza per potersi occupare dei lavori nel garage. 

Così una volta che Burt fu al sicuro nel fresco interno dell’officina, Kurt si permise una piccola pausa. Strofinò via la sporcizia e il grasso sulle sue mani con lo straccio di scorta che teneva a portata di mano, e rimboccò le maniche corte della sua maglietta bianca, oltre ai risvolti dei suoi jeans slavati. Stappò una bottiglia di Coca-Cola e si arrampicò sul cofano della Station Wagon che stava riparando, piegandosi indietro sui gomiti e incrociando delicatamente le caviglie coperte da scarpe nere a stivaletto.

Bevve tutto d’un fiato, assaporando la sensazione delle fredde bollicine scendere lente giù per la sua gola.

Approfittò di quel meritato tempo libero per stilare nella sua testa una lista di cose da fare. Dopo aver terminato di aiutare suo padre avrebbe fatto un salto alla gelateria per incontrare i suoi amici e prendere rapidamente una coppetta di pistacchio, e subito dopo avrebbe fatto un salto a casa della sua vicina Mercedes per aiutarla a prepararsi per un appuntamento, e alla fine sarebbe tornato a casa per la cena con i Berry.

Respirò nell’aria estiva che sapeva di muschio e chiuse gli occhi momentaneamente, beandosi semplicemente dei profumi e della calma che i suoi sensi percepivano.

Un leggero colpo di tosse risvegliò Kurt dal suo fantasticare. Voltò la testa verso l’entrata del garage, sobbalzando leggermente non appena il cuore cominciò a battere contro il suo petto senza motivo.

A metà strada tra la brillante luce del sole e l’afosa ombra del negozio si fermò un giovane uomo all'incirca della stessa età di Kurt, con un accecante sorriso bianco sul viso. I suoi disordinati, ricci capelli neri erano in qualche modo domati con la lacca, la faccia abbronzata priva di barba e sulle gambe indossava grigi pantaloni sportivi stretti. Un papillon rosa acceso metteva in risalto la camicia a quadri bianchi e neri con il colletto e le maniche corte. Attorno alle dita roteava il mazzo di chiavi di una macchina.

“Ciao,” disse mentre gli occhi di Kurt si spalancavano leggermente alla sua vista. “Il mio nome è Blaine Anderson.”

Seriamente, chi era questo tipo? Le persone non andavano in giro mettendo così in mostra papillon rosa accesi, pensò Kurt, con una strana sorta di rancore (che non era per niente dovuto al fatto che desiderava poter strappargli quell’accessorio).

Blaine tese una mano quando Kurt non gli rispose immediatamente. Il suo sorriso si allargò inverosimilmente, come intenzionato a voler attirare Kurt giù dalla macchina per salutarlo.

“Kurt Hummel” si presentò, domandandosi come mai la sua voce suonasse così alta e senza fiato, quando lui l’aveva allenata perché desse un'impressione diversa ai visitatori. Prese la mano di Blaine e la strinse, classificando la scossa che percepì con quel tocco come elettricità statica della calda aria estiva.

Ritrasse la mano e velocemente la portò ai capelli per sistemare la corta frangia sulla fronte - portata sul viso a meno che non si trovasse da solo - lentamente e dietro il suo orecchio, in modo che non gli bloccasse la vista.  “Cosa posso fare per te, Blaine Anderson?”

Blaine alzò le spalle, sorridendo. “Beh, Kurt Hummel, speravo che tu potessi dare un’occhiata alla mia macchina. Sembra che stia… funzionando male.”

“Nessun problema,” disse Kurt. Dio, la sua voce era alta di natura, ma era sempre così stridula? Si schiarì la gola imbarazzato. “Fai strada,” fece un movimento vago con le braccia magre, mettendo in mostra le lunghe dita che di solito teneva nascoste nelle tasche.

“E’ giusto qui fuori,” rispose Blaine, girando sui tacchi per guidare Kurt in mezzo al sole.

Quasi rimase senza fiato quando vide la Cadillac del ’58 nera e lucida, ma riuscì a mantenersi composto mentre alzava il cofano. Individuò immediatamente il guasto.

“Non dovrebbe essere un problema, signor Anderson,” cominciò Kurt, tirandosi su per ritrovarsi faccia a faccia con il suddetto. Fece un salto allarmato e picchiò la testa contro il cofano sollevato. Imprecò sottovoce, arrossendo e massaggiandosi la testa.

Blaine ridacchiò e si scusò. “Scusa, non intendevo spaventarti. Volevo soltanto dare un’occhiata per conto mio. E uhm, puoi chiamarmi Blaine. Probabilmente hai la mia stessa età, giusto?”

Kurt annuì e chiuse il cofano. “Diciassette anni.”

“Anche io.”

“Allora, Blaine. Perché non ti ho mai visto per la città?”

“Ah beh,” Blaine si massaggiò la nuca come se avesse sentito la domanda già altre volte. “Mi sono appena trasferito qui circa una settimana fa, da New York.”

Il cuore di Kurt perse un battito. Le parole “se posso farcela qui, posso farcela ovunque” improvvisamente gli vennero in mente. Perché mentre Kurt aveva accettato che il suo dovere per la comunità era prendere il posto di suo padre nella gestione del negozio, il ragazzo aveva sogni per se stesso, sogni più grandi della popolazione di Lima.

Ma, si ricordò Kurt, le persone di una piccola città non prendevano molto bene i sogni riguardanti lo show business e la moda. Era per questo che tali sogni spesso restavano chiusi nel suo cuore e non andavano più lontani da quello.

Mise da parte i suoi desideri più intimi per fare spazio e concentrarsi sul suo attuale cliente. “New York?” chiese, senza fiato un’altra volta.

“Sei un fan?” sorrise compiaciuto Blaine.

Kurt fece spallucce. “Aspiro solo a guadagnarmi qualsiasi tipo di vita io possa lì, ma oltre questo-” si trattenne dal continuare, domandandosi invece perché avesse appena confessato uno dei suoi più profondi e oscuri segreti ad un perfetto sconosciuto.

Un perfetto sconosciuto con un papillon rosa.

Ma in qualche modo il perfetto sconosciuto con il papillon rosa sembrò comprenderlo appieno. “Se puoi farcela qui puoi farcela ovunque, giusto?”

Kurt stava cominciando a sentirsi a disagio con quel ragazzo in grado di toglierli letteralmente l'aria dai polmoni. “Sei il mio gemello separato alla nascita?” chiese, senza preoccuparsi  di pensare alla scelta di parole adatta.

Blaine piegò la testa di lato, sorridendo leggermente. “Posso esserlo, se ti fa piacere.”

Kurt inarcò le sopracciglia curate. “Penso che mi piacerebbe in effetti,” disse sicuro. Gli piaceva quel ragazzo; c’era un qualcosa nella sua modesta fiducia in se stesso che risultava gradevole al normale senso di smarrimento provato da Kurt.

Blaine si agitò sul posto felice, sorridendo ampiamente. “Beh se finisci con la mia macchina in tempo di record forse possiamo farci un giro. Sarebbe bellissimo potersi fare degli amici da queste parti.”

“Sarei felice di farti questo favore,” disse Kurt, sorridendo orgoglioso. “Ora portiamo questa piccola dentro al garage.”

 

“PAPA’,” urlò Kurt in direzione dell’ufficio. “Termino il mio turno di lavoro per oggi, va bene?”

La macchina di Blaine era stata riparata circa mezz’ora prima, ma Blaine e Kurt si erano divisi un paio di bottiglie di Coca-Cola mentre erano impegnati in chiacchiere. C’era qualcosa nel sorriso di Blaine che abbatteva tutte le barriere di Kurt, metteva disordine tra le sue facciate. Il ragazzo non era sicuro di apprezzare questo, ma era sicuramente confortante poter parlare con qualcuno a cui sembrava piacere la compagnia del vero Kurt Hummel.

Burt uscì momenti dopo dall’ufficio. “Nessun problema, figliolo. Dove stai-” i suoi occhi caddero su Blaine, che era rimasto con lui e stava ancora sorseggiando la sua bibita. “Chi è questo?”

“Questo è Blaine,” spiegò Kurt. “Si è trasferito qui la settimana scorsa.”

“Blaine Anderson, signore,” disse Blaine pieno d’entusiasmo, camminando verso Burt per stringergli la mano.

“Burt Hummel. Anderson?” chiarì Burt. “Il figlio di Greg?”

Blaine piegò la testa in segno di affermazione. “Sì, signore.”

“Giusto. E’ venuto qui per un cambio d’olio pochi giorni fa.” la bocca di Blaine mimò un “oh” mentre annuiva. Burt continuò, indicando loro di andare. “Divertitevi, ragazzi. Lo porterai a fare un giro per la città, Kurt?”

“Il tour completo ed integrale,” rispose Kurt.

Burt annuì e lasciò che un caldo sorriso gli solcasse il volto prima di tornare indietro nell’ufficio.

“Sembra davvero simpatico,” disse Blaine mentre entrava nella piccola decappottabile Thunderbird blu del ’58 di Kurt. “Bella macchina” aggiunse, accarezzando il rivestimento con delicatezza.

“Grazie,” disse Kurt orgogliosamente, mantenendo una stretta ferrea sul volante. “E sì, mio padre è davvero bravo. E’ molto… tollerante.” Si morse il labbro. Eccolo lì, ad ammettere segreti profondi e oscuri un’altra volta.

Blaine piegò la testa in quel modo che lo faceva sembrare in maniera snervante ad un cagnolino. “E' un’interessante scelta di vocabolo.”

“Sì, beh.” Kurt mise in moto la macchina e si allontanò dal negozio. “Sono semplicemente diverso. Le persone da queste parti non sono propriamente interessate al diverso.”

“Diverso come? Voglio dire, ehi, posso capire,” disse Blaine, sorridendo e torturando nervosamente con le dita il suo papillon rosa.

“Oh, non lo so-” spostò gli occhi dalla strada vuota per lanciare uno sguardo a Blaine, che stava guardando l’altro in attesa. Increspò le labbra pensieroso. “Prometti di non prendermi in giro?”

Blaine scosse la testa in modo drammatico. “Prometto.” Tese una mano e Kurt la strinse.

“Beh vediamo. Io- oh, quello è Breadstix, ha il cibo italiano più buono di Lima,” indicò vagamente il popolare luogo d’incontro dei suoi coetanei. “Ad ogni modo, credo si possa dire che i miei interessi differiscono leggermente da quelli degli altri ragazzi della mia età.”

“In che senso?” insistette Blaine.

“Mi preoccupo molto del mio aspetto e cosa indosso,” si lasciò scappare di bocca Kurt, desiderando cacciare tutto fuori dal suo corpo subito. “Amo cantare, e tratto con molta cura i miei dischi e non solo quelli popolari, quelli vecchi e specialmente dei musical di Broadway. Ho molti… amici che sono ragazze-”

“Non fidanzate?” Blaine diede una piccola gomitata a Kurt scherzosamente.

“Mai avuta una,” disse Kurt sinceramente, stringendosi nelle spalle. “Conosco quei ragazzi sin da quando andavamo all’asilo perciò questo è probabilmente un fattore rilevante. La maggior parte dei miei amici più stretti sono ragazze, ma principalmente vado in giro con i miei compagni quando non stanno giocando a baseball, questo perché faccio schifo a coordinare la mano e l’occhio-”

“Cos’è quello?” lo interruppe Blaine, indicando oltre Kurt verso un edificio color pastello.

Kurt abbassò il braccio di Blaine. “Non riesco a vedere,” rise. Il ragazzo appoggiò la mano sulla gamba di Kurt per sporgersi e guardare più da vicino. “Quello è Dellie. Gelati, hamburger, dolcetti, un karaoke, dei lavoretti part time. Ah dannazione,” disse, colpendosi la testa con la mano mentre si fermava ad un semaforo rosso. “Avrei dovuto incontrare il gruppo lì per pranzo.” Storse le labbra riflettendo. “Oh poco importa. Sono sicuro che capiranno.”

Blaine si piegò indietro sul sedile e osservò Kurt con preoccupazione, stringendo la mano sul ginocchio del suo nuovo amico. “Sei sicuro? Non era mia intenzione distrarti dai tuoi impegni di oggi.”

Kurt toccò gentilmente la mano di Blaine. “Non è un problema. Posso uscire con loro qualsiasi giorno. Oggi è riservato ad accompagnare il nuovo arrivato in giro per la città.”

“Lo apprezzo molto,” sorrise Blaine, stringendo brevemente la mano di Kurt prima di farla tornare sul proprio stomaco. Kurt contrasse di nascosto la mano prima di farla tornare sul volante. “Beh ora hai fatto un giro della città. Hai per caso fame? Possiamo tornare indietro a casa mia per pranzare un po’ se ti va.”

“Mi sta bene.”

 

“Dunque, io ti ho detto molto di me,” disse Kurt tra i suoi avanzi di bistecca e patate schiacciate. “Ma non so davvero niente di te. Oltre al fatto che hai una fissa per i papillon colorati.”

Blaine sbuffò tra gli avanzi di spaghetti della cena a Breadstix della sera precedente. “Lo dice proprio il ragazzo che afferma di essere interessato alla moda?”

“Non potrei mai rivelare una cosa del genere,” disse Kurt a voce bassa.

“Potresti rivelare qualsiasi cosa tu voglia,” disse Blaine con veemenza.

Una pausa.

“Perché ti sei trasferito in Ohio?” chiese Kurt, cercando di non sorridere.

Blaine si strinse nelle spalle e tornò alla sua pasta. “Oh, non lo so. Ai miei genitori piace muoversi molto, e hanno i soldi per farlo. Mia madre era stufa della vita di città e mio padre ha trovato un buon lavoro qui, e questo è quanto.”

“Cosa fa tuo padre?”

“E’ un avvocato.”

Kurt annuì. “Impressionante.”

Blaine sorrise timidamente. “Sì, suppongo.”

“Allora, cosa ti rende diverso?” chiese Kurt.

Blaine puntò gli occhi sul’altro, con lo stesso sguardo che gli aveva indirizzato quando aveva esitato in macchina. Kurt si perse qualche secondo in un oceano color nocciola, scombussolato da una miscela di affetto, confusione ed entusiasmo, senza credere che quegli occhi riflettessero precisamente ciò che Kurt stava provando in quell’istante. Blaine prese un lungo respiro per parlare.

Il campanello suonò. Più volte in successione.

“Chi potrebbe essere?” si chiese Kurt con onestà. Suo padre era ancora al lavoro, a la sua matrigna era al supermercato, allora-

Corse alla porta, Blaine gli corse dietro, e la aprì con uno scatto.

Ancora prima che la porta venisse aperta di due centimetri un gruppo di ragazzi entrò di colpo nel salotto.

“Kurt, amico, dove sei stato?”

“Stavamo cominciando a preoccuparci.”

“Ragazzi, io-”

“Avevi promesso che ti saresti fatto vedere!”

“Ragazzi-”

“Sai dov’è la mamma? Sto morendo di fame.”

“RAGAZZI!”

Il silenzio cadde dal momento che Kurt aveva alzato la voce e tirato su le mani per fermare i suoi amici, Blaine cortesemente in piedi all’entrata della cucina.

Sentì il corpo rilassarsì in una posizione ciondolante per adeguarsi a quella dei suoi coetanei. Sprofondando le mani nelle tasche, si rivolse al gruppo.

“Scusate se mi sono potuto unire a voi, ragazzi. C’è un nuovo ragazzo in città e gli stavo facendo fare un giro.”

Al sentirsi menzionato, Blaine corse in avanti con entusiasmo. “Blaine Anderson,” disse, piegando un po’ la testa.

Kurt rabbrividì dentro di sé quando vide le facce dei suoi amici inquadrare Blaine. Il più muscoloso di loro alla fine ruppe il silenzio. “Bel papillon, secchione.”

“Ehi,” Kurt lo riprese freddamente, schiaffeggiandogli il braccio e guardando storto tutti loro. “Siate gentili, ragazzi.”

Gli amici di Kurt si scambiarono delle occhiate ma si presentarono, e osservando Blaine poteva dire che gli stesse studiando per cercare di collegare i nomi alle facce.

“Noah Puckerman,” disse il ragazzo muscoloso con una testa quasi del tutto rasata. “Ma chiamami Puck. Solo Puck, o ti darò un calcio in culo.”

Prima che Blaine avesse tempo di spaventarsi il tipo biondo e alto stava già parlando. “Sam Evans,” disse, con un sorriso grande.

“Mike Chang,” disse un ragazzo pallido dai corti capelli neri.

“Finn Hudson,” disse il tipo bruno più alto. “Sono il fratello di Kurt.”

Blaine piegò un sopracciglio curioso guardando Kurt, che chiarì, “Fratellastro.”

Ci fu un ulteriore silenzio.

Poi però Sam parlò con franchezza. “Seriamente, ci hai scaricati per questo-”

“Okay ragazzi, vi raggiungerò più tardi,” disse Kurt ad alta voce, riaccompagnandoli alla porta. “Mi farò perdonare, prometto. Breadstix con me domani?”

Questo distrasse decisamente i ragazzi che marciarono allegri fuori dalla porta, sul pianerottolo, giù per le scale, e oltre lo steccato.

“Torna in tempo per la cena con i Berry,” Kurt richiamò l’attenzione di suo fratello.

Finn si immobilizzò. “Rachel Berry viene a casa nostra?”

Kurt inarcò le sopracciglia con l’aria di chi la sa lunga, chiudendo la porta intanto che i suoi amici davano scherzosamente delle gomitate a suo fratello. Premette la schiena contro la porta, preoccupato che altre forze potessero inaspettatamente irrompere, e guardò Blaine con apprensione.

“Cos’era quello?” chiese Blaine, insicuro se sorridere o meno.

“I miei amici,” disse Kurt, raddrizzando la schiena e liberando un respiro che non si era accorto di aver trattenuto.

Blaine si morse il labbro con aria pensierosa. “Non mi è sembrato che a loro io piacessi poi così tanto.”

“Oh, gli piacerai sempre di più,” disse Kurt velocemente. “Non sono semplicemente abituati ai nuovi arrivati.”

“Sì, si era notato.”

“Cosa intendi dire?”

Blaine si mosse a disagio. “Sembravi… diverso con loro.”

“Non so di cosa tu stia parlando,” rispose Kurt, evitando il suo sguardo.

Blaine si strinse nelle spalle. “Era solo una sensazione. Niente di ché.” Sorrise debolmente.

Kurt lo ricambiò un po’ freddamente. Sapeva esattamente quello di cui parlava Blaine. Sapeva di piegare la sua solita schiena dritta, di nascondere dentro le tasche le sue mani aggraziate allenate al piano, di lasciare che i suoi capelli ricadessero sul viso, di come la voce si abbassava di un’ ottava per volere suo.

Ma perché allora non sentiva il bisogno di comportarsi così in quel momento, da solo con Blaine?

Guardando dentro quegli accoglienti occhi nocciola, sentì la risposta. Non la conosceva, ma la sentiva dentro il suo stomaco. Quella sensazione scaturì dal suo corpo, permettendo ad un brillante sorriso di abbellirgli il volto.

“Finiamo di pranzare.”

 

Attorno alle quattro e mezza Kurt riaccompagnò Blaine al negozio per ritirare la sua macchina e tornare a casa. Sinceramente esitava a salutare il suo nuovo amico; abbandonare la terra delle fantasie che aveva condiviso con Blaine tutto il giorno, in cambio di una realtà dura e inesorabile, non sarebbe stato un cambiamento piacevole.

“Ecco,” mormorò Blaine mentre i due si dirigevano verso la Mustang e frugava nelle sue tasche. “Quanto hai detto che sarebbe venuto?”

Kurt sorrise. “Non l’ho detto. Nessun costo.”

Le sopracciglia triangolari di Blaine si mossero agitate mentre frugava più velocemente, trovando finalmente delle banconote. “Kurt, Dio no, davvero non potrei-”

Kurt spinse la mano di Blaine, che stava cercando di consegnarli le banconote, verso il suo petto. “Consideralo un favore ad un amico.”

Quel sorriso abbagliante si distese un’altra volta sul viso di Blaine. “Caspita, grazie Kurt.”

E poi strinse le braccia attorno a Kurt in un abbraccio.

Kurt sapeva che il cuore gli stava martellando in petto a causa dello shock. E nient’altro. Perché i ragazzi non facevano semplicemente coming out e si abbracciavano l’un l’altro, giusto? Non c’entrava niente il fatto che sentisse uno strano senso di protezione tra le braccia accoglienti di Blaine, non aveva niente a che fare con l’odore di lacca tra i suoi lucidi ricci scuri, e decisamente niente a che fare con il fatto che Kurt non era mai stato abbracciato da nessuno esclusi i suoi genitori, in tutta la sua vita.

Esitando ricambiò il gesto, ma appena ebbe realizzato cosa esso significasse davvero, Blaine si stava già tirando indietro.

“Grazie mille, Kurt. A dirti la verità avevo paura che avrei passato i miei giorni qui da solo, perché non sarei piaciuto a nessuno.” Mentre giocherellava di nuovo con il suo papillon, Kurt realizzò che non sapeva ancora niente di Blaine. Ma c’era tempo per questo. C’era tutto il tempo del mondo.

Kurt sorrise spontaneamente in risposta. “Vediamoci domani. Da Dellie alle due?”

“E’ un impegno,” Blaine sorrise scioccamente, saltando dentro la macchina.

Questo era l’inizio di una bell’amicizia, pensò Kurt mentre salutava con la mano Blaine finché questi non sparì dalla piazzola, con un ultimo sorriso da togliere il fiato.

Kurt corse verso casa, gioendo dell’aria che soffiava tra i suoi capelli. Si era divertito di più oggi che in tutta la sua vita. Era così facile essere semplicemente se stesso con Blaine, mostrare il suo vero io che di solito restava chiuso a chiave su nella sua stanza dopo ore ad ascoltare melodie dei musical con la crema per la notte in faccia. Ma c’era qualcosa che ancora gli tormentava la mente:

“Sembravi… diverso con loro.”

Kurt si era facilmente adattato alla sua vita dalla doppia immagine col passare del tempo, così tanto che sembrava essere una cosa naturale. Non aveva mai nemmeno pensato quanto in realtà  fosse diverso fino ad ora, e con lo smagliante sorriso di Blaine ancora impresso negli occhi chiusi non riusciva esattamente a comprendere che cosa era diverso. Era diverso il modo in cui si sentiva dentro, a confronto con quello dei suoi amici e coetanei, oppure era diverso il modo in cui si era adattato agli standard della società rispetto a come si comportava quando era da solo e a proprio agio?

Kurt scacciò via l’idea irritato, mentre entrava nel vialetto di casa sua. C’era sempre tempo per esaminare i suoi svariati disturbi della personalità. Risolse la situazione decidendo di rilassarsi poco prima del tramonto e di concentrarsi invece al momento sui lavori a portata di mano.

Kurt si liberò dei suoi vestiti da lavoro non appena ebbe messo piede in camera, cambiandosi con una leggera camicia rosso ciliegia con il colletto abbottonato e dei jeans blu scuri, prima di avventurarsi fuori verso casa di Mercedes.

Lungo la strada giù per il corridoio fino alle scale, tuttavia, udì uno sconfortato che lo fece fermare sui suoi passi. Bussò piano alla porta del fratellastro prima di entrare.

Finn stava a faccia in giù sul suo letto disfatto, vari capi d’abbigliamento sparsi per la stanza. Kurt sospirò e cominciò a ripulire il disastro.

“Kurt,” gemette Finn.

“Sì?” rispose Kurt, sedendosi accanto alla testa di Finn per piegare alcune paia di pantaloni.

“Perché i Berry devono venire a casa stasera?” si lamentò, voltando la testa per guardare Kurt.

“Perché è venerdì, e questo è il giorno della settimana in cui i Berry vengono da noi per cenare.”

“Ma cosa devo indossare?” sospirò Finn.

Il cuore di Kurt sobbalzò. Non era sicuro di poter avere a che fare con due crisi di vestiario in una notte, specialmente se una implicava vestire il suo fratellastro che in realtà non doveva nemmeno sospettare dell’abilità di Kurt nel saper scegliere i vestiti.

Perciò cambiò argomento. “E’ per Rachel?” chiese a bassa voce, mettendo da parte la pila di pantaloni piegati.

“Forse,” disse Finn con voce sottile.

Kurt sorrise compiaciuto dentro di sé, domandandosi che cosa ne avrebbe potuto cavare fuori dalla testa di Finn se avesse insistito con quella delicata conversazione.

“Non vedo come questo dovrebbe avere importanza,” disse Kurt con finto disinteresse. “Dal momento che esci con Quinn Fabray.”

“Dimmi soltanto cosa devo indossare, okay?” Finn si tirò su di scatto in una posizione seduta, sulla difensiva.

Kurt arrossì. “Come faccio a sapere che cosa devi indossare?” strillò.

Finn roteò gli occhi. “Non sono stupido, Kurt. Lo so che ti piacciono… i vestiti.” Fece giusto una piccola smorfia, indicando vagamente l’abbigliamento di Kurt.

Kurt si irrigidì, incrociando le braccia sul petto come se quel gesto potesse nascondere la sua camicia fatta su misura. “Io… Io non-”

“No, ehi,” sorrise Finn. “Lo sai che mi sta bene questo. Sei mio fratello.”

Kurt lo osservò in modo scettico, e Finn rise.

“Va bene. Se non rivelerai la mia cotta per Rachel io non dirò niente della tua fissa per i vestiti.”

Kurt sbuffò. “D’accordo.”

Finn si tirò su dal letto. “Lo sai, scommetto che a Puck e Sam andrebbe bene la cosa.” Esitò. “Ma il tuo nuovo amico d’altra parte… Brian?”

“Blaine,” disse con tono seccato Kurt.

“Blaine, giusto. E’ un pochino strano, huh?”

Kurt fece per alzarsi in piedi irritato ma Finn lo fermò spingendolo giù di nuovo sul letto, afferrando due camicie dal suo armadio e tirandole su.

“Blu o verde?” sorrise con aria colpevole.

 

“Blu o verde?” sospirò Mercedes con esasperazione.

Kurt sedeva sul letto della sua vicina di casa, sperimentando un serio caso di déjà vu.

“Nessuno dei due,” concluse, scendendo giù dal letto. “Hai bisogno di qualcosa che risalti il colore della tua pelle.”

Il colore della pelle di Mercedes, guarda caso, era un caldo marrone cioccolato.

Benché lei non andasse nella sua scuola, Kurt la considerava la sua amica più fidata. Lima era solitamente neutrale sulla faccenda del razzismo, ma c’erano quei pochi radicali che pendevano da un lato o dall’altro. Kurt e la sua famiglia tendevano ad accettare le persone senza preoccuparsi di chi fossero, fintanto che si mostrassero rispettabili, persone dalle buone maniere,  perciò era naturale che Kurt facesse frequenti visite alla porta accanto per vedere come stava la sua migliore amica.

Mercedes era una formosa diva completamente devota al soul e al jazz che condivideva il sogno segreto di Kurt, ovvero che un giorno si sarebbe guadagnata da vivere cantando. Perciò a Kurt non importava proprio se Mercedes era nera o bianca o viola, gli importava avere qualcuno che lo capisse, anche solo un pochino.

Intanto che Kurt rovistava nell’armadio di Mercedes, sentì la madre di lei chiamarlo dal piano inferiore.

“Kurt, tesoro? Ti piacerebbe restare per cena?”

Kurt urlò in risposta, “No grazie signora. Jones, abbiamo ospiti a casa stasera. Apprezzo l’invito, però.”

“Mercedes, questo ragazzo è così educato. Perché non lo porti a cena fuori questa sera?”

“Mamma!” gridò Mercedes.

Kurt arrossì mentre sentiva delle risate dal piano inferiore che sparivano nella cucina.

Mercedes sorrise con imbarazzo verso Kurt, che evitò i suoi occhi per rovistare un po’ più velocemente nell’armadio.

Quella era l’unica ragione per cui Kurt non poteva contare esclusivamente su Mercedes come migliore amica. Sapeva che Mercedes aveva un quasi impercettibile cotta per lui. Entrambi erano riusciti a superare una particolare occasione legata ad una grave incomprensione e ad una pietra scaraventata contro la Thunderbird di Kurt, e ne erano usciti come persone migliori. Kurt si sentiva quasi colpevole di non poter provare la stessa cosa per Mercedes. No, non che “non potesse”. Non riusciva. Semplicemente non riusciva.

C’era quella dura verità che minacciava di rientrargli in testa a calci.

Ma Mercedes capiva. Apprezzava la sua amicizia ad ogni modo, e il piccolo sorriso che sfoggiava  si trasformò in un amichevole ghigno.

“Allora quale metto?” chiese, indicando con la testa l’armadio.

Kurt le sorrise raggiante in riconoscimento e affondò in modo affettuoso la testa nella spalla di lei, prima di allungare una mano e tirare fuori un abito rosso con lo scollo che continuava a sbuffo dalla vita.

“Pattinaggio, giusto?” precisò Kurt. “Questo è perfetto. Ripeti un po’ chi è il fortunato ragazzo?” fece una smorfia incolpando la sua memoria corta.

Mercedes alzò gli occhi al cielo e prese l’abito dalle braccia di Kurt. “Matt Rutherford. Va alla… mia scuola.” Gli lanciò un’occhiata eloquente.

“Beh Matt ti troverà irresistibile con questo vestito, e spero di incontrarlo un giorno.”

Mercedes sorrise con gratitudine. “Sono così contenta di averti con me.”

“E io di avere te,” rispose Kurt.

 

Dopo una torta di mele, il signore e la signora Berry seguirono Burt e Carole per chiacchierare in salotto. Kurt fuggì rapidamente dalla cucina per lasciare Finn da solo con Rachel che, bisognava ammettere, stava molto bene con un abito blu marino a pois bianchi ed i ricci capelli castani raccolti in due codini. L’ultima cosa che Kurt vide prima di andarsene furono gli scintillanti occhi scuri di Rachel fissi devotamente su Finn, e gli occhi di Finn spalancati che supplicavano Kurt senza sapere che cosa fare.

Una volta al sicuro nella sua camera, Kurt chiuse a chiave la porta e corse dal suo giradischi per far partire il disco scelto: Nat King Cole. Con una doccia lavò via la fatica del giorno passato e si mise il pigiama, applicò la sua crema per la notte prima di gettarsi sul letto per chiudere gli occhi e ascoltare la voce canticchiare dall’apparecchio.

I was walking along, minding my business

When out of an orange-colored sky

Flash! Bam! Alakazam!

Wonderful you came by

Ci fu un colpetto alla sua finestra. Scostò le tende e si trovò davanti giusto la finestra di Mercedes. Stava in piedi davanti a lui con addosso il vestito rosso, tenendo in mano un foglietto che recitava:

Matt ha adorato il vestito! Sei un genio.

Kurt fece un sorriso e piegò le dita a formare una pistola con il pollice e l’indice e la puntò scherzosamente verso di lei, con un inappropriato schiocco della lingua contro i denti ed un sorrisetto, prima di rilasciare le tende e farle cadere al loro posto.

One look and I yelled timber

Watch out for flying glass

'Cause the ceiling feel and the bottom fell out

I want into a spin and I started to shout

I've been hit, this is it, this is it!

Quando Kurt cominciò a prendere sonno, i suoi pensieri volarono a Blaine. Il suo fiducioso, puro sorriso entusiasta ed un persistente profumo di lacca per capelli cullò Kurt nella convinzione che tutto si sarebbe in qualche modo risolto per il meglio. Questo sentimento, simile a quello prodotto dal contatto con Blaine, fu ciò che portò finalmente Kurt ad addormentarsi.

I was walking along minding my business

When love came and hit me in the eye

Flash! Bam! Alakazam!

Out of an orange-colored sky.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Someone To Watch Over Me ***


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Capitolo 3 – Someone To Watch Over Me

 

“Vuoi dividere un frullato?” chiese Blaine alle due del giorno seguente. I due ragazzi erano seduti da Dellie, e Blaine stava osservando con inquietudine la gigantesca coppa di cioccolato che la coppia accanto a loro stava dividendo.

Nella mente di Kurt balenò l’improvvisa immagine nitida di lui e Blaine, seduti faccia a faccia a dividere un frullato con cannucce a righe rosa, e trovò la cosa ridicola ma anche stranamente accogliente.

“Certo,” disse Kurt, facendo cenno al barista di fermarsi e cercando di liberare la mente da quelle stupidaggini. “Puoi scegliere tu il gusto, non ho una preferenza.”

“Salve signor. Brown,” disse Kurt quando finalmente il proprietario del negozio li raggiunse. “Porta al signor. Anderson qui qualsiasi cosa voglia, è nuovo della città.”

“Sarà fatto,” disse il signor. Brown con la sua debole ma premurosa voce. “Cosa posso portarti, figliolo?”

“Potrebbe portarmi… un frullato al pistacchio?”

Kurt spalancò gli occhi in sorpresa mentre il signor. Brown assentiva con una risata e si allontanava in fretta.

“Non credevo che alle persone potesse davvero piacere il pistacchio,” sorrise Kurt.

“Ed è così,” disse Blaine in modo accigliato. “Soltanto a me.”

“E a me,” corresse Kurt. “E’ il mio preferito.”

“Gemelli!” esclamò Blaine, e fece di nuovo quel sorriso accecante.

“Quanto può essere casuale che l’unico tipo al mondo a cui piace il gelato al pistacchio traslochi proprio in Ohio e incontri l’unico altro tipo a cui piace lo stesso gelato?” esclamò Kurt con meraviglia.

“Penso che fosse scritto nel destino,” Blaine scrollò le spalle intanto che il signor. Brown tornava indietro con la loro ordinazione. Il colore del frappé si abbinava semplicemente in modo perfetto al papillon scelto da Blaine quel giorno.

I ragazzi presero le loro cannucce e le immersero dentro al gelato. Ciascuno prese una ciliegina. Kurt guardò ipnotizzato Blaine circondare lentamente con la bocca il frutto e strappare via il gambo, masticando e assaporando il gusto. La mascella si muoveva su e giù, su e giù, e Dio, perché Kurt non aveva mai trovato prima così interessante guardare qualcuno mangiare?

Blaine mosse con fare curioso i suoi occhi verso Kurt, che scostò il viso da un’altra parte e lisciò i capelli della frangia lentamente, ingoiando la sua ciliegia praticamente tutta intera. Sentendo gli occhi di Blaine ancora puntati su di lui, Kurt guardò con la coda dell’occhio per incontrare il suo sguardo.

“L’ultimo che fa un nodo nel gambo con la lingua deve pagare?” lanciò una sfida Blaine.

Tennero i gambi in aria vicini alle loro bocche.

“Tre, due, uno… via!” urlò Kurt, e cacciò il gambo nella bocca.

Era ridicolo che fare un nodo con il gambo di una ciliegia dovesse essere così difficile, pensò Kurt. Ma era anche più ridicolo il fatto che dovesse evitare di guardare Blaine mentre lo faceva, incapace di concentrarsi nel modo giusto mentre osservava la sua bocca lavorare furiosamente, perché stava immaginando quella lingua lavorare in altri posti-

Woah. Da dove arrivava esattamente quel pensiero?

Mentre Kurt era distratto da quel intricato pensiero, Blaine fu il primo a terminare. “Aha!” urlò, tirando fuori il suo gambo, perfettamente annodato nel mezzo.

“Non vale,” mise il broncio Kurt, gettando da parte il suo mal ridotto. “Non sono mai stato baciato.”

Le sue mani volarono a coprirsi la bocca, e Blaine rise a quella sua disattenta fuoriuscita.

“Ehi,” ridacchiò. “Non è un grosso problema. In ogni caso non è così bello come lo descrivono.”

Kurt gli lanciò uno sguardo truce. “Lo dici tanto per dire.”

“No!” ribatté Blaine. “Sono assolutamente serio. Ho baciato questa ragazza, Sally Hopkins, a New York. Onestamente è stato come baciare un pesce.”

Kurt sorrise in modo trionfante. “E’ un bene sapere che non mi sto perdendo un granché.” Si chinò in avanti per prendere un altro sorso dal frullato e ingoiò il liquido freddo giù per la gola secca. “Allora cosa vuoi fare nella vita, Blaine?”

“L’avvocato,” rispose immediatamente Blaine, ma il tono piatto con cui venne detto e il modo in cui chinò la testa per sorseggiare la bevanda,  così da evitare gli occhi del suo amico, insospettirono Kurt.

“Cosa vorresti fare per davvero?” Kurt lasciò che le parole uscissero liberamente.

Blaine quasi si soffocò con il gelato mentre inarcava sorpreso le sopracciglia. Ma l’espressione impassibile sulla faccia di Kurt lo spinsero a rispondere.

“Il cantante jazz,” prese fiato a malapena, e la passione in quelle tre parole sommesse colpì Kurt più forte di un treno in corsa.

“E tu?” chiese Blaine, lasciando di stucco Kurt a sua volta.

“Io prenderò il posto di mio padre al negozio.” spiegò Kurt.

“E se tuo padre non possedesse un’officina?” insinuò Blaine.

Kurt si guardò attorno, assicurandosi che non ci fosse nessuno pronto ad origliare. Poi si chinò in avanti facendo finta di voler prendere un altro sorso dal frappé. Blaine colse al volo l’allusione e anche lui si piegò verso la sua cannuccia. 

“Sarebbe peggio dire che vorrei essere una star di Broadway o un fashion designer?” sussurrò Kurt.

“Finalmente, qualcuno che mi capisce!” sibilò Blaine. Kurt provò a ignorare come la scintilla di vita negli occhi di Blaine fosse aumentata di dieci volte quando si erano trovati solamente a pochi centimetri di distanza.

La restante parte del frullato al pistacchio fu gustata tra pezzi sommessi di canzoni preferite e musical di Broadway, stilisti e vestiti e cose inadatte ad essere discusse da due ragazzi adolescenti. Quando alla fine il signr. Brown andò via con la coppa vuota, Blaine parlò a voce più alta.

“Allora perché non ti piace il baseball?”

Kurt aggrottò le sopracciglia, tirando fuori le monete da lasciare alla cassa. “Cosa intendi dire?”

“Ieri hai detto che passi tutto il tempo con i tuoi amici, a parte quando giocano a baseball.” Saltarono giù dagli sgabelli del bar e abbandonarono il fresco interno di Dellie per l’estivo sole cocente.

“Te lo sei ricordato,” sorrise Kurt. “Beh non ho mai  davvero imparato a giocare.  E tanto per cominciare non ho mai realmente voluto farlo.”

Blaine piegò la testa di lato e si fermò. Anche Kurt smise di camminare.

“Vuoi che ti insegni io?” chiese Blaine.

Kurt sbiancò. “Oh no. Stai scherzando, vero? Si tratta di affrontare l’impossibile qui, lo sai?”

“Andiamo. Se riesci a raggiungere una F alta con la tua voce, puoi giocare a baseball-“

Ma le ultime parole uscirono soffocate non appena Kurt spinse con forza una mano sulla bocca di Blaine. Blaine protestò mentre Kurt allacciava l’altro braccio attorno alla schiena di Blaine per spingerlo a camminare in avanti.

“Sei pazzo? La gente avrebbe potuto sentirti!” strillò Kurt in modo disperato.

“Pazienza,” disse Blaine, allontanando la mano di Kurt dalla sua faccia. Portò il suo braccio attorno alle spalle di Kurt per imitare il gesto dell’ amico. “Lascia che ascoltino. Guarda, è il minimo che posso fare. A te che stai sopportando me e le mie buffonate, posso almeno dare qualche lezione di baseball.”

“Non ti sto ‘sopportando’”, ribatté Kurt. “Non avrei diviso un frullato al pistacchio con te se non ti considerassi un mio amico.”

Blaine sorrise con aria trionfante e rallentò per camminare perfettamente a tempo con Kurt, ridendo e chiacchierando per tutto il tragitto finché non raggiunsero il punto in cui dovettero salutarsi.

“Allora giocheremo a baseball?” chiese Blaine speranzoso.

Kurt roteò gli occhi e allontanò da Blaine con fare riluttante il  braccio, per lisciare la sua camicia color blu marino col colletto. “Andiamo a casa e cambiamoci con abiti più appropriati, incontriamoci al campo tra un’ ora.”

“Certo,” disse Blaine, chinandosi più vicino. “Non vorremmo sporcare i tuoi preziosi capi d’abbigliamento, giusto?”

“Blaine!” disse Kurt, arrossendo per il commento e non per il modo in cui la voce di Blaine lo aveva solleticato all’orecchio.

“Scusa, scusa,” rise fragorosamente Blaine. “Il campo è proprio lì dal ristorante di Joe, giusto?” chiese, puntando con il pollice sopra la sua spalla intanto che indietreggiava verso Peach Street, dove si trovava la sua casa.

“Esatto. Ci vediamo allora,” disse Kurt, e guardò Blaine fare un sorriso e correre veloce per tornare a casa.

 

Un’ ora più tardi Kurt era seduto sugli spalti, appoggiato indietro con le spalle per occupare due piani. Fischiettava per conto suo, vestito con i suoi jeans Levi blu preferiti e una aderente maglietta grigia. Dei Ray-Ban neri proteggevano i suoi occhi dal sole di metà pomeriggio e gli permettevano di spiare, senza essere scoperto, la figura di Blaine in avvicinamento.

Alla fine comparì, tenendo con una mano due mazze da baseball sopra la sua spalla e scuotendo con l’altra un paio di guanti. Kurt rivolse velocemente il suo sguardo dritto davanti a sé, lontano da Blaine, come se non l’avesse notato. Non voleva dare l’impressione di averlo aspettato disperatamente.

Perché quello sarebbe strano.

Blaine prese posto accanto a Kurt. “Alle volte,” disse, “penso di non essere abbastanza alla moda per andare in giro con te.”

Kurt alzò di scatto la testa verso Blaine, togliendosi gli occhiali. “Cosa diavolo te lo fa pensare?” chiese, facendosi prendere dal panico.

Blaine rise semplicemente. “E’ bello sapere che stavi solamente fingendo, un’altra volta,” disse. “Non devi essere così con me, lo sai. So che ti comporti in questo modo con i tuoi amici ma non sentire il bisogno di farlo con me, okay?” Sorrise con affetto.

“Scusami, da quanto ti conosco? Non è normale che tu mi conosca così bene dopo nemmeno ventiquattro ore,” constatò Kurt.

“Stai parlando della tua ‘anima gemella che ama il pistacchio’.” scherzò Blaine. “Cominciamo.”

In cinque minuti, Kurt ricordò di nuovo perché odiava il baseball. Di tutti i lanci che Blaine gli indirizzava, ognuno finiva con la palla  che colpiva il terreno, la sua testa, la recinzione, e praticamente qualsiasi cosa tranne la mazza.

“Prova a rafforzare un po’ la presa,” suggerì Blaine.

“In questo… modo?” chiese Kurt, aggiustando le mani.

“Perfetto. Ancora una volta.”

Ancora una volta si trasformò in tre, dieci volte, ma Kurt ancora non capiva. Tieni fissi gli occhi sulla palla, ripeteva Kurt nella sua testa, ma trovava la cosa alquanto difficile quando i suoi occhi continuavano ad essere attirati dai ricci che stavano cominciando a cadere sciolti sulla fronte di Blaine.

“Te l’ho detto che sono impossibile,” si scusò Kurt, strizzando gli occhi per via del sole, mentre Blaine asciugava la lieve patina di sudore sulla sua fronte.

“Penso che il problema stia nel modo in cui ruoti la mazza,” disse Blaine, camminando verso Kurt e abbandonando il suo guanto. Prese in mano la mazza in più e si mise in piedi accanto a Kurt. “Devi fare così, una specie di linea dritta…”

Glielo mostrò. Kurt provò ad imitare il suo movimento e finì quasi con il colpire Blaine sulla testa.

“Okay, okay, attento con quella. Ecco, fai così.”

Blaine fece cadere la mazza e si mosse per mettersi dietro a Kurt. Il ragazzo raddrizzò nervosamente la sua postura non appena l’altro si premette contro di lui per avvolgere le sue braccia sopra quelle di Kurt, posizionando le mani sopra quelle le sue sulla mazza.

“Rilassati,” disse Blaine. “Le mani un po’ più distanziate,” indicò, spingendo le mani di lui nella giusta posizione. “Okay, ora vai indietro-“ spinse le sue braccia indietro, portando Kurt con sé. Kurt era combattuto tra l’essere felice che le sue ginocchia tremolanti fossero supportate dal corpo di Blaine e l’essere spaventato dal battito incessante del cuore contro il petto, dovuto a come il corpo di Blaine si stava muovendo con il suo.

“E ruota!” disse piano Blaine nel suo orecchio, ruotando le loro braccia in un perfetto lancio.

“Visto? Non è così difficile,” disse Blaine, e Kurt lo sentì sorridere contro il suo collo. Non c’era una spiegazione logica per giustificare il ridicolo aumento di velocità nel battito del cuore di Kurt. Nessuna ragione al mondo. Ma d’altra parte, non c’era nessuna spiegazione logica con cui giustificare il fatto che Blaine non si fosse ancora separato da Kurt.

“Blaine, non credo di poterlcela-“ voltò la sua testa per guardarlo ma perse la voce quando trovò gli occhi nocciola più vicini di quanto si aspettasse.

“Fare,” finì, la voce appena udibile.

Blaine si irrigidì leggermente, portandosi inconsciamente un po’ più vicino a Kurt. Il ragazzo ordinò ai suoi arti di muoversi, di correre lontano, di porre fine a tutto quello prima-

Gli occhi di Blaine si spostarono lentamente dagli occhi di Kurt giù per il dorso del suo naso, e si fermarono appena sulle labbra secche di Kurt quando le loro prese si sciolsero simultaneamente e la mazza cadde sul terreno con un tonfo, risvegliando i due da… qualunque cosa fosse quello.

Il cuore di Kurt batté con un’ incontrollabile paura (o era ansia, o nervosismo, o qualcosa completamente, totalmente diverso?). Non c’era alcun dubbio ora, sapeva che cos’era quel sentimento con sicurezza; un sentimento così forte che non aveva mai provato prima in tutta la sua vita poteva significare solo-

“Andiamo avanti,” Blaine parlò con voce aspra, poi si schiarì la gola. “Possiamo provare il lancio dopo.”

Kurt soffocò la paura per concentrarsi, per sforzarsi di ricordare esattamente che cosa aveva fatto Blaine per costringere le sue braccia a lavorare, invece  di focalizzarsi su come le braccia di Blaine lo avevano costretto a lavorare. Entro la fine di un’ora Kurt era almeno riuscito a colpire la palla una o due volte.

“Finiamola per oggi,” si lamentò con Blaine mentre si lasciavano cadere sulle gradinate per fare una pausa.

“Affare fatto. Lavoreremo sul lancio domani?” chiese Blaine con fare speranzoso.

Kurt roteò gli occhi. “Okay.”

Blaine mostrò quel suo sorriso da cucciolo, facendo sentire le farfalle nello stomaco a Kurt. Seguendo l’impulso chiese improvvisamente senza pensare,

“Ti piacerebbe unirti a noi per cena domani?”

“Davvero?” si entusiasmò Blaine.

“Sì,” sorrise Kurt. “Alla mia matrigna piace sempre avere ospiti per cui cucinare. E forse potrei mostrarti i miei dischi.”

Quello mandò Blaine su di giri. “A che ora?” chiese con fare entusiasta.

“Alle sette precise. Indossa qualsiasi cosa ti piaccia.” Kurt scosse la mano incurante.

“Fantastico!” disse Blaine, saltando giù dalle alzate per raccogliere tra le mani mazze e guanti. “Ci vediamo domani, allora.”

“Non vedo l’ora,” sussurrò Kurt mentre Blaine usciva dal campo. Mise nuovamente i Ray-Ban sugli occhi e si accasciò indietro con un gemito contro il sedile in alto. In che cosa diavolo si stava cacciando?

 

Come promesso, Kurt incontrò la sua banda da Breadstix per la cena di quella sera pronto a pagare per il branco di animali affamati. Tutti e tre lo stavano aspettando, accasciati su un séparé bevendo della Coca-Cola. Lo salutarono più volte e scivolò accanto a Finn, di fronte a Puck, Mike e Sam, prendendo la bevanda che gli avevano ordinato cortesemente.

“Sei in ritardo, scemo, dov’eri?” domandò Puck, portandosi avanti per colpire Kurt sul braccio.

I suoi jeans stavano ancora asciugando, e quale offesa sarebbe stata presentarsi senza l’uniforme ufficiale.

“Oh lo sai, in giro. Che cosa prendiamo?” chiese velocemente non appena la cameriera arrivò al loro tavolo.

“Il solito,” Mike rispose a Kurt. Si voltò verso la ragazza e la squadrò da capo a piedi in un modo che Kurt non aveva mai visto fare. Roteò gli occhi mentre Puck passava in modo mellifluo la mano sopra i suoi capelli praticamente inesistenti.

“Cosa posso portarvi ragazzi?” chiese la cameriera che era, bisognava ammetterlo, carina, con la pelle abbronzata e folti capelli neri, ma non per i gusti di Kurt.

“Beh dipende bambola, ci sei tu sul menù?” rispose Puck. La brunetta attorcigliò  i capelli con fare riconoscente, e lui aggiunse, “Qual è il tuo nome?”

“Santana,” disse lei con voce frivola.

“Sei libera alle otto?” disse Puck, chinandosi indietro sul suo posto con la vittoria già in pugno.

“Certo,” boccheggiò lei timidamente.

“Prendiamo dei fusilli all’aglio e una doppia porzione di spaghetti,” Sam interruppe le risatine della ragazza.

“D’accordo,” si calmò, segnando l’ordinazione e andandosene via rapidamente.

“Dammi il cinque,” Finn tese la mano con stupore e venerazione, e Puck la colpì indulgentemente con la loro mossa personale.

“Come ci sei riuscito?” chiese Sam con ammirazione.

“Sì, dacci delle dritte,” rise Finn.

“Hai una ragazza,” lo rimproverò Kurt.

“Senti chi parla, Hummel, dov’è la tua di ragazza?” lo canzonò Puck.

Kurt immediatamente ritornò indietro con la mente. La faccia di Blaine che ripeteva compiaciuta Niente ragazze? improvvisamente si materializzò nella sua testa senza motivo.

“Giusto, tu sei quello che ha bisogno di muoversi un po’,” si intromise Mike.

“Troviamo al nostro Kurt una ragazza!” urlò Puck, alzando un pugno in aria mentre Kurt sprofondava giù nel sedile il più discretamente possibile.

“Sono a posto così, in realtà, sto bene,” disse ad alta voce.

“Kurt, l’insuperabile re degli sciupa femmine ti ha concesso di attingere alle sue conoscenze,” boccheggiò Sam con falsa adorazione.

“Come osi rifiutare i suoi insegnamenti!” ridacchiò Finn, tenendo il gioco.

“Piantatela ragazzi,” li interruppe Puck, chinandosi in avanti per tirare Kurt su dal collo della giacca di pelle. “Kurt è il mio figlioccio, e farei qualsiasi cosa per farlo stare bene.”

Tutti restarono in silenzio per un attimo prima che l’intero tavolo scoppiasse in risate per via della dolcezza della frase pronunciata da quell’osso duro di Noah Puckerman.

“Ma seriamente, Hummel,” disse Puck tra le risate. “Questo mi ha ricordato che dobbiamo parlare.” Diede una gomitata a Sam e osservò Finn seriamente.

“Già,” disse Sam, tirando fuori un pettine per sistemarsi i capelli nervosamente.

Finn era silenzioso, mentre masticava un altro grissino.

“Quel Blaine,” disse Puck con tono sfacciato, facendo si che il cuore di Kurt aumentasse in modo smisurato le palpitazioni.

“Come vanno le cose con lui?” aggiunse Mike.

Kurt ricordò la conversazione con suo fratello la sera precedente e voltò pericolosamente la testa verso Finn, che si fece sempre più piccolo, masticando velocemente. Volto le spalle per un minuto, pensò Kurt con rabbia, e i miei amici decidono di cospirare contro di me.

Fortunatamente, Kurt era un esperto nel mantenere la calma nel momento del bisogno.

“Come ho detto, è nuovo di queste parti. E’ venuto per farsi riparare la macchina e abbiamo finito con il chiacchierare, così ho pensato di portarlo a fare un giro. Voi ragazze avete qualcosa da ridire?”

La conversazione fu interrotte con imbarazzo. Come se fosse stato calcolato, Santana apparve con le ordinazioni, sorridendo quando Puck le fece l’occhiolino.

I ragazzi si fiondarono sulla ciotola affamati mentre Kurt portava lentamente un pezzo di fusillo all’aglio nella bocca. Quasi non colse l’occhiata carica di significato che Puck lanciò a Finn, prima che il suo fratellastro parlasse.

“Devi scaricarlo.”

Kurt emise un rantolo, quasi ingoiando per intero il suo grissino. “Stai scherzando, vero?”

Ma quando Kurt si voltò per osservare Finn, i suoi occhi erano fissi con determinazione sul piatto di pasta.

“Woah, sei serio? Cosa c’è che non va con Blaine?”

“Non è alla moda!” esclamò Sam. “Indossa dei papillon per amor di Dio-“

“Che cosa fareste se io indossai dei papillon?” Kurt gli tolse la parola stando sulla difensiva, provando un improvviso senso di pesante ingiustizia nel suo stomaco.

Il silenzio durò poco finché Finn non cambiò tranquillamente argomento. “Vogliamo soltanto che tu non vada in giro con la compagnia sbagliata.”

“La compagnia sbagliata?” chiese Kurt a voce bassa, velenosa. “E quale sarebbe esattamente la ‘compagnia sbagliata’, Finn? Chiunque sia ‘strano’? E’ così che hai chiamato Blaine l’altra sera,vero?”

Sam si girò improvvisamente verso Finn. “Gli hai già parlato? Pensavo che avessimo deciso di farlo insieme!”

“Lo avevate deciso?” strillò Kurt, ma si riprese e schiarì la gola per schiarire la voce. “Tutto questo trambusto per un ragazzo?”

“Un nerd secchione,” corresse Puck. “Ci preoccupiamo per te, Kurt. So che ci abbiamo riso sopra poco fa ma è la verità. Ci piace andare in giro con te. Ma se le persone ti vedranno girare con dei nerd come quello ventiquattro ore su ventiquattro non penseranno più che sei alla moda e non potrai mai più andare in giro con noi.”

“Non sembrava che vi importasse così tanto di me, prima che diventassi il fratello di Finn,” Kurt li accusò sarcasticamente.

“Qualsiasi amico di Finn è amico nostro,” dichiarò fedelmente Mike.

Kurt ghignò. “Oh sì? Beh, perché allora non ti rimangi le tue stesse parole, dal momento che le stesse regole non vengono ovviamente applicate anche con me? Blaine è un mio amico, e se voi ragazzi avete un problema con lui allora io sono fuori,” sbuffò, e aggiunse semplicemente, “Comunque non ho mai chiesto niente di tutto questo,” mentre frugava nelle tasche della giacca per trovare dei soldi.

“Hasta la vista,” disse irritato, e lancio tutte le monete che aveva sul tavolo. “Tenete il resto.”

Gettò un’ ultima intensa occhiata a tutti i suoi cosiddetti amici, afferrò la ciotola di fusilli all’aglio, e uscì al volo dal ristorante.

 

“So che sei lì, Finn.”

Kurt stava comodamente coricato sul letto ad oziare, le mani sullo stomaco, la crema per la notte sulla faccia e indosso il pigiama. Frank Sinatra fuoriusciva dal suo lettore dischi, ma Finn stava respirando così pesantemente da dietro la porta che fu impossibile non sentirlo.

“Posso entrare?” chiese Finn esitante.

“Penso di si,” sospirò Kurt, anche se aveva lasciato la porta aperta proprio aspettando questo momento. Finn aveva fatto un buon lavoro nel tenere lontane, per la maggior parte del tempo, la sua vita privata da quella sociale, così Kurt immaginava che sarebbe andato bene se avesse lasciato cortesemente aperta per una notte la sua porta, chiusa tutte le sere dopo le nove, per un buon motivo.

E sarebbe stato per un buon motivo, realizzò Kurt, non appena Finn entrò con imbarazzo dipinto sul volto. Kurt chiuse gli occhi quando suo fratello si lasciò cadere sul piccolo divano all’angolo, vicino al lettore dischi.

“Ehi,” biascicò, abbassando leggermente il volume dell’apparecchio.

“Ciao,” Kurt strascicò le parole, gli occhi ancora chiusi.

Ci fu una pausa intanto che la musica continuava a suonare.

I'm a little lamb who's lost in the wood

I know I could always be good

To one who'll watch over me

“Perché ti metti quella roba sulla faccia?” chiese Finn.

Kurt quasi saltò per la sorpresa, ma ricordò che Finn già lo aveva visto per sbaglio coperto dalla crema. In quel momento nessuno dei due aveva voglia di trattare quell’argomento, per questo Kurt si domandò come mai Finn lo stesse tirando in ballo soltanto adesso, quando avevano problemi più importanti di cui discutere.

“Se non lo facessi vivrei con una faccia piena di brufoli.” cominciò lui. “E se avessi quell’ aspetto sarei ovviamente troppo strano per far parte della tua banda,” finì con tono aspro, aprendo gli occhi per dare un’occhiata all’enorme figura sul suo divano.

Kurt riuscì praticamente a sentire Finn sobbalzare.

“Ti chiedo scusa per i ragazzi,” disse alla fine.

“I ragazzi?” lo schernì Kurt. “Sei tu quello che mi ha detto di scaricare Blaine.”

“Perché Puck aveva detto che avresti ascoltato se fossi stato io a dirlo.” protestò Finn.

“E perché devi eseguire tutti gli ordini che ti da Puck?” chiese Kurt con tono indignato, sedendosi contro i cuscini.

La bocca di Finn si mosse con esitazione prima di dire semplicemente, “Sono tutto quello che ho.” Quando Kurt inarcò le sopracciglia e aprì la bocca per ribattere, lui aggiunse, “Guarda, Kurt. Tu hai Mercedes alla porta accanto, e tutte quelle altre persone a scuola a cui piaci, come Brittany la cheerleader e Artie il ragazzo sulla sedia a rotelle e adesso hai anche Blaine, perciò senza Puck o Sam o persino me tu staresti bene , perché non ti importa che cosa pensa la gente di te.”

“Mi importa,” disse Kurt a bassa voce. Ovvio che gli importava, altrimenti perché avrebbe cambiato se stesso per adattarsi allo status quo?

“Ma tu non hai bisogno di sembrare ‘figo’ per sentirti figo,” chiarì Finn. “E questo va bene ma senza di loro io non ho nessuno. Sono i miei unici amici, mi danno quell’immagine di ragazzo alla moda, lo sai?”

“E’ una cosa così superficiale, Finn” disse Kurt mestamente. “Puoi fare di meglio.”

Finn andò avanti come se non lo avesse sentito. “Volevo solo farti sapere che non mi crea alcun problema il fatto che tu esca con Blaine. Sembra un ragazzo gentile, e forse io… potrei mettere una buona parola per lui o qualcosa simile. Con i ragazzi. Penso che ci potrebbero ripensare.”

“Ne dubito,” disse Kurt con fare minaccioso. “Non so perché te ne importi qualcosa.”

Finn fece un sorrisetto sghembo. “La famiglia prima di tutto, sempre.” disse.

Kurt gli concesse un piccolo sorriso. “Grazie, Finn.”

Finn sorrise prima di tirarsi su e alzare di nuovo il volume. “Notte,” disse mentre chiudeva la porta dietro di lui.

“Notte,” sospirò Kurt.

Follow my lead, oh how I need

Someone to watch over me.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Something Good ***


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Capitolo 4 – Something Good

 

“Beh, che cosa farai ora?”

“Non lo so.” La risposta di Kurt alla domanda di Mercedes uscì ovattata, mentre continuava a lavorare alla station wagon di due giorni prima. “E’ per questo che ho bisogno dei tuoi consigli.”

“Beh a te piace davvero tanto questo Blaine?” precisò Mercedes.

“E’ la cosa migliore che mi sia mai capitata a parte te,” Kurt scivolò fuori da sotto la macchina per sorridere amorevolmente a Mercedes.

“Ah ma smettila,” Mercedes scosse in aria la mano. “Ma se sei serio riguardo a questo, allora i ragazzi non valgono così tanto.”

“E’ quello che dico a me stesso, ma è proprio strano pensare ad una vita senza di loro adesso,” disse Kurt, scivolando di nuovo sotto la macchina.

“Ma se ti stanno facendo scegliere tra loro e lui, allora non sono probabilmente dei veri e buoni amici,” suggerì Mercedes.

“Suppongo sia così,” disse Kurt a bassa voce.

“Come scusa?” chiese Mercedes, e Kurt scivolò fuori per parlare chiaramente.

“E’ proprio bello avere un team di supporto, credo.  Anche se la loro priorità e farsi notare, hanno buone intenzioni.” Tornò nuovamente sotto.

“Bene bene, allora adesso parliamo di te, non di loro,” fece un tentativo Mercedes. “Ti senti meglio in compagnia di chi?”

Kurt restò in silenzio.

“Tesoro, vieni qui fuori e parlami come si deve, non riesco a sentirti,” comandò Mercedes.

“Non ho detto niente!” protestò Kurt, ma Mercedes non perse tempo nel tirare fuori da sotto la macchina Kurt per conto suo.

“Argh, Cristo- okay, okay, sono qui!” replicò stizzito Kurt, tirandosi in piedi e togliendo via lo sporco dalle mani prima di aggiustare la frangia con le dita.

“Posso prendere una bibita frizzante?” chiese lei.

“Ovvio, sai dov’è. Prendine anche una per me.”

Mercedes aveva preso l’abitudine di far visita a Kurt in negozio una volta alla settimana. Si era trasformata nella loro tradizione estiva, chiacchierare semplicemente tra bibite frizzanti quando lei non aveva più voglia di parlargli attraverso una macchina.

Si accomodarono sul cofano della resistente station wagon. “Allora chi? La banda di tuo fratello o Blaine? Con chi preferiresti passare del tempo, adesso?”

“Blaine, senza alcun dubbio,” disse Kurt, scuotendo la testa con fermezza.

“Adesso sì che stiamo facendo progressi. Perché?” Mercedes gli fece cenno di andare avanti.

Kurt prese un respiro profondo. “Beh, mi ha proprio colpito. Sai che dopo esserci conosciuti per un po’ di tempo, ora tu sai quasi tutto di me?” Mercedes annuì, e lui continuò. “Beh, è più o meno così, se non fosse che Blaine conosceva ogni cosa di me dopo appena dieci minuti.”

Mercedes sorrise lentamente. “Allora questo deve voler dire qualcosa,” disse con sicurezza. “E tu non dovresti abbandonare un rapporto speciale per dei tonti che si preoccupano più della loro immagine che di te.”

Il cuore di Kurt si riempì d’adorazione e allacciò un braccio attorno alla sua migliore amica.

“Penso di esserne stato consapevole sin dall’inizio,” sospirò Kurt. “Avevo soltanto bisogno di qualcuno con la testa sulle spalle che me lo ripetesse.”

“Sono qui ogni Lunedì,” sorrise lei, adagiando la testa sulla sua spalla.

Kurt le baciò la testa con dolcezza e appoggiò la sua su quella di lei. Ecco perché era amico delle ragazze, pensò, perché non gli avrebbero mai spezzato il cuore.

 

“Sapevi che ero il protagonista in tutte le mie recite scolastiche a New York?”

Kurt alzò lo sguardo in sorpresa. Lui e Blaine stavano passeggiando in confortevole silenzio da circa dieci minuti, allontanandosi dal negozio dove il ragazzo lo aveva incontrato e godendosi la compagnia reciproca.

“Davvero?”

Blaine annuì. “E tutti mi amavano per questo. Qualcosa mi dice che non sarà la stessa cosa qui.”

Kurt gli lanciò un’occhiata piena di compassione che confermò le preoccupazioni di Blaine. “Hai ancora intenzione di provarci?”

“Beh, certo,” disse Blaine, lanciando a Kurt un’occhiata confusa. “Perché non dovrei?”

Kurt fu colto alla sprovvista. “Beh avrei dato per scontato che non lo avresti fatto se le persone ti avessero guardato in modo diverso per questo.”

Blaine sorrise senza preoccupazioni all’amico. “Questo è quello che faresti tu, Kurt.”

“Beh allora cosa faresti tu, Blaine?” ribatté Kurt, dandogli una leggera gomitata.

Blaine si strinse nelle spalle, cercando di accordare i suoi passi con quelli dell’altro. “Non vorrei sacrificare qualcosa che ho amato fare solo perché  finirei con il non piacere alle persone.” Fece una pausa, e notando la tensione di Kurt aggiunse velocemente, “Non dico che questo sia il modo in cui tutti dovrebbero pensare, è solo quello che penso farei io.”

“Suppongo che questo dipenda,” disse Kurt lentamente, “Dalla situazione in cui ci si trova.”

Blaine piegò la testa di lato. “Cosa intendi dire?”

Kurt dondolò un po’ rigidamente. “Oh, non lo so… sarebbe semplice comprare una macchina che non piace a nessuno se a te piace, cose come questa sono scelte ovvie. Ma… dico, se…” deglutì impercettibilmente. “Tu facessi coppia fissa con una persona che i tuoi genitori non approvano.”

“Dipende da quanto tieni a quella persona,” rispose Blaine facilmente. Cominciò a fare schioccare senza motivo le bretelle nere sopra la sua camicia celeste.

“Come puoi volere più bene a qualcuno che non siano i tuoi genitori? Voglio dire, non importa quanto ami o non ami i tuoi genitori, c’è sempre quel rispetto in più che li mette sopra a chiunque altro nella tua vita,” fece notare Kurt.

“Una buona tesi,” ammise Blaine. “Ma cosa mi dici dell’amore?” chiese, come se stesse parlando del tempo, guardando direttamente l’altro.

Il cuore di Kurt perse un battito. E se avesse potuto dirglielo, dirgli tutto quello che stava passando per il suo cervello adesso, ogni piccolo e singolo cambiamento che il suo cuore compiva, ogni sensazione che stava scorrendo dentro e fuori le sue vene?

Kurt si morse il labbro e guardò giù, negli occhi impazienti di Blaine. Non ancora. Col tempo, ma non ancora.

“Non sono sicuro di saperne abbastanza per poterne discutere,” disse alla fine lui.

Blaine rise. “Mi sembra giusto.”

“Allora… ti piace recitare,” Kurt decise di cambiare argomento. “Cos’altro ti piace?”

“Huh,” Blaine strizzò gli occhi con aria pensierosa. “Ho come la sensazione di avertelo già detto.”

Kurt scosse la testa. “Mai.”

“Beh questo probabilmente perché mi piacciono le stesse cose che piacciono a te, allora,” suggerì Blaine. Girarono dalla strada per la casa di Kurt in Main Street, dove si trovavano tutti i negozi principali.

“Vediamo… cantare, recitare, vecchia musica, film della Disney-“

Kurt si fermò di colpo, e Blaine girò su se stesso per osservarlo con un’espressione interrogativa in volto.

“Mio eroe,” fu tutto quello che il ragazzo riuscì a dire.

Blaine rise e ricominciò a camminare, Kurt corse per raggiungerlo. “Oh sì,” affermò. “Biancaneve, Pinocchio, Peter Pan, tutti questi.”

“Che altro?” chiese Kurt con ardore.

“I papillon,” disse Blaine seriamente. “Amo i papillon.”

“Quanti papillon credi di avere?” chiese Kurt.

“Almeno trenta,” disse l’altro solennemente. “Di tutti i colori.”

“Posso prenderne in prestito alcuni?”

Blaine corrugò le labbra e espirò con fare pensieroso. “Non so se andrebbero bene per il tuo stile,” disse, considerando attentamente la camicia di jeans bianca di Kurt.

Il ragazzo scostò lo sguardo velocemente, fissando duramente il marciapiede sotto i suoi piedi.

“Il tuo stile comune,” chiarì Blaine. “Sono sicuro che ti staranno d’incanto quando sarai da solo con me.”

Kurt sbatté le palpebre alla franchezza della frase di Blaine.

L’altro ignorò il suo silenzio e continuò ad andare avanti.

“Ad ogni modo, mi piacciono tutte queste cose. Ma mi piace anche il baseball e il calcio, e le macchine.”

“Che cosa ti manca di più di New York?” domandò Kurt.

Blaine sospirò mentre raggiungevano finalmente Dellie. Presero i loro soliti posti al bar.

“Il glee club, decisamente,” disse Blaine alla fine. Il signo. Brown portò ai due il loro frappé al pistacchio, proprio come al solito.

“Stai scherzando?” lo schernì Kurt, masticando la ciliegia.

“Per niente,” disse Blaine, masticando la sua. Si guardarono l’un l’altro e lanciarono i gambi nelle loro bocche automaticamente, le lingue che lavoravano furiosamente.

“No’ capiscico perché continuamo a far’ quetto entrambi,” farfugliò Kurt. “Tu fignisci semple per-“

“Finito!” urlò Blaine, tirando fuori il nodo perfetto. “Paghi tu.”

L’altro sbuffò, sputando fuori il suo gambo.

“Ehi,” ridacchiò Blaine, “Non è colpa mia se la tua lingua non è abile come la mia.”

Ed eccolo lo stomaco di Kurt, che si accartocciava un’altra volta. Kurt arrossì tremendamente. “Allora perché ti manca il Glee Club?” tentò lui, cambiando argomento.

“Deve essere il sentire la propria voce accordarsi perfettamente con quelle di tutti gli altri,” cominciò Blaine, sorseggiando il suo frappé e facendo entusiasta vaghi gesti con le mani, intanto che mandava giù il sorso.

“E’ proprio come…  sentire di appartenere a qualche posto. Capisci?”

“Sembra carino,” disse Kurt a bassa voce, pensando che provava la stessa sensazione quando cantava assieme alle voci provenienti dal giradischi.

Blaine inclinò la testa per osservare il ragazzo, “Dovresti unirti.”

Kurt si trattenne semplicemente dallo sputare il suo frappé su tutto il papillon nero di Blaine. “Cosa?” urlò lui.

“Hai una voce bellissima, Kurt,” disse Blaine con serietà. “Non penso che tu te ne sia mai accorto. Non ho bisogno di sentirti cantare per sapere che sei bravo, lo posso notare anche solo dal sentirti parlare! Se cantare è ciò che ami fare, allora chi ti può fermare?”

Il mondo? Puck, Sam e Finn? Mio padre? Elencò Kurt in agonia.

Blaine sembrò leggergli nel pensiero. “Chiunque provi a fermarti dal fare quello che ami ovviamente non ti vuole bene.”

“Lo so,” disse Kurt con tono basso. Lo aveva sentito da Mercedes. Ma sentirlo da Blaine aveva un altro significato. Era quasi come guardarsi in uno specchio e sentire le parole fuoriuscire dal suo stesso riflesso.

“Forse è questo l’amore,” disse Blaine, aspirando dalla sua cannuccia. “Supportare qualcuno, non importa quali siano le loro decisioni, guidarli verso la direzione giusta?”

“Ma come sai qual è la direzione giusta?” disse Kurt passato il groppo in gola.

Blaine notò l’ombra di preoccupazione negli occhi dell’altro e con cautela gli strinse un braccio. Sorrise in segno di supporto.

“E’ una cosa che soltanto tu puoi decidere.”

 

Subito dopo aver finito di fare la doccia, tornato da Dellie, Kurt osservò il suo guardaroba. Non aveva pianificato di uscire per il resto del giorno, ma doveva essere abbastanza elegante per la cena alla quale, incredibilmente, Blaine avrebbe preso parte. Perché sentisse il bisogno di impressionare Blaine era un mistero per Kurt, ma non rifiutava mai l’istinto di essere alla moda.

Finì con l’indossare un paio di pantaloni grigio chiaro e una leggera camicia a righe verdi e bianche con le maniche arrotolate sui polsi, ispirato non dal papillon di Blaine del giorno prima, ma dal suo personale gusto preferito di gelato che guarda caso era lo stesso dell’altro ragazzo.

Una volta che i suoi capelli furono perfettamente messi a posto con la lacca, Kurt corse giù per le scale per preparare qualcosa. Si scoprì che la sua matrigna lo aveva battuto sul tempo.

“Ciao, Kurt,” sorrise raggiante lei, brillando come il sole con addosso un vestito giallo.

“Ciao Carole,” sorrise di rimando Kurt, incapace di resistere al suo dolce calore materno. “Stai preparando il pranzo?”

“Ti ho sentito arrivare a casa e ho cominciato subito ad occuparmene,” disse lei, indicando un piatto sul tavolo intanto che pelava delle patate. “Spero ti piaccia il formaggio alla griglia”

La combinazione di pura croccantezza e scioglievolezza che colpì il naso di Kurt mentre si sedeva di fronte al pasto faceva semplicemente venire l’acquolina in bocca. “Sembra delizioso. Grazie, Carole.”

“Quando vuoi, tesoro. Sai se Finn sarà a casa per pranzo?”

Kurt ingoiò il suo primo boccone. “Penso di averlo visto al ristorante da Joe sulla via di casa, perciò penso di no.”

Carole sospirò. “Sono convinta che quel ragazzo stia passando davvero troppo tempo fuori casa.”

“L’aria fresca gli farà bene,” suggerì Kurt velocemente. “Um, Carole, ti dispiace se viene a casa un amico per cena?”

Si voltò, smettendo di pelare una patata. “Beh ma certo, tesoro. Più si è, meglio è.” Si voltò per tornare al suo lavoro. “Chi inviti?”

“Il suo nome è Blaine Anderson,” disse Kurt, mettendo ancora in bocca degli altri morsi dal sandwich. “E lui è-”

“Non parlare con la bocca piena, caro,” interrupe Carole.

“Chiedo scusa,”  disse Kurt, e ingoiò il boccone. “Si è trasferito in Ohio da circa una settimana. Penso che ti piacerà.”

“Com’è lui?” chiese Carole, occupandosi ora di tirare fuori l’arrosto dal forno.

“Oh, sai. Calmo e simpatico, attraente, divertente, gentile. Il tipo che incanta i genitori.”

La donna rise. “Sembra troppo bello per essere vero,” disse lei.

“Alle volte mi domando se lo sia,” mormorò Kurt quasi senza pensare, ma Carole lo colse. Si voltò verso Kurt con l’aria di chi la sa lunga.

“Sono contenta che tu ti sia fatto un nuovo amico, Kurt. Certe volte mi domando se quei tuoi amici, compreso tuo fratello, ti stiano facendo del bene.”

Kurt portò lo sguardo su di lei, sbigottito. Non aveva mai detto niente alla sua matrigna riguardo i suoi amici. Ma d’altra parte, sapeva che le madri rivolgevano particolarmente l’attenzione alle vite dei loro figli.

“E’ difficile trovare amici che ti amino per quello che sei,” spiegò Carole dolcemente.

Kurt abbassò lo sguardo sul suo piatto vuoto. Sin da quando Mercedes e Blaine gli avevano detto la stessa cosa, sapeva che era vero, perché sapeva di essere abbastanza pronto, in ogni momento, a liberarsi dei suoi ‘amici’  senza esitazioni, per avere l’amicizia di Blaine. Ma farlo con uno stile di vita al quale si era abituato, tagliare via completamente la sua parte di vita che era “normale” nella società sembrava un’impresa troppo grande per essere portata a terminare così su due piedi. Cosa ne sarebbe stato di lui quando non avrebbe più dovuto fare l’uomo ogni giorno per impressionare gli amici? Sarebbe stato ancora in grado di mettere su una farsa per il mondo, per suo padre, quando era se stesso con Blaine? Avrebbe dovuto farlo? Cosa sarebbe successo se non lo avesse fatto?

Carole poggiò un bicchiere di succo d’uva davanti a Kurt, sorridendo e sistemando una ciocca di capelli ribelli dalla sua acconciatura altrimenti perfetta, fatta con tanto amore. Sorrise leggermente, e lei gli baciò la fronte prima di tornare al lavoro.

Kurt sospirò e portò il suo piatto nel lavandino.

In qualsiasi modo ci girasse attorno, incontrava un blocco. Non c’era modo di vincere in questo mondo che aveva creato per se stesso?

“Non vedo l’ora di incontrare Blaine questa sera,” disse Carole intanto che Kurt stava per uscire dalla cucina. Si fermò per guardare indietro verso di lei mentre continuava, “Se è davvero tutto quello che hai detto poco fa.”

Kurt sorrise e disse ironicamente,” Oh, fidati di me, lo è. E’ tutto quello, e anche più.”

 

Blaine apparve sulla porta di casa di Kurt alle sette in punto, indossando una camicia color nero fumo con le maniche arrotolate ai gomiti, pantaloni grigio chiaro, un papillon pervinca, e un sorriso desideroso di compiacere l’altro.

“Bene, andiamo direttamente a tavola per la cena,” sorrise Kurt, accompagnandolo dentro.

“Kurt?” Carole chiamò intanto che conduceva Blaine in cucina. “Hai aperto la porta?” Si voltò abbandonando l’arrosto e vide immediatamente il ragazzo dietro il suo figliastro.

“Oh, tu devi essere Blaine,” esclamò lei, sciogliendo il nodo del suo grembiule mostrando così l’abito giallo sole. Il ragazzo sorrise e sollevò un immaginario cappello verso di lei. “Piacere, signora Hummel.”

“E’ così bello averti qui,” disse Carole entusiasta, stringendo le mani di Blaine prima di voltarsi per portare l’arrosto sul tavolo coperto con una tovaglia di percalle. “Come te la passi a Lima?”

“E’ stupenda, signora Hummel. Sono tutti così gentili. E’ un bel modo di variare dalla vita nella Grande Mela.”

“Sono contenta che tu sia felice qui,” disse Carole con sincerità. “Adesso, ragazzi, apparecchiereste il tavolo? Tuo fratello e tuo padre dovrebbero scendere tra un minuto.”

Kurt e Blaine si occuparono dei loro compiti, cominciando dalle teste del tavolo. Quando si incontrarono a metà strada sull’ultimo piatto la mano di Blaine sfiorò brevemente quella di Kurt mentre combattevano per l’ultimo posto. I loro occhi scattarono ad incontrarsi, una volta prima che il giovane Hummel si schiarisse la gola.

“Carole, il tavolo è pronto.”

“Tempismo perfetto,” disse lei, intanto che adagiava il purè di patate e le pannocchie di mais sul tavolo. “Ecco Burt e Finn.”

“Wow mamma, ha un aspetto fantastico,” disse Finn, lasciandosi cadere su una sedia e afferrando le sue posate con impazienza. “Oh, ciao Blaine,” aggiunse all’ultimo.

“Piacere di rivederti, Finn,” sorrise Blaine.

“Come sta tuo padre, Blaine?” chiese Burt, occupando il posto alla testa del tavolo di fronte a sua moglie.

“Tutto bene, signore,” disse il ragazzo, e lui e Kurt presero i due posti l’uno accanto all’altro di fronte a Finn.

“A lui e tua madre non dispiacerà che manchi a cena?”

“Nient’affatto,” disse Blaine, raccogliendo cibo sul suo piatto, e aggiunse dopo aver ingoiato il suo primo boccone, “Ma potrebbe dispiacere loro perdersi questo cibo! E’ fantastico, signora Hummel.”

“Ti ringrazio, caro,” arrossì Carole.

“Dì loro di seguirti la prossima volta che vieni per uno spuntino, allora,” disse Burt, sorridendo. Kurt non sapeva esattamente perché l’approvazione di suo padre su Blaine lo facesse sentire così sollevato.

“Allora, cosa avete fatto oggi ragazzi?” chiese Burt.

“Il solito,” disse Finn vagamente.

“Ho insegnato a Kurt come giocare a baseball ieri,” rivelò Blaine.

Le posate di Burt caddero con un tonfo sul suo piatto. “Tu cosa?”

“Ho insegnato a Kurt come giocare a baseball, signore.” allentò un po’ il suo colletto. “- è una buona cosa, no?”

“Buona cosa?” esclamò Burt, ignorando la protesta mormorata da Kurt. “E’ semplicemente splendido! Complimenti, Anderson, mi sono offerto di insegnare a Kurt per anni ma non ha ceduto nemmeno una volta.”

“Perché faccio schifo a baseball,” mormorò Kurt, roteando gli occhi.

“Sembrava a suo agio quando gliel’ho chiesto,” disse Blaine, osservando l’altro curiosamente.

“Benissimo,” concluse Burt. “Che io sia dannato se mio figlio non riesce a giocare a baseball.” Ma il modo in cui Burt sorrise a Kurt indicava che in realtà non gli importava per niente.

La cena trascorse tra piacevoli chiacchierate e risate, anche dopo che il cibo era scomparso dai piatti, Kurt approfittò della prima pausa nella conversazione che riuscì a trovare.

“Papà, ti dispiace se Blaine e io saliamo in camera mia per un po’ prima che debba tornare a casa?”

Burt alzò lo sguardo sorpreso esattamente come Kurt si aspettava. Sapeva esattamente che cosa stava passando per la testa di suo padre: Kurt non invitava mai degli amici in camera sua.

“Certo, figliolo,” disse lui, cercando di cogliere qualcosa dagli occhi inflessibili di lui. “Non trattenere Blaine troppo a lungo, sono sicuro che i suoi genitori lo vorranno a casa ad un’ora ragionevole.”

“Sì, signore,” affermò Kurt prima di scomparire.

Condusse Blaine su per le scale e per il corridoio, esitando solo un poco prima di aprire la porta. La prima cosa che il ragazzo fece fu fiondarsi sulla collezione di dischi di Kurt.

“Accidenti, caspita!” esclamò lui. “Penso di essere appena atterrato in paradiso.” Rovistò con entusiasmo tra i dischi.

Kurt ridacchiò, chiudendo la porta. “Metti su qualsiasi cosa ti piaccia, li ho sentiti tutti circa venti volte.”

“Questo qua,” dichiarò Blaine con fermezza, facendo scivolare fuori il disco e lasciando la custodia nelle mani di Kurt. L’altro osservò l’immacolata copertina del suo attuale musical preferito e sorrise.

“The Sound Of Music?”

“L’ho visto la sera della prima,” esalò Blaine, stringendo il disco con fare drammatico al petto prima di posizionarlo nel lettore.

Kurt si abbassò direttamente sul tappeto che copriva il pavimento in legno, stiracchiandosi e tenendo stretto la custodia del disco contro il suo petto. Il disco cominciò a metà del musical, e Blaine lo seguì sul pavimento, sospirando contento.

“E’ bello,” disse lui.

“Mmmm,” concordò Kurt intanto che la voce di Maria riempiva la stanza.

“Kurt?” chiese Blaine.

“Mmmm,” ripete Kurt, lasciando che i suoi occhi si chiudessero.

“Normalmente non lasci che i tuoi amici entrino qui, no?”

Kurt strinse le sue labbra assieme. “No,” disse dopo un po’ di silenzio.

Blaine non rispose, ma in qualche modo Kurt lo prese come una alternativa per dire che aveva capito. Dopo qualche momento passato ad ascoltare semplicemente la canzone in silenzio, l’attenzione di Kurt venne catturata dal come Blaine aveva cominciato a cantare non appena la voce di Captain VonTrapp aveva fatto la sua comparsa. I suoi occhi si aprirono in sorpresa.

Here you are standing here

Loving me

Whether or not you should

Le palpebre di Kurt si chiusero e strinse la copertina del disco più vicino al petto. Ascoltò, incantato, la voce piuttosto suadente di Blaine, perfetta ad ogni passaggio. Questo causò una forte, crescente sensazione nel suo petto, un senso di completa e totale felicità che attraversò le sue vene e piombò nella testa. L’euforia divenne così forte che tutto quello che riuscì a pensare di fare fu allentare la pressione crescente nel suo petto nel modo che amava di più:

So somewhere in my youth or childhood

I must have done something good

Blaine voltò la testa in adorazione non appena la voce del controtenore si unì alla parte di Maria, concordandosi e persino sopraffacendo la voce di lei. Mai prima di quel momento si era sentito un suono più bello delle loro voci alzarsi e si abbassarsi e fondersi assieme.

 Nothing comes from nothing

Nothing ever could

Kurt allontanò la  mano dal disco e la fece cadere al suo fianco. Si aspettava del tessuto ruvido ma si scontrò invece con della pelle calda.

So somewhere in my youth or childhood

Era così perso nella canzone che non si accorse di quando Blaine intrecciò le loro dita insieme.

Or childhood…

Kurt voltò la testa per incontrare lo sguardo di Blaine.

I must have done something…

Blaine ricordò appena di dover  seguire le parole della canzone.

Something good.

Anche se la musica era terminata Kurt sentiva ancora la scossa dentro di lui causata dalla melodia delle loro voci. Strinse la mano di Blaine per conferma, e rimase estasiato di come le dita di Blaine si insinuarono più a fondo tra le sue. Fu un momento sospeso nel tempo, un momento che significava niente e tutto, che avrebbe cambiato ogni cosa e niente. Blaine guardò intensamente negli occhi di Kurt, accarezzando il suo pollice distrattamente.

E poi il tono allegro della canzone seguente irruppe e il momento era finito. I ragazzi ritirarono le loro mani più veloci della luce stessa.

“Dovrei andare,”  deglutì Blaine. “I miei genitori mi vogliono a casa per le nove.”

“Sì,” esalò Kurt, mettendosi seduto e sistemandosi i capelli. “Sì, okay. Ti accompagno alla porta.”

Camminarono fino al piano di sotto in silenzio. Il cuore di Kurt batteva come un tamburo, come se stesse aspettando il giorno del giudizio.

“Beh, arrivederci,” disse lui con voce tremante, tenendo la porta aperta per Blaine.

“Ciao Kurt,” disse Blaine, e lanciò un’occhiata a Finn per assicurarsi che fosse all’oscuro di tutto, preso dalla televisione accesa nel salotto, prima di stringere la mano di Kurt.

“Dellie domani, stessa ora?” si lasciò sfuggire.

“Sì,” boccheggiò Kurt velocemente, deglutendo forte. Sì, pensò, oggi, domani, il giorno dopo, ogni giorno-

Ci fu una nuova sfumatura nel sorriso di Blaine mentre lasciava la mano di Kurt e usciva camminando all’indietro nella notte.

Soltanto dopo che Kurt si rinchiuse al sicuro nella sua camera il ragazzo lasciò che la sua mano, deliziata da quella di Blaine, si aggrappasse sopra al cuore dolente. The Sound Of Music era ancora nel lettore dischi, e ci fu un breve momento in cui l’eccitazione sfiorò Kurt mentre Maria cantava della sicurezza nella luce del sole, prima che la terrificante realtà riprendesse il suo posto, l’onnipresente rovina sogni.

Sì, Kurt pensò, essere diversi sarebbe decisamente stato un problema.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Bella Notte ***


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Capitolo 5 – Bella Notte

Avete mai avuto un segreto, un segreto così grande e così fantastico e così incredibile che l’unica cosa di cui avete bisogno è qualcuno a cui dirlo, ma non c’è nessuno a cui rivelarlo?

Kurt si sentì esattamente in quel modo nel corso della settimana seguente.

Perché come poteva spiegare a qualcuno quella calda sensazione nel suo stomaco, del tutto diversa da quella causata dal freddo frappé al pistacchio che divideva con Blaine ogni giorno?

Come poteva spiegare quella sensazione improvvisa nel suo stomaco quando i riccioli cadevano, liberi dall’acconciatura, sulla fronte di Blaine mentre giocavano a baseball? O la sensazione che le cose andassero per il verso giusto nel mondo, quando camminava a tempo con lui per la strada, o la scossa che gli attraversava il corpo quando si tenevano per mano cantando assieme alle voci nei dischi, in qualsiasi altro giorno non stessero facendo pratica con il baseball? Erano sensazioni incomprensibili persino per Kurt, perciò come poteva qualcun altro comprendere? L’unica altra persona che poteva capirlo, forse, sarebbe stata Blaine stesso, ma ovviamente era fuori discussione rivelare tutto a lui, considerando che Blaine era proprio la persona che Kurt riteneva non dovesse assolutamente sapere di quei sentimenti, per il timore di non essere ricambiato.

E così Kurt era confinato assieme al suo segreto. L’unico segreto che non avrebbe dovuto essere tenuto nascosto per nessun motivo, l’unica cosa che avrebbe dovuto permettere ad ogni persona di urlare ai quattro venti per l’intero mondo:

Ehi, mondo! Sono innamorato!

Amore. Che cosa sapeva Kurt dell’amore? Sapeva tutto e niente. Sapeva quello che i musical di Broadway e i film della Disney gli insegnavano, che il vero amore era immediato e durava per sempre. Ma quelle stesse fonti gli insegnavano anche che il vero amore era condiviso da un uomo ed una donna, il principe e la principessa. E questo era anche quello che la società credeva.

Per questo urlarlo ai quattro venti forse non era poi una così buona idea.

Inoltre Kurt si convinse, durante una notte passata ad immergersi nella crema da notte sulle note di Something Good da The Sound Of Music, che tenersi per mano, giocare a baseball e mangiare gelati non voleva per forza dire amore.

Ma se i tocchi delle mani, gli sguardi furtivi e i sorrisi scambiati non significavano amore, allora cos’erano?

“Blaine, cos’è l’amore?”

Kurt e Blaine sedevano per terra appoggiati contro il letto, le mani intrecciate in una Domenica pomeriggio, esattamente ad una settimana dal giorno in cui si erano incontrati per la prima volta. Il sole pomeridiano filtrava nella camera di Kurt attraverso le due finestre, ostacolato dalle chiome degli alberi che oscillavano nella brezza, trasportata dentro e fuori dalla camera. La tromba di Louis Armstrong risuonava fuori dal lettore per essere ascoltata dal mondo, e il cuore di Kurt batteva violentemente in attesa della risposta, sperando che Blaine non avesse inteso la domanda per quello che in realtà era.

Blaine rifletté sulla domanda che Kurt gli aveva posto dopo essersi fatto coraggio, tracciando dei cerchi con il pollice sulla mano dell’amico con aria pensierosa e mormorando le parole di Mack the Knife sottovoce.

“Non lo so, Kurt,” disse alla fine. “E’ difficile. Passo.”

Kurt annuì silenziosamente. Nemmeno Blaine aveva la risposta.

Kurt realizzò che oltre quelmondo legato alla doppia vita che si era costruito, aveva creato una terra immaginaria in cui rifugiarsi ogni volta che era in compagnia di Blaine. La differenza tra i due era che Kurt non si preoccupava minimamente di quell’ultimo dettaglio; finché Blaine faceva parte della sua vita, non gli importava nient’altro.

A parte indossare le sue maschere per il mondo.

 

Kurt sbatté la testa contro il muro mentre rimuginava su tutto questo, sdraiato sul suo divano, quando Blaine tornò a casa. Non c’era modo di vincere, e aveva considerato ogni singola possibilità che gli era venuta in mente. Ogni possibilità portava ad un bivio in cui Kurt doveva scegliere:

Realtà o Finzione?

Beh, era una cosa stupida, pensò, perché aveva soltanto diciassette anni e i diciassettenni non avrebbero dovuto complicarsi la vita con cose filosofiche come quelle.

Intanto, Kurt  doveva ancora confrontarsi con le grane della sua banda, o con la mancanza di esse. Non aveva più saputo niente da nessuno di loro dal Lunedì a Breadstix, e nemmeno da Finn visto tutto il tempo che Kurt aveva passato con Blaine, e che Finn aveva passato con Sam, Puck e Mike. L’unico momento in cui stavano nella stessa stanza era a cena, ma in quel momento ovviamente l’argomento ‘litigio’ non saltò mai fuori.

Ma Kurt sapeva che questo non significava ‘problema risolto’. Il tempo passato ad evitare la questione serviva soltanto ad aggravarla, e sarebbe stato molto più brutto parlarne il giorno in cui sarebbe arrivato il momento di farlo. Kurt però non stava affrettando le cose. Provava terrore per il giorno in cui avrebbe dovuto scegliere tra i ragazzi e Blaine o in altre parole, ammise Kurt a malincuore, tra realtà e finzione.

E alla fine, esattamente ad una settimana dal Martedì in cui sarebbe ricominciata la scuola, quel giorno arrivò.

Il disco scelto quel giorno era di George Gershwin. Kurt sedeva sul pavimento sfogliando attentamente una rivista Seventeen che era riuscito a rubare dalla camera d Mercedes. Blaine stava a pancia in giù sul letto di Kurt, facendo scorrere la mano che penzolava fuori dal letto tra i capelli di Kurt, mentre cominciava ad addormentarsi.

“Amico, i tuoi capelli sono così morbidi,” si meravigliò lui, con aria assonnata.

“Non ho messo la brillantina oggi,” spiegò Kurt. “Se lo avessi fatto, ti avrei già mozzato la mano.”

Blaine ridacchiò in segno di ringraziamento.

E poi il campanello suonò.

Kurt sospirò e si tirò su per avventurarsi giù per le scale ma Blaine gli prese la mano appena in tempo.

“Lascia che ci vada tua madre,” disse lui.

“Mia madre sta giocando a bridge a casa dei Pierce,” sbatté le palpebre Kurt.

Blaine fece una pausa. “Lascia che ci vada tuo padre,” tentò.

Kurt sentì la sua faccia arrossire quando vide quel lampo disperato negli occhi di Blaine. “E’ in negozio,” sorrise.

“Finn?”

“E’ fuori con Sam, Puck e Mike.”

Il campanello suonò di nuovo.

“Ugh, okay,” borbottò Blaine, lasciando la mano di Kurt. “Non metterci troppo.”

“Perché, sentirai la mia mancanza?” Kurt non riuscì a trattenersi. Se non lo avesse conosciuto meglio, avrebbe detto che Blaine era arrossito giusto un po’.

“No,” disse lui con fare indignato, chinandosi per raccogliere la rivista abbandonata per terra. “E’ solo scortese che tu faccia attendere il tuo ospite.”

Kurt roteò gli occhi e uscì dalla stanza, irritato.

Per poco non gli venne un colpo quando trovò Puck, Sam, Mike e Finn ad aspettarlo alla porta, con le giacche di pelle e tutto il resto.

Kurt poté chiaramente sentire la paura scivolare giù nello stomaco.

Sembrò che Sam fosse sul punto di parlare, ma fermò un momento prima. “Amico, che cosa diavolo stai indossando? E perché i tuoi capelli sono tutti in disordine?”

Kurt riuscì a malapena a trattenere l’istinto di stringere timidamente le braccia attorno alla sua polo blu marino e i pantaloni bianchi. Invece, provò a schiacciare i suoi capelli.

“Oh, beh, io-“

“Non importa,” lo interruppe Puck. “Stasera proiettano Ben-Hur al drive-in  e prima facciamo un salto da Dellie. Vai a cambiarti e muoviamoci.”

Kurt rimase a bocca aperta.

“Non startene lì fermo come uno stoccafisso, sloggia!” gli mise fretta Mike.

Kurt sapeva che avrebbe dovuto scegliere alla fine, ma non aveva pianificato di prendere questa decisione in una frazione di secondo. La sua mente volò a Blaine, che aspettava nella sua stanza in quel preciso momento, e poi tornò ai tre ragazzi che aspettavano fiduciosi davanti a lui. Eccoli qui a scusarsi, senza alcun preavviso, per i loro scherzi idioti, a farlo rientrare nella banda senza alcuna domanda; ma c’era Blaine, che lo pregava di tornare indietro, di cantare canzoni con lui…

Con chi preferiresti passare del tempo, adesso?

Le parole di Mercedes gli attraversarono la mente e la risposta fu ovvia: Blaine. Oggi, domani, il giorno dopo, ogni giorno.

E poi Kurt capì.

Quella era la realtà. Blaine era la realtà, le sensazioni che Kurt provava quando stava con lui erano la realtà. Blaine era la specchio del vero Kurt. Blaine era l’amore di Kurt per la musica, il canto e la moda. Era con Blaine che adorava passare il tempo. Non aveva bisogno di scegliere tra finzione e realtà; Blaine rappresentava entrambe le cose e quanto era stato stupido Kurt a non averlo capito immediatamente!

“Scusate, ragazzi,” disse Kurt dopo il suo breve attimo di riflessione. “Sono occupato oggi. Divertitevi senza di me.”

Ma quando provò a sbattere loro la porta in faccia, Puck la riaprì di scatto.

“Cosa intendi con ‘sono occupato’?”

“Intendo dire che non ho tempo da passare con voi, ragazzi,” asserì Kurt.

“Ci stai scaricando? Siamo i tuoi fratelli, Hummel!” gli fece notare Sam.

“Ci manchi,” intervenne Finn.

“É per il film?” chiese Mike. “Non dobbiamo andarci per forza se vuoi. Possiamo semplicemente andare a casa mia per farci una fumata. Ti va meglio?”

“Potete passare tutto il giorno davanti alla porta di casa per offrirmi dei programmi,” disse Kurt con tono irritato. “Ma sono occupato e non potrò unirmi a voi. Provate domani.” Tentò di chiudere la porta un’altra volta ma non si diedero per vinti.

“E cos’è che ti tiene così occupato al punto da scaricare i tuoi amici?” insistette Puck.

E poi Kurt disse la bugia più veloce, più rapida e più efficace a cui riuscì a pensare.

“Se devi proprio saperlo, ho una ragazza in camera.” E con quello sbatté la porta sulle loro facce sbalordite e cominciò a risalire le scale.

Kurt non si preoccupò nemmeno di come era apparso ai loro occhi, o di come aveva parlato o di quello che chiunque pensava sul suo conto. Era stanco di questo, stanco del mondo che lo inseguiva per farlo cambiare e fargli fare cose che lui non voleva.

Percorse di fretta le scale e chiuse con foga la porta della sua camera, lasciandosi cadere sul divano e piegando indietro la testa con un lamento.

Blaine si mise a sedere e lanciò la rivista per terra. “Cos’è stato quello?”

“Quanto hai sentito?” chiese Kurt sarcasticamente.

“Più o meno tutto,” Blaine fece una smorfia con fare compassionevole. “Eccetto l’ultima parte, quando hai smesso di urlare. Che cosa gli hai detto per farli andare via?”

Kurt aprì la bocca per parlare, ma la parola che sentirono dopo non fu pronunciata da lui.

“HUMMEL!”

La voce di Puck risuonò forte e chiara dalle scale. Kurt restò immobile, con gli arti impossibilitati a muoversi perché paralizzati; aveva dimenticato di chiudere a chiave la porta.

“Non accettiamo un no come risposta!” urlò Sam.

Mike intervenne, “I fratelli prima delle seghe, amico.”

“Dimentichi le belle tipe prima degli amici,” mormorò Kurt, facendo ridacchiare Blaine.

Il suono dei passi risuonò lungo il corridoio, e Kurt si sbrigò ad alzarsi dal divano. Corse alla porta, allungando la mano verso la chiave ma fu troppo tardi, qualcuno stava aprendo-

“Lo so che ti avevo detto di trovarti una ragazza, Hummel, ma i tuoi amici dovrebbero stare sempre al primo posto-”

Ma Puck si fermò subito, fermandosi sull’uscio. Sam e Finn sbirciarono sopra la sua spalla.

Blaine non disse nulla, ricambiò soltanto lo sguardo di Puck, aspettandosi il peggio.

Il silenzio era ulteriormente amplificato dal lettore dischi.

Alla fine Finn ruppe il silenzio.

“Quella non è proprio una ragazza.”

“Hai detto bene,” disse Mike con un filo di voce.

Kurt cercò disperatamente di far funzionare la sua gola per dire che quella era stata la prima bugia che gli era venuta in mente, che non considerava Blaine la sua ‘ragazza’, che sarebbe uscito con loro se tutti avessero semplicemente dimenticato quello che era appena successo…

Ma ci fu qualcosa che glielo impedì, qualcosa che fermò le parole dall’uscire dalla sua bocca, quello stesso blocco con cui uno si trovava faccia a faccia quando desiderava mentire.

“Allora è questo ciò che gli hai detto,” mormorò Blaine.

“Allora è questa la ragazza, eh Hummel?” disse Puck tranquillamente.

Una viscida sensazione s’ intrufolò nelle vene di Kurt. Era stato schifosamente frainteso. Questa era la realtà, quella con cui stava per confrontarsi nei secondi successivi.

Attese disperatamente che accadesse anche il peggio immaginabile, evitando fermamente di incontrare gli occhi di Blaine che, lo sapeva, erano puntati su di lui.

“Okay, Kurt,” disse Puck in un calmo e sconcertante tono di voce. “Sembra che tu abbia qualche problema da risolvere.” Alzò le mani in segno di resa, non volendo credere che questo stava davvero succedendo, quasi quanto Kurt. “Vieni Martedì prossimo, quando comincia la scuola, e spero che per quel giorno tu abbia messo in chiaro le cose, perché se non uscirai con noi indossando la tua giacca di pelle nell’atrio prima dell’aula magna…”

Sembrò che gli mancassero le parole, così Sam si offrì di terminare, “Saranno guai.”

“Già,” concordò Puck. Sam si allontanò dall’uscio, tirando fuori un pettine e sistemandosi i capelli mentre se ne andava. Puck parve sul punto di fare un orribile commento prima di andarsene, ma scosse la testa e seguì Sam, con Mike che gli correva dietro. Finn guardò Kurt con espressione addolorata prima di chiudere delicatamente la porta dietro di lui.

In qualche modo il silenzio adesso sembrava più opprimente. Non sapeva cos’altro fare se non evitare gli occhi di Blaine.

Il disco si inceppò, ripetendo due note di Rhapsody in Blue ancora e ancora. Kurt allungò velocemente la mano per bloccare la macchina e Blaine la colse come un’opportunità per parlare.

“Kurt-”

Ebbe appena il tempo di far uscire quelle parole prima che Kurt lo interrompesse, con voce improvvisamente rotta. “Hanno capito male.”

“Io-” Blaine scosse la testa. “Cosa?”

“Quando ho detto loro che avevo una ragazza in camera e ti hanno visto, loro-“ le ginocchia di Kurt cominciarono a tremare. “Io-io penso che loro- abbiano capito che…” Ma Kurt non poteva continuare. Non poteva dirlo, non riusciva nemmeno a pensare ad un modo per dirlo. Finalmente lasciò che i suoi occhi incontrassero quelli di Blaine, e fu sicuro che stava pensando la stessa cosa a cui pensava lui.

Avevano capito bene i ragazzi?

E in quel momento Kurt non riuscì più a trattenersi.

Le sue mani volarono a coprirsi il volto, nello stesso momento in cui le spalle cominciarono ad essere scosse da un singhiozzo. Blaine fu subito lontano dal letto e guidò Kurt verso il divano, gentilmente spinse la testa dell’amico sulla sua spalla, portando un braccio attorno alle spalle di Kurt come conforto, zittendolo dolcemente. Dicendogli che sarebbe andato tutto bene, anche se Kurt sapeva che non era così.

Si aggrappò alla polo rossa di Blaine, sapendo di starla bagnando con le lacrime, ma non poteva farne a meno. Singhiozzò ed espirò a fatica nel tentativo di ricacciare indietro i suoi singhiozzi.

“Non c’è nessuno qui Kurt,” mormorò Blaine. “Ci sono solo io. Sfogati, se ne hai bisogno.”

Kurt lasciò che una piccola lacrima cadesse. “Così,” sussurrò Blaine, strofinando il braccio di Kurt con fare confortevole. “Meglio fuori che dentro.”

Kurt pianse senza più trattenersi, e Blaine non fece nemmeno una domanda. Lasciò solo che Kurt gli bagnasse la camicia nel frattempo, gli massaggiò il braccio e lasciò occasionalmente dei baci amichevoli sui suoi capelli. Una volta che Kurt tornò a respirare regolarmente, Blaine azzardò a parlare con voce gentile.

“Non voglio che tu debba scegliere, Kurt.” Prese un profondo respiro. “Ma so che loro ti stanno forzando a farlo. E se vuoi andare con loro… Mi starà bene.”

“No,” disse Kurt a bassa voce. “Non dovrei scegliere loro.”

Blaine rise leggermente. “Non ho mai detto che sarebbe stata una decisione razionale.” Sentì Kurt sorridere contro il suo mento.

“Loro non mi vogliono bene,” sussurrò Kurt. “Se a loro non piace chi sono io veramente, allora non dovrebbero essere miei amici.”

“Penso che ti vogliano bene a modo loro,” suggerì Blaine. “Vogliono aiutarti a prendere la strada giusta, ma hanno il loro personale modo di vedere quale essa sia.”

Riuscì a malapena a sentire quello che Kurt disse dopo, ma era abbastanza sicuro che fosse una cosa tipo “Non voglio perderti.”

“Ascolta, Kurt. Ehi, guardami.” Alzò le loro mani intrecciate per spingere leggermente il volto di Kurt verso di lui. “Mi hai chiesto che cos’è l’amore.”

Kurt annuì.

“L’amore è proprio quello che ti avevo detto, accettare qualcuno per quello che è e guidarlo per la strada giusta. Ma penso, beh, sono piuttosto sicuro, che sia molto, molto, molto di più.”

Kurt attese pazientemente, percependo varie emozioni accalcarsi dietro quegli occhi nocciola.

“L’amore è… una connessione con qualcuno. Una connessione che potrebbe non essere spiegabile, ma che non può essere negata, non importa quanto si provi a farlo. E’ qualcosa che ti fa credere che qualsiasi cosa sia possibile. L’amore è sapere che non puoi vivere senza qualcuno, voglio dire, senza quella connessione e quel senso di calma che la persona porta con sé. E non deve essere un amore romantico tra un uomo e una donna, non penso. L’amore può esserci tra due amici, o un genitore ed un figlio, tra fratelli, o un ragazzo ed il suo animale domestico, Dio, non ne ho idea. Ma l’unico motivo per cui so tutto questo, beh, è perché tu per me sei molto importante, Kurt. Sento come se tu fossi il primo vero amico che abbia mai avuto, e ti voglio bene per questo. Ti voglio bene. Okay? Perciò, non devi preoccuparti di perdermi. Non importa chi sceglierai alla fine, troverò un modo per stare con te, se questo è quello che vuoi.”

 Delle lacrime avevano cominciato di nuovo a scorrere sulle guance di Kurt, ma no lacrime fredde e disperate. Lacrime calde, nostalgiche, traboccanti di emozioni. Voleva dire così tante cose, che anche lui voleva bene a Blaine, ringraziarlo così tanto, dirgli che dopo quello non c’era modo che potesse scegliere quel branco di idioti al posto del suo migliore amico, ma chissà perché quello che uscì fuori fu:

“Scusa, ti ho rovinato la camicia.”

Blaine scoppiò a ridere e strinse Kurt in un grande, forte abbraccio. “Questa sera danno al cinema Lady and The Tramp. Te la senti di andare?”

Kurt si allontanò e annuì, tirando su con il naso e strofinandosi gli occhi.

“Sì?” sorrise Blaine. “Ti presterò persino un papillon.”

“Davvero?” chiese Kurt, schiarendosi la gola secca.

Blaine inarcò le sopracciglia eloquentemente. “Solo se indossi degli abiti che si abbinano.”

Kurt roteò gli occhi. “Okay.”

“Ti lascerò un po’ di tempo per stare da solo, allora. Mangia a cena, cambiati.” Disse Blaine, tirandosi in piedi. “Magari piangi ancora un po’. Niente facce tristi per quando ti verrò a prendere. Ecco,” gli offrì, raccogliendo un disco abbandonato sul pavimento e rimpiazzando lo scheggiato di George Gershwin con quello. “Tirati un po’ su, dai.”

Cantò le prime parole della canzone mentre ballava dirigendosi fuori dalla porta, riuscendo a far comparire sul volto di Kurt un largo sorriso.

A-Well I bless my soul

What's wrong with me?

I'm itching like a man on a fuzzy tree

My friends say I'm actin' wild as a bug

I'm in love!

Blaine gli fece l’occhiolino e fece finta di sparare a Kurt, che portò una mano al suo petto con fare drammatico.

I’m all shook up!

Kurt riuscì a sentirlo intonare per tutto il tragitto fuori dalla porta di casa, e silenziosamente si unì alle note della voce del suo amico.

Mm mm oh, oh, yeah, yeah!

 

Blaine aveva fortunatamente predetto che cosa avrebbe indossato Kurt di preciso, perché il papillon celeste si sposava perfettamente con la polo rosa chiaro di Kurt e i jeans scuri con il risvolto. Blaine indossava abiti dalla tonalità opposta: un papillon rosso, una polo blu scuro e dei jeans chiari.

Probabilmente avevano un aspetto bizzarro mentre camminavano a passo coordinato, a braccetto, verso il cinema, ma a Kurt non importava. Non gli importava di nulla; non quella sera.

Vagarono dentro al cinema con delle Lemonheads e delle Jolly Ranchers in mano, prendendo posto tra il pubblico scarso.

“Andiamo a sederci in fondo,” suggerì Blaine.

Si sedettero nei due posti perfettamente centrali proprio quando le luci si abbassarono, segnalando l’inizio del film. Kurt alzò l’asta divisoria così da poter lasciar la scatola con le caramelle in mezzo a loro due.

“Come ti senti?” chiese Blaine, portando amichevolmente un braccio attorno alle spalle di Kurt.

“ Già meglio,” sospirò Kurt mentre la sigla di apertura cominciava. Aspettò che il braccio di Blaine si allontanasse da lui, in modo che potesse spostarsi in una posizione più confortevole, ma per sua sorpresa non si mosse affatto. Lanciò furtivamente uno sguardo a Blaine, scoprendo che la sua attenzione era focalizzata completamente sullo schermo. Il cuore prese a battere ad un ritmo tranquillo mentre si sistemava contro il braccio di Blaine, che in risposta lo strinse leggermente più stretto.

Kurt si rese conto che, ogni volta in cui voleva cominciare a seguire il film, veniva distratto da qualcosa alla sua sinistra. Blaine che tossiva, o che prendeva un respiro più profondo del solito, o il suo braccio che si muoveva dietro Kurt. Era una buona cosa che Kurt avesse visto il film quattro anni prima, quando fu proiettato per la prima volta, altrimenti si sarebbe scocciato della situazione.

Fu distratto dalla scena in cui Lady chiacchierava con il cagnolino dei suoi vicini dal ginocchio di Blaine che inavvertitamente si era mosso ed adesso toccava quello di Kurt.  Sembrava che Kurt non riuscisse a smettere di pensarci. Lo aveva fatto volontariamente? Si era almeno accorto che si stavano toccando? Gli importava? Kurt doveva muoversi? E se-

Poi però Blaine si mosse di nuovo in modo da stargli perfettamente attaccato, dai fianchi alle cosce alle ginocchia, e Kurt quasi smise di respirare del tutto. La posizione in cui si trovava adesso lasciava che la sua testa fosse molto vicina alla spalla di Blaine, e se solo avesse potuto fare appello al suo coraggio improvvisamente scomparso, forse lui avrebbe… beh…

Kurt non riuscì a far smettere i forti battiti del suo cuore. Era così vicino a Blaine che poteva sentire l’odore della sua lacca e quella, combinata al calore del suo corpo che si diffondeva su di lui, impedì a Kurt di ragionare. Il cinema era al buio e non c’era nessuno attorno a loro due e-

Poi, però, Blaine gli punzecchiò un fianco e indicò i siamesi sullo schermo.

 "We are Siamese if you please," cantò lui sottovoce, dando una piccola gomitata a Kurt per farlo continuare.

"We are Siamese if you don't please,” ridacchiò Kurt.

E così Kurt si sbarazzò, temporaneamente, di quella pressante tensione. Mentre guardavano Lady liberarsi dell’orribile museruola, l’adrenalina di Kurt smise di circolare, lasciando spazio ad una sensazione calda e accogliente che gli permise di piegare semplicemente la testa, in modo che si adagiasse nell’incavo del collo di Blaine. Il ragazzo strinse di più il braccio attorno a Kurt per accomodarsi e allungare una mano verso la scatola di caramelle, alzandola e mostrandola all’altro.

“Lemonhead?” sussurrò, e Kurt ne infilò una in bocca.

Il vagabondo portò Lady al suo ristorante italiano, e Kurt sospirò mentre la sua parte preferita del film iniziava. Lui e Blaine risero leggermente delle buffonate dei due proprietari del ristorante, e Blaine allungò la propria mano per prendere quella di Kurt. Giusto mentre i due cani cominciavano a mangiare lo stesso pezzo di spaghetti, Kurt sentì una dolce pressione contro i suoi capelli, e il suo cuore partì in quarta quando realizzò che Blaine stava posando un piccolo bacio sulla sommità della sua testa. Adagiò la sua testa su quella di Kurt mentre cantava dolcemente la fine della canzone.

This is the night

And the heavens all rise

On this lovely bella notte.

Kurt chiuse gli occhi e sospirò contro la gola di Blaine che canticchiava, percependo la musica più che ascoltandola.

Allora era questo l’amore.

 

“Oh this is the night!”

Blaine irruppe in camera di Kurt cantando con un esagerato accento italiano, e Kurt frugò freneticamente nella sua scatola dei dischi mentre rispondeva alla strofa di Blaine con la sua.

"It's a beautiful night!"

Cantarono assieme mentre Blaine metteva da parte il disco di Elvis Presley.

And they call it bella notte…

“Andiamo Kurt, non posso cantare a cappella per sempre! Look at the skies…

They have stairs in their eyes, trovato!” Kurt mise il disco nel lettore, mandandolo avanti fino al pezzo di cui avevano bisogno.

Finalmente cantarono con la musica in sottofondo. “On this lovely bella notte!

Kurt corse alla finestra ridendo e spalancandola, rivelando il cielo notturno stellato. Cantò in modo che l’intero vicinato lo potesse sentire, "Side by side with your loved one, you will find the enchantment here!"

Blaine camminò lentamente per raggiungere Kurt. Non vide lo sguardo sul volto di Blaine, un misto di adorazione, affetto, e ammirazione. "The night will be under its magic spell when the one you love is me, oh..."

Blaine si premette leggermente contro la schiena di Kurt, appoggiando le mani su quelle di lui, aggrappate al davanzale. Adagiò il mento sulla spalla di Kurt mentre cantavano la restante parte della canzone insieme.

This is the night

And the heavens all rise…

Blaine prese una delle mani di Kurt per farlo girare lentamente, in modo che si trovassero faccia a faccia. Tenne alzata quella mano e si chinò sull’altra che copriva ancora quella di Kurt sul davanzale. Le loro fronti si premettero insieme, l’uno cantando dolcemente all’altro.

"...On this lovely bella notte."

Le labbra di Blaine incontrarono quelle di Kurt guidate da una dolce attrazione, il tocco più piccolo e più breve possibile, prima di interrompere il contatto. Kurt aspettò, con le labbra socchiuse, la testa contro quella di Blaine, in attesa, con il respiro accelerato.

E poi Blaine portò la sua bocca su quella di Kurt un’altra volta. Il respiro che Kurt aveva trattenuto uscì fuori di colpo, e si bloccò quando dovette riprenderlo e sentì le labbra di Blaine aprirsi contro le sue. La mano di lui lasciò il davanzale per andare sulla vita di Kurt, portandolo effettivamente più vicino, e l’altro alzò la mano adesso libera sul collo di Blaine, per spingerlo in avanti, premendosi contro la sua bocca con più forza. Un piccolo mugolio di piacere scappò dalla bocca di Blaine mentre questa si apriva ulteriormente, percorrendo con la lingua il labbro inferiore di Kurt. Emise un gemito soffocato, mentre lasciava che Blaine si muovesse e liberò l’altra sua mano per allacciare entrambe le braccia attorno alle sue spalle. Blaine esplorò la bocca di Kurt lentamente, languidamente, riuscendo a far scappare al ragazzo un impotente gemito d’appagamento. Il bacio proseguì con lentezza fino ad un climax, le labbra si mossero finché Blaine non si tirò indietro con un leggero schiocco.

“Oh mio Dio. Oh mio- merda.” Sembrava terribilmente combattuto, non sapendo se ricominciare o correre fuori dalla stanza.

Kurt era immobile, gli occhi spalancati dallo shock, il respiro pesante, e indietreggiò verso il davanzale in cerca di un supporto.

“Kurt?” disse stridulo Blaine.

“Sì,” esalò Kurt.

“Perché volevi sapere che cos’è l’amore?”

Kurt mandò giù saliva per la gola stranamente secca (strano perché Blaine aveva appena finito di spingere la sua lingua giù per la gola di Kurt) e disse senza riflettere:

“Perché volevo sapere che cosa provo quando sono con te.”

Blaine aprì la bocca per parlare una, due volte, ma nessuna parola uscì. Kurt vide chiaramente il conflitto interiore del ragazzo scomparire dai suoi occhi, il desiderio di scappare svanire da essi, per lasciare spazio al solo desiderio di-

Blaine si mosse così velocemente che la sola cosa di cui Kurt si rese conto dopo fu che la finestra era chiusa e le tende erano state messe a posto, e che Blaine lo aveva spinto contro il vetro, le mani strette fermamente sulla sua vita e le labbra ad un centimetro dalla sua bocca. Le parole pronunciate furono rauche ed intrise di rabbia, e la loro forza causò al corpo di Kurt dei brividi.

“Ora ascolta bene, Kurt. Non me ne importa un accidente di che cosa sia l’amore, ma io ti amo e non mi interessa quello che chiunque ha da ridire su questo. E so che giàdomani questo sarà un problema, ma adesso non me può fregare niente perché tutto quello che voglio fare è baciarti fino a perdere i sensi. Ti sta bene?”

Kurt non riuscì a formulare frasi coerenti. Il calore di Blaine lo stava circondando così intensamente. “Okay. Okay-sì. Mi sta- Ti amo. Anche io. Voglio- io- baciami. Ora baciamoci, ti prego.”

Blaine si lanciò sulla bocca di Kurt e lui riuscì a contenere a malapena un urlo di vittoria, che si trasformò invece in un basso gemito originato nel petto mentre lasciava che il suo corpo diventasse molle come quello di una bambola di pezza. Blaine riprese il lavoro da dove l’aveva lasciato, sostenendo Kurt, premendolo contro il suo corpo e spingendolo più forte contro la finestra. Alla fine il bacio divenne più lento, e si ridusse a movimenti più profondi e tranquilli che fecero girare la testa a Kurt più velocemente di come non stesse facendo il disco nel lettore.

“Blaine,” sospirò Kurt quando si separarono.

“Sì,” Blaine adagiò la fronte sulla spalla di lui.

“Non mi pare che oggi tu abbia incluso questo tipo di amore nella tua lista,” deglutì a vuoto Kurt.

“Domani, ricordi? Preoccupatene domani.” farfugliò Blaine, premendo un bacio sul collo di Kurt.

“Giusto,” disse Kurt, mordendosi un labbro.

“Questo non cambia quello che provo,” spiegò Blaine.

Kurt sorrise e si appoggiò a lui un’altra volta.

“Lo stesso vale per me.”

This is the night

And the heavens all rise

On this lovely bella notte.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Somewhere Over The Rainbow ***


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Capitolo 6 – Somewhere Over The Rainbow

 

Kurt stava fischiettando un motivetto mentre lavava la macchina davanti alla casa. Il sole brillava come non mai e gli uccellini cinguettavano rumorosamente tutto intorno. Burt gli aveva dato un giorno di riposo, insistendo sul fatto che suo figlio dovesse godersi le ultime mattine di vacanza, prima che la scuola cominciasse. Carole era andata al supermercato dopo aver preparato ai figli la colazione, e Finn se l’era svignata chissà dove, prima ancora che Kurt potesse vederselo sfrecciare davanti. Così, senza nient’altro di meglio da fare, Kurt pensò che avrebbe potuto anche dare una risciacquata alla sua adorata macchina.

Blaine aveva detto che avrebbero parlato quel giorno, e Kurt sperò che volesse mantenere la promessa, perché la notte precedente non avevano discusso poi così tanto.

Ma non aveva nessuna fretta. Per niente. Al momento Kurt era contento di disegnare semplicemente con la spugna dei cerchi perfetti sulla sua macchina, sentendo il sole picchiare sulla sua schiena, respirando l’aria fresca.

(Questo non c’entrava assolutamente niente con il fatto che, ogni qual volta gli eventi della notte precedente tornassero alla mente di Kurt, sentisse una fitta al basso ventre, il suo cervello andasse in tilt e  il cuore gli balzasse in gola.)

Un fruscio, da qualche parte nelle vicinanze della strada altrimenti silenziosa, disturbò la pace interiore di Kurt, ma quando il ragazzo si voltò indietro non c’era nulla. Ritornò a fischiettare ed immerse la spugna nel secchio per inzupparla con altro sapone.

E immediatamente dopo, Kurt stava gocciolando fredda acqua insaponata, dalla sommità della testa e sotto il suo mento, bagnandosi la camicia, i pantaloni e le converse in un millesimo di secondo.

La spugna di Kurt cadde per terra e il ragazzo sbatté le palpebre, momentaneamente impossibilitato a vedere, i capelli sul viso e la bocca aperta.

“QUANDO RIUSCIRO’ A VEDERE DI NUOVO E’ MEGLIO CHE CHIUNQUE MI ABBIA  INFRADICIATO SE LA SIA GIA’ DATA A GAMBE,” urlò infuriato.

Cercò di afferrare qualcosa a caso intorno a lui e riuscì ad acciuffare il tubo di gomma incriminato, ottenendo in risposta un piccolo urlo di terrore da una voce molto familiare.

“Dannazione, Blaine!” si infuriò Kurt, allontanando ciocche di capelli bagnati dagli occhi. Trovò Blaine in piedi davanti a lui, a sorridere con aria innocente, in mano il tubo che Kurt aveva afferrato.

“Ciao,” disse Blaine con tono allegro. “Bella giornata, no?”

Kurt cacciò un urlo e liberò il tubo dell’acqua ancora aperto dalla presa di Blaine. Il ragazzo fece un salto sorpreso, sorridendo raggiante mentre scappava via e Kurt lo inseguiva in una folle e disperata corsa attorno alla macchina. In seguito si ritrovarono bloccati ai fronti opposti della macchina, impossibilitati a rincorrersi per davvero. Alla fine Blaine scrollò le spalle sconfitto e si nascose tra la parte anteriore della macchina e il garage.

Kurt raddrizzò la schiena con fare trionfante e si mosse furtivo attorno alla macchina, muovendo a scatti il tubo in modo che si spargessero in aria piccoli spruzzi d’acqua. Si chinò velocemente accanto alla parte anteriore della macchina pronto a lanciare un urlo di vittoria, ma la bocca di Blaine lo zittì.

Beh, ecco che andava a farsi benedire la sensazione di calma che Kurt aveva provato quella mattina, perché si ritrovò di nuovo il cuore in gola, il suo stomaco faceva i salti mortali e fu grato che nessuno poté vedere il modo in cui tirò la camicia di Blaine per portarselo più vicino.

Dopo che fu passato lo shock iniziale il ragazzo si allontanò lentamente e tenne il tubo alzato sopra la testa di un incauto Blaine , bagnandolo completamente.

“Maledetto,” sussurrò lui, mentre stringeva gli occhi per coprirli dall’acqua.

“Hai cominciato tu,” replicò Kurt.

“Puah,” sbuffò Blaine. “La tua macchina è abbastanza pulita? Andiamo ad asciugarci.”

Kurt rise, pensando che adesso poteva anche dare meno importanza alla sua macchina. “Certo,” rispose, chiudendo il tubo e guidandolo in casa.

Una volta al sicuro nella stanza di Kurt, Blaine sospirò mettendo su il primo disco che vide mentre Kurt prendeva un asciugamano.

“Posso prendere in prestito qualcosa da indossare?” chiese. “Odio la sensazione dei vestiti bagnati addosso.”

“Certo,” parlò Kurt con voce acuta, la gola improvvisamente rigida. Non sapeva se fosse dovuto al pensiero di Blaine con addosso i suoi vestiti o al pensiero di Blaine mentre si cambiava con i suoi vestiti.

Si voltò verso il suo armadio così da poter tirare fuori il suo paio di jeans più corti e una maglietta bianca, quando Blaine disse:

“Dunque, i miei genitori hanno invitato te e la tua famiglia per cena questo Sabato.”

“Oh davvero?” chiese Kurt con curiosità, tenendo i vestiti nell’incavo del suo braccio.

“Qualcosa riguardo al volervi ringraziare, così come vi ringrazio io, per avermi permesso di passare molto tempo da queste parti,” ridacchiò.

Kurt rise in risposta mentre si voltava, arruffando i capelli nell’asciugamano, ma rimase paralizzato.

Blaine si era già spogliato della camicia e la stava stendendo sopra la finestra aperta per farla asciugare. Si voltò e Kurt fece immediatamente cadere a terra qualsiasi cosa stesse tenendo in mano, perché era l’unico modo per occupare la mente ed evitarle di domandarsi dove portava quella scia di peli sotto la cintura-

“Kurt?” chiese Blaine. Kurt incrociò gli occhi con quelli nocciola preoccupati dell’altro. La voce di Judy Garland fuoriusciva dal lettore mentre faticava a ritrovare la voce.

“Eh,” parlò Kurt con voce strozzata.

Blaine fece quel suo tipico sorriso innocente e camminò fino a Kurt in piedi, chinandosi per raccogliere l’asciugamano caduto a terra. Poi si fermò, ritornò su lentamente, senza togliere mai gli occhi di dosso a Kurt per tutto il tempo.

“I tuoi vestiti sono bagnati,” affermò.

“Sì,” deglutì Kurt. I capelli gli ricadevano sparsi sugli occhi e tutta la testa, ma non poteva permettersi di fare un passo e cedere all’impulso di sistemarli, non con Blaine che gli stava così tremendamente vicino.

Blaine fece scorrere i suoi occhi da quelli di Kurt fino alla sua camicia bagnata, e prese come un invito l’incapacità del ragazzo di guardare nient’altro che il suo petto, facendo scivolare il tessuto umido via dal corpo.

Rimasero fermi così per un momento, a petto nudo e faccia a faccia. I vestiti caddero sul pavimento un’altra volta e Blaine portò le sue mani sulla vita di Kurt.

“Posso baciarti, Kurt?”

Il ragazzo più alto ebbe appena il tempo di annuire, prima che Blaine esaudisse da sé il suo desiderio.

Profondi, lenti baci.

“Parlare,” ansimò Kurt. “Dobbiamo farlo. Dobbiamo parlare,” incespicò.

“Giusto,” disse Blaine dolcemente; le sue mani e i suoi occhi si soffermarono su Kurt brevemente prima di riprendere i vestiti.

Pochi minuti dopo erano entrambi seduti a gambe incrociate, faccia a faccia sul letto di Kurt, con addosso dei vestiti asciutti. Il silenzio era profondo, ma non necessariamente spiacevole.

“Allora,” inspirò Blaine. “La scorsa notte è stata…” pronunciò a bassa voce le ultime parole, guardando l’altro con aria fiduciosa.

“Interessante?” provò Kurt.

Blaine lo fissò ironicamente.

“Bella,” si corresse Kurt, arrossendo furiosamente. “Davvero, davvero bella.”

“Abbiamo parlato dell’amore,” disse Blaine, mentre si permetteva un piccolo sorriso per via della scelta di parole di Kurt. “E devo confessarti che, beh, che ero serio quando ho detto che ti volevo bene come amico. E poi, beh…”

Kurt annuì, comprendendo. “Ma che mi dici di-“ si fermò bruscamente.

“Giusto,” confermò Blaine. Eccolo il problema.

Ci fu di nuovo silenzio. Sentirono una macchina fermarsi, delle voci di persone che si prendevano in giro a vicenda e che poi si allontanavano da sotto la finestra, dei passi, e la porta di casa che veniva aperta. Finn era tornato.

“Questa discussione non andrà tanto bene,” decise Blaine.

“Beh, perché non proviamo…” Kurt si strinse nelle spalle, “A dire che cosa proviamo. Prima di pensare a che cosa fare con… i sentimenti, dobbiamo prima sapere che cosa vogliono dire.”

Blaine si morse il labbro. “Senza nessun giudizio,” rettificò. Kurt annuì, e Blaine si mosse irrequieto. “Prima tu,” disse.

Kurt tentennò. “Oh, beh, non penso che avrebbe davvero alcun- voglio dire, non so come-”

“Non deve per forza avere senso, o rispettare una qualche legge superiore,” affermò Blaine premuroso. “Semplicemente quello che provi, adesso, nella realtà.”

Realtà. Ecco quella parola un’altra volta, ma in un contesto diverso. Kurt guardò in basso. “Okay. Beh, quando sono con te mi sento me stesso, come se fossi veramente felice, e non solo quello, è questo…” gesticolò disperatamente, “sentimento che cresce. E il mio cuore comincia a battere veloce e il mio stomaco sembra che faccia le capriole e quando cantiamo-“ i suoi occhi volarono al soffitto, domandandosi da dove saltasse fuori quella affermazione- “sento proprio come se tutto fosse a posto e giusto e oh Dio ti prego fammi stare zitto adesso.” Affondò il volto tra le mani, non riuscendo a credere che avesse davvero permesso a se stesso di dire quello che gli era passato per la testa le settimane passate.

“Ricordi quando ti ho incontrato?” chiese Blaine, e Kurt riuscì a percepire un sorriso nella sua voce. Annuì con il viso ancora nascorto fra le mani.

“Non potevo nemmeno- eri così irreale, come uno di quei modelli della Coca Cola, che stanno seduti con quella posa strana in macchina, e poi hai guardato verso di me, e i tuoi occhi... Non lo so proprio. Ehi-” portò le mani di Kurt via dal suo volto e il ragazzo alzò gli occhi. “Eccoli,” rise Blaine. “Sono così pieni di speranza, ma anche, non so. Risentimento. Posso notare il modo in cui cambiano, da quando siamo da soli nella tua stanza a quando siamo in giro. E ogni volta che li osservo provo quella sorta di sentimento che hai appena descritto.”

Sorrise, e Kurt gli sorrise di rimando.

“Okay,” disse Kurt con determinazione, raddrizzando la postura e ignorando gli occhi di Blaine puntati dritti sul punto in cui i bottoni del colletto della camicia si aprivano a rivelare la sua clavicola. “Allora siamo amici.”

“Migliori amici,” lo corresse Blaine.

“Migliori amici,” concordò Kurt, facendo una pausa e scrollando le spalle, come se la frase seguente non fosse la cosa più strana nell’universo, “A cui… piace baciarsi.”

“Molto,” si lasciò sfuggire Blaine.

Le palpebre di Kurt si abbassarono lentamente mentre la sua testa diventava pesante al solo pensiero.

“Molto molto,” mormorò, trascinandosi in avanti per prendere il viso di Blaine con una mano e dargli un bacio.

“Oh,” esclamò Blaine nella bocca di Kurt. Cadde all’indietro per stendersi sui cuscini e Kurt lo seguì, mettendosi a cavalcioni sui suoi fianchi. Le dita di Blaine si aggrapparono con impazienza alla sua vita, finché il tessuto leggero non fu alzato abbastanza per toccare la pelle nuda. La testa di Kurt si inclinò con un suono di approvazione e Blaine approfittò frettolosamente avventandosi sul collo scoperto, così da lasciare delicati baci per tutta la sua lunghezza. Kurt mugugnò piano e incontrò di nuovo le labbra di Blaine, con baci lenti, profondi e umidi. Un suono strozzato rimase nascosto nella gola del ragazzo mentre si allontanava.

“Nngh- Kurt,” ansimò. “Non riesco a pensare.”

“Lo so,” concordò Kurt, allontanando una mano dal collo di Blaine per sistemarsi la frangia. “Ma ci deve essere qualcosa che possiamo fare. Solo perché non riusciamo a pensarci-“

“No, Kurt,” riprese fiato Blaine. “Voglio dire che non riesco a pensare perché…”

Kurt aggrottò le sopracciglia. “Cosa intendi dire?”

Blaine stava cominciando ad andare leggermente nel panico. “Voglio dire… Io-Kurt-” cacciò fuori un respiro profondo e rabbrividì consapevole del danno, prima di ruotare alla fine i suoi fianchi contro quelli di Kurt.

Kurt boccheggiò. “Oh!” strillò, e scivolò via da sopra Blaine velocemente.

Non si aspettava quello.

Kurt si mosse nervosamente, sedendosi accanto a Blaine, sperando che l’eccitazione del ragazzo non avesse contribuito ad accrescere il problema nei suoi pantaloni.

“Allora,” disse Blaine con voce carica di euforia. “Migliori amici a cui piace baciarsi molto.”

“E che sono sessualmente attratti a vicenda,” disse Kurt con i nervi a fior di pelle, massaggiandosi le tempie con le mani. Stavano perdendo il controllo di quella cosa.

“Okay,” parlò  Blaine con la voce più calma che riuscì a tirare fuori, appoggiando una mano sul ginocchio di Kurt. “Ce ne occuperemo un po’ alla volta.”

Osservò Kurt in attesa di una conferma e incontrò il suo sguardo alla fine. Ma quel problemino nei pantaloni di Kurt non era esattamente scomparso, probabilmente lo si poteva notare dai suoi occhi, e fu per questo che la mano di Blaine scivolò lenta verso l’interno della coscia di Kurt-

Il ragazzo era quasi sul punto di abbandonare tutto e lanciarsi su Blaine, quando udì la voce di suo fratello dal corridoio.

“Kurt?”

Sentì la collera entrargli in corpo, lo avrebbe portato a lanciare qualsiasi oggetto contro il muro e pestare i piedi a terra come un bambino capriccioso, perché proprio quando era così vicino a dare finalmente una scossa  alla sua piatta vita sessuale…

La mano di Blaine era ancora ferma sopra l’interno coscia di Kurt, a toccarlo dolcemente, e il pugno di Kurt era stretto sulla maglietta dell’altro, sul punto di tirarlo più vicino.

“Che cosa vuoi, Finn?” riuscì a dire Kurt.

“Voglio parlare.” Esitò lui. “Riguardo a ieri.”

Kurt guardò Blaine, che fece una smorfia prima di annuire lievemente con la testa. Fortunatamente l’improvvisa entrata in scena di Finn aveva fatto svanire del tutto l’erezione di Kurt , e a giudicare dall’espressione leggermente frustata sul volto di Blaine e dalla rapida occhiata che lanciò lì sotto, seppe che Blaine si trovava nelle sue stesse condizioni.

“C’è qui anche Blaine,” lo avvertì Kurt mentre i due si separavano, allontanandosi velocemente così da trovarsi seduti a distanza di sicurezza, l’uno di fianco all’altro contro il muro. “Va bene?”

“Sì, bene.”

Kurt sospirò e lasciò che Blaine gli desse una leggera gomitata di supporto, prima di alzarsi e andare alla porta. Finn era lì in piedi con addosso i vestiti di sempre e la giacca di pelle, le mani affondate goffamente nelle tasche.

“Beh, entra,” gli concesse Kurt, e tornò indietro verso il letto per sedersi accanto a Blaine, mentre Finn chiudeva la porta dietro di lui. Kurt picchiettò con la mano lo spazio vuoto vicino a lui e Finn si tolse la giacca mentre si metteva seduto.

“Ehi Blaine,” biascicò Finn.

“Ciao,” disse il ragazzo allegramente.

“Mi dispiace per ieri,” Finn si rivolse ad entrambi, senza troppi giri di parole.

“Sono delle scuse da parte di tutti o solo da parte tua?” chiese Kurt freddamente.

“Da parte mia,” ammise Finn. “Tutti gli altri sono ancora infuriati perché ci hai scaricato per un nerd. Parole loro, non mie!” si affrettò a dire, voltandosi per guardare Blaine. “Penso che tu sia a posto, amico. Se Kurt la pensa così, allora devi per forza esserlo, giusto?”

Blaine scrollò le spalle e si massaggiò la nuca. “Grazie, Finn.”

“Sono per lo più arrabbiati del fatto che hai mentito per farli andare via,” ammise Finn.

Kurt e Blaine si scambiarono degli sguardi d’intesa. Come avevano interpretato quella bugia?

“Finn,” Kurt ingoiò il nulla. “Quando ho detto di avere una ragazza in-“

“Lo so,” disse Finn. “Lo hai detto per farci andare via.”

Kurt sospirò sollevato. Il loro segreto era al sicuro, per ora almeno.

“I ragazzi possono anche essere di mentalità ristretta,” disse Finn. “E so perché hai mentito, perché si stavano comportando da stupidi, insistevano sul fatto che dovessi uscire con loro quando a te non andava per niente, e volevi stare con il tuo amico. Per questo sto dalla tua parte. Perché rispetto il fatto che voi ragazzi siate amici,” disse Finn.

“Migliori amici,” aggiunse Kurt.

“Acuipiacebaciarsitanto,” mormorò Blaine sottovoce.

“Cosa?” lo guardò stranito Finn. Kurt arrossì.

“Niente.” Gli occhi di Blaine vagarono per il soffitto.

“Beh ad ogni modo volevo dirvi un’altra volta che non mi importa quello che i ragazzi pensano, mi piace che voi siate amici e ho provato a parlare con loro ma non mi ascoltano.”

“Se non ti rispettano allora perché sono tuoi amici?” chiese Blaine.

Ci fu silenzio, come se Finn stesse facendo finta di non aver sentito la domanda. Kurt vide Blaine aprire la bocca per insistere, ma l’altro gli diede una leggerissima gomitata, scuotendo la testa come a dire che non ne valeva la pena.

“Oh, wow, amo questa canzone,” disse Finn all’improvviso mentre le note iniziali risuonavano dall’altro lato della stanza.

“Davvero?” chiese Kurt con tono incredulo, inarcando le sopracciglia. “Ti ritenevo più un tipo da Rock N’ Roll.”

“Beh quando tuo fratello non fa altro che mettere a tutto volume la musica nella camera accanto alla tua, sei costretto a scegliere una qualche canzone preferita.” ribatté Finn, sorridendo mentre Kurt si sistemava i capelli in modo impacciato.

Kurt si stupì dell’amore segreto di Finn per i classici, ma si stupì molto di più  quando il ragazzo cominciò a cantare assieme alla voce proveniente dal disco. Lui e Blaine si guardarono a vicenda con gli occhi sbarrati, quando realizzarono che la voce di Finn, intento a cantare, era molto più che gradevole.

Somewhere over the rainbow, way up high

There's a land that I heard of once in a lullaby

Blaine fece intenzionalmente l’occhiolino a Kurt prima di unirsi a Finn, creando una nuova armonia. Finn non sembrò accorgersene per niente, immerso in un canto spensierato.

Somewhere over the rainbow, skies are blue

And the dreams that you dare to dream really do come true

E poi Kurt realizzò che doveva semplicemente fare parte di quell’armonia. Cantò con la sua naturale voce da controtenore, e i tre cercarono di creare un perfetto accordo di tre voci.

Someday I'll wish upon a star

And wake up where the clouds are far behind me

Where troubles melt like lemon drops

A way above the chimney tops

That's where you'll find me

Somewhere over the rainbow, bluebirds fly

Birds fly over the rainbow, why then, oh why can't I?

Blaine e Kurt lasciarono che Finn cantasse una strofa da solista.

If happy little bluebirds fly beyond the rainbow

E si unirono nuovamente per il finale, soffermandosi sulle parole.

Why, oh why can't I?

Ci fu un breve silenzio mentre la canzone veniva seguita da un’altra. Kurt avrebbe potuto giurare che stessero tutti e tre pensando alla stessa cosa: quanto desiderassero poter andare per la loro strada e trovarsi  da qualche parte sopra un arcobaleno.

“E’ stato fantastico,” disse alla fine Finn, sbalordito.

“Non mi avevi mai detto di saper cantare in quel modo,” espirò Kurt.

“Non ho mai fatto davvero pratica prima d’ora,” ammise Finn. “E’ stato…”

Sembrò a corto di parole, così Blaine gliene suggerì una. “Divertente?”

Finn alzò lo sguardo e sorrise. “Sì. Sì, è stato divertente.”

E Kurt ebbe l’improvvisa visione di loro tre, assieme ad altre facce sconosciute, raggruppati in una stanza a cantare una canzone stonata, e cantavano per esprimere i loro sentimenti e nessuno se ne preoccupava, in effetti le persone volevano che-

“Credo di avere appena sognato ad occhi aperti un Glee Club,” sussurrò Kurt a Blaine.

 

Kurt non sapeva perché sentisse il bisogno di impressionare la famiglia di Blaine. Qualcosa gli diceva che non era legato alla sua naturale propensione per il fare una bella impressione con nuove persone. D’altra parte, si rifiutava di credere che fosse perché voleva farsi bello per i genitori del ragazzo con cui pomiciava.

Migliore amico, si corresse mentalmente Kurt. Che adorava baciare. Molto.

Ad ogni modo Kurt si ritrovò in camera sua, il Sabato sera, indeciso tra lo scegliere una polo color prugna che risaltava la sua pelle chiara e una camicia grigia leggera che evidenziava i suoi occhi.

“Kurt,” la voce di Burt risuonò per il corridoio. “Sei pronto?”

“Non ancora,” disse Kurt. Sentì un colpetto sulla porta di camera sua e Burt chiese con esitazione, “Posso entrare?”

Kurt abbassò controvoglia lo sguardo sulla sua veste di cotone e sulle due camicie, sospirando. Forse poteva chiedere aiuto. Non sarebbe stato strano chiedere un consiglio di vestiario  a suo padre se tutti loro, come una famiglia, stavano provando a sistemarsi al meglio per una cena, giusto?

Tenne alzate le due camicie mentre apriva la porta. “Viola o grigio?”

Burt sembrò sorpreso, ma solo in parte, e lo guardò con affetto. “Stai bene con qualsiasi cosa, figliolo,” disse con tono burbero.

Kurt inarcò le sopracciglia, alzando poco più in alto le camicie. “Quella grigia ti risalta di più gli occhi,” buttò li il padre. “Usciamo tra due minuti.”

Kurt annuì acconsentendo e chiuse la porta dietro suo padre, mentre un sorriso triste spuntava appena sul suo volto.

 

“Ah, benvenuti! Annie, Blaine, gli Hummel sono qui.”

“Ci dispiace per il ritardo, Greg,” si scusò Burt, aggiustando il colletto della sua camicia color kaki.

Finn intervenne, stringendo la mano di Greg un po’ freddamente, “Il nostro Kurt qui ci stava mettendo una vita per prepararsi-”

“Finn,” lo interruppe Kurt stringendo i denti, assumendo un’aria innocente, sorridendo in modo esagerato mentre la versione più alta e più anziana di Blaine li conduceva dentro l’accogliente salotto ben arredato della casa ad un piano. Guardò verso il signor. Anderson e rettificò, “Sta solo scherzando.”

“E tu devi essere Kurt,” sorrise Greg, e Kurt gli strinse la mano amichevolmente.

“Piacere di conoscervi, signor. Anderson,” sentenziò il ragazzo.

“Sono così sollevato che Blaine si sia già trovato un amico qui,” disse Greg. Passò la mano sopra alla sua polo rossa. “Passa così tanto tempo a casa vostra, sentivo di dovervi invitare per ringraziarvi.”

“Non c’è nessun problema, Greg,” intervenne Carole con un sorriso. Kurt si sentì piuttosto soddisfatto per l’abito blu che aveva scelto di farle indossare quella sera. “E’ davvero un piacere avere a casa Blaine ed è il benvenuto in qualunque momento.”

“Io cosa?”

Il cuore di Kurt cominciò a battere freneticamente lasciandolo  quasi senza fiato quando Blaine entrò nella stanza con sua madre, indossando una camicia appena stirata color cipria e dei pantaloni neri. La presenza di quattro adulti gli impedì fortunatamente di sciogliersi, mentre un sorriso più luminoso del sole compariva sul volto di Blaine, dopo aver notato Kurt.

“Ciao,” disse ad alta voce, per mascherare il suo subbuglio interiore.

“Ciao amico,” gli rispose Blaine, ridacchiando. I loro occhi si incontrarono e Kurt seppe che stavano pensando la stessa cosa: il desiderio che gli adulti scomparissero nell’aria per magia, in quel preciso momento.

I due arrossirono e guardarono da un’altra parte.

Quelli sguardi passarono inosservati alla signora Anderson, vestita con un abito color malva, che prese la mano di Kurt nella sua e disse dolcemente, “E’ così bello poterti finalmente incontrare, caro. Blaine ci ha parlato molto di te.”

“L’ha fatto?”  chiese Kurt innocentemente, lanciando un’occhiata ad un Blaine profondamente imbarazzato. “Soltanto cose belle, spero,” sorrise con l’aria di chi la sa lunga.

“Che altro potrei dire?” sorrise Blaine.

Finn alzò gli occhi al cielo, stropicciando la camicia color ardesia che Kurt gli aveva messo addosso. “Voi ragazzi siete così strani. Sono l’unico teenager in questa stanza?”

“La maturità è considerata una buona cosa, figliolo,” disse Carole con voce dolce mentre la signora Anderson indicava loro la strada per la cucina.

La cena, come si scoprì poi, fu ricca di conversazioni semplici e allegre tra famiglie, leggeri contatti tra il braccio di Blaine e di Kurt, l’uno accanto all’altro, e il migliore pasticcio di carne e verdure che Kurt avesse mai assaggiato. Non fu poi così difficile, come aveva immaginato Kurt, impressionare gli Anderson, ed infatti erano persone ragionevolmente tolleranti e amichevoli. Verso la fine della cena i padri di famiglia erano immersi in una profonda discussione sulle auto e sulla meccanica, mentre le madri si stavano scambiando ricette. Finn, Kurt e Blaine invece occupati con il tema ‘musical di Broadway’.

“Voglio dire, davvero non capisco. Non capisco perché le persone comincino a cantare una canzone in un dato momento,” disse Finn.

“E’ questa la caratteristica dei musical, Finn,” disse Kurt con tono esasperato. “Non deve essere realistico.”

“Deve essere un sollievo dallo stress del mondo attuale,” aggiunse Blaine.

“Non lo so, mi fido,” biascicò Finn, mormorando qualcosa come “che assurdità” e “ i balli sincronizzati poi”.

“Allora Kurt,” proruppe all’improvviso Greg, facendo saltare leggermente sul posto Kurt.

“Sì, signore,” parlò il ragazzo con voce strozzata. Nonostante fosse appena giunto alla conclusione che gli Anderson fossero persone tranquille, provò improvvisamente la sensazione che stesse per essere sottoposto ad un interrogatorio.

“Cosa hai intenzione di fare in futuro?”

Kurt si sentì gli occhi di tutti addosso, specialmente quelli di Blaine.

La domanda era abbastanza semplice e le aveva già dato una risposta centinaia di volte, le stesse parole ripetute in serie, ma per qualche ragione dirle proprio lì, e proprio in quel momento, le faceva pesare come delle vere e proprie bugie, dirle avrebbe fatto del male alla sua stessa coscienza, una incongruenza fra quello che Blaine sapeva e le aspettative degli adulti.

“Beh il piano è quello di continuare a lavorare nel negozio di mio padre,” Kurt si sforzò perché le parole uscissero fuori, sul volto un sorriso finto. Si impose di non guardare verso Blaine, perché sapeva gli avrebbe spezzato il cuore l’espressione di chi ‘in realtà sa’, sicuramente dipinta sul suo volto, così cercò invece gli occhi di Burt. Ma questo non contribuì a migliorare le cose. Il padre stava guardando attentamente suo figlio, con una strana espressione sul volto ed una strana emozione negli occhi, che Kurt non riuscì a definire con esattezza. Ricordava molto il triste sorriso che aveva mostrato a Kurt quella sera stessa, il sorriso che si trovava sul suo viso ogni volta che il figlio era vestito troppo elegantemente, o cantava vecchie canzoni sottovoce o metteva a tutto volume The Sound Of Music nella sua camera. Kurt riuscì a pescare due possibili alternative: malinconia o delusione.

Kurt sperò davvero che non fosse l’ultima.

“Assolutamente rispettabile, considerate le circostanze.” Concluse Greg Anderson. “Blaine farà l’avvocato,” aggiunse con tono orgoglioso.

Toccò a Kurt guardare Blaine, che mostrò un sorriso tirato. “E’ vero.” disse con voce sommessa. Il piede di Kurt si mosse appena contro quello di Blaine sotto il tavolo: non gli venne in mente nessun’altra cosa da fare.

“Parlando di avvocati, come vanno le cose in tribunale, Greg?” propose Carole, avvertendo la tensione tra i ragazzi. Il signor. Anderson sembrò inizialmente restio ad abbandonare la discussione sul futuro dei loro figli, ma proseguì. Kurt la vide poggiare furtivamente una mano su quella della signora Anderson, prima di parlare al ragazzo e a Kurt.

“Blaine, perché non mostri a Kurt e a Finn la tua stanza? Sono sicura che saranno felicissimi di darti una mano a svuotare un po’ le scatole.”

Blaine lanciò alla madre del suo amico uno sguardo pieno di gratitudine mentre lui e Kurt si alzavano dal tavolo. Il signor. Anderson sembrò sul punto di bloccarli, ma Carole lo intercettò facendogli un’altra domanda sulla legge, e fu tenuto a risponderle.

“Voi due andate pure, io resterò qui sotto,” disse Finn. Kurt lo osservò con aria curiosa ma il fratello gli sorrise e piegò la testa come a dirgli va avanti, è amico tuo, non mio.

Blaine a quanto pare aveva lasciato acceso il lettore da quando era sceso in cucina, abbandonando la camera un po’ disordinata, e della musica Rock N’ Roll riempiva dolcemente la stanza. Una chitarra stava nell’angolo vicino alla finestra, sommersa da vestiti spiegazzati. C’erano molte scatole da imballaggio etichettate con vari nomi, come “Dischi”, “Foto”, e “Cose Della Scrivania.”

“Allora, che ne pensi?” chiese Blaine, chiudendo la porta. “Non ho davvero avuto il tempo di sistemarla prima che tu arrivassi.”

Kurt contemplò la stanza e affermò, “In disordine. Ma accogliente.”

Blaine piegò la testa di lato, ringraziandolo con un sorriso, e Kurt si fece scappare la prima cosa che gli venne in mente. “Dove sono i tuoi papillon?”

Blaine rise. “Ovvio che lo avresti chiesto. Cassetto in alto dell’armadio.”

Kurt fece scricchiolare l’anta dell’armadio già aperto per metà e boccheggiò mentre apriva il cassetto. C’erano tutti i colori dell’arcobaleno, incluse le sfumature, senza includere poi anche i vari motivi, gli scacchi e i pois ricamati sopra. Kurt ne raccolse con cura uno color lavanda, studiandolo.

Un paio di mani calde lo presero dalle sue. Kurt si voltò così da poter vedere Blaine sorridere e mettere il papillon attorno al collo dell’altro ragazzo, annodandolo con movimenti esperti. Blaine era più vicino del necessario per dover solo allacciare un papillon, e le sue mani si soffermarono leggermente sul collo di Kurt quando finì. Con il cuore agitato, Kurt avvicinò le sue labbra a quelle di Blaine per poco tempo prima di chinare il capo timidamente. Blaine sorrise melanconico, poggiando la sua testa su quella dell’altro.

“Tienilo,” disse lui, “Ti sta bene.” E il modo in cui i suoi occhi percorsero l’intera figura di Kurt mentre si allontanava suggerì che il papillon non era l’unica cosa che stava bene addosso al ragazzo.

Kurt sorrise e fece per immergersi nuovamente nel cassetto, mentre Blaine cominciava a vagare per la stanza, ma un qualcosa che brillò infondo all’armadio lo distrasse.

“Blaine?”

L’ amico stava giustamente cominciando a raccogliere i vari oggetti sparsi per il pavimento in una pila all’angolo della stanza, quando alzò lo sguardo. “Sì?”

“Cos’è questa?” Kurt cercò di nascondere un sorriso mentre si voltava, mostrando una giacca di pelle liscia.

Blaine aprì e chiuse la bocca. “Quella… è….”

“Qualcosa che non avrei mai e poi mai, in tutta la mia vita, visto indosso ad un secchione,” finì per lui Kurt. Aggiunse poi, quando Blaine aggrottò le sopracciglia, “E quel ‘secchione’ era detto nel modo più affettuoso possibile.”

Blaine fece una smorfia e camminò velocemente verso Kurt, strappandogli la giacca dalle mani. “Mio zio me la regalò per il mio compleanno,” spiegò lui. “E’ molto costosa, per questo non ho mai avuto la forza per buttarla via. E nemmeno indossarla, non avendo interesse per queste cose.”

“Credo di sapere bene quanto possa costare, Blaine,” disse Kurt come un dato di fatto, mentre gli occhi si spalancavano nel leggere la marca sull’etichetta. Poi portò lentamente gli occhi su Blaine, con un sorriso che faceva capolino sulle sue labbra. “Provala.”

“Eh,” rise Blaine ironicamente. “No grazie.” Cominciò a rimetterla a posto nell’armadio ma Kurt gliela rubò dalle mani stringendola fra le braccia, tenendola lontano da Blaine in modo che non potesse recuperarla. “Nessuno lo vedrà,” promise Kurt, mentre il suo sorriso cresceva.

Blaine gli indirizzò l’occhiata più velenosa che riuscì a fare, prima di infilarsi la giacca. La strattonò con fare impacciato ma Kurt tenne saldamente i risvolti e la tirò in modo che aderisse perfettamente alle sue spalle. Guidò Blaine fino allo specchio dietro alla porta dell’armadio ed ebbe quasi un colpo al cuore.

“Ti fa sembrare più fico,” espirò Kurt, tenendosi stretto alle spalle di Blaine per sostenersi,  domandandosi se si sarebbe mai più ricordato come respirare.

Blaine prese il materiale tra le mani e lo stiracchiò. “Mi sta meglio rispetto a Febbraio, quando l’ho ricevuta,” ammise. “Mi da l’aria di un tipo a posto, suppongo.”

“A posto?” lo schernì Kurt immediatamente. “Ti da un’aria dannatamente-” ma serrò la bocca in un lampo e Blaine lo guardò con l’aria di chi si aspetta qualcosa.

“Che aria mi da?” ridacchiò, voltandosi verso lo specchio per fissarlo nel riflesso.

“Niente” disse Kurt immediatamente, “Non ti fa sembrare niente,” disse con voce fiacca.

“Oh sì?” sorrise Blaine sfacciatamente, “Proprio come se facessi questo” prese il braccio di Kurt e lo portò ad una distanza che avrebbe potuto mozzargli il fiato. “E dicessi che non è ‘niente’?”

Kurt sbatté le palpebre e deglutì. “Sexy,” rettificò. “Ti da un’aria sexy.”

Kurt era quasi sicuro che Blaine stesse per baciarlo, invece lasciò andare Kurt e rise, cambiando argomento, “Hai già pensato a cosa farai con i tuoi amici?” chiese, allungando un braccio per stringere con aria indifferente la mano di Kurt, come se il fatto che si tenessero per mano non fosse il problema, ma lo fossero i suoi amici. Kurt si stava domandando proprio quanto dovevano essere riviste le loro priorità.

Kurt sospirò, strofinando sovrappensiero il suo pollice contro quello dell’altro. “No. E in qualunque modo la veda,  dovrò affrontare una crisi d’identità,” disse, dando voce ai suoi pensieri. “Vorrei che ci fosse un modo per tenere con me sia i ragazzi che te. Possono essere utili nel momento in cui avrò bisogno di braccia più forti,” ridacchiò, e Blaine annuì in silenzio.

“Non è incredibile che Finn sia un così bravo cantante?” rifletté Blaine, ripensando al Mercoledì passato.

“Lo è,” concordò l’altro. “Quando ti ho detto che stavo pensando ad un Glee Club non mentivo. Vorrei davvero farne parte. Ma devo ammettere che sono nervoso di quello che la gente potrebbe pensare, quando di colpo passerò dall’ essere un arrogante e presuntuoso ragazzo ad un cantante nello show business.”

“Hm,” Blaine si soffermò su quella frase, osservando per un po’ di tempo il loro riflesso nello specchio, le sopracciglia che si inarcavano mentre assimilava le parole dette da Kurt. I suoi occhi viaggiarono dall’amico alla sua giacca di pelle, al lettore e poi di nuovo su Kurt, che aveva seguito quelle rapide occhiate ed era giustamente confuso ora.

Alla fine Blaine parlò, con gli occhi che brillavano d’aspettative. “Penso di avere un’idea.”

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Don't You ***


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Capitolo 7 – Don’t You

 

Due ragazze bionde e due ragazze more uscirono da una Cadillac rosa chiaro, nella luce del sole mattutino, facendosi scivolare sulle spalle delle giacchette di raso e sugli occhi degli occhiali dalla forma allungata.

“Riuscite a crederci, ragazze?” disse la più carina e più snella delle bionde. “Già l’ultimo anno.”

“E la metà di noi ha già uomini ai loro piedi,” la bruna dalla pelle abbronzata inalò elegantemente dalla sigaretta.

“Com’è Puckerman, Santana?” chiese alla mora la bruna dai capelli chiari.

Santana scrollò le spalle con un sorrisetto che nascondeva chissà quali segreti. “Lo stesso di sempre.”

“Pensavo che Quinn stesse uscendo con Puck,” disse a bassa voce la bionda meno sveglia. Le altre ragazze alzarono gli occhi al cielo con indulgenza.

“No, Brittany,” disse la bruna con i capelli più chiari. “Quinn ha rotto con Puck l’anno scorso. Sta uscendo con Finn adesso,” spiegò lentamente.

“Tina ha ragione,” disse Quinn, e continuò con voce sognante, “E Finn è tutto quello che avessi mai potuto desiderare.”

“Incluso un sacco di patate,” disse Santana con impertinenza. Delle risate stridule si dispersero da dove stavano, in piedi fuori dalla loro macchina, finché la voce di Brittany non si intromise un’altra volta.

“Ehi, chi è quello?”

“Brittany, andiamo, conosci Kurt,” disse Quinn con tono esasperato.

“No, quel ragazzo accanto a lui,” esclamò Tina, accorgendosi ora di quello a cui si stava riferendo Brittany.

Le Pink Ladies abbassarono gli occhiali sincronizzare, completamente sbalordite.

Porca miseria,” boccheggiò Santana.

 

 

“Ragazzi, e se non si facesse vedere?”

Mike si piegò contro il muro di mattoni accanto all’entrata della scuola, con un’espressione preoccupata sul volto.

“Arriverà,” disse Puck con aria indifferente. “Non potrebbe vivere senza di noi.”

Nessuno notò l’espressione incredula sul viso di Finn.

“Beh spero davvero che si faccia vedere,” disse Sam nervosamente, pettinandosi all’indietro i capelli. “Cominciava a starmi simpatico il piccoletto.”

“Lo stesso vale per me,” disse Puck. “Ma deve rivedere le sue dannate priorità, se sta mentendo per evitare di passare tempo con i suoi compagni.”

Finn parlò francamente. “Lo stavamo abbastanza facendo uscire di testa. Anche quando aveva detto di essere occupato.”

“Sì, occupato con quel nerd-”

Porca miseria!

I ragazzi osservarono la faccia sconcertata di Mike con stupore, prima di dirigere i loro occhi nella direzione in cui stava guardando. Ciascuna delle loro facce cominciò presto ad assomigliare a quella di Mike, tutte eccetto quella di Finn, i cui silenziosi attacchi di riso irrefrenabile passarono inosservati.

“Non vedo mica quel nerd,” disse Sam con voce strozzata.

 

“Sei sicuro di volerlo fare?” riuscì a dire Kurt, guardando costantemente davanti.

“Affermativo,” disse Blaine.

Erano serviti due lunghissimi giri per negozi, un tubetto di brillantina, una lezione di linguaggio appropriato, cinque sigarette consumate, ed un paio di pomiciate come supporto morale, per arrivare dove Kurt e Blaine si trovavano adesso, ovvero nel parcheggio del McKinley.  Dopo essersi preparati tutto il giorno precedente all’ “idea” di Blaine, si erano ritrovati stranamente nervosi all’idea di eseguire per davvero il piano.

Kurt lanciò un’occhiata furtiva a Blaine, ma riportò velocemente lo sguardo davanti a sé. Non c’era verso, non si sarebbe mai abituato all’effetto che la giacca di pelle faceva sull’altro.

“Andiamo.”

E con quello, i ragazzi scesero dalla Thunderbird blu e si gettarono nella mischia.

Operazione Lampo: Iniziata

Dire che le teste di tutti si voltarono verso di loro era dire poco.

Certo, tutti conoscevano Kurt. Era il fratello di Finn, ed era un membro di quella banda, con i suoi capelli ben pettinati, gli occhiali e la giacca di pelle. Ma chi era quel gran fico  che camminava a grandi falcate accanto a lui? I capelli scuri, fissati con la brillantina, ed il corpo magro e abbronzato non erano decisamente conosciuti nei corridoi del McKinley. I suoi jeans con il risvolto, le converse consumate e la liscia giacca di pelle erano quasi identiche a quelle di Kurt, ma avevano l’aria di essere state appena comprate. Ogni cosa di lui urlava spavalderia e sfrontatezza, ed era una buona cosa che gli altri non riuscissero a vedere dietro gli spessi occhiali neri che nascondevano i suoi occhi, terrificati e coscienti di cosa stesse facendo.

“Mi stanno fissando tutti, Kurt,” mormorò lui.

“E’ stata la tua idea folle,” mormorò in risposta Kurt, “ E io te l’avevo detto, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro, almeno metà scuola ti ha visto.”

“Non sto dicendo che me ne pento,” disse Blaine mentre Kurt salutava varie persone che passavano di lì, scuotendo vagamente la mano, “E’ solo… strano.”

“Facci l’abitudine,” sorrise Kurt intanto che si incamminavano verso l’atrio. Non poteva ancora permettersi di guardare Blaine, perché se lo avesse fatto quella giacca lo avrebbe portato a fare strani pensieri  e ad agire d’impulso e quello, ragionò Kurt, sarebbe stato piuttosto controproducente.

“Eccoli là,” sussurrò Blaine, e Kurt scorse Puck, Finn, Sam e Mike fermi a chiacchierare contro il muro accanto alle scale che conducevano dentro la scuola. Il petto si riempì di una sensazione opprimente, familiare ma carica di risentimento.

“Dammi una sigaretta,” sibilò Blaine, e Kurt inarcò le sopracciglia. “Blaine, seriamente, hai quasi rimesso le tue budella tossendo tremendamente ieri-”

“Non ho intenzione di farne un abitudine,” sbuffò l’altro, mostrando una mano. “Ho un piano,”

Kurt roteò gli occhi e tirò fuori una sigaretta dalla scatola, praticamente intatta, che stava nella sua tasca posteriore, facendola cadere nella mano di Blaine. Il ragazzo strinse brevemente le dita di Kurt sorridendo, prima di far comparire un accendino.

Kurt emise un sospiro nauseato. “Lo sai che stai solo facendo finta di essere alla moda, vero?”

“Non accetto il commento,” ridacchiò Blaine. “Sono abbastanza alla moda, e so che lo pensi anche tu, a giudicare da come sbavavi sopra ai miei papillon.”

“Touche,” rispose Kurt scuotendo le spalle, mentre ricordava il papillon color lavanda riposto cerimoniosamente, come una reliquia, nel suo armadio. Giusto mentre Blaine faceva scivolare la sigaretta nella bocca, lo sguardo di Mike notò le figure in avvicinamento. Kurt quasi esplose nel notare l’espressione scioccata e fuori luogo sul volto del ragazzo, e quando Puck si voltò per vedere qual’era il problema Kurt fu abbastanza sicuro di essere molto vicino al bagnare i suoi pantaloni, cercando di non ridere. O piangere. Entrambe le cose si addicevano.

L’unico che non li stava fissando con la bocca aperta mentre finalmente li raggiungevano era Finn, più o meno al corrente degli strani comportamenti di Blaine e Kurt del giorno precedente; il ragazzo stava ora cercando di trattenersi a malapena dallo scoppiare a ridere.

“Ehi ragazzi,” disse Kurt, appoggiando un piede sul muro prima di chinarsi su di esso. “E’ bello rivedervi.”

Sam faceva ora vagare la testa fra Kurt e Blaine. “Io- come- ma tu sei-”

“Blaine,” disse il ragazzo che non poteva proprio essere Blaine, pensò Kurt, perché adesso che lo stava guardando davvero e esaminando, dava l’impressione che fosse un ragazzetto arrogante molto attraente, molto alla mano, raffinato ma volgare, freddo ma al tempo stesso passionale, pericoloso da tutti i punti di vista.

Kurt si tirò mentalmente uno schiaffo perché era proprio il pericolo quello che avrebbero dovuto affrontare con tutta quella farsa. Ma dannazione, Blaine aveva imparato velocemente. Kurt non avrebbe mai immaginato  che il ragazzo potesse apprendere tutto in un solo giorno e potesse anche superarlo brillantemente.

“Tu sei… l’amico di Kurt,” chiarì Mike piegando la testa, come se un angolazione diversa lo avrebbe fatto apparire diverso.

E poi Kurt quasi si sentì mancare, perché quello non era una cosa pensata per essere inserita nel repertorio di scena dell’amico: Blaine inspirò lentamente dalla sigaretta, prima di buttare fuori il fumo con un veloce sbuffo e gettare a terra il mozzicone per calpestarlo con il tallone.

Improvvisazione, pensò Kurt. Molto d’effetto.

“Sì, sono io,” confermò alla fine, e si chinò con aria indifferente contro il muro vicino a Kurt.

Kurt calmò gli ormoni, che gli stavano facendo dolere tremendamente tutto il  corpo, cercando di immaginarsi gli occhi di Blaine vagare in diverse direzioni dietro agli occhiali da sole. Perché quello era sicuramente ciò che stava accadendo adesso. Il piccolo e impercettibile colpo di tosse del ragazzo  confermò l’ipotesi di Kurt. Si rivolse al gruppetto, “E’ un novellino, così ho pensato che potremmo portarcelo dietro. Insegnarli come ci si comporta.” Inarcò un sopracciglio aspettando delle risposte, ma nessuno parlò.

“A meno che voi ragazzi non mi vogliate qui nei paraggi,” disse Blaine con voce melliflua. Kurt dovette continuare a ripetersi che la spavalderia usata dall’altro ragazzo era una sua creazione. Dio, che sorta di mostro aveva creato?

Beh , Kurt aveva decisamente fatto qualcosa di buono, perché i ragazzi erano impalliditi alle parole di Blaine. Adesso Finn stava ridendo senza trattenersi, visto che nessuno sembrava farci caso.

“Cosa? Certo che no amico, puoi girare con noi,” lo pregò Sam.

“Quando mai abbiamo detto di non volerti?” Mike ridacchiò nervosamente.

“È che non sapevamo che tu fossi così… fico.”

Blaine ghignò all’affermazione di Puck e, dalla posizione in cui si trovava, Kurt riuscì a vederlo lanciare una veloce occhiata divertita nella sua direzione. “Beh, diciamo solo che Kurt ha avuto una brutta influenza su di me.”

Kurt sperava davvero che Blaine avrebbe smesso di dire cose come quella, con quel particolare tono di voce, per via delle scariche di tensione che gli percorrevano lo stomaco.

“Direi più una buona influenza,” sorrise Puck alla fine, e gli diede una pacca sulla spalla. “Benvenuto nella banda, Anderson.”

Si dispersero così dei commenti e delle risate d’assenso. Blaine portò le braccia, prima incrociate sul petto, nelle sue tasche, sfiorando leggermente il braccio di Kurt nel mentre. Kurt alzò lo sguardo, da dove si era lasciato scivolare contro il muro, giusto in tempo per cogliere l’occhiolino che gli era stato indirizzato da dietro gli spessi e rigidi occhiali neri.

E in quel momento la campanella suonò, segnalando i cinque minuti restanti prima delle lezioni.

“Coraggio ragazzi, filiamo via,” suggerì Puck, e gli altri cominciarono ad andargli dietro.

“Ci incontriamo più tardi con voi,” disse Kurt. “Devo portare Blaine nell’ufficio del preside.”

Puck annuì. “E’ bello averti di nuovo qui, amico,” disse, colpendo piano la spalla del più piccolo con un’espressione sincera negli occhi. Tutti i ragazzi si voltarono per incamminarsi, lasciando Kurt e Blaine a se stessi.

Fase Uno dell’Operazione Lampo: Completata

Blaine butto fuori un forte colpo di tosse e cominciò a farsi prendere dal panico, intanto che tossiva.

“O Dio- Kurt, io non- penso di- poterlo fare,” fu sul punto di strozzarsi.

Operazione Lampo: In sospeso

Kurt mise una mano sul petto di Blaine per sorreggerlo. “Stai scherzando, vero? Persino io mi sono convinto che fossi un’altra persona!”

Blaine rise nervosamente, schiarendosi la gola. “Continui a dimenticare che ho recitato come protagonista in tutte le recite scolastiche della mia scuola,” gli fece notare. “Non lo so. Era troppo esagerato?”

Gli occhi di Kurt si spalancarono con fare indignato. “Esagerato? Neanche lontanamente. Schiacciare la sigaretta per terra? E’ stato geniale!”

Blaine sorrise lentamente. “Grazie… credo. Mi sento solo così…” fece per passare una mano tra i capelli, ma rabbrividì quando realizzò che c’era della brillantina su di essi. “A disagio,” terminò.

“Pensa solo che,” gli consigliò Kurt gentilmente, “non appena la scuola terminerà, potremmo andare a casa mia e rilassarci.”

“E con rilassarci intendi lavare via questa schifezza dai miei capelli?” rispose deciso Blaine.

“Certo,” disse Kurt, senza preoccuparsi di menzionare il fatto che gli piacevano anche così, tirati all’indietro. Cominciarono ad avviarsi su per le scale. “Puoi ancora tirarti indietro se vuoi. Dopotutto, questa è stata una tua idea.”

Blaine rise e scosse la testa. “No. In questo modo possiamo ancora essere migliori amici, e tu puoi avere il tuo… gruppo di supporto.”

“Di protezione,” lo corresse Kurt, con volto tetro.

“Come vuoi  tu. Inoltre, è solo per quando siamo a scuola, come tu stesso hai detto. Possiamo essere quello che vogliamo a casa.”

Kurt sorrise debolmente in risposta al grande sorriso luminoso di Blaine, che non mancava mai di confortarlo. “Giusto,” affermò lui. Decise di non soffermarsi sul fatto che quello che stavano facendo, in realtà, aveva complicato il problema di Kurt: realtà contro fantasia uguale doppia vita. “E Blaine?”

“Sì?”

Kurt lanciò il suo pacchetto di sigarette nel cestino dell’immondizia.

“Niente più sigarette per te.”

 

“Psst.”

Quel rumore, in mezzo al frastuono dell’aula magna, fu ignorato da Kurt, che era impegnato a rigirare tra le dita il suo pettine. Il signor Ryerson evidentemente faceva finta di non sopportare le buffonate dei senior in classe (aeroplani di carta, ragazzi sui banchi, allegre chiacchierate riguardanti avventure estive, il solito) o semplicemente sceglieva di ignorarle.

“Psst.”

Kurt aggrottò le sopracciglia e si voltò, così da trovarsi faccia a faccia con Artie Abrams. Gli occhiali da vista schermavano degli occhi pieni di entusiasmo e le mani scorrevano con fervore sulle ruote della sua sedia a rotelle.

“Cosa c’è, Artie?” strascicò le parole Kurt.

“Com’è andata la tua estate?” chiese Artie con un sorriso. Spinse gli occhiali su per il ponte del naso.

Kurt lanciò brevemente un’occhiata a Puck e il resto della banda, assicurandosi che fossero totalmente presi dal loro dovere, ovvero lanciare svariati oggetti sul vestito di Rachel Berry, prima di rispondere allo “sfigato” con il cuore buono, come Sam lo aveva propriamente soprannominato.

“Abbastanza bene, com’è andata la tua?”

“In modo fantastico. Ehi, ascolta,” Artie si guardò intorno, in cerca di occhi sospetti che volevano spiarli, prima di chinarsi più vicino a Kurt. “Tutti vogliono saperlo. Chi è il ragazzo nuovo?”

Kurt inarcò lentamente le sopracciglia. Brittany Pierce, in tutta la sua bionda bellezza, di lì a poco andò a sedersi sul banco di Artie, facendo scoppiare rumorosamente la sua gomma da masticare prima di intromettersi. “Quel tipo nuovo? E’ un gran fico.”

“Silenzio in classe,” Mr. Ryerson si fece sentire inutilmente dalla cattedra, senza nemmeno preoccuparsi di alzare lo sguardo dal suo libro. Nessuno gli prestava attenzione.

“Il suo nome è Anderson,” spiegò Kurt con tono freddo, cacciando indietro quello stupido sorriso che stava cercando di sfuggirgli. Era così strano pensare che le persone immaginassero Blaine, il ragazzo che amava i papillon e i musical, come un ragazzo fico, basandosi solo su un po’ di brillantina e una giacca di pelle.

“Solo Anderson? E’ un nome buffo,” disse Brittany con perplessità, sistemandosi la giacchetta di raso  sulle spalle.

Blaine Anderson,” chiarì Kurt.

Santana Lopez, la cameriera di Breadstix, si allontanò dal suo banco per raggiungere il trio, giocando con i codini di Brittany. Le loro giacchette rosa erano perfettamente coordinate, anche se Brittany indossava la sua sopra ad un semplice vestito e Santana portava dei pantaloni appena sotto il ginocchio, abbinati ad una camicetta scollata.

“Da dove viene?” chiese lei.

“New York,” disse semplicemente Kurt.

Quinn Fabray, simile più che mai ad un angelo quel giorno, con i suoi mossi capelli cotonati, e Tina Cohen, la pelle chiara che contrastava con i capelli neri, camminarono veloci per unirsi alla conversazione, completando il quartetto di Pink Lady. Artie era giustamente scioccato, circondato com’era dalle ragazze più affascinanti della scuola. Si rigirò i pollici, ascoltando attentamente.

“Stiamo parlando del tipetto nuovo?” chiese Tina.

“E’ un gran fico,” intervenne Quinn.

Kurt obiettò, “Hai un fidanza-“

“E’ quello che ho detto io,” lo interruppe Brittany, tagliandolo fuori dal discorso.

“Kurt”, una voce nasale intervenne. Kurt si voltò ed emise un lamento dentro di sé, trovando Jacob Israel in piedi accanto al suo banco, con gli occhiali che brillavano per via delle luci in classe e i capelli gonfi tutti sparati. Gli altri borbottarono irritati, ma Jacob non se ne accorse.  “Non ho potuto fare a meno di ascoltare. Ti ho visto andare in giro con quel tipo nuovo, prima della scuola, e mi chiedevo se potessi darmi una mano a scrivere un’intervista, così potrei metterla nel programma di interviste settimanali-”

“Non penso che possa essere interessato,” disse la voce alta e cacofonica di Rachel Berry. Seguirono ulteriori lamentele e esasperazioni. “Ma come Presidentessa del Corpo Studentesco è mio compito scortare i nuovi studenti all’interno della scuola, per assicurarmi che non-”

“Chiudi la boccuccia, Rachel,” la interruppe Santana. “Tutti quanti sanno che la tua ‘posizione’ nel corpo studentesco è quello della gatta morta. Vuoi un pezzo di quel bel fusto proprio come noi altre,” disse lei seccata, controllandosi le unghie.

Rachel lisciò nervosamente le pieghe della sua gonna blu, lunga fino al ginocchio. “Beh, Io-”

“Ehi voi, state parlando del nostro Blaine?” fece irruzione Puck. “Muoviti, sfigato,” grugnì ad Artie, spingendo via la sua sedia a rotelle. Kurt lo afferrò e lo fece girare in modo che si trovasse di fronte al gruppo, prima che andasse troppo lontano, mentre Puck tirava verso di sé una sedia per prendere il posto di Artie. “Ehi bambola,” si rivolse a Santana, che sorrise al complimento con fare sensuale.

“E’ meglio che non stiate a gettare merda sul suo conto,” aggiunse Sam, lasciandosi cadere sul banco accanto a Puck. “La cosa non ci piacerebbe.”

Kurt evitò di pronunciare il commento poco gentile che stava dolorosamente cercando di uscirgli di bocca: solo una settimana prima lo stavano rimproverando perché passava del tempo con Blaine Anderson, e adesso lo stavano praticamente venerando. Questo era, dopotutto, lo scopo principale del piano suo e di Blaine. Perciò, nonostante tutta quella ipocrisia, Kurt sapeva che doveva sentirsi sollevato, visto che le cose stavano andando come avevano programmato.

Finn arrivò e si sedette sul banco accanto a Kurt, e Quinn gli si mise prontamente in grembo. “Allora dicci, Kurt,” parlò lei, togliendo dalla giacca del suo ragazzo dei fili penzolanti. “Come stanno le cose con il nuovo arrivato?”

“Sì,” si fece sentire Mike da un paio di posti più in là, dove stava cominciando a giocare a carte con Sam. “Che tipo è, chi sono i suoi genitori, quando è arrivato qui, chi è la sua tipa-”

Kurt arrossì tremendamente a quell’ultimo pezzo di frase, ma nessuno sembrò accorgersene mentre premevano su di lui, riempiendolo di domande e battutine, finché non riuscì più a trattenersi.

“Se volete tutti sapere così tanto su Blaine Anderson, perché diamine non andate a chiederglielo voi stessi?”

Voltò di scatto la testa in direzione della porta, e le teste di tutti seguirono l’esempio, giusto in tempo per notare Blaine che entrava cautamente nell’aula con l’orario in mano, in qualche modo sconcertato di ritrovarsi gli occhi seri di tutti immediatamente su di lui.

Notò l’espressione esasperata di Kurt, prima di ricordarsi della farsa da recitare. “Che state a guardare?” disse con tono seccato e nel gruppo si disperse il silenzio, mentre gli occhi di tutti seguivano il ragazzo che camminò verso il professore, lasciò sulla cattedra un avviso che il signor. Ryerson raccolse (senza mai allontanare gli occhi dal libro), e si fece cadere su un posto vicino a Kurt.

“Non sono un gruppo vivace, vero?” Blaine rise di gusto dopo un attimo di silenzio, sollevando i piedi e appoggiandoli sul banco di Kurt.

Kurt roteò gli occhi. “La scuola è affascinata dal suo nuovo acquisto.” Schioccò le dita davanti alle loro facce. “Andiamo gente, è solo un essere umano.”

Blaine ridacchiò. “Beh che cosa volete sapere?” chiese al gruppo di occhi spalancati e curiosi.

“Chi sei tu” boccheggiò Jacob con voce tremula, chinandosi un po’ troppo vicino per i gusti del ragazzo.

Blaine fece una smorfia alla veemenza dell’altro. “Uh, Blaine Anderson. Chi è questo tizio?” chiese al gruppo, indicando con il pollice la massa di capelli ricci.

“Non importa,” Puck ignorò la cosa. “Da dove vieni amico?”

“New York,” rispose Blaine con facilità.

“Sì, ma cosa facevi lì?” domandò Tina.

“Non so,” Blaine incrociò le braccia. Kurt riconobbe tutti i pensieri che stavano passando per la testa del ragazzo nel momento in cui i loro occhi si incrociarono per un attimo: glee club, recite scolastiche, film della Disney, baseball, football-

“Andavo soltanto in giro, suppongo,” disse alla fine.

“E perché sei qui?” insistette Santana.

“I miei volevano trasferirsi” disse Blaine con disinvoltura. “Ed eccomi qua.”

“Che cosa fa il tuo paparino?” trillò Quinn, arruffando i suoi grossi, corti boccoli biondi.

“E’ un avvocato o qualcosa del genere,” borbottò lui.

“Dannazione,” mormorò Artie sottovoce.

“Beh eccovi serviti,” disse con tono secco Kurt. “Tutto quello che dovevate sapere su Blaine Anderson.”

Ma anche no. Però quella era una cosa di cui dovevano essere a conoscenza solo Kurt e Blaine, e che tutti gli altri non avrebbero mai saputo.

Se tutto fosse andato per il verso giusto.

“Buono a sapersi che io abbia appena svelato la storia della mia vita ad un branco di sconosciuti,” disse Blaine ironicamente.

“O scusa amico,” dichiarò alla fine Finn. “Conosci me, Puck, Sam e Mike. Questa è Quinn,” indicò verso il suo stomaco, “Tina, Brittany e Santana. Quello è Jacob, e lui è Artie, e quella è-”

“Rachel Berry,” disse la bruna, piena di vitalità, mostrandogli la mano. Blaine la prese con fare esitante e lei la strinse vigorosamente. “E, come Presidentessa del Corpo Studentesco, è mio dovere farti fare il giro completo del McKinley.”

“Ehm, scusa Rachel, ma sono abbastanza sicuro che abbia già fatto tutto Kurt.”

Kurt gli colpì lo stinco e mandò un muto segnale di S.O.S con gli occhi, che urlavano “Troppo gentile, troppo gentile!”

Blaine tossì forte e rettificò, “Perciò scusa ragazzina, i tuoi servizi non sono richiesti oggi. O qualsiasi altro giorno, davvero.”

Risate di scherno echeggiarono dal gruppo, mentre Rachel sbuffava e si allontanava furiosa. Kurt notò che Finn sembrava essere l’unico ad essere triste  di vederla andare via.

“Sei una forza,” disse Mike, chinandosi per afferrare una spalla di Blaine. “Solitamente ci vogliono delle ore per farla smammare.”

“Allora Blaine-” cominciò Jacob.

“Non ci pensare nemmeno,” intervenne Puck, spingendo Jacob fuori dal gruppo. Il ragazzo si allontanò lesto, imitando decisamente un cane bastonato.

“Allora Blaine,” strascicò le parole Santana, con una cadenza completamente diversa.

“Benvenuto al McKinley,” finì Brittany per lei, avvicinandosi per aggiustare con fare allegro i risvolti della giacca di Blaine, con uno snervante sorriso radioso in volto. Il ragazzo gettò un’occhiata a Kurt, un misto di agitazione, protesta e voglia di agire, ma prima che l’altro potesse indicargli silenziosamente che cosa fare la porta dell’aula si aprì un’altra volta, creando un eccellente diversivo. Brittany allontanò le mani da Blaine, preoccupandosi della nuova persona nella stanza.

Ad entrare fu il professore di spagnolo, con un plico di fogli in una mano e un’espressione tirata sul volto. Si incamminò verso la cattedra del signor. Ryerson e i due si scambiarono qualche parola, prima che il secondo facesse incurantemente un gesto con la mano. Il primo si piazzò davanti alla classe e si schiarì la gola rumorosamente. Nessuno sembrò farci caso, così il signor. Ryerson urlò freddamente, con il naso ancora tra le pagine del libro. “Il professor Schuester vorrebbe fare un annuncio.”

La classe si calmò un po’, ma non troppo. Il signor. Schuester pensò che quella fosse l’occasione migliore che gli sarebbe mai potuta capitare, così cominciò, cercando di far udire la sua voce sopra il brusio nella classe.

“Salve ragazzi e ragazze,” iniziò. “Andrò subito al sodo, allora. Sono qui per il Glee Club. Abbiamo bisogno di membri per partecipare alle Provinciali quest’anno, e so che ci sono un mucchio di talenti qui fuori che passano inosservati-”

Kurt e Blaine, gli unici che stavano ascoltando oltre a Rachel Berry, si guardarono a vicenda.

“Perciò se siete interessati, firmate-”

Sfortunatamente per il signor. Schuester la campanella che segnava la fine delle lezioni decise di suonare proprio in quel momento, cancellanando brutalmente così qualsiasi accenno di attenzione che la classe poteva aver avuto, mentre scorrevano fuori dalla porta.

“La lista sarà appesa sulla bacheca,” urlò il signor. Schuester, cercando invano di recuperare la loro attenzione. “Davanti all’ufficio del preside,” finì inutilmente.

“Ehi,” Puck tirò un colpo al braccio di Kurt mentre lui e Blaine raccoglievano lentamente le loro cose. “Ci seguite?”

“Sì,” rispose Kurt. “Mostrerò a questo qui come raggiungere l’aula di Storia, nel caso si perdesse,” diede un leggero pugno a Blaine. “Ci si vede a pranzo?”

“Fantastico,” acconsentì Puck. “E ehi, i ragazzi verranno tutti stasera a casa mia per una… festa, festeggiamo la fine dell’estate, se vi và. Ci sarete?”

“Come potremmo mancare?” lo canzonò Blaine, mentre rimetteva gli occhiali spessi. Puck rise e uscì dalla stanza, affrettandosi per raggiungere il gruppo e lasciando Kurt e Blaine da soli con i due professori.

“Stai pensando a quello che sto pensando io?” chiese il primo.

“Non è sempre così?” gli rispose il secondo, e si camminarono assieme verso il signor. Schuester.

“Professor. Schuester, signore,” pronunciò Kurt. Il professore si voltò e sorrise debolmente.

“Signor. Hummel. Cosa posso fare per te?”

“Blaine ed io vorremmo entrare a far parte del Glee Club,” disse schiettamente.

Il volto del professore si illuminò, nemmeno fosse stato il giorno di Natale. “Wow, ragazzi,  è bellissimo-”

“Professore,” lo interruppe Kurt. “Se posso. Non è tutto.”

“Non serviranno a molto due membri,” continuò Blaine. “Ne avete bisogno di dodici per essere al completo, e a giudicare dal modo in cui tutti hanno ignorato il vostro annuncio suppongo che poche persone stiano morendo dalla voglia di firmare.”

“E noi sappiamo il perché.” sorrise Kurt.

“Perché il Glee Club non è… fico,” disse Blaine accuratamente.

L’euforia del professore svanì. “Capisco. Ma so per certo che, se qualcuno dei ragazzi facesse un tentativo, gli piacerebbe. E’ solo che tutti in questa città sono poco aperti mentalmente,” mormorò a se stesso con frustrazione, e Kurt e Blaine si scambiarono degli sguardi che esprimevano lo stesso sentimento.

“Non si preoccupi signore. Abbiamo un’idea,” disse ad alta voce Blaine.

“E’ una cosa che non riguarda il club,” spiegò Kurt. “Ma riguarda le persone che ne fanno parte.”

Il professore di spagnolo aggrottò la fronte. “Cosa intendi dire?”

“E’ risaputo che i ragazzi delle superiori seguono la folla,” chiarì Kurt. “E che il branco è comandato, facciamocene una ragione, dai tipi più fichi. Perciò, se riuscirà a far combinare qualcosa a quei ragazzi,”

“Tutti quanti seguiranno il loro esempio,” finì Blaine.

“Ah,” il volto del signor. Schuester si illuminò non appena capì, mentre le labbra si curvavano in un sorriso fiducioso. “Ma questo ci riporta al punto di partenza. Come riuscirò a far entrare nel club i ragazzi?”

“Non si preoccupi di quello prof,” disse Kurt, sorridendo e guardando verso Blaine.

Blaine ricambiò il sorriso. “Abbiamo tutto sotto controllo.”

Fase Due dell’Operazione Lampo: Ufficialmente In Corso.

 

“Suoni?”

Blaine indicò la chitarra adagiata contro l’angolo della camera di Puck. Il ragazzo si stava piegando in avanti sulla sedia, lontano dal tavolo su cui stava seduto Kurt. Erano arrivati alla festa abbastanza in ritardo, secondo i precisi calcoli di quest’ultimo, e adesso erano ufficialmente dentro alla mischia. Kurt sperò soltanto che Blaine non si soffocasse troppo presto con il fumo delle sigarette che aleggiava incessantemente nella stanza, prima che avessero entrambi la possibilità di godere del frutto dei loro sforzi.

Kurt guardò poi Blaine di soppiatto, scambiandosi un’occhiata d’intesa. Se fosse andato tutto secondo i piani avrebbero guadagnato non soltanto un gruppo di amici alla moda, tralasciando tutta la disonestà della farsa. Disonestà intesa come due tubetti di brillantina e giacche di pelle ed un vocabolario scadente.

E così ora Blaine stava puntando un dito verso la chitarra, ponendo la domanda che Kurt non aveva mai avuto il coraggio di fare in tutte quelle volte che era stato a casa di Puck per feste come quella. Il ragazzo, sdraiato sul letto, contemplò lo strumento e prese un sorso dalla birra nella borraccia, per poi passarla a Sam, occupato a guardare la tv, prima di rispondere.

“Qualche volta. Quando mi sento in vena.”

Blaine scrollò le spalle e scambiò un’occhiata, passata inosservata, con Kurt. Va abbastanza bene, stavano pensando tutti e due.

“Perché non suoni qualco-”

“Tocca a te,” Sam emise un forte singulto senza farci caso, impedendo a Kurt di continuare la frase, passando la borraccia a Blaine da dove era seduto per terra.

Blaine la prese. Kurt scosse la testa disperatamente nel modo più indiscreto possibile, ma l’altro era un passo più avanti rispetto a lui. Che gli venisse un colpo se uno dei due fosse finito a farsi totalmente di canne e avesse provato a fare qualcosa di… inappropriato. O controproducente, come aveva evidenziato Kurt in precedenza. Così Blaine portò la borraccia alle labbra e fece finta, in modo molto convincente, di prendere un sorso. Kurt lo imitò, ingoiando aria, prima di passarla a Mike che stava lanciando una palla da baseball su e giù contro la poltrona di Puck. Blaine sospirò e lasciò perdere la questione per riprenderla più tardi.

Ci fu una pausa in cui tutti quanti restarono fermi, senza dire né fare nulla, affogando nel fumo delle sigarette con il solo rumore velato della televisione che riempiva la stanza. Kurt aveva già in passato partecipato a queste rimpatriate (“cerimonie” come Puck qualche volta le chiamava), ma in qualche modo trovarsi lì con Blaine, e dopo tutto quello che era successo nelle settimane precedenti, le faceva apparire  nell’insieme quasi stupide, inutili e, francamente, noiose. Si domandava come diavolo aveva mai potuto pensare che quello fosse divertente, e stava quasi per pensare che avrebbe preferito di gran lunga stare da solo nella sua camera con Blaine, quando si udì il suono distinto di una macchina che entrava nel vialetto.

“Cos’è?” Mike si piegò in avanti di scatto, lasciando cadere la palla da baseball.

“Fatemi controllare,” disse Finn, scostando le tende dalla finestra. “O mio Dio,” disse quasi terrorizzato, quasi incredulo.

“Cosa?” chiese Kurt.

“Le ragazze,” rise Finn. “Sono qua fuori.”

“Sei sicuro?” disse Sam, la cui attenzione era stata finalmente distolta dalla televisione.

“Chi altro ha una macchina rosa a Lima?” replicò stizzito Puck, saltando giù dal letto e andando alla finestra. “Vogliono che scendiamo.”

“E’ una buona cosa che i tuoi genitori siano in giro,” disse Sam, accalcandosi alla finestra con Mike.

“Venite giù ragazzi?” chiese Mike. Puck era già per metà fuori dalla finestra.

“Cosa fai, ti cali giù per la grondaia?” Kurt si beffò dell’amico.

Blaine si chinò per raccogliere la borraccia abbandonata. “Ci finiamo questa e poi vi raggiungiamo,” ragionò lui.

Mike scrollò le spalle e seguì gli altri fuori dalla finestra.

“Dio,” esalò Blaine. “Chi s’immaginava che stare semplicemente seduto qui potesse essere così faticoso?”

“Ti dovrai abituare,” disse Kurt freddamente. “Bel tentativo quello della chitarra comunque. So che suona, solo non l’ho mai sentito.”

“Dobbiamo semplicemente fargli cantare qualcosa, penso,” rifletté Blaine. “E se qualcuno dei ragazzi è come Finn, dovranno unirsi. E’ una cosa contagiosa.”

Kurt fece un verso di approvazione, e stette in silenzio prima di dire con un sorriso, “Ho visto che tu hai una chitarra in camera.” Ricordò lo strumento, sotterrato per metà da un cumulo di vestiti nella stanza di Blaine, visto il sabato passato.

“E’ così,” concordò Blaine.

“Tu suoni?” insistette Kurt. “O è solo per fare scena?”

Blaine ridacchiò e si alzò, afferrando la chitarra per poi tornare a sedersi per accordarla con calma. “Certo che suono,” lo schernì.

Kurt ascoltò mentre l’altro sistemava le corde e si sedette, pieno di aspettative, quando la posizionò nel modo giusto. Rise quando le dita di Blaine cominciarono a suonare dolcemente una familiare canzone di Elvis.

“All Shook Up,” disse Kurt. “Come ho fatto a indovinare?”

“E’ più o meno la nostra colonna sonora,” disse Blaine distrattamente, alzando gli occhi per puntarli in quelli di Kurt, con un vivace luccichio che fece sentire a Kurt le farfalle nello stomaco. Ma il ragazzo abbassò gli occhi e smise si suonare, poi sospirò nervosamente. “Posso provare una cosa?” chiese, piegando la testa con insicurezza.

Kurt si accigliò. “Con la chitarra?”

Blaine annuì, pizzicando le corde per prova. “Ho- più o meno- composto. Qualcosa,” balbettò, arrossendo.

Kurt arrossì allo stesso modo. Stava per… fargli una serenata?

“Beh in questo caso,” sorrise Kurt, correndo verso il tavolo in modo che potesse appoggiarsi contro il muro e stendere i piedi sulla sedia di Blaine. “Suona per me, maestro,” gli ordinò.

Blaine rise imbarazzato. “Beh, non è- è per- davvero non- Sì, okay.” Smise di cercare delle scuse e optò per un timido sorriso, mentre cominciava a suonare dolcemente una melodia ottimista- e  stranamente melanconica.

Say, wasn't that a funny day?
Gee you had a funny way, a way about you
A kind of glow of something new.
Sure, I'll admit that I'm the same.
Another sucker for a game kids like to play
And the rules they like to use

Okay sì, Kurt aveva già in passato sentito Blaine cantare. Così tante volte. Ma questa volta era diverso; come se la voce fosse connessa con i suoi pensieri. Kurt poteva giurarlo, grazie a piccoli particolari, come il modo in cui la lingua umettava le labbra prima di un nuovo verso, come sorrideva a certe parole, come i suoi occhi volavano verso il soffitto per l’imbarazzo. E Kurt pensò di sapere il perché, mentre le mani dell’altro ragazzo si preparavano dolcemente per suonare il ritornello. Erano le parole di Blaine.

Don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel for you?

Sì. Kurt ci sperava. Ci sperava tanto. Sapeva che Blaine gli voleva bene e quello era sufficiente, ma wow, Kurt voleva davvero, davvero, che quella canzone fosse per lui.

The sun, telling me the night is done
Well I refuse to let it stop our fun
Close your eyes, we'll make it dark again
And kiss-

Beh, se c’era qualche dubbio sulla persona a cui fosse indirizzata la canzone, adesso era tutto chiaro, perché Blaine smise all’improvviso di suonare e controllò la finestra, prima di alzarsi per chinarsi sul tavolo e su Kurt. Sorrise prima di lasciare sulle sue labbra un bacio casto, e sorrise fin troppo allegro della vivace sfumatura di rosso che Kurt aveva assunto, mentre tornava a sedersi per continuare la canzone, più a suo agio.

There's a thought, so how 'bout this?
Let's pretend that both our lips are made of candy
After all, we need sweets every now and then

Kurt si sentì sciogliere da dentro al dolce aumento di tono della voce di Blaine durante il ritornello, e sentì il suo cuore stringersi. Era così ingiusto scoprire solo ora che il suo migliore amico era sorprendentemente bravo a comporre.

Here we are, two strangers in a very different place.
Who knows what could happen to us next?
Here we are with nothing but this little spark
It's too cold outside to lay this fire to rest

L’ardore con cui cantava Blaine inviò delle scosse a tutta la spina dorsale di Kurt. Voleva disperatamente che quello fosse una giusta cosa per il mondo, a cui dovevano adattarsi. Tutto di lui urlava che non voleva tenerlo segreto, ma non c’era altro modo. Le cose dovevano andare così, almeno per ora.

Go? How so very apropos
A goodbye just as soon as I said hello
Well alright, I'll see you later
It's true, it's just a fantasy for two
But what's the difference if it all could have been true?

I guess this is better

Kurt strinse gli occhi, non voleva che le lacrime gli sfuggissero. Una fantasia per due. Una fantasia che stava diventando sempre, sempre più reale ogni minuto che passava. Da dietro le palpebre chiuse non vide né sentì i ragazzi tornare dentro silenziosamente attraverso la finestra, osservando estasiati da dietro la schiena di Blaine.

But don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel for you?

Oh, don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel?
Don't you want the way I feel for you?

Don't you want the way that I feel for you?

Gli occhi di Kurt si spalancarono per via degli applausi e dei fischi, e il ragazzo si lanciò in avanti quasi cadendo addosso a Blaine, che si voltò di scatto e sotto shock.

“Allora quando hai detto che te ne andavi in giro per New York,” disse Puck, “Stavi davvero a strimpellare canzoni con la chitarra?”

Silenzio.

“Pensavi di farmi fare una brutta figura, uh Anderson?” rise Puck, e sia Kurt e Blaine sospirarono, intimamente sollevati.  Ancora una volta c’era mancato poco.

“Qualcuno doveva pur usare questa piccola, che stava a prendere polvere lì nell’angolo,” rispose Blaine.

“Beh non so se riesco a battere una canzone originale,” lo prese in giro Puck. “Ma posso benissimo fare un tentativo.”

Allungò una mano per prendere la chitarra e Blaine gliela passò. Puck issò un piede sul letto e ci poggiò sopra la chitarra, strimpellando.

Hey baby, I ain't askin' much of you 
No no no no no no no no baby, I ain't askin' much of you 
Just a big-a big-a hunk o' love will do

Blaine e Kurt iniziarono contemporaneamente a cantare con Puck, e per la loro gioia gli altri ragazzi si unirono velocemente all’appello. Mentre la canzone andava avanti finirono con il ballare per la stanza come dei folli, Puck che intanto provava dei movimenti di bacino che avrebbero fatto vergognare perfino Elvis in persona. Al termine della canzone finirono tutti con il collassare sul letto, ridendo finché i loro fianchi non cominciarono a fare male.

“Oddio,” gemette Finn, praticamente tra i singhiozzi. “Non penso di essermi mai divertito così tanto fin’ora.”

“Perché non lo facciamo più spesso?” chiese Sam, i capelli solitamente ben fissati ora tutti scompigliati dalla foga di prima.

“Perché sei sempre incollato a quella dannatissima televisione,” urlò Mike, causando altre risate.

“Ehi ragazzi, ho un’idea folle,” parlò Blaine esaltato, scendendo dal letto per issarsi sulla sedia, richiamando l’attenzione di tutti.

“Quanto è folle?” chiese Kurt, tenendo il gioco.

“Piuttosto folle. Ma penso che voi ragazzi ne andrete pazzi,” disse Blaine. “A New York non suonavo soltanto la chitarra. Io cantavo.”

“Cantavi come?” chiese Finn scioccamente.

“Nel mio Glee Club,” disse Blaine.

Ci fu un breve silenzio, prima che i ragazzi scoppiassero a ridere di nuovo, tutti eccetto Kurt e Blaine.

“Scherzi, vero?” chiese Puck. “Per favore dimmi che stai solo scherzando amico.”

“Rideresti se ti dicessi che tutto ciò che facevamo era piuttosto simile a quello che abbiamo fatto appena due minuti fa?” lo sfidò Blaine, sicuro di sé, saltando giù dalla sedia per adagiarsi con aria spavalda contro il tavolo.

Le risate terminarono finalmente, non appena i ragazzi sembrarono interessati seriamente a considerare la questione.

“Davvero?” chiese Sam. “E’ così divertente?”

Blaine scrollò le spalle. “Sì, lo è.”

Mike esitò. “Ma il Glee Club è da perdenti,” disse, come se stessero discutendo il colore del cielo.

“Non se ci entriamo noi,” disse Kurt ragionevolmente, accorgendosi che in realtà si era esercitato mentalmente a dire quella frase. “Pensateci, ragazzi. Il Glee Club sarebbe il club più fico nelle scuola, se noi ne faremo parte.”

“Perché chi è più fico di noi?” disse Puck con tono compiaciuto.

“Hai dannatamente ragione,” lo incoraggiò Kurt. Il gruppo si consultò per qualche secondo in più, e poi Puck parlò.

“Sai una cosa Anderson?” disse lui. “Considereremo la tua offerta. Se c’è un club al quale potremmo voler dare l’onore di averci come membri,” annuì acconsentendo. “Cantare canzoni fiche potrebbe essere il modo con cui iniziare.”

“Probabilmente potremmo anche convincere le ragazze ad unirsi,” suggerì Blaine, sorridendo e dando intenzionalmente un colpetto a Sam e Mike.

“E’ deciso, ci sto,” disse Mike con ardore, e i ragazzi scoppiarono a ridere sguaiatamente un’altra volta, mentre Kurt e Blaine si scambiavano delle occhiate vittoriose.

Fase Due dell’Operazione Lampo: Completata

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - One Night ***


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Capitolo 8 – One Night

 

 

Un po’ per via della stravolgente trasformazione di Blaine Anderson, Kurt si era completamente dimenticato di quel Sabato a cena dagli Anderson. Ciò che lo preoccupava non erano tanto i parenti del ragazzo; si erano dimostrati cordiali e felici di conoscerlo. Quello che ricordava meglio della serata, a parte la sua nuova ossessione riguardante Blaine con addosso una giacca di pelle, era il momento in cui l’argomento “futuro” era stato tirato fuori.

Adesso Kurt si trovava nella sua stanza con il giradischi, mentre i raggi del sole pomeridiano filtravano attraverso la finestra. Il giorno seguente all’avventura con la chitarra era stato un successo: nessun errore da parte di Blaine, nessun bisogno di strappare a morsi la sua giacca di pelle, e non soltanto erano riusciti a patteggiare con le ragazze per farle entrare nel glee club, ma avevano anche aggiunto tutti e dieci i loro nomi sulla lista delle iscrizioni, senza mai pensare di ritirarsi. Kurt aveva deciso di non partecipare alla riunione da Dellie fissata per il dopo scuola, utilizzando come scusa il fatto che aveva bisogno di recuperare qualche ora di sonno. Blaine aveva protestato furiosamente con gli occhi, ma Kurt aveva continuato a dire che stava bene; che avrebbe dovuto fare un po’ di pratica senza la sua guida e avvicinarsi di più ai ragazzi. Anche se gli avrebbe fatto volentieri compagnia, Kurt non aveva trovato un secondo per stare solo con se stesso dal dopo cena di Sabato.

E così, finalmente solo, nella mente di Kurt riapparve l’espressione addolorata di suo padre, comparsa quando il ragazzo aveva detto con sicurezza che avrebbe portato avanti l’impresa di famiglia. Adesso lo tormentava, e lo portava ai limiti della sopportazione mentre rimuoveva delicatamente la lacca dalle ciocche di capelli. Ora che ci ripensava nella sua testa, le due opzioni erano molto chiare:  malinconia o delusione.

Kurt sarebbe stato un pazzo se avesse preferito la seconda opzione, ma qualcosa gli diceva che non si sarebbe sorpreso se fosse stata proprio quella. Sapeva di non essere esattamente all’altezza delle aspettative di tutti i padri di figli americani. Certo, aiutava suo padre nell’officina e non causava troppi problemi a scuola, era un giovane rispettabile. Ma c’erano queste piccole cose che, lo sapeva, non andavano a genio a suo padre. La musica che risuonava costantemente nella sua stanza, quella era una cosa, e il suo diverso gusto nel vestire quando non lavorava o quando non era fuori con i ragazzi. E continuare ad indossare i panni della persona dalla voce profonda, ed estremamente fannullona, era troppo estenuante nella comodità di casa sua, perciò sicuramente suo padre aveva colto la differenza tra le due cose. Ma, per quanto Kurt immaginasse che suo padre doveva sapere che c’era sotto qualcosa, Burt non lo aveva mai ammesso. Kurt era Kurt, Burt e Burt e questo era quanto.

Pensare che suo padre fosse deluso da lui; era un’opzione mai vagliata e al tempo stesso assolutamente non sorprendente da considerare.

Ma perché Kurt doveva rendersene conto solo ora, dopo diciassette anni di vita?

No, era sicuramente cominciato tutto a cena. Da allora, ogni volta, Kurt sorprendeva suo padre ad osservarlo silenziosamente, a cena o mentre guardavano la tv sul divano, come se stesse cercando di leggergli nel profondo dell’anima. Kurt non sapeva se questo gli andasse bene, sperava soltanto che suo padre dicesse qualsiasi cosa avesse in mente per farla semplicemente finita.

Come ad un segnale, dalla porta socchiusa si udì un lieve bussare. “Kurt?” arrivò la voce di suo padre.

“Che c’è papà?” sospirò Kurt dal suo letto. Aveva messo via la lacca, tolto di dosso la maglia e la giacca di pelle, per una più comoda camicia color blu pallido e il libro Lolita di Vladimir Nabokov.

“Carole dice che la cena sarà pronta tra un’ora,” disse Burt, fermandosi al vano della porta. “Il polpettone di carne ti va?”

“Beh se è Carole a farlo,” sbuffò Kurt con sarcasmo, prima di sorridere. “Certo che mi va.”

Burt sorrise debolmente in risposta, quell’aria nei suoi occhi che intanto trafiggeva un’altra volta suo figlio. Kurt sperò che la sua anima non fosse così facile da leggere come il libro stretto tra le sue mani.

“Niente giro con i ragazzi oggi?” disse Burt alla fine.

“Avevo bisogno di tempo per stare da solo,” disse Kurt sinceramente. “E  ho pensato che dovrei lasciare Blaine girare un po’ di più con i ragazzi. Per conoscerli meglio.”

“Sono felice che si stia ambientando,” disse Burt, avviandosi verso il divano nella stanza e sedendosi comodamente sopra di esso. “Come ti sembra la scuola?”

Kurt stirò la bocca in una linea dritta, mentre rimuginava prima di sorridere. Meglio rimandare; lo avrebbe scoperto alla fine.

“Molto carina, in effetti.” Riportò lo sguardo sul suo libro, cercando di far sembrare l’azione casuale. “Sono entrato nel Glee Club.”

Kurt poté giurare di aver sentito il respiro di suo padre fermarsi. Solo brevemente. Ma era più probabile che lo avesse immaginato, dato che il padre disse con voce rauca: “Che cosa ci fai lì dentro?”

Kurt scrollò le spalle. “Canto, suppongo. Le prove cominciano settimana prossima.”

Burt sembrò titubante, prima di parlare, “Che cosa pensano i ragazzi?”

“Anche loro si sono uniti,” disse Kurt.

“Davvero…” disse incredulo Burt.  Kurt annuì con la testa, come se avesse appena detto la cosa più incredibile al mondo. “Beh penso sia una buona cosa. Il fatto che voi ragazzi abbiate qualcosa da fare insieme che non sia… solo spassarsela per la città.”

Kurt rise un po’ a quella frase. “Sì. Sarà una bella svolta, suppongo.”

Ci fu una pausa prima che Burt dicesse a bassa voce, “Non sapevo che ti piacesse cantare.”

Kurt alzò lo sguardo dal suo libro per incontrare quello di suo padre. Analizzato per la seconda volta in cinque minuti. Si rannicchiò su se stesso impercettibilmente, come se quel movimento avesse potuto fermare ciò che tentava minacciosamente di aprirsi un varco tra di loro.

“Ora lo sai,” disse Kurt, rompendo il silenzio e tornando al suo libro. Maledì mentalmente le sue guance, per essersi tinte di rosso in un imbarazzante ed improvviso imbarazzo.

Burt lo interpretò come un segnale di ritirata. “Beh, la cena è tra un’ora,” disse in definitiva, e chiuse gentilmente la porta dietro di lui.

Kurt buttò fuori il respiro che aveva trattenuto. Sarebbe stata una cosa estenuante, se suo padre non avesse spiegato al più presto cosa stava succedendo.

 

 

“Perché non puoi somigliare di più agli altri ragazzi della tua età?”

“Alle volte vorrei che tu fossi stato qualcun’altro.”

“Mi hai stufato.”

Okay allora, questa cosa stava leggermente sfuggendo di mano.

Dopo una settimana, Kurt non riusciva a smettere di pensare alle cose che sarebbero potute saltare fuori dalla bocca di suo padre ad ogni secondo, tutte le volte che lo fissava con quegli occhi addolorati. Le possibilità stavano devastando Kurt. E se il padre lo avesse scoperto mentre si trovava con Blaine, in quei giorni (che erano più o meno tutti) che trascorrevano assieme nella sua stanza? E se ne avesse avuto abbastanza delle manie di Kurt e avesse desiderato solo un figlio normale? E se fosse stato deluso dell’uomo che Kurt era diventato?

“Non ce la faccio più!” urlò Kurt alla fine, sovrastando la musica ad alto volume nella sua stanza, la mattina del giorno precedente a quello in cui avrebbero cantato degli assoli per confermare la loro partecipazione al club. Blaine, stravaccato sul divano, sobbalzò allarmato e gettò immediatamente a terra lo spartito che stava studiando.

“Non ce la fai più di cosa?” rantolò lui.

“Mio padre,lui- è difficile da spiegare, io-” chiuse la bocca non appena realizzò che non sarebbe uscita nessuna parola di senso compiuto.

Blaine allungò una mano verso Kurt e lo trascinò, per farlo sedere accanto a lui sul divano. Il ragazzo raccolse i fogli che l’altro aveva fatto cadere per terra e li rimise in fila, così da calmare il suo nervosismo.

“Si comporta in modo strano,” disse Kurt a corto di parole. “Ogni volta che entro in una stanza c’è lui che mi guarda con quest’espressione triste sul volto, come se il suo cagnolino fosse appena morto o qualcosa del genere. Ed è orribile, perché sento come se avessi fatto improvvisamente qualcosa per deluderlo.”

Blaine prese lo spartito dalle mani di Kurt per liberarle, e sostituirlo con le sue di mani. “Sono sicuro che non è niente di grave. Conosco tuo padre, ti vuole molto bene. Qualsiasi cosa gli passi per la testa te lo dirà, alla fine. Ma se la cosa ti preoccupa dovresti parlarne con lui.”

Kurt piegò la bocca mentre rifletteva sulla questione. “Sì. Penso.” Guardò Blaine e si arrischiò a dargli un veloce bacio a fior di labbra. “Grazie.”

“Quando vuoi,” sorrise come uno scemo Blaine. “Ora dimmi, Elvis o Broadway?”

 

“Kurt.”

“Ehi papà,” disse Kurt da sotto una Chrysler nera, più tardi quello stesso giorno. Da due ore buone si era messa al lavoro, in negozio, su quella macchina che non voleva proprio collaborare. “Puoi passarmi quella chiave laggiù?”

“Uh, certo, figliolo,” disse Burt, passandogli l’attrezzo.

“Grazie,” mormorò Kurt, tornando al lavoro.

“Ehi Kurt?” chiese Burt con tono esitante.

“Sì, papà?” rispose lui vagamente, concentrandosi sulla sfida presentatagli. Quella vite … non… voleva proprio… allentarsi-

“Devo parlarti un minuto.”

“Spara,” grugnì Kurt, tirando via finalmente il piccolo aggeggio cocciuto.

“Lasciati vedere in faccia figliolo,” gli chiese Burt.

Kurt sbucò fuori da sotto la macchina e si mise in piedi, per trovarsi faccia a faccia con l’espressione esitante e circospetta di suo padre. Qualcosa nel suo sguardo portò il cuore di Kurt a battere forte e più veloce.

“Che succede?” domandò Kurt, pulendosi il viso e le mani con uno straccio.

La bocca di Burt si piegò intenzionalmente in una linea dura, mentre incrociava con fare impacciato le braccia sul suo petto. “Ricordi la cena dagli Anderson?” chiese alla fine.

“Sì signore,” rispose il ragazzo nervosamente.

“E stavamo parlando di… lavoro. E del futuro. Cose così.”

Kurt aggrottò ulteriormente la fronte, sapendo che quello era ciò che stava aspettando ma, al tempo stesso, domandandosi dove sarebbero andati a parare.

“E tu hai detto…” Burt deglutì, e quello fece soltanto aumentare la tensione dei nervi di Kurt. “Hai detto che ti saresti incaricato del negozio. Dopo le superiori. Hai dato la tua risposta al padre di Blaine come, non so, come se fossi un robot o qualcosa del genere.”

Suo padre stava divagando. Lui non divagava mai. O diventava insopportabilmente irrequieto come in quel momento, e Kurt quasi si spaventò a morte pensando al fatto che non poteva indovinare che piega avrebbe preso la conversazione.

“Perché questo è il piano papà,” sorrise lui, leggermente nel panico. “Lo è sempre stato. Non è cambiato niente, giusto?”

Burt chiuse gli occhi per un momento, con aria afflitta. “Kurt… ho mai detto di volerti vedere alla guida del negozio?”

Kurt aggrottò la fronte con aria incredula. “Beh no, però, io-” ma si fermò a metà frase. Suo padre aveva mai chiesto, o almeno messo per implicito, di tenere in considerazione il lavoro dell’officina nel suo futuro? Ora che ci pensava, non era mai capitato. Era solo una cosa che aveva ritenuto normale, visto come andavano le cose: Sam avrebbe preso il posto di suo padre in banca, Blaine sarebbe diventato un avvocato, come suo padre, Mike sarebbe diventato il nuovo proprietario del club jazz della città. I ragazzi facevano quello che i loro padri facevano, senza fare domande… E, ancora una volta, Kurt e suo padre erano diversi. C’era una dinamica tra loro, particolarmente evidente, rispettosa in un modo diverso dal “Sì signore, no signore,” perché non soltanto Kurt rispettava suo padre, ma anche Burt rispettava suo figlio. Perciò forse non era naturale supporre che Kurt volesse seguire la stessa strada degli altri ragazzi della sua età.  Forse c’era una possibilità, anche la più piccola possibilità che potesse… che gli sarebbe stato permesso…

“Cosa intendi, papà?” mormorò Kurt, sconcertato.

Burt sospirò. “Quello che intendo è… Non voglio che tu ti occupi del negozio. Cioè, lo voglio, sarebbe una bella cosa per me, ma solo se lo vuoi tu.” Fece una pausa, raccogliendo i suoi pensieri mentre poggiava una mano sulla spalla di Kurt. “Quello che sto cercando di dire , figliolo, è che voglio che tu sia sempre al meglio. Qualsiasi sia la cosa che vuoi essere. Ma quello che è importante per me, voglio che tu lo capisca, è che ti voglio vedere diventare quello che vuoi tu, e qualunque sia questa cosa io ti supporterò al meglio delle mie capacità.”

Kurt non riusciva a pensare. La sua mente stava vacillando. Tutte le possibilità- suo padre, il suo papà, lo avrebbe supportato senza alcun problema, ciò significava che Kurt poteva dirglielo. Poteva dirgli tutto. I suoi sogni riguardanti New York, e Broadway, e la moda, e Blaine-

Beh, era meglio andarci piano. Per ora.

Kurt, con gli occhi spalancati per lo stupore, osservò suo padre che stava aspettando ansioso una sua risposta.

“Tu… dici davvero?” balbettò alla fine lui.

“Non ti ho mai detto una cosa che non ritenessi vera,” Burt sorrise leggermente.

“Beh io…” Kurt inghiottì i dubbi che lo trattenevano e i timori. “Penso che sarebbe giusto da parte mia… visto che sei stato onesto con me, essere onesto con te. Con tutto il rispetto.” Parlò Kurt balbettando, torcendosi le mani.

“Vai avanti figliolo,” sorrise Burt, rafforzando la sua presa sulla spalla del figlio. Kurt alzò una mano per adagiarla delicatamente su quella del padre.

“Io… so. Cosa voglio fare.” Si morse il labbro e scostò lo sguardo sul pavimento, lontano dagli occhi pieni d’attesa del padre. Ma scoprì che svelare il suo più grande e più importante obiettivo nella vita, tenuto rinchiuso nel suo cuore per così tanto tempo, fu più semplice di quanto avesse immaginato.

“Voglio stare… a Broadway,” disse con voce strozzata. “Voglio cantare e recitare a Broadway.”

Burt cercò lo sguardo di suo figlio. Ma gli occhi di Kurt erano fermamente incollati sulle sue scarpe, con il cuore che batteva all’impazzata, perché aveva appena svelato il  sogno più segreto e più dannatamente importante che avesse mai avuto, all’unico uomo da cui aveva temuto di non ricevere alcuna approvazione, ed era abbastanza sicuro di stare per implodere a causa di tutta la tensione che stava lasciando il suo cropo, dopo tutti quegli anni.

“Ehi, guardami,” chiese Burt dolcemente. Kurt si forzò di obbedire, aspettandosi di vedere delusione, o nostalgia, invece trovò amore ed adorazione.

“Perché,” chiese Burt, “Lo dici come se fosse una cosa di cui vergognarsi?”

La bocca di Kurt si aprì per parlare, ma un nodo nella gola gli rese impossibile l’azione. Burt si chinò più vicino, appoggiando entrambe le mani sulle spalle del figlio.

“Ascoltami. Vuoi cantare, ballare e recitare? E’ quello che vuoi fare come lavoro?”

Kurt annuì.

“Allora questo è quello che farai. Non molte persone ti ameranno per questo, ma io lo farò. Ho ascoltato di tanto in tanto dalla tua stanza quei dischi, e non sono esattamente il mio genere ma sono divertenti e qualcuno dovrà pur recitare quegli spettacoli di successo. E sai una cosa? Se qualcuno può farlo, quello sei tu.”

Kurt continuò a guardarlo fisso, con il cuore che scoppiava.

“Ora chiudi la bocca figliolo, non sei un baccalà.”

“Sì, signore” Kurt richiuse immediatamente la mascella spalancata.

Passò un momento, durante il quale Burt studiò la faccia di Kurt e il figlio fece lo stesso, prima che l’uomo trascinasse il ragazzo in un imbarazzato, anche se accettabile, abbraccio.

“Okay ragazzo mio? Bene,” disse Burt con tono rassicurante, mentre dava delle pacche sulla schiena di Kurt e si allontanava. “Allora. Ti vedi con Blaine oggi?”

“Sì signore, tra un’ora,” Kurt fece un largo sorriso, sentendosi improvvisamente leggero.

Burt gli sorrise di rimando. “Esci da qui figliolo. Incontralo prima, me ne occupo io.”

“Grazie papà,” espirò Kurt, afferrando una Coca Cola mentre camminava verso l’uscita. “E papa?”

Burt si voltò verso il figlio. “Sì?”

“Ti dispiacerebbe... non menzionare a nessuno quello di cui abbiamo parlato? A parte forse Carol-”

“Non me lo sognerei mai, ragazzo mio,” sorrise Burt.

“Grazie,” sorrise radioso Kurt, uscendo a grandi passa dal garage ed entrando nella brillante luce del sole.

 

"Oh Venus! Make my wish come true!"

"Oooh, oooh... oooh!"

Kurt e Blaine scoppiarono a ridere alla fine della canzone, crogiolandosi sotto la luce del tramonto seduti nei sedili posteriori della decapottabile di Kurt, con il tettuccio alzato e la radio a tutto volume. Aveva portato Blaine lì, nel suo posto preferito, non perché sperava di ottenere qualcosa grazie ai segnali impliciti che inviavano le macchine attorno a loro, piene di ragazzi eccitati, ma per via della vista della città, scintillante in mezzo alla luce arancione e rossa.

Kurt si accasciò contro l’interno della porta opposta a Blaine, incrociando le gambe distese. “Ti ho mai detto quanto sono felice di averti incontrato?”

“Mai esplicitamente, ma l’hai messo sempre messo per implicito,” ridacchiò l’altro. “Chi altri potrebbe cantare a squarciagola Frankie Avalon con te?”

“Quello non è l’unico motivo,” lo provocò Kurt, giocando con i lacci delle converse ai piedi di Blaine, appoggiati sul suo ginocchio.

“Lo so,” accennò maliziosamente l’altro, e di conseguenza ci fu un altro attacco di riso.

“Dunque, è successo qualcosa di buffo oggi,” disse Kurt distrattamente, anche se per tutto il giorno era morto dalla voglia di rivelarlo.

“Parla,” Blaine si adagiò sul suo sedile per ascoltare.

“Mio padre mi ha parlato,” cominciò Kurt.

“Ti ha detto perché si stava comportando in modo strano?” sorrise Blaine.

“Sì, suppongo,” rise Kurt, e fece una pausa, riflettendo sulle parole da usare nella sua testa. “Mi ha detto che posso essere chiunque io desideri.”

 Sembrò che Blaine si fosse dimenticato di saper respirare. “Intendi- intendeva dire-”

“No,” arrossì Kurt. “No, non in quel senso… Non penso, ma forse, un giorno? Mi ha detto che vuole vedermi guadagnarmi da vivere con quello che voglio io, che non vuole vedermi sprecare la vita nell’officina, perché vuole che io faccia ciò che desidero.”

“E tu cosa gli hai detto?” prese fiato Blaine.

“Ho detto che voglio andare a Broadway,” disse tutto d’un fiato Kurt, chinandosi in avanti per stringere le mani di Blaine.

“Kurt, wow, caspita!” il ragazzo strillò letteralmente, saltellando un poco sul suo sedile. “Immaginati su un palco, mentre canti per migliaia di persone…”

“E’ semplicemente il sogno più grande della mia vita! Non mi era mai sembrato possibile prima d’ora,” sospirò con fare eccitato Kurt. “Ma adesso… Porca miseria. Mi sento così libero. E se tutto quello che vuole mio padre è vedermi felice, allora forse alla fine potrei riuscire a dirgli che tu… che io…”

Kurt lasciò la frase in sospeso, sentendosi improvvisamente a disagio.

“C’è una parola per quello, Kurt,” disse Blaine dolcemente, sfiorandogli le mani con i pollici.

“Lo so,” mormorò Kurt. “Ma… è più facile… è solo che sembra così… Non ho mai davvero…”

“Ma tu lo sei- no?” insistette Blaine cautamente.

Kurt esitò. Sapeva che gli piaceva Blaine, ma questo valeva anche per tutti i ragazzi in generale?

“Non devi decidere, Kurt,” disse l’altro velocemente. “Non ho mai davvero parlato con nessuno di questo, lo sai?”

“E’ solo che-” e Kurt non seppe perché io suoi occhi si stavano improvvisamente riempiendo di lacrime, “-è difficile ammettere che sono qualcosa… di sbagliato.”

La sua voce si incrinò, ma Blaine gli massaggiò con fare confortante le mani. “Capisco. Tutto quello che mi importa è che tu provi quelle cose per me. Che tu non ti… vergogni. Di quello che facciamo. O di quello che c’è tra noi.”

Blaine guardò Kurt con occhi colmi d’affetto, brillanti di speranza.

“No,” asserì Kurt. “Mai. Né di quello che facciamo, né di noi due. Solo… ho paura di come la prenderebbero le persone. E’ questo quello che odio. Ma no, tu mai, come potrei odiare tutto quello? E’…” Kurt deglutì in imbarazzo. “La cosa migliore che mi sia mai capitata, penso. Proprio perché non sono mai stato più felice di così.”

Quelle sembrarono essere le parole magiche, perché Blaine fece uno di quei suoi sorrisi super splendenti e, dopo aver dato un’occhiata in giro per accertarsi che i proprietari delle macchine accanto a loro fossero nascosti, si chinò in avanti per baciare la guancia di Kurt. Ma il ragazzo voltò la testa, giusto in tempo per catturare le labbra di Blaine con le sue, mentre liberava le mani per affondarle nei suoi capelli.

Blaine mugugnò allegramente contro la bocca di Kurt, e il ragazzo non riuscì ad evitare di spingersi più vicino, mentre le sue labbra danzavano disordinatamente contro quelle di Blaine. Come diavolo poteva qualcuno considerare questo sbagliato? Sentirsi così- come se fosse sulla cima del mondo, come se niente sarebbe mai più andato per il verso sbagliato, come se dei fuochi d’artificio esplodessero dappertutto; grandi sprazzi di colori e luci che ruotavano continuamente attorno al suo cuore.

E, proprio perché non c’era modo di negare quel sentimento, Kurt lo espresse ad alta voce.

“Lo sono,” disse senza indugi, allontanandosi da Blaine. “I ragazzi. Mi piacciono i ragazzi, e non mi piacerà mai nient’altro se non i ragazzi, ma in particolare tu. Mi piaci tanto. Più di tutto. Di tutti i ragazzi,” balbettò, sbattendo velocemente le palpebre, mentre la faccia gli andava a fuoco e il cervello era ancora occupato ad impegnarsi nel bacio.

Blaine era rimasto senza parole, riusciva solo a mostrare quel sorriso accecante e chinare la testa contro quella di Kurt. Rimasero in quella posizione, sorridendo e respirando assieme, escludendo il mondo che, sapevano, avrebbero dovuto affrontare alla fine. Nel silenzio, la radio che suonava fu di nuovo presa in considerazione.

Always lived, very quiet life
I ain't never did no wrong
Now I know that life without you
Has been too lonely too long

Ma poi quel sorriso, quello che Kurt amava così tanto, lentamente si trasformò in qualcosa… di diverso.

E, beh, Kurt stava pensando che, forse, il diverso non era poi così male, se significava questo, quel profondo sguardo d’intesa negli occhi di Blaine, il dolce ritorno delle sue labbra, il modo in cui le sue sopracciglia si piegarono in quell’angolo perfetto sopra i suoi occhi.

E Kurt aveva davvero passato abbastanza tempo ad analizzare quell’espressione, prima che Blaine lo stesse schiacciando contro il rivestimento in pelle.

Okay, dunque Kurt e Blaine erano migliori amici a cui piaceva baciarsi tanto. Questo era stato stabilito un po’ di tempo fa. Ma quella consapevolezza era sempre stata accompagnata da una specie di sensazione calda e confusa, un senso di benessere e solidarietà.

Quello però non era per niente caldo e confuso, a dirla tutta. Se Kurt avesse dovuto definire con esattezza la sensazione del momento, probabilmente avrebbe detto… bollente. O disperata. O-

“O Dio,” Kurt restò senza fiato, quando Blaine liberò le sue labbra per attaccargli la gola. “Blaine,” la sua voce stava uscendo un po’ più irregolare del solito. “E se qualcuno vedesse?”

Blaine si fermò, sovrastando Kurt. “Nessuno vedrà,” lo rassicuro con poca voglia. “E’ buio.”

In qualche modo quella frase, combinata alla convincente sensazione, bollente e sinuosa, nello stomaco di Kurt, gli parve una scusa legittima.

“Inoltre,” sorrise Blaine. “Non penso che il problema sarebbero le persone che osservano.”

“Cosa-ahhhngmmm,” la protesta di Kurt fu interrotta da un rumoroso gemito, non appena Blaine si focalizzò su un punto dietro il suo orecchio e succhiò.

“Stavi dicendo?” soffiò Blaine dopo un minuto passato ad ascoltare Kurt, meravigliosamente a corto d’aria, emettere suoni quasi immediatamente soffocati dalla radio ancora accesa.

Kurt grugnì, esprimendo il suo assenso, e tirò verso di lui i risvolti della giacca di pelle di Blaine solo per strapparla completamente, un qualcosa che aveva aspettato di fare da almeno una settimana. Il ragazzo emise un suono soddisfatto e portò le sue mani sotto Kurt, per stringerlo più vicino, mentre si baciavano. La lingua di Blaine passò vogliosamente sui denti di Kurt, strisciando dentro e fuori ed era così dannatamente giusto-

“Blaine,” Kurt quasi singhiozzò mentre si tirava via. “Questo è- non possiamo-”

“Lo so,” disse Blaine dolcemente, premendo leggeri baci sulla mascella di Kurt mentre parlava. “Lo so che non possiamo. Ma io voglio,” disse Blaine. “Ti voglio baciare come stanno facendo tutti qui, e voglio che sia giusto tanto quanto le emozioni che provi.”

La determinazione di Kurt stava lentamente svanendo. Portò la sua bocca su quella di Blaine, toccandola con lussuria e tenacia. Sapeva che quello che stavano facendo era sbagliato. Tutti i segnali di allerta lo indicavano. Ma, mentre faceva correre la sua lingua contro quella di Blaine, e mentre sentiva delle mani forti e calde sotto di lui, cominciò a pensare. I loro baci acquistarono un ritmo e il calore era così intenso che i contorni stavano diventando confusi, e Kurt si stava aggrappando a quel pensiero, che quello non era giusto, ma stava vagamente dimenticando che cos’era il giusto.

E poi Blaine emise nella sua bocca un piccolo gemito, simile in parte ad un sospiro, e Kurt non capì più niente.

Le sue mani erano ovunque, nei capelli di Blaine e sopra la sua maglietta e sui suoi fianchi e semplicemente non poteva fermarsi. Il suo cervello fu circondato da una nebbia calda, mentre Blaine faceva dei suoni d’apprezzamento alle sue dita, baciando le labbra di Kurt con foga. Le sue mani si bloccarono finalmente a metà strada, sotto la cintura dei jeans di Blaine, sui suoi fianchi, e il ragazzo mugugnò con soddisfazione mentre succhiava la lingua di Kurt nella sua bocca. L’altro inspirò duramente e portò le sue mani sulla schiena di Blaine, per spingerlo più vicino a lui, e fu sorpreso da un brusco ed inaspettato scoppio di piacere non appena i loro jeans tesi si sfiorarono  leggermente l’uno contro l’altro.

Il cuore di Kurt si fermò.

Da quel giorno sul suo letto, prima che Finn irrompesse, nessuno dei due aveva osato spingersi più in la del baciarsi. Perché baciarsi era una cosa sicura, relativamente innocente e facile da giustificare. Baciarsi era baciarsi, non era un problema grosso. Ma era quando i baci portavano ad altro, che la cosa diventava problematica. Non ne avevano discusso, ma era finita così. Un reciproco e tacito accordo.

Ed ora eccoli lì.

Entrambi i corpi si immobilizzarono, osservandosi l’un l’altro con un misto di paura e desiderio e a fatica Kurt, in mezzo al suo cervello sovraccaricato, realizzò che era simile a quella prima notte, proprio dopo il loro primo bacio, quando Blaine era sembrato pronto o a correre via o ad avvicinarsi di più.

Continuando a tenere gli occhi fissi su Kurt, Blaine abbassò di nuovo per prova, molto lentamente, i suoi fianchi.

Gli occhi di Kurt si chiusero di colpo, ciondolando la testa mentre il suo respiro diventava irregolare.

Quando Blaine fece scendere nuovamente i suoi fianchi contro quelli dell’altro, Kurt si inarcò per andargli incontro, guadagnando un gemito tremulo dalla gola di Blaine. Kurt non sapeva come avevano fatto ad arrivare a quel punto, ma le sue mani stavano premendo sul fondoschiena dell’altro, verso il basso, spingendolo più vicino, e le braccia di Blaine erano avvolte attorno alla schiena di Kurt e si stavano baciando con poca grazia, tutto denti e lingue, a tempo con i loro fianchi in movimento.

Un vago allarme dentro Kurt gli diceva di fermarsi, che non era giusto, mentre combatteva con un altro istinto più forte, quello di togliersi i pantaloni, adesso. Ma li spinse entrambi da parte, perché era davvero, davvero dolorosamente vicino ed era perfetto sentire Blaine tra le sue braccia, ed era perfetto sentirsi insieme ed i suoni che l’altro stava facendo mandavano bollenti spasmi giù, in quel punto proprio lì, nell’area interessata e tutto quello che riusciva a pensare di fare era emettere una specie di suono disperato, tirare Blaine più vicino e spingere più forte.

“Kurt,” la voce di Blaine era roca nel suo orecchio. Kurt gemette senza fiato in risposta.

“Sì,” fu tutto quello che Blaine riuscì a tirare fuori, e Kurt non seppe di che cosa stava parlando, ma non importava proprio perché era davvero troppo, tutto terribilmente nuovo, e con ogni nuova ondata di piacere che lo attraversava, riusciva a sentire il peso di ogni singola inibizione lasciata alle sue spalle.

“Kurt,” Blaine sembrò in grado di riprendere il filo dei suoi pensieri, mentre spingeva la fronte sulla spalla di Kurt . “Sono così- penso di essere- non riesco-”

Senza interrompere il loro ritmo, Kurt afferrò i ricci di Blaine per guardarlo negli occhi. Nella luce fioca riuscì a vedere che i bordi nocciola erano quasi invisibili, spenti da un intenso e scuro desiderio e per lo più dalla disperazione. E la voce di Kurt era di un’ottava più bassa rispetto a quella che doveva essere, e la sua mente non stava funzionando in modo da poter fare discorsi comprensibili, probabilmente a causa dell’avvolgente e inquieto calore che si stava saldamente disperdendo nel suo addome, ma doveva dire quello che gli era rimasto persistentemente nel cervello, da circa dieci minuti, ed era diventato più opprimente, nonostante la nebbia calda ed accogliente.

“E’ fottutamente giusto.”

Blaine singhiozzò e dopo stavano entrambi affrontando ondate di estasi, e Kurt sentì un urlo di pura gioia, un gemito tremulo e parecchie esclamazioni, ma non sapeva da dove stessero provenendo e nemmeno se ne preoccupava, perché dietro le sue palpebre stavano bruciando intense stelle bianche ed il suo corpo stava tremando contro quello di Blaine, sospeso nel tempo di un troppo lungo e troppo breve orgasmo che non sarebbe mai stato abbastanza, ma al tempo stesso sarebbe stato troppo.

Blaine scivolò accanto a Kurt sul sedile, in modo che fossero premuti assieme, mani e gambe aggrovigliate mentre riprendevano fiato.

“Blaine,” mugolò alla fine Kurt; ora, diversamente da pochi minuti prima, era assolutamente terrorizzato all’idea che qualcuno potesse origliare perfino la sua voce.

Blaine infossò la testa nel collo  dell’altro come risposta.

“Che cosa abbiamo appena fatto?” parlò con voce strozzata, respirando a malapena.

Blaine rise a sprazzi sottovoce, ovviamente stordito. “Quando un uomo ed una donna si amano molto-”

“No Blaine, merda,” la voce di Kurt fu scossa con altrettante silenziose risate o singhiozzi, non riuscì a capire. “Abbiamo appena… questo ha… cambiato le cose.”

Blaine si tirò indietro il più possibile per spalancare gli occhi con timore. “In meglio o in peggio?”

“Io… non lo so,” Kurt chiuse gli occhi. “Dipende dal modo in cui vedi la cosa.”

“Okay, ascoltami,” farfugliò Blaine a voce bassa, ormai lucido a sufficienza. “Puoi dire quel diavolo che ti pare, ma sai che quello, ciò che è successo, è stato straordinario.”

Kurt gemette al pensiero, rannicchiandosi impassibilmente più vicino a lui.

Con i nasi fianco a fianco, Blaine continuò a parlare contro le sue labbra. “E non mi importa di quello che chiunque fuori da questa macchina dirà, sarà per sempre straordinario. E non mi importa se questo vuol dire che sono pazzo o se lo è il mondo, ma non voglio mai smettere di sentirmi così quando sono con te, se mi stai sorridendo o mi stai baciando o stai facendo cose strane alla mia testa, al mio corpo e a me, al buio in una macchina.”

“Blaine-” Kurt provò a baciarlo ma Blaine non aveva ancora finito.

“E un giorno,” disse Blaine tra i baci, “Ce ne andremo da questa città di provincia e seguiremo i nostri sogni. Ti pare un buon piano?”

“Sì. Il piano migliore che io abbia mai sentito,” Kurt intrecciò assieme le loro dita.

Dopo un attimo di riposo sotto gli ultimi bagliori del sole, Kurt sussultò. “Blaine.”

“Mmhmm?” l’altro sembrò a disagio.

“E’ una cosa davvero disgustosa.” Kurt mosse leggermente le gambe, odiando la sensazione appiccicosa tra di esse.

“Benvenuto nel club,” rise brevemente Blaine, e sospirò. “Non dimenticherò mai quella canzone ora.”

“Quale canzone?” Kurt si accigliò, mettendosi all’ascolto della radio che stava trasmettendo in quel momento Johnny Cash.

Blaine mise su la sua più bella espressione alla Elvis, “One night with you…

Sfortunatamente l’espressione alla Elvis di Blaine comprendeva anche dei personali movimenti dei fianchi, e Kurt mise una mano in mezzo ai loro corpi, troppo vicini, per bloccarlo.

“Blaine!” rise nervosamente lui. “Risparmia i tuoi movimenti pelvici alla Elvis per le volte in cui non siamo distanti due millimetri l’uno dall’altro, okay?”

“Perciò questo vuol dire che ho il permesso di usare i movimenti pelvici alla Elvis ogni altra volta?” sorrise minacciosamente Blaine.

“Non hai proprio un briciolo di pudore,” rise Kurt, ma restò in silenzio per riflettere. “Andiamo con calma, okay?”

“Va bene,” Blaine rise con Kurt. Passarono qualche altra oretta persi nel loro fantastico mondo, e lo trascorsero parlando e baciandosi e sognando, invisibili alla vista e muti al suono, per via delle brillanti stelle e della radio ancora accesa.

Sapevano che quello che c’era tra di loro era giusto e, un giorno, speravano che anche gli altri lo vedessero.

Ma, per ora, quello era sufficiente.

One night with you
Is what I'm now praying for
The things that we two could plan
Would make my dreams come true.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Something's Coming ***


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Capitolo 9 – Something’s Coming

 

Fu un miracolo che Kurt, dopo aver passato gran parte del suo tempo a fare scherzi con Blaine la notte precedente, riuscì a tornare in sé per l’audizione al Glee Club. Non era qualcosa di cui preoccuparsi seriamente, dal momento che le audizioni facevano soltanto da scena e il signor. Schuester aveva un disperato bisogno di membri. Ma Kurt era Kurt, per lui era necessario che ogni cosa risultasse perfetta. E la prima rivelazione pubblica della sua voce (sempre che il signor. Schue e un pubblico inesistente contassero come  “rivelazione pubblica”) non faceva eccezione.

Il gruppo si affollò intorno all’entrata del palco, scambiandosi battute mentre attendevano di essere chiamati per il loro turno. L’unica persona che sembrava prendere sul serio l’intero disastro era Rachel Berry e… beh, solo Rachel, in realtà. Persino Kurt, Blaine e Artie (l’unico che tecnicamente non faceva parte dei Greaser e nemmeno delle Pink Lady) erano riusciti a passare il tempo in allegria ridendo all’imitazione di Mike del preside Figgins.

Rachel fu la prima ad andare e nessuno (eccetto, ovviamente, Finn) sembrò sentire la sua mancanza o addirittura notare la sua assenza, finché non uscì dalla porta con un gesto plateale.

“Fate spazio a Sandra Dee,” cinguettò Santana, scuotendo i capelli.

Rachel la fulminò con occhi di ghiaccio. “Mi rifiuto di piegarmi alle tue parole piene di odio,” sbuffò lei, prima di voltarsi verso Blaine. “Il signor. Schuester ti chiede cortesemente di essere il prossimo.”

“Aprite le acque del Mar Rosso,” scherzò Puck, inchinandosi davanti a lui mentre la folla si divideva in due per permettere a Blaine, che avanzò con finta aria impettita, di passare in mezzo. “Ci vediamo dall’altra parte ragazzi” annunciò lui, salutandoli prima di sparire attraverso l’entrata del palco.

Subito tutti ripresero a comportarsi come prima e Kurt si guardò intorno, assicurandosi che nessuno avrebbe notato la sua assenza, prima di scivolare attraverso la porta dopo Blaine.

“- Grazie, professore,” stava dicendo Blaine, mentre Kurt saliva le scale per raggiungere il palco.

La banda jazz cominciò a suonare proprio mentre sbirciava tra le quinte, stringendo tra le dita le tende, guardando Blaine sotto le luci del palco.

"The summer wind came blowin' in from across the sea
It lingered there to touch your hair and walk with me

All summer long we sang a song
And then we strolled that golden sand
Two sweethearts and the summer wind"

Kurt sorrise tra sé e sé, nascondendo in parte il volto tra le tende mentre Blaine si spogliava della giacca di pelle, lanciandola alla cieca e nella sua direzione. Per qualche motivo, Kurt non riuscì a non dedicare la canzone, una delle sue preferite, a se stesso. O più precisamente, a lui e Blaine.

Il ragazzo era un brillante interprete, mentre ballava con entusiasmo assieme all’asta del microfono; era una vera stella. Non c'era dubbio che la sua vocazione rispecchiasse ciò che gli aveva confessato; era fatto per cantare davanti ad un pubblico.

"Like painted kites, those days and nights went flying by
The world was new beneath the blue umbrella sky

Then softer than a piper man, one day it called to you
I lost you to the summer wind"

Beh ecco lì la differenza. Kurt non andava da nessuna parte.

“The autumn wind, and the winter winds - they have come and gone
And still the days, those lonely days - they go on and on
And guess who sighs his lullabies - through nights that never end
My fickle friend, the summer wind
the summer wind
warm summer wind
mmm the summer wind...”

Blaine terminò la canzone con una lunga carezza all’asta del microfono, gli occhi che si chiudevano accompagnati da un sorriso smagliante, tipico di una sensazione di totale appagamento.

Kurt aggiunse i suoi applausi silenziosi a quelli del signor. Schuester tra i posti a sedere, prima di chinarsi verso il basso per raccogliere la giacca di Blaine.

“E’ stato eccezionale, signor. Anderson,”  rise Schuester. “Hai qualcosa di speciale.”

Il sorriso di Blaine si allargò ulteriormente. “Grazie, prof.”

Schuester mormorò qualcosa a Blaine, il quale annuì e scese dal palco, facendo un piccolo salto quando notò Kurt.

“Stupendo, signor. Anderson,” ghignò Kurt, porgendogli la giacca.

“Beh cavoli, grazie mille,” sorrise raggiante l’altro in rimando. “E’ un bene che tu sia già qui; il prossimo sei tu.”

Il sorriso di Kurt si spense in un attimo.

“Andrai bene,” sorrise Blaine per supportarlo, battendo la spalla dell’altro con la mano.

“Per favore non guardare,” implorò Kurt.

“Sai che proprio perché l’hai detto io lo farò,” ridacchiò Blaine, piazzandosi nella precedente postazione di Kurt, tra le tende. Kurt si lamentò, perciò l’altro riprese, “Ti ho sentito così tante volte prima d'ora. Questa volta non è diverso, giusto?”

“Sì, è diverso!” sibilò Kurt. “Ci sono le luci di scena e una band che suona dal vivo e una stanza enorme in cui cantare invece che la mia piccola camera-”

“Finiscila e canta,” ordinò Blaine, spingendo prontamente Kurt sul palco.

Il ragazzo sbatté le ciglia per un momento sotto la luce e, in quei pochi attimi che servirono ai suoi occhi per abituarsi nuovamente, gli sembrò di toccare il cielo con un dito.

Era come se fosse caduto in un sogno.

Un sogno nel quale migliaia di persone sedevano nei sedili, gli occhi puntati su di lui, l'intero palco per sé. Era la star dello spettacolo e tutti lo amavano per questo.

E poi i suoi occhi misero di nuovo a fuoco, fermandosi sul signor. Schuester che sorrideva nel pubblico.

“Buongiorno Kurt. Che cosa canterai oggi?”

“Something’s Coming, da West Side Story,” dichiarò Kurt con sicurezza. Il solo stare sul palco stava mettendo in moto l'adrenalina. Lui apparteneva a quel luogo.

E come se fosse stato scritto in un copione, la band dietro di lui cominciò a suonare, lasciando che le familiari note si disperdessero tra il pubblico vuoto e attornoa  Kurt come un velo protettivo. Buffo il fatto che la musica amata possa fare quello, trasformarsi in tutto ciò di cui si ha bisogno, ovunque se ne abbia bisogno.

Originariamente aveva programmato di stare fermo, attaccato al microfono al centro del palco durante il numero, ma una volta di fronte ad un palco praticamente vuoto a portata di mano, finì con l’usare un po’ di teatralità;  fu impossibile impedirlo, quando si sentiva così a casa lì sopra.

"Could be!
Who knows?
There's something due any day;
I will know right away,
Soon as it shows.
It may come cannonballing down through the sky,
Gleam in its eye,
Bright as a rose!

Who knows?
It's only just out of reach,
Down the block, on a beach,
Under a tree.
I got a feeling there's a miracle due,
Gonna come true,
Coming to me!

Could it be? Yes, it could.
Something's coming, something good,
If I can wait!
Something's coming, I don't know what it is,
But it is
Gonna be great!

With a click, with a shock,
Phone'll jingle, door'll knock,
Open the latch!
Something's coming, don't know when, but it's soon;
Catch the moon,
One-handed catch!

Around the corner,
Or whistling down the river,
Come on, deliver
To me!
Will it be? Yes, it will.
Maybe just by holding still,
It'll be there!

Come on, something, come on in, don't be shy,
Meet a guy,
Pull up a chair!
The air is humming,
And something great is coming!
Who knows?
It's only just out of reach,
Down the block, on a beach,
Maybe tonight . . ."

Finì con un drammatico gesto plateale, ottenendo fragorosi applausi dal signor. Schuester nel pubblico. Kurt non se ne accorse quasi per niente, così su di giri com'era per l’esibizione.

“Eccezionale, Kurt. Non l’avrei mai nemmeno immaginato, visto il modo in cui stai sempre in silenzio durante le lezioni! Ottimo lavoro. Ora, potresti mandarmi Sam, per cortesia?”

Kurt sperò che il cervello si fosse azionato per registrare quelle parole nella sua memoria, le prime parole pronunciate dopo la sua prima in assoluto esibizione canora pubblica, mentre scese praticamente volando giù dal palco. Ascoltò vagamente le lodi di Blaine, ma non riuscì a recepire molto, e continuò a scendere le scale fino ad uscire dalla porta per tornare dal gruppo.

Beh, se c'era una cosa che aveva imparato oggi, era che se fino a quel momento poteva avere dei dubbi su una possibile alternativa ad un suo futuro lavoro nell'officina, adesso non ne aveva di certo più nessuno.

 

Il giorno dopo Kurt se ne stava sdraiato sullo stomaco, le gambe intente a scalciare pigramente, circondato dai dischi sul tappeto della camera. Era arrivato il momento di riorganizzare i suoi dischi, e si stava giusto domandando se lo avrebbe dovuto fare per ordine alfabetico o in ordine cronologico quando il telefono squillò.

Osservò confuso l’oggetto per almeno cinque secondi, prima di realizzare che avrebbe dovuto rispondere. Nessuno lo chiamava mai; non ce n’era bisogno dal momento che a Lima tutti vivevano a meno di un miglio dall’altra persona.

Prese il telefono da dove era adagiato, solo e impolverato, sul comodino accanto al divano.

“Pronto?”

“Ehilà signorina, Kurt Hummel si trova forse in casa?” ridacchiò una voce familiare.

Kurt rise, sdraiandosi sul divano e appoggiando la base del telefono sullo stomaco. “Sono io. Parla per caso il signor. Anderson?”

Sentì una bellissima risata impacciata “Beh sì, sono io.”

“A cosa devo l’onore?” Kurt avvolse la corda del telefono attorno al dito.

“Beh, mi domandavo…” la voce di Blaine diventò stranamente più fievole dall’altra parte della chiamata, e si schiarì la gola prima di riprendere a parlare. “… mi domandavo se fossi libero questo pomeriggio.”

Kurt non poté trattenere il sorriso che si stava aprendo sul suo viso. Gli stavano, per la prima volta nella sua giovane vita, chiedendo di uscire per un appuntamento?

Nella sua euforia sembrò dimenticarsi che in realtà lui era, nei fatti, un ragazzo, non una ragazza.

“Credo di sì…” sospirò timidamente. “Considerando che è il mio… migliore amico che me lo sta chiedendo.”

Kust sapeva che Blaine aveva notato la sua esitazione nel pronunciare il termine affettivo dal modo in cui lo sentì ridacchiare tra sé e sé. “Bene allora. Pensavo che potremmo liberarci un po’ dalle restrizioni, andare in giro con qualcosa di diverso dalla giacche di pelle e i jeans.”

Kurt esitò. “Sei sicuro che sia una buona-“

“Oh non preoccuparti di quello” lo interruppe Blaine. “C’è una partita di baseball giù al campo oggi, e tutti quelli che contano saranno lì. Testuali parole di Puck.”

“Ah allora,” sorrise Kurt, grato delle attenzioni che il suo… migliore amico (non voleva fare supposizioni su cosa fossero loro due, dopo tutto) gli dava. “Credo che alla partita di oggi pomeriggio mancheranno proprio due persone. Che cosa avevi in mente?”

“Pensavo che potremmo fare come questa estate” Blaine sospirò piano. “Milkshake al pistacchio da Dellie? E poi potremmo fare un salto da quel nuovo negozio di dischi in fondo alla strada, non appena Dellie comincerà ad attrarre la folla terminata la partita? E poi magari…” ma si fermò.

“Cosa?” Kurt sorrise, con il cuore che batteva forte.

“Beh pensavo che magari… potevamo, sai. Andare al drive-in,” Blaine tossì imbarazzato, e allora non ci fu assolutamente nessun dubbio per Kurt. Quello era sicuramente un appuntamento.

“Mi piacerebbe moltissimo,” disse Kurt a voce bassa.

Poté praticamente sentir brillare il sorriso di Blaine dall’altra lato della chiamata. “Fantastico,” sospirò, “ti vengo a prendere tra un’ora?”

“Che cosa dovrei indossare?” si agitò Kurt.

“Quello che caspita vuoi tu,” rise forte Blaine, “ogni cosa che scegli è bella comunque.”

Kurt fu grato alle dozzine di isolati che li separavano quando si sentì piacevolmente arrossire le guance. “Questa cosa mi soddisfa molto,” esultò.

“Ci vediamo tra un’ora” disse Blaine.

“Non vedo l’ora,” rispose Kurt, e districò le mani dalla corda del telefono per riattaccare la cornetta.

Un’ora dopo Dellie era, come Blaine aveva promesso, libero da ogni liceale. Dopo almeno una mezz’ora di meditazione, Kurt aveva scelto una camicia dalle maniche corte col colletto, striata di azzurro e rosa, abbinata a sottili pantaloni grigi, Converse bianche e un papillon. Ammirò il cardigan blu scuro di Blaine e la sua polo color verde foresta, mentre sedevano ai loro soliti posti nel bar e il signor. Brown li approcciava immediatamente.

“Non vi vedo da secoli ragazzi,” sorrise lui.

“Pensavamo di farci un regalo oggi,” spiegò Blaine.

“Il solito?” sorrise Kurt, gioendo del fatto che lui e Blaine avevano effettivamente un solito ordine da fare.

“Arriva subito,” disse il signor. Brown prima di correre via a completare l’ordine.

“Allora, ” Kurt guardò Blaine.

“Allora,” Blaine lanciò un’occhiata a Kurt.

“Che cosa danno al drive-in stasera?” domandò Kurt.

“A Qualcuno Piace Caldo. Sembra il genere che piace a te.”

“Perfetto,” concordò Kurt.

Sedettero in silenzio, per niente imbarazzati, finché i loro ordini non arrivarono. Non era che non avessero niente di cui parlare, semplicemente non avevano niente da dirsi che potesse essere meglio del solo godere della presenza dell’altro.

Il signor. Brown posò i loro frullati e se ne andò con un ampio sorriso. Kurt e Blaine si osservarono a vicenda,  scambiandosi degli sguardi fin troppo d’intesa mentre afferravano le ciliegie.

“Questa cosa dovrebbe assumere un nuovo significato, no?” sussurrò Blaine.

“Non è cambiato poi questo granchè,” Kurt deviò lo sguardo da quello intenso di Blaine. “Comunque vinci sempre. Hai una lingua proprio abile.”

Blaine arrossì tremendamente a quelle parole. “Tre, due, uno, via!”

Kurt appoggiò il gomito sul tavolino, la guancia sorretta dalla mano mentre si impegnava, mantenendo lo sguardo perso nel vuoto perchè adesso si era allenato a non osservare la mascella di Blaine muoversi in quel modo. Si sorprese quando il nodo al gambo si creò così velocemente, e lo tolse dalla bocca delicatamente, piuttosto soddisfatto di se stesso.

“Ehi guarda, questa volta ce l'ho davvero-”

Guardò Blaine e si bloccò. Non aveva ancora finito lui.

“Ce l'ho!” disse alla fine Blaine, tirando fuori il gambo, ma la sua gioia si spense quando vide l'espressione scioccata sul viso di Kurt, il gambo annodato nella mano.

Pareva una cosa stupida dare una così reale importanza ad un semplice gambo di ciliegia, ma Kurt non riuscì a togliersi di dosso quella chiara sensazione di essere un baciatore migliore di Blaine e che era stato Blaine a rendere questo possibile.

Qualcosa di simile sembrò passare anche per la testa di Blaine, perchè il suo sguardo cadde subito sulla bocca di Kurt e lo stesso fece Kurt con la bocca di Blaine, ed entrambi stavano scattando in avanti verso le labbra dell'altro simultaneamente prima che la realtà li colpisse all'ultima frazione di secondo.

Si allontanarono violentemente, con una forza che portò Kurt a traballare un po' sulla sedia e Blaine a far quasi rovesciare il suo milkshake con il braccio appoggiato sul tavolino. Si guardarono intorno con occhi terrorizzati, solo per rendersi conto che a gran parte dei residenti di Lima non importava niente e nessuno se non se stessi.

“Accidenti, ci siamo andati vicino,” arrossì Blaine.

“Niente più gare con le ciliegie in pubblico,” la voce di Kurt stridette.

“Però tu- tu non eri mai stato in grado di fare un nodo questa estate- e-” balbettò Blaine.

Parleremo... di questo più tardi, okay?” biascicò Kurt giustamente, ancora intento a guardarsi intorno nervosamente. “Magari al drive-in?”

Blaine lo guardò con sguardo assente.

“Con i finestrini tirati su?” suggerì Kurt.

Ancora niente.

“Nei sedili posteriori? Andiamo Blaine” sibilò Kurt, schioccando le dita.

“Oh,” una lampadina finalmente si accese sopra la testa di Blaine prima che il ragazzo arrossisse, curvandosi per prendere un sorso dal suo milkshake. “Sì, sì. Certo.”

“Ancora non posso credere di essere un baciatore migliore di te,” sospirò Kurt, scuotendo la testa incredulo.

“Io posso,” disse Blaine con un sorriso malizioso sul viso.

“Pensavo che di questo ce ne saremmo occupati più tardi,” lo riprese Kurt.

“Sei tu che hai risollevato la questione!” rise Blaine.

Kurt roteò gli occhi. “Okay, cambiamo argomento. Sto per riordinare i miei dischi.”

“No!” protestò Blaine. “Ero appena riuscito a memorizzare la posizione di ognuno di essi.”

“Non tutto ruota attorno a te, Blaine,” puntualizzò Kurt.

Blaine emise un suono in disapprovazione e bevve il frullato con stizza. “Va bene. Ordine alfabetico o cronologico?”

“Giusto le due opzioni che stavo considerando,” Kurt spalancò la bocca con stupore.

“Ti conosco troppo bene,” disse Blaine, e Kurt rise, crogiolandosi nella gioia di quei giorni estivi, volti a diventare autunnali, passati in compagnia di un migliore amico, con addosso i vestiti che amava, a bere un milkshake senza alcun liceale pronto a tenere sotto controllo lo status quo delle cose e a giudicarli.

Solo Dio poteva sapere che quei giorni avrebbero avuto vita breve.

 

Una volta che videro in lontananza le prime persone lasciare in anticipo la partita di baseball e dirigersi verso la gelateria, Kurt e Blaine sgattaiolarono fuori dal retro per fare un salto da “I Dischi di Turner”. Dopo diverse ore di meditazione, in cui Kurt comprò coraggiosamente la registrazione originale del cast di Snowboat e riuscì a dissuadere Blaine  dallo spendere troppi soldi per un album di Elvis che Kurt già possedeva ( “Ma voglio sentirlo anche quando non sono con te” era stata la polemica di Blaine, alla quale Kurt aveva risposto con un “Ma tu sei sempre con me” ), si erano spostati al drive-in.

Blaine aveva impiegato un po' di tempo a trasportare gli spuntini, considerando che stava portando con sé due cose per tipo (Kurt aveva optato per lo stare nella macchina, in modo da evitare imbarazzanti equivoci e domande riguardo al perchè due ragazzi stessero guardando un film insieme in una macchina), ma una volta che il film cominciò erano entrambi seduti comodamente nei sedili posteriori, con il tettuccio mezzo alzato, in grado di dare loro una sufficiente privacy e protezione, così come una visuale decente dello schermo.

Guardarono il film in silenzio e ad una distanza relativamente sicura finchè i gangsters cominciarono a inseguire Joe e Jerry, quando terminarono i popcorn e hotdogs da mangiare. Blaine lanciò i contenitori vuoti nei sedili anteriori per dopo e si posizionò di nuovo accanto a Kurt, e fu allora che le cose cominciarono a farsi... interessanti, per mancanza di termini più adatti.

Iniziò tutto quando Blaine cominciò a agitarsi leggermente sul posto, abbastanza da non passare inosservato agli occhi di Kurt. Mantenne uno sguardo vigile sul ragazzo accanto a lui con la coda dell'occhio, improvvisamente non più interessato alla ilarità che intanto procedeva sullo schermo.

Blaine adesso aveva alzato il braccio più vicino a Kurt per grattarsi goffamente i capelli, per poi appoggiarlo “casualmente” sul sedile dietro la testa di Kurt. Il ragazzo dovette seriamente mordersi la lingua per evitare di scoppiare a ridere; Blaine stava davvero cercando di flirtare con lui, come se fossero stati una spensierata, romantica coppia di liceali...

Ma un momento. Loro erano più o meno qualcosa del genere, pensò dentro di sé Kurt con un piccolo sorriso.

Emise un sospirò contento, quando Blaine finalmente trovò il coraggio di sfiorare la pelle del collo di Kurt, giocando con i suoi soffici capelli.

Ma Blaine si stava ancora agitando sul posto.

“Blaine,” disse Kurt infine, decidendo di mettere fine alle sue agonie. “Non hai mai avuto problemi prima nello stare vicino a me.”

Il respiro di Blaine si incrinò, come se fosse stato colto con le mani nel sacco. “Lo so ma... questa volta... è diverso.”

“In che senso?” chiese Kurt, la curiosità in grado di mascherare il battito del cuore accelerato. 

Blaine aprì e chiuse la bocca mentre rifletteva. “Beh, ti ricordi l'ultima volta che abbiamo visto i film?”

“Certo che lo ricordo,” Kurt sorrise con consapevolezza, ricordando di come non era stato neanche in grado di respirare a causa della tensione tra loro, prima che si sistemassero l'uno nelle braccia dell'altro.

“Beh, ti volevo abbracciare perchè volevo consolarti. Farti stare meglio. Perchè è questo quello che gli amici fanno; si fanno sentire sicuri e felici a vicenda quando hanno avuto una pessima giornata. Questo è quello che stavo facendo io. Ma adesso...” il ragazzo esitò.

“Sì?” lo incoraggiò Kurt.

“Ti voglio abbracciare... perchè ti voglio abbracciare.” finì Blaine, deglutendo rumorosamente.

“Oh,” disse Kurt con dolcezza. Beh, non aveva mai pensato a questa alternativa prima d'ora.

“E allo stesso modo,” continuò Blaine cautamente, “così come la volta scorsa ti ho portato fuori per confortarti, oggi ti ho portato fuori per- beh, per un-”

Blaine sembrò perso, così Kurt gli fornì con tranquillità la parola. “Un appuntamento.”

“Io, beh, mh, sì credo di sì,” balbettò Blaine. “Se a noi, due ragazzi, fosse permesso. Di farlo. Allora questo lo sarebbe. Sì.”

Kurt aprì la bocca per fare un commento “maligno” alla incapacità di Blaine di parlare chiaramente, ma la chiuse invece per fargli un dolce sorriso. “Beh per la cronaca,” disse, “Puoi stringermi ogni volta che vuoi. Quando siamo da soli. Non che non mi piacerebbe anche quando siamo tra la gente, ma per qualche motivo credo che non la prenderebbero molto bene.”

“Per qualche motivo, credo che tu abbia ragione,” sorrise Blaine. Kurt allora si sporse verso di lui, adagiando la testa sulla spalla di Blaine e il ragazzo avvolse il braccio attorno alle sue spalle comodamente.

“Ehi Blaine?” sospirò Kurt.

“Sì Kurt?” disse Blaine tra i suoi capelli castani.

“Mi piacciono gli appuntamenti,” mormorò Kurt, chiudendo gli occhi e respirando il profumo di Blaine, sprofondando in un posto tanto dolce.

Blaine aumentò la sua presa su Kurt, apparentemente perso tra i suoi pensieri.

“Ehi Kurt,” disse alla fine.

“Sì, Blaine?” mormorò Kurt.

“Posso farti una domanda?”

“Tutto quello che vuoi,” disse Kurt, sforzandosi di stare sveglio nonostante la sonnolenza incrementata dal profumo di Blaine.

“Quando un ragazzo e una ragazza si piacciono, diventano fidanzato e fidanzata, giusto? Condividono milkshakes e ascoltano dischi insieme, e escono per appuntamenti e invitano l'uno a casa dell'altro, e si baciano, e fanno... cose nei sedili posteriori della maccchina alle volte. Ma noi facciamo le stesse cose, e tuttavia ci consideriamo ancora migliori amici. Allora, quando un ragazzo e un altro ragazzo si piacciono, cosa che non credo capiti molto spesso, che cosa diventano? Quando “migliori amici” non sembra più essere un termine adatto.”

Kurt si corrucciò sulla spalla di Blaine, pensando.

“Voglio dire,” si spiegò meglio Blaine nervoso, “Potremmo, tu e io... è possibile che- potremmo essere considerati... fidanzati?”

Kurt potè praticamente percepire la stessa triste confusione delle sopracciglia di Blaine nella sua voce.

“Non sono sicuro per davvero. Ma credo che,” disse Kurt lentamente e con serietà, “che per i nostri affari personali, è così che potremmi definirci. Siamo f-fidanzati.” Incespicò sull'ultima parola semplicemente perchè la sua sensazione sulla lingua era dolce e divertente, solleticava le labbra mentre sorrideva.

“Bene” confermò Blaine con professionalità, “Ea quello che pensavo. E, come hai detto tu, per i nostri affari personali, essere 'fidanzati' dovrebbe rispettare gli stessi standard di una coppia di fidanzati formata da ragazzo e ragazza?”

“Non sono sicuro di nuovo,” disse Kurt, confrontandosi con quella massa di materia grigia in cui costantemente si imbattevano, ma che invece si accordavano sempre di ignorare. “Ma considerando come sono andate le cose tra di noi, è quasi tutto a posto, tralasciando qualche piccolo cambiamento. Piacersi, baciarsi, uscire insieme, andare agli appuntamenti. Perciò sì, direi che è quasi tutto uguale, escluso il fatto che noi lo facciamo in segreto.”

“L'ultima cosa non mi fa impazzire,” disse Blaine tristemente. “Ma a parte questo direi che siamo sulla giusta rotta, allora...” abbassò la voce progressivamente, e Kurt notò che infilò la mano nella tasca del suo cardigan piuttosto alla rinfusa.

Non arrivarono poi così tanto più in là con il film, più o meno quando Jerry e Joe decidevano di diventare dei travestiti, prima che Kurt sentisse gli occhi di Blaine su di lui. Stava per lasciar perdere quando Blaine finalmente parlò.

“Ehi Kurt?” sussurrò lui.

“Sì, Blaine?” sussurrò Kurt in rimando.

“Non voglio passare per il maniaco che assale nei sedili posteriori al drive-in perciò... posso baciarti?”

Kurt allora voltò il viso. “Sì, per favore,” sorrise maliziosamente e Blaine fece altrettanto prima di chinarsi per dargli un bacio casto.

Non fu come l'ultima volta che si trovavano nel retro della macchina; inanzitutto rimasero in posizione verticale, il braccio di Blaine assicurato attorno a Kurt, poi non stavano dando sfogo ad una atto di tensione sessuale; stavano semplicemente assaporando la sensazione l'uno dell'altro, gioendo dell'ìntimità condivisa grazie alla collisione delle loro labbra e delle lingue intrecciate.

“Kurt,” alla fine Blaine si staccò per guardare il suo fidanzato. “Non è mia intenzione continuare a tornare su questo argomento scomodo, ma voglio fare le cose per bene. Sappiamo che quello che c'è tra di noi è giusto, non importa cosa pensa la gente, da quando pochi giorni fa nella tua macchina abbiamo... lo sai,” Kurt poteva vedere il suo rossore grazie alla luce emanata dallo schermo e strinse il braccio di Blaine in modo rassicurante, con una piccola risata. “Sì, quello,” continuò Blaine. “E dal momento che non faremo più finta di essere migliori amici a cui piace baciarsi molto, perlomeno non in pubblico, anche se è una descrizione piuttosto calzante, voglio fare tutto per bene. Non che sia io a doverlo fare per forza, sei un ragazzo anche tu, ugualmente in grado di fare l'uomo ma da come le cose vanno tra di noi, diciamo che io sono l'uomo e tu allora saresti...”

“Basta Blaine,” rise Kurt, interrompendo il flusso di pensieri simil romantico del povero ragazzo. “Prima che tu faccia del male a te stesso e che mi offenda. Tu sei un ragazzo fatto e completo e io sono un ragazzo delicato e più femminile, questo si è capito. Prego continua. E smetti di farfugliare, non devi essere nervoso con il tuo migliore amico.”

“Che mi piace molto baciare,” Blaine fece un profondo respiro per calmarsi. “Beh, non sono bravo a fare il romantico. Ma diamine se sono disposto a provarci. Perciò adesso che stiamo insieme, nella più totale segretezza ma stiamo comunque insieme, voglio essere onesto con te.”

Il cuore di Kurt si agitò alla sincera onestà che vide nei brillanti occhi di Blaine.

“Non credo che tu abbia solo un bel viso,” cominciò Blaine. “Non che tu non lo abbia. Tu sei bellissimo-” Kurt sorrise felice, “-ma non è quello che vedo quando ti guardo. Vedo qualcuno di intelligente, di sarcastico e che sono disposto a far felice non importa quale sia il costo. Vedo il migliore amico che non ho mai avuto prima in tutti i miei diciassette anni di vita, ed è un qualcosa di incredibile da dire siccome ti conosco da solo un mese o poco più. E dopo aver detto questo è fantastico sapere tutto quello che significa per me. Conoscere te, le tue personali fissazioni e sapere che sei il mio migliore amico. E ora fidanzato, per i nostri affari personali. E mi ricordo quello notte dopo Lilli e il Vagabondo, quanto ho detto che ti volevo bene e che non mi importa niente di quello che tutti gli altri pensano. Beh...” prese un respiro profondo e il cuore di Kurt martellò forte nel suo petto mentre faticava per riprendere a respirare correttamente. “Io ti voglio ancora bene in quel senso, come un amico. Ma credo, considerando come mi sento ogni volta che ti bacio, che ti parlo, o anche solo quando ti vedo... Ricordo che mi hai chiesto cosa sia l'amore. E ora lo so. Non riesco a spiegarlo ma credo di essere... Credo di essere innamorato di te. Io ti amo.”

Il cuore di Kurt smise di battere regolarmente, il ragazzo senza fiato e senza parole.

“E non sono sicuro di come funzioni ma se mi ami anche tu,” disse Blaine, interrompendo il contatto visivo con Kurt per cercare qualcosa nella tasca del suo cardigan, “Sarei onorato se tu volessi indossare la mia spilla.”

La bocca di Kurt si spalancò, la mente vuota e il cuore ancora assente.

“In un posto in cui nessuno la potrebbe vedere, ovviamente, a scuola, ma quando siamo da soli, magari... Giusto perchè stia lì, anche se non può davvero simboleggiare il fatto che sei impegnato, solo per ricordare il passo avanti nella nostra... quasi relazione sentimentale.”

“Sì!” Kurt ritrovò finalmente la voce, anche se stridula e senza fiato. “Sì, oh sì, Blaine, ti amo e amerei poter indossare la tua spilla!” strillò e si lanciò per stringere il collo di Blaine tra le sue braccia, perchè non avrebbe mai immaginato di raggiungere quasi lo stadio di coppia fissa con qualcuno che gli voleva bene- no, qualcuno che amava e che lo amava a sua volta.

“Mettila” gli disse, piegandosi indietro e indicandogli la tasta nella sua camicia. Blaine fece un ampio sorriso e applicò il prezioso piccolo oggetto sul tessuto, proprio sopra il cuore di Kurt.

Dopo che ebbe finito Blaine si mosse per ritrarre la mano ma Kurt lo fermò, appoggiando la propria mano su quella dell'altro in modo da assicurarsi che il suo fidanzato potesse sentire quanto il suo cuore stesse battendo forte in quel momento.

“Ti amo,” disse timidamente.

“Ti amo anch'io” sorrise Blaine e si chinò per un bacio.

E questa volta fu anche più diversa dalle altre, perchè non era solo una cosa condivisa da due migliori amici a cui piaceva molto baciarsi. Era un bacio tra due ragazzi che si amavano, che facevano quasi coppia fissa, che sapevano che i loro sentimenti erano giusti per loro e si sentivano a proprio agio nel fare quello che dovevano fare per stare insieme, sotto complicanze meno che ideali. Si baciarono sotto il sicuro riparo che li  proteggeva dagli occhi minacciosi del mondo esterno, senza preoccuparsi per un momento di quello che gli altri pensavano perchè, beh, non aveva davvero importanza.

Erano innamorati.

Ad essere onesti, il giorno dopo Kurt era così preso dai suoi libri nell'ora di algebra, intento a mordicchiare la penna, che non si rese conto di come Blaine si stesse agitando nel suo posto di fianco a lui finché non si voltò a guardare l'orologio.

Blaine, esattamente come un gatto colto in fragrante, si congelò sul momento allo sguardo di Kurt.

“Che diavolo hai?” rise Kurt sottovoce, in modo che il sostituto per le classi di matematica non notasse nulla. Si sentì quasi intontito di gioia quando realizzò che l'atto del ridere gli permise di sentire il retro della spilla di Blaine contro il suo petto, dove stava nascosta al sicuro sotto la giacca di pelle.

Blaine si morse un labbro e strappò un pezzettino di carta dal suo taccuino, rubando una penna a Jacob Israel per scribacchiare qualcosa. Kurt roteò gli occhi, scuotendo la testa. Erano improvvisamente retroceduti alle medie?

Sono stato a guardarti mordere la penna per tutta l'ora e ti voglio baciare così tanto.”

Beh questa era una cosa inaspettata. Kurt arrossì e si guardò attorno senza motivo, coprendo la nota con le mani. Con la coda dell'occhio vide il corpo di Blaine scosso da risate silenziose.

“Blaine. Non puoi scrivere queste cose come se niente fosse e in modo che possano essere viste da tutti.
P.S. Ancora solo pranzo e quinta e sesta ora prima di stare da soli a casa mia...”

Puntualizzò la scritta con una faccina sorridente e rilanciò il foglietto a Blaine con aria altezzosa. La risposta gli arrivò quasi istantaneamente.

“Non vedo l'ora. Davvero. Assecondami.”

Kurt si voltò di scatto verso Blaine in allarme, ma il ragazzo distese semplicemente le gambe evidenziando il gesto, dirigendo l'attenzione di Kurt verso-

“Miss Holiday? Potrei andare al bagno?” Blaine alzò la mano, rivolgendosi alla sostituta mentre Kurt assumeva un colore rosso molto, molto scuro.

“Ma certo ragazzo” rispose la sostituta dalla disciplina poco ferrea, prima di ritornare alla sua poco seria lezione di algebra.

Il cuore di Kurt sobbalzò violentemente mentre Blaine gli lanciava uno sguardo malizioso, prima di far cadere intenzionalmente un altro pezzo di carta accartocciato per terra e uscire disinvolto dalla porta.

Una volta che gli ignari e annoiati membri della classe rivolsero di nuovo la loro attenzione a Miss Holiday, Kurt recuperò furtivamente il pezzo di carta e lo dispiegò.

“Sotto le gradinate tra cinque minuti.”

Era una cosa stupida, decise Kurt. Aveva fatto parecchie cose stupide negli ultimi tempi, a dire la verità. Il bacio -evitato per poco – di fronte a tutti da Dellie? La pomiciata con il suo fìdanzato dentro ad una macchina chiusa neanche per intero tra il pubblico del drive-in? Ma questo era l'emblema della stupidità, darla vinta ai suoi stupidi ormoni da teenager che gli stavano dicendo di abbandonare stupidamente la lezione di matematica per andare a fare cose stupide con un altro ragazzo stupidamente influenzato dai suoi  ormoni di-

“Prof?” la voce di Kurt interruppe il suo stesso frenetico flusso di pensieri cinque minuti dopo. “Mi sento male. Potrei andare in infermeria?”

“Divertiti,” Miss Holiday alzò le spalle, lanciandogli un permesso per uscire.

Le gambe di Kurt lo guidarono il più velocemente possibile, stropicciando il permesso nella tasca mentre camminava per i corridoi vuoti e fuori dalle porte sul retro della scuola, giù per le larghe scale, attraverso l'area pranzo e dritto in direzione delle gradinate. La mente era vuota, non era in grado di pensare a niente se non al fatto che Blaine stava per saltargli addosso, giusto tra poco.

E, come promesso, Blaine era lì, ad osservare il vuoto sotto gli spalti. Il battito di Kurt aumentò di dieci volte quando incrociarono i loro sguardi, alzò il mento e lentamente avanzò, assaporando la sensazione degli occhi affamati di Blaine squadrarlo dalla testa ai piedi.

“Ho pensato a questo momento per tutto il giorno,” mormorò Blaine così lievemente da non poter essere sentito, una volta che Kurt si trovò così vicino da poterlo sentire.

Kurt sorrise malizioso, lasciando che l'istinto prendesse il sopravvento.

“Non me ne parlare, stallone.”

E poi strinse tra i pugni la giacca di pelle di Blaine per far scontrare violentemente i loro corpi e lo baciò con foga; nessuna pretesa, solo lingue.

“Oh,” l'esclamazione di Blaine fu inghiottita dalla bocca aperta di Kurt. “Oh. Oh wow,” balbettò incoerentemente, stringendo Kurt così forte che persero leggermente l'equilibrio.

Kurt approfittò del momento di disequilibrio per spingere Blaine contro l'interno delle gradinate, facendo scivolare le mani dalla giacca di lui fino ai suoi fianchi.

Blaine avvolse lentamente le braccia attorno al collo di Kurt, permettendogli praticamente di attaccargli il volto. “Mmh sì,” mormorò mentre Kurt viaggiava con la bocca sul suo collo. “Mi piace essere il tuo migliore amico.”

“Ti amo,” biascicò Kurt, mentre trovava una strada sotto la maglietta di Blaine

“Sì, anche quello.” sospirò Blaine. Kurt leccò voracemente attorno alle sue labbra, lasciando Blaine ansioso e impaziente. “Per favore Kurt,” si lamentò lui, cercando una via di accesso alle sue labbra ma senza successo.

Kurt protestò, la bocca aperta contro quella di Blaine, “Ma i suoni che fai sono belli,” soffiò, premendo appena le sue labbra contro quelle dell'altro.

Blaine si fece scappare il più bel mugolio spezzato mai sentito.

“E' il mio preferito,” sorrise Kurt, sfiorando con il naso la mascella di Blaine.

“Maledizione, Kurt,” sibilò quando il ragazzo spinse i fianchi contro i suoi. “Baciami adesso altrimenti mi scioglierò in un qualcosa di indefinito.”

“Le mie attenzioni sono dirette da un'altra parte,” mugugnò Kurt, dando un ritmo ai loro movimenti di fianchi. Nessuno dei due notò gli studenti affiorare nell'area pranzo a poche decine di metri da loro.

“Oh Dio oh Dio oh Dio oh Dio,” gemette Blaine nel panico. “Kurt e se qualcuno ci vedesse?”

“Non m'importa,” ansimò lui, posizionando la vita di Blaine come voleva.

“I nostri pantaloni,” gemette Blaine, benché cominciasse a voler fare lo stesso che stava subendo. “Non ho un ricambio e non vorrei davvero spiegare come mai i miei pantaloni sono tutti bagnati e-”

Kurt finalmente lo baciò, solo per farlo stare zitto perchè stavano davvero per fare qualcosa di fantastico e non gli importava del dove si trovasse, perchè aveva bisogno di portarlo a termine il più presto possibile.

Blaine allora si inarcò completamente verso Kurt, forzando la lingua giù per la gola di Kurt. Il ragazzo accettò la cosa piacevolmente, succhiando forte la lingua di Blaine e portandolo a spalancare vistosamente gli occhi per un attimo.

Un lampo di occhi confusi, l'improvviso movimento fluido di una lucida giacca di pelle e una testa quasi del tutto rasata.

“Kurt,” Blaine si congelò sul posto immediatamente, l'eccitazione dissipata in pura e semplice aria.

 “C'eravamo quasi, perché ti sei fermato?” biascicò Kurt, allontanandosi e guardando storto Blaine con occhi offuscati dal desiderio.

“Qualcuno ci ha visti. Proprio ora, loro- lui – oh Dio- “ Blaine collassò contro l'interno delle gradinate in stato di shock.

Vide le pupille di Kurt contrarsi vistosamente per il panico. “Cosa? Chi?”

Blaine deglutì, serrando gli occhi, non volendo credere a ciò che aveva visto. “Sono abbastanza sicuro che... merda, Kurt perchè... lui... tra tutte le persone...”

“No, oh no” la voce stridette.

“Puck,” esalarono insieme.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Dream A Little Dream Of Me ***


Capitolo 10 – Dream A Little Dream Of Me

 

Kurt si sbagliava tanto. Così, così orribilmente, terribilmente, pateticamente, tristemente tanto. Non si era mai sbagliato più di così in tutta la sua vita.

Era rimasto al sicuro. Aveva compreso la differenza tra finzione e realtà, e la sua vita era stata un po' banale ma per lo meno la sensazione provata era indifferente. Era meglio sentirsi annoiati, vuoti, che... beh. Che sentirsi così.

Fu nel momento in cui cominciò a mescolare i contorni delle cose che tutto andò storto. Kurt non aveva idea da dove arrivasse quel falso senso di sicurezza, le farfalle nello stomaco, la felicità e la pura gioia. Da dove arrivasse quel senso di giustizia nel mondo, quando tutto quello che conosceva e che aveva costruito per se stesso stava crollando davanti ai suoi occhi e lui non riusciva a comprendere il perché.

Avrebbe dovuto saperlo. Ma oh, ora sì che lo sapeva.

La vita non era un film della Disney.

La mente di Kurt sembrò attivare un meccanismo di difesa personale, una pura indifferenza per tutto e tutti.

Ma tutto torno presto indietro a blocchi. Vaghi ricordi bloccarono immediatamente il passaggio a emozioni travolgenti, troppo complesse per anche solo pensare di  poterle analizzare.

Quattro settimane prima.

Kurt e Blaine pensarono che il miglior modo per procedere fosse fare finta che nulla era successo. Per quel che sapevano, Blaine si era immaginato la figura di Puck nella sua testa; dopo tutte le volte in cui avevano analizzato la scena, sembrava che fosse davvero quella la soluzione.

Così, dopo che il fine settimana fu terminato, Kurt e Blaine guidarono verso la scuola come al solito, infilandosi le giacche e gli occhiali, scendendo dalla macchina e incamminandosi tra la folla.

Kurt stava avendo uno strano de ja vu.

Era  vero che, la prima volta in cui avevano catturato l'attenzione attraversando i corridoi del McKinley, si trattava del primo giorno di scuola. Dopo quella volta erano diventati dei semplici ragazzi che occasionalmente ricevevano il cinque sulla mano o pacche sulla schiena, come tutti quanti.

Ma si trattava di un mese fa, e adesso avevano nuovamente catturato l'attenzione, anche se in modo chiaramente diverso.

Erano spariti i sorrisi civettuoli delle ragazze e le bocce spalancate dallo stupore dei ragazzi. Non solo erano spariti, erano stati deliberatamente celati. In verità Kurt credeva che non sarebbe stato poi questo grande cambiamento, perché nessuno li guardava più da quella volta, e sicuramente quel giorno non facevano altrettanto.

Ma Kurt sapeva che non era così. E non stavano semplicemente non guardando. Stavano fisicamente evitando il contatto visivo.

Ora che Kurt rifletteva meglio, c'era una chiara zona circolare di spazio vuoto attorno a loro mentre camminavano per i corridoi.

“Kurt,” sibilò Blaine. “E' una mia sensazione, o le persone ci stanno evitando?”

La risposta di Kurt però non fu udita, perché la cosa che capì subito dopo fu di essere stato lanciato contro una serie di armadietti.

L'altra cosa relativa ai flashbacks, era che spesso tornavano alla mente senza un ordine preciso. Come se il suo cervello fosse disposto ad assimilare solo un fotogramma alla volta, ma non l'intera scena.

Una settimana dopo l'accaduto.

Kurt si trovava seduto al tavolo della cucina qualche giorno dopo; quanti di preciso non gli interessava né sapeva.

Alla fine si rese conto che suo padre era seduto di fronte a lui.

“Ciao papà,” disse automaticamente, gli occhi incollati alla odiosa stoffa a quadri della tovaglia.

“Kurt,” disse Burt dolcemente.

Kurt non disse nulla.

“Ho sentito delle cose, Kurt. E non mi piace quello che ho sentito ma la cosa che non mi piace più di tutto è che non le ho sentite per la prima volta da te.”

Silenzio.

“So che non parliamo molto, figliolo, ma siamo sempre sinceri l'uno con l'altro. E voglio che tu sia sincero con me, e non importa che cosa dirai, io ti rispetterò per essere stato sincero.”

Gli occhi di Kurt si stavano seccando, così sbatté le palpebre.

“Perciò dimmi, Kurt. Non crederò a nessuna di queste schifezze finché non le avrò sentite dire da te.”

Schifezze. La parola avrebbe potuto fare del male a Kurt ma in qualche modo si perse nel rosso e nel bianco della tovaglia a quadri.

“Non cambia chi sono io, diversamente dalle credenze popolari,” disse infine Kurt con voce monotona. “Ma dal momento che le credenze popolari sembrano essere le uniche cose che contano ormai, sì. E' vero.”

“Cosa è vero?” chiese Burt con gentilezza.

Fu allora che qualcosa dentro Kurt si sbriciolò, anche se la sua ‘maschera’ non mosse ciglio. “Non farmelo dire, papà. Ti prego.”

“Devo sentirtelo dire Kurt,” e la disperazione nella voce di suo padre smosse il cuore di Kurt e lo portò a battere veloce e dolorosamente.

“No,” la voce si incrinò, gli occhi secchi.

“Per favore, Kurt, per una volta nella tua vita sii onesto con me-”

“Beh mi dispiace deluderti, papà,” la voce del ragazzo si alzò di tono, per nessun motivo particolare, “ma essere etero è una cosa che non potrò mai diventare per te.”

La voce di Burt si spezzò. “Kurt-”

“Sono omosessuale,” riuscì a cacciare fuori dalla gola Kurt, sentendosi disgustato.

Il silenzio durò per minuti. Ore. Giorni. Di nuovo, non faceva particolarmente differenza.

Alla fine Kurt realizzò che suo padre non era più seduto al tavolo.

Presente

Due settimane dopo, Kurt capì di aver perso tutto.

“Chi è quello?”
“E' Hummel.”
“Oh davvero? Sembra così diverso. Hai sentito della-”
“Sì. L'ho sentito. Non mi avvicinerei a quel ragazzo neanche con un palo lungo cinque metri.”
“Allora pensi che sia vero?”
“Senza dubbio.”


Adesso tutti sapevano. Le notizie viaggiavano veloci a Lima, e non un solo sguardo comprensivo gli fu rivolto. Se c'era una cosa che Lima disprezzava, era il 'diverso'. E Kurt era esattamente quello, in quello si era trasformato. Non che avesse permesso ad altri occhi di guardarlo, in ogni caso; passò tutto il suo tempo rintanato in casa o isolato a scuola. Tutti in casa stavano in silenzio a tavola all'ora di cena, Finn evitando ogni tipo di contatto visivo mentre mandava giù il cibo per poi scappare in fretta verso camera sua, Burt cercando costantemente di catturare lo sguardo del figlio senza successo, perchè Kurt non poteva permettere alla delusione che riempiva senza dubbio gli occhi del padre di sprofondargli dentro, Carole occupata a masticare tristemente i suoi piatti preparati in casa.

Il preciso momento in cui realizzò di aver perso tutto fu sotto ad un solitario albero appena fuori dall'area pranzo, mentre ignorava le occhiate curiose e gli sguardi cattivi. Un mese prima aveva la sua maschera, sicura, dietro cui nascondersi. Aveva un migliore amico, un fidanzato che lo adorava alla follia così come faceva Kurt. Aveva una cerchia di amici che gli salvava la reputazione. Aveva il glee club, che non era poi più la stessa cosa con solo Rachel, Artie e un professor. Schuester molto a disagio. Aveva suo padre, che provava a fare del suo meglio per supportarlo in ogni caso. Dio, aveva persino un fratello fortemente leale nei suoi confronti, anche se era un pochino strambo. E adesso era da solo, a guardare Blaine ridere e divertirsi spensierato con i suoi cosiddetti amici, giacca di pelle addosso e tutto il resto. Kurt ricordava un tempo in cui anche lui aveva avuto quell'aspetto, quando era uno di quelli che contavano e tutti pensavano che fosse uno dei ragazzi più forti della scuola.

Era appena passata una settimana, ma sembravano anni. Decenni. Secoli.

Guardatelo ora. Non si preoccupava neanche di sistemarsi i capelli in un attento ciuffo scompigliato con montagne di lacca, la giacca di pelle abbandonata a casa a favore di un papillon color lavanda che non aveva avuto il coraggio di ridare a Blaine. Non sarebbe stato possibile, comunque, considerando che lui e Blaine non parlavano più.

Non era una cosa che avevano deciso di fare,quella di interrompere i contatti. Era semplicemente capitato. I ragazzi si erano presi Blaine, avevano buttato fuori Kurt, molto semplice. Non era stato fatto nulla al riguardo. E Kurt avrebbe anche potuto sprecare il suo tempo nel sentirsi triste della cosa, ma che motivo c'era? Se lo meritava, per aver pensato di poter in qualche modo modificare la realtà così che si adattasse al suo mondo fantastico.

Adesso che era stato tutto rivelato, divulgato attraverso le parole, Blaine non sembrò più per niente intenzionato a rivolgerli uno sguardo.

Se non fosse che in quel momento, ad un mese dall'incidente, senza preavviso, Blaine voltò la testa per guardarlo dritto negli occhi.

Fu allora che Kurt reagì.

Quattro settimane prima, il continuo.

Kurt non poté rispondere perchè venne lanciato contro una fila di armadietti.

“Ho sempre saputo che c'era qualcosa di strano in te” ringiò Puck direttamente in faccia a Kurt.

“Puck,” accorse Blaine. “Ehi amico, finiscila-”

“No, va tutto bene,” Puck rassicurò Blaine, dandogli delle pacche sulla spalle come se fosse ferito. Il ragazzo corrucciò le sopracciglia, preoccupato e confuso.

Puck tornò a guardare Kurt con gli occhi confusi, proprio mentre il resto dei ragazzi cominciava ad arrivare, Sam e Mike al fianco di Puck mentre Finn indugiava indietro con Blaine, ad osservare. Puck strinse nel pugno il colletto di Kurt. “Un conto è essere malati, ma è tutta un'altra cosa andare a infettare le persone innocenti.”

Malato. La parola sprofondò nella pelle di Kurt, avvelenandogli il sangue che pompava veloce il suo cuore.

Puck lo lasciò andare con un altro spintone, emettendo un suono di disgusto. “Ugh. Vai a farti curare o qualcosa del genere, prima che tu cominci a spargere un'epidemia.” Si pulì le mani sui jeans prima di guidare via il resto del gruppo, Blaine al seguito.

“Coraggio amico,” disse a Blaine, “sei con noi ora. Ti rimetteremo in sesto in men che non si dica.”

Kurt lanciò uno sguardo disperato al suo migliore amico.

“Blaine?” mugolò, la voce quasi inesistente.

“Io-” il viso di Blaine mostrò agonia prima che Mike lo strattonasse con forza via, uno sguardo cattivo diretto a Kurt mentre dava delle pacche di conforto sulla spalla del ragazzo.

Kurt scivolò sul pavimento nel corridoio vuoto.

Così Puck sapeva. Aveva visto, lo aveva detto ai ragazzi, che lo avevano detto alle ragazze, che lo avevano detto, a giudicare dalla assenza di contatto visivo, a tutti. Ma Puck non aveva visto esattamente quello che era successo, oh no. Aveva dovuto interpretarla a suo modo. Sarebbe stato troppo per la sua limitata mentalità pensare che due dei suoi amici fossero... diversi, perciò ne aveva visto solo uno. Un amico con una... malattia, che aveva infettato l'altro. Malato; ecco cos'era Kurt, e Puck aveva giustificato il suo favorito, il nuovo arrivato ovviamente fico, uno dei due ai danni di quello strano che Finn aveva introdotto nel gruppo dal nulla. Rispecchiava molto il “un qualsiasi amico di uno del gruppo è anche nostro amico.” Lui, in quanto amico e fratello di Finn, era stato gettato via mentre l'amico di Kurt prendeva il suo posto. Rispecchiava bene quella mentalità fortemente fedele e leale, perchè evidentemente quando un amico stava male la prima cosa da fare non era aiutarlo, ma salvare tutti gli altri dall'affondare con lui.

Così Puck aveva visto, e aveva convinto tutti nella scuola nel giro di una settimana che Kurt era contagioso, aveva la malattia dell'interesse verso una persona dello stesso sesso, e la stava volontariamente diffondendo.

Ma non era nemmeno quella la parte peggiore.

Il peggio era che Blaine non aveva nemmeno provato a fare nulla al riguardo.

Assicurare Puck e i ragazzi che anche lo stesso Blaine era malato? Difendere il suo migliore amico? No. Ovviamente la sua reputazione era più importante per lui di quanto non lo fosse Kurt, quello che gliela aveva fatta avere. Una volta che era stato tutto lasciato allo scoperto ogni cosa appariva così vera, e senza quella sensazione fantastica l'eccitazione era svanita. Tutto ciò che era stato risparmiato era la malattia di lui e Kurt agli occhi della società, e una volta fornita la possibilità di non essere visto come uno malato, l'aveva colta. L'aveva colta e aveva abbandonato Kurt su due piedi, un piccolo prezzo da pagare per l'accettazione da parte della società.

Seduto lì nel corridoio vuoto, la fredda placca della spilla di Blaine bruciante contro la sua pelle ardente, Kurt non si era mai sentito così solo.

Presente, continuo.

Realtà. Crudele, dura realtà. Come si era sbagliato Kurt, a pensare che i suoi sentimenti e quelli di Blaine fossero veri. A pensare che l'amore e i baci e le spille fossero nient’altro che ingenue fantasie trasportate dal mutevole vento estivo trascinato dalla calura di Agosto.

Beh adesso Kurt sapeva che cos'era la realtà.

E aveva bisogno che anche tutti gli altri lo sapessero.

Senza preavviso, Blaine voltò lo testa e guardò Kurt dritto in volto. Quello che Kurt vide fu inequivocabile.

Pietà.

E fu allora che Kurt reagì.

Le sue gambe lo fecero alzare, lo portarono oltre il campo, muovendosi tra i tavoli e gli sguardi e i movimenti schivi dei passanti impegnati ad evitare di toccarlo a tutti i costi per la paura di prendere la malattia quasi mortale. Raggiunse finalmente il tavolo che era solito occupare a pranzo, dove le Pink Lady e i suoi vecchi amici stavano chiacchierando.

Ma non si fermò lì. Si mise in piedi sulla panca accanto a Blaine e poi sopra il tavolo, la testa tenuta alta.

“Ma che diavolo?” Sam alzò lo sguardo per lanciargli un'occhiataccia.

“Togliti dal nostro tavolo, pervertito,” bofonchiò Mike.

“Kurt,” pronunciò una voce sottile, e Kurt la riconobbe come la voce di Finn, che gli rivolgeva la parola per la prima volta dopo settimane, prima di portarsi le dita alla bocca e fischiare forte.

Il frastuono si alzò a sufficienza per permettere a Kurt di catturare l'attenzione altrui.

“Caro McKinley,” urlò Kurt, giusto un po' istericamente, “Sapete che posso vedervi guardarmi come una specie di zombie che cammina per strada? Posso sentire le storie, le falsità che dite sul mio conto? Credo di averne addirittura sentita una su come mi crescano le zanne e me ne vada a infettare l'intera città. Beh indovinate un po'. Non importa quanto ridicole siano queste storie, a me non importa niente.”

“Kurt,” la voce era quella di Blaine questa volta, ma Kurt era troppo preso dal discorso.

“E sapete un'altra cosa McKinley? Me le prendo. Accetto le vostre occhiate e le vostre storie perché me lo merito. E' quello che me ne viene per aver pensato di poter trovare la felicità nella mia triste vita, di poter stare con un ragazzo e di potermela cavare, di indossare la sua spilla e pensare che significasse qualcosa.”

Strappò la infamata spilla appesa tristemente sul suo papillon e la lanciò via chissà dove.

“Sì. Sono un omosessuale. Sì, sono malato. Forse è contagioso. Forse no. Ma ne sono orgoglioso perché è quello che sono. Questo sono io e nessuno può cambiarlo. Ho perso i miei amici, ho perso mio padre, ho perso mio fratello, ho perso la mia passione e ho perso la mia dignità ma non importa quanto voi proviate a farmi cadere in basso, io non mi perderò mai d'animo.”

Fu più o meno in quel momento che, a causa della noia, vari tipi di cibo cominciarono a volargli contro mentre gli studenti tornavano alle loro conversazioni. Lottando per mantenere ogni briciolo di dignità che gli era rimasta, riuscì ad afferrare una mela, prenderne un morso e a lanciarla indietro da dove era arrivata, prima di saltare giù dal tavolo e camminare sicuro di stesso su per la grande rampa di scale proprio quando la campanella segnalò la fine dell'ora di pranzo.

Un mese dopo

Kurt riuscì ad ottenere quello che desiderava.

Una volta che le storie diventarono roba vecchia, nessuno lo fissò più. Nessuno lo evitava neanche più. Era più o meno proprio come se non esistesse. Dopo un po', Kurt si era convinto che le persone potessero passargli attraverso e lui non se ne sarebbe neanche sorpreso.

Ogni giorno camminava per i corridoi del McKinley senza neanche preoccuparsi di guardare quello che lo circondava. Non sapeva se i suoi professori fossero al corrente della situazione. In ogni modo avevano smesso di chiamarlo per rispondere in classe, dopo aver capito che avrebbe risposto in nient’altro che monosillabi. Non importava, comunque, prendeva voti impeccabili in quella scuola per sempliciotti provinciali. Sedeva sotto al suo albero a pranzo, mangiando se ne aveva voglia e non mangiando se non ne aveva. Se per caso passava accanto a Blaine nei corridoi, lo trattava come chiunque altro trattava Kurt, prendendolo come cellofan. Trasparente e magari anche inesistente.

L'unico caso in cui Kurt non veniva ignorato era quando veniva spinto contro gli armadietti.

Ogni tanto il suo gironzolare senza alcun particolare scopo prefissato irritava gli occasionali passanti, incluso Puck, gli atleti guidati dal quarterback Dave Karofsky, e persino ragazzi sconosciuti che sembravano non avere niente di meglio da fare.

Neanche gli atti di bullismo erano poi tanto brutti, perchè molte persone avevano persino il timore di toccarlo, senza contare il guardarlo negli occhi per insultarlo per paura di prendersi la cosiddetta malattia.

Kurt spesso trovava divertente comparare la sua condizione con quella di una infestazione di pidocchi delle medie, in chiave liceale.

Al di sotto della vuota monotonia della sua nuova vita, si sentiva isolato. Tradito. Senza vita. Inumano. E tante altre emozioni compresse per cui non trovava metodo di espressione.

Beh, stava proprio per verificarne la possibilità.

“Signor. Schue,” disse, riconoscendo che la sua voce era ancora cristallina come sempre. Il professore, spaventato dal suono di una voce rimasta per così a lungo in silenzio, si voltò verso Kurt sorpreso.

“Sì, Kurt?” disse lentamente, con occhi stanchi.

Kurt guardò brevemente attorno la sala canto, vuota fatta eccezione per Rachel su una delle sedie rialzate. Artie aveva lasciato il club da tempo, non essendo in grado di sopportare le lamentele di Rachel e le richieste di assoli, malgrado fosse l'unico membro attivo del club. Rachel gli lanciò uno sguardo che era quasi di comprensione, prima di ritornare al suo sguardo duro rivolto nel vuoto.

“Mi chiedevo se potessi usare l'auditorium per fare pratica, invece che stare nel glee club oggi.”

Il signor. Schuester sembrò riluttante all'essere lasciato da solo in una stanza con Rachel, ma annuì comprensivo e gli diede persino una piccola pacca sulla spalla. Kurt sobbalzò all'inaspettato gesto amichevole e il signor, Schue ritrasse velocemente la mano. Aprì la bocca, pronto a dire qualcosa di profondo, ma fece solo un sospiro addolorato. “Certo Kurt,” disse tristemente.

Kurt annuì con la testa e uscì dalla classe per avanzare attraverso i corridoi vuoti fino all'auditorium.

Una volta sul palco, messo faccia a faccia con lo spazio vuoto dell'auditorium, Kurt si lasciò scappare appena un sospiro. Lo stare lì, dove apparteneva, rimosse una parte sufficiente della foschia protettiva che il suo cervello aveva innalzato per permettergli di vedere quante emozioni erano state occultate nelle sue vene.

Chiuse gli occhi con un respiro che lo fece tremare, sentendo gli strumenti attivarsi nella sua testa, quasi rumorosi e vividi come nella realtà. Chiamò ad alta voce le parole, non cantò per nessuno se non per udire se stesso, cantò al posto di pronunciare le parole che non avrebbe potuto mai dire a nessuno, nemmeno a lui stesso.

All that work and what did it get me?
Why did I do it?
Scrapbooks full of me in the background.
Give 'em love and what does it get ya?
What does it get ya?

One quick look as each of 'em leaves you.

Le lacrime punsero gli occhi di Kurt e impose loro di non cadere, per paura di rendere la voce tremolante. Aveva bisogno di buttare fuori le parole, e aveva bisogno che fossero chiare e forti.

All your life and what does it get ya?
Thanks a lot and out with the garbage,
They take bows and you're battin' zero.

Attraverso gli occhi chiusi sentì luci bianche illuminarlo da dietro, il suo nome scritto a grandi lettere luccicanti, sentì i penetranti sguardi di un pubblico di duecento persone osservarlo, pendere da ogni sua singola nota, ogni singola parola.

I had a dream.
I dreamed it for you, Dad.
It wasn't for me, Finn.
And if it wasn't for me
Then where would you be, Blaine Anderson?

Gli occhi di Kurt si spalancarono, la fantasia svanì e la desolata realtà lo avvolse. Volò via da essa, la rabbia che risaliva su per lo stomaco fino al petto e fuori dalla bocca, con la voglia disperata di tagliarla con le sue parole.

Well, someone tell me, when is it my turn?
Don't I get a dream for myself?
Starting now it's gonna be my turn.
Gangway, world, get off of my runway!
Starting now I bat a thousand!
This time, boys, I'm taking the bows and...

Scappò dai suoi polmoni, senza freni da parte della realtà né della fantasia.

Everything's coming up Kurt!
Everything's coming up Hummel!
Everything's coming up Kurt!
This time for me!

Risate isteriche e trionfanti emersero dal suo diaframma, intontito dalla sensazione di libertà mentre danzava libero sul palco.

For me!
For me!
For me!

For... me!
 

Cadde sulle ginocchia, un po' senza fiato, un po' singhiozzando, un po' quasi ridendo, mentre passava le mani tra i capelli umidi di sudore.

Era tutto fuori... finalmente.

“Quello sì che è cantare, figliolo.”

La testa di Kurt scattò in alto al suono della voce di suo padre. Le brillanti luci del palcoscenico svanirono dalla sua mente e gli occhi si focalizzarono all'esterno nel pubblico inesistente; vuoto fatta eccezione per un sedile in fondo nell'ala frontale da cui suo padre si stava alzando per scendere la navata e arrivare al palco.

Domandandosi quale fosse la cosa migliore da dire in una situazione come quella, ovvero l'apparizione improvvisa di suo padre nell'auditorium della scuola, nel bel mezzo della giornata, venuto a vederlo cantare dopo settimane in cui non gli aveva rivolto la parola, si decise per qualcosa di banale come : “Era Rose's Turn,” detto senza fiato, mentre si sistemava la frangia con un movimento fluido del pollice.

“Potrei anche abituarmi. Forse,” suo padre strinse le labbra in un sorriso, salendo le scale del palco e fermandosi a pochi metri da Kurt.

“Che cosa ci fai qui?” chiese il ragazzo a voce bassa, con sincerità.

“Il tuo professore del glee club mi ha chiamato. Ha detto che era preoccupato per te. E onestamente, lo sono anch'io.”

Il risentimento di Kurt era troppo forte per poter essere trasmesso a parole.

“Ma invece di parlare con me, non appena sono arrivato mi ha detto di andare qui in auditorium. C'era qualcosa che dovevo vedere.”

“Beh lo hai visto,” disse Kurt con freddezza, incrociando le braccia sul petto. “Hai fatto la tua parte, adesso non hai più alcun obbligo. Perciò credo ci rivedremo a casa.”

Ma Burt non si mosse. “Sono preoccupato per te,” ripeté.

“Sì,” urlò Kurt sfogandosi. “Sì lo so. Lo sarei anch'io se scoprissi che il mio unico figlio ha una malattia mentale. E sicuramente mi metterei seduto per mesi a vederlo affondare sempre di più nella solitudine. Manterrei sicuramente le distanze quando tutto quello di cui avrebbe bisogno sarebbe un padre, o un amico, o un aiuto o persino qualcuno con cui parlare,” si sfogò, la voce piena di sarcasmo, prima di voltarsi per andare via. “Mi dispiace di averti deluso.”

“Kurt, non farlo, sto provando ad essere onesto con te,” gli ordinò Burt, e Kurt girò sul posto, le lacrime brucianti negli occhi, le mani chiuse a pugno.

“Buono a sapersi che sei finalmente tornato in te, dopo settimane passate a sapere che tuo figlio era malato-”

“Smettila,” urlò Burt, e tutta la furia che lo avvolgeva svanì nel momento in cui sentì la voce di suo padre incrinarsi. “Smettila di parlare di te stesso come- come se fossi un oggetto rotto o qualcosa di simile.” Suo padre appoggiò la fronte sulla mano.

“Non è quello che sono?” la voce di Kurt tremò, mentre avvolgeva le braccia attorno al proprio corpo.

“Non credo a una parola di tutte quelle falsità,” la voce del padre era ritornata ad essere forte. “Tu sei il ragazzo più intelligente, più coraggioso, più pieno di talento che io abbia mai visto, e se tutto questo ti rende malato allora il mondo è davvero messo peggio di quanto pensassi. Sei stato così sin da quando avevi due anni, ho sempre saputo che fossi diverso ma non avrei mai pensato...” scosse la testa. “Ma non importa, non puoi semplicemente prenderti casualmente una 'malattia' che dura tutta la vita. Non sei malato, Kurt. Tu sei così. E se questa è una parte della tua persona...” Burt prese un respiro tremulo a fece un passo avanti verso Kurt, i cui occhi cominciarono a far cadere lacrime. “Allora proverò dannatamente a fare del mio meglio per amarti nella tua interezza. Perchè ti voglio bene, Kurt.”

E poi delle braccia calde e protettive stavano avvolgendo Kurt e lui stava crollando tra di esse. “Ti voglio bene anch'io papà,” riuscì a dire.

“Dovremmo lavorare entrambi, per fare in modo che questo succeda,” disse Kurt, portandosi Kurt più vicino.

“sarà difficile,” mormorò Kurt.

“Lo so, figliolo,” sospirò Burt, alzando lo sguardo verso il cielo per farsi forza. “Lo so.”

Poche ore dopo.

Kurt tornò in camera sua dopo la cena con sua padre alla tavola calda di Joe, libero di un piccolo peso dalle spalle. Si erano raccontati un po' di cose sulle ultime settimane con pochi, per la gioia di Kurt, momenti imbarazzanti.  Avere suo padre dalla sua, anche solo in piccola parte, era un vantaggio e lo sollevava anche solo un po', abbastanza per rendere decisamente più leggero il peso che aveva dentro e tuttavia non a sufficienza.

Per la prima volta in lungo periodo di tempo, Kurt mise un disco nel giradischi e lasciò che la musica riempisse con dolcezza la camera. Si mosse verso la finestra e la aprì lasciando entrare la fresca aria autunnale, portando aria pulita nei polmoni. Ci volle un po' prima che si accorse di stare cantando, per la prima volta in settimane, solo per il piacere di farlo, senza esprimere nulla in particolare ma semplicemente assaporando la sensazione di dolci note melodiche scivolare dalla sua lingua.

Stars shining bright above you;
Night breezes seem to whisper 'I love you'.
Birds singing in the sycamore tree.
Dream a little dream of me.

Forse non era poi tutto così storto. Poteva ancora avere quello che desiderava di più; un futuro a Broadway. Quella sensazione che provava sul palco non poteva essere paragonata a nessun altro tipo di soddisfazione, una specie di brivido incommensurabile. Riusciva a pensare a solo un'altra cosa in grado di fargli provare le stesse cose, fargli sentire quel doloroso desiderio, così disperato di strisciare fuori dal suo petto e quella era...

Beh, non aveva bisogno di quello per essere felice.

Sarebbe riuscito a convincersi di questo.

Prima o poi.

Say nighty-night and kiss me;
Just hold me tight and tell me you'll miss me.
While I'm alone, blue as can be,
Dream a little dream of me.


Forse se la fortuna fosse tornata di nuovo dalla parte di Kurt, Blaine sarebbe potuto tornare da lui in un modo e nell'altro. E se così non fosse stato, Blaine lo avrebbe ricordato per sempre; senza mai provare a eliminare il ricordo di Kurt, ricordandolo sempre con dolcezza. E forse, se Kurt avesse avuto un po' di fortuna, Blaine lo avrebbe sognato, così come lui sognava il ragazzo e ognuno sarebbe rimasto nel cuore dell'altro, se non nelle proprie vite, per sempre.

Stars fading but I linger on, dear -
Still craving your kiss.
I'm longing to linger till dawn, dear,
Just saying this...

Forse era la necessità di dormire. O forse era finalmente crollato sotto quel peso opprimente, o forse era solo il semplice ricordo di Blaine ma in ogni caso, poteva ancora sentire la voce di Blaine fondersi con la sua, risuonare nella notte tranquilla.

Sweet dreams till sunbeams find you -
Sweet dreams that leave all worries behind you.
But in your dreams, whatever they be,
Dream a little dream of me.

Chiuse gli occhi, rilassandosi nella parte della canzone senza parole. Ma sentì lievemente, giusto appena udibile, qualcuno fischiare assieme alla melodia. Gli occhi si aprirono per la sorpresa, osservarono la camera da sopra la sua spalla e dopo non aver trovato nulla, decise di sporgersi fuori dalla finestra.

Non poteva essere. Gli occhi di Kurt stavano giocando un brutto scherzo al ragazzo, il suo cuore infranto gli stava facendo avere le visioni.

Ma se prima c'erano dei dubbi, non ce ne furono più quando Blaine cantò, camminando lungo il vialetto, negli occhi un piccolo scintillio accennato.

Stars shining bright above you;
Night breezes seem to whisper 'I love you'.
Birds singing in the sycamore tree.
Dream a little dream of me.

Per forza dell'abitudine, la mente vuota da ogni pensiero, Kurt si unì a lui, bramando come se fosse una cosa naturale il suono delle loro voci fuse insieme.

Sweet dreams till sunbeams find you -
Sweet dreams that leave all worries far behind you.
But in your dreams, whatever they be,
Dream a little dream of me.

Sì, sognami.

Fu solo quando Blaine entrò nella luce proveniente dalla finestra che Kurt si accorse dei lividi sul suo viso.

Pochi minuti dopo.

“Non sapevo dove altro andare,” disse Blaine, la voce che andava spegnendosi, probabilmente per via del taglio che continuava a sanguinare sulla tempia. “Mi dispiace, avrei dovuto chiamare, o avvisare, ma dopo- non avrei potuto-”

“Zitto,” gli ordinò Kurt, mentre premeva un asciugamano bagnato sulla sua testa.

“Kurt, credevo di averti detto nessun ospite dopo le nove e mezza,” disse Burt mentre entrava in cucina, ma si fermò immediatamente quando vide lo stato un cui si trovava Blaine, lividi in viso e vestiti spiegazzati, appoggiato contro il lavandino mentre Kurt si prendeva cura di lui. “Blaine? Cos'è successo figliolo?” chiese Burt, affrettandosi a sorpassare il tavolo per affiancare Kurt, indagando l'entità dei danni.

“Lascia perdere,” disse Kurt con tono cupo, tamponando il viso di Blaine con dell'aloe. “Ho continuato a chiederglielo per dieci minuti ma non vuole dire niente. Però chiede scusa, sembra che non sappia dire nient'altro.”

“Mi scusi signore,” disse Blaine nemmeno a farlo apposta.

“Okay, basta così,” disse Burt a Kurt, spostando gentilmente le sue mani e portando Blaine verso il tavolo, facendolo sedere su una delle sedie. Blaine fece un sussulto mentre si sedeva.

“C'è qualche problema? Hai bisogno di un posto dove stare ragazzo?” chiese Burt con serietà, sedendosi di fronte a lui. Kurt si lavò le mani e prese posto nella sedia di fronte e in mezzo agli altri due.

“Sì signore,” disse Blaine a voce bassa, chiudendo gli occhi.

“I tuoi genitori sanno che sei qui?”

Blaine tremò, e la cosa provocò uno strano brivido nella schiena di Kurt. “No.”

“Saremmo felici di ospitarti ma non posso farlo a meno che i tuoi genitori-”

“I miei genitori...” lo interruppe Blaine, la  voce tremula. “Non mi vogliono. Non mi vogliono più.”

Il silenzio si diffuse per tutta la casa.

“Burt, tesoro?” chiamò Carole dal salotto, entrando in cucina. “Vieni a letto? Oh,” rimase senza fiato quando Blaine si voltò per accoglierla. “Blaine, tesoro, cos'è successo?”

“Shh,” Burt indicò alla moglie di fare silenzio, facendola sedere nella sedia accanto a lui. “Stavamo giusto arrivando a questo. Blaine,” adagiò una mano sul braccio di Blaine. “Perché i tuoi genitori non ti vogliono più?”

Ma Blaine sembrava avere altre cose in testa. “Era troppo,” parlò in automatico, gli occhi fissi sul tavolo, diretto più a se stesso che a qualcun' altro. “Era orribile, si stava accumulando tutto dentro di me e non avevo nessuno con cui parlare, avevo persino il 'supporto' dei miei amici-” rise in modo sarcastico, facendo tremare il tavolo. “Già, non erano di tanto aiuto. Credevano tutti che fossi... beh, alla fine era troppo da sopportare e sono crollato, l'ho detto ai miei genitori. Ho detto loro la verità.”

“Cosa hai detto, tesoro?” lo incitò Carole, scambiando uno sguardo confuso con Burt.

Ma Kurt sapeva esattamente cosa.

Blaine distolse gli occhi dal tavolo per guardare Kurt in cerca di supporto. O di approvazione, di permesso, e in qualche modo Kurt capì che cosa stava chiedendo. Annuì. , pensò, sperando che Blaine fosse ancora in grado di leggergli nel pensiero come sempre. Qui puoi farlo, nessuno ti farà del male.

Blaine si rivolse di nuovo ai genitori di Kurt. “Ho detto loro che... io... io sono...”

Era buffo come, dopo due mesi, Blaine fosse quello che non riuscisse a dirlo mentre Kurt lo esprimeva liberamente. Buffo come le cose potevano capovolgersi in quel modo.

Blaine sembrò ancora incapace di parlare, perciò Kurt gli offrì un aiuto. “Ha dei gusti non proprio uguali a quelli degli altri, possiamo metterla così.”

Burt lanciò un'occhiata a Kurt prima di rivolgersi di nuovo a Blaine, “Allora anche tu sei come lui?”

“Come lui?” si accigliò Blaine

“Gliel'ho detto due mesi fa,” disse Kurt a bassa voce.

“Che cos'è successo quando l'hai detto ai tuoi genitori?” chiese Burt.

“Non l'hanno presa molto bene. Mia mamma è rimasta in silenzio e mio padre, lui... ha pensato di farmi rinsavire a suon di pugni e... così lui-” si indicò il volto.

“Oh Dio,” Carole si portò una mano alla bocca.

“E dopo un po', dopo che avevo smesso di reagire, lui ha... semplicemente smesso. Mi ha detto di andare via, e di ritornare quando mi fossi rimesso la testa a posto e credo che si fosse messo a piangere, ma non ne ero sicuro perché sono corso fuori dalla porta e quello che ho realizzato dopo era di trovarmi qui.”

“Farò una chiacchierata con il signor. Anderson,” disse Burt sicuro di sé, con voce seria.

“E io farò una chiacchierata con la polizia,” mormorò Carole, alzandosi per recuperare il telefono.

“E fino ad allora-” cominciò Burt.

“Starai con noi,” finì Kurt per lui, e Burt annuì con la testa a suo figlio. “Puoi stare sul divano in camera mia. Andiamo,” disse, tirando leggermente Blaine per il braccio per farlo alzare.

“Mettilo comodo, figliolo,” istruì Burt, andando a mettersi in piedi accanto a Carole.

“Sì papà,” lo rassicurò il figlio, e strinse in modo protettivo il braccio di Blaine per guidarlo nel salotto e verso le scale.

Ma prima che potessero salire le scale, Blaine crollò tra le braccia di Kurt.

“Grazie,” sussurrò con voce rotta. “E mi dispiace. Mi dispiace, così tanto. Ti amo.”

“Ti amo anch'io” mormorò Kurt, maledicendo il suo cuore che si era riscaldato così velocemente, quando invece si sarebbe dovuto sentire infuriato con il ragazzo. “Adesso andiamo, di questo parleremo domani mattina. Mettiamoci a letto.”

La porta di Finn si aprì una volta che arrivarono sul pianerottolo.

“Che sta succedendo?” chiese, assonnato. Gli occhi si spalancarono quando Kurt e Blaine gli passarono davanti. “Oh amico, Blaine, cosa-”

“Torna a dormire,” mormorò Kurt, le prime parole rivolte a suo fratello in due mesi, e lo spinse dietro in camera sua.

Una volta che aveva portato senza correre rischi dentro la doccia Blaine  (con la porta aperta, in modo che potesse intervenire nel caso il ragazzo fosse caduto a causa della molto probabile commozione cerebrale), recuperò lenzuola di riserva dall'armadio e proseguì con il rivestire il divano per trasformarlo in un letto comodo. Blaine emerse dal bagno proprio mentre stava sprimacciando i cuscini, vestito con un vecchio pigiama di Kurt e immediatamente collassò sul letto appena fatto. Kurt dispiegò sopra di lui le lenzuola e una coperta in più, sorridendo un po' tristemente, e spense la lampada accanto a lui prima di scappare in bagno per continuare la sua serale sessione idratante di routine.

Dopo trenta minuti abbondanti finalmente strisciò dentro il letto, e sebbene fosse esausto non riuscì ad impedirsi di guardare furtivamente l'alzarsi e abbassarsi del corpo di Blaine sul divano.

“Sogni d'oro” non riuscì a impedirsi di mormorarlo.

“Finché i raggi del sole non ti trovino,” sospirò Blaine in risposta, e Kurt sorrise dentro di sé mentre lasciava che il sonno lo accogliesse.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Dream A Little Dream Of Me - Redux ***


CAPITOLO 11 - Dream A Little Dream Of Me - Redux

Blaine si sentiva così colpevole. Così orrendamente, terribilmente, pateticamente colpevole. Non si era mai sentito così angosciato nella sua vita.

Si era innamorato. Aveva capito come fare ad essere felice per il resto della vita, e forse era stata una cosa un po' ingenua ma era una cosa giusta, la cosa più giusta che avesse mai saputo. Meglio essere ingenui che... beh. Che questo.

In verità, fu nel momento in cui incontrò Kurt che tutto andò storto. In quale mondo fosse giusta la bizzarra idea di innamorarsi, per non parlare del dare corda ai sentimenti per un altro ragazzo, Blaine non ne aveva idea. Da dove gli fosse venuta in mente l'idea di pomiciare sotto alle gradinate con un fidanzato -fatto socialmente inaccettabile-, Blaine non lo capiva.

Lo avrebbe dovuto sapere. Ma oh, adesso sì che lo sapeva.

Quel rimorso lo avrebbe ucciso dall'interno.

Se Blaine si era sentito in soggezione a causa delle occhiate curiose a lui dirette il primo giorno di scuola, non era niente in confronto a quel tipo di attenzioni. O la mancanza di esse. Doveva esserci per lo meno un metro di spazio vuoto attorno a lui e Kurt, mentre si facevano strada tra i corridoi del McKinley.

“Kurt,” sibilò. “E' una mia sensazione o le persone ci stanno evitando?”

Guardò la bocca di Kurt aprirsi per parlare, i suoi capelli castani brillare per la lacca e la sua pelle chiara brillare come quella degli angeli sotto le luci fluorescenti, e i fianchi ondeggiare mentre camminava-

Ma maledizione, niente di quello importava perché fu tutto scagliato contro una fila di armadietti da Puck, che sembrava pronto a prendersela con il ragazzo. Gli occhi blu marino di Kurt, spalancati e confusi, trovarono quelli di Blaine, risvegliandolo dallo stato di shock.

“Hei,” scattò in avanti verso Puck, allungando la mano per portarlo via da Kurt. “Amico, smettila-”

Ma Puck lo interruppe, toccandolo come se fosse ferito ovunque, dicendogli che andava tutto bene, come se fosse stato un bambino a cui era appena scoppiato il palloncino alla fiera di paese. Dal nulla arrivò il resto della gang, Sam e Mike affianco a Puck e Finn scivolando accanto a lui, lanciandogli nervosamente un'occhiata. Blaine era senza parole e non riusciva a pensare; era sicuro che Puck avesse visto lui e Kurt sotto le gradinate ma questa reazione era incomprensibile; perchè stava minacciando Kurt, insultandolo? Perchè non lo stava facendo con lui? Era stato Blaine a lanciare il foglietto a Kurt, Blaine aveva dato la spilla a Kurt, era stato Blaine a chiedere a Kurt di uscire insieme, gli era saltato addosso nel retro della macchina, aveva convinto Kurt ad unirsi al glee club, aveva portato la sua macchina nel negozio di Kurt...

Era tutta colpa di Blaine. E Kurt ne veniva incolpato.

Sfortunatamente, lo stava scoprendo troppo tardi.

“Blaine?” la voce debole, supplicante, di Kurt lo riportò violentemente alla realtà.

Aprì la bocca per parlare, ma qualcosa impedì ai suoni di uscire. Un solo, piccolo, insignificante, asfissiante pensiero. La possibilità che Kurt potesse stare  - no per carità di Dio – meglio senza di lui.

Fu soltanto quando Blaine fece la sua comparsa, che Kurt cominciò a farsi domande sul suo orientamento sessuale; per quel che ne sapeva Blaine, Kurt avrebbe preso il posto di suo padre al negozio, si sarebbe sposato con una bella ragazza e avrebbe avuto dei figli bellissimi e sarebbe stato stupendamente felice, o per lo meno contento. Qualsiasi cosa sarebbe stato senza Blaine accanto, avrebbe rispecchiato l'opposto di quello che si rifletteva nel volto del ragazzo:  dubbi, dolore, confusione, terrore.

E se tutto quello che Blaine stava facendo a Kurt fosse stato un errore, e sbagliato? Sapeva che Kurt lo amava, e che lui amava Kurt, e che sarebbe stato tutto più brutto senza avere l'altro accanto, ma sarebbe stato doloroso solo per poco. Dopo un po' lo avrebbero dimenticato; sarebbero andati al college o a cercare un lavoro, avrebbero incontrato persone nuove e sarebbero diventati persone che la società accettava tranquillamente. Sarebbe stato meglio per entrambi, ma specialmente per Kurt. Ciò che importava davvero era Kurt; Kurt e la sua felicità.

Quei pensieri gli volarono per la testa in un attimo, mentre guardava quegli occhi blu, e prima che potesse dare voce anche ad uno solo di essi fu trascinato via dai suoi cosiddetti amici, consapevole di star lasciando dietro il suo vero migliore amico.

Dopo circa una settimana il rimorso si era stabilizzato.

E non solo il rimorso.

La depressione. Una vera, innegabile, perdita di volontà dovuta semplicemente alla perdita di una parte di sé.

Perché come diavolo era possibile che Blaine potesse essere felice, o anche solo minimamente contento, quando guardava Kurt venire escluso dal mondo proprio davanti ai suoi occhi?

E la cosa peggiore era che non poteva fare niente al riguardo. Cosa poteva fare? Dichiarare il suo orientamento sessuale? I pettegolezzi erano già abbastanza duri, se la gente avesse saputo che Blaine era davvero gay la situazione di Kurt sarebbe peggiorata, nel caso in cui si fossero convinti che il loro vero io fosse davvero contagioso. E se Kurt stava ricevendo da sé insulti perché era omosessuale, come sarebbero andate le cose se gli altri avessero saputo che qualcuno era coinvolto? Non poteva scaricare Puck e la gang per fare compagnia a Kurt; adesso che tutti sapevano di lui, avrebbero immediatamente pensato il peggio; che Blaine era il suo fidanzato. E sebbene fosse una cosa vera, questo avrebbe fatto ancora più male a Kurt.

Guardò le cose cambiare impotente. La prima cosa a sparire fu la giacca di pelle di Kurt; quello successe il giorno dopo che Puck lo aveva messo all'angolo contro gli armadietti. Poi sparì la brillantina, sostituita dalla  pettinatura in voga con il ciuffo cotonato. Presto le magliette bianche lasciarono il posto a camicie color pastello, e l'andatura ciondolante fu abbandonata a favore di una più naturale postura con la schiena dritta e infine, con orrore di Blaine, sparirono anche il luccichio negli occhi di Kurt e i suoi piccoli sorrisi pieni di spirito. Tutto quello che gli restava ora, dopo essere stato segnato dalle occhiate maligne, dai commenti sussurrati, dall'isolamento, era la testa tenuta alta con dignità, anche se nessun altro eccetto Blaine avrebbe creduto che anche quella era sparita.

Fu solo dopo un mese che Blaine pensò di poter incontrare Kurt in segreto, nei rari momenti in cui i ragazzi distoglievano l'attenzione da lui. Ma fu troppo tardi allora. Era sicuro che Kurt lo avesse dimenticato ormai; o se non dimenticato, era infuriato con lui a sufficienza per non volerlo vedere mai più.

E quel pensiero fece sprofondare Blaine, se possibile, anche più in fondo in una spirale di squallore.

Lo spinse ad essere sufficientemente infelice da rinunciare al suo intento di ignorare Kurt per il suo bene, lo spinse a voltarsi dal suo posto accanto ai compagni intenti a ridere, e a dare un'occhiata di sfuggita al bellissimo ragazzo seduto da solo sotto all'albero di quercia.

Quello che non si aspettò fu di vedere gli occhi di Kurt, solitamente puntati al terreno e vuoti, guardare dritti nella sua direzione, carichi di un'intensità che Blaine non credeva esistesse più.

Subito dopo seppe solo che Kurt si trovava in piedi sul tavolo.

Continuò a guardare con disperazione mentre le persone al tavolo gli lanciavano contro commenti cattivi, ma il ragazzo non sembrò accorgersene. Cominciò ad urlare, a gridare letteralmente contro l'intera massa di studenti e tutto quello che Blaine voleva fare, era di saltare lassù con lui e di urlare con Kurt; quello oppure tirarlo giù e tra le sue braccia, sul suo ventre, cullarlo.

Ma non poteva fare nessuna di quelle cose. Tutto quello che poteva fare era lasciare che dalle sue labbra uscisse fuori quello per cui il suo cuore stava battendo nel petto:

“Kurt,” mormorò.

Ma Kurt non ascoltò. Andò avanti, e Blaine non lo credeva possibile ma stava succedendo: il suo cuore si stava frantumando in pezzi ancora più piccoli mentre Kurt sbraitava sulla perdita di fiducia nella felicità, nell'amore, e quando strappò per davvero la spilla dal suo, dal papillon di Blaine e la lanciò lontano, Blaine fu sicuro che il suo corpo non avrebbe più funzionato con un organo danneggiato in quel modo; di sicuro le crepe nel suo cuore stavano sanguinando e gli stavano causando un'emorragia giusto? Sicuramente sarebbe crollato a terra senza vita in quel preciso luogo e momento, non avendo bisogno di guardare Kurt lottare per trovare alla fine un modo di essere felice senza la presenza intralciante e fuorviante di Blaine?

Quando Kurt se ne fu andato, quando i ragazzi e le Pink Ladies se ne furono andati e il resto della caffetteria fu vuoto, Blaine setacciò il terreno in cerca della spilla perduta, e non appena la trovò la tenne stretta contro il cuore, come se sapesse che non avrebbe più potuto abbracciare Kurt; non se desiderava che Kurt potesse essere il meglio in quel mondo.

Quattro settimane più tardi, le cose non andarono meglio.

In effetti, le cose peggiorarono.

Blaine non riusciva a mangiare. Non riusciva a dormire, Dio riusciva a malapena a camminare e parlare.

I ragazzi la presero per una nostalgia di casa, anche se si trovava in quella città da più di quattro mesi ormai.

Le ragazze lo videro come un attraente ragazzo misterioso.

I professori lo considerarono conseguenza degli ormoni giovanili.

I suoi genitori ritennero che fosse una conseguenza del troppo lavoro a scuola.

Blaine la prese come un puro, genuino mal d'amore della peggior specie. Ogni suo pensiero era per Kurt, ogni respiro, ogni passo, ogni sogno delle sue notti insonni.

E così, quando vide Kurt sgattaiolare nell'auditorium un giorno, non poté non seguirlo.

Quello che vide da dietro i sedili del teatro  non soltanto gli spezzò il cuore; a quel punto era abbastanza sicuro di non averne proprio uno. Non poteva sentire il suo stesso battito, non si sentiva le dita di mani e piedi. Tutto quello che percepiva era un piccolo, caldo dolore lì dove l'organo pulsante era solito stare; una piccola vampa di gioia nel vedere Kurt volteggiare sul palco, una magra consolazione per Blaine, non il solo ad andare avanti portandosi quel peso sulle spalle.

Kurt finì la canzone singhiozzando.

E fu allora che Blaine reagì.

“Hai sentito quelle cose sul figlio di Hummel?” chiese il signor. Anderson quella sera a cena.

“Oh sì, dei pettegolezzi piuttosto brutti circolano al Country Club,” rispose la signora Anderson.

“Povero Kurt,” il signor. Anderson scosse la testa. “Credevo che avesse un buon futuro davanti a lui. E sembrava essere proprio un buon amico per Blaine.”

Blaine non reagì nel sentire pronunciare il suo nome. Non appena Kurt era diventato l'oggetto della conversazione aveva isolato la mente.

“Ah sì, Blaine, come va con la tua domanda per il college?” chiese suo padre.

Blaine non rispose.

“Blaine.”

La testa di Blaine scattò verso alto.

“Sì, signore,” si rivolse a suo padre, facendo ruotare qualche pisello sul suo piatto.

“Ti stavo chiedendo se avevi finito con i moduli per il college,” disse il signor. Anderson con una piccola smorfia di disappunto.

“Non va bene sognare ad occhi aperti mentre si cena, tesoro mio,” disse la sua la signora Anderson.

“Scusa mamma,” mormorò Blaine.

“Beh, giovanotto?” il padr

 rise al momento di vuoto nella testa di Blaine. “Li hai già completati?”

Blaine guardò senza emozione in volto il padre, che stava sorridendo al figlio come se stesse guardando uno specchio e ammirasse la propria immagine riflessa. Che buffo, pensò Blaine, suo padre credeva di conoscere suo figlio. Credeva di sapere esattamente chi fosse Blaine. Era buffo, perchè credeva di sapere chi fosse Blaine siccome conosceva se stesso, ed era oltre ogni dubbio sicuro che Blaine fosse una esatta copia della sua persona. Un improvviso senso di rancore fomentò per questo, mentre realizzava che suo padre non lo conosceva; nemmeno un po'. Non sapeva che cosa volesse davvero Blaine dalla vita, non sapeva quale fosse il suo gusto di gelato preferito, il suo colore preferito o il suo musical preferito e non sapeva nemmeno che a Blaine piacessero i musicals. Diavolo, non sapeva nemmeno che gli piacessero i ragazzi.

Blaine non riuscì ad evitarsi una piccola risata isterica a quel pensiero. Perchè ora, per una qualche folle ragione, desiderava follemente che suo padre capisse chi era. Chi fosse davvero Blaine.

La strana risata non sfuggì alle orecchie del padre, che aggrottò la fronte. “Blaine, non ridere come se la prendessi per un gioco. La tua carriera di avvocato è strettamente legata alla tua ammissione ad un'università rispettabile.”

“Blaine caro,” aggiunse sua madre, “ non giocare con il cibo. Se stai cercando qualcosa da fare, per favore mangialo invece di farlo girare nel piatto in quel modo.”

“Blaine,” il signor. Anderson ignorò il commento della moglie. “Per favore rispondimi, hai completato i moduli-”

“Sai qual'è il mio colore preferito?” parlò improvvisamente Blaine, con la voce un po' più acuta di quanto ricordava essere in origine.

Il signor. Anderson fece cadere la forchetta per la sorpresa. “Io- cosa- scusami?”

“E' il blu, in verità,” lo disse come un dato di fatto, mettendo giù anche lui la forchetta. “Blu marino.”

“Blaine, davvero, per favore rispondi alla domanda di tuo padre,” disse la signora Anderson gentilmente, con aria un po' allarmata.

“E il mio gusto di gelato preferito?” chiese Blaine, rendendosi conto che le sue gambe lo avevano catapultato in piedi mentre lanciava il tovagliolo sul tavolo. “Quello lo sai?”

“Ragazzo, mettiti seduto,” ordinò suo padre, alzandosi anche lui in piedi.

“E' il pistacchio,” rise Blaine amaramente. “Già, è il pistacchio. Scommetto che non lo sapevi. Scommetto che pensavi mi piacesse la classica vaniglia come a te, papà, vero?”

“Blaine,” tuonò suo padre, il viso sempre più tinto di rosso, ma Blaine andava ormai spedito, in una folle e irrazionale corsa.

“No papà, è una cosa importante. E' molto più importante dei moduli per il college perchè sai cosa? Sono tuo figlio e dovresti sapere queste cose di me,” i denti stridettero, mentre avanzava di alcuni passi e gesticolava all'impazzata.

“Tesoro, andiamo, mettiti seduto,” la voce della signora Anderson tremò.

“Sai che cos'altro mi piace?” continuò come un treno Blaine. “Mi piacciono i musical. The Sound Of Music, per essere precisi. E mi piace il baseball, e cantare, e il jazz, e il glee club-”

Blaine Anderson,” la voce di suò padre si alzò di tono, cercando di superare quella del figlio. “Dì solo un'altra parola e-”

“E KURT,” concluse Blaine con un gesto plateale, chiudendo le distanze tra lui e il padre infuriato. “Mi piace Kurt. Sai perché?” Piantò un dito al centro del petto di suo padre per enfasi, per poi pronunciare le parole che si era tenuto dentro per tutta la vita:

“A. Me. Piacciono. I. Ragazzi.”

E poi suo padre gli tirò uno schiaffo.

“NON DIRE COSE SENZA SENSO RAGAZZO,” ringhiò lui.

Ma Blaine stava ridendo. “Lo sapevo. Lo sapevo che lo avresti odiato. Dimostra quanto tu pensassi di conoscermi, no?”

Un altro schiaffo. Ma Blaine non percepiva più nulla.

“Greg!” singhiozzò sua madre.

“Rimangiatelo,” suo padre spinse Blaine contro il muro tirandolo per il colletto.

“Mai,” scosse la testa il ragazzo, sorridendo frastornato. “Mai, mai più.”

Vide il pugno e lo vide entrare in contatto con il suo viso ma si sentiva così al settimo cielo, così felice e libero.

“Povero Kurt,” cercò di schivare i pugni di suo padre ma fallì miseramente. “Povero, povero Kurt...” continuò a voce sempre più bassa, alla fine incapace di parlare a causa della bocca che si stava gonfiando.

Alla fine i contorni di ogni cosa cominciarono a sfocarsi un po', portando via con loro le note acute delle urla di sua madre e quello che provava all'impatto delle mani di suo padre, e la durezza del muro dietro di lui cominciò a scomparire, mentre cadeva al suolo.

“Va fuori di qui,” sentì la voce di suo padre come se provenisse dall'altro lato di un tunnel. “E non tornare finché non ti sarai schiarito le idee, a meno che tu non voglia che io rimetta in sesto il tuo cranio al posto tuo.”

Blaine trovò la cosa ironica, perché la sua testa sembrava davvero deformato, ma le sue gambe, che avevano recepito il messaggio prima della testa, lo stavano rimettendo in piedi e portando fuori dalla cucina, nel salotto e fuori dalla porta, in mezzo alla fredda brezza autunnale.

E poi lo sentì.

Il dolore.

Non solo sul suo viso, ma dappertutto, proprio come quel giorno in cui Kurt aveva fatto il suo discorso in piedi sul tavolo. E nelle sue condizioni disperate, Blaine non poteva più combattere. Gli istinti per la propria salvaguardia non glielo permettevano. Sapeva che cosa avrebbe fatto passare il dolore, e il suo corpo nello sfacelo lo avrebbe condotto da lui.

E fu così che finì davanti alla porta di casa di Kurt.

E non appena sentì quella voce cantare, spensierata e libera da ogni male per una qualsiasi ragione, fece in modo che anche il suo dolore svanisse.

In effetti, fece in modo di far svanire così tanto dolore che si sentì in grado soltanto di cantare.

Sweet dreams till sunbeams find you
Sweet dreams that leave all worries behind you
But in your dreams whatever they be
Dream a little dream of me

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - These Arms Of Mine ***


CAPITOLO 12 – These Arms Of Mine

Kurt prese un respiro profondo, liberandosi di ogni traccia di orgoglio che una volta aveva posseduto, pronto ad umiliarsi, e allora lanciò il sassolino.

Quello rimbalzò fuori dalla finestra di Mercedes ma non ottenne alcuna risposta.

Kurt si guardò dietro da sopra la spalla per assicurarsi che Blaine fosse ancora addormentato, prima di tirarne un altro.

Dovette fare altri cinque tentativi prima che Mercedes si decidesse a spalancare le tende di camera sua e ad alzare un sopracciglio, con l’aria di chi aspetta chiarimenti. Non era contenta. E ne aveva un buon motivo; anche Kurt non lo sarebbe stato se lei avesse interrotto ogni contatto con lui da due mesi, senza spiegazioni.

Appunto per questo c’erano i sassolini e il piano con cui umiliarsi.

Kurt trasalì sotto il suo sguardo di ghiaccio e mostrò il cartello accuratamente preparato in precedenza, decorato con fiori e cuoricini, nella sua migliore scrittura in corsivo:

“Posso venire da te?”

Sembrava una cosa semplice da chiedere, ma negli ultimi tempi erano cambiate così tante cose che Kurt non ne era più sicuro. Non aveva idea se Mercedes avesse sentito per caso qualcosa dello scandalo riguardante il suo orientamento sessuale. Se era capitato, avrebbe voluto continuare ad essere sua amica? O vederlo? Sua madre lo aveva scoperto? Pregò che non gli capitasse mai di uscire dalle grazie della signora Jones, per paura di non poter più essere accolto dai suoi famosi avanzi di arrosto di tacchino, il giorno del Ringraziamento... ma ad ogni modo, Mercedes doveva saperlo direttamente da lui. Era la sua più leale amica e in tutta onestà, negli ultimi tempi Kurt aveva agito esattamente nel  modo opposto.

Con suo grande sollievo, Mercedes roteò gli occhi e si chinò per recuperare il suo blocchetto di fogli sempre restando accanto alla finestra. Velocemente scrisse:

“Puoi essere graziato della mia presenza tra dieci minuti.”

Kurt le fece il sorriso più triste e amorevole, carico di scuse, mentre le mostrava il cuore disegnato accuratamente prima di chiudere la finestra.

“Kurt?”

Si voltò di scatto dalla finestra, spaventato dall’improvviso risveglio di Blaine ancora assonnato. Si stava stiracchiando con calma, sbadigliando rumorosamente quando provò ad alzarsi.

“Oh. Cavoli, la mia testa.”

Kurt camminò velocemente verso il divano e rimise giù Blaine.

“Piano, campione,” la bocca di Kurt si piegò in una smorfia, mentre osservava il ragazzo ferito. Alcuni dei lividi stavano già cominciando a scomparire, ma il taglio sulla sua tempia aveva ancora un brutto aspetto. Kurt odiava vederlo in quelle condizioni, ma al tempo stesso provava una sorta di piacere dal cattivo gusto nel vederlo soffrire così come aveva sofferto Kurt, anche se in una piccola quantità.

Se solo il povero, cinico, sadico Kurt conoscesse anche solo una parte di verità

“Kurt…” le palpebre del ragazzo si chiusero tremando, mentre la mano di Kurt lasciava con cautela delle carezze sulla sua testa. “Dobbiamo-“

“No,” lo fermò Kurt. “Non ancora. Non tralasceremo niente, lo prometto,” si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo. “Ma aspettiamo che tu ti rimetta in sesto prima, okay?” La chiacchierata può aspettare.”

Blaine rise a voce bassa.

“Cosa?” si accigliò Kurt.

“Abbiamo la fissa di rimandare sempre le chiacchierate a dopo, tutto qui.” Sospirò lui.

Il cuore di Kurt si strinse nel petto. Doveva saperlo che Blaine non avrebbe reso le cose più facili, non gli avrebbe permesso di restare arrabbiato con lui e di dimenticare tutto l’accaduto. Non avrebbe lasciato che questo fosse considerato solo un aiuto ad un amico in difficoltà. Come poteva considerare Blaine un amico (se poteva davvero chiamarlo ancora in quel modo), quando gli riportava alla memoria i baci al chiaro di luna? Non era giusto che Kurt dovesse ancora provare quelle sciocche emozioni, quando era ovvio che per Blaine non valessero più nulla. Ed era ovvio; due mesi senza alcun tipo di contatto lo avevano convinto di questo. Perciò eccolo lì, obbligato a farsela passare nel migliore dei modi che trovava, a difendersi contro i cari ricordi contenenti Blaine.

Beh, a quel gioco potevano giocare in due.

“Beh questa volta c’è una ragione seria che evita di far lavorare troppo il tuo cervello, escludendo i banali, ingenui ormoni da teenager,” parlò bruscamente e con freddezza, stirando le lenzuola di nuovo addosso a Blaine, fin sopra il mento del suo volto pallido, prima di avanzare a grandi passi verso il suo armadio, prendere dei vestiti e sbattere la porta del bagno.

Sotto il getto della doccia, non vide Blaine lasciarsi scappare un singhiozzo mentre si accartocciava su un fianco, il viso distrutto tra le mani.

La signora Jones aprì la porta quasi immediatamente dopo che Kurt vi bussò sopra.

“Kurt, tesoro,” sorrise raggiante, stringendolo in un abbraccio. “Ci sei mancato così tanto caro, non farci stare mai più così in pensiero!”

Kurt le sorrise e si sciolse tra le braccia della sua seconda mamma (o meglio, terza mamma). “Lo prometto, signora Jones,” sospirò prima di ritirarsi. “Potrei parlare con Mercedes?”

“Oh, vai pure caro. E’ di sopra in camera sua.”

Kurt la ringraziò e salì le scale per poi bussare alla porta della ragazza.

“Chi è?” parlò a gran voce, in quel modo che Kurt sapeva lei usasse solo quando veniva interrotta.

“Un certo Kurt Hummel, pronto a inchinarsi umilmente ai suoi piedi,” Kurt appoggiò la fronte contro la porta.

Quella si aprì immediatamente e lui, senza più equilibrio, cadde dritto tra le braccia di Mercedes.

Lo spinse via prima di socchiudere la porta, mentre il ragazzo si torturava nervosamente le mani.

“Ciao,” riuscì a dire lui.

“Salve,” lei sporse un fianco, per appoggiarvi la mano sopra.

Kurt aprì la bocca per parlare ma, trovandosi senza neanche uno degli innumerevoli discorsi che si era pianificato nella mente in precedenza, la richiuse con le guance tinte di imbarazzo.

“Iniziare dal principio sarebbe un buon punto di partenza,” gli suggerì Mercedes, liberandosi di quella facciata da dura e sedendosi sul letto, picchiettando con la mano il posto accanto a lei.

Kurt si avvicinò e calciò via le scarpe prima di sedersi a gambe incrociate accanto alla ragazza. “E’ complicato. E se lo dico,” aggiunse, notando il suo sguardo incredulo, “lo intendo davvero. Non voglio che tu… mi odi per questo.”

“Qualunque cosa sia, ti odierò di più per non avermelo detto in principio,” gli fece un piccolo sorriso.

“Okay, allora ti dirò la parte più importante per prima cosa,” si decise Kurt, inspirando con un tremito. “Sai che non l’ho mai trovata una cosa imbarazzante o qualcosa del genere, ma ti ricordi di quando avevi… quella… cotta per me?”

Vide le sue guance farsi più scure. “Forse,” disse imbarazzata.

Lui sorrise e appoggiò la mano sul suo ginocchio in modo affettuoso. “Beh il motivo per cui non ricambio i tuoi sentimenti è perché…” sì inumidì le labbra pensando. “Perché io… non posso.”

“Perché sono nera,” disse lei con calma, come se fosse un dato di fatto e Kurt sbiancò in viso, prendendole la mano mentre scuoteva furiosamente la testa.

“No!” assicurò, “No, no, di certo non per quello. Oh Dio, no. Maledizione,” sprofondò il volto tra le mani. “Non era così che volevo andassero le cose.”

“Dimmelo e basta Kurt,” corrucciò la fronte lei.

“Non è perché non mi piaci, Mercedes. Io ti voglio bene, lo sai questo ma… è solo che a me non piacciono… le ragazze.”

“Non ti piacciono le ragazze,” ripeté Mercedes lentamente.

Kurt le strinse la mano, pregando in silenzio una qualsiasi potenza superiore perché la ragazza non facesse alcun suono di disgusto e volasse via dalla stanza. “A me piacciono i ragazzi.”

Le sopracciglia di Mercedes si inarcarono veloci come un treno. “Oh,” riuscì a dire. Liberò velocemente la sua mano dalla stretta del ragazzo.

“Vedo che non hai sentito nulla,” Kurt parlò con voce greve. “Più o meno tutti quanti a Lima lo sanno adesso.”

“No, non ho sentito nulla,” disse Mercedes tristemente.

“Vuoi… Voglio dire, se non vuoi più… essere mia amica, lo capis-“

“Kurt, tesoro,” sorrise lei con dolcezza, “Tu mi vuoi bene anche se sono diversa, perciò odiarti perché sei diverso anche tu sarebbe un atteggiamento ingiusto, non credi?”

“Credo di sì,” disse Kurt. “Ma lo capirei comunque.”

Mercedes si voltò in modo da trovarsi seduta a gambe incrociate di fronte al ragazzo e gli strinse le mani. “L’unico motivo per cui potrei mai odiarti sarebbe il tuo non volermi dire come questo sia collegato al fatto che mi hai abbandonato per due mesi.”

Il ragazzo ricambiò il sorriso e si lanciò nel racconto, dicendole tutto a partire dai baci con Blaine fino a come lo avevano vestito da Greaser, dalle avventure nei sedili posteriori della sua Thunderbird fino al glee club, del drive-in e di come poi Puck li aveva scoperti, di come era stato spinto contro gli armadietti, era finito a sedersi sotto agli alberi e di come si era messo in piedi sui tavoli, della sua esibizione di fronte ad una sala vuota e di come aveva ospitato una vittima di abusi ferita. Per tutto il tempo del racconto l’espressione di Mercedes era passata dall’esprimere stupore, confusione, gioia per poi declinare nella rabbia e nella tristezza. Quando ebbe finalmente finito, la ragazza si chinò indietro sui cuscini e lo portò con sé, avvolgendo un braccio attorno alle sue spalle.

“Perché non mi raccontato tutto quando eri da solo? Sarei stata un’amica per te, in ogni caso,” gli assicurò con dolcezza.

“Beh, quando tutti mi vedevano come un malato e mi evitavano come la peste, persino mio padre e il mio fidan- migliore amico, non era così semplice pensare che qualcuno potesse volermi bene così su due piedi.”

Piegò la testa sulla spalla di lei e la ragazza vi diede un bacio prima di appoggiare la sua su quella di lui. “Sono la tua migliore amica, okay? Non osare mai pensare che io ti possa considerare malato o altro. Blaine può essere il tuo fidanzato ma io sarò sempre la tua migliore amica. Okay?”

Kurt arrossì nel sentire con che facilità la ragazza chiamasse Blaine il suo fidanzato, e annuì. “Okay. Ma non credo davvero che Blaine sia ancora il mio fidanzato.”

“Non sottovalutare il potere del vero amore,” disse lei con tono drammatico.

“Mi ha ignorato per due mesi; sono abbastanza sicuro che questo significhi che non ha intenzione di giocare alla famiglia felice,” sospirò Kurt con voce tremula, impedendo alle lacrime di cadere.

Mercedes capì la sua tensione e rafforzò la presa attorno a lui. Dopo una pausa disse con tranquillità, “Ma lui è tornato indietro, non è così?”

Kurt si accigliò. Non ci aveva pensato. “Ma chi altri avrebbe compreso meglio di me il motivo per cui è stato picchiato? Nessun altro dei nostri conoscenti è… sai.”

“Avrebbe potuto mentire.” ragionò Mercedes. “Sarebbe potuto andare a casa di Puck e gli avrebbe mentito, perché è quello che ha fatto in questi due mesi. Ma forse è stanco di mentire. Forse vuole solo essere il vero Blaine, non quello che gli si aspettano Blaine sia. Credo che gli dovresti dare un possibilità perché te lo dimostri.”

“Perciò dovrei semplicemente riaccoglierlo?” Kurt corrucciò la fronte. Quello era esattamente l’opposto di ciò che aveva intenzione di fare, dopo tutto quello in cui Blaine lo aveva indirettamente cacciato dentro.

Mercedes rise a squarciagola, spaventando Kurt. “Diamine no! Non lasciargli campo libero quando si tratta di… cose da fidanzati,” ridacchiò lei, e Kurt arrossì, colpendola per gioco. “Gioca bene le tue carte per ottenere un piccolo premio. Ma dovresti comunque restare suo amico. Sii qualcuno su cui lui può contare, come lui aveva fatto con te. Qualcuno che gli permetta di esprimere il suo vero io.”

“Allora, devo giocare bene,” chiarì Kurt, “e nel frattempo lasciare che lui si riavvicini per confortarlo. Non so bene quando segnare il limite.”

“Lo capirai,” lo rassicurò Mercedes. “Fai semplicemente quello che senti sia giusto fare.”

“MERCEDES,” la voce della signora Jones risuonò per le scale. “La colazione è pronta. Kurt si ferma?”

Mercedes guardò il ragazzo speranzosa ma Kurt le fece un sorriso rattristato. “Dovrei proprio tornare da Blaine. Dio solo sa se quel ragazzo cadrà in coma quando non lo sto sorvegliando.”

“Cavoli, spero di no,” ridacchiò Mercedes prima di urlare la risposta per sua madre. “No ma’ Kurt deve tornare a casa.”

“Grazie signora Jones.” aggiunse Kurt.

“Giusto perché tu lo sappia,” replicò la donna, “Mercedes è libera i sabato pomeriggio e le piace il cibo italiano.”

Kurt e Mercedes risero. “Fammi indovinare, nemmeno lei sa qualcosa?” sussurrò Kurt.

“Credo di no,” ridacchiò la ragazza. “Ne sarebbe così delusa.”

“Magari ti porterò fuori,” disse Kurt, alzandosi dal letto assieme a Mercedes. “Giusto per calmare tua madre.

“Fintanto che serva solo a calmarla,” gli fece un sorriso e lo strinse in un lungo abbraccio.

“Sono sempre qui per te. Lo sai questo vero?” gli disse lei contro la spalla.

“Sì,” Kurt inspirò il suo familiare profumo. “Sì lo so.”

Blaine si era riaddormentato mentre Kurt si trovava da Mercedes, e si svegliò al bussare di qualcuno contro la porta.

“Ehi, Blaine? Sei lì dentro?” arrivò da fuori la voce di Finn, insicura.

“Sì,” sbadigliò Blaine, stringendo un po’ i denti quando il movimento gli fece dolere il volto.

Finn, ancora in pigiama, aprì con cautela la porta e Blaine si mise seduto sul divano. Finn lo prese come un invito a sedersi, perciò attraversò la stanza e lo fece.

“Come buttano le cose?” Blaine fece un sorriso finto, il meglio che potesse tirare fuori per provare a sembrare disinvolto.

Ma Finn pareva non essere dell’umore per chiacchiere di poco conto quel giorno.

“Cosa sta succedendo?” chiese all’improvviso, “mamma o Burt non vogliono dirmi niente e Kurt mi ha semplicemente sorpassato fuori dalla camera-“

“Beh, puoi biasimarlo?” disse Blaine all’unica persona che forse aveva considerato essergli amica nel gruppo dei Greaser. “Non gli hai rivolto la parola in due mesi.”

“Nemmeno tu lo hai fatto,” fece notare Finn.

Blaine sentì qualcosa dentro di lui rompersi.”Touche,” mormorò.

“Ma credo che la cosa sia più brutta per quanto mi riguarda, dal momento che viviamo nella stessa casa. Ma è stato tutto così strano, sai? Dal momento in siamo diventati fratelli siamo stati completamente onesti l’uno con l’altro e roba simile,e diciamo che mi rende tristi pensare che non gli vorrei più bene allo stesso modo se lui fosse… beh lo è… ho fatto del mio meglio comunque…”

“Che cosa vuoi Finn?” sospirò Blaine, senza voler sembrare rude ma neanche volendo parlare a vuoto con lui, come al solito.

“Voglio solo sapere che cosa sta succedendo. Perché sei qui?”

La testa di Blaine pulsò al solo pensiero.

“I miei genitori mi hanno buttato fuori di casa” disse Blaine schiettamente.

“Perché?” Finn sbattè gli occhi.

“Perché mi piacciono i ragazzi.”

Poteva giurare di aver visto Finn allontanarsi di solo un centimetro. “Oh,” disse, guardando da un’altra parte.

“Non è contagioso,” parlò Blaine, un po’ offeso.

Sedettero in silenzio per un po’ di tempo, mentre Finn cominciava ad agitarsi a disagio.

“Aspetta,” disse e i suoi occhi brillarono non appena capì, osservando Blaine. “Allora tu sei un…”

“Sì,” affermò Blaine rapidamente.

“Ma non è qualcosa che si prende come una infezione.”

“Lo dubito fortemente,” fece una smorfia Blaine.

“Allora Puck ha mentito,” disse Finn con calma.

Blaine lo guardò sorpreso, “Scusami?”

“Puck ha mentito!” urlò Finn, alzandosi in piedi, e Blaine fece una smorfia all'improvviso cambio di tono. “Ha detto che Kurt era malato, e che ti aveva infettato e che avremmo dovuto tutti stargli lontano così da non prenderci la malattia ma ha mentito, perchè tu sei sempre stato come Kurt. Allora ho ignorato il mio fratellino tutt questo tempo per niente! E a causa di... Puck...” la voce si abbassò sempre più, mentre il ragazzo fumava di rabbia.

“Finn,” cominciò Blaine con discrezione, “sono sicuro che Puck non ha mentito intenzionalmente. Per quello che ne sappiamo non credeva davvero a nessuna di queste cose.”

“No,” scosse la testa l'altro. “Ne ho abbastanza. Ne ho abbastanza di essere maltrattato. Non ho voglia di andare in giro con persone che non mi rispettano.”

Blaine sentì che sarebbe stato poco gentile sottolineare che lui stesso aveva detto quelle cose a Finn più o meno due o tre mesi prima.

Finn adesso stava avanzando velocemente verso il telefono di Kurt, alzò la cornetta e compose un numero.

“Che stai facendo?” chiese Blaine, stringendo i denti quando provò ad alzarsi e ricadendo sul divano, mentre cercava di calmare i giramenti di testa.

“Salve signora Berry, Rachel è in casa? Sì, sono Finn Hudson. Grazie.”

Blaine scivolò completamente sul divano, la testa pulsante per aver cercato di stare dietro i ragionamenti di Finn.

“Ciao Rachel,” parlò con voce stizzita. “Mi chiedevo se ti andasse di uscire con me questo Mercoledì sera. Dove vuoi tu, a te la scelta. Sì, è fantastico. Ti verrò a prendere alle sei. Ci vediamo,” disse alla fine con tono trionfante e sbatté giù il telefono nel momento esatto in cui Kurt entrò nella stanza.

Il silenzio durò poco prima che Finn avanzasse verso Kurt e lo sollevasse da terra in un abbraccio.

“Finn,” parlò senza fiato Kurt, dandogli una pacca sulla schiena. “Non riesco a respirare,” riuscì a dire.

“Scusami amico,” disse con convinzione il ragazzo. “I fratelli dovrebbero essere sempre presenti l'uno per l'altro, e io voglio fare la stessa cosa d'ora in poi. Okay?”

“Io- okay?” Kurt fece un piccolo sorriso.

Finn fece durate l'abbraccio quel tanto ancora perchè diventasse imbarazzante, poi lasciò andare Kurt con una attenta pacca sulla spalla.

“Ah, e se qualcuno del gruppo dovesse chiamare, dite loro che non ci sono,” disse sia a Blaine che a suo fratello, e aggiunse per sicurezza, “E che non ci sarò mai più.”

Annuì con la testa per concludere e uscì ciondolando dalla porta.

“Che cos'era quello?” chiese Kurt, usando i piedi per togliersi le scarpe.

“Non ne ho idea,” sospirò Blaine, girando il collo per incrociare gli occhi di Kurt. Il ragazzo arrossì e allontanò lo sguardo.

“Ho appena parlato con mio padre. Dice che i tuoi genitori non rispondono al telefono, perciò tra un paio di giorni andrà da loro di persona. E crede che dovremmo saltare la scuola per un po', almeno finché non ti sentirai meglio.”

“Ma perché devi farlo tu?” corrucciò la fronte Blaine.

Kurt alzò gli occhi al cielo, come la risposta fosse ovvia. “L'unica persona che possa prendersi cura di te e di cui mi fidi sono io. Mio padre non se ne intende di queste cose e Carole probabilmente scoppierebbe in lacrime ogni volta che ti vedesse in questo stato.”

“Sono davvero messo così male?” l'altro fece una smorfia, cercando di mascherare quanto fosse felice del fatto che sarebbe stato Kurt a restare a casa per prendersi cura di lui.

“Sembra che Picasso si sia divertito a dipingerti sul volto,” disse Kurt con tono triste, ma causò in Blaine un moto di risate, facendolo sentire molto meglio una volta che si fu sdraiato di nuovo con un sorriso sul viso.

“Forse sei tu l'unico che può farmi stare meglio,” lo pronunciò con la testa tra le nuvole, ignaro del dolore nel petto di Kurt e degli occhi che pizzicavano, mentre metteva un disco nel giradischi.

Okay, forse Kurt si stava comportando in modo un po' infantile.

Aveva preso alla lettera il consiglio di Mercedes, ma aveva l'impressione che stesse ottenendo delle amare soddisfazioni.

Svegliava Blaine al mattino e dopo i pisolini pomeridiani presentandosi con una tazza di the o cioccolata calda in mano, preparata proprio come piaceva al ragazzo, accarezzandogli i capelli e sussurrandogli nell'orecchio. Una volta al giorno spalmava sul viso di Blaine una pomata in modo che guarisse le cicatrici e i lividi, mentre canticchiava sulle note della canzone scelta dal giradischi. Faceva tutto il necessario per guarire un corpo e un'anima ferite, parlando del più e del meno per distrarsi da ricordi dolorosi e persistenti pensieri indesiderati.

Ma Blaine aveva la tendenza a complicare le cose.

Quando parlavano dell'ultima notizia del momento seduti ai lati opposti del letto, Blaine riportava alla mente quella volta in cui parlavano dei loro sentimenti in quella stessa posizione. Quando stavano lavando la macchina di Kurt e Blaine gli puntava contro minacciosamente il tubo dell'acqua, un sorriso dispettoso sul viso. O alle volte aveva semplicemente un qualcosa negli occhi quando sorrideva a Kurt, un qualcosa che portava il cuore di Kurt a contrarsi, spingeva il ragazzo a correre via e al tempo stesso ad avvicinarsi. E ogni volta che Blaine metteva in subbuglio le cose così come la mente di Kurt, il ragazzo si ritirava il più velocemente possibile dietro a sorrisi tirati e risposte brusche e alle volte era così difficile da sopportare che doveva semplicemente andare via.

Ma non importa quanti tentativi facesse, Blaine non sembrava proprio avere successo.

Era quello lo stato in cui si trovava, un venerdì sera, mentre piegava i vestiti, una settimana dopo che Blaine era venuto a stare da loro. Blaine aveva vagamente commentato il disco di The Sound Of Music nell'apparecchio prima che Kurt andasse a cambiarlo con movimenti gelidi, mettendo da parte il disco del musical a favore di qualche melodia più classica, per poi ritornare a piegare i vestiti come se nulla fosse.

Passò un attimo, in cui Blaine lasciò che Kurt stesse in piedi accanto al suo letto, a lanciare ordinatamente calzini e pantaloni nella cesta, mentre la musica fendeva leggermente la tensione.

These arms of mine they are lonely
Lonely and feeling blue, these arms of mine
They are yearning, yearning from wanting you

And if you would let them hold you
Oh, how grateful I will be

 “Riesci a piegare quei vestiti più velocemente di così?” disse alla fine Blaine, sorridendo e alzandosi dal letto per mettersi accanto a lui.

Kurt voltò lo sguardo e fece spallucce. “Dipende,” sospirò, lasciando che il suo rimorso si affievolisse anche solo per poco. E fallendo miseramente. Fece un piccolo sorriso a Blaine, “Se una folla di cittadini schifati e infuriati mi rincorressero lanciandomi vari tipi di cibo, probabilmente potrei farlo.”

Si voltò di nuovo proprio mentre sentiva Blaine sgonfiarsi come un palloncino dietro di lui. Si girò rapidamente un'altra volta per trovarsi davanti, con sua sorpresa, l'espressione di un ragazzo sconfitto.

“Dio, Kurt. Perché devi rendere tutto così complesso?”

La frase colpì Kurt come un treno carico di merci, le stesse parole che gli erano girate per la testa nelle settimane passate adesso venivano rivolte a lui.

“Lo so che mi odi, e che non mi guarderai mai più nello stesso modo,” Blaine serrò gli occhi. “Ma è quel qualcosa nei tuoi occhi, non so bene cosa sia, che mi cattura sempre. E mi impedisce di andare avanti, anche se so che tu lo hai già fatto da secoli.”

kurt era confuso. Il mondo non doveva essergli contro a questo punto? Non doveva andare tutto nel peggiore dei modi possibili? Allora perché Blaine era lì, davanti a lui, a dare voce ai pensieri che Kurt da solo aveva fatto apparire nella sua mente?

“Ogni volta che mi sorridi in quel modo, così triste...” gli occhi di Blaine si aprirono piano. “E' che... mi fa capire che tutto quello a cui posso pensare, tutto quello che voglio fare è... non so, toccarti. E sperare che questo rimetta magicamente le cose a posto. Solo... toccarti.”

Kurt sapeva di dover essere infuriato per un qualche motivo. Per quale motivo doveva esserlo?

Non riusciva a ricordarlo.

Non riusciva nemmeno a respirare, perciò non seppe da dove ottenne l'ossigeno necessario per parlare.

“Allora perché non lo fai?” esalò appena, il battito del cuore aumentato velocizzato per il desiderio di essere toccato.

La mano di Blaine tremò, come se stesse cercando di disobbedire ad un divieto imposto, prima che si trovasse contro la guancia di Kurt, circondandogli appena il viso, e il ragazzo andò incontro al suo tocco, chiudendo gli occhi per poter sentire e basta.

A Blaine non servì nessun altro invito. Mosse anche l'altra mano, circondando completamente il viso di Kurt prima di far scendere le dita contro il suo collo e spingere le fronti l'una contro l'altra. Aspettò finché i loro respiri non furono sincronizzati e poi continuò per il suo percorso; le mani scesero lungo le braccia di Kurt fino ai suoi fianchi, poi sotto la sua camicia per stringerlo alla vita e portare i loro corpi più vicini. Si sporse in avanti per incontrare le labbra di Kurt ma non trovò nulla; il ragazzo aveva voltato il collo.

“Non baciarmi,” sussurrò, stringendo a pugno le mani sulla camicia di Blaine. In un certo senso baciarsi trasmetteva una sensazione irreale; non sembrava una cosa reale perché gli permetteva di viaggiare con la fantasia. Ma questo, il fatto che Blaine lo stesse toccando, era una cosa tangibile, dava l'impressione a Kurt che la pelle bruciasse e pizzicasse così insistentemente che doveva essere reale.

Blaine poi affiancò il suo collo a quello di Kurt, spingendo gentilmente il naso contro il punto dove si percepiva il battito del cuore, mentre una mano restava ferma sulla sua vita e l'altra vagava sul suo petto per poi portarsi sulla schiena.

Kurt inspirò di scatto, solo un po', quando sentì la mano sul suo fianco contorcersi giusto sotto la cintura dei suoi pantaloni. Realizzando improvvisamente il desiderio di sentire, le sue mani lasciarono la camicia di Blaine e le dita strisciarono lungo la pelle liscia delle braccia del ragazzo, realizzando che la mano di Blaine sulla sua vita aveva trovato le ossa sporgenti dei fianchi e vi si era soffermata sopra.

Blaine fece un rumore strano, tra un singhiozzo e un rantolo, e allineò le sue labbra con l'orecchio di Kurt per cantare direttamente contro di esso, con voce spezzata dall'emozione, dondolando avanti e indietro assieme alle languide note della canzone.

These arms of mine they are burning
Burning from wanting you, these arms of mine
They are wanting, wanting to hold you

And if you would let them hold you
Oh, how grateful I will be

Kurt si lasciò scappare un respiro tremulo e si aggrappò al collo di Blaine, portandoselo incredibilmente vicino e permettendo che lacrime cadessero. , penso, lascerò che le tue braccia mi stringano.

Dalla bocca di Blaine sfuggì un sospiro che poteva essere definito solo di sollievo, e strinse le braccia attorno a Kurt, sotto la sua camicia, afferrandosi disperatamente alla sua pelle, premendo le labbra strette contro il collo di Kurt.

Come on, come on baby,
Just be my little woman, just be my lover

Kurt non seppe come riuscirono ad arrivare al letto, gli arti intrecciati, a respirare semplicemente allo stesso tempo, mentre restavano sdraiati l'uno accanto all'altro.

Dopo un lungo periodo di silenzio, Blaine parlò con voce ridotta ad un sussurro.

“Volevo che tu fossi felice.”

“Cosa?” esalò Kurt.

“Per qualche ragione mi ero convinto che saresti stato più felice senza di me, che una volta che ti fosse passata te ne saresti andato e saresti stato in grado di cominciare una nuova vita da qualche altra parte, dove nessuno sapeva del tuo segreto e ti saresti trovato una bella fidanzata e ti saresti sposato e avresti vissuto una vita normale, senza qualcuno come me pronto a rovinarti i piani.”

“Blaine-”

“Ed era una cosa che mi faceva del male ogni giorno,” lo interruppe il ragazzo. “Ogni giorno, sempre di più, vederti cambiare. Vederti crollare. E non c'era niente che potessi fare, per lo meno questo era quello che la testa mi diceva, mi convincevo che non c'era niente che potessi fare perchè altrimenti ti avrei soltanto fatto più male. Finchè non ti ho visto cantare in auditorium. E ho ceduto. O forse mi sono ripreso,” guardò dritto negli occhi di Kurt, “Forse mi ero perso nel momento in cui mi ero allontanato da te, e forse ho ritrovato la strada quando ho realizzato che non potevo vivere senza di te, come migliore amico o come fidanzato.”

Kurt singhiozzò e nascose il volto contro il petto di Blaine.

“Mi dispiace Kurt,” lo strinse ancora di più. “Non conta neanche come un piccolo passo con cui ricominciare. E non mi aspetto che tu mi perdoni all'istante, o mai in futuro. Ma sappi solo che mi dispiace. E spero che tu mi creda quando dico che non ti lascerò. Ti amo tanto ma non abbastanza da sacrificare il mio benessere per proteggere il tuo; fa troppo male.

La sua voce si stava spezzando ma Kurt inclinò la testa contro l'orecchio di Blaine. “Beh è una buona cosa che tu sia un fattore essenziale per il mio benessere, perchè in questo modo entrambi otteniamo qualcosa.”

Blaine fece una piccola risata. “Sono contento che la pensiamo di nuovo allo stesso modo.”

“Non penso che avessimo mai smesso di farlo,” sorrise Kurt.

I need me somebody, Somebody to treat me right
I need your arms, loving arms to hold me tight
and I need, I need your tender lips

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Singin' In The Rain ***


CAPITOLO 13 – Singin’ In The Rain

In conclusione Burt non ebbe particolarmente fortuna nel contattare gli Anderson, né tanto meno essi mostrarono alcun desiderio di volere di nuovo in casa il figlio. Per questo, poco più di una settimana dopo che Blaine era apparso davanti alla porta di casa degli Hummel-Hudson, Burt prese le redini della situazione in mano.

Era una burrascosa giornata di pioggia di Novembre, il cielo grigio illuminato dai lampi, quando Burt guidò la sua vecchia Ford tra le strade bagnate di Lima. Aveva insistito perchè Blaine venisse con lui, nel caso fosse riuscito in qualche modo a far riconciliare la famiglia sul momento. Ma il ragazzo, esitando per un buon motivo, accettò di partire solo se Kurt fosse andato con loro, perciò Burt acconsentì poco contento.

A proposito di questo, Burt aveva notato un certo, rilevante cambiamento nella situazione tra Kurt e Blaine. Si disse che le sensazioni provate non erano per niente collegate al fatto che sapeva dell’orientamento sessuale di suo figlio, perché sarebbe stato ingiusto pensare che ci fosse qualcosa tra Kurt e il ragazzo suo amico. Ma al tempo stesso, c’era chiaramente sotto qualcosa. Qualcosa nei loro occhi luccicanti, nel modo in cui nascondevano i loro sguardi d’intesa.

Burt era un po’ ottuso, ma non stupido.

Entrarono nell’ampio vialetto degli Anderson giusto quando la pioggia cominciò a scendere, cadendo forte contro le finestre.

“Voi ragazzi state qui,” disse Burt, indossando il suo impermeabile. “Verrò a prenderti se ci sarà bisogno,” guardò Blaine con dolcezza prima di sbrigarsi ad uscire dalla macchina, per poi percorrere il vialetto fino alla porta.

Dentro la macchina, Kurt notò la tensione scaturire come onde dal corpo di Blaine.

“Brutti ricordi?” tentò un sorriso, ma Blaine sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.

“Mio padre non è mai stato un uomo crudele,” il ragazzo scosse la testa incredulo, e Kurt guardò scetticamente la ferita quasi cicatrizzata ma non disse nulla; era la prima volta che Blaine parlava apertamente di quella fatale sera a cena. “Non avrei mai creduto… beh, credo che tutti abbiano la possibilità di diventarlo.”

“Sapevamo che non sarebbe stato semplice,” parlò Kurt stringendo piano nella mano la spalla di Blaine. Il ragazzo la prese tra le sue. “Essere diversi non è mai semplice.”

“Non lo è neanche fare finta di non esserlo,” ricambiò Blaine, cercando gli occhi di Kurt.

Il silenzio inondò la macchina. Persino le gocce di pioggia sembravano non fare rumore.

“Mi dispiace,” disse Blaine per quella che doveva essere la cinquantesima volta.

Ma Kurt, testardo come sempre, guardò da un’altra parte. Perché non era così semplice fare finta di niente e perdonare qualcuno per averti lasciato solo nel momento in cui avevi un disperato bisogno di aiuto. Perciò Kurt gli diede la sua solita risposta.

“Lo so.”

Blaine sembrò smarrito, ma solo per poco, prima che le lacrime tornassero nei suoi occhi. “Ho paura Kurt. Essere qui, mi spaventa.”

“Nessuno ti farà del male,” lo rassicurò Kurt. “Non finchè ci saremo io o mio padre con te.”

“Lo so. È solo una mia impressione,” parlò con voce serrata.

Ma Kurt, ricordando tutte le tremende sensazioni che lo avevano dannato nell’arco di due mesi di isolamento, sapeva quanti danni potesse fare alla mente una semplice impressione.

E c’era solo un modo per poter liberare il corpo da esse.

Diede un colpetto a Blaine, sorridendo. “Sai che cosa mi fa stare bene quando sono triste? O spaventato?”

“Cantare,” rispose il ragazzo automaticamente con un sorriso accennato, pensando a quanto conoscesse bene il suo migliore amico.

Il sorriso di Kurt si fece anche più grande. “Esattamente.”

Blaine sospirò e si accasciò sul sedile. “Non so se mi sento in vena di cantare in questo momento Kurt.”

L’altro alzò le spalle. “Mettiti comodo.”

Poi aprì la portiera della macchina e si cacciò fuori sotto la pioggia.

“Kurt!” urlò Blaine scioccato, catapultandosi fuori dalla macchina per seguire Kurt, con il timore che venisse investito da una gip fuori controllo sbandata improvvisamente sul marciapiede.

Ma Kurt era vivo e vegeto, intento a canticchiare un motivo familiare e calpestare pozzanghere, ormai completamente fradicio fin dentro le ossa. Blaine non riuscì ad evitare di sorridere mentre il suo amico saltava sopra a un palo della luce, dondolandosi su di esso con un braccio, perché sapeva bene dove sarebbe andato a parare.

I'm singing in the rain”, cantava Kurt, “Just singing in the rain! What a glorious feelin', I'm happy again!”

Vedere il ragazzo cantare a squarciagola con una gioia incommensurabile, vederlo in quello stato di euforia, permise a Blaine di essere contagiato dal suo sorriso, gli permise di unirsi a lui mentre camminava fino al punto in cui Kurt penzolava pigramente.

I'm laughing at clouds, So dark up above!”

“Ora non rubarmi la scena,” disse Kurt con finta superbia. “Sto semplicemente cantando con il cuore per il gusto di farlo, nessuno ti ha chiesto di unirti.”

Ma stava sorridendo quando Blaine salì sul palo, avvolgendoci un braccio attorno e puntando lo sguardo su Kurt mentre cantavano insieme.

The sun's in my heart and I'm ready for love!”

Blaine improvvisò un mediocre passo di tip tap nelle pozzanghere accanto al lampione, intanto che la voce di Kurt risuonava nello scroscio della pioggia.

“Let the stormy clouds chase
Everyone from the place
Come on with the rain
I've a smile on my face
I walk down the lane
With a happy refrain
Just singin',
Singin' in the rain.”

Blaine tirò giù Kurt dalla sua postazione prendendolo tra le braccia.

“Blaine Anderson, mettimi giù!” strillò Kurt e Blaine ubbidì immediatamente, lasciando cadere il già fradicio ragazzo nella pozzanghera ai suoi piedi. Riuscì in qualche modo ad afferrarlo, ridendo, e a condurlo in un goffo balletto.

Dancin' in the rain
Dee-ah dee-ah dee-ah
Dee-ah dee-ah dee-ah
I'm happy again!

I'm singin' and dancin' in the rain!”

Kurt finalmente assecondò Blaine mentre si trascinavano intorno al lampione.

Because I am living a life full of you.”

Il loro disordinato volteggiare sul posto alla fine si concluse con la collisione dei loro corpi. Nessuno però fece lo sforzo di prendere le distanze, decidendo invece di cantare ciascuno una parte della canzone faccia a faccia, felicemente stretti l’uno tra le braccia dell’altro.

Beh, se prima c’era ancora qualche dubbio da parte di Burt, adesso non ce n’era più nessuno.

Avrebbe dovuto essere uno sciocco, un ignorante per non rendersi conto, dalla sua postazione sulle scale di casa Anderson, che i ragazzi intenti a giocare sotto la pioggia erano innamorati.

Fece un profondo sospiro. Di quello se ne sarebbe occupato dopo; al momento aveva un’altra questione molto più grande in sospeso.

“Blaine,” si fece sentire sotto la pioggia.

I ragazzi si immobilizzarono nel punto in cui si stavano schizzando per la strada, voltandosi immediatamente nella sua direzione.

“Anche tu Kurt,” parlò con cautela. “E’ meglio che vediate entrambi.”

I due ragazzi si scambiarono delle occhiate prima che Kurt gli prendesse la mano per calmarlo e lo condusse fino alla casa. Burt fece finta di non aver visto quell’ultima parte e inspirò a fondo mentre apriva la porta di casa.

Kurt era senza parole, e dallo sguardo di Blaine pareva lo fosse anche lui.

I mobili del salotto erano ricoperti da teli bianchi, e sotto di essi anche da plastica, a giudicare dal suono scricchiolante che risuonò in modo sinistro per la stanza silenziosa quando suo padre vi si accasciò sopra. Il lampadario, il tappeto, il giradischi che un tempo si trovavano nella stanza adesso non c’erano più, le foto di famiglia scomparse, e se Kurt non era in errore, sembrava che ci fosse un finissimo velo di polvere su ogni superficie.

“Papà,” sussurrò Kurt. “Cosa significa?”

“Se ne sono andati,” disse Burt, massaggiandosi le tempie. “Hanno lasciato la porta senza serratura. Tutto è coperto da teli, le fotografie sono sparite da ogni stanza e, se tutto questo non fosse ancora un chiaro segno,” si indicò attorno allargando le braccia, guardando ovunque. “Questo maledetto posto è vuoto.”

“Hai-“ Blaine provò a mangiare giù saliva nonostante la gola secca. “Hai provato a vedere di sopra?”

Burt lo guardò intensamente, come se sapesse esattamente che cosa stava pensando. “No figliolo, quella parte l’ho lasciata a te.”

Blaine deglutì e guardò nervosamente verso Kurt, il quale annuì appena e gli prese la mano per portarlo alle scale, Burt al seguito.

Nel camminare passarono davanti alla sala da pranzo e Kurt intrecciò le dita con quelle di Blaine quando lo sentì tremare.

Il viaggiò su per le scale sembrò sfidare le leggi del tempo, durando un’eternità e terminando troppo presto allo stesso tempo. Arrivarono finalmente alla porta della stanza di Blaine, chiusa, e mentre Kurt osservava il ragazzo guardarla pallido in viso, Burt ispezionò velocemente le altre porte del secondo piano.

“Tutto vuoto,” urlò alla fine analizzando la camera da letto, e la voce risuonò per tutta la casa. Quando ritornò all’entrata, i ragazzi erano ancora fermi davanti alla porta. Burt si avvicinò lentamente e mise una mano sulla spalla di Blaine.

“Non voglio forzarti ad entrare se non te la senti ragazzo,” disse. “Ma sono abbastanza sicuro che avrai bisogno di un po’ di vestiti se hai intenzione di stare a casa nostra, e non siamo esattamente nella situazione economica migliore per permetterci un nuovo guardaroba per te.”

Blaine si voltò stupito a guardare il signor. Hummel.

“Ma signore, non potrò stare con voi… per sempre?” disse.

“Non dire sciocchezze figliolo,” Burt corrucciò la fronte, “Senza offesa, ma non credo che i tuoi genitori torneranno e non so come contattarli. E in nessun luogo qualcuno si prenderà cura di te meglio di quanto non possa farlo Kurt.”

Il ragazzo arrossì e Blaine sbiancò in volto.

“Ma… signore… non posso… sarebbe-“

“Poche storie,” parlò risoluto Burt. “Non voglio più sentire una parola al riguardo, okay?” guardò Blaine con aria benevola, così sembrò rilassarsi.

“Io- okay,” si arrese Blaine, voltandosi di nuovo verso la porta per aprirla.

La sua stanza era l’unica cosa nella casa che era rimasta intaccata. La libreria conteneva ancora i libri scaffale per scaffale, il tavolo era disseminato da foto e i vestiti da lavare occupavano ancora il pavimento, esattamente come Blaine li aveva presumibilmente lasciati quella notte. I vestiti erano ancora nell’armadio, le lenzuola ancora sul letto, il tappeto ancora lì nel suo posto per terra. Sembrava che non fosse stato toccato, nemmeno calpestato.

Blaine fece un passo indietro, si appoggiò al muro e cominciò a piangere.

Kurt andò da lui, lasciando che le lacrime silenziose dell’amico gli bagnassero la camicia mentre Burt afferrava senza tanti problemi un sacco vuoto e cominciava a metterci dentro i vestiti sparsi sul pavimento e quelli nell’armadio.

Le spalle di Blaine alla fine smisero di tremare così forte, e il ragazzo alzò la testa tirando su con il naso, cercando di farsi forza.

“Vuoi qualcos’altro ragazzo?” chiese Burt con gli occhi pieni di tristezza.

“No,” scosse la testa tenendo gli occhi bassi. “Oh, aspetta,” disse, facendo un balzo oltre il tavolo pieno di foto fino al comodino accanto al suo letto, prendendo l’unica foto presente e lanciandola a Kurt, prima di chiudersi in bagno.

Gli occhi di Kurt si bagnarono di lacrime mentre voltava la foto incorniciata, osservando le due facce familiari immortalate. Una era la sua e l’altra era quella di Blaine, e stavano dividendo un milkshake al pistacchio da Dellie. Era successo in estate e il signor. Brown era riuscito a rubare loro una foto mentre si scambiavano un sguardo malizioso, prima che Kurt lo notasse e strillasse di non essersi preparato prima. Il signor Brown aveva dichiarato di star creando un album, ma pareva che Blaine avesse trattato con lui per la foto perché, eccola lì.

Blaine non lo aveva dimenticato. Per tutto questo tempo, quella foto era rimasta accanto al letto di Blaine, a ricordargli cosa era significata e cosa poteva ancora essere. Era davvero possibile che Blaine avesse sofferto tanto quanto Kurt?

Fare finta di essere qualcosa che non sei era doloroso tanto quanto essere punito per non averlo nascosto?

Blaine ritornò dal bagno con due asciugamani. Fece un sorriso stanco e ne offrì uno a Kurt.

“Tieni. O mio-“

E fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di essere trascinato tra le braccia dell’altro.

Il cuore di Burt vacillò nel vedere suo figlio singhiozzare addosso a Blaine, ma intese lo sguardo scioccato del ragazzo come un segnale per lasciare la stanza.

“Sono giù in macchina,” borbottò vagamente prima di volare via dalla stanza con il sacco di vestiti.

E poi Kurt e Blaine si trovarono da soli in una stanza vuota.

“Sono abbastanza sicuro di dover essere io quello in lacrime,” disse a voce bassa, ridendo.

“Tocca a me,” parlò Kurt tra i singhiozzi.

“Smettila,” gli disse, cercando di districare gli arti da quelli di Kurt, senza successo. “Cosa posso fare per farti stare meglio?”

“Lo hai già fatto,” disse insensatamente Kurt tirando su con il naso. “Tu- non posso. Non posso.”

“Kurt,” chiamò con voce ferma, massaggiandogli a lungo la schiena. “Stai dicendo cose senza senso.”

“Mi dispiace,” tremò Kurt. “Mi dispiace così, così tanto.”

“Per la seconda volta, dovrei essere io a dirlo,” lo zittì Blaine.

“Non voglio più stare da solo,” parlò alla fine l’altro. “So che ti dispiace e mi dispiace di non averti perdonato ogni maledetta volta che lo hai detto, perché sento di non essere nulla senza di te. Un semplice pezzo dell’auto che non ha nessuna utilità da solo e ora l’ho capito, Blaine. Ecco cosa vuol dire ‘amore’. Il vero amore. Non vuol dire guidare qualcuno sulla via giusta o provare felicità o cantare a squarciagola. Anche quello è amore ma è diverso. L’amore vero si prova quando ci si sente parte di qualcosa, di qualcuno. Una sensazione pulsante nel petto che fa male quando sei lontano perché è come se avessi un buco nel petto, ma fa male anche quando sei troppo vicino a causa di quella grande attrazione che senti e- oh Dio Blaine-“

Un altro singhiozzo lo interruppe e Blaine se lo portò più vicino, mentre il cuore batteva violentemente. Lo aveva reso così felice, pochi minuti prima, sentire Kurt cantare per lui ma adesso il suo cuore si stava frantumando, proprio come quello dell’altro ragazzo.

O forse i loro cuori si stavano fondendo.

“Mi dispiace,” provò un’altra volta Blaine.

“Ti amo,” gli rispose Kurt.

E poi, dal momento che non c’era nient’altro da dire, le labbra si incrociarono e le dita delle mani si strinsero appena prima di tirare l’uno contro l’altro.

“Fa male,” ansimò alla fine Blaine quando Kurt strofinò il viso contro il suo collo. “Ti amo così tanto che fa male.”

Ed è tutto vero,” sospirò Kurt, realizzandolo intanto che pronunciava le parole. “E’ solo una fantasia finchè non accade.”

“Ed è giusto,” aggiunse Blaine, strattonando la camicia di Kurt per portarselo il più vicino possibile. “Le persone sono semplicemente troppo ignoranti per capirlo.”

“È bellissimo,” continuò Kurt, sorridendo.

“È tutto vero, è tutto giusto, è tutto fatto di frullati al pistacchio, di giradischi, di mani intrecciate, di giacche di pelle e di brillantina, papillon, baci rubati e Elvis Presley-“

Blaine, per l’ennesima volta, sembrò a corto di termini, così Kurt gliene fornì una con facilità.

“Siamo noi.”

“Siamo perfetti,” finì Blaine.

Kurt non poteva essere più d’accordo di così, mentre riportava la bocca di Blaine sulla sua.

Burt si stava giusto domandando se fosse stata o meno una buona idea lasciare i ragazzi da soli quando li vide uscire dalla casa, camminando lentamente fuori dalla porta di casa, sotto la pioggia leggera, con un piccolo sacchetto di oggetti appartenenti a Blaine in mano.

Entrarono nella Ford in silenzio; e fu una sensazione strana, perché a Burt pareva che il silenzio parlasse per sé. Pensò di dire qualcosa ai ragazzi mentre usciva dal vialetto. Che dovevano essere più responsabili. Che solo perché ad entrambi non piacevano le ragazze le regole sarebbero cambiate, che le persone non avrebbero capito facilmente.

Ma per qualche motivo dalla sua bocca uscì un “Dovrete tenerlo segreto.”

Kurt e Blaine si scambiarono un sguardo e Burt lo notò dallo specchietto retrovisore.

“Lo sappiamo,” disse Kurt alla fine.

Trovare una soluzione non fu semplice.

Ma Burt aveva la capacità di trovare scappatoie nelle situazioni scomode.

Doveva trovare il modo di proteggere suo figlio dagli sguardi pieni di odio, e di proteggere Blaine da se stesso, perché sapeva che se avesse lasciato Kurt andare allo sbaraglio, Blaine si sarebbe perso e così avrebbe fatto immediatamente il loro segreto. E Burt non poteva sopportare gli sguardi pieni di odio rivolti a due membri della sua famiglia.

Perché era questo quello che erano adesso. Una famiglia.

Più o meno.

Perché oltre a dover proteggere i membri della sua famiglia, doveva proteggere Kurt e Blaine dal resto del mondo. Non potevano trascorrere la vita che desideravano (“innamorati” o qualcosa del genere) a Lima. Non più, non dopo i pettegolezzi e le bugie e le verità scioccanti. Ma dovevano portare avanti gli studi; quello era certo, se volevano diventare qualcuno nella vita. E questo era quello che Burt desiderava più di ogni altra cosa: che avessero successo nella vita e che fossero felici. Insieme o no.

E così Burt trovò una soluzione.

Kurt e Blaine si stavano dividendo gli avanzi dello spezzatino di pollo di Carole, una settimana dopo la visita a casa Anderson, quando Burt prese posto a tavola con loro.

“Ciao papà,” sorrise raggiante Kurt e il cuore di Burt si fece più leggero alla sua vista.

“Buon pomeriggio signore,” sorrise Blaine e il sorriso dell’uomo si spense subito.

“Che cosa ti ho detto ragazzo? Non chiamarmi signore.”

Blaine scosse le spalle impacciato. “Mi scusi signor Hummel.”

Burt lo guardò storto e Blaine si fece piccolo, correggendosi.

“Scusa, Burt.”

Il padre di Kurt approvò con un movimento del capo e tirò fuori alcuni opuscoli dalla tasca dei jeans, porgendoli ai ragazzi che li osservarono curiosi.

“Che cosa sono papà?” chiese Kurt, la fronte corrucciata.

“Contrariamente a quello che pensa la gente c’è un mondo fuori dalla casa degli Hummel-Hudson,” cominciò Burt. “Non potete nascondervi qui per sempre voi due.”

“Lo sappiamo signore,” disse Blaine, tappandosi la bocca troppo tardi. “Burt, si corresse.

“Sapete che tutto quello che voglio per voi è la vostra felicità, vero?” i ragazzi si scambiarono degli sguardi confusi mentre Burt faceva una pausa. “e non vi faccio domande su quello che succede quando le luci si spengono-“ Kurt cominciò una protesta e Blaine arrossì terribilmente ma Burt andò avanti imperterrito. “Perché non sono affari miei. So che siete dei ragazzi con la testa sulle spalle e siete grandi abbastanza per prendere da soli le vostre decisioni da quel punto di vista, ma quando si tratta del vostro futuro devo per forza entrare in gioco. In quanto genitore devo assicurarmi che per voi ci sia solo il meglio.”

“E quindi questa è la soluzione,” cercò di capire Kurt, indicando l’opuscolo sul tavolo.

“Riesci a pensare a qualcosa di meglio?”

Blaine prese in mano il libretto e lo sfogliò. “Non sembra poi così male,”  rifletté.

“Sembra un posto per tipi snob,” Kurt arricciò il naso, rubando l’opuscolo dalle mani di Blaine. “E ci sono le uniformi oh Dio…”

“Sono sicuro che riuscirai a renderla più tua con qualche accessorio,” lo sbeffeggiò Blaine. Kurt gli diede un pizzicotto sulla spalla.

“E’ fuori Lima, perciò nessuno sa di voi laggiù. Potrete studiare in pace, ed è anche una scuola avanti coi tempi. Crea persino classi miste,” ragionò Burt.

“Per colore?” chiese Kurt scioccato spalancando gli occhi, prima di guardare il libretto con più interesse. “Non sembra poi così male.”

“E’ piuttosto lontano però,” Blaine si sporse oltre la spalla di Kurt per dare una sbirciata.

Burt fece un respiro profondo. “Da alloggi agli studenti.”

I due ragazzi guardarono Burt contemporaneamente.

“No papà,” parlò Kurt risoluto. “Non posso lasciarti qui. Innanzitutto è troppo costoso. E chi ti aiuterà in officina? Non puoi portare avanti l’attività da solo, non nelle tue condizioni.”

“Senza due bocche da sfamare in più ce la possiamo fare. E Finn mi può aiutare,” disse Burt quasi con la stessa veemenza. “Non è fatto per una carriera in grande come voi due.”

“Ma-“

“No, Kurt. Ne ho già parlato con lui, e gli sta bene. Ne è quasi entusiasta.”

Kurt aprì la bocca per ribattere, ma non trovò nulla da dire così la richiuse. Blaine guardò il signor. Hummel con occhi sinceri.

“È generoso da parte tua Burt. Troppo generoso. Ma sembra una cosa fantastica. È proprio quello di cui Kurt e io avevamo bisogno…” inspirò e lanciò un’occhiata al suo amico- al suo fidanzato. “Un nuovo inizio.”

Kurt sbuffò pesantemente. “Beh, se a Blaine sta bene. Suppongo che lo asseconderò.”

“Bene,” disse Burt alzandosi dal tavolo e aggiungendo, mentre lasciava la cucina, “Perché ho già pagato la quota d’entrata per entrambi.”

I ragazzi rimasero seduti in stato di shock per un momento.

“Sarà bellissimo,” Blaine rassicurò Kurt alla fine.

“Lo spero proprio,” tagliò corto l’altro.

“Ne sono certo,” assicurò Blaine.

“Beh,” sospirò pesantemente Kurt, guardando l’opuscolo. “Spero che questo inferno abbia dei bagni privati.”

“Sembra tutto l’opposto di un inferno per me,” rise Blaine e si chinò per baciare la guancia di Kurt. “E non importa che cosa abbia dentro, fintanto che ci offra una seconda possibilità.”

“Mi da ancora fastidio pensare che la società creda che abbiamo mandato all’aria la nostra prima possibilità,” parlò sommessamente.

“Un giorno,” disse Blaine con serietà, allontanandosi per guardare Kurt negli occhi, “Potrò tenerti per mano e la gente non ci degnerà neanche di uno sguardo. Un giorno ti potrò baciare in pubblico senza ricevere in cambio occhiate cattive e insulti. Un giorno potrò baciarti sotto le gradinate senza che l’intera scuola esploda e tu potrai indossare la mia spilla dove tutti potranno vederla,” toccò il punto in cui Kurt aveva riattaccato la spilla, proprio sul cuore. “E dopo un po’ di tempo potrai uscire con me in pubblico, e indossare il mio anello in pubblico e, se staremo ancora insieme dopo, potrai indossare quell’anello alla mano sinistra. Ma per adesso,” prese la mano di Kurt, “siamo grati di essere qui l’uno per l’altro.”

“Lo sono,” disse Kurt, donandogli un bacio. “Ma dovremmo stare attenti. Molto più attenti di prima. Nessuno deve saperlo, o scoprirlo. Mai.”

“Lo so,” gli confermò Blaine. “Possiamo farcela. Insieme.”

Kurt gli sorrise con dolcezza prima di rivolgersi all’opuscolo, prendendo un grosso respiro.

“Accademia della Dalton, stiamo arrivando.”

Il posto era persino più grandioso di persona, con le sue splendenti mura in mattone, arse dalla inusuale luce del sole della prima settimana di Dicembre, e torri a spirale protese aggraziatamente verso il cielo. L’erba verde del prato ondeggiava nell’aria fresca e gli studenti vestiti con uniformi identiche ridevano insieme, i ragazzi intenti a camminare insieme su e giù per le grandi scalinate o seduti in cerchio per terra nelle pause tra le lezioni.

Kurt e Blaine salutarono (solo per poco tempo, dal momento che sarebbero tornati a fare visita nei fine settimana) Burt, Carole e Finn, mentre si allontanavano guidando la vecchia Ford, abbandonando la Thunderbird di Kurt e la Cadillac di Blaine l’una di fianco all’altra nel parcheggio.

Si voltarono ad osservare un edificio scolastico; la loro nuova casa. Il loro nuovo paradiso sicuro.

Kurt si agitò a disagio nel suo blazer rosso acceso e blu scuro.

I palmi delle mani di Blaine cominciarono a sudare.

Perciò tutto li aveva condotti a questo. Nessuno dei due avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così, che si sarebbero ritrovati a correre.

Ma quello che li spinse ad andare avanti fu il pensiero che, un giorno, non sarebbero più stati costretti a farlo.

Fino ad allora si sarebbero adattati per comportarsi in modo diverso assieme, o tra tutti gli altri. Avrebbero diviso un dormitorio scolastico come tutti gli altri e se la sarebbero cavata, perché adesso erano più furbi. Sapevano che i film della Disney e i racconti amorosi potevano diventare realtà per loro... a porte chiuse. Si sarebbero tenuti per mano e baciati e magari avrebbero fatto anche qualcosa di più nei sedili posteriori della macchina di Kurt e la società non avrebbe imparato qualcosa in più di prima, perciò l’avrebbero giustificato con un ‘siamo migliori amici a cui piace baciarsi’ anche se non ne sarebbero più stati obbligati. Perché loro erano molto più di quello.

Erano fidanzati.

Ed erano innamorati.

Blaine, non più l’ingenuo romanticone di prima, guardò Kurt.

E Kurt, ora pienamente consapevole di chi fosse, guardò Blaine.

E in un certo senso questo, loro due in un mondo che non accettava benevolmente il diverso e che aveva visioni distorte della realtà, della fantasia e dell’amore, era sufficiente. Era tutto vero, era l’amore, ed era perfetto.

Così raccolsero le loro cose, si scambiarono un ultimo sguardo carico d’affetto e cominciarono il primo giorno del resto della loro vita, lasciandosi alle spalle gli sguardi d’odio e il passato, senza  avere la minima intenzione di guardarsi indietro.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Epilogo ***


CAPITOLO 14 – Epilogue

 

Dieci anni dopo.

Lima non era cambiata per nulla.

Kurt non si aspettava che lo avrebbe fatto.

Anche se lui era cambiato, era andato alla Dalton e poi al college e alla fine a New York, sapeva che Lima non lo avrebbe mai fatto. Era quella la caratteristica delle città natale; non importavano i ricordi, nostalgici o persistenti, non importava dove uno andasse, sarebbe sempre stata la stessa cosa. Lo stesso scenario, lo stesso profumo, le stesse facce e gli stessi luoghi.

All’inizio aveva esitato a tornare indietro. Sapeva però che il giorno sarebbe arrivato, specialmente dopo che lo spettacolo della compagnia jazz sua e di Blaine aveva avuto successo ben oltre le loro aspettative. In effetti, era tutto cominciato da Blaine. Era stato lui ad ottenere il lavoretto dalla compagnia jazz nell’isolato giù per la strada da dove condividevano un appartamento. Fu solo dopo il periodo senza ingaggi di Kurt, successivo alla sua partecipazione nel tour di Cabaret, che Blaine cominciò a chiedergli di seguirlo, e si trasformò per caso in un evento ricorrente ogni sei mesi. Finché per volere del destino una sera non vennero notati da un agente e beh, eccoli lì, a fare spettacoli per tutta New York e forse anche più in là di essa.

Perciò fu una cosa naturale che Mike Chang, avendo come si pensava ereditato il club jazz di Lima da suo padre, sentì parlare di loro e li pregò di andare da lui.

Non potevano dire no e basta. Non quando Mike aveva praticamente supplicato in ginocchio i ragazzi per telefono, affermando di avere bisogno di clienti.

Così eccoli lì, sul piccolo palco dell’ Hot Spot a Lima, Ohio, Kurt seduto al piano a suonare con movimenti armoniosi e Blaine in piedi davanti all’asta del microfono.

Circa un centinaio di occhi, scintillanti sotto le luci del palco,li guardarono in adorazione mentre cantavano il loro duetto imbarazzati ma abituati. Avevano trovato il loro modo speciale per cantare i duetti che volevano fare assieme; andava bene quel poco di tensione e le loro occasionali occhiate di intesa, principalmente perché il pubblico non vedeva quello che Kurt e Blaine non volevano vedessero.

Per quello che poteva interessare alle persone in sala, Kurt Hummel e Blaine Anderson erano migliori amici che amavano cantare.

Era buffo pensare che sostituire due parole in quella frase avrebbe portato il caos nel pubblico.

Unforgettable,” Blaine cantò le parole nel loro modo speciale, “That’s what you are…”

“Unforgettable,” cantò Kurt con voce di un’ottava più acuta, facendo in modo che per il pubblico si disperdesse un brusio stupito. “Tho’ near or far.”

Come d’abitudine, Blaine si guardò intorno, alzando gli occhi e ridendo verso Kurt. Il ragazzo automaticamente rise di gusto a sua volta mentre Blaine andava avanti.

“Like a song of love that clings to me
How the thought of you does things to me
Never before has someone been more”

Unforgettable,” Kurt chiuse gli occhi, perdendosi un po’ tra le note della canzone, “In every way.”

And forever more-“ cantò a voce alta Blaine.

“-And forever more,” intervenne Kurt.

That's how you'll stay…”

That's how you'll stay.”

Alla fine permisero ai loro occhi di guardarsi intensamente per poco, il loro unico segno d’affetto passato inosservato al pubblico, intanto che le loro voci si alzavano di tono.

That's why, darling, it's incredible
That someone so unforgettable
Thinks that I am unforgettable too.”

Nell’intervallo dello spettacolo, Kurt si permise di esaminare il pubblico. Non riconobbe molti visi e così fu ovvio che quelle persone non riconobbero lui né tantomeno Blaine. Non li associarono a vaghi giorni del liceo. Ed era un bene. Era così che doveva essere; il passato resta passato. Nessuno qui sapeva più niente, nessuno si soffermava abbastanza per ricordare.

Escluse poche persone.

Burt e Carole, l’uno comodamente adagiato sull’altra mentre si muovevano per la sala da ballo, sapevano.

Finn, seduto ad un tavolo con sua moglie Rachel, sapeva.

Mike, nel retro ad osservare con aria triste la coppia sul palco, sapeva.

Sam, preso dal pettinarsi indietro i capelli nervosamente mentre usciva  dalle porte aperte dell’Hot Spot, sapeva.

Quinn, Santana, Tina e Brittany ai tavoli, sapevano.

Puck, che si era trascinato fuori dal portico di casa sua e lontano dalle sue scorte di alcol avvolte nella carta marrone, per ascoltare nascosto all’ombra del club, sapeva.

E Kurt era a conoscenza di tutto questo ma non aveva davvero importanza; non più. Quello che importava erano lui, Blaine e la musica.

E in tutta onestà, era sempre stato così.

Unforgettable in every way
And forever more, that's how you'll stay
That's why, darling, it's incredible
That someone so unforgettable
Thinks that I am unforgettable too

That's why, darling, it's incredible
That someone so unforgettable
Thinks that I am unforgettable too.”

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Coda ***


CAPITOLO 15 - Coda

 

24 Giugno, 2011

Avevano sessantanove anni quando Blaine si mise su un ginocchio davanti a lui.

Kurt era tornato a casa tardi dalla particolare cena organizzata dal club teatrale di Mercedes, più che altro perchè dopo  aveva davvero passato tanto tempo a riallacciare i contatti con lei, così prima che potesse anche solo calciare via le scarpe e far sprofondare le ossa doloranti nel divano per la sua sessione giornaliera di notizie al telegiornale, Blaine aveva lanciato lontano il telecomando e lo aveva rimesso in piedi con una velocità sorprendente.

“Blaine, seriamente,” protestò Kurt, voltandosi a fare una smorfia al suo partner.

C'erano lacrime nei suoi occhi nocciola.

Kurt, ridotto al completo silenzio, permise a Blaine di trascinarlo fino al centro di Times Square.

Immerso nelle luci brillanti e le più svariate tonalità di colori della piazza, Blaine lo abbracciò tanto forte da fargli dolere le ossa prima di ritornare in sé.

Per fare la sua proposta a Kurt.

 

“Blaine, che cosa stai-”

 

“Sposami,” sussurrò Blaine con voce spezzata dall'emozione.

 

“Ma-”

 

“E' legale,” parlò con voce rauca, e Kurt realizzò che aveva nella mano il suo anello dei tempi di scuola. “Te ne comprerò uno vero domani ma non c'era il tempo stasera, perciò ho pescato questo da una scatola nel seminterrato prima che tu tornassi a casa. Sposami, Kurt.”

 

Il cuore di Kurt si fermò. Aprì la bocca, formò delle parole, ma non uscì alcun suono. Dopo tutti quegli anni in cui era stato loro negato il diritto di amare l'altro in tutti i modi possibili...

 

Era incredibile.

 

Per la prima volta nei suoi cinquantadue anni, Kurt si trovò a discutere l'intera questione 'realtà contro fantasia'.

 

“Sì,” mimò con le labbra Kurt. “Sì, grazie a Dio, oh sì, sì, sì!”

 

E come se fosse stata la prima volta per entrambi, Kurt portò a sé Blaine e lo baciò di fronte a tutti e nessuno.

 

Nessuno li stava guardando male.

 

Nessuno li stava insultando.

 

Nessuno stava lanciando loro frutta.

 

In realtà, se Kurt non si stava sbagliando, avrebbe addirittura detto che le persone stavano applaudendo.

 

“Quel giorno di cui avevi parlato,” cominciò Kurt, “Quando eravamo diciassettenni.” E Blaine fece un sorriso così brillante da battere la luce del sole in risposta.

 

“Credo che sia arrivato,” gioì Kurt, la voce incrinata dall'emozione.

 

“Te l'avevo detto,” sussurrò Blaine, con gli occhi colmi di lacrime.

 

Erano reali. Erano perfetti. Erano innamorati.

 

Chi aveva il diritto di dire che non lo erano mai stati?

 

Well my hands are shaky and my knees are weak
I can't seem to stand on my own two feet
Who do you thank when you have such luck?

 

I'm in love
 

I'm all shook up.

 

 

 

Note Finali

 

Inanzitutto mi scuso molto per questa lunga attesa. Non volevo però lasciare incompleta la traduzione, perciò in questi giorni ho terminato il lavoro e ho revisionato il più possibile tutti i capitoli precedenti per correggere i vari errori.

Ringrazio chi seguiva la storia, chi mi ha aiutato e chi magari comincerà a leggerla ora.

Buona lettura.

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