I love… rock ‘n’ roll. di Sole_ (/viewuser.php?uid=100499)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinque lettere uguale Amore. ***
Capitolo 2: *** “Ehi” più bacio uguale svenimento assicurato. ***
Capitolo 3: *** Akuna Matata non funziona quando c’è Greg. ***
Capitolo 1 *** Cinque lettere uguale Amore. ***
Cinque lettere uguale Amore.
I
love… rock ‘n’ roll.
Ok, allora… ciao.
Non so cosa mi è
preso. Ma, mentre una mia amica mi
raccontava cosa le era successo ed io gongolavo
perché era felice, mi è venuta l’idea
un po’ folle di metterla
per iscritto. Non so il risultato. A lei è
piaciuta, a me non dispiace per nulla, quindi ho pensato di
propinarvela.
Questa è la prima
parte. Sarà divisa in tre parti,
abbastanza corte –presumo, le altre due devo ancora
scriverle, quindi non so
quando le posterò: solo se reputerete che sia di vostro
gradimento… Oddio
sembra che vi stia parlando di atti da avvocati e roba del genere. Ok,
io non
sono così, è solo che sono piuttosto esagitata,
più del solito.
Basta adesso vi lascio
leggere.
Fatemi sapere se non
vi dispiace [la
storia, non se non
vi dispiace farmelo sapere. Volevo precisare. Cioè forse,
perché pensavo fosse
ambiguo. Mi sa che volevo fosse ambiguo, ma non me lo ricordo :S.
Sì sono
strana scrivo le note un po’ alla volta, ma spero
non vi interessi! ;) (che sono un po’ strana,
non che scrivo le note un po’ alla volta; e anche
che metto le parentesi
quadre perché ho bisogno
di mettere
più parentesi, ok… penso –e parlo,
ringrazio chi ha inventato gli incisi XD-
troppo, me lo dicono in tanti!)]
Mary.
Cinque lettere uguale Amore.
“Singing
I
love rock ‘n’ roll, so put another
dime…”
Cantava, per evitare di spegnere la
televisione accesa su
Mtv, ovviamente. Cantava, per non annoiarsi più di quanto lo
fosse già.
Ballicchiava, mentre si alzava dal
divano e sbuffava, per
l’ennesima chiamata di sua madre, pensò. E invece
no, perché l’unico numero che
finiva per 412 era il suo, se non
ricordava male. Inspirò ed espirò come per
cercare di calmarsi, ma non ci
riusciva, non riusciva a pensare ad altro che a Lui,
il suo Greg. Quindi
rispose, senza nessuna certezza che fosse realmente
lui, ma agitata come.. come.. non lo sapeva neanche lei, come.
“Pronto?”
Sembrava anche la sua voce, ma si
sa, la mente e il telefono possono giocare brutti
scherzi.
“Pronto. Chi
è?” Ribatté incerta… su
tutto.
“Gregorio.”
Eccolo, era lui.
Il suo cuore batté più forte,
così tanto forte che le mise la
preoccupazione di non farsi sentire da lui.
“Come stai?” Come
pensava che stesse? L’aveva chiamata.
Aveva chiamato lei. Ci aveva sperato per dieci lunghi, lunghissimi
mesi. Perché
lo amava, era profondamente
convinta
di amarlo. Ma lui? Lui l’amava? L’aveva chiamata
per quello?
“Bene, tu?”
“Bene, bene.”
Così dopo vari minuti di cincischiamento:
scuola, amici, cosa avevano fatto in quel periodo, Greg fece un respiro
profondo e cambiò totalmente argomento:
“Veniamo al
dunque!”. Quindi
un dunque c’era, pensò lei. E allora
iniziò di nuovo ad agitarsi. Cosa
voleva chiederle?, perché era sicura che lui le volesse
chiedere qualcosa!
“Cosa fai
sabato?” ecco
perfetto, Greg mi invita fuori ed io dove sono? Al mare, ovvio. E
mentre
continuava a rimuginare sulla sua sfortuna, gli rispose: “Mi
dispiace Greg, ma sabato non posso:
sono al mare.” Cercò
di calcare il più possibile quel sabato,
per fargli capire che anche lei voleva rivederlo.
“E.. e giovedì
2?” Certo
veramente che sfiga! Lei aveva già fissato con
degli amici per quel giorno
ma voleva vederlo ad ogni costo,
così
gli rispose:
“Sì,
avevo pensato di andare fuori con i miei amici, ma
va bene, magari ti aggreghi” Sperava che gli andasse bene con
tutto il cuore.
“Ah,
perfetto!” Ma era stato sempre così monotono?
Prima di attaccare si
ricordò di richiedergli il numero,
perso in Spagna insieme alla schedina, per aggiornarlo
sull’uscita, si disse,
ma sapeva bene che era solo un modo per rendere tutto più reale.
Scrisse il numero su di un
foglietto e non pronta per salutarlo,
ma comunque di quell’idea, aprì la bocca, ma non
riuscì a dire nulla che lui
subito riprese la parola:
“Ah, mi
raccomando, sotto il numero scrivici Amore”
e lei come in trance lo fece, in
quel momento sul foglietto poteva vedere scritte -nella sua panciuta grafia- cinque lettere, che
però le pesavano come 5000 macigni.
Non sapeva cosa dire,
imbarazzata com’era. Rimase
appoggiata al muro a pensare finché non lo sentì
dire:
“Beh, allora a
giovedì”
Non fece in tempo a
rispondere il suo balbettato: “C...
ciao” che lui aveva già riattaccato.
Così con ancora
il cuore in gola, il pennarello –che
aveva usato per scrivere- in bocca, e il foglietto –tutto
spiegazzato- in mano,
si lasciò scivolare lungo il muro con le lacrime
agl’occhi per la felicità. E pianse
e urlò e cantò:
“I
love you, please say you love me too…”
****
Fine
prima
parte.
Allora
ultima
cosa, veramente sono due! XD
Il
titolo è
ripreso dalla canzone di Joan Jett: I love rock
‘n’ roll.
Ed
invece
l’altra è una canzone di Celine Dion: I love you che è
più pucciosa, e quindi
per nulla mia. Io mi
vedo meglio con Joan Jett. *-* Però le parole sono
azzeccate, almeno per la
protagonista. :D
Ok.
Al prossimo
che sinceramente non so quando sarà. Spero presto. Mi ci
impegno. :)
Mary.
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Capitolo 2 *** “Ehi” più bacio uguale svenimento assicurato. ***
“Ehi” più bacio uguale svenimento assicurato.
I love… rock ‘n’ roll.
Secondo capitolo. Spero vivamente che vi
piaccia. Giù vi aspettano un po’ di note! ;) Non l’ho fatto apposta, è colpa
delle mani: hanno vita propria. :/
Ps. Recensite? Mi fareste un immenso
favore, davvero. Mi piacerebbe sapere se, secondo voi, sarebbe meglio che mi dessi
all’ippica. :)
Mary.
“Ehi”
più bacio uguale svenimento assicurato.
Così il giovedì, si
era ritrovata in Via Cavour con i suoi amici. Divertendosi -certo- ma l’unica sua vera voglia era vedere Greg.
Al suo arrivo, insieme a due suoi amici: che cosa ci facessero insieme
a lui non ci è dato saperlo, si guardarono, si sorrisero, si abbracciarono e a
lei salì il cuore in gola. Oh, quanto è
bello! Il commento di Celeste.
E, come i migliori sconosciuti, non si parlarono,
si ridivisero le comitive. Camminavano insieme, gomito a gomito, ma ognuno per
le sue.
Ad un certo punto
però la considerò. Nel suo modo così genuino
e stupendo –a detta della ragazza-,
la considerò. E lei si sentì così felice, emozionata e importante,
che quasi gli svenne ai piedi, per un semplice “Ehi.”
Parlarono fitto fitto, sempre più vicini, sempre
più complici e, nel frattempo, arrivarono ai Lungarni. E lì, lui la fermò.
Lei sapeva che era il momento. Quello che aveva aspettato per dieci mesi.
Lui voleva che fosse il momento. Se la ragazza, se Celeste, avesse potuto leggere i suoi
pensieri non penso l’avrebbe baciato.
A lei –ovvio- batteva
il cuore.
A lui –spero-
pesava il cuore.
Lui le si
avvicinò, le sorrise e le sistemò una ciocca che volava grazie alla brezza fluviale dell’Arno.
Lei, durante
questi sette secondi e mezzo, si imbambolò. Gli sorrideva ebete e felice.
Lui si avvicinava
sempre di più e lei… si ricordò le parole dell’amica, sempre la stessa frase in
quei dieci mesi d’amore non corrisposto:
“Ce’ mi dispiace, ma ci sei andata senza nessuna certezza; fossi stata al posto
tuo, non l’avrei fatto!”. L’amica non era cattiva, era realista. Non le era piaciuto vedere la ragazza spezzata da un cotta estiva, non le era piaciuto per
nulla. Le sue frasi, che potrebbero sembrare stronze, superficiali e pissere,
erano dettate semplicemente dalla rabbia, dall’amarezza, dalla tristezza per la
sua amica.
Lei avrebbe voluto
fermarsi, ma lui non si fermava, la sua bellezza incise sulla sua forza
d’animo; ma di più lo fecero le altre parole
dell’amica: “Ce’, carpe diem. Sempre
e comunque.”
E così si buttò, metaforicamente, ovvio.
Incollò le labbra
a quelle del ragazzo, che, stupito, rispose prontamente. La strinse a sé fino a
sentire il prosperoso seno della
ragazza attaccato al suo petto.
Lei era mossa
dall’amore.
Lui non si sa da che cosa.
Ma si baciavano,
senza pensare a nessuno, senza pensare al futuro: solo con il “noi” in mente.
Be’ almeno la ragazza.
Era un bacio casto –all’incirca- , finché il ragazzo
non le toccò il labbro inferiore con la lingua. A quel punto, alla ragazza,
venne spontaneo aprire la bocca, per dare
avvio alle danze.
Erano sul Ponte alla Carraia, fra gli alberelli
che il Sindaco –o chi per lui- aveva
fatto mettere per la Notte Bianca. Con
il profumo dell’Arno nelle narici –molto poco romantico-, che però non sentivano,
assuefatti dal loro, di profumo.
Be’ almeno la ragazza.
Continuarono a
baciarsi, facendo sospirare molte ragazzine passanti di lì –ed anche me, il narratore-, finché qualcuno non li fece ritornare alla
realtà.
Be’ almeno la ragazza.
“Ehehm…” si fece
sentire un’amica della ragazza.
Loro –finalmente, forse- si separarono.
Lui le sistemò la
solita ciocca svolazzante, le sorrise
e le si allontanò; la prese per mano.
Lei sorrise, innamorata, e si lasciò trascinare verso
il Duomo, direzione McDonald’s, sicura che da sola si sarebbe persa certamente.
****
Note:
- non so se
l’avete capito o meno, la storia è ambientata a Firenze… “che è la mi città..”
[Le porti un bacione a Firenze], conoscete?
- questo è l’Arno, i ponti che si vedono sono:
Ponte
alla Carraia (quello della storia) e Ponte
vecchio.
- L’Arno di
notte credo sia una delle cose più belle e a cui sono più affezionata di tutte.
- La foto del
Ponte alla Carraia è stata fatta durante l’esposizione, durata tutto Maggio,
per la Notte Bianca. Se vi state chiedendo se ci ho partecipato –anche se non
penso proprio, lasciatemi sproloquiare
:D- : sì, c’ero anch’io: fino alle 10 e mezzo, con i miei genitori. Credo di
essermi rotta le palle in una maniera indescrivibile. Io dico: ma se si chiama
Notte Bianca, un motivo c’è no?! Rimaniamo più fuori quando andiamo semplicemente a mangiare. Io boh. I miei
sono strani! -.-
-L’altra foto,
quella del Ponte Vecchio, è stata fatta il 17 marzo. Per i 150° hanno fatto
delle installazioni luminescenti (?) da tutte le parti;ce ne era una anche
a Palazzo
Vecchio.
Ma non era
questo quello che mi interessava. Volevo farvi notare lo sprazzo di verde prato
–perché E’ un prato! ;D- nell’angolino destro. Quello è il prato dei Canottieri
Firenze. Qui si vede meglio.
Bene. Credo di aver finito le note! :)
Mary.
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Capitolo 3 *** Akuna Matata non funziona quando c’è Greg. ***
Akuna Matata non funziona quando c'è Greg.
I
love… rock ‘n’ roll.
È
l’ultimo capitolo.
Le note sono a fine
capitolo…
non voglio rovinarvi quello che leggerete. Ringrazio tutti partendo da BiEsSe
per la recensione, spero di aver applicato quello che mi hai
detto, io c’ho provato. : ) Grazie ancora, davvero.
E poi tutti quelli che
hanno
dato anche solo una sbirciatina. Grazie, grazie mille.
Mary.
Akuna Matata
non funziona quando c’è Greg.
Eravamo seduti su di una panchina, a
sorriderci. Stavamo parlando. Cose stupide, cose divertenti
.
“Capiscimi,
come
puoi scrivere Akuna Matata sullo
zaino?! E’ troppo da bimbominkia!”
“No,
non è
vero! E’ da una persona che vuole vivere senza
pensieri!” Cercavo di perorare la
mia
causa. Come poteva pensare questo?! Come poteva solo credere di vivere
sempre
con qualcuno, qualcosa nella mente?!
“Vediamo
e
adesso stai Akunamatatando?”,
ok, stava sclerando!
“Akunamatatando? Ma
sei scemo? Che cosa vorrebbe
dire?!”. Io
veramente boh.
“Stai
pensando
a qualcosa?” Ahhh ok. Perfetto, sapevo che in quel momento
sarei arrossita.
“Sì!...”…
a
lui. Ma non potevo dirglielo! Con che coraggio?
“E
a che cosa
stai pensando? Perché io sto pensando a te, a noi.
Sto pensando che vorrei baciarti, ma non
so se è il caso.” Oddio.
Stava.
Pensando. A. Me.
Incollò
le labbra
a quelle del ragazzo, che, stupito, rispose prontamente.
E feci proprio quello. Incollai le labbra
alle sue. Lui rispose, passionale.
Sì, proprio passionale.
In quel momento capii che non era una cotta estiva e che, se mi avesse fatta
soffrire, ci sarei stata di merda per
molto, moltissimo tempo.
Ci distendemmo sulla panchina a guardare le
stelle. Lui mi abbracciava.
Mi ero
innamorata.
E
c’era rimasta di
merda, come da programma. Perché quell’idiota di
ragazzo l’aveva scaricata.
L’aveva trattata come se fosse stata colpa sua, come se fosse
lei la stronza
che andava a giocare con i sentimenti degl’altri. Come se
fosse stata lei a
chiedergli di scaricarla.
Ok, ci
riprovo. Se
oggi non mi caca, mi rifiuto di chiamarlo di nuovo io. La Mary ha
ragione: “Un
po’ di palle, cazzo!”
“Greg?” Ok, intanto aveva
risposto.
“Ah, la Celeste! Brava ad avermi
chiamato.
Devo dirti una cosa!” Perfetto! Le ultime parole famose.
Volevo ribattere, ma
non mi fece neanche riprendere il fiato, che riprese:
“Bene, tu lo sai come la penso
sull’estate.
No, perché tanto quest’estate
a Bibbona
non ci sono, e quindi… be’… tanto hai
capito no?!” Certo che avevo capito, già
da un paio di giorni –se non di più-, ma non
potevo credere che lui fosse così codardo da chiedergli di lasciarmi:
“No, non ho capito spiegami!”,
ero
arrabbiata, triste, incazzata,
ma –comunque- innamorata.
“Sì, che hai capito! Dillo tu.
Lo sapevamo
tanto!” No, io non lo sapevo. Non avevo mai pensato che fosse
così stronzo da
lasciarmi perché lui “con le ragazze fa così”!
“No, dillo tu!” Era
–è- un codardo.
Solo un codardo. Perché.
Perché mi innamoro di gente
così?!
Volevo piangere.
Un
po’ di palle,
cazzo!
Non potevo piangere. Non dovevo piangere.
“Be’ allora…
è così… però, se vuoi,
possiamo sempre rimanere amici.” Non riuscii neanche a
pensare che la mia bocca
si aprì per parlare:
“Amici?!” Dissi quella parola con
tutto il ribrezzo, la rabbia
e –mio malgrado- l’amore
che provavo –e provo-:
“Non penso proprio, Gregorio!”
Ero
arrabbiata.
Sono
arrabbiata.
“Non
ci credo!”, l’amica era stupita.
“Credici!
È così codardo che mi ha chiesto
di
scaricarlo!”, lei era innamorata. Si sentiva tanto stupida.
“Ce’
è uno stronzo! Lo sai
che mi stanno
sul culo le frasi… come cazz… arola si chiamano?! Non
preimpostate, no. Quelle che dicono tutti, quelle da Baci Perugina.
Arghhhh…
quanto mi faccio arrabbiare quando faccio così!”,
l’amica era arrabbiata. Con
quello stronzo. Sì, era
uno stronzo. Un grandissimo bastardo.
Ma
la ragazza aveva riso, con le lacrime che spingevano per uscire, aveva
riso.
E
all’amica bastava.
“Be’,
comunque, non ti meritava.”
E la
ragazza iniziò a piangere.
Le
lacrime cadevano.
Lei
singhiozzava.
L’amica
era triste per la ragazza ed arrabbiata con Gregorio.
Rimasero
al telefono per un po’ ancora.
Il
tempo di parlare dello studio. Dell’esame. Delle delusioni
dell’amica.
Ed
il pensiero di Greg continuò
a
passare loro per la mente.
****
So che forse non ve lo
aspettavate così, so che forse non volevate finisse
così.
Neanch’io volevo
finisse
così. Non è bello vedere la propria amica triste
per uno stronzo. Sinceramente
speravo, mentre scrivevo il capitolo che
nascesse un lieto fine. Ma
così non è
successo, quindi vi tocca la realtà, la vera
realtà. Una ragazza che conosco
una volta ha detto che “questa
è la
realtà, qui la gente ama e soffre.”.
Questa frase è perfetta per ora, per
sempre: non può mica essere sempre la storia della Disney e vissero felici e contenti,
giusto?
Mary.
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