Defeaning sorrow;

di PadFeet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unusual gift. ***
Capitolo 2: *** There's always someone's watching over you. ***



Capitolo 1
*** Unusual gift. ***


DEAFENING SORROW

1. Unusual gift
 
Quel giorno, quel 31 luglio del 1988, Harry venne svegliato dalle urla di suo cugino Dudley, che pretendeva di essere portato a fare scii in piena estate.  Mentre Harry si alzava dal letto, cercando di non sbattere la testa contro il basso soffitto del sottoscala, non poté fare a meno di pensare che tanto, in un modo o nell'altro, i Dursley l'avrebbero sempre accontentato per ogni suo capriccio, normale o esagerato che fosse. I Dursley erano quel tipo di persone a cui importava troppo di qualcosa e troppo poco di qualcos'altro, non badando alle conseguenze del loro modo di fare. 
Dopo qualche minuto ancora sdraiato sul suo piccolo letto, Harry inforcò gli occhiali e si vestì alla bell'e meglio nel poco spazio del sottoscala; aprì la porticina che dava sul corridoio e poi si diresse verso la cucina, che tutti i Dursley al completo occupavano già. 
Dudley era ancora in pigiama ed occupava la poltrona di fronte alla televisione, con un piatto di bacon e uova strapazzate sulle gambe grassocce, la bocca piena e un'espressione ebete stampata sul viso. Zia Petunia era affacciata alla finestra della cucina,le mani appoggiate sul davanzale e il collo allungato nel tentativo di spiare i vicini. Zio Vernon, seduto al tavolo, reggeva una cartelletta gialla su cui era impresso a lettere marroni 'Grunnings', la ditta di trapani presso cui lavorava. Mentre ne leggeva il contenuto aveva gli occhi piccoli ridotti a fessure e il collo largo sprofondato nel colletto della camicia. 
 
Quando Harry ebbe varcato la soglia della cucina, zio Vernon alzò gli occhi dalla sua lettura e disse in tono impaziente "Alla fine ti sei svegliato, ragazzo! Era ora!". 
Dudley non fece  nemmeno caso alle parole del padre e continuò a guardare il suo programma mattutino preferito, ma zia Petunia si voltò e, senza neanche guardarlo negli occhi, disse "Oggi dovrai solo sbrigare delle faccende dentro casa; dopo pranzo uscirai a buttare la spazzatura e poi potrai stare in giro per qualche ora, ma devi rientrare prima che faccia buio".
"Hai sentito, ragazzo? Non abbiamo intenzione di venirti a cercare nel caso qualcuno dovesse farti allontanare troppo, quindi sta' nei paraggi. E ora fila a fare quello che devi fare!"
 
Subito dopo il pranzo, quando zio Vernon era già di sopra a riposare e Dudley al computer con qualche nuovo gioco, zia Petunia rivolse la parola ad Harry e gli diede qualcosa che lui non si sarebbe mai aspettato di ricevere da lei. Poi, prima di andare di sopra, la zia disse seccamente "Puoi anche tenertela, io non me ne faccio niente di una cosa del genere". 
Ciò che Harry aveva appena ricevuto era una fotografia tutta sgualcita e in alcuni punti anche strappata; sembrava essere stata accartocciata molte volte, quasi con rabbia, e sembrava più vecchia dei soggetti stessi della foto. Harry la guardò bene, curioso: c'era un giovane uomo alto e magro; aveva i capelli neri tutti spettinati e portava un paio di occhiali rotondi, il viso illuminato da un sorriso. Accanto a lui, una giovane donna sedeva su una poltrona; aveva i capelli mossi, lunghi e di un rosso scuro e portava in braccio quello che sembrava un bimbo di appena qualche mese avvolto fra delle coperte; il bambino aveva un ciuffetto nero disordinato sulla piccola testa e dormiva placidamente fra le braccia della mamma.
Harry non capì subito chi fossero quelle figure così apparentemente tranquille.
Poi la comprensione arrivò come arriva un fulmine a ciel sereno ed il suo cuore sembrò perdere un battito. 
Sorpresa, incredulità, smarrimento, abbandono...  Harry si sentì come se il suo cuore fosse stato avvolto da una calda coperta, che ogni tanto si divertiva a far uscire le sue  spine affilate e sottili per graffiarlo e logorarlo con forza.
Non aveva mai avuto la possibiltà di conoscere i suoi genitori, non veramente almeno, e nessuno si era mai preso la briga di descriverglieli. 
Fino a quel momento, non aveva saputo che volto avessero, come fossero fatti.
Che l'uomo della foto fosse il suo papà Harry non dubitava, d'altronde la somiglianza c'era. Ma la sua mamma sembrava non aver tramandato nulla ad Harry della sua bellezza. A dirla tutta, non riusciva a credere nemmeno che zia Petunia fosse stata la sorella della sua mamma: alla fine, neanche loro si somigliavano così tanto.
Era ancora in cucina e continuava ad ammirare il suo piccolo, nuovo tesoro, immaginandosi il momento in cui quell'attimo di vita era stato catturato.
Si ricordò di dover gettare la spazzatura.
A malincuore, ripose con cura la foto nella tasca dei suoi pantaloni troppo larghi, prese il sacco della spazzatura e si diresse fuori, verso il bidoncino accanto al vialetto. Gettò il sacco al suo interno e con passo lento e strascicato si incamminò per Privet Drive. 
Nonostante il caldo e l'umidità, quel giorno il cielo era grigio, coperto da fitte nuvole e un vento caldo e appiccicoso soffiava.
Era arrivato nei dintorni di Magnolia Crescent quando individuò un parco vuoto con delle altalene, uno scivolo sfondato e una panchina vicino al cancello d'ingresso. Harry vi si lasciò andare, poggiando i piedi sul sedile e stringendo le gambe al petto. Non c'era nessuno nel parco e se da un lato Harry era stanco della perenne solitudine che lo avvolgeva, dall'altro preferiva non farsi vedere dai bambini del quartiere, che spesso lo prendevano in giro per i suoi vestiti cascanti o per i suoi occhiali sempre rotti o, altro ancora, per il fatto di non avere dei genitori che si prendessero cura di lui, che lo portassero in gita in posti magnifici, che organizzassero feste al suo compleanno...
Come ad ogni compleanno, Harry era triste. 
Come ogni anno, come ogni giorno, il piccolo Harry non era altro che un bambino abbandonato a sé stesso. 
Si chiedeva spesso se mai la sua mamma e il suo papà avrebbero bussato alla porta del suo ripostiglio, dicendogli che tutto ciò che fino a quel momento aveva vissuto, tutto ciò che fino a quel momento era stata la sua vita, era solo un brutto sogno.
 
 
 
  
       
Okay, non so cos'è questa cosa.
So solo che l'idea mi è venuta mentre cercavo di prendere sonno e, davvero, le mie idee pre-sonno
non sono mai affidabili. 
Quello che so è che questa "storiella" avrà solo due capitoli, ma in realtà inizialmente erano uno.
Ho deciso di dividerli perché a volte la lunghezza di una fanfiction condiziona il lettore a non leggerla. 
Per quanto riguarda Petunia, be', credo che abbia dato la foto ad Harry solo perché voleva sbarazzarsene e,
dato che era il compleanno di Harry, ha deciso di darla a lui, così che lei non fosse costretta in futuro a
descrivere sua sorella Lily nel caso che Harry gliel'avesse mai chiesto.
Ovviamente, mi sono presa la libertà di fare tutto questo, nonostante la Rowling non abbia mai detto nulla a riguardo.  
       

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Capitolo 2
*** There's always someone's watching over you. ***


There's always someone watching over you.
 
 
Un miagolìo vicino raggiunse le sue orecchie ed Harry realizzò di essersi appisolato seduto, con le spalle appoggiate allo schienale e le gambe ancora strette fra le braccia.
Si voltò verso destra, notando un gatto seduto sulla stessa panchina su cui era lui.
E' molto bello, pensò il bambino, e in effetti il gatto era abbastanza particolare: era di un grigio tendente al marrone chiaro, con una strana disposizione di strisce di pelo dal colore marrone scuro che si incontravano e si separavano, somigliando a strade che si intrecciano; stava in una posizione dritta e poco rilassata per essere un  gatto.
"Che c'è, gatto? Hai perso la strada di casa?" chiese più a sé stesso che al gatto, mentre con una mano gli carezzava la testa. Per tutta risposta, il felino rimase rigido come un manico di scopa, gli occhi attenti e vigili che scrutavano davanti a sé.
"Non saresti l'unico, sai?" mormorò poi.
Il gatto sobbalzò un po' e Harry, guardando più attentamente, ebbe la sensazione che quel gatto avevesse qualcosa che in qualche modo non lo facesse sembrare un vero e proprio...animale. D'altronde, non era la prima volta che a Harry succedevano cose strane.
Alzò la testa verso il cielo, ancora più nero di qualche ora prima.
"Secondo te, gatto, la mia mamma e il mio papà lo sanno che oggi è il mio compleanno?" chiese in un sospiro.
Harry non sapeva cosa, precisamente, lo spingesse a parlare con un gatto. Forse credeva che almeno lui non l'avrebbe preso in giro, qualunque cosa gli avesse detto. Forse aveva solo bisogno di essere ascoltato.
Abbassò il viso e vide che il gatto, per la prima volta, si era lasciato andare ad una posa più rilassata e, guardandolo negli occhi, sembrava volergli rispondere.
E' solo un gatto, Harry..., si disse il bambino ,scuotendo la testa, non ti può rispondere.
"Perché se così fosse, vorrei davvero che me lo facessero capire in qualche modo" sussurò poi, avvertendo un tremito nella voce. 
Stavolta, il felino strusciò il muso nella mano di Harry, come a volerlo consolare, ma poi smise subito, tornando ad assumere la sua posizione rigida.
Un tuono vibrò nell'aria ed Harry seppe che stava per piovere. 
Alzò il viso verso il cielo ed una goccia cadde sulla sua guancia destra, appena sotto il suo occhio; poi scese e percorse il tragitto fino al mento, per poi staccarsi da quest'ultimo e cadere per sempre. Immaginò che il tocco di quella goccia fosse una dolce carezza della sua mamma e che il rombo del tuono fosse la voce rassicurante del suo papà.
Un'altra goccia sostituì la prima e fece il suo stesso percorso.
In pochi secondi cominciò a piovere copiosamente, ma né il bambino né il gatto sembrarono aver voglia di andare a cercare riparo.
Il cielo sembrò stesse piangendo per Harry, sembrò incitarlo a lasciare andar via il dolore che lo attanagliava, sembrò dirgli di fare come lui, di liberarsi del peso che sentiva all'altezza del cuore, e di quel groppo in gola che non lo faceva respirare.
Il bambino venne scosso da un singhiozzo e, con lentezza esasperante, una lacrima si fece strada sul suo viso, fino a diventare tre, quattro, dieci, troppe lacrime. Lacrime amare di un bambino di appena otto anni, lacrime bollenti di un bambino solo. 
 
 
Il piccolo Harry non fece mai caso al fatto che il gatto avesse continuato a guardarlo, non fece mai caso al fatto che il gatto gli avesse tenuto compagnia per tutto quel tempo e non seppe mai che anche quel gatto, come il cielo, fosse lì per lui.



Ed ecco qui la seconda ed ultima parte.
Allora, ho la netta impressione di essere uscita un po' fuori schema con il carattere di Harry...insomma, mi sembra di averlo reso troppo lagnoso e piagnucoloso!
Sembra Mirtilla Malcontenta, ecco.
Tralasciando, spero abbiate capite chi sia il gatto, mm? No?
Be', ma è la nostra cara Minerva McGranitt! E, dato che non mi sembra una donna che si lasci andare troppo all'emotività,
mi è parso più opportuno farle assumere una posa rigida e di tanto in tanto sciogliersi nella voglia di consolare il piccolo Harry
(che, ripeto, non mi convince molto qui, ma i giudizi dovete darli voi!). 
Ho pensato fosse stato Silente a mandarla ogni tanto, per vedere come stesse Harry.
Ad ogni modo, vi prego di lasciare una recensione! 
Se avete qualcosa da criticare, fate pure!
Almeno capisco se le mie storie e il mio modo di scrivere è accettabile.
Ora vi saluto, 
Pad         
 
 

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