Untold Story

di just_silvia
(/viewuser.php?uid=80764)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la storia non raccontata ***
Capitolo 2: *** {CAPITOLO II} ***
Capitolo 3: *** {CAPITOLO III} ***
Capitolo 4: *** {CAPITOLO IV} ***
Capitolo 5: *** {CAPITOLO V} ***
Capitolo 6: *** {CAPITOLO VI} ***
Capitolo 7: *** {CAPITOLO VII} ***
Capitolo 8: *** {CAPITOLO VIII} ***
Capitolo 9: *** {CAPITOLO IX} ***
Capitolo 10: *** {CAPITOLO X} ***
Capitolo 11: *** {CAPITOLO XI} ***
Capitolo 12: *** {CAPITOLO XII} ***
Capitolo 13: *** {CAPITOLO XIII} ***
Capitolo 14: *** {CAPITOLO XIV} ***
Capitolo 15: *** {CAPITOLO XV} ***
Capitolo 16: *** {CAPITOLO XVI} ***
Capitolo 17: *** {CAPITOLO XVII} ***
Capitolo 18: *** {CAPITOLO XVIII} ***
Capitolo 19: *** {CAPITOLO XIX} ***
Capitolo 20: *** {CAPITOLO XX} ***
Capitolo 21: *** {Epilogo} ***



Capitolo 1
*** la storia non raccontata ***


Capitolo I

 

‹‹È successo tutto tanto tempo fa, quando non avevo incontrato ancora quella 'buonanima' di mia moglie... Maria era bella sì... ma quell'altra... dolce, gentile e delicata come una rosa... quel disgraziato. Con un inganno me la portò via, sono stato derubato. Se mi avesse sposato altro che “Pasta Giordano”›› raccontava il Signor Raffaele Russo nella sua pizzeria “Rafel o’ scugnizz’ ”.

Ad ascoltarlo, i ragazzi suoi dipendenti, tra cui il nipote Diego. Tutti loro conoscevano a memoria quella storia.

L'uomo aveva capelli neri, con qualche striatura di bianco qua e là. Col passare del tempo era diventato un po' stempiato, portava il pizzetto sale e pepe e delle rughe d'espressione contornavano i suoi occhi a mandorla color cioccolato. Il suo naso era un po' aquilino; non era molto alto e da qualche anno gli era spuntata anche un po' di pancetta.

‹‹Secondo voi lui l'ha mai raccontata a qualcuno?›› chiese tra sé. ‹‹Di certo no.››

UNTOLD STORY

‹‹...Lui fa il ricco imprenditore ed io il povero pizzaiolo, nessuno sa quello che mi ha fatto... non l'ha detto neanche al figlio secondo me... solo per un motivo sono felice che le cose siano andate così... per la mia Piccirella... altrimenti non sarebbe mai nata... ed è la gioia della mia vita.››

Quello che Raffaele non raccontava in giro era un importante particolare delle due famiglie: i Russo erano Mutaforma da generazioni ed i Giordano erano una vecchia famiglia di Licantropi.

Per intere generazioni erano stati vicini di quartiere ma da vent’anni a questa parte ogni volta che s’incontravano, non facevano che scontrarsi. Specialmente quando i Licantropi scoprivano che qualcuno dei Mutaforma aveva osato trasformarsi in Lupo.

La gente, ignara, quando sentiva degli ululati durante la notte credeva che fossero dei normali randagi. Invece erano i Giordano ed i Russo che nella loro forma animale si battevano senza pietà alcuna.

L’inimicizia era nata principalmente per una donna ma l’altro motivo scatenante era stata la gelosia per la “razza”.

Gennaro non aveva mai accettato che Raffaele si potesse trasformare anche in lupo. Il secondo, giovane e presuntuoso, si era sempre vantato di quella particolare qualità e anche del fatto di potersi trasformare quando gli pareva. Gennaro, invece, in quanto licantropo riusciva a trasformarsi solo in situazioni fisiche di malessere, di rabbia e con l’influsso della Luna Piena.

Raffaele nascondeva questo particolare perché il segreto era a conoscenza dalla famiglia stessa.

‹‹Povera creatura mia. Non ha mai festeggiato il suo compleanno. S’è sempre rifiutata da quando le dissi che sua madre era morta mettendola al mondo. Per il suo diciottesimo compleanno non ci sono scuse... lo deve per forza festeggiare.››

‹‹Bravo zio. Ho pensato già a tutto›› commentò il chiassoso nipote, lo zio lo interruppe senza aver ascoltato neanche una parola di quello che aveva detto.

‹‹Ho pensato, visto che è carnevale, ad una festa in maschera›› i dipendenti del ristorante rifiutarono categoricamente la proposta.

‹‹Non vi mascherate? Ed io vi licenzio›› tutti i ragazzi allora furono costretti ad accettare.

‹‹Ah zio, senti questa, oggi ho litigato di nuovo con Bruno Giordano... se non ci avessero diviso, lo avrei mandato all'ospedale.››

Diego somigliava ad un gangster messicano. Aveva gli occhi a mandorla e la carnagione scura (aiutata dalle lampade abbronzanti che andava a fare una volta a settimana), portava i capelli neri sempre pieni di gel. Dello zio aveva preso il naso e l'“altezza”, tipicamente Russo. Ed era un Mutaforma.

‹‹Perché diavolo fate questo? Voi che c'entrate?›› disse l’uomo adirato.

‹‹Loro ci odiano e ci considerano razza inferiore.››

Il motivo scatenante era stato perché Diego ed i suoi fratelli si erano messi ad ululare alla luna (che non c’era, visto che il litigio era avvenuto di giorno), facendo il verso ai Giordano.

‹‹Che ve ne importa? Lo sai che è solo invidia. State attenti è gente senza scrupoli.››

 

Alla fine della stessa strada situato più avanti, c'era il “Club Forza Napoli”, un circoletto sportivo. Il proprietario Antonio Prisco, detto Tony, stava discutendo con tre suoi clienti abituali: Alessandro Giordano, suo cugino Bruno ed un loro amico d'infanzia, e nipote di Tony, Maurizio Prisco. I tre erano i teppistelli del quartiere, combinavano guai ogni volta che s’interessavano a qualcosa e non c'era una ragazza del rione che non era stata una loro conquista. Tutti e quattro erano licantropi.

Alessandro era il più quotato, tutte adoravano quei capelli castani, che portava sempre spettinati sulla testa, ed il viso sempre imbronciato che gli davano un tono da “ribelle” del paese. Gli occhi azzurri, da bambino, contornati da ciglia così lunghe da far invidia a qualsiasi donna. Era molto alto ma troppo magro, il ragazzo detestava essere così poco muscoloso.

Maurizio invece non era molto alto, era abbronzato tutto l'anno (stessa tecnica di Diego) e aveva i capelli ricci castani ma così corti che gli si arricciavano appena sulla testa. I suoi occhi erano grigi ma molto piccoli, tanto che era difficile che si notasse il colore. La parte più bella del suo viso erano le labbra pronunciate.

Bruno era un po' più basso di Alessandro, era biondino e portava i capelli cortissimi. I suoi occhi erano castani ma le cose che notavano di più le ragazze era il suo fisico da rugbista e la faccia da “cicciobello”.

Tutti e tre vestivano maggiormente con jeans “blue-used”, scarpe sportive molto grosse, polo, t-shirt e felpe con il cappuccio decorate con loghi di band e disegni psichedelici.

‹‹Bruno non dovresti essere a lavoro? E voi altri un’altra volta filone? Ale, mi meraviglio di te›› esclamò Tony.

Tony era un normale trentenne, una volta a settimana andava in palestra (una volta sola, senza esagerare). Aveva il fisico asciutto ed era abbastanza alto. Somigliava molto a Maurizio per gli occhi ed i capelli, che lui però portava più lunghi e modellati dal gel. Era solito avere le braccia incrociate al petto, in attesa forse di qualcosa...

‹‹Ah, ti meravigli di lui, zio, e di noi, no? Quello organizza sempre lui tutto›› rispose Maurizio.

‹‹Lo vedi con quella faccia da scemo ma... è peggio di noi…›› aggiunse Bruno facendo un cenno agli altri per far notare quanto Alessandro fosse distratto.

‹‹La guardi ma quella non ti può sopportare...›› disse Maurizio ad Alessandro nel momento in cui si accorse di ciò che lo distraeva. Stava, infatti, passando davanti al Club la solita ragazza insieme ad un’amica.

‹‹Tony, se sapessi quante gliene ha dette...›› spifferò sorridendo Bruno.

‹‹Chi è? Non l'ho vista›› chiese Tony girando la testa verso la vetrina.

‹‹Quella che passa sempre qua avanti›› rispose Bruno.

‹‹Mica la guardo chissà perché...è lei che mi fissa›› si giustificò Alessandro.

‹‹Eh già, da quello che ti ha detto non sembrava proprio interessata›› commentò con acidità Maurizio.

‹‹Si può sapere cosa le hai fatto?›› s’incuriosì Tony.‹‹ Le hai azzannato le chiappe durante la Luna Piena?››.

‹‹Molto divertente, Tony. Vogliamo ricordare quante figuracce hai fatto durante l’ultima Luna Piena? Non ce la fai più a correre.››

‹‹Il fatto è che fumo…›› tossì l’uomo imbarazzato.

‹‹Ora te lo spiego io. Te la ricordi Martina? Quella con cui Alessandro è stato... poi l’ha lasciata... poi l’ha ripresa... poi l’ha tradita... poi l’ha rivoluta e così via? Quella che è appena passata era una sua amica di classe... un giorno lo fermò fuori la scuola›› spiegò Bruno.

‹‹E cosa gli disse? Che c'entrava lei?›› domandò Tony.

‹‹Disse: Senti io non ti conosco ma da quello che ho sentito FAI SCHIFO. Lascia in pace la mia amica. Non ti vergogni di come sei? Ritirati.››

Dopo la versione di Maurizio, con tanto di interpretazione, i tre iniziarono a ridere a crepapelle tuttavia Alessandro non lo trovò tanto divertente.

‹‹E tu che hai risposto?›› chiese Tony. ‹‹Te lo dico io, testimone oculare... NIENTE. Rimase senza parole...›› tenne a precisare Maurizio.

‹‹E cosa dovevo dire... è una ragazza. Ma poi chi la conosce... ?›› si giustificò ancora Alessandro.

‹‹Lasciatelo stare… le donne sono la rovina degli uomini. Uagliù vi dovete abituare tra poco chiudo a’ baracca›› Tony comunicò la notizia.

‹‹Ma allora hai deciso?›› chiese Alessandro interessato.

‹‹ E dove lo trovi un altro “branco” che ti sopporta?›› domandò Bruno coprendo la voce di Alessandro.

‹‹Ed io me ne vaco lo stesso. Ragazzi ma che sto facendo qua? Non ho famiglia, né un soldo… me ne vado in America a diventare milionario.››

‹‹E sì…zio, una volta si facevano i soldi andando in America, ora i ghetti stanno peggio di noi nei quartieri di Napoli…e ci sono pure più cacciatori.››

‹‹Fatto sta che me ne vado. E questa volta faccio sul serio››.

Mentre gli altri due non facevano altro che prenderlo in giro, l’unico a prenderla davvero male fu Alessandro: chi l’avrebbe salvato dai guai e dall’ira del padre come faceva da sempre? A chi avrebbe fatto “certe confidenze”?

‹‹Ma che c'è Alessandro? Non ti senti bene?›› chiese Bruno.

‹‹Ma che mi avete fatto fumare?›› disse il ragazzo cambiando man mano colore del volto.

‹‹Ma comm' l'ho comprata io: Prima Qualità›› commentò Bruno. Alessandro corse in bagno a vomitare.

 

La misteriosa ragazza che aveva tenuto testa a Alessandro non era altro che Manuela Russo, la figlia del pizzaiolo, che stava passeggiando insieme alla sorella di suo padre. La zia Mimì, che nonostante la giovane età, era stata per lei come una seconda madre poiché il padre dopo la scomparsa della moglie si era dedicato con tutto se stesso al lavoro.

La zia era alta sul metro e settanta, ed era molto formosa, portava un taglio di capelli -neri e lisci- corto all'ultima moda. Occhi grandi e color cioccolato, aveva la faccia di una che la sapeva lunga ed a cui non avresti potuto mentire. Vestiva sempre in modo molto appariscente, non per i colori, anzi di solito portava sempre il nero, ma per le vertiginose scollature ed i pantaloni aderenti. Anche lei era un Mutaforma, la sua trasformazione preferita era una gatta nera.

Come caratteristica dei Russo, anche lei aveva il naso aquilino.

‹‹Sembrava non ti piacesse nessuno e poi mi fai passare di qui per vedere quel ragazzo›› disse la zia.

‹‹Ma non è assolutamente vero.››

‹‹Ah no? Guarda che secondo me se n’è accorto anche lui. E poi quello non è roba per te.››

‹‹Come sarebbe?››

‹‹Quello è uno dei Giordano...››

‹‹Giordano? Quei Giordano?››

‹‹Sì, l’originale, figlio unico di Gennaro, Mr Licantropo…ma poi, dico io, tanti bei ragazzi nella pizzeria, ti vuoi mettere proprio nei guai?››

‹‹Ma quando mai. Io ci ho pure litigato con quello. Te lo stai inventando tu. E poi anche se fosse papà non avrebbe nulla in contrario, non gli piacciono queste cose…››

‹‹Tuo padre no, ma Diego sì. E poi l’altra famiglia… sarebbe uno scandalo se si abbassasse ai nostri livelli…››

‹‹In ogni modo nella pizzeria, non ce n’è uno decente.››

‹‹Neanche Roberto?››

‹‹Quello vuole andare subito al sodo.››

‹‹No, allora, cambia aria…››

‹‹Cambiare aria? Ma se me l’hai proposto tu.››

‹‹E poi pensaci, devo prima affrontare le trasformazioni. Come farei a spiegare ad un ragazzo “normale” il motivo per cui a letto trova un animale invece che me?›› ironizzò la ragazza.

‹‹Per andare a letto con qualcuno, questo qualcuno deve conoscere il tuo “dono”. Devi fare quel passo solo se ti fidi di lui.››

La ragazza continuò a passeggiare tenendo la testa bassa pensando a qualcosa che neanche lei sapeva dove potesse portarla.

Dopo poco giunsero alla pizzeria dove fu accolta dalla solita allegria del padre che usava ancora chiamarla “Piccirella” come ormai tutti. Diego si accorse subito che qualcosa non andava in sua cugina e cercò di informarsi, ma zia Mimì intervenne e per evitare l’argomento si mise a scherzare un po’ su Roberto.

‹‹Ehi tu. Cerca di fare bene il tuo lavoro e stai lontano dalla Piccirella.››

‹‹Ma cosa le ho fatto?›› rispose il povero ragazzo tirato in ballo per gioco.

‹‹Bello, io conosco le tue intenzioni, perciò…››

‹‹ODDIO zia smettila.›› Manuela cercò di fermarla già tutta rossa in viso.

‹‹Picciré, vieni a darmi una mano in cucina›› la richiamò il padre. Fu così che tutti tornarono a lavorare.

 

Bruno aveva riaccompagnato Alessandro a casa con la sua Fiat Punto blu elettrico, insieme a Maurizio. I due amici lo prendevano in giro mentre lui pallido si riprometteva di non fumare più.

‹‹È l’ultima volta che mi faccio passare una canna da voi››. Con questa frase chiuse lo sportello dell’auto ed entrò nel suo palazzo. Era così debole che si trasformò per le scale, per fortuna nessuno lo vide. Grattò la porta e la colf, scorgendo dallo spioncino un bellissimo lupo bianco e grigio, lo fece entrare. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** {CAPITOLO II} ***


Alessandro entrato in casa si rifocillò bevendo dell’acqua. Ritornò umano e si mise in tuta. Chiese alla domestica di andare a prendere i suoi vestiti lasciati per le scale a causa della trasformazione. Infine si diresse nella stanza in cui si trovava la madre.
La Signora Virginia Martini in Giordano aveva ancora un bell’aspetto: era sempre stata molto esile, somigliava ad una diva degli anni sessanta. Aveva i capelli chiari che portava sempre raccolti sulla nuca con un fermaglio a forma di fiore, caratterizzati da qualche meches bionda scolorita qua e là. Il naso sottile alla francese e gli occhi azzurri, grandi e luminosi come Alessandro. Era umana al cento per cento.
Qualcosa dentro di lei si era spento però, tanto che se l’avesse vista Don Raffaele non l’avrebbe nemmeno riconosciuta.
Nell’ ultimo periodo era anche peggiorata. Non parlava quasi mai, mangiava sempre meno e non voleva vedere nessuno, tranne la luce dei suoi occhi: il suo amato figlio Alessandro.
Il male che l’aveva colpita era qualcosa di inspiegabile specialmente per il marito, Gennaro Giordano che nella sua felicità vedeva anche quella degli altri.
La donna vedendo entrare Alessandro iniziò a seguire con lo sguardo la sua alta figura, accennando uno spento e lieve sorriso.
Quando Alessandro le si avvicinò, la donna si accorse subito che qualcosa non andava.
Da parte sua Alessandro più si approssimava a lei, più cercava di assumere un atteggiamento sereno, stato d’animo che in quel momento non gli apparteneva per niente.
Il ragazzo le si accostò per darle un bacio e dopo averlo fatto sentì la mano di sua madre bloccare la sua.
‹‹Cosa c’è?››
‹‹Niente di grave, mamma.››
Mentre si allontanava per non destare sospetti, si voltò di nuovo verso di lei, e vide che gli occhi di sua madre erano di nuovo diventati inespressivi, perciò tornò di nuovo accanto a lei.
‹‹A cosa pensi?››
‹‹Cosa c’è che tormenta te, caro?››
‹‹Ma niente, solo un po’ di mal di stomaco...››
‹‹Chiedi ad Irina di cucinarti qualcosa di decente...››
‹‹Va bene,vado di là a studiare.››
‹‹È  veramente tutto?››
‹‹Mamma, Bruno ha litigato di nuovo con uno dei Russo. Sono stufo. Non possiamo stare tranquilli, non so da cosa, da dove e come è iniziata questa rivalità che a me viene così innaturale. Siamo o no famiglie speciali? Non dovremmo far fronte comune?››
‹‹Lo dicevo a tuo padre che un giorno te lo saresti domandato, non sei uno sciocco.››
‹‹Cosa è successo mamma? Perché quest’odio?››
‹‹Nessun odio.››
‹‹NO? Tu come lo chiami il sentimento che prova papà o Bruno? Per te non è giusto che io sappia il motivo di tutto questo?››
‹‹È giusto che tu sappia, ma non cambierà niente...›› iniziò a raccontare in maniera così veloce e decisa da sembrare che in tutti questi anni non avesse voluto fare altro che parlarne con qualcuno.
‹‹Devi sapere che tuo padre e Raffaele Russo, erano grandi amici in passato, essendo cresciuti insieme, hanno condiviso tutto, gioie e dolori adolescenziali. Avevano frequentato le stesse scuole ed entrambi, appena diplomati come “cuochi”, erano stati assunti nello stesso ristorante. Questo, però, non li soddisfaceva, erano desiderosi di fama e soldi, e tuo padre era il più ambizioso tra i due.
Nello stesso periodo la mia famiglia si era trasferita a Napoli da Firenze, lo sai che sei metà fiorentino. Il nonno aveva intenzione di aprire qui una filiale della sua azienda di “Pasta” e di punto in bianco fummo catapultati in questo quartiere. I nostri vicini di casa erano proprio questi due ragazzi, Raffaele e Gennaro, un po’ più grandi di me, quasi ventenni. Io avevo appena sedici anni e si diedero un gran da fare per farmi inserire tra i loro amici.
A mio padre questo faceva molto piacere, Raffaele gli stava molto simpatico, diceva che era divertente ma serio e servizievole, voleva farmelo sposare... ma io ero una ragazzina... non ci pensavo ancora. A tuo padre non andava giù, lo sapevano tutti che era geloso ma più di esserlo di me non sopportava che Russo sposando la gallina dalle uova d’oro, avrebbe potuto ereditare l’azienda di famiglia.
Mi svelarono il loro segreto, dopo lo shock iniziale mi abituai all’idea. Raffaele mi divertiva, spesso sai andavamo fuori città, si trasformava in cavallo, io lo galoppavo per chilometri e chilometri, ridevo continuamente con lui. Tuo padre invece mi faceva paura. Scusa tesoro, non volevo offenderti, la fifa era relativa, ero solo una ragazzina.
Tuo  padre cominciò a corteggiarmi e scommise con tutti del quartiere che mi avrebbe sposato lui e non Raffaele. Non saprò mai se a tuo padre io sia mai interessata veramente, questo dubbio mi seguirà fino alla tomba ma è la mia maledizione per non aver aspettato che Russo uscisse di prigione.
Già, hai capito bene, fu accusato da tuo padre di aver rubato i soldi nel ristorante dove entrambi lavoravano, soldi che non sono stati trovati da nessuna parte naturalmente. Restò dentro per due anni, il tempo per me di diventare maggiorenne e rimanere incinta di tuo padre.
Il nonno ne soffrì molto, nessun Martini ha mai creduto che Raffaele fosse colpevole, io giovane e ingenua rimasi incinta e dovetti sposare Gennaro. Quando Raffaele uscì, andai da lui e quando seppe che mi ero sposata, mi disse che ormai non voleva più vedermi, e promise di vendicarsi.››
‹‹Lo ha fatto?››
‹‹Per ora no. Ma ormai le persone intorno si sono schierate: i mutaforma contro i licantropi più altre persone del quartiere che non conoscono la loro vera natura. Ma il mio errore ne sarà sempre la causa. Come ben sai loro non possono trasformarsi in lupi, è stato tuo padre a mettere questo veto, come pena: la morte›› disse con tono ironico, si capiva che considerava la cosa ridicola.
La donna riprese quell’espressione assente in viso e Alessandro capì che non avrebbe potuto riprendere mai più quella discussione. Le baciò la fronte e si ritirò nella sua stanza. La “tana”, così come la chiamava suo padre. Alessandro quando ci rientrava non la riconosceva perché troppo diversa da quella che lui ogni mattina lasciava nel pieno del caos: la colf la rimetteva in ordine ogni giorno. Alessandro esausto si buttò sul letto e pensò a suo padre, possibile che in passato era stato così vile? Si trasformò di nuovo in lupo, poi si addormentò.
 
Manuela rientrò abbastanza tardi quella notte, in pizzeria c’era stata molta gente. Era tornata da sola perché il padre era rimasto con i ragazzi per una partitina a carte. Di solito anche la ragazza rimaneva insieme a loro ma quella sera aveva uno strano stato d’animo. Decise di fare una doccia e i suoi pensieri ritornarono al discorso di Mimì.
“‹‹... E poi quello non è roba per te.››
‹‹Come sarebbe?››
‹‹Quello è uno dei Giordano..››.
‹‹Giordano, Quei Giordano?››
‹‹Sì, l’originale, figlio unico di Gennaro, Mr Licantropo… ma poi dico io tanti bei ragazzi nella pizzeria, ti vuoi mettere proprio nei guai?››
‹‹Ma quando mai. Io ci ho pure litigato con quello. Te lo stai inventando tu. E poi anche se fosse papà non avrebbe nulla in contrario, non gli piacciono queste cose…››
‹‹Tuo padre no, ma Diego sì.››”
Cercava di auto-convincersi che non era proprio il suo tipo.
“Sarà sicuramente come me l’ha descritto Martina: traditore e falso. Ma allora perché lei lo amava tanto? Io non mi sarei mai innamorata di una persona così o sbaglio?” bisbigliò tra sé.
Quello che la ragazza non riusciva a spiegarsi era il perché di tanto interesse, perché quel ragazzo, per cui doveva provare una naturale antipatia, la prendeva a tal punto. Poi pensò al segreto, la sua amica sicuramente non ne era a conoscenza. Uscita dalla doccia, si preparò per la notte, legò i suoi lunghi capelli neri e se ne andò di filato a letto sicura che quella notte non avrebbe chiuso occhio.
 
Iniziò un nuovo giorno e Alessandro fu svegliato dalle urla di Irina, la collaboratrice domestica.
‹‹Signore, il ragazzo scotta. È stato “lupo” tutta la notte, starà male. Avrà la febbre.››
Entrambi si precipitarono nella sua stanza, Alessandro non aveva ancora aperto gli occhi ma sentì la grossa mano del padre appoggiarsi sulla sua fronte.
‹‹Che sei? Un cavallo a papà? Non un lupo…›› commentò il padre. Fu allora che Alessandro riuscì ad aprire gli occhi ed a vedere la figura alta e il volto severo del padre.
‹‹Hai dormito vestito. Non ti sei manco liberato degli abiti dopo la trasformazione›› iniziò con un tono da rimprovero.
‹‹Guarda qui, le scarpe sul letto?›› mentre sfilava la tutta ad Alessandro, ancora lupo, lo osservò come in un incubo. Gli sembrò di essere ritornato a dieci anni prima, quando il padre gli prestava molte più attenzioni. Avrebbe voluto fermarlo in quel momento, ma non ne aveva neanche la forza. Lo mise a letto e Alessandro cercò debolmente di dire: “Non vi preoccupate. Sarà uno stupido raffreddore...” ma gli uscirono solo dei “Wuf, wuf” e nel frattempo il padre già gli aveva messo il termometro in bocca ed in men che non si dica aveva esclamato:
‹‹Cià Uagliò, avviso Maurizio che non vai a scuola, e tu Irì statt’accort’, se la febbre non scende chiamm’ o’ mierc' (ndr: medico). Quell’amico mio.››
Era sparito velocemente sbattendo la porta alle spalle. Irina uscì dalla stanza ma in pochi secondi vi ritorno con un aspirina. Alessandro perse il termometro dalla bocca.
‹‹Alessandro ora devi cercare di diventare “umano” che devi prendere la medicina. Così non so dartela.››
Il ragazzo ci mise più o meno cinque minuti, Irina gli allungò delle mutande, bevve l’aspirina sciolta nell’acqua.
‹‹Irina, per favore non dire niente alla signora e niente medico, altrimenti se ne accorge.››
‹‹Va bene, tu riposa ora›› rispose, allungò la mano verso il termometro e glielo infilò sotto il braccio questa volta.
 
A casa Russo, un campanello insistente svegliò Manuela, che si precipitò alla porta. Era la zia Mimì, che abitava sullo stesso pianerottolo, in vestaglia che la rimproverava.
‹‹Picciré, tuo padre mi ha detto di venirti a svegliare. Devi andare a scuola, sbrigati›› spingendola verso il bagno. Manuela dopo essersi stropicciata gli occhi prese coscienza di tutto e iniziò a prepararsi in tutta fretta. La ragazza si sentiva in colpa per non aver preparato la colazione al padre, come ogni mattina, ma come previsto quella notte aveva avuto difficoltà a chiudere occhio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** {CAPITOLO III} ***


Arrivò il compleanno di Manuela, 13 febbraio che quell’anno coincideva con il martedì grasso e quindi come di buon uso a Napoli quello significava: niente scuola.
I preparativi della festa a sorpresa erano andati per il meglio e quella mattina per concluderli in tempo Mimì e Don Raffaele erano usciti presto di casa. Il padre dopo averle augurato un buon compleanno, le aveva comunicato che sarebbe stato un giorno pesante in pizzeria. Lo stesso aveva fatto Mimì, giustificando la sua assenza con una visita ad una parente in un grave stato di salute. Manuela fu colpita da un forte sentimento di tristezza.
“È vero che non ho mai voluto festeggiare il mio compleanno, ma Mimì di solito una torta me la prepara. Mentre papà mi regala sempre qualcosa. Be' quest’anno non merito neanche quello. Poco male... la torta me la cucinerò da sola” sentenziò la ragazza continuando le sue faccende. Ad un tratto le venne in mente il giovane Giordano.
“Vorrei rivederlo. Sarebbe il mio regalo ideale...” infatti, l’influenza del ragazzo li aveva tenuti lontani per un po’ di tempo.
 
Casa Giordano era stata invasa dai due amici di Alessandro che erano andati a trovarlo per tutta la durata dell’influenza.
‹‹Signore, non li sopporto più, faccia qualcosa... stanno qui a mettere disordine dalla mattina alla sera›› esclamò la colf disperata.
‹‹Irina non ti preoccupà,la mia stanza mettiamo apposto noi›› la rassicurò Alessandro.
‹‹Cosa?›› si domandò esterrefatto Bruno.
‹‹Fila di là... sembra un inferno la mia camera.›› rispose il ragazzo.
‹‹A me piacerebbe far compagnia ad Irina...››
‹‹No, no vai di là...›› esclamò spaventata la ragazza.
‹‹Ma in Russia... hai il marito?›› le domandò il ragazzo.
‹‹No, sono vedova...››
‹‹Così giovane?››
‹‹In Russia si muore prima...›› rispose sarcastica.
‹‹Hai figli?››
‹‹Una bambina di 10 anni...››
‹‹Così giovane?››
‹‹In Russia i figli si fanno prima...››
‹‹Ma quanti anni hai?››
‹‹In Russia, non si chiede l’età di una donna.››
‹‹Veramente neanche in Italia. Dai Bruno lasciala in pace... andiamo di là...›› cambiò stanza, Bruno lo seguì velocemente.
‹‹Ma guarda che è un bel tipetto... magari qualche giorno la porto fuori›› gli disse Bruno con tono basso, facendo l’occhiolino.
‹‹FUORI? O DENTRO il solito albergo a due stelle?››
‹‹Come sei spoetizzante. Maurizio stai ancora mangiando sanguinaccio* (ndr: crema al cioccolato – niente sangue nonostante il nome- che a Napoli si prepara a Carnevale)?››
‹‹Irina è proprio brava a cucinare.›› esclamò l’amico continuando a sbafarsi con la bocca sporca di cioccolato.
‹‹È una donna perfetta...›› disse Bruno.
‹‹È uscito di testa›› esclamò Alessandro.
‹‹Stasera che fai Ale, scendi vero?›› gli chiese Maurizio.
‹‹Dopo una settimana in casa... non ce la faccio più. Sono stato più lupo che umano, quasi non so più camminare su due piedi. Se avete organizzato qualcosa sono dei vostri.››
‹‹Zio Tony vuole portarci al “Crazy Town”... c’è una festa in maschera›› lo informò l’amico.
‹‹Vengo con voi.››
 
 Manuela era uscita presto quella mattina. Aveva intenzione di preparare una cena per tutti i ragazzi della pizzeria. Diego l’aveva sempre rimproverata di non voler festeggiare il suo compleanno, era convinta che lui avrebbe subito accettato e coinvolto anche gli altri. Prima pensò di andare a fare la spesa al supermercato. Per arrivarci passò davanti al circolo sportivo con la speranza di vedere Alessandro ma senza rendersene conto ci entrò.
‹‹Cerca qualcuno?›› chiese Tony il proprietario.
‹‹No...›› la ragazza sembrò cadere dalle nuvole, si guardò intorno in cerca di una scusa plausibile.
‹‹Volevo chiederle se vendete accendini o cerini magari?››
‹‹Sì... ma comunque c’è un tabaccaio a due passi...››
‹‹Credevo fosse ancora chiuso…››
‹‹Ah, allora ecco... ma non dovrebbe fumare signorina... glielo dico io che fumo da quando avevo 13 anni... oggi ne ho 33... oddio so già vent’anni di sigarette›› le passò una scatola di cerini.
‹‹No, io non fumo... stamani mi si è rotto l’accendigas (MA CHE STO DICENDO?) e visto che devo cucinare… .. Poi ehm... anche per le candeline della torta(DI MALE IN PEGGIO )...››
‹‹Oh e di chi è il compleanno??››
‹‹È il mio.››
‹‹Ah, tanti auguri...››
‹‹Quanto le devo?››
‹‹Niente... un regalo... non è un granché ma basta il pensiero...››
‹‹Grazie... arrivederci.››
Mentre usciva, Tony la riconobbe e si stupì : perché quella ragazza era stata così avventata da entrare nel suo locale? Avrebbe dovuto sapere che era un licantropo...
 
“Che scema. Sono andata in un circoletto sportivo per soli uomini e ho raccontato a quell’uomo un sacco di ca**ate. Giordano, mi fai fare un sacco di stupidaggini.”
La ragazza chiamava Alessandro per cognome, non riusciva a ricordare come Martina lo chiamasse, forse perché l'amica l'aveva sempre nominato a periodi “A' Vita mia” o “Lo Stronzo”.
 
Tornata dal supermercato Manuela arrivò alla pizzeria. Tutti le fecero gli auguri e Diego le si avvicinò per abbracciarla.
‹‹Allora, “fresca maggiorenne”, a quando la patente?››
‹‹Penso entro la fine di quest’anno... dov’è papà? Mi aveva detto che oggi sarebbe stato un giorno pesante››. La sala si gelò. Don Raffaele era andato al locale con Mimì per gli ultimi preparativi.
‹‹È andato dal commercialista›› esclamò Diego dopo aver pensato velocemente.
‹‹Come mai? Non ci va Roberto a portare le fatture?››
‹‹Doveva parlargli d’altro...››
‹‹Ah. Diego, che dici, vuoi venire insieme ai ragazzi stasera a cena da me?››
‹‹Manu, veramente stasera c’è il veglione di Carnevale... vado ad una festa. Ed anche loro. Perché non vieni con noi?›› tutti iniziarono a dire qualcosa per convincerla ed infine.
‹‹Non saprei come vestirmi...››
‹‹Non è in maschera›› alla fine i ragazzi avevano convinto Don Raffaele ad abbandonare il progetto“travestimento”.
‹‹Be' a questo punto, visto che zia Mimì non c’è e papà non so a che ora torna, vengo...››
‹‹E vai›› esclamò Diego con entusiasmo. Manuela lasciò il ristorante felice di far qualcosa di diverso per il suo compleanno, ma nello stesso tempo delusa dall’atteggiamento di Mimì e del padre. Mangiò velocemente un panino, si stese sul letto, “dove sei Giordano?” e poi si addormentò.
 
Si svegliò alle sedici e trenta, l’appuntamento con Diego era alle venti. Si ritrovò con la forma di una gatta bianca perché aveva sognato la zia Mimì. Le capitava spesso, di svegliarsi in un'altra forma. Di corsa si fece una doccia, cominciò a sistemare i suoi capelli, ricci neri e lunghi, con un po’ di gel e iniziò a truccarsi... era difficile farlo da sola senza i consigli della zia Mimì ma si rimboccò le maniche perché quella sera voleva essere perfetta. Mise un po’ di ombretto sui suoi occhi nocciola lievemente a mandorla e dopo un po’ di gloss sulle sue labbra carnose ereditate dalla madre come il naso piccolo ed a patata. Indossò un’ abitino nero che con la sua carnagione scura faceva la sua figura e sopra una giacca compratale dalla zia, come le stesse decolté che portava ai piedi, che sicuramente non gli avrebbero fatto passare una bella serata, ma per una volta poteva fare questo sacrificio e abbandonare i soliti jeans e le adorate converse. Non era altissima, statura media “sei centocinquantotto centimetri di donna come tua madre” dichiarava sempre Mimì.
Quando fu pronta, Diego citofonò. Prima di scendere bussò alla porta della zia Mimì che non era ancora di ritorno. Delusa si precipitò giù.
‹‹Sei uno schianto. Lo sai che somigli a quella di ...›› esclamò Diego.
‹‹Wanted? Angelina Jolie... lo dici sempre, ma lo vedi solo tu.››
‹‹Ti dico che è così›› le assicurò il ragazzo.
‹‹Ma se quella è il mio opposto: alta, chiara e con gli occhi verdi.››
‹‹Ah sì? Che strano… l’ultima volta che l’ho vista ti assomigliava tantissimo… sono proprio bravi i truccatori al cinema… comunque io la preferivo truccata, per questo tu sei più bella, perché tu sei naturale…››
‹‹Vabbuò dai ho capito, non sai neanche tu di cosa e di chi stai parlando…››
 
A casa Giordano i tre ragazzi stavano per partire all’avventura. I due amici di Alessandro lo avevano costretto a vestirsi di nero e a mettersi una maschera da scheletro, mentre Bruno era un Samurai e Maurizio un Ninja.
‹‹Ma il più brutto sono io›› si lamentò il ragazzo.
‹‹Non abbiamo avuto tempo di pensare al tuo... non sapevamo neanche se venissi...›› giustificò Bruno. I due nel frattempo continuavano a mangiare il sanguinaccio di Irina.
‹‹Siete dei porci. Poi lo scheletro cosa c’entra con un samurai e un ninja?›› chiese Alessandro.
‹‹Neanche Zio Tony ha qualcosa di abbinato. Fa il carabiniere volevi travestirti da poliziotto o da pompiere?›› chiese Maurizio.
‹‹Lasciamo perdere va... andiamo›› Alessandro si rassegnò. I tre si misero in marcia e dopo cinque minuti Bruno si accorse di aver bisogno di benzina.
‹‹Ho fatto il pieno una mese fa›› si chiese stupito.
‹‹Appunto. Un. Mese. Fa. Dove vai? Tony abita dall’altra parte›› esclamò Alessandro.
‹‹Lo so, ma vado da un benzinaio di fiducia... faccio i punti con la benzina.››
‹‹E cosa vinci?›› chiese Maurizio.
‹‹Una vacanza in Egitto...››
‹‹Tu? Che non hai mai vinto neanche con le gomme da masticare?›› chiese Alessandro.
‹‹Allora opto per la borsa da viaggio›› Bruno non si perse d’animo.
‹‹Forse è meglio. Sbrigati però abbiamo l’appuntamento con lo zio Tony›› esclamò Maurizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** {CAPITOLO IV} ***


Manuela e Diego arrivarono al locale, il “Blue Star”. Don Raffaele si era accordato con il proprietario ed aveva fatto spegnere tutte le luci.
‹‹È chiuso. Sei sicuro che era questo il locale?›› chiese Manuela.
‹‹Strano, eppure Roberto mi ha detto... ma guarda la porta è aperta…›› fece per entrare.
‹‹Non andare. Ti caccerai nei guai›› obbiettò la ragazza con voce spaventata dato il buio pesto. Diego però ormai era sparito ed anche lei fu costretta ad entrare per cercarlo. Una volta giunta al centro della sala un bagliore le accecò gli occhi e degli applausi le fecero sobbalzare il cuore.
“Sorpresa” gridarono tutti a gran voce. Manuela si guardò intorno, in prima fila c’erano il padre e la zia, in quel momento si sentì in colpa per aver pensato male di loro, poi c’erano Diego, gli altri parenti, i ragazzi della pizzeria, le persone del palazzo e gli amici di scuola: tutti erano lì per festeggiarla. La gente le si avvicinava per baciarla e darle gli auguri e lei era così commossa da non riuscire a dir niente per ringraziare. Con le lacrime agli occhi pensò di non dover chiedere altro a Dio, era così grata a tutti. Un pensiero andò a sua madre che aveva deciso di morire pur di farla nascere.
 
Di fronte al locale si era fermata la macchina dei tre ragazzi.
Il destino non si può cambiare, lo si può rallentare, ma non puoi tirarti indietro a ciò che ha deciso per te...
‹‹Ed è qui il benzinaio?›› chiese Maurizio.
‹‹Sì.››
‹‹Guardate di fronte c’è il “Blue Star”... ormai ci troviamo qui... perché non ci andiamo?›› propose Alessandro.
‹‹Perché Tony sa già dove si deve andare›› gli rispose Bruno mentre Alessandro sentendo le voci alte si domandava se fosse una festa privata.
‹‹Cos’è che vibra?›› esclamò Maurizio appoggiandosi a Bruno.
‹‹Il cellulare. Tony... ›› Bruno rispose mentre gli altri due commentavano sulla “vibrazione”.
‹‹Non vuole più aspettare... andiamolo a prendere›› disse Bruno.
‹‹Veramente io dovrei andare in bagno... sarà stato il sanguinaccio di Irina... devo correreeeeeeee›› Maurizio si diresse verso il benzinaio per chiedere “aiuto”.
‹‹È proprio un demente. Sa quanto Tony si arrabbia per i ritardi›› esclamò Bruno. Alessandro allora si offrì di rimanere con Maurizio.
‹‹Ora finisci di fare benzina e veniteci a prendere dopo›› si diresse anche lui verso il bagno del benzinaio.
 
La festa di Manuela continuava, le avevano presentato il giovane figlio del proprietario, Filippo Quercia, che dal primo momento aveva continuato a corteggiarla in modo schietto.
Il ragazzo non era brutto, ma troppo magro, addirittura più di Giordano. Aveva un viso spigoloso e gli occhi neri un po' sporgenti. I suoi capelli erano biondi portati a spazzola e dulcis in fundo, quando sorrideva gli si vedeva un incisivo spezzato.
 I suoi complimenti intimidivano e nello stesso momento infastidivano Manuela, non essendo per niente interessata fingeva di non riuscire a sentirlo a causa della musica forte. Questa scusa però aveva peggiorato la situazione, infatti Filippo le aveva chiesto di uscire dal locale per “chiacchierare meglio”.
 
‹‹Stai bene? Ci vuole ancora parecchio tempo? Muoviti›› gridava Alessandro fuori dal bagno.
‹‹Senti Ale, se tu mi urli non mi fai concentrare e... da qui dentro non ne esco più. Vai a farti un giro.››
Il ragazzo si allontanò abbastanza nervoso a causa della serata cominciata male. Decise di fare un giro nei dintorni del locale per capire di cosa si trattasse. Per circolare inosservato passò dal retro e sentendo delle voci, si accostò per vedere chi fosse. Ciò che scorse portò in lui un forte senso di delusione.
“È  la ragazza che passa sempre per il circoletto. Quello sarà il suo ragazzo...” commentò tra sé. “Però gioca abbastanza sporco, passa, mi guarda ma ha già il ragazzo. Le donne sono tutte uguali, ha ragione Tony.” fece dietrofront ma le voci di quei due diventarono più alte. Ritornò dunque indietro.
‹‹Ma sei matto? Non sono venuta fuori per cercare “intimità” con te ... ma solo per essere gentile...›› lamentava Manuela.
‹‹Mi stai provocando dall’inizio della serata.›› Filippo cercò di allungare le mani.
‹‹Che fai? Mi fai schifo...›› gridò la ragazza.
“Eccola. Lo stesso tono che usò con me fuori la scuola, che linguaccia. Non penso sia il suo ragazzo... forza Alessandro fatti avanti, è quella che ti piace o no?” il ragazzo si auto-convinse ed intervenne.
‹‹Non penso che sia giusto costringerla›› si intromise sbucando fuori.
‹‹Che vuoi, buffone con la maschera?›› rispose Filippo stizzito.
‹‹La DEVI lasciare in pace.››
‹‹E tu chi sei? Ma che vuoi?››
‹‹Vedi che non sopporta la tua vicinanza neanche di un metro? Come puoi costringerla a baciarti?››
‹‹Ti stai intromettendo troppo per i miei gusti....››
‹‹Conosco persone a cui non farebbe piacere sapere come la stai trattando.›› In realtà Alessandro aveva detto questa frase solo per spaventarlo, non conoscendo la vera identità di Manuela. Filippo lanciò un’occhiata non poco minacciosa a tutti e due e se ne andò infuriato continuando a bisbigliare qualcosa di poco simpatico contro Alessandro.
I due rimasero soli e Alessandro si sentì stranamente emozionato.
‹‹Grazie›› si introdusse Manuela, che non sapeva ancora chi si nascondesse dietro quella maschera.
‹‹Prego, ti converrebbe stare attenta. Cerca di non allontanarti con tutti›› disse Alessandro con tono di rimprovero.
‹‹Tutti? Non mi conosci neanche e... che ne sai tu di me?››
‹‹Certo scusa, ma... vederti con quello lì... no niente... come ti chiami?››
‹‹Manuela... cosa fai qui?››
‹‹Niente, dovevo andare ad una festa “da come vedi” in maschera, ma poi un incidente di percorso...››
‹‹Capito. Meglio che rientri...››
‹‹Aspetta›› la fermò contro il muro con il braccio teso e si accostò a due centimetri dal viso poi finalmente levò la maschera. Manuela rimase di pietra il cuore cominciò a batterle forte.
‹‹Giordano?›› esclamò senza rendersene conto.
‹‹Mi chiamo Alessandro... Giordano è il cognome... molto piacere Manuela...›› rise e poi la liberò per porgerle la mano.
‹‹Sì, lo ss...o .. cioè so che Giordano è il cognome›› iniziò a balbettare e ad allontanarsi.
‹‹Perché ti allontani? Se sono così brutto rimetto la maschera.››
‹‹NO›› rispose lei con impeto.
‹‹No… intendi che NON sono brutto? O NO, non fa niente non rimettere la maschera...››
‹‹Insomma che cos’è questo un quiz a premi?›› Alessandro rise di gusto.
‹‹Per cosa ridi?›› chiese lei.
‹‹La vicinanza con gli uomini ti spaventa così tanto?››
‹‹No è la tua vicinanza che... MA CHE STO DICENDO?››
‹‹Non lo so, spiegamelo tu...››
‹‹Rimettiti la maschera...››
‹‹Non posso, voglio fare una cosa...anzi DEVO proprio farla.››
‹‹C...he...?››
‹‹Adesso vedi...›› le si avvicinò e le accarezzò il viso. Manuela questa volta non riuscì ad allontanarsi, non sapeva come resistere alla bellezza di quel ragazzo. Guardò i minimi dettagli del suo viso. Era lui con i suoi occhi grandi, luminosi e azzurri, le sue labbra perfette e il suo sorriso accattivante. Le prese delicatamente il mento e le alzò la testa, era molto alto, e lei si perse in lui. Si stavano baciando, le braccia di Alessandro ora la avvolgevano completamente. L’incantesimo, anche se i due non avevano intenzione di fermarsi, si spezzò a causa della voce di Maurizio. ‹‹Alessandro, dove ti sei cacciato?››
‹‹È Maurizio il mio amico...›› disse lui, con tono seccato.
‹‹Meglio che tu lo raggiunga... anche i miei mi staranno cercando, Filippo sarà rientrato e...››
‹‹Ho bisogno di parlarti ancora. Tornerò verso l’una. Inventati qualcosa per stare più tempo fuori dal locale.››
‹‹Va bene...›› rispose la ragazza sorridendo, lui non riuscì a resistere, la teneva ancora stretta e la baciò un'altra volta. La voce di Maurizio li interruppe di nuovo. Alessandro ancora più seccato si decise a liberarla. Sì allontanò voltandosi verso di lei, ancora molte volte, prima di scomparire. Manuela rimase immobile per pochi minuti, toccandosi il viso arrossato, poi rientrò nel locale. Anche Alessandro allontanandosi continuava a pensare a lei. Il suo meditare fu interrotto dal sopraggiungere di Maurizio che lo intimò ad allontanarsi da quel posto.
‹‹È la festa dei diciotto anni di MANUELA RUSSO... la figlia di Don Raffaele, i Mutaforma›› Alessandro rabbrividì.
‹‹Me lo ha detto uno fuori il locale a cui ho chiesto se ti avesse visto... be' ho chiesto di uno scheletro...e lui ha iniziato a fare mille domande su di te...››
‹‹Tu cosa hai fatto?››
‹‹Ho detto chi eri in realtà. Ma era prima che dicesse che fosse la festa dei Russo...››
‹‹Al diavolo. Andiamo, gli altri ci staranno aspettando.››
Il ragazzo cercò di sembrare freddo e distaccato ma la disperazione lo assalì. Perché? Manuela conosceva il suo cognome, forse per questo si era allontanata inizialmente? I dubbi riempirono la testa di Alessandro, pensava alla ragazza ed a come quei baci potessero metterla nei guai. Andare o non andare da lei all’una? Il suo viso però parlava chiaro.
‹‹Cosa hai Ale?›› chiese Maurizio.
‹‹Non mi sento di nuovo bene... aspetterò gli altri ma mi farò riaccompagnare a casa.›› 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** {CAPITOLO V} ***


Come previsto Tony e Bruno stavano aspettando Alessandro e Maurizio.
‹‹Dove eravate? Vi stavamo telefonando ma il cellulare di Maurizio è rimasto in macchina mentre il tuo Ale... ma è spento?›› chiese Tony.
‹‹Fa vedere? È scarico....››
‹‹Ragazzi, questo qui ora va a casa...›› informò Maurizio.
‹‹Sì ragazzi, non mi sento ancora bene... se venissi di sicuro non mi divertirei e rovinerei la serata a voi...››
‹‹Ok, tanto sei a due passi... sali ti accompagno›› si propose Bruno.
Alessandro arrivò a casa, il padre non era ancora rientrato, la madre era come sempre chiusa in camera. Si stese sul letto. Pensò a lei, a Manuela. Possibile che avesse accettato di baciarlo sapendo che fosse un Giordano? E dunque un Licantropo? Come si doveva comportare adesso? Doveva andare all’appuntamento che le aveva dato?
 
Tony, Maurizio e Bruno diretti al “Crazy Town” parlavano dello strano comportamento tenuto da Alessandro.
‹‹Magari si è spaventato perché gli ho detto che era una festa dei Mutaforma e che avevo parlato di lui ad uno fuori il locale...›› esclamò Maurizio.
‹‹È  vero. La figlia di Don Raffaele è venuta al circoletto a prendere i cerini. E mi aveva detto che era il suo compleanno›› aggiunse Tony.
‹‹Cosa?›› si domandò Bruno stupito.
‹‹Non chiedermi altro. È sembrato bizzarro a me per primo...l’ho riconosciuta dopo...››
‹‹Boh? Però anche il fatto che Alessandro si spaventi mi sembra molto strano... tu poi Maurizio parli troppo... i Russo sono gente strana, si impressionano... magari hanno pensato che Alessandro era là per rovinare la festa.››
‹‹Sei un idiota Maurizio›› disse Tony.
‹‹Non l’ho fatto apposta›› rispose Maurizio mortificato.
 
Alessandro chiuso ancora nella sua stanza riuscì a prendere una decisione. Sarebbe andato all’appuntamento ma per dirle addio. Sentì il padre rientrare chissà da dove mentre per lui era quasi arrivata l’ora di riuscire.
 
Per il resto della festa Manuela non fece altro che pensare a quale scusa inventare per uscire all’una. Alcuni amici di classe le dissero di dover ritornare a casa perché l’indomani c’era scuola... le venne allora in mente di dire che sarebbe uscita con loro. Presa dal timore andò a parlare con suo padre, “o la va o la spacca” pensò.
‹‹Papà, alcuni miei amici vanno a farsi un giro...››
‹‹Ti dispiace?››
‹‹Un po’ sì.››
‹‹Ma dove vanno?››
‹‹Così in giro per Napoli...››
‹‹Chiedi se puoi unirti a loro, vai a papà, è ancora la tua festa, no? Noi stiamo un altro po’ qui...››
‹‹Sei sicuro che non ti dispiace?››
‹‹Se mi fosse dispiaciuto non te l’avrei proprio proposto...››
‹‹Grazie papà, di tutto›› lo abbracciò forte e un po’ le sembrò di tradirlo, ma sentì anche che quella sera avrebbe dovuto vedere Alessandro in quanto avevano avuto troppo poco tempo.
 
Alessandro giunse con il suo zip rosso(e scassato)fuori al locale. Manuela era lì ad aspettarlo. Si scambiarono un timido saluto, l’aria era gelida e Alessandro la invitò a farsi un giro. Dopo parecchia strada si fermarono vicino ad alcuni giardinetti molto distanti dal locale.
‹‹Ti sei allontanato molto... non lo levi il casco?››
‹‹Mi sono allontanato molto è vero... ed ho ancora il casco perché...››
‹‹Perché?››
‹‹Manuela io non avevo idea che tu fossi quella Manuela...››
‹‹Quella Manuela?››
‹‹Manuela Russo...››
‹‹Ecco svelato il problema. Manuela Russo, la Mutaforma.››
‹‹Perché hai accettato che ti baciassi, invece di evitarmi?››
‹‹Perché?››
‹‹Sì, perché?››
‹‹Cavolo, perché mi andava. Che domande.››
‹‹Non possiamo rivederci più ... lo sai?››
‹‹Perché cambi paese, città o nazione?››
‹‹Ma proprio non capisci?››
‹‹Mi è difficile, se tu non mi spieghi dov’è il problema? Non siamo entrambi esseri “speciali”?››
‹‹Il problema è che ti conviene starmi lontano...››
‹‹Mi conviene? Tu mi stai discriminando. Mi stai mettendo una croce sopra a causa di mio padre, del mio nome e per quello che sono e tu non sei meglio di me.››
‹‹Non sai quello che stai dicendo.››
‹‹Tu non lo conosci, non c’è una persona al mondo più buona di lui. È un uomo fantastico... mi ha lasciata venire stasera... non sa con chi sono ma si fida di me, dei miei sentimenti... non puoi fare questo...››
‹‹Io lo faccio per proteggerti. Non posso metterti nei guai.››
‹‹Io non mi sento in pericolo... voglio solo stare... con te›› Alessandro a queste parole provò un forte calore al cuore, levò il casco e la baciò, Manuela lo abbracciò forte e gli chiese di restare così per un po’ anche se ormai aveva deciso di chiudere con lei. Alessandro tirò fuori dalla tasca una collana, e le augurò buon compleanno anche se in ritardo. Gliela consegnò e le disse che era la sua preferita, gliel’aveva comprata suo padre, in Spagna, durante uno dei pochi viaggi fatti insieme ai tempi che tra loro tutto era diverso.
La collanina era di cautchu e sotto aveva una medaglietta con su disegnato un tulipano stilizzato.
‹‹La scelse mia madre, nemmeno sapesse che un giorno mi sarebbe servita, disse che era ideale per le dichiarazioni. Lei stessa mi raccontò una leggenda popolare: sembra che il fiore sia nato dal sangue di un giovane suicidatosi per amore. Mi spiegò anche che il tulipano era perfetto per dire che amiamo e ameremo per sempre qualcuno...›› spiegò lui con voce bassa.
Manuela gli fu molto grata, le tremavano le gambe, e chiese se era un problema per lui separarsene. Lui ribadì di tenerla. Lei promise di non levarla mai se lui avesse dato a loro due una possibilità. Alessandro non rispose ma le strinse forte le mani.
 
Dopo un po’ di tempo insieme la riaccompagnò a casa, facendo attenzione a non essere visto. Si abbracciarono e lui aspettò che varcasse la soglia del suo cancello per poi ritornare a casa senza sapere cosa sarebbe successo l’indomani.
Manuela rientrò in casa, il suo caro padre stava già dormendo. Si chiuse in camera pensando di non aver alcun modo per ricontattare il suo amore. Ma lo ringraziò mentalmente per il tempo, anche se poco, dedicatole e per la collana.
 
Arrivò l’alba e arrivò la mattina per i due ragazzi. Manuela si svegliò stavolta farfalla (come quelle che aveva nella pancia) ma si riprese presto ed era così impegnata a correre per non fare ritardo a scuola che non pensò nemmeno un attimo a lui. Arrivata in classe invece non riuscì a fare altro.
Alessandro entrò a scuola con un’ora di ritardo dopo una settimana di assenza dovuta all’influenza. Si sedette in fondo, nell’ultimo banco e pensò a come poterla rivedere.
 
La loro lunghissima giornata scolastica terminò, la ragazza fuori scuola ebbe una visita imprevista. Proprio davanti a lei ad aspettarla trovò Filippo Quercia il disturbatore della festa.
‹‹Ciao Manuela.››
‹‹Ciao.››
‹‹Ti accompagno a casa, ti va?››
‹‹Non mi sembra il caso... e poi sono qui a due passi è solo una fermata della metropolitana... non ti preoccupare...››
‹‹Sono venuto qui di proposito. Non ti sembra scorretto lasciarmi andare così?››
‹‹Così come?››
‹‹Senza darmi un po’ di soddisfazione.››
‹‹Cosa? Ti ho detto solo che non è il caso che tu mi accompagni...››
‹‹E no... ora ti fai accompagnare, caspita.››
‹‹Filippo... ti ripeto....››
‹‹Ieri sei stata più di mezz’ora fuori il locale con quel tipo...››
‹‹Quel tipo?›› si chiese preoccupata pensando si riferisse al loro incontro dopo l’una.
‹‹Sì, ieri sono rientrato... ma tu sei tornata nel locale mezz’ora dopo... cosa hai fatto con quello lì? Non pensi che dovresti preoccuparti di lui piuttosto che di me?››
‹‹Io non ho fatto niente di male con LUI. E poi non sono affari tuoi, io mi fermo a parlare con chi mi pare e piace...››
‹‹Tuo cugino non ne sarà contento...››
‹‹Non puoi essere così meschino....››
‹‹Vedrai. Allora che fai? Lo prendi il passaggio o no?››
‹‹Filippo, sali in macchina e VATTENE.›› Il ragazzo se ne andò molto arrabbiato ma Manuela lo era ancora di più. Possibile che uno sconosciuto potesse mettersi in mezzo tra lei e Alessandro? Il loro rapporto creava già problemi nonostante fosse iniziato solo da poche ore?
Tornò a casa con la testa tra le nuvole, pranzò con la zia Mimì che subito dopo la richiamò all’ordine per farla studiare.
‹‹Mia cara, perché non cominci a darti da fare? Questo è il tuo ultimo anno... non hai l’interrogazione di greco domani?››
‹‹Non so se è domani... sono rimasta tra i pochi da interrogare... ma...››
‹‹Studia Manuela. Un medico in famiglia fa sempre comodo...››
‹‹Anche se oggi non è ho tanta voglia, lo farò...UMPF...››
‹‹Se parti così non la finirai mai con questo libro... almeno dimmi cos’hai? Hai il volto così distratto e perplesso... me lo dici?››
‹‹Zia, davvero non ho niente. Una persona, per un giorno solo in nove mesi, non può avere voglia di uscire invece che di studiare?››
‹‹Una persona sì... ma tu no.››
‹‹Io NON sono una persona, sono un topo da biblioteca, forse?››
‹‹Non sto dicendo questo...›› il telefono di casa interruppe la conversazione.
‹‹Lascia, vado io›› si propose Manuela.
Raggiunse il telefono con uno stato d’animo terribile.
‹‹Pronto?››
‹‹Speravo rispondessi tu... buonasera›› dall’altro capo del telefono era Alessandro.
‹‹Ales...ehm… ciao.››
‹‹Non sei sola per questo non puoi dire per intero il mio nome...››
‹‹Esatto...››
‹‹Capisco, ti va di vederci?››
‹‹Sì, dove?›› rispose immediatamente senza pensarci due volte.
‹‹Mi fa strano che tu risponda a monosillabi... be'... prendi la metropolitana e scendi alla terza fermata... ti aspetterò li tra mezz’ora, sono in motorino.››
‹‹Terza fermata? Ok...››
‹‹Un bacio...››
‹‹Ciao.››
La ragazza si preparò, disse alla zia che la sua amica Alessandra, la stessa con cui era andata via dalla festa la sera precedente, l’aveva invitata a casa sua per studiare. Uscì con il libro di greco nella borsa, dirigendosi verso la stazione della metropolitana.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** {CAPITOLO VI} ***


Manuela prese il treno e scese dove le aveva indicato Alessandro. Il viaggio le era sembrato interminabile. La voglia di rivederlo era tanta, come quelle di ascoltare la sua voce e sentire il suo profumo... aveva intenzione di chiedergli tante cose e sperava di averne tutto il tempo. Uscì dalla stazione guardandosi intorno e dopo poco riuscì a captare la sua figura: era lui, bello come il sole che l’aspettava dall’altra parte della strada. Nello stesso istante anche lui si accorse del suo arrivo e si alzò dal motorino dove era seduto. Manuela continuò a camminargli incontro e lui la raggiunse.
‹‹Avevo voglia di vederti›› le sussurrò mentre l’abbracciava. Lei sorrise, respirando intensamente il suo profumo.
‹‹Dove si va?›› chiese lei.
‹‹Alla spiaggietta qui vicino... non c’è quasi nessuno in questo periodo.››
I due raggiunsero la spiaggia con gran impazienza di parlarsi e scoprirsi l’un l’altro.
‹‹Pensavo che venissi, chessò, come un piccione…invece sei prorpio venuta in metropolitana›› rise lui.
‹‹Credo che conosci il problema, Alessandro. I vestiti.››
‹‹Ah certo, anche voi rimanete incastrati…tra scarpe, calzini, pantaloni.››
‹‹Sì, li nascondiamo per strada e poi andiamo a prenderli›› risero e si resero conto di essere più simili di quanto pensassero.
‹‹Com’è andata oggi a scuola?›› iniziò lui, sedendosi su una barchetta lasciata incustodita sulla spiaggia.
‹‹Be' insomma... ero un po’ distratta...››
‹‹Spero di essere io il motivo della tua distrazione...››
‹‹In effetti sì...››
La risposta spiazzò il ragazzo, che le sorrise e l’abbracciò.
‹‹Non farci caso... ›› si giustificò lei. ‹‹Di solito non sono così schietta...››
‹‹Ti riesce facile solo con me?››
‹‹A dire il vero, sì... con te non riesco a nascondere i miei sentimenti... in questo momento sono al settimo cielo... e di solito non lo dico così apertamente... quanto meno lo dimostro... almeno con gli altri è sempre stato così...››
‹‹Gli altri?›› chiese lui indispettito.
‹‹Gli altri ragazzi intendo.››
‹‹Altri ragazzi? Ce ne sono stati allora...››
‹‹E sì... ma non pensare...››
‹‹No, guarda basta così. Già quello che ho sentito mi ha parecchio irritato...››
‹‹Sei geloso di me?››
‹‹Geloso è dir poco.›› Manuela lo abbracciò felice della dichiarazione appena ricevuta e poi lo baciò teneramente sulle labbra.
Fu il primo bacio del loro primo appuntamento.
Alessandro si fece avanti e iniziò a baciarla con più passione.
La ragazza si staccò come se le mancasse il respiro e approfittò del momento per fargli qualche altra domanda.
Parlarono di loro, di cosa erano e di cosa volevano diventare. Lui confidò di avere il destino già segnato, anche se avrebbe voluto viaggiare era destinato a prendere le redini dell’azienda di famiglia dopo il padre. Manuela lo guardò attentamente mentre diceva quelle cose e non le sembrò per niente felice, anzi il suo sguardo era tra il malinconico e il rassegnato. La ragazza invece aveva affermato sicura di se...
‹‹Io farò il medico, la ginecologa con precisione, e non solo perché mia madre è morta di parto. Tutti possono pensare che io voglia riscattarla aiutando altre donne sfortunate come lei... che non hanno potuto godere della gioia della maternità e che hanno scelto di morire pur di far nascere la loro creatura… be' forse inconsciamente è questo il motivo... ma è anche vero che io sin da bambina sogno di fare quel mestiere. Sono ancora indecisa, potrei anche optare per ostetricia. Mia madre era un’umana come la tua, ma si sa che il gene speciale prevarica sempre…››
Alessandro un po’ ne aveva sorriso, però in cuor suo era fiero di lei, anche se conosceva da poco la ragazza, era felice della sua sicurezza nel parlare del futuro.
In quel giorno di febbraio l’aria non era affatto fredda come una
solita giornata invernale... c’era una certa calma in tutto ciò che circondava i ragazzi.
‹‹Com’è bello qui. Penso di esserci venuta solo da bambina.››
‹‹Come? È  a due passi da dove abitiamo.››
‹‹Diciamo che non sono all’altezza della zona…››
‹‹Io invece qui venivo sempre con mio padre e con gli amici adesso ci vengo ancora spesso... vedi quella finestra di fronte? È del mio appartamento... volevo portarti ma poi tu magari avresti potuto pensare che avessi cattive intenzioni.››
‹‹Avere un appartamento qui è da ricchi. Giordano tu sei ricco?››
‹‹Io non sono ricco, mio padre... la mia famiglia lo è. Io non ho fatto niente per esserlo.››
Il tono di Alessandro si era abbastanza alterato, possibile si sentisse in colpa di avere una famiglia facoltosa? Manuela non volle approfondire la conversazione per non turbare di più il ragazzo. Cercò allora di deviare il discorso.
‹‹Cattive intenzioni? In che senso scusa?››
‹‹Che ne so magari ti saresti insospettita...››
‹‹Insospettirmi? Sono venuta “nel pieno della notte” in giro con te....››
‹‹Nel pieno della notte? Era appena l’una…››
‹‹Per me l’una è nel bel mezzo della notte...››
‹‹Per me ed i miei amici iniziano le serate a quell’ora... bambina.››
‹‹Bambina? Giordano “l’uomo vissuto”...››
‹‹Mi chiamo Alessandro... perché non ti entra in testa?››
‹‹Va bene, va bene. Alessandro l’uomo vissuto...›› lui le sorrise e l’abbracciò forte poi le chiese...
‹‹Continua...››
‹‹Cosa?››
‹‹Hai detto: “sono venuta nel pieno della notte in giro con te...”››
‹‹Be' ...sono venuta con te in giro nel pieno della notte, anche se per te non era notte ma giorno, perché a pelle mi fido e...››
‹‹Questo per esempio mi fa piacere... continua...››
‹‹... quindi se mi avessi portata nel tuo appartamento... non mi sarei preoccupata›› lui la guardò fisso negli occhi e la baciò con  dolcezza.
 
La zia Mimì guardava inquieta l’orologio chiedendosi l’ora in cui sarebbe tornata Manuela. La ragazza quel giorno le era sembrata molto strana e il suo atteggiamento non l’aveva convinta.
Il suo dubbio fu alimentato a causa di una telefonata giunta all’improvviso a casa Russo. Infatti sfortunatamente fu proprio Alessandra, la ragazza da cui Manuela aveva detto di andare a chiamare a casa.
‹‹Mimì, Manuela non c’è? Avevo bisogno di una mano per la versione di greco... mi fai chiamare quando torna?››
Quella telefonata, aveva mandato la zia su tutte le furie e non vedeva l’ora che Manuela tornasse per farle una bella ramanzina.
 
Filippo raggiunse la pizzeria con il proposito di incastrare Manuela e il suo difensore. Chiese di Diego, che lo accolse con calore ma gli disse dispiaciuto di aver poco tempo in quanto molto impegnato in pizzeria.
‹‹Questa la devi sentire...›› affermò Filippo al ragazzo.
‹‹Sono andato a prendere Manuela a scuola... ma non è voluta salire in macchina.››
‹‹Ed io cosa c’entro? Non chiedermi di metterti una buona parola perché non sono il tipo... se non ti vuole, cosa devo dirti? Fattene una ragione...›› rispose Diego infastidito dall’argomento.
La risposta non aveva tanto soddisfatto Filippo.
‹‹E vuoi sapere con chi è stata, la sera della festa per più di mezz’ora fuori il locale?››
‹‹Senti, Filì... io devo lavorare... se sei venuto a sparlare di mia cugina, proprio qui...caschi male. Lei può far quel che vuole...››
‹‹Ti pentirai della risposta che mi hai appena dato.››
Filippo girò le spalle furente, Diego rientrò in pizzeria perplesso.
 
Arrivò il momento delle curiosità. La ragazza chiese ad Alessandro di spiegarle il suo “essere licantropo”.
‹‹Bene, qualcuno azzannò il sedere di qualche mio antenato e da allora tutti nasciamo così. Alcuni la prendono come maledizione a me viene abbastanza naturale. E poi non ti dico che soddisfazione correre sotto la Luna Piena›› indicò con una mano il cielo sognante.
‹‹Allora è vero che uscite in “branco”, credevo fosse una leggenda di mio padre.››
‹‹No, è vero. Ci divertiamo ad andare in giro ed a correre come i matti. Raggiungiamo anche i boschi al confine con la Campania, partendo dalle spiagge. La Luna per noi è il richiamo più forte di qualsiasi cosa. È impossibile non trasformarci.››
‹‹E ci andate proprio tutti? A correre…››
‹‹Direi di sì, eccetto mio padre.››
‹‹Non deve essere facile, be’ intendo state dormendo appare la Luna e vi svegliate per una corsetta. Il giorno dopo non siete stanchi?››
‹‹Assolutamente no, anzi siamo rigenerati. Non c’è niente di meglio›› e le accarezzò la guancia.‹‹Poi ci trasformiamo per rabbia, durante discussioni con qualche persona, che non sa, ce la diamo a gambe improvvisamente perché ci rendiamo conto che stiamo per esplodere…››
‹‹Esplodere, non saprei definire meglio la trasformazione. Anche io mi sento di esplodere a nuova forma…››
‹‹Ecco, ed anche se siamo deboli, tristi ed ammalati, ci trasformiamo. Infatti spesso ci rivolgiamo a veterinari di“fiducia”.››
‹‹Fiducia? Voi parlate di questa cosa anche a chi non fa parte della “famiglia”?››
‹‹Sì, dobbiamo. La mia colf lo sa, perché in casa a volte giro come lupo, se sto male o sono arrabbiato, e lei dopo il terrore iniziale si è abituata. E poi il veterinario di fiducia, ci affidiamo alla sua famiglia da anni›› e Alessandro tagliò a corto dicendo che era arrivato il suo turno.
Ma era l’ora per Manuela di rientrare. Gli promise che gliene avrebbe parlato la volta successiva.
Alessandro la riaccompagnò alla stazione. Avevano deciso di vedersi sempre in quella terza fermata della metropolitana per sfuggire da sguardi indiscreti. Manuela gli diede il suo numero di cellulare, per evitare che Alessandro chiamasse un’altra volta a casa. Dopo altri mille baci arrivò la metro. Era arrivato il momento per loro di dividersi. La separazione li rattristò molto, lasciando loro una voglia matta di rivedersi di nuovo.
 
Giunta a casa, l’accolse un’amara sorpresa.
‹‹Alessandra mi ha chiesto di farti richiamare...››
‹‹Ah ok...›› rispose Manuela, cercando di defilarsi in camera, ma Mimì la seguì.
‹‹OK? Tu dovevi essere da Alessandra e lei chiama qui chiedendo di te, e tu mi rispondi “ok” ?››
‹‹Non ero da Alessandra...››
‹‹Grazie, ci ero arrivata da sola. Si può sapere dove sei stata?››
‹‹In giro, con un amico...››
‹‹E perché non me lo hai detto? Di solito mi dici sempre tutto...››
‹‹Sì è vero, di solito ti dico tutto... ma non è detto che debba essere sempre così...››
‹‹ Manu che stai combinando?››
‹‹Zia, niente, insomma ma perché deve sembrare così strano se io per una volta non voglio raccontarti le mie cose personali.››
‹‹Da quando abbiamo segreti io e te?››
‹‹Da oggi...››
‹‹Picciré, se ti stai mettendo nei guai, sarò costretta ad avvisare tuo padre.››
‹‹Ma che vuoi da me? ››
‹‹Voglio sapere la verità, perché non mi hai detto che uscivi con un ragazzo? ... lo hai sempre fatto.››
‹‹Perché il ragazzo in questione è Alessandro Giordano...›› rispose d’un fiato. La zia Mimì si coprì la bocca con un espressione esterrefatta poi l’afferrò per il braccio e iniziò a rimproverarla.
‹‹Tu ci vuoi rovinare. Che ti sei messa in testa? Sei così una bella ragazza... proprio quello? ODDIO sei impazzita. Lo dirò a tuo padre...››
‹‹Posso scegliere con chi uscire?››
‹‹Lo dirò a tuo padre e te lo farò proibire.››
‹‹FATTI GLI AFFARI TUOI PER UNA VOLTA NON SEI MICA MIA MADRE...›› quelle parole spezzarono il cuore della zia, che invece si era sempre comportata come tale... si voltò abbassando la testa, in quel gesto nascose la sua voglia di piangere.
Manuela si voltò di spalle anche lei con le lacrime agli occhi.
‹‹Perdonami zia›› esclamò ritirandosi nella sua stanza. La zia cercò un appiglio come se avesse un attimo di mancamento, dopo un po’ però entrò nella stanza della ragazza e la vide con la testa sul suo cuscino che ancora piangeva. Le si avvicinò e l’abbracciò. La ragazza rivolse lo sguardo verso di lei.
‹‹Non so come affrontare questa situazione, ma non voglio rinunciarci...›› disse con voce spezzata.
La zia in silenzio tornò ad abbracciarla e Manuela si trasformò in un piccolo coniglio bianco. La zia se la strinse al petto mentre quell’esserino tremava.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** {CAPITOLO VII} ***


Alessandro stava ritornando a casa da scuola quando si ritrovò davanti al circoletto di Tony. Diede uno sguardo all’interno e vi trovò i suoi amici Maurizio, Bruno e naturalmente il proprietario.
‹‹Ragazzo, che ci fai da queste parti?›› chiese Tony.
‹‹Che strana visita›› esclamò il cugino.
‹‹Io, strana visita? Non mi sembra...›› rispose stranito.
‹‹Da un mesetto a questa parte preferisci una certa compagnia femminile a noi...›› ribatté Maurizio.
‹‹Questa è una scenata di gelosia...›› commentò divertito.
‹‹Vieni siediti qui, ti offro una birra›› propose il proprietario.
‹‹Vabbé... ma niente birra, dammi una coca›› chiese a Bruno di offrirgli una Malboro Light, il cugino protestò per un po' ma poi gliela diede. Alessandro aveva smesso di comprarle perché a Manu disgustava l'odore. L'accese e l'aspirò intensamente: quanto tempo.
‹‹Ok... dai raccontaci... chi è la ragazza che ti sottrae alle nostre uscite balorde?››
‹‹Inutile zio. L’argomento è top secret›› esclamò Maurizio.
‹‹Non è che è top secret, la conoscerete... ma non ora...›› rispose vago Alessandro.
‹‹E chi è? La donna del mistero?›› commentò Bruno con sarcasmo.
‹‹Non è delle nostre parti, vero? Non ti si vede neanche in giro›› chiese Tony.
‹‹Diciamo di no...›› Alessandro mentì.
‹‹Ok, non è un argomento di cui ti si può parlare›› disse l'uomo quasi offeso. Alessandro non curante iniziò un’altra discussione.
‹‹Maurizio, grazie a te sono stato interrogato in matematica. Il professore, come ben sai, aveva intenzione di interrogarti. Ovvio, visto che non avevi nessuna interrogazione ed è stato costretto ad iniziare le seconde...ed indovina un po’? Ha chiamato proprio me.››
‹‹Io per questo non sono venuto...››
‹‹Brav'. E il diploma non lo vuoi prendere?›› chiese severamente Tony.
‹‹No, zio. Certo che lo voglio prendere mi preparerò per domani.››
‹‹Senz'altro›› rispose ironico Alessandro.
‹‹E come è andata?››
‹‹Non male... la mia ragazza mi ha aiutato un po’›› senza neanche rendersene conto fu proprio lui a rimettere l’argomento in mezzo.
‹‹La redenzione di Alessandro: ripetizioni e niente uscite balorde...›› ironizzò Bruno.
‹‹Ok ragazzi, vi prometto che sabato sono dei vostri...›› rispose Alessandro.
‹‹Ci onora della sua presenza›› commentò Maurizio.
‹‹Certo uscire con una ragazza per avere delle ripetizioni in matematica... non è il massimo... ›› scherzò ancora Bruno poi continuò...
‹‹Scommetto che la molla a fine anno... dopo il diploma... quando non gli servirà più.››
‹‹Lo sappiamo come sei stronzo con le ragazze›› esclamò Maurizio in modo beffardo.
‹‹Io non ci scommetterei...›› rispose seccato Alessandro.
Una risposta così pronta lasciò sconcertati i tre ragazzi. Poi Maurizio proseguì con uno sguardo ammiccante.
‹‹Magari qualche volta me la presti.››
Alessandro si alzò di scatto parecchio irritato ma senza rispondere alla provocazione.
‹‹Va bene, io me ne vado. Avvisatemi quando c’è Luna.››
I ragazzi ancora più meravigliati lo salutarono e quando fu uscito continuarono la discussione.
‹‹Non penso sia stata una frase felice...›› Tony rimproverò Maurizio.
‹‹Ma io scherzavo come sempre›› si giustificò il ragazzo.
‹‹ È lui che non è come sempre›› intervenne Bruno.
‹‹Chissà chi è?›› si domandò Tony.
‹‹Finché non sarà lui a volercelo rivelare non scopriremo niente›› sentenziò Maurizio e gli altri confermarono.
 
In pomeriggio. Mimì e Manuela erano in macchina. Dalla sera della discussione la zia aveva aiutato i due ragazzi. Spesso accompagnava Manuela da Alessandro, dopo che lei aveva fatto i compiti, in modo da sentirsi più sicura.
‹‹Picciré però mi raccomando...››
‹‹Ma zia, neanche ne parliamo ancora di sesso...››
‹‹E se te ne parla, dagli un calcio...proprio là›› Manuela scoppiò a ridere.
Arrivati all’appartamento del ragazzo la zia suonò il clacson. Alessandro si affacciò e la salutò.
‹‹Mi raccomando uagliò›› gli gridò.
Alessandro fece segno di promessa sorridendo dopodiché la donna ripartì. I due avevano parlato un paio di volte ed a Alessandro la sua freschezza e simpatia era piaciuta molto.
Manuela raggiunse la porta d’ingresso e suonò. Lui le aprì dopo un po’.
‹‹Mi hai vista arrivare. Pensavo avessi già aperto la porta.››
‹‹Salutavo tua zia. È troppo forte. Mi ricorda il mio amico  Tony...››
La ragazza interruppe la conversazione lanciandosi al collo e baciandolo con foga. Alessandro s'irrigidì.
‹‹Manuela, ascolta, io non voglio prenderle da tua zia...›› concluse con una risata fintissima.
Manuela si ritirò dispiaciuta. 
‹‹Scuola?›› lei decise che sarebbe stato meglio chiacchierare.
‹‹Mi ha interrogato matematica...››
‹‹Davvero? Come è andata? Che coincidenza l’abbiamo fatta proprio ieri...››
‹‹Coincidenza proprio no, sapevo che Maurizio non sarebbe venuto, ed essendo stato uno tra i “primi delle prime”...››
‹‹Peccato non poter aiutare anche lui, vero?››
‹‹Infatti, pure lui voleva che ti prestassi...›› Manuela sorrise.
‹‹Sa di noi?›› poi chiese.
‹‹No, assolutamente›› rispose lui, lei si scurì in volto.
‹‹Eh certo, è una vergogna...›› disse Manuela indispettita.
‹‹Di nuovo con la storia della vergogna?››
‹‹Dei tuoi non lo sa nessuno. Neanche un amico fidato... ti vergogni del nostro rapporto, dillo apertamente.››
‹‹Sei una stupida. Io non lo dico a nessuno, perché se lo dicessi agli amici più stretti, “Maurizio e Bruno”, lo verrebbe a sapere tutta Napoli e provincia. Poi c’è Tony, che è un caro amico anche di mio padre, e non voglio metterlo in mezzo...non ti rendi conto di quanto tu sia fortunata ad avere Mimì. Anche io vorrei parlarne con qualcuno qualche volta.››
‹‹Ok, scusami.›› Manuela s'intristì.
 
Mimì dopo aver accompagnato Manuela andò in pizzeria. Vi entrò discretamente per evitare domande invadenti. Essendo pomeriggio il locale era ancora semi vuoto. Andò in cucina per dare una mano e Don Raffaele chiese di Manuela. La donna rispose vagamente che stava studiando ma inaspettatamente fu chiamata in disparte da Diego.
‹‹Manuela è a casa a studiare allora?››
‹‹No, è andata da una sua amica...››
‹‹Di nuovo? L’hai accompagnata anche oggi?››
‹‹Sì, avevo deciso di venire qui, mi trovavo per la sua strada e le ho dato uno strappo.››
‹‹E dove abita questa amica?››
‹‹Insomma Diego che vuoi sapè?››
‹‹Zia, non lo so. Tu e lei sembrate così misteriose da qualche tempo...››
‹‹Nessun mistero, ha la maturità quest’anno e si prepara con un’amica. Quest’è tutto. Ma povera ragazza lasciatela un po’ vivere.››
Diego lasciò perdere ma non si convinse. Nell’ultimo mese c’erano state troppe stranezze e tutte da quando Filippo era andato a parlargli in pizzeria.
 
Manuela stava per tornare a casa. Avevano trascorso il solito pomeriggio tra musica e chiacchiere. La ragazza era rimasta pensierosa tutto il tempo, anche se l'aveva ben nascosto.
‹‹Benché ti abbia detto di non essere pronta, be'...questo non vuol dire che io non abbia bisogno di baciarti o di abbracciarti e creare una certa intimità...›› sbottò mentre si metteva la giacca.
‹‹Ah...›› Alessandro sospirò, non era di certo il suo argomento preferito. ‹‹Anche io ne ho bisogno. Ed il mio desiderio va oltre...ma...rispetto il fatto che tu voglia aspettare, la prima volta deve essere speciale e tu devi esserne convinta...››
‹‹Sì, io lo apprezzo. Ma non mi va di limitare i miei gesti, le mie carezze... io ti desidero Alessandro, con tutta me stessa.››
‹‹Non sai quanto ti desideri io, fino ad oggi ho avuto tutto fin troppo facilmente...ma tra noi...deve essere diverso...››
‹‹Oggi non hai mai preso l'iniziativa di baciarmi...se non l'avessi fatto io.››
‹‹Lo so...ma...››
‹‹Non voglio che tu non mi baci...voglio sentire le farfalle nella pancia quando lo fai›› gli sfiorò la bocca con le dita. Le strinse la mano e si accarezzò una guance con la stessa.
‹‹Ti amo Manuela...›› poi le sussurrò.
‹‹Anche io ti amo, Alessandro.››
Era la prima volta che lo dichiaravano l’un l’altra ed erano entrambi molto emozionati. Rimasero in apnea per qualche secondo, finché lui l’abbracciò forte.
‹‹Non mi devi lasciare mai›› le prese il viso con le mani, c'era impeto ed implorazione in quel tono.
‹‹Non lo farò...›› lo baciò con trasporto.
‹‹Sappi che ogni parte della mia anima, del mio corpo e della mia mente desidera averti completamente. Manu, noi faremo l’amore e sarà bellissimo...non so quando né come... ma accadrà...››

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** {CAPITOLO VIII} ***


Casa Russo, venerdì sera.
Manuela era appena tornata dall’appuntamento con Alessandro. L’indomani non si sarebbero visti perché lui aveva promesso agli amici di stare con loro. La ragazza si era messa di nuovo sui libri quando all’improvviso qualcuno suonò alla porta.
‹‹Diego, ciao cosa ci fai qui?››
‹‹Niente, sono passato solo per salutarti...››
‹‹Non lavori stasera?››
‹‹Mi sono preso un paio di ore, avevo degli affari...››
‹‹Vieni entra...›› il ragazzo si accomodò e si fece offrire un caffè, poi accese una sigaretta. Era abbastanza nervoso e la ragazza se ne accorse. Dopo aver parlato per un po’ della pizzeria e della scuola, Diego spense la sigaretta e si prese coraggio.
‹‹Manuela, si può sapere con chi stai uscendo?›› questo quesito non tardò ad arrivare. La ragazza rimase stupefatta dalla domanda diretta.
‹‹Un ragazzo, ma niente di particolare...›› rispose vagamente.
‹‹Ci esci ogni pomeriggio.››
‹‹Penso sia normale...››
‹‹Perché non mi dici chi è? Almeno mi tranquillizzi...››
‹‹Ma perchè dovrei tranquillizzarti. Sto bene...››
‹‹Manu... non gli avrai mica raccontato del nostro “segreto”.››
‹‹Ti prego Diego smettila›› il ragazzo tacque ma nel suo volto era ben chiaro che la storia non sarebbe finita lì.
 
Alessandro era ancora in giro con il suo motorino in cerca degli amici per organizzarsi per il giorno dopo. Casualmente per strada incrociò Filippo nella sua macchina che con espressione disgustata gli bisbigliò qualcosa. Fermò immediatamente il motorino e si affacciò al finestrino dell'auto.
‹‹Hai detto qualcosa?›› gli chiese nervoso, lo riconobbe subito.
‹‹Ho detto che sei un idiota.›› Alessandro parcheggiò il motorino per strada e aprì lo sportello.
‹‹Scendi...›› Filippo non lo fece, spaventato. ‹‹Ti ho detto di scendere›› il ragazzo non si mosse.
‹‹Sei un codardo. Usi la forza solo con le ragazze.››
‹‹Se parli di Manuela, quella è solo una stronza.›› Alessandro irritato lo tirò per un braccio.
‹‹Non ti azzardare mai più a parlare male di lei. Non ti permettere neanche di dire il suo nome, altrimenti la lingua con cui lo pronunci... sarò costretto a tirartela e ad avvolgertela al collo.›› Filippo spalancò gli occhi.
‹‹Allora c’è qualcosa tra di voi?›› commentò stupito. Il traffico provocato dal motorino di Alessandro lo costrinse a mollare la presa su Filippo.
‹‹Va al diavolo›› lasciò il suo braccio.
‹‹Abbiamo un conto in sospeso›› continuò guardandolo con sfida, poi se ne andò. Filippo sorrise divertito per ciò che aveva appena scoperto.
Alessandrò corse il più lontano possibile fermandosi in un parco abbandonato da anni, spense il motorino, si spogliò e nudo iniziò a correre. L’esplosione fu veloce. Digrignò i denti e fece il giro del parco cinque o sei volte. Infine quando la rabbia fu sbollita tornò dai suoi vestiti.
 
Il caso volle che per la stessa strada Filippo incrociasse anche Diego che gli fece cenno di fermarsi.
‹‹Diego. Ciao è da un pezzo che non ci si incontra...››
‹‹Ciao Filippo, volevo dei chiarimenti su ciò che mi hai detto quella sera in pizzeria.››
‹‹Lo sapevo che non avresti resistito. Certo che tua cugina è una ribelle.››
‹‹Cosa intendi dire?››
‹‹Una pecora nera...››
‹‹Tu sai con chi sta uscendo, vero?››
‹‹Ne ho appena avuto la conferma...››
‹‹Chi è?›› chiese impaziente.
‹‹Si dà il caso che tua cugina se la stia spassando, e non esagero con questo termine...››
‹‹Non scendere nei particolari… dimmi il nome, dimmi chi è.›› Diego fumava nervosamente.
‹‹Alessandro Giordano›› dopo aver pronunciato soddisfatto quel nome Filippo rise della faccia di Diego rimasta pietrificata alla notizia. Il giovane Russo spense la sigaretta e ripartì velocemente verso casa di Manuela.
 
Suonò impaziente e Manuela aprì stupita.
‹‹Cosa c’è? Perché hai quella faccia?››
‹‹Manuela stai con Alessandro Giordano? ...dimmi di no...›› la ragazza si allontanò spaventata ma il ragazzo le si avvicinò afferrandola per le spalle e scuotendola.
‹‹Dimmelo Manuela. Dimmelo›› la ragazza impaurita iniziò a piangere.
‹‹Stupida›› la colpì con uno schiaffo così forte da farla barcollare, Manuela si mantenne ad una sedia e si trasformò in una gatta bianca per sfuggirgli. Diego allora mutò in doberman, il suo “solito” animale. ‹‹Non sarai altro che il suo trofeo›› le disse avvicinandosi a lei. Quando erano animali anche se erano di diverse razza riuscivano a capirsi.
‹‹Non aspettavano altro da anni. Avere un trofeo “Russo”...e tu...sei una vergogna per la nostra famiglia, irresponsabile. Bambina viziata. Fatti mettere incinta da lui...ma poi prepara le valigie, tuo padre non te lo perdonerà›› la spinse con una zampata e Manuela la gatta stavolta non riuscì ad aggrapparsi, anzi prima di cadere il suo viso colpì la sedia di fianco a lei. Lo zigomo le provocò un forte dolore, continuò a miagolare stesa sul pavimento. In quell’istante entrò Mimì, richiamata dalla confusione.
‹‹Cosa sta succedendo?›› chiese colpita dalla scena che si presentava davanti agli occhi.
‹‹E se vedi Alessandro, digli che per lui è finita›› abbaiò, dopo questa minaccia Diego, raccolse i suoi vestiti col muso e uscì di casa infuriato nonostante il tentativo invano di Mimì di calmarlo.
Rimaste sole, Mimì raccolse Manuela tra le braccia.
‹‹Manu, è quello che penso?›› chiese conferma perché non aveva capito l’abbaiare di Diego.
Manuele fece un miagolio disperato.
 
La donna le preparò una camomilla, la ragazza aveva metà viso gonfio e le facevano male le ginocchia data la caduta.
‹‹Non voglio che Alessandro mi veda così... per un paio di giorni non mi farò vedere...››
‹‹Sarà impossibile... ti cercherà continuamente...››
‹‹Zia, coprimi tu. Digli che ho da studiare nel caso mi telefoni. Oppure che ho beccato il morbillo›› tempestivamente il cellulare di Manuela iniziò a squillare.
‹‹Rispondi tu, se è lui...dì che sto studiando.››
‹‹Picciré...››
‹‹Ti prego zia, fai come ti dico.›› Mimì andò in un'altra stanza. Come sospettato era Alessandro che chiese di lei, la zia come da richiesta disse che stava studiando. Alessandro non si convinse e continuò ad insistere.
‹‹Insomma, uagliò, non sarà più tanto facile per voi vedervi...››
‹‹Mimì, cosa stai cercando di dirmi?››
‹‹Diego ha scoperto tutto›› gli disse con tono basso.
‹‹Cosa è successo?››
‹‹ Se l’è vista brutta... se non entravo io... chissà come sarebbe andata a finire.››
‹‹Come sta?›› chiese Alessandro alzando il tono di voce.
‹‹Ha metà viso gonfio, viola, lei è disperata... è proprio una disgrazia.››
‹‹Mimì, ti chiedo un ultimo favore, che possa essere l’ultima cosa che puoi fare per me... poi sparirò per sempre...››
‹‹Cosa?››
‹‹Portamela all’appartamento...››
‹‹Alessandro, mi metti nei guai.››
‹‹Mimì, poi sparirò, te lo giuro.››
‹‹Ok uagliò, ci vediamo tra un po’.››
 
Mimì fece preparare Manuela, riferendole la richiesta di Alessandro. La ragazza ubbidì un po’ controvoglia. Provava un forte imbarazzo nel farsi vedere conciata in quel modo.
Dopo nemmeno un quarto d’ora le due erano già all'appartamento di Alessandro.
‹‹Manu...io sto da zia Luisa, fammi sapere quando ti devo venire a prendere.
‹‹Ok, grazie zia›› l’abbracciò.
‹‹Mi dispiace bambolina. Di tutto quello che stai passando. Dio solo sa...che se c’è una persona che non merita tutto questo... quella sei proprio tu.›› Manuela scoppiò in lacrime.
‹‹No, non piangere...io non avevo intenzione di farti piangere...vai...›› scesa dalla macchina, Mimì indossò gli occhiali da sole, anche se era sera, per nascondere le sue lacrime per quell’amore così puro e sfortunato.
 
Manuela arrivò alla porta di Alessandro, ancora titubante se bussare o meno. Fece il gesto di suonare dieci volte e dieci volte ci aveva ripensato. Improvvisamente la porta si aprì lo stesso, Alessandro aveva lasciato aperto.
La ragazza sentì dei passi ma non vide nessuno, cambiò stanza e vide un lupo nascondersi dietro una tenda.
‹‹Amore…›› s’inginocchiò e lui si affacciò dalla tenda. ‹‹ Vieni qui, tesoro mio›› e il lupo si convinse. Le corse in contro.
Manuela lo accarezzò senza paura e strinse l’animale al petto, in pochi minuti il ragazzo si materializzò.
‹‹Sei nudo›› commentò lei. Il ragazzo si coprì le parti basse ed andò in bagno. Tornò in accappatoio.
‹‹Amore›› le si avvicinò..
‹‹Sei proprio un bel…lupo, Alessandro...›› lei lo guardò, dopo pochi secondi iniziò a piangere.‹‹Eri in quella “forma”, perché sei triste e arrabbiato, vero? Mi dispiace, di tutto...non dovevo...ho un aspetto orribile, vero?›› proseguì.
‹‹Orribile è la persona che ti ha fatto questo, non tu. Non ho mai conosciuto una persona come te...›› la strinse poi rallentò la presa, cercando di non farle male.
‹‹Perché non possiamo amarci come tutti?›› chiese lei disperata.
‹‹Noi ci amiamo come tutti, anzi forse anche di più›› il ragazzo la fece accomodare sul divano.
‹‹Sai benissimo cosa intendo...››
‹‹Manuela, io ti amerò per sempre, anche se questa sarà l’ultima occasione per vederci... io non amerò mai più nessun'altra...››
‹‹Non ci vedremo più? Non vuoi vedermi più?››
‹‹Amore, no. Noi ci vedremo finché tu lo vorrai...››
‹‹Io voglio scappare con te.››
‹‹Lo sai che non possiamo, pensa a tuo padre...›› la ragazza si coprì gli occhi e iniziò a piangere più forte.
‹‹Chissà che dispiacere gli avrò provocato... Diego mi ha detto di preparare le valigie perché non sarò più la benvenuta...››
‹‹Lascia perdere quello squilibrato, lui non può permettersi più di parlare, dopo quello che ti ha fatto...››
‹‹Alessandro sta attento, mi ha detto : “E se vedi Alessandro, digli che per lui è finita.”...ho paura.››
‹‹A me non succederà niente, te lo assicuro, so difendermi sai?›› sdrammatizzò.
‹‹Non voglio che ci sia guerra tra di voi.››
‹‹Ma...››
‹‹Se dovessi incontrare Diego... non provocare risse...››
‹‹Non posso promettertelo...››
‹‹Alessandro DEVI promettermelo...››
‹‹Ok, ma tu non piangere più›› le baciò la guancia ferita.
‹‹Alessandro, voglio fare l’amore con te ora, in questo momento...›› gli prese le mani e gliele baciò, dal volto del ragazzo traspariva ancora incertezza. Manuela si portò le mani di Alessandro al petto, come se volesse fargli sentire i battiti del suo cuore. ‹‹Non so cosa accadrà domani... e io...››
Alessandro le baciò teneramente il viso per poi passare al collo sempre in modo molto delicato. ‹‹Tutto quello che vuoi›› le disse ed in quel momento Manuela si sentì sua, nessuno avrebbe potuto fermarla e rovinarle quel magico momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** {CAPITOLO IX} ***


Manuela e Alessandro si erano addormentati.
La prima a svegliarsi fu proprio la ragazza che aveva la forma di un coniglietto bianco. Guardò l’orologio ricordandosi di Mimì.
Saltò via dal letto e questo svegliò Alessandro.
‹‹Coniglietta›› le disse prendendola in braccio, lei cercò di divincolarsi. ‹‹Se io sono un bel lupo, tu sei adorabile. In qualsiasi forma›› le baciò la testolina pelosa. Lei si fece baciare e poi scappo’ dal letto, Alessandro si affacciò e vide che lei aveva ripreso forma umana.
‹‹Meno male, è ancora mezzanotte.›› disse lei alzandosi in piedi.
‹‹Cenerentola, dove vuoi scappare?›› gli domandò.
‹‹Devo andare, la zia Mimì mi sta aspettando da zia Luisa.››
‹‹Allora?››
‹‹Allora cosa?››
‹‹Pentita?...››
‹‹Assolutamente no...››
‹‹Sono stato bravo quindi›› disse ironicamente compiaciuto.
‹‹ È stato magico›› lo baciò ‹‹...ma devo andare.››
‹‹Ok...›› acconsentì un po’ seccato.
‹‹Mi ero persa il meglio finora›› esclamò in modo sarcastico.
‹‹Ehi. Non esagerare›› lei rise, poi andò a prendere il cellulare dalla borsa per chiamare. Era ancora semi nuda e Alessandro la guardò estasiato, il suo cuore era così pieno di sensazioni diverse, che gli sembrò di non esser mai stato più felice di allora.
 
Dopo aver telefonato la zia, Manuela dovette subite il terzo grado dal fidanzato.
‹‹Ti capita spesso svegliarti…in quel modo?››
‹‹Sì, ultimamente sì. Ma dipende da quello che sogno… il coniglio è la mia trasformazione preferita. Se sto bene con me stessa mi sveglio così›› gli fece un occhiolino e lui sorrise soddisfatto.
‹‹Quindi ognuno di voi ha un animale preferito?››
‹‹ Sì. Ovviamente. Mio padre si trasforma volentieri in cavallo, Diego in doberman…e mia zia in una gatta nera molto elegante›› sorrise. ‹‹Io invece scelgo sempre il bianco, coniglio bianco, gattina bianca. Mi sembrano più belli gli animali bianchi›› concluse seria.
‹‹Quindi voi semplicemente pensate in cosa tramutarvi e lo fate?››
‹‹Sì, a parte quando dormiamo.››
‹‹Che invidia›› lui la colpì con un cuscino.
‹‹Sì e anche tuo padre la pensa allo stesso modo. Mio padre stesso dice che il motivo scatenante è stata una gara di corsa tra i due. Mio padre si trasformò in lupo e sfidò tuo padre sotto la Luna Piena. Mio padre vinse, principalmente – dice lui- perché trasformandosi sempre in cavallo era più allenato, ma era giovane e non mancò di prendere in giro tuo padre per mesi e mesi. Per questo abbiamo il divieto di trasformarci in lupi.››
‹‹Ero al corrente parzialmente della storia e conoscendo mio padre non me ne stupisco…››
 
Diego arrivò in pizzeria con aria nervosa e goffa. Raggiunse la cucina e chiese allo zio cinque minuti per parlargli.
‹‹Tua figlia se la sta spassando con uno dei Giordano. Alessandro con esattezza››, Don Raffaele sgranò gli occhi e poi realizzò.
‹‹Non parlare in quel modo di mia figlia. Come ti permetti? ...Spassarsela...che modo di parlare è questo?››
‹‹Ma zio. È la verità...››
‹‹Mia figlia ha diciotto anni può fare quello che vuole. Se quello che dici è la realtà non tarderà a dirmelo...››
‹‹Infatti questa storia va avanti da qualche mese...››
‹‹Diego, io mi fido di lei, è diverso. Manuela ha sempre avuto la testa sulle spalle, saprà sicuramente cosa sta facendo... d’altronde non posso allontanarla con “la forza” dal ragazzo...››
‹‹Invece sì...devi zio.››
‹‹Invece no, mettiti a lavorare che oggi non hai combinato niente.››
Diego con la coda tra le gambe si posizionò ai fornelli.
 
Il giorno dopo in casa Russo, seduti a tavola, Don Raffaele e Mimì si espressero sulla situazione.
‹‹Manuela allora ci sta con quel ragazzo? Fino a stamattina ho sperato che Diego si stesse sbagliando...››
‹‹Non si sbaglia, Raffaele è così.››
‹‹Io mi preoccupo per lei... non per altro…››
‹‹Lei come sta, sta bene...ma Diego...non deve intervenire più.››
‹‹Cosa è successo?››
‹‹Non l’hai ancora vista?››
‹‹No. Cos’ha?››
‹‹A parte un occhio nero e dei lividi alle ginocchia...››
‹‹Maronna mia. Chi è stato, Giordano?››
‹‹No, tuo nipote Diego...Raffaé...quando sono entrata...ho visto una scena terribile davanti ai miei occhi, sembrava un cane pazzo, pareva la volesse ammazzare ...››
‹‹Diego? Io proprio ieri gli ho detto di non... come sta lei?››
‹‹Non lo so, chiediglielo quando si sveglia.››
‹‹Povera Piccirella, proprio comm' e te?›› Mimì abbassò lo sguardo.
 
Alessandro stava andando a scuola, in cuor suo era così dispiaciuto di quello che era successo alla ragazza per colpa sua, che pensava il modo per riscattarla. Per prima cosa voleva prepararle una bella sorpresa, per la stessa sera, ma questo voleva dire rinunciare alla serata con gli amici. Entrò in classe e accennò qualcosa a Maurizio che gli rispose con un secco:
‹‹Per me puoi fare quel che vuoi.››
 
Don Raffaele aprì la pizzeria, aspettò con ansia che il nipote Diego arrivasse. Quando varcò la soglia del locale, il ragazzo capì all’istante che quello che aveva fatto il giorno prima non sarebbe passato inosservato a lungo.
‹‹Tu...ragazzo...›› lo richiamò dalla cucina.
‹‹Cosa c’è zio?›› lo raggiunse, la pizzeria era ancora vuota e l’uomo gli si avvicinò a due millimetri.
‹‹Cosa c’è? Tu me la stavi ammazzando›› gli gridò con occhi feroci.
‹‹No, è caduta...l’ho spinta ma non l’ho fatto apposta›› rispose vigliaccamente.
‹‹Non dovevi azzardarti, hai capito?›› gli urlò contro.
‹‹Non lo farò mai più...›› era rosso in viso e tremante di paura.
‹‹Quando tuo padre è venuto qui, chiedendomi di insegnarti il mestiere, ho accettato... ti ho accolto... ti ho trattato meglio di un figlio. E tu mi ripaghi picchiando la mia Piccirella?››
‹‹Ma zio, sta sbagliando... deve capirlo...››
‹‹Sono io, suo padre, che devo farle capire quando e cosa sta sbagliando, mi hai capito?››
‹‹TU? Ma se continui a non dirle niente, pur sapendo della sua storia con Giordano, mi stai rimproverando...senza pensare che quello che sta facendo lei è peggio...››
‹‹No Diego, farle del male in quella maniera è peggio...››
‹‹Non è giusto zio... mi sono sentito in dovere di fermarla...››
‹‹Fermarla? Dovere? Vattenn’ vattenn’ e nun ce mettere cchiù pede cca dint’, capit?›› lo cacciò in modo violento, il ragazzo cercò di pronunciare qualcosa ma lo zio lo mandò di nuovo via in malo modo, stavolta fu lui a mutarsi in doberman ed ad aggredire il nipote.
Diego scappo’ dalla pizzeria stringendo i pugni.
 
Alessandro uscì di scuola un'ora prima ed andò nel circoletto con Maurizio per avvisare anche gli altri della sua assenza di quella sera. Diego non lavorando era in giro nei dintorni, forse proprio per incontrarlo, ed infatti così accadde. Giordano all’istante decise di avvicinarsi chiedendo a Maurizio di aspettarlo e di non accostarsi.
‹‹Cercavo proprio te›› si rivolse a Diego con queste parole.
‹‹Stavo per dirti la stessa cosa›› rispose beffardo.
‹‹Bene, inizia tu›› chiese Alessandro per sentire cosa avesse da dire.
‹‹Tu, Manuela la devi dimenticare...›› Maurizio rimase esterrefatto dalla rivelazione appena udita, lo stesso Bruno e Tony, usciti dal locale per il singolare incontro. Era davvero strano che Alessandro si avvicinasse a Diego, di solito si era sempre tenuto alla larga dai Russo. I tre ragazzi si guardarono reciprocamente, il segreto era stato svelato, l’identità della ragazza era venuta a galla e i ragazzi non credevano alle proprie orecchie.
‹‹Tu devi levarle le mani di dosso›› rispose Alessandro stizzito.
‹‹Già ti è stato raccontato? È corsa subito tra le tue braccia?››
‹‹A quanto pare sì ...››
‹‹Guarda Alessandro, tu puoi stare con tutta Napoli…non me ne importa. Ma mia cugina la devi lasciare in pace.››
‹‹Tu non sei nessuno...››
‹‹Tu vuoi passare un guaio...›› lo provocò Diego.
‹‹Il guaio lo passerai tu, se osi toccarla di nuovo...››
‹‹Cosa fai ora mi minacci pure?›› Diego gli si accostò volto a volto in senso di sfida, Alessandro lo spinse per allontanarlo. Diego gli si riavvicinò di nuovo aggressivamente. A questo punto i tre amici di Alessandro intervennero per dividerli.
‹‹Ma lascialo perdere›› gli gridò Tony tirandolo a sé.
‹‹Vai da Manuela e ringraziala, ho fatto promessa di non provocare rissa con te, perciò non ti è successo niente. Ma prima cosa va a vedere come l’hai conciata, chiedile scusa e umilmente inginocchiati...›› dimenandosi si trasformò in lupo.
Tony lo portò nel circoletto, nascondendolo con il suo corpo, e chiese a Diego di allontanarsi.
 
Seduti intorno ad un tavolino i quattro amici arrivarono al punto della situazione. Alessandro si era calmato ed era tornato umano.
‹‹Allora era lei›› esclamò Maurizio.
‹‹Sì, è lei. Ed è la stessa ragazza che passava qui fuori con la zia. Ma io allora ancora non sapevo niente...››
‹‹La zia? Sarebbe Mimì?›› chiese Tony.
‹‹Sì, ragazzi, sono brave persone...la zia è una forza della natura...››
‹‹La conoscevo...be', cioè tanti anni fa›› commentò Tony.
‹‹Hai combinato un bel casino e per la prima volta non è dovuto a me›› ridacchiò Bruno.
‹‹Perché non ce lo hai detto?››
‹‹Ragazzi: fifa. La conoscete? Non per me. Per lei prima di tutto, quel bastardo l’ha picchiata dopo averlo saputo...››
‹‹Sì, ma noi ti avremmo appoggiato...›› esclamò Maurizio.
‹‹Questo è poco ma sicuro...›› aggiunse il cugino Bruno.
‹‹Grazie ragazzi.››
‹‹Non è facile la sua posizione però, non sai quanto ti capisco›› commentò Tony ‹‹È stato un bastardo davvero, è da codardi picchiare una ragazza...››
‹‹Perché non è venuto da me? Mi mangio le mani se ci penso.›› Alessandro era spazientito.
‹‹Perché se la fa sotto›› sentenziò Maurizio.
‹‹Comunque da ora in poi hai le spalle coperte. Ci siamo noi›› aggiunse Bruno.
‹‹Certo, se tu pensi che ne valga la pena allora siamo dalla tua parte›› commentò Maurizio.
‹‹Chi lo sa?›› chiese Tony.
‹‹Penso tra loro tutti...››
‹‹E tuo padre?››
‹‹Lui penso che non sappia niente...››
‹‹Meglio. Un osso duro in meno...›› affermò l'uomo.
‹‹Infatti. Spiegarlo a lui sarebbe impossibile...››
‹‹Perciò, almeno ringrazia il cielo che lui non lo sappia›› continuò Tony.
‹‹Ora ce la puoi presentare almeno...›› sorrise Maurizio.
‹‹Finalmente possiamo vedere la “donna del mistero”...››
‹‹Se ci tenete, la porto qui...›› rispose Alessandro.
‹‹No, non qui. Alessandro ricordati che non sei ancora al sicuro›› lo richiamò Tony.
 
Diego più confuso ed arrabbiato che mai rifletteva sul da farsi. Quando si è ancora giovani le azioni vengono prima e le riflessioni dopo. Salì in macchina e decise dove andare.
Entrò in un edificio e chiese di parlare con il proprietario.
‹‹Voglio parlare con Gennaro Giordano›› domandò alla segretaria.
‹‹Ora vedo se può riceverla, lei è?››
‹‹Dica che sono Diego Russo, e che è una cosa abbastanza urgente.››
‹‹Certo.››
‹‹Grazie.››
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** {CAPITOLO X} ***


Gennaro Giordano accolse Diego.
Il ragazzo entrò nel suo ufficio come se stesse percorrendo l’aula di un tribunale, sentiva lo sguardo della persona che lo stava ricevendo puntato su di lui. Per un secondo pensò di star per commettere un grave errore ma ormai era lì e non poteva trovare altra scusa per giustificare la sua visita.
‹‹Buongiorno, Don Gennaro...›› l'osservò attentamente, non l'aveva mai visto da vicino.
L'uomo era alto e robusto, come Bruno suo nipote, e vestiva sempre in modo elegante da quel che ricordava. Aveva i capelli brizzolati e folti, che portava di media lunghezza. I suoi occhi erano castani e le sopracciglia molto folte, aveva il naso un po'“canino”.
‹‹Buongiorno a te, uagliò›› allungò la mano per salutarlo.
‹‹Sei stato molto coraggioso a venire qui... aspetto una vostra visita da almeno venti anni, anche se non proprio la tua...›› commentò l’uomo.
‹‹Qui non si tratta di coraggio...›› rispose con un filo di voce intimorito dalla imponente presenza. ‹‹‘O fatt’ è grav’.››
‹‹Grave? Cosa può succedere di grave da coinvolgere entrambe le famiglie? S’ann’vattut’ Bruno e qualcuno dei vostri...››
‹‹No, nessuna rissa o roba del genere... sono venuto qui, perché mio zio, non è voluto intervenire...››
‹‹Di cosa si tratta?››
‹‹Suo figlio. ››
‹‹Mio figlio? Che gli è successo? Ha litigato con uno di voi? Strano...››
‹‹Sì è innamorato...››
‹‹Ah, quello si innamora una volta al mese›› giustificò l’uomo.
‹‹Questa volta non doveva innamorarsi...››
‹‹Ch’staje’ricenn’? Famm’capì...››
‹‹C’è bisogno che lo fermiate, si è innamorato di Manuela, mia cugina, la figlia di mio zio Raffaele››. Don Gennaro si scurì in volto in modo spaventoso.
 
Nel frattempo Alessandro andò a prendere Manuela a scuola, la ragazza gli passò accanto ma non lo notò.
‹‹Manu, già non mi riconosci più? Eppure non ci vediamo da ieri...››
‹‹Alessandro›› lo abbracciò. ‹‹Come potrei dimenticarti? È solo che non me l'aspettavo.››
‹‹Eh, sono bravo a fare le sorprese... dai sali›› le passò il casco e con un gesto la invitò a salire sul motorino. ‹‹Allora?››
‹‹Tutto bene, tu sei uscito prima da scuola?››
‹‹Sì, alla quarta ora, mancava economia...››
‹‹Che fortuna.››
‹‹Martina non lo sa di noi, vero?››
‹‹No, non è più in classe mia, è ripetente in quarta, quindi non abbiamo più tante occasioni per parlare...››
‹‹Immaginavo, mi ha visto, si è avvicinata, mi è quasi saltata addosso...e mi ha detto di chiamarla per vederci qualche volta...››
‹‹E tu cosa hai risposto?›› chiese Manuela accigliata.
‹‹Che non è il caso, perché stavo aspettando la mia fidanzata...››
‹‹Bravo amore›› gli scoccò un bacio al centro della schiena.
‹‹Senti, per stasera...avevo pensato...che ne diresti di organizzare una cena all’appartamento...con i miei amici?››
‹‹Che splendida idea. Muoio dalla voglia di conoscerli...e chi cucina?›› chiese lei incuriosita.
‹‹Io, ovviamente.››
‹‹Tu? Sai cucinare?››
‹‹Sono molto bravo...››
‹‹Non ho parole...››
‹‹Visto? Sono un uomo pieno di risorse... cosa aspetti a sposarmi?››
 
Diego uscì dall’azienda della famiglia Giordano e salì in macchina. Prima di avviarla, i suoi occhi incrociarono i suoi stessi riflessi nello specchietto retrovisore. Per un attimo provò disgusto per quello che vedeva.
‹‹Cosa hai combinato?›› disse allo specchio, ma non resse la vergogna nel guardarsi, appoggiò la testa sul volante e iniziò un pianto a dirotto.
 
Don Gennaro tornò a casa e si avviò dritto nella stanza da letto, dove la moglie era seduta come ogni giorno vicino alla finestra a guardare il vuoto.
‹‹Perché l’hai cresciuto così?›› infierì Don Gennaro. ‹‹Dove ho sbagliato io?›› continuò da solo, ma la signora Virginia non gli rivolse neanche lo sguardo.
‹‹Troppo, tutto facilmente ha avuto quel ragazzo... non come me›› a questo punto sempre in silenzio la donna iniziò a fissarlo. ‹‹Che c’è? Ora mi guardi?... perché secondo te, tutto questo non me lo sono guadagnato da solo? NO. Tu continui a rinfacciarmi quella storia. Ti ricordo che quando è morto tuo padre, l’azienda era piena di debiti... l’ho risollevata io dalla rovina. Questo non significa per te guadagnarsi il posto?›› proseguì e la signora Virginia continuò ad osservarlo sempre in silenzio. ‹‹Perché non parli? Parlami›› le si avvicinò e le strinse forte le guance con una mano. Lei restò impassibile.
‹‹Tuo figlio ha combinato un casino... sì è innamorato. A diciotto anni... innamorato.... di Manuela Russo, una sporca Mutaforma... ma come si fa ad amare gente del genere?›› le si riavvicinò chinandosi verso l’orecchio.
‹‹Tu lo sai bene, vero? Come si fa ad amare uno sporco Russo...›› le sussurrò ‹‹diciamo che ha preso tutto da te. Ma io ancora una volta... so come risolvere la situazione. Non dici niente? Irina›› chiamò la colf con un urlo.
‹‹Sì, signore mi dica...››
‹‹Prepara tutta la roba di Alessandro, vestiti ed effetti personali, svuotagli la camera e metti tutto dentro delle valigie.››
‹‹Ma?›› ribatté la donna incerta.
‹‹Obbedisci. Fa ciò che ti ho detto›› urlò violentemente.
‹‹Sì, signore›› Irina lasciò la camera.
‹‹Ti ho allontanata dall’amore della tua vita... ora ti allontanerò anche dall’unica cosa che ti è rimasta›› la signora Virginia distolse da lui lo sguardo e fissò di nuovo il vuoto fuori dalla finestra, Don Gennaro adirato andò via dalla stanza, solo allora delle lacrime rigarono il viso della donna.
 
Alessandro ritornò al circoletto, per invitare tutti alla cena, ma vi trovò solo Tony.
Il ragazzo ne approfittò per parlargli da solo.
‹‹Cosa ne pensi di questa storia?›› domandò interessato.
‹‹Non ne abbiamo già parlato abbastanza?››
‹‹La tua opinione non l’ho sentita... mi hai dato solo consigli... ma...››
‹‹Ragazzo, non ti piacerebbe sentire quello che penso, perciò non dico nulla.››
‹‹Dimmelo. Almeno so da chi NON devo andare in caso di necessità...››
‹‹No, non puoi accusarmi di questo. Lo sai, ti ho sempre coperto e sostenuto in qualsiasi occasione...››
‹‹Ed ora che mi serve un appoggio reale non ci sei, non è ironico?››
‹‹Ale, non hai più quindici anni... non si tratta più di sigarette, vacanze, scuola...››
‹‹Basta con la lista, ho capito. Quindi se ti invitassi stasera all’appartamento, per una cena con LEI e voi tre, sarebbe inutile?››
Tony restò fermo ed abbassò lo sguardo. Alessandro lo salutò con un gesto e voltò le spalle. In quel momento si sentì davvero perso. Non avere l’appoggio di Tony per la prima volta nella sua vita significava intraprendere una battaglia già persa.
 
Fece il percorso per tornare a casa come se stesse attraversando il “green mile”. Sentiva qualcosa, sentiva che quella sera sarebbe stato meglio se non fosse ritornato, decise però di affrontare lo stesso quella sensazione.
Appena entrato notò le chiavi di suo padre, salutò tutti urlando un veloce “buonasera” e si diresse direttamente in camera.
Rimase shockato dalla scena: era vuota. Chiamò Irina per chiederle spiegazioni, ma non vi fu risposta. Uscì dalla sua stanza in cerca della donna, ma entrando nella sala vide il padre seduto su una poltrona al buio e vicino a lui una moltitudine di valigie.
‹‹Cerchi la tua roba? Eccola...›› gli disse con tono sarcastico.
‹‹Cos’è questa buffonata?›› chiese stizzito.
‹‹Nessuna buffonata... da oggi tu non abiti più qui›› affermò freddo come sempre.
‹‹Come sarebbe a dire?››
‹‹Te ne vai... domani mattina... ma non nell’appartamento...››
‹‹Se mi cacci di casa... potrò pure andare dove voglio...››
‹‹Assolutamente no. L’appartamento è sempre mio. Ho chiesto ai tuoi zii di Firenze, i parenti di tua madre, se possono tenerti lì... magari per... sempre?›› disse con un sorrisino beffardo.
‹‹La scuola? Il diploma?›› domandò, ma stentava ancora a crederci.
‹‹Me ne occuperò successivamente, inizia ad andartene.››
‹‹Mi spieghi dov’è il problema?››
‹‹Io non ho nessun problema, li avete tu e tua madre...››
‹‹Noi? Non tirare in ballo mia madre... se hai un problema con me, parla chiaro riferendoti solo ed esclusivamente a me.››
‹‹Va bene, te lo dirò gentilmente... come sempre...››
‹‹Certo. Come sempre›› commentò a voce bassa.
‹‹Penso che sia meglio che tu vada via da Napoli. Ti ho messo alla prova. Non ti sei meritato la mia fiducia.››
‹‹Fiducia? Ma di cosa parli?››
‹‹Ebbene, ho saputo di te e come si chiama? Russo?››
‹‹C...come?›› tremò.
‹‹Sì, sono venuti fino in azienda a dirmelo... invece di ringraziarmi per tutto quello che ho fatto per te.››
‹‹Tu non hai fatto un bel niente per me›› iniziò ad alterarsi Alessandro.
‹‹Niente? Ti ho dato una casa, un'istruzione, ti ho sfamato, hai l’appartamento, il motorino, la macchina...››
‹‹Non mi serve niente, non volevo niente da te...››
‹‹Da me no? Pensi che saresti stato meglio in una famiglia come la loro?››
‹‹Non avranno molto, vivono di poco, hanno una casa che non è neanche la metà della nostra, diciamo un quarto, ma avrei di gran lunga preferito crescere in un ambiente come quello›› rispose tutto d’ un fiato con gli occhi spalancati.
‹‹Gratitudine... questa è mancanza di gratitudine.››
‹‹Ma perché dovrei avercene? Io, un padre non l’ho mai avuto. Eri troppo impegnato a fare soldi, covare rancore… ti sei dimenticato di noi... guarda la mamma come l’hai ridotta... se solo l’avessi amata come meritava...››
‹‹Tua madre è una pazza. Come te. Non ti vergogni di quello che mi hai detto?››
‹‹Ho detto solo la verità...›› esclamò quasi in lacrime.
‹‹Da oggi non ho più un figlio.››
‹‹Tu, un figlio non ti sei mai accorto di averlo questo è il punto.››
‹‹Vattene...›› il suo volto era stupito e arrabbiato: come mai suo figlio gli serbava tanto rancore?
 
Alessandro caricò tutte le sue valigie in macchina.
Dopo averlo fatto andò in camera a salutare la Signora Virginia.
‹‹Abbi cura di te, figlio mio›› gli sussurrò con un singhiozzo.
I due si abbracciarono, il ragazzo si accostò alla spalla della madre, si trasformò in lupo ed appoggiata a lei pianse.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** {CAPITOLO XI} ***


Alessandro era all’appartamento. Aveva nascosto le sue valigie ed era andato a comprare una buona cenetta in rosticceria.
Nel frattempo pensava al modo in cui dire a Manuela della sua partenza ed aveva finito un pacchetto intero di Malboro Light.
Suonarono alla porta ed il ragazzo guardò l’orologio: erano le nove in punto, l’ora dell’invito.
Corse ad aprire. Le prime ad arrivare furono Manuela e Mimì, anche lei invitata.
Alessandro abbracciò la ragazza con un po’ di freddezza, ma lei non se ne accorse tanto era entusiasta della serata.
‹‹I tuoi amici non sono ancora venuti?››
‹‹Ehm...no, come al solito sono in ritardo. Non c’è da stupirsi.››
‹‹Ale, abbiamo portato il dolce... grazie per l’invito.››
‹‹Ma Mimì, non ti dovevi disturbare... per me è stato un piacere... finalmente tutti insieme...››
‹‹Infatti›› sorrise contenta Manuela.
‹‹Ale sei troppo carino›› commentò Mimì.
‹‹Frena l’entusiasmo...›› esclamò la ragazza con ironia.
‹‹Fammi vedere cosa hai cucinato...?›› chiese la zia.
‹‹Dice che è bravo... vedremo›› spiegò Manuela.
‹‹Amò, non mi mettere sotto pressione...›› arrossì il ragazzo. In realtà aveva mentito a Manuela per scherzare ma poi si era dimenticato di dirle la verità e cioè che non sapeva cucinare e che avrebbe offerto lui la cena della rosticceria.
Iniziarono a chiacchierare sul divano e finalmente arrivarono i due amici di Alessandro, con una bottiglia di vino.
‹‹Ma se sono astemio?›› commentò Alessandro.
‹‹Sì, inventane un'altra. Poi non è mica solo per te›› rispose Bruno.
‹‹Che belle signorine›› esclamò Maurizio facendo l’occhiolino a Manuela e alla zia.
Il ragazzo si rese conto con tristezza che Tony come previsto, non si era presentato.
Manuela festosa si presentò a loro.
‹‹Ciao sono Manuela, desideravo proprio incontrarvi.››
I ragazzi furono entusiasti della sua disponibilità.
‹‹Sei proprio una brava ragazza, mio cugino questa volta, e sottolineo, solo questa volta, ha fatto un'ottima scelta›› affermò Bruno.
‹‹E se lo dice Bruno. Ma tu sei impegnata?›› fece Maurizio incollandosi a Mimì.
‹‹Maurì, io ho trenta anni...››
‹‹E cosa importa? L’amore non ha età...››
‹‹Ma almeno ce l’hai la patente?››
‹‹Veramente è stato bocciato›› lo derise Bruno.
‹‹Ma tu sì, vero Mimì? Usciremo con la tua macchina...››
‹‹Ci siamo appena incontrati e siamo già ai progetti? È stato proprio un colpo di fulmine.››
 
La cena fu servita, ma prima di iniziare a mangiare Alessandro avvertì che a fine serata avrebbe comunicato una cosa a tutti.
Manuela inizialmente fu incuriosita, ma poi l’allegria della compagnia la distrasse.
‹‹Complimenti Alessandro, sei davvero un ottimo cuoco›› commentò la zia Mimì.
‹‹Grazie, un complimento da te mi lusinga. Però...››
‹‹Ma dove hai imparato Amò?›› chiese incuriosita Manuela.
‹‹ A cucinare?›› sorrise il ragazzo. ‹‹ Devo dirvi la verità...››
‹‹Fa sempre così, sai?›› intervenne Bruno
‹‹Non iniziare...›› cercò di interromperlo Alessandro.
‹‹Ormai siamo curiose. Devi dircelo Bruno›› disse Manuela.
‹‹Umpf...ora non la smettono più›› esclamò Alessandro.
‹‹Di che ti vergogni? È un bene che la tua ragazza sappia che tu le donne le prendi tutte per la gola. Sempre›› rispose risoluto Maurizio.
‹‹Quindi non farti incantare. Alessandro non sa affatto cucinare... compra tutto alla rosticceria all'angolo e poi si finge gran chef.››
‹‹Ma che IMBROGLIONE. Grazie per averlo smascherato...›› sorrise la ragazza a Maurizio, poi si voltò con uno sguardo gelido verso Alessandro. ‹‹Con te facciamo i conti dopo.››
Tutti i commensali risero, Alessandro imbarazzato iniziò a provocare Maurizio il traditore.
‹‹Parlaci allora delle tue tecniche di conquista›› cercando di metterlo in difficoltà.
‹‹Be'...per esempio porterei Mimì...››
‹‹Una a caso›› ironizzò la donna.
‹‹… in un ristorante di lusso...poi in un albergo di lusso...›› proseguì.
‹‹E chi te li dà i soldi?›› chiese Bruno.
‹‹Be', potrei farmeli prestare da mio zio Tony.››
‹‹Perché sei così sicuro che io verrei in albergo con te?›› sbottò stupita Mimì.
‹‹Be', ho un certo fascino.››
‹‹Tony poi ti presterebbe i soldi per farti uscire con una donna? Impossibile›› decretò Bruno.
‹‹Scusa Maurizio, ma come si chiama di cognome tuo zio?›› chiese curiosa Mimì.
‹‹Prisco. Io pure, sono il figlio del fratello. Perché lo conosci?››
‹‹Mi sembra di sì, però era solo una curiosità›› la donna abbassò lo sguardo.
 
Finita la cena, Maurizio iniziò a parlare di quello che avevano tutti in comune: la trasformazione.
Affermò che la storia dei licantropi era ormai risaputa ma che lui si era sempre chiesto come un Mutaforma diventa tale.
‹‹Non ci ha morso nessuno, siamo così di nascita. Non sappiamo come è iniziata la nostra specie e nemmeno ce lo chiediamo›› liquidò a corto Mimì.
 
Dopo il dolce, portato dalle ragazze, i ragazzi si misero a giocare con le carte napoletane. Si separarono in due squadre:
Alessandro con Mimì e Manuela e i due amici dall’altra parte.
‹‹Cosa scommettiamo?›› chiese prontamente Bruno.
‹‹Lo so io›› intervenne Maurizio ‹‹Se vinciamo noi... Mimì mi dà un bacio...››
‹‹Ed io cosa ci guadagno? Dovrei vincere per farti dare un bacio? Ed a me niente?›› protestò Bruno.
‹‹A te il bacio lo dà...›› Maurizio per un istante guardò Manuela, ma Alessandro gli diede una gomitata.
‹‹Ehm... a te lo dà... Alessandro›› rispose spaventato Maurizio.
‹‹Noooo... per carità... stasera gioco per te... lascia perdere, non voglio nessuna ricompensa...››
‹‹Ma se vinciamo noi...›› aggiunse Alessandro.
‹‹Maurizio, mi restituirà il dvd de“Il Gladiatore”che gli ho prestato mesi fa.››
‹‹Anche noi giochiamo solo per la vittoria di Alessandro allora›› intervenne Mimì sorridendo.
 
Dopo pochi minuti di gioco, si notò la maggioranza tecnica della squadra di Alessandro. Quella che stupì più di tutti fu Mimì.
‹‹Tu giochi come un uomo›› esclamò con ammirazione Maurizio.
‹‹Perché che differenza c’è? Come gioca una donna o un uomo?›› rispose aggredendolo Mimì.
‹‹Ne...nessuna›› rispose intimidito il ragazzo.
La partita fu vinta da Mimì&Ale e quindi il dvd doveva ritornare nelle mani del legittimo proprietario.
‹‹Magari te lo porto lunedì a scuola›› disse il ragazzo.
‹‹No, penso che me lo darai la prossima volta che ci incontreremo...››
‹‹Che vuol dire?›› chiese Maurizio.
‹‹Ecco, questa è la cosa che dovevo dire a tutti... mio padre mi ha cacciato di casa.››
‹‹Cosa?›› urlò Manuela sgranando gli occhi.‹‹A causa m...mia?››
‹‹Ha scoperto, non so ancora come, ma comunque non è colpa di nessuno... solo di quella testa dura che non è altro.››
‹‹Ed ora ti trasferisci qui?›› chiese Bruno pensando a come risolvere la situazione.
‹‹No, non posso... vado a Firenze.››
A Manuela si gelò il sangue nelle vene.
‹‹Dove?›› gli chiese.
‹‹Hai sentito bene. Ho dei parenti là ...››
‹‹Non hai potuto far niente per fargli cambiare idea?›› domandò lei.
‹‹Tu non conosci suo padre›› esclamò Maurizio.
‹‹Sarebbero stati guai per te›› rispose Alessandro.
La ragazza si alzò da tavola e con le mani sul viso si diresse in bagno.
Alessandro si rivolse a Mimì.
‹‹Tu mi capisci?››
‹‹Certo, e ti capisce anche lei, ma penso che sia stato uno shock...così all’improvviso.››
‹‹Lo è anche per me. Credimi... la aiuterai a tenersi su? Per piacere Mimì›› supplicò lui.
‹‹Assolutamente. Be', comunque noi ce ne andiamo, vero ragazzi?›› fece un cenno agli altri due di alzarsi.
Mimì poi si diresse verso il bagno e bussò alla porta, Manuela le aprì in lacrime.
‹‹Manu, io me ne vado, avverto tuo padre che dormi da me.››
‹‹Ok, grazie...››
‹‹Ascolta quello che ha da dirti, forse è la soluzione migliore.››
‹‹Già...›› accennò un piccolo sorriso. ‹‹Salutami gli altri due›› chiese alla zia.
‹‹Non ti preoccupare›› le diete un bacio su una guancia e si allontanò.
 
Nel frattempo alla porta, Alessandro salutava i due amici.
‹‹Abbi cura di te›› gli disse Maurizio abbracciandolo.
‹‹Magari qualche volta ti veniamo a trovare e ti portiamo anche....›› fece Bruno indicando il bagno (e quindi Manuela.) .
‹‹Grazie, ragazzi. Mi raccomando. Non combinate troppi casini...››
‹‹Ormai, più di quello che hai combinato tu›› sorrise Bruno.
‹‹È vero›› confermò Alessandro, poi arrivò Mimì.
‹‹Alessandro, lei resta qui. Mi raccomando, fai un buon viaggio e fatti sentire.››
‹‹Sicuramente›› l’abbracciò. ‹‹Grazie di tutto.››
‹‹Di niente›› rispose quasi commossa.
‹‹Dai Mimì che ti consolo io›› esclamò Maurizio.
La donna rise e si allontanò insieme agli altri. Alessandro chiuse la porta e si diresse immediatamente fuori la porta del bagno.
Manuela uscì subito senza fare storie e lo abbracciò fortissimo.
‹‹Hai ragione tu. È la soluzione migliore›› singhiozzò.
‹‹Amore mio... anche se vado via, tra noi non cambierà nulla... ci vedremo meno spesso... ma ci sentiremo di continuo.››
‹‹Alessandro, abbracciami›› lo supplicò.
‹‹Manu, sono qui. E ci sarò sempre.››
‹‹Sì, lo stesso vale per me...›› si nascose nel suo petto.
‹‹Poi, lavorerò duro e dopo il diploma... verrai anche tu a Firenze. Puoi frequentare l’università di medicina anche lì, no? Chiederò aiuto ai miei zii, ti sosterrò con le spese... vivremo insieme... sarà fantastico.››
‹‹Quanti mesi mancano?››
‹‹Pochi, io me ne vado con la speranza di una vita futura insieme. Mi prometti che verrai, vero?››
‹‹Certo che verrò›› lo baciò delicatamente.
‹‹Non importa se dovremo affrontare altre mille difficoltà...››
‹‹L'importante è che noi due sappiamo che nulla cambierà nonostante i chilometri›› continuò lei.
‹‹Già, non mi sono mai sentito così prima d'ora. Tutto ciò che faccio in una giornata mi riconduce a te...ed a Firenze questa cosa rimarrà uguale›› concluse Alessandro.
‹‹Amore mio... conterò i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi...finché non potremo di nuovo vederci...e poi come hai detto tu...staremo insieme per sempre. Ti amo Alessandro, P.T.L.V.››
‹‹Eh?››
‹‹Uffa, lo sapevo che abbreviavo al momento sbagliato. Faccio schifo in queste cose... insomma volevo dire: “Per Tutta La Vita”.››
‹‹P.T.L.V..›› l’abbraccio con vigore e la baciò.
Alessandro nascose le lacrime, nonostante il pensiero di una vita insieme lo aiutasse ad andare avanti, allontanarsi da lei era davvero dura. Resistendo, però, riuscì a non cambiare forma.
I due ragazzi trascorsero la notte insieme ed entrambi l'affrontarono come l’ultima occasione di tranquillità a loro disposizione.
Alessandro dormì solo poche ore, il resto del tempo lo passò a fotografare la sua Manu con il cellulare mentre lei dormiva.
Ma il suo viso, i suoi capelli ricci, il suo naso, la sua bocca, i suoi seni, i suoi fianchi era già impressi nella sua mente.
 
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.
 
John Keats
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** {CAPITOLO XII} ***


Alessandro era al telefono con Mimì.
‹‹Perché Manu si comporta in modo così strano?››
‹‹Mmm, non lo so... sarà che è un mese che non vi vedete. Capisci pure tu. Le avevi promesso di tornare per il tuo compleanno... è rimasta malissimo...››
‹‹Le ho detto che non sarei più ritornato perché vorrei farle una sorpresa.››
‹‹Ah che carino. È sempre trasformata in husky siberiano perché dice che le ricorda te›› e la donna rise un po’.
‹‹Be’, non è che siamo proprio la stessa cosa.››
‹‹Sai benissimo che non possiamo trasformarci in lupo. Comunque soffre anche di pressione bassa da un paio di settimane...››
‹‹Cosa? È andata dal medico?››
‹‹No, quella “capatosta”. Ora è anche in crisi per la scuola guida... ha i test tra un paio di giorni... proprio il giorno del tuo compleanno.››
‹‹Andrà sicuramente benissimo. Festeggeremo per entrambe le cose... cerca di convincerla a farsi visitare.››
‹‹Come se fosse facile, vabbé... allora ti aspetto.››
‹‹Sì, ma acqua in bocca.››
Nello stesso momento in cui Mimì riagganciò entrò Manuela di ritorno dalla scuola guida. La ragazza era visibilmente stanca.
‹‹Allora Bambolina? Cos’hai?››
‹‹Oggi non mi sento tanto bene... ho lo stomaco a pezzi.››
‹‹Mmm... ti cucino qualcosa in "bianco"?››
‹‹No, non ho tanta fame... chi era al telefono?››
‹‹Mmm... Maurizio›› mentì la zia, se le avesse detto la verità avrebbe fatto un milione di domande e ciò significava rischiare di svelarle la sorpresa.
‹‹Chiama sempre più spesso...››
‹‹È gentile. Vuole sapere come stai›› giustificò la donna.
‹‹Sì... quello chiama per sentire te.››
‹‹Ha.Diciotto.Anni. Non dire cavolate...››
‹‹Be' sarà, ma è così trasparente... Alessandro novità?››
‹‹No, nessuna novità.››
‹‹Non ci sentiamo da ieri... questa situazione mi sta proprio stancando›› brontolò Manuela.
‹‹Eh no, non puoi mollare proprio adesso... te lo proibisco.››
‹‹A te cosa importa? Dopo i dubbi iniziali, ci hai sempre appoggiati, perché? Sei quasi ossessionata dalla nostra relazione...››
‹‹Ossessionata? Voglio solo aiutarvi... se per te è un problema...››
‹‹No, non è un problema. Vorrei semplicemente scoprire il motivo...›› fece dietrofront  stemperando i toni.
‹‹Hai richiamato Diego?›› cambiò argomento.
‹‹No...ho detto che non ci voglio parlare...››
‹‹Sai sembra così dispiaciuto... ora lavora in una fabbrica a Caserta... chiama tutte le sere.››
‹‹Non mi interessa zia. Io parlavo d’altro e tu come al solito hai cambiato argomento.››
Il telefono le interruppe. Era Maurizio che telefonava dal circoletto.
Manuela irritata si diresse in camera, Mimì dispiaciuta la seguì con la coda dell’occhio.
“‹‹Allora cara››” esclamò il ragazzo dall’altro capo.
‹‹Ciao piccolo...››
“‹‹Uffa, ancora con questa storia?››” adirato dal soprannome.
 
Nel frattempo Tony e Bruno perplessi discutevano sulla situazione.
‹‹Le telefona quasi tutte le sere...››
‹‹Non mi va che corteggi una donna più grande di lui...›› asserì Tony, lo zio di Maurizio.
‹‹Perché? Tu non la conosci nemmeno... sai non li dimostra neanche i suoi trent’anni. E poi è divertente.››
‹‹Bah, io la conosco...non è robba pe iss’›› esclamò con un tono che traspariva irritazione. ‹‹Alessandro novità?›› continuò.
‹‹No, niente. So che torna dopo domani per il suo compleanno, ha intenzione di festeggiarlo insieme alla sua bella...››
‹‹Capisco...››
Nello stesso momento Maurizio ritornò tra loro.
‹‹Allora a che punto sei?›› domandò Bruno.
‹‹Non lo so, mi sembrava più affettuosa del solito oggi›› sorrise Maurizio. ‹‹Èuna donna fantastica. La voglio tutta per me.››
‹‹Non ci perdere la testa. Non fa per te›› intervenne suo zio.
‹‹E tu che ne sai?›› domandò irritato il ragazzo.
‹‹Ti illude. Ha trent’anni. E sai che vuol dire? Che è una causa persa. Una donna non si mette con un ragazzo come te.››
‹‹Ti odio zio quando fai così››. Maurizio uscì dal circoletto. Bruno fece per seguirlo ma prima si voltò verso Tony.
‹‹Quando fai così sembri proprio zio Gennaro, il padre di Alessandro... perché ti accanisci contro di lui?›› esclamò.
‹‹Mi dispiace...›› abbassò lo sguardo ma Bruno era già uscito dal locale.
 
Diego tornava da lavoro. Dal giorno dell’incidente con Manuela (la lite a causa di Alessandro) era stato isolato dal resto della famiglia. Solo Mimì cercava di fare da paciere, perché il ragazzo sembrava veramente pentito e poi lei era l’unica a conoscere i suoi sentimenti.
Dentro di sé però, il ragazzo, nascondeva anche un altro terribile segreto, quello più grande, che non gli faceva chiudere occhio la notte: aver rivelato tutto a Don Gennaro, aveva causato un mucchio di problemi.
Alessandro aveva dovuto lasciare Napoli e Manuela non si era più ripresa dalla sua partenza.
Si fece coraggio e tornato da Caserta si diresse a casa della cugina.
Ad aprirgli la porta fu Mimì.
‹‹Pensavo che non avresti mai avuto il coraggio di venire qui.››
‹‹Zia ti prego, fammela vedere... fammi parlare con lei... ne ho bisogno...››
‹‹Per me non ci sono problemi... vai è in camera sua. Però permettimi di dirti prima un paio di cose: quando tempo fa mi hai detto cosa provavi per lei mi hai anche promesso che le saresti stato accanto incondizionatamente consapevole che il tuo era un amore impossibile...››
‹‹Sono stato accecato dalla gelosia, zia non lo so neanche io... la amo... non avrei mai voluto farle del male.››
‹‹La ami, ma non devi, Diego mi dispiace, conosco quello che provi e perciò ti ho accolto...ma per gli altri sarà difficile...››
‹‹Incondizionatamente nient’altro... per sempre...›› promise con le lacrime agli occhi.
‹‹Guarda che se fai qualcosa di sconveniente... questa volta intervengo io... e…››
Diego per la vergogna abbassò lo sguardo, ormai tutti lo temevano.
L’unica che gli aveva dato fiducia era stata Mimì, che forse ne avrebbe pagato le conseguenze con lo zio Raffaele.
Il ragazzo entrò nella stanza di Manuela che era seduta sul letto fissando fuori dalla finestra. La vide pallida e stanca.
Era così emozionato che inciampò nella sedia della scrivania posta vicino al letto.
Quando Manuela lo vide e si rannicchiò al muro, si trasformò in coniglio e si nascose sotto i cuscini.
Diego la scovò nel letto e la prese in braccio. L’avvolse con una coperta e la guardò negli occhi per farle capire che non le avrebbe fatto del male. Manuela tornò umana avvolta in una coperta. Chiese al cugino di girarsi e si rivestì.
‹‹Cosa vuoi? Perché Mimì ti ha fatto entrare?›› impaurita cominciò a parlargli.
‹‹Voglio chiederti solo scusa... Mimì lo sa che non ti farei mai del male...››
‹‹Infatti me lo hai già fatto...››
‹‹Scusami, ero fuori di me.››
‹‹Non è una valida giustificazione...››
‹‹Aiutami Manuela, mi sento così solo›› dagli occhi del ragazzo sgorgarono fitte lacrime, Manuela si intenerì e gli si avvicinò.
‹‹Scusa se sono stata dura con te... ma l’altra volta mi hai spaventata›› disse lei.
‹‹Ti giustifichi? Sei troppo buona. Ti ho fatto veramente del male e tu giustifichi il tuo atteggiamento... perdonami... se si può mai perdonare un gesto come il mio... fallo. Per piacere›› si inchinò e le afferrò le mani per continuare a piangere, Manuela presa dalla compassione si abbassò verso di lui e lo abbracciò.
‹‹Sei la mia migliore amica, la mia sorella...›› erano tutte bugie,  perché lui l’amava come si ama la propria anima gemella. Aveva sempre pensato che essendo una Mutaforma, solo lei avrebbe potuto capirlo.
‹‹Diego...››
‹‹No, ascolta....farò qualsiasi cosa...dimmelo...per me sei la più importante. Cosa posso fare per farti ritornare quella di un tempo?››
‹‹Non penso tu possa aiutarmi... ma non posso parlarti di quello che provo... ti ferirebbe...›› rispose Manuela pensando che il discorso “Alessandro” l’avrebbe fatto arrabbiare di nuovo.
‹‹NO Manuela. Raccontami tutto come un tempo...››
‹‹Diego, io ho bisogno di lui, mi manca così tanto che lontana da lui...non riesco a sentirmi bene. È come se fossi stata privata dell’aria...›› esclamò con il viso ricoperto di lacrime e mordicchiandosi leggermente le labbra.
‹‹Non lo capisco ma lo accetto, Manuela. Perdonami, io ti avrei voluta sempre con me... ma è ora che tu prenda la tua strada e solo ora capisco, che è l’unica persona che può renderti felice ed allora è giusto che tu segua i tuoi sentimenti.››
‹‹Grazie Diego›› lo abbracciò stretto ed il ragazzo pianse ancora, ora aveva capito, anche se lo sapeva da sempre ma non ci credeva ancora del tutto, che il suo era un amore assurdo.
Nascose il segreto peggiore però. In quel momento gli sembrò la cosa giusta da fare. L’aveva appena ritrovata e non aveva intenzione più di perderla anche se quello significava portarsi il segreto fin nella tomba per poi fare i conti con Dio.
 
Tony al circoletto rimuginava sulla discussione avuta con Maurizio. Come poteva allontanare suo nipote da quella donna?
Dopo molta indecisione si fece coraggio, dal telefono da cui aveva chiamato Maurizio digitò il tasto REPEAT e chiamò a casa di Manuela. Mentre aspettava che qualcuno rispondesse, iniziarono a sudargli le mani, quando poi Mimì alzò la cornetta e rispose, Tony ci mise qualche secondo prima di parlare, poi al suo terzo...
“‹‹Pronto?››”
‹‹Eh... ciao sono Tony... come stai? Avrei urgenza di parlarti di una cosa... posso farlo ora o sei impegnata?››
‹‹Tony?›› Mimì sgranò gli occhi. La voce non le usciva più, si sentì debole e fece cadere la cornetta dalla mano mentre l’uomo dall’altro capo del telefono continuava a parlare.
“‹‹Mimì ci sei?››”







NdA: Volevo mostrarvi la copertina del libro, scelta da me per Untold Story... n_n Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** {CAPITOLO XIII} ***


 
La donna riprese la cornetta e si fece forza per rispondere.
‹‹Ciao Tony, tutto bene...dimmi pure...››
“‹‹Senti Mimì....››”
‹‹Cosa vuoi?››
“‹‹Il problema è facile da spiegare: devi lasciare in pace mio nipote Maurizio...››”
‹‹Lasciarlo in pace? È lui che mi chiama, è sempre gentile con me e non facciamo niente di male...››
“‹‹È assurdo. È un ragazzino, non si rende conto di quello che fa.››”
‹‹Assurdo? Lo trovi assurdo che qualcuno si interessi a me?››
“‹‹Non dico questo. Mimì...è ridicolo...questo discorso è ridicolo... è molto più giovane di te.››”
‹‹Senti Tony, per la prima volta, due tra voi, riescono a fregarsene di quali siano le regole di Gennaro. Questa è una cosa splendida... io li stimo per questo...››
Tony tacque, provò un attimo di imbarazzo, era vero, Alessandro ed anche Maurizio a modo suo, stavano infrangendo le regole che da venti anni vincolavano la famiglia Giordano e chi li stava vicino. Mimì non sentendolo più parlare cercò invano una risposta ma lui per un po’ non riuscì a aprir bocca.
 
Nella sua stanza Manuela parlava con Diego.
‹‹È dura per te andare a lavorare a Caserta ogni mattina, vero?››
‹‹Già, mettendo anche che il mio turno inizia alle sette di mattina. Da qui devo partire veramente presto...››
‹‹Vorresti ritornare in pizzeria?›› gli fece con un sorriso.
‹‹Sarebbe magnifico. Con che faccia posso chiedere a tuo padre di riprendermi con lui? Dopo quello che ho fatto...››
‹‹Ma ormai abbiamo chiarito... glielo chiederò io.››
‹‹No Manu, non farlo...se la prenderà anche con te.››
‹‹Vedrai che ti stai sbagliando...ecco gli telefono adesso.››
La ragazza alzò la cornetta e sentì un po’ della conversazione di Mimì.
“‹‹Senti Domi*...››” (NdA:*Mimì è vezzeggiativo del nome Domenica. Come quindi anche Domi) fece l’uomo dall’altro capo del telefono.
“‹‹Domi? Non chiamarmi così. Domi non esiste più Tony... e poi Maurizio...››”
Manuela non ebbe il coraggio di sentire più nulla e riagganciò. Per un attimo si assentò e iniziò a pensare: “Chi può chiamare la zia Mimì in quel modo? Domi è così familiare....Tony...chi è Tony?... per parlare di Maurizio non può essere altri che...”
‹‹Manu, cosa c’è? Hai cambiato idea? Non chiami più tuo padre?››
‹‹È  occupato›› rispose ancora pensierosa.
 
Mimì e Tony avevano ripreso il loro colloquio.
‹‹È un bravo ragazzo...››
“‹‹Appunto non lo illudere...››” esclamò lui.
‹‹Non lo sto illudendo.››
“‹‹Mimì, non proverai mica qualcosa per lui seriamente.››”
‹‹Tony, non è una discussione che voglio affrontare ora... con te per giunta...››
“‹‹MIMI’ NO. Tu me lo devi dire... ti sei innamorata?››”
‹‹Innamorata? Perché tu lo sai ancora cos’è l’amore?››
“‹‹Io? Io sì lo so e per questo motivo dico che tra voi non può nascere niente. LASCIALO IN PACE.››”
‹‹Sei una persona orribile, stai prendendo le sembianze del grande capo, del dio sceso in terra, che muove chi gli sta intorno come pedine... non mi va più di parlare con te... io riattacco... ciao.››
Mise giù il telefono poi si sedette al tavolo con le mani sul viso.
 
Manuela e Diego uscirono dalla stanza e la videro in quelle strane condizioni.
‹‹Tutto bene zia?›› chiese Diego.
‹‹Sì, sì, e tra di voi? Avete chiarito?››
‹‹Sì, tutto cancellato. Dopo parlo con papà per chiedergli se può ritornare in pizzeria...››
‹‹È meraviglioso›› disse con un assente sorriso. I due nipoti si guardarono, entrambi pensarono che qualcosa non quadrava.
‹‹Bene io vado…›› annunciò Diego.
Le due lo salutarono per poi rimanere l’una di fronte all’altra ad affrontarsi.
‹‹Zia, non credi sia arrivato il momento di raccontarmi alcune cose?››
‹‹Manu, cosa ti salta in mente così all'improvviso?››
‹‹A me? Perché parlavi con Tony?››
‹‹Stavi ascoltando di nascosto la mia telefonata?››
‹‹No è capitato. Volevo chiamare papà per Diego...››
‹‹Allora? Non lo sapevi che ci conoscevamo?››
‹‹Sì, ma ti ha chiamato Domi. Troppo familiare, per un amico della famiglia Giordano, avere questa confidenza con una Russo.›› Manuela non avrebbe ceduto ma forse Mimì aspettava solo che lei glielo chiedesse.
 
Nel suo lussuosissimo ufficio, Don Gennaro stava parlando a telefono. Era tardi ma per lui non c’era nessuno ad aspettarlo a casa.
Così aveva sempre voluto e non si era mai lamentato di questo, anzi dichiarava sempre che l’ufficio era la sua casa e gli impiegati la sua famiglia.
‹‹Allora Franco, sta andando a scuola?››
“‹‹Sì, questo ragazzo è tranquillissimo... educato... non sembra avere problemi di droga...››”
‹‹Ed invece sì, perciò come ti ho spiegato, l’ho allontanato da Napoli… era circondato da cattive amicizie.››
“‹‹Non ti preoccupare ci occuperemo noi di lui. È un piacere, anche se ci ha visti poco, è molto cordiale ed affezionato. Virginia, mia cugina, come sta? Perché non me la passi?››”
‹‹Ehm sono in ufficio... sai poi non era d’accordo che Alessandro venisse da voi...››
Squillò l’altra linea, Don Gennaro salutò velocemente il cugino di Firenze e rispose, ormai la segretaria era andata a casa e quindi faceva tutto da solo.
‹‹Pronto?›› impostò la voce.
“‹‹Gennà me li devi dare. Mi servono. Devo finanziare un altro progetto...››”
‹‹Signor Carlo, ma io non ce li ho.››
“‹‹Trovali...››”
‹‹Signore... ma io... ok. Domani faccio un bonifico dal conto dell’azienda...››
“‹‹No, io non voglio problemi con la finanza... magari ci roviniamo con un controllo incrociato. La “roba” l’hai comprata tu... li voglio dal tuo conto personale...››”
‹‹Cosa? Quanto le serve?›› chiese avvilito.
“‹‹Tutto quello che mi devi dare...centocinquanta mila euro. Senza storie, tra due giorni. Le mie coordinate ce l’hai, se mi fai un assegno circolare è meglio. Ora attacco perché già questa conversazione non dovrebbe avvenire per telefono.››”
Il vizietto che aveva affibbiato, mentendo, a suo figlio in realtà era il suo. Ne aveva abusato ultimamente, organizzando anche feste illegali e lussuose, offrendone liberamente a tutti. La Napoli “bene” lo aveva addirittura soprannominato Coca Giordano. L’uomo lo faceva anche perché si era reso conto che l’uso di stupefacenti bloccavano la sua trasformazione e questo gli faceva sentire a pieno il controllo della sua vita, cosa che aveva sempre invidiato ai Mutaforma.
Questo però aveva aumentato il suo debito vertiginosamente.
Don Gennaro non sapeva come racimolare quella somma, visto che il suo fornitore non voleva che li prendesse dal fondo cassa dell’azienda.
 
Mimì giocava nervosamente con il suo braccialetto. ‹‹Ok, ma ti avverto che non ti piacerà. È  una storia che non piacerebbe a nessuno...a me non piace raccontarla...ed è per questo che non l'ho mai fatto...››
UNTOLD STORY
Le mani tremavano in modo visibile e Manuela di fronte a lei aspettava con ansia il suo racconto.
‹‹Avevo più o meno la tua età e tu appena sei anni...›› iniziò con voce tremante ‹‹... e ti accompagnai alla Villa Comunale. Ti è sempre piaciuto passare il tempo lì, ti ricordi? Mi chiedesti lo zucchero filato, ti avvicinasti di corsa al carrettino ed io preoccupata ti seguii...Tony non lavorava ancora e si arrangiava...ed era lui ‘l’uomo dello zucchero filato. Ti sorrise e poi lo fece a me, io sapevo chi era. Era impossibile che uno di noi non conoscesse uno di loro,
 non come voi oggi. Era in qualche grado legato ai Giordano ed era anche lui un Licantropo. Fu gentile e dopo averti preparato lo zucchero, scambiammo due chiacchiere...mi chiese il numero di casa per chiamarmi qualche volta. Quell’incontro così casuale, mi rimase impresso, diciamoci la verità, quando incontriamo una persona che per noi sarà importante ce ne  rendiamo conto subito. Non ho provato mai più quella sensazione che voi ragazze chiamate “farfalle nello stomaco” o “brivido che attraversa la schiena”...
Be', mi chiamò il giorno dopo e iniziammo a vederci. Parlammo anche della situazione difficile che ci stava attorno, tenemmo segreto tutto. Lui sembrava non fregarsene di niente, io d’altra parte andavo a lavorare alla fabbrica di borse, lui veniva a prendermi all’uscita tutte le sere, ed io tornavo a casa sempre un’ora o due più tardi... tuo nonno, ricordi? La nonna già non c’era più, si accorse di qualcosa, di qualcuno, ma era identico a tuo padre. Sempre discreto, aspettava in silenzio il giorno che gliene parlassi io...
Ho dato tutto in quel rapporto...quando si è giovani si è così avventati... feci con lui l’amore per la prima volta...
Tony decise dopo un anno di misteri ed incontri furtivi che era il momento di dichiarare al mondo intero la nostra storia. “Ne parlo con Gennaro. Dopo la sua benedizione ci sposiamo, perché è con te che voglio stare per tutta la vita” mi disse ed io lo lasciai fare speranzosa. Un biglietto›› si interruppe mordendosi le labbra.
‹‹Cos’è successo dopo?›› chiese Manuela ansiosa .
‹‹Un biglietto, che conservo ancora, mi lasciò nella cassetta della posta. Sopra c’era scritto: “DOMI NON POSSIAMO VEDERCI PIU’. NON CERCARMI. TONY”...io ero troppo spaventata per rintracciarlo e non lo feci. Non l’ho mai fatto. Ecco perché voglio a tutti i costi che tu e Alessandro ce la facciate a liberarvi da questa orribile catena, non sono ossessionata. In voi cerco anche una mia rivincita...››
‹‹Allora è questo il motivo per cui non hai più sposato Mario?››
‹‹Lui mi ha aiutata a dimenticare Tony per tanti anni. Ma l’ombra di quel rapporto mi perseguita tutt’oggi. Non sono mai riuscita a dirgli la verità. Non si è mai accorto che ogni tanto mi svegliavo sotto un’altra forma. È stato doloroso per me lasciare un uomo che mi assicurava un futuro sereno, a due mesi dal matrimonio per giunta. Sapevo che non sarei riuscita ad essere mai sua al cento per cento. È stato un bene per lui che finalmente insieme ad un'altra abbia trovato la felicità…››
‹‹E Tony?››
‹‹Non lo so, sicuramente si sarà rifatto una vita, la sua fama di “sciupa femmine” l’ha sempre preceduto…ed ora mi sento anche molto ingenua per avergli creduto…››
‹‹Scusa zia per tutte le cose orrende che ti ho detto›› corse ad abbracciarla per darle un po’ di conforto.
 
Tony nel suo circoletto era seduto con le mani sulla testa. La sua mente era assente e viaggiava verso il passato. Ricordò il giorno in cui andò a chiedere la benedizione di Gennaro. Riaffiorarono nella memoria le parole dell’uomo dopo la notizia.
‹‹TU MIMI’ LA LASCI, CAPITO? SE NO LA FACCIO AMMAZZARE. LA FARO’ SEGUIRE E QUANDO SARA’ UNA MALEDETTA GATTACCIA LA FARO’ INVESTIRE DA QUALCUNO…SAI BENE CHE CI RIUSCIRO’›› gli urlò con un volto arrabbiato e disgustato.
Ricordando Tony sgranò i suoi occhi lucidi per poi nascondere una lacrima.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** {CAPITOLO XIV} ***


Era mattina, quando Alessandro raggiunse la stazione.
L’ultima volta che l’aveva vista era stato un mese prima, appena partito per Firenze. Ricordava quel giorno come il più brutto della sua vita.
Si era appena allontanato da Manuela e già ne sentiva tremendamente la mancanza. In quei giorni avrebbe voluto abbandonarsi al suo essere lupo, ma resistette, per LEI.
Il ragazzo aveva prenotato giorni prima il biglietto su internet e stava partendo di nascosto dagli zii. Questo lo rattristava molto perché tutti lo avevano accolto calorosamente, per la prima volta nella sua vita aveva provato cosa significasse vivere in una famiglia: avere un padre che si occupa di te, una madre che non soffre, dei fratelli maggiori che ti aiutano ad inserirti a scuola e tutto il resto. Queste erano cose di un altro pianeta per lui...
Prese il treno alle 09.53, sarebbe arrivato a Napoli Centrale verso le 13.30 prendendo L’Eurostar.
Partì da Firenze con una forte emozione nel cuore: dopo poco più di tre ore avrebbe potuto riabbracciare la sua amata.
 
Manuela era fuori l’autoscuola aspettando il risultato della prova scritta. Il suo volto era preoccupato, non per il risultato, ma perché era il compleanno di Alessandro, non era ancora riuscita a mettersi in contatto con lui telefonicamente e ciò l' angosciava molto.
 
Alessandro arrivò a Napoli con un quarto d’ora di ritardo, ad attenderlo alla stazione c’era l’affidabile Mimì.
‹‹Ale, ciao. Tanti auguri, mi sbaglio o sei un po’ dimagrito?››
‹‹Ciao Mimì, grazie, no... diciamo che mi sono ancora un po’ allungato.››
‹‹Vuliss addiventà duje metre?››
‹‹No, no. Basta così per me›› rispose sorridendo.
‹‹Allora com’è andato il viaggio?››
‹‹Ho dormito, per ammazzare il tempo, non vedevo l’ora, sai, di arrivare...››
‹‹Immagino, dai Ale manca pochissimo›› gli diede una pacca su un braccio.
‹‹Novità? Manuela ti ha chiamata? Io ho il cellulare spento per non rovinare tutto.››
‹‹No, non mi ha ancora fatto sapere niente... speriamo che sia andato tutto bene. Stamattina se n’è andata con la faccetta triste perché non era riuscita ancora a farti gli auguri.››
‹‹Mi dispiace, ma così sarà una sorpresa più grande, no?››
‹‹Sì, sì... poi sai Alessandro ho un piano, mi chiedo quando smetterò di fare la ruffiana?››
‹‹Scusa, per tutti gli impicci che ti sto dando...››
‹‹No, non ti preoccupare... stavo scherzando... vi lascio casa mia...››
‹‹Ma tu abiti nella porta di fronte a casa di Manuela.››
‹‹Sì, ma non ci viene quasi mai nessuno, neanche io ci sono mai, sono sempre da lei... quindi non preoccuparti.››
 
All’incirca un'ora dopo Manuela varcò la porta di casa sua finalmente sorridente.
‹‹Allora Manu? Com’è andata?››
‹‹Zia con tutto lo stato d’animo che avevo, e tu sai quale, ho fatto solo UN ERRORE. Promossa. Ce l’ho fatta›› corse ad abbracciarla poi tornò ad affliggersi di nuovo.
‹‹Se ci fosse stato Alessandro, avremmo festeggiato entrambe le cose›› esclamò con il faccino scontento. ‹‹Sai non sono ancora riuscita a rintracciarlo. Ma che diavolo sta facendo?››
‹‹Dai su, vedrai che riaccenderà il telefonino, appena uscito da scuola. ››
‹‹Be', speriamo...ormai dovrebbe essere già uscito...›› si sedette con l’entusiasmo di nuovo spento.
‹‹A proposito, il regalo che gli hai comprato...››
‹‹Cos’ha? Non ti piace più?››
‹‹No, non è questo. Tuo padre è tanto buono e non ha mai detto niente... ma perché non lo nascondi?››
‹‹È vero, il regalo. Chissà quando potrò darglielo...››
‹‹Su dai Manu, vallo a nascondere...››
‹‹E dove? Questa casa è piccolissima... ogni parte non sarebbe mai segreta del tutto.››
‹‹Ok, prendi le chiavi e vai da me.››
‹‹A casa tua? Non è male come idea›› sorridente andò a prendere il pacchetto e infine chiuse la porta di casa alle sue spalle.
Mimì sorrise per la missione compiuta.
 
Alessandro attendeva con ansia Manuela, non vedeva l’ora di abbracciarla e di baciarla, di toccarla ed accarezzarla.
Immaginava ormai da un mese quest’incontro, non riusciva ad attendere oltre. Sentì la chiave che girava nella serratura della porta e si nascose, la spiò di nascosto: eccola. Era lei. Era bellissima, con i suoi capelli ricci, lunghi e neri e il viso acqua e sapone che lui adorava.
Manuela si voltò per nascondere il pacchetto, Alessandro andò di spalle e le coprì gli occhi.
‹‹Chi sei?›› disse un po’ spaventata, ma lui non rispose.
‹‹Insomma.....›› si appoggiò al suo pettorale e notò l’altezza, solo una persona poteva essere così alta.
Le liberò gli occhi e, sempre di spalle, le girò solo il viso per farsi guardare. Manuela vide il suo amato Alessandro. Il cuore le batteva a mille all’ora. Lui teneramente le strinse il mento con le dita e la baciò appassionatamente.
‹‹Amore...›› gli si lanciò in braccio lei.
‹‹Amore....›› rispose lui continuando a riempirla di baci dappertutto.
‹‹Ti amo...›› continuò lei strapazzata dai suoi baci.‹‹Tanti auguri.››
I due si fermarono per un attimo e si guardarono negli occhi.
‹‹Come sei bello amore mio, avevo paura di dimenticare il tuo viso. Quanto caspita è magnifico?.››
‹‹Ohoh...Ti è piaciuta la sorpresa?››
‹‹Grazie amore, grazie...››
‹‹Grazie anche a zia Mimì›› commentò lui.
‹‹Certo grazie anche a lei...››
‹‹Il test per la scuola guida?››
‹‹Stamattina non ero tanto in vena... ma in ogni caso PROMOSSA›› sorrise lei raggiante.
‹‹Sei bellissima...›› esclamò lui cercando di baciarla.
‹‹No, aspetta il mio regalo di compleanno... ti va di aprirlo?››
‹‹Non dovevi...›› disse lui preoccupato del fatto che lei non avesse una paghetta fissa.
‹‹E perché no? Ho avuto qualche mancia in più questo mese... non preoccuparti.››
Lui aprì il pacchetto e rimase esterrefatto. Era una collana di cauchu che portava sotto un ciondolo in acciaio a forma di cuore spezzato che si divideva in due parti.
‹‹Certo non è tanto originale... ma è tanto carina... metà a te e metà a me›› disse lei con un dolce sorriso.
‹‹È bellissima... la metto subito›› rispose lui visibilmente toccato.
La ragazza mise la sua parte di mezzo cuore sotto la collana con il tulipano che le aveva regalato al suo compleanno e da cui allora non si era mai separata.
Alessandro la cinse in vita a la baciò.
‹‹Tutto questo tempo non ho fatto altro che sognare il giorno che avrei potuto averti di nuovo...››
Manuela iniziò a baciarlo ed a sbottonargli la camicia, anche lei non vedeva l’ ora di fare l’amore con lui.
Alessandro le sfilò la maglietta ed iniziò a baciarla lungo il collo arrivato alla spalla iniziò ad abbassarle la bretella del reggiseno.
 
Don Gennaro era nel suo ufficio, era agitato ed indaffarato cercava fondi e finanziamenti per pagare il suo debito, tutti i suoi tentativi fino ad allora erano andati in fumo.
Sudato e disperato, si alzò dalla scrivania e appoggiò il braccio alla finestra.
‹‹Ed ora cosa faccio?›› si chiese piagnucolando.
Il telefono interno squillò e la sua segretaria gli annunciò una telefonata da Firenze.
‹‹Pronto Franco?››
“‹‹Gennaro, purtroppo devo darti una cattiva notizia.››”
‹‹Cos’ha combinato mio figlio?››
“‹‹Non è tornato da scuola...››”
‹‹Sarà in giro, qui lo faceva sempre...››
“‹‹La cosa che mi preoccupa e che ho trovato gli orari dei treni per Napoli sul suo letto...non vorrei che...››”
‹‹Ah...quella testa di c....››
“‹‹Gli avevamo preparato anche una piccola festa.››”
‹‹Festa? E per cosa?››
“‹‹Ma come Gennaro. Oggi è il suo diciannovesimo compleanno.››”
Gennaro rimase di ghiaccio, aveva dimenticato il suo compleanno, ma ormai da quanti anni non lo festeggiavano insieme? E la festa dei diciotto anni? Come l'aveva trascorsa? E sua moglie? Quando era il suo compleanno?
‹‹Non ti preoccupare...me ne occupo io. Se è tornato a Napoli, so dove trovarlo...››
“‹‹Mi tieni aggiornato? Qui siamo tutti preoccupati.››”
Dopo aver promesso di fargli avere notizie riagganciò furente di rabbia, aprì il suo cassetto e prese una bustina, fece due tiri e si sentì di nuovo in forze. Perché le cose non andavano più per il verso giusto?
Salì in macchina ed andò in cerca di Alessandro.
Guidava a gran velocità.
Durante il tragitto verso casa di Manuela, gli passarono davanti agli occhi tanti volti: quello del suo caro amico di un tempo, Raffaele: Licantropo o Mutaforma non era stata sempre la stessa razza per lui? In quell’istante aveva dimenticato il momento in cui aveva iniziato ad odiarli. Poi sua moglie, Tony e suo figlio. Il volto che lo sconvolse di più.
Possibile che la maggior parte di loro erano, od erano state, le persone a lui più vicine e tutti tra loro avevano sofferto a causa sua?
‹‹Cos’è questo?›› parlò da solo. ‹‹Si chiama coscienza?›› si fermò ad un semaforo ad un incrocio, di fronte a lui un TIR aveva ripreso a circolare dato il colore verde del suo lato.
Lo guardò per un secondo, il suo cuore batteva forte, cos’era quella sensazione di disagio? Quel senso di colpa che mai aveva provato in tutta la sua intera esistenza?
Anche se il suo semaforo era ancora rosso, ripartì a gran velocità.
I fari del TIR, che viaggiava diritto di fronte a lui, lo accecarono ed il rumore del suo clacson lo stordì, ma lui non aveva intenzione di fermarsi...

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** {CAPITOLO XV} ***


Mimì ascoltava la radio in assoluta allegria. Per una volta le cose sembravano andare nel verso giusto.
Anche se era ancora presto, aveva iniziato già a fantasticare sul futuro della nipote: già la vedeva lì davanti ai suoi occhi, laureata e sposata, con Alessandro naturalmente.
Niente al mondo avrebbe intaccato il loro rapporto.
Mentre accennò una risata di soddisfazione ecco che squillò il telefono.
‹‹Pronto?›› rispose.
“‹‹Ciao Mimì, sono Maurizio.››”
‹‹Ciao, vuoi Alessandro?››
“‹‹Lo sapevo che era lì, non ho tempo per parlare, digli solamente che il padre ha avuto un incidente d’auto. L’hanno portato al Loreto Mare*(ndr pronto soccorso)››”
‹‹C...heee...c...ommee...q...uando è successo?›› farfugliò la donna.
‹‹Poco fa. Stava nei tuoi pressi. Non so, forse cercava Alessandro. Devo attaccare... ciao...››
Mimì si sedette sconvolta su una sedia, aveva cantato vittoria troppo presto, i guai e le disgrazie per i due ragazzi non erano ancora finiti.
 
Alessandro e Manuela abbracciati nel letto esprimevano il loro entusiasmo su come stava proseguendo il loro rapporto.
‹‹Be' certo, è vero, siamo lontani...›› esclamò Alessandro.
‹‹In ogni caso, non per molto e poi ci sentiamo sempre. A Firenze nessuno ci disturberà... ›› la baciò ancora.
‹‹Lo zio Franco era d’accordo sul fatto che tu tornassi?››
‹‹No, non gliel’ho detto. E mentirgli mi è dispiaciuto parecchio, già devo nascondergli la “licantropia”, ma capisci? Ho dovuto. Quando tornerò m’inventerò qualcosa...››
‹‹Nessuno lì, sa di noi?››
‹‹Solo mio cugino, ma non conosce tutti i retroscena. Mi domando con che scusa mio padre mi abbia spedito da loro...››
‹‹Cosa importa, adesso? Sei felice lì, no?››
‹‹Felice lo sono qui, accanto a te›› l’abbracciò forte.
‹‹Perché sono sempre curiosa di incontrare le persone che ti stanno accanto? Ho un forte desiderio di conoscere la Famiglia Martini e sarebbe un onore parlare con tua madre...››
‹‹Be', non mancherà occasione...››
‹‹Un po’ li invidio però, perché possono starti accanto continuamente. Io invece...››
‹‹Dai Manu, siamo a fine aprile manca maggio, giugno, inizio luglio e poi mi raggiungi...oddio sono tre mesi›› sbuffò impaziente.
‹‹Se non avessi la maturità...››
‹‹Be' anche io ho il diploma. Devo dire che quella scuola mi piace. C’è bella gente. È tutto diverso da qui.››
‹‹Bella gente? O belle ragazze?›› lo guardò con viso sospettoso, lui rise di gusto per l’innata gelosia di lei.
‹‹NON RIDERE›› disse lei.
‹‹Non rido.››
‹‹Invece stai ridendo. Dì la verità, hai incontrato qualcunA?››
‹‹Ma dai smettila...››
Manuela gli lanciò un cuscino lui cominciò a scappare per tutta la stanza seminudo. Lei lo rincorse per un po’ poi lui la bloccò.
‹‹Andiamo amore, sarei qui se avessi incontrato qualcuno?››
‹‹Ah e dove saresti?››
‹‹Intendevo dire, avrei affrontato un viaggio così lungo? Be', sarei tra le braccia di una lì... mi era più comodo. Ma sai cosa ho pensato? Cosa farebbe più imbufalire mio padre di innamorarmi di una Mutaforma? Innamorarmi di una Vampira… non ce ne sono a Firenze,sai? ››
‹‹Ah e vuoi dire che sei qui solo perché non hai ancora trovato nessunA ragazza o Vampira?››
‹‹Manuela...›› il viso di Alessandro si fece più serio. ‹‹Manu, io voglio stare con te ... per sempre...››
‹‹Per sempre, sempre?››
‹‹Sempre... perché TI AMO più DELLA MIA STESSA VITA... non c’è futuro senza di te, lo giuro, le altre non contano nulla.››
‹‹Anche io TI AMO TANTO, TANTISSIMO, INCREDIBILMENTE TANTO...›› iniziò a baciare ogni centimetro del suo viso.
‹‹Coniglietta mia. Non mi dispiace che tu sia gelosa... raggiungi l'isterismo. Sei caruccia...›› le tirò il piccolo naso a patata.
‹‹Scusami...›› gli fece una linguaccia mentre si accucciarono di nuovo sul letto.
 
Mimì bussò alla loro porta.
I due ragazzi si rivestirono velocemente, la ragazza ancora con i capelli in disordine aprì la porta.
La zia la guardò e capì di aver interrotto qualcosa.
‹‹Scusa Manuela. Dov’è Alessandro?››
‹‹Che cosa è successo?›› chiese spaventata dal volto della zia. ‹‹Alessandro? Ti deve dire una cosa la zia...›› poi lo chiamò.
‹‹Cosa c’è Mimì?›› chiese arrivando anche lui con i capelli un po' sconvolti.
‹‹Alessandro, mi dispiace, non avrei mai voluto interrompervi... ma ho una cattiva notizia.››
‹‹Mio padre mi ha scoperto?›› domandò lui subito.
‹‹Si tratta di tuo padre... ma... DIO DAMMI LA FORZA.››
‹‹Cosa c’è? Così ci metti di più in agitazione...›› esclamò Manuela.
‹‹Giusto scusate, Alessandro tuo padre ha avuto un incidente.››
‹‹Cosa?››
‹‹Un incidente con la macchina... Maurizio mi ha avvertita... proprio qui vicino. L’hanno portato al Loreto Mare...››
Alessandro stava per andarsene, Manuela lo fermò.
‹‹Posso venire con te?››
‹‹No amore, resta qui. Ti farò sapere io...››
‹‹Prendi la mia macchina›› si offrì Mimì.
Ringraziò, aspettò la consegna delle chiavi e se n’andò velocemente lasciando le due ragazze preoccupate.
 
Il viaggio verso il pronto soccorso gli sembrò interminabile, la sua testa era piena di domande: cosa era successo a suo padre?
Arrivato all’ospedale, Alessandro chiese ad un’infermiera dove si trovasse “Gennaro Giordano” e lei gli comunicò la corsia. Perché si trovava in ospedale? Non doveva ormai essere lupo?
Il ragazzo corse per arrivarci.
Da lontano vide Tony, Maurizio e Bruno che aspettavano notizie.
Tony gli corse incontro abbracciandolo con le lacrime agli occhi.
‹‹Ale,ciao›› gli diede leggeri colpetti sulla schiena per consolarlo.
‹‹Cos’è successo?››
‹‹Non lo so, si è scontrato con un TIR, l’autista ha detto che c’è andato di proposito... il semaforo dal suo lato era rosso...››
‹‹Vuoi dire che ha tentato di suicidarsi?››
‹‹Stento a crederci anche io...››
‹‹Come sta?›› chiese agitato.
‹‹Ora lo stanno operando. Quando è arrivato qua era già in coma. Da umano›› bisbigliò l’ultimo pezzo. ‹‹Speriamo non si trasformi mentre lo operano…››
‹‹Coma›› Alessandro singhiozzò pensando a suo padre in quella condizioni. Perché avrebbe tentato il suicidio?
Tony lo strinse anche lui piangendo, gli si avvicinarono anche i due amici.
 
Purtroppo dopo l’intervento le sue condizioni non migliorarono, il medico che l’aveva operato disse che ormai c’era poco da fare, era molto probabile che dal coma non si sarebbe risvegliato mai più.
Alessandro disperato lo supplicò di fargli vedere suo padre e lui un po’ titubante acconsentì.
Il ragazzo, dopo aver indossato camice e mascherina, varcò la soglia della camera, un secondo dopo vide suo padre inerme nel suo letto: era attaccato a tubi e respiratore. Anche il suo volto era irriconoscibile.
Per un attimo si voltò da quell’orrore e aprì la porta per uscire ma poi decise di avvicinarsi.
Il rumore del macchinario attaccato al suo cuore era debole, gli occhi gli si riempirono di disperazione. Iniziò a piangere affannosamente.
Seduto accanto al suo letto non riusciva a rivolgergli lo sguardo, per parecchi anni quell’uomo era stato il suo mito ed ora lottava con la morte per farsi concedere un altro po’ di tempo.
‹‹Perché piangi?›› gli domandò una voce roca e sottile.
Alessandro alzò lo sguardo e vide che gli occhi di suo padre erano leggermente socchiusi. Gli si avvicinò e gli prese la mano.
‹‹Papà›› lo chiamò con tono disperato.
‹‹Perché piangi per un padre come me?›› esclamò sempre a bassa voce.
‹‹Papà...›› Alessandro non riuscì a rispondere dalla commozione.
‹‹Dimmi Alessandro, sono stato sempre così meschino? In tutta la mia vita? Sai perché non me ne ricordo...›› Alessandro non riuscì ancora a rispondere.
‹‹Quando sono diventato così? Dimmi Alessandro, sono stato sempre un pessimo padre?››
‹‹No...›› rispose Alessandro afflitto.
‹‹Per tua madre, sai non volevo farla soffrire... l’ho amata a modo mio per tutta la vita...ma forse in un modo troppo egoista. L'ho tradita tante volte...se è qui fuori anche lei, dopo falla entrare... voglio chiederle scusa... pure a Tony, ed a Raffaele... l’unico mio migliore e grande amico... ohmiodio... cosa mi è successo?›› spalancò gli occhi che ormai sembravano delle palle di vetro.
‹‹Papà, tra poco sarai fuori di qui ed aggiusteremo le cose insieme...››
‹‹No Alessandro, cosa mi è successo? Perché sono diventato un mostro per tutti? ...›› Alessandro tacque.
‹‹Alessandro... sei sempre stata la cosa più importante per me. ... l’unica cosa...››
‹‹Anche tu papà...›› il ragazzo gli prese di nuovo la mano.
‹‹Ma so di non essere stato un buon esempio per te. Ti prego di perdonarmi...›› disse faticosamente.
‹‹È tutto passato...››
‹‹Davvero? Parlami figlio mio, non ho ancora tanto le forze, tra poco mi riaddormento, sai è stato un brutto colpo... ma i dottori mi hanno rimesso in sesto...›› la voce di Don Gennaro era diventata così sottile da non riuscire ad essere udita facilmente.
‹‹Davvero è acqua passata papà, dormi... non ti preoccupare di niente. Ti voglio bene›› strinse di più la sua mano e gliela baciò in senso di amore e rispetto.
‹‹Anche io ti voglio bene, figliolo›› dicendo quello tossì, Alessandro lo invitò a non parlare più ma a riposare e basta.
‹‹Non ci vuole molto per atterrare un licantropo, altro che pallottole d’argento...siamo umani come gli altri, Alessà.››
Don Gennaro chiuse gli occhi, Alessandro continuò a sentire le sue guance inondate dalle lacrime. Man mano la macchina del cuore rallentò i battiti fino a suonare in maniera continua.
Alessandro consapevole volse gli occhi verso di essa: il cuore del padre aveva smesso di battere. In quel momento diventò un lupo, grosso, grigio e nero.
Il ragazzo alzò lo sguardo al cielo e fece un urlò inconsolabile.
 
Mimì e Manuela erano sedute l’una di fronte all’altra in silenzio in attesa di notizie.
‹‹Mi chiedo se sono io la causa di tutti i problemi di Alessandro...›› esclamò la ragazza.
‹‹No, Manuela non sei tu.››
‹‹Non ha avuto pace da quando mi ha incontrato...››
‹‹Se per questo tesoro, neanche tu.››
‹‹Mimì... andrà tutto bene anche questa volta?››
‹‹Sì, non devi pensare al peggio assolutamente, ce la caveremo anche questa volta...››
Manuela fece un sospiro, le parole della zia l’avevano rincuorata un po’.
Mimì notò quel cambiamento e si sentì sollevata, dopo due secondi il telefono squillò.
‹‹Rispondi tu›› chiese la ragazza presa dall’agitazione.
Mimì si avvicinò al telefono tremante.
‹‹Pronto?››
“‹‹Mimì, sono Tony...››”
‹‹Tony...››
“‹‹Alessandro mi ha chiesto di avvertirti.››”
‹‹Si, grazie...››
“‹‹Purtroppo Don Gennaro non ce l’ha fatta: è morto.››”
‹‹Morto?›› ripeté sbalordita Mimì. Manuela alle sue spalle iniziò a lamentarsi pensando a Alessandro. ‹‹È davvero una disgrazia...››
“‹‹Sì, purtroppo è stato un brutto incidente... devo attaccare...››”
Mimì riagganciò e nel girarsi vide la ragazza in piena crisi di nervi.
‹‹Perché?›› urlò Manuela esasperata, aveva le mani tra i capelli come se volesse strapparseli.
‹‹Non lo so›› l’abbracciò per calmarla, ma Manuela cercava in continuazione di divincolarsi.
‹‹No, non è vero, non è morto›› esclamò fuori di sé.
‹‹Manuela...››
‹‹NO. Non a Alessandro... basta... basta sofferenze... basta.››
‹‹Basta›› concordò Mimì sempre tenendola stretta.
Manuela si staccò da lei dandole uno strattone, corse via e uscì di casa sbattendo la porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** {CAPITOLO XVI} ***


Manuela si trovò a vagare senza metà per le vie di Napoli. Da poco aveva iniziato anche a piovere e le lacrime della ragazza si confondevano con le gocce di pioggia.
Ricordò ogni attimo della storia con Alessandro, dal primo bacio alla loro prima volta, dalla sua partenza al suo ritorno.
“Gliene sono successe di tutte i colori... e tutte a causa mia” pensò disperata coprendosi il viso con le mani. “Cosa devo fare?”
La ragazza notò di star passando vicino ad una Chiesa decise allora di entrare a pregare perché Dio potesse aiutarla a trovare una soluzione.
Entrata vide che la sala era vuota, il sacerdote la scorse e le si avvicinò.
‹‹È venuta a ripararsi dalla pioggia?›› sorrise scherzoso.
‹‹No padre, sono venuta per pregare...››
‹‹Cosa c’è signorina? Lei ha pianto, vero? Anche se si nasconde dietro la pioggia›› chiese il prete cercando di aiutarla.
‹‹Sì padre, non è stato un gran periodo per me.››
‹‹Cosa può accadere di così terribile ad una ragazza giovane come te?››
‹‹La persona che amo ha appena perso suo padre...››
‹‹Ah, e tu ti senti triste per lui, vero? Ti capisco...››
‹‹Non solo. Da quando mi ha incontrata... non gli sono che capitate disavventure.››
‹‹No, non è giusto accusarsi di tale colpa...››
‹‹Padre, io non so cosa fare...›› iniziò di nuovo a piangere, il sacerdote si sentì stringere il cuore e la convinse a pregare insieme affinché la Madonna l’aiutasse a superare questo momento.
 
All’ospedale arrivò anche la Signora Virginia, la madre di Alessandro, avvisata per telefono. Il ragazzo aspettava da un po’ e la sua attesa prolungata lo aveva reso alquanto preoccupato. La donna soffriva di una grave depressione da anni, come avrebbe reagito a quest’altro colpo?
Alessandro la vide da lontano, così esile e bianca, e le corse incontro.
‹‹Mamma›› l’abbracciò con forza.
‹‹No›› gridò lei, ma con tutta la disperazione e la forza che le era rimasta.
‹‹Mamma, ti prego calmati...›› la signora si sentì venir meno nelle gambe, Alessandro la resse chiedendo aiuto ai suoi amici che la soccorsero.
Un uomo si avvicinò a loro. Era il medico/veterinario di famiglia, che in modo segreto aveva portato via il corpo di Gennaro. Aveva appena parlato con il dottore che aveva operato l’uomo ed ora stava portando notizie. Salutò discretamente la Signora Virginia.
‹‹Giordano?›› il medico lo chiamò in disparte, Alessandro gli si avvicinò.
‹‹Parlo con te ragazzo... be' perché eri suo figlio... e poi la Signora non mi sembra tanto in condizioni di altri dettagli sulla morte di suo marito...›› spiegò l’uomo.
‹‹Sta cercando di dirmi che c’è qualcos’altro?››
‹‹Sì, Alessandro, ti conosco da bambino... e dirti questa cosa non sai quanto dispiacere mi causa ...››
‹‹Meglio saperla tutta, la verità, Dottor Bianchi non si preoccupi...››
‹‹Va bene Alessandro. Il fatto è questo: tuo padre aveva assunto sostanze stupefacenti poco prima di morire...››
‹‹Non è possibile.››
‹‹Mi dispiace uagliò. L’hanno rilevato gli esami, perciò la tesi del suicidio si sta rafforzando...››
‹‹A quarant'anni mio padre avrebbe iniziato a drogarsi?››
‹‹No Alessandro, tuo padre era dipendente da droga... già da parecchi anni. Me l’aveva detto, diceva che in quel modo controllava le trasformazioni›› il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa ma sembrava che la voce dallo stupore l'avesse abbandonato.
‹‹Allora la tesi del suicidio sarebbe: mio padre si è lanciato contro un TIR perché non era in sé, in quanto imbottito di stupefacenti?››
‹‹Proprio così. Mi dispiace, te l’ho detto...››
‹‹Se la verità è questa, nessuno ha colpa›› si fermò per un attimo con lo sguardo assente.
‹‹Ale io vado, allora, il suo corpo è con me…››
‹‹Grazie dottore, di tutto. Scusi il disturbo.››
‹‹No, nessun disturbo. Chiamami in caso avessi bisogno ancora di me.›› Il medico andò a salutare di nuovo la madre per dirle due parole di conforto e poi si allontanò.
Alessandro pensò a quanto fosse sconosciuto per lui suo padre, questo nuovo particolare non aveva aumentato la rabbia ma la pietà nei suoi confronti.
 
Mimì era scesa in strada cercando disperatamente Manuela.
Aveva tentato di trovarla dappertutto ed iniziava a preoccuparsi.
La ragazza non aveva neanche il cellulare con sé e visto che era sconvolta, Mimì aveva paura che potesse commettere una sciocchezza.
Decise alla fine di chiamare Maurizio per vedere se la ragazza avesse almeno raggiunto Alessandro all’ospedale.
‹‹Mimì?›› rispose il ragazzo.
‹‹Maurizio... Manuela per caso è venuta da voi? In ospedale?››
‹‹No, perché?››
‹‹Maurì non dire niente a Alessandro... ma non riesco a trovarla... sto vagando senza meta a piedi, perché la macchina ce l’ha Alessandro, ma di lei ancora nulla... sono così in ansia.››
‹‹Vengo subito con il motorino.››
‹‹No, come fai ad andartene da lì senza che “lui” s'insospettisca?››
‹‹No, non gli dico che vengo da te... m’inventerò qualcosa... e se lo faccio è perché questo è l’unico aiuto che posso dare a Alessandro in questo momento.››
Il ragazzo con una banale scusa lasciò l’ospedale. Alessandro era troppo angosciato per preoccuparsi anche di quello che gli stava capitando intorno.
 
Inavvertitamente due uomini si avvicinarono a Tony, che essendo cresciuto per strada, lì conosceva bene.
‹‹Tony, abbiamo appena saputo... condoglianze...›› lo baciarono sulla guancia e l’uomo rimase un po’ incerto dalla visita.
‹‹Signor Carlo, come mai qui?›› riferendosi ad uno dei due.
‹‹Ero in rapporti “di lavoro”con Gennaro, mi è dispiaciuto parecchio...››
‹‹Certo, capisco di che genere di affari state parlando... ma... non mi sembra il momento...›› gli rispose sconvolto dalla notizia appena appresa.
‹‹Gli affari sono affari... e prima risolviamo questa questione e meglio sarà per voi...››
‹‹Non capisco assolutamente di cosa stiate parlando...››
‹‹Gennaro aveva una scadenza a breve... cioè per domani al massimo...››
‹‹Scadenza di che genere?››
‹‹Tony,si nu brav’guaglione…››
‹‹Grazie, Signor Carlo...ma parlate chiaro.››
‹‹Gennaro ha, ovvero aveva, un debito nei miei confronti di centocinquanta mila euro.››
‹‹Cosa? Non potete aspettare che la famiglia si stabilizzi? È appena successa una disgrazia...››
‹‹Se potessi lo farei, ma mi servono...››
Alessandro si avvicinò incuriosito dai due signori.
‹‹Questo è il figlio di Gennaro, sono due “amici”di papà›› li presentò Tony.
‹‹Piacere uagliò...condoglianze›› il signor Carlo allungò la mano.
‹‹Ora dobbiamo andare, ti lascio il numero... appena hai“disponibilità”chiamami...›› i due uomini salutarono e si allontanarono, lasciando Alessandro perplesso.
‹‹Chi erano quei due?›› chiese a Tony.
‹‹Ale... purtroppo ancora cattive notizie›› esclamò l'uomo con il viso mortificato.
‹‹Di che si tratta?››
‹‹Ale, bisogna trovare centocinquanta mila euro entro dopodomani...››
‹‹Cosa? Io...non credo di averli.››
‹‹Non tu certo, neanche io purtroppo... ma bisogna trovarli...››
‹‹Cosa c’è Tony? Perché?››
‹‹Quei due Alessandro sono dei tipi pericolosi...››
‹‹Sì, ma cosa c’entrano con mio padre?››
‹‹Diciamo che erano dei “fornitori” ...››
Alessandro capì subito a cosa si stesse riferendo ed ora il puzzle sul motivo del suicidio di suo padre si stava interamente ricomponendo.
 
Dopo essere stata in chiesa, ed aver assicurato il sacerdote che andava tutto bene, Manuela si diresse all’ospedale da Alessandro.
Durante le sue preghiere aveva chiesto alla Madonna di proteggere il suo amore anche al costo di doversene separare per sempre.
Aveva ponderato la decisione di liberarlo dalle sue disgrazie, ritenendosi responsabile di tutto.
Era giunta all’ingresso ma quella sicurezza che l’aveva accompagnata fino a quel punto scomparve improvvisamente. Restò sotto la pioggia ad aspettare.
‹‹Signorina cerca qualcuno?›› chiese un portiere.
‹‹No... no…›› rispose Manuela imbarazzata.
‹‹Allora vada a casa? Che ci fa qui?››
‹‹Sì...s...no...››
‹‹Piove pure signorina... almeno si metta al riparo.››
Manuela si allontanò dall’ospedale.
 
Dopo aver scoperto un ulteriore novità, Alessandro sconvolto, si ritrovò in un faccia a faccia con sua madre.
‹‹Non pensare male di lui, dopo tutto questo›› disse la madre.
‹‹Io non penso assolutamente male... ma mi fa una gran pena.››
‹‹Non ho mai capito perché ha iniziato ad essere così, avrei voluto chiederlo... per magari aiutarlo...››
‹‹Non lo sapeva neanche lui, ma sapeva di averti amata.››
‹‹Be', certo sentirlo adesso... non fa un granché differenza...››
‹‹No, mamma deve farla...››
‹‹Alessandro, anche io ho amato tuo padre... anche se è stato crudele... forse il mio troppo amore mi ha resa così vulnerabile...››
‹‹Comunque voleva bene ad entrambi ed ha menzionato anche Tony e Raffaele...››
‹‹Raffaele. Sarebbe stato bello se avessero potuto parlarsi ancora. Ho aspettato venti anni, ma quel giorno non riuscirò a vederlo ormai...››
‹‹No mamma,...quel giorno devi trovarlo dentro di te.››
‹‹Certo, i momenti di tutti e tre felici insieme sono impressi in me... non sono mai stata più felice come allora e per tutta la vita mi sono data la responsabilità della fine di quella amicizia.››
‹‹Lascia che quell’amore di un tempo, guidi i tuoi prossimi anni...››
‹‹Come sei cresciuto, amore mio. Hai dovuto affrontare tutto questo così presto.››
‹‹Non ha importanza. L’ importante è, essere certi, che un giorno potrò vederti di nuovo felice... anzi sai, mi sa che non ti ho mai vista realmente soddisfatta...››
‹‹Lo sarò figlio mio... un giorno lo sarò...››
‹‹Me lo auguro mamma, ora come facciamo con i creditori di papà?››
‹‹Troveremo il modo, caro, troveremo il modo›› così dicendo gli si appoggiò con la testa sulla spalle e lui appoggiò la sua su quella di sua madre. 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** {CAPITOLO XVII} ***


Mimì e Maurizio cercarono Manuela dappertutto. Non c’era angolo della città che non fosse stato perlustrato.
‹‹Non voglio pensare al peggio.››
‹‹No, Mimì. Non devi nemmeno avere questi pensieri. Deve essere da qualche parte....››
‹‹Siamo andati dappertutto...››
‹‹Mimì, non abbatterti. Su coraggio...›› il ragazzo le accarezzò il braccio.
‹‹Grazie Maurizio, ma la situazione mi sembra davvero tragica...››
‹‹No, non può essere. Continuiamo a cercarla.››
‹‹No, Maurizio basta. La stiamo cercando e mi sento di non star facendo niente di concreto per lei...››
‹‹Cosa dobbiamo fare allora?››
‹‹Portami in pizzeria, da mio fratello...››
 
Fece ingresso nella sala agitata e Raffaele subito accorse da lei percependo subito che qualcosa era successo a Manuela.
‹‹Mimì, che è successo?››
‹‹È  morto...›› disse balbettando.
‹‹Chi è morto?›› chiese lui spaventato.
‹‹Gennaro...››
‹‹Cosa?›› Raffaele rabbrividì.
Il suo amico era morto. Sì, perché nonostante quello che gli aveva fatto, lui lo riteneva sempre tale. Aveva sperato sempre in una riappacificazione, ma ormai questo non sarebbe mai più potuto succedere.
‹‹Raffaele, non è finita qui.››
‹‹Cosa c’è? Dov’è Manuela?››  chiese stringendole le spalle.
‹‹Non lo so...›› pianse mormorandogli delle scuse.
‹‹Era disperata dalla notizia, è scappata. L’ho cercata dappertutto...scusami....Raffaé...scusami...non l’ho trovata.››
‹‹Deve essere a Napoli, forse non l’hai cercata abbastanza... dov’è Gennaro?››
‹‹Al Loreto, ha avuto un incidente con la macchina...››
Raffaele tremò di nuovo per la tragica scomparsa, decise di uscire a cercare sua figlia e Diego si propose di accompagnarlo.
 
In ospedale Alessandro attendeva la madre, che era al telefono con i familiari, per avere notizie sul da farsi per trovare fondi e pagare il debito. La donna lo raggiunse con il viso sollevato, il ragazzo le sorrise capendo che c’erano buone notizie.
‹‹Era lo zio Franco. Ti saluta...››
‹‹Allora cosa ha detto?››
‹‹Che è felice di sapere di non avere un nipote drogato...››
‹‹Cosa?››
‹‹Niente Alessandro, una sciocchezza. È rimasto sconvolto dalla notizia di tuo padre...››
‹‹Immagino, chi non lo sarebbe...››
‹‹Ma ha detto che ha fatto un uscita trionfale...››
‹‹Be', dipende dai punti di vista.››
‹‹Sì, gli ho detto della somma che ci serve...››
‹‹Cosa ha risposto?››
‹‹Che chiederà a tutti i miei cugini di contribuire e che entro domani racimolerà di sicuro la somma....››
‹‹È una persona fantastica.››
‹‹Già, e pensa che da ragazzino prima che mi trasferissi a Napoli, mi disse che mi avrebbe sposata...››
‹‹Mamma, facevi strage di cuori.››
‹‹Be' non mi posso lamentare›› sospirò tra sé.
‹‹Finalmente, dopo la tempesta si incomincia a vedere uno spiraglio di luce›› Alessandro accarezzò le spalle della madre e la tirò a sé per abbracciarla.
 
Raffaele imprecava continuando la ricerca, Diego pensieroso guardava fuori dal finestrino, rimuginava della sua responsabilità sull’accaduto. Ora quel gesto gli pesava gravemente come un macigno sull'anima. Raffaele ogni tanto lo guardava, sapeva che qualcosa c’entrava in tutta quella storia, tuttavia discretamente non gli rivolse la parola. Si fermò per un attimo, poi riprese a guidare.
‹‹Eccola›› esclamò frenando di nuovo.
‹‹Dove zio?››
‹‹Lì, seduta su quei gradini...››
‹‹Ero sicuro di trovarla qui›› fermò la macchina ed i due si precipitarono in strada.
 
Era seduta a due passi dall’ospedale, bagnata come un pulcino, mentre la pioggia scorreva incessante su di lei.
Manuela li scorse subito. Sì alzò ed aprì le braccia verso il padre.
‹‹Figlia mia›› gli urlò commosso.
‹‹Papà, sai cos’è successo?›› pianse tra le sua braccia.
‹‹Sì, l’ho saputo. Ma Mimì era seriamente preoccupata per te. Dai, ho pensato di andare in ospedale ad esprimere il mio cordoglio per l’accaduto... vieni, saliamo›› le disse tirandola a sé mentre Diego in lacrime guardava atterrito la scena.
‹‹No, non verrò... vi aspetto in macchina. Davvero, penso sia meglio per tutti e due non vederci in questo momento.››
‹‹Sei sicura?››
‹‹Vai papà, ad Alessandro farà sicuramente piacere...››
‹‹Ok, Diego tu vieni?››
‹‹Sì, vorrei dare le condoglianze a Alessandro e chiedergli scusa per quello che è successo...››
‹‹E va bene. Manuela, noi andiamo, mi raccomando.››
‹‹Papà torna presto per piacere›› si strinse più forte al padre.
‹‹Sì,sì Manu. Torniamo subito›› le accarezzò i capelli bagnati,  le diete un leggero pizzicotto sulla guancia e si diresse in ospedale.
 
Mimì e Maurizio erano sul portico della pizzeria attendendo notizie. La donna con le braccia giunte non faceva altro che andare avanti e indietro mentre Maurizio si sentiva davvero impotente di fronte alla sua agitazione. Iniziò a parlare, non sapeva neanche lui che cosa dire per consolarla.
‹‹Sai, non ci sono mai entrato. È a due passi da casa mia e non mi ci ero neanche accostato.››
‹‹Allora che ne pensi del locale?››
‹‹Be' è accogliente, direi... poi verrò a mangiare la pizza. Così darò un parere anche sulla cucina...››
‹‹Sarai sempre il benvenuto...››
‹‹Grazie...›› rispose il ragazzo colpito, poi Mimì ricevette una telefonata. Era Raffaele che la tranquillizzava, la donna tirò un sospiro di sollievo poi riagganciò.
‹‹Era a due passi dall’ospedale, perché non ci abbiamo pensato?››
‹‹Ti giuro che quando sono uscita non c’era...››
‹‹No figurati è solo che...be' comunque grazie tantissimo, sei sempre molto gentile con noi. Sei proprio un bravo ragazzo.››
‹‹Mimì, io ti amo›› esclamò con tutto il coraggio che aveva.
‹‹Maurizio...››
‹‹No Mimì, non voglio una risposta... volevo solo fartelo sapere...››
‹‹Ah...››
‹‹Scusa se ti ho messa in imbarazzo, sei una donna splendida, allegra, simpatica... bellissima...››
‹‹Io ti ringrazio... ma...››
‹‹No, ho detto che non voglio sapere quello che tu provi.››
‹‹Maurizio, sei davvero un bravo ragazzo... ma non mi sembra neanche il momento per queste cose...›› tagliò a corto, non sapendo cosa rispondere.
‹‹Scusa....›› il ragazzo abbassò lo sguardo, era davvero la rivelazione sbagliata fatta al momento sbagliato, in quel istante avrebbe voluto sprofondare, tuttavia Mimì gli sorrise dolcemente.
‹‹Non sai quanto hai fatto per me in questo periodo, non puoi nemmeno immaginare Maurizio.››
‹‹Ti chiedo davvero scusa...››
‹‹Smettila di scusarti. Davvero non è il caso...››
‹‹Ma...››
‹‹Dai, allora la vuoi assaggiare la pizza? Non c’è il miglior pizzaiolo, Raffaele, ma anche gli altri sono bravi.››
Maurizio le sorrise ed entrarono nel locale, il ragazzo però non riuscì a scacciare quel senso di mortificazione che aveva nel cuore.
 
Diego e Raffaele raggiunsero Virginia e Alessandro all’ospedale. La donna era appoggiata ad un sedile della corsia ed aveva gli occhi chiusi.
Alessandro li vide da lontano e rimase scosso. Si alzò e li raggiunse.
Raffaele gli andò incontro e lo abbracciò.
‹‹Condoglianze.››
‹‹Grazie...›› rispose, era la prima volta che i due si incontravano, fu preso da un improvviso imbarazzo. Indicò sua madre.
‹‹È stata una lunga giornata.››
‹‹Capisco...›› rispose. Diego avanzò e gli strinse timido la mano.
‹‹Condoglianze...›› Alessandro un po’ scettico ringraziò, in fondo non gli aveva ancora perdonato il maltrattamento a Manuela.
‹‹Vai a prendere due caffè per loro›› chiese Raffaele a Diego allungandogli dei soldi nella mano.
‹‹Grazie, ma davvero non fa nulla...›› esclamò Alessandro.
‹‹Insisto.››
‹‹Ok, l’accompagno, faccio due passi...›› si propose Alessandro.
I due ragazzi si avviarono e Raffaele si sedette vicino alla signora. Guardandola gli venne un forte senso di malinconia, delle lacrime bagnarono i suoi occhi. Decise di svegliarla.
‹‹Virna›› la scosse un po’ e la donna spalancò gli occhi.
‹‹Lello.››
‹‹Un occasione così brutta per rivederci, non me la sarei mai aspettato, sono rimasto davvero di sasso apprendendo la notizia...››
‹‹Ho sperato tutti i giorni di rivederti...››
‹‹Ho provato a telefonarti così tante volte›› dissero quasi contemporaneamente.
‹‹Doveva andare così, forse...dovevamo rivederci nella corsia di un ospedale...››
‹‹È strano che una cosa iniziata tanti anni fa, finisca così. Avrei preferito esserci alla nascita di Alessandro... e non ora...››
‹‹Ti ho aspettato ed anche Gennaro lo ha fatto, spero che tu non lo odi... lascia la sua anima andare, liberala dalle sue colpe... in qualsiasi luogo sia destinata...››
‹‹Virna io...io non lo odio. Anzi con il tempo ho anche capito le sue ragioni, io lo conoscevo... so dove è cresciuto, come ha vissuto la sua infanzia. La voglia di migliorarsi ha superato la ragione, credo sia piuttosto normale per una persona cresciuta senza fondamenta, senza educazione, senza la sicurezza di poter mangiare tutti i giorni. Non avevamo niente...avevamo solo l’ambizione...ed avevamo TE. ››
‹‹Lello›› la donna lo abbracciò commossa, ed i due piansero la scomparsa del loro amico d'infanzia, colui che un tempo li conosceva meglio di chiunque altro.
 
I due ragazzi stavano percorrendo il viale che li avrebbe portati al bar, entrambi avevano la testa bassa e non pronunciavano parola.
Diego doveva liberarsi, forse per egoismo, ma doveva dire a Alessandro della sua responsabilità.
‹‹Devo chiederti scusa Ale...››
‹‹Be', se hai già fatto le tue scuse a Manuela e lei ha trovato la forza di perdonarti, non vedo perché io dovrei avere qualcosa da ridire. È lei quella da ringraziare se oggi sono una persona diversa, ha un cuore grandissimo quella ragazza. Per questo la amo immensamente...››
‹‹Ed è per questo che lo faccio anche io.››
‹‹Cosa?››
‹‹Sì, Alessandro io la amo... ma il problema è un altro...››
‹‹Tu ami Manuela, tua cugina?›› al termine della frase la sua voce si era fatta stridula.
‹‹Sì e non credo sia una cosa tanto orribile. Non sono qui per proporti una competizione, non ne sarei all’altezza, anche lei ti ama molto.›› Diego cercò di portare la conversazione su un altro discorso.
‹‹Allora dov’è il punto?›› con calma, Alessandro decise di soprassedere a quella rivelazione sconcertante.
‹‹Alessandro, ho detto io a tuo padre di te e Manuela. Questo non mi ha fatto dormire per notti intere, mi dispiace veramente essere arrivati a quel punto, se avessi chiuso la bocca forse non sarebbe successo questo...››
Giordano fu colto da un senso di nausea susseguita da un forte stupore. Si prese qualche minuto per rispondere a quella confessione.
Troppe notizie in un solo giorno, gli scoppiava la testa.
‹‹Per me non fa alcune differenza, non ti dico che hai fatto bene. Posso avercela con te per dieci anni ma alla fine hai anticipato solo i tempi... glielo avrei detto io comunque e forse le conseguenze sarebbero state le stesse.››
‹‹Sei davvero troppo comprensivo Alessandro. Ma ti chiedo di prendermi a pugni per alleggerirmi un po’ la coscienza...›› gli porse una guancia.
‹‹No, non lo farò, lo sai?, sono stanco di avere nemici. Sono cresciuto avendo nemici che neanche conoscevo. Al massimo ci facciamo una gara di corsa, qualche sera al chiaro di Luna.››
‹‹Ci sto. Ale, allora vorrei provare ad esserti amico se me lo permetti...››
Il ragazzo sorrise e gli diede una pacca sulla spalla, pensò all’amicizia che legava suo padre a Raffaele e si commosse, in fin di vita aveva detto che sarebbe stato felice di rivederlo. Diego non lo vide perché il ragazzo aveva accelerato il passo, ma lo sentì solo nascondere dei singhiozzi, fu allora che non riuscì a trattenersi e anche lui iniziò a piangere.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** {CAPITOLO XVIII} ***


Era una fredda e nuvolosa mattina di maggio ed a casa Russo, Manuela ed il padre si stavano preparando per i funerali di Gennaro Giordano.
La ragazza aveva il volto cupo e lenta nel prepararsi pensava a come comportarsi quando avrebbe rivisto Alessandro. Strano ma vero, i due non si erano ancora sentiti dal giorno della morte del padre.
Manuela non sapeva cosa fare, Alessandro era stato troppo impegnato, da tutto quello che l’incidente aveva comportato, per avere un minuto per lei.
Raffaele già vestito a lutto si affacciò alla sua camera, notò il suo viso avvilito e per la prima volta decise di chiederle come si sentiva.
‹‹Picciré, non sei ancora pronta?››
‹‹No papà, ma faccio in fretta.››
‹‹Vuoi parlare un po’? Ti farà bene, sai?››
‹‹Sì lo so... ma nella mia testa girano tanti di quei pensieri...››
‹‹Se me ne dici almeno uno... proverò ad aiutarti...››
‹‹Mi sento in colpa per non essere riuscita a chiamare ancora Alessandro...››
‹‹Se è questo che ti preoccupa, figlia mia, vedrai che non se ne sarà neanche accorto...››
‹‹Mi sento responsabile della morte di suo padre. È  palese che fosse venuto a cercarlo... era a due passi da noi. Il mio ingresso nella sua vita è stato inopportuno. Gli ho portato solo guai...››
‹‹Per quanto riguarda la responsabilità, ti rispondo che ognuno di noi ne ha. Primi tra i quali io, Virna e soprattutto Gennaro stesso. Te lo assicuro. Perché ti definisci inopportuna? Te l’ha detto forse lui?››
‹‹No...››
‹‹Ed allora? Coraggio smettila con queste paranoie, le cose si sistemeranno...››
Manuela fece un finto sorriso, i suoi sentimenti erano davvero difficili da comprendere per gli altri.
 
Raffaele, Manuela, Mimì e Diego entrarono nella grande chiesa situata nel centro di Napoli. “Vita alla Grande, Funerali alla Grande. ” avevano deciso tutti.
La chiesa era gremita di persone. Tutto il quartiere era arrivato a salutare il “ Tiranno”, in verità più per fare del sano pettegolezzo che per rispetto ed affetto.
Il corpo lupesco di Gennaro era stato cremato, le sue ceneri erano state messe in un’urna riposte sull’altare.
Alessandro in abito elegante scuro era seduto al primo banco, Manuela lo vide, si pietrificò ma nello stesso tempo si emozionò.
Sorreggeva sua madre che piangeva, per un attimo la ragazza guardò suo padre che sentendo gli strazianti lamenti della sua amica sembrava avere il cuore a pezzi.
L’ingresso della famiglia Russo in chiesa aveva attirato l’attenzione generale. Le persone si voltarono a guardarli, eccetto Alessandro e la madre.
Ormai il quartiere era a conoscenza della storia d’amore tra i due ragazzi, alcuni guardarono Manuela con rancore altri con pietà.
‹‹Eccola, è lei la responsabile...›› sussurrò una signora all’ultimo banco, Raffaele si voltò verso di lei con uno sguardo di disappunto che la mise a tacere, ma la ragazza si sentì morire. Non era l’unica, allora, a ritenerla responsabile di tutto.
La funzione ebbe inizio e tutti, più di parteciparvi, erano intenti a guardare l’atteggiamento di Alessandro e poi quello di Manuela.
L’omelia fu ben preparata, il prete espresse parole molto toccanti sulla persona appena scomparsa.
‹‹Ci ha lasciati un uomo molto importante per questo quartiere...›› pronunciò e  la gente si chiese come mai avessero accettato di celebrare la scomparsa di un suicida.
‹‹D’altronde...›› mormorò una signora ‹‹...nella sua vita ha fatto sempre ciò che voleva. E gli altri l’hanno sempre appoggiato...››
‹‹C’era d’aspettarselo...›› giustificò Raffaele riferendosi all’atteggiamento dei presenti stringendo la mano della figlia.
‹‹Il quartiere è piccolo e la gente mormora...›› continuò, e Manuela si domandava come potessero certe persone essere presenti senza importarsene un bel niente. Per un attimo provò una forte pena per Don Gennaro e si augurò che suo padre non avesse lo stesso trattamento in un futuro lontano.
Il corteo funebre cominciò, fu allora che Alessandro vide Manuela.
Non le sorrise, ma solo perché non ne aveva le forze, ma i suoi occhi erano pieni di riconoscenza.
Si guardarono ma Manuela non gli si avvicinò, c’era così tanta gente intorno che non voleva assolutamente attirare l’attenzione delle, per non sembrare indelicata.
Intorno al ragazzo si era formata una folla di gente. Quelli che in chiesa avevano calunniato Gennaro ora erano tutti lì ad abbracciarlo ed a confortarlo.
Lui, da parte sua, cercò la sua ragazza più volte con lo sguardo, ma lei e suo padre si erano messi alla fine del corteo. Trovatala chiese scusa a tutti e si avvicinò a loro. La gente riprese a mormorare.
Raffaele lo abbracciò ma poi si allontanò raggiungendo in prima fila Virginia, le strinse le spalle e lei iniziò a piangere appoggiandosi a lui, la cosa gli provocò un forte turbamento. Anche quello suscitò molto scalpore ma a loro non importò, continuarono a camminare senza problemi.
‹‹Alessandro mi dispiace davvero per quello che è successo... ed anche se ti sono stata lontana... non sai quanto il mio cuore ti fosse vicino›› parlò la ragazza continuando a guardare diritto.
‹‹Lo so amore mio, non preoccuparti, scusami tu se non mi sono fatto sentire...››
‹‹Figurati. Non era il caso di scusarti nemmeno...››
‹‹Vedrai che da oggi in poi, le cose andranno meglio anche per noi due.››
‹‹Ah sì. Questo è sicuro. Vai avanti... quello è il tuo posto.››
‹‹Ok, a dopo...››
‹‹Addio Alessandro›› sussurrò la ragazza, il ragazzo andando avanti non era sicuro di aver sentito bene. Si voltò di nuovo verso di lei, Manuela si era fermata e piangendo aveva alzato la mano in senso di saluto. Alessandro si fermò a guardarla. Lei si voltò e lasciò il corteo, lui incredulo la guardò con gli occhi pieni di lacrime. Poi la processione lo trascinò e lui fu costretto a voltarsi in avanti. Si andò a posizionare di fianco alla madre sul lato opposto a Raffaele.
 
Dopo la tumulazione dell’urna la famiglia Giordano si diresse dal notaio per la lettura del testamento e per le pratiche di successione.
Alessandro era assente con la testa, in quel momento davvero non contava nulla, pensava all’addio di Manuela appena ricevuto e non se ne faceva capace. Come mai era giunta a quella conclusione?
‹‹Cosa c’è Alessandro?›› chiese la madre.
‹‹Niente...››
‹‹Forse non credi sia il momento adatto, vero?››
‹‹Diciamo che la prassi è stata un po’ veloce...››
‹‹Sai mi hanno chiamata i dipendenti dell’azienda. Sono preoccupati che “Pasta Giordano”stia per chiudere.››
‹‹Capisco, d’altronde chi potrebbe occuparsene?››
Entrarono nell’ufficio del notaio di famiglia e la lettura fu davvero breve.
‹‹Non dico che si aspettava di morire ma il Signor Giordano aveva già fatto la sua decisione da diversi anni... unico erede di tutto, il figlio Alessandro Giordano.››
‹‹Ma come? Io? Di tutto?›› esclamò il ragazzo esterrefatto.
‹‹Sì...›› confermò l’uomo.
‹‹ Era tutto della famiglia Martini... credo che debba tornare a loro.››
‹‹No Alessandro, ora è tutto tuo. Ed a me fa piacere, insomma perché non avrebbe dovuto. Tuo padre ha fatto solo quello che andava fatto, l’unica cosa...››
‹‹Be' ma ora c’è l’azienda... io non so cosa fare... ci sono andato si e no cinque o sei volte...››
‹‹Vabbé ma questo non è un problema›› lo rassicurò la madre.
‹‹Io non ne sono ancora in grado.››
La mamma non sembrava affatto preoccupata mentre Alessandro era angosciato per i cinquanta dipendenti dell’azienda di famiglia.
 
Dopo l’ esequie, erano rimaste poche persone fuori al cimitero a discutere sull’accaduto, tra questi Maurizio, Bruno, Tony, Diego e Mimì.
Era la prima volta che i cinque si ritrovavano tutti insieme.
‹‹ È stato davvero un brutto colpo...›› esclamò Mimì.
‹‹Già, una disgrazia così improvvisa...›› replicò Maurizio.
‹‹Ed ora Alessandro cosa farà?›› chiese Diego.
‹‹Credo che ritornerà qui a Napoli, la madre ora è sola... poi avrà tante pratiche da risolvere...›› spiegò il cugino Bruno.
‹‹Alessandro. La forza che ha mostrato in questo momento mi ha stupita. Credo che tutti siano rimasti sorpresi...›› commentò Mimì.
‹‹Gli sono stato vicino sempre, in ogni momento, non ha avuto neanche un attimo di cedimento... non tutti ci sarebbero riusciti. ›› parlò Tony.
Intanto che i cinque chiacchieravano all’improvviso, Diego e Bruno se ne ritornarono a lavoro, e Maurizio preso dall’imbarazzo si defilò in due secondi.
Restarono Mimì e Tony per la prima volta da soli.
‹‹Cos’ha quel ragazzo?›› chiese Tony.
‹‹Credo che sia imbarazzato, dovrò parlargli, non mi sembra il caso di esagerare così.››
‹‹Mmm... vai a casa? Vuoi un passaggio?››
‹‹Ehm... meglio di no. Neanche questa cosa mi sembra opportuna.››
‹‹Dai, non avrai paura di me?››
‹‹Certo che no. Il fatto è che mi sembra un po’ falso... adesso che Gennaro non c’è più, che tu torni ad occuparti di me. Dopo anni di silenzio intendo...››
‹‹Ah, io ti sono stato lontano per difenderti.››
‹‹Ma da chi? Da cosa? ››
‹‹MIMI’ tra noi, non è finito perché io non ti amavo... anzi...››
‹‹Tony, non voglio sentire, non voglio sapere... il passato è passato. Basta...››
‹‹Basta. Certo il passato è il passato.››
I due si divisero nuovamente ognuno per la propria strada.
 
Ritornati a casa Alessandro si precipitò sul letto. Non era in gran forma.
La morte di suo padre, l’addio di Manuela ed ora anche l’eredità l’avevano messo sotto pressione. Negli ultimi giorni non aveva ancora avuto il tempo di dormire come si deve.
Inaspettatamente arrivò una telefonata, dopo pochi minuti la madre lo avvertì che qualcuno voleva parlargli.
“‹‹Allora Alessandro? Come stai?››”
‹‹Zio Franco... insomma  diciamo un po’ meglio...››
“‹‹Scusa, ma nessuno di noi è potuto esserci oggi.››”
‹‹No, è abbastanza la vostra “colletta”...››
“‹‹Non chiamarla in questo modo ragazzo. Non è il caso... in diciotto anni non abbiamo potuto far niente per te.››”
‹‹Non so cosa fare›› cambiò discorso come se avesse una gran voglia di sfogarsi.
“‹‹In che senso?››”
‹‹Zio, come si dirige un azienda?››
“‹‹Ah ecco. Ti senti un po’ sotto pressione?››”
‹‹Veramente...sì.››
“‹‹Alessandro, ti faccio una proposta, la famiglia Martini ci ha pensato parecchio...››”
‹‹Qualsiasi cosa. Basta che mi liberi da questo peso.››
“‹‹Mi occuperò io di “Pasta Giordano”. Tu devi studiare e nello stesso tempo fare gavetta nell’azienda ed alla fine dopo la laurea... riotterrai la direzione.››”
‹‹Ti trasferisci qui?››
“‹‹Ma no ragazzo, manderò un mio uomo di fiducia. Che ti insegnerà tutto. Intendiamoci sarà sempre tua... ma sotto la mia gestione. Che ne dici?››”
Alessandro non poté certo rifiutare una simile proposta.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** {CAPITOLO XIX} ***


Due giorni dopo il funerale anche Tony riaprì il circoletto. La sua intenzione reale era di chiuderlo, prima o poi, perché starsene lì, senza più la protezione di Gennaro non era la stessa cosa. Un fatto certo era che non tardi sarebbe arrivato qualcun altro a rivendicare il potere sul quartiere e lui insieme al suo circoletto sarebbero stati di sicuro scomodi.
Nel momento in cui rimuginava su questi pensieri entrò Maurizio, con un aria veramente depressa.
‹‹Di nuovo non sei andato a scuola?››
‹‹Non mi sentivo tanto bene...››
‹‹Maurì, manca poco più di un mese al diploma... prenditi sto 60/100 e vattene a lavorà...››
‹‹Sarebbe questa l’idea, poi magari me ne vado all’università.››
‹‹Cosa?››
‹‹Dai, sto scherzando. Il fatto è che sono anche giù di corda...››
‹‹Come mai?››
‹‹Questioni di cuore...››
‹‹Ah, Mimì?››
‹‹Già, zio mi serve un consiglio...››
‹‹Su questo argomento, sono peggio di te. Dai, racconta cerchiamo di trovare una soluzione...››
‹‹Sì, ecco, il giorno della morte di Gennaro... le ho detto di amarla.›› Tony sgranò gli occhi.
‹‹Tu la ami davvero?›› esordì.
‹‹Credo di sì.››
‹‹E lei cosa ha risposto?››
‹‹Niente e non l’ho voluto neanche sapere... ed ora mi sento di aver sbagliato a rivelarglielo... perché non mi ha aiutato di certo a sentirmi meglio...››
‹‹Maurizio, Mimì non può amarti...››
‹‹Perché? Che cosa ho in meno degli altri uomini?››
‹‹Tu niente. È lei che non è in grado più d’amare...››
‹‹Cosa dici, zio?››
‹‹E sai perché lo so? Perché lo stesso è per me...››
‹‹Non riesco a capirti...››
‹‹Maurizio, io e Mimì siamo stati insieme per poco più di un anno. Anni fa, dodici anni fa...›› il ragazzo iniziò ad agitarsi.
‹‹Che stai dicendo? Mi prendi in giro? Vuoi farmi credere che anche voi siete stati come Manuela e Alessandro?››
‹‹Diciamo di sì. Non c’è lieto fine per noi... anzi a causa mia...››
‹‹L’hai lasciata, vero? Come un vigliacco?››
‹‹Sì, ma ho dovuto...››
‹‹Bella scusa. Se è per questo anche Alessandro ne era costretto, ma non l’ ha fatto. Se fosse stato per me, neanche io avrei lasciato una donna come lei...››
‹‹Se ti dico che ho dovuto, credimi.››
‹‹Sarai contento. Le hai spezzato il cuore ed ora non riesce più ad amare nessuno. Sei un...un... codardo... ecco cosa sei›› gli girò le spalle, dopo si rivoltò per guardarlo. Aprì la bocca rosso in viso, ma non riuscì a dire nulla.
‹‹Come si è spezzato a lei, ti dico che anche a me è andato in mille pezzi...››
‹‹Sì, ma hai preferito Gennaro...››
‹‹Io non ho preferito Gennaro.››
‹‹Ah e come la definisci la tua scelta?››
‹‹Io sono stato costretto a lasciarla perché...››
‹‹Sentiamo, perché?››chiese Maurizio indispettito.
‹‹Gennaro non era un santo, anche se adesso lo ricordiamo senza rancore, ma lui allora mi disse che L’AVREBBE FATTA UCCIDERE.›› Tony diede un pugno sul bancone per poi voltarsi e nascondere l’emozione, Maurizio esterrefatto restò senza parole.
Entrò nel locale anche Alessandro e ruppe il silenzio.
‹‹Ragazzi, cosa avete?››
‹‹Ciao Alessandro, qual buon vento?››chiese Maurizio.
‹‹Aveva un appuntamento con me. Allora hai ricevuto la busta?›› si intromise Tony.
‹‹Sì, mi è appena arrivata e mi sono precipitato qui, andiamo? Prima finisce questa storia meglio è›› esclamò il ragazzo.
‹‹Ok, andiamo. Maurizio ti lascio qui, dovremmo essere di ritorno entro un ora.››
Maurizio accettò di rimanere al circoletto, ma non riuscì a pensare che al discorso appena fatto con lo zio.
 
Gli altri due salirono in macchina e sicuri che nessuno potesse ascoltarli iniziarono a parlare.
‹‹È un assegno circolare... mio zio mi ha mandato anche una lettere da far firmare al Signor Carlo, in cui dichiara di aver ritirato tutto quello che gli spettava e che non ha il diritto di chiedere altro...››
‹‹Ottima idea, sei spaventato?››
‹‹No, in verità mi sento in trappola. Qui succedono queste cose e non si può far nulla per fermarle...››
‹‹Se non glieli dai? Stai inguaiato... Se vai dai carabinieri, ti inguai. Se paghi, stai quiet’...››
‹‹Bel ragionamento. … dei miei stivali.››
‹‹Ale, qui così vanno le cose e poi cosa vai a dire ai carabinieri? Mio padre ha assunto droga per centocinquantamila di euro e non li voglio pagare?››
‹‹Il discorso è un altro: perché questa gente vive tranquilla nelle loro ville?››
‹‹Ah, discorso vecchio e stravecchio. Il problema è alla base.››
Alessandro non replicò, tanto era inutile. Non avrebbe annullato i problemi di Napoli in un solo giorno, si accontentò di risolvere quella questione il più in fretta possibile.
La consegna fu più veloce del previsto.
La porta l'aprì la moglie del Signor Carlo, Donna Brigida che li fece accomodare in una specie di studio. Era una donna bassa e tarchiata ed aveva sempre la messa in piega appena fatta, sembrava arrabbiata con il mondo.
L'odore di ragù invadeva ogni angolo di casa Scognamiglio, un bambino grassoccio entrò nella stanza insieme al suo gatto antipatico e non fece altro che fissarli fin quando il Signor Carlo non li raggiunse.  L'uomo li accolse, cercò di essere cordiale offrendo loro da bere, ma Tony era agitato e si sentiva fuori posto mentre in Alessandro traspariva nervosismo. In men che non si dica erano fuori.
 
I due amici si ritrovarono a chiacchierare di nuovo in macchina, prima di mettersi in moto.
‹‹Conservala la ricevuta...››
‹‹Assolutamente sì. È  rimasto perplesso quando gli ho fatto firmare questa cosa...››
‹‹Alessandro sembravi così contrariato. Avrei voluto mettermi a ridere ma avremmo rischiato brutto. Una cosa buona però è che il Signor Carlo sa che da noi non ci può più tornare...››
‹‹Questa è una cosa buona. Avrei tanto voluto trasformarmi e aggredirlo.››
‹‹Anche io avrei voluto, ma poi il pensiero di essere scoperti e rinchiusi in un laboratorio di esperimenti mi ha calmato.››
‹‹Senti Tony volevo ringraziarti.›› Alessandro lo abbracciò, l’uomo rimase sorpreso.
‹‹Ma di che, Alessà›› gli diede una pacca sulla spalla.
‹‹Sei stato davvero come un padre per me sempre, nonostante la tua età. Sei stato sempre un appoggio costante e forse se sono una persona diversa da quella che sarei potuta diventare, con un padre del genere, è anche un po’ grazie a te.››
‹‹Tu sei uguale a tuo padre. Era così, sai? Giusto e senza paura... è stata la vita a trasformarlo così in peggio. Ma a te non capiterà, ne sono sicuro. Sappi comunque che è stato un onore per me, starti
 
vicino in questi anni›› stavolta fu lui ad abbracciarlo, a pensarci bene Alessandro era stato davvero come un figlio. Imbarazzati si staccarono e l'uomo mise in moto.
 
Manuela tornò da scuola, Mimì stava per uscire. Il rapporto tra le due negli ultimi giorni si era raffreddato. La donna non era d’accordo sulla decisione presa della ragazza, quanto meno sulla sua immaturità a non dare spiegazioni, al suo ormai ex innamorato, sulla loro rottura.
‹‹Dove vai, zia?››
‹‹In pizzeria.››
‹‹Come mai ci vai così presto?››
‹‹Non mi va di stare a casa, prendo anche un po’ d’aria...››
‹‹Zia, cosa c’è?››
‹‹Manuela, hai qualche problema?››
‹‹No...››
‹‹Dunque neanche io.››
‹‹Perché sei arrabbiata? Non ricordo di essermi comportata male con te.››
‹‹Cara, questa non sei tu. Non è così che ti ho cresciuta, non vedo un briciolo di lealtà nel tuo comportamento...››
‹‹Lealtà? Cosa c’entra la lealtà?››
‹‹Hai deciso di lasciare Alessandro ed è una scelta tua, in cui non entro in merito, anche se non la condivido...››
‹‹Appunto, se mi lasci il libero arbitrio sull’agire... perché continui ad essere arrabbiata?››
‹‹Perché so cosa significa essere lasciati senza motivo, guarda un po’, mi sono rovinata la vita per questo motivo...››
‹‹Zia non c’è una spiegazione, deve andare così.››
‹‹Ah, e lo hai deciso tu?››
‹‹Be', l’hanno deciso le circostanze...››
‹‹Andiamo Manuela, quali circostanze? Non era una cosa da fare
proprio ora che ha perso anche suo padre...››
‹‹Quindi sarei un insensibile...››
‹‹Io non ti riconosco, che ci vuole a dare delle spiegazioni? Credo sia un ragazzo che merita... comunque... finisco qui la paternale e vado.››
Mimì aprì la porta e si trovò Alessandro davanti, lo salutò e gli chiese come andava, lui non parlò ma le sorrise forzatamente. Manuela chiese chi fosse e la donna aprì di più la porta per far in modo che lo vedesse. La ragazza rimase bloccata. Mimì lo intimò ad entrare per poi chiudersi la porta alle spalle.
‹‹Che ci fai qui?›› chiese la ragazza.
‹‹Voglio, anzi, pretendo una spiegazione.››
‹‹Su cosa?››
‹‹Non fare la finta tonta... al funerale mi hai detto “addio”...››
‹‹Sì. Ecco, questo è tutto. Avresti preferito un“lasciamoci, arrivederci”?››
‹‹Questa tagliente ironia è di cattivo gusto in questo momento.››
‹‹Cosa vuoi, eh? COSA VUOI DA ME?››
‹‹Una spiegazione... diamine... spiegami perché?›› le si avvicinò e la bloccò per le spalle. Manuela lo guardò per un secondo, il suo viso preannunciava un pianto a dirotto ma si trattenne con tutte le forze.
‹‹Lasciami›› gli urlò e lui lo fece ancora incredulo per la nuova Manuela che gli si mostrava davanti.
‹‹Cosa vuoi sentirti dire? Che non ti amo più?››
‹‹Io non voglio sentirmi dire niente. Voglio la verità...››
‹‹NON TI AMO PIU’. STOP, BASTA. ››
Lui annuì e fece per andarsene ma prima di fare l'ultimo passo, dandole le spalle esclamò:
‹‹Me ne vado perché non ne ricaverò niente da te. MA SO BENISSIMO CHE QUESTA NON È LA VERITA'. E lo sai anche tu.›› Alessandro se ne andò sbattendo la porta.
 
Il ragazzo percorse la via per il ritorno a casa a piedi. Nella sua testa si poneva mille domande : chi era la ragazza appena incontrata? Quella persona non ricordava neanche vagamente la sua ragazza.
Appena varcata la soglia la Signora Virginia gli andò incontro.
‹‹Sai caro, oggi ho deciso, tornerò a Firenze.››
‹‹Firenze? Dove abiterai?››
‹‹Ah, ho tanti familiari e la casa dei nonni è ancora aperta...››
‹‹Sei sicura che li sarai felice?››
‹‹Be', ho la mia famiglia.››
‹‹Certo, lo so...››
‹‹Poi ho deciso di seguire una terapia… amore sai, sono consapevole di non essere una persona facile e che ho avuto problemi, ce li ho tutt’oggi, ma restando in questa casa io non li supererò mai.››
‹‹Ti capisco e quasi quasi verrei anche io.››
‹‹Se non ti trattiene niente, perché no? Non vivere di ricordi come ho fatto io fino ad ora... ti distruggeranno come è successo a me.››
‹‹Non so se tutto è realmente perso qui...››
‹‹Capisco, ma pensaci, ho intenzione di vendere questa casa... che ne pensi?››
‹‹Sì, credo che sia l’unica cosa da fare.››
Alessandro si mise le mani sulla testa. Era davvero finita con Manuela? La cosa migliore da fare era di andarsene via per sempre da Napoli?

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** {CAPITOLO XX} ***


NdA: Auguro ai lettori di US un felice 2012. Quello che vi apprestate a leggere è il penultimo capitolo. Felice Anno Nuovo e buona lettura n_n.




Maurizio arrivò in pizzeria, con l’intento di parlare a Mimì. Era alquanto nervoso, sapeva che in un certo senso il discorso che stava per farle non sarebbe andato per niente in suo favore, tuttavia per la prima volta nella sua vita sapeva di star facendo la cosa giusta.
Mimì lo vide e si avvicinò con uno stuzzichino in mano.
‹‹Maurì ciao, assaggia questo, l’ho appena fatto?››
‹‹Cos’è?››
‹‹E su assaggia›› lo imboccò e lui rimase piacevolmente sorpreso.
‹‹Che buono›› esclamò poi continuò.
‹‹Anche tu sei così brava?››
‹‹Scusa, allora che mi tengono a fare qui? Be' certo sono alla cassa, ma anche in cucina a volte.››
Maurizio annuì e poi le comunicò che aveva una cosa importante da dirle.
Mimì si preoccupò che il ragazzo volesse riaffrontare “quel certo argomento” e questa volta non sapeva davvero come comportarsi. Giunti sul portico fuori la pizzeria, il ragazzo tremante, iniziò a parlare.
‹‹Ormai sei a conoscenza dei miei sentimenti, no?››
‹‹Be', direi proprio di sì...››
‹‹Ascolta Mimì, ho saputo della tua storia con mio zio Tony.››
‹‹Era un secolo fa...››
‹‹E so che il modo in cui è finita, ti ha causato tanto dolore...››
‹‹Be', è una storia vecchia.››
‹‹No, Mimì... lo sai bene che non lo è, ed io sono venuto a dirti la verità per darti un po’ di fiducia in te e nello stesso tempo nelle altre persone. Non puoi continuare a vivere senza amare, ti sto per dire la verità qualsiasi cosa essa comporti... anche se non girerà in mio favore.››
‹‹Maurizio, non capisco, di quale verità parli?››
‹‹Mimì, zio Tony ti ha lasciata per proteggerti...››
‹‹Sì, me l’ha detto anche lui... ma non vedo da cosa dovesse proteggermi.››
‹‹Mimì guarda, non è tanto difficile da immaginare…››
‹‹Sono rimasta fregata, questa è la verità. La cosa più triste è che sono rimasta qui, sola... e...›› negli occhi di Mimì trasparì un'ombra di tristezza.
‹‹Se non vuoi essere più sola allora devi sapere la verità.››
‹‹Io non vedo altre verità, tuo zio mi ha mollata così, su due piedi, perché era stanco...››
‹‹Mio zio ti ha mollato perché Gennaro gli aveva detto che se non l’avesse fatto ti avrebbe fatto ammazzare.››
Mimì si coprì gli occhi, in senso di paura, Maurizio si avvicinò per abbracciarla.
 
L’orgoglio può superare migliaia di prove,
Le persone forti non cadranno mai.
 
A casa Giordano, Virginia aveva già preparato le valigie ed era in partenza.
‹‹Abbiamo superato la valle di lacrime di Irina, per fortuna che le hai già trovato un altro lavoro...›› commentò Alessandro ma la donna era troppo pensierosa e non gli rispose, forse non l'aveva nemmeno sentito. ‹‹Sei sicura che non vuoi che ti accompagni alla stazione?››
‹‹Sì, tesoro, grazie. Prendo un taxi... devo prima passare a fare un saluto.››
‹‹Quante cose sono cambiate in meno di un mese, vero mamma?››
‹‹Diciamo che sono cambiate tutte quelle cose che sarebbero potute cambiare in diciott’anni...gradualmente. Ma a quanto pare...››
‹‹La vita ci da sempre quello che ci meritiamo.››
‹‹Diciamo così›› ammiccò la donna.
La signora Virginia si avvicinò alla porta e guardò l’ingresso in ogni piccolo particolare. ‹‹Ricorderò per sempre questa casa.››
‹‹È piena zeppa di ricordi, a me sembra di rivedere papà in ogni angolo...››
‹‹Tuo padre adorava questa casa...››
‹‹E noi la vendiamo...››
‹‹Non per quel motivo, questa casa senza lui... non è la stessa.››
‹‹Lo so mamma, me ne rendo conto e penso sia giusto così.››
‹‹Be' io vado›› si allungò per abbracciarlo.
‹‹Ti voglio bene mamma, davvero›› la madre si staccò da lui con gli occhi lucidi.
‹‹Sappi che se qui non ti tratterrà niente, sarai sempre il benvenuto da me a Firenze.››
‹‹Lo so e tu sappi che non ti libererai mai di me, ti verrò sicuramente a trovare spesso e ci sentiremo tutti i giorni. Cos’è ora questa faccia?››
‹‹Niente, è solo che mi rendo conto che appena me ne andrò da qui  sarà tutto davvero finito.››
Alessandro la guardò con dolcezza, lei arrossì per l’imbarazzo. Si asciugò gli occhi ed esclamò un tenero “arrivederci” per poi chiudere per sempre la porta al suo duro passato. Aveva però un’altra cosa da fare prima di partire.
Il figlio rimase solo, si sedette sul pavimento dell’ingresso ed alzò lo sguardo al cielo. Le sue valige erano pronte, in realtà erano rimaste intatte così come erano state spedite da Firenze, non avendo avuto il tempo di disfarle.
Da quel giorno si sarebbe dovuto trasferire all’appartamento.
Per un attimo ebbe la tentazione di aprire quella porta e di urlare:
“Mamma, vengo con te” d’altronde era lei che aveva davvero bisogno di lui, mentre Manuela... be' Manuela...
 
Ma guardando le stelle senza te,
la mia anima piange.
Un cuore trascinato, è pieno di dolore
fa male...
 
Mimì era scappata dalla pizzeria e da Maurizio che era rimasto atterrito dalla reazione, purtroppo però sapeva prima di parlare a cosa andava incontro.
Mimì corse, si trasformò in gatta per andare più veloce che poteva. Raggiunse dopo pochi isolati il circoletto di Tony. Saltò sul balcone agitata e l’uomo la riconobbe subito.
L’avvolse nella sua giacca, dopo poco lei tornò umana.
‹‹Scusami›› fortunatamente la giacca la copriva tutta.
L’uomo si voltò scettico, non credendo alle proprie orecchie.
‹‹Mimì, cosa c’è?››
‹‹Tony, mi devi perdonare... se...››
‹‹Di cosa stai parlando?››
‹‹Se sono stata dura con te.››
‹‹Be' diciamo che me la sono cercata, aggiungiamo che non avevi bisogno di correre perché io ti avrei perdonata in ogni modo anche tra dieci anni...››
‹‹Be', ora so. Mi sento così...››
‹‹Cosa sai?››
‹‹Maurizio mi ha detto tutto. Di Gennaro, del motivo per cui ti sei allontanato...››
‹‹Mi dispiace Mimì, ma è stato l’unico modo per me di aiutarti, è stata la cosa peggiore che avessi potuto fare in tutta la mia vita. Poi in quel modo così sleale, la mortificazione mi ha pedinato per tutti questi anni. Sapevo bene come ti sentivi... perché per me era lo stesso.››
‹‹Lo so, scusami, per non averti creduto quando me l’hai detto e per non averlo capito prima.››
Mimì iniziò a piangere coprendosi il viso, lui le scostò le mani e le prese nelle sue. La guardò come un assetato di fronte alla sua oasi.
‹‹Dodici anni e il tuo sguardo non è cambiato›› disse lei.
‹‹Perché dentro di me... tutto è rimasto a dodici anni fa.››
Due lacrime rigarono il viso della donna, Tony le si avvicinò all’orecchio per sussurrarle “ti amo”. Il cuore della donna fece un sussulto, riconobbe l’emozione dell’amore, cosa che fino ad allora era stata sepolta nel profondo di se stessa. Lui la baciò senza timore dopodiché la donna lo strinse forte.
Poco dopo, fuori alla porta del circoletto, passò un lupo bianco e marrone con i vestiti di Mimì tra le zanne. Li ripose sul marciapiede e se ne andò a testa bassa. Quel lupo era Maurizio.
 
Toccami nel profondo, puro e vero,
Cediti a me per sempre.
 
La tappa della Signora Virginia fu, come poteva prevedersi, la pizzeria di Raffaele. Aveva deciso di salutare l’amico, l’unico vero amico che aveva. Prima di entrare si era allungata dal fioraio a due passi dal locale ed aveva preso un fiore.
Il suo ingresso in pizzeria sconvolse tutti, nessuno fu in grado di avvicinarsi, solo Diego le si accostò per salutarla e fu allora che chiese di Raffaele, che chiamato giunse di corsa dalla cucina alla sala.
‹‹Vieni Virna, andiamo di là›› la fece accomodare in una specie d'ufficio, la sala continuò a mormorare.
‹‹Continuiamo a fare scalpore, anche a quarant’anni›› sorrise la donna.
‹‹Ma no, sono solo curiosi, sanno chi sei e sanno anche perché non ci sei mai venuta qui.››
‹‹Eh no, invece ci sono venuta, ricordi?››
‹‹Sì, me lo ricordo.››
‹‹Venni qui, incinta e chiedevo il tuo perdono...››
‹‹Ah, se solo te l’avessi dato...››
‹‹Lascia stare, non me lo meritavo...››
‹‹Ti ricordi, appena uscito di galera cosa mi avevi mandato a casa?›› chiese lei, porgendogli il fiore.
‹‹Cinque tulipani rossi...›› l'aveva tenuto nascosto  sotto il foulard che aveva sul braccio, lui emozionato l'afferrò per il gambo. ‹‹Sì, perché tuo padre ci aveva raccontato che...››
‹‹Che il tulipano era perfetto per dire che amiamo e ameremo per sempre qualcuno...›› concluse lei, ci fu un attimo d'imbarazzo ma Raffaele non si perse d'animo.
‹‹Qual buon vento ti porta qui?››
‹‹Me ne sto andando, torno a Firenze.››
‹‹Ah, come mai?›› la sua voce aveva un tono di delusione.
‹‹Perché lì è il mio posto. Ti volevo salutare, perché dopo mio figlio e la mia famiglia, sei la persona a cui voglio più bene in assoluto... davvero...›› Raffaele rimase scosso.
‹‹Anche io ti voglio bene, Virna. Ma mi devi assicurare che non è un addio. Devi giurarmelo sulla tua cosa più cara...››
‹‹No, certo che no. Sai i nostri figli ci permetteranno di vederci ancora per molto...›› guardò l'orologio al suo polso ‹‹ora però devo scappare, ho il treno ed il taxi mi sta aspettando.››
Raffaele si alzò e l’abbracciò. ‹‹A presto. Un giorno ti porterò a cavalcare…›› Virna si girò a guardarlo incredula. ‹‹Te lo prometto›› la donna gli corse incontro e si commosse sulle sue spalle.
Quella era la fine di una storia mai sbocciata. La fine di tutto, la fine della rivalità e del rancore, però quello che ne restava era l'amore. Da quel momento in avanti, i due vecchi amici, avrebbero fatto finta che niente era accaduto e così per sempre....per entrambi, però, quell’abbraccio fu il contatto umano più vero della loro vita.
 
Alessandro era diretto all’appartamento con la sua Fiat Bravo grigio metallizzato. Durante il percorso però cambiò idea.
Decise di farla finita e di fare chiarezza con Manuela: dalla sua risposta dipendeva la sua partenza. Se l’avesse detto lei, avrebbe raggiunto la madre alla stazione e se ne sarebbe andato via per sempre.
 
Le citofonò ed intimò Manuela di scendere giù. Lei lo raggiunse titubante, si vedeva dal suo camminare lento e dal modo in cui si copriva le mani con le maniche della t-shirt.
‹‹Ti ho fatta scendere perché, be', non credo che salirò più da te›› giustificò lui.
‹‹Come vuoi. Passeggiamo?›› i due si diressero a piedi sul lungomare senza proferire parola, finché lui si fermò e di colpo disse:
‹‹Sto partendo per Firenze... me ne vado da Napoli, da te, da tutto.›› Manuela non parlò, si scostò i capelli mossi dalla brezza che le coprivano il viso.
‹‹Vai via oggi?››
‹‹Sì.››
I capelli coprirono di nuovo il viso della ragazza e questa volta anche le sue lacrime. Manuela si voltò a guardare il mare. Alessandro parlò ancora.
‹‹Non importa se dovremo affrontare altre mille difficoltà... Amore mio, conterò i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi...finché non potremo di nuovo vederci...e poi come hai detto tu...saremo insieme per sempre.›› Manuela ricordò, erano le parole che lei gli aveva detto prima della partenza del ragazzo per Firenze. Alessandro non aveva sbagliato nemmeno una virgola. Quanto era stata stupida ad aver rovinato tutto? Fu a quel punto che lui notò le sue lacrime.
‹‹In realtà, quando mi separerò da te... sarò distrutto›› esclamò con tono tenue. ‹‹Perché non è come l'altra volta...stavolta non avrò un motivo per tornare...››
‹‹Se tu andrai via, la ferita della tua assenza non guarirà mai. Perché anche se ora sei qui, l'idea che domani non ci sarai più mi provoca un dolore troppo reale, qualcosa di troppo profondo che il tempo non cancellerà mai. E la cosa ironica è che sono la responsabile di tutto. È così. È  inutile negarlo, siamo anime gemelle, no? Saremo legati dallo stesso destino per sempre. Può sembrare una maledizione...ma in realtà voglio solo che tu capisca perché devi restare con me...›› lei trattenne un singhiozzo. ‹‹P.T.L.V.›› concluse la ragazza. Alessandro rise ma dai suoi occhi delle lacrime scesero spontaneamente, senza che se ne rendesse conto. La ragazza si avvicinò e in punta di piedi gli baciò gli occhi implorando il suo perdono. Lui le prese il viso.
‹‹P.T.L.V..›› le sussurrò, la baciò e la riprese con sé, per non separarsene più...
 
Dove sei adesso?
dove sei adesso?
Perché ti sto baciando.
Perché ti sto baciando. (Des'Ree-Kissing You)
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** {Epilogo} ***


Siamo giunti alla fine, grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia. :)
In questo periodo mi troverete qui ->  
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=127442 . Vi assucuro che Roommates è una storia veramente divertente...
Buona lettura...


‹‹Quella notte c’era Luna Piena e Alessandro chiese a Manuela di trasformarsi in lupo. Lei mutò in lupo bianco e insieme a lui corse per tutta la notte. I Mutaforma dal quel giorno non ebbero più divieto di trasfigurarsi in quell’animale.››
‹‹È una storia bellissima, mamma›› esclamò una bambina di dieci o forse undici anni.
‹‹Eh già, ma è anche abbastanza lunga... una lunga STORIA NON RACCONTATA.››
‹‹Sì, ma poi?››
‹‹E poi il resto, te lo racconterò alla prossima visita ginecologica. Devo dire alla dottoressa che dovrebbe avere un occhio di riguardo per me. Tutta questa attesa, va a finire che trascorro i prossimi tre mesi qui... in questa corsia... non ne ho nemmeno più l’età.››
‹‹Fu dopo che papà chiuse il circoletto per andare a lavorare nell’azienda di Alessandro?››
‹‹Sì, poco dopo... perché lui entrò nell'Accademia Navale di Livorno e quindi serviva qualcuno di fidato che lo sostituisse.››
‹‹E Maurizio? Sonya conosce questa storia?››
‹‹Credo di no, ringraziando il cielo, ha trovato proprio una brava ragazza,anche lei, bellissima licantropa croata, ma non so come potrebbe prenderla...››
‹‹E la Signora Virginia e lo zio Raffaele si sono rivisti, vero?››
‹‹Ma certo cara, hanno dovuto, per lo meno al matrimonio di Alessandro e Manuela, cinque anni fa, ricordi?››
‹‹Non ricordo bene, ero troppo piccola.››
Un’infermiera finalmente chiamò la donna in dolce attesa.
‹‹La dottoressa Russo, la attende, Signora Prisco.››
‹‹Ah finalmente, amore, tu rimani qui o vuoi entrare?››
‹‹No, mamma rimango qui.››
‹‹Bene, vai con l'infermiera e fatti dare delle caramelle...››
La donna si alzò, ed era Mimì, con il pancione che durante la lunga attesa all'ospedale, aveva raccontato a sua figlia la storia della dottoressa, sua nipote, e del suo grande amore.
‹‹Ehi. Amore, mi raccomando, niente trasformazioni in pubblico›› ordinò alla figlia.
‹‹ E vabene›› rispose la figlia un po’ scocciata.
 
 

Fine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=786506