By The Way di AiraD (/viewuser.php?uid=93527)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1) Returns and mad ideas ***
Capitolo 3: *** 2) Odd Relations ***
Capitolo 4: *** 3) Bad News ***
Capitolo 5: *** 4) Something About Me ***
Capitolo 6: *** 5) Getting To Know Each Other ***
Capitolo 7: *** 6) First Match ***
Capitolo 8: *** 7. Veritasserum ***
Capitolo 9: *** 8) Dealing With... Problems and News ***
Capitolo 10: *** 9) New And Old Friends ***
Capitolo 11: *** 10) Halloween ***
Capitolo 12: *** 11) Weird Reactions ***
Capitolo 13: *** 12) Saving you, Saving Me ***
Capitolo 14: *** 13) Confusing As Hell ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
primo
settembre 2017
“
Mi raccomando tesoro fai
attenzione” una
donna alta dai capelli riccissimi e
i lineamenti gentili lasciò un bacio sulla testa altrettanto
riccia di una
ragazzina.
“Certo
mamma non ti preoccupare” rispose la bambina con un
piccolo sorriso, un
uomo alto e leggermente brizzolato
la
abbracciò e le sussurrò all’orecchio
“So
che
sei preoccupata, ma ricorda una cosa: questa scelta l’abbiamo
presa tutti
insieme valutando le possibilità e tu sei perfettamente in
grado di farcela”
“già,
ma gli amici?” fece
lei sullo stesso tono preoccupata forse di farsi sentire dalla madre
“ Stai tranquilla:
non perderai i vecchi e se
vorrai ne troverai di nuovi. Ma se la situazione dovesse diventare
troppo
difficile, se penserai di non farcela, tu mandaci un gufo e noi verremo
a
prenderti. Comunque sono sicuro che non avrai problemi.” le
sorrise e si staccò.
Lei si voltò verso la bambina che sua madre teneva per mano
e sorrise un po’
più tranquilla e sicura di sè :
“
mostriciattolo, vedi di trattare bene le mie
cose e di non combinare troppi guai” la bimba in
risposta le fece una
linguaccia e le disse con una voce fiera che mal si addiceva a quello
scricciolo dai capelli castani e la rendeva anche un po’
buffa
“
non mi mancherai nemmeno un po’.”
La
più grande abbracciò
stretta la piccola che inizio a singhiozzare la baciò sulla
fronte e con ultimo
sorriso ai genitori balzò sul treno rosso che fischiava
dietro di lei. Trovò
uno scompartimento vuoto, entrò e si sedette tirando fuori
un libro.
Il
treno era partito da qualche minuto quando la porta dello
scompartimento si
aprì e la bambina riccia alzò lo sguardo dal suo
librone incrociando quello
verde di un ragazzino moro magro e bassino:
in piedi era alto quanto lei seduta. Dietro di lui
spuntava una
ragazzina alta magra dagli appariscenti capelli rossi e
l’aria sveglia. Lui
sembra il classico curiosone rompiscatole e lei l’amica
paziente che lo
contiene e sopporta.. “Ciao! io sono Albus Severus
Potter, ma detesto il
mio secondo nome e lei è mia cugina Rose Minerva
Weasley, tu invece sei?” Potter eh?
Deve essere il figlio di Harry Potter
mentre lei probabilmente è la figlia dei suoi
amici…
“ Daria Alessia De
Lupo” .
“Che
nome strano non sembra inglese…”
“ Infatti non lo è: sono
italiana.”
“Davvero? E come
fai a parlare così bene la
nostra lingua?” il suo stupore era palese e anche la cugina,
che prima aveva
mostrato maggior interesse per il suo libro che per lei, ora si era
fatta più
attenta
“L’ho
studiato” rispose l’italiana con voce noncurante
rimettendosi a leggere. Avevo
ragione come al solito: lui è insopportabilmente curioso e
rompiscatole! Passò
qualche minuto e poi:
“
Che cosa leggi di bello?”
“El Don
Quijote de la Mancha di Cervantes” brava Daria continua a fare la fredda che
magari sceglie di infastidire qualcun altro. Rose
puntò gli occhi celesti
su di lei e le chiese:
“ E’ in
spagnolo, vero?”
“Già”
“ Caspita! Conosci
anche lo spagnolo ??? devi
essere intelligentissima! Rosie pare che tu abbia trovato pane per i
tuoi
denti! E sentiamo conosci altre lingue?” Daria era tentata di
mentire per
toglierselo di torno ma non era abituata
a farlo e nemmeno le piaceva cosi annui,
“E
quali?”
“L’italiano
ovviamente e il latino.”
“
La lingua parlata dagli antichi romani?”
“ Ne conosci forse
un'altra?” E prima che il
moro potesse rispondere la rossa intervenne:
“ Albus credo che
tu l’abbia tartassata
abbastanza. Andiamo a cercare James?” E senza attendere
risposta lo
trascinò
fuori. Avevo ragione ancora: Rose
è la
santa che lo sopporta.
***
Wow.
È bellissimo le descrizioni
dei libri non gli rendono giustizia. Pensò
entrando nella
sala grande di Hogwarts, il suo naso per aria come quello di tutti gli
altri
ragazzini del primo anno. Poi il suo sguardo si spostò sulle
decine di volti
seduti ai tavoli che guardavano verso di loro;
le sue ginocchia iniziarono a tremare, tutta la fiducia e
la calma che
il discorso di suo padre e la lettura del suo libro preferito erano
riusciti a
infonderle svanirono in un soffio e la nostalgia di casa insieme ad una
buona
dose di paura le asciugò la gola sostituendo la saliva con
un fastidiosissimo
nodo.
***
“ De Lupo, Daria Alessia.”
L’italiana
uscì dalla fila e si sedette sullo sgabello mettendosi in
testa quel cappello
logoro.
Intelligenza,
onestà, coraggio e astuzia. Possiedi almeno una
caratteristica per ogni casa.
La scelta si prospetta difficile: qualche preferenza?
No
per me una casa vale l’altra:
sono tutte ugualmente
valide.
Interessante.
Vale anche per
Serpeverde?
Certo.
Se in quella casa c’è
davvero gente poco raccomandabile come si dice, è solo colpa
dei pregiudizi
degli altri a cui i Serpeverde hanno finito per adeguarsi.
Ferma
nelle proprie convinzioni
altra caretteristica Grifondoro, ciò nonostante ho voglia di
fare un
esperimento: chissà se con le tue idee riuscirai a cambiare
quelle degli altri.
“SERPEVERDE!”
Daria
si alzò e si diresse al tavolo senza fare caso a nessuno,
troppo presa dai suoi
pensieri. Che avrà voluto dire?
Non
pretenderà mica che io cambi le cose e faccia diventare
tutti i Serpeverde dei
bravi ragazzi, vero? Sono solo una bambina con la mente aperta e non
un’adulta
coi superpoteri! Era talmente concentrata nel suo tentativo
di dare un
senso alle parole del cappello da non rendersi conto che lo smistamento
stava
proseguendo. Si riscosse solo quando nella sala piombò un
improvviso silenzio.
Alzò lo sguardo per vedere quale avvenimento sconvolgente
avesse avuto il
potere di azzittire centinaia di ragazzi in un secondo, ma vide solo un
ragazzino biondo camminare verso il tavolo dei Grifondoro. Si strinse
nelle
spalle e assistette con maggiore attenzione allo smistamento:
l’uno dopo
l’altra tutti vennero smistati nelle varie casa compreso quel
chiacchierone di
Potter che, come da copione,finì a Grifondoro. Quando il
cappello assegnò
l’ultima studentessa a Serpeverde ripiombò il
silenzio, ma stavolta la
ragazzina riccia ne intuì il motivo: Rose Weasley smistata a
Serpeverde era un
avvenimento notevole.
Spazio
autrice:
Ciao!
Prima di
commentare il prologo volevo dire un paio di cose: io sono una persona
incredibilmente pigra quindi potrei avere grosse difficoltà
a proseguire e
terminare la storia, che nella mia testa è già
completa, spero
solo che un eventuale supporto mi aiuti
e incoraggi. Inoltre, siccome, come ho già detto sono pigra
questo prologo è
solo una prova per vedere se vale la pena di continuare la storia o no,
probabilmente se non riceverò recensioni non la
continuerò, ma non ne sono
sicura ( oltre che pigra sono anche lunatica e indecisa).
Passiamo
al
capitolo. I dialoghi in corsivo sono quelli in italiano tra Daria e i
suoi
familiari/amici italiani e sarà così per tutta la
storia. Probabilmente Daria
in questo primo prologo appare sicura di sé e un
po’ troppo perfetta con tutte
le qualità che elenca il cappello, in realtà le
cose sono diverse ma non ho
avuto modo di mostrarlo bene senza rischiare di appesantire il capitolo.
Un
bacio
Daria
|
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Capitolo 2 *** 1) Returns and mad ideas ***
1) Returns and mad ideas
Primo settembre 2023
Erano
le due del pomeriggio ad Hogsmeade e nel grigio cielo scozzese erano
appena
apparsi in un caotico colorato ed enorme turbine un grande baule viola,
due
sgargianti moto babbane e una ragazza dai capelli lunghi.
Quest’ultima atterrò
senza grazia ma con precisione, quel genere di precisione che si
acquisisce
solo con tanta esperienza e un milione di lividi.
I suoi averi, invece, si
sarebbero
probabilmente distrutti nell’impatto se un uomo sulla
quarantina non fosse
intervenuto prontamente con un incantesimo.
“Grazie
per aver salvato ancora le mie cose, professor Paciock.”
“Non
c’è problema, signorina De Lupo. Immagino che le
moto vadano nello stesso box
dell’anno scorso.”.
“Immagina
bene professore.” Rispose la ragazza con un largo sorriso.
L’uomo agitò la
bacchetta e le due moto sparirono.
“
Come stanno sua moglie e suo figlio professore?” chiese lei
mentre uscivano dal
villaggio.
“Molto
bene, Daria, grazie. Comunque ti ho già detto che certe
formalità non servono
in ambito privato.”.
“
Hai ragione, scusa. È solo che è strano dare del
tu a un professore.”. La
ragazza assunse un’aria imbarazzata e prese a torturarsi una
ciocca di capelli.
“
Sei la migliore amica della mia figlioccia, sarebbe strano il
contrario” ribatté
lui sorridendo, “ com’è stata la tua
estate?”
“
Calda e assolata come tutte quelle italiane”, rispose lei con
allegria “cosa
che non penso si possa dire delle estati inglesi”.
“No,
infatti. Mi auguro che tu ti sia goduta il sole e l’abbia
salutato: non lo
vedrai per parecchio”.
“
Non si preoccupi gli ho detto addio in modo più che
adeguato, anche se devo
dire che ogni anno la separazione mi pesa sempre meno. Ormai mi sono
innamorata
dell’Inghilterra”. Daria sorrise serena. Era la
pura verità: l'Italia
era casa sua, il posto in cui era nata e cresciuta
e lo sarebbe sempre stato, ma l'Inghilterra e specialmente Hogwarts
erano
qualcosa di veramente unico, lei si sentiva al suo posto lì,
sentiva di
appartenere a quei luoghi con cui in fondo non aveva alcun legame.
Ed era una sensazione stupenda.
***
“Dormitorio,
dolce dormitorio” Daria entrò nella stanza e si
avvicinò al baule viola ai
piedi del letto più lontano dalla porta. Lo aprì
e iniziò a frugare nel
miscuglio di libri, boccette d’inchiostro, piume, pergamene e
vestiti, alla
ricerca della sua divisa scolastica, che alla fine estrasse con uno
strattone.
La
indossò con un tocco di bacchetta e si avvicinò
allo specchio per appuntare la
spilla da prefetto alla divisa e aggiustare la coda di cavallo in cui
teneva
intrappolati i suoi lunghissimi ricci color cioccolato al latte. Ricci
che,
senza il sole, si sarebbero scuriti fino a diventare quasi neri.
Daria
sorrise alla sua immagine: lei si piaceva, non aveva tutti i complessi
da cui
erano afflitte le sue coetanee. Certo c’erano parti del suo
corpo che detestava
cordialmente ed era conscia di non possedere la bellezza mozzafiato
della sua
migliore amica: aveva i fianchi larghi e le gambe leggermente
più grosse di
quelle di Rose, che pure era alta come lei, i suoi capelli erano un
intricatissimo groviglio e con l’umidità si
gonfiavano come un palloncino.
Però
sapeva anche di essere una ragazza carina: era alta 1 m e 75 cm circa
aveva
gambe lunghissime ed era magra, ma con le giuste curve. Inoltre aveva
un viso
regolare, bocca piccola con labbra carnose e grandi occhi di un blu
così scuro
da sembrare nero.
Già,
ma a che serve avere gli occhi
blu, se tutti li vedono neri?
Si chiese guardandoli.
Poi si mise a ridere.
Che
razza di domande! Gli occhi servono per vedere, che siano blu o neri
non ha
importanza purché svolgano il loro compito! Guardò
l’orologio e sorrise: sono le tre,
gli altri arriveranno alle sei,
quindi ho circa tre ore per oziare. Si gettò sul
letto e appellò un libro e
un dizionario: l’Odissea era un’opera stupenda, era
contenta che gliel’avessero
consigliata, ma leggerla in lingua originale era una tortura.
Le
lingue saranno anche il mio
talento come dice pa’, però lo sfido a leggere in
greco antico senza testo a
fronte… A volte
detesto la mia decisione
di non leggere mai un libro in traduzione se conosco la lingua
originale. Sbuffando
aprì il dizionario alla disperata ricerca di una parola
sconosciuta.
E
visto
che di lingue ne conosco parecchie le volte in cui leggo in italiano
sono
limitate. Sospirò e chiuse il dizionario.
Se
penso che, quando sono arrivata
qui, mi sentivo tanto brava perché ne conoscevo quattro mi
viene voglia di
prendermi a calci. Sbuffò
ancora.
Che ingenua! Ero convinta di
sapere tutto,
quando in realtà sapevo poco o niente: parlavo solo quattro
lingue e pure male,
ero a mala pena in grado di trasmettere telepaticamente qualche
pensiero e qualche immagine e non riuscivo
nemmeno a sentire il battito dei cuori altrui.
Per
fortuna ora le cose erano cambiate: sapeva di avere ancora moltissimo
da
imparare, una scorta inesauribile e la cosa la esaltava da morire. Alla
fine
sorrise e si ributtò su libro e dizionario con rinnovato
entusiasmo.
***
“
Daria!” Lei non fece in tempo a rispondere che si
ritrovò avvolta in un
abbraccio stritolatore, degno di un boa constrictor.
“Rosie,
così la soffochi!”
“Zitto
James, non è vero!” ribatté la rossa,
lasciando però andare l’amica.
“
Marmellata1 ha ragione: abbracci come tua nonna
Molly.”
“
E brava Miss Sole e Spiaggia! Io ho sempre ragione!”
“
Certo James, l’importante è che ci creda
tu.” Lo zittì la cugina. “Senti un
po’
italiana, com’è che non hai preso
l’espresso nemmeno quest’anno? Tua sorella
c’era e tu no!”
“Lei
c’era solo perché è il suo primo anno e
ha deciso di fare come gli altri
primini, cosa che ho fatto anch’io, Ros. Dal prossimo anno
prenderà la
passaporta per Hogsmeade come me.”.
Raggiunsero
la Sala Grande chiacchierando del più e del meno.
James,
quando varcarono la soglia, schioccò un bacio sulla guancia
a Daria e salutò la
cugina con un gesto della mano e un gran sorriso e si
dileguò in direzione del
tavolo di Grifondoro.
Rose
grazie alla luce migliore prese a osservare l’amica quasi a
volerle fare una
radiografia,
“Come
sei abbronzata, Al!”
“
Io sono sempre abbronzata rispetto a voi. E quante volte devo dirti che
il
diminutivo di Alessia non è “Al” ma
“Ale”?”
“Dave!
Ciao! Come sono andate le vacanze” Rose salutò il
capitano della squadra di
Quidditch, Dave Zabini, senza prestare attenzione alla ragazza.
“
Benissimo, Rose, grazie. Le tue?”
“Come
al solito. Sono contenta che sia ricominciata la scuola: il chiasso
della mia
famiglia mi piace, ma a piccole dosi!”.
“Beh,
ma quando sei qui le cose non sono molto diverse, visto che quasi tutti
i tuoi
cugini frequentano Hogwarts.”
“Ma
sono tutti Grifondoro, quindi non possono stressarmi più di
tanto. Speriamo che
anche i due nanerottoli finiscano lì.”.
“Roxie
e Louis?”
“Già
sono al primo anno come la sorellina di Daria, a proposito tu dove
speri che
finisca la tua piccola sosia?”
“Per
me non c’è differenza, ma sono certa che
finirà a Grifondoro.”
“Davvero?”
“
Già. Certo è molto ambiziosa e potrebbe essere
una perfetta Serpeverde, ma è
così dannatamente orgogliosa.. Senza contare che pur di non
seguire le mie orme
e allo stesso tempo dimostrare di essere migliore di me sarebbe capace
di fare
una scenata in mezzo alla sala.”.
All’espressione
confusa di Dave, Rose sorrise. “ A Marta non è mai
andato giù il fatto di
essere paragonata alla sorella, cui per altro somiglia in modo
sconvolgente. E
il fatto che Daria sia brava in tutte le cose che fa non aiuta per
niente.”.
“Adesso
non esagerare, non sono io che ho
preso dieci E ai GUFO!”
“Vero
tu ne hai prese solo 9”
Ribatté Rose
con un sorriso ironico.
“Visto?
Quella brava in tutto sei tu, non io: Erbologia proprio non la
capisco!”
“Infatti,
hai preso soltanto O. Ammettilo non sei esattamente il tipo di
studentessa
facile da superare!”
“Tu
ci sei riuscita benissimo!”
“Solo
perché tu sei di una pigrizia incalcolabile!”
“Ahm
ragazze.. Sta iniziando lo smistamento.”
***
***
La
cena era appena finita e i
ragazzi aspettavano le ultime raccomandazioni del preside prima di
andare a
dormire. Rose stava osservando il tavolo di Grifondoro, dove James e
Fred
stavano tenendo banco con qualche racconto esilarante. Alla fine
Roxanne e
Louis erano davvero finiti nella stessa casa degli altri cugini. Rose
sospirò
rassegnata: quei due sono i più
piccoli
della famiglia, quindi la cosa è confermata: io sono
veramente l’unica
eccezione. L’unica Potter-Weasley non Grifondoro.
La
situazione ormai non le pesava
più così tanto, persino suo padre
l’aveva accettata di buon grado quando lei
gli aveva spiegato le ragioni del cappello: secondo quel pezzo di
stoffa
sgualcito lei era in grado di far cambiare mentalità agli
ultimi Serpeverde
conservatori. All’inizio lei non vi aveva badato, troppo
presa da altre cose.
Soltanto dopo qualche tempo Rose aveva scoperto che
quell’incarico era stato
affidato anche a Daria, a quel punto, insieme alla sua nuova amica si
era messa
d’impegno per svolgere il suo compito.
I
pensieri della ragazza vennero
interrotti dal piccolo preside che prese la parola. Vitious fece le
solite
raccomandazioni, ma, invece di concludere con l’usuale
“auguro un buon anno a
tutti”, prolungò il discorso.
“Quest’anno
ci sarà una novità. Siccome
ogni anno la scelta dei Caposcuola è sempre più
difficile, ho deciso che d’ora
in avanti i Caposcuola otterranno la carica in modo diverso: invece che
essere
nominati da me, gli otto studenti del sesto anno che hanno ottenuto i
migliori
risultati ai GUFO competeranno tra loro a coppie; i membri della coppia
vincitrice saranno i Caposcuola dell’anno successivo.
Ovviamente le coppie
saranno formate da un ragazzo e una ragazza e saranno scelte da
me.”
“Gli
otto studenti migliori, eh?
Scommettiamo che conosco l’identità della prima e
della seconda?”
“Non
c’è niente da scommettere,
Dave.” Disse Rose con un largo sorriso soddisfatto,
“ lo sappiamo tutti che
siamo io e Daria”.
“Mi
dispiace deluderti, Ros, ma
credo proprio che entrambe dovremo condividere la posizione con qualcun
altro”.
All’espressione confusa dei due amici si affrettò
a spiegare “il preside ha
cominciato a chiamare gli otto studenti a partire da quello con i
risultati più
scarsi e ha detto che si era classificato sesto. Questo vuol dire che
ai primi
due posti ci sono dei pari merito.”
“Non
è possibile!” disse Rose con
aria leggermente disperata e molto arrabbiata
“l’unica persona che potrebbe
uguagliarmi, che è anche l’unica da cui potrei
accettarlo, sei tu!”
“Non
fare la melodrammatica: non è
mica la fine del mondo”
E
prima che la rossa potesse
ribattere che sì lo era, la voce del preside interruppe il
loro
discorso/battibecco.
“
Secondi pari merito con nove
Eccezionale e un’ Oltre Ogni previsione, Daria Alessia De
Lupo e Albus Severus
Potter.” La sua amica si alzò con indifferenza e
lei invidiò la sua calma e la
sua capacità di controllo.
Se
mi avessero appena detto che devo condividere il mio posto sul podio
con la
persona che più detesto in tutta Hogwarts, avrei dato fuoco
a lui, al preside e
a tutti gli insegnanti che hanno osato permettere un simile abominio.
Anche
se, in effetti, Daria si
limitava ad ignorarlo – di tutti i ragazzi del loro anno lui
era l’unico con
cui lei non avesse mai avuto una conversazione decente, in cinque anni
si erano
parlati sì e no tre volte- non lo detestava.
Almeno
non nel modo in cui io detesto Malfoy.
“
E infine al primo posto, con
dieci Eccezionale, Rose Minerva Weasley e Scorpius Hyperion
Malfoy.”
Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo.
Merlino, dimmi, che cosa
ho fatto di
male per meritarmi questo?!
Con
una forza tirata fuori dal
nulla, la figlia di Ron Weasley si mise in piedi e si diresse verso il
tavolo
degli insegnanti, la stessa camminata di un condannato a morte e lo
stesso sguardo
di chi sta per commettere molti omicidi in poco tempo.
Poi, quando aveva finalmente
raggiunto la meta
ed era pronta a fare una delle sue scenate epiche, una mano si
posò sul suo
braccio. Rose non ebbe nemmeno
bisogno
di spostare lo sguardo, con cui stava incenerendo il responsabile della
sua
disgrazia, per sapere che quella mano apparteneva a Daria. Si
calmò
all’istante.
-Grazie- le comunicò col
pensiero, certa che l’altra l’avrebbe
percepito. E infatti: -di niente-
La
ragazza si guardò intorno, per
distrarsi, e identificò gli altri quattro ragazzi: Georgia
Walkins e Cedric
MacMillan di Tassorosso e Selina Goldstein e Hector Steeval di
Corvonero.
“
Bene!” esclamò Vitious
visibilmente entusiasta “formiamo le coppie! Walkins e
Steeval, MacMillan e
Goldstein”
-
devo essere in coppia con Al. Per forza.-
-
me lo auguro anch’io. Tu e Malfoy finireste col dare fuoco
alla scuola solo
guardandovi.-
-non
te lo devi augurare: il preside sa i rischi che correrebbe. Non
oserà.-
Ultime
parole (o pensieri) famose.
“
De Lupo con Potter e Weasley con
Malfoy”.
1) Siccome il diminutivo di
James è Jam, Daria
lo chiama marmellata in italiano.
Spazio
autrice:
Okay,
alla fine recensioni o no ho aggiornato comunque (l’avevo
detto di essere
lunatica e indecisa, no?)
Nel
capitolo non succede niente di importante, fatta eccezione per la fine.
Al
momento la storia risulta probabilmente abbastanza insensata, ma le
cose si
sgarbuglieranno pian piano.
Ah
volevo aggiungere un dettaglio: la protagonista si chiama come me.
Questo per
tanti motivi: adoro il mio nome, mi sembra che stia bene al personaggio
e
inoltre per alcune cose, tipo i ricci ingestibili, la Daria della
storia
somiglia a quella vera.
Baci,
Daria
|
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Capitolo 3 *** 2) Odd Relations ***
2)
Odd Relations
Rose
aprì gli occhi e si guardò
intorno. Era presto e tutte le sue compagne dormivano ancora, tutte
tranne
Daria: il suo letto, infatti, era vuoto come al solito. Si
alzò e andò in bagno:
aveva proprio bisogno di una bella
doccia
calda per distendere i nervi.
Dopo
l’agghiacciante rivelazione della
sera prima lei, Al e Malfoy avevano assalito, verbalmente, il preside
nel, tanto
disperato quanto vano, tentativo di fargli cambiare idea. Rose aveva
deciso di
tentare nonostante sapesse perfettamente che non sarebbe servito: Daria
non si
era unita alla protesta, che quindi doveva
essere inutile. Sbuffò e accese l’acqua della
doccia.
Quella
ragazza ha la singolare capacità di capire sempre quando una
causa è persa in
partenza e quando, invece, è
vincibile.
E si può essere certi che se la ritiene persa non
alzerà nemmeno un dito per
cambiare qualcosa.
Prese a
massaggiarsi i capelli con lo
shampoo, richiamando alla mente i ricordi di quell’entusiasmante dopo-cena.
Vitious,
come previsto, non li aveva ascoltati ed era andato avanti a spiegare
la prima
sfida che avrebbero dovuto affrontare: aveva rivelato loro che si
sarebbe
trattato di un quiz, un quiz molto particolare. A ciascun membro di
ogni coppia
sarebbero state rivolte delle domande sul proprio compagno e le
risposte sarebbero
poi state valutate dal preside e dagli altri insegnanti.
Che poi
è una gran cavolata, loro non sanno tutto di noi, anzi, e noi potremmo benissimo
inventarcele, le
risposte.
Quando,
però, lei gli aveva chiesto
con che metro sarebbero stati valutati, il piccolo preside le aveva
risposto
che ogni cosa le sarebbe stata chiara a tempo debito e che, nel
frattempo,
avrebbe fatto meglio a studiare. E Rose aveva visto qualcosa nello
sguardo dell’ex-professore
di incantesimi, qualcosa che l’aveva convinta a non
protestare oltre e a
rassegnarsi all’idea di dover imparare delle cose su Malfoy.
Vitious, per
concludere, aveva consegnato loro una lista di cose che avrebbero
dovuto sapere
del compagno, non mancando, però, di raccomandarsi di
approfondire la reciproca
conoscenza.
La bella
Serpeverde in realtà non si
era ancora arresa all’inquietante prospettiva di dover
sprecare il suo tempo in
compagnia del ragazzo più insopportabile del pianeta: prima
che i loro doveri
di prefetto le reclamassero Daria era riuscita a dirle di avere
un’idea. E lei
era fiduciosa: le idee dell’italiana, diversamente da quelle
del preside, erano
ottime e andavano quasi sempre a buon fine.
Uscì
dal bagno giusto in tempo per vedere
la sua migliore amica rientrare in dormitorio, sudata marcia.
“Com’è
andato l’allenamento?”
“Alla
grande! Per la prima volta in 5
anni non mi sono allenata da sola!” Il suo sorriso non
avrebbe potuto essere
più luminoso.
“Credo
di essermi persa qualcosa: tua
sorella non faceva danza e tu arti marziali?”
“Non ti
sei persa proprio niente. È
vero che sono due sport completamente diversi, ma entrambi esigono un
minimo di
riscaldamento. E comunque è già qualcosa essere
in due insieme”
Rose
notò lo sguardo leggermente
malinconico dell’amica e non ne fu sorpresa: sapeva che per
lei stare lì non
era così facile come voleva far credere e sapeva anche che
era tremendamente
felice della presenza della sorellina e terribilmente preoccupata, al
tempo
stesso: si sentiva in colpa perché nel giro di due anni
l’avrebbe abbandonata.
“
Comunque è inutile illudersi: non
durerà. Marta non ha intenzione di allenarsi la mattina
presto ancora per
molto. Non appena arriverà il primo freddo, vale a dire tra
due settimane
circa, lascerà i gelidi allenamenti mattutini all’esterno per
dedicarsi a più brevi e calde
prove durante la pausa pranzo nel suo dormitorio”.
“ Ed
è la decisione più saggia e meno
autolesionista che abbia mai sentito prendere ad un Grifondoro. E non
posso
fare a meno di chiedermi perché tu, in 5 anni qui, non ci
abbia mai pensato”.
Moira Kirson si era appena alzata e fissava Daria con aria fintamente
scocciata.
“ Ci ho
pensato eccome, Mo-Mò, ma sono
troppo pigra e golosa per autoprivarmi del tempo che posso dedicare ai
miei
passatempi preferiti: mangiare e oziare. Molto meglio alzarsi alle 5 e
mezza
tutte le mattine!” Concluse l’italiana con una
logica schiacciante poiché
incomprensibile e un sorriso tranquillo.
Moira sbuffò un “ contenta
tu” e si fiondò in bagno prima che Daria la
precedesse.
“
Grandioso. Ci vorranno ore prima
che esca di lì”
“Già.
Quindi ne puoi approfittare per
spiegarmi la tua idea.”
“Nah,
te la spiego più tardi. Non mi
piace ripetermi, lo sai. A proposito se vedi mini-Potter1)
digli che
aspettiamo lui e Malfy fuori dalla sala grande subito dopo
pranzo.”
“Lo
farò, ma tu dovresti smetterla di
chiamarlo in quel modo. Al è cresciuto un sacco
nell’ultimo periodo. È molto più
alto di noi, ormai.”
“Ed
è anche un gran figo, come il suo
amico Malfoy e suo fratello” Samantha Cartwright
s’inserì nella conversazione.
“puoi
ben dirlo! Sono i tre ragazzi
più belli di Hogwarts. Anche se nemmeno il nostro Dave, con
la sua carnagione
scura e i suoi tratti orientali, è da buttare via”
Larissa Goyle affiancò la
Cartwright con convinzione.
Le doleva
ammetterlo, ma Larissa aveva
ragione: quei quattro erano di gran lunga i ragazzi più
belli della scuola ed
erano pure amici. Dave aveva lineamenti esotici e movenze eleganti,
James si
aggirava per il castello con un sorriso monello e sfrontato, Al godeva
del
fascino del bravo ragazzo e di quello esercitato dai suoi occhioni
verde chiaro
da cucciolo, e Malfoy, coi
suoi capelli
biondi sempre spettinati e la cravatta allentata, aveva
l’aria da angelo peccatore.
Erano quattro bellezze così diverse da non poter essere
paragonate. Quando
giravano insieme per i corridoi attiravano gli sguardi, come
l’acciaio attira
le calamite.
Un po’
come quando io giro con Dom e Lils: siamo le tre ragazze più
carine di Hogwarts
e se siamo insieme nessuno può toglierci gli occhi di dosso.
“
Già, a voi quale piace di più?”
chiese Samantha con aria maliziosa.
“Ma ti
prego! Uno è il mio migliore
amico, l’altro è l’unica persona che non
mi piace in tutta Hogwarts e gli altri
due… Uno è simpatico, ma più montato
della panna e l’altro è il mio
capitano!”
Esclamò Daria indignata. Rose sapeva che certi discorsi la
infastidivano e la
mettevano a disagio: era l’unica ragazza del loro anno a non
aver mai avuto un
ragazzo,in più metà scuola era convinta che
avesse una tresca con James e
l’altra metà che fosse praticamente sposata con un
qualche misterioso
mago italiano.
“E che
centra ch’è il tuo capitano?”
insistette Larissa, ma lo sguardo assassino di Daria la
bloccò. Quest’ultima fu
salvata da Moira che usciva dal bagno, in cui si fiondò alla
velocità della
luce.
“Tu,
rossa che dici?”
“Mah,
siccome Jam e Al sono miei
cugini e detesto Malfoy mi trovo costretta a scegliere Dave, ma non
fatevi
strane idee: è anche il mio di capitano”.
Concluse, la ragazza, con un sorriso
ironico.
“ E tu
Moira?”
“Chi
scegli tra James Potter, Albus
Potter, Scorpius Malfoy e Dave Zabini?”
Rose si
estraniò, disgustata, dai
discorsi delle altre. Normalmente avrebbe, se non partecipato
attivamente, almeno
prestato attenzione, ma non le andava
proprio di sentire che cosa le sue
compagne avrebbero fatto volentieri con i suoi
cugini.
***
Le due Serpeverde
mangiarono senza
fretta e una volta finito uscirono con calma dalla Sala Grande. Quella
prima
mattina di scuola era andata piuttosto bene: Rose aveva fatto
guadagnare già
dieci punti alla sua casa e lei e Malfoy non si erano ancora insultati.
“Hai
parlato con tuo cugino?”
“Quale?”
chiese scherzosamente la
rossa. L’altra inarcò un sopracciglio a farle
intendere che, come battuta, era
piuttosto patetica, lei si aprì in un sorriso, fece un gesto
fintamente seccato
e continuò “sì, certo. Immagino ci
stiano già aspettando”.
E, infatti appena
varcarono la soglia
trovarono i due ragazzi appoggiati ad un muro che chiacchieravano
ridacchiando.
“Ciao
Al, Malfoy”.
“Malfoy,
Potter.”
“
Lupacchiotta! Ci è stato detto che
hai avuto un’idea geniale per evitarmi il supplizio di dover
trascorrere del
tempo con la Weasley” Malfoy
salutò
Daria con un largo sorriso riservando a lei solo un ghigno strafottente.
“
L’idea se l’è fatta venire per
risparmiare il supplizio a me,
semmai, e perché nemmeno lei era molto entusiasta della
cosa.”
“Allora?
Di che si tratta, De Lupo?”
intervenne Al, prima che i due potessero incominciare la solita guerra
verbale.
“ Non
qui, Potter. C’è un’aula vuota
qui vicino ne discuteremo lì.”
Cinque minuti
dopo erano seduti su dei
banchi dell’aula vuota, le due Serpeverde che fronteggiavano
i due Grifondoro.
“Allora
l’idea sarebbe questa: scambiare
le coppie.”
“ In
che senso?”
“ A me
non piace Potter e a lui non
piaccio io. Rose detesta Malfy e lui detesta lei. Però Rose
e Potter sono
migliori amici e io e Malfoy andiamo abbastanza d’accordo,
quindi ci
comporteremo come se le coppie fossero queste e poi, siccome Rose
è la mia
migliore amica e Malfoy quello di Potter, ci istruiremo a
vicenda.”
“ E
come? Anche prendendo appunti e
memorizzando più cose possibili non otterremo lo stesso
risultato”.
“ Ho
pensato anche a questo. Voi”
disse rivolgendosi ai ragazzi e tirando fuori dalla tasca una piccola
bacinella
d’argento, “userete il pensatoio.” E
lanciò la bacinella a Malfoy, che la prese
al volo.
“E tu e
Weasley?”
“Io e
Rose abbiamo i nostri metodi”
rispose, sorridendo alla rossa, che ricambiò, complice.
“Bene,
si è fatto tardi. Devo proprio
andare” detto questo Daria balzò giù
dal banco e uscì dall’aula.
“Già,
l’italiana ha ragione: è
tardissimo! Vado anche io” Malfoy si alzò e
seguì la ragazza fuori.
“Ehi
Rosie, non è che quei due….” Al
aveva uno sguardo tanto buffo e sospettoso che fece ridere la rossa.
“Non
credo proprio! A quanto ne so
Daria doveva vedersi con tuo fratello” I due cugini uscirono
dalla stanza e
iniziarono chiacchierare, camminando
senza meta per i corridoi, come facevano sempre.
“Se ci
pensi è alquanto bizzarra come
cosa. Daria è la migliore amica mia e di James, ha uno
splendido rapporto con
tutti gli altri membri del clan e va persino d’accordo con
Malfoy, eppure voi
due non vi parlate.”
“Beh
non è così strano Ros, anche
Scorpius va d’accordo con il resto della famiglia e con la De
Lupo e tu sei
molto amica di suo cugino Dave, ma ciò non ti impedisce di
odiarlo”.
“è
diverso, Al! È vero che non
parliamo, però noi comunichiamo”.
“Urlandovi
addosso” precisò il
ragazzo.
“Sì
ma non ci ignoriamo! E abbiamo
appurato di essere incompatibili, mentre tu e Daria non vi siete nemmeno mai scambiati
più di quattro parole in croce
e vi ostinate a non cercare di cambiare le cose. Come fate a sapere di
non
sopportarvi se non vi conoscete nemmeno un po’?”
“Hai
mai sentito parlare di antipatia
a pelle, Ros?” Chiese lui ironico
“Capito,
cambiamo argomento, va’! Come
va con la Corner?”
“
Benissimo! Io e lei abbiamo così
tanto in comune e stare con lei è ogni giorno più
bello”. Rose non aveva mai
visto il cugino così felice: aveva il sorriso più
luminoso che lei gli avesse
mai visto. E Al è uno che sorride
sempre,
un po’ come Jamie, solo che se i sorrisi di Jam sono, a
volte, un po’
strafottenti quelli di Al ti scaldano dentro. In questo lui e Daria si
somigliano: a lei basta un sorriso per calmarmi quando ho i miei
attacchi di
nervi.
A me Amanda Corner non piace
per niente, però
se gli fa questo effetto non devo e non voglio intromettermi.
“Sai
Rosie, io credo…” sorriso
imbarazzato e rossore alle guance “Credo di essere innamorato
di lei” Rose
strabuzzò gli occhi.
Okay
che avevo deciso di non intromettermi, ma questo proprio non
l’avevo messo in conto.
Al restava in
silenzio e Rose capì di
dover dire qualcosa “ Ne sei sicuro?”
“No,
sarebbe la prima volta. Però
stare con lei è l’unica cosa che voglio in questo
momento, anche se…”
“Anche
se?”
“Anche
se non riesco mai a sciogliermi
completamente, cioè finché parliamo non ho
problemi, ma quando ci baciamo o
facciamo altro divento rigido, e
non
so perché.”
“Io non
sono un’esperta, lo sai. Ho
avuto un po’ di storie, ma mai niente di serio, mai qualcosa
in cui centrassero
i sentimenti, però se non riesci a rilassarti forse vuol
dire che non sei
realmente innamorato di lei.”
“Non lo
so, non ci capisco niente!
Perché deve essere tutto così
complicato?”
“Non lo
deve essere per forza: per me
non lo è mai. Basta non farsi coinvolgere nelle relazioni e
problemi e
complicazioni non ti toccheranno mai.”
“Per me
sarebbe impossibile. Come
riesci a restare così distaccata?”
Rose sorrise,
“sinceramente non lo so.
Per te è impossibile non restare coinvolto, per me
è impossibile restarlo. Non
che lo voglia: siamo troppo giovani per impegnarci seriamente e
l’amore porta
troppe complicazioni.”
E
poi non riesco più a fidarmi delle persone. Nemmeno di Al,
non dopo ciò che è
successo anni fa. L’unica
in cui ripongo
completa fiducia è Daria.
“Mi
sembra di sentire Scorpius.”
“Non
paragonarmi a quel puttaniere.”
La rossa assunse un’espressione indignata e Al
sospirò e iniziò a parlare
cercando di convincerla a cambiare idea sul suo migliore amico. La
Serpeverde
esultò dentro di sé: era riuscita a distogliere
il moro dai suoi problemi.
***
***
Daria
uscì dall’aula pensierosa, sperava sinceramente e
con tutto il suo cuore che la
sua idea funzionasse, non solo perché la prospettiva di
trascorrere ore a discorrere con
mini-Potter non la
esaltava per niente, ma anche perché sperava che
ciò placasse la rossa.
Rose
era maledettamente determinata: se si metteva in testa una cosa, in
questo caso
il non voler passare del tempo con Malfoy, non demordeva mai.
Magari smetteva di tentare fisicamente, se si rendeva conto
che era inutile, ma la sua mente non cessava neanche per un attimo di
cercare
un’altra via, fino a che non la trovava o non lo riteneva
più necessario. Si
gettava sempre a capofitto nelle cose e molti per questo ritenevano che
fosse
sprecata a Serpeverde, troppo Grifondoro dentro,
dicevano. Ma Daria sapeva che le cose non stavano
così: la sua migliore
amica era più Serpeverde di quanto molti, Rose compresa,
pensassero.
Quando
non aveva attacchi d’isteria o manie di protagonismo, marchio
Grifondoro, la
giovane Weasley sapeva essere un ottima diplomatica, un abile attrice e
una
perfetta regina dei sotterfugi. In più si trovava
perfettamente a suo agio
negli stessi giochi di potere e di alleanze che
facevano sentire lei sempre inadatta e disarmata.
E così le due
ragazze “incorruttibili” che
avrebbero dovuto “salvare” la casata di Serpeverde
hanno finto con svilupparne
alcune caratteristiche.
Daria
aprì la porta dell’aula vuota al terzo piano, in
cui si vedeva sempre con James
e sorrise, trovandolo stranamente già lì, seduto
su un banco, che la aspettava.
Doveva essergli mancata più del previsto se era addirittura
in anticipo.
Gli
gettò le braccia al collo e lui, ridendo, la
sollevò mettendola a sedere sul
banco accanto a sè. Loro erano così da sempre,
avevano un rapporto molto
fisico: si abbracciavano, si baciavano sulla guancia, sulla fronte o
tra i
capelli, si pizzicavano e facevano a pugni per finta. Lei
perché le risultava
normale essere così calorosa nel
dimostrare il suo affetto, così era stata abituata e
cresciuta. Lui perché era
fatto in quel modo: se voleva bene a qualcuno non si faceva problemi a
dimostrarglielo e questo di solito straniva le persone.
Quella
era una delle tante cose che li univa: la ragazza non si era mai
sentita a
disagio per il suo comportamento, anzi il calore del ragazzo
l’aveva aiutata a
sentire meno la nostalgia e imparare più in fretta a
chiamare Hogwarts “casa”.
“Sai
che stamattina, quando sono sceso in sala comune, mi ha quasi perso un
colpo a
vedere tua sorella?”.
“E
perché mai? È una bambina molto carina, terribile
a volte, ma carina”
“Perché
è identica a te! Ho temuto che i Serpeverde ci avessero
invaso!”e scoppiò a
ridere.
“Deficiente!”
esclamò l’altra, seguendolo poi nella risata,
“e poi ci somigliamo sì, ma non
siamo identiche: Marta ha i capelli più chiari, che al sole
hanno riflessi
dorati, non ramati, e ha gli occhi verde scuro, non blu
scuro!”
“
Perdonami per non aver notato tutte queste
marcatissime differenze” fece lui, sarcastico.
“Ah
Ah, simpatico. Piuttosto, tu che
cosa
ci facevi nella sala comune di Grifondoro? Avresti dovuto essere in
quella
riservata ai caposcuola!”
“Ero
andato a, aehm, controllare che fosse tutto apposto..” Daria
gli lanciò
un’occhiataccia e alzò un sopraciglio.
“Okay, Okay, ieri abbiamo fatto una
festa nella sala comune e sono rimasto a dormire lì,
contenta?” Lui
non era mai stato capace di mentirle né di
nasconderle la verità, mai.
“Per
niente, ti va bene che tu sei caposcuola e io solo prefetto, altrimenti
ti
avrei già tolto una marea di punti.”
“Dai
non fare la precisina, lo sai perché l’ho
fatto.”
Lei
lo guardò e sorrise dolcemente “la prospettiva di
stare a stretto contatto con
lei ti spaventa così tanto?”
“Scherzi?
Io sono il Grifondoro! Niente mi
fa
paura!”
“Certo,
niente a parte Margaret
Waterfall. L’unica ragazza che non abbia mai ceduto al
fascino del grande James
Sirius Potter”.
Il
ragazzo esitò un po’ prima di parlare
in evidente dubbio tra il permetterle di vedere come si sentiva e il
negare
tutto come al solito. Daria vedeva il confitto interiore dietro al
castano dei
suoi occhi e sapeva che avrebbe deciso di confidarsi perché
lei, in fondo, era
l’unica ragazza, fatta eccezione forse per Rose, Domi e Lily,
a conoscere il vero James Potter.
Lui
sospirò “Io… non so che cosa
fare…”
“Dopo
tanti anni passati a tormentarla e
fare finta di essere innamorato di lei ti sei reso conto che non
è mai stata
una finzione, che tu l’hai sempre amata”.
Alzò una mano ad accarezzargli i
capelli scuri. “Normalmente,” continuò
“ quando un ragazzo si scopre
interessato a una ragazza, cerca di attirare la sua attenzione e le
chiede di
uscire. Nel tuo caso però non funzionerebbe visto che le
chiedi di uscire da
quando la conosci. Quindi non sai come comportarti”.
“Già. E
in più lei mi odia”.
“Meg
non ti odia affatto! Semplicemente..”
“Aspetta,
aspetta” la interruppe lui “da quando ‘la
Waterfall’ è diventata
‘Meg’?”
“Dall’anno
scorso. Abbiamo fatto molte ronde insieme e siamo diventate molto
amiche. È una
ragazza sveglia, una delle poche qua dentro, con cui valga la pena
trascorrere
del tempo”.
“E
non me l’hai detto, perché…”
“Perché
non mi sembrava il caso: tu non avevi ancora capito niente e quindi ti
saresti
limitato a darci il tormento, facendole perdere la voglia di
frequentarmi. Cosa
che ci avrebbe danneggiato molto entrambi: io ci avrei rimesso un
ottima amica
e tu un buon punto di contatto con lei e una preziosa fonte di
informazioni.”
“Ottima
analisi, non c’è che dire”.
“Grazie.
Comunque ritorniamo all’argomento più importante.
Lei non ti odia, però le
danno fastidio, e parecchio, l’atteggiamento stupido,
egocentrico e sfacciato
che hai sempre avuto nei suoi confronti e quella che crede essere la
tua
personalità: ovvero la maschera da ragazzo buffone e
insensibile che crede di
essere il padrone del mondo. La maschera che tieni addosso perennemente
e che
togli solo con la tua famiglia e con me.”
“Visto?
Mi detesta!”
“Non
capisci proprio un boccino, tu! Lei non odia te, ma quello che crede
che tu
sia! C’è una bella differenza!”
“Ah
si? E quale?”
“Semplice
se lei ti odiasse veramente allora non ci sarebbe nulla da fare, ma
siccome lei
odia solo il tuo alter-ego stupido, una soluzione
c’è eccome.”
“
Davvero?”
“Già,
permettile di vedere il vero James.” Lo abbracciò
con dolcezza, conscia di stargli
chiedendo qualcosa di molto difficile.
“Il
vero James?”
“Sì.
Il ragazzo simpatico, spiritoso, intelligente e coraggioso, dotato del
cuore
più grande che io abbia mai sentito battere”. Lui
restò inerte tra le sue
braccia per un po’, poi rispose alla stretta e lo
sentì sorridere contro la sua
spalla.
“Grazie.”
Si staccò dall’amica e cambiò
espressione. “Quando dici cose di questo genere,
mi risulta difficile credere che tu non sia mai stata
innamorata”.
“sai
che non è proprio così”.
“Ah
ma quello non era amore, piccola!
Mister-restiamo-soltanto-amici-dopo-che-ti-ho-fatto-una-corte-spietata-per-tutta-l’estate
era solo un povero deficiente! Tu non te ne saresti mai potuta
innamorare
davvero! Quella era solo una cotta, stratosferica, ma pur sempre una
cotta. Mi
sa proprio che la mia analista dei sentimenti sta perdendo
colpi”.
“Io
non perdo colpi! È solo che mi risulta difficile esser
totalmente obbiettiva
quando si tratta di me”. Lui sorrise e annuì alla
sua affermazione.
“Resta
il fatto che non riesco a capire come un tipetto romantico e idealista
come te
non abbia ancora scoperto l’amore”.
“Parla
quello che ci ha messo sei anni a vederlo, nonostante ce
l’avesse davanti tutti
i giorni. E comunque io non sono solo romantica e idealista come dici
tu ma
anche molto razionale, quindi siccome non trascorro in Italia
più di tre mesi
l’anno da quando ero troppo piccola per capire certe cose, mi
sembra naturale
che io non mi sia mai permessa, a parte quella breve parentesi un paio
di anni
fa , di considerare in quel senso i ragazzi
laggiù”.
“E
qui? Passi ben più di tre mesi l’anno
qui.”
“Già,
ma la mia presenza in Inghilterra è limitata: sai bene che
uscita da Hogwarts tornerò
nel mio paese per restarci. Ho delle responsabilità, una
famiglia con una
tradizione millenaria di cui sono l’erede. Innamorarmi di
qualcuno qui sarebbe
solo fatica sprecata.” Lei sospirò, era stanca di
argomenti pesanti e lui
sembrò capirlo.
“Come
vuoi, ma se ho ragione, e io ho sempre ragione, ti innamorerai entro la
fine di
quest’anno scolastico.” Fece il Potter con aria
sicura.
“Non
ci credo! Ancora con questa storia!” L’italiana
rise sollevata.
Questo
è decisamente un argomento
più leggero. Abbiamo parlato della sua stupida scommessa
così tante volte che
ormai mi viene istintivo.
“Certo!
Ci tengo a ricordarti che questo è l’anno!”
“Giusto.
Stando alla tua puntata, io e tuo fratello e Rosie e Malfy dovremmo
fidanzarci
entro la fine di quest’anno”.
“Esatto!”
Un
paio di anni prima l’odio ostentato e innegabile tra Rose e
Malfoy aveva dato
vita ad una serie di scommesse su come sarebbe finita tra di loro. Gli
assurdi risultati
della noia degli studenti andavano da sanguinolenti omicidi a
passionali
pomiciate in Sala Grande.
Quando
le cose avevano raggiunto livelli incredibili di pazzia il maggiore dei
Potter,
che trovava tutta la situazione estremamente divertente, aveva deciso
di
renderla ancora più esilarante mettendo, affianco a quella
serie di scommesse,
un’altra sul destino del rapporto tra suo fratello e la sua
migliore amica.
Sorprendentemente
questa aveva preso piede anche più in fretta e
più assurdamente della prima:
c’era addirittura chi credeva che i due fingessero
indifferenza per nascondere
al possessivo e geloso James la tresca di sesso tra suo fratello e la
sua
fidanzata segreta (Daria).
A
quel punto l’erede dei Malandrini aveva piazzato la sua di
scommessa: secondo
lui entrambe le coppie si sarebbero formate entro la fine del sesto
anno. Daria
e Rose, quindi, irritate a morte, avevano deciso di scommettere contro
James.
“è
inutile Marmellata, non ti
illudere.
Non ti lasceremo vincere.” Continuarono a battibeccare
sull’argomento per un
po’ finché la Serpeverde non si alzò.
“Marme devo proprio andare ora, sai? Ci
vediamo stasera alla riunione prefetti-caposcuola. Durante Erbologia ho
tirato
giù un po’ di appunti che ti potrebbero essere
utili.” Tirò fuori dalla sua
borsa un paio di fogli e li porse al moro, poi uscì dalla
stanza.
***
Daria
entrò nell’aula della riunione in anticipo, come
sempre. Non fu, però, sorpresa
che ci fosse già qualcuno lì: una testa rossa
china su un libro era esattamente
ciò che si aspettava di trovare. Alla fine dei conti
conosceva una sola persona
capace di arrivare prima di lei agli appuntamenti.
“Che
leggi di bello, Meg?”
“Orgoglio
e Pregiudizio di J. Austen. Letteratura babbana”.
“Letto.
Bel libro anche se poco verosimile. Anche io sono una
“divora-biblioteche” come
te”. Margaret rise di gusto sentendo la definizione che
l’altra aveva
appioppato a entrambe e chiuse il libro. “Comunque ti ho
battuta ancora: io
sono qui già da cinque minuti”.
“Non
è una novità, tu mi batti sempre ed io ti odio
per questo: prima che
diventassimo amiche la persona più puntuale che conoscevo
ero io!”
“La
cosa non mi stupisce visto le persone con cui ti accompagni: non so la
Kirson e
Zabini, ma Rose, Dom, Lily, Weasley e Potter sono le persone
più ritardatarie
del mondo”.
“In
effetti”. E le due cominciarono a ridere e ricordare episodi
esilaranti che
coinvolgevano i suddetti ritardatari.
Daria
adorava il rapporto che si era creato tra loro. All’inizio
era stato difficile
visto che Meg la detestava per principio: l’italiana era,
dopotutto, la
migliore amica del suo tormento, quindi non poteva essere una persona
degna di
attenzione; Daria dal canto suo era sempre stata incuriosita da quella
strana
ragazza che camminava sola per i corridoi, sempre a testa alta.
Dopo un po’,
però, la Grifondoro aveva dovuto
ricredersi e aveva permesso alla Serpeverde di farsi spazio nella sua
vita fino
a diventare la sua più cara amica. Avevano scoperto, col
tempo di avere un sacco
di cose in comune, a parte l’amore per i libri e
l’ossessione per la
puntualità: entrambe possedevano uno spiccato senso della
giustizia una
passione folle per la storia, erano entrambe molto razionali e ad
entrambe
importava molto poco del proprio aspetto, per la disperazione delle due
cugine
Weasley, che tentavano invano di convincerle a curarsi un po’
di più.
L’italiana
sapeva che Margaret aveva trovato strano, almeno all’inizio,
avere tante cose
in comune con lei, che non solo era la migliore amica del ragazzo che
le dava
il tormento da quando aveva messo piede nel castello ma veniva anche da
un
mondo quasi opposto al suo: se la rossa era una natababbana proveniente
da una
modesta famiglia inglese e aveva ricevuto, fino ad Hogwarts, una
normale
istruzione, la castana apparteneva ad una delle più antiche
e potenti famiglie
purosangue del mondo ed era stata istruita ed educata in modo che fosse
pronta,
un giorno, a prenderne le redini.
“Contenta
della nomina a Caposcuola?”
“Della
nomina sì e parecchio, ma non posso dire lo stesso del
compagno che mi è stato
affibbiato”.
“Immagino
che per te condividere il dormitorio con Jam sarà un
supplizio”.
“Temo
proprio di sì, la vedo molto grigia. Ma non essere gelosa mi
sa tanto che il
prossimo anno ti toccherà
lo stesso mio
destino”.
“Eh?”
“Vista
la trovata del preside, se diventerai Caposcuola, sarà
insieme all’altro
Potter”. Daria strabuzzò gli occhi “Non
ci avevi pensato?”
“No”
scosse la testa con forza, “proprio no. Quasi quasi lascio
l’onore a qualcun
altro e perdo di proposito”.
“Puoi
provarci, ma sarà difficile: fatta eccezione per quella di
Malfoy e Rose, che
sarà del tuo stesso avviso, le altre coppie non reggono
minimamente il confronto
con la vostra. Si ridurrà tutto ad una sfida tra voi
quattro”.
Daria
si mise le mani tra
i capelli
scompigliandoli e sciogliendoli, disperata “Hai ragione: che
casino.” Cambiò
espressione e le sue mani persero la presa dei capelli, che le
scivolarono sul
volto,
“Meg…”
alzò lo sguardo fino a fissarlo negli occhi castani
dell’altra.
“Dimmi.”
“Ho
detto a James, che siamo amiche”.
“Cosa?
Perché?” Daria aprì la bocca per
parlare, ma le sue spiegazioni furono
interrotte dall’arrivo degli altri ragazzi.
1) Il soprannome
che Daria ha propinato ad Albus non è mio, ma l’ho
preso da una storia
stupenda, che consiglio caldamente di leggere. Qui trovate il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387973&i=1
Spazio
autrice:
Innanzitutto
volevo scusarmi per il ritardo: il capitolo è pronto da
secoli, mi mancava solo
il dialogo finale tra Daria e Margaret che proprio non riuscivo a
scrivere. Per
il resto non mi sembra che ci siano molti commenti da fare: la storia e
le
relazioni tra i personaggi si stanno
forse facendo un po’ più chiare, ma
ci vorrà del tempo perché tutto
venga spiegato.
AiraD
|
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Capitolo 4 *** 3) Bad News ***
3)
Bad News:
Era
passata una settimana dall’inizio della scuola e Daria era
abbastanza
soddisfatta: il suo piano sembrava funzionare a meraviglia, lei e
Malfoy
andavano sempre più d’accordo, tanto che avevano
cominciato addirittura
a chiamarsi per nome, non aveva
sentito una sola volta James chiedere a Meg di uscire, e, di
conseguenza, lei
non l’aveva ancora né respinto, né
insultato.
Bilancio
della settimana
decisamente positivo.
Era
l’ora di pozioni, materia in cui sia lei che Rose eccellevano
e che lei adorava
particolarmente. Il professor Belby, ex-pozionista ed ex-studente del
precedente professore di pozioni, la considerava la sua migliore
studentessa e
l’aveva inclusa nel Belbyclub. Il direttore della casa di
Serpeverde, che aveva,
in passato, tratto grandi, enormi vantaggi dal Lumaclub aveva deciso di
rifondarlo con un nuovo nome, una volta divenuto insegnante.
A
far parte dell’esclusivissimo gruppo erano pochi del loro
anno: lei, Rose e Asa
Nott,, per Serpeverde e Scorpius e Potter, per Grifondoro. Tutte e tre
le serpi
erano membri anche della squadra di Quidditch della loro casa e grandi
amici
del capitano, quindi risultava loro facile usare la scusa degli
allenamenti per
evitarsi le tediose cene del prof. Stessa cosa facevano i due grifoni,
il cui
capitano era Jam, che faceva a sua volta parte del club.
Ron,
il padre di Rose, le aveva raccontato che loro, da ragazzi, facevano
qualcosa
di molto simile con le cene del Lumaclub.
Finì
la pozione per prima e tirò fuori uno dei suoi adorati libri
per leggiucchiare
qualcosina. Quando anche gli altri ebbero terminato sistemò
le sue cose e si
alzò per uscire dall’aula insieme a Rose, Moira,
Asa e Dave.
“Signorina
De Lupo?”. L’italiana si fermò e
voltò il capo verso l’insegnante.
“Si?”
fece con tono abbastanza scocciato: se si fosse trattato
un’altra volta di un
invito a una delle sue inutili feste, lo avrebbe liquefatto con lo
sguardo.
“Vorrei
scambiare due parole con te, se non ti dispiace”.
“Certo
che no, professore. Nessun problema” rispose la ragazza con
un sorriso di
cortesia, facendo un cenno ai suoi amici perché
proseguissero senza di lei.
“Bene.
Allora..” esordì l’altro, non appena gli
ultimi studenti furono sgusciati fuori
dall’aula, “ovviamente saprai che anche
quest’anno si terrà l’usuale ballo di
Halloween”.
La
ragazza annuì, confusa. Certo che lo sapeva, era una delle
sue serate
preferite: aveva l’intero dormitorio per sé, visto
che tutte le sue compagne lo
abbandonavano prima del tramonto per tornare solo poco prima
dell’alba, e
poteva leggere per tutta la notte, senza preoccuparsi di tenere sveglie
le
altre.
“A
quanto mi risulta, tu mia cara, non hai mai partecipato.
Quest’anno, però, hai
il preciso dovere di esserci: non solo sei un prefetto, candidato per
diventare
Caposcuola, ma sei anche uno dei migliori studenti di Hogwarts e, in
quanto
tale, devi presenziare e dare il buon esempio, tenendo un comportamento
impeccabile e divertendoti con moderazione”.
Daria
boccheggiò: non solo volevano rovinarle la sua serata
perfetta, ma pretendevano
addirittura che si divertisse! Era un discorso insulso e privo di
senso! C’erano
tanti altri modi in cui poteva dare un esempio anche migliore: giocando
bene a
Quidditch, prendendo ottimi voti, non infrangendo le regole e dando
ripetizioni
ai ragazzi più piccoli.
Privo
di senso e senza
capo né coda. Pensò con stizza,
ma non disse nulla: sarebbe
stato inutile.
Il
professore notò la sua rabbia e cercò di
incoraggiarla, dopotutto la adorava.
“Mi dispiace tanto, cara. Sono
ordini del preside e, in quanto direttore della tua casa, tocca a me
informarti.
Però, non sei obbligata a mascherarti e puoi indossare
qualunque cosa, al di là
della tua divisa e di quei cosi babbani che piacciono tanto a voi
giovani, i
jainz”.
Il modo assurdo e sbagliato,
in cui Belby
aveva detto jeans, le strappò un sorriso, nonostante le
fosse appena stato
proibito di indossare tutti gli indumenti in cui si sentiva a suo agio.
Pensò
che almeno avrebbe fatto felice Rose e Dom: quelle due cercavano di
obbligarla
ad indossare un vestito da quando era diventata loro amica.
“D’accordo,
ci sarò. Ma non speri che io mi diverta.
Né con moderazione, né
senza”. Daria aveva già escogitato un piano: si
sarebbe presentata al ballo e sarebbe rimasta un paio d’ore,
per poi rintanarsi
in camera e concludere la serata come aveva sempre fatto. “Se
non c’è altro, io
vado: ho storia della magia e non vorrei che il professor Ruf iniziasse
la
lezione senza di me”. Scusa assurda, quanto falsa: Ruf, senza
di lei, non aveva
nemmeno una classe, a cui fare lezione.
“Certo,
cara, vai pure”.
Bilancio
della settimana
decisamente positivo, un boccino!”
Uscì
dall’aula e si incamminò. Mentre saliva le scale
con la testa fra le nuvole, si
scontrò con qualcuno che le stava scendendo.
Riuscì a non finire a terra solo
grazie ai suoi allenati riflessi di cercatrice e riconobbe in un
secondo la nanerottola
dai corti capelli rossi che, come lei, era rimasta in piedi senza
problemi.
“
Vai di fretta, Lils?”
La
rossa sbuffò “Abbastanza: sto cercando di
liberarmi delle mie ‘guardie del
corpo’, che sono salite di numero, da quando anche Lou
è arrivato a Hogwarts”.
La
più
grande guardò l’altra con affetto e
le scompigliò la corta zazzera color fuoco con una mano.
Lily era solo al
quarto anno e già rientrava nella triade di bellezze del
castello, quindi
poteva capire i suoi parenti e amici
d’infanzia, che erano tanto protettivi e gelosi, ma non li
giustificava: la
piccola Potter era bella come il sole e allo stesso tempo tanto piccola
e,
apparentemente, indifesa, ma questo non voleva dire che le sue
‘guardie del
corpo’ potessero impedirle di vivere.
Jam
e Fred hanno esagerato sin dal
primo giorno, portandosi dietro i gemelli Scamandro, mini-Potter,
Scorpius,
Frank Paciock, Hugo e ora anche Louis.
“
Povera, piccola Lily. È terribile come l’anno
scorso?”
“No,
va molto meglio” la rossa sorrise “ ed è
tutto merito di una certa italiana,
che ha convinto quei due trogloditi di Jamie e Freddie a lasciarmi un
po’ di
libertà.”
Daria
fece un inchino: “Modestamente, sono fantastica”.
La
Grifondoro alzò un sopracciglio: “Passare tanto
tempo con James non ti fa bene,
sai?” E poi scoppiarono a ridere.
“Però,” continuò la
più piccola asciugandosi
gli occhi, umidi di risate, “anche se non mi devo
più preoccupare troppo del
duo di scimpanzé, c’è un altro duo che
ha deciso di tenermi lontana da ogni
potenziale ‘pericolo’: Al e Scorp”.
“Non
li facevo così protettivi, cioè da Scorpius un
po’ potevo aspettarmelo, ma non
pensavo che mini-Potter avesse qualcosa in comune con vostro
fratello”.
“E
invece ce l’ha eccome! Sembra che si siano passati il
testimone! Mi trattano
come se fossi una bambina e non si rendono conto che sono in grado di
difendermi
da sola! Insomma, sono o no la miglior lanciatrice di fatture della
scuola?!”.
Daria
annuì con convinzione “Decisamente”.
Lily
abbassò la testa, sconfortata, per poi rialzarla di scatto
qualche secondo dopo
e iniziare a
sbattere forte le ciglia
nella sua direzione, scrutandola con il tipico sguardo da cucciolo
bastonato,
che usava sempre, quando voleva ottenere qualcosa. Daria
indietreggiò, capendo
l’antifona.
“Tu,
che sei tanto brava,
tanto bella, tanto buona e tanto tanto
intelligente, potresti
sedare anche loro, come hai
sedato gli scimmioni”.
“Non
se ne parla! Con gli ‘scimmioni’, come li chiami
tu, ci sono riuscita solo
perché su di loro, specialmente sul tuo adorato fratellone,
ho una certa
influenza, ma gli altri due sono tutta un’altra storia. Certo
io e Malfy
andiamo abbastanza d’accordo, ora, ma non ho nemmeno
lontanamente lo stesso
rapporto e continuo a non voler avere niente da spartire con
l’altro tuo
fratello”.
La
rossa aumentò la frequenza del battito delle palpebre e si
fece venire gli
occhi lucidi “Ti preeeeeeeeeeeeeeeego!”
implorò.
“Niente
da fare, con me non attacca: per sorella ho un grazioso mostriciattolo
che fa
esattamente le stesse scene, mi sono fatta gli anticorpi”.
Lily
si riprese in fretta dalla
delusione per
il negato aiuto: “Altro che mostriciattolo! Tua sorella
è una forza! Quando
quelli più grandi vanno a fare i bulletti per ottenere le
poltrone vicino al
fuoco, non si sposta di un centimetro, li fulmina con lo sguardo, fa
loro una
bella ramanzina e, poi, li fa andare via con la coda tra le gambe.
L’altro giorno,
quando Jam l’ha chiamata ‘miniDaria’ lei
non si è girata finché lui non l’ha
chiamata col suo nome e gli ha detto che non conosceva nessuna
‘miniDaria’ e
che quindi lui poteva smettere di urlare quel nome. Ci
credi?”
Perfetto,
è entrata in modalità
logorroica, parlando di mia sorella. Cosa potevo chiedere di meglio?
“Ci
credo, ci credo. Marta è un vulcano esplosivo e voi non avete ancora visto niente. In
compenso io ho già il
mal di testa”. Scosse la testa, sconsolata, e si
incamminò “Ci vediamo più tardi. Buona
fortuna con i tuoi inseguitori”.
“Grazie!
A dopo”.
Storia
della magia, finalmente.
***
Daria
entrò in camera, lanciò i libri sul letto e si
mise a cercare qualcosa nel
disastro che era la sua parte di stanza. Il
tutto nel giro di un paio di secondi.
“Che
cerchi?”
Chiese Moira, spuntando dal bagno.
“La
mia divisa da Quidditch. L’hai vista?” chiese
riemergendo per un istante da un
marasma di indumenti, libri e altri oggetti non meglio identificati.
“No”
rispose l’altra, sorridendo “non ti è
mai passato per la testa di provare,
almeno, ad essere un po’ più ordinata?”
“Un
sacco di volte, in verità. Peccato, però, che
tutte le volte che ho tentato
abbia fallito miseramente”. Moira scosse la testa, a
metà fra il divertito e il
disperato, e Daria saltò in piedi, stringendo tra le mani
dei vestiti
verde-argento. “Trovata!” Esclamò,
contenta.
“Avete
le selezioni oggi?”
“Già,
e Dave vuole che tutta la squadra dell’anno scorso sia
presente, per dare il
ben venuto ai nuovi acquisti. Vieni a vederci?”
“No. A che servirebbe? Dave ha
occhi solo per Rose,
lo sai”. Daria guardò l’amica e, per
l’ennesima volta, si ritrovò a chiedersi
se ci fosse un limite alla stupidità e alla
cecità maschile.
Evidentemente,
no.
Moira
Kirson non era bella quanto Rose, questo doveva riconoscerlo, ma era
molto più
adatta di lei a un tipo premuroso e gentile come Dave.
Peccato,
solo che lui non se ne
accorga. Rose... non è il tipo che si fa problemi di
serietà e di sentimenti,
non centrano niente insieme e sarebbero la classica coppia che scoppia
subito.
Mo-Mò, al contrario, sarebbe la ragazza adatta a lui.
Daria
squadrò l’amic,a mentre si infilava la divisa: la
divisa di scuola stava bene
sul suo corpo minuto e ben proporzionato,
i lisci capelli neri, le incorniciavno il viso dai
lineamenti fini e
decisi e nei suoi occhi color ambra c’era sempre uno sguardo
sicuro e, a volte,
cinico, testimone di maturità e disillusione. Una
maturità ed una disillusione,
che solo essere una natababbana fra i Serpeverde ed amare da anni un
ragazzo
che non guarda nessuna a parte la tua bellissima amica, potevano dare.
Dave,
in compenso, era un ragazzo bellissimo e simpatico, che viveva ancora
un po’
nel mondo dei sogni ed era fermamente convinto che esistesse sempre un
lieto
fine per tutti e tutto.
Quindi,
secondo il mio modesto
parere di ‘analista dei sentimenti’, sarebbero
perfetti insieme: lei non
sprecherebbe le sue premure e si godrebbe la sua dolcezza,
addolcendosi; lui si
sveglierebbe un pochino e avrebbe
meno
la testa fra le nuvole, maturando.
“Zabby
ha fette di prosciutto più grosse di un gigante sugli occhi,
se non riesce a
vederti e Ros non se lo filerà mai. Non
si rende nemmeno conto di piacergli, figurati quanto può
essere interessata”.
“Già,
ma questo non vuol dire nulla: lo conosci, non demorderà
solo perché lei lo
considera un amico e basta!” Moira abbassò lo
sguardo, triste e l’italiana la
abbracciò, nonostante la mora di solito non apprezzasse che
le persone invadessero
il suo spazio personale. Eppure, sorprendentemente, si
lasciò abbracciare e
nascose il viso tra i capelli, momentaneamente, sciolti
dell’amica.
“Ho
la netta impressione che quest’anno le cose cambieranno. Lo
sento nell’aria.”
La mora non disse niente, così l’altra
continuò: “Ti fidi dei miei
presentimenti, Mo?”
“Non
sbagli quasi mai”. Rispose, senza negare né
confermare, staccandosi dall’abbraccio
e recuperando il suo sguardo fermo.
“Che
ci vuoi fare? Sono i vantaggi dell’essere
un’Erede”. Scherzò la castana,
sorridendo, poi, con un tocco di bacchetta, raccolse i capelli in una
treccia
stretta e si diresse verso la porta. “Ci vediamo
più tardi”.
Camminò
spedita verso il campo da Quidditch e, mentre attraversava il parco,
incrociò
Roxanne e Louis Weasley che passeggiavano insieme ad una ragazzina
più bassa di
lei di meno di 10 cm, con lunghi boccoli leggermente più
chiari e morbidi dei suoi
e occhi di un verde così scuro da sembrare castano scuro.
Quelle, insieme al
suo portamento più aggraziato e femminile, erano le uniche
differenze tra loro:
la ragazzina sembrava lei qualche anno prima. I due cugini rimasero a
bocca
aperta di fronte all’innegabile somiglianza delle due
sorelle. Entrambi
conoscevano Daria, essendo questa un’assidua frequentatrice
di casa
Greanger-Weasley e, ovviamente, della Tana, ma non avevano mai visto le
sorelle
De Lupo, insieme da una distanza tanto ravvicinata.
“Che
fate di bello, bambini?” Chiese la Serpeverde, senza ironia,
né malignità.
“Siamo
stati a vedere le selezioni della squadra di Quidditch migliore di
Hogwarts. E,
tanto per la cronaca, noi non siamo bambini, vecchia”.
“Come
avete fatto? Dobbiamo ancora cominciare! E comunque, io non sono
vecchia e non
volevo ferire il tuo orgoglio Grifondoro chiamandoti
bambina.” Scuse indirette,
ma pur sempre scuse.
Sono
una serpe io: l’istinto
all’autoconservazione è una delle mie
caratteristiche di base.
“Ovviamente
mi riferivo a quelle di Grifondoro. Non avete speranze”.
Affermò la sorella più
giovane e i suoi due amici annuirono, convinti.
La
maggiore, però, rise: “Non sai di cose stai
parlando, nana”.
“Oh
sì, invece: so come giocate tu e Rose. È normale
che tu sia eccezionalmente
brava come cercatrice, sei mia sorella, e Ros è un ottimo
portiere, ma non
potete competere con Albus e Scorpius: sono fenomenali! Non ho mai
visto
nessuno così bravo e nemmeno James ci scherza.”
Marta era convinta delle sue
parole, ma nella sua voce non c’era la minima vena derisoria
né traspariva
alcun atteggiamento di superiorità, così come non
ce n’era in quella di Daria:
loro stavano giocando.
“Sorellina,
mi conosci davvero poco, se pensi che permetterò a
mini-Potter di
battermi, e Rose
preferirebbe mangiare
vermicoli piuttosto che farsi superare da Malfy. Quanto a James, beh,
noi
abbiamo Asa.. E poi la vostra non è una squadra, ma
un’azienda a gestione
famigliare.” La squadra rosso-oro era, infatti, composta per
i 5/7 da Weasley e
Potter.
Roxanne
s’infervorò: “Non è colpa
nostra se, a parte
Rosie, siamo tutti a Grifondoro e abbiamo tutti la
passione e il talento
per il Quidditch nelle vene!”
“Quasi
tutti, Rox” la corresse Louis.
Daria
ci riflettè per un istante poi sorrise e annuì:
“Sì hai ragione ve la cavate
piuttosto bene. Però ora devo andare. È stato un
vero piacere conferire con
voi, piccoli”. Fece
un inchino
scherzoso, scompigliò i capelli alla sorella e si
allontanò, senza, però,
smettere di seguire la loro conversazione: era tremendamente curiosa di
sapere
che cosa, gli amici del suo mostriciattolo pensassero di lei.
“Wow,
mi ha dato ragione, anche se sono più piccola e la stavo
contraddicendo! Fred
non lo farebbe mai!” la voce di Roxanne era
entusiasta, quanto le sue parole.
“Già,
in definitiva è una brava sorella”. Il tono di
Marta era più calmo, ma sereno e
Daria capì che stava sorridendo.
“Sì
è..” Louis non completò la frase,
sembrava.. imbarazzato? Qualunque cosa fosse
quella che lo imbarazzava si riprese in fretta: “ Non
dev’essere facile, per te,
venire sempre paragonata a lei”.
“Sì
ma non è solo quello il motivo per cui la voglio superare a
tutti i costi…”
Daria
smise di ascoltare: nonostante la curiosità non voleva
immischiarsi oltre negli
affari di sua sorella.
Al
contrario di quello che dicono
tutti, non sono io quella grandiosa, cucciolo. Io sono pigra, lunatica
e anche
un po’ presuntuosa, tu, invece, non ti scoraggi mai, anche se
il tuo obbiettivo
si rivela ogni volta più difficile da raggiungere: essere me
è facile, ma
essere te.. quello sì che richiede una persona grandiosa.
Entrò
nel campo da Quidditch e, come si aspettava, ci trovò Dave:
lui era uno che
arrivava in orario, tranne quando si trattava dei suoi doveri di
capitano, in
quel caso arrivava sempre in anticipo di almeno mezz’ora. Si
sedette accanto a
lui, lamentandosi dell’imposizione di Belby.
“Hai
già pensato a con chi andrai al ballo?”
“No,
ancora no”. Si era preoccupata di più di cercare
una via di scampo, che di
trovare un accompagnatore.
Merlino,
sembro Rose.
“Potresti
chiedere ad Asa”.
“Non
sarebbe una buona idea, Dave, lo sai. Penso che obbligherò
Marmellata a portarmici,
tanto, ora come ora, Meg non accetterebbe un suo invito”. Lui
annuì senza
ribattere e
restarono così per un po’, a
guardarsi senza parlare, fino all’arrivo dei compagni di
squadra.
Il ragazzo fece un rapido
appello,
constatando, senza alcuna sorpresa, la mancanza di Rose.
“Daria,
dov’è Rose?” le chiese scocciato e
l’interpellata alzò gli occhi al cielo.
“Che
vuoi che ne sappia io: lei è costantemente in ritardo e io odio arrivare tardi”
L’altro
non batté ciglio: “Trovala”.
“Agli
ordini, capitano”.
Chiuse
gli occhi e si concentrò: -Rossa!
Dove
diavolo sei finita!? Ci sono le selezioni e Zab si sta innervosendo-
La
risposa fu quasi immediata:-Arrivo,
arrivo: non me n’ero dimenticata, lo giuro! E non stavo
nemmeno spettegolando..
cioè chiacchierando con Domi!-
-Certo,
certo e io sono inglese.
Sbrigati.-
“Sta arrivando”. Il moro annuì e gli
altri,
abituati alle stranezze dell’italiana, non si scomposero.
“Bene
ci mancano due cacciatori ed un battitore. Vista la momentanea assenza
del
nostro portiere, direi di cominciare dai battitori”. Zabini
si rivolse
direttamente al gruppo di ragazzi che desideravano entrare in squadra.
L’italiana,
allora, inforcò la scopa e volò sugli spalti: per
il momento la sua presenza
non era richiesta.
“Ehi,
scricciolo, come va?” Asa Nott, coi suoi quasi due metri di
altezza, era
l’unica persona che potesse permettersi di chiamarla
“scricciolo”.
“Tutto
bene, As. Tu?” Non si voltò verso il ragazzo,
certa che si sarebbe seduto e
sarebbe rimasto con lei.
“Al
solito”.
La
sua voce era perfettamente
neutra, quindi quella nota triste me la sono solo immaginata, vero?
Restarono
in silenzio, tra di loro un lieve imbarazzo, impercettibile da fuori:
la loro
amicizia era una finzione perfetta, costruita ad arte, e nessun
estraneo ne
avrebbe mai potuto dubitare. Loro, però, sapevano che quella
era solo una
pallida e debole imitazione del rapporto che avevano un tempo. Un
rapporto
basto sulla fiducia e sul rispetto reciproco che i sentimenti, con la
loro
irruzione non richiesta, avevano distrutto: Asa aveva iniziato a
provare
qualcosa per lei.
Grazie
a Rose e Moira, Daria l’aveva capito e aveva cercato di
mantenere le distanze,
per non dare adito a fraintendimenti, ma, quando lui si era dichiarato,
la
ragazza si era vista costretta a respingerlo, con dolcezza e attenzione
certo,
ma pur sempre a respingerlo: gli aveva spiegato il motivo per cui lei
non si
interessava ai ragazzi di Hogwarts, dicendogli che se non avesse preso
tale
decisone prima ancora di arrivare al castello, forse, la sua risposta
sarebbe
stata diversa.
Questo
sembrava averlo confortato e aver limitato il suo dolore, ma lei temeva
di non
essere stata del tutto sincera: se, come diceva sempre James, quando il
cuore
decide, se ne frega altamente delle scelte e delle ragioni, allora
l’unico
motivo, per cui lei era riuscita a mantenere fede a quanto si era
promessa, era
che lei, semplicemente, non aveva ancora incontrato qualcuno capace di
far
“sragionare” il suo cuore.
Quei
pensieri la fecero sentire ancora più in colpa di prima: ho fatto ciò che ritenevo
più giusto, però..
“Ehilà
bacchettona! Ciao, As” Rose era arrivata in tempo per
salvarla dalle sue
spaventosamente enormi seghe mentali.
-Tempismo
perfetto, come al solito,
pazzoide: stavo per cacciarmi di sotto dalla depressione.-
“Seriamente,
Ros, solo tu sei capace di dimenticarti delle selezioni, con Dave che
ne parla
in continuazione.” L’italiana scosse il capo,
esasperata: “Ma tanto con te è
inutile, no? Sei la regina dei ritardi.”
-Brutta bestia il senso di colpa, eh? Fortuna
che io non so cosa sia. Però scusa la coerenza dove
l’hai lasciata? Nel
calderone? Prima lodi il mio tempismo, un secondo dopo ti lamenti per i
miei
ritardi-
“Modesti
a parte, sono la migliore” La rossa sorrise raggiante,
facendo una buffa
riverenza.
-Certo
che non sai cos’è! Tu nel
calderone ci hai dimenticato il cuore! Comunque, la coerenza io non me
la sono
scordata, ma è molto più divertente cosi!- Daria
si aprì in
un sorriso, gemello di quello dell’amica: lei le faceva decisamente un ottimo effetto.
“Davvero,
non riesco a capire come tu riesca a prendere l’espresso in
orario ogni anno!”
-Come
osi?! Io il cuore ce l’ho
eccome, e tu lo sai: lo senti battere! Sul divertimento,
però, hai ragione!
Immagina che noia sarebbe avere un solo motivo per sfottersi!
“Tutto
merito di Al: è
intransigente quanto te sui ritardi”.
-Certo che lo sento battere, ho l’udito
sopraffino, io! Avere un solo motivo per sfottersi? Che prospettiva
agghiacciante!-
“Ah
ma allora qualcosa di buono ce l’ha!”
-Non
era l’olfatto, quello che si
può definire sopraffino? Hai ragione di nuovo, mi terrorizza
solo l’idea!-
-Vabbè
dai olfatto, udito, stessa
cosa, no?-
la rossa scosse la testa divertita e sconsolata
insieme dalla risposta dell’altra.
“Ma
scusa”, intervenne Asa “ dopo una settimana che
studiate insieme, non hai
ancora trovato niente di lui, che ti vada a genio?”
“Niente”.
Confermò la ragazza e il biondo sorrise.
***
***
Rose
stava facendo colazione con le sue amiche, al tavolo di Serpeverde,
mentre
informava distrattamente Moira e le altre dei nuovi acquisti della
squadra. Di
solito, Daria interveniva con le sue complicate analisi
comportamentali, ma
quel giorno era troppo impegnata a cercare di assassinare la sua
colazione. Operazione
inutile, che sembrava richiedere la sua totale concentrazione.
“Adesso
abbiamo pozioni, vero?” S’informò Moira,
mentre si alzavano da tavola.
“Non
me lo ricordare!” Qualcosa nella sua domanda fece scattare
Daria, che aumentò
il passo, ringhiando contro chiunque osasse anche solo guardarla.
“Ma
che le è preso? Lei adora quella fetida materia!”
Rose alzò le
spalle “Ce l’ha ancora con Belby,
per la storia del ballo”.
Moira
annuì, comprensiva: “Hai ragione, non ci avevo
pensato. Per lei deve essere
stato un trauma”.
Larissa
le guardò, confusa “Io, invece, non la capisco
proprio: le ragazze della nostra
età adorano ballare e divertirsi, mentre lei preferisce
passare una serata a leggere.”
“Hai
ragione, si comporta e si veste come una secchiona sfigata. Voglio
dire, con
tutti gli incantesimi che sa fare è possibile, che non sia
capace di
aggiustarsi la divisa?!””
“E
i
capelli, scusa? Li tiene sempre legati, perché, altrimenti,
sembrano un
cespuglio di rovi!”
Rose
si fermò, tremante, Moira, al suo fianco, spostò
il suo sguardo da lei alle due
vittime predestinate, senza aprire bocca.
“Cartwright,
diversamente da te, Daria non ha bisogno di restringere la divisa per
sentirsi
bella e apprezzata, e, Goyle, non le servono nemmeno pozioni liscianti
per i
capelli. Ma voi, del resto, lo sapete benissimo, no? È per
questo che ce l’avete
con lei: perché, nonostante non si curi per niente e non si
comporti in modo
femminile, attira più sguardi ed è più
popolare di voi due messe insieme;
perché nessuno noterebbe la vostra assenza dal ballo
scolastico, mentre a lei impongono
di partecipare; e perché,
quando apre bocca, non spara veleno, né dice stupidaggini e
le persone la
ascoltano e la apprezzano. Quindi provate a prendere esempio da lei e,
magari,
i ragazzi la smetteranno di considerarvi delle oche da una botta e
via”.
Rose
alzò i tacchi e si allontanò, seguita da Moira,
che le sussurrò: “Sapevo che
lasciar fare a te era la cosa migliore: nessuno sa massacrare, bene
come te.”
“Proprio
tu Weasley”, urlò la Goyle, “parli di
oche da una botta e via? Tu che sei la
sgualdrina più quotata di Hogwarts?”
La
rossa Serpeverde si voltò, per fronteggiare la viscida
troietta, che aveva
offeso prima la sua migliore amica e poi lei, ma fu preceduta da una
voce che
conosceva bene e che aveva sentito perdere ogni giorno di
più il leggero
accento straniero. Accento, che tornava solo quando era veramente, ma
veramente
arrabbiata. Come in quel momento.
“Ora
basta, Goyle” Daria non urlava e la sua voce sembrava
perfettamente calma, ma
sia Rose che Moira restarono paralizzate dalla sua freddezza.
“Ho lasciato che
andaste avanti con i vostri insulti, solo perché non me ne
frega niente di cosa
pensate di me, ma adesso avete superato il limite. Vi conviene sparire,
prima
che lo superino anche i miei nervi”.
Larissa
e Samantha non se lo fecero ripetere e seguirono il consiglio: in
cinque anni
in stanza insieme, non l’avevano mai vista veramente
arrabbiata, quindi
dovevano essere seriamente spaventate.
Rose
sospirò di sollievo e si voltò verso
l’amica: “Mi sento molto
offesa, Al. Io ti ho difesa, con un discorso bellissimo e pieno
di sentimento su quanto tu sia migliore di loro eccetera, eccetera, e
tu ti
limiti a mandarle via, senza nemmeno contraddirle?” Un
sorriso enorme si
allargò sul suo viso: altro che
offesa,
sono commossa. Non avevo mai visto Daria perdere il controllo in questo
modo,
nemmeno quando qualcuno le fa un torto o le manca di rispetto: in quei
casi si
limita a rimettere la persona in questione al suo posto, senza
arrabbiarsi
veramente.
“E
perché avrei dovuto? Stavano dicendo la pura
verità”. Le rispose l’altra con un
sorriso scherzoso. La sua voce era ritornata calda e priva di accento.
“Cosa?!
E allora perché ti sei intromessa?” Rose stette al
gioco: ci volevano un po’ di
finte prese in giro tra loro, dopo la conversazione con le due
oche-troie.
“Ti
stavano mancando di rispetto.. e poi, finché a dirtelo siamo
noi” e indicò se
stessa e Moira “non c’è problema:
scherziamo. Loro, invece, volevano solo
insultarti e denigrarti e questo non lo posso accettare”.
Ok,
fine delle finte prese in giro.
“Daria
ha ragione, Rose: è vero che le relazioni che hai avuto non
sono mai durate e
che i sentimenti non ti interessano, ma tu non sei una sgualdrina.
È vero,
però, anche che sei la più apprezzata del
castello ed è solo per quello che ti
hanno aggredita, capito?”
Rose
le abbracciò entrambe con forza, ringraziandole
silenziosamente.
“Bene”
fece l’italiana una volta libera dalla presa stritolatrice
dell’amica,
“possiamo andare a lezione ora?”
Le
altre due scoppiarono e ridere e la seguirono verso i sotterranei. Una
volta
arrivate in aula Belby annunciò loro che quel giorno
avrebbero provato a
preparare l’Amortentia, il filtro d’amore
più potente al mondo.
-Amortentia?
Ne saremo in grado?-
-Non
ne ho idea, Mo-Mò: proviamo-
-La
fai facile tu! In pozioni sei un
asso!-
-Mo
ha ragione, Daria, tu non conti:
qualunque pozione ti riesce.-
-Ora
non esagerare, rossa, nemmeno tu
sei tanto scarsa-
-Infatti.
Perciò, chiudete il becco e
impegnatevi per aiutarmi!-
La
pozione era veramente complicata: Rose non aveva mai visto niente di
tanto
difficile.
E
pensare che la volta scorsa abbiamo
preparato il distillato della morte vivente.
Al
termine della lezione, infatti, solo Daria era riuscita a prepararla in
tempo,
ma a Rose non importava essere stata battuta: era curiosissima di
sapere che
profumi sentivano le sue amiche.
-Al, che odori senti?-
-esattamente
quelli che mi aspettavo:
l’odore del mio
amato mare è quello predominante, in cui galleggiano altri
profumi, come libri,
moto, lucido per manici di scopa, cioccolata, le lasagne di mia nonna,
lo
shampoo ai fiori di campo di mia sorella, il tuo profumo alla rosa
selvatica,
il dopobarba di James e infinite altre cose. Tu?-
-Lucido
per manici da scopa, libri, la
tua pasta alla carbonara, i fiori di nonna Molly, casa mia e.. menta?
Che centra
con me l’odore di menta?-
-Se
non lo sai tu.. Mo-Mò, che senti?
-Profumo
di pini, di torta di mele, di
incenso e dello spray per le pulizie che usa sempre mia madre-
-Ma
per voi gli odori sono tutti
equilibrati o ce n’è uno predominante?-
-I
miei sono abbastanza equilibrati,
però.. quell’inspiegabile
profumo di
menta è un po’ più, come dire?
intenso.. come se fosse il più vicino
o il più importante, anche se di poco.-
-lo
stesso vale per me con il profumo di
pini-
-Quindi
l’unica a sentire un profumo
totalmente dominante sono io? Sarà normale?-
-Sì
sei l’unica- le
risposero in coro –e no,
probabilmente
non è normale, ma da quando in qua la cose funzionano in
modo normale con te?-
continuò Rose.
-Sei
un Erede, no? È ovvio che con te le
regole usuali non funzionino. Non fartene un problema.-
-Avete
ragione. E ora fuggiamo da questo
posto il più velocemente possibile.-
***
Rose,
insieme a Daria, Meg e Dominique era seduta nella camera da letto di
quest’ultima, circondata da un mare di decorazioni rosso-oro,
che le piacevano
più del dovuto: Sono una serpe
anomala:
io adoro i colori caldi.
“E
quindi quest’anno verrai al ballo!” Daria aveva
appena finito di raccontare
l’ultima cattiva notizia a Dominique e Margaret e la bionda
si era subito
esaltata.
Rose
si riscosse dai suoi pensieri per dare all’altra Weasley
l’ottima notizia “E
non solo! Gioisci cugina, perché per la prima..”
il suo discorso
enfatico fu, però, interrotto
dalla De Lupo, che ci tenne a precisare: “e ultima
volta”.
“Questo
lo dici tu, italiana. Comunque, stavo dicendo: per la prima volta la
nostra
amica-maschiaccio, ci dà il permesso di curarle il
look!”
“Davvero?!”
Daria
borbottò
qualcosa sul fatto che lei non
era un maschiaccio e annuì, sconsolata, rendendo ancora
più entusiasta la
bionda, che si voltò verso Meg, una luce pericolosa nei suoi
occhi. Rose vide
la ragazza impallidire e, capendo al volo la cugina, si
affrettò a darle
manforte.
“Dai
Margaret, sii buona! Non puoi lasciare Daria da sola in un momento di
difficoltà!”
“Vero!
Non la puoi abbandonare al suo destino! Non saresti una degna
Grifondoro se lo
facessi: una vera Grifondoro non abbandona un’amica in
percolo!”
“Ehm,
ragazze vi rendete conto che vi state chiamando
‘pericolo’ da sole? E poi non è
che io sia proprio una povera indifesa fanciulla da salvare: mi so
difendere da
sola”. Le due cugine la fulminarono con lo sguardo e Daria
pensò bene di
starsene zitta.
“Grazie,
Daria: ci hai provato. E voi due non pensateci nemmeno! Non tratterete
anche me
come una barbie!”
“Noi
non ti vogliamo trattare come una birbie! Vogliamo solo darti una mano
a far
strage di cuori!”
“Si
dice barbie! E, ripeto, non ho la minima intenzione di
permetterlo!”
Così
non funziona non cederà mai: è una
Grifondoro, è testarda per natura. Meglio cambiare strategia.
“Dai
Meg, che ti costa? È l’ultimo anno ad Hogwarts per
sia per te che per Domi ed è
la sua unica possibilità di prepararti per il ballo. Nemmeno
Daria ha tutto
questo bisogno di farsi aiutare da noi, ma sa che per lei è
importante e glielo
lascia fare, perché le vuole bene”. Rose aveva
assunto un’aria seria e dispiaciuta,
ma dentro era compiaciuta. “ E poi, celo devi: per anni ci
hai considerate
delle oche senza cervello solo perché passiamo del tempo con
Jam. Noi non te lo
facciamo pesare, ma ci ha sempre fatto molto male, specialmente a
Dominique”.
Quello fu il colpo di grazia: Rose vide vacillare la volontà
di resistere negli
occhi dell’altra rossa e seppe di aver vinto.
“E
va bene. Vi permetterò di occuparvi del mio look per il
ballo, ma solo per il
ballo”.
Gli
occhi di Dominique si illuminarono “Lo prometti?”
“Sì
lo prometto”.
Rose
sorrise maligna e vittoriosa e la bionda le battè il cinque
“ottima
interpretazione cugina!”
“Chi
è contenta di avere per cugina una subdola
Serpeverde?” Domandò Rose tutta
entusiasta.
“IO!”
Urlò l’altra, esaltata. La rossa Grifondoro rimase
a bocca aperta, indignata e
oltraggiata, Daria le mise un braccio intorno alle spalle, come per
consolarla.
“Ti
sei fatta giocare come una pivellina, Meg”. Disse, con un
sorriso tranquillo.
“Non
è lei ad essere una pivellina! Sono io che sono un
genio!” La semi-Veela annuì
con convinzione all’affermazione della cugina.
“Non
sei tu ad essere un genio: il senso di colpa è
l’arma migliore contro i
Grifondoro, lo sanno tutti! Ed io l’ho usato per prima per
convincere Jam a
lasciar vivere Lily”.
“Ti
sbagli io sono un genio!”
“No
che..”
“A proposito di
Potter grande..” Meg
interruppe, bruscamente, il litigio tra le due amiche. “avevi
ragione, D.:
nonostante sappia della nostra amicizia e io e lui condividiamo una
sala comune
con dormitori annessi, non mi ha infastidita.”
L’altra
sorrise, dolcemente: “Che ti dicevo, Maggie: Marmellata non
è poi tanto male”.
“Questo
è ancora da vedere. È vero che non mi ha
infastidita, ma mi ha praticamente
ignorata per tutta la settimana!” L’espressione
incredula e contrariata della
ragazza insospettì Rose: la nostra
Margaret non sembra poi tanto contenta di essere lasciata in pace dal
mio
cugino stupido.
Daria
invece sorrise, indulgente: “Povero piccolo Jam, non sa come
comportarsi alla
luce della nuova, abbagliante rivelazione”. Rose e le due
Grifondoro la
guardarono confuse, ma lei non diede ulteriori spiegazioni:
“Piuttosto, Maggie
cara, tu non sembri molto contenta di questo cambiamento nel suo
comportamento”.
“Figurati!
Sono superfelice che l’abbia smessa di rompere,
però non mi piace essere
ignorata ed evitata come se avessi il vaiolo di drago e, soprattutto,
detesto
non capire!”
Il
sorriso di Daria si allargò e Rose, che la conosceva come le
sue tasche, vi
notò una strana luce di consapevolezza.
Daria
non me la racconta giusta: chissà
cos’ha capito e cosa sa.
Restarono
a chiacchierare con le due Grifondoro ancora per un po’ poi
salutarono e si
allontanarono.
“Allora?”
“Allora
cosa?”
“Quel
sorriso, quando Meg ti ha detto che non le piace essere ignorata,
nascondeva
qualcosa, come quella frase su Jam che non sa cosa fare: voglio sapere
di che
si tratta!”
“Calma
Rossa, un vecchio proverbio babbano dice: l’erba voglio non
cresce nemmeno nel
giardino del re.” L’altra sbuffò e
alzò un sopracciglio. “Capirai tutto a tempo
debito: osserva e presta la massima attenzione”.
“Sei
impossibile! Non puoi semplicemente dirmelo?”
“No:
sei tu che mi hai chiesto di insegnarti a capire gli altri, io sto solo
eseguendo
i tuoi ordini.”
“Ma
io me la cavo già bene! Ti ricordo che siamo state io e Mo a
capire As, mentre
tu eri perfettamente ignara dei suoi sentimenti.”
“Non
è così! Io non ero ignara: mi rifiutavo di vedere
la verità, tutto qui.”
Rose
scosse il capo, ma non ribatté, senza prendersela: con lei
era sempre così, si
poteva scherzare e la si poteva prendere in giro, solo
finché non si mettevano
in dubbio le sue capacità di analisi e la sua conoscenza
delle lingue che aveva
studiato. Poi, però, è
lei stessa a
dubitarne, quando dice che non dobbiamo fidarci troppo delle sue parole
e
afferma di non
essere infallibile.
In
quel momento passarono davanti alla sala professori e sentirono
l’allegra voce
di Neville: “Sai che la tua idea della sfide mi incuriosisce
parecchio, però,
c’è una cosa che non capisco, Filius: qual
è lo scopo della prima? Perché i
ragazzi devono studiarsi a vicenda?”
Le
due Serpeverde si guardarono per un istante prima di allontanarsi. Non
stavano
rispettando la tipica regola del ‘non si origlia’,
ma, semplicemente, prendendo
precauzioni e provvedendo a salvaguardare la propria immagine di
studentesse
modello. Loro, per origliare, avevano modi migliori del banale
ascoltare dalla
serratura: Daria, se voleva, poteva sentire benissimo le voci delle
persone
anche ad una modesta distanza e poteva condividere ciò che
udiva con lei.
Quindi
perché rischiare di farsi
beccare?
“Vedi
Neville” la voce di Vitios le arrivò forte a
chiara, come se il piccolo preside
fosse al suo fianco, “ il quiz in sé non ha alcuna
utilità. Ciò che sarà invece
loro utile è la conoscenza reciproca che acquisteranno. Per
non parlare di
quanto gli farà comodo, per le prove future, essere abituati
a passare del tempo
insieme. Tutte cose indispensabili, tra l’altro,
perché i vincitori svolgano il
lavoro di Caposcuola al meglio possibile”.
Rose
si voltò verso l’amica. Poteva quasi vedere quella
mente assurda lavorare
instancabile e la guerra che vi si svolgeva dentro. E seppe chi aveva
vinto
nello stesso istante in cui l’altra aprì bocca:
“Questo cambia tutto”.
E
lei annuì, cedendo.
Maledetto
senso di responsabilità!
Spazio
autrice:
Ok,
mi scuso, di nuovo, per il ritardo, che questa
volta è davvero tremendo: un mese e
tre
giorni! Mi odio.
Il
capitolo.. beh, è un po’ di passaggio e mi
serviva, ma non sapevo come
renderlo. Spero che non sia troppo incomprensibile. Dal prossimo
capitolo, la
storia entrerà un po’ più nel vivo e
inizieranno i chiarimenti, più di questo
non voglio dire. Non so comunque quando riuscirò ad
aggiornare: le prossime
settimane si prospettano soffocanti. Mi auguro di non metterci troppo,
ma non
garantisco niente.
Un
grazie enorme a tutti quelli che leggono le
avventure di Daria e Rose e, soprattutto, grazie ancora a te, Elizha,
che hai
recensito lo scorso capitolo!
Chiedo
umilmente perdono per la foto di Margaret,
che, come mi è stato fatto notare, non si vede. Purtroppo
non sono riuscita a
risolvere il problema, né a capire come postare le foto
(sono un po’, tanto,
imbranata). Quindi, oggi niente foto, ma cercherò di
mettermi d’impegno per
poterle postare la prossima volta.
Un
bacio,
Daria
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Capitolo 5 *** 4) Something About Me ***
4)
Something
About
Me:
Rose
fissava la porta chiusa, come se, incenerendola con lo sguardo, avrebbe
incenerito anche ciò che stava per fare, o meglio, che era
obbligata a fare. Obbligata
da quel senso del dovere e da quel suo essere responsabile, che la
opprimevano,
e dalla sua migliore amica, che sapeva non avrebbe varcato la soglia
accanto,
finché non l’avesse vista entrare.
Sbuffò e fece un passo verso la porta tanto
odiata.
“Ci
vediamo più tardi, Al.” Fece, senza voltarsi.
“Certo.
Buona fortuna, Rossa”.
Lei
annuì: “Anche a te”. Poi aprì
la porta dell’aula vuota, che era, appunto,
vuota. Non che questo la sorprendesse: Daria l’aveva avvisata
che Malfoy aveva
una percezione della puntualità piuttosto distorta, come lei.
Solo
che sta volta mi sono fatta trascinare
da Miss Odio Essere In Ritardo, quindi sono in orario.
Si
sedette ad un banco meno impolverato degli altri. Era la stessa aula
vuota in
cui l’italiana aveva esposto loro il suo piano. Piano a cui
avevano dovuto
rinunciare. La ragazza sbuffò di nuovo, irritata e si
sentì d’un tratto molto
empatica verso l’amica e il cugino.
Detesto
aspettare. Malfoy vedi di
sbrigarti.
Come se fosse stato chiamato un ragazzo biondo e terribilmente
bello, spalancata con foga la porta cigolante, entrò
nell’aula con le mani in
alto.
“Ti
prego, lupetta, non mi uccid..” si interruppe e la
guardò stralunato “ e tu
che pluffa ci fai qui, Weasley?!
Cos’è? Il senso d’orientamento fa
cilecca?”
“Il
mio senso d’orientamento, diversamente dal tuo, Malfoy,
è perfettamente funzionante.”
Lui
abbassò le braccia e restò impalato in mezzo alla
stanza, probabilmente intento
a capire se aveva o no sbagliato porta. Rose sapeva che
l’altro era capace di
perdersi persino andando dritto e vederlo così in preda al
panico e al dubbio
le piaceva oltre misura, ma decise che, siccome d’ora in poi
avrebbero dovuto
coesistere, doveva smetterla di gongolare e iniziare a comportarsi da
persona
civile, quale era.
“Sfortunatamente
non hai sbagliato aula.” Malfoy smise di guardarsi in torno e
la fissò. “C’è
stato un cambio di programma: non possiamo più seguire la
nostra strategia.”
Lui
per un momento sembrò sul punto di chiederle spiegazioni, ma
non lo fece e si
sedette di fronte a lei.
“Quindi
che facciamo? Un breve ripasso per vedere se ci ricordiamo
tutto?”
Lei
scosse la testa disgustata “No ti prego, andiamo avanti. Meno
sento parlare di
te meglio sto.”
“La
cosa è reciproca te l’assicuro.” Lei non
gli badò e tirò fuori dalla sua tasca
il foglio, già rovinato, che Vitious le aveva consegnato
quella prima,
tremenda, sera. Il foglio, su cui era scritto l’elenco delle
cose che era
obbligata a imparare su Mister Presunzione.
“Chi
è la persona di cui ti fidi di più al
mondo?” chiese, senza nemmeno alzare lo
sguardo.
“Albus,
ovviamente.” Rose se lo aspettava. “Non sei curiosa
di sapere perché?”
“Per
niente. La persona in cui io ripongo la più totale fiducia
è Daria.”
Che
poi è anche praticamente l’unica di
cui mi fidi.
E, senza dargli il tempo di commentare, fece
per porgli la domanda successiva
“Io,
invece, sono curioso.” Rose sollevò finalmente i
suoi occhi azzurri e vide il
sorrisino ironico e indisponente di Malfoy. “Che io mi fidi
totalmente solo di
tuo cugino è comprensibile: è stato
l’unico disposto, fin da subito, ad
accettare un Malfoy Grifondoro e non è che prima avessi
tutti questi amici. Ma
non capisco perché tu riponga la tua totale fiducia solo in
Daria, certo lei è
senza dubbio un’amica affidabile, ma tu avevi degli amici
prima di incontrarla,
avevi già Al. Eppure di lui non ti fidi come di
Daria.”
Rose
sbuffò, per la terza volta quel giorno: la sua irritazione
minacciava di
raggiungere livelli prossimi all’esondazione. “Non
mi sembra che qui” e indicò,
con un gesto stizzito, il foglio spiegazzato, “ci sia scritto
che sono tenuta a
spiegarti le mie ragioni. Andiamo avanti.”
“È vero non sei obbligata a
spiegarti, ma noi
siamo obbligati a imparare più cose possibili
sull’altro, quindi penso che
dovresti spiegarmelo. O hai dimenticato cosa ci ha detto il
preside?” fece lui
con aria saputa.
“Io
non penso di doverti spiegare un bel niente e ora, ripeto, andiamo
avanti!”
Quel deficiente, convinto di sapere tutto, stava giocando
pericolosamente con
la sua, già limitata, pazienza.
“Forza,
capisco che tu non ne voglia parlare con me, ma fai finta che io sia
mio cugino
Dave, lui è tuo amico, no? A lui lo diresti.”
No
non lo farei, non ne parlerei mai con
nessuno, a parte Daria. Quindi non ho alcuna intenzione di parlarne con
te.
Eppure, nonostante i suoi pensieri e la sua decisione, Rose, forse
perché non
si aspettava tanto interessamento o forse perché aveva
voglia di sfogarsi con
qualcuno che non fosse la sua mezza psicologa e mezza onnisciente
migliore
amica, iniziò
a raccontare.
“Il
mio primo mese qui è stato un inferno. Quando sono stata
smistata a Serpeverde,
il mondo mi è crollato addosso, e, quando dico “il
mondo”, intendo la mia
famiglia: mio padre, mia madre, mio fratello, i miei zii, i miei nonni
e i miei
cugini erano tutto il mio mondo ed erano anche l’unico che
conoscessi, non mi
era nemmeno possibile immaginare una realtà diversa e
all’improvviso mi ci sono
trovata catapultata, scaraventata in una realtà che non era
la mia dalla scelta
ingiusta di un cappello che di me non aveva capito nulla.”
Parlava
con calma, come se ogni parola le costasse una fatica enorme, un
po’ perché era
quello che voleva far credere al suo ascoltatore e a se stessa, un
po’ perché,
prima di pronunciarle, cercava, inutilmente, di convincersi a non farlo.
“Il
mondo mi è crollato addosso perché tutte le
persone a cui volevo bene e di cui
mi fidavo ciecamente, non hanno esitato un secondo a voltarmi le
spalle, solo
mia madre, mio zio Harry e mia zia Ginny hanno continuato a trattarmi
normalmente. Il mio adorato papà, il mio punto fermo, non mi
scriveva e non
rispondeva alle mie lettere, il mio migliore amico e cugino preferito,
quello
che era stato il mio compagno di giochi e che mi aveva sempre difesa
dai cugini
più grandi, si rifiutava di parlarmi e tutti gli altri
elementi del mio mondo
mi ignoravano come se fossi stata invisibile o non fossi mai esistita.
È
stato il mese peggiore di tutta la mia vita. Poi, un pomeriggio
d’ottobre Al è
riuscito, non so come, ad entrare nella mia sala comune, abbiamo
parlato e
litigato furiosamente e alla fine le cose sono tornate come prima.
Almeno dal
suo punto di vista, perché il vuoto e il dolore che sentivo
dentro non avevano
accennato a diminuire: mi sentivo tradita e svuotata e andavo alla
deriva
perché, se non potevo contare sulla mia famiglia, non avevo
più punti fermi a
cui aggrapparmi e mi odiavo, con tutte le mie forze per averli delusi.
Ma
quella stessa sera qualcuno, che prima non avevo mai considerato, mi
lanciò un
salvagente e mi diede un nuovo punto fermo da cui ho costruito un nuovo
mondo,
uno che mi appartiene, e grazie al quale, lentamente, ho imparato ad
apprezzarmi e ad accettarmi.”
Malfoy
la fissava, come ipnotizzato e Rose si sentì arrossire: non
avrebbe mai immaginato che
la sua storia lo avrebbe coinvolto tanto,
a dire la verità non avrebbe mai immaginato nemmeno che
gliel’avrebbe
raccontata.
“Perché?
Cose’è successo quella sera?”
Rose sorrise al ricordo,
“Stavo studiando
Erbologia in sala comune, Daria era seduta di fronte a me.
D’un tratto ha
sbattuto il libro sul tavolino e, sbuffando, mi ha detto:
“Basta! Erbologia non
la sopporto proprio! Ti cedo il primo posto Rossa.” Poi ha
sorriso, di uno dei
suoi sorrisi radiosi capaci di illuminare persino i sotterranei, e ha
aggiunto:
“Quindi, siccome non siamo più in competizione,
possiamo essere amiche, ti va?
Ti prometto che non te ne pentirai! Sono pigrissima, lunatica e faccio
ragionamenti assurdi, ma so essere un’ottima
amica!” E ha mantenuto la promessa”.
Il sorriso sul suo viso si allargò e Malfoy
scoppiò a ridere.
“Ho
sempre saputo che quella ragazza era assurda ma non immaginavo
tanto!” smise di
ridere e aggiunse, piano quasi come se stesse parlando tra
sé e sé. “Ora
capisco perché…
Aveva già pianificato
tutto.”
“Tutto
cosa? A che ti riferisci Malfoy?”
“Beh…
io non so se posso dirtelo. Probabilmente Al mi ucciderebbe... e anche
Daria,
visto che non te ne ha parlato lei stessa e... beh non mi sembra.. ecco
non mi
sembra il caso..”
“Smettila
di farfugliare, Malfoy! Cos’è che Daria non mi ha
detto?”
Calmati
Rose. Daria non ti tradirebbe
mai quindi se non ti ha detto qualcosa deve esserci un motivo
più che valido.
“Ecco…
veramente.. Ma stai bene? Ehi Weasley cosa ti prende?” Malfoy
le prese una
spalla e gliela scosse, solo allora Rose si rese conto di aver smesso
di
respirare. Prese un respiro profondo e si calmò.
Sono
andata nel panico solo all’idea che
Daria mi abbia mentito, ma mi fido di lei, non ho ragione di
preoccuparmi.
“
Io
credo di sapere perché
Al sia venuto da
te quel giorno… Cioè credo di conoscere la
ragione della sua presa di
coscienza”.
“Zia
Gin gli ha mandato una strillettera? O è stato zio
Harry?” Rose aveva sempre
sospettato che i suoi zii centrassero qualcosa con la comparsa di Al
nella sua
sala comune: qualcosa o qualcuno doveva pur avergli aperto gli occhi.
Però non
capiva che cose centrasse quello con ciò che Daria non le
aveva detto.
“Nessuna
delle due. Non dava granché retta ai suoi.”
“E
allora che è successo?”
Se
non sono stati gli zii allora chi?
Daria? Ma noi non eravamo ancora amiche e Al non le avrebbe mai dato
retta,
quindi non può essere stata lei.
“Io
e Al stavamo camminando per i corridoi, diretti non so dove e lui stava
parlando di te. Beh più che altro si stava lamentando del
fatto che tu avessi
scelto di voltare le spalle alla famiglia e altre cavolate del
genere”.
L’antica
rabbia, che riaffiorò in Rose a sentire quelle
assurdità, fu soffocata dallo
stupore per il termine che Malfoy aveva usato per descriverle.
“Cavolate?”
Il
biondo annuì: “Sì, cavolate: non
condividevo per niente il punto di vista di
tuo cugino,ma era il mio unico amico e non volevo contraddirlo per
paura di
perderlo.” Fece con un alzata di spalle, poi
sogghignò: “A qualcun altro invece
è sempre piaciuto parecchio contraddirlo e non
mancò di farlo nemmeno quella
volta”. Alzò un dito per fermare Rose, sul punto
di parlare. “Non mi
interrompere, Weasley, altrimenti non potrai goderti il mio splendido
racconto
nella sua pienezza. Fai come ho fatto io prima: ascolta e
taci.”
Lei
fu molto infastidita da quelle parole e da quel ghignetto arrogante, ma
seguì
il consiglio e tacque, spinta da una cocente curiosità a
mettere
momentaneamente da parte il suo smisurato orgoglio.
“Non
ci eravamo accorti che Daria camminava dietro di noi, né che
aveva sentito
tutta la conversazione, o forse dovrei dire il monologo di Al. Il
monologo, in
questione, l’ha fatta arrabbiare parecchio: ha aumentato il
passo, ci ha
superati e si è piantata davanti a noi, con le gambe
leggermente divaricate, le
mani sui fianchi e i fulmini negli occhi. Come chiamati dalla sua
furente ira,
il vento ululò più forte, le pioggia cadde
più intensa e la tempesta si abbatté
sul castello.”
Rose
alzò un sopracciglio, esasperata “Malfoy per una
volta potresti non comportarti
da deficiente e limitarti a raccontare quello che è
successo, senza
ingigantire?”
“Nah
Weasley, così è molto meglio!” Le
rispose lui, irriverente e testardo.
“Hai
ragione, pretendo troppo: un povero idiota come te non sarebbe mai in
grado di
comportarsi da persona seria e matura”. Disse lei con un tono
ironico e
velenoso.
“Ah
la pensi così allora? Ti faccio vedere io chi è
la persona seria matura, qui
dentro!” La rossa sorrise trionfante, senza essere vista.
Andrà
anche bene a scuola, ma si fa
raggirare proprio facilmente. Povero idiota.
“Dunque..
La piccola Serpeverde – che poi tanto piccola non era visto
che era alta due
volte Al – ha urlato “Potter!
Come ti
permetti di dire certe cose?! Sei solo uno stronzetto viziato, troppo
incentrato su se stesso per provare a capire ciò che sta
passando tua cugina.”
Al, da coraggioso Grifondoro, le ha detto che non poteva permettersi di
giudicarlo, che non sapeva niente di lui e cose del genere. La tua
spaventosa
amica, però, ha ribattuto che invece ne sapeva molto
più di lui: sapeva che non
parlavi con nessuno, che te ne stavi sempre sola, che passavi le notti
a
piangere silenziosamente e che sembravi sempre così triste
da far apparire allegro
e spensierato un funerale.”
Malfoy
si fermò e la guardò, forse si aspettava un
attacco di rabbia nei confronti
dell’amica, del cugino o di se stesso. Rose cercò
tracce di rabbia dentro di sè,
ma non ne trovò, quindi con un cenno del capo
invitò il ragazzo a continuare.
“Al
è rimasto a fissarla a bocca aperta, poi ha fatto un passo
avanti, incerto:
probabilmente non sapeva bene dove andare. Allora Daria ha scosso la
testa e ha
detto: “la parola d’ordine è sangue di
drago”. Poi se n’andata e Al si è messo
a correre verso i sotterranei.”
La
ragazza restò un altro po’ zitta, lo sguardo perso
nel vuoto: stava cercando di
rimettere ordine nel suo cervello e di esaminare i suoi ricordi alla
luce di
quelle nuove informazioni.
Ora
ha tutto molto più senso. Capisco
anche perché Daria non mi abbia detto niente. La sua
intromissione, però, non
mi irrita, né rende peggiori i rapporti con mio cugino: mi
fa sentire
stranamente bene, protetta.
“Grazie
per la tua sincerità, Malfoy”.
Lui
ghignò: “E chi ti dice che io sia stato sincero,
Weasley?”
La
rossa sbuffò ancora, infastidita e si alzò:
“Ci vediamo domani”.
***
***
Daria
guardò la porta chiudersi alle spalle della sua migliore
amica e rivolse lo
sguardo verso quella che le stava di fronte. Prese un profondo respiro
e girò
la maniglia. Come predetto da Rose, Albus Potter era già
lì. Nonostante lei si
fosse mossa silenziosamente, lui si voltò, come se
l’avesse sentita, e spalancò
gli occhi verdi, confuso.
“Credo
che tu abbia sbagliato stanza.” E si voltò di
nuovo, senza degnarla di una
seconda occhiata.
Lei,
per tutta risposta, si sedette. “ Io e Rose abbiamo deciso di
fare le cose in
modo regolare, senza facilitazioni.” E gli spiegò
ciò che lei e la Weasley
avevano sentito la sera prima.
“Capisco.
Condivido la vostra scelta, anche se avrei preferito esserne reso
partecipe.”
Poi sospirò “La mia ragazza è
abbastanza gelosa e non deve sapere che abbiamo
abbandonato il piano”.
Lei
annuì, senza chiedere spiegazioni: non le interessava sapere
per quale motivo
Amanda Corner, la ragazza più bella del quinto anno, fosse
gelosa di lei o del
tempo che avrebbe passato con il suo fidanzato.
Probabilmente,
nonostante sia una
Corvonero, è abbastanza stupida da credere alle voci create
dalle scommesse di Marme.
Lei
annuì, poi disse: “Secondo me la cosa migliore, a
questo punto, è interrogarci
a vicenda su ciò che abbiamo imparato fin ora: giusto per
verificare le nostre
conoscenze”.
Il
ragazzo, per tutta risposta, prese il foglio, ancora perfetto, che
aveva
consegnato loro il preside, Daria fece altrettanto, anche se il suo, al
contrario di quello del Grifondoro, era tutto spiegazzato e
stropicciato.
“Il
mio colore preferito?” le chiese lui senza guardarla.
“Blu
scuro.” Rispose lei allo stesso modo. “Il
mio?”
“Viola.”
“Materie
preferite?”
“Pozioni
e Storia Della Magia. Le mie?”
“Erbologia
e Babbanologia”.
“La
materia in cui riesco peggio?”
“Pozioni”.
Era l’unica materia in cui il ragazzo non avesse preso il
massimo dei voti ai
GUFO.
“Erbologia”.
Potter rispose, prima ancora che Daria avesse il tempo di fargli la
domanda, ma
ciò non la infastidì: prima si sbrigavano, meglio
era.
Tuttavia
decise di interromperlo: quando notava qualcosa, sentiva sempre il
bisogno di
condividere la sua scoperta. “La tua
materia preferita è l’unica, in cui io
non riesco bene e la mia
è l’unica,
in cui tu non riesci bene. Curioso,
non trovi?”
Andando
avanti con l’interrogazione reciproca, incontrarono altri
esempi simili: tra i
talenti migliori di Daria c’era
l’abilità in cucina, che era uno dei punti
deboli del ragazzo; Potter, poi era estremamente ordinato, mentre
l’italiana
era disperatamente disordinata.
Dopo una decina di minuti
conclusero gli
argomenti studiati. A quel punto il ragazzo, sentendola esitare,
sollevò,
finalmente, lo sguardo. “Andiamo avanti?” Le
domandò, leggermente impaziente.
L’italiana
scosse il capo, con decisione: la notte prima aveva riflettuto a lungo
riguardo
a ciò di cui stava per parlargli ora, aveva perso fin troppo
tempo e non aveva
intenzione di perderne ancora, esitando.
“No.
Se dobbiamo imparare a conoscerci e collaborare, allora
c’è qualcosa di
fondamentale che devi sapere. Avevo intenzione di parlartene, anche
andando
avanti con il piano, solo, pensavo di farlo più avanti. Sai
che sono italiana,
no?” Era vero, ma decidere di farlo ora, quando non aveva
ancora abbastanza
elementi per decidere se era degno di fiducia o meno, le era costato
parecchio:
alla fine aveva scelto di basarsi sul fatto che, essendo il fratello e
il
cugino dei suoi due migliori amici, non avrebbe osato utilizzare le
informazioni che stava per dargli per nuocerle.
“Lo
so e lo sento: il tuo accento è parecchio
fastidioso”. Quella della ragazza era
una domanda retorica, ma Potter rispose lo stesso, irritandola
terribilmente:
c’erano poche cose capaci di far scattare la De Lupo e una di
quelle era che si
criticasse il suo inglese.
“Il
mio accento è quasi inesistente. Prova tu a parlare in
italiano e vediamo. Il
tuo accento sarebbe marcatissimo”. Poi, prese un respiro per
calmarsi e, prima
che lui potesse ribattere, disse: “Comunque non importa ora.
Non mi
interrompere più, altrimenti resteremo qui a discutere in
eterno e io non ho
molta voglia di dover passare tanto tempo con te.” Fece un
altro respiro
profondo e, leggermente nervosa, prese a giocare con un riccio sfuggito
al suo
disordinato chignon.
“Se hai
prestato attenzione alle prime lezioni di Storia della Magia al primo
anno,
allora saprai che tutti i maghi e le streghe oggi esistenti, Nati
Babbani
compresi, discendono in qualche modo da
quelli che furono i primi maghi della storia: i popoli
dell’antichità classica.
Tra questi quelli che ci interessano sono gli antichi Greci e gli
antichi
Romani.
I
poteri di questi due popoli erano diversi dai nostri: non utilizzavano
le
bacchette - anche se ci sono rari casi di primi esempi di strumenti
magici
simili a bacchette – e la loro magia, proprio per questo, era
meno potente
della nostra. Però avevano capacità incredibili,
molte delle quali sono andate
perse col tempo. La gran parte dei maghi moderni ha dimenticato queste
origini
e questi poteri, indipendenti dalle bacchette, e non ne conserva
traccia. C’è
un’unica eccezione.” L’italiana
accavallò le gambe e iniziò a tormentare
un’altra ciocca di capelli scuri.
“Come
ti ho detto, tutti noi siamo i discendenti di questi primi maghi, ma
esistono
alcuni che discendono da loro in linea più diretta di altri.
I discendenti
diretti dei Greci e dei Romani, nel cui sangue non ci sono tracce di
altri
popoli, sono pochissimi e tutti concentrati in Italia. Questi
discendenti sono
detti Eredi - con la “e” maiuscola -
perché hanno ereditato
alcuni dei poteri particolari dei loro antenati. Io sono
una di loro.” Daria si interruppe per permettere al ragazzo
di raccogliere le
idee e per concedersi un secondo di pausa.
“La
bravura negli studi e nel Quidditch fanno parte di questi
“poteri”?” Fece lui,
scettico, mimando le virgolette con le dita. Lei intuì che
non la stava
prendendo sul serio, ma non se ne curò: “No,
quella è una conseguenza della mia
educazione.” Rispose rapida, liquidando la faccenda.
“Noi chiamiamo questi
poteri Eredità: non
siamo molto
fantasiosi, lo ammetto.” Fece un gesto con la mano,
precedendo la pungente
osservazione, che era certa stesse per arrivare. “Ci sono due
tipi di Eredità:
collettive e individuali.
Le
Eredità collettive sono dei tratti distintivi, comuni a
tutti noi e riguardano
sia il nostro aspetto fisico che i nostri poteri magici.
Tutti
noi abbiamo i capelli che cambiano colore a seconda della luce:
più tempo
passiamo lontani dalla luce del sole, più i nostri capelli
si scuriscono, per
poi schiarirsi di nuovo, gradualmente, se ne sono illuminati a lungo. I
miei,
per esempio, sono sempre color cioccolato al latte quando arrivo qui e
dopo un
mese sono praticamente neri. Questa è, in realtà,
l’unica Eredità che riguarda
l’aspetto fisico.
Non
si sa se sia dovuto al fatto che siamo praticamente tutti parenti, o se
sia un
effetto collaterale delle altre Eredità, ma sta di fatto che
tutti noi siamo di
salute molto più cagionevole degli altri maghi, siamo anche
più cagionevoli di
molti Babbani. Quella di prendersi tute le malattie, magiche e babbane, in circolazione
è un’altra Eredità,
anche se ne farei volentieri a meno.
Tutti,
poi, siamo particolarmente sensibili ai cambiamenti: siamo in grado di
percepire i mutamenti in arrivo e, in alcuni casi, anche di stabilirne
la
natura. Questa specie di sesto senso, inoltre, ci
“avverte” dei pericoli,
imminenti.
In
più ci stanchiamo facilmente, quando utilizziamo la magia,
specie se stiamo
ricorrendo alle nostre Eredità individuali. Ci sarebbe,
infatti, impossibile
fare molte cose senza i maghi normali: in battaglia, ad esempio,
finiremmo per
esaurire le forze, venire catturati facilmente, o, addirittura, restare
uccisi.
Questo è il motivo principale per cui, nel mio paese, non
sono mai esistite,
tra i maghi, grosse discriminazioni a danno dei Nati Babbani o dei
Babbani.”
Fece un'altra pausa e appellò un bicchiere d’acqua
dalle cucine: a forza di
parlare le era venuta la gola secca.
Adesso
comincia la parte più
difficile, quella personale. Non mi piace parlare di me agli estranei.
Bevve
un lungo sorso d’acqua fresca e continuò, il
Grifondoro non aveva approfittato
del suo silenzio per mostrarle quanto poco le credesse: probabilmente
stava
cercando di collegare le poche cose che sapeva di lei a ciò
che gli aveva
appena raccontato.
“Le
Eredità individuali sono, invece, totalmente personali e
diverse per ciascuno
di noi. Tutti comunque ne possediamo due: quella sensoriale e quella
generica.
Le
eredità sensoriali, come dice il nome, sono legate ai sensi:
in genere
consistono in uno dei cinque sensi migliorato o amplificato. La mia
eredità
sensoriale riguarda il mio udito, che è molto più
sviluppato di quello delle
persone normali: per esempio, sono in grado di sentire la voce di una
persona,
che parla con un tono
normale, anche a 2
km di distanza”.
Il
ragazzo sollevò di nuovo lo sguardo, sgranando gli occhi,
sorpreso. Stava per
dire qualcosa, ma lei lo bloccò prima che potesse farlo.
“So
che ti sembra assurdo e probabilmente non credi ad una sola parola di
quanto ti
ho detto, ma, se mi lasci finire, dopo potrò darti prova
delle mie capacità.”
Lo disse senza distogliere lo sguardo da quello verde chiaro del
ragazzo,
ostentando una sicurezza che non provava.
“D’accordo,
sentiamo.” Neanche lui distolse lo sguardo, sfidandola
apertamente.
Daria
si torse le mani, per scaricare la tensione e proseguì:
“Mia sorella ha un
potere simile, solo che riguarda la vista ed è meno
sviluppato del mio: le
nostre Eredità crescono, si sviluppano e diventano
più forti insieme a noi.”
Parlare prima della sorella e poi in linea generale la aiutò
a calmarsi, come
sperava.
“Le
eredità generiche, invece, sono chiamate così
perché possono riguardare
qualsiasi campo e non esiste una definizione o un aggettivo capace di
raggrupparle tutte. La mia è la telepatia. È
simile e allo stesso tempo diversa
dalla Legilimanzia: il suo massimo livello permette, come la
Legilimanzia, di
forzare la mente delle persone e conoscerne i pensieri, o almeno questo
è
quanto suppongo e non ho idea se sia possibile bloccarla con
l’Occlumanzia.
Nessun Erede, prima di me ha mai avuto questo dono, o meglio, nella mia
famiglia ci sono stati altri casi di Eredità simili, ma
nessuna era vera
telepatia e nessuna era tanto intensa. Quindi non so che cosa
sarò in grado di
fare in futuro, per il momento posso insinuare qualunque mio pensiero
nelle
menti altrui, ma riesco a sentire solo quelli che gli altri vogliono condividere con me. In pratica
è come una conversazione a voce alta, solo che nella
mente.”
Lui
la fissò di nuovo ancora più sorpreso e scettico,
poi, con tono ironico, le
chiese: “E tua sorella cosa fa? Sposta i monti con un solo
cenno della mano?”
Questa
volta toccò alla Serpeverde fissarlo stupita. “No.
Cioè non ancora. Marta è
telecinetica, ma al momento riesce a spostare solo oggetti di piccole
dimensioni”.
Il
Grifondoro scoppiò a ridere: evidentemente trovava la storia
del suo popolo e
la descrizione dei suoi poteri estremamente comiche e poco serie.
Daria,
invece, trovava il suo comportamento decisamente irrispettoso.
Ha
acconsentito alla dimostrazione,
giusto? Bene, che dimostrazione sia.
-Non
ti hanno mai insegnato a non
giudicare le cose prima di averne la visione più completa
possibile, né a non
mancare di rispetto agli altri, vedo.-
Il
ragazzo smise di ridere di botto e fece scattare velocemente la testa
da una
parte e dall’altra, nel panico più totale. Di
solito Daria avvisava le persone
prima di infilare i suoi pensieri nelle loro menti per la prima volta,
ma quel
ragazzo aveva toccato, nel giro di pochissimo tempo, due dei suoi nervi
scoperti.
“Che
cosa è stato?” chiese, impallidendo.
“Te l’ho
detto: io posso intrufolarmi nella
mente delle persone come e quando voglio”. Poi, vedendolo
così spaventato, si
addolcì leggermente. “Tranquillo non manipolo la
gente a mio piacimento. Non so
nemmeno se sarei in grado di farlo e non mi va di provare”.
Lui
riprese il controllo velocemente e riassunse la sua espressione
indifferente. “
Questo trucchetto deve esserti molto utile durante gli
esami”.
Lei
lo guardò male. “Per chi mi hai presa? Pur di non
mancare ai miei doveri, sono
disposta a perdere un’ora delle mie giornate in tua
compagnia. Questo dovrebbe
bastare a farti capire che non barerei mai.”
Distolse lo sguardo, leggermente offesa. Tre
nervi scoperti in un’ora. È proprio vero che voi
Potter attirate i guai come
calamite.
“Sei
una strana Serpeverde”. L’italiana
risollevò lo sguardo di scatto sorpresa e
vide che l’altro la stava osservando con interesse per la
prima volta da quando
si conoscevano. Lui non spiegò la sua affermazione e lei non
gli chiese niente.
Si imitò a scuotere leggermente la testa come per schiarirsi
le idee.
“Ti
sarei grata se tenessi per te quanto ti ho detto oggi. Puoi parlarne
con
Malfoy, se ti va, ma preferirei non ne facessi parola con altri. Non
voglio che
si sappia dei miei poteri.”
“Non
faccio fatica a capire perché: scoppierebbe il
panico”. Assentì il ragazzo,
mostrando una leggera empatia.
“Non
solo, mi troverei circondata da persone false, che si fingerebbero mie
amiche
solo per poter sfruttare le mie capacità e da occhiate
malevole e diffidenti.
Non sarebbe divertente”.
Lui
annuì e Daria si alzò e si avvicinò
alla porta, soddisfatta.
“De
Lupo?” L’italiana si voltò, con
espressione interrogativa. “Volevo scusarmi: mi
sono comportato da stupido e ti ho mancato di rispetto”. Il
suo imbarazzo era
evidente, ma non distolse lo sguardo da quello della ragazza.
“Wow.
Un Grifondoro che chiede scusa, non credevo ne esistessero”.
Poi sorrise e si
chiuse la porta dell’aula alle spalle.
***
***
Rose, da poco uscita
dall’aula vuota, in cui aveva
studiato con Malfoy, stava cercando Daria. Sapeva che lei e Al avevano
già
finito di studiare, perché aveva incontrato
quest’ultimo in corridoio. Il
racconto di Malfoy l’aveva sorpresa, quanto il suo
comportamento: invece di
approfittare delle debolezze che lei gli aveva, incoscientemente,
mostrato, il
ragazzo le era venuto incontro e le aveva detto ciò che
voleva sapere anche se,
facendolo, stava andando contro al volere del suo migliore amico.
La cosa la confondeva e
l’idea di non capire i
comportamenti della sua nemesi non le piaceva per niente: significava
essere
totalmente impreparata ad un eventuale, futuro attacco.
Quello
era uno dei due motivi per cui setacciava il castello, da quasi
mezz’ora, alla
ricerca della sua migliore amica. L’altro era ciò
che quel biondino slavato le
aveva raccontato: non era arrabbiata con Daria o con Al e nemmeno
delusa da
loro, solo voleva parlarne con la sua amica e ringraziarla.
Allora,
ricapitolando: Dave e Moira sono
in biblioteca a studiare e Daria non è con loro; Meg
è in Guferia e Daria non è
con lei. Quindi restano solo Jamie e Freddie, che però non
trovo da nessuna
parte.
Mentre
Rose stava seriamente valutando l’ipotesi di sottrarre la
Mappa del Malandrino
ai fratelli Potter, la più piccola dei suddetti le
passò davanti insieme a suo
fratello Hugo.
“Hey,
Lils! Hugh! Avete visto Daria?”
I
due si voltarono e suo fratello annuì: “Era nella
Sala Grande con James e Fred
poco fa”.
“Grazie
fratellino!” Gli urlò, iniziando a correre nella
direzione indicatale.
Entrata
in Sala Grande, individuò subito la testa rossa di suo
cugino e si avviò verso
il tavolo di Grifondoro. Daria e Fred stavano ridendo di gusto, mentre
James sembrava
imbarazzato.
“Avresti
dovuto vederlo! È rimasto lì i-imbambolato a
fissarla con un sorriso da e-ebete
in f-faccia, mentre lei gli u-urlava contro! Una…
sc-sceena… e-epica!” Fred riusciva
a stento a pronunciare le parole tanto gli veniva da ridere.
“Non
posso credere di essermela persa!” Daria era tanto divertita
quanto lui, ma
conservava un po’ più di controllo sulla sua
lingua.
“Che
è successo di tanto divertente?” Chiese Rose,
attirando l’attenzione su di sé.
Daria
non parve sorpresa dalla sua presenza e rispose con un sorriso.
“Meg si
è stufata di essere ignorata da Marmellata
e gli ha fatto una scenata”.
Rose
ridacchiò a sua volta: Meg che si arrabbiava con James
perché lui la ignorava,
era assurdo quanto lei che se la prendeva con Malfoy perché
non la insultava.
Avrebbe dovuto esserne contenta, non arrabbiarsi! Proprio
non la capisco Margaret, sul serio.
Poi
si
riscosse e si ricordò il motivo per cui aveva vagato per il
castello per tutta
la mezz’ora precedente. “Al, avrei bisogno di
parlarti”.
L’altra
annuì: “Certo, andiamo. Ci si vede, Marmellata
di aranci.”
Appena
furono un po’ più lontane Rose le chiese:
“Com’è che li hai chiamati?”
“Marmellata di aranci, perché
Jam vuol
dire marmellata e Fred ha i capelli dello stesso colore degli
aranci.” Fece l’altra
con un largo sorriso e una scrollata di spalle, come se fosse ovvio.
“Ok,
rinuncio a capirti. Sei totalmente assurda”.
“Lo
so. Ma non sei venuta a cercarmi per rinfacciarmi la mia nota
assurdità, vero?”
“No,
infatti. Prima di tutto volevo sapere com’è andata
con Al, come l’ha presa?”
Daria
le mostrò i suoi ricordi di quanto era successo e Rose non
ne fu sorpresa: ora
sapeva perché Al ce l’aveva con Daria. Orgoglio
ferito.
Quando
anche lei ebbe mostrato i propri ricordi all’amica, questa
sospirò: “Rosie,
io.. scusami per non avertene parlato. Ti capisco se ti senti tradita,
ma
lascia che ti spieghi…”
“Non
ce n’è bisogno”. Rose non voleva che
l’altra si scusasse: non ce n’era motivo. Infatti
disse: “Non ti devi scusare e non mi devi spiegazioni. So
perché non me ne hai
parlato e, mi dispiace dirtelo, ma sta volta hai sbagliato
completamente
analisi.”
Al
la guardò, sorpresa, ma non parlò, lasciandola
continuare. “Non sono delusa da
Albus e non mi sento abbandonata di nuovo. Ho sempre saputo che non
poteva
esserci arrivato da solo, ma scoprire che a farlo ragionare sei stata
tu.. beh,
è stata una sorpresa, una splendida sorpresa.
Grazie”.
Lei
sorrise: “Non mi devi ringraziare: sei la mia migliore amica
è mio preciso
dovere prendermi cura di te”.
L’altra
annuì e decise di cambiare argomento, per evitare di
commuoversi. “Brava visto
che ti devi prendere cura di me, spiegami che cosa sta architettando
Malfoy!”
Daria
scoppiò a ridere: “Mi sembra di sentire Margaret.
Rosie, avanti non puoi essere
sempre così sospettosa! Non è possibile che
Scorpius volesse solo essere
gentile?”
“Assolutamente
no!” Rispose la rossa, con convinzione. L’amica
alzò gli occhi al cielo, un po’
esasperata un po’ divertita.
Spazio
autrice:
Capitolo
intenso, vero? Ho cercato di alleggerirlo
il più possibile, ma non ci sono riuscita
granchè: questo capitolo è un po’ il
fulcro della storia ed è anche la prima volta in cui vediamo
Rose e Daria in
contatto diretto con le loro “nemesi”.
In
questo capitolo Albus, è abbastanza antipatico,
o almeno io lo trovo tale. Il vero Albus non ha niente a che vedere con
quello
che si vede qui, ma bisogna capirlo: è un Grifondoro ferito
nell’orgoglio, costretto
a stare a stretto contatto con colei che lo ha ferito. Poco importa che
la
ferita risalga a 5 anni prima. Daria, dal canto suo, non l’ha
mai trovato
simpatico, sin dal loro primo incontro sul treno, la sua antipatia non
ha fatto
che rafforzarsi quando l’ha sentito lamentarsi della povera
Rose e, con il
tempo, ha finito per tramutarsi in odio.
Scorpius
e Rose, invece, in questo capitolo non si
sputano addosso tanto veleno, quanto ci si aspettava, ma questo
è merito
principalmente di Rose che ha deciso di comportarsi da persona matura e
cercare
di sopportare il Grifondoro. Scorpius ha provato ad irritarla, ma senza
successo e alla fine l’ha pure aiutata.
Ora,
so che l’elemento “telepatia”
è un aggiunta
molto originale e che fin ad ora poteva sembrare un po’
forzata, ma mi
auguro che adesso si capisca meglio e
risulti meno fuori luogo, anche perché sentirete parlare
ancora e molto spesso
di Eredi ed Eredità.
Detto
questo vi saluto e provo a postare la foto,
nella speranza di riuscirci questa volta.
Questa è Margaret
Baci,
Daria
|
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Capitolo 6 *** 5) Getting To Know Each Other ***
5)Getting To Know Each Other:
Daria
si alzò da letto quella mattina con la consapevolezza che,
per la prima volta
da quando era tornata a Hogwarts, si sarebbe di nuovo allenata da sola:
erano
passate più di due settimane dall’inizio della
scuola e sua sorella, come lei
aveva predetto, le aveva comunicato che, a partire da quel giorno,
avrebbe
rinunciato ai loro gelidi allenamenti mattutini.
Si
preparò velocemente, vestendosi a strati come al solito: un
paio di attillati
calzoncini al ginocchio, sotto ad un paio di pantaloni da ginnastica
lunghi; un
reggiseno sportivo, una maglia a mezze maniche e una felpa pesante con
zip e
cappuccio. Per ultima cosa legò i lunghi ed incasinati
capelli ricci in una
treccia alta e uscì.
Percorse
i corridoi bui a passo spedito e salì le scale quasi di
corsa: l’idea di farsi
beccare dal custode mentre usciva di nascosto non la attirava
particolarmente.
Una volta raggiunto l’ingresso, si precipitò verso
il portone e si scontrò
contro qualcuno che, come lei, cercava di raggiungere, non visto,
l’uscita.
I
suoi ottimi riflessi di cercatrice non le furono molto
d’aiuto quella volta e
sarebbe finita con il sedere per terra se l’altro studente
non avesse afferrato
la sua mano, impedendole di cadere. Uscirono in fretta dal castello,
senza
parlare per non rischiare di essere sentiti e, nella fretta, non si
preoccuparono nemmeno di smettere di tenersi per mano.
Appena
furono fuori, l’italiana mollò la mano
dell’altro e sorrise: “Grazie”.
“Di
niente, ma tu che cosa ci fai qui a quest’ora, De
Lupo?” Le chiese un Albus
Potter indifferente e inespressivo come al solito.
La
ragazza si prese un secondo per osservarlo: la luce dell’alba
in avvicinamento
era sufficiente per permetterle di notare che indossava un paio di
pantaloni da
ginnastica scuri e una felpa blu, che gli calzava alla perfezione.
Capiva
quelle due oche delle sue compagne di stanza: mini-Potter era, come il
fratello, oggettivamente un bel ragazzo e riusciva ad essere
presentabile
persino alle 5 e mezza del mattino, mentre lei era perfettamente
conscia di
avere due occhiaie niente male e di sembrare infagottata nei suoi
vestiti da
allenamento. Non che le importasse di essere carina, però,
un po’ gli invidiava
la capacità di apparire perfetto anche a quell’ora.
“Quello
che ci fai tu, immagino. Mi alleno”.
Lui
la squadrò a sua volta e, senza apparente interesse, le
chiese. “ Senza scopa?”
Lei
sorrise: “Il Quidditch non è l’unico
sport esistente al mondo, sai? Io sono
particolarmente amante di una disciplina babbana chiamata
karate”.
“Davvero?”
fece il ragazzo sorpreso, con l’ombra di un sorriso sul
volto.
Daria
annuì, vagamente confusa: era la prima volta che mini-Potter
dava segno di una
qualche emozione positiva in sua presenza. “Che
c’è di strano?”
“Il
fatto che anch’io adoro e pratico il karate”.
L’ombra di sorriso sul volto
dell’altro si tramutò in un sorriso vero, che la
Serpeverde ricambiò
immediatamente.
“Non
ti avevo mai visto allenarti, eppure io mi alleno tutte le mattine dal
primo
anno”.
L’altro
annuì: “Infatti è la prima volta che mi
alleno a quest’ora”. Si squadrarono un
secondo in silenzio, poi lui aggiunse: “Ti andrebbe di
provare ad allenarci
insieme? Fare karate da solo non è esattamente
l’ideale”.
Lei
annuì a sua volta, decisa ed entusiasta. “Stavo
per proportelo io! Che ne dici
di iniziare con mezz’ora di riscaldamento e poi passare
all’allenamento vero e
proprio?” Il ragazzo acconsentì ed iniziarono a
correre verso il Lago Nero.
Un’ora
e mezza più tardi i due ragazzi stavano tornando al
castello. Daria era
abbastanza soddisfatta. Lei e Potter erano più o meno allo
stesso livello: il
ragazzo era appena più forte e veloce di lei, ma la
Serpeverde aveva i riflessi
un po’ più pronti e una tecnica leggermente
migliore e, quindi, lavoravano bene
insieme. Si ritrovò a sperare che lui decidesse di
continuare ad allenarsi con
lei, perché, per la prima volta da anni, aveva finalmente
qualcuno con cui
condividere una delle sue passioni più grandi e con cui,
fare ciò che adorava,
sarebbe stato ancora più divertente.
“Non
mi divertivo così tanto a fare karate da.. beh secoli,
direi. Grazie”. Era
rilassata e tranquilla quindi non esistevano grossi filtri tra la sua
bocca e
il suo cervello.
Potter
però non sembrò prestarle molta attenzione: era
come.. perso nei suoi pensieri.
E, infatti, un minuto dopo, senza alcun nesso logico, che Daria potesse
vedere
o capire, le chiese: “Mio fratello sa che tu tutte le mattine
vieni qui ad
allenarti?”
“Certo
che lo sa. Perché?”
Lui
sospirò e si passò una mano tra i capelli.
“Ieri mi stavo lamentando perché
nelle ultime due settimane, con tutte le cose che ho da fare, non sono
riuscito
ad allenarmi praticamente mai. Così, James mi ha suggerito
di provare a farlo
di mattina e mi ha anche detto qual era, secondo lui,
l’orario perfetto”.
Ora
sì che capisco: James.
“Lasciami
indovinare: le 5 e mezza?”
“Esatto.
E tutto per quella stupida scommessa”. Fece lui sorridendo
esasperato.
Lei
scosse la testa. “Seriamente. Bisogna trovargli un hobby o
qualcos’altro da
fare”.
“Già
e possibilmente qualcosa che sia costruttivo per lui e non distruttivo
per
noi”. Lei sorrise alla sua più che opportuna
precisazione. “Qualche idea?”
“Al
momento nessuna, ma mi farò venire in mente qualcosa. Il
più presto possibile,
prima che decida di chiuderci da qualche parte, di darci
dell’Amortentia o
qualche altra genialata simile”. La De Lupo si finse
veramente disperata,
facendo ridere il ragazzo e scoppiando a ridere a sua volta.
***
***
“Stupida!”
“Idiota!”
“Isterica!”
“Arrogante!”
“Pazza
nevrotica!”
“Stronzo
egoista!”
“Drogata
di succo di zucca!”
Rose
che aveva già la bocca aperta, pronta a sputare il prossimo
insulto, sbattè le
palpebre confusa. “Eh?”
Malfoy,
scioccato dall’insulto che non gli era arrivato,
spiegò: “Hai i capelli più
rossi di tutti gli altri Weasley: bevi troppo succo di zucca”.
Rose
lo guardò, stralunata per un po’, convinta che
scherzasse, poi, appurato che
diceva sul serio, scoppiò a ridere fragorosamente.
“Questa è veramente la cosa
più assurda che tu abbia mai detto”.
“Ti
sbagli ho fatto di peggio”. Poi iniziò a ridere
anche lui, contagiato
dall’altra.
Dopo
quasi cinque minuti, in cui ogni volta che uno dei due trovava la forza
di
smettere l’altro, ridendo più forte, lo faceva
ricominciare, riuscirono a
calmarsi e si trovarono entrambi a corto di fiato.
“Non
avrei mai immaginato”, fece Rose, ancora ansimante,
“che avrei potuto ridere
tanto in tua compagnia, Malfoy”.
Lui
assentì: “Nemmeno io, Weasley”.
Lei
lo osservò per qualche secondo, poi chiese: “Come
mai, tra tutti gli insulti
disponibili, hai scelto proprio quello?”
Il
Grifondoro
si voltò a guardarla, fissando il suo sguardo grigio in
quello azzurro cielo
della ragazza. “Quali altri insulti? Non me ne venivano e non
me ne vengono in
mente altri”.
La
risposta sorprese Rose: il biondo non si era fatto tanti problemi in
altre
occasioni a insultarla ben più pesantemente.
“Davvero? E tutti gli altri
insulti soliti? Li hai dimenticati all’improvviso?”
Malfoy
scosse la testa, poi ghignò: “No, ma non li
ritengo più molto veritieri.
Inoltre sarebbe parecchio ipocrita da parte mia condannarti per un
comportamento che tengo anche io”.
Rose
non ebbe difficoltà a capire a che si riferiva: entrambi
erano famosi per le
loro relazioni senza impegno e sentimenti. “La cosa non ti ha
mai impedito di
farlo prima”. Ribatté assottigliando lo sguardo.
“Vero,
ma anche il migliore può sbagliare no?”
Lei
sorrise beffarda “Non sapevo che Al avesse combinato qualche
guaio
ultimamente”.
Il
ghignò svanì dal suo volto. “Ah ah ah.
Molto divertente davvero”. Malfoy era
evidentemente contrariato, ma non arrabbiato e il sorriso sul volto di
Rose si
ampliò.
“Non
sei poi così
insopportabile, sai Malfoy?
Quando non ti fai prendere da manie di protagonismo.”
“Nemmeno
tu sei tanto male Weasley. Quando non hai crisi isteriche”.
Sorrisero
entrambi, per la prima volta senza ironia o sarcasmo.
“hai
saputo che Al e Daria si allenano insieme tutte le mattine?”
Chiese il Grifondoro,
dopo un po’.
“Me
n’ero dimenticata! È un disastro!”
Il
biondo la guardò confuso. “Eh?
Perché?”
“Perché
passano un sacco di tempo insieme tutti i giorni, quindi il loro
rapporto e la
loro conoscenza reciproca, non possono che intensificarsi e la cosa
è
disastrosa per noi!”
“Va
bene.. E questo cosa centra con noi?” Le chiese ancora
più confuso.
“Come
fai a non capire, Malfoy?? Ci supereranno senza alcuno sforzo!
È un disastro!”
Rose
era sempre più agitata e parlava alla velocità
della luce.
“Weasley,
prendi un bel respiro e calmati”. Lei fece, stranamente, come
le era stato
ordinato. “Perfetto. Ora spiegati, parlando ad una
velocità normale e evitando
di dire “disastro” ogni cinque secondi, se
è possibile”.
“Quei
due, passando tanto tempo insieme, impareranno a conoscersi molto
meglio e più
in fretta di noi, ottenendo così un vantaggio considerevole
non solo nella
prima prova, ma anche in tutte le altre! E la cosa non è
tollerabile per me!”
La giovane Weasley lo guardò intensamente, come a sfidarlo a
chiederle di
spiegarsi ancora.
Il
ragazzo ghignò e disse: “Ora capisco. Sei
piuttosto competitiva e..”
“Ambiziosa.
Sì lo so”. Completò lei per lui.
“E non ho la minima intenzione di permettere a
qualcuno di superarmi, nemmeno ai miei migliori amici”.
“Sai
Weasley? Per una volta mi trovo d’accordo con te”.
Le sorrise con complicità.
Lei
ricambiò il sorriso trasformandolo, però, presto
in un ghigno che le conferiva
un’aria particolarmente pericolosa, tanto da far rabbrividire
il coraggioso
Grifondoro che aveva di fronte. “Perfetto Malfoy, visto che
sei d’accordo ti
aspetto in biblioteca, domani, dopodomani e tutti i giorni
seguenti”.
***
***
“De
Lupo?”
Daria
alzò lo sguardo dal foglio, su cui stava finendo di annotare
le ultime
informazioni sul Grifondoro. “Sì,
Potter?”
“Mi
stavo chiedendo.. non è che potresti rifarlo?”
“Che
cosa?” Chiese lei, confusa.
“Quello
che hai fatto l’altra volta: infilarti nella mia
testa?”
Lei
scosse il capo, vagamente esasperata. “Potter se io fossi in
grado di infilarmi
nella tua testa non avremmo bisogno di perdere tanto tempo a studiare.
Io posso
solo permetterti di sentire i miei pensieri, ma, se tu non li vuoi
condividere,
non riesco a sentire i tuoi. Mi sembrava di avertelo già
spiegato”.
“Giusto”.
Annuì lui. “Adesso lo puoi rifare?”
Lei
alzò gli occhi al cielo, poi –
Soddisfatto ora? –
Lui
represse malamente un brivido e annuì:
“è…”
- pensa
quello che vuoi dirmi e io lo sentirò –
-
Mi senti davvero? –
-
Certo, Potter –
-
Wow, è una cosa stranissima – Il
suo stupore traspariva anche dal tono dei suoi pensieri.
-
Sì, immagino lo sia –
-
Per te non lo è? –
-
Naturalmente no – Fece
la ragazza con un sorriso –
è come se per
te fosse strano.. che so.. camminare. Ti fa strano, Potter, riuscire a
camminare?
-
No hai ragione: domanda idiota – Lui
sorrise e la Serpeverde ridacchiò. –
In
quanti sanno di tutto questo? –
- Del
fatto che sono un’Erede e tutto ciò che comporta
solo Rose, James, Meg, Moira,
Dave e, ovviamente, tu.
-
e Scorpius.. – Il
Grifondoro sembrava vergognarsi abbastanza della cosa, ma
l’italiana non perse
il sorriso.
-
Non ci sono problemi, Potter: ti
avevo detto io che potevi dirglielo. – il
ragazzo si rilassò e
le fece un piccolo sorriso - Poi penso
che Marta ne abbia parlato anche con Louis e Roxanne. Invece a sapere
solo che
ho dei poteri strani sono un po’ di più: Asa Nott,
Dominique, Fred, Lily, Hugo,
le mie compagne di stanza e gli altri membri della squadra di
Quidditch. –
rispose lei tenendo il conto con le dita e sperando di non aver
dimenticato
nessuno.
Il
Grifondoro annuì e sorrise leggermente. –
Che ne dici? Andiamo avanti con lo studio? –
Daria
annuì a sua volta e controllò sul foglio quale
fosse il punto successivo. – Ok,
allora... il tuo nome ha un significato
particolare? –
-
Certo, mio padre ha dato a tutti
noi i nomi di persone importanti per lui. A me sono toccati quelli di
due
presidi di Hogwarts: Albus Silente, ex-Grifondoro e Severus Piton,
ex-Serpeverde. Entrambi sono stati fondamentali per la vittoria finale
contro
Voldemort e per la vita di mio padre. –
Daria
sorrise: le vicende del famoso Harry Potter erano molto conosciute
anche in
Italia e lei era sempre stata una bambina molto curiosa, quindi aveva
sempre
immaginato quali fossero i motivi dei suoi nomi e fu felice di scoprire
di non
essersi sbagliata.
-
Il tuo nome, invece, cosa vuol
dire? – le
chiese il ragazzo dopo qualche secondo di
silenzio mentale.
-
Daria, tra le varie possibili
interpretazioni, ha anche quella di “colei che mantiene il
bene”, mentre
Alessia deriva dal greco “aletheia”, “verità”. Quindi
nel complesso dovrebbe voler dire qualcosa come
“colei che mantiene il bene della
verità”, ma non è il significato il
motivo
principale per cui mi chiamo così. –
-
E qual è allora? –
-
Beh, è una nostra tradizione,
tutti gli Eredi hanno due nomi: il primo, può essere uno
qualunque purché suoni
italiano, il secondo, invece, deve derivare obbligatoriamente da una
parola in
greco antico. Solitamente si sceglie prima il secondo nome e poi, in
base a
questo, il primo e la cosa dà, in alcuni casi, risultati
abbastanza divertenti:
il nome di mia sorella per esempio. –
Rispose
lei con un sorriso, Potter si voltò a guardarla e le chiese:
- Perché? Cosa vuol dire il suo
nome?-
Daria
sorrise ancora più apertamente. –
è un
ossimoro palese. Marta Irene: Marta deriva dal dio latino della guerra,
Marte,
mentre Irene dal greco eirene, che
significa “pace”. I miei si sono divertiti a
giocare con le parole.-
***
***
Rose
e Malfoy avevano quasi terminato la lista delle cose da sapere e lui si
stava
divertendo a farle le domande più assurde e inopportune; in
più, ogni volta che
lei cercava di svicolare ed evitarne una, lui la costringeva a
rispondere
colpendo il suo, smisurato e molto poco Serpeverde, orgoglio, o
insistendo sul
suo voler vincere a tutti i costi. Rose lo stava odiando, seriamente.
Così,
per evitare di sgozzarlo e perdere irrimediabilmente ogni
possibilità di
diventare Caposcuola e di riconfermarsi migliore strega del suo anno,
decise di
riportare la conversazione su argomenti più seri e maturi di
quelli che ha un
bambino di tre anni e meno osceni e pervertiti di quelli di un maniaco
sessuale,
ponendogli una domanda che le ronzava in testa da un po’.
“Tu
mi hai obbligata a parlarti della mia famiglia, ma non hai detto niente
più
dello stretto necessario sulla tua”.
Lui
ghignò. “Questo perché la tua
è molto più interessante, non credo che ci sia
qualcosa di più esilarante delle complicate dinamiche del
clan Weasley-Potter.”
Rose
era d’accordo con lui: tralasciando l’episodio di
cinque anni prima, tutto ciò
che accadeva nella sua famiglia era molto divertente, se, come il
sogghignante
Malfoy e la sua ironica amica italiana, non ne eri coinvolto
direttamente e
potevi goderti le scenette assurde che facevano parte della routine
quotidiana
della Tana da semplice spettatore; lo era un po’ meno per lei
e i suoi cugini,
che in un modo o nell’altro si ritrovavano sempre in mezzo ai
piccoli, grandi
disastri tipici della loro famiglia.
“Sulla
mia, al contrario c’è molto poco da
dire”. Concluse il biondo, ma stavolta la
rossa Serpeverde non era per niente d’accordo.
“Io
non credo. Come l’hanno preso i tuoi il fatto che tu sia
finito a Grifondoro?”
Era una cosa che la incuriosiva da un po’, dopotutto un
Malfoy Grifondoro era
strano quanto una Weasley Serpeverde.
Il
ragazzo non perse il ghigno strafottente, mentre rispondeva con calma.
“Sapevo
che me l’avresti chiesto, prima o poi,ma d’avvero
non è niente di particolarmente
interessante. All’inizio sono rimasti tutti scioccati,
specialmente mio nonno, ma
ben presto se ne sono fatti una ragione, vista la convenienza politica
e
sociale della cosa.”
Lei
non disse niente e Malfoy sempre ghignante continuò:
“Essere un Malfoy, nella
società attuale, non è facilissimo, ma essere un
Malfoy Grifondoro forse
migliora un po’ la situazione, la mia, ma anche quella dei
miei. A combattere e
vincere la scorsa guerra sono stati specialmente Grifondoro ed
ex-Grifondoro,
così come erano Grifondoro i tre salvatori, per
l’opinione pubblica, quindi, l’equazione
è semplice: unico erede a Grifondoro uguale la famiglia non
può essere più
tanto male.”
Lei
lo osservò per qualche secondo, poi ammise: “In
effetti, ha il suo senso. Non
avevo mai pensato che l’essere smistati in una casa o in
un’altra potesse
contribuire a migliorare o a peggiorare la posizione di una famiglia,
ma
suppongo sia dovuto al fatto che la mia famiglia ha una fama talmente
grande
che veniamo abitualmente salutati da perfetti sconosciuti.”
Lui annuì, ma non
aggiunse niente. La rossa si alzò per uscire, ma prima di
chiudersi la porta
alle spalle disse: “Sai, forse è vero che la tua
famiglia è meno divertente
della mia, ma non credo sia anche meno interessante. No non lo penso
affatto.”
***
***
Daria
stava camminando a passo spedito, per i corridoi del castello, diretta
agli
alloggi dei Caposcuola. Sbadata
com’era,
si era totalmente dimenticata di informare Jam che sarebbero andati
insieme al
ballo di Halloween.
Sono
più che certa che non abbia
ancora invitato nessun’altra: sta cercando il coraggio e il
modo per invitare
Meg, ma non li troverà mai. Sarebbe, però, carino
da parte mia, almeno
comunicargli che è già impegnato con me, no?
Non
aveva mai nemmeno pensato ad un possibile rifiuto da parte del
Grifondoro: l’unica
ragazza che lui avrebbe potuto preferirle, non aveva ancora cambiato
idea su di
lui abbastanza da accettare un suo invito. In più era
convinta che presentarsi
al ballo con la sua migliore amica invece che con una delle sue solite
ochette,
avrebbe contribuito a migliorare l’opinione che Meg aveva del
maggiore dei Potter.
Non
aveva ancora raggiunto la meta, quando trovò James.
“Miss
Sole e Spiaggia! Ti stavo cercando!” Esclamò,
avvolgendola in uno dei suoi
abbracci da orso.
“Anch’io,
Marmellata”. Rispose la ragazza ridacchiando per la
coincidenza.
“E
come mai?” fecero entrambi all’unisono,
staccandosi. Scoppiarono a ridere di
nuovo in sincrono e poi Daria invitò l’amico a
parlare per primo con un gesto
della mano.
“Beh
ho saputo che quest’anno parteciperai al ballo, su ordine del
preside. Quindi,
a meno che tu non abbia già deciso di andare con il mio
adorato fratellino,
cosa di cui sarei particolarmente entusiasta..” Lei
inarcò le sopracciglia,
come a dire “ma ti sembra minimamente possibile?”,
e lui continuò. “Ok visto
che non è così e che non ho la minima intenzione
di permettere che la mia
splendida, bellissima e fantastica migliore amica vada al ballo con un
qualche
pericoloso energumeno, che potrebbe farla soffrire, ho deciso che ti ci
porterò
io!”
Daria
scoppiò a ridere di nuovo, sollevata. Non aveva pensato al
fatto che James,
protettivo e geloso com’era non avrebbe nemmeno pensato alla
possibilità di
permettere a qualcun altro di portarla al ballo. “Io volevo
dirti esattamente
la stessa cosa. Non ti dispiace, però, di non poter invitare
Meg?”
Lui
si passò una mano tra i capelli color inchiostro.
“Sì è ovvio. Ma non importa:
non avrebbe mai accettato e chiederglielo avrebbe vanificato i pochi
progressi
che ho fatto in queste prime settimane di scuola. Va bene
così, Daria, mi fa d’avvero
piacere portare te al ballo e poi..” Il suo sorriso
tranquillo assunse la tipica
sfumatura malandrina di quando stava macchinando qualcosa.
“tu sei sua amica
no? Ho molte più possibilità di parlarle portando
te al ballo.”
Daria
sorrise, scuotendo leggermente la testa, e stava per commentare la sua
ultima
frase, quando la sua attenzione fu catturata da
qualcos’altro.
Si
trovavano vicino all’ingresso della torre di Corvonero e
l’udito ipersviluppato
della ragazza si era attivato di sua spontanea iniziativa, cosa che
accadeva
abbastanza raramente, permettendole di sentire qualcosa che mai si
sarebbe
aspettata.
“...
il tuo povero ragazzo, Amanda?” Chiese una voce acuta e
femminile, che Daria non
aveva mai sentito prima.
Ci
fu una risata e poi la risposta di quella che doveva essere Amanda
Corner, la
ragazza di mini-Potter: l’italiana non aveva mai sentito
nemmeno la sua di
voce, prima, quindi, non poteva esserne certa. “E
perché mai? Lui è talmente
imbranato, mi sembra di baciare un bambino di tre anni tutte le volte
è così
patetico.” Daria non credeva alle sue orecchie: lei non era
certo una fan di Albus
Potter, ma ora sapeva che era un bravo ragazzo e non si meritava
un’arpia del
genere per fidanzata.
“E
poi Amy sta con quello sfigato solo per il suo cognome, no
Amy?” Chiese un’altra
ragazza.
“Già
sinceramente avrei preferito suo fratello James, ma lui non ci sarebbe
mai
cascato, quindi mi sono dovuta accontentare del Potter tonto e
imbranato”.
Seguirono altre risate e Daria smise di ascoltare: le stava venendo la
rabbia.
Si
voltò verso James, che la stava osservando con espressione
leggermente
preoccupata e interrogativa.
“La
ragazza di tuo fratello è una troia con la
“T” maiuscola”. Disse disgustata.
Spazio
autrice:
Inutile
dire che il capitolo non mi
convince per niente, ma avevo già aspettato fin troppo ad
aggiornare.. quindi
eccomi qui. Non ho commenti da fare, spero solo che questo capitolo vi
piaccia
più di quanto non piaccia a me e di riuscire ad aggiornare
prima della fine
delle vacanze.
Visto
che l’ultima volta sono riuscita
postare Meg oggi provo con James.
Ecco
a voi Marmellata!
Buon
2012 a tutti,
Daria
|
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Capitolo 7 *** 6) First Match ***
6)
First Match:
Era
sabato, più precisamente era il primo sabato di ottobre, il
giorno in cui si
sarebbe tenuta la prima sfida tra le quattro coppie di studenti del
sesto anno,
candidate per il ruolo di Caposcuola.
In
realtà, Rose, come il resto dei ragazzi del suo anno, sapeva
bene che la
competizione sarebbe stata solo formalmente tra quattro coppie, visto
che gli
unici in grado di competere con lei e Malfoy erano Al e Daria: tutti e
quattro
avevano ottenuto risultati altissimi ai GUFO, nonostante il numero di
materie
da loro seguite fosse decisamente più alto di quello degli
altri studenti, tutti
e quattro facevano parte della squadra di Quidditch delle loro case,
cosa che
li aveva dotati di buoni riflessi e muscoli abbastanza allenati, e
tutti e quattro
avevano dato prova, in svariate altre occasioni, di buone
capacità fisiche e
mentali, superiori a quelle della gran parte dei loro coetanei.
Sia
lei che la sua migliore amica, quindi, faticavano a capire con quale
logica il
preside avesse formato le coppie: entrambe ritenevano che sarebbe stato
molto
più sensato mettere i migliori in squadra con i peggiori,
ottenendo così delle
coppie, più o meno, equilibrate.
Questa
disparità di forze e capacità era uno dei motivi
per cui la giovane Weasley non
era particolarmente preoccupata dalla prova che avrebbe dovuto
affrontare di lì
a poco: il fatto che parecchie sue cose private sarebbero state rese
pubbliche
la seccava abbastanza, ma lei decisamente non era riservata e chiusa
come la
sua migliore amica, quindi, diversamente dalla De Lupo, che stava
entrando in
uno stato di ansia acuta, Rose era solo, parecchio, seccata.
La
rossa Serpeverde era, quindi, abbastanza tranquilla, mentre lasciava la
Sala
Grande poco dopo cena, trascinandosi dietro una Daria abbastanza
agitata.
“Non
hai motivo di essere così in ansia, italiana”.
Ripeté Rose per quella che
doveva essere la milionesima volta.
“Sì
invece! Lo sai che detesto parlare in pubblico, essere al centro
dell’attenzione, avere gli occhi di più di due o
tre persone puntati addosso e
tutte le altre cose che accadranno stasera!” fece
l’altra, agitandosi sempre di
più. “So che mi tornerà
quell’accento orribile, che inizierò a balbettare,
che
andrò nel panico e non capirò più
niente!”
“De
Lupo a me sembra che nel panico tu ci sia già”.
Disse una voce alle loro spalle.
“Così
non aiuti, Al”. Sospirò Rose, stanca: se
ora ci si mette pure lui a prenderla in giro non ne usciremo mai
più e io
inizio già non sentirmi più la mano.
La
sua amica, infatti, si era impossessata della sua mano sinistra con la
scusa
che stritolare qualcosa la aiutava a calmarsi e la Weasley, anche se
c’era
abbastanza abituata, visto cha accadeva tutte le sante volte che
l’italiana si
innervosiva, iniziava veramente a non poterne più.
Malfoy
si piegò verso di lei e le sussurrò
all’orecchio: “Stanca Weasley?”
Lei
annuì: “Non immagini quanto, Malfoy. Va avanti
così da sta mattina”. Malfoy le
sorrise, comprensivo, e si sedette accanto a lei.
“Chi
l’avrebbe mai detto”, stava dicendo Albus, che si
era seduto dall’altra parte
di Daria, “che tu fossi un tipo timido e dal panico
facile”.
“Io
preferisco dire che sono una ragazza riservata con piccoli problemi di
relazione, che si fanno vivi in tutte le situazioni che non mi sono
perfettamente congeniali. Quando sono in un rapporto di uno a uno,
quando mi
trovo coi miei amici, o quando sono in una situazione o in un ambiente
in cui
mi trovo particolarmente a mio agio sono una persona perfettamente
normale”.
All’occhiata scettica che sia lei che Malfoy le rivolsero, la
sua migliore
amica si corresse. “Beh perfettamente normale è
un’esagerazione.. diciamo che
sono un po’ meno assurda di così”. Daria
annuì come per confermare le proprie parole e Rose
sentì la stretta della sua
mano indebolirsi.
E
bravo Al.
Pensò con un sorriso. D’ora in avanti mi
rivolgerò a lui ogni volta
che quest’impiastro avrà crisi d’ansia.
Il
giovane Potter annuì sorridendo. “Infatti, non mi
era sembrato che l’anno
scorso quando mi hai fregato il boccino per un soffio fossi
così agitata,
nonostante gli occhi di tutti fossero puntati su di noi”.
Daria
sorrise a sua volta, ammorbidendo ulteriormente la stretta.
“Già quella volta
ero nel mio elemento e soprattutto non dovevo parlare in
pubblico”.
“Mi
ricorderò di questa tua paura del parlare in pubblico,
durante la prossima
partita. Così forse Al riuscirà a prendere quel
maledetto boccino”.
“Ah
no non ci contare, Malfoy. Vinceremo noi, anche a costo di tenere
migliaia di
discorsi lunghi ore con una miriade di spettatori, vero
italiana?”
“Puoi
scommetterci Rossa”.
“E
poi non c’è bisogno di ricorrere a simili
mezzucci, Scorp! Sono perfettamente
in grado di fregarle il boccino anche dormendo!” Albus,
fintamente indignato,
fece sentire la sua opinione.
“Allora
la volta scorsa dovevi essere addormentato proprio profondamente,
vista..” La
risposta di Daria le morì sulle labbra, mentre il preside
accompagnato da un
paio di altri insegnanti entrava nella stanza adiacente alla Sala
Grande, in
cui tutti loro stavano aspettando.
L’italiana
si impossessò nuovamente della sua mano, stritolandola con
ancora più forza e,
a giudicare dal leggero gemito di dolore che uscì dalle
labbra di suo cugino,
anche di
quella
di Albus.
“Bene”. Esordì il
piccolo preside. “Visto che ci
siete tutti, direi che posso spiegarvi come si svolgerà la
prova”.
***
***
“Bene.
Visto che ci siete tutti,direi che posso spiegarvi come si
svolgerà la prova”. Daria,
a quelle parole, si agitò ancora di più e
puntò tutta la sua attenzione sul
preside, tanto da attivare i suoi sensi ausiliari.
“In
realtà è davvero semplice”, prosegui
Vitious entusiasta, “chiameremo una coppia
alla volta e vi porremo cinque domande a testa, da dieci punti ciascuna
per un
totale massimo di cento punti. Al
termine del vostro turno sarete liberi di fermarvi per assistere al
resto della
prova o di ritirarvi nelle vostre stanze. Nemmeno i vostri compagni
sono stati
obbligati a rimanere; quindi ad assistere alla prova saranno solo
quelli
interessati”. Fece l’ex-insegnante di incantesimi,
con un sorriso che
probabilmente voleva essere incoraggiante, ma che Daria
trovò piuttosto sadico.
-
Certo, perché scommetto che
saranno proprio in tanti a non essere interessati- commentò
Rose sarcastica. Daria vide Scorpius e mini-Potter annuire e si
trovò, suo
malgrado, a concordare con la rossa.
- Già, forse giusto mia sorella potrebbe
decidere di non assistere: ha paura che le faccia fare qualche
figuraccia,
andando in panico-
“Ovviamente”
riprese il preside “sappiamo che voi potreste decidere di
“alterare” la verità
per migliorare il vostro punteggio, quindi abbiamo preso delle
contromisure: il
Ministero, infatti, ci ha gentilmente concesso il permesso di usare una
leggera
dose di Veritasserum, che, lungi dall’obbligarvi a rivelare
tutti i vostri
segreti, si limiterà a rendervi estremamente sinceri nel
rispondere alle
domande postevi”.
L’italiana,
che aveva sentito Potter irrigidirsi alla parola
“Veritasserum”, gli chiese
preoccupata: - Potter tutto bene?-
-
Amanda -
rispose lui, che dal tono dei suoi pensieri sembrava parecchio
preoccupato e
anche abbastanza triste – non le
avevo
detto che io e te avevamo iniziato a studiare veramente insieme,
perché non si
preoccupasse per un nonnulla, ma ora.. sarà un disastro e io
non voglio che le
cose si rovinino –
È
davvero un bravo ragazzo,
pensò la Serpeverde, mentre sentiva distintamente la sua
rabbia verso la Corner
raggiungere livelli altissimi.
Aveva
deciso, su consiglio di James, di non intromettersi e non dirgli nulla
perché
erano entrambi certi che lui non le avrebbe creduto e Marmellata
le aveva promesso che se ne sarebbe occupato, a modo
suo. Inutile dire che quello che voleva essere un modo per farla stare
più
tranquilla aveva contribuito solo a farla preoccupare maggiormente,
visto ciò
di cui si era dimostrato capace il suo migliore amico.
- Tranquillo Potter, ho un’idea
– gli
comunicò dopo qualche istante di riflessione, durante il
quale il preside era
andato avanti e blaterare qualcos’altro a proposito della
prova.
“Mi
scusi signore”, esordì, decisa e sicura visto che
si trovava nel suo: stava
aiutando un’altra persona, una che iniziava a considerare sua
amica, ed era
sempre naturale in quei casi. “I nostri compagni sono stati
informati del fatto
del Veritasserum?” chiese, fintamente preoccupata.
“Sa che i miei famigliari
hanno un concetto strano del rispetto, delle buone maniere e di come si
ci deve
comportare con quelli come noi. Io non direi mai niente, non voglio
certo
scatenare un incidente diplomatico per così poco, ma mia
sorella potrebbe
farselo scappare: lei è ancora piccola e non pensa a certe
cose”.
Il
preside e gli insegnanti alle sue spalle impallidirono leggermente e il
primo
si affrettò a replicare: “Non ti devi preoccupare,
signorina De Lupo, i vostri
compagni saranno tenuti all’oscuro di questo piccolo
particolare”.
Lei
annuì e, mentre il preside procedeva a chiamare la prima
coppia di sfortunati,
si mise a spiegare la sua idea agli altri tre –
se nessun altro a parte noi sarà a conoscenza di
“questo piccolo
particolare”, basterà che tu, Potter, dica alla
tua ragazza che le nostre
risposte erano state ingigantite e migliorate ad arte, cosa che
sarà confermata
dalle voci che noi metteremo in giro. Ok?-
Tutti
e tre annuirono e Potter aggiunse: -
Questo era decisamente molto Serpeverde.
Grazie, De Lupo – Poi
sorrise un po’
ironico e disse: - anche se minacciare
addirittura un incidente diplomatico.. non ti sembra di aver esagerato
un po’?-
La
risposta arrivò, a sorpresa, da uno Scorpius decisamente
divertito – Non ha esagerato per
niente, amico. La famiglia
della nostra lupacchiotta è una delle più potenti
e antiche d’Europa e
un’offesa arrecatale sarebbe più ce sufficiente a
scatenare un incidente
diplomatico – Alle occhiate sorprese
dell’amico e di sua cugina il biondo
alzò le spalle e spiegò: -
Noi figli di
Purosangue veniamo istruiti su un sacco di cose interessantissime come quali altre famiglie Purosangue è
bene
conoscere e qual è la loro posizione, se migliore o peggiore
della nostra. E ci
sono davvero poche famiglie, in tutta Europa, ad avere una posizione
elevata
come quella di Daria. –
Quest’ultima
annuì perfettamente indifferente alla rivelazione del
Grifondoro: lei,
ovviamente, quelle cose le sapeva alla perfezione, così come
ne erano ben a
conoscenza i professori e il preside.
***
***
Il
preside entrò nella stanza per la terza e penultima volta,
pronto a chiamare la
terza e penultima coppia che avrebbe dovuto affrontare la prova. La
rossa
Serpeverde non era particolarmente preoccupata dalla prova: grazie ai poteri di Daria,
loro quattro, che
erano rimasti gli unici nella stanza, avevano potuto seguire gli
“interrogatori” degli altri e avevano avuto modo di
constatarne la relativa
facilità. Relativa perché, per le coppie che li
avevano preceduti, le domande
non erano state affatto facili e non erano riusciti a superare i
sessanta o
settanta punti in totale, ma per loro, Rose ne era certa, non sarebbe
stato poi
tanto complicato.
L’unica
cosa che la preoccupava e la infastidiva era il dover assumere il
Veritasserum,
ma ciò aveva ben poco a che vedere con la prova: era
l’idea stessa di non avere
la possibilità di mentire o svicolare ad atterrirla.
“Bene.
Signorina Weasley, signor Malfoy, voi siete i prossimi”. Fece
il preside
porgendo loro due bicchieri, che contenevano l’infido liquido
trasparente. Rose
bevve in unico sorso la pozione insapore e si alzò, seguita
subito da Malfoy.
I
due ragazzi, preceduti dal preside, entrarono nella Sala Grande e
presero posto
su due sgabelli, situati tra il tavolo dei professori e quelli delle
varie
case, in modo da fronteggiare gli ultimi e dare le spalle al primo. Tra
i due
sgabelli, leggermente spostato in avanti, stava il tabellone che
avrebbe
segnato il punteggio; era costruito in modo che quanto vi era scritto
sopra
fosse visibile sia da davanti che da dietro.
Il
preside si mise davanti a loro, visibilmente entusiasta e, senza
perdersi in
convenevoli, iniziò a interrogarli.
“Signorina
Weasley, mi sapresti dire qual è la materia preferita del
signor Malfoy?”
Rose
sorrise: fin troppo facile.
“Certo.
Malfoy ha gusti davvero strani: adora Divinazione”.
Guardò il compagno e vide
con chiarezza la sua smorfia di disappunto dovuta al suo commento e il
suo
sorriso divenne un ghigno ironico e divertito al ricordo della
discussione che
avevano avuto proprio riguardo ai gusti del biondo in fatto di materie
scolastiche.
Il
preside annuì e il tabellone segnò i loro primi
dieci punti. “La pietanza
preferita della signorina Weasley?” chiese voltandosi verso
Malfoy.
“La
pasta alla carbonara, anche se non sa prepararla”. Rispose
lui rapido, sogghignando:
sapeva quanto Rose odiasse che le persone fossero a conoscenza di
ciò che non
era in grado di fare.
Il
tabellone segnò subito venti punti e il preside si
voltò di nuovo verso la
Serpeverde. “Quale lavoro spera di poter fare in futuro, il
signor Malfoy?”
Rose
rispose ancora senza esitazione:
“L’auror”. Evitò di fare
ulteriori commenti un
po’ perché non c’era niente di ironico o
pungente che avrebbe potuto dire
restando sincera e non voleva finire per dimostrare al biondo quanto
approvasse
la sua scelta, un po’ perché era appena giunta
alla conclusione che più rapide
e lapidarie fossero state le sue risposte, prima avrebbe potuto
rintanarsi in
camera sua ed aspettare che gli effetti di quella perfida pozione
finissero.
“Come
preferisce trascorrere il suo tempo libero la signorina
Weasley?” chiese Vitious,
rivolgendosi nuovamente al
Grifondoro.
“Leggendo,
studiando, uscendo con i suoi amici, spettegolando con le sue amiche,
giocando
a Quidditch e accapigliandosi con il sottoscritto”. Rispose
con un sorriso
ironico e Rose lo fissò interdetta: Crede
davvero che a me piaccia così tanto litigare con lui?
Certo
che lo crede è sotto
Veritasserum!
E
io sono veramente fuori se mi faccio
le domande e poi mi rispondo da sola.
Beh
lui deve esserlo anche più di me a pensare una
cosa del genere: litigare
con lui è divertente solo da poco, visto che lo facciamo
senza astio o
malignità e ci prendiamo in giro solo per gioco.
“Signorina
Weasley ha sentito la domanda?” Le chiese Vitious fissandola.
Lei
si riscosse dalle sue riflessioni e arrossì, specialmente in
zona orecchie, in
modo molto Weasley. “Ehm.. no. Mi scusi.”
“Va
bene, va bene non c’è problema. Le ho chiesto se
sa cosa il suo compagno
detesta veramente fare”.
“Oh
beh è facile”. Rispose lei sicura.
“Malfoy detesta perdere e perdersi, detesta
fare scampagnate, perché finisce inevitabilmente col
perdersi ogni volta e
detesta giocare a Quidditch contro di me perché sa di avere
grossissime
probabilità di perdere.” Fece un largo sorriso e
guardò il tabellone segnare
cinquanta punti.
“Bene
e invece che cosa mette la signorina Weasley a disagio, signor
Malfoy?”
Lui
non rispose subito e Rose si voltò a guardarlo per capire
cosa non andasse: lo
vide sorridere a disagio e arrossire leggermente. “Beh.. se
mi avesse chiesto
cosa la fa arrabbiare non avrei avuto problemi a risponderle, ma..
così non so
proprio cosa dirle. Mi dispiace”. Il ragazzo fissò
ostinatamente il preside
anche dopo che questi si era voltato verso Rose, evitando in tutti i
modi di
incrociare il suo sguardo e di guardare il tabellone che era fermo a
cinquanta
punti.
“Non
importa signor Malfoy.” Fece l’ex-insegnante di
incantesimi, perfettamente
tranquillo. “Signorina Weasley tutti noi sappiamo che lei e
il signor Malfoy
non andate molto d’accordo e tutti abbiamo assistito almeno
una volta ad uno
dei vostri innumerevoli litigi questo fino all’anno scorso.
Quest’anno infatti
il numero di volte in cui voi avete discusso animatamente si
è ridotto
notevolmente, oserei quasi dire che non sia più successo e
la cosa mi
incuriosisce: qual è la ragione di tale
cambiamento?” Dal luccichio negli occhi
del piccolo preside Rose era pronta a scommettere che quella era la
domanda che
più aveva desiderato porre.
La
ragazza esitò un istante prima di rispondere, cercando di
riordinare le idee e
trovare la risposta. “Beh, signore, non è che io e
Malfoy abbiamo smesso di
litigare, lo facciamo ancora, ma con meno astio e meno pubblicamente.
Comunque
è vero che c’è stato un cambiamento e
credo sia dovuto al fatto che ora che ci
conosciamo meglio non ci lasciamo guidare dai pregiudizi e cerchiamo di
essere
più obbiettivi verso l’altro... abbiamo smesso di
giudicare il comportamento
dell’altro e di sputarci veleno addosso in continuazione, sia
perché, per via
di questa serie di sfide, ora dobbiamo passare molto tempo insieme e
dobbiamo
imparare, quanto meno, a coesistere, sia perché ci siamo
resi conto di avere
molte più cose in comune di quanto pensassimo”.
Rose si fermò, ritenendola una
risposta più che sufficiente e sperando che anche il preside
la pensasse allo
stesso modo. Fissò insistentemente il tabellone e
tirò un sospiro di sollievo
quando vide il punteggio salire a sessanta.
“Risposta
interessante signorina Weasley, anche se ho l’impressione che
ci sia
dell’altro..” la guardò per qualche
secondo come se si aspettasse una replica
da parte della ragazza, ma questa rimase ostinatamente in silenzio e
Vitious si
voltò verso Malfoy, pronto a rivolgergli la sua quarta
domanda. “Signor Malfoy,
qual è la più grande paura della signorina
Weasley?”
Rose
trattenne a stento un imprecazione. Era impossibile che il biondo fosse
in
grado di rispondere: non ne avevano mai parlato e lui non poteva
nemmeno arrivarci
dalla forma del suo molliccio, perché il giorno in cui era
stata fatta
l’esercitazione lei si era data malata, per evitare di
rendere pubblica la sua
paura più grande e di mettere altro peso sulle spalle della
sua amica. Perché
Rose sapeva che il suo molliccio avrebbe preso le sembianze di una
Daria
crudele e meschina che la derideva e tradiva, distruggendo tutte le
certezze
che lei si era costruita grazie alla loro amicizia.
“La
sua più grande paura è che la sua fiducia venga
tradita. Essere delusa dalla
persona a cui ha deciso di appoggiarsi, vedere tutte le sue certezze e
tutto il
suo mondo andare in pezzi, di nuovo, è la cosa che Rose
Weasley teme di più”. La
risposta di Malfoy, così decisa e sicura, lasciò
la rossa a bocca aperta perché
maledettamente giusta e rispettosa: non solo aveva inspiegabilmente
capito ciò
che lei faceva di tutto per nascondere, ma era anche riuscito a
rispondere in
modo da non rivelare alcun dettaglio e non metterla in imbarazzo,
nonostante il
Veritasserum.
La
Serpeverde fissò il compagno, come se lo stesse vedendo per
la prima volta e si
riscosse solo quando il preside le rivolse la parola.
“Bene
signorina Weasley questa è la tua ultima domanda: mi
potresti descrivere il
signor Malfoy con quattro aggettivi?”
Era
esattamente la domanda che Rose si aspettava: il preside aveva chiesto
la
stessa cosa anche ai membri delle due coppie precedenti e quindi si era
preparata gli aggettivi con cui descriverlo. “Coraggioso,
irritante,
presuntuoso e… attraente”.
Attraente?
E questa da dove mi è uscita?
Non era l’aggettivo che volevo usare!
Rose
si portò una mano alla bocca, come per impedire ad altre
parole non richieste
di uscire, e lanciò un occhiata a Malfoy, incenerendolo: il
maledetto stava
ghignando compiaciuto. Rose, indispettita, rivolse lo sguardo al
tabellone e
constatò che, per lo meno, il punteggio era salito a ottanta.
Il
preside fece un sorrisetto e si voltò verso il biondo.
“Signor Malfoy, con
quali aggettivi descriveresti la tua compagna?”
Il
ragazzo
sorrise e cominciò: “Beh, credo che nessuno che la
conosce possa negare che
Weasley sia bellissima, nevrotica, forte e ambiziosa”.
Bellissima?
Pensò
Rose abbastanza confusa: che lei fosse bella era un dato oggettivo, ma
proprio
non capiva il superlativo.
Il
tabellone che andava a segnare novanta punti la distolse rapidamente da
quei
pensieri e lei li mise da parte più che volentieri, per
ascoltare Vitious fare
loro i complimenti per aver ottenuto il punteggio più alto
fino a quel momento
e congedarli.
Mentre
il preside trotterellava fuori dalla classe e lei e Malfoy si alzavano
per
andarsi a sedere ai rispettivi tavoli, la ragazza si
avvicinò al Grifondoro e
gli disse a bassa voce: “Possiamo solo sperare che Al e Daria
ottengano un
punteggio più basso del nostro”.
“Il
che vuol dire”, rispose il ragazzo sullo stesso tono,
“sperare che Al sbagli o
non risponda, perché ho la netta sensazione che sia
abbastanza difficile che
questo tipo di sfida possa mettere in difficoltà la
lupacchiotta”.
“Già”,
convenne lei, “speriamo che Albus sbagli”.
***
***
Daria
afferrò il bicchiere che Neville Paciock le stava porgendo e
bevve il liquido
incolore, senza esitazione. L’idea di essere incapace di
mentire non la
preoccupava per niente, visto che era sempre sincera, per abitudine e
natura.
La prova, invece, continuava a terrorizzarla.
“Mi
raccomando, Daria”. Disse il professore di Erbologia
guardandola negli occhi,
“Ci fidiamo di te”.
Lei
sorrise capendo che si riferiva ai suoi poteri e alla sua decisione di
non
usarli mai per agevolarsi e barare durante qualunque tipo di esame e
prova.
“Fate bene: i miei principi sono molto più
importanti di una semplice sfida”.
Ne
aveva parlato anche con mini-Potter, spiegandogli le sue ragioni e le
sue idee,
e lui non aveva fatto alcuna rimostranza e le aveva assicurato che non
avrebbe
comunque mai accettato di barare.
Entrarono
insieme in Sala Grande e la Serpeverde si costrinse a non alzare lo
sguardo dai
suoi piedi e, soprattutto, a non puntarlo sui ragazzi che li fissavano
curiosi.
Come era accaduto con tutti i loro compagni, Vitious iniziò
ad interrogarli
praticamente subito.
“Bene
voi due siete l’ultima coppia della serata, conoscete le
regole e sapete come
si svolgerà la prova, quindi direi che possiamo iniziare.
Signorina De Lupo”
Daria sentendo il suo nome alzò appena lo sguardo e
deglutì pesantemente, “qual
è il colore preferito del signor Potter?”
“Il
blu”. La risposta fu rapida e lapidaria:
aveva deciso che tutte le sue risposte sarebbero state brevi, per
evitare che
il suo accento, ritornato grazie all’ansia, si sentisse
troppo e la mettesse
più in imbarazzo di quanto già non fosse.
Il
tabellone segnò subito dieci punti e lei tornò a
rivolgere lo sguardo al
pavimento.
“Qual
è invece l’animale preferito della signorina De
Lupo, Potter?”
“Il
lupo”. Nella voce del compagno Daria aveva potuto distinguere
con chiarezza un
sorriso un po’ ironico e sorrise a sua volta, leggermente, al
ricordo di quanto
aveva riso quando lei gli aveva spiegato il significato del suo cognome1.
Daria
rialzò lo sguardo per guardare il preside, che la stava
fissando nuovamente,
pronto a rivolgerle un’altra domanda.
“In
cosa il signor Potter ha difficoltà?”
Lei
prese fiato: quella risposta avrebbe richiesto più di due
monosillabi.
“Pozioni, a scuola, poi è incapace di cucinare e
incredibilmente stonato e ha
un rapporto conflittuale con i calcoli, le date e i numeri in generale
”.
Il
tabellone segnò trenta punti e lei riprese a fissare con
sommo interesse il
pavimento in marmo.
“Per
cosa, invece, è molto portata la signorina De
Lupo?”
“Beh,
diversamente da me, lei è un’abile pozionista e
un’ottima cuoca. In più se la
cava benissimo in tutte le materie scolastiche, salvo qualche leggera
difficoltà in Erbologia, ha un vero e proprio talento per le
lingue, gioca a
Quidditch come cercatrice ed è dannatamente brava. Purtroppo
per me”. A quell’ultima
affermazione, fatta con tono decisamente divertito e una certa
autoironia, si
levarono, dal tavolo di Serpeverde, fischi di approvazione, risate e un
“Puoi
dirlo forte!”.
Il
preside, dopo aver riportato gli studenti alla calma, si rivolse ancora
all’italiana: “Chi è, signorina De Lupo,
la persona che il tuo compagno stima
di più?”
La
ragazza alzò lo sguardo e iniziò a torcersi le
mani, nel vano tentativo di
calmarsi e convincersi che era in grado di rispondere: non aveva mai
parlato
con mini-Potter di questo, ma era certa di averlo dedotto qualche tempo
prima,
solo che ora non si ricordava più il risultato delle sue
deduzioni.
Ok,
Daria sta calma. Se l’hai
capito una volta puoi farlo ancora, devi solo ragionare con calma e NON
andare
nel panico.
Daria
prese un profondo respiro, riabbassò gli occhi e
cercò di fare mente locale. Pensa,
ragiona: il modo più comune in cui si
manifesta la stima è l’emulazione, quindi..
“Mi
dispiace signorina De Lupo ma il tempo è scaduto. Sai
rispondere o no?”
“N-no.
Non mi ri-ricordo. M-mi di-dispiace”. Grandioso
ora mi metto pure a balbettare!
Si
vergognava talmente tanto che non alzò nemmeno lo sguardo
per cercare di
scusarsi con mini-Potter.
-
Stai tranquilla, De Lupo. Non è
successo
niente, ok? Stiamo andando benissimo non ti devi preoccupare
assolutamente: non
ce n’è motivo –
-
Sì che ce n’è! Sto andando nel
panico e non riesco a ragionare! E poi noi non dovremmo comunicare
telepaticamente: è barare e barare va contro i miei
principi! –
-
Non stiamo barando perché tu non
mi stai suggerendo e io non sto suggerendo a te: sto solo cercando di
farti
calmare. Ah e comunque avevo ragione io sei una ragazzina timida che va
nel
panico con una facilità impressionante. –
-
Non è vero! – Daria
rialzò lo sguardo per incontrare quello divertito di Potter
e si rese conto
che, grazie al loro battibecco la sua ansia si era un po’
attenuata.
“Potter,
vuoi rispondere alla domanda?”
“Mi
scusi, signore, non ho sentito potrebbe.. ripetere?”
“Certo,
certo, non c’è problema. Ti ho chiesto cosa fa
arrabbiare la signorina De
Lupo”.
“Riuscire
a farla arrabbiare non è affatto facile, mi creda ci ho
provato per un’ora
intera e sono riuscito solo a farla irritare, ma non abbastanza
perchè perdesse
il controllo. Anche se, in effetti, l’ho
vista arrabbiata due volte e penso di essere uno dei pochi fortunati a
poterlo
affermare. Comunque entrambe le volte non si è arrabbiata
per un insulto
rivolto a lei, ma per mancanza di rispetto verso i suoi amici, beh
veramente
verso mia cugina Rose. In poche parole chi vuole far arrabbiare la De
Lupo non
deve perdere tempo ad insultare lei: non servirebbe! Conviene
prendersela
direttamente con Rosie!” Disse il ragazzo sorridendo, poi
aggiunse: “anche se
non lo consiglio: Rose è permalosa abbastanza anche per la
sua amica e averle
entrambe contro.. beh a quel punto è più rapido e
indolore il suicidio”. Il
pubblico scoppiò in una risata e Daria sentì con
chiarezza la sua migliore
amica promettere: “Questa me la paghi Potter”.
“Bene,
tornando a te signorina De Lupo, quali sono i tratti più
Grifondoro della
personalità del suo compagno?”
A
quella domanda Daria sentì con precisione inquietante
l’ansia tornare a farle
compagnia, come una vecchia amica, di cui avrebbe, però,
fatto volentieri a
meno.
-
Ehi, De Lupo immagina di essere sulla
scopa o davanti ad un calderone, magari ti aiuta. Anzi fa finta di
dover
rispondere a questa domanda per aiutare i tuoi amici. –
L’italiana
si voltò a guardarlo e vide che la fissava, sorridendo. In
quel momento
realizzò che non aveva bisogno di fingere di star aiutando i
suoi amici era
sufficiente che si concentrasse sulla realtà e sul risponder
a quelle
maledettissime domande non per se ma per Potter. Aveva dimostrato di
averla
capita meglio di molti altri e di essere in grado di aiutarla nei suoi
momenti
di ansia, oltre ad essere ben disposto a farlo, lei in quelle tre
settimane
aveva passato più tempo con lui che con James e gli altri
suoi amici, escluse,
ovviamente, Rose e Moira, e si erano divertiti ad allenarsi e studiare
insieme,
quindi poteva, in tutta tranquillità annoverare anche lui
tra i suoi amici.
Si
voltò verso il preside e sorrise, di nuovo sicura, di nuovo
se stessa. “Fegato,
coraggio e cavalleria sono le caratteristiche Grifondoro, giusto? Penso
che
Potter le abbia tutte e tre, certo non è uno scavezzacollo
sprezzante delle
regole come quel masochista di suo fratello James, ma questo non vuol
dire che
sia meno Grifondoro di lui, solo meno stupido,
probabilmente.” Si prese un
secondo per pensare e poi aggiunse con un sorriso “Non che ci
voglia molto”.
I
ragazzi ricominciarono a ridere e James le rifilò una finta
occhiataccia e urlò
“Daria! Tradimento!”
La
ragazza sorrise e andò avanti. “Perché
dico che ha fegato? Facile! Ce ne vuole
veramente in quantità industriali per scegliere due pazzi
sclerotici con manie
omicide, come Rose e Scorpius come migliori amici, ve lo assicuro. E
bisogna
essere anche veramente coraggiosi e tanto, ma tanto masochisti per
cercare di
farli riappacificare o calmare durante i loro litigi e rischiare quindi
la
vita, tra minacce di tutti i tipi e le forme che una brava ragazza ben
educata
come me non può proprio ripetere, invece di scappare o
starsene in disparte,
come la sottoscritta. Quanto alla sua cavalleria, beh direi che il
fatto che
Rosie sia ancora viva dopo tutte le volte in cui lo ha affatturato
cercando di
colpire Scorpy, ne è un ottima testimonianza. Riassumendo:
fegato, coraggio
cavalleria e quel bel quintale di masochismo che nella casa del caro
Godric non
guasta mai, lo rendono un vero Grifondoro”.
Sorrise
angelicamente e le risate aumentarono. Anche Potter stava ridacchiando,
diversamente da Rose e Scorpius che sembravano volerla uccidere con lo
sguardo.
Il
preside tutto sorridente si rivolse di nuovo all’altro,
mentre il punteggio
saliva a sessanta e Daria sospirava di sollievo: nonostante la sua
recente
scoperta, l’ansia non l’aveva abbondata del tutto e
si era vista costretta a
cercare di fare dello spirito, senza andare troppo in
profondità, per celare e
arginare il suo imbarazzo.
“Bene,
Potter penso proprio che ti rivolgerò la stessa domanda:
quali sono le
caratteristiche Serpeverde della signorina De Lupo?”
“Prima
di conoscerla, veramente, la De Lupo mi era antipatica per mia presa di
posizione personale: avevo deciso che era presuntuosa, altezzosa,
insopportabile e approfittatrice, senza alcun motivo reale. Poi sono
stato
costretto a ricredermi e mi sono ritrovato a domandarmi che boccino ci
facesse
una persona generosa, trasparente e disinteressata come lei a
Serpeverde, ho
iniziato ad osservarla e ho capito.
Davanti
ad un qualunque ostacolo i membri delle varie case si comporterebbero
in modo
diverso: un
Grifondoro lo affronterebbe
senza preoccuparsi delle conseguenze, nel modo più diretto
possibile; un
Corvonero ci ragionerebbe e sceglierebbe il modo migliore per risolvere
la
situazione; un Tassorosso continuerebbe provare a superarlo con
perseveranza,
ma lei no, lei farebbe in modo diverso. De Lupo troverebbe il modo
migliore per
aggirarlo e proseguire il suo cammino, lei svicolerebbe e si
può essere certi
che, qualunque sia l’ostacolo, che sia minuscolo o immenso,
se esiste
un’alternativa, gigantesca o invisibile che sia, lei
è in grado di trovarla.
In
più ha la capacità, molto Serpeverde a mio
avviso, di persuadere le persone. È
riuscita a convincere mio fratello James
e mio cugino Fred a lasciare un po’ di libertà a
Lily con una
sola lunga discussione,
quando io ci provo da quattordici
anni senza ottenere il
minimo risultato. Ha un potere immenso, eppure non lo usa e la
possibilità che
non sia conscia di possederlo non è nemmeno da prendere in
considerazione, lei sceglie di
usarlo raramente.”
Daria
era rimasta
letteralmente a bocca aperta
non solo non riusciva a capire come e quando mini-Potter
l’avesse analizzata
così bene, ma era anche sorpresa per il discorso su Lily:
era stata lei stessa
a dirle che mini-Potter e Malfy le stavano con il fiato sul collo e ora
lui
sosteneva, sotto Veritasserum, di essere sempre stato a favore della
“liberazione” della piccola Potter.
I
conti non mi tornano..
“Certo
ho appurato che ha dei lati molto Serpeverde: la capacità di
svicolare in
qualunque situazione e quella di convincere la gente. Eppure.. continuo
a non
capire cosa ci faccia lei nei sotterranei, quando tutte le sue altre
caratteristiche vanno contro gli ideali di quella casa”.
L’ultima parte di
discorso fu pronunciata con un tono decisamente più basso di
prima e Daria
dubitava che gli altri studenti avessero sentito, forse non
c’era riuscito
nemmeno il preside.
In
ogni caso il punteggio salì immediatamente a settanta e
l’italiana ascoltò
l’ultima prevedibilissima richiesta del preside: descrivere
il compagno con
quattro aggettivi.
“Leale,
coraggioso, attento, ma ingenuo”. Il terzo aggettivo era
frutto di una scoperta
dell’ultimo minuto e aveva sostituito il
“logorroico” con cui lei avrebbe tanto
voluto poterlo descrivere.
I
punti salirono a ottanta e la ragazza si preparò mentalmente
al pareggio con
Rose e Scorpius e a tutti gli sbuffi, le proteste e i malumori con cui
la rossa
l’avrebbe tormentata per un sacco di tempo.
“De
Lupo è timida, sveglia, in modo quasi inquietante, ansiosa e
altruista”.
Il
novanta che apparve nitido sul tabellone, confermò il
pareggio e i timori di
Daria.
1)
Non
bisogna
dimenticare che Albus è inglese quindi per lui il cognome di
Daria non vuol
dire niente e non sarebbe stato in grado di capire il parallelo tra il
suo
cognome e il suo animale preferito, se lei non glielo avesse spiegato.
Spazio
autrice:
eccomi
finalmente con il capitolo della
prova. Inutile dire che nemmeno questo mi convince pienamente, ma ormai
ci ho
fatto l’abitudine e non essere convinta quindi..
Questa
Daria così ansiosa e in preda al
panico non ve l’aspettavate, vero? Il fatto è: lei
sembrava quasi senza punti
deboli e siccome credo che le debolezze siano un enorme ricchezza e
contribuiscano a rendere i personaggi più reali ho deciso di
darle questo bel
pacchetto di ansie inaspettate. Il perché non si siano
manifestate prima spero
che si sia capito dalla storia: finora avevamo sempre visto Daria nel
suo
elemento, dove il panico non riusciva a raggiungerla.
Questa
è la differenza sostanziale tra
lei e Rose: se una è talmente terrorizzata
dell’attenzione degli altri da
cercare di nascondersi il più possibile, l’altra
ne è quasi dipendente e quindi
brilla, appare e spicca per entrambe. E questo è forse una
delle cose che le ha
unite.
Un'altra
cosa che spero che si sia
notata è il diverso modo di rapportarsi al punteggio: Rose
è ambiziosa quindi
sapere se il punteggio è salito o no è vitale per
lei, mentre per Daria è
marginale e ho fatto in modo che lo notasse solo perché,
visto che, nonostante
la terza persona, scrivo ciò che Daria (o Rose a seconda dei
casi) vede, sente,
pensa e percepisce, avevo bisogno che lei vedesse il punteggio cambiare
perché
altrimenti sarebbe stato più difficile per chi legge seguire
la prova.
Volevo
chiarire un’altra cosa: i
discorsi dei ragazzi sotto Veritasserum, specie quelli di Al, sono a
volte un
po’ contorti o con nessi poco visibili, ma è una
cosa voluta: dopotutto non
hanno il pieno controllo sulla propria lingua, no?
La
parte in cui Daria capisce che lei e
Al sono amici non era programmata, ma mi è uscita e spero
che non vi sembri
fuori posto.
Volevo
parlare anche del cambio del
titolo: “Fate Always Finds Its Way” non mi
convinceva per niente e ho deciso
di cambiarlo nello
stesso istante in cui
ho pubblicato il prologo, ma non mi
venivano in mente alternative. Perché “By The
Way”? Per due ragioni: 1) tra i
vari significati “by the way” ha anche quello di
“cammin facendo” e l’idea mi
piaceva; 2)
è il titolo di una canzone e
di un album del mio gruppo preferito, i Red Hot Chilli Peppers.
Non
ho davvero idea di quando riuscirò
ad aggiornare le mie poche certezze sono che nel prossimo capitolo
verranno
spiegate parecchie cose, che personalmente non vedo l’ora di
scriverlo e che
sarà molto più intenso di questo e molto..
sincero, ecco. Il titolo?
“Veritasserum”.
Un
bacio enorme,
Daria
|
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Capitolo 8 *** 7. Veritasserum ***
7)
Veritasserum
“Dove
vai Potter?” Chiese Daria al compagno, vedendolo
allontanarsi. La prova era
appena finita e, nonostante Vitious li avesse congedati, molti degli
studenti
erano ancora in Sala Grande.
“A
parlare con Amy e mettere in atto il tuo piano”. Le rispose
il ragazzo
continuando a camminare. Daria lo afferrò per un braccio,
bloccandolo e
costringendolo a voltarsi verso di lei. “L’effetto
del Veritasserum non è
ancora finito. Se tu vai a parlarle ora, non riuscirai a mentirle e lei
saprà
la verità”.
Potter
spalancò gli occhi verdi e si sbatté una mano sul
viso. “Non l’avevo
realizzato, grazie. È meglio se vado a chiudermi in camera
con Scorpius e non
esco finché questa pozione non ha finito di fare effetto. A
proposito” aggiunse
allungando il collo “l’hai visto?”
“No.
Non vedo nemmeno Rose..” Si voltò e
alzò sulle punte, aguzzando la vista alla
ricerca dei loro amici scomparsi. Notò una chioma bionda
avanzare nella loro
direzione e si voltò nuovamente verso il Grifondoro.
“In compenso però vedo la
tua ragazza venire verso di noi”.
Lui
strabuzzò nuovamente gli occhi, vagamente spaventato.
“E ora? Verrà a cercarmi
anche in camera, se non mi trova qui. Sa la parola
d’ordine”.
Daria
rifletté per qualche secondo, poi le venne
un’idea. “Vieni con me”. Lo
afferrò
per un braccio e lo trascinò via, fuori dalla Sala Grande.
Percorsero il
corridoio principale per alcuni metri, poi lei lo tirò
dentro ad un passaggio
segreto, che James le aveva mostrato anni prima. Quel ragazzo aveva la
sua
indubbia utilità e competenza in certi campi e uscire dalle
regole era il primo
della lista.
“Dove
stiamo andando?” chiese Potter affiancandola.
“Stanza
delle Necessità. Possiamo stare lì
finché l’effetto della pozione non
svanisce”.
“Buona
idea”. Il ragazzo si aprì in un sorriso sincero e
bellissimo. “Grazie, De Lupo.
Davvero”.
“Daria”.
“Eh?”
fece lui confuso.
“Ehm..
puoi chiamarmi Daria, se ti va..”
Lui
riprese a sorridere “Mi correggo: grazie, Daria.
Davvero”.
Lei
sorrise a sua volta “Prego, Albus”.
Camminarono
per qualche minuto in silenzio, poi lui le chiese. “Posso
sapere perché hai
deciso di chiamarmi per nome e permettermi di farlo? Noi ci conosciamo
veramente solo da poco eppure me lo permetti già, mentre se
non sbaglio Scorp
ci ha messo un sacco ad ottenere il permesso e le tue compagne di
stanza, la
Goyle e la Cartwright, non l’hanno mai avuto”.
“Ci
conosciamo da poco, è vero”. Gli concesse lei,
“Però non puoi dire che non sia
stato tanto il tempo che abbiamo trascorso insieme nonostante
ciò. Ho passato
più tempo con te nell’ultimo periodo che con tuo
fratello, il mio migliore
amico, e mi sono divertita, in più oggi mi sono resa conto
di considerarti.. un
amico, ecco.. e quindi mi è sembrato giusto chiamarti per
nome, perché i miei
amici li chiamo tutti per nome.” Strinse le mani appena le
mani tra loro,
leggermente a disagio: aiutare gli amici era una cosa, dire e spiegare
ad un
ragazzo, che non era James, di considerarlo un amico, facendogli capire
di
tenere, in qualche modo, a lui, era tutt’altra.
“Con
Scorpius ci ho messo un po’ perché non volevo
né fare un torto a Rose, né che
lui si montasse troppo la testa. Le due oche, invece, non le ho mai
considerate
mie amiche, nemmeno per sbaglio”.
“Mi
fa piacere.. cioè non che tu non sia amica delle tue
compagne di stanza.. mi fa
piacere che tu sia amica mia”. Si affretto a spiegare Al.
Daria
lo rassicurò subito con un sorriso “Avevo
capito”.
Lui
annuì, più rilassato. “ Anche io mi
sono divertito con te e ti considero
un’amica, ormai. E come potrei non farlo? Mi hai aiutato un
sacco in diverse
occasioni, anche quando amici non lo eravamo ancora, anzi.”
Lei
si fermò e gli tese la mano “Allora,
amici?”
Lui
sorrise e la strinse “Amici”. La Serpeverde
annuì sorridendo, poi interruppero
il contatto e ricominciarono a camminare.
“C’è
un’altra cosa che mi piacerebbe sapere, ma ho paura che ti
arrabbierai”.
“Paura?
Che Grifondoro sei?” fece lei scherzosamente. “Vai
tranquillo, non sono mica
Rose, io mi arrabbio raramente, lo sai. Troppo faticoso”.
“Come
vuoi, però io ti ho avvertita..” Ci fu una piccola
pausa poi Albus riprese: “Uno
dei motivi per cui non mi andavi a genio era la tua amicizia con Rose.
Vedi, io
pensavo che tu fossi sua amica solo per pietà. Credevo che,
siccome sapevi che
lei era sola, ti facesse pena e avessi deciso di concederle la tua
amicizia, un
po’ come una persona ricca che fa l’elemosina solo
per mettersi in pace la
coscienza, ma continua a guardare con sufficienza le persone
più povere. Ne ero
fermamente convinto e temevo che l’avresti abbandonata,
facendole del male,
come gliene ho fatto io. Quindi
ti
odiavo parecchio, con un astio profondo che non ha nulla a che vedere
con
l’antipatia marcata che Rose e Scorpius chiamano odio
”.
Daria,
che si era fermata sentendo il suo discorso, gli domandò,
esterrefatta “E
queste cazzate da dove boccino spuntano fuori?”
Albus
si grattò la nuca, visibilmente a disagio. “Beh un
po’ sono dovute al fatto che
mi avevi rimproverato e ferito nell’orgoglio e quindi non
potevo pensare bene
di te, e un po’ derivano dal fatto che, tutt’ora,
non riesco a spiegarmi la
vostra amicizia”.
Daria
gli lanciò un’occhiata confusa e vagamente
risentita e lui prese a spiegare,
gesticolando. “Insomma tu e Rose, a parte il Quidditch, i bei
voti e l’essere
Serpeverde, non avete proprio un boccino in comune!”
“Che
intendi dire?” Domandò Daria, che non capiva dove
il ragazzo volesse arrivare. Era
strano per lei non capire il comportamento o i discorsi di qualcuno, ma
con
quel Potter le capitava sempre più spesso di restare
sorpresa.
“Beh,
non puoi negare che siete molto diverse. Avete gusti, abitudini e
comportamenti
contrastanti ed è abbastanza strano che voi due andiate
tanto d’accordo.”
Ah,
ora capisco.. Io e Rose, viste
le nostre personalità, dovremmo detestarci e invece siamo
migliori amiche, quindi
lui ha pensato che io mi fossi interessata a lei per pietà e
lei si fosse
aggrappata a me per necessità.
“In
effetti, ora che mi ci fai pensare è una cosa davvero
strana, però noi amiche lo
siamo davvero e non perché lei mi fa pena e io le servo per
non essere sola.
All’inizio
del primo anno anche io soffrivo di solitudine: ero timidissima e
insicura,
quindi non mi avvicinavo a nessuno, e nessuno si avvicinava a me
perché ero
straniera, avevo un cognome ingombrante che intimoriva chiunque lo
conoscesse e
un accento leggero, ma fastidioso, ero brava a scuola, piacevo agli
insegnati e,
in più, visto che ero riservata, sembravo snob e
presuntuosa.
Mi
ero resa conto che anche tua cugina e Moira si sentivano sole, ma non
facevo
nulla per legare con loro.. rompere il ghiaccio non era il mio forte..
in
realtà non lo è tutt’ora..”
ammise con una punta di imbarazzo. “Il resto lo
sai: ti ho beccato a parlar male di Rose e ti ho sgridato.. speravo che
essendo
più serena sarebbe riuscita a notarmi e, allo stesso tempo,
temevo che non
l’avrebbe fatto perché, come dici tu, una come me non centrava
nulla con lei e se
lei aveva di nuovo te allora non le serviva nient’altro..
Cioè quando ti ho
fatto la scenata ero totalmente disinteressata! Queste cose le ho
pensate dopo!”
Aggiunse in fretta, ricordandosi del precedente giudizio di Al e
temendone un
altro altrettanto sbagliato.
Lui
ridacchiò, piano.“Ti ho mai detto che sei una
strana Serpeverde?”
Lei
gli sorrise e proseguì il suo racconto, arrossendo
perché, nonostante tutto,
parlargli di se stessa e delle sue sensazioni ancora la innervosiva e
imbarazzava. “Comunque quella stessa sera mi sono resa conto
che, contro tutte
le mie aspettative, Rose era ancora giù.. allora ho mandato
al diavolo le mie
insicurezze e la mia timidezza e ho rotto il ghiaccio”.
Concluse il discorso
con un largo sorriso e un leggero imbarazzo.
“Mi
piacerebbe proprio sapere come hai fatto”. Disse Al,
sorridendo a sua volta.
“Non eri incapace di attaccare bottone?”
“Un
modo l’ho trovato, guarda”. Daria toccò
la sua mente e gli mostrò il ricordo di
quella sera lontana, quando, in mancanza di idee migliori, aveva
sbattuto sul
tavolo il libro di Erbologia e dichiarato che, siccome la materia le
riusciva
troppo difficile e faticosa, rinunciava ad essere la migliore e
perciò lei e
Rose potevano essere amiche.
Il
ragazzo scoppiò a ridere. “Non ci credo! Hai fatto
veramente così?”
“Certo.
Siamo sotto Veritasserum, Al: non posso mentirti nemmeno attraverso i
ricordi,
quindi sei costretto a credermi”. Il sorriso le si
bloccò sul nascere mentre
realizzava il significato delle proprie parole.
Non
posso mentirti nemmeno
attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi.. sei costretto a
credermi..
“Beh
almeno l’hai avvisata del tuo essere indubbiamente assurda.
Anche se credo che,
a quel punto, lo avesse già intuito da sola”.
Albus aveva proseguito col suo
discorso, ovviamente ignaro di ciò che l’assurdo
cervello dell’altra stava
macchinando. “Ora il perché siate diventate amiche
è chiaro, ma.. come fate ad
esserlo ancora? Coi caratteri che avete dovreste odiarvi”.
La
Serpeverde si riscosse e decise di rimandare quanto appena progettato e
rispondere prima alle sue domande e, magari, saziare anche la propria,
di
curiosità.
“Vero,
probabilmente dovremmo. Il motivo per cui non è
così non è chiarissimo nemmeno
a me, ma suppongo che, quando si ci vuole davvero bene, le differenze
non
importino più di tanto. E poi.. Rose è
l’unica persona che riesce sempre a
interpretare i miei comportamenti. Da un mio gesto, da un mio sguardo,
da una
qualunque cosa apparentemente insignificante, lei è sempre
capace di dedurre il
mio stato d’animo.. Poi, non appena l’ha capito mi
bombarda di domande finché
non gliene spiego la ragione”. Il sorriso sereno e pacifico
le nacque,
spontaneamente, sulle labbra. “Questa è
l’unica ragione per cui non sono ancora
stata ammazzata, nonostante tutti i miei cambi di umore improvvisi,
imprevisti
e invisibili”.
Si
fermarono in un corridoio all’altezza dell’arazzo
di Barnaba il Babbeo: erano
arrivati destinazione. Daria passò tre volte davanti
all’arazzo e, al terzo
passaggio, una porta comparve sul muro.
“Lunatica,
eh?” Le chiese Al, con un sorriso, e la precedette attraverso
la porta.
“Non
puoi nemmeno immaginare quanto”. Daria lo seguì
immediatamente, entrando in una
stanza piccola e accogliente, dai colori caldi, ma volutamente neutri. Il fuoco del caminetto
illuminava l’ambiente
con una luce bassa e soffusa che dava un aria decisamente comoda alle
due
poltrone, poste vicino al camino.
Daria
si sedette su una poltrona e Al sull’altra, poi la Serpeverde
chiese: “Mi
spiegheresti tu una cosa ora?”
Il
ragazzo annuì con un sorriso, “Chiedi
pure”.
“Se
non sbaglio hai detto che hai sempre cercato di convincere Jam a
lasciare un
po’ di libertà a Lily”. Il ragazzo
annuì ancora e lei proseguì: “Eppure
tua
sorella all’inizio di quest’anno mi ha detto che tu
e Scorpius avevate preso il
posto di James e Fred a capo delle sue “guardie del
corpo”. Mi spieghi perché
le stai sul fiato sul collo ora che tuo fratello non lo fa
più?”
“Beh,
diciamo che Scorp considera Lils la sorellina che non ha mai avuto ed
è
protettivo con lei quasi quanto James.. ora che lui non le sta
più sempre
addosso Scorpius ha pensato che fosse suo preciso dovere prenderne il
posto,
così, per cercare di controllarlo e limitarlo faccio finta
di dargli man forte,
mentre in realtà lo depisto e fornisco vie di fuga alla
piccoletta. Scorpius è
terribilmente ingenuo in certi casi ed incredibilmente facile da
fregare”.
Lei
ridacchiò: “In effetti.. non è molto
sveglio in certe situazioni.” Poi,
tornando seria, continuò: “Però tu sei
molto più ingenuo di lui”.
“L’hai
detto anche alla prova.. ma non capisco che intendi”.
La
ragazza sospirò pesantemente. “Quello che sto per
mostrarti te lo farà capire,
ma non sarà facile da accettare.
Però
tieni a mente quello che ti ho detto prima: non posso mentirti nemmeno
attraverso
i ricordi e ciò che ti mostro deve
essere
accaduto veramente ”.
Il
ragazzo le lanciò uno sguardo confuso. “Ma che
vuoi dire?”
Lei
non rispose, ma gli toccò la mente con la propria,
riversando in essa uno dei
suoi ricordi. Uno, che risaliva solo a qualche giorno prima, ma che
l’aveva
tormentata a lungo e intensamente.
Daria
sorrise, scuotendo
leggermente la testa, e stava per commentare la sua ultima frase,
quando la sua
attenzione fu catturata da qualcos’altro.
Si
trovavano vicino all’ingresso
della torre di Corvonero e l’udito ipersviluppato della
ragazza si era attivato
di sua spontanea iniziativa, cosa che accadeva abbastanza raramente,
permettendole
di sentire qualcosa che mai si sarebbe aspettata.
“...
il tuo povero ragazzo,
Amanda?” Chiese una voce acuta e femminile, che Daria non
aveva mai sentito
prima.
Ci
fu una risata e poi la risposta
di quella che doveva essere Amanda Corner, la ragazza di mini-Potter:
l’italiana non aveva mai sentito nemmeno la sua di voce,
prima, quindi, non
poteva esserne certa. “E perché mai? Lui
è talmente imbranato, mi sembra di
baciare un bambino di tre anni tutte le volte. È
così patetico.” Daria non credeva
alle sue orecchie: lei non era certo una fan di Albus Potter, ma ora
sapeva che
era un bravo ragazzo e non si meritava un’arpia del genere
per fidanzata.
“E
poi Amy sta con quello sfigato
solo per il suo cognome, no Amy?” Chiese un’altra
ragazza.
“Già
sinceramente avrei preferito
suo fratello James, ma lui non ci sarebbe mai cascato, quindi mi sono
dovuta
accontentare del Potter tonto e imbranato”. Seguirono altre
risate e Daria
smise di ascoltare: stava iniziando ad arrabbiarsi.
Il
silenzio che piombò tra loro era denso e pesante e la
ragazza non se la sentiva
di romperlo, perché proprio non sapeva cosa dire.
Però
non posso nemmeno pretendere
che lo faccia lui e magari lui ha bisogno che io dica qualcosa che lo
distragga
o conforti.
Quindi,
dopo qualche lungo minuto, si fece coraggio e disse. “Mi
dispiace davvero tanto
Al: io non volevo ferirti né intromettermi in cose che non
mi riguardano, ma
non volevo nemmeno che tu continuassi ad essere ingannato da lei.. sei
un bravo
ragazzo e non ti meriti un trattamento del genere e una come lei non si
merita
il tuo affetto e la tua fiducia”.
Lui alzò lo
sguardo, posandolo su di lei, ma
non disse niente. La Serpeverde, allora, visto che era abituata a
parlare
sempre con tutti i suoi amici dei loro problemi e ad aiutarli a
risolverli
decise di prendere il toro per le corna e aiutare Al a superare la
delusione. “È
normale che tu ti senta rotto, tradito,
triste e probabilmente depresso e non è un problema se hai
bisogno di piangere,
o se mi vuoi insultare o prendere a pugni per sfogarti. Fallo pure,
niente di
quello che dirai o farai uscirà da questa stanza”.
Concluse con un piccolo
sorriso, che il ragazzo ricambiò con uno ancora
più piccolo.
“In
realtà..” cominciò lui, dopo un
po’, “non mi sento affatto triste e depresso,
solo molto stupido, per non aver capito chi fosse in realtà
Amanda e per
essermi fatto ingannare, e decisamente furioso, con lei, ma soprattutto
con me
stesso.” L’ammissione sorprese abbastanza
l’italiana, che si aspettava una
reazione molto peggiore.
Dopo
qualche altro minuto di silenzio il ragazzo riprese: “In
realtà sono anche
parecchio confuso..” Ci fu un’altra pausa poi lui
continuò. “Vedi io pensavo di
essere innamorato di lei, eppure sapere che per lei io non ho mai
contato nulla
e che tutto era solo una finzione non mi ha ferito né
distrutto, né altro, sono
solo decisamente arrabbiato e irritato per essere stato
ingannato.”
Come
riesce a concentrarsi su
questo ora?Dopo essere stato ingannato a quel modo dovrebbe, come
minimo,
essere furioso.. invece, anche se sostiene di essere arrabbiato, riesce
a
pensare a qualcosa come questo e a sentirsi confuso.. Strano ragazzo..
O forse
si concentra su queste cose perché non vuole esplodere
davanti a me..
Daria
si ricordava vagamente di aver già sentito qualcuno fare un
discorso simile, ma
proprio non le veniva in mente chi.
“Probabilmente
non era vero che l’amavi: magari stavi bene con lei, e ti
divertivi, però non
era un legame tanto profondo, perché altrimenti ti
sentiresti ferito e tradito,
oltre che furioso”.
“Ok,
ma come ho fatto a prendere un abbaglio simile? Credere di amare una
per cui
non provavo nemmeno un affetto profondo? Anche se, ora che ci penso, mi
sento
tradito e sono parecchio incazzato”. Daria poteva vedere, con
estrema
chiarezza, la sua rabbia nei pugni serrati con forza, nella linea dura
della
mascella e, soprattutto, nei suoi occhi verde chiaro, che, come sempre,
riflettevano perfettamente il suo umore.
Ora
che ci penso? Ma quanto è fuori
questo?
“Non
so.. Probabilmente tendi a sentirti molto vicino anche a persone che
forse non
lo sono, magari ti sembrava qualcosa di forte e ti sei convinto fosse
amore,
oppure sei uno che esagera.. Ci sono un milione di altre
possibilità, ma non so
quale sia quella giusta.” Ci pensò un
po’ poi disse: “Comunque non è una cosa
così unica e grave: è capitato anche a me una
volta!”
Allora
realizzò: Ah ecco perché mi
sembrava familiare come discorso: io
ne ho fatto uno praticamente identico a Rose!
Gli
occhi verdi di Al erano anche curiosi ora. “Davvero?
Quando?”
“Mah..
Durante l’estate tra il quarto e il quinto, ho conosciuto uno
che mi piaceva
abbastanza, ci siamo girati attorno per
un po’ come amici ed eravamo entrambi interessati, lo
sapevano tutti nel nostro
gruppo , poi, sotto consiglio di tua cugina – c’era
anche lei in Italia – mi
sono fatta avanti, lui ha detto che preferiva che restassimo amici e io
mi sono
detta d’accordo.
Non
ho versato una lacrima, nonostante io sia abbastanza incline al pianto.
Dopo un
po’ lui ha preteso di ricominciare a comportarsi come prima,
ovvero a provarci
spudoratamente e ad allungare le mani, io gli ho fatto capire che non
era così
che funzionava e ho capito cosa volesse veramente. Durante
l’intera storia io
ho provato rabbia, fastidio, irritazione, ma pochissimo dolore e mi
sono
ritrovata a fare a Rose un discorso simile a quello che tu hai appena
fatto a
me”.
“E
ovviamente hai realizzato subito di non essere innamorata di
lui”.
Lei
lo guardò sorpresa. “Eh? No, in realtà
i primi dubbi mi sono venuti solo
quando ne ho parlato con Moira
e lei mi ha fatto notare quanto fosse
stata insolita e poco drammatica la mia reazione e, infine, ho avuto
bisogno
che James mi dicesse chiaro e tondo che non l’amavo,
perché me ne rendessi
conto. Da allora tuo fratello si diverte a tirare fuori
l’argomento con una
certa frequenza”.
Ok
, forse sono fuori quanto lui. Pensò,
considerando la situazione.
Poi
ci rifletté bene e si corresse: Meglio
senza il forse. Anzi, probabilmente lo sono anche più di
lui.
Ci
rifletté ancora e si corresse di nuovo: Meglio
senza il probabilmente.
Passò
qualche altro minuto, in cui Daria valutò senza troppa
serietà o attenzione
entrambe le situazioni, poi interruppe, nuovamente, il silenzio,
curiosa. “Cosa
hai intenzione di fare con Viperanda?”
“Con
chi?” Chiese lui confuso.
“La
Corner. Si chiama Amanda, no?” Il ragazzo annuì e
lei proseguì: “ed è una
vipera, quindi ho deciso che la chiamerò Viperanda. Una
persona tanto stronza e
arrivista non merita un nome vero e proprio, nemmeno quello di un
animale: ci
potrebbero essere delle ragazze di nome Amanda, buone e giuste che non
hanno
fatto nulla per essere costrette a condividere il nome con una persona
così
stronza, ma non è nemmeno giusto insultare le vipere,
paragonandole a lei.
Perciò Viperanda è il nome migliore”.
Lui
ridacchiò, senza apparire troppo sorpreso. “Mi
sembra appropriato”.
“Lo
so. I miei nomignoli lo sono sempre.” Rispose, soddisfatta
dall’averlo fatto
ridere. “Allora cosa farai con lei?”
“Boh,
penso che per il momento non la lascerò..”
“No?”
“No.
Sinceramente, ora come ora, non mi va di far sapere a tutta la scuola
il modo
in cui sono stato giocato, senza contare che, stando ancora un
po’ con lei,
terrò qualunque altro ragazzo ingenuo lontano dal suo
veleno”.
Lei
annuì, sorridendo. “Ha senso, ma non era
“lontano dalle sue grinfie”?”
“Beh,
sì, ma le vipere non hanno le grinfie no? Hanno i denti
velenosi”.
Entrambi
sorrisero e la Serpeverde assentì. “Giusto.
Comunque è un ragionamento
generoso. Mi piace”. E lo gratificò con un bel
sorriso caldo. Il più caldo del
suo repertorio e che di solito rivolgeva solo a Marme
e Rosie.
Chiacchierarono
per un po’ di cose poco importanti e Daria intuì
che Al volesse distrarsi e non
pensare. Allora gli fece una domanda che le ronzava in testa dalla fine
della
sfida. “Senti Al, alla prova hai detto di avermi vista
arrabbiata davvero per
due volte. La prima, ovviamente, è stata la famosa scena al
primo anno, ma la
seconda?”
Il
ragazzo sorrise. “Qualche settimana fa, dopo colazione. Stavo
andando con Scorp
e altri ragazzi nei sotterranei e abbiamo sentito la voce di mia cugina
che
litigava con la Cartwright e la Goyle e poi, quando lei stava per
esplodere, ti
abbiamo vista arrivare e terrorizzare quelle due, facendole scappare a
gambe
levate.” Poi ridacchiò. “E come
biasimarle? Eri propri accecata dalla rabbia
quella volta! Non ti sei nemmeno resa conto che io e Scorp eravamo
dietro di
loro e ci siamo goduti tutta la scena.”
Lei
sorrise un po’ imbarazzata. “Sì ero
abbastanza fuori di me, anche se quello non
è niente” Il sorriso si fece divertito e
consapevole.
“Aspetta…
Vuoi dire che puoi essere peggio? Già così eri
abbastanza spaventosa, non oso
immaginare come saresti se perdessi davvero il controllo”.
“I
miei poteri impazzirebbero. Per questo sin da bambini ci viene
insegnato a
controllare la rabbia. In teoria dovremmo essere tutti calmi e
controllati e
arrabbiarci molto raramente, ma ci sono le eccezioni. Mia sorella, per
esempio.” Il ragazzo annuì e la conversazione si
spostò di nuovo su argomenti
meno importanti e di circostanza.
Ad un certo punto Al, senza
alcun motivo
apparente, disse: “Che ne pensi, tu, della scommessa di
Jamie?”
“Seccatura
enorme. Ed immensa perdita di tempo ed energie, sue per tentare di
vincerla,
nostre per tentare di non subire danni gravi.”
“Concordo
in pieno”. Ci fu una breve pausa, poi sul viso del ragazzo
comparve un sorriso
Malandrino. “Almeno per quanto riguarda noi due. Su Rose e
Scorpius non ci
metterei la mano sul fuoco”.
Lei
ricambiò il sorriso. “L’hai notata anche
tu allora? L’attrazione?”
“E
come avrei potuto non accorgermene? È talmente palese. Ma
guai a parlarne
davanti ad uno dei due, specie davanti a Rosie”.
La
ragazza assentì, divertita. “Ti mangerebbe
vivo”.
Quasi
come se fosse stata chiamata, la voce di Rose giunse chiara, forte e
abbastanza
disperata nella mente dell’altra Serpeverde: - ITALIANA!
Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in
dormitorio, ho bisogno di te–
Un
istante dopo, prima che Daria avesse il tempo di rispondere
all’amica, la ragazza
avvertì un altro messaggio. – Daria,
ho
combinato un casino, faresti
meglio a
venire–
Che
boccino è successo?
Si chiese, lei preoccupata.
-
Cinque minuti e sono lì – Mandò
un doppio messaggio e si alzò dalla poltrona.
“Tutto
bene?”
Daria
alzò appena lo sguardo: aveva fretta, una fretta incredibile
di tornare al
dormitorio e scoprire perché le sue più care
amiche fossero entrambe in preda
al panico.
“è
quello che vorrei sapere anch’io. Rose e Moira mi hanno
entrambe mandato un
messaggio mentale, chiedendomi di raggiungerle al più
presto”. Spiegò
frettolosamente, dirigendosi verso la porta.
“Aspetta..
Come un messaggio mentale? Ma non eri tu la sola capace di comunicare
telepaticamente?”
“Sì,
ma se una mente con cui sono abituata ad entrare in contatto, pensa
intensamente a me, io riesco a sentirla e a riceverne i pensieri anche
ad una
moderata distanza”. Non si voltò, mentre parlava,
la mano già sulla maniglia.
“Daria?”
“Sì?”
La ragazza si voltò di scatto, leggermente irritata e questo
provocò un piccolo
incidente: Al, che doveva essersi avvicinato parecchio per darle un
bacio sulla
guancia, sbagliò obbiettivo e, invece di poggiarsi sul suo
viso, le labbra del
Grifondoro sfiorarono appena quelle della Serpeverde.
Entrambi
fecero immediatamente un passo indietro, lui quasi inciampando nel
tappeto, lei
sbattendo la schiena contro la porta. Daria vide le guance del ragazzo
colorarsi leggermente di rosso e fu sicura che anche le proprie si
stessero
arrossando e non altrettanto leggermente.
Lui
fece un sorriso e si passò una mano sulla nuca, vagamente a
disagio. “Volevo
ringraziarti, per tutto: sei un’amica preziosa. Scusa per
l’incidente”.
Lei
arrossì ulteriormente per il complimento: non era abituata a
riceverne da
chiunque non fosse James o Rose. “Uhm.. non
c’è pro-problema”. Prese un respiro
profondo e sorrise. “Prego. È la cosa che so fare
meglio: essere una buona
amica”.
Normalmente
avrebbe detto qualcosa come “Prego, mi ha fatto
piacere”, o frasi simili, ma in
quel caso proprio non aveva potuto: permettere ad Al di scoprire la
verità su
Viperanda non le aveva fatto piacere, per niente. Certo lei le era
decisamente
antipatica, molto più delle due ochette con cui doveva
dividere la stanza, ma
far soffrire un amico non poteva
farle piacere.
***
***
“Bene!
Con questo direi che è chiaro che abbiamo un pareggio! Prime
a pari merito,
dopo questa sfida iniziale, abbiamo la coppia Weasley-Malfoy e quella
De
Lupo-Potter.” Il preside cominciò a sperticarsi in
lodi e complimenti ai
ragazzi, ma Rose smise di prestare attenzione e uscì dalla
Sala Grande,
irritata.
Detestava
i pareggi, li detestava da anni. Pareggiare voleva dire essere allo
stesso
livello di qualcun altro, dividere il premio e l’attenzione,
non essere unica. E lei odiava
quella sensazione.
Da
piccola era sempre stata paragonata alla madre e messa a confronto con
gli
altri cugini e non era mai stata unica, sempre e solo una delle tante
Weasley o
l’intelligente figlia di Hermione Greanger in Weasley. Era
una situazione che
le andava bene, in cui si sentiva a suo agio, come tutti gli altri suoi
cugini:
il dover fare i conti con genitori dalla fama ingombrante e un mare di
altri
ragazzini era il prezzo da pagare per far parte della loro splendida e
amorevole famiglia, un piccolo prezzo.
Poi
era arrivata ad Hogwarts ed era stata smistata a Serpeverde. Si era
ritrovata improvvisamente
sola, improvvisamente lontana ed esclusa dal suo mondo. I cugini
più grandi
avevano ben altro da fare che prendersi cura della piccola pecora verde
di
famiglia, i più piccoli avevano dato retta ad Al che si
sentiva offeso e aveva
deciso di ignorarla. Gli adulti, tolti zio Harry e zia Gin e i nonni,
avevano
preferito non interferire nella lite in corso tra sua madre e suo padre
e non
le avevano mai dato un grosso appoggio. Quella era stata la prima volta
in cui
Rose si era sentita davvero sola.
Col
tempo si era convinta che, come la confusione era stato il prezzo da
pagare
dell’appartenere alla famiglia, così la solitudine
era il prezzo dell’unicità.
Lei era unica e speciale, capirlo l’aveva aiutata a superare
il trauma e
riprendersi, ma da quel momento essere la prima era diventato
fondamentale per
lei e non aveva più accettato di buon grado di essere
confusa con gli altri
cugini o paragonata alla madre.
Daria
era il suo unico punto fermo, ora, e l’unica persona da cui
riusciva ad
accettare di essere eguagliata. Questo
era il solo motivo per cui il castello era ancora in piedi: come il
primo
giorno di scuola era riuscita a controllarsi solo perché
l’italiana era al suo
fianco, così quella sera riusciva, faticosamente, ad
accettare il pareggio,
perché ad eguagliarla era stata lei.
La
ragazza si chiuse alle spalle la porta di una delle aule vuote in cui
lei e
Daria avevano studiato con i ragazzi. Avrebbe atteso fino a che il
resto degli
studenti non fosse uscito dalla Sala Grande e non si fosse allontanato
a
dovere, per non rischiare di incontrare qualcuno, di doverci parlare e
di dire
qualcosa che non voleva.
Maledetta
pozione.
Diede
un calcio ad una sedia, frustrata ed irritata, si sedette su un banco e
iniziò
a pensare ad una protesta contro il preside e il fatto che li avesse
obbligati
a prendere il Veritasserum, ben sapendo che non l’avrebbe mai
messa in atto.
Stava giusto progettando di dare fuoco alla scuola quando la porta
dell’aula si
aprì con un cigolio.
Rose
si voltò, pronta a fronteggiare l’invasore e a
scappare per evitare di parlarci,
ma, invece di trovarsi davanti un qualche studente curioso e pieno di
domande,
gli occhi azzurri della ragazza ne incrociarono un paio grigi e
decisamente
divertiti.
“Che
ci fai tu qui, Malfoy?”
“Mi
nascondo e aspetto. Come te, Weasley”. Poi sorrise ironico e
disse: “Pare che
passare tutto quel tempo insieme sia servito, no? Abbiamo avuto la
stessa idea
e ci siamo rifugiati nello stesso posto! Non è
fantastico?”
L’espressione
del ragazzo permise a Rose di capire che la stava prendendo in giro,
così lei
sbuffò e rispose, contrariata: “Per niente,
Malfoy. Se passare tanto tempo
insieme fosse servito davvero, allora non avresti sbagliato la risposta
e noi
non avremmo pareggiato”.
L’irritazione
della ragazza stava per raggiungere livelli decisamente preoccupanti e
il
ghigno sul volto del compagno non stava aiutando.
“Beh
non è mica colpa mia se niente ti mette a disagio: come
potevo sapere la
risposta scusa?”
La
ragazza lo fissò con una certa rabbia: mi
auguro, anzi gli auguro, di aver capito male.
“Prego?
Stai forse dando la colpa a me perché mi mostro a disagio
raramente?”
“Esattamente”,
rispose lui con la stessa espressione irriverente di sempre.
“Anzi inizio a
dubitare che tu sia umana. Sei una specie di freddo robot che
è impossibile
mettere in imbarazzo”.
Rose
si alzò di scatto: “Non sapere e non ricevere una
buona dose si attenzione mi
mettono a disagio. Mentre essere presa per il culo da te mi fa
incazzare.
Tanto”.
“Lo
so” Malfoy ora stava sorridendo e appariva sereno e
soddisfatto. “Però è troppo
divertente raggirarti e estorcerti informazioni. Quando ti arrabbi,
smetti di
ragionare, Weasley.”
Non
ci posso credere mi sono fatta
giocare come una bambina.
“Ad
ogni modo”, continuò il Grifondoro con la stessa
aria rilassata di prima. “non
penso che sia colpa tua, per niente. Ero solo molto curioso e questo
era il
modo più veloce, nonché il più
divertente, per scoprire quello che volevo
sapere”.
“Ho
sempre saputo che sei fuori di testa, Malfoy” fece Rose,
più tranquilla,
tornando a sedersi sul banco. “Ma non immaginavo avessi anche
istinti suicidi”.
Malfoy
prese una sedia e si sedette di fronte a lei, sollevando appena le
spalle in
risposta alla sua osservazione, il ghigno strafottente di nuovo
presente sul
viso: “Attraente, eh?”
Rose
se lo aspettava, solo sperava che il confronto avvenisse in un altro
momento. Magari
uno in cui non era costretta ad essere sincera. Auto convincendosi che
quella
del ragazzo era una domanda retorica, la Serpeverde scoprì
di essere in grado
di eluderla.
“Bellissima?”
Lo sfidò, sollevando un sopracciglio.
“Beh,
lo sei”. Il Grifondoro alzò le spalle, il ghigno
immutato.
La
sua tranquillità e la semplicità della sua
risposta la spiazzarono e a Rose ci
vollero alcuni secondi per trovare un modo più o meno
intelligente per rispondere.
“So
di essere bella, grazie: È un dato oggettivo… Ma
“bellissima”.. non ti pare un
po’ esagerato e, soprattutto, soggettivo?” La
Serpeverde arricciò le labbra in
un ghigno, sperando di cancellare quello del biondo.
Malfoy
però non cambiò espressione, anzi il suo ghigno
si fece, se possibile, ancora
più irritante. “Sei la ragazza più
bella della scuola, insieme a Dominique, e
lo sanno tutti. Quindi direi che no, non mi pare che il superlativo sia
esagerato e soggettivo”.
Lei
colse al volo la via di fuga che la frase del ragazzo le aveva fornito
e
rispose con una certa sicurezza. “Lo stesso ragionamento vale
anche per
l’aggettivo che ho usato io: anche tu sei un bel ragazzo e lo
sanno tutti,
perciò il fatto che tu sia attraente è un dato
puramente oggettivo”.
Il
Grifondoro continuò a sogghignare e, sollevando una mano,
mosse l’indice a
destra e sinistra, mimando un “no”. “La
situazione è diversa, Weasley. Il fatto
che tu mi abbia descritto come “attraente”, vuol
dire che inconsciamente sei
attratta da me”.
Il
ghigno del ragazzo si allargò e Rose si ritrovò a
boccheggiare senza parole.
Io
attratta da Malfoy?
Si
riscosse abbastanza in fretta e scosse la testa.
Che
razza di assurdità.
“Ti
piacerebbe, Malfoy. Ma ti sbagli: ho detto che sei attraente
perché molte
ragazze sono attratte da te, ma non io. Chiaro?”
“Non
ti credo nemmeno un po’”.
“Problema
tuo. Siamo ancora sotto Veritasserum quindi non posso che essere
sincera”.
“Non
dubito della tua sincerità,Weasley, ma della tua
consapevolezza. Puoi dire di
non essere attratta da me anche se lo sei e farlo senza mentire,
perché sei
convinta di non esserlo”.
“Ti
sbagli”. Sibilò lei, leggermente sulla difensiva.
“Vogliamo
verificare?” chiese il ragazzo alzandosi dalla sedia su cui
era seduto e
avvicinandosi.
“Assolutamente
no!” rispose lei, sfidandolo con lo sguardo a fare un altro
passo.
Il
ragazzo si fermò, ma continuò a fissarla
ghignando. “Hai paura di scoprire che
ho ragione, perché in fondo lo sai che, se mi avvicinassi a
te, non riusciresti
più a starmi lontana”.
“Spiacente
sono più intelligente di così e non cedo alle tue
provocazioni”. Rose si alzò
dal banco su cui era stata seduta tutto il tempo. “Buonanotte
Malfoy”. Gli
voltò le spalle e si avvicinò alla porta. Non le
importava più di aspettare che
tutti gli altri studenti fossero tornati nelle loro stanza, voleva solo
andarsene da quell’aula prima
di
commettere un omicidio.
Posò
la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che
potesse aprirla un soffio
caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni
d’oro Weasley”
La
voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito,
un sussurro caldo
che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava
nemmeno toccando, ma
sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo
brivido
le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose
aprì la porta e
uscì senza voltarsi.
Conosceva
il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro
che resta
in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione.
Sono
attratta da Scorpius Malfoy.
Merda.
Rose
si diresse a passo spedito verso i sotterranei, la sua camminata
somigliava
molto ad una fuga. La ragazza sperava, ardentemente, di non incontrare
nessuno
e sentiva il bisogno, quasi soffocante, di parlare con Daria.
Merlino,
fa che sia qui dentro.
Pensò davanti alla porta chiusa della sua stanza.
Abbassò
la maniglia e constatò che Merlino, tanto per cambiare, non
le aveva dato
retta: la camera era vuota fatta eccezione per Moira che fissava il
soffitto,
sdraiata sul letto. La mora alzò lo sguardo sentendola
entrare e Rose registrò
distrattamente che non sembrava di buon umore.
Sfrecciò
attraverso la stanza e spalancò con foga la porta del bagno,
sperando di
trovarci Daria e trovandolo, invece, deserto. Si voltò e
setacciò di nuovo la
stanza con lo sguardo, ottenendo lo stesso risultato di prima.
“Daria?”
ringhiò.
“Ancora
fuori”. Rispose Moira, che la stava ancora guardando.
“L’ho vista uscire dalla
Sala Grande con tuo cugino”.
“Cazzo.”
Se era con James non sarebbe tornata molto presto.
“Se
hai urgente bisogno di lei, puoi contattarla
telepaticamente.” Rose la fissò
stralunata per un secondo: Malfoy aveva ragione anche su quello, quando
si
arrabbiava, Rose smetteva di ragionare.
“Oppure..”
continuò Moira prima che Rose avesse modo di contattare
effettivamente l’amica,
“invece di disturbare lei, puoi provare a parlarne con
me”.
“No
grazie”. Rispose, lapidaria.
“Siamo
amiche, Rose” Proseguì l’altra tirandosi
a sedere. “Se hai un problema puoi
parlarne con me”.
“Ho
detto: no grazie, Moira. Mi serve Daria”.
“Sì
ma Daria non c’è e non può esserci
sempre, Rose”. Il tono di Moira era rimasto
neutro, ma le sue parole le mandarono il sangue al cervello e la rossa
cessò
definitivamente di ragionare.
“Questo
lo so da sola, Kirson. Ma di sicuro non mi metto a parlare dei miei
problemi
con te, che non sei nemmeno mia amica”.
“Ah
no? E cosa sarei? No guarda lo so da sola: una povera idiota che perde
il suo
tempo ad ascoltare le tue cazzo di crisi isteriche, tutti i santi
giorni, e si
illude di contare qualcosa per una stronza a cui importa solo di se
stessa e
considera la sua migliore amica una specie di cagnolino scodinzolante
da
chiamare ogni volta che le gira”.
“Come
cazzo ti permetti di criticare il mio rapporto con Daria? Tu non sai
nemmeno cosa
vuol dire la parola amicizia! Dici tanto che siamo amiche, ma lo vedo
come mi
guardi a volte, sai? Come se volessi infilarmi un coltello nella
schiena. E tu
vorresti che io mi confidassi con te? Stronza doppiogiochista
ipocrita”.
“Stronza?! Tu
stai
chiamando stronza me? Tu che giochi da anni con i sentimenti di Dave,
che è
tanto scemo da crederti una specie di dea perfetta. Tu che fai finta di
non
sapere che è innamorato di te per continuare a fare i tuoi
comodi e ottenere
favori. Tu che te ne freghi se così uccidi lui e me”.
“Ma
che cazzo stai dicendo?! Io e Dave siamo amici!”
“No.
Io e Dave siamo amici. Tu sei solo
una stronza che fa finta di non sapere perché le conviene
così.”
La
sorpresa e l’incredulità scossero Rose quel tanto
da farle recuperare un po’ di
lucidità e capire che doveva chiamare Daria, subito.
-
ITALIANA!
Si può sapere dove
cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di
te–
Pochissimi
istanti dopo le giunse la risposta, preoccupata, della sua migliore
amica.
-
Cinque minuti e sono lì –
Rose
si rilassò leggermente e si sedette sul letto, gli occhi
fissi sulla porta, in
attesa.
Quando
vide la porta spalancarsi di colpo, Rose sospirò di sollievo
e ringraziò con lo
sguardo l’amica appena arrivata. Daria aveva il fiatone ed
era evidente che
avesse corso, ma non si prese nemmeno un secondo per riposarsi e,
immediatamente, chiese:
“Allora?
Che boccino è successo?”
Rose
non se lo fece ripetere due volte e condivise con lei tutti i suoi
ricordi di
quella sera, a partire dal momento stesso in cui si erano perse di
vista, alla
fine della prova.
Dopo
poco, però, Daria la interruppe: “Parti dal
principio o non capirò niente”.
Rose la guardò, confusa: lei era partita
dall’inizio, sapeva come funzionava.
Poi,
notò che Daria non stava guardando lei, ma Moira e che
quest’ultima aveva
annuito piano.
Anche
lei deve aver chiesto aiuto a
Daria. Strano, non è da lei.
Qualche
minuto dopo – Rose non aveva idea se ne fossero passati un
paio oppure una
marea – Daria sospirò pesantemente, con
un movimento fluido si staccò dal muro a cui si era
appoggiata e si sedette sul
tappeto verde con intarsi argentati che stava in mezzo alla stanza.
Fece
un gesto con la mano, come per invitarle a sedersi di fronte a lei e,
vedendo
che nessuna delle due si muoveva, esplicitò
l’invito a parole. La sua voce era tranquilla,
come se, sedersi sul pavimento quando c’erano ben cinque
letti disponibili,
fosse la cosa più naturale e normale del mondo.
“Allora
tanto per cominciare teniamo tutte a mente che oggi è stata
una giornata
abbastanza stancante per tutte e tre e che è comprensibile
essere un po’ più..
come dire? irritabili del solito, ecco. Questo non giustifica nessuno,
però
credo che, conoscendo la giornata e le ragioni dello stress
dell’altra,
potreste capirvi meglio e.. non so io sono convinta che conoscere la
storia
dietro ad un evento sia fondamentale per capirlo e aiuti parecchio.
Posso
raccontare, riassumendo i motivi per cui entrambe siete di cattivo
umore?”
Rose
annuì: conosceva le idee di Daria e, anche se in quel
momento trovava
leggermente irritanti i suoi modi tranquilli e un po’ da
psicologa, sapeva che
lei era la migliore in quel genere di cose.
Anche
Moira doveva aver annuito perché Daria cominciò a
parlare e a raccontare la
giornata di Rose. Con grossa sorpresa della rossa, però,
l’italiana non iniziò
il suo riassunto-racconto da dove lei aveva cominciato a mostrarle i
ricordi,
ma spiegò brevemente come Daria stessa avesse fatto stancare
l’amica con tutta
la sua ansia e come il dover bere il Veritasserum l’avesse
irritata.
Il
racconto di Daria fu breve e conciso, ma toccò tutti i punti
chiave e Rose si
rese conto, che, in effetti, il punto da cui l’altra era
partita era molto più
appropriato di quello che lei stessa aveva scelto.
“Moira,
ora riassumerò a Rose i motivi del tuo di stress e non ho
intenzione di
mentire, né cercare di trovare qualche scusa plausibile per
le tue parole. Non
lo faccio per mancarti di rispetto o contrariarti, ma perché
credo che uno dei
motivi per cui voi due oggi avete litigato sia il fatto che, per non
tradire
Dave, ti sei tenuta sempre tutto dentro e hai finito per
scoppiare”. La De Lupo
fece una pausa, senza, però distogliere lo sguardo da quello
di Moira.
“Immaginavo che prima o poi sarebbe successo,
Mo-Mò. Però credevo che saresti
scoppiata prima.” Un sorriso dolce comparve sulle labbra di
quella strana
ragazza e Rose scosse la testa, ormai rassegnata ai ragionamenti
incomprensibili
dell’altra. “Ci vuoi davvero bene, vero? E sei
riuscita a trattenerti solo
perché non volevi in nessun caso ferire Rose, né
creare problemi a me. Grazie e
scusa”.
“Non
mi devi ringraziare, Daria. E soprattutto non hai motivo di
scusarti”.
“Invece
ce l’ho eccome Mo-Mò. Non sto mantenendo molto la
promessa, vero?”
Rose
a quel punto era decisamente persa e non capiva di cosa stessero
parlando.
“Ora
questo ha un importanza minore, ma ne riparleremo, Mo.” A
quel punto Daria si
voltò verso di lei e la inchiodò con lo sguardo.
“Rose,
Moira non stava mentendo quando ti ha detto che Dave è
innamorato di te. È la
verità: tu gli piaci da anni, ma non te ne sei mai resa
conto e, senza volere,
l’hai ferito più volte. E questo ha ferito anche
Moira, perché, vedi.. lei ama
Dave incondizionatamente, anche se sa che lui vede solo te.
Noi
due possiamo solo immaginare cosa voglia dire, amare un ragazzo che ti
considera solo la sua migliore amica e non fa che parlare di
un’altra, che non
riesci nemmeno ad odiare perché anche lei è tua
amica e le vuoi bene. In più tu
non ricambi i sentimenti di Zab e lui soffre e si sfoga con Moira, che
sta
ancora più male e non sa cosa fare.
Con
questo non voglio dire che sia colpa tua, Rosie: non scegliamo di chi
innamorarci e spesso soffriamo e facciamo soffrire. Però,
quando a farci
soffrire o a soffrire per colpa nostra è qualcuno che ci
è vicino, beh.. è
ancora più dura.
Oggi,
durante il tuo quiz, Dave ti ha lodata in tutti modi possibili e,
quando ti ha
sentita dire che Scorpius era attraente.. beh è arrivato
alla stessa
conclusione e cui sei arrivata tu: ha capito che sei attratta da suo
cugino ed
è inutile dire che la cosa non l’ha reso felice.
Come al solito, si è sfogato
con Moira, che, stanca e di cattivo umore, si è sentita
rispondere male da te
ed ha finito con l’esplodere.” Daria concluse il suo
racconto e rimase in
silenzio, lasciandole un po’ di tempo per riflettere.
Rose
si voltò per osservare Moira: faceva fatica a credere che
lei, così matura,
realista e cinica, fosse innamorata di un ragazzo idealista e ottimista
come
Dave e le risultava ancora più difficile capire come fosse
stata in grado di
essere sua amica e restarle a fianco per anni senza esplodere mai,
nonostante
tutto lo stress, il dolore e la rabbia che doveva aver sentito.
Non
riusciva a capacitarsene e per un po’ dubitò della
sincerità della sua amicizia
per lei. Poi, però, si ricordò delle parole di
Daria e capì: Moira le voleva
bene, forse aveva iniziato a volergliene da prima che Dave si
infatuasse di
lei, e proprio perché a lei teneva parecchio era riuscita a
sopportare in
silenzio, fino a quel momento.
Il
suo altruismo e la sua forza colpirono profondamente la rossa
Serpeverde, che,
mai aveva immaginato di causare tanto dolore a quella che era, a conti
fatti,
una sua cara amica.
Il
loro rapporto era sempre stato strano: Rose le aveva sempre voluto
molto bene,
ma non si era mai confidata con lei, né fidata di lei e la
cosa non le aveva
mai creato problemi, perché nemmeno l’altra
l’aveva mai fatto. Ora, però,
capiva il perché del suo comportamento e, con immenso
stupore, si erse conto di
aver trovato un’altra persona che le era sempre stata
accanto, comunque e
nonostante tutto, un’altra persona di cui, forse, poteva
riuscire a fidarsi
completamente e totalmente.
All’improvviso
Rose si sentì un po’ meno sola e forse un
po’ meno unica, ma non era un brutta
sensazione. Anzi.
“Voi
due vi somigliate e non ve ne siete nemmeno rese conto: siete entrambe
profondamente altruiste, ma per voi è una cosa talmente
naturale che non ci
fate nemmeno caso”. Rose si voltò verso Moira
sperando che capisse: non era mai
stata brava a chiedere scusa o a parlare dei suoi sentimenti
– di solito lo
faceva Daria per lei – ma ci stava provando, a modo suo.
***
***
Daria
sorrise, sentendo la frase di Rose e capì che si stava
scusando, a modo suo,
con Moira.
Spero
solo che anche Mo-Mò lo
capisca.
“Bene!
Direi che io il mio lavoro l’ho fatto!”
esclamò alzandosi. “Ora nessuna di voi
due è curiosa di sapere cosa ho fatto io sta
sera?” Chiese con entusiasmo,
gettandosi sul suo letto.
“Non
ci interessa quello che hai fatto con Jam, Daria, a meno che non
abbiate
litigato furiosamente o pomiciato appassionatamente. Quello
sì che sarebbe
interessante”.
“Rosie,
credo tu abbia sbagliato persona, sono Daria non Meg: io non litigo con
Jam né
desidero segretamente di pomiciarci”. Fece, scherzando, poi
si rese conto che
c’era qualcosa che non quadrava: lei non era con James. Se fossi stata con James, me ne ricorderei, ma io
mi ricordo di essere
stata con Al. “E poi io non ero con James, ma con
Al”.
“Le
avevo detto che eri con suo cugino e deve aver frainteso”.
Spiegò, brevemente
Moira, che ancora non guardava Rose.
“Infatti
è così. Aspetta.. sei stata con Al tutto questo
tempo? Forza sputa il rospo!
Voglio sapere cosa avete fatto!”
Daria
sorrise e cominciò a raccontare, senza omettere nulla, a
parte lo scambio di
battute sulla scommessa di James: Rose non avrebbe gradito.
Raccontò loro
persino di Viperanda e della sua stronzaggine senza limiti: erano due
delle sue
tre più care amiche, si fidava ciecamente di loro e per loro
non aveva segreti.
Entrambe le ragazze si dissero disgustate dal comportamento della
Corner e Rose
promise che gliel’avrebbe fatta pagare, prima o poi.
Quando
Daria raccontò loro dell’Incidente entrambe
scoppiarono a ridere e cominciarono
a prenderla in giro.
“Non
ci credo! Al ti ha baciata! Non vedo l’ora di dirlo a
James!”
“Sporca
traditrice! Non ci pensare nemmeno a dirlo a Marmellata!”
“Senti
Daria”, cominciò Moira con una certa
serietà. “hai intenzione di farti baciare
da tutti i cugini di Rose o ti limiti ai fratelli Potter?”
“
Questa volta è stato un incidente! Solo un
incidente!” Daria, che si era illusa
che almeno lei fosse clemente, le lanciò un cuscino mentre
Rose iniziava ridere
più forte.
“Certo,
certo. Dicono tutti così”.
“Ehi, guardate che
ora si è fatta. Strano che
le due ochette non siano ancora rientrate allo stagno, no?”
Disse poi, cercando
di cambiare discorso.
Moira
alzò le spalle, indifferente. “Si saranno infilate
nel letto di
qualche ragazzo, come al solito. Dormono
fuori una notte su due e si permettono di dare della troia a te, Rose.
Che
ipocrite”.
Daria
percepì con chiarezza l’intensità del
momento: era la prima volta, in tutta la
sera, che Moira si rivolgeva direttamente a Rose e la guardava negli
occhi.
L’italiana guardò Rose e poi Moira, poi di nuovo
Rose e così via, spostando lo
sguardo dieci volte al secondo, abbastanza velocemente da farsi venire
il mal
di testa. Quando le vide sorridere si alzò di scatto, fece
alzare anche loro,
che si erano sdraiate, come lei, sui loro letti, e le coinvolse in un
abbraccio
di gruppo.
“Bisogna
festeggiare!” Esclamò contenta.
“Cosa?
Il fatto che tu sia riuscita a farti baciare da entrambi i
Potter?”
“O
è solo il bacio di Al a renderti tanto euforica?”
“Stronze!”
Esclamò Daria ridendo e pestando un piede ad entrambe.
Continuarono
a ridere e a scherzare per un po’ e, quando, finalmente,
spensero le luci e si
decisero a dormire, erano già le tre passate. Daria era
decisamente esausta e
sperava ardentemente in una notte tranquilla e riposante, ma le sue
speranze
furono deluse. L’italiana quella notte fece un sogno strano,
il primo di una
lunga serie.
Daria
vide una se stessa più grande
guardarsi in uno specchi a figura intera e lisciare nervosamente pieghe
inesistenti del suo abito da sposa. Era bianco e di fattura semplice,
ma le
calza a pennello e il colore chiaro creava un bel contrasto con la sua
carnagione e con i suoi capelli scuri lasciati quasi interamente
sciolti. Era
bella, molto più bella di quanto fosse abituata a vedersi.
Accanto
a lei c’era Rose che si
osservava in un altro specchio, anche lei più grande, anche
lei vestita da
sposa. Il suo abito, però, era azzurro chiaro e di fattura
più complicata e la
faceva apparire ancora più splendida.
“Rosie,
sei assolutamente
bellissima!”Esclamò Meg, vestita in un
bell’abito da damigella rosso fuoco.
“La
tua dolce metà avrà un infarto,
vedendoti. Credimi.”Moira indossava un abito uguale a quello
di Margaret, ma
verde.
“Lo
spero per lui”. Fece Rose
lanciando alla sua immagine un ultimo sguardo critico, poi si
voltò verso di
lei e disse “In ogni caso, penso che non sarà il
solo a necessitare del pronto
soccorso. Manderai mio cugino all’ospedale per apnea troppo
prolungata,
italiana.”
Daria
la guardò, scettica e
nervosa. “Dici?”
“Assolutamente!”
Fece Meg,
convinta.
“Già
al ballo di Halloween ad
Hogwarts gli era bastato vederti col vestito per restare a bocca aperta
e senza
parole. Lo stenderai, credimi”.
Daria
si svegliò di soprassalto, in testa un'unica domanda.
Per
quale assurdo motivo ho sognato
di sposarmi con James???
Spazio
autrice:
Innanzitutto
mi scuso per il ritardo disumano,
spero che la lunghezza dal capitolo basti a farmi perdonare, ma ne
dubito. Quindi,
se ci riesco, oggi vi posto tre foto. Tante come i mesi che
c’ho messo a
postare.
Il
capitolo.. Beh che sarebbe stato sincero l’avevo
detto, quante avevano intuito almeno in parte a cosa mi rifirevo?
Ad
ogni modo non ho molti commenti da fare.. credo
che si spieghi abbastanza da sé.
Solo
una cosa: ricordatevi del sogno di Daria, perché
sarà abbastanza importante in futuro.. Ah se siete attente
noterete che il
capitolo contiene il segreto per capirlo, almeno in parte..
Questa
è Moira
Questa
è Rose
E..
Questa è Daria
Un
bacio
AiraD
|
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Capitolo 9 *** 8) Dealing With... Problems and News ***
8)
Dealing With... Problems And News
Rose
si alzò presto quella domenica mattina e tutte le sue
compagne dormivano
ancora, compresa Daria, che la domenica si concedeva sempre una pausa
dagli
allenamenti e si alzava solo verso mezzogiorno.
La
rossa si sfregò gli occhi, stanca: quella notte aveva
dormito poco e male, la
testa troppo piena di pensieri per riuscire a prendere sonno.
Il
problema Malfoy era stato solo uno degli argomenti che
l’avevano tormentata e
anche quello meno ostico. Trovare una soluzione, o qualcosa che
somigliava ad
una soluzione, non era stato difficile: era tanto che non usciva con
qualcuno e
non si divertiva un po’, sarebbe bastato trovare un bel
ragazzo per distrarsi,
e tenere le distanze da Malfoy. Niente di troppo plateale: evitare di
trovarsi
da sola con lui sarebbe stato sufficiente ed era certa che, con
l’aiuto delle
sue amiche, non sarebbe stato difficile.
La
questione più impegnativa, con cui si era confrontata quella
notte, era il
difficile caso Moira-Dave: ci aveva impiegato parecchio, ma alla fine,
dopo
aver valutato con attenzione i pro e i contro, aveva messo appunto una
strategia. Avrebbe chiesto il parere di Daria e Moira e, se loro
avessero dato
il via libera, il suo piano sarebbe cominciato: all’apparenza
le cose tra lei e
Dave sarebbero state le stesse, ma, in realtà, la ragazza
avrebbe cominciato ad
allontanarsi gradualmente e lentamente, nella speranza che con il
raffreddarsi
dei rapporti anche i sentimenti del ragazzo si sarebbero raffreddati.
Con
Moira, invece, le cose sarebbero migliorate: Rose aveva tutta
l’intenzione di
impegnarsi al massimo per rendere più saldo il loro legame,
partendo
dall’evitare di comportarsi come una stronzetta egocentrica
troppo spesso.
Adesso
era in grado di capire quanto l’altra tenesse a lei e,
insieme a questa
consapevolezza, era arrivata anche una buona dose di sensi di colpa.
Sapere di
averla fatta soffrire così tanto senza rendersene conto la
faceva stare male e
la quantità di rabbia verso se stessa diventava
preoccupante. Doveva trovare un
modo per rimediare e per ringraziarla della sua presenza, di cui solo
ora
comprendeva l’importanza.
La
Serpeverde, immersa nelle sue riflessioni, uscì dal
dormitorio, dopo essersi
vestita, per fare due passi in riva al lago. Non incontrò
nessuno, né in sala
comune né in giro per i corridoi e presto raggiunse il
portone d’ingresso.
L’aria fredda del mattino la investì, svegliandola
del tutto e mettendola di
buon umore. Il freddo, per lei, non era mai stato un problema: ci era
abituata
e le era estremamente famigliare,
la
faceva sentire a casa.
Allora,
a mente più lucida, Rose si rese conto di quante cose
avessero un significato
molto più chiaro, adesso che sapeva dell’amore di
Moira per Dave. Non solo era
evidente il motivo delle occasionali occhiate assassine che la ragazza
le aveva
rivolto in passato, ma si spiegava anche perché le sue
relazioni non fossero
mai durate più di qualche mese: evidentemente non erano
stati che vani
tentativi di dimenticare Dave.
Doveva
inventarsi qualcosa, trovare un modo per ripagare Moira di tutti gli
anni di
silenziosa sofferenza e leale amicizia e per far sì che Dave
si accorgesse
finalmente di lei.
Devo
parlare con Daria, sono sicura che
lei ha già in mente qualcosa e...
“Weasley!
Che sorpresa! Cosa ci fai in giro tutta sola a
quest’ora?”
Rose
sobbalzò sorpresa, riconoscendo immediatamente la voce che
l’aveva colta alle
spalle e alla sprovvista. Si voltò lentamente, sperando di
essersi sbagliata,
di non aver appena sentito la voce di Malfoy: la delusione ovvia, ma
cocente
arrivò appena mise a fuoco il viso magro e perfetto del
ragazzo.
Fantastico!
Cominciamo proprio bene: non
sono passate nemmeno un paio d’ore dalla mia decisione di non
trovarmi mai da
sola con lui, che già mi trovo da sola con lui.
“Non
sono affari tuoi, Malfoy. Potresti gentilmente sparire?” Era
sulla difensiva,
la mente tutta impegnata a cercare una via di fuga, un modo per
andarsene in
fretta e senza alcun tipo di conseguenze.
“Non
credo proprio Weasley: mi diverto troppo a infastidirti e farti
infuriare... e
poi ti devo parlare”. Il ghigno indisponente che lo
accompagnava costantemente
sfumò in un’espressione più seria e
molto meno da lui.
Si
avvicinò di qualche passo e Rose non
indietreggiò, inchiodata dalla sorpresa di
vederlo tanto serio e dalla strana intensità nei suoi occhi
grigi. Strana
perché non sapeva di passione o soddisfazione, né
sembrava dovuta ad un impulso
del momento o al famoso masochismo marchio Grifondoro, ma piuttosto le
ricordava l’intensità concentrata e determinata
che aveva visto spesso negli
occhi di Daria o, qualche volta, saputo presente nei propri quando
metteva
completamente da parte i suoi interessi per fare ciò che
sapeva o riteneva
giusto.
“Ti
devo parlare perché vorrei.. chiederti di cancellare
completamente il nostro
discorso di ieri sera. È stato stupido, da parte mia,
insinuare certe cose e vorrei
che tu dimenticassi tutto: non tirerò mai più
fuori l’argomento... Tu non sei
attratta da me e io non lo sono da te, tu mi sopporti a fatica e io mi
diverto
a farti incazzare: tutto come prima, ok?”
Rose
annuì, scioccata: non desiderava altro, ma un discorso
simile da lui proprio
non se l’aspettava.
Malfoy
le rivolse un saluto, che la ragazza quasi non sentì, e si
voltò,
incamminandosi verso il castello. La Serpeverde rimase ferma, immobile
ad
osservarlo allontanarsi, stordita, confusa e sorpresa: quella
conversazione,
quell’incontro le parevano troppo inverosimili, surreali e
incomprensibili, ma,
per qualche motivo che nemmeno lei comprendeva a pieno, non le andava
di
correre da Daria perché l’amica risolvesse i suoi
dubbi.
Forse
non voleva dare alla cosa troppa importanza, forse non voleva
approfondire
l’argomento per non restare ancora più coinvolta,
per cercare di tenere
veramente le distanze e archiviare la questione .
Forse
non voleva più rivolgersi all’amica ogni volta che
non capiva qualcosa, forse,
come le aveva fatto capire Moira, era ora che la smettesse di far
risolvere
all’altra i suoi problemi e
che
imparasse a cavarsela da sola.
Il
motivo non le era chiaro, quello che le era chiaro, perfettamente
chiaro era
che Rose Weasley per una volta si sarebbe tenuta qualcosa per
sé, senza
condividerlo con l’amica. Almeno per il momento.
***
***
“Buon
giorno Jam!” Urlò Daria, fiondandosi a sedere
accanto a lui al tavolo dei
Grifondoro. Era ora
di pranzo e lei era sveglia
da poco e di ottimo umore. Gli mise una mano tra i capelli,
scompigliandoli
ulteriormente, e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
“Ciao
Miss Sole e Spiaggia” le rispose lui, allegro, mettendole un
braccio intorno
alle spalle. “Ma come siamo allegre stamattina! Che
è successo di così bello?”
“Ros
e Mo hanno appianato alcune divergenze e sento che le cose
d’ora in poi
andranno sempre meglio, in più è domenica e ho
dormito fino a mezz’ora fa. Come
potrei non essere di buon umore?”
“Ehi,
ma non si saluta più?” Intervenne Fred,
dall’altro lato del tavolo.
“Scusa
Freddie” Daria si sporse verso di lui, gli diede un bacio
sulla guancia e gli
scompigliò i capelli “Buongiorno!”
“Sicura
sia solo per quello?” chiese James riprendendo il discorso
dove Fred l’aveva
interrotto e rimettendo il braccio al suo posto, sulle spalle
dell’amica. “Non
centra niente il fatto che io ti abbia vista sparire con mio fratello,
ieri
dopo la prova?”
Daria
sorrise, entusiasta: non vedeva l’ora di dare la notizia a
James. “Sì hai
ragione! Siamo amici ora sai?” La ragazza sentì
l’amico sbuffare e il sorriso
si allargò. “In più lui ora sa la
verità su Viperanda!”
“Fantastico!
Adesso sì che si ragiona! Al lascerà quella
stronzetta e s’innamorerà di te!”
Lei
alzò gli occhi al cielo, esasperata e scettica.
“Su questo ho i miei dubbi,
Jam”.
“Io
no, so che vi innamorerete, sarete felici e avrete una marea di
marmocchi. Anche
se preferirei che tu scegliessi me: pensaci sono molto più
divertente, con me
non ti annoieresti mai”. Fred le fece l’occhiolino
e le lanciò uno sguardo
seducente, che quasi fece svenire Daria per le risate trattenute.
“Che ne dici,
piccola?”
“Non ci pensare
nemmeno, amico. Lei è di mio
fratello”. James guardò male il cugino e strinse
Daria più vicina a sé. La
ragazza non era sicura che lui si fosse reso conto completamente dello
scherzo:
anche se non era la prima volta che lei e Fred mettevano su scenette
simili,
Jam era sempre molto suscettibile sull’argomento, motivo per
cui prenderlo in
giro era ancora più divertente .
Il
ragazzo sbuffò, fintamente scocciato. “Non
è giusto, però! Dove la trovo io
un’altra ragazza carina, simpatica, brava a Quidditch e pure
ricca sfondata?!”
“Ah!
Lo sapevo! Tu non mi ami! Mi vuoi solo per i soldi!” Finse un
singhiozzo e
allargò le braccia in un gesto di disperazione, facendo
cadere a terra una
forchetta.
Quando
si chinò per raccoglierla e le sue dita toccarono il
pavimento, lei vide, in
una sorta di flash, un ragazzino del primo
anno avvicinarsi con le braccia cariche di cibo, inciampare proprio su
quella
mattonella, cadere a terra e lanciare piatti e cibo addosso a tutti i
ragazzi
vicini, compresa lei che stava parlando con Jam e Fred.
Daria
sbatté le palpebre e le immagini svanirono, le
sbatté ancora, confusa. Cosa
cavolo è stato?
“Ehi,
Miss Sole e Spiaggia, tutto bene?”
“Cos..?
Sì tutto a posto”. Disse lei, riscuotendosi, ma,
mentre si rimetteva a sedere,
vide lo stesso ragazzo avanzare barcollando nella loro direzione, con
la stessa
assurda quantità di cibo tra le braccia. Era vicino, ancora
un passo e sarebbe
finito su quella mattonella leggermente sollevata.
La
Serpeverde agì d’istinto: allungò il
braccio sinistro, posando la mano sul
petto del ragazzino, stabilizzandolo proprio mentre lui perdeva
l’equilibrio e
si sbilanciava in avanti. Con l’altra mano estrasse la
bacchetta ed eseguì un
incantesimo di levitazione, salvando i piatti e appoggiandoli sul
tavolo.
Daria
lasciò andare il ragazzino e si girò di nuovo
verso i suoi amici, tanto
frastornata che quasi non si accorse del ringraziamento balbettato e
imbarazzato del primino.
“Caspita
che riflessi, Daria!”
“è
stato solo un caso” rispose lei con un sorriso, ostentando
una calma che non
provava affatto.
Non
c’è motivo di andare nel
panico: è stata solo una semplice e banale coincidenza. Era
semplicemente
prevedibile che sarebbe caduto. Niente di strano.
Per
cambiare argomento disse: “Marmellata,
sai che sta notte ho sognato di sposarti?”
“Tranquilla
è assolutamente normale. Lo sognano in molte”.
Daria
gli tirò un coppino, giocoso.
“Arrogante”.
***
***
“Polisucco”
Rose entrò nella sala comune di Grifondoro, camminando
sicura, nessuno la
guardò con diffidenza o stupore: si recava spesso nella
torre lei, a volte
accompagnata da Daria, altre, come quella, da sola, ed era normale
vederla
entrare dal buco del ritratto almeno una volta al giorno.
La
rossa era, come al solito, in cerca dei cugini, sia di Jam e Fred che
di Al,
per lo stesso motivo, ma con scopi diversi. Il motivo era semplice:
ciò che la
Corner aveva fatto ad Albus.
Era
preoccupata per lui, molto preoccupata, lo conosceva da sempre e sapeva
quanto
fosse facile ferirlo. Lo stava cercando, proprio per quello: per assicurarsi che stesse
bene e per dargli
tutto il sostegno che poteva offrirgli. Se
tutto l’aiuto che ha ricevuto finora consiste in Malfoy e,
forse, in James,
potrò ritenermi fortunata se non sarà ancora
entrato in una fase di depressione
acuta e irreversibile. Io e miei tempi di realizzazione ritardati! Non
potevo
venire prima?
Jamie
e Freddie, invece, le servivano per un altro scopo: la vendetta. Sapeva
di non
poter contare né su Daria, né su Al stesso:
convinti com’erano che portare
rancore fosse inutile e dannoso, credevano che vendicarsi fosse molto
immaturo
e controproducente. Fortunatamente erano gli unici a pensarlo e la
ragazza era
certa che James e Fred avessero già qualcosa in mente e a
quel qualcosa lei
aveva tutta l’intenzione di partecipare.
Al
momento, però, la sua massima priorità era
trovare Al e per questo si diresse a
passo di marcia verso il dormitorio dei ragazzi del sesto anno.
Spalancò la
porta senza bussare, incurante della possibilità di
sorprendere qualcuno dei
ragazzi mentre si stava cambiando: non si sarebbe trattato di nulla di
nuovo, eccezzion
fatta per Malfoy, che
comunque aveva
visto entrare in Sala Grande poco
prima.
Dando
una rapida occhiata in giro, Rose vide che la stanza era vuota ad
eccezione del
cugino: Al Potter se ne stava sdraiato sul letto con un libro tra le
mani e gli
occhiali da lettura sul naso e la Serpeverde constatò, con
sorpresa, che
sembrava stare molto meglio di quanto si aspettasse.
L’unica
cosa strana, in tutta la situazione era l’ora: mezzogiorno
passato. Era
estremamente raro che Al saltasse i pasti e di solito la domenica lui,
come
tutti gli altri maschi della famiglia, mangiava dal momento in cui gli
elfi
facevano comparire la prima pietanza a quello in cui faceva scomparire
l’ultimo
piatto vuoto.
Il
ragazzo sollevò lo sguardo sulla cugina: “Ciao
Rosie, cosa ci fai qui?”
“Sono
venuta a vedere come stavi”. La ragazza si sedette in fondo
al suo letto,
scostando i piedi dell’altro. “Daria mi ha mostrato
quanto è successo”.
Lui
si tirò a sedere e le sorrise. “Grazie per essere
venuta, ma sto bene..”
Lei
lo guardò, scettica “Certo, certo. A chi vuoi
darla a bere Al?”
II
Grifondoro sospirò e si passò una mano tra i
capelli. “No, sul serio. Sto
bene.. c’è solo una cosa che.. cioè
ormai l’ho accettato…”
“Ovvero?”
“Beh,
almeno su una cosa, Amanda aveva ragione” Rose fece una
faccia schifata e
considerò attentamente l’ipotesi di schiantarlo
per farlo rinsavire, o di
ricoverarlo d’urgenza al reparto malattie mentali del San
Mungo, ma decise di
lasciarlo continuare, di lasciare che esprimesse i suoi dubbi: aveva la
netta
sensazione che l’altro avesse bisogno proprio di quello, di
essere ascoltato.
Avrebbe
avuto tutto il tempo, poi, di sgridarlo e, volendo, di schiantarlo.
“Anche
io, se fossi una ragazza, preferirei James.”
Continuò Al, inconsapevole del
fatto che la cugina avesse appena pensato di farlo internare.
“Io sono un
imbranato, un bambino di tre anni, non riesco a sciogliermi, a
lasciarmi
andare. So che una come lei è molto meglio perderla che
trovarla e non sono
nemmeno particolarmente ferito, però mi chiedo:
potrò mai puntare ad un altro
genere di ragazza, ad una che non sia interessata solo al mio cognome?
Forse
farei meglio a rassegnarmi all’idea che nessuna ragazza
intelligente e non
arrivista si accontenterà mai di me”.
“Non
dire stronzate, Al, e piantala di fare il disfattista. La Corner
è una
deficiente, nonché una grandissima stronza, e lo sai. Dovresti essere
contento di non
essere mai riuscito a lasciarti andare: significa che non ti sei mai
veramente
fidato di lei, non fino in fondo almeno, e questo ti fa onore. Quanto
al
rassegnarsi, toglitelo dalla testa! Primo: se lei sarà una
ragazza intelligente
e terrà sul serio a te, le importerà
relativamente delle tue capacità amatorie
e ti accetterà per come sei, e se non dovesse farlo allora
sarebbe lei a non
essere all’altezza, a non meritarti”. Suonava un
po’ come una frase fatta, Rose
ne era consapevole, però ci credeva davvero. Anche se non
era esattamente
un’anima romantica, di quello era veramente convinta: chi non ti accetta come sei non merita
né te, né il tuo affetto, né,
tantomeno, la tua fiducia. Era un po’ la sua
filosofia di vita.
“Secondo:
sono sicura che non sia una situazione definitiva, so che riuscirai a
scioglierti e, secondo me, scoprirai anche di saperci fare: sei un
ragazzo
sveglio e attento e la cultura di certo non ti manca, grazie ai
commenti di noi
cugine, specie miei e di Domi, e a quei maniaci pervertiti dei tuoi
amici, vedi
Malfoy e James. Devi solo trovare..”
“La
persona giusta?”
“Se
vuoi per forza essere romantico”. Fece lei, alzando le
spalle. “Io stavo per
dire una che ti faccia più sesso, ma suppongo vada bene lo
stesso: dopotutto
“la persona giusta” dovrebbe essere quella che
trovi più sexy e con cui, in
camera da letto, fai più scintille in assoluto,
no?”
Il
ragazzo sorrise, scuotendo la testa, evidentemente più
tranquillo. “Sei
tremenda. Con te il romanticismo va sempre a farsi benedire,
eh?”
“Che
ci vuoi fare. Qualcuno dovrà pur interpretare la parte del
maschio allergico ai
sentimenti, no?”
“Stai
per caso insinuando che sono poco virile?”
“Io?
Non mi permetterei mai.”
Si
sorrisero, più spensierati e Rose fu certa che il momento di
sfiducia e
semi-depressione fosse passato. Per
fortuna non l’ho trovato veramente depresso o in preda a
crisi esistenziali.
Non sono certa di essere molto più brava dei suoi amici a
consolare, anzi a
giudicare dallo stato quasi sereno in cui l’ho trovato loro
sono, senza dubbio,
più bravi di me. Sì sono una ragazza,
però, il lato materno non è mai stato
esattamente il mio forte: sono più brava a sgridare e a fare
la predica che a
consolare, io.
“Ah
Rosie, c’è un’altra cosa che volevo
dirti, già che per una volta parliamo di
cose serie”.
“Spara”.
“è
un argomento che non ho mai archiviato del tutto e ieri, chiacchierando
con
Daria, è venuto fuori.. Beh, volevo scusarmi come si deve
per quello che ti ho
fatto cinque anni fa”.
“Non
ce n’è bisogno, Al. Davvero. È acqua
passata ormai”
“Non
per me.” Fece lui serio e guardandola negli occhi.
“Non sono sicuro di essermi
scusato a dovere con te all’epoca e poi non abbiamo mai
più tirato fuori
l’argomento, perciò voglio scusarmi ora. Non
riesco a credere di essere stato
così stupido, ogni volta che ci ripenso mi vergogno come un
ladro. Il mio
comportamento è stato imperdonabile, immaturo e da vero
deficiente. Scusami
Rosie. Tu sei una delle persone più importanti della mia
vita, sei più forte,
coraggiosa e leale di un Grifondoro. Sei intelligente, sei sensibile e
non mi
hai mai negato il tuo aiuto anche se io ho tradito la tua fiducia e ti
ho
negato il mio nel momento in cui più ne avevi bisogno.
Scusa”.
Rose
lo abbracciò di slancio, sentì gli occhi farsi
lucidi e uno strano, intenso
calore farsi strada dentro di lei. “Grazie”.
Mormorò.
Quando
aveva detto che era tutta acqua passata ci credeva davvero, eppure..
non si era
resa conto che una parte di lei aveva sempre aspettato, sempre avuto
bisogno di
quelle scuse. Quelle scuse, che non avevano niente a che fare con il
perdono
imbarazzato e balbettato chiesto, quasi preteso da un ragazzino di
undici anni.
Quelle scuse e quel discorso, che erano frutto di un lungo ragionamento
e di un
senso di colpa che doveva averlo tormentato per molto tempo.
Anche
questo non si aspettava, non credeva che il cugino ci stesse ancora
rimuginando
sopra. Poi si ricordò di ciò che Daria le aveva
mostrato la notte prima, di
come Al avesse confessato alla sua amica di averla odiata per paura che
la
facesse soffrire, come aveva fatto lui.
Allora,
Rose Weasley, che non si fidava mai di nessuno e non permetteva mai a
nessuno
di condizionarla, si sentì, per la seconda volta in meno di
dodici ore, un po’
meno sola e un po’ meno unica.
“Ti
voglio bene Al, sei un ragazzo meraviglioso, non dimenticarlo
mai”. Da quanto
tempo non gli diceva di volergli bene? Da quanto non diceva a qualcuno,
che non
fosse Daria, quanto teneva a lui o a lei?
Poi
sorrise, ancora stretta al cugino e si lasciò andare ad un
sospiro liberatorio:
ora sì che le cose tra loro erano veramente a posto. Aveva
di nuovo il suo
migliore amico.
Si
staccò da lui, ancora sorridente, asciugandosi gli occhi. Meglio cambiare argomento o finisco a frignare come
una bambina.
“è
ora che io vada, cuginetto: devo trovare James e Fred”.
“A
quest’ora dovrebbero ancora essere in Sala Grande ad
ingozzarsi. Perché li
cerchi?”
“Mah,
nessun motivo particolare. Volevo solo fare quattro chiacchiere con
loro”. Il
moro le lanciò un’occhiata scettica, segno che non
se l’era bevuta. “Tu non
vieni?”
“Nah,
non è che muoia esattamente dalla voglia di vedere
Viperanda. Più tardi andrò a
sgraffignare qualcosa di buono dalle cucine”.
Lei
annuì e lo salutò con un largo sorriso.
Uscì dalla stanza e percorse in fretta,
quasi correndo, la strada fino alla Sala Grande, ancora più
impaziente e
determinata di prima. Amanda Corner avrebbe fatto meglio a prepararsi
perché la
sua furia aveva raggiunto livelli mai visti.
La
sua ira, però, scoprì Rose poco dopo, avrebbe
dovuto pazientare ancora un po’:
seduta insieme ai suoi futuri compagni di vendetta c’era
l’altra pacifista.
“Buongiorno
Rossa”.
“Ciao
cugina!” Urlarono James e Fred in coro, assordandola. La
Serpeverde, sospirando
rassegnata, si sedette accanto all’amica e notò
che sembrava scossa da qualcosa
e che stava cercando di nasconderlo.
“Sono
appena stata da Al. Sta meglio di quanto pensassi: non è
sceso perché non ha
voglia di vedere la stronza. Come biasimarlo?”
Chiacchierarono
per un po’ sull’argomento, poi Daria si
alzò, dicendo che un libro estremamente
interessante reclamava la sua attenzione immediata. Rose le permise di
dileguarsi senza interrogatori di sorta solo perché doveva
parlare coi cugini,
ma,se più tardi l’avesse vista di nuovo
così strana, l’avrebbe costretta a
raccontare.
“Ora
che se n’è andata possiamo parlare di
affari”.
“Non
so a cosa tu ti riferisca”. Fece Fred, sorridendo
strafottente.
James
ghignò e annuì. “Dovresti saperlo che
noi non facciamo mai affari con i
Serpeverde”.
Rose
non si lasciò scoraggiare: li conosceva come le sue tasche e
aveva immaginato che
avrebbero fatto scenette del genere. “Certo, ma so anche che
avete intenzione
di farla pagare alla Corner per quello che ha fatto ad Al e so che per
raggiungere il vostro obbiettivo avete intenzione di infrangere le
regole”.
“E
con questo? Tu sei solo un prefetto, mentre Jim è
Caposcuola: ha più potere di
te”.
“Vero,
non posso minacciare di punirvi, ma non ne ho bisogno.” La
rossa ghignò,
malefica e certa di vincere.
“Ah
no? e sentiamo, quale sarebbe la tua arma segreta?”
Il
ghigno si allargò. “Tre lettere: M-E-G,
Meg”.
Rose
vide il cugino rabbrividire e assottigliare lo sguardo. “Non
oseresti mai”.
“Tu
dici? Perché sai, cugino, io non ne sarei così
sicura. Certo non vorrei darle
un dispiacere proprio ora che inizia a pensare che tu sia un
po’ più maturo di
quello che credeva, ma voi non mi lasciate altra scelta”.
Quello era un altro
dei motivi per cui aveva aspettato che Daria si allontanasse:
l’italiana non
avrebbe gradito i suoi metodi di persuasione e si sarebbe arrabbiata.
Inutilmente visto che la rossa Serpeverde non aveva mai avuto
intenzione di
mettere in atto la minaccia.
Sia
James che Fred si allontanarono leggermente da lei, intimoriti, e Rose
capì di
aver vinto, definitivamente.
“Hai
vinto”, disse infatti James, che da sempre era il capo della
coppia. “Ma non
c’era bisogno di minacciare così pesantemente,
Rosie: sei una Weasley, sei
vendicativa, sei scaltra e noi ti avevamo già contato tra i
nostri”.
“Lo
so, ma spaventarvi a morte è troppo divertente”.
Scoppiò a ridere, incapace di
trattenersi oltre. “Avreste dovuto vedere le vostre facce!
Impagabile”.
Si
fece di nuovo seria e incrociò le braccia in attesa.
“Allora? Qual è il piano?”
“Non
abbiamo ancora organizzato niente di preciso, anche se l’idea
sarebbe quella di
tormentarla con piccoli scherzetti “innocenti” e,
soprattutto, anonimi fino a
farla impazzire”.
La
ragazza annuì. “Mi piace. Chi altro è
coinvolto?”
“Oltre
a noi tre, anche Lily, Hugo, i gemelli, Roxie e Scorpius”.
“Malfoy?”
Domandò esterrefatta.
“Esattamente.
Problemi, Weasley?”
Lei
si voltò verso il biondino che la osservava con un sorriso
di sfida. “Suppongo
di no, Malfoy: dopotutto sei il migliore amico di Al.” Si
alzò per andarsene,
poi concluse, minacciosa. “Ma se mi starai tra i piedi,
allora i problemi li
avrai tu. E grossi anche”.
Tutto
come prima, eh? Beh direi che ce
la stiamo cavando alla grande.
***
***
Quella
mattina il cielo era insolitamente privo di nubi e Daria ed Al erano
nel bel
mezzo di uno dei loro allenamenti. Senza preavviso, né
motivo il Grifondoro, dopo
aver parato un colpo della ragazza, si bloccò, guardandola.
L’italiana notando
la sua espressione insolita, si portò le mani al viso,
giusto per assicurarsi
che non le fosse cresciuta una qualche strana protuberanza.
Accertatasi
che non era così e che non sembrava esserci
nient’altro di anomalo, chiese,
vagamente preoccupata: “Tutto bene, mini-Potter?”
Lui
per tutta risposta fece un passo verso di lei e afferrò una
ciocca, che,
ribelle, era sfuggita alla treccia.
“Sbaglio
o fino a ieri avevi gli occhi neri e i capelli castano scuro? Hai
deciso di
cambiare look?”
Daria
lo guardò, confusa. “Eh?” Poi il suo
sguardo si posò sui capelli che lui teneva
ancora stretti tra le dita e sorrise: sembravano rosso fuoco. È sorto il sole e non me ne sono
nemmeno
accorta.
“Sì
e no, Al: io ho sempre avuto gli occhi blu scuro, troppo scuro per non
essere
scambiato per nero; ma è vero: ho i capelli castani, che al
sole, però, hanno
riflessi ramati”. Vedendo che il ragazzo non accennava
né a muoversi, né a
lasciar andare i suoi capelli, né, tantomeno, a levarle gli
occhi di dosso,
distolse lo sguardo e iniziò a parlare, per celare
l’imbarazzo. “Non te ne sei
mai accorto perché qui il sole non c’è
praticamente mai. Se ti consola credo
che nemmeno James li abbia mai visti, i capelli rossicci,
intendo”. Rialzò gli
occhi e incontrò quelli verde chiaro del moro che la stavano
ancora osservando,
aveva uno sguardo diverso, insolito uno che non gli aveva mai visto.
Non se lo
sapeva spiegare ed era strano per lei trovarsi a corto di spiegazioni o
di
teorie valide, cosa che iniziava ad accadere un po’ troppo
spesso per i suoi
gusti.
Fece
un passo indietro, costringendo l’altro a lasciar andare la
ciocca che aveva
preso in ostaggio. “Ci vediamo a lezione”. E se ne
andò, sentendo lo sguardo
del ragazzo sulla schiena.
Spazio
Autrice:
Mi
scuso, di nuovo, per il ritardo disumano. Mi
dispiace tantissimo non aver aggiornato prima e giuro che ho fatto di
tutto per
riuscirci, ma tra esami di maturità, cuori spezzati, viaggi
da organizzare,
ragazzini a cui fare da balia e questo capitolo che, lasciatemelo dire,
si è
fatto proprio i cazzi suoi, non ho potuto fare altro che aggiornare
così: di
corsa, per niente convinta, col capitolo che non è nemmeno
come avrebbe dovuto
essere. Non ho molto da commentare e, soprattutto; mi manca il tempo:
tra nemmeno
4 ore dovrei essere in aeroporto.
SCUSATE!
Davvero scusatemi per tutto.
Non
so
quando posterò di nuovo perché sarò
via fino a settembre e sarò senza il mio
amato net-book.
Non
metto di foto perché, come ho già detto, sono
di corsa.
Vi
chiedo ancora perdono (se ho ancora qualcuno a
cui chiederlo) per tutto: capitolo che fa schifo, commento inesistente
e foto
no-postate.
AiraD
|
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Capitolo 10 *** 9) New And Old Friends ***
Siccome
il capitolo scorso l’ho scritto
e postato un po’ di fretta e non ho lasciato un commento
decente, lo metto qui.
In
primis: strano il comportamento di Malfoy,
vero? Sarei curiosa di scoprire che spiegazioni vi siete date, ma
comunque non
potrò né vorrò dirvi se ci avrete
azzeccato.. quindi fate come volete: se vi va
di farmi sapere le vostre ipotesi, mi farebbe piacere leggerle..
altrimenti, no
problem!
La
decisione di Rose di non parlare con
Daria è importante: sta maturando e non vuole più
pesare sull’amica né dare
troppa importanza a qualcosa che non vuole ritenere importante. In
più sta cercando
di porre rimedio ai suoi errori, volontari o no.
Il
pezzo Al-Rose mi è uscito così, non
era pianificato. Però, nel momento in cui l’ho
scritto, ho capito che era
giusto, che i miei personaggi ne avevano bisogno.
Tutte
voi nelle recensioni del settimo
capitolo avete ventilato l’ipotesi che lo sposo del sogno di
Daria fosse Al..
beh non è detto.. ciò che volevo fosse chiaro
è che potrebbe essere sia Albus che
James e che la cosa veramente importante ai fini della storia non
è il sogno il
sé, ma il fatto stesso che Daria abbia fatto quel sogno..
Ok
altro punto che volevo chiarire: Al
non ha reagito così bene come sembra a ciò che
l’italiana gli ha rivelato, ha
avuto il suo bel momento di crisi, solo che qualcuno l’ha
aiutato a superarla.
Comunque penso che più avanti ci tornerò su.
Per
concludere volevo scusarmi nuovamente
per il mio comportamento e chiedere perdono per il tremendo ritardo con
cui sto
aggiornando.
Detto
questo vi lascio al capitolo, ci
rivediamo in fondo
9) New And Old Friends
Nel
castello iniziava a dilagare una certa, irragionevole, a parer suo,
agitazione:
il ballo di Halloween si stava avvicinando e l’intera scuola
era in fermento.
Daria,
come al solito, stonava: non era alla ricerca del cavaliere perfetto,
non
sperava di trovare il vestito dei suoi sogni, né aspettava
con ansia la sera
del ballo, sera che molte credevano sarebbe stata splendida, epocale,
memorabile. Lei si limitava a sopportare stoicamente l’essere
vittima
volontaria delle fervide e pericolose fantasie delle sue amiche e
l’essere
obbligata a partecipare al detestabile ballo. Del resto era naturale:
aveva chi
l’avrebbe accompagnata, aveva chi avrebbe pensato al suo
vestito e non aveva
alcuna aspettativa per la serata, se non quella di riuscire a
sgattaiolare via
il prima possibile.
Per
questo, la Serpeverde se ne stava tranquillamente e comodamente seduta
in
biblioteca tutta presa dalla lettura di un libro fantastico che,
ovviamente,
non trattava di nulla di scolastico o pseudo tale: l’italiana
leggeva molto
raramente libri riguardanti le materie scolastiche, senza che fossero
obbligatori
– a volte non lo faceva nemmeno quando lo erano – ,
e sempre per suo interesse
personale, mai per approfondire le conoscenze, migliorare una ricerca o
ampliare una relazione. Quelle, di solito, le copiava da Rose.
Daria
era completamente rapita dal racconto, ma, proprio mentre la storia si
avvicinava al punto di svolta, la lettura dell’italiana fu
interrotta: sentì i
capelli tirare leggermente e poi ricaderle, disordinati, sulle spalle.
La
ragazza non distolse lo sguardo dalla pagina del libro, pur
interrompendo la
lettura: non aveva bisogno di guardarlo per sapere che ad infastidirla
era
stato Albus Potter.
Il
Grifondoro aveva preso il detestabile vizio di scioglierle i capelli in
qualunque momento o situazione, solo perché sapeva che lei
odiava averli sulle
spalle e che lo trovava oltremodo fastidioso.
“Che
leggi di bello?” Chiese lui, con tono decisamente divertito
“Nulla
che ti riguardi, ladro di matite e disturbatore di fanciulle
indifese”. Rispose
l’altra, alzando finalmente lo sguardo e puntandolo con astio
sulla suddetta
matita, che lei aveva usato, fino a un momento prima, per tenere
raccolti i
suoi indisciplinati boccoli castani, e che ora giaceva nella mano del
moro.
“Fanciulla
indifesa, tu?” Chiese il ragazzo ironico, indicandole il
livido violetto che
lei gli aveva procurato durante i loro allenamenti mattutini.
“Comunque
dovresti smetterla di intrappolare i tuoi poveri capelli: sono
bellissimi e
dovresti lasciarli liberi. In più coi capelli sciolti stai
davvero bene, sai?”
“Non
sono affari che ti riguardino, mini-Potter. E ridammi la mia
matita”. Daria
allungò la mano recuperando il preziosissimo oggetto.
Albus
si accigliò: “Ti ho già detto di non
chiamarmi in quel modo: è fastidioso e
irritante”.
La
ragazza, per tutta risposta, fece un sorriso furbo:
“Smetterò di chiamarti
mini-Potter quando tu smetterai di sfruttare ogni occasione per
importunarmi”.
Il
Grifondoro mise su una smorfia da bambino capriccioso e fece tremolare
il
labbro, nel probabile ed inutile tentativo di corromperla.
“Ma è taaaanto,
tanto divertente”.
“Anche
chiamarti mini-Potter è taaaanto, tanto
divertente.” Fece, imitando il tono del
ragazzo. Poi aggiunse, con un sorrisetto beffardo
“Mini-Potter”.
“Uff..
sei proprio insopportabile tu”. Sbuffò il moro,
sedendosi accanto a lei.
“Nessuno
ti obbliga a sederti qui sai?” Ribatté
distrattamente, di nuovo immersa nella
lettura.
Dopo
poco il ragazzo la interruppe ancora. “Con chi vai al ballo?
Rose mi ha detto
che ti hanno obbligata ad andare, quindi immagino ti sia trovata un
cavaliere”.
“James”.
Rispose Daria, cercando di non perdere il filo del racconto.
“Lo
immaginavo. Io vado con Amanda. Sta diventando davvero noiosa, sai? Non
fa
altro che blaterare su quanto sarà bello il suo vestito e su
quanto farà morire
di invidia le sue amiche. Ultimamente, poi, è sempre
più difficile sopportarla:
con tutti i “piccoli incidenti” che continuano a
capitarle è sempre di pessimo
umore e quello che ci va di mezzo sono io. Non ne posso proprio
più. Sto
pensando di mettere da parte il nobile intento di tenerla alla larga da
altri
ragazzi e mollarla”.
Una
cosa su di lui l’aveva
azzeccata fin dall’inizio: logorroico. È davvero logorroico.
La
ragazza chiuse il libro, irritata “Potter ti hanno mai detto
che le biblioteche
servono per leggere, non per assillarmi coi tuoi problemi?”
Scostò
la sedia, si alzò e uscì dalla biblioteca, a
passo di marcia, ma già pentita
per come aveva trattato l’amico. Più
tardi mi scuserò con lui, ma ora ho davvero bisogno di un
po’ di calma.
Anche
se non condivideva l’agitazione che circolava nel castello,
questo non voleva
dire che Daria fosse calma. Al contrario, per lei quello era un periodo
strano.
Il suo umore, già soggetto a rapide variazioni normalmente,
negli ultimi giorni
era ancora più instabile del solito. Non era solo
perché il ballo che lei tanto
odiava si stava avvicinando inevitabilmente, i problemi erano altri: si
stava
abituando un po’ troppo
all’Inghilterra.
Il mare non le mancava più.
Sin
da quando aveva cominciato a frequentare Hogwarts, la nostalgia per il
Mar Mediterraneo,
per il suo mare era sempre stata una costante. Una piacevole e
rassicurante
costante. Sentire la mancanza del mare le ricordava chi era e da dove
veniva;
costituiva una sorta di legame con la sua terra natia.
Ultimamente
però non sentiva più quella tranquillizzante
nostalgia. La leggera malinconia
che le teneva compagnia da sempre era scomparsa e lei non riusciva ad
accettarlo. Non capiva perché fosse successo così
all’improvviso, anzi non
capiva perché fosse successo e basta. Aveva sempre pensato
che quello, almeno
quello, non sarebbe mai cambiato e invece…
E
la cosa più strana di tutte era che l’odore del
mare era il suo Riattivatore Speciale.
Tutti gli Eredi
avevano un RS:
una sostanza, un oggetto, un odore – poteva essere davvero qualunque cosa – che li aiutava a recuperare
più in fretta le
energie. E il suo era proprio l’odore del mare.
Perciò era ancora più assurdo
che non le mancasse più.
Di
conseguenza, Daria De Lupo in quel periodo, anche se
l’agitazione generale non
riusciva a contagiarla, era agitata, irritabile e di umore instabile
per conto
suo.
***
***
“Che
programmi hai per sabato?”
“Questo
sabato? C’è la gita ad Hogsmeade, se non
sbaglio”.
“Sì
infatti. Cosa pensi di fare, Mo?”
“Mah
il solito credo. Passerò la giornata con Dave, As e gli
altri ragazzi. Il che
vuol dire che mi toccherà sentir parlare di Quidditch e di
voi due per tutto il
tempo”.
“Bella
menata”. Osservò Daria da dietro un enorme libro.
“Ma
cosa dici? Moira è fortunata! Io e il Quidditch siamo
argomenti fantastci! Tu
un po’ meno, ma non si può avere tutto dalla
vita”.
“Hai
ragione. Se si potesse avere tutto io sarei in camera con Moira e Meg,
non con
te”.
Rose
fece un smorfia di disappunto, ma non commentò: rischiava di
perdere il filo.
“Comunque te l’ho chiesto per sapere se ti andava
di venire in giro per negozi
con me, Daria, Meg e Domi. Andremo a caccia di vestiti per il ballo!
Però ti
devo avvisare: sarà un’impresa
tutt’altro che facile. Sai quanto Daria ami fare
shopping e mettere abiti eleganti e quanto sia entusiasta della cosa..
beh Meg
è quasi agli stessi livelli”.
“Traducendo:
la Waterfall è refrattaria alla moda come Daria, quindi
trovare un vestito
decente che loro accettino di indossare sarà un
casino?”
“Esatto!
Che ne dici?”
“Per
me va bene! Se per tua cugina e per la Waterfall non è un
problema, ovvio”.
“Certo
che non è un problema! Anzi! Dom dice sempre che hai un
ottimo gusto nel
vestire, sarà contenta di poter usufruire del tuo
aiuto!”
“Oh,
me n’ero dimenticata” la voce di Daria, giunse un
po’ smorzata, da dietro il
libro. “Ho beccato Dominique per i corridoi l’altro
giorno: aveva appena
ricevuto una lettera da Artemis, dove le diceva di non prendere impegni
per
questo sabato perché le stava organizzando una sorpresa. Si
scusa molto, ma non
potrà venire per negozi con noi: è tanto che non
si vedono”.
Rose
la guardò sbigottita: dopo più di cinque anni,
restava ancora sconvolta di
fronte all’assoluta sbadataggine dell’altra.
Sospirò, sconfitta.
Si
voltò verso Moira e borbottò:“Pare che
ci toccherà fare a meno dell’aiuto di
Dom”.
La
mora le sorrise, empatica. “Ce la caveremo senza problemi,
vedrai”.
Rose
annuì: “Speriamo. Meno male che vieni anche tu
Moira, da sola sarebbe stato
impossibile”
L’altra
le sorrise ancora, poi si fece pensierosa. “Vi spiace se
pranziamo con Dave e
gli altri?” Esordì dopo un po’
“Ero già mezza d’accordo con loro e non
mi va di
dargli buca del tutto”.
“Non
ci sono problemi”. Disse la rossa, senza pensarci: pranzare
con gli amici di
Dave non poteva essere male. Un
momento….
Gli amici di Dave! “Aspetta, chi sono gli altri di
preciso?”
Moira
sorrise, di nuovo. Non sembrava turbata dalla sua reazione.
“Asa, i fratelli
Potter, Fred Weasley e Malfoy.Stai tranquilla Ros: saremo in tanti. E
io e D.
ti terremo lontana dalle sue grinfie”.
Rose
le sorrise grata: la mora aveva tenuto conto del suo problema, prima di
proporre loro il pranzo.
“Grazie,
Moira”.
“Di
nulla, a proposito come va con lui?”
“Non
va. Per fortuna. Non ci vediamo quasi mai se non a lezione e alle
riunioni dei
prefetti e in entrambi i casi siamo circondati da altre
persone”.
In
realtà Rose vedeva Malfoy anche per un altro motivo: la
vendetta su Amanda
Corner. Vendetta, di cui non poteva parlare in presenza
dell’italiana, ma che
stava procedendo particolarmente bene.
Era
un
piano estremamente semplice, il loro. Semplice, ma efficace: facevano a
turni e
ogni giorno uno di loro organizzava qualche scherzo con cui
perseguitare la Corner.
Siccome le menti erano tante, anche il tipo di scherzo cambiava e la
Corvonero
non aveva la benché minima speranza di identificare i
responsabili. Persino il
custode si era visto costretto a rassegnarsi dal momento che tutti i
suoi
sospettati fornivano sempre un alibi che veniva puntualmente confermato
da
almeno altri otto studenti.
A
Rose costava ammetterlo, ma di tutti gli scherzi che stavano portando
la Corner
alla pazzia il migliore era senza dubbio quello escogitato da Malfoy
solo
qualche giorno prima: il ragazzo, lungi dall’inventarsi
qualcosa di complicato
e di difficile riuscita, aveva semplicemente incantato gli specchi in
modo che
distorcessero l’immagine di Viperanda, rendendola molto
più simile ad una
balenottera che a una vipera.
Rose
sospirò, frustrata: l’attrazione non aveva
cancellato la rivalità, affatto.
“Dai
su con la vita Ros! Ti basterà tenere le distanze per un
altro po’ poi potrai
tornare ad odiarlo e affatturarlo senza conseguenze.”
La
rossa Serpeverde sorrise contagiata dall’insolita
positività dell’altra. “Già!
La mia assurda e immotivata attrazione per quel deficiente di Malfoy ha
i
giorni contati! Sarà un capitolo chiuso ancora prima del
ballo!”
“Oh,
me n’ero dimenticata.” A quella frase, Rose si
voltò verso il letto
dell’italiana, preoccupata: aveva un brutto presentimento.
“Belby l’altro
giorno mi ha detto che tutte le coppie di aspiranti caposcuola dovranno
ballare
assieme almeno un’intera canzone.”
Le
ci volle qualche secondo per assimilare la notizia. Durante il breve
lasso di
tempo in cui il suo cervello navigava beatamente
nell’ignoranza, vide Moira
fissarla con occhi decisamente preoccupati e ansiosi.
Poi
la realtà la colpì e Rose iniziò a
vedere rosso. Un secondo dopo era in
ginocchio sul letto dell’amica, le mani intorno al suo collo
abbronzato.
“Quando
pensavi di dirmelo, eh?! Quando?! Quando?!”
Moira,
che evidentemente se l’aspettava, reagì
prontamente, separandole con un
semplice Protego. “Calmati, Rose: se n’è
dimenticata, non l’ha fatto a posta”.
“Non
me ne frega una pluffa! Non si ci può dimenticare di una
cosa simile!”
“Scusami,
Rossa. Hai ragione tu: non avrei dovuto dimenticarmene e il fatto che
io abbia
la luna storta, ultimamente, non è una scusante”.
L’ira
di Rose, come al solito, si sgonfiò in un secondo, alle
parole dell’amica.
Nemmeno lei capiva come fosse possibile che il tono tranquillo
dell’altra
bastasse a calmarla, quasi, ogni volta.
“Comunque,
anche se mi sono dimenticata di parlartene, non ho scordato di pensare
ad una..
soluzione alternativa, diciamo”.
Rose,
nemmeno a dirlo, si illuminò all’istante.
“Ovvero?”
“Ho
chiesto a papà di mandarmi una fialetta di Polisucco, dalla
mia scorta
personale. Quest’estate mi annoiavo e ho rimpolpato un
po’ le mie scorte di
pozioni, ma non ho pensato a portarmi della Polisucco a scuola, anche
se ne ho
distillato due claderoni interi: non credevo ne avremmo avuto
bisogno”.
“Vuoi
usare la Polisucco per scambiarci?”
“Sì.
Così tu ballerai con Al e io con Scorpius e non ci saranno
problemi”.
“Non
funzionerà”. Rose si voltò di scatto
verso Moira, che le osservava seduta sul
proprio letto. “Tu” Fece indicando Daria,
“non sai né mentire, né recitare. Sei
bravissima ad omettere dettagli e a dire la verità nel modo
che ti conviene, ma
non sei mai stata capace di mentire. Non riusciresti a fingerti Rose:
siete
troppo diverse. Così come tu, Rose, non riusciresti mai a
fingerti lei”.
“Ma
io so mentire e so recitare!”
“Vero.
Tu sei brava a mentire e a recitare, ma fingerti timida e refrattaria
alle
attenzioni altrui va oltre le tue capacità”.
Rose,
suo malgrado fu costretta ad ammettere che la mora aveva ragione. E
questo
significava solo una cosa: lei era nei guai.
“Hai
ragione. Non ci avevo pensato.” Rose squadrò
l’amica con attenzione, i conti
non le tornavano: Daria pensava sempre a tutto, a tutte le
eventualità e a
tutti i possibili problemi. Che
cos’hai
italiana?
“Non
possiamo nemmeno scambiare te e Rose perché Dave capirebbe
subito che c’è
qualcosa che non va”.
“Ma
io non vado più al ballo con lui, lo sai”.
“Questo
non cambia niente. Lui passerà comunque molto tempo con
entrambe e..”
“Come
non vai più al ballo con Dave? Gli anni scorsi siete sempre
andati insieme”.
L’espressione scioccata di Moira la fece sorridere. Avrei potuto dirglielo prima, solo che.. non sapevo
come… L’aveva
fatto per lei. Se si stava impegnando così tanto per
allontanarsi da Dave, se
ci stava provando così intensamente era solo per Moira.
Certo voleva bene anche
a Dave e le sarebbe dispiaciuto illuderlo, ma Rose Weasley era una
creatura
egoista e mettere le distanze da Zabini si stava rivelando faticoso. Se
non
fosse stato per Moira, probabilmente avrebbe rinunciato subito, forse
non ci
avrebbe nemmeno provato. “Gli anni scorsi non sapevo che lui
fosse interessato
a me, e, soprattutto non sapevo che lui interessasse a te”.
“Non
me ne ha parlato…”
Daria,
abbandonando definitivamente il libro sul letto, si alzò e
abbracciò la mora da
dietro, circondandole il petto con le braccia e posandole il mento
sulla testa.
“Starà ancora cercando di assimilare le
cosa”
Moira
annuì. “Cosa gli hai detto Ros?”
“Che
trovavo egoista e ingiusto continuare ad impedirgli di invitare una
ragazza a
cui fosse veramente interessato e di non preoccuparsi per me,
perché avrei comunque
trovato un accompagnatore. Cosa che, tra l’altro, ho fatto
oggi”.
“Ovvero?”
“Ovvero
Jake Mitchell”.
Daria
inaspettatamente scoppiò a ridere così forte che
Moira si staccò
dall’abbraccio, confusa. Rose sospirò, troppo
abituata alle assurde reazioni
dell’altra per preoccuparsi veramente. L’italiana
prese fiato, poi disse: “Voi
due siete davvero assurdi”.
“Noi
assurdi, ma ti sei vista, italiana? … Aspetta noi due
chi?”
L’altra
non la degnò di una risposta e le chiese, sorridendo
divertita “Sai con chi va
al ballo Scorpius?”
“Dovrebbe
interessarmi?”
La
castana, di nuovo, non la considerò e andò avanti
imperterrita. “Va con
Christine Baston. Adesso, Mo-Mò, dimmi se non sono
assurdi”.
La
mora ridacchiò “In effetti”.
Rose
sospirò. Jake Mitchell, Grifondoro, settimo anno. Aspirante
portiere della
squadra della sua casa, erano anni che Jake cercava di soffiare il
posto a
Malfoy e l’anno prima, quando il biondo era infortunato,
l’aveva sostituito per
buona parte della stagione e aveva fatto di tutto per non dovergli
restituire
il posto. Si poteva benissimo dire che Jake fosse il Grifondoro meno
apprezzato
da Malfoy.
Comunque
io non vado al ballo con Mitchell per quello.
Christine
Baston, Grifondoro, sesto anno. Cacciatrice titolare della squadra di
Quidditch
della sua casa, erano cinque anni – da quando entrambe
avevano cominciato a
giocare – che lei e la Baston si davano battaglia, erano
cinque anni che la
Baston riusciva a segnare in tutte le loro partite. Si poteva benissimo
dire
che Rose la sopportasse appena più di quanto sopportava
Malfoy.
“Piantatela
di ridere. Io vado al ballo con Jake perché è un
bel ragazzo e non è uno che si
fa aspettative. Quanto a Malfoy, avrà i suoi motivi. Se
invece lo fa per
irritarmi, spreca il suo tempo”.
“Certo”.
Rose scoprì che il sorrisetto ironico di Daria, conseguenza,
a parer suo, di
tutto il tempo che l’italiana passava con James, poteva
essere davvero molto
irritante.
“Time-out
voi due. Devo andare in sala comune a recuperare il libro di difesa,
cercate di
non ammazzarvi mentre non ci sono”.
Moira
si avviò verso la porta, sorridendo e quando
passò vicino a Rose, la rossa la
sentì sussurrare: “Grazie, Rose”.
***
***
“Rose
mi ha detto che Daria sarà
uno schianto allucinante stasera. Curioso di vederla, fratellino? O
agitato?”
Albus
alzò le spalle con
indifferenza, poi sorrise, malandrino “A me hanno detto che
la Waterfall farà
una vera e propria strage”. Si voltò verso
Scorpius e cugino e aggiunse. “Ma,
stando alla mia fonte, pare che
sarà
Rosie a vincere la gara”.
Dave
sorrise, ma non riuscì a
replicare perché interrotto dall’esclamazione di
James.
“OH,
Merlino”
“D.
mi senti?” Moira la guardava preoccupata e le sventolava una
mano davanti agli
occhi.
“Sì
scusa ero solo distratta”. Daria
sospirò,massaggiandosi le tempie: le pulsavano
terribilmente. Come dopo ogni flash.
“Ti
accade un po’ troppo spesso ultimamente”.
Moira
aveva ragione: tutto ciò le accadeva davvero un
po’ troppo spesso. Almeno una
volta al giorno, se era molto fortunata.
Non
capiva cosa potesse essere, o meglio sapeva
cosa non poteva essere.
Aveva
ipotizzato che fosse una nuova strana malattia magica, ma
l’infermiera, Madama
Lones, le aveva assicurato, solo qualche giorno prima, che non aveva
niente
fuori posto, tutti i valori perfettamente nella norma.
“Già…
Cosa stavi dicendo?”
“Ti
stavo chiedendo se la Waterfall verrà ad Hogsmeade con
noi”.
“No”
rispose una voce dietro di loro. “Meggie ci ha precedute al
villaggio”.
Entrambe si voltarono verso Rose. La rossa sorrise a qualcuno dietro di
loro. Probabilmente
a qualcuno di sesso maschile e bell’aspetto dietro di loro.
“è andata col suo
ragazzo”.
Daria
annuì. “Sei in ritardo, Rossa. Abbiamo
appuntamento con l’altra rossa…”
lanciò
uno sguardo al suo babbanissimo orologio da polso in plastica colorata
e
concluse, seccata. “esattamente ora.. ai Tre
Manici”.
“Andiamo,
italiana cosa vuoi che sia? Scommetto che a Meg non dispiace.
È col suo
ragazzo”. Daria sbuffò.
“Da
quanto tempo stanno insieme?” Chiese Moira. “Non
sapevo nemmeno avesse il
ragazzo”.
“Si
sono messi insieme poco prima delle vacanze. Saranno quanto.. due, tre
mesi?”
“Quasi
cinque”. La corresse Daria, istintivamente: l’altra
aveva un concetto del tempo
che.. beh definirlo lato è, come
dire..
un eufemismo? Uno grosso però.
“Dettagli”.
La rossa fece un cenno con la mano per ribadire il concetto.
“A Daria non
piace”. Aggiunse a beneficio della mora.
“Come
mai?”
Daria
scrollò le spalle. “Non so spiegarlo, non mi piace
punto. È una sensazione a
pelle”.
“O
forse è solidarietà nei confronti di
Jamie”. Aggiunse Rose, con un sorrisetto.
Moira
sorrise, capendo al volo il riferimento. Loro due, Moira e Daria, erano
amiche
da anni, quindi l’altra
era stata a
conoscenza delle teorie dell’italiana ancora prima del
diretto interessato.
“Non
centra. È qualcosa di diverso, mi sa di.. sporco.. come se
nascondesse cose..”
“Tutti
nascondiamo cose, D.” La precisazione di Rose non era
provocatoria o derisoria,
ma seria. Era una tacita regola dell’amicizia, di come la
concepivano loro
l’amicizia, almeno: non si scherza sulla sofferenza di
un’amica, nemmeno se era
solo una possibile, remotamente possibile, sofferenza.
L’altra
annuì. “Speriamo solo che il mio istinto
sbagli”.
“Solo
che non succede quasi mai”.
Dopo
il commento di Moira la conversazione si spostò su toni
più leggeri e andò
avanti senza intoppi fino ai Tre Manici Di Scopa.
“Siete
in ritardo”.
“Colpa
di Rose. Grazie per averci salutate, comunque”.
“Ciao!”
Meg sorrise apertamente. “Sapevo che
non poteva essere che colpa tua, Weasley”.
“Ciao
Meggie, Ethan. Sempre tutti a dare la colpa. Siete voi due ad essere
troppo
fissate con gli orari”.
Il
saluto di Rose al ragazzo di Margaret, le ricordò della sua
presenza. Si sforzò
di mettere su un sorriso cordiale. “Buongiorno
Davies”
“Rose,
De Lupo.” L’altro sorrise di rimando ad entrambe.
Era la sua impressione o
quando si era rivolto a lei il suo sorriso era sembrato ancora
più tirato e
falso di quello che si stava costringendo ad indossare lei?
“Vi affido
Margaret”. Detto questo, il ragazzo-che-nasconde-cose si
allontanò.
“Meg,
conosci Moira, vero?”
La
rossa annuì. “Di vista e indirettamente, tramite
queste due pettegole”. Fece
rivolgendosi direttamente alla mora. Poi le tese la mano.
“Margaret Waterfall,
o più semplicemente Meg”.
Moira
la strinse con un sorriso. “Anch’io ho sentito
parlare di te, Meg. E devo dire
che ti sei già guadagnata tutta la mia stima: sopportare
Daria durante tutte
quelle ronde notturne l’anno scorso.. devi proprio essere una
tosta”.
“Ehi!”
Protestò Daria, fingendosi indignata, ma col sorriso sulle
labbra. Il suo
istinto, quello che non sbagliava quasi mai, le diceva che quelle due
sarebbero
andate d’amore e d’accordo.
Meg
sorrise, divertita: “Ho sopportato di peggio”.
“Potter
grande?” Suggerì la mora.
“Potter
grande”. Confermò l’altra con un sospiro
sconsolato, ma il sorriso divertito.
***
***
“Forza!
Ci sono ancora due negozi da controllare. Vedrete che troveremo i
vestiti
adatti a voi!”
Daria
sbuffò: “Altri due negozi? Ti detesto
Weasley”.
Meg
annuì, sconsolata “Che poi non ho capito
perché cerchiamo solo i vestiti per me
e Daria. Non dovreste occuparvi dei vostri?”
“Noi
i nostri vestiti li abbiamo già. Li abbiamo presi insieme
quest’estate. Cosa
che facciamo tutti gli anni”.
All’espressione
stupita e sconcertata delle altre due, Moira aggiunse: “Ma vi
pare che ci
saremmo ridotte all’ultimo per comprare il vestito? E poi ad
Hogsmeade c’è
troppa poca scelta”.
Rose
annuì. Comprare il vestito lì al villaggio,
limitando in modo considerevole le
proprie possibilità di scelta, era impensabile, per lei come
per Moira e Dom. Aprì
la porta dell’ennesimo negozietto e la tenne aperta per le
sue amiche.
Si
stava divertendo da matti. Persino il pranzo coi ragazzi non era stato
male.
Malfoy era seduto all’altro capo del tavolo, quindi non aveva
avuto problemi ad
ignorarlo ed era riuscita a non dare troppa confidenza nemmeno a Dave
con la
scusa di dover chiacchierare con Meg per non farla sentire troppo a
disagio.
Che poi non era una scusa. Meg, tra loro quattro, era quella meno a suo
agio:
Moira girava sempre con Asa e Dave, quindi era un membro di quello
strano
gruppetto fatto di Grifondoro e Serpeverde, tanto quanto gli altri
ragazzi;
Daria era amica di tutti i ragazzi presenti e, anche se di solito aveva
a che
fare con loro singolarmente o, al massimo, a coppie, si era trovata
benissimo
anche nel contesto di gruppo. Per lei valeva un discorso simile: la
metà di
loro erano suoi cugini e gli altri, eccezion fatta per Malfoy, erano
suoi
amici.
Meg,
al contrario, non conosceva quasi nessuno. Le uniche persone con cui
era in
confidenza erano lei e Daria. Andava d’accordo con Moira, ma
si conoscevano
direttamente solo da un paio d’ore. Senza contare che era
seduta di fronte a
James e, per quanto il loro rapporto non fosse più
completamente disastroso e
unicamente basato su scherzi e rispostacce, la cosa non aveva
contribuito a
farla sentire a suo agio.
“Wow,
questi sì che sono problemi veri: dove andare a comprare il
vestito. E io che
pensavo fossero la fame nel mondo, il razzismo, la dissolutezza della
società e
altre cavolate simili..”
Rose
sbuffò: era tutto il giorno che Daria le prendeva in giro
con il suo sarcasmo.
Una piccola vendetta ci stava. Si voltò verso Moira che le
fece l’occhiolino.
Eccome se ci stava.
“Senti
un po’ italiana” Esordì la mora, con
tono serio “che effetto ti ha fatto vedere
le tue prede insieme?”
Daria
arrossì immediatamente: “Jam e Al non sono mie
prede”.
“Vero”
acconsentì Rose “sono prede del tuo fascino
latino”.
“Ma
la volete piantare con questa storia?!”
Moira
e Rose scoppiarono a ridere, mentre il colorito dell’altra
tendeva sempre di
più all’aragosta.
Meg
le guardò, confusa “Lo raccontate anche a me
così rido anch’io?”
Daria
tappò la bocca sia a Moira che a Rose, prima che potessero
dare la loro, di
spiegazione e raccontò brevemente alla Grifondoro del
bacio-incidente.
“Ok
afferrato. Ma Potter grande che centra con questa storia?”
“Ti
interessa eh?” Fece Daria insinuante.
Meg
scrollò le spalle: “Sono solo curiosa”.
Rose
approfittò della distrazione dell’italiana, che
stava scrutando l’altra rossa,
e si liberò dalla sua presa.
“James
centra tutto. È stato lui il primo bacio di Daria”.
“Trovati!”
Esclamò a quel punto Moira, indicando un paio di vestiti.
“Decisamente
sì! Forza! Provateli!” Rose, già
dimentica del suo proggetto di far imbarazzare
l’amica per vendicarsi delle prese in giro, li
afferrò e spinse entrambe le
ragazze dentro i camerini.
“Siete
stupende!” L’esclamazione entusiasta di Moira,
qualche minuto dopo la fece
voltare.
La
ragazza scrutò le amiche con sguardo critico, poi
annuì e sorrise estasiata.“I
vestiti sono decisamente perfetti!”
Spazio
autrice:
Daria
è un po’ in crisi, eh? Beh abituatevici
perché
sarà una condizione ricorrente. Anzi direi che la cosa
è destinata a
peggiorare. Rose, invece, secondo me sta dando prova di una notevole
maturità,
eccezion fatta per alcuni scoppi di rabbia improvvisa che fanno troppo
profondamente parte della sua natura.
Moira
è un personaggio che mi piace, è una tosta e
lei e Meg diventeranno sempre più importanti: ora che il
quartetto si è
costituito sarà difficile sfaldarlo.
Ero
tentata di spiegare il discorso del primo bacio
e di descrivere i vestiti direttamente in questo capitolo, ma, siccome
sono una
persona perfida, preferisco aspettare. I vestiti li rimando al capitolo
del
ballo, che, tra l’altro, è il prossimo, mentre
quello del primo bacio.. beh
forse tra un paio.. non so voglio dare sia a voi che a Meg un
po’ di tempo in
più..
Per
quanto riguardo gli strani flash di Daria no
comment. Io, perché come ho detto prima sono una persona
cattiva, non voglio
darvi nessun indizio né suggerimento.
Spero
di riuscire a postare il prossimo capitolo di
qui a un mese, ma non prometto nulla. Tra lavoro ed
università devo capire come
ri-organizzare la mia vita e far quadrare tutto e tutti e potrebbe
volermici un
po’. Ciò nonostante non ho la benché
minima intenzione di abbandonare la
storia. Mai.
Ok
provo a postare le foto dei ragazzi:
Scorpius
Al
Non
sono ancora riuscita trovare Dave, ma se qualcuna
avesse qualche suggerimento sarebbe più che gradito
Un
bacio
AiraD
|
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Capitolo 11 *** 10) Halloween ***
10)
Halloween
“Adesso
sei perfetta” Alle parole di
Dominique, Rose sollevò lo sguardo dallo specchio che stava
usando per rifinire
il proprio trucco, si voltò verso Daria e la fece alzare per
ammirare la loro
opera. Lei, Daria, Moira e Domi si erano riunite in camera di Meg,
l’unica ad
avere una stanza tutta sua, per prepararsi insieme, o meglio lei Dom e
Moira si
erano preparate insieme e insieme avevano preparato Meg e Daria.
Nessuna di
loro tre si fidava molto delle altre due.
Osservò
l’amica con occhio critico, girandole
intorno. Il lungo vestito blu senza spalline rendeva la sua figura
ancora più
slanciata e il profondo spacco laterale dava quel tocco di
sensualità che
mancava. I suoi occhi blu erano stati valorizzati dal colore del
vestito e dal
trucco blu, sapientemente steso e sfumato da Dominique.
L’unica cosa che non la
convinceva erano i capelli sciolti. Le stavano benissimo, ma forse i
capelli
raccolti erano più adatti a quel vestito.
“Sei
sicura di volerli lasciare sciolti? Il
vestito è senza spalline, avrebbe più senso
raccogliere i capelli e lasciare le
spalle completamente scoperte”.
“Se
devo sembrare un’altra, facciamolo come
si deve. I capelli raccolti sono il mio marchio di fabbrica”
Sbuffò,
contrariata. “E poi così mi sento un po’
meno nuda”.
Rose
alzò un sopracciglio: era strano che
volesse tenere i capelli sciolti, ma non protestò oltre.
Aveva perso fin troppo
tempo in passato per convincerla a non legarli, non si sarebbe
lamentata
proprio ora che era lei stessa a proporlo.
“Almeno
tu hai il vestito lungo! Io nuda lo
sono veramente”.
“Tranquilla
Meg. Stai benissimo e non sei
nuda. Il vestito non è così corto”.
L’altra rossa sbuffò alle parole di Moira e
Rose sorrise. Anche lei era un piccolo capolavoro di cui essere
orgogliosa. Indossava
un vestito corto a balze beige, tranne per alcune balze di un marrone
più scuro
e l’ombretto dorato le valorizzava i grandi occhi color miele.
“Siete
assolutamente splendide! E noi siamo
assolutamente geniali! Ottimo lavoro colleghe!” Dominique
alzò un pugno al
cielo in segno di esultanza, muovendosi con grazia quasi surreale nel
suo
splendido vestito chiaro.
“Sì,
abbiamo ottenuto un bel risultato, ma
avevamo anche una buona materia prima” Disse Moira, senza
distogliere lo
sguardo dallo specchio a figura intera che stava usando per finire di
mettersi
a posto l’acconciatura. “Non è tutto
merito nostro e non c’è motivo di essere
così esaltata, Dom”. La bionda le fece una
linguaccia, ma non sembrò essersela
presa. Quelle due andavano abbastanza d’accordo, ma mai
quanto Moira e Meg.
L’affinità tra loro era sorprendente, erano
entrate in confidenza in pochissimo
tempo e senza alcuno sforzo e Rose ne era entusiasta.
Speriamo
che Dave non si comporti da idiota e dia a Mo le attenzioni che si
merita.
Moira,
infatti, sarebbe andata al ballo con
Zabini e Rose sperava che le cose tra loro cominciassero ad andare nel
verso
giusto.
Voglio
dire Moira è bellissima, stasera. Se non la nota
è proprio scemo.
Vestito
verde e argentato, capelli raccolti e
tacchi vertiginosi, Moira non era mai stata così splendida e
Rose era davvero
convinta che Dave non potesse semplicemente non notarla.
Era
l’unica a pensarlo, però. Daria non si
era pronunciata in merito, mentre Moira le aveva detto che si stava
illudendo e
che non sarebbe bastato un vestito corto perché lui la
guardasse come guardava
lei.
“Siamo
sicure che Jam non avrà la malsana
idea di mascherarsi?”
“Assolutamente
sì. Mi sono occupata personalmente
dei vestiti di tutti i miei
cugini e ho mandato Louis ad accertarsi che non facciano di testa loro.
Visto
che è troppo piccolo per partecipare al ballo tanto vale che
si renda utile e
si assicuri che quei trogloditi non facciano sfigurare la
famiglia.”
“A
quello, Dom, ci ha già pensato mio padre
anni fa. Con quel suo orrendo abito da cerimonia marrone.”
Rose rabbrividì
disgustata. Tra sua madre, che aveva sempre preferito le librerie ai
negozi di
abbigliamento, e suo padre, che indossava certe cose, era un miracolo
che lei
avesse un minimo senso estetico.
La
rossa Serpeverde tornò a dedicarsi al
proprio trucco e, dopo cinque minuti buoni, annunciò:
“Pronta!”
“Era
ora! Ci hai messo secoli Rose”.
“La
bellezza richiede tempo e pazienza Meg.
Tempo e pazienza. Essere sempre bellissima non è uno
scherzo. Non lasciarti
trarre in inganno da me, che lo faccio sembrare semplice e
naturale.” Disse con
aria da maestrina e atteggiandosi a gran diva. “Bisogna
essere costanti,
pazienti, attenti e….”
“E
soprattutto modesti, vero Rose?”
“Hai
centrato il punto, Moira”. Annuì con
esagerata convinzione. “Ci vuole anche la modestia, prendete
esempio da me”.
“Ma
ti sei sentita? Sembri Potter!” Disse
Meg, ridendo.
Moira
scosse la testa sconsolata. “E dopo
questa sferzata di umiltà, direi che possiamo andare. Prima
che a Daria venga
una crisi isterica”.
“Giusto!
In marcia!”
Rose
si alzò in piedi e procedette per prima
oltre la porta, spedita ed aggraziata nel
vestitino azzurro e verde che le lasciava scoperte le gambe lunghe e magre.
Era
prontissima per la serata. Si sarebbe
divertita e goduta il suo bel cavaliere e, soprattutto, sarebbe stata
alla
larga da Malfoy. Avrebbero dovuto ballare insieme, ma non sarebbe stato
così
tragico: si trattava di una sola canzone, al termine della quale si
sarebbe
affrettata a mettere una distanza di sicurezza tra sé e Mr.
Presunzione.
Magari
prima di allontanarmi gli pesto un piede.
Che
splendida idea!
Se
gli
faccio abbastanza male gli renderò impossibile ballare con
quell’oca della
Baston.
Ridacchiò,
malefica, tra sé e sé al pensiero
di fare un dispetto sia a Malfoy che alla sua simpaticissima dama.
***
***
Concentrata.
Un passo dietro
l’altro, calma e attenzione. Aventi, pratico le arti marziali
io. Un paio di
tacchi non può mandarmi in crisi no? Pensò,
mentre si
concentrava al massimo per riuscire a camminare senza ammazzarsi.
Scoccò
un’occhiata colma d’odio alle tre ragazze poco
più avanti, che incidevano con
grazia e sicurezza. Lei era certa di sembrare un’impedita.
Meg le camminava
lentamente accanto, nemmeno la Grifondoro sembrava particolarmente a
suo agio
su quei trampoli.
Sì,
ma almeno lei non sembra una
giraffa zoppa.
Sbuffò
frustrata. Odiava i tacchi.
“Qualcosa
non va, Al?”
“Ti
odio Rossa. Profondamente”.
“Tranquilla
Daria! Ti sostengo io!” Disse Dom affiancandola ed offrendole
il braccio.
L’altra le sorrise grata.
Oh,
me ne stavo per dimenticare
Cercò
la bacchetta tra le pieghe del vestito e la utilizzò per
appellare una fialetta
contenente un liquido rossastro. Le ragazze in genere non portavano la
bacchetta
a feste come quella, ma lei come Rose e Domi, lo faceva sempre. Erano
cresciute
coi racconti di guerra e certe precauzioni, come avere sempre la
bacchetta a
portata di mano, venivano loro naturali.
“Che
cos’è?”
“Una
pozione inibitrice”.
Rose
si voltò, ancora, di scatto. “Una pozione
inibitrice? Ma ti indebolirà”.
“Se
non la prendessi rischierei di impazzire e di finire K.O. per uso
esagerato dei
miei poteri, Ros. Preferisco avere qualche energia in meno”.
La
pozione inibitrice avrebbe, appunto, inibito le sue eredità
individuali,
rendendole impossibile utilizzarle per qualche ora. Detestava prenderla
e lo
faceva raramente. Non la prendeva nemmeno per gli esami, solo
l’anno prima, in
occasione dei G.U.F.O. e su insistenza dei commissari esterni, aveva
accettato
di prenderla.
Quella
pozione oltre a privarla temporaneamente dei suoi poteri ausiliari, le
portava
via anche parte delle sue energie. Era un po’ come un calo di
pressione
improvviso. Non era il massimo, ma era l’opzione migliore.
L’alternativa,
il non prenderla, avrebbe avuto effetti peggiori.
Con
tutto quel baccano, con tutta quella gente che ballava, parlava,
urlava,
sussurrava, rideva, piangeva… sarebbe impazzita, poco, ma
sicuro. Non sarebbe
riuscita a tenere sotto controllo il suo udito, a limitarlo, come
faceva di
solito. Avrebbe captato tutto, perché per lei era naturale
captare più suoni
del normale e non farlo, tenere il suo udito a bada richiedeva sempre
un po’
della sua concentrazione. Ci era abituata e in condizioni normali non
era un
grosso sforzo, ma quelle non erano condizioni normali.
La
sua telepatia, poi, aveva un nemico, o un alleato, naturale, a seconda
dei
punti di vista: l’alcool.
Era
sicura che il punch, se conosceva un po’ Fred, sarebbe stato
corretto
pesantemente. E questo per lei era un piccolo disastro. Non sapeva bene
per
quale motivo, ma era in grado di sentire i pensieri di chi aveva bevuto
un po’.
Più che sentirli, era come se le venissero urlati nelle
orecchie, come se
glieli martellassero nel cervello.
Probabilmente
l’alcool, rendendo i pensieri più indisciplinati,
li rendeva anche meno legati
alla persona che li formulava, meno “privati”. Le
si fiondavano da soli nel
cervello, senza che lei li cercasse e senza che lei o il proprietario
dei
pensieri lo volessero e, non essendo abituata a ricevere, Daria, non
era brava
a schermarsi, a tenere i pensieri altrui fuori dalla propria testa.
Trasmettere
le veniva naturale, ma ricevere no. Non in quel modo, almeno.
Tutte
quelle informazioni non richieste l’avrebbero mandata fuori
di testa e tutto
quell’uso involontario, ma esagerato delle sue
eredità l’avrebbe mandata K.O.
Tutti gli Eredi dovevano usare i propri poteri aggiuntivi con
parsimonia,
perché usarli li stancava.
Stappò
la fialetta e ingoiò la pozione in un solo sorso. Storse il
naso per il sapore
amaro e rabbrividì. Detestava quella sensazione. Non poter
contare sulle sue capacità
extra…. era come essere cieca e sorda.
Sentì
qualcuno afferrarle l’altro braccio e sorrise, vedendo che
era Rose e che
l’aveva presa a braccetto.
“Finirai
per svenire, italiana. Sei già abbastanza debole di
costituzione”.
Un
paio di rampe dopo, Dominique le lasciò il braccio e disse:
“Io scendo per
prima! Voglio vedere la faccia di James!” E
schizzò via con la sua solita,
innata grazia.
“Non
riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata
e femminile”.
“I
geni Veela, Meg. I geni Veela”.
“Bene.
Muoviamoci”.
“Quanta
fretta D! Cos’è non vedi l’ora di
volteggiare tra le braccia di Jam?”
“Ah
ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso
sedere”.
Lei
e Rose si incamminarono a braccetto, Meg accanto all’altra
rossa e Moira pochi
passi più avanti.
Quando
iniziarono a scendere l’ultima rampa, entrando nella visuale
degli studenti che
erano già arrivati nell’ingresso, Daria fu certa
di stare arrossendo
brutalmente. Era imabarazzatissima e assolutamente a disagio. Sperava
ardentemente che nessuno la riconoscesse, perché lei di
sicuro non si
riconosceva: senza la sua divisa un po’ trascurata, ma comoda
o i jeans logori,
non era lei, non si sentiva se stessa.
Teneva
lo sguardo basso, concentrato sulle sue decolté blu, ma,
sentendosi osservata
intensamente, lo sollevò di scatto, incrociando quello di
Al. Non si preoccupò
di decifrarlo o di capire cosa il ragazzo stesse pensando, ma si
affrettò a
tornare a guardare le proprie scarpe. Tirò un sospiro di
sollievo, quando i gradini
finirono e lei si staccò dall’amica per
avvicinarsi a James.
Domi,
in piedi accanto al fidanzato, li osservava con aria estremamente
divertita.
“Non è prudente restare a bocca aperta tanto a
lungo, ragazzi: potrebbe
entrarci qualcosa”.
James
sorrise e le passò un braccio dietro alla vita, lasciando la
mano sul suo
fianco all’altezza dell’anca, e
l’italiana, a quel tocco intimo e familiare, si
sentì immediatamente più a suo agio,
più tranquilla. Il contatto con James era
così giusto, così naturale e normale per lei, da
avere lo stesso effetto di un
calmante.
“Wow”
Esordì il moro, restando letteralmente a bocca spalancata,
per lo stupore. “Sei
assolutamente stupenda, Daria”.
“Mmm”.
Fece lei, poco convinta.
Lui
la strinse un po’ più vicina e si piegò
verso di lei, per sussurrarle: “ Non
devi essere a disagio. Indossi abiti diversi, ma sei sempre
tu”. Sapeva sempre
cosa dire e cosa fare, il suo James.
Sono
maledettamente fortunata ad
averlo con me.
Gli
sorrise grata e si prese un secondo per osservarlo. Pantaloni neri e
camicia
rossa, rigorosamente senza cravatta, coi primi bottoni rigorosamente
slacciati.
Era proprio bello da morire il suo migliore amico. “Anche tu
non sei niente
male, Marmellata. Ma cerca di non montarti la testa”.
Lui
ignorò bellamente il suo ultimo consiglio e si
gonfiò come un tacchino. “Altro
che niente male! Sono un figo da paura. Sei proprio fortunata ad avere
un
accompagnatore così figo. Sono così bello che mi
porterei al ballo da solo”.
“Ecco.
Come non detto”. Ridacchiò lei.
“Allora
James, che ne dici: abbiamo fatto un bel lavoro?” Alle parole
di Dom la loro
piccola bolla privata scoppiò, ma la ragazza rimase
abbastanza rilassata,
merito della stretta familiare e un po’ possessiva
dell’altro.
“Anche
troppo, cugina. Dovrò passare la serata a tenerla sotto
stretta sorveglianza e
a tenerle lontano qualunque essere senziente e di sesso
maschile”.
“Mi
so proteggere da sola, Jam”. Sospirò, scoccando
un’occhiata raggelante ad un
paio di ragazze che la stavano guardando male da lontano. Evidentemente
rientravano sia nell’ampia schiera di ammiratrici del
ragazzo, sia
nell’altrettanto ampia schiera di oche che non capivano il
loro rapporto.
***
***
“Io
scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!”
“Non
riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata
e femminile”.
Commentò, Meg, osservando Dominique sparire dietro
l’angolo.
“I
geni Veela, Meg. I geni Veela”.
“Bene.
Muoviamoci”.
“Quanta
fretta D! Cos’è non vedi l’ora di
volteggiare tra le braccia di Jam?”
“Ah
ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso
sedere”.
Rose
sorrise e si incamminò sostenendo l’amica. Anche
lei, come la cugina, era
curiosa di vedere la reazione dei ragazzi, di vedere che facce
avrebbero fatto
i loro amici trovandosi davanti una Daria vestita decentemente. Non
potevano
immaginare che l’italiana fosse così bella, non
quando lei stessa non faceva
niente perché lo notassero e si impegnava per passare
inosservata.
Era
quasi certa che James avrebbe deciso di tenerla sotto stretta
sorveglianza per
evitare che qualche “bruto” la portasse via al
fratello.
O
così o la manda a cambiarsi. Non che
lo permetterei, sia chiaro.
Suo
cugino James era uno spasso.
Era
decisa a concentrasi sulle reazioni di Jam, Al e Jake. Non avrebbe
considerato Malfoy.
Non le importava di
essere notata da
lui, la sua opinione era del tutto ininfluente.
Scese
le scale puntando i suoi occhi azzurri sul suo cavaliere, focalizzando
la sua
attenzione sullo sguardo del ragazzo. Fece una smorfia di disappunto:
quell’espressione
compiaciuta non le piaceva.
Illuso.
Io non mi sono di certo fatta
bella per lui.
Non
è così importante.
Nessun
ragazzo lo sarà mai
Spostò
la sua attenzione su James, sicura che la sua, di reazione, non
l’avrebbe
delusa. E infatti il caposcuola
stava
fissando la sua collega con una tale intensità da essere
quasi preoccupante.
Provò a scrutare l’espressione di Meg per vedere
se si era accorta dello
sguardo di James, ma lei sembrava totalmente concentrata su Ethan,
anche se il
rossore sul suo viso non le tornava. La
Grifondoro non era tipo da arrossire così facilmente.
Secondo lei, l’aveva
notato eccome, lo sguardo perso ed estasiato di James.
Peccato
che Daria sia troppo concentrata
sulle sue scarpe per accorgersi di qualunque cosa, eccetto il colore
dei
gradini.
Poi
spostò lo sguardo sull’altro Potter e
rischiò quasi di cadere e far cadere
l’amica: aveva un’espressione strana, sorpresa e un
po’ buffa, che Rose non
sapeva spiegarsi e che, di sicuro, non si sarebbe mai aspettata di
vedergli
addosso. Quello sguardo le era familiare. Si era vista guardare in quel
modo
molte volte, ma non se lo sarebbe mai aspettato da Al. Era
l’espressione che
avevano a volte i ragazzi quando restavano profondamente colpiti,
ammaliati dal
suo aspetto.
Sorrise
divertita e lanciò uno sguardo malizioso all’amica
che non si era accorta di
nulla, lasciandola poi andare per avvicinarsi a Jake. La smorfia di
disappunto
di nuovo al suo posto. Avrebbe dovuto rivolgerle uno sguardo diverso.
Non si
aspettava certo di vedergli la stessa espressione di James, nemmeno lo
voleva,
ma il ragazzo avrebbe dovuto guardarla nello stesso modo in cui Al
aveva
guardato Daria. Un po’ meno sorpreso, magari.
Pretendo
troppo?
Mi
sa di sì.
“Non
è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi:
potrebbe entrarci
qualcosa”.
Jake,
quando lo raggiunse, le rivolse i soliti, tipici complimenti di rito,
che lei
accolse con un sorriso falso quanto l’oro dei Lepricani. Non
sapeva perché, ma
lui la irritava. Era tanto compiaciuto solo perché al ballo
con lei, Rose
Weasley, e la cosa non aveva senso.
Ho
accettato il suo invito solo per far
irrita…
No. Ho accettato solo perché è
un bel ragazzo.
Di
certo non pensavo che avrebbe fatto
irritare me!
Cercò con lo
sguardo qualcuna delle sue
amiche, per condividere con
loro il suo
neonato malumore, ma la cosa non ebbe l’effetto sperato.
Daria stava
chiacchierando con Domi e James, Meg si stava dirigendo in Sala Grande
insieme
a Ethan, e Moira, in piedi accanto a Dave, stava parlando con Malfoy e
compagna. Il biondo non la notò, ma, in compenso,
incrociò lo sguardo della
Baston, che le sorrise e fece un cenno di saluto.
Non
era una ragazza antipatica, oggettivamente parlando, ma Rose non la
poteva
sopportare. Era un ottima cacciatrice, aveva bei voti e un bel fisico
ed era
Grifondoro: in pratica la sua rivale naturale.
Bionda,
minuta, con tutte le giuste curve e un vestito rosa pallido che faceva
risaltare il suo fisico. Sembrava fatta a posta per stare
lì, in piedi con la
mano di Malfoy sulla schiena.
Rose
si voltò irritata, tornando a prestare attenzione a Jake.
***
***
“Ho
assoluto bisogno di sedermi Jam”. Disse Daria, con un sorriso
e il fiato corto.
Alla
fine, contrariamente alle sue aspettative, si stava divertendo. Tutto
merito di
quei due pazzi scatenati di James e Fred. Il rosso si era presentato al
ballo
da solo, come suo solito, con il preciso scopo di rimorchiare qualcuna
durante
la serata. Per il momento, però, aveva passato
più tempo con loro, che alla
ricerca di una povera anima in pena da poter consolare.
I
due cugini l’avevano fatta ballare, girare e saltare,
passandosela come se
fosse una palla. Ora a girare era la sua testa.
Si
aggrappò al braccio di James per recuperare un minimo di
equilibrio. Il mondo
intorno a lei vorticava. Il ragazzo
si voltò a guardarla, gli occhi castani preoccupati.
“Hai preso di nuovo quella
pozione orribile, vero?”
“Non
avevo molta scelta, Jamie. Lo sai. Comunque sto bene, davvero. Mi devo
solo
sedere”. Lui sbuffò e le passò un
braccio dietro la schiena, mentre con l’altro
le afferrava le gambe per sollevarla.
“Mettimi
giù, Potter. Non c’è bisogno di fare
tutte queste scene”.
“Allora
non farne e smettila di dimenarti”. Lui le rivolse un
sorrisetto divertito.
Ovvio, metterla in imbarazzo era uno dei suoi hobby preferiti.
Insieme
a cercare di farmi mettere
con suo fratello. No quella è più che altro
è un’ossessione.
Il
ragazzo la posò finalmente su una delle sedie e poi si
portò le mani dietro la
schiena, come per massaggiarsela, una finta smorfia di dolore sul viso.
Almeno
Daria sperava fosse finta. “Morgana che fatica. Sei una finta
magra tu, sai?”
“Nessuno
ti aveva chiesto di prendermi in braccio, infatti. È stata
tutta una tua idea,
ora non ti lamentare”.
“Sei
tu che non ti dovresti lamentare. Sai quante ragazze darebbero una
gamba per
farsi portare in braccio da me?”
“Fammi
indovinare: nessuna?”
Lui
fece una smorfia, fintamente contrariato. “A milioni. Sono il
sogno erotico dei
tre quarti delle ragazze di questo castello”.
“Esagerato”.
James
le sedette accanto, passandole un braccio intorno alle spalle, con fare
protettivo. “Comunque avresti dovuto dirmelo. Avrei evitato
di farti stancare
così”.
“E
perdermi lo spettacolo di te e Fred che travolgete la Corner, facendole
dare
una sonora culata per terra? Giammai”. Entrambi i ragazzi
risero al ricordo di
una Viperanda, furiosa e mortificata, che si era ritrovata col sedere
sul duro
pavimento di marmo freddo. Travolta dal ballo sfrenato dei due cugini.
“Non
vorrei essere nei panni del mio povero fratellino”.
“Nemmeno
io. La Corner è solo una stronza. Stronza e troia. Albie
dovrebbe mollarla”.
Daria sollevò gli occhi su Rose che aveva appena parlato con
tono piuttosto
irritato.
“Vacci
piano con tutto questo buon umore, cugina. Potresti rischiare di
sorridere. Non
sia mai!” Il sarcasmo di James non era esattamente
l’idea migliore con una Rose
di pessimo umore.
“Jamie,
carissimo, perché non vai a prendermi qualcosa da
bere?” Daria intervenne prima
che la rossa potesse scoppiare.
“Giusto.
Perché non vai a prenderle qualcosa da bere?” Rose
lo fece alzare con uno
strattone, per poi rubargli il posto.
“Ah
le donne”. Il Grifondoro si allontanò con le mani
incrociate dietro la testa.
“Jam!
Analcolico mi raccomando!” Il ragazzo le fece un sorrisetto
diabolico, che
convinse l’altra a non bere nulla di quello che le avrebbe
portato. Se lei si
fosse ubriacata non sarebbe bastata una semplice, debole pozione
inibitrice a
sedare i suoi poteri. Nella migliore delle ipotesi avrebbe sparato i
suoi
pensieri nelle menti di tutti i presenti.
“Allora
Rossa, come procede?” L’altra sbuffò e
incrociò le braccia al petto. “Così
male?”
“Mitchell
è un idiota. Un idiota irritante. È convinto che
io sia stata ammaliata da lui.
Dico ma ti rendi conto? Io ammaliata da qualcuno. Da
un’idiota simile poi”.
Daria
le passò un braccio intorno alle spalle. “Povera
Rose. Però pensaci: è naturale
che si sia montato la testa. Sei sempre andata al ballo con Dave,
sempre, poi
all’improvviso rompi una tradizione di anni e accetti il suo
invito. È logico
che si sia illuso. Senza contare che non ha mai brillato di
intelligenza, il
ragazzo”.
“Umf.
Dovrei smetterla di cercare di fare la persona altruista. Finisco solo
per
complicarmi la vita. Come riesci a farlo sempre? È
estenuante”.
“Mah..
abitudine? E comunque in questo periodo sto facendo ben poco di
altruista.
L’hai notato? Ci siamo scambiate i ruoli. Io sono talmente
fuori fase che non
noterei nemmeno un gigante in mezzo alla Sala Comune. Tu, invece,
sembri dotata
di un radar”.
Rose
sorrise, un po’ più rilassata. “Vedi?
Sempre detto io: siamo la coppia
perfetta. Ci compensiamo pure in queste cose. Quando tu diventi un
po’ più
egocentrica, io sviluppo un po’ di altruismo. Siamo
PER-FET-TE”.
“Assolutamente
sì. Dovremmo sposarci, Ros”.
“Adesso
non esagerare, Al”.
Daria,
comunque era un po’ preoccupata per l’amica. Se ne
accorgeva solo ora, ma
l’altra aveva qualcosa di strano. Era diventata sul serio
molto meno
concentrata su se stessa e molto più attenta ai sentimenti e
ai bisogni altrui.
Non che prima fosse la fredda stronzetta egocentrica, che cercava di
sembrare.
No, era sempre stata abbastanza attenta e sensibile, ma gli altri erano
sempre
venuti un pochino dopo. Ora, invece.. era come se si stesse
accantonando un po’
di più. Di per sé erano cambiamenti positivi, un
indice di maturità. Quello che
la inquietava erano le ragioni dietro quei cambiamenti.
Sembra
quasi che si concentri sugli
altri per non pensare a sé. Come se avesse paura di cosa
potrebbe scoprire se
si fermasse troppo a pensare a se stessa e ai suoi problemi.
“Ecco
a lei, Miss. Un drink noiosamente analcolico”. Daria
alzò gli occhi blu su
James, che le stava porgendo un bicchiere di plastica pieno di un
liquido
colorato. Poi li spostò sul viso del ragazzo, la sua
espressione soddisfatta
non la convinceva.
“Chissà
perché non mi fido”. Afferrò il
bicchiere e scrutò il contenuto, dubbiosa.
“Tieni, Rossa, assaggia e dimmi
cos’è”. Schiaffò il bicchiere
in faccia
all’amica, che non obbiettò e bevve un sorso.
“Analcolico
alla frutta. Lamponi, mirtilli e fragole, direi”.
Daria
sorrise e prese a sorseggiare la bevanda.
“Mi
ferisci, Daria. Non ti fidi di me?” Il ragazzo si
abbandonò su una sedia,
accanto a quella dell’amica. “Sul serio, non ti
avrei mai preso qualcosa di
alcolico. Non correrei mai il rischio di crearti dei problemi, lo
sai”.
“Hai
ragione. Scusami”. James, fece un cenno con il capo, come per
dirle che non
c’era problema.
“Piuttosto,
cuginetta che ci fai tu ancora qui? Non dovresti essere da qualche
parte a
ballare, o ad imboscarti col tuo simpaticissimo cavaliere?”
“Non
so dove sia finito quell’idiota, e non mi interessa
minimamente”. Rispose Rose,
stizzita.
“Signorina
Weasley! Signor Potter! Signorina De Lupo! Vi stavo cercando!”
I
tre si voltarono di scatto sentendosi chiamare, in tempo per vedere un
ansimante professor Belby urtare un tavolo e far quasi cadere una
brocca di
punch. Dietro di lui camminava un divertito Albus Potter.
La
Serpeverde si alzò in piedi. Era ora del suo ballo con Al.
Lanciò un’occhiata
preoccupata all’amica. Era anche ora del suo ballo con
Scorpius.
“Bene.
Bene. Signor Potter tu puoi restare qui con la signorina De Lupo. Voi
due
invece venite con me: dobbiamo trovare il signor Malfoy e la signorina
Waterfall”.
“Mi
scusi, ma cosa centriamo io e la Waterfall?”
“Non
sono solo gli aspiranti futuri Caposcuola a dover ballare, ma anche
quelli
attuali”.
James
si alzò di scatto, entusiasta. “Finalmente una
regola sensata”.
“Jamie,
comportati bene e cerca di non far imbarazzare né incazzare
Meg! E tu Rose
cerca di non uccidere Scorpius! Nemmeno azzopparlo è una
buona idea!” Urlò
Daria, con una punta di preoccupazione nella voce, vedendo i suoi amici
allontanarsi con il professore.
“Stai
tranquilla. Preoccuparsi non serve: non puoi fare niente, quindi tanto
vale
cercare di non stare in ansia”.
“Non
è così facile. Prima o poi mi porteranno
all’esaurimento”. Si sedette di nuovo
sulla sedia, il Grifondoro fece altrettanto.
“Uhm,
Daria non ho ancora avuto modo di dirtelo, ma… sei davvero
bellissima”.
Lei
sussultò e abbassò immediatamente lo sguardo,
sentendo le guancie andare a
fuoco. I complimenti la imbarazzavano in modo allucinante.
Fece
un respiro e alzò gli occhi blu su Al. Non la stava
guardando e sembrava
imbarazzato: aveva una mano tra i capelli scuri e gli occhi fissi su un
punto
imprecisato della stanza.
Daria
si prese un secondo, prima di rispondergli. Un secondo per osservarlo.
Indossava una camicia blu scuro con tanto di cravatta e un paio di
pantaloni
grigi. Era bello. In modo diverso dal fratello, la cui bellezza era
plateale,
ostentata e perfino un po’ arrogante. Non era figo, ma bello.
E Daria, per un
secondo, faticò a distogliere lo sguardo.
“Gr-grazie,
Al. Anche tu stai molto bene”. Si prese un secondo, poi
aggiunse, per spezzare
quella strana atmosfera intensa che si era venuta a creare:
“Siamo abbinati.
Nemmeno a farlo a posta”.
Il
ragazzo tornò a guardarla e sorrise. “Vero.
Perfetto lascio Amanda a James e
divento il tuo di accompagnatore, che ne dici?”
“Che
James rischierebbe un attacco di schizofrenia. Tra la gioia del saperci
insieme
e la disperazione di doversi subire Viperanda, lo faremmo andare fuori
di
testa”.
Entrambi
si misero a ridacchiare, immaginando la scena. Poi la canzone
cessò e la voce
del piccolo preside richiamò gli studenti
all’ordine, invitandoli a prestare
attenzione ai Caposcuola e agli aspiranti futuri tali che avrebbero
ballato la
canzone successiva, dando prova della loro grande affinità.
“Più
che dare prova di affinità Rose e Scorpius possono
dimostrare quanto sia facile
dare fuoco alla scuola anche senza la magia”. Fece Al,
offrendole il braccio e
guidandola in mezzo alla sala.
Daria,
appesa al braccio dell’amico, non poté fare a meno
di deglutire, preoccupata e
agitata. Poteva percepire con precisione gli occhi degli altri studenti
incollarlesi addosso e il proprio imbarazzo raggiungere vette
preoccupanti.
“Ehi,
calmati Daria. Non c’è bisogno di avere una crisi
di panico”. L’altra deglutì
di nuovo e scoccò un’occhiata preoccupata ai
ragazzi radunati ai margini della
sala. “Avanti. Non è niente di così
difficile: non hai fatto altro che ballare
con Jam finora. Non c’è differenza”.
“Ce
n’è eccome”.
“Capisco.
Hai paura. D'altronde è comprensibile sei una vile
Serpeverde. Niente coraggio,
niente orgoglio. Senti un po’ ma tutti gli Eredi sono
così fifoni o sei solo tu
a darne una pessima rappresentanza?”
“Senti
un po’ ma tutti i Potter sono così idioti o sei
solo tu a darne una pessima
rappresentanza?” Lo imitò lei, con tono di
sprezzo. Sulle labbra però aveva
dipinto un sorriso. Al stava cercando di farla calmare punzecchiandola.
E
un po’ ci sta riuscendo.
Poi
la musica cominciò e Daria si ritrovò, quasi
senza rendersene conto, tra le
braccia del ragazzo, che fino a un mese prima non poteva sopportare e
che ora
era uno dei suoi più cari amici. Il profumo di Albus la
colpì, inaspettato. I
suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa e il suo cuore
iniziò a galoppare,
anche più veloce di quanto non stesse già
facendo. Conosceva benissimo
quell’odore: apparteneva all’unica cosa di cui
sentiva ancora nostalgia quando
era lì.
Apparteneva
al mare. Al suo mare.
Com’è
possibile che lui abbia
esattamente lo stesso odore del Mar Mediterraneo? Non può
essere un profumo o
un dopobarba: non sarebbe così uguale. Non capisco.
E
poi comprese, non come mai lui avesse quel profumo, ma il motivo per
cui
nell’ultimo periodo la sua malinconia si era enormemente
attenuata. Aveva
creduto di starsi abituando all’assenza del mare e la cosa
l’aveva un po’ rattristata,
invece si era sbagliata: aveva avuto Al intorno tutti i giorni, era
stata
continuamente circondata dal suo odore e, nonostante la sua mente non
l’avesse
realizzato consciamente, il suo subconscio aveva impiegato meno di un
istante
per identificarlo e sentire meno la nostalgia.
Daria
sorrise, rinunciando a capire e si rilassò tra le braccia di
Al inspirando il
suo profumo e godendosi la pace e il senso di appartenenza che le
infondeva.
“Stai
bene?” le chiese il Grifondoro, avendo, probabilmente, notato
la sua precedente
rigidità.
“Hai
lo stesso, identico odore del mio
mare”. Gli rispose lei, con gli occhi chiusi e un sorriso
sereno.
“Tu
invece profumi di sole e agrumi” fece lui, senza scomporsi
per la strana risposta
e sorridendo a sua volta.
E
Daria scoprì che riusciva rilassarsi anche senza i suoi
jeans logori, o il
tocco familiare di James. Quel profumo ancora più familiare
e la mano di Albus
sulla sua schiena, immersa nei suoi morbidi boccoli castani erano un
ottimo
sostituto.
***
***
Che
Merlino sia maledetto, affatturato e
pure picchiato alla babbana.
Perché
doveva essere così dannatamente
bello e sexy? È un essere ripugnante dovrebbe avere un
aspetto ripugnante.
Rose
stava fissando Malfoy. Non avrebbe voluto ma non riusciva farne a meno.
L’aveva
evitato per tutta la sera, fino a quel momento non aveva nemmeno idea
di come
fosse vestito. Ma ora che se lo trovava così vicino non
poteva farci niente.
Era più forte di lei.
Jeans,
camicia nera con la cravatta grigia un po’ allentata, i
capelli biondi
spettinati ad arte, Rose era quasi certa che gli venissero naturali,
senza
nemmeno bisogno di gel.
Non
la stava guardando, fissava un punto lontano, le sopracciglia
aggrottate per la
concentrazione. Aveva l’impressione che lo facesse per non
dover posare i suoi
occhi grigi su di lei.
Malfoy
si diresse verso il centro della pista e la ragazza lo
seguì. Forse il preside
aveva detto qualcosa, magari aveva pronunciato uno dei suoi tanto amati
discorsi introduttivi. Se
l’aveva fatto,
Rose non se n’era accorta.
Poi
cominciò la musica. Il ragazzo biondo si
avvicinò, posando le mani sulla sua
schiena. Lei fu costretta a passare con riluttanza le proprie intorno
al collo
elegante del Grifondoro. Un contatto così intimo e
ravvicinato, troppo intimo e
ravvicinato. La pelle chiara sotto le sue mani e i capelli morbidi,
rimasti
intrappolati tra le sue dita la confondevano. Il suo viso, le sue
labbra e i
suoi occhi così vicini le impedivano di concentrasi. Tutta
quella situazione,
assurda, sbagliata e pericolosa com’era, la destabilizzava.
Poteva percepire
ognuno di quei traditori dei suoi ormoni agitarsi in modo assolutamente
ingiusto, stupido e sbagliato.
È
solo Malfoy. Un ragazzo come tutti gli
altri. Fisicamente non è molto diverso da Jake.
E
allora com’è che Jake non mi fa nessun
effetto?
La
risposta la conosceva. Era attratta da Malfoy.
Non
lo sopportava, ma era irrimediabilmente, incredibilmente attratta dal
suo corpo
e tenere le distanze, sforzarsi di ignorarlo non stava funzionando.
Per
fortuna lui sembrava determinato, quanto lei ad ignorare la situazione,
a
fingere di star ballando con un pezzo di legno.
Doveva
solo restare concentrata, pensare ad altro, tenere la mente lontana da
pensieri
pericolosi e sbagliati. Doveva fare di tutto per mantenere il controllo
sui
suoi poveri e deboli neuroni.
Scelse
qualcosa di semplice: si concentrò sul proprio respiro.
Era
uno dei tanti trucchetti per il controllo della rabbia che le aveva
insegnato
Daria. Quel genere di espedienti l’italiana li conosceva
tutti: a lei avevano
insegnato a reprimere la rabbia sin da quando era nella culla.
Rose
quei trucchetti li aveva usati spesso, quasi sempre nel tentativo di
non
lanciare fatture a Malfoy. Non avevano mai funzionato
granché.
Sperò
che avessero risultati migliori con i suoi ormoni disertori, di quelli
che
avevano avuto in passato con la sua rabbia.
Inspira,
espira, inspira, espira,
inspira, espira, inspira, espira…..
Era
talmente concentrata sul proprio respiro che quasi non si rese conto
della fine
della canzone e perse l’occasione di azzoppare il Grifondoro.
Sbuffò
per la propria distrazione e seguì il biondo verso uno dei
lati della sala,
vicino al tavolo a cui lei e Daria erano seduto prima della canzone. Le
sembrava fossero passate ore, invece che pochi minuti.
Meg,
James, Al e Daria erano già lì.
“Ho
voglia di fare due passi”. Esordì Rose, la sua
voce impaziente e brusca, quasi
arrabbiata.
“Sì
anche io”. Meg sembrava irrequieta, come lei. Qualcosa la
turbava.
“Vi
accompagnerei, ma è meglio se me ne resto qui”.
Concordava con l’amica: il suo
pallore non le piaceva per niente.
Forse
sarebbe dovuta restare con lei, ma aveva davvero
bisogno di muoversi, di uscire da quella stanza che si era fatta
stranamente
piccola e soffocante.
Comunque
non mi devo preoccupare, c’è
Jamie con lei. Non le permetterà di strafare.
Si
allontanò insieme a Meg, mosse dalla stessa, strana fretta.
Erano quasi dalla
porta, quando Moira le raggiunse.
“Andate
a fare due passi?” Rose annuì con impazienza.
“Vi accompagno”.
La
rossa Serpeverde annuì ancora e si affrettò ad
oltrepassare la soglia. Appena
fu in corridoio, Rose iniziò a sentirsi meglio.
Si
voltò verso Meg, curiosa di scoprire il motivo della sua
voglia di uscire.
L’altra rossa stava prendendo lunghe boccate
d’aria, quasi affannata, quasi
come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.
La
Weasley
sollevò un sopracciglio, interrogativa. “Toglimi
una curiosità, Maggie: come
mai avevi tanta voglia di uscire?”
L’altra
alzò gli occhi ambrati per incontrare i suoi.
“Potrei farti la stessa domanda,
Rose”.
La
Serpeverde alzò le spalle con noncuranza. “Le mie
ragioni le conosci”. Continuò
a sostenere il suo sguardo, senza timore né esitazioni. Le
sue amiche
conoscevano, almeno in parte, la sua situazione con Malfoy. Con loro
non aveva
bisogno di nascondersi o mentire.
Fu
Meg a imbarazzarsi e distogliere lo sguardo, quello strano rossore di
nuovo
sulle sue guancie. “Sì.. beh, le mie sono diverse.
Ero solo stufa di stare là
dentro”. Qualcosa non la convinceva, la sua voce era quasi
incerta. Però non
voleva indagare. Non era sicura fosse il caso.
Moira
sembrò dello stesso avviso, perché chiese:
“Meg tu non hai ancora diciassette
anni, vero?”
“No.
Li compio a metà Novembre”.
“”Giusto!
Bisogna organizzare una festa coi fiocchi! La stanza delle
necessità sarà
perfetta! Chiederò a Freddie di procurarmi un po’
di alcool di contrabbando, mi
procurerò della musica babbana e..”
“Rosie,
frena. Ti ricordo che io sono Caposcuola e tu prefetto. Ti rendi conto
di aver
appena fatto un elenco di infrazioni al regolamento?”
“Soprattutto,
Rose, ti rendi conto che stai parlando con Meg? Non
infrangerà mai le regole di
sua volontà. È più probabile che Daria
scelga spontaneamente di mettersi una
minigonna”.
“Giusto.
Bisogna fare qualcosa Moira: abbiamo due gravissimi casi di
seriosità acuta.
Non possiamo permettere che la cosa vada avanti così. Se non
troviamo una cura
rischiamo il contagio”.
“Non
siamo seriose.” Meg storse il naso, vagamente offesa.
“Teniamo ai nostri doveri
e non ci piace trattare il nostro corpo come se fosse merce da vendere.
Dovreste provare ogni tanto”.
“Pure
permalosa! La situazione è davvero gravissima! Moira
sta’ attenta a non passare
troppo tempo con lei, ti potrebbe contagiare”.
“Sé”
fece Moira, con scettico sarcasmo. “ Tra l’essere
contagiata da lei e l’essere
vittima della tua pazzia, mi sa che il mio futuro non si prospetta
molto roseo.
Farei meglio a cercarmi delle altre amiche. Qualcuno di normale. Anzi
qualcuno
di semplicemente sano di mente andrà benissimo”.
Rose
fece una smorfia, contrariata. “Umpf. Fa pure se vuoi.
Cercati delle amiche
sane di mente, ma, ti ricordo, che tu non sei messa meglio di noi,
anzi. Ah e
ti ci vorrei proprio vedere con queste nuove amiche, non saranno mai
favolose e
perfette come noi. Vero, Meg?”
“Merlino,
ma per quale motivo mi sono andata a invischiare con delle Serpeverde?
Avrei
fatto meglio a starmene per i fatti miei. Cavolo fate paura, tutto
questo
sarcasmo prima o poi mi avvelenerà”.
Aveva
un’espressione talmente preoccupata che Rose non
riuscì a trattenere una
risata.
Poi,
sentirono uno strano rumore. Si voltarono tutte e tre di scatto.
“Proveniva
da quello sgabuzzino”.
“D’accordo
andiamo a controllare”.
“Lascia
perdere Meg: sarà solo una coppietta che si è
imboscata”.
L’altra
rossa però non l’ascoltò e si
avvicinò alla porta dello stanzino, impugnando la
bacchetta. Rose inarcò un sopraciglio: non credeva che anche
lei avesse il vizio
di portarsi sempre dietro le bacchetta.
Spalancò
la porta con un incantesimo non verbale perfettamente eseguito e
utilizzò un
lumus per vincere l’oscurità dello sgabuzzino.
Rose
aveva ragione: c’era proprio una coppietta lì
dentro. Le ci volle un istante
per riconoscerli e capire che, a volte, avere ragione non era una bella
cosa.
Dentro
lo stanzino, tra scope e secchi c’era una seminuda Amanda
Corner, più coperta
dal corpo del ragazzo che dai propri indumenti. Ma non era Amanda il
problema
più grave in quel momento. Non quando il corpo avvinghiato
al suo era quello di
Ethan Davies. Il ragazzo di Meg.
I
due boccheggiarono per qualche lunghissimo istante, poi il ragazzo
aprì la
bocca per dire qualcosa, per cercare di giustificarsi forse.
“Davies,
Corner cinquanta punti in meno”. La voce di Meg era di
ghiaccio, priva di
qualsiasi inflessione, atona. Rose si voltò a guardarla
preoccupata, ma l’altra
non incrociò il suo sguardo. Si girò con un
movimento fluido e si allontanò
lungo il corridoio.
“Maggie
aspe..” La Grifondoro mosse appena la bacchetta, senza
parlare e senza
voltarsi, e Davies si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca
senza emettere
suono.
Rose
avrebbe voluto veramente tanto fermarsi lì e
affatturarli in modo
grave, ma sapeva che la cosa più importante in quel momento
era seguire
Margaret. Ci sarebbe stato tempo per la vendetta.
***
***
Daria
stava guardando le schiene delle sue amiche allontanarsi in fretta,
quando la
vista cominciò ad appannarlesi e le ginocchia le cedettero.
Non cadde solo
perché qualcuno la afferrò al volo. Una stretta
familiare: James.
“Ottimo
tempismo”. Bofonchiò con un debole sorriso. Lui
non le rispose, ma ordinò al
fratello di sostenerla un secondo. Daria si sentì afferrare
da un altro paio di
braccia, poi quelle di James la lasciarono. Lo vide estrarre la
bacchetta e
puntarla ad una delle sedie. Un secondo dopo al posto della sedia
c’era una
panca, abbastanza lunga perché lei si ci potesse sdraiare.
James la afferrò di
nuovo, con delicatezza, e la fece stendere sulla panca.
La
vista le si stava appannando sempre di più e sentiva le
palpebre pesanti, così
decise di chiuderle. Non si addormentò. Ascoltò
distrattamente la conversazione
dei ragazzi. Dai loro toni di voce Albus e Scorpius sembravano
parecchio
preoccupati. James, invece, sembrava più che altro irritato.
Da lei
probabilmente.
“Riassumendo:
Daria è un’incosciente”.
Decretò James, cinque minuti più tardi, dopo aver
spiegato agli altri due la situazione e essere andato a prenderle
qualcosa da
bere.
Daria
aprì gli occhi e vide che le stava porgendo un bicchiere. Si
mise a sedere con
un movimento fluido e senza sforzo. I tre ragazzi scattarono in
contemporanea
verso di lei, forse per farla sdraiare ancora, forse per afferrarla se
avesse
avuto un altro cedimento.
Alzò
gli occhi al cielo e afferrò il bicchiere, scacciando con un
gesto della mano,
quelle preoccupate dei suoi amici. “Sto bene. Mi sono
già ripresa
perfettamente”. Bevve un sorso della bibita che Jam le aveva
portato, poi
aggiunse. “E non sono un incosciente. Ci tengo alla mia
integrità fisica e
mentale e ho un buon istinto di autoconservazione, io. Sono una
Serpeverde: ce
l’ho nel sangue. Non dovreste preoccuparvi”.
“Ah
no?” Di nuovo quel tono irritato. Daria non aveva
più dubbi che Jam fosse
irritato proprio con lei. “E allora come la chiami
questa?”
Lei
alzò le spalle con noncuranza. “Come vedi sto
già meglio. E sapevo che se fossi
caduta tu mi avresti presa al volo. A proposito, Jamie,
grazie”.
Lui
sbuffò e incrociò le braccia, fissandola con
sguardo truce. Anche Al e Scorp la
stavano fissando e nemmeno loro sembravano particolarmente contenti del
suo
comportamento.
Lei
sospirò seccata. Non le piaceva che le persone si
preoccupassero per lei.
Sapeva badare a se stessa. “Sul serio ragazzi, piantatela di
preoccuparvi. Mi
basta stare seduta un atro po’ e sarò come
nuova”.
“Stai
tranquilla tu non ti muovi di lì”.
Daria
sbuffò. Stava iniziando ad irritarsi anche lei.
“Non provare nemmeno a farmi la
predica Jam. Tu rischi la pelle ogni trenta secondi per fare le cose
più
stupide dell’universo. Anzi se vedi qualcosa di pericoloso ti
ci cacci in
mezzo, canticchiando. Se provi anche solo a pensare di sgridarmi ti
affatturo”.
James
arrossì appena. Daria avrebbe potuto scommettere che stava
proprio pensando di
farle una bella ramanzina. Sbuffò di nuovo.
All’improvviso
ebbe un’illuminazione: se non poteva placare la sua
preoccupazione, allora
perché non dirottarla su qualcos’altro? O meglio
su qualcun altro.
“Comunque,
non è passato un po’ troppo tempo da quando quelle
due si sono allontanate?
Forse dovrei andarle a cercare”. Posò il bicchiere
sul tavolo e fece finta di
volersi alzare. La reazione fu immediata. James scattò in
piedi in un secondo.
“Vado
io. Tu resta lì e non muovere un muscolo”.
“Ti
accompagno, James”.
Il
moro annuì a Scorpius poi si rivolse al fratello.
“Mi raccomando Al, te la
affido. Stai attento è molto brava a convincere la gente.
Non lasciarti
circuire e non lasciare la postazione, potrebbe scappare”.
“Non
sono un animale, James. Sparisci, va a cercare Meg”.
Il
ragazzo non se lo fece ripetere oltre e si allontanò con
Scorpius.
“Non
me l’aspettavo. Cioè mi avevi detto di essere di
salute cagionevole, ma non ti
avrei mai creduta così.. fragile”.
Daria
sorrise a quell’aggettivo. Nessuno lo aveva mai usato per
descriverla e, a
pensarci bene, avrebbe dovuto infastidirla. Però,
stranamente, non lo fece,
anzi quasi le piacque: forse fu per lo strano tono stupito, quasi
ammirato del
ragazzo o forse perché non aveva abbastanza energie per
sopportare un malumore.
Restarono
in silenzio per un po’. Era strano stare in silenzio con Al:
lui era uno che
parlava sempre tanto, anche troppo. Non le dispiaceva, però,
a lei il silenzio
piaceva. Ci si sentiva a suo agio.
Stranamente
non fu Al a rompere il silenzio, e nemmeno Daria. Fu Moira. Una Moira
ansimante
e abbastanza sconvolta. “Daria devi venire subito. Meg ha
bisogno di te”.
La
castana fece per alzarsi in piedi, ma fu fermata dal braccio che Al le
posò su
una gamba. Sussultò per il contatto e abbassò lo
sguardo sulla mano del
ragazzo. Ne sentiva il calore attraverso la stoffa blu del vestito.
“Sei sicura
che Daria sia necessaria? È molto debole e non è
una grande idea farla
muovere”.
“Certo
che è necessaria. Indispensabile. Tutto merito di quella
troia della tua
ragazza. Dovresti tenerla d’occhio un po’ meglio
sai?”
“Che
vuoi dire? Cosa c’entra Amanda?”
“L’abbiamo
beccata a darsi da fare con il ragazzo di Meg”. Daria
scostò la mano di Al e si
alzò, pronta a seguire l’amica. Avrebbe potuto
essere in punto di morte e non
le sarebbe importato. Nulla era più importante delle sue
amiche, per lei.
***
***
“Vado
a chiamare Daria”. Rose annuì alla proposta
dell’amica. Daria, anche se un po’
fuori fase, restava sempre Daria e pertanto era comunque più
indicata di loro
in una situazione simile. Lei non aveva idea di cosa fare e Moira non
sembrava
saperne molto di più.
“Io,
invece, resto qui. Nel caso in cui quei due decidano di ricomparire.
Gli devo
un migliaio di fatture”.
Moira
fece una smorfia strana, arrabbiata e si allontanò in
fretta. Rose voltò le
spalle all’angolo dietro cui era appena sparita la mora, per
fronteggiare il
corridoi da cui venivano, bacchetta in mano e sguardo furente.
Quello
stronzo, bastardo, pezzo di merda
di troll, figlio di banshee me la pagherà cara. Ha osato
fare del male alla
persona sbagliata. Gli farò implorare pietà. Lo
ridurrò in briciole talmente
piccole che nemmeno sua madre sarà in grado di riconoscerlo.
“Rosie!”
La sequela di insulti e minacce mentali con cui la Serpeverde stava
cercando di
sfogare la sua ira fu interrotta dalla voce di James, che si stava
avvicinando,
seguito a ruota da Malfoy. “Non vi vedevamo tornare
così siamo venuti a
cercarvi. Dov’è la Waterfall?”
“In
camera credo. Se n’è andata di corsa, intimandoci
di non seguirla. Io ho un
paio di persone da ammazzare. Moira è andata a chiamare
Daria per capire cosa
fare”.
“Rose
non capisco cosa è successo?”
“Quello
stronzo di Davies! L’abbiamo beccato con un’altra!
Brutto bastardo, infame
traditore..”
“Che
cosa ha fatto Davies?? E Margaret come sta? Dov’è?
Come ha reagito? Sta bene?”
“Cazzo,
James come pensi che possa stare bene?! E ti ho già detto
che probabilmente è
in camera! Come credi che abbia reagito?! Ha levato un sacco di punti a
tutti e
due e se n’è andata!”
Non
aveva nemmeno finito di parlare che già il moro si stava
allontanando in
direzione delle scale. “Jam! Torna qui! Non vuole vedere noi,
figurarsi te!”
L’altro
si voltò, la mascella contratta e lo sguardo talmente
arrabbiato da farla quasi
rabbrividire. “Ho il mantello.” Replicò,
secco. “Voglio solo vedere come sta”.
“Vedere
come sta e poi andare a spaccare la faccia a Davies”. Lo
corresse Malfoy. “Per
la seconda parte chiamami, Jam: te lo tengo fermo”.
Suo
cugino annuì appena, prima di voltarsi e sparire.
“Io
avevo pensato a una lunga serie di fatture dolorose, ma nemmeno la tua
idea è
tanto male”.
“Si
possono mettere in pratica tutte e due, Weasley”.
La
rossa annuì. “Era quello che stavo pensando. Gli
farò rimpiangere di essere
nato”. La sua voce, colma di rabbia e desiderio di vendetta,
somigliava
tremendamente al sibilo mortale di un taipan1).
“Cavolo
Weasley, cerca di calmarti, ora. Fai paura”.
Lei
gli scoccò un’occhiata raggelante che avrebbe
fatto indietreggiare chiunque,
tranne ovviamente il Grifondoro, che come la stava guardando col suo
solito
ghigno strafottente.
E,
come al solito, questo bastò ad accendere la miccia-Rose e
farla scoppiare come
una bomba. “NON HO ALCUNA INTENZIONE DI CALMARMI!”
Si mosse fulminea verso il
biondo, la bacchetta puntata alla sua gola.
Ignorò
platealmente gli allarmi preoccupati che il suo cervello le stava
mandando, non
si curò di essersi avvicinata troppo, nè si rese
conto della pericolosità della
situazione. “E se ci tieni alla testa, smetterai di
consigliarmi cazzate”. La
sua voce, di nuovo ridotta a un sibilo.
Il
Grifondoro però non sembrò minimamente
intimorito, il ghignetto ancora al suo
posto. “Arrabbiarsi così tanto nuoce alla salute,
Weasley. Dovresti trovare
modi migliori per sfogare tutta questa energia”.
In
quel momento, quando il sussurro del ragazzo raggiunse le sinapsi
confuse del
suo cervello, Rose capì quanto imprudente fosse stata,
quanto effettivamente
fossero vicini e quanto la sua mente fosse appannata
da quella vicinanza, intontita da
quel buonissimo profumo di menta.
Fece
l’ultimo mezzo passo nella sua direzione, nello stesso
momento in cui lui si
abbassava appena per raggiungere la sua altezza. Nell’istante
in cui le labbra
di Malfoy toccarono le sue Rose perse anche quelle poche, minuscole
briciole di
controllo che le erano rimaste e si aggrappò al collo del
biondo, attirandolo
ancora più vicino.
Labbra
contro labbra, corpo contro corpo. Rose si sentì spingere
contro la parete, la
schiena che aderiva al muro ghiacciato. Non le importò. Il
corpo caldo del
ragazzo era pressato sul suo, senza pesarle, ma dandole una scarica di
calore,
passione e adrenalina che aveva dell’incredibile. Avrebbe
potuto essere al Polo
Nord e non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Le
mani del Grifondoro si fecero più audaci, lasciando una scia
infuocata dietro
di loro. Quelle della Serpeverde si fecero più affamate,
allentando la
cravatta, slacciando i primi bottoni della camicia scura, toccando
finalmente
la pelle calda. Le labbra di Malfoy si spostarono sul suo collo, mentre
la sua
mano si insinuava sotto al vestito.
Poi,
all’improvviso, lui si staccò bruscamente, come
scottato.
Il
corpo di Rose protestò immediatamente, ma il suo cervello,
che aveva appena
ripreso a carburare, lo costrinse, impietoso, al silenzio. Aveva di
nuovo il
pieno controllo. Si mise in faccia un’espressione
perfettamente fredda e
indifferente e alzò gli occhi azzurri per incontrare quelli
grigi.
Ciò
che vide la sconvolse. Quello sguardo intenso lo conosceva. Era senso
di colpa.
Ma c’era di più: rabbia cocente e una sfumatura
che non riusciva a capire..
sembrava quasi.. tristezza?
No
è solo arrabbiato per essersi
lasciato andare così tanto con me. La sua nemesi. Pensò,
stizzita e decisa a ripagarlo con la stessa moneta: se l’idea
di averla baciata
lo disgustava tanto, allora anche lei gli avrebbe fatto credere di
essere
disgustata.
Che
poi non ho bisogno di fargli credere
proprio niente! È solo la pura verità: io sono disgustata da ciò che è
successo, no? No?
Stava
cercando le parole giuste per insultarlo e scacciarlo, quando lui la
precedette. “Perdonami, Rose”.
La
ragazza sbatté le palpebre, frastornata, incapace di
nascondere la propria
confusione. Non l'aveva mai chiamata per nome, lui. Non le aveva mai
chiesto
scusa. E il suo tono.. serio, dolce e dispiaciuto... era
così strano sentirlo
ed era ancora più strano perché, in qualche modo,
non stonava, gli si addiceva
quanto quello ironico e strafottente che aveva di solito. "Non avrei
dovuto, Rose. Ti chiedo di dimenticartene, puoi vero?"
La
Serpeverde deglutì e cercò di recuperare un
po’ di se stessa. “Certo che
sì”.
Sbuffò. “È stato un episodio come un
altro. Anzi peggiore degli altri. Baciare
te”. Fece una smorfia disgustata, poi si ricordò
che l’altro aveva osato pure
chiamarla per nome e aggiunse: “Nessuno ti ha dato il
permesso di chiamarmi per
nome. Vedi di smetterla”.
“No”.
“Come
no?”
“No.
Ci conosciamo da anni e frequentiamo le stesse persone. È da
stupidi continuare
a chiamarci per cognome, Rose”.
Nonostante,
l’immensa irritazione per le sue parole, la rossa si
sentì enormemente
sollevata: quel Malfoy irritante e arrogante le era familiare, sapeva
come
comportarcisi, molto più che con il Malfoy strano di poco
prima.
“Rose!”
La rossa si voltò di scatto sentendo le amiche chiamarla. Si
passò
istintivamente una mano tra i capelli per appiattirli e con
l’altra si aggiustò
il vestito.
“Tutto
bene?” Le chiese Daria, raggiungendola e scrutandola, gli
occhi blu attenti e
vigili.
“Tutto
a posto. Andiamo da Meg”.
Quando
si dice: salvata in corner….
1)
I Taipan sono serpenti australiani estremamente velenosi. In
particolare il
taipan dell’entroterra è considerato da molti
l’animale più velenoso al mondo.
Spazio
autrice:
Questo
capitolo è stato un parto, mi ci sono voluti secoli per
scriverlo – anche
perché ho scritto quasi tutto a mano e poi l’ho
copiato sul computer. Mi ha
totalmente prosciugato le energie, ma spero ne sia valsa la pena.
Innanzi
tutto: chi ha voglia di ammazzare Ethan Davies?! Io tanta. Ma ho in
serbo
qualche bella sorpresina per lui……
Ok,
andiamo con ordine. Daria insiste per tenere i capelli sciolti:
chissà cosa
l’ha convinta, o forse chi…. La digressione sulla
pozione inibitrice ce l’ho
dovuta mettere per forza, anche se spezza un po’ la
narrazione: mi servirà
moltissimo in futuro.
James
e Daria, secondo me, sono fortissimi insieme: hanno un rapporto
splendido e mi
piace un sacco scrivere di loro.. poi chissà, magari le cose
tra loro subiranno
uno sviluppo, o forse no…
Sono
un’autrice un po’ perfida, me ne rendo conto: non
vi ho fatto vedere la
reazione di Scorpius perché Daria non la nota e Rose fa di
tutto per ignorarlo,
inutilmente direi. Quella di Al, invece, Rose la nota ma non sappiamo
bene cosa
noti. Quindi sì: sono una persona cattiva.
Nel
pezzo in cui Rose e Scorpius ballano l’aggettivo
“sbagliato” è ripetuto un
sacco di volte ed è una cosa voluta: la nostra povera Rose
sta cercando di
auto-lavarsi il cervello o qualcosa del genere.
Scorpius..
il pezzo grosso del capitolo, direi. Beh il suo comportamento ha un
motivo, il
nostro adorato Malfoy sta solo cercando di fare la cosa giusta. Certo
così
rischia di far impazzire Rose, ma questi sono dettagli trascurabili.
Ancora
una cosa, mi sono resa conto di non aver mai fatto interagire
direttamente né
Meg e Jam, né Moira e Dave.. se tutto va come dovrebbe lo
farò nel prossimo
capitolo.
Ok
se ci riesco posto le immagini dei vestiti. Abbiate pietà
dei miei disegni e
soprattutto del modo in cui sono colorati.
Moira
Meg
Daria
Rose
Un
bacio
AiraD
|
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Capitolo 12 *** 11) Weird Reactions ***
11)
Weird Reactions:
Scesero
le scale per arrivare in Sala Grande assieme, in formazione compatta.
Erano
diventate una squadra, loro quattro. Ne era stata la conferma
ciò che era
successo la sera prima e, soprattutto, il modo in cui
l’avevano affrontata:
insieme. Non ne era sorpresa. Lei e Rose erano sempre state una
squadra, era
sempre stata molto legata a Moira e la sua amicizia con Meg era sempre
stata
intensa e profonda dacché si era formata. Ora
però erano tutte e quattro
insieme ed era fantastico.
Entrarono
in Sala Grande muovendosi come un sol uomo. Meg aveva insistito per
scendere a
fare colazione, invece che andare a razziare le cucine: non voleva dare
a
Davies la soddisfazione di saperla troppo depressa per uscire dalla sua
stanza.
Loro tre l’avevano accompagnata senza nemmeno pensarci. Come,
senza pensarci,
si erano fermate a dormire nella stanza della Grifondoro la notte
prima.
Non
avevano parlato molto di quanto era successo. Avevano raggiunto in
camera una
Meg sconvolta e arrabbiata, che aveva nascosto il viso tra i cuscini,
troppo
orgogliosa per mostrare le proprie lacrime. Le si era seduta accanto,
le aveva
passato una mano tra i capelli rossi, tirandoglieli indietro e aveva
fatto un
cenno a Rose. Era il loro segnale convenuto: una sorta di
“dai il via al racconto
di aneddoti stupidi e divertenti sulla tua assurda, gigantesca
famiglia”. Moira
aveva sorriso e si era seduta dall’altra parte di Meg con un
fazzoletto in
mano, pronta a fare aggiunte sarcastiche ovunque fossero possibili.
Si
andarono a sedere tutte e quattro al tavolo di Grifondoro, Rose e Moira
ai lati
con Meg al centro e Daria dall’altra parte della tavola di
fronte a
quest’ultima.
“Daria,
avanti facci un rapporto dettagliato sui pettegolezzi del giorno. Non
voglio
avere sorprese”.
La
ragazza annuì con un sorriso e si concentrò sul
vociare che la circondava.
“Uhm, interessante.” Commentò riportando
l’attenzione e lo sguardo sulle
ragazze sedute di fronte a lei. “Al ha mollato Viperanda
davanti a tutti, ieri.
Subito dopo che ce ne siamo andate. Pare che lei fosse estremamente
scioccata:
non ha nemmeno ribattuto, se n’è rimasta
lì a fissarlo incredula e senza
proferir parola”.
Rose
battè le mani e si agitò sulla sedia,
visibilmente entusiasta. “E bravo Albie!
Ahahah! Che peccato essersela persa! Una scena così
dev’essere stata epica!
Chissà che faccia avrà fatto quella
stronza!?”
“Una
estremamente sconvolta e scioccata. Dev’essere stato un bel
trauma: essere
mollata in malo modo dal ragazzo che credeva di star ingannando.
Poveeerina, quasi
quasi mi fa pena”. Il tono sarcastico e velenoso di Moira
così come il suo
sguardo platealmente soddisfatto, però, dicevano tutto il
contrario.
“Tra
l’altro”, fece Daria, proseguendo imperterrita
nell’analisi dei dati da lei
appena raccolti. “ la cosa gioca a nostro favore: mollandola
così
pubblicamente, mini-Potter ha fornito ai nostri compagni un ottimo
oggetto di
pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da te”.
“Me
la sarei cavata comunque senza problemi, ma devo ammettere che mi sento
sollevata. Se non facesse Potter di cognome, forse, lo
ringrazierei”.
Daria
scosse il capo divertita, rinunciando, per il momento, a ribattere e
farle
superare i pregiudizi sui fratelli Potter.
“Buongiorno”.
Quando
parli del diavolo…
“Ehi
Al!” Rose battè una mano sul tavolo con un gran
fracasso e sollevò l’altra a
palmo aperto. “Batti il cinque!”
Il
ragazzo fissò prima la cugina e poi il suo palmo alzato,
perplesso. “A cosa
devo tutto questo entusiasmo?”
Rose
non abbassò la mano, ma fece una smorfia seccata alla
mancanza di trasporto da
parte dell’altro. “Hai mollato la Corner! Davanti a
tutti!”
Albus
scrollò le spalle, indifferente. “Se lo
meritava”.
Daria
annuì, ma precisò. “Vero, ma se lo
meritava anche un mese fa. Cos’è
cambiato?”
“Mi sono stufato.
Te l’avevo accennato no?”
Spiegò, sedendosi accanto a lei, mentre una Rose contrariata
abbassava la mano
e sibilava un “guastafeste”.
Ha
senso, eppure… ci sta che lui,
dopo un mese di far “buon viso a cattivo gioco”, ne
abbia avuto le tasche
piene, ma… c’è qualcosa che non mi
torna. Per quanto Viperanda sia una stronza
e possa meritarsi trattamenti ben peggiori, Al non è il tipo
da lasciare la sua
ragazza a quel modo: è troppo buono e gentile. A meno
che…
Era un’ipotesi un po’ azzardata, ma era
l’unica che le venisse in mente,
quindi..
-
Ehi, mini-Potter, l’hai fatto
apposta, vero? –
-
Che cosa? –
-
Mollare Viperanda! –
-
Certo che l’ho fatto apposta! Non
è che si può mollare qualcuno per sbaglio.
–
-
Intendevo che l’hai lasciata
davanti a tutti di proposito. Perché sapevi che
così lei si sarebbe ritrovata
al centro dei pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da Meg.
Mi sbaglio? –
Il
Grifondoro smise di fingere interesse per la conversazione delle
ragazze di
fronte a lui e si voltò a guardarla , sorpreso. – Come l’hai capito? – Daria
ricambiò lo sguardo senza rispondere
perché la risposta era, a parer suo, davvero scontata, e lui
alzò gli occhi
verdi al soffitto incantato della sala. – Giusto,
tu e il tuo intuito. – Tornò a
guardarla e prese a spiegare con calma. – Glielo
dovevo. Voglio dire.. eravamo un po’
nella stessa barca, no? Solo che lei era messa peggio: a me di Amanda
non
importa e non importava, mentre la sua situazione con Davies era un
po’
diversa. Quindi ho pensato che, forse, potevo aiutarla. Considerando
quanto la
Waterfall sia famosa per il suo orgoglio ho creduto che avrebbe potuto
apprezzare l’avere un po’ meno pettegolezzi e
pettegoli con cui fare i conti. –
Daria
lo osservò decisamente impressionata. Sapeva che Al Potter
era proprio quel
genere di ragazzo. Quello che fa qualcosa di incredibilmente bello e
generoso,
mostrando una tale disinteressata attenzione da lasciare una ragazza
senza
fiato e ne parla come se fosse qualcosa di normale e assolutamente
naturale,
perché per lui lo è.
Lo sapeva, eppure
certe cose continuavano a colpirla profondamente.
Forse
perché, alla fine dei conti, faccio
fatica a tenere a mente che non sono la
sola ad avere il vizio di mettere sempre prima gli altri. Non ci sono
abituata.
In
ogni caso era una bella sensazione, una sensazione magnifica. La faceva
sentire
serena e leggera, una sorta di piacevole calore all’altezza
dello stomaco: era
fantastico. Quindi gli sorrise grata. – Grazie,
Al. Davvero. E Meg apprezza moltissimo la cosa, te lo garantisco. Solo
che..
non è tipo che ringrazia granché. –
Il
rumore di una forchetta che cadeva sul tavolo attirò la sua
attenzione e Daria,
sollevando lo sguardo si ritrovò a fissare gli occhi azzurri
di Rose,
spalancati e sorpresi. Si voltò di scatto per scoprire il
motivo di una simile
reazione. Ciò che vide sorprese anche lei: Scorpius Malfoy
stava entrando in
Sala Grande mano nella mano con Christine Baston.
“Oh
già” Fece Al che, come lei, si era voltato.
“È la novità della giornata: stanno
assieme”.
“E
da quando?”
“Da
ieri sera. È successo poco dopo che ve ne siete
andate”. Si passò una mano tra
i capelli, parendo vagamente confuso. “Non so”.
Fece, rispondendo all’occhiata
interrogativa della ragazza accanto a lui. “Non me
l’aspettavo. Avevo il
presentimento che a Chris piacesse Scorpius, ma lui non aveva mai dato
segno di
essere interessato”.
Poco
dopo che ce ne siamo andate vuol dire poco dopo aver baciato Rose.. che
boccino
sta succedendo? Sapeva del bacio perché le
condizioni in cui aveva trovato
Rose e Scorpius parlavano da sole, ma la rossa non le aveva detto
niente e lei
aveva scelto di non chiedere. Se la
riempissi di domande ora, l’unica cosa che otterrei sarebbe
farmi mandare a
qual paese. Aspetterò.
Daria
spostò il proprio sguardo sull’amica, preoccupata.
Rose era rimasta stranamente
rigida per qualche secondo, negli occhi uno sguardo confuso, arrabbiato
e anche
un po’.. ferito. Solo per qualche secondo però,
perché poi riprese il pieno
controllo sulle proprie espressioni e la maschera fredda e distaccata
che
indossava spesso tornò inesorabilmente sul suo viso.
“Avrà
capito che non può sperare di avere nulla di meglio che
quella sciacquetta. Si
meritano a vicenda, direi”.
Piuttosto,
io direi che ho buoni
motivi per iniziare a preoccuparmi, vero Rosie?
Sospirò
e riprese a concentrarsi.
Al
momento non c’è nulla che possa
fare per lei.. quindi.. tanto vale fare qualcosa per l’altra
rossa.
Aveva
notato che Davies non si vedeva in giro e voleva capirne la ragione.
Scoccò
un’occhiata a James e Fred qualche posto più
avanti e storse il naso: un’idea
sul motivo dell’assenza ce l’aveva.
….E
infatti…..
“Sembra
che Davies sia finito in infermeria. Dicono che ieri notte, mentre
tornava
dalla festa, sia stato picchiato a sangue e che poi qualcuno
l’abbia
affatturato pesantemente durante la notte. Ovviamente
l’occhio nero di Jam, il
labbro rotto di Scorp e la guancia tumefatta di Freddie non hanno nulla a che fare con
l’accaduto, vero?
Così come” Proseguì rivolgendosi
direttamente a due delle sue amiche. “il fatto
che voi due ieri siate sgattaiolate fuori di nascosto è solo una coincidenza, no?”
Rose
le rivolse un sorriso innocente e falso quanto l’oro dei
lepricani. “Ti pare
che noi potremmo mai fare una cosa simile?”
Moira
annuì. “Se avessimo saputo che lo avevano
già picchiato loro, avremmo usato
qualche fattura in meno”. Fece finta di pensarci un momento
poi aggiunse:
“Forse”.
Daria
alzò gli occhi al cielo, mentre Meg commentava.
“In infermeria, eh? Bel lavoro,
ragazze”.
“Oh
è stato un vero piacere,
Maggie”.
“Non
ne dubito”.
“Ce
una cosa che non capisco, però. Che motivo avevano Potter,
Weasley e Malfoy per
picchiare Ethan? Non che mi dispiaccia, sia chiaro”.
“Come
che motivo? Cioè Waterfall sei seria?”
Meg
gli lanciò un’occhiata sinceramente sorpresa.
“Perché non dovrei esserlo,
Potter? Come mai sei così sorpreso?”
Al
si voltò a guardare Daria, perplesso quasi a chiederle
“scherza vero?”, lei
scosse la testa e gli rivolse un piccolo sorriso.
“Cos’è
questa? Un’invasione di Serpeverde”.
Cos’hanno
questi Potter? Un gene
speciale che gli permette di comparire quando si parla di loro?
“Ciao
anche a te, Jam”. Rispose lei, fingendosi scocciata dal
mancato saluto.
Il
ragazzo sorrise e si sedette accanto a lei, dall’altra parte
rispetto al
fratello minore. “Scusa. Buongiorno splendore” Fece
schioccandole un sonoro
bacio sulla guancia. Lanciò uno dei suoi migliori sorrisi
stordenti e aggiunse:
“Rosie, Kirson”, poi si voltò, cambiando
espressione, il sempiterno sorriso si
incrinò appena e i suoi occhi si velarono di una
preoccupazione difficile da
decifrare per chiunque non lo conoscesse abbastanza.
“Waterfall, dormito bene?”
Rose
e Moira lo salutarono distrattamente, ciascuna presa dai propri
pensieri,
mentre Meg rimase in silenzio, rivolgendogli solo un vago cenno della
testa e
senza alzare gli occhi ambrati su di lui.
Daria
vide la preoccupazione prendere per un attimo il sopravvento sulle
espressioni
dell’amico, prima che il solito sorriso indifferente tornasse
a splendere sul
suo viso. “Come mai qui, fratellino?” Chiese,
notando solo in quel momento la
presenza di Al. “Non dovresti essere al tavolo di Corvonero
insieme alla tua
fantastica ragazza?”
“L’ha
mollata, Jam! Al ha mollato la stronza!” Fece Rose ritrovando
l’entusiasmo e
sperando, probabilmente, in una reazione più intensa di
quella avuta dal
diretto interessato.
“Davvero?
Finalmente anche tu inizi a fare cose sensate, fratellino! Sono
così fiero di
te! Bravo!” Allungò il braccio oltre Daria per
poter stringere la mano al
fratello. Poi, approfittando del contatto e posando una mano sulla
spalla della
ragazza, li strinse l’uno contro l’altra.
“Adesso continua sulla strada giusta,
continua a rendere orgoglioso il tuo fratellone, invita Daria ad
uscire,
forza!”
Lei
per niente sorpresa dal gesto gli tirò un pizzicotto sulla
gamba, abbastanza
forte da fargli mollare la presa, e continuò imperterrita a bere il suo tè.
“Comunque”,
proseguì James, massaggiandosi la parte lesa,
“quando è successo? E perché io
lo scopro solo ora? Da Rose, per di più! Dovevi dirmelo tu!
Subito, no anzi
prima ancora di farlo, cosicché io potessi essere presente e
godermi la scena!”
“È
successo ieri sera e te lo avrei anche detto prima se fossi riuscito a
trovarti”. Rispose Al, con tono un po’ seccato.
“Invece sei sparito. In realtà
siete spariti tutti, persino Dom, Lils, Fred e Hugo. A proposito
dov’eri finito?”
Jam
scrollò le spalle e rispose laconico “Avevo da
fare”.
Daria
nascose con la mano un sorrisetto molto
Serpeverde e si scambiò un’occhiata
d’intesa con Rose.
“Potter”,
si voltò di scatto a guardare Meg
che fissava James con un’espressione inquietantemente seria e
aveva sfoderato
la bacchetta.
Cioè
fatemi capire, non l’ha
degnato di uno sguardo da quando è arrivato e ora gli punta
la bacchetta
addosso? Ma che boccino hanno tutti quanti oggi?
Poteva
sentire il battito di James accelerare per la sorpresa e la
preoccupazione e
non le riusciva difficile immaginare i suoi pensieri.
Si
starà sicuramente chiedendo come
abbia fatto Meg a capire che ieri sera ci ha spiate per un bel pezzo.
Solo che
io sono sicura che Meg non ne sa assolutamente nulla. Altrimenti ora
starei
organizzando un funerale.
Poi
Meg mosse la bacchetta e mormorò una formula che non
conosceva. L’istante
dopo, il livido
sull’occhio di James era
sparito. Il ragazzo si portò una mano all’occhio,
esterrefatto, e lanciò alla
compagna un’occhiata decisamente confusa.
“Non
so per quale motivo tu l’abbia fatto e non mi interessa, ma
credo di doverti
ringraziare”. Lo sguardo di Meg era di nuovo ostinatamente
rivolto altrove e la
voce forzatamente fredda e distaccata, però lo stava
ringraziando e quella,
secondo lei, era una cosa decisamente positiva.
La
rossa, poi, si alzò da tavola e, senza un’altra
parola, si allontanò. Le tre
Serpeverde si affrettarono a seguirla e l’italiana si
lasciò scappare una
risata. Conosceva la Caposcuola abbastanza da sapere che se avesse
avuto anche
solo il minimo sospetto delle reali motivazioni di James avrebbe avuto
una
reazione completamente opposta. Forse l’avrebbe affatturato
in modo grave e
spedito in Infermeria a tenere compagnia alla sua vittima, giusto per
dimostrargli di essere perfettamente in grado di difendersi da sola. In
ogni
caso restava il fatto che Margaret Waterfall, colei che non
ringrazierebbe
nemmeno sotto Cruciatus, aveva appena ringraziato James Potter.
Ripeto:
ma che boccino hanno tutti,
oggi?
Mentre
uscivano dalla Sala Grande incrociarono un paio di ragazzi di Corvonero
del
settimo anno. Aveva un’aria abbastanza malconcia e Daria
represse a stento
un’altra risata.
“Ma
quelli non erano gli amici di Davies?” Chiese Moira,
perplessa.
“Già..
ed erano pieni di lividi..”
“E
menomale aggiungerei!” Tutte e tre le sue amiche si voltarono
a guardarla, la
stessa espressione stupita in viso. “Che
c’è?”
“Tu”
Iniziò Rose lentamente, “sei contenta che
mostrassero chiaramente i segni
dell’aver partecipato molto recentemente ad una
rissa?”
“Certo.”
Fece lei, tranquilla riprendendo a camminare. “Vuol dire che
quando Jam e gli
altri hanno pestato Davies c’erano anche loro”.
“E
la cosa ti rende felice..” Rose la afferrò per un
braccio e le mise una mano
sulla fronte. “Niente febbre, strano”.
“Io
direi di portarla comunque da Madama Lones. Non si sa mai”.
Daria
scrollò via la mano dell’amica, ancora sulla sua
spalla. “Più che felice sono
sollevata. Se James, Scorpius e Fred avessero riportato dei lividi dopo
un tre
contro uno sarei stata costretta a disconoscerli come miei
amici”.
***
***
Nascose
uno sbadiglio col dorso della mano e si sistemò meglio la
Firebolt sotto al
braccio. Era davvero esausta. La notte precedente aveva dormito
pochissimo per
tenere compagnia a Meg, prima, e andare ad affatturarne
l’ex-ragazzo, poi.
Lei
e Daria stavano arrancando, stanchissime, su per il parco, di ritorno
al
castello dopo un massacrante allenamento. Alla prima partita della
stagione,
Grifondoro contro Serpeverde, mancava una sola settimana e Dave stava
dando
prova di una notevole isteria.
Capisco
che sia in ansia perché è la sua
prima partita come capitano, ma questo non lo giustifica né
a metterci due
allenamenti al giorno, né, soprattutto, a farci sudare come
animali.
“Non
è che hai qualche pozione rilassante nelle tue scorte, eh
italiana? No perché
Dave ne ha davvero un disperato
bisogno”.
L’altra
scosse la testa, ma non rispose. Faceva così da dopo
colazione: era distratta e
partecipava poco alle conversazioni. Sembrava assorta in
chissà quali
impegnativi pensieri. Rose
sentì un
brivido scenderle lungo la schiena: quando Daria si comportava in quel
modo non
era mai un buon segno.
Il
più delle volte ne veniva fuori che stava partorendo una
qualche teoria
assurda, che, però, a lei sembrava assolutamente sensata.
Oppure, ipotesi
ancora peggiore, stava analizzando una situazione, a suo personalissimo
avviso,
altamente preoccupante e architettando una soluzione geniale, sempre e
solo
secondo lei.
E
al momento l’unica situazione
problematica a cui cercare una soluzione mi sa che è proprio
la mia.
Anche
se, in realtà, lei
trovava che ci non
fosse proprio nulla di problematico nella sua situazione. Nulla di
problematico, nulla di preoccupante, nulla di cui discutere. Assolutamente nulla.
“Sai
Rose credo proprio che tu abbia ragione”.
Lei
si voltò a guardare l’amica, confusa.
“Eh?”
“A
non volerti innamorare, intendo. Amare è pericoloso. Prendi
Meg e Moira: una
ridotta ad uno straccio perché stava con uno stronzo,
l’altra distrutta perché
non corrisposta. Mi sono resa conto che amare vuol dire, soprattutto,
essere
completamente disarmati e vulnerabili, in balìa
dell’altra persona, che ha un
potere totale su di te e può condizionarti. La gioia, il
dolore, la rabbia,
l’euforia, la tristezza.. tutte le tue emozioni
più intense dipendono
all’improvviso solo da un’altra persona. Tu
dipendi completamente da un’altra persona”. Daria,
che fino a quel momento
aveva lasciato vagare il suo sguardo e continuato a camminare, si
fermò e si
voltò verso di lei, rimasta un paio di passi indietro.
“Non permetterò mai a
nessuno di avere un simile potere su
di me. Mai”. E suonava
tanto come una
promessa.
La
osservò per un po’, sorpresa. Non si aspettava un
simile ragionamento da lei,
non con tutti i romanzi romantici che l’italiana divorava in
continuazione.
Eppure eccola lì a dire cose che, ne era certa, non erano
frutto di un istinto
momentaneo. Era abbastanza sicura che fossero quelli i pensieri che le
avevano
occupato la mente per tutta la giornata e che ne aveva parlato con lei
solo
perché credeva davvero nelle conclusioni a cui era giunta. “È a
questo che hai pensato finora?”
L’altra
annuì, tornando a guardare il paesaggio umido che le
circondava, e Rose sospirò
di sollievo.
Vuol
dire che posso stare tranquilla,
senza dovermi guardare da ramanzine “risolutive” o
sguardi preoccupati.
“Non
ci avevo mai pensato prima, ma quello che è successo ieri mi
ha aperto gli
occhi. L’amore ha sicuramente molti aspetti positivi, non lo
metto in dubbio,
ma, a mio avviso, ha soprattutto un’enorme difetto: rende
vulnerabili e
dipendenti da qualcun altro”. Gli occhi blu si posarono di
nuovo sui suoi e la
castana le rivolse un sorriso. “Inutile dire che la cosa non
mi piace nemmeno
un po’”.
Rose
rispose al sorriso e annuì. Quella
era
una cosa di cui lei era sempre stata convinta. “Su questo mi
trovi
assolutamente d’accordo. Io l’ho sempre pensata
così e non ho mai avuto la
benché minima intenzione di cadere in
quell’incredibile trappola che la gente
chiama amore.” Fece un paio di passi, raggiungendo
l’altra e proseguì: “Mai
avuto il minimo problema: l’amore richiede fiducia e io non
mi fido di nessuno,
quindi va da sé che non posso innamorarmi, no?”
Daria annuì alle sue parole,
convinta.
Rose
non ne era poi così stupita, non più almeno: in
realtà non era così raro che
loro due fossero d’accordo su simili argomenti. Sebbene non
ai suoi livelli,
nemmeno l’altra era tipo da concedere la sua fiducia troppo
facilmente. Anzi,
sembrava fin troppo abituata alla falsità e
vacuità della gran parte dei
rapporti umani.
Nonostante
questo, però, si affeziona
abbastanza facilmente e molto in fretta. Quando vuole bene a qualcuno
non ha
mezze misure e questo un po’ mi preoccupa.
“Come
pensi di fare, tu?” Chiese, infatti. “Per me
è facile, ma non so quanto lo sarà
per te. Sei troppo buona”.
Lei
scosse la testa, facendo ondeggiare un paio di ciocche ricce sfuggite
alla sua
treccia bassa. “Non penso che avrò tutti questi
problemi, sai? Capisco troppo
bene gli altri, è così difficile colpirmi o
sorprendermi. Persino attirare la
mia attenzione, non è facile”.
Le
afferrò un mano fredda e iniziò a camminare verso
il castello. “Te lo ricordi
Paolo?”
Rose
si scostò, con la mano libera, i capelli color fuoco che il
freddo vento di
novembre continuava a sbatterle sul viso e annuì con una
smorfia: come poteva
non farlo? Era il bastardo per cui la sua amica si era presa una cotta
qualche
tempo prima. Quello che aveva rischiato di farla soffrire.
Cosa
che non è successa solo perché, a
quanto pare e per fortuna, avevamo sopravvalutato i sentimenti di
Daria. Ma
resta il fatto che ci è andato vicino e che lo odio per
questo.
“Certo
che me lo ricordo! Ha ancora l’uso di entrambe le gambe solo
perché non eri
davvero coinvolta. Se tu avessi versato anche solo una lacrima per
colpa sua,
adesso girerebbe in sedia a rotelle”.
L’altra
sorrise e la tirò leggermente per la mano, facendo scontrare
le loro spalle.
“Lo so Rosie: lo ripeti ogni volta che viene nominato. Comunque è
proprio questo il punto: non ero
coinvolta. Lui era il tipo giusto per me, fatto quasi su misura e io
non
provavo nulla di profondo”.
“Fatto
su misura?! Ora non esagerare. È uno stronzo”.
“Era
il ragazzo adatto a me, lo sai. Avevamo interessi simili con opinioni
abbastanza diverse per dare luogo a discussioni stimolanti, conosceva
un sacco
di lingue straniere e persino le sue eredità erano
complementari alle mie.
Giusto per me, anche per un mare di altre ragioni, lo sai”.
Già,
la famiglia. Mpf!
Lei
sbuffò. “Complementari una pluffa! Solo
perché poteva percepire, vagamente, le
menti altrui. Non leggerle o trasmettervi i propri pensieri, solo
percepirle e
pure male!”
Daria
scossa ancora la testa e alzò gli occhi al cielo.
“Su questo non saremo mai
d’accordo, vero Rosie?”
“Mai”.
Concordò lei, ostinatamente.
L’altra
sospirò e tornò a guardarla. “Comunque
lascia che ti spieghi la mia teoria: se
non mi sono innamorata di lui e se in sedici anni non mi sono mai
innamorata di
nessuno, allora, forse, sono davvero immune a certi sentimenti. E anche
se così
non fosse, se in sedici anni non ho mai avuto questo genere di
problemi, non
vedo perché dovrei averne proprio ora che ho deciso,
coscientemente, di voler
stare il più lontano possibile
dall’amore”.
“Non
fa una piega”. Disse annuendo convinta. Quel ragionamento, a
parer suo, era
assolutamente sensato.
Se
non è successo prima, quando lei non
aveva nulla in contrario, perché dovrebbe accadere ora?
Senza
contare che quella presa di posizione la tranquillizzava moltissimo:
ora poteva
smettere di domandarsi cosa avrebbe fatto se quella da consolare la
notte prima
non fosse stata Meg, ma Daria.
Dopo
quel discorso anche l’altra sembrava più
tranquilla, come se si fosse tolta un
peso. Perciò oltrepassarono il portone d’ingresso
parlando si argomenti
decisamente più leggeri.
Rose
guardò con sconforto la prima delle tante rampe di scale,
che le avrebbero
portate al dormitorio dei Caposcuola. “Ti ho mai detto quanto
sono grata del
fatto che il nostro dormitorio stia nei sotterranei?”
L’altra,
in evidente sintonia coi suoi pensieri, rispose: “No, e io ti
ho mai detto
quanto invidio i babbani e i loro ascensori?”
“Andiamo,
va’. Queste scale non si saliranno da sole!” Fece
iniziando a tirare l’amica su
per la prima rampa.
“Hai
ragione!” Esclamò lei, lasciandosi trascinare.
“Invidio anche le loro scale
mobili!”
“Ma
davvero? Ai purosangue è consentito invidiare i
babbani?”
“Se
sono più intelligenti che ci posso fare?”
Ridacchiarono entrambe, poi Daria
esclamò: “Ehi, Rose, guarda chi
c’è: mini-Potter!”
Effettivamente
Al stava camminando nella loro direzione, in divisa da Quidditch e con
la scopa
in spalla.
Si
scambiarono un’occhiata complice e, appena gli furono
abbastanza vicine,
urlarono in
coro:
“Ciao Al!”
Il
ragazzo scosse la testa con un sorriso rassegnato, quasi se lo fosse
decisamente aspettato. “Cos’è? Sperate
di assordarmi per non farmi partecipare
alla partita e avere una minima chance di vittoria?”
Rose
sbuffò e ribbatté immediatamente. “Ma
fammi il piacere! Come se avessimo
bisogno di simili mezzucci! Possiamo battervi ad occhi
chiusi”.
“Esatto!
Ricordami, mini-Potter, chi l’ha preso il boccino
l’anno scorso?”
Al
la fulminò con un occhiataccia, orgoglioso come sempre e
ritorse, senza vera
malizia: “E l’anno prima? Chi l’ha preso,
De Lupo?”
Rose
decise che quella discussione su chi aveva preso più volte
il boccino doveva
chiudersi all’istante. L’altra opzione era che i
due cercatori andassero avanti
fino all’alba del giorno successivo e non le pareva proprio
il caso. Così posò
una mano sulla spalla di Al e una su quella di Daria e riassunse, con
tono
pacato, l’esito di quattro anni di partite.
“L’avete preso due volte per uno,
lo sappiamo. Siete in parità”.
“Ancora
per poco”. Specificò Al, gli occhi ridotti a due
fessure.
“Puoi
scommetterci, mini-Potter”. Rispose l’altra con la
voce ridotta a un sibilo.
Vedendoli
così presi dalla loro rivalità agonistica, Rose
non ebbe cuore di ricordargli
che, essendo quella la loro quinta partita, era ovvio,
scontanto e inevitabile che non sarebbero più
stati in
parità e che quindi, come minaccia, era un po’
vana.
Solo
un po’, eh.
“Ti
ho detto un milione di volte di non chiamarmi
così!” Borbottò Al, mettendo su
un buffissimo broncio da bambino contrariato. “è
irritante”.
“Al
contrario. Io direi che è divertente”.
“Non
lo è per niente! Questa cosa del mini, mi sminuisce come
maschio. Fa pensare ad
un orsacchiotto di peluche”.
“Sminuirti
come maschio? Mpf! Cosa c’è da sminuire scusa? E
poi tu lo sei. Tenero e dolce
come un peluche, intendo. Quindi non vedo dove sia il
problema”.
Albus
arrossì violentemente all’affermazione della De
Lupo e ribatté, imbarazzatissimo
“Smettila con questa storia del peluche! Sono un ragazzo io,
non un bambino di
cinque anni! Non sono tenero e dolce, capito?” Poi Al
incrociò lo sguardo
palesemente divertito della cugina e le scoccò
un’occhiata contrariata. “E tu
non osare ridere!”
“Chi?
Io? Non oserei maaai, lo sai”. Rispose ironica, convincendo
il cugino a
lanciarle un’altra occhiataccia. Appena si fu voltato per
redarguire Daria, che
stava ridacchiando indisturbata, Rose lasciò libero il
sorrisetto malizioso che
aveva mal trattenuto fino a quel momento. Starsene beatamente
appoggiata al
muro e osservare il suo cugino preferito venire messo impietosamente in
imbarazzo da quella che era, per quanto ne sapeva lei,
l’unica ragazza che il
Grifondoro considerasse attraente le stava decisamente risollevando la
giornata
e l’umore.
“Non
vedo perché dovresti sentirti in imbarazzo”, stava
dicendo Daria, mentre Al
tentava disperatamente di tenersela lontana perché lei non
potesse mettersi a
scompigliarli i capelli o fargli pat-pat sulla testa. “Non
c’è nulla di cui
vergognarsi nell’essere dolci e teneri, orsacchiotto. Vero,
Rosie?”
Lei,
incurante dell’occhiata ammonitrice prontamente lanciatale
del cugino, annuì e
allargò il ghigno. “Assolutamente nulla”.
Albus,
con entrambe le mani sulle spalle di Daria per tenerla a distanza,
emise una
specie di gemito sconfitto e sospirò. “Non ti ci
mettere anche tu, Rose ti
prego. Questa pazza basta e avanza”. Poi si voltò,
verso la pazza in questione,
che, infastidita, dall’aggettivo gli aveva tirato un
pizzicotto sul braccio.
“Daria, smettila, per favore. Immagina cosa direbbe James se
scoprisse che mi
chiami “orsacchiotto”?”
L’ultima
parola fu sputata con tono piuttosto disgustato.
Rose,
ignorando bellamente la preghiera che le era appena stata rivolta,
infierì con
tono malefico. “Preoccupato che la tua virilità
venga messa in discussione,
cuginetto?”
Lui
fece una smorfia, ma ribatté con tono stanco.
“Più che altro mi atterrisce
pensare a quali idee malsane potrebbe farsi venire in mente
quell’idiota”.
Daria,
all’ultima frase del moro, lo lasciò andare,
smettendo di importunarlo seduta
stante. “Prospettiva agghiacciante”
Asserì, rabbrividendo visibilmente. “Niente
più “orsacchiotto” per te, mi
dispiace”.
“Sono
terribilmente addolorato, ma credo proprio che me ne farò
una ragione”. Sorrise
smagliante e si piegò per raccogliere le scope, la propria e
quella dell’amica,
cadute durante l’ “assalto” della ragazza.
L’italiana
si aprì in un sorriso smagliante e un po’
canzonatorio e si affrettò a
“rassicurarlo”. “Non ti preoccupare,
posso ancora chiamarti mini-Potter!”
Lui
fece una smorfia di dolore e lanciò uno sguardo pieno di
desiderio alle scale
dietro di loro. “Ci avrei scommesso la scopa. Ora scusatemi,
ma devo
assolutamente andare, o farò tardi agli
allenamenti”.
Rose,
impietosita, si spostò per farlo passare e tirò
di lato anche l’amica. “Ci si
vede a cena, cugino”.
“Buon
allenamento, Al”.
Albus
le salutò con un sorriso e un cenno della mano.
L’attimo dopo era già svanito
dietro l’angolo.
“Non
trovi che la sua fretta fosse un po’ insensata?
Cioè, il suo capitano è James!”
“Più
che altro, io credo stesse scappando da noi, italiana”.
“Dici?”
“Dico,
dico”.
***
***
Se
ne stava con la schiena appoggiata al muro e gli occhi blu incollati
alla porta
chiusa di fronte a lei, la borsa stracolma di libri abbandonata tra le
sue
gambe leggermente divaricate. Era in attesa.
La
porta si aprì con un cigolio e ne uscirono alcuni ragazzi
del settimo anno.
Salutò con un cenno del capo un paio di ragazzi della sua
casa e fulminò con lo
sguardo il compatto gruppetto di Corvonero.
Staccò
la schiena dal muro e si chinò a raccogliere la borsa
pesante, solo quando vide
uscire una coppia di studenti col cravattino rosso-oro. James stava
chiacchierando a ruota libera e la ragazza accanto a lui stranamente
sorrideva.
“Jam,
Meg”.
“La
mia Serpeverde preferita! Mi sei mancata!” Esclamò
il ragazzo moro tirandosela
contro per avvolgerla in un abbraccio spacca-ossa.
“Ci
siamo visti ieri sera”. Obbiettò lei districandosi
dalla presa micidiale
dell’amico.
“Appunto!
È da ieri sera che non ti vedo! Non sei venuta a
colazione!”
“Sbagliato”.
Lo corresse Meg, continuando, però, a sembrare divertita.
“Lei a colazione
c’era. Sei tu che sei arrivato in ritardo, Potter”.
Il
ragazzo assunse un aria oltraggiata e incrociò le braccia
davanti al petto,
scoccando all’amica un’occhiata di puro biasimo.
“C’eri e non mi hai aspettato
per salutarmi?”
Daria
alzò gli occhi al cielo, esasperata. Quante volte avevano
già fatto quella
conversazione? “Non ho intenzione di rovinare il mio record
di puntualità solo
per salutare un ritardatario come te
tutte le mattine, visto che, comunque, ci vediamo tutti i
giorni a
pranzo”.
James,
saltando come al solito di palo in frasca, le lanciò
un’occhiata confusa e
chiese: “Il record di puntualità?” Poi
si voltò verso la collega e continuò.
“Credevo lo detenessi tu!”
Meg
lo fulminò con lo sguardo, tornando improvvisamente seria.
“ E così era fino
all’anno scorso, quando un deficiente a caso mi ha fatto
arrivare in ritardo un
milione di volte per via dei suoi scherzi idioti”.
È
così tutte le sante volte. Vanno
d’accordo senza problemi e Meg sembra anche divertirsi, poi,
all’improvviso
realizza con chi sta parlando e diventa scontrosa.
Jam
si passò una mano tra i capelli, evidentemente in imbarazzo.
“Ehm.. ecco..
io..”
“Quasi
dimenticavo! Ho visto Fred poco fa, ti stava cercando Marmellata.
Faresti meglio ad andare da lui”.
“Ok
grazie. Allora… io vado. A dopo!” Potter le
sorrise grato e si dileguò.
Daria
emise un lungo sospiro e lanciò un’occhiata
all’amica ancora intenta a fissare
la schiena di James in rapido allontanamento.
Questa
situazione va risolta. Meg
deve capire che divertirsi in compagnia di James non vuol dire essere
impazzita
e lui deve imparare che ci sono cose che farebbe meglio a non dire se
vuole
sopravvivere.
“Possiamo
fare un salto in bagno, prima di andare a pranzo?”
L’altra
annuì, ancora assorta nei propri pensieri.
“Certo”.
Il
bagno delle ragazze era, come al solito, pienissimo e furono costrette
a fermarsi
appena entrate. Un gruppetto di ragazze intralciava loro la strada.
“Scusate,
dovrei passare”.
Una
di loro, una Grifondoro del suo stesso anno si voltò verso
di loro. Le squadrò
dall’alto in basso e sulle sue labbra comparve un ghignetto
di superiorità.
“Toh, guardate qui chi c’è! La nostra
Caposcuola e la straniera!”
Daria
rispose al ghigno lasciandosi scivolare sulle labbra un bel sorriso,
negli
occhi una punta di ironia. “Grazie davvero! Mi stavo per
dimenticare chi sono,
meno male che me l’hai ricordato tu”.
La
Grifondoro – Daria proprio non ricordava come si chiamasse
– storse il suo bel
nasino incipriato. “Vedi di darti meno arie, De Lupo. Ti
credi chissà chi solo
perché Jamie ti ha portata al ballo”.
Oh
Zeus, ancora con questa storia?
Sinceramente inizia a stancarmi.
“Già!”
Intervenne un’altra ragazza dello stesso gruppo.
“Lui l’ha fatto solo per
pietà. Non montarti la testa. Una come te non è
alla sua altezza né lo sarà
mai!”
“Sei
un’approfittatrice, interessata a lui solo per..”
“..
i soldi e la fama! Sono una persona orribile!” Concluse lei,
sorprendendo le
ragazze che la fronteggiavano. “ Oh, Maggie guarda: sembrano
sconvolte. Dici
che ho sbagliato la battuta?”
Il
volto della rossa si aprì in un sorrisetto malandrino,
quando commentò: “Forse
dovevi dire “le ricchezze e il buon nome della sua famiglia!
Sono una ragazza
disgustosa!”
“Dici?
Secondo me così è troppo..”
“Piantatela
di prenderci in giro!” Urlò la Grifondoro-di cui
non ricordava il nome, la
prima ad essersi ripresa. Era paonazza in viso ed era evidente stesse
per avere
un attacco di isteria. Daria, che alla fine dei conti era una persona
gentile,
decise che poteva risparmiarglielo.
“Sentite,
lo ripeterò per l’ultima volta. Non. Sono.
Interessata. A. James. Potter.” Fece,
scandendo bene ogni parola. Voleva essere certa che il concetto
entrasse in
quelle loro zucche vuote una volta per tutte. “Siamo amici.
A-M-I-C-I. Lui non mi piace e non me ne frega niente né
della sua fama, né dei suoi soldi. Anzi,
tra me e Jam quella ricca sono io. Quindi, semmai, sarebbe
più plausibile il
contrario”. Senza
aggiungere altro,
oltrepassò il gruppetto di ragazze ancora scioccate dal suo
discorso e si
diresse finalmente in bagno.
Appena
uscite, mollò la borsa a terra e si accasciò
contro un muro, sospirando
esausta. “Sono davvero, davvero stanca. Non ne posso
più di tutta questa
storia. È così difficile capire che io e Jamie
siamo solo amici? Cioè se non è
successo nulla in tutti questi anni di amicizia quasi simbiotica, direi
che
potrebbero anche piantarla di preoccuparsi e prendersela con
me”.
Per
esempio, avrebbe più senso se
se la prendessero con te. Quantomeno tu sei una potenziale minaccia.
Anche se,
a dir la verità, sarebbe tempo
sprecato
in ogni caso: Jam non le degnerebbe comunque nemmeno di
un’occhiata.
“Questo
non è completamente vero, D”.
“Eh?”
Alzò lo sguardo sull’amica, trovandosela di
fronte, alla sua stessa altezza.
Meg si era accucciata, con le ginocchia chiuse piegate, una mano
appoggiata a
terra a sostenere il suo peso, mentre con l’altra tormentava
l’orlo della
gonna. Il suo linguaggio del corpo parlava da sé: Meg era
sulle spine, a
disagio.
“Il
tuo primo bacio. Te l’ha dato James Potter”.
Spiegò, distogliendo lo sguardo e
lasciando che le sue parole si depositassero tra di loro. Poi,
imbarazzata,
aggiunse: “Cioè.. non che mi interessi.. ecco..
l’aveva detto Rose ad Hogsmeade
e..”
E
tu hai continuato a pensarci,
Maggie?
“Jam
è estremamente geloso e protettivo nei confronti di tutte le
persone che gli
sono care. Non riesce nemmeno a concepire l’idea che qualcuno
possa farci del
male” Spiegò, pratica. “In
più ha una sorta di talento innato per farsi venire
idee assurde e malsane”.
“E
questo cosa c’entra, scusa?” La rossa continuava a
non guardarla, impedendole
di decifrarne le espressioni, ma dal tono secco sembrava abbastanza
irritata.
Che fosse irritata con lei perché stava prendendo la
questione alla larga o con
se stessa per averla tirata fuori, la questione, Daria proprio non
sapeva
dirlo.
“Tutto,
Maggie, c’entra tutto. Il mio primo bacio è stato
merito di uno dei suoi
discutibilissimi colpi di genio e ti assicuro che non ha mai
significato nulla
per nessuno dei due”. Le lanciò
un’occhiata valutativa, aspettando una risposta
che non venne.
Se
non me lo chiede lei, lo
proporrò io. D’altra parte è quello che
so fare meglio, capire le richieste non
espresse degli altri.
“Se
vuoi posso mostrarti com’è andata”.
L’altra
scosse il capo, tenendo ostinatamente lo sguardo rivolto altrove. “Non mi interessa,
davvero”.
Sì
certo e dovrei crederti? In ogni
caso non mi va di diventare oggetto di insensata gelosia in futuro,
quindi..
“Però
ci terrei a mostrarti, posso?” Chiese, con un sorriso gentile
La
Grifondoro scrollò le spalle, con simulata indifferenza.
“Se proprio devi”.
“Jam
non c’era bisogno che mi
venissi a prendere, te l’avevo già detto.
È stata solo una banale influenza”.
Daria era appena uscita dall’infermeria dopo una settimana
passata lì dentro e
aveva trovato James
fuori dalla porta ad
aspettarla.
“So
che te la cavi da sola e non
hai bisogno d’aiuto, tranquilla”. Rispose lui,
blandendola con un sorriso e una
carezza tra i ricci castani. “Infatti sono qui per
un’altra ragione… Oggi,
sentendo parlare alcune ragazze, ho scoperto una cosa e..”
“E?”
Gli chiese alzando il viso per
guardarlo negli occhi color cioccolato.
“E
c’è una cosa che devo fare”.
Gli
lanciò un’occhiata confusa, ma
non fece in tempo ad esplicitare la domanda a voce, perché
si trovò
all’improvviso le labbra occupate.
La
stava baciando. Il suo primo
bacio.
Non
era niente di che: Jam aveva
solo appoggiato le proprie labbra chiuse sulle sue, ma comunque non
accennava a
staccarsi.
Daria,
dunque, trovò opportuno
pestargli un piede con forza, per obbligarlo ad allontanarsi, e
incrociare le
braccia al petto, in attesa di una valida spiegazione. Non
andò nel panico,
colta dall’improvviso terrore che l’amico nutrisse
per lei sentimenti diversi
dall’amicizia. Semplicemente sapeva che non era possibile.
Se
provasse qualcosa per me, me l’avrebbe fatto capire da un
pezzo e non mi
avrebbe baciata a quel modo, come bambini dell’asilo, mi
sarebbe saltato
addosso.
Quindi
si limitò a lanciargli
un’occhiata oltraggiata – quello che le aveva
rubato restava comunque il suo
primo bacio – e a chiedergli con tono secco:
“Allora? Che significa?”
Lui
le sorrise smagliante,
l’immagine perfetta e falsa dell’innocenza.
“Ho scoperto che voi ragazze date
molto peso al primo bacio. Sarebbe potuto capitare con chiunque, con
qualcuno
che potrebbe farti soffrire”. Fece una smorfia a
metà tra l’oltraggiato e
l’arrabbiato, come se la sola idea fosse per lui
intollerabile. “È stato molto
meglio che a dartelo sia stato io, no?”
“No!”
Obbiettò lei, dandogli uno
spintone, con gli occhi lucidi d’indignazione e rimpianto.
“Insomma James! Era
il mio primo bacio! Ridammelo! Lo rivoglio indietro!”
Meg,
che finalmente era tornata a guardarla, le rivolse
un’occhiata piena di
profonda comprensione e solidarietà.
Situazione
familiare, vero Maggie?
“Quando
è successo?” Tra tutti i modi in cui la rossa
poteva interrompere il suo
imbarazzatissimo silenzio – non era esattamente un ricordo
che adorava condividere, lo trovava
piuttosto imbarazzante e mortificante – quello era proprio
l’ultimo che si
aspettava.
La
trovava una domanda abbastanza insensata, richiesta di un dettaglio
decisamente
irrilevante. Non la capiva, ma rispondere non le costava nulla quindi..
“Al mio
terzo anno”.
L’altra
annuì senza grossa partecipazione, quasi indifferente, come
se non fosse stata
lei a chiederglielo nemmeno un minuto prima. E davvero Daria non
capiva.
Le
capitava spesso ultimamente di non riuscire a capire e non si riferiva
solo
alla ragazza che aveva di fronte. Era strano proprio perché
le accadeva un po’
con tutti, indiscriminatamente.
Che
poi Meg sia un caso di
incomprensibilità acuta resta un dato di fatto puro e
semplice.
“Potter
è un deficiente”. Le disse poi, mostrando una
notevole empatia. Quello sì che
era il tipo di reazione che si aspettava da lei.
Quindi
sorrise dolce e pronta a mettere in buona luce l’amico,
perché se l’aspettava e
sapeva come reagire, era preparata. “Verissimo.
Però ha anche un gran cuore,
sai? Quando si è reso conto di aver fatto una cazzata,
c’è rimasto malissimo e
mi ha chiesto scusa un milione di volte. Era davvero
mortificato”.
“Tipico
di Potter. Prima fa, poi pensa”. Sentenziò
l’altra asciutta, ma con l’ombra di
un sorriso sulle labbra.
***
***
Era
una scena buffa vedere la figura contrariata, alta e scura di Dave
Zabini
avvicinarsi recalcitrante al tavolo di Serpeverde seguito da
vicinissimo da
quella risoluta, minuta e pallida di Moira Kirson.
“Ho
delle cose da fare, Mo! Te l’ho detto un milione di volte.
Non ho tempo da perdere
mangiando. Alla partita manca pochissimo”.
Rose
trovava notevole la naturalezza con cui Dave, pur essendo innamorato di
lei, si
comportava in sua presenza. Così diversa dal comportamento
un po’ impacciato di
As con Daria o dall’atteggiamento da sbruffone buffone che
suo cugino aveva
tenuto a lungo con Meg. Supponeva avesse molto
a che fare col fatto che, prima di tutto, loro era amici e lo erano da
un sacco
di tempo.
“Alla
partita ci arriverai su un lettino dell’infermeria, se
continui a rifiutarti di
mangiare”. Lo riprese Moira, lapidaria e pragmatica come
sempre.
Dave
infilzò una salsiccia con veemenza, quasi fosse tutta colpa
sua. “Devo
escogitare nuovi schemi e strategie. La squadra di Grifondoro
è…”
“Molto
forte. Al vostro stesso livello e sarà una partita
impegnativa”. Concluse la
mora, suscitando l’irritazione dell’amico.
“Ed è una perdita di tempo, Dave.
Tanto dipende unicamente da chi tra Daria e Al prenderà per
primo quella
benedetta pallina dorata”.
Rose,
all’espressione terribilmente scioccata del ragazzo, non
poté fare a meno di
lasciarsi scappare una risata. “Credo che tu stia solo
peggiorando le cose,
Mo”. Un grugnito proveniente dalla montagna immusonita, che
una volta
rispondeva al nome di Dave, le diede ragione. Scoccò
all’altra un bel sorriso
soddisfatto e vittorioso. “Visto?”
Moira
scosse il capo, facendo ondeggiare i capelli scuri. “Davvero
non riesco a
capire cosa ci troviate in quella sottospecie di sport. Rischiare
l’osso del
collo su una scopa volante, schivando palle impazzite che fanno di
tutto per
disarcionarti. Cosa c’è di divertente?”
Dave
si risollevò per rispondere, entusiasmato probabilmente
dalla possibilità di
far cambiare idea all’amica. “Un sacco si cose!
Il..”
“Dave”.
Lo interruppe impietosa la mora. “Era una domanda retorica.
Non lo stavo
chiedendo davvero. Riprendi a
mangiare, su”.
L’occhiataccia
e la probabilissima serie di proteste del ragazzo, le furono
risparmiate
dall’arrivo trafelato di una Daria col fiato corto e una
strana espressione in
viso.
“Italiana,
tutto bene?”
“Sì,
sì certo. Ero in biblioteca a fare una ricerca e non mi sono
resa conto
dell’ora”.
Una
ricerca? Daria?
Rose
la osservò con attenzione mentre si sedeva a tavola e
cominciava a servirsi da
mangiare. Quell’aria strana, perennemente a metà
tra l’assorto e il preoccupato,
costellata da frequenti scatti di stizza… era da un
po’ che la vedeva addosso
all’amica.
Da
più di un mese, credo.
Decise,
quindi, di essere più che legittimata a preoccuparsi.
Daria
alzò lo sguardo notando così il suo. Scosse il
capo e abbozzò un leggero
sorriso. “Davvero Rose sono solo pensieri e..”
“E?”
“E
un brutto presentimento”. Rispose l’altra cauta.
Rose,
allora, decise di essere decisamente molto
legittimata a preoccuparsi. Perché, come diceva sempre
Moira, l’istinto di
Daria non sbagliava praticamente mai.
***
***
Il
vento freddo le fischiava nelle orecchie e frustava il viso, mentre la
pioggia
fitta e incessante rendeva scivoloso il manico della scopa e le
ostacolava la
visuale.
Erano
in casi come quello che Daria ringraziava tutti gli dei del Pantheon
per averle
fatto dono di un buon equilibrio e riflessi pronti.
La
partita era iniziata da quasi un’ora e mezza e né
lei né Al avevano ancora
intravisto il boccino. Con quella pioggia si stava rivelando
estremamente
difficile persino vedere i suoi compagni.
Poi
i suoi occhi scorsero, vicino alla porta di Rose, un bagliore dorato.
Schizzò
in quella direzione, tenendo lo sguardo ben incollato sulla minuscola
pallina
alata. Un attimo dopo sentì qualcosa sfiorarle una spalla:
Al. Erano pari.
Volavano a tutta velocità verso l’alto, sopra alla
porta di Serpeverde.
C’era
quasi. Il boccino era a meno di un metro da lei, mentre il Grifondoro
era
qualche centimetro più indietro. Allungò il
braccio sinistro, reggendosi alla
scopa con una mano sola. Stese le dita, ancora un pochino…
solo un altro po’..
fino a sfiorare la superficie metallica del boccino…
Nello
stesso istante in cui le sue
dita gelate si chiudevano sulla pallina dorata, la scopa che volava
accanto alla
sua diede un fortissimo strattone. Forte abbastanza da disarcionare il
suo
proprietario. Vide Al precipitare nel vuoto, senza che nessun
incantesimo
arrivasse a fermarlo. La pioggia era troppo fitta.
Innanzitutto
ci tengo a ri-precisare che il
soprannome “mini-Potter” non è mio ma
delle fantastica Dirareal, qui il link
per la storia in questione: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387973&i=1
In
secundis….. Altro capitolo di passaggio, beh a
parte il finale.. non uccidetemi.. Comunque ho deciso che
d’ora in avanti, se
riesco a mettere un freno alla mia logorrea, mi asterrò dal
commentare i
capitoli. Quindi spero che vi sia piaciuto! Ci rivediamo nelle
recensioni o nel
prossimo capitolo
Ah
non ho fatto di revisione, quindi segnalate gli
errori che provvederò a correggerli
Un
bacio
AiraD
|
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Capitolo 13 *** 12) Saving you, Saving Me ***
12) Saving You, Saving Me:
“Proprio
le condizioni atmosferiche migliori per giocare a Quidditch”.
“Non
abbiamo mai giocato contro Grifondoro col bel tempo, ma così
è esagerato!”
“Già”.
All’ennesimo tuono Rose non poté far altro che
concordare coi compagni di
squadra, mentre si limitava a spiluccare distrattamente la propria
colazione.
Aveva lo stomaco chiuso. Non
tanto per
l’ansia dovuta alla partita: essendo di natura estremamente
competitiva,
l’atmosfera di agitazione e lo stress che precedevano una
prova, sportiva o
accademica che fosse, erano per lei come una carica di adrenalina e la
rendevano incredibilmente lucida e reattiva.
A
turbarla era piuttosto il brutto presentimento di Daria. Era stato
utile,
durante quella settimana, per tenere la mente occupata, ben lontana da
pensieri
che non voleva e non doveva
fare. Però, ora che tutti i suoi
tentativi di capirci qualcosa, di scoprire a cosa si riferisse o a cosa
fosse
dovuto erano caduti miseramente nel vuoto, era rimasta solo la
frustrazione. La
frustrazione e l’ansia. Un’ansia illogica che le
impediva di godersi la
meravigliosa atmosfera del pre-partita.
Rose
si fidava ciecamente dei presentimenti dell’amica, sarebbe
stato stupido non
farlo, visto quanto si erano sempre rivelati accurati.
Quando
l’italiana le aveva confidato quanto peggiore fosse la
sensazione che la
perseguitava e che una così negativa non l’aveva
avuta mai, Rose aveva sentito
un brivido percorrerle la schiena e quell’ansia
incomprensibile attanagliarle
le viscere.
È
assolutamente
logico essere preoccupati, no?
E
non era la sola.
Daria
si aggira per
il castello con un’aura così negativa che se
incontrasse dei Dissennatori fonderebbero
all’istante un fan club in suo onore, con tanto di bandierine
colorate e
striscioni. Magari la pregherebbero pure di insegnar loro il mestiere.
“Tutto
bene, Rossa? Non è da te non fare colazione prima di una
partita”.
“Uhm..
sì tutto ok”. La ragazza si riscosse dai propri
vaneggiamenti mentali e si
sforzò di rivolgere a Moira un sorriso che sperava
credibile.
“Dovreste
davvero mangiare qualcosa. Tutti e tre. Agitarsi così
è solo controproducente”.
Continuò l’altra con tono pratico, rimproverando
con lo sguardo sia lei che
Daria e Dave. La rossa annuì e si costrinse a inghiottire
una cucchiaiata di
porridge.
Daria
non aveva voluto parlare con nessun altro di ciò che la
angosciava e Rose si
era trovata assolutamente d’accordo: era inutile far
preoccupare anche altri,
quando nemmeno loro avevano idea di che
cosa bisognasse preoccuparsi.
Allontanò
da sé il piatto colmo di cibo – non sarebbe
riuscita a ingoiare nient’altro – e
si alzò, lanciando uno sguardo all’amica.
“Andiamo?”
La
castana annuì sollevata e si alzò di scatto,
tradendo la propria nervosa
agitazione.
“Non
è un po’ presto?” Chiese Asa, inarcando
le sopracciglia, perplesso.
“Tra
un po’ dovrebbero arrivare i miei insieme agli zii e non mi
va di vederli”.
Rispose lei con la scusa pronta. Scusa che non era poi tanto una scusa:
mamma capirebbe in un secondo che
c’è
qualcosa che non va e non muoio dalla voglia di mettermi a spiegare.
Appena
furono fuori dalla Sala Grande e lontano da sguardi indiscreti, Daria
le afferrò
una mano stringendola con forza e lei rispose alla stretta senza
esitare.
Camminarono verso il campo da Quidditch in perfetto, tormentato
silenzio.
Quel
periodo per lei si era rivelato estremamente faticoso: lei, Daria,
Moira e
Domi, con l’aiuto sporadico di Lily e Molly, si erano letteralmente date i turni
per non lasciare
mai Meg sola troppo a lungo, si era data da fare per allontanarsi da
Dave e nel
contempo aveva continuato a solidificare i suoi rapporti con Moira,
aveva anche
imparato a scomparire in poco tempo ogni qualvolta si trovava in
presenza dei
due contemporaneamente e aveva fatto tutto, ma davvero tutto
ciò che era in suo
potere per tenere Scorp… Malfoy! Per
tenere Malfoy lontano dai suoi
pensieri.
E
iniziare a
chiamarlo per nome non
era d’aiuto.
Stupido
cervello.
“Rose!”
Rose
si voltò esattamente quello che sperava di non vedere: suo
padre stava
trotterellando allegramente verso di loro, seguita a poca distanza da
sua
madre. Si stampò un sorriso entusiasta, che sperava
convincente e lanciò
un’occhiata all’amica nella speranza di trovarle in
viso un’espressione
credibile. Il sorriso un po’ nervoso, ma fondamentalmente
sereno, la sorprese e
le infuse un po’ di fiducia.
Forse
abbiamo una
possibilità di superare lo sguardo che tutto vede e tutto
capisce di mamma. Io
e Moira dovremmo davvero smetterla di sottovalutare le sue doti
recitative.
“Rosie!
Daria! Pronte per la partita?”
“Buon
giorno papà”. Fece Rose con tono a metà
tra l’esasperato e il divertito. “Ciao,
mamma”. Aggiunse poi, quando lei li raggiunse.
“Ciao,
Rose. Non è un po’ presto per scendere al
campo?”
“Decisamente
sì, ma qualcuno qui era un po’ nervoso. Tanto per
cambiare”.
“Non
è colpa mia, se io non
sono fatta di
ghiaccio, Rossa”. Ribattè Daria dandole una
leggera spinta con la spalla.
Sua
madre annuì, comprensiva. “Non
c’è niente di male ad essere emotivi: io mi
agitavo tantissimo prima degli esami e tuo padre diventata pallido e
loquace
quanto un muro prima di ogni partita”.
“Visto?
Sei tu quella anormale”.
Lei
scrollò le spalle indifferente, mentre iniziava a cercare
una via di fuga da
quella situazione.
“Allora
Daria, quando pensi di venirci a trovare?”
“Beh,
Rose mi ha invitata a passare capodanno da voi e restare fino al
ritorno a
scuola”.
“Mi
sembra un’ottima idea. Un’intera settimana a
mangiare quello che cucini tu”.
Commentò suo padre, portandosi le mani dietro la nuca. Rose
avrebbe potuto
scommettere che stava già pregustando i pranzi e le cene che
Daria avrebbe
preparato per loro. Fin dalle sue prime visite, l’italiana
aveva sempre insisto
per occuparsi della cucina, ogni volta che la andava a trovare e
passava
qualche giorno a casa sua.
Inutile
dire quanto suo padre fosse entusiasta della cosa. La sua adorazione
per tutto
ciò che Daria cucinava, era seconda solo
all’adorazione per Daria stessa. La
sua amica aveva fatto subito una magnifica impressione ai suoi
genitori, che se
n’erano innamorati subito entrambi. Ma, mentre sua madre
riusciva ad essere più
discreta ed equa nel suo modo di rapportarsi con tutti gli amici dei
figli, l’ammirazione,
l’affetto e la stima di suo padre per la ragazza dagli occhi
blu erano
assolutamente palesi.
Rose
si lasciò sfuggire un sorriso, poi riportò la
propria attenzione sulla propria
volontà di liberarsi dei genitori. “Zio Harry e
zia Gin non sono venuti?”
“Sono
già saliti al castello. Noi vi abbiamo viste allontanarvi e
abbiamo deciso di
raggiungervi per augurarvi buona fortuna prima della
partita”. Spiegò sua madre
con un sorriso.
“Grazie,
ma’”.
“Sì
grazie, Hermione”.
“Mi
raccomando, ragazze, fatevi valere. E tu Rose fa vedere a quel moccioso
arrogante come si gioca veramente a Quidditch”.
La
ragazza sorrise, il fuoco della competizione vivo e fremente nei suoi
grandi
occhi azzurri. “Tranquillo, pa’. Sono il portiere
migliore di Hogwarts. Malfoy
non può competere con me”.
***
Quella
partita le sembrava infinita. Infinita ed estenuante. Il tempo mefitico
la
obbligava ad usare il triplo delle forze per restare in sella e gli
occhi le
pizzicavano brutalmente per quanto li stava sforzando. Ogni minuto che
passava
diventava sempre più difficile vedere i suoi compagni, per
non parlare della
pluffa.
L’ennesimo
tuono scosse il cielo, seguito a breve da un lampo che
illuminò a giorno il
campo da gioco. Rose poté così vedere Albus e
Daria volare parecchi metri sopra
di lei. Un raggio di speranza le risollevò il cuore per un
secondo.
Forse
hanno visto il
boccino! Proprio
mentre formulava questo pensiero la Serpeverde vide la scopa
dell’amico dare un
brusco, imprevisto scossone e il cugino perdere inevitabilmente la
presa,
precipitando nel vuoto.
I
metri che lo separavano da terra diminuivano ad una velocità
incredibile,
mentre Rose, paralizzata dal terrore, realizzava, con la
lucidità tipica dei momenti
di forte shock, che nessuno sarebbe riuscito ad intervenire in tempo.
Lei
stessa non poteva fare niente. Niente se non guardare impotente il
corpo di suo
cugino cadere sempre più giù.
***
***
Il
vento le schiaffeggiava con forza il volto, ferendole gli occhi e
ululandole
assordante nelle orecchie, mentre si cacciava in picchiata verso il
suolo, a
tutta velocità in una disperata corsa contro il tempo.
Si
stava lasciando guidare dall’occhio della mente. Non era
qualcosa che Daria
aveva deciso: quando la sua mano aveva sfiorato appena il boccino e
quelle
immagini si erano imposte nella sua testa, le sue dite non avevano
chiuso la
presa, lasciandosi sfuggire la pallina dorata, e lei aveva
semplicemente smesso
di ragionare. Smesso di opporre resistenza.
Si
stava affidando totalmente e ineluttabilmente a quelle immagini che le
infestavano la testa da settimane.
Fermò
la propria scopa all’improvviso, bruscamente, poi, senza
avere il coraggio di
guardare, allungò un braccio. Il suo cuore gioì
di sollievo, quando la sua mano
si chiuse con forza attorno a della stoffa bagnata.
Il
peso improvviso le fece urlare i muscoli e sbilanciò il suo
equilibrio. Strinse
le gambe con forza attorno al manico della scopa. Allungò
l’altro braccio ad
afferrare l’amico sotto l’ascella. Lo
sentì boccheggiare e ricambiare la presa.
Chiuse gli occhi blu per lo sforzo. Percepì ogni singola
fibra dei suo muscoli
tendersi all’inverosimile. Infine, digrignando i denti per la
fatica e aiutata
dalla disperata volontà dell’altro, lo
issò sulla propria scopa.
Era
accaduto tutto talmente in fretta, poche manciate di secondi, che il
pubblico
non sembrava aver realizzato pienamente quanto accaduto.
Anche
se così non fosse stato, Daria non se ne sarebbe minimamente
resa conto.
L’unico suono che riempiva le sue orecchie era il battito
forsennato,
irregolare di due cuori: il suo e quello di Al. Non era mai stata tanto
felice
di sentire qualcosa in tutta la sua vita.
La
presa del Grifondoro sulle sue braccia era talmente ferrea da farle
male e, considerato
quanto il suo corpo fosse indolenzito dal freddo, la ragazza era
convinta che
presto avrebbe smesso di sentirle del tutto. Non cercò di
liberarsi, non pensò
nemmeno di farlo. Le sue stesse dita erano ancora arpionate saldamente
alla
fradicia stoffa rossa della divisa dell’altro.
Respiravano
affannati, le loro fronti che si sfioravano appena e la scopa che
fluttuava
faticosamente nell’aria. Dopo un tempo infinito, o, forse,
dopo solo pochi
secondi, entrambi lasciarono la presa sull’altro. Daria
posò entrambe le mani
sulla porzione di manico tra le sue ginocchia e quelle
dell’amico, nel
tentativo di stabilizzare un minimo la scopa. Al, invece,
infilò una mano in
tasca e ne estrasse una pallina dorata grossa quanto una noce.
Sfoderò
un sorriso che forse voleva essere strafottente e compiaciuto, ma era,
in
realtà, solo debole e appena accennato.
“Te… te l’avevo detto…
c-che.. avremmo
v…vinto noi”.
Lei
gli lanciò quella che, nei suoi intenti, doveva essere
un’occhiataccia
raggelante, ma probabilmente ne era solo una pallida imitazione
tremolante.
“S…solo perché ho.. s-scelto di
salvarti la v-v..vita, …M-Mini-Potter”.
“Al!
Stai bene?” La voce preoccupata, terrorizzata di Rose li
rimise finalmente in
contatto con il resto del mondo. Dietro la rossa, tutti i giocatori di
Grifondoro e Dave si stavano avvicinando ad una certa
velocità.
“Sto
bene, sto bene”. Fece lui, sorridendo rassicurante come per
confermare le sue parole.
Il respiro finalmente normale.
Daria
lanciò un’occhiata ammonitrice a Rose e
Lily, che sembravano assolutamente intenzionate a saltare
al collo del
cugino e fratello per abbracciarlo. “Non pensateci nemmeno.
Sono appena
riuscita a riportarci in equilibrio”.
***
***
“Però
non riesco proprio a capire cosa sia successo alla mia scopa. Mi ha
disarcionato all’improvviso, senza motivo”.
“Hai
ragione, non ha senso. Le nostre scope sono in perfetto stato e dotate
dei più
potenti incantesimi di protezione in commercio”. Rose
annuì alle parole di
James: zio Harry aveva sempre avuto una strana fissazione per gli
incantesimi
difensivi delle scope dei figli.
Mamma
dice che ha a
che fare con certi traumi della loro adolescenza.
“Già,
ma dalla reazione della scopa è come se qualcuno vi avesse
castato un potente
malocchio... non c’è altra ragione per cui un
manico in perfette condizioni
avrebbe disarcionato il suo cavaliere”. Commentò
Fred, pensieroso. Rose, però,
sapeva bene che gli incanti di protezione erano troppo forti per poter
essere
spezzati da una sola persona per quanto potente.
“Gli
incantesimi di difesa erano troppo avanzati per essere superati dal
malocchio
di un solo mago. Devono essere stati almeno tre o quattro”.
Detestava
ammetterlo, ma le considerazioni di Malfoy avevano appena dimostrato
per
l’ennesima volta quanto il loro modo di ragionare fosse
simile e le loro menti
sincronizzate. Comunque
non gli avrebbe
lasciato la soddisfazione di essere l’unico ad avere
deduzioni brillanti. “Probabilmente
quattro, posizionati ai quattro punti cardinali, per attaccare la scopa
in
contemporanea da punti diversi e spezzarne definitivamente le
difese”.
“Papà
deve aver pensato la stessa cosa”. Fece James, voltandosi ad
osservare la folla
agitata degli spettatori. “Non ha permesso a nessuno di
lasciare il proprio
posto”.
Al
sospirò pesantemente. “Anche così non
penso cambierà molto. Ci sono troppe
persone perché gli auror possano interrogarle tutte. Senza
contare che non ci
sono prove per dimostrare che si sia trattato veramente di malocchio:
la mia
scopa è probabilmente andata in pezzi”.
“Hai
ragione, maledizione! Se solo avessimo un modo per restringere il
campo!”
“Quello”
Esordì Daria, che fino a quel momento non aveva proferito
parola. “forse posso
farlo io”. Si prese una breve pausa, poi spiegò.
“Si può dedurre molto dal
battito cardiaco di una persona. Quasi tutto”. Poi la
cercatrice chiuse gli
occhi e Rose alzò una mano per bloccare le proteste e le
perplessità degli
altri.
Il
fatto che Daria avesse scelto di usare il proprio udito in quel modo
lasciava
un po’ perplessa anche lei, ma si fidava ciecamente
dell’amica e del suo
giudizio. Perciò, anche se lei non vedeva come sarebbe
riuscita a distinguere
gli aggressori dal loro battito cardiaco, quando probabilmente la gran
parte
degli spettatori era agitata, aveva
l’assoluta certezza che l’italiana avesse un asso
nella manica.
Infatti
solo una manciata di secondi dopo, Daria spalancò gli occhi
blu. “Gradinata
est: posto 9, fila 15. Gradinata sud: posto 3, fila 7. Gradinata ovest:
posto
17, fila 2. Gradinata nord: posto 12 fila 20”.
Tutti
loro si voltarono di scatto nel tentativo di localizzare le persone
indicate
dall’italiana. “Ho già comunicato la
cosa al padre di Rose. Terranno in
considerazione le nostre deduzioni”.
***
***
Daria
non aveva mai apprezzato tanto come in quel momento il fatto che lo
spogliatoio
femminile di Serpeverde fosse utilizzato solo da lei e Rose, in quanto
uniche
ragazze della squadra. La situazione era la stessa anche a Grifondoro,
ma Lily
diceva sempre di non ritenersi altrettanto fortunata: lei non divideva
lo
spogliatoio con la sua migliore amica, ma con la Baston e la piccola
Potter,
per solidarietà con Rose, non aveva mai provato una grossa
simpatia per la
compagna di squadra.
Chissà
perché quel
terremoto dai capelli rossi con tutte le magnifiche cugine che ha, ha
scelto
proprio Rose e me
come sue sorelle maggiori e suoi esempi.
L’italiana
si rendeva perfettamente conto di quanto fosse strano concentrarsi su
pensieri
simili in un momento come quello. Il suo, però, era un
comportamento
assolutamente motivato: stava facendo di tutto per non vedere le
immagini che
continuavano ad affollarle la mente .
Un
gemito di fastidio e dolore le scappò dalle labbra,
richiamando l’attenzione di
Rose. “ Tutto ok, Al?”
“Solo
un po’ di mal di testa. Niente di che”. Daria scosse il capo
esasperata, mentre le
immagini si facevano sempre più difficili da ignorare. Si
sfregò gli occhi e
mugugnò con voce rotta. “Tuo.. padre ci sta
aspettando qui fuori… gli auror
vogliono… farci delle domande… Specialmente a
me..”
Rose
le rivolse un’occhiata preoccupata, probabilmente per via del
suo tono, ma non
le chiese come facesse a saperlo e l’italiana
apprezzò infinitamente la cosa:
non le piaceva mentirle. Quel giorno l’aveva fatto e
probabilmente sarebbe
stata costretta a farlo ancora, presto. Di certo avrebbe dovuto mentire
ad
altri: a breve avrebbe dovuto rispondere ad un milione di domande e non
lo
avrebbe fatto con la verità. Non poteva farlo con la
verità.
La
verità avrebbe portato solo a problemi e domande che lei non
si voleva porre, a
cui non sapeva rispondere, a cui non voleva
rispondere.
Il
fatto che tutti lì pensassero che non sapesse mentire, poi,
giocava a suo
favore. In un certo senso avevano anche ragione: la Daria che
conoscevano loro,
quella che studiava ad Hogwarts ed era un’adolescente magica
più o meno
normale, era incapace di mentire e non lo aveva mai trovato necessario.
Quello,
però, era, in realtà, solo uno dei suoi modi
d’essere: la ragazza era infatti
perfettamente conscia dell’esistenza di due
“versioni” di se stessa.
La
Daria che l’Inghilterra conosceva era una riservata ragazza
di sedici anni,
un’adolescente intelligente e tranquilla che faceva di tutto
per mantenere un
profilo basso e non attirare l’attenzione.
L’altra
versione, quella italiana, era molto meno simile ad una normale
teenager e
molto più vicina al prototipo del leader ideale, era la
sedicenne che aveva
l’ammirazione e il rispetto di un intero popolo e godeva
della massima
influenza sui maghi e sulle famiglie più potenti del paese.
Non
si trattava di due persone diverse, né, tantomeno, di due
personalità distinte,
era solo questione di necessità. Quando era lì,
in Inghilterra, poteva essere
chi voleva essere davvero, poteva avere uscite imbarazzanti, ridere,
scherzare,
arrabbiarsi. Non aveva bisogno di mantenere sempre il contegno o di
essere
sempre impeccabile. Non aveva sempre gli occhi di qualcuno puntati
addosso né
un ruolo ben definito a cui conformarsi, di conseguenza, il lato
più
controllato e Serpeverde della sua personalità non era mai
davvero venuto
fuori. Fino a quel momento.
Adesso
aveva dovuto accettare la realtà: per uscire da quella
situazione avrebbe
dovuto usare quelle abilità che di solito era ben contenta
di lasciar riposare
e di non dover usare quando era ad Hogwarts in mezzo ai suoi amici.
Avrebbe
dovuto tirar fuori quella “versione” di se stessa.
Quella
che era bravissima a mentire e a manipolare la verità, a suo
piacimento. Quella
che non avrebbe avuto problemi a rispondere a domande scomode, come ad
esempio
in che modo fosse riuscita a prendere Al o come mai avesse reagito come
se
sapesse già cosa stava per succedere. Quella che non avrebbe
avuto difficoltà a
mentire, a dire di essersi semplicemente affidata al suo infallibile
sesto
senso. Quella che non avrebbe esitato a trarre vantaggio dal fatto che
i suoi
interrogatori non avessero idea di quanto vago e approssimativo fosse
in realtà
il sesto senso degli Eredi.
“Beh,
immagino che sia normale dopo quanto è accaduto. Sono sicura
che non sarà
niente di duro o traumatico”. Rose le passò un
braccio sulle spalle e Daria
trasse un profondo respiro, mentalmente pronta ad affrontare qualunque
domanda
decidessero di porle. Varcarono la soglia dello spogliatoio assieme,
ciascuna
presa dai propri pensieri.
Ron
Weasley le stava aspettando lì fuori. Aveva
un’espressione preoccupata, ma
quando le vide uscire sorrise rassicurante. Le salutò con
calore e cominciò a
sommergerle di parole entusiaste. Daria non ne ascoltò
nemmeno una.
Il
suo cervello veniva bombardato sempre più intensamente da
quintali di immagini,
che le scorrevano davanti agli occhi come un fiume in piena.
Più cercava di
ignorarle, più loro aumentavano ed erano così
tante e coì vorticose da causarle
un profondo e intenso mal di testa.
Se
continua
così, non so quanto reggerò ancora.
***
***
Suo
padre le aveva condotte in una stanza del castello dove, insieme al
resto della
loro squadra e a quella di Grifondoro, avrebbero aspettato di essere
interrogate. Daria era stata l’ultima ad essere chiamata
nella stanza
adiacente, in cui Alaric Jones, un compagno di squadra di suo padre, e
un altro
auror che Rose non conosceva, avevano posto loro le domande del caso. I
primi a
venir chiamati erano stati i giocatori meno coinvolti con gli eventi
della
mattina: quasi tutti i serpeverde e la Baston.
Nella
stanza spoglia, ad aspettare che l’italiana finisse erano
rimasti in otto: lei,
Dave, Albus, Lily, James, Fred, Hugo e Malfoy.
Rose
sospirò pesantemente. Le attese non le erano mai piaciute
particolarmente, ma
quella volta era anche peggio del solito. Sentiva di stare per
esplodere. Lo
shock, l’ansia, il terrore che si era tenuta dentro fino a
quel momento
minacciavano di uscire. Non sarebbe riuscita a mantenere il controllo
ancora
per molto e non aveva la benché minima intenzione di
perderlo in presenza di
altre persone, nemmeno di Daria o Al. Allo stesso tempo,
però, voleva aspettare
che l’amica tornasse: si era resa conto che nemmeno lei
sembrava pienamente in
controllo di se stessa.
Quando
mio padre ci
ha accompagnati qui, non ha detto una sola parola e penso che non abbia
sentito
nulla di ciò che abbiamo detto noi. Non è da lei,
estraniarsi così dalla
conversazione.. ha fatto preoccupare persino pa’..
“Non
ci stanno mettendo un po’ tanto? Daria sarà
lì dentro da almeno dieci minuti”.
“è
normale”, rispose Rose con la sua solita logica. In quel
momento era l’unica
cosa, insieme al suo orgoglio, a cui la ragazza poteva ancora
aggrapparsi per
continuare ad apparire tranquilla. “Dopotutto è
stata lei a dedurre l’identità
dei sospettati”.
Gli
altri annuirono nervosamente al suo ragionamento. Erano tutti agitati e
sul chi
vive. Ciò che era accaduto durante la partita li aveva
scossi tutti
profondamente.
Per
assurdo, l’unico ad apparire calmo era Al. Ma,
d’altra parte, era anche l’unico
che non era stato trascinato lì direttamente. Quando era
sceso dalla scopa di
Daria l’avevano portato immediatamente in infermeria per
controllare che fosse
tutto a posto.
Rose
immaginava ne avesse approfittato per sfogarsi: quando erano ancora in
cielo a
fare deduzioni gli occhi di suo cugino erano spalancati, le pupille che
vagavano erratiche. Non c’era stato bisogno di essere un
medimago per capire
che si trovava sotto shock.
La
stessa cosa che
succederà a me di fronte a tutti, se Daria non si sbriga a
tornare.
Proprio
mentre formulava questo pensiero, la porta si aprì
lentamente. L’espressione
controllata e indifferente della ragazza cadde non appena i suoi occhi
blu si
posarono sui volti preoccupati dei suoi amici.
Rose
la vide cercare di forzarsi un sorriso tranquillo in viso e fallire,
prima che
le sue palpebre si chiudessero e le sue gambe cedessero, facendola
cadere a
terra. Albus che era il più vicino la afferrò
prima che toccasse il pavimento.
La
ragazza dai capelli rossi rimase per qualche secondo immobile a fissare
l’amica
svenuta.
Stava
combattendo una dura battaglia interiore. Lo shock minacciava di avere
la
meglio su di lei.
No!
Non adesso!
Manterrai il controllo ancora per qualche minuto! La tua migliore amica
ha
bisogno di te!
Si
avvicinò ad Albus che teneva Daria tra le braccia, con
un’espressione sorpresa
e preoccupata in volto. Mai preoccupato quanto il fratello che lo
sovrastava
continuando a ripetere il nome dell’amica, come una chioccia
agitata. Rose gli
schioccò le dita sotto al viso per attirare la sua
attenzione. “Così non
l’aiuti, Jam”.
“Come
fai a restare così calma? La tua migliore amica è
appena svenuta!”
Calma?
CALMA James?
Ma se sto dando fuori di testa! “Cerco
solo di comportarmi nel modo più utile
per lei”. Giusto devi esserle utile
e poi
dartela a gambe per perdere il controllo da qualche parte dove nessuno
possa
vederti.
La
guardò più da vicino e le posò una
mano sul viso, toccandole la pelle ghiacciata,
la strana sensazione che la sua energia venisse risucchiata la
colpì
all’istante, strappandole un sospiro sollevato. Era una
reazione che conosceva
bene quella. “Non è nulla di grave. Svenimento da
abuso di poteri”. Mormorò
riportando lo sguardo su James. “Se non volete finire come
lei vi consiglio di
non toccare la sua pelle nuda”.
“Eh?”
“In
questo momento il suo corpo è affamato di energia. Se
toccate la sua pelle nuda
assorbirà la vostra”.
“Stai
scherzando spero? La mia Daria non è una specie di mostro
succhia-energie!”
“Mai
detto questo James. Senti è complicato.. lei ti
saprà spiegare meglio”.
“D’accordo.
Quindi come la aiutiamo?”
Rose
sospirò ancora alla giustissima domanda di Albus. Quella
proprio non ci voleva.
“Dovrò andare nel nostro dormitorio. Daria tiene
una boccetta di essenza di
mare nel baule proprio per casi come questo”.
“Essenza
di mare?” Chiese la voce di Lily da dietro di lei. Rose
lanciò una rapido
sguardo alle proprie spalle e solo in quel momento si rese conto che
tutti gli
occupanti della stanza si erano radunati attorno a loro.
“Già
l’odore del Mar Mediterraneo la aiuta a riprendersi in questi
casi”. Poi,
precedendo le loro domande, aggiunse: “Anche questo
è complicato. Vi spiegherà
tutto lei”. Si raddrizzò preparandosi a scendere
fino ai sotterranei per
prendere la boccetta.
Spero
solo di
arrivarci
“Allora
non c’è bisogno che tu vada, Rosie”. La
voce del cugino la bloccò sul posto e
portò la Serpeverde a voltarsi per guardarlo. Al aveva
piegato le gambe per
riuscire bilanciare meglio il proprio peso e quello della ragazza e
poter
passare un braccio sotto le ginocchia dell’amica. Mentre
l’altro braccio andava
a circondarle la schiena tirando il corpo dell’italiana
più vicino a quello del
Grifondoro.
“Senza
offesa, Albus, ma penso proprio che ce ne sia bisogno, eccome. Tu di
certo non
puoi entrare nel dormitorio femminile
di Serpeverde”.
Pure
aggressiva!
Andiamo bene, rossa! Mi dicono che questa cosa del mantenere il
controllo sta
funzionando davvero alla grande.
“Non
è per quello, Ros… è che ho lo stesso
odore del suo mare”. Poi Albus abbassò lo
sguardo sulla ragazza che teneva tra le braccia, negli occhi un misto
di
dolcezza, preoccupazione e orgoglio, e aggiunse quasi in un sussurro.
“Almeno
stando a quanto dice lei”.
Rose
abbandonò improvvisamente la posa aggressiva. “Ah
bene. Allora te la affido”.
Poi raccolse la sua borsa da terra ed uscì, fuggì
dalla stanza. Talmente di
fretta da non rendersi conto di essere seguita.
***
***
La
prima cosa che Daria realizzò riprendendo conoscenza fu
l’intenso profumo di
acqua di mare.
La
seconda che qualcuno stava sfiorando le sue labbra con le proprie.
Da
questi due dati la mente annebbiata della ragazza dedusse la terza: Al
la stava
baciando.
Un
secondo dopo, quando Albus si allontanò dal suo viso, Daria
dovette reprimere
un mugugno infastidito. Era piacevole! Più per
l’energia che quel contatto le
stava fornendo che per il contatto in sé, certo. Ma restava
il fatto che fosse
piacevole.
Poi
cominciò un dondolio cadenzato e Daria prese coscienza anche
delle braccia che
la stavano sostenendo.
Ah
sta
camminando con me in braccio. Per andare dove?
Dopo
qualche altro secondo la serpeverde decise che quello era qualcosa che
non
sarebbe riuscita a dedurre da sola, perciò
spalancò gli occhi scuri, battendo
le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco la
sagoma del
ragazzo che la teneva tra le braccia.
“Mini-Potter?”
Lui
smise di camminare e abbassò lo sguardo a incontrare il suo.
“Ben svegliata, De
Lupo”. Poi incurvò le labbra in un sorriso dolce e
sollevato che la fece
sorridere a sua volta.
“Dove
mi porti di bello?”
“Nel
tuo dormitorio”. Rispose, lui senza distogliere lo sguardo.
Poi, le rivolse una
smorfia di rimprovero, smorzata impietosamente dai suoi grandi occhi
verde
chiaro che riflettevano ancora troppo sollievo per poter essere davvero
ammonitori. “Pare che qualcuno qui abbia esagerato un pochino
con certi poteri
particolari”.
La
Serpeverde sbuffò e si mosse a disagio tra le sue braccia.
Era vero, ma non
l’aveva fatto volontariamente.
Dall’istante
in
cui mi sono affidata a loro per salvarti, quelle maledette visioni non
mi hanno
dato tregua. Ho visto così tante cose, volti e
scenari… anche solo ripensarci
mi fa girare la testa.
Le
immagini avevano continuato a vorticarle impetuose ed impietose nella
mente,
senza controllo. Susseguendosi con una tale rapidità che, se
anche avesse
voluto, non sarebbe riuscita a vederne comunque nessuna. Ma lei non aveva voluto e continuava a non volere, quindi almeno quello andava
bene.
Per
lo meno
adesso pare che abbiano deciso di lasciarmi in pace.
“Immagino
sia stato tu a prendermi, quando sono svenuta”.
“Ho
ricambiato il favore”. Scherzò lui con uno dei
suoi sorrisi smaglianti.
Daria
scosse il capo, sorridendo a sua volta, e allungò una mano
per lasciargli una
carezza sul viso. La pelle di Al era più liscia e morbida di
quanto si
aspettasse e l’italiana sentì le proprie dita
formicolare piacevolmente.
“Grazie”. Sperava davvero che i suoi occhi
riuscissero a trasmettergli tutta la
sua gratitudine e il suo sollievo a saperlo sano e salvo. Quelli verdi
di Al ci
riuscivano benissimo, con un’intensità tale da
costringerla a stemprarla e ad
abbassare lo sguardo. “Ora puoi mettermi
giù”.
“E
vederti svenire di nuovo? No, grazie. Preferirei non ripetere
l’esperienza”.
La
ragazza spostò la mano dal suo viso, riportandosela in
grembo, e risollevò gli
occhi blu ad incontrare quelli dell’altro. Sulle labbra
carnose spiccava un
malizioso sorrisetto di sfida. “Uff, e io che volevo farti un
favore! Darti
un’altra occasione per farti bello ai miei occhi e poi
baciarmi mentre sono
incosciente”.
Spostò
di nuovo lo sguardo: non aveva bisogno di vederlo per sapere che era
appena arrossito
impietosamente. Se c’era una cosa che aveva imparato in quel
mese e poco più di
amicizia, era che Albus nei rapporti con l’altro sesso era
imbranato quasi
quanto lei.
Non
so fino a
che punto si sia spinto con Viperanda, ma tanto in là non
devono essere andati.
Lo imbarazzano le stesse cose che imbarazzerebbero me… che
imbarazzano me. Si
corresse,
sentendo il rossore salirle alle guance, mentre si rendeva conto che
quella
particolare realizzazione le faceva un po’ piacere.
“Comunque
dico sul serio. So di essere pesante, non è il caso che ti
sforzi
ulteriormente. Posso camminare, davvero”.
“Se
lo permettessi, poi verrei torturato e ucciso da almeno quattro o
cinque
persone. Vedila così: è il mio modo per
dimostrarti che dovresti smetterla di
chiamarmi “Mini-Potter””.
“Sai
che non accadrà mai, vero?” Controbatté
lei, prendendolo in giro.
Suo
malgrado, però, doveva ammettere che non stava male, anzi.
Farsi portare in
braccio da lui era piacevole. E caldo.
Aveva
sempre adorato sia il Quidditch che le arti marziali, ma non ne aveva
mai
apprezzato così tanto gli effetti.
Sentiva
un confortevole calore irradiarsi dalle sue ginocchia e dalla sua
schiena e
tutto il suo corpo sembrava perfettamente, sorprendentemente
consapevole sia di
ogni singolo, minuscolo punto in cui era in contatto con quello del
Grifondoro,
sia di tutti i muscoli che permettevano all’amico di reggere
il suo peso.
Quando
lui riprese a camminare lentamente, Daria si mosse appena per cercare
una
posizione più comoda tra le sue braccia. Finì col
posare la testa nell’incavo
del collo del ragazzo, il colletto della sua camicia che le solleticava
lievemente
la guancia. Chiuse gli occhi, strofinando meglio il naso contro la sua
pelle
per respirarne più a fondo l’odore, e
lasciò che una sua mano si posasse sul
petto del Grifondoro, alla stessa altezza del cuore.
Daria
non seppe mai dire se, a tranquillizzarla, fu il battito regolare del
ragazzo,
o i muscoli ben delineati su cui poggiavano le sue dita. Forse furono
entrambi.
***
***
Rose
non era riuscita ad andare molto lontano, aveva svoltato appena un paio
di
angoli, prima che il tremore cominciasse. Spasmi incontrollati
continuavano a
scuoterle tutto il corpo, con violenza.
“Maledizione”. Sputò tra i denti,
mentre tentava invano di impedirgli di battere. Chiuse i luminosi occhi
azzurri, lasciò cadere la borsa atterra e strinse le braccia
attorno al corpo.
Maledizione!
Maledizione! Maledizione!
Non
riusciva a cancellarsi dalla memoria l’immagine del corpo di
Al che cadeva
inerte e ogni volta che lo visualizzava sentiva anche la stessa
impotenza che
aveva provato in quel momento di fronte alla quasi morte del suo
migliore amico
e cugino. Pensare
alla propria
disarmante incapacità di reagire, di fare qualcosa per
salvarlo la riempiva di
terrore e rabbia e portava a quegli stupidi, maledetti spasmi.
Se
non fosse stato
per la prontezza di Daria, Al non sarebbe qui. Mio cugino sarebbe qui.
Era
l’unico pensiero che la sua mente spezzata riusciva a
formulare e continuava a
tormentarla a ciclo continuo.
Ha
rischiato di
morire. È quasi morto.. morto.. mio cugino. Albus, morto.
No!
Sta bene. Daria
l’ha preso.
Daria…
Daria è
svenuta! Albus quasi morto.
Albus
cadere sempre più giù. Il suo corpo inerme
avvicinarsi velocissimo,
inarrestabile al terreno. Daria cadere anche lei, svenire. Al perdere
la presa,
precipitare.
NO!
BASTA! BASTA! Stanno
bene, loro stanno bene
Ma
gli spasmi continuavano, facendosi sempre più forti e Rose
sentì gli occhi
pizzicare: calde lacrime premevano per uscire.
Proprio
credeva di essere sul punto di rompersi, di spezzarsi in milioni di
minuscoli
frammenti, un paio di braccia calde e solide la avvolsero da dietro,
impedendole di andare in frantumi.
Nonostante
il tremore e lo stato emotivo disastrato, Rose riuscì a
girare rapida su se
stessa e a dare uno spintone al ragazzo, allontanandolo da
sé. Con gli occhi
lucidi di lacrime che non avrebbe lasciato uscire, la Serpeverde mise
lentamente a fuoco la sagoma di un ragazzo biondo, bello come il
peccato.
Scorpius
Malfoy la stava guardando, la pallida fronte corrugata in quella che
sembrava
essere un’espressione preoccupata. La mente di Rose, troppo
scossa per
sorprendersene o per leggerne le altre sfumature, riuscì
solo a realizzare che,
per quanto il suo corpo bramasse quell’abbraccio, il ragazzo
di fronte a lei
era l’ultima persona sulla faccia del pianeta da cui avrebbe
voluto farsi
vedere in quello stato.
“Rose”.
Il suo nome pronunciato con quella dolcezza ed attenzione dalle labbra
di
Malfoy, la scosse dentro causandole l’ennesimo brivido.
Ciò nonostante, la Serpeverde
riuscì a tirar fuori abbastanza voce da mormorare
“Vattene”.
Il
ragazzo scosse il capo, senza spostare gli occhi grigi dalla sua figura
tremante, e sollevò entrambe le mani chiuse a pugno.
“Guarda”.
Lei
lanciò una rapida occhiata, incuriosita e rimase a bocca
aperta. La mano
sinistra del biondo era coperta di escoriazioni e graffi sulle nocche,
piccole
croste coprivano dei tagli che, pur non essendo profondi, dovevano
causare
dolore e fastidio e la pelle tutt’attorno era arrossata ed
irritata. Il pugno
destro verteva in condizioni ancora peggiori: dalla nocca
dell’indice a quella
dell’anulare non c’era nemmeno un millimetro di
pelle, la carne nuda era
esposta e, anche se aveva smesso di sanguinare, la crosta sembrava
essere ben
lungi dal formarsi.
“Ciascuno
sfoga lo shock a modo proprio. Tu tremi, io prendo a pugni i
muri”.
“Bene,
vedi di andarlo a fare da un’altra parte”. Quello
che nelle sue intenzioni
doveva e voleva essere un sibilo minaccioso, in realtà le
uscì solo come un
misero, flebile sussurro.
“Avanti,
voglio solo aiutarti Weasley”.
Lei,
incapace di parlare senza cominciare a balbettare in modo sconnesso,
scosse
violentemente la testa e fece un passo indietro.
Il
Grifondoro trasse un profondo respiro, poi fissò gli occhi
grigi in quelli
azzurri della ragazza. “Ti prego, Rose. Non posso…
non riesco a vederti così. Ti
prego”.
Lei
testarda, scosse ancora il capo, andando contro a ciò che il
suo corpo e la sua
mente annebbiata e scioccata le stavano chiedendo. L’orgoglio
unico baluardo
alle sue difese.
“Quando
ti sarai ripresa ti concederò di obliviarmi. Sarà
come se io non ti avessi mai
trovata, come se nessuno ti avesse mai vista in queste
condizioni”.
A
quelle parole gli occhi chiari della Serpeverde si spalancarono, mentre
anche l’ultimo
minuscolo brandello di resistenza andava in pezzi.
Scorpius
Malfoy fece un paio di passi verso di lei, fino ad azzerare la distanza
che li
separava, poi avvolse la ragazza tremante tra lei sue braccia. Rose,
scossa
dagli spasmi, passò le proprie dietro la schiena del biondo,
aggrappandosi disperatamente
alle sue spalle per restare in piedi, per evitare di andare in frantumi.
Mi
scuso moltissimo per il ritardo. Ho avuto i miei
motivi, ma questo non giustifica un’assenza così
prolungata. Spero solo che
questo capitolo, possa rimediare almeno in parte. E giuro che il
prossimo è già
in cantiere e non dovrei impiegarci troppo ad aggiornare di nuovo.
Ah
qualche tempo fa ho scritto due flashfic POV
Alvus e POV Scorpius ambientate nel capitolo 10 se vi va di dare
un’occhiata
queso è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1
Un
bacio
AiraD
|
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Capitolo 14 *** 13) Confusing As Hell ***
13) Confusing As Hell
“Dobbiamo parlare”.
Daria
alzò gli occhi dal proprio piatto per fissarli sulla
ragazzina dai capelli
ricci che la scrutava a braccia conserte. La Serpeverde si
lasciò sfuggire un
sorriso di fronte alla posa “minacciosa” della
sorella minore. Non fece
domande, annuì semplicemente, poi, in inglese,
specificò. “Dopo cena. Ora vatti
a rimpinzare per bene. Sei dimagrita troppo e sai che non ti fa bene,
mostriciattolo”.
La
Grifondoro scrollò le spalle, indifferente.
“Il cibo qui fa schifo.
Non riesco
a mangiare questa roba”.
La
maggiore sorrise un po’ esasperata. Avevano avuto quella
conversazione un
centinaio di volte. “Sono solo sapori diversi, cucciolo. Devi
farci
l’abitudine”.
“Non accadrà mai. Come si ci
può abituare a
quella roba?” Chiese, indicando con una smorfia
disgustata il cibo nel
piatto della sorella.
“Non
puoi continuare a non mangiare. Se vai avanti così la nonna
finirà col
cruciarmi”. Daria sospirò: in un modo o
nell’altro quella ragazzina riusciva
sempre ad averla vinta. In ogni caso
dovrei essere fiera di me. Ho resistito fino ad ora. Mi sa che ho
stabilito un
nuovo record. Pensò mentre si preparava a darle
ciò che l’altra voleva e
cercava di ottenere da due mesi. “Domani ti
preparerò io qualcosa da mangiare”.
Al
sorriso esultante, vittorioso dell’altra, la Serpeverde si
lasciò scappare un
ghignetto: aveva già previsto quella svolta negli eventi. Solo perché te l’ho data
vinta, non vuol dire che lascerò che le cose
vadano come vuoi tu, sorellina. “Ti
preparerò un pasto al giorno, tutti i
giorni… A patto che tu faccia una colazione abbondante e un
pranzo o una cena
da almeno due portate, tutti i giorni”.
“Lo farò”.
Promise la più piccola con un sorriso angelico e falso
quanto l’oro dei
Lepricani.
“Oh
ne sono certa. Ho chiesto a Jam e Fred di assicurarsene”. La
informò con un
sorriso luminoso che urlava “fregata!” in tutte le
lingue a lei note. “Adesso
fila, impiastro. Ci vediamo dopo cena”.
Daria
represse una risata all’espressione sorpresa e affranta della
sorellina, che si
allontanò lanciandole un’ultima occhiataccia.
“Ahi
ahi, italiana, quella sì che è
un’occhiata che promette ritorsioni!”
“Prepara
un Aguamenti, quella era un’occhiata di fuoco.”
“Forse dovrei.
Marta sa essere pericolosa.”
Moira
le lanciò uno sguardo pensieroso, poi disse
“Comunque c’è una cosa che non
capisco: siete entrambe italiane ed entrambe conoscete bene
l’inglese, allora
perché quando comunicate lo fate usando due lingue
diverse?”
“È
una sorta di guerra interna.” All’occhiata confusa
dell’amica spiegò: “Lei è
convinta che non abbia senso parlare inglese tra noi, visto che la
nostra
lingua madre è l’italiano. Io invece penso che sia
scortese parlare la nostra
lingua quando è presente anche solo una persona che non la
capisce.”
“Sì”
Cominciò Rose con tono serio “Il fulcro del
problema su cui Voldemort e Silente
litigarono. Era una storia del Cavillo… Proprio una
questione della massima
importanza insomma!” Concluse scoppiando a ridere.
“Io
invece credo che sia interessante”.
Moira
gli tirò una pacca giocosa sulla
spalla “Ma tu non conti Dave!”
“E
perché mai?” Chiese l’altro con aria
offesa.
“Tu
trovi interessante tutto ciò che
riguarda le dinamiche tra fratelli, anche le liti per decidere chi deve
cacciare gli gnomi da giardino!” Disse Moira liquidandolo con
un gesto della
mano e strappando una breve risata alle altre due ragazze.
“Non
è colpa mia se sono figlio unico e
ho sempre voluto un fratello.”
“E
io che credevo che tu e Scorpius
foste come fratelli… Avrò frainteso la natura del
vostro rapporto.”
“No
che non hai frainteso Mo’!” Protestò
Dave con un sorriso.
Daria
smise di prestare attenzione allo
scambio di battute tra i due, per spostarlo sulla ragazza che le sedeva
accanto. Rose era diventata stranamente pensierosa e piluccava
distrattamente
le carote che aveva nel piatto.
Chissà
perché ogni volta che qualcuno nomina Scorpius, lei cambia
umore.
Le
stava nascondendo qualcosa di grosso.
Tutto ciò che Daria sapeva era semplicemente frutto delle
sue deduzioni.
L’amica non le aveva mai raccontato niente, né del
bacio ad Halloween, né delle
altre cose che erano successe tra lei e il biondo. Perché
era assolutamente
certa che ne fossero accadute di cose tra quei due, solo che non aveva
idea di
quali.
E
non è che possa obbligarla a parlarne. Sarebbe troppo
ipocrita da parte mia,
visto che anche io le sto nascondendo parecchio.
Detestava
quella situazione. La
detestava con tutte le sue forze, ma non poteva parlarle di quel che le
stava
succedendo. Non poteva. Non ci sarebbe mai riuscita anche se avesse
voluto. E
non lo voleva.
Un
serpente che si morde la coda.
“D.
se devi parlare con tua sorella non
dovresti sbrigarti a finire di mangiare?” Lei
sollevò gli occhi blu ad
incontrare quelli azzurri di Rose. Annuì sovrappensiero e
cominciò ad
ingozzarsi. La mente tutta concentrata a trovare un modo per risolvere
quella maledetta,
incasinata situazione.
***
“Sicura
di aver mangiato?” chiese
Daria alla sorella minore entrando in un’aula vuota.
“Perché
non lo chiedi a quei due scimmioni dei tuoi amici?”.
Marta la seguì nella
stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
“Qualcuno
qui ha passato del tempo con Lily ultimamente”.
Le rivolse un
sorrisetto divertito mentre andava a sedersi sulla cattedra
impolverata. Poi
estrasse la bacchetta e mormorò un incantesimo di
insonorizzazione. “Se, come penso,
hai intenzione di discutere
di affari di famiglia, la prudenza non è mai
troppa”. Spiegò all’occhiata
sorpresa della sorella minore. “Allora,
scricciolo? Qual è il problema?”
“Non
stai dicendo la verità”.
“Eh?”
“Sappiamo
tutte e due che non può essere stato il tuo sesto senso a
permetterti di
salvare Albus Potter l’altro giorno. E sono sicura che tu non
abbia fatto
ricorso all’eredità sensoriale per identificare
gli aggressori”.
Daria
sospirò, pesantemente. Sapeva che
sua sorella non se le sarebbe bevuta, ma aveva sinceramente sperato che
lasciasse stare. Evidentemente si era illusa.
“Marta,
se non ne ho parlato con nessuno, mi sembra chiaro che si tratti di un
argomento che non voglio trattare”.
“Ma
io sono tua sorella!” ribattè
l’altra con foga. “E sono
l’unica in questo umido paese a conoscerti davvero, a sapere
cosa voglia dire essere come noi, cosa voglia dire davvero essere te.
So che c’è qualcosa che
non quadra e non
posso fare finta di niente!”
“Dovresti,
invece. Senti scricciolo, ti voglio bene con tutta la mia anima, lo
sai. Non ti
può bastare? Non puoi fare come ti chiedo e lasciar stare?
Va tutto bene,
davvero.”
“Ho
una teoria.” Fece,
invece, lei, ignorandola e proseguendo imperterrita. “Non può essere stato il nostro sesto
senso, né la tua eredità
sensoriale, né quella generica… mi viene in mente
solo un’altra possibilità…”
Daria
gelò sul posto. Non era possibile
che sua sorella fosse giunta subito proprio a quella
conclusione.
“Non
è che hai sviluppato la terza?”
Daria
si calò in viso una maschera calma
e serena. “Sai che non è
possibile,
mostriciattolo. Ci vogliono decenni e decenni di studi per riuscirci e
solo
pochi di noi alla fine la sviluppano. Certo io ho ottime
possibilità di farcela,
un giorno, ma di certo non ora”.
“Magari
hai trovato il tuo kleis…”
L’altra
le sorrise. Era sorprendente il
fatto che il ragionamento della sorella stesse seguendo esattamente le
stesse
tappe che avevano seguito i suoi pensieri, quasi un mese prima. Solo che non è possibile. Ci deve essere un’altra spiegazione.
“Sai benissimo
che non ho quel tipo di rapporto con nessun Erede”.
“Un
altro mago allora? Uno normale?” tentò
la più piccola, sempre meno
convinta.
Daria
si obbligò ad emettere una risata.
E poi si maledisse per la propria idiozia. Non era forzata, ma nemmeno
divertita e naturale. “Questa
sì che è
una bella teoria, sorellina”. Vide
l’espressione di Marta farsi
improvvisamente sospettosa. “Essere
Kleides è una condizione reciproca di due Eredi,
l’uno nei confronti dell’altro,
lo sai bene quanto me. Un’erede non può avere per
Kleis un mago normale”.
Marta
però assottigliò gli occhi. “Mmmm… chi è stato
l’ultimo ragazzo che hai
baciato?”
Daria
emise un gemito esasperato. Non
avrebbe tradito ancora le sue vere emozioni: prima di quella maledetta
risata
sua sorella era sembrata sul punto di mollare la presa. “Sei
proprio una vera Grifondoro tu, eh? Testarda fino alla morte. Se
proprio lo vuoi sapere, anche se non sono fatti tuoi, sorellina,
l’ultimo
ragazzo che ho baciato è stato Paolo Gennari, più
di un anno fa. E ti assicuro
che non siamo l’una il Kleis dell’altro.”
La
Grifondoro la guardò con un certo
sospetto e Daria alzò gli occhi al soffitto esasperata,
allunò un bracciò per
afferrarla e abbracciarla. Quando le cominciò a
scompigliarle i boccoli
castani, Marta si divincolò dalla sua presa indispettita,
strappandole una
risata.
“Avanti,
impiastro, smetti i panni dell’investigatore e ritorna a
indossare quelli della
sorellina spacca-boccini che ti riesce molto meglio”. La
sorella le
fece una linguaccia, mentre lei
levava
l’incantesimo insonorizzante dalla stanza e si rimetteva in
piedi,
spolverandosi la gonna. “Dai, cosa
vuoi
per pranzo domani?”
“Lasagne!”
Sorrise
ed aprì la porta dell’aula. “E
lasagne siano”.
“Daria?”
“Sì?
“Me
lo dirai cosa succede, vero?”
“Quando
l’avrò capito, cucciolo”.
***
Guardò
sua sorella allontanarsi su per le scale che l’avrebbero
portata alla sua sala
comune, poi ruotò su se stessa e si diede una rapida
occhiata intorno: cercava
Al. Non lo trovò, ma individuò Scorpius, che
stava camminando verso le scale,
con Christine Baston attaccata al braccio.
L’indifferenza
che aveva sempre provato nei confronti della bionda, era stata
sostituita, nell’ultimo
periodo, da una strana compassione. Non sapeva bene per cosa, ma il suo
sesto
senso sembrava dirle che era giusto essere dispiaciuta per lei.
E
qualcos’altro mi dice che la cosa ha molto a che fare con Scorpius.
Gli
rivolse un sorriso smagliante e sventolò una mano per
attirare la sua
attenzione. Lui, notandola, le sorrise a sua volta.
Quel
ragazzo la confondeva. Sentiva che i suoi comportamenti contraddittori
degli
ultimi tempi – come baciare Rose e poi mettersi con la
Baston, o guardare Rose ogni
volta che lei non se ne poteva accorgere e continuare a stare con la
Baston –
non erano poi così immotivati e irragionevoli. Era
abbastanza sicura che la
soluzione fosse quasi scontata, a portata di mano. Le sarebbe bastato
pochissimo per capire, ne era certa. Le mancavano solo alcuni tasselli
fondamentali, le tessere che le avrebbero permesso di completare il
puzzle ed
avere finalmente una chiara visione sulla situazione.
C’erano
solo due persone ad avere tutti i pezzi che le servivano: Scorpius e
Rose.
Sospirò mentalmente. Uno non glieli avrebbe forniti nemmeno
sotto tortura, mentre
l’altra avrebbe richiesto una lunghissima e contorta opera di
persuasione.
“Hei!
Sai dov’è Mini-Potter?”
Il
ragazzo biondo annuì. “È ancora in sala
grande. A battibeccare con James”.
Aggiunse con un ghigno.
“Lasciami
indovinare: sul suo inesistente amore per me?”
“Magari
non è più così inesistente…
essere salvato da morte certa mi sembra più che
sufficiente per far sbocciare l’amore”.
Obbiettò lui, prendendola in giro.
Daria
rabbrividì. “Ti prego non scherzare”.
Lui
scoppiò a ridere. “Non mi sembra una prospettiva
così terribile!”
“Ah
no? Guarda, mi è venuta la pelle d’oca!”
Fece lei sollevando la manica del
maglioncino e quella della camicia. Il ragazzo continuò a
ridacchiare e lei gli
scoccò un sorriso luminoso. “Beh, ci si vede in
giro, Hippie”. Salutò,
iniziando ad allontanarsi in
direzione della Sala Grande.
“Come
mai chiamato scusa?” Chiese lui con espressione vagamente
inorridita.
Il
sorriso della ragazza assunse una nota leggermente derisoria.
“Hippie da
Hyperion. È il tuo nuovo soprannome, ti piace?”
Il
Grifondoro rabbrividì poi scosse il capo un po’
contrariato e un po’
sconsolato, mentre la ragazza accanto a lui iniziava a ridacchiare.
“Tu sei
tutta matta, De Lupo”.
Lei
gli rivolse un ultimo sorriso luminoso, angelico e allo stesso tempo un
po’
canzonatorio, prima di incamminarsi verso la Sala Grande.
Incrociò Albus
proprio mentre usciva, mani in tasca ed espressione esasperata.
“Tu!”
Esordì lei a voce ben alta, attirando la sua attenzione,
insieme a quella di
tutti gli studenti nelle vicinanze. In due falcate azzerò la
distanza tra loro
e disse, con tono appena più basso: “Dobbiamo
parlare”. Poi
lo afferrò per un polso e lo trascinò via
senza dargli il tempo di ribattere.
Quando
furono in un corridoio poco frequentato e Daria fu certa
dell’assenza di occhi
e orecchie indiscreti, la ragazza interruppe la sua marcia. Trasse un
profondo
sospiro e, fissando con molta attenzione un vecchio arazzo stinto e
mangiucchiato dalle tarme per non guardare l’amico, disse,
tutto d’un fiato.
“Quel bacio. Non significava nulla per te, vero?
Perché ne sono sicura al 99%
ma prima di trarre un sospiro di sollievo volevo essere sicura di
quell’un percento
che mi manca. E non pensare di mentire perché me ne
accorgerei subito. Ah, in
ogni caso, qualunque sia la tua risposta, sappi che è un
comportamento
veramente discutibile baciare una ragazza quando questa è
incosciente e non ti
può rifiutare e…”
Al
le posò le mani sulle spalle, interrompendo il suo
concitato, febbrile
monologo. “Respira”.
Un sorrisetto
divertito gli spuntò sulle labbra, senza però
riuscire né a cancellare o a né a
nascondere del tutto il suo leggero imbarazzo. I suoi occhi chiari
erano, come
al solito, uno specchio fin troppo fedele delle sue emozioni.
Daria
incrociò le braccia al petto, contrariata. “Non mi
hai ancora risposto”.
“Non
me ne hai dato il tempo!” Obbiettò lui, con uno
sbuffo esasperato. Le levò le
mani dalle spalle poi continuò. “Comunque hai
ragione . Conclusione azzeccata,
come al solito”.
Daria
sorrise raggiante a quella risposta, confermata dal suo battito
cardiaco
inalterato. “Meraviglioso”. Lui le rivolse
un’occhiata perplessa, forse un po’
contrariato dalla sua reazione. “Beh.. sarebbe stato un
casino e l’avresti data
vinta a James”.
Lui
sgranò gli occhi verdi, realizzando la cosa. “Hai
ragione di nuovo. È proprio
meraviglioso”.
Era
veramente, profondamente sollevata. Non poteva, né voleva
innamorarsi. Soprattutto non di lui,pensò
mentre lo
osservava ciarlare senza rendersi conto che lei non lo stava
più ascoltando. Renderebbe
solamente tutto più complicato e
la mia vita è già abbastanza incasinata
così com’è.
E
poi era una promessa che si era fatta da bambina: uscire dai sette anni
di
Hogwarts col cuore intatto e inviolato. Ormai gliene mancavano meno di
due.
Sarà
come bere
un bicchier d’acqua.
***
***
Rose
era terribilmente confusa. Anzi no. “Confusa” era
un eufemismo.
Rose
Weasley aveva capito di non capire una pluffa di quello che stava
succedendo.
Ormai non riusciva nemmeno più a far finta di niente: il
comportamento di
Malfoy era assolutamente incomprensibile e, se c’era una cosa
che Rose odiava
più di tutte, quella era non capire.
Il
giorno prima, Malfoy aveva continuato a tenerla stretta a sé
fino a che il
tremore non era cessato e la sua mente era ritornata lucida…
beh tanto lucida,
quanto poteva esserlo la testa di una ragazza tra le braccia del
ragazzo per
cui provava una profonda, irresistibile attrazione fisica.
Lui
era rimasto lì, a stringerla saldamente: una mano,
abbandonata alla base della
sua schiena, disegnava intricati arabeschi sul suo maglioncino, mentre
l’altra,
poggiata sulla sua nuca, le accarezzava rassicurante i capelli rossi.
Era
una sensazione meravigliosa. Qualcosa a cui, decisamente, non era
abituata.
L’unico
uomo ad averla mai confortata era suo padre e l’ultima volta
che era successo
Rose era ancora una bambina. In quegli ultimi cinque anni aveva
permesso solo a
due persone di aiutarla e confortarla: sua madre e Daria. Ed ora, dopo
tutto
quel tempo, aveva lasciato che fosse proprio lui a tenerla assieme,
impedendole
di andare in pezzi.
Lui!
Scorpius Malfoy!
Il
ragazzo che aveva odiato e demonizzato per anni. Quello che era capace
di farla
incazzare meglio e più velocemente di chiunque altro. Lo
stesso ragazzo da cui,
negli ultimi tempi, aveva realizzato essere attratta, come un
Dissennatore
dalla disperazione umana.
Rose
sbuffò esasperata e rotolò sul materasso fino a
fissare gli occhi azzurri sul
baldacchino del letto su cui era
accasciata – no, non sdraiata, no stare sdraiata
implicava un livello di
vitalità minima che lei, quella sera, proprio non aveva.
Non
lo capiva. Perché un ragazzo che la odiava, quanto era certa
lui odiasse lei, e
che aveva fatto così evidentemente scopo della propria
esistenza quello di
tormentarla e rendere impossibile la sua, avrebbe dovuto offrirle aiuto
e
conforto proprio nel momento in cui ridurla in frantumi sarebbe stato
più
facile?
Ok,
era vero che Malfoy non aveva mai dato segno di volerla ferire col suo
atteggiamento, solo farla incazzare come una belva, ma da lì
all’aiutarla ci
passava un oceano intero in mezzo.
Perché
sarebbe arrivato a calpestare il proprio orgoglio, supplicandola e
dandole
persino il permesso di obliviarlo, pur di poterla aiutare?
Aveva
detto di non poterla vedere in quello stato…
perché? Voleva forse essere lui a
ridurla così? Per qualche strana ragione non pensava fosse
quello il caso..
anche quando ancora si
lanciavano
maledizioni in giro per i corridoi non c’era mai stata tra
loro quella
cattiveria che porta a gioire del dolore e delle sofferenze altrui. E
poi le
era sembrato veramente a pezzi… come se vederla
così fosse qualcosa di
insopportabile per lui… perché?
Il
rumore della porta del dormitorio che si apriva e richiudeva la
distolse
temporaneamente dai suoi pensieri. Pochi secondi dopo Daria la raggiunse e si accasciò
sul letto al suo fianco.
Nemmeno lei sembrava avere il minimo di forza di volontà e
di vitalità che un
termine come “sdraiarsi” richiedeva, no
“accasciarsi”era sicuramente più
adatto. L’amica non sembrava intenzionata a parlare e Rose
tornò passivamente
alle proprie riflessioni.
Non
l’aveva obliviato. Quando si era ripresa e aveva recuperato
il controllo su se
stessa aveva scelto di non farlo. Un po’ perché
lei non era una tale smidollata
da non essere in grado di prendersi le responsabilità delle
sue azioni: fossero
queste state compiute nel pieno delle suo facoltà mentali
oppure no, lei ne
avrebbe affrontato le conseguenze, non sarebbe scappata. E
poi… non le era
sembrato giusto. In quel momento pensare di obliviarlo le era sembrato
sbagliato, ingiusto nei suoi confronti.
Sbuffò
ancora, a pieni polmoni e, sta volta, Daria si unì a lei.
Dopo qualche secondo
l’italiana bofonchiò: “Rosie.. se mia
sorella viene a farti delle domande tu
non risponderle, ok?”
Rose,
confusa, si tirò a sedere per guardare l’amica.
“Marta? E cosa mai dovrebbe
chiedere a me?”
L’altra
scrollò le spalle. “Non so. Cose su di
me… tu menti ed evita le domande
d’accordo?” Le rifilò
un’occhiata perplessa e Daria spiegò:
“Penso che potrebbe
provare ad impicciarsi in situazioni che non la riguardano. Lo fa
perché pensa
di aiutarmi, ma…”
“Ma
a te dà fastidio”. Completò Rose per
lei. Era una cosa che poteva capire, il
non volere aiuto. Tornò a sdraiarsi sul letto.
“Svicolerò e ti farò sapere cosa
chiede”.
“Grazie”.
Rispose l’italiana e Rose la sentì trarre un
profondo respiro, poi, senza
voltarsi a guardarla e senza spostarsi, disse piano: “So che
c’è qualcosa che
non va, che riguarda Scorpius e che non me ne vuoi parlare”.
La
Weasley si irrigidì e tenne gli occhi ben fissi sul
baldacchino verde del
letto, senza vederlo davvero. “E quindi?”
“Quindi
niente. Solo... lo so. E non andrò in giro a fare domande ad
altri per
impicciarmi negli affari tuoi. Quando vorrai sarò qui. Ci
sono sempre stata e
sempre ci sarò”.
Per
qualche minuto restarono lì sdraiate l’una accanto
all’altra, immobili a
fissare la stoffa verde. Rose annuì rigida, pur sapendo che
l’amica non la
poteva vedere, poi allungò la mano ad afferrare la sua e le
strinse piano le
dita in un muto ringraziamento.
***
***
Era
seduta su uno degli immensi davanzali interni delle finestre del
castello, la
schiena appoggiata al vetro freddo, in grembo le teste di James e Fred.
I due
idioti avevano ingaggiato un’estenuante battaglia
all’ultimo bernoccolo per
decidere chi avesse il diritto di usarla come cuscino.
La
Serpeverde diede uno schiaffetto sulla fronte a ciascuno. “O
la fate finita o
vi affatturo! Etchù!” concluse la minaccia con
quello che doveva essere il
milionesimo starnuto della giornata.
“Non
finirà fino a che Fred non ammetterà di non avere
diritto a stare qui e non si
leverà dai piedi!” Fece James incrociando le
braccia al petto, cocciuto come un
bambino.
“Semmai
dovresti essere tu a levarti dai bolidi!” Al che la lotta a
suon di testate
riprese come prima, scatenando l’ilarità degli
altri ragazzi.
La
Serpeverde sbuffò esasperata e sollevò la
bacchetta. “Pietrificus Totalus”. I
due cugini si immobilizzarono e Daria abbassò la mano.
“Ah. Finalmente un po’
di quiete”.
“Non
guardarci così James, tanto non vi aiutiamo”.
“Ve
la siete cercata. Mago avvisato…”
Cominciò Lorcan Scamandro.
“Mezzo
salvato”. Concluse per lui il gemello, Lysander.
I
due Corvonero erano amici d’infanzia dei fratelli Potter e di
tutti gli
Weasley, di conseguenza erano diventati anche suoi amici. Da qualche
tempo a
quella parte, da quando lei ed Al avevano smesso di ignorarsi ed erano
diventati amici, i ragazzi l’avevano inserita nel loro
bizzarro gruppo di soli
maschi.
“Esattamente”.
Convenne l’italiana stiracchiandosi. “Cosa stavate
dicendo ragazzi?” Nonostante
la sua domanda, la Serpeverde prestò solo parziale
attenzione alla discussione
degli altri. D’altronde, fintanto che il discorso verteva su
quanto fosse figa
la ragazza con cui Lorcan aveva un appuntamento, l’unico
commento che poteva
fare era: “Scorpius, ma tu non sei impegnato? Voglio dire..
non dovresti
astenerti dal commentare le doti
fisiche di questa Tassorosso?”
Lui
le rivolse il solito ghignetto da playboy che faceva sciogliere
metà della
popolazione femminile di Hogwarts, ma che non aveva il
benché minimo effetto su
di lei.
Il
mio migliore
amico è James Sirius Potter, l’ex-playboy numero
uno della scuola. Ho
sviluppato una certa immunità.
“Beh
il fatto che io sia impegnato non vuol dire che non possa usare gli
occhi”.
“Allora
sei davvero fortunato. A non essere impegnato con me o una delle mie
amiche,
ciascuna di noi sarebbe perfettamente in grado di cavarteli, gli
occhi”.
Rispose lei con voce calma, quasi dolce, fatta eccezione per la nota
velenosa
con cui pronunciò le ultime tre sillabe.
“Ma
Chris non lo sa. E quello che lei non sa…”
Cominciò Lysander.
“Non
può fare del male né a lei, né,
soprattutto a lui”. Concluse Lorcan, mentre
Scorpius batteva il cinque a lui e al gemello.
La
ragazza sbuffò sollevando gli occhi al soffitto, mentre Dave
scuoteva il capo
esasperato e Al le sorrideva comprensivo. Decise di lasciar cadere la
conversazione: non era il caso di arrabbiarsi per qualcosa che Scorpius
non era
ancora in grado di comprendere. Aspetta di
stare con una ragazza di cui sei davvero innamorato, poi ne riparliamo,
caro il
mio dongiovanni.
Era
contenta di passare un po’ di tempo con i suoi amici maschi e
di fare parte
della loro combricola eterogenea. La metteva sempre di buon umore,
anche quando
facevano i loro stupidi commenti maschilisti perché poteva
farsi del gran
ridere a loro spese. E poi era meno impegnativo che stare con delle
ragazze:
Daria dubitava che sarebbe mai riuscita a reggere per lunghi periodi di
tempo
un gruppo di sei o sette ragazze, solo ragazze, mentre non aveva mai
avuto
problema con quella compagnia di scimmioni.
Certo
dopo un
po’ sento la necessità di tornare tra i miei
simili, gli esseri dotati di
cervello. Meglio noti come ragazzE.
La
cosa più divertente in assoluto poi era sapere di essere a
conoscenza dei loro
segreti o di cose che nemmeno loro sapevano su loro stessi. Tutto
questo,
nonostante fosse l’ultima arrivata.
Sapeva
della cotta mastodontica di Lily per Lorcan e di quanto Lys,
l’unico ragazzo a
conoscenza della cosa, fosse terrorizzato all’idea che Jam e
Fred lo
scoprissero. Sapeva che Lysander era bisessuale, che l’ultima
volta che si era
ubriacato aveva baciato Fred e che l’altro non se lo
ricordava.
Era
a conoscenza del bacio tra Scorpius e Rose e dell’amore di
Dave per la ragazza.
Sapeva degli sforzi di Jam per farsi conoscere da Meg e delle
insicurezze che
lei e solo lei gli creava. E, infine, di Al sapeva tante cose, che era
abbastanza
certa il ragazzo non avesse raccontato a nessun altro, tranne forse
Scorpius. Come
il bacio-incidente, o quello che le
aveva rubato mentre dormiva, o, ancora, le vere ragioni che lo avevano
spinto a
lasciare Viperanda ad Halloween.
Alcuni
di quei segreti erano innocui, ma la gran parte, se scoperti, avrebbero
causato
un bel po’ di casini.
A
ben pensarci
non è molto divertente. E la mia è una situazione
abbastanza scomoda. Quando
verranno fuori, perché prima o poi vengono sempre fuori,
dovrò difendermi da un
bel po’ di accuse e dare parecchie spiegazioni.
Sospirò
e tornò nel mondo reale, accorgendosi solo in quel momento
che qualcuno aveva
liberato Fred e James dal suo incantesimo. Poi sentendosi osservata
notò un
gruppo poco omogeneo di ragazze che la fissavano, cariche
d’odio. Non poté fare
a meno di ascoltare la loro conversazione e incominciare a ridacchiare.
“Sembra
che la mia posizione di indegna arrampicatrice sociale che cerca di
fregare
James sia peggiorata ulteriormente”. Cominciò a
spiegare a beneficio degli
altri. “Questa subdola mangia uomini è riuscita ad
arrivare vicino a tutti gli
scapoli d’oro di Hogwarts, ma non temete le vostre
disinteressate ammiratrici
stanno già cercando un modo per salvarvi dalle mie
grinfie”.
“Stai
scherzando”.
“Ah
no. Secondo una corrente d’opinione, a mio parere molto
interessante e che
ultimamente sta avendo parecchio successo, io sarei anche il motivo per
cui Al
ha lasciato Viperanda, mentre tu, Scorpius, avresti cominciato ad
uscire con la
Baston solo per non far sapere ad Albus e James che abbiamo una storia
segreta…
vero, pasticcino?” Concluse facendo l’occhiolino al
Malfoy e lanciandogli un
bacio.
I
ragazzi scoppiarono a ridere per l’assurdità di
quei pettegolezzi. “Beh non si
può dire che le ragazze di questa scuola manchino di
fantasia”.
“Vero?
È un talento considerevole”.
“Di
sicuro non corriamo il rischio di annoiarci”.
“A
proposito.. mi è venuta un’idea per farci due
risate. Oggi ti devi allontanare
a braccetto con Lor e Lys e fare un bel giro per il castello, domani io
ti
verrò a prendere a lezione e a cena improvviserò
una litigata con James, mentre
tu esci dalla Sala Grande accompagnata da Dave”.
“Fred!
Questa si chiama crudeltà!” Obbiettò
lei, ridendo.
“No”.
La corresse Lorcan. “Si chiama cogliere
un’opportunità. Noi ci stiamo”.
James
annuì a sua volta, con un ghigno. “A patto che sia
ben chiaro a tutti che Daria
è di mio fratello”.
“Ancora
con sta storia, Jam?! Siamo amici, solo amici!”
“Esatto!
Non siamo innamorati, né abbiamo intenzione di
esserlo!”
“Io
ci sto!” Fece Dave con un sorrisetto molto Serpeverde e
ignorando come tutti
gli altri le accorate proteste di Albus e Daria.
“E
io voglio partecipare”.
“Qualcosa
mi dice che non ci ascolta nessuno, De Lupo”.
“è
colpa di tuo fratello. Ha fatto il lavaggio del cervello a tutti.
Etchù!”
All’ennesimo starnuto, la ragazza diede un altro scappellotto
alle teste dei
due ragazzi che l’avevano presa per un cuscino.
“Alzatevi forza. Devo andare da
Meg”.
“Eh?”
“E
come mai?”
La
ragazza si soffiò rumorosamente il naso. “Mi pare
evidente che mi sto
ammalando. Di nuovo. Però prima di allarmare la Lones,
voglio farmi dare
un’occhiata da Meg”.
James
annuì. “Mi ha detto di voler lavorare al San Mungo
in futuro. Ha già iniziato a
studiare medimagia, vero?”
“Sì
già da più di un anno ed è molto
brava. In più è una Nata-babbana e, che ci
crediate o no, il 75% delle malattie che mi prendo sono
babbane”. Si alzò in
piedi e cominciò ad allontanarsi, poi si voltò e
rifilò a ciascuno di loro un
sorrisetto canzonatorio. “Potete pure smetterla di fare piani
per far impazzire
le nostre amate pettegole. Non parteciperò in nessun
caso”. Detto questo si
diresse con calma verso il dormitorio dei caposcuola, sorda alle
lamentele
degli amici.
***
***
“Ehi
Al!” Rose alzò un braccio per farsi vedere dal
cugino, che stava uscendo in
quel momento dagli spogliatoi . “Com’è
andato l’allenamento?” Chiese, quando il
ragazzo l’ebbe raggiunta insieme a James e Fred. Con la coda
dell’occhio scorse
suo fratello Hugo farle solo un cenno di saluto e affrettarsi a
dileguarsi. La
Serpeverde storse il naso, scrutando il fratellino con sospetto:
qualcosa le
diceva che stava per combinarne una delle sue.
“Che
ci fai qui, Rose?” Le domandò James, prima che
Albus potesse risponderle.
“Tranquillo
cugino. Non sono qui per spiare i vostri allenamenti: ti ricordo che
abbiamo
già giocato contro di voi”.
“E
ricordami chi ha vinto, cuginetta?”
“Voi”,
tagliò corto Rose, alzando gli occhi al cielo.
“Comunque, come stavo dicendo,
non sono qui per gli allenamenti e nemmeno per voi”.
Spostò gli occhi sul
cugino moro. “Anche se già che ci sono ne
approfitto per comunicarti che Daria
vorrebbe che andassi a trovarla in infermeria, Al”. Poi,
prima che James
potesse indignarsi per non aver ricevuto lui l’invito o
esaltarsi perché Daria
voleva vedere suo fratello, spiegò: “Vitious ha
comunicato la natura della
prossima prova”.
“Come
mai è in infermeria?”
“Cosa
le è successo?”
“Ce
l’ha spedita Meg. Pare abbia un po’ di influenza, o
qualcosa del genere”.
Fred
sospirò con finta esasperazione e posò le braccia
sulle spalle dei due fratelli
Potter. “Su ragazzi. Non dovete andare nel panico. Ce
l’ha detto lei stessa
prima, non vi ricordate?”
“Vero.
Vado subito da lei, grazie Rosie”.
“Veniamo
con te fratellino. Voglio controllare come sta, ma non temere, diamo
giusto
un’occhiata e poi vi lasciamo soli”.
Rose
sentì Al sbuffare rumorosamente, mentre Fred iniziava a
spingerli via, e le
scappò un risatina. Poi lui voltò il capo nella
sua direzione e le chiese: “Tu
non vieni?”
La
Serpeverde scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli rosso
fuoco.
“Aspetto Malfoy. Anche noi dobbiamo discutere una
strategia”.
“Beh,
allora cerca di essere paziente. Scorpius… non è
molto di buon umore al
momento”.
Rose
alzò le spalle con indifferenza. Almeno si spiegava come mai
suo cugino fosse
arrivato senza di lui.
Quando
uscì dallo spogliatoio, Malfoy non la notò
subito, il che le diede il tempo di
rivolgergli una lunga occhiata valutativa. Le ci volle un instante per
capire
che Al aveva ragione. Il ragazzo biondo aveva il solito aspetto
ingiustamente
magnifico che portava tutti i suoi ormoni a tentare
l’ammutinamento, ma la
linea della mascella, normalmente rilassata nel suo tipico sorrisetto
strafottente, era dura e tesa e la postura della schiena era
più rigida del
solito. Le faceva prudere le mani nell’inaspettato ed
incomprensibile desiderio
di massaggiargli le spalle fino a scioglierne la tensione.
Piantala
Rose!
“I
tuoi cugini sono già andati via”. La sua voce le
suonò fredda, quasi scontrosa
ed accusatrice.
“Lo
so. Stavo
aspettando te.” Fece lei con
tono tranquillo, quasi dolce. “Vitous mi ha comunicato la
natura della sfida e
mi piacerebbe discuterne assieme”.
Da
quando in qua era lei quella diplomatica e conciliante e lui quello
scostante e
freddo? Non che Malfoy fosse mai stato pacato e accomodante, ma in
genere era
lei quella fredda e di cattivo umore e il Grifondoro quello che
riusciva, in un
modo o nell’altro, a farli uscire dalla situazione senza che
uno finisse ad
Azkaban e l’altro all’obitorio. Sta volta Rose
aveva l’impressione che quel
ruolo sarebbe toccato a lei.
Malfoy
sbuffò. “Come vuoi tu, Weasley. Tanto si fa sempre
e solo quello che vuoi tu”.
Si
impose di non lasciare che la malignità nella sua voce la
ferisse. Non distolse
lo sguardo da quello freddo del ragazzo, ma chiuse a pugno la mano
destra,
stringendo e stropicciando un lembo della gonna tra le dita. Con la
sinistra si
scostò dal viso una ciocca di capelli mossa dal vento
ghiacciato. “Allora forse
è meglio se ci spostiamo al coperto. Questo freddo mi sta
uccidendo”. Tentò
con un piccolo sorriso.
“Dovevo
tornare al castello con la mia ragazza,
Weasley. Mi concedi per lo meno di informarla di questo cambio di
programma?”
Lei
annuì piano, sforzandosi di lasciare il sorriso tranquillo
al suo posto. Era
faticoso. Impedire che la cattiveria con cui pronunciava quelle frasi
le
facesse del male, si stava rivelando sempre più difficile.
Approfittò
di quella manciata di minuti per chiamare a sé quel
po’ di calma e serenità che
sperava sarebbe bastato a farla uscire da quella conversazione tutta
intera,
fuori e, soprattutto, dentro. Non era abituata ad un Malfoy
così evidentemente
prono a farle del male e non riusciva a capacitarsi di come gli fosse
possibile
ferirla.
Mentre
camminavano in silenzio fianco a fianco diretti al castello, Rose si
rese conto
di volere il solito Malfoy, quello che parlava in continuazione,
tentava in
tutti i modi di farle saltare i nervi e non smetteva mai di prenderla
in giro. Era
un bisogno intenso, quasi un dolore fisico. Una malinconia straziante
che le
contorceva lo stomaco e le faceva bruciare gli occhi di frustrazione,
rabbia e
desiderio.
Come
sei
melodrammatica, Rossa. È solo di cattivo umore, non
l’hanno mica sostituito con
un clone. E poi che diritto hai di sentirti così? Non
è che voi due aveste mai
avuto chissà che tipo di rapporto. Piantala di lamentarti. La
voce della sua
coscienza, quel giorno, suonava stranamente simile a quella di Moira.
Sospirò
e gli lanciò un’altra occhiata, mentre varcavano
il grosso portone di legno. Fu
allora che notò che il ragazzo aveva tenuto le mani in tasca
per tutto il tempo
e in quell’atteggiamento c’era qualcosa che proprio
non le tornava.
“Malfoy.
Fammi vedere le mani”. Fece perentoria, rinunciando alla
diplomazia. Era
inutile visto che non c’era per niente portata.
“È
un ordine Weasley?”
“Esatto”.
Lui
fece un ghigno cattivo e strafottente. “Non prendo ordini da
nessuno, Weasley.
Specie non da te”.
“Come
vuoi”. Fece Rose, scrollando le spalle e riprendendo a
camminare, indifferente.
Ogni sentimentalismo momentaneamente
accantonato. Poi, dopo una decina di passi, gli afferrò un
polso con un
movimento rapido che l’altro non poté
né prevedere, né, tantomeno, schivare.
Tirò la mano destra del ragazzo fuori dalla tasca dei
pantaloni e si soffiò una
ciocca di capelli via dal viso, per potere avere una visuale migliore.
Il
dorso della mano all’altezza delle nocche era coperto da una
garza macchiata di
sangue rosso scuro e in un paio di punti da qualcosa di giallognolo,
che Rose
sperava ardentemente non essere pus.
“Non
sei mai andato a farti medicare”. La sua era
un’affermazione, non una domanda e
Malfoy non le rispose. “Razza di incosciente
masochista”.
Era
evidente che le sue mani fossero peggiorate notevolmente dalla partita,
avvenuta quattro giorni prima. Se non ricordava male quello era il
secondo
allenamento dei Grifondoro da allora, il che voleva dire che Malfoy si
era
allenato per due volte da quando si era ferito e Rose sapeva bene
quanto
qull’incosciente doveva aver sforzato le sue povere mani.
Avrebbe
voluto trascinarlo in infermeria, ma era certa che il Grifondoro non
sarebbe
stato per niente d’accordo e in un confronto basato sulla
sola forza fisica
sapeva di non avere alcuna speranza. Non sarebbe riuscita a trascinarlo
proprio
da nessuna parte contro la sua volontà. Visto che
l’infermeria, il piano A, era
da escludere si sarebbe dovuta accontentare del piano B.
Strinse
con più forza il polso del ragazzo tra le proprie dita,
impedendogli di
ritrarsi, e tirò la mano più vicina a
sé. Estrasse la bacchetta e rimosse le
bende con un solo, fluido movimento, ignorando bellamente le proteste
del
biondo. Quando le bende si sciolsero, cadendo a terra, Malfoy diede uno
strattone più forte dei precedenti, cercando inutilmente di
liberarsi dalla
presa d’acciaio della ragazza.
Lei
sbuffò scocciata e gli pestò un piede con forza,
strappandogli un’imprecazione.
“Sta’ fermo, Malfoy. Sto cercando di
medicarti”.
“Non
lo voglio il tuo aiuto, Weasley”.
“Non
mi pare che tu mi abbia lasciato molta scelta l’altra volta.
Sai come dicono i
babbani? Chi la fa l’aspetti”.
“Se
lo stai facendo per ringraziarti, risparmiatelo. Non ti ho aiutata per
avere la
tua gratitudine”.
Rose
sbuffò seccata ed esasperata e spostò la sua
attenzione al dorso della mano.
Sentì un piccolo brivido scenderle lungo la schiena, mentre
ne constatava le
condizioni. Ci aveva visto giusto: sotto la crosta aveva cominciato a
formarsi
del pus. “Non lo faccio per quello, Malfoy”.
“Giusto.
Cosa stavo pensando? Rose Weasley non si abbasserebbe mai a ringraziare
me”. Se
l’era immaginata o nel tono del ragazzo, nascosta dietro
tutta quella
malignità, c’era una punta di dolore? Per un
attimo le era sembrato un animale
ferito che graffia e ringhia spinto da rabbia, rancore e dolore.
“Cos’è allora?
L’idea di essere in debito con me ti disgusta tanto da
costringermi ad
accettare un aiuto che non voglio?”
Se
l’era immaginato. Rabbia e rancore c’erano eccome,
ma dolore? No di quello non
c’era traccia, almeno non del genere che pensava e sperava
lei.
“Ti
ricordo che nemmeno io volevo il tuo, Malfoy”. Fece,
continuando a studiare il
dorso della sua mano. “E sì. In parte è
questione di sdebitarsi. In genere non
mi piace essere in debito con gli altri. Non importa che sia tu. Ma non
è solo
per quello.. anzi direi che lo sdebitarsi c’entra solo in
minima parte.” Alzò
gli occhi azzurri su quelli grigi, incatenando il suo sguardo a quello
del ragazzo,
perché certe cose andavano dette guardando l’altra
persona dritta negli occhi.
Sentiva il cuore rimbombarle nel petto con un rumore assordante e
faceva fatica
a deglutire, ma tenne gli occhi ben fissi su quelli del Grifondoro e
pregò che
la sua voce non facesse trapelare il nervosismo, che la vicinanza
dell’altro le
causava. “Io non volevo il tuo aiuto. Ero sicura che non mi
servisse e,
soprattutto, non lo volevo. Tu,
però,
non mi hai dato retta. Mi hai tenuta insieme quando minacciavo di
spezzarmi e mi
hai dato qualcosa a cui aggrapparmi quando le mie forze non bastavano
più a
tenermi in piedi. Mi hai tirata fuori da una situazione difficile, ci
sei stato
quando più ne avevo bisogno… è tanto
sbagliato voler fare lo stesso per te?”
Non
distolse lo sguardo da quello del ragazzo nemmeno per un secondo,
quindi poté
vedere tutte le reazioni di Malfoy alle sue parole. I suoi profondi
occhi
grigi, così freddi e duri all’inizio, si erano
lentamente riempiti di stupore
e, adesso che stava assimilando il significato del suo discorso, Rose
vide
affiorare qualcos’altro. Qualcosa che non riusciva bene ad
identificare o
capire, ma l’intensità di quello sguardo era
inconfondibile e sapeva di
desiderio. Metteva a durissima prova il suo autocontrollo. Riuscire a
non abbassare
gli occhi, sostenere il peso di quello sguardo senza dare retta
all’istinto,
agli ormoni e ai più svariati muscoli del suo corpo che la
imploravano di
saltargli addosso stava richiedendo tutta la sua forza e tutta la sua
concentrazione. Non aveva mai fatto nulla di così difficile
in tutta la sua
vita. Non aveva mai provato nulla di simile in tutta la sua vita.
Doveva
stemperare l’atmosfera, se non voleva fare qualcosa di cui si
sarebbe pentita.
“E poi ora siamo compagni di squadra e tra compagni si ci
aiuta, no?” Gli
rivolse il miglior sorriso rilassato che riuscì a stamparsi
in viso.
Malfoy
annuì piano, non ricambiò il sorriso, ma i suoi
muscoli finalmente cominciarono
a distendersi, la linea tesa delle sue spalle si ammorbidì e
Rose poté
allentare la presa sul suo polso. Ritornò ad osservare le
nocche escoriate
girando lentamente la mano del ragazzo per avere una visione migliore.
Passò
piano, dolcemente le dita fredde sulla pelle arrossata e lo
sentì rabbrividire
leggermente. Avvicinò la punta della bacchetta alle zone
offese e cominciò a
mormorare formule magiche.
Non
era un’esperta di incantesimi curativi come Meg, ma, essendo
lei Rose Weasley,
degna figlia di Hermione Granger in Weasley e, quindi, affamata di
sapere,
alcune conoscenze generali sugli incantesimi di base le aveva. Era
abbastanza
per disinfettare e pulire i tagli e fasciarli di nuovo in bende pulite.
Terminato
con la mano destra, si dedicò a quella sinistra, che verteva
in condizioni
leggermente migliori. Il silenzio del corridoio deserto era turbato
solo dai
suoi sussurri e dai loro respiri. Se Daria fosse stata presente
avrebbe, però,
potuto sentire anche il battito leggermente accelerato del suo cuore.
Chissà
se anche a lui
il cuore sta battendo in modo irregolare? Scosse
appena il capo e si lasciò
sfuggire un debole sbuffo.
Non
sono cose che
dovrebbero interessarti, Rossa. E comunque sia ne dubito fortemente. Di
nuovo la voce di
Moira rimetteva in riga i suoi pensieri.
Proprio
come farebbe
quella vera. Pensò
con affetto.
“Ho
finito” Dichiarò qualche minuto dopo, lasciando
andare la sua mano. “Non è
niente di speciale, ma almeno non dovrebbero più
infettarsi”. Sollevò lo
sguardo su di lui e continuò con tono pratico:
“Daria tra le sue scorte
personali dovrebbe avere un unguento che toglie
l’infiammazione e velocizza la
cicatrizzazione. Più tardi te ne porto un po’. Se
riesco a trovarlo”.
Puntualizzò con un sorrisetto esasperato.
Lui
le rivolse uno sguardo divertito e comprensivo al tempo stesso.
“È molto
disordinata, vero?”
“Non
immagini neanche quanto”. Rispose lei con una certa enfasi.
Era grata che
l’umore di Malfoy sembrasse migliorato.
“È atroce. Una cosa spaventosa”.
“Io
ho il problema opposto. Al ha una vera ossessione per
l’ordine”.
“Mmm
mmm, me lo ricordo. Zia Gin dice sempre che è più
efficiente di un’intera
equipe di elfi domestici”.
Lui
si aprì in un sorrisetto divertito. “Proprio non
capisco come le venga in
mente”.
Era
il primo sorriso che le rivolgeva e Rose dovette imporsi, per la
milionesima
volta, di non saltargli addosso. Istinto cui si stava abituando, per
quanto
controvoglia. Era diventata bravissima a reprimerlo senza
pietà, nascondendolo
dietro il proprio miglior sorriso scanzonato. Il genere di sorriso che
di
solito le assicurava il pieno accesso alla camera da letto del ragazzo
di
turno. Ovviamente questo non era il caso di Malfoy.
“Allora
Rose” Cominciò
lui, dopo una manciata
di secondi si silenzio. La solita espressione beffarda dipinta in
volto.
“Dimmi: in cosa consisterà la sfida?”
“Ti
avviso, Malfoy, non ti piacerà e ci vedrà
penalizzati”. Lui la guardò
palesemente confuso e Rose sospirò.
“Cos’è che proprio non sai
fare?”
“Nulla,
Weasley. Non c’è nulla che io non sappia
fare”. Rispose il Grifondoro, col
prevedibile sorriso strafottente.
“Davvero?
Non ti viene in mente nemmeno un piccolo punto debole? Ti do un
indizio: ha a
che fare con la geografia”. Lui assottigliò lo
sguardo, arrivando a
comprendere. “Esatto. Una prova
d’orientamento”.
***
***
La
porta dell’infermeria si chiuse alle spalle di Al con un
tonfo sordo e Daria si
abbandonò contro il cuscino, tirando un po’
più in su le coperte e cercando di
ignorare i continui borbottii infastiditi della sorella nel letto
accanto.
Quando Meg aveva confermato che sì, si era presa una bella
influenza, si era
diretta immediatamente in infermeria, spedendo l’amica a
cercare Marta. La sua
sorellina aveva sempre avuto la tendenza a sottovalutare i loro
naturali
problemi di salute.
“Hai
sentito
mamma e papà ultimamente?”
Chiese giusto per fare conversazione. Lei scriveva
ai genitori una volta a settimana per tenerli aggiornati sulla sua
vita. Il
resto della corrispondenza, quasi giornaliera, che si scambiava con suo
padre
non aveva nulla di personale, erano tutte solo questioni ufficiali.
“Ho scritto alla mamma tre giorni fa, ieri mi
è arrivata la sua risposta e sta mattina le ho mandato la mia”.
Daria era
molto sorpresa: sapeva che l’altra sentiva i genitori un
po’ più spesso, ma di
certo non pensava che scrivesse loro così
spesso. “Mi sa che potrebbe
arrivarti una
Strillettera. Ho chiesto espressamente a ma’ di non
mandartene una, ma penso
che potrebbe non darmi retta.”
“E come mai dovrebbe mandarmene una, scusa?”
Chiese la maggiore assolutamente confusa.
Marta
abbassò lo sguardo sulle proprie mani, un leggero rossore
sulle guance. “Le ho detto di quello
che è successo alla
partita”.
“Tu COSA?”
La
più piccola, provocata dal suo tono alzò il viso
e incrociò le braccia al
petto. “Quando ho scritto la prima
lettera ho aggiunto un piccolo paragrafo in cui gli raccontavo degli
sviluppi
del caso, ma dalla loro risposta ho capito che non ne sapevano niente,
così
nella lettera di sta mattina ho scritto un racconto dettagliato di
ciò che era
successo. Comunque la colpa è tua in primo luogo per non
aver detto niente”.
Daria
era esterrefatta. E incazzata nera. “Come
Zeus ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?!
C’è un motivo se non
gliel’ho detto io!”
“Sono
i nostri
genitori! È loro diritto sapere quello che ti succede. Tu e
il tuo stupido
desiderio di privacy. Sei la più grande, ma ti comporti come
una bambina!”
“Stupido
desiderio di privacy? Mi comporto come una bambina? Non ti rendi
nemmeno conto
di quello che hai combinato, meno male che tu sai cosa vuol dire essere
me!”
“Lo
so invece! Lo
so eccome. Tu invece…”
Daria
la interruppe prima che potesse concludere. “Ah
lo sai? Ti avevo sottovalutata, allora. Non pensavo che volessi
così tanto
andartene da Hogwarts”.
“No
che non me
ne voglio andare! Cosa c’entra adesso? Stai solo cambiando
discorso”.
“No,
sorellina
niente affatto. Cosa pensi che succederà quando nostra madre
informerà il resto
della famiglia di quanto accaduto? Come pensi che reagiranno sapendo
che non
solo nella mia scuola c’è stato un tentativo di
omicidio, ma che l’obbiettivo
era un mio amico e che il mandante è in libertà e
non è stato nemmeno identificato?”
Quando
la più piccola non rispose, Daria continuò:
“Te lo dico io come: mi
obbligheranno a lasciare immediatamente la
scuola. E per non sbagliare la faranno lasciare anche a te”.
“N-non
puoi
esserne certa. Non è detto che…”
“Invece,
sì. Sai
benissimo quanto gli anziani del consiglio e i membri del senato siano
restii a
lasciarmi continuare a frequentare Hogwarts, da quando ho battuto Luca
e quanto
vogliano convincermi a tornare permanentemente in Italia non appena
avrò
compiuto diciassette anni. Pensi che non sfrutteranno
l’occasione? Senza
contare la crisi di panico che scatenerà il sapermi
così vicina ad un tentativo
di omicidio”. Daria
guardò la sorella distrattamente per un paio di secondi.
Giusto il tempo di
decidere la sua prossima mossa.
Si
alzò da letto, infilò le pantofole e si
avvicinò alla porta dell’ufficio di
Madama Lones.
“C-cosa
fai?” Le chiese Marta con voce spezzata.
“Mi
metto in contatto con nostro padre. Questa partita non l’ho
ancora persa”.
Buona
epifania a tutti!
In
questo capitolo c’è un sacco di Marta
e di informazioni su Daria. Qualcuno è riuscito a mettere
insieme i pezzi e a
svelare qualcuno dei suoi misteri?
Vi
ricordate l’extra di BTW che avevo
scritto qualche tempo fa? Le due one-shot POV Al e Scorpius?
… beh, ho deciso
di continuare e ne ho scritto altre due una l’ho
già pubblicata, mentre l’altra
la posterò a breve.
Questo
è il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1
Un
bacio
AiraD
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