A Matter of Trust

di Rein94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 01 ***
Capitolo 2: *** Chapter 02 ***



Capitolo 1
*** Chapter 01 ***


Pairing: Nessuno in particolare. Merlin/Arthur friendship, ma visto che ho cercato di essere IC il “friendship” dipende dai punti di vista.

Rating: Verde

Genere: Generale, Introspettivo.

Avvertimenti: Reveal!Fic …ovvero in cui Arthur scopre la verità sulla magia di Merlin. Ah, sarà una double shot, ho il secondo capitolo già quasi pronto.

Disclaimer: I personaggi appartengono alla BBC, che si diverte a riempire la serie di gente che shippa la Merthur ma fa comunque innamorare Arthur di Gwen.

Note: Ehm…spero vi piaccia, ma anche in caso non fosse così sarebbe carino se recensiste per dirmelo (sì, è un patetico tentativo di ottenere recensioni). Alla prossima!

 

 

 

01.

 

 

Aveva il respiro talmente irregolare da sentirsi la testa svuotata, come se la troppa aria che gli arrivava al cervello lo stesse facendo impazzire. Il suo campo visivo era ricoperto di chiazze colorate - le stesse che appaiono quando si guarda troppo a lungo il sole - e aveva la certezza che, sebbene in quel momento si sentisse totalmente estraniato dal suo stesso corpo, ogni sua cellula stesse tremando – di paura, di rabbia, di dolore.

Si sentiva la testa incredibilmente leggera e allo stesso tempo pesante per via della confusione che provava in quel momento.
Avvertiva un dolore indescrivibile in tutto il corpo, sotto la pelle, dentro di sé, ed era così incredibilmente fastidioso il pensiero di non riuscire a stabilire da quale punto provenisse di preciso: si sarebbe volentieri strappato il cuore dal petto pur di impedire al sangue di pulsare in modo così doloroso nelle sue vene.
La mia armatura è sporca” si ritrovò incoerentemente a pensare “quando torneremo a Camelot, Merlin dovrà pulirla”.

 No, no, così non andava per niente bene. Doveva calmarsi e ignorare quel maledettissimo ronzio che era la voce dell’uomo a terra davanti a lui (chissà cosa stava dicendo, in ogni modo? Non era sicuro di volerlo ascoltare) e ammazzarlo con la spada che solo in quel momento si rendeva conto di avere in mano.
Indistintamente, ricordò di essersi già sentito così, prima. Solo che davanti a lui c’era suo padre e lui sentiva che non sarebbe riuscito a controllarsi e poi…com’è che si era fermato? …Ah, già. Come aveva potuto dimenticare una delle poche volte in cui Merlin si era reso davvero utile?
Gli avrebbe fatto comodo anche in quel momento, pensò Arthur, avere Merlin accanto a consigliargli che cosa fare. Fatto fra l’altro altamente improbabile, visto che stavolta era Merlin quello ai suoi piedi con una spada puntata al petto. E a meno che qualcuno fosse sbucato dal nulla nel giro di pochi secondi, qualcuno che Arthur avrebbe ascoltato – altra cosa improbabile, visto che in una situazione come quella non c’era nessuno a parte Merlin a cui lui avrebbe dato ascolto – il suo servitore sarebbe morto di certo.

 Si sentiva così umiliato, così…stupido. Non c’era assolutamente niente che Merlin non sapesse di lui; in parte perché da quando era diventato il suo servitore lo seguiva ovunque come un’ombra, in parte perché – anche se nessuno dei due l’aveva ancora ammesso ad alta voce – c’era un legame fra di loro. Non che Arthur fosse un esperto in rapporti d’amicizia – in realtà, era abbastanza sicuro di non aver mai avuto amici prima di conoscere Merlin – ma era confortante sapere che c’era qualcuno che, a dispetto del suo brutto carattere e delle liti e della sua totale ed assoluta mancanza di tatto, aveva fiducia in lui e gli sarebbe rimasto accanto nonostante tutto.

 Faceva tremendamente male scoprire che una cosa tanto importante per lui non fosse in realtà altro che una stupida bugia…Se non fosse stato così arrabbiato e deluso e ferito, probabilmente gli sarebbe venuto da ridere. Uno stregone. Uno stregone aveva lucidato la sua armatura e pulito i suoi stivali e l’aveva seguito a caccia e si era fatto mettere alla gogna per lui per oltre quattro anni. E lui, Arthur Pendragon, futuro re di Camelot, per oltre quattro anni aveva sconfitto soldati e stregoni e creature magiche tenendosi vicino senza saperlo il nemico più temibile di tutti.

 <<…Avrei voluto dirvelo, davvero Arthur ma…>>

 

Zitto, zitto! Non voleva sentirlo parlare. Anche mentre cercava di salvarsi la vita continuava a comportarsi come il Merlin che conosceva che aveva creduto di conoscere, quello che non abbassava mai lo sguardo, come a voler esprimere con gli occhi ciò che non gli riusciva di dire a parole. E, ironicamente, quello che Arthur leggeva negli occhi di Merlin era l’esatta copia dei sentimenti che lui stesso provava in quel momento: dolore, senso di tradimento, paura.

Aspettava, con la spada sempre fissa sul petto dell’amico e lo sguardo fisso sui suoi occhi, in attesa di riconoscervi un’espressione a lui estranea che gli facesse capire che no, quello non era il Merlin che aveva imparato a conoscere e che andava bene ucciderlo, perché altri non era che un nemico. Ma più lo guardava, più gli sembrava simile all’idiota che suo padre aveva pensato bene di affibbiargli come servitore, senza immaginare quanto importante sarebbe diventato per lui. Per poi ovviamente rovinare ogni cosa decidendo di tradire lui e tutta Camelot.

Arthur deglutì a fatica, tentando con scarso successo di controllare la rabbia e il tremore nella sua voce.

<<Dammi una sola ragione, Merlin>> cominciò l’erede al trono <<Per cui io non debba ucciderti qui, ora.>>

 
Il moro taceva, e lui aspettava solo che gli rispondesse, così da poter trovare nelle sue insulse giustificazioni un valido motivo per trapassargli il petto con la spada.

<<…Perché, sire, voi non volete farlo.>> Per un istante Arthur fu talmente sbalordito dalla semplicità dell’affermazione che abbassò leggermente la spada. <<Almeno>> continuò lo stregone <<non prima di avermi lasciato spiegare.>>

Arthur rimase immobile, senza avere la benché minima idea di cosa fare. Aveva paura e il dolore e la delusione non davano cenno di affievolirsi, ma stava iniziando a tornare abbastanza lucido da riuscire a pensare coerentemente.

<<Guardatemi, Arthur!>> Merlin approfittò del silenzio del principe <<Voi mi conoscete. Io non potrei…non potrei mai…attaccare in alcun modo voi o Camelot!>>

Improvvisamente, Arthur sentì il bisogno di distogliere lo sguardo. Se avesse continuato a guardare fisso in quegli occhi così familiari, lo sapeva, avrebbe finito per convincersi ad ascoltare quello che aveva da dire. Avrebbe finito per convincersi che le leggi su cui era fondato il suo regno, quelle in base alle quali lui stesso era stato cresciuto, erano sbagliate. Tutto semplicemente per il fatto che l’unica cosa che sembrava veramente sbagliata in quel momento era l’idea di uccidere Merlin.

Aprì la bocca come per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Invece capì, osservando lo sguardo ferito di Merlin, che non l’avrebbe ucciso. Lentamente e con indecisione, smise di puntare la spada al suo petto, senza pur riporla nella guaina.

 

<<D’accordo allora, spiegami.>> Tentava di mostrarsi superiore e sicuro di sé, ma la sua voce tradiva la sua confusione. <<Perché?>>

 

 

~ ° ~ ° | ° ~ ° ~

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Chapter 02 ***


 

 

 

 

02.

 

 

Merlin faceva parte di quel gruppo di persone che, se in preda a forti e contrastanti emozioni o davanti a situazioni critiche, tendevano a rimanere incredibilmente lucide e calme. Era già successo quando era morta Freya: un istante prima il dolore e la rabbia e la disperazione erano lì, tanto pesanti da mozzargli il fiato, e un istante dopo non avvertiva più niente; solo un leggero disagio e l’innaturale sensazione di avere un buco nero nel petto che risucchiava ogni sua emozione. Si sentiva vuoto e stanco e non aveva nessuna voglia di ridere o parlare o prendere in giro Arthur o vivere. Ma il principe si era seduto a terra, accanto a lui – chissà cosa avrebbe detto Uther se l’avesse visto – e aveva tentato di consolarlo, con quel suo modo goffo e insicuro di quando smetteva di nascondersi dietro agli ordini che dava a Merlin e oltrepassava la barriera fra servitore e padrone. Merlin non sapeva come, ma improvvisamente si era sentito così…leggero, come se non fosse più così gravoso respirare.

Purtroppo per lui, però, dubitava che anche questa volta gli sarebbe andata così bene. Era sempre a terra e si sentiva sempre svuotato dentro, ma Arthur era in piedi davanti a lui con la spada puntata sul suo petto e lo guardava come si guarda un estraneo, un mostro. Evidentemente, pensò, Arthur era uno di quegli uomini che quando si sentivano crollare il mondo addosso dalla molteplicità di pensieri e sentimenti che affollavano le loro menti esplodevano, perdendo totalmente il controllo di se stessi.

<<Perché?>> gli aveva chiesto, e Merlin non era sicuro di sapere a cosa il principe si stesse riferendo. Perché era venuto a Camelot? Perché aveva iniziato a praticare la magia? Perché gli aveva mentito?

Aprì la bocca per rispondere, richiudendola subito. Per un istante aveva pensato di propinare ad Arthur tutta la faccenda di lui che no, non aveva scelto di praticare la magia; era la magia che aveva scelto lui e il suo destino (forse era meglio evitare di nominare il drago, almeno per il momento) era quello di proteggere Arthur, che un giorno sarebbe diventato un grande re e avrebbe riportato la magia nel regno.
Ci sarebbe stato il momento (se fosse riuscito a mantenersi la testa attaccata al resto del corpo) in cui Merlin gli avrebbe raccontato tutta la storia, e allora sarebbe entrato anche nell’argomento destino, ma se era almeno un po’ sincero con se stesso sapeva che la risposta alla domanda che gli aveva fatto Arthur era tutt’altra faccenda.

Sospirò; da quello che stava per dire sarebbe dipesa la sua vita e non solo in senso letterale. Non avrebbe potuto immaginare di vivere lontano da Camelot, lontano dai suoi amici e da quella che era diventata la sua famiglia.

<<Quando sono arrivato a Camelot, cercavo uno scopo, qualcosa che mi aiutasse a capire chi sono. Posso usare la magia, è vero, ma…a Camelot ci sono tutti quelli a cui tengo. Gaius, Gwen…voi. È per questo, unicamente per questo che sono rimasto. Non farei mai niente per danneggiarla, Arthur…è casa mia.>>

Guardava Arthur negli occhi, tentando di interpretare il suo sguardo. Il principe inspirò ed espirò profondamente prima di rispondere.

<<Come faccio a sapere che non stai mentendo?>>

<<Potrete anche pensare che questi anni non siano stati che una bugia, ma io vi conosco. Sarei già morto se non mi credeste.>>

Merlin sentì che la sua voce non era mai stata più decisa e per un attimo, negli occhi di Arthur, colse l’ombra di un ghigno. Lo sapeva: se si fossero trovati in una qualsiasi altra situazione, a quel punto del discorso il principe avrebbe sorriso dicendo qualcosa del tipo “Non montarti la testa, idiota  e lui avrebbe risposto, sorridendo a sua volta, “Non ci penso neanche, asino.”

Punzecchiarsi in quel modo era diventato per loro talmente naturale che il silenzio in cui erano improvvisamente piombati sembrava totalmente sbagliato. Lo vedeva dallo sguardo nei suoi occhi, che Arthur stava pensando la stessa cosa.

<<Tutto questo è assurdo!>> proruppe il principe <<Cosa ti aspetti che faccia ora? Dovrei semplicemente…fingere di non aver visto niente? Mentire a mio padre, infrangere la legge? Davvero, Merlin, cosa ti aspetti che faccia?>>

<<Niente - >> rispose Merlin velocemente. L’improvvisa foga di Arthur lo aveva sorpreso ma, a dirla tutta, si sentiva rassicurato. Tutto quel parlare a monosillabi del principe stava iniziando a metterlo in ansia.

<<Cioè>> continuò il mago subito dopo <<naturalmente mi farebbe molto piacere se voi non mi uccideste…e sarebbe un gesto molto gentile da parte vostra se non mi denunciaste a vostro padre.>> Merlin si morse la lingua, dandosi mentalmente dello stupido. La situazione era già abbastanza drastica senza che lui si mettesse a fare lo spiritoso. Forse Arthur aveva ragione: era un idiota.

E Arthur doveva aver pensato la stessa cosa, perché alzò gli occhi al cielo come avrebbe fatto se Merlin avesse detto qualcosa di incredibilmente stupido in una delle situazioni mortali in cui finivano sempre per trovarsi un giorno sì e l’altro pure.

Merlin guardava Arthur, in attesa che decidesse di rialzare la spada, che gli dicesse che l’avrebbe fatto mettere al rogo una volta tornati a Camelot, che facesse qualunque cosa.

Alla fine, il principe ripose la spada nella guaina. <<…Non ti ucciderò e non ti consegnerò a mio padre.>> Per un attimo, Merlin temette di non aver sentito bene, ma lo sguardo che Arthur gli stava rivolgendo era inequivocabile. C’era ancora della paura – paura di fare la scelta sbagliata, di condannare il suo popolo – e il mago sapeva che ci sarebbe voluto del tempo perché le cose fra di loro si aggiustassero, ma Arthur aveva scelto di fidarsi di lui, e quello valeva più di ogni altra cosa.

<<Naturalmente, una volta tornati a Camelot, dovrai raccontarmi tutta la storia.>>

<<Naturalmente, sire.>> Merlin lo capiva; Arthur aveva bisogno di tempo per pensare e metabolizzare gli avvenimenti di quel giorno, prima di essere pronto ad ascoltare tutta la verità.

Senza aggiungere niente, il principe annuì e si diresse verso i cavalli, seguito dal suo servitore. Non sarebbe stato facile raccontare tutta la storia – specialmente la parte del drago – ma le cose sarebbero comunque andate a posto. Con un po’ di fortuna, se la sarebbe cavata con l’ordine di lucidare l’armatura e pulire gli stivali dei cavalieri di tutta Camelot per un anno intero.

 

~ ° ~ ° FINE ° ~ ° ~

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia, e in particolar modo a SeleneKyoto che ha aggiunto la storia alle preferite e nikkith che l’ha aggiunta alle seguite :D

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