Follow your dreams, no matter what.

di annalisaechelon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette. ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto. ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove. ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti. ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno. ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventidue. ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventitre. ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventiquattro. ***
Capitolo 25: *** Capitolo Venticinque. ***
Capitolo 26: *** Capitolo Ventisei. ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventisette. ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventotto. ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventinove. ***
Capitolo 30: *** Capitolo Trenta. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. ***


Continuava a guardarsi intorno, convinta di trovarsi in un mondo senza emozioni, mentre lei dentro aveva una dannata esplosione d'amore. Un amore dettato da due occhi azzurri e profondi come l'oceano, gli unici occhi in cui riusciva a trovare vita. Lui era lì, dentro quel computer, a sorriderle. Lui era lì, dentro quell’i-pod, a cantarle tutto il suo amore. Lei viveva di questo, quasi come fosse il suo ossigeno, perché lui, solo lui le permetteva di vivere ancora.
Jen aveva 21 anni e viveva in un piccolo paesino vicino Los Angeles, non più con la sua famiglia, ma con la sua migliore amica, Lexie. Aveva un piccolo appartamento, costantemente in disordine , e nonostante lei fosse una tipa “tutta perfettina” , non riusciva a trovare un equilibrio nel caos della sua mente. Lei era così, incredibilmente sognatrice, però purtroppo questo le portava a staccarsi troppo dalla realtà e a non riuscire più a viverla. Credeva sempre che tutto fosse possibile e appena vedeva qualche suo desiderio svanire nel nulla, si chiudeva in sé stessa, incosciente che questo le avrebbe portato solamente tanto altro dolore. Lei aveva bisogno d’amore, ma ogni relazione che cominciava, falliva senza un motivo valido. Forse perché il suo cuore apparteneva già a qualcun altro, quel qualcuno che si ama per sempre, quel qualcuno  irraggiungibile, impossibile, ma dannatamente perfetto. Questo qualcuno per Jen, era Jared Leto. Jared Joseph Leto. Avete presente? Il frontman dei 30 Seconds to Mars. Il cantante. La voce. L’anima di Jen. Lui le apparteneva, ma era irraggiungibile.
Jen frequentava la facoltà di lettere nella sua piccola cittadina e amava leggere, amava viaggiare tra storie e personaggi sconosciuti, per vivere altre realtà e scappare dalla sua. Adorava svegliarsi la mattina, prendere un bel caffè caldo, vestirsi di fretta e correre in biblioteca, dove ascoltando ininterrottamente i successi dei 30 Seconds to Mars, divorava più libri in un solo giorno.
Una mattina incontrò una donna che raccontava al figlio la storia di un vecchio libro, pare del 1937, che s’intitolava “I 500 cappelli di Bartholomew Cubbins”, un certo servo di corte che veniva accusato di non rispettare la legge di togliersi il cappello alla vista del re. Lei sì, senza dubbio ne conosceva la storia, perché  Jared  usava questo pseudonimo per firmarsi nei suoi video musicali. Lei lo sapeva. E così, ispirata dalla donna, decise di recarsi in biblioteca e leggere la storia per intero. Delicatamente seduta su quel divanetto e cullata dalle note di Alibi, si perse in un nuovo mondo, e immaginava di essere lì, al fianco di quel buffo personaggio. Ad un certo punto però, sentì una voce calda, cupa, intensa, che superò il volume della musica nelle sue orecchie. Era una voce conosciuta. Una voce che diceva:
- Sono io Bartholomew Cubbins, è me che cerchi?
Jen si voltò, come pietrificata. Tremava. Per i primi secondi, non riuscì a formulare una frase di senso compiuto, semplicemente balbettava parole senza senso. Davanti ai suoi occhi, c’era Jared. - In una biblioteca pubblica, come poteva essere possibile? – pensò dopo. Anche lui amava leggere e per una volta avrebbe voluto farlo da persona normale. Era tutto incappucciato e con gli occhiali da sole per non farsi riconoscere, ma pur sempre bello, bellissimo. Jen riusciva ad intravedere i suoi muscoli che definivano la forma della sua maglietta, i suoi occhi sotto l’ombra scura degli occhiali, quegli occhi color ghiaccio. Riprese il controllo dei sensi e disse:
- Beh, cercavo solo di capire a cosa ti sei ispirato, però si! e’ te che cerco, te che aspetto, da tutta la vita. Ma vabbè, cosa ti può importare, è stato un piacere Jared, ci vediamo al prossimo concerto!” Si comportava così, freddamente, perché credeva che comunque nulla sarebbe potuto cambiare. Ma lui, inaspettatamente, le rispose dicendo:
- Ti sbagli. 
- Perché? 
- Vieni con me a cena? Te lo spiegherò, se vuoi.  
- Lo sai che non rifiuterei mai
 Jared sorrise pronunciando queste parole:
- Allora alle otto qui, fuori alla biblioteca, il posto in cui ci siamo incontrati. Il resto è una sorpresa.
Questo è quello che le disse, poi svanì nel nulla.
Jen vide la sua immagine riflessa nella finestra della biblioteca che affacciava sulla strada e notò il suo sguardo perso nel nulla, quel nulla dove era svanito Jared. - Jared? Non era possibile. - continuava a ripetersi. Era convinta di essersi addormentata ed aver sognato tutto, ma le immagini erano ancora vive nella sua mente, nitide davanti ai suoi occhi. Ancora sconvolta, decise di tornare a casa e raccontare tutto a Lexie. Appena rientrata e dopo aver calorosamente abbracciato la sua migliore amica, le disse:
- Devo parlarti.
- Mi fai preoccupare, cos’è successo?.  
Jen le raccontò d’esser stata invitata a cena fuori da Jared Leto in persona, ma lei stessa stentava a crederci. Lexie la rassicurò dicendole:
- Non preoccuparti, tu vai lì, fuori alla biblioteca, male che vada non troverai nessuno. Ma solo se ci andrai, saprai se è la realtà.
 Jen capì che aveva ragione ma cominciò a preoccuparsi, temendo una delusione. 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***


Credo che tutti conosciate l’ansia da primo appuntamento, vero? Dio, quella di Jen era infinite volte peggiore! Stavolta lui non era un semplice ragazzo di quartiere, stavolta era una famosa rockstar e non una qualunque, ma proprio lui, Jared, il suo sogno più grande. Non passò il pomeriggio a chiedersi quale fosse l’abbigliamento o il make-up adatto come tutte le altre ragazze avrebbero fatto, ma si stese sul letto con la sua musica, immaginandosi le varie occasioni della serata. Due erano le possibilità. O avrebbe sofferto più di quanto già facesse, o sarebbe stata protagonista del sogno di una vita. Aveva paura e l’ansia le logorava l’anima, ma non vedeva l’ora, non riusciva più ad aspettare. Lentamente le lancette dell’orologio scandivano il passare del tempo e l’eccitazione di Jen saliva sempre più velocemente. Il tanto atteso momento arrivò. Uscì dalla porta, corse giù per le scale, si chiuse l’ansia alle spalle e respirò aria nuova. L’aria della speranza. Cominciò a camminare lentamente, con disinvoltura, fino ad arrivare vicino alla biblioteca.
Erano le otto e non c’era nessuno.
Panico. Vuoto allo stomaco. Lacrime.
Jen si avvicinò all’ingresso della biblioteca, ormai senza speranze. Ma proprio in quel momento vide tre rose rosse appoggiate al cancello d’entrata con un bigliettino bianco scritto a mano che recitava: “Non era un sogno, era la realtà. Trovami.” - il tuo Jared. - Il tuo Jared? Quest’è matto! – disse Jen sorridendo tra le lacrime. - E poi, trovami? Come faccio senza alcun indizio? – si chiese, stavolta felice. Si guardò intorno e abbassando lo sguardo verso l’asfalto, trovò altri biglietti. Questi erano rossi e a forma di cuore. A forma d’amore. Li aprì uno ad uno e lì trovo l’indizio che cercava. “Entra.”
Lentamente entrò in biblioteca e sullo stesso divanetto su cui era seduta la mattina, vide Jared. La biblioteca era deserta. Luci intense riscaldavano l’atmosfera e una musica di sottofondo rendeva il posto più accogliente. Non riusciva a crederci. A prescindere da come sarebbe andata la serata, quel momento era perfetto. Da lontano Jared le sorrise e Jen vide una luce bianca illuminare quell’angolo della biblioteca. Gli occhi, il sorriso. La perfezione. Era come stregata. Amava quell’uomo quasi sconosciuto, come non aveva mai amato nessun’altro e come non avrebbe mai più fatto in vita sua. Lui le disse:
- Avvicinati. Io son qui, per te.
Jen respirò, presa dall’ansia. Ma non aveva più paura, lui era lì con lei. Jared si alzò per andarle incontro e arrivandole a pochi centimetri di distanza, si fermò. Jen tremava. Lui le prese la mano, la strinse avvicinandosi al suo corpo e delicatamente le sussurrò: 
-E’ me che cerchi, allora?
 - Ti amo Jared. – gli disse lei. Lui le sorrise e lasciandole la mano, le cinse i fianchi per poi spostare la delicatezza del suo tocco dietro la nuca e per poi sfiorarle i capelli. Avvicinò il suo viso a quello di Jen e respirando lentamente, le sfiorò le labbra. Dolcemente poi, si ritrasse.
Si fissarono intensamente per qualche secondo quando poi lui dolcemente la condusse, a ritmo di musica, in un’altra stanza. Jared fece girare Jen su se stessa, tenendole la mano e ammirandola in tutto il suo splendore. I capelli scuri le cadevano ondulati sulle spalle, facendo da contrasto al luminoso vestito bianco che indossava. Nonostante quel momento fosse magicamente perfetto, Jen cominciò a porsi tante domande. Si chiese cosa avrebbe potuto volere Jared da una come lei, magari cercava solo un’avventura, e poi, perché proprio lei? Aveva paura di esser delusa dalla persona che stimava di più al mondo e così, determinata e agitata, decise di parlargli.  
- Perché me? Cioè, – Si fermò per un istante. - Perché hai scelto me? –
- Sento di appartenerti.
- Appartenermi cosa?! – chiese sbalordita.
- Sì, sento di appartenerti. E’ come se stessi cercando te da sempre.  Ad ogni concerto, in ogni folla. Non so il perché, non c’è un motivo preciso. Ma quando ti ho visto in quella biblioteca, è come se il mio cuore avesse capito che sei tu ciò di cui ho bisogno. E tu perché mi ami? – domandò Jared perplesso.
- Non posso spiegarlo  a parole. Lo sento dentro. Sei il mio tutto. Ho bisogno d’amarti per vivere. E credimi, in questo momento, non potrei volere nient’altro che te, non credo che potrei esser più felice. Mio Dio, ci sei tu. Qui, con me.
- Non voglio più perder tempo ora che ti ho trovata. Voglio poterti amare.
- Hai il mio consenso! – affermò Jen sorridendo.
Tremando, si avvicinarono l’uno all’altra, lentamente.  Si fissarono a lungo, consapevoli del sentimento che li legava, per poi unirsi in un unico abbraccio. Jared le teneva il capo tra la mani, accarezzandole i capelli, mentre le ghiacciava il viso con lo sguardo. Jen lo cingeva per la schiena, stringendolo sempre più a sè. Finalmente si erano trovati, finalmente erano insieme.
- Jared non trovi che sia tutto così assurdo? – gli chiese Jen con tono curioso.
- E’ assurdamente bello, Jen. Io ti ho cercata ovunque, il mio cuore ti ha sempre amata e credimi, non ti lascerò andare, per nessuna ragione al mondo. Voglio stare con te. Voglio vivere con te, se tu me lo permetterai. – rispose lui.
- Non dirlo nemmeno, davvero. Io è da sempre che vivo solo di te. Nulla funziona se non è in funzione di te. Amami e resterò con te. – promise la ragazza.
Si abbracciarono ancora, accarezzandosi vicendevolmente il viso. Jared poi fermò il suo tocco sulle guance di Jen per sfiorarle delicatamente le labbra, senza però cedere in un bacio. Continuò così per qualche secondo, quando poi poggiò delicatamente le sue labbra su quelle della ragazza. Cominciò a regalarle baci dolci e lenti, cullandola col movimento del suo corpo, ma il desiderio di aversi cominciava a crescere sempre più, per entrambi. Jared e Jen si erano aspettati per tanto tempo e sentivano un eccessivo bisogno di viversi. La passione, così, saliva sempre più attraverso i loro corpi fino ad esternarsi in lunghi baci passionali. I due si stringevano, si univano, dopo essersi finalmente trovati e non rendendosi conto del tempo che passava.
Improvvisamente però, furono interrotti da un’insistente rumore che proveniva dalla stanza principale della biblioteca. Entrambi così, spaventati, si avvicinarono alla porta d’uscita per cercare di capire di cosa si trattasse, da dove provenisse quel rumore, ma nel buio totale della notte, pur essendoci qualche luce fioca, non riuscirono a veder nient’ altro che due figure. Ok, non era molto, ma a Jen bastava per entrare nel panico più totale. Jared cercò di tranquillizzarla, in fondo lui era con lei e nulla le sarebbe potuto accadere, l’avrebbe protetta, ad ogni costo. Continuarono ad avvicinarsi, fin quando a Jared sembrò di riconoscere due persone. Da lontano sembravano due uomini, uno era abbastanza alto, magro e con una capigliatura molto lunga, l’altro era, al contrario, basso e robusto. Chi potevano mai essere?
- Jareeeed, Jareeed, Jareeeed?! – bisbigliavano i due.
- Ecco chi sono! Sono Shannon e Tomo! – disse Jared ridendo.
- Ma cosa ci fanno qui? – chiese Jen.
- Non ne ho idea. Ma è davvero strano.
- Jareeeed, Jareeed, sei qui? – continuavano i due.
- Tomo? Shannon? Sì, sono qui! Cosa succede? – si fece serio.
- Dobbiamo parlarti.
Jared, preoccupato, diede un ultimo bacio a Jen. Non era mai capitato che Shannon e Tomo fossero corsi da lui nel pieno della notte. E questo non era un buon segno. 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre. ***


- Dobbiamo partire. – esclamò Shannon.
- La nostra pausa dal tour è finita prima del previsto, domani mattina, cioè tra poche ore si parte. Dopodomani comincia il tour europeo. Non possiamo perdere altro tempo, dobbiamo andare. – affermò Tomo con fare deciso.
Jared era sorprendentemente sconvolto, non voleva accettare quella realtà dopo aver finalmente trovato Jen, ma il dovere lo chiamava, la grande famiglia dei 30 Seconds to Mars, gli Echelon, non poteva essere delusa. Rassegnatosi, fece cenno ai due d’aver capito, chiedendo loro di lasciarlo ancora un attimo da solo con Jen. Tomo e Shannon capirono, sapendo ciò che provava Jared, e così si allontanarono. La coppia rimase immobile per qualche attimo. Gli occhi di Jen si riempirono di lacrime mentre cominciavano ad arrossirsi. Sentiva un peso sul petto ed era convinta che in poco tempo avrebbe perso tutto quello che improvvisamente aveva ottenuto, dopo tanta sofferenza. Avrebbe visto Jared scomparire, nel buio, nel nulla, così come era sempre accaduto per tanto tempo. Jared tremava, stava per piangere anche lui, quando prese il capo di Jen tra le mani per stringerlo contro il suo petto. Lei riusciva a sentire il suo cuore battere, forte, forte, sempre più forte. Quando ad un certo punto, gli occhi di Jared si illuminarono, quel mare azzurro s’illumino di luce. Jared esclamò convinto:
- Vieni con me! Partiamo insieme!
- Ccccosa? – rispose Jen incredula. –
- Sì, parti con me, adesso. Verrai con noi in giro per l’Europa e in pochi mesi torneremo qui, insieme, sempre insieme. Ti voglio con me, te l’ho detto, e lo voglio davvero.
- Jared, io.. io non lo so. Io non posso. Qui ho la mia vita, la mia famiglia, l’università.. Ho degli esami da dare. Come faccio? Vorrei tanto, ma il dovere mi chiama.
- Non lasciarmi. Non lasciarmi, Jen.
- Jared sono io che ho paura di perderti. Non ti lascerò, ti raggiungerò.
Ormai piangevano entrambi, i loro occhi erano diventati sorgenti di lacrime che cadevano leggere sui loro visi. Jared stringeva Jen e all’improvviso le sussurrò lentamente:
- Ti amo.
Jen si ritirò dall’abbraccio per guardare Jared negli occhi. Lo vide distrutto, lo vide sofferente e così persa tra le lacrime sorrise, sorpresa, felicemente sorpresa da quelle parole. Non riusciva a crederci.
- Ti amo anch’io. E smettila di piangere, io resto con te. – disse accarezzandolo.
- Promettimelo.
- Te lo prometto, amore mio.
I due si sorrisero, abbracciandosi ancora, per l’ultima volta. Dopo un ultimo bacio, si diressero verso l’uscita. Lasciandosi la biblioteca alle spalle, entrarono nella limousine con Shannon e Tomo per ritornare alla realtà.
Il mattino seguente si svegliarono entrambi molto presto. Jen aveva un esame, Jared l’aereo.
La ragazza non riuscì a dormire per tutta la notte, si girava e rigirava tra le coperte pensando a cosa sarebbe state davvero giusto fare. Seguire il cuore e quindi Jared oppure restare a Los Angeles per continuare a studiare? Era difficile scegliere, ma pur sapendo che avrebbe dovuto continuare con l’università, tutto le diceva di correre da Jared e partire con lui. Svegliatasi presto, corse in stanza da Lexie e le raccontò tutto. Anche se non le piaceva parlare delle sue relazioni, ne aveva bisogno adesso, necessitava di un consiglio. Lexie dopo aver ascoltato tutto, sbigottì e le disse:
- Cosa diavolo ci fai ancora qui, cosa diavolo ci fai ancora in pigiama? Muoviti, alzati da questo letto e vai a preparare le valige! Sono solo pochi mesi, recuperai tutto al ritorno. Cazzo, Jen è Jared. Non è uno qualsiasi, non perdere tempo. Io davvero non capisco, lo aspetti da sempre ed ora cosa fai? Tentenni? Tu sei matta! Viè qua che ti aiuto io! – le sorrise.
Jen si guardò allo specchio, vide riflesso il suo sguardo sconvolto e confuso e si diede due leggeri schiaffetti sulle guance dicendosi:
- Svegliati, svegliati! Vai all’aeroporto idiota!
In poco tempo si sistemò e, mentre Lexie le preparava le valige, si fece pronta. La sua migliore amica sapeva sempre come risolvere ogni situazione e in quell’occasione si era dimostrata davvero comprensiva, davvero unica. L’aveva spronata a partire pur sapendo di rimanere sola per metà anno, per ben sei mesi.
Prima di uscire dalla porta, Jen posò le valige, strinse Lexie in un forte abbraccio, stampandole un enorme bacio sulla guancia – Grazie – disse, e scappo vià. Arrivata all’aeroporto, da lontano intravide Jared con tutta la sua troupe. Quando notò che i loro sguardi s’incrociarono gli corse incontro, lasciando cadere i bagagli per terra. Lui l’accolse tra le braccia e cominciò a baciarla in ogni sua visibile parte del corpo. La cullò tra le sue braccia per un po’, poi s’interruppe dicendo:
- Che ci fai qui? Hai per caso cambiato idea? – mostrò un gran sorriso.
- Si, ho cambiato idea, Jared. Non posso lasciarti, al diavolo tutto, al diavolo ogni cosa. Ti seguirò ovunque andrai. Però, c’è un problema.. Io non ho il biglietto. – disse Jen senza fiato.
- Emma ne rimedierà uno, non preoccuparti. Siamo insieme, te lo ricordi vero? – l’abbracciò.
- Lo ricordo bene.
Dopo pochi minuti Emma arrivò col biglietto per Jen, glielo porse e le chiese di prendere i suoi documenti perché ormai tutti erano pronti per il check-in e così per l’imbarco. Dopo poco si diressero verso l’aereo e partirono alla volta dell’Europa. Il viaggio fu molto tranquillo, non ci furono turbolenze, e fortunatamente Jared e Jen riuscirono a riposarsi dopo aver passato una notte insonne. Al risveglio, i due si scambiarono un innocente bacio sulle labbra prima di accorgersi di essere quasi giunti nella città che ospitava la prima tappa del tour: Londra. Oltre alla California, Jen aveva sempre amato l’Europa ed in particolar modo proprio questa città ed era davvero entusiasta all’idea di poterla visitare per la prima volta con l’uomo dei suoi sogni e seguendo la sua band preferita  in tour.  

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***


Arrivati nella grande città, si recarono tutti in hotel per stabilirsi e rifocillarsi prima del grande evento. La coppia, però, decise di allontanarsi per visitare la città e passare un po’ di tempo insieme, alla luce del sole, prima delle prove per il concerto. Si aggiravano per le strade tenendosi per mano e scherzando come due adolescenti, erano riusciti a portare avanti il loro amore nonostante gli ostacoli ed ora nulla li avrebbe separati. Mentre passeggiavano, a Jared venne un’idea.
- Stavo pensando, mia cara Jen, - disse ridendo e cominciando a solleticarle la schiena. – di, insomma, di.. di fare qualche pazzia! Voglio fare qualcosa di diverso, voglio cominciare a vivere e adesso che ci sei tu posso farlo. Facciamo qualche pazzia, amore.
- Jared, tu sei matto. Ma pazzia, tipo quale? Cosa? – replicò Jen sorridendo maliziosamente quasi come se volesse provocarlo.
- Non lo so, guardiamoci attorno e vediamo cosa ci offre la città.
- Mmh, mi preoccupi. Però lì c’è il bunjee-jumping, - disse Jen ridendo – non lo farei mai, soffro di vertigini. – rise ancora.
- Jen, Jen, Jen.. sconfiggi le tue paure! Buttiamoci, facciamolo, saltiamo! Siamo insieme.
- No, no, Jared ma che dici?! Sei matto, io non lo faccio! Non lo farò mai!
Jen cominciò ad andare in panico, sapeva che quando Jared si metteva qualcosa in testa era finita, non c’era scampo. Infatti dopo pochi minuti, si ritrovarono in tuta, legati ad un ponte, pronti a lanciarsi, prima verso il cielo e poi verso il fiume, il famoso Tamigi. Jen era verde di paura, tremava stringendo forte la mano di Jared. In men che non si dica i due avevano già saltato e volavano sopra il cielo di Londra, l’azzurrissimo cielo di Londra. Jared da lontano le urlò:
- Jump and touch the sky, amore. Jump, jump, jump.
Jen sorrise mentre la paura svanì. L’aveva lasciata in quel fiume, ora stava toccando il cielo.
Dopo essersi ricomposti in seguito al gran salto, furono bruscamente interrotti da una furiosa telefonata di Emma, l’assistente di Jared. Continuava a ripetere che s’era fatto tardi, che dovevano immediatamente ritornare in hotel, senza perdere un attimo in più. Sembrava quasi che se la stesse prendendo con Jared, incolpando Jen. I due, per non creare altri problemi, rispettarono il volere di Emma e si prepararono per lo show.
Il concerto fu meraviglioso, gli Echelon erano impazziti, erano elettrizzati, erano.. felici. Jen ricordava assolutamente cosa si provava ad assistere ad un loro concerto, era sempre stata un’Echelon. Era così strano però, tempo prima non avrebbe mai immaginato di poter essere così fortunata da presentarsi lì, non solo come membro di quella grande famiglia, ma anche come donna, come fidanzata di lui, di Jared. Fu ancor più contenta quando alla fine dello show, lo vide sorridere, lo vide soddisfatto. Quella sera, la prima di una lunga serie, era andata e pure bene! Ad un certo punto vide Jared correrle incontro:
- Jen, Jen, è andata benissimo! –
- Ho visto, amore, sono orgogliosa di te! Sei stato magnifico!
- Merito tuo, merito tuo.
Sorrisero.
Jen però, pur essendo felice, sentiva qualcosa di strano nell’aria, la telefonata rabbiosa di Emma l’aveva scombussolata, si sentiva in colpa e non capiva il motivo per cui quella donna, che da lontano la fissava, ce l’avesse così tanto con lei. Cominciò a pensarne di tutti i colori, diede il via alle sue paranoie, ma davanti a Jared finse di non sospettare nulla e mostrò il suo sorriso migliore per non rovinare il suo soddisfatto stato d’animo. Stanchi e pieni di sonno si recarono tutti in albergo, dopo essersi un po’ dedicati agli Echelon, alla loro famiglia, che si erano appostati di fronte all’uscita ancora pieni di forza, di speranza e grinta, solo per i loro tre idoli. Quei tre uomini per cui avrebbero fatto di tutto. Non avevano altro che poche ore per riposarsi, il mattino seguente un volo per Parigi li attendeva. La seconda tappa del tour. La città degli innamorati, la città dell’amore. Cosa poteva capitare di meglio ai i due piccioncini? Nulla. E poi Jared aveva una terribile fissazione per quella città, ne sarebbe stato ancor più contento. Questa volta il viaggio fu un inferno. L’aereo aveva dovuto attraversare e superare grandi turbolenze e Jen, stanchissima e poco abituata al jet leg, non riuscì a dormire, né a chiudere gli occhi. Fu vittima di nausea e grandi mal di testa e non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Emma che sorrideva maligna accanto a Shannon e Tomo, temeva che quella donna tanto intelligente, avesse un piano ancor più intelligente per farla fuori. Forse era innamorata di Jared. A Jen non era mai piaciuta, nemmeno quando era solo un’Echelon. Jared cercava tanto di calmarla, di farla rilassare, ma Jen non vedeva l’ora di atterrare, quel volo l’aveva stravolta, aveva bisogno di fermarsi e voleva tanto raccontargli della sua paura.
Passate le due ore, arrivarono all’aeroporto di Parigi, così Jen riuscì a riprendere colorito in viso e a respirare con più calma. Pensò che erano state solo le sue convinzioni a rendere quel volo così terribile. Finse ancora un sorriso, ma non era così che voleva vivere quei sei mesi, voleva sistemare la situazione, almeno parlandone col suo uomo.
- Jared.
- Dimmi.
- Cosa c’è tra te e Emma? Quella donna sembra odiarmi. – disse pietrificando il suo sguardo solitamente dolce.
- Nulla. E’ solo un po’ così, nervosa, esaurita, schizzata. Ultimamente si lamenta molto del suo lavoro e mi critica spesso.
- Ah, davvero? Quindi non ce l’ha con me?
- No, non credo e spero di no, o potrei davvero pensare di sostituirla con qualcun altro. Milioni di persone vorrebbero prendere il suo posto. E’ solo che è molto, molto brava, sa come fare il suo lavoro.
- Sì, questo lo so. Spero solo che la situazione migliori, non voglio rovinare i vostri rapporti, non voglio essere d’intralcio.
- Jen, amore mio, non lo sei. Tu fai parte della mia vita, chi non sa accettarlo, se tiene a me, dovrà farlo.
Le sue parole la tranquillizzarono molto, e così, rasserenatasi, continuò tranquillamente la sua avventura. 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque. ***


- Paris, Paris, Paris, la ville de l’amour! – esclamò Jared.
Jen gli rise in faccia, il suo francese era pessimo, ma lui si ostinava a parlarlo tanto che ne era innamorato. Giravano sotto il sole brillante della città, tra i verdi viali e i grandi monumenti. Parigi era talmente bella. Ormai era diventata l’emblema della città romantica da tipo un secolo, il suo fascino riusciva a sconvolgere tutti, soprattutto gli innamorati che ne rimanevano stregati sempre più, rendendo ogni loro momento ancor più intenso. Le luci, le stelle, la musica romantica formata da  parole  dolci scandite da suoni leggeri, innumerevoli coppie che camminavano abbracciati o che si cullavano sulle panchine tra baci e carezze. Questa era Parigi. Tanto, tanto zucchero.
Altra città, altra pazzia. Ormai la coppia Leto voleva renderla una tradizione. Pensarono a lungo a cosa fare. Ed infine, decisero di farsi entrambi uno stesso tatuaggio. Jared ne aveva già alcuni, tutti dedicati alla band e agli Echelon mentre Jen, essendo sempre stata contro, aveva il corpo limpido e pulito, ma condividere qualcosa d’indelebile con Jared era il suo sogno, e non vedeva l’ora. Da decidere era cosa tatuare e su quale parte del corpo. Amava disegnare, ci provava spesso anche se non era il massimo in materia, le piaceva raffigurare con un tocco di personalità un qualcosa di oggettivo, di prestabilito. Durante una mattina vuota, mentre i ragazzi erano a far le prove ed Emma era intenta a organizzare altri eventi, si mise a scarabocchiare qualcosa, tanto per intrattenersi ed impiegare il tempo. Cominciò a fantasticare sulla sua relazione con Jared, e ricordandosi dei tempi da liceale, cominciò a scrivere il suo nome su ogni angolo del foglio, come era solita fare nelle noiose ore scolastiche. Ad un certo punto, le venne un’idea. Lei e Jared avevano le stesse iniziali, così provò a fare un disegno che le includesse entrambi. Dopo vari tentativi e infiniti fogli accartocciati e buttati sulla moquette rossa della loro suite, uscirono fuori due J attaccate. Eccolo, era il tatuaggio perfetto, Jen era soddisfatta ed il grande sorriso sulle sue labbra ne era la conferma. L’avrebbe fatto davvero. L’avrebbero fatto davvero.
Dopo pranzo beccò Jared, gli mostrò il disegno e sorridendo soddisfatta gli propose l’idea, lui esterrefatto affermò:
- E’ geniale, amore! Anch’io volevo qualcosa che parlasse di noi e questo, questo è perfetto! Domani, domani andiamo a farlo, va bene?
- Certo che va bene, Jared mio, M-I-O. – rispose lei, scandendo decisa quelle tre lettere. Delicatamente poi, gli strinse il volto tra le mani per accoglierlo in un lungo bacio.
La coppia passò tutto il giorno insieme, mentre Shannon e Tomo si riposavano vista l’intensa mattinata di prove, i due passaggiavano per Parigi dove riempirono infinite buste di vestiti, dove insieme fecero un lungo shopping sfrenato. Jared aveva comprato una dozzina di quelle sue solite canotte larghe ai lati e Jen, osservandolo mentre le provava, era sempre più sorpresa dalla sua perfezione. Intravedeva il suo petto delicato, scolpito da leggeri pettorali. Il suo ventre era minuto, sottile, tant’è che si riuscivano a notare le piccole ossa del suo bacino. Scrutandolo ancor meglio, si accorse del filo di sudore che gli percorreva la linea del collo, il sole picchiava forte in quelle giornate di primavera. Si goderono Parigi per tutto il giorno, divorando crepes, gelati, frullati, qualsiasi cosa che poteva incrementare la dose di dolcezza nei loro corpi. Erano innamorati, davvero innamorati. Il giorno seguente, si svegliarono molto tardi e Jared, alzatosi poco prima di Jen le preparò la colazione servendogliela su un vassoio, in quell’enorme letto matrimoniale. Dormivano insieme, come due sposi. Jen fu delicatamente svegliata delle carezze del suo uomo che le solleticava il viso. Quando aprì gli occhi, lui le stampò un enorme bacio sulla guancia.
- Buongiorno amore! Oggi è il grande giorno, su sveglia, vestiti! Il nostro tatuaggio ci aspetta! – la baciò ancora.
Jen, ancora vittima dei postumi del risveglio disse:
- Amore, buongiorno a te! Dammi cinque minuti..
- Solo cinque minuti? – disse Jared sorpreso. Jen era lentissima nel prepararsi.
- Aahahah, non t’illudere eh! Tra cinque minuti mi alzo, poi mi preparo. – sorrise.
Dopo un’ora uscirono dall’hotel, un’ora, sì, un’ora. Jen c’aveva messo più del previsto. Si recarono dal tatuatore e gli mostrarono il disegno. L’uomo curioso ne chiese il significato e loro, soddisfatti, glielo spiegarono.
- Sono le nostre iniziali, unite in un una sola lettera. – affermarono felici.
Jen aveva paura di sentir dolore, le sue caviglie erano molto sottili, molto fini e l’ago avrebbe potuto facilmente toccare l’osso. Era lì che si sarebbero fatti il tatuaggio, entrambi sulla caviglia destra. Jared invece, ormai abituato a farsi tatuaggi, la tranquillizzò, e mentre la ragazza si faceva tatuare lui le stringeva con delicatezza la mano, per infonderle sicurezza. In pochi attimi il tatuaggio era pronto e Jen si meravigliò per aver sentito molto meno dolore di quanto credesse. Quando fu la volta di Jared, Jen si commosse perché pensò che l’uomo che aveva sempre amato si stava tatuando sul corpo le sue iniziali, allora questo non era solo un sogno, Jared non la stava solo illudendo, lei non era una delle tante. Quando lui la vide piangere, le sorrise con gli occhi lucidi. Lei lentamente gli si avvicinò alle labbra e con voce tremante, gli sussurrò di amarlo.
Dopo un paio d’ore ritornarono in albergo, ancor più uniti, ancor più legati da qualcosa di incancellabile, da qualcosa che poteva render visibile il loro grande amore. Si distesero sul letto, per godersi quel momento, un altro di quei momenti che stavano passando insieme. I loro occhi si aprivano e chiudevano lentamente, con lunghe pause, assaporavano a pieno la pace di quegli attimi. Improvvisamente Jared si girò a guardarla, le sfiorò il viso con le dita, passandole dolcemente sulle sue delicate labbra tinteggiate di rosa e fissandola intensamente con quegli occhi più brillanti del sole stesso. Un brivido percorse il corpo di Jen, fino a farla tremare. Sentiva lo sguardo fermo di Jared su di lei, sul suo viso, sul suo corpo. E lentamente gli si avvicinò, in modo da sfiorarlo, per sentirlo più vicino. Lui le fermò il viso, accarezzandole il capo, strisciò il tocco delicato delle sue mani lungo il corpo gracile di Jen e con gentilezza cominciò a dominare il suo corpo. Lei si trovava immobile sotto il corpo scolpito di Jared. Continuarono a baciarsi, unendosi sempre più. I loro due universi stavano per diventare uno solo, per la prima volta. Jared la fissò ancora negli occhi e ansimando le sussurrò:
- Ti amo.
-  Ti amo. – replicò anche lei.
Il desiderio di aversi aumentò e dalla delicatezza degli attimi precedenti in pochi minuti si passò ad un atmosfera più intensa. I corpi si muovevano più velocemente, più freneticamente, coinvolti dalla passione. Jared le prese il bacino per legarsi alla sua vita. Erano uniti e nel buio della stanza, si sentiva solo il profumo dei loro corpi, il sapore del loro sentimento. Stavano facendo l’amore, l’amore quello vero.
Cenarono a letto, senza nemmeno alzarsi e subito dopo, si addormentarono abbracciati. La sera del giorno dopo sarebbe stata quella del concerto, e Jen ancora non sapeva che tutto si sarebbe rovinato, con poche parole. Mentre si stava preparando, poche ore prima dello show, sentì Emma parlare a Jared in lacrime:
- Jared, io non posso più tollerare questa situazione, non ce la faccio a stare qui, ci soffro. – singhiozzava. – Sto male, sto male! Come devo fare? – alzò la voce.
Jared l’abbracciò calorosamente, accarezzandole i capelli biondi e asciugando le lacrime che le rigavano il volto.
- Ci sono, Emma, ci sono.
Interpretando quelle parole, Jen si sentì ferita, tradita da entrambi. Corse nella loro stanza per affrontarli faccia a faccia, lì guardò con disprezzo, urlandogli contro. Tutto le era crollato, l’aveva capito. Jared aveva una relazione segreta con Emma ed Emma non riusciva più a tollerare la presenza di Jen. Lui le aveva mentito. L’unica cosa che la povera ragazza si domandava era perché Jared l’aveva illusa così tanto. Quale poteva essere il motivo? Era solo una trovata per coprire la sua relazione con l’assistente personale? Si sentiva usata, presa in giro. E così, in panico, scappò via tra le lacrime e i singhiozzi. 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei. ***


Si trovava a girare per le strade di Parigi, sola e disorientata. Quelle strade e quei posti che le avevano sempre trasmesso amore, ora le sembravano bui, cupi e portatori di tristezza. Parigi non era più la città dell’amore, per lei ormai era diventata la delusione, la frustrazione, l’umiliazione. Il sogno si era infranto. Ora la realtà era ancor più peggiore di quando non aveva ancora incontrato Jared. Cosa avrebbe potuto fare? Non poteva pregare nessuno per cambiare le cose. Jared voleva Emma, Emma voleva Jared. Era così che stavano le cose, ormai era chiaro. E lei doveva solo accettarlo.
Guardandosi attorno, provava repulsione nei confronti di quei volti felici e innamorati, com’era anche lei pochi attimi prima che scoprisse la verità. Stremata dal dolore e stanca per aver corso a lungo per allontanarsi dall’albergo, si fermò su un’anonima panchina vicino ad un bar vuoto. Improvvisamente da lontano vide una figura conosciuta correrle incontro, non era Jared, era una donna. Alta, magra, bionda, bella, ma non sorridente. Era Emma.
Jen non scappò, decidendo di affrontarla. Affermava tra sé e sé che Jared era solo un vigliacco, un immaturo, un perfetto stronzo e che lei avrebbe dovuto superare questa situazione con dignità, come aveva sempre fatto. Quando vide Emma avvicinarsi, la fermò mettendole una mano davanti.
- Ho capito tutto Emma, mi avete distrutta. E’ inutile che tu aggiunga altro. E poi, sai cosa? La tua presenza qui non serve a un cazzo! Non hai fatto altro che trattarmi male per tutto il tempo ed ora, questo finto buonismo a cosa serve? Sarebbe dovuto venire lui piuttosto, l’illusionista, non tu! – sbottò Jen.
- Lasciami spiegare.. per favore. Non è come credi. – ribattè la donna, sconvolta.
- Ma spiegare cosa? E’ la solita chiacchiera, non è come credi, hai frainteso, lasciami spiegare. Basta! Smettetela con la vostra farsa. Siete due ipocriti.
Emma cominciò ad innervosirsi e piena d’orgoglio alzando la voce e attirando l’attenzione dei passanti, disse:
- Jen, lasciami parlare! Lasciami parlare! – gridò.
- Sì, ok, t’ascolto.
- Hai frainteso tutto, non ho nessuna relazione con Jared, Jared non ama me, Jared ama te. E il problema non si pone dato che io non lo amo, io sono sposata da un paio d’anni ormai. E sai perché sono così sofferente? Perché il mio matrimonio è in crisi, non riesco a vedervi felici, non riesco a svolgere il mio lavoro pensando alla mia vita che va in frantumi.. –
- Emma, io.. Oh mio Dio, mi sento una cretina. Io.. – Jen non riusciva a trovare le parole.
Emma la fermò, continuando il suo discorso.
- Non preoccuparti, hai ragione. Sono stata pessima, ho avuto un orribile atteggiamento nei tuoi confronti e soprattutto nei confronti di Jared. L’ho criticato, sgridato, accusato senza motivo. Lui è eccezionale, svolge il suo lavoro con molta professionalità, non avrei mai dovuto sfogarmi con voi. Sono io a dovermi scusare.
- Emma, Emma, davvero perdonami. Anche tu sei eccezionale, a quanto lui dice. Mi sento terribilmente in colpa, non so cosa fare. Scusami ancora. – disse con un enorme peso in petto.
- Basta pensarci, su! Non tremare, dammi quella mano, ti riporto da lui! Da oggi puoi contare su di me. – le strizzò l’occhio, stringendola in un inaspettato abbraccio.
- Grazie, grazie Emma.
Insieme ritornarono in albergo, mano nella mano, mentre piangendo, si sorridevano. Quello poteva essere l’inizio di qualcosa di nuovo, l’inizio di una grande amicizia. Arrivate alla hall dell’albergo decisero di prendere le scale, piuttosto che l’ascensore, per chiacchierare più a lungo. Emma le spiegò i suoi problemi e Jen cercò di aiutarla, proponendole varie soluzioni. Com’era assurda quella situazione, mezz’ora prima le due si stavano gridando contro ed ora? Ora si parlavano come se si conoscessero da sempre. Quando Jared le vide arrivare, corse incontro a Jen, dicendole:
- Dove diavolo volevi scappare? Almeno la prossima volta avvisami, che scappo con te! – sorrise.
- Jared, scusami. Emma mi ha spiegato tutto, sono stata un’egoista. Non mi sono fidata di te, ho dubitato di te e ho sbagliato. So che amarti è la cosa più giusta che io potessi mai fare, ti chiedo ancora perdono. Nulla verrà mai più frainteso, te lo prometto. – confessò Jen.
- Jared, tienitela stretta, è qualcosa di speciale questa donna. – concluse Emma.
- Oddio, e cos’è successo in questa mezz’ora? Sono io l’unico scemo che non ci capisce niente?
- Abbiamo parlato, ci siamo chiarite, ci siamo capite.. – disse Jen.
- E questo, a quanto pare, ci ha reso molto unite – affermò Emma piena di speranza per poi dirigersi in studio a sistemare le ultime cose prima del concerto.
Jared abbracciò Jen e le sussurrò:
- Ti amo, non lasciarmi mai più solo.
- Non lo farò.
Dopo essersi tutti ripresi, si sistemarono e brindarono alla serata che li attendeva. Shannon e Tomo erano sorpresi dalla complicità che si faceva pian piano spazio tra Emma e Jen, e così con un lieve sorriso sulle labbra, fissarono Jared che brindava alla sua felicità. 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette. ***


Era ormai scontato che l’esercito degli Echelon parigini non avrebbe mai deluso le aspettative di Jared. Lui amava tanto quella città, non riusciva a spiegarsi il perchè, o forse semplicemente non  voleva ammettere nemmeno a sé stesso che era un inguaribile romantico. Per una vita intera non era mai riuscito ad amare veramente, non era mai riuscito a lasciarsi andare, tutto si rovinava e lui doveva solo arrendersi. L’amore non faceva per lui, fino a quando poi incontrò una certa Jen. Proprio lei, quella donna che lo stava osservando con orgoglio dal backstage e che lo sosteneva più di chiunque altro.
Il concerto andava avanti e nel frattempo lei chiacchierava anche con Emma, le due si ritrovarono a commentare i movimenti di quei tre che ringraziavano con la loro grinta l’emozionato pubblico, muovendosi in modo buffo. Jared saltellava in maniera insensata sul palco, volgendo il microfono alla folla per invitarla a cantare; Tomo col movimento della testa che seguiva il ritmo della sua chitarra, lasciava ondeggiare i suoi capelli leggeri colmi di sudore e Shannon, in maniera possente, dominava quella che era l’amore della sua vita, la sua amata batteria che s’inchinava ai suoi battiti. In pochi secondi Emma si allontanò, richiamata dal suo cellulare che squillava insistentemente, doveva essere suo marito per come guardò lo schermo illuminato. Jen lesse sul suo viso felicità e preoccupazione, quella donna meritava tanto e vederla stare così era frustrante anche per lei. Senza invadere gli spazi di Emma però, continuò a seguire il concerto. Era il momento di “The Kill” in versione acustica. Jared intratteneva gli Echelon, con i suoi soliti discorsi senza un filo logico. Amava interagire con la sua famiglia, in questo modo poteva sentirli più vicini e sapeva davvero che nessuna di quelle persone l’avrebbe mai abbandonato. Erano la sua speranza, erano la sua ragione di vita, erano il regalo più bello che lui potesse mai desiderare.
Tutto d’un tratto, Jen si sentì picchiettare sulla spalla sinistra.
- Hey..
- Shannon! – disse piacevolmente sorpresa. – Che ci fai qui? Non dovresti essere sul palco?
- Sì, ma ci sono le versioni acustiche quindi nel frattempo riprendo un po’ fiato..
- Ah, e beh, posso capirlo. Su quella batteria sei fantastico, tu la domini! – cominciò ad emozionarsi, gli occhi le brillavano.
- Oh, ti ringrazio. Quanto si nota il tuo animo da Echelon! – le sorrise strizzandole l’occhio.
Fece per andarsene, ripescando le sue bacchette che aveva appena posato su un piano accanto alle bottigline d’acqua fresca, quando poi si girò nuovamente verso Jen dicendole:
- Mi piacerebbe tanto fare quattro chiacchiere con te! Sai, sei la donna di mio fratello e voglio studiarti per bene! – rise guardandola dritto negli occhi con quegli occhi color nocciola, contornati da quelle grosse sopracciglia anch’esse scure e un po’ ricurve.
- Senz’altro Shan, con piacere! – affermò la ragazza, sorridendo.
Rimase molto sorpresa dalle parole di Shannon, si era sempre sentita in imbarazzo in presenza sua e di Tomo. Forse per paura di sembrare inadeguata o non all’altezza. Aveva paura di sbagliare in qualcosa e che quindi, deludendo loro, avrebbe potuto deludere anche Jared. Erano come al solito solo sue paranoie. I due l’avrebbero accolta molto volentieri nella loro combriccola. Erano persone molto alla mano, gentili, disponibili e Jen non vedeva l’ora di poter stringere amicizia con loro dato che erano pur sempre punti di riferimento essenziali nella vita di Jared.
Dopo pochi attimi Jen vide Emma ritornare, in lacrime. I suoi occhi erano particolarmente rossi e infinite lacrime le cadevano sul viso da quegli occhi piccoli e delicati. La donna le si avvicinò, cercando il suo abbraccio e, senza dover aspettare, riuscì subito a cullarsi tra le braccia della sua nuova amica.
- Emma..
- Vuole il divorzio. – sussurrò la donna senza fiato.
Piangeva a dirotto, i singhiozzi le logoravano lo stomaco, l’ossigeno non le arrivava ai polmoni. Cercava di prender aria ma  senza riuscirci, provava a recuperare respiri ma le sembrava solo di soffocare.
- Emma, respira. Respira, piano. – Jen provò a tranquillizzarla, cercò di consolarla, accarezzandole la schiena e riscaldandola col suo abbraccio.
- Dice che non ne può più, che è inutile continuare dato che io sono sempre assente.. – fece una pausa per prender fiato mentre Jen le porgeva un bicchiere d’acqua.
Emma bevve lentamente, chiuse gli occhi, tentando di buttar via la tensione, l’ansia e la preoccupazione, ma non ci riuscì. Il dolore si era impadronito del suo corpo e della sua mente. Stava per perdere l’unico uomo che aveva mai amato per davvero e non voleva accettarlo. Mentre stava per appoggiarsi delicatamente ad un muro, cadde a terra priva di sensi. Il corpo aveva perso forza ed Emma si era abbandonata alla sua sofferenza. Jen alla vista di quella scena si sentì impotente, si sentì morire. Non sapeva cosa fare. Cercò di rianimarla, ma ogni suo tentativo fu vano, non aveva seguito nessun corso di soccorso immediato, e proprio in quel momento capì che non era stata una saggia decisione. Chiese aiuto e molti uomini della troupe corsero incontro alle due donne, mentre Jen chiamava il 911. Sì, nel bel mezzo del concerto. Dopo circa dieci minuti arrivò un’ambulanza per portare Emma in ospedale, la situazione era preoccupante. La donna era ancora ferma, immobile, non aveva mosso un muscolo. Jen diede un ultimo sguardo al suo uomo mentre padroneggiava sul suo palco, il luogo in cui si sentiva più a suo agio quasi come fosse casa sua, prima di accompagnare Emma a verificare le sue condizioni fisiche. Sentì il suo cuore stringersi, aveva davvero paura di perdere tutto quello che stava vivendo. 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto. ***


Durante il tragitto verso l’ospedale, Jen cominciò a piangere, era arrabbiata per come si era ridotta Emma, era arrabbiata davvero e la sua rabbia si manifestò attraverso lunghe lacrime amare. Non era giusto. Quella donna aveva sempre lavorato duro, aveva sempre meritato ciò che aveva ottenuto, per quale motivo quell’uomo doveva trattarla così? Non era giusto per lei dover sopportare tutto questo. Così cercò di farle sentire che le era accanto, le strinse la mano e le accarezzò i capelli biondi ormai sconvolti anch’essi. Dopo pochi secondi, Jen sentì ricambiare la stretta, Emma stava riprendendo coscienza, per fortuna. Arrivate in ospedale, la portarono a fare gli opportuni controlli e quando i medici ebbero i risultati, riferirono alle due che la donna avrebbe dovuto riposare molto e che avrebbe dovuto passare la notte lì, per tenerla sotto controllo. Aveva solo avuto una perdita dei sensi per la stanchezza, la troppa fatica psicologica, ma effettivamente non aveva nulla che non andava. Jen sospirò, tranquillizzatasi e dopo aver accarezzato il volto pallido di Emma, uscì dalla sua stanza per chiamare Jared per avvisarlo dell’accaduto, ora che lo show era finito.
- Jared..
- Jen, dove sei? Sei sparita. E dov’è anche Emma? – le chiese con tono preoccupato.
- Siamo in ospedale.
- Ospedale cosa? Cos’è successo? – andò in panico.
- Nulla, ora è tutto ok, Emma era svenuta, non riusciva a respirare, deve riposarsi. – rispose Jen con voce debole.
- Dove siete? Vi raggiungo immediatamente.
- All’ospedale, qui vicino, non so nemmeno come si chiama, ma è a pochi km da lì. – sentenziò la dolce ragazza.
- Arrivo, arrivo subito.
Nel momento in cui attaccò la telefonata, a Jen venne un’idea. Ritornò nella stanza di Emma, le si avvicinò con cautela e cominciò a parlarle a voce bassa:
- Come ti senti? – le chiese accarezzandole la fronte.
- Meglio, meglio, credo.. – si strofinò gli occhi con le mani.
- Emma, perché non torni a Los Angeles? Perché non fai una sorpresa a tuo marito? Potrei accompagnarti e magari ritornare dai ragazzi dopo qualche mese.
- Jen, non posso.. il mio lavoro. – disse con un filo di voce.
- Jared, Shannon e Tomo sapranno cavarsela da soli e se tu pensi per un attimo alla tua vita, loro ne saranno solo felici. Non vogliono mica vederti soffrire! Lo sai.. – cercò di rassicurarla, Jen voleva davvero che Emma pensasse un po’ anche alla sua vita.
- Ne sarei felice anch’io. Mio marito piangeva per telefono, diceva che non era possibile che la pausa fosse durata solo due mesi. Non avremmo mai potuto creare una famiglia tutta nostra se io avessi continuato a star lontana da lui, ecco cosa mi ha detto..
- Non credi che abbia ragione?
- Assolutamente sì..
- O altrimenti potresti proporgli, un giorno, di seguirti, di girare il mondo con te insieme alla band. Non credi?
- Potrei provarci.
- Credimi, devi farlo.
Entrambe si sorrisero quando ad un certo punto qualcuno bussò alla porta. Si girarono di scatto e videro Jared appoggiarsi al muro respirando affannosamente. Aveva corso come un matto per arrivare il prima possibile e ce l’aveva fatta in soli trenta minuti.
- Emma, devi tornare a Los Angeles! – le ordinò con fare deciso.
- Jared io, io.. – cercò di replicare.
- Emma, non si discute!
- Jared, posso accompagnarla io, non mi va che parta da sola.. – ammise Jen.
- Jen, vai via?
- Devo, non posso restare.
Emma se ne sarebbe andata, Jen sarebbe partita con lei.
I due si allontanarono per un attimo dal letto d’ospedale, quando Jared prese la mano di Jen per tirarla lontano da quella stanza.
- Jen! Mi stai lasciando? – il cuore gli usciva fuori dal petto, batteva forte in piena agitazione mentre le mani gli tremavano come foglie al vento. Non avrebbe retto quel colpo.
- No, Jared, ma che dici! Ma sento di dover andare, di dover tornare a casa. Non posso continuare a stare qui, girando di città in città, devo sistemare la mia vita.
- Jen.. sei tu la mia vita. Ma non posso interrompere il tour.
- Non devi farlo, non per me. Mai, non te lo chiederei mai. Continua a far sognare quelle persone là fuori che aspettano solo te per realizzare i loro desideri. Sei tu che li fai vivere, come sei tu che fai vivere me. Ma.. non lo so, devo partire.
- Ritornerai? – le chiese quasi piangendo. Tratteneva le lacrime in quel mare d’azzurro che era il suo sguardo, in quel fiume in piena che erano i suoi occhi.
- Non lo so. – disse Jen, mentre allontanava la sua mano dal tocco di Jared.
Lo abbracciò, e quando lo strinse forte a sé, sentì Jared piangere, tirare dentro il respiro e così una lacrima le scappò via dagli occhi. Gli accarezzò il capo, sfiorando quei capelli che solo a lei era permesso toccare. Delicatamente poi, poggiò la sua mano sulla sua nuca, avvicinò le sue labbra all’orecchio di Jared e gli sussurrò:
- Io ti amo, ti amo davvero. Se ti fidi di me, io tornerò. Tu aspettami. Promesso?
Lui si scostò per guardarla negli occhi, stavano piangendo entrambi.
- Promesso. – si fermò - Ho il cuore a pezzi, sai? Sei la mia vita.
La baciò, la baciò e la baciò ancora.
- Io ti amo, ti amo davvero. – affermò ancora.
Mentre Jen si accordava con Emma per la partenza, Jared piangeva senza sosta. Consumò un paio di pacchetti di fazzoletti prima che Jen gli si avvicinò nuovamente per salutarlo un’ ultima volta.
- Ciao Jared.. – gli accarezzò la guancia.
- Ciao amore.. – gli prese la mano stringendola a sé.
Cos’era questo? Un addio o un arrivederci? Nemmeno Jen lo sapeva. Non ne aveva idea, ma aveva tanta paura. Tutto poteva finire, stavolta per davvero. Jared, come poteva rinunciare a Jared? Non poteva, ecco, ma doveva. 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove. ***


Uscendo dall’ospedale, si guardò attorno e vide Shannon arrivare in macchina, la sua delicata Mercedes nera, notò che anche lui era stanco. Lo fissò per un po’, quando poi si accorse che stava piangendo di nuovo e così, istintivamente, girò lo sguardo da un’altra parte. Lui, dovendo raggiungere Jared, accostò l’auto accanto all’entrata dell’ospedale e scese. Diede un’occhiata a Jen, vedendola sconvolta, quasi sofferente e le disse:
- Jen, cos’hai?
- Shannon, nulla, non preoccuparti..
- Nulla? A chi vuoi prendere in giro?! Ti sei vista? Sei distrutta.
- Posso ben immaginarlo.. – disse quasi giustificandosi.
- Cosa c’è che non va? Parlami.. – voleva davvero essere d’aiuto.
- Io, io.. non so proprio cosa fare né dire. – continuò a giustificarsi, come se non potesse cambiare la situazione.
- Andiamo a fare due passi, su! Così puoi raccontarmi tutto con calma. – la tranquillizzò.
- Grazie Shannon. Grazie davvero. Io non so proprio cosa mi è preso. Domani parto, andrò via con Emma, torniamo insieme a Los Angeles.
- C-c-cosa? – chiese sbalordito.
- Sì, lei oggi è stata malissimo a causa della crisi col marito, io devo sistemare la mia vita. – affermò, mentre un’altra lacrima attraversava la sua guancia.
- Oh.. – si sentiva impotente anche lui mentre la osservava piangere.
- Ci sto troppo male Shannon, sto uno schifo. La mia vita è vuota senza Jared. Ma ho dei doveri, ci sono quei fottuti esami da fare, e se non mi responsabilizzo perderò molti anni e il mio sogno andrà in fumo.
- Qual è il tuo sogno? – chiese confuso e incuriosito.
- Non lo so. – rispose.
- Ma allora per cosa vuoi lottare? – le domandò ancora, sempre più perplesso.
- Ma non lo so, ho perso tutte le mie certezze da quando ho incontrato Jared. Frequento quella maledettissima facoltà di lettere, ma non so cosa voglio farne della mia futura laurea. Non so più nulla, so solo che voglio stare con lui per il resto della mia vita.
- Allora forse è proprio per questo che devi tornare a Los Angeles. Devi capirlo, devi chiarirti le idee, devi realizzare ciò che vuoi fare, e far sì che diventi la realtà di ogni tuo giorno.
- Sì, Shannon, hai ragione, hai proprio ragione. – scoppiò in lacrime.
Pur avendo capito ciò che doveva fare e il motivo per cui doveva farlo, avrebbe dovuto abbandonare l’amore della sua vita per farlo. E non ce l’avrebbe fatta, non ce l’avrebbe proprio fatta. Non era solo Jared a non poter reggere quel colpo, nemmeno lei ci sarebbe riuscita.
Shannon la vide respirare lentamente tra lacrime di tristezza, quelle lacrime che le consumavano la felicità del tempo passato a sognare con loro. E non voleva, a prescindere dal fatto che lei era la donna di suo fratello, lui era sempre stato un bonaccione, voleva la felicità di tutti. La strinse così in un forte abbraccio, donandole tutta la forza che gli era rimasta in corpo per aiutarla ad andare avanti. Lei lo accolse tra le sue braccia, toccando la sua grande schiena. Si sentì meglio, quell’abbraccio le aveva donato speranza, ma era ora di tornare alla realtà e staccarsi da quel sogno.
- Grazie Shannon! –  fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre stava per andarsene.
- Non sparire, mi raccomando! Mio fratello ti ama davvero. – aggiunse lui.
Lei si limitò a sorridere, senza dargli alcuna certezza, ma dentro di sé sapeva già cosa avrebbe fatto.
Mentre Jen ritornava in albergo, Jared era ancora in ospedale da Emma trovandosi a chiacchierare con Tomo che l’aveva raggiunto prima di Shannon.
- Ogni volta mi promette di non lasciarmi ma ogni volta lo fa, non capisco. – confessò all’amico, mettendo in dubbio i sentimenti di Jen.
- Jared ma che stai dicendo? E’ spaventata, non lo capisci? Ha paura di perderti e così scappa. Ti vuole così tanto che scappa.
- Eh?
- Lo so, il senso è un po’ contorto, ma so che mi hai capito. Jen non riesce nemmeno lei a credere in ciò che le sta accadendo, è ancora convinta di star sognando.
- Cosa dovrei fare io? – chiese lui disperato.
- Domani, va’ da lei in aeroporto. Faglielo capire che non hai intenzione di perderla e che la tua vita è con lei e solo con lei che vuoi passarla! – affermò Tomo con tono sicuro.
- Hai ragione, amico mio, hai proprio ragione! – lo strinse a sé.
Dopo poco Shannon, che era rimasto fuori a fumarsi una sigaretta al fresco, li raggiunse. I tre passarono l’intera notte in ospedale per non lasciare Emma da sola che dormiva senza forze su quel letto spoglio d’ospedale, respirava lentamente e cercava di ritornare in sé. Jared, Shannon e Tomo si guardarono fra loro e capirono che era assolutamente giusto lasciarla tornare a casa dal marito e che nulla avrebbe dovuto fermarla. Quella giornata li aveva stravolti, il concerto era stato sublime ma davvero stancante, avevano un’incredibile bisogno di riposare, ma in quella situazione la preoccupazione non era d’aiuto. 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci. ***


La mattina dopo le due donne erano pronte a partire. Prepararono velocemente le valige per ritornare a casa e fecero una ricca colazione per affrontare la lunga giornata. Il volo partiva verso mezzogiorno e per assicurarsi di poter fare tutto con calma si recarono lì due ore prima. Furono accompagnate in aeroporto dalla band e i tre, al solo immaginarle lontane, si sentivano persi. Emma era importante per il loro equilibrio lavorativo e Jen era importante per Jared, per la sua felicità. Lui non riusciva ad immaginarsi senza, non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui, senza lei. Al momento dei saluti, si abbracciarono tutti e ad Emma scappò una lacrima, non si era mai allontanata da Jared, Shannon e Tomo e pur non volendo, doveva farlo. Jared aveva troppa paura di salutare Jen, non sapeva se quello era un addio, non l’aveva capito. Non sapeva se l’avrebbe rincontrata, ritrovata, forse non l’avrebbe nemmeno più rivista, forse in quel momento lei stava uscendo definitivamente dalla sua vita e lui non voleva accettarlo. Le picchiettò delicatamente la schiena per poi prenderle una mano.
- Ehi..
- Jared..
- Jen.. ma – trattenne le lacrime lasciando spazio ad un enorme groppo in gola – come faremo?
- Jared, io.. – le parole le si fermavano tra i denti, la voce non usciva, non riusciva ad emettere nessuno tipo di suono.
- E’ un addio? – i suoi piccoli occhi azzurri si stavano riempiendo di lacrime.
*Ultima chiamata – il volo per Los Angeles partirà tra 15 minuti*
Il destino li stava separando. Sì, il destino, perché di certo loro non l’avevano deciso, o forse sì, forse Jen l’aveva deciso, voleva scappare, voleva andare via.
- Devo andare – gli stampò un bacio sulla guancia e corse via seguita da Emma.
Arrivate all’aeroporto di Los Angeles, Emma e Jen si separarono, promettendosi di rimanere in contatto. Chissà se ci sarebbero riuscite, entrambe non erano poi così convinte. La loro amicizia era nata in circostanze particolari, circostanze che stavano sparendo, quel periodo della loro vita si stava disintegrando alle loro spalle, era quindi probabile che anche loro due si sarebbero allontanate.
Rimasta sola, Jen si aggirava per quel posto pieno di persone sconosciute, sentendosi spaesata. Prese un taxi il prima possibile per tornare a casa, nella speranza di trovarla vuota. Per sua fortuna, così accadde. Nell’aprire la porta principale, non udì alcun rumore, alcun suono, nemmeno la voce di Lexie. C’era solo lei, quella casa e il nulla. Approfittò di quel momento per correre nella sua stanza, trascinandosi dietro il trolley, e distendendosi sul suo amato letto. In pochi attimi, accese lo stereo e come per magia partì Alibi, la canzone più strappalacrime che i Mars avrebbero mai potuto scrivere, quella che stava ascoltando quando incontrò Jared in biblioteca. Cercò di non pensare, provò ad ascoltare quella musica in maniera distaccata, ma fallì. In quel preciso momento infinite immagini le attraversarono la mente sfiorandole gli occhi. Stava ricordando tutto, tutto già le mancava. In men che non si dica, si ritrovò da sola sul letto, a gambe incrociate, a piangere. Quel tutto era lontano ormai. Finita la canzone, si alzò dal letto, cercando di scrollarsi la stanchezza dal corpo, fece due passi per avvicinarsi alla valigia da aprire e svuotare quando intravide la sua immagine nello specchio. Si avvicinò al suo riflesso e si osservò attentamente. Il trucco le era completamente colato, la matita si era sciolta e il mascara ormai non esisteva più. Le lacrime si erano fermate sulle guance, alcune erano sporche di nero, altre erano chiare, limpide e pulite, ma pur essendo perfette erano sintomo di sofferenza. Gli occhi, sì, gli occhi. I suoi espressivi occhi castani erano diventati rossi, e si potevano anche addirittura notare le lacrime che li riempivano, si erano rimpiccioliti ancor di più. Per un attimo non si riconobbe, si spaventò. Poco dopo però, lo stereo cominciò a suonare le note di Night Of The Hunter , la sua canzone preferita e lì capì che no, non poteva arrendersi e che la vita continuava, anche senza Jared.
“Whatever you do, don’t be afraid of the dark.”
Sistemò le sue cose e senza perdere minimamente tempo s’informò su quali fossero gli esami da recuperare e su cosa doveva prepararsi. Essendo mancata per un mese, ne aveva persi solo due e recuperarli sarebbe stato facile. Ma nello stato in cui si trovava, ci sarebbe davvero riuscita? Accese il suo portatile e cominciò a fare varie ricerche mentre appuntava tutto il da farsi sulla sua agenda. Passarono svariate ore fino a quando si fece sera, ma lei, determinata a studiare, non si fermava, voleva dare un esame in quella stessa settimana per liberarsi il prima possibile dagli arretrati. Improvvisamente, dalla sua stanza, sentì qualcuno giocare con la maniglia della porta.
- Sarà Lexie – pensò tra sé e sé.
Corse ad aprirla, immaginando che fosse in difficoltà, dato che era lì a far rumore da quasi cinque minuti. Quando aprì la porta, vide la sua amica, a bocca spalancata, che l’accolse in un enorme abbraccio facendo cadere tutte le buste della spesa che aveva in mano, a terra.
- Jeeeeeeeeeeeeeeeen! – gridò entusiasta.
- Lexie! – provò a ricambiare la felicità, ma si rese conto che non era proprio il caso.
- Ecco qua, cosa c’è che non va? Su, raccontami tutto. – la sua migliore amica la conosceva troppo bene.
Trascorsero tutta la notte a parlare della situazione di Jen, della catastrofe in cui si trovava, della sofferenza che era costretta a sopportare. Lexie cercò di rassicurarla, ma nulla poteva riuscirci se non il caldo sorriso di Jared. Tanto presa da sé stessa, quando smise di parlare, non diede nemmeno tempo all’amica di raccontarle ciò che le era successo, che stanca morta se ne andò a dormire. Una grande sorpresa però era lì pronta ad accoglierla. Chissà quando, chissà come, chissà dove. 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici. ***


Passò giorni vuoti, tra studio, studio e.. cos’altro? Studio. La vita di Jen si stava riducendo solo a questo, se non fosse stato per Lexie che, lavorando in un negozio in centro, le portava le ultime notizie della città. Quella ragazza adorava spettegolare, non lo faceva con cattiveria, ma le era sempre piaciuto sapere tutto, anche di cose che non la riguardavano per niente. Jen l’ammirava molto perché lei, a differenza sua, era forte, meno sensibile, non doveva crearsi nessuna maschera per fingere di esserlo, e così riusciva a superare più facilmente le solite situazioni difficili che si presentano nella vita. Era sempre sorridente, la vedevi sempre con quel sorriso smagliante brillare insieme a quei suoi occhi verdi, pronta a consolarti anche quando il mondo le cadeva addosso, era una persona davvero altruista, gentile e Jen non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza per tutto quello che lei faceva per aiutarla. Continuò così per un po’, fin quando non recuperò il primo esame. Era davvero soddisfatta del suo studio no-stop, era servito a qualcosa dato che si era beccata un bel trenta. Si sentiva realizzata, si sentiva ripagata per i suoi sforzi, il suo impegno e la sofferenza che stava affrontando. Ma quel delizioso stato d’animo l’abbandonò dopo poco, quando iniziò a pensare al discorso che, quasi due settimane prima, le fece Shannon. Era davvero questo quello che voleva? La risposta era un bel no. No, non era questo quello che voleva, lo sapeva, ma doveva accontentarsi ormai, aveva fatto una scelta, aveva abbandonato l’uomo della sua vita e doveva pagarne le conseguenze.
- Jeeeen, Jeeeen dove sei? – chiese Lexie parlando a vuoto. – Jen? – girò per tutta la casa, senza trovarla. Non ricevette alcuna risposta e dato che erano solo le otto di mattina, si preoccupò. Salì al piano superiore ma non trovò nessuno, aprì ogni porta, entrò in ogni stanza ma niente. Riscese al piano terra per prendere il telefono e provare a chiamarla quando poi si accorse che le aveva lasciato un biglietto sul tavolo. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
- Lexie, non riuscivo a dormire, sono andata a fare una passeggiata fuori, ho portato anche un po’ di soldi con me, non so se torno stasera, ho bisogno di stare da sola. – Jen.
Pur essendo preoccupata, Lexie si trovò a dover accettare la sua decisione. Aveva paura per Jen, era ridotta davvero male ultimamente, ma magari il restare da sola l’avrebbe aiutata a trovare la forza di cui aveva necessariamente bisogno. Per questo decise di restarne fuori.
Così fu, infatti. Jen non tornò a casa, affittò una misera stanza in un motel, cosa che lei non avrebbe mai voluto fare, tanto che odiava gli spazi piccoli e sporchi, ma evidentemente era particolarmente disperata tanto da accettare quelle condizioni, e per cena ordinò una pizza. Si stese sul letto e chiudendo gli occhi, rimase in silenzio tra il vuoto della stanza. Né musica, né rumori le facevano compagnia, era completamente sola ed era così che voleva stare. Solo così sarebbe potuta arrivare ad una conclusione, alla soluzione del problema. Pianse, quasi come per sfogarsi. Stette lì a contemplare la sua vita per un paio d’ore, quando poi crollò, addormentandosi con tutti i vestiti, su quel letto spoglio ad una sola piazza.
Il mattino seguente si sveglio più tranquilla, uscì da quell’orrore e andò in spiaggia per andare a fare una passeggiata alla luce del leggero sole mattutino. Si tolse le scarpe e cominciò a camminare a piedi nudi sulla sabbia bianca che le solleticava la pelle. Guardò il mare e vide la luce riflettersi su di esso. Vide brillare il posto attorno a sé e magicamente si sentì parte di quel calore. Si sentì viva, talmente tanto da spogliarsi e buttarsi con un tuffo diretto nell’acqua limpida e cristallina che trasmetteva libertà. Nuotò a lungo, lasciò che l’acqua le pervadesse il corpo, le entrasse dritta nell’anima fino a liberare la mente dalla negatività. La tristezza svanì e chiudendo gli occhi, era proprio lì era aveva trovato la sua forza. Si asciugò lentamente al caldo, e guardandosi attorno vide una famiglia sul molo. Erano felici, sorridevano. I genitori si tenevano per mano, mentre osservavano i loro figlioletti sfiorare l’acqua con le mani. Erano un quadretto davvero commovente. Jen, pur sentendosi terribilmente sola, colse quell’occasione per ricominciare tutto d’accapo e lasciarsi il passato alle spalle, dov’era ormai da tempo. Aveva perso ogni traccia di Jared, come anche di Shannon, Tomo ed Emma. Era finito tutto. 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici. ***


Il tempo scorreva incessante e tutto sembrava rimanere uguale. Jen avrebbe tanto desiderato far qualcosa, ma l’unica soluzione possibile era quella di accettare quella situazione. La vita che tanto sognava le era passata davanti, ma in un batter d’occhio era sparita, come se non ci fosse mai stata. In ogni modo però, cercò di rimboccarsi le maniche e continuò a studiare, impegnandosi molto per finire gli studi di quell’anno. Una mattina si recò nella solita biblioteca, giusto per rilassarsi e smettere di pensare. Scelse un libro a caso, proprio per tuffarsi in un’avventura sconosciuta e si sedette sul suo divanetto che affacciava sulla strada quasi deserta. Per un attimo chiuse gli occhi e prima di guardare la copertina di quel libro, la accarezzò. Cominciò a leggere e pian piano si accorse che quella storia l’avrebbe davvero aiutata. Era un classico racconto a lieto fine e seppur banale, era quello di cui aveva bisogno. Lo lesse tutto d’un fiato, ci mise poco più di un’ora e mentre si trovava a leggere le ultime pagine si sentì picchiettare sulla schiena. – No! No! – pensò tra sé e sé. Era convinta di star sognando, così fu l’incontro con Jared e non voleva che ricapitasse, non voleva nemmeno ricordare quei momenti, l’avrebbero solo fatta stare male, ancora e ancora e non era proprio il caso dato che si stava da poco riprendendo. Facendo finta di niente continuò la sua lettura, immersa tra le note che le dedicava il suo i-pod. La sfiorarono ancora, cercarono ancora di richiamare la sua attenzione, ma lei non voleva dar segno di vita, non voleva vedere né sentire nessuno. Odiava essere interrotta mentre leggeva o mentre ascoltava la sua musica. Ad un certo punto però, un ragazzo alto, magro, dagli occhi verdi e i capelli scuri, le si piazzò davanti guardandola in maniera insistente e con aria seccata. Era lì a chiamarla da cinque minuti, senza ottenere una minima risposta. Finalmente poi, Jen alzò lo sguardo e rimase piacevolmente colpita dalla figura che si trovò davanti.
- Tu! – le disse in maniera convinta.
- Io? Si? – domandò con aria perplessa, si chiedeva da dove fosse spuntato quel ragazzo, così improvvisamente.
- O vuole che le dia del lei, signorina? – cominciò a provarci con fare disinvolto.
- Nono, va bene, dammi del tu!
- Cosa stavi leggendo?
- Un libro, non si vede? – si sentì infastidita.
- Oh, non me n’ero accorto! Acidina, eh? Cosa c’è che non va? – chiese curioso.
- Ma perché sei qui, scusami? Per chiedermi come sto? Se hai qualcosa da dirmi, vai al dunque! – sentenziò Jen quasi irritata.
- Ok, subito. Ti piacerebbe lavorare qui in biblioteca? Non è la prima volta che ti vedo e qualcosa di te mi dice che sei quella giusta. – le dichiarò tranquillamente con un sorriso mozzafiato.
- Quella giusta, eh? Lavorare con te, o sbaglio? – aveva capito tutto, lui voleva offrirle il lavoro per avere l’opportunità di starle più accanto.
- Si, proprio quella giusta, mi è bastato guardare come stringi ogni libro e come ti brillano gli occhi mentre leggi. – spiegò sicuro di sé.
- Mmh, - focalizzò lo sguardo per studiarlo meglio - Mi hai convinto! Che sarà mai, averti tra i piedi sarà pure una gran noia, ma lo faccio per l’amore che ho per la lettura! Perfetto! – stavolta gli sorrise e lui quasi convinto di essere riuscito a sedurla le si avvicino per accarezzarle la mano, continuando a mostrarle il suo sorriso migliore. Jen rifiutò il suo tocco, non voleva.
- A domani allora, cominciamo alle nove. Se ti va, facciamo colazione insieme! Ah, comunque il mio nome è Zach, molto piacere! – ecco che partiva all’attacco.
- Jen – gli strinse la mano - e comunque no, non preoccuparti, non è il caso. Qui alle nove, per lavoro. – lo salutò e fece per andarsene.
Tornando a casa, non riuscì a non pensare a Zach, all’entusiasmo con cui l’aveva accolta e al sorriso smagliante che le aveva mostrato. Ripensò anche alla sua carezza, al modo in cui le aveva sfiorato la mano e proprio in quel momento un brivido le pervase il corpo. Non voleva che quel gesto si ripetesse, non lo voleva nella maniera più assoluta. Nessun altro uomo, se non Jared , l’avrebbe potuta toccare, sfiorare, amare. Lei lo rifiutava a priori, quando invece lui, Zach, sarebbe potuto essere  la soluzione a tutti i suoi problemi.
Trovò Lexie ad aspettarla seduta al tavolo della cucina mentre, guardandosi attorno, fissava il vuoto, muoveva la gamba in maniera frenetica e ciò dimostrava chiaramente che era nervosa. Vedendola arrivare, Lexie guardò Jen da lontano con aria un po’ preoccupata.
- Oi, ma che c’è? – chiese Jen con tono interrogatorio.
- Nulla, devo dirti una cosa e sono agitata – rispose Lexie alzandosi in piedi e camminando avanti e indietro.
- Su, calmati! Che sarà mai? Stà tranquilla, forza! – provò Jen.
- Mi sposo. – buttò giù Lexie.
- Cccccosa? –
- Sì, proprio così, tra due mesi mi sposo. Non volevo dirtelo perché avevo paura di farti stare male, vista la tua situazione con Jared e dato che poi rimarrai sola, ma sì, mi sposo Jen! – si stava commuovendo.
- Ma chi se ne frega di me Lexie! E’ fantastico, sono felicissima per te e Luke! Assolutamente sì! E io ti farò da damigella, vero? – sorrise.
- E certo, senza dubbio! Poi troveremo qualcuno di carino che ti accompagni, o no?
- Non penso sia il caso, già oggi ho incontrato un tipo.. ma io non voglio nessuno se non Ja.. – fu interrotta dall’amica.
- Jared, sì lo so e ti capisco, amica mia. Quando ami qualcuno, lo ami e basta. – la strinse forte a sé – Io sono qui e ci sarò sempre.
- Sorridiamo, stai per sposarti, solo sorrisi da oggi, te lo prometto! – le baciò la fronte accarezzandole i capelli lunghi e rossi.
Ad un tratto poi, qualcuno bussò alla porta con una leggera foga. 

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici. ***


 Jen corse ad aprire, chiedendosi chi poteva mai essere, dato che non aspettava nessuno, come nemmeno Lexie. Si trovò davanti Luke, che con respiro affannato chiedeva della sua futura sposa. Jen, scrutandolo con attenzione gli rispose che poteva accomodarsi per prendere un po’ d’aria e che l’avrebbe trovata in cucina. Vedendolo entrare senza proferire parola, lo seguì piano piano con lo sguardo, notando che nascondeva qualcosa sotto il giubbino. Si accorse che tra le sue grandi mani stringeva un piccolo cofanetto quadrato e subito immaginò che all’interno poteva esserci un luminoso brillante per la sua donna. Da lontano vide Lexie sorridere con gli occhi lucidi e così capì che non se l’aspettava per niente una visita da parte del suo uomo, che molto probabilmente lui avrebbe dovuto lavorare come al solito, ma invece quella sera era lì, da lei, con lei, per lei. Sorrise vedendola felice e si diresse in camera sua, lasciandoli da soli. Luke si rivolse a Lexie, in preda all’agitazione.
- Non potevo farti più aspettare. Lo so che ne abbiamo già parlato, ma mancava qualcosa..
Lexie si alzò in piedi, senza saper cosa dire.
- Io, io.. cioè..
- Shhh, non parlare, tocca a me. – le sorrise.
Lei l’accarezzò in viso, illuminandogli lo sguardo, quando lui riprese a parlare.
- Ecco cosa mancava – disse mentre tirava fuori il cofanetto – Lexie, mi vuoi sposare? – s’inginocchiò a terra, proprio come nei film d’amore più belli.
- Lo sai già, si, si, si, mille volte si! – lacrime di gioia le rigavano il viso mentre lui le infilava il solitario al dito.
- Ti amo! – le dichiarò lui.
- L’ho sempre fatto anch’io, sai? – rise leggermente.
Ad un tratto, Jen ritornò in cucina dalla sua stanza e con grande entusiasmo, li guardò sorridente dicendo:
- Tanti auguri sposini! Siete fantastici, lo sapete? – stava per commuoversi.
- Lexie..
- Si? – la voce le tremava.
- Ti voglio bene! – le disse l’amica.
- Anch’io, anch’io. – corse ad abbracciarla, coinvolgendo anche Luke. – vi auguro il meglio, lo meritate davvero!
Quando tornò a dormire, Jen si accorse che l’equilibrio da poco ritrovato stava lasciando posto alla malinconia. Le mancava Jared, più di chiunque altro, più di qualunque altra cosa. Si coprì con il lenzuolo, nonostante l’afa estiva, nascose la testa sotto al cuscino, per ridurre il rumore dei suoi singhiozzi, e lì da sola nel buio, cominciò a piangere. Cosa stava succedendo alla sua vita? Cosa doveva aspettarsi? Cosa ne doveva fare? Era stanca di darsi inutili risposte che duravano solo pochi giorni se non addirittura poche ore. Tutto cambiava troppo velocemente, quotidianamente. E lei ne aveva veramente abbastanza e adesso sì, si stava riabbandonando al dolore. Improvvisamente però, le venne in mente Zach e un sorrisò le colorò il volto. Pensò alla mattina successiva e alla giornata di lavoro che l’aspettava. Magari Zach era davvero interessato a lei, poteva davvero aiutarla, poteva davvero essere il suo amore, quello che l’avrebbe aiutata a rinascere. Con questo pensiero che, per cambiare vita, si ostinava ad accettare, cercò di addormentarsi. Ormai Jared era sparito, non si era degnato né di chiamarla né di mandarle una lettera. Si era dileguato nel nulla e lei era ormai convinta che l’avesse già dimenticata. E come lui, Shannon, Tomo ed Emma. Nonostante avessero condiviso davvero dei bei momenti tutti insieme, era tutto finito. Zach era il futuro, loro erano il passato. Doveva accettarlo.

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici. ***


 Il giorno dopo si svegliò molto tranquilla, proprio in contrasto alla sera precedente, perché lei era così, decisamente troppo lunatica. Si alzò dal letto recandosi in cucina per farsi un bel caffè caldo ed essendosi svegliata in anticipo si sedette a tavola per sorseggiarlo con calma. Si dimenticò che Lexie stava ancora dormendo e non si accorse che stava facendo un po’ troppo rumore mentre si vestiva, infatti l’amica si svegliò di colpo, dirigendosi nella stanza di fianco alla sua con un ombrello in mano, con l’intenzione di colpire qualcuno. Ad un tratto, mentre camminava in maniera furtiva, si trovò Jen davanti e prima che si accorgesse che era lei, era sul punto di colpirla, ma fortunatamente Jen gettò un urlò di confusione:
- Leeeexie! Ma che stai facendo? – scoppiò in una grassa risata, l’amica sapeva essere davvero buffa certe volte. Si aggirava per la casa con questo enorme ombrello vestita con un enorme pigiamone anti-stupro.
- Jen, ma sei tu? – rise di gusto anche lei – io pensavo fosse entrato un ladro, ero pronta a difendermi – disse mettendosi in posizione da soldato.
Nonostante si fosse appena svegliata, era già piena di vitalità e voglia di scherzare, l’amore davvero cambia tutto. Questo fu quello che pensò Jen quando la vide e così la prese con un braccio e la strinse a sé.
- Sei troppo scema, amica mia! – le disse.
- Eh beh, lo so. Ma dove stai andando così presto? – chiese Lexie stranita.
- Uh sì, non te l’ho detto ieri, oggi comincio a lavorare in biblioteca, un certo Zach mi ha offerto un posto lì per aiutarlo – guardò l’orologio – e devo anche scappare per non arrivare in ritardo il primo giorno! – le diede un bacio sulla guancia e di fretta uscì di casa.
Dopo poco arrivò lì, sul posto di lavoro ed entrando si guardò attorno, sentendosi a casa. Era proprio il posto perfetto in cui lavorare, non l’avrebbe ritenuto un peso, era la sua passione e magari sarebbe anche riuscita a distrarsi. Da lontano intravide Zach che l’accolse con un enorme sorriso smagliante, uno di quelli che brillano anche da una grande distanza, e questo era proprio quello che Jen sperava di vedere. Si stava convincendo che Zach la potesse aiutare, chissà se era vero. Forse si, forse no. Lui le si avvicinò salutandola e senza esitare, cominciò ad illustrarle tutto ciò che lei avrebbe dovuto fare. Non era per niente difficile, doveva semplicemente tenere d’occhio i libri e dare ogni tanto uno sguardo ai clienti, rendendosi sempre presentabile e gentile. Libri e contatto con le persone, cosa poteva chiedere di più? Forse qualcosa c’era, ma per ora andava davvero bene così.
- Allora, come va stamattina Jen? – le chiese lui.
- Dai sì, credo vada meglio Zach, e a te? – cercò di essere gentile.
- A me, a me va meravigliosamente dato che ci sei tu qui! – eccolo che ci provava di nuovo e ancora.
- Maddai, su smettila! – disse Jen imbarazzata.
- E se ti dicessi che mi piaci? – parve sincero.
Per un attimo Jen sembrò davvero pensarci, credeva che Zach sarebbe stata la cura per la sua sofferenza e quindi questo la spingeva a rispondere in maniera positiva alle sue domande, ma il solo sentirgli dire queste parole le fece provare una brutta sensazione di rifiuto.
- Io.. ehm, no, cioè, non lo so.. – fu sincera anche lei.
- Allora me la dai un’opportunità? – ci stava provando, adesso aspettava solo una risposta, quella definitiva.
- No, non posso.. – non voleva, era palese, cercava solo di convincersi del contrario.
- Che significa? – le chiese confuso.
- Che no Zach, io amo già qualcun altro.. – si irritò leggermente.
- Ma se soffri, significa che non ti fa bene.. – le sfiorò la mano tirandola a sé.
- Io, è che io.. – provò a mugugnare qualcosa ma lui la interruppe.
- Shhh, fidati di me. – le disse sfiorandole il viso col suo tocco.
- No, basta, stà fermo. – si scostò.
Lui la prese tirandola nuovamente a sé, stringendole il viso tra le mani. La guardò fissa negli occhi, pietrificandole lo sguardo. Le sfiorò delicatamente i capelli per poi passare alle sue guance.
- Voglio stare con te, voglio davvero solo stare con te. – le confessò apertamente.
- Mi sembra affrettato dire tutto questo, stai esagerando. – rispose Jen, stufa di quella situazione.
Si allontanò velocemente dal bancone, dedicandosi ai clienti. Lavorare in quel posto sarebbe stato più difficile del previsto. Zach era davvero una calamita, ma lei aveva capito che cedere alle sue proposte non era quello che voleva veramente.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici. ***


 Il tempo scorreva incessante, Jen spesso piangeva, si chiudeva in stanza e non voleva parlare con nessuno. Erano passati mesi da quando aveva lasciato Jared e non riusciva ancora a smaltire il dolore. Continuava a vivere tra studio e lavoro, senza dare spazio a ciò di cui aveva veramente bisogno. Il giorno del matrimonio di Lexie si avvicinava sempre più e l’amica non faceva che metterle sempre più ansia. Tutti i preparativi le prendevano la maggior parte del tempo, soprattutto la lista degli invitati la preoccupava particolarmente, ma Jen non ne capiva il motivo. E certo, non sapeva che Lexie stava facendo i salti mortali per invitare anche Jared, Shannon e Tomo, con l’aiuto di Emma, che aveva rintracciato rubando il numero di cellulare dalla rubrica di Jen. Non sapeva se i tre erano ancora in tour, se erano disponibili, ma dato che Emma non aveva mai perso i contatti con la band, insieme riuscirono ad organizzare il tutto molto facilmente. Le due si erano viste di nascosto e avevano cercato di preparare la sorpresa nel migliore dei modi. Emma sapeva che Jared aspettava ancora speranzoso una risposta alle infinite e-mail che quotidianamente mandava alla sua amata Jen e che quindi non avrebbe avuto problemi per correre da lei ed anche Shannon e Tomo l’avrebbero accompagnato volentieri, avrebbero fatto di tutto per lui. Quando Lexie rientrò a casa, trovò Jen sdraiata sul divano appena tornata da lavoro e avendo appena scoperto dell’esistenza di tutte quelle e-mail, disse all’amica:
- Ehi, ciao! Come va oggi? Stai meglio? – ci sperava che potesse essere davvero così almeno per un giorno, era davvero in pensiero per Jen, stava troppo male e da troppo tempo.
- Si, se così si può dire.. – disse mentre si stiracchiava sul divano.
- Senti, e basta, alzati da lì, mi sembri un salame messo ad essiccare – rise da sola – vai a controllare le mie e-mail, qualcuno dovrebbe avermi risposto per le partecipazioni.
- Ehiiii, vacci piano – disse Jen con tono scherzoso – ora vado, sissignor capitano! – si alzò dal divano divertita.
Jen aveva per abitudine quella di lasciare il suo account di posta elettronica aperto anche se non lo controllava mai e quindi prima di poter entrare con quello di Lexie, scrutò tra le sue e-mail.
- Oh mio Dio.. – disse sconvolta, reggendosi alla scrivania.
- Cosa c’è? – chiese l’amica, pur avendo già capito tutto.
- Le mie e-mail, Lexie! Le mie e-mail! – cominciò ad agitarsi, lo si poteva intuire facilmente perchè tremava.
- Si?!
- E’ Jared, è sempre e solo Jared. – disse scorrendo tra i nomi della posta in arrivo. – mi avrà mandato minimo cento e-mail in questi mesi, sto per svenire, sto per morire, ciò significa che.. non mi ha dimenticata. – disse infine.
- Cosa credevi? Sei stata tu, stupidamente, a lasciarlo. – sentenziò Lexie.
- Grazie, eh! – disse Jen con tono seccato. – Devo leggere, devo rispondergli, avrà aspettato per così tanto tempo una risposta ed io cosa ho fatto? Ho passato il tempo a piangermi addosso, che stupida! – s’incolpò.
- Ma tu non potevi saperlo, stà tranquilla! E ora che lo sai, fà qualcosa! – la tranquillizzò.
- Sì, assolutamente! – sorrise con le lacrime agli occhi.
Jared non se n’era mai andato, Jared era sempre stato con lei. Nelle e-mail le aveva parlato del suo amore, le aveva raccontato di tutto quello che gli succedeva, accennato ai migliori concerti e a tutte le cose buffe che capitavano alla band, le aveva dedicato poesie e implorato di ritornare da lui. L’amava per davvero. Jen rimase davvero sconvolta da tutte quelle infinite parole che Jared costantemente le scriveva, non riusciva a capacitarsene. Lei aveva semplicemente sprecato del tempo solo per soffrire, non si era resa conto di nulla, non era stata nemmeno abbastanza coraggiosa da prendere una decisione ferma e tornare da lui. No, era stata vittima del dolore e si era lasciata trasportare nel buio più totale. Con quelle e-mail però era cambiato tutto, poteva ricominciare daccapo la storia con lui e provare ad essere di nuovo felice. Ancora non sapeva però che, grazie a Lexie, poteva farlo ancora prima del previsto.

Non esitò, smise di farlo. Si asciugò le lacrime e cominciò a scrivere una risposta per il suo amore.

“Ciao Jared,                                                                                                                                                                                                        iniziare a scrivere una lettera, una e-mail, un qualcosa per te è sempre stato difficile per me, la paura mi ha sempre fermata perché ho sempre creduto che tu non provassi più nulla per me, e allora non c’ho mai provato veramente. Ora che ho scoperto che tu ci sei sempre stato, non posso più aspettare, non posso più fingere, non costringerò me stessa a stare bene senza te, non ce n’è bisogno perché finalmente so che seppur distanti, io e te siamo insieme, ancora, come sempre, di nuovo. Non vorrei nient’altro se non una vita insieme a te. Quindi sappi che io ci sono, sarò qui ad aspettarti, per tutta la mia vita, finchè non avremo tempo per noi, io sarò qui, sempre. Ho capito che senza di te, non sarei più in grado di vivere. Questi mesi lontani sono stati i peggiori della mia vita, ho cercato di non pensarti, ho cercato di distrarmi studiando, lavorando in quella meravigliosa biblioteca dove è iniziato tutto, ho cercato la tranquillità essendo felice per le persone a me care, ma non bastava, non basta, perché la mia felicità esiste solo con te. Ho bisogno di amarti, ho bisogno di viverti, ho bisogno di averti accanto, solo te, te e me, nient’altro. E’ questo ciò per cui vivo. Ti amo, ti amo tanto Jared. Sei la mia vita.

A presto,                                                                                                                                                                                                    
la tua e solo tua,                                                                                                                              
Jen.”

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici. ***


Passò poco tempo per leggere una sua risposta perché Jared, pur essendo continuamente indaffarato, era sempre in attesa di un segnale di vita da parte di Jen. Soffriva terribilmente anche lui, era convinto che non c’erano più possibilità per ritornare con lei, e invece, per la prima volta in vita sua, il suo istinto si sbagliava. Conoscendo però il piano di Lexie ed Emma, dato che volevano farle una sorpresa, finse di non poter ritornare a Los Angeles prima di tre mesi e che quindi, lui e Jen non si sarebbero visti prima di Natale. Jen ebbe una strana reazione, cominciò infatti a sorridere, ma lacrime di sofferenza le cadevano violente sul viso colorato dalla luce del sole. Non ce la faceva più ad aspettare, non riusciva a resistere lontano da lui. Era passato troppo tempo, troppo tempo che non si perdeva in quegli occhi, che non sfiorava quelle labbra, che non accarezzava quella pelle. Voleva abbracciarlo, ma ancora cento giorni li separavano e Jen non sapeva se sarebbe riuscita a superarli.
Corse da Lexie e le raccontò tutto. Si mise a piangere ancora, non riusciva a smettere. S’incolpava per aver aspettato così tanto tempo prima di prendere una decisione concreta, era stata una codarda. Si sentiva responsabile per la sofferenza che aveva fatto provare a Jared e non poteva più biasimare lui dato che non era mai sparito, non se n’era mai andato. Era stato lei a lasciarlo, era stata lei a scappare nel bel mezzo di tutto. Ed ora era lei che doveva accettare il fatto che ancora molto tempo doveva passare prima che potesse riaverlo con sé.
- Jen, non farti del male da sola.. – continuava a ripeterle l’amica – Jared ora è con te, quel che fatto è fatto, pensa al presente, gli errori che hai commesso non ritorneranno più e, fortunatamente, non hanno avuto drastiche conseguenze..
- Lo so, Lexie, ma ho sbagliato, ho fatto un casino.. lo so che lui mi ama, ma in un certo senso ho deluso me stessa ed è come se avessi deluso anche lui.. – confessò dispiaciuta.
- Jen, la vita è fatta anche di questo, smettila di odiare te stessa, smettila di pretendere sempre la perfezione da ciò che fai, sei una persona anche tu, hai i tuoi difetti e i tuoi pregi.. e il tuo orgoglio è molto forte, aspettavi un segnale da parte sua, e nonostante ci fosse stato, tu eri troppo presa a stare male per accorgertene.. – le dichiarò per renderla consapevole della realtà.
- Hai ragione, sì! Imparerò, ho solo ventun’anni dopo tutto.. – si tranquillizzò.
- Ecco, quindi pensa che Jared vuole stare con te pur conoscendo i tuoi punti deboli, non è meraviglioso?!
- Decisamente sì, quanto mi ama, non me ne rendo ancora conto, ancora non realizzo che è proprio lui ad amarmi, l’uomo dei miei sogni.. Ricordi quando soffrivo di continuo perché credevo fosse impossibile che questo sogno si realizzasse? E invece, guardami, guardaci.. lui mi ama, io lo amo.. – lo capì.
- Siete insieme. Tre mesi passeranno velocemente, tu comincerai un nuovo anno d’università ed io mi sposerò. Vedrai, saremo così tanto indaffarate che nemmeno te ne accorgerai.. Ricorda che sei tu la mia damigella d’onore, solo tu, amica mia! – l’abbracciò – sorridi, ti voglio vedere sorridere, adesso tutto va come vuoi, abbi solo un altro po’ di pazienza – le disse guardandola negli occhi.
Passarono insieme tutta la serata, buttate sul divano a guardare un film divertente, di lacrime ne avevano versate fin troppo. Erano lì, a godersi quegli ultimi momenti insieme nella loro casa. Di lì a poco, tutto sarebbe cambiato. Il matrimonio era sempre più vicino.
Il giorno dopo Jen si recò a lavoro, come al solito lì vi trovò Zach, che non avrebbe mai abbandonato l’idea di provarci con lei. Di occasioni ne avrebbe avute milioni dato che loro due lavoravano insieme e nemmeno quella mattina esitò, guardandola in maniera maliziosa. Entrò in biblioteca guardandosi attorno, vide già molte persone lì, a prima mattina, e fu contenta di notare che alcune potevano rispecchiarsi in lei, delicatamente accomodate sui divanetti, con un bel caffè caldo tra le mani e cuffie nelle orecchie. Pensava che se non ci fosse stato Zach a rompere, quel posto sarebbe stato il migliore del mondo. Regnava la calma, l’aria era pulita, fresca, delicata e vi era un netto contrasto con il caos che dominava le strade piene di smog. Era luminoso quanto bastava, si respirava relax e chiunque vi entrasse, ne usciva tranquillo e riposato.
- Su, smettila di evitarmi! – le disse il solito.
- Evitarti? Per caso ti sto evitando? Oh, forse sì, ma è solo perché sto svolgendo il mio lavoro. – rispose lei senza rivolgergli lo sguardo.
- Ecco, e potresti anche degnarmi di un’occhiata, almeno. – dichiarò Zach mentre controllava se fosse finito il caffè nella macchinetta.
- Senti, ma perché dovrei? Stai rimarcando sullo stesso discorso, discorso che a me non interessa! – rispose ancora Jen, ovviamente stufa di quella situazione, facendo per allontanarsi.
- Senti tu! – la ritirò a sé per il braccio.
A Jen sembrava di rivivere la stessa situazione di pochi giorni prima, perché insisteva così tanto? Cosa voleva davvero Zach? Che diamine gli passava per la testa? Non ebbe nemmeno il tempo di provare a rispondersi che lui la tirò nello sgabuzzino.
- Ascoltami, dai.. – riprovò.
- Ma cosa hai da dirmi? Tutto quello che volevi farmi sapere, me l’hai già riferito l’altro giorno, ed io educatamente, ti ho rifiutato, smettila di insistere..
Più parlavano, più lui le si avvicinava al viso. Ormai le stava a pochissima distanza dalle labbra, era pronto a baciarla. Fece per sfiorargliele, ma in poco tempo lei riuscì a liberarsi di lui che aveva allentato la presa.
- Cosa stava succedendo? – si chiese uscendo dalla stanza mentre Zach rimase lì appoggiato al muro, impassibile, fermo immobile ad osservarla.  

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette. ***


Proprio come aveva dichiarato Lexie, il tempo passava velocemente, e senza che se ne accorgessero realmente, le due amiche si trovarono in un meraviglioso negozio di abiti da sposa. Era l’unica cosa che mancava per prepararsi alle imminenti nozze. Lexie era molto esigente, ne cercava uno di un bianco panna, con un corpetto stretto che sia apriva sotto con grandi balze di velo. Ovviamente trovarlo era un’impresa difficile e ne provò come minimo dieci. Si guardava in quello specchio lungo e sottile senza piacersi mai, stavolta era lei a complicarsi la vita. Girava in quel negozio, ormai senza speranza, credeva che lì non avrebbe trovato nulla di suo gradimento e che quindi lei e Jen sarebbero dovute andare da qualche altra parte. Ad un certo punto però, Jen spuntò dal nulla reggendo un meraviglioso vestito tra le mani. Fece chiudere gli occhi all’amica e delicatamente, con cura, assieme alle commesse del negozio, l’aiutò ad infilarselo. Non voleva che lo vedesse perché era convintissima che fosse quello perfetto per lei. Infatti non si sbagliava, quando Lexie aprì gli occhi rimase a bocca aperta e senza parole.
- Oh – mio – Dio! – esclamò – E’- perfetto!
- Beh, si, grazie, grazie! – disse Jen pavoneggiandosi – lo sapevo che ti sarebbe piaciuto tanto – disse infine sorridendo.
- Jen, Jen, Jeeen! Questo è il mio vestito! E’ il mio vestito! E’ quello che ho sempre sognato, desiderato.. Com’è possibile? – si chiese sbalordita.
Il bianco panna risaltava la sua carnagione olivastra e il corpetto era perfetto al punto giusto per far risaltare le sue forme. La gonna al di sotto era pomposa, piena di veli e piccoli swaroski che ne illuminavano il colore. Anche le commesse capirono che quello era il vestito perfetto per la ragazza e non esitarono a dirglielo e complimentarsi con lei per la bellissima scelta.
- Le sta veramente bene! – dichiarò una.
- Eh, si, veramente.. Ma ciò che lei deve sapere è che.. – s’interruppe l’altra.
- Io, beh si, io, ho trovato i tuoi schizzi per il vestito ideale, e ho chiesto aiuto per farlo fare.. Questo vestito non è in vendita in tutti i negozi, è un capo unico, è il tuo vestito, amica mia! E’ solo tuo! – corse ad abbracciarla.
- No, Jen, no! Hai davvero fatto questo per me? – si commosse – sei l’amica migliore del mondo, non ti ringrazierò mai abbastanza! Ti voglio un bene immenso! – la strinse ancor più forte, era davvero felice.
- Non dirlo proprio, amica mia! E’ il minimo per ringraziarti per tutto quello che quotidianamente fai per me.. E’ il minimo, fidati. E si, ti voglio bene anch’io, sai? – rise leggermente.
Uscendo dal negozio, Lexie chiamò Emma per riferirle l’andamento del loro piano, doveva dirle che aveva comprato l’abito e che tutto era ormai pronto.
- Ehi, ciao! Come stai? – le chiese.
- Tutto bene, finalmente, e a te? Jen, come sta? Mi dispiace non potermi far sentire. Non vorrei che pensasse che io l’abbia dimenticata, non scorderò mai ciò che ha fatto per me.. – dichiarò con sorpresa.
- Si, ho appena comprato il vestito da sposa, lei è ancora in negozio, sta parlando con le commesse. Emma ci siamo, manca poco! Non preoccuparti, capirà, l’emozione la travolgerà, lo so già. – fece un gran respiro per poi continuare - Tu sei pronta? Deve andare tutto bene, mi raccomando! – disse piena di grinta.
- Certamente, non vedo l’ora! Dovrò anche dare a tutti voi una grande notizia.. – Lexie la sentì sorridere.
- Ah, davvero?! Sono curiosa adesso, eh! Ci vediamo tra una settimana allora, a presto!
- Un bacio, Lexie, stammi bene! – disse Emma chiudendo la telefonata.
Tutto era pronto, dovevano solo passare altri sette giorni e per Lexie e Jen tutto sarebbe diventato più bello.
Ad un certo punto squillò il cellulare di Jen che, interrompendo la chiacchierata con le commesse, uscì fuori dal negozio. Diede un’occhiata allo schermo e continuò a fissarlo per alcuni secondi, il suo viso cominciò ad incupirsi, la felicità che esprimevano i suoi occhi si trasformò in rabbia, rancore, fastidio. Nonostante volesse rifiutare la chiamata, notando l’insistenza, si arrese e rispose.
- Zach! – disse con voce forzata.
- Jen.. – rispose lui.
- Allora? Che c’è? – chiese ancora lei senza capire il motivo per cui lui l’aveva chiamata.
- Io non voglio disturbarti, però – fece una pausa per prendersi del tempo – ho bisogno di vederti..
- Vedermi? – non riusciva a spiegarsi l’insistenza di quel ragazzo, il suo comportamento stava diventando quasi ridicolo.
- Si, lo sai.. – fece lui con voce debole.
- Zach, la devi smettere! – gridò.
- Ci vediamo domani, Jen..
Attaccò senza nemmeno salutarlo. Lui stava perdendo le speranze, non sapeva più cosa fare, molto probabilmente aveva sbagliato a comportarsi sin dall’inizio. Se magari fosse stato più delicato e meno invadente sarebbe riuscito a conquistarla, ma ormai doveva rinunciarci, definitivamente. Jen, innervositasi, si avvicinò a Lexie e le raccontò tutto quello che, nelle varie settimane, era successo a causa di Zach. L’amica la invitò a rilassarsi, a dimenticare quella sottospecie di stalker e rilassarsi al pensiero di poter rivedere Jared in pochi mesi. Nulla riuscì a calmarla, nemmeno le prediche dell’amica, fino a quando sentì il cellulare vibrare nuovamente.
- Ti giuro che se è di nuovo lui, io divento matta! – affermò disperata.
Fissò lo schermo ma stavolta un enorme sorriso le divorò il volto, allargandosi a tal punto da farle brillare gli occhi con le lacrime che la felicità le procurava. Si asciugò dolcemente le guance e rispose.
- Jared.. – fece con voce commossa.
- Jen! – esclamò lui.
- Mi manchi tanto..
- Anche tu..
Scoppiarono entrambi in lacrime, lacrime di commozione, lacrime d’amore, lacrime che descrivevano la gioia derivante dalla fine della sofferenza, lacrime che li univano, ancora di più, più di prima. Continuarono a chiacchierare per lungo tempo e non desideravano nulla di più che rivedersi, il prima possibile. Nessuno dei due però sapeva quando sarebbe capitato o forse lui si, ma doveva mantenere il segreto.

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto. ***


Inutile dire che quella settimana passò velocemente e, senza nemmeno realizzarlo, arrivò il fatidico giorno del tanto atteso matrimonio. La mattinata fu frenetica, tra i vari preparativi l’agitazione cresceva sempre più e seppur Lexie doveva tenere sotto controllo tutta la situazione, i suoi nervi poco saldi, non glielo permisero. Decise così di chiamare Emma, prima di incontrare Jen, per comunicarle che era lei a doverla gestire. Si sarebbero dovuti incontrare tutti al rinfresco dopo la cerimonia, all’hotel-ristorante sul lungomare, uno dei migliori della città. Jen era emozionata, era davvero felice per la sua migliore amica e tra sé e sé si chiedeva se una cosa meravigliosa come questa le sarebbe mai capitata. Visto che con Jared era già difficile vedersi, si domandava, un po’ sconcertata, se un giorno o l’altro anche lei avrebbe potuto vivere la sua relazione in maniera normale e tranquilla. Scrollandosi la tensione di dosso, smise di avere questi pensieri egoisti durante una delle giornate più importanti della vita della sua amica. In chiesa tutto andò nel migliore dei modi, gli sguardi tra gli sposi, i loro sorrisi, le loro lacrime di gioia, le promesse, il rito d’unione. Fu tutto perfetto. La musica poi, violini solenni riempivano l’atmosfera di quella grande chiesa. Jen, in qualità di damigella, fu sempre accanto alla sposa e spesso le sorrideva per infonderle coraggio. Lo scambio degli anelli fu la cosa più emozionante di tutta la cerimonia, la maggior parte degli ospiti finì per commuoversi, amici, parenti, perfino le vecchiette di turno che assistevano al matrimonio, pur non essendo invitate.
Quando la coppia andò un po’ in giro per la città per dedicarsi alle loro foto ricordo, Jen si trovò a doversi recare da sola in quell’hotel sconosciuto. Si sentiva un po’ a disagio perché oltre a compagnie occasionali per brevi chiacchiere, non aveva nessuno con cui condividere il tavolo e non capiva perché Lexie non l’avesse aiutata a risolvere quest’imbarazzante situazione. Arrivata lì, si guardò attorno compiaciuta, il posto era particolarmente accogliente. Luci soffuse rendevano l’aria calda in quelle stranamente fredde giornate di settembre, fiori bianchi profumavano le stanze e il brusio delle voci rendeva il tutto davvero piacevole. Si sedette da sola e da lontano vide ritornare Lexie accompagnata da Luke mentre si tenevano per mano, li salutò con un gran sorriso ma rimase seduta al suo tavolo, sorseggiando un fresco aperitivo. Continuò a scrutare i volti delle persone e si accorse che conosceva giusto la metà degli invitati, sentendosi ancor di più a disagio. Ad un tratto però, intravide due figure maschili affiancate da una donna dalla carnagione chiara e i capelli scuri. Un uomo era basso, robusto e vestito in maniera strana, l’altro era alto, snello e aveva una grande chioma di capelli ad ornargli il capo. Ci pensò per un attimo e tutto le ricordò quella prima sera in biblioteca con Jared e quelle due sagome nere che entrambi intravidero da lontano. Shannon e Tomo. Cominciò ad agitarsi, convinta che fossero loro, ma ritornando alla realtà si disse che doveva smettere di immaginarseli ovunque, a loro, a Emma, a Jared. Tranquillizzatasi, riprese a bere il suo drink, stavolta però chiacchierando con gente sconosciuta qua e là. Tutto d’un tratto si sentì picchiettare la spalla sinistra, si girò ma non vide nessuno, la picchiettarono ancora, e girandosi nuovamente, al solo vedere quell’immagine, era pronta a svenire.
Jared.. era lì, daban che le sorrideva.
Non le diede il tempo di formulare una frase che subito la strinse forte a sé.
- Ciao, amore mio.. – le disse.
- Oh mio Dio, ma tu? Tu che ci fai qui? – sorrise mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
- Come che ci faccio? Son qui per te.. – pianse anche lui.
Spiando dietro il suo corpo si accorse della presenza di Shannon, Tomo, Emma e Vicki. Corse accanto a loro per abbracciarli forte, si sentì nuovamente a casa, non più sola.
- Mi era sembrato di avervi visto.. – si riferì a Tomo e Shannon.
- Siete sempre voi due, eh! – esclamò Jared – rischiavate anche di rovinarle la sorpresa! – continuò sorridendo beffardo.
Ritornando a Jen, le accarezzo il viso in maniera delicata e dolcemente le si avvicinò per regalarle il bacio tanto atteso, il bacio del ritorno, il bacio del loro amore. Dopo poco tempo, si sedettero tutti a tavola e in circa venti minuti cominciarono a mangiare. Un grande tavolo bianco ospitava tutta la crew insieme ai due sposi, era così che Lexie voleva passare il suo matrimonio, assieme all’amica e alla sua felicità. Mangiarono tutti con gusto, le portate erano squisite e lasciavano sazi al punto giusto. Ad un certo punto, Emma cercò di richiamare l’attenzione degli ospiti di quel tavolo, per fare il suo importante annuncio, picchiettando la forchetta vicino al suo bicchiere. Jared, Lexie, Jen come anche tutti gli altri, erano impazienti di sapere cosa avesse da raccontare la stralunata donna dai capelli biondi. Scaldandosi la voce, cominciò a parlare.
- Ecco, grazie per l’attenzione ragazzi, veramente.. Quello che io devo dire, beh, è, è davvero importante per me.. E ci tengo davvero che lo sappiate tutti, il mio matrimonio non è più andato in frantumi, come alcuni di voi già sanno.. E in onore di questa cosa, posso dirvi che aspetto una bellissima bambina.. che è qui con noi adesso, dentro di me.. – si commosse.
- No, davvero, sul serio, stai scherzando? Cavolo Emma sono felicissimo per te.. – Jared si alzò dal tavolo e le corse incontro per abbracciarla – ti voglio bene, scema.. – finì per dirle.
- Emma.. io te l’avevo detto che si sarebbe risolto tutto! – Jen da lontano le strinse una mano.
Tutti le mostrarono il loro affetto, il loro calore, la loro presenza, il loro sostegno. Erano una grande famiglia anche tra di loro, un grande legame li teneva stretti, uniti, senza separarli mai, nonostante le distanze, le difficoltà, gli ostacoli. Quella giornata fu la concreta dimostrazione che quando i sentimenti son veri, nulla può fermarli.
Al momento della torta, Jared lanciò un’occhiata veloce a Jen e delicatamente la prese per mano, portandola in giro per il giardino di quel ristorante all’aperto. Si sedettero su di una panchina e dolcemente si abbracciarono stretti.
- Ci avresti mai pensato? – le chiese lui curioso.
- Assolutamente no.. – rispose lei convinta.
- E invece.. – s’interruppe.
- Eccoti, eccoci qui.. – finì lei.
Si guardarono negli occhi, si sfiorarono vicendevolmente la guance, quando poi lui dolcemente le sfiorò le labbra, assaggiò il suo sapore, stampò il suo tocco sulla sua pelle. Pian piano, delicatamente, passò a baci più passionali dettati dalla voglia di aversi, dopo tanto tempo. Lui la prese in braccio e la vide sorridere, fece qualche passo in avanti ma notò di non aver abbastanza forza per portarla in stanza da letto e così la lasciò toccare coi piedi al suolo e, tenendola per mano, la condusse in un’enorme suite, la migliore dell’hotel. Si buttarono su quel letto e con tanta dedizione continuarono ad amarsi. I loro corpi si stringevano, si strusciavano, si dedicavano all’altro. In poco tempo si liberarono dei vestiti per sentirsi ancor di più vicini. Si baciavano, si accarezzavano, di tanto in tanto si graffiavano parti del corpo a caso, quando la passione prendeva il posto della delicatezza. Jared gestiva il corpo di Jen, lo domava con gentilezza, prese possesso del suo ventre per renderla totalmente sua. Jen si dedicava all’unico amore della sua vita, lasciandolo fare e sentendosi amata. Finirono per addormentarsi sotto quelle coperte, dopo essersi ritrovati e amati ancor di più.

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove. ***


 - Lexie, hai fatto tu tutto questo, vero? – le due amiche si ritrovarono sole e Jen non potè fare a meno di ringraziarla. L’amica si scaldò la voce e con gli occhi che le brillavano, annuì.
- Non so come ringraziarti, mi hai fatto ritrovare con loro, con lui.. E mi hai sempre tenuta all’oscuro di tutto questo, non ho mai sospettato nulla, sei stata fenomenale.. Credo che ogni parola adesso sia superflua.. – la abbracciò calorosamente.
- Jen, sai perché l’ho fatto?
- Perché?
- La tua felicità è la mia felicità, non potevo vederti triste, non più.. Non mi è costato nulla e tutto questo ha potuto renderci entrambe felici nello stesso giorno. – rispose accarezzandole premurosamente la schiena.
- Io, io.. davvero, sto zitta per dimostrarti quanto ti son grata, ogni parola non varrebbe abbastanza, amica mia.. – la strinse ancora a sé, consapevole che una persona, un’amica come lei, era difficile da trovare altrove.
Nei giorni successivi, Jen dovette salutare Lexie che, ovviamente, partiva col marito in viaggio di nozze. Sarebbero andati per una settimana in crociera, avrebbero poi visitato altri posti per il mese restante. Lexie stava per sempre abbandonando la casa della sua gioventù, stava lasciando Jen da sola tra quelle mura tanto vissute, al ritorno avrebbe cambiato totalmente vita, c’era lui con lei, da quel giorno la sua vita si sarebbe divisa con quella di Luke e tutto poteva definirsi migliore. Riusciva però a stare decisamente più tranquilla dato che l’amica non rischiava più di attraversare periodi di infelicità, ora che Jared le era accanto e seppur doveva vivere da sola, lui era sempre con lei. Il suo era costantemente stato un istinto da sorella maggiore o quasi da “mamma orsa”, era davvero molto protettiva nei confronti dell’amica, non sopportava vederla stare male, per qualsiasi ragione.
Nei giorni successivi tutto continuò ad andare bene, Jared e Jen trascorsero molto tempo insieme, facevano di tutto, tutto quello che si erano persi in tre mesi di distanza. Cercavano di recuperare quel che non era potuto esserci tra loro, quello che avevano dovuto sopportare di non poter condividere, si raccontarono con dettaglio tutto quello a cui stavano andando incontro durante quel periodo e cosa avevano dovuto tollerare a causa della lontananza. Ci risero su perché ormai quell’infelice fase della loro vita era passata, si era dileguata, era finita, definitivamente.
Jen però, pur essendo abbastanza stabile economicamente anche grazie all’aiuto dei genitori, volle continuare a lavorare in biblioteca, soprattutto perché Zach, essendo venuto a conoscenza della sua storia con Jared, che era anche ritornato qui da lei, si era arreso e quindi l’aria di quell’ambiente era deliziosa, piacevole. Una mattina si trovava lì, appoggiata al bancone accanto alla cassa, sistemando alcune scartoffie riguardanti i nuovi arrivi, gli ultimi libri, quelli che profumavano di fresco. Zach invece gironzolava tra i divanetti controllando se ogni cliente fosse pienamente soddisfatto del servizio, e in caso contrario, facendo il possibile per accontentarli. Ogni tanto le lanciava qualche occhiata sognante, speranzosa, ma lei stavolta era capace di mantenere la calma in quanto Jared era lì ed era sempre pronto a difenderla, a prendere le sue parti, se qualcosa fosse andato storto. Contrariamente alle sue convinzioni, nulla andò male, Zach si comportò educatamente, da amico e riuscì a non invadere i suoi spazi.
Ad un tratto, sentì la porta della biblioteca aprirsi al suon del campanello che vi si trovava al di sopra, alzando lo sguardo verso l’entrata adocchiò Jared che le si avvicinava sempre più con il suo classico sorriso a trentadue denti. Jen, rimase piacevolmente sorpresa dal suo arrivo lì, e delicatamente gli stampò un bacio caldo sulle labbra.
- Buongiorno piccola mia!
- A te, amore!
- Ecco, io avrei una sorpresa, ma prima, tieni, ecco a te un bel cornetto caldo e il caffè appena preso da Starbucks, qui dietro l’angolo.. – le porse un sacchetto bianco che lasciava intravedere il contenuto e il bicchierone fumante di espresso.
Lo ringraziò calorosamente e in maniera abbastanza rapida perché voleva arrivare dritta al punto, desiderava tanto sapere quale fosse la sorpresa. Non ne sapeva nulla, Jared non le aveva accennato nulla, quindi non aveva la minima idea di quello che sarebbe potuto essere. Continuava, imperterrita, ad insistere, ma lui in maniera inflessibile, riuscì a non cedere ai suoi tranelli e cercò di intrattenerla un po’, di tenerla sulle spine, prima di dichiararle tutto.
- Impaziente che non sei altro! – le gridò divertito – Per quant’altro ne hai qui dentro? – si appoggiò coi gomiti al bancone puntando lo sguardo sull’orologio appeso al muro alle spalle di Jen.
- Mah, non lo so, dipende anche da quello là.. – dichiarò Jen scocciata lanciando una rapida occhiata all'altro lato della stanza.
- Ah sì, il famoso Zach.. Qualcosa mi puzza riguardo quel tipo lì.. – socchiuse gli occhi e da lontano prese a fissarlo.
Stettero lì a chiacchierare per buoni venti minuti e quando Jared si accorse che ormai Jen si era quasi del tutto dimenticata della sorpresa, decise di tirar fuori il regalo. Mise le mani in tasca e pescandone il contenuto le tirò lentamente fuori. Alzandole più in alto, prese a scuotere in aria il mazzo di chiavi che reggeva tra le dita. Vide lo sguardo di Jen illuminarsi, anche se ne notò l’aria perplessa.
- Cosa?! – s’interruppe incredula.
- Queste chiavi – le sorrise – sono – si fermò per creare un po’ di suspance – della nostra nuova casa! – finì per dire.
- Cosa?! Cosa hai detto? Stai per caso scherzando?
- Niente affatto! Sono due, una è mia, una è tua! Appena riuscirai a trasferirti, vivremo insieme! – gli si illuminarono gli occhi.
- Ma anche subito, adesso! – l’abbracciò - Dammi un secondo! - continuò a dire, dirigendosi verso Zach.
Gli chiese gentilmente se le avesse potuto concedere di finire prima il suo turno per uscire con Jared, inaspettatamente lui accettò la sua richiesta e la lasciò andare via, senza discutere. Dopo che Jen prese tutte le sue cose, la coppia fece per andarsene ma furono, di sorpresa, fermati da Zach che da lontano li chiamava.
- Jeeeen, Jeeen, vieni qui! – gridò, quasi rompendo la calma di quel posto.
- Dimmi! – fece lei con un dolce sibilo.
- Sabato do una festa, per il mio compleanno! Siete entrambi invitati, se vi va! – fece un leggero sorriso – allo Chalet, a pochi metri da qui, verso le nove credo.. Mi farebbe piacere se venite! – concluse.
- Oh, si grazie, vedremo.. – rispose lei, liquidandolo velocemente.
- Grazie per il pensiero! – fece Jared.
Dopo poco i due lasciarono quel posto e si avventurarono eccitati nella loro nuova casa.

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Capitolo 20
*** Capitolo Venti. ***


In pochi giorni riuscirono ad arredare la maggior parte della casa. Era una villa di modeste dimensioni poco distante dalla spiaggia. Si affacciava sul mare, che donava all’aria di quel posto una leggera freschezza, era completamente intonacata di bianco e grandi finestre le donavano un’immensa luce. Quelle mura spoglie, furono inondate da ciò che descriveva al meglio le personalità di Jared e Jen, lui l’aveva riempita dei suoi strumenti, chitarre classiche ed elettriche erano appoggiate un po’ ovunque, su mensole, accanto alle pareti e un grande pianoforte a coda, nero lucido, occupava un angolo del salone, per quanto riguarda lei invece, l’aveva guarnita di giganti librerie, vi erano libri dappertutto, sparsi un po’ ovunque. Oltre al minimo indispensabile, non si preoccuparono più di nulla, man mano, col passare del tempo avrebbero poi completato il lavoro.
Giunto il week-end, si ricordarono che la sera, di sabato, Zach avrebbe dato la sua festa. Non decisero subito se andarci o meno, prima si dedicarono a loro e andarono a cenare insieme in un locale poco conosciuto della città, per passare una tranquilla serata insieme. Mangiarono parecchio tanto da sentirsi completamente sazi, le portate erano semplici ma ben cucinate, si goderono l’intima atmosfera che si era creata, scambiandosi, di tanto in tanto, qualche effusione. Fattosi tardi, decisero di passare, almeno per un saluto, allo Chalet, tanto per fare gli auguri a Zach e poi tornarsene a casa. Arrivati lì, trovarono il locale pieno zeppo di persone, per lo più volti sconosciuti, persone mai viste prima, così si diressero direttamente da Zach, porgendogli i loro auguri.
- Tanti auguri! – esclamò Jen sorridente.
- Già, auguri Zach.. – fece Jared in maniera più distante.
- Oh, grazie ragazzi! Grazie d’esser venuti, davvero.. – lanciò un’occhiata dritta a Jen, osservandola con un leggero filo di cattiveria.
Quando i due gli riferirono che erano passati solamente per un saluto, lui fece di tutto per convincerli a restare e lasciando loro poca scelta, la coppia fu costretta a rimanere lì e ad accomodarsi su di un divanetto bordeaux di pelle con accanto un tavolo di piccole dimensioni, fornito di vari stuzzichini. Gli furono serviti anche alcuni drink ma dopo qualche sorso, smisero di bere, dato che Jared doveva guidare ma soprattutto perché nessuno dei due era amante dell’alcool. Tutto d’un tratto squillò il cellulare di Jared che, guardando lo schermo, notò il nome di Shannon illuminare la schermata.
- Shan! Oh! – gridò tra il caos di quell’orrenda musica da discoteca.
- Jared, per favore ascoltami, devo dirti una cosa! – disse frenetico mentre il fratello si chiedeva cosa gli passasse per la testa.
- Si, Shannon, aspetta solo un attimo, esco fuori da ‘sto locale che non sento niente! – assunse un’aria di disprezzo e fece segno a Jen che sarebbe uscito un attimo fuori per riuscire a sostenere la telefonata. Lei sorridendo, gli disse di non preoccuparsi. Nel frattempo, si mise lì, ad osservare la gente qua e là, di tanto in tanto sgranocchiava qualche patatina, qualche biscotto salato. Guardandosi intorno, notò la strana presenza di tanti fotografi. Perché erano in tanti? Non ne bastava solo uno? L’unica risposta che riuscì a darsi fu che Zach era il solito presuntuoso egocentrico, anche quella sera voleva mettersi in mostra, magari anche davanti ai suoi occhi. Mentre questi pensieri le attraversavano la mente, una voce invase il suo silenzio.
- Jen! – era Zach.
- Ehi.. – fece lei con voce scocciata.
- Che ci fai qui tutta sola? Jared ti ha lasciata qui? – stava colpendo dritto al punto.
- Idiota, no! E’ fuori al cellulare.. – rispose lei di getto.
- Uuuuh e con chi? – invase ancora una volta i suoi spazi.
- Ma saranno anche cazzi suoi, no? – stava perdendo le staffe, stava perdendo il controllo, di pazienza ne aveva veramente poca, figuriamoci con Zach.
- Si, calma, calma.. Su dai, posso accomodarmi? – fece sedendosi.
- Lo hai già fatto.. – non lo guardò nemmeno per sbaglio e assunse un’aria seccata.
Senza che Jen se ne accorse, avendo lo sguardo rivolto da un’altra parte, Zach strinse l’occhiolino a tutti quei fotografi che, da lontano, presero a scattare foto in maniera insistente. Il rumore dei flash fu facilmente zittito dal caos delle voci e della musica che rimbombava nel locale e tutto questo favorì a spianare la strada a Zach, che pian piano cercava di portare a termine il suo piano. Le prese una mano e la baciò, portandosela poi sulla sua guancia, prese il viso di Jen tra le mani e le sfiorò i capelli.
- Smettila! – sentenziò lei – non ti rendi conto che sei ridicolo? Davanti a Jared ti comporti in una maniera e poi qui?! Sei un falso! – continuò.
- Tu non capisci, tu non lo sai.. – disse lui per difendersi.
- Sisi, la solita storia! – fece liquidandolo.
Nervosamente, prese a bere i drink che si trovavano sul tavolo, ne finì due in un solo colpo. Capendo che stava esagerando, si fermò, cercò di andare fuori a cercare Jared ma fu fermata dalle mani di Zach.
- Resta qui.. – le chiese.
- No! – gridò tirandosi via la mano.
- Dai, beviamo un po’ insieme! Stà tranquilla, la smetto..
Decise, stupidamente, di fidarsi. Presero a parlare amichevolmente, lui riuscì a farla sentire tranquilla, a suo agio, si scambiarono qualche chiacchiera anche riguardo al lavoro e stranamente Zach cessò di provarci con lei. Tra le quattro risate, lui le fece portare ancora qualche drink, capendo che era pronta a dar di matto, a non reggere più. La stava ingannando, ancora. E lei, come una stupida, stava continuando a fidarsi. Proseguirono a bere, quando Jen perse il controllo.
- Finalmente! – biascicò lui con aria cattiva.
- Cosa?! – fece lei mentre cercava di mantenersi sulla sedia. – Non capisco nulla..
La prese per mano e la trascinò in una parte nascosta del locale, facendo segno ai fotografi di seguirlo. Si era fatto pagare per uno scoop, voleva notorietà, fin dall’inizio sapeva chi era Jen e fin dall’inizio il suo comportamento era finalizzato a sfruttarla solo per apparire su qualche stupido giornale di gossip e per mandare in frantumi la relazione tra lei e Jared, “la grande star” come lui era solito chiamarlo, per prenderlo in giro. Sbattendola al muro, le mise violentemente una mano tra i capelli, i suoi occhi verdi le scrutavano il corpo, non aveva intenzioni spinte o maligne, ma voleva solo qualche scatto per rovinarle la vita e sistemarsi la sua con qualche spicciolo. Poggiò con forza le sue labbra su quelle di Jen, infilandone la lingua all’interno. Le toccò le natiche con violenza e sbattendola al muro, le poggiò una mano sul bacino. Dopo poco, Jared ritornò ma non trovando Jen, si mise a cercarla per tutto il locale. Quando si trovò davanti a quella scena, rimase immobile. Non riusciva a capacitarsi di ciò che stava succedendo, Zach stava baciando Jen, Jen stava baciando Zach.
Tutto gli crollò addosso in un solo istante.
Meritava davvero tutto questo?
Voleva solo smettere di soffrire, gli era quasi sembrato di riuscirci, ma invece.. si sbagliava ancora.
I fotografi immortalarono anche la sua faccia dispiaciuta, esterrefatta ma lui sembrò fregarsene. Quando Jen riprese, almeno per un minimo, i sensi, lui cercò di parlarle, nonostante provasse solo disgusto nei suoi confronti.
- Cosa – cazzo – hai – fatto? – quasi dettò.
- Nulla.. – cercò di dire, nonostante le girava fortemente la testa.
La portò in macchina e senza mettere in moto, continuò a parlarle.
- Credi che io possa fidarmi di te? Sei un’ipocrita! Eri lì dietro a baciarti con quello stronzo, che cazzo me ne hai parlato a fare male se poi ti comporti così? Smettila di raccontarmi balle, non ti voglio più vedere..
- Jared, io.. davvero non lo so.. – lo stimolo di vomitare le saliva sempre più per la gola.
- Io ti porto a casa solo perché sei ridotta veramente male, tu non lo meriti, non lo meriti nemmeno.. Non immagini quanto cazzo mi hai ferito, Jen, non lo immagini! – gridò infuriato – Io vado a stare da Shannon, almeno per un po’, resta tu in quella casa, io, con te, non voglio più averci a che fare.. – concluse con il viso e gli occhi arrossati, dalla rabbia e dalle lacrime che cominciavano a formarsi.
Impotente, Jen non riuscì a spiegarsi quella situazione, poteva solo tacere e accettare il volere di Jared. Ritornata a casa, per poco tempo riuscì a resistere sveglia tra vomito e lacrime. Si buttò velocemente sotto la doccia, si sciacquò il viso e senza nemmeno aver l’occasione di pensare, incosciente di tutto, s’infilò tra le coperte.

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno. ***


Il giorno seguente Jared, svegliatosi presto, restò per tutta la mattinata nel letto con la sua chitarra in mano, cercando di distrarsi. Mentre provava a canticchiare le sue canzoni, non fu capace di non pensare a Jen, a tutto quello che era successo e, di tanto in tanto, qualche lacrima gli solcava il viso pallido e stanco. Quanto a Jen invece, si svegliò distrutta dalla serata precedente, ma non ricordava nulla e incosciente di tutto, si recò al lavoro. Durante il tragitto per arrivare in biblioteca, passò davanti ad una caffetteria dove prese il suo solito caffè caldo, per recuperare un po’ le forze. Proseguendo il cammino, ritrovandosi vicino ad una cartoleria, lanciò un’occhiata veloce ai giornali, ne scorse uno particolare che catturò la sua attenzione. Afferrandolo tra le mani, lo guardò con più precisione e rimase sconvolta, sgranando gli occhi. In copertina vi era un’enorme foto che immortalava lei e Zach mentre si baciavano sbattuti al muro, la sera precedente, durante la festa. Il titolo accennava ad un tradimento di Jen nei confronti di Jared, e una frase in sottoimpressione diceva:
“Il topo da biblioteca colpisce ancora, o saranno stati i suoi occhioni verdi?”
La rabbia cominciò a farsi spazio dentro di lei, i nervi cominciarono a tendersi nervosamente, un lampo di tristezza le pervase gli occhi, provocandole il pianto. Continuava a chiedersi come fosse successo, cosa avesse potuto scatenare quella situazione, era chiaro che lei non l’avrebbe mai fatto. Sicuramente Jared aveva visto tutto oppure aveva già letto tutto. Capì quindi che doveva dire addio alla loro relazione perché non sapendosi spiegare la situazione da sola, come poteva farlo con lui? Non poteva, ecco. Cercò di non pensarci, lasciò il posto alla rabbia, asciugandosi le lacrime. Comprò velocemente una copia di quel giornale e corse immediatamente al lavoro. Entrò in biblioteca spingendo la porta con tutta la forza che aveva in corpo e come un uragano si fiondò verso Zach.
- Cosa significa questo? – gridò – Cosa? Rispondimi! – la voce le usciva sempre più forte dalla gola, divorandole le corde vocali.
Lui rispose con una risata beffarda, lei lo spinse con prepotenza sul petto e ripetè la domanda con più foga.
- Dimmi cosa cazzo significa! – fece sbattendo il giornale all’aria.
- Significa quello che vedi.. – rise ancora.
Lo prese per il colletto della maglietta e lo spinse vicino al muro. Avvicinandosi al suo viso, pronunciò per la terza volta le stesse parole. Il suo respiro affannoso si piegava accanto al viso di Zach, lui la sentiva ferita dentro, lo riusciva a percepire.
- Cos’è? Vuoi rifarlo? – disse avvicinandosi ancor di più al suo viso.
- Smettila! – urlò tirandogli un violento schiaffo.
- Ok, vuoi la verità? - le chiese mentre si toccava la guancia arrossata.
- Si.. – si calmò ma continuò a sostenere la sua espressione arrabbiata.
- Ho sempre saputo chi sei, fin dal primo giorno, quando ti ho proposto il lavoro.. Proprio per questo l’ho fatto, per raggiungere il mio scopo, conoscevo la storia tra te e Jared e ho cercato di avvicinarmi a te, solo per rovinarvi e sistemarmi.. Ieri ti ho fatto ubriacare, tu non eri cosciente di nulla.. – pronunciò queste parole in maniera eccessivamente tranquilla, non poteva comportarsi così, era spregevole, i suoi occhi ora dettavano cattiveria, illusione svelata, non più quel finto buonismo.
- Zach.. tu cosa? – rimase sconcertata, ferita.
Non l’avrebbe mai immaginato. Tutto quello di cui si era convinta era solo che lui fosse uno stupido ragazzo che voleva incessantemente provarci, convinto del suo fascino, ma non sarebbe mai arrivata a pensare che lui potesse avere solo queste intenzioni. Si sentì mancare, quasi pronta a svenire, ma giusto in tempo si resse accanto ad uno scaffale.
- Si, io si.. – rispose lui con aria distaccata.
- Sparisci dalla mia vista, sei solo un perdente.. Tienitela quella copertina, vali meno di questo fottuto giornale! – finì così il suo discorso e se ne andò.
Fece passare cinque minuti per smaltire la verità, quella che aveva appena appreso, poi facendosi forza, prese tra le mani il cellulare e compose il numero di Jared. Lo fece squillare più di una volta, provò a chiamarlo più di una volta, ma lui non osava risponderle. In questo modo Jen ebbe la conferma che lui sapeva tutto, purtroppo. Tentò infinite volte, ma rendendosi conto che non c’era soluzione, scorse tra i numeri della rubrica per trovare quello di Shannon e chiamarlo. A differenza di Jared, dopo pochi squilli, lui rispose.
- Shannon! – esclamò riscaldandosi la voce.
- Jen.. dimmi! – fece lui di rimando.
- Scusami se ti chiamo così, ma ho provato a rintracciare Jared e nulla, niente di niente, per caso è con te? – provò a dire.
- Sì, è qui accanto a me, te lo passo.. – concluse.
Jen li sentì dialogare per un attimo, e riuscì a capire che Shannon stava cercando di convincere Jared a parlarle, dato che non voleva farlo. Distrutto com’era, non ne sarebbe stato in grado, ma incitato dal fratello, ci riuscì.
- Dimmi.. – gettò lì con tono freddo.
- Jared, so cosa stai pensando, ma finalmente so la verità.. Ho visto i giornali, Zach mi ha confessato tutto! – gli disse rilasciando la voce a gran fiato.
- E quale sarebbe questa verità? – fece lui sembrando sempre distante.
- Ci ha usati, mi ha fatto ubriacare ieri, non ne ero cosciente.. – fece per dire.
- Cosa? – alzò leggermente la voce, facendo trasparire tutto il suo coinvolgimento.
Jen finì di spiegargli tutto e lui senza nemmeno darle il tempo di rispondere le disse di stare calma.
- Non preoccuparti, me la vedo io! – disse infine.
Jen continuava a rigirarsi tra le mura di quella biblioteca senza un vero scopo. Si sentiva ingannata, sfruttata, derubata della sua dignità. Zach si era totalmente approfittato di lei, e per cosa? Per quattro spiccioli e un po’ di popolarità. Era stato disposto a rovinare la vita sia a lei che a Jared, solo per comparire su uno stupido giornale. Col cuore a pezzi non sapeva a chi rivolgersi, non sapeva dove si trovasse Jared, non poteva parlare più con Zach, il capo al lavoro non c’era e lì, in biblioteca, si sentì soffocare. Dopo circa dieci minuti, mentre provava a tranquillizzarsi bevendo un bicchiere d’acqua e zucchero, vide entrare dalla porta principale Jared, che appoggiandosi al muro, cercava di riprender fiato dopo la lunga corsa che aveva fatto per arrivare lì il prima possibile.
- Jen! – le corse incontro prendendole il viso tra le mani, lentamente le baciò la fronte spostandosi poi sulle labbra, premette piano e poi continuò – Stà tranquilla, andrà tutto bene.. – finì.
- Jared.. – le lacrime le facevano bruciare gli occhi, il cuore le usciva fuori dal petto per l’agitazione – ho avuto paura.. – confessò commossa.
- Dov’è quel deficiente? – le chiese accarezzandole i capelli.
- Lì dietro!
- Aspetta qui.. – le mise una mano davanti al corpo e si diresse lentamente verso Zach.
- Jared cosa vuoi fare? – provò a fermarlo.
Il suo tentativo fu vano perché quando Jared arrivò davanti a Zach, lo prese per la maglietta, proprio come aveva fatto poco prima Jen, e gli si rivolse alzando fortemente il tono della voce. Il tutto fu favorito dall’assenza dei clienti, la biblioteca aveva aperto da quasi un’ora, ma nessuno vi si era ancora presentato.
- Cosa cavolo hai fatto tu, eh? – gli gridò contro.
- Ma cosa vuoi? – cercò di difendersi.
- Hai davvero sbagliato, puoi sputtanarmi quanto vuoi, ma non devi mai più permetterti di sfiorare Jen, hai capito? – quasi ringhiò – Cos’hai fatto scrivere su quel giornale? Gli occhioni verdi? Eh? – imitò la sua voce – Se sei così bello, vattene a fare il modello, idiota! – finì.
- Senti, ma smettila, coglione! – fece Zach allontanandosi – Sei un perdente! Lei c’è stata, te ne sei accorto, sì? Te la ricordi bene la scena, vero? – lo provocò sogghignando.
Jared non ebbe la forza psicologica di rispondere, ma velocemente lo seguì e tirandolo ancora per il retro-maglietta, lo fece girare verso sé per fiondargli un cazzotto in faccia, andando contro tutti i suoi valori. Odiava la violenza, ma non riusciva più a reggere la sua sfacciataggine. Con un solo colpo gli provocò un forte rossore sullo zigomo sinistro che gli lasciò una sottile ferita.
- Ho reso il concetto adesso? Non permetterti mai più! – si allontanò.
Avvicinandosi a Jen, le prese una mano e accarezzandole il viso, provò a farla calmare.
- Stà tranquilla, amore.. E’ tutto finito! – le baciò ancora la fronte – Sono qui con te.. – le accarezzò i capelli e, delicatamente, l’abbracciò avvolgendola col suo corpo caldo.

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventidue. ***


I giorni passavano in maniera fin troppo lenta e in Jen cominciava a farsi spazio il desiderio di liberarsi di Zach, dopo tutto quello che le aveva fatto. Una mattina, svegliatasi di colpo, cosciente di dover subire una nuova giornata di lavoro, guardò Jared dormirle accanto. Gli accarezzò la chioma scura, appoggiando poi la mano sul suo viso riempito dalla barba incolta, osservò i suoi occhi, le sue dolci palpebre delicatamente socchiuse e sorrise. Lo vedeva coprirsi con foga col piumone bianco, durante quelle fredde giornate d’autunno e si accorse che solo per poco non infilava quasi completamente anche il volto sotto le coperte. Poggiò premurosamente le labbra sulle sue e senza fare rumore, per evitare di svegliarlo, scese lentamente dal letto. In poco tempo si fece pronta, s’infilò i suoi jeans stretti, quelli che più amava, indossò una classica maglietta leggermente scollata e prese gli stivali. Si fermò in cucina a farsi il caffè, non aveva intenzione di andare ancora in caffetteria, non ne aveva voglia quella mattina. Mentre aspettava che si facesse pronto, corse in camera a prendere la sua enorme sciarpa beije e l’avvolse intorno al collo delicato. Si guardò allo specchio , si colorò le guance con un po’ di cipria e le labbra con un leggero rossetto sul marroncino. Ritornando in cucina si trovò Jared alle spalle che seguendola, la cinse per i fianchi e l’abbracciò dalla schiena.
- Buongiorno, piccola mia.. – le sussurrò.
- Buongiorno a te, amore.. – fece lei girandosi.
Si guardarono piano negli occhi e si sorrisero, finirono per perdersi nei loro corpi intrecciati e regalarsi un dolce bacio mattiniero.
Quando Jen uscì di casa, in poco tempo arrivò a lavoro. Entrando in biblioteca vide Zach da lontano e si rese conto che non poteva costringersi a sopportare quella presenza lì, costantemente accanto a lei. Si sentiva ancora derisa, come se lui avesse vinto il suo gioco. Non voleva più dover sopportare quell’orrida persona, i suoi scherzetti e le sue subdole maniere educate. Determinata, decise di parlare al loro capo, per vedere se potesse prendere qualche decisione e toglierglielo di torno. Si avviò verso il retro e lanciò un’occhiata di sfida a Zach che la colse con molta ironia, adocchiandola maliziosamente. Ancora non aveva recepito il messaggio, ancora non si era arreso.
- Phil.. – lei chiamò il capo, bussando prima alla porta.
- Jen, Jen.. entra, dimmi, buongiorno! – le sorrise gentile.
Da dietro la scrivania reggeva miriadi di carte tra le mani, alcune gli caddero a terra e mentre Jen faceva qualche passo per entrare in quella stanza, lui si piegò sulla sedia per raccoglierle. Rialzandosi si aggiustò i capelli un po’ al vento e il colletto della camicia blu. Era un tipo buffo, un po’ goffo, con gli occhiali e un po’ di pancetta, ma era davvero di cuore, lo si percepiva da quell’aria innocua, da quel sapere che traspariva dal suo sguardo, dai grandi viaggi intrapresi grazie alla lettura. La ragazza ricambiò il sorriso e si sentì subito a suo agio, sedendosi sulla panca di fronte a lui.
- Ho un problema, Philip.. – gli confessò.
- Cosa succede, Jen? – si preoccupò leggermente.
- Zach, il problema è Zach, lo so che sono arrivata dopo di lui, ma non sai quanti problemi mi ha arrecato.. e non è solo questo, non sai quante cattiverie ha fatto nei miei confronti.. – dichiarò con voce tremante mentre gli occhi le diventavano lucidi.
- Lo so, invece.. L’altra mattina c’ero, ero qui ancor prima di voi, ho sentito tutto, solo che ho ritenuto fosse giusto restarne fuori, da quella situazione.. – finì col dire, lasciando Jen a bocca aperta.
Nonostante lei avesse preferito che lui prendesse le sue difese, la sua era stata una scelta saggia e ragionata, come c’era d’aspettarsi. Era stato giusto così. Finirono di parlare e Jen chiese, a cuore aperto, al capo se avesse potuto prendere qualche provvedimento, se avesse potuto aiutarla in qualche maniera perché, in un modo o nell’altro, non riusciva più a tollerare la presenza di Zach in biblioteca. O lei o lui, uno dei due doveva andare via.
- Credo che sarà lui ad andarsene, stavo già pensando di prendere questa decisione , ora ne sono fermamente convinto Jen, glielo comunicherò io stesso, tu sei molto più valida di lui.. – la rassicurò – sto pensando anche a qualcosa di più grande per te e il futuro di questa biblioteca, ma è ancora presto per parlarne.. – concluse.
Con qualche dubbio per la mente, Jen uscì da quello studio e continuò la sua ultima giornata di lavoro con Zach, lui se ne sarebbe andato, avrebbero trovato qualcun altro e tutto prometteva qualcosa di sicuramente migliore. Con questo pensiero, riuscì ad arrivare a fine giornata, evitandolo perennemente e scansando ogni suoi tentativo di attaccare bottone.
Tornando a casa, fece per aprire la porta poggiando la chiave vicino alla serratura, quando poi il suono di un pianoforte la fermò.
Alibi.
Le note di Alibi.
Aprì la porta e silenziosamente entrò in casa, senza far troppo rumore. Jared non si accorse di lei e continuò a suonare e convinto di esser solo, liberò tutte le sue emozioni, quelle che teneva in gabbia, da un bel po’.

“No warning sign, no alibi, 
we’re fading faster than the speed of light,                                                                                                            
took our chance, crashed and burned, no, we’ll never ever learn.. 
I fell apart, but got back up again..”    
                                                                                                                                                                                        
Le lacrime cominciarono a cadergli piano dagli occhi, quegli occhi profondi, gli sfiorarono il viso scarno, facendolo brillare. Jen cominciò ad avvicinarsi, ma ancora non gli lasciò percepire la sua presenza. Lui riprese il suo canto, tra i singhiozzi e i lunghi respiri.

“We both could see, crystal clear,
that the inevitable end was near..”   
      

Si fermò per respirare, non aveva più aria da sfruttare. Si passò le mani fredde, strisciandole, sul viso, per asciugarsi le lacrime e dopo poco tirò su col naso. Si passò le dita tra i capelli che poi dopo accarezzarono i tasti bianchi, alternati coi neri, di quel grande pianoforte. Chiuse il viso tra le mani e abbattè la testa in avanti. Sentendo ancora le lacrime scendere senza dargli tregua, fece un grande respiro e si guardò intorno. Jen si era nascosta, ma notandolo in cerca di qualcosa, gli si avvicinò del tutto.
- Jared.. – sussurrò.
Lui non rispose, si limitò a mostrarle un sorriso abbozzato, quasi sforzato. Lei prese una sedia e gli si sedette accanto.
- Cosa c’è? – fece accarezzandogli una guancia.
- Jen.. – provò a parlare ma riprese a piangere – non ce la faccio, non riesco a dimenticare, mi fa male, troppo male.. ho ancora quella scena davanti agli occhi – eccole di nuovo, le lacrime.
- No, Jared, no.. – provò a tranquillizzarlo, ma ancora non ci riuscì.
- Chi mi assicurerà che da parte tua non c’era una minima intenzione? Chi mi dirà che tu non hai avuto il desiderio di farlo? Come potrò saperlo per davvero? – singhiozzò.
- La fiducia, Jared, la fiducia.. Fidati di me! – rispose lei, sicura di quello che stava dicendo.
- Sono stanco di queste situazioni, ho dovuto subire troppo nella mia vita.. non sono invincibile, non sono indistruttibile, anch’io ho le mie debolezze, sono così insicuro, perché nessuno lo capisce? –
Jared era sempre stato considerato un uomo forte, sicuro di sé, sfacciato, quasi egocentrico. Tutti lo ritenevano una macchina del sesso, non in grado di amare, che pensava solo al suo piacere, alla sua soddisfazione. Nessuno era mai andato a scoprire la sua verità, la sua essenza, il suo vero essere. Era sempre stato riempito di pregiudizi, quelli più cattivi, dati senza un vero motivo. Era stanco di questo, ne aveva abbastanza. Odiava che gli fosse stata attribuita la figura dell’uomo ruvido, arido perché lui non era così. Era un tesoro d’amore, una caverna di sentimenti, un mare di insicurezza, aveva solo bisogno di qualcuno che potesse capirlo, che potesse aiutarlo a tirare fuori la parte di lui che lo rendeva una persona speciale, una persona diversa. Fino a quel momento, nessuno ci era mai riuscito. Lui continuava a lottare, così come continuava ad insegnare ai suoi Echelon, per trovare sé stesso e seppur lui, dentro di sé, già sapeva chi era, doveva combattere contro i pettegolezzi, contro i media, per affermare la sua personalità. Il suo cuore era grande, viveva per amare, amava per vivere. Solo poche persone erano tra quelle che l’avevano già capito, e Jen era tra quelle.
- Jared, io ti amo, non ho mai amato nessun’altro oltre te, non farei mai qualcosa che potrebbe ferirti.. – aggiunse Jen.
Gli si avvicinò e l’abbracciò con forza.
- Fidati di me.. – sussurrò ancora.
Gli passò la mano delicata sul viso e gli asciugò le lacrime calde. Poggiò il suo tocco tra i capelli e con delicatezza avvicino il suo volto a quello di Jared. Gli prese le labbra con le sue e gli stampò un bacio lungo, un bacio leggero. Lui le prese il viso, poggiando le mani sui suoi folti capelli castani e con leggera foga ricambiò il bacio. Prese a baciarle il viso un po’ ovunque, quando poi ritornò alla bocca, che venerò infilandone delicatamente la lingua all’interno. Continuarono a baciarsi con più passione, stringendo i loro corpi, abbracciandosi e avvolgendosi in un'unica anima. Dolcemente poi ritornarono all’iniziale delicatezza, si accarezzarono vicendevolmente le guance e insieme sospirarono.
- Ti amo.. – si dissero, facendo seguire una lieve risata.

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventitre. ***


- Ciò significa che domani torni? – gridò Jen entusista al telefono.
- Siii, siii, siiii! Ci siamo fatti aspettare eh? Alla fine abbiamo deciso di prolungare un po’ il viaggio.. – Lexie si abbandonò ad un grande sorriso, lasciandolo intuire.
Il tempo scorreva veloce, insistente, passava volando, non ci si accorgeva nemmeno del trascorrere dei mesi, le foglie continuavano a cadere dagli alberi, lasciandoli spogli, privi di ogni protezione, rimanevano così, nudi davanti alla natura. Jen adorava camminare attraverso i lunghi viali di campagna, circondata da alberi, cespugli, piante, ogni tipo di fiore. Amava sentire il profumo della natura, dell’aria pulita, limpida, rinfrescata dalla leggera pioggia che bagnava le strade. Il colore azzurro forte del cielo donava a quei posti un tono altrettanto forte tanto da farli sembrare dei dipinti. Jen non riusciva a fare a meno di poggiare il suo sguardo sulle grandi foglie sparse al suolo, erano di un colore così vivace, acceso, ve ne erano di varie gradazioni, gialle, rosse, arancioni e marroni. Durante quella passeggiata di prima mattina, girava assieme a Jared tra quelle vie e mentre lui, di tanto in tanto, si fermava a fotografare qualcosa che lo colpiva particolarmente, lei si bloccava accanto agli alberi, li accarezzava e piegandosi verso le radici, osservava il fogliame che vi si era accumulato intorno. Lo scrutava, lo studiava fin quando non notava qualche foglia che, per quanto era così dolcemente radicata, intensa, piena di vita, decideva di raccoglierla e portarla via con sé, senza un preciso motivo. Continuando a girare un po’ per la città alla ricerca della natura, si fermarono vicino ad un enorme campo di girasoli. Passarono l’intera giornata lì, sedendosi negli gli spazi vuoti tra i vari steli degli altissimi fiori gialli che volgevano il loro sguardo ai raggi del sole, seppur leggeri. Jared aveva preparato dei panini, Jen aveva portato da bere. Stesero una piccola tovaglia a quadri bianchi e rossi sul terreno e vi poggiarono lì il loro cestino da pic-nic, un classico. Quando ebbero finito di mangiare, presero a rincorrersi e a nascondersi in quell’immenso paradiso terrestre, si trovavano, si perdevano, si cercavano ancora. Ad un tratto, quando Jen era convinta di aver seminato Jared, se lo trovò di spalle. Lui la prese per i fianchi, facendola girare su sé stessa, la guardo dritta negli occhi e le si avvicinò cauto al volto. Le sfiorò la pelle del viso con le labbra, si allontanò piano, lei senza dargli tempo di compiere un’altra mossa, lo abbracciò forte poggiando la testa sulla sua spalla. Jared le accarezzò il capo per poi fissarla negli occhi, ancora. Jen non resisteva davanti a quel mare, voleva tuffarsi, voleva nuotare, voleva affogarci in quel mare, voleva morirci dentro e subito. Lo strinse ancora a sé quando lui poi, improvvisamente, prese a baciarla. Le stringeva il capo con una mano per costringerla vicino alle sua labbra. Si spinse all’indietro, stendendosi sulla terra fredda, e portò Jen con sé. Fecero e rifecero l’amore, si amarono e si riamarono, in quell’immensa distesa di luce.
Pochi giorni dopo, quando Lexie era ormai già tornata, organizzarono una cena tutti insieme. Andarono a casa di Jared e Jen e i due per quella sera s’improvvisarono cuochi e seppur fossero entrambi ormai vegetariani, specificatamente lui vegano, sarebbero riusciti a sorprendere i loro ospiti con portate raffinate e di gran gusto. Bandirono la tavola per sei persone, lasciarono qualche luce spenta e resero quindi l’atmosfera più accogliente. Avrebbero mostrato ai loro amici, per la prima volta, la loro casa completamente arredata. Era diventata il sogno di Jen, era proprio come lei l’aveva sempre sognata.
Quando furono a tavola, non mancarono le sorprese. Ormai solo qualche altro mese doveva passare purchè Emma diventasse definitivamente mamma, si avvicinava il Natale e di lì a poco sarebbe nata la sua piccolina e per questo motivo si alzo dal tavolo pronta per un nuovo annuncio, come spesso le toccava fare.
- Jen! – sorrise stringendole l’occhiolino, quando lei le rispose con una buffa risata – Devi sapere una cosa, ho un altro annuncio e questo e tutto per te! – mosse le mani all’aria, gesticolando un po’.
Sorpresa Jen, rimase a bocca aperta, leggermente perplessa. Continuava a fissare Emma, aspettando che la sua bocca si aprisse per formulare la frase successiva, ne seguiva ogni movimento, pendeva letteralmente dalle sue labbra.
- Come ho appena detto, manca poco alla nascita della mia bambina ed io non potrò più lavorare con la band.. – si fermò lasciando Jen sulle spine, creando un po’ di suspance – io ne ho parlato con loro e loro son d’accordo.. e se lo sarai anche tu, beh, ti passo il testimone, sei tu la nuova assistente! – finì il discorso lasciando cadere una lacrima sul viso perché il suo percorso sarebbe terminato lì.
- Emma.. Come, come, come posso prendere il tuo posto? – era convinta di non potere.
- Puoi, fidati che puoi Jen e così poi starai ancor più tempo con Jared, non avrete problemi, lo seguirai.. – continuò la donna.
- E con la biblioteca? – cominciò a farsi problemi, a porsi dei limiti, quelli più stupidi.
- Non preoccuparti, per ora non dovrete andarvene da qui, perché c’è un’altra cosa che devi sapere – mosse le labbra in cenno di sorriso – ma questa volta non sarò io a parlare..
Shannon si alzò seguito dal fratello e da Tomo. Si guardarono fra loro quando poi Jared prese parola.
- Faremo un nuovo album! – sorrise soddisfatto, buttando la news lì di getto.
- Jared! Ma dai, come sei scemo! Potevi creare un po’ più l’atmosfera del dubbio! – fece il fratello sbuffando con gli occhi scherzosi.
- Ahhhh, è vero, Jared! – replicò anche Tomo.
Gli corsero vicino e lo strinsero forte, picchiettandogli leggermente la schiena.
- Che cosa faremmo noi senza di lui, eh? Niente, niente proprio! E’ la mente di tutto! – esclamarono insieme – Grazie Jared.. – finirono per esser seri.
Jen a quella notizia non riuscì a contenere la sua spontanea contentezza, si mosse dal suo posto a tavola, scostò la sedia e cominciò a saltare gridando. Notando lo sguardo allibito degli invitati, si fermò ed esclamò:
- Sono pur sempre un’Echelon, che volete?! – scoppiò in una risata felice.
Risedendosi tutti a tavola, finirono la cena e buttandosi tutti sul divano, si riscaldarono accanto al caminetto con la band che canticchiava qualche canzone in acustica. Le tre donne, Jen, Lexie ed Emma si fermarono lì a fissarli litigare per chi doveva impugnare la chitarra e guardandosi divertite, si goderono il fine serata accompagnato da quella dolce armonia.
Quanto a Jen, era convinta di vivere un sogno. A fine giornata, trovandosi a letto accanto a Jared, chiuse gli occhi, fece un respiro profondo riaprendoli, lo guardò, lo riguardò, lo fece ancora. Era lì accanto a lei, seduto e poggiato allo schienale, leggendo un libro. L’osservava dedicarsi a quelle pagine con tanto amore, proprio come faceva con lei. Notava in lui tutto quello di cui lei era sempre stata certa. Lei conosceva la sua anima, come lui la sua. S’intrecciavano, si univano, si appartenevano. Perfettamente. Jen non avrebbe trovato nessuno migliore di Jared. Jared non avrebbe trovato nessuno migliore di Jen. Con questa consapevolezza, chiuse gli occhi e si addormentò stringendogli la mano, abbandonandosi al futuro e a quello che il destino avrebbe riservato per loro.

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventiquattro. ***


- L’ho licenziato, puoi stare tranquilla adesso.. – le comunicò Philip qualche mattina dopo – però ho assunto quell’altra ragazza lì, la vedi? Si chiama Kate, è una timidona.. – liberò una buffa risata.
- Oh, sì la vedo, che carina che è! Corro subito a presentarmi.. – fece per allontanarsi quando si bloccò per tornare indietro – Dimenticavo, grazie Phil.. – sorridendo piano, sparì tra gli scaffali.
Sì avvicinò alla ragazza che s’immobilizzò colpita dall’imbarazzo. Non era troppo alta, né troppo magra, aveva una corporatura quasi perfetta. I capelli di un castano chiaro tendente al biondo, le cadevano lisci sulle spalle. Gli occhi azzurri le donavano gran luce al viso, a quell’espressione impaurita ch’esprimeva insicurezza. Li muoveva freneticamente, prima a destra, poi a sinistra, sentendosi spaesata. La pelle chiara era leggermente colorita soltanto sulle guance, illuminate da un naturale rossore tenue. Le labbra erano leggermente aperte in un lieve sorriso e seppur era appena accennato, c’era un inizio e questo significava già molto, per una personalità come Kate.
- Piacere Jen! – le porse una mano, mostrandole il suo sorriso migliore.
- Pppiacere, Kkate! – quasi balbettò lasciando che il viso prendesse fuoco.
- Senti, allora, comincio col dirti una cosa. Lo leggo nei tuoi occhi che sei terrorizzata, lo sento che la tua voce trema, lo percepisco che ti senti inadatta.. ma sappi che non lo sei! Sei fantastica e potresti capirlo anche da sola guardandoti allo specchio.. – espirò.
Kate assunse un’espressione allibita, guardò Jen con aria interrogativa e si fece scappare una risata.
- Io lo sapevo che tu eri fantastica! Solo tu potevi essere la donna perfetta per Jared Leto! – a sentire quella frase Jen sbiancò sentendosi, stavolta lei, leggermente scioccata.
- Eh?! – sgranò gli occhi poggiandosi accanto ad un scaffale ripieno di libri leggermente impolverati. – Che?! – ripetè.
- Sei tu la Jen di Jared o mi sto sbagliando? – a guardarla adesso, non sembrava per niente timida.
Jen annuì muovendo dolcemente il capo.
- E secondo te io sono veramente così timida? – le chiese Kate, sorridendo compiaciuta.
- Ma forse no, boh.. Mi stai confondendo! – si mise le mani nei capelli guardandosi attorno.
- Te lo dico io, non lo sono! – le strizzò un occhio. – E sai perché ero così agitata? – proseguì.
- Eh, perché? – arricciò la fronte sempre più perplessa.
Kate le raccontò di essere un Echelon e il solo pensiero di poter incontrare lei e di lavorare insieme in biblioteca, tutti i giorni, magari potendo incontrare anche Jared e gli altri, l’agitava e l’esser stata accolta così benevolmente l’aveva resa molto più tranquilla. Le spiegò che l’esercito degli Echelon si era un po’ diviso, c’era chi l’amava e la riteneva la donna adatta a Jared e chi invece non riusciva a sopportarla, un po’ per gelosia, un po’ per dispiacere. Jen per un attimo rimase ferma immobile a fissare il viso della ragazza che le si trovava di fronte, non riuscì a formulare alcuna frase, quando poi Kate riprese a parlarle per cercare di tranquillizzarla.
- Non farai guerra con me! Io faccio parte di quelli che ti adorano, stà tranquilla! – le si illuminarono gli occhi.
Rasserenatasi Jen, le mostrò l’intera biblioteca, le varie stanze, i vari scaffali e la disposizione della varie categorie di libri. Le indicò lo sgabuzzino, la macchinetta del caffè, il bagno, tutte le cose più stupide e ridendo insieme, cominciarono a conoscersi. Kate era assolutamente estasiata da tutta quella situazione, in quanto Jen prese a raccontarle tutto quello che era successo con Jared, sin dall’inizio. Inoltre, fece promettere alla ragazza di non raccontare niente a nessuno, per mantenere la propria privacy, e la nuova collega, da vera Echelon, lo fece. Poco tempo dopo videro Philip uscire dallo sgabuzzino, avvicinandosi goffamente a loro.
- Ho visto che avete subito legato! – ne era contento.
- Si, assolutamente sì, credo che abbiamo molto in comune! – fece Jen.
- Già! – replicò Kate.
La giornata lavorativa si concluse velocemente e prima che Jared potesse arrivare lì per prendere Jen, leI si avviò nello studio del capo, dovendogli parlare. Un po’ spaventata e leggermente agitata, bussò alla porta. Quando lui la fece accomodare, si trovò a dover parlare, pur non essendo pronta. Dopo aver preso fiato, gli spiegò che Emma, l’ex assistente di Jared, aveva ceduto il posto a lei e che quindi, in un secondo momento, lei sarebbe dovuta andare in giro per il mondo per seguirlo e non sapeva proprio come agire riguardo al lavoro in biblioteca. Philip, al sentire quelle parole, assunse un’espressione quasi dispiaciuta, ma sapendo che non poteva rinunciare minimamente a Jen, cercò di rassicurarla.
- Jen, tu sai cos’è giusto fare, fa quello che credi.. Se abbandonerai momentaneamente questa biblioteca, io non mi dimenticherò mai di te, sarai sempre la benvenuta, qui ci sei cresciuta.. – le ricordò – Resteranno sempre impresse dentro la mia mente le immagini di te piccolina, accompagnata da tua madre, girovagare tra gli scaffali in cerca di qualche libricino per bambini.. – gli spuntò un lieve sorriso mentre a Jen cominciarono ad illuminarsi gli occhi con qualche lacrime che li riempiva.
- Phil, io.. – lui la fermò.
- Non dire nulla, io so già cos’è giusto per te.. e so già che questa biblioteca ti apparterrà, sarà tua, quando vorrai.. – finì.
Jen uscì da quella stanza in lacrime, non sapeva come affrontare quella situazione anche se ormai non avrebbe più esitato nello scegliere se seguire Jared o meno. L’avrebbe fatto, ovvio.
Lo vide entrare dalla porta principale e lanciandogli un’occhiata, lo salutò. Spostò poi il suo sguardo verso Kate che rimase pietrificata dietro il bancone vicino alla cassa, abbassando lo sguardo. Le si avvicinò, la prese per mano e la portò verso Jared, il suo idolo. Baciò il suo uomo sulle labbra, piano.
- Amore, questa è Kate, una fantastica Echelon! – la spinse verso lui. – Sù abbraccialo, non essere timida! – si riferì a lei.
Jared la prese tra le braccia e la strinse forte, guardò Jen mostrando un cenno di orgoglio, sciogliendosi dall’abbraccio. Kate impallidì e dopo poco gli si ributtò fra le braccia, esclamando:
- Non sai quanto ti voglio bene, Jared! – si commosse.
Tornando a casa, Jen si buttò sul divano, mentre Jared le preparava un thè caldo alla vaniglia. L’atmosfera era calda, sentiva i rumori di Jared muoversi in cucina, il profumo del thè che saliva piano e ne riempiva l’aria. Senza nemmeno riuscire ad aspettare che lui glielo portasse, si addormentò profondamente, vittima della stanchezza.

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Capitolo 25
*** Capitolo Venticinque. ***


Lo osservava di fianco a lei mentre sbatteva furiosamente le mani sul tavolo, con lo sguardo arrossato dalla rabbia. Lo vedeva agitarsi, confondersi, piegarsi per il nervoso. Stava sbagliando, aveva sbagliato ancora. Non poteva fare errori quando si trattava di lavorare per i 30 Seconds to Mars, non poteva permetterselo. Jared era un perfezionista, sentiva l’esigenza di avere tutto in ordine e Jen cosa aveva fatto? Aveva perso i dati dove lui aveva salvato gli accordi per una nuova canzone. Li aveva cancellati, distrutti, erano spariti del tutto. Jared, preso dall’ira, si muoveva freneticamente da un lato all’altro della stanza, si buttava stanco sul letto, si rialzava, continuava a camminare per sfogare la sua tensione sferrando pugni contro il muro. Senza accorgersene nemmeno, la sua mano cominciò a sanguinare, ma lui testardo, la batteva sempre più forte al muro. Si faceva del male, voleva farsi del male, non sapeva come risolvere la situazione, se ci fosse stata una soluzione.
- Jared, guardati le mani, ti prego basta.. – chiese Jen tra le lacrime – Io non volevo, davvero..
- Che risposta è questa, secondo te eh? Ti pare che volevi, ma guardati.. Sei un’incapace! – sbraitò contrò di lei.
- Jared.. – arrivò a singhiozzare.

- Muoviti, trova una soluzione! – gridò lui.
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Tutto d’un tratto le poggiò una mano sui capelli e muovendole il corpo per svegliarla, le baciò la fronte.
- Jen, svegliati.. – le porse il thè caldo ormai pronto.
Sì alzò di colpo dal divano, sbattendoci sopra le braccia, scostò piano la coperta che Jared le aveva poggiato addosso e lo guardò con aria perplessa. Aveva ancora davanti agli occhi la scena del sogno, Jared fuorioso, terribilmente arrabbiato e lei che tremava per la paura. Presa dall’ansia, si mise seduta e si scostò i capelli che gli coprivano gli occhi, si allentò la cerniera della maglietta sentendo caldo e prendendo la tazza di thè tra le mani, la poggiò sul tavolino di fronte.
- Ma che ti viene? –
- Che ti viene a te, forse.. – ribattè lui, ridendo animatamente.
- Ma come, non eri nervoso fino a due secondi fa? – chiese allibita.
- Jen, avrai di sicuro sognato.. – rise ancora.
- Oddio.. – impallidì.
Gli raccontò tutto, ancora un po’ terrorizzata, lui le fece bere il thè con calma e cercò di tranquillizzarla. Le spiegò che sarebbe andato tutto bene, che non avrebbe fallito, che lui l’avrebbe aiutata come avrebbe fatto anche Emma. Si sedette accanto a lei e le prese una mano, stringendola premurosamente tra le dita. La guardò negli occhi e lesse nei suoi un filo di preoccupazione, riusciva a percepire che lei non si sentiva all’altezza per affrontare quel nuovo impegno, quel nuovo incarico. Le prese il viso con una mano, girandolo verso il suo e le scrutò l’anima con gli occhi.
- Jen, smettila di essere insicura, non puoi vivere la tua vita ponendoti troppi limiti, tu sei libera.. Segui i tuoi sogni, io l’ho sempre detto, lo dico sempre, a qualunque costo, fallo.. Sei arrivata da me! – fece una smorfia compiaciuta.
- Dai.. – sorrise lei schiaffeggiandogli leggermente il petto.
- No, dico sul serio.. Non ti sottovalutare, non farlo. Sei la mia donna ed io ti amo così come sei, non vedo l’ora di vedere ed amare il tuo modo di essere la mia nuova e imbranata assistente.. Io amerei anche quella parte di te e lo sai.. – finì.
Si strinsero forte, quando lei da seduta passò a stendersi sul divano, poggiando delicatamente la testa sulle gambe di Jared che le teneva i capelli tra le mani, venerandoli con la massima delicatezza. Presero a discorrere con più calma quando lei le chiese un parere su Kate.
- Che te ne pare allora? – domandò.
- Mi sembra una ragazza tranquilla, le ho visto la gioia negli occhi e ne sono felice.. Si vede ch’è piccolina però, sai?
- Già, avrà circa diciott’anni, ma almeno è meglio di quel Zach..
- Uh, mille volte! – sentenziò lui, sentendosi tranquillo ora che quel ragazzo era sparito.
Uscirono per andare a fare un giro insieme, tenendosi per mano come due adolescenti, come erano soliti fare da sempre, sin dall’inizio. Si fermarono in un centro commerciale, quando faceva freddo, adoravano farlo. Si sarebbero intrattenuti girovagando tra i vari settori di quegl’immensi edifici, pieni stracolmi di roba varia e, di tanto in tanto, anche inutile. Avrebbero fatto sosta in uno di quei piccoli bar accoglienti, pieni di persone, tutte a riscaldarsi dal vento umido che regnava fuori da quelle strutture. Tutto d’un tratto dal reparto abbigliamento per adulti passarono a quello per bambini, entrambi guardarono quei vestitini, le scarpe di taglia minuscola, i capellini con le sciarpe abbinate, tutto rigorosamente piccolo, continuarono a girare lo sguardo, cogliendo negli angoli dei giochi, le culle, tutto ciò che poteva servire ai neonati e, con un’aria sognante, si guardarono consapevoli del fatto che entrambi stavano pensando la stessa cosa. Si strinsero ancor di più la mano per sentirsi ancor di più uniti. Improvvisamente Jared prese parola, rivolgendosi a Jen.
- Non vorresti, anche tu, avere un bambino o una bambina? – un sorriso si aprì su quelle esili labbra.
- Si.. – gli si rivolse, ricambiando la sua gioia.
La prese tra le braccia e se la strinse forte al petto, spingendole la schiena contro di sé. Passò la mano sulle sue spalle, quando lei si ritirò dall’abbraccio, toccandosi la pancia. Lo guardò con gli occhi lucidi.
- Lo voglio anch’io, lo voglio anch’io.. – la strinse di nuovo.
Quando furono di ritorno a casa, Jared si sedette sul letto, richiamando Jen dal bagno. Prese una delle sua chitarre e la impugnò con cura. Cominciò a strimpellare qualche accordo, fin quando non trovò quello che cercava. Aveva cominciato a scrivere, una canzone, quella canzone, per lei, grazie a lei.
- Siediti qui, accanto a me.. – picchiettò la mano sul letto – Ascolta questa, è per te.. – si fermò.
Fece un gran respiro e dopo poco poggiò le dita sulle corde tese della chitarra. Il cuore gli batteva forte, pulsava appassionatamente, voleva scoppiare e uscire fuori per mostrare tutti i suoi sentimenti. Cercò di tranquillizzarsi ma l’emozione era troppa. Così fallendo, cominciò a suonare seppur l’agitazione era padrone di lui.

“One night to change your life,
One love to lose your mind,                                                                                                                                               
Heaven can wait, this I know,
It’s not time to go..”


Si fermò guardando Jen in lacrime. Piangeva. Sorrideva. Lui era la sua struggente felicità. Lei era la sua struggente felicità.
- Non dimenticherò mai quella notte in cui è iniziato tutto, io con te, tu con me Jen..  Non lo dimenticherò mai, ho perso la testa e l’ho persa per te.. – si fermò poggiando a terra la chitarra – Non ho mai amato nessuno come amo te, mai.. – colse il suo bacio.
Finirono per stendersi sul letto e tenersi stretti così, senza far nulla, immobili, cullati e protetti dal loro amore.

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Capitolo 26
*** Capitolo Ventisei. ***


- Pronto? – gridò per telefono – Chi è? Non si sente niente! – riprovò Jen.
- Ehi, sono io, Nick! – rispose così la persona dall’altro capo del telefono, dall’altro capo del mondo.
- Nick, Nick? – pensò velocemente - Nicolas? – un’espressione di stupore si formò immediatamente sul suo viso.
- Jen, sì, sono io! – anch’egli assunse uno sguardo sereno.
- Ma quanto tempo è passato? Un decennio forse? – rise.
Nick era sempre stato il suo migliore amico, da ancor prima che arrivasse Lexie, lui era cresciuto con lei, aveva vissuto insieme a lei momenti indimenticabili e i due avevano condiviso tutto quello che due ragazzini di circa dieci anni desideravano scoprire con qualcuno, non con un qualcuno qualsiasi, ma di fidato. Si erano dovuti separare molto presto, prima che i due potessero compiere diciott’anni, quando i genitori di Nick decisero di trasferirsi in Italia, dato che avevano lì alcune proprietà e un nuovo lavoro stabile per il padre. Avevano continuato a sentirsi per lungo tempo, ma col passare degli anni, tutto era mutato. Si erano persi di vista, avevano smesso di scriversi, di telefonarsi e il loro legame era andato sgretolandosi, sempre di più.
- Non un decennio, ma quasi! Ho troppe cose da raccontarti, ma innanzi tutto devi sapere che la settimana prossima sarò lì, torno lì, non per molto, credo circa un mesetto, devo sistemare alcune cose..
- Nick, ascoltami! – fece lei scandendo ogni parola – ma tu hai capito cosa mi è successo? – si emozionò.
- Jared Leto, eh? Cazzo Jen, ma hai visto che ce l’hai fatta? E ti preoccupavi di ogni cosa! Ma la tua sensazione, la tua sensazione di appartenergli era vera ed ora, ora sono ancor più orgoglioso di te! – sorrise.
- Non vedo l’ora di abbracciarti, Nick.. – la voce si calmò.
- Ci rivedremo presto.. – concluse.
Voltandosi vide Jared fissarla da lontano. Uno sguardo tetro aveva invaso il suo viso, gli occhi si erano incupiti ed aveva assunto un’espressione nervosa, o più che altro, gelosa. Non sapeva dell’esistenza di Nick e non aveva idea di cosa immaginarsi. I due erano cresciuti insieme, avevano vissuto le prime esperienze insieme, si erano scoperti insieme negli anni dell’innocenza. Lui si reggeva al muro, appoggiato all’entrata della stanza, accanto alla porta, mentre lei lo guardava divertita seduta sul letto.
- Non sarai mica geloso? – lo prese un po’ in giro.
- No! – fece lui, nascondendo la verità.
- E dai! Smettila, scemo! Non hai sentito cos’ho detto?
- Si.. – dichiarò.
- Hai pure origliato la telefonata allora! – rise ancora di gusto, fingendosi arrabbiata.
- Ehm.. non volevo, è capitato, ero qui dietro.. – si giustificò, temendo una brusca reazione da parte di Jen, sapeva che lei era una donna forte.
- Sto scherzando scemo, io non ho segreti con te! – gli si avvicinò con sguardo malizioso, fiondandogli improvvisamente una cuscinata in faccia.
- Ah, no? – domandò preso dal dubbio.
- No, sono seria! – i suoi occhi esprimevano la sincerità della sua affermazione.
Jared prese il cuscino e glielo sbattè addosso, una, due, tre volte. Si buttarono sul letto, dichiarandosi guerra. Continuarono così per lungo tempo, infilandosi sotto le coperte, facendosi il solletico, stuzzicandosi nei punti deboli. Si abbracciarono a letto, si strinsero forte, mentre fuori una pioggia insistente dominava le strade e bagnava le case. Jared accese lo stereo, mise una canzone bizzarra, movimentata, si alzò in piedi sul letto, inizialmente cominciò a saltare, poi prese a ballare come un deficiente, si muoveva, cercava d’imitare qualche passo di danza, si rigettò sul letto prendendo la mano di Jen.
- Non continuo senza te! – la sua voce sensuale.
- Meglio! – imbarazzatissima, fece per nascondersi sotto il piumone.
La tirò in piedi e si mise a ballare con lei, finirono per prendersi in giro a vicenda e, scendendo dal letto, proseguirono a rincorrersi per tutta la casa. Quando giunsero ad una tregua, si sedettero a tavola nel salone, si guardarono male, fecero un lungo respiro, quando poi si alzarono dalle sedie per corrersi incontro. Lui le fermò la mano, prendendola per i fianchi, lei lo colse vicino al bacino e, mentre si avvolgevano in un unico corpo, si persero in un lungo bacio.
- La devi smettere di farti amare così! – scherzò lui.
- Mi ami? – chiese scherzosamente.
- Si.. – rispose lui.
- Quanto?  - prese tempo -Tanto?
- Tantissimo.. – la prese ancora tra le braccia e la strinse a sé.
Dopo poco si misero a lavoro, si sedettero alla scrivania nello studio di Jared e lui cominciò a buttare giù qualche altra riga per la nuova canzone, inventando qualche altra nota. Jen l’osservava incantata, mentre lui con occhi fermi e mente concentrata, pensava al suo lavoro che s’intrecciava con la sua passione più grande, quella per la musica. Con il computer davanti, con cui avrebbe dovuto segnare tutti i nuovi dati, cercava di non distrarsi nel guardarlo, ma i suoi occhi si catapultavano sempre sul suo viso. Lo vedeva muoversi i capelli, scostare quelle ciocche che gli cadevano sulla fronte, strofinarsi gli occhi stanchi, giocherellare con la sua chitarra preferita. Era quello Jared Leto. Un uomo di grande amore e dedizione, nient’altro. Solo la donna giusta sarebbe riuscita a tirare fuori queste caratteristiche da lui, quelle che costituivano la sua vera personalità. E Jen, come risaputo, era quella donna. All’improvviso, interruppe il silenzio, pronunciando a voce bassa, parole di speranza.
- Lo vuoi ancora quel bambino?
Lui alzò lo sguardo, fissandola con gli occhi luminosi, le prese il viso per il mento e accarezzandole una guancia, le rispose.
- Senza ombra di dubbio..
Continuarono a dedicarsi al loro nuovo impegno, ma con un sorriso in più sulle labbra, con una consapevolezza in più, quella che, un giorno, non sarebbero stati più solo in due.

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Capitolo 27
*** Capitolo Ventisette. ***


- Jared, vado a fare la spesa, vieni anche tu? – gridò Jen dall’altra stanza.
- No amore, tra un po’ mi raggiungono Shannon e Tomo, dobbiamo provare un pezzo – le rispose a voce alta – probabilmente dobbiamo chiamare ancora una volta gli Echelon per un po’ d’aiuto! – si mise a sfogliare le scartoffie che aveva poggiato sulla scrivania con fare rilassato.
Jen si recò nella stanza in cui si trovava Jared, avvicinandosi piano a lui. Era ancora una volta soddisfatta del suo lavoro, del suo rapporto con la famiglia, della sua voglia d’interagire con loro.
- Posso partecipare anch’io? – chiese con un sibilo, arrossendo leggermente in viso.
Lui rispose con una leggera risatella, ma particolarmente compiaciuto, annuì. Si alzò dalla sedia, recandosi in cucina per sorseggiare un bicchiere d’acqua fresca. L’aria era calda in casa e fuori dalle finestre si percepiva il clima autunnale. I colori caldi che s’intrecciavano col vento dello scirocco.
- Ho intenzione di coinvolgere tutti gli Echelon del mondo, tutti quelli che hanno la possibilità di raggiungerci.. – riempì il bicchiere, poi continuò – abbiamo bisogno del loro aiuto, senza, non potremmo andare avanti.. – finì.
- Sono orgogliosa di te, orgogliosa di voi.. – gli accarezzò la mano che teneva poggiata sul tavolo.
Lui le strinse la vita, sorridendole spontaneamente, prima di salutarla vedendola andare via.
- Allora io vado.. – fece chiudendosi la porta alle spalle.
Giunta al supermercato, si aggirava tra gli scaffali con aria spensierata. Osservava con attenzione ogni prodotto, per scegliere quello migliore, soprattutto a seconda delle loro esigenze vegetariane-biologiche. Riempì in poco tempo un enorme carrello, approfittò della situazione per fare rifornimento, prevedendo un’altra grande cena in compagnia, con l’arrivo imminente di Nick. Sorrideva all’idea di quell’apparente felicità.
Tutto d’un tratto si sentì poggiare una mano fredda sul fianco leggermente scoperto e che lentamente le alzava la maglietta di lana grigia. Sentì il tocco intrufolarsi sul suo ventre e, istintivamente, si girò di scatto.
Zach.
Lasciò il carrello per spingerlo via, ma fu subito bloccata dal tocco prepotente delle mani del ragazzo dagli occhi smeraldo. Per un attimo, fissandolo, rimase come intontita, riprendendo dopo qualche secondo i sensi. Cercò di liberarsi, fallendo. E lui, non curandosi né del luogo, né della situazione, le fiondò una mano tra i capelli, tirandoglieli rozzamente, per avvicinare il suo viso a quello di lei. Un grido, nessuna risposta. Lui poteva benissimo controllare la situazione dato che nessuno era pronto a soccorrerla.
- Non ci sono fotografi adesso, non preoccuparti! – biascicò lui con sguardo felino.
Jen, impotente, si abbandonò alla parete e chiuse gli occhi, in segno d’arresa. Zach, poggiò una sua mano sul suo viso, le rubò un bacio, leccandole le labbra e le alzò violentemente la maglietta per stringerle i seni. Jen, seppur debole, gettò un altro grido di disperazione, presa dalla paura, per chiedere aiuto. Da lontano una donna vide tutta la scena, e prima di intervenire, chiamò la polizia che però, tardava ad arrivare, così corse a chiedere aiuto stesso nel negozio, per evitare che Jen dovesse subire altri maltrattamenti. Nel frattempo però, Zach continuava a violare il suo corpo.
- Sei mia! – le ringhiò contro – Non puoi scapparmi Jen! – con occhi di fuoco.
- Zach, fermati.. – lacrime.
Lui si guardò attorno e non scorgendo alcuna presenza, s’intrufolò nello sgabuzzino del supermercato, portandosi Jen dietro, ormai sconfitta. Nel buio più totale prese controllo del suo corpo, sbattendola al muro. Decise di non accendere la luce, per evitare che si potesse notare dall’esterno e nella finta notte, continuò a toccare la ragazza ovunque. Le sbottonò i pantaloni per infilarle una mano negli slip, ma prima di farlo, esitò un attimo per prenderle le mani e poggiargliele sulla sua intimità, facendo per muoverlo su e giù.
- Jen, lo hai capito cosa voglio da te vero? – le infilò una mano nelle mutandine.
- Zach, basta.. – singhiozzi.
In quello stesso istante la polizia buttò a terra la porta, correndo verso Zach per rinchiuderlo in manette e vedendo Jen buttarsi a terra, piangendo. Con il pantalone ancora sbottonato e la testa tra le mani, ripensava a tutto l’accaduto e a Jared, a quanto sarebbe stato male sapendolo, perché era lui l’unico suo pensiero, l’unica sua preoccupazione, più che la sua sofferenza.
La portarono fuori dal negozio e, scorrendo tra la rubrica del suo cellulare, trovarono il numero di Jared per chiamarlo. Dopo nemmeno un quarto d’ora lui arrivò e spaesato, con il pianto in gola, la portò in ospedale.
Giaceva in quel letto senza odori e senza colori, col cuore in mano, distrutto in mille piccoli pezzetti. Era stata umiliata per l’ennesima volta dalla stessa persona. Sentiva ancora il dolore dei lividi che lui le aveva provocato su alcune parti del corpo e, immobile, guardava Jared stringerle una mano.
- Scusami.. – sussurrò.
- Non è colpa tua.. – una lacrima gli solcò il viso.
Un gemito, un singhiozzo. Sconfitta, dolore. Aveva visto la cattiveria nei suoi occhi, il suo desiderio di scopersela, di farla sua, di tirarla via dal cuore di Jared e di prendere il controllo. Si era vista vittima di violenza. Si era vista subire quel male. Era convinta che la sua vita fosse tranquilla, perfetta, tutta “rosa e fiori”, ma si sbagliava di grosso. Aveva solo una grande paura in quel momento, paura di perdere ancora, paura di non riuscire più ad andare avanti.
Doveva scappare, non letteralmente, ma doveva trovare una via di fuga da quel vortice nero che stava risucchiando la sua felicità. La luce, aveva bisogno di colore, di qualcosa che sarebbe stato in grado di illuminare la sua vita. Quanto altro tempo avrebbe dovuto aspettare?
- Ogni cosa, per te.. – le dichiarò Jared. 

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Capitolo 28
*** Capitolo Ventotto. ***


Due giorni dopo i medici fecero gli ultimi controlli a Jen e le riferirono, gioiosi, che sarebbe potuta tornare la sera stessa a casa, senz’altri indugi. Alcuni lividi ancora le facevano male e, guardandosi il ventre, notò anche alcuni graffi ormai secchi che s’insinuavano dentro di lei, oltre la pelle. Per quanto tempo era stata incosciente della situazione? Per quanto non aveva sentito nulla? Ormai non contava più. Osservando quella stanza, si rese conto di quanto volesse chiudere le porte alla vita che si stava disintegrando alle sue spalle con l’ultimo episodio e di quanto desiderasse continuare a vivere quell’immensa felicità che riusciva a provare solo stando con Jared. Scostò lentamente le tendine azzurrine delle finestre e un inaspettato raggio di sole le sfiorò lo sguardo, provocandole fastidio, reagì chiudendo di scatto gli occhi per poi riaprirli lentamente. Fuori regnava la calma, stranamente. Era quasi dicembre ma il sole ammaestrava quel cielo limpido, ornato da qualche nuvola. Si guardò attorno e finì per spaventarsi di quell’incontrollabile tranquillità. Jared non c’era, ma aveva lasciato un bigliettino scritto, sul mobiletto affianco al letto. Un po’ stropicciato e macchiato di caffè, recitava:

“Sono tornato a casa, verranno a prenderti Tomo e Shannon, ti aspetto.. –Jared.”

Perché era andato via? Perché mandava Shannon e Tomo a prenderla?
Domande che si ripetevano insistenti nella sua mente come lampadine ad intermittenza che si accendono e spengono senza sosta. Nessuna risposta, nessuna supposizione. Il vuoto. Dopo pochi attimi, entrò nella sua stanza una giovane infermiera, sulla trentina. I capelli biondi erano raccolti in uno chignon, il volto chiaro colorato sugli zigomi da alcune velature più scure, gli occhi marroni esprimevano serenità e le labbra, tinteggiate di rosa, si aprivano in un grande sorriso, pronte ad annunciare a Jen l’ora di poter tornare a casa.
- Shannon! Tomo! – provò a gridare, con un tono di voce flebile.
- Jen, siamo venuti a salvarti! – dichiarò Shannon, ridendo tra sé e sé, lanciando un’occhiata divertita al collega di fianco.
- Eh già, io sono il Messia! – fece Tomo, pavoneggiandosi a più non posso, ironicamente.
Jen, divertita, li abbracciò. Più da Echelon che da donna di Jared.
- Tomo, senti caro mio però eh, questi sono discorsi nostri, degli Echelon.. tu.. non puoi dirtelo da solo! – rise fragorosamente, seguita dai due.
Stringendola forte, la fecero sentire a casa, come nuova, ripulita. La speranza, pensò. La solita speranza, quella che l’aveva salvata, sempre, da sempre. Loro erano la sua famiglia. I loro abbracci significavano più di ogni altra cosa, funzionavano più di ogni altra medicina, cancellavano il dolore meglio di qualsiasi lavaggio del cervello. Erano la soluzione ad ogni problema, il tanto atteso respiro dopo l’apnea, il meritato sorriso dopo fiumi di lacrime.
Congedando i dottori, si recarono all’uscita, dirigendosi verso la Mercedes nera di Shannon e con una leggera musica di sottofondo che acquietava i rumori della città, si fiondarono a casa, dove Jared con l’aiuto di persone molto speciali stava preparando una sorpresa per la sua amata.
- No, no, no! – disse divertito, correndole incontro.
Tomo nello stesso momento, lo prese in giro gridando – I will never forget! No, no! – cominciò a ridere, osservato dallo sguardo rassegnato alla sua stranezza di Jared.
- Non esiste, dovete bendarla o altrimenti non vale! – gli occhi gli si illuminarono, due piccoli diamanti sostituirono le sue pupille.
Tomo e Shannon rimediarono subito una fascia per coprirle gli occhi assicurandosi che non riuscisse a vedere nemmeno uno spiraglio di luce. Jared le fermò il viso e con estrema pacatezza le stampò un bacio sulle labbra scure, particolarmente provate.
- Sei pronta? – le sussurrò accanto ad un orecchio.
- Credo di si.. – sorrise, sentendosi leggera, libera come una farfalla capace di librarsi nei cieli più alti.
Jared la condusse, tenendola per mano e passando per il vialetto contornato da pietrine e aiuole verdeggianti, in casa. Aprendo il portone principale, spense le luci, facendo segno alla folla che all’interno l’aspettava di liberarsi in un gran coro, non appena lui le avesse sciolto la benda. Mentre Jen si reggeva al muro, lui con le dita faceva una specie di conto alla rovescia.
“Tre, due, uno!”
Mosse le mani, sciolse la benda.
Un’enorme folla di Echelon, vestiti come meglio potevano rappresentarsi, era lì ad accoglierla. Glyphics, Provehito in altum, Mythra, Triad. Ovunque. E quando Jared, Tomo e Shannon si posizionarono agli strumenti, cominciarono a cantare, come se tutto fosse stato già programmato per lei, in funzione di lei.

“I won’t suffer, be broken, get tired or wasted, surrender to nothing or give up what I started and stopped it from end to beginning, a new day is coming and I am finally free!”

Le cantarono in coro, per spronarla a reagire, mostrandole il loro sincero affetto.

“Here we are at the start, I can feel the beating of our hearts..”

Le lacrime cominciarono a scenderle sul viso, delicatamente, come se s’intrufolassero in lei in punta di piedi. Le carezzavano la pelle, le solleticavano ogni piccolo poro, nutrendolo di vita. La gioia stava inondando la sua anima. Quell’uomo l’aveva riempita, l’aveva completata. La sua famiglia, gli Echelon e i 30 Seconds to Mars, come sempre nella vita, erano stati capaci di rendere l’inferno, paradiso, eliminando il buio, dando spazio alla luce più bella, quella dell’amore.
Gioirono insieme, dimenticando il dolore.
Arrivata la sera, prima di tuffarsi a letto, Jen perse un po’ di tempo per pensare tra sé e sé, a tutto quello che le stava capitando e nel caos dei vari avvenimenti si accorse che mancava qualcosa. Da più di un mese.
Corse da Jared mentre un sorriso timido cominciò ad insinuarsi sul suo viso.
- Jared, credo di essere incinta. – si fermò immobile al centro della stanza.
La raggiunse e la baciò, ancor più timidamente, ancor più dolcemente perdendosi in lei e nell’amore più grande.
- Ogni cosa, con te.. –  

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Capitolo 29
*** Capitolo Ventinove. ***


Leggeri raggi biondi di sole entravano silenziosamente dalla finestra, illuminavano il parquet scuro che rifletteva la luce mattutina sul viso di Jen. Dormiva candidamente tra le coperte di quell’enorme piumone che la coccolava insieme a Jared. Dormiva tranquilla nella speranza di una presunta gravidanza. Dormiva rilassata con il volto disteso in un’espressione gioiosa. L’uomo al suo fianco nascondeva la testa sotto il cuscino per coprire gli occhi assonnati dalla luce esterna, nascondeva le sue orecchie per sfuggire al cinguettio insistente degli uccelli. Aguzzando piano la vista però, diede un’occhiata all’orologio riposto sul suo comodino e strabuzzò gli occhi. Era quasi mezzogiorno, decisamente tardi, quindi. Si alzò senza far rumore, spostando con cautela le coperte, per evitare di svegliare Jen. Sgattoiolò piano in cucina per preparare velocemente una ricca colazione, nonostante fosse quasi ora di pranzo, per servirgliela a letto. Mise a fare il caffè e recuperò il latte dal frigo per farne un cappuccino. Aprì gli scaffali al di sopra del piano cottura e riempì alcune ciotole di biscotti al burro ricoperti di granelli di zucchero. Ripose tutto su di un lungo vassoio color legno e fece per recarsi nuovamente in stanza da letto, quando si trovò la donna tra i piedi, che strofinandosi gli occhi appena svegli, usciva dal bagno. La guardò come per fulminarla, voleva farle una sorpresa.
- Jen, torna a letto! – quasi le ordinò, con aria divertita e contemporaneamente seria.
- Jared, ma che fai? – ridacchiò tra sé e sé, tirandosi i capelli in un voluminoso chignon.
- Vai a letto, ti ho detto! – ripetè alzando il tono della voce.
Jen si liberò in una risata fragorosa, alimentando il nascosto divertimento di Jared. S’intrufolò tra le lenzuola ancora calde, si coprì il corpo rinfreddolitosi per essersi alzata e si fermò a fissarlo da lontano. Si faceva spazio tra la porta e l’ingresso reggendo il vassoio nel migliore dei modi con una sola mano. Arrivò di fianco al letto e recitò qualche parola carina.
- Eccoti servita, mia principessa.. – sorrise, inebetito.
- Tu sei matto, però.. è per questo che ti amo! – disse Jen, prendendolo per la nuca e tirandolo verso di sé per stampargli un bacio al sapore di caffè-latte.
Si accoccolarono tra le coperte, compiacendosi di quelle mattine libere, da spendere nel completo relax. Jared poteva rilassarsi quanto voleva, doveva scrivere, comporre, provare, ma aveva tutto il tempo di cui necessitava a disposizione. Non c’era fretta per il nuovo album, avevano preso una pausa e, meritandola, aveva intenzione di godersela per bene, dedicando anche più tempo a sé stesso e a Jen. Quanto a lei invece, si era presa un bel periodo di riflessione riguardante al suo lavoro in biblioteca. Non sapeva cosa farne, non sapeva cosa fare. Non era quello però, il momento per pensarci.
- Oddio, ma oggi torna Nick! – Jen  si ricordò di lui nel bel mezzo del nulla, all’improvviso.
Si alzò di scatto dal letto, sedendosi sul morbido materasso. Si guardò intorno, scrutando ogni singolo angolo della stanza, mentre cercava qua e la il telefono cordless con fare frenetico, ma fu richiamata dalle fusa di Jared, che stuzzicandole punti vulnerabili del suo corpo, risvegliava in lei desideri nascosti.
- Jen, non è il momento.. – sibilò con voce graffiante – ti chiamerà lui.. – sfiorò la sua pura intimità.
Lei ridacchiò silenziosamente, facendosi corrompere dalle sue tentazioni. Assecondò le sue richieste e s’infilò con lui sotto le coperte, quasi a coprirsi per eclissarsi e sparire nel nulla, come di tanto in tanto fa la pallida luna, dietro al sole cocente.
- E va bene.. – portò il lenzuolo sul suo sorriso, lasciando fuori solo gli occhi, prima di avvolgersi completamente nel caldo dell’abbraccio di Jared.
Si guardarono a lungo, fissandosi ogni minimo poro della pelle del viso, ogni minima imperfezione che uno conosceva perfettamente dell’altro, ogni più piccola e impercettibile espressione che occhi o bocca potevano dare a vedere. Lui le si avvicinò cauto, strisciando col corpo sul letto ormai bollente d’amore. Sfiorandole una guancia con le nocche ruvide della mano, le sussurrò d’amarla. Jen, come pietrificata, rimase sorpresa da quelle parole, quasi come fosse la prima volta. Gli stampò un bacio casto ma che in sé celava un irrefrenabile desiderio di unirsi a lui, in un unico universo.
- Sono tua, Jared.. – tremò – fammi tua.. – un brivido le pervase il ventre al contatto con le sue dita che le formicolavano la pelle.
Jared, spronato da quelle parole, prese il controllo della situazione. Iniziò con lo sfiorarle delicatamente il bacino, passando sul basso ventre, finendo sull’inguine curato. Prese a baciarle ogni singolo angolo di paradiso che era il suo corpo. La osservava muoversi sotto di lui con il fare di un angelo. Delicata, sapiente, amorevole. Ondeggiava sotto di lui come il mare tra gli scogli. Muoveva il bacino seguendo il ritmo dei suoi respiri, alternando spinte leggere a spinte più forti. Jared, scostandole i capelli, cominciò a baciarla nel dentro clavicola, per poi passare sulla spalla, sul collo, sul petto, sui seni non troppo prorompenti. Studiava ogni suo più piccolo particolare, l’osservava, l’amava, lo venerava. Cullava ogni cellula del suo essere, la raccoglieva e la proteggeva. E lo stesso faceva Jen. Amava, l’amava. E finirono per farlo insieme, ancora una volta.
- E se tu fossi davvero incinta? – chiese lui, sognante.
- Ne sarei felice, credo che potrei arrivare a piangere.. – fissava il soffitto, con gli occhi spalancati in alto, immaginando una nuova piccola vita muoversi dentro di lei.
- Anch’io.. – lasciò cadere la testa sul suo petto, poggiando il tocco caldo della sua mano sulla pancia piatta di Jen.
Dopo essersi messi d’accordo, scesero di casa per andare a fare una passeggiata e trovandosi in giro tra i negozi e le strade poco trafficate, decisero di fermarsi in farmacia per comprare un test di gravidanza. La risposta sarebbe arrivata a breve.
- Allora, negativo o positivo? – chiese Jared dalla stanza da letto a Jen che si trovava in bagno.
- Non ho il coraggio di guardare, vuoi farlo tu per me? – chiese coprendosi gli occhi.
- Sì.. – prese il test in mano e guardò.
Con un unico sguardo, lanciò gli occhi sul test stretto tra le sue mani tremanti.
Positivo.
Jared si commosse, liberandosi in un pianto di gioia, mentre Jen, incredula, gli corse incontro toccandosi il ventre spoglio. Ormai era una certezza, non sarebbero più stati soli.
- Voglio che tu ti prenda cura di te stessa, non fare sforzi, non stancarti, ti servirò io, farò tutto io per te – si fece serio – promettimelo.
- Te lo prometto! – si lasciò stringere a lui, poggiando nuovamente la testa sul suo petto caldo, riuscendo a percepire il battito emozionato del suo cuore.
Trascorsero il resto della giornata a casa, stiracchiati sul divano.
- Ma quando sarà successo? – chiese Jen incuriositasi per la novità della situazione. – Non abbiamo usato sempre le precauzioni? – mostrò chiaramente la perplessità sul suo viso, stringendo le sopracciglia e torcendo il naso in una smorfia.
Jared si fece scappare un furbo sorriso.
- Ti ricordi il pic-nic? Il campo di girasoli? – domandò con fare imbarazzato.
- Certo! – sorrise.
- Ecco, vedi.. Io lì non l’avevo! – si grattò la nuca.
- Oh.. ma era intenzionale? – chiese lei interessata.
- Non proprio, è che io davvero non l’avevo.. ma nulla mi ha fermato, io lo voglio questo bambino.. – dichiarò sinceramente, giurando in maniera solenne.
Gli accarezzò il viso graffiato dalla barba, stampandogli un bacio sulla guancia candida come la neve.
Non era sola, due Leto erano con lei a farle compagnia. 

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Capitolo 30
*** Capitolo Trenta. ***


Sei anni dopo.

- Ma dov’è finito Nicholas, tesoro? – chiese Jen, con tono leggermente agitato, a Jared.
- Tranquilla amore, è fuori a giocare con Liz e Faith, vuoi che te lo chiamo? – la guardò, rilassato.
- Si, dai.. E’ l’ora della merenda poi! – dichiarò spremendo gli ultimi agrumi che si trovavano sul ripiano di marmo freddo.
Jared uscì fuori in giardino richiamando l’attenzione dei tre bambini che si divertivano intrattenendosi tra l’aria fresca e la luce del sole, nel pieno dell’estate. Li condusse lentamente in cucina, li fece sedere a tavola in maniera composta e sistemata mentre serviva loro l’aranciata fresca, contornata da una frutta a scelta, per farli dissetare dopo le lunghe corse fatte.
- Nick, non devi correre così forte però, devi stare attento altrimenti protesti cadere e papà si preoccupa, capito? – gli carezzò leggermente i capelli scuri, sbarazzini, stringendogli delicatamente la spalla. – continuò – poi, devi dare anche il buon esempio a tua sorella, vero? – da lontano lanciò un’occhiata divertita a Liz, che rispose di rimando regalandogli un sincero sorriso, come solo quelli dei bambini sanno essere davvero.
- C’è anche Faith però, papà! – strabuzzò con voce acuta Nick, indicando la figlia di Emma.
- Si, è vero, hai ragione, ma tu sei brava, vero Faith? Sei tutta tua madre! – rise giocando coi suoi capelli  biondi, proprio come quelli della madre, versandole un altro po’ di succo.
- Ha ragione vostro padre, dovete fare i bravi! – ridacchiò Jen tra sé e sé.
Due bambini, sì. Erano genitori di due bellissimi bambini. Nicholas aveva all'incirca cinque anni. Era tutto suo padre. Capelli scuri, occhi chiari tendenti all'azzurro e il sorriso più bello del mondo, quello che, come faceva anche il padre, veniva regalato solo nei momenti più speciali. Liz invece era più piccola. Era nata qualche anno dopo Nicholas. Aveva gli occhi sbarazzini, furbi, con uno sguardo vispo, già sveglio, pur avendo solo tre anni. Quando i piccoli tornarono a giocare, Jared e Jen rimasero soli e nel silenzio di quella giornata, si persero gironzolando per casa, ricordando un po’ il passato ormai andato. Il cambiamento che avevano affrontato. I due bimbi che ormai rallegravano le loro vite. Il loro affetto che riempiva quotidianamente i loro animi. Il matrimonio. E il loro amore, che non era mai cambiato. Ad un tratto però, si fermarono di fronte al camino spento, privo di legna, per osservare tutte le foto appese sul muro, quasi ad ornarlo e renderlo vivo.
- Mi mancherà, sempre.. – sibilò Jen, reggendo tra le mani una cornice, mentre una lacrima le solcava il viso.
- Lo so, amore.. – le lisciò i capelli, stringendola per le spalle.
- Nick.. – singhiozzò.
Il suo migliore amico se n’era andato da tre anni, poco prima della nascita di Nicholas, ecco il perché del suo nome. Li aveva abbandonati a causa di un incidente in strada, dopo che avevano trascorso un bel po’ di tempo tutti insieme. Il paradiso l’aveva chiamato quando era pronto a ritornare in Italia ma ormai non c’era più, se n’era andato per sempre. E Jen ancora non riusciva a capacitarsene, tantomeno ad accettarlo. Una lacrima le scivolò piano sulla mano calda, posandosi innocua tra le dita longilinee. Vide la sua fede matrimoniale illuminarsi e sfiorandola, si asciugò le lacrime, lasciando spazio ad un leggero sorriso abbozzato. Si girò alle sue spalle, guardando Jared negli occhi. Riconobbe in lui tutto ciò che aveva sempre sognato e sperato di avere. Guardò i suoi occhi e ci vide l’amore. Sfiorò con il tocco leggero delle sue dita, la sua bocca sottile e sentì un brivido freddo farsi spazio sulla colonna vertebrale. L’amava. E quell’amore non era mai mutato. Durante tutti questi anni, avevano sperimentato tante nuove cose. Insieme avevano compiuto numerosi viaggi, i 30 Seconds to Mars avevano pubblicato un nuovo album e affrontato un nuovo tour mondiale, venendo richiesti ovunque. Jen aveva scritto un libro che in poco tempo aveva ottenuto grande successo. Era diventata la direttrice della biblioteca in cui lavorava dopo che Philip gliel’aveva ceduta. Quel luogo, da quando c’era lei al comando, era diventato il più frequentato della città e il primo ad ospitare la presentazione del suo libro d’esordio. Insomma, nulla poteva andare meglio per la famiglia Leto, se non fosse stato per le solite Jen-paranoie.
Continuava ad avere incubi, ogni notte. Sognava di essersi inventata tutto, di immaginarsi questa vita e che nulla fosse realmente accaduto. Era quasi diventata una fobia. Terrore, ansia, simile al soffocare. E Jared, ogni qual volte lei si sentisse male, era sempre lì, pronto a rassicurarla e a pizzicarle delicatamente una guancia per ricordarle che quello che stava vivendo era tutto vero e non frutto della sua speranza, come un tempo.
- Forza su, dobbiamo andare! – Emma prese Faith per mano, salutando gioiosamente la famiglia Leto, per riportarla a casa.
- Mamma, no, voglio rimanere ancora un altro po’ qui! – piagnucolò la bambina.
- Dai, Faith, forza andiamo, papà ci aspetta, ci aspetta un bel gelatone, piccola mia, domani tornerai qui, va bene? – le sorrise, arruffandole i capelli chiari.
Andarono via, lasciando Jared e Jen, insieme ai loro due piccoli. Quell’enorme casa non era più vuota, era riscaldata e riempita dall’amore che le loro anime sprigionavano nell’aria. Ormai era quello, il motivo per cui tutto aveva un senso. La loro vita era cambiata, per sempre. Ed era proprio questo quello che aspettavano.
- E’ ora di andare a nanna, piccolini, andiamo sù.. – Jared prese in braccio prima Liz e poi Nicholas portandoli a letto.
Fu seguito velocemente da Jen che insieme a lui, si sedette al fianco dei due per rimboccare loro le coperte. Schioccato anche il bacio della buonanotte, chiusero le tendine, spensero le luci per dirigersi nella loro camera da letto.
Sudava, in preda al panico, tremava, sentendo le gocce sfiorarle la fronte e il ventre bollente. Si muoveva convulsamente tra le candide lenzuola di quell’enorme letto bianco. Un piccolo gemito le sfiorò la gola, prima di farla svegliare. Si spinse sul letto, quando iniziò a respirare affannosamente.
L’incubo, di nuovo.
Era tornato a tormentarla.
- Jen, Jen, tranquilla.. Sono qui! – la rassicurò Jared, nuovamente.
Le prese il viso con una mano e, accarezzandole la chioma scura, lo fece posare sul suo petto. Quando lei alzò lo sguardo, lo fissò negli occhi con un filo di commozione. I loro due universi si mescolarono in uno solo quando l’azzurro degli occhi di Jared si unì al marrone degli occhi di Jen. Un’unica cosa, un’unica vita, un’unica anima.
- Jared, l’ho sconfitto, questa è stata l’ultima volta, lo so.. – si lasciò stringere.
- Ti amo, piccola mia.. – chiuse gli occhi.
- Anch’io, sempre.. – un bacio, dolce, puro, eterno.

Un’unica cosa, un’unica vita, un’unica anima.
Così era e così sarebbe stato, per sempre. 

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