Ogni pensiero puo' cambiare il destino.

di Valeriaep
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita nuova ***
Capitolo 2: *** Sorridi come se ci credessi davvero.. ***
Capitolo 3: *** Dipende ***
Capitolo 4: *** L'amore è una patologia, che vorrei solo estirpare via. ***
Capitolo 5: *** Vivere, era diventato un peso.. ***



Capitolo 1
*** Una vita nuova ***


Era fermo sul terrazzo di quella piccola casa estiva, in un piccolo ma caotico  paesino della Puglia. Ogni sera, sale quelle strette scale, che collegano il primo piano, al secondo piano, rifugiandosi su quel terrazzo.. Poco curato, con qualche pianta incolta, dai pavimenti scambiati, forse troppo usati. Si rifugia, facendosi coccolare dal vento estivo, quello che scompiglia i capelli, quello che rinfresca la pelle, accaldata dal troppo sole. 
Il rumore della strada, arriva alle sue orecchie, il cinguettio degli uccelli, si intromette tra i suoi pensieri. Un leggero vociferare, da parte dei vicini, gli sfiora leggermente la pelle.
Poi una voce
"mamma". Intravede una piccola creatura bionda, sul balconcino affianco al suo.
"dimmi" la voce della mamma, all'interno di quella casa, si fece sentire.
"ti voglio bene" disse quella piccola creatura.
Sorrise dolcemente anche lui dopo quelle parole.
Immaginava la felicità provata  dalla mamma, o per lo meno, provava ad immaginarla. Poi ritornò a fissare il palazzo davanti a lui.Quel palazzo era il suo preferito. 
Era formato da tre piani. All' ultimo piano, c'era un'allegra famiglia Napoletana, composta da chissà quante persone, ogni giorno si aggiungeva un individuo diverso. L'aveva soprannominata "The red family" Il capofamiglia, era un uomo di statura medio-bassa. Con una grande pancia, e dai capelli rossi. Aveva pochi capelli in testa, ma tenuti bene. Ogni sera sfoggiava sul terrazzino del suo appartamento una camicia diversa. Sua moglie è una donna robusta. Sembra una donna protettiva, e probabilmente la rende ancora più protettiva quell'enorme seno che si ritrova davanti. Due sommergibili in confronto sono nulla. La famiglia è composta da  ben quattro figli. Tutti maschi. Il più grande,  probabilmente una trentina d'anni, si fa vedere poco in giro. Il medio grande,  ogni sera rientra in casa con una ragazza diversa. Il medio piccolo, ogni sera organizza partite di "scopa" clandestine con amici, fumando sigarette di nascosto dai genitori. Edinfine  il piccolo, che sembra essere quello più tecnologico della famiglia. L'altra sera,è stato visto giocare con la wii, e più o meno avrà 4 anni.
Ogni fine settimana, a questo gruppone Napoletano, si aggiungono i nonni, sono una coppia di anziani e bizzarri vecchietti. Che quando arrivano riescono a farsi riconoscere ormai da tutto il paese. Oltre al vocione della nonna Red, si aggiunge anche l'amore sconfinato del nonno Red verso le canzoni neomelodiche.
Al secondo piano, invece ci vive, nel periodo estivo, da ormai due anni da quando lui è lì, una giovane ragazza. Amante dello stile inglese, dalla sua finestra si vede in bella vista, una mega bandiera Britannica, che ricopre l'intera parete. Ama gli animali, in particolare i gatti. Ne ha uno, che girovaga, in tutto l'isolato. Una sera ha fatto compagnia anche a me. Ed infine c'è il primo piano. Che è un appartamento disabitato ed in costruzione, da probabilmente anni.
 Affascinato dall'italia. House, era partito senza una meta fissa, poi decise di trasferirsi in Puglia, la casa in cui abitava era piccola, ma adatta per un uomo solo. E poi era colorata. Con l'italiano, inizialmente, era tutto complicato. Conosceva qualche parolina, ma dopo aver vissuto la quotidinianità italiana, ha iniziato ad apprendere meravigliosamente la lingua, e a parlarla in modo decente.
Non prendeva Vicodin, ci stava riprovando. L'anno trascorso in prigione, lo avevo allontanato dal medicinale. Provò a trovare una distrazione. Ogni volta che la gamba faceva male, faceva di tutto per distrarsi. O si immergeva nella lettura, o ascoltava musica, oppure usciva, scendeva, e girava per la città.
Quella sera d'agosto, il vento era più forte del solito. La luna, tendeva a nascondersi dietro ad una nuvola. Probabilmente non aveva voglia di mostrarsi. E nel cielo non si vedeva neanche una stella. 
Dopo aver fumato una sigaretta, per noia, e non per vizio, iniziò a controllare i suoi vicini. Diene un' occhiata veloce ai Red, che però, erano nel bel mezzo di una delle loro tante cene abbondanti. Riusciva perfino a sentire il profumo delle patatine fritte, immerse probabilmente nel troppo olio. E quindi troppo fritte. Poi controllò la ragazza al piano di sotto. La vedeva ferma al computer, probabilmente chattava con qualcuno, o magari stava scaricando del materiale porno..
Tutto era così tranquillo, neanche la sua gamba si lamentava, ormai erano due settimane che non provava dolore, forse qualche leggera fitta, ma facilmente sopportabile. Amava stare sul suo terrazzo, ascoltare il silenzio, godersi la città dall'alto. Amava ogni singolo giorno in quel luogo, ogni singolo minuto trascorso su quel terrazzo, e in quelle mura colorate. 
Il suo telefono squillò, lo sentì suonare dal terrazzo.
Chi poteva mai cercarlo? Era un numero Italiano, che a stento era stato dato a qualche amico contadino della zona.
"Pronto?" il suo accento perferramente italiano, fece esitare l'interlocutore.
-"House?" la voce maschile dall'altra parte sibillò..
Ancora silenzio.
Dall'altro capo la voce non aveva niente di familiare, non gli ricordava nulla, a parte un terribile accento straniero. Qualcuno del passato lo aveva rintracciato?
-"Sono Wilson"
Quella  voce, così pacata, così gentile, quasi indiscreta.
Decise di rispondere.
" Si sono sono House, però io, non riesco a ricordarmi di te."
Ormai House,era ritornato sul terrazo,  lasciandosi cadere sulla sua solita sedia scomoda. Mentre ascoltava l'interlocutore.
-"..come?"
"Qualche anno fa, ho avuto un'incidente, mi hanno detto in moto, ho trascorso un breve periodo in carcere, se sei un parente, non preoccuparti, non ho ucciso nessuno. Sono semplicemente entrato con l'auto in un appartamento. Non chiedermi il motivo, perchè io non lo so, o meglio non lo ricordo. Uscito dal carcere, mi sono sentito spaesato, così ho preso il primo aereo, accontentadomi anche degli ultimi biglietti rimasti. La scelta era o per l'egitto o per l'Italia, ma credo che le piramidi non facciano per me. Quindi ho scelto la seconda.."
-"Allora è vero. Sei in Italia!?"
La voce era sconvolta, da quelle rivelazioni. In realtà quella situazione era ironica.
"Si, vivo in Italia. Parlo Italiano, mangio cibo Italiano, ho fatto l'amore con donne Italiane. Mi vesto con abiti Italiani. E spio i miei vicino Italiani, da un'appartamento Italiano.Ho appena chiuso una relazione con una donna Italiana, era troppo gelosa. Dicono che tutte le Italiane lo sono. Quindi se sei sempre un parente, speranzoso di vedermi con una famiglia e dei figli, mettiti l'anima in pace, perchè per il momento non c'è nessun progetto in ballo.."
Poi Esito qualche secondo. " Quindi? chi sei? Come hai fatto ad avere questo numero?
-"Io sono Wilson", rispose l'uomo, dandolo per scontato. Poi rimase in silenzio, ancora non credeva a quella situazione. "Sono un tuo amico, vivo nel New Jersey, sono stato un tuo collega. Ho avuto il tuo numero, tramite Scott Bernaby, dice di averti visto su una bicicletta, in Puglia."
 
Due mesi prima...
 
"Wilson!"
"Ehy,Cuddy.." 
"sei in ritardo."
"lo so." rispose lui.
"come mai?" investigò lei
"ho incontrato un amico per strada."
"un amico?"
Lui sorrise, le accarezzò il volto.
"non essere gelosa" le si avvicinò, baciandola delicatamente sulle labbra.
"devo parlarti di una cosa"disse l'uomo.
Si avviarono nell'ufficio di lei.
"Ho incontrato Scott, l'ex chirurgo.."
"sisi.. lo ricordo"disse lei, volendolo far arrivare al punto.
".. non so come dirtelo.."
"nel modo più chiaro possibile"
Fece un lungo sospiro "hanno visto House in Italia, su una bicicletta."
Silenzio. 
Fu come un pugno in pieno viso, lo stesso dolore.
Erano due anni, che non si avevano sue notizie, tutti erano andati avanti. Lei e Wilson, ormai si erano avvicinati sentimentalmente, stavano  provando da due anni a stare insieme, e stavano bene. E adesso, nuovamente quel nome, nuovamente House, nuovamente il dolore.

...
 
"Anche gli zoppi, possono andare in biciletta, sai?!" disse House, accentuando il suo tono ironico
Silenzio dall'altra parte del telefono.
"non sto prendendo medicinali per la gamba. Che però mi fa sempre male, solo che con intensità diverse, e poi, sono capace di gestire il dolore."
Quella voce così pacata, vibrava nelle orecchie di Wilson, vibrava in tutta la stanza, faceva vibrare il cuore di Cuddy.
"Comunque, Wilson, perchè mi hai telefonato?"
-"Perchè sono tuo amico, perchè volevo sapere come stavi. Perchè vorrei rivederti.."
"Sto bene, ma non ho nessuna voglia di tornare, non mi interessa del mio passato. A me sta bene il presente. Il presente qui."
L'uomo guardò negli occhi la donna seduta al suo fianco, che lentamente mordeva il labbro inferiore, le afferrò la mano."
"ok, House" Era sollevato, in cuor suo, era felice di sapere che House non voleva tornare, soprattutto perchè non voleva perdere la donna che aveva accanto.
"Wilson?"
-"Si?!"
"Salutami Rachel."
Quelle parole gli trafissero il cuore, gli fecero sfranare gli occhi, gli attraversarono il petto."
-"Co..come?!"
Sentiva la mano di Cuddy, stringere più forte la sua.
" L'unica cosa che so di lei è il suo nome, l'unica cosa che ho di lei è una lettera sbiadita. Mi sono informato, ho letto che è figlia della dottoressa.."Esitò, per ricordare il nome.."Lisa Cuddy. Spero stiano bene."
Pianse, le lacrime iniziarono a scendere inesorabilmente dal  volto della donna. Quell'impatto con quella voce, con quelle parole, con quell'uomo per lei furono drastiche, Pensava fosse un capitolo chiuso, pensava di provare così tanto odio, in realtà non lo aveva dimenticato E' bastata una parola per farle ritornare tutto a galla. Tutto l'odio, tutti i ricordi, tutto l'amore.
"Buona vita Wilson, è stato un piacere poter parlare con te. Se vieni in Italia fammi uno squillo."
Lisa corse via, lontana da lui, la lasciò correre. Non poteva farci nulla.

Lui ritornò a guardare il cielo, si accese una sigaretta,  aveva mentito. Ricordava tutto, ogni singolo giorno, ogni singolo dolore, ogni singolo rimpianto. Quando ha scoperto che Cuddy e Wilson avevano una relazione, decise di scappare via da tutto ciò che lo circondava, ed iniziare una nuova vita. Dimenticandosi il passato.
Ma in quella vita nuova, quella telefonata, non ci voleva..

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Capitolo 2
*** Sorridi come se ci credessi davvero.. ***


Sorridi, come se ci credessi davvero, gli disse quel pescatore solitario, in un periodo dell'anno troppo freddo, ad un orario troppo assurdo, mentre pescava e ascoltava silenzioso i mille problemi di House. L'unico che ebbe la possibilità di vedere un nuovo House, di ascoltare ogni pensiero di House. L'unico con cui House, si sia veramente aperto.
Sorridi,come se ci credessi davvero. Ha sempre ripetuto House, in ogni momento, quando la gamba gli faceva troppo male, e il vicodin non voleva, non doveva prenderlo.
Sorridi, come se ci credessi davvero si ripeteva quando si sentiva solo.
Sorridi, come se ci credessi davvero si diceva quando sentiva il profumo di Lisa invadergli i sensi.
Sorridi, come se ci credessi davvero. Era diventata la sua filosofia di vita.
 
Sorridi, come se ci credessi davvero. Si ripetè quando si ritrovò a varcare la soglia del suo appartamento nel New Jersey. Quando rivide i suoi vecchi mobili impolverati, quando intravide il suo pianoforte in un angolo. Quando sentì l'odore di alcohol viaggiare per la casa.
Sorridi, come se ci credessi davvero. Si disse, quando si ritrovò davanti alla porta di quello studio. Che conosceva a memoria..
Un dolce, quasi lieve rumore, interruppe il discorso in quella stanza. 
"Avanti" disse Lisa, seduta dietro la sua scrivania, con mille carte, troppi problemi in testa ed un amico/fidanzato che voleva delle spiegazioni.
Aprì la porta lentamente. Entrò, quasi timidamente, con quel sorriso finto sul volto, che in qualche goffo modo, dava sicurezza.
Sapeva benissimo, che vi avrebbe trovato entrambi, sapeva benissimo che il suo cuore nel rivederla si sarebbe fermato.
"Mi scusi, cerco la dottoressa"... esito un secondo, "Cuddy" . Poi guardò l'uomo seduto su quella poltrona. Lo studiò, il buon e vecchio Wilson, sempre uguale, forse con qualche ruga in più, che lo fissava sconvolto. E poi lei, dietro quella scrivania, che lui conosceva a memoria, con le sue mille pratiche da visionare, con quei suoi capelli meravigliosi, che le incorniciavano il viso, con quella maglietta rossa, quanto era bella in rosso. Quanto era bella e basta.
Lei si alzò dalla sedia, rimanendo immobile dietro la scrivania, sul suo anulare, spiccava un anello, probabilmente di fidanzamento. Troppo costoso, troppo da Wilson.
Wilson gli si avvicinò, abbracciandolo improvvisamente.
Rimase fermo, immobile, avrebbe voluto picchiarlo, picchiarlo e ancora picchiarlo. Ma ormai aveva scelto una strategia da seguire, quella più assurda, per fargliela pagare.. ad entrambi..
"House", disse l'uomo, sciogliendosi dall'abbraccio.
"Oddio, spero non sia lei la dottoressa Cuddy" disse House guardando l'uomo.
"Sono Wilson" 
House gli sorrise, poi guardò Lisa, ancora ferma, in piedi, dietro quella scrivania. Notò i suoi occhi lucidi, si avvicinò a lei, un passo alla volta. Poi iniziò a guardarsi intorno. Era tutto uguale, gli stessi quadri sulla parete, gli stessi mobili, solo qualche fotografia in più. 
"Sta bene?" disse House alla donna.
"SIgnor House, lei.." esitò a dire quelle parole, ad usare quell'atteggiamento così freddo e distaccato. "lei non puo' stare qui, le conviente andare via, o chiamerò la polizia."
Si irrigidì a quelle parole, poi guardò Wilson, che abbassò lo sguardo. E capì.. capì che la situazione era cambiata, che le persone cambiano, che ritornare in quel posto era stata la peggior scelta della sua vita. Ma era arrabbiato. Era veramente arrabbiato.
"Ero venuto qui per darle questa." poggiò  sulla scrivania della donna, una busta. La guardò intensamente, poi guardò nuovamente quell'anello. Le sorrise, si voltò e si avviò alla porta. La aprì con destrezza, poi si girò verso Wilson, guardò anche lui. Gli sorrise. 
Troppi sguardi su di lui, riconobbe tutti. Ogni singolo dipendente di quell'ospedale. E tutti lo guardavano con disprezzo. 
Aprì la portiera della sua auto, rossa, troppo Italiana, appoggiò le mani sul volante sospirò. Fece per mettere in moto, ma un forte rumore sul finestrino lo interruppe quasi spaventandolo. Uscì dall'auto.
"Non dovrebbe stare qui fuori, con questo freddo, con una.."
"pensi a lei, non a me!" disse la donna, tagliente. "dove ha trovato queste foto?"
House, notò che la curiosità aveva avuto la meglio.
"in un cassetto, ieri, nel mio appartamento."
"perchè le ha portate qui?"
Si fermò un secondo, la guardò intensamente. Era una donna diversa. Avrebbe voluto accarezzarle il volto, e baciarla.
"a me non servono. Ed ho pensato che a lei.."
"Ha pensato male." Gli lanciò quelle foto addosso "Stia lontano da me, dalla mia famiglia, dal mio ospedale."
Guardò le foto cadere a terra, seppellendosi tra la neve. Le lasciò lì..
Ritornò in auto, andando via da quel luogo..
Ripetendosi:"Sorridi, come se ci credessi davvero."

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Capitolo 3
*** Dipende ***


Quella sera, non aveva voglia , nessuna voglia di stare a casa. In quella buia casa piena di ricordi, che lui non voleva ricordare e soprattutto priva di vicini divertent i.Uscì, infilò la sua sciarpa preferita, il giubbino di pelle, e chiuse quella porta. Camminò per strade, che neanche conosceva, per strade che probabilmente non ha mai attraversato. E poi, si ritrovò fuori quel pub, il suo solito pub. Quello dal barista antipatico, quello dalle mille ubriacate, quello con le tante prostitute a pagamento. 
"Entrare o non entrare? Questo è il dilemma!" disse tra se e se. Poi si guardò intorno, qualcosa lo spinse a non entrare. Decise di camminare ancora, di inoltrarsi in mille viuzze sconosciute, qualcuna buia, qualche altra più illuminata. E poi il suo stomaco, iniziò a lamentarsi. Notò un uomo, faceva hot dog, aveva più voglia di pizza, ma mangiare una pizza in America era un suicidio, per lui, che ormai si era abituato a quella perfetta ed italiana. Si avvicinò, guardò il ragazzo di colore, e dopo poco era fermo su una panchina verda, piena di scritte a mangiare il suo hot dog, pieno di senape.
Ritornò a casa, era troppo tardi. Ma non riuscì a notare un auto fuori casa sua. Si avvicinò, la riconobbe. Era quella di Lisa. Ma all'interno non c'era nessuno. Si precipitò sulle scale, aprì il portone all'ingresso. Era seduta, sugli scalini, sorseggiava un caffè. Aveva un cappello in testa, in stile francese, nero, era avvolta in una grande e sicuramente calda sciarpa bianca.
"dottoressa Cuddy" disse lui, guardandola stupito "è successo qualcosa?"
Lei con un cenno di testa disse di no.
Lui aprì la porta, invitandola ad entrare, ma lei si rifiutò. Richiuse la porta alle sue spalle, e con un po' di fatica si sedette accanto a lei, su quei gradini. Guardò il caffè, poi guardò nuovamente lei.
" mi dispiace"disse lei
"per cosa?"
"per stamattina, sono stata un po' sgarbata."
Lui non rispose.
"forse ho sbagliato io, non dovevo.."
"dottor House.."
la interruppe, "mi chiami Greg" le sorrise
Greg.. come poteva chiamarlo Greg, da quando si conoscevano non lo hai mai fatto.
"Greg, ho avuto quella reazione, perchè tu, mi hai stravolto la vita. Mi hai provocato d.."
"dolore" continuò lui..
"si."
poi guardò la sua mano, l'anello era ancora li"
"proposta di matrimonio?"disse. Sperava in una risposta negativa, ci sperava con tutto il cuore.
lei lo guardò negli occhi, poi abbassò lo sguardo, si toccò la mano, toccò la pietra sull'anello. "deve essere costato molto"disse, senza rispondere alla domanda.
Lui sorrise, afferrò la sua mano, toccò l'anello. Poi guardò lei, quel lieve contatto provocò ad entrambi quella strana fitta allo stomaco.
" deve essere felice, significa che qualcuno la ama." Aveva ancora le mani della donna strette tra le sue, giocava ancora con quelle esili dita " c'è qualcuno disposto a trascorrere ogni giorno della sua vita con lei, a gioire per i suoi successi, a lottare per farle tornare il sorriso dopo una delusione. Ci sarà qualcuno che l'accarezzerà mentre lei dorme, o che ascolterà il suo respiro. Che la terrà stretta quando avrà freddo, che racconterà delle storie o darà consigli a sua figlia. C'è qualcuno che è disposto a condividere con lei tutto. Io ne sarei felice"
"Wilson c'è sempre stato, ad aiutarmi dopo un litigio con te, ad aiutarmi, dopo un tuo guaio, a consigliarmi per provare a parlare con te. Wilson c'è stato prima della nostra relazione, Wilson c'è sempre stato durante la nostra relazione. E c'è stato dopo. Mi ha aiutata, mi ha incoraggiata, mi ha fatta sorridere. Mi ha amata, come non hai fatto tu House."
Lei conosceva l'uomo che aveva davanti, consoceva quando lui mentiva, conosceva ogni singolo suo gesto. Sapeva che ancora una volta stava mentendo. Guardò quelle mani intrecciate, lasciò la presa e aspettò che scappassero, cosa che accadde subito dopo.
"Guardami House, ti conosco, e tu conosci me. So quando menti, so quando dici la verità. Speravo di non vederti mai più. Speravo tu non scoprissi mai di me e di Wills.."
Si alzò di scatto. "lo so da quando sono uscito di prigione. Quel figlio di puttana è venuto ogni settimana, fingendo di essere il buon amico. Mi parlava di te, di Rachel, che giorno dopo giorno cercavate di superare l'impatto. Mi diceva che stavi meglio. Ovvio, c'era lui a consolarti.."
"Wilson mi ama. Tu non lo hai mai fatto. Wilson mi protegge. Tu hai messo sempre in pericolo la mia vita. Wilson ama mia figlia. Tu hai solo finto per del lurido sesso con me." 
Si era alzata anche lei da quegli scalini, ormai erano uno di fronte all'altro. Entrambi pieni di rabbia. Entrambi afflitti dal dolore.
"House tu mi hai solo mentito, sei ritornato, per continuare a mentirmi. Tu sei un figlio di puttana, bastardo, che vive nel dolore, che non sa andare avanti."
"tu sei una troia, che non ci ha pensato due volte ad andare a letto con.."
"cosa nei sai tu, di cosa ho pensato io?" Le lacrime scorrevano sul suo viso, la rabbia ormai era arrivata al cervello. Ancora dolore. Si asciugò le lacrime, inutilmente.
"tra una settimana ci sposiamo. Lui ti inviterà al matrimonio. Tu non permetterti a presentarti.  Tu non fai più parte delle nostre vite!
Andò via, sbattendo la porta dietro di se. Piangeva, piangeva per le parole che lui le aveva detto, piangeva per il dolore che continuare a provare a causa sua. Piangeva perchè tra di loro c'era quel filo invisibile, che li avrebbe legati per sempre. Lei poteva stare con altri mille uomini, ma sapeva che sarebbe sempre appartenuta a lui. L'unico che ha amato per così tanto tempo..
"dipende" disse lui, quando lei uscì dalla porta. Con quel sorriso beffardo di chi era riuscito nel suo intento...

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Capitolo 4
*** L'amore è una patologia, che vorrei solo estirpare via. ***


 
Era quello che voleva, farla stare male, dirle cose cattive, vederla piangere. Ci era riuscito.  I giorni trascorsero velocemente e in modo monotono. L'unico pensiero era a lei. L'unico sguardo che immaginava era il suo. L'unico profumo che lo inebriava era quello alle noci di pesca, quello che lei ha sempre avuto addosso, dai tempi dell'università. Quello che lui amava..
Lei aveva capito, che House  stava mentendo. Ma anche House conosceva bene la sua Lisa. E sapeva benissimo che non era in programma nessun matrimonio.
Bussarono alla porta. "vado io" disse lei,  precipitandosi all'entrata, era infarinata. Si stava cimentando in qualche dolce assurdo con Rachel.
"Signora Cuddy?" 
"Si, sono io! E' successo qualcosa?"
"no, c'è solo un pacco per lei. Ci vuole una sua firma qui"
Asciugò le mani sul grembriule. Prese la penna dal giovane ragazzo. Firmò, afferrò il pacco e rientrò. Era curiosa. Riconobbe la calligrafia sul pacco. Per un secondo, pensò ad un pacco bomba..
"Amore, vado un secondo in camera mia. Tu aiuta la nonna, io subito vengo" Lanciò uno sguardo a sua mamma, e corse in camera sua. 
Era ferma sul letto, con lo scatolo davanti. Era terribilmente curiosa, ma aveva anche terribilmente paura. Paura di ferirsi nuovamente.. Paura di provare ancora dei sentimenti per quell'uomo che sembra non volerla lasciare stare.
Lo aprì
C'era una maglia, era la maglia di lui, quella che però lei adorava indossare. Sotto c'era una lettera. La aprì lentamente.
 
Ti scrivo, perche quando ti vedo o voglio baciarti o voglio insultarti. Ed entrambe le cose non sono positive. Ti ho mentito, ti ho delusa, ti ho provocato dolore. Tu hai deluso me. Per anni ti ho amato in silenzio, guardandoti da dietro un pilastro, studiando ogni tuo singolo movimento. Cercando di capire cosa ti fosse accaduto, cosa ti passasse per la testa. Ti ho sempre provocata, per ricevere reazioni, ti ho sempre incasinato la vita, per cercare di avvicinarti a me. Ti ho ammirata, e con dei piccoli gesti impercettibili anche  incoraggiata. Ho sempre guardato dall'esterno la tua vita, ti ho lasciato fare mille scelte, ma sono sempre stato convinto che un qualcosa ci legasse. Ho sempre pensato che fossimo troppo diversi l'uno per l'altro, e che per questo non avremmo mai, e poi mai, potuto avere una relazione. Ti ho avuta. Mi hai dichiarato il tuo amore, io ho provato ad aprirmi a te, ho dichiarato il mio amore a te. Ho contonuato a spiarti da dietro ad un pilastro, sentendomi soddisfatto della donna che avevo accanto. Ho assaporato i tuoi respiri mentre dormivi. Ho respirato il tuo profumo, inebriandomi. Ho accarezzato la tua pelle, cercando di godermi quei momenti, perchè fondamentalmente  sapevo che non sarebbe durata troppo..Credo tu sia stata l'unica donna che io abbia realmente amato. Tu sapevi benissimo che avere una relazione con me, sarebbe stato complicato.  Forse,colei che nonmi ha amato abbastanza sei stata tu. Forse hai preteso troppo da me. Forse.. forse.. forse... Troppi forse, per una storia che attualmente non ha più senso, per una storia ormai terminata, per un capitolo chiuso. So benissimo che, non ti sposerai. O almeno non ora.  Quando riceverai questa lettera, io sarò già lontano da te, se l'aereo non precipita starò sul mio terrazzo italiano, a bere una buona birra, a mangiare un' ottima pizza, e spiare i vicini. Ormai Lisa, non faccio parte più della tua vita, e tu, non fai più parte della mia. Ho ancora tanta rabbia in corpo, ancora non riesco ad immaginare te con lui.  Mi hai lasciato senza  speranze, senza gloria, senza amore.. Ti ho amato, pensando fosse per sempre. E poi ci ritroviamo a vivere la nostra vita, ma non insieme.  Mi rendo conto che non si puo' ottenere amore senza sacrificio, e mi ritrovo a parlare di una storia tremendamente difficile da ricordare, una storia che mi ha lasciato senza un lieto fine, un lieto fine  che è sparito per sempre. Mi sento come se avressi sprecato ogni giorno, cerco di non pensarti, dicendomi che alla fine entrambi abbiamo voltato pagina.  Solo che tu  tra i tanti, hai scelto la persona che più era legata  a me. Perchè questo era il tuo modo di punirmi. Ti auguro una buona vita.
Addio.
Greg House
 

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Capitolo 5
*** Vivere, era diventato un peso.. ***


L'aveva letta, d'un fiato, appena dopo la prima parola, le lacrime iniziarono a scendere, ad una velocità inaudita. Più leggeva, più piangeva, più piangeva, più non riusciva a fermarsi.
Era ferma, sul suo letto. Con quella lettera stretta nella mano destra, mentre la mano sinistra stringeva quella maglia, così grande, così scura, così piena di ricordi..
"..sei sexy con la mia maglia" disse lui, abbracciandola da dietro, iniziando a baciare ogni singolo centimetro del suo collo, "ehy, non vedi che sono impegnata?", amava sentire la sua bocca sulla sua pelle, adorava il solletico che procurava la sua barba, era eccitata dall'idea che quell'uomo appartenesse a lei. Fu un secondo, si ritrovò a guardarlo negli occhi, quegli occhi così azzurri, così pieni di eccitazione. "ma, sono sicuro, che senza maglia sei ancora più sexy", con un agile scatto, si ritrovò seduta sulla cucina, con le gambe intorno al busto del suo uomo, e con la voglia di farci l'amore..
Ricordi, troppi ricordi, legate a lui. Troppo amore, per lui. 
Cosa doveva fare adesso? Continuare la sua vita, con questo enorme peso? 
Si alzò di scatto. Si asciugò il viso bagnato. Si tolse quel grembiule, troppo da mamma. Afferrò le chiavi della sua auto, scese velocemente le scale della sua abitazione. Arrivò in cucina, sorrise, afferrò Rachel, le pulì il viso. E la portò via con se..
Il solo pensare a quell'uomo, la faceva stare bene, il solo immaginare il suo sguardo, le faceva battere il cuore, da quando lui era scomparso dalla sua vita, vivere, era diventato un peso. 
"Dove stiamo andando mamma?"
"Da House!"

 
Fine


 
NB: Ho concluso questa ff, innanzitutto vi ringrazio di cuore, ringrazio chi segue ogni volta, le mie storie, chi le commenta, e chi le segue in silenzio. Sono felicissima. Ci tenvo a precisare alcune cose di questa fanfiction. Innanzitutto, è nata in un periodo di estremo relax. Nel primo capitolo, parlo della Puglia, sono stata in vacanza lì per due settimane, e la storia dei vicini è vera! ;)
Poi, ogn capitolo, è una frase di qualche canzone. Canzoni, che mi hanno particolarmente emozionata, che mi hanno fatta sognare, piangere, urlare per la gioia.
Ci tenevo anche a precisare che, non smetterò mai di scrivere dell'huddy. Anche quando il telefilm terminerà, anche se nelle prossime stagioni, House si innamorerà di chissàchi.. io sarò sempre pronta a sognare con voi di House e Cuddy, a leggere le vostre storie, a recensirle e a scriverne. 
Ancora una volta vi ringrazio di cuore. Un bacio, e alla prossima ;)

 

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