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Nel temporaneo accampamento dei ribelli gli alimenti cominciavano a
scarseggiare
Nel temporaneo accampamento dei ribelli gli alimenti
cominciavano a scarseggiare.
I vecchi lavoratori delle terme avevano da tempo sperato che
tutto sarebbe tornato alla normalità,
ma da quando quella “guerra”era iniziata, le loro condizioni non avevano fatto altro che
peggiorare. Ma quello che li preoccupava più di ogni altra cosa , era il non
sapere esattamente come si stesse svolgendo effettivamente il contrasto: i
“guerrieri” , infatti, non erano spiriti comuni, ma abili stregoni e guerrieri
capaci di utilizzare a loro piacimento la magia, che spesso non erano molto
disponibili al dialogo con i poveri sfollati, speranzosi in una ritrovata pace.
Tra gli ex impiegati delle terme di Aburaya serpeggiava una
certa inquietudine quella sera, dal momento che attendevano da due giorni
notizie del loro gruppo di guerrieri, guidati dal loro più potente generale,
Ghana Ishigami, una volta spirito di una foresta nei pressi di Nagasaki, ormai
completamente rasa al suolo dalla furia distruttrice dell’uomo. L’attesa del
ritorno della pattuglia era snervante, e la crescente ansia dava origine a
contrasti tra gli sfollati, che non facevano altro che aumentare l’irascibilità
e la paura degli spiriti. Uno dei conflitti stava proprio per sfociare in
qualcosa di più violento di una lotta verbale, quando l’arrivo di un grosso
uomo sul metro e novanta sembrò paralizzare l’intero accampamento: era uno
spirito imponente il generale Ishigami, possente nella sua statura fuori
dall’ordinario, con uno volto duro e segnato dalla fatica e dall’età, nonché
dalla numerose cicatrici riportate in seguito ai numerosi scontri magici
avvenuti nei precedenti nove anni. La bocca dell’uomo sembrò volersi aprire con
l’intento di dire qualcosa, quando il suo volto barbuto sembrò sbiancare e,
improvvisamente, cadde al suolo, seguito da una larga pozza di sangue che si
estendeva sotto il suo possente corpo. Il generale fu soccorso immediatamente
da un gruppo di rane, che erano accorse a fianco dello sfinito stregone. Lo
spirito venne portato il più velocemente possibile nella tenda dei guerrieri,
quando l’arrivo di un’altra figura, più esile e minuta della prima, fece calare
il gelo tra i lavoratori: lo spirito in questione era giovane, poco più di un
ragazzo, e i suoi occhi, nonostante fossero stanchi e immensamente tristi,
erano di un verde simile a quello di uno smeraldo, anche se avevano perso la
loro naturale lucentezza. Kohaku era uno spirito potente per la sua età,
conoscitore di molte arti legate alla magia bianca e a stregonerie appartenenti
alla magia nera, insegnategli dalla sua precedente maestra, la strega Yubaba,
vecchia proprietaria delle terme di Aburaya. Ma il potere del giovane che più
giovava alla battaglia del Distretto di Aburaya era la sua capacità di
trasformarsi in un potente e distruttivo drago, in grado di sbaragliare gran
parte degli avversari di medio livello e di mettere in serie difficoltà i
nemici più forti. Tuttavia questa capacità formidabile non era servita a
uccidere il comandante del gruppo nemico, Erigato Yashi, stregone specializzato
nella magia nera, e nel controllo delle sue arti più oscure. Kohaku aveva
tentato più volte di mettere seriamente in pericolo la vita del comandante,
senza successo, finchè Ishigami aveva deciso di tenerlo lontano dal principale
nucleo di battaglia, “ affidandogli la sicurezza dell’area circostante”, così
aveva detto, dove il giovane impiegava il suo tempo a trucidare i facili
oppositori di rango inferiore, bersagli decisamente insulsi per uno spirito
della sua portata. Ma la verità era che Ishigami non si fidava più di lui, ed
era anche a conoscenza del motivo: i suoi poteri stavano diminuendo
drasticamente, a causa di una maledizione lanciatagli dalla strega Yubaba nove
anni prima; la vecchia l’aveva maledetto incidendogli con uno stiletto l’incavo
tra la spalla destra e il collo, lasciandogli una profonda e dolorosa ferita
che l’aveva reso inerme per alcuni giorni. Yubaba l’aveva punito perché era
andato nel suo ufficio deciso ad abbandonare il suo apprendistato, per
trasferirsi nel mondo degli umani e vivere insieme alla sua amata Chihiro,
anche se allora ancora non la considerava tale; a quel tempo era solo la sua
migliore amica, solo successivamente aveva capito che quello che provava per
lei era un sentimento più intenso dell’amicizia: un calore pervadeva tutto il
suo corpo al solo pensiero della sua Chihiro e una dolce morsa gli catturava lo
stomaco quando pensava a quanto lontana era da lui; il calore poi si tramutava
in rabbia quando pensava che potesse aver avuto altri uomini oltre a lui, e
l’ira non lo abbandonava più per tutto il giorno. Così si rese conto che era
definitivamente innamorato di lei.
Da quel momento aveva disperatamente lottato per togliersi
di dosso la maledizione della strega, che non gli permetteva di utilizzare a lungo
i suoi poteri, né di attraversare il tunnel che portava al mondo degli esseri
umani. La sua vita era stata un continuo cercare metodi persciogliere il maleficio e disperarsi a causa
della lontananza di Chihiro, finchè sei anni dopo la partenza della giovane,
uno potente stregone aveva ucciso Yubaba e si era impossessato di metà dei
territori di Aburaya, causando la fuga dei lavoratori. Erigato Yashi si era
presentato come il nipote della strega, mascherato con un’ abile stregoneria,
ingannando la donna stessa. Aveva ucciso Yubaba appena gli si era presentata
l’occasione. Allora Kohaku e i suoi compagni avevano cercato stregoni disposti
ad aiutarli nella ribellione contro Yashi, ma gran parte di loro erano già
schierati con lo stregone. Tuttavia la fortuna permise a Kohaku di trovare
Ishigami, che lo prese come protetto e nuovo allievo, promettendogli di
aiutarlo a sciogliere la maledizione che lo tormentava.
Il gigantesco generale era diventato come un padre per il
ragazzo – drago e il fatto che ora fosse uscito piuttosto provato dalla
battaglia lo preoccupava.
Kohaku si diresse velocemente verso la tenda dei guerrieri.
Lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi non
fece altro che aumentare il suo sconforto:
Ishigami era semi sdraiato contro un grande cuscino, il
torace bendato sporco di sangue, e il volto pallido.
Le parole uscivano in flebili sussurri dalla sua bocca:
“ Kohaku…sembra che
tu abbia riportato più ferite rispetto alla scorsa battaglia”
“ Ghana! Che è successo? Come hanno fatto a ridurti così?”
“ Yashi sembra aver rinforzato i suoi stregoni con nuova
magia nera…ora sono più potenti che mai”
“ E’ per questo che hanno resistito agli attacchi di magia
ordinaria…”
“ I tuoi poteri diminuiscono a vista d’occhio drago…tra poco
non sarai più in grado di sostenere battaglie così cruente”
Kohaku guardò allibito il gigante prima di esclamare la sua
disapprovazione
“ Non penserai di impedirmi di combattere! Non mi tirerò
indietro, lo sai!”
“Si e ti farai
ammazzare, così farai felice Yashi e soprattutto la tua ragazzina umana che
morirà con la consapevolezza di essersi innamorata di un ipocrita, che non
rispetta né mantiene le sue promesse!”
Questa frase bastò a far tacere il giovane.
“ In ogni caso…” continuò il generale “…non credo che potremo
resistere ancora per molto: con te che perdi ogni giorno potere e io ridotto in
queste condizioni, le nostre possibilità di vittoria diminuiscono
drasticamente”
L’uomo sospirò tristemente
“ Ci vorrebbe un miracolo per riuscire a prevalere in questa
maledetta guerra”
Kohaku teneva lo sguardo basso, pieno di sconforto e con un
brutto presentimento.
Gli inverni nel piccolo paesino della periferia di Tokyo dove abitava
erano particolarmente freddi, soprattutto nel mese di fe
Gli inverni nel piccolo paesino della periferia di Tokyo
dove abitava erano particolarmente freddi, soprattutto nel mese di febbraio,
quando le giornate erano ancora corte e il buio si impossessava presto delle
poche case colorate costruite in quel luogo. Chihiro era una ragazza coraggiosa
e un po’ testarda, che viveva coltivando un grande sogno: rivedere il suo amore
perduto, trovato e lasciato, non di sua spontanea volontà, nove anni prima;
Kohaku era rimasto nel suo cuore, come impresso a fuoco, e la fiamma divorava
la povera ragazza dall’interno, costringendola a indirizzare ogni suo pensiero
al giovane stregone. Nonostante fossero ben nove anni che attendeva l’arrivo
del*suo*drago, non aveva dubitato nemmeno una volta di lui: sapeva che se
non era ancora venuto da lei, doveva aver avuto qualche imprevisto, e che
appena sarebbe riuscito a liberarsi di quell’ impiccio l’avrebbe sicuramente
raggiunta. Tuttavia la lunga assenza del ragazzo aveva cominciato a far
sospettare a Chihiro che l’imprevisto dovesse essere più serio di quanto lei
non riuscisse a immaginare, e questo la preoccupava parecchio; sperava con
tutto il cuore che Kohaku stesse bene, e soffriva atrocemente per la sua
assenza, anche se cercava di non darlo a vedere: i suoi genitori non avevano
mai saputo le sue avventure nel mondo degli spiriti, e non dovevano nemmeno
sospettare nulla. Non si poteva mai sapere cosa potesse succedere ad Aburaya se
due esseri umani fossero venuti a conoscenza dell’esistenza del mondo
parallelo, e lei aveva già messo in pericolo una volta la vita dei suoi
genitori. A dire il vero era esattamente il contrario, ma preferiva non pensare
alle cose negative che aveva dovuto affrontare nel mondo degli spiriti; di quel
posto voleva serbare solo bei ricordi.
Da molto tempo Chihiro desiderava varcare nuovamente il
tunnel di cartapesta che portava ad Aburaya, ma non aveva mai osato rifarlo:
c’era qualcosa, un presentimento forse, che le intimava di non tornare alle
terme. Inizialmente aveva pensato che fosse una qualche stregoneria di Yubaba,
che voleva tenerla lontana da quel mondo, e non farle rivedere Kohaku e i suoi
amici, ma ultimamente quell’ipotesi era andata perdendo sempre più credibilità
agli occhi della giovane, che ora aveva il sospetto che qualcosa non andasse esattamente
per il verso giusto alle terme. Poteva sentirlo.
Quando era tornata nel mondo degli umani la sua mente era
rimasta marchiata dal soggiorno nel mondo degli spiriti, lasciandole una specie
di sesto senso, che le permetteva di captare i messaggi provenienti dal luogo
incantato delle terme. Grazie a questo non era mai rimasta del tutto scollegata
da Aburaya, anche se il potere non era sufficiente a creare contatti con i
singoli individui. In ogni caso i messaggi inviatele dal mondo degli spiriti si
erano fatti sempre più flebili e negativi da tre anni a quella parte, come se
le terme desiderassero in qualche modo escluderla. Questo la preoccupava in
maniera sconcertante.
‘***’
Quel giorno non c’era stata battaglia ad Aburaya.
Era impressionante vedere come le terme fossero state
ridotte negli ultimi tre anni:
i piccoli edifici, per lo più ristoranti e piccoli locali,
erano rasi al suolo, e di loro non rimanevano che qualche mattone e calce
sparsi al suolo. Ma grazie al cielo il paesaggio non aveva subito cambiamenti
drastici: le verdeggianti pianure del mondo degli spiriti erano ancora
meravigliose, nonostante alcune grandi macchie d’erba avevano perso la loro
lucentezza e la loro “ vitalità”, colpite da chissà quale potente stregoneria o
maledizione.
Il cielo era ancora di un colore meravigliosamente azzurro.
Questo era ciò che Kohaku pensava quel giorno di pace,
disteso sul prato, non molto lontano dall’accampamento. E naturalmente pensava
anche a lei: quel cielo le sarebbe piaciuto molto.
Ma non poteva permettersi di metterla in pericolo; sapeva
che se avesse pensato troppo a lei, le terme le avrebbero inviato il suo
pensiero, e sarebbe corsa nel tunnel per raggiungerlo. L’ultima cosa che voleva
in quel momento era mettere a rischio la vita di Chihiro, per colpa dei suoi
stupidi sentimentalismi.
Kohaku, ignaro che qualcuno lo stava osservando, si alzò dal
prato e si diresse verso una sorgente di acqua calda nei pressi del
nascondiglio dei lavoratori delle terme, con l’intenzione di concedersi un bagno
rilassante.
‘***’
Quella mattina Chihiro stava camminando nell’aria fredda
dell’inverno per raggiungere il negozio dove lavorava. Aveva deciso di non
andare all’università, nonostante i suoi genitori avessero tentato in tutti i
modi di convincerla a fare il contrario. Studiare non le interessava affatto,
ed era certa che il suo futuro le avrebbe riservato sicuramente qualcosa di
meglio di ore passate chiusa in camera a studiare, alla fioca luce di una
lampada, completamente abbandonata sulla scrivania in preda a violenti
sbadigli.
Il negozio in cui lavorava era una piccola boutique di
sciocchezze per ragazzine che non sanno come spendere il proprio denaro:
vendevano i più stupidi articoli che la ragazza avesse mai visto, dalla gomma a
forma di orsetto, al binocolo di carta di smarties con cui si vedevano bolle e
strane forme, ad alcune tra le più brutte bambole in circolazione, per finire
con quaderni e oggetti da disegno. Nonostante Chihiro non apprezzasse il genere
di cose che era costretta a vendere, continuava a lavorare con perizia,
consolata dal fatto che almeno la paga era accettabile, se non ottima. E poi
era l’unico negozio che aveva accettato di prendere come commessa una
neodiplomata alla scuola superiore.
Chihiro era quasi giunta all’angolo tra la strada principale
e la viuzza dove era dislocato il negozio, quando un oggetto le sfrecciò sopra
la testa, facendola cadere dallo spavento.
La brunetta si guardò intorno spaesata, ma fu costretta a
chiudere gli occhi di scatto e a buttarsi a terra per non essere colpita da un
nuovo attacco dell’oggetto volante, che si fermò proprio a pochi metri da lei.
Chihiro lentamente si tirò in ginocchio, pronta a scattare nel caso la strana
“cosa”avesse deciso di attentare
ancora alla sua vita, ma con sua immensa sorpresa si ritrovò ad ascoltare una
voce gracchiante che le diceva di non essere spaventata. Con immenso stupore
della ragazza l’oggetto si rivelò essere un mostriciattolo dalla forma sferica,
dotato di due enormi occhi e di una larga bocca munita di numerose file di
zanne, che le parlava concitatamente senza che lei riuscisse ad afferrare una
sola parola di ciò che le diceva. Fu quando si rese conto di star parlando con
un essere non appartenente al suo mondo nel bel bezzo della strada principale
di un paese della periferia di Tokyo, che prese il mostriciattolo e corse a
rifugiarsi in una stradina laterale, ben nascosta dagli occhi di eventuali
passanti.
“ Mpff…ah..lasciami umana!!” urlò il piccolo demonietto,
stizzito.
“ Cos…cosa saresti tu??”
“ E’ quello che cercando di spiegarti da almeno dieci
minuti, donna! Se solo non fossi così cocciuta e aprissi le orecchie alle
parole dello spirito, invece di badare sempre allo sciocco linguaggio umano!
Stupida umana!!”
“ Che ci fai qui? Questo non è il tuo posto, lo sai vero?”
chiese Chihiro, allarmata.
“ Certo che lo so! Non sono stolto come voi creature
strambe, cosa credi!”
Chihiro si trovò a pensare che quella parola detta dalla
bocca di quel curioso essere suonava alquanto fuori luogo.
“ In ogni caso, umana, il mio nome è Kokouni, piccolo demone
dell’ombra, e si da il caso che io sia qui per conto dell’uomo-drago, Kohaku”
“ Cosa? Kohaku? E dimmi come sta?!”
“ Calma donna! Kohaku mi ha mandato in questo posto perché
io ti riferisca la sua richiesta d’aiuto. Aburaya è in pericolo, minacciata da
una guerra che si prolunga da tre anni. Gli ex-lavoratori delle terme hanno
bisogno del tuo aiuto. Questo è ciò che Kohaku mi ha detto di riferirti! Dovrai
attraversare il tunnel e recarti all’accampamento dei lavoratori! Addio e vedi
di non perderti, sciocca umana!”
Con questo il piccolo demonietto scomparve, sfrecciando tra
i passanti, invisibile ai loro occhi.
Chihiro si ritrovò a correre, diretta al tunnel nella
foresta.
Se Kohaku aveva bisogno di lei, non avrebbe esitato ad
andare incontro al suo destino.
Chihiro era finalmente giunta a destinazione: davanti a lei troneggiava
il tunnel rosso di cartapesta, preceduto dalla mostruo
Chihiro era finalmente giunta a destinazione: davanti a lei
troneggiava il tunnel rosso di cartapesta, preceduto dalla mostruosa statua che
ne indicava l’ingresso. Si fermò per qualche istante per riprendere fiato,
dopodichè, non senza qualche esitazione, procedette al suo ingresso nel
passaggio.
Tutto sembrava incredibilmente silenzioso all’interno,
decisamente troppo silenzioso: poteva sentire l’eco dei suoi passi
rimbombare nella strana costruzione, dall’aspetto di una chiesa, mentre si
accingeva a raggiungere l’uscita.Una
volta giunta al fiume, non fu sorpresa di ciò che vide: il paesaggio era
rimasto sostanzialmente uguale, tranne la presenza di alcune zone della radura,
che sembravano come appassite, morte. Superato il fiume la ragazza ebbe
tuttavia l’occasione di stupirsi: ciò che una volta era il complesso di locande
e piccoli edifici riservati agli ospiti delle terme, ora era ridotto a un
cumulo di macerie, niente di più che mucchi di mattoni e vecchi tendaggi logori
e sporchi; ovviamente non c’era traccia di spiriti né tanto meno di esseri
umani. L’unica cosa che sembrava essere rimasta integra, osservò Chihiro, era
il grande palazzo dove erano ubicati le vasche e l’ ufficio di Yubaba. Tuttavia
anche quell’edificio sembrava in pessime condizioni, e abbandonato: tutte le
luci erano spente e non c’era presenza del consueto via vai che accompagnava la
vita degli spiriti all’interno delle terme; forse questo poteva essere dovuto
all’orario mattutino, durante il quale l’attività delle terme era estremamente
fiacca, ma Chihiro era certa che di sera la situazione non sarebbe stata
affatto diversa. Mentre faceva queste riflessioni, la giovane si era avvicinata
sempre di più al palazzo delle vasche, per controllare se effettivamente non vi
fosse nessuno all’interno: la stanza delle caldaie era deserta, non vi era
traccia né di Kamaji, il servo delle caldaie, né dei suoi piccoli aiutanti, le
palline di fuliggine. Chihiro proseguì nel piccolo passaggio che conduceva al
corpo principale dell’edificio, ma anche li non trovo nessuno.La réception, le vasche, gli ascensori, i
corridoi, erano tutti completamente deserti.
Ora Chihiro era veramente preoccupata
“ Che diavolo è successo qui? Perché non c’è nessuno?”
All’improvvisò le tornarono in mente le parole di Kokouni :
“Kohaku mi ha mandato in questo posto perché io ti
riferisca la sua richiesta d’aiuto. Aburaya è in pericolo, minacciata da una
guerra che si prolunga da tre anni. Gli ex-lavoratori delle terme hanno bisogno
del tuo aiuto. Questo è ciò che Kohaku mi ha detto di riferirti! Dovrai
attraversare il tunnel e recarti all’accampamento dei lavoratori! Addio e vedi
di non perderti, sciocca umana!”
Di che guerra stava parlando? E cosa significava che doveva
cercare l’accampamento dei lavoratori?
Mentre si poneva queste domande, la ragazza raggiunse
inavvertitamente la vasca grande, dove anni prima aveva aiutato il dio
dell’acqua a liberarsi della sporcizia umana che lo affliggeva, ricevendo in
cambio una strana purga. Ciò che vide la costrinse a fermarsi di botto: chinato
accanto alla vasca stava un uomo, o almeno sembrava tale, dai capelli biondi
legati in una bassa coda di cavallo, vestito con un largo kimono da uomo, di
colore rosso. L’uomo alzò lo sguardo verso la sconosciuta, e immediatamente,
come preso da un’incontrollabile stupore e paura, strabuzzò gli occhi castani e
cominciò a retrocedere, sempre più lontano da lei. Chihiro fece per parlare, ma
lo sconosciuto fu più veloce, compì un inaspettato balzo in avanti, portandosi
dietro alla giovane, e le tappò la bocca con una mano.
“ Sei un essere umano non è vero?” la voce che scaturì dalla
gola dell’uomo era profonda, ma roca a causa della paura, e del tono di
aspettativa con cui aveva pronunciato la domanda.
“Si cer..” “ Abbassa la voce, o ci sentiranno!” stavolta dal
viso del biondo traspariva chiaramente un’espressione di puro terrore.
“ Sono un umana. Ora lasciami” sussurrò la giovane.
L’uomo parve tranquillizzarsi un po’, e allentò la presa su
Chihiro; i suoi occhi ora erano pieni di emozione, e di aspettativa, mal
celate.
“ Il mio nome è Steven, vengo da Quebec, una città del
Canada. Sono anch’io un essere umano, proprio come te!”
Nonostante parlasse un buon giapponese, il suo accento era
decisamente straniero; non sarebbe passato per giapponese comunque,
presentazione o no, pensò Chihiro.
“ Oh…il mio nome è Chihiro.” la giovane esitò qualche
secondo “Non sapresti dirmi cos’è successo qui…Steven?”
Il volto dell’uomo sembrò adombrarsi, finchè non riportò la
sua attenzione sulla ragazza
“ Oh bè…io non sono a conoscenza di tutti i particolari,
sono qui solo da otto mesi…”
Steven guardò con aria colpevole la brunetta, che gli
rispose con uno sguardo implorante.
Il canadese parve sciogliersi
“ Ah ehm… pare che sia in atto una guerra, una guerra tra
stregoni. Si combattono quasi tutti i giorni e non giungono mai a una
conclusione… ho sentito dire che il conflitto dovrebbe essere cominciato tre
anni fa circa, ma sono solo voci di corridoio, io non sono sicuro di nulla in
realtà.”
L’uomo fece un gran sospiro.
“ Ci sono due fazioni: una degli ex-lavoratori delle terme,
conosciuti anche come Ribelli, e una dei guerrieri di Yashi, detti anche gli
Oppressori. “
“ Chi è Yashi? “
Steven strabuzzò gli occhi sorpreso:
“ Come sarebbe chi è Yashi?!” gridò, forse un po’ troppo
forte, perché dal corridoio cominciarono a sentirsi dei passi sempre più veloci
e delle voci concitate.
Il canadese sobbalzò, e Chihiro lo guardò sempre più
confusa: ora il suo volto aveva assunto un colorito decisamente cadaverico.
“Presto Chihiro devi seguirmi: ti aiuterò a scappare!” detto
questo agguantò la ragazza e si diresse ad una velocità spaventosa verso la
finestra della stanza.
SPAZIO DELL’AUTRICE
Bene bene bene… eccomi con la mia prima fanfiction su quel
capolavoro che è Spirited Away, o La città incantata. Nonostante questa storia
non renda giustizia all’opera di Miyazaki, sto cercando di fare del mio meglio,
per creare qualcosa di interessante, e per cercare di dare un seguito a questo
meraviglioso film! Detto questo vi prego di commentare, anche solo per dire se
non vi piace, o per dare consigli di qualsiasi tipo. Vi saluto, ci becchiamo al
prossimo capitolo!
Kohaku correva veloce verso l’accampamento. Mentre tornava
dalla passeggiata rilassante che si era concesso poche ore prima era stato
avvertito da alcuni messaggeri che tre rane imprudenti, che si aggiravano nei
pressi delle terme in cerca di cibo, erano state catturate da Yashi.
Le tre sventurate sarebbero state torturate o anche peggio,
e se avessero riferito qualche informazione sullo stato attuale
dell’accampamento, il nemico non avrebbe esitato ad attaccarli, e per loro
sarebbe stata la fine.
Kohaku si precipitò nella tenda dei guerrieri:
“ Nishigami!”
“ Il generale non c’è”
Kohaku si voltò verso l’interlocutore: si trattava di
Palkir, uno dei guerrieri che combattevano spesso nelle battaglie. Era
perennemente vestito con un’armatura samurai, eredità dai suoi antenati, e il
suo volto era sempre nascosto da un elmo; nessuno conosceva le sue reali
fattezze.
“ Dov’è andato Nishigami? Devo riferirgli qualcosa di molto
importante”
“ Nessuno sa dov’è. E’ uscito dall’accampamento senza dire
una parola”
“Dobbiamo trovarlo immediatamente!”
Palkir osservò il ragazzo con aria sospettosa
“ Perché lo cerchi, drago?”
“ Rischiamo un’imboscata. Yashi ha catturato tre rane ed
entro poco tempo verrà a sapere la nostra situazione. Dobbiamo trovare
Nishigami prima che attacchino!”
“Ha catturato tre rane… siamo davvero nei guai. Hai ragione
drago, bisogna trovare il generale immediatamente!”detto questo il samurai uscì, seguito da Kohaku, e iniziarono a
disporre i gruppi di ricerca.
‘***’
Chihiro era appesa a una scala, attaccata alla parete
esterna del palazzo. Pochi metri sopra di lei c’era Steven, che tentava
disperatamente di vincere la sua paura delle altezze. Dalla finestra si
sporgeva un gruppo di spiriti dall’aria poco rassicurante, che tirava l’uomo
per le maniche, e lo minacciava di spezzare la scala, se non fosse tornato
nell’edificio con la ragazza.
In quel momento Steven era molto combattuto se lasciare che
catturassero Chihiro, o se fosse meglio vincere le sue paure. Un sinistro
cigolio del gradino lo spronò, contro ogni logica, a iniziare la discesa.
Chihiro riprese immediatamente a scendere, ansiosa di camminare su una
superficie solida. Giunta all’ultimo gradino tirò un sospiro di sollievo e
abbassò lo sguardo per calcolare la distanza tra il suo piede e il cornicione
sul quale si sarebbe presto appoggiata, ma sfortunatamente… non c’era alcun
cornicione.
Chihiro gelò per un istante, mentre il secondo dopo stava
sbraitando contro Steven frasi irripetibili, delle quali il canadese afferrò
menò delle metà, concentrato com’era nel tentativo di non cadere.
“ TU, RAZZA DI IDIOTA, NON C’E’ UN BEL NIENTE SU CUI
SCENDERE, SIAMO SOSPESI NEL VUOTO, CAPISCI! STUPIDO AMERICANO, MI STAI
ASCOLTANDO, SI O NO?!”
Chihiro avrebbe continuato a gridare ancora per molto tempo,
se non fosse stata interrotta da un rumore proveniente dal gradino sopra di
lei, seguito da un inquietante cigolio e dalla sgradevole sensazione di stare
precipitando nel vuoto.
Steven sbiancò ancora di più e sembrò sul punto di svenire,
dopodichè si attaccò ai pioli della scala.
Chihiro, colta da un attacco di nausea, si aggrappò
spasmodicamente ai gradini.
Ad entrambi era bastato uno sguardo per capire la
situazione: la scala stava cadendo. Anzi era già caduta per metà.
Chihiro osservò con grande stupore la radura sotto di lei:
era completamente piena d’acqua; anche il cielo si era oscurato. Senza che se
ne accorgessero si era fatta sera.
La ragazza si ritrovò a chiedersi come faceva ad essere già
quell’ora se era partita da casa che erano le sette e mezzo del mattino. Solo
allora le tornò in mente che il tempo nel mondo degli spiriti scorre
diversamente, e in un guizzo di consapevolezza si rese conto anche che se non
avesse mangiato qualcosa del luogo sarebbe scomparsa; i suoi pensieri furono
interrotti da un senso di vertigine e, mentre il vento le sferzava il viso,
l’ultima cosa che vide prima del buio fu la sua mano in procinto di sparire.
‘***’
“ Un essere umano!”
“ Accidenti è veramente un essere umano!”
“ Ma come avrà fatto un umana a giungere fino a qui?”
“ Volete piantarla di parlottare tra voi! Non mi interessa
un bel niente se è un essere umano, l’importante ora è che si svegli!” esclamò
una voce femminile
“ Ehi…guardate sta aprendo gli occhi!”
La prima cosa che Chihiro vide, appena riuscì a metter a
fuoco la vista, fu il viso di un uomo dai capelli neri, tagliati molto corti,
che la osservava con uno sguardo tra lo stupito e il curioso, mentre una donna
dalla voce squillante dava ordini ai suoi compagni, dicendo di lasciar riposare
la straniera, dal momento che era quasi morta annegata, che poteva essere
ferita, che era appena tornata solida, e che avrebbe attaccato la puzza di
essere umano a tutti… un momento, che significava “ Che era quasi morta
annegata” ?
Improvvisamente Chihiro ricordò ogni cosa e balzò seduta su
quella che sembrava la superficie di una barca.
Cercò ansiosamente se vi fosse qualche traccia di Steven, ma
non lo vide.
Invece si trovò ad osservare quelli che dovevano essere, o
almeno così sperava, i suoi salvatori:
si trattava di due spiriti-rana, di quelli che aveva visto
spesso lavorare per Yubaba nove anni prima, ed una donna e un uomo piuttosto
giovani. La donna aveva qualcosa di familiare.
Chihiro lesi
avvicinò per osservarla meglio e, felicemente sorpresa,le buttò le braccia al collo
“ Rin!”
“ Ma che… ?”la
donna sgranò gli occhi e dopo qualche attimo di incertezza rispose
all’abbraccio
“ Sen! Sei proprio tu! E’ passato tanto tempo, credevo che
non ti avrei mai più rivista!”
“ C’era una forza che mi impediva di raggiungervi, ma ora
che mi hanno informata della situazione, sono venuta ad aiutarvi!”
“ Aiutarci in cosa?”
Rin sembrava confusa.
“Sono venuta a dare il mio aiuto per la guerra… e per
Kohaku”
Rin scoppiò in una risata
“ Nella guerra! Hai idea di cosa stai parlando, Sen? Non
credo che saresti molto d’aiuto in una guerra simile! Che Kohaku abbia bisogno
di aiuto è certo, ma credo che gli servirà un aiuto molto più concreto di
quello di una ragazza umana!”
Cercando di ignorare il disappunto che le parole della donna
avevano suscitato in lei, Chihiro chiese:
“ Che significa che Kohaku avrebbe bisogno di un aiuto più
concreto? Che razza di guerra è questa?”
“ E’ una guerra tra stregoni e guerrieri con poteri magici,
non c’è spazio per spiriti normali, né tanto meno per esseri umani! Non
prenderla come un’offesa, Sen, non era mia intenzione ferirti. Piuttosto cosa
ci facevi mezza annegata nella radura?”
“ E’ una lunga storia Rin. Non avete trovato anche un uomo
dai capelli biondi, che parla con uno strano accento, quando mi avete trovata?
Stava fuggendo insieme a me”
“ Da dove stavate fuggendo?”
“ Dal palazzo delle terme. Ero andata li per cercare
qualcuno a cui chiedere informazioni sull’accampamento dei lavoratori, ma non
ho trovato nessuno… tranne l’uomo che mi ha aiutata a fuggire”
Rin era stupefatta
“Cosa?”
“ Si… c’era un gruppo di spiriti che voleva che tornassimo
nel palazzo, ma Steven mi ha fatta scendere dalla finestra e siamo caduti…”
“ Sen ma sei diventata matta? Quella è la tana del nemico!”
Ora Chihiro era più confusa di prima.
“ Chi ti ha detto di venire non deve averti spiegarti quasi nulla”
“ Rin forse sarebbe meglio tornare, si sta facendo notte”
“ Si Taji, hai ragione”
“ Non preoccuparti Sen, ti spiegheremo ogni cosa non appena saremo
arrivati all’accampamento”
SPAZIO DELL’AUTRICE
Ecco il quarto capitolo… ho dovuto riscriverlo per la seconda
volta, perché il computer non mi ha salvato la prima versione -.-‘
Comunque voglio ringraziare Fior di Luna per il commento e
ne approfitto per chiederle una cosa:
ho fatto delle ricerche sugli abiti giapponesi ma non ho
trovato quello che cercavo… non è che potresti dirmi il nome dell’abito
tradizionale maschile giapponese? Per correggere l’errore nel capitolo 3 ^^’’
Per finire invito nuovamente tutti coloro che leggono questa
fanfiction a lasciare un commento! Al prox capitolo!
Le squadre di ricerca stavano rientrando nell’accampamento, ormai
immerso nel buio della notte
Le squadre di ricerca stavano rientrando nell’accampamento,
ormai immerso nel buio della notte. Quello di non restare fuori dal complesso
di tende quando calava il buio era stato un ordine di Nishigami, che non voleva
rischiare eventuali rapimenti o assalti da parte del nemico; egli desiderava
avere tutti i suoi alleati vicini dopo una certa ora, così sarebbe stato più
facile proteggerli. Quella notte però era stata concessa un’eccezione, dal
momento che il generale sembrava scomparso. Fu così che, nel buio più totale,
una delle ultime barche di lavoratori approdò sulla momentanea piattaforma
galleggiante, che sorreggeva l’accampamento quando arrivava la“marea” a ricoprire la radura. Gli
spiriti che scesero dal veicolo sembravano cinque se non fosse stato che uno di
loro emanava uno strano odore… si sarebbe detto odore di essere umano!
Lo strano gruppetto si diresse verso l’entrata
dell’accampamento, sorvegliata da due spiriti armati di spada, che li fermarono
per controllare che non fossero intrusi. Una volta entrati proseguirono
lentamente nel campo, diretti verso la tenda più grande, che stava al centro
del luogo: davanti ad essa c’era un uomo, piuttosto alto e slanciato, che
interrogava tutti coloro che tornavano dalla ricerca. Nella fioca luce delle
lanterne era difficile vederlo chiaramente, ma sembrava giovane, e i suoi
lunghi capelli neri mandavano riflessi bluastri nell’intensità della notte.
Avvicinandosi alla tenda Chihiro non potè fare a meno di osservare la figura
che li stava aspettando: in quel momento era girato di spalle, i lisci capelli
corvini gli accarezzavano leggermente le scapole, accompagnando ogni suo
movimento con un leggero fruscio, dovuto al loro strofinarsi contro la stoffa
dell’abito che indossava; era vestito con un largo abito bianco costituito da
una giacca legata in vita da una cintura rossa, sotto la quale portava una
maglia, anch’essa rossa, e da un paio di hakama che lasciavano scoperti i
polpacci. Ai piedi calzava un paio di semplici zori. Il giovane stava parlando
animatamente con un uomo vestito con una vecchissima armatura samurai, e non si
accorse immediatamente della presenza dei nuovi arrivati. Chihiro, ormai in
prossimità della tenda, scrutava con crescente interesse il ragazzo, ormai
certa che fosse tale, finchè non si fermò di botto, irrigidendosi e facendo
schiantare contro di lei uno dei due spiriti-rana che la stavano seguendo. La
ragazza sembrò vacillare per un istante, finchè un tremito percorse il suo viso
e le lacrime iniziarono a scendere copiosamente dai suoi occhi scuri; dalle sue
labbra sfuggì un sussurro, seguito da un singhiozzo sommesso.
“ Kohaku…”
Solo allora si rendeva veramente conto di quanto le fosse
mancato. Era riuscita a costruirsi, con un discreto successo, una barriera
impenetrabile, grazie alla quale aveva sopportato nove anni di tristezza e
solitudine; dall’altra parte della barriera c’era solo lui: solamente lui
avrebbe saputo spezzare la fortezza che aveva eretto intorno a lei. In quel
preciso momento la barriera stava andando in pezzi: in quello stesso istante
Kohaku si voltò a guardarla.
Non appena i loro occhi si incontrarono, lui seppe che d’ora
in poi, in un modo o nell’altro, le cose sarebbero andate meglio. Il giovane
lasciò che il consueto calore gli catturasse lo stomaco, e, senza una parola,
corse ad abbracciare il più bel regalo che il mondo gli avesse mai dato.
Chihiro si appoggiò contro il petto di lui, lasciando che le
circondasse la vita con le braccia e che affondasse il viso nei suoi capelli.
Kohaku non le impedì di piangere nascosta nell’incavo della sua spalla.
Rimasero così, semplicemente abbracciati, per alcuni minuti
che sembrarono un’eternità.
Chihiro si stacco un po’ da lui e alzò il viso per poterlo
osservare meglio: era cambiato durante la sua assenza, ora i suoi capelli erano
più lunghi e più scompigliati rispetto a prima, e la frangia gli ricadeva sul
viso in morbide ciocche d’onice. I lineamenti erano più adulti, si era alzato
di statura ed era più tonico e forte di corporatura, nonostante fosse sempre
magro e slanciato. L’unica cosa che era rimasta completamente immutata erano i
suoi occhi, sempre di quel colore così vicino allo smeraldo, che la scrutavano
pieni di affetto.
Kohaku non riuscì a trattenere un sorriso: finalmente, dopo
tanto tempo, poteva riabbracciare la sua Chihiro. Si era domandato tante volte
come potesse essere diventata in quegli anni, e ora aveva la risposta davanti
agli occhi: era una splendida donna, dai lineamenti fini e gradevoli, e dai
lunghi capelli castani, legati, come sempre, in un’ alta coda di cavallo. Non
si era alzata più di tanto, ma non era importante. L’importante era che ora
fosse tornata da lui.
“ Chihiro… è passato così tanto tempo”
La ragazza osservava quegli occhi meravigliosi specchiarsi
nei suoi con trepidazione.
“ Si. Ma non ha importanza…”sapeva che avrebbe dovuto approfittarne per confessargli tutto,
dirgli di tutta la tristezza, tutta l’ansia e tutto l’affetto che aveva provato
in nove lunghi anni, ma non riusciva a dire nulla, come se le parole si fossero
riversate in un fiume nella sua gola, e l’avessero bloccata, permettendole a
malapena di respirare.
“ Kohaku io…” ancora quella sensazione“ Io…”
Il ragazzo-drago la osservava pazientemente, respirando il
suo profumo e osservandola con occhi calmi
La giovane riuscì finalmente a parlare:
“ Mi sei mancato Kohaku”
Il giovane sorrise
“ Anche tu Chihiro… non ho mai smesso di pensarti”
Kohaku appoggiò la fronte contro quella di lei, i loro visi
sempre più vicini, tanto che le loro labbra potevano sfiorarsi…
“ Kohaku! Notizie dalle terme!”
Un giovane spirito messaggero si precipitò accanto al
ragazzo, prima di potersi rendere conto di cosa aveva appena interrotto. Quando
Kohaku gli lanciò un eloquente sguardo assassino il messaggero arrossì
leggermente e, non poco imbarazzato, riferì il suo messaggio:
“ Ehm… ci sono notizie sul generale Nishigami, signore… due
spiriti-pulcino hanno detto di averlo visto nei pressi delle vecchie rotaie,
dopodichè si sono perse le sue tracce” lo spiritello tacque per qualche istante,
incerto sull’esito delle sue parole“
Nessuno sa dove sia. Il generale Nishigami è scomparso, signore.”
Il volto di Kohaku assunse un’ espressione indecifrabile, ma
i suoi occhi parlavano per lui: il dolore e la preoccupazione trasparivano
dallo sguardo del ragazzo.
Pronunciò un debole grazie all’indirizzo dello spiritello,
prese Chihiro per mano e si recò velocemente verso la tenda dei guerrieri.
‘***’
Nel palazzo delle terme intanto…
“ Così è arrivata in questo mondo finalmente… e tu te la sei
fatta scappare”
“ Signore io, io non so come sia potuto succedere…”
“ Taci!”la voce di
un uomo tuonò imperiosa, facendo zittire l’altro.
“ Mi porterai quella ragazza… è un ordine!”
“ Si… lo farò certamente signore. Non dubitate”I suoi occhi ora erano freddi e vuoti
“ Bene. Ora vai e non tornare senza quell’ umana”
SPAZIO DELL’ AUTRICE
Oooooooooooooook capitolo un po’ più tranquillo…ringrazio Fuuma per la recensione evi invito nuovamente a commentare!!!! Alla
prossima!
Il terreno sotto di loro scivolava velocemente, colpito da chissà quale
forza spaventosa, che lo sferzava con violenza, facend
Il terreno sotto di loro scivolava velocemente, colpito da
chissà quale forza spaventosa, che lo sferzava con violenza, facendolo apparire
come squarciato in certi punti… no non si trattava di magia, e non si trattava
neanche di violenza: Chihiro stava sfrecciando a una velocità impressionante, a
cavallo di un maestoso drago bianco; sorvolavano mari, pianure, laghi e
montagne: neanche ghiacciai, colline, conche e città potevano fermarli. Solo
una foresta… solo davanti ad essa Kohaku si era fermato, impietrito, incapace
di proseguire oltre. Chihiro era scesa, l’aveva chiamato, aveva gridato, ma le
sue parole sembravano non aver alcun effetto su di lui; aveva continuato a
urlare finché la sua voce era completamente scomparsa ed era rimasta afona, la
gola doleva come se fosse lacerata, e le lacrime scendevano fitte e brucianti
sul viso. Kohaku non rispondeva, non dava cenno di reagire: un attimo dopo
Kohaku si era tramutato in pietra. Chihiro si voltò verso la foresta, come
spinta da una forza esterna, e lo vide: Yashi stava la, imponente nella sua
figura e dall’aspetto fiero e risoluto; dietro di lui c’era la foresta,
distrutta, divorata dalle fiamme. Yashi impugnava una spada, coperta di sangue:
anche gli alberi sembravano sanguinare, e così la terra, e la statua di Kohaku.
Chihiro stessa era sporca di rosso. La ragazza incontrò gli occhi di Yashi:
carichi d’odio e rancore, disumani nella loro ferocia, neri e saettanti.
Assetati dello stesso sangue che ora copriva anche il terreno sotto i suoi
piedi. Nel stesso momento in cui Yashi ghignò, Chihiro si svegliò, madida di
sudore.
Quella mattina Chihiro si era risvegliata nell’accampamento
dei Ribelli, ancora turbata dagli incubi di quella notte. Nonostante avesse
fatto di tutto per dimenticarle, sembrava che le immagini raccapriccianti, che
l’avevano tormentata alcune ore prima, si fossero impresse nella sua mente, e
che non desiderassero più abbandonarla. Tutto questo non aveva certo
contribuito a metterla di buon umore quella mattina. Inoltre sembrava che da
ieri notte la depressione si fosse impossessata dell’intero accampamento. Da
quando Kohaku, dopo averla portata nella tenda dei guerrieri per presentarla ai
suoi compagni e aver ordinato a due spiriti di prepararle un alloggio, aveva
voluto tutti gli sfollati intorno a sé e aveva annunciato con aria tetra la
scomparsa del generale Nishigami, lo sconforto più totale serpeggiava tra gli
ex-lavoratori. Perfino Rin sembrava abbattuta.
Chihiro l’aveva incontrata mentre consumava la sua colazione
accanto al fuoco che gli spiriti erano soliti accendere tre volte al giorno,
una di mattina, per permettere ai lavoratori di incontrarsi e fare colazione,
una di pomeriggio, prima che arrivasse la marea, per avvertire chi si trovava
fuori, e una volta prima che venisse buio, per indicare che era ora di tornare
alle proprie tende; dopo aver scambiato due chiacchiere con l’amica, Rin le
aveva mostrato la sua tenda, che condivideva con altre otto ragazze, e nella
quale si sarebbe dovuta trasferire presto anche lei, perché quello dove aveva
passato la notte era uno degli alloggi utilizzati per l’infermeria, quando
c’erano feriti o malati da curare. Chihiro aveva semplicemente annuito
all’informazione di Rin, e l’aveva lasciata ai suoi lavori mattutini. Uscita
dalla tenda aveva esplorato un po’ l’accampamento e incontrato vecchi amici,
come Kamaji e Zeniba, che le avevano raccontato esattamente cosa fosse successo
negli anni in cui lei si trovava nel mondo degli umani. Ora che Chihiro era a
conoscenza della situazione, capiva esattamente come si sentissero i Ribelli:
aver perso il loro guerriero più potente, nonché loro guida, era stato un
brutto colpo. C’erano molti guerrieri degni di diventare una buona guida
nell’accampamento, ma tutti sembravano troppo legati al generale Nishigami, per
riuscire ad accettare l’idea di un nuovo capo. Inoltre l’unico che sembrava
poterlo sostituire, se non in forza, almeno in intelletto e in strategia, era
scomparso da quella mattina, perso in chissà quali meditazioni, nei pressi di
chissà quale lago noto solo a lui. Nonostante Palkir avesse insistito perché
Kohaku uscisse accompagnato da una scorta, per evitare brutte sorprese, non
c’era stato modo di convincerlo. Il ragazzo-drago non si faceva vedere da ore.
Chihiro pensò che quello non fosse esattamente il comportamento più adatto a
vincere una guerra.
‘***’
Nonostante i suoi compagni fossero convinti che Nishigami
fosse ormai irrecuperabile, sparito per chiunque e per qualunque cosa, lui era
convinto che il generale non fosse sparito, né morto.
Palkir e gli altri non si erano resi conto di che tipo
d’uomo fosse Ghana in realtà: troppo cocciuto e potente per scomparire così nel
nulla, o per farsi uccidere in una maniera così banale; avrebbe come minimo
scatenato un putiferio, attirando l’attenzione non solo dell’accampamento, ma
di tutta Aburaya, come per lasciare un messaggio del tipo: “ Spiriti, il grande
Nishigami è morto, smettete di piangerlo e onorate la sua magnificenza con una
vendetta in grande stile” . Il generale era estremamente egocentrico, anche se
non l’avrebbe mai ammesso. Kohaku si ritrovò a sogghignare al pensiero; erano
ore che girava la zona delle vecchie rotaie in cerca di possibili indizi sul
generale, ma non aveva trovato assolutamente nulla: cominciava a pensare che
potesse essergli successo davvero qualcosa, anche se non dubitava affatto della
sua vita.
Il giovane stava osservando attentamente l’ambiente
circostante alla ricerca di eventuali tracce, quando un forte dolore tra il
collo e la spalla destra lo fece cadere bocconi sulle ginocchia, prendendolo di
sorpresa e lasciandolo completamente senza fiato. Kohaku tentò di riprendersi,
respirando a fondo mentre cercava di alzarsi. Una seconda fitta lo costrinse a
tornare nell’erba. Ora la sua vista era annebbiata e poteva sentire il suo
sangue caldo uscire dalla vecchia ferita infertagli da Yubaba, misteriosamente
riaperta. Il dolore era insopportabile e il ragazzo si fece prendere dal
panico: Kohaku si accasciò a terra, tremante ed estremamente pallido, mentre
davanti ai suoi occhi si rincorrevano visioni di diverso tipo:Chihiro bambina che si tuffava nel suo fiume
per recuperare la sua scarpetta, Yubaba che lo colpiva con lo stiletto,
Nishigami che gli offriva la sua protezione e l’apprendistato, il terreno che
scorreva veloce sotto di lui tramutato in drago, e… Yashi con una spada
insanguinata in mano e un fiume… un fiume scarlatto, e una foresta distrutta.
Quella visione gli suscitò un forte senso di nausea, e cadde svenuto sull’erba.
‘***’
Erano ormai sei ore che Kohaku mancava all’accampamento, e
lo sconforto degli sfollati si era trasformato in preoccupazione e timore di
aver perso un altro dei loro più forti guerrieri. Palkir non aspettò oltre e si
diresse con un gruppo di guerrieri verso la radura, nei pressi delle rotaie;
chissà come mai aveva come il sospetto che quello stupido di un drago fosse
andato a cercare indizi di Nishigami da solo. Tuttavia Palkir si stupì non poco
quando l’umana che Kohaku gli aveva presentato la sera prima come “una cara
amica” si unì al loro gruppo senza che nessuno l’avesse interpellata. La
ragazza giustificò la sua presenza con un “ Anch’io sono preoccupata per
Kohaku, e dal momento che sono la sua migliore amica, desidero trovarlo
il prima possibile” , accompagnando il tutto con uno sguardo che non ammetteva
repliche. I guerrieri non ebbero nulla da ridire. Dopo mezz’ora di cammino il
gruppetto giunse nei paraggi delle vecchie rotaie, ormai in completo disuso.
Agli spiriti e all’umana ci volle poco per vedere una figura
distesa nell’erba a una quindicina di metri da loro. Kohaku era sdraiato in
maniera scomposta, terribilmente pallido e con la spalla destra e il collo
sporchi di sangue. Anche l’erba era rossa. Chihiro si gettò di slancio sul
corpo del giovane, pensando il peggio, ma fu preceduta da Palkir, che si caricò
il ragazzo sulle spalle e, senza dire una parola, si incamminò verso l’accampamento.
Chihiro guardava con apprensione il corpo di Kohaku e, con sua grande sorpresa notò che nel punto dove avrebbe dovuto
trovarsi la ferita, c’era solo una vecchia cicatrice.
L’uomo era seduto contro un albero, stanco, sudato e sporco di sangue
L’uomo era seduto contro un albero, stanco, sudato e sporco
di sangue.
Dal giorno prima, quando era uscito per controllare che
“tutto fosse a posto”, non era più riuscito a rientrare all’accampamento.Aveva avvertito un grande potere magico i
giorni precedenti, un’ aura negativa e malefica che si accresceva sempre
più,così, dopo giorni di muta
osservazione del fenomeno, era partito per cercare la fonte dell’oscura forza:
da quel giorno non era più tornato indietro. Era stato braccato e inseguito per
i boschi da un potente sortilegio, che l’aveva colpito duramente, mettendolo
quasi fuori combattimento; aveva continuato a fuggire, tenendosi a debita
distanza dall’accampamento per evitare di coinvolgere gli sfollati, dopodichè
si era rifugiato in una foresta a parecchi chilometri da Aburaya, dove il suo
potere poteva essere rinnovato e le sue ferite migliorate. Sembrava che in
quella zona il sortilegio non avesse accesso.
Nishigami si asciugò la fronte col dorso della mano, e tentò
di riprendere un po’ di forze e di regolarizzare il respiro, molto affannato
dalla fuga e dalle ferite. Il profondo taglio sul petto riportato dall’ultima
battaglia si era riaperto, sporcando le bende di sangue, e una nuova ferita si
era aperta sul polpaccio. Nonostante facessero entrambe un male insopportabile,
l’uomo resistette dal gridare. Si accomodò meglio contro l’albero e tentò di
improvvisare una fasciatura provvisoria alla gamba con ciò che rimaneva della
mantella che indossava. Era sicuro che presto all’accampamento avrebbero saputo
della forza che l’aveva condotto fino a lì. Kohaku se ne sarebbe accorto di
certo.
‘***’
Quando si svegliò Kohaku si ritrovò solo nella sua tenda;
non ricordava nulla di ciò che era successo il giorno prima. Cercando di
mettere a fuoco la vista si tirò a sedere, ma un dolore alla spalla destra lo
fece piombare sdraiato con un grido soffocato. Si portò la mano alla zona
ferita solo per sentire la cicatrice ruvida lasciata dallo stiletto di Yubaba;
era vestito di una sola maglia scollata che lasciava intravedere parte del
petto e delle spalle. Quando si portò le dita davanti agli occhi notò con
sorpresa che erano macchiate di sangue. Eppure la ferita era chiusa; o almeno
così sembrava. Dal momento che non riusciva a dare alcuna spiegazione logica al
fenomeno, dedusse che doveva trattarsi di uno degli effetti della maledirne
della strega. Kohaku fece un gran sospiro e chiuse gli occhi, cercando di
riflettere con più lucidità: se quello era uno dei “sintomi” della maledizione
come mai si era presentato solo adesso? E perché sembrava che ogni volta che
cercava esattamente di ricordare dove fosse stato il giorno prima il dolore
tornasse a trafiggerlo? Era come se qualcosa volesse impedirgli di ricordare…
Un fruscio interruppe i suoi pensieri.
Kohaku si voltò verso la fonte del rumore per trovarsi
faccia a faccia con Chihiro. Un sorriso increspò leggermente le sue labbra.
“ Kohaku…”lui non
rispose e si limitò a continuare a sorriderle.
Il calore dell’abbraccio della ragazza lo destò
completamente dalle sue riflessioni, e il giovane rispose al gesto. Una volta
sciolto l’abbraccio si sedette con l’aiuto di Chihiro.
“ Chi ti ha fatta venire qua, Chihiro?”la ragazza sembrava alquanto sorpresa dalla
domanda
“ E’ stato un piccolo demone, diceva di chiamarsi
Kokouni”Kohaku la guardava con aria
interrogativa
“ Ha detto che l’avevi mandato tu”rispose Chihiro dubbiosa
“ Cosa? Dev’esserci un errore, io non conosco nessun demone
di nome Kokouni…”Kohaku sembrava
perplesso.
Chihiro sembrava tuttavia molto più perplessa di lui.
“ Non lo conosci? Lui mi ha detto che lo avevi mandato per
riferirmi la tua richiesta d’aiuto, e che…” Chihiro si bloccò, rendendosi conto
di ciò che stava per dire; Kohaku la guardava, curioso di sapere come finisse
la frase.
“ Che?”
“ Che tu avevi bisogno di me” Chihiro arrossì
leggermente. Seguirono alcuni attimi di silenzio, in cui i due si studiarono,
incapaci di dire altro. Chihiro si soffermò a osservare la spalla nuda di
Kohaku: nonostante non vi fosse altro che una vecchia cicatrice, era nuovamente
sporca di sangue.
Il silenzio fu interrotto dal ragazzo:
“ Bè sulla seconda parte aveva ragione”Kohaku sorrise nuovamente.
Chihiro guardò il ragazzo piena d’aspettativa. Il giovane
sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto, come se stesse per
esplodere. Improvvisamente Chihiro trovò le labbra di Kohaku premute sulle sue,
e fu invasa da un piacevole tepore. Lentamente rispose al bacio, passando una
mano tra i capelli del ragazzo, mentre l’altra restava adagiata contro il suo
petto. Kohaku le cinse la vita in un abbraccio, avvicinandola a lui, mentre
approfondiva il bacio. Una volta staccatisi, Chihiro nascose il viso
nell’incavo della spalla di lui, avvertendo la cicatrice ruvida contro la sua
guancia. Kohaku si lasciò sfuggire un gemito al contatto con la ferita, ma non
sciolse l’abbraccio e strinse la ragazza contro di sé, appoggiando il viso
contro quello di lei. Chihiro si scostò leggermente per osservare la cicatrice:
era sottile e irregolare, e inframmezzata da linee perpendicolari, che dovevano
corrispondere ai punti usati per ricucirla; sembrava stranamente gonfia, ed era
sempre misteriosamente sporca di sangue. La ragazza si passò una mano sulla
guancia: naturalmente il sangue aveva sporcato anche il suo viso. Chihiro volse
nuovamente sue attenzione a Kohaku, che la guardava e giocava con una ciocca
della sua coda.
Chihiro indicò con un gesto la cicatrice, e tornò a guardare
il giovane nei suoi occhi verdi:
“ Kohaku, come…”
“ Yubaba”la ragazza
lo guardava con apprensione. Kohaku parlò nuovamente:
“ Quando le ho detto di non voler più essere il suo
apprendista ha rifiutato”
Kohaku osservò per
un istante il volto di Chihiro
“ Ho insistito e l’ho minacciata che se non mi avesse
lasciato andare avrei fatto il doppiogiochista con i suoi nemici, e l’avrei
rovinata… si è infuriata, mi ha bloccato con la magia, e mi ha colpito con uno
stiletto di ferro” al ricordo un brivido gli attraversò la spina dorsale. Gli
occhi del giovane sembrarono diventare più freddi del ghiaccio; la sua
espressione era greve.
“ Mi ha maledetto”aggiunse infine Kohaku, tenendo lo sguardo basso come se fosse qualcosa
di cui vergognarsi.
Chihiro sentiva gli angoli degli occhi pizzicarle, ma si
costrinse a ricacciare indietro le lacrime; accarezzò leggermente il viso del
ragazzo, facendogli alzare lo sguardo, e lo baciò lievemente sulle labbra,
dopodichè gli pulì la cicatrice dal sangue, non avendo il coraggio di
chiedergli ulteriori spiegazioni. Kohaku sorrise leggermente, un po’ rincuorato,
e, alzandosi, la prese per mano.
Una volta fuori dalla tenda, i due si incamminarono verso il
focolare, ma furono fermati da una rana, che si rivolse a Kohaku:
“ Maestro Kohaku! Mi spiace interromperla, ma abbiamo un
intruso”
Kohaku si voltò verso l’entrata dell’accampamento: davanti a
lui c’era un uomo che parlava con uno strano accento straniero, che gesticolava
in maniera quasi comica. Chihiro spalancò gli occhi dalla sorpresa
“ Steven!”
L’uomo biondo si girò verso il focolare, e sembrò finalmente
rilassarsi.
La prateria della zona di Aburaya era decisamente tranquilla e
silenziosa quella mattina, come se fosse disabitata, mentre tre
La prateria della zona di Aburaya era decisamente tranquilla
e silenziosa quella mattina, come se fosse disabitata, mentre tre spiriti dalla
forma umana si aggiravano per la sconfinata distesa di verde in direzione della
foresta. Sembravano attenti e ansiosi, tesi ad ascoltare qualsiasi rumore, a
cogliere qualunque movimento; erano vestiti come guerrieri, armati di lunghe e
affilate lame, protetti da elmi e armature samurai, e stavano cercando
qualcosa, o meglio qualcuno. Avevano andature molto veloci e decise, e
corporature possenti, tipiche di quasi tutti i più abili tra i guerrieri che
non sapevano fare uso della magia. I tre erano ormai vicini alla foresta,
mentre seguivano la pista fornita loro dal segnale magico che aveva
intrappolato la loro preda due giorni prima. Una volta giunti all’interno della
selva di alberi, il primo tra i guerrieri si fermò. I suoi compagni, persa
parte della decisione precedente, lo imitarono. Yoshikozu, il più forte tra i
tre samurai, nonché capo della spedizione, era senza dubbio il più esperto di
trucchi magici del trio, nonostante non avesse mai praticato l’arte della
magia; egli era soprattutto un teorico, conoscitore di tutto ciò che era
riportato nei libri, ma pessimo nella pratica, motivo per cui nessuno aveva mai
desiderato dargli lezioni di alcun tipo riguardo alla magia. In compenso però,
da giovane Yoo, come lo chiamavano i suoi compagni, era stato costantemente
allenato nell’arte della lama e del combattimento corpo a corpo, materia nella
quale eccelleva. Il padre, generale e maestro samurai, lo aveva sottoposto fin
da piccolo ad allenamenti distruttivi, che avevano irrobustito non solo il suo
corpo, ma anche il suo carattere, rendendolo incredibilmente cocciuto.
Yoshikozu si mise a frugare tra la vegetazione, come se stesse cercando un
oggetto di piccole dimensioni smarrito nel verde, sotto gli occhi attoniti dei
suoi compagni: Terian e Korobou. Terian era il rubacuori del gruppo: nessuna
delle donne sulle quali avesse messo gli occhi sarebbe riuscita a resistergli,
a prescindere dal suo bell’aspetto: Terian era alto, robusto, dai capelli neri
lunghi fino alle spalle e gli occhi di un nero profondo, così scuro che era
grado di riflettere la luce in maniera particolare, assumendo colorazioni nuove
a seconda dell’intensità di essa. Terian era indiscutibilmente un ottimo
guerriero, ma dal temperamento estremamente irritabile e impaziente: egli non
sopportava perdere tempo, soprattutto se a casa lo attendeva una bella
fanciulla da corteggiare, e dava poco credito ad arti quali la magia, pur
sapendo perfettamente quanto potevano essere distruttive; più che altro, si può
dire che Terian fosse affetto da un terribile e divorante rancore: lo zio,
potente e famoso stregone, si era rifiutato di educarlo alla magia, per il suo aspetto:
riteneva che Terian sarebbe diventato un uomo estremamente egoista e
approfittatore, e avrebbe utilizzato i poteri magici solo per il proprio
piacere personale. In effetti, il vecchio zio non aveva tutti i torti: se
Terian avesse saputo utilizzare il potere magico le sue conquiste sarebbero
state sicuramente più facili e veloci. Inoltre, considerato che il vecchio uomo
era stato costretto fin da giovanissimo a fare voto di castità, si poteva
benissimo immaginare quanto sarebbe stato grande il suo fastidio nel sapere che
il nipote usava l’arte della magia per fare ciò che a lui era stato da sempre
proibito. In ogni caso, il giovane donnaiolo, un po’ per rabbia repressa e un
po’ per scetticismo, riteneva gli studi teorici di Yoshikozu una grandissima perdita
di tempo. Infine c’era Korobou: il giovane era in assoluto il più tonto del
trio. Massiccio e nerboruto, era una belva quando si trattava di combattere, ma
se c’era bisogno di un piccolo e semplice ragionamento, il contributo di Bou
era da tenere fuori discussione.Per
lui il discorso istruzione magica era stato ampiamente sorvolato dai genitori,
che, una volta resisi conto che perfino aver insegnato al figlio leggere e
scrivere era stata una perdita di tempo, si erano rassegnati all’evidenza.
Korobou e Terian stavano osservando piuttosto stupiti e irritati la strana
ricerca di Yoshikozu, senza capire lo scopo dell’inaspettata sosta.
“ Ecco, ancora tre passi a destra e poi cercare il marchio…”
“ Possiamo sapere che diavolo stai facendo?”,sbottò Terian seccato
Yoshikozu frugava instancabilmente tra i cespugli, mentre un
sempre più irritato Terian lo osservava. In quel momento, carico di impazienza
e di rabbia, il bel giovane sembrava troneggiare dalla sua alta statura sullo
sventurato samurai, mentre il suo viso si contraeva sempre più in una smorfia
di insofferenza.
“ Yoshikozu!”
Nessuna reazione. Nulla riusciva a irritare tanto Terian
come essere ignorato.
“ YOSHIKOZU DANNATO EUNUCO SENZA UNO STRACCIO DI DONNA!”
Il guerriero sembrò destarsi e si voltò adirato verso
Terian. Nessun offesa poteva essere peggiore di quella!
I due samurai si squadrarono dall’alto in basso, a dieci
centimetri di distanza l’uno dall’altro.
Korobou osservava la scena in silenzio. Senza preavviso i
due si lanciarono in una feroce rissa, accompagnata dai ruggiti dei combattenti
e dai rumori delle ferraglie che cozzavano tra loro. Terian e Yoo sarebbero
andati avanti per molto tempo, se una forza non del tutto sconosciuta non li
avesse fermati e attirati verso il cuore della foresta. I tre guerrieri si
guardarono negli occhi, consapevoli della stessa realtà: il richiamo magico del
padrone li stava guidando verso la preda. Nishigami era nel cuore della
foresta.
‘***’
Erano ormai alcune ore che Kohaku era seduto accanto al
focolare ad ascoltare il racconto dello strano uomo biondo che rispondeva al
nome di Steven. Quell’individuo parlava in modo davvero strano, gesticolando
come un pazzo e interpretando l’intera narrazione con vere e proprie scene di
recitazione, tant’ è che gli ci erano volute ore per raccontare l’episodio
delle terme in cui aveva incontrato Chihiro. Kohaku trovava quell’uomo davvero
irritante, mentre Chihiro sembrava “ apprezzarlo” per qualche strana ragione,
che al ragazzo - drago sfuggiva, nonostante gli lasciasse un certo fastidio a
livello del petto e della nuca, come un sibilio che gli perforava la testa. *
Kohaku stava per andarsene con la scusa che gli doleva la
ferita, quando dovette fermarsi di botto:
una forte presenza magica era appena sfrecciata per
l’accampamento, facendo pulsare il sangue nelle vene degli stregoni, e la
cicatrice sul collo di Kohaku. Il tempo nell’ accampamento sembrò essersi
fermato, mentre la presenza si dileguava lentamente, lasciando dietro di sé una
scia di terrore: ognuno dei presenti sapeva perfettamente cosa significava quel
segnale, e i pochi che non lo sapevano, ne intuivano comunque il significato.
Kohaku e alcuni guerrieri si recarono di corsa verso l’esterno, dove li
attendeva una visione sconfortante: all’orizzonte Aburaya splendeva di una luce
rossastra e sinistra, mentre il cielo sopra le loro teste era improvvisamente
scuro e pesante, come se fosse pregno di malvagità e appesantito da un grande
potere. Kohaku sospirò profondamente, mentre Palkir si sistemava i coprispalla
della sua armatura da samurai, e si legava la katana in vita. Pochi minuti dopo
i guerrieri si stavano preparando a combattere mentre gli stregoni cercavano la
concentrazione per utilizzare al meglio i loro poteri; Kohaku era vestito con
una leggera armatura imbottita, coperta da un largo abito di colore blu notte,
e con una fascia del medesimo colore legata in vita; legato al polso sinistro
portava un pezzo di stoffa rosso, segno del comando. Palkir si rivolse al
giovane:
“ Nishigami era certo che tu possedessi grandi doti e grande
forza. Sei l’unico stregone inferiore al nostro generale in grado di tenere a
bada un’armata. Dunque, vedi di non deluderci, drago.”
Chihiro guardava con apprensione i preparativi alla
battaglia. Tutti sembravano avere molta fiducia nei poteri di Kohaku. Lei
invece era tremendamente depressa: dopo solo un giorno che aveva ritrovato
Kohaku, rischiava già di perderlo. Le lacrime iniziavano a pizzicarle gli
occhi, mentre lo guardava mettersi in posizione di comando, dritto e
apparentemente calmo, di fronte ai guerrieri schierati in fila. Di fianco a lui
c’era Palkir, che l’avrebbe aiutato nel suo compito di sostituto del generale.
Una rana diede il segnale: il piccolo esercito si mise in marcia verso la città
di Aburaya, mentre i due comandanti camminavano rigidamente in testa al gruppo.
Chihiro sentì dentro di lei un senso di vuoto, paragonabile
solo all’angoscia provata nove anni prima, quando Kohaku era stato colpito
dall’ incantesimo di Zeniba e rischiava la morte.
Fece per voltarsi, quando si sorprese trovandosi di fronte
gli occhi smeraldini del ragazzo – drago, mentre le braccia di lui la
circondavano in un abbraccio affettuoso. Chihiro rispose all’abbraccio e
appoggiò lentamente la testa al suo petto. Non c’era bisogno di parole. Dopo
alcuni secondi Kohaku la lasciò andare e corse verso la piccola armata con un
sorriso sulle labbra. Chihiro entrò nella tenda che condivideva con le altre
ragazze, un po’ rincuorata, ma ancora molto nervosa.
All’orizzonte l’armata nemica era schierata dirimpetto ai
guerrieri degli sfollati. Vari spiriti dall’animo oscuro e pesante occupavano
le prime file: in mezzo a questi, mollemente accasciato a terra, stava il corpo
senza sensi di Ghana Nishigami.
AUTRICE: Holaaaaaaaaa ecco a voi il capitolo 8…
incredibilmente in ritardo rispetto alla tabella di marcia é.è. Scusate se lo
pubblico così tardi, ma ho avuto problemi con la connessione, e soprattutto con
la mia testa: mi sono fatta prendere dalle vacanze e ho acceso pochissimo il
pc, trascurando le mie storie, scusaatee tantooo ç.ç Spero di riuscire ad
aggiornare con più regolarità d’ora in poi, ma non prometto nulla. Ringrazio
chi ha lasciato qualche commentino, e prego per l’ennesima volta di scrivere la
vostra opinione sul nuovo capitolo: in fondo a voi non costa nulla, e io sono
più stimolata a scrivere. Vi saluto, al prossimo capitolo!
Vista la mia lunga assenza e i commenti che sono arriv=
ati
alle mie storie in questo periodo di silenzio ho deciso di chiarire per ben=
e la
situazione.
Per prima cosa vorrei dire che i motivi per cui non ho
più aggiornato le fanfictions sono di natura assolutamente
personale… ci sono stati problemi di vario genere che mi hanno impedi=
to
di dedicarmi alle mie storie: niente tempo, problemi scolastici, problemi
sentimentali ed, ebbene si, anche problemi informatici, che hanno portato
oltretutto alla completa cancellazione di tutti i documenti che contenevano
scalette, schemi e trame delle storie che stavo scrivendo…non c’è alcun motivo =
che
implichi il sito o le persone che lo frequentano… l’amore per le
fanfictions, la fantasia, i manga, il cinema e la musica sono ancora pi&ugr=
ave;
vivi che mai e la voglia di scrivere pure, anche se non reputo il momento c=
he
sto attraversando ora come propizio per continuare queste storie, dal momen=
to
che sono terribilmente impegnata in varie attività e a partire da ag=
osto
andrò a vivere per un anno in Finlandia per uno scambio culturale.=
p>
Tutto questo per tranquillizzare i pochissimi lettori =
che ho
e per evitare di dare false speranze: ho ancora intenzione di portare avant=
i le
mie storie e ho ancora idee e fantasia a valanghe, ma credo che per ilmomento mi sia impossibile continu=
are
questa mia attività… perciò domando scusa a tutti coloro
che sono interessati a seguire le mie storie e un grande arrivederci a quan=
do il
mondo avrà ricominciato a girare dalla parte giusta per me e tutto
sarà sistemato… un abbraccio grande, a presto.