Io ti proteggerò!

di Saretta L Lawliet
(/viewuser.php?uid=108233)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rivelazioni ***
Capitolo 2: *** Supposizioni pericolose ***
Capitolo 3: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 4: *** Ricatto ***



Capitolo 1
*** Rivelazioni ***


Io ti proteggerò

IO TI PROTEGGERO’!

 



L era lì, in piedi, sotto la pioggia. Lo sguardo perso nel vuoto, i pensieri rivolti chissà dove. Non riuscivo a smettere di osservarlo. Così assorto com’era, con un velo di malinconia in volto, mi appariva più dolce di sempre. Non volevo mi vedesse; desideravo lasciarlo lì, nella sua solitudine; se era salito fin là su un motivo ci doveva essere e nelle mia mente immaginavo che preferisse non essere disturbato, neppure da me. Ma lui si accorse della mia presenza e mi fece cenno di andare nella direzione in cui si trovava. Il cuore mi batteva all’impazzata mentre percorrevo quei pochi metri che ci separavano. Non appena fui abbastanza vicina mi accorsi che i suoi abiti avevano cambiato colore per via della pioggia: la sua consueta maglia bianca era diventata grigia ed i jeans da azzurro chiaro erano divenuti blu scuri.
“Sara, senti le campane?” Mi disse.
Io che non potevo udire nessun suono risposi con una punta di stupore: “Ma che dici, L? Io non sento niente”.
“Oh, è un peccato che tu non riesca a sentirle. Pensavo che almeno tu potessi riuscirci. Sei sempre stata l’unica a capirmi veramente. In quei momenti in cui nessuno sembrava essere in grado di intuire il significato profondo delle mie idee tu eri sempre lì a far chiarezza con gli altri. Una sorta di interprete della mia mente. Credevo che fosse quasi incredibile che esistesse una persona così al mondo: una persona che sembrava scelta per me in tutto e per tutto...” In quell’istante, da che si trovava girato di spalle, spostò velocemente la testa verso di me. Il suo sguardo non era più perso nel vuoto ma rivolto dritto in direzione dei miei occhi. Quasi mi spaventai, perché raramente mi aveva scrutato in quel modo. Cominciai a chiedermi che cosa stesse passando realmente nella testa di L. Una sorta d’ansia mi pervase. Potevo sentire i battiti del mio cuore fin nelle tempie ed una goccia di sudore venne giù dalla mia fronte nonostante la pioggia battente. Se non fosse che una cosa del genere non avrebbe mai potuto realizzarmi, ebbi la sensazione di poter udire anche il pulsare delle vene di L. Ad un tratto lo vidi sospirare. Non dovetti attendere molto per ascoltare ciò che aveva ancora da dirmi.
“… Sì, io non te l’ho mai detto, ma è dal primo momento che ti ho incontrata, quando eravamo bambini e vivevamo all’orfanotrofio di Londra prima e alla Wammy’s house poi, che ti considero speciale e mi spiace di rivelartelo soltanto adesso, solo ora che la mia vita sta per volgere al termine”
Mi sentii mancare il respiro dall’emozione, ma al tempo stesso la preoccupazione per la sua morte mi diede la sensazione che la terra sotto i miei piedi stesse per sprofondare. Non potevo credere a ciò che avevo appena ascoltato. La mia voce rispose tremante “Solo ora che la mia vita sta per volgere al termine? Ma che dici, L? Perché parli in questo modo?” In quel momento oltre all’agitazione mi pervase anche una punta di rabbia nel vederlo così rassegnato. Lo afferrai per un braccio come per scuoterlo “Non puoi gettare la spugna in questo modo! Sei il più grande detective che il mondo abbia mai visto! Sono sicura che sconfiggerai Kira. Tu stesso mi hai detto che ti manca solo un tassello per risolvere il puzzle. Non puoi pensare una cosa del genere proprio adesso che…”
 
Amavo L da sempre: io avevo circa due anni più di lui e mi ricordo ancora quel giorno in cui Watari lo portò all’orfanotrofio di Londra; sembrava così spaesato e triste. Si era accovacciato come suo solito fare con le lacrime agli occhi in un angolo del grande salone in cui noi tutti bambini giocavamo quando non avevamo compiti da fare. Vedendolo in quello stato mi ero avvicinata a lui con l’innocenza e la dolcezza che solo un ragazzino di quell’età può avere.
“Perché sei triste? Qui sono tutti simpatici, sai? Ecco, tieni il mio fazzoletto. Era della mia mamma. Ti rivelo un segreto: lei ora non c’è più però sono sicura che non smette mai di guardarmi da qualche posto nel cielo. Vedrai che anche la tua starà insieme alla mia. Anzi, sono certa che hanno già fatto amicizia”. Mi ricordo che L prese in mano il pezzetto di stoffa, si asciugò le lacrime e poi abbozzò un mezzo sorriso. “Ecco, visto? Già va meglio, vero? Dai andiamo a giocare! Ho un sacco di cose da farti vedere!” Percepii all’istante che si stava fidando di me e da quel giorno non smise mai di raccontarmi ciò che provava, cosa che feci anche io con lui, nemmeno quando ci trovavamo a centinaia di chilometri di distanza. Ci furono infatti degli anni in cui rimanemmo a lungo distanti. Spesso non sapevo neppure in che Paese si trovasse, eppure non potevamo fare a meno l’uno dell’altra. In realtà avevo sempre creduto di essere per lui come una sorella. Da un momento all’altro mi aspettavo che mi raccontasse di qualche bella tipa conosciuta chissà dove. Invece non mi aveva mai parlato di altre ragazze. Non credo neppure che ne frequentasse, se non per motivi prettamente di lavoro. Io come lui lavoravo nell’ambito dell’investigazione, ma per via della mia conoscenza dell’italiano, mia lingua madre, e della mia arguzia, mai poderosa come quella di L, mi era stato proposto di entrare a far parte di uno dei corpi della polizia italiana. Avevo accettato. Ero riuscita a rivedere L, a guardarlo nuovamente negli occhi, solo un anno prima, quando anche l’Italia aveva dato l’ok per collaborare al caso Kira. Ovviamente lui aveva chiesto all’istante di me in quanto parlavo correttamente l’italiano, il giapponese (che proprio il ragazzo dai capelli nero corvino mi aveva insegnato quando eravamo ragazzi), nonché l’inglese: avrei potuto essere un ottimo ponte fra il mio governo e quello del Giappone nel corso delle indagini. E anche quando accadde che, per via delle continue e ripetute morti, lo Stato italiano decise di abbandonare la sua collaborazione a livello ufficiale, io rimasi ugualmente nella squadra per dare una mano ad L. Sapevo che restandogli accanto rischiavo la vita ogni giorno, ma non potevo fare a meno di rimanergli vicino, e poi ero convinta del fatto che anche lui avesse bisogno di me, non soltanto a causa del caso da risolvere, ma soprattutto a livello umano. Lui, quello che tutti conoscevano al quartier generale col nome di Ryuzaky, appariva davanti ai suoi sottoposti come una persona priva di vita sociale (ed in effetti lo era) e di legami affettivi con il prossimo, ma in realtà dietro quella sua corazza autorevole c’ero io, l’unica a conoscere, insieme a Watari, la sua vera identità. Quando ci trovavamo in compagnia di altre persone durante le indagini, soprattutto quando Light Yagami era presente, si mostrava ancor più duro con me che con il resto dei membri della squadra. Lo faceva per proteggermi; io lo sapevo. Non voleva rivelare a nessuno che io ero il suo punto debole, che se avessero colpito me, quella a cui poteva voler bene almeno come ad una sorella, sarebbe crollato come un castello di carte.    
 
“… Proprio adesso che ho la conferma di essere importante per te, L. Non puoi!”
Non sapevo se arrabbiarmi ancora di più o se mettermi a piangere. Alla fine le lacrime scesero dai miei occhi indipendentemente dalla mia volontà.
Un abbraccio improvviso mi lasciò senza parole, soprattutto perché sapevo quanto L non fosse avvezzo al contatto fisico. “Sei la prima persona che riesco ad abbracciare senza avere paura”.
Lo strinsi più forte che potevo. “Perché mi dici questo, L? Che ti è successo quando eri bambino, quando ancora non ci conoscevamo?”.
“Come fai a capirmi sempre così bene? Mi chiedo come abbia fatto io a tenerti così distante da me per tutti questi anni; ma volevo proteggerti, dovevo proteggerti. Poi quando sei entrata in polizia sapevo che non avrei più potuto farlo. Non hai mai smesso di essere così testarda. E scusami se quando si è trattato di questo caso ho pensato subito a te, alla tua collaborazione: sono stato un egoista a credere che avrei potuto farti correre qualunque pericolo pur di averti con me. Perdonami, Sara!...”
“L, non hai ancora risposto alla mia domanda: che ti è successo quando eri bambino?”. Gli domandai sempre stretta al suo petto, il posto per me più bello e sicuro del mondo anche in un momento tanto drammatico.
“Sì, da bambino… Vedi, l’ultima persona che ho abbracciato è stata mia madre, poco prima che uccidessero sia lei che mio padre…” Stava singhiozzando, molto più forte di quanto non stesse facendo quel fatidico giorno del nostro primo incontro. “… E da quel momento ho sempre avuto paura che chiunque avessi abbracciato o semplicemente toccato avrebbe avuto un destino orribile. Sentivo su di me come una maledizione e non volevo che si ripercuotesse addosso a qualcun altro…” La sua voce tremava. Mi accorsi che la sua stretta intorno alla mia vita si era fatta ancora più forte e pressante. Potevo ascoltare i battiti del suo cuore correre veloci nel suo petto. Ebbi la sensazione di riuscire a toccare la sua anima e tutto il suo dolore.
“… Sai, se ho deciso di diventare il migliore detective del mondo è stato perché volevo acciuffare il loro assassino. E ci sono riuscito. E’ stato proprio il primo caso da me risolto, ma non sono mai stato in grado di ignorare questo mio timore verso il contatto fisico con le altre persone, fino ad ora…” L’emozione cresceva in me. Avrei tanto voluto che pronunciasse quelle parole. Il mio cuore ormai era fuori controllo. Non rispondeva più agli impulsi della mia mente. Non accennava a calmarsi.
“… Con te in questo istante la situazione mi sembra perfettamente invertita: se non ti abbraccio adesso ho paura di non poterlo fare più... E anche qualche altra cosa temo di non avere più tempo di fare…”
Gli rivolsi uno sguardo e così fece anche lui. Fu lungo ed intenso. I capelli bagnati, i vestiti ancor di più, i suoi occhi neri così profondi e pieni di una dolcezza che non gli avevo mai visto.
“Sara, io ti amo. E’ tutta la vita che ti amo, tutta la vita che scappo da te, dal tuo sorriso, dalla tua intelligenza, dalla tua testardaggine e dai tuoi modi di fare a volte da donna e quando vuoi da bambina. Tu sei la mia anima gemella. Se c’è un motivo per cui sono nato, per cui oggi sono qui a risolvere questo caso così assurdo e proprio con te, è perché il mio destino è quello di amarti. Scusa se ci ho messo tanto a capirlo, se me ne sono reso conto solo adesso che temo di perire per mano di Ki…”
“Ti prego, non parlare…” Lo zittii mettendogli il dito indice sulla bocca.
“Non parlare, L…”
Senza che potessimo rendercene conto le nostre labbra si erano avvicinate, sfiorate, toccate. Ci stavamo baciando nel modo più dolce che potesse esistere, come se qualcuno stesse suonando per noi una melodia al pianoforte. Il mondo aveva smesso per un attimo di girare. Non c’erano più paure o casi da risolvere. Anche Kira poteva attendere. Nessuno poteva raggiungerci: ci trovavamo un universo parallelo, nel nostro universo parallelo, quello di L e Sara.
“L…” dissi con un filo di voce, come per evitare che qualcuno potesse sentirmi “… Ti prometto che non udirai più quelle campane. Non sentirai mai più quel rumore assordante che ti ricorda il funerale dei tuoi genitori e che credi che annunci il tuo…”.
 
 
Avevo seguito Sara fin sul tetto del quartier generale. Avevo notato che anche lei stava inseguendo qualcuno. Ryuzaky, per l’esattezza, e mi chiedevo il perché di una cosa simile. Di sicuro sapevo quanto lui la considerasse fuori dal comune a livello di intelligenza nonostante davanti a tutti noi della squadra la trattasse alle volte peggio di Matsuda (cosa che non si meritava affatto), ma non riuscivo a comprendere come mai lei sentisse il bisogno di spiare Ryuzaky. Perché di questo si stava trattando. Forse voleva parlargli in privato, ma anche questo stuzzicava la mia curiosità. Per quale ragione lui avrebbe dovuto dirle qualcosa di particolare rispetto a ciò che anche noi tutti già conoscevamo?
 Chi era questa Sara Torricelli? Ammesso che quello fosse il suo vero nome. Sapevo che lui aveva insistito parecchio per averla con sé al quartier generale. Cosa poteva avere di tanto speciale una come lei? Una donna, per di più. Sicuramente nascondeva qualcosa. Magari in passato aveva già collaborato con lei e pertanto ne conosceva il valore, ma anche Naomi Misori aveva fatto parte del team di L in passato. Eppure ero certo che Ryuzaky si ricordasse a male appena di lei, come di tutte le persone che avevano lavorato per il lui o con lui per risolvere i casi precedenti a quello che riguardava Kira dato che solitamente dava istruzioni esclusivamente per mezzo di un computer. Persino la sua voce risultava distorta per i suoi ascoltatori. No, c’era qualcos’altro sotto, qualcosa che ancora mi sfuggiva, ma forse mi sarebbe bastato arrivare in cima alle scale per avere delle risposte…

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Supposizioni pericolose ***


Io ti proteggerò - supposizioni pericolose

CAP. 2

SUPPOSIZIONI PERICOLOSE

 

Non potevo minimamente credere a ciò che stavo vedendo: l’asociale Ryuzaky, la persona più sola che avessi mai incontrato in vita mia, quella che credevo senza passato (oltre che senza il futuro che gli avrei di certo tolto) ma soprattutto senza legami, adesso era lì, sotto la pioggia battente, con una ragazza fra le braccia. A giudicare da come stavano avvinghiati l’un l’altra sembravano piuttosto… Intimi.
 “Davvero commovente”.    
 Non potei che fare una smorfia di disapprovazione: L con una donna. Non me lo sarei mai aspettato. Sembrava un ossimoro impossibile nonché sforzato il pensare che Ryuzaky potesse tollerare un qualunque tipo di affetto. Osservandolo mi era anche parso che non riuscisse a sopportare nessun tipo di contatto fisico, nemmeno il più accennato e casuale: persino quando uno di noi del quartier generale gli porgeva qualcosa in mano faceva di tutto per aumentare le distanze, anche se, di certo, camuffava bene il suo disagio. Vederlo così stretto ad un corpo estraneo mi faceva quasi… Tenerezza.
“Allora non sei così disumano come pensavo, caro il mio detective” A stento trattenni una sonora risata, sarcastica e diabolica al tempo stesso, quella stessa identica espressione che mi si dipingeva sul volto quando pensavo all’idea che presto sarei divenuto il dio di un nuovo mondo.
“Certo, questa fantomatica fidanzatina potrebbe crearmi qualche piccolo inconveniente. Non sarà facile separarvi ma sono sicuro che troverò il modo di sfruttare questa faccenda a mio favore. Dopotutto adesso ho trovato il tuo punto debole, Ryuzaky” Il mio pensiero correva più veloce che mai; tutto sembrava prendere quasi una piega divertente.
“E tu, ragazza di L, mi dispiace tanto, ma temo che soffrirai parecchio per la perdita che presto ti infliggerò. Hai scelto davvero la persona sbagliata per trascorrere il resto della vita. E’ un vero peccato, ma presto dovrete dirvi addio prostrandovi a me. Perché io sono la giustizia!”
Un lampo squarciò il cielo seguito immediatamente dal fragore di un tuono. Le mie risa si confusero con il fracasso del temporale.


 
Io ed L eravamo zuppi fradici. Rientrammo all’interno del palazzo tenendoci per le mani dopo esserci guardati intorno: volevamo verificare che non ci fosse nessun membro del quartier generale nei paraggi; non volevamo essere visti, soprattutto da Light Yagami.
Non c’era anima viva, per fortuna.
D’istinto mi avvinghiai al braccio destro del mio ragazzo.
E sì, potevo dirlo forte: L ed io stavamo insieme e mi sembrava un sogno. Mi sentivo leggera nonostante la minaccia di Kira incombesse sulle nostre vite. In ogni caso non avrebbe potuto segnare la nostra esistenza per sempre; lo avremmo scoperto, acciuffato e arrestato. Ne ero sicura. Non poteva essere che così. Io ed L stavamo facendo tutto questo insieme, non ci avrebbe più divisi nient’altro e…
“Ho deciso di provare il quaderno su un condannato a morte la cui esecuzione è prevista entro tredici giorni. Nel caso in cui al detenuto non succeda niente gli verrà annullata o ridotta la pena. Devo capire se alcune regole contenute all’interno del quaderno sono false. Se riuscirò a provare ciò, il caso sarà risolto all’istante”.
Avevo capito alla perfezione le intenzioni di L, ma ripeterle ad alta voce mi inquietava. Non poteva essere tutto così… Semplice. Era vero che avevamo lavorato tanto e tutti gli indizi sembravano ancora portare a Light Yagami e a Misa Amane, specialmente considerando che gli omicidi erano ripresi proprio in corrispondenza della loro scarcerazione, ma c’era ancora qualcosa che non quadrava, qualcosa che rischiava di compromettere per sempre la nostra felicità.
Mi bloccai un attimo e lo stesso fece lui nello stesso istante.
“L…” La mia voce stava tremando leggermente “… Sei sicuro di quello che vuoi fare? Non ti sembra una soluzione un po’… Repentina? Forse stai correndo un po’ troppo…”
 Temevo la sua risposta. Avevo paura che potesse arrabbiarsi, che non afferrasse la mia preoccupazione e che giudicasse la mia idea come priva di fondamento. Ma in effetti non avrebbe mai potuto considerare una mia considerazione di poca importanza.
“Perché mi dici questo? Non capisco per quale ragione dovremmo rinunciare ad una simile iniziativa…” Il timbro delle sue parole era di sicuro carico di stupore, ma sentivo che ero stata in grado di mettergli qualche pulce nell’orecchio. Ripresi il mio ragionamento cercando di essere il più calma possibile.
“E’ vero che se la regola dei tredici giorni fosse falsa avremmo provato la colpevolezza di Light e di Misa, ma credo che in ogni caso non possiamo ragionare solo con la nostra logica, quella umana intendo…” Esitai ancora un istante prima di proseguire. Mantenendo la presa della mia mano sul suo braccio mi voltai per guardarlo negli occhi
 “… Quel quaderno, anzi, quei quaderni, sono retti da forza sovrannaturali e sono tenuti da creature che non conosciamo…”
 Nella mia gola si era formato un nodo. Continuare a parlare mi risultava sempre più difficile.
 “… Gli shinigami, L. Gli shinigami. Noi ne abbiamo visto comparire uno non appena abbiamo preso in mano il quaderno. Lo stesso di sicuro sarà successo sia al primo che al secondo Kira molto tempo prima di quanto non sia accaduto a noi. Perciò chi ci dice che questo dio (o questi dei, se consideriamo l’ipotesi che per ogni quaderno esista almeno una di queste creature) non ci abbia omesso delle verità o che addirittura non sia dalla parte di Kira? Inoltre…” Avevo paura a proseguire quel discorso. Quello che la mia mente stava partorendo era persino troppo logico. Avevo cominciato a sudare freddo. I miei occhi avevano assunto una strana curvatura “… Potrebbero esserci delle regole non scritte che regolano il rapporto fra lo shinigami ed il possessore del quaderno”. La mia mano strinse il braccio del mio ragazzo con tutta la forza che poteva. Sembrava quasi che gli stessi dando un forte pizzico. Non potevo più camuffare la mia preoccupazione “Non possiamo essere così precipitosi, L. Non dobbiamo! La posta in gioco è troppo alta, soprattutto per te! Ti prego, L! Ho paura! Non voglio che ti capiti qualcosa di brutto. Non voglio perderti proprio adesso!”.
Senza rendermene nemmeno conto mi ero avvinghiata a lui con tutto il corpo. Lo stringevo così forte che quasi mi mancava il respiro. Lo sguardo di L invece era fisso in direzione di un qualche punto nell’oscurità. Dovevo aver detto qualcosa che aveva suscitato senza dubbio il suo interesse ma ancora non osava proferire parola.
 Ad un tratto mi staccò da sé. Parlò, i suoi occhi ancora non erano rivolti a me.
“Sì, potresti avere ragione, e molta. Non ci avevo minimamente pensato”
Con un sospiro rivolse finalmente ogni attenzione al mio viso.
“Sai, stavo quasi per proporre questa mia idea all’intero quartier generale senza prima avvisarti. In effetti sarebbe stata una mossa avventata e, chi può dirlo, magari sarei già morto”.
Nell’udire quelle parole il mio cuore percepì come un tonfo. L se ne accorse e mi strinse nuovamente a sé.
“Stai tranquilla, Amore mio. Grazie a te non è accaduto niente. Però…” Si fermò un istante come se non sapesse più cosa dire “… Però adesso dovremo necessariamente trovare un altro sistema per smascherare Light”.
  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Faccia a faccia ***


Faccia a faccia

CAP. 3

FACCIA A FACCIA

 

Erano passati un paio di giorni da quando L ed io ci eravamo dichiarati. Tutto mi appariva sotto una luce diversa. Anche le nuvole che avrebbero potuto minacciare una tempesta mi ricordavano qualcosa di bello. In fondo io ed il mio detective ci eravamo rivelati i nostri sentimenti sotto la pioggia battente, perciò… Benedetti i temporali e ciò che li portava.
Purtroppo però una nota stonata fra i miei pensieri non riusciva a farmi godere appieno di quella felicità che sapevo che entrambi avevamo desiderato tanto: dopo esserci confrontati, sia io che L brancolavamo nel buio sul da farsi; nemmeno agli altri membri del quartier generale venivano idee. E intanto gli omicidi continuavano a susseguirsi.
La cosa che più di tutte mi spaventava era l’essere certa che se solo avessimo fatto un passo falso, un’infinitesimale mossa sbagliata, Kira non avrebbe esitato a “giustiziare” L. La sua vita era appesa ad un filo e, di conseguenza, anche la mia. Il suicidio non era contemplato nella maniera più assoluta fra i miei precetti morali, ma senza dubbio la mia anima sarebbe morta nello stesso istante in cui al mio Amore, al mio L, fosse successo qualcosa di irreparabile.
Quell’insieme di idee in parte confuse, in parte fin troppo chiare, costellavano la mia mente mentre mi trovavo sul solito terrazzo, sul nostro terrazzo, tutta sola e assorta.
A differenza di qualche giorno prima il sole al tramonto sormontava la città. Quelle sfumature rosa-arancio che si sviluppavano a partire da quell’unico disco centrale mi facevano quasi commuovere
“Quanto meravigliosa può essere la natura” Pensai ad alta voce con gli occhi persi verso l’orizzonte ed il cuore che aveva preso a battermi forte dall’emozione. Evidentemente dovevo essere diventata proprio romantica da quando non avevo più dovuto reprimere i miei sentimenti per L.
La mia immaginazione era proiettata a tal punto altrove che non mi era accorta del fatto che qualcuno stava venendo verso di me con passo lento ma pesante.
“E quanto altrettanto malvagio può essere l’uomo a confronto della natura. Se esistono persone come Kira, intendo”. Disse una voce alle mie spalle quasi a voler continuare la mia precedente affermazione.
Riconobbi subito quel timbro: era Light Yagami.                                          
Chissà cosa voleva.
Per quanto L fosse stato costretto a scagionarlo in quanto non sussistevano più prove a suo carico, sapevo perfettamente quanto il mio ragazzo non si fidasse di lui. A dire il vero ero anche dell’idea che per colui che tutti conoscevano con il nome di Ryuzaky fosse un dispiacere l’ammettere che Kira fosse proprio Light. Una volta gli avevo addirittura sentito dire che quel Yagami era l’unico vero caro amico che avesse mai avuto, e anche se conoscevo il sarcasmo di L e la sua attitudine a non far mai comprendere ai più quale fosse la sua vera opinione sulle persone che lo circondavano, in quella circostanza non potei fare a meno di notare che per la prima volta in vita sua si era rivolto a qualcuno definendolo ‘amico’.
Ero certa che L stimasse l’intelligenza di Light; un po’ forse gliela invidiava anche perché non poteva fare a meno di voler essere sempre il primo della classe, il migliore in tutto, il più sagace, il più arguto. Però in effetti, facendo una stima su quanto potesse essere invidioso e onorato nell’avere a che fare con una mente come quella di Yagami, qualcosa che neppure io riuscivo pienamente a comprendere mi portava a pensare che fosse più plausibile la seconda delle mie ipotesi.
In ogni caso sentivo di non potermi fidare nemmeno io di Light al cento per cento.
Il ragazzo dai capelli ramati si appoggiò al davanzale del terrazzo imitando la mia posizione.
“Certo che questa storia sta diventando via via sempre più ingarbugliata. Adesso che i sospetti su di me e Misa sono caduti non avete più nemmeno una pista da seguire. Come farete?”
Il suo sguardo, inizialmente rivolto verso la città, si era lentamente spostato verso il mio viso.
Io non lo osservai neppure quando lui posò i suoi occhi su di me.
C’era qualcosa di strano nelle sue parole nonostante alcun tremore o cambio di tonalità tradisse la sua voce.
Una punta di preoccupazione mi assalì. Cercai di non mostrargliela. Avrei potuto sembrare inopportuna senza motivo.
Eppure un interrogativo ormai ronzava nella mia mente: “Perché parla come se la faccenda delle indagini non lo riguardasse? Fa parte del team anche lui. Anzi, il suo contributo spesso è stato molto più necessario di quello di altri. Che cos’è che lo fa sentire così distaccato adesso?” Tenni quel pensiero per me. Per il momento dovevo far parlare lui. Volevo vedere dove mi avrebbe portato. La cosa migliore era far tenere a lui le redini del gioco.
“Eh, già. Non sappiamo proprio dove sbattere la testa. Mi auguro che presto qualcosa ci venga in mente. E ovviamente qualunque idea è ben accetta. Dovessi avere qualche soluzione da proporre non esitare a comunicarla”.
Cercavo di essere il più naturale possibile. Risultare sospettosa non mi avrebbe portato a nulla. Attesi nuovamente una sua risposta.
“In realtà ad una soluzione avevo pensato, ma non è molto attuabile ora come ora”.
Calmo. Light era estremamente calmo. Alle volte somigliava anche troppo ad L.
Sembrava non avere niente di sospetto; eppure non mi convinceva. In ogni caso dovevo attendere. Era necessario avere ancora un po’ di pazienza.
“Si potrebbe provare il quaderno. Verificare se tutte le regole contenute in esso sono vere”
I suoi occhi all’apparenza così innocenti nascondevano un velo di impercettibile malignità.
 “Il realtà mi stupisce che Ryuzaky ancora non abbia proposto al quartier generale una simile iniziativa. Da lui mi sarei aspettato un’idea del genere. Evidentemente sta cominciando a perdere colpi…”
Un’increspatura appena accennata sulle labbra di Light colpì la mia attenzione: quel suo sorriso così poco definito nascondeva un inequivocabile ghigno diabolico. Sembrava troppo soddisfatto dell’insuccesso di L. La sua non era affatto simpatica ironia.
“Speriamo non sia come dici tu, allora” Dissi alzando il viso.
La calma mi stava velocemente abbandonando. Di sicuro la mia eccessiva impulsività era la cosa che più mi differenziava da L. Ed era uno dei miei più terribili difetti considerando il mestiere che facevo.
La mia poco pazienza stava per esaurirsi: sentivo che si stava avvicinando quel momento in cui avrei corso dei rischi; dei grossi rischi.
Ma non m’importava.
I miei occhi si diressero pungenti verso Light. Nelle sue pupille potevo scorgere una sfumatura rossa: quella di un demonio, quella di un dio della notte.
“Eppure una sorta di istinto innato mi fa credere che tu e Ryuzaky già vi siete confrontati, che già abbiate parlato dell’idea di provare il quaderno. Ma qualcosa gli ha fatto cambiare idea, non è così?...”
Sorrideva.
Sorrideva Light Yagami.
E mi sfidava.
“… Oppure è stato qualcuno a fargli cambiare idea. Non è forse vero, Sara Torricelli?”
Potevo sentire il pulsare dei battiti del mio cuore che lentamente pompavano il sangue nelle mie vene.
Una goccia di sudore rigò la mia fronte.
L’ansia era alle stelle.
Avevo solo una paura: quella di perdere L. Ma ormai mi ero spinta troppo oltre; non avevo modo di tirarmi indietro.
Non me ne resi neppure conto.
La mia pistola era fuori dal fodero, carica e puntata in direzione di quel diavolo dall’aspetto angelico. Un grido mi uscì dalla bocca senza che potessi controllarlo.
“Light Yagami, sei tu Kira!”
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ricatto ***


Ricatto
CAP. 4
RICATTTO
 
 
“Light Yagami, sei tu Kira!”
Il mio gridò riecheggiò nell’aria. Ne potei udire l’eco.
Il cuore mi batteva all’impazzata. Ebbi quasi l’impressione che mi stesse per uscire dal petto.
Mi sudavano e mi tremavano le mani.
Temevo che la pistola potesse scivolarmi via e cadere a terra. Eppure non era la prima volta che la puntavo in quel modo verso qualcuno.
Cos’era quella strana sensazione che stavo provando? Tutta quell’ansia, quell’angoscia, quel senso di vuoto, quella tensione che si poteva tagliare con un coltello?
Paura.
Avevo paura.
Che sentimento a me poco familiare.
Nella vita non avevo mai avuto niente da perdere fino a quel momento: non avevo parenti, non avevo amici. Ero solo una poliziotta: vivevo per gli altri, non per me o per la mia felicità. Probabilmente agli occhi di chi mi vedeva dall’esterno ero la pedina di uno Stato che non sembrava meritare il mio servizio, considerato il mio scarso stipendio e i pochi mezzi che i miei superiori mi mettevano a disposizione. Eppure a me non interessava granché: prendevo il mio mestiere come una vocazione; non avendo io degli affetti dovevo almeno riuscire a regalare a chi ne possedeva, ma non poteva difenderli, un’esistenza serena.
Però la mia vita ormai era cambiata per sempre: anch’io, finalmente, avevo qualcuno da amare e che mi amava; qualcuno che si sarebbe preoccupato se fossi stata bene o male; che non avrebbe esitato a telefonarmi se non fossi tornata a casa entro il consueto orario d’ufficio. Sì, anche uno come L, che di certo non era un principe azzurro zuccheroso e che sapeva quanto fossi in grado di badare a me stessa, non avrebbe potuto fare a meno di stare in pensiero per una poliziotta, per una ragazza, per la sua ragazza.
Paura.
Sì, avevo paura.  
Perché di fronte a me non avevo un ladruncolo qualunque o un assassino occasionale: in ballo non c’era solo la mia vita, di cui in quel momento mi interessava poco, ma anche e soprattutto quella di L.
 
 
*
 
 
Kira rimaneva fermo. Impassibile. Come se non fosse lui il mio bersaglio.
Silenzio.
Tra noi c’era solo silenzio.
L’unico rumore udibile era il mio respiro affannoso.
Ad un tratto una risata interruppe quella calma sforzata.
“Ah ah ah ah! Una pistola? E’ tutto qui quello che sai fare?”
Continuava a ridere.
Non riuscivo davvero a capire che cosa potesse farlo divertire tanto.
La mia pistola era carica e senza sicura. Avrei potuto ucciderlo da un momento all’altro, eliminare per sempre la minaccia di Kira dal mondo…
“Un attimo…” pensai colta da un fremito di terrore “… Non posso ucciderlo. Mi metterei al suo stesso livello. Non posso. Non posso farlo”.
Eppure la tentazione c’era.
Avrebbe potuto considerarsi legittima difesa e…
“Ma brava la nostra detective. Lo sai che è in Giappone è proibito per un civile tenere delle armi?”
Le parole di Light interruppero il flusso dei miei pensieri.
Certo che era davvero poco originale: di tutte le cose che avrebbe potuto dirmi per distrarmi quella era davvero la più banale.
“Yagami, da te non mi sarei mai aspettata un’affermazione così sciocca: io non ho mai smesso di essere una poliziotta…” Accennai una risata per sembrare meno tesa “… Il mio Stato non mi ha impedito di rinunciare al mio ruolo di ispettore come invece è successo a tuo padre e ai suoi colleghi. Perciò, mi spiace, ma ho tutte le carte in regola per possedere ed usare una pistola”.
Sapevo che non lo avrei né spaventato né turbato, ma il parlare rendeva me più sicura delle mie posizioni.
All’improvviso Light rise di nuovo. Sembrava ancora più divertito che in precedenza.
“E cosa vorresti farci? Al momento qui ci siamo solo io e te. Non ci sono testimoni se non queste quattro mura che di certo non parleranno né in mio né in tuo favore. Vuoi uccidermi? Accomodati, ma non ti scordare che per tutti adesso io sono innocente; un semplice ragazzo nonché il figlio dell’ex sovraintendente Yagami…”
Un’interruzione di una frazione di secondo spezzò la sua voce.
La mia pistola ancora puntata su di lui.
Le mie mani bagnate di sudore.
Il mio cuore che batteva come un tamburo.
I suoi occhi assetati di sangue.
“… Come giustificheresti il mio assassinio? Cosa diresti per discolparti di fronte al capo della polizia del tuo Stato? La tua carriera sarebbe finita e soprattutto passeresti tutti i tuoi giorni in galera… Lontano dal tuo adorato L!”.
Uno schiocco di stupore attraversò la mia mente.
Un blocco interiore si era impossessato della mia anima.
Tutto intorno a me aveva perso colore.
Sentii il mio stomaco salire fino in gola.
Era come se non riuscissi più a respirare.
Avevo completamente perso il controllo dei miei muscoli.
Come faceva a sapere di me di L? Chi glielo aveva detto? Chi ci aveva visto?
I miei pensieri erano rapidi ma si congelavano facilmente, come se non potessi seguirne la logica.
Sapeva tutto.
Ci aveva fregati.
Un filo di voce uscì strozzato dalla mia bocca.
“Tu… Come fai a sapere… Chi ti ha detto…”
“Come faccio a sapere di te e di quella specie di ameba di Ryuzaky? Semplice, ti ho seguita qualche giorno fa. Avresti dovuto vedere che quadretto commovente”.
Sguardo sicuro. Troppo sicuro, il suo.
Rabbia.
Adesso provavo solo rabbia.
La pistola. Il grilletto.
Un colpo.
Poi un tonfo sordo nell’aria…
 
 
*
 
 
… Il proiettile gli era passato a pochi centimetri dal volto.
Avevo volutamente evitato di centrare il mio bersaglio.
“Se provi a dire di nuovo una cosa del genere di L, giuro che ti ammazzo. Ti ammazzo, Yagami!”.
Gridai.
Una corsa verso di lui.
La mia pistola accostata alla sua fronte. Carica.
Sicurezza, troppa sicurezza.
Adesso ero io ad avere gli occhi assetati di sangue.
Ardore, troppo ardore; quello dato dall’impulso e non da un ragionamento logico.
Il mio errore era vicino.
“Attenta, ragazza di Ryuzaky: se mi uccidi adesso ti metterai sullo stesso piano di Kira, di ciò che hai sempre combattuto. E’ questo quello che vuoi? Forza, uccidimi!”
Voce calma, la sua. Sembrava che non avesse un’arma da fuoco puntata alla testa. O che, peggio ancora, morire per mano mia fosse il suo scopo.
Ovviamente non era così.
Un sorrisetto beffardo gli dipingeva il viso.
Quella sua espressione di soddisfazione che potevo vedere dal basso verso l’alto fece scaricare tutta l’adrenalina che avevo in corpo.
Aveva ragione. Aveva stramaledettamente ragione: gli ideali per i quali avevo combattuto sarebbero andati in fumo se lo avessi ammazzato.
Tenevo ancora la mia pistola a ridosso della sua fronte.
Non sapevo che fare.
Avrei potuto ferirlo ma non avrei saputo come giustificare una cosa del genere.
I nostri sguardi si perdevano l’uno negli occhi dell’altra ricolmi di sfida. Avrei tanto voluto sapere quali fossero i suoi pensieri, quali sarebbero state le sue prossime mosse…
“Stupida Sara, non capisci che di te non m’importa niente? Io voglio L, soltanto L…”
Ancora una volta Light appariva tranquillo. Non riuscivo a capire però dove volesse arrivare. Come si poteva non provare per lo meno angoscia in una situazione come la sua?
“… Ti dico una cosa: tra qualche istante alcuni dei membri della squadra senz’altro saliranno qui per verificare l’entità dello sparo di poco fa e io voglio proporti un patto…”
Un patto? Kira voleva patteggiare con me? E come potevo io fidarmi di lui?
“… Vorrei che entrambi facessimo finta di niente: tu non dirai che io sono Kira e io invece non rivelerò che tu mi hai sparato addosso. In questo modo tu non subirai conseguenze in ambito lavorativo; sai, interrogatori, ritiro del distintivo, carriera stroncata…”
Era irritante udire simili parole, ma non potevo non riconoscere quanto avesse ragione.
Dovevo fare il suo gioco. A malincuore ma dovevo farlo. Era l’unico modo per prendere tempo, per cercare di salvare la vita di L e rimanere all’interno del quartier generale. Se Light avesse detto che avevo tentato di colpirlo, su di me sarebbero caduti troppi sospetti. Mi avrebbero di sicuro espulso dalle indagini. Nemmeno L avrebbe potuto fare nulla per aiutarmi. Per di più se fosse saltato fuori che avevamo una relazione avrei di sicuro messo anche lui nei guai. L’ipotesi di ucciderlo in quel momento era fuori discussione.
Ma una cosa dovevo ancora chiarirla ad ogni costo e con ogni mezzo; sarebbe stata fondamentale.
Applicai una pressione ancora maggiore sulla pistola che gli tenevo puntata in volto.
“E tu che beneficio ne trarresti?”
Continuavo ad appoggiare il peso del mio braccio su quell’arma. Era come se stessi caricando ogni mio risentimento su di essa.
 “Guarda che t’ammazzo, Yagami. E sappi che una volta morto il mio destino non sarebbe affar tuo. Perciò, forza, sputa il rospo prima che perda la pazienza”.
Non avevo minimamente paura di lui. Dovevo farmi dire qualcosa, anche una bugia, ma era necessario che scoprisse almeno in parte le sue carte.
“Va bene, va bene”.
Un sospiro precedette le sue parole.
Forse per la prima volta da quando il nostro scontro aveva avuto inizio stava cominciando a dare segni di cedimento.
“Sono sicuro che se tu dicessi al quartier generale che sono Kira ed io negassi, sarebbe la mia parola contro la tua. Pur trascurando l’opinione di Ryuzaky, che senza dubbio sarebbe a tuo favore, è molto probabile che anche qualcun altro della squadra riprenderebbe a nutrire sospetti nei miei confronti. E questo non mi conviene. Inoltre…”
Un suono fuoriuscì dalla mia bocca i cui denti erano serrati.
“Inoltre? Parla, Yagami”.
Ancora un’esitazione.
“Inoltre se tu morissi all’improvviso il principale indiziato sarei io e forse la strada verso la mia cattura sarebbe fin troppo spianata”.
Di nuovo un colpo di stupore mi pervase.
Era dura sentire ragionamenti così agghiaccianti. Per di più se partoriti dalla mente di un ragazzo.
Proprio mentre stavo per abbassare la pistola riprese a parlare.
“E ricorda: Ryuzaky non deve sapere niente, altrimenti… Nemmeno io mi farei troppi scrupoli riguardo il mio futuro… Insomma, ti ucciderei”.
Sgomento.
Tanto sgomento.
Sentivo i miei occhi pizzicare.
Come poteva un solo individuo coltivare così tanta cattiveria? E perché poi?
Mentre i miei pensieri rimbalzavano da una parte all’altra della mia mente, arrivai alla conclusione che non potevo fare altro che accettare il suo patto, il suo orribile ricatto. Era la mia unica e ultima possibilità per tentare di salvare L, anche se non mettendo lui a parte di quell’incontro con Light tutto sarebbe stato davvero difficile.
Ma dovevo necessariamente provarci.
Con un sospiro abbassai la pistola e la riposi nel fodero.
La mia risposta fu ferma e chiara: “Ok, Light Yagami: ci sto”.
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione ma ero fuori città e non ho avuto il tempo di dedicarmi alla stesura di questa mia ff. Inoltre ho ripreso a studiare per gli esami perciò da adesso in avanti posterò capitoli molto più raramente. Perdonatemi!!
Intanto spero che il capitolo (che per me è stato veramente difficile da scrivere) vi sia piaciuto.
Alla prossima!
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=790649