Ricatto
CAP.
4
RICATTTO
“Light Yagami, sei tu Kira!”
Il mio gridò riecheggiò
nell’aria. Ne potei udire l’eco.
Il cuore mi batteva
all’impazzata. Ebbi quasi l’impressione che mi stesse per uscire dal petto.
Mi sudavano e mi tremavano le
mani.
Temevo che la pistola potesse
scivolarmi via e cadere a terra. Eppure non era la prima volta che la puntavo
in quel modo verso qualcuno.
Cos’era quella strana
sensazione che stavo provando? Tutta quell’ansia, quell’angoscia, quel senso di
vuoto, quella tensione che si poteva tagliare con un coltello?
Paura.
Avevo paura.
Che sentimento a me poco
familiare.
Nella vita non avevo mai avuto
niente da perdere fino a quel momento: non avevo parenti, non avevo amici. Ero
solo una poliziotta: vivevo per gli altri, non per me o per la mia felicità.
Probabilmente agli occhi di chi mi vedeva dall’esterno ero la pedina di uno
Stato che non sembrava meritare il mio servizio, considerato il mio scarso
stipendio e i pochi mezzi che i miei superiori mi mettevano a disposizione. Eppure a me non
interessava granché: prendevo il mio mestiere come una vocazione; non avendo io
degli affetti dovevo almeno riuscire a regalare a chi ne possedeva, ma non
poteva difenderli, un’esistenza serena.
Però la mia vita ormai era
cambiata per sempre: anch’io, finalmente, avevo qualcuno da amare e che mi
amava; qualcuno che si sarebbe preoccupato se fossi stata bene o male; che non
avrebbe esitato a telefonarmi se non fossi tornata a casa entro il consueto
orario d’ufficio. Sì, anche uno come L, che di certo non era un principe
azzurro zuccheroso e che sapeva quanto fossi in grado di badare a me stessa,
non avrebbe potuto fare a meno di stare in pensiero per una poliziotta, per una
ragazza, per la sua ragazza.
Paura.
Sì, avevo paura.
Perché di fronte a me
non avevo un ladruncolo qualunque o un assassino occasionale: in ballo non c’era
solo la mia vita, di cui in quel momento mi interessava poco, ma anche e
soprattutto quella di L.
*
Kira rimaneva fermo.
Impassibile. Come se non fosse lui il mio bersaglio.
Silenzio.
Tra noi c’era solo silenzio.
L’unico rumore udibile era il
mio respiro affannoso.
Ad un tratto una risata
interruppe quella calma sforzata.
“Ah ah ah ah! Una pistola? E’
tutto qui quello che sai fare?”
Continuava a ridere.
Non riuscivo davvero a capire
che cosa potesse farlo divertire tanto.
La mia pistola era carica e
senza sicura. Avrei potuto ucciderlo da un momento all’altro, eliminare per
sempre la minaccia di Kira dal mondo…
“Un attimo…” pensai colta da
un fremito di terrore “… Non posso ucciderlo. Mi metterei al suo stesso
livello. Non posso. Non posso farlo”.
Eppure la tentazione c’era.
Avrebbe potuto considerarsi
legittima difesa e…
“Ma brava la nostra detective.
Lo sai che è in Giappone è proibito per un civile tenere delle armi?”
Le parole di Light interruppero
il flusso dei miei pensieri.
Certo che era davvero poco
originale: di tutte le cose che avrebbe potuto dirmi per distrarmi quella era
davvero la più banale.
“Yagami, da te non mi sarei
mai aspettata un’affermazione così sciocca: io non ho mai smesso di essere una
poliziotta…” Accennai una risata per sembrare meno tesa “… Il mio Stato non mi
ha impedito di rinunciare al mio ruolo di ispettore come invece è successo a tuo
padre e ai suoi colleghi. Perciò, mi spiace, ma ho tutte le carte in regola per
possedere ed usare una pistola”.
Sapevo che non lo avrei né
spaventato né turbato, ma il parlare rendeva me più sicura delle mie posizioni.
All’improvviso Light rise di
nuovo. Sembrava ancora più divertito che in precedenza.
“E cosa vorresti farci? Al
momento qui ci siamo solo io e te. Non ci sono testimoni se non queste quattro
mura che di certo non parleranno né in mio né in tuo favore. Vuoi uccidermi?
Accomodati, ma non ti scordare che per tutti adesso io sono innocente; un
semplice ragazzo nonché il figlio dell’ex sovraintendente Yagami…”
Un’interruzione di una frazione di secondo spezzò la sua voce.
La mia pistola
ancora puntata su di lui.
Le mie mani bagnate di sudore.
Il mio cuore che
batteva come un tamburo.
I suoi occhi assetati di sangue.
“… Come
giustificheresti il mio assassinio? Cosa diresti per discolparti di fronte al
capo della polizia del tuo Stato? La tua carriera sarebbe finita e soprattutto
passeresti tutti i tuoi giorni in galera… Lontano dal tuo adorato L!”.
Uno schiocco di stupore
attraversò la mia mente.
Un blocco interiore si era
impossessato della mia anima.
Tutto intorno a me aveva perso
colore.
Sentii il mio stomaco salire
fino in gola.
Era come se non riuscissi più
a respirare.
Avevo completamente perso il
controllo dei miei muscoli.
Come faceva a sapere di me di
L? Chi glielo aveva detto? Chi ci aveva visto?
I miei pensieri erano rapidi
ma si congelavano facilmente, come se non potessi seguirne la logica.
Sapeva tutto.
Ci aveva fregati.
Un filo di voce uscì strozzato
dalla mia bocca.
“Tu… Come fai a sapere… Chi ti
ha detto…”
“Come faccio a sapere di te e
di quella specie di ameba di Ryuzaky? Semplice, ti ho seguita qualche giorno
fa. Avresti dovuto vedere che quadretto commovente”.
Sguardo sicuro. Troppo sicuro,
il suo.
Rabbia.
Adesso provavo solo rabbia.
La pistola. Il grilletto.
Un colpo.
Poi un tonfo sordo nell’aria…
*
… Il proiettile gli era
passato a pochi centimetri dal volto.
Avevo volutamente evitato di
centrare il mio bersaglio.
“Se provi a dire di nuovo una
cosa del genere di L, giuro che ti ammazzo. Ti ammazzo, Yagami!”.
Gridai.
Una corsa verso di lui.
La mia pistola accostata alla
sua fronte. Carica.
Sicurezza, troppa sicurezza.
Adesso ero io ad avere gli
occhi assetati di sangue.
Ardore, troppo ardore; quello
dato dall’impulso e non da un ragionamento logico.
Il mio errore era vicino.
“Attenta, ragazza di Ryuzaky:
se mi uccidi adesso ti metterai sullo stesso piano di Kira, di ciò che hai
sempre combattuto. E’ questo quello che vuoi? Forza, uccidimi!”
Voce calma, la sua. Sembrava
che non avesse un’arma da fuoco puntata alla testa. O che, peggio ancora,
morire per mano mia fosse il suo scopo.
Ovviamente non era così.
Un sorrisetto beffardo gli
dipingeva il viso.
Quella sua espressione di
soddisfazione che potevo vedere dal basso verso l’alto fece scaricare tutta
l’adrenalina che avevo in corpo.
Aveva ragione. Aveva
stramaledettamente ragione: gli ideali per i quali avevo combattuto sarebbero
andati in fumo se lo avessi ammazzato.
Tenevo ancora la mia pistola a
ridosso della sua fronte.
Non sapevo che fare.
Avrei potuto ferirlo ma non
avrei saputo come giustificare una cosa del genere.
I nostri sguardi si perdevano
l’uno negli occhi dell’altra ricolmi di sfida. Avrei tanto voluto sapere quali
fossero i suoi pensieri, quali sarebbero state le sue prossime mosse…
“Stupida Sara, non capisci che
di te non m’importa niente? Io voglio L, soltanto L…”
Ancora una volta Light
appariva tranquillo. Non riuscivo a capire però dove volesse arrivare. Come si
poteva non provare per lo meno angoscia in una situazione come la sua?
“… Ti dico una cosa: tra
qualche istante alcuni dei membri della squadra senz’altro saliranno qui per
verificare l’entità dello sparo di poco fa e io voglio proporti un patto…”
Un patto? Kira voleva
patteggiare con me? E come potevo io fidarmi di lui?
“… Vorrei che entrambi
facessimo finta di niente: tu non dirai che io sono Kira e io invece non
rivelerò che tu mi hai sparato addosso. In questo modo tu non subirai
conseguenze in ambito lavorativo; sai, interrogatori, ritiro del distintivo,
carriera stroncata…”
Era irritante udire simili
parole, ma non potevo non riconoscere quanto avesse ragione.
Dovevo fare il suo gioco. A
malincuore ma dovevo farlo. Era l’unico modo per prendere tempo, per cercare di
salvare la vita di L e rimanere all’interno del quartier generale. Se Light
avesse detto che avevo tentato di colpirlo, su di me sarebbero caduti troppi
sospetti. Mi avrebbero di sicuro espulso dalle indagini. Nemmeno L avrebbe
potuto fare nulla per aiutarmi. Per di più se fosse saltato fuori che avevamo
una relazione avrei di sicuro messo anche lui nei guai. L’ipotesi di ucciderlo
in quel momento era fuori discussione.
Ma una cosa dovevo ancora
chiarirla ad ogni costo e con ogni mezzo; sarebbe stata fondamentale.
Applicai una pressione ancora
maggiore sulla pistola che gli tenevo puntata in volto.
“E tu che beneficio ne
trarresti?”
Continuavo ad appoggiare il
peso del mio braccio su quell’arma. Era come se stessi caricando ogni mio
risentimento su di essa.
“Guarda che t’ammazzo, Yagami. E sappi che una
volta morto il mio destino non sarebbe affar tuo. Perciò, forza, sputa il rospo
prima che perda la pazienza”.
Non avevo minimamente paura di
lui. Dovevo farmi dire qualcosa, anche una bugia, ma era necessario che
scoprisse almeno in parte le sue carte.
“Va bene, va bene”.
Un sospiro precedette le sue
parole.
Forse per la prima volta da
quando il nostro scontro aveva avuto inizio stava cominciando a dare segni di
cedimento.
“Sono sicuro che se tu dicessi
al quartier generale che sono Kira ed io negassi, sarebbe la mia parola contro
la tua. Pur trascurando l’opinione di Ryuzaky, che senza dubbio sarebbe a tuo
favore, è molto probabile che anche qualcun altro della squadra riprenderebbe a
nutrire sospetti nei miei confronti. E questo non mi conviene. Inoltre…”
Un suono fuoriuscì dalla mia
bocca i cui denti erano serrati.
“Inoltre? Parla, Yagami”.
Ancora un’esitazione.
“Inoltre se tu morissi
all’improvviso il principale indiziato sarei io e forse la strada verso la mia
cattura sarebbe fin troppo spianata”.
Di nuovo un colpo di stupore
mi pervase.
Era dura sentire ragionamenti
così agghiaccianti. Per di più se partoriti dalla mente di un ragazzo.
Proprio mentre stavo per
abbassare la pistola riprese a parlare.
“E ricorda: Ryuzaky non deve
sapere niente, altrimenti… Nemmeno io mi farei troppi scrupoli riguardo il mio
futuro… Insomma, ti ucciderei”.
Sgomento.
Tanto sgomento.
Sentivo i miei occhi pizzicare.
Come poteva un solo individuo
coltivare così tanta cattiveria? E perché poi?
Mentre i miei pensieri
rimbalzavano da una parte all’altra della mia mente, arrivai alla conclusione
che non potevo fare altro che accettare il suo patto, il suo orribile ricatto.
Era la mia unica e ultima possibilità per tentare di salvare L, anche se non
mettendo lui a parte di quell’incontro con Light tutto sarebbe stato davvero
difficile.
Ma dovevo necessariamente
provarci.
Con un sospiro abbassai la
pistola e la riposi nel fodero.
La mia risposta fu ferma e
chiara: “Ok, Light Yagami: ci sto”.
NOTA
DELL’AUTRICE
Mi scuso per il ritardo nella
pubblicazione ma ero fuori città e non ho avuto il tempo di dedicarmi alla
stesura di questa mia ff. Inoltre ho ripreso a studiare per gli esami perciò da
adesso in avanti posterò capitoli molto più raramente. Perdonatemi!!
Intanto spero che il capitolo
(che per me è stato veramente difficile da scrivere) vi sia piaciuto.
Alla prossima!
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