Anthony J.

di VooJDee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0 - Dove tutto ha inizio. ***
Capitolo 2: *** Stranezze ***
Capitolo 3: *** Pioggia ***
Capitolo 4: *** Verità ***
Capitolo 5: *** Anthony J. David ***
Capitolo 6: *** Merry Christmas ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0 - Dove tutto ha inizio. ***


Prologo
Ok, è la mia prima fiction su NCIS, spero tanto tanto tanto che vi piaccia! Forse è un pò scontata, però ci tenevo molto a scriverla perchè amo la relazione tra questi due personaggi. 
Pubblico subito due capitoli perchè il primo (il capitolo zero) è solo un riassunto di quello che è successo :)


 
Dopo che l’agente David, la temeraria agente del mossad assegnata alla squadra di Leeroy Jetro Gibbs, fu lasciata in israele, nessuno dei suoi compagni di squadra riuscì più a mettersi in contatto con lei, tanto che dopo alcuni mesi, si iniziò a credere che fosse morta.
L’agente speciale Anthony DiNozzo, dopo che il direttore Vance annunciò alla squadra che non si sarebbe svolta alcuna missione per salvarla, partì in africa giurando vendetta sugli assassini di quella fantastica donna che tanto aveva adorato dal primo giorno in cui l’aveva vista, appena dopo la morte dell’agente speciale Kate Todd.
Arrivato in Africa con McGee, però, scoprì che l’agente del Mossad non era stata uccisa, ma bensì rapita e torturata affinchè desse informazioni sul NCIS. La donna però, non volle parlare.
Anthony, legato ad una sedia, la vide arrivare, legata anche lei. Lei lo apostrofò :
-         Che ci fai tu qui, Tony?
E dopo tanti inutili giochi di parole, tutto ciò che riuscì a dire fu una verità, che si coglieva nel suo sguardo, ma che aveva saputo mantenere nascosta per tanti anni a quella ragazza, che nei suoi pensieri reputava fantastica, divina.
-         Non riesco più a vivere senza di te, Ziva.
Al ritorno dalla missione di salvataggio dell’agente David, questa decise di esaudire quello che pensava fosse l’unico desiderio di Anthony DiNozzo, il donnaiolo, ovvero una notte insieme. Entrambi, quella notte pensarono fosse la più bella delle loro vite, ma vista la assenza di parole dal giorno seguente ripresero a lavorare e a comportarsi come sempre, così che nessuno seppe niente di loro. 

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Capitolo 2
*** Stranezze ***


Capitolo 1 – Stranezze.
 
-         McInutile, che ne dici di portarmi una tazza di caffè? Dolce per favore, con molto zucchero.
-         Puoi scordartelo, Tony. – Rispose seccamente l’agente, senza distogliere lo sguardo dal monitor e spostare le mani dalla tastiera su cui batteva le dita silenziosamente.
-         Perché? Perché sei troppo impegnato a scrivere il tuo nuovo romanzo, eh pivello?
-         No. È perché continui a chiamarmi McQualsiasicosa.
-         E tu David? Che ne dici?
-         Se provi a richiedermelo ti mostro come uccidere una persona con un cucchiaio. Solo che  tu non potrai mai farlo.
-         Marine morto a Baltimora, muovetevi. – apostrofò il capo entrando velocemente nello spazio dell’ufficio dedicato alla sua squadra.
-         Ma capo, il mio caff.. Ahi! – L’agente si massaggiò la nuca, e notò la ragazza davanti a lei ridacchiare. – David non ridere. Questo perché?
-         Perché per il caffè dovrai aspettare. – lo fulminò Gibbs. – Andiamo. Ziva, guida tu. Tony con me, voi McGee e Ziva prendete il furgone.
 
Tony e il capo si diressero verso l’ascensore. McGee si voltò verso la sua scrivania a recuperare lo zainetto, e appena si voltò, trovò l’agente del Mossad accasciata a terra.
-         Ziva!
-         No, McGee, è tutto ok. – sorrise in modo debole. – sto male da ieri, forse ho mangiato qualcosa di avariato.
-         Sicura?
-         Si, tranquillo.
McGee la aiutò ad alzarsi da terra, e si diressero verso il furgone. All’arrivo trovarono Gibbs e Tony già indaffarati a interrogare i presenti e a scattare foto.
-         Perché in ritardo? – domandò, evidentemente scocciato, il capo.
-         Scusa, Gibbs. Sono stata male.
-         Vuoi andare a casa? – domandò alzando lo sguardo, e scrutando la pelle, stranamente più pallida del solito.
-         No, sto bene.
Si avvicinò a Tony, che le diede la macchina fotografica. Lui si chinò a cercare qualcosa sul corpo. Quando si voltò, l’agente David era scappata all’angolo. Si avvicinò.
-         Ehi Ziva, tutto be… Che schifo! – gridò Tony disgustato.
-         Sto male, idiota. È solo vomito. Se ti fa schifo allontanati. – sibilò lei.
-         Da quando sei diventata sensibile alla vista dei cadaveri? – commentò DiNozzo allontanadosi.
Quella sera, la donna chiese a Gibbs un permesso per una settimana. Tutta la squadra si preoccupò. Se c’era qualcuno che non chiedeva permessi nemmeno se stava morendo, nel pieno di un’indagine era proprio l’agente del mossad, Ziva David.

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Capitolo 3
*** Pioggia ***


La donna arrivò a casa sua, si chiuse la porta alle spalle. Si legò i capelli, e mise una mano dentro lo zainetto che teneva con se, alla ricerca disperata di qualcosa. Si guardò intorno, come per accertarsi che non ci fosse nessuno, e fece uno o due respiri profondi. Entrò nel bagno, e si scrutò allo specchio. Il suo viso era pallido, e gli occhi erano lucidi. Persino i suoi capelli sembravano sfiniti dal peso che portava sulla coscienza.
-         Non può essere, andiamo Ziva. Fa quel dannato test, e vedrai che non è come sembra. E’ solo una stupida coincidenza. – si ripetè.
Avvicinò ciò che aveva estratto dallo zaino alla faccia. Si morse il labbro, e lesse “Test Gravidanza”. Tirò fuori un foglietto per leggere il procedimento, e lo seguì. Aspettò e su quello uscirono due linette. Guardò il foglietto.
1 linea : Negativo
2 linee : Positivo
-         Non.. può essere! – notò delle gocce che iniziarono a rigare il suo viso. – No.. io non ci credo.
Passarono i giorni, e l’agente David, come aveva preannunciato, non si presentò a lavoro. Passò una settimana, quella richiesta da lei, e ne passò un’altra in cui non fu mai rintracciabile al cellulare, e non si fece viva.
-         McGee, ha riacceso il cellulare? – domandò Gibbs sedendosi alla sua scrivania.
-         No capo. Sto controllando ininterrottamente, ma è dalla settimana scorsa che lo tiene spento. – disse sicuro di se l’agente Tim. – secondo lei, le è successo qualcosa?
-         Non lo so. È quello che cerchiamo di scoprire. Quindi rintracciala. – disse con tono furioso. – DiNozzo, tu hai qualcosa?
-         No, capo. – rispose flebile. – solo paura.
Gibbs uscì dall’ufficio, sbattendo un pugno al muro. Entrò nella sua macchina, e sospirò poggiando la schiena sullo schienale del sedile, dopo di chè partì a tutta velocità.
-         Secondo te dove va? – chiese timidamente Tim. – il capo, intendo.
-         A cercarla. Spero che la trovi. – sibilò Tony voltandosi verso la finestra, e scrutando il cielo torbido. – sta per piovere. Le piace tanto..
Gibbs parcheggiò la sua macchina davanti ad una casa. Bussò e non aprì nessuno. Si voltò, scosse la testa e si diresse verso la macchina. Dopo pochi secondi si voltò ancora e sfondò la porta. Entrò, salì le scale con la pistola, voltando in ogni stanza. Finchè infine, entrò nell’ultima stanza del corridoio, e la trovò.
-         Ziva! Che è successo?
Lei si voltò lentamente, e Gibbs potè notare il viso gonfio e arrossato e le profonde occhiaie sotto i suoi occhi.
-         Gibbs.. io.. – sibilò, mentre la centesima lacrima le attraversava il viso. Lui si sedette accanto a lei, sul letto e la abbracciò. – aspetto un bambino..
-         Ziva.. come è successo? Lo sapevi? – sussurrò lui.
-         No. Il problema non è quello.. il problema è il padre.
-         Chi è? Ti ha fatto qualcosa, ti ha picchiata? – disse lui, sicuro. – dimmelo e lo uccido.
-         No, Gibbs avrei potuto farlo io quello. – entrambi sorrisero. – il padre non lo sa.
-         Non glielo dici? Non vuole il bambino, credi?
-         Ne sono certa, ma nemmeno quello è il problema. È.. Tony. – Gibbs fece un’espressione interrogativa. – è il padre.
Gibbs si allontanò un poco, e la fissò. Intanto fuori aveva iniziato a piovere. Gli occhi da cerbiatta, sempre pungenti e sicuri dell’agente del mossad, per una volta sembravano deboli e indifesi, e lei fissava la moquette bianca sotto di lei. Gibbs le cingeva una spalla con sicurezza e le diede un bacio sulla fronte, dopo di che la abbracciò.
-         Non preoccuparti, Ziva. Andrà tutto bene. Non essere triste, o il tuo dolore ucciderà il bambino.
-         Davvero? Gibbs, non so cosa fare. Tony.. mi odierà per sempre! Non vorrà più vedermi, io non posso accettarlo.. ma insomma, stiamo parlando di mio figlio.. suo figlio.. insomma, nostro.. non posso, non posso proprio fargli del male. Però questo compromette tutto.. la mia vita, il mio lavoro, il..
-         Ziva. – l’agente la zittì. I suoi occhi lo scrutarono curiosi, aspettando il perché di quel gesto. – tu e Tony avete fatto sesso?
-         No, Gibbs. – sorrise lei, un po’ triste. – almeno, non per me.
-         E allora, Ziva? – la spinse a continuare.
-         L’amore. Abbiamo fatto l’amore. – lui sorrise, le accarezzò il viso.
-         Lo ami? – lei accennò un minimo ma sicuro movimento della testa. Gibbs, allora si alzò e le tese la mano. – allora va da lui e digli tutto. E poi digli del bambino.
La donna inizialmente esitò, non porgendo la mano all’agente, ma infine, fidandosi ciecamente di Gibbs, avvicinò la mano alla sua e insieme tornarono verso l’ufficio del NCIS.

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Capitolo 4
*** Verità ***


Ziva e Gibbs arrivarono all’NCIS in dieci minuti, circa. Quando Ziva entrò nella stanza, ancora sconvolta dall’ultima settimana i colleghi le corsero incontro preoccupati per chiederle come stesse.
Lei rassicurò tutti, poi si rivolse a Tony e con molta discrezione e sottovoce sussurrò
-         Ehi, Tony. Devo parlarti, devo dirti una cosa importante. – Tony annuì, e lei lo condusse all’ascensore.
Schiacciò il tasto per bloccare l’ascensore trasformandolo nel cosìddetto “ufficio di Gibbs”. Come entrarono, Ziva iniziò a sentirsi come claustrofobica. I suoi pensieri si incupirono, e iniziò a credere che non ci fosse scampo per la sua fine.
-         Tony, io sono.. – ripensò alle parole di Gibbs “Digli cosa provi, e poi del bambino” – No. Stavo iniziando con le parole sbagliate.
Lasciò scorrere il tasto e l’ascensore riprese il suo moto, diretto al pianoterra. I due uscirono dall’edificio mentre le gocce di pioggia si erano fermate, e l’odore di terra umida avvolgeva il paesaggio cittadino. Lei gli prese una mano.
-         Tony, ricordi quella notte? Dopo il ritorno dall’Africa. – Tony annuì, e sorrise volgendo lo sguardo a ricordi lontani che sembravano imprendibili. – ecco.. io quella notte.. vedì.. credo di aver chiarito un dubbio importante. Insomma ecco io.. ti amo. Si, ci ho messo molti anni per capirlo, perdonami. Però ora è chiaro come il sole, nel mio cuore ci sei tu, solo tu, unicamente solamente tu.. – notò che L’agente impavido e sempre scherzoso arrossì.
-         Ziva, le tue parole mi sorprendono. Perché vedi.. anche io ti amo. Quindi è perfetto. Pensavo che tu..
-         No, Tony. Non c’è niente di perfetto. Anzi, c’è un problema. Piuttosto grave, direi. Tu.. io.. ecco.. – lui fece un’espressione curiosa. – è difficile. Sono incinta.
-         Ziva, sei stata a letto con un altro?! – rispose lui incredulo. Lei scosse il capo, e gli occhi si inumidirono. – ti.. hanno fatto qualcosa? Cioè intendo dire.. – Lei scosse ancora il capo. – non capisco allora, occhioni dolci.
-         Tu. – lui la guardò, senza capire. Lei indicò la sua pancia, e sospirò – c’è un piccolo mezzo te, qui dentro, Anthony.
I suoi occhi poterono assumere in pochi secondi la forma di una palla da Basket. Indietreggiò, stranito. Guardò in basso e poi il suo viso. Non riusciva a capacitarsi delle parole che gli erano appena state dette, così si voltò, andò verso la macchina e scappò.

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Capitolo 5
*** Anthony J. David ***


Era passato quasi un’anno, ed una donna stanca con le occhiaie sospirava, tenendo una mano posata sul vetro appannato. Fuori pioveva. Il suo cellulare e il suo appartamento erano silenziosi. Guardò il piccolo uomo che giaceva tra le sue braccia, e lo apostrofò dolcemente.
-         Tony. – sibilò sorridendo al piccolo neonato dai capelli biondini e gli occhi verdi. – Anthony Jetro David. –
AJ veniva chiamato quel piccolo. Il cognome era quello della mamma, perché non vi era alcun papà. Jetro era come onore di Leeroy Jetro Gibbs, l’uomo per cui sacrificò la vita di suo fratello. Anthony, era per l’uomo che amava. Era Dicembre.
*Last December*
Tony era rientrato a casa a riflettere sulle parole della ragazza. Dopo alcune ore di sconvolgimento, pensò che il suo amore era troppo forte, e che magari non sarebbe stato così male. Intanto, Ziva stava in silenzio tra le braccia di Gibbs, chiusi dalle mura ferree dell’ascensore. Gibbs le accarezzava i capelli, come quella volta in ospedale quando lei gli aveva fatto ricordare la sua vita.
-         Gibbs, diglielo tu. Digli che lo capisco, che lo prevedevo. Che non importa. Digli addio. Da parte mia.
All’arrivo di Tony nell’ufficio, Ziva stava seduta alla sua scrivania a svolgere pratiche. Mentre lui si avvicinava, Gibbs lo chiamò e gli disse ciò che voleva l’agente del Mossad. Difatti la donna, era certa di poter risolvere il tutto da sola. Lei era sempre stata sola. Sola e forte, e le cose non sarebbero cambiate ora.
*March*
 
La pancia dell’agente iniziava a crescere, trasformando il suo fisico da super-ninja. Era già al quinto mese, e ormai la sua gravidanza non poteva più passare inosservata. Abigail Sciuto, la scenziata forsense detta Abby, che si era autonominata madrina del futuro agente speciale del NCIS, ogni giorno osservava Tony e Ziva, che dalle scrivanie ogni tanto si lanciavano sguardi innamorati senza che l’altro se ne accorgesse mai. Sfogava tutta la sua rabbia con Gibbs, che le diceva sempre
-         Abby non intervenire, è meglio così.
Ziva ogni giorno sperava che Tony cambiasse idea e venisse a bussare alla sua porta, ma non gli chiese mai niente, ne gli accollò alcuna spesa. Dall’altra parte Tony si chiedeva perché Ziva non lo volesse nella sua vita, se era vero che lo amava, e aveva paura di andare da lei per conoscere la verità.
*June*
 
Ormai la gravidanza era quasi giunta a termine e Ziva si recava all’NCIS solo per salutare i colleghi. McGee e Abby andavano quasi ogni giorno a casa sua a trovarla, e lei era felicissima di vederli, ma ogni volta chiedeva :
-         Tony?
-         Ah.. Tony, non è venuto.
-         Questo lo vedo. Come mai?
-         Beh, c’è questo nuovo caso e..
-         Capisco, è molto impegnato.
Entrambi credevano che fosse l’altro a rifiutarsi. Ziva si era convinta che Tony non volesse avere a che fare con il bambino e che ignorasse il fatto che fosse suo figlio. Tony invece continuava a credere che Ziva avesse pensato che era un codardo, quando era scappato via senza dire una parola, e che per questa ragione non voleva che il bimbo avesse a che fare con lui. Entrambi desideravano ricongiungersi. Entrambi desideravano fare l’amore di nuovo. Desideravano dormire insieme. Scherzare e Flirtare senza ritegno come una volta. Scambiarsi sguardi d’intesa dalle scrivanie. Tutto sembrava così vuoto senza quelle piccole cose.
 
*July*
 
Il bambino naque a Luglio, in un’afosa giornata. Ziva, appena lo vide pensò “è tutto suo padre.” Il nome che gli diede fu Anthony Jetro David.
Lo stesso giorno i suoi colleghi vennero a trovarla. L’NCIS era una famiglia per Ziva, una famiglia dove Gibbs era il padre e loro agenti tutti i suoi figli, mentre Ducky era loro zio. Quindi Gibbs fu il nonno del bimbo, mentre Abby e McGee gli zii. Solo Tony non si presentò.
Lui era a casa chiuso in camera. Aveva saputo da Abby della nascita del piccolo, ma visto che Ziva non l’aveva avvertito di niente pensò che non volesse farglielo sapere, pensò che non volesse vederlo vicino al suo bambino.
Quando tutti se ne andarono, Ziva strinse il pargoletto pensando al suo papà. Non l’aveva avvertito pensando che a lui non importasse niente del fatto che stesse nascendo. Pensò che non si era interessato fin ora, quindi voleva essere un’estraneo.
 
Nei mesi seguenti il bimbo creebbe molto in fretta. Ziva tornò presto a lavoro, lasciando il bambino con una baby-sitter. I mesi passavano e Tony non aveva il fegato di chiedere a Ziva del bambino. Entrambi si sfogavano con Abby, sempre pronta ad ascoltare.
-         Insomma, se anche non vuole essere suo padre sono pur sempre una sua collega no? Poteva venirmi a trovare come avete fatto voi. – sospirò lei.
-         Beh, magari ha paura di volergli bene. – mentii Abby. Abigail, in realtà conosceva i sentimenti di Tony, e sapeva quanto lui volesse correre da lei, dirle che la amava e diventare padre di quel bambino. – prova a chiederglielo!
-         No! No.. sembrerei troppo sfacciata. Potrebbe sentirsi oppresso. Insomma, io non voglio che stia male, ma.. – guardò fuori dalla finestra, e sbattè un pugno al muro. – mi sto proprio rammollendo. Insomma, si lo amo. Perché non glielo dico? Non lo so. Abby, aiutami. – Abby sorrise.
-         Diglielo. Digli che lo ami. – disse lei.
-         Lo sa. – Abby scosse la testa.
-         Forse non più.
Ziva la fissò in silenzio, cercando di capire.
Si avvicinava natale.

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Capitolo 6
*** Merry Christmas ***


Si avvicinava natale, e Tony girando per le vetrine illuminate vide un regalo che sarebbe stato perfetto per la sua piccola Ninja. Però, pensando che fosse stupido visto che lei lo odiava, cercò di nuovo conforto in Abby.
-         Abby, era bellissimo.
-         Compraglielo.
-         Non posso. Lei mi odia. Con quale coraggio?
-         Insomma, Tony. Affronti ogni giorno assassini e non hai il coraggio per affrontare Ziva? – lui rise.
-         Guarda che Ziva è molto peggio degli assassini.
-         Insomma, Anthony DiNozzo. Siete due stupidi. È da oltre un’anno che venite a sfogarvi entrambi da me. Ed entrambi dite le stesse cose. Lei non ti odia, lei crede che tu odi lei. Lei ti ama, Tony. Fidati di me, va a casa sua.
Tony, sorpreso da quelle parole si diresse a casa della sua Ninja, la quale sarebbe diventata forse di nuovo sua.
Bussò cauto alla porta, e attese che la donna aprisse. Lei aprì la porta dicendo frettolosa
-         Non sono interessata ai canti, mio figlio si è appena add..
-         Ziva.
Alzò lo sguardo e vide Anthony DiNozzo davanti a lei. Gli sorrise, poi tornò seria e si spostò
-         Entra pure, Tony.
La casa era intrisa del suo profumo, e lui si fece strada fino al salotto dove vide una culla bianca con dentro un piccolo bebè vestito di azzurro. Lei si avvicinò, e sussurrò
-         Scusa il disordine, sai, non mi aspettavo una tua visita.
-         Lo immaginavo. – disse lui a bassa voce guardandosi intorno. – comunque, Ziva dobbiamo parlare.
-         Lo so.
-         Insomma, anche se non mi vuoi nelle vostre vite è pur sempre mio figlio. – Tony notò lo sguardo interrogativo assunto dall’agente.
-         Io? No, sei tu che non lo vuoi. – sibilò lei mentre gli occhi si gonfiavano di lacrime.
-         No, Ziva ti sbagli.. tu hai pensato che fossi un codardo e non..
-         Fraintesi! – Tony assunse un’espressione interrogativa – Tony.. io e te ci siamo fraintesi? Io ero sicura che tu mi odiassi.
-         E io ero sicuro che tu odiassi me.
I due si guardarono e prima di subito le loro labbra si unirono, come desideravano fare da un anno ormai. Lui le accarezzava i capelli castani e morbidi con una mano, e con l’altra avvolgeva tutta la vita della donna, da un fianco all’altro, quasi sollevandola dal pavimento. Lei, invece, premeva con tutta la forza le mani sulla nuca di Tony, come se non volesse lasciargli via di fuga, e intanto lacrime calde strusciavano sulle sue guance, indisturbate. Lacrime di felicità. Per la prima volta da un anno.
Il bacio fu interrotto dal piagnisteo di un bambino che si svegliava nella sua culla. Tony si voltò, e Ziva si staccò dall’appassionato abbraccio. Prese il piccino tra le braccia, che subito si adagiò e lo portò accanto a Tony.
-         AJ, ti presento il tuo papà Tony.
Tony, emozionato come un bimbo il primo giorno di scuola prese in braccio il bambino, il quale sorrise sfiorando la sua guancia con le piccole mani.
-         Oh, questo mi ricorda la scena di quel film con un’attrice che..
-         Tony!! – lo interruppe lei ridendo.
-         AJ. Perché?
-         Anthony Jetro.
-         Come il capo?
-         E come te.
-         E il cognome?
-         David.
Lui sorrise, e fece un respiro profondo. Posò il bebè nella culla e frugò nella sua tasca, ma si ricordò che il regalo era ancora nel negozio. Ma ormai non gli importava neanche quello, lo avrebbe comprato un'altra volta. 
-         Ziva David, se risponderai si a questa domanda il tuo cognome cambierà. Mi vuoi sposare, occhioni dolci?
Gli occhi da cerbiatta della donna brillarono, e rimase immobile fissandolo fin quando i suoi muscoli tesi non si rilassarono, e sul suo volto spuntò un sorriso sincero e felice.
-         Io.. direi di si, Tony. Voglio sposarti.
Lui si avvicinò, e delicatamente posò le labbra sulle sue, questa volta lasciando spazio al bacio dolce che lasciava trasparire tutto l’amore che avevano nel cuore, mentre la neve si posava dolcemente sull’asfalto.

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