Come un sasso in fondo al lago

di Koe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. La Notizia ***
Capitolo 3: *** 2. Ricordi del passato ***
Capitolo 4: *** 3. Ricerche in biblioteca ***
Capitolo 5: *** 4. Un cane nero ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

 

La notte è chiara e limpida, volendo potrei contare migliaia di stelle. Ormai siamo a giugno inoltrato ed è piacevole restare fuori a godersi l’aria fresca della notte. Poco distante da me, il cane dorme placido nella sua cuccia, posso sentire il suo respiro regolare. Dal bosco giungono i richiami degli animali notturni e il rumore delle fronde mosse da lievi aliti di vento. E’ una notte di inizio estate come tante altre, in apparenza. In realtà, però, da questa mattina tutto è cambiato. Sono sola, seduta sui gradini d’ingresso ad aspettare, come faccio ormai da più di due anni. Ma questa sera, per la prima volta, ho la certezza che non arriverai.

Sei morto.

Non ci sono dubbi, era scritto sul giornale, in un articolo ben documentato. Sì, è vero, mi era già capitato di leggere la notizia della tua morte, ma questa volta so che è la verità, me lo sento. Sento che non rivedrò più il tuo sorriso, non sentirò più la tua voce.

Lo sento, ma non riesco a comprendere fino in fondo cosa questo significhi. E così resto qui, a guardare verso il bosco sperando che un rumore o un’ombra mi rivelino la tua presenza. Pura illusione, lo so. Ma non posso fare a meno di pensare che se la magia può rendere possibili cose che una “babbana” come me non riesce neanche a immaginare, forse può anche riuscire a farti tornare. So di illudermi, so che la Morte è un avversario troppo forte per qualunque arma, e che nessuna magia sarà mai in grado di sconfiggerla. Lo so.

Eppure resto ferma qui, fissando il vuoto davanti a me, mentre immagini di un tempo che sembra ormai troppo lontano si affollano, insistenti, nella mia mente.

* * * * * * * * * * * *

Va bene, lo so, il prologo è breve e non dice molto, ma provate a continuare a leggere... e spero che andando avanti la storia possa piacervi!

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Capitolo 2
*** 1. La Notizia ***


La Notizia

La Notizia

 

Caldo. Faceva veramente caldo.

Se ripenso a quel giorno d’estate la prima cosa che mi viene in mente è il caldo afoso, piuttosto insolito per questa zona dell’Inghilterra. Mi ero alzata tardi, non avevo niente da fare fino al tardo pomeriggio e sarebbe stato inutile svegliarsi più presto. Solo verso sera mi sarebbe toccata la lezione con il piccolo Parker. A pensarci adesso, ero stata un po’ masochista: non contenta di dover insegnare per tutto l’anno a un branco di ragazzini esagitati, mi ero anche presa l’impegno di aiutare quel bambino coi compiti. Ma avrei comunque trascorso le vacanze a casa, quindi tanto valeva sfruttarle per guadagnare qualcosina in più.

Mi sedetti ancora assonnata al tavolo della cucina, cercando ristoro in un succo di frutta fresco appena uscito dal frigo, e tornai a meditare sul grande dilemma esistenziale che mi affliggeva ormai da giorni e giorni: comprare o non comprare un nuovo ventilatore? Queste sono le grandi domande della vita… Mi alzai per prendere un po’ di ghiaccio da aggiungere al bicchiere e tornai a sedermi, contemplando in cerca di risposte il mio vecchio ventilatore, compagno di tante estati, che proprio in quell’anno torrido aveva deciso di passare a miglior vita, e a nulla erano valsi i miei innumerevoli tentativi di rianimazione. Comprarne o non comprarne uno nuovo? Certo che faceva veramente caldo… ma era davvero il caso di spingersi fino in città sotto il sole cocente solo per quel motivo? E poi il caldo non poteva durare in eterno, prima o poi si sarebbe messo a piovere, eravamo pur sempre in Inghilterra!

L’uggiolare del cane in giardino mi riportò improvvisamente alla realtà. Povera bestia! Non solo mi ero svegliata tardi, ma mi ero pure dimenticata di dargli da mangiare! Tutta colpa della temperatura troppo elevata, quel caldo mi spossava e mi intontiva. Uscii solo il tempo necessario a svolgere il mio dovere di brava padrona, e tornai subito a cercare rifugio nell’ombra domestica. Ormai era passata anche l’ora di pranzo, ma non avevo assolutamente voglia di mangiare e soprattutto di cucinare, forse mi sarei preparata qualcosa di veloce prima di uscire. Mi accasciai sul divano e accesi il televisore, sperando di vedere qualcosa di allegro che mi tirasse su il morale, ma mi resi subito conto che era un impresa persa in partenza. Mi sono sempre chiesta perché in estate trasmettano solo repliche di programmi stupidi e vecchi film. Capisco che anche quelli che lavorano in televisione abbiano diritto alle loro vacanze, ma non pensano alla povera gente che non può permettersi grandi viaggi e che passa le sue vuote e torride giornate senza avere neanche la consolazione di un programma decente? E invece niente, dopo mezzora di zapping non ero riuscita a trovare assolutamente niente di interessante. Vecchio telefilm, vecchio film, vecchio comico… ah, un telegiornale! Almeno così riuscirò a vedere qualcosa di inedito!, pensai. E magari le previsione del tempo mi avrebbero riservato qualche lieta sorpresa…

DRIIIN. Il telefono. Figurarsi se non si sarebbe messo a suonare nell’unico momento della giornata in cui avevo altro da fare. La signora Parker. Suo figlio è andato una settimana al mare dai nonni per cui non devo fargli lezione. Avvertire prima no? Va bene che non avevo niente da fare, ma educazione vorrebbe che non si chiamasse all’ultimo minuto. Oltretutto la signora Parker è sempre stata una pettegola tremenda, e giustamente quella le parve un’occasione perfetta per aggiornarmi sugli ultimi avvenimenti del paese, di cui sinceramente non me ne poteva importare di meno. Sì, signora Parker. Ha ragione, signora Parker. Rispondevo senza neanche stare a sentire quello che diceva, mentre davanti agli occhi mi passavano le immagini senza audio del televisore rimasto acceso. Stavo quasi per riaddormentarmi lì, con la cornetta in mano.

Ma all’improvviso una di quelle immagini attirò la mia attenzione. Un volto. Un ricordo lontano. Non era possibile, eppure… c’era qualcosa di noto in quell’uomo vestito di stracci e dallo sguardo folle…

Il continuo borbottio della signora Parker giungeva confuso al mio orecchio, ma ormai non fingevo neanche più di ascoltarla, tutta la mia attenzione era rivolta esclusivamente allo schermo muto. Dovevo assolutamente capire cosa stava succedendo, chi era l’uomo di cui stavano parlando al telegiornale. Interruppi la conversazione con un brusco saluto (o forse le chiusi semplicemente il telefono in faccia? adesso non ricordo…) e mi fiondai sul telecomando per alzare il volume, appena in tempo per sentire le ultime parole del giornalista: “…armato ed estremamente pericoloso. E’ stata attivata una linea telefonica speciale, e chiunque lo avvisti è pregato di comunicarlo immediatamente alle autorità. Ripetiamo, il nome dell’evaso è Sirius Black.

Era lui.

“Non è possibile. Lui è morto.”

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

Ringrazio tutti quelli che hanno letto e in particolare DarthSteo, unico ad aver avuto il coraggio di recensire. Va bene, il prologo era solo introduttivo, ma almeno per questo capitolo lasciate qualche commentino in più!

Intanto vi prometto che i prossimi capitoli saranno più lunghi. A presto!

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Capitolo 3
*** 2. Ricordi del passato ***


Ricordi del passato

Ricordi del passato

 

Ricordo ancora perfettamente il giorno in cui lo incontrai la prima volta.

Non avevo ancora vent’anni e frequentavo il primo anno all’università. I miei genitori mi pagavano un piccolo appartamento a Londra che dividevo con alcune compagne di corso, ma per sentirmi un po’ più indipendente mi ero trovata un lavoretto part-time che mi permettesse di pagare almeno le spese personali. E così tutti i pomeriggi facevo la cameriera in un locale vicino ad Oxford Street.

Lo inquadrai perfettamente non appena mise piede nel bar: era il tipico ragazzo di bell’aspetto consapevole di suscitare l’interesse del gentil sesso con il suo fascino da bel tenebroso, e perciò convinto di potersi permettere qualunque cosa. Lo accompagnava un altro ragazzo, anch’egli molto bello, il quale però dava un’idea di maggior serietà, forse per via degli occhialetti tondi che indossava e che gli davano un’aria da intellettuale. E poi, come notai subito (essendo a quel tempo una giovinetta a caccia dell’anima gemella), portava un anello che pareva una fede, per cui si era probabilmente impegnato con una sola ragazza. Va bene, lo so che un anello non è una garanzia di fedeltà, ma a quel tempo, nella mia mente di fanciulla ingenua e sognatrice, il fatto che lo indossasse mi aveva dato di lui l’idea di una persona seria. Idea che il suo amico non dava affatto. Sarà stato anche perché la prima volta che mi rivolse la parola lo fece con un “Ehi, bellezza!”.

Mi avevano sempre dato fastidio i clienti che mi chiamavano con particolari appellativi solo perché ero una studentessa giovane e carina, tuttavia cercai di nascondere la mia irritazione e di mantenere un atteggiamento professionale quando mi avvicinai sorridendo al loro tavolo per prendere le ordinazioni. Sentii che il ragazzo con gli occhiali lo stava rimproverando, infatti poi mi chiese di scusare quel cafone del suo amico e mi si rivolse con molta gentilezza. Nel frattempo l’altro, per niente pentito, mi guardava con un sorrisino strafottente, certo che sarei presto caduta ai suoi piedi. Ma io non avevo nessun intenzione di dargli quella soddisfazione. Infatti, quando mi allontanai dal loro tavolo e mi sentii richiamare ancora con un “bellezza”, gli rivolsi uno sguardo gelido e lo pregai gentilmente di evitare di usare quell’appellativo.

“Allora dimmi il tuo nome,” mi disse con voce suadente.

“Non serve, se ha bisogno di qualcosa basta che attiri la mia attenzione con un banalissimo ‘mi scusi’,” risposi lasciandolo interdetto.

Il resto del pomeriggio fu quanto di più stressante io riesca a ricordare. Non so per quale motivo, forse perché avevo avuto l’arditezza di non cedere al suo fascino, aveva deciso di impiegare tutte le sue energie nell’infastidirmi, o nel corteggiarmi, dipende dai punti di vista. Ogni volta che mi avvicinavo al loro tavolo se ne usciva con complimenti e frasi a effetto da corteggiatore esperto, che io mi sentivo in dovere di smontare, giusto per evitare di dargli qualsiasi soddisfazione. In tutto questo, il suo amico si godeva beatamente la scena ridendosela sotto i baffi, motivo per cui anche tutti i pensieri positivi che avevo fatto su di lui appena l’avevo visto scomparvero nel giro di mezz’ora. Dopo tutto avrei dovuto aspettarmelo, visto che era amico di quel rompiscatole. Quando finalmente decisero di andarsene, fu per me un’immensa liberazione.

Pensavo che la storia fosse finita lì, ma dovetti ricredermi quando quella sera, mentre mi dirigevo tranquillamente verso la fermata della metropolitana, sentii alle mie spalle una voce ormai nota che mi chiamava “Ehi, bellezza!”. Feci un sospiro alzando gli occhi al cielo e mi voltai rassegnata. Lui era lì appoggiato al muro che mi guardava con un sorriso vittorioso. Era davvero irritante, però non riuscivo assolutamente ad essere arrabbiata con lui. Il suo fascino diabolico stava ormai facendo effetto, accidenti!

“Ciao,” mi salutò.

“Ciao,” risposi, cercando di mostrare un po’ di disappunto.

“Ti posso accompagnare per un pezzo di strada?”

“Servirebbe a qualcosa se ti dicessi di no?”

Mi rispose col suo solito sorrisino, e non potei fare a meno di lasciarlo venire con me. Camminò in silenzio per un breve tratto, forse stava meditando la nuova tattica da adottare, ma presto ricominciò a parlare.

“Adesso me lo dici il tuo nome?,” provò a chiedere.

“E va bene. Elizabeth,” risposi rassegnata.

“Bel nome. Regale. Posso chiamarti Lizzy?”

“Ma tu non puoi proprio chiamare le persone con il loro nome? Hai appena detto che il mio è bello!,” esclamai esasperata.

“Bello ma banale. Invece un soprannome è più originale perché rappresenta la vera essenza di una persona, tutti dovrebbero averne uno,” spiegò con serietà.

E tu ce l’hai?”

“Certo. I miei amici mi chiamano Felpato.”

“E perché, scusa?” chiesi perplessa.

“E’ una storia lunga…” rispose facendo un vago cenno con la mano. “Comunque il mio nome è Sirius.”

“Sirius? Anche questo non è proprio normalissimo…”

“E’ il nome di una stella” rispose sfoderando un sorrisetto che sembrava voler dire ‘Non è forse adatto a un bel ragazzo come me?’. Gli rivolsi un’occhiata scettica, e lui, scrollando le spalle, precisò “E’ solo che nella mia famiglia hanno la fissa dei nomi delle stelle. E’ una famiglia strana,” aggiunse. Ebbi l’impressione che preferisse evitare l’argomento, per cui non feci altre domande.

Dopo aver rotto il ghiaccio fu semplice proseguire la conversazione, così continuammo a chiacchierare animatamente per tutto il tragitto. In fondo era simpatico. Era egocentrico, montato, strafottente, irritante. Ma simpatico. E anche galante: quando arrivammo alla stazione, mi salutò regalandomi una rosa fatta apparire dal nulla. Gli domandai stupita come avesse fatto, ma lui sorrise e rispose semplicemente “Sono un mago”, poi fece un inchino e si allontanò infilandosi in una viuzza. Dopo un attimo di esitazione provai a seguirlo, dopotutto era stato gentile e io non lo avevo neanche salutato decentemente, ma quando arrivai all’inizio della via in cui aveva svoltato la trovai vuota, sembrava che fosse scomparso nel nulla.

Sarà stato per quella sua sparizione misteriosa, o perché tutta la situazione era piuttosto assurda, che per un po’ ebbi la sensazione di essermelo solo immaginato. Illusione che, purtroppo, scomparve il pomeriggio successivo, quando la porta del bar si aprì e una voce mi salutò dicendo “Ehi, bellezza!”. Quando mi voltai a guardarlo capii che ero ormai caduta nella sua rete.

Da quel giorno cominciammo a vederci regolarmente, anche se non ci davamo mai un vero e proprio appuntamento. Ogni tanto veniva al locale, ma più spesso mi aspettava dopo il lavoro e mi accompagnava fino alla stazione della metropolitana, salutandomi sempre con una rosa fatta apparire dal nulla. Non sono mai riuscita a capire come facesse.

Col passare del tempo le passeggiate diventarono sempre più lunghe, poi mi decisi ad accettare i suoi inviti a cena, e alla fine mi ritrovai a trascorrere quasi sempre la notte da lui. Un giorno, quando ormai stavamo insieme da qualche mese, mi invitò a pranzo a casa del suo amico James, quello che era con lui la prima volta che c’eravamo incontrati. Come avevo intuito da subito, era felicemente sposato con una ragazza molto simpatica, e aveva anche un figlio di pochi mesi. Per quanto poco conoscessi la vita di Sirius, mi resi subito conto che erano loro la sua famiglia, e non quella di cui era tanto restio a parlare, quindi l’avermeli fatti conoscere era stato il suo modo per rendere ufficiale il nostro rapporto, per dirmi che io ero l’unica con cui volesse stare.

I mesi successivi sono stati i più felici che io abbia mai avuto. Ero giovane e spensierata, e non desideravo altro che trascorrere la mia vita con la persona che più amavo al mondo. Con la mente piena di sogni, non mi fermai neanche per un attimo a riflettere su quanto poco lo conoscessi in realtà. Non sapevo niente del suo passato, della sua famiglia, dei suoi studi o del suo lavoro. Lui esisteva solo quando era con me, il resto della sua vita era avvolto nel mistero. Avevo capito che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di strano. Mi rendevo perfettamente conto che sia lui che James erano preoccupati da qualcosa di molto grave, ma nessuno dei due sembrava volerne parlarne, e io non volevo distruggere tutte le mie illusioni facendo troppe domande. “Un giorno ti spiegherò tutto,” mi disse Sirius una volta, e io gli credetti, perché non avevo motivo per dubitare, perché mi fidavo di lui. Ma poi ci fu l’incidente.

 

E’ strano come a volte basti un attimo per cambiare completamente un’intera esistenza. Tutti i miei sogni, tutti i miei progetti, sono andati in fumo in un solo istante, saltati in aria insieme a una stupida conduttura del gas difettosa. Tutto distrutto, no peggio, tutto scomparso come se non fosse mai esistito. Non sapevo niente di lui e non avevo idea di come poter avere sue notizie o contattare chi lo conoscesse. Ma la cosa veramente assurda è che non sono più riuscita a trovare neanche la sua casa. So che è impossibile da credere, ma nonostante ci fossi stata così tante volte, non riuscivo assolutamente a ricordare dove si trovasse. E neppure riuscivo a ricordare come arrivare a quella di James. Tutto quello che li riguardava sembrava lontano, confuso, come avvolto nella nebbia. Sembrava che tutto il tempo trascorso con lui fosse stato solo un sogno, non era rimasto niente a dimostrare che fosse esistito realmente, niente eccetto una rosa secca posata sul comodino, che mi aveva regalato facendola apparire come per magia, e il suo nome sul giornale tra quelli delle altre vittime dell’incidente.

* * * * * * * * * * * * * * * *  * * * * *

Mi scuso per il tremendo ritardo, ma il mio computer è morto per ben un mese lasciandomi isolata dal mondo. I prossimi capitoli sono però già quasi pronti, quindi prometto che aggiornerò presto. Ma voi recensite!

Approfitto dello spazio per ringraziare mimmyna e micia, spero che continuiate a leggere nonostante la lunga attesa.

A presto!

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Capitolo 4
*** 3. Ricerche in biblioteca ***


Ricerche in biblioteca

Ricerche in biblioteca

 

Evaso. Sirius Black era evaso.

Era assurdo. Era una cosa completamente assurda. Sirius Black era morto. Defunto. C’era stato un incidente, quella maledettissima esplosione, e lui era morto.

Perché adesso, dopo quattordici anni, dicevano che era evaso? Evaso da dove? Da una tomba? Da dove altro poteva evadere un morto? No, era assurdo, completamente assurdo.

Trascorsi l’intera giornata accasciata sul divano in stato catatonico facendomi domande di questo genere, ma non riuscivo a trovare una sola risposta ragionevole. Sirius era morto da più di dieci anni ed era assurdo che potesse riapparire in quel modo. Alla fine giunsi all’unica conclusione logica: probabilmente mi ero confusa, avevo capito male il nome, e quello della foto segnaletica era solo di uno che gli somigliava. Dopo tutto a volte il caldo gioca brutti scherzi.

Dopo essermi autoconvinta della ragionevolezza della mia deduzione, mi sentii molto più sollevata e attesi col calma di averne conferma con il telegiornale della sera. E invece no, nessun errore. Di nuovo mi ritrovai a fissare quella che era indubbiamente la sua foto, mentre un giornalista allarmato ripeteva la notizia dell’evasione del pericoloso pluriomicida Sirius Black.

Pericoloso pluriomicida.

Quello non era lui, non poteva assolutamente essere lui. Lui era un casinista egocentrico, un esaltato, a volte anche un po’ folle, ma in fondo era un ragazzo dolce e gentile, non avrebbe mai potuto fare del male a nessuno, figuriamoci uccidere una persona! Tante persone! Pluriomicida.

No, non poteva essere lui. Lui non era in prigione, lui era morto. Morto. Come era possibile che adesso venisse identificato come un pericoloso evaso? Come? Cosa diavolo era successo realmente quel giorno? E perché nessuno mi ha mai detto niente?

In effetti, riflettendoci a posteriori, c’erano alcuni punti poco chiari riguardo quell’incidente. Tutti i giornali avevano riportato la notizia, per cui non c’era dubbio che si fosse verificato, ma alcune cose accadute prima e dopo quell'avvenimento, che a quel tempo mi erano parse del tutto irrilevanti, adesso mi stavano facendo sorgere nuovi sospetti. Cos’era che preoccupava Sirius e perché voleva tenermelo nascosto? Cosa nascondeva il suo passato? E perché non sono più riuscita ad avere sue notizie? Ma soprattutto, tutto questo aveva un qualche legame con l’incidente e con la storia della sua evasione?

Domande, domande. Nella mia testa continuavo a formulare sempre nuove domande senza riuscire a trovare alcuna risposta. Ma io ne avevo bisogno, avevo assolutamente bisogno di una certezza, o sarei impazzita.

All’improvviso mi venne un’idea: i giornali. A quel tempo, sconvolta dalla notizia della sua morte, mi ero chiusa nel mio dolore e non avevo approfondito le ricerche, accontentandomi del poco che sapevo. Poteva perciò essermi sfuggita qualche informazione importante. Se non si era trattato di un incidente ma di un omicidio, un attentato forse, i giornali lo avevano senz’altro scritto, non potevano aver fatto passare tutto sotto silenzio. Dovevo controllare. Sì, avrei controllato tutti i giornali di quel periodo, ogni singolo articolo di ogni giornale del paese. Avendo così deciso il giorno seguente, di buon mattino, presi la macchina e mi recai a Londra, dove ero sicura di trovare una biblioteca ben fornita in cui svolgere le ricerche.

Le mie aspettative furono però ben presto deluse, perché per l'intera mattinata il mio lavoro non portò ad alcun risultato utile. Tutti i giornali parlavano semplicemente di un incidente, un tragico incidente costato la vita a una decina di persone, causato dallo scoppio di un condotto di gas che passava sotto il livello della strada. Nient’altro. Non si parlava di omicidi, attentati, bombe… Solo di un semplice incidente.

Verso mezzogiorno, però, mi imbattei finalmente in una frase particolarmente interessante: “…è già il secondo incidente di questo tipo in soli due giorni. Il comune dovrebbe provvedere…”. Il secondo incidente. Che le due cose fossero collegate? Era possibile… Mi affrettai a cercare un riscontro sul giornale del giorno precedente e trovai una notizia che mi lasciò a dir poco sconvolta. “Una casa è esplosa nella zona residenziale di Godric’s Hollow. Sembra che all’origine dell’incidente ci sia stata una fuga di gas. Nell’esplosione hanno perso la vita James e Lily Potter, una giovane coppia che viveva lì da alcuni mesi. Non ci sono notizie sulla sorte del figlio, un bambino di solo un anno, il cui corpo sembra non  sia stato rinvenuto tra le macerie. I Potter erano una famiglia molto riservata, che non si faceva notare; molti dei vicini hanno dichiarato di non averli mai visti e persino di credere che la loro casa fosse disabitata”.

James era morto, non riuscivo a crederci. Ed era morto solo il giorno prima della morte, o della presunta morte, del suo migliore amico. In un incidente dello stesso tipo. Non poteva essere un caso. Doveva esserci per forza un collegamento.

E invece niente. I giornali parlavano solo di un incidente. Nessun complotto, nessun azione premeditata. Niente che potesse giustificare l’arresto di Sirius. E infatti non si parlava di arresto, il suo nome era nell’elenco delle vittime dell’esplosione e basta. L’unica spiegazione possibile era che qualcuno avesse voluto insabbiare l’intera faccenda. Ma chi? E perché? Più andavo avanti a cercare e più mi rendevo conto del vuoto che circondava quella notizia. Sembrava che i risvolti oscuri di un incidente in cui avevano perso la vita più di dieci persone non interessassero a nessuno, almeno non quanto gli strani fenomeni meteorologici che si stavano verificando in tutto arcipelago britannico, o le pagliacciate di alcuni individui che vagavano per l’Inghilterra abbigliati in modo assurdo.

La situazione era esasperante. Avevo sprecato l'intera giornata in biblioteca solo per arrivare alla conclusione che effettivamente in tutta quella vicenda c’era qualcosa di sospetto, ma senza riuscire a trovare un solo indizio per scoprire di cosa si trattasse. Affranta e con la testa che mi scoppiava, avevo finito di controllare i quotidiani ed ero passata a sfogliare con rassegnazione i settimanali e persino le riviste scandalistiche, senza però arrivare ad alcun risultato. Ma quando ero ormai sul punto di arrendermi, un titolo apparve come un miraggio nel deserto, e attirò immediatamente la mia attenzione. Perso tra gli articoli assurdi di una rivista di infima categoria, trovai finalmente un resoconto che, per quanto sembrasse all’apparenza inverosimile, dava finalmente voce proprio a quelle stesse domande che mi stavano tormentando ormai da due giorni.

Cosa si nasconde dietro all’esplosione?

Come ormai tutti sapranno, settimana scorsa una strada di Londra è letteralmente saltata in aria causando la morte di una decina di persone. Le autorità hanno dichiarato che a provocare la tragedia è stata una fuga di gas dai condotti sottostanti al manto stradale, ma personalmente ritengo ci siano validi motivi per sospettare che stiano in realtà cercando di nascondere qualcosa.

Per un caso fortuito, infatti, mi trovavo a passare vicino al luogo dell’incidente e, accorso sul posto attirato dal boato dell’esplosione, ho potuto raccogliere le prime impressioni dei sopravvissuti. Un testimone, un signore di mezza età salvato dalla provvidenziale presenza di un cassonetto della spazzatura che gli ha fatto da scudo, ha raccontato di aver visto due giovani litigare animatamente nel mezzo della strada, attirando l’attenzione di alcuni passanti che si sono fermati a osservare e sono rimasti così coinvolti nella deflagrazione. Uno dei due contendenti era un bel ragazzo coi capelli lunghi, dall’aspetto piuttosto sconvolto e trasandato, e insultava l’altro minacciandolo con uno strano bastoncino. Il secondo era più basso, grassoccio, e sembrava intimorito dal primo; tuttavia all’improvviso si era riscosso e si era messo a gridare a gran voce “Li hai uccisi tu! Come hai potuto?”, e proprio in quell’attimo si è scatenata l’esplosione. I momenti successivi sono stati piuttosto confusi, ma il testimone si è detto certo di aver visto il primo giovane ergersi tra i fumi e le macerie, ridendo istericamente in mezzo ai cadaveri. Quasi immediatamente sono sopraggiunte strane figure incappucciate che lo hanno circondato per poi sparire nel nulla insieme a lui.

Non ho potuto continuare l’intervista e mi sono dovuto allontanare quando mi sono accorto di alcune persone, probabilmente poliziotti in borghese, che stavano avvicinavano ciascuno dei presenti. (I lettori ricorderanno che le autorità non hanno reagito bene al mio articolo del mese scorso che dimostrava la presenza di extraterrestri all’interno del ministero e persino nella famiglia reale. N.d.r.). Tuttavia mi sono subito reso conto che qualcosa non andava quando sui giornali del giorno successivo la faccenda è stata liquidata come un semplice incidente, senza fare alcun riferimento a risse o a uomini incappucciati. Ma la cosa ancora più strana è che persino il mio testimone, che  avevo rintracciato con l’intenzione di scrivere un resoconto approfondito dell’intera vicenda, abbia dichiarato di non ricordare assolutamente nulla  oltre all’esplosione.

A questo punto è lecito domandarsi: cosa c’è sotto? Cosa vogliono nasconderci? Forse si è trattato di un attentato messo in atto da un’organizzazione terrorista internazionale di cui le autorità vogliono tenerci all’oscuro? E come è stato comprato il silenzio dei testimoni? Soldi, o addirittura un lavaggio del cervello? O forse gli uomini che ho visto aggirarsi tra la folla non erano poliziotti, ma agenti governativi che con minacce hanno intimato a tutti il silenzio?

A causa della reticenza delle autorità a fornire spiegazioni non siamo riusciti a dare risposta a tutte queste domande, ma è certo che qualcosa di molto misterioso si nasconda dietro a quello che è stato fatto passare come un semplice incidente”.

 

Lessi l’articolo con stupore crescente. Certo il resoconto poteva sembrare assurdo, e vista la cattiva fama della rivista non c’era da stupirsi che non avesse goduto di alcuna considerazione, eppure era il solo che dava una vaga spiegazione di quello che stava accadendo adesso. Il giovane descritto poteva essere Sirius, e l’articolo diceva che alla fine era ancora vivo ed era stato portato via da qualcuno, forse arrestato? Ma perché? L'altro ragazzo lo aveva accusato di aver ucciso qualcuno... Ma in ogni caso perché tutta la vicenda era stata fatta passare sotto silenzio? E chi erano quelle strane persone che si aggiravano tra la folla?

Di sicuro il giornalista aveva ragione a dichiarare che c’era stata la deliberata intenzione di nascondere delle informazioni, ma se per lui era stato impossibile scoprire qualcosa al tempo dei fatti, era inutile anche solo sperare che io potessi riuscirci dopo quasi quindici anni. E così, con l’unica consolazione di sapere di non essere stata la sola ad aver avuto qualche sospetto, alla fine fui costretta ad arrendermi e a tornare a casa con gli stessi dubbi con cui ero partita.

 

* * * * * * * * *

 Ed ecco un altro capitolo. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e soprattutto chi ha lasciato una recensione. Sono particolarmente autocritica e sapere che c'è qualcuno che apprezza quello che scrivo mi fa molto piacere. Spero che continuiate a seguirmi fino alla fine. Alla prossima!

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Capitolo 5
*** 4. Un cane nero ***


Nuova pagina 1

Un cane nero

 

 

Passarono i giorni, le settimane, i mesi, e finalmente arrivò l’autunno. Ormai le foglie cominciavano a cadere dagli alberi e l’aria fredda della notte si insinuava fin dentro alle ossa, ma ciò nonostante continuavo a trascorrere le mie serate seduta sui gradini davanti a casa, lasciandomi cullare dal tranquillo frusciare del vento tra le foglie del bosco. In passato, ogni volta che mi era capitato di dover affrontare qualche difficoltà, mi fermavo a osservare il cielo stellato e nella contemplazione della sua immensità riuscivo ritrovare la serenità perduta. In quel periodo però neanche così riusciva a ottenere un po’ di pace. Le mie serate scorrevano sempre uguali, ora dopo ora, notte dopo notte, ma l’angoscia che avevo nel cuore non mi abbandonava. Mille dubbi si affollavano nella mia mente, mille domande a cui non riuscivo a dare risposta continuavano insistenti a tormentarmi, impedendomi di andare avanti con la mia vita, costringendomi a rivivere all’infinito eventi appartenenti ormai a un lontano passato, alla ricerca di una spiegazione che sapevo non sarei mai riuscita a trovare.

A volte mi illudevo di poter dimenticare, di fingere che non fosse accaduto niente, ma era un inganno di breve durata: mi bastava guardare un telegiornale perché immancabilmente l’annuncio di un nuovo avvistamento del pericoloso evaso mi riportasse bruscamente alla realtà. E così ritornavo ai miei dubbi, alle mie domande, e alle mie serate a guadare il cielo.

Fu in una di quelle serate, apparentemente uguale a tutte le altre, che accadde qualcosa di strano. All’inizio non ci feci caso, persa com’era nei miei pensieri, ma poi mi accorsi che il mio cane si era alzato rizzando le orecchie e stava osservando attentamente alcuni movimenti nel sottobosco. Guardai anch’io in quella direzione, ma l’oscurità della notte rendeva molto difficile distinguere qualcosa tra le ombre confuse  degli alberi. Non si sentiva un solo rumore a parte il frusciare dei rami al vento.

Rimasi in attesa per qualche minuto che mi sembrò eterno. Razionalmente cominciavo a pensare che si trattasse semplicemente di qualche animaletto selvatico, eppure dentro di me sentivo che stava per accadere qualcosa di incredibile. E infatti, all’improvviso vidi delinearsi sul limitare del bosco, come emersa dal nulla, l’ombra di un enorme cane nero, mentre lontani ricordi ritornavano vividi nella mia mente.

 

“Ancora!” esclamai sorridendo. “Ma mi spieghi come fai tutte le volte a far apparire queste rose dal nulla?”

“Te l’ho detto. Sono un mago!”

“Sì, ci credo!” risposi scettica. “Quindi immagino che tu sia anche in grado di fare incantesimi, volare, diventare invisibile…”

“No, queste cose non possono farle neanche i maghi, a meno che non utilizzino qualche oggetto magico, tipo una bacchetta, o una scopa volante. Ma proprio perché sei tu, ti svelerò un segreto” e si avvicinò sussurrando con aria cospiratoria. “Io riesco fare una cosa che non tutti i maghi sono in grado fare: mi so trasformare in un animale”

“Ma davvero? Allora fammelo vedere”

“Adesso non posso, non è una cosa che si possa mostrare così al primo che passa! Ma se farai la brava forse un giorno ti darò una dimostrazione.”

“Ah, così adesso sarei la prima che passa? E io che pensavo di essere la tua ragazza!” lo rimproverai scherzosamente. “ Ma va bè, dimmi piuttosto, così per curiosità, in che animale sapresti trasformarti?”

“In un grosso cane nero.”

 

Un grosso cane nero…

“E’ assurdo. Devo essere impazzita per aver solo pensato una cosa del genere.” Questo era ciò che diceva il mio lato razionale. Eppure una parte di me ci credeva, voleva crederci a tutti i costi, per quanto potesse sembrare illogico. Mi alzai quasi senza rendermene conto e rimasi ferma a fissare quell’animale, in attesa che accadesse qualcosa che non osavo neanche immaginare. Il cane ricambiò il mio sguardo, e senza staccare i suoi occhi dai miei si avvicinò lentamente fino ad arrivarmi davanti. Un turbamento profondo, un sentimento che non riuscirei a definire, mi invase l’animo e mi spinse a parlare, a pronunciare di nuovo, dopo anni, il suo nome. “Sirius.” Fu solo un sussurro, ma nel silenzio della notte ebbe l’effetto dirompente di un’esplosione.

E poi accadde. Davanti ai miei occhi quel grosso cane si trasformò magicamente in un uomo: un uomo dal volto scavato, stanco, sconvolto, ma in cui riuscivo ancora a riconoscere gli occhi di colui che avevo amato. Era lui. Era vivo. Ed era tornato da me.

 

Ero paralizzata. Mille pensieri vorticavano frenetici nella mia mente impedendomi una qualsiasi reazione. All’improvviso il mio cane si mise ad abbaiare nervoso contro lo sconosciuto apparso dal nulla, riportandomi bruscamente alla realtà. Sirius davanti a me era in condizioni pietose, sporco, stanco, affamato, e io non potevo continuare a rimanere ferma immobile a fissarlo. C’erano tante cose da fare, tante cose da dire. Ma le parole proprio non volevano saperne di uscire. Parlare avrebbe significato mettere a fuoco un’idea, un pensiero, e in quel momento non ero assolutamente in grado di farlo. Riuscii soltanto a prendergli la mano e accompagnarlo in casa, in silenzio. Gli diedi quello di cui aveva bisogno e un letto per riposare. Tutto senza dire una parola. L’unica cosa che mi interessava era sentire la sua presenza accanto a me, rendermi conto che davvero era tornato, tutto il resto non aveva importanza, nemmeno le domande che mi avevano assillato nei mesi precedenti. Lui era vivo, era con me, solo questo importava. Le spiegazioni potevano essere rimandate a un altro momento.

E il momento arrivò il giorno seguente, quando si sedette accanto a me e cominciò a raccontarmi tutto quello che quando ci frequentavamo aveva voluto tenermi nascosto. Fu un racconto lungo, una storia inverosimile che parlava di un mondo sconosciuto, in cui esistono la magia, i maghi e creature fantastiche. Mi parlò di maghi malvagi, incantesimi oscuri, guerre, tradimenti. Sembrava una favola, una di quelle favole un po’ spaventose che fanno paura ai bambini. Eppure gli credetti, per quanto assurde mi sembrassero le sue parole non dubitai nemmeno per un attimo che si trattasse della verità. Finalmente, anche se in modo assolutamente inaspettato, il suo racconto dava una risposta a tutte le domande che mi ero fatta negli ultimi mesi.

Ma tutto ciò passò in secondo piano davanti a quello che mi disse dopo:  mi giurò che, nonostante mi avesse tenuta nascosta una parte importante della sua vita, non aveva mai mentito riguardo ai suoi sentimenti: mi amava, mi amava allora e mi amava adesso che era tornato. E io, che mi ero illusa di averlo ormai dimenticato, sentii all’improvviso rinascere dentro di me tutto l’amore che avevo sepolto nell’angolo più profondo del mio cuore.

Fu così che Sirius, dopo più di dieci anni, tornò a far parte della mia vita.

Ovviamente la situazione non era semplice. Sirius rimaneva un ricercato e doveva continuamente fuggire senza mai fermarsi troppo a lungo in uno stesso posto. E poi doveva anche trovare l’amico che lo aveva tradito, l’unico che avrebbe potuto dimostrare la sua innocenza. Ma nonostante tutto, tra una fuga e l’altra riusciva sempre a passare da qui, da questa mia casetta isolata dal mondo. Si fermava solo pochi giorni, ma erano ugualmente giorni felici. Quando eravamo insieme mi sembrava i tornare ai tempi dell’università, al periodo in cui ero piena di speranze per il nostro futuro, e di nuovo tornavo a illudermi che quella felicità potesse durare per sempre.

Durò invece poco più di un anno, fino a quando la situazione nel suo mondo non cominciò a peggiorare; mi disse che il mago cattivo e i suoi seguaci si stavano riorganizzando, e i suoi amici volevano che lui restasse nascosto in un luogo che loro ritenevano sicuro, così i nostri incontri diventarono sempre più rari. E’ assurdo pensare che mentre era in fuga intorno al mondo poteva capitarmi di svegliarmi una mattina e trovarlo in cucina che preparava il caffè, mentre adesso che lo sapevo con certezza a Londra, a poco più di un’ora di viaggio, non avevo praticamente nessuna possibilità di vederlo. Ogni tanto mi arrivava una lettera, ma non riusciva a rasserenarmi, sentivo chiaramente sprigionarsi dalle sue parole il senso di insofferenza che lo opprimeva, l’angoscia provocata da quella situazione che lo faceva sentire come quando si trovava in prigione. Ma anche le lettere, comunque, erano poche per paura delle intercettazioni.

L’unico modo per non rimanere completamente isolata e riuscire ad avere qualche minima informazione su quanto stava accadendo, era leggere il poco che diceva il loro giornale, la “Gazzetta del Profeta”. Su mia richiesta, Sirius riuscì a fare in modo che un gufo me lo consegnasse ogni mattina, ma mi disse di non fidarmi troppo di quello che scrivevano, perché le autorità nascondevano molte informazioni per evitare che si diffondesse il panico tra la popolazione.

Questo fino a ieri.

Ieri il giornale titolava a caratteri cubitali sul ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Pubblicava le scuse del ministero per le informazioni nascoste e gli errori di valutazione commessi finora. E soprattutto dava notizia della tua innocenza e della tua morte.

 

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Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo, immagino che ormai nessuno se lo aspettasse! Chiedo scusa perdono pietà per l'enorme ritardo, ma dopo la forzata pausa estiva ci ho messo un po' a rimettermi a scrivere. Comunque come potete intuire siamo agli sgoccioli, prometto che il prossimo e ultimo capitolo arriverà fra breve. Grazie a chi a letto e commentato finora! Ciao

 

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo

 

Ed eccomi di nuovo qua, eccomi di nuovo a piangere la tua morte. No, piangere non è la parola esatta, visto che da quando ho letto la notizia sul giornale non ho versato una sola lacrima. Non so perché. Forse perché ancora non mi rendo conto di quello che è successo, e spero ancora che ci sia stato un errore. O forse perché in fondo me lo aspettavo, in fondo sapevo che il nostro era un sogno destinato a finire.

Guardami. Sono di nuovo qua seduta davanti a casa, ma non per aspettarti come ho fatto finora. Sono qua seduta senza sapere che fare, come prima del tuo ritorno. Sono qua seduta da sola, come dopo la tua prima morte. Nessuno ha mai saputo che per due anni ho dato rifugio a un ricercato, nessuno ha mai saputo che per due anni l’amore è tornato nella mia vita. Visto dagli altri, tutto è esattamente come prima, non è cambiato niente.

A volte accadono cose, belle o brutte, che ci sconvolgono la vita e ci fanno credere che da quel momento in poi tutto sarà diverso; invece, col passare del tempo tutto torna alla normalità, gli eventi piacevoli o tristi si confondono nella nebbia dei ricordi, e noi andiamo avanti con le nostre vite come se non fosse successo niente. E’ come quando si getta un sasso in un lago: la superficie si increspa, si agita, ma basta aspettare un po’ per vedere l’acqua tornare alla calma.

E’ così che io mi sento. Il tuo ritorno mi ha sconvolto, ha messo in dubbio tutte le mie certezze, ma adesso che sei morto mi sono ritrovata al punto di partenza, come se questi due anni non ci fossero mai stati. Il tempo trascorso con te mi sembra già lontano, irreale, è come se mi fossi svegliata da un sogno e fossi tornata alla normalità. E guadandomi intorno mi accorgo che tutto è come prima, non è cambiato niente.

Eppure so che ormai sei parte di me, che qualunque cosa accada tu resterai sempre nel mio cuore. So che ovunque tu sia mi guarderai, mi proteggerai e mi amerai come avresti fatto se avessi potuto rimanere al mio fianco. Questa certezza mi accompagnerà per sempre dando un senso nuovo alla mia vita, anche se probabilmente nessuno noterà mai niente di diverso.

Anche dopo che l’acqua si è calmata, in fondo al lago resta un sasso che prima non c’era: sembra tutto come prima, ma in realtà qualcosa è cambiato.

 

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Ed eccoci alla fine di questa storia, spero che vi sia piaciuta. Mi sembra corretto precisare che la similitudine del sasso nel lago non è mia, ma non ricordo da dove viene; l’ho sentita anni fa in un film o un telefilm, non saprei dire, però mi è rimasta impressa e ho pensato di riutilizzarla.

Vorrei ringraziare le tante persone che mi hanno seguito fino alla fine, spero di non avervi deluso. E in particolare vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno lasciato qualche commento, e cioè DarthSteo, mymmina, micia, Tinkerbell91, Mixky, Feffy, Manny, G*B, Calime, Narsil e sweetsirius (come si dice, pochi ma buoni!).

Ed ora è giunto il momento di salutarvi, sperando che ci sia una prossima volta (le idee ci sono, è che ci metto un po’ a concretizzarle). Ciao a tutti! Koe

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