Come un sasso in fondo al lago di Koe (/viewuser.php?uid=4671)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. La Notizia ***
Capitolo 3: *** 2. Ricordi del passato ***
Capitolo 4: *** 3. Ricerche in biblioteca ***
Capitolo 5: *** 4. Un cane nero ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Prologo
La notte è chiara e limpida, volendo
potrei contare migliaia di stelle. Ormai siamo a giugno inoltrato ed è
piacevole restare fuori a godersi l’aria fresca della notte. Poco distante da
me, il cane dorme placido nella sua cuccia, posso sentire il suo respiro
regolare. Dal bosco giungono i richiami degli animali notturni e il rumore delle
fronde mosse da lievi aliti di vento. E’ una notte di inizio estate come tante
altre, in apparenza. In realtà, però, da questa mattina tutto è cambiato.
Sono sola, seduta sui gradini d’ingresso ad aspettare, come faccio ormai da più
di due anni. Ma questa sera, per la prima volta, ho la certezza che non
arriverai.
Sei
morto.
Non
ci sono dubbi, era scritto sul giornale, in un articolo ben documentato. Sì, è
vero, mi era già capitato di leggere la notizia della tua morte, ma questa
volta so che è la verità, me lo sento. Sento che non rivedrò più il tuo
sorriso, non sentirò più la tua voce.
Lo
sento, ma non riesco a comprendere fino in fondo cosa questo significhi. E così
resto qui, a guardare verso il bosco sperando che un rumore o un’ombra mi
rivelino la tua presenza. Pura illusione, lo so. Ma non posso fare a meno di
pensare che se la magia può rendere possibili cose che una “babbana” come
me non riesce neanche a immaginare, forse può anche riuscire a farti tornare.
So di illudermi, so che la Morte è un avversario troppo forte per qualunque
arma, e che nessuna magia sarà mai in grado di sconfiggerla. Lo so.
Eppure
resto ferma qui, fissando il vuoto davanti a me, mentre immagini di un tempo che
sembra ormai troppo lontano si affollano, insistenti, nella mia mente.
* * * * * * * * * * * *
Va
bene, lo so, il prologo è breve e non dice molto, ma provate a continuare a
leggere... e spero che andando avanti la storia possa piacervi!
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Capitolo 2 *** 1. La Notizia ***
La Notizia
La
Notizia
Caldo.
Faceva veramente caldo.
Se
ripenso a quel giorno d’estate la prima cosa che mi viene in mente è il caldo
afoso, piuttosto insolito per questa zona dell’Inghilterra. Mi ero alzata
tardi, non avevo niente da fare fino al tardo pomeriggio e sarebbe stato inutile
svegliarsi più presto. Solo verso sera mi sarebbe toccata la lezione con il
piccolo Parker. A pensarci adesso, ero stata un po’ masochista: non contenta
di dover insegnare per tutto l’anno a un branco di ragazzini esagitati, mi ero
anche presa l’impegno di aiutare quel bambino coi compiti. Ma avrei comunque
trascorso le vacanze a casa, quindi tanto valeva sfruttarle per guadagnare
qualcosina in più.
Mi
sedetti ancora assonnata al tavolo della cucina, cercando ristoro in un succo di
frutta fresco appena uscito dal frigo, e tornai a meditare sul grande dilemma
esistenziale che mi affliggeva ormai da giorni e giorni: comprare o non comprare
un nuovo ventilatore? Queste sono le grandi domande della vita… Mi alzai per
prendere un po’ di ghiaccio da aggiungere al bicchiere e tornai a sedermi,
contemplando in cerca di risposte il mio vecchio ventilatore, compagno di tante
estati, che proprio in quell’anno torrido aveva deciso di passare a miglior
vita, e a nulla erano valsi i miei innumerevoli tentativi di rianimazione.
Comprarne o non comprarne uno nuovo? Certo che faceva veramente caldo… ma era
davvero il caso di spingersi fino in città sotto il sole cocente solo per quel
motivo? E poi il caldo non poteva durare in eterno, prima o poi si sarebbe messo
a piovere, eravamo pur sempre in Inghilterra!
L’uggiolare
del cane in giardino mi riportò improvvisamente alla realtà. Povera bestia!
Non solo mi ero svegliata tardi, ma mi ero pure dimenticata di dargli da
mangiare! Tutta colpa della temperatura troppo elevata, quel caldo mi spossava e
mi intontiva. Uscii solo il tempo necessario a svolgere il mio dovere di brava
padrona, e tornai subito a cercare rifugio nell’ombra domestica. Ormai era
passata anche l’ora di pranzo, ma non avevo assolutamente voglia di mangiare e
soprattutto di cucinare, forse mi sarei preparata qualcosa di veloce prima di
uscire. Mi accasciai sul divano e accesi il televisore, sperando di vedere
qualcosa di allegro che mi tirasse su il morale, ma mi resi subito conto che era
un impresa persa in partenza. Mi sono sempre chiesta perché in estate
trasmettano solo repliche di programmi stupidi e vecchi film. Capisco che anche
quelli che lavorano in televisione abbiano diritto alle loro vacanze, ma non
pensano alla povera gente che non può permettersi grandi viaggi e che passa le
sue vuote e torride giornate senza avere neanche la consolazione di un programma
decente? E invece niente, dopo mezzora di zapping non ero riuscita a trovare
assolutamente niente di interessante. Vecchio telefilm, vecchio film, vecchio
comico… ah, un telegiornale! Almeno così riuscirò a vedere qualcosa di
inedito!, pensai. E magari le previsione del tempo mi avrebbero riservato
qualche lieta sorpresa…
DRIIIN.
Il telefono. Figurarsi se non si sarebbe messo a suonare nell’unico momento
della giornata in cui avevo altro da fare. La signora Parker. Suo figlio è
andato una settimana al mare dai nonni per cui non devo fargli lezione.
Avvertire prima no? Va bene che non avevo niente da fare, ma educazione vorrebbe
che non si chiamasse all’ultimo minuto. Oltretutto la signora Parker è sempre
stata una pettegola tremenda, e giustamente quella le parve un’occasione
perfetta per aggiornarmi sugli ultimi avvenimenti del paese, di cui sinceramente
non me ne poteva importare di meno. Sì, signora Parker. Ha ragione, signora
Parker. Rispondevo senza neanche stare a sentire quello che diceva, mentre
davanti agli occhi mi passavano le immagini senza audio del televisore rimasto
acceso. Stavo quasi per riaddormentarmi lì, con la cornetta in mano.
Ma
all’improvviso una di quelle immagini attirò la mia attenzione. Un volto. Un
ricordo lontano. Non era possibile, eppure… c’era qualcosa di noto in
quell’uomo vestito di stracci e dallo sguardo folle…
Il
continuo borbottio della signora Parker giungeva confuso al mio orecchio, ma
ormai non fingevo neanche più di ascoltarla, tutta la mia attenzione era
rivolta esclusivamente allo schermo muto. Dovevo assolutamente capire cosa stava
succedendo, chi era l’uomo di cui stavano parlando al telegiornale. Interruppi
la conversazione con un brusco saluto (o forse le chiusi semplicemente il
telefono in faccia? adesso non ricordo…) e mi fiondai sul telecomando per
alzare il volume, appena in tempo per sentire le ultime parole del giornalista:
“…armato ed estremamente pericoloso. E’ stata attivata una linea
telefonica speciale, e chiunque lo avvisti è pregato di comunicarlo
immediatamente alle autorità. Ripetiamo, il nome dell’evaso è Sirius Black.”
Era
lui.
“Non
è possibile. Lui è morto.”
* * * * * * * * * * * * *
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Ringrazio
tutti quelli che hanno letto e in particolare DarthSteo, unico ad aver avuto il
coraggio di recensire. Va bene, il prologo era solo introduttivo, ma almeno per
questo capitolo lasciate qualche commentino in più!
Intanto vi
prometto che i prossimi capitoli saranno più lunghi. A presto!
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Capitolo 3 *** 2. Ricordi del passato ***
Ricordi del passato
Ricordi del passato
Ricordo
ancora perfettamente il giorno in cui lo incontrai la prima volta.
Non avevo
ancora vent’anni e frequentavo il primo anno all’università. I miei
genitori mi pagavano un piccolo appartamento a Londra che dividevo con alcune
compagne di corso, ma per sentirmi un po’ più indipendente mi ero trovata un
lavoretto part-time che mi permettesse di pagare almeno le spese personali. E
così tutti i pomeriggi facevo la cameriera in un locale vicino ad Oxford
Street.
Lo inquadrai
perfettamente non appena mise piede nel bar: era il tipico ragazzo di
bell’aspetto consapevole di suscitare l’interesse del gentil sesso con il
suo fascino da bel tenebroso, e perciò convinto di potersi permettere qualunque
cosa. Lo accompagnava un altro ragazzo, anch’egli molto bello, il quale però
dava un’idea di maggior serietà, forse per via degli occhialetti tondi che
indossava e che gli davano un’aria da intellettuale. E poi, come notai subito
(essendo a quel tempo una giovinetta a caccia dell’anima gemella), portava un
anello che pareva una fede, per cui si era probabilmente impegnato con una sola
ragazza. Va bene, lo so che un anello non è una garanzia di fedeltà, ma a quel
tempo, nella mia mente di fanciulla ingenua e sognatrice, il fatto che lo
indossasse mi aveva dato di lui l’idea di una persona seria. Idea che il suo
amico non dava affatto. Sarà stato anche perché la prima volta che mi rivolse
la parola lo fece con un “Ehi, bellezza!”.
Mi avevano
sempre dato fastidio i clienti che mi chiamavano con particolari appellativi
solo perché ero una studentessa giovane e carina, tuttavia cercai di nascondere
la mia irritazione e di mantenere un atteggiamento professionale quando mi
avvicinai sorridendo al loro tavolo per prendere le ordinazioni. Sentii che il
ragazzo con gli occhiali lo stava rimproverando, infatti poi mi chiese di
scusare quel cafone del suo amico e mi si rivolse con molta gentilezza. Nel
frattempo l’altro, per niente pentito, mi guardava con un sorrisino
strafottente, certo che sarei presto caduta ai suoi piedi. Ma io non avevo
nessun intenzione di dargli quella soddisfazione. Infatti, quando mi allontanai
dal loro tavolo e mi sentii richiamare ancora con un “bellezza”, gli rivolsi
uno sguardo gelido e lo pregai gentilmente di evitare di usare
quell’appellativo.
“Allora
dimmi il tuo nome,” mi disse con voce suadente.
“Non
serve, se ha bisogno di qualcosa basta che attiri la mia attenzione con un
banalissimo ‘mi scusi’,” risposi lasciandolo interdetto.
Il resto del
pomeriggio fu quanto di più stressante io riesca a ricordare. Non so per quale
motivo, forse perché avevo avuto l’arditezza di non cedere al suo fascino,
aveva deciso di impiegare tutte le sue energie nell’infastidirmi, o nel
corteggiarmi, dipende dai punti di vista. Ogni volta che mi avvicinavo al loro
tavolo se ne usciva con complimenti e frasi a effetto da corteggiatore esperto,
che io mi sentivo in dovere di smontare, giusto per evitare di dargli qualsiasi
soddisfazione. In tutto questo, il suo amico si godeva beatamente la scena
ridendosela sotto i baffi, motivo per cui anche tutti i pensieri positivi che
avevo fatto su di lui appena l’avevo visto scomparvero nel giro di mezz’ora.
Dopo tutto avrei dovuto aspettarmelo, visto che era amico di quel rompiscatole.
Quando finalmente decisero di andarsene, fu per me un’immensa liberazione.
Pensavo che
la storia fosse finita lì, ma dovetti ricredermi quando quella sera, mentre mi
dirigevo tranquillamente verso la fermata della metropolitana, sentii alle mie
spalle una voce ormai nota che mi chiamava “Ehi, bellezza!”. Feci un sospiro
alzando gli occhi al cielo e mi voltai rassegnata. Lui era lì appoggiato al
muro che mi guardava con un sorriso vittorioso. Era davvero irritante, però non
riuscivo assolutamente ad essere arrabbiata con lui. Il suo fascino diabolico
stava ormai facendo effetto, accidenti!
“Ciao,”
mi salutò.
“Ciao,”
risposi, cercando di mostrare un po’ di disappunto.
“Ti posso
accompagnare per un pezzo di strada?”
“Servirebbe
a qualcosa se ti dicessi di no?”
Mi rispose
col suo solito sorrisino, e non potei fare a meno di lasciarlo venire con me.
Camminò in silenzio per un breve tratto, forse stava meditando la nuova tattica
da adottare, ma presto ricominciò a parlare.
“Adesso me
lo dici il tuo nome?,” provò a chiedere.
“E va
bene. Elizabeth,” risposi rassegnata.
“Bel nome.
Regale. Posso chiamarti Lizzy?”
“Ma tu non
puoi proprio chiamare le persone con il loro nome? Hai appena detto che il mio
è bello!,” esclamai esasperata.
“Bello ma
banale. Invece un soprannome è più originale perché rappresenta la vera
essenza di una persona, tutti dovrebbero averne uno,” spiegò con serietà.
“E tu ce l’hai?”
“Certo. I miei amici mi chiamano Felpato.”
“E perché, scusa?” chiesi perplessa.
“E’ una storia lunga…” rispose facendo un vago cenno con la mano.
“Comunque il mio nome è Sirius.”
“Sirius?
Anche questo non è proprio normalissimo…”
“E’ il
nome di una stella” rispose sfoderando un sorrisetto che sembrava voler dire
‘Non è forse adatto a un bel ragazzo come me?’. Gli rivolsi un’occhiata
scettica, e lui, scrollando le spalle, precisò “E’ solo che nella mia
famiglia hanno la fissa dei nomi delle stelle. E’ una famiglia strana,”
aggiunse. Ebbi l’impressione che preferisse evitare l’argomento, per cui non
feci altre domande.
Dopo aver
rotto il ghiaccio fu semplice proseguire la conversazione, così continuammo a
chiacchierare animatamente per tutto il tragitto. In fondo era simpatico. Era
egocentrico, montato, strafottente, irritante. Ma simpatico. E anche galante:
quando arrivammo alla stazione, mi salutò regalandomi una rosa fatta apparire
dal nulla. Gli domandai stupita come avesse fatto, ma lui sorrise e rispose
semplicemente “Sono un mago”, poi fece un inchino e si allontanò
infilandosi in una viuzza. Dopo un attimo di esitazione provai a seguirlo,
dopotutto era stato gentile e io non lo avevo neanche salutato decentemente, ma
quando arrivai all’inizio della via in cui aveva svoltato la trovai vuota,
sembrava che fosse scomparso nel nulla.
Sarà stato
per quella sua sparizione misteriosa, o perché tutta la situazione era
piuttosto assurda, che per un po’ ebbi la sensazione di essermelo solo
immaginato. Illusione che, purtroppo, scomparve il pomeriggio successivo, quando
la porta del bar si aprì e una voce mi salutò dicendo “Ehi, bellezza!”.
Quando mi voltai a guardarlo capii che ero ormai caduta nella sua rete.
Da quel
giorno cominciammo a vederci regolarmente, anche se non ci davamo mai un vero e
proprio appuntamento. Ogni tanto veniva al locale, ma più spesso mi aspettava
dopo il lavoro e mi accompagnava fino alla stazione della metropolitana,
salutandomi sempre con una rosa fatta apparire dal nulla. Non sono mai riuscita
a capire come facesse.
Col passare
del tempo le passeggiate diventarono sempre più lunghe, poi mi decisi ad
accettare i suoi inviti a cena, e alla fine mi ritrovai a trascorrere quasi
sempre la notte da lui. Un giorno, quando ormai stavamo insieme da qualche mese,
mi invitò a pranzo a casa del suo amico James, quello che era con lui la prima
volta che c’eravamo incontrati. Come avevo intuito da subito, era felicemente
sposato con una ragazza molto simpatica, e aveva anche un figlio di pochi mesi.
Per quanto poco conoscessi la vita di Sirius, mi resi subito conto che erano
loro la sua famiglia, e non quella di cui era tanto restio a parlare, quindi
l’avermeli fatti conoscere era stato il suo modo per rendere ufficiale il nostro
rapporto, per dirmi che io ero l’unica con cui volesse stare.
I mesi
successivi sono stati i più felici che io abbia mai avuto. Ero giovane e
spensierata, e non desideravo altro che trascorrere la mia vita con la persona
che più amavo al mondo. Con la mente piena di sogni, non mi fermai neanche per
un attimo a riflettere su quanto poco lo conoscessi in realtà. Non sapevo
niente del suo passato, della sua famiglia, dei suoi studi o del suo lavoro. Lui
esisteva solo quando era con me, il resto della sua vita era avvolto nel
mistero. Avevo capito che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di strano.
Mi rendevo perfettamente conto che sia lui che James erano preoccupati da
qualcosa di molto grave, ma nessuno dei due sembrava volerne parlarne, e io non
volevo distruggere tutte le mie illusioni facendo troppe domande. “Un giorno
ti spiegherò tutto,” mi disse Sirius una volta, e io gli credetti, perché
non avevo motivo per dubitare, perché mi fidavo di lui. Ma poi ci fu
l’incidente.
E’ strano
come a volte basti un attimo per cambiare completamente un’intera esistenza.
Tutti i miei sogni, tutti i miei progetti, sono andati in fumo in un solo
istante, saltati in aria insieme a una stupida conduttura del gas difettosa.
Tutto distrutto, no peggio, tutto scomparso come se non fosse mai esistito. Non
sapevo niente di lui e non avevo idea di come poter avere sue notizie o
contattare chi lo conoscesse. Ma la cosa veramente assurda è che non sono più
riuscita a trovare neanche la sua casa. So che è impossibile da credere, ma
nonostante ci fossi stata così tante volte, non riuscivo assolutamente a
ricordare dove si trovasse. E neppure riuscivo a ricordare come arrivare a
quella di James. Tutto quello che li riguardava sembrava lontano, confuso,
come avvolto nella nebbia. Sembrava che tutto il tempo trascorso con lui fosse
stato solo un sogno, non era rimasto niente a dimostrare che fosse esistito
realmente, niente eccetto una rosa secca posata sul comodino, che mi aveva
regalato facendola apparire come per magia, e il suo nome sul giornale tra
quelli delle altre vittime dell’incidente.
* * * * *
* * * * * * * * * * * * * * * *
Mi
scuso per il tremendo ritardo, ma il mio computer è morto per ben un mese
lasciandomi isolata dal mondo. I prossimi capitoli sono però già quasi pronti,
quindi prometto che aggiornerò presto. Ma voi recensite!
Approfitto
dello spazio per ringraziare mimmyna e micia, spero che
continuiate a leggere nonostante la lunga attesa.
A
presto!
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Capitolo 4 *** 3. Ricerche in biblioteca ***
Ricerche in biblioteca
Ricerche in biblioteca
Evaso.
Sirius Black era evaso.
Era
assurdo. Era una cosa completamente assurda. Sirius Black era morto. Defunto.
C’era stato un incidente, quella maledettissima esplosione, e lui era morto.
Perché
adesso, dopo quattordici anni, dicevano
che era evaso? Evaso da dove? Da una tomba? Da dove altro poteva evadere un
morto? No, era assurdo, completamente assurdo.
Trascorsi
l’intera giornata accasciata sul divano in stato catatonico facendomi domande
di questo genere, ma non riuscivo a trovare una sola risposta ragionevole.
Sirius era morto da più di dieci anni ed era assurdo che potesse riapparire in
quel modo. Alla fine giunsi all’unica conclusione logica: probabilmente mi ero
confusa, avevo capito male il nome, e quello della foto segnaletica era solo di
uno che gli somigliava. Dopo tutto a volte il caldo gioca brutti scherzi.
Dopo
essermi autoconvinta della ragionevolezza della mia deduzione, mi sentii molto
più sollevata e attesi col calma di averne conferma con il telegiornale della
sera. E invece no, nessun errore. Di nuovo mi ritrovai a fissare quella che era
indubbiamente la sua foto, mentre un giornalista allarmato ripeteva la notizia
dell’evasione del pericoloso pluriomicida Sirius Black.
Pericoloso
pluriomicida.
Quello
non era lui, non poteva assolutamente essere lui. Lui era un casinista
egocentrico, un esaltato, a volte anche un po’ folle, ma in fondo era un
ragazzo dolce e gentile, non avrebbe mai potuto fare del male a nessuno,
figuriamoci uccidere una persona! Tante persone! Pluriomicida.
No,
non poteva essere lui. Lui non era in prigione, lui era morto. Morto. Come era
possibile che adesso venisse identificato come un pericoloso evaso? Come? Cosa
diavolo era successo realmente quel giorno? E perché nessuno mi ha mai detto
niente?
In
effetti, riflettendoci a posteriori, c’erano alcuni punti poco chiari riguardo
quell’incidente. Tutti i giornali avevano riportato la notizia, per cui non
c’era dubbio che si fosse verificato, ma alcune cose accadute prima e dopo
quell'avvenimento, che a quel tempo mi erano parse del tutto irrilevanti, adesso
mi stavano facendo sorgere nuovi sospetti. Cos’era che preoccupava Sirius e
perché voleva tenermelo nascosto? Cosa nascondeva il suo passato? E perché non
sono più riuscita ad avere sue notizie? Ma soprattutto, tutto questo aveva un
qualche legame con l’incidente e con la storia della sua evasione?
Domande,
domande. Nella mia testa continuavo a formulare sempre nuove domande senza
riuscire a trovare alcuna risposta. Ma io ne avevo bisogno, avevo assolutamente
bisogno di una certezza, o sarei impazzita.
All’improvviso
mi venne un’idea: i giornali. A quel tempo, sconvolta dalla notizia della sua
morte, mi ero chiusa nel mio dolore e non avevo approfondito le ricerche,
accontentandomi del poco che sapevo. Poteva perciò essermi sfuggita qualche
informazione importante. Se non si era trattato di un incidente ma di un
omicidio, un attentato forse, i giornali lo avevano senz’altro scritto, non
potevano aver fatto passare tutto sotto silenzio. Dovevo controllare. Sì, avrei
controllato tutti i giornali di quel periodo, ogni singolo articolo di ogni
giornale del paese. Avendo così deciso il giorno seguente, di buon mattino,
presi la macchina e mi recai a Londra, dove ero sicura di trovare una biblioteca
ben fornita in cui svolgere le ricerche.
Le
mie aspettative furono però ben presto deluse, perché per l'intera mattinata il mio lavoro non portò ad alcun risultato utile. Tutti i giornali
parlavano semplicemente di un incidente, un tragico incidente costato la vita a
una decina di persone, causato dallo scoppio di un condotto di gas che passava
sotto il livello della strada. Nient’altro. Non si parlava di omicidi,
attentati, bombe… Solo di un semplice incidente.
Verso
mezzogiorno, però, mi imbattei finalmente in una frase particolarmente
interessante: “…è già il secondo incidente di questo tipo in soli due
giorni. Il comune dovrebbe provvedere…”. Il secondo incidente. Che le
due cose fossero collegate? Era possibile… Mi affrettai a cercare un riscontro
sul giornale del giorno precedente e trovai una notizia che mi lasciò a dir
poco sconvolta. “Una casa è esplosa nella zona residenziale di Godric’s
Hollow. Sembra che all’origine dell’incidente ci sia stata una fuga di gas.
Nell’esplosione hanno perso la vita James e Lily Potter, una giovane coppia
che viveva lì da alcuni mesi. Non ci sono notizie sulla sorte del figlio, un
bambino di solo un anno, il cui corpo sembra non
sia stato rinvenuto tra le macerie. I Potter erano una famiglia molto
riservata, che non si faceva notare; molti dei vicini hanno dichiarato di non
averli mai visti e persino di credere che la loro casa fosse disabitata”.
James
era morto, non riuscivo a crederci. Ed era morto solo il giorno prima della
morte, o della presunta morte, del suo migliore amico. In un incidente dello
stesso tipo. Non poteva essere un caso. Doveva esserci per forza un
collegamento.
E
invece niente. I giornali parlavano solo di un incidente. Nessun complotto,
nessun azione premeditata. Niente che potesse giustificare l’arresto di Sirius.
E infatti non si parlava di arresto, il suo nome era nell’elenco delle vittime
dell’esplosione e basta. L’unica spiegazione possibile era che qualcuno
avesse voluto insabbiare l’intera faccenda. Ma chi? E perché? Più andavo
avanti a cercare e più mi rendevo conto del vuoto che circondava quella
notizia. Sembrava che i risvolti oscuri di un incidente in cui avevano perso la
vita più di dieci persone non interessassero a nessuno, almeno non quanto gli
strani fenomeni meteorologici che si stavano verificando in tutto arcipelago
britannico, o le pagliacciate di alcuni individui che vagavano per
l’Inghilterra abbigliati in modo assurdo.
La
situazione era esasperante. Avevo sprecato l'intera giornata in biblioteca solo
per arrivare alla conclusione che effettivamente in tutta quella vicenda c’era
qualcosa di sospetto, ma senza riuscire a trovare un solo indizio per scoprire
di cosa si trattasse. Affranta e con la testa che mi scoppiava, avevo finito di
controllare i quotidiani ed ero passata a sfogliare con rassegnazione i
settimanali e persino le riviste scandalistiche, senza però arrivare ad alcun
risultato. Ma quando ero ormai sul punto di arrendermi, un titolo apparve come
un miraggio nel deserto, e attirò immediatamente la mia attenzione. Perso tra
gli articoli assurdi di una rivista di infima categoria, trovai finalmente un
resoconto che, per quanto sembrasse all’apparenza inverosimile, dava
finalmente voce proprio a quelle stesse domande che mi stavano tormentando ormai
da due giorni.
Cosa
si nasconde dietro all’esplosione?
Come
ormai tutti sapranno, settimana scorsa una strada di Londra è letteralmente
saltata in aria causando la morte di una decina di persone. Le autorità hanno
dichiarato che a provocare la tragedia è stata una fuga di gas dai condotti
sottostanti al manto stradale, ma personalmente ritengo ci siano validi motivi
per sospettare che stiano in realtà cercando di nascondere qualcosa.
Per
un caso fortuito, infatti, mi trovavo a passare vicino al luogo
dell’incidente e, accorso sul posto attirato dal boato
dell’esplosione, ho potuto raccogliere le prime impressioni dei sopravvissuti.
Un testimone, un signore di mezza età salvato dalla provvidenziale presenza di
un cassonetto della spazzatura che gli ha fatto da scudo, ha raccontato di aver
visto due giovani litigare animatamente nel mezzo della strada, attirando
l’attenzione di alcuni passanti che si sono fermati a osservare e sono
rimasti così coinvolti nella deflagrazione. Uno dei due contendenti era
un bel ragazzo coi capelli lunghi, dall’aspetto piuttosto sconvolto e
trasandato, e insultava l’altro minacciandolo con uno strano bastoncino. Il
secondo era più basso, grassoccio, e sembrava intimorito dal primo; tuttavia
all’improvviso si era riscosso e si era messo a gridare a gran voce “Li hai
uccisi tu! Come hai potuto?”, e proprio in quell’attimo si è scatenata
l’esplosione. I momenti successivi sono stati piuttosto confusi, ma il
testimone si è detto certo di aver visto il primo giovane ergersi tra i fumi e
le macerie, ridendo istericamente in mezzo ai cadaveri. Quasi immediatamente
sono sopraggiunte strane figure incappucciate che lo hanno circondato per poi
sparire nel nulla insieme a lui.
Non
ho potuto continuare l’intervista e mi sono dovuto allontanare quando mi sono
accorto di alcune persone, probabilmente poliziotti in borghese, che stavano
avvicinavano ciascuno dei presenti. (I lettori ricorderanno che le autorità non hanno
reagito bene al mio articolo del mese scorso che dimostrava la presenza di
extraterrestri all’interno del ministero e persino nella famiglia reale. N.d.r.).
Tuttavia mi sono subito reso conto che qualcosa non andava quando sui
giornali del giorno successivo la faccenda è stata liquidata come
un semplice incidente, senza fare alcun riferimento a risse o a uomini incappucciati. Ma
la cosa ancora più strana è che persino il mio testimone, che avevo
rintracciato con
l’intenzione di scrivere un resoconto approfondito dell’intera vicenda,
abbia dichiarato di non ricordare assolutamente nulla oltre all’esplosione.
A
questo punto è lecito domandarsi: cosa c’è sotto? Cosa vogliono nasconderci?
Forse si è trattato di un attentato messo in atto da un’organizzazione terrorista internazionale di cui le
autorità vogliono tenerci all’oscuro? E come è stato comprato il silenzio
dei testimoni? Soldi, o addirittura un lavaggio del cervello? O forse gli uomini
che ho visto aggirarsi tra la folla non erano poliziotti, ma agenti governativi
che con minacce hanno intimato a tutti il silenzio?
A
causa della reticenza delle autorità a fornire spiegazioni non siamo riusciti a
dare risposta a tutte queste domande, ma è certo che qualcosa di molto misterioso si
nasconda dietro a quello che è stato fatto passare come un semplice
incidente”.
Lessi
l’articolo con stupore crescente. Certo il resoconto poteva sembrare assurdo,
e vista la cattiva fama della rivista non c’era da stupirsi che non avesse goduto
di alcuna considerazione, eppure era il solo che dava una vaga spiegazione di
quello che stava accadendo adesso. Il giovane descritto poteva essere Sirius, e
l’articolo diceva che alla fine era ancora vivo ed era stato portato via da
qualcuno, forse arrestato? Ma perché? L'altro ragazzo lo aveva accusato di aver
ucciso qualcuno... Ma in ogni caso perché
tutta la vicenda era stata fatta passare sotto silenzio? E chi erano quelle
strane persone che si aggiravano tra la folla?
Di
sicuro il giornalista aveva ragione a dichiarare che c’era stata la deliberata
intenzione di nascondere delle informazioni, ma se
per lui era stato impossibile scoprire qualcosa al tempo dei fatti, era inutile
anche solo sperare che io potessi riuscirci dopo quasi quindici anni. E così, con l’unica consolazione di sapere di non essere stata
la sola ad aver avuto qualche sospetto, alla fine fui
costretta ad arrendermi e a tornare a casa con gli stessi dubbi con cui ero
partita.
* * * * * * * * *
Ed
ecco un altro capitolo. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e soprattutto chi
ha lasciato una recensione. Sono particolarmente autocritica e sapere che c'è
qualcuno che apprezza quello che scrivo mi fa molto piacere. Spero che
continuiate a seguirmi fino alla fine. Alla prossima!
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Capitolo 5 *** 4. Un cane nero ***
Nuova pagina 1
Un
cane nero
Passarono
i giorni, le settimane, i mesi, e finalmente arrivò l’autunno. Ormai le
foglie cominciavano a cadere dagli alberi e l’aria fredda della notte si
insinuava fin dentro alle ossa, ma ciò nonostante continuavo a trascorrere le
mie serate seduta sui gradini davanti a casa, lasciandomi cullare dal tranquillo
frusciare del vento tra le foglie del bosco. In passato, ogni volta che mi era
capitato di dover affrontare qualche difficoltà, mi fermavo a osservare il
cielo stellato e nella contemplazione della sua immensità riuscivo ritrovare la
serenità perduta. In quel periodo però neanche così riusciva a ottenere un
po’ di pace. Le mie serate scorrevano sempre uguali, ora dopo ora, notte dopo
notte, ma l’angoscia che avevo nel cuore non mi abbandonava. Mille dubbi si
affollavano nella mia mente, mille domande a cui non riuscivo a dare risposta
continuavano insistenti a tormentarmi, impedendomi di andare avanti con la mia
vita, costringendomi a rivivere all’infinito eventi appartenenti ormai a un
lontano passato, alla ricerca di una spiegazione che sapevo non sarei mai
riuscita a trovare.
A
volte mi illudevo di poter dimenticare, di fingere che non fosse accaduto
niente, ma era un inganno di breve durata: mi bastava guardare un telegiornale
perché immancabilmente l’annuncio di un nuovo avvistamento del pericoloso
evaso mi riportasse bruscamente alla realtà. E così ritornavo ai miei dubbi,
alle mie domande, e alle mie serate a guadare il cielo.
Fu
in una di quelle serate, apparentemente uguale a tutte le altre, che accadde
qualcosa di strano. All’inizio non ci feci caso, persa com’era nei miei
pensieri, ma poi mi accorsi che il mio cane si era alzato rizzando le orecchie e
stava osservando attentamente alcuni movimenti nel sottobosco. Guardai anch’io
in quella direzione, ma l’oscurità della notte rendeva molto difficile
distinguere qualcosa tra le ombre confuse degli
alberi. Non si sentiva un solo rumore a parte il frusciare dei rami al vento.
Rimasi
in attesa per qualche minuto che mi sembrò eterno. Razionalmente cominciavo a
pensare che si trattasse semplicemente di qualche animaletto selvatico, eppure
dentro di me sentivo che stava per accadere qualcosa di incredibile. E infatti,
all’improvviso vidi delinearsi sul limitare del bosco, come emersa dal nulla,
l’ombra di un enorme cane nero, mentre lontani ricordi ritornavano vividi
nella mia mente.
“Ancora!”
esclamai sorridendo. “Ma mi spieghi come fai tutte le volte a far apparire
queste rose dal nulla?”
“Te
l’ho detto. Sono un mago!”
“Sì,
ci credo!” risposi scettica. “Quindi immagino che tu sia anche in grado di
fare incantesimi, volare, diventare invisibile…”
“No,
queste cose non possono farle neanche i maghi, a meno che non utilizzino qualche
oggetto magico, tipo una bacchetta, o una scopa volante. Ma proprio perché sei
tu, ti svelerò un segreto” e si avvicinò sussurrando con aria cospiratoria.
“Io riesco fare una cosa che non tutti i maghi sono in grado fare: mi so
trasformare in un animale”
“Ma
davvero? Allora fammelo vedere”
“Adesso
non posso, non è una cosa che si possa mostrare così al primo che passa! Ma se
farai la brava forse un giorno ti darò una dimostrazione.”
“Ah,
così adesso sarei la prima che passa? E io che pensavo di essere la tua
ragazza!” lo rimproverai scherzosamente. “ Ma va bè, dimmi piuttosto, così
per curiosità, in che animale sapresti trasformarti?”
“In
un grosso cane nero.”
Un
grosso cane nero…
“E’
assurdo. Devo essere impazzita per aver solo pensato una cosa del genere.”
Questo era ciò che diceva il mio lato razionale. Eppure una parte di me ci
credeva, voleva crederci a tutti i costi, per quanto potesse sembrare illogico.
Mi alzai quasi senza rendermene conto e rimasi ferma a fissare quell’animale,
in attesa che accadesse qualcosa che non osavo neanche immaginare. Il cane
ricambiò il mio sguardo, e senza staccare i suoi occhi dai miei si avvicinò
lentamente fino ad arrivarmi davanti. Un turbamento profondo, un sentimento che
non riuscirei a definire, mi invase l’animo e mi spinse a parlare, a
pronunciare di nuovo, dopo anni, il suo nome. “Sirius.” Fu solo un sussurro,
ma nel silenzio della notte ebbe l’effetto dirompente di un’esplosione.
E
poi accadde. Davanti ai miei occhi quel grosso cane si trasformò magicamente in
un uomo: un uomo dal volto scavato, stanco, sconvolto, ma in cui riuscivo ancora
a riconoscere gli occhi di colui che avevo amato. Era lui. Era vivo. Ed era
tornato da me.
Ero
paralizzata. Mille pensieri vorticavano frenetici nella mia mente impedendomi
una qualsiasi reazione. All’improvviso il mio cane si mise ad abbaiare nervoso
contro lo sconosciuto apparso dal nulla, riportandomi bruscamente alla realtà.
Sirius davanti a me era in condizioni pietose, sporco, stanco, affamato, e io
non potevo continuare a rimanere ferma immobile a fissarlo. C’erano tante cose
da fare, tante cose da dire. Ma le parole proprio non volevano saperne di
uscire. Parlare avrebbe significato mettere a fuoco un’idea, un pensiero, e in
quel momento non ero assolutamente in grado di farlo. Riuscii soltanto a
prendergli la mano e accompagnarlo in casa, in silenzio. Gli diedi quello di cui
aveva bisogno e un letto per riposare. Tutto senza dire una parola. L’unica
cosa che mi interessava era sentire la sua presenza accanto a me, rendermi conto
che davvero era tornato, tutto il resto non aveva importanza, nemmeno le domande
che mi avevano assillato nei mesi precedenti. Lui era vivo, era con me, solo
questo importava. Le spiegazioni potevano essere rimandate a un altro momento.
E
il momento arrivò il giorno seguente, quando si sedette accanto a me e cominciò
a raccontarmi tutto quello che quando ci frequentavamo aveva voluto tenermi
nascosto. Fu un racconto lungo, una storia inverosimile che parlava di un mondo
sconosciuto, in cui esistono la magia, i maghi e creature fantastiche. Mi parlò
di maghi malvagi, incantesimi oscuri, guerre, tradimenti. Sembrava una favola,
una di quelle favole un po’ spaventose che fanno paura ai bambini. Eppure gli
credetti, per quanto assurde mi sembrassero le sue parole non dubitai nemmeno
per un attimo che si trattasse della verità. Finalmente, anche se in modo
assolutamente inaspettato, il suo racconto dava una risposta a tutte le domande
che mi ero fatta negli ultimi mesi.
Ma
tutto ciò passò in secondo piano davanti a quello che mi disse dopo:
mi giurò che, nonostante mi avesse tenuta nascosta una parte importante
della sua vita, non aveva mai mentito riguardo ai suoi sentimenti: mi amava, mi
amava allora e mi amava adesso che era tornato. E io, che mi ero illusa di
averlo ormai dimenticato, sentii all’improvviso rinascere dentro di me tutto
l’amore che avevo sepolto nell’angolo più profondo del mio cuore.
Fu
così che Sirius, dopo più di dieci anni, tornò a far parte della mia vita.
Ovviamente
la situazione non era semplice. Sirius rimaneva un ricercato e doveva
continuamente fuggire senza mai fermarsi troppo a lungo in uno stesso posto. E
poi doveva anche trovare l’amico che lo aveva tradito, l’unico che avrebbe
potuto dimostrare la sua innocenza. Ma nonostante tutto, tra una fuga e
l’altra riusciva sempre a passare da qui, da questa mia casetta isolata dal
mondo. Si fermava solo pochi giorni, ma erano ugualmente giorni felici. Quando
eravamo insieme mi sembrava i tornare ai tempi dell’università, al periodo in
cui ero piena di speranze per il nostro futuro, e di nuovo tornavo a illudermi
che quella felicità potesse durare per sempre.
Durò
invece poco più di un anno, fino a quando la situazione nel suo mondo non
cominciò a peggiorare; mi disse che il mago cattivo e i suoi seguaci si stavano
riorganizzando, e i suoi amici volevano che lui restasse nascosto in un luogo
che loro ritenevano sicuro, così i nostri incontri diventarono sempre più
rari. E’ assurdo pensare che mentre era in fuga intorno al mondo poteva
capitarmi di svegliarmi una mattina e trovarlo in cucina che preparava il caffè,
mentre adesso che lo sapevo con certezza a Londra, a poco più di un’ora di
viaggio, non avevo praticamente nessuna possibilità di vederlo. Ogni tanto mi
arrivava una lettera, ma non riusciva a rasserenarmi, sentivo chiaramente
sprigionarsi dalle sue parole il senso di insofferenza che lo opprimeva,
l’angoscia provocata da quella situazione che lo faceva sentire come quando si
trovava in prigione. Ma anche le lettere, comunque, erano poche per paura delle
intercettazioni.
L’unico
modo per non rimanere completamente isolata e riuscire ad avere qualche minima
informazione su quanto stava accadendo, era leggere il poco che diceva il loro
giornale, la “Gazzetta del Profeta”. Su mia richiesta, Sirius riuscì a fare
in modo che un gufo me lo consegnasse ogni mattina, ma mi disse di non fidarmi
troppo di quello che scrivevano, perché le autorità nascondevano molte
informazioni per evitare che si diffondesse il panico tra la popolazione.
Questo
fino a ieri.
Ieri
il giornale titolava a caratteri cubitali sul ritorno di
Colui-che-non-deve-essere-nominato. Pubblicava le scuse del ministero per le
informazioni nascoste e gli errori di valutazione commessi finora. E soprattutto
dava notizia della tua innocenza e della tua morte.
*
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
Eccomi
di nuovo qui con un altro capitolo, immagino che ormai nessuno se lo aspettasse!
Chiedo scusa perdono pietà per l'enorme ritardo, ma dopo la forzata pausa
estiva ci ho messo un po' a rimettermi a scrivere. Comunque come potete intuire
siamo agli sgoccioli, prometto che il prossimo e ultimo capitolo arriverà fra
breve. Grazie a chi a letto e commentato finora! Ciao
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Capitolo 6 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Ed
eccomi di nuovo qua, eccomi di nuovo a piangere la tua morte. No, piangere non
è la parola esatta, visto che da quando ho letto la notizia sul giornale non ho
versato una sola lacrima. Non so perché. Forse perché ancora non mi rendo
conto di quello che è successo, e spero ancora che ci sia stato un errore. O
forse perché in fondo me lo aspettavo, in fondo sapevo che il nostro era un
sogno destinato a finire.
Guardami.
Sono di nuovo qua seduta davanti a casa, ma non per aspettarti come ho fatto
finora. Sono qua seduta senza sapere che fare, come prima del tuo ritorno. Sono
qua seduta da sola, come dopo la tua prima morte. Nessuno ha mai saputo che per
due anni ho dato rifugio a un ricercato, nessuno ha mai saputo che per due anni
l’amore è tornato nella mia vita. Visto dagli altri, tutto è esattamente come
prima, non è cambiato niente.
A
volte accadono cose, belle o brutte, che ci sconvolgono la vita e ci fanno
credere che da quel momento in poi tutto sarà diverso; invece, col passare del
tempo tutto torna alla normalità, gli eventi piacevoli o tristi si confondono
nella nebbia dei ricordi, e noi andiamo avanti con le nostre vite come se non
fosse successo niente. E’ come quando si getta un sasso in un lago: la
superficie si increspa, si agita, ma basta aspettare un po’ per vedere
l’acqua tornare alla calma.
E’
così che io mi sento. Il tuo ritorno mi ha sconvolto, ha messo in dubbio tutte
le mie certezze, ma adesso che sei morto mi sono ritrovata al punto di partenza,
come se questi due anni non ci fossero mai stati. Il tempo trascorso con te mi
sembra già lontano, irreale, è come se mi fossi svegliata da un sogno e fossi
tornata alla normalità. E guadandomi intorno mi accorgo che tutto è come
prima, non è cambiato niente.
Eppure
so che ormai sei parte di me, che qualunque cosa accada tu resterai sempre nel
mio cuore. So che ovunque tu sia mi guarderai, mi proteggerai e mi amerai come
avresti fatto se avessi potuto rimanere al mio fianco. Questa certezza mi
accompagnerà per sempre dando un senso nuovo alla mia vita, anche se
probabilmente nessuno noterà mai niente di diverso.
Anche
dopo che l’acqua si è calmata, in fondo al lago resta un sasso che prima non
c’era: sembra tutto come prima, ma in realtà qualcosa è cambiato.
*
* * * * * * * * * * * * * *
Ed
eccoci alla fine di questa storia, spero che vi sia piaciuta. Mi sembra corretto
precisare che la similitudine del sasso nel lago non è mia, ma non ricordo da
dove viene; l’ho sentita anni fa in un film o un telefilm, non saprei dire,
però mi è rimasta impressa e ho pensato di riutilizzarla.
Vorrei
ringraziare le tante persone che mi hanno seguito fino alla fine, spero di non
avervi deluso. E in particolare vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno
lasciato qualche commento, e cioè DarthSteo, mymmina, micia,
Tinkerbell91, Mixky, Feffy, Manny, G*B, Calime,
Narsil e sweetsirius (come si dice, pochi ma buoni!).
Ed
ora è giunto il momento di salutarvi, sperando che ci sia una prossima volta
(le idee ci sono, è che ci metto un po’ a concretizzarle). Ciao a tutti! Koe
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