Di carta, d'inchiostro, di pioggia di Juu_Nana (/viewuser.php?uid=41273)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fallimento ***
Capitolo 2: *** Innamorato ***
Capitolo 3: *** Geloso ***
Capitolo 4: *** Decisione ***
Capitolo 5: *** Tentativo ***
Capitolo 6: *** Inizio ***
Capitolo 7: *** Colpevole ***
Capitolo 8: *** Rivelazione ***
Capitolo 9: *** Pioggia ***
Capitolo 1 *** Fallimento ***
Di
carta, d’ Inchiostro, di Pioggia
- Diana Marcato!
-
Non riesco, non
riesco a controllare il tono della mia voce. Metà degli
studenti nel corridoio si girano. Lei sbatte un paio di volte le
palpebre, perplessa.
- Per favore non
interrompermi - imploro, prevenendo una sua interruzione.
Sono rigido come
un ciocco di legno, in piedi davanti a lei e sono assolutamente sicuro
di avere la faccia color ciclamino.
-
Ecco… mi chiedevo se tu… se per caso
vorresti…! -
Non ci riesco!
Non ci riesco, maledizione!
Stringo i pugni
sudati. Non posso fermarmi adesso. Strizzo gli occhi per un attimo e mi
umetto le labbra secche.
- Io
ti…! -
- Diana! -
Mi blocco. Volto
lentissimamente la testa, lanciando lampi dagli occhi.
C’
è un ragazzo che marcia veloce verso di noi.
- Scusa Fabio,
posso interromperti un attimo? Devo dire a Diana una cosa molto
importante - dice, tutto sorridente.
Ho alternative? Annuisco rigidamente e mi scanso.
- Ciao Michele -
saluta lei, un po’ spaesata dalla situazione in corso - cosa
devi dirmi? -
Lui si schiarisce
un attimo la voce.
- Ecco: mi sono
reso conto che tu mi piaci molto Diana. Vorresti metterti con me? -
Mi si schiudono
le labbra. Lo stomaco mi si contrae.
Lei arrossisce,
non meno stupita di me e distoglie lo sguardo.
- Cos…
ma che dici? - balbetta tutta impacciata con un sorrisino timido
- Ci conosciamo
da pochissimo… - aggiunge, portando le mani alla tracolla
della borsa.
- Per te questo
è un problema? Sento di essermi innamorato di te e se
volessi stare con me mi renderesti il ragazzo più felice
della terra - risponde Michele, tranquillissimo, avvicinandosi un
po’. Lei indietreggia un attimo, imbarazzatissima.
- Ci…
ci penserò, ok? - pigola.
Michele esibisce
uno sfavillante sorriso.
- D’
accordo. Mi aspetto un sì però, sappilo - dice.
Poi le scosta un ciuffo di capelli scuri dietro l’ orecchio,
le prende il mento tra due dita e la bacia. Lì, in
corridoio, davanti a mezza scuola.
Io, che fisso
immobile la scena a neanche mezzo metro di distanza, sento
un’ orrenda sensazione di prosciugamento. Nicola, nella
piccola folla che ci circonda, si sbatte una mano sulla fronte. Qualche
ragazzo fischia, poi parte un applauso.
Michele si stacca
e le sorride di nuovo, passandole il pollice sul mento, poi si gira con
nonchalance e inizia ad allontanarsi.
Qualcosa dentro
di me precipita dal petto al terreno.
- Ci conto eh? -
esclama, volgendosi verso Diana e agitando la mano. Lei riesce ad
annuire e ad accennare un movimento della mano in risposta. Lui allarga
il sorriso e le strizza l’ occhio, mentre fende
nell’ entusiasmo generale il gruppo degli studenti assiepati.
Anch’
io lo seguo con lo sguardo. Lui se ne accorge quando è
arrivato alla fine del corridoio. Mi sorride, mi fa l’
occhiolino e sparisce dietro l’angolo.
- Fabio? -
Mi volto di
scatto. Non so che espressione ho, ma la vedo esitare.
- Ehm…
tutto ok? - chiede.
“Effettivamente
mi sento parecchio di merda…”
- Sì
tutto ok - rispondo, con tono un po’ tanto funereo.
- Sicuro? -
insiste lei un po’ preoccupata.
- Tranquilla, va
tutto una meraviglia - forzo un sorriso. Sorride anche lei.
- Allora: cosa
dovevi dirmi? -
Il rossore che le
infiamma le guance ancora non è scemato, anche se
l’ imbarazzo sta passando.
Sul suo volto si
sta facendo strada un’ espressione raggiante, o almeno
così mi sembra.
- Volevo
chiederti se… -
Una scusa, mi
serve una scusa.
- …se?
- incalza lei - capo, insisto. Sei sicuro che vada tutto bene? -
- Sì,
ti ho detto di sì -
Capo? Ah,
già.
- Giusto, volevo
chiederti se volevi occuparti dell’ articolo di
attualità per il numero prossimo del giornale -
Dico la prima
idiozia che mi passa per la testa, senza nemmeno preoccuparmene
più di tanto.
- Ah, tutto qui?
Cioè, volevo dire… ok, nessun problema -
- Perfetto -
sospiro io, sistemando lo zaino sulle spalle. Mi sento svuotato e con
il morale che sfiora il livello scarpe.
- Allora ci
vediamo martedì in redazione, ciao! - mi saluta lei,
mettendosi le cuffie dell’ iPod e iniziando a scendere le
scale. Continuo a guardarla mentre si allontana scandendo con le labbra
una canzone. Poi mi giro verso Nicola, che mi aspetta mortificato.
Stringo le
spalline dello zaino e mi avvio a mia volta verso le scale, trascinando
i piedi.
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Capitolo 2 *** Innamorato ***
- Nicola devo
confessarti una cosa -
Eravamo sdraiati a pancia all’ aria sul prato lungo il fiume.
- Cosa c’è? - mi aveva chiesto lui - se vuoi dirmi
che ti sei innamorato di me ti dico subito che non ho ancora cambiato
sponda - aveva aggiunto, placido.
- No, tranquillo. Tu non c’ entri niente - avevo detto io.
Avevo le mani intrecciate dietro la testa e fissavo il cielo chiazzato
di nuvole.
- Però sì, mi sono effettivamente innamorato - ho
sospirato, chiudendo gli occhi.
Nicola era scattato a sedere.
- Ma dai! Mi stai prendendo per il culo? - aveva esclamato.
- No sul serio - avevo risposto, tradendo una punta di irritazione.
- Bella lì! -
Il mio migliore amico mi aveva tirato un pugno sulla spalla.
- Non ci credo, proprio tu! Tu che ripetevi in continuazione che
innamorarsi è solo una gran rottura di palle sei stato
trafitto da cupido. Dovresti pubblicarlo in prima pagina -
- Guarda che ti picchio. E comunque non gliene frega niente a nessuno
della mia vita sentimentale -
- E chi è la tua bella? - aveva riso Nicola, tutto gasato.
Mugugnai qualcosa, girandomi su un fianco.
- Non ho sentito -
- …ele -
- Cosa? -
- Rachele! -
- EH?! -
Nicola aveva sobbalzato tanto da rischiare di finire in acqua.
- Rachele di terza A?! -
Bofonchiai un assenso.
- … mi auguro ti passi presto, o prevedo un bel
po’ di casini e un cuore infranto - aveva commentato
sconsolato.
- Grazie Nicola, tu sì che sai confortare la gente -
borbottai tirandomi a sedere.
- Beh, pensa solo al tipo con cui sta. Per avere mezza speranza di
competere con lui dovresti fare sollevamento pesi per i prossimi
vent’ anni -
Ho sogghignato.
- Con chi sta? Con chi stava, vorrai dire -
- Si è mollata? Sul serio?! -
Alzai il mento.
- Chi è il giornalista tra noi due? - avevo chiesto
sprezzante.
- Lei, signor capo redattore - aveva ironizzato Nicola accennando a un
saluto militare.
Poi si era grattato la fronte.
- Beh, è una buona cosa. Non che ti dia chance in
più, ma almeno puoi provarci senza rimorsi e soprattutto
senza rischiare un occhio viola -
L’ho guardato malissimo. Poi gli ho messo la mano su una
spalla. Lui aveva seguito incerto il movimento con lo sguardo.
- Nicola… - proruppi con un’ espressione
spaventosamente solenne.
- … ma vaffanculo -
E lo spinsi in acqua.
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Capitolo 3 *** Geloso ***
“…
possiamo quindi dedurre che non si è trattato né
di un errore né di un incidente. E quindi, lettori miei,
questo è un inequivocabile caso di…”
- Comito! -
Sollevo di scatto la testa.
- Dica -
La prof di italiano mi sta fissando torva da dietro la cattedra.
- Cosa stai facendo? - sibila.
Cavolo, non ho smesso di scrivere durante la lettura dei versi.
- Sto scrivendo un appunto che mi era sfuggito prof -
Lancio un’ occhiata veloce al libro accanto al mio.
- Comunque sto seguendo: siamo alla quarta ottava, terzo verso -
aggiungo, tranquillissimo.
La professoressa non sembra troppo convinta, ma riprende a leggere.
- Stai scrivendo un articolo per il prossimo mese? - bisbiglia il mio
compagno di banco. Annuisco.
- La consegna è tra una settimana, e tu hai detto che ne
avresti scritti tre da due pagine questo mese. Hai già
iniziato, vero? - mormoro in risposta.
- Sì, non preoccuparti. Comunque, nel caso avessi bisogno
potresti darmi una mano vero? -
Soffoco un gemito, mentre il mio sopracciglio destro ha uno scatto
verso l’alto.
- Solo se assolutamente necessario. Cerca di non far slittare
l’ uscita, per favore - cerco di non suonare troppo seccato,
ma mi riesce parecchio male. Anche perché è una
settimana che non riesco più a parlarci senza che mi vengano
i nervi a fior di pelle.
- Ricevuto, capo. Non mancherò le tue aspettative - mi
sorride.
Vedo la prof interrompersi e setacciare con gli occhi la nostra area, a
caccia della fonte del brusio.
Aspetto che si rituffi in una discutibile lettura recitata
dell’Infinito di Leopardi, prima di ricominciare a parlare.
- E potresti evitare di chiamarmi capo? Lo trovo abbastanza
fastidioso… -
- Ma Diana lo fa -
- Ma non è che devi fare tutto quello che fa lei solo
perché adesso è la tua ragazza. E ho
già detto anche a lei di piantarla - la mano abbandonata
sulle pagine del libro si stringe a pugno.
Michele sorride.
- D’accordo Fabio -
- Volete finirla di chiacchierare voi due?! -
- Ci scusi professoressa -
- … scusi - mugugno.
La prof riprende a spiegare, Michele a riempire ogni angolo bianco del
libro con ogni sua parola, evidenziando le parti lette con colori
diversi di cui, a parte orientarmi quando mi distraggo, francamente non
vedo l’utilità.
Mi è passata completamente la voglia di scrivere.
Molto discretamente infilo l’agenda arancione che uso come
quaderno delle bozze per il giornale al sicuro nel mio zaino, giusto un
secondo prima che suoni la campanella di fine lezione.
L’insegnante ci tiene in classe altri cinque minuti
abbondanti, come da prassi, prima di lasciarci finalmente fare la
cartella. Con molta calma preparo le mie cose e conto i soldi per il
pranzo.
Ho appena spento le luci e messo un piede fuori dall’aula che
sento Michele che mi chiama.
- Fabio, aspettami! -
Trattengo un sospiro.
Mi raggiunge trotterellando.
- Ti va se mangiamo assieme? - mi chiede tutto allegro.
Ma anche no!
- Guarda che hai una ragazza fissa adesso. Perché non stai
con lei in pausa pranzo e ci vediamo dopo al giornale? -
Lui sembra esitare.
- Mh… forse hai anche ragione… - abbassa un
attimo gli occhi.
- Però… speravo potessi darmi una mano con i miei
articoli. Effettivamente sono un po’ incasinato a gestirne
tre - confessa, con un sorrisetto imbarazzato, grattandosi la nuca.
- Ti do una mano più tardi. Se proprio proprio sei messo
così male ci vedremo una volta dopo scuola, che ti devo
dire? -
Michele scatta sull’ attenti.
- Sissignore, caporedattore Comito! - esclama ridendo.
- Allora ci vediamo più tardi - sbuffo.
- Ho dimenticato una cosa in classe - invento poi, tentando di troncare
finalmente la conversazione.
Torno sui miei passi.
- Fabio? -
Mi volto. Michele aveva sceso solo un paio di scalini ed è
girato a guardarmi.
Che cosa vuoi adesso?
- A te Diana piace, vero? -
- Ma neanche per idea! - strillo.
Lui mi fissa spiazzato. Tossicchio imbarazzato, sforzandomi di
riassumere un contegno. Affondo le mani nelle tasche prima di
ripetermi, senza riuscire a guardarlo.
- Ok, ho capito - risponde. Percepisco il gelo nella sua voce e sbircio
nella sua direzione: il suo onnipresente sorriso si è
ristretto di un paio di denti.
- Ehi, ho detto che non mi piace, sta tranquillo. Non ho la minima
intenzione di portartela via - ribadisco, sforzandomi di suonare
convincente.
Davvero non ho intenzione di provarci. Michele ride.
- Sì sì, nessuno mette in dubbio la tua buona
fede, capo - risponde, prima di riprendere a scendere. Lascio correre
sul “capo”. In realtà non è
che mi dia fastidio in senso assoluto, solo che non mi va che sia lui a
chiamarmi così.
- Permesso -
Mi scosto, per far passare due ragazzine di quarta.
- Guarda che io ci sono rimasta malissimo. Non dico che avessi
speranze, però bastava sognare. Com’è
che si chiama? -
- Marcato mi pare, è di seconda -
- Ieri la Stevanella li ha beccati che si limonavano in corridoio. Gli
ha fatto un caziatone che non finiva più -
Risate.
- Però io non penso che stiano male assieme. Secondo te
hanno già fatto tutto? -
- Ma stanno assieme da otto giorni! -
- Beh, non è mica indicativo… se si
piacciono… -
Porta che sbatte. Silenzio.
Oh sì, che delizia. Se adesso vogliamo condire con un paio
di scudisciate sulla schiena questa goduria raggiungerebbe
l’apice!
Mi accingo a scendere e andare a mangiare qualcosa, ma mi rendo conto
che mi è passata la fame. Giro i tacchi e mi avvio verso la
nostra sgangherata aula computer adibita a redazione del giornale.
Questa giornata non sta andando tanto bene. Prego solo che non vada
peggio di così.
***
Grazie mille a tutti voi che state seguendo questo piccolo esperimento,
mi hanno fatto molto piacere le vostre recensioni ^^
Vi ringazierò come si deve quanto prima, ma sto pubblicando
al volo, perdonatemi! A presto con il prossimo capitolo!
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Capitolo 4 *** Decisione ***
-
Sai che c’è? Secondo me prima di darci dentro con
Rachele dovresti fare esperienza con una preda più facile -
Nicola era seduto sul bordo del mio letto e si stava frizionando i
capelli biondi con un asciugamano.
- Oh sì, certo - avevo risposto, tirandogli in faccia una
maglietta asciutta.
- Perché io ho una vaga idea di come si rimorchia una donna -
Avevo chiuso l’ armadio e mi ero lasciato cadere sulla sedia
dietro la scrivania.
- Beh, da qualche parte dovrai pur cominciare. O verrai consumato
dall’ ansia da prestazione ancora prima di parlare con
Rachele - aveva commentato asciutto Nicola iniziando a indossare la
maglietta, troppo lunga per lui. Incassai la testa nelle spalle.
- Guarda che mica voglio solo portarmela a letto - avevo borbottato.
Nicola emerse dal colletto rosso.
- Ah no? Non ti facevo il tipo che si innamora di una senza nemmeno
conoscerla - aveva commentato - e guarda che comunque non è
il tipo per te. Avrà un corpo da paura ma è
troppo superficiale per un intellettuale misantropo come te -
- Non sono un misantropo. E comunque non ho mica detto che non lo
voglio fare - avevo ribattuto.
Nicola schioccò le dita.
- Ed ecco che torniamo al punto di partenza. Già le tue
speranze di riuscire nel tuo intento sfiorano lo zero, se poi le
confessi che sei un verginello a diciotto anni raggiungeresti il meno
uno - aveva candidamente risposto.
- … mica devo dirglielo per forza -
- Durante l’ atto si capisce subito se uno è
vergine o no -
Mi ero appoggiato allo schienale della sedia.
- Quindi per avere una chance devo prima fare l’ amore con
un’ altra? - avevo chiesto sconsolato.
- Beh, non è automatico. Devi anche dichiararti nel modo
giusto e sperare di interessarle almeno un po’. Comunque
penso che quello del sesso sia un punto fondamentale, per una come
Rachele -
Nicola congiunse le piante dei piedi e si sistemò al centro
del letto.
- Ma non mi va di farlo con una ragazza che non mi piace - obbiettai
stringendomi nelle spalle.
- E se poi le piacessi sul serio? La farei stare male quando la mollo -
Nicola aveva sorriso con tanta compassione.
- Tu sei troppo puro Fabiuccio - si era sporto oltre il bordo del letto
e mi aveva pizzicato affettuosamente le guance.
- Non ce la farà mai uno come te con una come Rachele. E poi
cosa ti fa pensare che ci sia qualcuna innamorata di te? -
- … guarda che ti picchio - biascicai con le guance tra le
dita di Nicola.
Lui si era rimesso al suo posto.
- Allora, se sei davvero convinto di volere lei, ci serve un soggetto
per farti fare pratica! - Nicola si schiaffò e
sfregò le mani.
Si vedeva lontano un chilometro che la cosa stava iniziando a
divertirlo.
- Ma se ho detto che non mi va… - provai ad oppormi.
- Insomma! Rachele la vuoi o no? Ci sono stato assieme e ti posso
assicurare che con un verginello quella non ci va -
Incassai il colpo.
- Bene, ci serve una ragazza che non ti dispiaccia troppo, abbastanza
inesperta in campo amoroso e soprattutto libera - Nicola si
fermò a riflettere.
- Tu la conosci una così? - mi chiese dopo un po’.
Mi passai la mano sul mento un paio di volte.
- Mah… in redazione forse ce n’ è una
così -
- Oh, bene! Chi è? -
- Diana, di II D -
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Capitolo 5 *** Tentativo ***
La chiave non era
al suo posto e la grata che chiudeva la porta era aperta. Qualcuno era
già dentro. Abbassai la maniglia ed entrai. Le persiane
erano alzate e il computer numero 12 è già
acceso. E indovinate un po’ chi siede di solito dietro al
computer numero 12.
- Ciao capo - mi saluta Diana accennando a un saluto con la mano.
- Ciao vicecapo - rispondo, sforzandomi di non fare nulla di strano. Da
quando si è messa con Michele non riesco più a
comportarmi con lei come facevo prima.
Poggio il mio Eastpack nero accanto alla sedia e prendo posto al pc
numero 1.
Mi tuffo sotto la scrivania e pigio il pulsante di accensione. Quando
riemergo Diana è davanti alla mia scrivania, con un
sorrisone in faccia e una mano tesa in avanti con il palmo
all’ insù. Fisso interrogativamente la mano, poi
la faccia, poi di nuovo la mano.
- Ah sì - dico, riabbassandomi dall’ altra parte e
aprendo lo zaino. Frugo un attimo poi tiro fuori un paio di fumetti.
- Ecco qua - dico porgendoglieli - senza un graffio, un orecchio, o un
impronta digitale -
- È stato un piacere fare affari con te - risponde lei
prendendoli e poggiandone altri sul piano. Li scorro velocemente.
- Perfetto, vedo che anche tu li hai trattati bene - dico ficcandoli in
cartella.
- Ma come? Dopo quasi due mesi ancora non ti fidi di me? - ride lei.
Abbiamo scoperto il reciproco interesse per i fumetti giapponesi
all’ inizio dell’ anno scolastico, quando
è iniziato il progetto “pratica
pre-Rachele”. Ah, il nome lo ha scelto Nicola, beninteso.
Non c’è voluto molto prima che mettessimo su uno
scambio reciproco di manga. E inoltre ho uno splendido modo per
attaccare bottone con lei quando mi pare.
La vedo scoccare un’ occhiata verso la porta, in attesa, poi
si gira e se ne torna a battere al computer.
- Michele non è con te? - mi chiede.
- No - rispondo, forse un po’ troppo brusco, prima di
digitare la password del computer.
- Pensavo fosse venuto a mangiare con te - aggiungo.
Lei scuote la testa.
- Di fatto non facciamo niente noi due da soli. Se già
parlavamo poco prima di metterci assieme adesso siamo praticamente a
zero - confessa.
- Se lo cerco non si fa mai trovare, devo sempre aspettare che sia lui
a venire da me. E se lo fa è sempre per limonare,
rigorosamente davanti a tutti -
Non riesco a capire se il suo tono è irritato o sconsolato.
- Ah, ma scusa se mi lamento con te, chiedo perdono - la sua faccia
spunta da dietro il pc con un sorrisino di scuse in volto.
- Non c’è problema - rispondo io, mentre apro la
pagina di word e tiro fuori dallo zaino i miei appunti.
Non dovrei gongolare, lo so, ma sapere che le cose tra loro non vanno
così bene come sembra mi mette una certa allegria in corpo.
- Secondo te lo dovrei lasciare? -
Alzo gli occhi di scatto e incrocio i suoi puntati su di me.
- Mah… - inizio un po’ titubante. Non devo essere
troppo trasparente.
- Forse dovresti dargli un po’ di tempo, magari la sua
indifferenza è solo una tua impressione… - butto
lì, sforzandomi di non sembrare troppo coinvolto.
- Però se le cose continuano ad andare così,
allora forse dovresti lasciarlo davvero - rispondo.
- Ah, secondo me, ovviamente - aggiungo tempestivamente.
Diana annuisce incerta, ma non fa a tempo ad aggiungere niente
che si spalanca la porta.
Lo sguardo mio e suo si sposta sulla figura che sta entrando e
trattengo uno sbuffo riconoscendo all’ istante i capelli
tinti biondi di Michele.
- Ecco dov’ eri. Ma non dovevi andare a mangiare al bar qua
fuori? - esordisce vedendomi, ignorando completamente la sua ragazza.
La cosa mi irrita, e mi irrita non poco. Cavolo, non vedi che la fai
star male, cretino?
- Sai com’è… non avevo molta fame. E tu
non dovevi mangiare con Diana? - dico io, accennando con la testa al
computer 12.
Lui la degna finalmente di un’ occhiata. Quando torna a
guardarmi percepisco un discreto livello di veleno trasudargli dagli
occhi.
- Sì, è vero - risponde, tagliente.
Poi si gira e si avvia verso di lei.
- Stavo giusto cercando te Diana - esclama arrivandole accanto. Poi la
fa alzare e la bacia. E non si limita certo a un bacino a stampo.
Faccio vagare gli occhi per la stanza, non sapendo dove guardare,
finché l’ occhio non mi cade sull’
agenda. Allora la apro, deciso a non rivolgere la mia attenzione alla
scena che si sta consumando davanti a me. Ma quando mi accingo a
copiare al computer, l’ occhio mi cade sui due. Michele le ha
cinto il collo con le braccia e sembra seriamente intenzionato a fare
tanta limonata da mandare avanti un chiosco per tutto l’
inverno.
E proprio mentre li sto guardando, lui mi punta addosso i
suoi occhi azzurri. L’ occhiata dura un istante o due, ma gli
è sufficiente per trasmettermi tutta la sua soddisfazione.
Mi chino sul mio schermo e inizio a battere furiosamente sulla
tastiera, scuro in volto.
- Andiamo fuori a mangiare qualcosa con Dario e Marco, ti va? - sento
Michele chiedere a Diana.
- No, senti Michele devo lavorare e con quei due meno di un’
ora non ci mettiamo -
- Eddai… - al tono miagoloso di lui do una sbirciata. Le sta
sbaciucchiando il collo adesso.
Mi fiondo di nuovo tra le righe del mio articolo. Se fossi un fumetto
probabilmente avrei nuvole di fumo che mi escono dalle orecchie. Anzi,
senza probabilmente.
- Michele, per favore - lei lo prende per le spalle e lo allontana -
non posso, ok? E anche tu dovresti metterti a lavorare un
po’, visto che non hai ancora iniziato -
Sollevo la testa di scatto.
- Cosa? -
Dal mio tono traspare evidente minaccia.
I due si voltano verso di me.
- Prima mi hai detto che eri a buon punto - sibilo, mandando lampi
dagli occhi.
Michele stringe le labbra.
- Beh, non proprio buono - confessa, grattandosi una guancia con
l’ indice. Il mio sopracciglio destro ha uno scatto verso
l’ alto.
- Allora fammi un favore e mettiti a lavorare - dico, lapidario,
ricominciando a digitare.
Michele sbuffa.
- Vado a prendere qualcosa alle macchinette, mi accompagni? - chiede
Diana.
- Sì, accendo il pc e ti raggiungo - risponde il suo
compagno, mettendo giù lo zaino e iniziando a togliersi la
giacca. Lei non dice niente e si avvia verso la porta. Quando passa
davanti a me alzo gli occhi. E vedo i suoi incrociare i miei.
È un attimo, poi distolgo lo sguardo. Un acuto cigolio
accompagna la chiusura della porta. Per un paio di secondi si sente
solo il ticchettare dei tasti, poi viene interrotto dalla voce di
Michele.
- Fabio, per caso sei libero sabato? -
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Capitolo 6 *** Inizio ***
- Chi
vuole fare il vicedirettore quest’anno? –
Silenzio.
- Dai ragazzi, almeno uno mi serve - insisto. Qualcuno tossisce.
- Devo scegliere io? - chiedo.
Sai che bella scelta… tutti i veterani mi hanno mollato e
qui c’è solo gente che ha al massimo un anno di
esperienza. Poi si alza una mano.
- So di non avere molta esperienza - dice il suo proprietario - ma
penso di poter essere di qualche aiuto. Se poi non sarò in
grado cederò subito il mio posto -
Detto questo, a un mio cenno, Diana si alza e viene verso la mia
postazione.
- Ci sono obiezioni? -
Il silenzio regna sovrano.
- … ok - dico - allora per oggi è tutto. Se
volete rimanere e avete qualcosa da fare io rimango, sennò
ci aggiorniamo la settimana prossima -
Tutti scattano in piedi.
- Allora ci vediamo martedì prossimo. Ciao a tutti -
concludo, grattandomi la nuca.
Non mi aspettavo certo che tutti si mettessero a scrivere, ma nemmeno
una tale voglia di andarsene, accidenti.
- Diana, tu resta qui un attimo che ti devo dire un paio di cose - le dico,
prima di accendere il computer.
- Sì, ok. Tanto avevo un paio di cose da fare - dice,
facendosi strada tra i venti ragazzi presenti e accendendo il computer
12.
Allora qualcuno con un po’ di voglia di lavorare
c’è, per grazia divina. Il direttore e il neo
vicedirettore che da soli tengono alto il buon nome del giornale.
Aspetta… da soli…?
“Devi essere rapido e incisivo. Non stare ad aspettare il
momento che per te sembra giusto, perché non ti
sembrerà mai abbastanza. Appena rimanete soli,
agisci!”
Le parole di Nicola mi riecheggiano in testa. Mi gratto il naso.
Sì ok, siamo noi due nella scuola praticamente deserta, ma
così? Le chiedo se le piaccio? E poi che devo fare? La devo
baciare? Passare subito alla parte “sesso”? Ma qui
a scuola? Sempre ammesso che lei dica di sì, tra
l’ altro…
Splendido, ero perfettamente riuscito a terrorizzarmi ben bene ancora
prima di cominciare.
- Allora che c’è ? -
Troppo preso dai miei viaggi mentali non mi ero accorto che mi aveva
raggiunto e per la sorpresa sobbalzai.
- Ah, ehm, mi servirà una mano per l’
impaginazione del giornale… - avevo iniziato, cercando di
ridarmi un contegno.
- Ti insegnerò come si fa con un numero vecchio.
Però non ce l’ ho qui pronto, lo facciamo
martedì prossimo, a meno che tu non voglia passare da me
prima e lo facciamo direttamente lì -
Mi rendo conto di preciso cosa ho detto solo dopo aver finito la frase.
E mi sono messo a pregare che non interpretasse male e mi piantasse in
asso.
Invece mi rispose tranquillamente che venerdì andava
benissimo.
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Capitolo 7 *** Colpevole ***
Il
telefono squillava. Io passeggiavo per la mia stanza, in attesa.
- Pronto? -
Il tono piacevolmente sorpreso di Nicola mi fece intendere che lo avevo
interrotto in un’occupazione non troppo allettante.
- Nicola sono Fabio - risposi - Ti disturbo? -
- No anzi, mi prendo una piacevole pausa da Leopardi e il suo Infinito.
- rispose il mio amico. Intuii che si stesse stiracchiando.
- Allora, cosa ti porta a chiamarmi subito l’appuntamento con
la vittima sacrificale? - chiese ironico.
- Mi sono innamorato! - esclamai.
- …fin qui c’eravamo già arrivati mi
sembra. -
- No, stavolta davvero. Cioè, avevi ragione tu, Rachele me
la volevo solo portare a letto. -
- Più che comprensibilmente, se posso… -
- Sì ok, però penso di essermi innamorato sul
serio stavolta. -
- Di chi? Di Diana? - chiese Nicola in uno sbadiglio.
- Sì! Insomma, è venuta da me oggi, no? Ecco,
abbiamo sistemato subito per il giornale, ma è rimasta da
me, e… insomma… non saprei proprio come
spiegarti, abbiamo parlato tutto il pomeriggio, abbiamo un sacco di
cose in comune. E le piacciono un sacco i videogame! Alla Play Station
mi ha stracciato. -
- Cavolo, passi dal non esserti mai seriamente innamorato al prenderti
due cotte nel giro di un mese. Dammi un minuto che mi devo riprendere. -
Sentii il mio entusiasmo afflosciarsi, di fronte al tono non troppo
interessato di Nicola.
- Sono più serio questa volta. Penso di essermi innamorato
davvero. -
- Se non cambi idea di nuovo tra due settimane… -
Non risposi. Arricciai le labbra e storsi il naso.
- Daiii, stavo scherzando Fabiuccio! -
La voce squillante di Nicola mi colse alla sprovvista.
- Direi che è un passo avanti, siamo passati da una con cui
manco hai parlato a una con cui hai un bel po’ di argomenti
di conversazione, se ho capito. Abbiamo una chance stavolta.-
continuò il mio migliore amico ora tutto contento.
- Ehi, non è che proprio non avessi speranze con
Rachele…- provai debolmente a protestare.
- No, non le avevi. - mi rispose candido Nicola - Fidati, non le avevi.
E poi non era una per te. Diana è… più
il tuo tipo, diciamo. -
Non so perché sospettai un velato sarcasmo.
- Allora, prossima mossa? - mi chiese.
Meditai un paio di idee, ma le scartai subito dopo averle pensate.
- Okeeei, direi che devo riprendere in mano la situazione
un’altra volta. -
- … quanto ti diverti da uno a dieci? - borbottai.
- Ma come? Mi sto solo preoccupando per il mio povero, caro amico
Fabio. -
Sospirai.
- Allora domani studiamo assieme un piano. - trillò Nicola.
- Va bene, mio comandante. - concessi, con un altro sospiro.
- Ci vediamo, tu cerca di non cambiare idea prima di domani mattina. -
- Tranquillo, a domani. -
Riattaccai. Dall’altra parte dell’apparecchio, mise
giù anche Nicola. Fissò il cellulare pensieroso.
Ondeggiò un paio di volte sulla sedia girevole, rigirandosi
il telefono tra le dita.
Poi lo afferrò e scorse velocemente la rubrica. Scelse un
numero e premette il tasto verde.
Tuuuut…
Tuuuut…
- Pronto? -
- Ciao, sono Nicola. Ho una notizia che potrebbe interessarti. -
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Capitolo 8 *** Rivelazione ***
Mentre il suono
del campanello riempie tutta la casa mi passo le mani sul giubbotto e i
capelli castani, cercando di levare un po’ d’
acqua. La pioggia di novembre mi ha sorpreso giusto a metà
strada, lavandomi da capo a piedi. Non fa ancora tanto freddo, ma
presentarsi fradici a casa d’ altri non è proprio
il massimo a mio parere.
- Chi è? - mi chiede una voce ovattata da dentro casa.
- Sono Fabio Comito - rispondo.
Il sorrisone smagliante di Michele si presenta dalla porta aperta.
- Ciao Fabio! Ti stavo aspettando - mi saluta tutto contento.
- Ciao Michele - saluto di rimando, passandomi le mani bagnate sui
pantaloni.
- Oh, cavolo sei zuppo. Vieni in camera mia che ti presto qualcosa
- dice, poi si sposta per lasciarmi entrare.
- Ah, se ti togli le scarpe per favore… -
Mi levo le Nike fradice, poi notato lo stato anche dei calzini, mi levo
pure quelli e affondo i piedi scalzi nell’ immenso tappeto
dell’ ingresso.
- Permesso - dico, chiudendomi la porta alle spalle.
- Vieni pure, non c’è nessuno -
Michele mi fa strada verso una rampa di scale.
Ad accogliermi in camera sua è il ritmico ticchettio della
sull’ immensa finestra.
Un violino è in bella vista accanto alla scrivania.
Il padrone di casa apre l’ armadio, che da solo occupa una
parete intera, e si mette a frugare tra gli attaccapanni. Ogni tanto
tira fuori qualcosa, lo esamina con occhio critico e lo rimette a posto.
- Spero che questi ti vadano bene - dice a un certo punto, porgendomi
una camicia bianca e dei jeans scuri.
- A me vanno un po’ larghi, dovrebbero andare -
Lo ringrazio e li prendo.
- Tu cambiati, io intanto metto le scarpe ad asciugare - dice, poi
prende le scarpe che ho ancora in mano e torna in corridoio.
Quando torna mi sto giusto levando la maglietta.
Fischia sommessamente.
- Però. Dal fisico non sembri proprio il direttore di un
giornale - commenta.
-Beh, non è mica un attività a tempo pieno,
quella - rispondo, iniziando ad abbottonare la camicia - e comunque
gioco a basket -
- Ah sì, a educazione fisica eri bravissimo effettivamente -
Michele si siede alla scrivania e accende il suo computer, un Apple da
52 pollici.
- E ti piace? - mi chiede.
- Sì, molto - rispondo, sistemandomi il colletto. Mi sta
giusta giusta per fortuna.
- Se non avessi il problema del conservatorio mi sarebbe piaciuto fare
basket -
Il biondo prende una sedia nell’ angolo e la mette accanto
all’ altra.
- Suonare deve piacerti molto… - praticamente non fai
nient’ altro - butto lì.
- Beh, non è qualcosa che puoi fare se non ti piace - ride
lui.
- E poi posso evitare ginnastica che è un ottima cosa -
Mi invita ad accomodarmi e poi si siede accanto a me.
- Ah, ti ringrazio per essere venuto oggi. Non sapevo davvero come fare
per il giornale -
Il mio sopracciglio destro ha un guizzo.
- Figurati… - borbotto - comunque ti posso dare solo qualche
consiglio su come muoverti, la maggior parte del lavoro te la devi fare
tu -
- Mi sembra giusto - sorride lui appoggiando i gomiti sul piano.
- Ah, lo sai che stai proprio bene vestito così? - aggiunge.
Il desktop si accende.
- Grazie. Comunque… - dico aprendo internet.
- Tanto per cominciare devi cercare online e leggerti qualcosa scritto
da giornalisti professionisti -
Michele si avvicina allo schermo, poggiando una mano sullo schienale
della mia sedia.
- Ieri hai scritto la recensione del film, giusto? -
- Mh-hm - annuisce Michele.
- Quindi adesso manca quello sull’ elezione dei
rappresentanti d’ istitu… -
Mi interrompo. La vicinanza di Michele sta iniziando a farsi
decisamente fastidiosa. Cavolo, mi sta praticamente alitando in faccia.
- Ehm… Michele? Non per rompere, ma potresti andare un
po’ più in…? -
Di più non riesco a parlare.
Mi trovo rigido come uno stoccafisso con una mano di Michele dietro la
testa e la sua lingua dritta in bocca. Fisso con gli occhi sbarrati
davanti a me, incapace di reagire finché non mi lascia
andare. Pulisce con il pollice un filo di bava che gli sporca il mento.
Poi mi guarda. E non mi piace lo sguardo che mi rivolge. Non mi piace
per niente.
Si sporge verso di me. Mi ritraggo verso il bordo della sedia, ma la
cosa non lo frena minimamente.
- Mi-Michele… - riesco solo ad articolare, prima che mi posi
un dito sulla bocca e mi accarezzi il collo con le labbra, prima di
iniziare a esaminarlo con la lingua. I suoi capelli mi solleticano la
faccia.
Ho la testa foderata di cotone, non riesco a pensare a niente. Riesco a
capire solo che Michele, quel Michele mi ha appena baciato e ho paura
che non abbia la minima intenzione di fermarsi a questo. Solo che non
riesco a reagire.
Click
Il mio sguardo scatta verso il basso, giusto in tempo per vedere le
dita di Michele aprire il secondo bottone a pressione della camicia.
Rabbrividisco, sentendo la sua mano bollente sulla mia pelle
ghiacciata. Però il suo indice che scivola verso il basso
alla ricerca del terzo bottone cancella di botto l’ ovatta
che mi riempie il cervello.
- Basta! - esclamo, spingendolo indietro. Le sedie si rovesciano e
finiamo tutti e due sul parquet lucido.
Mi sollevo sui gomiti e sfrego energicamente il collo per asciugarlo.
- Accidenti - mugugna Michele tenendosi la testa con le mani.
- Ma che fai? -
- Che cosa faccio? Tu che cosa fai, cazzo?! - strillo, tirandomi a
sedere e riabbottonando frenetico i bottoni slacciati.
- Beh, dopo che non ho percepito ostilità dopo il bacio sono
andato avanti… - risponde Michele come fosse la cosa
più naturale del mondo.
- Non è questo il punto! - strepito io passandomi
il dorso della mano sulla bocca.
Dio, mi è rimasto in bocca un forte e inspiegabile sapore di
nocciola.
- Tu stai con una ragazza! Cioè, non dovresti voler baciare
un maschio, in teoria -
- Ma a te non è piaciuto? - mi chiede, mordicchiandosi un
labbro.
- Non hai sentito niente? -
- … ho sentito la tua lingua in bocca - rispondo,
sforzandomi di calmarmi.
- Mi dispiace ma no, non ho sentito niente - aggiungo.
Per un attimo la pioggia sul vetro torna l’ unico rumore
nella stanza.
- Ma sei gay? - chiedo io.
Lui fa spallucce.
- Tu cosa credi? -
Scatto del sopracciglio destro.
- Boh, è una settimana che limoni con una donna e poi tenti
di violentarmi a casa tua… francamente non so -
- … guarda che mica ti volevo violentare -
- E non cambiare discorso! -
Michele sospira, grattandosi la fronte con la mano. Poi si alza in
piedi. Scatto istintivamente sulla difensiva, ma lui fa finta di non
accorgersene. Si ficca le mani in tasca e se ne va alla finestra
dandomi le spalle.
- Sai… in una società come la nostra è
difficile essere apertamente omosessuali, più che in altre
parti almeno - inizia, un po’ titubante.
- Quindi, per evitare di essere etichettato come
“frocio” c’è chi per
costruirsi un alibi, diciamo così, si crea la fama di
donnaiolo, per quanto poco gli piaccia l’attività
per ovvi motivi - dice. Gli si curvano un po’ le spalle
mentre riprende a parlare.
- E la regola prima nelle faccende di cuore è procedere
passo passo per scoprire prima se c’è una
possibilità di venire accettati. Ma cavolo, per quanto fosse
chiaro che tu gay non sei, non sono davvero riuscito a scacciarti dalla mia testa - si
passa sconsolato una mano in faccia.
- E per quanto sapessi che sei etero, ho pensato come un cretino che
vedendo Diana farsi alla grande con un altro te la saresti dimenticata,
ma mi sa che ho solo peggiorato le cose -
Detto questo appoggia la fronte sul vetro.
Un enorme punto di domanda mi rimbalza per il cervello.
- Quindi sono io che… che ti piaccio? - chiedo, molto
incerto, sperando negasse.
Invece lo vedo annuire.
- E tu ti sei messo con Diana per evitare che io mi mettessi con lei? -
Annuisce di nuovo.
Devo dire che all’ improvviso non mi sento molto a mio agio.
Ho un discreto bisogno di andarmene da lì.
- Ehm, Michele… ti dispiace arrangiarti per gli articoli?
Dovrei andare a casa adesso - azzardo, alzandomi in piedi. Quando
riporti sugli occhi sulla sua figura, mi sta fissando.
- Certo, immagino - dice con voce atona.
- Te li faccio avere entro il termine -
- Ok, grazie mille - dico, indietreggiando verso la porta.
- Ci vediamo domani - lo saluto, e esco senza aspettare risposta. Ci
sono i miei calzini e le mie scarpe in attesa in cima alle scale. Non
mi pongo nemmeno il problema sul come siano arrivati lì,
semplicemente li infilo e scendo rapido le scale.
Michele dalla sua finestra guarda la mia schiena allontanarsi lungo la
strada con sguardo vuoto.
- Te lo avevo detto che ti saresti fatto del male e basta -
Michele sospira.
- Hai ascoltato tutto dalla prima all’ ultima parola? -
chiede andando a rialzare le sedie ribaltate.
- Non ho resistito alla curiosità, lo confesso - risponde
tranquillo il suo interlocutore entrando nella stanza.
- Alla fine non gli hai detto di esserti messo con Diana
perché era lei ad essere innamorata di lui - aggiunge,
sedendosi su una sedia dalla parte dello schienale.
- Perché avrei dovuto? - sorride pallidamente il biondo.
L’ altro ride.
- Effettivamente. Ma non gli hai neanche detto che oggi vi siete
mollati - il ragazzo poggia la guancia sulle braccia poggiate sullo
schienale.
- Lo scoprirà a breve comunque -
Michele si butta a faccia in giù sul letto a due piazze.
- Cavolo. Devo decidere se il bacio di oggi ha sconvolto più
te o Fabio - commenta il ragazzo.
- Hai visto che sguardo che aveva quando è uscito?
L’ho traumatizzato… - piagnucola l’
altro con la voce soffocata dal cuscino.
- Sì, forse sì. Il povero Fabiuccio è
ancora fragile e inesperto in questo campo - ridacchia il nuovo venuto.
Michele solleva la testa e gli lancia un’ occhiata da dietro
la spalla.
- Se Fabio sapesse cosa hai fatto alle sue spalle in questi ultimi
tempi non ti rivolgerebbe più la parola, a mio parere -
- Oh, ma io non ho fatto niente di male - ride - Ti ho solo avvisato
che c’ era una tipa invaghita dell’ uomo che ti
piace. Per il resto hai fatto tutto da solo -
- E alla fine si è reso conto che quella per Diana forse non
è solo una cotta passeggera. Quindi è andato
tutto come volevi tu, no? -
- Bingo - risponde l’ altro con un sorriso smagliante.
- Un po’ di sana gelosia gli ha fatto solo che bene, lo
conosco da un sacco di tempo e ormai lo so che inizia a combattere per
avere qualcosa solo se gliela portano via -
Michele si tira su.
- Non capisco se sei più subdolo o più premuroso
- commenta stancamente.
- A tua discrezione, non mi offendo - risponde l’ altro
iniziando a dondolarsi sulla sedia.
- Adesso devo sperare che si muova a combinare qualcosa con
lei - medita il ragazzo.
- Ma perché ci tieni così tanto che Fabio abbia
la ragazza? -
L’ altro ghigna.
- Perché penso che ne vedrei delle belle - risponde - e
perché mi fa tristezza che a diciotto anni non abbia mai
avuto una donna -
L’ altro ragazzo annuisce.
- Senti… io ti ho fatto entrare perché pensavo
avessi il diritto di sapere per primo come andava a finire.
Però, ora che è tutto finito, posso chiederti di
tornartene a casa? - chiede Michele, raccogliendo le gambe e poggiando
il mento sulle ginocchia. L’ altro rimane spiazzato un
istante.
- Certamente, figurati - risponde poi, alzandosi.
- Grazie. Ci vediamo a scuola -
- Ok, a domani, ciao -
La porta si chiude dietro Nicola.
Michele nasconde la testa tra le ginocchia e inizia a piangere in
silenzio.
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Capitolo 9 *** Pioggia ***
Porca troia.
Il primo bacio della mia vita all’ imbarazzante
età di diciotto anni… e ricevuto da un ragazzo
per di più! Non so se ho sentito storie di vita amorosa
più squallide di questa. In jeans e camicia cammino tra le
pozzanghere con gli occhi bassi e con la pioggia che mi tartassa la
testa.
Non sono stato molto carino con Michele, anzi, sono stato proprio uno
stronzo a piantarlo così. Lunedì mi devo scusare.
Però anche lui, approcciarsi in quel modo...
Tiro un calcio a un sassolino per terra che rimbalza sul cemento un
paio di volte.
E, tra l’altro, si è pure approfittato di Diana
per mettere su tutto questo casino.
Tiro un altro calcio al sasso, che rotola avanti.
Finché coinvolgeva solo me era un conto, ma Diana poteva,
anzi doveva lasciarla fuori. Potrebbe anche esserci rimasta male e
scommetto che questo lui non l’ha nemmeno messo in conto.
Tiro un altro calcio, e stavolta la pietra schizza in avanti, centrando
sulla gamba il passante che sta uscendo da una stradina laterale
proprio adesso.
- Ops, scusa - dico subito alzando gli occhi. E poi mi viene spontaneo
sorridere.
- Niente, figurati. Oh, ciao Fabio - mi saluta Diana.
Ha il giubbotto grondante d’ acqua e tutti i capelli
gocciolanti.
- Che ci fai fuori con questo tempo? - le chiedo, andandomi a ritirare
accanto a lei sotto il portico che la protegge.
- Potrei farti la stessa domanda - risponde lei, togliendosi gli
occhiali dal naso e iniziando ad asciugarli sulla felpa.
- Sono andato da Michele per dargli una mano con l’articolo -
rispondo, con tono incolore.
- Wow. Passi anche il sabato a lavorare, sei da encomio - commenta lei,
esaminando le lenti e ricominciando ad asciugarle.
- Sì, ma il tuo uomo è una causa persa. Non
abbiamo fatto praticamente niente - dico io, con un sospiro teatrale.
- Sì, immagino - sorride - comunque non è
più il mio uomo, non te l’ha detto? Ci siamo
lasciati oggi - chiede.
Sbatto le palpebre.
- …no, in realtà no -
- Beh, oggi dopo scuola - dice rimettendosi gli occhiali - non mi
andava bene come stava andando, gliel’ho detto e lui ha
risposto che forse era stato un po’ un colpo di testa
mettersi assieme. Fine -
- …ah. Hai anticipato la mia domanda sul come - commento -
comunque mi dispiace -
- Grazie, ma non è stato poi tanto brutto. Alla fine Michele
non mi piaceva - dice lei, cercando di strizzarsi un po’ i
capelli.
- E allora perché ti sei messa con lui? -
Diana si irrigidisce e poi distoglie lo sguardo.
- Ti offendi se non ti dico che non mi va di risponderti? - dice con un
certo imbarazzo.
- Beh, non sono affari miei dopotutto - rispondo alzando le spalle. Non
so perché, ma mi sento più a mio agio rispetto al
solito a parlare con lei. Mi sembra di poter fare qualche pazzia.
- Cavoli, ma non hai freddo vestito così? - alle parole di
Diana mi guardo. Sono completamente zuppo, con la camicia appiccicata
al torace che lascia ben poco spazio all’immaginazione.
- Mah, in realtà sì -
- E perché sei uscito senza giacca? -
- Me ne sono dovuto andare un po’ di corsa - rispondo con un
sorrisetto imbarazzato - ti offendi se non ti spiego nel dettaglio? -
- Figurati - lei solleva le mani.
- Beh, d’ altro canto l’ uomo bagnato che sarai non
sarà diverso dall’ uomo asciutto che eri - sorrido
io passandomi una mano tra i capelli bagnati.
- Questo lo dice Tamaki in “Host Club” - ride lei.
- Siamo malati - ridacchio io.
- Tu sei malato, semmai… -
Diana si interrompe e starnutisce.
- Salute -
- Graz… -
Altro starnuto. Tira su con il naso.
- Mi sa che mi ammalo anch’ io se non mi asciugo in fretta -
dice, tirando fuori dalla borsetta un fazzoletto e soffiandosi il naso.
- Allora vado. Ci vediamo lunedì a scuola, ciao -
Allora Diana si avvia, offrendosi di nuovo alla pioggia. Se ne va. La
vedrò tra due giorni nella quotidianità
scolastica, intrappolati in un contesto di normalità che non
so davvero se riuscirò a vincere. E non mi va che le cose
restino così, proprio no.
“Non voglio”
E il mio braccia scatta ad afferrare il polso di lei.
- Diana Marcato! - prorompo, unendo i tacchi e irrigidendo le braccia
lungo i fianchi. Il mio primo pensiero suona tipo “cacchio
fai Fabio?”, il successivo “fermati,
idiota!”, ma sembra quasi che le mie labbra abbiano
volontà propria mentre scandiscono.
- Il gesto che mi accingo a compiere ha un’ alta percentuale
di probabilità di traumatizzarla, sconvolgerla o quantomeno
farle desiderare di tirare uno schiaffo al sottoscritto -
Ignorato il fatto che siamo in mezzo alla strada e che ci possa
giudicare chiunque, il mio tono si avvicina pericolosamente a livello
urlato.
- Tuttavia, le circostanze attuali mi costringono a correre il rischio
e a puntare la mia dignità sulla percentuale non troppo alta
che mi è concessa. Quindi, qualunque cosa possa pensare di
me, posso contare sul suo perdono e la sua comprensione nel caso in cui
quello che farò non sarà corrisposto? -
Una sconvolta Diana accenna a un assenso con la testa, prima di
mormorare.
- Cosa stai… -
Di più non può dire, le labbra sigillate dalle
mie, che con gli occhi chiusi e il viso in fiamme sto aspettando solo
un calcio negli stinchi.
Ma lei non si ritrae. Anzi, sento le sue mani toccarmi il viso e
carezzarmi le guance e i capelli appiccicati sopra. Io allungo
titubante le braccia intorno alla sua schiena, poi la stringo forte.
La pioggia e il vento penetrano sotto gli abiti, gelando le ossa.
Non c’importa.
È bellissimo anche così.
Fine
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