L’ombra del cuore

di Elisir86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Edmund ***
Capitolo 3: *** Lamento nella notte ***
Capitolo 4: *** Zia Mary ***
Capitolo 5: *** Ranocchio ***
Capitolo 6: *** Consigli nel bosco ***
Capitolo 7: *** Adam ***
Capitolo 8: *** Notte di pioggia ***
Capitolo 9: *** La punizione di Edmund ***
Capitolo 10: *** Nel buio ***
Capitolo 11: *** Innocenti prede ***
Capitolo 12: *** E.C. ***
Capitolo 13: *** Caffè e sigaretta ***
Capitolo 14: *** Qualcosa d’oscuro ***
Capitolo 15: *** Settembre ***
Capitolo 16: *** Neve di lacrime ***
Capitolo 17: *** Dove il buio finisce ***
Capitolo 18: *** L’arrivo di Edmund ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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L’ombra del cuore

0.   Prologo

 

 

Non starò qui a raccontarvi di quanto amo i miei fratelli...

...Non starò a parlarvi delle nostre avventure a Narnia.

La storia che sto per iniziare, è la mia. La mia e dei miei fratelli.

Ma soprattutto di Edmund...

 

 

Carissime sorelle,

innanzitutto mi scuso per l’enorme ritardo nello scrivervi.

So che sono passati  vari mesi, e mi spiace di avervi messo in ansia, voi, nostro fratello, e i nostri genitori.

Le vostre ultime lettere sono intrise di malinconia, e vi chiedo perdono per non avervi risposto.

Il fatto sta che ho avuto molto da studiare e molti esami,e so benissimo che Peter mi capisce.

Mi rallegro che domani finirà l’anno scolastico e che potrò tornare a casa e rilassarmi.

Per quanto riguarda la salute, va meglio, il dolore al petto è sparito da qualche settimana e la calda aria estiva mi vivacizza l’anima.

Ho tanta voglia di vedervi e abbracciarvi!

Lucy non storcere il naso, lo so che non vedi l’ora anche tu!

Appena sarò a casa, faremo un picnic in riva al fiume...

Abbracciatemi mamma e papà, e date i miei saluti a Peter.

Con affetto

Edmund

 

 

Ma quando Edmund tornò non era altro che l’ombra di se stesso.

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Capitolo 2
*** Edmund ***


1.      Edmund

 

 

Quando si cresce, si sa, si cambia.

Si devono prendere delle decisioni, ed essere responsabili.

Ma la mia strada non mi era ancora chiara. Tra Susan e mia madre che mi dicevano d’evitare di andare al college, e mio fratello Edmund che mi esortava a fare ciò che più ritenevo giusto per me.

Lui, invece, aveva già deciso cosa fare. Sarebbe diventato un grande avocato. E finita l’estate sarebbe partito per Manchester in una facoltosa università.

Non sarebbe tornato se non per le vacanze natalizie.

Ma in quel momento. Quando l’estate era appena iniziata non pensavo alla sua partenza.

Non lo trovavo importante...o meglio ero troppo disorientata nei miei problemi che tutto il resto mi sembrava inutile.

Come quel giorno... Quando tutto iniziò...

Edmund quel giorno stava seduto in cucina, con il capo chino su un libro particolarmente grosso e complesso.

Stava studiando per arrivare al college almeno un po’ preparato.

Io stavo di fronte a lui con aria stanca. La matita che ondeggiava tra l’indice e il medio e gli occhi fissi sulla finestra.

Ero stanca per davvero, la notte avevo constanti incubi che mi facevano dormire poco e male. Non ne avevo parlato con nessuno dei miei fratelli. Non lo trovavo giusto e comunque erano delle sciocchezze.

Però ad Ed era difficile nascondere qualcosa.

Era di un anno più vecchio di me, e talmente intuitivo che non si poteva far altro che abbassare gli occhi e sperare di non fargli sapere ciò che t’inquietava. Era diventato così da quando fu proclamato re a Narnia.

Edmund il giusto, veniva chiamato così.

Poi eravamo tornati a casa. Nel nostro tempo, ancora bambini, con tutta la vita davanti a noi.

E lui era rimasto così sempre.

Ogni tanto, lo devo ammettere, perdeva le staffe, come quand’era durante la guerra.

E anche quel giorno, nonostante i lunghi capelli che gli scivolavano davanti gli occhi, e il capo chino mi capì.

“Cosa c’è che non va?” Mi chiese.

Mi voltai di colpo, mi ero dimenticata della sua presenza.

Teneva le mani diafane sul tavolo. Senza muoverle. Erano nascoste da maniche lunghissime di una larga camicia bianca.

“Nulla...” avevo sussurrato spostando la mia attenzione sul libro di matematica.

Lui non si mosse e non disse nulla.

Alzò solo lo sguardo penetrante, che chiunque poteva vedere dietro la nera frangetta. Sentivo i suoi occhi su di me...o meglio sulla matita che ancora giocava tra le mie dita.

Non so dirvi quanto passò, ma per me fu tanto.

Poi la sua voce matura mi destò dal mio tentativo d’ignorarlo.

“Andiamo a fare due passi.”

E così senza che accettassi, nel giro di pochi minuti mi ritrovai affianco a mio fratello sul sentiero che portava al fiume.

Edmund si era portato la frangetta dietro le orecchie, liberando il suo bel volto. La camicia gli ricadeva comunque sul corpo esile come stropicciata, e i lunghi pantaloni color cenere sembravano usciti da un campo di battaglia.

Nonostante il carattere cambiato, mio fratello aveva comunque tenuto la sua aria trasandata e infastidita.

I suoi passi sembravano annoiati.

Non parlava molto, da qualche anno. Da quando Narnia ci aveva chiamato l’ultima volta.

Ma gli dava un senso di mistero che alla mia cara amica Winnifred piaceva tanto.

Arrivati al lago ci fermammo.

Peter stava lì con un suo caro amico e Susan.

Non ci avevano invitati proprio per evitare di dare fastidio ai loro grandi discorsi...e perché l’amico di Peter non sopportava Ed.

Nostro fratello ci notò.

Come sempre vestito in maniera impeccabile.

Come sempre con i corti capelli e fisico da nuotatore.

Salutò con la mano, esitante.

Edmund invece gli diede le spalle.

Forse tanto saggio non è... Pensai così quel giorno. Non avevo capito che nel suo gesto, che mi sembrava scortese, c’era tutta la sua buona fede per non fare un torto a Peter.

E quando vidi Ed ritornare sui suoi passi, capii che la passeggiata era finita.

Lo seguii mesta e quando entrammo a casa, mio fratello entrò nella proprio stanza. Per il resto del giorno non lo vidi.

Edmund era fatto così.

Era strano.

 

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Capitolo 3
*** Lamento nella notte ***


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      2.      Lamento nella notte

 

 

L’importanza che si da alle persone, molto spesso è frivola. Non mi era mai capitato, di solito io faccio molta attenzione nel comportamento di qualsiasi persona.

Osservavo specialmente i miei fratelli.

Ma quel giorno...

Quando il lago si stava allontanando da noi, io non guardavo mio fratello Edmund. Avevo il capo chino, ed osservavo le mie scarpe estive. Erano bianche, con un fiocco azzurro sul davanti.

Belle, anche se ridicole.

E mentre sfiduciata, pensavo a cose così frivole, non notai nessun movimento di Ed.

Probabilmente mi prenderete per una sciocca, ma quello fu un fatale errore.

Come dissi in precedenza Edmund non uscì dalla propria stanza per tutto giorno. E con il calare della sera, anche Peter iniziò a preoccuparsi.

Nostro fratello, era assai strano. Strano perché cosa balenasse nella sua mente nessuno lo sapeva... Ma non erano mai cose assurde e inutili.

Mai.

Eppure quella sera Edmund fece una cosa imprevedibile.

Quando eravamo tutti e tre a cena, mentre Susan aveva gli occhi chiusi e le mani congiunte, con un bel sorriso dipinto sul volto, mentre la voce calda di nostro fratello maggiore riempiva la stanza con una preghiera verso i nostri genitori.

La porta di casa sbatte con violenza.

Peter s’alzò di scatto, voltandosi verso la finestra che dava sul viale di casa. Io lo raggiunsi.

Ed stava camminando stanco lungo la stradina che portava al lago. I capelli che si confondevano con il cielo scuro, insieme al giubbotto di pelle.

La sagoma di mio fratello diventava un tutt’uno con la notte. E fu allora che capii quanto cupo doveva essere.

Non avevo paura che cambiasse, che avesse problemi...No, perché una volta conosciuto Aslan non si poteva diventare cattivi, come un tempo era stato lui.

Ma Susan si.

Susan non aveva mai conosciuto realmente Edmund, e trovava il suo modo di fare, completamente sbagliato.

Io però, che lo conoscevo meglio di chiunque altro, trovavo strano solo che se ne andasse senza salutare.

“Sarà un po’ arrabbiato per oggi.” Giustificò Peter lasciandosi ricadere sulla sedia. “Ma è tardi...” Susan non era felice di quella trovata.

“Si, tardi...” mio fratello sospirò quella frase.

E anche quello fu un grandissimo errore.

Quello di non aver capito subito Edmund.

Mentre noi mangiavamo, nostro fratello stava sul muretto diroccato costruito da lui e nostro padre... L’avevano costruito insieme prima della guerra, ed era stato distrutto.

Ma ad Ed piaceva sedersi sopra e guardare il fiume, molte volte ci andava all’alba, gli piaceva vedere un nuovo giorno.

Di notte non era mai uscito.

Non era saggio.

Ma quella sera, mio fratello stava male. E sentiva il bisogno di vedere un fedele amico.

E il fiume lo era.

Il muretto lo era.

Quella sera però...

Quella sera però era dedicata a un lento lamento. Che piano piano lo stava soprafacendo.

Dischiuse le labbra sospirando lentamente. Chiuse gli occhi.

E poi ad un tratto la voce...

“Ehi!” e fu in quel momento che io arrivai.

Nel momento in cui lui, aveva spalancato gli occhi sconvolto. Mentre con la mano sinistra alzata tentava di raggiungere qualcosa.

“Ehi!” lo richiamai.

E lui si voltò verso di me, sorridendo stancamente.

 

 

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Capitolo 4
*** Zia Mary ***


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3.      Zia Mary

 

 

Nostra zia Mary era l’essere che io e Ed sopportavamo dimeno in assoluto! Ci guardava solo con disprezzo, facendoci intendere che mai avremmo eguagliato i nostri fratelli maggiori.

E quando giunse a casa nostra, il secondo sabato estivo, per chiacchierare con mamma, lei non ci degnò di uno sguardo.

Io, nonostante portassi un vestito tra i migliori che possedevo, e tenessi i miei lunghi capelli color miele con una splendida fascia colorata rinchiusa in un tenerissimo fiocco, non ero nemmeno lontanamente paragonabile alla bellezza di Susan.

Zia Mary mi passò accanto salutandomi con un distratto “ciao” per abbracciare la mia splendida sorella.

“Susan sempre meravigliosa!” esclamò baciandole le guance.

“Peter sempre magnifico!” e abbracciò con forza anche lui.

Mamma sorrise allegra, nel rivedere sua sorella.

E nonostante fossero molto simili d’aspetto, trovavo zia una persona detestabile.

“Ma io vedo solo tre dei tuoi bambini...” si girò per vedere se qualcun altro fosse nella stanza.

E in quel momento ringraziai che abitasse in Francia.

“Edmund è in biblioteca. Tornerà più tardi...” si accomodarono sul divano. “In biblioteca? Oh, quel ragazzo non dovrebbe nemmeno sprecare del tempo sui libri...te lo dico io, non combinerà mai niente di buono!”

Peter la fulminò con lo sguardo.

C’erto da bambini non andavano d’accordo. Ed addirittura lo odiava. Ma sapevo che ora tra loro c’era una sincera amicizia...una sorta di amicizia almeno.

“Veramente...” mia madre si scostò una ciocca di capelli scuri portandoli dietro l’orecchio sinistro, “Veramente, è stato accettato ad un college...” “Davvero?” Mary aveva spalancato gli occhi incredula, “Si, vuole diventare un avvocato!” intervenne mia sorella.

“Avvocato, lui?”

Susan aggrottò la fronte. “Certo, è molto cambiato da quando sei venuta qui, l’ultima volta, zia.”

Mamma annuì sorridendo.

E poi zia iniziò a parlare del più e del meno con loro.

Io mi ero alzata e stavo tranquillamente ricamando su una panca in giardino. E mentre maneggiava l’ago e il filo, pensavo a mio fratello.

La sera prima mi era sembrato così strano, seduto su quel muretto completamente abbandonato nei pensieri.

Non ne avevamo parlato.

E anche questo fu un errore.

Ero così concentrata, che nemmeno m’accorsi che il tempo passava, e che il tramonto era arrivato.

Una sagoma alta mi coprì gli ultimi raggi di sole. Ero sicura che fosse Edmund.

“Zia è ancora dentro?” annuii.

Lui entrò con passo annoiato, come se gli costasse ritrovarsi a casa.

Lo sentii chiamare nostra madre, per avvertirla del suo arrivo.

Entrai anch’io.

“Edmund...” arrivai in cucina quando zia si girò proprio verso mio fratello. Lo guardò disgustata. Per posare gli occhi poi su Peter.

“Voglio parlarti da sola.” Disse alzando fieramente il pallido volto, “Posso?” chiese a mia madre.

Lei annuì.

E così eravamo tutti fuori ad aspettare la fine della loro conversazione.

Passarono pochi minuti e noi tutti che stavamo fermi nel corridoio sentimmo solo la risposta di Edmund urlata prima che chiudesse la porta con forza.

No!

Poi senza degnarci di uno sguardo se ne andò nella sua stanza.

Peter lo seguì ma non poté che restare in corridoio.

Edmund aveva chiuso la porta a chiave.

In seguito, in una delle sue lettere mio fratello mi rese partecipe della conversazione.

 

Mia cara sorella Lucy,

oggi mi rendo conto, di quanta verità c’era nelle parole di zia.

Nonostante possa essere una persona odiosa per noi tutti, le sue previsioni per il mio anno scolastico si sono avverate.

Non sono una cima.

Senza contare, che non riesco nemmeno a darmi un aria diplomatica.

Ma la cosa peggiore è che sto perdendo il mio obbiettivo. Lucy tu te lo ricordi? Io proprio no...

Il dolore al petto peggiora.

Che zia Mary mi stia facendo qualche maledizione per farmi distrarre dallo studio?

Infondo voleva che io andassi in Francia con lei e sposare una ricca ragazzina, figlia del suo medico.

Lucy voglio tornare a casa...

Edmund

 

A casa non tornò nemmeno per le vacanze natalizie.

Ma questo è il dopo.

E per raccontare la fine, bisogna iniziare dal principio...

...E nonostante il principio sia Narnia...

Questa storia inizia con l’estate precedente al mio diploma.

 

 

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Capitolo 5
*** Ranocchio ***


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Grazie per i vostri commenti!

Mi fanno piacere e mi piace sentire il punto di vista vostro.

E poi sono i commenti che mi fanno andare avanti ^_-

Volevo solo aggiungere che sto seguendo i libri, e non il film, perciò se non volete rovinarvi la sorpresa non andate avanti oltre questo capitolo.

Grazie ancora per i commenti che mi fanno arrossire moltissimo e commuovere!

 

Ora buon capitolo :P

 

4.      Ranocchio

 

 

Essere gelosi è un male.

Ma essere gelosi di un proprio fratello è la colpa più crudele di cui si può macchiarsi. Edmund lo sapeva benissimo.

Ma io no.

Non ero mai stata gelosa di nessuno.

E a quello che avvenne quell’estate non ero preparata... Non lo so nemmeno spiegare. Fatto sta, che quando mia zia ripartì per la Francia io non riuscì più a dimenticarmi il suo ultimo consiglio con cui mi salutò.

“Forse faresti meglio a diventare suora...Chi vorrebbe una donna così poco educata e tra l’altro bruttina?!”

Fu allora che iniziai ad invidiare Susan.

I suoi lunghi capelli neri, la sua pallida e vellutata pelle, il suo dolcissimo sorriso, il suo corpo snello e sviluppato, la sua bellezza... Era anche intelligente.

E io?

Io ero un piccolo ranocchio con pochissimo tatto.

E non sapevo più a chi rivolgermi.

Winnifred, la mia migliore amica, non poteva capirmi, lei era l’unica figlia femmina e aveva solo due fratelli più giovani.

E con mia sorella non potevo parlare.

L’unico era Edmund, ma qualcosa... Qualcosa mi diceva che non era giusto, che sarebbe stato imbarazzante parlarne con lui...con un maschio.

Mi stavo perdendo, lentamente, con confusione.

Disorientata in quello che mia madre chiamava crescita, io non persi contatto con le uniche persone che amavo.

Peter però non aveva smesso di starmi accanto, e ostinatamente mi seguiva ovunque. E fu per colpa sua che iniziai a provare fastidio...verso di lui...e la mia famiglia...

“Vedi Lucy, il mondo è pieno di questi sentimenti...” Winnifred aveva iniziato a parlarmene quando mio fratello aveva avuto la splendida idea di venire con me e lei al fiume. “Quello che provi tu è normale. Stai crescendo, e non vuoi che qualcuno invada i tuoi spazi. Anch’io mi sento a disagio con i miei fratelli e invidio le ragazze più grandi.”

Chinai la testa tristemente, “Ma io rimango sempre un ranocchio su cui Peter deve sorvegliare...” e l’unica cosa che mi ricordo prima delle dolci carezze della mia migliore amica, fu un rumore di un vassoio che cadeva a terra.

 

 

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Capitolo 6
*** Consigli nel bosco ***


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Vi ringrazio molto ancora per i commenti ^///^

Vi chiedo scusa per il ritardo, ho avuto da fare!

Emily non riesco a spedirti l’email, se leggi la storia fatti sentire qui ^^’’’

 

 

5.      Consigli nel bosco

 

Amavo le gite in montagna.

Adoravo scalare.

E mi piaceva sdraiarmi al sole a leggere insieme a mia sorella.

Ed anche la prima domenica di luglio io e i miei fratelli organizzammo una gita.

Come sempre arrivati alla solita quercia io e mia sorella sistemammo le coperte e i cestini, per poi sederci e iniziare a leggere.

Edmund invece di solito faceva lunghe camminate da solo, e soltanto con nostro cugino Eustachio Clarence si fermava a chiacchierare.

Ma quel giorno Ed decise di portare con se Peter.

“Vieni a fare un giro.” Non lo aveva chiesto ma nostro fratello maggiore annuì lo stesso.

Uno di fianco all’altro camminarono a lungo. Senza fiatare.

Edmund guardava estasiato il bosco, respirando la fresca aria e sorridendo ad ogni cinguettio.

Peter era perso nei suoi pensieri.

Era da diverse settimane che trovavamo nostro fratello maggiore distratto.

Io però, troppo presa a invidiare Susan e ad godere di quella libertà che i miei fratelli finalmente mi davano, non mi resi conto del suo stato.

“Sai perché ti ho portato con me?” Ed come ho già detto in precedenza era un ragazzo intuitivo e non potevi nascondergli nulla.

Peter sobbalzò ritornando alla realtà. Mosse la testa in segno negativo.

Una cosa che aveva sempre sopportato poco, era quel lato di nostro fratello. Il fatto che nulla passasse inosservato allo sguardo attento Edmund.

“Quello che una persona dice, nel momento in cui tu non sei presente, non dovrebbe farti così tanto male. So che tu c’eri e so cosa ha detto Lucy.”

Camminavano ancora.

Ed chinò la testa quando i rami degli alberi si fecero più bassi, superava di poco Peter e anche lui dovette abbassarsi di un po’.

Ma la voce spenta di nostro fratello, continuò lenta la sua spiegazione.

“Il fatto che a Lucy dia fastidio la tua presenza, dovrebbe farti solo piacere. Vuol dire che cresce, e che vuole capire da sola cose le accade.”

Peter non rispose, ma si fermò sedendosi su un umido e sporco tronco rotto. I pantaloni chiari si sporcarono subito.

“Mi hai portato qui, solo per questo?” gli occhi chiari osservarono straniti Ed, “Solo per parlarmi di Lucy? Di quanto vuole crescere?”

Edmund non abbassò lo sguardo, i scuri capelli spettinati che ricadevano sul volto, “Io la capisco, Peter. Io so cosa vuol dire voglia d’indipendenza, so quanto possa far male vedere che nessuno si fida di te...Che tutto quello che hanno gli altri ti viene negato. Tu non puoi capire, proprio come Susan. Non avete avuto nessun fratello maggiore che vi criticava.”

Sorrise sedendosi sul fangoso terreno, mentre i pantaloni neri iniziavano a bagnarsi. “E capisco anche te Peter. Perché so anche cosa vuol dire preoccuparsi per una persona che amo. Anch’io vedo in Lucy, una ragazzina fragile nonostante tutto. Ma per quanto possa desiderare di proteggerla in ogni momento della giornata e della notte, so che devo lasciarla andare...Lasciare che sia lei a gestire la sua vita.”

Spostò la lunga frangetta dietro gli occhi chiari.

“Lucy è proprio come te, Peter, vorrebbe proteggere tutti noi. Dal nostro male...Da qualcosa che ci è dentro, qualcosa che per colpa della crescita sta entrando in lei...E sarebbe bello aiutarla a restare così pura e allegra, ma non è possibile.”

Nostro fratello maggiore impallidì mentre stupore gli riempiva gli occhi.

“Cresce. Diventerà presto una bella donna.”

“Edmund tu parli seriamente?” Peter si era allungato verso di lui, la corta frangetta che copriva a malapena gli occhi.

“Non è più la bambina che ci ha condotto a Narnia. Lo sai anche tu, ma non vuoi accettarlo.”

“È vero. È cresciuta ed è anche saggia, ma io non voglio che le accada niente, non voglio che cresca per vederla uscire con diversi ragazzi... Non voglio che pianga...” spostò lo sguardo di lato.

Ed sospirò alzandosi “Pensi che il tuo comportamento non le faccia dispiacere? Si sente libera, è vero. Ma tu ti rabbui quando la vedi. Le sue parole non ti hanno offeso a tal punto, lo so...lo vedo nei tuoi occhi. Vedo però che sei sciocco a pensare che lei ti odi. Io ti ho odiato Peter, e l’odio è qualcosa d’indescrivibile da quanto è orrido e brutale. Credimi lei non prova nulla di così viscido verso di te...Non potrebbe.”

“Perché?”

Edmund valutò le varie rispose, fino a giungere a una soltanto:  “È Lucy.”

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Adam ***


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6.      Adam

 

Quando Peter ed Edmund tornarono vidi negli occhi di mio fratello maggiore serenità. Mi sentii, per qualche strano motivo, rassicurata, come se ogni tassello del puzzle fosse stato messo apposto.

Non vidi più l’ombra che attanagliava Peter, e sentivo che mi stava lasciando andare, anche se i suoi occhi mi sorvegliavano da lontano.

Non sapevo di cosa avessero parlato. Non lo volevo nemmeno a sapere, ma come avrete intuito mio fratello Ed mi scriveva durante l’anno scolastico raccontandomi fatti che mai avrei immaginato.

Fatto sta che in quei mesi, ero all’oscuro di tutto.

E vivevo allegra come sempre.

Peter fin da bambino aveva un caro amico, e il loro rapporto era più o meno come quello tra me e Winnifred.

Si chiamava Adam.

Andavano d’accordo a parte per una sola cosa, Edmund. Mentre mio fratello lo amava, Adam lo detestava.

E se veniva a casa nostra era meglio non farli incontrare.

Come quel giorno. Sarebbe stato meglio non farlo entrare in casa...

Stavo accucciata sul giardino, intenta a curare dei fiori. Accanto a me stava Susan che delicatamente e senza sporcarsi aveva strappato varie erbacce.

La sbirciavo di nascosto e vedevo il suo bel petto prosperoso che si muoveva ad ogni suo movimento.

E fu allora che sentimmo quella voce, “Ciao Susan!” mia sorella s’alzò svelta per dare il benvenuto al sgradivo ospite.

A lei piaceva Adam, e a lui piaceva lei.

M’alzai anch’io mostrando il mio viso sporco di terra e l’abito ormai completamente rovinato.

“Lucy!” disse solo mostrandomi la sua arroganza.

Non gli piacevano nemmeno le ragazze ranocchio com’ero io! Era odioso forse quanto zia Mary.

“Allora Adam, sei venuto per Peter?” Susan mi lanciò un occhiata divertita, “Si, dovevamo studiare insieme oggi.”

Entrai in casa, lasciando i due ragazzi perfetti da soli, con la scusa di chiamarlo. Pochi minuti e stavamo tutti e quattro intorno alla tavola da pranzo sorseggiando tea freddo.

Non so come mai, nessuno notò il suo arrivo. Fatto sta è che lui comparì davanti alla porta della cucina con l’aria trasandata di sempre.

“Edmund!” sobbalzò nostra sorella, Peter s’irrigidì nel vederlo lì, “Ho solo un po’ di sete.”

Si trascinò stancamente fino al frigo tirando fuori la brocca completamente piena di tea.

Adam s’alzò di scatto, “Forse è meglio trovare un posto diverso per studiare Peter!” e fu allora che successe una cosa che mi fece paura.

Una ombra di rabbia attraverso gli occhi limpidi di mio fratello, un sorriso malvagio si disegnò sul suo volto pallido e la brocca cadde per terra.

Edmund il malvagio era tornato per qualche secondo.

Poi ansando s’appoggiò al lavandino. Sentii Susan gridare spaventata e i due ragazzi soccorrerlo.

Mentre lentamente mio fratello si lasciava scivolare sul pavimento di pietra.

“Ed!” Peter lo aveva chiamato, facendo riaccendere quella fredda luce nei suoi occhi. Poi lentamente tutto tornò calmo. E il tempo tornò a scorrere.

Edmund barcollando se ne stavo andando.

Adam lo guardava stranito “Te lo dico io, Peter, tuo fratello è pazzo.”

E infondo aveva ragione.

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Capitolo 8
*** Notte di pioggia ***


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7.      Notte di pioggia

 

Edmund stava sdraiato sul suo letto, si era spogliato e indossava solo l’intimo.

Io non ci facevo caso, anche perché stavo seduta sulla scrivania e la stanza era completamente al buio.

Quello che era capitato il giorno prima era ormai acqua passata, e mio fratello evitava di parlarne.

La finestra era aperta e l’odore dell’erba bagnata dalla pioggia entrava nella stanza mischiandosi con l’odore della sigaretta di Ed.

“Susan si sente male per tuo comportamento Lucy.” La sua voce lenta e inespressiva mi fece sbuffare. Sapevo che doveva parlarmi di qualcosa, se no, non m’avrebbe mai fatto entrare nella sua stanza.

“Dovresti parlare anziché ignorarla. Perché tu la ignori, se no vedresti i suoi occhi tristi, fino quasi alle lacrime, per tuo modo di parlarle. Io, so che dovrei essere l’ultima a parlarti di certe cose. Ma Lucy...” si era alzato avvicinandosi alla finestra, la luce lunare illuminava il suo torso nudo e il viso pallido.

“Lucy, anch’io ho invidiato Peter. Lo invidiavo perché tutti lo vedevano il migliore, il più saggio, e addirittura il più forte. So che tu invidi Susan perché la reputano bellissima, ma io so che tu nel tuo intimo lo sai che non le sei da meno. Lucy tu sei una ragazzina meravigliosa, e devi dare tempo al tempo, hai ancora tutta la vita per diventare una donna.”

I discorsi di mio fratello mi mettono molto spesso in disagio, ma quello lo mi fece addirittura arrossire dalla vergogna.

“Ti ricordi come ti chiamavano a Narnia?” alzai gli occhi su di lui, ma si era spostato velocemente nell’ombra e io non potevo vedere il suo sguardo. “Ti chiamavano Lucy la Gaia. Tenta di non perdere l’allegria con cui hai conquistato quella terra e i suoi abitanti.”

Mi morsi il labbro inferiore, “Come tu non hai dimenticato di essere Edmund il Giusto?” lo sentii ridacchiare, “Esatto!”

Uscii dalla camera di Ed con mille pensieri che mi giravano nella testa.

Nel giro di pochi minuti mi ritrovai con il mantello sotto la pioggia, diretta verso il fiume.

Molte cose stavano cambiando, tra cui io, e mio fratello mi aveva messa di fronte a quella ragazza che ero diventata.

Bella e invidiosa. Così mi vedeva.

Mancavano pochi metri che mi dividevano dal muretto di Edmund, forse per quella sera m’illusi che potesse essere anche mio amico.

Mi sedetti accanto, e guardavo la mia gonna bianca tingersi di marrone. Le mani giocavano da sole con il fango e improvvisamente toccai qualcosa di tagliente.

Chinai lo sguardo sulla mano sinistra, lì tra le mie dita stava un pezzo di un bicchiere rotto, e sotto, ancora nascosto per la maggior parte dal fango vi era un vassoio.

Il vassoio che Peter aveva perso il mese prima.

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Capitolo 9
*** La punizione di Edmund ***


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Mi sono resa conto che nel capito prima, non mi sono scusata per il ritardo!

Perdonatemi davvero è che sono andata a trovare una mia carissima amica e il suo bambino che 3 mesi *_*

Beh... Che dirvi?

Vi ringrazio sempre per i vostri commenti (volevo anche farvi capire che il vassoio caduto Peter l'ha lasciato lì e che si è coperto per colpa del vento e dalla pioggia di terra e fango forse dovevo spiegarlo meglio, scusatemi ^^')

Però sta fanfic sta diventando più lunga del dovuto -_-'''

Beh...come va, va!

Buona lettura!!!

Un bacione a tutte/i

 

 

8.      La punizione di Edmund

 

Piano, piano il tempo passava e io, ero sempre più confusa. E mentre tentavo di capire cosa non andasse in me, tenevo a debita distanza Susan, Peter e soprattutto Edmund.

Non volevo più ramanzine, o discorsi che parlavano di me e del mio corpo. Non capivo o meglio non volevo capire che il mio comportamento faceva solo soffrire i miei fratelli.

Ma quello che stavo passando era solo affar mio, e non volevo che nessuno invadesse il mio spazio.

Comunque sia, agosto era alle porte, e insieme a lui stava arrivando una festa di quartiere, dove si ballava, mangiava e si ci divertiva come non mai.

Io ero sempre andata alla festa con Ed, ma quando mancavano pochi giorni, mio fratello mi portò al muretto.

“Lucy, quello che ti ho detto non ti ha fatto capire nulla?” mi sentii mancare, c’era qualcosa nella sua voce che non mi piaceva “Continui a far piangere Susan, a preoccupare Peter...e eviti me. Non m’importa cosa fai nei miei confronti, ma pensa a nostra sorella, lei ti ha sempre voluto bene e soffre terribilmente nel vederti così.”

Si accese una sigaretta, sedendosi il muretto, “Per quanto riguarda nostro fratello, so cosa t’impedisce di parlagli e di guardarlo negli occhi, ma Lucy anche lui ti ama, e per te farebbe di tutto.”

Lanciai uno sguardo fugace nel posto in cui avevo trovato il vassoio, “Ma è inutile che io parli, giusto? Non m’ascolti...” chinai la testa sulle mie scarpe.

“Per questo, perché tu non vuoi darmi retta, perché ti comporti freddamente con me e tutti gli altri, non ti porterò alla festa.”

Spalancai gli occhi, sapevo che era una piccola punizione, perché lui sapeva che nostra madre mai m’avrebbe lasciato andare da sola.

“Ed io...” mormorai, ma lui era già sceso dal muretto e mi superò senza degnarmi di uno sguardo.

Strinsi insicura il labbro inferiore, mentre calde lacrime scendevano lungo le mie guance.

Quando tornai a casa, era già sera e i miei fratelli avevano già mangiato. Io mi diressi nella mia stanza.

Gli occhi ormai mi bruciavano e la gola mi doleva da quanto avevo pianto, ma mentre mi sdraiavo sul letto non potei che rincominciare.

“Lucy!” quando sentii la voce di Susan mi maledii di non aver chiuso a chiave la porta. Era entrata silenziosamente e sempre silenziosamente si era seduta accanto a me.

“Lucy perché piangi?” la sua diafana mano mi accarezzava i lunghi capelli. Non resistetti e m’aggrappai al suo vestito, trascinando il mio viso sul suo grembo. “Oh, Susan, sono stata cattiva...Ed non mi vuole più portare alla festa...”

Con gli occhi pieni di lacrime, vidi un dolce sorriso dipingersi sul suo perfetto viso, “Non preoccuparti. Ora non piangere più e cerca di riposare.”

Non so come, ma il suo cullarmi mi fece chiudere lentamente gli occhi.

L’ultima cosa che mi ricordo di quella sera, fu un suo dolce bacio sul capo.

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Capitolo 10
*** Nel buio ***


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9.      Nel buio

 

Il ballo arrivò.

E io indossavo un bellissimo abito fatto da Susan. Evidenziava la mia vita sottile e risaltava il colore dei miei capelli.

Susan era anche riuscita a trovare un ragazzo che m’avrebbe accompagnata per tutta la sera.

Era il cugino di Adam, ma pur di andare a ballare mi sarei dimenticata anche quel piccolo particolare.

E perciò quella sera stava in ansia ad aspettare il mio cavaliere, con vicino Susan. Edmund e Peter erano usciti da tempo, uno per andare a prendere la ragazza che aveva invitato al ballo e l’altro per comprarsi altre sigarette.

Le nove erano arrivate troppo velocemente e sia io che mia sorella stavamo ancora alle prese con i nostri capelli.

E i nostri accompagnatori arrivarono.

Il cugino di Adam aveva solo un paio d’anni in più rispetto a me. Era alto e magro, i capelli biondi cadevano lunghi sulle spalle.

“Tu devi essere Lucy.” S’inchinò a baciare la mia mano destra, “Io sono Christopher.” Mi sembrò subito un ragazzo dolce ed educato. Non ebbi problemi a dimenticarmi che era parente di un lombrico come Adam.

Sorrisi, mentre lui mi prese il braccio per condurmi sulla via che ci avrebbe portato alla festa.

“Adam mi ha parlato di te, ma non m’aveva detto che eri così bella.” La sua voce era dolce, e anche se non lo fesse stata per me sarebbe rimasto un suono melodioso.

Abbassai il capo, sentivo le mie guance in fiamme.

“Arrossisci?” lui mi guardò stupito “Come mai?” io sorrisi appena, impacciata, “Mai nessuno mi ha parlato in questo modo.”

Se era possibile i suoi splendidi occhi grigi mi guardarono scettici, “Non è possibile. E se è vero, allora sono tutti cechi, perché il tuo viso è simile a quello di un angelo.”

In lontananza si sentiva la musica, dietro di noi mia sorella rise, e io che m’ero persa nelle sue parole dovetti tornare alla realtà.

Arrivammo nel tendone posto vicino alla montagna –dove di solito andavamo io e i miei fratelli- lì notai Edmund con in mano un bicchiere di birra.

Vicino a lui stava una ragazza dai spessi occhiali. Io non sapevo come si chiamava, ma mio fratello ci stava ore a parlare fuori dalla biblioteca.

Anche in quell’occasione stavano parlando. Di filosofia.

Lei non era bella.

E una cicatrice stava sulla sua guancia sinistra. Quella sera poi, aveva un polso fasciato e un ematoma sul braccio destro.

Edmund non mi aveva mai parlato di cosa le capitasse per essere sempre in uno stato così pietoso.

Lei comunque mi vide, e mi sorrise.

E se era possibile, quello era il sorriso più bello che avessi mai visto.

Mio fratello mi salutò con il capo, poi tornò a parlare.

Peter invece stava fuori dal tendone, in spazio largo, dove vi stava un falò. Io e Christopher ci avvicinammo per ballare.

Anche mio fratello maggiore stava con una ragazza, ma lei era molto bella e si chiamava Eva.

Aveva lunghi capelli biondi, e occhi color cioccolata. Non era inglese, e il suo accento tedesco si sentiva ancora molto, nonostante abitasse vicino a noi da diversi anni.

Gli salutai prima di iniziare a ballare.

La musica era bellissima, nonostante non fosse uguale a quella di Narnia.

Ballammo a lungo, finché non decisi che i miei piedi non ce la facevano più.

“Se non ti va più di ballare, Lucy, possiamo fare una passeggiata.” Anche se le scarpe mi sembravano delle tremende trappole, non riuscii a rifiutare.

Era il primo ragazzo che mi parlava dolcemente e io nei suoi occhi vedevo che mi vedeva donna.

Non avevo paura di lui.

E insieme ci dirigemmo nel sentiero della montagna.

“Sai Christopher, ci stiamo allontanando un po’ troppo dagli altri...” dissi mentre la musica diventava sempre più fievole.

“È appunto per questo, non voglio che qualche tuo fratello ci veda.” Mi sorrise dolcemente, mentre mi portava un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.

“Cosa vuoi dire?”

Ma la sua risposta non fu di parole, ben si un delicatissimo bacio sulle labbra.

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Capitolo 11
*** Innocenti prede ***


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10.      Innocenti prede

 

E così, io mi persi in sensazioni che non avevo mai conosciuto. E m’innamorai di Christopher.

Ma amore è una parola importante, difficile da capire, e io non l’avevo capita.

Ma questo non è importante.

Non quando a metà agosto una sconvolgente notizia fece tremare Londra.

Edmund quel lunedì leggeva il giornale, la fronte corrugata e una sigaretta accesa che rimaneva attaccata alle sue labbra.

“Mamma non vuole che fumi in cucina, Ed.” la voce severa di mia sorella lo distrasse solo per qualche secondo.

“Mamma non c’è.”

Susan alzò un sopraciglio, “Non è questo il punto...” “Ti ricordi il nome delle fidanzata di C.E.?”

C.E. era il soprannome che Edmund aveva dato a nostro cugino, Eustacchio Clarence, uno dei pochi fortunati che poterono vedere Narnia.

Non lo vedevamo da molto, perché si era ritrovato una ragazza, anche lei fu mandata Narnia per salvare il regno.

Avevano studiato a scuola insieme, ed avevano iniziato a frequentarsi da qualche anno.

Edmund, lo sentiva per lettera e solo qualche domenica, C.E. veniva a farci compagnia nelle gite in montagna.

Fatto sta, che mio fratello non aveva mai badato alla fidanzata di nostro cugino, e si dimenticava spesso il suo nome.

“Cosa centra questo ora?” domandai, prendendo un bicchiere d’acqua per rinfrescarmi “Dimmelo e basta!”

Peter gli prese il giornale, “Jill Pole.” rispose sbuffando.

Ed spalancò gli occhi, preoccupato, quasi sconvolto, si voltò verso nostro fratello maggiore.

“Sbagli...” mormorò, ma ormai Peter stava leggendo l’articolo su cui si era soffermato lui, “Non può essere il suo nome...”

Non capivo cosa volesse dire...

Quando potei rivolgere la mia attenzione al giornale, non ero preparata a quello che avrei potuto leggere.

L’articolo parlava di omicidi.

Quattro, corpi di ragazzine erano stati trovati nella villa di un rispettabile uomo d’affari. Erano state torturate, violentate e uccise.

Le aveva fatte morire lentamente.

I loro nomi furono elencati:

Ketty Blosly 17 anni, Adrianne Cooper  20 anni, Jill Pole 16 anni, Kelsy Saneen 15 anni.

Jill Pole era tra loro.

Jill che aveva solo un paio d’anni in meno di me, se ne era andata.

La foto che la ritraeva parlava di lei, e della sua storia.

Indossava un splendido abito di Narnia, nonostante fosse nel nostro mondo. I capelli erano riccamente ornati da fiori bianche inesistenti sulla terra.

Sorrideva felice.

A me.

Se si faceva attenzione si vedeva la mano destra di mio cugino sulla sua spalla sinistra.

Susan sospirò sconvolta.

Un singhiozzo, mi sfuggi dalle labbra serrate. Lacrime calde mi scendevano lungo le guance.

E non so come riuscii a trovare la forza di parlare con determinazione.

“Dobbiamo andare da Eustacchio...”

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Capitolo 12
*** E.C. ***


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11.      E.C.

 

Nostra zia Alberta ci aprì la porta velocemente. “Oh, siete arrivati...” la sua voce era stanca, e il viso pallido come non mai.

“Venite, venite, venite...” ci fece entrare. La mano destra che continuava a spostare la frangetta dietro l’orecchio.

“Non esce più dalla sua stanza...Non mangia...” zia ci accompagnò davanti alla sua porta.

Gli occhi che vagavano lungo il corridoio alla maniglia, “Si è chiuso dentro...e non esce...”

Una lacrima scese lungo la mia guancia.

Susan l’abbracciò teneramente, “Andiamo in cucina zia, ti preparo del tea.” Si voltò verso di noi “Vieni Peter...” e non so perché ma nel vedere mio fratello andare con loro mi sentii morire.

Edmund intanto bussò energicamente, “Eustacchio...Sono io...” la voce monotona come sempre.

E come per magia la porta si aprì.

Quando entrammo però, nostro cugino stava sdraiato sul letto.

Fotografie e lettere stavano intorno a lui, sotto il suo corpo, per terra... Una la teneva in mano.

“Era così bella...” mormorò soltanto, facendo scivolare anche quell’immagine.

Arrivò lentamente fino ai miei piedi.

Eustacchio e Jill stavano seduti su un tronco, lei con indosso un vestito azzurro, lui sul verde. Accanto a loro Peter e Susan, in lontananza Edmund.

Io ero dietro la macchina fotografica.

L’unica che avevamo fatto lì, a Narnia.

“Mi spiace...” mormorò Ed, con tutto quello che poteva dire, e che volevo dire, vi furono solo quelle parole.

“Me l’hanno portata via...” i suoi occhi si soffermarono su di me, “Perché era meravigliosa...”

Abbassai lo sguardo.

Su un’altra fotografia.

Jill Pole mi stava sorridendo allegra. Indossava un scuro capotto di lana, e un capello alla francese.

In braccio teneva Biky, il regalo di compleanno che Eustacchio le aveva fatto.

La neve le aveva imbiancato le spalle.

Era davvero bella.

E io non potei trattenere un singhiozzo.

In quella fotografia, Jill aveva un bellissimo anello di fidanzamento.

Sapevo che a natale E.C. aveva chiesto a Pole di sposarlo, appena finiti gli studi e lei aveva accettato.

Mancavano due anni, ma non avevo mai visto due ragazzi così innamorati.

“Se ne andata...”

Portai di nuovo lo sguardo su mio cugino.

Piangeva mentre il leggero e caldo vento estivo sparpagliava le fotografie.

“E voglio che ve ne andiate anche voi...”

Edmund non disse nulla e lentamente uscì dalla stanza.

“Eustacchio, io...”

“Lucy!”

Mio fratello mi richiamò e io non potei fare altro che andarmene.

Quando giunsi in cucina, anche mia zia piangeva, “Lo perderò...” mormorava tra i singhiozzi.

“Lo perderò...”

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Capitolo 13
*** Caffè e sigaretta ***


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12.      Caffè e sigaretta

 

Sul treno di ritorno, quando la notte era appena scesa, non immaginavo che non avrei più rivisto mio cugino.

Perdere di vista qualcuno è una cosa semplice, ma mai avrei pensato che E.C. sarebbe scomparso dalla nostra vita.

Edmund però lo sapeva.

Quella notte, mentre Susan dormiva e Peter era uscito per andare in bagno, mio fratello iniziò una frase senza senso “Lucy, ricordati bene di quanto era felice Eustacchio con Jill per il resto della tua vita. Ricordateli così.”

Lo guardai tristemente, “Ma nostro cugino tornerà a sorridere?”

Edmund non mi rispose, e s’accese una sigaretta.

Per il resto del viaggio restammo in silenzio.

Tornammo a casa, e nostra madre era appena ritornata dal lavoro. Ci sorrise stancamente abbracciandoci uno alla volta.

Ed però rifiutò quell’abbraccio ferendola. “Cosa fai?” Peter lo stava guardando con aria severa, Susan anche...io non sapevo che fare.

Mamma però ci mandò tutti nelle nostre stanze, “Su su, non è nulla. Andate a dormire tesori miei.” e ci baciò di nuovo.

Mio fratello non ci seguì.

Ma si sa, quando una persona è curiosa può solo far finta di andare a riposare. Così feci io, mi nascosi.

“Tu non hai sonno Edmund?” nostra madre si stava versando del caffè, “Vorrei tanto dormire, ma non ci riesco. Mamma ho un grande peso nel petto, ho la consapevolezza che ho sbagliato a lasciare Eustacchio da solo.”

Aveva acceso un’altra sigaretta, e con una mano si spostò la lunga frangetta. Vedevo solo il viso tirato di mia madre, che ascoltava.

“So, che Eustacchio sta passando un terribile momento, ma insieme a lui ci sono amici, e i suoi genitori...” “Non è questo che intendo. Il modo con cui ci ha mandati via oggi mi ha fatto venire i brividi...” Ed si sedette “Credo...” s’azzittì e fissò nostra madre. Lo sentii ridacchiare leggermente, “Mi sa che dico cose senza senso, ho bisogno di dormire.”

S’alzò e baciò mamma sulla fronte, in un gesto di dolcezza.

M’apprestai a scappare nella mia stanza e rifugiarmi nel letto. Piangevo. Sapevo che mio fratello aveva intravisto qualcosa di terribile nel comportamento di Eustacchio, ma che nemmeno lui il giusto era riuscito a capire e a risolvere.

Piansi per tutta la notte.

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Capitolo 14
*** Qualcosa d’oscuro ***


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Volevo ringraziarvi per tutti i commenti! ^///^

Comunque visto che me lo chiedete la mia fanfic parte dall'ultimo libro delle Cronache di Narnia. Ho solo deciso di cambiare la fine, anche perché non mi piace ç_ç

Comunque Buona lettura!

 

13.      Qualcosa d’oscuro

 

Passarono un paio di settimane, settembre era alle porte e Eustachio non si era fatto sentire. Susan non aveva più tempo da stare con me, il suo nuovo lavoro non le lasciava un attimo di respiro.

Peter da canto suo si era rinchiuso in se, e stava tutto il giorno a pensare. Io iniziai a preoccuparmi per lui.

Anche Edmund non lo perdeva di vista.

Ma qualcosa, non andava nemmeno in Ed.

Sembrava quasi che qualcosa d’oscuro stesse avvolgendo la mia famiglia. Qualcosa che esprimeva tristezza e paura.

Si potrebbe descrivere come un buco nero...

Fatto sta, che Edmund una sera di fine agosto volle fare una passeggiata nel bosco con me.

Non capivo cosa volesse, io in quei giorni non mi ero comportata male, e tentavo di aiutare tutti come il mio solito, ma quando arrivammo al solito sentiero la sua voce inespressiva iniziò colmare i miei dubbi.

“Ho paura che E.C. non tornerà più il ragazzo di prima. E ho paura che ne io, ne tu lo potremo rivedere. Perdere qualcuno che si ama, è qualcosa che ti toglie il respiro, la felicità... È qualcosa che io non posso capire.” S’accese una sigaretta, “Ti ho portato qui, perché volevo darti qualcosa che Eustacchio mi ha mandato qualche giorno fa. Non credo di essere il più adatto a tenere qualcosa di così prezioso.”

Mi sorrise. “Lo sai anche tu che sono molto distratto.”

Io non definivo mio fratello distratto, ma ben si disordinato, ma non obbiettai.

“Il fatto che l’abbia mandato a me, è un mistero.” I capelli neri che si muovevano al contatto con la fresca aria.

“Sei sicuro che io sia la più adatta Ed?” lui si fermò a guardarmi negli occhi, “Lucy...Tu sei l’unica. I nostri fratelli maggiori non hanno tempo e io...” si fermò un attimo mordicchiandosi le labbra, gli occhi lucidi.

La sigaretta cascò dalle fine labbra cadendo su un mucchio di foglie bagnate. Le mani che si portarono velocemente al petto.

Cascò.

Io urlai.

“ED!” lo chiamai, ma mio fratello non si muoveva.

Il suo viso sprofondava in una pozzanghera di fango.

Ora sarete d’accordo con me, che in una situazione del genere il terrore di poter perdere qualcuno t’invade e non sai cosa fare.

Lo scossi, e ricevetti un gemito come risposta.

Non so come è successo, so solo che presi, faticosamente, Edmund sulle mie esili spalle. I suoi piedi strisciavano sul terreno.

Piangevo e inciampavo.

Il vestito rosso con cui era andata a fare la passeggiata era di un orrendo color marrone e ormai era pieno di strappi.

Quando vidi una luce proveniente dalla cucina di casa nostra iniziai a urlare con tutto il fiato che avevo in gola.

“PAPA’!” era l’unica parole che riuscivo a dire.

M’avvicinai ancora, e vidi la porta d’entrata aprirsi, mio padre uscì velocemente con un fucile in mano.

Cascai sotto il peso di mio fratello. “PAPA’!” urlai ancora e lui correndo mi raggiunse.

Dietro di lui Peter e nostra madre.

“Vai in casa Lucy!” Peter mi strattonò dal corpo di Edmund e mia madre abbracciandomi mi portò via.

Vi sembrerà sciocco, ma mia madre mi portò nel bagno e mi preparò la vasca piena d’acqua bollente.

Mi svestì lei e mi depositò nell’acqua.

Ma le calde mani che mi lavavano i capelli non erano quelle di mamma, Susan si era svegliata alle mie urla e ora si prendeva cura di me.

Ero stanca e preoccupata.

“Ed starà meglio, Lucy. Papà e Peter l’hanno portato nella sua stanza, il medico è arrivato lo sta visitando ora.”

Prese l’asciugamano e io m’avvolsi in quel morbido tessuto.

“Si è risvegliato comunque, perciò non preoccuparti.”

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Capitolo 15
*** Settembre ***


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14.      Settembre

 

 

Il medico non seppe dirci cos’era successo e il perché. Il dolore che Edmund sentiva al petto non era causato da nulla che lui conoscesse.

Io e i miei fratelli maggiori però lo sapevamo.

Proprio lì dove il dolore era acutissimo, Ed era rimasto ferito dalla strega bianca.

L’unica cosa che non capivamo era il fatto, che solo dopo anni dall’incidente il dolore era tornato.

Settembre era arrivato ed Edmund stava già tornando a fare le passeggiate da casa al torrente. Mentiva ai nostri genitori dicendo di stare male, e voleva far vedere che riusciva a fare qualsiasi cosa.

Ma quando i genitori lavoravano, Ed stava fermo nel suo letto a soffrire lentamente.

Mancavano solo un giorno alla sua partenza e lui mi chiamò con voce fievole nella sua stanza.

“Lucy...” mormorò, “Dopodomani parto. E io non sono ancora riuscito a darti il tesoro che Eustachio mi ha mandato. L’ho aperto e trovo che sia tu l’unica adatta a tenere quella scatola preziosa. Ora ascoltami bene.” S’azzittì e s’accese una sigaretta “Vai al di là della caverna...Dal buio arriva alla luce... Lì troverai l’oggetto più prezioso di nostro cugino.”

Lo guardai scettica, “Ma ti sembra il caso di dirmi dove sta a mò di profezia?” scossi la testa e lui rise, “No, hai capito benissimo dove si trova.”

Il giorno dopo, Edmund e Peter rimasero nelle loro stanza a preparare le valige. Ed non vedeva l’ora di iniziare l’università.

Quando dovette partire mi abbracciò con forza, “Ti scriverò ogni settimana!” mi promise e poi salì sul treno, e sapevo che non l’avrei rivisto presto.

Anche Peter partì qualche giorno dopo, e io m’accingevo a preparare le mie di valige per andare a studiare l’ultimo anno di superiori.

E ora, alla mia confusione s’aggiunse il dubbio di andare o meno a prendere il tesoro di E.C.

Decisi che non era ancora tempo.

Quindi perfino io partii e con me non c’era altro che valige piene di abiti e un biglietto per il centro di Londra.

Mia sorella mi salutava dal marciapiede, le sue labbra che mi chiedevano di scriverle.

Chissà perché non le scrissi tanto.

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Capitolo 16
*** Neve di lacrime ***


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15.      Neve di lacrime

 

I giorni a scuola passarono velocemente. E io e mio fratello Edmund ci scrivevamo spesso.

L’ultima lettera che mi mandò fu quella su zia Mary.

E come ho già detto, lui non tornò per le vacanze invernali, inviando a casa un telegramma in cui brevemente spiegava di dovere rimanere all’università.

Papà ne era fiero.

Sorrideva soddisfatto e continuava a ripetere che suo figlio Ed sarebbe diventato un rispettabile avvocato.

Un avvocato giusto.

Ma papà non sapeva quanto era lontano dalla sua affermazione. Io non sapevo quanto fosse falsa quell’idea.

Natale comunque era il periodo dell’anno che mi piaceva di più. Era inverno a Narnia quando ci andai la prima volta.

E nel mondo in cui vivevo io, era il periodo delle feste.

C’era la festa più grande del quartiere, dove i bambini ricevevano regali, e i ragazzi si divertivano.

Papà decise di lasciarmi andare, anche senza i miei fratelli maggiori.

“Ma si, ma si, non hai mai fatto nulla di male e nello studio vai bene, per una volta ti posso anche farti festeggiare senza che qualcuno ti debba controllare.” Io sorrisi.

Arrivai alla festa insieme a Susan, che sembrava più eccitata che mai lei per me. “Ti divertirai vedrai!” e mentre me lo stava dicendo Adam e suo cugino ci raggiunsero.

Entrambi avevano in mano un bicchiere di birra.

Entrambi con gli occhi lucidi.

“Lucy, sei bellissima stasera!” la sua voce era allegra e dolce come sempre, “Ti va di venire a fare due passi, è molto che non ci vediamo. Abbiamo tanto di cui parlare.” Annuì salutando mia sorella con un grandissimo sorriso.

La passeggiata portò nel posto in cui ricevetti il suo bacio, il mio primo bacio, e dove Edmund era stato male.

E qualcosa, come una specie di lampo, mi fece spaventare.

Gli occhi sbarrati, mentre Christopher mi baciava con avidità le labbra, e mi spingeva verso il terreno.

Cascai, sotto il suo corpo.

“Basta! Smettila!” ma lui non si fermò.

Le sue mani mi strapparono l’abito, e l’intimo.

Piansi, e urlai.

E lentamente iniziò a nevicare.

Christopher mi fece male nel momento in cui il primo fiocca di neve si depositò su una mia gamba nuda.

Ma il male che provavo non era solo fisico, ma lui, la persona che pensavo di amare, mi stava divorando l’anima.

Chiusi gli occhi.

“Lucy...” una voce triste e saggia mi giunse alle orecchie, “Figlia di Eva, cosa ti hanno fatto?” aprii lentamente gli occhi, voltando il mio sguardo alla mia destra. “Aslan” mormorai.

Un grandissimo e splendente leone stava sdraiato accanto a me, il suo viso da gatto dolce sul mio.

“Portami a Narnia...” lo pregai, con la voce incrinata dalle lacrime. Lui mi guardò con immensa tristezza.

“Lucy, stasera ti hanno ferita. E qualcosa in te non sarà più lo stesso. Ma tu non puoi ritornare a Narnia, non ora. Sei nata per essere regina. Sei nata per aiutare i tuoi fratelli.”

M’accarezzò la guancia con la sua lingua ruvida.

“Portami via da qui...” mormorai ancora, provando terrore nel restare ancora accanto a lui.

“Oggi con me verrà un altro figlio di Adamo.”

Vidi in lontananza la magra figura di mio cugino, un capello che gli copriva i corti capelli e le mani in tasca.

Aslan sparì, ed Eustacchio mi salutò velocemente con la mano sinistra. Poi scomparve anche lui.

Quando tornai alla realtà, mia sorella mi cullava tra le sue esili braccia.

“Lucy! Lucy!” mi baciava su tutto il volto, “Non succederà più Lucy! Nessuno oserà farti del male...” mi strinse con più forza, “Non glielo permetterò!”

E le sue lacrime si unirono con le mie.

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Capitolo 17
*** Dove il buio finisce ***


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16.      Dove il buio finisce

 

Il tempo passò lentamente.

Adam fu tagliato fuori dalla nostra vita. Peter non volle più rivolgergli la parola, e Susan iniziò ad odiarlo.

Nei loro occhi, vi si leggeva disprezzo verso una persona che non centrava nulla. Non era stato Adam a farmi del male.

Adam non era Christopher.

Ma non avevo più il coraggio di parlare, di essere Lucy la gaia come Edmund avrebbe voluto.

E perciò anche le vacanze invernali terminarono.

Io, partii tremante.

Insicura di potermi fidare ancora delle persone.

Susan mi abbracciò con forza il giorno della mia partenza, “Lucy, fai la brava e quando tornerai staremo sempre insieme! Hai capito?” annuii annoiata.

Peter mi alzò da terra abbracciandomi come se fossi la persona più cara a lui, “Non lasceremo mai che tu soffra così...” mi baciò sulla fronte, “E ora vai, e torna con un bel diploma.”

E mentre salivo sull’autobus un pensiero mi attraversò la mente.

“Susan, devi fare una cosa per me!” esclamai, come non facevo da settimane, i miei occhi s’illuminarono di curiosità. Lei sorrise.

“Dovresti andare nel bosco e trovare la caverna in cui andavamo a giocare da bambini attraversala, e se buio non aver paura...non tornare indietro, devi andare avanti e trovare la luce. Edmund ha nascosto un tesoro...”

L’autobus accese il motore.

“Una cosa molto preziosa...”

Dovetti salire e trovare un posto.

Aprii il finestrino.

“Di cosa si tratta Lucy?” Peter mi guardava curioso.

“È per...” l’autobus partì.

“EUSTACCHIO!” urlai sperando di farmi sentire.

Suppongo di esserci riuscita.

I miei fratelli andarono insieme quel stesso giorno.

 

Carissima Lucy,

io e Peter abbiamo eseguito la tua richiesta.

Siamo andati nel bosco, e abbiamo cercato la caverna. È stato faticoso, perché né io, né nostro fratello, ci ricordavamo dov’era posta. Tu ed Edmund probabilmente l’avreste trovata subito.

Giunti lì, abbiamo riflettuto se era il caso, o meno, di poter entrare in una cavità così scura e ormai sconosciuta.

Peter mi ha convinto che per te era importante e ci avventurammo.

Il buio di cui tu mi avvertisti, arrivò quasi subito.

Ma dove il buio finisce c’è sempre la luce.

Siamo dunque finiti nel luogo dove di solito ci ritrovavamo a giocare ai re e regine, ancora prima di Narnia.

Non so se ti ricordi i troni che avevamo costruito vicino alla sorgente di quella grotta. A me ed a Peter è sembrato di tornare a Cair Paravel.

Comunque, cercammo a lungo il grande tesoro.

E Lucy, è davvero il bene più prezioso che Eustacchio possedesse.

Vorremmo portare questo tesoro alla zia, che da quando E.C. è scomparso non è più in se.

Intanto ti mando tutto quello che abbiamo trovato nella scatola di Edmund.

Rifletti, su quanto ti sembra più giusto fare.

Con amore.

Susan

 

Ciò che Susan mi spedì, era la cosa che Ed aveva definito il tesoro, era il prezioso anello di fidanzamento che Eustacchio aveva regalato a Pole.

Vi era anche una lettera indirizzata a tutti noi.

Parlava di quanto amasse Jill, e di come non riuscisse più a vivere senza di lei. Parlava di Narnia.

E diceva che Aslan lo avrebbe portato con se.

Capii che dunque era veramente lui, la figura che avevo intravisto alla Vigilia di Natale insieme ad Aslan.

Decisi comunque, di mandare quella lettera a zia Alberta, e donarle insieme la chiave della camera di Eustacchio.

Poi gli zii se ne andarono per sempre.

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Capitolo 18
*** L’arrivo di Edmund ***


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17.      L’arrivo di Edmund

 

Passò con velocità l’anno scolastico. E gli esami furono qualcosa di fuggevole. Li passai senza pensarci troppo.

Il diploma fu una grande gioia per me. Ero uscita con il massimo dei voti.

Il giorno in cui arrivai a casa, ricevemmo una lettera di Edmund, che in quei mesi si era dimenticato di farsi sentire.

Ci diceva che presto sarebbe tornato a casa. Che stava meglio.

Io ne ero felice.

Peter era già a casa, e decise di preparare un bel pranzo per il giorno stesso in cui Ed sarebbe arrivato.

Eravamo eccitati tutti.

Rivederci dopo tanto tempo e dopo tutto quello che era capitato, ci faceva credere che nulla era cambiato.

A me faceva illudere che nessuno mi avesse fatto male.

Ero determinata a farmi una bellissima vacanza, con la stessa spensieratezza di un tempo.

Avevo perfino deciso del mio futuro.

Quando ne parlai ai miei genitori e ai miei due fratelli maggiori mi sentii imbarazzata.

“Voglio continuare a studiare...” avevo detto, mamma aveva corrugato la fronte, “È un corso di due anni, ma valido... Per diventare giornalista...Io penso...”

Papà mi sorrise allegro, i suoi occhi scuri mi fissarono fieri, “La mia bimba!” esclamò abbracciandomi, “Ma guardate, non posso essere più fiero dei miei figli!”

Mi strinse con forza, “E dove sarebbe questo corso che tu reputi valido più degli altri?”

Mi morsi il labbro inferiore, “In Scozia.”

Gli occhi di tutti mi guardarono sconvolti.

Io risi, “Scherzavo! È qui vicino, posso prendere l’autobus per andare e tornare ogni giorno!”

Peter mi spettinò i capelli ridacchiando.

Passarono un paio di giorni ed Edmund giunse a casa.

Non aveva avvisato nessuno, e quando entrò in casa era bagnato fino al midollo.

I capelli neri e lunghi si appiccicavano alla sua giacca di pelle.

Le sue valige che gocciolavano.

Io passai per caso davanti alla porta di casa.

Lui l’aveva appena aperta, visto che stava depositando lo zaino.

“ED!” urlai allegra.

Peter mi raggiunse insieme a Susan.

L’avrei abbracciato. Giuro che l’avrei fatto, se mio fratello non avesse alzato lo sguardo su di me.

Per farmi vedere il vuoto che lo riempiva.

Se non avessi visto, quell’odio esagerato per quel secondo, io avrei abbracciato mio fratello.

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Capitolo 19
*** Epilogo ***


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18.      Epilogo

 

Edmund la sera andava spesso fuori. Se ne stava in giro per ore. Mi resi conto, che lui non era più il mio dolce e saggio fratello. Che in lui, non c’era nulla di Edmund il giusto.

La luce nei suoi occhi era quella che aveva da bambino, quando odiava Peter, quando non sopportava me e i miei capricci, quando...La stessa luce che aveva, quando seguì Jadis.

Iniziai a preoccuparmi, e una sera, quando lui se ne era uscito nel bel mezzo di un temporale, chiamai i miei fratelli maggiori nella mia stanza.

Susan entrò con il suo passo leggero e stanca si sedette sulla mia comodo sedie imbottita.

Peter si sdraio comodamente sul mio letto, sprofondando nel morbido cuscino.

“Allora, Lucy, cosa hai da dirci?”

Guardai entrambi, meditando sulle parole da dire. Mi appoggia alla finestra aperta, e il fresco vento mi scompigliò i capelli.

Mia sorella mi guardò in ansia. “Ho paura di sapere di chi ci vuoi parlare.”

La pioggia aumentò di potenza.

“Edmund, non è più lo stesso. Il dolore al petto lo ha trasformato.” Mi morsi il labbro inferiore, “Penso che Jadis lo stia portando via, ancora una volta. Si lo so!” esclamai, bloccando mio fratello pronto a rispondermi.

“Lo so che è morta, che Aslan l’ha uccisa. So che Edmund ha distrutto il suo potere...So tutto, c’ero anch’io in quella battaglia. Ma non è questo che intendevo.” Mi voltai verso la finestra, osservando lentamente il paesaggio scuro, distinguendo in lontananza mio fratello, che camminava stanco verso la montagna...la nostra montagna.

“La strega bianca lo sta portando via, con se. In quell’odio che eravamo riusciti a toglierli. Lui ora, non ci ama più. Non riesce. Il male...il veleno di Jadis è entrato in lui attraverso la ferita nel petto. Si, non riesco a farmi capire lo so, ma ho paura che non vedremo più nostro fratello.”

Mi voltai, Susan era pallida, e Peter si era messo a sedere guardandomi severamente, “Cosa dici, Lucy? Ed è solo stanco...perso...ma non ci odia, e di sicuro tornerà com’era quest’estate!”

“Oh, fratello, non capisci?” mormorai con gli occhi pieni di lacrime, “Quello che intendevo dirvi è che lui presto se ne andrà per sempre...” mi bloccai di colpo.

La porta della mia stanza era stata spalancata con forza, e sulla soglia stava Edmund, bagnato e dannatamente vestito di nero.

I capelli lunghi che ricadevano sul volto, gli occhi pazzi, e il sorriso malvagio.

“Parlavi di me, Lucy?” mormorò chiudendo la porta arrabbiato.

Peter si era alzato e si era parato davanti a me, “Ed, non stavamo dicendo nulla su di te, perché non vai a cambiarti ed asciugarti?” la voce gentile aveva una nota di severità.

Susan si era avvicinata a me. “Non succederà più Lucy! Nessuno oserà farti del male...Non glielo permetterò!” mormorò.

Ma io sapevo che mio fratello non mi avrebbe mai fatto di male. No, non poteva, nonostante fosse diventato cattivo.

E improvvisamente, con un “non rompermi il cazzo” Edmund colpì Peter.

 

Cosa accadde nella mia stanza?

Non starò qui a parlarvi di una cosa tanto triste. Di un ricordo che demolisce la reputazione di mio fratello.

No, no, non sarebbe giusto.

Ma posso dirvi, che fu l’ultima volta che vidi Edmund.

Dove sia ora, ne ho una vaga idea, so solo che il giorno seguente trovammo i suoi abiti sulla riva del fiume. Lo cercammo per giorni, ma di lui più nulla.

Dopo una settimana era ufficialmente morto.

Morto, per i vicini di casa.

Morto per i miei genitori.

Morto per Peter.

Morto per Susan.

Per me no.

Io ero sicura che è ancora vivo.

Come ero sicura, che in un mondo parallelo, c’era un ragazzo di nome Eustacchio che stava combattendo contro un nuovo nemico...un nemico che si proclamava Edmund il Giusto.

 

 

FINE

Innanzi tutto, vorrei ringraziare tutte/i le/i lettrici/lettori di questa fanfic

Spero che non vi abbia deluso.

Un bacione a tutti!

Alla prossima fanfic!

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