Carried away di Phoenix Angel Suyari (/viewuser.php?uid=8874)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carried away ***
Capitolo 2: *** Coming home ***
Capitolo 3: *** Mocking bird ***
Capitolo 4: *** Thursday's child ***
Capitolo 1 *** Carried away ***
Titolo: Carried
away
Autore: Phoenix
Angel Suyari
Rating: PG
Riassunto:
non è mai troppo tardi per essere parte di qualcosa…
Traduzione:
Chu
Link alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9357.html#cutid1
*
“RAGAZZO! Va’ ad aprire!”
Harry corse velocemente lungo il
tappeto molto pulito di zia Petunia e fuori nell’ingresso. Non era ancora
grande abbastanza per raggiungere la serratura, ma zia
Petunia e zio Vernon la lasciavano aperta durante il giorno, quindi tutto
quello che doveva fare era girare la maniglia. Anche
questo era difficile da fare, ma non impossibile, come la serratura, per la
quale aveva bisogno di una sedia.
Stando in punta di piedi, allungò
la mano in alto sopra la sua testa e curvò la fine di dita molto piccole
intorno alla maniglia d’argento. Ci vollero due tentativi – le sue dita
continuavano a scivolare e poi lui cadde – ma alla fine ci riuscì, avvertendo
un piccolo flusso di orgoglio per averlo fatto.
Barcollando indietro, tirò, e si spostò di lato, per spingere la pesante porta
dal davanti.
Quando la porta fu aperta abbastanza,
guardò su, e dovette allungare il suo collo molto indietro. Sugli scalini della
porta c’erano tre uomini. Uno era molto vecchio e gli sorrideva gentilmente.
Alla sua sinistra c’era un uomo molto alto con i capelli neri, proprio come i
suoi. E accanto a lui, un uomo più basso, che sembrò ad
Harry come se fosse perfettamente apposto se l’avesse accolto con un abbraccio.
Il che, Harry pensò sarebbe stato carino forse, ma era un estraneo.
“Ciao,”
disse il vecchio uomo, ed Harry tornò a guardarlo. “Stiamo cercando Vernon
Dursley.”
Harry sbatte le palpebre, e poi tossì debolmente, facendo aggrottare la fronte all’uomo con
i capelli scuri.
“Ragazzo! Chi è?”
Harry si tirò indietro e si
appoggiò alla porta. “E’ per te, zio Vernon!”
Appena il paffuto uomo entrò
nell’ingresso, Harry si sentì molto ben disposto ad andare ad abbracciare
l’estraneo. Al contrario, si fece molto piccolo contro la porta, sapendo che se
fosse rimasto in silenzio e senza muoversi, zio Vernon si sarebbe dimenticato
di lui alla fine.
“Sì?” Disse zio Vernon. “Cosa volete?”
“Vernon Dursley, presumo?”
“Sì,”
rispose zio Vernon, annuendo.
“Sono Albus Dumbledore. Non ci
siamo mai incontrati ufficialmente.” Harry guardò la
faccia di zio Vernon corrugarsi, diventando leggermente rossa. “E questi sono
Sirius Black, e Remus Lupin.”
Il primo uomo, Sirius, lanciò
un’occhiata severa verso zio Vernon. Zio Vernon ricambiò lo sguardo, con la
faccia che perdeva lievemente colore. Harry non aveva mai visto nessuno far impallidire zio Vernon in
quel modo. Solitamente chiunque lo faceva arrabbiare di più. E
poi se la sarebbe presa con Harry. L’altro uomo fece un sorriso appena venne presentato, e poi avvolse le sue braccia intorno ad un
braccio dell’uomo dai capelli scuri, dicendogli qualcosa a bassa voce. Harry
pensò che stava per muoversi – sembrava come se
volesse colpire zio Vernon – ma non lo fece.
“Bene, ci spostiamo in salotto?”
chiese Dumbledore.
Harry lo guardò avanzare a grandi
passi e con sicurezza, seguito dagli altri due uomini. Direttamente
oltre zio Vernon, che iniziò a farfugliare rabbiosamente. E naturalmente, quando zio Vernon era arrabbiato…
“Chiudi quella dannata porta,
ragazzo!” gridò, tirando un colpo e mancando Harry che si piegò velocemente.
Non appena Harry aprì gli occhi per vedere se era stato già colpito o no, trovò
zio Vernon che fissava oltraggiato l’uomo con i capelli neri, che teneva il suo
polso in una morsa ferrea.
“Dammi una ragione,” ringhiò sulla faccia rossa di zio Vernon.
“Sirius,”
disse l’altro uomo.
“E questa deve essere la sua
affascinante moglie, Petunia,” disse Dumbledore,
spostandosi verso zia Petunia, che era giunta lì nella confusione. Lei lo
fissò, mentre lui le prese la mano e vi diede una buona stretta. “E’ un piacere
incontrarla. Sono Albus Dumbledore.” Zia Petunia impallidì. “E questi sono i
miei colleghi, Remus Lupin, e Sirius Black.”
Sirius lasciò andare zio Vernon con
una piccola, non troppo gentile spinta. Zio Vernon
inciampò scontrandosi con la porta. Zia Petunia lanciò un piccolo urletto. Remus sospirò.
“Vi elogerei per esservi presi cura
di Harry per i tre anni passati,” continuò Dumbledore.
“Ma tutti noi sappiamo che non è necessario.”
Harry si schiacciò contro il muro.
Ogni volta che gli adulti parlavano di lui, lui finiva in un sacco di guai.
Avanzò lentamente e con attenzione verso le scale, sperando che con un po’ di
fortuna, potesse salirle di corsa e nascondersi
nell’armadio al piano di sopra fino a quando tutto fosse finito. Certo, c’era
la possibilità che si imbattesse in Dudley, ma avrebbe
corso volentieri il rischio in quel momento.
“Perché
non ci spostiamo in una stanza più comoda per discutere di questo?”
Harry si buttò a terra e cadde alla
base delle scale, con un fracasso. Sapeva che avrebbe attirato l’attenzione che
ricevette, e quindi chiuse gli occhi molto stretti e corse su per le scale il
più veloce che poteva, inciampando solo una volta. Dudley aveva lasciato i suoi
pattini sulle scale.
“Chi c’è di sotto?” Chiese Dudley,
nel momento in cui Harry concluse la sua arrampicata. Immediatamente, Harry
afferrò la ringhiera. Era stato spinto giù per le scale abbastanza volte per
sapere che era impossibile ruzzolare lontano quando uno aveva una buona presa.
“Non lo so.”
“Davvero?” Chiese Dudley. Afferrò
il braccio di Harry e cercò di forzarlo a mollare la presa. Harry strinse più
forte, sapendo che se Dudley l’avesse afferrato, l’avrebbe rotto di nuovo. Le
braccia rotte fanno male, ed Harry già si sentiva poco
bene. “Ho detto dimmelo!” Gridò, tirando.
“Non lo so!” Gridò di rimando
Harry, premendo un ginocchio nello scalino per equilibrio.
Dudley tirò con tutto il suo peso,
ed Harry chiuse gli occhi non appena la sua guancia sbatté contro la
balaustrata. I suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua testa diede un
colpo. “La prossima volta ti conviene dirmelo!” disse
Dudley, dandogli un calcio sul fianco prima di andarsene via.
Harry tirò su con il naso, non
volendo lasciare la presa fino a quando non avrebbe udito la porta della stanza
dei giochi di Dudley sbattere. Quando fu certo di essere solo, si tirò su, e si sedette sul primo scalino,
strofinandosi la guancia dolente. Le dita di strinsero a pugno sotto il metto, alzandogli la testa. Harry sussultò in sorpresa – non
avendo sentito nessuno arrivare – e guardò in su con
occhi spalancati.
Remus gli sorrise
gentilmente. Era accovacciato sulle scale guardando in alto verso Harry. “Stai
bene?” Chiese. Harry fece un profondo respiro, e si strofinò la guancia, la
mano che si allontanava macchiata. “Qui, lascia che lo faccia io,” disse Remus, mentre Harry tirava l’orlo della sua maglia
troppo grande per pulire la mano.
Harry sbatté gli occhi, osservando
mentre lui tirava fuori un fazzoletto e tamponando gentilmente sulla guancia di
Harry. Nessuno aveva mai pulito i suoi tagli, ed Harry non sapeva cosa si
doveva fare quando qualcuno lo faceva. Si morse il labbro. Remus riusciva a
mandare via le bue. Solo le mamme ed i papà riuscivano a fare questo.
“Grazie,”
disse Harry sottovoce, piegando le ginocchia più vicino.
“Prego, Harry,”
rispose Remus, spostandosi per sedersi accanto a lui, imitando la sua
posizione.
Harry lanciò un’occhiata verso di
lui, e ricevette un sorriso. Guardò di nuovo giù velocemente. “Perché non sei giù?” chiese dopo qualche momento. Remus non
sembrava il tipo di persona che si arrabbia. Quindi, Harry si sentì un po’ ardito.
“Bèh, non hanno davvero bisogno di
me,” rispose.
Harry guardò di nuovo in su. Ma lui sembrava essere così
importante. Remus sorrise.
“Come te la sei fatta quella?”
chiese, indicando la guancia ferita di Harry.
“Sono caduto.”
“Capisco.”
Harry si abbracciò le ginocchia.
“Remus,”
chiamò Dumbledore.
Remus si alzò e si spolverò i jeans. Harry fu colto di sorpresa quando gli tese la mano.
“Ti andrebbe di venire con me?” chiese. Harry guardò dietro verso
la porta della stanza dei giochi di Dudley. Era solo questione di
qualche momento prima che Dudley si stancasse e
uscisse fuori per ‘giocare’ con lui. Ma poi, zio Vernon era di sotto…
Esitò, ma nel momento in cui iniziò
ad alzare la mano, Remus la prese, aiutandolo a mettersi in piedi. Harry sentì
come se si stesse aggrappando a lui, per nessuna ragione che riusciva a
comprendere. Si sentiva come se stesse affogando. Ma
non voleva fare nulla che avrebbe fatto sì che a Remus non piacesse. Nessun
adulto era stato così gentile con lui prima.
Remus scese le scale molto
lentamente, aiutando Harry a scendere, e sorridendogli incoraggiante per tutto
il tempo. Quando arrivano giù, Harry si sentì molto
meglio. La sensazione non durò molto a lungo. Appena arrivano
in salotto, Harry poté sentire l’occhiata trivellatrice di zio Vernon su di
lui. Si chinò verso Remus, nascondendosi leggermente dietro una
delle sue gambe. Remus diede alla sua mano una stretta rassicurante e poggiò
l’altra mano sulla schiena di Harry, guidandolo verso il divano, dove era
seduto Sirius.
Aiutò Harry a sedersi, prima di
sedersi lui stesso. Sirius smise di lanciare occhiate a zio Vernon per guardare
in basso verso Harry. Harry si era aspettato un’occhiataccia anche per lui, ma fu sorpreso di non trovarne. Invece, Sirius gli diede un
sorriso affettuoso e gli scompigliò i capelli. Harry era molto confuso.
“Ciao, Harry,”
salutò Dumbledore, dalla poltrona. Harry si voltò per guardarlo. Il vecchio
uomo gli stava sorridendo, e Harry sentì la sua bocca contrarsi in un sorriso
in rimando.
“Ciao,”
rispose a bassa voce.
“Se non ti dispiace, ci sarebbe
qualcosa di cui ci piacerebbe parlare con te.”
“Non l’ho fatto apposta!” implorò
automaticamente Harry.
Accanto a lui, Sirius si irrigidì. Remus gli strofinò la schiena in segno di
sostegno. Dumbledore fece una breve risata.
“Non aver paura, Harry. Non stai
per essere punito.”
Harry era chiaramente piuttosto
scettico a riguardo, ma non disse nulla. Le calde, ferme carezze sulla sua
schiena lo stavano cullando in una quiete che non aveva mai sperimentato prima.
“No, Harry. Ci piacerebbe parlarti
della tua sistemazione.”
Harry sbatté gli occhi.
“Sei a conoscenza del fatto che sei
orfano?”
Harry annuì lentamente. “I miei
genitori sono morti in un incidente stradale.”
Sopra la sua testa, i due in mezzo
a cui era seduto, si guardarono l’un l’altro.
Dumbledore sorrise semplicemente. “Questa non è proprio
la verità. Comunque, questo non è quello di cui
dobbiamo discutere.” Congiunse le mani insieme. “Harry, i tuoi genitori
indicarono un tutore per te alla tua nascita. Sfortunatamente, a causa
di…complicazioni, sei stato posto sotto la tutela dei tuoi unici parenti in
vita.”
Harry annuì. Zia Petunia era la
sorella di sua madre. Questo lo sapeva.
“Recentemente, queste complicazioni
si sono chiarite, ed al tuo tutore è stata riaffidata
la tua custodia.”
Harry si agitò. Voleva
rannicchiarsi come una palla, ma zia Petunia l’avrebbe
sgridato per aver sporcato i suoi cuscini e l’avrebbe chiuso nel
sottoscala fino alla colazione del giorno dopo.
“Siamo venuti qui
a riprenderti.”
“Huh?”
chiese lui, guardando il gruppo che gli stava intorno.
“Ti riportiamo a casa,” spiegò gentilmente Remus.
Harry lo guardò.
“Sirius è il tuo padrino,” continuò, gesticolando verso l’uomo che gli sedeva
accanto. Harry guardò, e Sirius gli diede un sorriso di saluto. “E vuole portarti a casa con sé. Dove
appartieni.”
Harry si sentì molto, molto
confuso. E si raggomitolò sul divano comunque. Zia
Petunia avrebbe potuto arrabbiarsi; non gli importava
più se veniva punito. Questo era molto più importante. E
spaventoso.
Sia Sirius che Remus si voltarono verso di lui, e nonostante fosse spaventato
com’era in quel momento, Harry non si era nemmeno mai sentito così protetto.
Era come se niente avesse potuto passare oltre loro
due ora. Non Dudley, non zia Petunia, nemmeno zio Vernon. Harry sentì il suo
stomaco rilassarsi, ed il suo cuore aprirsi.
“Vedi, Harry,”
disse Sirius, parlando per la prima volta. Harry scoprì che il suo della sua
voce gli piaceva molto. “Il tuo papà era il mio migliore amico. E appena sei
nato, mi chiese di prendermi cura di te, se gli fosse
successo qualcosa.”
Harry si spostò un po’ in avanti.
“Gli somigli molto, sai,” continuò Sirius, e la sua voce suonò diversa. Non
spiacevolmente diversa. Come se fosse ferito e lo stesse nascondendo.
Harry guardò Remus per conferma.
Remus gli scostò alcune ciocche di capelli e batté leggermente il suo naso. “Eccetto per il fatto che hai gli occhi di tua madre,”
aggiunse.
Harry guardò tra i due, essendosi
dimenticato che non erano soli nella stanza. “Quindi…quindi
verrò con voi?”
“Sì, verrai a casa con noi.”
“Per quanto?”
“Verrai a vivere con noi,” spiegò Remus.
“Per un po’?”
“No Harry,”
corresse Sirius. “Da ora e per sempre.”
“Perché io
vi appartengo?”
Sirius fece un sorriso dolce,
chinandosi un po’ in avanti per essere allo stesso livello degli occhi di
Harry. “Perché fai parte di noi,” rispose. “Sei parte
della nostra famiglia.”
Harry ragionò su questo. Girandosi
verso Remus, chiese, “E tu cosa sei?”
“Come?”
“Lui è il mio padrino,” ragionò Harry, indicando Sirius. “Ma lui ha detto che
siamo una famiglia,” Indicò fra di loro. “Quindi, sei anche tu mio padrino?”
Sirius rise e Remus sembrò un po’
confuso. Diede una pacca sulla spalla di Harry e scosse la
testa divertito.
“Bèh…” disse Remus, spostandosi un
po’. “Io sono…”
“Sì, lui è il tuo padrino
non-ufficiale,” rispose Sirius.
“Okay,”
replicò Harry, contento che questo si fosse sistemato.
Remus guardò via per un momento,
poi di nuovo ad Harry, per un breve sorriso. Sirius
stava ancora ridacchiando dietro Harry. Remus mandò uno sguardo supplichevole a
Sirius, che con qualche sospirò, si ricompose.
Harry decise che
gli piacevano.
“Okay,” disse di nuovo.
“Che c’è,
Harry?” chiese Sirius, tirando indietro i capelli di Harry. Non avrebbe dovuto essere così piacevole, ragionò Harry. Avrebbero potuto essere una famiglia, ma Harry ancora non sapeva
nulla su di loro. Eppure…sentiva più di essere parte
di loro due, quei due estranei, che rispetto a tutto il tempo che aveva passato
con i Dursley.
“Okay,”
ripeté.
“Okay?” gli fece eco Remus.
“Sì. Verrò con voi.”
I due sorrisero. Harry non aveva realizzato che non gli avevano mai chiesto se voleva andare
o no. Ma adesso lo stavano abbracciando, ed Harry
sentì come se finalmente avrebbe scoperto dove apparteneva. Dopo essersi
sentito escluso per così a lungo, avrebbe finalmente, alla
fine scoperto dove apparteneva.
*
Note della traduttrice: ok, il
primo capitolo è fatto. Scusate se non ho reso alla perfezione, ma ho cercato
di non fare una schifezza con le frasi (scommetto che ho miseramente fallito).
Ad ogni modo… vi avverto: per ora l’autrice ha pubblicato solo quattro
capitoli, ma mi ha fatto sapere che presto ne pubblicherà di nuovi. E’ molto
impegnata quindi non so quanto tempo di metterà a scriverli.
Fatemi sapere cosa ne pensate, tradurrò volentieri i vostri commenti a lei ;) mi
raccomando!
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Capitolo 2 *** Coming home ***
Titolo: Coming home
Autore: Phoenix Angel Suyari
Rating:
PG
Pairing:
Sirius/Remus
Desclaimer: Harry Potter e tutti i
personaggi della popolare serie sono proprietà di J.K.Rowling e come tutti gli
autori, io li ho solamente presi in prestito per la mia personale
soddisfazione.
Note dell’autrice: Sequel di
Carried Away. Diventerà una serie? Diavolo, se lo sapessi! Questo è il
risultato di ogni singolo commento in
cui veniva richiesto un seguito. Ciao! Ecco il vostro sequel!
Traduzione: Chu
Note della traduttrice: com’è
evidente dalla nota di Suyari, “Carried Away” era nata come one-shot. L’autrice
ha iniziato una serie solo successivamente alle richieste di un sequel… ^_^’’
ho detto un’ovvietà, ma che volete farci? Era solo per essere più chiara… Quindi,
chiarezza per chiarezza (eh?°_°): siccome l’autrice non è sicura di dove vuole
andare a finire e, soprattutto, COME e QUANDO vuole finire, non si saprà mai se
questa fic avrà una fine… Parlando d’altro: avete visto? Non è adorabile il piccolo Harry? E Remus? …
E’ un papà nato…peccato che è gay XD e non lo dico io! Lo dice metà dei fan
della serie! Inoltre, anche se non sono l’autrice, vi ringrazio da parte sua
per i commenti! Grazie grazie grazie ^^
E comunque…attenti ai pancake! A me
è venuta fame mentre leggevo…
Link diretto alla storia originale:
http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9710.html#cutid1
*
Harry
sbatté gli occhi non appena la porta si aprì, rivelando una stanza così larga
che Harry non era sicuro ci fosse molto di più del loro appartamento. Dopo
tutto, vivevano in un appartamento a Londra. Ne sapeva abbastanza di stanze,
per capire che quella camera era l’intero appartamento. Eppure, c’erano delle
porte, e un ingresso. Guardò in alto e lasciò andare un piccolo sospiro verso
il soffitto.
“Vuoi
toglierti la giacca, Harry?” chiese Remus, con le mani sulle sue spalle.
Harry fu
sbalzato dal suo sogni ad occhi aperti e lo guardò. Annuì lentamente,
spostandosi per toglierla, ma Remus l’aveva messa via e avvolta prima che lui
potesse iniziare a tirare una manica troppo larga.
Harry si
sfregò il naso e guardò dietro di sé. Sirius stava chiudendo a chiave la porta
e Remus stava riponendo il suo cappotto nell’armadio dell’ingresso.
“Bèh
Harry,” disse Sirius, avvicinandosi per intrappolarlo in un abbraccio laterale.
“Che cosa ne pensi?”
Harry non
voleva essere scortese. “Uhmmm…” disse sotto voce. “E’…grande…”
“Andiamo,
ti mostro la tua stanza.”
Harry si
lasciò sfuggire un sussulto quando venne velocemente alzato in braccio,
aggrappandosi sorpreso al braccio e alla spalla di Sirius, mentre veniva
sistemato più vicino. Remus gli diede un sorriso comprensivo e li seguì mentre
Sirius marciava lungo l’ingresso con Harry. Harry pensò, dall’espressione di
Remus, che forse Sirius faceva questo molto spesso anche con lui.
La porta
da sola era intimidatoria. Legno di sequoia finemente cesellato, con rifiniture
d’acciaio. Harry fissò quel blocco a piombo e lo guardò mentre veniva aperto
come se dovesse attaccarlo da un momento all’altro. Remus gli arruffò i capelli
per distrarlo e gli sorrise quando lo guardò. Harry sorrise debolmente di
rimando.
Sirius si
spostò al centro della stanza e allargò il suo braccio libero.
Harry si
guardò intorno. Questa stanza era anche più
grande della prima. Aveva un largo letto, con tende e imponenti finestre
con pesanti drappeggi. Tre intere finestre. Tre intere finestre ciascuna delle
quali era più grande di tutte le finestre del prezioso salotto di zia Petunia
messe insieme. Ed Harry ne aveva tre.
Il
pavimento era di legno lucido. Che brillava e che esibiva orgogliosamente
nessun segno di abuso. I muri sembravano molto lunghi, quasi come se non
finissero, ma come se continuassero a ruotare. C’erano anche altri arredi.
Scaffali, riempiti con un sacco di copertine colorate. Ripiani con qualsiasi
genere di cose, luccicanti e luminose, ed Harry intuì che molta di quella roba
poteva rompersi molto facilmente, quindi avrebbe dovuto tenersi lontano da
loro. Due enormi cassettoni fiancheggiavano un immenso armadio ad entrambi i
lati. All’estremità più lontana c’erano una scrivania ed una sedia che
sembravano come qualcosa proveniente da un museo. C’era una cesta per i
giocattoli ed un comodino con una lampada che sembrava molto, molto costosa appoggiata
su di esso.
Il
soffitto si allargava all’infinito,
facendo sentire Harry anche più piccolo di quando zio Vernon lo sgridava.
Distolse lo sguardo, sentendosi stordito e notò un largo quadro sul muro
accanto al letto. Due persone ricambiarono il suo sguardo. Uno aveva i capelli
scuri, proprio come i suoi. E l’altra aveva capelli rosso fuoco e occhi che
Harry riconobbe.
Stava
guardando oltre la sua spalla verso gli imponenti specchi proprio dietro,
quando pensò di aver visto un guizzo. Guardando di nuovo, sbatté gli occhi, ma
il ritratto era fermo. Si sentì un po’ strano, ma scosse la testa e pensò che
ancora non conosceva quel luogo. Ne sarebbe stato spaventato probabilmente per
un po’. E davvero, i ritratti non si muovono.
“Bèh?”
disse Sirius dopo un po’.
Harry lo
guardò, senza capire.
“Che ne
pensi?”
Harry non voleva
essere scortese. “E’…molto carina…”
Sirius
sorrise e lo strinse. “Sono contento che ti piaccia,” replicò, sistemando Harry
in piedi sul pavimento. Harry non lasciò andare la presa e Sirius si fermò un
attimo, prima di sollevarlo di nuovo.
“Bene…” disse
Remus. “Vuoi cambiarti? Non sapevamo che taglia avevi, ma abbiamo comprato un
po’ di cose…” Si spostò attraverso la stanza, aprendo l’armadio. “Penso di
riuscire a trovare qualcosa qui dentro che ti stia meglio di quello che hai
addosso ora.”
Harry guardò la sua maglietta
troppo grande, e i pantaloni che si tenevano su solo perché aveva legato una
corda lungo la cintola. Sirius piegò la testa, guardando attraverso la frangia
scura di Harry.
“Vuoi qualcosa da mangiare invece?”
Chiese Remus.
Harry non alzò lo sguardo.
“Un bagno forse?”
Harry si curvò più vicino, sulla
spalla di Sirius. Sirius guardò verso Remus, prima di piegarsi a sua volta su
Harry. Lo strinse più vicino, e premette protettivamente una mano sulla schiena
di Harry, prima di iniziare ad ondeggiare. Harry fissò il muro, mentre Sirius
iniziava a canticchiare, ondeggiando ancora, e presto Harry si accorse che era
molto difficile rimanere sveglio, per non dire preoccupato.
Quando si svegliò, era buio. Si
sedette, sfregandosi gli occhi con l’orlo della maglietta che copriva le sue
piccole mani. Quando la sua mente si schiarì, si ritrovò da solo, nel grande
letto, nell’enorme stanza. Sussultò leggermente e strisciò fino all’orlo del
letto, insicuro sul da farsi.
Le finestre tracciavano lunghe, scintillanti
ombre lungo il pavimento. Era tutto molto silenzioso, e guardando in basso,
c’era una lunga strada fino al pavimento. Ora, Harry aveva due possibilità.
Poteva rimanere nella stanza spaventosa, tutto solo, aspettando che i mostri lo
andassero a prendere. O poteva sperare che i mostri che vivevano sotto i letti
dei bambini piccoli e con i capelli neri non l’avrebbero preso mentre
raggiungeva la porta. Guardò in avanti. La porta era molto lontana.
Dall’angolo dell’occhio, gli sembrò
di vedere qualcosa muoversi, e preso dal panico, si decise per l’opzione B.
Tuffandosi giù dal letto, cadde pesantemente a terra, ad una buona distanza dal
letto, per il suo piccolo corpo. Una volta a terra, non perse tempo, correndo
con tutte le sue forse verso la porta. Era leggermente aperta, e lui la spinse
di lato, e schizzò via, verso l’ingresso.
Non sapeva dove stava andando, ma
sapeva di dover andare lontano, molto lontano da quella stanza. Andò a sbattere
contro una sedia nel salotto, e cadde a terra in un mucchietto ansimante,
abbracciando la sedia più vicino e nascondendosi dietro di essa. Gli occhi
cercavano freneticamente i mostri.
C’era un camino nel salotto, che
tracciavano ombre poco familiari in tutte le direzioni. Harry pensò che forse
poteva sedersi sul divano ed aspettare. Uscendo fuori da dietro quella, si
guardò intorno nella stanza per due volte prima di trovare il divano, e correre
verso di esso.
Si fece male alla pancia durante il
primo salto, il divano era più alto di quanto avesse creduto prima. Con uno
sformo molto grande, si sollevò su e si voltò, passando in rassegna tutta la
stanza di nuovo. Ogni cose era ferma dove stava prima. Immobile e poco
minacciosa da vicino al fuoco. Harry sospirò, e affondò giù, stringendo un
cuscino contro il suo petto.
Si ricordò troppo tardi delle
regole di zia Petunia riguardo i piedi sul divano. Comunque, al momento era
molto più spaventato all’idea di far ciondolare i suoi piedi oltre il lato del
divano che cacciarsi nei guai. E poi, non stava indossando le scarpe.
Rimase seduto lì per un po’;
sussultando ad ogni suono strano e ombra che si muoveva. Dopo un po’, cercare i
mostri gli stava stancando gli occhi, e continuava a sforzarsi di guardare
velocemente in alto, non appena si accorgeva di aver abbassato la guardia per
un momento.
Fu in uno di quei momenti, tra il
ricordarsi di rimanere sveglio ed il sentirsi molto stanco, che avvertì il suo
corpo venir sollevato. Si spostò al movimento con un piccolo lamento, ma
sentiva i suoi occhi troppo pesanti per aprirli. Non importava comunque, perché
era steso contro qualcosa di caldo e solido, la sua guancia sostenuta da una
curva, e la sua testa piegata sotto qualcosa di similarmente caldo.
Sospirò quando qualcosa lisciò
gentilmente i suoi capelli, le mani chiudendosi in un pugno sul tessuto. Il suo
corpo non si preoccupava di svegliarsi, e molto presto, non importava più.
La seconda volta in cui Harry si
svegliò, il sole splendeva tramite le finestre e la sua stanza era calda e non
appariva minacciosa. Inspirò piano con il naso e si sedette. Quando si
stiracchiò, calciò qualcosa e la sua risposta automatica fu di bloccarsi.
Ma ciò che aveva calciato alzò solo
una testa pelosa. Sbatté gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi. Harry lo
guardò e non riuscì a ricordare di aver visto un cane nella casa prima. Poi
però, aveva solo visto due stanze. Il cane agitò la coda e si alzò. Harry
trattenne il fiato. Il cane – come qualsiasi altra cosa lì dentro – era molto
grande.
Stava aspettando che…bèh, non ne
era sicuro. Ma non si aspettava di venir leccato sul naso. Sbatté gli occhi e
si strofinò il naso. Ma allora il cane lo buttò a terra, leccandogli la guancia
e il collo fino a che lui non ridacchiò. Alzò un braccio per farsi scudo e
ricevette in risposta un naso freddo e che annusava. Ridacchiò più forte e
rotolò. Il cane lo seguì.
“Ok! Ok!” gridò Harry, tra le
risatine. “Hai vinto tu!”
Il cane gli diede un’ultima leccata
sulla tempia, prima di tirarsi indietro. Harry si sedette, strofinandosi la
faccia. “Geez…”
Il cane piegò la testa,
scodinzolando.
Harry allungò una mano per grattare
dietro un orecchio abbassato. “Dov’era ieri sera?” chiese. “Era spaventoso qui
dentro.” Il cane piegò la testa di nuovo, la coda si bloccò. “Bèh, adesso non è
più così spaventoso,” disse Harry, guardandosi intorno nella stanza. “Ok, è ora
di fare colazione.”
Scese giù – i mostri non vengono
durante il giorno – e camminò con passi felpati lungo la stanza. Era quasi a
metà strada quando si fermò. “Mi dovrei cambiare,” disse e si voltò indietro.
Il cane saltò giù dal letto e lo
seguì dove ricordava che Remus era andato il giorno precedente, mentre parlava
dei vestiti. Trascinandosi fuori dai suoi vestiti troppo grandi, li piegò con
attenzione e li posò sulla sedia. Dall’armadio dei vestiti tirò fuori un maglione
verde e dei pantaloni di velluto a coste che gli andavano bene, ma Harry non
sapeva come chiudere i bottoni, quindi li legò con la corda.
Con il cane alle calcagna, camminò
fuori dalla stanza e guardò l’ingresso. Tutto quanto sembrava più piacevole alla
luce del sole. Molto più…pacifico.
Camminò piano lungo l’ingresso, verso la sala da pranzo, voltandosi verso il
cane quando arrivarono lì. “Lo sai
dov’è la cucina?”
Il cane lo superò ed Harry lo
seguì.
La porta della cucina si aprì e sia
Harry che Remus si guardarono l’un l’altro sbattendo le palpebre. Poi Remus
sorrise. “Buongiorno, Harry.”
“Guarda che ho trovato,” disse
Harry, facendo gesti verso il cane.
Remus lo guardò pensierosamente per
un momento prima di sospirare. “Vedo che hai conosciuto Padfoot.”
“Padfoot?” Gli fece eco Harry,
grattando dietro l’orecchio di Padfoot. “E’ questo il suo nome?”
“Sì.”
“Di chi è?”
“Bèh, si potrebbe dire che Padfoot
è padrone di sé stesso,” replicò Remus, piazzando un largo piatto di pancake
sul tavolo.
“Oh,” disse Harry. “Ma vive qui,
giusto?”
“Occasionalmente.”
Finì di sistemare la tavola e poi si
voltò verso Harry. “Hai fame?”
“So farli anche io i pancake,” lo
informò Harry, arrampicandosi sulla sedia che gli era stata offerta.
“Davvero?” Gli chiese, ignorando
gli sbuffi del cane.
“Uh-huh,” rispose Harry, sedendosi
in ginocchio e allungando una mano verso lo sciroppo.
“Padfoot, perché non vai a
svegliare Sirius?”
Harry guardò oltre la sua spalle,
mentre il cane usciva dalla cucina. “E’ un cane buono.”
“Qualche volta può esserlo, sì.”
“Zia Petunia odia i cani. E, sai,
zia Marge ne ha tanti, ma mordono.”
“Cani cattivi?”
“Sono stato morso tante volte.”
“Hmm,” fu tutto ciò che disse
Remus.
Harry tornò a guardare il suo
piatto e notò quanto sciroppo ci aveva messo, raggelando.
“Harry? C’è qualcosa che non va?”
“Mi dispiace.”
“Per cosa?”
Harry gesticolò verso il suo piatto
tristemente, ma Remus guardò senza dire niente. “Ne ho messo troppo,” suggerì.
A volte, se si è sinceri, si viene puniti di meno. Ma solo a volte.
Remus rimase fermo per un momento
poi sospirò. “Harry, non preoccuparti di questo. Puoi prendere tutto lo
sciroppo che vuoi. E mangiare quanto vuoi. Questa è la tua casa ora e Sirius ed
io non abbiamo così tante regole per cominciare. Le dosi dello sciroppo non le
abbiamo sulla lista.”
“Certamente no,” disse Sirius,
entrando. “Se l’avessimo, Moony sarebbe stato cacciato via.”
“Sirius…”
“Moony?”
Fece eco Harry.
“Sì, che sarebbe Remus qui,” disse
Sirius, abbracciando Remus da dietro. Ondeggiò un poco, e Remus non resistette
a lungo, prendendo la tazza di thé con entrambe le mani, per non farlo versare.
“’Giorno, amore,” aggiunse, baciando Remus sul collo. Remus arrossì lievemente,
occhi che guizzarono verso Harry per qualche breve momento. Harry rimase
semplicemente a guardare. Sirius sembrò non accorgersene.
“’Giorno Harry.” Allungò una mano
lungo il tavolo per scompigliargli i capelli, prima di sedersi di fronte a lui.
“Dormito bene?” chiese, prendendo lo sciroppo e versandolo senza farci
attenzione sui suoi pancake.
“Umm…” disse Harry. Guardò i suoi
pancake, giocherellando con la sua forchetta.
“Era troppo grande?”
“Huh?” chiese, alzando lo sguardo.
“La stanza,” si corresse Sirius,
prima di prendere un sorso del suo thé. “Era troppo grande?”
Remus si sedette.
“Umm…un poco…sì…”
“Deve essere stato abbastanza
pauroso al buio. Non ci avevo pensato.” Guardò Remus. “Dovremmo sistemare
questo, Moony.”
Remus annuì e prese lo sciroppo.
Harry li guardò per un po’. Sirius
sembrava molto interessato ad Harry, e Remus sembrava molto interessato alla
sua colazione. Harry notò che entrambi avevano messo molto più sciroppo di
quanto ne avesse messo lui. Tonnellate.
“Umm…ho visto il cane…” offrì come
argomento di conversazione.
Sirius sorrise. “Cosa ne pensi?”
“E’ grande.”
“E’ sempre stato grande,” rispose
Sirius, ghignando.
Remus sbuffò nel suo thé e Sirius
lo guardò con un sopracciglio alzato. L’altro uomo scosse semplicemente la
testa, rimettendo la sua tazza a posto e nascondendo una risata dietro la mano.
“Ma è amichevole,” continuò Sirius,
guardando con sospetto Remus dall’angolo dell’occhio. “Non farebbe del male ad
una mosca.”
“Questo non va molto bene,” replicò
Harry.
Sirius sembrò sorpreso. “Come mai?”
“Per via dei ladri e dei cattivi e
dei mostri.”
“Bèh, suppongo che ci sia io per
quello.” Ridacchiò. Remus sorrise. “Quello che voglio dire è che Padfoot è
molto socievole, ma riesce a capire quando c’è qualcosa di cattivo in giro.
Quindi, non preoccuparti. Ti proteggerà da tutto quello.”
“Inoltre,” aggiunse Remus. “In
questa casa non vivono cose cattive. Niente ti farà del male finché rimarrai in
questa casa.”
“Giusto,” concordò Sirius,
allungandosi per afferrare la mano di Remus e stringerla. “Non ci sono cose
cattive qui.”
Remus sorrise e strinse di rimando.
Harry pensò che se questo era vero,
forse avrebbe potuto dormire quella notte. Bèh, forse se la porta rimaneva
aperta. E se Padfoot dormiva con lui. Lui avrebbe solo dovuto trovare il cane
prima dell’ora di andare a dormire. Una garanzia contro i mostri era piacevole,
ma avere un grande, grosso cane con le zanne nascoste non avrebbe fatto male,
pensò Harry.
Se questo avesse fallito, c’era
sempre la camera da pranzo. Dove le tenebre fuggivano ad un tocco caldo ed
Harry era cullato al sicuro fino alla mattina.
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Capitolo 3 *** Mocking bird ***
Titolo:
Mocking bird
Autore:
Phoenix Angel Suyari
Rating:
PG
Pairing: Sirius/Remus
Riassunto: chi siamo, chi saremo…
Note dell’autrice: Questo è il
sequel di Coming Home, che è a sua volta il sequel di Carried Away. *sospiro*
Sembra proprio che alla fine sia diventata una serie. Questo è anche il
vincitore del mio sondaggio di scrittura più recente (Suyari ha un livejournal
in cui fa sondaggi sui suoi scritti, per vedere qual è quello più
apprezzato…NdTraduttrice)
Traduttrice: Chu
Note della traduttrice: Scusatemi
per il ritardo, ma sono stata fuori casa per via dell’università. Comunque, vi
ringrazio a nome di Suyari per le vostre entusiaste recensioni! Grazie mille!!!
Riguardo il capitolo… penso che qui vedremmo il lato, come dire, ‘da
professore’ di Remus…*_* come le spiega lui le cose le capisce anche Sirius! A
proposito di lui…fatevi quattro risate alle sue spalle XD e…Niente scuola! Niente scuola! Niente scuola!
Link diretto a questo capitolo: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/12220.html#cutid1
*
Harry sospirò, con le braccia che
penzolavano oltre il lato della vasca da bagno. Quell’appartamento aveva un
sacco di grandi stanze, e il bagno non faceva eccezione. Avrebbe potuto nuotare
nella vasca, ma non era buona educazione. Non riusciva a ritrovarsi a giocare
con i giocattoli da bagno, o provare più gioia nelle bolle che ricoprivano
l’acqua in diverse, scintillanti tonalità. Era strano. Tutto ciò.
Harry non era speciale, ma nessuno
l’avrebbe mai detto dal modo in cui i suoi padrini si comportavano. Lo
trattavano con così tanto affetto che lui si sentiva in colpa per non aver
fatto nulla per essersi meritato quella devozione.
L’acqua si agitò appena lui si
mosse, facendo gocciolare senza accorgersene acqua dalle punte delle sue dita
sbadate. Le gocce caddero giù su del pelo nero, e Padfoot si scosse un po’.
Alzò lo sguardo verso Harry, mettendosi seduto per leccargli la guancia.
Harry sapeva che al cane non
importava se lui era lì, anche se lui non ne faceva parte. La verità era che
Harry non faceva parte di nessun posto.
Padfoot guaì e premette il muso
contro la mano di Harry. Lo fece diverse volte fino a quando Harry gli grattò
il muso e si alzò. “Okay…è ora di uscire.”
L’asciugamano che Remus aveva
lasciato era molto largo e abbastanza caldo. Harry premette il viso contro di
esso e prese un profondo respiro. Il profumo era piacevole. Non come gli
asciugamani di zia Petunia. Quelli odoravano di troppo sapone e del miscuglio
di fiori dei vestiti asciutti che stavano nell’armadio della biancheria. No,
l’asciugamano qui profumava d’estate. Come se fossero stati messi al sole e al
venticello ad asciugarsi lentamente e ad impregnarsi di tutto ciò che
apparteneva alla natura. Avvicinandolo di più, rimase lì in piedi per un po’,
sentendo il suo petto stringersi ed i suoi occhi pizzicare. Padfoot guaì e
Harry lasciò andare un piccolo gemito, accasciandosi sul pavimento e stringendo
l’asciugamano. Il cane si spostò accanto a lui, poggiando il suo muso sul
piccolo ginocchio di Harry e aspettando che finisse di piangere.
Quando Harry riprese conoscenza,
era nel letto. Raggomitolato, con un pigiama leggero che aveva disegnate delle
buffe palline d’oro con le ali. Quando mosse il suo braccio, sembrò come se le
palline brillassero. La porta della sua camera era aperta ed era ancora giorno.
Decidendo che aveva fame – e davvero troppo spaventato per giocare con uno
qualsiasi dei bei giochi che adesso aveva – Harry si liberò con attenzione
delle coperte, si girò e dopo aver penzolato e saltato, raggiunse il pavimento.
Voltandosi di nuovo, si ritrovò faccia a faccia con una creatura che aveva
circa la sua stessa altezza, orecchie che penzolavano e occhi della grandezza
di una pallina da tennis. Entrambi sbatterono gli occhi, prima che Harry
gridasse come un pazzo e corresse alla porta.
Andò a sbattere contro un paio di
gambe, aggrappandosi ai pantaloni. La creatura dietro di lui stava strillando agitata
e Harry chiuse forte gli occhi, sperando che il mostro andasse via. Una mano
premette contro la sua schiena, per rassicurarlo, e lui udì Sirius dire,
“Nettie, torna in cucina.”
Con un gemito ed un sonoro pop, la creatura sparì.
“Harry…Harry, va tutto bene,” disse
Sirius cercando di calmarlo e piegandosi in giù. Harry scosse la testa,
stringendo la presa. “Harry…Harry, vieni qui.” Sirius aprì le braccia e Harry
si lanciò fra di esse, tremando come una foglia. Sirius emise un debole suono,
alzando Harry dal pavimento e tenendolo stretto. Solo quando iniziò a calmarsi
– Sirius stava di nuovo facendo quell’ipnotico movimento ondeggiante – Harry
ebbe il coraggio di alzare lo sguardo dalla camicia. Remus gli sorrise, non essendosi spostato minimamente dall’uscio
della porta. Harry ipotizzò che entrambi fossero arrivati correndo. Guardando
in su, Sirius gli sorrise.
Harry aveva paura che si
arrabbiassero, ma Sirius gli mise una mano dietro la testa – e con grande
sorpresa di Harry – gli baciò gentilmente la fronte. “Va meglio?” chiese, come
se Harry si fosse appena sbucciato un ginocchio. Harry sbatté gli occhi, tirando
rumorosamente su con il naso, strofinandoselo con il polso. “Co-… Voi
ave-avevate detto che non c’erano mostri qui.”
Sirius gli sorrise comprensivo,
mentre Remus si avvicinò a loro, asciugando il naso di Harry con un fazzoletto.
Harry lo guardò, non sapendo cosa fare in una situazione del genere. “Soffia,
amore.” Quindi, fece così. Remus gli pulì il naso e poi diede un piccolo
colpetto sulla punta, con quel sorriso che Harry pensava non lasciasse il suo
viso molto spesso.
“Bene,” iniziò Sirius. Gli diede un
colpetto al sedere e attraversò la stanza. Remus lo seguì, sedendosi accanto a
Sirius sul letto. Harry stava sulle gambe di Sirius. “Speravamo di far
trascorrere la settimana prima della grande rivelazione, ma…” Rivolse lo
sguardo a Remus, che gli sorrise di rimando e gli strinse un braccio per
appoggio. “Sembra che questo abbia cambiato il piano.”
Sospirò e diede ad Harry un piccolo
abbraccio. “Harry, hai mai sentito delle storie sulla magia?”
Harry sbatté gli occhi. “Magia?”
gli fece eco con curiosità.
Sirius annuì. “Magia,” confermò.
“Come streghe e draghi, forse con
una principessa?” suggerì prontamente Remus.
Harry tirò di nuovo su con il naso,
guardando le mani di Remus. Sopra la sua testa, i suoi tutori si guardarono
l’un l’altro.
“E riguardo i prestigiatori?”
chiese Remus, con una punta di entusiasmo, come se avesse appena pensato a
qualcosa di grandioso. “Qualche volta sono alle feste di compleanno.”
“Stai parlando di quei tizi che
tirano fuori i conigli fuori dai cappelli e che segano le persone a metà?”
chiese Sirius.
Remus annuì. “Sì, proprio loro. Hai
mai assistito ad uno spettacolo di magia, Harry?”
“Dudley è andato ad una festa di
compleanno e me ne ha parlato,” replicò Harry, con un cenno della testa.
“Quello aveva fatto della roba con i palloncini. Dudley ha avuto una tigre.”
Harry lanciò loro un’occhiata
attraverso la sua frangia. Sirius stava fissando Remus, come se Harry avesse
detto qualcosa di folle. Remus sospirò. “Li piegano, Sirius,” disse, dando una
pacca sulla spalla dell’altro uomo. Sirius lo guardò come se ci credesse poco.
“Io l’ho visto il palloncino…”
continuò Harry a voce bassa. “Era blu…”
“Sì,” disse Remus, piegandosi in
avanti per guardare Harry negli occhi. Gli accarezzò la spalla. “E qualche
volta tirano fuori una moneta o qualcosa del genere dall’orecchio di qualcuno.
O fanno un gioco con le carte.” Si sedette di nuovo, gesticolando con le mani.
“Indossano cappelli neri e qualche volta mantelli. Hanno anche delle
bacchette.”
Harry e Sirius alzarono di nuovo lo
sguardo su di lui con espressioni simili. Remus sospirò di nuovo. “Ad ogni
modo, i prestigiatori…fanno la magia.”
“Davvero?”
Harry guardò Sirius; sorpreso che
il suo padrino stesse facendo una domanda del genere. Remus lasciò andare un
gemito e fece scorrere una mano fra i suoi capelli. “Del tipo babbano,” gli
disse. “Fumo e illusioni con gli specchi… Non complicare le cose, Sirius!”
“Babbani?” chiese Harry debolmente.
Sirius guardò in basso. “Babbani è
come noi chiamiamo la gente che non ha la magia,” spiegò.
“La magia è vera?”
“Verissima, piccolo Prongs,”
Harry era abbastanza certo che
‘piccolo Prongs’ era riferito a lui, quindi incontrò gli occhi di Sirius.
“Quindi i prestigiatori…” iniziò, cercando di capire. “Fanno magia vera?”
“No, amore. I prestigiatori sono
persone che fingono di fare magia,” lo corresse Remus.
“Solo i maghi e le streghe possono
fare della vera magia,” concluse Sirius.
Harry si appoggiò a lui, sentendosi
un po’ male.
“Vedi,” continuò. “Ci sono
due…um…mondi è un po’…vedi, Harry, ci sono due tipi di persone…così non va
bene… I Maghi-”
“Sirius, così lo confondi.”
“E’ più difficile di quanto
pensavo, Moony.”
“Solo perché lo stai complicando,”
replicò, allungando una mano verso Harry. Harry rimase immobile mentre Remus lo
prendeva in braccio, mettendolo sulle sue gambe e guardandolo. “Il mondo è un
posto molto grande, Harry. E ci sono un sacco di tipi diversi di persone in
esso. Un sacco di gente può fare un sacco di cose differenti. Alcune persone,
come i medici, possono farti sentire meglio quando stai male. Altre sono molto
brave negli sport e fanno sì che quello sport diventi il loro lavoro. Alcune
persone sono brave a cucinare, quindi diventano cuochi e fanno questo. Fin qui
hai capito?”
Harry annuì. “La gente ha un lavoro.”
“Sì, Harry. Ha un lavoro. Non tutti
hanno un lavoro che piace, ma spesso le persone scelgono i lavori in base a ciò
che sono bravi a fare. Sirius, per esempio è bravo a cacciarsi nei guai, quindi
è una specie di poliziotto, perché era il lavoro più pericoloso che ha trovato.”
“Moony…”
Remus gli sorrise.
“Sei un poliziotto?” chiese Harry.
“Una specie…Remus…”
“Ci sto arrivando, amore.”
“Qual è il tuo lavoro?” gli chiese
Harry, alzando lo sguardo.
Il sorriso di Remus non era così
felice come Harry lo conosceva, ma rispose. “Lavoro con i libri.”
“Ohhh,” disse Harry, come se avesse
capito. Non voleva far arrabbiare Remus per non aver compreso ciò che lui aveva
perso tempo a spiegare così attentamente. Anche se forse era un po’ troppo
piccolo.
Remus si schiarì la voce. “Quindi,
vedi, Harry… La gente può fare qualsiasi cosa. Alcune persone possono anche
fare della vera magia. E queste persone si chiamano maghi, se sono uomini, e
streghe, se sono donne.”
Harry lo guardò sbattendo gli
occhi.
“Devi andare in una scuola speciale
per imparare ad essere una brava strega o un bravo mago. Solo che non tutti
possono decidere di voler essere maghi quando crescono. Diversamente dai
pompieri e dai dottori e dagli avvocati, le persone che da grandi saranno maghi
e streghe sono nate così. Hanno un talento speciale dentro di loro, che resta
assopito fino a che non ne hanno bisogno.” Premetto la punta delle sue dita sul
piccolo petto di Harry. “Tu ce l’hai, che dorme ancora dentro di te, Harry.”
Harry si puntò i piccoli palmi sul
petto. “C’è qualcosa dentro di me?!” chiese, incredulo, con gli occhi
spalancati. “Non è niente che possa ferirti, Harry. Ci sei nato, fa parte di
te, come il tuo sangue.”
“Ho del sangue magico?”
“Ehi, ottimo Moony! Ce l’hai
ancora!”
Il sorriso che ora Remus aveva era
uno nuovo. Harry non riusciva a dargli il giusto significato, perché era
abbastanza sicuro che i sorrisi non potevano essere sia così felici e tristi
allo stesso tempo. “Giusto, Harry. Tu hai sangue magico.”
Sirius si avvicinò, piegandosi in
avanti. “E se hai sangue magico? Questo cosa significa?”
Harry aggrottò la fronte cupamente
per un momento. “Che devo diventare un mago da grande?”
Sirius lanciò un allegro grido
d’approvazione e lo abbracciò, mentre Remus disse quasi troppo piano, “Non è
che devi.”
“Voi-voi siete…” chiese Harry,
guardando fra di loro, da in mezzo alle braccia di Remus, seduto sulle sue
gambe. “Entrambi…”
“Maghi?” domandò Sirius.
Harry annuì.
“Certamente,” rispose.
Allontanandosi, mise una mano nella manica. “Vuoi vedere?
Harry era consapevole che adesso
era il momento giusto per tirarsi indietro, ma la sua curiosità batté il suo
istinto di auto-difesa. Quindi, annuì.
Sirius tirò fuori ciò che sembrava
un rametto liscio, o forse la gamba tagliata di una vecchia sedia, e la tenne
in mostra. Harry guardò in basso verso quella cosa, su verso Sirius, poi verso
Remus e di nuovo in basso.
“Questa è la mia bacchetta,” spiegò
Sirius. “Non si può fare la magia senza una bacchetta. Bèh, effettivamente si
può, ma-”
“Sirius.”
“Faccio qualcosa!”
“Che cosa farai?” chiese Harry, la
curiosità che faceva capolino.
Sirius scrollò le spalle. “C’è
qualcosa che vuoi?”
Harry si morse il labbro, facendosi
inconsapevolmente piccolo piccolo sulle gambe di Remus. Non era ancora abituato
ad aver il permesso di volere qualcosa, figuriamoci richiederlo. Remus gli
strofinò le spalle, in segno di sostegno.
“Hmm…” disse Sirius, cacciando un
po’ fuori la lingua e battendo la bacchetta contro il palmo di una mano. “Cosa
c’è di emozionante, ma non spaventoso…?”
“Lascia che lo faccia io,” replicò
Remus, alzando Harry e riposizionandolo sulle gambe di Sirius. “Combineresti un
casino.”
“Apprezzo molto la tua fiducia!”
disse ironicamente Sirius, circondando Harry con le braccia in un lento abbraccio.
Remus si alzò e attraversò la
stanza, prendendo la sua bacchetta e trascinando una sedia al centro della
camera. Harry osservò, affascinato, mentre faceva un passo indietro, tenendo la
bacchetta. Disse una parola che Harry non capì e la sedia lasciò andare un
piccolo suono, come un ‘poof’, un po’ di fumo e poi…
“Uaoooo…”
“Moony è sempre stato bravo in
Trasfigurazione.”
Remus agitò di nuovo la bacchetta,
dopo aver sorriso ad Harry, ed il comodo divano rosa diventò una poltrona
coperta di peluria blu. E poi fu una lampada verde con i pois rosa, un tavolo
di marmo, un orologio giallo, e alla fine tornò alla sua vita di sedia di legno
di cedro.
Harry batté le mani.
Remus si spostò un po’ imbarazzato,
lanciando un’occhiata a Sirius quando si unì anche lui all’applauso. Fece un
breve inchino, dopo esser stato spinto a farlo, e rimise a posto la sedia.
Tornando al letto, Harry salì allegramente sulle sue gambe, facendo versetti
all’oggetto che aveva fatto il lavoro.
“Ne avrò una anche io?”
“Quando compirai undici anni,”
rispose Sirius, con una risata nella sua voce. Scompigliò i capelli di Harry.
“Appena prima di andare a scuola.”
Harry si fermò, e ci fu una lunga
pausa, che fece preoccupare i suoi tutori, i quali si guardarono l’un l’altro,
prima che il loro sguardo tornasse su di lui. Lui sbatté gli occhi, alzando lo
sguardo. “Non devo andare a scuola fino a quando non avrò undici anni?” chiese,
sconvolto.
“Ehm, sì, piccolo Prongs,” rispose
Sirius, poggiando cautamente una mano sulla sua schiena. “I Maghi non iniziano
la scuola finché non compiono undici anni.”
“Niente scuola?” domandò Harry,
guardandoli, con grandi occhi verdi che scrutavano.
“No.”
“Sebbene, se vuoi-” iniziò Remus,
ma si fermò non appena Harry saltò sulle sue gambe, con le braccia per aria.
“EVVIVA!” gridò. Con il saltò
superò i suoi tutori, finendo sul letto, dove iniziò a saltellare con
entusiasmo. “Niente scuola! Niente scuola!” canticchiò.
Remus sospiro, mentre Harry
continuava, e guardò Sirius afflitto. “Questo è opera tua e di Prongs.”
“Non preoccuparti, Moony…”
“Niente scuola! Niente scuola!”
“Gli insegneremo noi tutto ciò che
necessita di sapere prima di allora.”
“Niente scuola!”
“Sarà semplice.”
Harry lanciò un grido, e cadde in
maniera scomposta sul letto, nascondendosi dietro Remus e sbirciando fra le
braccia di Remus e Sirius. I due seguirono il suo sguardo, trovando Nettie,
l’elfo domestico che si torceva le mani nervosamente. Remus guardò Sirius, che
ghignò.
“Okay…inizieremo dalle basi per
costruire tutto il resto!”
*
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Capitolo 4 *** Thursday's child ***
Titolo:
Thursday’s Child
Autore:
Phoenix Angel Suyari
Rating: PG
Pairing: Sirius/Remus
Riassunto: Dentro, tutti
nascondono qualcosa
Note dell’autrice: Questo è il
terzo capitolo di questa (ancora senza nome) serie. Seguito di Mocking Bird.
Che è il terzo capitolo, seguito di Coming Home, che è il seguito di Carried
Away.
Traduzione: Chu
Note della traduttrice: Che dirvi?
Questo purtroppo è l’ultimo capitolo pubblicato, ma Suyari mi ha detto che ha
intenzione di continuare. Per quanto riguarda questo capitolo…bèh, preparate i
fazzoletti, perché Harry sarà davvero dolcissimo!
Link diretto a questo capitolo: http://community.livejournal.com/domus_felicus/12488.html#cutid1
*
Harry dondolò le gambe sotto la sua
sedia e utilizzò la sua forchetta per spalmare la panna montata sulla sua
cialda. La colazione a casa di Sirius e Remus comprendeva sempre un qualche
tipo di zucchero. Era lì da una settimana, e ogni mattina, Remus gli aveva
sorriso quando lui entrava in cucina e gli metteva un piatto di fronte che era
destinato ad essere ricoperto da qualche tipo di sciroppo, gelatina o
marmellata.
Prese un morso dal suo toast – con
marmellata di fragole – e si chiese cosa avrebbe detto zia Petunia se avesse
saputo che stava mangiando qualcosa di dolce per colazione ogni giorno. O cosa
avrebbe detto Dudley se l’avesse visto mettere sulla sua colazione quando
sciroppo voleva.
Una volta, Remus aveva preparato
anche le uova e un po’ dello sciroppo dal toast ci era finito sopra. Harry era
andato in panico, preoccupato del fatto che lo sciroppo era stato sprecato su
qualcosa che non aveva bisogno di sciroppo. Ma quando l’avevano notato, i suoi
tutori non lo sgridarono e nemmeno gli dissero che aveva sbagliato. Entrambi
avevano spinto un po’ delle loro uova verso lo sciroppo nei loro piatti e
l’avevano mangiate in quel modo. Harry allora si era sentito meglio, e le uova
con un po’ di sciroppo erano effettivamente buone.
Quella mattina, Sirius era ben
vestito. Doveva andare al lavoro quel giorno. Harry non era proprio sicuro su
come si sentiva riguardo il fatto che Sirius se ne andasse. Da una parte,
andare al lavoro era qualcosa che tutti i grandi facevano. (Tranne zia Petunia
e la signora Figg, anche se qualche volta Harry aveva pensato che forse la
signora Figg una volta aveva lavorato, tanto tempo prima.) Zio Vernon andava al
lavoro tutti i giorni, tranne la domenica. E i vicini andavano a lavoro. Harry
li vedeva tutti andarsene alla mattina. Alcuni di loro in dei completi, altri
con giornali o tazze di caffè. Alcuni di loro andavano in macchina; altri
prendevano l’autobus o il treno.
“Sirius, guiderai?”
“Hmm?” Chiese, mandando giù il
sorso di tè e mettendo giù la tazza. “Guidare dove?”
“Al lavoro.”
“Oh.” Sorrise e rise leggermente.
“No, Harry. Apparirò.”
“Oh…” disse Harry, tornando a
guardare il suo piatto. Non sapeva cosa fosse, ma non pensava che sarebbe stato
giusto chiedere.
“Sai che cos’è Apparire?” chiese
gentilmente Remus.
Harry scosse la testa, gli occhi
incollati sulla sua cialda.
“Harry, va bene fare le domande.
Specialmente quando non capisci qualcosa. E’ così impariamo.”
“Inoltre,” aggiunse Sirius. “Faresti
felice Moony, facendo tutti i tipi di domande. Ama insegnare.”
“Sirius.”
“Beh, è vero.”
Harry sbirciò in alto per vedere
Remus guardare al suo piatto. Sirius lo stava osservando, e Harry sapeva che
anche se dicevano che andava bene fare domande, alcune cose non era giusto
chiederle. Come ora.
“Ho un’idea,” disse Sirius. “Moony,
perché tu ed Harry non studiate un po’ ogni giorno?”
“Come a scuola?” Chiese Harry.
“Mmm, non proprio. Ma imparerai.”
Si voltò verso Remus. “Ha bisogno di imparare, Moony. E tu sei meglio di
qualsiasi insegnante che potremmo assumere.” Sirius sorrise ad Harry. “Moony
aveva i voti più alti a scuola. Tutti erano gelosi. Anche io.”
Sirius fece una risata, e si sporse
per dare una gomitata al fianco di Remus. “Andiamo, Moony…” mormorò, vicino
all’orecchio di Remus. “Sai che è vero. Inoltre…Harry sarà più a suo agio se
sarai tu ad insegnargli. Non è vero?”
Remus sospirò. Harry quasi li
interruppe per dir loro che non era necessario. Ad ogni modo non doveva andare
a scuola fino ad undici anni. E non voleva assolutamente dare fastidio a Remus.
“Va bene,” concordò lievemente
Remus.
Sirius fece un largo sorriso. “Bene
allora, voi due potete iniziare appena me ne vado.” Guardò l’orologio. “Ovvero
adesso. Sono in ritardo.” Alzandosi, si sporse per baciare la guancia di Remus
e poi fece il giro del tavolo scostando i capelli di Harry e dandogli un bacio
sulla fronte. “Ti porterò qualcosa, piccolo Prongs.”
Harry – ancora sorpreso per
l’affetto che stava ricevendo – sbatté le palpebre. Voleva dire che non aveva
bisogno di nulla, ma qualcosa dentro di lui lo fermò in tempo. Sirius scomparve
con un pop, e Harry fissò il punto in cui il suo padrino stava un attimo prima.
“Apparizione,” disse Remus, “è uno
dei modi in cui viaggiano i maghi. Si deve studiare per questo, e dare un esame
per prendere una licenza. Si inizia a sedici anni, ci sarà un corso a scuola.”
Si alzò, sparecchiando quello che aveva lasciato Sirius. “L’Apparizione è un
modo per spostarsi da un posto all’altro, ed è la forma più comune di
spostamento che usano i maghi grandi abbastanza per utilizzarlo.”
Harry spostò la sua forchetta sopra
la cialda, appiattendo di nuovo la panna. C’era molto da imparare, e tutto
ancora lo sorprendeva.
Remus tornò al tavolo e si sedette,
sorridendogli gentilmente. Harry si sentì meglio, la tensione che si calmava
nel suo petto. “Cominceremo dopo colazione, okay?”
Annuì, e premette la forchetta
nella cialda.
“Qui, la taglio per te.”
Harry si tirò indietro mentre Remus
si alzava e tagliava la cialda per lui. Si chiese se la magia potesse farlo,
invece di usare coltello e forchetta, non sapendo che i suoi tutori stavano
utilizzando la magia ad un livello minimo per farlo abituare con calma al suo
nuovo stile di vita.
“Grazie,” disse dopo che Remus ebbe
finito, ficcando la forchetta in un pezzo più piccolo e mettendolo lentamente
in bocca.
Remus sorrise semplicemente e
sollevò la sua tazza. “Di niente, Harry.”
Quando Sirius tornò a casa, Harry
si era completamente dimenticato che se n’era andato. Lui e Remus erano nella
sala da pranzo, rincorrendo un piccola creatura pelosa. Rotolava, come una
palla, ma veloce come un topo, e dopo averla rincorsa sotto i divani ed intorno
ai tavoli per quasi mezz’ora, Harry era un ridente, malmesso pasticcio.
Sirius stava sorridendo largamente
sull’uscio della porta, quando Harry guardò in alto.
“Sirius!” gridò, correndo verso di
lui.
Sirius si abbassò per prenderlo al
volo, abbracciandolo stretto. “Beh, ma guardati! Ti stai divertendo con Moony,
piccolo Prongs?”
Harry ridacchiò, appoggiandosi alla
spalla di Sirius per riprendere fiato.
“Abbiamo perso il nostro Fezgig
(non ho la minima idea di come si traduca…e se abbia una traduzione XD
N.D.T.),” si preoccupò di rispondere Remus, spostandosi per appoggiasi allo
stipite della porta, un po’ senza fiato.
“Oh, è questo quello che stavate
facendo voi due?” Rise e mise Harry giù, spostandosi per tirarsi su le maniche.
Harry si appoggiò agli stinchi di Sirius, iniziando a sentire i singhiozzi nel
suo petto. “Forse posso essere d’aiuto.”
“Lo puoi prendere da qui,” replicò
Remus, lasciandosi cadere accanto ad Harry e avvolgendo un braccio intorno a
lui. Harry si sistemò nell’abbraccio, singhiozzando leggermente. “Vediamo come
se la cava Paddy, ok?” sussurrò ironico.
Harry fece una grossa risata che
alla fine era più un singhiozzo.
“Si da il caso che io sia un
professionista, Moony.”
“Certamente, amore. Certamente.”
Singhiozzando, Harry si sistemò un
po’ più comodamente, mezzo sdraiandosi inconsapevolmente addosso a Remus.
Appoggiò entrambe le braccia sulle ginocchia di Remus, poggiando il mento sugli
avambracci. Remus gli diede un leggero colpetto sulla schiena; facendo calmare
i singhiozzi mentre Sirius avanzava comicamente nella stanza da pranzo ed
iniziava a cercare.
Più tardi, Fezgig preso e messo al
sicuro in una gabbia, Sirius diede a Harry il suo regalo. Sembrava una rana di
cioccolato, ma quando Harry l’aprì, la rana saltò fuori. Harry cadde e Remus lo
aiutò a rimettersi in piedi mentre Sirius afferrava la rana, ridandola a Harry,
che non voleva mangiare quella cosa viva. Era solo magia, spiegò Sirius.
Insieme alla rana, c’erano delle
carte da collezione, e Harry ne trovò una con una strega chiamata Morgana Le
Fey. Prima di andare a dormire quella notte, invece di una favola da un libro,
Remus e Sirius gli parlarono di lei. Quella notte, Harry sognò di cavalieri e
cavalli e una bandiera che sventolava in alto.
Due giorni dopo, Harry entrò in
cucina trovando Sirius ai fornelli. Non era vestito per andare a lavoro, e
Remus non era in cucina.
“’Giorno, piccolo Prongs,” lo
salutò sopra la spalla, con un sorriso.
“’Giorno,” disse Harry, andando a
sedersi.
Sirius gli mise un piatto davanti
che Harry considerò di poter dare a Padfoot, se il cane fosse arrivato, ma…
“Lo so, non sono un bravo cuoco,”
spiegò Sirius. “Avrei potuto chiedere a Nettie di pensarci…” Harry rabbrividì.
Non si era ancora abituato agli Elfi domestici. “Ma aveva qualcosa di più
importante da fare.”
Harry annuì. “Dov’è Remus?” chiese,
dando un colpetto ad un uovo, per provare. Quello colò ed il naso di Harry si
arricciò leggermente.
“Non si sente bene.” Harry alzò lo
sguardo. “Quindi rimarrò a casa oggi.”
“E’ malato?” chiese Harry,
avvertendo un nodo al petto.
“Starà bene entrò lunedì,” replicò
Sirius, sorridendo con fare rassicurante.
Harry deglutì. Lunedì era troppo
lontano per stare meglio.
“Non preoccuparti, piccolo Prongs.”
Allungò la mano lungo il tavolo per dare a quella di Harry una stretta tranquillizzante.
“Moony guarisce ogni volta. Non starà male per molto.”
“Forse possiamo preparargli un
brodo di pollo.”
La bocca di Sirius fece una strana
smorfia, prima di comporsi in un sorriso confortante. “Sì, suppongo che
possiamo farlo.”
“Sta dormendo?” chiese Harry,
sollevando un toast troppo bruciato e ricoprendolo di gelatina al lampone. Ne
prese un morso, e fu grato che i suoi tutori non avevano regole riguardo la
quantità di gelatina che poteva avere.
“Ci sta provando,” disse Sirius,
masticando un pezzetto di toast. Il suo naso di arriccio e lo guardò. “Ho
dannatamente bisogno di imparare a cucinare,” borbottò.
“Io lo so fare,” disse Harry.
“Ho un’idea. Lasciamo che Nettie
cucini, e noi andremo a comprare gli ingredienti per il brodo mentre lei lo
fa.”
Harry era stato educato a non
lamentarsi, e a mangiare anche se era robaccia orribile. Ma qualcosa dentro di
lui gli diede un colpetto, e sentì che stranamente sprecare quel cibo non aveva
importanza. Era un po’ sconcertato da sé stesso, ma anche quella sensazione
sembrò essere toccata da quel qualcosa, ed annuì.
“Bene allora. Vai a lavarti, io lo
dirò a Nettie.”
Preparare il brodo fu un disastro.
Harry guardò la cucina e sospirò in
vece di zia Petunia. Erano fortunati che Remus non avesse lasciato la sua
stanza, perché probabilmente si sarebbe arrabbiato. Harry non voleva vedere mai
Remus arrabbiato. E quel qualcosa dentro di lui in particolar modo non voleva
mai vedere Remus arrabbiato con lui.
C’era una larga macchia di farina
sul suo naso e ne aveva un po’ fra i capelli. C’erano cereali appiccicati ai
suoi calzini, e riso sulla sua maglietta. Un po’ delle spezie era finito sulla
sua maglia, e c’era una strana macchia sul suo ginocchio. Sirius non appariva
in uno stato migliore.
Assaggiò un sorso e prendendone un
altro cucchiaio, lo raffreddò soffiando prima di darlo ad Harry. “Beh, non ha
un bell’aspetto, ma è buono.” Harry assaggiò. Sirius gli arruffò i capelli.
“Hai fatto un buon lavoro, piccolo Prongs. Anche con me che accozzavo tutto
insieme.”
Harry fece un grosso sorriso e
scese già per prendere una scodella ed un cucchiaio.
Remus non aveva un bell’aspetto,
pensò Harry. Infatti, sembrava che avesse bisogno di un ospedale. Ma Remus gli
sorrise mentre entrava. Harry si avvicinò piano piano al letto, Sirius dietro
di lui con il vassoio.
“Ti abbiamo preparato il brodo,”
disse, appoggiandosi al lato del letto, ed allungando le sue piccole mani per
avvolgerle intorno all’avambraccio di Remus.
“E Sirius ha aiutato?” chiese,
facendo poi una risata spenta.
“Certo che sì, amore,” replicò
Sirius, poggiando il vassoio. “Non potevo lasciare Harry da solo in cucina.”
La testa di Remus si voltò di lato
e lui ammiccò a Harry. “Ti ha rallentato, vero?”
Sirius sbuffò, offeso. Poi sorrise,
e si spostò per sistemare le coperte.
Harry tirò su con il naso.
“Qual è il problema, Harry?” chiese
Remus, allungandosi debolmente per tirargli i capelli indietro.
“Stai per morire?” chiese Harry,
con un singhiozzo.
“Oh piccolo…” Guardò verso Sirius
poi di nuovo Harry. “No…no, Harry…non morirò.” Si tirò su, Sirius dietro di lui
solo per precauzione, e allungò le mani, tirando Harry sul letto. Harry tirò
pesantemente su con il naso, premendo il volto contro il collo di Remus e
aggrappandosi alla sua maglia. Le braccia di Remus lo tenevano vicino, ma
mancavano della forza di una persona in salute.
“Non voglio che tu muoia!” gemette
Harry.
“Harry…shh…” Passò gentilmente la
sua mano sulla schiena di Harry. “Non morirò. Lo prometto.” Sospirò,
poggiandosi contro Sirius, che lo sostenne. “Ogni tanto mi ammalo, amore. E’
tutto.”
Harry pianse sulla sua spalla,
avvertendo il calore della febbre incontrare le sue lacrime.
Sirius avvolse le sue braccia
intorno ad entrambi, ed abbracciarono insieme Harry per un po’, mentre lui si
aggrappava disperatamente a Remus. Il suo petto faceva un sacco male. Molto più
male della volta in cui si era ammalato e non poteva respirare. Molto più male
di quella volta in cui Dudley l’aveva fatto giocare a baseball e aveva lanciato
un home–run nel suo stomaco. Harry si sentiva male nel pensare a Remus che
stava male. E non sapeva perché.
Non si era mai sentito in quel modo
con i Dursley. Quando si ammalavano, o c’era più lavoro da fare per Harry,
oppure lo ignoravano completamente. Aveva anche visto zio Vernon stare così
male da non poter lasciare il letto, e non si era sentito nemmeno un po’ male.
Non così. Mai così.
Sotto la sua guancia, i muscoli di
Remus tiravano e si contraevano spasmodicamente, dentro, dentro profondamente.
Ogni volta che tremava, le mani di Harry stringevano più forte. Harry lo
ascoltava respirare, veloci inspirazioni e deboli espirazioni che non erano mai
della stessa lunghezza. Sirius strofinava la schiena di Remus, le sue spalle,
le braccia, e Harry poteva sentire i suoni nel petto di Remus. Quelli che non
lasciava uscire fuori. Dopo un po’, quando le mani di Remus stavano tremando, e
i muscoli erano molto, molto tesi, poggiò la sua testa giù, baciando il capo di
Harry, e disse, “Sirius.” Dalla sua voce sembrava come se stesse trattenendo
molto dolore, ed Harry si premette più vicino.
“Andiamo, piccolo Prongs,” mormorò
Sirius, spostandosi per forzare gentilmente Harry a lasciare andare la presa.
“No…” gridò Harry, le lacrime che
ricominciavano di nuovo a scendere. “No! Moony!”
“Shh…Andrà tutto bene,” disse,
mentre Sirius allontanava Harry.
Prese Harry in braccio, ed anche se
Harry lottò, se lo mise con facilità in spalla e lo portò fuori.
Sirius sistemò Harry nel letto, il
piccolo che piangeva forte ora. Gli accarezzò i capelli, baciò la tempia e si
raddrizzò. “Torno subito, piccolo Prongs. Devo solo aiutare Moony.”
Harry cadde sui suoi cuscini, e
pianse. Sirius lasciò la porta aperta di un po’ e scomparì oltre l’ingresso.
Harry pianse così forte, che alla
fine si addormentò, svegliandosi nel pomeriggio. Si mise a sedere, sentendosi
vuoto e si strofinò un occhio. Si guardò intorno, alla ricerca dei suoi
occhiali, trovando invece Padfoot. Il cane sollevò la sua testa e gli leccò la
guancia, e Harry gli gettò le braccia intorno e pianse di nuovo.
Cenò con Sirius, che lo dovette
rassicurare ogni cinque minuti che Remus stava dormendo e non era morto. Harry
non aveva fame, ma sapeva dagli anni con zia Petunia che come si sentiva non
era una scusa per non mangiare. Quindi spinse il cibo nel suo piatto e mangiò
quello che stava ai margini.
Fece avanti e indietro lungo
l’ingresso per tutto il giorno dopo, volendo vedere Remus, ma troppo
spaventato. Sirius continuava a rassicurarlo che Remus stava bene. Ma Harry
ricordava quanto male era stato quella notte, ed era davvero molto spaventato
riguardo cosa avrebbe trovato se fosse andato a visitarlo.
Sirius lo prese dall’ingresso e lo
portò a vedere un film al cinema. Harry si addormentò a metà spettacolo. Troppo
stanco e troppo angosciato per ricordare che cosa era stato portato a vedere.
Troppo preoccupato per godersi la sua prima volta in un cinema.
La mattina seguente, Harry si
trascinò in cucina. Triste ed esausto, nonostante tutte le dormite che si era
fatto, aprì la porta con una spinta, con tutta la sua forza. Si sentiva così
pesante quel giorno.
Con la testa bassa, si spostò lungo
la stanza, e si arrampicò sulla sua sedia, appoggiandosi completamente sul
tavolo e fissando con occhi vuoti il niente, aspettando la colazione anche se
non aveva fame. Un piatto venne sistemato davanti ai suoi occhi. Pancake messi
in colonna. Il profumo raggiunse il suo naso prima che i suoi occhi si
focalizzassero. I pancake erano incolonnati ordinatamente, ed ognuno aveva un
frutto differente dentro. I due che stavano in alto avevano schegge di
cioccolato.
Si rizzò a sedere, tirandosi
lentamente indietro, prima di voltarsi a guardare. Remus mise un bicchiere di
succo di frutta vicino al suo piatto e gli sorrise. Era pallido e sembrava
stanco, ma stava molto meglio di tre giorni prima. Harry lasciò andare un
singhiozzo e si lanciò contro di lui. Remus avvolse un braccio intorno al lui,
abbracciandolo stretto.
Sirius entrò in cucina, vestito per
lavorare. Baciò Remus sul collo, e poi la testa di Harry prima di spostarsi per
versarsi una tazza di tè. Remus passò gentilmente la mano sulla schiena di
Harry.
“Te l’avevo detto che sarebbe stato
meglio entro lunedì,” disse Sirius, sedendosi.
Harry tirò su con il naso,
sfregando il viso contro il fianco di Remus. Tirando su con il naso, guardò in
alto verso Remus, le braccia intorno a lui più stretto che poteva. “Stai
davvero meglio?”
“Sì, piccolo,” replicò, asciugando
le lacrime con le punte delle sue mani. “E’ passato per ora.”
Harry si aggrappò a lui,
appoggiando la testa contro di lui.
“Ma c’è qualcosa che devi sapere,
Harry.”
Harry guardò lungo il tavolo fino a
Sirius.
“Quando ho detto che Moony si
ammala parecchio, intendo davvero parecchio. Questo succederà di nuovo.” Harry
si aggrappò più forte, e Remus passò la mano sulla nuca del ragazzino. “Ma,
proprio come ora, Remus si riprenderà la prossima volta. Hai capito?”
Harry deglutì, e guardò in alto
mentre Remus lo sollevava e si sedeva, sistemando Harry sulle sue gambe.
“Harry,” disse, tenendolo con
fermezza. “Mi sono sempre ammalato in questo modo fin da quando avevo la tua
età. E’ una malattia che ho avuto per tutta la mia vita, ed è qualcosa per cui
non c’è cura, quindi starò male in questo modo per il resto della mia vita.”
Cullò Harry più vicino, ed Harry chiuse gli occhi contro il battito regolare
del cuore di Remus. “Mi dispiace, piccolo. Questo è qualcosa che non andrà mai
via, ma quando crescerai, ti abituerai al mio essere malato, okay?”
“Perché sei malato?”
Remus e Sirius si guardarono l’un
l’altro. Harry aprì gli occhi, e guardò l’uno e l’altro. Poi Remus abbassò lo
sguardo verso di lui e gli fece un lieve sorriso. “Harry, ci sono un sacco di
malattie nel mondo. E come tutti gli altri, i maghi si ammalano.”
“Ci sono molti modi per ammalarsi
nel mondo magico,” aggiunse Sirius, che si era spostato per sedersi accanto a
loro. “E nonostante la magia può curare molto malattie, non può guarirle tutte.
Alcune malattie sono oltre la magia.”
“Quando ero piccolo,” disse Remus.
Si bloccò, prendendo un respiro per calmarsi prima di continuare. Sirius gli
strofinò il braccio. “Stavo giocando nel giardino di una casa che apparteneva
ad una delle amiche di mia madre. Stavano facendo una festa, ed i miei genitori
erano stati invitati. Mia madre mi intimò di non andare troppo lontano, ma
stavamo facendo un gioco e lo facemmo.”
Harry strofinò una piccola mano sul
suo cuore, sapendo che questo era difficile da spiegare. Voleva dire che era
okay, non aveva bisogno di sapere. Non aveva niente a che fare con lui. Ma quel
qualcosa dentro di lui, quel qualcosa che aveva incominciato a crescere da quando
aveva iniziato a vivere lì sussurrò di lasciare che Remus continuasse.
“Sai che cos’è un licantropo,
Harry?”
Harry scosse la testa.
“Un licantropo è qualcuno che si
trasforma in lupo durante la luna piena. Ci sono tre modi di diventarlo. Ci si
può nascere, si può usare la magia – magia molto difficile, pericolosa e
proibita – per diventarlo, o si può essere morsi da un licantropo.”
“Perché?”
“Non ne sono certo, Harry. Forse
perché sono soli? Tutto quello che so, è che durante quella notte, mentre stavamo
giocando, c’era la luna piena. I licantropi che sono stati morsi si trasformano
solo sotto la luce della luna piena.”
“Perché?”
“E’ magia, amore,” disse Sirius.
Remus annuì. “E’ un tipo di magia.
E durante quella notte, sono stato morso da un licantropo.”
“Quindi…” disse Harry, cercando di
collegare i punti. “Tu sei…un licantropo?”
“Sì, piccolo. Sono un licantropo.”
“Harry,” disse Sirius, sporgendosi
verso di loro. “Venerdì notte, quando Remus non stava bene, è stato perché
c’era la luna piena quella notte. E lui si stava trasformando.”
“Fa molto male,” replicò Harry. Non
aveva bisogno di essere una domanda, quella. Ci era arrivato.
Remus annuì. “Fa molto male.”
“Devi proprio farlo?”
“Non ho scelta, Harry?”
Harry sospirò, poggiando la testa
sul petto di Remus ancora una volta. La magia avrebbe dovuto essere buona,
avrebbe dovuto rendere la vita felice e migliore. Non avrebbe dovuto far male
alle persone.
“Ora, Harry, questo è molto
importante.” La voce di Sirius era seria ed Harry incrociò lentamente il suo
sguardo. “Non puoi dire a nessuno che Remus è un licantropo.”
Harry non ne aveva intenzione, ma
chiese comunque, “Perché?”
“Perché le persone hanno paura dei
licantropi, Harry,” rispose Remus.
“E per quanto stupido possa suonare
– e credimi, è una stupida, stupida legge –”
“Sirius.”
“I licantropo non sono autorizzati
a vivere come gli altri maghi. Non possono avere un lavoro, non sono
autorizzati a stare con i bambini, e posso avere un mare di guai per non aver
fatto assolutamente niente.”
Harry si aggrappò a Remus, che gli
scostò indietro i capelli. Non voleva che Remus andasse via, e non voleva che
lo portassero via da lui. Remus era stata la prima persona che Harry avesse mai
incontrato che l’avesse trattato come se fosse importante.
“Quindi è un segreto.”
Harry annuì.
Sirius e Remus si guardarono l’un
l’altro e sorrisero lievemente. Harry poteva avvertire il sollievo fra di loro,
la tensione e l’ansia scivolare via. Non gli importava se Remus era un
licantropo o anche se era un mago o meno. Era una delle due persone che amavano
Harry.
E lui era una delle due persone che
Harry amava molto, davvero molto.
Dopo che Sirius se ne fu andato,
Remus ed Harry misero a posto e poi si andarono a sedere nella sala da pranzo.
“Cosa vuoi fare oggi, Harry?”
chiese Remus, ma Harry si era già addormentato. Sorridendo lievemente, Remus lo
abbracciò stretto, chiuse gli occhi e lo raggiunse nel sonno. Per la prima
volta negli ultimi giorni, Harry dormì profondamente. Sicuro e felice – cullato
dolcemente fra le braccia di un licantropo.
*
Note finali della traduttrice: Ma
non è semplicemente BELLISSIMO questo capitolo? E’ il mio preferito insieme al
secondo… Ma questi quattro capitoli sono tutti stupendi, non è vero? La
tenerezza di Remus e Sirius nel parlare e nell’interagire con Harry è così
commovente; per non parlare dei piccoli gesti che si scambiano lui e Sirius… Ed
Harry è davvero adorabile! E’ così dolce… Beh, io per ora ho finito. Spero di
tornare presto con un nuovo capitolo tradotto (Suyari mi ha detto che sta
lavorando al quinto capitolo, ma che il lavoro le toglie molto tempo…abbiate
pazienza!), per ora vi lascio e vi raccomando di lasciare tanti commenti (a
proposito…Suyari vi ringrazia di cuore per quelli lasciati agli altri capitoli…l’avete
fatta felice!!)…questa fic li merita, no? ;)
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