Unexpected Emotions

di IlaOnMars6277
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thoughts ***
Capitolo 2: *** Signals ***
Capitolo 3: *** Provocations ***
Capitolo 4: *** Instinct ***
Capitolo 5: *** Act like you can't tell who made this ***
Capitolo 6: *** Don't act like I never told you ***
Capitolo 7: *** The days goes on ***
Capitolo 8: *** I still couldn't breath ***
Capitolo 9: *** You figured it out, didn't you? ***
Capitolo 10: *** Let's get lost tonight ***
Capitolo 11: *** The simple answer is never what it seems ***
Capitolo 12: *** It's just a matter of time ***
Capitolo 13: *** A quiet desperation's building higher ***
Capitolo 14: *** Try to let go of the truth ***
Capitolo 15: *** Try and believe it ….Nothing is over ***



Capitolo 1
*** Thoughts ***


Vincitore dei NESA nelle categorie: Best Scena, Best Kiss, Best Long Fic, Best Female, Best Couple. ( http://neverendingstoryawards.forumfree.it/?t=58566575 )

Era da un pò che lo guardavo dormire, ero entrata perchè provavo a chiamarlo ma aveva il cellulare spento. Mi aveva detto di svegliarlo, ma ora che ero lì per farlo non ci riuscivo.
Raramente lo avevo visto dormire beatamente, ma dovevo fare il mio lavoro così presi il blackberry dal tavolino, lo accesi, uscì dalla stanza e tornai nella mia. Passando di fronte allo specchio mi soffermai a guardare il riflesso di me stessa; ero sciatta come al solito, mettendo il lavoro in primo piano tendevo a dimenticarmi di me stessa.
Avevo fatto allungare i capelli per praticità, ormai la ricrescita era lunga quasi come l'intera lunghezza dei capelli. Struccata, con le solite occhiaie ed il viso spento. Ricordavo bene quando iniziai questo lavoro, mi truccavo, badavo a vestirmi bene. Ma con il passare degli anni la praticità ha preso il sopravvento.
con un sorriso malinconico presi il telefono e composi il numero dalle chiamate rapide. Rispose dopo 3 squilli con voce roca "Emma.."
"Jared! devi svegliarti! Abbiamo l'aereo tra 2 ore!"
"Ok, mi alzo, mi lavo e arrivo."

Eravamo all'aereoporto ma un ritardo ci fece barboneggiare sulle poltroncine. Avevo delle mail da controllare così aprì il portatile e mi misi a scorrerle velocemente. "Tieni! ti ho preso un caffè", si era seduto accanto a me e mi porgeva un caffè fumante "oh grazie, ne ho davvero bisogno, non ho dormito molto"
"pensieri?"
"no ero troppo stanca, quando sto così faccio fatica ad addormentarmi"
"io invece ho dormito più del solito stranamente, peccato tu mi abbia svegliato"
"abbiamo il volo"
"si lo so, non ti stavo rimproverando, era solo per dire. Non ti rinprovero mai, anzi ora che ci penso, non te lo dico mai ma...non poteva capitarmi assistente migliore" e sorrise, un sorriso sincero.
"uhm, beh grazie, amo il mio lavoro"
Prese il giornale che aveva comprato e si mise a sfogliarlo; tornai subito con lo sguardo al pc, in passato mi capitava spesso di rimanere imbambolata a fissarlo quindi avevo imparato dagli errori e dalle figuracce a distogliere lo sguardo in fretta.

Una voce metallica ci annunciò che finalmente potevamo partire per tornare a Los Angeles. Avevamo una pausa dal tour, piccola ma necessaria. Avevo spinto parecchio affinchè si potesse fare, ne avevamo tutti bisogno, Jared in primis visto che negli ultimi giorni riusciva a stento a parlare. All'inizio non era d'accordo, ma parlandone con shannon e Tomo si era convinto che una settimana non era poi così tanto tempo; dicendo che acconsentiva più per gli altri che per se stesso la mia idea andò in porto.
Mi sedetti al posto che mi era stato assegnato, vicino a Braxton. Cercai di recuperare qualche ora di sonno, ma sembrava impossibile con lui accanto che parlava del testo della canzone che stava scrivendo, mi piaceva parlare con lui ma in qel momento volevo solo chiudere gli occhi e dormire fino alla fine del volo.
Non so in quale parte del discorso che brax stava acendo, mi addormentai e feci un sogno strano:
ero in un negozio di alta moda, di quelli che piacciono a me, dove ti servono persino da bere e da mangiare. stavo provando un abito da sogno, rosa, senza spalline, lungo fino al ginocchio. Mi guardavo allo specchio arricciando le labbra -quelle converse rosa stonavano parecchio-. "staresti meglio con queste!" mi voltai a guardare un paio di decolletè bianche, stupende, sorrette da due mani familiari.
"Jared sono splendide!"
"Lo so, indossale"
Non fece in tempo a finire la frase che già si era chinato a sfilare le converse e sostituerle con le altre.
"Adesso manca, una sistemata ai capelli, un filo di trucco e sei perfetta" così dicendo spostò i capelli e sfiorò il mio collo, girò il mio volto verso il suo e sfiorò le labbra con le sue, mi rivolse un sorriso malizioso e tornò a baciarmi avvinandomi a lui con la mano che aveva fatto scivolare sulla mia schiena.
"Emma! Emma! Ma che cavolo, mi stai facendo parlare da solo, ma che fai dormi?"
"Ma dai, ero riuscita ad addormentarmi..."
Ma che cavolo di sogno avevo fatto? certo Jared è un bellissimo uomo ma non mi era mai capitato di fare sogni dove eravamo in atteggiamenti intimi. L'ultimo che lo vedeva protagonista era quello dove mi rincorreva perchè avevo versato della cioccolata sul suo adorato blackberry. Cosa mi stava succedendo? Ultimamente mi ritrovavo spesso a fare sogni ad occhi aperti su di lui e non mi era mai capitato. Sin dall'inizio ci eravamo detti che sarebbe stato solo un rapporto lavorativo e di amicizia, per non creare incomprensioni e malintesi.
Eppure ora facevo questi pensieri, dopo anni di lavoro. Ammetto di non stare con uomo da molto, la mia ultima relazione risale a due anni fa ma perchè proprio lui? Forse perchè si desidera proprio quello che non ci è concesso?
Braxton mi allontanò dai miei pensieri "ah, scusami, ma non hai dormito stanotte?"
"Non molto, ero troppo stanca"
"Jared ti fa trottare peggio di un cavallo"
"non è vero, è il mio lavoro, è normale che stia così ci sono molte cose da fare"
"si vabbè, continua  giustificarlo"
"non lo sto difendendo, dico solo che il mio lavoro prevede questo ed io devo farlo"
"si ma avolte potrebbe fare qualcosa da solo, per esempio portarsi le valigie!"
"Brax, lo so ma..."
"ma...non sai dirgli di no perchè è Jared!" lo guardai con espressione confusa, cosa stava insinuando?
"no! volevo dire.....ma se non ci fossi io a prendergli le valigie, lui probabilmente le dimenticherebbe tutte in aereoporto!" Alzò le sopracciglia, accese l'ipod e si sistemò meglio sul sedile.
ma che significa che non so dirgli di no perchè è Jared!? certo è il mio datore di lavoro, non posso rispondere "prenditele da solo!" Braxton si tolse le cuffiette e aggiunse "magari se ti prendessi un'assistente anche tu, per un periodo, ti facilizzerebbe il lavoro" "eh? io un' assistente? non ne ho bisogno" "vabbè, era un'idea" riprese le cuffie, le infilò e chiuse gli occhi. Un'assistente dice...mmmh non ci avevo mai pensato.


scusate per gli eventuali errori di battitura ma l'ho scritta di notte ^_^

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Capitolo 2
*** Signals ***


Vagavo in una stazione, stavo correndo come una matta per arrivare in tempo ad un appuntamento. Sentivo caldo e mi facevano male le gambe, da quanto correvo?Ad un certo punto riuscì a vedere quello che cercavo. Lui era lì, seduto su una panchina, di fronte al treno in procinto di partire che giocherellava con un succo di frutta. Cominciai a gridare il suo nome, ma non si girava "Jareeeeed! Jareeeed!" lo vidi prendere la valigia, gettare il succo di frutta in un cassonetto e salire sul treno. Cominciai a correre più veloce, ma le porte si chiusero e lui mi salutò dal finestrino dicendo "Addio!" Come addio?? Nooooo..e adesso io cosa faccio??
Aprì gli occhi e mi misi seduta sul letto, fuori era giorno da un pezzo e la sveglia suonava da parecchi minuti. Che sogno! anzi, che incubo! Perchè se nestava andando? Ma la domanda più importante era: perchè l'ho sognato di nuovo nel giro di 2 giorni? Quel sogno però mi diede da riflettere: quando non sarò più la sua assistente cosa farò? Il mio subconscio mi stava forse suggerendo di trovare un mio spazio nel mondo? Avevo sempre avuto molti interessi,ultimamente avevo scoperto che produrre mi dava delle grandi soddisfazioni. Ma è davvero quello che voglio fare? Spensi la sveglia, aprì la finestra e corsi a fare una doccia. L'acqua mi svegliò completamente e una colazione abbondante avrebbe completato l'opera. Stavo masticando i cereali guardando la tv quando squillò il telefono "Buongiorno a te Shan! dimmi...no! non so dove sia Jared, sono la segretaria non la babysitter, non è tornato?? Beh sarà stato con qualche ragazza o è rimasto a casa di qualcuno a dormire. Non preoccuparti, se lo sento ti avverto subito, tu fai lo stesso! Ok ciao..."
Ebbi subito la visione di lui avvinghiato ad una biondina tutta tette e niente cervello. Scostai la ciotola di cereali. Adesso Jared mi faceva passare
anche l'appetito? Squillò di nuovo il cellulare, Shannon, di nuovo, diceva che lo aveva trovato, aveva dormito nella sala di registrazione e lui lì non
ci aveva pensato a cercarlo. Attaccai il telefono e mi guardai riflessa nello specchio: ero arrabbiata e lo si vedeva perfettamente.
La giornata trascorse tranquilla, avevo parecchie cose da fare anche se eravamo in pausa. Per cena avevo deciso di fare una cosa che non facevo da tempo: pizza e dvd sul mio divano. Ero a metà film quando suonò il campanello. Aprì la porta e di fronte a me c'era Jared.
"Ti ho disturbata?"
"No, stavo guardando un film"
"Allora si che ti ho disturbata. Se fossi stato al tuo posto avrei risposto di si!"
"No, figurati. Che succede?"
"Niente"
"Perchè sei qui allora?"
"A casa mi annoiavo. Andiamo in spiaggia?"
"Adesso? è notte!"
"E quindi? è illegale?"
"No ma anche se lo fosse lo faresti lo stesso"
Sorrise e disse "Vero! allora andiamo?"
"Non lo so, ho delle cose da fare..." si tolse gli occhiali facendo il labbruccio, sembrava un cucciolo bastonato.
"Dai jared! Non mi fare quell'espressione" continuava a guardarmi in quel modo, con quel visetto da cucciolo di foca.
"Ok, va bene, andiamo! che rottura di scatole che sei!"
"Prendi il giacchetto, fuori è un pò fresco" si alzò con espressione soddisfatta e mi aspettò accanto alla porta.



Camminavamo da qualche minuto, in silenzio, uno accanto all'altra. Il mare era calmo a differenza mia. Poi Jared si fermò e ruppe il silenzio
"Non trovi che il mare di notte sia incredibilemnte misterioso, romantico ed erotico?"
"Romantico ed erotico dici?"
"Si. Il rumore delle onde, il riflesso della luna...è tutto molto stimolante."
"Mi trovi d'accordo sulla misteriosità e sul romanticismo. Ma cosa c'entra l'erotismo?"
"Beh, non ti immagini a fare sesso su questa spiaggia con qualcuno che ti piace anche solo fisicamente? Voglio dire, guarda qui a terra ed immagina due corpi che si uniscono sulla sabbia mentre le onde che si infrangono li bagnano senza che a loro importi nulla. Direi che è molto erotico!" e sfoderò uno di quei sorrisi maliziosi che spesso faceva per provocare. Perchè diceva queste cose a me? No lui le diceva sempre queste cose, la sua immaginazione è sempre stata molto colorata e dettagliata, sono io che ora ci faccio caso e penso sia rivolto a me.
"Tu voli con la fantasia"
"La fantasia è tutto. L'unico modo per fuggire dalla realtà"
Aveva ragione, è l'unico posto dove rifugiarsi quando il mondo reale non è di nostro gradimento. Ero assorta in questi pensieri e non mi ero accorta che Jared si era avvicinato all'acqua e mi stava schiazzando.
"Smettila! è fredda!"
"Ma dai! Non è vero!" continuava a tirarmi l'acqua e a ridere come un bambino spensierato. Quel sorriso sincero che avevo imparato a distinguere da quelli di cortesia. Raccolsi un pò di sabbia umida e gliela tirai addosso. Ora ridevo anche io per la piccola vendetta, ma cominciai ad urlare, mi stava inseguendo con le mani piene di sabbia. Correva e mi incitava a scappare. Mi fermai esausta e mi afferrò per la vita, mi buttò a terra e mi infilò la sabbia nella maglietta. Ci sdraiammo a terra con il fiatone, ridendo come matti. Lui era disteso a terra a fissare il cielo, si girò verso di me, mi stampò un bacio sulla fronte e disse "Time to go to home! è tardi!". Si alzò e aiutò me a fare lo stesso. Ero stordita, non era solito lasciarsi andare a gesti così affettuosi, non come me. Ero confusa. Non più su i miei pensieri. Ma su i suoi.




Allora: Grazie a tutti quelli che seguono, ricordano, preferiscono e sopratutto a quelli che recensiscono ^_^ Almeno mi fate capire se scrivo delle boiate o meno. Parlare dal punto di vista di Emma è abbastanza difficile perchè sappiamo poco di lei e spero di renderle giustizia...Grazie ancora a tutti! ;D

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Capitolo 3
*** Provocations ***


"Allora, come hai detto di chiamarti?"
"Natalie"
Eccola lì, di fronte a me. Una ragazza sui 25 anni, che voleva far carriera in questo campo ed io assumendola come assistente avrei potuto darle una mano.
Ricordava molto me, qualche anno fa.
"Ok, Natalie, il tuo curriculum è impressionante, hai lavorato per molte persone, come mai sempre per poco tempo?"
"Sai mi piace cambiare, non stare sempre nello stesso posto troppo a lungo. Ecco perchè trovo che essere la tua assistente faccia per me, seguendoti in tuor avrei modo di viaggiare parecchio" e sfoderò un sorriso bianchissimo e perfetto.
"Una piccola premessa: non cerco un assistente per scaricarle i miei compiti. Ho solo bisogno di un piccolo aiuto per le cose più inutili, cose che mi fanno perdere tempo, insomma. Detto questo, ti tengo in prova un paio di giorni e vediamo se tenerti o meno, ok?"
"Oh, Emma! Grazie mille per l'opportunità! Ne sono stracontenta!"
"Giocatela bene mi raccomando. Ora vado ho delle cose veloci da sbrigare, ti contatto io."
"Va bene, a presto! E grazie ancora."
Entrai in macchina e mi diressi a casa Leto, Shannon mi aveva chiamata più di un'ora fa ed ero in ritardo. Parcheggiai, ignorai qualche paparazzo, presi la posta ed entrai. Shannon era sdraiato in modo indecente sul divano a giocare ai videogame e vedevo Jared in giardino che raccoglieva dall'acqua della piscina dei detriti.
"Ma non la prendete mai la posta? Potrebbero essere cose importanti."
"Buttala da qualche parte, poi la leggo. Guarda ho fatto un nuovo record, sono un genio!" non si era neanche girato a vedere dove avessi messo la posta.
"Perchè mi avete chiamata? Che vi serve?"
"Vieni qui! Gioca un pò con me, se non se capace ti insegno io. Certo non potrai mai battermi ma staremo a vedere."
"No Shan, ti ringrazio ma ne faccio volentieri a meno. Dimmi come posso esservi utile, mi avrete chiamata per qualche motivo no?"
"Em, devi rilassarti ogni tanto altrimenti ti si frigge il cervello." Avrei voluto rispondere che il mio cervello era già fritto da un pezzo ma continuò, "Io e J stavamo pensando di organizzare una cena tutti insieme stasera, così ci divertiamo e intanto ci organizziamo per il rientro in tuor."
"Ok dove prenoto? A che ora e quanti siamo?"
"Il posto e l'ora decidili tu, siamo 10."
"Sai che ti dico invece? Che lo faccio fare alla mia nuova assistente e io nel frattempo mi rilasso, come dici bene tu."
"Ti sei presa un'assistente?" Aveva un'espressione tra lo schifato e il divertito.
"Si! Braxton mi ha messo la pulce nell'orecchio, ci ho pensato bene e non mi sembrava una cattiva idea."
"E' bella?"
"Si ma spero sia anche competente altrimenti stasera non si mangia"
"Invitala stasera." Eccolo lì, il solito Shannon che aveva il viso di un bimbo appena entrato in un negozio di giocattoli.
"Si, va bene. Credo apprezzerà l'idea."
"Fantastico!" E tornò a giocare.
Uscì fuori, sorrisi a Jared che ricambiò continuando a pescare schifezze in piscina. Mi accomodai su una delle sedie a dondolo e chiamai Natalie per affidarle il compito. "....ah! Ehm Natalie, negli 11 invitati sei compresa anche tu. Certo! A dopo ciao!"
Jared si girò verso di me ed indagò " La tua nuova assistente eh...come mai te ne serve una? Ti faccio lavorare troppo?" Stava scherzando, non sembrava per niente preoccupato, quindi stetti al gioco.
"Si, a volte sono talmente stanca che non ricordo neanche come ti chiami."
"Impossibile da dimenticare"
"Impossibile è dimenticare il mio di nome, non il tuo."
"Io non ne sarei così certo. Se dici di non ricordarlo perchè a volte lo blateri  mentre dormi?" CHE COSAAAA? Stava giocando sporco, ormai lo conoscevo bene come le mie tasche, amava provocare, sopratutto se veniva ricambiato.
"Non capita mai che dormiamo vicini, quindi ,anche se fosse, non riusciresti a sentirlo; poi potrebbe essere un altro Jared, è un nome molto comune."
"Me lo ha confidato Braxton che, prova a negarlo, capita spesso accanto a te." Io quel cretino lo strangolo a mani nude, anzi no lo faccio fare agli echelon, così si vendicano di tutte le live chat che ha fatto. Ok, rilassati sta solo giocando a fare il provocatore, non cascarci.
"Ah! beh! se te lo ha detto Braxton allora puoi metterlo in banca, stanne certo." Mollò il retino della piscina, si avvicinò a me che ero ancora seduta, si appoggiò alla mia sedia e sussurrò " Ne sono più che certo." Mi stavo autordinando di distolgliere lo sguardo immediatamente e di trovare qualcosa di ironico da dire per rompere quell'atmosfera che si era creata.
"Jared, finiscila di fare il finto provolone con me, non attacca. Piuttosto, avverti Tomo e gli altri di essere pronti per le otto." Lo scansai, mi voltai e andai via. Volevo correre ma mantenni un passo regolare. Una volta entrata in macchina mi guardai allo specchietto: le guance rosse, gli occhi lucidi e un'espressione spavantata; mi serviva subito una doccia calmate.




Scusate il capitolo corto, il prossimo sarà più lungo, ve lo assicuro. E scusate anche per l'attesa, ma ero senza pc e non potevo postare. Fatemi sapere che ne pensate!! ;D Alla prossima!!

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Capitolo 4
*** Instinct ***


La doccia mi aveva calmata ma ora che ero di fronte all'armadio andai in panico: avevo tutta la roba in valigia!
Tirai fuori tutto il contenuto delle valigie con furia, finchè non trovai un paio di pantaloni bianchi e un top nero. Ho sempre amato le cose appariscenti,ma mi piaceva guardarle, non indossarle. Così optai per una cosa semplice, come sempre. Mi sistemai velocemente ed andai al ristorante scelto da Natalie.
Speravo avesse fatto un ottimo lavoro, ne sarei stata io la responsabile. Quando arrivai, Natalie stava già parlando con Tomo e Vickie, stava raccontando dei suoi precedenti lavori e quando mi vide arrivare corse ad abbracciarmi "Grazie mille per l'invito! Sono così felice di poter conoscere tutti." Le sorrisi
e mi voltai a vedere gli altri che stavano arrivando. Shannon portava quelle scarpe fosforescenti che gli piacevano tanto, che attiravano l'attenzione su di lui; come se ce ne fosse bisogno. Jared aveva semplicemente cambiato maglietta, mettendone una nera con lo scollo a V. Mi superò senza guardarmi e si fermò a fare la conoscenza di Natalie. Lei aveva uno sguardo che non lasciava fraintendimenti, lo sguardo che vedevo spesso su molte donne, a volte anche uomini, che si fermavano a scambiare due parole con lui. Che sia diventato anche il mio sguardo?
La serata trascorse tranquillamente, tutti si divertivano e progettavano per il rientro in tuor. Solo due persone non partecipavano: Shannon e Jared. Il primo era preso a corteggiare Natalie che aveva occhi solo per l'altro che però non staccava gli occhi dal blackberry. Era strano quella sera, cioè, più strano del solito.
A cena finita andai a salutare Vickie, doveva partire e per un pò non l'avrei più rivista. Avevamo stretto una bella amicizia con lei ma non me la sentivo ancora di parlarle di quello che mi frullava nella testa. Salutai Vickie, mi voltai per andarmene e vidi Natalie salire in macchina con Jared.
 
Mi giravo e rigiravo nel letto. Non doveva interessarmi quello che lui faceva e con chi. Non doveva! Eppure ero lì, sveglia a pensare a lui, o meglio, a loro.
Perchè avevo voluto prendere un'assistente? Anche se non potevo dare la colpa a lei. Colpa di cosa poi? Di essere una bella ragazza e di aver colto l'attimo?
Quello che dovevo ammettere a me stessa era la semplice e ovvia verità: ero gelosa. E questo avrebbe compromesso le mie giornate ed il mio lavoro e non dovevo permetterlo.
Finalmente mi addormentai verso l'alba.
Venni svegliata da uno squillo continuo, era il mio telefono, chissà da quanto tempo squillava.
"Ciao Tomo, che succede?"
"Ti ho svegliata?"
"No, no. Sono sveglia già da un pezzo" mentì.
"C'è stato un problema con la seconda data, se passi un attimo vediamo di trovare una soluzione"
"Ehm, certo. Mi vesto e arrivo."
"Ok, grazie a dopo."
Mi alzai e corsi a prepararmi. Avevo un aspetto orribile, avevo dormito circa 4 ore ed era arrivato il mal di testa a completare l'opera. In più non volevo vedere Jared. Inghiottì rumorosamente, sospirai ed uscii.
 
"Shannon no! Credo che dovrete posticiparla."
"Ha ragione Emma, non possiamo annullarla. Sai poi come la pensa Jared. A proposito dov è?" Ero li a parlare con Shannon e Tomo di lavoro e lui non c'era. Non so cosa mi prese ma risposi a tono "sarà ancora ad allenarsi", quando dissi l'ultima parola mimai con le dita le virgolette.
Shannon rise e disse "Beh beato lui, si occupa sempre di tutto; per una volta lasciamolo stare."
"Sicuramente da oggi avrà più tempo per frequentarla visto che non avrà il lavoro". Durante la notte avevo deciso che era stata un'idea stupida assumere un'assistente, ce la facevo da sola, come ho sempre fatto.
Tomo non sembrava d’accordo, "E perché? Mi sembra simpatica, capace e professionale"
"Sei un ingenuo. Professionale? Il primo giorno di lavoro, anzi di prova, se ne va senza salutarmi e sale in macchina con il mio capo per andare chissà dove a fare chissà che?"
"Se non ti conoscessi Em, penserei che tu sia gelosa". Shannon mi scrutava per vedere la mia reazione alla sua frase.
"Certo che non sono gelosa, lo dico per lui."
"Cosa dici per me?" Era entrato dal retro e non lo avevo sentito. Era vestito come la sera prima e sembrava rilassato.
"stavo dicendo che non vorresti annullare mai una data, ecco perché abbiamo deciso di posticiparla." Mi ripresi al volo.
"Si, sono d'accordo."
Tomo ricevette una telefonata, si scusò e andò via, Shannon si diresse al piano di sopra per fare una doccia. Non volevo rimanere da sola con lui, avevo i nervi a fior di pelle. Presi il portatile e comincia a rimetterlo nella custodia.
"Puoi rimanere anche qui a lavorare, così se c'è qualche problema puoi chiedermelo direttamente."
"No, Jared. Grazie, ma preferisco andarmene a casa."
"Stai male?"
"No, è tutto ok." Mi fissava. Aveva capito che qualcosa non andava ma continuava ad indagare cercando di leggere il mio sguardo, che purtroppo cercavo di rivorgergli il meno possibile.
"Dai. Rimani qui. E' più comodo sia per te che per me." lo aveva quasi sussurrato.
"No, dai. Poi tu vorrai riposarti dopo l'allegra nottata." Perché non mi ero stata zitta ed ero andata via?
"il tuo tono sembra seccato", ero pronta a negare quando squillò il mio telefono, era Natalie. Mi aveva chiamata per sapere se la sua prima prova era stata superata.
"Si sei stata molto efficiente ma, mi dispiace, non posso assumerti. Mi sono resa conto di non aver bisogno di un'assistente, riesco a fare tutto da sola. Per una volta che ho delegato, non sapevo che farmene del tempo libero. Mi dispiace, parlerò bene di te a chi me ne chiederà." Detto questo, Natalie chiuse la telefonata con un "è stato un piacere".
Gettai il telefono nella borsa, recuperai il giacchetto e mi voltai verso Jared per salutarlo. Mi stava guardando in un modo che non saprei descrivere, non sapevo se ridere o scappare via il più presto possibile. Visto che continuava a fissarmi senza parlare, cercai di dire qualcosa.
"Che c'è?"
"Il motivo per cui l'hai licenziata sarebbe?
"Non è stata licenziata! Non è stata assunta, è differente. Era in prova."
"Il motivo?" insistette.
"Eri qui mentre lo spiegavo. Hai sentito".
"Ok riformulo la frase. Il motivo VERO per cui non è stata assunta?"
"Ok, te lo dico. Non è stata molto professionale. E hai capito benissimo a cosa mi riferisco."
"Immaginavo"
"Si certo, tu sai sempre tutto! Ma sei così ingenuo da farti prendere in giro da queste bambinette che ti usano solo per farsi fare qualche foto da qualche paparazzo e finire sulla bocca della gente per qualche settimana. Perché tanto è quello il tempo che durano." Ok, avevo sputato tutto quello che avevo da dire.
"Ma tu pensi che io non lo sappia? Fa comodo a me e a loro. Scambio reciproco." Pensavo mi avrebbe attaccata dicendo che dovevo farmi gli affari miei e che era tutto falso quello che avevo detto. Con questa risposta mi aveva spiazzata. Non avevo ragionato da quest'altro punto di vista.
"Beh, allora è una ragazza opportunista e ho fatto bene a non assumerla"
"Ma non puoi saperlo, non la conosci"
"Perché tu si? Chissà che ti avrà raccontato sul suo conto! Sai, comincio a capire perché ha avuto sempre contratti di lavoro brevi. Ora che ci penso, mi sembra anche abbastanza ovvio! Se ogni volta si comporta come ha fatto il primo giorno di prova, non fa una bella figura!" senza accorgermene avevo cominciato ad alzare troppo la voce.
"Em, calmati"
"No che non mi calmo. Io non mi sono mai comportata così! Bella reputazione che mette in giro del nostro lavoro, quella poco di buono"
"Ma io non lo..."
"E ti dirò di più! Quella è venuta a chiedermi il lavoro, proprio perché sapeva per chi lavoravo!!" ero veramente arrabbiata, più urlavo e più i miei occhi vedevano la verità.
"Emma cazzo smettila di urlare! Non ti riconosco più, ma che ti prende?" mi teneva per un polso. Mentre urlavo avevo iniziato anche a gesticolare pericolosamente. Fissai la sua mano che stringeva forte la mia, seguì con lo sguardo il percorso del braccio alla spalla, dal collo alla bocca, dalla bocca agli occhi; fissi su di me e inquisitori. Quando incontrarono il mio sguardo si addolcirono e la bocca li accompagnò con un breve sorriso. Il mio cervello urlava "idea pessima! vattene!", mentre il cuore mi invogliava a fare il contrario. Nessuno dei due organi poteva sapere se fosse un'idea saggia, l'unico modo per scoprirlo era provarci. Presa da uno scatto di coraggio che proprio non mi apparteneva. Mi avvicinai di scatto, lo afferrai per il collo e posai le mie labbra sulle sue.

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Capitolo 5
*** Act like you can't tell who made this ***


Non riuscivo a credere a quello che avevo fatto. Continuai a rimanere incollata alla sua bocca e a cercare la sua lingua nonostante fossi abbastanza lucida da sapere che stavo sbagliando. Affondavo le mani nei suoi capelli e lui ricambiava il bacio tenendomi la schiena e facendomi adagiare su lui. Entrambi appoggiati al bancone della cucina. Sentivo il suo profumo entrarmi nelle narici e più ne sentivo, più ne volevo. Un rumore al piano di sopra mi ricordò che non eravamo soli. Mi staccai velocemente, ancora confusa e respirando velocemente. Anche il suo petto si abbassava e alzava al ritmo del mio. Mi fissava  sorpreso e provò a dire “Emma, non…”
“Ti prego zitto, non parlare! Mi dispiace cazzo, mi dispiace…” Presi le mie cose e corsi fuori.
 
Arrivata a casa mi accasciai sul letto. Ero sconvolta. Ma cosa mi diceva la testa? Stavo mandando in frantumi tutto. Mi ero comportata come Natalie. L’avevo tanto criticata ed ora avevo fatto il suo stesso errore. Mi serviva una botta in testa che mandasse via i pensieri e mi facesse cadere in un sonno profondo, senza sogni possibilmente. Rimasi ore a fissare il soffitto, finchè morfeo non venne in mio aiuto.
Mi svegliai stordita. Avevo lasciato la finestra aperta ed il sole era già alto nel cielo.
Bastò guardare che ero ancora vestita come il giorno prima per ricordarmi tutto quello che era successo. Tolsi i vestiti ed entrai nella doccia. Sarebbe stata una giornata lunga e pesante. Troppi impegni e la maggior parte in sua presenza.
 
Passai a prenderlo a casa. Salì in auto dicendo un semplice “ciao”. Io non risposi, non volevo fargli la sentire la mia voce roca e tremante. Non so cosa sia stato peggio. Le uniche parole che volarono nell’abitacolo erano quelle della radio. Jared guardava fuori dal finestrino, poi controllava il cellulare, dava un rapido sguardo a me e tornava a guardare fuori.
Io lo spiavo con la coda dell’occhio. Avrei voluto parlare, scusarmi, spiegare le mie ragioni, ma non sapevo cosa dire. Il brutto è che nemmeno io sapevo perché mi ero permessa, lui non aveva dato segnali che mi lasciassero intendere di baciarlo. Ero partita io, senza ragionare. Altre volte mi era capitato di prendere l’iniziativa con un uomo ma, con lui era diverso. Eravamo già amici e colleghi da anni. Che cavolo stavo combinando?
Arrivati a destinazione, scese velocemente salutando alcuni fan che lo aspettavano fuori da una radio del luogo, per quel giorno aveva un intervista. E una sessione fotografica più tardi.
Tutto il pomeriggio passò tra strade e gente che non conoscevo. Tra di noi monosillabi e parole tese. Nient’altro. E la prima a non voler parlare, ero io.
 
Lo riaccompagnai a casa e una volta entrato sbuffai rumorosamente. Mi ero dimenticata di respirare. Ero tesa da morire. Se non avessi risolto in fretta sarei morta presto, non potevo lavorare così.
“Buu!!”
“Shaaaan! Che paura!”
“Sono minuti che ti chiamo, ma non rispondevi”
“Si scusa, riflettevo. Dimmi”
“Volevo dirti di rimanere a cena. Avevo detto a Jared di dirtelo, ma vedendoti in macchina ho immaginato lo avesse dimenticato. C’è anche mamma stasera” e sorrise felice.
“Oh, mi piacerebbe tanto rivederla, è da molto tempo che non ci scambio due chiacchiere.”
“Allora, parcheggia ed entra”
“Ok, arrivo”
 
“Emma, tesoro….Come stai?” mi abbracciò forte.
“Constance, sto bene grazie. Tu come stai? “
“Benissimo cara, quando sono con i miei figli ancora meglio” sorrise e rivolse il suo sguardo ai due fratelli che preparavano la tavola.
“Mangiamo qui a quanto pare, li hai già messi all’opera” dissi indicandoli.
“Si, ho portato tante cose buone da mangiare, così ho chiesto, anzi ordinato, di apparecchiare. Sai ci vuole polso fermo con quei due. Ma che te lo dico a fare. Lo saprai ormai!”
“Beh si ho imparato a conoscerli con il tempo e so come prenderli”
“Hanno tanta stima di te tesoro, sei una ragazza con la testa sulle spalle, matura, responsabile e semplice. Ne trovassero una che ti assomigli almeno un po’”
“Grazie, mi fai arrossire. So che mi vogliono bene. Spesso cerco di consigliarli sulle donne ma preferisco non mettermi in mezzo, potrei fare danni” e ripensai alle fasi che avevo sputato in faccia  a Jared riguardo Natalie. Distolsi lo sguardo da Constance e sistemai le pietanze nei piatti.
“Cos’hai? Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No, no assolutamente. Sono io che sono sbagliata, a volte credo che tutta la concentrazione che metto sul lavoro mi limiti nel resto delle cose.” Dicendolo ad alta voce diventava ancora più veritiero. Costance si avvicinò e mise la mano sulla mia spalla.
“Se c’è qualcosa di cui vuoi parlarmi, sono qui. Probabile che non saprò come risolvere il problema, ma una volta detto il fardello sarà meno pesante.”  Sorrisi, sentivo gli occhi lucidi e le lacrime che volevano fare capolino. Le ricacciai indietro, la abbracciai e risposi “Grazie, quando saprò come spiegare la situazione, te ne parlerò” sapevo che non lo avrei fatto. Non potevo parlarne con lei ma sapere che mi fosse vicina lo stesso, mi dava più forza.
Durante la cena risi come una pazza. Shannon  era in vena di raccontare aneddoti divertenti alla madre. La maggior parte erano figuracce fatte sul palco, le più di Jared.
“Che poi tu non hai visto quando quel coglione di tuo figlio è saltato su una palla rossa gigantesca e si è ritrovato gambe all’aria”  * ridevamo al ricordo di quella pazzia, io mi tenevo la pancia. Mi voltai a vedere come l’avesse presa Jared e lo trovai a fissarmi sorridente, io abbassai lo sguardo e mi versai dell’acqua. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo. Mi sentivo di aver tradito la sua fiducia e avrei dovuto chiedergli scusa. Non riuscivo a rimanere da sola con lui, quindi decisi di rimandare la conversazione ed aiutare Constance a ripulire la cucina. Mentre eravamo una accanto all’altra che asciugavamo le stoviglie mi disse una frase che in quel momento non capì “tesoro, non so cosa ti rende così pensierosa. Ma se posso permettermi ti dirò una cosa che vale per molti problemi. Se la scelta che fai, è fatta con il cuore non puoi di certo pentirtene.” Mi sorrise dolcemente, passandomi un altro piatto.
 
Quella donna sapeva tutto o era stato solo il suo sesto senso a parlare?



* Ecco il video se non lo avete visto o non lo ricordate! xD
http://www.youtube.com/watch?v=byrSYsyI25s

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Capitolo 6
*** Don't act like I never told you ***


Visto che lo avevo già scritto, ho deciso di aggiornare. Grazie a tutti quelli che seguono silenziosamente e a quelli che recensiscono ^_^



 
“Ciao Shan. Sai dove si è cacciato Jared?”
Lo chiamavo dalla mattina ma non rispondeva. Così ero andata a casa a cercarlo. Volevo parlargli. Non riuscivo a rimanere in bilico in quella situazione.
“Credo sia di là, nello studio, perché?”
“Non mi risponde al telefono”
“Avrà le cuffie” classico di Shannon, la risposta esatta è la più semplice. Perché non ci avevo pensato?
“Si, certo. Ovvio. Ok, vado.”
“Emma… ma stai bene?”
“Si, certo, tutto benone. Vado a dirgli due parole.” Mi incamminai mentre sentivo Shannon dietro che continuava a chiedermi come stessi. Lo ignorai ed entrai nello studio. Era buio. Solo una luce lampeggiante rossa si intravedeva. Probabilmente il telefono di Jared cercava di richiamare la sua attenzione ma lui non se lo filava, stranamente.
Mi immersi nel buio.
Mi voltai e lo vidi. Sdraiato sul divano, la chitarra acustica accanto a lui che ascoltava ad occhi chiusi della musica dalle cuffie.
Mi sentivo di troppo, decisamente. Stavo interrompendo un momento privato. Cominciai ad indietreggiare, mi voltai verso la porta ma lui disse “Chiudi la porta e vieni qui”.
Feci come aveva detto e camminai, per quanto poco riuscissi a vedere dove mettevo i piedi.
“Jared, posso accendere la luce? Non vedo nulla”
“No…” lo disse quasi in un soffio, di fronte a me.
Me la stava facendo pagare a modo suo?
 
“Ero venuta a parlarti. A chiederti scusa per quello che è successo. Non…non era mia intenzione rovinare tutto quello che avevamo costruito con il tempo. Vorrei poter tornare indietro….”
“lo rifaresti?” la sua voce era dura e tagliente.
“Io…non…lo so…”
“Certo che lo rifaresti. Non ci hai riflettuto molto quando lo hai fatto, perché rifletterci ancora?” e accese la luce. Era appoggiato al muro con una spalla e le gambe incrociate.
“Se per te questo è un problema……”
“No, non lo è. Per te?”
“No. Ma devi assicurarmi che non ne faremo più parola”
“Come preferisci”. Perché aveva quello sguardo arrabbiato che rendeva i suoi occhi inquietanti?
“Non ce l’hai con me?”
Si avvicinò e disse “ Un po’. Stavo scoprendo una parte di te che non conoscevo, quella che si lascia andare e non riflette.”
“Che cosa…stai dicendo? “
“Quello che hai capito. Non comportarti come se non te lo avessi detto.” Andò verso la porta sfiorandomi e uscì.
 
“Quello che ho capito?? Ma io non ho capito un bel niente….” Sussurrai, scuotendo la testa, ormai da sola.
 
Quella frase mi rimbombò in testa per i giorni successivi. Dovevo capire perché l’avesse detta, soprattutto perché non dovevo comportarmi in una certa maniera, ma non sapevo quale. Spesso rimanevo sola con me stessa a riflettere, a ripetermi mentalmente la conversazione che ormai sapevo a memoria. Non trovavo nulla che potesse aiutarmi. Mi aveva detto che non era un problema, quindi non era arrabbiato per il bacio. Di questo ormai, ne ero certa. La cosa che lo arrabbiava era che io avessi cambiato atteggiamento. Adesso, bisognava capire se gli piacesse che avessi fatto qualcosa fuori gli schemi o che non dovevo rompere con la storia del bacio perché era acqua passata. O entrambe?  Non ci stavo capendo nulla, non poteva essere più chiaro?
Probabilmente ero troppo assorta nei pensieri, perché si mise seduto accanto a me Tomo. Eravamo in una radio locale a parlare del nuovo album e avevano appena finito. Tomo mi picchiettò sulla spalla dicendo “Stai pensando a come uccidere qualcuno?”
“Eh? No! Che dici?”
“Hai un’aria così seria e concentrata. Non che di solito tu non lo sia, ma oggi lo sei in modo inquietante” . Mi sorrise.
“Sto cercando di capire come potrebbe proseguire una serie web che seguo”
“Oh wow, ti ha presa parecchio! Beh dimmi, di solito sono cose così prevedibili che le indovino subito. Spara!”
Non sapevo come uscirne, ormai dovevo sparare una cavolata o raccontare l’accaduto camuffandolo. Decisi per la seconda, magari lui da esterno mi avrebbe aiutata a vederci chiaro.
“Allora c’è una ragazza che si è resa conto di  amare un uomo, ma quando si conobbero, strinsero  un patto silenzioso, dove nessuno dei due avrebbe dovuto innamorarsi dell’altro. Ma adesso uno dei due ha infranto il patto e si sente in colpa. Lo ha detto all’altro, ma stranamente quest’ ultimo non è arrabbiato per ciò, ma per il comportamento che ne è conseguito. “
“Ma è un thriller? Che cavolo di serie guardi… Comunque ho una domanda, perché non possono innamorarsi?”
“ E che ne so, è una serie un po’ misteriosa, gli indizi vengono svelati puntata dopo puntata…”
“Mmmmmh allora ho un’altra domanda…in che consiste il cambio di atteggiamento? Capiremmo molto da quello”
“Ah si giusto. Beh lei, si è scusata per aver infranto il patto. Pensava di ricorrere subito ai ripari prima che la situazione andasse troppo avanti senza parlarne, e invece quest’uomo pare  sia infastidito da questo comportamento. “
“Quindi lui è scocciato che lei si scusi?”
“Eh, boh. Si. Credo.”
“Mi sembra ovvio. Ho due soluzioni. La prima è che lui se ne fosse già accorto del cambio di sentimenti e quindi non vuole dare molto peso alla situazione, oppure si è reso conto che anche lui prova qualcosa.”
“E complicato in entrambe le situazioni.” Mi misi le mani nei capelli.
“Vabbè complicato, sempre relativamente essendo una serie web no?”
“Oh si certo…era per dire, se accadesse nella vita reale sarebbe complicato”
“Soltanto nel primo caso, perché uno dei due dovrebbe reprimere i propri sentimenti. Nel secondo caso no.”
“E come si potrebbe riuscire a capire cosa pensa lui?”
“Aspettando la prossima puntata forse?” disse facendo l’occhiolino.
“Certo! Ma lo sai che sono curiosa e non mi piace aspettare…”
Arrivarono gli altri e salimmo in auto per tornare a casa.
 
Di certo la chiacchierata con Tomo era stata utile. Probabilmente Jared non si aspettava che mi scusassi ma preferiva passarci sopra senza farne parola e per questo non era d’accordo con il mio comportamento. Non dovevo comportarmi come se non me l’avesse detto. Ok, non ne avrei più parlato. Nessun riferimento o battuta. Ricevuto. Sarei  tornata a comportarmi come prima.
 
 
(Sarà arrivata alla conclusione giusta?)

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Capitolo 7
*** The days goes on ***



Eravamo ripartiti per il tuor. Toccava all’europa.
Eravamo in piena discussione. Stavamo decidendo se mangiare sul bus o andare in un ristorante. Jared insisteva per cucinare sul bus. Li aveva tutte le sue verdure, di cui aveva fatto scorta prima di partire. Era scontato che volesse rimanere li.
Si andò ai voti e vinse il ristorante. Mi misi a cercarne uno secondo i commenti dei clienti, su internet. Jared mise il muso e affermò “Voi andate pure, io rimango qui.”
Shannon se la rise “Va bene, rimani qui a farti la cena a lume di candela, tu ed il tuo tofu!”
Tra le risate generali, guardai Jared. Chiedevo conferma con lo sguardo per la prenotazione. Avevo il cellulare in mano e attendevo che mi facesse qualche cenno.
Ultimamente avevamo ripreso a parlare normalmente ma sembrava volesse evitarmi.
Finalmente mi guardò e invece di dirmi, come immaginavo, che non avrei dovuto prenotare per lui mi disse sottovoce “Rimani a farmi compagnia?”. Una semplice richiesta, non voleva stare da solo li dentro.
“E se invece tu venissi con noi? Ordini li le tue verdure e sei comunque in compagnia.”
“ No, voglio stare qui. Mi piace cucinarmi queste cose da solo.”
“Jared…ma cosa cucini che tanto mangi le gallette, un pò di tofu ed i fagioli in scatola. “
Sbuffò. “Va bene, vai con loro.”
Si alzò e se ne andò vicino al finestrino prendendo un libro.
Arrivammo e tutti cominciarono a scendere con velocità. La fame chiamava. Shannon si girò verso di me, vedendo che ero ancora seduta “Em, non vieni?”
“No, ho prenotato per voi. Rimango a far compagnia a questo rompiscatole.”
“Contenta tu. Ciao, a dopo!”
Jared arrivò sorridendo “Allora che vuoi per cena?”
“Dobbiamo stare per forza qui? A me non piacciono molto quelle schifezze”
“Emma, è  cibo sano, ti fa bene. E poi non rimaniamo qui, se vuoi mangiamo e ci facciamo una passeggiata.”
“Va bene. Almeno se ho fame prendo qualcosa camminando.”
Alzò gli occhi al cielo e rovistò negli sportelli.
La cena andò meglio del previsto, anche se non ero soddisfatta, così insistetti per uscire. Avevo voglia di un dolce, mi piaceva provare i dolci dei luoghi che non conoscevo.
Camminavamo per la strada principale e vidi un chioschetto di Waffles. L’odore mi catturò completamente e corsi a farmene dare uno.
“Vuoi?” lo porsi a Jared.
“No, no. Sicuramente c’è il burro. Come se lo avessi mangiato, grazie”
“Lo so che rifiuti sempre, ma non posso non offrirtelo.”
“E’ quello che si dice “buone maniere” o ti preoccupi veramente che io possa morire di fame?”
“Entrambe. A volte mentre ti guardo quando sei sul palco mi chiedo come fai a stare in piedi e correre come un pazzo. Me lo chiedo da anni ormai.”
“E’ la musica e il calore dei fan che mi da energia.”
“Lo so, lo vedo dai tuoi occhi”
“Vedi tante cose, sei un’abile osservatrice ma non vedi tanto oltre”
“Che intendi?” Adesso ricominciava con le sue frasi misteriose, piene di significati nascosti.
“Quello che ho detto. Che sai tutto di me, a volte prevedi anche le mie mosse. Ma quando ti dissi di non comportarti come se non te lo avessi  detto, tu hai fatto l’esatto opposto.”
“Te la posso dire una cosa?”
“Devi”
“Se tu parlassi chiaro e tondo, senza giri di parole; non si creerebbero incomprensioni. Cazzo, parla come tutti i comuni mortali! Che significa? “
“Ma che divertimento c’è se parliamo tutti nello stesso modo? Poi non era difficile da capire”
“Mi stai dando della stupida?”
“Assolutamente no, torniamo indietro. E’ tardi.”
Ecco, avevo un altro quesito su cui scervellarmi. Avevo fatto l’esatto opposto?
 
Dormì male. Veramente male. Nei miei sogni vedevo volti di sconosciuti ridere a crepapelle e sentivo le mie guance rigarsi di lacrime di frustrazione. Era quello che provavo e si rifletteva nei sogni.
La mattina fu una tragedia alzarsi. Eravamo ancora in viaggio e avevo troppo sonno.
“Caffè! Ho bisogno di caffè…” dissi sbadigliando.
“Buongiorno, ti vedo in splendida forma Emmina, dormito bene?” Shannon era in vena di sfottere.
“Ho dormito una merda. Shannon tu russi!” mi giustificai.
“Avete i tappi per quello!” disse offeso e aggiunse “ tutte scuse, sono giorni che sei strana e hai la testa fra le nuvole. Confessa! Chi è lui?” oddio, non reggevo a questi giochi di prima mattina e non con quel mal di testa.
“Tu Shan! Ti amo e voglio sposarti, va bene?”
“Oh e potevi dirmelo prima, avrei trovato altri modi per non farti dormire” mentre rideva mi versò del caffè, io mi sedetti e mimai un “grazie” con le labbra. Jared si nascondeva dietro ai suoi occhiali scuri, mentre scorreva le menzioni su twitter, ma riuscivo perfettamente a vedere quel sorrisetto sarcastico che sfoggiava senza ritegno. Rideva per il mio siparietto con Shannon e aveva notato il mio imbarazzo alla domanda di suo fratello, o rideva per i soliti tweet di bimbette in calore?
 
Finalmente arrivammo e trasferimmo tutte le valigie in albergo.
Ovviamente fuori, al vento, c’erano ad aspettarli un numero esiguo di fan. Salutarono velocemente tutti, mentre io entravo a richiedere le stanze.
Mi buttai subito sotto la doccia, appena fui in camera. Nel pomeriggio, avevano un paio di interviste radiofoniche e dovevo occuparmi dei ragazzi con I golden ticket al concerto in serata.
Uscì dalla doccia e osservai che rispetto alla mattina mi ero un pò ripresa. Le occhiaie si erano schiarite e i capelli puliti mi facevano stare molto meglio. Ero dimagrita molto e con indosso solo l’asciugamano lo notavo di più.
Bussarono alla porta. Grondavo d’ acqua. Imprecai e andai ad aprire.
“Non ti conviene aprire la porta vestita, anzi,  non vestita così” disse indicandomi. Dal viso scese a guardare quel poco di stoffa che arrivava sino alle cosce e si soffermò a guardare le gambe.
“Jared! Hai finito di farmi la radiografia? Che c’è?”
“Posso entrare?”
Sospirai pesantemente “Si, dai…Muoviti”
Entrò velocemente e si distese sul letto con tutte le scarpe. Chiusi la porta e presi a tamponarmi i capelli.
“Sono molto comodi questi letti, hai notato?”
“No, sono andata diretta nelle doccia. Tu hai avuto già modo di provarlo? Vuoi entrare nel Guinnes World Record?”
“Non intendevo quello, mi ci sono solo seduto. Non mettere in giro anche tu questa voce che mi scopo tutto quello che di biondo cammina su questo pianeta.”
“Io scherzavo. E poi lo dico solo a te. Comunque è una voce falsa. Io sono bionda.”
“Giusto. Giusto. Anche se…” mi girai a guardarlo così velocemente e in modo truce che si ammutolì, così completai io la sua frase “anche se….NIENTE!”
Si alzò lentamente e si diresse verso di me. Si tolse gli occhiali che si ostinava a portare anche al chiuso, li agganciò allo scollo della maglietta scoprendo di più il petto e disse “Anche le donne hanno impulsi sessuali, non sei una macchina, quindi capisco. Anzi, ho capito. E’ ok così. Ma cerca altrove il divertimento di una notte, non è saggio per noi. Come hai detto tu, manderemmo tutto in fumo.” Mentre parlava mi aveva afferrato il viso con entrambe le mani, come a volermi ipnotizzare con le sue parole. Non serviva, ero già d’accordo con lui.
“Non ho altro da aggiungere. Sono completamente d’accordo con quello che hai detto. E’ stata una considerazione saggia. Ma sappi che….” Il suo telefono vibrò nella tasca. “Scusa, scappo. Ci vediamo dopo” Mi diede un bacio in fronte e corse fuori.
 
“Ma sappi che…..non era un impulso sessuale.” Sussurrai, mentre una lacrima solitaria mi solcava il viso. Magari fosse stato solo il divertimento di una notte. A quello avrei saputo tener bada.




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Capitolo 8
*** I still couldn't breath ***


Il Tuor proseguiva senza intoppi.

Ero tornata in albergo a prendere qualche giacca più pesante. Le temperature si erano abbassate drasticamente. Uscì fuori e tirai su la sciarpa per ripararmi dal vento. Alcune fan ero sedute sugli scalini dell’hotel e quando mi videro vennero a farmi delle domande.
“Emma, I mars sono dentro?” “Dove possiamo trovare Jared?” “Come fai a lavorare con un così fiiiigo” Ok, ne avevo abbastanza. “Ragazze, non sono qui. Al momento sono a fare il soundcheck, voi non dovreste essere in fila?”. Una ragazza bassa e tarchiata mi rispose in modo arrogante “non tutti siamo pieni di soldi sai!”. Non reggevo questi discorsi, quindi le risposi a tono “Non mi pare che i biglietti costino così tanto, c’è di peggio.”
Erano tutte ragazzine sui sedici o quindici anni, avevano le magliette con il volto di Jared e altri gadget del sito, così aggiunsi “I soldi per comprare quelli li avete però” ed indicai i vari bracciali che portavano. La ragazza tarchiata fece un passo verso di me, e in tono minaccioso disse “ Sai, mi stai proprio antipatica! Fai un lavoro fantastico e non sorridi mai, sei sempre sciatta e non dovresti neanche parlarci a questo modo!”
Non era la prima volta che mi capitava una cosa del genere, respirai a fondo e risposi “Sono al corrente del genere di lavoro che faccio, sorrido quando qualcuno me ne da ragione di farlo, mi vesto come mi pare e piace e le mie erano soltanto osservazioni. Ora, scusate, ma vado a fare quello per cui mi pagano.”
Voltai loro le spalle e andai verso la macchina. Non le sopportavo. Erano quelle bambinette che pensavano di sapere tutto solo leggendo interviste o articoli di gossip. Su di me non sapevano nulla, sicuramente, cercavo di rimanere più in ombra possibile e ci riuscivo abbastanza bene. Aprì lo sportello ma mi sentì chiamare. Una di quelle ragazze mi aveva seguita. Non mi aveva rivolto parola, era rimasta più dietro ad ascoltare la conversazione. Sembrava molto più piccola delle altre.
Tremava per il freddo e sembrava spaventata.
“Dimmi”
“Sc..scusale, prima o poi capiranno come ci si comporta”
“Se nessuno glielo insegna, ne dubito”
“Ecco, io….volevo…” era in evidente difficoltà, sia per l’imbarazzo che per la lingua. Così chiusi lo sportello, mi avvicinai e la spronai “Dimmi tutto, prima che arrivino le tue amiche a dirmene altre due”
“Si, ecco…potresti farmi un favore?”
“Se posso, si.” Non mi sbilanciavo mai, alle volte chiedevano il numero di Jared o Shannon, quindi non mi conveniva rispondere sempre affermativamente.
“Questa è una lettera che ho scritto qualche giorno fa” disse tirando fuori dalla tasca un pezzo di carta “potresti consegnarlo ad uno di loro? E’ per tutti, nessuno escluso, compresa tu” Aveva gli occhi lucidi per l’emozione o per il freddo.
Presi il foglio, lo misi in tasca e sorridendole dissi “ Certo. Probabilmente la leggerà qualcun altro prima, per controllarla, ma cercherò di farla arrivare a chi di dovere” e montai in auto. La ragazzina fece un sorriso meraviglioso quindi abbassai il finestrino e aggiunsi “tesoro vai a casa, non torneranno prima di stanotte. E’ inutile morire di freddo qui. Alle tue amiche dì che vai a casa perché non stai bene, così rimarranno qui a congelarsi il culo invano”. Rise sommessamente, mi salutò e ritornò indietro.
Nella mia vita avevo imparato che le cose vanno guadagnate e meritate, lei si meritava una gentilezza che non mi costava nulla.
 
Quando arrivai al luogo del concerto, era deserto. Ma, se ne erano andati tutti? Poi sentì le corde di una chitarra suonare e una voce inconfondibile cantare una canzone mai sentita. Superai alcune casse e dei fili attorcigliati. Lo vidi. Seduto a terra, la chitarra sulle gambe. Cercai di non far rumore per spiarlo silenziosamente. Amavo da sempre la sua voce e il modo in cui l’adattava ad ogni occasione. Forte e graffiante, dolce e vibrata o calda e flebile come un sussurro. Spesso, all’inizio del mio lavoro, gli chiedevo di cantare quando eravamo in giro e lui ogni volta minacciava di licenziarmi. Sorrisi a quei ricordi. Sembrava fosse ieri, invece erano passati anni. Eravamo cambiati entrambi. Eravamo sempre stati ottimi amici, spesso lui mi consigliava nei miei problemi o nelle scelte di vita, soprattutto quando aveva scoperto che mi sarebbe piaciuto produrre film. Si era subito interessato, aveva fatto domande su domande e alla fine, quando ce n’è stata occasione, avevamo collaborato ai video. Ne ero così entusiasta.
Sapevo che ci teneva a me, ma non nel modo che avrei preferito.
Era stato chiaro, niente tra di noi. Ma a volte mi sfiorava l’idea “e se anche lui provasse qualcosa per me ma si frena per i miei stessi motivi?”
Si voltò e mi vide. Sorrise e mi avvicinai. Mi sedetti accanto a lui.
“E’ nuova?”
“Ti piace? Sono un paio di giorni che cerco le parole giuste ma non sono mai soddisfatto”
“A me sembra già bella così, ma so che troverai il modo per renderla perfetta”
Non rispose e continuò a pizzicare le corde. Presi la lettera della ragazza dalla tasca e gliela consegnai.
“Mi hai scritto una lettera d’amore?” disse, prendendola.
“No, è di una echelon e piantala con questa storia, non è divertente.”
“Che ti succede? Una volta ti ci saresti fatta una risata sopra” ecco, una volta. Aveva detto bene.
“Non mi fa ridere.” Dissi seria, sistemando le pieghe dei jeans.
“La fai più grande di quanto sia. Pensavo potessi scherzarci su” .Ero offesa, quindi mi alzai senza dire nulla. Volevo andarmene, sapevo che in quelle condizioni avrei potuto dire più di quello che pensavo. Lui si alzò velocemente e mi afferrò per un polso.
“Fermati! Che cazzo ho detto?”
“Niente! Lasciami andare”
“No! Finchè non mi dici perché vuoi andartene via”
“Non mi va di stare a sentirti quando parli di queste cose”
“Emma, cazzo fermati!!! “ Mi bloccai e mi voltai verso di lui. Avevo gli occhi lucidi ma trattenevo con tutte le mie forze le lacrime.
“Ti avevo chiesto di non parlarne più e tu continui a farlo. Lo fai per vendicarti? So che ti ho mancato di rispetto, ma ora mi sembra esagerato rinfacciarmelo ogni volta che ne hai occasione”
“Perché piangi?”
Oddio, stavo piangendo? Mi sfiorai il viso e lo sentì umido. Si, avevo aperto i rubinetti. Con le parole erano esplose anche le lacrime. Mi asciugai velocemente, sfilai il mio polso dalla stretta della sua mano, gli voltai le spalle e me ne andai.
Camminavo velocemente nel corridoio. Le lacrime mi offuscavano la vista.
“Emma!”
Jared mi aveva rincorsa. Mi prese per il braccio e mi trascinò in una stanza deserta. Accese la luce e chiuse la porta. Non volevo mi vedesse così.
Trovai una sedia e mi ci sedetti.
“Vuoi un bicchiere d’acqua?”
“No, grazie sto bene. Voglio solo rimanere da sola.”
“ Cosa ho detto che ti ha fatto reagire così?”
“Tu che sai sempre tutto, non ci arrivi? Probabilmente non vuoi arrivarci”
“No. Ci sono arrivato da tempo. Probabilmente prima di te.”

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Capitolo 9
*** You figured it out, didn't you? ***




Alzai il viso sorpresa.
“Era così evidente?” dissi malinconica.
“Abbastanza per chi ti conosce. Anche mamma lo aveva capito”
“Scusa…ho fatto un casino”
“Perché continui a scusarti?” prese una sedia e si accomodò accanto a me.
“Perché….perchè non doveva andare così…non dovevo…io…” non riuscivo neanche a guardarlo, non so che espressione avesse mentre cercavo di spiegarmi senza riuscirci.
“Em, non sono cose che si possono controllare, lo sai meglio di me.”
 
Silenzio.
 
“Ehi, che stai pensando?” mi prese il mento e cercò di rivolgere il viso verso di lui.
“Visto che lo sapevi avresti dovuto mettere una barriera sin da subito. Non avresti dovuto lasciare che ti baciassi.” Mi alzai e aggiunsi “ovviamente, non ti sto incolpando di nulla”
“Mi hai colto di sorpresa” e si alzò anche lui, venendo di fronte a me. Non sapevo cosa dire, avrei voluto che in quel momento di aprisse un buco nel pavimento e che mi divorasse, per togliermi dall’imbarazzo.
Aggiunse “ ma ero ancora più sorpreso dai continui cambiamenti che hai avuto dopo. Nonostante ti conosca da molto non riuscivo a capire quello che ti frullava per la testa. Ho provato ad ignorarti ma sembravi stare peggio, così ho cominciato a provocarti.”
“E cosa avresti voluto capire? Cosa hai capito? Ci eravamo detti di non parlarne più, eri stato abbastanza chiaro. Per quanto  puoi essere chiaro tu .”
Si avvicinò ancora, dicendo “ Cercavo di capire se fosse un caso isolato. Non lo era. Così provavo a farti capire che ti ero vicino ma mi hai allontanato, non era quello che volevo. Hai capito male ed hai reagito di conseguenza.”
“Non sapevo che fare. Non ci stavo capendo nulla. Non ci sto capendo nulla. L’unica cosa che so è che mi sentivo terribilmente in colpa.”
“In colpa per cosa? Se non avessi voluto baciarti, mi sarei tirato indietro e gentilmente ti avrei fatto capire che non ero d’accordo”
Silenzio.
Che stava dicendo?
 
“Non devi dirlo perché ti faccio pena”
“Hai finito di sparare stronzate?” aveva alzato la voce. Prese il mio viso fra le mani e si fermò a pochi centimetri. Azzardai un pensiero e lo trasformai in timide parole:
“Quindi….. volevi… baciarmi?”
“Si. E voglio baciarti. Ora” soffiò e fece quello che voleva.
Cercava le mie labbra ed io le sue. Ero confusa, ancora.
Non riuscivo a mettere insieme i pezzi, ma poco mi importava in quel momento.
Sentivo che mi voleva e non  serviva altro. Mi aggrappai al suo collo e alla sua maglietta. Sentivo i muscoli, tesi.
Volevo toccarli.
Infilai una mano sotto la maglietta e sfiorai la schiena.
Lui mi prese per i fianchi adagiandomi su un tavolino. Era imprigionato tra le mie gambe che  sfiorava ripetutamente salendo verso i fianchi, scostò la maglietta e salì fino alla schiena. Non staccava le labbra dalle mie, cercando con la lingua la mia. Il suo odore mi inebriava, il suo sapore mi eccitava.
Senti il suo telefono vibrare nella tasca.
“Cazzo…” lo prese rimanendo attaccato a me. “Che c’è?....Si, arrivo”
“Devi andare?” avevo ancora il fiatone, dannazione.
“No, dobbiamo andare” e catturò le mie labbra ancora per pochi secondi.
“Si. Giusto. Andiamo”
 
Rimasi dietro le quinte durante il concerto, come sempre.
Ero stordita. Quindi lui mi voleva ma era frenato dal mio comportamento ambiguo?
Sembrava che tutti mi guardassero in modo strano o ero io che avevo un segreto e mi sentivo a disagio?
La folla andò in delirio quando si buttò su di loro e vidi che un’altra maglietta era partita.
“Riposa in pace ennesima canottiera!” dissi sbuffando e corsi in camerino a prenderne un’altra.
Tornai in tempo per la fine della canzone. Jared corse dove ero io per cambiare microfono.
“Jared, mettiti questa, sei sudato e fa freddo.”
Infilò al volo la maglia sbrindellata e mimando un “grazie” tornò sul palco.
 
 
“ Che ne dite di uscire a festeggiare?” disse Shannon dopo il concerto. Era su di giri.
“Che si festeggia?” chiese Tomo allontanandosi da lui, fingendosi schifato da tutto quell’entusiasmo.
“Il matrimonio tra me ed Emma, l’altro giorno si è dichiarata, ricordate? Jared, c’eri anche tu testimone…” mi cinse le spalle con la sua mole sghignazzando.
Il fratello sorrise di sbieco e rispose “Te ne sei trovato una dal bel caratterino, tanti auguri!”
“Ma parliamo della stessa Emma? Quella che conosco io è un pezzo di pane” Shannon guardò il fratello con sguardo curioso, poi mi scompigliò i capelli sorridendo. Corse a raggiungere Jared, che nel frattempo era entrato in stanza.
 
Chi dei due mi conosceva meglio? Probabilmente entrambi. Mi conoscevo abbastanza bene da affermare che ero entrambe le cose. Poi ero più che sicura che Jared avesse detto così per provocarmi. Ormai lo faceva senza neanche rendersene conto.
Abusava di quella sua abilità.
E spero non sapesse che su di me aveva un certo effetto.
 
Uscimmo tutti quella sera, in un locale nelle vicinanze che ci avevano consigliato.
Una splendida serata. Avevo parlato molto con Tomo, era intenzionato a sposare la sua fidanzata ma il problema principale era trovare un momento libero per farlo. Qualcuno della crew, ubriaco, si era offerto di pendere il suo posto sul palco. Tomo di tutta risposta alzò il dito medio dando inizio ad una guerra in cui si lanciavano qualsiasi cosa.
Schivando delle noccioline, mi allontanai.
Mi diressi verso il bagno delle donne per darmi una sistemata, attraversai un lungo corridoio disseminato di luci soffuse e coppie che, sarebbe potuto passare di lì un dinosauro e loro non se ne sarebbero accorti per quanto erano impegnati a dimenarsi.
Finalmente trovai le indicazioni per il bagno, girai l’angolo e trovai Jared a parlare in un orecchio, stretto ad una bionda che avevo già visto. Rimasi imbambolata di fronte a loro, non si erano accorti della mia presenza e non sapevo cosa fare. La cosa più preoccupante è che mi stava montando dentro una rabbia che non avrei controllato, lo sentivo.
Indietreggiai con cautela, mantenendo il mio sguardo su di loro.
Lei era aggrappata a Jared, lo teneva per le spalle. Ogni tanto gli sussurrava qualcosa nell’orecchio, poi tornava a guardarlo in viso ridendo.
Sorrideva anche lui.
Lo vedevo bene, le luci lo illuminavano perfettamente. Vidi altrettanto bene il momento in cui incrociò il mio sguardo. Il sorriso gli morì sulle labbra.
Io invece non sapevo cosa stavo provando. Rabbia, delusione, confusione, tristezza?
Mi voltai e mi incamminai verso l’uscita.
Non corsi, dentro di me speravo che mi rincorresse e si scusasse per quanto avevo visto. Una volta fuori dal locale, respirai un po’ d’aria fresca e mi voltai a guardare l’interno.
Nessuno mi aveva seguita.
Ero sola.



Lo so, sono una stronza senza cuore che vi finisce sempre i capitoli sul più bello, però mi piace farvi rimanere così O_O
Ringrazio tutti quelli che leggono silenziosamente....so che ci siete u.u
Tutti quelli che seguono, preferiscono e ricordano.
Sopratutto quelle anime "Tomose" che sprecano qualche minuto della loro vita a lasciare due righe con i propri pensieri!! Per il prossimo dovrete aspettare un pò di più, dipende dal tempo che ho per scrivere ^_^
Un abbraccio a tutti...

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Capitolo 10
*** Let's get lost tonight ***


Il cellulare squillava da mezz’ora.
Guardavo quel nome sul display ma non avevo il coraggio di rispondere. Cosa avrei dovuto dire? Non mi aveva mai detto che stavamo insieme. Erano questi i suoi buoni propositi? Cominciavamo bene!
 
Sei chiamate perse.
Questo segnava il display. Oltre all’orario, erano le quattro di notte.
Diedi le spalle al telefono e guardai la luna dalla finestra. Mi persi nei miei pensieri, sperando di trovare pace ed addormentarmi ma qualcuno bussava prepotentemente alla mia porta.
Sapevo chi era. E sapevo che avrei dovuto parlargli.
 
“Perché non rispondi?” era evidentemente agitato.
“Non mi andava, non sapevo cosa dirti.” Risposi semplicemente la verità
Mi oltrepassò ed entrò nella stanza sedendosi sul letto.
“Non dovrei giustificarmi ma, visto che trai conclusioni sbagliate sono obbligato,  ci stavo solo parlando” sbuffò e aprì le braccia come per dimostrare che la cosa era abbastanza ovvia.
“Si lo so. Per quello non sapevo cosa dirti” ero rimasta in piedi, accanto alla porta. La chiusi.
Aggiunsi evidentemente in imbarazzo “In cuor mio sapevo che non stavi facendo nulla di male ma il mio istinto mi diceva di scappare, i miei occhi non volevano più vedere…avrei potuto strapparti dalle sue grinfie e con una scusa portarti via ma qualcosa mi bloccava” .
Sorrise e chiese curioso “Che cosa?”
“Il dubbio che non mi avresti seguita” lo stavo guardando in modo truce, volevo farlo sentire in colpa. Per cosa poi, non lo so.
Non disse nulla.
Si alzò lentamente e prendendomi in braccio mi baciò con furia. Mi adagiò sul letto disfatto e si distese su di me. Bloccandomi le mani sopra la testa cominciò ad esplorare di baci ogni parte di pelle nuda. Non essendo abbastanza,  sfilò la maglietta. Io feci lo stesso con la sua che lanciai lontano, strappandogli un sorriso. Lo avevo visto per anni a torso nudo, ma non mi ero mai abituata. Con le dita percorsi tutte le vene che si vedevano sulla sua pelle chiara, mentre lui toglieva gli ultimi pezzi di stoffa che separavano i nostri corpi.
 
 Mi abbandonai completamente a lui, tutta la notte, come mai avevo fatto in vita mia.
 
Mi svegliai rilassata, sentivo che qualcuno era dietro di me e mi abbracciava. Finsi ancora di dormire, per assaporare quel momento. Ero in completa estasi. Sentivo il suo respiro sul  collo, una mano a cingermi la vita, l’altra sotto il cuscino. Volevo voltarmi per guardarlo dormire ma mi soffiò nell’orecchio “ So che sei sveglia, inutile fingere”
E mi solleticò con il naso.
Mi voltai, rimanendo abbracciata a lui. Il seno contro il suo petto.
“Immagino che tu sarai sveglio già da un bel po’. O non hai dormito per niente?”
“No, un po’ ho dormito.” E vedendo il mio volto scettico aggiunse “Giuro!”
“Credi che dovremmo parlarne?”
“Di cosa?”
“Di noi, di quello che stiamo facendo…” finì in un sussurro. Non volevo risultare pesante, ma avevo bisogno di conferme.
“Perché? non stiamo facendo niente. Se vuoi mi attivo subito a fare qualcosa” e scese sotto le coperte.
“No, dai! Non intendevo questo….sempre al sesso pensi! Ti porto a farti curare”. Sbucò da sotto il lenzuolo,
“Primo: non dobbiamo parlare di quello che stiamo facendo, viviamocela così, come viene. Secondo: non penso sempre al sesso, stavo per dare piacere a te.”
“Ok, va bene, ho ricevuto, hai ragione. I miei soliti pensieri.
 Riguardo al secondo punto….continua pure quello che stavi per fare”
Sorrise e tornò sotto le coperte per mandarmi in paradiso.
 
Ci vestimmo velocemente. Eravamo rimasti troppo a letto e si era fatto tardi. Uscimmo in fretta dalla porta, Jared mi teneva la mano.
Tolsi la chiave dalla toppa e sentì la voce di Shannon darci il buongiorno.
Jared automaticamente lasciò la mia mano.
“Buongiorno Bro!”
“Già sei andato a rompere le palle a Emma di prima mattina? Perché non lo mandi a cagare qualche volta?” disse l’ultima frase rivolgendosi a me.
Non risposi. Guardavo ancora la mia mano. Che scema ero stata, pensavo forse che sarebbe stato così semplice? Il mio silenzio riempì il corridoio così Jared rispose al posto mio “Ero andato a svegliarla perché aveva il cellulare spento.” Una bugia semplice, diretta e pulita.
Shannon ci oltrepassò diretto a mangiare qualcosa.
Jared fece per seguirlo ma si voltò a guardarmi. Ero ancora ferma di fronte alla porta, riflettevo.
“Che c’è? Non hai fame?”
Risposi con un’altra domanda.
“Dobbiamo tenerlo nascosto? Neanche a tuo fratello vuoi dirlo?” la frase ad alta voce acquistava un non  so che di squallido.
“Shhhh abbassa la voce.”
“Rispondi”
“Per adesso si.”
“Non sono una puttana.”
“Ma che cazzo c’entra? Certo che non lo sei, ma non voglio che per ora gli altri lo sappiano. Già è complicato così, non peggioriamo la situazione.”
“Non credo che se lo dici a tuo fratello possa giudicarti negativamente, anzi…”
“Emma, vieni a far colazione. Poi ne parliamo con calma.” E allungò un braccio per invitarmi ad andare con lui.
Gli camminai accanto senza parlare fino al tavolino dove era anche gli altri, poi presi posto lontano da lui.
 
La giornata fu lunga e pesante, faceva freddo e ogni volta che rimanevo da sola con Jared, lui trovava il modo per fare altro o andarsene. Mi stava palesemente evitando per non parlare. La discussione era solo rimandata, non sarebbe scappato a lungo.
In serata, dopo la cena andai a cercarlo in camera. Bussai a lungo, ma da dentro non proveniva nessun rumore. Chiesi a qualcuno se lo avesse visto. Nessuno sapeva darmi una risposta. Adesso sapeva anche volatilizzarsi?
Uscì fuori e vidi una luce nel bus, posteggiato di fianco all’albergo.
Mi avvicinai e lo vidi su un sedile posteriore.
Bussai al finestrino e lui si voltò a guardarmi, si alzò e venne ad aprire.
“Che ci fai qui dentro da solo?”
“Sfuggivo al tuo stalking”
“Che simpatico che sei.” Si era riaccomodato su un sedile, a gambe incrociate, era senza scarpe.
“Dai vieni qui.” Disse allargando le braccia
“Prima parliamo” continuavo a rimanere in piedi con le braccia incrociate.
“Puoi parlarmi anche da qui. Dai vieni, se fai come ti dico, parlerò quanto vorrai”
“Questo è un ricatto bello e buono”
“Oh si che lo è. Allora, che hai deciso?”
Sbuffai e andai a sedermi su di lui con fare poco delicato.
“Auch! Fai piano”
“Che c’è, cominci a perdere colpi?”
“No, non mi pare.” Sfoggiò un sorriso malizioso e infilò una mano tra le cosce sfiorandomi il collo con le labbra.
“Jared, hai detto che avremmo parlato.” Dissi ansimando.
“ah….ah…possiamo farlo anche dopo che abbiamo finito questa di discussione, che mi sembra più interessante”
Sospirai, allontanai le sue mani  e risposi “prima parliamo, poi facciamo tutto quello che vuoi”
“E’ un ricatto questo”
“Si, decisamente. Ce l’hai solo tu l’esclusiva?”
Si passò una mano tra i capelli, si sistemò meglio e disse “Ok, parliamo. Vuoi sapere perché non voglio dirlo in giro?” Io annuì e continuò “perché sono cavoli miei, sono cose private. Non mi piace spiattellare la mia vita privata in giro. L’ho sempre odiato. Se le cose non dovessero andare bene tra di noi, non lo saprebbe nessuno e non ti tratterebbero come l’ennesima donna che è venuta a letto con me. Se tutto andrà come deve andare, allora il resto verrà spontaneamente. Però per ora, andiamoci piano.”
“Ti preoccupi per quello che potrebbero dire di me?”
“Si. Su di me ne dicono tante, che sono gay, che sono arrogante, che vado a letto con tutto ciò che respira, che mi drogo, che sono un coglione,  che sono una diva egocentrica….potrei continuare per ore. Però sono abituato, tu no. Quindi per ora meglio così.”
“Ho capito. Comunque che sei una diva egocentrica è vero, su un forum ho letto che ti chiamano La principessa con il Pisello”
“Bello, vedi i nostri fan sono sempre molto originali” rise divertito e tornò a guardarmi serio dicendo “non voglio che parlino male di te, perché non te lo meriti, quindi per ora ti proteggo tenendoti nell’ombra”
“Che discorso altruista”
“Ecco, quindi  la smettessero di dire che sono una diva egocentrica. Al massimo solo diva”
Lo abbracciai forte e affondai il viso nel suo collo.

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Capitolo 11
*** The simple answer is never what it seems ***



Ero nel backstage come al solito.
Accanto a me c’era Shannon, si stava tamponando il sudore. C’era la parte acustica, quindi ne aveva approfittato per ricaricarsi un po’. Tomo, era scappato dicendo che voleva fumarsi una sigaretta.
Io fissavo Jared, stava suonando “Hurricane” e tutti gli echelon cantavano a squarciagola quasi coprendo la voce di Jared.
Non che ci volesse poi molto. Erano due giorni che stava male, neanche parlava, bisbigliava.
 
La mattina avevamo litigato perché io insistevo per annullare lo show.
“Emma, smettila, non annulliamo proprio niente” lo avevo sentito a malapena per quanta poca voce uscisse dalle sue labbra. Eravamo in camera sua, ci eravamo appena svegliati e io mi ero accorta che non stava per niente bene.
“Ma porca miseria!! Vuoi pensare una volta a te stesso? Non riesci neanche a stare in piedi Cristo santo, come vuoi pretendere di durare per tutto il tempo del concerto?”
“Adesso mi riposo così poi stasera ce la faccio. Smettila di urlare, mi fai venire il mal di testa”
“Io non smetto proprio. Sei un masochista, ti uccidi così!”
“Non posso deludere gli echelon, ti rendi conto che saranno venuti da lontano alcuni? Pensa come ci rimarrebbero. E quelli che già sono al freddo a fare la fila? No, no..non posso fargli questo.”
Non sapevo come rispondere. Aveva ragione, ma ero preoccupata per lui.
 
Jared continuò imperterrito a suonare, cantare e saltare. Io lo seguivo con lo sguardo, preoccupata.
Finì la parte acustica intonando la canzone che stava cantando qualche giorno fa, quando lo sorpresi a suonare da solo sul palco in allestimento. Disse che era una nuova canzone, senza titolo e che l’aveva scritta pensando alle incomprensioni. Mi scappò un sorriso involontario, sapevo a cosa si riferiva, o meglio, a chi.
Poi aggiunse “ Credo che sia passata la mezzanotte. Quindi dovete aiutarmi a cantare una canzone, per una persona speciale che fa parte dei 30 seconds to mars anche se non è mai in prima linea. Quindi tutti insieme….tantiii auguriiii a teeee”
Mi sentì prendere il braccio da Shannon e realizzai che parlava di me. Oddio, era il mio compleanno!
Mi portò sul palco accanto a Jared che sorrideva mentre gli echelon continuavano a cantare.
“Ok, ok… Eccola qui! Buon compleanno Emma!”
Da un lato, arrivò Tomo con una piccola torta con le candeline accese, non potevo crederci, non mi ero accorta di nulla.
“Forza, soffia!!” gracchiò Jared, posai una mano sul suo braccio e soffiai .
“Buon compleanno!” e tutto il pubblico urlò festoso.
Shannon mi abbracciò, Tomo anche.
Guardai Jared. Avrei voluto abbracciarlo, forte. Non ci sarebbe stato nulla di male ma lui mi fece l’occhiolino e guardando il pubblico disse “oooh, si Emma compie 23 anni oggi, non è tanto vecchia. Almeno non come me che ne ho 95” si era messo  a giocare e intrattenere il pubblico, quindi tornai nell’ombra, sorridendo ad altri membri dello staff che mi rivolgevano i loro auguri.
 
Non reggevo questa situazione, fingere che fosse come prima. Non avrei mai preteso che facesse qualche gesto plateale di fronte  a tutti, non sarebbe stato da lui. Ma tutti questi segreti mi stavano mandando fuori di testa.
Ogni mattina uscivo prima dalla sua stanza, o lui dalla mia, in modo che nessuno ci vedesse. Mi trattenevo dal dire cose che avrei voluto dirgli, di fronte a tutti. Dovevamo sempre fare in modo di rimanere da soli e in quel contesto, con tutte quelle persone intorno, non era per niente semplice.
 
Dopo il concerto, andai a cercarlo inventando una scusa, per vedere come stava.
Lo trovai in camera sua, era andato a farsi una doccia. Aprì piano la porta e il vapore nel bagno mi investì. Non si era accorto della mia presenza, così mi sedetti sul bordo della vasca e mi schiarì la voce.
Fece capolino da dietro l’anta della doccia. Aveva i capelli bagnati che sgocciolavano sul tappeto e lungo il collo. Non riuscivo a vedere le altre dove andavano a finire, ma immaginavo.
Vedendomi sorrise e disse “Sei venuta a reclamare il tuo regalo?”
“Non mi interessano i regali. Come stai?”
“Escludendo la voce, sto meglio. Se vieni qui, ti do il mio regalo” allungò un braccio invitandomi verso di lui.
“E’ nella doccia il regalo?” chiesi, fingendo di non capire.
“Vieni tu o vengo a prenderti?”
Mi avvicinai al suo braccio teso, mi afferrò con forza trascinandomi sotto l’acqua bollente.
“Sono completamente vestita”
“Non è un problema. Rimediamo subito”
Mi baciò facendomi appoggiare al muro. Era freddo e il contrasto con l’acqua bollente e il calore del suo corpo mi eccitò più del normale. Mi spostò i capelli ormai bagnati dal viso e mi fissò con quegli occhi magnetici mentre toglieva la stoffa bagnata dalla mia pelle.
Sapeva cosa mi piaceva, come preferivo essere toccata e i miei gemiti gliene davano conferma. Feci aderire il mio corpo completamente al suo e presi il comando. Volevo sentire lui gemere per quello che facevo, dargli piacere come lui faceva con me. Era una continua lotta. Voleva comandare ma gli piaceva che io prendessi l’iniziativa su di lui. Dopo un tempo che mi sembrò infinito, sotto la doccia, mi porto in camera e rimanemmo a letto a coccolarci e a scherzare. Mi piaceva alternare con lui momenti di sesso sfrenato a momenti dolci, fino ai momenti in cui parlavamo di cose senza senso ridendo come matti. Ero in pace in quei momenti.
Mi addormentai a tarda notte, dopo  aver mangiato quello che si era fatto portare in camera e scartato i regali che mi aveva comprato.
 
Venni svegliata da voci familiari.
Aprì piano gli occhi, il letto accanto a me era vuoto e caldo, segno che Jared si era alzato da pochissimo. Alzai la testa e lo vidi alla porta. Aveva mezzo corpo fuori e mezzo nascosto dietro la porta. Parlava con qualcuno.
“….ma cosa vuoi che ne sappia io” stava dicendo.
“perché non vuoi farmi entrare? Tu non sei preoccupato?”
“perché sono cazzi miei con chi passo la notte e comunque no, è grande e sa badare a se stessa”
“ma chi se ne frega chi ti sbatti, io la sto solo cercando perché non risponde al telefono”
A queste parole mi voltai a guardare il cellulare sul comodino che era impostato sulla modalità silenziosa. Lo afferrai e vidi varie chiamate perse e un messaggio non letto. Il messaggio era di Shannon e recitava “che ne dici se usciamo tutti a festeggiare il tuo compleanno? So che non sei un animale da festa, ma è una buona occasione per fare casino. Dai che Tomo ti ha preso un regalo fantastico!” lo aveva inviato poco dopo che ero andata a cercare Jared inventando la scusa che avevo bisogno di una doccia.
Quando ero con lui dimenticavo persino che giorno fosse. Dannazione!
 
Shan era ancora alla porta a parlare con Jared. Mi alzai velocemente, prendendo i miei abiti e corsi nel bagno senza fare rumore. Composi il numero di Shan e lo sentì squillare oltre la porta.
“Emma! Eri sparita ieri sera, tutto bene?”
“Si, scusami avevo il cellulare silenzioso. Dopo la doccia sono crollata a letto e stamattina sono uscita a fare una passeggiata, presto. Mi preparo e scendo subito”
“No, non scusarti, ero solo preoccupato. Va bene, ci vediamo dopo.”
 
Attaccai e mi passai una mano nei capelli, sedendomi. Odiavo mentire e ultimamente lo stavo facendo spesso.
Jared entrò nel bagno e disse “meno male che ti sei svegliata e l’hai chiamato. Mi stava trascinando a vestirmi per uscire a cercarti”
“Era solo preoccupato per me. E’ comprensibile”
“Si ma stava esagerando”
“No Jared, mettiti nei suoi panni. Avevo detto che salivo a farmi una doccia e invece sono sparita. Ti saresti preoccupato anche tu!” lo avevo detto a voce troppo alta, perché si chinò alla mia altezza appoggiandosi alla mie gambe con le braccia incrociate.
“Che succede? Perché sei arrabbiata…è andato tutto bene. E’ tutto ok.”
Lo scostai alzandomi in piedi. Aprì l’acqua nella doccia e entrando dissi “ Certo, hai ragione. Ci vediamo giù, scendi prima tu.” Sfoggiai il migliore dei sorrisi che possedevo.
“Va bene, a dopo”
Chiuse la porta uscendo ed io scoppiai a piangere.




Ci avviciniamo alla fine......Grazie a tutti ^_^

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Capitolo 12
*** It's just a matter of time ***


Dedico questo capitolo a tutti quelli che hanno lasciato due parole per esprimere quello che pensavano della storia, grazie mille!! ^_^




Erano passati quasi due giorni. E da altrettanto tempo fingevo che quello che fosse successo non avesse alcuna importanza.
Me lo aveva spiegato e ripetuto tante volte che dovevamo rimanere all’oscuro per un po’, ma perché prendere la decisione al posto mio? Dovevo essere io a decidere se prendermi la responsabilità delle mie azioni. Se mi avessero parlato dietro me ne sarei fatta una ragione, non si può piacere a tutti.
Glielo avevo spiegato e rispiegato varie volte, ma continuava a dirmi che per il mio bene avremmo fatto meglio a far rimanere le cose come stavano.
Non ne ero così convinta.
 
Una mattina scesi prima dall’hotel e andai in spiaggia. Eravamo abbastanza tranquilli, perché la sera saremmo partiti verso un’altra capitale europea.
Passeggiavo assorta, guardando le persone che come me si godevano una passeggiata. Il sole era alto ma la temperatura era molto bassa, così tirai su il cappuccio e legai meglio la sciarpa, non potevo permettermi di ammalarmi. Non mi capitava mai, stavo sempre molto attenta.
Ogni tanto controllavo qualche email dal cellulare, poi riprendevo a camminare senza meta.
Sentì delle urla provenire dal marciapiede, poco distante dalla spiaggia e vidi delle ragazze raggrupparsi in cerchio intorno a qualcuno. Immaginai chi fosse e rimasi a godermi la situazione da lontano.
Allungavano fogli, magliette e pennarelli per farsi autografare qualcosa e scattavano fotografie come se piovesse. Le capivo, anche io avevo avuto i miei idoli e cerchi di assaporare il momento in cui li incontri il più a lungo possibile, cercando di immortalare il momento per renderlo più veritiero possibile.
Rimase a lungo a parlare con loro. Faceva sempre così. Preferiva fare domande e sondaggi tra gli echelon piuttosto che fare foto e autografi. Quelli più superficiali ci rimaneva male e insistevano per avere qualcosa da lui, mentre ad altri faceva piacere sapere qualcosa in più sul loro beniamino e fargli sapere qualcosa di loro stessi.
Dopo molto tempo si dileguarono e lui venne verso di me. Notai che era da solo e che aveva lasciato la bici all’entrata sulla spiaggia.
Tirò su il cappuccio della felpa e infilò i guanti.
“Mi stai evitando?”semplice e diretto, non era da lui.
“Un po’. Ho bisogno di riflettere e stare vicino a te mi confonde le idee.”
“Su cosa rifletti? Anche se posso immaginarlo”
“Rifletto su quello che stai immaginando suppongo”
“Devo ripeterlo ancora?”
“No, quello che volevi dire l’ho capito. Da tempo.”
“Pensi che stia dicendo cazzate?”
“No, non credo. In parte è vero. Ma sono sempre più convinta che ti nascondi dietro a questa scusa per evitare di impegnarti seriamente”
Silenzio.
Le mani in tasca. Il viso rivolto a guardare le onde infrangersi sulla sabbia. Gli occhiali scuri mi impedivano di vederne lo sguardo, ma conoscendolo riuscivo ad immaginarmelo perfettamente: serio, assorto e inquisitore.
Sospirò e disse “ non mi conosci così bene”
“Purtroppo ti conosco meglio di quanto immagini”
“Allora hai deciso di mollare?” a quelle parole sentì un nodo in gola. Non volevo ma dovevo essere realista.
“Dipende. Io so cosa voglio. Devi esserne sicuro anche tu, non posso giocare questa partita da sola”
Continuò a fissare le onde, immobile.
Poi si voltò verso di me e disse “Io so CHI voglio, ma non so COSA voglio”
“Per questo, non posso aiutarti”
“Si che puoi. Rimanendomi accanto” sfilò gli occhiali e mi fissò. Dentro di me sapevo cosa dovevo fare ma non ne avevo la forza. Quindi risposi “ Va bene” e lo abbracciai.
 
Cenammo tutti insieme. Io e lui eravamo piuttosto silenziosi, ci scambiavamo qualche sguardo di intesa ma eravamo piuttosto pensierosi.
Tomo se ne accorse ed indagò.
“Ehi, problemi?”
“No, niente che il tempo non possa risolvere”
“Molto spesso è questione di tempo, altro che la fortuna come dicono tanti”
“Che fai, ti rivendi i testi delle vostre canzoni?”
Ridendo disse “Ah! Vedo che stai attenta allora….però è vero. Spesso il tempo risolve i problemi ma io preferisco sempre affrontarli, il peso e le preoccupazioni svaniscono più in fretta.”
“Se dipendesse da me non le avrei neanche queste preoccupazioni. O forse è proprio colpa mia, mi faccio tanti problemi inutili.”
“Se non vuoi raccontarmi lo capisco, sono affari tuoi però di solito, parlarne a chi di dovere, aiuta.”
“Non è che non voglio parlarne, non posso. Comunque ne ho già parlato e l’unica soluzione sembra essere il tempo”
“E a te non sta bene?”
“Non molto. Non perché io non voglia aspettare ma…è la situazione nel mentre che mi logora. Ho già tante cose a cui pensare e ogni carico in più è troppo a cui badare.”
“E non si può troncare la situazione?”
“Sembrerebbe la risposta più facile, ma non posso. Non voglio. E se lo facessi, non mi allontanerei solo da lui, ma da ogni cosa che lo riguarda” sbarrai gli occhi tappandomi la bocca con la mano, mi ero resa conto di aver detto troppo. Fortunatamente nessuno al tavolo stava ascoltando la nostra conversazione, solo Jared ci guardava con sospetto. Lo ignorai e tornai a guardare Tomo che con un sorriso dolce disse “Tranquilla, sapevo già di cosa parlavi”
“Che cosa? Chi te lo ha detto?”
“Nessuno, l’ho capito da solo. Ormai conosco così bene entrambi da notare un cambiamento”
“Cambiamento dici eh…”
“Si, per esempio, in un’altra occasione, Jared vedendoci parlare così intensamente non sarebbe stato a fissarci tutto il tempo.”
“Quindi cosa devo fare?”
“Non lo so. Fai quello che senti sia più giusto per te stessa, soltanto per te stessa”
La faceva facile, lui.

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Capitolo 13
*** A quiet desperation's building higher ***


Mancavano tre mesi alla fine del tour. Eravamo tutti stremati, ma anche tristi perché tutto quello ci sarebbe mancato parecchio.
La mia situazione non migliorava. Jared era sempre più misterioso. Da quando aveva scoperto che anche Tomo lo sapeva continuava a dubitare della mia sincerità.
 
“Ti giuro che non gliel’ho detto io! Lo sapeva già”
“Ma tu ti sei spinta oltre con le parole. Se lui non lo avesse saputo?”
“Che problema c’è, è Tomo, non sarebbe certo andato in giro con un megafono a dirlo a mezzo mondo, ti fai troppe paranoie”
“Non sono paranoico, sono realista!”
“Non sei realista, sei furbo, è differente!”
“Che cazzo significa?” avevamo iniziato a urlare senza rendercene conto
“Sempre la stessa cosa, che vai in giro a dire di inseguire i propri sogni, di puntare in alto e poi di fronte a queste cazzate ti comporti come un marmocchio che puzza di latte!”
“Dici di conoscermi ma non hai capito proprio nulla di me”
“E’ qui che ti sbagli. Su questo punto di vista non ti conosci per niente. Quando si tratta di sentimenti non ti metti in gioco! Ma pensi mai a come mi sento io?”
“Mi sono sempre messo in gioco e guarda cosa è successo!!”
“Ma sono io, Jared! Mi conosci da anni ormai, dici sempre che hai piena fiducia in me e io in te. Ora cosa è cambiato?”
“Che non siamo più semplici colleghi!”
“E la cosa ti da fastidio?”
“No! Non so più come ripetertelo, no! Ma il rapporto tra colleghi è diverso. Non abbiamo mai litigato in tutti questi anni, poi abbiamo iniziato un rapporto diverso dal solito e ho perso il conto delle discussioni che abbiamo avuto. L’amore rovina tutto quello che tocca…” l’ultima frase fu un bisbiglio, sbuffò e si mise seduto su una panchina. Stavamo facendo shopping lungo una via piena di negozi, ma a quanto pare neanche quello ci distraeva dai nostri problemi.
Aveva detto l’amore?
“Va bene, smettiamola. Siamo stressati e parliamo senza ragionare, la vediamo diversamente su questo punto. Abbiamo avuto vite ed esperienze differenti, è normale che non la pensiamo allo stesso modo” così dicendo mi adagiai accanto a lui appoggiando la testa sulla sua spalla.
Era teso, lo sentivo distante, stava pensando e sembrava lo facesse rumorosamente.
Non volevo perderlo, sarei tornata ad essere la semplice assistente se questo avrebbe potuto migliorare le cose, anche se sapevo che nulla sarebbe più stato come prima.
Mi voltai ad osservarlo. Fissava la vetrina di fronte a me, era serio, assorto, mi faceva quasi paura. Alzai la testa e  chiesi a cosa stesse pensando, rispose scuotendo la testa e nulla più.
Non sapevo che fare.
Diceva di volermi, che dovevo rimanere accanto a lui. E io lo avrei fatto, per sempre, se non avessi avuto l’impressione che fossi io quella più coinvolta. Ripetevo a me stessa che era distaccato solo quando eravamo in pubblico, ma per quanto tempo ancora avrei mandato giù il rospo? Non teneva così tanto a me da rischiarsela pubblicamente? Le domande erano troppe, affollavano la mia testa. Più me ne facevo e più ne partorivo di nuove, nuovi dubbi.
Non ero mai stata una persona insicura. Sin da piccola sapevo cosa volevo e spesso ero riuscita a prendermelo. Da sempre diligente, responsabile e affidabile. Doveva arrivare il Signor Mistero per farmi friggere il cervello. Il problema era che tenevo troppo a lui per lasciarlo brancolare nel buio, perché è questo che stava succedendo. Non sapeva che fare. Anche lui.
Mi alzai e dissi “Torniamo. E’ quasi ora di cena”
“Si…” prese le buste con gli acquisti di entrambi e camminò affianco a me, in silenzio.
 
Arrivammo all’hotel e ci accolse Tim che stava uscendo a fumarsi una sigaretta.
“Uh ecco i piccioncini, vi eravate persi?”
Jared si bloccò e voltandosi verso di me mi fulminò con lo sguardo.
Sorrisi a Tim e risposi “I piccioncini? Cos’è questa novità?”
“Ma niente, scherzavo…state sempre insieme. Era per dire qualcosa, trovato niente di bello?”
Capì immediatamente che non sapeva nulla, stava solo facendo dell’umorismo, stavo per rispondere quando Jared lasciò a terra le buste in malo modo e si avvicinò a Tim con fare arrabbiato dicendo “Ma perché non chiudi la bocca una buona volta?” Tim lo guardò con la bocca spalancata ma non proferì parola per quanto era sorpreso.“ Era per dire qualcosa” lo canzonò Jared, ancora ad un palmo dal suo naso, scosse la testa ed entrò nell’hotel sbattendo la porta.
Io e Tim rimanemmo in silenzio finché non sparì dalla nostra visuale, poi si voltò verso di me ed esclamò “Che cazzo gli prende?”
“Non lo so, lascialo stare, avrà le sue cose.”
“Ultimamente le ha spesso, risponde sempre di merda. Capisco che possa avere i suoi problemi ma non gli si può dire nulla”
“Davvero? Non me ne ero resa conto, probabilmente è colpa mia….sai..ehm..sto facendo qualche errore sul lavoro ultimamente e non è il momento giusto”
“No Em, tu non c’entri, c’è qualcosa che lo innervosisce, perché a volte è sereno e sorridente poi all’improvviso cambia tono e diventa una bestia” era serio mentre lo descriveva e ogni tanto si voltava a guardare l’interno della hall per controllare che non ci fosse.
“Indagherò allora…”
“Stai attenta, potrebbe divorare anche te”
“Grazie per il consiglio” gli diedi una pacca sulla spalla ed entrai. Sempre la solita missione…parlare a Jared….non ne potevo più. Questa volta avrei aspettato che fosse stato lui a parlare, la mossa stava a lui, io le avevo finite, come la pazienza.
 
Salì le scale per tornare in camera. Avevo ripreso tutte le buste che Jared aveva mollato di fronte all’hotel. Avevo  voglia di scaraventare le sue dalla finestra, ma non lo feci. Le portai nella mia e le riposi in un angolo.
Mi sdraiai sul letto e cominciai a scartare le mie cose. Ogni volta che compravo qualcosa, se avevo tempo, mi mettevo a riguardarle. Sfilai dalla busta una sciarpa, l’avevo vista dalla vetrina e mi aveva colpita subito, rosa con dei teschi neri. Staccai il cartellino e la provai, scesi dal letto per specchiarmi e bussarono alla porta.
“Ecco, arrivo! Un attimo…” tolsi la sciarpa e la ripiegai per metterla in valigia. Da fuori sentì un Jared impaziente rispondere “…apri subito!”
Andai alla porta e senza aprire dissi “Con questo tono non entri da nessuna parte”
“Apri, è il tuo superiore che te lo ordina”
Aprì.
“Non sono una schiava, bada a come parli. Abbassa il tono.”
Entrò velocemente ed io chiusi la porta appoggiandomi ad essa.
“Che vuoi? Adesso ti si è sciolta la lingua?”
“Lo hai detto anche a Tim?” Oddio, era venuto ad indagare. Feci un lungo sospiro e prima di rispondere contai fino a dieci.
“Si, anche a tuo fratello, a qualche altro nostro collaboratore, a mia madre e a qualche passante che ho incontrato oggi” la mia voce era secca e tagliente.
“Bastava un no”
“No!! Non avresti neanche dovuto chiederlo! Sapevi che la risposta era no, perché venirmelo a chiedere?” ero offesa, seriamente offesa. Non si fidava per niente, ecco il problema.
“Volevo una conferma”
“L’hai avuta. Ora esci di qui. Ho da fare.”
“Non mandarmi via.”
“Ah si giusto, le tue cose!” presi tutte le sue buste e allungai il braccio per dargliele. Lui si alzò, guardava me non le buste “Non me ne frega un cazzo di questa merda!!” e con una manata le lanciò lontano.
“Fai pure, tanto è roba tua.” E incrociai le braccia.
“Io ti voglio”
“Dimostramelo”
Si avvicinò velocemente sbattendomi al muro cercando le mie labbra. Voltai il viso dall’altra parte dicendo “Così dimostri solo di volere il mio corpo. E’ me che devi volere”
“Io voglio entrambi” mi fissava con uno sguardo di ghiaccio, sentivo scrutarmi nell’anima.
“Non riesco a crederti, dimostri sempre il contrario”
Chiuse gli occhi, sospirò e mi attirò a lui. Mi abbracciò forte, la testa nell’incavo del mio collo, respirava pesantemente.
“Jared….Jared..”
“Lasciami stare…voglio stare così…” e si strinse ancora di più a me.
“Nel tuo lavoro non sbagli mai, sei sempre impeccabile e pignolo. Non ti riconosco quando fai così”
“Ma adesso non sto lavorando” la voce attutita dalla mia pelle che aveva preso a sfiorare con le labbra.
Che gli prendeva adesso?
Sciolsi l’abbraccio con fatica e lo feci distendere. Mi sdraiai accanto a lui, abbracciandolo. Continuava a riempirmi di piccoli baci. Mi sembrava sincero quindi azzardai dei pensieri a voce alta.
“Posso farti una domanda?”
“Si certo, anche due”
“Se io non ti avessi mai baciato, lo avresti fatto tu?”
“No”
“Perché?”
“Non avrei rischiato credo. Soprattutto con te. Non sapevo cosa provavi.”
Lui non aveva rischiato. Aveva lasciato che lo facessi io, facendomi arrovellare il cervello per giorni. Cosa che non ho mai smesso di fare. Ero logorata, divisa tra due scelte, entrambe giuste ed entrambe sbagliate.
Lo baciai con passione spinta da non so quale idea o quale pensiero. Lui confuso seguì i miei movimenti, togliendoci i vestiti reciprocamente, mentre fuori ormai il tramonto aveva tinto di rosso il cielo che dal colore prometteva solo pioggia. Erano i colori giusti, si adattavano alle mie sensazioni, rosso come la passione che provavo in quel momento e grigio come i pensieri che mi vorticavano nella testa.





Grazie a tutti i nuovi arrivati che hanno inserito la storia tra le seguite ed i preferiti. ^_^ Se vi và, lasciate un commento, anche negativo. Fa sempre piacere, è d'ispirazione e se è una critica....può solo aiutarmi a migliorare! ^_^

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Capitolo 14
*** Try to let go of the truth ***


Mentre scrivevo questo capitolo stavo ascoltando questa canzone, quindi mi ha ispirata un pò. Se volete ascoltarla anche voi vi posto il link http://www.youtube.com/watch?v=9MHGtlEYZBA




*Jared*
 
Sentivo la pioggia bussare sulle finestre della stanza. L’ho sentita per tutta la notte.
Faceva da sfondo a quello che stava accadendo. L’avevo sentita alzarsi silenziosamente, coprirmi con delicatezza, rivestirsi e lasciarmi un bacio veloce sulle labbra prima di uscire dalla stanza.
Ho finto di dormire per tutto il tempo.
Aprì gli occhi accarezzando il letto vuoto.
Sotto le mie mani un pezzo di carta, mi misi seduto e lo aprì:
 
Sono giorni che ci penso e credo sia meglio così. Era sbagliato dall’inizio, lo sapevamo bene ma ci abbiamo provato. O meglio, io ci ho provato con tutta me stessa, ma non riesco ad andare avanti così. Non sei pronto, fidati di me, non lo sei. Ti sto parlando da amica.
Me ne vado per egoismo, farei del male solo a me stessa se continuassi a starti accanto sapendo che non provi quello che provo io per te. Mi dispiace lasciare te e tutti gli altri ma…mi voglio troppo bene e conoscendomi so che  farei del male anche a te.
Sei uno spirito libero che vede le relazioni come gabbie e finché non cambi questa tua visione non sarai pronto ad una cosa del genere. Avresti potuto provare a cambiarla per me e con me ma sarebbe giusto? Sarebbe giusto per entrambi? Non credo.
Non ti porto rancore, non potrei mai. Sei fatto così ed io l’ho sempre saputo. Mi prendo un po’ la colpa di quello che è successo. Non rinnego nulla, se tornassi indietro ti bacerei  altre mille  volte ancora, pur sapendo di arrivare a questo punto. Come hai detto tu, i sentimenti non si controllano ed io non sono riuscita a farlo, ma non me ne pento. Ho passato momenti splendidi con te, anche negli anni passati, che non dimenticherò mai.
Sul tavolino c’è la lettera di licenziamento dove, come scusa, ho inserito dei problemi familiari; così nessuno saprà quello che c’è stato tra di noi.
 
Ps: ti ho anche lasciato una lista di assistenti di mia conoscenza con i loro contatti allegati, non è molto lunga, sono stata troppo pignola come al solito. Assumi uno di loro, almeno fino alla fine del tour, non fare tutto da solo, ne sei in grado ma…fallo e basta! Gli aerei di oggi e domani sono già prenotati.
 
Ti voglio bene
 
Emma.
 
 
 
Accartocciai la lettera e la buttai lontano. Rimbalzò sul muro e cadde sul tappeto senza nessun suono.
Era andata via per colpa mia, inutile dire che fosse colpa sua. Era soltanto mia. La stavo trattando come una qualunque, lei che mi era stata vicina per anni, mi aveva sopportato nei momenti bui e consigliato quando ce ne fu bisogno. Una donna con le palle come poche avevo incontrato in vita mia. Ricordo quella sera a cena, lei era in cucina con Shan e mamma si era avvicinata a me chiedendomi “Hai messo in imbarazzo la cara Emma con qualche tuo comportamento?”
“No…certo che no”
“Non mentirmi. Vedo che non vi parlate e che vi guardate di nascosto”
“Non ti sto mentendo………….è complicato”
“Se vi piacete entrambi non lo è” la guardai sorpreso, riusciva sempre a capire tutto. Solo guardandomi.
“Si che lo è, lavoriamo insieme”
“Allora diciamo che non è impossibile, ma con un po’ di sforzo ce la farete. Lei è una persona forte, coraggiosa e sicura di sé. Inoltre ti conosce bene. Pensaci bene, perché se hai anche il minimo dubbio la faresti solo soffrire. Se così fosse,evitaglielo”
 
Non avevo risposto, aveva ragione. Di dubbi ne avevo avuti molti ma ero andato avanti imperterrito finché la paura non si era impossessata di me. Dovevo lasciarla andare, anche se non l’avrei voluto, le avrei fatto soltanto male, ancora.
Scesi dal letto, mi rivestì e raccolsi la lettera. La piegai meglio e me la misi in tasca. Raccolsi in fretta anche i fogli che mi aveva lasciato sul tavolino e andai nella mia stanza.
 
Scendendo mi venne incontro mio fratello.
“Che faccia che hai!”
“E’ la mia…”
“No oggi sei particolarmente grigio, come il tempo fuori, sarai mica un camaleonte?”
“Non è aria per fare ironia oggi”
“Perché?”
“Niente”
“Niente al cazzo, spara”
“Emma è dovuta andare via, problemi di famiglia. Dobbiamo assumere qualcun altro che non conosce il mestiere e che non conosce noi. Tutto in pochissimo tempo”
Mio fratello sbuffò e mi prese di lato, mentre alcuni che avevano ascoltato cominciarono a parlottare tra loro.
“Jared, guardami e rispondimi seriamente…è la verità?”
Guardai altrove “Si certo, stiamo perdendo tempo”
“Ho detto di guardarmi!!”
Lo guardai negli occhi, sapevo che non sarei scampato al suo sguardo inquisitore.
“Ti sto guardando!”
“Rispondi…è vero? O è una bugia che vi siete inventati per coprire altro?”
“Che cambia? Ormai è andata via, ha preso la sua decisione”
“Lo sapevo….” Mi mise una mano sulla spalle scuotendo la testa, poi tornò a guardarmi e disse  “Bro,  lo so che è difficile ma….come spesso si dice < volere è potere >”
“E se io non volessi?”
“Quello puoi saperlo solo tu”.






Ringrazio ancora tutti, al prossimo capitolo che sarà l'ultimo... Un abbraccio... ;)

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Capitolo 15
*** Try and believe it ….Nothing is over ***


Eccoci qui, con l'ultimo capitolo. Ringrazio tutti quelli che hanno ricordato (Smartgirl  Satyricon ) quelli che hanno preferito ( angela46 cloudofstars Fra_Echelon Maraya_Echelon MikyEchelon mocamars ) e chi ha seguito (angela46 angelica78vf Angel_lily bluevalentine ffdipendente giusy864 imjonah LProudEchelon Maryah meryj MikyEchelon mocamars nike07  S c h w e i g ). Era la mia prima FF a capitoli e vi ringrazio per il sostegno. Sopratutto quelle anime pie che hanno sprecato un pò del loro tempo per recensire. Spero di non deludervi nel finale ^_^






Sfogliavo una rivista di salute, seduta sulle poltroncine dell’aeroporto sorseggiando un caffè. Non avevo dormito, dopo la nottata con Jared avevo aspettato che si addormentasse, anche per pochi istanti, sarebbero bastati. Erano bastati per prendere le ultime cose e scrivere due righe. Era l’unica scelta adatta per entrambi che potevo fare, dovevo salvaguardarmi in qualche modo. Sfiorai insistentemente gli occhi, bruciavano da morire, avevo pianto da quando avevo abbandonato l’hotel.
Sentì qualcuno sedersi accanto a me, mi voltai per vedere chi avesse deciso di sedersi proprio accanto a me quando c’era mezzo aeroporto libero. Arrabbiata alzai gli occhi…
“Jared, che ci fai qui?”
“Non partire…”
Eccoli li, il nodo alla gola. Non riuscivo a proferire parola.
“Non…hai…letto…la…lettera?”
“Si. Non partire..”
“Non fare così ti prego, è già abbastanza difficile, non complicare le cose”
“Vuoi andartene sul serio?”
“No, sono venuta qui per farmi un giro…”
Non rise.
“Stai lasciando tutti, non solo me”
“Mi allontano soprattutto da te”
“Io non voglio, rimani ti prego, troverò un modo per far funzionare tutto.”
“Se fosse esistito, lo avremmo trovato da tempo”
“Rimani…Non ti darò fastidio, lo giuro. Non voglio allontanarti da qualcosa che ti piace, come questo lavoro e tutte le amicizie che hai instaurato”
“Ho deciso di tentare altre strade lavorative. Voglio inseguire i miei sogni, tu puoi capirmi più di chiunque altro.” Mi sorrise.
“Ti riferisci al cinema?”
“Esatto” sorrisi anche io.
“Cosa posso fare o dire per convincerti a rimanere?”
“Niente, la mia decisione è già presa, se tu fossi stata una donna avresti potuto provare con la scusa della gravidanza….ma credo che sarei partita lo stesso.”
“Mi dispiace”
“Anche a me, non è colpa tua”
“Si che lo è, se non avessi avuto questa paura fottuta tu non ti saresti allontanata”
“Un giorno la supererai. Ammetterlo è già un passo avanti. Se vorrai e se io vorrò, sarò ad aspettarti…sai come rintracciarmi. Ma solo e soltanto se ne sarai sicuro.”
Annunciarono il mio volo e mi alzai prendendo le valigie. Mi voltai a guardarlo, aveva gli occhi lucidi come i miei. Deglutì e mi abbracciò affondando il viso nei miei capelli. Io respirai il profumo della sua pelle.
Sarei rimasta ancorata a lui per ore ma sospirando mi staccai, lo baciai sulla guancia che accarezzai, presi le mie cose e mi allontanai senza voltarmi.
 
 
*Jared*
 
La vidi andare via, mettere sempre più distanza tra di noi. Mi aveva detto addio per il nostro bene, mi era già capitato.
Mi stava capitando di nuovo.
Quante altre volte ancora sarebbe capitato?
 
 
 
2 MESI DOPO
 
“Jareeeeed!”
“Ma perché devi sempre urlare? Non sono mica sordo..”
“Oh, si scusami. C’è un’ email che devi leggere assolutamente.”
“Se sono cose da parte degli echelon ti ho già spiegato che Emma faceva una cartella a parte che io leggo con calma quando ho tempo”
Questa nuova assistente era brava ma a volte si perdeva in un bicchier d’acqua.
“Non c’entrano gli echelon, ma una certa regista che dice di volerti incontrare”
A quelle parole scattai in piedi e le strappai di mano il portatile.
Lei squittì qualcosa e se ne andò lasciandomi solo.
Aprì la posta e la lessi tutta d’ un fiato:
 
Signor Leto, sto lavorando ad una sceneggiatura che qualcuno si è preso la briga di produrre finalmente. Tratta delle ultime quarantotto ore del celebre Kurt Cobain. Le volevo proporre il ruolo principale, quindi proprio quello di Kurt, avendo notato quanta stima e ammirazione ha per questo artista. Se fosse interessato, può contattare direttamente il mio produttore esecutivo, la signorina Emma Ludbrook, che tra l’altro, ha insistito per affidare il ruolo  proprio a lei, dicendo testuali parole “Non conosco nessuno più adatto per questo ruolo”. Decida e ci comunichi.
Buona giornata.
 
Sorridevo come un cretino, come un bambino a cui hanno detto che il giorno dopo sarebbe stato ore al parco giochi. Pensava a me, sapeva che se avessi accettato mi avrebbe avuto accanto per molto tempo. Quindi non mi aveva già dimenticato…potevo…dovevo provarci!
L’avevo pensata molto l’ultimo periodo. Andandosene aveva portato con sé anche un po’ di me. Mi sentivo solo, disorientato. Sarebbe bastato un piccolo cenno suo e avrei saputo cosa fare.
Il mio sorriso che vedevo riflesso nello specchio era più che una risposta e mi spinse a chiamare quel numero che avevo composto tante volte e che ormai sapevo a memoria. Dopo tre squilli rispose:
“Heylà straniero!”
“Hey…Ho appena letto l’email e….”
“Accetterai vero? Hai sempre voluto un ruolo del genere….inoltre muori anche nel film”
Risi sinceramente e anche lei. Mi era mancata la sua risata.
“Si…non so come ringraziarti…”
“Accettando forse?”
“Tu ti rendi conto di cosa significa….”
“No…che intendi…”
“Che dovremmo lavorare insieme, per mesi, tutti i giorni a stretto contatto…verrei a romperti le scatole spesso”
“In quel caso potrei rimproverarti, sarei io il capo”
“Potremmo giocare alla segretaria ed il boss”
“Non ci giocavamo già?”
“Magari…a ruoli invertiti potrebbe essere tutta un’altra cosa…”
“Devo leggere tra le righe quello che stai dicendo?”
“Abbiamo qualche mese per provare a vedere se funziona, sempre se a te sta bene….”
“Io…”
“Mi manchi tanto..”
Silenzio dall’altra parte. La sentivo respirare pesantemente.
“Jared…anche tu, non immagini quanto” Sorrisi.
“Mi richiami tu per un possibile incontro con la regista a tuor finito?”
“Non vuoi riposarti un po’?
“No, no….riposerò….”
“….quando sarai morto. Si lo so. Come va con la nuova assistente?”
“Bene…benino. Potrebbe andare meglio, non ha combinato disastri almeno.”
“Oh bene…”
“Non è brava quanto te ma ci siamo adattati”
“Ok…beh allora…a presto?”
“Si…a presto. AH! Em… dimenticavo! Hai visto la mia cresta pomegranate? Ti piace?”
“E’ fantastica, non vedo l’ora di vederla dal vivo”
“Anche io, di vedere te…a presto”
“Ciao..”
Riagganciai guardandomi allo specchio. Non avrei fatto cazzate stavolta, al massimo avrei sfogato la mia lunaticità sui capelli.



                                                                                       FINE

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