Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J.K.Rowling
I Malandrini in:
Wolf’s Dream
di Yuki Delleran
Seconda parte
Nei giorni seguenti, con grande sollievo di Remus, sia
Sirius che James tornarono al consueto umore scanzonato e allegro. La situazione
sembrava essere tornata alla normalità e questo lo rassicurò al punto da
riuscire quasi a convincerlo di non avere nulla da temere. Quella certezza durò
fino alla fine della lezione di Incantesimi di tre giorni dopo. Peter era stato
trattenuto dal professor Vitious perché ancora non riusciva ad eseguire un Wingardium Leviosa decente e James si
era rintanato di nuovo in biblioteca. Lo faceva spesso ultimamente, ma non
aveva informato i compagni del motivo. Sirius si affiancò a Remus nel
corridoio.
«Ti dispiace se scambiamo due parole? Finché James non è nei
paraggi o rischio che mi tiri il collo.»
«Figurati, dimmi. » fece Remus cominciando a preoccuparsi.
Il discorso che James non voleva sentire poteva essere solo uno.
Camminando erano giunti nei pressi della Sala Grande dove si
trovavano già gruppetti di studenti in attesa del pranzo. Sirius non entrò ma
deviò verso la Sala d’Ingresso deserta.
«Dunque… quello che volevo dirti… »
Sembrava molto a disagio e questo preoccupò Remus ancora di
più. Non era da Sirius essere a disagio.
«Non sono uno da giri di parole, quindi se vorrai
considerarmi un impiccione sei libero di farlo, però… anche la mia è una
famiglia di balordi quindi se qualcuno ti maltratta sappi che sono disposto ad
aiutarti in qualsiasi momento! »
Sembrava che avesse buttato fuori tutto in una volta per
evitare il rischio di impappinarsi a metà discorso. Remus rimase in silenzio
per un po’ ad osservarlo: dunque era questo che pensava. Che fosse vittima di
maltrattamenti non che fosse una belva assassina. In effetti, di primo acchito
quella sembrava un’ipotesi più plausibile e Sirius era stato davvero gentile a
offrirgli il suo aiuto. Avvertì uno strano calore all’altezza dello stomaco,
era piacevole scoprire che qualcuno si preoccupava per lui in quel modo. Sirius
però interpretò diversamente il suo silenzio.
«Accidenti a me! » esclamò passandosi nervosamente una mano
tra i capelli. «James aveva ragione. Sono stato importuno e ti ho messo in
imbarazzo. Ora starai pensando che farei meglio a farmi i fatti miei, vero? »
«Cosa? No, non è vero! » fece Remus riscuotendosi. «Sono
sorpreso, sai? Non credevo che fossi così gentile, nessuno si è mai preoccupato
così per me. Ti ringrazio davvero e ti assicuro che a casa nessuno mi picchia. »
Sirius sembrò perdere tutta la precedente incertezza.
«Allora come spieghi quelle ferite? Ogni volta che torni da
una visita a casa hai nuovi graffi o lividi! Non è normale! Remus, mi sto
preoccupando seriamente… »
Remus abbassò gli occhi e per un attimo fu tentato di dire
la verità. Forse Sirius avrebbe capito… Si diede mille volte dello stupido.
“Sai, Sirius, nessuno mi picchia, è tutta opera mia. Sono un’orribile bestia
assetata di sangue. Vuoi ancora essere mio amico?” Pura follia.
«Va tutto bene, davvero. » disse. «Non c’è niente di strano
nella mia vita. »
Stava mentendo spudoratamente e si sentì un verme. Sirius
era stato gentile e anche sincero quando aveva accennato alla sua famiglia.
Sapeva quanto gli costasse parlarne. Invece lui era solo uno schifoso ipocrita
con un’incredibile faccia tosta che infilava una balla dietro l’altra. Altro
che diligente e coscienzioso come lo definivano tutti, era un pessimo soggetto.
Le parole uscirono da sole prima che riuscisse a fermarle.
«In realtà…»
«Sirius! Remus! »
La voce che li chiamava li fece voltare entrambi e videro
Peter che si avvicinava.
«Dove eravate finiti? Vi cercavo. »
«Tutto bene con Vitious? » chiese Remus nel tentativo di
sviare il precedente discorso. Cosa gli era saltato in mente? Era stato sul
punto di rivelare il suo segreto, il modo più rapido per perdere ogni amicizia.
«Oh, bhè… più o meno… Andiamo a pranzo? Avete visto James? »
continuò Peter.
«Si è rintanato di nuovo in biblioteca. » disse Sirius
continuando a scrutare Remus di sottecchi. «Quando avrà fame riemergerà. »
Peter si avviò verso la Sala Grande e i due ragazzini lo
seguirono un po’ a distanza.
«Senti un po’, ma che razza di amici hai avuto finora? »
Remus si voltò stupito verso Sirius.
«Hai detto che nessuno si è mai preoccupato per te. »
«Mmh… è vero. A dir la verità non credo che quelli che ho
avuto fin adesso si possano definire amici. »
Da quando parlava in quel modo? Possibile che si lasciasse
sfuggire pensieri così personali? Si sentiva pericolosamente vulnerabile e
cominciò a chiedersi se non fosse la consapevolezza di avere di nuovo delle
persone care a farlo comportare così.
Sirius ridacchiò.
«Bhè, a costo di ripetermi, finora era prima che arrivassimo
noi. »
James ricomparve a metà pomeriggio con espressione
pensierosa, mentre Remus, Sirius e Peter si trovavano nella Sala Comune di
Grifondoro impegnati con i compiti della giornata.
«Bentornato tra i vivi! » lo salutò allegramente Sirius. «Stai
tentando di fare concorrenza a Evans? »
James, che aveva ancora i pensieri rivolti alle scoperte di
poco prima, rispose a malapena e salì spedito la scala che portava ai
dormitori. Sirius, perplesso, lo seguì sotto lo sguardo confuso dei compagni.
«Cosa stai combinando? » chiese quando furono soli. «Non sei
mai stato un topo di biblioteca. Che secondi fini hai? »
James rispose con un sorriso disarmante.
«Ti sembro una persona che possa avere secondi fini? Mi
offendi. »
«Ho capito, non me lo vuoi dire. Spero che quando avrai
raggiunto il tuo scopo ti degnerai di informarci. »
«Oh, lo farò di sicuro, anche se forse non ce ne sarà
bisogno. A proposito, questa sera ti prenoto per restituire il grammofono alla
McGranitt. Adrenalina assicurata, vietato disertare. »
L’espressione di Sirius si illuminò di entusiasmo.
«Questo è il James che conosco! »
Tornarono di sotto armati di nuovi libri e pergamene e James
si infilò di nuovo nel buco del ritratto.
«Torni in biblioteca? » chiese Remus alzando lo sguardo da
un compito di Pozioni particolarmente ostico. «Vengo anch’io, ho bisogno di
consultare alcuni libri. »
Lo sguardo di James si fece allarmato.
«No, non puoi! » esclamò. «Cioè… visto che stai facendo
Pozioni dovresti dare una mano a Sirius con un tema sul bezoar. L’ha chiesto a
me ma sono strapieno di cose da fare. »
Cercò con gli occhi l’amico e lo implorò mentalmente di
reggergli il gioco. Sirius, seppure perplesso, annuì impercettibilmente.
«E’ vero. » disse. «Lo devo consegnare domani e ho già
buttato giù una specie di bozza, ma sono totalmente perso. »
Remus sorrise, gentile e disponibile come sempre e Sirius
prese l’appunto mentale di far sparire il tema completato quattro giorni prima
che ora si trovava al sicuro nel suo baule. James avrebbe dovuto trovare un
modo convincente di farsi perdonare il bis forzato del compito di Pozioni.
L’occasione si presentò quella sera, o almeno quelle erano
le intenzioni iniziali. Mentre tutti dormivano scivolarono fuori dalla Torre di
Grifondoro sotto il fido Mantello dell’Invisibilità, reggendo il pesante
grammofono. L’idea era semplicemente quella di rimetterlo nell’aula di
Trasfigurazione da dove lo avevano prelevato, ma girare per la scuola di notte
comportava sempre qualche imprevisto, specie da quando era stato assunto il
nuovo custode, Mastro Gazza, un fissato delle punizioni. Filò tutto liscio fino
al secondo piano. Mentre scendevano l’ultima rampa di scale, questa decise che
era stanca di stare in quella posizione e si staccò ruotando velocemente. Preso
alla sprovvista, Sirius sbatté contro il parapetto lasciando andare il
grammofono. Sbilanciato dal peso improvviso, James fece un paso indietro
calpestando il Mantello e scivolando sullo scalino. Sentendosi mancare il
terreno sotto i piedi, afferrò istintivamente la veste di Sirius con il
risultato di ruzzolare giù per la scala trascinandosi dietro il Mantello, il grammofono
e l’amico. Atterrarono con uno schianto e un rumore di legno fracassato sul
nuovo pianerottolo che la scala aveva raggiunto appena in tempo. James aprì
lentamente gli occhi senza osare muoversi, aveva l’impressione che se l’avesse
fatto si sarebbe spezzato un due. Gli faceva male dappertutto e aveva la vista
annebbiata. Un gemito proveniente da sopra di lui e il peso che sentiva gravare
sulle costole gli suggerirono che Sirius non era messo molto meglio. Quando
l’amico si alzò lamentandosi, James si azzardò ad allungare una mano alla
ricerca degli occhiali che gli erano caduti sperando che non si fossero rotti.
Non trovandoli nelle immediate vicinanze, fu costretto ad alzarsi e a
controllare il pavimento attorno a sé. Almeno riusciva a muoversi e non aveva
niente di rotto.
«Ehm… James…» fece la voce di Sirius alle sue spalle.
«Aspetta, Sirius, se non trovo gli occhiali non vedo niente.
»
Tastò le piastrelle , raccolse un paio di frammenti della
cassa del grammofono lasciandoli poi ricadere, finché le sue dita non si
chiusero sulle agognate lenti.
«James, dovresti proprio voltarti…» insisté Sirius con un
tono di voce che non gli piacque per niente.
«Eccomi, eccomi. »
Inforcò le lenti e alzò lo sguardo di nuovo nitido. Quello
che vide spiegò il tono allarmato di Sirius. Argus Gazza incombeva su di loro
con un ghigno di crudele soddisfazione stampato in faccia. Il fracasso della
loro caduta doveva averne attirato l’attenzione durante la ronda notturna.
James spostò velocemente gli occhi dal custode al grammofono distrutto
all’amico e di nuovo al custode. Qualcosa gli diceva che si erano di nuovo
cacciati nei guai.
«Atti di vandalismo sul materiale didattico e presenza nei
corridoi oltre l’orario consentito. » sghignazzò Gazza prendendo in braccio la
sua gatta che miagolava altrettanto soddisfatta. «Buona caccia stanotte, vero,
tesorino? Sono sicuro che al preside non dispiacerà se lo disturbiamo per
presentargli le nostre prede. »
Con la mano libera afferrò James, lo tirò in piedi e lo
spinse avanti nel corridoio. I due ragazzini si chiesero per quale motivo non
riparasse il grammofono, ma quando giunsero di fronte al gargoyle che
rappresentava l’ingresso dell’ufficio di Silente, si resero conto di avere ben
altro di cui preoccuparsi.
Il preside si presentò loro con indosso un lungo mantello di
velluto blu a stelle argentate sopra una camicia da notte a righe celesti. In
testa portava un buffo cappellino da notte con tanto di pon-pon.
«Spero che il motivo di questo colloquio sia
sufficientemente serio da giustificare l’interruzione di un sogno decisamente
interessante, Argus. » esordì.
«Oh, lo è, preside! Ho pescato questi due delinquenti
intenti a distruggere oggetti in un corridoio. »
«Andiamo, delinquenti! » fece Silente squadrando Sirius e
James con un sorriso benevolo. «Non li definirei più di piccoli malandrini.
Puoi andare, Argus, me ne occupo io. »
Gazza lasciò l’ufficio probabilmente deluso di non aver
potuto applicare una punizione particolarmente dolorosa e i due ragazzi si
lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo. Il preside si schiarì la voce.
«Signor Potter, suo padre sarà felice di sapere che mi
omaggia così spesso delle sue visite. Signor Black, il suo non sarà da meno.
Naturalmente l’orario insolito potrebbe essere male interpretato…»
«No, non lo farà. Non lo farà. Vero? Mio padre mi ucciderà. »
Il mattino seguente, a colazione, sia James che Sirius
avevano un’aria piuttosto preoccupata. La ramanzina che Remus aveva fatto loro
quando aveva scoperto l’accaduto li aveva resi un po’ più consapevoli delle
“minacce” di Silente e aveva provocato un inaspettato calo di morale.
«Mio padre mi
ucciderà. » sottolineò Sirius prendendo una seconda fetta di torta al limone
per consolarsi. «Il tuo al massimo non ti comprerà la scopa da corsa ultimo
modello. »
«Io ve l’avevo detto di non farlo. » disse per l’ennesima
volta Peter.
«Sono mesi che lo scongiuro di regalarmi quella scopa. Se
non ho come minimo una Nimbus non entrerò mai nella squadra di Quidditch e il
nuovo modello 1500 è una vera bomba! » esclamò James con espressione tragica. «Una
carriera da giocatore stroncata sul nascere per colpa di una scala ballerina! »
«E un grammofono distrutto. » rincarò Remus.
Stava iniziando a sentirsi in colpa per quello che era
successo agli amici. In fondo se erano finiti nei guai, era stato per
restituire il grammofono che avevano “prelevato” per lui.
«E’ bastato un Reparo
per sistemarlo. » disse Sirius.
«Il fatto che esista l’incantesimo Reparo non vi autorizza a fare a pezzi le cose altrui. »
«Non essere così severo, Rem. » fece James mostrando
un’imitazione piuttosto ben riuscita di pentimento. «Avrei potuto finire io a
pezzi in fondo a quella scala. Se ripenso al peso piuma di Sirius mi fa ancora
male dappertutto. »
«Naaaa… non ci saranno problemi, vedrete. » continuò Sirius
ripulendo il piatto dalle ultime briciole. «Persino Silente ci ha definiti solo
‘piccoli malandrini’. E’ stata una sciocchezza. »
James assunse per un attimo un’espressione pensierosa che
poi si trasformò in un sorriso che gli illuminò gli occhi nocciola.
«Hai detto ‘malandrini’? Malandrini… Sì, mi piace! »
Sirius e Peter gli lanciarono occhiate curiose ma Remus li
richiamò all’ordine. Alla prima ora avrebbero avuto Trasfigurazione e la
professoressa McGranitt sarebbe stata già sufficientemente arrabbiata con loro
senza che la irritassero ulteriormente con l’ennesimo ritardo. Stavano per
lasciare tutti e quattro la Sala Grande quando una voce femminile li fermò.
«Potter, scusa, ti posso parlare? »
James si voltò perplesso trovandosi davanti Dorcas Meadowes,
graziosa Grifondoro del terzo anno.
«Oh… sì, certo. Ragazzi, andate avanti. Vi raggiungo subito.
» disse notando lo sguardo pericolosamente malizioso di Sirius.
Remus afferrò Sirius e Peter per il colletto della veste e
se li trascinò dietro verso l’aula.
James riapparve pochi minuti dopo, appena in tempo prima che
la professoressa McGranitt chiudesse la porta. Si sedette accanto agli amici
con espressione strana ma nonostante le ripetute occhiate curiose non li
illuminò sull’accaduto.
La lezione si svolse stranamente senza incidenti e i quattro
rimasero decisamente stupiti di non dover subire gli sfoghi della
professoressa. Al contrario, una McGranitt piuttosto soddisfatta spiegò agli
ignari studenti che il suo prezioso grammofono le era stato restituito dal
professor Silente che lo aveva avuto da ignoti studenti di Grifondoro.
Nonostante il precedente furto fosse un atto grave, il fatto che qualcuno della
sua Casa vi avesse posto rimedio la metteva di buonumore. James e Sirius
seppellirono la faccia nel loro Trasfigurazione
per Principianti e non osarono guardarla per il resto dell’ora. Scoppiarle
a ridere di fronte sarebbe stato decisamente deleterio.
A pranzo quello era diventato l’argomento del giorno al
tavolo di Grifondoro, e anche ai tavoli delle altre Case. James e Sirius
stavano tentando di eludere in qualche modo il discorso che sembrava
interessare tanto i compagni, quando un enorme allocco piombò da un’ampia
vetrata dritto dritto nel pasticcio di carne di
Peter, che a quella vista lanciò un’esclamazione inorridita. L’uccello zampettò
fuori dal piatto rovesciando un paio di bicchieri di succo di zucca e allungò
una zampa in direzione di Sirius. Perplesso, il ragazzino prese la lettera che
gli veniva porta e pagò un paio di Zellini al gufo ritardatario che ripartì in
volo non prima di aver becchettato il pasto di Remus.
«Questa devastazione ha un motivo? » si informò James
imperturbabile scrutando il caos.
Sirius aprì la busta e scorse il biglietto all’interno con
un gran sorriso che, giunto all’ultima riga, divenne una smorfia dubbiosa.
«Quindi? » fece Peter.
«Mia cugina Andromeda e suo marito Ted annunciano la nascita
della loro bambina…»
«Fantastico! Congratulazioni! » esclamarono James e Remus.
«… Ninfadora. »
«Oh. »
«Ehm…»
«Cosa c’è? Io penso che sia un nome carino! »
I tre si voltarono verso Remus come se all’improvviso si
fosse trasformato in qualcosa di strano e verde.
«Rem, amico mio, dovremmo fare qualcosa per il tuo cattivo
gusto. » disse Sirius.
«Ninfadora Tonks. Devi ammettere che suona perlomeno
bizzarro. » fece Peter.
«Prova a metterla così: Ninfadora Lupin. » continuò James. «Allora?
»
Remus arrossì involontariamente.
«Cosa cavolo state dicendo? » sbottò. «Comunque continuo a
pensare che sia un nome carino e originale. »
Sirius si portò una mano alla fronte sospirando.
«Povera bambina, con Remus come unico estimatore avrà una
vita molto difficile…»
Le pietanze sparirono e fece la sua comparsa il dolce, un
delizioso budino al cioccolato. Questo, chissà come, distolse l’attenzione di
Sirius da Remus e dalla nuova cuginetta e la focalizzò su James.
«A proposito di nomi strani, cosa voleva da te Dorcas
Meadowes? »
James sembrò preso in contropiede, poi si riprese e rispose
ostentando noncuranza: «Uscire con me.»
Remus e Sirius sgranarono gli occhi e Peter quasi soffocò
con il budino.
«Non è niente di così allarmante. Ha detto di aver sentito
Gazza parlare delle nostre prodezze mentre scendeva a colazione e voleva
saperne di più. Così mi ha chiesto di andare con lei a Hogsmeade la prossima
settimana. »
«Noi non possiamo andare a Hogsmeade fino all’anno prossimo,
lo sai, vero? » gli fece notare Remus per niente rassicurato.
«Non sarà venuta a sapere anche dell’uscita dell’altra
notte? » si preoccupò Sirius.
«Quale uscita dell’altra notte? Ne avete combinata un’altra?
» si stupì Peter.
«Sì, no e… ehm… sì, scusa Peter. Quella cioccolata non
veniva dalle cucine ma da Mielandia, il negozio di dolci di Hogsmeade. Ci siamo
finiti per caso esplorando un passaggio segreto. » concluse James con aria di
scusa.
Peter iniziò a protestare perché non lo avevano portato con
loro, ma Remus aveva smesso di ascoltare. I suoi amici erano stati a Hogsmeade
tre notti prima… quella notte. Una
paura che non aveva niente a che fare con l’infrangere un centinaio di regole
della scuola, stava prendendo possesso di lui.
«Avremmo voluto visitare anche la Stamberga Strillante ma…»
«No! »
Sirius si voltò stupito vero Remus che aveva parlato prima
di rendersene conto.
«Cioè… non c’è davvero niente di interessante lì dentro… una
vera delusione…»
«Ci sei stato? » chiese Peter curioso.
«No… io no… ma me l’hanno detto. »
Iniziava ad essere decisamente nervoso, il discorso stava
prendendo una piega inaspettata e si era accorto che James lo stava fissando.
Sotto quello sguardo acuto faticava ad essere convincente nelle sue bugie.
«Eppure noi abbiamo sentito come degli ululati. Saranno
stati davvero fantasmi? » disse il ragazzino con gli occhiali.
«Oh… non lo so proprio. »
Doveva sviare il discorso in qualche modo. Qualunque modo.
«Cos’hai risposto a Dorcas? »
James rimase in silenzio con una strana espressione, come se
avesse preso in considerazione solo in quel momento un’eventualità del genere.
«Le hai risposto, vero, James? » rincarò Sirius. «Anche solo
un ‘no’ ma le avrai detto qualcosa. »
«Ehm… il fatto è che…»
Il fatto era che proprio mentre stava per rispondere (cosa
non lo sapeva bene neanche lui) era arrivata quella scocciatrice di Lily Evans
a rimproverarlo perché perdeva tempo con gli appuntamenti quando era in ritardo
per la lezione. Così si erano messi a bisticciare e quando lui si era ripreso,
a causa di uno stinco dolorante, aveva realizzato di trovarsi dall’altra parte
della Sala e di aver brutalmente piantato in asso la povera Dorcas. Ovviamente
lei non l’aveva minimamente aspettato e se ne era andata.
Sirius scoppiò in una fragorosa risata di fronte
all’imbarazzo dell’amico, imitato da Peter e da Remus che con sollievo vedeva
il discorso allontanarsi da argomenti pericolosi.
«Altro che Meadowes! E’ Evans la donna della tua vita! Ci
scommetto la bacchetta! »
«Sirius, non dire oscenità. Non è una donna… è Evans! »
James era arrossito e ora sembrava imbarazzato molto più di
prima.
«Perché no, scusa? Suona bene. Lily Potter. E’ carino. »
«Oh, sì, certo. Fantastico. » fece James sarcastico. «Suona
davvero bene. Quasi quanto Ninfadora Lupin. »
Terminate le lezioni del pomeriggio, James si rifugiò di
nuovo in biblioteca lasciando gli amici sempre più confusi. Remus e Sirius
stavano risalendo dal sotterraneo dell’aula di Pozioni (dove Peter era stato di
nuovo trattenuto dal professor Lumacorno) quando si imbatterono in Severus
Piton, un coetaneo Serpeverde che non era mai andato particolarmente a genio al
loro gruppetto. Già a prima vista dava l’idea di essere una persona viscida e
pronta a sfogare sui più deboli la gelosia che provava per chi era più in gamba
di lui. Questo gli aveva attirato istantaneamente l’antipatia dei quattro
ragazzi e in particolare di James con il quale era in corso un costante
conflitto. Questa volta, non vedendolo, ne approfittò per scoccare qualche
frecciatina ai suoi amici.
«Black, da quando i rinnegati possono passeggiare
indisturbati nei corridoi calcati dai purosangue?» chiese con un sorriso
strafottente.
Sirius tirò dritto senza degnarlo di uno sguardo.
«Dovresti aggiornare il tuo repertorio, è vecchia. Dicevi,
Rem, del tema sul bezoar? »
Remus continuò a parlare del compito tranquillizzato dal
fatto che Sirius non avesse raccolto la provocazione. Piton, al contrario, era
tutt’altro che soddisfatto.
«Piuttosto, Lupin, come sta la tua mammina mezzosangue? Che
sia il suo sangue sporco a farla stare sempre male? Sarebbe necessaria una
purificazione, non trovi? O forse sarebbe meglio una disinfestazione…»
Accadde tutto in un istante: un attimo prima Sirius
camminava tranquillamente, un attimo dopo stava scaraventando Piton contro il
muro del corridoio.
«Tu, viscida serpe strisciante, come osi anche solo nominare
sua madre? Come ti permetti, Mocciosus? »
«Sirius, lascialo andare! Lo soffochi! »
Vedendo che Piton era impallidito e respirava a fatica a
causa della stretta attorno al colletto della camicia, Remus afferrò il
compagno per un braccio.
«Basta, Sirius! A me non importa! Non mi importa, davvero! »
Nonostante le parole sentiva crescere dentro di sé
l’amarezza: se esistevano persone capaci di parlare in quel modo, non osava
immaginare la loro reazione se mai fossero venuti a conoscenza della sua vera
natura. Eppure lui non voleva fare del male a nessuno. Perché doveva trovarsi
coinvolto in episodi come quello?
«Di me puoi dire quello che ti pare, non me ne frega niente,
» stava ringhiando Sirius. «ma lui non ti ha fatto niente di male quindi non ti
permetto di insultarlo in questo modo! »
Piton mise mano alla bacchetta e notando quel gesto Remus strattonò
più forte l’amico fino a frapporsi tra i due.
«Sirius, falla finita! Non ne vale la pena! »
«Expelliarmus! »
Le bacchette volarono di mano ai due contendenti e il
professor Lumacorno apparve in fondo al corridoio.
«Una rissa! » esclamò disgustato avvicinandosi. «Signor
Black, che storia è questa? Aggredire un allievo della mia Casa in quel modo! E
anche tu, Severus, assecondare una provocazione del genere! Dieci punti in meno
a Serpeverde e trenta a Grifondoro! »
«Non è giusto! Piton stava insultando Remus! » si infervorò
Sirius.
«Lascia perdere. Ci dispiace, professore. »
Così dicendo Remus costrinse un recalcitrante e furioso
Sirius ad allontanarsi lasciando Piton alla ramanzina di Lumacorno.
Appena raggiunsero la Sala Comune della Torre di Grifondoro,
Sirius esplose di nuovo in improperi e minacce all’indirizzo di Piton e quando
Peter rientrò alcuni minuti dopo, il suo monologo era ancora in corso. Remus,
sprofondato in una poltrona imbottita, fissava la finestra all’esterno della
quale aveva iniziato a cadere una sottile pioggerella gelida. Si sentiva in
colpa. Se la Casa aveva perso punti, se Sirius aveva rischiato una punizione,
era a causa sua. Oltretutto per un motivo fittizio e assolutamente inutile.
Come potevano pensare che restasse a scuola buono e tranquillo se sua madre
fosse stata davvero malata come diceva? A volte si sorprendeva lui stesso
dell’assurdità della situazione. Quanto ancora sarebbe durata quella stupida
farsa? L’idea di doverla trascinare per altri cinque anni lo scoraggiava.
«Quando lo verrà a sapere James, gli darà una lezione! »
A quelle parole di Peter, Remus si riscosse. No, James non
doveva saperlo. Non voleva che si cacciasse nei guai anche lui.
«Cosa dovrei sapere? » chiese il diretto interessato
scavalcando in quel momento il buco del ritratto.
Troppo tardi.
Sirius non riuscì a tacere un minuto di più e ricominciò con
la sua tirata contro Piton. L’espressione di James, inizialmente allegra, si
fece man mano più grave e in seguito severa. Era pericolosamente arrabbiato, lo
si capiva dallo sguardo insolitamente serio.
«Che verme…» mormorò.
Remus balzò in piedi interrompendo un insulto
particolarmente elaborato di Sirius.
«Non voglio che facciate nulla! Vi prego! » esclamò. «James,
non metterti nei guai per una cosa del genere! A me non interessa. »
James assunse un’espressione stupita.
«Come, non ti interessa? Ti ha insultato in maniera crudele,
vorresti farmi credere che non ci sei rimasto male neanche un po’? Tu non sei
così insensibile. »
Remus rimase in silenzio, indeciso. A volte James era
davvero perspicace, gli faceva quasi paura quando era così terribilmente
intuitivo. Quello sguardo all’apparenza miope, in realtà vedeva e comprendeva
molto più di quanto lasciasse intendere.
«Sì, è vero. » si decise infine. «Però tu non devi…»
James si alzò dal tappeto dove era seduto e gli si avvicinò
a grandi passi. Questa volta sembrava seccato.
«Senti un po’. » disse fissando gli occhi nocciola dritti in
quelli ambrati del compagno. «Cosa devo o non devo fare lo decido da me. Se mi
venisse voglia di andare a spaccare la faccia a Mocciosus, eventualità che non
mi sento di escludere, nessuno può impedirmi di farlo. »
Si avvicinò ancora di più e Remus cominciò ad allarmarsi:
che avesse intenzione di picchiarlo? James invece appoggiò la fronte contro la
sua e continuò imperterrito: «Se uno è tanto stupido da ferire un mio amico,
non può sperare di passarla liscia. Anche se l’amico in questione ha troppa
poca stima di sé stesso per offendersi ed è troppo gentile per mostrare quanto soffra.
»
Detto questo, James si alzò di nuovo sorridente, come se
nulla fosse successo.
«Ok, io torno in biblioteca. Ero tornato solo a prendere una
nuova punta per la mia piuma e visto che proprio qui c’è la borsa di Sirius…»
Prese a frugare tra la cancelleria dell’amico sempre
rifornito di punte di piuma magiche e presto ne riemerse con quello che
cercava.
«Ma come, Jamie? Ci snobbi di nuovo? » si lamentava intanto
Peter.
«Non vi sto snobbando, Pete, ci vediamo a cena. E non
chiamarmi in quel modo o ti snobberò davvero. Sirius, grazie della punta. »
«Ehi, me ne devi già tre! » protestò Sirius. «Non fare finta
di dimenticartene come al solito! »
Mentre ancora ridacchiava, Remus rimase a guardare l’amico
che lasciava la Sala Comune. In un modo un po’ brusco e tutto particolare,
James aveva voluto consolarlo e fargli capire che non doveva mortificarsi come
gli capitava di fare un po’ troppo spesso ultimamente. Forse avrebbe provato a
seguire il suo consiglio.
James chiuse il pesante libro rilegato con un tonfo e si
stiracchiò sulla sedia allungando le braccia dietro la testa. Non era abituato
a trascorrere tanto tempo in biblioteca, era un luogo così tranquillo, così
silenzioso, e l’unica parola che lui riusciva ad associare a tranquillità e
silenzio era noia. Tuttavia aveva pazientato e portato avanti la sua ricerca
solo grazie alla preoccupazione e alla quasi equivalente curiosità che provava.
Tentare di nascondere qualcosa a James Potter innescava un meccanismo che lo
rendeva capace di tutto pur di scoprirla. Ora che però era venuto a capo del
segreto, non sapeva più cosa pensare. Da una parte era soddisfatto di sé per
aver capito qual’era il problema, ma tra capirlo e risolverlo ne passava di
acqua sotto i ponti e questo lo faceva sentire ancora più preoccupato. Inoltre
doveva comunicarlo ai suoi amici perché a questo punto era sicuro che non
l’avrebbero intuito da soli. Non era certo di quale sarebbe stata la loro
reazione, però il ricordo della rabbia di Sirius di fronte al comportamento di
Piton lo rassicurava. Conoscendo i ragazzi non avrebbe avuto niente da temere.
Mentre si avviava verso la Sala Grande per la cena, passò
davanti ai bagni del primo piano e vi intravide proprio Piton. Istantaneamente,
richiamata dal pensiero di poco prima, sentì montare la stessa irritazione di
quel pomeriggio. Ripensò a quello che aveva appena scoperto, poi alle parole
che Sirius gli aveva riferito e l’irritazione si trasformò in rabbia. Non si
fermò a riflettere un istante, piombò nel bagno con la bacchetta levata esclamando:
«Ci si rivede, viscida serpe codarda! »
Piton sussultò e fece un salto indietro, colto alla
sprovvista.
«Potter, che vuoi? » fece mentre a sua volta la mano correva
alla bacchetta.
«E’ facile attaccare chi preferisce non difendersi, vero,
Mocciosus? » continuò James minaccioso. «Decisamente degno di te insultare i
miei amici per colpire me in modo trasversale. Mette in risalto le tue grandi
doti di coraggio. »
«Naturalmente i tuoi amichetti sono venuti a piangere da te,
vero? » replicò Piton tentando di mantenere salda la presa sulla bacchetta che
aveva cominciato a tremare. James furioso allarmava chiunque. «Specialmente
quel Lupin con tutte le sue moine. ‘Sirius basta. Sirius smettila. A me non
interessa…’ Un campione di coraggio! »
«Se tu solo lontanamente immaginassi cosa può fare Remus,
non parleresti così! » ringhiò James. Ancora una parola e non avrebbe risposto
di qualunque incantesimo fosse scaturito dalla sua bacchetta.
«Quando si tratta di uno stupido mezzosangue c’è ben poco
spazio per l’immaginazione. »
I due incantesimi partirono quasi in contemporanea. Il Reducto di James venne deviato dall’Impedimenta di Piton e rimbalzò contro
un rubinetto che esplose letteralmente. Quando il lampo di luce si spense, il
pavimento si allagò velocemente e Piton si trovò spalle al muro in ginocchio
nell’acqua. La mano che reggeva la bacchetta tremava convulsamente. James era
di fronte a lui, la stretta salda e minacciosa, ma non guardava la sua arma
bensì fissava il rivale dritto negli occhi.
«Non so cosa mi trattenga dallo scagliarti un Anatema
Illegale… Apri bene le orecchie perché te lo dirò una volta soltanto. Non
azzardarti mai più a coinvolgere nella nostra disputa chi non centra, sono
stato chiaro? Il fatto che una persona sia troppo gentile per spaccarti la
faccia quando te lo meriti, non significa che sia un debole! »
Detto questo si alzò, scosse la veste bagnata e si allontanò
senza voltarsi. Era incredibile quanta rabbia riuscisse a risvegliare in lui
quel tipo. Ogni volta che lo incontrava, con quella sua aria viscida, gli
veniva voglia di suonargliele di santa ragione solo per esserselo ritrovato
davanti.
Quando raggiunse gi amici nella Sala Grande per la cena, la
veste era ancora gocciolante e la bacchetta ancora calda dell’incantesimo
appena lanciato, ma sul suo volto era tornato il consueto, rassicurante
sorriso.
Le settimane successive trascorsero piuttosto
tranquillamente. James aveva smesso di tradire la compagnia degli amici per
frequentare la biblioteca e Piton, dal quale Remus si era aspettato ogni sorta
di ritorsione, si limitava a lanciare loro occhiatacce e a cambiare strada
quando li incontrava. Nessun Serpeverde aveva più osato pronunciare la parola
“mezzosangue” in sua presenza, Peter continuava a dover seguire lezioni
supplementari e Sirius era addirittura riuscito a ritrovare la sua cravatta
(che senza un’apparente spiegazione si era materializzata sotto il letto di
James). Insomma, tutto filava talmente liscio da non sembrare vero. Per questo
la mattina del 23 dicembre, quando venne svegliato da una strana sensazione di
malessere e per puro scrupolo lanciò un’occhiata al calendario lunare che
teneva sul comodino, Remus si sentì come se gli avessero gettato addosso un
secchio d’acqua gelata. Il suo piccolo paradiso di normalità a tempo
determinato era giunto al termine per l’ennesima volta. Sprofondò la testa nel
cuscino chiudendo gli occhi più forte che poteva. Forse, se avesse fatto finta
di niente, questa volta non sarebbe accaduto. Forse questa notte la luna non
sarebbe sorta. Rimase così, immobile anche quando sentì i compagni svegliarsi e
cominciare a prepararsi. Si mosse solo quando James lo chiamò esplicitamente.
Ne risultò l’ennesimo ritardo alla lezione della professoressa McGranitt e
questa volta non avevano nemmeno la cravatta di Sirius come scusa.
Il giorno seguente sarebbero iniziate le vacanze natalizie e
come spesso succede nelle scuole Babbane, anche a Hogwarts i professori
alleggerirono gli impegni scolastici per alternare le spiegazioni a piacevoli
chiacchierate con gli studenti.
Una volta preparatosi per il nuovo “rientro”, Remus si
attardò in Sala Comune a commentare proprio una di queste discussioni avuta nel
pomeriggio con il professor Vitious. Si sentiva piuttosto tranquillo, la sala
era affollata di studenti in partenza quindi questa volta la sua assenza
sarebbe stata notata meno del solito.
«Quando ho sentito Phileas Lovegood dire che da grande
avrebbe voluto fare il giornalista, ho seriamente pensato di non riuscire a
trattenermi! » stava dicendo Sirius sbellicandosi dalle risate. Lui sarebbe
rimasto a scuola, dal suo punto di vista più tempo passava lontano da casa e
meglio si sentiva. Stessa cosa avrebbero fatto gli amici per tenergli
compagnia. «Ce lo vedete un tipo del genere scrivere per la Gazzetta del Profeta? »
«No, non credo! » ribatté James ridendo a sua volta. «Il
giornale adatto a lui devono ancora inventarlo! E Evans che vuole fare la
Guaritrice? Assurdo, non mi farei mai curare da una così! »
«Voi invece cosa vorreste diventare? » chiese Peter interessato,
agli amici che non avevano espresso il loro parere durante la lezione.
Sirius smise di ridere e assunse quella che voleva essere
una posa solenne.
«Un lavoro che mi tenesse lontano da casa per parecchio
tempo sarebbe l’ideale, se poi è anche avventuroso tanto meglio. Lo
Spezzaincantesimi, per esempio. Ho sentito dire che quelli della Gringott sono
sparsi per il mondo. Oppure all’Ufficio Misteri. Nessuno sa cosa trattino ma
mio padre diceva che spesso mandano gente in giro a fare ricerche. » disse.
«Lavorare per la Banca o per il Ministero? Che noia! »
commentò James. «Io sarò il più grande giocatore di Quidditch di tutti i tempi!
L’anno prossimo mi iscriverò alla squadra di Grifondoro, poi verrò sicuramente
notato da un talent scout e andrò a giocare nelle Appleby Arrows, infine verrò
convocato in nazionale!… Naturalmente se riuscirò a convincere mio padre a
regalarmi la nuova Nimbus 1500, impresa che dopo l’ultimo richiamo di Silente
sarà molto difficile. Dovrò ripiegare su una carriera alternativa. »
Attese qualche secondo per assicurarsi tutta l’attenzione
dei presenti poi esclamò: «L’Auror! Volete mettere la soddisfazione di sbattere
in cella degli orribili maghi oscuri? Libererei il mondo da tutta la gentaglia
come Piton che adora le Arti Oscure! Eccitante quasi quanto la presa di un
Boccino vincente! »
Remus ascoltava ammirato. I suoi compagni avevano dei grandi
progetti, lui invece non riusciva a prospettarsi un avvenire brillante. Forse
perché non aveva mai pensato concretamente al suo futuro, forse perché non era
del tutto sicuro che ne avrebbe avuto uno.
«Tu, invece, Remus? »
La domanda lo colse alla sprovvista e tentennò un attimo
prima di rispondere.
«Ehm… non lo so. Questa scuola mi piace molto, forse non
sarebbe male rimanere qui. »
«Come ripetente a vita? » si scandalizzò Peter. «Proprio tu
che sei così secchione? »
«Certo che a volte le spari proprio grosse… Intendeva come
insegnate, vero, Rem? » fece Sirius. «Che pazienza! Io non ce la farei mai ad
avere a che fare con gente come noi. »
«E’ vero, però dev’essere interessante trasmettere il
proprio sapere alle nuove generazioni. Pensa a Incantesimi, Pozioni o Difesa
contro le Arti Oscure. » rispose Remus e mentre lo diceva si rese conto di
pensarla proprio così. Un futuro del genere non sarebbe stato affatto male.
James scoppiò di nuovo a ridere.
«In effetti se un mio eventuale figlio dovesse mai
frequentare Hogwarts, preferirei di gran lunga che il suo insegnante fosse Rem
piuttosto che il vecchio Lumacorno! »
Remus si immaginò più anziano, seduto nel suo studio a
discutere di Materie Oscure con uno scalmanato James in miniatura e rise a sua
volta.
La fresca risata rilassata venne interrotta dall’ingresso
della professoressa McGranitt, la cui esclamazione lo riportò bruscamente alla
realtà.
«Lupin, sei pronto? E’ ora di andare. »
Scosse la testa mestamente: era già un miracolo che Hogwarts
lo avesse accettato come studente, fantasticare che lo accogliesse come
insegnate era decisamente sfrenato.
«Che cosa?! No, stai scherzando e io stupido che ti avevo
quasi creduto! »
La voce alterata di Sirius riecheggiò nel dormitorio
dall’alto soffitto. Dopo cena lui e Peter si erano ritrovati lì convocati da
James che affermava di dover parlare loro di una cosa molto importante.
«Non sto minimamente scherzando. Ti pare che potrei farlo su
una cosa del genere? » rispose James. «Se ti dico che Remus è un Lupo Mannaro è
perché ho le basi per affermarlo. All’inizio non volevo crederci nemmeno io, ma
dopo aver svolto quella ricerca ho capito che l’unica spiegazione a tutte le
sue stranezze era quella. »
Peter, che si era rannicchiato in un angolo del letto come a
voler sfuggire a quelle parole, si sporse leggermente dalle tende del
baldacchino.
«Come fai ad esserne sicuro? » mormorò. «Un Lu… Lupo
Mannaro… voglio dire… è una cosa seria…»
«Guarda fuori. C’è la luna piena e Remus non è qui. Quando
Sirius ed io siamo stati ad Hogsmeade, c’era la luna piena e Remus non c’era.
Tutte le volte lui non è qui, l’ho notato già da un po’. Inoltre le ferite che
riporta non sono semplici lividi da persona sbadata. Assomigliano di più a
morsi e graffi di artigli. Non avete fatto caso a come si innervosisce se il
discorso finisce sulla leggenda della Stamberga Strillante? Io sono sicuro di
aver sentito degli ululati quella sera. »
James squadrò gli amici per verificare le loro reazioni poi
continuò.
«Se non siete convinti vi posso portare i trattati che ho
consultato in biblioteca, che riportano specificatamente tutti i sintomi. »
Sirius si lasciò cadere su una sedia con espressione
incredula.
«No, non è necessario… io… credo sia sufficiente così…»
«E’ terribile! » esclamò Peter saltando dal materasso. «Non
dovremo più avere niente a che fare con lui! E’ pericoloso! Potrebbe aggredirci
da un momento all’altro! »
James gli lanciò un’occhiata che lo zittì all’istante, poi
tornò a rivolgersi a Sirius.
«Per te fa così tanta differenza? »
«Pete ha ragione, James. E’ pericoloso. Non posso credere
che una persona così… Eppure è l’unica spiegazione logica. E’ tutto così
assurdo! Ora cosa dovrei fare? Finta di niente? Non è possibile! »
Il ragazzino sembrava molto combattuto e James ne approfittò
per continuare.
«Sei davvero convinto che Remus sia una persona pericolosa?
Ti sei mai sentito in qualche modo minacciato da lui? O piuttosto era lui a
tentare di frenarti quando esageravi? Non hai detto che ti ha impedito di
conciare Piton per le feste? Rem odia la violenza, in realtà è il più
tranquillo di tutti noi. Ha solo… un problema. »
«Non lo so! Non lo so, James! Non puoi arrivare qui, sparare
una cosa del genere e pretendere un parere immediato! Cosa dovremmo…»
«Niente. Semplicemente esserne consapevoli e accettarlo.
Puoi farlo? »
Sirius ora era molto nervoso e anche James iniziava ad
accalorarsi nonostante l’apparente tranquillità.
«Hai la minima idea di cosa sia realmente un Lupo Mannaro? »
«Hai la minima idea di cosa sia realmente un amico? »
Sirius abbassò la testa sconfitto e per un momento nel suo
sguardo si lesse il senso di colpa. Le parole di James lo facevano sentire
terribilmente meschino e si spaventò quasi al pensiero di stare reagendo come
avrebbe fatto un qualunque altro Black. Era davvero quello che voleva?
Peter era sempre più nervoso e aveva iniziato a tremare
aggrappandosi a una colonna del letto, come se un Lupo Mannaro dovesse spuntare
da un momento all’altro nella stanza.
James, alla finestra, fissava il pallido disco della luna
chiedendosi quali sofferenze stesse patendo in quel momento il loro amico.
«A voi piace Remus, non è vero? » chiese ad un tratto
spezzando il silenzio.
Peter si agitò a disagio e non rispose.
Sirius si limitò a grugnire un: «Non fare domande assurde. »
«Bhè, a me Remus piace, » continuò James con la semplicità
del bambino che era. «e piace anche a tutta la gente sana che c’è qui dentro,
il che esclude i Serpeverde ma questo già lo sapevamo. E’ il tipo che fa
sentire a proprio agio chiunque. Io non ho intenzione di condannare o
discriminare un mio amico solo perché si trova suo malgrado in una situazione
che non ha certamente cercato e non intendo perdonare chi lo farà. Chiunque
sia. »
Dopo quelle parole che fecero rabbrividire i due
ascoltatori, il silenzio calò nella stanza e ognuno si immerse nei propri
pensieri. L’ora si stava facendo tarda e poco dopo Peter si addormentò
profondamente cominciando a russare. Sirius invece non chiuse occhio. Rimase
sdraiato a fissare il soffitto del suo baldacchino sentendosi spaventato dalla
terribile scoperta, profondamente disgustato di sé stesso dopo quello che aveva
detto James e anche abbastanza seccato per la contraddittorietà dei propri
sentimenti. Possibile che un ragazzo all’apparenza gentile come Remus, fosse in
realtà una belva assetata di sangue? All’apparenza, appunto. Si poteva
mantenere davanti a tutti una maschera del genere per quasi un anno e mezzo se
la propria natura era completamente opposta? Non lo sapeva, non ne aveva idea
lui che era abituato a mostrarsi semplicemente per quello che era, che gli
altri lo apprezzassero o meno. Ripensò alle volte che aveva parlato con Remus,
alla tristezza che velava il suo sguardo quando aveva accennato alle brutte
esperienze passate, alla gratitudine che aveva illuminato la sua espressione
dopo la propria conferma di amicizia. Possibile che fosse tutto finto? Gli
riusciva impossibile convincersi di una cosa del genere, eppure l’ultima
rivelazione gettava un’ombra scura anche sui ricordi più piacevoli. Non si
sentiva più sicuro di niente e detestava quella sensazione. Confuso, scosse la
testa e si girò su un fianco continuando a rimuginare. Dal canto suo, James rimase
seduto sul davanzale interno della finestra, lasciando spaziare lo sguardo sul
parco innevato reso argenteo dalla luce della luna. Era uno spettacolo
incantevole che lo rilassava a dispetto della situazione di incertezza che lui
stesso aveva creato. La sua decisione l’aveva presa e confidava nel fatto che
anche gli amici sapessero fare la scelta giusta, specialmente Sirius che
sembrava molto tormentato.
Probabilmente si era assopito, perché quando riaprì gli
occhi si accorse che in lontananza il cielo iniziava a schiarirsi. Nella stanza
immersa nell’oscurità, il russare di Peter giungeva ancora nitido. James scese
dal davanzale stiracchiandosi le membra indolenzite e si avvicinò al letto di
Sirius. Quando gli posò una mano sulla spalla, il ragazzino si girò subito a
fissarlo. I suoi occhi grigi erano leggermente arrossati, segno che non aveva
dormito per niente.
«E’ ora di andare. » disse James e l’altro si alzò
seguendolo con sguardo interrogativo.
Insieme svegliarono Peter, indossarono i mantelli e lasciarono
il dormitorio per uscire nel gelo cristallino dell’alba.
L’aria, fuori dal passaggio segreto del Platano Picchiatore,
era gelida e tagliente e la sua veste
lacerata non offriva molta protezione, ma sentirla significava che
poteva respirare di nuovo. Respirare come un essere umano. La neve scricchiolò
sotto i suoi piedi e Remus mosse un paio di passi barcollanti all’esterno.
Albeggiava a malapena ma nella luce incerta poté vedere quanto malconcio fosse
il suo aspetto: il mantello e la veste erano miseramente strappati e della
camicia dell’uniforme che teneva con tanta cura restava poco o niente. Gocce di
sangue scuro macchiavano la neve bianca ma il sospiro che esalò era più di
rassegnazione che di dolore. In realtà avrebbe dovuto sentirsi sollevato per la
fine di quella orribile notte, ma proprio non ci riusciva. Uscire dal rifugio
notturno del Lupo significava poter vivere alla luce del sole, ma anche
ricominciare con la sua eterna finzione di normalità. Da quel giorno, per un
altro mese, sarebbe stato semplicemente lo studente Remus J. Lupin con la sua
vita tranquilla, poi il ciclo sarebbe ricominciato.
«Non ho bisogno di
angosciarmi ora. » si disse respirando a fondo l’aria gelata. «Va tutto bene. Ora tornerò al dormitorio e
trascorrerò il Natale con degli amici. »
Quello dei compagni era un pensiero molto consolante che
contribuì a risollevare un poco il suo umore nonostante il dolore delle ferite.
«Fa male ma non ha
importanza. Tutto andrà a posto. Forse hanno organizzato di nuovo una festa.
James e Sirius passeranno il tempo a farsi i dispetti e Peter si abbufferà di
dolci come al solito. Ci divertiremo tantissimo e…»
Alzò lo sguardo verso il castello e si irrigidì sgranando
gli occhi. Tre figure ammantate di nero avanzavano verso di lui, una davanti
con passo deciso e due che seguivano più esitanti. Un gelo che non aveva niente
a che fare con la neve che lo circondava lo invase.
«No… no, ti prego…» si trovò a balbettare. «Sono… uno
stupido… come ho potuto anche solo sperare…»
Si sentì mancare del tutto le forze, tanto che barcollò in
avanti e per poco non crollò in ginocchio. La voglia di piangere lo assalì
prepotentemente, ma non sarebbe servito a niente. Nonostante la disperazione
che provava, avrebbe dovuto aspettarsi che un momento del genere sarebbe
arrivato.
«Sorridi, Remus,
sorridi. » si disse cercando di farsi coraggio. «Non far capire loro che in realtà hai solo voglia di urlare…»
Quel pensiero però cadde nel vuoto della sua mente. Non
riusciva a capacitarsi. Come poteva accettare che anche questa volta finisse
tutto così? Parole udite tanto tempo prima riecheggiarono nei suoi ricordi.
«Non avvicinarti,
mostro! »
«E’ vero… in fondo
sono un mostro… è giusto così…»
«Quando il lupo
riuscirà a realizzare il suo sogno, allora sarà felice e non piangerà più…»
«Questo non accadrà,
mamma… Non potrà accadere mai! »
James avanzava nella neve tentando di mantenere un’andatura
risoluta nonostante i dubbi che avevano inevitabilmente iniziato ad assalirlo.
Non era sicuro di quello che avrebbero trovato alla Stamberga Strillante, ma
non era intenzionato a cambiare idea. Sirius e Peter lo seguivano con scarsa
convinzione ed evidente timore, aveva come l’impressione di trascinarli ma
sapeva che qualunque parola detta in quel momento sarebbe stata forzata e superflua.
Stavano attraversando lo spiazzo dinnanzi al Platano Picchiatore quando ne vide
emergere una figura lacera e barcollante. Si fermarono a fissarsi per un
istante, James vide Remus impallidire paurosamente e lesse l’orrore nei suoi
occhi. Evidentemente l’idea che potessero aver scoperto il suo segreto lo
atterriva. Si voltò brevemente e notò che anche Sirius e Peter lo stavano
fissando. Sirius aveva un’espressione stravolta, era chiaramente spaventato ma
non per il motivo che aveva affermato fino a quel momento. Vedere Remus in
quello stato lo aveva sconvolto profondamente e quando si accorse che si
reggeva a stento scattò in avanti istintivamente. James lo afferrò al volo per
una manica della veste trattenendolo.
«Cosa fai? Remus sta male, non vedi? » gli ringhiò contro
Sirius.
«Aspetta. » bisbigliò James. «Non sono sicuro… che sia in
sé…»
«Lasciami andare! »
Remus sembrò non rendersi conto di quella breve discussione.
Avanzò lentamente e quando li raggiunse alzò su di loro un debole sorriso e
proseguì stringendosi il braccio sinistro che stillava gocce rosse nella neve.
«E’… è sangue! » balbettò Peter sbiancando.
Sirius si liberò dalla presa di James con uno strattone e
raggiunse Remus in un balzo. Lo afferrò per le spalle un attimo prima che si
accasciasse a terra.
«Cos’hai fatto? Sei ferito gravemente! » esclamò.
Remus tentò di allontanare le sue mani.
«Non è niente… sto bene…»
«Stai sanguinando! Come fai a dire che non è niente?! »
James si avvicinò parlando tranquillamente, sorridendo tra
sé per la reazione di Sirius.
«Sono le zanne e gli artigli, vero, Rem? E’ con quelli che
ti ferisci. Chiuso in quella casa, solo, per non fare del male a nessuno. »
«Cosa? Tu… per non fare del male ad altri… tu…»
Sirius sentì gli occhi inumidirsi e dovette fare uno sforzo
per trattenere le lacrime, ma lo sguardo che Remus alzò su di lui era quasi
stupito.
«Perché fai così? Va tutto bene, ti dico. Questo non è
niente. »
Sentì la stretta di Sirius farsi più intensa e James
passargli un braccio attorno alle spalle. Anche Peter si era avvicinato e la
paura nei suoi occhi aveva lasciato il posto a una profonda preoccupazione.
«Non hai niente da temere. » mormorò James. «Noi siamo qui
per te, non sei più solo. »
Remus non era sicuro di aver capito bene. Possibile? Quella domanda
continuò ad aleggiare nella sua mente annebbiata finché sentì le ginocchia
cedere e tutto si fece buio attorno a lui.
Possibile?
Possibile?
Remus riprese conoscenza lentamente. Gli sembrava di essere
immerso in un bianco luminoso, che fosse ancora nel parco innevato? Però non
sentiva freddo, anzi un piacevole tepore lo avvolgeva. Aprì completamente gli
occhi e scoprì di trovarsi nell’infermeria della scuola. Il suo braccio era
stato medicato e bendato e attorno al suo letto si trovavano delle persone. Si
trattava di James, Sirius e Peter e avevano tutti espressioni preoccupate. Per
un attimo si chiese cosa ci facessero lì, poi il ricordo dell’incontro nel
parco lo gettò in uno sconforto che rasentava la disperazione.
«Ti… ehm… senti meglio? » chiese Peter esitante.
Nel suo sguardo si leggeva la pietà che provava in quel
momento nel vederlo in uno stato miserevole. Conosceva bene la trafila che lo
aspettava: prima lo avrebbero compatito, poi lo avrebbero disprezzato e infine
lo avrebbero abbandonato. Dunque perché continuare a recitare una parte?
«No, per niente. » rispose tentando di mantenere un tono di
voce fermo.
Sirius scattò in piedi.
«Vado a chiamare Madama Chips! » esclamò ma Remus lo bloccò.
«No, non mi serve. Piuttosto, perché siete qui? »
James avvicinò la sedia al letto e lo guardò sorridendo.
«Te l’ho già detto ma forse non te lo ricordi visto che sei
praticamente crollato in braccio a Sirius. Siamo qui per te, perché non
vogliamo che il nostro amico affronti tutto questo da solo. »
«Stai… parlando seriamente? »
«Certo. »
«Eppure tu sai… Hai visto…»
«Sì. »
A Remus quelle parole sembravano inconcepibili. Come poteva
James accettare una cosa del genere con tanta naturalezza? E gli altri? Sirius
e Peter sembravano davvero in pena. Volevano restargli vicino. Istintivamente
provò un moto di gratitudine, ma subito si ritrasse. In realtà loro non
sapevano a cosa andavano incontro. Erano stati sempre gentili con lui, non era
giusto coinvolgerli nella sua infinita spirale di menzogne. Non lo meritavano.
Lui comunque era abituato a sopportare la solitudine.
«Non avete idea di cosa state dicendo! » esclamò. «Io sono
un Lupo Mannaro! Una creatura orribile che potrebbe attaccarvi da un momento
all’altro! Sono crudele e sanguinario…»
L’espressione di James era scettica.
«Ma davvero? Immagino che sia per questa tua innata crudeltà
che Silente ha deciso di metterti in dormitorio con noi. In realtà, per il
quieto vivere della scuola, spera che ci sbrani tutti. »
Sirius e Peter ridacchiarono per nulla intimoriti.
«Vi ho mentito per un anno e mezzo! » continuò Remus. «Sono
una pessima persona. Avete già rischiato di passare dei guai per colpa mia.
Stando con me non avrete certo una vita tranquilla. »
«Qualcuno qui desidera una vita tranquilla? » fece Sirius
rivolto agli altri due che scossero la testa vigorosamente. «Piuttosto dovremmo
essere noi a dirti una cosa del genere. »
Quello fu troppo e Remus esplose.
«Insomma, non capite?! E’ già abbastanza brutto per me senza
che vengano coinvolte altre persone! Non sapete cosa significa vivere
nell’oscurità! Sentirsi costantemente in ansia per la paura di essere scoperti
e perdere nuovamente tutto! Dover fingere ogni volta che vada tutto bene! Ne ho
abbastanza di essere compatito e detestato! NON VOGLIO PIU’ ESSERE CHIAMATO
MOSTRO!»
Le lacrime avevano cominciato a scorrere arbitrariamente
sulle sue guance e i tre amici balzarono in piedi, ma ogni gesto venne
interrotto dall’ingresso di una Madama Chips infuriata.
«Questa è un’infermeria! Un po’ di rispetto, per Merlino! Se
vi sento ancora alzare la voce vi butto fuori tutti! Il paziente ha bisogno di
riposo. »
Quando scomparve nel suo studio, Remus non osò alzare gli
occhi, imbarazzato dallo sfogo.
«Che non sei un mostro, noi che viviamo a contatto con te
ventiquattr’ore su ventiquattro, lo sappiamo benissimo. » disse la voce pacata
di James. «Hai solo… un piccolo problema peloso. Noi non siamo persone con cui
usare tanti riguardi, siamo solo dei malandrini combinaguai, ma una cosa è
certa: i Malandrini non abbandonano gli amici. Mai. Anzi, ho già una mezza
idea, anche se comporterà qualche ora in più di studio…»
Remus non credeva alle proprie orecchie. Pazzo,
imperturbabile, eccezionale James. Aveva appena pronunciato le parole che ormai
disperava di sentire. Si asciugò gli occhi con la manica della camicia
strappata.
«Ne siete sicuri? »
«Mai stato più sicuro! » esclamò James.
«Che domande! Certamente! » ribadì Sirius e Peter annuì con
entusiasmo.
Remus tese loro la mano.
«Allora… benvenuti nella mia vita. »
James gliela strinse calorosamente come presentandosi di
nuovo.
«James Potter. Felice di esserci. »
Quel giorno il lupo smise di piangere.
Fine
NOTICINA DI YUKI:
EFP è tornato!!!!! ^_______^ Per festeggiare ho
postato la seconda e ultima parte appena l’ho scoperto! EVVIVA!!!
Allora, cosa ne
pensate? (Io sono letteralmente partita per James♥
ma essendo l’autrice non faccio molto testo…Scusate il delirio momentaneo…)
Ringrazio tantissimo
che ha recensito la prima parte, DarthSteo e Tinkerbell91, come ho già detto adoro sentirmi dire che vi
piace come scrivo! Grazie!! Per me è il complimento migliore!! ^///^
VampiraSix, non ti preoccupare che non mi sono
dimenticata di te! Grazie del commentino e per aver letto in anteprima la
seconda parte, visto che per la prima eravamo tutte e due troppo incasinate per
trovarci.
Ok, e con questo è tutto. A “rileggerci”
presto e chissà che prima o poi non trovi il tempo di scrivere una storia su
una certa Mappa che mi ronza in testa da diverso tempo…
Un bacio.
☺YUKI-CHAN☺