Oltre

di Freya Crystal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Desiderio ***
Capitolo 3: *** Favola ***
Capitolo 4: *** Possibilità ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***




Prefazione



La musica ci sfiorava lentamente colla dolcezza delle sue note, accompagnando il nostro scambio di sguardi. Sguardi intensi, adoranti. Innamorati.
<< Ora so qual è il sogno della mia vita. Voglio restare con te per sempre. >>
Sorrise dolcemente e mi accarezzò la schiena colla mano che vi teneva appoggiata. << Io starò sempre con te. >>
Abbassando gli occhi, mormorai mestamente: << Abbiamo due concezioni diverse di “per sempre”. >>
<< Ehy… >>
Sollevai la testa, attratta dalla morbidezza di quel suono. La bellezza statuaria del suo viso mi colpì con un acuto, tenero dolore.
Continuammo a dondolarci sul nostro personale angolino di pista, in attesa di una voce nel silenzio che potesse giungere a confortarci.
<< Non sei felice di essere qui con me, questa sera? >>
<< Sì che lo sono. >>
<< E sei felice al pensiero che io sarò con te ovunque vorrai andare, tutte le sere e tutte le mattine della tua vita, non appena aprirai gli occhi dopo serene notti di sonno? >>
<< Sì >>, risposi. Mi aveva commossa.
<< Non è abbastanza? >>
<< E’ abbastanza >>, annui. Mi tuffai nell’amore che gli brillava negli occhi. << Ascoltami attentamente. Ti amo. Il mio amore per te è incondizionato, indissolubile, infinito. Mi permetterai di amarti… ogni secondo della mia vita? >>
Il suo sorriso splendette di una luce irresistibile. << Sì. Te lo permetterò. >>
E sarà così, Edward.
Finché morte non ci separi.


Oltre


Spazio dell'autrice:
dopo un lungo periodo senza efp, sono tornata. Ebbene sì. Mi spiace di essere sparita e di aver interrotto ciò che non ho portato termine.
Ora i problemi sono finiti e sono determinata a portare avanti questa storia. Per capire di che cosa si tratta, seguitemi.

P.s L'algido seduttore è destinata a rimanere incompiuta, per ora. Ma non è ancora detta l'ultima parola! Un bacione.

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Capitolo 2
*** Desiderio ***


Oltre






Richiusi la portiera con un colpo secco e lo guardai dritto negli occhi. << C’è un solo regalo che desidero. >>
<< Tutto quello che vuoi. >>
<< Baciami. >>
La sua espressione da serena divenne interrogativa. 
<< Voglio un bacio da te. Un bacio vero. >>
Non batté ciglio. Ero risoluta, la sua arte persuasiva non mi avrebbe fatto desistere, le sue morbide parole di velluto non mi avrebbero incantata con la loro sincera tenerezza. Perché non avrebbe avuto modo di parlare., la sua bocca avrebbe solo potuto accogliere il mio sapore, come non aveva mai fatto prima.
<< Bella, non… >>
<< Baciami. >>
Mi fissava le labbra con occhi tormentati da languidi pensieri. Le sue solite preoccupazioni insensate. Posai le mani sul suo viso, distendendovi i palmi. Il calore delle mie dita parve addolcire la durezza delle sue guance marmoree. << Mi fido di te. >>
<< Sono io a non fidarmi di me stesso >>, mormorò con voce roca.
Gli sfiorai il naso con la punta del mio. << E allora, fidati di me. >>
I nostri respiri si inghiottivano l’uno con l’altro, alimentati dallo stesso desiderio. 
Il cuore mi balzò in gola quando Edward catturò lentamente le mie labbra, investendomi di una fresca folata d’aria. Dischiusi la bocca e gli sfiorai il labbro superiore colla lingua. Lui si lasciò trascinare dal bacio e reagì a quel nuovo contatto afferrandomi saldamente per i fianchi. Feci appena in tempo a gustare un ondata più forte del suo profumo che lui si staccò bruscamente da me. 
Lo fissai delusa. 
<< Imparerò a controllarmi. >> Sorrise sghembo. Come se ciò sarebbe bastato a scusarlo.
Avevo la sensazione che in qualche modo si stesse divertendo. "Imparerò a controllarmi", tutto qui? E quando avrebbe imparato? Dopo trent’anni? 
<< Buonanotte, Edward. >> Gli voltai le spalle e mi avviai verso casa.
<< Bella, andiamo… >>
<< Buonanotte. >>
<< D’accordo… Ti aspetto in camera. >>
Mi rigirai di scatto. << N-
Fu merito della sua prontezza se non scivolai a terra. 
<< No. Te ne torni a casa tua >>, conclusi arrabbiata, tenendo lo sguardo fisso sul terreno bagnato per non guardarlo negli occhi. 
<< Buonasera. >>
Arrossii violentemente. Charlie ci aveva sentiti arrivare. Voltai il capo nella sua direzione. In piedi sulla soglia della porta, mio padre ci fissava con l’aria di chi non era contento di ciò che gli si era presentato alla vista. Solo allora mi accorsi della mano sinistra di Edward ben salda in fondo alla mia schiena. Ben in fondo. Ci allontanammo immediatamente. << Stavo per cadere e lui mi ha tenuta stretta >>, spiegai.
Edward sorrise educatamente. << Buonasera, signor Swan. >> 
Charlie non lo degnò di uno sguardo. << E’ tardi. Vai in casa. >> 
Deglutii. Non capivo perché fosse così scocciato. Lanciai un’ultima occhiata ad Edward per fargli capire che lo avrei aspettato al piano di sopra; avevo troppa voglia di lui per tenergli il muso, quella notte. 
Salii le scale del portico, passai oltre la figura impettita di mio padre e raggiunsi il bagno col respiro corto per l’emozione. Mentre mi spogliavo intenzionata a fare una doccia calda, cercavo di tranquillizzarmi; se da una parte ero sollevata di essermi tolta dai piedi, dall’altro ero preoccupata per Edward rimasto intrappolato da Charlie. 
Dedicai estrema attenzione ai massaggi sul corpo insaponato per distrarmi. Uscita dalla vasca mi infilai un completo intimo blu scuro – il massimo che avevo deciso di osare, non volevo risultare provocante al mio irresistibile vampiro per gli indumenti, lo sarei stata di mio – e il pigiama; lavai i denti e passai le dita tra i capelli che avevo raccolto per far loro riacquistare la forma naturale. Il cuore mi batteva incontrollatamente. 
Respira Bella, respira.
Uscii dal bagno ed entrai in camera. Charlie era già andato a dormire, perché al piano di sotto avevo visto che tutte le luci erano spente; non aveva trattenuto Edward a lungo. Difatti  trovai il mio vampiro seduto sulla sedia a dondolo. Sotto la luce della camera era ancora più bello di quanto appariva fuori al buio. Rimasi paralizzata da quella spiazzante visione, ricolma di desiderio bollente in ogni fibra del mio corpo. 
<< Fragole. >> Mi regalò un sorriso irresistibile carico di dolcezza. 
<< Sì. >> annuii, arrossendo. 
Innocente come una bambina, mi infilai sotto le coperte, in attesa che mi raggiungesse sul letto. Meno di un istante dopo la mia mano vagava lungo la pietra del suo petto scolpito. Ero felice di potergli fare le coccole.
<< Che cosa ti ha detto mio padre? >>
<< Niente di negativo. Mi ha chiesto com’è andata la serata e si è raccomandato di non farci trovare un’altra volta in posizioni equivoche. >>
Arrossii intensamente, divertita da un lato al pensiero della faccia che aveva fatto Charlie appena ci aveva visti. Ce l’aveva messa tutta per apparire il più severo possibile. 
<< Sei così bella. >>
Tu-tum.
Alzai il capo. L’eccitazione mi esplose nelle vene mentre annegavo nelle sue iridi oro scuro. 
<< Ti amo >>, sussurrammo insieme. 
Oro scuro…
<< Facciamo l’amore, Edward. >>
Precipitai nel silenzio che seguì. Era stato più forte di me, le parole erano uscite dalla mia bocca in modo spontaneo e irrefrenabile. Seguì un attimo di silenzio.
Poi lui rise. 
<< Hai voglia di scherzare. Pensa a dormire, oggi ti sei stancata tanto. >>
<< Non è uno scherzo >>, replicai ferita. 
Il sorriso scomparve dal suo viso. Mi alzai a sedere e sfilai da sopra la testa la maglia del pigiama. I capelli mi scivolarono lunga la schiena. Fissai Edward decisa, reprimendo l’imbarazzo e scacciando il pensiero di un rifiuto. 
Era a bocca aperta. I suoi occhi, sempre più scuri, saettarono sul mio seno per poi schizzare al mio viso. Avevo scelto apposta un completo intimo blu perché sapevo quanto lui apprezzasse quel colore sulla mia pelle. Le punte dei capelli mi stuzzicavano superficialmente le scapole, inducendomi ad immaginate che al loro posto vi fossero le dita di Edward, vogliose e passionali, a vagare su tutto il mio corpo.
<< Voglio fare l’amore. Con te, Edward. >>
Non sentivo freddo, guardandolo. 
<< Amore, sei... Io non… posso. >>
Quel “non” mi si conficcò nel cuore. Pugnale vibrante e spietato. 
<< Perché? >> Prima che potesse replicare aggiunsi fredda: << Non ti azzardare a rifilarmi la scusa dell’autocontrollo, non l’accetto. >> Ho così voglia di te che preferirei mi uccidessi mentre mi fai tua, piuttosto che rinunciare. 
Edward si alzò lentamente a sedere, mi sfiorò un braccio, mi baciò, afferrò la mia maglia del pigiama, me la infilò per il collo, per un braccio ed infine per l’altro con insopportabile delicatezza, infine avvicinò il viso al mio e mi sussurrò all’orecchio: << Non hai idea di quanto vorrei farti mia. >>
Se lo avessi udito sussurrarmi quelle parole un minuto prima, non mi sarei limitata a mantenre lo sguardo fisso sul muro. Ma non gli credevo. 
No. 
Sentivo di essere appena stata trattata come una bambola. La vergogna si dipanava in fili robusti  in me, accendendomi il sangue nelle vene.
<< Vieni qui… >> Edward mi abbracciò e mi posò la testa sul suo petto. << Bella, ti prego. Lo sai che non è colpa tua.. >>
<< Vattene. >>
<< Non  fare così… >>
<< Vattene. >>
Sapevo che se lo avesse voluto avrebbe trovato il modo di farsi perdonare anche in quella circostanza. Solo a pensarci, la rabbia sopita in me saliva.  
<< Lo sai che ti amo >>, bisbigliò con voce di velluto intrisa di una dolcezza mai udita. 
<< Vattene, Edward. >>
Le emozioni di cui ero caduta vittima di fronte ad un suo rifiuto mi stavano inducendo a maltrattarlo. Eppure di ciò, allo stesso tempo, ne stavo soffrendo. Volevo che Edward mi lasciasse sola, ma volevo anche che facesse di tutto per rimanere. Non sapevo come comportarmi. 
Immersa nei miei pensieri, colsi un sospiro.
<< D’accordo. >>
Colla carezza che mi fece sulla guancia prima di andarsene, Edward si portò via il mio ultimo briciolo di serietà. Non mi curai di controllare se se ne fosse realmente andato o se fosse rimasto alle mie spalle, a fissarmi. Iniziai a piangere, preda dei più atroci dubbi sul perché quel vampiro che amavo da impazzire stesse insieme a me.





**




<< Guarda che culo! >>
<< Avril, per favore. >>
<< Guarda! >>, ripeté. << Dai, guarda! >>
Sbuffando mi voltai, fingendo di osservare il ragazzo biondo che camminava dietro di noi. << Sì, visto. >>
Impiegai qualche manciata di secondi per accorgermi che Avril non era più al mio fianco. Si era fermata davanti agli armadietti. << Tu sei malata. >>
<< Forse >>, risposi laconica.
Avril era la mia compagna di stanza al college, aveva vent’anni come me, ed era sexy, ma si conciava in un modo tale da far scappare i tre quarti del genere maschile. Il look eccentrico da cantante pop, un po’ osé, un po’ mal riuscito, un po’ esotico, allontanava il gregge di tutti coloro a cui piaceva uniformarsi dietro a un mostro chiamato moda; il restante un quarto della popolazione maschile che provava a chiederle di uscire comprendeva quelli che lei chiamava sfigati, troppo ingenui per capire di non avere speranza, e uomini con le vere palle - di rara specie - generalmente più grandi di lei, coi quali intrecciava brevi relazioni clandestine.
<< Non ti ispira mai nessuno la parola sesso? >>
Presi a camminare più in fretta, affinché Avril, una volta raggiuntami, non si accorgesse che ero arrossita.
<< Voglio dire, penserei che tu sia lesbica, ma se in tutto questo tempo non te l’ho mai detto è perché non mi sei mai sembrata attratta da una femmina. >>
<< Avril! >>
<< Che c’è? >>
Sbuffai infastidita: Avril non era una stupida, fingeva solo di esserlo; aveva la capacità di farti sentire mentalmente superiore a lei quando le parlavi, poi, al momento giusto, rovesciava le carte in tavola e faceva fare la figura dell’idiota di turno al suo interlocutore. Socratica, eh? Il suo filosofo preferito era per l'appunto il sapientone poco attraente. 
<< Senti, stanotte dì al tuo algido principe che potrete fare yoga sotto le coperte, la camera è tutta tua… Ehy, mi stai ascoltando o sei telepaticamente collegata alla tua stazione radio segreta su Mercurio? >>
<< Ti sto ascoltando. Dov’è che te ne vai stanotte? >>
Ero indecisa se prendere l’ascensore o farmela a piedi fino al quarto piano.
<< Ti ricordi l’amico del professor Holloway? Quello con l’abito nocciola pallido e lo sguardo da finto macho latino… >>
Perfetto, le scale. 
Non avevo intenzione di attendere l’ascensore mentre Avril s’addentrava nei dettagli di ciò che avrebbe fatto nelle ore successive. Iniziai a salire un gradino dopo l’altro, cercando di eliminare la voglia di mettermi a correre per fare prima. Non dovevo arrivare in camera col fiatone, considerato ciò che – o meglio, chi - c’era ad attendermi. 
<< Oh mio Dio! >> Avril mi posò una mano sulla spalla e tastò con enfasi la spallina del mio reggiseno. << … Mi sa che per questa sera niente yoga. >>
Avvampai d’imbarazzo, tirando verso il collo la manica della camicetta affinché coprisse la pelle scoperta.
<< Oooh,  Swanny vuole conservarsi fino a che non sarà arrivata in cima alle scale!  >>
Odiavo il soprannome Swanny.  << A questo punto ti lascio sola, ci vedremo domani se saremo ancora vive. Adiòs! >>  Avril fece dietro front simulando con le braccia il volteggio delle ali di un gabbiano. 
Rimasi sola. Ad ogni gradino in più che contavo, il battito del mio cuore aumentava paurosamente, come il ticchettio del conto alla rovescia di un timer. Quella scala non mi era mai sembrata così lunga e corta allo stesso tempo da salire come in quel momento. 
Raggiunsi la porta della mia stanza, infilando la chiave nella toppa con mani tremanti. Avevo la sensazione di essere finita in un sogno. Vedevo tutto annebbiato: il corridoio, il pavimento, ogni cosa. 
Surreale.
Click.
Fissai il legno della porta cercando di stabilizzare il respiro e il battito cardiaco. Coraggio, Bella, non c’è un mostro dall’altra parte. … Anzi.
Mille capriole allo stomaco mi travolsero con violenza. Scossa da quella reazione intensa, preoccupante, meravigliosa ed eccitante al contempo, passai una mano tra i capelli per sistemarli. Attesi qualche secondo che il mio petto smettesse di alzarsi e riabbassarsi freneticamente, poi entrai in camera.
Accesi la luce e andai ad aprire la finestra. 

<< Ah! > Sobbalzai per lo spavento. Una risata morbida e sensuale mi accarezzò l’udito. 
<< Divertente… >>
Mi ritrassi, per lasciarlo entrare. Erano anni ormai che solevamo incontrarci in quel modo, ma quella era la prima che mi spaventava.
<< Scusa. La prossima volta non farò l’ingresso alla Spiderman. >>
La creatura più bella che la vita potesse generare mi comparve dinanzi nella sua abbacinante perfezione. Edward mi studiò con intensità, piegando gli angoli delle labbra all’insù. Sorrisi tra me e me, orgogliosa di suscitargli quel senso d’apprezzamento che mi faceva sentire attraente. Ogni volta che lo vedevo, temevo che mi avrebbe guardata con occhi diversi dal nostro ultimo incontro. Ma non era ancora successo.
<< Com’è andata la lezione d’oggi? >>
<< Male. >>
<< Come? >>
<< Scherzavo… Male solo perché tu non eri con me. >> Dentro di me sorsero la vergogna per aver dato voce a quel pensiero smielato – non era da me - e il senso di colpa alla vista del lampo di preoccupazione che gli aveva attraversato il bel volto non appena aveva sentito la parola “male”. Richiusi la finestra e mi sedetti sul letto. << Dovrei evitare di dire certe cose. >>
<< Bella >>,  Edward mi richiamò piano. Si inginocchiò di fronte a me, sfiorandomi il mento con una mano per sollevarmelo. << Non devi scusarti se ti amo così tanto. >>
Andai in fibrillazione. 
<< Ehy, tutto ok? Bella! >>
Reclinai la testa in avanti, precipitando fra le sue braccia. Appoggiai la fronte sul suo petto, assaporando la meraviglia di quel momento. << Scusa, quando mi dici certe cose mi si abbassa la pressione >>, mormorai.
Se avessi potuto, avrei iniziato a fare le fusa, mentre mi accarezzava i capelli. << Come dobbiamo fare, signorina Swan? >>
<< Le suggerirei di smetterla di essere così irresistibile. >> Chiusi gli occhi, felice. << Voglio restare così per sempre. In Paradiso… >>
<< Il mio torace non è altro che uno scomodo cuscino di pietra che ti farà venire freddo. >>
Mi aggrappai al suo maglione, in segno di protesta. Edward ridacchiò << La solita testarda. >>  Dio, che meraviglia. Avrei potuto passare tutta la vita ad osservare il suo viso.  Trasalii quando mi prese in braccio.  Si sedette sul letto, depositandomi un piccolo bacio sul collo. Mugugnai di piacere, chiudendo gli occhi. Edward sfregò il naso sulla mia pelle nuda fino a raggiungere le mie labbra. Trattenei il respiro, mentre le fiamme della concupiscenza si riaccendevano lungo il basso ventre, in attesa di affondare in un bacio senza fine.
<< Hai freddo? >> Vibrai come una corda di violino udendolo sussurrare con voce morbida e suadente. 
<< No. >> Il mio battito cardiaco era a rischio. Edward provvide a farlo rallentare, con un bacio. Mi strinsi a lui con tutta la forza che avevo in corpo, nel tentativo di impedirgli di staccarsi da me mentre ci baciavamo con trasporto. Essere nelle sue grinfie era tutto ciò che bramavo. Sentirlo eccitato mi uccideva di voglia di essere sua. Non potevo resistere. 
Avevo giurato a me stessa che non avrei mai più osato chiederglielo, ma lo amavo a tal punto da aver dimenticato cosa fossero l’orgoglio e la vergogna. Quando ci staccammo ed ebbi preso fiato, utilizzai la prima boccata d’aria che avevo catturato per dirgli: << Ti voglio. Adesso. >> 
Mi morsi la lingua con impazienza, ipnotizzata dalla luce dei suoi occhi fattisi d’onice; l’oro della sazietà aveva lasciato il posto al nero della sete, una sete diversa dalla solita, una sete che stavo provando anch’io. Le linee delle sue labbra erano arrossate, palpitanti, lucide per l’incontro recente con le mie. Affondai le dita nei suoi capelli,  e lo condussi a portare il viso all’altezza del mio seno. 
Le sue mani sulla mia schiena avevano preso a tremare. Lo sentii sospirare. L’alito freddo che m’investì mi fece desiderare di levarmi di dosso il reggiseno. Volevo che Edward mi assaggiasse. E sapevo che anche lui voleva farlo. Chiusi gli occhi, avvicinando sempre più il suo viso al mio seno.
<< A-aspetta. >>
Riaprii gli occhi di scatto. Meno di mezzo istante dopo mi ritrovai adagiata sul materasso, i capelli sparsi a ventaglio sul cuscino. Edward era sopra di me, le braccia appoggiate al muro dietro la mia testa. Sembrava che stesse respirando per tenersi impegnato, per bloccare altri suoi istinti. Il mio cuore batteva sfrenato sul suo petto. 
<< C’è un solo regalo che desidero. >>
Quella frase mi fece volare al giorno del mio diciottesimo compleanno. Così lontano, così vivido nella mia mente. 
<< Quale? >>, domandai col fiato corto.
Stavolta i ruoli si erano invertiti.
<< Sposami, Bella. >>








Spazio dell'autrice:
ciao, eccomi con il primo capitolo. So che questa storia vi sembra un'altra copia semi-modificata della saga della Meyer, ma non è così. Siamo solo all'inizio, e ben presto vi accorgerete quanto la vicenda sia diversa. Quello che consiglio a tutti, prima di addentrarsi sul serio in questa storia, è tenere a mente l'ultima frase che Bella pensa nel prologo. 
Un bacione!
 

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Capitolo 3
*** Favola ***




Favola




Forse è così che ci si sente, quando si passa oltre. Dolcemente incantati, attratti dall’arrivo di un’ipnotica e seducente alba chiara. Improvvisamente, misteriosamente, dentro di te tutti i sentimenti umani s’incontrano ma non si scontrano, e iniziano a fare l’amore. Questo fu ciò che pensai nel momento in cui lo vidi per la prima volta, la prima dopo un’eternità passata ad attenderlo.

Stavo proseguendo? Non avrei saputo constatarlo. Il bouquet di fiori che reggevo tra le mani era lo scrigno del mio cuore; lo avrei donato all’angelo verso il quale mi stavo dirigendo. Sarebbe stato suo per sempre.
Edward era bellissimo. Una struggente visione, quasi paralizzante. Nel suo smoking rappresentava l’incarnazione dell’eleganza, mentre il nero accentuava la sua seduzione, il bianco ne illuminava la nobiltà del volto.
La forza che mi stava trasmettendo Charlie nel tenermi fieramente sottobraccio era qualcosa di indescrivibile. Stavo lottando con me stessa per trattenere le lacrime della commozione, almeno fino all’altare. Avrei ricordato per sempre quel momento.
Raggiunto il mio splendido adone, gli sorrisi. 
E sorrisi a Charlie, che tirando su col naso cercava di bloccare le lacrime. Con un sussulto, divenuto rosso per l’imbarazzo, mi lasciò andare.
<< Oggi, siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Edward Cullen e di Isabella Marie Swan. Siete venuti a contrarre matrimonio in piena libertà, senza alcuna costrizione, pienamente consapevoli del significato della vostra decisione? >>
<< Sì.  >>
<< Siete disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi l'un l'altro per tutta la vita? >>
<< Sì >>, ripetemmo all’unisono.    
<< Siete disposti ad accogliere, responsabilmente e con amore, i figli che Dio vorrà donarvi ed educarli? >>
<< Sì. >>
Edward aveva esitato un istante più di me nel rispondere. Entrambi eravamo consapevoli che non avremmo potuto avere dei figli. Sapevamo a cosa andavamo in contro. Cercai di lasciarmi scivolare addosso il sottile dolore che mi aveva invasa. Giurare quel che per noi era impossibile non era una colpa, in quel caso.
<< Se, dunque, è vostra intenzione unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimente, davanti a Dio, il vostro consenso. >>
Edward prese la mia mano destra e la mise nella sua, l’accarezzò delicatamente col pollice e mi trafisse col suo sguardo luminoso. Se esteriormente era meraviglioso, interiormente lo era ancora di più. Quei suoi occhi dorati mi guardavano con amore inestinguibile, specchiandosi adoranti nei miei.
<< Io, Edward, accolgo te, Isabella, come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. >> La sua voce era vibrante di sentimento.
<< Io, Isabella, accolgo te, Edward, come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia… e di amarti… >> la mia voce s’incrinò, tremò, poi si riprese ancor più decisa, incoraggiata dalla commozione di colui che stavo per sposare <<  e onorarti tutti i giorni della mia vita. >>


**


Isola Esme. Il luogo della nostra luna di miele, nonché il Paradiso terrestre. Carlisle ed Esme non avrebbero potuto farci un regalo migliore: avevano trasformato il sogno che accomuna tutte le donne in realtà; di fronte a me vi era la prospettiva di passare due settimane su una meravigliosa isola deserta con l’uomo della mia vita.
Avevamo fatto il bagno tutto il giorno. Lo splendore dell’acqua di mare sul quale si riflettevano cangianti i riflessi solari non poteva competere con gli innumerevoli diamanti sfaccettati depositati sul corpo perfetto di Edward. Luminoso, sorridente, i capelli ramati scompigliati e goccioline salate che gli scivolavano addosso, lo rendevano pericoloso per me, se lo contemplava troppo a lungo. E c’erano quei suoi occhi topazio, più dolci del miele e più penetranti di una lama affilata, che si soffermavano continuamente su di me, come se avessero davanti la sirena più desiderabile del pianeta.
Mare, sole, Edward. La vita. Non ne avevo mai abbastanza.
Due mani di velluto presero ad accarezzarmi dietro al collo, bloccando la mia circolazione sanguinea, e ridiscesero fino a massaggiarmi le spalle. M’irrigidii per la sorpresa, faticai a deglutire l’ultimo boccone del mio piatto.
Edward mi baciò la testa e appoggiò il mento alla mia spalla sinistra. << Era buono? >>, mi sussurrò all’orecchio.
<< Squisito. Cucini da Dio. Davvero. >> Cercai di parlare il più possibile per non andare completamente fuori controllo. Anche se ero già sulla giusta strada. << Adesso vado a farmi una doccia, ci vediamo più tardi. >
Lui inarcò un sopracciglio, guardandomi dritto negli occhi. Avrei giurato di aver visto un lampo di divertimento balenargli nelle pupille.
<< Direttamente in acqua >>, specificai.
<< D’accordo. >>
Alice aveva fatto in modo di procurarsi il bagnoschiuma più costoso di tutta l’America, o di tutto il mondo, probabilmente. Seducente, sofisticato, gustoso. Mentre mi massaggiavo nella vasca avevo la sensazione che i miei muscoli si sciogliessero, privandosi di ogni inibizione, e che i sensi si stessero lasciando andare. Lo shampoo? Alla fragola, ovviamente. Grazie, Alice. Se non fosse stato per lei, sarei partita con un set da bagno qualsiasi. Coperta di un solo asciugamano annodato al seno, uscii lentamente dal bagno, dirigendomi nella stanza da letto. Cercai di ricordare dove avessi posizionato il trolley giallo regalatomi da Alice, con mani tremanti all’idea di ciò che vi era dentro. Lo trovai, infilato in un angolo dell’armadio che se la rideva di me. Lo aprii.
Oh mio Dio.
Volgare? No, se non lo sarei stata io. Dannatamente sexy? Sì, se avessi saputo diventarlo. Feci cadere sul letto la lingeria trasparente, col cuore che batteva all’impazzata. Mi sedetti sul materasso, per pensare. Certo che potevo indossarla. Dovevo, indossarla. L’afferrai rapidamente e mi precipitai nuovamente in bagno. Avevo bisogno di uno specchio.
Mi infilai con delicatezza il completino nero e rimasi a guardarmi per qualche minuto da tutte le angolature. Le mutande scoprivano più che coprire, il mio seno era ben sostenuto e appariva più pieno;  la vestaglia aveva uno spessore pari ad uno strato di pelle invisibile e non arrivava nemmeno a metà coscia.
Eppure non stavo male. Ero… femmina.
Raccolsi il grosso dell’acqua dai capelli con l’asciugamano e li lasciai sciolti, liberi di prendere una forma leggermente ondulata; da bagnati erano ancora più scuri, ed esaltavano il contrasto del mio pallore smorto, rendendolo quasi bello. Misi un filo di lucidalabbra e diedi una passata di mascara alle ciglia. Niente trucco pesante: non sarei stata capace di applicarlo, non avrei avuto la pazienza necessaria, e soprattutto ci tenevo a rimanere me stessa anche in quel caso.
Così conciata, riuscivo a vedere me stessa come una donna sensuale. Sì, una donna sensuale che aveva una voglia matta di fare l’amore la prima notte di nozze.
Uscii dalla camera e scesi le scale. Mi fermai un istante, guardandomi attorno. Attraversai il salotto e la cucina. Tutto regolare. Ma perché diavolo stavo ispezionando la casa!?
Ero fuori di testa. Tanto valeva impazzire del tutto, no? Non avevo più scuse, non mi rimaneva altro da fare che uscire in spiaggia. E lo feci.
Affondai i piedi nella sabbia calda, lasciandomi accarezzare dalla brezza serale. Fiotti di salsedine m’investirono nel darmi il benvenuto. Individuai una figura a petto nudo sul bagnasciuga. Era immobile, ad occhi spalancati. M’incamminai a passi misurati, ma decisi, verso di lui.
 Il desiderio lo risucchiava, manifestandosi all’infuori delle sue membra, sino a raggiungermi colle sue vampate.
Prova a dirmi di no anche stavolta, e vedrai cosa ti combino.
Gli sorrisi, giocando a fare la pantera che si avvicinava progressivamente alla sua preda, incoraggiata dal mio abbigliamento. Quando lo raggiunsi, mi interruppi. Il vento mi scompigliava i capelli, costringendo Edward a respirare e ad inghiottire piene boccate del mio profumo. Feci scorrere una mano sul collo, poi sempre più giù, fino al ventre; mi morsi il labbro inferiore, guardando in un’altra direzione, come se fossi distratta da qualcos’altro. Gli passai davanti, lanciandogli un’occhiata di sfida, e voltai il capo verso il mare nel quale avevo intenzione di bagnarmi. Prima che potessi fare un altro passo sul bagnasciuga, Edward si avvinghiò a me. Mi prese il volto tra le mani, obbligandomi a guardarlo negli occhi. Due pozzi senza fondo, bollenti e spietati si specchiavano nelle mie pupille. Pregai che per una volta Edward si lasciasse andare. Gli accarezzai le braccia, e protesi il mio corpo verso il suo, per fargli sentire quanto ero carica, vogliosa di lui. Per un attimo chiuse gli occhi, stringendomi a sé. Inspirò fortemente, e io mi lasciai irretire dal suo profumo.
Edward…
Con un sospiro estatico affondammo in un bacio appassionato. Il gioco travolgente delle nostre lingue era smorzato dal nostro sfiorarci al confronto lento e delicato. Eravamo in esplorazione l’uno dell’altra.
Il bacio si fece sempre più esigente, con mio immenso piacere. Le mie articolazioni cedettero, mi rammollii come una bambola e m’inclinai all’indietro. Cademmo entrambi a terra, ma la  mia caduta fu attutita da Edward, scudo dalla fisicità irresistibile. Aveva una schiena meravigliosa, liscia e guizzante; le mie mani la stavano divorando, mentre lui mi baciava famelico l’incavo fra il collo e la spalla. Le onde che giungevano a riva ci stuzzicavano delicatamente, accompagnate dal sospiro delle acque. Con uno slancio di aggressività insolita provai a liberami della sua presa: volevo invertire le posizioni. Mi misi sopra di lui e lo baciai senza dargli il tempo di gemere. Sapevo di apparire impacciata, malgrado la mia finta autoconvinzione di essere un’esperta. Mentre lui sembrava fosse stato creato apposta per sapere come infondermi un interminabile, violento piacere.
Le sue mani vogliose, ma pazienti, mi sfilarono la vestaglia. Mi staccai dalle sue labbra solo per permettergli di farla passare sopra la mia testa, per poi affondare ancora nelle sue labbra. Sentire il mio seno aderire al suo petto mi dava una sicurezza indescrivibile, m’infondeva la certezza di essere una vera donna. Edward fece scorrere le sue dita su e già lungo la mia schiena, massaggiandola e graziandola col suo tocco maestro.  Quando sganciò il sottile indumento che mi copriva i seni, arrestai il bacio. Riaprii gli occhi, incontrando quelli interrogativi di Edward, sempre più affamati del mio corpo e del mio amore. Mi alzai in piedi e l’indumento cadde a terra. L’espressione del mio amante era incantata. Gli voltai le spalle, sorrisi e andai ad immergermi nel mare. Quando riemersi, con un dito gli feci cenno di raggiungermi. In meno di mezzo secondo, lo trovai al mio fianco. Colle mani bagnate gli scompigliai i capelli e accarezzai il suo viso. Lui tenne gli occhi chiusi finché le mie mani innocenti non arrivarono al centro del suo desiderio. Boccheggiando, li riaprì. Intimorita, lo accarezzai piano, attenta alle sue espressioni.
Stava godendo. E mentre godeva era qualcosa di spettacolare, che mi ordinò di avvinghiarmi a lui come un serpente.
Rapita dai suoi baci, non mi ero accorsi del viaggio che le sue dita avevano intrapreso sul mio corpo. Le percepii solo quando una di esse s’insinuò decisa dentro di me. Ansimai, affondando le unghie nella sua schiena.
Un’altra spinta, ancora più piacevole. Vibrai, attraversata da un’intensa scarica elettrica di passione.
E un'altra. Soffocai un gemito mordendogli una spalla.
Leccai, baciai, morsi. La fame stava diventando sempre più incontenibile. Il battito del mio cuore era destabilizzato, per riequilibrarlo afferrai la virilità di Edward.  Ne percepii la tensione. Lui bloccò il suo gioco travolgente dentro di me. Il mio corpo stava tentando di aprirsi in tutti i modi e in tutte le direzioni, in attesa di accogliere il suo arrivo.
Con labbra palpitanti, nuotammo in un cerchio d’amore,  intrecciati in un abbraccio dannato.  Non potevamo più aspettare. Cercammo l’una conferma nell’altro, guardandoci negli occhi.  Stava accadendo tutto in modo così spontaneo. In quel momento non sapevo chi fosse la ragazza insicura e goffa che dimorava in me, sapevo solo di esistere per Edward.
Gli mordicchiai le labbra. Erano così piene, morbide, squisite…
Lentamente, amorevolmente, Edward s’inabissò, mi afferrò le gambe e mi issò su di lui prima di riemergere. Ero rimasta completamente nuda. Mi appoggiai alle sue spalle, lui piegò la testa verso l’alto. D’istinto inclinai il capo e chiusi gli occhi. Vidi le stelle, prima che il mio amante  mi trascinasse con sé nel ventre caldo e oscuro del mare. Ero tutta un palpito di lussuria. Lo imprigionai colle braccia, e senza esitazione, scivolai dentro di lui.  
La mia anima diventò anche la sua.



**


Quando mi svegliai, la mattina dopo aver fatto l’amore con mio marito, lo trovai seduto sul bordo del letto con la testa tra le mani. Qualcosa lo turbava. Con cautela, mi misi a sedere, coprendo la mia nudità con le lenzuola. << Ehy… >>, lo richiamai, con voce tenue.
Non rispose.
Aspettai per qualche secondo, il cuore in gola. Possibile che dovesse sempre esserci qualcosa che non andava, tra di noi?
Avvolgendomi il lenzuolo addosso, mi avvicinai a lui e gli posai una mano sulla spalla.
<< Guarda, Bella >>, mormorò allora. Il dolore che gli incrinava la voce mi pugnalò la testa.
Non capivo a cosa si riferisse.
E poi, rivivendo il momento in cui, usciti dall’acqua e tornati in casa, Edward mi aveva presa ancora una volta con passione su quello stesso letto, notai un dettaglio delle lenzuola che mi era sfuggito. All’altezza del mio ventre, c’era uno squarcio. Candide piume erano adagiate sul materasso e ricoprivano il pavimento.
Colta da una triste consapevolezza, cinsi il suo petto con le braccia, appoggiando una guancia sulla sua schiena.  << Sei stato meraviglioso. >>
<< Sono stato un mostro >>, ribadì con voce bassa, furente.
<< E invece no >>, sentenziai, risoluta. Gli baciai la schiena.
Le sue mani sfiorarono le mie, tremanti. Avvertivo la tangibile disperazione che lo straziava.
<< Guarda >>, ripeté. << Guardati. >>
Gli diedi retta. Mi lasciai scivolare di dosso il lenzuolo. Cercai di mascherare la sorpresa, per non ferirlo ulteriormente. Pregai in cuor mio che Edward non si fosse pentito di ciò che avevamo condiviso in quella magica notte trascorsa.  All’altezza delle anche, delle braccia e delle spalle, il colore pallido della mia pelle si mescolava a macchie violacee a tratti nere.
<< Non è niente >>, sentenziai. << Non è niente… >>, ripetei, con convinzione.
Edward teneva lo sguardo fisso a terra, dilaniato da chissà quali atroci pensieri verso se stesso. Ne detestavo l’idea. Come poteva lui, angelo perfetto, biasimare le sue azioni?
<< Edward… Edward, guardami. Io ti amo. >>
L’ansia di fronte alla sua sordità ceca mi  stava divorando come un parassita.
Lo squillo di un cellulare.
Edward parve ridestarsi dallo stato catatonico nel quale era caduto e afferrò l’oggetto del nostro disturbo.
<< Pronto.  Carlisle? >>
Tesi le orecchie, impaziente di riavere la sua attenzione.
“Edward… è un’emergenza. Mi rincresce di non poter evitare di disturbarti.”
“C’è qualche problema?”
Non riuscii a capire nient’altro. Edward e Carlisle parlavano troppo in fretta.
Quando Edward ebbe riattaccato, finalmente mi guardò negli occhi e disse:  << Mi dispiace, Bella. >>


**



Spazio dell'autrice:
la favola non può durare per sempre, altrimenti non ci sarebbe la storia. Lasciate perdere la Bella e l'Edward teneri e felici. Inizia un lungo, travagliato viaggio per i loro destini.
Lasciate qualche commento! ;)
Alla prossima.

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Capitolo 4
*** Possibilità ***


Possibilità



Le espressioni di Carlisle, Esme, Alice e Jasper comunicavano una tensione difficilmente mascherabile. Edward fissava la sorella e ne leggeva la mente per cercare di capire cos’era successo. Impaziente, agitata e preoccupata, m’azzardai a prendere parola: << Dove sono Emmett e Rosalie? >>
Edward e Carlisle si lanciarono un’occhiata. Sembrava stessero affrontando il difficile dilemma di scegliere chi tra i due avrebbe dovuto rispondere. Il silenzio iniziava a spazientirmi. Esme, seduta sul divano immacolato del salotto, si coprì il volto con le mani, tremante. Allarmata, la raggiunsi e le posai una mano sul braccio, bisognosa di donarle conforto con una carezza, poi mi rigirai verso Edward e Carlisle. << Io voglio sapere che cosa è successo >>, intimai.
<< Bella, >> Fui assalita dal panico: Edward, la fronte corrugata, teneva lo sguardo perso nel vuoto, attraversato da un muto e letale dolore. << … Emmett e Rose… >>
Fu Carlisle a continuare al suo posto.
<< Sono morti, Bella. >>
 

**

 
Fissavo oltre il vetro del finestrino cercando di  disimpegnare la mente. Non volevo pensare all’imminente futuro. Volevo sperare in una soluzione immediata al problema di cui dovevo ancora conoscere la fonte.
<< Siamo quasi arrivati. >>
Edward dal canto suo guidava a velocità umana, come se a giustificazione della sua calma volesse dimostrarmi che ai Cullen non fosse accaduto nulla di grave. Eppure non aveva parlato quasi mai durante il viaggio di ritorno dalla luna di miele. In quel momento parve avermi letto nel pensiero. Mi sfiorò la mano e mi rivolse un sorriso tranquillo. Ricambiai, impegnandomi a scacciare la voglia libidinosa che quel semplice gesto aveva fatto scattare in me. Dovevo cercare di contenermi almeno per un poco.
Non avevo nemmeno avvisato Charlie del mio ritorno a Forks.Prima ancora di decidere se telefonargli o no, eravamo già davanti a casa Cullen.
Fu Carlisle ad aprire la porta. << Bentornati, ragazzi. >> Ci sorrise dolcemente e ci abbracciò, seguito da Esme, Alice e Jasper - che evitò di abbracciare me, limitandosi ad un sorriso impacciato. Avevo avvertito dai loro corpi rigidi che gli stava risultando difficile mantenere il controllo della situazione. Edward fissò Alice come se non la stesse vedendo realmente. Compresi di essere la sola inconsapevole. Colta da una violenta paura, mi guardai attorno. Jasper era sul divano con Alice seduta sulle sue gambe, Esme era loro affianco e teneva le braccia incrociate al petto: tutto ciò che mi circondava mi ricordava l’incubo che avevo fatto prima di partire. Mi ero svegliata sudata e affannata, e Edward era corso in camera da letto in meno di mezzo secondo. Gli avevo fatto prendere un enorme spavento, lui mi aveva stretta a sé, cullata e baciata fino a che non mi ero calmata come una bambina, abbandonata tra le sue braccia.
Non avevo il coraggio di chiedere dove fossero Emmett e Rosalie. Scelsi parole diverse, ma fui comunque io la prima a fare domande. << Possiamo sapere che cosa succede? >>
<< Succede che dovremo diventare presto esperti fuggiaschi. >> Era stato Jasper a rispondere.
<< Cosa significa?>> Guardai tutti negli occhi. Dov’erano Emmett e Rosalie? << Parlate chiaro! Non ho voglia di tirarla per le lunghe! >>
<< Bella, calmati. >> Edward mi cinse per la vita e mi sfiorò la fronte con le labbra.
<< No, non mi calmo. Se hai letto le loro menti, spiega anche a me. >>
<< Tu ed Edward sarete al sicuro. >>
<< Questo non è sufficiente a tranquillizzarmi, Carlisle. >>
Prima che qualcun altro potesse aggiungere qualcosa, due avvenenti figure silenziose apparvero sulla scala. Spalancai gli occhi. Siete vivi!, pensai. Mi accorsi subito che Rosalie reggeva qualcosa tra le braccia. Aveva una strana espressione. Emmett era il più sconvolto di tutti, il sorriso che rivolse a me ed Edward non era quello che lo caratterizzava. La vampira bionda ci raggiunse, seguita dal marito, senza distogliere lo sguardo dal fagottino che teneva con sé.
Persi un battito. Forse avevo visto male. Altrimenti come spiegare il fatto che avessi visto una minuscola manina candida spuntare fuori?
<< Avvicinatevi. >>
Il dolce invito che Carlisle rivolse a me ed Edward non fu accolto da Rosalie, la quale strinse al petto il fagottino di coperte, come se stesse difendendo il suo cuore ritrovato. L’occhiata ostile che scoccò a me in particolare mi fece raggelare. << Rosalie, non gli faranno del male… Nessuno di noi, qui, ha intenzione di farlo. >>
<< Non mi fido di lei >>, replicò quest’ultima a denti stretti. Non aveva smesso di fissarmi torva.
Fu come ricevere una pugnalata. Nonostante mi fossi sposata con suo fratello, e fossi entrata ufficialmente a far parte della sua famiglia, Rosalie non mi accettava. Da quel suo sguardo di fuoco appurai che se prima ero solo una fastidiosa presenza nelle sue giornate difficile da sopportare, adesso mi odiava. Tuttavia non ne comprendevo il motivo.
<< Non essere ridicola, Rose. E’ Bella! >> sbottò Alice.
<< Bella non potrebbe mai fargli del male >> la rassicurò Esme.
<< Io fare del male a qualcuno, circondata da sette vampiri… Questa sì che è buona >>, ammisi.
I lineamenti del volto di Rosalie si distesero un poco, senza però abbandonare l’espressione rabbiosa. Edward mi rivolse un cenno d’assenso, ed insieme ci avvicinammo a lei.
Il fagottino di coperte azzurre ci rivelò la vista del bambino più bello che fosse mai nato. Il visino niveo incorniciato da fitti e corti capelli lucenti come spighe di grano al sole, occhi chiusi dalle ciglia lunghe e scure, boccuccia rosata e piena, nasino leggermente arrossato punteggiato da lentiggini: un bambolotto di porcellana che dormiva sonni beati, protetto da una leonessa madre inferocita, Rosalie.
<< E’ un… bam…bino. >>
<< Che perspicacia. >>
<< Rose! >>
<< Stanne fuori, Edward. >>
<< Lascia stare, amore. Cosa ci fa qui questo piccolo? >>, domandai.
<< Alice e Jasper lo hanno trovato nella foresta mentre erano a caccia. Sembra che nessuno fosse nei paraggi al momento. Così siamo giunti alla conclusione che sia stato abbandonato >>, spiegò Carlisle.
<< Abbandonato? Ma perché mai avrebbero dovuto farlo? >>
<< Guardalo meglio, Bella. >>
Fissai Emmett interrogativa, ma lui non aggiunse altro. Feci come mi aveva detto, senza fare caso al disagio crescente di fronte alle occhiate di fuoco di Rosalie. E allora compresi come avesse inteso Emmett. La perfezione di quel bambino ricordava quella che predatori come i vampiri avevano insita in loro, di fronte a me avevo un baby vampire. C’era poco da scherzare, perché malgrado stesse dormendo e respirando, quel bambino, la consapevolezza mi stava scivolando addosso, non era umano.
<< State dicendo che questo piccolino… Ma respira! >>, sbottai, incredula.
<< Sì, respira. E ha anche gli organi vitali, se è per questo >>, m’informò Carlisle.
<< Ma è anche forte e bello come un vampiro >>, specificò Esme.
<<… Un bambino immortale. >>
<< Esatto, Edward. Ho fatto delle ricerche, mentre tutti noi aspettavamo che tu e Bella foste tornati, e integrato le informazioni acquisite nel corso degli anni sulle leggende dei mezzi vampiri alle nuove scoperte. Non ci sono dubbi, ormai: questo bambino è stato concepito da una creatura umana e da un vampiro. >>
Emmett fece schioccare le nocche delle mani. << A volte le leggende si avverano. >>
<< Ma Carlisle… com’è possibile? Credevo che… >>
Ero sconvolta. Fissavo tutti e credevo di starli guardando davvero per la prima volta. Non sapevo cosa pensare, mi sentivo tradita. I vampiri erano bravi a farti credere quello che volevano, sapevano mentire quanto sapevano correre. Mi soffermai su Edward. Sembrava preoccupato, aveva intensificato lo sguardo e cambiato espressione in risposta alla mia reazione. Ero curiosa di vedermi allo specchio, per realizzare quanto il riflesso del mio sconcerto si fosse manifestato sul mio viso.
<< Tesoro, che ti prende? >>
<< Mi avete mentito! >>
<< Non urlare, o sveglierai il bambino >>, ringhiò Rosalie.
Trasalii.
<< Bella crede che noi le abbiamo mentito riguardo al fatto che i vampiri non possono procreare >>, intervenne Alice, che era stata zitta per tutto il tempo. Fu in grado di sorprendermi anche quella volta. Perfino in circostanze inaspettate, riusciva ad essere se stessa. Apparentemente superficiale a livello caratteriale, di fatto Alice era un pezzo di ferro. Alice era rimasta Alice, ecco tutto. O forse aveva già visto che in futuro non ci sarebbero state complicazioni. Già, dopotutto non c’era da stupirsi se si stava dimostrando imperturbabile, per lei era tutto prevedibile.
Edward mi sfiorò una guancia.  << Non ti abbiamo mentito, adesso non saremmo sconvolti, se così fosse. >>
<< Un vampiro può mettere incinta un’umana >>, rivelò Carlisle. << Il motivo per cui ti dissi che da Edward non avresti mai potuto avere figli >> Rosalie scosse la testa, rammaricata << … è che un bambino originato da un vampiro, per nascere diventa l’assassino della sua stessa madre; la sua presenza disumana è insopportabile per un corpo fragile e vulnerabile di donna, nonché lo spazio per lui all’interno insufficiente, perciò una volta che non si sente più a suo agio, per uscire, buca la pancia della madre coi denti, già formatisi. Avrei preferito non dirtelo, ma a quanto pare ho dovuto. >>
Rabbrividii.
<< So cosa stai pensando, Rose, ma- >>
<< No, invece non lo sai. Mentre io so cosa stai pensando tu: che questo bambino è… >>
Un mostro.
<< … un mostro. Mi sbaglio? >> Rosalie indietreggiò. << Non azzardarti a fare un solo passo, Edward. Il mostro sei tu, sei stai anche solo pensando di fargli del male. >>
<< Non puoi tenertelo! Lo sai che cosa succederà? >> Edward era furibondo, malgrado stesse mantenendo un tono di voce quasi impercettibile.
Tremai.
<< Vai al diavolo. >>
Emmett si frappose fra i due litiganti e posò una mano sulla spalla della moglie. << Smettetela adesso. Andiamo, a tutto c’è una soluzione, prima o poi la troveremo. >>
<< Stavamo aspettando il vostro ritorno >>, rivelò Esme << … per sapere cosa ne avrebbe pensato Edward. Io e Carlisle, Rosalie ed Emmett siamo per tenere questo bambino e lasciare che questi ultimi se ne prendano cura; Alice e Jasper, e a quanto pare anche te, Edward, siete per abbandonarlo al suo destino. >>
Mi avevano esclusa dalla scelta. Si parlava di un problema sovraumano in senso letterale, per cui la mia opinione non sarebbe valsa nulla. Cosa potevo saperne io delle conseguenze che l’arrivo in famiglia di un bambino vampiro avrebbero potuto significare?
<< Ditemi, ragazzi, che fine pensereste di lasciargli fare? Avrà abilità straordinarie, ma resta pur sempre un bambino… >>
Esme aveva ragione. Mi avvicinai a lei e le posai una mano sulla spalla, in segno di sostegno. Il fagottino tra le braccia di Rosalie sembrava così indifeso, era una creatura innocente e ignara. Avrei fatto il possibile per persuadere chi non era d’accordo a cambiare idea. << Io sono d’accordo con Esme. Voi non siete crudeli e insensibili. >> Mi soffermai su Alice, la quale si limitò a sospirare come faceva ogni qualvolta m’intestardivo su qualcosa. Poi guardai negli occhi mio marito: Edward, il vampiro angelo, dolce e romantico, protettivo e geloso nei miei confronti, voleva sbarazzarsi di un bambino? Bastava guardare quella creatura addormentata per provare tenerezza ed innamorarsene. E lui… non lo riconoscevo. << Tesoro, tu parli così perché non sai. >>
<< E allora parla. >>
Edward digrignò i denti e la mascella fece un guizzo. << Se i Volturi vengono a sapere dell’esistenza di un bambino immortale lo distruggono immediatamente; a coloro che decidono di nasconderlo e proteggerlo viene riservato lo stesso trattamento. E’ la legge. >>
Impallidii. I Cullen mi avevano parlato dei Volturi e in parte immaginavo cos’erano capaci di fare. I racconti di Jasper, il più vissuto della famiglia, erano stati i più sconcertanti; mentre quelli di Carlisle, che vi aveva convissuto, mi avevano portata direttamente a vivere con loro.
Capii i genitori che avevano abbandonato il loro piccolo. Tuttavia non li giustificai, al posto loro avrei dato la mia vita nel tentativo di salvarlo.
<< Ma non possiamo lasciarlo morire! Alice, tu cos’hai visto? >>
<< Se lo teniamo, i Volturi ci troveranno. Ho visto ciò che non ho il coraggio di raccontare. >> Jasper strinse Alice a sé, permettendole di nascondere il viso sul suo petto. << Non puoi immaginare… Non chiedermi di riviverlo. Mi dispiace che io, Jasper ed Edward la pensiamo a questo modo, ma evidentemente preferiamo salvare la nostra famiglia anziché vederla morire… >>
<<… per una causa già persa in partenza >>, concluse Edward con amarezza.
Sentivo qualcosa ribollire e risalire dentro di me. Era la manifestazione della rabbia.
<< E allora lasciatelo a me! Io non sono una vampira, no? Dirò che l’ho trovato nel bosco. E quando i Volturi mi troveranno… non potranno uccidermi. >>
<< Ma uccideranno il bambino comunque! >>
Ero disgustata.
<< Bella, capisco che per te abbandonare un bambino sia una soluzione inaccettabile, ma a volte nella vita certe scelte vanno prese. Fuggire per l’eternità per salvare un bambino immortale sarebbe bello, ma da incoscienti. >>
<< Non ci credo. L’uomo che ho sposato… E’ questo l’uomo che ho sposato?! >>
Edward rimase pietrificato. Spalancò gli occhi, ferito, e distolse lo sguardo. Non disse più nulla.
Ci ero rimasta male. Ma a dire il vero non sapevo se più per quello che gli avevo detto o più per la sua decisione.
In sala era calato un silenzio denso di sensi di colpa. Jasper aveva detto che saremmo dovuti diventare una squadra di esperti fuggiaschi: intendeva dire che se volevamo proteggere il bambino avremmo dovuto nasconderci dai Volturi; pensavo al “noi”, benché io ed Edward ci fossimo sposati e trasferiti altrove, perché lui – e d'altronde anche io – eravamo parte della famiglia, e in famiglia bisognava aiutarsi a vicenda.
<< Ciao… Ciao, splendore. >> Non avevo mai udito Rosalie sussurrare parole dolci con una voce così morbida. La guardai stupefatta.
<< E’ sveglio! >>, squittì Alice.
Allungai il collo. Come per effetto di un incantesimo, tutta la tensione accumulata in sala, parve svanire in un soffio di primavera. La medicina furono due cangianti occhi scuri spalancatisi curiosamente alla vita.
Rosalie era abbagliata. Passarono secondi, minuti, forse anni. Quando io ed Esme facemmo per avvicinarci a lei ed Emmett, non s’azzardò nemmeno ad indietreggiare e a lanciarmi occhiate ostili. Forse aveva capito che per una volta, entrambe eravamo dalla stessa parte. A giudicare dall’aspetto radioso e florido, quel bambino non sembrava fosse stato abbandonato nel bosco, ma raccolto da un ombreggiato frutteto che gli aveva fatto da casa sino ad un paio di mesi dalla sua nascita.
<< Non possiamo… Non possiamo farlo morire >>, sentenziò Esme.
Carlisle era pensieroso. Emmett sorrideva, come se tutto si fosse già risolto. Jasper pareva perso nel vuoto, mentre Alice era imbronciata; sul volto di entrambi scorgevo l’ombra del ripensamento, una nuova determinazione stava prendendo forma.
Guardai Edward.  Sentimenti incontrastati lottavano in lui, riflessi nel suo sguardo. Paura, sorpresa, confusione, tenerezza. Ma c’era qualcosa che lo stava silenziosamente soffocando.
Non ci credo. L’uomo che ho sposato… E’ questo l’uomo che ho sposato?!
Il dolore che le mie parole gli avevano causato. 

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