Made in Hell

di MrBadCath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming soon ***
Capitolo 2: *** Rock 'n Roll music! ***
Capitolo 3: *** Calling all girls ***
Capitolo 4: *** Made in Hell ~ Friends will be Friends ***
Capitolo 5: *** Lazing on a Sunday afternoon ***
Capitolo 6: *** Keep yourself alive ***
Capitolo 7: *** Play the game ***
Capitolo 8: *** Need your loving tonight ***
Capitolo 9: *** Hoop diddy diddy, hoop diddy do! ***
Capitolo 10: *** Save me ***
Capitolo 11: *** We can do a Tango just for two. ***
Capitolo 12: *** We can do a Tango just for four. ***
Capitolo 13: *** We are the champions ***
Capitolo 14: *** Spread your little wings and fly away ***
Capitolo 15: *** Party ***
Capitolo 16: *** Some day one day ***
Capitolo 17: *** I'm too exhausted to start a fight ***
Capitolo 18: *** Right till the End. ***



Capitolo 1
*** Coming soon ***



Capitolo primo: Coming soon



The same old babies with the same old toys



Una bella corsetta per tenersi in forma era quello che ci voleva. Era ancora freschino per andare in giro sbracciati dopo sera, ma le finali si stavano avvicinando. Marzo era arrivato da poco ed il tempo incalzava: gli esami, le gare, le iscrizioni al college... essere un anno avanti iniziava a non parerle più una buona idea. La primina le stava facendo accorciare i tempi più di quanto non avesse previsto. E non aveva idea di cosa fare.


They're always... coming soon



Correre le distendeva i nervi. Era lei, a correre, oppure il resto stava andando a rilento?
Aveva sete. Si guardò intorno, ma non c'era nessuna fontanella, solo un pub. Di solito era frequentato da gente più grande della sua età, studenti universitari, rango in cui l'anno successivo sarebbe entrata a far parte anche lei. Era sabato sera: di certo era affollato.
Anthea si fece coraggio ed entrò nel pub. Non avrebbe impiegato troppo tempo, dopotutto. Aveva solo bisogno di una bottiglia d'acqua, sempre ammesso che l'avessero.
L'ambiente era carino, sembrava di stare in una taverna nel lontano '800. C'era un gran baccano all'interno, entrò passando del tutto inosservata.


I get some headaches when I hit the heights,
like in the morning after crazy nights



Nel tavolo all'angolo, notò una sua compagna di classe. Non era decisamente quel tipo di ragazza che poteva essere una sua amica, eppure la incuriosiva.
Dorothea, o Dorothy, come la chiamavano tutti gli altri, era il classico tipaccio che sta seduto all'ultimo banco con l'aria di una che sta cercando di riprendersi dalla sbornia della sera prima.
Anthea era solita fissarla, un po' preoccupata, senza sapere neanche perché. Non si erano mai rivolte la parola, benché fosse una sua compagna di classe ormai da settembre. Non doveva essere poi così piacevole cambiare compagni ogni anno che era costretta a ripetere la classe. Del resto, se si fosse applicata di più...
«Hei ciao!» la ragazza seduta al tavolo la salutò con un evidente cenno della mano e lei si voltò, pronta a vedere se non si stesse rivolgendo a qualcun altro. Il ricciolo accomodato a due passi da lei scoppiò a ridere e borbottò qualcosa che Anthea non riuscii a sentire, probabilmente parole di scherno nei confronti dell'amica.
Eppure sì, pareva che proprio Dorothy, la moretta con gli abiti hippy e le labbra color del fuoco, stesse cercando di comunicare con lei, la biondina con l'uniforme scolastica da palestra ed il naso a patata, in piedi in mezzo al pub come una scema. Si sentì leggermente in imbarazzo ed arrossì quando l'altra la invitò a raggiungerla, senza accennare a spostarsi dalla sua postazione.
Un ragazzo teneva il braccio sulla spalliera dietro di lei, cingendola affettuosamente.
«Ciao Anthie!» insistette «Non ti ho mai vista da queste parti, sei sola?» esordì un'aria sinceramente gentile. Non aveva avuto occasione di conoscere il suo lato non-oscuro.
-sfido io, questi locali di solito li frequentano gli universitari- pensò lei. Tra Dorothy ed Anthea correvano tre anni di differenza. Le voci che giravano sul suo conto non erano delle più lusinghiere. Frequentava solo ragazzi più grandi, dell'università per la maggior parte, e all'interno delle mura scolastiche, non si era fatta neanche un amico.


somebody nagging you when you're out with the boys



Non voleva fare la figura dell'idiota, al tavolo con lei c'erano tre ragazzi e nessuna ragazza, così pensò che forse voleva solo prendersi gioco di lei. Anthea rispose, facendo buon viso a cattivo gioco, sforzandosi comunque di capire dove voleva andare a parare:
«Stavo facendo una corsetta, ma ho finito l'acqua» si sforzò di mostrarsi accondiscendente
«Gioca per la squadra di pallavolo» spiegò Dorothy e la bionda si meravigliò che non solo ricordasse il suo nome, ma sapesse anche qualcosa di lei. Evidentemente era brava ad ascoltare.
«Quindi andate davvero a scuola insieme? Siete amiche?» scoppiò nuovamente a ridere il ricciolo ed Anthea annuì, non comprendendo che cosa ci fosse da ridere
«Amiche al tal punto che la inviterò a bere al nostro tavolo, stasera» lo rimbeccò lei, travolgendolo con una risata sarcastica «visto che paghi tu, perdente» scoppiò a ridere, perdendo definitivamente ogni freno. Allora la invitò ad accomodarsi.
Il ragazzo seduto accanto a Dorothy si sporse per spiegarle meglio le cose:
«Aveva scommesso che lei non avesse amiche femmine» sghignazzò «comunque piacere, io sono Tim, il perdente con i riccioli è Brian ed il biondo in silenzio nell'angolo è Roger... Roger?»
«Che vuoi?» rispose scorbutico l'altro
«Niente da fare, oggi è di pessimo umore» si strinse nelle spalle e si riaccomodò in modo da far coincidere precisamente il suo corpo con quello di Dorothy «ed io che speravo che conoscere qualche donzella ti avrebbe tirato un po' su di morale...»
«Roger che hai?» domandò la mora allungandosi verso di lui con un braccio, ma lui scosse la testa. Dorothy guardò il cielo con rassegnazione. Il biondino sembrava non gradire tutte quelle attenzioni, così l'altra pensò che presentarsi fosse una buona idea.
«Comunque io sono Anthea» sorrise
«Bene, Anthea» Brian si accomodò scompostamente sul divanetto in pelle distribuendo le quattro ossa dei suoi secchissimi bracci nell'angolo «quanti anni hai?» sembrava un ragazzo a posto, in realtà l'unico, quei quattro parevano non avere proprio niente in comune.
«Diciassette» asserì, ed il moro scoppiò a ridere di nuovo
«Se scoprono che ci hai portato una minorenne al tavolo ci arrestano!» esclamò
«Per me ha bevuto troppo» sentenziò Tim, accarezzando i capelli di Dorothy con fare quasi naturale
«Comunque se proprio devo essere arrestato, almeno che mi dica quali compiti deve fare per lunedì la signorina» indicò la mora. Anthea ci pensò un attimo, poi decise che comportarsi bene non sarebbe piaciuto a quelli che avevano proprio l'aria di essere dei ragazzacci
«Non me lo ricordo» rispose, grattandosi la testa nervosamente
«Se non passi neanche quest'anno, ti butteranno fuori a calci» la prese in giro il ricciolo.
In generale, il suo rendimento era mediocre.
Effettivamente Dorothy passava la maggior parte del tempo incollata al banco, non si alzava mai per parlare con gli altri, solo se la chiamavano alla lavagna o se la buttavano fuori perché si era addormentata.
«Se passi, invece, che hai intenzione di fare?» domandò Roger, contro le aspettative di tutti i presenti, un po' per l'improbabilità che quella possibilità si avverasse, un po' perché aveva aperto bocca
«Quello che fai tu, così mi aiuti a studiare» lei gli fece l'occhiolino e lui le sorrise
«Anthie, che fai domani di bello?» domandò Brian d'improvviso e lei si sentì leggermente in imbarazzo per l'eccessiva confidenza accordatale «Noi suoniamo all'Imperial College, se hai tempo passa a dare un'occhiata»

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Capitolo 2
*** Rock 'n Roll music! ***


Capitolo secondo: Rock 'n Roll music!


Avrebbe fatto in invidia a tutte le ragazze nel giro di due chilometri.
Sarebbe sembrata all'altezza dei ragazzi che aveva incontrato la sera prima, in quel pub ottocentesco.
Anthea sistemò un boccolo sulla spalla e con il rigore di un generale squadrò la propria figura dentro lo specchio: le ciglia nere e ben piegate adornavano gli occhi verdi; sbatté le ciglia e sorrise, controllando che la pelle fosse senza imperfezioni.
Se c'era una cosa che sapeva fare bene era adattarsi alle situazioni, senza sembrare ridicola. Tirò fuori dal proprio armadio, un gigante in legno, un paio di pantaloni neri e una canottiera.
Era decisamente più tosta e meno alternativa di Dorothy, rock senza sembrare folle.

Quando arrivò a destinazione, però, Anthea non si sentì più poi così sicura.
L'Imperial College era pieno di gente, quella domenica pomeriggio, e lei era decisamente un pesce fuor d'acqua, visto che era probabilmente la più piccola in tutto il grande androne pieno di universitari. Si rimproverò chissà quante volte per aver accettato quell'invito, ma cosa le era saltato in mente?
Non era la fine del mondo, però, lei era Anthea, una ragazza che nonostante l'età era davvero matura, intelligente sopra la media.
«Ah, sei qui!» la chiamò una voce ed una mano posata sulla spalla la costrinse a voltarsi. La spaventò da morire. «Scusa, non volevo farti paura!» disse Roger
«Andiamo, Dorothy ti sta cercando dappertutto»
«Sta cercando me?»
«Di certo non me» borbottò, quasi dispiaciuto «eccola!» indicò la figura vestita in modo piuttosto provocante, rigorosamente in nero. Dire hot pants era limitativo.
«Finalmente!» esclamò la moretta. Ringraziò il suo scagnozzo con un bel sorriso, poi tirò un pugno amichevole sulla spalla muscolosa della compagna di classe, che sorrise, vedendo l'espressione sul viso della sua amica, che si aspettava un lamento di dolore.
«Fortunatamente Roger mi ha trovata» affermò la biondina, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo, stupefacendosi di quanto potesse essere socievole, quando voleva.
Dorothy la guardò. Improvvisamente quella non socievole le parve lei.
Anthea oramai non si stupiva più di niente, insomma, stava frequentando la musona della classe, se l'avesse detto alle sue amiche, nessuna ci avrebbe creduto. Pensò però, che essere uscita dal proprio guscio di indifferenza nei confronti altrui, le avrebbe fatto bene: stare in mezzo alla gente, quando si trovava in una situazione di agio e serenità, le faceva sempre piacere.
Roger, che aveva degli occhi azzurri incredibilmente belli, sembrava molto più rilassato della sera prima, il suo viso chiaro era illuminato dalla luce del primo pomeriggio.
-è un bel ragazzo- pensò Anthea, ma tutta la sua attenzione fu all'improvviso catturata da altro...
La figura stava appoggiata ad una panchina ai lati dello spazio circostante e sorseggiava Coca Cola da una bottiglia di vetro, guardando con interesse gli strumenti poggiati sul palco. Aveva i capelli pettinati in modo simile ad un cespuglio e due occhi color nocciola molto piccoli.
Quando uno dei ragazzi che gli stavano attorno gli parlò, lui si girò lentamente, con fare posato e disteso.
I loro sguardi si incrociarono per una manciata di secondi, prima che lui, con il viso in fiamme, abbassasse lo sguardo.
In pochi attimi la ragazza aveva avuto l'occasione di studiare a fondo tutto ciò che quegli occhi castani nascondevano, ciò che si celava dietro quel colore così intenso e stranamente dolce.
Non aveva idea di cosa avesse in mente, ma il suo cervello le diede l'input di andare lì, sorridergli come inebetita ed esclamare un sonoro:
«Ciao!»
Il tizio dai capelli ricci e folti si guardò addietro, senza nutrire troppe speranze che la ragazza bassina con gli occhi grandi stesse salutando lui. Beh, certo, in mezzo a tutta quella gente...
Allora lei gli tese la mano e lui fu costretto a cambiare idea:
«C...Ciao» gli rispose, cercando di sembrare il più disinvolto possibile
«Io sono Anthea»
«Piacere» rispose lui. Strinse la mano piccola e graziosa, che con eleganza lei gli aveva allungato e si presentò «Io sono John»
La ragazza, notando quanto fosse timido, sorrise, pensando che non gli avrebbe fatto male una bella svegliata; era una intraprendente, lei... e lui non riusciva a guardarla negli occhi, ad ogni modo conversava volentieri.
«Sei qui per la musica?» domandò, facendosi un po' di coraggio
«Sì, sono venuta con degli amici, loro non sono con me perché suonano. Tu invece?» rispose la bionda, passandosi una mano fra i ciuffi dorati, facendolo avvampare di nuovo
«Anche io, sono venuto a dare un'occhiata. I tuoi amici sono quelli che suonano? Accipicchia!»
«Tu suoni qualcosa?»
«Beh, io... sì» John non era abituato a conversazioni di quel tipo, altro che rompere il ghiaccio, lui avrebbe avuto bisogno di una di quelle navi che spaccano le lastre al circolo polare artico – cavolo, John, è una ragazza, riesci a fare una frase soggetto-verbo-oggetto? Forse non la rivedrai mai più, ma almeno cerca di non fare la figura dell'idiota- «Il basso»
«Wow! I bassisti sono sempre stati i miei preferiti!»
-mi vuole morto?-
«Beh, è uno strumento che sta un po' dietro le quinte, ma è forte»
«Dietro le quinte? Purtroppo è sottovalutato, ma secondo me è il cuore di tutto, anche se non mi intendo di musica sul piano pratico»
«Esagerata!» John si grattò la testa sempre più imbarazzato da tutti quei 'complimenti'
Anthea prese improvvisamente la sua mano, facendo aggravare precipitosamente il rossore sulle sue guance: sembrava un peperoncino. Senza dargli il tempo di riprendersi, incrociò le dita alle sue. Il ragazzo sentì le gambe improvvisamente molli, come fatte di pasta frolla. Nessuna ragazza si era mai interessata improvvisamente a lui, non in quella maniera... e lui non aveva tutta quella esperienza per poter fare lo spavaldo. Se conosceva quelli che suonavano di certo, frequentava gente più grande di lui, abitualmente, gente più esperta.
«Visto?» esordì soddisfatta «Da qui si vede meglio!» Anthea conosceva i concerti tanto quanto conosceva il suo libro di filosofia.
Per un attimo pensò che sarebbe stato giusto ripagare Dorothy con un po' d'aiuto fra i banchi di scuola, ma giunse alla conclusione che una testa dura come la sua amica non avrebbe mai preso lezioni da una persona che considerava una ragazzina, solo per stupido orgoglio.
La musica cominciò all'improvviso, troncando una frase che John aveva appena iniziato, con il suo fare pacato, che sulla sua interlocutrice aveva un effetto particolare, essendo lei il suo perfetto opposto. Curiosa di sapere ciò che volesse dire, Anthea si alzò in punta di piedi e gli mise un braccio attorno al collo, con il preciso intento di raggiungere il suo orecchio:
«Come hai detto, scusa?» gli chiese, appoggiando la guancia a quella di John, che stava diventando di tutti i colori per l'imbarazzo. Fu costretto a spostare la lunga chioma ossigenata, per poter farsi sentire dalla ragazza:
«Ne parliamo dopo»

Gli Smile, così si chiamava il gruppo, andavano davvero forte. Maneggiavano i loro strumenti come professionisti. Roger se ne stava sul suo sgabello, tranquillo, imperturbabile, dondolando la testa a destra e sinistra a tempo, ed ogni tanto lanciava uno sguardo a Dorothy che sgambettava da sola dietro le quinte dopo essere stata abbandonata dalla sua Anthie, canticchiando il motivetto. Brian era troppo preso dalla sua chitarra anche solo per guardare il pubblico. Tim invece intratteneva tutti quanti con voce e basso.
Anthea guardò il ragazzo dagli occhi di miele e sorrise, compiaciuta.
«Me li presenti, i tuoi amici?» chiese lui, con un velo di speranza calato negli occhi
«Va bene» rispose lei, sinceramente felice
«Hey, Anthie, allora? Ti è piaciuto?» le chiese Dorothy, guardando John con un occhio curioso ed inquisitore -ma che si è portata dietro, un barboncino?- si domandò -se le piacevano i riccioli folti mettevo volentieri una buona parola per lei con Brian-
«Davvero molto, complimenti ragazzi!» disse, rivolta ai maschietti, che erano ancora sudati e pieni di energia «Un mio amico vuole conoscervi. Lascio a voi le presentazioni»
I ragazzi cominciarono a chiacchierare, e, nonostante John rimanesse quasi sempre in silenzio, era comunque molto più sciolto di quanto non lo fosse con le ragazze. Per un momento si sentì felice che esistessero al mondo delle donne intraprendenti, non più legate al cliché di corteggiamento da parte maschile.
«Cose da musicisti...» blaterò Dorothea dopo essersi vista privare di tutta l'attenzione in un colpo
«Come li hai conosciuti?»
«Roger aveva messo in giro dei fogli in cui diceva di essere disposto a fare ripetizioni di matematica. Disgraziatamente uno di questi lo raccolse mia madre. Ovviamente le ripetizioni sono durate tipo due giorni... figurati se mi abbasso a farmi fare ripetizioni da uno che è persino un anno più piccolo di me. Poi chiacchierando è venuto fuori che suonava e così ho conosciuto anche Tim e Brian... gli servo perché ho l'auto» ha sghignazzato «sai com'è, loro vengono tutti da fuori»
«Allora, siete anche voi dei nostri?» chiesero impazienti i ragazzi del gruppo, che avevano appena proposto a John di raggiungerli a una festa post-concerto, interrompendola.
Anthea si sentiva scoppiare la testa.
«Io non mi sento molto bene» rispose
«La mocciosa non regge le feste?» la stuzzicò Dorothy, con uno sguardo divertito
«Non chiamarmi mocciosa!» si alterò «Ricordati che sei più grande di me solo all'anagrafe» la rimbeccò, la mora inarcò un sopracciglio e Roger scoppiò a ridere
«Sarà che domani devi andare a scuola anche tu...»
«Perché, voi non avete lezione?» sghignazzò. Brian sbuffò.
A spezzare il silenzio fu John, che, guadando Anthea in viso, le chiese se avesse bisogno che qualcuno la accompagnasse a casa, e lei, più felice che malata accettò, cercando di nascondere l'entusiasmo come poteva.
«Se l'accompagni mi sento più tranquilla anch'io» sorrise la morettina con un'aria da mamma «non vorrei che si perdesse o cose simili... mi sentirei troppo in colpa»
«Da quando il senso di colpa fa parte di te?» domandò Anthea con un'aria convinta e tutti gli altri scoppiarono a ridere
«Se non ti senti bene, è meglio avviarsi, poi scende la sera, fa fresco...» si intromise John, inserendo lunghe pause tra ogni enunciato. Era davvero molto premuroso. Brian e Tim si scambiarono sguardi di puro terrore.
«Ok, allora noi andiamo»
«Ci vediamo domani, Anthie» visto che John era voltato di spalle, Dorothy ne approfittò per fare l'occhiolino alla compagna di scuola. I due si allontanarono a passi lenti, camminando tra la gente che ormai se ne stava andando.
«Queste nuove generazioni...» borbottò Brian, stringendosi nelle spalle
«La verità è che anche noi dovremmo prenderci più cura delle persone a cui vogliamo bene» enunciò Dorothy con aria semiseria «Per esempio il nostro piccolo Roger» gli mise, con un leggero sforzo data l'altezza predominante del maschio, le mani tra i capelli biondi «... come sta la nostra briciolina?» gli diede un bacio sulla guancia e lui arrossì
«Ma piantala!» mise il broncio il batterista
Tim scattò d'improvviso in direzione dell'uscita, mettendo tutti in allarme
«Se vi appartate, non dimenticatevi la protezione!» gridò, ma ovviamente Anthea e John erano troppo lontani per sentirli.
Scoppiarono tutti a ridere.
«Andiamo a sbronzarci»

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Capitolo 3
*** Calling all girls ***



Lunedì mattina.
Tutto come sempre. L'uniforme, la scuola, Anthea con le sue amiche, Dorothy collassata sul banco.
Era come se quel fine settimana non fosse mai esistito.
Quando la bionda si diresse verso il banco della mora, per vedere se stesse bene, tra le sue amiche si alzò un lieve brusio di commenti.
«Dorothy?» sussurrò piano, temendo di svegliarla
«Va tutto bene. Non ho bisogno di niente. Lasciami dormire» effettivamente, non era cambiato niente
«Ma quanto sei scorbutica» disse l'altra pigiandogli la testa contro il banco «per una sbronza, poi...»
«Non ho bevuto, dovevo guidare, semplicemente non ho dormito e ho passato la serata a reggere le fronti di Roger e Brian, mentre Tim dormiva collassato sul divano come un angioletto»
«Povera piccola, sarai esausta» la prese in giro
«La prossima volta chiederò il tuo aiuto, fata madrina. Piuttosto com'è andata con il barboncino?»
«Mi ha accompagnata a casa, tutto qui, e tu, com Tim?»
«Hai intenzione di farneticare ancora per molto?» rispose lei seccata
«Mi pareva che voi due...»
«Oh, sì, pare a tutti... credo che sia per questo che nessuno di noi due riesce a trovarsi un fidanzato. Andrei dalle tue amiche se fossi in te, pare che si stiano preoccupando»
«Mi chiedevo se magari uno di questi giorni non ti andasse di studiare insieme»
«Sì, volentieri, se riuscirò a trovare il tempo tra le lezioni di Brian, Tim e Roger e le prove» sorrise sfacciatamente. Almeno aveva declinato l'invito decorosamente. Non che anche Anthea avesse tutto quel gran tempo da concedere a lei, le pareva solo un modo per essere cortese.
Anche quel pomeriggio, aveva l'allenamento con la squadra di pallavolo.
Dopo aver velocemente liquidato i compiti, fece una doccia.
Sedeva coi capelli bagnati sul water, guardandosi allo specchio, aspettando che succedesse qualcosa. Si infilò mutandine e pantaloncini, guardando attentamente i proprio corpo allo specchio.
Avvicinò improvvisamente il viso al vetro, esaminano le labbra da ogni angolazione e posizione.
Con lo sguardo scese verso i seni nudi e sodi, si accarezzò meccanicamente il ventre, e, seppur fosse soddisfatta dal suo fisico, lo nascose dentro una T-shirt due taglie più grande di lei. Il suo sguardo era tremendamente incupito.
-Eppure non ho mai perso nulla in vita mia- si lamentava con se stessa, quasi furiosa -forse David l'avrà visto- qualcuno suonò il campanello. Ci mancava solo di perdere tempo in quel modo: qualche boy-scout che cercava di vendergli biscotti alla menta per salvare le dighe dei castori alle sorgenti del Tamigi. Scese saltellando le scale, mentre le foto che ritraevano lei e suo fratello la spiavano silenziose e immobili.
I lineamenti pallidi del fratello le ricordarono all'improvviso suo padre. Cacciò il pensiero dalla sua mente.
Si fermò davanti all'ingresso e prima di mostrarsi a chi stava fuori, mise in mostra uno dei suoi sorrisi cordiali e affascinanti.
Aprì la porta e rimase piacevolmente sorpresa, quasi allietata: non pensava che John, il ragazzo che il giorno prima era arrossito per via di un complimento, si sarebbe presentato a casa sua. Senza dire nulla il ragazzo le mise un portafoglio in mano:
«È tuo» -suvvia John, dille almeno buongiorno, oppure si offenderà-
Doveva esserle caduto mentre scendeva dal taxi che avevano preso per tornare a casa.
«Oh Dio, John, ti ringrazio!»
Appena la ragazza si strinse attorno al braccio del riccioluto, tutte le frasi sensate che aveva composto durante il viaggio con l'intento di pronunciarle andarono perse in un attimo, solo respirando il profumo di quella folta chioma lucente.
«Grazie a te» farfugliò, mettendo entrambe le mani sulla schiena della ragazza, stringendola delicatamente; i seni morbidi della ragazza, poggiati sul suo petto, gli fecero uno strano effetto. Si sentì svenire. «Sono... felice di vedere che... stai bene» fu un grande sforzo per lui, fronteggiare l'imbarazzo e riuscire a sputare fuori quelle poche parole. Forse con Anthea sarebbe stato sempre così.
«Oggi alle sette ho l'allenamento, ma possiamo passare il pomeriggio fuori, se ti va. Ora che ho il mio portafoglio ti posso offrire qualcosa» ridacchiò lei tutta soddisfatta. Prima che John potesse dire qualcosa, Anthea riprese a parlare «Hey, aspetta,» si avvicinò, raggiungendo una distanza che per John era più che critica «hai un ricciolo sulla fronte» detto questo gli passò una mano fra i capelli «Ecco, ora sei a posto» Il suo viso aveva raggiunto una gradazione di rosso che la biondina non poté ignorare «Timido, eh?»
«Io? No, cioè, solo un po'... il giusto, insomma... cambia qualcosa?»
«Dovrebbe? Mi piacciono i ragazzi riservati e molt... scusami, timidi il giusto» con espressione canzonatoria John le fece la linguaccia
«Sei tu che sei super estroversa»

Roger la vide spuntare dall'atrio. Era stranamente vestita in modo sobrio e camminava un po' stranita, quasi intimorita, tra la folla. Forse era solo assonnata.
Si guardava intorno, cercava lui.
Il batterista le andò incontro, piacevolmente sorpreso. Dorothy gli sorrise.
«Credevo non sareste venuti oggi»
«Tim e Brian erano distrutti, ma io ormai ero in carreggiata e sono passata» Roger cercò di non pensare al fatto che era passata da Tim e Brian prima di andare lì, e si concentrò sulla felicità di averla tutta per sé, almeno per un paio d'ore.
«Non hai dormito?»
«Dopo che abbiamo lasciato te, Brian ha dato il peggio di sé, stava per rimettermi in macchina: ho passato davvero un brutto momento»
«Insomma?»
«Insomma, calma... oggi ho il cervello che va a rilento, d'accordo Roger? Devi avere pazienza con me»
«Tu non ne hai mai con me» borbottò lui, stringendosi nel giacchetto
«Se non vuoi seguire la lezione in piedi suggerisco di avviarci...» Dorothy lo ignorò deliberatamente e camminò verso l'interno. La stanza era stracolma di gente che cercava un posto a sedere
«Dove c'è il capellone andrà benissimo, se disgraziatamente mi addormento non se ne accorgerà nessuno...» afferrò il biondo per una manica per avvicinarsi di più a lui ed indicare due posti. Roger boccheggiò.
Si sedettero vicini ed estrassero contemporaneamente due quaderni dalle loro cartelline.
«Ti sei portata i compiti per casa?» la prese in giro il batterista
«Matematica» sbuffò, ma in realtà una materia per lei valeva l'altra. Fece spallucce e si mise a scarabocchiare a caso sul foglio
«Vieni qui, fammi vedere» Roger mise il quaderno in mezzo e si avvicinò «guarda che è semplice, basta svolgere l'equazione, vedi? Porti tutte le ics da un lato e... Dorothy? Vuoi smetterla di farmi disegnini sconci sul blocco degli appunti ed ascoltarmi?»
«Ma dai, era un fiorellino...» storse il labbro lei, mortificata
«Un fiorellino? La tua arte è sempre più futurista» proseguì lui, elencando tutti i suoi dubbi
«Non è vero! Si capisce che è un fiorellino!»
«Questo è un fiorellino!» si impuntò lui ed illustrò un cerchietto con i piccoli petali intorno
«Uh, uh, ecco a voi il giovane Turner*! Dovevi fare l'Accademia delle Belle Arti» lo prese in giro lei
«Ti farò passare, quest'anno» replicò lui, serio
«Non sei mica Dio!»
«Tu non hai bisogno di un miracolo...»
* Noto pittore inglese dell'800

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Capitolo 4
*** Made in Hell ~ Friends will be Friends ***



ndCath: Questa è una piccola sorpresa per MrB., lei non se lo ricorda (è una frana con le date) ma oggi è un mese preciso che ci conosciamo, e in questo mese, di cose ne son successe! Così ho postato, in parte a sua insaputa xD (lo so che non è corretto, visto che è una beta, però... l'ho fatto e basta u____u) questo capitolo sull'amicizia, a cui lei ha ovviamente collaborato, ignorando le parti che avrei postato io, però xD siccome dice che non le dimostro mai che le voglio bene (il che, in effetti, è vero, devo ammetterlo) questa è la mia sorpresa per lei.
Per te.


Capitolo quarto: Made in Hell ~ Friends will be Friends


«Se boccio anche quest'anno, andrò a prostituirmi» scherzò Dorothy, fissando il panorama che si vedeva dalla finestra della camera di Anthea. Era sdraiata a capo all'ingiù sul grande letto matrimoniale.
«Se solo tu ti concentrassi per, diciamo, dieci minuti...» la rimproverò l'amica, gettandosi accanto a lei
«Sono troppo pigra, ci sono mille altre cose che possiamo fare...»
«Ma domani c'è il compito di storia» la mora fece finta di non sentire
«... e mille cose su te e John che devi raccontarmi» a questo giro fu la bionda ad ignorare l'altra
«Ricapitoliamo...»
«Al termine del Congresso di Vienna, dopo che Metternich aveva stilato tutti i suoi principi, i vecchi sovrani ritornarono sui loro troni...»
«Vedi che te lo ricordi?»
«Per forza! Me l'hai ripetuto fino alla nausea, se nel compito non c'è neanche una domanda sul congresso di Vienna, sono spacciata»
«Da quando ti preoccupi della tua media?»
«Da quando perdo del tempo nel cercare di studiare. Se i risultati non si vedessero mi sentirei frustrata. Ora che hai appurato la mia conoscenza sul Congresso di Vienna, vogliamo passare a saggiare pagine più leggiadre e volare via sulle ali dell'amore?» Dorothy indossò un'aria da attrice di teatro da quattro soldi, improvvisando due o tre gesti melodrammatici
«Guarda che stasera, quando scatteranno le ventitré, trascinerò a casa tu e la tua stramba combriccola, beninteso»
«Sì, mamma» sbuffò la più grande delle due «adesso però fammi vedere come hai intenzione di vestirti...»
«Tu che ti metti?»
«Stasera caccia grossa» la ragazza estrasse dalla sua cartellina i suoi abiti
«A chi dai la caccia, di preciso?»
«Sono loro che devono darmi la caccia» la mora scosse la testa con rassegnazione
«Ci sarà pur qualcuno che rientra nelle tue grazie...»
«Sì, quel John Deacon... non male, non credi?» Anthea si irrigidì di colpo. Quel John Deacon di cui parlava era suo. E anche se non c'era nessun impegno ufficiale, rientrava nella categoria di persone che era meglio non toccare. Dorothy rise. «Fai sul serio con lui, eh?» la bionda avvampò, vergognandosi da morire di essersi lasciata trarre in inganno
«John mi piace»
«Ma vah!»
«Beh, dovresti mettere la testa a posto anche tu!»
«Sono troppo giovane per innamorarmi»
«Attenta, gli altri non sono troppo giovani per innamorarsi di te!»
«Ti riferisci a qualcuno in particolare?» sghignazzò. Anthea la ripagò con la moneta dell'indifferenza. «Oh, lo adoro! Però non posso aspettare che esca dal suo collegio maschile per mostrarmi la sua merce, quindi adesso basta giochini. Chi agirà per primo, per primo avrà il premio»
«Quando parli per aforismi mi terrorizzi» la avvertì
«Oh, tesoro, non rammaricarti se tu hai il problema opposto. Cioè, insomma, anche il tuo sembra restio a mostrare la mercanzia, ma perlomeno tu non sei una di quelle che segue i tradizionali cliché del corteggiamento quindi...»
«Non so di cosa tu stia parlando...»
«Sai, credo che mi mancherai se boccerò anche quest'anno...» Dorothy continuava a fissare lo spazio che si apriva fuori, il sangue stava affluendo tutto verso il cervello.
«Che hai detto?» domandò Anthea, sperando di sentirselo ripetere un'altra volta ancora, come per ogni occasione in cui l'amica le diceva qualche cosa di carino. Non riusciva mai a vincere con lei, cosa che la preoccupava enormemente.
«Non so di cosa tu stia parlando» le fece il verso.

Il tintinnio dei bicchieri era come una melodia mai scritta su un foglio pentagrammato.
Roger e Anthea si guardavano, seduti uno davanti all'altro, sugli scomodi sgabelli rivestiti in pelle, su cui era stampato il marchio della Coca Cola.
La giornata non era andata bene, per nessuno dei due.
John doveva ancora arrivare e Dorothy era andata a prendere Tim e Brian, e li aveva lasciati, da soli, ad aspettare in quel cavolo di bar.
La biondina era decisa a scartabellare nell'inconscio del ragazzo che le sedeva davanti, con una posizione che faceva trasparire stanchezza e rabbia
«Volevo chiederti una cosa...»
«Dimmi...» rispose lui, senza mostrare troppo entusiasmo per l'inizio di quella conversazione che, tutto sommato, aveva spezzato un silenzio che lo faceva sentire anche più a disagio
«Volevo solo chiederti cosa succede fra Dorothy e Tim, non... mi confondono» fu diretta, lo guardò negli occhi, usando i suoi, che erano verdi ed affilati. Si sentiva inspiegabilmente nervosa, in genere cercava di non parlare, quando aveva l'umore sotto le scarpe, stavolta se la stava cercando.
«E perché lo chiedi a me? Ne so quanto te. Chiedilo a lei, no? Non è la tua 'migliore amica per sempre' o cose simili?» quasi digrignò i denti. L'acidità avrebbe potuto sciogliere il suo sgabello.
«Primo: non usare questo tono con me o ti tiro un pugno in faccia. Secondo: è anche colpa tua, quindi non fare l'offeso; sei tu a lasciare tutto alla deriva» Anthea voleva capire tutto, avrebbe guardato dentro l'anima di Roger se necessario. Lui non si oppose: non aveva nulla da perdere, né la voglia di difendersi. «Voglio dire, è naturale che la tratti così!»
«Così... come?»
«Lo sai come, non chiederlo a me»
«Credevo che lei ti avesse detto qualcosa che non sapevo, comunque non vedo perché dovrebbe essere colpa mia. Loro sono liberi di fare ciò che vogliono»
Roger, agli occhi della sua amica, sembrava un bambino. Di certo, gli occhi blu e grandi e le ciglia lunghe non lo aiutavano a sembrare adulto. Il suo atteggiamento tanto meno.
«Ti piace o no?» gli chiese poi, a bruciapelo
«Dammi una ragione per cui dovrei risponderti» la situazione stava diventando tesa per entrambi, Roger tamburellava nervosamente sul tavolo le dita ossute, sfuggendo ogni tipo di contatto
«Voglio solo aiutarti. Del resto» prese un'aria da smorfiosetta «io e lei siamo, come dici tu, 'migliori amiche per sempre' e ci diciamo tutto. So cose che tu non immagini» le spiaceva usare la tattica da mocciosa viziata, ma con quella testa calda che aveva davanti, purtroppo, non poteva fare altrimenti.
Roger deglutì. Se avesse dovuto uccidere Anthea per accedere ai segreti della sua mente, l'avrebbe fatto volentieri. Cosa gli nascondeva, Dorothy, che la bionda poteva sapere e lui no? Detestava il fatto che fossero amici e basta e, nonostante questo, lei non gli dicesse tutto. Iniziò a sudare freddo, perdendosi nella miriade di possibilità che lo sommergevano letteralmente, rischiando di annegarlo.
«E se anche fosse che faresti?»
«Se non mi rispondi non faccio nulla. Non fare il difficile, cazzo!»
«La fai facile tu, se fosse estroverso come te gliel'avrei già detto da un pezzo senza aver bisogno della tua consulenza, non credi? Poi a te cosa comporta, se lei fa quello che deve fare con lui o con me?»
«Senti, io e te non siamo vecchi amici di infanzia, ma non posso vederti col broncio» gli scompigliò i capelli leggermente «non mi fraintendere, agisco in modo disinteressato»
«Sì»
«Non rispondere a monosillabi, per favore»
«Sì, mi piace, sono innamorato perso di Dorothy... Così va bene? O, non lo so, magari stavolta l'ho detto a voce troppo bassa e mi chiedi di andare a dirlo al microfono» Roger era sempre più agitato, stava allargando il collo del maglione che aveva indosso e teneva un piede giù dallo sgabello, come se fosse pronto a scappare da un momento all'altro.
«Se usassi questa foga nel difendere ciò che ami, più che fare il pappamolle, sarebbe qualcosa di ammirevole»
«Non è così semplice» tagliò, fissando le mattonelle
«Però è semplice fare lo stronzetto con me, eh?»
«Sei tu che sei venuta a chiedermelo, senti, mi dispiace, lascia perdere, fai finta che non sia successo nulla»
«Tanto fai sempre così» alzò le spalle, sorseggiando il suo drink con fittizia eleganza, che John solitamente adorava
«Ecco appunto» Anthea giudicò che Roger fosse sul punto di andarsene. Se al suo ritorno Dorothy non l'avesse trovato, probabilmente l'avrebbe uccisa, fatta a pezzi e gettata nel Tamigi, oppure avrebbe inventato qualche modo per rendere la sua esistenza infernale e dolorosa e la protezione di suo fratello non sarebbe valsa a niente.
Batté in ritirata.
«Eppure le mie amiche ti avevano descritto in modo diverso, Taylor... uno straccia femmine»
«E la tua amica che come mi definisce?»
«La mia amica dice che se oserai verrai premiato, forse»
«Non è che mi dia molte garanzie» alzò un sopracciglio, con aria di sufficienza, senza smettere di fissare la porta del locale
«Meglio chiudersi nel proprio mondo senza fare nulla, allora!» la ragazza fece una risata inespressiva, alzando le spalle
«Io...io sto facendo qualcosa!»
«Lo dici per convincere me o te stesso?» Roger accusò il colpo. In un primo momento tacque.
«Allora aiutami, su! Pendo dalle tue labbra» Anthea lo guardò un po' perplessa e lui rincarò «Ebbene?»
«Ebbene, Dorothy è un po' presa fra incudine e martello. Non sa chi scegliere»
«Ed io sarei l'incudine o il martello?» la pallavolista rimase perplessa di quanto gli uomini potessero essere idioti alle volte
«Ma che te ne frega, ora! Sta di fatto che non sa chi scegliere»
«Frena, frena... guarda che siamo tutti con le mani legate. Se io o Tim azzardiamo, non è solo una questione con Dorothy, c'è di mezzo anche l'amicizia»
«Fra te e Tim?»
«Suoniamo nello stesso gruppo, hai presente? Se non fosse per questo a quest'ora se l'era già rigirata come un calzino»
«Queste finezze... Comunque, che t'importa, al massimo abbandona il gruppo»
«Semplice verità. La fai sempre facile tu, è come se ti chiedessi di scegliere fra John e la tua squadra di pallavolo»
«Io non avrei dubbi. Poi, andato via un bassista se ne trova un altro» ed Anthea aveva già in mente qualcuno
«E se buttano fuori me?»
«Ma sai che gliene frega a Brian dei vostri problemi sentimentali, non butterebbe mai fuori uno come te per una cosa del genere» il campanello alla porta del locale tintinnò e Dorothy si affacciò, facendo un gesto inconsulto. Roger non ci pensò due volte, lasciò una somma esagerata di soldi sul tavolo e schizzò verso l'uscita. Le due ragazze si guardarono: Anthea fece spallucce.

La festa era in qualche remoto posto di campagna, dimenticato anche da Dio. Sul volantino c'era una cartina, ma era decisamente incomprensibile (anche perché Dorothy ci aveva preso degli appunti sopra).
Erano stipati come sardine, dentro l'auto. Per far stare un po' più comoda la stanga, vale a dire Brian, Anthea gli aveva ceduto il posto davanti, finendo in mezzo a Tim e Roger. Una situazione davvero non invidiabile. La più grande la guardava attraverso lo specchietto retrovisore, con uno strano sorriso sulle labbra. Stava profondamente godendo del suo imbarazzo: del resto, quando non lo faceva?
John era schiacciato tra il finestrino e Roger: a fatica riusciva a respirare e stava pregando affinché la destinazione fosse quanto più vicina possibile.
«Notiziona: hai presente i Beatles?» chiese Tim, sporgendosi nel limite delle sue possibilità verso il sedile di Dorothy. La ragazza inchiodò in mezzo alla strada, che grazie al cielo, e per ovvi motivi, era deserta.
«Non chiedermi se ho presente i Beatles con quell'aria da stronzo, hai capito? Sono capace di farti scendere qui e non passare a prenderti neanche al ritorno»
«Ma che... ha il ciclo?» proseguì il ragazzo, rivolto ai suoi compagni di avventura. I tre sul sedile posteriore fecero spallucce simultaneamente.
«Ci siamo persi! Dammi quella fottuta cartina!» Dorothy scese dall'auto per strappare la cartina e pestarla con quanta più foga avesse in corpo. Guardò con disperazione la strada, che pareva non finire mai, né davanti ai suoi occhi, né alle sue spalle.
Dopo aver preso un bel respiro, rientrò in auto.
Fatta un'inversione a U e passati una decina di minuti di silenzio, che nessuno osava profanare neanche con il respiro, finalmente Anthea si decise a parlare:
«Che dicevi dei Beatles?» si guardarono tutti intorno preoccupati, ma Dorothy sembrava troppo impegnata nella guida per lamentarsi di qualsiasi cosa, in quel momento
«Sono in India o da qualche parte laggiù...»
«Sì, ma già da un po'» commentò l'autista distrattamente
«Ma IO so quando tornano» commentò Tim, passandosi una mano tra i capelli con fare affascinante. Roger lo guardò con aria dubbiosa.
«Allora direi di cercare di penetrare l'aeroporto in modo clandestino» propose Anthea, entusiasmata all'idea di vedere i Fab.Four in carne ed ossa
«Non ti lasceranno comunque stuprare Paul McCartney» la ragazza arrossì, al commento sarcastico dell'amica tremendamente acida quella sera
«Ma quando è?» tentò il batterista
«Venerdì 24 maggio»
«Noooooooooooooooooooooooooooo!» Anthea liberò un grido che per poco non fece andare Dorothy fuori di strada, vale a dire in un fosso
«Ma sei pazza? Perché urli in questo modo?»
«Io e te non possiamo andare...»
«E perché?»
«C'è il ballo studentesco»
«Pace, non ci sono andata per gli ultimi due anni, me lo perderò anche questa volta»
«Tu devi venire, questo è il tuo ultimo anno! Ti accompagnerà Brian!» i due passeggeri dei sedili anteriori la fulminarono e risposero, all'unisono:
«Cosa ti fa pensare che io voglia andare al ballo con lei/lui?»
«Perché Brian starebbe benissimo sotto l'arco di edera che vogliamo mettere all'ingresso per le foto, quindi, niente discussioni, piuttosto, ti inserirò nel comitato organizzativo, qualche credito extra non ti farà di certo male»
«Vorrà dire che io accompagnerò te» propose Tim. John smise immediatamente di respirare, e stavolta non era la pressione di Roger contro di lui.
«Un bassista vale l'altro» commentò sarcastica la moretta, tirando un ricciolo di Brian «i chitarristi invece sono unici nel loro genere, ognuno è un caso a parte» lui rispose facendole l'occhiolino «ad ogni modo, io speravo di andarci con te, al ballo, veramente» si rivolse ad Anthea, mandandole un bacio
«Anch'io ti amo, ma dobbiamo fare le cose di nascosto, lo sai...» la voce roca da amante uscì perfettamente naturale alla bionda, ma per quanto volesse sforzarsi di rimanere seria, le sfuggì una risata.
«Non ho mai visto niente di simile» sussurrò John e Roger concluse:
«Per me è stato l'inferno a sfornarle»

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Capitolo 5
*** Lazing on a Sunday afternoon ***



Capitolo quinto: Lazing on a Sunday afternoon



«Dorothea!! Dorothea!!» la ragazza con i capelli corvini completamente rovesciati sul viso, si svegliò di soprassalto. Era andata a dormire sì e no due ore prima.
«Mamma?!» gridò ritirandosi le coperte addosso spaventata
«La tua amica...» la donna guardò a distanza un foglietto che teneva in mano «Anthea mi pare... ha chiamato già quattro volte stamani, credo dovresti richiamarla» la ragazza gettò la testa sul cuscino con disperazione, poi afferrò la cornetta sul comodino e compose, con molta pazienza, il numero di casa dell'amica, scritto su un appunto attaccato al muro
«Casa Bowie, buongiorno, come posso esserle utile?»
«Dorothea per Anthea» tagliò, ma neanche il tempo di finire di dirlo che la voce dell'amica aveva già fatto capolino
«Voglio dire, ma fino a che ore dormi?»
«Sono le nove del mattino, Anthie, e sono tornata a casa alle sei. Spero che ci sia qualcosa di importante dietro questa telefonata»
«Ieri sera sei riuscita a combinare qualcosa?»
«Ma che impicciona! Parla!»
«Voglio uscire con John»
«Ma và?»
«Devi aiutarmi, non uscirà mai da solo con me»
«Per forza, sei una mangia uomini»
«Senti chi parla... quella che esce con tre uomini alla volta»
«Cosa vuoi da me?»
«Organizza un'uscita di gruppo, un bel pic-nic!»
«Per stamani puoi scordartelo, mi sputerà in faccia persino Roger»
«Domani!» tentò
«Sia per domani».

«Manca ancora parecchio?» domandò Roger, rispecchiando il pensiero comune. Anthea scosse la testa.
Stessa situazione di ogni volta che si muovevano in auto tutti insieme.
«Se Dorothy non andasse così piano, saremmo arrivati già da un pezzo» si giustificò la biondina
«Se non fossimo in sei potrei spingere un po' di più» replicò seccata l'autista
«Ecco, ci siamo, accosta qui» Dorothy eseguì gli ordini e scese dall'auto in tutta calma. Sciolse i capelli con aria da vip, poi allungò una mano verso l'interno per acciuffare il suo cappello di paglia sul cruscotto e gli occhiali da sole
«Ah, senti che aria!» esclamò, rivolgendosi a Brian, che si era appoggiato al tettino della vettura con aria rilassata
«Già, mi pare proprio un bel posto»
«Avete intenzione di farci scendere o no?» stavolta fu Tim a farsi sentire «Se sto così anche solo un altro minuto finirà che il mio corpo aderirà completamente a quello di Taylor, e non è quello che mi aspetto da questa gita!»
«Vorrà dire che al ritorno ci starò io con Roger» propose Dorothy, con la sua solita aria perversa, poi tirò su la leva del seggiolino e li lasciò uscire.
Nonostante ci avessero messo anni ad arrivare, ne era valsa la pena.
Il sole rendeva le foglie degli alberi lucenti e vivaci.
Sembravano formare dei visi, nei loro giochi di luce e di ombre.
I ragazzi stavano in piedi a osservarsi attorno, sorridenti, cercando di decidere dove si sarebbero stabiliti. Tutti quanti si guardavano attentamente attorno, gli occhi dello stesso colore del cielo di Roger si illuminarono alla vista di un posticino all'ombra di una quercia: «Mettiamoci lì!» esclamò, indicando il luogo che gli sembrava più adatto «Voglio stare al sole» si lamentò Tim «Mai una volta che siamo tutti d'accordo» sospirò Anthea, che non riusciva a distogliere gli occhi dalla nuca ricoperta di riccioli di John. Non resistette alla tentazione di tirargliene uno: il ragazzo, dopo essere sobbalzato, girò la testa e le sorrise, convincendo tutto se stesso che non sarebbe dovuto arrossire.
Tim e Roger stavano discutendo su dove mettersi, mentre Brian, con occhi veloci, aveva notato qualcosa che era sfuggito a tutti gli altri
«Venite con me» suggerì con un'aria da guida spirituale indiana. Gli altri senza obbiettare seguirono la sua figura alta e snella, vestita di colori scuri.
Fece strada per pochi minuti attraverso quella che sembrava una pianura sconfinata, a parte per degli alberi diramati qua e là e per il laghetto. Dorothy e Anthea si folgorarono con uno sguardo di intesa.
I rami non troppo fitti dell'albero, di cui nessuno dei ragazzi conosceva il nome, si incrociavano e combattevano contro la luce del sole, che riusciva a penetrare in piccoli spicchi al suolo.
-Qui è perfetto- pensò Anthea, mentre stendeva il telo giallo canarino sull'erbetta incolta, dopo essersi seduta guardò il cielo blu da dietro agli alberi, come i ballerini che sbirciano il pubblico da dietro il sipario.
Le anatre, appollaiate pigramente sulla sponda del lago, guardavano i ragazzi con fare inespressivo, starnazzando una volta ogni tanto; le piume marroni, bianche e nere erano bagnate, sembravano più lucenti, sempre per opera del sole, che quel giorno aveva deciso di irrompere nel cielo inglese.
Non l'avrebbe abbandonato per tutta la giornata.
«Si può sapere perché devi tenere i piedi dentro i calzini?» domandò Tim, volgendo lo sguardo dal basso verso l'alto a Dorothy, che stava camminando vicino a lui, nel tentativo di sistemare le mille borse che si era portata
«Shhhh, non nominare quella parola...» spiegò Anthie «Odia i suoi piedi»
Qualcuno fischiò, forse era un uomo. La biondina sghignazzò. Dorothy quasi cadde per terra: Roger l'aveva tirata giù per una gamba.
«Potete evitare di attirare l'attenzione di tutto il parco?» ringhiò, piuttosto infastidito
«Noi?» risposero di tutto punto le due amiche, con un'aria da santarelline
«Voi e i vostri micro-vestitini!»
«Non so voi, ma io ho fame» si lamentò John, che non aveva proferito parola dall'inizio del viaggio. Anthea ricominciò a respirare.
«Anch'io» confessò Brian «il viaggio mi ha sfinito» i passeggeri del sedile posteriore lo fulminarono «Dorothy che hai preparato di buono?» sogghignò
«Io ho portato un po' di tutto, sapendo che Anthie avrebbe portato solo la caprese. È un'esperta di cucina italiana... ah, John devi assolutamente assaggiarla, la caprese di Anthea, è la sua specialità!» la prese in giro
«Veramente ho comprato anche le fragole ed ho pure montato la panna» replicò
«Fragoleeee? Mieeee!» strillò l'amica, lanciandosi sui fagotti del cibo.
Così iniziò la grande abbuffata.
Anthea parlava a bassa voce nell'orecchio di John, lasciando che ogni tanto una risatina facesse vibrare l'aria attorno a loro. Lui l'ascoltava interessato, più felice di quanto potesse dare a vedere. Gli poggiò una mano attorno alle spalle e lo tirò un po' più a sé. Accidentalmente John poggiò la sua poco più su del ginocchio della ragazza, che, per la prima volta imbarazzata, sorrise, con le sopracciglia fine e bionde erano ancora inarcate per la sorpresa.
«Si mangia, o no?» chiese seccato Roger, intento a cercare nella sacchetto del cibo qualcosa che potesse soddisfare la sua fame. Finalmente ci riuscì: un panino con due etti e mezzo di salame venne catturato dalla mano del biondino.
Il batterista, osservava soddisfatto il suo pasto, chiedendosi se sarebbe andato a influire sul suo corpo perfetto; Dorothy non aveva la stessa preoccupazione, mangiava tranquillamente le fragole, intingendole abbondantemente nella panna morbida, montata poche ore prima. Sembrava decisa a finirsela tutta, quell'impasto di zucchero e latte la stava rilassando, quasi la rendeva felice.
«Tu, hai fame?» John sentiva in dovere di essere premuroso nei confronti della ragazza che gli sedeva accanto, qualcosa di naturale in lui lo spingeva a farlo
«Sì, prendiamoci due panini»
«Okay» rispose con fare telematico John. Tenevano i panini in mano, vicini, le loro braccia si sfioravano timidamente, costringendoli e distogliere lo sguardo l'uno dagli occhi dell'altro. John sentiva che sarebbe svenuto da un momento all'altro. Anthea non riusciva a non sorridere con fare malizioso.
Che figura ci avrebbe fatto, una signorina come lei?
La giornata stava trascorrendo anche troppo in fretta. Roger e Brian si erano portati alcuni libri per cercare di dare una lettura ad alcuni capitoli: alla fine si erano addormentati. Dorothy e Tim dominavano a carte contro John ed Anthea.
«Mi sto annoiando» decretò Dorothy incrociando le braccia «Roger?» il ragazzo si era addormentato proprio accanto a lei, con il libro sul viso
«Che ne pensate di una bella gita in barca?» la mora guardò la bionda. Era già tutto calcolato. Tim indicò una delle barchette ormeggiate sulla riva del laghetto.
«Possiamo prendere quella!»
«Andiamo, dai!» la moretta scosse Roger e Brian, che si svegliarono di soprassalto
«Ehm, io preferisco restare qui...» sussurrò Anthea
«Con il maniaco fischiante in giro?» lanciò un'occhiata neanche troppo velata a John
«Ho paura dell'acqua»
«Questo spiega molte cose... e come fai per lavarti?»
«Ma quanto sei simpatica» la spinse, poi le tirò in faccia le carte
«Non ho intenzione di rinunciare alla mia gita in barca per te...»
«Non ho detto che devi rinunciarci per me, semplicemente che non verrò»
«Posso restare io con lei» propose John e Dorothy fece spallucce
«Bene, allora andiamo» i quattro si allontanarono, verso la sponda del lago. Dovevano trovare qualcosa da fare per dar loro tempo.
«Siete diaboliche» constatò Brian «quel poveretto non si è neanche accorto di nulla...» Tim sghignazzò, Roger si stava ancora stropicciando gli occhi.
«Che vuoi farci!»


Capitoletto di transizione. Aspettate il prossimo ;).

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Capitolo 6
*** Keep yourself alive ***



Capitolo sesto: Keep yourself alive



Gli altri si erano allontanati per raggiungere la barchetta, all'esplorazione del laghetto. Già a guardarli da lontano, non promettevano niente di buono.
«Ci sei mai venuto qui, John?» ad Anthea, alcune volte, sembrava che la timidezza del ragazzo fungesse come una corazza, impenetrabile
«No, direi di no»
«Capito. Ci verrei più spesso se avessi una macchina» sospirò lei
-Ti ci porterei più spesso, se ne avessi una- le rispose mentalmente, ma optò per una frase che gli sarebbe risultata meno imbarazzante «Puoi venirci con Dorothy quando vuoi»
Si guardarono per un attimo negli occhi, cercando di captare quante più informazioni uno dell'altro.
«Potrei anche fidanzarmici, allora»
«Credi che sarebbe interessata? Voglio dire... mi pare già piuttosto impegnata» sorrise John, volgendo lo sguardo verso il laghetto, dove la barchetta si stava avventurando tra le acque. Il bassista vide distintamente Roger e Tim remare mentre pareva proprio che Dorothy stesse impartendo ordini, come sempre. Pensò che da lì il resto della combriccola sembrava così piccolo e insignificante.
-Preferisco gli uomini timidoni, tesoro- ragionò Anthea, «Oh, be', non è la persona con cui mi fidanzerei. Tutto l'opposto.»
«Be', credo di immaginare perché» rispose John, facendole temere per un attimo che avesse percepito il suo pensiero
«Credo che immagini bene» sorrise, intenta e raccogliere un fiore dal terreno, sembrava davvero troppo resistente per lei. John le si piegò accanto e mentre esaminava la scena più da vicino, sogghignò
«Dammi una conferma»
Se Anthea avesse fatto quello che aveva in mente, per dimostrargli che quel che diceva era vero, John sarebbe morto sul colpo. Nonostante il fatto che la biondina si sarebbe spinta per baciarlo piuttosto volentieri, decise di aspettare, cosa che non era decisamente nel suo carattere.
«Sverresti, ricciolino» lo prese in giro,
«Perché dovrei avere un collasso se mi dici che ti piacciono gli uomini?»
«Sarei stata molto più diretta, tutto qui»
«Mi spaventi, biondina» inarcò un sopracciglio John.
La biondina guardò soddisfatta il fiore che era riuscita a staccare, di cui teneva il gambo fra indice e pollice, lo avvicinò al naso di John, che per evitare che i petali violacei gli stuzzicassero il naso si buttò all'indietro. La ragazza sorrise, continuando a perseguitare il naso del ragazzo, e, per raggiungerlo, si appoggiò sopra il suo corpo.
-Muoio, muoio, muoio.- pensò John, afferrando un ciuffo d'erba con la mano, improvvisamente impietrito dal profumo e dai movimenti della ragazza che si era seduta a cavalcioni sopra di lui, ignara di cosa avrebbe scatenato. Le bloccò le mani, cercando di non pensare alla situazione, provando a farla divertire. Nonostante gli facesse molto piacere avere una ragazza sdraiata sopra, John sperava che sarebbe scesa presto, prima di potersi accorgere di qualcosa.
«Ho una fame assurda» la ragazza guardò il panino, torturò con le unghie il rivestimento trasparente «vuoi un morso?»
«No, grazie...» rispose John, che si era stretto le ginocchia al petto, per sicurezza
«Però devi assaggiare la mia caprese oppure mi offendo!» gli intimò la ragazza, mentre cercava il contenitore dentro alla borsa termica
«Sulla caprese ci puoi mettere la firma, ti fanno buona pubblicità»
«Eccotela» Anthea lo aprì delicatamente, in aria si liberò un profumo di basilisco misto a pomodoro.
-Dio, fa che sia commestibile- dopo aver masticato accuratamente John, indeciso se forse non sarebbe stato meglio inghiottire e basta, rispose:
«Grazie mille, Madame»
«Allora?»
«È buona dai, comunque tutte le certezze domani mattina, se supero la notte» scherzò lui, ridacchiando. Anthea non avrebbe potuto non prendere la palla al balzo.
«Domani mattina allora chiamami per farmi sapere»
«In alternativa troverai il mio nome sugli annunci mortuari»
«Va bene, ma se sopravvivi fammi sapere»
«Prometto!»
La ragazza tese la mano in direzione di quella di John, che la guardò senza capire, lei sorrise
«Ufficializziamo»
«Non ti fidi della mia parola?»
«Sì, ma stringo sempre la mano dopo una promessa. Giuro che la scossa non te la do.»
«Sia!» avvolse la sua mano giovane e maschile su quella della sua amica.
«Credo che ne assaggerò un po' anche io» annunciò lei.
Le mani erano ancora strette.
Improvvisamente, fin troppo, per il cuore del povero John, si ritrovarono con le labbra confinanti, attaccate. Si unirono.
Il sole sbirciava timido con i suoi raggi nelle parti in cui le carnose bocche non si toccavano. Anthea si staccò leggermente da John, appoggiò la fronte contro quella del ragazzo e posò i suoi occhi verdi nei suoi castani.
Era un'occhiata affilata, con troppi significati. John non l'avrebbe retta a lungo e, arrivato al limite della sopportazione, pur di non essere costretto a sorreggere ancora quel verde intenso, socchiuse gli occhi.
Per la seconda volta le loro labbra si assaporarono.

«Non vi aspetterete che remi» borbottò Dorothy, sdraiandosi comodamente a prua, sempre se sdraiarsi comodamente fosse umanamente possibile, in quella barca di cinque metri per due.
«E fino a dove avresti intenzione di arrivare?»
«Rema, Staffell, se vuoi che ti riporti a casa»
«Altrimenti possiamo sempre tornarci in barca» tentò Roger. La moretta lo fulminò, poi si sdraiò, scoprendo le gambe oltre i limiti del consentito.
«Magari riesco anche a prendere un po' di sole...»
«Non penserai che remeremo per ore per farti arrossire un po' le gambe, bellezza» commentò Tim, non vergognandosi affatto, di inoltrare lo sguardo. Se fossero stati soli...
«Io ho guidato per ore per portarti fin qui, bellezza» ribatté lei
«Diglielo quanto ti sei affaticata, Dorothy» infierì Brian
«Pensare di avere il pacco di Taylor sotto il culo per altre ore di viaggio già mi fa stare male»
«Cambiate posizione, no?» suggerì la ragazza
«Per me hanno paura di eccitarsi» commentò il chitarrista, rivolgendosi a lei come avrebbero fatto due vecchie zitelle dal parrucchiere. Sapeva essere un valido sostituto di Anthea. Gli oggetti di derisione si scambiarono un rapido sguardo ed afferrarono i ricciolo di peso, per poi lanciarlo fuori dalla barca. Gli schizzi arrivarono dappertutto. Allora fu il turno della moretta.
«No!» gridò. La tennero un po' sulle spine, facendola dondolare (rischiando così che anche la barca si ribaltasse) e poi scaraventarono in acqua anche lei.
Li guardarono divertiti, appoggiati sul bordo.
«Finito con le angherie?» domandarono, piuttosto soddisfatti del loro lavoro.
Solo allora Dorothy riemerse, con un po' di fatica. Arrancava.
«Br...» annaspò «...non s...» si aggrappò disperatamente alla maglia dell'amico senza risultati. Il ricciolo cercò di afferrarla, ma stava già scivolando verso il basso. La paura gli si disegnò in faccia a tratti ben visibili.
«Dorothy!» gridarono gli altri due all'unisono. Neanche il tempo di farlo che si erano già tuffati entrambi.
Non la vedevano da nessuna parte, il panico li invase. Si guardarono con disperazione, fino a che non si accorsero che neanche Brian c'era più. Risalirono, per mancanza di ossigeno. Si riempirono i polmoni, poi videro il ricciolo che aiutava la moretta a salire sull'imbarcazione. I due se la risero un bel po' a guardarli in acqua e quando i due giovanotti si accorsero di essere stati fregati ringhiarono nervosamente. Dorothy fece loro la linguaccia, conscia di averli in pugno, quando loro avevano avuto paura di perderla.

«Ne vuoi un altro po', John?»
«Dipende. In che dosi può uccidere?»
«Credo che te ne ho già somministrata una dose sufficiente, fin quando riesci a muoverti goditi la mia caprese, sarà l'ultima cosa che mangerai»
«Sapevo che volevi incularmi!» la biondina rise
«Hai, sì e no, due minuti di vita. Togliti il tuo ultimo sfizio e puoi muori in pace»
«Ultimo sfizio? Quale sarebbe il tuo?»
«Non lo so» casualmente le loro mani si sfiorarono «...e...il tuo?»
Uno scroscio d'acqua li colpì contemporaneamente.
«Ma... siete impazziti dico?» strillò Anthea, rivolta a Tim e Roger, che ancora tenevano gli strumenti incriminanti tra le mani, con non-chalance «...ma che avete fatto?»
«Faide tra amici»
«Vi si è ribaltata la barca?» sghignazzò John, che dopo quello che era successo si sentiva in grado di conquistare il mondo
«Sta zitto, barboncino bagnato» lo prese in giro Dorothy, piegandosi per cercare qualcosa con cui asciugarsi. Roger si tolse la maglietta e gliela porse.
«Mettitela» intimò, nonostante stesse anche lui tremando dal freddo. John fece lo stesso con Anthea.
Tim notò il palese imbarazzo di Roger e poi del suo collega bassista. Si voltò verso il punto che guardavano con timidezza, quasi con paura. Era ancora l'uomo che aveva fischiato quando erano arrivate, ma adesso che i vestitini aderivano perfettamente ai loro corpi, doveva riconoscerlo, erano decisamente più provocanti.
«Hai finito di guardare?» lo attaccò. Anthea chiuse la testa tra le ginocchia per la paura. Dorothy appoggiò una mano sui boccoli biondi, nel tentativo di rassicurarla, mentre si voltava verso Tim.
«Tim, lascia perdere»
«C'è qualcosa che non va, ragazzino?» l'altro non aspettava altro che venire alle mani e prendersi, senza troppe difficoltà, il suo premio
«No, non lascio perdere» rispose, sibilando tra i denti, rivolto alla moretta infradiciata «Finisci di fissarle» ordinò all'altro
«Tim!» istintivamente lo prese per un polso, ma lui non la considerò. La più grande delle due lanciò un'occhiata agli altri dando ordine di sbaraccare prima che la situazione si facesse troppo pesante.
«Se non volevano essere guardate non si sarebbero di certo vestite così...» il tipo si stava avvicinando... pericolosamente. La presenza di Brian, che si era comodamente chinato per cercare qualcosa con cui asciugarsi, si sollevò e mise in ombra la figura di Dorothy.
«Cerchi rogne amico?» domandò il ricciolo, ergendosi nella bellezza del suo metro e ottanta abbondante di statura. Anche John, seppur nella sua tenuta mingherlina e piuttosto innocua, si drizzò in piedi.
I tre tipi erano ormai di fronte a loro, le due fazioni schierate.
«Roger?» domandò Tim, senza smettere di guardare avanti
«Sono qui, ti spalleggio, amico» disse il batterista, alla sua sinistra
«Tu non spalleggi proprio nessuno!» strillò Dorothy, stanca di essere ignorata. Anthea scoppiò a ridere, sapendo che sarebbe andata a finire così. «E adesso noi ce ne andiamo!» li afferrò entrambi per i polsi
«Se hai fretta di andartene posso portarti ovunque tu desideri» commentò il più alto
«Perfetto, io porto la biondina a fare un giro in barca, allora» sghignazzò un suo amico.
Qualcosa nel suo tono le fece rabbrividire. John digrignò i denti nervosamente e strinse i pugni, mentre Anthea lo stringeva per il lembo della camicia all'altezza del gomito. L'imbarazzo per quel contatto aveva lasciato spazio a qualcosa di decisamente più furibondo.
«Ce ne stavamo andando, sarà per un'altra volta» sorrise Dorothy, issò la sua borsa in spalla e con la mano libera tirò via prima Brian, poi Roger, infine Tim, che desisteva più di tutti, mentre Anthea si preoccupava di John.
Arrivarono rapidamente all'auto, ed iniziarono a caricare la roba.
«La prossima volta cerca perlomeno di vestirti come una persona seria» commentò il bassista, ancora con i nervi a fior di pelle
«Tim, chiudi quella maledetta boccaccia o rischi di farmi incazzare sul serio, oggi»
«Tu? Dici... tu?» sbatté la borsa nel bagagliaio, poi l'afferrò per un polso e la trascinò sufficientemente lontana dagli altri affinché non potessero sentire.
Anthea deglutì.
Qualcosa stava decisamente sfuggendo al suo controllo. Si guardò intorno: Brian pareva piuttosto rilassato. Stava tentando di asciugarsi i piedi come poteva, piegato sul sedile anteriore ed ogni tanto lanciava un'occhiata ai due. Roger era il suo opposto. Appoggiato ad un fianco della macchina con le braccia conserte, si teneva pronto ad intervenire per qualsiasi evenienza.
Aveva gli occhi in fiamme.
«Non è di certo colpa mia se la gente vuole violentarti perché tu ti vesti... come ti vesti!» strillò Tim. Da dove erano, nessuno poteva sentirli. Si chiuse a riccio, stringendo le braccia al petto e cominciando a passeggiare nervosamente avanti e indietro, di fronte a lei. «Io cerco solo di... proteggerti»
«Non ho bisogno della tua protezione e non avrei di certo bisogno di vestirmi così, se perlomeno uno di voi si decidesse a fare quello che cazzo vuole fare!» ribatté l'altra, in un totale impeto di rabbia che la fece quasi diventare rossa in viso. «Avrei un fottuto fidanzato, mi guarderebbe lui e basta e saremmo tutti più felici.» affondato. Tim accusò il colpo. «È divertente, no? Giocare a fare i fidanzatini per te? Sono stufa di questa situazione» camminò verso l'auto a passo spedito
«Dorothy... aspetta...» tentò. La moretta si voltò con il viso sprezzante di rabbia: quasi con le lacrime agli occhi, indicò la vettura.
«Sali in macchina, non voglio sentirti fiatare fino a che non arriviamo!»


C. voleva manifestare a tutti voi la sua felicità dopo aver scoperto che Tim è il compositore dell'OST de 'il Trenino Thomas', un programma per bambini che guardava tutte le mattine prima di andare all'università *____* è proprio vero che il caso non è mai un caso (ndMrB: ma questo detto te lo sei inventato ora te o__o). Comunque buon we-can a tutte :D

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Capitolo 7
*** Play the game ***



La partita era arrivata.
Anthea sentiva un peso fra gola e stomaco, aveva tanto la sensazione di dover vomitare, eppure non era la prima gara alla quale partecipava.
«Un'atleta professionista non ha di questi problemi» pensò ad alta voce, cercando di autoconvincersi. Ma quella era la sua ultima partita, perlomeno per le scuole superiori, e voleva che fosse fantastica e, soprattutto, voleva vincere. Ad ogni costo.
John, che camminava silenzioso come sempre accanto a lei, la guardò un po' preoccupato:
«Come scusa?»
«Nulla, non ho detto nulla» ad un tratto smisero di camminare, presi dall'intensità dei loro sguardi.
«L'ansia pre-partita ti sta mangiando il cervello?» la prese in giro John, ma l'atleta non gradì, così aggiunse, per guadagnare i punti persi «Andrete benissimo».
Sapeva sempre come strapparle un sorriso. Questo Anthea lo apprezzava.

«Mi ha detto Tim che avete ricominciato a parlarvi» Dorothy annuì, certa che Tim avesse taciuto sul modo in cui la pace era stata siglata.
«Che si fottano tutti!» strillò, attaccandosi al clacson. Era intrappolati in un una giungla di auto.
«Ti avevo detto di non prendere questa via, c'è sempre traffico a quest'ora perché chiudono gli uffici»
«Tu, chiudi il becco, se non avessi lezione a queste ore assurde non ci troveremmo in questa situazione»
«Scusa se cerco di diventare qualcuno con un buon grado di istruzione» la mora fulminò il biondo.
Poi il silenzio scese nella vettura.

Era dentro il campo.
La pelle ricoperta da uno strato perlato di sudore, il sangue gelido nelle vene.
La partita più difficile che avesse mai dovuto affrontare.
I ragazzi erano seduti da qualche parte sugli spalti e stavano facendo una gran confusione.

Era passato già un quarto d'ora abbondante, e non si erano mossi di un centimetro.
Dorothy si abbandonò sul sedile con una certa disperazione.
«Anthie non mi perdonerà mai, sotto sotto credo ci tenesse che andassi a vederla»
«Le diremo che è stata colpa mia»
«Non è questo il punto»
«Non è mai il punto giusto, quando lo dico io»
«Roger chiudi la tua maledetta bocca e se devi dare fiato e basta, limitati a respirare»
«Non ti sopporto proprio quando fai così!» il batterista aprì la portiera dell'auto e sgattaiolò fuori.

23-24.
Almeno erano in vantaggio, mancava solo un punto alla vittoria. Quella smorfiosetta di Caroline mandò la palla sulla rete come un pivellina.
Anthea la odiava con tutto il cuore, non riusciva a capacitarsi di come una mocciosa alta un metro e quaranta fosse in una squadra agonistica di pallavolo, era talmente intelligente che quando aveva in mano la palla cercava di capire quale fosse il lato superiore e quello inferiore.
Passava quarti d'ora a mettere a posto i proprio capelli a spaghetto, un grazioso caschetto nero che le incorniciava il viso, ad Anthea non piaceva, diceva sempre che sembrava dipinto da Picasso, scatenando le risate generali e scomposte delle compagne, che erano completamente d'accordo con lei. Per non parlare di cosa combinava in campo.

«Roger torna subito qui!» strillò la ragazza, rossa di imbarazzo «Roger!» Dorothy aveva una mezza idea di mettersi ad urlare, piangere e battere i piedi per terra. Aveva una gran voglia di sprofondare.
Si rimise a sedere e si rassegnò ad un'attesa lunga ore.

24-24.
«TIME!» urlò l'allenatore della London Volleyball Center, la biondina e le sue compagne uscirono dal campo, con il veleno che scorreva nelle loro vene si raggrupparono attorno al Coach
«Ora andiamo ai vantaggi, dobbiamo arrivare a 26, non devono vincere!» esclamava con fervore, sfregandosi nervosamente le mani.
-sapete che c'è?- un brivido di ribellione e di rabbia solcò la schiena di Anthea -Vi giuro che se non vinciamo la partita per questa puttanella ossigenata giuro che io lascio la squadra! Lo giuro su quanto ho di più caro!- e per un momento, un piccolo secondo, pensò a John.
Volse lo sguardo, appannato dall'odio, verso la sua compagna di squadra, che lei, tutto sommato, percepiva come una rivale.
Finiti i trenta secondi concessi dall'arbitro, tutte rientrarono in campo.
Caroline, mentre si metteva a posto i polsini, guardò verso Anthea, che era piegata, pronta a ricevere la palla, che sarebbe arrivata veloce e dolorosa come uno schiaffo, la moretta se ne accorse.
La palla la colpì in pieno viso.

Aveva fatto arrabbiare Roger, e Anthea non le avrebbe più parlato per il resto della sua vita.
Dorothy era seduta al posto del guidatore: aveva le braccia conserte sul volante in modo tale da cingervi la testa.
Tanto la fila non si muoveva.
La giornata era letteralmente da cancellare dal calendario.
Qualcuno aprì la portiera del passeggero.
Ci mancava solo qualche perverso malintenzionato: ma si sarebbe difesa, a costo di staccare il freno a mano e picchiarglielo in mezzo alle gambe fino a fargli cadere...
«Roger?!»
«Ti pare che ti lasciavo qui in fila da sola?»
«Beh cinque minuti fa lo hai fatto»
«Non riesci a dire semplicemente 'grazie' una volta, senza troppi giri di parole misti a insulti?»
«Grazie» sbuffò.
D'improvviso la fila si mosse.
«Sì, decisamente grazie» ripeté. Roger si grattò la testa. «Sai cosa? Uno di questi giorni dobbiamo giocare ai finti fidanzatini»
«Te stai male, te stai proprio male dentro, Dorothy»
«Lo so, lo dice anche mio padre»
«Ha ragione»

25-24.
Vantaggio per la squadra avversaria.
La tribuna, piena di amici delle avversarie, cominciò a esultare, cantando una stupida canzoncina.
Il fischio dell'arbitro mise tutti a tacere.
La battitrice avversaria tirò con tutta la forza che si ritrovava in corpo, sperando che quello fosse il punto della vittoria.
Uscì fuori dal campo.
«Ma che modi!» si lamentò Dorothy, appena entrata, evitando deliberatamente la palla ai suoi piedi.
John, Tim e Brian sghignazzarono dagli spalti.

25-25.
Anthea andò in battuta.
Tutte le ragazze entrarono in visibilio.
Avevano la vittoria assicurata, ne erano convinte.
«Go Anthieeeee!!» quella era di certo Dorothy
«Senti io non ci capisco nulla...» si lamentò la mora. Era seduta in mezzo a Roger e Tim, una posizione piuttosto inquietante. Si rivolse al secondo «...ma chi è quella oh?» indicò Caroline
«Quella ci capisce meno di me, dai retta»
«Ma poi che ha in testa? Un procione morto? Sembra la pelliccia, sai quella invernale di Roger? Ecco, dopo che l'ha pettinata la mattina di Natale» il batterista gli mostrò un pugno e Dorothy scoppiò a ridere, mentre i due riprendevano con le solite scaramucce di ogni giorno.

25-26.
Le avversarie, vedendo arrivare un missile si guardarono interrogative, lasciando cadere la palla, scatenando la pura ira della loro allenatrice.
Anthea era sicura che con un'altra battuta come quella si sarebbe assicurata il punto della vittoria.
Pronta per conquistare l'ultimo punto indietreggiò per battere, spiccò un salto e tirò uno schiaffo alla palla, augurandole di non tornare.
L'azione avversaria fu veloce efficace: ricezione, alzata, schiacciata.
La difesa del London Volleyball Center non si scompose, soprattutto perché c'era Anthea, che controllava tutta la situazione con la meticolosità di chi ha messo in gioco la propria vita.
«È il momento delle scommesse» esordì Tim «tirate fuori i soldi ragazzi» scoppiò in una fragorosa risata
«Sta zitto e facci guardare» lo fulminarono gli altri quattro all'unisono
L'alzatore passò la palla a Caroline, -si è persa a guardare nella platea, per controllare se quello stronzo del suo ragazzo è a vederla sculettare- saettò il cervello della bionda, che in una frazione di secondo si affrettò a raggiungere la palla, prima che toccasse quel fottuto pavimento.
«NO!» urlò, cadendo a terra in malo modo, ma riuscendo comunque a salvare il punto. A far sì che la palla, pigra, sorpassasse la rete, in un angolino, alla quale l'altra squadra non prestava un'adeguata attenzione.

25-27.
Scrack.
Anthea percepì la propria spalla accartocciarsi al suolo, con quel rumore agghiacciante.
Sentì le ossa scrocchiare, erodersi fra loro: credeva si fossero raggrinzite, come un pezzo di carta che andava a fuoco.
Il fischio finale scandì la fine della partita dalla confusione generale.
Dopo aver socchiuso gli occhi per non vedere la rovinosa caduta della sua amica, John saltò la divisione che intercorreva fra platea e palco.
Odiava essere al centro dall'attenzione, ma nonostante ciò, si buttò in quella mischia di ragazze sudate, piegate attorno al capitano della squadra.
«Ma dove va?» si chiesero Tim e Brian, scambiandosi uno sguardo pieno di dubbi.
Il ragazzo le mise le mani dietro alla testa, guardò i suoi bellissimi occhi, contratti in un'espressione di dolore, da cui stavano per traboccare due enormi lacrime.
I rumori esterni le giungevano come ovattati, tutti, a parte la voce di John, che aveva un tono rassicurante con una punta di preoccupazione.
L'infermeria era ormai quasi deserta.
«Anthie... stai bene?»
Prima che potesse rispondere, le palpebre della ragazza diventarono incredibilmente pesanti, due macigni. Aprì lentamente gli occhi, accompagnati da un movimento delle sopracciglia bionde.
«Altro che elettronica! Se voglio stare con te dovrò prendere medicina» si batté una mano sulla fronte perlata di sudore il ricciolino. Anthea, che normalmente avrebbe esultato alle parole -stare con te-, era talmente confusa da non capire neanche chi fosse.
«Ti si era accavallato un nervo della spalla. Con una manovra te l'hanno aggiustato, e, comunque, ti hanno riempito di antidolorifici»
Si spiegava, così, la confusione generale. Anthea guardò il suo amico negli occhi, con aria inespressiva:
«Mi sorreggi fino a casa o fai il timido?»
«Ma figurati»
Detto ciò la prese su un fianco e la portò, quasi di peso, fino alla macchina di Dorothy, che aveva pazientemente atteso fuori che i due si scambiassero tutte le smielate effusioni.
Avrebbero potuto scegliere un'autista migliore, ma era tutto ciò che John era riuscito a procurarsi.
«Ti sei smontata, eh?» rise Dorothy, scompostamente, poi si mise la mano sulla fronte, come a calmare un mal di testa scatenato dalla fragorosa risata. Il risolino acuto della moretta punse i lobi del cervello di Anthea, lo risvegliò inaspettatamente, facendola rizzare all'improvviso. «Via, oh, vi porto a casa che ho da fare stasera».

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Capitolo 8
*** Need your loving tonight ***



Capitolo ottavo: Need your loving tonight



John si sentì piuttosto in imbarazzo: la casa di Anthea era più che altro un palazzo e lui abitava in un appartamento (grosso circa quanto sala e cucina) con sua madre e sua sorella.
«C'è nessuno?» domandò, timidamente, mentre trascinava la pallavolista dentro casa
«No, mio fratello è fuori, quasi sempre per la verità...»
«Non lo conoscerò mai» si rammaricò Dorothy, scrutando la casa. Poteva essere una delle vittime da inserire nel suo harem.
«Meglio per lui» sghignazzò la sorella
«Senti, lo so che nonostante la tua ormai tarda età hai una paura matta di dormire da sola, ma io stanotte non posso proprio restare...» sembrava impegnata ad inventare una qualche scusa perlomeno un po' credibile. Non come quella volta che aveva passato due ore nel bagno del pub ed uscendo aveva detto 'scusate il ritardo, ho trovato traffico'. Anthea capì.
«Non preoccuparti...» la aiutò «so che i tuoi poi si arrabbiano...»
«Ma ti pare... è che ho altri impegni.» la moretta non avrebbe potuto sopportare smacchi alla sua reputazione, e se proprio doveva fingere per l'altra, di certo non avrebbe messo a repentaglio la sua credibilità
«Immagino» rise l'altra
«John tu potresti restare?» domandò Dorothy con aria veramente impertinente «Mi sentirei più tranquilla, sai com'è... stiamo parlando di Anthea» la bionda si sforzò di ignorarla, ricordandosi che dopotutto lo stava facendo per lei (e forse per farsi perdonare del ritardo).
«Penso di sì» il bassista distolse lo sguardo da entrambe. Gestirle contemporaneamente era piuttosto difficile per lui, soprattutto se era da solo. Già aveva problemi con la biondina da sola...
«Bene!» Dorothy batté le mani soddisfatta «Avete tutto in casa?» la sua amica annuì «Allora io vado, ci sentiamo domani, se superi la notte.» li salutò con un cenno della mano, saltellando per il giardino «E tu prenditi cura di lei!» intimò, sparendo oltre il cancello.
-Donne...- pensò John.
Proprio allora, in effetti, si ricordò che si doveva preoccupare di Anthea
«Vieni, tu stai ferma qui sul divano» la fece accomodare «hai bisogno di qualche cuscino o qualcosa di morbido?»
«No, sto bene»
«Cosa vuoi per cena?»
«Fa lo stesso...»
«Vuoi andare subito a dormire? Mi sembri distrutta»
«Saranno gli antidolorifici, sono solo un po' frastornata»
«Allora riposati un attimo, mentre preparo qualcosa da mangiare, non dovresti saltare il pasto»
«Non avrai preso alla lettera quello che ha detto Dorothy!» lo prese in giro
«Non è per Dorothy!» Anthea adorava quando faceva il premuroso. Si sarebbe smontata la spalla altre mille volte, se fosse stato necessario. L'idea iniziava a farsi quasi piacevole.
John entrò nella cucina esageratamente grande, adiacente al salotto. Si sentì disperso in quel mare di barattoli, set da piatti e spezie odorose. Ci volle un po', ma alla fine ce la fece.
Dopo aver attentamente messo il cibo nei piatti, che aveva disposto sopra il marmo nero e freddo del mobile della cucina, li portò sul tavolo basso posizionato davanti al divano in pelle.
Anthea gli fece cenno di sedersi accanto a lei e, mentre si accomodava, gli chiese:
«Cosa ci propone lo Chef Deaky?»
«Riso al curry, questo ho trovato... peccato che non era avanzata un po' di caprese!» scherzò.
Quando gli occhi del bassista si girarono e si posarono in quelli della ragazza, si accorse che i loro nasi quasi si sfioravano, non perché il naso di John fosse più grosso di quanto desiderasse, ma perché erano vicini. Molto vicini.
«Sei...» Anthea finì di deglutire «...sporco qui» indicò, poi passò la lingua sul suo labbro. Quel contatto lo mandò in brodo di giuggiole, e la ragazzina se ne accorse. Furba come era, non poté non approfittarne. Forse i sedativi l'avevano drogata, mandata fuori di testa... oppure su di lei avevano l'effetto opposto.
Il bacio fu inevitabile.
Prima di riuscire a metabolizzare tutti gli atteggiamenti provocanti della biondina, John aveva intersecato le dita lunghe e magre nella chioma platino della ragazza che gli sedeva oramai sulle gambe.
Da lì lentamente le mani del ricciolino percorsero la pelle liscia di Anthea, che nel baciarlo l'aveva stretto ancor più a sé, facendo sì che i seni caldi si schiacciassero sul petto del ragazzo.
Le punte delle dita di John non avevano superato l'inarcatura della schiena della ragazza. Temeva di spingersi oltre quel confine, temeva che qualcosa potesse andare storto, se avesse soddisfatto la frenesia di sbatterla contro i cuscini, se l'avesse resa completamente sua.
«Oddio... scusa... io...» aveva domandato perdono, appena dopo averla baciata. Lei lo guardò dritto negli occhi, con aria di sfida
«Tu... cosa, John?»
«Io... non fissarmi, per piacere» non era semplice come la faceva Dorothy. Avrebbe potuto baciare Tim mille altre volte senza doverci pensare su due volte, ma quello... quello era un bacio importante. Ogni bacio che lui dava ad Anthea, era un bacio importante.
«Non ti piaccio, John?»
Anthea si preparò a una risposta negativa, subito dopo essersi pentita per una domanda così diretta. Quasi si sentì in colpa: gli stava facendo sopportare troppi avvenimenti, in quel giorno: la partita di pallavolo, l'incidente in campo, l'ennesimo bacio...
«No, è che mi imbarazza pensare a quale sarebbe la tua reazione se pensassi che ho approfittato di te quando eri sotto effetto di stupefacenti»
«Hey, l'antidolorifico non è uno stupefacente, non sono drogata. Oppure non potrei dirti che...» un inaspettato rossore colorò le guance morbide della bionda «...mi piaci molto»
John sentì una strana sensazione diffondersi su tutto il corpo. Gli pareva d'un tratto che i vestiti gli stessero troppo attillati. Decisamente troppo attillati.
«Rilassati, penso a tutto io» disse lei, nel tentativo di rassicurarlo. Ovviamente il risultato fu opposto.
«A tutto cosa?» rispose spaventato il bassista, che sobbalzando fece ondeggiare Anthea.
Non poté fare a meno di scorrere una mano sulla pelle liscia, si sentì inebriato da quella sensazione al tatto. Lei lo guardò negli occhi, sorridendo soddisfatta.
«Non mi provocare, per piacere...»
«Perché, se ti provocassi che cosa faresti?»
«Non... non lo so e non lo voglio sapere» evidentemente le due visioni in merito erano discordanti: Anthea si sfilò la maglietta all'improvviso, lasciando che il ragazzo contemplasse tutto ciò che madre natura le aveva donato. I due cuscinetti che John si trovò davanti erano più graziosi e ben proporzionati di quanto avesse potuto immaginare, quando si era sorpreso a sbirciare nella scollatura della ragazza, o quando portava l'uniforme.
La biondina stava per demordere, sconsolata dal compagno che, nonostante fosse innamorato perso di lei, non sapeva come sbilanciarsi.
«Anthie» la strinse, in un sussurro «non è solo una cosa mia, io ho diciassette anni... i miei ormoni e il mio corpo vanno avanti anni luce, capisci?»



ndAut: Volevamo comunque segnalare agli utenti maggiorenni, che ci saranno due missing moment che verranno postati a parte (causa rating), di cui il primo è il seguito di questo capitolo, che potete trovare qui.

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Capitolo 9
*** Hoop diddy diddy, hoop diddy do! ***


Capitolo nono: Hoop diddy diddy, hoop diddy do!
(finalmente ci siamo)


Gli guardava la schiena nuda e liscia, accarezzandola con le mani.
«Mi fai il solletico!» ridacchiò John, girandosi e bloccandole fra le sue, guardandola negli occhi. Ripensò a quel velo di imbarazzo, che da quando si erano conosciuti si era assottigliato sempre di più, era scomparso completamente quando le labbra calde e morbide di Anthea si erano poggiate sulle sue. Entrambi avevano percepito una scossa elettrica, partita dal cuore e arrivata fino alla punta delle dita. E poi...
In quel momento erano sdraiati uno vicino all'altro, con le dita e gli sguardi incrociati.
«Io ho fame» annunciò Anthea, alzandosi, rabbrividendo per l'aria fredda che si imbatté contro il suo corpo; lontano dal calore fisico di John si sentiva sola.
Aprì l'armadio e prese un paio di asciugamani.
Il ragazzo sorrise al pensiero che sembravano una coppia di sposi.
«Anthie» la chiamò debolmente, dopo che lei si era piegata su di lui per baciarlo sul collo, una volta che i loro sguardi si incrociarono non aspettò una risposta e continuò «è... stato... cioè, volevo dirti che è stato bellissimo.»


And you're rushing headlong,
out of control


La scuola tremò, letteralmente. Sembrava una scenetta da cartone animato. La voce di Dorothy si insinuò in ogni angolo, sotto ogni banco, penetrò ogni fottuta serratura, esplodendo letteralmente tra le quattro mura del bagno delle femmine, deserto in occasione della sua visita.
«Cosa?» diceva, in sintesi, la moretta, con un lieve prolungamento dei suoni vocalici
«Vuoi, per piacere, non urlare? Se volevo farlo sapere a tutti mettevo un articolo sul giornale»
«Parli bene tu, non mi hai nemmeno fatta sedere prima di avvisarmi»
«Siediti allora» indicò una davvero poco invitante ciambella di water e Dorothy indietreggiò verso la finestra «Hai vent'anni, non credevo che ti saresti sconvolta tanto per una cosa del genere»
«A parte che ne ho diciannove, e poi, non è quello, è che...» la mora guardò di nuovo con terrore il wc, poi si decise a chiudere la porta in un tonfo forte
«Cosa?» Anthea alzò un sopracciglio
«Dobbiamo per forza parlarne qua dentro? C'è una puzza che uccide. Oh, cavolo, non posso credere che sia successo prima a te che a me...!» imprecò, tirando un calcio alla povera porta, ed uscì dai gabinetti con non-chalace.
«Dici di innamorarti o di scopare?» il sarcasmo pungente della bionda la sotterrò definitivamente. Dorothy si fermò a guardarla mentre le passava avanti
«Non essere così volgare, si dice fare hoop diddy diddy, hoop diddy do» Anthea si arricciò una ciocca già riccia, per poi rimettersi a sedere al suo banco vicino alla finestra, in seconda fila.
«Cos'è una trovata di Tim?»
«No, di Roger»
«Insomma?»
«In realtà entrambe, ma in particolar modo la seconda...» sbuffò l'altra accovacciandosi contro il davanzale
«Credevo che tu e Tim...»
«Io e Tim un tubo... sto rimanendo incastrata tra i loro giochetti del cazzo, in tutti i sensi, nessuno dei due si fa avanti seriamente... e io mi affeziono di più ogni giorno ad entrambi»


And you think you're so strong,
but there ain't no stopping...
no there's nothing you can do about it!


«Forse dovresti deciderti a decidere tra lui e...» i giri di parole la stavano confondendo
«Non ho bisogno di uno strizzacervelli»
«Oh, quanto siamo permalose signorina!»
«Gne gne gne» le fece il verso
«È un piacere sentire la sua voce, signorina Hannington» blaterò la professoressa «credo che l'ultima volta sia stata tre anni fa, all'ultima interrogazione a cui prese la sufficienza» Dorothy si limitò a sorridere in modo forzato e a spostarsi verso la sua sedia.
Rientrare nella normalità non le veniva ancora perfettamente normale.
Anche basta coi giri di parole.


When a red hot man meets a white hot lady...
Hoop diddy diddy, hoop diddy do!


Il bigliettino rimase impigliato nei capelli di Dorothy e ci volle circa un'ora prima che riuscisse a recuperarlo. La ringraziò con uno sguardo che parlava da solo.
Lo aprì e lesse il contenuto, scritto in una calligrafia chiara, anche se l'inchiostro era un po' sbavato.
-sono più che sicura di aver visto Tim in cortile-
Anthea la guardò alzare educatamente la mano per chiedere di andare in bagno e poi uscire dalla classe. Dorothy percorse velocemente il corridoio e si affacciò sulla soglia della struttura: Tim era seduto sulle scale, quando sentì i passi si voltò.
«Ti ho beccato a fare la posta ad una scolaretta, ma non ti vergogni?» lo prese in giro, accovacciandosi accanto a lui di modo che dalla gonna non trasparisse troppo.
«Arrestami!» gridò con tono teatrale, porgendole le mani congiunte. Scoppiarono a ridere.
«Stamani non avresti dovuto avere...» in quel caso, il diario con gli orari di Brian, Roger e Tim le sarebbe servito, ma era rimasto in classe, quindi dovette sforzarsi di ricordare «cos'era, diritto romano?»
«No, quello è il martedì, oggi avevo diritto privato, ma è saltato per gli scioperi»
«La solita fortuna»
«Programmi per oggi pomeriggio?» chiese il ragazzo
«Anatomia da Roger, poi devo tornare a casa a fare matematica, mi raggiunge Anthie, domani abbiamo una simulazione» rispose lei, con un'aria da funerale
«Semmai passiamo dieci minuti a fare un'incursione, ma devo valutare, l'ultima volta tua madre mi ha quasi fatto rompere l'osso del collo»
«Le è preso un colpo, povera donna!» la giustificò la figlia
«A me, è preso un colpo, sono ruzzolato giù come un ragazzino inesperto»
«Concedile di aver urlato, mi stavi baciando seduto penzoloni sulla finestra del salotto» ridacchiò la mora


Soon the fire starts a raging gets them more than half crazy


«Lo sai che adoro baciarti in circostanze al limite della normalità»
«Ma sta' zitto!» lo rimbeccò lei, scoppiando a ridere
«E poi non stavamo mica facendo niente di male!» sbuffò Tim
«Ah, certo, se ci beccavano a fare hoop diddy diddy, hoop diddy do a quest'ora non ci sarebbe stato più nessun Tim Staffell» Dorothy era nata per prendere in giro le persone
«Quando succederà, di certo farò in modo che non sia in un posto dove rischiamo di essere scoperti»
«Mettici un se, amico mio» si congratulò lei, con un pacca sulla spalla, continuando la sua opera di distruzione
«Non mi rifiuteresti neanche per Paul McCartney!» rispose vanitoso. Ecco che il pavone mostrava la sua ruota.
«Questo lo dici tu!»
«Dammi un bacio...» scosse la testa sconsolato
«Dammelo tu!» replicò lei
«Beh, me l'hai chiesto...»


Hoop diddy diddy, hoop diddy do!


Si chinò sulle sue labbra, dopo aver accarezzato la sua guancia e la baciò con una tenerezza infinita.
Gli occhi chiusi per la timidezza privavano entrambi di uno spettacolo che andrebbe gustato con tutti i sensi, e soprattutto col cuore.


It ain't no time to figure wrong from right


Dorothy non ci pensò, semplicemente rispose al bacio. Sentiva un senso di colpa crescente, senza riuscire a spiegarselo.
Nei confronti di Roger.
Ma si era ripromessa che non avrebbe fatto scappare nessuna possibilità, e Roger non poteva fermarla, anzi, poteva, ma solo facendosi avanti.
E 'fanculo al senso di colpa.


Headlong!

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Capitolo 10
*** Save me ***



Capitolo decimo: Save me



Da quando aveva cambiato compagnie, la popolarità di Anthea era calata a picco. A lei non interessava, era soddisfatta della sua vita, quelle ochette delle sue non più amiche, non avrebbero mai capito. Elizabeth, Julie e Sarah, ormai, non erano più nella lista. Non che le avesse eliminate di sua volontà: loro un bel giorno le avevano fatto trovare un foglietto sul banco con scritto che avrebbe dovuto scegliere fra il suo gruppo sgangherato di bevoni, al cui vertice stava la più che mai strana, asociale, non degna del loro rango Dorothy, identificata per tale ragione con l'appellativo 'il nemico', oppure fra le tre ochette. La biondina non se l'era fatto ripetere due volte: aveva accartocciato il pezzo di carta e l'aveva buttato dentro al cestino. Da quel giorno non si erano più parlate, Anthea non sentiva la mancanza di nessuna delle Signorine Perfettine, fra cui spesso si sentiva fuori posto, con i suoi jeans strappati e le felpe larghe, sottratte all'armadio del fratello, alto un metro e novanta.
Fu la prima ad entrare in classe quel giorno.
I banchi color ciliegio aspettavano i loro proprietari, come i tutti i giorni, erano silenziosi e imponenti, Anthea doveva sempre alzare lo sgabello al livello più alto, per stare abbastanza comoda.
Mentre si sedeva sul suo posto, la biondina pensò che una pallavolista, alta poco meno di un metro e settanta non avrebbe mai fatto strada, non fino dove le sarebbe piaciuto arrivare. Il futuro era veramente troppo vicino.
I ragazzi cominciavano ad affluire, i banchi si ricollegavano ai loro proprietari. Dorothy era ovviamente in ritardo.
«Anthea!» la ragazza sobbalzò, ruotando sullo sgabello girevole, e guardò in faccia Tony Curter, l'organizzatore per eccellenza dei balli di fine anno e dei festini più disparati, suo collaboratore, per altro.
I capelli marroni e ricci ricadevano sul suo viso, lasciando spiccare, però, il suo naso appariscente, le labbra, che sottostavano a un neo, e che, con un che di aristocratico, si muovevano veloci a ogni sua frase. Le andava a genio, nonostante ogni tanto fosse leggermente polemico.
«Dovresti portare il tuo ricciolino al ballo, i biglietti stanno andando a ruba e so che tu ancora non ne hai preso neanche uno» aggiunse poi, mettendole un foglio color rosa acceso sul banco. Il volantino era ricoperto di scritte in grassetto e corsivo, le lettere si confondevano l'un con l'altra. Come se lei non l'avesse visto. Era stata Dorothy a collaborare per quella sottospecie di pubblicità, ed il risultato in effetti, era piuttosto appariscente, come si richiedeva, come era tipico di lei.
«Come scusa?» Anthea ci pensò su «E tu come lo sai? Voglio dir...»
«Le tue vecchie amichette, pare che vi abbiano visto e sparso la voce» un sospiro rabbioso uscì graffiando la gola della biondina, che incrociò le braccia al petto, poi guardò Tony, lo liquidò con un
«Ti ringrazio, ne parlerò con il ricciolino»
Dorothy fece il suo ingresso in classe, sembrava meno frastornata del solito: sbadigliava, ma era presentabile. Forse addirittura si era pettinata. Ignorò deliberatamente la biondina, che quella mattina aveva invece decisamente bisogno di un po' di compagnia, e si accomodò al suo posto, estraendo i suoi effetti dalla cartella.

Il corridoio, durante l'intervallo, sembrava quasi vuoto. Dorothy e Anthea uscirono dalla classe ciondolando da una parte all'altra, addormentate e già stanche, nonostante la giornata fosse appena iniziata.
«Beh, come va?» chiese la biondina, appoggiandosi alla parete. Poco più in là c'era la porta che portava alla palestra. La sua amica non rispose. Per quanto sembrasse particolarmente più sveglia del solito, non era altrettanto loquace. Forse qualcosa turbava il suo sonno. -Buono a sapersi- considerò fra sé e sé Anthea, tirando fuori un pacchetto di gomme.
Erano tutti tremendamente stressati, le prove di fine anno incalzavano, la voglia le stava lentamente abbandonando e la sua trovata di fidanzarsi aveva mandato i piani di Dorothy per il ballo a rotoli. Non è che avesse previsto che le cose si sarebbero messe sull'ufficiale con John. Probabilmente sarebbe andata davvero al ballo con Brian, oppure avrebbe fatto qualcosa più nel suo genere, del tipo, portarli tutti e tre in smoking per concedere un ballo ad ognuno e magari uno anche all'amica, se avesse bevuto un bicchiere di troppo. Certo, al ballo non c'erano alcolici, ma la ragazza non sarebbe mai potuta andare lì del tutto sobria, nel senso che quello non era un posto per lei e gli abiti eleganti, magari rosa confetto, contrastavano leggermente con la sua immagine pubblica, che tanto adorava.
«Hey, universitaria fallita, cosa ci fai con le bimbette dell'asilo? Ah, è vero, ci stai in classe!» la squadra di basket, ovviamente, doveva farsi notare, mentre usciva dalla palestra. Dorothy, dal canto suo, aveva più nemici che amici. Forse qualcuno di quelli la odiava perché non si era, per così dire, concessa.
«Mettiti in bocca il calzino che usi per masturbarti, cretino!» esclamò ad alta voce la mora, incitata dalla sonora risata della sua amica, che si stava infilando in bocca una gomma.
«Allora, dammi una gomma» rise un giocatore, infilando la mano unta e bisunta dentro la pacchetto di gomme di Anthea, che lo guardò esterrefatta, per poi lasciare che la sua espressione si trasformasse in odio puro
«Prenditele, le fottute gomme!» gli tirò il contenitore e ciò che era al suo interno dritto nel viso, poi, scorse quello del professore, che contrariato aveva visto e sentito tutta la scena.
-Oh merda- pensarono all'unisono le ragazze, guardandosi negli occhi allarmate
«Voi, tutti quanti nell'aula. Vi faccio un bel discorsetto» un sorriso sornione si dipinse sul viso dell'insegnante di matematica.

Quando Anthea uscì dalla porta principale, i giocatori la stavano aspettando fuori, per deriderla, le frecciatine le sembrarono così stupide, infantili. Sua cugina di due anni e mezzo avrebbe fatto di meglio.
Non sarebbe stato difficile rispondere per le rime a quella banda di stangoni senza cervello, ma dopo la strigliata che il Professore di matematica le aveva riservato non le andava di ficcarsi in altri guai. Dorothy era ancora dentro, alle prese con qualche sermone sul 'cercare di passare almeno quest'anno e risparmiare atteggiamenti poco convenienti per luoghi più consoni'. La biondina vide passare una donna in abiti eleganti, era la fotocopia della sua amica. Evidentemente era sua madre.
Per un attimo Anthea si sentì fortunata a non avere genitori.
Tutte le ragazze, quando avevano sentito il motore a rombare e il veicolo a due ruote avvicinarsi, si erano girate, cercando di intravedere qualcosa attraverso il casco: cadde loro l'occhio sui jeans attillati del ragazzo che guidava, che trasudava fascino da ogni poro.
David aspettava la sorella appoggiato alla moto, appena davanti all'entrata principale, con una sigaretta fra il medio e l'indice. Il fumo si perdeva nell'aria indifferente. Anche lei era incandescente, avrebbe polverizzato qualunque cosa avrebbe sfiorato, ma lo sguardo di suo fratello la congelò in un involucro di protezione e di amore, che improvvisamente fece calmare tutti i suoi pensieri.
«Allora? Cos'è quell'espressione da funerale, non se felice di vedere il tuo fratellone qui?» chiese David, abbracciando sua sorella.
Si accorse che Anthea lanciò uno sguardo fugace alle sue spalle, verso un gruppetto di ragazzi vestiti di una tuta arancione. Domandò a se stesso se lì, in quel gruppetto ci fosse il suo ragazzo, poi, dopo aver analizzato la situazione con rigore, concluse che sua sorella non si sarebbe mai fidanzata con uno scimmione del genere.
O almeno sperava.
«Andiamocene, Dave» dopo essersi messa il casco, la biondina salì in moto e quando David la raggiunse si modellò sulla sua schiena, scaldandogliela.
Con un sonoro rombo di motore, che per una seconda volta fece girare tutti, i due fratelli si allontanarono dal liceo.

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Capitolo 11
*** We can do a Tango just for two. ***



Capitolo undicesimo: We can do a tango just for two.



Socchiuse gli occhi.
Si guardò attorno e realizzò che la stanza di John era meticolosamente ordinata.
Prima non ci aveva fatto caso, era intenta a fissare altro.
I libri spolverati, il pavimento a specchio, i fumetti impilati uno sopra all'altro. Persino il letto sfatto, sotto i loro corpi ancora caldi di passione, sembrava perfetto.
John la stringeva a sé, con l'avidità di uno sposo.
Si erano addormentati come due bambini, uno stretto all'altro, proteggendosi dal mondo esterno.
«Johnny?» il ragazzo ebbe una stretta al cuore, svegliato da quella voce dolce che chiamava il suo nome, con un vezzeggiativo, per di più
«Dimmi»
«Ci vieni con me al ballo della scuola?»
«Beh...» avvampò al solo pensiero di mille occhi puntati su di lui, ma in quel momento, gli unici a guardarlo, erano quelli della ragazza che amava. Non si sentì di dire di no, non gli passò neanche per la testa.
«Va bene» rispose, godendosi ancora il profumo dei capelli biondi, che gli solleticavano il viso. Si sorrisero e le loro gambe si incrociarono, nude, confidenziali.

Dorothy aprì la porta di classe, sicura di trovarla al suo posto: Anthea arrivava sempre prima di lei. Questione di orari di autobus.
-Certo, come no.-
La bionda sembrava tutta preoccupata a guardare fuori dalla finestra.
La mora si prese la sua attenzione sbattendo una mano sul banco, per distribuirci quattro foglietti colorati.
«Lo sai cosa sono questi?» Anthea si voltò, fissando i biglietti. La voce parlava da sola.
«TU! Ci verrai al ballo!»
«Con gli hot pants!»
«E con gli Smile!» si strinsero la mano come fanno di solito i giocatori di qualche team sportivo e scoppiarono a ridere.

Quando qualcuno suonò alla porta, la domestica si precipitò ad aprire, informata dell'arrivo del Signorino John.
«Salve, prego, si accomodi, la Signorina dovrebbe scendere fra pochi minuti» detto così, la signora di mezza età scomparve, imboccando la porta che portava alla cucina.
John sorrise, pensando che a casa sua non avrebbe mai trovato tutta quella formalità, che era strano... per un attimo gli sembrò che la domestica, di evidenti origini tedesche, stesse parlando di una principessa.
La mano di Anthea lo tirò improvvisamente a sé, come se la ragazza fosse comparsa dal nulla.
Per un momento inebriante i due si guardarono negli occhi, sorridendo, soddisfatti l'uno della perfezione dell'altro.
Era perfetta. Non c'era da dire altro.
John rimase esterrefatto, la vista del collo e delle spalle nude, lasciate scoperte dal vestito senza spalline, gli mozzarono in fiato.
Gli sembrò di avere dimenticato come si parlava, in attesa di ricordarselo scivolò con lo sguardo su tutte le pieghe della stoffa nera, che arrivava fino al ginocchio della ragazza.

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Capitolo 12
*** We can do a Tango just for four. ***


Capitolo dodicesimo: We can do a tango just for four.


La limousine era omologata per otto, così i quattro passeggeri si erano presi la libertà di ingombrare tutti i sedili. Per varie ragioni.
«Sei sicura che ci faranno entrare?» domandò Tim
«C'è Anthie all'accoglienza, insieme a John, certo che ci faranno entrare»
«Non gliel'hai detto, vero?»
«Doveva essere una sorpresa, e poi si sarebbe sentita in dovere di partecipare e non me la sentivo di far sì che costringesse John a... beh...» lì indicò
«Noi sì, invece...» la faccia di Roger parlava da sola
«Tutto questo mi ricorda il mio primo Halloween» commentò Brian «Mamma mi rovesciò addosso un lenzuolo e fece due buchi per gli occhi. Era il costume più brutto di tutti. All'epoca ancora non sapevo che un giorno...»
«Dopo questa esperienza chissà cosa ti riserva il futuro!» rise Dorothy, scendendo dall'auto
«Non oso immaginarlo»
«Questa cosa non comprometterà il tuo curriculum scolastico?» continuò Roger
«Troppe domande... siamo giovani, amici miei! Andiamo!» intimò al biondino, tendendogli la mano per aiutarlo ad uscire dalla vettura. Il ragazzo cercò, come poteva, di destreggiarsi nell'abito che lo ricopriva. Una volta fuori, Dorothy gli fece un inchino e il baciamano. Il batterista arrossì.
«Avete finito?» domandò Tim «Il culone di Roger tappa tutta la portiera, mi manca l'aria»
«Vieni claustrofobico!» lo esortò, seguendo la stessa procedura, e poi ancora facendo con Brian.
Non appena li vide mettersi in coda con i biglietti, Anthea non poté fare a meno di scoppiare in una sguaiata risata. Tutto intorno si sollevò un certo brusio. Aspettato il loro turno, la venere bionda si congratulò con la mora. Era difficile riconoscerla con indosso lo smoking fatto su misura e tre fiori all'occhiello diversi, ma scavando sotto il cilindro che nascondeva i suoi capelli raccolti e sforzandosi di immaginarla senza i baffetti alla francese, si scorgevano i tratti femminili del suo viso, gli zigomi morbidi, le guance vellutate e le ciglia fini.
«Vi ho forse presentato prima le mie accompagnatrici?» si inchinò, facendo il baciamano anche ad Anthea, visto che c'era «Lady Timona,» Tim fece un grazioso inchino, sollevando di qualche centimetro l'abito rosa sgargiante in modo da mostrare con soddisfazione un paio di scarpe da ginnastica che normalmente sarebbero passate in osservate. «Madame Rogerina» il biondo batterista aveva il viso sufficientemente delicato da non aver avuto bisogno di trucco. Batté le ciglia lunghe con aria spaventosamente femminile. Il caschettino biondo incorniciava perfettamente il suo viso. L'abito azzurro si fermava sui fianchi stretti e scendeva fino a sotto i piedi. «e Miss Brianna»
«Che fantasia» commentò sarcastica Anthea ed il chitarrista, per ripicca, si portò indietro i capelli riccioli, lunghi fino all'orecchio, in un gesto mortalmente offeso «e quanta eleganza!» si riprese
«Credevo davvero di vederti arrivare vestita da rocker!» rise di nuovo.
«Quella è la mia anima, amica mia! Penso che andremo dentro, ho qualche vendetta da consumare, tipo verso i tipi della squadra di basket»
«Che è successo?» chiese Roger preoccupato. La ragazza nell'abito da sera nero rise:
«Niente che Dorothy non sia in grado di gestire da sola. Non te l'ho mai chiesto, ma perché quello ce l'aveva così tanto con te?»
«Questioni di sesso» sghignazzò l'amica, allontanandosi, seguita dalle sue damigelle
«Non vedo l'ora di sentire il tuo discorso, in qualità di allievo più anziano della scuola.» Dorothy si voltò «Perché l'hai preparato, vero?» la mora rise
«Ci vediamo dentro, vah»

«Ragazzi, come va, vi state divertendo?» chiese Anthea, dopo aver raggiunto insieme a John i quattro travestiti
«Stanno tirando a sorte per decidere chi per primo deve venire a ballare con me, nel frattempo, mi concedi questo ballo?» rise la mora, inchinandosi per l'ennesima volta di fronte alla bionda
«Volentieri, tanto stasera non avrei ballato» tirò una gomitata a John, evidentemente troppo timido ed impacciato per mettersi al centro della pista e ballare con una sventola da paura come Anthea, con il rischio di farle fare brutta figura
«Alla fine della canzone voglio la sostituta con le mani sui miei fianchi, sia chiaro» intimò, rivolta ai tre, poi le due andarono davvero a ballare.
«Meno male che c'è toccato il twister, se era un lento sarebbe stato imbarazzante» sghignazzò Anthea
«Per me lo è ugualmente, che diamine di tacco ti sei messa? Un tempo eravamo alte quasi uguale»
«Sarà un... dieci centimetri?»
«E ti pare poco?» sbuffò
«Poi mi spiegherai questa tua trovata, invece» la derise l'amica
«Non potevo venire al ballo, vestita da principessa, con tre uomini. Sarebbe stato... strano»
«Era l'occasione per scegliere tra Roger e Tim» suggerì Anthie
«Pur di non farlo l'avrei chiesto a Brian, lo sai» ammise Dorothy
«Non puoi continuare a...» tentò, ma l'altra la interruppe subito
«Anthie...»
«Che palle, guarda che lo dico per il tuo bene»
«Lo so, ma... non sono pronta a dire addio a nessuno dei due»
«Rischi che ti dicano addio entrambi»
«Hai un'idea migliore?» la bionda aspettava solo che le venisse posta una domanda come quella
«Bacia uno dei due, stasera, e lascia andare l'altro» spiegò, proprio mentre la canzone terminava. Si voltò, guardando Tim sfregarsi le mani, pronto ad avventarsi sulla sua preda.
«Non posso decidere così su due piedi!»
«Altrimenti non deciderai mai... a bruciapelo, un bacio, e via» l'amica tornò dal suo vero compagno, lasciandola nelle grinfie di Staffell. Il ragazzo, nel suo strano abito rosa, la strinse forte per i fianchi fino a che non furono praticamente incollati. Fecero qualche passo senza che i loro sguardi si staccassero l'uno dall'altro, poi il bassista parlò:
«Dovrei baciarti, adesso, lo sai? Non ci sarà occasione più romantica di questa»
«Puoi farlo» rispose
«Oppure no. Roger ci rimarrebbe malissimo, nessuno di noi due vuole ferirlo, non è così?»
«È così»
«Dorothy, faccio sul serio con te, se mi dici che per te è lo stesso, che non sono solo il tuo giocattolino per far ingelosire Taylor, me ne infischierò del resto, di tutto il resto, intendo» quella suonava proprio come la promessa di un inizio. Con Tim aveva una certa intesa fisica, mentale, sarebbero stati perfetti. Pensavano le stesse cose, erano piuttosto simili.
«Faccio sul serio con entrambi, lo sai»
«Allora mi vedo costretto a baciarti...»

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Capitolo 13
*** We are the champions ***



Capitolo tredicesimo: We are the Champions


«Qual è il programma della serata?» domandò John
«Ci sarà la votazione per il Re e la Reginetta del ballo scolastico» la biondina sorrise, godendosi la sua amica Dorothy che ballava in tenuta maschile, e che finalmente pareva essere riuscita a concludere qualcosa. Le aveva dato retta, grazie a Dio.
«Io voto per Tim e Dorothy» scherzò il ragazzo, mettendo timidamente una mano sulla spalla della sua dama. Lei si girò verso di lui.
-Voteresti la coppia sbagliata, allora-, pensò, guardando preoccupata Roger che rosicava, cercando (senza risultato) di scollare gli occhi di dosso a Tim e Dorothy che si baciavano in pista «Io penso che voterò per me e te» (senza risultato)«Come, scusa?» in un attimo, John vide tutto quanto: l'incoronazione davanti a centinaia di persone che non conosceva, il discorso che l'avrebbero costretto a fare. Essere sotto agli occhi di tutti l'avrebbe fatto morire. Non chiedeva molto: una serata in tranquillità con la sua fidanzata... perché gli succedeva inevitabilmente tutto questo?
«Sto scherzando, riprendi colorito» lo prese in giro Anthea, mettendo la mano sulla sua «Ehm, Roger, credo sia il tuo turno!» lo spinse verso la pista mentre il biondino inveiva contro di lei.
Magari un giorno l'avrebbe ringraziata.

Nel cambio di passi del ballo Tim si eclissò, lasciando spazio al suo rivale. Dorothy gli sorrise, afferrandolo in vita come se gliel'avessero lanciato al volo.
«La mia biondina...» la ragazza fece uno strano movimento con le sopracciglia, mandandolo più in paranoia di quanto già non fosse «Roger non puoi tenermi il broncio per aver baciato Tim!» si lamentò
«Non sto tenendo il broncio» obiettò lui, con aria davvero poco convincente
«Roger, se ci tieni a me, combatti» chiese lei, quasi supplicando
«Non combatterò una battaglia già persa»
«Stai perdendo perché non combatti.» il batterista non rispose. Dorothy prese un altro respiro. «Mi aspetto che tu mi baci, adesso...»
«Non ti bacerò solo perché l'ha fatto lui!» quasi urlò, dal nervosismo. Anthea sogghignò dall'esterno, immaginando lo scambio di battute tra i due.
Arrivò proprio in quel momento, a interrompere i due, l'entrata in scena del presentatore, che spuntò sul palco montato per l'occasione. Tutti si sederono attorno ai tavoli, rigorosamente per due.
I due ricciolini risero gustandosi la scena di Dorothy con tre ragazzi, o meglio, ragazze, stretti attorno a un tavolino omologato per la metà delle persone:
«Mi pesti i piedi!» dicevano l'uno all'altro. Per non fare torti la moretta si era seduta su Brian, dichiarandosi dispiaciuta di non aver potuto ballare con la sua dama preferita.
I centrotavola erano graziosi, eppure ad Anthea sembravano così pacchiani, la candela alta e slanciata stava all'interno di una ciotola riempita fino all'orlo da petali di rosa secchi, che non avevano perso il loro colorito e il loro profumo originale.
I boccoli biondo chiaro erano illuminati a tratti dalla fiamma tremolante, la scollatura vistosa si apriva sotto il collo di Anthea, seduta con le gambe accavallate, sfiorando ogni tanto, quelle di John, che sbattendo le palpebre lentamente, come per immagazzinare quell'immagine, le stava di fronte.
«Ecco le schede per il voto» annunciò con aria magistrale la capo organizzatrice, dandone un paio ad Anthea e John, che le guardarono perplessi, una volta aperti.
«Tieni, ecco la matita. Hai idea di chi votare?» le chiese John, mentre lei gli sottraeva il piccolo stecco dalla mano
«Veramente no, tu cosa hai votato?» chiese lei, passandosi il legno fra i denti ben allineati. Le passò il bigliettino aperto. Prima che Anthea potesse mettere ben a fuoco la calligrafia di John passarono un po' di secondi
«Mr. Dorotheo e Miss Timona»
La ragazza cercò di trattenere la risata, fallendo. Fece girare un paio di amiche, Miss Perfettine comprese, che, abbracciate ai loro fusti cestisti, deridevano chiunque passasse nel loro campo visivo. Anthea era sicura di rientrare nella loro classifica delle 'Ragazze meno popolari'.
Alzò il bicchiere pieno fino all'orlo nella loro direzione, sorridendo.
Impugnò la matita:
«Mr. Dorotheo e Miss Rogerina»
Chiusero i fogli ridendo sotto i baffi, volgendo lo sguardo ai loro amici, che non si aspettavano nulla di tutto ciò.
«Vorrei quindi qui sul palco lo studente più anziano dell'istituto affinché ci invada della sua sapienza e premi il Re e la Reginetta del ballo. Dorothy Hannington?» la moretta sentì il suo ego raggiungere confini mai sondati dagli umani quando tutto l'atrio applaudì. Camminò verso il palco tra gli insulti della folla beandosi di tutta quell'attenzione.
«Buonasera, buonasera» calmò il suo amato pubblico con un cenno della mano, poi estrasse una paccata di fogli dal suo taschino. Nessuno capì come avesse fatto a tenerli lì. «Allora, Ringo Starr?» tutti si guardarono allibiti tra di loro e lei fece una grassa risata «Ah, no, scusate, questa è la lista degli uomini che devo farmi stasera» qualcuno gridò
«Dorothy ti prego aggiungimi alla lista!» la ragazza sogghignò, poi lanciò i fogli alle sue spalle in modo teatrale e riprese a parlare. Pareva un prestigiatore.
«È stato un altro anno fantastico qui con tutti quanti voi. Grazie al cielo posso dire di non conoscere praticamente nessuno in questa scuola, così vi ringrazio per non avermi forzata a socializzare con voi. L'unica cosa, Anthea, ti odio, non avrei mai voluto conoscerti, adesso posso dire di aver avuto un'amica alle scuole superiori e tutti penseranno che ho un cuore» disse, tutto d'un fiato e l'intera platea guardò la biondina che diventò rossa come un peperone «Comunque. Io non vorrei rubarvi altro tempo, so che siete tutti intenti a pensare a come sarà la procreazione dopo il ballo, quindi passerei subito a proclamare i vincitori dell'edizione di quest'anno. Brianna, sappi che comunque vada per me la reginetta di questo ballo rimani tu» Tim fece partire un applauso che infiammò la platea. Dopotutto il caricatore di folle era lui. «Per la categoria gonnelle, ladies and gentlemen, the winner is...» momento di supense «eh?» altro momento di suspense «ANTHEA! Madamigella, sarò lieta di incoronarla!» la prese in giro «Mentre Anthea ce la fa a raggiungermi, se ce la fa, passiamo al nome del Re del ballo così facciamo alla svelta, anche perché ci sono anche altri eventi a cui è richiesta la mia presenza stasera...» tagliò, aprendo la seconda busta «Non voglio deludere nessuno, ma il secondo vincitore, ebbene sì, sono io!» si autoincoronò senza farsi problemi, mostrando il nome Dorotheo scritto in stampatello.

L'allegra combriccola era rimasta bloccata in un punto della sala dove stava affluendo una dose non indifferente di gente per complimentarsi. I ragazzi si erano pazientemente seduti sul palco attendendo che le due fossero in comodo.
«Che palle, ma quanto gli ci vuole?» si lamentò, ovviamente, Roger
«Ce la fai a non lamentarti anche solo per dieci minuti?» lo punzecchiò Tim.
Anthea si voltò verso John con aria piuttosto soddisfatta. Fece una piccola riverenza e lo prese a braccetto. Il suo cavaliere aprì la fila per l'uscita in gran stile senza mostrare troppo entusiasmo, anzi, forse un briciolo di paura.
«Vi serve uno strappo ragazzi? Abbiamo la limo!» domandò Dorothy
«Wow! Ben volentieri allora!» esclamò la biondina, esaltata all'idea
«Ma guardala, la reginetta del rum e pera...» bofonchiò qualcuno, prendendola in giro. Tutti guardarono Dorothy, che ovviamente si sentì molto offesa: la reginetta del rum e pera era lei, lei e nessun'altra. «Quella che di regale ha solo la coroncina perché poi il resto della famiglia è del più infimo livello sociale, suo fratello ha ucciso suo padre, che ha ucciso sua madre e...»
La moretta non riuscì a trattenersi oltre. Non sopportava che qualcuno se la prendesse con Anthea e non poteva aspettare che John trovasse nelle sue più recondite intimità il coraggio di difenderla.
«Sciacquati la bocca prima di parlare di me!» batté le ciglia «E poi se non l'hai visto sono il re, non la regina.» Dopo aver ascoltato questa ultima perla, il cervello del gruppo, vale a dire Brian, trascinò l'intera comitiva a bordo della limousine prima che si scatenasse una rissa. Non che volesse evitare eventuali tumulti, però se fossero arrivati i giornalisti lo avrebbero immortalato con quegli abiti ridicoli, e non sarebbe stato affatto piacevole.
«Che si fa?» domandò Dorothy, una volta che l'auto fu partita
«Poker?» propose Tim. Anthea iniziò a preoccuparsi: non era affatto brava a giocare a carte. Dorothy in pausa pranzo la massacrava sempre e grazie al cielo non giocavano a soldi.
«Se è strip ancora più volentieri: non vedo l'ora di essermi tolto di dosso questa roba» gli diede man forte Brian. Roger iniziò a lanciare sguardi di fuoco in giro dappertutto.
«Andiamo a fare il bagno nudi nel Tamigi allora?» continuò il bassista più vecchio. Il più giovane invece smise di respirare. Ogni volta che sentiva la parola 'nudo', un groppo gli stringeva la gola.
«Io direi di andare a dormire» tentò Anthea «domani noi abbiamo scuola...»
«Oh Signore» si lamentò il chitarrista «Andiamo a casa.»

Erano rimasti solo in due sull'auto.
I primi a scendere erano stati ovviamente Anthea e John, entrambi provati dalle troppe (?) emozioni. Dopo un giro turistico fu il turno di Brian e Tim, che si ritirarono sconsolati nel loro umido appartamento universitario, non prima che il chitarrista, dopo una birra più, avesse finito di lamentarsi di tutti i difetti del bassista. Da quel momento in poi il silenzio era calato nella vettura.
-Dannazione- aveva pensato Roger non appena un colpo di tosse si era reso necessario per la sua respirazione. Odiava quella situazione. Odiava quel silenzio. E odiava il fatto che lei non si decidesse a spezzarlo come faceva di solito.
L'auto rallentò, Dorothy si sporse e poi si avvicinò alla portiera.
«Sono al capolinea: ci sentiamo madamigella»
«D'accordo» rispose il ragazzo, sforzandosi di sembrare naturale.
Si sentiva invece profondamente combattuto: da un lato non vedeva l'ora che lei uscisse da quell'auto e lo lasciasse respirare, dall'altro sperava che rimanesse con lui, tutta la notte, e il giorno seguente... e quello seguente ancora.
«Ti voglio bene, biondino» lo salutò, e scese dall'auto.
Il problema era proprio quello. Quale era la differenza tra il sentimento che la legava a Roger e quello che invece la incatenava a Tim? Amava entrambi nello stesso modo? O forse non li amava affatto? Sarebbe mai stata in grado di scegliere, di decidere? Avrebbe mai posto fine alla sofferenza dell'uno o dell'altro, o l'avrebbe solo incrementata?
Roger la afferrò per un polso e la trascinò sopra di sé, chiudendo successivamente lo sportello della vettura. Era una presa di posizione forte, nient'affatto tipica di lui. Il gesto era stato molto più imbarazzate di quanto non avesse creduto. Un po' per gli abiti. Un po' per la posizione. Un po' per il fatto di averla probabilmente assecondata ancora una volta. Un po' perché una volta che la limo era ripartita si erano ritrovati schiacciati dall'altra parte dell'auto. Un po' perché si stavano baciando smielatamente e appassionatamente come una coppia di sposini appena partiti per il viaggio di nozze.
Dorothy si tolse la corona e la mise in testa a lui, certa che un giorno qualcuno di ben più importante l'avrebbe fatto al posto suo.

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Capitolo 14
*** Spread your little wings and fly away ***



Capitolo quattordicesimo: Spread you little wings and fly away



Si guardavano negli occhi, a colazione.
Era passata una settimana dall'uscita dei risultati degli esami di maturità e suo fratello aveva ottenuto un periodo di meritato riposo. David aveva spesso mostrato preoccupazione nei confronti di Anthea, l'unica cosa al mondo gli apparteneva. Erano soliti passare tanto tempo assieme, prima che lui cominciasse a lavorare molto intensamente: lei non l'aveva mai visto uscire con degli amici. Sembrava come se il mondo che le stava attorno non potesse bucare la sottile bolla avvolta attorno ad Anthea.
«Stasera vado a cena fuori» annunciò il ragazzo coi capelli biondi, talmente chiari da sembrare bianchi, con una punta di senso di colpa nella voce. Gli sembrava di non riuscire più a passare del tempo con sua sorella, anche quando non lavorava. Quando vide l'espressione triste di sua sorella prendere il sopravvento sul suo viso aggiunse «Fai qualcosa con i tuoi amici, puoi dare una festa qui. Questa casa è così e grande e allo stesso tempo così vuota!»
Si guardarono, Anthea gli sorrise:
«Sei il migliore!»
«Lo so» rispose David, senza crederci davvero, per una volta
«Però domani stiamo assieme...»
«Promesso.»
Le cameriere prepararono tutto il necessario per rendere la serata perfetta, mentre Anthea chiamava i suoi amici al telefono.
Prima di tutti John.
Le rispose sua madre.
In un attimo, quando sentì quella voce adulta risponderle, capì improvvisamente la timidezza del bassista, provandola sulla propria pelle.
«Salve, sono un'amica di John e...»
«Devi essere Anthea» la interruppe inaspettatamente la Signora Deacon
«Esattamente, volevo sapere se John...»
«Credevo foste più di due amici, voi due. John mi ha parlato molto di te, e lui non parla mai... sembrava che fossi la sua fidanzata» Anthea non poté fare a meno di ridere, David si fermò ad ascoltare:
«Evidentemente siamo fidanzati e non me ne sono accorta» scherzò Anthea, poi prima di riparlare attese un attimo «Ciao, fidanzatino. Come stai?»
David entrò in salotto e guardò la sorella, sorridendole, poggiò le labbra sulla sua fronte ed uscì in giardino, silenzioso, rendendosi conto che la ragazzina era cresciuta e che la conosceva sempre meno.
Quando la marmocchietta ebbe finito il suo giro di telefonate, lo raggiunse.
«Non ci saranno tipo... superalcolici o cose peggiori, vero? Non voglio vittime» esordì con fare protettivo
«È qui la festa?» domandò Dorothy, che era appena entrata nella sua migliore tenuta estiva dalla porta principale, per poi farsi strada fino alla portafinestra che dava sul retro. Nonostante trascinasse gli zoccoletti per il pavimento di cotto, non dava l'impressione di una che aveva festeggiato la sua promozione per una settimana consecutiva a base di coca-party.
Non era voluta andare a vedere di persona, ma quando Anthea l'aveva chiamata per darle la buona notizia aveva iniziato a correre per la casa per andare a baciare i suoi genitori. Così si diceva, perlomeno.
Vedendo che l'amica non era sola, Dorothea fece una piccola pausa, per soffermarsi ad indicare l'uscio:
«Era aperto, la vostra casa è poco sorvegliata, sarei potuta entrare passando del tutto inosservata...»
«Inosservata è un po' difficile con indosso solo un bikini, un pareo e una collana di fiori» le fece osservazione David
«La ragione è sempre dalla sua, Signor Bowie» la mora tese la mano, dopo essersi sfilata gli occhiali da sole «anche se ha dimenticato il cappello di paglia, gli occhiali e gli zoccoli»
Non si presentò, semplicemente si lanciò su una sdraio.
«Ahah» rise la bionda «ma gli dai del lei? È solo un paio d'anni più grande di te!»
«Sì, ma gli uomini si indispettiscono se li fai sentire vecchi» fece l'occhiolino. David rise di sottecchi
«Un vero peccato che tu sia fin troppo impegnata per mio fratello» sospirò Anthea «non è vero?»
«Io non sono mai troppo impegnata» fece spallucce «solo che non voglio imparentarmi con te» le fece la linguaccia e la tirò su per una mano «dai dobbiamo andare a preparare tutte le cose!»
La ricciola si alzò svogliatamente, poi diede un bacio al fratello e trascinò l'amichetta di sopra.
«Com'è che non mi avevi mai presentato tuo fratello prima? Potrei cambiare l'happy ending di questa storia, sai?»
«Che ne è della tua strategia 'chi tardi arriva male alloggia' con l'arrivo dell'estate?»
«Ho una preda e un piano!» sorrise serafica Dorothy
«Guarda che mio fratello è a cena fuori stasera» Anthie si grattò la testa
«Perché devi sempre pensare che tuo fratello sia al centro del mondo?» sghignazzò la mora, mentre cercava di fermarle un grande fiore colorato tra i capelli d'oro
«E allora chi è il prescelto?» incalzò la bionda
«Indovina!» esclamò l'altra entusiasta, guardando il riflesso dell'amica nello specchio «Ah, questo ti sta davvero divinamente»
«Non sei molto simpatica: dopotutto, anche dopo il ballo ovviamente non mi hai dato ascolto e stai continuando a uscire con entrambi. Finiranno per ammazzarsi!» si lamentò la bionda
«Dai!»
«Lo sai che io avrei scelto il bassista»
«Tu hai scelto un bassista» sghignazzò la mora, passando il lucidalabbra lucido prima sulle labbra di Anthea e poi sulle sue
«Ho un debole per i bassisti, si sa. Se tu veramente scegliessi Tim potremmo farci dare delle lezioni private, le loro mani sulle nostre... che teneri!» rise, prendendola in giro. Fissò divertita la sua espressione a dir poco ridicola nel riflesso, poi diede una ravvivata ai capelli «Peccato che tu abbia deciso di rovinare tutto...»
«Come prego?»
«Te l'ho detto... io avrei scelto il bassista...»


Oramai nostri giovani amici, ci siamo. La storia sta per volgere a una conclusione, quindi, come in ogni fiction scritta in collaborazione tra MrB. and C., vi proponiamo il Quiz a premi. La domanda è: quale losco personaggio finirà insieme a Dorothy? Chi fosse intenzionato a partecipare può comunicarci la risposta nella sua recensione, scegliendo tra le seguenti opzioni (rigorosamente in ordine alfabetico):
1. Anthea Bowie
2. Brian May (chitarrista degli Smile)
3. David Bowie (quello non famoso, fratello di Anthea)
4. Dorothy stessa
5. il tizio della rissa al lago
6. il tizio della squadra di pallacanestro
7. John Deacon (fidanzatino di Anthea)
8. Roger Taylor (batterista degli Smile)
9. Tim Staffell (bassista degli Smile)
Il/I vincitore/i avrà/anno in palio un autografo delle due autrici.
(Roger: Ma ancora 'sta storia dell'autografo? Non lo vuole nessuno il vostro autografo! o_o xD)
Pace e amore.
MrBadCath.

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Capitolo 15
*** Party ***



Capitolo quindicesimo: Party


La festa aveva un che di grandioso: una trentina d'amici che ballavano in giardino con i piatti pieni di cibo, la musica, il cielo in cui si potevano vedere le stelle.
Ad Anthea sembrava che in quella serata, per una volta, stesse andando tutto per il verso giusto: ne fu certa quando incrociò lo sguardo di John, che sedeva a bordo piscina assieme a lei, con i piedi immersi nell'acqua.
«Hai dei piedini graziosi» asserì
«Come scusa?» chiese lei, incerta se il ragazzo si fosse veramente lasciato andare ad un complimento o se la stessa prendendo in giro
«I tuoi piedi, dico. Sono davvero carini» le sorrise, al che lei ne tirò fuori uno.
Effettivamente erano molto delicati, piccoli, con le dita proporzionate e leggermente cicciottelle.
John lo sfiorò sotto la pianta con la punta delle dita, ridendo.
«Hey, mi fai il solletico!» esclamò Anthea, e come risposta lo schizzò sulla maglietta. Lo guardò con aria di sfida «Beh?» gli chiese, incrociando le braccia, mordendosi le labbra per il divertimento.
«Non riuscirai a provocarmi, non butterò mai una signorina carina come te dentro l'acqua gelida» disse fermamente il bassista
«Ah n...»
Una spinta decisa e secca fece sì che Anthea scivolasse nell'acqua della piscina, con un urletto di sorpresa misto a una risata. Anche John, prima che potesse rendersi conto della situazione, si ritrovò nell'acqua gelida.
Appena riuscì a vedere qualcosa, la ragazza si guardò attorno: Brian e Tim ridacchiavano sul bordo della piscina, con le mani nelle tasche.
«Farabutti!» esclamò la coppietta, all'unisono
«Scusateci, pensavamo foste una sirena e un tritone!» li presero in giro
John sbuffò, pensando a quanto quella battuta fosse stupida. Istintivamente mise un braccio attorno alla vita di Anthea, che non riusciva a toccare. Lei si girò sorpresa e lui abbassò lo sguardo assieme alla mano, che mise sul bordo, risalì e poi guardò il ragazzo dai capelli scuri e molto più ricci dei suoi, negli occhi.
Sorrise, con l'idea che prima o poi si sarebbe fatto valere.
«Hey, Anthea!» le mise una mano sulla spalla bagnata Tim
«Tim, che vuoi...» rispose lei, intenta a strizzarsi i capelli
«Hai visto Dorothy? Non la trovo, cioè non la troviamo da nessuna parte...» il bassista guardò imbarazzato il compare chitarrista, che parve non curarsene molto
-Se pensa che questo è il momento più adatto per chiedermi dov'è il suo caro amore si sbaglia di gr... Cazzo!- pensò Anthea, volgendo fugacemente lo sguardo alla casetta sull'albero, sapendo che sarebbe stato poco saggio andarli ad avvertire.
«A dire la verità credevo che ci fosse lei dietro questo scherzetto!»
«Vedi, la gente pensa che da soli non siamo buoni a niente» sbuffò Brian, che aveva uno stuzzicadenti tra le labbra sottili. Tim si chinò, rimanendo in equilibrio sulle punte dei piedi e sibilò tra i denti:
«E non vedo da nessuna parte neanche Roger...»
Anthea deglutì, lo guardò inebetita, poi rispose con tono abbastanza convincente:
«Non ne ho davvero idea, ma sicuramente saranno dentro» lo depistò
-Non vale la pena interromperli- pensò la biondina, sorridendo con una punta di malizia.
«Andiamo anche noi, prima di prenderci un raffreddore» propose e scappò via trascinando con sé John.
Sarebbe corsa ad avvertirli più tardi, quando sarebbe stato inevitabile. Non c'era motivo di preoccuparsi, anche perché mentre salivano avevano notato che Brian, ormai, aveva accalappiato Tim e un paio di ragazze: stava tenendo banco abilmente. Dorothy avrebbe dovuto ringraziarlo.
La coppietta salì nell'elegante camera dove quasi tutte le notti Anthea dormiva con suo fratello.
Nell'aria c'era profumo di colonia da uomo, infatti.
Entrarono nel bagno adiacente, stando bene attenti a sporcare il meno possibile:
«Bene» esordì la ragazza, inzuppata dalla testa ai piedi, poi cominciò a dire qualcosa, che John non ascoltò, perché preso a osservarla.
Si era sfilata il reggiseno zuppo e l'aveva poggiato sul water.
In quel momento i capezzoli trasparivano timidi, da sotto la maglietta giallo pastello. John avvampò.
«Beh, vuoi rimanere con quei pantaloni e quella maglietta zuppi?»
«N...N... è che...» lei sospirò e disinvolta si tolse la maglietta, come se fosse normalissimo. «John, te la togli la maglia o no?» ripeté un paio di volte, eppure lui era in trance, guardando per terra, pensando che se si fosse tolto i pantaloni lei avrebbe visto la sua palese erezione.
La situazione non fece che peggiorare, quando lei gli alzò le braccia e gli sfilò la maglietta.
«Vado a prenderti dei vestiti asciutti e puliti» dopo aver detto così sgusciò via dalla stanza, tornando quando John si era calmato e aveva tolto i pantaloni.
Sorprendendosi eccitata, Anthea lo guardò studiando ogni millimetro delle sue ginocchia nodose.
«La maglietta ti andrà enorme, è di mio fratello, sai, ha le spalle un po'... leggermente più larghe delle tue» ridacchiò, mettendogli i vestiti in mano «Comunque, i pantaloni penso ti vadano bene. Ah, questi sono i boxer»
-Dio ti ringrazio, si è rivestita, almeno. Non riesce a fare a meno di farmi arrossire, o eccitare?-
Si guardarono, entrambi con un sorriso malizioso stampato in faccia, e John arrossì, senza riuscire a reggere lo sguardo affilato della sua amica.

I vincitori verranno contattati in privato xD

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Capitolo 16
*** Some day one day ***



Capitolo sedicesimo: Some day one day


«Daiiiiiiiiiiiiiiii» le urla di Roger si sentivano persino sulla luna... e non stava succedendo niente di sconcio, per la verità «quello era il mio panino
I due si stavano rincorrendo per tutto il giardino. Dorothy era balzata sulle scalette che portavano a una piccola casetta sull'albero in cui Anthea era solita giocare da piccola. Da lassù gli aveva lanciato il panino, ma lui aveva fallito clamorosamente nell'afferrarlo e questo gli aveva causato ancora più risentimento.
«Sei una frana, Taylor!» esclamò lei e il biondino saltò per raggiungerla, premeditando una vendetta sanguinosa. Una volta arrivato, però, rimase incantato a guardarsi intorno: era un piccolo rifugio, semplice ed introvabile, il nascondiglio segreto degno di una spia.


You never heard my song before: the music was too loud,
but now I think you hear me well, for now we both know how.


«Come facevi a sapere di questo posto?»
«Io ed Anthie siamo amiche, sai com'è...» rispose con tono piuttosto scontato Dorothy. Roger si grattò la testa, cercando di orientarsi «Guarda là» la ragazza indicò alcuni vecchi cuscini e coperte ammucchiati in un angolo «deve averci portato John» gli fece l'occhiolino e si lanciò sull'ammasso morbido, sperimentandone il comfort personalmente. Roger rimase in piedi a guardarla e a sbirciare fuori dalla finestrella.


No star can light our way in this cloud of dark and fear
But some day one day...


«Voglio venire a vedere Truro quest'estate, così magari un giorno passo a trovarti» sorrise lei
«Sarebbe fico!» esclamò il batterista, passeggiando nervosamente con le mani in tasca.
«Vuoi, per piacere, sederti? Mi fai venire l'ansia lì in piedi!» si lamentò la mora e il biondo sbuffò, senza accennare a muoversi di un centimetro «Eddai» insistette, tirandolo per un lembo del costume. Roger l'accontentò e si sedette accanto a lei, dandole le spalle però. Dorothy rotolò fino a mettersi al suo fianco:
«Che esame dobbiamo preparare, adesso?» sghignazzò, tirandogli una gomitata.
«Oh, non pensarci, oggi è la tua festa...» tentò il batterista, improvvisando un misto di felicità e tristezza
«Sì, ma mi sembri preoccupato» asserì la ragazza, sembrando preoccupata a sua volta
«Pensare che starò due mesi a Truro già mi mette l'ansia, quel posto mi sta così stretto...»
«Ma vedrai i tuoi genitori, potrai stare un po' con i tuoi vecchi amici!» Dorothy cercò di mostrargli i lati positivi della cosa.
«Non voglio perdere il giro degli Smile...»
«Non lo perderai, se proprio non vuoi tornare ci informeremo per qualche serata in qualche locale, un modo si trova, non buttarti giù, dopotutto la casa ce l'hai...»
«Hai ragione, scusa, ti sto rovinando la serata...»
«È colpa mia, non dovevo parlarti di Truro, credevo ti avrebbe reso felice. Comunque sono felicissima di essere qui, con te, stasera. Se tra amici non si parla, che amicizia è?» i due si scambiarono un sorriso «Mi sa che adesso farò un pisolino, mi sta prendendo l'abbiocco» la moretta si voltò e si rannicchiò, dandogli le spalle. Roger rise.
«Ahah, ne ero sicuro: si vede lontano un miglio quando ti prende sonno!» fece una piccola pausa, accarezzandole i capelli «Vuoi che ti porti a casa?»
«No!» rispose l'altra con un pizzico di nervosismo «Voglio stare qui con te» si voltò, con un'aria davvero assonnata, e lo guardò dritto negli occhi «finché c'è tempo, finché la notte è ancora giovane!»
Il biondo la prese in giro:
«Ma se a fatica tieni gli occhi aperti...»


Funny how the pages turn and hold us in between


Superando ogni barriera che perfino lui stesso non credesse di poter abbattere, poso un baciò sulla sua fronte, appoggiandosi con la mano destra poco sopra la sua spalla. Quel semplice contatto tra le due labbra e il suo pensiero fece immediatamente sussultare il suo cuore, i loro cuori.
L'aria si fece d'un tratto pesante.


When I was you and you were me and we were very young


Dorothy accarezzò il profilo di Roger, dalla basetta straordinariamente virile nascosta da una ciocca bionda, alla mascella forte, contratta, il pomo d'Adamo accentuato dalla maturità arrivata, a dispetto delle sue convinzioni, la giugulare pulsante, presa da uno spasmo di tensione, che si gonfiava ritmicamente con il battito impazzito del suo cuore.
Roger chiuse gli occhi, terrorizzato da quello che stava per succedere e allo stesso tempo desiderandolo spasmodicamente.
Ripeté gli stessi movimenti della ragazza, su di lei, ma rapidamente, con più forza, schiacciandola contro il cuscino, e premette le sue labbra contro le sue, il pollice contro la gola. Quell'unione tanto agognata non tardò ad esplodere in qualcosa di più virulento, impossibile da ignorare.
Roger avrebbe solo voluto strapparle di dosso quella lunga scamiciata bianca e il costume da bagno e prenderla lì, con la stessa foga con cui aveva cercato disperatamente di non rivelare il suo sentimento. Si sentiva strano, impotente, di fronte a quella cosa che adesso era impossibile nascondere. Era troppo evidente, sul suo corpo, sui loro corpi. Si schiacciò di nuovo contro di lei, in uno spasmo di desidero, la baciò di nuovo.
Dorothy annaspò.
Per la sorpresa.
Per il piacere.
La mano di Roger scese sul suo petto, muovendosi contro il respiro che le dava la vita, seguì il profilo della gamba, la coscia, accarezzò, più col pensiero che con la mano in sé, la porta velata di quel piacere che ancora non gli era mai stato concesso. Il batterista nascose la testa nell'incavo del suo collo, non osando sfidare i suoi occhi.
«Roger...» inspirò lei, ferocemente aggrappata alla sua nuca, separando le loro labbra, senza cattive intenzioni. Avvampò violentemente quando il biondo, ringhiando e strusciandosi contro di lei, le fece chiaramente capire di non poter più tornare indietro.


Together took us nearly there,
the rest may not be sung...

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Capitolo 17
*** I'm too exhausted to start a fight ***



Capitolo diciassettesimo: I'm too exhausted to start a fight



Dorothy cercò di farsi forza e ricominciò da capo.
In quel periodo, sembrava che niente volesse andare per il verso giusto.
Si era preparata all'abbandono di Tim, sapeva che scegliendo, avrebbe perso uno dei due, ma non avrebbe creduto che la rottura sarebbe stata così dolorosa. Tutto sommato, il bassista le mancava parecchio, e lei non riusciva a perdonarsi di aver fatto del male a lui, come non sarebbe riuscita a perdonarsi di averlo fatto a Roger.
Cercò di evitare di deprimersi più del dovuto e concentrarsi sulla maggiore delle sue preoccupazioni, al momento.
-Questo fottuto coso è rotto, deve esserlo!- pensò, passandosi fra le mani l'oggetto che le avrebbe detto la verità sulla sua condizione.
Lì per lì non aveva dato peso alla nausea mattutina.
Poi però le era saltato il ciclo.
Ne aveva parlato con Anthea, che dopo uno sguardo preoccupato le aveva consigliato di fare un test di gravidanza.
Il pomeriggio si erano precipitate in camera di Dorothy, per sapere cosa stesse succedendo al suo corpo.
Ticchettava con le dita sulla plastica trasparente, sotto cui era comparso, timido, un verdino, che, secondo la istruzioni contenute dentro la scatola voleva dire che la moretta era rimasta fregata.
Lo tirò per terra, odiando l'idea che ne avrebbe dovuto farne un altro, sicura che tutti quelli che aveva fatto fino a quel momento non fossero correttamente funzionanti.
«Anthea! Vai a prenderne un altro!» urlò, nella vana speranza che la sua amica, solita a risolvere qualunque cosa, potesse fare qualcosa anche in quella situazione.
Non reagì come si aspettava, di fatti entrò furiosa nella stanza e le prese il viso fra le mani, le sopracciglia bionde erano corrugate il un'espressione indecifrabile:
«Lo vuoi capire che io non ci torno lì a chiedere il quarto test della giornata? Sei incinta cazzo, fattene una ragione!»
La piccola Anthea si era trasformata in una lega formata da rabbia e tristezza.
Dorothy rifiutò anche la versione dell'amica che considerava onnisciente.
«Quella che è rimasta col fagotto sulle spalle, anzi, in grembo, sono io! Non c'è bisogno che ti arrabbi così!» ringhiò, liberandosi dalla sua presa forse con eccessiva forza.
Si stavano entrambe scaldando più del dovuto, se, in quel momento non fosse squillato il telefono si sarebbero prese a pugni su due piedi.
La padrona di casa si alzò, ma prima che potesse alzare la cornetta, fastidioso driiin si azzittì, lasciando che il silenzio calasse nella stanza.
Anthea teneva le mani sui fianchi, guardando perplessa Dorothy, che aveva sferrato un calcio contro l'impalcatura del letto, poi aveva cominciato a lamentarsi di essersi fatta male.
-Sempre la solita sconsiderata- fu l'ultimo pensiero della biondina, che passò all'azione.
«Bisogna dirlo a Roger, adesso» considerò, uscendo fuori dal bagno.
«Ma no? Dovremmo dirlo anche a tutto il resto della scuola, siccome alle mie gesta manca solo questo: rimanere incinta alla prima scopata, anche se nessuno penserà che sia stata la prima, e questo comporterà che inizieranno a girare gossip sulla paternità eccetera eccetera...»
«Smettila di dire così, okay?»
«È la verità.»
Dorothy e Anthea si lasciarono cadere, esauste da quel pomeriggio, sul letto, e guardarono il soffitto per innumerevoli ore.
La più disperata delle due stringeva nella mano la collana che considerava come un portafortuna, nonostante non se ne fosse separata per tutto il pomeriggio, non era servito a nulla
-Questa fottuta cosa non funziona più- imprecò nella sua mente, come se la colpa fosse di quell'oggetto estraneo a tutta la situazione. Pareva che niente degli oggetti che voleva funzionassero, funzionasse, quel giorno.
La testa di Anthea, che sfiorava la sua, la tranquillizzava, sicura che non se ne sarebbe mai, mai, andata via. Sopratutto in quel momento, sentiva che Dorothy aveva bisogno di lei: non sarebbe andata da nessuna parte, se ne sentiva quasi compiaciuta: il fatto che per una volta fosse lei a dirigere il gioco, che per una singola occasione avrebbe potuto considerarsi quella di carattere. Odiava essere più debole di lei in ogni situazione, ma amava la sicurezza con cui Dorothy la consolava innumerevoli volte: era la situazione giusta per ricambiare.
Si girò verso l'amica, mettendosi a pancia in sotto sul letto, che sotto il suo peso scricchiolò.
«Andrà tutto bene» le sorrise.


C: Ed eccoci qui. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, volevamo solo avvisarvi. Lì per lì avevamo la tentazione di mettere il nome del bambino al televoto, ma sappiamo tutti che sarà una bambina e che si chiamerà Anthea, quindi...
Tutti: Vaffanculo, ci hai spoilerato il finale stronza!
C: Sì, lo so, che ci posso fare...
MrB: Comunque la bella (?) notizia è che dopo questa collaborazione, oltre a portare avanti Eyes, anch’essa vicina a una svolta, intraprenderemo un nuovo lavoro.
C: Che rimarrà probabilmente incompleto.
MrB: Rimanete sulle nostre frequenze!
Pace e amore,
MrB. & C.

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Capitolo 18
*** Right till the End. ***



Capitolo diciottesimo: Right till the End.



«Ci sono mille soluzioni!» strillò Anthea.
«Sì, stavo pensando al suicidio giusto adesso...» rispose semiseria Dorothy.
«Certo, come no» la biondina le mise i capelli a posto «prima devi decidere che fare...»
«È dura, ci sono così tanti modi...»
«E tutti quanti ti condizioneranno la vita, in un modo o nell'altro.»
«Se mi ammazzo, non ci sarà più una vita da condizionare» rise macabramente.
«Farai meglio a non ammazzarti, santa merda.»
«E perché?»
«Perché lo dico io, non avrebbe senso!» la pallavolista viveva nella convinzione di essere una specie di Dio in terra.
«Mi hai anche detto dell'esistenza della casetta e mi hai pure aiutato a portarci le coperte, se è per questo...» sghignazzò l’altra, ormai in una specie di ebrezza. Rideva per disperazione. Rideva per non piangere.
«Io non ti ho detto di fare sesso senza protezione, all'età che hai non pensavo dovessi ricordartelo!»
«È successo troppo alla svelta, non ci abbiamo pensato, e anche volendo non credo Roger li avesse con sé... non capisco neanche perché mi giustifico con te. Mi stai facendo la paternale?» sbuffò la mora, spazientita.
«No, sarebbe solo fiato sprecato.»
«Vaffanculo, Anthea» si alzò di scatto dal letto.
«Cosa vuoi che faccia ora?» domandò la bionda.
«Niente. Non so nemmeno perché sei sempre qui.» rispose schietta l’altra.
«Hai alzato quella fottuta cornetta e mi hai chiamata!»
«Sì, scusa per il disturbo, ora sei libera di andare!»
«Non ho detto questo, cavolo, non voglio andarmene via!»
«Guarda che la pancia non cresce tutta insieme, avrai occasione di rivederla!»
«Sei proprio un'idiota!»
«Certo che lo sono, altrimenti non mi troverei in questa fottuta situazione!»
«Devi dirlo a Roger» scandì.
«Ma come faccio a dirglielo?» Dorothy affondò il viso nel cuscino con disperazione. Forse stava piangendo.
«Lo so che ora ti sembra difficile, ma dopotutto... vi amate, insieme deciderete cosa fare, come è giusto che sia...»
«No, io non posso dirglielo, non mi lascerebbe abortire!»
«Neanch'io ti lascerò abortire se è per questo!»
Dorothy la fulminò, ci fu una conseguente battaglia di sguardi, nessun vincitore fino a che la mora non si tuffò di nuovo sul cuscino.
«Vi odio.»
«Roger ha il diritto di sapere!» strillò Anthea, ma l'altra non rispose «Non essere egoista, non è una cosa solo tua! È anche suo figlio!»
«Non posso tenerlo, perché siamo troppo giovani, rovinerei la vita e noi e a lui, lo capisci questo? Con che testa io e Roger cresceremmo un bambino, adesso? E poi lui ha il gruppo, gli studi... no, non posso tenerlo!»
Anthea scoppiò a piangere e si drizzò in piedi.
«Sei una fottuta insensibile, quello è tuo figlio e la persona che professi di amare è suo padre! Quindi perlomeno dovresti parlarne con lui!»
«Strilla quanto vuoi, non lo farò, non posso parlarne con lui. E se lo terrò andrò dall'altra parte del mondo a crescerlo affinché non lo sappia. Puoi giurarci.»
«Ti aiuterò io...»
«Senti, ho bisogno di pensare, vattene.»
«Se vuoi che vada...» la ragazza bionda si avviò verso la porta «comunque sappi che mio fratello è un medico...»

John e Anthea passeggiavano nel parco.
C'era uno strano silenzio, che John aveva malinterpretato.
«Ehm, Anthie...»
«Sì, dimmi...»
«Prima non ho voluto indagare, ma... sei piuttosto silenziosa. Hai litigato con Dorothy?»
«No!» odiava anche solo pensarci.
«E... c'è... qualcosa che devo sapere?»
«Non lo so, John...»
Il ricciolino iniziò a sudare in modo incontrollato. Le gambe presero a tremargli, sentiva come il bisogno di sedersi.
«Anthie, se riguarda noi, ti prego, parliamone...»
«Cosa?» la biondina sbiancò d'improvviso «No, no! Noi... non c'entra niente... è che... devi promettermi di non dirlo a nessuno, o Dorothy mi ucciderà.»
«Giuro!»
«Giura su me!»
«Giuro su te!»
«È incinta.»
John si sentì al dare il sangue al cervello come se il padre fosse stato lui.
«Oddio di chi?»
«Di Roger, e di chi se no, John? L'ha fatto solo con lui...»
«Ah, io credevo che con Tim...»
«Una falsa credenza popolare.»
«E quindi?» domandò terrorizzato. Forse aveva addirittura bisogno di sedersi.
«Non lo vuole tenere...»
«Come no?»
«No, e vuole abortire senza dirgli nulla...»
John credette di stare per morire. Era troppo sensibile per sentire parlare di certe cose.
«E perché no?» era profondamente arrabbiato, con lei.
«Troppo giovani, il futuro davanti, troppo presto...»
«Se lui lo scopre non la perdonerà... devi fermarla, Anthie...»
«Eh, una parola, no? Hai presente di chi stiamo parlando? Di quella che guida come un camionista, di quella che si presenta al ballo studentesco travestita da uomo, di quella che...»
«Si, hai ragione, però... non puoi lasciarglielo fare...»
«Ma se non lo vuole...»
«Promettini perlomeno una cosa.»
«Tutto quello che vuoi.»
«Tu non mi farai mai una cosa del genere.»
«Te lo prometto.»


Fine.

Perché? Perché Cath non ha più aggiornato Eyes e continua ad aggiornare MIH? XD Semplice. Perché il word mi si termina automaticamente ogni volta che cerco di mettere l’html a quel maledetto file, quindi per ora dovrete accontentarvi di questo u___u
Beh abbiamo deciso che troncarla così era la cosa migliore da fare... nessun rancore. <3 pace e amore,
MrBadCath.

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