By The Way

di AiraD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1) Returns and mad ideas ***
Capitolo 3: *** 2) Odd Relations ***
Capitolo 4: *** 3) Bad News ***
Capitolo 5: *** 4) Something About Me ***
Capitolo 6: *** 5) Getting To Know Each Other ***
Capitolo 7: *** 6) First Match ***
Capitolo 8: *** 7. Veritasserum ***
Capitolo 9: *** 8) Dealing With... Problems and News ***
Capitolo 10: *** 9) New And Old Friends ***
Capitolo 11: *** 10) Halloween ***
Capitolo 12: *** 11) Weird Reactions ***
Capitolo 13: *** 12) Saving you, Saving Me ***
Capitolo 14: *** 13) Confusing As Hell ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

primo settembre 2017

“ Mi raccomando tesoro fai attenzione” una donna alta dai capelli riccissimi e i lineamenti gentili lasciò un bacio sulla testa altrettanto riccia di una ragazzina.

 “Certo mamma non ti preoccupare” rispose la bambina con un piccolo sorriso, un uomo alto e leggermente  brizzolato la abbracciò e le sussurrò all’orecchio

 “So che sei preoccupata, ma ricorda una cosa: questa scelta l’abbiamo presa tutti insieme valutando le possibilità e tu sei perfettamente in grado di farcela”

“già, ma gli amici?” fece lei sullo stesso tono preoccupata forse di farsi sentire dalla madre

 “ Stai tranquilla: non perderai i vecchi e se vorrai ne troverai di nuovi. Ma se la situazione dovesse diventare troppo difficile, se penserai di non farcela, tu mandaci un gufo e noi verremo a prenderti. Comunque sono sicuro che non avrai problemi.”  le sorrise e si staccò. Lei si voltò verso la bambina che sua madre teneva per mano e sorrise un po’ più tranquilla e sicura di sè :

mostriciattolo, vedi di trattare bene le mie cose e di non combinare troppi guai” la bimba in risposta le fece una linguaccia e le disse con una voce fiera che mal si addiceva a quello scricciolo dai capelli castani e la rendeva anche un po’ buffa

“ non mi mancherai nemmeno un po’.”  La più grande abbracciò stretta la piccola che inizio a singhiozzare la baciò sulla fronte e con ultimo sorriso ai genitori balzò sul treno rosso che fischiava dietro di lei. Trovò uno scompartimento vuoto, entrò e si sedette tirando fuori un libro.

Il treno era partito da qualche minuto quando la porta dello scompartimento si aprì e la bambina riccia alzò lo sguardo dal suo librone incrociando quello verde di un ragazzino moro magro e bassino:  in piedi era alto quanto lei seduta. Dietro di lui spuntava una ragazzina alta magra dagli appariscenti capelli rossi e l’aria sveglia.  Lui sembra il classico curiosone rompiscatole e lei l’amica paziente che lo contiene e sopporta.. “Ciao! io sono Albus Severus Potter, ma detesto il mio secondo nome e lei è mia cugina Rose  Minerva Weasley, tu invece sei?” Potter eh? Deve essere il figlio di Harry Potter mentre lei probabilmente è la figlia dei suoi amici…

 “ Daria Alessia De Lupo” . 

“Che nome strano non sembra inglese…”

Infatti non lo è: sono italiana.”

 “Davvero? E come fai a parlare così bene la nostra lingua?” il suo stupore era palese e anche la cugina, che prima aveva mostrato maggior interesse per il suo libro che per lei, ora si era fatta più attenta

“L’ho studiato” rispose l’italiana con voce noncurante rimettendosi a leggere.  Avevo ragione come al solito: lui è insopportabilmente curioso e rompiscatole! Passò qualche minuto e poi:

“ Che cosa leggi di bello?”

 El Don Quijote de la Mancha di Cervantes” brava Daria continua a fare la fredda che magari sceglie di infastidire qualcun altro. Rose puntò gli occhi celesti su di lei e le chiese:

 “ E’ in spagnolo, vero?”

“Già”

 “ Caspita! Conosci anche lo spagnolo ??? devi essere intelligentissima! Rosie pare che tu abbia trovato pane per i tuoi denti! E sentiamo conosci altre lingue?” Daria era tentata di mentire  per toglierselo di torno ma non era abituata a farlo e nemmeno le piaceva cosi annui,

 “E quali?”

 “L’italiano ovviamente e il latino.”

“ La lingua parlata dagli antichi romani?”

 “ Ne conosci forse un'altra?” E prima che il moro potesse rispondere la rossa intervenne:

 “ Albus credo che tu l’abbia tartassata abbastanza. Andiamo a cercare James?” E senza attendere risposta lo

trascinò fuori. Avevo ragione ancora: Rose è la santa che lo sopporta.

 

***

Wow. È bellissimo le descrizioni dei libri non gli rendono giustizia. Pensò entrando nella sala grande di Hogwarts, il suo naso per aria come quello di tutti gli altri ragazzini del primo anno. Poi il suo sguardo si spostò sulle decine di volti seduti ai tavoli che guardavano verso di loro;  le sue ginocchia iniziarono a tremare, tutta la fiducia e la calma che il discorso di suo padre e la lettura del suo libro preferito erano riusciti a infonderle svanirono in un soffio e la nostalgia di casa insieme ad una buona dose di paura le asciugò la gola sostituendo la saliva con un fastidiosissimo nodo.

 

***

 

De Lupo, Daria Alessia.” L’italiana uscì dalla fila e si sedette sullo sgabello mettendosi in testa quel cappello logoro.

 Intelligenza, onestà, coraggio e astuzia. Possiedi almeno una caratteristica per ogni casa. La scelta si prospetta difficile: qualche preferenza?

No per me una casa vale l’altra: sono tutte  ugualmente valide.

Interessante. Vale anche per Serpeverde?

Certo. Se in quella casa c’è davvero gente poco raccomandabile come si dice, è solo colpa dei pregiudizi degli altri a cui i Serpeverde hanno finito per adeguarsi.

Ferma nelle proprie convinzioni altra caretteristica Grifondoro, ciò nonostante ho voglia di fare un esperimento: chissà se con le tue idee riuscirai a cambiare quelle degli altri. “SERPEVERDE!”     

Daria si alzò e si diresse al tavolo senza fare caso a nessuno, troppo presa dai suoi pensieri. Che avrà voluto dire? Non pretenderà mica che io cambi le cose e faccia diventare tutti i Serpeverde dei bravi ragazzi, vero? Sono solo una bambina con la mente aperta e non un’adulta coi superpoteri! Era talmente concentrata nel suo tentativo di dare un senso alle parole del cappello da non rendersi conto che lo smistamento stava proseguendo. Si riscosse solo quando nella sala piombò un improvviso silenzio. Alzò lo sguardo per vedere quale avvenimento sconvolgente avesse avuto il potere di azzittire centinaia di ragazzi in un secondo, ma vide solo un ragazzino biondo camminare verso il tavolo dei Grifondoro. Si strinse nelle spalle e assistette con maggiore attenzione allo smistamento: l’uno dopo l’altra tutti vennero smistati nelle varie casa compreso quel chiacchierone di Potter che, come da copione,finì a Grifondoro. Quando il cappello assegnò l’ultima studentessa a Serpeverde ripiombò il silenzio, ma stavolta la ragazzina riccia ne intuì il motivo: Rose Weasley smistata a Serpeverde era un avvenimento notevole.

 

 

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Ciao! Prima di commentare il prologo volevo dire un paio di cose: io sono una persona incredibilmente pigra quindi potrei avere grosse difficoltà a proseguire e terminare la storia, che nella mia testa è già completa,  spero solo che un eventuale supporto mi aiuti e incoraggi. Inoltre, siccome, come ho già detto sono pigra questo prologo è solo una prova per vedere se vale la pena di continuare la storia o no, probabilmente se non riceverò recensioni non la continuerò, ma non ne sono sicura ( oltre che pigra sono anche lunatica e indecisa).

Passiamo al capitolo. I dialoghi in corsivo sono quelli in italiano tra Daria e i suoi familiari/amici italiani e sarà così per tutta la storia. Probabilmente Daria in questo primo prologo appare sicura di sé e un po’ troppo perfetta con tutte le qualità che elenca il cappello, in realtà le cose sono diverse ma non ho avuto modo di mostrarlo bene senza rischiare di appesantire il capitolo.

Un bacio

Daria

 

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Capitolo 2
*** 1) Returns and mad ideas ***


1) Returns and mad ideas

Primo settembre 2023

 Erano le due del pomeriggio ad Hogsmeade e nel grigio cielo scozzese erano appena apparsi in un caotico colorato ed enorme turbine un grande baule viola, due sgargianti moto babbane e una ragazza dai capelli lunghi. Quest’ultima atterrò senza grazia ma con precisione, quel genere di precisione che si acquisisce solo con tanta esperienza e un milione di lividi.

 I suoi averi, invece, si sarebbero probabilmente distrutti nell’impatto se un uomo sulla quarantina non fosse intervenuto prontamente con un incantesimo.

“Grazie per aver salvato ancora le mie cose, professor Paciock.”

“Non c’è problema, signorina De Lupo. Immagino che le moto vadano nello stesso box dell’anno scorso.”.

“Immagina bene professore.” Rispose la ragazza con un largo sorriso. L’uomo agitò la bacchetta e le due moto sparirono.

“ Come stanno sua moglie e suo figlio professore?” chiese lei mentre uscivano dal villaggio.

“Molto bene, Daria, grazie. Comunque ti ho già detto che certe formalità non servono in ambito privato.”.

“ Hai ragione, scusa. È solo che è strano dare del tu a un professore.”. La ragazza assunse un’aria imbarazzata e prese a torturarsi una ciocca di capelli.

“ Sei la migliore amica della mia figlioccia, sarebbe strano il contrario” ribatté lui sorridendo, “ com’è stata la tua estate?”

“ Calda e assolata come tutte quelle italiane”, rispose lei con allegria “cosa che non penso si possa dire delle estati inglesi”.

“No, infatti. Mi auguro che tu ti sia goduta il sole e l’abbia salutato: non lo vedrai per parecchio”.

“ Non si preoccupi gli ho detto addio in modo più che adeguato, anche se devo dire che ogni anno la separazione mi pesa sempre meno. Ormai mi sono innamorata dell’Inghilterra”. Daria sorrise serena. Era la pura verità: l'Italia era casa sua, il posto in cui era nata e cresciuta e lo sarebbe sempre stato, ma l'Inghilterra e specialmente Hogwarts erano qualcosa di veramente unico, lei si sentiva al suo posto lì, sentiva di appartenere a quei luoghi con cui in fondo non aveva alcun legame.
Ed era una sensazione stupenda.

 

***

 

“Dormitorio, dolce dormitorio” Daria entrò nella stanza e si avvicinò al baule viola ai piedi del letto più lontano dalla porta. Lo aprì e iniziò a frugare nel miscuglio di libri, boccette d’inchiostro, piume, pergamene e vestiti, alla ricerca della sua divisa scolastica, che alla fine estrasse con uno strattone.  

La indossò con un tocco di bacchetta e si avvicinò allo specchio per appuntare la spilla da prefetto alla divisa e aggiustare la coda di cavallo in cui teneva intrappolati i suoi lunghissimi ricci color cioccolato al latte. Ricci che, senza il sole, si sarebbero scuriti fino a diventare quasi neri.

Daria sorrise alla sua immagine: lei si piaceva, non aveva tutti i complessi da cui erano afflitte le sue coetanee. Certo c’erano parti del suo corpo che detestava cordialmente ed era conscia di non possedere la bellezza mozzafiato della sua migliore amica: aveva i fianchi larghi e le gambe leggermente più grosse di quelle di Rose, che pure era alta come lei, i suoi capelli erano un intricatissimo groviglio e con l’umidità si gonfiavano come un palloncino.

Però sapeva anche di essere una ragazza carina: era alta 1 m e 75 cm circa aveva gambe lunghissime ed era magra, ma con le giuste curve. Inoltre aveva un viso regolare, bocca piccola con labbra carnose e grandi occhi di un blu così scuro da sembrare nero.

Già, ma a che serve avere gli occhi blu, se tutti li vedono neri? Si chiese guardandoli. Poi si mise a ridere.

 Che razza di domande! Gli occhi servono per vedere, che siano blu o neri non ha importanza purché svolgano il loro compito!  Guardò l’orologio e sorrise: sono le tre, gli altri arriveranno alle sei, quindi ho circa tre ore per oziare. Si gettò sul letto e appellò un libro e un dizionario: l’Odissea era un’opera stupenda, era contenta che gliel’avessero consigliata, ma leggerla in lingua originale era una tortura.

Le lingue saranno anche il mio talento come dice pa’, però lo sfido a leggere in greco antico senza testo a fronte… A  volte detesto la mia decisione di non leggere mai un libro in traduzione se conosco la lingua originale. Sbuffando aprì il dizionario alla disperata ricerca di una parola sconosciuta.

 E visto che di lingue ne conosco parecchie le volte in cui leggo in italiano sono limitate. Sospirò e chiuse il dizionario.

Se penso che, quando sono arrivata qui, mi sentivo tanto brava perché ne conoscevo quattro mi viene voglia di prendermi a calci. Sbuffò ancora.

 Che ingenua! Ero convinta di sapere tutto, quando in realtà sapevo poco o niente: parlavo solo quattro lingue e pure male, ero a mala pena in grado di trasmettere telepaticamente qualche pensiero e qualche immagine e non riuscivo nemmeno a sentire il battito dei cuori altrui.

Per fortuna ora le cose erano cambiate: sapeva di avere ancora moltissimo da imparare, una scorta inesauribile e la cosa la esaltava da morire. Alla fine sorrise e si ributtò su libro e dizionario con rinnovato entusiasmo.

 

***

 

“ Daria!” Lei non fece in tempo a rispondere che si ritrovò avvolta in un abbraccio stritolatore, degno di un boa constrictor.

“Rosie, così la soffochi!”

“Zitto James, non è vero!” ribatté la rossa, lasciando però andare l’amica.

Marmellata1 ha ragione: abbracci come tua nonna Molly.”

“ E brava Miss Sole e Spiaggia! Io ho sempre ragione!”

“ Certo James, l’importante è che ci creda tu.” Lo zittì la cugina. “Senti un po’ italiana, com’è che non hai preso l’espresso nemmeno quest’anno? Tua sorella c’era e tu no!”

“Lei c’era solo perché è il suo primo anno e ha deciso di fare come gli altri primini, cosa che ho fatto anch’io, Ros. Dal prossimo anno prenderà la passaporta per Hogsmeade come me.”.

Raggiunsero la Sala Grande chiacchierando del più e del meno.

James, quando varcarono la soglia, schioccò un bacio sulla guancia a Daria e salutò la cugina con un gesto della mano e un gran sorriso e si dileguò in direzione del tavolo di Grifondoro.

Rose grazie alla luce migliore prese a osservare l’amica quasi a volerle fare una radiografia,

“Come sei abbronzata, Al!”

“ Io sono sempre abbronzata rispetto a voi. E quante volte devo dirti che il diminutivo di Alessia non è “Al” ma “Ale”?”

“Dave! Ciao! Come sono andate le vacanze” Rose salutò il capitano della squadra di Quidditch, Dave Zabini, senza prestare attenzione alla ragazza.

“ Benissimo, Rose, grazie. Le tue?”

“Come al solito. Sono contenta che sia ricominciata la scuola: il chiasso della mia famiglia mi piace, ma a piccole dosi!”.

“Beh, ma quando sei qui le cose non sono molto diverse, visto che quasi tutti i tuoi cugini frequentano Hogwarts.”

“Ma sono tutti Grifondoro, quindi non possono stressarmi più di tanto. Speriamo che anche i due nanerottoli finiscano lì.”.

“Roxie e Louis?”

“Già sono al primo anno come la sorellina di Daria, a proposito tu dove speri che finisca la tua piccola sosia?”

“Per me non c’è differenza, ma sono certa che finirà a Grifondoro.”

“Davvero?”

“ Già. Certo è molto ambiziosa e potrebbe essere una perfetta Serpeverde, ma è così dannatamente orgogliosa.. Senza contare che pur di non seguire le mie orme e allo stesso tempo dimostrare di essere migliore di me sarebbe capace di fare una scenata in mezzo alla sala.”.

All’espressione confusa di Dave, Rose sorrise. “ A Marta non è mai andato giù il fatto di essere paragonata alla sorella, cui per altro somiglia in modo sconvolgente. E il fatto che Daria sia brava in tutte le cose che fa non aiuta per niente.”.

“Adesso non esagerare, non sono io che ho preso dieci E ai GUFO!”

“Vero tu ne hai prese solo 9” Ribatté Rose con un sorriso ironico.

“Visto? Quella brava in tutto sei tu, non io: Erbologia proprio non la capisco!”

“Infatti, hai preso soltanto O. Ammettilo non sei esattamente il tipo di studentessa facile da superare!”

“Tu ci sei riuscita benissimo!”

“Solo perché tu sei di una pigrizia incalcolabile!”

“Ahm ragazze.. Sta iniziando lo smistamento.”

 

***

***

 

La cena era appena finita e i ragazzi aspettavano le ultime raccomandazioni del preside prima di andare a dormire. Rose stava osservando il tavolo di Grifondoro, dove James e Fred stavano tenendo banco con qualche racconto esilarante. Alla fine Roxanne e Louis erano davvero finiti nella stessa casa degli altri cugini. Rose sospirò rassegnata: quei due sono i più piccoli della famiglia, quindi la cosa è confermata: io sono veramente l’unica eccezione. L’unica Potter-Weasley non Grifondoro.

La situazione ormai non le pesava più così tanto, persino suo padre l’aveva accettata di buon grado quando lei gli aveva spiegato le ragioni del cappello: secondo quel pezzo di stoffa sgualcito lei era in grado di far cambiare mentalità agli ultimi Serpeverde conservatori. All’inizio lei non vi aveva badato, troppo presa da altre cose. Soltanto dopo qualche tempo Rose aveva scoperto che quell’incarico era stato affidato anche a Daria, a quel punto, insieme alla sua nuova amica si era messa d’impegno per svolgere il suo compito.

I pensieri della ragazza vennero interrotti dal piccolo preside che prese la parola. Vitious fece le solite raccomandazioni, ma, invece di concludere con l’usuale “auguro un buon anno a tutti”, prolungò il discorso.

“Quest’anno ci sarà una novità. Siccome ogni anno la scelta dei Caposcuola è sempre più difficile, ho deciso che d’ora in avanti i Caposcuola otterranno la carica in modo diverso: invece che essere nominati da me, gli otto studenti del sesto anno che hanno ottenuto i migliori risultati ai GUFO competeranno tra loro a coppie; i membri della coppia vincitrice saranno i Caposcuola dell’anno successivo. Ovviamente le coppie saranno formate da un ragazzo e una ragazza e saranno scelte da me.”

“Gli otto studenti migliori, eh? Scommettiamo che conosco l’identità della prima e della seconda?”

“Non c’è niente da scommettere, Dave.” Disse Rose con un largo sorriso soddisfatto, “ lo sappiamo tutti che siamo io e Daria”.

“Mi dispiace deluderti, Ros, ma credo proprio che entrambe dovremo condividere la posizione con qualcun altro”. All’espressione confusa dei due amici si affrettò a spiegare “il preside ha cominciato a chiamare gli otto studenti a partire da quello con i risultati più scarsi e ha detto che si era classificato sesto. Questo vuol dire che ai primi due posti ci sono dei pari merito.”

“Non è possibile!” disse Rose con aria leggermente disperata e molto arrabbiata “l’unica persona che potrebbe uguagliarmi, che è anche l’unica da cui potrei accettarlo, sei tu!”

“Non fare la melodrammatica: non è mica la fine del mondo”

E prima che la rossa potesse ribattere che sì lo era, la voce del preside interruppe il loro discorso/battibecco.

“ Secondi pari merito con nove Eccezionale e un’ Oltre Ogni previsione, Daria Alessia De Lupo e Albus Severus Potter.” La sua amica si alzò con indifferenza e lei invidiò la sua calma e la sua capacità di controllo.

Se mi avessero appena detto che devo condividere il mio posto sul podio con la persona che più detesto in tutta Hogwarts, avrei dato fuoco a lui, al preside e a tutti gli insegnanti che hanno osato permettere un simile abominio.

Anche se, in effetti, Daria si limitava ad ignorarlo – di tutti i ragazzi del loro anno lui era l’unico con cui lei non avesse mai avuto una conversazione decente, in cinque anni si erano parlati sì e no tre volte- non lo detestava.

 Almeno non nel modo in cui io detesto Malfoy.

“ E infine al primo posto, con dieci Eccezionale, Rose Minerva Weasley e Scorpius Hyperion Malfoy.”

Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo. Merlino, dimmi, che  cosa ho fatto di male per meritarmi questo?!

Con una forza tirata fuori dal nulla, la figlia di Ron Weasley si mise in piedi e si diresse verso il tavolo degli insegnanti, la stessa camminata di un condannato a morte e lo stesso sguardo di chi sta per commettere molti omicidi in poco tempo.

 Poi, quando aveva finalmente raggiunto la meta ed era pronta a fare una delle sue scenate epiche, una mano si posò sul suo braccio. Rose non ebbe  nemmeno bisogno di spostare lo sguardo, con cui stava incenerendo il responsabile della sua disgrazia, per sapere che quella mano apparteneva a Daria. Si calmò all’istante.

-Grazie- le comunicò col pensiero, certa che l’altra l’avrebbe percepito. E infatti: -di niente-

La ragazza si guardò intorno, per distrarsi, e identificò gli altri quattro ragazzi: Georgia Walkins e Cedric MacMillan di Tassorosso e Selina Goldstein e Hector Steeval di Corvonero.

“ Bene!” esclamò Vitious visibilmente entusiasta “formiamo le coppie! Walkins e Steeval, MacMillan e Goldstein”

- devo essere in coppia con Al. Per forza.-

- me lo auguro anch’io. Tu e Malfoy finireste col dare fuoco alla scuola solo guardandovi.-

-non te lo devi augurare: il preside sa i rischi che correrebbe. Non oserà.-                  

Ultime parole (o pensieri) famose.

“ De Lupo con Potter e Weasley con Malfoy”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1)  Siccome il diminutivo di James è Jam, Daria lo chiama marmellata in italiano.

 

Spazio autrice:

Okay, alla fine recensioni o no ho aggiornato comunque (l’avevo detto di essere lunatica e indecisa, no?)

Nel capitolo non succede niente di importante, fatta eccezione per la fine. Al momento la storia risulta probabilmente abbastanza insensata, ma le cose si sgarbuglieranno pian piano.

Ah volevo aggiungere un dettaglio: la protagonista si chiama come me. Questo per tanti motivi: adoro il mio nome, mi sembra che stia bene al personaggio e inoltre per alcune cose, tipo i ricci ingestibili, la Daria della storia somiglia a quella vera.

Baci,

Daria

 

 

 

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Capitolo 3
*** 2) Odd Relations ***


2) Odd Relations

 

Rose aprì gli occhi e si guardò intorno. Era presto e tutte le sue compagne dormivano ancora, tutte tranne Daria: il suo letto, infatti, era vuoto come al solito. Si alzò e andò in bagno: aveva proprio bisogno di una  bella doccia calda per distendere i nervi.

Dopo l’agghiacciante rivelazione della sera prima lei, Al e Malfoy avevano assalito, verbalmente, il preside nel, tanto disperato quanto vano, tentativo di fargli cambiare idea. Rose aveva deciso di tentare nonostante sapesse perfettamente che non sarebbe servito: Daria non si era unita alla protesta, che quindi doveva essere inutile. Sbuffò e accese l’acqua della doccia.

Quella ragazza ha la singolare capacità di capire sempre quando una causa è persa in partenza e quando, invece,  è vincibile. E si può essere certi che se la ritiene persa non alzerà nemmeno un dito per cambiare qualcosa.

Prese a massaggiarsi i capelli con lo shampoo, richiamando alla mente i ricordi di quell’entusiasmante dopo-cena. Vitious, come previsto, non li aveva ascoltati ed era andato avanti a spiegare la prima sfida che avrebbero dovuto affrontare: aveva rivelato loro che si sarebbe trattato di un quiz, un quiz molto particolare. A ciascun membro di ogni coppia sarebbero state rivolte delle domande sul proprio compagno e le risposte sarebbero poi state valutate dal preside e dagli altri insegnanti.

 Che poi è una gran cavolata, loro non sanno tutto di noi, anzi, e  noi potremmo benissimo inventarcele, le risposte.

Quando, però, lei gli aveva chiesto con che metro sarebbero stati valutati, il piccolo preside le aveva risposto che ogni cosa le sarebbe stata chiara a tempo debito e che, nel frattempo, avrebbe fatto meglio a studiare. E Rose aveva visto qualcosa nello sguardo dell’ex-professore di incantesimi, qualcosa che l’aveva convinta a non protestare oltre e a rassegnarsi all’idea di dover imparare delle cose su Malfoy. Vitious, per concludere, aveva consegnato loro una lista di cose che avrebbero dovuto sapere del compagno, non mancando, però, di raccomandarsi di approfondire la reciproca conoscenza.

La bella Serpeverde in realtà non si era ancora arresa all’inquietante prospettiva di dover sprecare il suo tempo in compagnia del ragazzo più insopportabile del pianeta: prima che i loro doveri di prefetto le reclamassero Daria era riuscita a dirle di avere un’idea. E lei era fiduciosa: le idee dell’italiana, diversamente da quelle del preside, erano ottime e andavano quasi sempre a buon fine. 

Uscì dal bagno giusto in tempo per vedere la sua migliore amica rientrare in dormitorio, sudata marcia.

“Com’è andato l’allenamento?”

“Alla grande! Per la prima volta in 5 anni non mi sono allenata da sola!” Il suo sorriso non avrebbe potuto essere più luminoso.

“Credo di essermi persa qualcosa: tua sorella non faceva danza e tu arti marziali?”

“Non ti sei persa proprio niente. È vero che sono due sport completamente diversi, ma entrambi esigono un minimo di riscaldamento. E comunque è già qualcosa essere in due insieme”

Rose notò lo sguardo leggermente malinconico dell’amica e non ne fu sorpresa: sapeva che per lei stare lì non era così facile come voleva far credere e sapeva anche che era tremendamente felice della presenza della sorellina e terribilmente preoccupata, al tempo stesso: si sentiva in colpa perché nel giro di due anni l’avrebbe abbandonata.

“ Comunque è inutile illudersi: non durerà. Marta non ha intenzione di allenarsi la mattina presto ancora per molto. Non appena arriverà il primo freddo, vale a dire tra due settimane circa, lascerà i gelidi allenamenti mattutini  all’esterno per dedicarsi a più brevi e calde prove durante la pausa pranzo nel suo dormitorio”.

“ Ed è la decisione più saggia e meno autolesionista che abbia mai sentito prendere ad un Grifondoro. E non posso fare a meno di chiedermi perché tu, in 5 anni qui, non ci abbia mai pensato”. Moira Kirson si era appena alzata e fissava Daria con aria fintamente scocciata.

“ Ci ho pensato eccome, Mo-Mò, ma sono troppo pigra e golosa per autoprivarmi del tempo che posso dedicare ai miei passatempi preferiti: mangiare e oziare. Molto meglio alzarsi alle 5 e mezza tutte le mattine!” Concluse l’italiana con una logica schiacciante poiché incomprensibile e un sorriso tranquillo.  Moira sbuffò un “ contenta tu” e si fiondò in bagno prima che Daria la precedesse.

“ Grandioso. Ci vorranno ore prima che esca di lì”

“Già. Quindi ne puoi approfittare per spiegarmi la tua idea.”

“Nah, te la spiego più tardi. Non mi piace ripetermi, lo sai. A proposito se vedi mini-Potter1) digli che aspettiamo lui e Malfy fuori dalla sala grande subito dopo pranzo.”

“Lo farò, ma tu dovresti smetterla di chiamarlo in quel modo. Al è cresciuto un sacco nell’ultimo periodo. È molto più alto di noi, ormai.”

“Ed è anche un gran figo, come il suo amico Malfoy e suo fratello” Samantha Cartwright s’inserì nella conversazione.

“puoi ben dirlo! Sono i tre ragazzi più belli di Hogwarts. Anche se nemmeno il nostro Dave, con la sua carnagione scura e i suoi tratti orientali, è da buttare via” Larissa Goyle affiancò la Cartwright con convinzione.

Le doleva ammetterlo, ma Larissa aveva ragione: quei quattro erano di gran lunga i ragazzi più belli della scuola ed erano pure amici. Dave aveva lineamenti esotici e movenze eleganti, James si aggirava per il castello con un sorriso monello e sfrontato, Al godeva del fascino del bravo ragazzo e di quello esercitato dai suoi occhioni verde chiaro da cucciolo, e Malfoy,  coi suoi capelli biondi sempre spettinati e la cravatta allentata, aveva l’aria da angelo peccatore. Erano quattro bellezze così diverse da non poter essere paragonate. Quando giravano insieme per i corridoi attiravano gli sguardi, come l’acciaio attira le calamite.

 Un po’ come quando io giro con Dom e Lils: siamo le tre ragazze più carine di Hogwarts e se siamo insieme nessuno può toglierci gli occhi di dosso.

“ Già, a voi quale piace di più?” chiese Samantha con aria maliziosa.

“Ma ti prego! Uno è il mio migliore amico, l’altro è l’unica persona che non mi piace in tutta Hogwarts e gli altri due… Uno è simpatico, ma più montato della panna e l’altro è il mio capitano!” Esclamò Daria indignata. Rose sapeva che certi discorsi la infastidivano e la mettevano a disagio: era l’unica ragazza del loro anno a non aver mai avuto un ragazzo,in più metà scuola era convinta che avesse una tresca con James e l’altra metà che fosse praticamente sposata con un qualche  misterioso mago italiano.

“E che centra ch’è il tuo capitano?” insistette Larissa, ma lo sguardo assassino di Daria la bloccò. Quest’ultima fu salvata da Moira che usciva dal bagno, in cui si fiondò alla velocità della luce.  

“Tu, rossa che dici?”

“Mah, siccome Jam e Al sono miei cugini e detesto Malfoy mi trovo costretta a scegliere Dave, ma non fatevi strane idee: è anche il mio di capitano”. Concluse, la ragazza, con un sorriso ironico.

“ E tu Moira?”

“Chi scegli tra James Potter, Albus Potter, Scorpius Malfoy e Dave Zabini?”

Rose si estraniò, disgustata, dai discorsi delle altre. Normalmente avrebbe, se non partecipato attivamente,  almeno prestato attenzione, ma non le andava proprio di sentire che cosa le sue compagne avrebbero fatto volentieri con i suoi cugini.

 

***

Le due Serpeverde mangiarono senza fretta e una volta finito uscirono con calma dalla Sala Grande. Quella prima mattina di scuola era andata piuttosto bene: Rose aveva fatto guadagnare già dieci punti alla sua casa e lei e Malfoy non si erano ancora insultati.

“Hai parlato con tuo cugino?”

“Quale?” chiese scherzosamente la rossa. L’altra inarcò un sopracciglio a farle intendere che, come battuta, era piuttosto patetica, lei si aprì in un sorriso, fece un gesto fintamente seccato e continuò “sì, certo. Immagino ci stiano già aspettando”.

E, infatti appena varcarono la soglia trovarono i due ragazzi appoggiati ad un muro che chiacchieravano ridacchiando.

“Ciao Al, Malfoy”.

“Malfoy, Potter.”

“ Lupacchiotta! Ci è stato detto che hai avuto un’idea geniale per evitarmi il supplizio di dover trascorrere del tempo con la Weasley” Malfoy  salutò Daria con un largo sorriso riservando a lei solo un ghigno strafottente.

“ L’idea se l’è fatta venire per risparmiare il supplizio a me, semmai, e perché nemmeno lei era molto entusiasta della cosa.”

“Allora? Di che si tratta, De Lupo?” intervenne Al, prima che i due potessero incominciare la solita guerra verbale.

“ Non qui, Potter. C’è un’aula vuota qui vicino ne discuteremo lì.”

Cinque minuti dopo erano seduti su dei banchi dell’aula vuota, le due Serpeverde che fronteggiavano i  due Grifondoro.

“Allora l’idea sarebbe questa: scambiare le coppie.”

“ In che senso?”

“ A me non piace Potter e a lui non piaccio io. Rose detesta Malfy e lui detesta lei. Però Rose e Potter sono migliori amici e io e Malfoy andiamo abbastanza d’accordo, quindi ci comporteremo come se le coppie fossero queste e poi, siccome Rose è la mia migliore amica e Malfoy quello di Potter, ci istruiremo a vicenda.”

“ E come? Anche prendendo appunti e memorizzando più cose possibili non otterremo lo stesso risultato”.

“ Ho pensato anche a questo. Voi” disse rivolgendosi ai ragazzi e tirando fuori dalla tasca una piccola bacinella d’argento, “userete il pensatoio.” E lanciò la bacinella a Malfoy, che la prese al volo.

“E tu e Weasley?”

“Io e Rose abbiamo i nostri metodi” rispose, sorridendo alla rossa, che ricambiò, complice.

“Bene, si è fatto tardi. Devo proprio andare” detto questo Daria balzò giù dal banco e uscì dall’aula.

“Già, l’italiana ha ragione: è tardissimo! Vado anche io” Malfoy si alzò e seguì la ragazza fuori.

“Ehi Rosie, non è che quei due….” Al aveva uno sguardo tanto buffo e sospettoso che fece ridere la rossa.

“Non credo proprio! A quanto ne so Daria doveva vedersi con tuo fratello” I due cugini uscirono dalla stanza e iniziarono chiacchierare,  camminando senza meta per i corridoi, come facevano sempre.

“Se ci pensi è alquanto bizzarra come cosa. Daria è la migliore amica mia e di James, ha uno splendido rapporto con tutti gli altri membri del clan e va persino d’accordo con Malfoy, eppure voi due non vi parlate.”

“Beh non è così strano Ros, anche Scorpius va d’accordo con il resto della famiglia e con la De Lupo e tu sei molto amica di suo cugino Dave, ma ciò non ti impedisce di odiarlo”.

“è diverso, Al! È vero che non parliamo, però noi comunichiamo”.

“Urlandovi addosso” precisò il ragazzo.

“Sì ma non ci ignoriamo! E abbiamo appurato di essere incompatibili, mentre tu e Daria non vi siete nemmeno  mai scambiati più di quattro parole in croce e vi ostinate a non cercare di cambiare le cose. Come fate a sapere di non sopportarvi se non vi conoscete nemmeno un po’?”

“Hai mai sentito parlare di antipatia a pelle, Ros?” Chiese lui ironico

“Capito, cambiamo argomento, va’! Come va con la Corner?”

“ Benissimo! Io e lei abbiamo così tanto in comune e stare con lei è ogni giorno più bello”. Rose non aveva mai visto il cugino così felice: aveva il sorriso più luminoso che lei gli avesse mai visto. E Al è uno che sorride sempre, un po’ come Jamie, solo che se i sorrisi di Jam sono, a volte, un po’ strafottenti quelli di Al ti scaldano dentro. In questo lui e Daria si somigliano: a lei basta un sorriso per calmarmi quando ho i miei attacchi di nervi.

 A me Amanda Corner non piace per niente, però se gli fa questo effetto non devo e non voglio intromettermi.

“Sai Rosie, io credo…” sorriso imbarazzato e rossore alle guance “Credo di essere innamorato di lei” Rose strabuzzò gli occhi.

Okay che avevo deciso di non intromettermi, ma questo proprio non l’avevo messo in conto.

Al restava in silenzio e Rose capì di dover dire qualcosa “ Ne sei sicuro?”

“No, sarebbe la prima volta. Però stare con lei è l’unica cosa che voglio in questo momento, anche se…”

“Anche se?”

“Anche se non riesco mai a sciogliermi completamente, cioè finché parliamo non ho problemi, ma quando ci baciamo o facciamo altro divento rigido, e non so perché.”

“Io non sono un’esperta, lo sai. Ho avuto un po’ di storie, ma mai niente di serio, mai qualcosa in cui centrassero i sentimenti, però se non riesci a rilassarti forse vuol dire che non sei realmente innamorato di lei.”

“Non lo so, non ci capisco niente! Perché deve essere tutto così complicato?”

“Non lo deve essere per forza: per me non lo è mai. Basta non farsi coinvolgere nelle relazioni e problemi e complicazioni non ti toccheranno mai.”

“Per me sarebbe impossibile. Come riesci a restare così distaccata?”

Rose sorrise, “sinceramente non lo so. Per te è impossibile non restare coinvolto, per me è impossibile restarlo. Non che lo voglia: siamo troppo giovani per impegnarci seriamente e l’amore porta troppe complicazioni.”

E poi non riesco più a fidarmi delle persone. Nemmeno di Al, non dopo ciò che è successo anni fa.  L’unica in cui ripongo completa fiducia è Daria.

“Mi sembra di sentire Scorpius.”

“Non paragonarmi a quel puttaniere.” La rossa assunse un’espressione indignata e Al sospirò e iniziò a parlare cercando di convincerla a cambiare idea sul suo migliore amico. La Serpeverde esultò dentro di sé: era riuscita a distogliere il moro dai suoi problemi.

 

***

***

 

Daria uscì dall’aula pensierosa, sperava sinceramente e con tutto il suo cuore che la sua idea funzionasse, non solo perché la prospettiva di trascorrere ore a discorrere con mini-Potter non la esaltava per niente, ma anche perché sperava che ciò placasse la rossa.

Rose era maledettamente determinata: se si metteva in testa una cosa, in questo caso il non voler passare del tempo con Malfoy, non demordeva mai. Magari smetteva di tentare fisicamente, se si rendeva conto che era inutile, ma la sua mente non cessava neanche per un attimo di cercare un’altra via, fino a che non la trovava o non lo riteneva più necessario. Si gettava sempre a capofitto nelle cose e molti per questo ritenevano che fosse sprecata a Serpeverde, troppo Grifondoro dentro, dicevano. Ma Daria sapeva che le cose non stavano così: la sua migliore amica era più Serpeverde di quanto molti, Rose compresa, pensassero.

Quando non aveva attacchi d’isteria o manie di protagonismo, marchio Grifondoro, la giovane Weasley sapeva essere un ottima diplomatica, un abile attrice e una perfetta regina dei sotterfugi. In più si trovava perfettamente a suo agio negli stessi giochi di potere e di alleanze che  facevano sentire lei sempre inadatta e disarmata.

 E così le due ragazze “incorruttibili” che avrebbero dovuto “salvare” la casata di Serpeverde hanno finto con svilupparne alcune caratteristiche.

Daria aprì la porta dell’aula vuota al terzo piano, in cui si vedeva sempre con James e sorrise, trovandolo stranamente già lì, seduto su un banco, che la aspettava. Doveva essergli mancata più del previsto se era addirittura in anticipo.

Gli gettò le braccia al collo e lui, ridendo, la sollevò mettendola a sedere sul banco accanto a sè. Loro erano così da sempre, avevano un rapporto molto fisico: si abbracciavano, si baciavano sulla guancia, sulla fronte o tra i capelli, si pizzicavano e facevano a pugni per finta. Lei perché le risultava normale essere così calorosa nel dimostrare il suo affetto, così era stata abituata e cresciuta. Lui perché era fatto in quel modo: se voleva bene a qualcuno non si faceva problemi a dimostrarglielo e questo di solito straniva le persone.

Quella era una delle tante cose che li univa: la ragazza non si era mai sentita a disagio per il suo comportamento, anzi il calore del ragazzo l’aveva aiutata a sentire meno la nostalgia e imparare più in fretta a chiamare Hogwarts “casa”.

“Sai che stamattina, quando sono sceso in sala comune, mi ha quasi perso un colpo a vedere tua sorella?”.

“E perché mai? È una bambina molto carina, terribile a volte, ma carina”

“Perché è identica a te! Ho temuto che i Serpeverde ci avessero invaso!”e scoppiò a ridere.

“Deficiente!” esclamò l’altra, seguendolo poi nella risata, “e poi ci somigliamo sì, ma non siamo identiche: Marta ha i capelli più chiari, che al sole hanno riflessi dorati, non ramati, e ha gli occhi verde scuro, non blu scuro!”

“ Perdonami per non aver notato tutte queste marcatissime differenze” fece lui, sarcastico.

“Ah Ah, simpatico. Piuttosto, tu che cosa ci facevi nella sala comune di Grifondoro? Avresti dovuto essere in quella riservata ai caposcuola!”

“Ero andato a, aehm, controllare che fosse tutto apposto..” Daria gli lanciò un’occhiataccia e alzò un sopraciglio. “Okay, Okay, ieri abbiamo fatto una festa nella sala comune e sono rimasto a dormire lì, contenta?”  Lui non era mai stato capace di mentirle né di nasconderle la verità, mai.

“Per niente, ti va bene che tu sei caposcuola e io solo prefetto, altrimenti ti avrei già tolto una marea di punti.”

“Dai non fare la precisina, lo sai perché l’ho fatto.”

Lei lo guardò e sorrise dolcemente “la prospettiva di stare a stretto contatto con lei ti spaventa così tanto?”

“Scherzi? Io sono il Grifondoro! Niente mi fa paura!”

“Certo, niente a parte Margaret Waterfall. L’unica ragazza che non abbia mai ceduto al fascino del grande James Sirius Potter”.

Il ragazzo esitò un po’ prima di parlare in evidente dubbio tra il permetterle di vedere come si sentiva e il negare tutto come al solito. Daria vedeva il confitto interiore dietro al castano dei suoi occhi e sapeva che avrebbe deciso di confidarsi perché lei, in fondo, era l’unica ragazza, fatta eccezione forse per Rose, Domi e Lily, a conoscere il vero James Potter.

Lui sospirò “Io… non so che cosa fare…”

“Dopo tanti anni passati a tormentarla e fare finta di essere innamorato di lei ti sei reso conto che non è mai stata una finzione, che tu l’hai sempre amata”. Alzò una mano ad accarezzargli i capelli scuri. “Normalmente,” continuò “ quando un ragazzo si scopre interessato a una ragazza, cerca di attirare la sua attenzione e le chiede di uscire. Nel tuo caso però non funzionerebbe visto che le chiedi di uscire da quando la conosci. Quindi non sai come comportarti”.

 “Già. E in più lei mi odia”.

“Meg non ti odia affatto! Semplicemente..”

“Aspetta, aspetta” la interruppe lui “da quando ‘la Waterfall’ è diventata ‘Meg’?”

“Dall’anno scorso. Abbiamo fatto molte ronde insieme e siamo diventate molto amiche. È una ragazza sveglia, una delle poche qua dentro, con cui valga la pena trascorrere del tempo”.

“E non me l’hai detto, perché…”

“Perché non mi sembrava il caso: tu non avevi ancora capito niente e quindi ti saresti limitato a darci il tormento, facendole perdere la voglia di frequentarmi. Cosa che ci avrebbe danneggiato molto entrambi: io ci avrei rimesso un ottima amica e tu un buon punto di contatto con lei e una preziosa fonte di informazioni.”

“Ottima analisi, non c’è che dire”.

“Grazie. Comunque ritorniamo all’argomento più importante. Lei non ti odia, però le danno fastidio, e parecchio, l’atteggiamento stupido, egocentrico e sfacciato che hai sempre avuto nei suoi confronti e quella che crede essere la tua personalità: ovvero la maschera da ragazzo buffone e insensibile che crede di essere il padrone del mondo. La maschera che tieni addosso perennemente e che togli solo con la tua famiglia e con me.”

“Visto? Mi detesta!”

“Non capisci proprio un boccino, tu! Lei non odia te, ma quello che crede che tu sia! C’è una bella differenza!”

“Ah si? E quale?”

“Semplice se lei ti odiasse veramente allora non ci sarebbe nulla da fare, ma siccome lei odia solo il tuo alter-ego stupido, una soluzione c’è eccome.”

“ Davvero?”

“Già, permettile di vedere il vero James.” Lo abbracciò con dolcezza, conscia di stargli chiedendo qualcosa di molto difficile.

“Il vero James?”

“Sì. Il ragazzo simpatico, spiritoso, intelligente e coraggioso, dotato del cuore più grande che io abbia mai sentito battere”. Lui restò inerte tra le sue braccia per un po’, poi rispose alla stretta e lo sentì sorridere contro la sua spalla.

“Grazie.” Si staccò dall’amica e cambiò espressione. “Quando dici cose di questo genere, mi risulta difficile credere che tu non sia mai stata innamorata”.

“sai che non è proprio così”.

“Ah ma quello non era amore, piccola! Mister-restiamo-soltanto-amici-dopo-che-ti-ho-fatto-una-corte-spietata-per-tutta-l’estate era solo un povero deficiente! Tu non te ne saresti mai potuta innamorare davvero! Quella era solo una cotta, stratosferica, ma pur sempre una cotta. Mi sa proprio che la mia analista dei sentimenti sta perdendo colpi”.

“Io non perdo colpi! È solo che mi risulta difficile esser totalmente obbiettiva quando si tratta di me”. Lui sorrise e annuì alla sua affermazione.

“Resta il fatto che non riesco a capire come un tipetto romantico e idealista come te non abbia ancora scoperto l’amore”.

“Parla quello che ci ha messo sei anni a vederlo, nonostante ce l’avesse davanti tutti i giorni. E comunque io non sono solo romantica e idealista come dici tu ma anche molto razionale, quindi siccome non trascorro in Italia più di tre mesi l’anno da quando ero troppo piccola per capire certe cose, mi sembra naturale che io non mi sia mai permessa, a parte quella breve parentesi un paio di anni fa , di considerare in quel senso i ragazzi laggiù”.

“E qui? Passi ben più di tre mesi l’anno qui.”

“Già, ma la mia presenza in Inghilterra è limitata: sai bene che uscita da Hogwarts tornerò nel mio paese per restarci. Ho delle responsabilità, una famiglia con una tradizione millenaria di cui sono l’erede. Innamorarmi di qualcuno qui sarebbe solo fatica sprecata.” Lei sospirò, era stanca di argomenti pesanti e lui sembrò capirlo.

“Come vuoi, ma se ho ragione, e io ho sempre ragione, ti innamorerai entro la fine di quest’anno scolastico.” Fece il Potter con aria sicura.

“Non ci credo! Ancora con questa storia!” L’italiana rise sollevata.

Questo è decisamente un argomento più leggero. Abbiamo parlato della sua stupida scommessa così tante volte che ormai mi viene istintivo.

“Certo! Ci tengo a ricordarti che questo è l’anno!”

“Giusto. Stando alla tua puntata, io e tuo fratello e Rosie e Malfy dovremmo fidanzarci entro la fine di quest’anno”.

“Esatto!”

Un paio di anni prima l’odio ostentato e innegabile tra Rose e Malfoy aveva dato vita ad una serie di scommesse su come sarebbe finita tra di loro. Gli assurdi risultati della noia degli studenti andavano da sanguinolenti omicidi a passionali pomiciate in Sala Grande.

Quando le cose avevano raggiunto livelli incredibili di pazzia il maggiore dei Potter, che trovava tutta la situazione estremamente divertente, aveva deciso di renderla ancora più esilarante mettendo, affianco a quella serie di scommesse, un’altra sul destino del rapporto tra suo fratello e la sua migliore amica.

Sorprendentemente questa aveva preso piede anche più in fretta e più assurdamente della prima: c’era addirittura chi credeva che i due fingessero indifferenza per nascondere al possessivo e geloso James la tresca di sesso tra suo fratello e la sua fidanzata segreta (Daria).

A quel punto l’erede dei Malandrini aveva piazzato la sua di scommessa: secondo lui entrambe le coppie si sarebbero formate entro la fine del sesto anno. Daria e Rose, quindi, irritate a morte, avevano deciso di scommettere contro James.

“è inutile Marmellata, non ti illudere. Non ti lasceremo vincere.” Continuarono a battibeccare sull’argomento per un po’ finché la Serpeverde non si alzò.

Marme devo proprio andare ora, sai? Ci vediamo stasera alla riunione prefetti-caposcuola. Durante Erbologia ho tirato giù un po’ di appunti che ti potrebbero essere utili.” Tirò fuori dalla sua borsa un paio di fogli e li porse al moro, poi uscì dalla stanza.

 

***

 

Daria entrò nell’aula della riunione in anticipo, come sempre. Non fu, però, sorpresa che ci fosse già qualcuno lì: una testa rossa china su un libro era esattamente ciò che si aspettava di trovare. Alla fine dei conti conosceva una sola persona capace di arrivare prima di lei agli appuntamenti.

“Che leggi di bello, Meg?”

“Orgoglio e Pregiudizio di J. Austen. Letteratura babbana”.

“Letto. Bel libro anche se poco verosimile. Anche io sono una “divora-biblioteche” come te”. Margaret rise di gusto sentendo la definizione che l’altra aveva appioppato a entrambe e chiuse il libro. “Comunque ti ho battuta ancora: io sono qui già da cinque minuti”.

“Non è una novità, tu mi batti sempre ed io ti odio per questo: prima che diventassimo amiche la persona più puntuale che conoscevo ero io!”

“La cosa non mi stupisce visto le persone con cui ti accompagni: non so la Kirson e Zabini, ma Rose, Dom, Lily, Weasley e Potter sono le persone più ritardatarie del mondo”.

“In effetti”. E le due cominciarono a ridere e ricordare episodi esilaranti che coinvolgevano i suddetti ritardatari.

Daria adorava il rapporto che si era creato tra loro. All’inizio era stato difficile visto che Meg la detestava per principio: l’italiana era, dopotutto, la migliore amica del suo tormento, quindi non poteva essere una persona degna di attenzione; Daria dal canto suo era sempre stata incuriosita da quella strana ragazza che camminava sola per i corridoi, sempre a testa alta.

 Dopo un po’, però, la Grifondoro aveva dovuto ricredersi e aveva permesso alla Serpeverde di farsi spazio nella sua vita fino a diventare la sua più cara amica. Avevano scoperto, col tempo di avere un sacco di cose in comune, a parte l’amore per i libri e l’ossessione per la puntualità: entrambe possedevano uno spiccato senso della giustizia una passione folle per la storia, erano entrambe molto razionali e ad entrambe importava molto poco del proprio aspetto, per la disperazione delle due cugine Weasley, che tentavano invano di convincerle a curarsi un po’ di più.

L’italiana sapeva che Margaret aveva trovato strano, almeno all’inizio, avere tante cose in comune con lei, che non solo era la migliore amica del ragazzo che le dava il tormento da quando aveva messo piede nel castello ma veniva anche da un mondo quasi opposto al suo: se la rossa era una natababbana proveniente da una modesta famiglia inglese e aveva ricevuto, fino ad Hogwarts, una normale istruzione, la castana apparteneva ad una delle più antiche e potenti famiglie purosangue del mondo ed era stata istruita ed educata in modo che fosse pronta, un giorno, a prenderne le redini.

“Contenta della nomina a Caposcuola?”

“Della nomina sì e parecchio, ma non posso dire lo stesso del compagno che mi è stato affibbiato”.

“Immagino che per te condividere il dormitorio con Jam sarà un supplizio”.

“Temo proprio di sì, la vedo molto grigia. Ma non essere gelosa mi sa tanto che il prossimo anno ti  toccherà lo stesso mio destino”.

“Eh?”

“Vista la trovata del preside, se diventerai Caposcuola, sarà insieme all’altro Potter”. Daria strabuzzò gli occhi “Non ci avevi pensato?”

“No” scosse la testa con forza, “proprio no. Quasi quasi lascio l’onore a qualcun altro e perdo di proposito”.

“Puoi provarci, ma sarà difficile: fatta eccezione per quella di Malfoy e Rose, che sarà del tuo stesso avviso, le altre coppie non reggono minimamente il confronto con la vostra. Si ridurrà tutto ad una sfida tra voi quattro”.

Daria si  mise le mani tra i capelli scompigliandoli e sciogliendoli, disperata “Hai ragione: che casino.” Cambiò espressione e le sue mani persero la presa dei capelli, che le scivolarono sul volto,

“Meg…” alzò lo sguardo fino a fissarlo negli occhi castani dell’altra.

“Dimmi.”

“Ho detto a James, che siamo amiche”.

“Cosa? Perché?” Daria aprì la bocca per parlare, ma le sue spiegazioni furono interrotte dall’arrivo degli altri ragazzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1) Il soprannome che Daria ha propinato ad Albus non è mio, ma l’ho preso da una storia stupenda, che consiglio caldamente di leggere. Qui trovate il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387973&i=1

Spazio autrice:

Innanzitutto volevo scusarmi per il ritardo: il capitolo è pronto da secoli, mi mancava solo il dialogo finale tra Daria e Margaret che proprio non riuscivo a scrivere. Per il resto non mi sembra che ci siano molti commenti da fare: la storia e le relazioni tra i personaggi si stanno  forse facendo un po’ più chiare, ma ci vorrà del tempo perché tutto venga spiegato.

AiraD

 

    

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Capitolo 4
*** 3) Bad News ***


3) Bad News:

Era passata una settimana dall’inizio della scuola e Daria era abbastanza soddisfatta: il suo piano sembrava funzionare a meraviglia, lei e Malfoy andavano sempre più d’accordo, tanto che avevano cominciato  addirittura a chiamarsi per nome, non aveva sentito una sola volta James chiedere a Meg di uscire, e, di conseguenza, lei non l’aveva ancora né respinto, né insultato.

Bilancio della settimana decisamente positivo.

Era l’ora di pozioni, materia in cui sia lei che Rose eccellevano e che lei adorava particolarmente. Il professor Belby, ex-pozionista ed ex-studente del precedente professore di pozioni, la considerava la sua migliore studentessa e l’aveva inclusa nel Belbyclub. Il direttore della casa di Serpeverde, che aveva, in passato, tratto grandi, enormi vantaggi dal Lumaclub aveva deciso di rifondarlo con un nuovo nome, una volta divenuto insegnante.

A far parte dell’esclusivissimo gruppo erano pochi del loro anno: lei, Rose e Asa Nott,, per Serpeverde e Scorpius e Potter, per Grifondoro. Tutte e tre le serpi erano membri anche della squadra di Quidditch della loro casa e grandi amici del capitano, quindi risultava loro facile usare la scusa degli allenamenti per evitarsi le tediose cene del prof. Stessa cosa facevano i due grifoni, il cui capitano era Jam, che faceva a sua volta parte del club.

Ron, il padre di Rose, le aveva raccontato che loro, da ragazzi, facevano qualcosa di molto simile con le cene del Lumaclub.

Finì la pozione per prima e tirò fuori uno dei suoi adorati libri per leggiucchiare qualcosina. Quando anche gli altri ebbero terminato sistemò le sue cose e si alzò per uscire dall’aula insieme a Rose, Moira, Asa  e Dave.

“Signorina De Lupo?”. L’italiana si fermò e voltò il capo verso l’insegnante.

“Si?” fece con tono abbastanza scocciato: se si fosse trattato un’altra volta di un invito a una delle sue inutili feste, lo avrebbe liquefatto con lo sguardo.

“Vorrei scambiare due parole con te, se non ti dispiace”.

“Certo che no, professore. Nessun problema” rispose la ragazza con un sorriso di cortesia, facendo un cenno ai suoi amici perché proseguissero senza di lei.

“Bene. Allora..” esordì l’altro, non appena gli ultimi studenti furono sgusciati fuori dall’aula, “ovviamente saprai che anche quest’anno si terrà l’usuale ballo di Halloween”.

La ragazza annuì, confusa. Certo che lo sapeva, era una delle sue serate preferite: aveva l’intero dormitorio per sé, visto che tutte le sue compagne lo abbandonavano prima del tramonto per tornare solo poco prima dell’alba, e poteva leggere per tutta la notte, senza preoccuparsi di tenere sveglie le altre.

“A quanto mi risulta, tu mia cara, non hai mai partecipato. Quest’anno, però, hai il preciso dovere di esserci: non solo sei un prefetto, candidato per diventare Caposcuola, ma sei anche uno dei migliori studenti di Hogwarts e, in quanto tale, devi presenziare e dare il buon esempio, tenendo un comportamento impeccabile e divertendoti con moderazione”.

Daria boccheggiò: non solo volevano rovinarle la sua serata perfetta, ma pretendevano addirittura che si divertisse! Era un discorso insulso e privo di senso! C’erano tanti altri modi in cui poteva dare un esempio anche migliore: giocando bene a Quidditch, prendendo ottimi voti, non infrangendo le regole e dando ripetizioni ai ragazzi più piccoli.

Privo di  senso e senza capo né coda.  Pensò con stizza, ma non disse nulla: sarebbe stato inutile.

Il professore notò la sua rabbia e cercò di incoraggiarla, dopotutto la adorava. “Mi dispiace tanto, cara. Sono ordini del preside e, in quanto direttore della tua casa, tocca a me informarti. Però, non sei obbligata a mascherarti e puoi indossare qualunque cosa, al di là della tua divisa e di quei cosi babbani che piacciono tanto a voi giovani, i jainz”.

 Il modo assurdo e sbagliato, in cui Belby aveva detto jeans, le strappò un sorriso, nonostante le fosse appena stato proibito di indossare tutti gli indumenti in cui si sentiva a suo agio. Pensò che almeno avrebbe fatto felice Rose e Dom: quelle due cercavano di obbligarla ad indossare un vestito da quando era diventata loro amica.

“D’accordo, ci sarò. Ma non speri che io mi diverta.  Né con moderazione, né senza”. Daria aveva già escogitato un piano: si sarebbe presentata al ballo e sarebbe rimasta un paio d’ore, per poi rintanarsi in camera e concludere la serata come aveva sempre fatto. “Se non c’è altro, io vado: ho storia della magia e non vorrei che il professor Ruf iniziasse la lezione senza di me”. Scusa assurda, quanto falsa: Ruf, senza di lei, non aveva nemmeno una classe, a cui fare lezione.

“Certo, cara, vai pure”.

Bilancio della settimana decisamente positivo, un boccino!”

Uscì dall’aula e si incamminò. Mentre saliva le scale con la testa fra le nuvole, si scontrò con qualcuno che le stava scendendo. Riuscì a non finire a terra solo grazie ai suoi allenati riflessi di cercatrice e riconobbe in un secondo la nanerottola dai corti capelli rossi che, come lei, era rimasta in piedi senza problemi.

“ Vai di fretta, Lils?”

La rossa sbuffò “Abbastanza: sto cercando di liberarmi delle mie ‘guardie del corpo’, che sono salite di numero, da quando anche Lou è arrivato a Hogwarts”.

La  più grande guardò l’altra con affetto e le scompigliò la corta zazzera color fuoco con una mano. Lily era solo al quarto anno e già rientrava nella triade di bellezze del castello,  quindi poteva capire i suoi parenti e amici d’infanzia, che erano tanto protettivi e gelosi, ma non li giustificava: la piccola Potter era bella come il sole e allo stesso tempo tanto piccola e, apparentemente, indifesa, ma questo non voleva dire che le sue ‘guardie del corpo’ potessero impedirle di vivere.

Jam e Fred hanno esagerato sin dal primo giorno, portandosi dietro i gemelli Scamandro, mini-Potter, Scorpius, Frank Paciock, Hugo e ora anche Louis.

“ Povera, piccola Lily. È terribile come l’anno scorso?”

“No, va molto meglio” la rossa sorrise “ ed è tutto merito di una certa italiana, che ha convinto quei due trogloditi di Jamie e Freddie a lasciarmi un po’ di libertà.”

Daria fece un inchino: “Modestamente, sono fantastica”.

La Grifondoro alzò un sopracciglio: “Passare tanto tempo con James non ti fa bene, sai?” E poi scoppiarono a ridere. “Però,” continuò la più piccola asciugandosi gli occhi, umidi di risate, “anche se non mi devo più preoccupare troppo del duo di scimpanzé, c’è un altro duo che ha deciso di tenermi lontana da ogni potenziale ‘pericolo’: Al e Scorp”.

“Non li facevo così protettivi, cioè da Scorpius un po’ potevo aspettarmelo, ma non pensavo che mini-Potter avesse qualcosa in comune con vostro fratello”.

“E invece ce l’ha eccome! Sembra che si siano passati il testimone! Mi trattano come se fossi una bambina e non si rendono conto che sono in grado di difendermi da sola! Insomma, sono o no la miglior lanciatrice di fatture della scuola?!”.

Daria annuì con convinzione “Decisamente”.

Lily abbassò la testa, sconfortata, per poi rialzarla di scatto qualche secondo dopo  e iniziare a sbattere forte le ciglia nella sua direzione, scrutandola con il tipico sguardo da cucciolo bastonato, che usava sempre, quando voleva ottenere qualcosa. Daria indietreggiò, capendo l’antifona.

“Tu, che sei tanto brava, tanto bella, tanto buona e tanto tanto intelligente, potresti sedare anche loro, come hai sedato gli scimmioni”.

“Non se ne parla! Con gli ‘scimmioni’, come li chiami tu, ci sono riuscita solo perché su di loro, specialmente sul tuo adorato fratellone, ho una certa influenza, ma gli altri due sono tutta un’altra storia. Certo io e Malfy andiamo abbastanza d’accordo, ora, ma non ho nemmeno lontanamente lo stesso rapporto e continuo a non voler avere niente da spartire con l’altro tuo fratello”.

La rossa aumentò la frequenza del battito delle palpebre e si fece venire gli occhi lucidi “Ti preeeeeeeeeeeeeeeego!” implorò.

“Niente da fare, con me non attacca: per sorella ho un grazioso mostriciattolo che fa esattamente le stesse scene, mi sono fatta gli anticorpi”.

Lily si riprese in fretta  dalla delusione per il negato aiuto: “Altro che mostriciattolo! Tua sorella è una forza! Quando quelli più grandi vanno a fare i bulletti per ottenere le poltrone vicino al fuoco, non si sposta di un centimetro, li fulmina con lo sguardo, fa loro una bella ramanzina e, poi, li fa andare via con la coda tra le gambe. L’altro giorno, quando Jam l’ha chiamata ‘miniDaria’ lei non si è girata finché lui non l’ha chiamata col suo nome e gli ha detto che non conosceva nessuna ‘miniDaria’ e che quindi lui poteva smettere di urlare quel nome. Ci credi?”

Perfetto, è entrata in modalità logorroica, parlando di mia sorella. Cosa potevo chiedere di meglio?

“Ci credo, ci credo. Marta è un vulcano esplosivo e voi non avete ancora visto niente. In compenso io ho già il mal di testa”. Scosse la testa, sconsolata, e si incamminò “Ci vediamo più tardi. Buona fortuna con i tuoi inseguitori”.

“Grazie! A dopo”.

Storia della magia, finalmente.

 

***

 

Daria entrò in camera, lanciò i libri sul letto e si mise a cercare qualcosa nel disastro che era la sua parte di stanza.  Il tutto nel giro di un paio di secondi.

Che cerchi?” Chiese Moira, spuntando dal bagno.

“La mia divisa da Quidditch. L’hai vista?” chiese riemergendo per un istante da un marasma di indumenti, libri e altri oggetti non meglio identificati.

“No” rispose l’altra, sorridendo “non ti è mai passato per la testa di provare, almeno, ad essere un po’ più ordinata?”

“Un sacco di volte, in verità. Peccato, però, che tutte le volte che ho tentato abbia fallito miseramente”. Moira scosse la testa, a metà fra il divertito e il disperato, e Daria saltò in piedi, stringendo tra le mani dei vestiti verde-argento. “Trovata!” Esclamò, contenta.

“Avete le selezioni oggi?”

“Già, e Dave vuole che tutta la squadra dell’anno scorso sia presente, per dare il ben venuto ai nuovi acquisti. Vieni a vederci?”

“No.  A che servirebbe? Dave ha occhi solo per Rose, lo sai”. Daria guardò l’amica e, per l’ennesima volta, si ritrovò a chiedersi se ci fosse un limite alla stupidità e alla cecità maschile.

Evidentemente, no.

Moira Kirson non era bella quanto Rose, questo doveva riconoscerlo, ma era molto più adatta di lei a un tipo premuroso e gentile come Dave.

Peccato, solo che lui non se ne accorga. Rose... non è il tipo che si fa problemi di serietà e di sentimenti, non centrano niente insieme e sarebbero la classica coppia che scoppia subito. Mo-Mò, al contrario, sarebbe la ragazza adatta a lui.

Daria squadrò l’amic,a mentre si infilava la divisa: la divisa di scuola stava bene sul suo corpo minuto e ben proporzionato,  i lisci capelli neri, le incorniciavno il viso dai lineamenti fini e decisi e nei suoi occhi color ambra c’era sempre uno sguardo sicuro e, a volte, cinico, testimone di maturità e disillusione. Una maturità ed una disillusione, che solo essere una natababbana fra i Serpeverde ed amare da anni un ragazzo che non guarda nessuna a parte la tua bellissima amica, potevano dare.

Dave, in compenso, era un ragazzo bellissimo e simpatico, che viveva ancora un po’ nel mondo dei sogni ed era fermamente convinto che esistesse sempre un lieto fine per tutti e tutto.

Quindi, secondo il mio modesto parere di ‘analista dei sentimenti’, sarebbero perfetti insieme: lei non sprecherebbe le sue premure e si godrebbe la sua dolcezza, addolcendosi; lui si sveglierebbe un pochino e avrebbe  meno la testa fra le nuvole, maturando.

“Zabby ha fette di prosciutto più grosse di un gigante sugli occhi, se non riesce a vederti e Ros non se lo filerà mai.  Non si rende nemmeno conto di piacergli, figurati quanto può essere interessata”.

“Già, ma questo non vuol dire nulla: lo conosci, non demorderà solo perché lei lo considera un amico e basta!” Moira abbassò lo sguardo, triste e l’italiana la abbracciò, nonostante la mora di solito non apprezzasse che le persone invadessero il suo spazio personale. Eppure, sorprendentemente, si lasciò abbracciare e nascose il viso tra i capelli, momentaneamente, sciolti dell’amica.

“Ho la netta impressione che quest’anno le cose cambieranno. Lo sento nell’aria.” La mora non disse niente, così l’altra continuò: “Ti fidi dei miei presentimenti, Mo?”

“Non sbagli quasi mai”. Rispose, senza negare né confermare, staccandosi dall’abbraccio e recuperando il suo sguardo fermo.

“Che ci vuoi fare? Sono i vantaggi dell’essere un’Erede”. Scherzò la castana, sorridendo, poi, con un tocco di bacchetta, raccolse i capelli in una treccia stretta e si diresse verso la porta. “Ci vediamo più tardi”.

Camminò spedita verso il campo da Quidditch e, mentre attraversava il parco, incrociò Roxanne e Louis Weasley che passeggiavano insieme ad una ragazzina più bassa di lei di meno di 10 cm, con lunghi boccoli leggermente più chiari e morbidi dei suoi e occhi di un verde così scuro da sembrare castano scuro. Quelle, insieme al suo portamento più aggraziato e femminile, erano le uniche differenze tra loro: la ragazzina sembrava lei qualche anno prima. I due cugini rimasero a bocca aperta di fronte all’innegabile somiglianza delle due sorelle. Entrambi conoscevano Daria, essendo questa un’assidua frequentatrice di casa Greanger-Weasley e, ovviamente, della Tana, ma non avevano mai visto le sorelle De Lupo, insieme da una distanza tanto ravvicinata.

“Che fate di bello, bambini?” Chiese la Serpeverde, senza ironia, né malignità.

“Siamo stati a vedere le selezioni della squadra di Quidditch migliore di Hogwarts. E, tanto per la cronaca, noi non siamo bambini, vecchia”.

“Come avete fatto? Dobbiamo ancora cominciare! E comunque, io non sono vecchia e non volevo ferire il tuo orgoglio Grifondoro chiamandoti bambina.” Scuse indirette, ma pur sempre scuse.

Sono una serpe io: l’istinto all’autoconservazione è una delle mie caratteristiche di base.

“Ovviamente mi riferivo a quelle di Grifondoro. Non avete speranze”. Affermò la sorella più giovane e i suoi due amici annuirono, convinti.

La maggiore, però, rise: “Non sai di cose stai parlando, nana”.

“Oh sì, invece: so come giocate tu e Rose. È normale che tu sia eccezionalmente brava come cercatrice, sei mia sorella, e Ros è un ottimo portiere, ma non potete competere con Albus e Scorpius: sono fenomenali! Non ho mai visto nessuno così bravo e nemmeno James ci scherza.” Marta era convinta delle sue parole, ma nella sua voce non c’era la minima vena derisoria né traspariva alcun atteggiamento di superiorità, così come non ce n’era in quella di Daria: loro stavano giocando.

“Sorellina, mi conosci davvero poco, se pensi che permetterò a mini-Potter di battermi,  e Rose preferirebbe mangiare vermicoli piuttosto che farsi superare da Malfy. Quanto a James, beh, noi abbiamo Asa.. E poi la vostra non è una squadra, ma un’azienda a gestione famigliare.” La squadra rosso-oro era, infatti, composta per i 5/7 da  Weasley e Potter.

Roxanne s’infervorò: “Non è colpa nostra se, a parte  Rosie, siamo tutti a Grifondoro e abbiamo tutti la passione e il talento per il Quidditch nelle vene!”

“Quasi tutti, Rox” la corresse Louis.

Daria ci riflettè per un istante poi sorrise e annuì: “Sì hai ragione ve la cavate piuttosto bene. Però ora devo andare. È stato un vero piacere conferire con voi, piccoli”.  Fece un inchino scherzoso, scompigliò i capelli alla sorella e si allontanò, senza, però, smettere di seguire la loro conversazione: era tremendamente curiosa di sapere che cosa, gli amici del suo mostriciattolo pensassero di lei.

“Wow, mi ha dato ragione, anche se sono più piccola e la stavo contraddicendo! Fred non lo farebbe mai!” la voce di Roxanne  era entusiasta, quanto le sue parole.

“Già, in definitiva è una brava sorella”. Il tono di Marta era più calmo, ma sereno e Daria capì che stava sorridendo.

“Sì è..” Louis non completò la frase, sembrava.. imbarazzato? Qualunque cosa fosse quella che lo imbarazzava si riprese in fretta: “ Non dev’essere facile, per te, venire sempre paragonata a lei”.

“Sì ma non è solo quello il motivo per cui la voglio superare a tutti i costi…”

Daria smise di ascoltare: nonostante la curiosità non voleva immischiarsi oltre negli affari di sua sorella.

Al contrario di quello che dicono tutti, non sono io quella grandiosa, cucciolo. Io sono pigra, lunatica e anche un po’ presuntuosa, tu, invece, non ti scoraggi mai, anche se il tuo obbiettivo si rivela ogni volta più difficile da raggiungere: essere me è facile, ma essere te.. quello sì che richiede una persona grandiosa.

Entrò nel campo da Quidditch e, come si aspettava, ci trovò Dave: lui era uno che arrivava in orario, tranne quando si trattava dei suoi doveri di capitano, in quel caso arrivava sempre in anticipo di almeno mezz’ora. Si sedette accanto a lui, lamentandosi dell’imposizione di Belby.

“Hai già pensato a con chi andrai al ballo?”

“No, ancora no”. Si era preoccupata di più di cercare una via di scampo, che di trovare un accompagnatore.

Merlino, sembro Rose.

“Potresti chiedere ad Asa”.

“Non sarebbe una buona idea, Dave, lo sai. Penso che obbligherò Marmellata a portarmici, tanto, ora come ora, Meg non accetterebbe un suo invito”. Lui annuì senza ribattere  e restarono così per un po’, a guardarsi senza parlare, fino all’arrivo dei compagni di squadra.

 Il ragazzo fece un rapido appello, constatando, senza alcuna sorpresa, la mancanza di Rose.

“Daria, dov’è Rose?” le chiese scocciato e l’interpellata alzò gli occhi al cielo.

“Che vuoi che ne sappia io: lei è costantemente in ritardo e io odio arrivare tardi”

L’altro non batté ciglio: “Trovala”.

“Agli ordini, capitano”.

Chiuse gli occhi e si concentrò: -Rossa! Dove diavolo sei finita!? Ci sono le selezioni e Zab si sta innervosendo-

La risposa fu quasi immediata:-Arrivo, arrivo: non me n’ero dimenticata, lo giuro! E non stavo nemmeno spettegolando.. cioè chiacchierando con Domi!-

-Certo, certo e io sono inglese. Sbrigati.- “Sta arrivando”. Il moro annuì e gli altri, abituati alle stranezze dell’italiana, non si scomposero.

“Bene ci mancano due cacciatori ed un battitore. Vista la momentanea assenza del nostro portiere, direi di cominciare dai battitori”. Zabini si rivolse direttamente al gruppo di ragazzi che desideravano entrare in squadra.

L’italiana, allora, inforcò la scopa e volò sugli spalti: per il momento la sua presenza non era richiesta.

“Ehi, scricciolo, come va?” Asa Nott, coi suoi quasi due metri di altezza, era l’unica persona che potesse permettersi di chiamarla “scricciolo”.

“Tutto bene, As. Tu?” Non si voltò verso il ragazzo, certa che si sarebbe seduto e sarebbe rimasto con lei.

“Al solito”.

La sua voce era perfettamente neutra, quindi quella nota triste me la sono solo immaginata, vero?

Restarono in silenzio, tra di loro un lieve imbarazzo, impercettibile da fuori: la loro amicizia era una finzione perfetta, costruita ad arte, e nessun estraneo ne avrebbe mai potuto dubitare. Loro, però, sapevano che quella era solo una pallida e debole imitazione del rapporto che avevano un tempo. Un rapporto basto sulla fiducia e sul rispetto reciproco che i sentimenti, con la loro irruzione non richiesta, avevano distrutto: Asa aveva iniziato a provare qualcosa per lei.

Grazie a Rose e Moira, Daria l’aveva capito e aveva cercato di mantenere le distanze, per non dare adito a fraintendimenti, ma, quando lui si era dichiarato, la ragazza si era vista costretta a respingerlo, con dolcezza e attenzione certo, ma pur sempre a respingerlo: gli aveva spiegato il motivo per cui lei non si interessava ai ragazzi di Hogwarts, dicendogli che se non avesse preso tale decisone prima ancora di arrivare al castello, forse, la sua risposta sarebbe stata diversa.

Questo sembrava averlo confortato e aver limitato il suo dolore, ma lei temeva di non essere stata del tutto sincera: se, come diceva sempre James, quando il cuore decide, se ne frega altamente delle scelte e delle ragioni, allora l’unico motivo, per cui lei era riuscita a mantenere fede a quanto si era promessa, era che lei, semplicemente, non aveva ancora incontrato qualcuno capace di far “sragionare” il suo cuore.

Quei pensieri la fecero sentire ancora più in colpa di prima: ho fatto ciò che ritenevo più giusto, però..

“Ehilà bacchettona! Ciao, As” Rose era arrivata in tempo per salvarla dalle sue spaventosamente enormi seghe mentali.

-Tempismo perfetto, come al solito, pazzoide: stavo per cacciarmi di sotto dalla depressione.-

“Seriamente, Ros, solo tu sei capace di dimenticarti delle selezioni, con Dave che ne parla in continuazione.” L’italiana scosse il capo, esasperata: “Ma tanto con te è inutile, no? Sei la regina dei ritardi.”

-Brutta bestia il senso di colpa, eh? Fortuna che io non so cosa sia. Però scusa la coerenza dove l’hai lasciata? Nel calderone? Prima lodi il mio tempismo, un secondo dopo ti lamenti per i miei ritardi-

“Modesti a parte, sono la migliore” La rossa sorrise raggiante, facendo una buffa riverenza.

-Certo che non sai cos’è! Tu nel calderone ci hai dimenticato il cuore! Comunque, la coerenza io non me la sono scordata, ma è molto più divertente cosi!- Daria si aprì in un sorriso, gemello di quello dell’amica: lei le faceva decisamente un ottimo effetto.

“Davvero, non riesco a capire come tu riesca a prendere l’espresso in orario ogni anno!”

-Come osi?! Io il cuore ce l’ho eccome, e tu lo sai: lo senti battere! Sul divertimento, però, hai ragione! Immagina che noia sarebbe avere un solo motivo per sfottersi!

 “Tutto merito di Al: è intransigente quanto te sui ritardi”.

-Certo che lo sento battere, ho l’udito sopraffino, io! Avere un solo motivo per sfottersi? Che prospettiva agghiacciante!-

“Ah ma allora qualcosa di buono ce l’ha!”

-Non era l’olfatto, quello che si può definire sopraffino? Hai ragione di nuovo, mi terrorizza solo l’idea!-

-Vabbè dai olfatto, udito, stessa cosa, no?- la rossa scosse la testa divertita e sconsolata insieme dalla risposta dell’altra.

“Ma scusa”, intervenne Asa “ dopo una settimana che studiate insieme, non hai ancora trovato niente di lui, che ti vada a genio?”

“Niente”. Confermò la ragazza e il biondo sorrise.

 

***

***

 

Rose stava facendo colazione con le sue amiche, al tavolo di Serpeverde, mentre informava distrattamente Moira e le altre dei nuovi acquisti della squadra. Di solito, Daria interveniva con le sue complicate analisi comportamentali, ma quel giorno era troppo impegnata a cercare di assassinare la sua colazione. Operazione inutile, che sembrava richiedere la sua totale concentrazione.

“Adesso abbiamo pozioni, vero?” S’informò Moira, mentre si alzavano da tavola.

“Non me lo ricordare!” Qualcosa nella sua domanda fece scattare Daria, che aumentò il passo, ringhiando contro chiunque osasse anche solo guardarla.

“Ma che le è preso? Lei adora quella fetida materia!”

 Rose alzò le spalle “Ce l’ha ancora con Belby, per la storia del ballo”.

Moira annuì, comprensiva: “Hai ragione, non ci avevo pensato. Per lei deve essere stato un trauma”.

Larissa le guardò, confusa “Io, invece, non la capisco proprio: le ragazze della nostra età adorano ballare e divertirsi, mentre lei preferisce passare una serata a leggere.

“Hai ragione, si comporta e si veste come una secchiona sfigata. Voglio dire, con tutti gli incantesimi che sa fare è possibile, che non sia capace di aggiustarsi la divisa?!””

“E i capelli, scusa? Li tiene sempre legati, perché, altrimenti, sembrano un cespuglio di rovi!”

Rose si fermò, tremante, Moira, al suo fianco, spostò il suo sguardo da lei alle due vittime predestinate, senza aprire bocca.

“Cartwright, diversamente da te, Daria non ha bisogno di restringere la divisa per sentirsi bella e apprezzata, e, Goyle, non le servono nemmeno pozioni liscianti per i capelli. Ma voi, del resto, lo sapete benissimo, no? È per questo che ce l’avete con lei: perché, nonostante non si curi per niente e non si comporti in modo femminile, attira più sguardi ed è più popolare di voi due messe insieme; perché nessuno noterebbe la vostra assenza dal ballo scolastico, mentre a lei impongono di partecipare; e perché, quando apre bocca, non spara veleno, né dice stupidaggini e le persone la ascoltano e la apprezzano. Quindi provate a prendere esempio da lei e, magari, i ragazzi la smetteranno di considerarvi delle oche da una botta e via”.

Rose alzò i tacchi e si allontanò, seguita da Moira, che le sussurrò: “Sapevo che lasciar fare a te era la cosa migliore: nessuno sa massacrare, bene come te.”

“Proprio tu Weasley”, urlò la Goyle, “parli di oche da una botta e via? Tu che sei la sgualdrina più quotata di Hogwarts?”

La rossa Serpeverde si voltò, per fronteggiare la viscida troietta, che aveva offeso prima la sua migliore amica e poi lei, ma fu preceduta da una voce che conosceva bene e che aveva sentito perdere ogni giorno di più il leggero accento straniero. Accento, che tornava solo quando era veramente, ma veramente arrabbiata. Come in quel momento.

“Ora basta, Goyle” Daria non urlava e la sua voce sembrava perfettamente calma, ma sia Rose che Moira restarono paralizzate dalla sua freddezza. “Ho lasciato che andaste avanti con i vostri insulti, solo perché non me ne frega niente di cosa pensate di me, ma adesso avete superato il limite. Vi conviene sparire, prima che lo superino anche i miei nervi”.

Larissa e Samantha non se lo fecero ripetere e seguirono il consiglio: in cinque anni in stanza insieme, non l’avevano mai vista veramente arrabbiata, quindi dovevano essere seriamente spaventate.

Rose sospirò di sollievo e si voltò verso l’amica: “Mi sento molto offesa, Al. Io ti ho difesa, con un discorso bellissimo e pieno di sentimento su quanto tu sia migliore di loro eccetera, eccetera, e tu ti limiti a mandarle via, senza nemmeno contraddirle?” Un sorriso enorme si allargò sul suo viso: altro che offesa, sono commossa. Non avevo mai visto Daria perdere il controllo in questo modo, nemmeno quando qualcuno le fa un torto o le manca di rispetto: in quei casi si limita a rimettere la persona in questione al suo posto, senza arrabbiarsi veramente.

“E perché avrei dovuto? Stavano dicendo la pura verità”. Le rispose l’altra con un sorriso scherzoso. La sua voce era ritornata calda e priva di accento.

“Cosa?! E allora perché ti sei intromessa?” Rose stette al gioco: ci volevano un po’ di finte prese in giro tra loro, dopo la conversazione con le due oche-troie.

“Ti stavano mancando di rispetto.. e poi, finché a dirtelo siamo noi” e indicò se stessa e Moira “non c’è problema: scherziamo. Loro, invece, volevano solo insultarti e denigrarti e questo non lo posso accettare”.

Ok, fine delle finte prese in giro.

“Daria ha ragione, Rose: è vero che le relazioni che hai avuto non sono mai durate e che i sentimenti non ti interessano, ma tu non sei una sgualdrina. È vero, però, anche che sei la più apprezzata del castello ed è solo per quello che ti hanno aggredita, capito?”

Rose le abbracciò entrambe con forza, ringraziandole silenziosamente.

“Bene” fece l’italiana una volta libera dalla presa stritolatrice dell’amica, “possiamo andare a lezione ora?”

Le altre due scoppiarono e ridere e la seguirono verso i sotterranei. Una volta arrivate in aula Belby annunciò loro che quel giorno avrebbero provato a preparare l’Amortentia, il filtro d’amore più potente al mondo.

-Amortentia? Ne saremo in grado?-

-Non ne ho idea, Mo-Mò: proviamo-

-La fai facile tu! In pozioni sei un asso!-

-Mo ha ragione, Daria, tu non conti: qualunque pozione ti riesce.-

-Ora non esagerare, rossa, nemmeno tu sei tanto scarsa-

-Infatti. Perciò, chiudete il becco e impegnatevi per aiutarmi!-

La pozione era veramente complicata: Rose non aveva mai visto niente di tanto difficile.

E pensare che la volta scorsa abbiamo preparato il distillato della morte vivente.

Al termine della lezione, infatti, solo Daria era riuscita a prepararla in tempo, ma a Rose non importava essere stata battuta: era curiosissima di sapere che profumi sentivano le sue amiche.

-Al, che odori senti?-

-esattamente quelli che mi aspettavo: l’odore del mio amato mare è quello predominante, in cui galleggiano altri profumi, come libri, moto, lucido per manici di scopa, cioccolata, le lasagne di mia nonna, lo shampoo ai fiori di campo di mia sorella, il tuo profumo alla rosa selvatica, il dopobarba di James e infinite altre cose. Tu?-

-Lucido per manici da scopa, libri, la tua pasta alla carbonara, i fiori di nonna Molly, casa mia e.. menta? Che centra con me l’odore di menta?-

-Se non lo sai tu.. Mo-Mò, che senti?

-Profumo di pini, di torta di mele, di incenso e dello spray per le pulizie che usa sempre mia madre-

-Ma per voi gli odori sono tutti equilibrati o ce n’è uno predominante?-

-I miei sono abbastanza equilibrati, però..  quell’inspiegabile profumo di menta è un po’ più, come dire? intenso.. come se fosse il più vicino  o il più importante, anche se di poco.-

-lo stesso vale per me con il profumo di pini-

-Quindi l’unica a sentire un profumo totalmente dominante sono io? Sarà normale?-

-Sì sei l’unica- le risposero in coro –e no, probabilmente non è normale, ma da quando in qua la cose funzionano in modo normale con te?- continuò Rose.

-Sei un Erede, no? È ovvio che con te le regole usuali non funzionino. Non fartene un problema.-

-Avete ragione. E ora fuggiamo da questo posto il più velocemente possibile.-

 

***

 

Rose, insieme a Daria, Meg e Dominique era seduta nella camera da letto di quest’ultima, circondata da un mare di decorazioni rosso-oro, che le piacevano più del dovuto: Sono una serpe anomala: io adoro i colori caldi.

“E quindi quest’anno verrai al ballo!” Daria aveva appena finito di raccontare l’ultima cattiva notizia a Dominique e Margaret e la bionda si era subito esaltata.

Rose si riscosse dai suoi pensieri per dare all’altra Weasley l’ottima notizia “E non solo! Gioisci cugina, perché per la prima..” il  suo discorso enfatico fu, però, interrotto dalla De Lupo, che ci tenne a precisare: “e ultima volta”.

“Questo lo dici tu, italiana. Comunque, stavo dicendo: per la prima volta la nostra amica-maschiaccio, ci dà il permesso di curarle il look!”

“Davvero?!”

Daria  borbottò qualcosa sul fatto che lei non era un maschiaccio e annuì, sconsolata, rendendo ancora più entusiasta la bionda, che si voltò verso Meg, una luce pericolosa nei suoi occhi. Rose vide la ragazza impallidire e, capendo al volo la cugina, si affrettò a darle manforte.

“Dai Margaret, sii buona! Non puoi lasciare Daria da sola in un momento di difficoltà!”

“Vero! Non la puoi abbandonare al suo destino! Non saresti una degna Grifondoro se lo facessi: una vera Grifondoro non abbandona un’amica in percolo!”

“Ehm, ragazze vi rendete conto che vi state chiamando ‘pericolo’ da sole? E poi non è che io sia proprio una povera indifesa fanciulla da salvare: mi so difendere da sola”. Le due cugine la fulminarono con lo sguardo e Daria pensò bene di starsene zitta.

“Grazie, Daria: ci hai provato. E voi due non pensateci nemmeno! Non tratterete anche me come una barbie!”

“Noi non ti vogliamo trattare come una birbie! Vogliamo solo darti una mano a far strage di cuori!”

“Si dice barbie! E, ripeto, non ho la minima intenzione di permetterlo!”

Così non funziona non cederà mai: è una Grifondoro, è testarda per natura. Meglio cambiare strategia.

“Dai Meg, che ti costa? È l’ultimo anno ad Hogwarts per sia per te che per Domi ed è la sua unica possibilità di prepararti per il ballo. Nemmeno Daria ha tutto questo bisogno di farsi aiutare da noi, ma sa che per lei è importante e glielo lascia fare, perché le vuole bene”. Rose aveva assunto un’aria seria e dispiaciuta, ma dentro era compiaciuta. “ E poi, celo devi: per anni ci hai considerate delle oche senza cervello solo perché passiamo del tempo con Jam. Noi non te lo facciamo pesare, ma ci ha sempre fatto molto male, specialmente a Dominique”. Quello fu il colpo di grazia: Rose vide vacillare la volontà di resistere negli occhi dell’altra rossa e seppe di aver vinto.

“E va bene. Vi permetterò di occuparvi del mio look per il ballo, ma solo per il ballo”.

Gli occhi di Dominique si illuminarono “Lo prometti?”

“Sì lo prometto”.

Rose sorrise maligna e vittoriosa e la bionda le battè il cinque “ottima interpretazione cugina!”

“Chi è contenta di avere per cugina una subdola Serpeverde?” Domandò Rose tutta entusiasta.

“IO!” Urlò l’altra, esaltata. La rossa Grifondoro rimase a bocca aperta, indignata e oltraggiata, Daria le mise un braccio intorno alle spalle, come per consolarla.

“Ti sei fatta giocare come una pivellina, Meg”. Disse, con un sorriso tranquillo.

“Non è lei ad essere una pivellina! Sono io che sono un genio!” La semi-Veela annuì con convinzione all’affermazione della cugina.

“Non sei tu ad essere un genio: il senso di colpa è l’arma migliore contro i Grifondoro, lo sanno tutti! Ed io l’ho usato per prima per convincere Jam a lasciar vivere Lily”.

“Ti sbagli io sono un genio!”

“No che..”

 “A proposito di Potter grande..” Meg interruppe, bruscamente, il litigio tra le due amiche. “avevi ragione, D.: nonostante sappia della nostra amicizia e io e lui condividiamo una sala comune con dormitori annessi, non mi ha infastidita.”  

L’altra sorrise, dolcemente: “Che ti dicevo, Maggie: Marmellata non è poi tanto male”.

“Questo è ancora da vedere. È vero che non mi ha infastidita, ma mi ha praticamente ignorata per tutta la settimana!” L’espressione incredula e contrariata della ragazza insospettì Rose: la nostra Margaret non sembra poi tanto contenta di essere lasciata in pace dal mio cugino stupido.

Daria invece sorrise, indulgente: “Povero piccolo Jam, non sa come comportarsi alla luce della nuova, abbagliante rivelazione”. Rose e le due Grifondoro la guardarono confuse, ma lei non diede ulteriori spiegazioni: “Piuttosto, Maggie cara, tu non sembri molto contenta di questo cambiamento nel suo comportamento”.

“Figurati! Sono superfelice che l’abbia smessa di rompere, però non mi piace essere ignorata ed evitata come se avessi il vaiolo di drago e, soprattutto, detesto non capire!”   

Il sorriso di Daria si allargò e Rose, che la conosceva come le sue tasche, vi notò una strana luce di consapevolezza.

Daria non me la racconta giusta: chissà cos’ha capito e cosa sa.

Restarono a chiacchierare con le due Grifondoro ancora per un po’ poi salutarono e si allontanarono.

“Allora?”

“Allora cosa?”

“Quel sorriso, quando Meg ti ha detto che non le piace essere ignorata, nascondeva qualcosa, come quella frase su Jam che non sa cosa fare: voglio sapere di che si tratta!”

“Calma Rossa, un vecchio proverbio babbano dice: l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re.” L’altra sbuffò e alzò un sopracciglio. “Capirai tutto a tempo debito: osserva e presta la massima attenzione”.

“Sei impossibile! Non puoi semplicemente dirmelo?”

“No: sei tu che mi hai chiesto di insegnarti a capire gli altri, io sto solo eseguendo i tuoi ordini.”

“Ma io me la cavo già bene! Ti ricordo che siamo state io e Mo a capire As, mentre tu eri perfettamente ignara dei suoi sentimenti.”

“Non è così! Io non ero ignara: mi rifiutavo di vedere la verità, tutto qui.”

Rose scosse il capo, ma non ribatté, senza prendersela: con lei era sempre così, si poteva scherzare e la si poteva prendere in giro, solo finché non si mettevano in dubbio le sue capacità di analisi e la sua conoscenza delle lingue che aveva studiato. Poi, però, è lei stessa a dubitarne, quando dice che non dobbiamo fidarci troppo delle sue parole e afferma di  non essere infallibile.   

In quel momento passarono davanti alla sala professori e sentirono l’allegra voce di Neville: “Sai che la tua idea della sfide mi incuriosisce parecchio, però, c’è una cosa che non capisco, Filius: qual è lo scopo della prima? Perché i ragazzi devono studiarsi a vicenda?”

Le due Serpeverde si guardarono per un istante prima di allontanarsi. Non stavano rispettando la tipica regola del ‘non si origlia’, ma, semplicemente, prendendo precauzioni e provvedendo a salvaguardare la propria immagine di studentesse modello. Loro, per origliare, avevano modi migliori del banale ascoltare dalla serratura: Daria, se voleva, poteva sentire benissimo le voci delle persone anche ad una modesta distanza e poteva condividere ciò che udiva con lei.

Quindi perché rischiare di farsi beccare?

“Vedi Neville” la voce di Vitios le arrivò forte a chiara, come se il piccolo preside fosse al suo fianco, “ il quiz in sé non ha alcuna utilità. Ciò che sarà invece loro utile è la conoscenza reciproca che acquisteranno. Per non parlare di quanto gli farà comodo, per le prove future, essere abituati a passare del tempo insieme. Tutte cose indispensabili, tra l’altro, perché i vincitori svolgano il lavoro di Caposcuola al meglio possibile”.

Rose si voltò verso l’amica. Poteva quasi vedere quella mente assurda lavorare instancabile e la guerra che vi si svolgeva dentro. E seppe chi aveva vinto nello stesso istante in cui l’altra aprì bocca: “Questo cambia tutto”.

E lei annuì, cedendo.

Maledetto senso di responsabilità!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Ok, mi scuso, di nuovo, per il ritardo, che questa volta è davvero tremendo: un mese e  tre giorni! Mi odio.

 Il capitolo.. beh, è un po’ di passaggio e mi serviva, ma non sapevo come renderlo. Spero che non sia troppo incomprensibile. Dal prossimo capitolo, la storia entrerà un po’ più nel vivo e inizieranno i chiarimenti, più di questo non voglio dire. Non so comunque quando riuscirò ad aggiornare: le prossime settimane si prospettano soffocanti. Mi auguro di non metterci troppo, ma non garantisco niente.

Un grazie enorme a tutti quelli che leggono le avventure di Daria e Rose e, soprattutto, grazie ancora a te, Elizha, che hai recensito lo scorso capitolo!

Chiedo umilmente perdono per la foto di Margaret, che, come mi è stato fatto notare, non si vede. Purtroppo non sono riuscita a risolvere il problema, né a capire come postare le foto (sono un po’, tanto, imbranata). Quindi, oggi niente foto, ma cercherò di mettermi d’impegno per poterle postare la prossima volta.

Un bacio,

Daria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** 4) Something About Me ***


4) Something About Me:

 

Rose fissava la porta chiusa, come se, incenerendola con lo sguardo, avrebbe incenerito anche ciò che stava per fare, o meglio, che era obbligata a fare. Obbligata da quel senso del dovere e da quel suo essere responsabile, che la opprimevano, e dalla sua migliore amica, che sapeva non avrebbe varcato la soglia accanto, finché non l’avesse vista entrare. Sbuffò e fece un passo verso la porta tanto odiata.

“Ci vediamo più tardi, Al.” Fece, senza voltarsi.

“Certo. Buona fortuna, Rossa”.

Lei annuì: “Anche a te”. Poi aprì la porta dell’aula vuota, che era, appunto, vuota. Non che questo la sorprendesse: Daria l’aveva avvisata che Malfoy aveva una percezione della puntualità piuttosto distorta, come lei.

Solo che sta volta mi sono fatta trascinare da Miss Odio Essere In Ritardo, quindi sono in orario.

Si sedette ad un banco meno impolverato degli altri. Era la stessa aula vuota in cui l’italiana aveva esposto loro il suo piano. Piano a cui avevano dovuto rinunciare. La ragazza sbuffò di nuovo, irritata e si sentì d’un tratto molto empatica verso l’amica e il cugino.

Detesto aspettare. Malfoy vedi di sbrigarti. Come se fosse stato chiamato un ragazzo biondo e terribilmente bello, spalancata con foga la porta cigolante, entrò nell’aula con le mani in alto.

“Ti prego, lupetta, non mi uccid..” si interruppe e la guardò stralunato “ e tu che pluffa ci fai qui, Weasley?! Cos’è? Il senso d’orientamento fa cilecca?”

“Il mio senso d’orientamento, diversamente dal tuo, Malfoy, è perfettamente funzionante.”

Lui abbassò le braccia e restò impalato in mezzo alla stanza, probabilmente intento a capire se aveva o no sbagliato porta. Rose sapeva che l’altro era capace di perdersi persino andando dritto e vederlo così in preda al panico e al dubbio le piaceva oltre misura, ma decise che, siccome d’ora in poi avrebbero dovuto coesistere, doveva smetterla di gongolare e iniziare a comportarsi da persona civile, quale era.

“Sfortunatamente non hai sbagliato aula.” Malfoy smise di guardarsi in torno e la fissò. “C’è stato un cambio di programma: non possiamo più seguire la nostra strategia.”

Lui per un momento sembrò sul punto di chiederle spiegazioni, ma non lo fece e si sedette di fronte a lei.

“Quindi che facciamo? Un breve ripasso per vedere se ci ricordiamo tutto?”

Lei scosse la testa disgustata “No ti prego, andiamo avanti. Meno sento parlare di te meglio sto.”

“La cosa è reciproca te l’assicuro.” Lei non gli badò e tirò fuori dalla sua tasca il foglio, già rovinato, che Vitious le aveva consegnato quella prima, tremenda, sera. Il foglio, su cui era scritto l’elenco delle cose che era obbligata a imparare su Mister Presunzione.

“Chi è la persona di cui ti fidi di più al mondo?” chiese, senza nemmeno alzare lo sguardo.

“Albus, ovviamente.” Rose se lo aspettava. “Non sei curiosa di sapere perché?”

“Per niente. La persona in cui io ripongo la più totale fiducia è Daria.”

Che poi è anche praticamente l’unica di cui mi fidi. E, senza dargli il tempo di commentare, fece per porgli la domanda successiva

“Io, invece, sono curioso.” Rose sollevò finalmente i suoi occhi azzurri e vide il sorrisino ironico e indisponente di Malfoy. “Che io mi fidi totalmente solo di tuo cugino è comprensibile: è stato l’unico disposto, fin da subito, ad accettare un Malfoy Grifondoro e non è che prima avessi tutti questi amici. Ma non capisco perché tu riponga la tua totale fiducia solo in Daria, certo lei è senza dubbio un’amica affidabile, ma tu avevi degli amici prima di incontrarla, avevi già Al. Eppure di lui non ti fidi come di Daria.”

Rose sbuffò, per la terza volta quel giorno: la sua irritazione minacciava di raggiungere livelli prossimi all’esondazione. “Non mi sembra che qui” e indicò, con un gesto stizzito, il foglio spiegazzato, “ci sia scritto che sono tenuta a spiegarti le mie ragioni. Andiamo avanti.”

“È  vero non sei obbligata a spiegarti, ma noi siamo obbligati a imparare più cose possibili sull’altro, quindi penso che dovresti spiegarmelo. O hai dimenticato cosa ci ha detto il preside?” fece lui con aria saputa.

“Io non penso di doverti spiegare un bel niente e ora, ripeto, andiamo avanti!” Quel deficiente, convinto di sapere tutto, stava giocando pericolosamente con la sua, già limitata, pazienza.

“Forza, capisco che tu non ne voglia parlare con me, ma fai finta che io sia mio cugino Dave, lui è tuo amico, no? A lui lo diresti.”

No non lo farei, non ne parlerei mai con nessuno, a parte Daria. Quindi non ho alcuna intenzione di parlarne con te. Eppure, nonostante i suoi pensieri e la sua decisione, Rose, forse perché non si aspettava tanto interessamento o forse perché aveva voglia di sfogarsi con qualcuno che non fosse la sua mezza psicologa e mezza onnisciente migliore amica,  iniziò a raccontare.  

“Il mio primo mese qui è stato un inferno. Quando sono stata smistata a Serpeverde, il mondo mi è crollato addosso, e, quando dico “il mondo”, intendo la mia famiglia: mio padre, mia madre, mio fratello, i miei zii, i miei nonni e i miei cugini erano tutto il mio mondo ed erano anche l’unico che conoscessi, non mi era nemmeno possibile immaginare una realtà diversa e all’improvviso mi ci sono trovata catapultata, scaraventata in una realtà che non era la mia dalla scelta ingiusta di un cappello che di me non aveva capito nulla.”

Parlava con calma, come se ogni parola le costasse una fatica enorme, un po’ perché era quello che voleva far credere al suo ascoltatore e a se stessa, un po’ perché, prima di pronunciarle, cercava, inutilmente, di convincersi a non farlo.

“Il mondo mi è crollato addosso perché tutte le persone a cui volevo bene e di cui mi fidavo ciecamente, non hanno esitato un secondo a voltarmi le spalle, solo mia madre, mio zio Harry e mia zia Ginny hanno continuato a trattarmi normalmente. Il mio adorato papà, il mio punto fermo, non mi scriveva e non rispondeva alle mie lettere, il mio migliore amico e cugino preferito, quello che era stato il mio compagno di giochi e che mi aveva sempre difesa dai cugini più grandi, si rifiutava di parlarmi e tutti gli altri elementi del mio mondo mi ignoravano come se fossi stata invisibile o non fossi mai esistita.

È stato il mese peggiore di tutta la mia vita. Poi, un pomeriggio d’ottobre Al è riuscito, non so come, ad entrare nella mia sala comune, abbiamo parlato e litigato furiosamente e alla fine le cose sono tornate come prima. Almeno dal suo punto di vista, perché il vuoto e il dolore che sentivo dentro non avevano accennato a diminuire: mi sentivo tradita e svuotata e andavo alla deriva perché, se non potevo contare sulla mia famiglia, non avevo più punti fermi a cui aggrapparmi e mi odiavo, con tutte le mie forze per averli delusi.

Ma quella stessa sera qualcuno, che prima non avevo mai considerato, mi lanciò un salvagente e mi diede un nuovo punto fermo da cui ho costruito un nuovo mondo, uno che mi appartiene, e grazie al quale, lentamente, ho imparato ad apprezzarmi e ad accettarmi.”

Malfoy la fissava, come ipnotizzato e Rose si sentì arrossire: non avrebbe mai immaginato  che la sua storia lo avrebbe coinvolto tanto, a dire la verità non avrebbe mai immaginato nemmeno che gliel’avrebbe raccontata.

“Perché? Cose’è successo quella sera?”

 Rose sorrise al ricordo, “Stavo studiando Erbologia in sala comune, Daria era seduta di fronte a me. D’un tratto ha sbattuto il libro sul tavolino e, sbuffando, mi ha detto: “Basta! Erbologia non la sopporto proprio! Ti cedo il primo posto Rossa.” Poi ha sorriso, di uno dei suoi sorrisi radiosi capaci di illuminare persino i sotterranei, e ha aggiunto: “Quindi, siccome non siamo più in competizione, possiamo essere amiche, ti va? Ti prometto che non te ne pentirai! Sono pigrissima, lunatica e faccio ragionamenti assurdi, ma so essere un’ottima amica!” E ha mantenuto la promessa”. Il sorriso sul suo viso si allargò e Malfoy scoppiò a ridere.

“Ho sempre saputo che quella ragazza era assurda ma non immaginavo tanto!” smise di ridere e aggiunse, piano quasi come se stesse parlando tra sé e sé. “Ora capisco  perché… Aveva già pianificato tutto.”

“Tutto cosa? A che ti riferisci Malfoy?”

“Beh… io non so se posso dirtelo. Probabilmente Al mi ucciderebbe... e anche Daria, visto che non te ne ha parlato lei stessa e... beh non mi sembra.. ecco non mi sembra il caso..”

“Smettila di farfugliare, Malfoy! Cos’è che Daria non mi ha detto?”

Calmati Rose. Daria non ti tradirebbe mai quindi se non ti ha detto qualcosa deve esserci un motivo più che valido.

“Ecco… veramente.. Ma stai bene? Ehi Weasley cosa ti prende?” Malfoy le prese una spalla e gliela scosse, solo allora Rose si rese conto di aver smesso di respirare. Prese un respiro profondo e si calmò.

Sono andata nel panico solo all’idea che Daria mi abbia mentito, ma mi fido di lei, non ho ragione di preoccuparmi.

“ Io credo di sapere perché  Al sia venuto da te quel giorno… Cioè credo di conoscere la ragione della sua presa di coscienza”.

“Zia Gin gli ha mandato una strillettera? O è stato zio Harry?” Rose aveva sempre sospettato che i suoi zii centrassero qualcosa con la comparsa di Al nella sua sala comune: qualcosa o qualcuno doveva pur avergli aperto gli occhi. Però non capiva che cose centrasse quello con ciò che Daria non le aveva detto.

“Nessuna delle due. Non dava granché retta ai suoi.”

“E allora che è successo?”

Se non sono stati gli zii allora chi? Daria? Ma noi non eravamo ancora amiche e Al non le avrebbe mai dato retta, quindi non può essere stata lei.

“Io e Al stavamo camminando per i corridoi, diretti non so dove e lui stava parlando di te. Beh più che altro si stava lamentando del fatto che tu avessi scelto di voltare le spalle alla famiglia e altre cavolate del genere”.

L’antica rabbia, che riaffiorò in Rose a sentire quelle assurdità, fu soffocata dallo stupore per il termine che Malfoy aveva usato per descriverle. “Cavolate?”

Il biondo annuì: “Sì, cavolate: non condividevo per niente il punto di vista di tuo cugino,ma era il mio unico amico e non volevo contraddirlo per paura di perderlo.” Fece con un alzata di spalle, poi sogghignò: “A qualcun altro invece è sempre piaciuto parecchio contraddirlo e non mancò di farlo nemmeno quella volta”. Alzò un dito per fermare Rose, sul punto di parlare. “Non mi interrompere, Weasley, altrimenti non potrai goderti il mio splendido racconto nella sua pienezza. Fai come ho fatto io prima: ascolta e taci.”

Lei fu molto infastidita da quelle parole e da quel ghignetto arrogante, ma seguì il consiglio e tacque, spinta da una cocente curiosità a mettere momentaneamente da parte il suo smisurato orgoglio.

“Non ci eravamo accorti che Daria camminava dietro di noi, né che aveva sentito tutta la conversazione, o forse dovrei dire il monologo di Al. Il monologo, in questione, l’ha fatta arrabbiare parecchio: ha aumentato il passo, ci ha superati e si è piantata davanti a noi, con le gambe leggermente divaricate, le mani sui fianchi e i fulmini negli occhi. Come chiamati dalla sua furente ira, il vento ululò più forte, le pioggia cadde più intensa e la tempesta si abbatté sul castello.”

Rose alzò un sopracciglio, esasperata “Malfoy per una volta potresti non comportarti da deficiente e limitarti a raccontare quello che è successo, senza ingigantire?”

“Nah Weasley, così è molto meglio!” Le rispose lui, irriverente e testardo.

“Hai ragione, pretendo troppo: un povero idiota come te non sarebbe mai in grado di comportarsi da persona seria e matura”. Disse lei con un tono ironico e velenoso.

“Ah la pensi così allora? Ti faccio vedere io chi è la persona seria matura, qui dentro!” La rossa sorrise trionfante, senza essere vista.

Andrà anche bene a scuola, ma si fa raggirare proprio facilmente. Povero idiota.

“Dunque.. La piccola Serpeverde – che poi tanto piccola non era visto che era alta due volte Al – ha urlato “Potter!  Come ti permetti di dire certe cose?! Sei solo uno stronzetto viziato, troppo incentrato su se stesso per provare a capire ciò che sta passando tua cugina.” Al, da coraggioso Grifondoro, le ha detto che non poteva permettersi di giudicarlo, che non sapeva niente di lui e cose del genere. La tua spaventosa amica, però, ha ribattuto che invece ne sapeva molto più di lui: sapeva che non parlavi con nessuno, che te ne stavi sempre sola, che passavi le notti a piangere silenziosamente e che sembravi sempre così triste da far apparire allegro e spensierato un funerale.”

Malfoy si fermò e la guardò, forse si aspettava un attacco di rabbia nei confronti dell’amica, del cugino o di se stesso. Rose cercò tracce di rabbia dentro di sè, ma non ne trovò, quindi con un cenno del capo invitò il ragazzo a continuare.

“Al è rimasto a fissarla a bocca aperta, poi ha fatto un passo avanti, incerto: probabilmente non sapeva bene dove andare. Allora Daria ha scosso la testa e ha detto: “la parola d’ordine è sangue di drago”. Poi se n’andata e Al si è messo a correre verso i sotterranei.”

La ragazza restò un altro po’ zitta, lo sguardo perso nel vuoto: stava cercando di rimettere ordine nel suo cervello e di esaminare i suoi ricordi alla luce di quelle nuove informazioni.

Ora ha tutto molto più senso. Capisco anche perché Daria non mi abbia detto niente. La sua intromissione, però, non mi irrita, né rende peggiori i rapporti con mio cugino: mi fa sentire stranamente bene, protetta.

“Grazie per la tua sincerità, Malfoy”.

Lui ghignò: “E chi ti dice che io sia stato sincero, Weasley?”

La rossa sbuffò ancora, infastidita e si alzò: “Ci vediamo domani”.

 

***

***

 

Daria guardò la porta chiudersi alle spalle della sua migliore amica e rivolse lo sguardo verso quella che le stava di fronte. Prese un profondo respiro e girò la maniglia. Come predetto da Rose, Albus Potter era già lì. Nonostante lei si fosse mossa silenziosamente, lui si voltò, come se l’avesse sentita, e spalancò gli occhi verdi, confuso.  

“Credo che tu abbia sbagliato stanza.” E si voltò di nuovo, senza degnarla di una seconda occhiata.

Lei, per tutta risposta, si sedette. “ Io e Rose abbiamo deciso di fare le cose in modo regolare, senza facilitazioni.” E gli spiegò ciò che lei e la Weasley avevano sentito la sera prima.

“Capisco. Condivido la vostra scelta, anche se avrei preferito esserne reso partecipe.” Poi sospirò “La mia ragazza è abbastanza gelosa e non deve sapere che abbiamo abbandonato il piano”.

Lei annuì, senza chiedere spiegazioni: non le interessava sapere per quale motivo Amanda Corner, la ragazza più bella del quinto anno, fosse gelosa di lei o del tempo che avrebbe passato con il suo fidanzato.

Probabilmente, nonostante sia una Corvonero, è abbastanza stupida da credere alle voci create dalle scommesse di Marme.

Lei annuì, poi disse: “Secondo me la cosa migliore, a questo punto, è interrogarci a vicenda su ciò che abbiamo imparato fin ora: giusto per verificare le nostre conoscenze”.

Il ragazzo, per tutta risposta, prese il foglio, ancora perfetto, che aveva consegnato loro il preside, Daria fece altrettanto, anche se il suo, al contrario di quello del Grifondoro, era tutto spiegazzato e stropicciato.

“Il mio colore preferito?” le chiese lui senza guardarla.

“Blu scuro.” Rispose lei allo stesso modo. “Il mio?”

“Viola.”

“Materie preferite?”

“Pozioni e Storia Della Magia. Le mie?”

“Erbologia e Babbanologia”.

“La materia in cui riesco peggio?”

“Pozioni”. Era l’unica materia in cui il ragazzo non avesse preso il massimo dei voti ai GUFO.

“Erbologia”. Potter rispose, prima ancora che Daria avesse il tempo di fargli la domanda, ma ciò non la infastidì: prima si sbrigavano, meglio era.

Tuttavia decise di interromperlo: quando notava qualcosa, sentiva sempre il bisogno di condividere la sua scoperta. “La tua materia preferita è l’unica, in cui io non riesco bene e la mia è l’unica, in cui tu non riesci bene. Curioso, non trovi?”

Andando avanti con l’interrogazione reciproca, incontrarono altri esempi simili: tra i talenti migliori di Daria c’era l’abilità in cucina, che era uno dei punti deboli del ragazzo; Potter, poi era estremamente ordinato, mentre l’italiana era disperatamente disordinata.

 Dopo una decina di minuti conclusero gli argomenti studiati. A quel punto il ragazzo, sentendola esitare, sollevò, finalmente, lo sguardo. “Andiamo avanti?” Le domandò, leggermente impaziente.

L’italiana scosse il capo, con decisione: la notte prima aveva riflettuto a lungo riguardo a ciò di cui stava per parlargli ora, aveva perso fin troppo tempo e non aveva intenzione di perderne ancora, esitando.

“No. Se dobbiamo imparare a conoscerci e collaborare, allora c’è qualcosa di fondamentale che devi sapere. Avevo intenzione di parlartene, anche andando avanti con il piano, solo, pensavo di farlo più avanti. Sai che sono italiana, no?” Era vero, ma decidere di farlo ora, quando non aveva ancora abbastanza elementi per decidere se era degno di fiducia o meno, le era costato parecchio: alla fine aveva scelto di basarsi sul fatto che, essendo il fratello e il cugino dei suoi due migliori amici, non avrebbe osato utilizzare le informazioni che stava per dargli per nuocerle.

“Lo so e lo sento: il tuo accento è parecchio fastidioso”. Quella della ragazza era una domanda retorica, ma Potter rispose lo stesso, irritandola terribilmente: c’erano poche cose capaci di far scattare la De Lupo e una di quelle era che si criticasse il suo inglese.

“Il mio accento è quasi inesistente. Prova tu a parlare in italiano e vediamo. Il tuo accento sarebbe marcatissimo”. Poi, prese un respiro per calmarsi e, prima che lui potesse ribattere, disse: “Comunque non importa ora. Non mi interrompere più, altrimenti resteremo qui a discutere in eterno e io non ho molta voglia di dover passare tanto tempo con te.” Fece un altro respiro profondo e, leggermente nervosa, prese a giocare con un riccio sfuggito al suo disordinato chignon.             “Se hai prestato attenzione alle prime lezioni di Storia della Magia al primo anno, allora saprai che tutti i maghi e le streghe oggi esistenti, Nati Babbani compresi, discendono in qualche modo  da quelli che furono i primi maghi della storia: i popoli dell’antichità classica. Tra questi quelli che ci interessano sono gli antichi Greci e gli antichi Romani.

I poteri di questi due popoli erano diversi dai nostri: non utilizzavano le bacchette - anche se ci sono rari casi di primi esempi di strumenti magici simili a bacchette – e la loro magia, proprio per questo, era meno potente della nostra. Però avevano capacità incredibili, molte delle quali sono andate perse col tempo. La gran parte dei maghi moderni ha dimenticato queste origini e questi poteri, indipendenti dalle bacchette, e non ne conserva traccia. C’è un’unica eccezione.” L’italiana accavallò le gambe e iniziò a tormentare un’altra ciocca di capelli scuri.

“Come ti ho detto, tutti noi siamo i discendenti di questi primi maghi, ma esistono alcuni che discendono da loro in linea più diretta di altri. I discendenti diretti dei Greci e dei Romani, nel cui sangue non ci sono tracce di altri popoli, sono pochissimi e tutti concentrati in Italia. Questi discendenti sono detti Eredi - con la “e” maiuscola - perché hanno ereditato alcuni dei poteri particolari dei loro antenati. Io sono una di loro.” Daria si interruppe per permettere al ragazzo di raccogliere le idee e per concedersi un secondo di pausa.

“La bravura negli studi e nel Quidditch fanno parte di questi “poteri”?” Fece lui, scettico, mimando le virgolette con le dita. Lei intuì che non la stava prendendo sul serio, ma non se ne curò: “No, quella è una conseguenza della mia educazione.” Rispose rapida, liquidando la faccenda. “Noi chiamiamo questi poteri Eredità:  non siamo molto fantasiosi, lo ammetto.” Fece un gesto con la mano, precedendo la pungente osservazione, che era certa stesse per arrivare. “Ci sono due tipi di Eredità: collettive e individuali.

Le Eredità collettive sono dei tratti distintivi, comuni a tutti noi e riguardano sia il nostro aspetto fisico che i nostri poteri magici.

Tutti noi abbiamo i capelli che cambiano colore a seconda della luce: più tempo passiamo lontani dalla luce del sole, più i nostri capelli si scuriscono, per poi schiarirsi di nuovo, gradualmente, se ne sono illuminati a lungo. I miei, per esempio, sono sempre color cioccolato al latte quando arrivo qui e dopo un mese sono praticamente neri. Questa è, in realtà, l’unica Eredità che riguarda l’aspetto fisico.

Non si sa se sia dovuto al fatto che siamo praticamente tutti parenti, o se sia un effetto collaterale delle altre Eredità, ma sta di fatto che tutti noi siamo di salute molto più cagionevole degli altri maghi, siamo anche più cagionevoli di molti Babbani. Quella di prendersi tute le malattie, magiche e  babbane, in circolazione è un’altra Eredità, anche se ne farei volentieri a meno.

Tutti, poi, siamo particolarmente sensibili ai cambiamenti: siamo in grado di percepire i mutamenti in arrivo e, in alcuni casi, anche di stabilirne la natura. Questa specie di sesto senso, inoltre, ci “avverte” dei pericoli, imminenti.

In più ci stanchiamo facilmente, quando utilizziamo la magia, specie se stiamo ricorrendo alle nostre Eredità individuali. Ci sarebbe, infatti, impossibile fare molte cose senza i maghi normali: in battaglia, ad esempio, finiremmo per esaurire le forze, venire catturati facilmente, o, addirittura, restare uccisi. Questo è il motivo principale per cui, nel mio paese, non sono mai esistite, tra i maghi, grosse discriminazioni a danno dei Nati Babbani o dei Babbani.” Fece un'altra pausa e appellò un bicchiere d’acqua dalle cucine: a forza di parlare le era venuta la gola secca.

Adesso comincia la parte più difficile, quella personale. Non mi piace parlare di me agli estranei.

Bevve un lungo sorso d’acqua fresca e continuò, il Grifondoro non aveva approfittato del suo silenzio per mostrarle quanto poco le credesse: probabilmente stava cercando di collegare le poche cose che sapeva di lei a ciò che gli aveva appena raccontato.

“Le Eredità individuali sono, invece, totalmente personali e diverse per ciascuno di noi. Tutti comunque ne possediamo due: quella sensoriale e quella generica.

Le eredità sensoriali, come dice il nome, sono legate ai sensi: in genere consistono in uno dei cinque sensi migliorato o amplificato. La mia eredità sensoriale riguarda il mio udito, che è molto più sviluppato di quello delle persone normali: per esempio, sono in grado di sentire la voce di una persona, che parla con un  tono normale, anche a 2 km di distanza”.

Il ragazzo sollevò di nuovo lo sguardo, sgranando gli occhi, sorpreso. Stava per dire qualcosa, ma lei lo bloccò prima che potesse farlo.

“So che ti sembra assurdo e probabilmente non credi ad una sola parola di quanto ti ho detto, ma, se mi lasci finire, dopo potrò darti prova delle mie capacità.” Lo disse senza distogliere lo sguardo da quello verde chiaro del ragazzo, ostentando una sicurezza che non provava.

“D’accordo, sentiamo.” Neanche lui distolse lo sguardo, sfidandola apertamente.

Daria si torse le mani, per scaricare la tensione e proseguì: “Mia sorella ha un potere simile, solo che riguarda la vista ed è meno sviluppato del mio: le nostre Eredità crescono, si sviluppano e diventano più forti insieme a noi.” Parlare prima della sorella e poi in linea generale la aiutò a calmarsi, come sperava.

“Le eredità generiche, invece, sono chiamate così perché possono riguardare qualsiasi campo e non esiste una definizione o un aggettivo capace di raggrupparle tutte. La mia è la telepatia. È simile e allo stesso tempo diversa dalla Legilimanzia: il suo massimo livello permette, come la Legilimanzia, di forzare la mente delle persone e conoscerne i pensieri, o almeno questo è quanto suppongo e non ho idea se sia possibile bloccarla con l’Occlumanzia. Nessun Erede, prima di me ha mai avuto questo dono, o meglio, nella mia famiglia ci sono stati altri casi di Eredità simili, ma nessuna era vera telepatia e nessuna era tanto intensa. Quindi non so che cosa sarò in grado di fare in futuro, per il momento posso insinuare qualunque mio pensiero nelle menti altrui, ma riesco a sentire solo quelli che gli altri vogliono condividere con me. In pratica è come una conversazione a voce alta, solo che nella mente.”

Lui la fissò di nuovo ancora più sorpreso e scettico, poi, con tono ironico, le chiese: “E tua sorella cosa fa? Sposta i monti con un solo cenno della mano?”

Questa volta toccò alla Serpeverde fissarlo stupita. “No. Cioè non ancora. Marta è telecinetica, ma al momento riesce a spostare solo oggetti di piccole dimensioni”.

Il Grifondoro scoppiò a ridere: evidentemente trovava la storia del suo popolo e la descrizione dei suoi poteri estremamente comiche e poco serie.

Daria, invece, trovava il suo comportamento decisamente irrispettoso.

Ha acconsentito alla dimostrazione, giusto? Bene, che dimostrazione sia.

-Non ti hanno mai insegnato a non giudicare le cose prima di averne la visione più completa possibile, né a non mancare di rispetto agli altri, vedo.-

Il ragazzo smise di ridere di botto e fece scattare velocemente la testa da una parte e dall’altra, nel panico più totale. Di solito Daria avvisava le persone prima di infilare i suoi pensieri nelle loro menti per la prima volta, ma quel ragazzo aveva toccato, nel giro di pochissimo tempo, due dei suoi nervi scoperti.

“Che cosa è stato?” chiese, impallidendo.

 “Te l’ho detto: io posso intrufolarmi nella mente delle persone come e quando voglio”. Poi, vedendolo così spaventato, si addolcì leggermente. “Tranquillo non manipolo la gente a mio piacimento. Non so nemmeno se sarei in grado di farlo e non mi va di provare”.

Lui riprese il controllo velocemente e riassunse la sua espressione indifferente. “ Questo trucchetto deve esserti molto utile durante gli esami”.

Lei lo guardò male. “Per chi mi hai presa? Pur di non mancare ai miei doveri, sono disposta a perdere un’ora delle mie giornate in tua compagnia. Questo dovrebbe bastare a farti capire che non barerei mai.” Distolse lo sguardo, leggermente offesa. Tre nervi scoperti in un’ora. È proprio vero che voi Potter attirate i guai come calamite.

“Sei una strana Serpeverde”. L’italiana risollevò lo sguardo di scatto sorpresa e vide che l’altro la stava osservando con interesse per la prima volta da quando si conoscevano. Lui non spiegò la sua affermazione e lei non gli chiese niente. Si imitò a scuotere leggermente la testa come per schiarirsi le idee.

“Ti sarei grata se tenessi per te quanto ti ho detto oggi. Puoi parlarne con Malfoy, se ti va, ma preferirei non ne facessi parola con altri. Non voglio che si sappia dei miei poteri.”

“Non faccio fatica a capire perché: scoppierebbe il panico”. Assentì il ragazzo, mostrando una leggera empatia.

“Non solo, mi troverei circondata da persone false, che si fingerebbero mie amiche solo per poter sfruttare le mie capacità e da occhiate malevole e diffidenti. Non sarebbe divertente”.

Lui annuì e Daria si alzò e si avvicinò alla porta, soddisfatta.

“De Lupo?” L’italiana si voltò, con espressione interrogativa. “Volevo scusarmi: mi sono comportato da stupido e ti ho mancato di rispetto”. Il suo imbarazzo era evidente, ma non distolse lo sguardo da quello della ragazza.

“Wow. Un Grifondoro che chiede scusa, non credevo ne esistessero”. Poi sorrise e si chiuse la porta dell’aula alle spalle.   

 

***

***

 

Rose,  da poco uscita dall’aula vuota, in cui aveva studiato con Malfoy, stava cercando Daria. Sapeva che lei e Al avevano già finito di studiare, perché aveva incontrato quest’ultimo in corridoio. Il racconto di Malfoy l’aveva sorpresa, quanto il suo comportamento: invece di approfittare delle debolezze che lei gli aveva, incoscientemente, mostrato, il ragazzo le era venuto incontro e le aveva detto ciò che voleva sapere anche se, facendolo, stava andando contro al volere del suo migliore amico.

 La cosa la confondeva e l’idea di non capire i comportamenti della sua nemesi non le piaceva per niente: significava essere totalmente impreparata ad un eventuale, futuro attacco.

Quello era uno dei due motivi per cui setacciava il castello, da quasi mezz’ora, alla ricerca della sua migliore amica. L’altro era ciò che quel biondino slavato le aveva raccontato: non era arrabbiata con Daria o con Al e nemmeno delusa da loro, solo voleva parlarne con la sua amica e ringraziarla.

Allora, ricapitolando: Dave e Moira sono in biblioteca a studiare e Daria non è con loro; Meg è in Guferia e Daria non è con lei. Quindi restano solo Jamie e Freddie, che però non trovo da nessuna parte.

Mentre Rose stava seriamente valutando l’ipotesi di sottrarre la Mappa del Malandrino ai fratelli Potter, la più piccola dei suddetti le passò davanti insieme a suo fratello Hugo.

“Hey, Lils! Hugh! Avete visto Daria?”

I due si voltarono e suo fratello annuì: “Era nella Sala Grande con James e Fred poco fa”.

“Grazie fratellino!” Gli urlò, iniziando a correre nella direzione indicatale.

Entrata in Sala Grande, individuò subito la testa rossa di suo cugino e si avviò verso il tavolo di Grifondoro. Daria e Fred stavano ridendo di gusto, mentre James sembrava imbarazzato.

“Avresti dovuto vederlo! È rimasto lì i-imbambolato a fissarla con un sorriso da e-ebete in f-faccia, mentre lei gli u-urlava contro! Una… sc-sceena… e-epica!” Fred riusciva a stento a pronunciare le parole tanto gli veniva da ridere.

“Non posso credere di essermela persa!” Daria era tanto divertita quanto lui, ma conservava un po’ più di controllo sulla sua lingua.

“Che è successo di tanto divertente?” Chiese Rose, attirando l’attenzione su di sé.

Daria non parve sorpresa dalla sua presenza e rispose con un sorriso. “Meg  si è stufata di essere ignorata da Marmellata e gli ha fatto una scenata”.

Rose ridacchiò a sua volta: Meg che si arrabbiava con James perché lui la ignorava, era assurdo quanto lei che se la prendeva con Malfoy perché non la insultava. Avrebbe dovuto esserne contenta, non arrabbiarsi! Proprio non la capisco Margaret, sul serio.

Poi si riscosse e si ricordò il motivo per cui aveva vagato per il castello per tutta la mezz’ora precedente. “Al, avrei bisogno di parlarti”.

L’altra annuì: “Certo, andiamo. Ci si vede, Marmellata di aranci.”

Appena furono un po’ più lontane Rose le chiese: “Com’è che li hai chiamati?”

Marmellata di aranci, perché Jam vuol dire marmellata e Fred ha i capelli dello stesso colore degli aranci.” Fece l’altra con un largo sorriso e una scrollata di spalle, come se fosse ovvio.

“Ok, rinuncio a capirti. Sei totalmente assurda”.

“Lo so. Ma non sei venuta a cercarmi per rinfacciarmi la mia nota assurdità, vero?”

“No, infatti. Prima di tutto volevo sapere com’è andata con Al, come l’ha presa?”

Daria le mostrò i suoi ricordi di quanto era successo e Rose non ne fu sorpresa: ora sapeva perché Al ce l’aveva con Daria. Orgoglio ferito.

Quando anche lei ebbe mostrato i propri ricordi all’amica, questa sospirò: “Rosie, io.. scusami per non avertene parlato. Ti capisco se ti senti tradita, ma lascia che ti spieghi…”

“Non ce n’è bisogno”. Rose non voleva che l’altra si scusasse: non ce n’era motivo. Infatti disse: “Non ti devi scusare e non mi devi spiegazioni. So perché non me ne hai parlato e, mi dispiace dirtelo, ma sta volta hai sbagliato completamente analisi.”

Al la guardò, sorpresa, ma non parlò, lasciandola continuare. “Non sono delusa da Albus e non mi sento abbandonata di nuovo. Ho sempre saputo che non poteva esserci arrivato da solo, ma scoprire che a farlo ragionare sei stata tu.. beh, è stata una sorpresa, una splendida sorpresa. Grazie”.

Lei sorrise: “Non mi devi ringraziare: sei la mia migliore amica è mio preciso dovere prendermi cura di te”.

L’altra annuì e decise di cambiare argomento, per evitare di commuoversi. “Brava visto che ti devi prendere cura di me, spiegami che cosa sta architettando Malfoy!”

Daria scoppiò a ridere: “Mi sembra di sentire Margaret. Rosie, avanti non puoi essere sempre così sospettosa! Non è possibile che Scorpius volesse solo essere gentile?”

“Assolutamente no!” Rispose la rossa, con convinzione. L’amica alzò gli occhi al cielo, un po’ esasperata un po’ divertita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Capitolo intenso, vero? Ho cercato di alleggerirlo il più possibile, ma non ci sono riuscita granchè: questo capitolo è un po’ il fulcro della storia ed è anche la prima volta in cui vediamo Rose e Daria in contatto diretto con le loro “nemesi”.

In questo capitolo Albus, è abbastanza antipatico, o almeno io lo trovo tale. Il vero Albus non ha niente a che vedere con quello che si vede qui, ma bisogna capirlo: è un Grifondoro ferito nell’orgoglio, costretto a stare a stretto contatto con colei che lo ha ferito. Poco importa che la ferita risalga a 5 anni prima. Daria, dal canto suo, non l’ha mai trovato simpatico, sin dal loro primo incontro sul treno, la sua antipatia non ha fatto che rafforzarsi quando l’ha sentito lamentarsi della povera Rose e, con il tempo, ha finito per tramutarsi in odio.

Scorpius e Rose, invece, in questo capitolo non si sputano addosso tanto veleno, quanto ci si aspettava, ma questo è merito principalmente di Rose che ha deciso di comportarsi da persona matura e cercare di sopportare il Grifondoro. Scorpius ha provato ad irritarla, ma senza successo e alla fine l’ha pure aiutata.  

Ora, so che l’elemento “telepatia” è un aggiunta molto originale e che fin ad ora poteva sembrare un po’ forzata, ma  mi auguro che adesso si capisca meglio e risulti meno fuori luogo, anche perché sentirete parlare ancora e molto spesso di Eredi ed Eredità.

Detto questo vi saluto e provo a postare la foto, nella speranza di riuscirci questa volta.

Questa è Margaret

 

Baci,

Daria

 

 

 

 

 

 

  

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Capitolo 6
*** 5) Getting To Know Each Other ***


5)Getting To Know Each Other:

 

Daria si alzò da letto quella mattina con la consapevolezza che, per la prima volta da quando era tornata a Hogwarts, si sarebbe di nuovo allenata da sola: erano passate più di due settimane dall’inizio della scuola e sua sorella, come lei aveva predetto, le aveva comunicato che, a partire da quel giorno, avrebbe rinunciato ai loro gelidi allenamenti mattutini.

Si preparò velocemente, vestendosi a strati come al solito: un paio di attillati calzoncini al ginocchio, sotto ad un paio di pantaloni da ginnastica lunghi; un reggiseno sportivo, una maglia a mezze maniche e una felpa pesante con zip e cappuccio. Per ultima cosa legò i lunghi ed incasinati capelli ricci in una treccia alta e uscì.

Percorse i corridoi bui a passo spedito e salì le scale quasi di corsa: l’idea di farsi beccare dal custode mentre usciva di nascosto non la attirava particolarmente. Una volta raggiunto l’ingresso, si precipitò verso il portone e si scontrò contro qualcuno che, come lei, cercava di raggiungere, non visto, l’uscita.

I suoi ottimi riflessi di cercatrice non le furono molto d’aiuto quella volta e sarebbe finita con il sedere per terra se l’altro studente non avesse afferrato la sua mano, impedendole di cadere. Uscirono in fretta dal castello, senza parlare per non rischiare di essere sentiti e, nella fretta, non si preoccuparono nemmeno di smettere di tenersi per mano.

Appena furono fuori, l’italiana mollò la mano dell’altro e sorrise: “Grazie”.

“Di niente, ma tu che cosa ci fai qui a quest’ora, De Lupo?” Le chiese un Albus Potter indifferente e inespressivo come al solito.

La ragazza si prese un secondo per osservarlo: la luce dell’alba in avvicinamento era sufficiente per permetterle di notare che indossava un paio di pantaloni da ginnastica scuri e una felpa blu, che gli calzava alla perfezione.

Capiva quelle due oche delle sue compagne di stanza: mini-Potter era, come il fratello, oggettivamente un bel ragazzo e riusciva ad essere presentabile persino alle 5 e mezza del mattino, mentre lei era perfettamente conscia di avere due occhiaie niente male e di sembrare infagottata nei suoi vestiti da allenamento. Non che le importasse di essere carina, però, un po’ gli invidiava la capacità di apparire perfetto anche a quell’ora.

“Quello che ci fai tu, immagino. Mi alleno”.

Lui la squadrò a sua volta e, senza apparente interesse, le chiese. “ Senza scopa?”

Lei sorrise: “Il Quidditch non è l’unico sport esistente al mondo, sai? Io sono particolarmente amante di una disciplina babbana chiamata karate”.

“Davvero?” fece il ragazzo sorpreso, con l’ombra di un sorriso sul volto.

Daria annuì, vagamente confusa: era la prima volta che mini-Potter dava segno di una qualche emozione positiva in sua presenza. “Che c’è di strano?”

“Il fatto che anch’io adoro e pratico il karate”. L’ombra di sorriso sul volto dell’altro si tramutò in un sorriso vero, che la Serpeverde ricambiò immediatamente.

“Non ti avevo mai visto allenarti, eppure io mi alleno tutte le mattine dal primo anno”.

L’altro annuì: “Infatti è la prima volta che mi alleno a quest’ora”. Si squadrarono un secondo in silenzio, poi lui aggiunse: “Ti andrebbe di provare ad allenarci insieme? Fare karate da solo non è esattamente l’ideale”.

Lei annuì a sua volta, decisa ed entusiasta. “Stavo per proportelo io! Che ne dici di iniziare con mezz’ora di riscaldamento e poi passare all’allenamento vero e proprio?” Il ragazzo acconsentì ed iniziarono a correre verso il Lago Nero.

Un’ora e mezza più tardi i due ragazzi stavano tornando al castello. Daria era abbastanza soddisfatta. Lei e Potter erano più o meno allo stesso livello: il ragazzo era appena più forte e veloce di lei, ma la Serpeverde aveva i riflessi un po’ più pronti e una tecnica leggermente migliore e, quindi, lavoravano bene insieme. Si ritrovò a sperare che lui decidesse di continuare ad allenarsi con lei, perché, per la prima volta da anni, aveva finalmente qualcuno con cui condividere una delle sue passioni più grandi e con cui, fare ciò che adorava, sarebbe stato ancora più divertente.

“Non mi divertivo così tanto a fare karate da.. beh secoli, direi. Grazie”. Era rilassata e tranquilla quindi non esistevano grossi filtri tra la sua bocca e il suo cervello.

Potter però non sembrò prestarle molta attenzione: era come.. perso nei suoi pensieri. E, infatti, un minuto dopo, senza alcun nesso logico, che Daria potesse vedere o capire, le chiese: “Mio fratello sa che tu tutte le mattine vieni qui ad allenarti?”

“Certo che lo sa. Perché?”

Lui sospirò e si passò una mano tra i capelli. “Ieri mi stavo lamentando perché nelle ultime due settimane, con tutte le cose che ho da fare, non sono riuscito ad allenarmi praticamente mai. Così, James mi ha suggerito di provare a farlo di mattina e mi ha anche detto qual era, secondo lui, l’orario perfetto”.

Ora sì che capisco: James.

“Lasciami indovinare: le 5 e mezza?”

“Esatto. E tutto per quella stupida scommessa”. Fece lui sorridendo esasperato.

Lei scosse la testa. “Seriamente. Bisogna trovargli un hobby o qualcos’altro da fare”.

“Già e possibilmente qualcosa che sia costruttivo per lui e non distruttivo per noi”. Lei sorrise alla sua più che opportuna precisazione. “Qualche idea?”

“Al momento nessuna, ma mi farò venire in mente qualcosa. Il più presto possibile, prima che decida di chiuderci da qualche parte, di darci dell’Amortentia o qualche altra genialata simile”. La De Lupo si finse veramente disperata, facendo ridere il ragazzo e scoppiando a ridere a sua volta.

 

***

***

 

“Stupida!”

“Idiota!”

“Isterica!”

“Arrogante!”

“Pazza nevrotica!”

“Stronzo egoista!”

“Drogata di succo di zucca!”

Rose che aveva già la bocca aperta, pronta a sputare il prossimo insulto, sbattè le palpebre confusa. “Eh?”

Malfoy, scioccato dall’insulto che non gli era arrivato, spiegò: “Hai i capelli più rossi di tutti gli altri Weasley: bevi troppo succo di zucca”.

Rose lo guardò, stralunata per un po’, convinta che scherzasse, poi, appurato che diceva sul serio, scoppiò a ridere fragorosamente. “Questa è veramente la cosa più assurda che tu abbia mai detto”.

“Ti sbagli ho fatto di peggio”. Poi iniziò a ridere anche lui, contagiato dall’altra.

Dopo quasi cinque minuti, in cui ogni volta che uno dei due trovava la forza di smettere l’altro, ridendo più forte, lo faceva ricominciare, riuscirono a calmarsi e si trovarono entrambi a corto di fiato.

“Non avrei mai immaginato”, fece Rose, ancora ansimante, “che avrei potuto ridere tanto in tua compagnia, Malfoy”.

Lui assentì: “Nemmeno io, Weasley”.

Lei lo osservò per qualche secondo, poi chiese: “Come mai, tra tutti gli insulti disponibili, hai scelto proprio quello?”

Il Grifondoro si voltò a guardarla, fissando il suo sguardo grigio in quello azzurro cielo della ragazza. “Quali altri insulti? Non me ne venivano e non me ne vengono in mente altri”.

La risposta sorprese Rose: il biondo non si era fatto tanti problemi in altre occasioni a insultarla ben più pesantemente. “Davvero? E tutti gli altri insulti soliti? Li hai dimenticati all’improvviso?”

Malfoy scosse la testa, poi ghignò: “No, ma non li ritengo più molto veritieri. Inoltre sarebbe parecchio ipocrita da parte mia condannarti per un comportamento che tengo anche io”.

Rose non ebbe difficoltà a capire a che si riferiva: entrambi erano famosi per le loro relazioni senza impegno e sentimenti. “La cosa non ti ha mai impedito di farlo prima”. Ribatté assottigliando lo sguardo.

“Vero, ma anche il migliore può sbagliare no?”

Lei sorrise beffarda “Non sapevo che Al avesse combinato qualche guaio ultimamente”.

Il ghignò svanì dal suo volto. “Ah ah ah. Molto divertente davvero”. Malfoy era evidentemente contrariato, ma non arrabbiato e il sorriso sul volto di Rose si ampliò.

“Non sei poi  così insopportabile, sai Malfoy? Quando non ti fai prendere da manie di protagonismo.”

“Nemmeno tu sei tanto male Weasley. Quando non hai crisi isteriche”.

Sorrisero entrambi, per la prima volta senza ironia o sarcasmo. 

“hai saputo che Al e Daria si allenano insieme tutte le mattine?” Chiese il Grifondoro, dopo un po’.

“Me n’ero dimenticata! È un disastro!”

Il biondo la guardò confuso. “Eh? Perché?”

“Perché passano un sacco di tempo insieme tutti i giorni, quindi il loro rapporto e la loro conoscenza reciproca, non possono che intensificarsi e la cosa è disastrosa per noi!”

“Va bene.. E questo cosa centra con noi?” Le chiese ancora più confuso.

“Come fai a non capire, Malfoy?? Ci supereranno senza alcuno sforzo! È un disastro!”

Rose era sempre più agitata e parlava alla velocità della luce.

“Weasley, prendi un bel respiro e calmati”. Lei fece, stranamente, come le era stato ordinato. “Perfetto. Ora spiegati, parlando ad una velocità normale e evitando di dire “disastro” ogni cinque secondi, se è possibile”.

“Quei due, passando tanto tempo insieme, impareranno a conoscersi molto meglio e più in fretta di noi, ottenendo così un vantaggio considerevole non solo nella prima prova, ma anche in tutte le altre! E la cosa non è tollerabile per me!” La giovane Weasley lo guardò intensamente, come a sfidarlo a chiederle di spiegarsi ancora.

Il ragazzo ghignò e disse: “Ora capisco. Sei piuttosto competitiva e..”

“Ambiziosa. Sì lo so”. Completò lei per lui. “E non ho la minima intenzione di permettere a qualcuno di superarmi, nemmeno ai miei migliori amici”.

“Sai Weasley? Per una volta mi trovo d’accordo con te”. Le sorrise con complicità.

Lei ricambiò il sorriso trasformandolo, però, presto in un ghigno che le conferiva un’aria particolarmente pericolosa, tanto da far rabbrividire il coraggioso Grifondoro che aveva di fronte. “Perfetto Malfoy, visto che sei d’accordo ti aspetto in biblioteca, domani, dopodomani e tutti i giorni seguenti”.

 

***

***

 

“De Lupo?”

Daria alzò lo sguardo dal foglio, su cui stava finendo di annotare le ultime informazioni sul Grifondoro. “Sì, Potter?”

“Mi stavo chiedendo.. non è che potresti rifarlo?”

“Che cosa?” Chiese lei, confusa.

“Quello che hai fatto l’altra volta: infilarti nella mia testa?”

Lei scosse il capo, vagamente esasperata. “Potter se io fossi in grado di infilarmi nella tua testa non avremmo bisogno di perdere tanto tempo a studiare. Io posso solo permetterti di sentire i miei pensieri, ma, se tu non li vuoi condividere, non riesco a sentire i tuoi. Mi sembrava di avertelo già spiegato”.

“Giusto”. Annuì lui. “Adesso lo puoi rifare?”

Lei alzò gli occhi al cielo, poi – Soddisfatto ora? –

Lui represse malamente un brivido e annuì: “è…”

-  pensa quello che vuoi dirmi e io lo sentirò –

- Mi senti davvero? –

- Certo, Potter –

- Wow, è una cosa stranissima – Il suo stupore traspariva anche dal tono dei suoi pensieri.

- Sì, immagino lo sia –

- Per te non lo è? –

- Naturalmente no – Fece la ragazza con un sorriso – è come se per te fosse strano.. che so.. camminare. Ti fa strano, Potter, riuscire a camminare?

- No hai ragione: domanda idiota – Lui sorrise e la Serpeverde ridacchiò. – In quanti sanno di tutto questo? –

 - Del fatto che sono un’Erede e tutto ciò che comporta solo Rose, James, Meg, Moira, Dave e, ovviamente, tu.

- e Scorpius.. – Il Grifondoro sembrava vergognarsi abbastanza della cosa, ma l’italiana non perse il sorriso.

- Non ci sono problemi, Potter: ti avevo detto io che potevi dirglielo. – il ragazzo si rilassò e le fece un piccolo sorriso - Poi penso che Marta ne abbia parlato anche con Louis e Roxanne. Invece a sapere solo che ho dei poteri strani sono un po’ di più: Asa Nott, Dominique, Fred, Lily, Hugo, le mie compagne di stanza e gli altri membri della squadra di Quidditch. – rispose lei tenendo il conto con le dita e sperando di non aver dimenticato nessuno.

Il Grifondoro annuì e sorrise leggermente. – Che ne dici? Andiamo avanti con lo studio? –

Daria annuì a sua volta e controllò sul foglio quale fosse il punto successivo. – Ok, allora... il tuo nome ha un significato particolare?

- Certo, mio padre ha dato a tutti noi i nomi di persone importanti per lui. A me sono toccati quelli di due presidi di Hogwarts: Albus Silente, ex-Grifondoro e Severus Piton, ex-Serpeverde. Entrambi sono stati fondamentali per la vittoria finale contro Voldemort e per la vita di mio padre. –

Daria sorrise: le vicende del famoso Harry Potter erano molto conosciute anche in Italia e lei era sempre stata una bambina molto curiosa, quindi aveva sempre immaginato quali fossero i motivi dei suoi nomi e fu felice di scoprire di non essersi sbagliata.

- Il tuo nome, invece, cosa vuol dire? – le chiese il ragazzo dopo qualche secondo di silenzio mentale.

- Daria, tra le varie possibili interpretazioni, ha anche quella di “colei che mantiene il bene”, mentre Alessia deriva dal greco “aletheia”, “verità”. Quindi nel complesso dovrebbe voler dire qualcosa come “colei che mantiene il bene della verità”, ma non è il significato il motivo principale per cui mi chiamo così. –

- E qual è allora? –

- Beh, è una nostra tradizione, tutti gli Eredi hanno due nomi: il primo, può essere uno qualunque purché suoni italiano, il secondo, invece, deve derivare obbligatoriamente da una parola in greco antico. Solitamente si sceglie prima il secondo nome e poi, in base a questo, il primo e la cosa dà, in alcuni casi, risultati abbastanza divertenti: il nome di mia sorella per esempio. –

Rispose lei con un sorriso, Potter si voltò a guardarla e le chiese: - Perché? Cosa vuol dire il suo nome?-

Daria sorrise ancora più apertamente. – è un ossimoro palese. Marta Irene: Marta deriva dal dio latino della guerra, Marte, mentre Irene dal greco eirene, che significa “pace”. I miei si sono divertiti a giocare con le parole.-

 

***

***

 

Rose e Malfoy avevano quasi terminato la lista delle cose da sapere e lui si stava divertendo a farle le domande più assurde e inopportune; in più, ogni volta che lei cercava di svicolare ed evitarne una, lui la costringeva a rispondere colpendo il suo, smisurato e molto poco Serpeverde, orgoglio, o insistendo sul suo voler vincere a tutti i costi. Rose lo stava odiando, seriamente.

Così, per evitare di sgozzarlo e perdere irrimediabilmente ogni possibilità di diventare Caposcuola e di riconfermarsi migliore strega del suo anno, decise di riportare la conversazione su argomenti più seri e maturi di quelli che ha un bambino di tre anni e meno osceni e pervertiti di quelli di un maniaco sessuale, ponendogli una domanda che le ronzava in testa da un po’.

“Tu mi hai obbligata a parlarti della mia famiglia, ma non hai detto niente più dello stretto necessario sulla tua”.

Lui ghignò. “Questo perché la tua è molto più interessante, non credo che ci sia qualcosa di più esilarante delle complicate dinamiche del clan Weasley-Potter.”

Rose era d’accordo con lui: tralasciando l’episodio di cinque anni prima, tutto ciò che accadeva nella sua famiglia era molto divertente, se, come il sogghignante Malfoy e la sua ironica amica italiana, non ne eri coinvolto direttamente e potevi goderti le scenette assurde che facevano parte della routine quotidiana della Tana da semplice spettatore; lo era un po’ meno per lei e i suoi cugini, che in un modo o nell’altro si ritrovavano sempre in mezzo ai piccoli, grandi disastri tipici della loro famiglia.

“Sulla mia, al contrario c’è molto poco da dire”. Concluse il biondo, ma stavolta la rossa Serpeverde non era per niente d’accordo.

“Io non credo. Come l’hanno preso i tuoi il fatto che tu sia finito a Grifondoro?” Era una cosa che la incuriosiva da un po’, dopotutto un Malfoy Grifondoro era strano quanto una Weasley Serpeverde.

Il ragazzo non perse il ghigno strafottente, mentre rispondeva con calma. “Sapevo che me l’avresti chiesto, prima o poi,ma d’avvero non è niente di particolarmente interessante. All’inizio sono rimasti tutti scioccati, specialmente mio nonno, ma ben presto se ne sono fatti una ragione, vista la convenienza politica e sociale della cosa.”

Lei non disse niente e Malfoy sempre ghignante continuò: “Essere un Malfoy, nella società attuale, non è facilissimo, ma essere un Malfoy Grifondoro forse migliora un po’ la situazione, la mia, ma anche quella dei miei. A combattere e vincere la scorsa guerra sono stati specialmente Grifondoro ed ex-Grifondoro, così come erano Grifondoro i tre salvatori, per l’opinione pubblica, quindi, l’equazione è semplice: unico erede a Grifondoro uguale la famiglia non può essere più tanto male.”

Lei lo osservò per qualche secondo, poi ammise: “In effetti, ha il suo senso. Non avevo mai pensato che l’essere smistati in una casa o in un’altra potesse contribuire a migliorare o a peggiorare la posizione di una famiglia, ma suppongo sia dovuto al fatto che la mia famiglia ha una fama talmente grande che veniamo abitualmente salutati da perfetti sconosciuti.” Lui annuì, ma non aggiunse niente. La rossa si alzò per uscire, ma prima di chiudersi la porta alle spalle disse: “Sai, forse è vero che la tua famiglia è meno divertente della mia, ma non credo sia anche meno interessante. No non lo penso affatto.”

 

***

***  

 

Daria stava camminando a passo spedito, per i corridoi del castello, diretta agli alloggi dei Caposcuola.  Sbadata com’era, si era totalmente dimenticata di informare Jam che sarebbero andati insieme al ballo di Halloween.

Sono più che certa che non abbia ancora invitato nessun’altra: sta cercando il coraggio e il modo per invitare Meg, ma non li troverà mai. Sarebbe, però, carino da parte mia, almeno comunicargli che è già impegnato con me, no?

Non aveva mai nemmeno pensato ad un possibile rifiuto da parte del Grifondoro: l’unica ragazza che lui avrebbe potuto preferirle, non aveva ancora cambiato idea su di lui abbastanza da accettare un suo invito. In più era convinta che presentarsi al ballo con la sua migliore amica invece che con una delle sue solite ochette, avrebbe contribuito a migliorare l’opinione che Meg aveva del maggiore dei Potter.

Non aveva ancora raggiunto la meta, quando trovò James.

“Miss Sole e Spiaggia! Ti stavo cercando!” Esclamò, avvolgendola in uno dei suoi abbracci da orso.

“Anch’io, Marmellata”. Rispose la ragazza ridacchiando per la coincidenza.

“E come mai?” fecero entrambi all’unisono, staccandosi. Scoppiarono a ridere di nuovo in sincrono e poi Daria invitò l’amico a parlare per primo con un gesto della mano.

“Beh ho saputo che quest’anno parteciperai al ballo, su ordine del preside. Quindi, a meno che tu non abbia già deciso di andare con il mio adorato fratellino, cosa di cui sarei particolarmente entusiasta..” Lei inarcò le sopracciglia, come a dire “ma ti sembra minimamente possibile?”, e lui continuò. “Ok visto che non è così e che non ho la minima intenzione di permettere che la mia splendida, bellissima e fantastica migliore amica vada al ballo con un qualche pericoloso energumeno, che potrebbe farla soffrire, ho deciso che ti ci porterò io!”

Daria scoppiò a ridere di nuovo, sollevata. Non aveva pensato al fatto che James, protettivo e geloso com’era non avrebbe nemmeno pensato alla possibilità di permettere a qualcun altro di portarla al ballo. “Io volevo dirti esattamente la stessa cosa. Non ti dispiace, però, di non poter invitare Meg?”

Lui si passò una mano tra i capelli color inchiostro. “Sì è ovvio. Ma non importa: non avrebbe mai accettato e chiederglielo avrebbe vanificato i pochi progressi che ho fatto in queste prime settimane di scuola. Va bene così, Daria, mi fa d’avvero piacere portare te al ballo e poi..” Il suo sorriso tranquillo assunse la tipica sfumatura malandrina di quando stava macchinando qualcosa. “tu sei sua amica no? Ho molte più possibilità di parlarle portando te al ballo.”

Daria sorrise, scuotendo leggermente la testa, e stava per commentare la sua ultima frase, quando la sua attenzione fu catturata da qualcos’altro.

Si trovavano vicino all’ingresso della torre di Corvonero e l’udito ipersviluppato della ragazza si era attivato di sua spontanea iniziativa, cosa che accadeva abbastanza raramente, permettendole di sentire qualcosa che mai si sarebbe aspettata.

“... il tuo povero ragazzo, Amanda?” Chiese una voce acuta e femminile, che Daria non aveva mai sentito prima.

Ci fu una risata e poi la risposta di quella che doveva essere Amanda Corner, la ragazza di mini-Potter: l’italiana non aveva mai sentito nemmeno la sua di voce, prima, quindi, non poteva esserne certa. “E perché mai? Lui è talmente imbranato, mi sembra di baciare un bambino di tre anni tutte le volte è così patetico.” Daria non credeva alle sue orecchie: lei non era certo una fan di Albus Potter, ma ora sapeva che era un bravo ragazzo e non si meritava un’arpia del genere per fidanzata.

“E poi Amy sta con quello sfigato solo per il suo cognome, no Amy?” Chiese un’altra ragazza.

“Già sinceramente avrei preferito suo fratello James, ma lui non ci sarebbe mai cascato, quindi mi sono dovuta accontentare del Potter tonto e imbranato”. Seguirono altre risate e Daria smise di ascoltare: le stava venendo la rabbia.

Si voltò verso James, che la stava osservando con espressione leggermente preoccupata e interrogativa.

“La ragazza di tuo fratello è una troia con la “T” maiuscola”. Disse disgustata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Inutile dire che il capitolo non mi convince per niente, ma avevo già aspettato fin troppo ad aggiornare.. quindi eccomi qui. Non ho commenti da fare, spero solo che questo capitolo vi piaccia più di quanto non piaccia a me e di riuscire ad aggiornare prima della fine delle vacanze.

Visto che l’ultima volta sono riuscita postare Meg oggi provo con James.

Ecco a voi Marmellata!

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Buon 2012 a tutti,

Daria

 

 

 

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Capitolo 7
*** 6) First Match ***


6) First Match:

 

Era sabato, più precisamente era il primo sabato di ottobre, il giorno in cui si sarebbe tenuta la prima sfida tra le quattro coppie di studenti del sesto anno, candidate per il ruolo di Caposcuola.

In realtà, Rose, come il resto dei ragazzi del suo anno, sapeva bene che la competizione sarebbe stata solo formalmente tra quattro coppie, visto che gli unici in grado di competere con lei e Malfoy erano Al e Daria: tutti e quattro avevano ottenuto risultati altissimi ai GUFO, nonostante il numero di materie da loro seguite fosse decisamente più alto di quello degli altri studenti, tutti e quattro facevano parte della squadra di Quidditch delle loro case, cosa che li aveva dotati di buoni riflessi e muscoli abbastanza allenati, e tutti e quattro avevano dato prova, in svariate altre occasioni, di buone capacità fisiche e mentali, superiori a quelle della gran parte dei loro coetanei.

Sia lei che la sua migliore amica, quindi, faticavano a capire con quale logica il preside avesse formato le coppie: entrambe ritenevano che sarebbe stato molto più sensato mettere i migliori in squadra con i peggiori, ottenendo così delle coppie, più o meno, equilibrate.

Questa disparità di forze e capacità era uno dei motivi per cui la giovane Weasley non era particolarmente preoccupata dalla prova che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco: il fatto che parecchie sue cose private sarebbero state rese pubbliche la seccava abbastanza, ma lei decisamente non era riservata e chiusa come la sua migliore amica, quindi, diversamente dalla De Lupo, che stava entrando in uno stato di ansia acuta, Rose era solo, parecchio, seccata.

La rossa Serpeverde era, quindi, abbastanza tranquilla, mentre lasciava la Sala Grande poco dopo cena, trascinandosi dietro una Daria abbastanza agitata.

“Non hai motivo di essere così in ansia, italiana”. Ripeté Rose per quella che doveva essere la milionesima volta.

“Sì invece! Lo sai che detesto parlare in pubblico, essere al centro dell’attenzione, avere gli occhi di più di due o tre persone puntati addosso e tutte le altre cose che accadranno stasera!” fece l’altra, agitandosi sempre di più. “So che mi tornerà quell’accento orribile, che inizierò a balbettare, che andrò nel panico e non capirò più niente!”

“De Lupo a me sembra che nel panico tu ci sia già”.  Disse una voce alle loro spalle.

“Così non aiuti, Al”. Sospirò Rose, stanca: se ora ci si mette pure lui a prenderla in giro non ne usciremo mai più e io inizio già non sentirmi più la mano.

La sua amica, infatti, si era impossessata della sua mano sinistra con la scusa che stritolare qualcosa la aiutava a calmarsi e la Weasley, anche se c’era abbastanza abituata, visto cha accadeva tutte le sante volte che l’italiana si innervosiva, iniziava veramente a non poterne più.

Malfoy si piegò verso di lei e le sussurrò all’orecchio: “Stanca Weasley?”

Lei annuì: “Non immagini quanto, Malfoy. Va avanti così da sta mattina”. Malfoy le sorrise, comprensivo, e si sedette accanto a lei.

“Chi l’avrebbe mai detto”, stava dicendo Albus, che si era seduto dall’altra parte di Daria, “che tu fossi un tipo timido e dal panico facile”.

“Io preferisco dire che sono una ragazza riservata con piccoli problemi di relazione, che si fanno vivi in tutte le situazioni che non mi sono perfettamente congeniali. Quando sono in un rapporto di uno a uno, quando mi trovo coi miei amici, o quando sono in una situazione o in un ambiente in cui mi trovo particolarmente a mio agio sono una persona perfettamente normale”. All’occhiata scettica che sia lei che Malfoy le rivolsero, la sua migliore amica si corresse. “Beh perfettamente normale è un’esagerazione.. diciamo che sono un po’ meno assurda di così”.  Daria annuì come per confermare le proprie parole e Rose sentì la stretta della sua mano indebolirsi.

E bravo Al. Pensò con un sorriso.  D’ora in avanti mi rivolgerò a lui ogni volta che quest’impiastro avrà crisi d’ansia.

Il giovane Potter annuì sorridendo. “Infatti, non mi era sembrato che l’anno scorso quando mi hai fregato il boccino per un soffio fossi così agitata, nonostante gli occhi di tutti fossero puntati su di noi”.

Daria sorrise a sua volta, ammorbidendo ulteriormente la stretta. “Già quella volta ero nel mio elemento e soprattutto non dovevo parlare in pubblico”.

“Mi ricorderò di questa tua paura del parlare in pubblico, durante la prossima partita. Così forse Al riuscirà a prendere quel maledetto boccino”.

“Ah no non ci contare, Malfoy. Vinceremo noi, anche a costo di tenere migliaia di discorsi lunghi ore con una miriade di spettatori, vero italiana?”

“Puoi scommetterci Rossa”.

“E poi non c’è bisogno di ricorrere a simili mezzucci, Scorp! Sono perfettamente in grado di fregarle il boccino anche dormendo!” Albus, fintamente indignato, fece sentire la sua opinione.

“Allora la volta scorsa dovevi essere addormentato proprio profondamente, vista..” La risposta di Daria le morì sulle labbra, mentre il preside accompagnato da un paio di altri insegnanti entrava nella stanza adiacente alla Sala Grande, in cui tutti loro stavano aspettando.

L’italiana si impossessò nuovamente della sua mano, stritolandola con ancora più forza e, a giudicare dal leggero gemito di dolore che uscì dalle labbra di suo cugino, anche di

quella di Albus.

“Bene”.  Esordì il piccolo preside. “Visto che ci siete tutti, direi che posso spiegarvi come si svolgerà la prova”.

 

***

***

 

“Bene. Visto che ci siete tutti,direi che posso spiegarvi come si svolgerà la prova”. Daria, a quelle parole, si agitò ancora di più e puntò tutta la sua attenzione sul preside, tanto da attivare i suoi sensi ausiliari.

“In realtà è davvero semplice”, prosegui Vitious entusiasta, “chiameremo una coppia alla volta e vi porremo cinque domande a testa, da dieci punti ciascuna per un totale massimo di cento punti.  Al termine del vostro turno sarete liberi di fermarvi per assistere al resto della prova o di ritirarvi nelle vostre stanze. Nemmeno i vostri compagni sono stati obbligati a rimanere; quindi ad assistere alla prova saranno solo quelli interessati”. Fece l’ex-insegnante di incantesimi, con un sorriso che probabilmente voleva essere incoraggiante, ma che Daria trovò piuttosto sadico.

- Certo, perché scommetto che saranno proprio in tanti a non essere interessati- commentò Rose sarcastica. Daria vide Scorpius e mini-Potter annuire e si trovò, suo malgrado, a concordare con la rossa.

- Già, forse giusto mia sorella potrebbe decidere di non assistere: ha paura che le faccia fare qualche figuraccia, andando in panico-

“Ovviamente” riprese il preside “sappiamo che voi potreste decidere di “alterare” la verità per migliorare il vostro punteggio, quindi abbiamo preso delle contromisure: il Ministero, infatti, ci ha gentilmente concesso il permesso di usare una leggera dose di Veritasserum, che, lungi dall’obbligarvi a rivelare tutti i vostri segreti, si limiterà a rendervi estremamente sinceri nel rispondere alle domande postevi”.

L’italiana, che aveva sentito Potter irrigidirsi alla parola “Veritasserum”, gli chiese preoccupata: - Potter tutto bene?-

- Amanda - rispose lui, che dal tono dei suoi pensieri sembrava parecchio preoccupato e anche abbastanza triste – non le avevo detto che io e te avevamo iniziato a studiare veramente insieme, perché non si preoccupasse per un nonnulla, ma ora.. sarà un disastro e io non voglio che le cose si rovinino –

È davvero un bravo ragazzo, pensò la Serpeverde, mentre sentiva distintamente la sua rabbia verso la Corner raggiungere livelli altissimi.

Aveva deciso, su consiglio di James, di non intromettersi e non dirgli nulla perché erano entrambi certi che lui non le avrebbe creduto e Marmellata le aveva promesso che se ne sarebbe occupato, a modo suo. Inutile dire che quello che voleva essere un modo per farla stare più tranquilla aveva contribuito solo a farla preoccupare maggiormente, visto ciò di cui si era dimostrato capace il suo migliore amico.

- Tranquillo Potter, ho un’idea – gli comunicò dopo qualche istante di riflessione, durante il quale il preside era andato avanti e blaterare qualcos’altro a proposito della prova.

“Mi scusi signore”, esordì, decisa e sicura visto che si trovava nel suo: stava aiutando un’altra persona, una che iniziava a considerare sua amica, ed era sempre naturale in quei casi. “I nostri compagni sono stati informati del fatto del Veritasserum?” chiese, fintamente preoccupata. “Sa che i miei famigliari hanno un concetto strano del rispetto, delle buone maniere e di come si ci deve comportare con quelli come noi. Io non direi mai niente, non voglio certo scatenare un incidente diplomatico per così poco, ma mia sorella potrebbe farselo scappare: lei è ancora piccola e non pensa a certe cose”.

Il preside e gli insegnanti alle sue spalle impallidirono leggermente e il primo si affrettò a replicare: “Non ti devi preoccupare, signorina De Lupo, i vostri compagni saranno tenuti all’oscuro di questo piccolo particolare”.

Lei annuì e, mentre il preside procedeva a chiamare la prima coppia di sfortunati, si mise a spiegare la sua idea agli altri tre – se nessun altro a parte noi sarà a conoscenza di “questo piccolo particolare”, basterà che tu, Potter, dica alla tua ragazza che le nostre risposte erano state ingigantite e migliorate ad arte, cosa che sarà confermata dalle voci che noi metteremo in giro. Ok?-

Tutti e tre annuirono e Potter aggiunse: - Questo era decisamente molto Serpeverde. Grazie, De Lupo –  Poi sorrise un po’ ironico e disse: - anche se minacciare addirittura un incidente diplomatico.. non ti sembra di aver esagerato un po’?-

La risposta arrivò, a sorpresa, da uno Scorpius decisamente divertito – Non ha esagerato per niente, amico. La famiglia della nostra lupacchiotta è una delle più potenti e antiche d’Europa e un’offesa arrecatale sarebbe più ce sufficiente a scatenare un incidente diplomatico – Alle occhiate sorprese dell’amico e di sua cugina il biondo alzò le spalle e spiegò: - Noi figli di Purosangue veniamo istruiti su un sacco di cose interessantissime come quali altre famiglie Purosangue è bene conoscere e qual è la loro posizione, se migliore o peggiore della nostra. E ci sono davvero poche famiglie, in tutta Europa, ad avere una posizione elevata come quella di Daria. –

Quest’ultima annuì perfettamente indifferente alla rivelazione del Grifondoro: lei, ovviamente, quelle cose le sapeva alla perfezione, così come ne erano ben a conoscenza i professori e il preside.

 

***

***

 

Il preside entrò nella stanza per la terza e penultima volta, pronto a chiamare la terza e penultima coppia che avrebbe dovuto affrontare la prova. La rossa Serpeverde non era particolarmente preoccupata dalla prova:  grazie ai poteri di Daria, loro quattro, che erano rimasti gli unici nella stanza, avevano potuto seguire gli “interrogatori” degli altri e avevano avuto modo di constatarne la relativa facilità. Relativa perché, per le coppie che li avevano preceduti, le domande non erano state affatto facili e non erano riusciti a superare i sessanta o settanta punti in totale, ma per loro, Rose ne era certa, non sarebbe stato poi tanto complicato.

L’unica cosa che la preoccupava e la infastidiva era il dover assumere il Veritasserum, ma ciò aveva ben poco a che vedere con la prova: era l’idea stessa di non avere la possibilità di mentire o svicolare ad atterrirla.

“Bene. Signorina Weasley, signor Malfoy, voi siete i prossimi”. Fece il preside porgendo loro due bicchieri, che contenevano l’infido liquido trasparente. Rose bevve in unico sorso la pozione insapore e si alzò, seguita subito da Malfoy.   

I due ragazzi, preceduti dal preside, entrarono nella Sala Grande e presero posto su due sgabelli, situati tra il tavolo dei professori e quelli delle varie case, in modo da fronteggiare gli ultimi e dare le spalle al primo. Tra i due sgabelli, leggermente spostato in avanti, stava il tabellone che avrebbe segnato il punteggio; era costruito in modo che quanto vi era scritto sopra fosse visibile sia da davanti che da dietro.

Il preside si mise davanti a loro, visibilmente entusiasta e, senza perdersi in convenevoli, iniziò a interrogarli.

“Signorina Weasley, mi sapresti dire qual è la materia preferita del signor Malfoy?”

Rose sorrise: fin troppo facile. “Certo. Malfoy ha gusti davvero strani: adora Divinazione”. Guardò il compagno e vide con chiarezza la sua smorfia di disappunto dovuta al suo commento e il suo sorriso divenne un ghigno ironico e divertito al ricordo della discussione che avevano avuto proprio riguardo ai gusti del biondo in fatto di materie scolastiche.

Il preside annuì e il tabellone segnò i loro primi dieci punti. “La pietanza preferita della signorina Weasley?” chiese voltandosi verso Malfoy.

“La pasta alla carbonara, anche se non sa prepararla”. Rispose lui rapido, sogghignando: sapeva quanto Rose odiasse che le persone fossero a conoscenza di ciò che non era in grado di fare.

Il tabellone segnò subito venti punti e il preside si voltò di nuovo verso la Serpeverde. “Quale lavoro spera di poter fare in futuro, il signor Malfoy?”

Rose rispose ancora senza esitazione: “L’auror”. Evitò di fare ulteriori commenti un po’ perché non c’era niente di ironico o pungente che avrebbe potuto dire restando sincera e non voleva finire per dimostrare al biondo quanto approvasse la sua scelta, un po’ perché era appena giunta alla conclusione che più rapide e lapidarie fossero state le sue risposte, prima avrebbe potuto rintanarsi in camera sua ed aspettare che gli effetti di quella perfida pozione finissero.

“Come preferisce trascorrere il suo tempo libero la signorina Weasley?” chiese  Vitious, rivolgendosi nuovamente al Grifondoro.

“Leggendo, studiando, uscendo con i suoi amici, spettegolando con le sue amiche, giocando a Quidditch e accapigliandosi con il sottoscritto”. Rispose con un sorriso ironico e Rose lo fissò interdetta: Crede davvero che a me piaccia così tanto litigare con lui?

Certo che lo crede è sotto Veritasserum!                                    

E io sono veramente fuori se mi faccio le domande e poi mi rispondo da sola.

Beh  lui deve esserlo anche più di me a pensare una cosa del genere: litigare con lui è divertente solo da poco, visto che lo facciamo senza astio o malignità e ci prendiamo in giro solo per gioco. 

“Signorina Weasley ha sentito la domanda?” Le chiese Vitious fissandola.

Lei si riscosse dalle sue riflessioni e arrossì, specialmente in zona orecchie, in modo molto Weasley. “Ehm.. no. Mi scusi.”

“Va bene, va bene non c’è problema. Le ho chiesto se sa cosa il suo compagno detesta veramente fare”.

“Oh beh è facile”. Rispose lei sicura. “Malfoy detesta perdere e perdersi, detesta fare scampagnate, perché finisce inevitabilmente col perdersi ogni volta e detesta giocare a Quidditch contro di me perché sa di avere grossissime probabilità di perdere.” Fece un largo sorriso e guardò il tabellone segnare cinquanta punti.

“Bene e invece che cosa mette la signorina Weasley a disagio, signor Malfoy?”

Lui non rispose subito e Rose si voltò a guardarlo per capire cosa non andasse: lo vide sorridere a disagio e arrossire leggermente. “Beh.. se mi avesse chiesto cosa la fa arrabbiare non avrei avuto problemi a risponderle, ma.. così non so proprio cosa dirle. Mi dispiace”. Il ragazzo fissò ostinatamente il preside anche dopo che questi si era voltato verso Rose, evitando in tutti i modi di incrociare il suo sguardo e di guardare il tabellone che era fermo a cinquanta punti. 

“Non importa signor Malfoy.” Fece l’ex-insegnante di incantesimi, perfettamente tranquillo. “Signorina Weasley tutti noi sappiamo che lei e il signor Malfoy non andate molto d’accordo e tutti abbiamo assistito almeno una volta ad uno dei vostri innumerevoli litigi questo fino all’anno scorso. Quest’anno infatti il numero di volte in cui voi avete discusso animatamente si è ridotto notevolmente, oserei quasi dire che non sia più successo e la cosa mi incuriosisce: qual è la ragione di tale cambiamento?” Dal luccichio negli occhi del piccolo preside Rose era pronta a scommettere che quella era la domanda che più aveva desiderato porre.

La ragazza esitò un istante prima di rispondere, cercando di riordinare le idee e trovare la risposta. “Beh, signore, non è che io e Malfoy abbiamo smesso di litigare, lo facciamo ancora, ma con meno astio e meno pubblicamente. Comunque è vero che c’è stato un cambiamento e credo sia dovuto al fatto che ora che ci conosciamo meglio non ci lasciamo guidare dai pregiudizi e cerchiamo di essere più obbiettivi verso l’altro... abbiamo smesso di giudicare il comportamento dell’altro e di sputarci veleno addosso in continuazione, sia perché, per via di questa serie di sfide, ora dobbiamo passare molto tempo insieme e dobbiamo imparare, quanto meno, a coesistere, sia perché ci siamo resi conto di avere molte più cose in comune di quanto pensassimo”. Rose si fermò, ritenendola una risposta più che sufficiente e sperando che anche il preside la pensasse allo stesso modo. Fissò insistentemente il tabellone e tirò un sospiro di sollievo quando vide il punteggio salire a sessanta.

“Risposta interessante signorina Weasley, anche se ho l’impressione che ci sia dell’altro..” la guardò per qualche secondo come se si aspettasse una replica da parte della ragazza, ma questa rimase ostinatamente in silenzio e Vitious si voltò verso Malfoy, pronto a rivolgergli la sua quarta domanda. “Signor Malfoy, qual è la più grande paura della signorina Weasley?”

Rose trattenne a stento un imprecazione. Era impossibile che il biondo fosse in grado di rispondere: non ne avevano mai parlato e lui non poteva nemmeno arrivarci dalla forma del suo molliccio, perché il giorno in cui era stata fatta l’esercitazione lei si era data malata, per evitare di rendere pubblica la sua paura più grande e di mettere altro peso sulle spalle della sua amica. Perché Rose sapeva che il suo molliccio avrebbe preso le sembianze di una Daria crudele e meschina che la derideva e tradiva, distruggendo tutte le certezze che lei si era costruita grazie alla loro amicizia.

“La sua più grande paura è che la sua fiducia venga tradita. Essere delusa dalla persona a cui ha deciso di appoggiarsi, vedere tutte le sue certezze e tutto il suo mondo andare in pezzi, di nuovo, è la cosa che Rose Weasley teme di più”. La risposta di Malfoy, così decisa e sicura, lasciò la rossa a bocca aperta perché maledettamente giusta e rispettosa: non solo aveva inspiegabilmente capito ciò che lei faceva di tutto per nascondere, ma era anche riuscito a rispondere in modo da non rivelare alcun dettaglio e non metterla in imbarazzo, nonostante il Veritasserum.

La Serpeverde fissò il compagno, come se lo stesse vedendo per la prima volta e si riscosse solo quando il preside le rivolse la parola.

“Bene signorina Weasley questa è la tua ultima domanda: mi potresti descrivere il signor Malfoy con quattro aggettivi?”

Era esattamente la domanda che Rose si aspettava: il preside aveva chiesto la stessa cosa anche ai membri delle due coppie precedenti e quindi si era preparata gli aggettivi con cui descriverlo. “Coraggioso, irritante, presuntuoso e… attraente”.

Attraente? E questa da dove mi è uscita? Non era l’aggettivo che volevo usare!

Rose si portò una mano alla bocca, come per impedire ad altre parole non richieste di uscire, e lanciò un occhiata a Malfoy, incenerendolo: il maledetto stava ghignando compiaciuto. Rose, indispettita, rivolse lo sguardo al tabellone e constatò che, per lo meno, il punteggio era salito a ottanta.

Il preside fece un sorrisetto e si voltò verso il biondo. “Signor Malfoy, con quali aggettivi descriveresti la tua compagna?”

Il ragazzo sorrise e cominciò: “Beh, credo che nessuno che la conosce possa negare che Weasley sia bellissima, nevrotica, forte e ambiziosa”.

Bellissima? Pensò Rose abbastanza confusa: che lei fosse bella era un dato oggettivo, ma proprio non capiva il superlativo.

Il tabellone che andava a segnare novanta punti la distolse rapidamente da quei pensieri e lei li mise da parte più che volentieri, per ascoltare Vitious fare loro i complimenti per aver ottenuto il punteggio più alto fino a quel momento e congedarli.

Mentre il preside trotterellava fuori dalla classe e lei e Malfoy si alzavano per andarsi a sedere ai rispettivi tavoli, la ragazza si avvicinò al Grifondoro e gli disse a bassa voce: “Possiamo solo sperare che Al e Daria ottengano un punteggio più basso del nostro”.

“Il che vuol dire”, rispose il ragazzo sullo stesso tono, “sperare che Al sbagli o non risponda, perché ho la netta sensazione che sia abbastanza difficile che questo tipo di sfida possa mettere in difficoltà la lupacchiotta”.

“Già”, convenne lei, “speriamo che Albus sbagli”.

 

***

***

 

Daria afferrò il bicchiere che Neville Paciock le stava porgendo e bevve il liquido incolore, senza esitazione. L’idea di essere incapace di mentire non la preoccupava per niente, visto che era sempre sincera, per abitudine e natura. La prova, invece, continuava a terrorizzarla.

“Mi raccomando, Daria”. Disse il professore di Erbologia guardandola negli occhi, “Ci fidiamo di te”.

Lei sorrise capendo che si riferiva ai suoi poteri e alla sua decisione di non usarli mai per agevolarsi e barare durante qualunque tipo di esame e prova. “Fate bene: i miei principi sono molto più importanti di una semplice sfida”.

Ne aveva parlato anche con mini-Potter, spiegandogli le sue ragioni e le sue idee, e lui non aveva fatto alcuna rimostranza e le aveva assicurato che non avrebbe comunque mai accettato di barare.

Entrarono insieme in Sala Grande e la Serpeverde si costrinse a non alzare lo sguardo dai suoi piedi e, soprattutto, a non puntarlo sui ragazzi che li fissavano curiosi. Come era accaduto con tutti i loro compagni, Vitious iniziò ad interrogarli praticamente subito.

“Bene voi due siete l’ultima coppia della serata, conoscete le regole e sapete come si svolgerà la prova, quindi direi che possiamo iniziare. Signorina De Lupo” Daria sentendo il suo nome alzò appena lo sguardo e deglutì pesantemente, “qual è il colore preferito del signor Potter?”

 “Il blu”. La risposta fu rapida e lapidaria: aveva deciso che tutte le sue risposte sarebbero state brevi, per evitare che il suo accento, ritornato grazie all’ansia, si sentisse troppo e la mettesse più in imbarazzo di quanto già non fosse.

Il tabellone segnò subito dieci punti e lei tornò a rivolgere lo sguardo al pavimento.

“Qual è invece l’animale preferito della signorina De Lupo, Potter?”

“Il lupo”. Nella voce del compagno Daria aveva potuto distinguere con chiarezza un sorriso un po’ ironico e sorrise a sua volta, leggermente, al ricordo di quanto aveva riso quando lei gli aveva spiegato il significato del suo cognome1.

Daria rialzò lo sguardo per guardare il preside, che la stava fissando nuovamente, pronto a rivolgerle un’altra domanda.

“In cosa il signor Potter ha difficoltà?”

Lei prese fiato: quella risposta avrebbe richiesto più di due monosillabi. “Pozioni, a scuola, poi è incapace di cucinare e incredibilmente stonato e ha un rapporto conflittuale con i calcoli, le date e i numeri in generale ”.

Il tabellone segnò trenta punti e lei riprese a fissare con sommo interesse il pavimento in marmo.

“Per cosa, invece, è molto portata la signorina De Lupo?”

“Beh, diversamente da me, lei è un’abile pozionista e un’ottima cuoca. In più se la cava benissimo in tutte le materie scolastiche, salvo qualche leggera difficoltà in Erbologia, ha un vero e proprio talento per le lingue, gioca a Quidditch come cercatrice ed è dannatamente brava. Purtroppo per me”. A quell’ultima affermazione, fatta con tono decisamente divertito e una certa autoironia, si levarono, dal tavolo di Serpeverde, fischi di approvazione, risate e un “Puoi dirlo forte!”.

Il preside, dopo aver riportato gli studenti alla calma, si rivolse ancora all’italiana: “Chi è, signorina De Lupo, la persona che il tuo compagno stima di più?”

La ragazza alzò lo sguardo e iniziò a torcersi le mani, nel vano tentativo di calmarsi e convincersi che era in grado di rispondere: non aveva mai parlato con mini-Potter di questo, ma era certa di averlo dedotto qualche tempo prima, solo che ora non si ricordava più il risultato delle sue deduzioni.

Ok, Daria sta calma. Se l’hai capito una volta puoi farlo ancora, devi solo ragionare con calma e NON andare nel panico.

Daria prese un profondo respiro, riabbassò gli occhi e cercò di fare mente locale. Pensa, ragiona: il modo più comune in cui si manifesta la stima è l’emulazione, quindi..

“Mi dispiace signorina De Lupo ma il tempo è scaduto. Sai rispondere o no?”

“N-no. Non mi ri-ricordo. M-mi di-dispiace”. Grandioso ora mi metto pure a balbettare!

Si vergognava talmente tanto che non alzò nemmeno lo sguardo per cercare di scusarsi con mini-Potter.

- Stai tranquilla, De Lupo. Non è successo niente, ok? Stiamo andando benissimo non ti devi preoccupare assolutamente: non ce n’è motivo –

- Sì che ce n’è! Sto andando nel panico e non riesco a ragionare! E poi noi non dovremmo comunicare telepaticamente: è barare e barare va contro i miei principi! –

- Non stiamo barando perché tu non mi stai suggerendo e io non sto suggerendo a te: sto solo cercando di farti calmare. Ah e comunque avevo ragione io sei una ragazzina timida che va nel panico con una facilità impressionante. –

- Non è vero! – Daria rialzò lo sguardo per incontrare quello divertito di Potter e si rese conto che, grazie al loro battibecco la sua ansia si era un po’ attenuata.

“Potter, vuoi rispondere alla domanda?”

“Mi scusi, signore, non ho sentito potrebbe.. ripetere?”

“Certo, certo, non c’è problema. Ti ho chiesto cosa fa arrabbiare la signorina De Lupo”.

“Riuscire a farla arrabbiare non è affatto facile, mi creda ci ho provato per un’ora intera e sono riuscito solo a farla irritare, ma non abbastanza perchè perdesse il controllo. Anche se, in effetti,  l’ho vista arrabbiata due volte e penso di essere uno dei pochi fortunati a poterlo affermare. Comunque entrambe le volte non si è arrabbiata per un insulto rivolto a lei, ma per mancanza di rispetto verso i suoi amici, beh veramente verso mia cugina Rose. In poche parole chi vuole far arrabbiare la De Lupo non deve perdere tempo ad insultare lei: non servirebbe! Conviene prendersela direttamente con Rosie!” Disse il ragazzo sorridendo, poi aggiunse: “anche se non lo consiglio: Rose è permalosa abbastanza anche per la sua amica e averle entrambe contro.. beh a quel punto è più rapido e indolore il suicidio”. Il pubblico scoppiò in una risata e Daria sentì con chiarezza la sua migliore amica promettere: “Questa me la paghi Potter”.

“Bene, tornando a te signorina De Lupo, quali sono i tratti più Grifondoro della personalità del suo compagno?”

A quella domanda Daria sentì con precisione inquietante l’ansia tornare a farle compagnia, come una vecchia amica, di cui avrebbe, però, fatto volentieri a meno.

- Ehi, De Lupo immagina di essere sulla scopa o davanti ad un calderone, magari ti aiuta. Anzi fa finta di dover rispondere a questa domanda per aiutare i tuoi amici. –

L’italiana si voltò a guardarlo e vide che la fissava, sorridendo. In quel momento realizzò che non aveva bisogno di fingere di star aiutando i suoi amici era sufficiente che si concentrasse sulla realtà e sul risponder a quelle maledettissime domande non per se ma per Potter. Aveva dimostrato di averla capita meglio di molti altri e di essere in grado di aiutarla nei suoi momenti di ansia, oltre ad essere ben disposto a farlo, lei in quelle tre settimane aveva passato più tempo con lui che con James e gli altri suoi amici, escluse, ovviamente, Rose e Moira, e si erano divertiti ad allenarsi e studiare insieme, quindi poteva, in tutta tranquillità annoverare anche lui tra i suoi amici.

Si voltò verso il preside e sorrise, di nuovo sicura, di nuovo se stessa. “Fegato, coraggio e cavalleria sono le caratteristiche Grifondoro, giusto? Penso che Potter le abbia tutte e tre, certo non è uno scavezzacollo sprezzante delle regole come quel masochista di suo fratello James, ma questo non vuol dire che sia meno Grifondoro di lui, solo meno stupido, probabilmente.” Si prese un secondo per pensare e poi aggiunse con un sorriso “Non che ci voglia molto”.

I ragazzi ricominciarono a ridere e James le rifilò una finta occhiataccia e urlò “Daria! Tradimento!”

La ragazza sorrise e andò avanti. “Perché dico che ha fegato? Facile! Ce ne vuole veramente in quantità industriali per scegliere due pazzi sclerotici con manie omicide, come Rose e Scorpius come migliori amici, ve lo assicuro. E bisogna essere anche veramente coraggiosi e tanto, ma tanto masochisti per cercare di farli riappacificare o calmare durante i loro litigi e rischiare quindi la vita, tra minacce di tutti i tipi e le forme che una brava ragazza ben educata come me non può proprio ripetere, invece di scappare o starsene in disparte, come la sottoscritta. Quanto alla sua cavalleria, beh direi che il fatto che Rosie sia ancora viva dopo tutte le volte in cui lo ha affatturato cercando di colpire Scorpy, ne è un ottima testimonianza. Riassumendo: fegato, coraggio cavalleria e quel bel quintale di masochismo che nella casa del caro Godric non guasta mai, lo rendono un vero Grifondoro”.

Sorrise angelicamente e le risate aumentarono. Anche Potter stava ridacchiando, diversamente da Rose e Scorpius che sembravano volerla uccidere con lo sguardo.    

Il preside tutto sorridente si rivolse di nuovo all’altro, mentre il punteggio saliva a sessanta e Daria sospirava di sollievo: nonostante la sua recente scoperta, l’ansia non l’aveva abbondata del tutto e si era vista costretta a cercare di fare dello spirito, senza andare troppo in profondità, per celare e arginare il suo imbarazzo.

“Bene, Potter penso proprio che ti rivolgerò la stessa domanda: quali sono le caratteristiche Serpeverde della signorina De Lupo?”

“Prima di conoscerla, veramente, la De Lupo mi era antipatica per mia presa di posizione personale: avevo deciso che era presuntuosa, altezzosa, insopportabile e approfittatrice, senza alcun motivo reale. Poi sono stato costretto a ricredermi e mi sono ritrovato a domandarmi che boccino ci facesse una persona generosa, trasparente e disinteressata come lei a Serpeverde, ho iniziato ad osservarla e ho capito.

Davanti ad un qualunque ostacolo i membri delle varie case si comporterebbero in modo diverso:  un Grifondoro lo affronterebbe senza preoccuparsi delle conseguenze, nel modo più diretto possibile; un Corvonero ci ragionerebbe e sceglierebbe il modo migliore per risolvere la situazione; un Tassorosso continuerebbe provare a superarlo con perseveranza, ma lei no, lei farebbe in modo diverso. De Lupo troverebbe il modo migliore per aggirarlo e proseguire il suo cammino, lei svicolerebbe e si può essere certi che, qualunque sia l’ostacolo, che sia minuscolo o immenso, se esiste un’alternativa, gigantesca o invisibile che sia, lei è in grado di trovarla.

In più ha la capacità, molto Serpeverde a mio avviso, di persuadere le persone. È riuscita a convincere mio fratello James e mio cugino Fred a lasciare un po’ di libertà a Lily con una sola lunga discussione, quando io ci provo da quattordici anni senza ottenere il minimo risultato. Ha un potere immenso, eppure non lo usa e la possibilità che non sia conscia di possederlo non è nemmeno da prendere in considerazione, lei sceglie di usarlo raramente.”

Daria era  rimasta letteralmente a bocca aperta non solo non riusciva a capire come e quando mini-Potter l’avesse analizzata così bene, ma era anche sorpresa per il discorso su Lily: era stata lei stessa a dirle che mini-Potter e Malfy le stavano con il fiato sul collo e ora lui sosteneva, sotto Veritasserum, di essere sempre stato a favore della “liberazione” della piccola Potter.

I conti non mi tornano..

“Certo ho appurato che ha dei lati molto Serpeverde: la capacità di svicolare in qualunque situazione e quella di convincere la gente. Eppure.. continuo a non capire cosa ci faccia lei nei sotterranei, quando tutte le sue altre caratteristiche vanno contro gli ideali di quella casa”. L’ultima parte di discorso fu pronunciata con un tono decisamente più basso di prima e Daria dubitava che gli altri studenti avessero sentito, forse non c’era riuscito nemmeno il preside.      

In ogni caso il punteggio salì immediatamente a settanta e l’italiana ascoltò l’ultima prevedibilissima richiesta del preside: descrivere il compagno con quattro aggettivi.

“Leale, coraggioso, attento, ma ingenuo”. Il terzo aggettivo era frutto di una scoperta dell’ultimo minuto e aveva sostituito il “logorroico” con cui lei avrebbe tanto voluto poterlo descrivere.

I punti salirono a ottanta e la ragazza si preparò mentalmente al pareggio con Rose e Scorpius e a tutti gli sbuffi, le proteste e i malumori con cui la rossa l’avrebbe tormentata per un sacco di tempo.

“De Lupo è timida, sveglia, in modo quasi inquietante, ansiosa e altruista”. 

Il novanta che apparve nitido sul tabellone, confermò il pareggio e i timori di Daria.

 

 

 

 

 

 

 

1)  Non bisogna dimenticare che Albus è inglese quindi per lui il cognome di Daria non vuol dire niente e non sarebbe stato in grado di capire il parallelo tra il suo cognome e il suo animale preferito, se lei non glielo avesse spiegato.

 

Spazio autrice:

eccomi finalmente con il capitolo della prova. Inutile dire che nemmeno questo mi convince pienamente, ma ormai ci ho fatto l’abitudine e non essere convinta quindi..

Questa Daria così ansiosa e in preda al panico non ve l’aspettavate, vero? Il fatto è: lei sembrava quasi senza punti deboli e siccome credo che le debolezze siano un enorme ricchezza e contribuiscano a rendere i personaggi più reali ho deciso di darle questo bel pacchetto di ansie inaspettate. Il perché non si siano manifestate prima spero che si sia capito dalla storia: finora avevamo sempre visto Daria nel suo elemento, dove il panico non riusciva a raggiungerla.

Questa è la differenza sostanziale tra lei e Rose: se una è talmente terrorizzata dell’attenzione degli altri da cercare di nascondersi il più possibile, l’altra ne è quasi dipendente e quindi brilla, appare e spicca per entrambe. E questo è forse una delle cose che le ha unite.  

Un'altra cosa che spero che si sia notata è il diverso modo di rapportarsi al punteggio: Rose è ambiziosa quindi sapere se il punteggio è salito o no è vitale per lei, mentre per Daria è marginale e ho fatto in modo che lo notasse solo perché, visto che, nonostante la terza persona, scrivo ciò che Daria (o Rose a seconda dei casi) vede, sente, pensa e percepisce, avevo bisogno che lei vedesse il punteggio cambiare perché altrimenti sarebbe stato più difficile per chi legge seguire la prova.

Volevo chiarire un’altra cosa: i discorsi dei ragazzi sotto Veritasserum, specie quelli di Al, sono a volte un po’ contorti o con nessi poco visibili, ma è una cosa voluta: dopotutto non hanno il pieno controllo sulla propria lingua, no?

La parte in cui Daria capisce che lei e Al sono amici non era programmata, ma mi è uscita e spero che non vi sembri fuori posto.

Volevo parlare anche del cambio del titolo: “Fate Always Finds Its Way” non mi convinceva per niente e ho deciso di  cambiarlo nello stesso istante in cui ho pubblicato il prologo, ma non  mi venivano in mente alternative. Perché “By The Way”? Per due ragioni: 1) tra i vari significati “by the way” ha anche quello di “cammin facendo” e l’idea mi piaceva;  2) è il titolo di una canzone e di un album del mio gruppo preferito, i Red Hot Chilli Peppers.

Non ho davvero idea di quando riuscirò ad aggiornare le mie poche certezze sono che nel prossimo capitolo verranno spiegate parecchie cose, che personalmente non vedo l’ora di scriverlo e che sarà molto più intenso di questo e molto.. sincero, ecco. Il titolo? “Veritasserum”.

Un bacio enorme,

Daria

 

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Capitolo 8
*** 7. Veritasserum ***


7) Veritasserum

 

 

“Dove vai Potter?” Chiese Daria al compagno, vedendolo allontanarsi. La prova era appena finita e, nonostante Vitious li avesse congedati, molti degli studenti erano ancora in Sala Grande.

“A parlare con Amy e mettere in atto il tuo piano”. Le rispose il ragazzo continuando a camminare. Daria lo afferrò per un braccio, bloccandolo e costringendolo a voltarsi verso di lei. “L’effetto del Veritasserum non è ancora finito. Se tu vai a parlarle ora, non riuscirai a mentirle e lei saprà la verità”.

Potter spalancò gli occhi verdi e si sbatté una mano sul viso. “Non l’avevo realizzato, grazie. È meglio se vado a chiudermi in camera con Scorpius e non esco finché questa pozione non ha finito di fare effetto. A proposito” aggiunse allungando il collo “l’hai visto?”

“No. Non vedo nemmeno Rose..” Si voltò e alzò sulle punte, aguzzando la vista alla ricerca dei loro amici scomparsi. Notò una chioma bionda avanzare nella loro direzione e si voltò nuovamente verso il Grifondoro. “In compenso però vedo la tua ragazza venire verso di noi”.

Lui strabuzzò nuovamente gli occhi, vagamente spaventato. “E ora? Verrà a cercarmi anche in camera, se non mi trova qui. Sa la parola d’ordine”.

Daria rifletté per qualche secondo, poi le venne un’idea. “Vieni con me”. Lo afferrò per un braccio e lo trascinò via, fuori dalla Sala Grande. Percorsero il corridoio principale per alcuni metri, poi lei lo tirò dentro ad un passaggio segreto, che James le aveva mostrato anni prima. Quel ragazzo aveva la sua indubbia utilità e competenza in certi campi e uscire dalle regole era il primo della lista.

“Dove stiamo andando?” chiese Potter affiancandola.

“Stanza delle Necessità. Possiamo stare lì finché l’effetto della pozione non svanisce”.

“Buona idea”. Il ragazzo si aprì in un sorriso sincero e bellissimo. “Grazie, De Lupo. Davvero”.

“Daria”.

“Eh?” fece lui confuso.

“Ehm.. puoi chiamarmi Daria, se ti va..”

Lui riprese a sorridere “Mi correggo: grazie, Daria. Davvero”.

Lei sorrise a sua volta “Prego, Albus”.

Camminarono per qualche minuto in silenzio, poi lui le chiese. “Posso sapere perché hai deciso di chiamarmi per nome e permettermi di farlo? Noi ci conosciamo veramente solo da poco eppure me lo permetti già, mentre se non sbaglio Scorp ci ha messo un sacco ad ottenere il permesso e le tue compagne di stanza, la Goyle e la Cartwright, non l’hanno mai avuto”.

“Ci conosciamo da poco, è vero”. Gli concesse lei, “Però non puoi dire che non sia stato tanto il tempo che abbiamo trascorso insieme nonostante ciò. Ho passato più tempo con te nell’ultimo periodo che con tuo fratello, il mio migliore amico, e mi sono divertita, in più oggi mi sono resa conto di considerarti.. un amico, ecco.. e quindi mi è sembrato giusto chiamarti per nome, perché i miei amici li chiamo tutti per nome.” Strinse le mani appena le mani tra loro, leggermente a disagio: aiutare gli amici era una cosa, dire e spiegare ad un ragazzo, che non era James, di considerarlo un amico, facendogli capire di tenere, in qualche modo, a lui, era tutt’altra.

“Con Scorpius ci ho messo un po’ perché non volevo né fare un torto a Rose, né che lui si montasse troppo la testa. Le due oche, invece, non le ho mai considerate mie amiche, nemmeno per sbaglio”.

“Mi fa piacere.. cioè non che tu non sia amica delle tue compagne di stanza.. mi fa piacere che tu sia amica mia”. Si affretto a spiegare Al.

Daria lo rassicurò subito con un sorriso “Avevo capito”.

Lui annuì, più rilassato. “ Anche io mi sono divertito con te e ti considero un’amica, ormai. E come potrei non farlo? Mi hai aiutato un sacco in diverse occasioni, anche quando amici non lo eravamo ancora, anzi.”

Lei si fermò e gli tese la mano “Allora, amici?”

Lui sorrise e la strinse “Amici”. La Serpeverde annuì sorridendo, poi interruppero il contatto e ricominciarono a camminare.

“C’è un’altra cosa che mi piacerebbe sapere, ma ho paura che ti arrabbierai”.

“Paura? Che Grifondoro sei?” fece lei scherzosamente. “Vai tranquillo, non sono mica Rose, io mi arrabbio raramente, lo sai. Troppo faticoso”.

“Come vuoi, però io ti ho avvertita..” Ci fu una piccola pausa poi Albus riprese: “Uno dei motivi per cui non mi andavi a genio era la tua amicizia con Rose. Vedi, io pensavo che tu fossi sua amica solo per pietà. Credevo che, siccome sapevi che lei era sola, ti facesse pena e avessi deciso di concederle la tua amicizia, un po’ come una persona ricca che fa l’elemosina solo per mettersi in pace la coscienza, ma continua a guardare con sufficienza le persone più povere. Ne ero fermamente convinto e temevo che l’avresti abbandonata, facendole del male, come gliene ho fatto io.  Quindi ti odiavo parecchio, con un astio profondo che non ha nulla a che vedere con l’antipatia marcata che Rose e Scorpius chiamano odio ”.

Daria, che si era fermata sentendo il suo discorso, gli domandò, esterrefatta “E queste cazzate da dove boccino spuntano fuori?”

Albus si grattò la nuca, visibilmente a disagio. “Beh un po’ sono dovute al fatto che mi avevi rimproverato e ferito nell’orgoglio e quindi non potevo pensare bene di te, e un po’ derivano dal fatto che, tutt’ora, non riesco a spiegarmi la vostra amicizia”.

Daria gli lanciò un’occhiata confusa e vagamente risentita e lui prese a spiegare, gesticolando. “Insomma tu e Rose, a parte il Quidditch, i bei voti e l’essere Serpeverde, non avete proprio un boccino in comune!”

“Che intendi dire?” Domandò Daria, che non capiva dove il ragazzo volesse arrivare. Era strano per lei non capire il comportamento o i discorsi di qualcuno, ma con quel Potter le capitava sempre più spesso di restare sorpresa. 

“Beh, non puoi negare che siete molto diverse. Avete gusti, abitudini e comportamenti contrastanti ed è abbastanza strano che voi due andiate tanto d’accordo.”

Ah, ora capisco.. Io e Rose, viste le nostre personalità, dovremmo detestarci e invece siamo migliori amiche, quindi lui ha pensato che io mi fossi interessata a lei per pietà e lei si fosse aggrappata a me per necessità.

“In effetti, ora che mi ci fai pensare è una cosa davvero strana, però noi amiche lo siamo davvero e non perché lei mi fa pena e io le servo per non essere sola.

All’inizio del primo anno anche io soffrivo di solitudine: ero timidissima e insicura, quindi non mi avvicinavo a nessuno, e nessuno si avvicinava a me perché ero straniera, avevo un cognome ingombrante che intimoriva chiunque lo conoscesse e un accento leggero, ma fastidioso, ero brava a scuola, piacevo agli insegnati e, in più, visto che ero riservata, sembravo snob e presuntuosa.

Mi ero resa conto che anche tua cugina e Moira si sentivano sole, ma non facevo nulla per legare con loro.. rompere il ghiaccio non era il mio forte.. in realtà non lo è tutt’ora..” ammise con una punta di imbarazzo. “Il resto lo sai: ti ho beccato a parlar male di Rose e ti ho sgridato.. speravo che essendo più serena sarebbe riuscita a notarmi e, allo stesso tempo, temevo che non l’avrebbe fatto perché, come dici tu,  una come me non centrava nulla con lei e se lei aveva di nuovo te allora non le serviva nient’altro.. Cioè quando ti ho fatto la scenata ero totalmente disinteressata! Queste cose le ho pensate dopo!” Aggiunse in fretta, ricordandosi del precedente giudizio di Al e temendone un altro altrettanto sbagliato.

Lui ridacchiò, piano.“Ti ho mai detto che sei una strana Serpeverde?”

Lei gli sorrise e proseguì il suo racconto, arrossendo perché, nonostante tutto, parlargli di se stessa e delle sue sensazioni ancora la innervosiva e imbarazzava. “Comunque quella stessa sera mi sono resa conto che, contro tutte le mie aspettative, Rose era ancora giù.. allora ho mandato al diavolo le mie insicurezze e la mia timidezza e ho rotto il ghiaccio”. Concluse il discorso con un largo sorriso e un leggero imbarazzo.

“Mi piacerebbe proprio sapere come hai fatto”. Disse Al, sorridendo a sua volta. “Non eri incapace di attaccare bottone?”

“Un modo l’ho trovato, guarda”. Daria toccò la sua mente e gli mostrò il ricordo di quella sera lontana, quando, in mancanza di idee migliori, aveva sbattuto sul tavolo il libro di Erbologia e dichiarato che, siccome la materia le riusciva troppo difficile e faticosa, rinunciava ad essere la migliore e perciò lei e Rose potevano essere amiche.

Il ragazzo scoppiò a ridere. “Non ci credo! Hai fatto veramente così?”

“Certo. Siamo sotto Veritasserum, Al: non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi”. Il sorriso le si bloccò sul nascere mentre realizzava il significato delle proprie parole.

Non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi.. sei costretto a credermi..

“Beh almeno l’hai avvisata del tuo essere indubbiamente assurda. Anche se credo che, a quel punto, lo avesse già intuito da sola”. Albus aveva proseguito col suo discorso, ovviamente ignaro di ciò che l’assurdo cervello dell’altra stava macchinando. “Ora il perché siate diventate amiche è chiaro, ma.. come fate ad esserlo ancora? Coi caratteri che avete dovreste odiarvi”.

La Serpeverde si riscosse e decise di rimandare quanto appena progettato e rispondere prima alle sue domande e, magari, saziare anche la propria, di curiosità.

“Vero, probabilmente dovremmo. Il motivo per cui non è così non è chiarissimo nemmeno a me, ma suppongo che, quando si ci vuole davvero bene, le differenze non importino più di tanto. E poi.. Rose è l’unica persona che riesce sempre a interpretare i miei comportamenti. Da un mio gesto, da un mio sguardo, da una qualunque cosa apparentemente insignificante, lei è sempre capace di dedurre il mio stato d’animo.. Poi, non appena l’ha capito mi bombarda di domande finché non gliene spiego la ragione”. Il sorriso sereno e pacifico le nacque, spontaneamente, sulle labbra. “Questa è l’unica ragione per cui non sono ancora stata ammazzata, nonostante tutti i miei cambi di umore improvvisi, imprevisti e invisibili”.

Si fermarono in un corridoio all’altezza dell’arazzo di Barnaba il Babbeo: erano arrivati destinazione. Daria passò tre volte davanti all’arazzo e, al terzo passaggio, una porta comparve sul muro.

“Lunatica, eh?” Le chiese Al, con un sorriso, e la precedette attraverso la porta.

“Non puoi nemmeno immaginare quanto”. Daria lo seguì immediatamente, entrando in una stanza piccola e accogliente, dai colori caldi, ma volutamente neutri.  Il fuoco del caminetto illuminava l’ambiente con una luce bassa e soffusa che dava un aria decisamente comoda alle due poltrone, poste vicino al camino.

Daria si sedette su una poltrona e Al sull’altra, poi la Serpeverde chiese: “Mi spiegheresti tu una cosa ora?”

Il ragazzo annuì con un sorriso, “Chiedi pure”.

“Se non sbaglio hai detto che hai sempre cercato di convincere Jam a lasciare un po’ di libertà a Lily”. Il ragazzo annuì ancora e lei proseguì: “Eppure tua sorella all’inizio di quest’anno mi ha detto che tu e Scorpius avevate preso il posto di James e Fred a capo delle sue “guardie del corpo”. Mi spieghi perché le stai sul fiato sul collo ora che tuo fratello non lo fa più?”

“Beh, diciamo che Scorp considera Lils la sorellina che non ha mai avuto ed è protettivo con lei quasi quanto James.. ora che lui non le sta più sempre addosso Scorpius ha pensato che fosse suo preciso dovere prenderne il posto, così, per cercare di controllarlo e limitarlo faccio finta di dargli man forte, mentre in realtà lo depisto e fornisco vie di fuga alla piccoletta. Scorpius è terribilmente ingenuo in certi casi ed incredibilmente facile da fregare”.

Lei ridacchiò: “In effetti.. non è molto sveglio in certe situazioni.” Poi, tornando seria, continuò: “Però tu sei molto più ingenuo di lui”.

“L’hai detto anche alla prova.. ma non capisco che intendi”.

La ragazza sospirò pesantemente. “Quello che sto per mostrarti te lo farà capire, ma non sarà facile da accettare.  Però tieni a mente quello che ti ho detto prima: non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi e ciò che ti mostro deve essere accaduto veramente ”.

Il ragazzo le lanciò uno sguardo confuso. “Ma che vuoi dire?”

Lei non rispose, ma gli toccò la mente con la propria, riversando in essa uno dei suoi ricordi. Uno, che risaliva solo a qualche giorno prima, ma che l’aveva tormentata a lungo e intensamente.

Daria sorrise, scuotendo leggermente la testa, e stava per commentare la sua ultima frase, quando la sua attenzione fu catturata da qualcos’altro.

Si trovavano vicino all’ingresso della torre di Corvonero e l’udito ipersviluppato della ragazza si era attivato di sua spontanea iniziativa, cosa che accadeva abbastanza raramente, permettendole di sentire qualcosa che mai si sarebbe aspettata.

“... il tuo povero ragazzo, Amanda?” Chiese una voce acuta e femminile, che Daria non aveva mai sentito prima.

Ci fu una risata e poi la risposta di quella che doveva essere Amanda Corner, la ragazza di mini-Potter: l’italiana non aveva mai sentito nemmeno la sua di voce, prima, quindi, non poteva esserne certa. “E perché mai? Lui è talmente imbranato, mi sembra di baciare un bambino di tre anni tutte le volte. È così patetico.” Daria non credeva alle sue orecchie: lei non era certo una fan di Albus Potter, ma ora sapeva che era un bravo ragazzo e non si meritava un’arpia del genere per fidanzata.

“E poi Amy sta con quello sfigato solo per il suo cognome, no Amy?” Chiese un’altra ragazza.

“Già sinceramente avrei preferito suo fratello James, ma lui non ci sarebbe mai cascato, quindi mi sono dovuta accontentare del Potter tonto e imbranato”. Seguirono altre risate e Daria smise di ascoltare: stava iniziando ad arrabbiarsi.

Il silenzio che piombò tra loro era denso e pesante e la ragazza non se la sentiva di romperlo, perché proprio non sapeva cosa dire.

Però non posso nemmeno pretendere che lo faccia lui e magari lui ha bisogno che io dica qualcosa che lo distragga o conforti.

Quindi, dopo qualche lungo minuto, si fece coraggio e disse. “Mi dispiace davvero tanto Al: io non volevo ferirti né intromettermi in cose che non mi riguardano, ma non volevo nemmeno che tu continuassi ad essere ingannato da lei.. sei un bravo ragazzo e non ti meriti un trattamento del genere e una come lei non si merita il tuo affetto e la tua fiducia”.

 Lui alzò lo sguardo, posandolo su di lei, ma non disse niente. La Serpeverde, allora, visto che era abituata a parlare sempre con tutti i suoi amici dei loro problemi e ad aiutarli a risolverli decise di prendere il toro per le corna e aiutare Al a superare la delusione. “È normale che tu ti senta rotto,  tradito, triste e probabilmente depresso e non è un problema se hai bisogno di piangere, o se mi vuoi insultare o prendere a pugni per sfogarti. Fallo pure, niente di quello che dirai o farai uscirà da questa stanza”. Concluse con un piccolo sorriso, che il ragazzo ricambiò con uno ancora più piccolo.

“In realtà..” cominciò lui, dopo un po’, “non mi sento affatto triste e depresso, solo molto stupido, per non aver capito chi fosse in realtà Amanda e per essermi fatto ingannare, e decisamente furioso, con lei, ma soprattutto con me stesso.” L’ammissione sorprese abbastanza l’italiana, che si aspettava una reazione molto peggiore.

Dopo qualche altro minuto di silenzio il ragazzo riprese: “In realtà sono anche parecchio confuso..” Ci fu un’altra pausa poi lui continuò. “Vedi io pensavo di essere innamorato di lei, eppure sapere che per lei io non ho mai contato nulla e che tutto era solo una finzione non mi ha ferito né distrutto, né altro, sono solo decisamente arrabbiato e irritato per essere stato ingannato.”

Come riesce a concentrarsi su questo ora?Dopo essere stato ingannato a quel modo dovrebbe, come minimo, essere furioso.. invece, anche se sostiene di essere arrabbiato, riesce a pensare a qualcosa come questo e a sentirsi confuso.. Strano ragazzo.. O forse si concentra su queste cose perché non vuole esplodere davanti a me..

Daria si ricordava vagamente di aver già sentito qualcuno fare un discorso simile, ma proprio non le veniva in mente chi.

“Probabilmente non era vero che l’amavi: magari stavi bene con lei, e ti divertivi, però non era un legame tanto profondo, perché altrimenti ti sentiresti ferito e tradito, oltre che furioso”.

“Ok, ma come ho fatto a prendere un abbaglio simile? Credere di amare una per cui non provavo nemmeno un affetto profondo? Anche se, ora che ci penso, mi sento tradito e sono parecchio incazzato”. Daria poteva vedere, con estrema chiarezza, la sua rabbia nei pugni serrati con forza, nella linea dura della mascella e, soprattutto, nei suoi occhi verde chiaro, che, come sempre, riflettevano perfettamente il suo umore. 

Ora che ci penso? Ma quanto è fuori questo?

“Non so.. Probabilmente tendi a sentirti molto vicino anche a persone che forse non lo sono, magari ti sembrava qualcosa di forte e ti sei convinto fosse amore, oppure sei uno che esagera.. Ci sono un milione di altre possibilità, ma non so quale sia quella giusta.” Ci pensò un po’ poi disse: “Comunque non è una cosa così unica e grave: è capitato anche a me una volta!”

Allora realizzò: Ah ecco  perché mi sembrava familiare come discorso: io ne ho fatto uno praticamente identico a Rose!

Gli occhi verdi di Al erano anche curiosi ora. “Davvero? Quando?”

“Mah.. Durante l’estate tra il quarto e il quinto, ho conosciuto uno che mi piaceva abbastanza, ci siamo girati attorno  per un po’ come amici ed eravamo entrambi interessati, lo sapevano tutti nel nostro gruppo , poi, sotto consiglio di tua cugina – c’era anche lei in Italia – mi sono fatta avanti, lui ha detto che preferiva che restassimo amici e io mi sono detta d’accordo.

Non ho versato una lacrima, nonostante io sia abbastanza incline al pianto. Dopo un po’ lui ha preteso di ricominciare a comportarsi come prima, ovvero a provarci spudoratamente e ad allungare le mani, io gli ho fatto capire che non era così che funzionava e ho capito cosa volesse veramente. Durante l’intera storia io ho provato rabbia, fastidio, irritazione, ma pochissimo dolore e mi sono ritrovata a fare a Rose un discorso simile a quello che tu hai appena fatto a me”.

“E ovviamente hai realizzato subito di non essere innamorata di lui”.

Lei lo guardò sorpresa. “Eh? No, in realtà i primi dubbi mi sono venuti  solo quando ne ho parlato con  Moira e lei mi ha fatto notare quanto fosse stata insolita e poco drammatica la mia reazione e, infine, ho avuto bisogno che James mi dicesse chiaro e tondo che non l’amavo, perché me ne rendessi conto. Da allora tuo fratello si diverte a tirare fuori l’argomento con una certa frequenza”.

Ok , forse sono fuori quanto lui. Pensò, considerando la situazione.

Poi ci rifletté bene e si corresse: Meglio senza il forse. Anzi, probabilmente lo sono anche più di lui.

Ci rifletté ancora e si corresse di nuovo: Meglio senza il probabilmente.

Passò qualche altro minuto, in cui Daria valutò senza troppa serietà o attenzione entrambe le situazioni, poi interruppe, nuovamente, il silenzio, curiosa. “Cosa hai intenzione di fare con Viperanda?”

“Con chi?” Chiese lui confuso.

“La Corner. Si chiama Amanda, no?” Il ragazzo annuì e lei proseguì: “ed è una vipera, quindi ho deciso che la chiamerò Viperanda. Una persona tanto stronza e arrivista non merita un nome vero e proprio, nemmeno quello di un animale: ci potrebbero essere delle ragazze di nome Amanda, buone e giuste che non hanno fatto nulla per essere costrette a condividere il nome con una persona così stronza, ma non è nemmeno giusto insultare le vipere, paragonandole a lei. Perciò Viperanda è il nome migliore”.

Lui ridacchiò, senza apparire troppo sorpreso. “Mi sembra appropriato”.

“Lo so. I miei nomignoli lo sono sempre.” Rispose, soddisfatta dall’averlo fatto ridere. “Allora cosa farai con lei?”

“Boh, penso che per il momento non la lascerò..”

“No?”

“No. Sinceramente, ora come ora, non mi va di far sapere a tutta la scuola il modo in cui sono stato giocato, senza contare che, stando ancora un po’ con lei, terrò qualunque altro ragazzo ingenuo lontano dal suo veleno”.

Lei annuì, sorridendo. “Ha senso, ma non era “lontano dalle sue grinfie”?”

“Beh, sì, ma le vipere non hanno le grinfie no? Hanno i denti velenosi”.

Entrambi sorrisero e la Serpeverde assentì. “Giusto. Comunque è un ragionamento generoso. Mi piace”. E lo gratificò con un bel sorriso caldo. Il più caldo del suo repertorio e che di solito rivolgeva solo a Marme e Rosie.

Chiacchierarono per un po’ di cose poco importanti e Daria intuì che Al volesse distrarsi e non pensare. Allora gli fece una domanda che le ronzava in testa dalla fine della sfida. “Senti Al, alla prova hai detto di avermi vista arrabbiata davvero per due volte. La prima, ovviamente, è stata la famosa scena al primo anno, ma la seconda?”

Il ragazzo sorrise. “Qualche settimana fa, dopo colazione. Stavo andando con Scorp e altri ragazzi nei sotterranei e abbiamo sentito la voce di mia cugina che litigava con la Cartwright e la Goyle e poi, quando lei stava per esplodere, ti abbiamo vista arrivare e terrorizzare quelle due, facendole scappare a gambe levate.” Poi ridacchiò. “E come biasimarle? Eri propri accecata dalla rabbia quella volta! Non ti sei nemmeno resa conto che io e Scorp eravamo dietro di loro e ci siamo goduti tutta la scena.”

Lei sorrise un po’ imbarazzata. “Sì ero abbastanza fuori di me, anche se quello non è niente” Il sorriso si fece divertito e consapevole.

“Aspetta… Vuoi dire che puoi essere peggio? Già così eri abbastanza spaventosa, non oso immaginare come saresti se perdessi davvero il controllo”.

“I miei poteri impazzirebbero. Per questo sin da bambini ci viene insegnato a controllare la rabbia. In teoria dovremmo essere tutti calmi e controllati e arrabbiarci molto raramente, ma ci sono le eccezioni. Mia sorella, per esempio.” Il ragazzo annuì e la conversazione si spostò di nuovo su argomenti meno importanti e di circostanza.

 Ad un certo punto Al, senza alcun motivo apparente, disse: “Che ne pensi, tu, della scommessa di Jamie?”

“Seccatura enorme. Ed immensa perdita di tempo ed energie, sue per tentare di vincerla, nostre per tentare di non subire danni gravi.”

“Concordo in pieno”. Ci fu una breve pausa, poi sul viso del ragazzo comparve un sorriso Malandrino. “Almeno per quanto riguarda noi due. Su Rose e Scorpius non ci metterei la mano sul fuoco”.

Lei ricambiò il sorriso. “L’hai notata anche tu allora? L’attrazione?”

“E come avrei potuto non accorgermene? È talmente palese. Ma guai a parlarne davanti ad uno dei due, specie davanti a Rosie”.

La ragazza assentì, divertita. “Ti mangerebbe vivo”.

Quasi come se fosse stata chiamata, la voce di Rose giunse chiara, forte e abbastanza disperata nella mente dell’altra Serpeverde: - ITALIANA! Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di te–

Un istante dopo, prima che Daria avesse il tempo di rispondere all’amica, la ragazza avvertì un altro messaggio. – Daria, ho combinato un casino,  faresti meglio a venire–

Che boccino è successo? Si chiese, lei preoccupata.

- Cinque minuti e sono lì – Mandò un doppio messaggio e si alzò dalla poltrona.

“Tutto bene?”

Daria alzò appena lo sguardo: aveva fretta, una fretta incredibile di tornare al dormitorio e scoprire perché le sue più care amiche fossero entrambe in preda al panico.

“è quello che vorrei sapere anch’io. Rose e Moira mi hanno entrambe mandato un messaggio mentale, chiedendomi di raggiungerle al più presto”. Spiegò frettolosamente, dirigendosi verso la porta.

“Aspetta.. Come un messaggio mentale? Ma non eri tu la sola capace di comunicare telepaticamente?”

“Sì, ma se una mente con cui sono abituata ad entrare in contatto, pensa intensamente a me, io riesco a sentirla e a riceverne i pensieri anche ad una moderata distanza”. Non si voltò, mentre parlava, la mano già sulla maniglia.

“Daria?”

“Sì?” La ragazza si voltò di scatto, leggermente irritata e questo provocò un piccolo incidente: Al, che doveva essersi avvicinato parecchio per darle un bacio sulla guancia, sbagliò obbiettivo e, invece di poggiarsi sul suo viso, le labbra del Grifondoro sfiorarono appena quelle della Serpeverde.

Entrambi fecero immediatamente un passo indietro, lui quasi inciampando nel tappeto, lei sbattendo la schiena contro la porta. Daria vide le guance del ragazzo colorarsi leggermente di rosso e fu sicura che anche le proprie si stessero arrossando e non altrettanto leggermente.

Lui fece un sorriso e si passò una mano sulla nuca, vagamente a disagio. “Volevo ringraziarti, per tutto: sei un’amica preziosa. Scusa per l’incidente”.

Lei arrossì ulteriormente per il complimento: non era abituata a riceverne da chiunque non fosse James o Rose. “Uhm.. non c’è pro-problema”. Prese un respiro profondo e sorrise. “Prego. È la cosa che so fare meglio: essere una buona amica”.

Normalmente avrebbe detto qualcosa come “Prego, mi ha fatto piacere”, o frasi simili, ma in quel caso proprio non aveva potuto: permettere ad Al di scoprire la verità su Viperanda non le aveva fatto piacere, per niente. Certo lei le era decisamente antipatica, molto più delle due ochette con cui doveva dividere la stanza, ma far soffrire un amico non poteva farle piacere.

 

 

***

***

 

 

“Bene! Con questo direi che è chiaro che abbiamo un pareggio! Prime a pari merito, dopo questa sfida iniziale, abbiamo la coppia Weasley-Malfoy e quella De Lupo-Potter.” Il preside cominciò a sperticarsi in lodi e complimenti ai ragazzi, ma Rose smise di prestare attenzione e uscì dalla Sala Grande, irritata.

Detestava i pareggi, li detestava da anni. Pareggiare voleva dire essere allo stesso livello di qualcun altro, dividere il premio e l’attenzione, non essere unica. E lei odiava quella sensazione.

Da piccola era sempre stata paragonata alla madre e messa a confronto con gli altri cugini e non era mai stata unica, sempre e solo una delle tante Weasley o l’intelligente figlia di Hermione Greanger in Weasley. Era una situazione che le andava bene, in cui si sentiva a suo agio, come tutti gli altri suoi cugini: il dover fare i conti con genitori dalla fama ingombrante e un mare di altri ragazzini era il prezzo da pagare per far parte della loro splendida e amorevole famiglia, un piccolo prezzo.

Poi era arrivata ad Hogwarts ed era stata smistata a Serpeverde. Si era ritrovata improvvisamente sola, improvvisamente lontana ed esclusa dal suo mondo. I cugini più grandi avevano ben altro da fare che prendersi cura della piccola pecora verde di famiglia, i più piccoli avevano dato retta ad Al che si sentiva offeso e aveva deciso di ignorarla. Gli adulti, tolti zio Harry e zia Gin e i nonni, avevano preferito non interferire nella lite in corso tra sua madre e suo padre e non le avevano mai dato un grosso appoggio. Quella era stata la prima volta in cui Rose si era sentita davvero sola.

Col tempo si era convinta che, come la confusione era stato il prezzo da pagare dell’appartenere alla famiglia, così la solitudine era il prezzo dell’unicità. Lei era unica e speciale, capirlo l’aveva aiutata a superare il trauma e riprendersi, ma da quel momento essere la prima era diventato fondamentale per lei e non aveva più accettato di buon grado di essere confusa con gli altri cugini o paragonata alla madre.

Daria era il suo unico punto fermo, ora, e l’unica persona da cui riusciva ad accettare di essere eguagliata.  Questo era il solo motivo per cui il castello era ancora in piedi: come il primo giorno di scuola era riuscita a controllarsi solo perché l’italiana era al suo fianco, così quella sera riusciva, faticosamente, ad accettare il pareggio, perché ad eguagliarla era stata lei.    

La ragazza si chiuse alle spalle la porta di una delle aule vuote in cui lei e Daria avevano studiato con i ragazzi. Avrebbe atteso fino a che il resto degli studenti non fosse uscito dalla Sala Grande e non si fosse allontanato a dovere, per non rischiare di incontrare qualcuno, di doverci parlare e di dire qualcosa che non voleva.

Maledetta pozione.

Diede un calcio ad una sedia, frustrata ed irritata, si sedette su un banco e iniziò a pensare ad una protesta contro il preside e il fatto che li avesse obbligati a prendere il Veritasserum, ben sapendo che non l’avrebbe mai messa in atto. Stava giusto progettando di dare fuoco alla scuola quando la porta dell’aula si aprì con un cigolio.

Rose si voltò, pronta a fronteggiare l’invasore e a scappare per evitare di parlarci, ma, invece di trovarsi davanti un qualche studente curioso e pieno di domande, gli occhi azzurri della ragazza ne incrociarono un paio grigi e decisamente divertiti.

“Che ci fai tu qui, Malfoy?”

“Mi nascondo e aspetto. Come te, Weasley”. Poi sorrise ironico e disse: “Pare che passare tutto quel tempo insieme sia servito, no? Abbiamo avuto la stessa idea e ci siamo rifugiati nello stesso posto! Non è fantastico?”

L’espressione del ragazzo permise a Rose di capire che la stava prendendo in giro, così lei sbuffò e rispose, contrariata: “Per niente, Malfoy. Se passare tanto tempo insieme fosse servito davvero, allora non avresti sbagliato la risposta e noi non avremmo pareggiato”.

L’irritazione della ragazza stava per raggiungere livelli decisamente preoccupanti e il ghigno sul volto del compagno non stava aiutando.

“Beh non è mica colpa mia se niente ti mette a disagio: come potevo sapere la risposta scusa?”

La ragazza lo fissò con una certa rabbia: mi auguro, anzi gli auguro, di aver capito male.

“Prego? Stai forse dando la colpa a me perché mi mostro a disagio raramente?”

“Esattamente”, rispose lui con la stessa espressione irriverente di sempre. “Anzi inizio a dubitare che tu sia umana. Sei una specie di freddo robot che è impossibile mettere in imbarazzo”.

Rose si alzò di scatto: “Non sapere e non ricevere una buona dose si attenzione mi mettono a disagio. Mentre essere presa per il culo da te mi fa incazzare. Tanto”.

“Lo so” Malfoy ora stava sorridendo e appariva sereno e soddisfatto. “Però è troppo divertente raggirarti e estorcerti informazioni. Quando ti arrabbi, smetti di ragionare, Weasley.”

Non ci posso credere mi sono fatta giocare come una bambina.

“Ad ogni modo”, continuò il Grifondoro con la stessa aria rilassata di prima. “non penso che sia colpa tua, per niente. Ero solo molto curioso e questo era il modo più veloce, nonché il più divertente, per scoprire quello che volevo sapere”.

“Ho sempre saputo che sei fuori di testa, Malfoy” fece Rose, più tranquilla, tornando a sedersi sul banco. “Ma non immaginavo avessi anche istinti suicidi”.

Malfoy prese una sedia e si sedette di fronte a lei, sollevando appena le spalle in risposta alla sua osservazione, il ghigno strafottente di nuovo presente sul viso: “Attraente, eh?”

Rose se lo aspettava, solo sperava che il confronto avvenisse in un altro momento. Magari uno in cui non era costretta ad essere sincera. Auto convincendosi che quella del ragazzo era una domanda retorica, la Serpeverde scoprì di essere in grado di eluderla.

“Bellissima?” Lo sfidò, sollevando un sopracciglio.

“Beh, lo sei”. Il Grifondoro alzò le spalle, il ghigno immutato.

La sua tranquillità e la semplicità della sua risposta la spiazzarono e a Rose ci vollero alcuni secondi per trovare un modo più o meno intelligente per rispondere.

“So di essere bella, grazie: È un dato oggettivo… Ma “bellissima”.. non ti pare un po’ esagerato e, soprattutto, soggettivo?” La Serpeverde arricciò le labbra in un ghigno, sperando di cancellare quello del biondo.

Malfoy però non cambiò espressione, anzi il suo ghigno si fece, se possibile, ancora più irritante. “Sei la ragazza più bella della scuola, insieme a Dominique, e lo sanno tutti. Quindi direi che no, non mi pare che il superlativo sia esagerato e soggettivo”.

Lei colse al volo la via di fuga che la frase del ragazzo le aveva fornito e rispose con una certa sicurezza. “Lo stesso ragionamento vale anche per l’aggettivo che ho usato io: anche tu sei un bel ragazzo e lo sanno tutti, perciò il fatto che tu sia attraente è un dato puramente oggettivo”.

Il Grifondoro continuò a sogghignare e, sollevando una mano, mosse l’indice a destra e sinistra, mimando un “no”. “La situazione è diversa, Weasley. Il fatto che tu mi abbia descritto come “attraente”, vuol dire che inconsciamente sei attratta da me”.

Il ghigno del ragazzo si allargò e Rose si ritrovò a boccheggiare senza parole.

Io attratta da Malfoy?

Si riscosse abbastanza in fretta e scosse la testa.

Che razza di assurdità.

“Ti piacerebbe, Malfoy. Ma ti sbagli: ho detto che sei attraente perché molte ragazze sono attratte da te, ma non io. Chiaro?”

“Non ti credo nemmeno un po’”.

“Problema tuo. Siamo ancora sotto Veritasserum quindi non posso che essere sincera”.

“Non dubito della tua sincerità,Weasley, ma della tua consapevolezza. Puoi dire di non essere attratta da me anche se lo sei e farlo senza mentire, perché sei convinta di non esserlo”.

“Ti sbagli”. Sibilò lei, leggermente sulla difensiva.

“Vogliamo verificare?” chiese il ragazzo alzandosi dalla sedia su cui era seduto e avvicinandosi.

“Assolutamente no!” rispose lei, sfidandolo con lo sguardo a fare un altro passo.

Il ragazzo si fermò, ma continuò a fissarla ghignando. “Hai paura di scoprire che ho ragione, perché in fondo lo sai che, se mi avvicinassi a te, non riusciresti più a starmi lontana”.

“Spiacente sono più intelligente di così e non cedo alle tue provocazioni”. Rose si alzò dal banco su cui era stata seduta tutto il tempo. “Buonanotte Malfoy”. Gli voltò le spalle e si avvicinò alla porta. Non le importava più di aspettare che tutti gli altri studenti fossero tornati nelle loro stanza, voleva solo andarsene da quell’aula  prima di commettere un omicidio.

Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.

“Sogni d’oro Weasley”

La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi.

Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione.

Sono attratta da Scorpius Malfoy. Merda. 

Rose si diresse a passo spedito verso i sotterranei, la sua camminata somigliava molto ad una fuga. La ragazza sperava, ardentemente, di non incontrare nessuno e sentiva il bisogno, quasi soffocante, di parlare con Daria.

Merlino, fa che sia qui dentro. Pensò davanti alla porta chiusa della sua stanza.

Abbassò la maniglia e constatò che Merlino, tanto per cambiare, non le aveva dato retta: la camera era vuota fatta eccezione per Moira che fissava il soffitto, sdraiata sul letto. La mora alzò lo sguardo sentendola entrare e Rose registrò distrattamente che non sembrava di buon umore.

Sfrecciò attraverso la stanza e spalancò con foga la porta del bagno, sperando di trovarci Daria e trovandolo, invece, deserto. Si voltò e setacciò di nuovo la stanza con lo sguardo, ottenendo lo stesso risultato di prima.

“Daria?” ringhiò.

“Ancora fuori”. Rispose Moira, che la stava ancora guardando. “L’ho vista uscire dalla Sala Grande con tuo cugino”.

“Cazzo.” Se era con James non sarebbe tornata molto presto.

“Se hai urgente bisogno di lei, puoi contattarla telepaticamente.” Rose la fissò stralunata per un secondo: Malfoy aveva ragione anche su quello, quando si arrabbiava, Rose smetteva di ragionare.

“Oppure..” continuò Moira prima che Rose avesse modo di contattare effettivamente l’amica, “invece di disturbare lei, puoi provare a parlarne con me”.

“No grazie”. Rispose, lapidaria.

“Siamo amiche, Rose” Proseguì l’altra tirandosi a sedere. “Se hai un problema puoi parlarne con me”.

“Ho detto: no grazie, Moira. Mi serve Daria”.

“Sì ma Daria non c’è e non può esserci sempre, Rose”. Il tono di Moira era rimasto neutro, ma le sue parole le mandarono il sangue al cervello e la rossa cessò definitivamente di ragionare.

“Questo lo so da sola, Kirson. Ma di sicuro non mi metto a parlare dei miei problemi con te, che non sei nemmeno mia amica”.

“Ah no? E cosa sarei? No guarda lo so da sola: una povera idiota che perde il suo tempo ad ascoltare le tue cazzo di crisi isteriche, tutti i santi giorni, e si illude di contare qualcosa per una stronza a cui importa solo di se stessa e considera la sua migliore amica una specie di cagnolino scodinzolante da chiamare ogni volta che le gira”.

“Come cazzo ti permetti di criticare il mio rapporto con Daria? Tu non sai nemmeno cosa vuol dire la parola amicizia! Dici tanto che siamo amiche, ma lo vedo come mi guardi a volte, sai? Come se volessi infilarmi un coltello nella schiena. E tu vorresti che io mi confidassi con te? Stronza doppiogiochista ipocrita”.

“Stronza?!  Tu stai chiamando stronza me? Tu che giochi da anni con i sentimenti di Dave, che è tanto scemo da crederti una specie di dea perfetta. Tu che fai finta di non sapere che è innamorato di te per continuare a fare i tuoi comodi e ottenere favori. Tu che te ne freghi se così uccidi lui e me”.

“Ma che cazzo stai dicendo?! Io e Dave siamo amici!”

“No. Io e Dave siamo amici. Tu sei solo una stronza che fa finta di non sapere perché le conviene così.”

La sorpresa e l’incredulità scossero Rose quel tanto da farle recuperare un po’ di lucidità e capire che doveva chiamare Daria, subito.

- ITALIANA! Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di te–

Pochissimi istanti dopo le giunse la risposta, preoccupata, della sua migliore amica.

- Cinque minuti e sono lì –

Rose si rilassò leggermente e si sedette sul letto, gli occhi fissi sulla porta, in attesa.

Quando vide la porta spalancarsi di colpo, Rose sospirò di sollievo e ringraziò con lo sguardo l’amica appena arrivata. Daria aveva il fiatone ed era evidente che avesse corso, ma non si prese nemmeno un secondo per riposarsi e, immediatamente, chiese:

“Allora? Che boccino è successo?”

Rose non se lo fece ripetere due volte e condivise con lei tutti i suoi ricordi di quella sera, a partire dal momento stesso in cui si erano perse di vista, alla fine della prova.

Dopo poco, però, Daria la interruppe: “Parti dal principio o non capirò niente”. Rose la guardò, confusa: lei era partita dall’inizio, sapeva come funzionava.

Poi, notò che Daria non stava guardando lei, ma Moira e che quest’ultima aveva annuito piano.

Anche lei deve aver chiesto aiuto a Daria. Strano, non è da lei.

Qualche minuto dopo – Rose non aveva idea se ne fossero passati un paio oppure una marea – Daria sospirò pesantemente,  con un movimento fluido si staccò dal muro a cui si era appoggiata e si sedette sul tappeto verde con intarsi argentati che stava in mezzo alla stanza.

Fece un gesto con la mano, come per invitarle a sedersi di fronte a lei e, vedendo che nessuna delle due si muoveva, esplicitò l’invito a parole. La sua voce era tranquilla, come se, sedersi sul pavimento quando c’erano ben cinque letti disponibili, fosse la cosa più naturale e normale del mondo.

“Allora tanto per cominciare teniamo tutte a mente che oggi è stata una giornata abbastanza stancante per tutte e tre e che è comprensibile essere un po’ più.. come dire? irritabili del solito, ecco. Questo non giustifica nessuno, però credo che, conoscendo la giornata e le ragioni dello stress dell’altra, potreste capirvi meglio e.. non so io sono convinta che conoscere la storia dietro ad un evento sia fondamentale per capirlo e aiuti parecchio. Posso raccontare, riassumendo i motivi per cui entrambe siete di cattivo umore?”

Rose annuì: conosceva le idee di Daria e, anche se in quel momento trovava leggermente irritanti i suoi modi tranquilli e un po’ da psicologa, sapeva che lei era la migliore in quel genere di cose.

Anche Moira doveva aver annuito perché Daria cominciò a parlare e a raccontare la giornata di Rose. Con grossa sorpresa della rossa, però, l’italiana non iniziò il suo riassunto-racconto da dove lei aveva cominciato a mostrarle i ricordi, ma spiegò brevemente come Daria stessa avesse fatto stancare l’amica con tutta la sua ansia e come il dover bere il Veritasserum l’avesse irritata.

Il racconto di Daria fu breve e conciso, ma toccò tutti i punti chiave e Rose si rese conto, che, in effetti, il punto da cui l’altra era partita era molto più appropriato di quello che lei stessa aveva scelto.

“Moira, ora riassumerò a Rose i motivi del tuo di stress e non ho intenzione di mentire, né cercare di trovare qualche scusa plausibile per le tue parole. Non lo faccio per mancarti di rispetto o contrariarti, ma perché credo che uno dei motivi per cui voi due oggi avete litigato sia il fatto che, per non tradire Dave, ti sei tenuta sempre tutto dentro e hai finito per scoppiare”. La De Lupo fece una pausa, senza, però distogliere lo sguardo da quello di Moira. “Immaginavo che prima o poi sarebbe successo, Mo-Mò. Però credevo che saresti scoppiata prima.” Un sorriso dolce comparve sulle labbra di quella strana ragazza e Rose scosse la testa, ormai rassegnata ai ragionamenti incomprensibili dell’altra. “Ci vuoi davvero bene, vero? E sei riuscita a trattenerti solo perché non volevi in nessun caso ferire Rose, né creare problemi a me. Grazie e scusa”.

“Non mi devi ringraziare, Daria. E soprattutto non hai motivo di scusarti”.

“Invece ce l’ho eccome Mo-Mò. Non sto mantenendo molto la promessa, vero?”

Rose a quel punto era decisamente persa e non capiva di cosa stessero parlando.

“Ora questo ha un importanza minore, ma ne riparleremo, Mo.” A quel punto Daria si voltò verso di lei e la inchiodò con lo sguardo.

“Rose, Moira non stava mentendo quando ti ha detto che Dave è innamorato di te. È la verità: tu gli piaci da anni, ma non te ne sei mai resa conto e, senza volere, l’hai ferito più volte. E questo ha ferito anche Moira, perché, vedi.. lei ama Dave incondizionatamente, anche se sa che lui vede solo te.

Noi due possiamo solo immaginare cosa voglia dire, amare un ragazzo che ti considera solo la sua migliore amica e non fa che parlare di un’altra, che non riesci nemmeno ad odiare perché anche lei è tua amica e le vuoi bene. In più tu non ricambi i sentimenti di Zab e lui soffre e si sfoga con Moira, che sta ancora più male e non sa cosa fare.

Con questo non voglio dire che sia colpa tua, Rosie: non scegliamo di chi innamorarci e spesso soffriamo e facciamo soffrire. Però, quando a farci soffrire o a soffrire per colpa nostra è qualcuno che ci è vicino, beh.. è ancora più dura.

Oggi, durante il tuo quiz, Dave ti ha lodata in tutti modi possibili e, quando ti ha sentita dire che Scorpius era attraente.. beh è arrivato alla stessa conclusione e cui sei arrivata tu: ha capito che sei attratta da suo cugino ed è inutile dire che la cosa non l’ha reso felice. Come al solito, si è sfogato con Moira, che, stanca e di cattivo umore, si è sentita rispondere male da te ed ha finito con  l’esplodere.”  Daria concluse il suo racconto e rimase in silenzio, lasciandole un po’ di tempo per riflettere.

Rose si voltò per osservare Moira: faceva fatica a credere che lei, così matura, realista e cinica, fosse innamorata di un ragazzo idealista e ottimista come Dave e le risultava ancora più difficile capire come fosse stata in grado di essere sua amica e restarle a fianco per anni senza esplodere mai, nonostante tutto lo stress, il dolore e la rabbia che doveva aver sentito.

Non riusciva a capacitarsene e per un po’ dubitò della sincerità della sua amicizia per lei. Poi, però, si ricordò delle parole di Daria e capì: Moira le voleva bene, forse aveva iniziato a volergliene da prima che Dave si infatuasse di lei, e proprio perché a lei teneva parecchio era riuscita a sopportare in silenzio, fino a quel momento.

Il suo altruismo e la sua forza colpirono profondamente la rossa Serpeverde, che, mai aveva immaginato di causare tanto dolore a quella che era, a conti fatti, una sua cara amica.

Il loro rapporto era sempre stato strano: Rose le aveva sempre voluto molto bene, ma non si era mai confidata con lei, né fidata di lei e la cosa non le aveva mai creato problemi, perché nemmeno l’altra l’aveva mai fatto. Ora, però, capiva il perché del suo comportamento e, con immenso stupore, si erse conto di aver trovato un’altra persona che le era sempre stata accanto, comunque e nonostante tutto, un’altra persona di cui, forse, poteva riuscire a fidarsi completamente e totalmente.

All’improvviso Rose si sentì un po’ meno sola e forse un po’ meno unica, ma non era un brutta sensazione. Anzi.

“Voi due vi somigliate e non ve ne siete nemmeno rese conto: siete entrambe profondamente altruiste, ma per voi è una cosa talmente naturale che non ci fate nemmeno caso”. Rose si voltò verso Moira sperando che capisse: non era mai stata brava a chiedere scusa o a parlare dei suoi sentimenti – di solito lo faceva Daria per lei – ma ci stava provando, a modo suo.

 

 

***

***

 

Daria sorrise, sentendo la frase di Rose e capì che si stava scusando, a modo suo, con Moira.

Spero solo che anche Mo-Mò lo capisca.

“Bene! Direi che io il mio lavoro l’ho fatto!” esclamò alzandosi. “Ora nessuna di voi due è curiosa di sapere cosa ho fatto io sta sera?” Chiese con entusiasmo, gettandosi sul suo letto.

“Non ci interessa quello che hai fatto con Jam, Daria, a meno che non abbiate litigato furiosamente o pomiciato appassionatamente. Quello sì che sarebbe interessante”.

“Rosie, credo tu abbia sbagliato persona, sono Daria non Meg: io non litigo con Jam né desidero segretamente di pomiciarci”. Fece, scherzando, poi si rese conto che c’era qualcosa che non quadrava: lei non era con James. Se fossi stata con James, me ne ricorderei, ma io mi ricordo di essere stata con Al. “E poi io non ero con James, ma con Al”.

“Le avevo detto che eri con suo cugino e deve aver frainteso”. Spiegò, brevemente Moira, che ancora non guardava Rose.

“Infatti è così. Aspetta.. sei stata con Al tutto questo tempo? Forza sputa il rospo! Voglio sapere cosa avete fatto!”

Daria sorrise e cominciò a raccontare, senza omettere nulla, a parte lo scambio di battute sulla scommessa di James: Rose non avrebbe gradito. Raccontò loro persino di Viperanda e della sua stronzaggine senza limiti: erano due delle sue tre più care amiche, si fidava ciecamente di loro e per loro non aveva segreti. Entrambe le ragazze si dissero disgustate dal comportamento della Corner e Rose promise che gliel’avrebbe fatta pagare, prima o poi.

Quando Daria raccontò loro dell’Incidente entrambe scoppiarono a ridere e cominciarono a prenderla in giro.

“Non ci credo! Al ti ha baciata! Non vedo l’ora di dirlo a James!”

“Sporca traditrice! Non ci pensare nemmeno a dirlo a Marmellata!”

“Senti Daria”, cominciò Moira con una certa serietà. “hai intenzione di farti baciare da tutti i cugini di Rose o ti limiti ai fratelli Potter?”

“ Questa volta è stato un incidente! Solo un incidente!” Daria, che si era illusa che almeno lei fosse clemente, le lanciò un cuscino mentre Rose iniziava ridere più forte.

“Certo, certo. Dicono tutti così”.

 “Ehi, guardate che ora si è fatta. Strano che le due ochette non siano ancora rientrate allo stagno, no?” Disse poi, cercando di cambiare discorso.

Moira alzò le spalle, indifferente. “Si saranno infilate nel  letto di qualche ragazzo, come al solito. Dormono fuori una notte su due e si permettono di dare della troia a te, Rose. Che ipocrite”.

Daria percepì con chiarezza l’intensità del momento: era la prima volta, in tutta la sera, che Moira si rivolgeva direttamente a Rose e la guardava negli occhi. L’italiana guardò Rose e poi Moira, poi di nuovo Rose e così via, spostando lo sguardo dieci volte al secondo, abbastanza velocemente da farsi venire il mal di testa. Quando le vide sorridere si alzò di scatto, fece alzare anche loro, che si erano sdraiate, come lei, sui loro letti, e le coinvolse in un abbraccio di gruppo.

“Bisogna festeggiare!” Esclamò contenta.

“Cosa? Il fatto che tu sia riuscita a farti baciare da entrambi i Potter?”

“O è solo il bacio di Al a renderti tanto euforica?”

“Stronze!” Esclamò Daria ridendo e pestando un piede ad entrambe.

Continuarono a ridere e a scherzare per un po’ e, quando, finalmente, spensero le luci e si decisero a dormire, erano già le tre passate. Daria era decisamente esausta e sperava ardentemente in una notte tranquilla e riposante, ma le sue speranze furono deluse. L’italiana quella notte fece un sogno strano, il primo di una lunga serie.

Daria vide una se stessa più grande guardarsi in uno specchi a figura intera e lisciare nervosamente pieghe inesistenti del suo abito da sposa. Era bianco e di fattura semplice, ma le calza a pennello e il colore chiaro creava un bel contrasto con la sua carnagione e con i suoi capelli scuri lasciati quasi interamente sciolti. Era bella, molto più bella di quanto fosse abituata a vedersi.

Accanto a lei c’era Rose che si osservava in un altro specchio, anche lei più grande, anche lei vestita da sposa. Il suo abito, però, era azzurro chiaro e di fattura più complicata e la faceva apparire ancora più splendida.

“Rosie, sei assolutamente bellissima!”Esclamò Meg, vestita in un bell’abito da damigella rosso fuoco.

“La tua dolce metà avrà un infarto, vedendoti. Credimi.”Moira indossava un abito uguale a quello di Margaret, ma verde.

“Lo spero per lui”. Fece Rose lanciando alla sua immagine un ultimo sguardo critico, poi si voltò verso di lei e disse “In ogni caso, penso che non sarà il solo a necessitare del pronto soccorso. Manderai mio cugino all’ospedale per apnea troppo prolungata, italiana.”

Daria la guardò, scettica e nervosa. “Dici?”

“Assolutamente!” Fece Meg, convinta.

“Già al ballo di Halloween ad Hogwarts gli era bastato vederti col vestito per restare a bocca aperta e senza parole. Lo stenderai, credimi”.

Daria si svegliò di soprassalto, in testa un'unica domanda.

Per quale assurdo motivo ho sognato di sposarmi con James???

  

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Innanzitutto mi scuso per il ritardo disumano, spero che la lunghezza dal capitolo basti a farmi perdonare, ma ne dubito. Quindi, se ci riesco, oggi vi posto tre foto. Tante come i mesi che c’ho messo a postare.

Il capitolo.. Beh che sarebbe stato sincero l’avevo detto, quante avevano intuito almeno in parte a cosa mi rifirevo?

Ad ogni modo non ho molti commenti da fare.. credo che si spieghi abbastanza da sé.

Solo una cosa: ricordatevi del sogno di Daria, perché sarà abbastanza importante in futuro.. Ah se siete attente noterete che il capitolo contiene il segreto per capirlo, almeno in parte..

Questa è Moira

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Questa è Rose

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E.. Questa è Daria

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Un bacio

AiraD

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Capitolo 9
*** 8) Dealing With... Problems and News ***


8) Dealing With... Problems And News

 

Rose si alzò presto quella domenica mattina e tutte le sue compagne dormivano ancora, compresa Daria, che la domenica si concedeva sempre una pausa dagli allenamenti e si alzava solo verso mezzogiorno.

La rossa si sfregò gli occhi, stanca: quella notte aveva dormito poco e male, la testa troppo piena di pensieri per riuscire a prendere sonno. 

Il problema Malfoy era stato solo uno degli argomenti che l’avevano tormentata e anche quello meno ostico. Trovare una soluzione, o qualcosa che somigliava ad una soluzione, non era stato difficile: era tanto che non usciva con qualcuno e non si divertiva un po’, sarebbe bastato trovare un bel ragazzo per distrarsi, e tenere le distanze da Malfoy. Niente di troppo plateale: evitare di trovarsi da sola con lui sarebbe stato sufficiente ed era certa che, con l’aiuto delle sue amiche, non sarebbe stato difficile.

La questione più impegnativa, con cui si era confrontata quella notte, era il difficile caso Moira-Dave: ci aveva impiegato parecchio, ma alla fine, dopo aver valutato con attenzione i pro e i contro, aveva messo appunto una strategia. Avrebbe chiesto il parere di Daria e Moira e, se loro avessero dato il via libera, il suo piano sarebbe cominciato: all’apparenza le cose tra lei e Dave sarebbero state le stesse, ma, in realtà, la ragazza avrebbe cominciato ad allontanarsi gradualmente e lentamente, nella speranza che con il raffreddarsi dei rapporti anche i sentimenti del ragazzo si sarebbero raffreddati.

Con Moira, invece, le cose sarebbero migliorate: Rose aveva tutta l’intenzione di impegnarsi al massimo per rendere più saldo il loro legame, partendo dall’evitare di comportarsi come una stronzetta egocentrica troppo spesso.

Adesso era in grado di capire quanto l’altra tenesse a lei e, insieme a questa consapevolezza, era arrivata anche una buona dose di sensi di colpa. Sapere di averla fatta soffrire così tanto senza rendersene conto la faceva stare male e la quantità di rabbia verso se stessa diventava preoccupante. Doveva trovare un modo per rimediare e per ringraziarla della sua presenza, di cui solo ora comprendeva l’importanza.

La Serpeverde, immersa nelle sue riflessioni, uscì dal dormitorio, dopo essersi vestita, per fare due passi in riva al lago. Non incontrò nessuno, né in sala comune né in giro per i corridoi e presto raggiunse il portone d’ingresso. L’aria fredda del mattino la investì, svegliandola del tutto e mettendola di buon umore. Il freddo, per lei, non era mai stato un problema: ci era abituata e le era estremamente famigliare,  la faceva sentire a casa.

Allora, a mente più lucida, Rose si rese conto di quante cose avessero un significato molto più chiaro, adesso che sapeva dell’amore di Moira per Dave. Non solo era evidente il motivo delle occasionali occhiate assassine che la ragazza le aveva rivolto in passato, ma si spiegava anche perché le sue relazioni non fossero mai durate più di qualche mese: evidentemente non erano stati che vani tentativi di dimenticare Dave.

Doveva inventarsi qualcosa, trovare un modo per ripagare Moira di tutti gli anni di silenziosa sofferenza e leale amicizia e per far sì che Dave si accorgesse finalmente di lei.

Devo parlare con Daria, sono sicura che lei ha già in mente qualcosa e...

“Weasley! Che sorpresa! Cosa ci fai in giro tutta sola a quest’ora?”

Rose sobbalzò sorpresa, riconoscendo immediatamente la voce che l’aveva colta alle spalle e alla sprovvista. Si voltò lentamente, sperando di essersi sbagliata, di non aver appena sentito la voce di Malfoy: la delusione ovvia, ma cocente arrivò appena mise a fuoco il viso magro e perfetto del ragazzo.

Fantastico! Cominciamo proprio bene: non sono passate nemmeno un paio d’ore dalla mia decisione di non trovarmi mai da sola con lui, che già mi trovo da sola con lui.

“Non sono affari tuoi, Malfoy. Potresti gentilmente sparire?” Era sulla difensiva, la mente tutta impegnata a cercare una via di fuga, un modo per andarsene in fretta e senza alcun tipo di conseguenze.

“Non credo proprio Weasley: mi diverto troppo a infastidirti e farti infuriare... e poi ti devo parlare”. Il ghigno indisponente che lo accompagnava costantemente sfumò in un’espressione più seria e molto meno da lui.

Si avvicinò di qualche passo e Rose non indietreggiò, inchiodata dalla sorpresa di vederlo tanto serio e dalla strana intensità nei suoi occhi grigi. Strana perché non sapeva di passione o soddisfazione, né sembrava dovuta ad un impulso del momento o al famoso masochismo marchio Grifondoro, ma piuttosto le ricordava l’intensità concentrata e determinata che aveva visto spesso negli occhi di Daria o, qualche volta, saputo presente nei propri quando metteva completamente da parte i suoi interessi per fare ciò che sapeva o riteneva giusto.

“Ti devo parlare perché vorrei.. chiederti di cancellare completamente il nostro discorso di ieri sera. È stato stupido, da parte mia, insinuare certe cose e vorrei che tu dimenticassi tutto: non tirerò mai più fuori l’argomento... Tu non sei attratta da me e io non lo sono da te, tu mi sopporti a fatica e io mi diverto a farti incazzare: tutto come prima, ok?”

Rose annuì, scioccata: non desiderava altro, ma un discorso simile da lui proprio non se l’aspettava.

Malfoy le rivolse un saluto, che la ragazza quasi non sentì, e si voltò, incamminandosi verso il castello. La Serpeverde rimase ferma, immobile ad osservarlo allontanarsi, stordita, confusa e sorpresa: quella conversazione, quell’incontro le parevano troppo inverosimili, surreali e incomprensibili, ma, per qualche motivo che nemmeno lei comprendeva a pieno, non le andava di correre da Daria perché l’amica risolvesse i suoi dubbi.

Forse non voleva dare alla cosa troppa importanza, forse non voleva approfondire l’argomento per non restare ancora più coinvolta, per cercare di tenere veramente le distanze e archiviare la questione .

Forse non voleva più rivolgersi all’amica ogni volta che non capiva qualcosa, forse, come le aveva fatto capire Moira, era ora che la smettesse di far risolvere all’altra i suoi problemi e  che imparasse a cavarsela da sola.

Il motivo non le era chiaro, quello che le era chiaro, perfettamente chiaro era che Rose Weasley per una volta si sarebbe tenuta qualcosa per sé, senza condividerlo con l’amica. Almeno per il momento.

 

 

 

***

***

 

“Buon giorno Jam!” Urlò Daria, fiondandosi a sedere accanto a lui al tavolo dei Grifondoro.  Era ora di pranzo e lei era sveglia da poco e di ottimo umore. Gli mise una mano tra i capelli, scompigliandoli ulteriormente, e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.

“Ciao Miss Sole e Spiaggia” le rispose lui, allegro, mettendole un braccio intorno alle spalle. “Ma come siamo allegre stamattina! Che è successo di così bello?”

“Ros e Mo hanno appianato alcune divergenze e sento che le cose d’ora in poi andranno sempre meglio, in più è domenica e ho dormito fino a mezz’ora fa. Come potrei non essere di buon umore?”

“Ehi, ma non si saluta più?” Intervenne Fred, dall’altro lato del tavolo.

“Scusa Freddie” Daria si sporse verso di lui, gli diede un bacio sulla guancia e gli scompigliò i capelli “Buongiorno!”

“Sicura sia solo per quello?” chiese James riprendendo il discorso dove Fred l’aveva interrotto e rimettendo il braccio al suo posto, sulle spalle dell’amica. “Non centra niente il fatto che io ti abbia vista sparire con mio fratello, ieri dopo la prova?”

Daria sorrise, entusiasta: non vedeva l’ora di dare la notizia a James. “Sì hai ragione! Siamo amici ora sai?” La ragazza sentì l’amico sbuffare e il sorriso si allargò. “In più lui ora sa la verità su Viperanda!”

“Fantastico! Adesso sì che si ragiona! Al lascerà quella stronzetta e s’innamorerà di te!”

Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata e scettica. “Su questo ho i miei dubbi, Jam”.

“Io no, so che vi innamorerete, sarete felici e avrete una marea di marmocchi. Anche se preferirei che tu scegliessi me: pensaci sono molto più divertente, con me non ti annoieresti mai”. Fred le fece l’occhiolino e le lanciò uno sguardo seducente, che quasi fece svenire Daria per le risate trattenute. “Che ne dici, piccola?”

 “Non ci pensare nemmeno, amico. Lei è di mio fratello”. James guardò male il cugino e strinse Daria più vicina a sé. La ragazza non era sicura che lui si fosse reso conto completamente dello scherzo: anche se non era la prima volta che lei e Fred mettevano su scenette simili, Jam era sempre molto suscettibile sull’argomento, motivo per cui prenderlo in giro era ancora più divertente .

Il ragazzo sbuffò, fintamente scocciato. “Non è giusto, però! Dove la trovo io un’altra ragazza carina, simpatica, brava a Quidditch e pure ricca sfondata?!”

“Ah! Lo sapevo! Tu non mi ami! Mi vuoi solo per i soldi!” Finse un singhiozzo e allargò le braccia in un gesto di disperazione, facendo cadere a terra una forchetta.

Quando si chinò per raccoglierla e le sue dita toccarono il pavimento, lei vide,  in una sorta di flash, un ragazzino del primo anno avvicinarsi con le braccia cariche di cibo, inciampare proprio su quella mattonella, cadere a terra e lanciare piatti e cibo addosso a tutti i ragazzi vicini, compresa lei che stava parlando con Jam e Fred.

Daria sbatté le palpebre e le immagini svanirono, le sbatté ancora, confusa. Cosa cavolo è stato?

“Ehi, Miss Sole e Spiaggia, tutto bene?”

“Cos..? Sì tutto a posto”. Disse lei, riscuotendosi, ma, mentre si rimetteva a sedere, vide lo stesso ragazzo avanzare barcollando nella loro direzione, con la stessa assurda quantità di cibo tra le braccia. Era vicino, ancora un passo e sarebbe finito su quella mattonella leggermente sollevata.

La Serpeverde agì d’istinto: allungò il braccio sinistro, posando la mano sul petto del ragazzino, stabilizzandolo proprio mentre lui perdeva l’equilibrio e si sbilanciava in avanti. Con l’altra mano estrasse la bacchetta ed eseguì un incantesimo di levitazione, salvando i piatti e appoggiandoli sul tavolo.

Daria lasciò andare il ragazzino e si girò di nuovo verso i suoi amici, tanto frastornata che quasi non si accorse del ringraziamento balbettato e imbarazzato del primino.

“Caspita che riflessi, Daria!”

“è stato solo un caso” rispose lei con un sorriso, ostentando una calma che non provava affatto.

Non c’è motivo di andare nel panico: è stata solo una semplice e banale coincidenza. Era semplicemente prevedibile che sarebbe caduto. Niente di strano.

Per cambiare argomento disse: “Marmellata, sai che sta notte ho sognato di sposarti?”

“Tranquilla è assolutamente normale. Lo sognano in molte”.

Daria gli tirò un coppino, giocoso. “Arrogante”.

 

***

***

 

“Polisucco” Rose entrò nella sala comune di Grifondoro, camminando sicura, nessuno la guardò con diffidenza o stupore: si recava spesso nella torre lei, a volte accompagnata da Daria, altre, come quella, da sola, ed era normale vederla entrare dal buco del ritratto almeno una volta al giorno.

La rossa era, come al solito, in cerca dei cugini, sia di Jam e Fred che di Al, per lo stesso motivo, ma con scopi diversi. Il motivo era semplice: ciò che la Corner aveva fatto ad Albus.

Era preoccupata per lui, molto preoccupata, lo conosceva da sempre e sapeva quanto fosse facile ferirlo. Lo stava cercando, proprio per quello:  per assicurarsi che stesse bene e per dargli tutto il sostegno che poteva offrirgli. Se tutto l’aiuto che ha ricevuto finora consiste in Malfoy e, forse, in James, potrò ritenermi fortunata se non sarà ancora entrato in una fase di depressione acuta e irreversibile. Io e miei tempi di realizzazione ritardati! Non potevo venire prima?

Jamie e Freddie, invece, le servivano per un altro scopo: la vendetta. Sapeva di non poter contare né su Daria, né su Al stesso: convinti com’erano che portare rancore fosse inutile e dannoso, credevano che vendicarsi fosse molto immaturo e controproducente. Fortunatamente erano gli unici a pensarlo e la ragazza era certa che James e Fred avessero già qualcosa in mente e a quel qualcosa lei aveva tutta l’intenzione di partecipare.

Al momento, però, la sua massima priorità era trovare Al e per questo si diresse a passo di marcia verso il dormitorio dei ragazzi del sesto anno. Spalancò la porta senza bussare, incurante della possibilità di sorprendere qualcuno dei ragazzi mentre si stava cambiando: non si sarebbe trattato di nulla di nuovo, eccezzion fatta per Malfoy,  che comunque  aveva visto entrare in Sala Grande poco prima.

Dando una rapida occhiata in giro, Rose vide che la stanza era vuota ad eccezione del cugino: Al Potter se ne stava sdraiato sul letto con un libro tra le mani e gli occhiali da lettura sul naso e la Serpeverde constatò, con sorpresa, che sembrava stare molto meglio di quanto si aspettasse.

L’unica cosa strana, in tutta la situazione era l’ora: mezzogiorno passato. Era estremamente raro che Al saltasse i pasti e di solito la domenica lui, come tutti gli altri maschi della famiglia, mangiava dal momento in cui gli elfi facevano comparire la prima pietanza a quello in cui faceva scomparire l’ultimo piatto vuoto.

Il ragazzo sollevò lo sguardo sulla cugina: “Ciao Rosie, cosa ci fai qui?”

“Sono venuta a vedere come stavi”. La ragazza si sedette in fondo al suo letto, scostando i piedi dell’altro. “Daria mi ha mostrato quanto è successo”.

Lui si tirò a sedere e le sorrise. “Grazie per essere venuta, ma sto bene..”

Lei lo guardò, scettica “Certo, certo. A chi vuoi darla a bere Al?”

II Grifondoro sospirò e si passò una mano tra i capelli. “No, sul serio. Sto bene.. c’è solo una cosa che.. cioè ormai l’ho accettato…”

“Ovvero?”

“Beh, almeno su una cosa, Amanda aveva ragione” Rose fece una faccia schifata e considerò attentamente l’ipotesi di schiantarlo per farlo rinsavire, o di ricoverarlo d’urgenza al reparto malattie mentali del San Mungo, ma decise di lasciarlo continuare, di lasciare che esprimesse i suoi dubbi: aveva la netta sensazione che l’altro avesse bisogno proprio di quello, di essere ascoltato.

Avrebbe avuto tutto il tempo, poi, di sgridarlo e, volendo, di schiantarlo.

“Anche io, se fossi una ragazza, preferirei James.” Continuò Al, inconsapevole del fatto che la cugina avesse appena pensato di farlo internare. “Io sono un imbranato, un bambino di tre anni, non riesco a sciogliermi, a lasciarmi andare. So che una come lei è molto meglio perderla che trovarla e non sono nemmeno particolarmente ferito, però mi chiedo: potrò mai puntare ad un altro genere di ragazza, ad una che non sia interessata solo al mio cognome? Forse farei meglio a rassegnarmi all’idea che nessuna ragazza intelligente e non arrivista si accontenterà mai di me”.

“Non dire stronzate, Al, e piantala di fare il disfattista. La Corner è una deficiente, nonché una grandissima stronza,  e lo sai. Dovresti essere contento di non essere mai riuscito a lasciarti andare: significa che non ti sei mai veramente fidato di lei, non fino in fondo almeno, e questo ti fa onore. Quanto al rassegnarsi, toglitelo dalla testa! Primo: se lei sarà una ragazza intelligente e terrà sul serio a te, le importerà relativamente delle tue capacità amatorie e ti accetterà per come sei, e se non dovesse farlo allora sarebbe lei a non essere all’altezza, a non meritarti”. Suonava un po’ come una frase fatta, Rose ne era consapevole, però ci credeva davvero. Anche se non era esattamente un’anima romantica, di quello era veramente convinta: chi non ti accetta come sei non merita né te, né il tuo affetto, né, tantomeno, la tua fiducia. Era un po’ la sua filosofia di vita.

“Secondo: sono sicura che non sia una situazione definitiva, so che riuscirai a scioglierti e, secondo me, scoprirai anche di saperci fare: sei un ragazzo sveglio e attento e la cultura di certo non ti manca, grazie ai commenti di noi cugine, specie miei e di Domi, e a quei maniaci pervertiti dei tuoi amici, vedi Malfoy e James. Devi solo trovare..”

“La persona giusta?”

“Se vuoi per forza essere romantico”. Fece lei, alzando le spalle. “Io stavo per dire una che ti faccia più sesso, ma suppongo vada bene lo stesso: dopotutto “la persona giusta” dovrebbe essere quella che trovi più sexy e con cui, in camera da letto, fai più scintille in assoluto, no?”

Il ragazzo sorrise, scuotendo la testa, evidentemente più tranquillo. “Sei tremenda. Con te il romanticismo va sempre a farsi benedire, eh?”

“Che ci vuoi fare. Qualcuno dovrà pur interpretare la parte del maschio allergico ai sentimenti, no?”

“Stai per caso insinuando che sono poco virile?”

“Io? Non mi permetterei mai.”

Si sorrisero, più spensierati e Rose fu certa che il momento di sfiducia e semi-depressione fosse passato. Per fortuna non l’ho trovato veramente depresso o in preda a crisi esistenziali. Non sono certa di essere molto più brava dei suoi amici a consolare, anzi a giudicare dallo stato quasi sereno in cui l’ho trovato loro sono, senza dubbio, più bravi di me. Sì sono una ragazza, però, il lato materno non è mai stato esattamente il mio forte: sono più brava a sgridare e a fare la predica che a consolare, io.

“Ah Rosie, c’è un’altra cosa che volevo dirti, già che per una volta parliamo di cose serie”.

“Spara”.

“è un argomento che non ho mai archiviato del tutto e ieri, chiacchierando con Daria, è venuto fuori.. Beh, volevo scusarmi come si deve per quello che ti ho fatto cinque anni fa”.

“Non ce n’è bisogno, Al. Davvero. È acqua passata ormai”

“Non per me.” Fece lui serio e guardandola negli occhi. “Non sono sicuro di essermi scusato a dovere con te all’epoca e poi non abbiamo mai più tirato fuori l’argomento, perciò voglio scusarmi ora. Non riesco a credere di essere stato così stupido, ogni volta che ci ripenso mi vergogno come un ladro. Il mio comportamento è stato imperdonabile, immaturo e da vero deficiente. Scusami Rosie. Tu sei una delle persone più importanti della mia vita, sei più forte, coraggiosa e leale di un Grifondoro. Sei intelligente, sei sensibile e non mi hai mai negato il tuo aiuto anche se io ho tradito la tua fiducia e ti ho negato il mio nel momento in cui più ne avevi bisogno. Scusa”.

Rose lo abbracciò di slancio, sentì gli occhi farsi lucidi e uno strano, intenso calore farsi strada dentro di lei. “Grazie”. Mormorò.

Quando aveva detto che era tutta acqua passata ci credeva davvero, eppure.. non si era resa conto che una parte di lei aveva sempre aspettato, sempre avuto bisogno di quelle scuse. Quelle scuse, che non avevano niente a che fare con il perdono imbarazzato e balbettato chiesto, quasi preteso da un ragazzino di undici anni. Quelle scuse e quel discorso, che erano frutto di un lungo ragionamento e di un senso di colpa che doveva averlo tormentato per molto tempo.

Anche questo non si aspettava, non credeva che il cugino ci stesse ancora rimuginando sopra. Poi si ricordò di ciò che Daria le aveva mostrato la notte prima, di come Al avesse confessato alla sua amica di averla odiata per paura che la facesse soffrire, come aveva fatto lui.

Allora, Rose Weasley, che non si fidava mai di nessuno e non permetteva mai a nessuno di condizionarla, si sentì, per la seconda volta in meno di dodici ore, un po’ meno sola e un po’ meno unica.

“Ti voglio bene Al, sei un ragazzo meraviglioso, non dimenticarlo mai”. Da quanto tempo non gli diceva di volergli bene? Da quanto non diceva a qualcuno, che non fosse Daria, quanto teneva a lui o a lei?

Poi sorrise, ancora stretta al cugino e si lasciò andare ad un sospiro liberatorio: ora sì che le cose tra loro erano veramente a posto. Aveva di nuovo il suo migliore amico.

Si staccò da lui, ancora sorridente, asciugandosi gli occhi. Meglio cambiare argomento o finisco a frignare come una bambina.

“è ora che io vada, cuginetto: devo trovare James e Fred”.

“A quest’ora dovrebbero ancora essere in Sala Grande ad ingozzarsi. Perché li cerchi?”

“Mah, nessun motivo particolare. Volevo solo fare quattro chiacchiere con loro”. Il moro le lanciò un’occhiata scettica, segno che non se l’era bevuta. “Tu non vieni?”

“Nah, non è che muoia esattamente dalla voglia di vedere Viperanda. Più tardi andrò a sgraffignare qualcosa di buono dalle cucine”.

Lei annuì e lo salutò con un largo sorriso. Uscì dalla stanza e percorse in fretta, quasi correndo, la strada fino alla Sala Grande, ancora più impaziente e determinata di prima. Amanda Corner avrebbe fatto meglio a prepararsi perché la sua furia aveva raggiunto livelli mai visti.

La sua ira, però, scoprì Rose poco dopo, avrebbe dovuto pazientare ancora un po’: seduta insieme ai suoi futuri compagni di vendetta c’era l’altra pacifista.

“Buongiorno Rossa”.

“Ciao cugina!” Urlarono James e Fred in coro, assordandola. La Serpeverde, sospirando rassegnata, si sedette accanto all’amica e notò che sembrava scossa da qualcosa e che stava cercando di nasconderlo.

“Sono appena stata da Al. Sta meglio di quanto pensassi: non è sceso perché non ha voglia di vedere la stronza. Come biasimarlo?”

Chiacchierarono per un po’ sull’argomento, poi Daria si alzò, dicendo che un libro estremamente interessante reclamava la sua attenzione immediata. Rose le permise di dileguarsi senza interrogatori di sorta solo perché doveva parlare coi cugini, ma,se più tardi l’avesse vista di nuovo così strana, l’avrebbe costretta a raccontare.

“Ora che se n’è andata possiamo parlare di affari”.  

“Non so a cosa tu ti riferisca”. Fece Fred, sorridendo strafottente.

James ghignò e annuì. “Dovresti saperlo che noi non facciamo mai affari con i Serpeverde”.

Rose non si lasciò scoraggiare: li conosceva come le sue tasche e aveva immaginato che avrebbero fatto scenette del genere. “Certo, ma so anche che avete intenzione di farla pagare alla Corner per quello che ha fatto ad Al e so che per raggiungere il vostro obbiettivo avete intenzione di infrangere le regole”.

“E con questo? Tu sei solo un prefetto, mentre Jim è Caposcuola: ha più potere di te”.

“Vero, non posso minacciare di punirvi, ma non ne ho bisogno.” La rossa ghignò, malefica e certa di vincere.

“Ah no? e sentiamo, quale sarebbe la tua arma segreta?”

Il ghigno si allargò. “Tre lettere: M-E-G, Meg”.

Rose vide il cugino rabbrividire e assottigliare lo sguardo. “Non oseresti mai”.

“Tu dici? Perché sai, cugino, io non ne sarei così sicura. Certo non vorrei darle un dispiacere proprio ora che inizia a pensare che tu sia un po’ più maturo di quello che credeva, ma voi non mi lasciate altra scelta”. Quello era un altro dei motivi per cui aveva aspettato che Daria si allontanasse: l’italiana non avrebbe gradito i suoi metodi di persuasione e si sarebbe arrabbiata. Inutilmente visto che la rossa Serpeverde non aveva mai avuto intenzione di mettere in atto la minaccia.

Sia James che Fred si allontanarono leggermente da lei, intimoriti, e Rose capì di aver vinto, definitivamente.

“Hai vinto”, disse infatti James, che da sempre era il capo della coppia. “Ma non c’era bisogno di minacciare così pesantemente, Rosie: sei una Weasley, sei vendicativa, sei scaltra e noi ti avevamo già contato tra i nostri”.

“Lo so, ma spaventarvi a morte è troppo divertente”. Scoppiò a ridere, incapace di trattenersi oltre. “Avreste dovuto vedere le vostre facce! Impagabile”.

Si fece di nuovo seria e incrociò le braccia in attesa. “Allora? Qual è il piano?”

“Non abbiamo ancora organizzato niente di preciso, anche se l’idea sarebbe quella di tormentarla con piccoli scherzetti “innocenti” e, soprattutto, anonimi fino a farla impazzire”.

La ragazza annuì. “Mi piace. Chi altro è coinvolto?”

“Oltre a noi tre, anche Lily, Hugo, i gemelli, Roxie e Scorpius”.

“Malfoy?” Domandò esterrefatta.

“Esattamente. Problemi, Weasley?”

Lei si voltò verso il biondino che la osservava con un sorriso di sfida. “Suppongo di no, Malfoy: dopotutto sei il migliore amico di Al.” Si alzò per andarsene, poi concluse, minacciosa. “Ma se mi starai tra i piedi, allora i problemi li avrai tu. E grossi anche”.

Tutto come prima, eh? Beh direi che ce la stiamo cavando alla grande.

 

***

***

 

Quella mattina il cielo era insolitamente privo di nubi e Daria ed Al erano nel bel mezzo di uno dei loro allenamenti. Senza preavviso, né motivo il Grifondoro, dopo aver parato un colpo della ragazza, si bloccò, guardandola. L’italiana notando la sua espressione insolita, si portò le mani al viso, giusto per assicurarsi che non le fosse cresciuta una qualche strana protuberanza.

Accertatasi che non era così e che non sembrava esserci nient’altro di anomalo, chiese, vagamente preoccupata: “Tutto bene, mini-Potter?”

Lui per tutta risposta fece un passo verso di lei e afferrò una ciocca, che, ribelle, era sfuggita alla  treccia. “Sbaglio o fino a ieri avevi gli occhi neri e i capelli castano scuro? Hai deciso di cambiare look?”

Daria lo guardò, confusa. “Eh?” Poi il suo sguardo si posò sui capelli che lui teneva ancora stretti tra le dita e sorrise: sembravano rosso fuoco. È sorto il sole e non me ne sono nemmeno accorta.

“Sì e no, Al: io ho sempre avuto gli occhi blu scuro, troppo scuro per non essere scambiato per nero; ma è vero: ho i capelli castani, che al sole, però, hanno riflessi ramati”. Vedendo che il ragazzo non accennava né a muoversi, né a lasciar andare i suoi capelli, né, tantomeno, a levarle gli occhi di dosso, distolse lo sguardo e iniziò a parlare, per celare l’imbarazzo. “Non te ne sei mai accorto perché qui il sole non c’è praticamente mai. Se ti consola credo che nemmeno James li abbia mai visti, i capelli rossicci, intendo”. Rialzò gli occhi e incontrò quelli verde chiaro del moro che la stavano ancora osservando, aveva uno sguardo diverso, insolito uno che non gli aveva mai visto. Non se lo sapeva spiegare ed era strano per lei trovarsi a corto di spiegazioni o di teorie valide, cosa che iniziava ad accadere un po’ troppo spesso per i suoi gusti.  

Fece un passo indietro, costringendo l’altro a lasciar andare la ciocca che aveva preso in ostaggio. “Ci vediamo a lezione”. E se ne andò, sentendo lo sguardo del ragazzo sulla schiena.

 

 

 

 

Spazio Autrice:

Mi scuso, di nuovo, per il ritardo disumano. Mi dispiace tantissimo non aver aggiornato prima e giuro che ho fatto di tutto per riuscirci, ma tra esami di maturità, cuori spezzati, viaggi da organizzare, ragazzini a cui fare da balia e questo capitolo che, lasciatemelo dire, si è fatto proprio i cazzi suoi, non ho potuto fare altro che aggiornare così: di corsa, per niente convinta, col capitolo che non è nemmeno come avrebbe dovuto essere. Non ho molto da commentare e, soprattutto; mi manca il tempo: tra nemmeno 4 ore dovrei essere in aeroporto.

SCUSATE! Davvero scusatemi per tutto.

Non  so quando posterò di nuovo perché sarò via fino a settembre e sarò senza il mio amato net-book.

Non metto di foto perché, come ho già detto, sono di corsa.

Vi chiedo ancora perdono (se ho ancora qualcuno a cui chiederlo) per tutto: capitolo che fa schifo, commento inesistente e foto no-postate.

AiraD

 

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Capitolo 10
*** 9) New And Old Friends ***


Siccome il capitolo scorso l’ho scritto e postato un po’ di fretta e non ho lasciato un commento decente, lo metto qui.

In primis: strano il comportamento di Malfoy, vero? Sarei curiosa di scoprire che spiegazioni vi siete date, ma comunque non potrò né vorrò dirvi se ci avrete azzeccato.. quindi fate come volete: se vi va di farmi sapere le vostre ipotesi, mi farebbe piacere leggerle.. altrimenti, no problem!  

La decisione di Rose di non parlare con Daria è importante: sta maturando e non vuole più pesare sull’amica né dare troppa importanza a qualcosa che non vuole ritenere importante. In più sta cercando di porre rimedio ai suoi errori, volontari o no.

Il pezzo Al-Rose mi è uscito così, non era pianificato. Però, nel momento in cui l’ho scritto, ho capito che era giusto, che i miei personaggi ne avevano bisogno.

Tutte voi nelle recensioni del settimo capitolo avete ventilato l’ipotesi che lo sposo del sogno di Daria fosse Al.. beh non è detto.. ciò che volevo fosse chiaro è che potrebbe essere sia Albus che James e che la cosa veramente importante ai fini della storia non è il sogno il sé, ma il fatto stesso che Daria abbia fatto quel sogno..

Ok altro punto che volevo chiarire: Al non ha reagito così bene come sembra a ciò che l’italiana gli ha rivelato, ha avuto il suo bel momento di crisi, solo che qualcuno l’ha aiutato a superarla. Comunque penso che più avanti ci tornerò su.

Per concludere volevo scusarmi nuovamente per il mio comportamento e chiedere perdono per il tremendo ritardo con cui sto aggiornando.

Detto questo vi lascio al capitolo, ci rivediamo in fondo

 

 

 

9) New And Old Friends

 

 

Nel castello iniziava a dilagare una certa, irragionevole, a parer suo, agitazione: il ballo di Halloween si stava avvicinando e l’intera scuola era in fermento.

Daria, come al solito, stonava: non era alla ricerca del cavaliere perfetto, non sperava di trovare il vestito dei suoi sogni, né aspettava con ansia la sera del ballo, sera che molte credevano sarebbe stata splendida, epocale, memorabile. Lei si limitava a sopportare stoicamente l’essere vittima volontaria delle fervide e pericolose fantasie delle sue amiche e l’essere obbligata a partecipare al detestabile ballo. Del resto era naturale: aveva chi l’avrebbe accompagnata, aveva chi avrebbe pensato al suo vestito e non aveva alcuna aspettativa per la serata, se non quella di riuscire a sgattaiolare via il prima possibile.

Per questo, la Serpeverde se ne stava tranquillamente e comodamente seduta in biblioteca tutta presa dalla lettura di un libro fantastico che, ovviamente, non trattava di nulla di scolastico o pseudo tale: l’italiana leggeva molto raramente libri riguardanti le materie scolastiche, senza che fossero obbligatori – a volte non lo faceva nemmeno quando lo erano – , e sempre per suo interesse personale, mai per approfondire le conoscenze, migliorare una ricerca o ampliare una relazione. Quelle, di solito, le copiava da Rose.

Daria era completamente rapita dal racconto, ma, proprio mentre la storia si avvicinava al punto di svolta, la lettura dell’italiana fu interrotta: sentì i capelli tirare leggermente e poi ricaderle, disordinati, sulle spalle. La ragazza non distolse lo sguardo dalla pagina del libro, pur interrompendo la lettura: non aveva bisogno di guardarlo per sapere che ad infastidirla era stato Albus Potter.

Il Grifondoro aveva preso il detestabile vizio di scioglierle i capelli in qualunque momento o situazione, solo perché sapeva che lei odiava averli sulle spalle e che lo trovava oltremodo fastidioso.

“Che leggi di bello?” Chiese lui, con tono decisamente divertito

“Nulla che ti riguardi, ladro di matite e disturbatore di fanciulle indifese”. Rispose l’altra, alzando finalmente lo sguardo e puntandolo con astio sulla suddetta matita, che lei aveva usato, fino a un momento prima, per tenere raccolti i suoi indisciplinati boccoli castani, e che ora giaceva nella mano del moro. 

“Fanciulla indifesa, tu?” Chiese il ragazzo ironico, indicandole il livido violetto che lei gli aveva procurato durante i loro allenamenti mattutini. “Comunque dovresti smetterla di intrappolare i tuoi poveri capelli: sono bellissimi e dovresti lasciarli liberi. In più coi capelli sciolti stai davvero bene, sai?”

“Non sono affari che ti riguardino, mini-Potter. E ridammi la mia matita”. Daria allungò la mano recuperando il preziosissimo oggetto.

Albus si accigliò: “Ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo: è fastidioso e irritante”.

La ragazza, per tutta risposta, fece un sorriso furbo: “Smetterò di chiamarti mini-Potter quando tu smetterai di sfruttare ogni occasione per importunarmi”.

Il Grifondoro mise su una smorfia da bambino capriccioso e fece tremolare il labbro, nel probabile ed inutile tentativo di corromperla. “Ma è taaaanto, tanto divertente”.

“Anche chiamarti mini-Potter è taaaanto, tanto divertente.” Fece, imitando il tono del ragazzo. Poi aggiunse, con un sorrisetto beffardo “Mini-Potter”.

“Uff.. sei proprio insopportabile tu”. Sbuffò il moro, sedendosi accanto a lei.

“Nessuno ti obbliga a sederti qui sai?” Ribatté distrattamente, di nuovo immersa nella lettura.

Dopo poco il ragazzo la interruppe ancora. “Con chi vai al ballo? Rose mi ha detto che ti hanno obbligata ad andare, quindi immagino ti sia trovata un cavaliere”.

“James”. Rispose Daria, cercando di non perdere il filo del racconto.

“Lo immaginavo. Io vado con Amanda. Sta diventando davvero noiosa, sai? Non fa altro che blaterare su quanto sarà bello il suo vestito e su quanto farà morire di invidia le sue amiche. Ultimamente, poi, è sempre più difficile sopportarla: con tutti i “piccoli incidenti” che continuano a capitarle è sempre di pessimo umore e quello che ci va di mezzo sono io. Non ne posso proprio più. Sto pensando di mettere da parte il nobile intento di tenerla alla larga da altri ragazzi e mollarla”.

Una cosa su di lui l’aveva azzeccata fin dall’inizio: logorroico. È davvero logorroico.

La ragazza chiuse il libro, irritata “Potter ti hanno mai detto che le biblioteche servono per leggere, non per assillarmi coi tuoi problemi?”

Scostò la sedia, si alzò e uscì dalla biblioteca, a passo di marcia, ma già pentita per come aveva trattato l’amico. Più tardi mi scuserò con lui, ma ora ho davvero bisogno di un po’ di calma.

Anche se non condivideva l’agitazione che circolava nel castello, questo non voleva dire che Daria fosse calma. Al contrario, per lei quello era un periodo strano. Il suo umore, già soggetto a rapide variazioni normalmente, negli ultimi giorni era ancora più instabile del solito. Non era solo perché il ballo che lei tanto odiava si stava avvicinando inevitabilmente, i problemi erano altri: si stava abituando un po’ troppo all’Inghilterra. Il mare non le mancava più.

Sin da quando aveva cominciato a frequentare Hogwarts, la nostalgia per il Mar Mediterraneo, per il suo mare era sempre stata una costante. Una piacevole e rassicurante costante. Sentire la mancanza del mare le ricordava chi era e da dove veniva; costituiva una sorta di legame con la sua terra natia.

Ultimamente però non sentiva più quella tranquillizzante nostalgia. La leggera malinconia che le teneva compagnia da sempre era scomparsa e lei non riusciva ad accettarlo. Non capiva perché fosse successo così all’improvviso, anzi non capiva perché fosse successo e basta. Aveva sempre pensato che quello, almeno quello, non sarebbe mai cambiato e invece…

E la cosa più strana di tutte era che l’odore del mare era il suo Riattivatore Speciale. Tutti gli Eredi avevano un RS: una sostanza, un oggetto, un odore – poteva essere davvero qualunque cosa – che  li aiutava a recuperare più in fretta le energie. E il suo era proprio l’odore del mare. Perciò era ancora più assurdo che non le mancasse più.

Di conseguenza, Daria De Lupo in quel periodo, anche se l’agitazione generale non riusciva a contagiarla, era agitata, irritabile e di umore instabile per conto suo. 

 

***

***

 

“Che programmi hai per sabato?”

“Questo sabato? C’è la gita ad Hogsmeade, se non sbaglio”.

“Sì infatti. Cosa pensi di fare, Mo?”

“Mah il solito credo. Passerò la giornata con Dave, As e gli altri ragazzi. Il che vuol dire che mi toccherà sentir parlare di Quidditch e di voi due per tutto il tempo”.

“Bella menata”. Osservò Daria da dietro un enorme libro.

“Ma cosa dici? Moira è fortunata! Io e il Quidditch siamo argomenti fantastci! Tu un po’ meno, ma non si può avere tutto dalla vita”.

“Hai ragione. Se si potesse avere tutto io sarei in camera con Moira e Meg, non con te”.

Rose fece un smorfia di disappunto, ma non commentò: rischiava di perdere il filo. “Comunque te l’ho chiesto per sapere se ti andava di venire in giro per negozi con me, Daria, Meg e Domi. Andremo a caccia di vestiti per il ballo! Però ti devo avvisare: sarà un’impresa tutt’altro che facile. Sai quanto Daria ami fare shopping e mettere abiti eleganti e quanto sia entusiasta della cosa.. beh Meg è quasi agli stessi livelli”.

“Traducendo: la Waterfall è refrattaria alla moda come Daria, quindi trovare un vestito decente che loro accettino di indossare sarà un casino?”

“Esatto! Che ne dici?”

“Per me va bene! Se per tua cugina e per la Waterfall non è un problema, ovvio”.

“Certo che non è un problema! Anzi! Dom dice sempre che hai un ottimo gusto nel vestire, sarà contenta di poter usufruire del tuo aiuto!”

“Oh, me n’ero dimenticata” la voce di Daria, giunse un po’ smorzata, da dietro il libro. “Ho beccato Dominique per i corridoi l’altro giorno: aveva appena ricevuto una lettera da Artemis, dove le diceva di non prendere impegni per questo sabato perché le stava organizzando una sorpresa. Si scusa molto, ma non potrà venire per negozi con noi: è tanto che non si vedono”.

Rose la guardò sbigottita: dopo più di cinque anni, restava ancora sconvolta di fronte all’assoluta sbadataggine dell’altra. Sospirò, sconfitta.

Si voltò verso Moira e borbottò:“Pare che ci toccherà fare a meno dell’aiuto di Dom”.

La mora le sorrise, empatica. “Ce la caveremo senza problemi, vedrai”.

Rose annuì: “Speriamo. Meno male che vieni anche tu Moira, da sola sarebbe stato impossibile”

L’altra le sorrise ancora, poi si fece pensierosa. “Vi spiace se pranziamo con Dave e gli altri?” Esordì dopo un po’ “Ero già mezza d’accordo con loro e non mi va di dargli buca del tutto”.

“Non ci sono problemi”. Disse la rossa, senza pensarci: pranzare con gli amici di Dave non poteva essere male. Un momento…. Gli amici di Dave! “Aspetta, chi sono gli altri di preciso?”

Moira sorrise, di nuovo. Non sembrava turbata dalla sua reazione. “Asa, i fratelli Potter, Fred Weasley e Malfoy.Stai tranquilla Ros: saremo in tanti. E io e D. ti terremo lontana dalle sue grinfie”.

Rose le sorrise grata: la mora aveva tenuto conto del suo problema, prima di proporre loro il pranzo.

“Grazie, Moira”.

“Di nulla, a proposito come va con lui?”

“Non va. Per fortuna. Non ci vediamo quasi mai se non a lezione e alle riunioni dei prefetti e in entrambi i casi siamo circondati da altre persone”.

In realtà Rose vedeva Malfoy anche per un altro motivo: la vendetta su Amanda Corner. Vendetta, di cui non poteva parlare in presenza dell’italiana, ma che stava procedendo particolarmente bene.

Era un piano estremamente semplice, il loro. Semplice, ma efficace: facevano a turni e ogni giorno uno di loro organizzava qualche scherzo con cui perseguitare la Corner. Siccome le menti erano tante, anche il tipo di scherzo cambiava e la Corvonero non aveva la benché minima speranza di identificare i responsabili. Persino il custode si era visto costretto a rassegnarsi dal momento che tutti i suoi sospettati fornivano sempre un alibi che veniva puntualmente confermato da almeno altri otto studenti.

A Rose costava ammetterlo, ma di tutti gli scherzi che stavano portando la Corner alla pazzia il migliore era senza dubbio quello escogitato da Malfoy solo qualche giorno prima: il ragazzo, lungi dall’inventarsi qualcosa di complicato e di difficile riuscita, aveva semplicemente incantato gli specchi in modo che distorcessero l’immagine di Viperanda, rendendola molto più simile ad una balenottera che a una vipera.

Rose sospirò, frustrata: l’attrazione non aveva cancellato la rivalità, affatto.

“Dai su con la vita Ros! Ti basterà tenere le distanze per un altro po’ poi potrai tornare ad odiarlo e affatturarlo senza conseguenze.”

La rossa Serpeverde sorrise contagiata dall’insolita positività dell’altra. “Già! La mia assurda e immotivata attrazione per quel deficiente di Malfoy ha i giorni contati! Sarà un capitolo chiuso ancora prima del ballo!”

“Oh, me n’ero dimenticata.” A quella frase, Rose si voltò verso il letto dell’italiana, preoccupata: aveva un brutto presentimento. “Belby l’altro giorno mi ha detto che tutte le coppie di aspiranti caposcuola dovranno ballare assieme almeno un’intera canzone.”

Le ci volle qualche secondo per assimilare la notizia. Durante il breve lasso di tempo in cui il suo cervello navigava beatamente nell’ignoranza, vide Moira fissarla con occhi decisamente preoccupati e ansiosi.

Poi la realtà la colpì e Rose iniziò a vedere rosso. Un secondo dopo era in ginocchio sul letto dell’amica, le mani intorno al suo collo abbronzato.

“Quando pensavi di dirmelo, eh?! Quando?! Quando?!”

Moira, che evidentemente se l’aspettava, reagì prontamente, separandole con un semplice Protego. “Calmati, Rose: se n’è dimenticata, non l’ha fatto a posta”.

“Non me ne frega una pluffa! Non si ci può dimenticare di una cosa simile!”

“Scusami, Rossa. Hai ragione tu: non avrei dovuto dimenticarmene e il fatto che io abbia la luna storta, ultimamente, non è una scusante”.

L’ira di Rose, come al solito, si sgonfiò in un secondo, alle parole dell’amica. Nemmeno lei capiva come fosse possibile che il tono tranquillo dell’altra bastasse a calmarla, quasi, ogni volta.

“Comunque, anche se mi sono dimenticata di parlartene, non ho scordato di pensare ad una.. soluzione alternativa, diciamo”.

Rose, nemmeno a dirlo, si illuminò all’istante. “Ovvero?”

“Ho chiesto a papà di mandarmi una fialetta di Polisucco, dalla mia scorta personale. Quest’estate mi annoiavo e ho rimpolpato un po’ le mie scorte di pozioni, ma non ho pensato a portarmi della Polisucco a scuola, anche se ne ho distillato due claderoni interi: non credevo ne avremmo avuto bisogno”.

“Vuoi usare la Polisucco per scambiarci?”

“Sì. Così tu ballerai con Al e io con Scorpius e non ci saranno problemi”.

“Non funzionerà”. Rose si voltò di scatto verso Moira, che le osservava seduta sul proprio letto. “Tu” Fece indicando Daria, “non sai né mentire, né recitare. Sei bravissima ad omettere dettagli e a dire la verità nel modo che ti conviene, ma non sei mai stata capace di mentire. Non riusciresti a fingerti Rose: siete troppo diverse. Così come tu, Rose, non riusciresti mai a fingerti lei”.

“Ma io so mentire e so recitare!”

“Vero. Tu sei brava a mentire e a recitare, ma fingerti timida e refrattaria alle attenzioni altrui va oltre le tue capacità”.

Rose, suo malgrado fu costretta ad ammettere che la mora aveva ragione. E questo significava solo una cosa: lei era nei guai.

“Hai ragione. Non ci avevo pensato.” Rose squadrò l’amica con attenzione, i conti non le tornavano: Daria pensava sempre a tutto, a tutte le eventualità e a tutti i possibili problemi. Che cos’hai italiana?

“Non possiamo nemmeno scambiare te e Rose perché Dave capirebbe subito che c’è qualcosa che non va”.

“Ma io non vado più al ballo con lui, lo sai”.

“Questo non cambia niente. Lui passerà comunque molto tempo con entrambe e..”

“Come non vai più al ballo con Dave? Gli anni scorsi siete sempre andati insieme”. L’espressione scioccata di Moira la fece sorridere. Avrei potuto dirglielo prima, solo che.. non sapevo come… L’aveva fatto per lei. Se si stava impegnando così tanto per allontanarsi da Dave, se ci stava provando così intensamente era solo per Moira. Certo voleva bene anche a Dave e le sarebbe dispiaciuto illuderlo, ma Rose Weasley era una creatura egoista e mettere le distanze da Zabini si stava rivelando faticoso. Se non fosse stato per Moira, probabilmente avrebbe rinunciato subito, forse non ci avrebbe nemmeno provato. “Gli anni scorsi non sapevo che lui fosse interessato a me, e, soprattutto non sapevo che lui interessasse a te”.

“Non me ne ha parlato…”

Daria, abbandonando definitivamente il libro sul letto, si alzò e abbracciò la mora da dietro, circondandole il petto con le braccia e posandole il mento sulla testa. “Starà ancora cercando di assimilare le cosa”

Moira annuì. “Cosa gli hai detto Ros?”

“Che trovavo egoista e ingiusto continuare ad impedirgli di invitare una ragazza a cui fosse veramente interessato e di non preoccuparsi per me, perché avrei comunque trovato un accompagnatore. Cosa che, tra l’altro, ho fatto oggi”.

“Ovvero?”

“Ovvero Jake Mitchell”.

Daria inaspettatamente scoppiò a ridere così forte che Moira si staccò dall’abbraccio, confusa. Rose sospirò, troppo abituata alle assurde reazioni dell’altra per preoccuparsi veramente. L’italiana prese fiato, poi disse: “Voi due siete davvero assurdi”.

“Noi assurdi, ma ti sei vista, italiana? … Aspetta noi due chi?”

L’altra non la degnò di una risposta e le chiese, sorridendo divertita “Sai con chi va al ballo Scorpius?”

“Dovrebbe interessarmi?”

La castana, di nuovo, non la considerò e andò avanti imperterrita. “Va con Christine Baston. Adesso, Mo-Mò, dimmi se non sono assurdi”.

La mora ridacchiò “In effetti”.

Rose sospirò. Jake Mitchell, Grifondoro, settimo anno. Aspirante portiere della squadra della sua casa, erano anni che Jake cercava di soffiare il posto a Malfoy e l’anno prima, quando il biondo era infortunato, l’aveva sostituito per buona parte della stagione e aveva fatto di tutto per non dovergli restituire il posto. Si poteva benissimo dire che Jake fosse il Grifondoro meno apprezzato da Malfoy.

Comunque io non vado al ballo con Mitchell per quello.

Christine Baston, Grifondoro, sesto anno. Cacciatrice titolare della squadra di Quidditch della sua casa, erano cinque anni – da quando entrambe avevano cominciato a giocare – che lei e la Baston si davano battaglia, erano cinque anni che la Baston riusciva a segnare in tutte le loro partite. Si poteva benissimo dire che Rose la sopportasse appena più di quanto sopportava Malfoy.

“Piantatela di ridere. Io vado al ballo con Jake perché è un bel ragazzo e non è uno che si fa aspettative. Quanto a Malfoy, avrà i suoi motivi. Se invece lo fa per irritarmi, spreca il suo tempo”.

“Certo”. Rose scoprì che il sorrisetto ironico di Daria, conseguenza, a parer suo, di tutto il tempo che l’italiana passava con James, poteva essere davvero molto irritante.

“Time-out voi due. Devo andare in sala comune a recuperare il libro di difesa, cercate di non ammazzarvi mentre non ci sono”.

Moira si avviò verso la porta, sorridendo e quando passò vicino a Rose, la rossa la sentì sussurrare: “Grazie, Rose”.

 

***

***

 

“Rose mi ha detto che Daria sarà uno schianto allucinante stasera. Curioso di vederla, fratellino? O agitato?”

Albus alzò le spalle con indifferenza, poi sorrise, malandrino “A me hanno detto che la Waterfall farà una vera e propria strage”. Si voltò verso Scorpius e cugino e aggiunse. “Ma, stando alla mia fonte, pare  che sarà Rosie a vincere la gara”.

Dave sorrise, ma non riuscì a replicare perché interrotto dall’esclamazione di James.

“OH, Merlino”

“D. mi senti?” Moira la guardava preoccupata e le sventolava una mano davanti agli occhi.

“Sì scusa ero solo distratta”. Daria sospirò,massaggiandosi le tempie: le pulsavano terribilmente. Come dopo ogni flash.

“Ti accade un po’ troppo spesso ultimamente”.

Moira aveva ragione: tutto ciò le accadeva davvero un po’ troppo spesso. Almeno una volta al giorno, se era molto fortunata.

Non capiva cosa potesse essere, o meglio sapeva cosa non poteva essere.

Aveva ipotizzato che fosse una nuova strana malattia magica, ma l’infermiera, Madama Lones, le aveva assicurato, solo qualche giorno prima, che non aveva niente fuori posto, tutti i valori perfettamente nella norma.

Già… Cosa stavi dicendo?”

“Ti stavo chiedendo se la Waterfall verrà ad Hogsmeade con noi”.

“No” rispose una voce dietro di loro. “Meggie ci ha precedute al villaggio”. Entrambe si voltarono verso Rose. La rossa sorrise a qualcuno dietro di loro. Probabilmente a qualcuno di sesso maschile e bell’aspetto dietro di loro. “è andata col suo ragazzo”.

Daria annuì. “Sei in ritardo, Rossa. Abbiamo appuntamento con l’altra rossa…” lanciò uno sguardo al suo babbanissimo orologio da polso in plastica colorata e concluse, seccata. “esattamente ora.. ai Tre Manici”.

“Andiamo, italiana cosa vuoi che sia? Scommetto che a Meg non dispiace. È col suo ragazzo”. Daria sbuffò.

“Da quanto tempo stanno insieme?” Chiese Moira. “Non sapevo nemmeno avesse il ragazzo”.

“Si sono messi insieme poco prima delle vacanze. Saranno quanto.. due, tre mesi?”

“Quasi cinque”. La corresse Daria, istintivamente: l’altra aveva un concetto del tempo che.. beh definirlo lato è, come dire.. un eufemismo? Uno grosso però.

“Dettagli”. La rossa fece un cenno con la mano per ribadire il concetto. “A Daria non piace”. Aggiunse a beneficio della mora.

“Come mai?”

Daria scrollò le spalle. “Non so spiegarlo, non mi piace punto. È una sensazione a pelle”.

“O forse è solidarietà nei confronti di Jamie”. Aggiunse Rose, con un sorrisetto.

Moira sorrise, capendo al volo il riferimento. Loro due, Moira e Daria, erano amiche da anni, quindi l’altra era stata a conoscenza delle teorie dell’italiana ancora prima del diretto interessato.

“Non centra. È qualcosa di diverso, mi sa di.. sporco.. come se nascondesse cose..”

“Tutti nascondiamo cose, D.” La precisazione di Rose non era provocatoria o derisoria, ma seria. Era una tacita regola dell’amicizia, di come la concepivano loro l’amicizia, almeno: non si scherza sulla sofferenza di un’amica, nemmeno se era solo una possibile, remotamente possibile, sofferenza.

L’altra annuì. “Speriamo solo che il mio istinto sbagli”.

“Solo che non succede quasi mai”.

Dopo il commento di Moira la conversazione si spostò su toni più leggeri e andò avanti senza intoppi fino ai Tre Manici Di Scopa.

“Siete in ritardo”.

“Colpa di Rose. Grazie per averci salutate, comunque”.

 “Ciao!” Meg sorrise apertamente. “Sapevo che non poteva essere che colpa tua, Weasley”.

“Ciao Meggie, Ethan. Sempre tutti a dare la colpa. Siete voi due ad essere troppo fissate con gli orari”.

Il saluto di Rose al ragazzo di Margaret, le ricordò della sua presenza. Si sforzò di mettere su un sorriso cordiale. “Buongiorno Davies”

“Rose, De Lupo.” L’altro sorrise di rimando ad entrambe. Era la sua impressione o quando si era rivolto a lei il suo sorriso era sembrato ancora più tirato e falso di quello che si stava costringendo ad indossare lei? “Vi affido Margaret”. Detto questo, il ragazzo-che-nasconde-cose si allontanò.

“Meg, conosci Moira, vero?”

La rossa annuì. “Di vista e indirettamente, tramite queste due pettegole”. Fece rivolgendosi direttamente alla mora. Poi le tese la mano. “Margaret Waterfall, o più semplicemente Meg”.

Moira la strinse con un sorriso. “Anch’io ho sentito parlare di te, Meg. E devo dire che ti sei già guadagnata tutta la mia stima: sopportare Daria durante tutte quelle ronde notturne l’anno scorso.. devi proprio essere una tosta”.

“Ehi!” Protestò Daria, fingendosi indignata, ma col sorriso sulle labbra. Il suo istinto, quello che non sbagliava quasi mai, le diceva che quelle due sarebbero andate d’amore e d’accordo.

Meg sorrise, divertita: “Ho sopportato di peggio”.

“Potter grande?” Suggerì la mora.

“Potter grande”. Confermò l’altra con un sospiro sconsolato, ma il sorriso divertito.  

 

***

***

 

“Forza! Ci sono ancora due negozi da controllare. Vedrete che troveremo i vestiti adatti a voi!”

Daria sbuffò: “Altri due negozi? Ti detesto Weasley”.

Meg annuì, sconsolata “Che poi non ho capito perché cerchiamo solo i vestiti per me e Daria. Non dovreste occuparvi dei vostri?”

“Noi i nostri vestiti li abbiamo già. Li abbiamo presi insieme quest’estate. Cosa che facciamo tutti gli anni”.

All’espressione stupita e sconcertata delle altre due, Moira aggiunse: “Ma vi pare che ci saremmo ridotte all’ultimo per comprare il vestito? E poi ad Hogsmeade c’è troppa poca scelta”.

Rose annuì. Comprare il vestito lì al villaggio, limitando in modo considerevole le proprie possibilità di scelta, era impensabile, per lei come per Moira e Dom. Aprì la porta dell’ennesimo negozietto e la tenne aperta per le sue amiche.

Si stava divertendo da matti. Persino il pranzo coi ragazzi non era stato male. Malfoy era seduto all’altro capo del tavolo, quindi non aveva avuto problemi ad ignorarlo ed era riuscita a non dare troppa confidenza nemmeno a Dave con la scusa di dover chiacchierare con Meg per non farla sentire troppo a disagio. Che poi non era una scusa. Meg, tra loro quattro, era quella meno a suo agio: Moira girava sempre con Asa e Dave, quindi era un membro di quello strano gruppetto fatto di Grifondoro e Serpeverde, tanto quanto gli altri ragazzi; Daria era amica di tutti i ragazzi presenti e, anche se di solito aveva a che fare con loro singolarmente o, al massimo, a coppie, si era trovata benissimo anche nel contesto di gruppo. Per lei valeva un discorso simile: la metà di loro erano suoi cugini e gli altri, eccezion fatta per Malfoy, erano suoi amici.

Meg, al contrario, non conosceva quasi nessuno. Le uniche persone con cui era in confidenza erano lei e Daria. Andava d’accordo con Moira, ma si conoscevano direttamente solo da un paio d’ore. Senza contare che era seduta di fronte a James e, per quanto il loro rapporto non fosse più completamente disastroso e unicamente basato su scherzi e rispostacce, la cosa non aveva contribuito a farla sentire a suo agio.

“Wow, questi sì che sono problemi veri: dove andare a comprare il vestito. E io che pensavo fossero la fame nel mondo, il razzismo, la dissolutezza della società e altre cavolate simili..”

Rose sbuffò: era tutto il giorno che Daria le prendeva in giro con il suo sarcasmo. Una piccola vendetta ci stava. Si voltò verso Moira che le fece l’occhiolino. Eccome  se ci stava.

“Senti un po’ italiana” Esordì la mora, con tono serio “che effetto ti ha fatto vedere le tue prede insieme?”

Daria arrossì immediatamente: “Jam e Al non sono mie prede”.

“Vero” acconsentì Rose “sono prede del tuo fascino latino”.

“Ma la volete piantare con questa storia?!”

Moira e Rose scoppiarono a ridere, mentre il colorito dell’altra tendeva sempre di più all’aragosta.

Meg le guardò, confusa “Lo raccontate anche a me così rido anch’io?”

Daria tappò la bocca sia a Moira che a Rose, prima che potessero dare la loro, di spiegazione e raccontò brevemente alla Grifondoro del bacio-incidente.

“Ok afferrato. Ma Potter grande che centra con questa storia?”

“Ti interessa eh?” Fece Daria insinuante.

Meg scrollò le spalle: “Sono solo curiosa”.

Rose approfittò della distrazione dell’italiana, che stava scrutando l’altra rossa, e si liberò dalla sua presa.

“James centra tutto. È stato lui il primo bacio di Daria”.

“Trovati!” Esclamò a quel punto Moira, indicando un paio di vestiti.

“Decisamente sì! Forza! Provateli!” Rose, già dimentica del suo proggetto di far imbarazzare l’amica per vendicarsi delle prese in giro, li afferrò e spinse entrambe le ragazze dentro i camerini.

“Siete stupende!” L’esclamazione entusiasta di Moira, qualche minuto dopo la fece voltare.

La ragazza scrutò le amiche con sguardo critico, poi annuì e sorrise estasiata.“I vestiti sono decisamente perfetti!”

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Daria è un po’ in crisi, eh? Beh abituatevici perché sarà una condizione ricorrente. Anzi direi che la cosa è destinata a peggiorare. Rose, invece, secondo me sta dando prova di una notevole maturità, eccezion fatta per alcuni scoppi di rabbia improvvisa che fanno troppo profondamente parte della sua natura.

Moira è un personaggio che mi piace, è una tosta e lei e Meg diventeranno sempre più importanti: ora che il quartetto si è costituito sarà difficile sfaldarlo.

Ero tentata di spiegare il discorso del primo bacio e di descrivere i vestiti direttamente in questo capitolo, ma, siccome sono una persona perfida, preferisco aspettare. I vestiti li rimando al capitolo del ballo, che, tra l’altro, è il prossimo, mentre quello del primo bacio.. beh forse tra un paio.. non so voglio dare sia a voi che a Meg un po’ di tempo in più..

Per quanto riguardo gli strani flash di Daria no comment. Io, perché come ho detto prima sono una persona cattiva, non voglio darvi nessun indizio né suggerimento.

Spero di riuscire a postare il prossimo capitolo di qui a un mese, ma non prometto nulla. Tra lavoro ed università devo capire come ri-organizzare la mia vita e far quadrare tutto e tutti e potrebbe volermici un po’. Ciò nonostante non ho la benché minima intenzione di abbandonare la storia. Mai.

Ok provo a postare le foto dei ragazzi:

Scorpius

Photobucket

 

Al

Photobucket

 

 

Non sono ancora riuscita trovare Dave, ma se qualcuna avesse qualche suggerimento sarebbe più che gradito

Un bacio

AiraD

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Capitolo 11
*** 10) Halloween ***


10) Halloween

 

“Adesso sei perfetta” Alle parole di Dominique, Rose sollevò lo sguardo dallo specchio che stava usando per rifinire il proprio trucco, si voltò verso Daria e la fece alzare per ammirare la loro opera. Lei, Daria, Moira e Domi si erano riunite in camera di Meg, l’unica ad avere una stanza tutta sua, per prepararsi insieme, o meglio lei Dom e Moira si erano preparate insieme e insieme avevano preparato Meg e Daria. Nessuna di loro tre si fidava molto delle altre due.

Osservò l’amica con occhio critico, girandole intorno. Il lungo vestito blu senza spalline rendeva la sua figura ancora più slanciata e il profondo spacco laterale dava quel tocco di sensualità che mancava. I suoi occhi blu erano stati valorizzati dal colore del vestito e dal trucco blu, sapientemente steso e sfumato da Dominique. L’unica cosa che non la convinceva erano i capelli sciolti. Le stavano benissimo, ma forse i capelli raccolti erano più adatti a quel vestito.

“Sei sicura di volerli lasciare sciolti? Il vestito è senza spalline, avrebbe più senso raccogliere i capelli e lasciare le spalle completamente scoperte”.

“Se devo sembrare un’altra, facciamolo come si deve. I capelli raccolti sono il mio marchio di fabbrica” Sbuffò, contrariata. “E poi così mi sento un po’ meno nuda”.

Rose alzò un sopracciglio: era strano che volesse tenere i capelli sciolti, ma non protestò oltre. Aveva perso fin troppo tempo in passato per convincerla a non legarli, non si sarebbe lamentata proprio ora che era lei stessa a proporlo.

“Almeno tu hai il vestito lungo! Io nuda lo sono veramente”.

“Tranquilla Meg. Stai benissimo e non sei nuda. Il vestito non è così corto”. L’altra rossa sbuffò alle parole di Moira e Rose sorrise. Anche lei era un piccolo capolavoro di cui essere orgogliosa. Indossava un vestito corto a balze beige, tranne per alcune balze di un marrone più scuro e l’ombretto dorato le valorizzava i grandi occhi color miele.

“Siete assolutamente splendide! E noi siamo assolutamente geniali! Ottimo lavoro colleghe!” Dominique alzò un pugno al cielo in segno di esultanza, muovendosi con grazia quasi surreale nel suo splendido vestito chiaro.

“Sì, abbiamo ottenuto un bel risultato, ma avevamo anche una buona materia prima” Disse Moira, senza distogliere lo sguardo dallo specchio a figura intera che stava usando per finire di mettersi a posto l’acconciatura. “Non è tutto merito nostro e non c’è motivo di essere così esaltata, Dom”. La bionda le fece una linguaccia, ma non sembrò essersela presa. Quelle due andavano abbastanza d’accordo, ma mai quanto Moira e Meg. L’affinità tra loro era sorprendente, erano entrate in confidenza in pochissimo tempo e senza alcuno sforzo e Rose ne era entusiasta.

Speriamo che Dave non si comporti da idiota e dia a Mo le attenzioni che si merita.

Moira, infatti, sarebbe andata al ballo con Zabini e Rose sperava che le cose tra loro cominciassero ad andare nel verso giusto.

Voglio dire Moira è bellissima, stasera. Se non la nota è proprio scemo.

Vestito verde e argentato, capelli raccolti e tacchi vertiginosi, Moira non era mai stata così splendida e Rose era davvero convinta che Dave non potesse semplicemente non notarla.

Era l’unica a pensarlo, però. Daria non si era pronunciata in merito, mentre Moira le aveva detto che si stava illudendo e che non sarebbe bastato un vestito corto perché lui la guardasse come guardava lei.   

“Siamo sicure che Jam non avrà la malsana idea di mascherarsi?”

“Assolutamente sì. Mi sono occupata  personalmente dei vestiti di tutti i miei cugini e ho mandato Louis ad accertarsi che non facciano di testa loro. Visto che è troppo piccolo per partecipare al ballo tanto vale che si renda utile e si assicuri che quei trogloditi non facciano sfigurare la famiglia.”

“A quello, Dom, ci ha già pensato mio padre anni fa. Con quel suo orrendo abito da cerimonia marrone.” Rose rabbrividì disgustata. Tra sua madre, che aveva sempre preferito le librerie ai negozi di abbigliamento, e suo padre, che indossava certe cose, era un miracolo che lei avesse un minimo senso estetico.

La rossa Serpeverde tornò a dedicarsi al proprio trucco e, dopo cinque minuti buoni, annunciò: “Pronta!”

“Era ora! Ci hai messo secoli Rose”.

“La bellezza richiede tempo e pazienza Meg. Tempo e pazienza. Essere sempre bellissima non è uno scherzo. Non lasciarti trarre in inganno da me, che lo faccio sembrare semplice e naturale.” Disse con aria da maestrina e atteggiandosi a gran diva. “Bisogna essere costanti, pazienti, attenti e….”

“E soprattutto modesti, vero Rose?”

“Hai centrato il punto, Moira”. Annuì con esagerata convinzione. “Ci vuole anche la modestia, prendete esempio da me”.

“Ma ti sei sentita? Sembri Potter!” Disse Meg, ridendo.

Moira scosse la testa sconsolata. “E dopo questa sferzata di umiltà, direi che possiamo andare. Prima che a Daria venga una crisi isterica”.

“Giusto! In marcia!”

Rose si alzò in piedi e procedette per prima oltre la porta, spedita ed aggraziata nel  vestitino azzurro e verde che le lasciava scoperte le  gambe lunghe e magre.

Era prontissima per la serata. Si sarebbe divertita e goduta il suo bel cavaliere e, soprattutto, sarebbe stata alla larga da Malfoy. Avrebbero dovuto ballare insieme, ma non sarebbe stato così tragico: si trattava di una sola canzone, al termine della quale si sarebbe affrettata a mettere una distanza di sicurezza tra sé e Mr. Presunzione.

Magari prima di allontanarmi gli pesto un piede.

Che splendida idea!

Se gli faccio abbastanza male gli renderò impossibile ballare con quell’oca della Baston.

Ridacchiò, malefica, tra sé e sé al pensiero di fare un dispetto sia a Malfoy che alla sua simpaticissima dama.

 

***

***

 

Concentrata. Un passo dietro l’altro, calma e attenzione. Aventi, pratico le arti marziali io. Un paio di tacchi non può mandarmi in crisi no? Pensò, mentre si concentrava al massimo per riuscire a camminare senza ammazzarsi. Scoccò un’occhiata colma d’odio alle tre ragazze poco più avanti, che incidevano con grazia e sicurezza. Lei era certa di sembrare un’impedita. Meg le camminava lentamente accanto, nemmeno la Grifondoro sembrava particolarmente a suo agio su quei trampoli.

Sì, ma almeno lei non sembra una giraffa zoppa.

Sbuffò frustrata. Odiava i tacchi.

“Qualcosa non va, Al?”

“Ti odio Rossa. Profondamente”.

“Tranquilla Daria! Ti sostengo io!” Disse Dom affiancandola ed offrendole il braccio. L’altra le sorrise grata.

Oh, me ne stavo per dimenticare

Cercò la bacchetta tra le pieghe del vestito e la utilizzò per appellare una fialetta contenente un liquido rossastro. Le ragazze in genere non portavano la bacchetta a feste come quella, ma lei come Rose e Domi, lo faceva sempre. Erano cresciute coi racconti di guerra e certe precauzioni, come avere sempre la bacchetta a portata di mano, venivano loro naturali.

“Che cos’è?”

“Una pozione inibitrice”.

Rose si voltò, ancora, di scatto. “Una pozione inibitrice? Ma ti indebolirà”.

“Se non la prendessi rischierei di impazzire e di finire K.O. per uso esagerato dei miei poteri, Ros. Preferisco avere qualche energia in meno”.

La pozione inibitrice avrebbe, appunto, inibito le sue eredità individuali, rendendole impossibile utilizzarle per qualche ora. Detestava prenderla e lo faceva raramente. Non la prendeva nemmeno per gli esami, solo l’anno prima, in occasione dei G.U.F.O. e su insistenza dei commissari esterni, aveva accettato di prenderla.

Quella pozione oltre a privarla temporaneamente dei suoi poteri ausiliari, le portava via anche parte delle sue energie. Era un po’ come un calo di pressione improvviso. Non era il massimo, ma era l’opzione migliore.

L’alternativa, il non prenderla, avrebbe avuto effetti peggiori.

Con tutto quel baccano, con tutta quella gente che ballava, parlava, urlava, sussurrava, rideva, piangeva… sarebbe impazzita, poco, ma sicuro. Non sarebbe riuscita a tenere sotto controllo il suo udito, a limitarlo, come faceva di solito. Avrebbe captato tutto, perché per lei era naturale captare più suoni del normale e non farlo, tenere il suo udito a bada richiedeva sempre un po’ della sua concentrazione. Ci era abituata e in condizioni normali non era un grosso sforzo, ma quelle non erano condizioni normali.

La sua telepatia, poi, aveva un nemico, o un alleato, naturale, a seconda dei punti di vista: l’alcool.

Era sicura che il punch, se conosceva un po’ Fred, sarebbe stato corretto pesantemente. E questo per lei era un piccolo disastro. Non sapeva bene per quale motivo, ma era in grado di sentire i pensieri di chi aveva bevuto un po’. Più che sentirli, era come se le venissero urlati nelle orecchie, come se glieli martellassero nel cervello.

Probabilmente l’alcool, rendendo i pensieri più indisciplinati, li rendeva anche meno legati alla persona che li formulava, meno “privati”. Le si fiondavano da soli nel cervello, senza che lei li cercasse e senza che lei o il proprietario dei pensieri lo volessero e, non essendo abituata a ricevere, Daria, non era brava a schermarsi, a tenere i pensieri altrui fuori dalla propria testa. Trasmettere le veniva naturale, ma ricevere no. Non in quel modo, almeno.  

Tutte quelle informazioni non richieste l’avrebbero mandata fuori di testa e tutto quell’uso involontario, ma esagerato delle sue eredità l’avrebbe mandata K.O. Tutti gli Eredi dovevano usare i propri poteri aggiuntivi con parsimonia, perché usarli li stancava.

Stappò la fialetta e ingoiò la pozione in un solo sorso. Storse il naso per il sapore amaro e rabbrividì. Detestava quella sensazione. Non poter contare sulle sue capacità extra…. era come essere cieca e sorda.

Sentì qualcuno afferrarle l’altro braccio e sorrise, vedendo che era Rose e che l’aveva presa a braccetto.

“Finirai per svenire, italiana. Sei già abbastanza debole di costituzione”.

Un paio di rampe dopo, Dominique le lasciò il braccio e disse: “Io scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!” E schizzò via con la sua solita, innata grazia.

“Non riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata e femminile”.

“I geni Veela, Meg. I geni Veela”.

“Bene. Muoviamoci”.

“Quanta fretta D! Cos’è non vedi l’ora di volteggiare tra le braccia di Jam?”

“Ah ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso sedere”.

Lei e Rose si incamminarono a braccetto, Meg accanto all’altra rossa e Moira pochi passi più avanti.

Quando iniziarono a scendere l’ultima rampa, entrando nella visuale degli studenti che erano già arrivati nell’ingresso, Daria fu certa di stare arrossendo brutalmente. Era imabarazzatissima e assolutamente a disagio. Sperava ardentemente che nessuno la riconoscesse, perché lei di sicuro non si riconosceva: senza la sua divisa un po’ trascurata, ma comoda o i jeans logori, non era lei, non si sentiva se stessa.

Teneva lo sguardo basso, concentrato sulle sue decolté blu, ma, sentendosi osservata intensamente, lo sollevò di scatto, incrociando quello di Al. Non si preoccupò di decifrarlo o di capire cosa il ragazzo stesse pensando, ma si affrettò a tornare a guardare le proprie scarpe. Tirò un sospiro di sollievo, quando i gradini finirono e lei si staccò dall’amica per avvicinarsi a James.

Domi, in piedi accanto al fidanzato, li osservava con aria estremamente divertita. “Non è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi: potrebbe entrarci qualcosa”.

James sorrise e le passò un braccio dietro alla vita, lasciando la mano sul suo fianco all’altezza dell’anca, e l’italiana, a quel tocco intimo e familiare, si sentì immediatamente più a suo agio, più tranquilla. Il contatto con James era così giusto, così naturale e normale per lei, da avere lo stesso effetto di un calmante.

“Wow” Esordì il moro, restando letteralmente a bocca spalancata, per lo stupore. “Sei assolutamente stupenda, Daria”.

“Mmm”. Fece lei, poco convinta.

Lui la strinse un po’ più vicina e si piegò verso di lei, per sussurrarle: “ Non devi essere a disagio. Indossi abiti diversi, ma sei sempre tu”. Sapeva sempre cosa dire e cosa fare, il suo James.

Sono maledettamente fortunata ad averlo con me.

Gli sorrise grata e si prese un secondo per osservarlo. Pantaloni neri e camicia rossa, rigorosamente senza cravatta, coi primi bottoni rigorosamente slacciati. Era proprio bello da morire il suo migliore amico. “Anche tu non sei niente male, Marmellata. Ma cerca di non montarti la testa”.

Lui ignorò bellamente il suo ultimo consiglio e si gonfiò come un tacchino. “Altro che niente male! Sono un figo da paura. Sei proprio fortunata ad avere un accompagnatore così figo. Sono così bello che mi porterei al ballo da solo”.

“Ecco. Come non detto”. Ridacchiò lei.

“Allora James, che ne dici: abbiamo fatto un bel lavoro?” Alle parole di Dom la loro piccola bolla privata scoppiò, ma la ragazza rimase abbastanza rilassata, merito della stretta familiare e un po’ possessiva dell’altro.

“Anche troppo, cugina. Dovrò passare la serata a tenerla sotto stretta sorveglianza e a tenerle lontano qualunque essere senziente e di sesso maschile”.

“Mi so proteggere da sola, Jam”. Sospirò, scoccando un’occhiata raggelante ad un paio di ragazze che la stavano guardando male da lontano. Evidentemente rientravano sia nell’ampia schiera di ammiratrici del ragazzo, sia nell’altrettanto ampia schiera di oche che non capivano il loro rapporto.

 

***

***

 

“Io scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!”

“Non riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata e femminile”. Commentò, Meg, osservando Dominique sparire dietro l’angolo.

“I geni Veela, Meg. I geni Veela”.

“Bene. Muoviamoci”.

“Quanta fretta D! Cos’è non vedi l’ora di volteggiare tra le braccia di Jam?”

“Ah ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso sedere”.

Rose sorrise e si incamminò sostenendo l’amica. Anche lei, come la cugina, era curiosa di vedere la reazione dei ragazzi, di vedere che facce avrebbero fatto i loro amici trovandosi davanti una Daria vestita decentemente. Non potevano immaginare che l’italiana fosse così bella, non quando lei stessa non faceva niente perché lo notassero e si impegnava per passare inosservata.

Era quasi certa che James avrebbe deciso di tenerla sotto stretta sorveglianza per evitare che qualche “bruto” la portasse via al fratello.

O così o la manda a cambiarsi. Non che lo permetterei, sia chiaro.  

Suo cugino James era uno spasso.

Era decisa a concentrasi sulle reazioni di Jam, Al e Jake. Non avrebbe considerato Malfoy.  Non le importava di essere notata da lui, la sua opinione era del tutto ininfluente.

Scese le scale puntando i suoi occhi azzurri sul suo cavaliere, focalizzando la sua attenzione sullo sguardo del ragazzo. Fece una smorfia di disappunto: quell’espressione compiaciuta non le piaceva.

Illuso. Io non mi sono di certo fatta bella per lui.

Non è così importante.

Nessun ragazzo lo sarà mai

Spostò la sua attenzione su James, sicura che la sua, di reazione, non l’avrebbe delusa. E infatti il caposcuola stava fissando la sua collega con una tale intensità da essere quasi preoccupante. Provò a scrutare l’espressione di Meg per vedere se si era accorta dello sguardo di James, ma lei sembrava totalmente concentrata su Ethan, anche se il rossore sul suo viso non le tornava.  La Grifondoro non era tipo da arrossire così facilmente. Secondo lei, l’aveva notato eccome, lo sguardo perso ed estasiato di James.

Peccato che Daria sia troppo concentrata sulle sue scarpe per accorgersi di qualunque cosa, eccetto il colore dei gradini.

Poi spostò lo sguardo sull’altro Potter e rischiò quasi di cadere e far cadere l’amica: aveva un’espressione strana, sorpresa e un po’ buffa, che Rose non sapeva spiegarsi e che, di sicuro, non si sarebbe mai aspettata di vedergli addosso. Quello sguardo le era familiare. Si era vista guardare in quel modo molte volte, ma non se lo sarebbe mai aspettato da Al. Era l’espressione che avevano a volte i ragazzi quando restavano profondamente colpiti, ammaliati dal suo aspetto.

Sorrise divertita e lanciò uno sguardo malizioso all’amica che non si era accorta di nulla, lasciandola poi andare per avvicinarsi a Jake. La smorfia di disappunto di nuovo al suo posto. Avrebbe dovuto rivolgerle uno sguardo diverso. Non si aspettava certo di vedergli la stessa espressione di James, nemmeno lo voleva, ma il ragazzo avrebbe dovuto guardarla nello stesso modo in cui Al aveva guardato Daria. Un po’ meno sorpreso, magari.

Pretendo troppo?

Mi sa di sì.

“Non è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi: potrebbe entrarci qualcosa”.

Jake, quando lo raggiunse, le rivolse i soliti, tipici complimenti di rito, che lei accolse con un sorriso falso quanto l’oro dei Lepricani. Non sapeva perché, ma lui la irritava. Era tanto compiaciuto solo perché al ballo con lei, Rose Weasley, e la cosa non aveva senso.

Ho accettato il suo invito solo per far irrita…

No. Ho accettato solo perché è un bel ragazzo.

Di certo non pensavo che avrebbe fatto irritare me!

 Cercò con lo sguardo qualcuna delle sue amiche, per condividere  con loro il suo neonato malumore, ma la cosa non ebbe l’effetto sperato. Daria stava chiacchierando con Domi e James, Meg si stava dirigendo in Sala Grande insieme a Ethan, e Moira, in piedi accanto a Dave, stava parlando con Malfoy e compagna. Il biondo non la notò, ma, in compenso, incrociò lo sguardo della Baston, che le sorrise e fece un cenno di saluto.

Non era una ragazza antipatica, oggettivamente parlando, ma Rose non la poteva sopportare. Era un ottima cacciatrice, aveva bei voti e un bel fisico ed era Grifondoro: in pratica la sua rivale naturale.

Bionda, minuta, con tutte le giuste curve e un vestito rosa pallido che faceva risaltare il suo fisico. Sembrava fatta a posta per stare lì, in piedi con la mano di Malfoy sulla schiena.

Rose si voltò irritata, tornando a prestare attenzione a Jake.

 

***

***

 

“Ho assoluto bisogno di sedermi Jam”. Disse Daria, con un sorriso e il fiato corto.

Alla fine, contrariamente alle sue aspettative, si stava divertendo. Tutto merito di quei due pazzi scatenati di James e Fred. Il rosso si era presentato al ballo da solo, come suo solito, con il preciso scopo di rimorchiare qualcuna durante la serata. Per il momento, però, aveva passato più tempo con loro, che alla ricerca di una povera anima in pena da poter consolare.

I due cugini l’avevano fatta ballare, girare e saltare, passandosela come se fosse una palla. Ora a girare era la sua testa.

Si aggrappò al braccio di James per recuperare un minimo di equilibrio. Il mondo intorno a lei vorticava. Il ragazzo si voltò a guardarla, gli occhi castani preoccupati. “Hai preso di nuovo quella pozione orribile, vero?”

“Non avevo molta scelta, Jamie. Lo sai. Comunque sto bene, davvero. Mi devo solo sedere”. Lui sbuffò e le passò un braccio dietro la schiena, mentre con l’altro le afferrava le gambe per sollevarla.

“Mettimi giù, Potter. Non c’è bisogno di fare tutte queste scene”.

“Allora non farne e smettila di dimenarti”. Lui le rivolse un sorrisetto divertito. Ovvio, metterla in imbarazzo era uno dei suoi hobby preferiti.

Insieme a cercare di farmi mettere con suo fratello. No quella è più che altro è un’ossessione.

Il ragazzo la posò finalmente su una delle sedie e poi si portò le mani dietro la schiena, come per massaggiarsela, una finta smorfia di dolore sul viso. Almeno Daria sperava fosse finta. “Morgana che fatica. Sei una finta magra tu, sai?”

“Nessuno ti aveva chiesto di prendermi in braccio, infatti. È stata tutta una tua idea, ora non ti lamentare”.

“Sei tu che non ti dovresti lamentare. Sai quante ragazze darebbero una gamba per farsi portare in braccio da me?”

“Fammi indovinare: nessuna?”

Lui fece una smorfia, fintamente contrariato. “A milioni. Sono il sogno erotico dei tre quarti delle ragazze di questo castello”.

“Esagerato”.

James le sedette accanto, passandole un braccio intorno alle spalle, con fare protettivo. “Comunque avresti dovuto dirmelo. Avrei evitato di farti stancare così”.

“E perdermi lo spettacolo di te e Fred che travolgete la Corner, facendole dare una sonora culata per terra? Giammai”. Entrambi i ragazzi risero al ricordo di una Viperanda, furiosa e mortificata, che si era ritrovata col sedere sul duro pavimento di marmo freddo. Travolta dal ballo sfrenato dei due cugini.

“Non vorrei essere nei panni del mio povero fratellino”.

“Nemmeno io. La Corner è solo una stronza. Stronza e troia. Albie dovrebbe mollarla”. Daria sollevò gli occhi su Rose che aveva appena parlato con tono piuttosto irritato.

“Vacci piano con tutto questo buon umore, cugina. Potresti rischiare di sorridere. Non sia mai!” Il sarcasmo di James non era esattamente l’idea migliore con una Rose di pessimo umore.

“Jamie, carissimo, perché non vai a prendermi qualcosa da bere?” Daria intervenne prima che la rossa potesse scoppiare.

“Giusto. Perché non vai a prenderle qualcosa da bere?” Rose lo fece alzare con uno strattone, per poi rubargli il posto.

“Ah le donne”. Il Grifondoro si allontanò con le mani incrociate dietro la testa.

“Jam! Analcolico mi raccomando!” Il ragazzo le fece un sorrisetto diabolico, che convinse l’altra a non bere nulla di quello che le avrebbe portato. Se lei si fosse ubriacata non sarebbe bastata una semplice, debole pozione inibitrice a sedare i suoi poteri. Nella migliore delle ipotesi avrebbe sparato i suoi pensieri nelle menti di tutti i presenti.

“Allora Rossa, come procede?” L’altra sbuffò e incrociò le braccia al petto. “Così male?”

“Mitchell è un idiota. Un idiota irritante. È convinto che io sia stata ammaliata da lui. Dico ma ti rendi conto? Io ammaliata da qualcuno. Da un’idiota simile poi”.

Daria le passò un braccio intorno alle spalle. “Povera Rose. Però pensaci: è naturale che si sia montato la testa. Sei sempre andata al ballo con Dave, sempre, poi all’improvviso rompi una tradizione di anni e accetti il suo invito. È logico che si sia illuso. Senza contare che non ha mai brillato di intelligenza, il ragazzo”.

“Umf. Dovrei smetterla di cercare di fare la persona altruista. Finisco solo per complicarmi la vita. Come riesci a farlo sempre? È estenuante”.

“Mah.. abitudine? E comunque in questo periodo sto facendo ben poco di altruista. L’hai notato? Ci siamo scambiate i ruoli. Io sono talmente fuori fase che non noterei nemmeno un gigante in mezzo alla Sala Comune. Tu, invece, sembri dotata di un radar”.

Rose sorrise, un po’ più rilassata. “Vedi? Sempre detto io: siamo la coppia perfetta. Ci compensiamo pure in queste cose. Quando tu diventi un po’ più egocentrica, io sviluppo un po’ di altruismo. Siamo PER-FET-TE”.

“Assolutamente sì. Dovremmo sposarci, Ros”.

“Adesso non esagerare, Al”.

Daria, comunque era un po’ preoccupata per l’amica. Se ne accorgeva solo ora, ma l’altra aveva qualcosa di strano. Era diventata sul serio molto meno concentrata su se stessa e molto più attenta ai sentimenti e ai bisogni altrui. Non che prima fosse la fredda stronzetta egocentrica, che cercava di sembrare. No, era sempre stata abbastanza attenta e sensibile, ma gli altri erano sempre venuti un pochino dopo. Ora, invece.. era come se si stesse accantonando un po’ di più. Di per sé erano cambiamenti positivi, un indice di maturità. Quello che la inquietava erano le ragioni dietro quei cambiamenti.

Sembra quasi che si concentri sugli altri per non pensare a sé. Come se avesse paura di cosa potrebbe scoprire se si fermasse troppo a pensare a se stessa e ai suoi problemi.

“Ecco a lei, Miss. Un drink noiosamente analcolico”. Daria alzò gli occhi blu su James, che le stava porgendo un bicchiere di plastica pieno di un liquido colorato. Poi li spostò sul viso del ragazzo, la sua espressione soddisfatta non la convinceva.

“Chissà perché non mi fido”. Afferrò il bicchiere e scrutò il contenuto, dubbiosa. “Tieni, Rossa, assaggia e dimmi cos’è”. Schiaffò il bicchiere in faccia all’amica, che non obbiettò e bevve un sorso.

“Analcolico alla frutta. Lamponi, mirtilli e fragole, direi”.

Daria sorrise e prese a sorseggiare la bevanda.

“Mi ferisci, Daria. Non ti fidi di me?” Il ragazzo si abbandonò su una sedia, accanto a quella dell’amica. “Sul serio, non ti avrei mai preso qualcosa di alcolico. Non correrei mai il rischio di crearti dei problemi, lo sai”.

“Hai ragione. Scusami”. James, fece un cenno con il capo, come per dirle che non c’era problema.

“Piuttosto, cuginetta che ci fai tu ancora qui? Non dovresti essere da qualche parte a ballare, o ad imboscarti col tuo simpaticissimo cavaliere?”

“Non so dove sia finito quell’idiota, e non mi interessa minimamente”. Rispose Rose, stizzita.

“Signorina Weasley! Signor Potter! Signorina De Lupo! Vi stavo cercando!”

I tre si voltarono di scatto sentendosi chiamare, in tempo per vedere un ansimante professor Belby urtare un tavolo e far quasi cadere una brocca di punch. Dietro di lui camminava un divertito Albus Potter.

La Serpeverde si alzò in piedi. Era ora del suo ballo con Al. Lanciò un’occhiata preoccupata all’amica. Era anche ora del suo ballo con Scorpius.

“Bene. Bene. Signor Potter tu puoi restare qui con la signorina De Lupo. Voi due invece venite con me: dobbiamo trovare il signor Malfoy e la signorina Waterfall”.

“Mi scusi, ma cosa centriamo io e la Waterfall?”

“Non sono solo gli aspiranti futuri Caposcuola a dover ballare, ma anche quelli attuali”.

James si alzò di scatto, entusiasta. “Finalmente una regola sensata”.

“Jamie, comportati bene e cerca di non far imbarazzare né incazzare Meg! E tu Rose cerca di non uccidere Scorpius! Nemmeno azzopparlo è una buona idea!” Urlò Daria, con una punta di preoccupazione nella voce, vedendo i suoi amici allontanarsi con il professore.

“Stai tranquilla. Preoccuparsi non serve: non puoi fare niente, quindi tanto vale cercare di non stare in ansia”.

“Non è così facile. Prima o poi mi porteranno all’esaurimento”. Si sedette di nuovo sulla sedia, il Grifondoro fece altrettanto.

“Uhm, Daria non ho ancora avuto modo di dirtelo, ma… sei davvero bellissima”.

Lei sussultò e abbassò immediatamente lo sguardo, sentendo le guancie andare a fuoco. I complimenti la imbarazzavano in modo allucinante.

Fece un respiro e alzò gli occhi blu su Al. Non la stava guardando e sembrava imbarazzato: aveva una mano tra i capelli scuri e gli occhi fissi su un punto imprecisato della stanza.

Daria si prese un secondo, prima di rispondergli. Un secondo per osservarlo. Indossava una camicia blu scuro con tanto di cravatta e un paio di pantaloni grigi. Era bello. In modo diverso dal fratello, la cui bellezza era plateale, ostentata e perfino un po’ arrogante. Non era figo, ma bello. E Daria, per un secondo, faticò a distogliere lo sguardo.

“Gr-grazie, Al. Anche tu stai molto bene”. Si prese un secondo, poi aggiunse, per spezzare quella strana atmosfera intensa che si era venuta a creare: “Siamo abbinati. Nemmeno a farlo a posta”.

Il ragazzo tornò a guardarla e sorrise. “Vero. Perfetto lascio Amanda a James e divento il tuo di accompagnatore, che ne dici?”

“Che James rischierebbe un attacco di schizofrenia. Tra la gioia del saperci insieme e la disperazione di doversi subire Viperanda, lo faremmo andare fuori di testa”.

Entrambi si misero a ridacchiare, immaginando la scena. Poi la canzone cessò e la voce del piccolo preside richiamò gli studenti all’ordine, invitandoli a prestare attenzione ai Caposcuola e agli aspiranti futuri tali che avrebbero ballato la canzone successiva, dando prova della loro grande affinità.

“Più che dare prova di affinità Rose e Scorpius possono dimostrare quanto sia facile dare fuoco alla scuola anche senza la magia”. Fece Al, offrendole il braccio e guidandola in mezzo alla sala.

Daria, appesa al braccio dell’amico, non poté fare a meno di deglutire, preoccupata e agitata. Poteva percepire con precisione gli occhi degli altri studenti incollarlesi addosso e il proprio imbarazzo raggiungere vette preoccupanti.

“Ehi, calmati Daria. Non c’è bisogno di avere una crisi di panico”. L’altra deglutì di nuovo e scoccò un’occhiata preoccupata ai ragazzi radunati ai margini della sala. “Avanti. Non è niente di così difficile: non hai fatto altro che ballare con Jam finora. Non c’è differenza”.

“Ce n’è eccome”.

“Capisco. Hai paura. D'altronde è comprensibile sei una vile Serpeverde. Niente coraggio, niente orgoglio. Senti un po’ ma tutti gli Eredi sono così fifoni o sei solo tu a darne una pessima rappresentanza?”

“Senti un po’ ma tutti i Potter sono così idioti o sei solo tu a darne una pessima rappresentanza?” Lo imitò lei, con tono di sprezzo. Sulle labbra però aveva dipinto un sorriso. Al stava cercando di farla calmare punzecchiandola.

E un po’ ci sta riuscendo.

Poi la musica cominciò e Daria si ritrovò, quasi senza rendersene conto, tra le braccia del ragazzo, che fino a un mese prima non poteva sopportare e che ora era uno dei suoi più cari amici. Il profumo di Albus la colpì, inaspettato. I suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa e il suo cuore iniziò a galoppare, anche più veloce di quanto non stesse già facendo. Conosceva benissimo quell’odore: apparteneva all’unica cosa di cui sentiva ancora nostalgia quando era lì.

Apparteneva al mare. Al suo mare.

Com’è possibile che lui abbia esattamente lo stesso odore del Mar Mediterraneo? Non può essere un profumo o un dopobarba: non sarebbe così uguale. Non capisco.

E poi comprese, non come mai lui avesse quel profumo, ma il motivo per cui nell’ultimo periodo la sua malinconia si era enormemente attenuata. Aveva creduto di starsi abituando all’assenza del mare e la cosa l’aveva un po’ rattristata, invece si era sbagliata: aveva avuto Al intorno tutti i giorni, era stata continuamente circondata dal suo odore e, nonostante la sua mente non l’avesse realizzato consciamente, il suo subconscio aveva impiegato meno di un istante per identificarlo e sentire meno la nostalgia.

Daria sorrise, rinunciando a capire e si rilassò tra le braccia di Al inspirando il suo profumo e godendosi la pace e il senso di appartenenza che le infondeva.

“Stai bene?” le chiese il Grifondoro, avendo, probabilmente, notato la sua precedente rigidità.

“Hai lo stesso, identico odore del mio mare”. Gli rispose lei, con gli occhi chiusi e un sorriso sereno.

“Tu invece profumi di sole e agrumi” fece lui, senza scomporsi per la strana risposta e sorridendo a sua volta.

E Daria scoprì che riusciva rilassarsi anche senza i suoi jeans logori, o il tocco familiare di James. Quel profumo ancora più familiare e la mano di Albus sulla sua schiena, immersa nei suoi morbidi boccoli castani erano un ottimo sostituto.

 

 

***

***

 

Che Merlino sia maledetto, affatturato e pure picchiato alla babbana.

Perché doveva essere così dannatamente bello e sexy? È un essere ripugnante dovrebbe avere un aspetto ripugnante.

Rose stava fissando Malfoy. Non avrebbe voluto ma non riusciva farne a meno. L’aveva evitato per tutta la sera, fino a quel momento non aveva nemmeno idea di come fosse vestito. Ma ora che se lo trovava così vicino non poteva farci niente. Era più forte di lei.

Jeans, camicia nera con la cravatta grigia un po’ allentata, i capelli biondi spettinati ad arte, Rose era quasi certa che gli venissero naturali, senza nemmeno bisogno di gel.

Non la stava guardando, fissava un punto lontano, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione. Aveva l’impressione che lo facesse per non dover posare i suoi occhi grigi su di lei.

Malfoy si diresse verso il centro della pista e la ragazza lo seguì. Forse il preside aveva detto qualcosa, magari aveva pronunciato uno dei suoi tanto amati discorsi introduttivi.  Se l’aveva fatto, Rose non se n’era accorta.

Poi cominciò la musica. Il ragazzo biondo si avvicinò, posando le mani sulla sua schiena. Lei fu costretta a passare con riluttanza le proprie intorno al collo elegante del Grifondoro. Un contatto così intimo e ravvicinato, troppo intimo e ravvicinato. La pelle chiara sotto le sue mani e i capelli morbidi, rimasti intrappolati tra le sue dita la confondevano. Il suo viso, le sue labbra e i suoi occhi così vicini le impedivano di concentrasi. Tutta quella situazione, assurda, sbagliata e pericolosa com’era, la destabilizzava. Poteva percepire ognuno di quei traditori dei suoi ormoni agitarsi in modo assolutamente ingiusto, stupido e sbagliato.

È solo Malfoy. Un ragazzo come tutti gli altri. Fisicamente non è molto diverso da Jake.

E allora com’è che Jake non mi fa nessun effetto?

La risposta la conosceva. Era attratta da Malfoy.

Non lo sopportava, ma era irrimediabilmente, incredibilmente attratta dal suo corpo e tenere le distanze, sforzarsi di ignorarlo non stava funzionando.

Per fortuna lui sembrava determinato, quanto lei ad ignorare la situazione, a fingere di star ballando con un pezzo di legno.

Doveva solo restare concentrata, pensare ad altro, tenere la mente lontana da pensieri pericolosi e sbagliati. Doveva fare di tutto per mantenere il controllo sui suoi poveri e deboli neuroni.

Scelse qualcosa di semplice: si concentrò sul proprio respiro.

Era uno dei tanti trucchetti per il controllo della rabbia che le aveva insegnato Daria. Quel genere di espedienti l’italiana li conosceva tutti: a lei avevano insegnato a reprimere la rabbia sin da quando era nella culla.

Rose quei trucchetti li aveva usati spesso, quasi sempre nel tentativo di non lanciare fatture a Malfoy. Non avevano mai funzionato granché.

Sperò che avessero risultati migliori con i suoi ormoni disertori, di quelli che avevano avuto in passato con la sua rabbia.

Inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira…..

Era talmente concentrata sul proprio respiro che quasi non si rese conto della fine della canzone e perse l’occasione di azzoppare il Grifondoro.

Sbuffò per la propria distrazione e seguì il biondo verso uno dei lati della sala, vicino al tavolo a cui lei e Daria erano seduto prima della canzone. Le sembrava fossero passate ore, invece che pochi minuti.

Meg, James, Al e Daria erano già lì.

“Ho voglia di fare due passi”. Esordì Rose, la sua voce impaziente e brusca, quasi arrabbiata.

“Sì anche io”. Meg sembrava irrequieta, come lei. Qualcosa la turbava.

“Vi accompagnerei, ma è meglio se me ne resto qui”. Concordava con l’amica: il suo pallore non le piaceva per niente.

Forse sarebbe dovuta restare con lei, ma aveva davvero bisogno di muoversi, di uscire da quella stanza che si era fatta stranamente piccola e soffocante.

Comunque non mi devo preoccupare, c’è Jamie con lei. Non le permetterà di strafare.

Si allontanò insieme a Meg, mosse dalla stessa, strana fretta. Erano quasi dalla porta, quando Moira le raggiunse.

“Andate a fare due passi?” Rose annuì con impazienza. “Vi accompagno”.

La rossa Serpeverde annuì ancora e si affrettò ad oltrepassare la soglia. Appena fu in corridoio, Rose iniziò a sentirsi meglio.

Si voltò verso Meg, curiosa di scoprire il motivo della sua voglia di uscire. L’altra rossa stava prendendo lunghe boccate d’aria, quasi affannata, quasi come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.

La Weasley sollevò un sopracciglio, interrogativa. “Toglimi una curiosità, Maggie: come mai avevi tanta voglia di uscire?”

L’altra alzò gli occhi ambrati per incontrare i suoi. “Potrei farti la stessa domanda, Rose”.

La Serpeverde alzò le spalle con noncuranza. “Le mie ragioni le conosci”. Continuò a sostenere il suo sguardo, senza timore né esitazioni. Le sue amiche conoscevano, almeno in parte, la sua situazione con Malfoy. Con loro non aveva bisogno di nascondersi o mentire.

Fu Meg a imbarazzarsi e distogliere lo sguardo, quello strano rossore di nuovo sulle sue guancie. “Sì.. beh, le mie sono diverse. Ero solo stufa di stare là dentro”. Qualcosa non la convinceva, la sua voce era quasi incerta. Però non voleva indagare. Non era sicura fosse il caso.

Moira sembrò dello stesso avviso, perché chiese: “Meg tu non hai ancora diciassette anni, vero?”

“No. Li compio a metà Novembre”.

“”Giusto! Bisogna organizzare una festa coi fiocchi! La stanza delle necessità sarà perfetta! Chiederò a Freddie di procurarmi un po’ di alcool di contrabbando, mi procurerò della musica babbana e..”

“Rosie, frena. Ti ricordo che io sono Caposcuola e tu prefetto. Ti rendi conto di aver appena fatto un elenco di infrazioni al regolamento?”

“Soprattutto, Rose, ti rendi conto che stai parlando con Meg? Non infrangerà mai le regole di sua volontà. È più probabile che Daria scelga spontaneamente di mettersi una minigonna”.

“Giusto. Bisogna fare qualcosa Moira: abbiamo due gravissimi casi di seriosità acuta. Non possiamo permettere che la cosa vada avanti così. Se non troviamo una cura rischiamo il contagio”.

“Non siamo seriose.” Meg storse il naso, vagamente offesa. “Teniamo ai nostri doveri e non ci piace trattare il nostro corpo come se fosse merce da vendere. Dovreste provare ogni tanto”.

“Pure permalosa! La situazione è davvero gravissima! Moira sta’ attenta a non passare troppo tempo con lei, ti potrebbe contagiare”.

“Sé” fece Moira, con scettico sarcasmo. “ Tra l’essere contagiata da lei e l’essere vittima della tua pazzia, mi sa che il mio futuro non si prospetta molto roseo. Farei meglio a cercarmi delle altre amiche. Qualcuno di normale. Anzi qualcuno di semplicemente sano di mente andrà benissimo”.

Rose fece una smorfia, contrariata. “Umpf. Fa pure se vuoi. Cercati delle amiche sane di mente, ma, ti ricordo, che tu non sei messa meglio di noi, anzi. Ah e ti ci vorrei proprio vedere con queste nuove amiche, non saranno mai favolose e perfette come noi. Vero, Meg?”

“Merlino, ma per quale motivo mi sono andata a invischiare con delle Serpeverde? Avrei fatto meglio a starmene per i fatti miei. Cavolo fate paura, tutto questo sarcasmo prima o poi mi avvelenerà”.

Aveva un’espressione talmente preoccupata che Rose non riuscì a trattenere una risata.

Poi, sentirono uno strano rumore. Si voltarono tutte e tre di scatto.

“Proveniva da quello sgabuzzino”.

“D’accordo andiamo a controllare”.

“Lascia perdere Meg: sarà solo una coppietta che si è imboscata”.

L’altra rossa però non l’ascoltò e si avvicinò alla porta dello stanzino, impugnando la bacchetta. Rose inarcò un sopraciglio: non credeva che anche lei avesse il vizio di portarsi sempre dietro le bacchetta.

Spalancò la porta con un incantesimo non verbale perfettamente eseguito e utilizzò un lumus per vincere l’oscurità dello sgabuzzino.

Rose aveva ragione: c’era proprio una coppietta lì dentro. Le ci volle un istante per riconoscerli e capire che, a volte, avere ragione non era una bella cosa.

Dentro lo stanzino, tra scope e secchi c’era una seminuda Amanda Corner, più coperta dal corpo del ragazzo che dai propri indumenti. Ma non era Amanda il problema più grave in quel momento. Non quando il corpo avvinghiato al suo era quello di Ethan Davies. Il ragazzo di Meg.

I due boccheggiarono per qualche lunghissimo istante, poi il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa, per cercare di giustificarsi forse.

“Davies, Corner cinquanta punti in meno”. La voce di Meg era di ghiaccio, priva di qualsiasi inflessione, atona. Rose si voltò a guardarla preoccupata, ma l’altra non incrociò il suo sguardo. Si girò con un movimento fluido e si allontanò lungo il corridoio.

“Maggie aspe..” La Grifondoro mosse appena la bacchetta, senza parlare e senza voltarsi, e Davies si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca senza emettere suono.

Rose avrebbe voluto veramente tanto fermarsi lì e affatturarli in modo grave, ma sapeva che la cosa più importante in quel momento era seguire Margaret. Ci sarebbe stato tempo per la vendetta.

 

 

***

***

 

Daria stava guardando le schiene delle sue amiche allontanarsi in fretta, quando la vista cominciò ad appannarlesi e le ginocchia le cedettero. Non cadde solo perché qualcuno la afferrò al volo. Una stretta familiare: James.

“Ottimo tempismo”. Bofonchiò con un debole sorriso. Lui non le rispose, ma ordinò al fratello di sostenerla un secondo. Daria si sentì afferrare da un altro paio di braccia, poi quelle di James la lasciarono. Lo vide estrarre la bacchetta e puntarla ad una delle sedie. Un secondo dopo al posto della sedia c’era una panca, abbastanza lunga perché lei si ci potesse sdraiare. James la afferrò di nuovo, con delicatezza, e la fece stendere sulla panca.

La vista le si stava appannando sempre di più e sentiva le palpebre pesanti, così decise di chiuderle. Non si addormentò. Ascoltò distrattamente la conversazione dei ragazzi. Dai loro toni di voce Albus e Scorpius sembravano parecchio preoccupati. James, invece, sembrava più che altro irritato. Da lei probabilmente.

“Riassumendo: Daria è un’incosciente”. Decretò James, cinque minuti più tardi, dopo aver spiegato agli altri due la situazione e essere andato a prenderle qualcosa da bere.

Daria aprì gli occhi e vide che le stava porgendo un bicchiere. Si mise a sedere con un movimento fluido e senza sforzo. I tre ragazzi scattarono in contemporanea verso di lei, forse per farla sdraiare ancora, forse per afferrarla se avesse avuto un altro cedimento.

Alzò gli occhi al cielo e afferrò il bicchiere, scacciando con un gesto della mano, quelle preoccupate dei suoi amici. “Sto bene. Mi sono già ripresa perfettamente”. Bevve un sorso della bibita che Jam le aveva portato, poi aggiunse. “E non sono un incosciente. Ci tengo alla mia integrità fisica e mentale e ho un buon istinto di autoconservazione, io. Sono una Serpeverde: ce l’ho nel sangue. Non dovreste preoccuparvi”.

“Ah no?” Di nuovo quel tono irritato. Daria non aveva più dubbi che Jam fosse irritato proprio con lei. “E allora come la chiami questa?”

Lei alzò le spalle con noncuranza. “Come vedi sto già meglio. E sapevo che se fossi caduta tu mi avresti presa al volo. A proposito, Jamie, grazie”.

Lui sbuffò e incrociò le braccia, fissandola con sguardo truce. Anche Al e Scorp la stavano fissando e nemmeno loro sembravano particolarmente contenti del suo comportamento.

Lei sospirò seccata. Non le piaceva che le persone si preoccupassero per lei. Sapeva badare a se stessa. “Sul serio ragazzi, piantatela di preoccuparvi. Mi basta stare seduta un atro po’ e sarò come nuova”.

“Stai tranquilla tu non ti muovi di lì”.

Daria sbuffò. Stava iniziando ad irritarsi anche lei. “Non provare nemmeno a farmi la predica Jam. Tu rischi la pelle ogni trenta secondi per fare le cose più stupide dell’universo. Anzi se vedi qualcosa di pericoloso ti ci cacci in mezzo, canticchiando. Se provi anche solo a pensare di sgridarmi ti affatturo”.

James arrossì appena. Daria avrebbe potuto scommettere che stava proprio pensando di farle una bella ramanzina. Sbuffò di nuovo.

All’improvviso ebbe un’illuminazione: se non poteva placare la sua preoccupazione, allora perché non dirottarla su qualcos’altro? O meglio su qualcun altro.

“Comunque, non è passato un po’ troppo tempo da quando quelle due si sono allontanate? Forse dovrei andarle a cercare”. Posò il bicchiere sul tavolo e fece finta di volersi alzare. La reazione fu immediata. James scattò in piedi in un secondo.

“Vado io. Tu resta lì e non muovere un muscolo”.

“Ti accompagno, James”.

Il moro annuì a Scorpius poi si rivolse al fratello. “Mi raccomando Al, te la affido. Stai attento è molto brava a convincere la gente. Non lasciarti circuire e non lasciare la postazione, potrebbe scappare”.

“Non sono un animale, James. Sparisci, va a cercare Meg”.

Il ragazzo non se lo fece ripetere oltre e si allontanò con Scorpius.

“Non me l’aspettavo. Cioè mi avevi detto di essere di salute cagionevole, ma non ti avrei mai creduta così.. fragile”.

Daria sorrise a quell’aggettivo. Nessuno lo aveva mai usato per descriverla e, a pensarci bene, avrebbe dovuto infastidirla. Però, stranamente, non lo fece, anzi quasi le piacque: forse fu per lo strano tono stupito, quasi ammirato del ragazzo o forse perché non aveva abbastanza energie per sopportare un malumore.

Restarono in silenzio per un po’. Era strano stare in silenzio con Al: lui era uno che parlava sempre tanto, anche troppo. Non le dispiaceva, però, a lei il silenzio piaceva. Ci si sentiva a suo agio.

Stranamente non fu Al a rompere il silenzio, e nemmeno Daria. Fu Moira. Una Moira ansimante e abbastanza sconvolta. “Daria devi venire subito. Meg ha bisogno di te”.

La castana fece per alzarsi in piedi, ma fu fermata dal braccio che Al le posò su una gamba. Sussultò per il contatto e abbassò lo sguardo sulla mano del ragazzo. Ne sentiva il calore attraverso la stoffa blu del vestito. “Sei sicura che Daria sia necessaria? È molto debole e non è una grande idea farla muovere”.

“Certo che è necessaria. Indispensabile. Tutto merito di quella troia della tua ragazza. Dovresti tenerla d’occhio un po’ meglio sai?”

“Che vuoi dire? Cosa c’entra Amanda?”

“L’abbiamo beccata a darsi da fare con il ragazzo di Meg”. Daria scostò la mano di Al e si alzò, pronta a seguire l’amica. Avrebbe potuto essere in punto di morte e non le sarebbe importato. Nulla era più importante delle sue amiche, per lei.

 

 

***

***

 

“Vado a chiamare Daria”. Rose annuì alla proposta dell’amica. Daria, anche se un po’ fuori fase, restava sempre Daria e pertanto era comunque più indicata di loro in una situazione simile. Lei non aveva idea di cosa fare e Moira non sembrava saperne molto di più.

“Io, invece, resto qui. Nel caso in cui quei due decidano di ricomparire. Gli devo un migliaio di fatture”.

Moira fece una smorfia strana, arrabbiata e si allontanò in fretta. Rose voltò le spalle all’angolo dietro cui era appena sparita la mora, per fronteggiare il corridoi da cui venivano, bacchetta in mano e sguardo furente.

Quello stronzo, bastardo, pezzo di merda di troll, figlio di banshee me la pagherà cara. Ha osato fare del male alla persona sbagliata. Gli farò implorare pietà. Lo ridurrò in briciole talmente piccole che nemmeno sua madre sarà in grado di riconoscerlo.

“Rosie!” La sequela di insulti e minacce mentali con cui la Serpeverde stava cercando di sfogare la sua ira fu interrotta dalla voce di James, che si stava avvicinando, seguito a ruota da Malfoy. “Non vi vedevamo tornare così siamo venuti a cercarvi. Dov’è la Waterfall?”

“In camera credo. Se n’è andata di corsa, intimandoci di non seguirla. Io ho un paio di persone da ammazzare. Moira è andata a chiamare Daria per capire cosa fare”.

“Rose non capisco cosa è successo?”

“Quello stronzo di Davies! L’abbiamo beccato con un’altra! Brutto bastardo, infame traditore..”

“Che cosa ha fatto Davies?? E Margaret come sta? Dov’è? Come ha reagito? Sta bene?”

“Cazzo, James come pensi che possa stare bene?! E ti ho già detto che probabilmente è in camera! Come credi che abbia reagito?! Ha levato un sacco di punti a tutti e due e se n’è andata!”

Non aveva nemmeno finito di parlare che già il moro si stava allontanando in direzione delle scale. “Jam! Torna qui! Non vuole vedere noi, figurarsi te!”

L’altro si voltò, la mascella contratta e lo sguardo talmente arrabbiato da farla quasi rabbrividire. “Ho il mantello.” Replicò, secco. “Voglio solo vedere come sta”.

“Vedere come sta e poi andare a spaccare la faccia a Davies”. Lo corresse Malfoy. “Per la seconda parte chiamami, Jam: te lo tengo fermo”.

Suo cugino annuì appena, prima di voltarsi e sparire.

“Io avevo pensato a una lunga serie di fatture dolorose, ma nemmeno la tua idea è tanto male”.

“Si possono mettere in pratica tutte e due, Weasley”.

La rossa annuì. “Era quello che stavo pensando. Gli farò rimpiangere di essere nato”. La sua voce, colma di rabbia e desiderio di vendetta, somigliava tremendamente al sibilo mortale di un taipan1).

“Cavolo Weasley, cerca di calmarti, ora. Fai paura”.

Lei gli scoccò un’occhiata raggelante che avrebbe fatto indietreggiare chiunque, tranne ovviamente il Grifondoro, che come la stava guardando col suo solito ghigno strafottente.

E, come al solito, questo bastò ad accendere la miccia-Rose e farla scoppiare come una bomba. “NON HO ALCUNA INTENZIONE DI CALMARMI!” Si mosse fulminea verso il biondo, la bacchetta puntata alla sua gola.

Ignorò platealmente gli allarmi preoccupati che il suo cervello le stava mandando, non si curò di essersi avvicinata troppo, nè si rese conto della pericolosità della situazione. “E se ci tieni alla testa, smetterai di consigliarmi cazzate”. La sua voce, di nuovo ridotta a un sibilo.

Il Grifondoro però non sembrò minimamente intimorito, il ghignetto ancora al suo posto. “Arrabbiarsi così tanto nuoce alla salute, Weasley. Dovresti trovare modi migliori per sfogare tutta questa energia”.

In quel momento, quando il sussurro del ragazzo raggiunse le sinapsi confuse del suo cervello, Rose capì quanto imprudente fosse stata, quanto effettivamente fossero vicini e quanto la sua mente fosse appannata da quella vicinanza, intontita da quel buonissimo profumo di menta.

Fece l’ultimo mezzo passo nella sua direzione, nello stesso momento in cui lui si abbassava appena per raggiungere la sua altezza. Nell’istante in cui le labbra di Malfoy toccarono le sue Rose perse anche quelle poche, minuscole briciole di controllo che le erano rimaste e si aggrappò al collo del biondo, attirandolo ancora più vicino.

Labbra contro labbra, corpo contro corpo. Rose si sentì spingere contro la parete, la schiena che aderiva al muro ghiacciato. Non le importò. Il corpo caldo del ragazzo era pressato sul suo, senza pesarle, ma dandole una scarica di calore, passione e adrenalina che aveva dell’incredibile. Avrebbe potuto essere al Polo Nord e non se ne sarebbe nemmeno accorta.

Le mani del Grifondoro si fecero più audaci, lasciando una scia infuocata dietro di loro. Quelle della Serpeverde si fecero più affamate, allentando la cravatta, slacciando i primi bottoni della camicia scura, toccando finalmente la pelle calda. Le labbra di Malfoy si spostarono sul suo collo, mentre la sua mano si insinuava sotto al vestito.

Poi, all’improvviso, lui si staccò bruscamente, come scottato.

Il corpo di Rose protestò immediatamente, ma il suo cervello, che aveva appena ripreso a carburare, lo costrinse, impietoso, al silenzio. Aveva di nuovo il pieno controllo. Si mise in faccia un’espressione perfettamente fredda e indifferente e alzò gli occhi azzurri per incontrare quelli grigi.

Ciò che vide la sconvolse. Quello sguardo intenso lo conosceva. Era senso di colpa. Ma c’era di più: rabbia cocente e una sfumatura che non riusciva a capire.. sembrava quasi.. tristezza?

No è solo arrabbiato per essersi lasciato andare così tanto con me. La sua nemesi. Pensò, stizzita e decisa a ripagarlo con la stessa moneta: se l’idea di averla baciata lo disgustava tanto, allora anche lei gli avrebbe fatto credere di essere disgustata.

Che poi non ho bisogno di fargli credere proprio niente! È solo la pura verità: io sono disgustata da ciò che è successo, no? No?

Stava cercando le parole giuste per insultarlo e scacciarlo, quando lui la precedette. “Perdonami, Rose”. La ragazza sbatté le palpebre, frastornata, incapace di nascondere la propria confusione. Non l'aveva mai chiamata per nome, lui. Non le aveva mai chiesto scusa. E il suo tono.. serio, dolce e dispiaciuto... era così strano sentirlo ed era ancora più strano perché, in qualche modo, non stonava, gli si addiceva quanto quello ironico e strafottente che aveva di solito. "Non avrei dovuto, Rose. Ti chiedo di dimenticartene, puoi vero?"
La Serpeverde deglutì e cercò di recuperare un po’ di se stessa. “Certo che sì”. Sbuffò. “È stato un episodio come un altro. Anzi peggiore degli altri. Baciare te”. Fece una smorfia disgustata, poi si ricordò che l’altro aveva osato pure chiamarla per nome e aggiunse: “Nessuno ti ha dato il permesso di chiamarmi per nome. Vedi di smetterla”.

“No”.

“Come no?”

“No. Ci conosciamo da anni e frequentiamo le stesse persone. È da stupidi continuare a chiamarci per cognome, Rose”.

Nonostante, l’immensa irritazione per le sue parole, la rossa si sentì enormemente sollevata: quel Malfoy irritante e arrogante le era familiare, sapeva come comportarcisi, molto più che con il Malfoy strano di poco prima.

“Rose!” La rossa si voltò di scatto sentendo le amiche chiamarla. Si passò istintivamente una mano tra i capelli per appiattirli e con l’altra si aggiustò il vestito.

“Tutto bene?” Le chiese Daria, raggiungendola e scrutandola, gli occhi blu attenti e vigili.

“Tutto a posto. Andiamo da Meg”.

Quando si dice: salvata in corner….

 

 

 

 

 

 

1) I Taipan sono serpenti australiani estremamente velenosi. In particolare il taipan dell’entroterra è considerato da molti l’animale più velenoso al mondo.

 

Spazio autrice:

Questo capitolo è stato un parto, mi ci sono voluti secoli per scriverlo – anche perché ho scritto quasi tutto a mano e poi l’ho copiato sul computer. Mi ha totalmente prosciugato le energie, ma spero ne sia valsa la pena. Innanzi tutto: chi ha voglia di ammazzare Ethan Davies?! Io tanta. Ma ho in serbo qualche bella sorpresina per lui……

Ok, andiamo con ordine. Daria insiste per tenere i capelli sciolti: chissà cosa l’ha convinta, o forse chi…. La digressione sulla pozione inibitrice ce l’ho dovuta mettere per forza, anche se spezza un po’ la narrazione: mi servirà moltissimo in futuro.

James e Daria, secondo me, sono fortissimi insieme: hanno un rapporto splendido e mi piace un sacco scrivere di loro.. poi chissà, magari le cose tra loro subiranno uno sviluppo, o forse no…

Sono un’autrice un po’ perfida, me ne rendo conto: non vi ho fatto vedere la reazione di Scorpius perché Daria non la nota e Rose fa di tutto per ignorarlo, inutilmente direi. Quella di Al, invece, Rose la nota ma non sappiamo bene cosa noti. Quindi sì: sono una persona cattiva.

Nel pezzo in cui Rose e Scorpius ballano l’aggettivo “sbagliato” è ripetuto un sacco di volte ed è una cosa voluta: la nostra povera Rose sta cercando di auto-lavarsi il cervello o qualcosa del genere.

Scorpius.. il pezzo grosso del capitolo, direi. Beh il suo comportamento ha un motivo, il nostro adorato Malfoy sta solo cercando di fare la cosa giusta. Certo così rischia di far impazzire Rose, ma questi sono dettagli trascurabili.

Ancora una cosa, mi sono resa conto di non aver mai fatto interagire direttamente né Meg e Jam, né Moira e Dave.. se tutto va come dovrebbe lo farò nel prossimo capitolo.

Ok se ci riesco posto le immagini dei vestiti. Abbiate pietà dei miei disegni e soprattutto del modo in cui sono colorati.

Moira

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Meg

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Daria

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Rose

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Un bacio

AiraD

 

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Capitolo 12
*** 11) Weird Reactions ***


11) Weird Reactions:

 

Scesero le scale per arrivare in Sala Grande assieme, in formazione compatta. Erano diventate una squadra, loro quattro. Ne era stata la conferma ciò che era successo la sera prima e, soprattutto, il modo in cui l’avevano affrontata: insieme. Non ne era sorpresa. Lei e Rose erano sempre state una squadra, era sempre stata molto legata a Moira e la sua amicizia con Meg era sempre stata intensa e profonda dacché si era formata. Ora però erano tutte e quattro insieme ed era fantastico.

Entrarono in Sala Grande muovendosi come un sol uomo. Meg aveva insistito per scendere a fare colazione, invece che andare a razziare le cucine: non voleva dare a Davies la soddisfazione di saperla troppo depressa per uscire dalla sua stanza. Loro tre l’avevano accompagnata senza nemmeno pensarci. Come, senza pensarci, si erano fermate a dormire nella stanza della Grifondoro la notte prima.

Non avevano parlato molto di quanto era successo. Avevano raggiunto in camera una Meg sconvolta e arrabbiata, che aveva nascosto il viso tra i cuscini, troppo orgogliosa per mostrare le proprie lacrime. Le si era seduta accanto, le aveva passato una mano tra i capelli rossi, tirandoglieli indietro e aveva fatto un cenno a Rose. Era il loro segnale convenuto: una sorta di “dai il via al racconto di aneddoti stupidi e divertenti sulla tua assurda, gigantesca famiglia”. Moira aveva sorriso e si era seduta dall’altra parte di Meg con un fazzoletto in mano, pronta a fare aggiunte sarcastiche ovunque fossero possibili.

Si andarono a sedere tutte e quattro al tavolo di Grifondoro, Rose e Moira ai lati con Meg al centro e Daria dall’altra parte della tavola di fronte a quest’ultima.

“Daria, avanti facci un rapporto dettagliato sui pettegolezzi del giorno. Non voglio avere sorprese”.

La ragazza annuì con un sorriso e si concentrò sul vociare che la circondava. “Uhm, interessante.” Commentò riportando l’attenzione e lo sguardo sulle ragazze sedute di fronte a lei. “Al ha mollato Viperanda davanti a tutti, ieri. Subito dopo che ce ne siamo andate. Pare che lei fosse estremamente scioccata: non ha nemmeno ribattuto, se n’è rimasta lì a fissarlo incredula e senza proferir parola”.

Rose battè le mani e si agitò sulla sedia, visibilmente entusiasta. “E bravo Albie! Ahahah! Che peccato essersela persa! Una scena così dev’essere stata epica! Chissà che faccia avrà fatto quella stronza!?”

“Una estremamente sconvolta e scioccata. Dev’essere stato un bel trauma: essere mollata in malo modo dal ragazzo che credeva di star ingannando. Poveeerina, quasi quasi mi fa pena”. Il tono sarcastico e velenoso di Moira così come il suo sguardo platealmente soddisfatto, però, dicevano tutto il contrario.

“Tra l’altro”, fece Daria, proseguendo imperterrita nell’analisi dei dati da lei appena raccolti. “ la cosa gioca a nostro favore: mollandola così pubblicamente, mini-Potter ha fornito ai nostri compagni un ottimo oggetto di pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da te”.

“Me la sarei cavata comunque senza problemi, ma devo ammettere che mi sento sollevata. Se non facesse Potter di cognome, forse, lo ringrazierei”.

Daria scosse il capo divertita, rinunciando, per il momento, a ribattere e farle superare i pregiudizi sui fratelli Potter.

“Buongiorno”.

Quando parli del diavolo…

“Ehi Al!” Rose battè una mano sul tavolo con un gran fracasso e sollevò l’altra a palmo aperto. “Batti il cinque!”

Il ragazzo fissò prima la cugina e poi il suo palmo alzato, perplesso. “A cosa devo tutto questo entusiasmo?”

Rose non abbassò la mano, ma fece una smorfia seccata alla mancanza di trasporto da parte dell’altro. “Hai mollato la Corner! Davanti a tutti!”

Albus scrollò le spalle, indifferente. “Se lo meritava”.

Daria annuì, ma precisò. “Vero, ma se lo meritava anche un mese fa. Cos’è cambiato?”

 “Mi sono stufato. Te l’avevo accennato no?” Spiegò, sedendosi accanto a lei, mentre una Rose contrariata abbassava la mano e sibilava un “guastafeste”.

Ha senso, eppure… ci sta che lui, dopo un mese di far “buon viso a cattivo gioco”, ne abbia avuto le tasche piene, ma… c’è qualcosa che non mi torna. Per quanto Viperanda sia una stronza e possa meritarsi trattamenti ben peggiori, Al non è il tipo da lasciare la sua ragazza a quel modo: è troppo buono e gentile. A meno che… Era un’ipotesi un po’ azzardata, ma era l’unica che le venisse in mente, quindi..

- Ehi, mini-Potter, l’hai fatto apposta, vero? –

- Che cosa? –

- Mollare Viperanda! –

- Certo che l’ho fatto apposta! Non è che si può mollare qualcuno per sbaglio. –

- Intendevo che l’hai lasciata davanti a tutti di proposito. Perché sapevi che così lei si sarebbe ritrovata al centro dei pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da Meg. Mi sbaglio? –

Il Grifondoro smise di fingere interesse per la conversazione delle ragazze di fronte a lui e si voltò a guardarla , sorpreso. – Come l’hai capito? – Daria ricambiò lo sguardo senza rispondere perché la risposta era, a parer suo, davvero scontata, e lui alzò gli occhi verdi al soffitto incantato della sala. – Giusto, tu e il tuo intuito. – Tornò a guardarla e prese a spiegare con calma. – Glielo dovevo. Voglio dire.. eravamo un po’ nella stessa barca, no? Solo che lei era messa peggio: a me di Amanda non importa e non importava, mentre la sua situazione con Davies era un po’ diversa. Quindi ho pensato che, forse, potevo aiutarla. Considerando quanto la Waterfall sia famosa per il suo orgoglio ho creduto che avrebbe potuto apprezzare l’avere un po’ meno pettegolezzi e pettegoli con cui fare i conti. –

Daria lo osservò decisamente impressionata. Sapeva che Al Potter era proprio quel genere di ragazzo. Quello che fa qualcosa di incredibilmente bello e generoso, mostrando una tale disinteressata attenzione da lasciare una ragazza senza fiato e ne parla come se fosse qualcosa di normale e assolutamente naturale, perché per lui lo è. Lo sapeva, eppure certe cose continuavano a colpirla profondamente.

Forse perché, alla fine dei conti,  faccio fatica a tenere a mente che non sono la sola ad avere il vizio di mettere sempre prima gli altri. Non ci sono abituata.

In ogni caso era una bella sensazione, una sensazione magnifica. La faceva sentire serena e leggera, una sorta di piacevole calore all’altezza dello stomaco: era fantastico. Quindi gli sorrise grata. – Grazie, Al. Davvero. E Meg apprezza moltissimo la cosa, te lo garantisco. Solo che.. non è tipo che ringrazia granché. –

Il rumore di una forchetta che cadeva sul tavolo attirò la sua attenzione e Daria, sollevando lo sguardo si ritrovò a fissare gli occhi azzurri di Rose, spalancati e sorpresi. Si voltò di scatto per scoprire il motivo di una simile reazione. Ciò che vide sorprese anche lei: Scorpius Malfoy stava entrando in Sala Grande mano nella mano con Christine Baston. 

“Oh già” Fece Al che, come lei, si era voltato. “È la novità della giornata: stanno assieme”.

“E da quando?”

“Da ieri sera. È successo poco dopo che ve ne siete andate”. Si passò una mano tra i capelli, parendo vagamente confuso. “Non so”. Fece, rispondendo all’occhiata interrogativa della ragazza accanto a lui. “Non me l’aspettavo. Avevo il presentimento che a Chris piacesse Scorpius, ma lui non aveva mai dato segno di essere interessato”.

 Poco dopo che ce ne siamo andate vuol dire poco dopo aver baciato Rose.. che boccino sta succedendo? Sapeva del bacio perché le condizioni in cui aveva trovato Rose e Scorpius parlavano da sole, ma la rossa non le aveva detto niente e lei aveva scelto di non chiedere. Se la riempissi di domande ora, l’unica cosa che otterrei sarebbe farmi mandare a qual paese. Aspetterò.

Daria spostò il proprio sguardo sull’amica, preoccupata. Rose era rimasta stranamente rigida per qualche secondo, negli occhi uno sguardo confuso, arrabbiato e anche un po’.. ferito. Solo per qualche secondo però, perché poi riprese il pieno controllo sulle proprie espressioni e la maschera fredda e distaccata che indossava spesso tornò inesorabilmente sul suo viso.

“Avrà capito che non può sperare di avere nulla di meglio che quella sciacquetta. Si meritano a vicenda, direi”.

Piuttosto, io direi che ho buoni motivi per iniziare a preoccuparmi, vero Rosie?

Sospirò e riprese a concentrarsi.

Al momento non c’è nulla che possa fare per lei.. quindi.. tanto vale fare qualcosa per l’altra rossa.

Aveva notato che Davies non si vedeva in giro e voleva capirne la ragione. Scoccò un’occhiata a James e Fred qualche posto più avanti e storse il naso: un’idea sul motivo dell’assenza ce l’aveva.

….E infatti…..

“Sembra che Davies sia finito in infermeria. Dicono che ieri notte, mentre tornava dalla festa, sia stato picchiato a sangue e che poi qualcuno l’abbia affatturato pesantemente durante la notte. Ovviamente l’occhio nero di Jam, il labbro rotto di Scorp e la guancia tumefatta di Freddie non hanno nulla a che fare con l’accaduto, vero? Così come” Proseguì rivolgendosi direttamente a due delle sue amiche. “il fatto che voi due ieri siate sgattaiolate fuori di nascosto è solo una coincidenza, no?”

Rose le rivolse un sorriso innocente e falso quanto l’oro dei lepricani. “Ti pare che noi potremmo mai fare una cosa simile?”

Moira annuì. “Se avessimo saputo che lo avevano già picchiato loro, avremmo usato qualche fattura in meno”. Fece finta di pensarci un momento poi aggiunse: “Forse”.

Daria alzò gli occhi al cielo, mentre Meg commentava. “In infermeria, eh? Bel lavoro, ragazze”.

“Oh è stato un vero piacere, Maggie”.

“Non ne dubito”.

“Ce una cosa che non capisco, però. Che motivo avevano Potter, Weasley e Malfoy per picchiare Ethan? Non che mi dispiaccia, sia chiaro”.

“Come che motivo? Cioè Waterfall sei seria?”

Meg gli lanciò un’occhiata sinceramente sorpresa. “Perché non dovrei esserlo, Potter? Come mai sei così sorpreso?”   

Al si voltò a guardare Daria, perplesso quasi a chiederle “scherza vero?”, lei scosse la testa e gli rivolse un piccolo sorriso.

“Cos’è questa? Un’invasione di Serpeverde”.

Cos’hanno questi Potter? Un gene speciale che gli permette di comparire quando si parla di loro?

“Ciao anche a te, Jam”. Rispose lei, fingendosi scocciata dal mancato saluto.

Il ragazzo sorrise e si sedette accanto a lei, dall’altra parte rispetto al fratello minore. “Scusa. Buongiorno splendore” Fece schioccandole un sonoro bacio sulla guancia. Lanciò uno dei suoi migliori sorrisi stordenti e aggiunse: “Rosie, Kirson”, poi si voltò, cambiando espressione, il sempiterno sorriso si incrinò appena e i suoi occhi si velarono di una preoccupazione difficile da decifrare per chiunque non lo conoscesse abbastanza. “Waterfall, dormito bene?”

Rose e Moira lo salutarono distrattamente, ciascuna presa dai propri pensieri, mentre Meg rimase in silenzio, rivolgendogli solo un vago cenno della testa e senza alzare gli occhi ambrati su di lui.

Daria vide la preoccupazione prendere per un attimo il sopravvento sulle espressioni dell’amico, prima che il solito sorriso indifferente tornasse a splendere sul suo viso. “Come mai qui, fratellino?” Chiese, notando solo in quel momento la presenza di Al. “Non dovresti essere al tavolo di Corvonero insieme alla tua fantastica ragazza?”

“L’ha mollata, Jam! Al ha mollato la stronza!” Fece Rose ritrovando l’entusiasmo e sperando, probabilmente, in una reazione più intensa di quella avuta dal diretto interessato.

“Davvero? Finalmente anche tu inizi a fare cose sensate, fratellino! Sono così fiero di te! Bravo!” Allungò il braccio oltre Daria per poter stringere la mano al fratello. Poi, approfittando del contatto e posando una mano sulla spalla della ragazza, li strinse l’uno contro l’altra. “Adesso continua sulla strada giusta, continua a rendere orgoglioso il tuo fratellone, invita Daria ad uscire, forza!”

Lei per niente sorpresa dal gesto gli tirò un pizzicotto sulla gamba, abbastanza forte da fargli mollare la presa, e continuò imperterrita a  bere il suo tè.

“Comunque”, proseguì James, massaggiandosi la parte lesa, “quando è successo? E perché io lo scopro solo ora? Da Rose, per di più! Dovevi dirmelo tu! Subito, no anzi prima ancora di farlo, cosicché io potessi essere presente e godermi la scena!”

“È successo ieri sera e te lo avrei anche detto prima se fossi riuscito a trovarti”. Rispose Al, con tono un po’ seccato. “Invece sei sparito. In realtà siete spariti tutti, persino Dom, Lils, Fred e Hugo. A proposito dov’eri finito?”

Jam scrollò le spalle e rispose laconico “Avevo da fare”.

Daria nascose con la mano un sorrisetto molto Serpeverde e si scambiò un’occhiata d’intesa con Rose.

 “Potter”, si voltò di scatto a guardare Meg che fissava James con un’espressione inquietantemente seria e aveva sfoderato la bacchetta.

Cioè fatemi capire, non l’ha degnato di uno sguardo da quando è arrivato e ora gli punta la bacchetta addosso? Ma che boccino hanno tutti quanti oggi?

Poteva sentire il battito di James accelerare per la sorpresa e la preoccupazione e non le riusciva difficile immaginare i suoi pensieri.

Si starà sicuramente chiedendo come abbia fatto Meg a capire che ieri sera ci ha spiate per un bel pezzo. Solo che io sono sicura che Meg non ne sa assolutamente nulla. Altrimenti ora starei organizzando un funerale.

Poi Meg mosse la bacchetta e mormorò una formula che non conosceva. L’istante dopo,  il livido sull’occhio di James era sparito. Il ragazzo si portò una mano all’occhio, esterrefatto, e lanciò alla compagna un’occhiata decisamente confusa.

“Non so per quale motivo tu l’abbia fatto e non mi interessa, ma credo di doverti ringraziare”. Lo sguardo di Meg era di nuovo ostinatamente rivolto altrove e la voce forzatamente fredda e distaccata, però lo stava ringraziando e quella, secondo lei, era una cosa decisamente positiva.

La rossa, poi, si alzò da tavola e, senza un’altra parola, si allontanò. Le tre Serpeverde si affrettarono a seguirla e l’italiana si lasciò scappare una risata. Conosceva la Caposcuola abbastanza da sapere che se avesse avuto anche solo il minimo sospetto delle reali motivazioni di James avrebbe avuto una reazione completamente opposta. Forse l’avrebbe affatturato in modo grave e spedito in Infermeria a tenere compagnia alla sua vittima, giusto per dimostrargli di essere perfettamente in grado di difendersi da sola. In ogni caso restava il fatto che Margaret Waterfall, colei che non ringrazierebbe nemmeno sotto Cruciatus, aveva appena ringraziato James Potter.

Ripeto: ma che boccino hanno tutti, oggi?

Mentre uscivano dalla Sala Grande incrociarono un paio di ragazzi di Corvonero del settimo anno. Aveva un’aria abbastanza malconcia e Daria represse a stento un’altra risata.

“Ma quelli non erano gli amici di Davies?” Chiese Moira, perplessa.

“Già.. ed erano pieni di lividi..”

“E menomale aggiungerei!” Tutte e tre le sue amiche si voltarono a guardarla, la stessa espressione stupita in viso. “Che c’è?”

“Tu” Iniziò Rose lentamente, “sei contenta che mostrassero chiaramente i segni dell’aver partecipato molto recentemente ad una rissa?”

“Certo.” Fece lei, tranquilla riprendendo a camminare. “Vuol dire che quando Jam e gli altri hanno pestato Davies c’erano anche loro”.

“E la cosa ti rende felice..” Rose la afferrò per un braccio e le mise una mano sulla fronte. “Niente febbre, strano”.

“Io direi di portarla comunque da Madama Lones. Non si sa mai”.

Daria scrollò via la mano dell’amica, ancora sulla sua spalla. “Più che felice sono sollevata. Se James, Scorpius e Fred avessero riportato dei lividi dopo un tre contro uno sarei stata costretta a disconoscerli come miei amici”.

 

***

***

 

Nascose uno sbadiglio col dorso della mano e si sistemò meglio la Firebolt sotto al braccio. Era davvero esausta. La notte precedente aveva dormito pochissimo per tenere compagnia a Meg, prima, e andare ad affatturarne l’ex-ragazzo, poi.

Lei e Daria stavano arrancando, stanchissime, su per il parco, di ritorno al castello dopo un massacrante allenamento. Alla prima partita della stagione, Grifondoro contro Serpeverde, mancava una sola settimana e Dave stava dando prova di una notevole isteria.

Capisco che sia in ansia perché è la sua prima partita come capitano, ma questo non lo giustifica né a metterci due allenamenti al giorno, né, soprattutto, a farci sudare come animali.

“Non è che hai qualche pozione rilassante nelle tue scorte, eh italiana? No perché Dave ne ha davvero un disperato bisogno”.

L’altra scosse la testa, ma non rispose. Faceva così da dopo colazione: era distratta e partecipava poco alle conversazioni. Sembrava assorta in chissà quali impegnativi pensieri. Rose sentì un brivido scenderle lungo la schiena: quando Daria si comportava in quel modo non era mai un buon segno.

Il più delle volte ne veniva fuori che stava partorendo una qualche teoria assurda, che, però, a lei sembrava assolutamente sensata. Oppure, ipotesi ancora peggiore, stava analizzando una situazione, a suo personalissimo avviso, altamente preoccupante e architettando una soluzione geniale, sempre e solo secondo lei.

E al momento l’unica situazione problematica a cui cercare una soluzione mi sa che è proprio la mia.

Anche se, in realtà, lei trovava che ci non fosse proprio nulla di problematico nella sua situazione. Nulla di problematico, nulla di preoccupante, nulla di cui discutere. Assolutamente nulla.

“Sai Rose credo proprio che tu abbia ragione”.

Lei si voltò a guardare l’amica, confusa. “Eh?”

“A non volerti innamorare, intendo. Amare è pericoloso. Prendi Meg e Moira: una ridotta ad uno straccio perché stava con uno stronzo, l’altra distrutta perché non corrisposta. Mi sono resa conto che amare vuol dire, soprattutto, essere completamente disarmati e vulnerabili, in balìa dell’altra persona, che ha un potere totale su di te e può condizionarti. La gioia, il dolore, la rabbia, l’euforia, la tristezza.. tutte le tue emozioni più intense dipendono all’improvviso solo da un’altra persona. Tu dipendi completamente da un’altra persona”. Daria, che fino a quel momento aveva lasciato vagare il suo sguardo e continuato a camminare, si fermò e si voltò verso di lei, rimasta un paio di passi indietro. “Non permetterò mai a nessuno di avere un simile potere su di me. Mai”. E suonava tanto come una promessa.

La osservò per un po’, sorpresa. Non si aspettava un simile ragionamento da lei, non con tutti i romanzi romantici che l’italiana divorava in continuazione. Eppure eccola lì a dire cose che, ne era certa, non erano frutto di un istinto momentaneo. Era abbastanza sicura che fossero quelli i pensieri che le avevano occupato la mente per tutta la giornata e che ne aveva parlato con lei solo perché credeva davvero nelle conclusioni a cui era giunta.  “È a questo che hai pensato finora?”

L’altra annuì, tornando a guardare il paesaggio umido che le circondava, e Rose sospirò di sollievo.

Vuol dire che posso stare tranquilla, senza dovermi guardare da ramanzine “risolutive” o sguardi preoccupati.

“Non ci avevo mai pensato prima, ma quello che è successo ieri mi ha aperto gli occhi. L’amore ha sicuramente molti aspetti positivi, non lo metto in dubbio, ma, a mio avviso, ha soprattutto un’enorme difetto: rende vulnerabili e dipendenti da qualcun altro”. Gli occhi blu si posarono di nuovo sui suoi e la castana le rivolse un sorriso. “Inutile dire che la cosa non mi piace nemmeno un po’”.

Rose rispose al sorriso e annuì. Quella era una cosa di cui lei era sempre stata convinta. “Su questo mi trovi assolutamente d’accordo. Io l’ho sempre pensata così e non ho mai avuto la benché minima intenzione di cadere in quell’incredibile trappola che la gente chiama amore.” Fece un paio di passi, raggiungendo l’altra e proseguì: “Mai avuto il minimo problema: l’amore richiede fiducia e io non mi fido di nessuno, quindi va da sé che non posso innamorarmi, no?” Daria annuì alle sue parole, convinta.

Rose non ne era poi così stupita, non più almeno: in realtà non era così raro che loro due fossero d’accordo su simili argomenti. Sebbene non ai suoi livelli, nemmeno l’altra era tipo da concedere la sua fiducia troppo facilmente. Anzi, sembrava fin troppo abituata alla falsità e vacuità della gran parte dei rapporti umani.

Nonostante questo, però, si affeziona abbastanza facilmente e molto in fretta. Quando vuole bene a qualcuno non ha mezze misure e questo un po’ mi preoccupa.

“Come pensi di fare, tu?” Chiese, infatti. “Per me è facile, ma non so quanto lo sarà per te. Sei troppo buona”.

Lei scosse la testa, facendo ondeggiare un paio di ciocche ricce sfuggite alla sua treccia bassa. “Non penso che avrò tutti questi problemi, sai? Capisco troppo bene gli altri, è così difficile colpirmi o sorprendermi. Persino attirare la mia attenzione, non è facile”.  Le afferrò un mano fredda e iniziò a camminare verso il castello. “Te lo ricordi Paolo?”

Rose si scostò, con la mano libera, i capelli color fuoco che il freddo vento di novembre continuava a sbatterle sul viso e annuì con una smorfia: come poteva non farlo? Era il bastardo per cui la sua amica si era presa una cotta qualche tempo prima. Quello che aveva rischiato di farla soffrire.

Cosa che non è successa solo perché, a quanto pare e per fortuna, avevamo sopravvalutato i sentimenti di Daria. Ma resta il fatto che ci è andato vicino e che lo odio per questo.

“Certo che me lo ricordo! Ha ancora l’uso di entrambe le gambe solo perché non eri davvero coinvolta. Se tu avessi versato anche solo una lacrima per colpa sua, adesso girerebbe in sedia a rotelle”.

L’altra sorrise e la tirò leggermente per la mano, facendo scontrare le loro spalle. “Lo so Rosie: lo ripeti ogni volta che viene nominato.  Comunque è proprio questo il punto: non ero coinvolta. Lui era il tipo giusto per me, fatto quasi su misura e io non provavo nulla di profondo”.

“Fatto su misura?! Ora non esagerare. È uno stronzo”.

“Era il ragazzo adatto a me, lo sai. Avevamo interessi simili con opinioni abbastanza diverse per dare luogo a discussioni stimolanti, conosceva un sacco di lingue straniere e persino le sue eredità erano complementari alle mie. Giusto per me, anche per un mare di altre ragioni, lo sai”.

Già, la famiglia. Mpf!

Lei sbuffò. “Complementari una pluffa! Solo perché poteva percepire, vagamente, le menti altrui. Non leggerle o trasmettervi i propri pensieri, solo percepirle e pure male!”

Daria scossa ancora la testa e alzò gli occhi al cielo. “Su questo non saremo mai d’accordo, vero Rosie?”

“Mai”. Concordò lei, ostinatamente.

L’altra sospirò e tornò a guardarla. “Comunque lascia che ti spieghi la mia teoria: se non mi sono innamorata di lui e se in sedici anni non mi sono mai innamorata di nessuno, allora, forse, sono davvero immune a certi sentimenti. E anche se così non fosse, se in sedici anni non ho mai avuto questo genere di problemi, non vedo perché dovrei averne proprio ora che ho deciso, coscientemente, di voler stare il più lontano possibile dall’amore”.

“Non fa una piega”. Disse annuendo convinta. Quel ragionamento, a parer suo, era assolutamente sensato.

Se non è successo prima, quando lei non aveva nulla in contrario, perché dovrebbe accadere ora?

Senza contare che quella presa di posizione la tranquillizzava moltissimo: ora poteva smettere di domandarsi cosa avrebbe fatto se quella da consolare la notte prima non fosse stata Meg, ma Daria.  

Dopo quel discorso anche l’altra sembrava più tranquilla, come se si fosse tolta un peso. Perciò oltrepassarono il portone d’ingresso parlando si argomenti decisamente più leggeri.

Rose guardò con sconforto la prima delle tante rampe di scale, che le avrebbero portate al dormitorio dei Caposcuola. “Ti ho mai detto quanto sono grata del fatto che il nostro dormitorio stia nei sotterranei?”

L’altra, in evidente sintonia coi suoi pensieri, rispose: “No, e io ti ho mai detto quanto invidio i babbani e i loro ascensori?”

“Andiamo, va’. Queste scale non si saliranno da sole!” Fece iniziando a tirare l’amica su per la prima rampa.

“Hai ragione!” Esclamò lei, lasciandosi trascinare. “Invidio anche le loro scale mobili!”

“Ma davvero? Ai purosangue è consentito invidiare i babbani?”

“Se sono più intelligenti che ci posso fare?” Ridacchiarono entrambe, poi Daria esclamò: “Ehi, Rose, guarda chi c’è: mini-Potter!”

Effettivamente Al stava camminando nella loro direzione, in divisa da Quidditch e con la scopa in spalla.

Si scambiarono un’occhiata complice e, appena gli furono abbastanza vicine, urlarono in

coro: “Ciao Al!”

Il ragazzo scosse la testa con un sorriso rassegnato, quasi se lo fosse decisamente aspettato. “Cos’è? Sperate di assordarmi per non farmi partecipare alla partita e avere una minima chance di vittoria?”

Rose sbuffò e ribbatté immediatamente. “Ma fammi il piacere! Come se avessimo bisogno di simili mezzucci! Possiamo battervi ad occhi chiusi”.

“Esatto! Ricordami, mini-Potter, chi l’ha preso il boccino l’anno scorso?”

Al la fulminò con un occhiataccia, orgoglioso come sempre e ritorse, senza vera malizia: “E l’anno prima? Chi l’ha preso, De Lupo?”

Rose decise che quella discussione su chi aveva preso più volte il boccino doveva chiudersi all’istante. L’altra opzione era che i due cercatori andassero avanti fino all’alba del giorno successivo e non le pareva proprio il caso. Così posò una mano sulla spalla di Al e una su quella di Daria e riassunse, con tono pacato, l’esito di quattro anni di partite. “L’avete preso due volte per uno, lo sappiamo. Siete in parità”.

“Ancora per poco”. Specificò Al, gli occhi ridotti a due fessure.

“Puoi scommetterci, mini-Potter”. Rispose l’altra con la voce ridotta a un sibilo.

Vedendoli così presi dalla loro rivalità agonistica, Rose non ebbe cuore di ricordargli che, essendo quella la loro quinta partita, era ovvio, scontanto e inevitabile che non sarebbero più stati in parità e che quindi, come minaccia, era un po’ vana.

Solo un po’, eh.

“Ti ho detto un milione di volte di non chiamarmi così!” Borbottò Al, mettendo su un buffissimo broncio da bambino contrariato. “è irritante”.

“Al contrario. Io direi che è divertente”.

“Non lo è per niente! Questa cosa del mini, mi sminuisce come maschio. Fa pensare ad un orsacchiotto di peluche”.

“Sminuirti come maschio? Mpf! Cosa c’è da sminuire scusa? E poi tu lo sei. Tenero e dolce come un peluche, intendo. Quindi non vedo dove sia il problema”.

Albus arrossì violentemente all’affermazione della De Lupo e ribatté, imbarazzatissimo “Smettila con questa storia del peluche! Sono un ragazzo io, non un bambino di cinque anni! Non sono tenero e dolce, capito?” Poi Al incrociò lo sguardo palesemente divertito della cugina e le scoccò un’occhiata contrariata. “E tu non osare ridere!”

“Chi? Io? Non oserei maaai, lo sai”. Rispose ironica, convincendo il cugino a lanciarle un’altra occhiataccia. Appena si fu voltato per redarguire Daria, che stava ridacchiando indisturbata, Rose lasciò libero il sorrisetto malizioso che aveva mal trattenuto fino a quel momento. Starsene beatamente appoggiata al muro e osservare il suo cugino preferito venire messo impietosamente in imbarazzo da quella che era, per quanto ne sapeva lei, l’unica ragazza che il Grifondoro considerasse attraente le stava decisamente risollevando la giornata e l’umore. 

“Non vedo perché dovresti sentirti in imbarazzo”, stava dicendo Daria, mentre Al tentava disperatamente di tenersela lontana perché lei non potesse mettersi a scompigliarli i capelli o fargli pat-pat sulla testa. “Non c’è nulla di cui vergognarsi nell’essere dolci e teneri, orsacchiotto. Vero, Rosie?”

Lei, incurante dell’occhiata ammonitrice prontamente lanciatale del cugino, annuì e allargò il ghigno. “Assolutamente nulla”.

Albus, con entrambe le mani sulle spalle di Daria per tenerla a distanza, emise una specie di gemito sconfitto e sospirò. “Non ti ci mettere anche tu, Rose ti prego. Questa pazza basta e avanza”. Poi si voltò, verso la pazza in questione, che, infastidita, dall’aggettivo gli aveva tirato un pizzicotto sul braccio. “Daria, smettila, per favore. Immagina cosa direbbe James se scoprisse che mi chiami “orsacchiotto”?” L’ultima parola fu sputata con tono piuttosto disgustato.

Rose, ignorando bellamente la preghiera che le era appena stata rivolta, infierì con tono malefico. “Preoccupato che la tua virilità venga messa in discussione, cuginetto?”

Lui fece una smorfia, ma ribatté con tono stanco. “Più che altro mi atterrisce pensare a quali idee malsane potrebbe farsi venire in mente quell’idiota”.

Daria, all’ultima frase del moro, lo lasciò andare, smettendo di importunarlo seduta stante. “Prospettiva agghiacciante” Asserì, rabbrividendo visibilmente. “Niente più “orsacchiotto” per te, mi dispiace”.

“Sono terribilmente addolorato, ma credo proprio che me ne farò una ragione”. Sorrise smagliante e si piegò per raccogliere le scope, la propria e quella dell’amica, cadute durante l’ “assalto” della ragazza.

L’italiana si aprì in un sorriso smagliante e un po’ canzonatorio e si affrettò a “rassicurarlo”. “Non ti preoccupare, posso ancora chiamarti mini-Potter!”

Lui fece una smorfia di dolore e lanciò uno sguardo pieno di desiderio alle scale dietro di loro. “Ci avrei scommesso la scopa. Ora scusatemi, ma devo assolutamente andare, o farò tardi agli allenamenti”.

Rose, impietosita, si spostò per farlo passare e tirò di lato anche l’amica. “Ci si vede a cena, cugino”.

“Buon allenamento, Al”.

Albus le salutò con un sorriso e un cenno della mano. L’attimo dopo era già svanito dietro l’angolo.

“Non trovi che la sua fretta fosse un po’ insensata? Cioè, il suo capitano è James!”

“Più che altro, io credo stesse scappando da noi, italiana”.

“Dici?”

“Dico, dico”.

 

 

***

***

 

 

Se ne stava con la schiena appoggiata al muro e gli occhi blu incollati alla porta chiusa di fronte a lei, la borsa stracolma di libri abbandonata tra le sue gambe leggermente divaricate. Era in attesa.

La porta si aprì con un cigolio e ne uscirono alcuni ragazzi del settimo anno. Salutò con un cenno del capo un paio di ragazzi della sua casa e fulminò con lo sguardo il compatto gruppetto di Corvonero.

Staccò la schiena dal muro e si chinò a raccogliere la borsa pesante, solo quando vide uscire una coppia di studenti col cravattino rosso-oro. James stava chiacchierando a ruota libera e la ragazza accanto a lui stranamente sorrideva.

“Jam, Meg”.

“La mia Serpeverde preferita! Mi sei mancata!” Esclamò il ragazzo moro tirandosela contro per avvolgerla in un abbraccio spacca-ossa.

“Ci siamo visti ieri sera”. Obbiettò lei districandosi dalla presa micidiale dell’amico.

“Appunto! È da ieri sera che non ti vedo! Non sei venuta a colazione!”

“Sbagliato”. Lo corresse Meg, continuando, però, a sembrare divertita. “Lei a colazione c’era. Sei tu che sei arrivato in ritardo, Potter”.

Il ragazzo assunse un aria oltraggiata e incrociò le braccia davanti al petto, scoccando all’amica un’occhiata di puro biasimo. “C’eri e non mi hai aspettato per salutarmi?”

Daria alzò gli occhi al cielo, esasperata. Quante volte avevano già fatto quella conversazione? “Non ho intenzione di rovinare il mio record di puntualità solo per salutare un ritardatario come te  tutte le mattine, visto che, comunque, ci vediamo tutti i giorni a pranzo”.

James, saltando come al solito di palo in frasca, le lanciò un’occhiata confusa e chiese: “Il record di puntualità?” Poi si voltò verso la collega e continuò. “Credevo lo detenessi tu!”

Meg lo fulminò con lo sguardo, tornando improvvisamente seria. “ E così era fino all’anno scorso, quando un deficiente a caso mi ha fatto arrivare in ritardo un milione di volte per via dei suoi scherzi idioti”.

È così tutte le sante volte. Vanno d’accordo senza problemi e Meg sembra anche divertirsi, poi, all’improvviso realizza con chi sta parlando e diventa scontrosa.

Jam si passò una mano tra i capelli, evidentemente in imbarazzo. “Ehm.. ecco.. io..”

“Quasi dimenticavo! Ho visto Fred poco fa, ti stava cercando Marmellata. Faresti meglio ad andare da lui”.

“Ok grazie. Allora… io vado. A dopo!” Potter le sorrise grato e si dileguò.

Daria emise un lungo sospiro e lanciò un’occhiata all’amica ancora intenta a fissare la schiena di James in rapido allontanamento.

Questa situazione va risolta. Meg deve capire che divertirsi in compagnia di James non vuol dire essere impazzita e lui deve imparare che ci sono cose che farebbe meglio a non dire se vuole sopravvivere.

“Possiamo fare un salto in bagno, prima di andare a pranzo?”

L’altra annuì, ancora assorta nei propri pensieri. “Certo”.

Il bagno delle ragazze era, come al solito, pienissimo e furono costrette a fermarsi appena entrate. Un gruppetto di ragazze intralciava loro la strada.

“Scusate, dovrei passare”.

Una di loro, una Grifondoro del suo stesso anno si voltò verso di loro. Le squadrò dall’alto in basso e sulle sue labbra comparve un ghignetto di superiorità. “Toh, guardate qui chi c’è! La nostra Caposcuola e la straniera!”

Daria rispose al ghigno lasciandosi scivolare sulle labbra un bel sorriso, negli occhi una punta di ironia. “Grazie davvero! Mi stavo per dimenticare chi sono, meno male che me l’hai ricordato tu”.

La Grifondoro – Daria proprio non ricordava come si chiamasse – storse il suo bel nasino incipriato. “Vedi di darti meno arie, De Lupo. Ti credi chissà chi solo perché Jamie ti ha portata al ballo”.

Oh Zeus, ancora con questa storia? Sinceramente inizia a stancarmi.

“Già!” Intervenne un’altra ragazza dello stesso gruppo. “Lui l’ha fatto solo per pietà. Non montarti la testa. Una come te non è alla sua altezza né lo sarà mai!”

“Sei un’approfittatrice, interessata a lui solo per..”

“.. i soldi e la fama! Sono una persona orribile!” Concluse lei, sorprendendo le ragazze che la fronteggiavano. “ Oh, Maggie guarda: sembrano sconvolte. Dici che ho sbagliato la battuta?”

Il volto della rossa si aprì in un sorrisetto malandrino, quando commentò: “Forse dovevi dire “le ricchezze e il buon nome della sua famiglia! Sono una ragazza disgustosa!”

“Dici? Secondo me così è troppo..”

“Piantatela di prenderci in giro!” Urlò la Grifondoro-di cui non ricordava il nome, la prima ad essersi ripresa. Era paonazza in viso ed era evidente stesse per avere un attacco di isteria. Daria, che alla fine dei conti era una persona gentile, decise che poteva risparmiarglielo.

“Sentite, lo ripeterò per l’ultima volta. Non. Sono. Interessata. A. James. Potter.” Fece, scandendo bene ogni parola. Voleva essere certa che il concetto entrasse in quelle loro zucche vuote una volta per tutte. “Siamo amici. A-M-I-C-I. Lui non mi piace e non me ne frega niente né della sua fama, né dei suoi soldi. Anzi, tra me e Jam quella ricca sono io. Quindi, semmai, sarebbe più plausibile il contrario”.  Senza aggiungere altro, oltrepassò il gruppetto di ragazze ancora scioccate dal suo discorso e si diresse finalmente in bagno.

Appena uscite, mollò la borsa a terra e si accasciò contro un muro, sospirando esausta. “Sono davvero, davvero stanca. Non ne posso più di tutta questa storia. È così difficile capire che io e Jamie siamo solo amici? Cioè se non è successo nulla in tutti questi anni di amicizia quasi simbiotica, direi che potrebbero anche piantarla di preoccuparsi e prendersela con me”.

Per esempio, avrebbe più senso se se la prendessero con te. Quantomeno tu sei una potenziale minaccia. Anche se, a dir la verità, sarebbe  tempo sprecato in ogni caso: Jam non le degnerebbe comunque nemmeno di un’occhiata.

“Questo non è completamente vero, D”.

“Eh?” Alzò lo sguardo sull’amica, trovandosela di fronte, alla sua stessa altezza. Meg si era accucciata, con le ginocchia chiuse piegate, una mano appoggiata a terra a sostenere il suo peso, mentre con l’altra tormentava l’orlo della gonna. Il suo linguaggio del corpo parlava da sé: Meg era sulle spine, a disagio.

“Il tuo primo bacio. Te l’ha dato James Potter”. Spiegò, distogliendo lo sguardo e lasciando che le sue parole si depositassero tra di loro. Poi, imbarazzata, aggiunse: “Cioè.. non che mi interessi.. ecco.. l’aveva detto Rose ad Hogsmeade e..”

E tu hai continuato a pensarci, Maggie?

“Jam è estremamente geloso e protettivo nei confronti di tutte le persone che gli sono care. Non riesce nemmeno a concepire l’idea che qualcuno possa farci del male” Spiegò, pratica. “In più ha una sorta di talento innato per farsi venire idee assurde e malsane”.

“E questo cosa c’entra, scusa?” La rossa continuava a non guardarla, impedendole di decifrarne le espressioni, ma dal tono secco sembrava abbastanza irritata. Che fosse irritata con lei perché stava prendendo la questione alla larga o con se stessa per averla tirata fuori, la questione, Daria proprio non sapeva dirlo.

“Tutto, Maggie, c’entra tutto. Il mio primo bacio è stato merito di uno dei suoi discutibilissimi colpi di genio e ti assicuro che non ha mai significato nulla per nessuno dei due”. Le lanciò un’occhiata valutativa, aspettando una risposta che non venne.

Se non me lo chiede lei, lo proporrò io. D’altra parte è quello che so fare meglio, capire le richieste non espresse degli altri.

“Se vuoi posso mostrarti com’è andata”.

L’altra scosse il capo, tenendo ostinatamente lo sguardo rivolto altrove.  “Non mi interessa, davvero”.

Sì certo e dovrei crederti? In ogni caso non mi va di diventare oggetto di insensata gelosia in futuro, quindi..

“Però ci terrei a mostrarti, posso?” Chiese, con un sorriso gentile

La Grifondoro scrollò le spalle, con simulata indifferenza. “Se proprio devi”.

“Jam non c’era bisogno che mi venissi a prendere, te l’avevo già detto. È stata solo una banale influenza”. Daria era appena uscita dall’infermeria dopo una settimana passata lì dentro e aveva trovato  James fuori dalla porta ad aspettarla.

“So che te la cavi da sola e non hai bisogno d’aiuto, tranquilla”. Rispose lui, blandendola con un sorriso e una carezza tra i ricci castani. “Infatti sono qui per un’altra ragione… Oggi, sentendo parlare alcune ragazze, ho scoperto una cosa e..”

“E?” Gli chiese alzando il viso per guardarlo negli occhi color cioccolato.

“E c’è una cosa che devo fare”.

Gli lanciò un’occhiata confusa, ma non fece in tempo ad esplicitare la domanda a voce, perché si trovò all’improvviso le labbra occupate.

La stava baciando. Il suo primo bacio.

Non era niente di che: Jam aveva solo appoggiato le proprie labbra chiuse sulle sue, ma comunque non accennava a staccarsi.

Daria, dunque, trovò opportuno pestargli un piede con forza, per obbligarlo ad allontanarsi, e incrociare le braccia al petto, in attesa di una valida spiegazione. Non andò nel panico, colta dall’improvviso terrore che l’amico nutrisse per lei sentimenti diversi dall’amicizia. Semplicemente sapeva che non era possibile.

Se provasse qualcosa per me, me l’avrebbe fatto capire da un pezzo e non mi avrebbe baciata a quel modo, come bambini dell’asilo, mi sarebbe saltato addosso.

Quindi si limitò a lanciargli un’occhiata oltraggiata – quello che le aveva rubato restava comunque il suo primo bacio – e a chiedergli con tono secco: “Allora? Che significa?”

Lui le sorrise smagliante, l’immagine perfetta e falsa dell’innocenza. “Ho scoperto che voi ragazze date molto peso al primo bacio. Sarebbe potuto capitare con chiunque, con qualcuno che potrebbe farti soffrire”. Fece una smorfia a metà tra l’oltraggiato e l’arrabbiato, come se la sola idea fosse per lui intollerabile. “È stato molto meglio che a dartelo sia stato io, no?”

“No!” Obbiettò lei, dandogli uno spintone, con gli occhi lucidi d’indignazione e rimpianto. “Insomma James! Era il mio primo bacio! Ridammelo! Lo rivoglio indietro!”

Meg, che finalmente era tornata a guardarla, le rivolse un’occhiata piena di profonda comprensione e solidarietà.

Situazione familiare, vero Maggie?

“Quando è successo?” Tra tutti i modi in cui la rossa poteva interrompere il suo imbarazzatissimo silenzio – non era esattamente un ricordo che adorava condividere, lo trovava piuttosto imbarazzante e mortificante – quello era proprio l’ultimo che si aspettava.

La trovava una domanda abbastanza insensata, richiesta di un dettaglio decisamente irrilevante. Non la capiva, ma rispondere non le costava nulla quindi.. “Al mio terzo anno”.

L’altra annuì senza grossa partecipazione, quasi indifferente, come se non fosse stata lei a chiederglielo nemmeno un minuto prima. E davvero Daria non capiva.

Le capitava spesso ultimamente di non riuscire a capire e non si riferiva solo alla ragazza che aveva di fronte. Era strano proprio perché le accadeva un po’ con tutti, indiscriminatamente.

Che poi Meg sia un caso di incomprensibilità acuta resta un dato di fatto puro e semplice.

“Potter è un deficiente”. Le disse poi, mostrando una notevole empatia. Quello sì che era il tipo di reazione che si aspettava da lei.

Quindi sorrise dolce e pronta a mettere in buona luce l’amico, perché se l’aspettava e sapeva come reagire, era preparata. “Verissimo. Però ha anche un gran cuore, sai? Quando si è reso conto di aver fatto una cazzata, c’è rimasto malissimo e mi ha chiesto scusa un milione di volte. Era davvero mortificato”.

“Tipico di Potter. Prima fa, poi pensa”. Sentenziò l’altra asciutta, ma con l’ombra di un sorriso sulle labbra.

 

 

 

***

***

 

 

Era una scena buffa vedere la figura contrariata, alta e scura di Dave Zabini avvicinarsi recalcitrante al tavolo di Serpeverde seguito da vicinissimo da quella risoluta, minuta e pallida di Moira Kirson.

“Ho delle cose da fare, Mo! Te l’ho detto un milione di volte. Non ho tempo da perdere mangiando. Alla partita manca pochissimo”.

Rose trovava notevole la naturalezza con cui Dave, pur essendo innamorato di lei, si comportava in sua presenza. Così diversa dal comportamento un po’ impacciato di As con Daria o dall’atteggiamento da sbruffone buffone che suo cugino aveva tenuto a lungo con Meg. Supponeva avesse molto a che fare col fatto che, prima di tutto, loro era amici e lo erano da un sacco di tempo.

“Alla partita ci arriverai su un lettino dell’infermeria, se continui a rifiutarti di mangiare”. Lo riprese Moira, lapidaria e pragmatica come sempre.

Dave infilzò una salsiccia con veemenza, quasi fosse tutta colpa sua. “Devo escogitare nuovi schemi e strategie. La squadra di Grifondoro è…”

“Molto forte. Al vostro stesso livello e sarà una partita impegnativa”. Concluse la mora, suscitando l’irritazione dell’amico. “Ed è una perdita di tempo, Dave. Tanto dipende unicamente da chi tra Daria e Al prenderà per primo quella benedetta pallina dorata”.

Rose, all’espressione terribilmente scioccata del ragazzo, non poté fare a meno di lasciarsi scappare una risata. “Credo che tu stia solo peggiorando le cose, Mo”. Un grugnito proveniente dalla montagna immusonita, che una volta rispondeva al nome di Dave, le diede ragione. Scoccò all’altra un bel sorriso soddisfatto e vittorioso. “Visto?”

Moira scosse il capo, facendo ondeggiare i capelli scuri. “Davvero non riesco a capire cosa ci troviate in quella sottospecie di sport. Rischiare l’osso del collo su una scopa volante, schivando palle impazzite che fanno di tutto per disarcionarti. Cosa c’è di divertente?” 

Dave si risollevò per rispondere, entusiasmato probabilmente dalla possibilità di far cambiare idea all’amica. “Un sacco si cose! Il..”

“Dave”. Lo interruppe impietosa la mora. “Era una domanda retorica. Non lo stavo chiedendo davvero. Riprendi a mangiare, su”.

L’occhiataccia e la probabilissima serie di proteste del ragazzo, le furono risparmiate dall’arrivo trafelato di una Daria col fiato corto e una strana espressione in viso.

“Italiana, tutto bene?”

“Sì, sì certo. Ero in biblioteca a fare una ricerca e non mi sono resa conto dell’ora”.

Una ricerca? Daria?

Rose la osservò con attenzione mentre si sedeva a tavola e cominciava a servirsi da mangiare. Quell’aria strana, perennemente a metà tra l’assorto e il preoccupato, costellata da frequenti scatti di stizza… era da un po’ che la vedeva addosso all’amica.

Da più di un mese, credo.

Decise, quindi, di essere più che legittimata a preoccuparsi.

Daria alzò lo sguardo notando così il suo. Scosse il capo e abbozzò un leggero sorriso. “Davvero Rose sono solo pensieri e..”

“E?”

“E un brutto presentimento”. Rispose l’altra cauta.

Rose, allora, decise di essere decisamente molto legittimata a preoccuparsi. Perché, come diceva sempre Moira, l’istinto di Daria non sbagliava praticamente mai.

 

 

 

***

***

 

 

Il vento freddo le fischiava nelle orecchie e frustava il viso, mentre la pioggia fitta e incessante rendeva scivoloso il manico della scopa e le ostacolava la visuale.

Erano in casi come quello che Daria ringraziava tutti gli dei del Pantheon per averle fatto dono di un buon equilibrio e riflessi pronti.

La partita era iniziata da quasi un’ora e mezza e né lei né Al avevano ancora intravisto il boccino. Con quella pioggia si stava rivelando estremamente difficile persino vedere i suoi compagni.

Poi i suoi occhi scorsero, vicino alla porta di Rose, un bagliore dorato. Schizzò in quella direzione, tenendo lo sguardo ben incollato sulla minuscola pallina alata. Un attimo dopo sentì qualcosa sfiorarle una spalla: Al. Erano pari. Volavano a tutta velocità verso l’alto, sopra alla porta di Serpeverde.

C’era quasi. Il boccino era a meno di un metro da lei, mentre il Grifondoro era qualche centimetro più indietro. Allungò il braccio sinistro, reggendosi alla scopa con una mano sola. Stese le dita, ancora un pochino… solo un altro po’.. fino a sfiorare la superficie metallica del boccino…

Nello stesso istante in cui le sue dita gelate si chiudevano sulla pallina dorata, la scopa che volava accanto alla sua diede un fortissimo strattone. Forte abbastanza da disarcionare il suo proprietario. Vide Al precipitare nel vuoto, senza che nessun incantesimo arrivasse a fermarlo. La pioggia era troppo fitta.

 

 

 

 

 

 

Innanzitutto ci tengo a ri-precisare che il soprannome “mini-Potter” non è mio ma delle fantastica Dirareal, qui il link per la storia in questione: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387973&i=1

In secundis….. Altro capitolo di passaggio, beh a parte il finale.. non uccidetemi.. Comunque ho deciso che d’ora in avanti, se riesco a mettere un freno alla mia logorrea, mi asterrò dal commentare i capitoli. Quindi spero che vi sia piaciuto! Ci rivediamo nelle recensioni o nel prossimo capitolo

Ah non ho fatto di revisione, quindi segnalate gli errori che provvederò a correggerli

Un bacio

AiraD

 

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Capitolo 13
*** 12) Saving you, Saving Me ***


12) Saving You, Saving Me:

 

 

“Proprio le condizioni atmosferiche migliori per giocare a Quidditch”.

“Non abbiamo mai giocato contro Grifondoro col bel tempo, ma così è esagerato!”

“Già”. All’ennesimo tuono Rose non poté far altro che concordare coi compagni di squadra, mentre si limitava a spiluccare distrattamente la propria colazione. Aveva lo stomaco chiuso.  Non tanto per l’ansia dovuta alla partita: essendo di natura estremamente competitiva, l’atmosfera di agitazione e lo stress che precedevano una prova, sportiva o accademica che fosse, erano per lei come una carica di adrenalina e la rendevano incredibilmente lucida e reattiva.

A turbarla era piuttosto il brutto presentimento di Daria. Era stato utile, durante quella settimana, per tenere la mente occupata, ben lontana da pensieri che non voleva e non doveva fare. Però, ora che tutti i suoi tentativi di capirci qualcosa, di scoprire a cosa si riferisse o a cosa fosse dovuto erano caduti miseramente nel vuoto, era rimasta solo la frustrazione. La frustrazione e l’ansia. Un’ansia illogica che le impediva di godersi la meravigliosa atmosfera del pre-partita.

Rose si fidava ciecamente dei presentimenti dell’amica, sarebbe stato stupido non farlo, visto quanto si erano sempre rivelati accurati.

Quando l’italiana le aveva confidato quanto peggiore fosse la sensazione che la perseguitava e che una così negativa non l’aveva avuta mai, Rose aveva sentito un brivido percorrerle la schiena e quell’ansia incomprensibile attanagliarle le viscere.

È assolutamente logico essere preoccupati, no?

E non era la sola.

Daria si aggira per il castello con un’aura così negativa che se incontrasse dei Dissennatori fonderebbero all’istante un fan club in suo onore, con tanto di bandierine colorate e striscioni. Magari la pregherebbero pure di insegnar loro il mestiere.

“Tutto bene, Rossa? Non è da te non fare colazione prima di una partita”.

“Uhm.. sì tutto ok”. La ragazza si riscosse dai propri vaneggiamenti mentali e si sforzò di rivolgere a Moira un sorriso che sperava credibile.

“Dovreste davvero mangiare qualcosa. Tutti e tre. Agitarsi così è solo controproducente”. Continuò l’altra con tono pratico, rimproverando con lo sguardo sia lei che Daria e Dave. La rossa annuì e si costrinse a inghiottire una cucchiaiata di porridge.

Daria non aveva voluto parlare con nessun altro di ciò che la angosciava e Rose si era trovata assolutamente d’accordo: era inutile far preoccupare anche altri, quando nemmeno loro avevano idea di che cosa bisognasse preoccuparsi.

Allontanò da sé il piatto colmo di cibo – non sarebbe riuscita a ingoiare nient’altro – e si alzò, lanciando uno sguardo all’amica. “Andiamo?”

La castana annuì sollevata e si alzò di scatto, tradendo la propria nervosa agitazione.

“Non è un po’ presto?” Chiese Asa, inarcando le sopracciglia, perplesso.

“Tra un po’ dovrebbero arrivare i miei insieme agli zii e non mi va di vederli”. Rispose lei con la scusa pronta. Scusa che non era poi tanto una scusa: mamma capirebbe in un secondo che c’è qualcosa che non va e non muoio dalla voglia di mettermi a spiegare.

 

Appena furono fuori dalla Sala Grande e lontano da sguardi indiscreti, Daria le afferrò una mano stringendola con forza e lei rispose alla stretta senza esitare. Camminarono verso il campo da Quidditch in perfetto, tormentato silenzio.

Quel periodo per lei si era rivelato estremamente faticoso: lei, Daria, Moira e Domi, con l’aiuto sporadico di Lily e Molly, si erano  letteralmente date i turni per non lasciare mai Meg sola troppo a lungo, si era data da fare per allontanarsi da Dave e nel contempo aveva continuato a solidificare i suoi rapporti con Moira, aveva anche imparato a scomparire in poco tempo ogni qualvolta si trovava in presenza dei due contemporaneamente e aveva fatto tutto, ma davvero tutto ciò che era in suo potere per tenere Scorp… Malfoy! Per tenere Malfoy lontano dai suoi pensieri.

E iniziare a chiamarlo per nome non era d’aiuto.

Stupido cervello.

“Rose!”

Rose si voltò esattamente quello che sperava di non vedere: suo padre stava trotterellando allegramente verso di loro, seguita a poca distanza da sua madre. Si stampò un sorriso entusiasta, che sperava convincente e lanciò un’occhiata all’amica nella speranza di trovarle in viso un’espressione credibile. Il sorriso un po’ nervoso, ma fondamentalmente sereno, la sorprese e le infuse un po’ di fiducia.

Forse abbiamo una possibilità di superare lo sguardo che tutto vede e tutto capisce di mamma. Io e Moira dovremmo davvero smetterla di sottovalutare le sue doti recitative.

“Rosie! Daria! Pronte per la partita?”

“Buon giorno papà”. Fece Rose con tono a metà tra l’esasperato e il divertito. “Ciao, mamma”. Aggiunse poi, quando lei li raggiunse.

“Ciao, Rose. Non è un po’ presto per scendere al campo?”

“Decisamente sì, ma qualcuno qui era un po’ nervoso. Tanto per cambiare”.

“Non è colpa mia, se io non sono fatta di ghiaccio, Rossa”. Ribattè Daria dandole una leggera spinta con la spalla.

Sua madre annuì, comprensiva. “Non c’è niente di male ad essere emotivi: io mi agitavo tantissimo prima degli esami e tuo padre diventata pallido e loquace quanto un muro prima di ogni partita”.

“Visto? Sei tu quella anormale”.

Lei scrollò le spalle indifferente, mentre iniziava a cercare una via di fuga da quella situazione.

“Allora Daria, quando pensi di venirci a trovare?”

“Beh, Rose mi ha invitata a passare capodanno da voi e restare fino al ritorno a scuola”.

“Mi sembra un’ottima idea. Un’intera settimana a mangiare quello che cucini tu”. Commentò suo padre, portandosi le mani dietro la nuca. Rose avrebbe potuto scommettere che stava già pregustando i pranzi e le cene che Daria avrebbe preparato per loro. Fin dalle sue prime visite, l’italiana aveva sempre insisto per occuparsi della cucina, ogni volta che la andava a trovare e passava qualche giorno a casa sua.

Inutile dire quanto suo padre fosse entusiasta della cosa. La sua adorazione per tutto ciò che Daria cucinava, era seconda solo all’adorazione per Daria stessa. La sua amica aveva fatto subito una magnifica impressione ai suoi genitori, che se n’erano innamorati subito entrambi. Ma, mentre sua madre riusciva ad essere più discreta ed equa nel suo modo di rapportarsi con tutti gli amici dei figli, l’ammirazione, l’affetto e la stima di suo padre per la ragazza dagli occhi blu erano assolutamente palesi.

Rose si lasciò sfuggire un sorriso, poi riportò la propria attenzione sulla propria volontà di liberarsi dei genitori. “Zio Harry e zia Gin non sono venuti?”

“Sono già saliti al castello. Noi vi abbiamo viste allontanarvi e abbiamo deciso di raggiungervi per augurarvi buona fortuna prima della partita”. Spiegò sua madre con un sorriso.

“Grazie, ma’”.

“Sì grazie, Hermione”.

“Mi raccomando, ragazze, fatevi valere. E tu Rose fa vedere a quel moccioso arrogante come si gioca veramente a Quidditch”.

La ragazza sorrise, il fuoco della competizione vivo e fremente nei suoi grandi occhi azzurri. “Tranquillo, pa’. Sono il portiere migliore di Hogwarts. Malfoy non può competere con me”.

***

 

 

Quella partita le sembrava infinita. Infinita ed estenuante. Il tempo mefitico la obbligava ad usare il triplo delle forze per restare in sella e gli occhi le pizzicavano brutalmente per quanto li stava sforzando. Ogni minuto che passava diventava sempre più difficile vedere i suoi compagni, per non parlare della pluffa.

L’ennesimo tuono scosse il cielo, seguito a breve da un lampo che illuminò a giorno il campo da gioco. Rose poté così vedere Albus e Daria volare parecchi metri sopra di lei. Un raggio di speranza le risollevò il cuore per un secondo.

Forse hanno visto il boccino! Proprio mentre formulava questo pensiero la Serpeverde vide la scopa dell’amico dare un brusco, imprevisto scossone e il cugino perdere inevitabilmente la presa, precipitando nel vuoto.

I metri che lo separavano da terra diminuivano ad una velocità incredibile, mentre Rose, paralizzata dal terrore, realizzava, con la lucidità tipica dei momenti di forte shock, che nessuno sarebbe riuscito ad intervenire in tempo. Lei stessa non poteva fare niente. Niente se non guardare impotente il corpo di suo cugino cadere sempre più giù.

 

***

***

 

Il vento le schiaffeggiava con forza il volto, ferendole gli occhi e ululandole assordante nelle orecchie, mentre si cacciava in picchiata verso il suolo, a tutta velocità in una disperata corsa contro il tempo.

Si stava lasciando guidare dall’occhio della mente. Non era qualcosa che Daria aveva deciso: quando la sua mano aveva sfiorato appena il boccino e quelle immagini si erano imposte nella sua testa, le sue dite non avevano chiuso la presa, lasciandosi sfuggire la pallina dorata, e lei aveva semplicemente smesso di ragionare. Smesso di opporre resistenza.

Si stava affidando totalmente e ineluttabilmente a quelle immagini che le infestavano la testa da settimane.

Fermò la propria scopa all’improvviso, bruscamente, poi, senza avere il coraggio di guardare, allungò un braccio. Il suo cuore gioì di sollievo, quando la sua mano si chiuse con forza attorno a della stoffa bagnata.

Il peso improvviso le fece urlare i muscoli e sbilanciò il suo equilibrio. Strinse le gambe con forza attorno al manico della scopa. Allungò l’altro braccio ad afferrare l’amico sotto l’ascella. Lo sentì boccheggiare e ricambiare la presa. Chiuse gli occhi blu per lo sforzo. Percepì ogni singola fibra dei suo muscoli tendersi all’inverosimile. Infine, digrignando i denti per la fatica e aiutata dalla disperata volontà dell’altro, lo issò sulla propria scopa.

 

Era accaduto tutto talmente in fretta, poche manciate di secondi, che il pubblico non sembrava aver realizzato pienamente quanto accaduto.

Anche se così non fosse stato, Daria non se ne sarebbe minimamente resa conto. L’unico suono che riempiva le sue orecchie era il battito forsennato, irregolare di due cuori: il suo e quello di Al. Non era mai stata tanto felice di sentire qualcosa in tutta la sua vita.

La presa del Grifondoro sulle sue braccia era talmente ferrea da farle male e, considerato quanto il suo corpo fosse indolenzito dal freddo, la ragazza era convinta che presto avrebbe smesso di sentirle del tutto. Non cercò di liberarsi, non pensò nemmeno di farlo. Le sue stesse dita erano ancora arpionate saldamente alla fradicia stoffa rossa della divisa dell’altro.

Respiravano affannati, le loro fronti che si sfioravano appena e la scopa che fluttuava faticosamente nell’aria. Dopo un tempo infinito, o, forse, dopo solo pochi secondi, entrambi lasciarono la presa sull’altro. Daria posò entrambe le mani sulla porzione di manico tra le sue ginocchia e quelle dell’amico, nel tentativo di stabilizzare un minimo la scopa. Al, invece, infilò una mano in tasca e ne estrasse una pallina dorata grossa quanto una noce.

Sfoderò un sorriso che forse voleva essere strafottente e compiaciuto, ma era, in realtà, solo debole e appena accennato. “Te… te l’avevo detto… c-che.. avremmo v…vinto noi”.

Lei gli lanciò quella che, nei suoi intenti, doveva essere un’occhiataccia raggelante, ma probabilmente ne era solo una pallida imitazione tremolante. “S…solo perché ho.. s-scelto di salvarti la v-v..vita, …M-Mini-Potter”. 

“Al! Stai bene?” La voce preoccupata, terrorizzata di Rose li rimise finalmente in contatto con il resto del mondo. Dietro la rossa, tutti i giocatori di Grifondoro e Dave si stavano avvicinando ad una certa velocità.

“Sto bene, sto bene”. Fece lui, sorridendo rassicurante come per confermare le sue parole. Il respiro finalmente normale.

Daria lanciò un’occhiata ammonitrice a Rose e  Lily, che sembravano assolutamente intenzionate a saltare al collo del cugino e fratello per abbracciarlo. “Non pensateci nemmeno. Sono appena riuscita a riportarci in equilibrio”.

 

 

***

***

 

 

“Però non riesco proprio a capire cosa sia successo alla mia scopa. Mi ha disarcionato all’improvviso, senza motivo”.

“Hai ragione, non ha senso. Le nostre scope sono in perfetto stato e dotate dei più potenti incantesimi di protezione in commercio”. Rose annuì alle parole di James: zio Harry aveva sempre avuto una strana fissazione per gli incantesimi difensivi delle scope dei figli.

Mamma dice che ha a che fare con certi traumi della loro adolescenza.

“Già, ma dalla reazione della scopa è come se qualcuno vi avesse castato un potente malocchio... non c’è altra ragione per cui un manico in perfette condizioni avrebbe disarcionato il suo cavaliere”. Commentò Fred, pensieroso. Rose, però, sapeva bene che gli incanti di protezione erano troppo forti per poter essere spezzati da una sola persona per quanto potente.

“Gli incantesimi di difesa erano troppo avanzati per essere superati dal malocchio di un solo mago. Devono essere stati almeno tre o quattro”.

Detestava ammetterlo, ma le considerazioni di Malfoy avevano appena dimostrato per l’ennesima volta quanto il loro modo di ragionare fosse simile e le loro menti sincronizzate.  Comunque non gli avrebbe lasciato la soddisfazione di essere l’unico ad avere deduzioni brillanti. “Probabilmente quattro, posizionati ai quattro punti cardinali, per attaccare la scopa in contemporanea da punti diversi e spezzarne definitivamente le difese”.

“Papà deve aver pensato la stessa cosa”. Fece James, voltandosi ad osservare la folla agitata degli spettatori. “Non ha permesso a nessuno di lasciare il proprio posto”.

Al sospirò pesantemente. “Anche così non penso cambierà molto. Ci sono troppe persone perché gli auror possano interrogarle tutte. Senza contare che non ci sono prove per dimostrare che si sia trattato veramente di malocchio: la mia scopa è probabilmente andata in pezzi”.

“Hai ragione, maledizione! Se solo avessimo un modo per restringere il campo!”

“Quello” Esordì Daria, che fino a quel momento non aveva proferito parola. “forse posso farlo io”. Si prese una breve pausa, poi spiegò. “Si può dedurre molto dal battito cardiaco di una persona. Quasi tutto”. Poi la cercatrice chiuse gli occhi e Rose alzò una mano per bloccare le proteste e le perplessità degli altri.

Il fatto che Daria avesse scelto di usare il proprio udito in quel modo lasciava un po’ perplessa anche lei, ma si fidava ciecamente dell’amica e del suo giudizio. Perciò, anche se lei non vedeva come sarebbe riuscita a distinguere gli aggressori dal loro battito cardiaco, quando probabilmente la gran parte degli spettatori era agitata,  aveva l’assoluta certezza che l’italiana avesse un asso nella manica.

Infatti solo una manciata di secondi dopo, Daria spalancò gli occhi blu. “Gradinata est: posto 9, fila 15. Gradinata sud: posto 3, fila 7. Gradinata ovest: posto 17, fila 2. Gradinata nord: posto 12 fila 20”.

Tutti loro si voltarono di scatto nel tentativo di localizzare le persone indicate dall’italiana. “Ho già comunicato la cosa al padre di Rose. Terranno in considerazione le nostre deduzioni”.

 

 

***

***

 

Daria non aveva mai apprezzato tanto come in quel momento il fatto che lo spogliatoio femminile di Serpeverde fosse utilizzato solo da lei e Rose, in quanto uniche ragazze della squadra. La situazione era la stessa anche a Grifondoro, ma Lily diceva sempre di non ritenersi altrettanto fortunata: lei non divideva lo spogliatoio con la sua migliore amica, ma con la Baston e la piccola Potter, per solidarietà con Rose, non aveva mai provato una grossa simpatia per la compagna di squadra.

Chissà perché quel terremoto dai capelli rossi con tutte le magnifiche cugine che ha, ha scelto proprio Rose e me come sue sorelle maggiori e suoi esempi.

L’italiana si rendeva perfettamente conto di quanto fosse strano concentrarsi su pensieri simili in un momento come quello. Il suo, però, era un comportamento assolutamente motivato: stava facendo di tutto per non vedere le immagini che continuavano ad affollarle la mente .

Un gemito di fastidio e dolore le scappò dalle labbra, richiamando l’attenzione di Rose. “ Tutto ok, Al?”

“Solo un po’ di mal di testa. Niente di che”.  Daria scosse il capo esasperata, mentre le immagini si facevano sempre più difficili da ignorare. Si sfregò gli occhi e mugugnò con voce rotta. “Tuo.. padre ci sta aspettando qui fuori… gli auror vogliono… farci delle domande… Specialmente a me..”

Rose le rivolse un’occhiata preoccupata, probabilmente per via del suo tono, ma non le chiese come facesse a saperlo e l’italiana apprezzò infinitamente la cosa: non le piaceva mentirle. Quel giorno l’aveva fatto e probabilmente sarebbe stata costretta a farlo ancora, presto. Di certo avrebbe dovuto mentire ad altri: a breve avrebbe dovuto rispondere ad un milione di domande e non lo avrebbe fatto con la verità. Non poteva farlo con la verità.

La verità avrebbe portato solo a problemi e domande che lei non si voleva porre, a cui non sapeva rispondere, a cui non voleva rispondere.

Il fatto che tutti lì pensassero che non sapesse mentire, poi, giocava a suo favore. In un certo senso avevano anche ragione: la Daria che conoscevano loro, quella che studiava ad Hogwarts ed era un’adolescente magica più o meno normale, era incapace di mentire e non lo aveva mai trovato necessario. Quello, però, era, in realtà, solo uno dei suoi modi d’essere: la ragazza era infatti perfettamente conscia dell’esistenza di due “versioni” di se stessa.

La Daria che l’Inghilterra conosceva era una riservata ragazza di sedici anni, un’adolescente intelligente e tranquilla che faceva di tutto per mantenere un profilo basso e non attirare l’attenzione.   

L’altra versione, quella italiana, era molto meno simile ad una normale teenager e molto più vicina al prototipo del leader ideale, era la sedicenne che aveva l’ammirazione e il rispetto di un intero popolo e godeva della massima influenza sui maghi e sulle famiglie più potenti del paese.

Non si trattava di due persone diverse, né, tantomeno, di due personalità distinte, era solo questione di necessità. Quando era lì, in Inghilterra, poteva essere chi voleva essere davvero, poteva avere uscite imbarazzanti, ridere, scherzare, arrabbiarsi. Non aveva bisogno di mantenere sempre il contegno o di essere sempre impeccabile. Non aveva sempre gli occhi di qualcuno puntati addosso né un ruolo ben definito a cui conformarsi, di conseguenza, il lato più controllato e Serpeverde della sua personalità non era mai davvero venuto fuori. Fino a quel momento.

Adesso aveva dovuto accettare la realtà: per uscire da quella situazione avrebbe dovuto usare quelle abilità che di solito era ben contenta di lasciar riposare e di non dover usare quando era ad Hogwarts in mezzo ai suoi amici. Avrebbe dovuto tirar fuori quella “versione” di se stessa.

Quella che era bravissima a mentire e a manipolare la verità, a suo piacimento. Quella che non avrebbe avuto problemi a rispondere a domande scomode, come ad esempio in che modo fosse riuscita a prendere Al o come mai avesse reagito come se sapesse già cosa stava per succedere. Quella che non avrebbe avuto difficoltà a mentire, a dire di essersi semplicemente affidata al suo infallibile sesto senso. Quella che non avrebbe esitato a trarre vantaggio dal fatto che i suoi interrogatori non avessero idea di quanto vago e approssimativo fosse in realtà il sesto senso degli Eredi.

“Beh, immagino che sia normale dopo quanto è accaduto. Sono sicura che non sarà niente di duro o traumatico”. Rose le passò un braccio sulle spalle e Daria trasse un profondo respiro, mentalmente pronta ad affrontare qualunque domanda decidessero di porle. Varcarono la soglia dello spogliatoio assieme, ciascuna presa dai propri pensieri.

Ron Weasley le stava aspettando lì fuori. Aveva un’espressione preoccupata, ma quando le vide uscire sorrise rassicurante. Le salutò con calore e cominciò a sommergerle di parole entusiaste. Daria non ne ascoltò nemmeno una.

Il suo cervello veniva bombardato sempre più intensamente da quintali di immagini, che le scorrevano davanti agli occhi come un fiume in piena. Più cercava di ignorarle, più loro aumentavano ed erano così tante e coì vorticose da causarle un profondo e intenso mal di testa.

Se continua così, non so quanto reggerò ancora.

 

 

***

***

 

 

Suo padre le aveva condotte in una stanza del castello dove, insieme al resto della loro squadra e a quella di Grifondoro, avrebbero aspettato di essere interrogate. Daria era stata l’ultima ad essere chiamata nella stanza adiacente, in cui Alaric Jones, un compagno di squadra di suo padre, e un altro auror che Rose non conosceva, avevano posto loro le domande del caso. I primi a venir chiamati erano stati i giocatori meno coinvolti con gli eventi della mattina: quasi tutti i serpeverde e la Baston.

Nella stanza spoglia, ad aspettare che l’italiana finisse erano rimasti in otto: lei, Dave, Albus, Lily, James, Fred, Hugo e Malfoy.

Rose sospirò pesantemente. Le attese non le erano mai piaciute particolarmente, ma quella volta era anche peggio del solito. Sentiva di stare per esplodere. Lo shock, l’ansia, il terrore che si era tenuta dentro fino a quel momento minacciavano di uscire. Non sarebbe riuscita a mantenere il controllo ancora per molto e non aveva la benché minima intenzione di perderlo in presenza di altre persone, nemmeno di Daria o Al. Allo stesso tempo, però, voleva aspettare che l’amica tornasse: si era resa conto che nemmeno lei sembrava pienamente in controllo di se stessa.

Quando mio padre ci ha accompagnati qui, non ha detto una sola parola e penso che non abbia sentito nulla di ciò che abbiamo detto noi. Non è da lei, estraniarsi così dalla conversazione.. ha fatto preoccupare persino pa’..

“Non ci stanno mettendo un po’ tanto? Daria sarà lì dentro da almeno dieci minuti”.

“è normale”, rispose Rose con la sua solita logica. In quel momento era l’unica cosa, insieme al suo orgoglio, a cui la ragazza poteva ancora aggrapparsi per continuare ad apparire tranquilla. “Dopotutto è stata lei a dedurre l’identità dei sospettati”.

Gli altri annuirono nervosamente al suo ragionamento. Erano tutti agitati e sul chi vive. Ciò che era accaduto durante la partita li aveva scossi tutti profondamente.

Per assurdo, l’unico ad apparire calmo era Al. Ma, d’altra parte, era anche l’unico che non era stato trascinato lì direttamente. Quando era sceso dalla scopa di Daria l’avevano portato immediatamente in infermeria per controllare che fosse tutto a posto.

Rose immaginava ne avesse approfittato per sfogarsi: quando erano ancora in cielo a fare deduzioni gli occhi di suo cugino erano spalancati, le pupille che vagavano erratiche. Non c’era stato bisogno di essere un medimago per capire che si trovava sotto shock.

La stessa cosa che succederà a me di fronte a tutti, se Daria non si sbriga a tornare.

Proprio mentre formulava questo pensiero, la porta si aprì lentamente. L’espressione controllata e indifferente della ragazza cadde non appena i suoi occhi blu si posarono sui volti preoccupati dei suoi amici.

Rose la vide cercare di forzarsi un sorriso tranquillo in viso e fallire, prima che le sue palpebre si chiudessero e le sue gambe cedessero, facendola cadere a terra. Albus che era il più vicino la afferrò prima che toccasse il pavimento.

La ragazza dai capelli rossi rimase per qualche secondo immobile a fissare l’amica svenuta.

Stava combattendo una dura battaglia interiore. Lo shock minacciava di avere la meglio su di lei.

No! Non adesso! Manterrai il controllo ancora per qualche minuto! La tua migliore amica ha bisogno di te!

Si avvicinò ad Albus che teneva Daria tra le braccia, con un’espressione sorpresa e preoccupata in volto. Mai preoccupato quanto il fratello che lo sovrastava continuando a ripetere il nome dell’amica, come una chioccia agitata. Rose gli schioccò le dita sotto al viso per attirare la sua attenzione. “Così non l’aiuti, Jam”.

“Come fai a restare così calma? La tua migliore amica è appena svenuta!”

Calma? CALMA James? Ma se sto dando fuori di testa! “Cerco solo di comportarmi nel modo più utile per lei”. Giusto devi esserle utile e poi dartela a gambe per perdere il controllo da qualche parte dove nessuno possa vederti.

La guardò più da vicino e le posò una mano sul viso, toccandole la pelle ghiacciata, la strana sensazione che la sua energia venisse risucchiata la colpì all’istante, strappandole un sospiro sollevato. Era una reazione che conosceva bene quella. “Non è nulla di grave. Svenimento da abuso di poteri”. Mormorò riportando lo sguardo su James. “Se non volete finire come lei vi consiglio di non toccare la sua pelle nuda”.

“Eh?”

“In questo momento il suo corpo è affamato di energia. Se toccate la sua pelle nuda assorbirà la vostra”.

“Stai scherzando spero? La mia Daria non è una specie di mostro succhia-energie!”

“Mai detto questo James. Senti è complicato.. lei ti saprà spiegare meglio”.

“D’accordo. Quindi come la aiutiamo?”

Rose sospirò ancora alla giustissima domanda di Albus. Quella proprio non ci voleva. “Dovrò andare nel nostro dormitorio. Daria tiene una boccetta di essenza di mare nel baule proprio per casi come questo”.

“Essenza di mare?” Chiese la voce di Lily da dietro di lei. Rose lanciò una rapido sguardo alle proprie spalle e solo in quel momento si rese conto che tutti gli occupanti della stanza si erano radunati attorno a loro.

“Già l’odore del Mar Mediterraneo la aiuta a riprendersi in questi casi”. Poi, precedendo le loro domande, aggiunse: “Anche questo è complicato. Vi spiegherà tutto lei”. Si raddrizzò preparandosi a scendere fino ai sotterranei per prendere la boccetta.

Spero solo di arrivarci

“Allora non c’è bisogno che tu vada, Rosie”. La voce del cugino la bloccò sul posto e portò la Serpeverde a voltarsi per guardarlo. Al aveva piegato le gambe per riuscire bilanciare meglio il proprio peso e quello della ragazza e poter passare un braccio sotto le ginocchia dell’amica. Mentre l’altro braccio andava a circondarle la schiena tirando il corpo dell’italiana più vicino a quello del Grifondoro.

“Senza offesa, Albus, ma penso proprio che ce ne sia bisogno, eccome. Tu di certo non puoi entrare nel dormitorio femminile di Serpeverde”.

Pure aggressiva! Andiamo bene, rossa! Mi dicono che questa cosa del mantenere il controllo sta funzionando davvero alla grande.

“Non è per quello, Ros… è che ho lo stesso odore del suo mare”. Poi Albus abbassò lo sguardo sulla ragazza che teneva tra le braccia, negli occhi un misto di dolcezza, preoccupazione e orgoglio, e aggiunse quasi in un sussurro. “Almeno stando a quanto dice lei”.

Rose abbandonò improvvisamente la posa aggressiva. “Ah bene. Allora te la affido”. Poi raccolse la sua borsa da terra ed uscì, fuggì dalla stanza. Talmente di fretta da non rendersi conto di essere seguita.

 

 

***

***

 

La prima cosa che Daria realizzò riprendendo conoscenza fu l’intenso profumo di acqua di mare.

La seconda che qualcuno stava sfiorando le sue labbra con le proprie.

Da questi due dati la mente annebbiata della ragazza dedusse la terza: Al la stava baciando.

Un secondo dopo, quando Albus si allontanò dal suo viso, Daria dovette reprimere un mugugno infastidito. Era piacevole! Più per l’energia che quel contatto le stava fornendo che per il contatto in sé, certo. Ma restava il fatto che fosse piacevole.

Poi cominciò un dondolio cadenzato e Daria prese coscienza anche delle braccia che la stavano sostenendo.

Ah sta camminando con me in braccio. Per andare dove?

Dopo qualche altro secondo la serpeverde decise che quello era qualcosa che non sarebbe riuscita a dedurre da sola, perciò spalancò gli occhi scuri, battendo le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco la sagoma del ragazzo che la teneva tra le braccia.

“Mini-Potter?”

Lui smise di camminare e abbassò lo sguardo a incontrare il suo. “Ben svegliata, De Lupo”. Poi incurvò le labbra in un sorriso dolce e sollevato che la fece sorridere a sua volta.

“Dove mi porti di bello?”

“Nel tuo dormitorio”. Rispose, lui senza distogliere lo sguardo. Poi, le rivolse una smorfia di rimprovero, smorzata impietosamente dai suoi grandi occhi verde chiaro che riflettevano ancora troppo sollievo per poter essere davvero ammonitori. “Pare che qualcuno qui abbia esagerato un pochino con certi poteri particolari”.

La Serpeverde sbuffò e si mosse a disagio tra le sue braccia. Era vero, ma non l’aveva fatto volontariamente.

Dall’istante in cui mi sono affidata a loro per salvarti, quelle maledette visioni non mi hanno dato tregua. Ho visto così tante cose, volti e scenari… anche solo ripensarci mi fa girare la testa.

Le immagini avevano continuato a vorticarle impetuose ed impietose nella mente, senza controllo. Susseguendosi con una tale rapidità che, se anche avesse voluto, non sarebbe riuscita a vederne comunque nessuna. Ma lei non aveva voluto e continuava a non volere, quindi almeno quello andava bene.

Per lo meno adesso pare che abbiano deciso di lasciarmi in pace.

“Immagino sia stato tu a prendermi, quando sono svenuta”.

“Ho ricambiato il favore”. Scherzò lui con uno dei suoi sorrisi smaglianti.

Daria scosse il capo, sorridendo a sua volta, e allungò una mano per lasciargli una carezza sul viso. La pelle di Al era più liscia e morbida di quanto si aspettasse e l’italiana sentì le proprie dita formicolare piacevolmente. “Grazie”. Sperava davvero che i suoi occhi riuscissero a trasmettergli tutta la sua gratitudine e il suo sollievo a saperlo sano e salvo. Quelli verdi di Al ci riuscivano benissimo, con un’intensità tale da costringerla a stemprarla e ad abbassare lo sguardo. “Ora puoi mettermi giù”.

“E vederti svenire di nuovo? No, grazie. Preferirei non ripetere l’esperienza”.

La ragazza spostò la mano dal suo viso, riportandosela in grembo, e risollevò gli occhi blu ad incontrare quelli dell’altro. Sulle labbra carnose spiccava un malizioso sorrisetto di sfida. “Uff, e io che volevo farti un favore! Darti un’altra occasione per farti bello ai miei occhi e poi baciarmi mentre sono incosciente”.

Spostò di nuovo lo sguardo: non aveva bisogno di vederlo per sapere che era appena arrossito impietosamente. Se c’era una cosa che aveva imparato in quel mese e poco più di amicizia, era che Albus nei rapporti con l’altro sesso era imbranato quasi quanto lei.

Non so fino a che punto si sia spinto con Viperanda, ma tanto in là non devono essere andati. Lo imbarazzano le stesse cose che imbarazzerebbero me… che imbarazzano me. Si corresse, sentendo il rossore salirle alle guance, mentre si rendeva conto che quella particolare realizzazione le faceva un po’ piacere.

“Comunque dico sul serio. So di essere pesante, non è il caso che ti sforzi ulteriormente. Posso camminare, davvero”.

“Se lo permettessi, poi verrei torturato e ucciso da almeno quattro o cinque persone. Vedila così: è il mio modo per dimostrarti che dovresti smetterla di chiamarmi “Mini-Potter””.

“Sai che non accadrà mai, vero?” Controbatté lei, prendendolo in giro.

Suo malgrado, però, doveva ammettere che non stava male, anzi. Farsi portare in braccio da lui era piacevole. E caldo.

Aveva sempre adorato sia il Quidditch che le arti marziali, ma non ne aveva mai apprezzato così tanto gli effetti.

Sentiva un confortevole calore irradiarsi dalle sue ginocchia e dalla sua schiena e tutto il suo corpo sembrava perfettamente, sorprendentemente consapevole sia di ogni singolo, minuscolo punto in cui era in contatto con quello del Grifondoro, sia di tutti i muscoli che permettevano all’amico di reggere il suo peso.

Quando lui riprese a camminare lentamente, Daria si mosse appena per cercare una posizione più comoda tra le sue braccia. Finì col posare la testa nell’incavo del collo del ragazzo, il colletto della sua camicia che le solleticava lievemente la guancia. Chiuse gli occhi, strofinando meglio il naso contro la sua pelle per respirarne più a fondo l’odore, e lasciò che una sua mano si posasse sul petto del Grifondoro, alla stessa altezza del cuore.

Daria non seppe mai dire se, a tranquillizzarla, fu il battito regolare del ragazzo, o i muscoli ben delineati su cui poggiavano le sue dita. Forse furono entrambi.

 

 

***

***

 

 

Rose non era riuscita ad andare molto lontano, aveva svoltato appena un paio di angoli, prima che il tremore cominciasse. Spasmi incontrollati continuavano a scuoterle tutto il corpo, con violenza. “Maledizione”. Sputò tra i denti, mentre tentava invano di impedirgli di battere. Chiuse i luminosi occhi azzurri, lasciò cadere la borsa atterra e strinse le braccia attorno al corpo.

Maledizione! Maledizione! Maledizione!

Non riusciva a cancellarsi dalla memoria l’immagine del corpo di Al che cadeva inerte e ogni volta che lo visualizzava sentiva anche la stessa impotenza che aveva provato in quel momento di fronte alla quasi morte del suo migliore amico e cugino.  Pensare alla propria disarmante incapacità di reagire, di fare qualcosa per salvarlo la riempiva di terrore e rabbia e portava a quegli stupidi, maledetti spasmi.

Se non fosse stato per la prontezza di Daria, Al non sarebbe qui. Mio cugino sarebbe qui.

Era l’unico pensiero che la sua mente spezzata riusciva a formulare e continuava a tormentarla a ciclo continuo.

Ha rischiato di morire. È quasi morto.. morto.. mio cugino. Albus, morto.

No! Sta bene. Daria l’ha preso.

Daria… Daria è svenuta! Albus quasi morto.

Albus cadere sempre più giù. Il suo corpo inerme avvicinarsi velocissimo, inarrestabile al terreno. Daria cadere anche lei, svenire. Al perdere la presa, precipitare.

NO! BASTA! BASTA! Stanno bene, loro stanno bene

Ma gli spasmi continuavano, facendosi sempre più forti e Rose sentì gli occhi pizzicare: calde lacrime premevano per uscire.

Proprio credeva di essere sul punto di rompersi, di spezzarsi in milioni di minuscoli frammenti, un paio di braccia calde e solide la avvolsero da dietro, impedendole di andare in frantumi.

Nonostante il tremore e lo stato emotivo disastrato, Rose riuscì a girare rapida su se stessa e a dare uno spintone al ragazzo, allontanandolo da sé. Con gli occhi lucidi di lacrime che non avrebbe lasciato uscire, la Serpeverde mise lentamente a fuoco la sagoma di un ragazzo biondo, bello come il peccato.

Scorpius Malfoy la stava guardando, la pallida fronte corrugata in quella che sembrava essere un’espressione preoccupata. La mente di Rose, troppo scossa per sorprendersene o per leggerne le altre sfumature, riuscì solo a realizzare che, per quanto il suo corpo bramasse quell’abbraccio, il ragazzo di fronte a lei era l’ultima persona sulla faccia del pianeta da cui avrebbe voluto farsi vedere in quello stato.

“Rose”. Il suo nome pronunciato con quella dolcezza ed attenzione dalle labbra di Malfoy, la scosse dentro causandole l’ennesimo brivido. Ciò nonostante, la Serpeverde riuscì a tirar fuori abbastanza voce da mormorare “Vattene”.

Il ragazzo scosse il capo, senza spostare gli occhi grigi dalla sua figura tremante, e sollevò entrambe le mani chiuse a pugno. “Guarda”.

Lei lanciò una rapida occhiata, incuriosita e rimase a bocca aperta. La mano sinistra del biondo era coperta di escoriazioni e graffi sulle nocche, piccole croste coprivano dei tagli che, pur non essendo profondi, dovevano causare dolore e fastidio e la pelle tutt’attorno era arrossata ed irritata. Il pugno destro verteva in condizioni ancora peggiori: dalla nocca dell’indice a quella dell’anulare non c’era nemmeno un millimetro di pelle, la carne nuda era esposta e, anche se aveva smesso di sanguinare, la crosta sembrava essere ben lungi dal formarsi.

“Ciascuno sfoga lo shock a modo proprio. Tu tremi, io prendo a pugni i muri”.

“Bene, vedi di andarlo a fare da un’altra parte”. Quello che nelle sue intenzioni doveva e voleva essere un sibilo minaccioso, in realtà le uscì solo come un misero, flebile sussurro.

“Avanti, voglio solo aiutarti Weasley”.

Lei, incapace di parlare senza cominciare a balbettare in modo sconnesso, scosse violentemente la testa e fece un passo indietro.

Il Grifondoro trasse un profondo respiro, poi fissò gli occhi grigi in quelli azzurri della ragazza. “Ti prego, Rose. Non posso… non riesco a vederti così. Ti prego”.

Lei testarda, scosse ancora il capo, andando contro a ciò che il suo corpo e la sua mente annebbiata e scioccata le stavano chiedendo. L’orgoglio unico baluardo alle sue difese.

“Quando ti sarai ripresa ti concederò di obliviarmi. Sarà come se io non ti avessi mai trovata, come se nessuno ti avesse mai vista in queste condizioni”.

A quelle parole gli occhi chiari della Serpeverde si spalancarono, mentre anche l’ultimo minuscolo brandello di resistenza andava in pezzi.

Scorpius Malfoy fece un paio di passi verso di lei, fino ad azzerare la distanza che li separava, poi avvolse la ragazza tremante tra lei sue braccia. Rose, scossa dagli spasmi, passò le proprie dietro la schiena del biondo, aggrappandosi disperatamente alle sue spalle per restare in piedi, per evitare di andare in frantumi.

 

 

 

 

Mi scuso moltissimo per il ritardo. Ho avuto i miei motivi, ma questo non giustifica un’assenza così prolungata. Spero solo che questo capitolo, possa rimediare almeno in parte. E giuro che il prossimo è già in cantiere e non dovrei impiegarci troppo ad aggiornare di nuovo.

Ah qualche tempo fa ho scritto due flashfic POV Alvus e POV Scorpius ambientate nel capitolo 10 se vi va di dare un’occhiata queso è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1

 

Un bacio

AiraD

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** 13) Confusing As Hell ***


13) Confusing As Hell

 

Dobbiamo parlare”.

Daria alzò gli occhi dal proprio piatto per fissarli sulla ragazzina dai capelli ricci che la scrutava a braccia conserte. La Serpeverde si lasciò sfuggire un sorriso di fronte alla posa “minacciosa” della sorella minore. Non fece domande, annuì semplicemente, poi, in inglese, specificò. “Dopo cena. Ora vatti a rimpinzare per bene. Sei dimagrita troppo e sai che non ti fa bene, mostriciattolo”.

La Grifondoro scrollò le spalle, indifferente.  Il cibo qui fa schifo. Non riesco a mangiare questa roba”.

La maggiore sorrise un po’ esasperata. Avevano avuto quella conversazione un centinaio di volte. “Sono solo sapori diversi, cucciolo. Devi farci l’abitudine”.

Non accadrà mai. Come si ci può abituare a quella roba?” Chiese, indicando con una smorfia disgustata il cibo nel piatto della sorella.

“Non puoi continuare a non mangiare. Se vai avanti così la nonna finirà col cruciarmi”. Daria sospirò: in un modo o nell’altro quella ragazzina riusciva sempre ad averla vinta. In ogni caso dovrei essere fiera di me. Ho resistito fino ad ora. Mi sa che ho stabilito un nuovo record. Pensò mentre si preparava a darle ciò che l’altra voleva e cercava di ottenere da due mesi. “Domani ti preparerò io qualcosa da mangiare”.

Al sorriso esultante, vittorioso dell’altra, la Serpeverde si lasciò scappare un ghignetto: aveva già previsto quella svolta negli eventi. Solo perché te l’ho data vinta, non vuol dire che lascerò che le cose vadano come vuoi tu, sorellina. “Ti preparerò un pasto al giorno, tutti i giorni… A patto che tu faccia una colazione abbondante e un pranzo o una  cena da almeno due portate, tutti i giorni”.

Lo farò”. Promise la più piccola con un sorriso angelico e falso quanto l’oro dei Lepricani.

“Oh ne sono certa. Ho chiesto a Jam e Fred di assicurarsene”. La informò con un sorriso luminoso che urlava “fregata!” in tutte le lingue a lei note. “Adesso fila, impiastro. Ci vediamo dopo cena”.

Daria represse una risata all’espressione sorpresa e affranta della sorellina, che si allontanò lanciandole un’ultima occhiataccia.

“Ahi ahi, italiana, quella sì che è un’occhiata che promette ritorsioni!”

“Prepara un Aguamenti, quella era un’occhiata di fuoco.”

 “Forse dovrei. Marta sa essere pericolosa.”

Moira le lanciò uno sguardo pensieroso, poi disse “Comunque c’è una cosa che non capisco: siete entrambe italiane ed entrambe conoscete bene l’inglese, allora perché quando comunicate lo fate usando due lingue diverse?”

“È una sorta di guerra interna.” All’occhiata confusa dell’amica spiegò: “Lei è convinta che non abbia senso parlare inglese tra noi, visto che la nostra lingua madre è l’italiano. Io invece penso che sia scortese parlare la nostra lingua quando è presente anche solo una persona che non la capisce.”

“Sì” Cominciò Rose con tono serio “Il fulcro del problema su cui Voldemort e Silente litigarono. Era una storia del Cavillo… Proprio una questione della massima importanza insomma!” Concluse scoppiando a ridere.

 “Io invece credo che sia interessante”.

Moira gli tirò una pacca giocosa sulla spalla “Ma tu non conti Dave!”

“E perché mai?” Chiese l’altro con aria offesa.

“Tu trovi interessante tutto ciò che riguarda le dinamiche tra fratelli, anche le liti per decidere chi deve cacciare gli gnomi da giardino!” Disse Moira liquidandolo con un gesto della mano e strappando una breve risata alle altre due ragazze.

“Non è colpa mia se sono figlio unico e ho sempre voluto un fratello.”

“E io che credevo che tu e Scorpius foste come fratelli… Avrò frainteso la natura del vostro rapporto.”

“No che non hai frainteso Mo’!” Protestò Dave con un sorriso.

Daria smise di prestare attenzione allo scambio di battute tra i due, per spostarlo sulla ragazza che le sedeva accanto. Rose era diventata stranamente pensierosa e piluccava distrattamente le carote che aveva nel piatto.

Chissà perché ogni volta che qualcuno nomina Scorpius, lei cambia umore.

Le stava nascondendo qualcosa di grosso. Tutto ciò che Daria sapeva era semplicemente frutto delle sue deduzioni. L’amica non le aveva mai raccontato niente, né del bacio ad Halloween, né delle altre cose che erano successe tra lei e il biondo. Perché era assolutamente certa che ne fossero accadute di cose tra quei due, solo che non aveva idea di quali.

E non è che possa obbligarla a parlarne. Sarebbe troppo ipocrita da parte mia, visto che anche io le sto nascondendo parecchio.

Detestava quella situazione. La detestava con tutte le sue forze, ma non poteva parlarle di quel che le stava succedendo. Non poteva. Non ci sarebbe mai riuscita anche se avesse voluto. E non lo voleva.

Un serpente che si morde la coda.

“D. se devi parlare con tua sorella non dovresti sbrigarti a finire di mangiare?” Lei sollevò gli occhi blu ad incontrare quelli azzurri di Rose. Annuì sovrappensiero e cominciò ad ingozzarsi. La mente tutta concentrata a trovare un modo per risolvere quella maledetta, incasinata situazione.

 

***

 

“Sicura di aver mangiato?” chiese Daria alla sorella minore entrando in un’aula vuota.

Perché non lo chiedi a quei due scimmioni dei tuoi amici?”. Marta la seguì nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Qualcuno qui ha passato del tempo con Lily ultimamente”. Le rivolse un sorrisetto divertito mentre andava a sedersi sulla cattedra impolverata. Poi estrasse la bacchetta e mormorò un incantesimo di insonorizzazione. “Se, come penso, hai intenzione di discutere di affari di famiglia, la prudenza non è mai troppa”. Spiegò all’occhiata sorpresa della sorella minore. “Allora, scricciolo? Qual è il problema?”

“Non stai dicendo la verità”.

“Eh?”

“Sappiamo tutte e due che non può essere stato il tuo sesto senso a permetterti di salvare Albus Potter l’altro giorno. E sono sicura che tu non abbia fatto ricorso all’eredità sensoriale per identificare gli aggressori”.

Daria sospirò, pesantemente. Sapeva che sua sorella non se le sarebbe bevuta, ma aveva sinceramente sperato che lasciasse stare. Evidentemente si era illusa.

Marta, se non ne ho parlato con nessuno, mi sembra chiaro che si tratti di un argomento che non voglio trattare”.

“Ma io sono tua sorella!” ribattè l’altra con foga. “E sono l’unica in questo umido paese a conoscerti davvero, a sapere cosa voglia dire essere come noi, cosa voglia dire davvero essere te. So che c’è qualcosa che non quadra e non posso fare finta di niente!”

“Dovresti, invece. Senti scricciolo, ti voglio bene con tutta la mia anima, lo sai. Non ti può bastare? Non puoi fare come ti chiedo e lasciar stare? Va tutto bene, davvero.”

“Ho una teoria.” Fece, invece, lei, ignorandola e proseguendo imperterrita. “Non può essere stato il nostro sesto senso, né la tua eredità sensoriale, né quella generica… mi viene in mente solo un’altra possibilità…”

Daria gelò sul posto. Non era possibile che sua sorella fosse giunta subito proprio a quella conclusione.

Non è che hai sviluppato la terza?”

Daria si calò in viso una maschera calma e serena. “Sai che non è possibile, mostriciattolo. Ci vogliono decenni e decenni di studi per riuscirci e solo pochi di noi alla fine la sviluppano. Certo io ho ottime possibilità di farcela, un giorno, ma di certo non ora”.

“Magari hai trovato il tuo kleis…”

L’altra le sorrise. Era sorprendente il fatto che il ragionamento della sorella stesse seguendo esattamente le stesse tappe che avevano seguito i suoi pensieri, quasi un mese prima. Solo che non è possibile. Ci deve essere un’altra spiegazione. “Sai benissimo che non ho quel tipo di rapporto con nessun Erede”.

“Un altro mago allora? Uno normale?” tentò la più piccola, sempre meno convinta.

Daria si obbligò ad emettere una risata. E poi si maledisse per la propria idiozia. Non era forzata, ma nemmeno divertita e naturale. “Questa sì che è una bella teoria, sorellina”. Vide l’espressione di Marta farsi improvvisamente sospettosa. “Essere Kleides è una condizione reciproca di due Eredi, l’uno nei confronti dell’altro, lo sai bene quanto me. Un’erede non può avere per Kleis un mago normale”.

Marta però assottigliò gli occhi. “Mmmm… chi è stato l’ultimo ragazzo che hai baciato?”

Daria emise un gemito esasperato. Non avrebbe tradito ancora le sue vere emozioni: prima di quella maledetta risata sua sorella era sembrata sul punto di mollare la presa. “Sei proprio una vera Grifondoro tu, eh? Testarda fino alla morte. Se proprio lo vuoi sapere, anche se non sono fatti tuoi, sorellina, l’ultimo ragazzo che ho baciato è stato Paolo Gennari, più di un anno fa. E ti assicuro che non siamo l’una il Kleis dell’altro.”  

La Grifondoro la guardò con un certo sospetto e Daria alzò gli occhi al soffitto esasperata, allunò un bracciò per afferrarla e abbracciarla. Quando le cominciò a scompigliarle i boccoli castani, Marta si divincolò dalla sua presa indispettita, strappandole una risata.

“Avanti, impiastro, smetti i panni dell’investigatore e ritorna a indossare quelli della sorellina spacca-boccini che ti riesce molto meglio”. La sorella le fece una linguaccia, mentre  lei levava l’incantesimo insonorizzante dalla stanza e si rimetteva in piedi, spolverandosi la gonna. “Dai, cosa vuoi per pranzo domani?”

“Lasagne!”

Sorrise ed aprì la porta dell’aula. “E lasagne siano”.

“Daria?”

“Sì?

“Me lo dirai cosa succede, vero?”

“Quando l’avrò capito, cucciolo”.

 

 

***

 

Guardò sua sorella allontanarsi su per le scale che l’avrebbero portata alla sua sala comune, poi ruotò su se stessa e si diede una rapida occhiata intorno: cercava Al. Non lo trovò, ma individuò Scorpius, che stava camminando verso le scale, con Christine Baston attaccata al braccio.

L’indifferenza che aveva sempre provato nei confronti della bionda, era stata sostituita, nell’ultimo periodo, da una strana compassione. Non sapeva bene per cosa, ma il suo sesto senso sembrava dirle che era giusto essere dispiaciuta per lei.

 E qualcos’altro mi dice che la cosa ha molto a che fare con Scorpius.

Gli rivolse un sorriso smagliante e sventolò una mano per attirare la sua attenzione. Lui, notandola, le sorrise a sua volta.

Quel ragazzo la confondeva. Sentiva che i suoi comportamenti contraddittori degli ultimi tempi – come baciare Rose e poi mettersi con la Baston, o guardare Rose ogni volta che lei non se ne poteva accorgere e continuare a stare con la Baston – non erano poi così immotivati e irragionevoli. Era abbastanza sicura che la soluzione fosse quasi scontata, a portata di mano. Le sarebbe bastato pochissimo per capire, ne era certa. Le mancavano solo alcuni tasselli fondamentali, le tessere che le avrebbero permesso di completare il puzzle ed avere finalmente una chiara visione sulla situazione.

C’erano solo due persone ad avere tutti i pezzi che le servivano: Scorpius e Rose. Sospirò mentalmente. Uno non glieli avrebbe forniti nemmeno sotto tortura, mentre l’altra avrebbe richiesto una lunghissima e contorta opera di persuasione.

“Hei! Sai dov’è Mini-Potter?”

Il ragazzo biondo annuì. “È ancora in sala grande. A battibeccare con James”. Aggiunse con un ghigno.

“Lasciami indovinare: sul suo inesistente amore per me?”

“Magari non è più così inesistente… essere salvato da morte certa mi sembra più che sufficiente per far sbocciare l’amore”. Obbiettò lui, prendendola in giro.

Daria rabbrividì. “Ti prego non scherzare”.

Lui scoppiò a ridere. “Non mi sembra una prospettiva così terribile!”

“Ah no? Guarda, mi è venuta la pelle d’oca!” Fece lei sollevando la manica del maglioncino e quella della camicia. Il ragazzo continuò a ridacchiare e lei gli scoccò un sorriso luminoso. “Beh, ci si vede in giro, Hippie”.  Salutò, iniziando ad allontanarsi in direzione della Sala Grande.

“Come mai chiamato scusa?” Chiese lui con espressione vagamente inorridita.

Il sorriso della ragazza assunse una nota leggermente derisoria. “Hippie da Hyperion. È il tuo nuovo soprannome, ti piace?”

Il Grifondoro rabbrividì poi scosse il capo un po’ contrariato e un po’ sconsolato, mentre la ragazza accanto a lui iniziava a ridacchiare. “Tu sei tutta matta, De Lupo”.

Lei gli rivolse un ultimo sorriso luminoso, angelico e allo stesso tempo un po’ canzonatorio, prima di incamminarsi verso la Sala Grande. Incrociò Albus proprio mentre usciva, mani in tasca ed espressione esasperata.

“Tu!” Esordì lei a voce ben alta, attirando la sua attenzione, insieme a quella di tutti gli studenti nelle vicinanze. In due falcate azzerò la distanza tra loro e disse, con tono appena più basso: “Dobbiamo parlare”.  Poi lo afferrò per un polso e lo trascinò via senza dargli il tempo di ribattere.

Quando furono in un corridoio poco frequentato e Daria fu certa dell’assenza di occhi e orecchie indiscreti, la ragazza interruppe la sua marcia. Trasse un profondo sospiro e, fissando con molta attenzione un vecchio arazzo stinto e mangiucchiato dalle tarme per non guardare l’amico, disse, tutto d’un fiato. “Quel bacio. Non significava nulla per te, vero? Perché ne sono sicura al 99% ma prima di trarre un sospiro di sollievo volevo essere sicura di quell’un percento che mi manca. E non pensare di mentire perché me ne accorgerei subito. Ah, in ogni caso, qualunque sia la tua risposta, sappi che è un comportamento veramente discutibile baciare una ragazza quando questa è incosciente e non ti può rifiutare e…”

Al le posò le mani sulle spalle, interrompendo il suo concitato, febbrile monologo. “Respira”.  Un sorrisetto divertito gli spuntò sulle labbra, senza però riuscire né a cancellare o a né a nascondere del tutto il suo leggero imbarazzo. I suoi occhi chiari erano, come al solito, uno specchio fin troppo fedele delle sue emozioni.

Daria incrociò le braccia al petto, contrariata. “Non mi hai ancora risposto”.

“Non me ne hai dato il tempo!” Obbiettò lui, con uno sbuffo esasperato. Le levò le mani dalle spalle poi continuò. “Comunque hai ragione . Conclusione azzeccata, come al solito”.

Daria sorrise raggiante a quella risposta, confermata dal suo battito cardiaco inalterato. “Meraviglioso”. Lui le rivolse un’occhiata perplessa, forse un po’ contrariato dalla sua reazione. “Beh.. sarebbe stato un casino e l’avresti data vinta a James”.

Lui sgranò gli occhi verdi, realizzando la cosa. “Hai ragione di nuovo. È proprio meraviglioso”.

Era veramente, profondamente sollevata. Non poteva, né voleva innamorarsi. Soprattutto non di lui,pensò mentre lo osservava ciarlare senza rendersi conto che lei non lo stava più ascoltando. Renderebbe solamente tutto più complicato e la mia vita è già abbastanza incasinata così com’è.

E poi era una promessa che si era fatta da bambina: uscire dai sette anni di Hogwarts col cuore intatto e inviolato. Ormai gliene mancavano meno di due.

Sarà come bere un bicchier d’acqua.

 

 

***

***

 

Rose era terribilmente confusa. Anzi no. “Confusa” era un eufemismo.

Rose Weasley aveva capito di non capire una pluffa di quello che stava succedendo. Ormai non riusciva nemmeno più a far finta di niente: il comportamento di Malfoy era assolutamente incomprensibile e, se c’era una cosa che Rose odiava più di tutte, quella era non capire.

Il giorno prima, Malfoy aveva continuato a tenerla stretta a sé fino a che il tremore non era cessato e la sua mente era ritornata lucida… beh tanto lucida, quanto poteva esserlo la testa di una ragazza tra le braccia del ragazzo per cui provava una profonda, irresistibile attrazione fisica.

Lui era rimasto lì, a stringerla saldamente: una mano, abbandonata alla base della sua schiena, disegnava intricati arabeschi sul suo maglioncino, mentre l’altra, poggiata sulla sua nuca, le accarezzava rassicurante i capelli rossi.

Era una sensazione meravigliosa. Qualcosa a cui, decisamente, non era abituata.

L’unico uomo ad averla mai confortata era suo padre e l’ultima volta che era successo Rose era ancora una bambina. In quegli ultimi cinque anni aveva permesso solo a due persone di aiutarla e confortarla: sua madre e Daria. Ed ora, dopo tutto quel tempo, aveva lasciato che fosse proprio lui a tenerla assieme, impedendole di andare in pezzi.

Lui! Scorpius Malfoy!

Il ragazzo che aveva odiato e demonizzato per anni. Quello che era capace di farla incazzare meglio e più velocemente di chiunque altro. Lo stesso ragazzo da cui, negli ultimi tempi, aveva realizzato essere attratta, come un Dissennatore dalla disperazione umana.

Rose sbuffò esasperata e rotolò sul materasso fino a fissare gli occhi azzurri sul baldacchino del letto su cui era  accasciata – no, non sdraiata, no stare sdraiata implicava un livello di vitalità minima che lei, quella sera, proprio non aveva.

Non lo capiva. Perché un ragazzo che la odiava, quanto era certa lui odiasse lei, e che aveva fatto così evidentemente scopo della propria esistenza quello di tormentarla e rendere impossibile la sua, avrebbe dovuto offrirle aiuto e conforto proprio nel momento in cui ridurla in frantumi sarebbe stato più facile?

Ok, era vero che Malfoy non aveva mai dato segno di volerla ferire col suo atteggiamento, solo farla incazzare come una belva, ma da lì all’aiutarla ci passava un oceano intero in mezzo.

Perché sarebbe arrivato a calpestare il proprio orgoglio, supplicandola e dandole persino il permesso di obliviarlo, pur di poterla aiutare?

Aveva detto di non poterla vedere in quello stato… perché? Voleva forse essere lui a ridurla così? Per qualche strana ragione non pensava fosse quello il caso.. anche quando ancora  si lanciavano maledizioni in giro per i corridoi non c’era mai stata tra loro quella cattiveria che porta a gioire del dolore e delle sofferenze altrui. E poi le era sembrato veramente a pezzi… come se vederla così fosse qualcosa di insopportabile per lui… perché?

Il rumore della porta del dormitorio che si apriva e richiudeva la distolse temporaneamente dai suoi pensieri. Pochi secondi dopo Daria la raggiunse  e si accasciò sul letto al suo fianco. Nemmeno lei sembrava avere il minimo di forza di volontà e di vitalità che un termine come “sdraiarsi” richiedeva, no “accasciarsi”era sicuramente più adatto. L’amica non sembrava intenzionata a parlare e Rose tornò passivamente alle proprie riflessioni.

Non l’aveva obliviato. Quando si era ripresa e aveva recuperato il controllo su se stessa aveva scelto di non farlo. Un po’ perché lei non era una tale smidollata da non essere in grado di prendersi le responsabilità delle sue azioni: fossero queste state compiute nel pieno delle suo facoltà mentali oppure no, lei ne avrebbe affrontato le conseguenze, non sarebbe scappata. E poi… non le era sembrato giusto. In quel momento pensare di obliviarlo le era sembrato sbagliato, ingiusto nei suoi confronti.

Sbuffò ancora, a pieni polmoni e, sta volta, Daria si unì a lei. Dopo qualche secondo l’italiana bofonchiò: “Rosie.. se mia sorella viene a farti delle domande tu non risponderle, ok?”

Rose, confusa, si tirò a sedere per guardare l’amica. “Marta? E cosa mai dovrebbe chiedere a me?”

L’altra scrollò le spalle. “Non so. Cose su di me… tu menti ed evita le domande d’accordo?” Le rifilò un’occhiata perplessa e Daria spiegò: “Penso che potrebbe provare ad impicciarsi in situazioni che non la riguardano. Lo fa perché pensa di aiutarmi, ma…”

“Ma a te dà fastidio”. Completò Rose per lei. Era una cosa che poteva capire, il non volere aiuto. Tornò a sdraiarsi sul letto. “Svicolerò e ti farò sapere cosa chiede”.

“Grazie”. Rispose l’italiana e Rose la sentì trarre un profondo respiro, poi, senza voltarsi a guardarla e senza spostarsi, disse piano: “So che c’è qualcosa che non va, che riguarda Scorpius e che non me ne vuoi parlare”.

La Weasley si irrigidì e tenne gli occhi ben fissi sul baldacchino verde del letto, senza vederlo davvero. “E quindi?”

“Quindi niente. Solo... lo so. E non andrò in giro a fare domande ad altri per impicciarmi negli affari tuoi. Quando vorrai sarò qui. Ci sono sempre stata e sempre ci sarò”.

Per qualche minuto restarono lì sdraiate l’una accanto all’altra, immobili a fissare la stoffa verde. Rose annuì rigida, pur sapendo che l’amica non la poteva vedere, poi allungò la mano ad afferrare la sua e le strinse piano le dita in un muto ringraziamento.

 

 

***

***

 

 

Era seduta su uno degli immensi davanzali interni delle finestre del castello, la schiena appoggiata al vetro freddo, in grembo le teste di James e Fred. I due idioti avevano ingaggiato un’estenuante battaglia all’ultimo bernoccolo per decidere chi avesse il diritto di usarla come cuscino.

La Serpeverde diede uno schiaffetto sulla fronte a ciascuno. “O la fate finita o vi affatturo! Etchù!” concluse la minaccia con quello che doveva essere il milionesimo starnuto della giornata.

“Non finirà fino a che Fred non ammetterà di non avere diritto a stare qui e non si leverà dai piedi!” Fece James incrociando le braccia al petto, cocciuto come un bambino.

“Semmai dovresti essere tu a levarti dai bolidi!” Al che la lotta a suon di testate riprese come prima, scatenando l’ilarità degli altri ragazzi.

La Serpeverde sbuffò esasperata e sollevò la bacchetta. “Pietrificus Totalus”. I due cugini si immobilizzarono e Daria abbassò la mano. “Ah. Finalmente un po’ di quiete”.

“Non guardarci così James, tanto non vi aiutiamo”.

“Ve la siete cercata. Mago avvisato…” Cominciò Lorcan Scamandro.

“Mezzo salvato”. Concluse per lui il gemello, Lysander.

I due Corvonero erano amici d’infanzia dei fratelli Potter e di tutti gli Weasley, di conseguenza erano diventati anche suoi amici. Da qualche tempo a quella parte, da quando lei ed Al avevano smesso di ignorarsi ed erano diventati amici, i ragazzi l’avevano inserita nel loro bizzarro gruppo di soli maschi.

“Esattamente”. Convenne l’italiana stiracchiandosi. “Cosa stavate dicendo ragazzi?” Nonostante la sua domanda, la Serpeverde prestò solo parziale attenzione alla discussione degli altri. D’altronde, fintanto che il discorso verteva su quanto fosse figa la ragazza con cui Lorcan aveva un appuntamento, l’unico commento che poteva fare era: “Scorpius, ma tu non sei impegnato? Voglio dire.. non dovresti astenerti dal commentare le doti fisiche di questa Tassorosso?”  

Lui le rivolse il solito ghignetto da playboy che faceva sciogliere metà della popolazione femminile di Hogwarts, ma che non aveva il benché minimo effetto su di lei.

Il mio migliore amico è James Sirius Potter, l’ex-playboy numero uno della scuola. Ho sviluppato una certa immunità.

“Beh il fatto che io sia impegnato non vuol dire che non possa usare gli occhi”.

“Allora sei davvero fortunato. A non essere impegnato con me o una delle mie amiche, ciascuna di noi sarebbe perfettamente in grado di cavarteli, gli occhi”. Rispose lei con voce calma, quasi dolce, fatta eccezione per la nota velenosa con cui pronunciò le ultime tre sillabe.

“Ma Chris non lo sa. E quello che lei non sa…” Cominciò Lysander.

“Non può fare del male né a lei, né, soprattutto a lui”. Concluse Lorcan, mentre Scorpius batteva il cinque a lui e al gemello.

La ragazza sbuffò sollevando gli occhi al soffitto, mentre Dave scuoteva il capo esasperato e Al le sorrideva comprensivo. Decise di lasciar cadere la conversazione: non era il caso di arrabbiarsi per qualcosa che Scorpius non era ancora in grado di comprendere. Aspetta di stare con una ragazza di cui sei davvero innamorato, poi ne riparliamo, caro il mio dongiovanni.

Era contenta di passare un po’ di tempo con i suoi amici maschi e di fare parte della loro combricola eterogenea. La metteva sempre di buon umore, anche quando facevano i loro stupidi commenti maschilisti perché poteva farsi del gran ridere a loro spese. E poi era meno impegnativo che stare con delle ragazze: Daria dubitava che sarebbe mai riuscita a reggere per lunghi periodi di tempo un gruppo di sei o sette ragazze, solo ragazze, mentre non aveva mai avuto problema con quella compagnia di scimmioni.

Certo dopo un po’ sento la necessità di tornare tra i miei simili, gli esseri dotati di cervello. Meglio noti come ragazzE.

La cosa più divertente in assoluto poi era sapere di essere a conoscenza dei loro segreti o di cose che nemmeno loro sapevano su loro stessi. Tutto questo, nonostante fosse l’ultima arrivata.

Sapeva della cotta mastodontica di Lily per Lorcan e di quanto Lys, l’unico ragazzo a conoscenza della cosa, fosse terrorizzato all’idea che Jam e Fred lo scoprissero. Sapeva che Lysander era bisessuale, che l’ultima volta che si era ubriacato aveva baciato Fred e che l’altro non se lo ricordava.

Era a conoscenza del bacio tra Scorpius e Rose e dell’amore di Dave per la ragazza. Sapeva degli sforzi di Jam per farsi conoscere da Meg e delle insicurezze che lei e solo lei gli creava. E, infine, di Al sapeva tante cose, che era abbastanza certa il ragazzo non avesse raccontato a nessun altro, tranne forse Scorpius. Come il bacio-incidente, o quello che le aveva rubato mentre dormiva, o, ancora, le vere ragioni che lo avevano spinto a lasciare Viperanda ad Halloween.

Alcuni di quei segreti erano innocui, ma la gran parte, se scoperti, avrebbero causato un bel po’ di casini.

A ben pensarci non è molto divertente. E la mia è una situazione abbastanza scomoda. Quando verranno fuori, perché prima o poi vengono sempre fuori, dovrò difendermi da un bel po’ di accuse e dare parecchie spiegazioni.

Sospirò e tornò nel mondo reale, accorgendosi solo in quel momento che qualcuno aveva liberato Fred e James dal suo incantesimo. Poi sentendosi osservata notò un gruppo poco omogeneo di ragazze che la fissavano, cariche d’odio. Non poté fare a meno di ascoltare la loro conversazione e incominciare a ridacchiare.

“Sembra che la mia posizione di indegna arrampicatrice sociale che cerca di fregare James sia peggiorata ulteriormente”. Cominciò a spiegare a beneficio degli altri. “Questa subdola mangia uomini è riuscita ad arrivare vicino a tutti gli scapoli d’oro di Hogwarts, ma non temete le vostre disinteressate ammiratrici stanno già cercando un modo per salvarvi dalle mie grinfie”.

“Stai scherzando”.

“Ah no. Secondo una corrente d’opinione, a mio parere molto interessante e che ultimamente sta avendo parecchio successo, io sarei anche il motivo per cui Al ha lasciato Viperanda, mentre tu, Scorpius, avresti cominciato ad uscire con la Baston solo per non far sapere ad Albus e James che abbiamo una storia segreta… vero, pasticcino?” Concluse facendo l’occhiolino al Malfoy e lanciandogli un bacio.

I ragazzi scoppiarono a ridere per l’assurdità di quei pettegolezzi. “Beh non si può dire che le ragazze di questa scuola manchino di fantasia”.

“Vero? È un talento considerevole”.

“Di sicuro non corriamo il rischio di annoiarci”.

“A proposito.. mi è venuta un’idea per farci due risate. Oggi ti devi allontanare a braccetto con Lor e Lys e fare un bel giro per il castello, domani io ti verrò a prendere a lezione e a cena improvviserò una litigata con James, mentre tu esci dalla Sala Grande accompagnata da Dave”.

“Fred! Questa si chiama crudeltà!” Obbiettò lei, ridendo.

“No”. La corresse Lorcan. “Si chiama cogliere un’opportunità. Noi ci stiamo”.

James annuì a sua volta, con un ghigno. “A patto che sia ben chiaro a tutti che Daria è di mio fratello”.

“Ancora con sta storia, Jam?! Siamo amici, solo amici!”

“Esatto! Non siamo innamorati, né abbiamo intenzione di esserlo!”

“Io ci sto!” Fece Dave con un sorrisetto molto Serpeverde e ignorando come tutti gli altri le accorate proteste di Albus e Daria.

“E io voglio partecipare”.

“Qualcosa mi dice che non ci ascolta nessuno, De Lupo”.

“è colpa di tuo fratello. Ha fatto il lavaggio del cervello a tutti. Etchù!” All’ennesimo starnuto, la ragazza diede un altro scappellotto alle teste dei due ragazzi che l’avevano presa per un cuscino. “Alzatevi forza. Devo andare da Meg”.

“Eh?”

“E come mai?”

La ragazza si soffiò rumorosamente il naso. “Mi pare evidente che mi sto ammalando. Di nuovo. Però prima di allarmare la Lones, voglio farmi dare un’occhiata da Meg”.

James annuì. “Mi ha detto di voler lavorare al San Mungo in futuro. Ha già iniziato a studiare medimagia, vero?”

“Sì già da più di un anno ed è molto brava. In più è una Nata-babbana e, che ci crediate o no, il 75% delle malattie che mi prendo sono babbane”. Si alzò in piedi e cominciò ad allontanarsi, poi si voltò e rifilò a ciascuno di loro un sorrisetto canzonatorio. “Potete pure smetterla di fare piani per far impazzire le nostre amate pettegole. Non parteciperò in nessun caso”. Detto questo si diresse con calma verso il dormitorio dei caposcuola, sorda alle lamentele degli amici.

 

 

 

***

***

 

 

“Ehi Al!” Rose alzò un braccio per farsi vedere dal cugino, che stava uscendo in quel momento dagli spogliatoi . “Com’è andato l’allenamento?” Chiese, quando il ragazzo l’ebbe raggiunta insieme a James e Fred. Con la coda dell’occhio scorse suo fratello Hugo farle solo un cenno di saluto e affrettarsi a dileguarsi. La Serpeverde storse il naso, scrutando il fratellino con sospetto: qualcosa le diceva che stava per combinarne una delle sue.

“Che ci fai qui, Rose?” Le domandò James, prima che Albus potesse risponderle.

“Tranquillo cugino. Non sono qui per spiare i vostri allenamenti: ti ricordo che abbiamo già giocato contro di voi”.

“E ricordami chi ha vinto, cuginetta?”

“Voi”, tagliò corto Rose, alzando gli occhi al cielo. “Comunque, come stavo dicendo, non sono qui per gli allenamenti e nemmeno per voi”. Spostò gli occhi sul cugino moro. “Anche se già che ci sono ne approfitto per comunicarti che Daria vorrebbe che andassi a trovarla in infermeria, Al”. Poi, prima che James potesse indignarsi per non aver ricevuto lui l’invito o esaltarsi perché Daria voleva vedere suo fratello, spiegò: “Vitious ha comunicato la natura della prossima prova”.

“Come mai è in infermeria?”

“Cosa le è successo?”

“Ce l’ha spedita Meg. Pare abbia un po’ di influenza, o qualcosa del genere”.

Fred sospirò con finta esasperazione e posò le braccia sulle spalle dei due fratelli Potter. “Su ragazzi. Non dovete andare nel panico. Ce l’ha detto lei stessa prima, non vi ricordate?”

“Vero. Vado subito da lei, grazie Rosie”.

“Veniamo con te fratellino. Voglio controllare come sta, ma non temere, diamo giusto un’occhiata e poi vi lasciamo soli”.

Rose sentì Al sbuffare rumorosamente, mentre Fred iniziava a spingerli via, e le scappò un risatina. Poi lui voltò il capo nella sua direzione e le chiese: “Tu non vieni?”

La Serpeverde scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli rosso fuoco. “Aspetto Malfoy. Anche noi dobbiamo discutere una strategia”.

“Beh, allora cerca di essere paziente. Scorpius… non è molto di buon umore al momento”.

Rose alzò le spalle con indifferenza. Almeno si spiegava come mai suo cugino fosse arrivato senza di lui.

Quando uscì dallo spogliatoio, Malfoy non la notò subito, il che le diede il tempo di rivolgergli una lunga occhiata valutativa. Le ci volle un instante per capire che Al aveva ragione. Il ragazzo biondo aveva il solito aspetto ingiustamente magnifico che portava tutti i suoi ormoni a tentare l’ammutinamento, ma la linea della mascella, normalmente rilassata nel suo tipico sorrisetto strafottente, era dura e tesa e la postura della schiena era più rigida del solito. Le faceva prudere le mani nell’inaspettato ed incomprensibile desiderio di massaggiargli le spalle fino a scioglierne la tensione.

Piantala Rose!

“I tuoi cugini sono già andati via”. La sua voce le suonò fredda, quasi scontrosa ed accusatrice.

“Lo so.  Stavo aspettando te.” Fece lei con tono tranquillo, quasi dolce. “Vitous mi ha comunicato la natura della sfida e mi piacerebbe discuterne assieme”.

Da quando in qua era lei quella diplomatica e conciliante e lui quello scostante e freddo? Non che Malfoy fosse mai stato pacato e accomodante, ma in genere era lei quella fredda e di cattivo umore e il Grifondoro quello che riusciva, in un modo o nell’altro, a farli uscire dalla situazione senza che uno finisse ad Azkaban e l’altro all’obitorio. Sta volta Rose aveva l’impressione che quel ruolo sarebbe toccato a lei.

Malfoy sbuffò. “Come vuoi tu, Weasley. Tanto si fa sempre e solo quello che vuoi tu”.

Si impose di non lasciare che la malignità nella sua voce la ferisse. Non distolse lo sguardo da quello freddo del ragazzo, ma chiuse a pugno la mano destra, stringendo e stropicciando un lembo della gonna tra le dita. Con la sinistra si scostò dal viso una ciocca di capelli mossa dal vento ghiacciato. “Allora forse è meglio se ci spostiamo al coperto. Questo freddo mi sta uccidendo”.  Tentò con un piccolo sorriso.

“Dovevo tornare al castello con la mia ragazza, Weasley. Mi concedi per lo meno di informarla di questo cambio di programma?”

Lei annuì piano, sforzandosi di lasciare il sorriso tranquillo al suo posto. Era faticoso. Impedire che la cattiveria con cui pronunciava quelle frasi le facesse del male, si stava rivelando sempre più difficile.

Approfittò di quella manciata di minuti per chiamare a sé quel po’ di calma e serenità che sperava sarebbe bastato a farla uscire da quella conversazione tutta intera, fuori e, soprattutto, dentro. Non era abituata ad un Malfoy così evidentemente prono a farle del male e non riusciva a capacitarsi di come gli fosse possibile ferirla.

 

Mentre camminavano in silenzio fianco a fianco diretti al castello, Rose si rese conto di volere il solito Malfoy, quello che parlava in continuazione, tentava in tutti i modi di farle saltare i nervi e non smetteva mai di prenderla in giro. Era un bisogno intenso, quasi un dolore fisico. Una malinconia straziante che le contorceva lo stomaco e le faceva bruciare gli occhi di frustrazione, rabbia e desiderio.

Come sei melodrammatica, Rossa. È solo di cattivo umore, non l’hanno mica sostituito con un clone. E poi che diritto hai di sentirti così? Non è che voi due aveste mai avuto chissà che tipo di rapporto. Piantala di lamentarti. La voce della sua coscienza, quel giorno, suonava stranamente simile a quella di Moira.

Sospirò e gli lanciò un’altra occhiata, mentre varcavano il grosso portone di legno. Fu allora che notò che il ragazzo aveva tenuto le mani in tasca per tutto il tempo e in quell’atteggiamento c’era qualcosa che proprio non le tornava.

“Malfoy. Fammi vedere le mani”. Fece perentoria, rinunciando alla diplomazia. Era inutile visto che non c’era per niente portata.

“È un ordine Weasley?”

“Esatto”.

Lui fece un ghigno cattivo e strafottente. “Non prendo ordini da nessuno, Weasley. Specie non da te”.

“Come vuoi”. Fece Rose, scrollando le spalle e riprendendo a camminare, indifferente. Ogni sentimentalismo  momentaneamente accantonato. Poi, dopo una decina di passi, gli afferrò un polso con un movimento rapido che l’altro non poté né prevedere, né, tantomeno, schivare. Tirò la mano destra del ragazzo fuori dalla tasca dei pantaloni e si soffiò una ciocca di capelli via dal viso, per potere avere una visuale migliore.

Il dorso della mano all’altezza delle nocche era coperto da una garza macchiata di sangue rosso scuro e in un paio di punti da qualcosa di giallognolo, che Rose sperava ardentemente non essere pus.

“Non sei mai andato a farti medicare”. La sua era un’affermazione, non una domanda e Malfoy non le rispose. “Razza di incosciente masochista”.

Era evidente che le sue mani fossero peggiorate notevolmente dalla partita, avvenuta quattro giorni prima. Se non ricordava male quello era il secondo allenamento dei Grifondoro da allora, il che voleva dire che Malfoy si era allenato per due volte da quando si era ferito e Rose sapeva bene quanto qull’incosciente doveva aver sforzato le sue povere mani.

Avrebbe voluto trascinarlo in infermeria, ma era certa che il Grifondoro non sarebbe stato per niente d’accordo e in un confronto basato sulla sola forza fisica sapeva di non avere alcuna speranza. Non sarebbe riuscita a trascinarlo proprio da nessuna parte contro la sua volontà. Visto che l’infermeria, il piano A, era da escludere si sarebbe dovuta accontentare del piano B.

Strinse con più forza il polso del ragazzo tra le proprie dita, impedendogli di ritrarsi, e tirò la mano più vicina a sé. Estrasse la bacchetta e rimosse le bende con un solo, fluido movimento, ignorando bellamente le proteste del biondo. Quando le bende si sciolsero, cadendo a terra, Malfoy diede uno strattone più forte dei precedenti, cercando inutilmente di liberarsi dalla presa d’acciaio della ragazza.

Lei sbuffò scocciata e gli pestò un piede con forza, strappandogli un’imprecazione. “Sta’ fermo, Malfoy. Sto cercando di medicarti”.

“Non lo voglio il tuo aiuto, Weasley”.

“Non mi pare che tu mi abbia lasciato molta scelta l’altra volta. Sai come dicono i babbani? Chi la fa l’aspetti”.

“Se lo stai facendo per ringraziarti, risparmiatelo. Non ti ho aiutata per avere la tua gratitudine”.

Rose sbuffò seccata ed esasperata e spostò la sua attenzione al dorso della mano. Sentì un piccolo brivido scenderle lungo la schiena, mentre ne constatava le condizioni. Ci aveva visto giusto: sotto la crosta aveva cominciato a formarsi del pus. “Non lo faccio per quello, Malfoy”.

“Giusto. Cosa stavo pensando? Rose Weasley non si abbasserebbe mai a ringraziare me”. Se l’era immaginata o nel tono del ragazzo, nascosta dietro tutta quella malignità, c’era una punta di dolore? Per un attimo le era sembrato un animale ferito che graffia e ringhia spinto da rabbia, rancore e dolore. “Cos’è allora? L’idea di essere in debito con me ti disgusta tanto da costringermi ad accettare un aiuto che non voglio?”

Se l’era immaginato. Rabbia e rancore c’erano eccome, ma dolore? No di quello non c’era traccia, almeno non del genere che pensava e sperava lei.

“Ti ricordo che nemmeno io volevo il tuo, Malfoy”. Fece, continuando a studiare il dorso della sua mano. “E sì. In parte è questione di sdebitarsi. In genere non mi piace essere in debito con gli altri. Non importa che sia tu. Ma non è solo per quello.. anzi direi che lo sdebitarsi c’entra solo in minima parte.” Alzò gli occhi azzurri su quelli grigi, incatenando il suo sguardo a quello del ragazzo, perché certe cose andavano dette guardando l’altra persona dritta negli occhi. Sentiva il cuore rimbombarle nel petto con un rumore assordante e faceva fatica a deglutire, ma tenne gli occhi ben fissi su quelli del Grifondoro e pregò che la sua voce non facesse trapelare il nervosismo, che la vicinanza dell’altro le causava. “Io non volevo il tuo aiuto. Ero sicura che non mi servisse e, soprattutto, non lo volevo. Tu, però, non mi hai dato retta. Mi hai tenuta insieme quando minacciavo di spezzarmi e mi hai dato qualcosa a cui aggrapparmi quando le mie forze non bastavano più a tenermi in piedi. Mi hai tirata fuori da una situazione difficile, ci sei stato quando più ne avevo bisogno… è tanto sbagliato voler fare lo stesso per te?”

Non distolse lo sguardo da quello del ragazzo nemmeno per un secondo, quindi poté vedere tutte le reazioni di Malfoy alle sue parole. I suoi profondi occhi grigi, così freddi e duri all’inizio, si erano lentamente riempiti di stupore e, adesso che stava assimilando il significato del suo discorso, Rose vide affiorare qualcos’altro. Qualcosa che non riusciva bene ad identificare o capire, ma l’intensità di quello sguardo era inconfondibile e sapeva di desiderio. Metteva a durissima prova il suo autocontrollo. Riuscire a non abbassare gli occhi, sostenere il peso di quello sguardo senza dare retta all’istinto, agli ormoni e ai più svariati muscoli del suo corpo che la imploravano di saltargli addosso stava richiedendo tutta la sua forza e tutta la sua concentrazione. Non aveva mai fatto nulla di così difficile in tutta la sua vita. Non aveva mai provato nulla di simile in tutta la sua vita.

Doveva stemperare l’atmosfera, se non voleva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita. “E poi ora siamo compagni di squadra e tra compagni si ci aiuta, no?” Gli rivolse il miglior sorriso rilassato che riuscì a stamparsi in viso.

Malfoy annuì piano, non ricambiò il sorriso, ma i suoi muscoli finalmente cominciarono a distendersi, la linea tesa delle sue spalle si ammorbidì e Rose poté allentare la presa sul suo polso. Ritornò ad osservare le nocche escoriate girando lentamente la mano del ragazzo per avere una visione migliore. Passò piano, dolcemente le dita fredde sulla pelle arrossata e lo sentì rabbrividire leggermente. Avvicinò la punta della bacchetta alle zone offese e cominciò a mormorare formule magiche.

Non era un’esperta di incantesimi curativi come Meg, ma, essendo lei Rose Weasley, degna figlia di Hermione Granger in Weasley e, quindi, affamata di sapere, alcune conoscenze generali sugli incantesimi di base le aveva. Era abbastanza per disinfettare e pulire i tagli e fasciarli di nuovo in bende pulite.

Terminato con la mano destra, si dedicò a quella sinistra, che verteva in condizioni leggermente migliori. Il silenzio del corridoio deserto era turbato solo dai suoi sussurri e dai loro respiri. Se Daria fosse stata presente avrebbe, però, potuto sentire anche il battito leggermente accelerato del suo cuore.

Chissà se anche a lui il cuore sta battendo in modo irregolare? Scosse appena il capo e si lasciò sfuggire un debole sbuffo.

Non sono cose che dovrebbero interessarti, Rossa. E comunque sia ne dubito fortemente. Di nuovo la voce di Moira rimetteva in riga i suoi pensieri.

Proprio come farebbe quella vera. Pensò con affetto.

“Ho finito” Dichiarò qualche minuto dopo, lasciando andare la sua mano. “Non è niente di speciale, ma almeno non dovrebbero più infettarsi”. Sollevò lo sguardo su di lui e continuò con tono pratico: “Daria tra le sue scorte personali dovrebbe avere un unguento che toglie l’infiammazione e velocizza la cicatrizzazione. Più tardi te ne porto un po’. Se riesco a trovarlo”. Puntualizzò con un sorrisetto esasperato.

Lui le rivolse uno sguardo divertito e comprensivo al tempo stesso. “È molto disordinata, vero?”

“Non immagini neanche quanto”. Rispose lei con una certa enfasi. Era grata che l’umore di Malfoy sembrasse migliorato. “È atroce. Una cosa spaventosa”.

“Io ho il problema opposto. Al ha una vera ossessione per l’ordine”.

“Mmm mmm, me lo ricordo. Zia Gin dice sempre che è più efficiente di un’intera equipe di elfi domestici”.

Lui si aprì in un sorrisetto divertito. “Proprio non capisco come le venga in mente”.

Era il primo sorriso che le rivolgeva e Rose dovette imporsi, per la milionesima volta, di non saltargli addosso. Istinto cui si stava abituando, per quanto controvoglia. Era diventata bravissima a reprimerlo senza pietà, nascondendolo dietro il proprio miglior sorriso scanzonato. Il genere di sorriso che di solito le assicurava il pieno accesso alla camera da letto del ragazzo di turno. Ovviamente questo non era il caso di Malfoy.

“Allora Rose” Cominciò lui, dopo una manciata di secondi si silenzio. La solita espressione beffarda dipinta in volto. “Dimmi: in cosa consisterà la sfida?”

“Ti avviso, Malfoy, non ti piacerà e ci vedrà penalizzati”. Lui la guardò palesemente confuso e Rose sospirò. “Cos’è che proprio non sai fare?”

“Nulla, Weasley. Non c’è nulla che io non sappia fare”. Rispose il Grifondoro, col prevedibile sorriso strafottente.

“Davvero? Non ti viene in mente nemmeno un piccolo punto debole? Ti do un indizio: ha a che fare con la geografia”. Lui assottigliò lo sguardo, arrivando a comprendere. “Esatto. Una prova d’orientamento”.

 

 

***

***

 

 

La porta dell’infermeria si chiuse alle spalle di Al con un tonfo sordo e Daria si abbandonò contro il cuscino, tirando un po’ più in su le coperte e cercando di ignorare i continui borbottii infastiditi della sorella nel letto accanto. Quando Meg aveva confermato che sì, si era presa una bella influenza, si era diretta immediatamente in infermeria, spedendo l’amica a cercare Marta. La sua sorellina aveva sempre avuto la tendenza a sottovalutare i loro naturali problemi di salute.

“Hai sentito mamma e papà ultimamente?” Chiese giusto per fare conversazione. Lei scriveva ai genitori una volta a settimana per tenerli aggiornati sulla sua vita. Il resto della corrispondenza, quasi giornaliera, che si scambiava con suo padre non aveva nulla di personale, erano tutte solo questioni ufficiali.

Ho scritto alla mamma tre giorni fa, ieri mi è arrivata la sua risposta e sta mattina le ho mandato la mia”. Daria era molto sorpresa: sapeva che l’altra sentiva i genitori un po’ più spesso, ma di certo non pensava che scrivesse loro così spesso. “Mi sa che potrebbe arrivarti una Strillettera. Ho chiesto espressamente a ma’ di non mandartene una, ma penso che potrebbe non darmi retta.”

E come mai dovrebbe mandarmene una, scusa?” Chiese la maggiore assolutamente confusa.

Marta abbassò lo sguardo sulle proprie mani, un leggero rossore sulle guance. “Le ho detto di quello che è successo alla partita”.

Tu COSA?”

La più piccola, provocata dal suo tono alzò il viso e incrociò le braccia al petto. “Quando ho scritto la prima lettera ho aggiunto un piccolo paragrafo in cui gli raccontavo degli sviluppi del caso, ma dalla loro risposta ho capito che non ne sapevano niente, così nella lettera di sta mattina ho scritto un racconto dettagliato di ciò che era successo. Comunque la colpa è tua in primo luogo per non aver detto niente”.

Daria era esterrefatta. E incazzata nera. “Come Zeus ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?! C’è un motivo se non gliel’ho detto io!”

“Sono i nostri genitori! È loro diritto sapere quello che ti succede. Tu e il tuo stupido desiderio di privacy. Sei la più grande, ma ti comporti come una bambina!”

“Stupido desiderio di privacy? Mi comporto come una bambina? Non ti rendi nemmeno conto di quello che hai combinato, meno male che tu sai cosa vuol dire essere me!”

“Lo so invece! Lo so eccome. Tu invece…”

Daria la interruppe prima che potesse concludere. “Ah lo sai? Ti avevo sottovalutata, allora. Non pensavo che volessi così tanto andartene da Hogwarts”.

“No che non me ne voglio andare! Cosa c’entra adesso? Stai solo cambiando discorso”.

“No, sorellina niente affatto. Cosa pensi che succederà quando nostra madre informerà il resto della famiglia di quanto accaduto? Come pensi che reagiranno sapendo che non solo nella mia scuola c’è stato un tentativo di omicidio, ma che l’obbiettivo era un mio amico e che il mandante è in libertà e non è stato nemmeno identificato?” Quando la più piccola non rispose, Daria continuò: “Te lo dico io come: mi obbligheranno a lasciare immediatamente la scuola. E per non sbagliare la faranno lasciare anche a te”.

“N-non puoi esserne certa. Non è detto che…”

“Invece, sì. Sai benissimo quanto gli anziani del consiglio e i membri del senato siano restii a lasciarmi continuare a frequentare Hogwarts, da quando ho battuto Luca e quanto vogliano convincermi a tornare permanentemente in Italia non appena avrò compiuto diciassette anni. Pensi che non sfrutteranno l’occasione? Senza contare la crisi di panico che scatenerà il sapermi così vicina ad un tentativo di omicidio”. Daria guardò la sorella distrattamente per un paio di secondi. Giusto il tempo di decidere la sua prossima mossa.

Si alzò da letto, infilò le pantofole e si avvicinò alla porta dell’ufficio di Madama Lones.

“C-cosa fai?” Le chiese Marta con voce spezzata.

“Mi metto in contatto con nostro padre. Questa partita non l’ho ancora persa”.

 

 

 

 

 

 

Buona epifania a tutti!

In questo capitolo c’è un sacco di Marta e di informazioni su Daria. Qualcuno è riuscito a mettere insieme i pezzi e a svelare qualcuno dei suoi misteri?

Vi ricordate l’extra di BTW che avevo scritto qualche tempo fa? Le due one-shot POV Al e Scorpius? … beh, ho deciso di continuare e ne ho scritto altre due una l’ho già pubblicata, mentre l’altra la posterò a breve.

Questo è il link:

 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1

 

Un bacio

AiraD

 

 

 

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