A modern Myth

di MorgueHanami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Recrudescenze. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Goodbye Rome! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Casa 'dolce' casa ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - A modern Myth ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Sotterrami, io sono finita con te ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - A Million little pieces : Gemma ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Starlight: Evey. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Orociok ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Time to go to Hell ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Isole negli occhi ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Scelte ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Got back up again. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Recrudescenze. ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 1 - Recrudescenze.

Camminavo ancora balcollando, tra l'indice e il medio una Diana rossa accesa che aiutava l'Alba ad illuminare il cielo. Fumeggiava tranquilla, la sigaretta, senza porsi il problema di dare troppo nell'occhio ai passanti. Camminavo sull'orlo del marciapiede, con gli stivaletti neri e sporchi di fango dalla serata spentasi magicamente, come tutti i concerti. Jared non era in gran forma quella sera del Diciotto giugno a Roma ma, almeno per me, il concerto è stato uno dei più belli che abbia mai vissuto. Oddio, non che in diciassette anni abbia vissuto chissà quali avventure, ma l'idea di Jared che suonava la chitarra e noi piccoli echelon che cantavamo all'unisono, ha il sapore di famiglia. Ed è quello che siamo, noi. Siamo una famiglia.

Ma ormai il concerto era finito; nella mia mente il ricordo di me folle che scavalca le transenne e si aggrappa al palco tendendo la mano al cantante. La security ovviamente ha fatto del suo meglio... stava per sbattermi fuori dall'Ippodromo! Ma Jared li ha bloccati. Jared mi ha preso la mano che tendevo piangente, me l'ha stretta e mi ha tirato sul palco. Mi ha abbracciato, mi ha chiesto cosa avevo.

' Grazie perché siete qui. Grazie perché siete l'aria che respiro.'

Probabilmente m'avrà presa per matta, però mi ha sorriso.Continuava a cantare ' Alibi', mentre il suo pollice gentilmente si permetteva di sfiorarmi la pelle, catturando una lacrima.

- Canti con me? - mi chiese, sorridendo. Ma io non capivo nulla in quel trambusto, non riuscivo nemmeno a decifrarlo l'inglese. Probabilmente in quel momento non riuscivo a capire nemmeno i miei pensieri. Le urla delle echelon aumentarono ancora di più quando al mio 'Oh, Yes.' Jared posò le labbra sulla mia fronte, calmandomi. Sì, quando mi baciò, quando quelle labbra sottili mi sfiorarono, le lacrime si fermarono al loro comando e per una frazione di secondo anche il cuore si fermò. O il tempo? Sì, forse si fermò anche il tempo, perché quel secondo era stato l'unico secondo della mia vita lungo un secolo. Poggiò la fronte contro la mia, sorridendomi. Quei fari azzurri e accesi mi guardavano limpidi e sinceri. Sinceramente, non avrei mai creduto che Jared fosse così dolce e paterno con le proprie fan. Ma, dopotutto, siamo una famiglia. E' giusto che sia così. Che sia come un padre. E che padre! Allontanò di poco il microfono, portandolo al centro, tra noi due.

- Sing. Sing with me. - sussurrò, e cominciammo a cantare. Jared mi guardava abbastanza stupito, forse perchè non ero poi così stonata come credeva, e soprattutto riuscivo a fare tutte le note più alte, che quel giorno il mal di gola non gli permetteva.

'Ueeeeeeiiiiooooh, uueeeeeeiiiioooohhh

ueeeeiiiooooohhh, ueeiioooh,

ueeeeeeeeaaaaaaahh... '

Mi accorsi che continuando a pensare al concerto, le mie labbra e la mia voce cominciarono a camminare insieme dimenticando che all'alba, cantare a scuarciagola per strada, non faceva di me un soggetto 'capace di intendere e di volere'. Le persone continuavano a guardarmi come se fossi uscita da un manicomio. Probabilmente alcune pensavano che fossi fatta. Sì, sono drogata. Pensai. Drogata dei 30 Seconds to Mars. La Diana sulle mie labbra era ormai finita, ma io continuavo a tenerla stretta, mentre canticchiavo tutto l'album ' This is War '. Non mi accorgevo del cellulare che vibrava in tasca, né del fatto che ormai fossero tipo le dieci di mattina. Non m'accorgevo nemmeno dell'odore di concerto che emanavo, né delle persone che si scostavano alla mia vista. Ma chissene frega, domani ritorno a casa mia e ' Bye Bye Rome!', pensavo.

' A milliom littleee pieeceeesss

we'veee brokeeeen innntooo..

.. a miiilliiiooon liiitttlleee piiieeeceees

i'veee stoooleeenn frooomm...'

Un ' Yooou. Seearchhh annnnd Deestroooy! ' che non fu procurato dalla mia voce mi bloccò improvisamente. No, non ci credevo. Stavano continuando la canzone. Una voce, continuava la canzone. Un momento: non era una voce qualsiasi. Era quella voce. QUELLA FOTTUTISSIMA VOCE. Quella della DivaH. Mi fermai, ma non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi. Bloccata, paralizzata.

Adesso ho anche le allucinazioni. Fantastico.

' Seaaarchhhh annnd Deestroooooy. ' Eppure la voce continuava e io non potei fare a meno di seguirla e cantare. In quel momento mi voltai. Le diana mi hanno male. SERIAMENTE MALE. Riprenditi, Morgue. Respira lentamente. E' un miraggio. Qualcuno che gli assomiglia.

NO. ERA JARED LETO, in meglia bianca e aderente al corpo snello e tonico, un jeans attillato che terminava alle caviglie strette, scarpe nere con lacci arancioni . Lo scollo della maglia lasciava intravedere il tatuaggio 'Provehito in altum ' sul petto e la collanina con il simbolo della triad appesa al collo. Mi sorrise, facendomi segno di avvicinarmi.

Ma io rimasi immobile, a fissarlo. Jared Leto. Era l'unico nome che tappezzava entrambe le parti del mio cervello. Ma insomma, che ci faceva solo soletto in giro per Roma a quest'ora? Mossi qualche passetto verso di lui, che continuava ad osservarmi con gli occhioni blu ed indagatori.

- Tu sei la ragazza di ieri. Quella della mano. - disse, guardando la mia mano, la stessa che quella sera aveva toccato la sua. C'era il tatuaggio di una freccia, sulla mia mano. Una freccia che puntava verso l'alto, con la punta che prendeva il dorso della mano e il segmento ,che ne costituiva il corpo, che prendeva tutto il braccio fino al gomito. E tra quella freccia nera, si poteva notare la scritta color pelle ' Provehito in altum' e sulla punta, nello stesso colore, il simbolo della triad.

- Il tuo tatuaggio è bellissimo. - continuò, toccandomi la mano. Sobbalzai. Mi sentì. Scoppiò a ridere.

- Sì, sono io. - risposi dopo qualche minuto di ritardo. Ci mancava solo il mio cervello che impegasse secoli per rispondergli,pensai.

- Non credo alle concidenze. - sussurrò Jared, lasciando che l'unghia del suo indice sfiorasse il dorso della mia mano e salisse verso il braccio.Un brivido, fu tutto quello che sentì. Chiusi gli occhi per un breve momento, senza pensare. Ciò che sentivo era l'eco del percorso che il suo dito aveva fatto. Sto impazzendo. Sto sognando. Dove mi sono addormentata? Su quale gradino dell'albergo?

No, il punto è che ero sveglia. Sveglia davvero.

- Come ti chiami? - chiese subito dopo, lasciano ricadere la mano sul suo fianco. Mi guardava come un bambino curioso, un bambino stupito; il volto si fece di poco più vicino a me, come se gli occhi per leggere i miei avessero bisogno di diminuire le distanze.

- Donia. Ma mi chiamano Morgue.- sussurrai. Non avevo bisogno di alzare la voce, era a un passo da me. Si riallontanò, sorridendomi in modo buffo.

- Obitorio? - domandò inarcando un sopracciglio e scuotendo il capo come solo lui sa fare. Con la faccia fintamente stupita. Scoppiai a ridere. Rise con me.

- Cosa ci fai qui? - domandai curiosa, guardandomi per un attimo intorno. Ma lui non mi rispose, anzi, con aria di rimprovero arricciò il nasino squadrandomi.

- TU cosa ci fai qui? Non hai dove dormire? I tuoi genitori sanno che sei qui? - domandava preoccupato mentre continuava ad osservarmi, fino a cominciare a chiudermi la camicia sbottonata. Lo lasciai fare, guardandolo stupita. Sembrò mio padre, per un momento. Un attimo, poi ritornò la divaH figa di sempre.

- Effettivamente, hanno saputo solo dopo il concerto che io ero andata ad un concerto i miei. - annunciai e lui mi guardò sorridente. Approvava che io fossi scappata di casa per andare a vedere un concerto? Roba da pazzi.

- Non avresti dovuto farlo. Hai dove dormire? - mi domandò sempre con quello strano tono di paternità che cominciava seriamente a darmi sui nervi.

- No. - annunciai anche questo, con un sorrisino non del tutto convinto.

- Verresti con me? - domandò Jared, finendo di aggiustarmi la camicetta e lanciandomi un'occhiata. Adesso sembrava più un depravato che un padre. Ma quella domanda mi scosse.

- Mi... mi.. mi porteresti con te? - domandai a fatica. In quel momento facevo tutto a fatica. Respiravo, a fatica.

Pensavo, a fatica.

Rispondevo, a fatica.

- Certo, sei un echelon, no? Ovvio che ti porto con me. Non voglio che corra rischi. Ti riportiamo noi a casa tua. - sorrise.

Non ci credevo. Non sapevo nemmeno quale espressione tempestasse il mio volto, perché Jared rimase lievmente scosso. Mi sentì impallidire per qualche attimo, poi diventare rossa, poi rosa, poi forse verde, poi blu.. poi di nuovo pallida! In un secondo tutte le emozioni di questo mondo si formavano nel mio cuore ed esplodevano come una bamba nella mia mente.

Fortunata. Pensa. Mio dio, è vero. Ho un mazzo scassato! Che botta di culo enorme, santa pazienza! Fortuna. Sapevo di essere fortunata. E.. sapevo anche che ogni volta che arrivava la fortuna - molto spesso, devo dire - era come assaggiarla per la prima volta.

Che botta di culo. Non riuscivo a pensare ad altro.

Devo farmi di Mars più spesso. Che botta di culo!

 

 

  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Goodbye Rome! ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 2 - Goodbye Rome!

 

Sguaiatamente distesa, con le gambe una a destra e l'altra a sinistra e la schiena che toccava la superficie calda del muretto, attendevo che Jared e il resto della Band prendessero tutte le loro cianfrusaglie e arrivassero alla Limousine che li attendeva fuori il Grand Hotel ' Parco dei Principi '. Non avevo la minima intenzione di entrare in quell'albergo imbottito di lusso ed eleganza: Primo, perché il mio abbigliamento da concerto era poco idoneo all'ambiente e avrei stonato troppo (insomma stiamo parlando di una ragazzina dai capelli scombinati, una camicia larga indosso con tutti i disegnini dei Mars, e un pantaloncino corto invisibile data la camiciona lunga...), attirando l'attenzione; Secondo, per il semplice motivo che mi sarei sentita a disagio. Insomma, un maschiaccio come me in un Hotel simile avrebbe solo portato danni all'Habitat... e non so se ormai ero così in confidenza con Jared da potermi permettere di far pagare a lui tutti i danni. Anche se,pensai, probabilmente lo farebbe. Sono un Echelon.

Il cellulare vibrò per la millesima volta nella mia tasca e visto che non avevo proprio nulla da fare, decisi di vedere chi fosse. Sul display apparve la citazione ' Se rispondi tra sette giorni morirai. Scappa, sei ancora in tempo '. Mia Madre.

- Pronto...? - risposi calma e limpida, serena.

- dove sei finita? Dove eri ieri sera? Perché ancora non sei tornata?! OOOH, ma quando arrivi a casa vedrai che sorpresa! Vedrai. - il suo tono però, tradiva le parole. Non era per niente rassicurante ciò che aveva detto. In realtà già me la immaginavo... con le forbici in mano, pronta a tagliarmi poster maglie e.. perché no, anche i biglietti per i prossimi concerti.

- Mamma, lo sai che sono a Roma, vero?! Sono andata a vedere i... - mi bloccò, gridando fuoriosa.

- I TITTI SECON TO MAS! Sì, quei cosi strani che urlano come dei pazzi nello stereo, li conosco! - trattenni una risata. Ogni giorno, modifica il loro nome ma... 'Titti secon to Mas' ancora non l'avevo sentito!

- Thirty SecondS to Mars, Mamma. Si chiamano Thirt... -

- Non m'interessa come si chiamano, Donia! Ti rendi conto che ci hai mentito? Avevi detto che passavi qualche giorno a Roma da da Alessia, e invece sei andata ad un concerto! -

- Alt, mamma! Sono andata da Alessia. Ho solo omesso che mi sarei fatta un concerto! E comunque... sto tornando, mamma... nemmeno immagini come ci ritorno, a casa... - bisbiglia, e mia madre per qualche attimo sembrò credere che la stetti pigliando in giro.

- Sì sì, certo come torni? Con la Limousine e la band a carico? - domandò fintamente ironica, continuando - Quando tornerai, Signorina, avrai la punizione che ti meriti! -

- Mamma... - mia madre rispose con tono tremendamente preoccupato e incazzato. Seriamente Incazzato. - che c'è? -

- torno davvero con i Mars e la Limousine, a casa. - ero seria, probabilmente mai stata tanto seria in vita mia. - Non sto scherzando.. adesso devo andare, ci sentiamo! Ciao. - e staccai, mentre vidi uscire dall'albergo jared e tomo con l'attrezzatura: Jared portava un paio di pantaloni neri e larghi di cavallo, una maglia bianca e semplice e una giacca in pelle. Non morirà di caldo? Sentivo caldo io per lui. Tomo, invece ,era vestito completamente in nero con i capelli legati e gli occhiali da sole. Rimasi in silenzio ad osservarli, fin quando Tomislav non si voltò a guardarmi quando Jared confabulò qualcosa. M'irrigidì. Stanno parlando di..me? Tomo annuì leggermente e Jared lasciò le sue cose lì, cominciando a camminare. Camminava verso di me. Sentì un buco nello stomaco che cominciava a risucchiare ogni sensazione. Non ricordavo tutto quello che avevo provato nel momento in cui vedevo la sua figura avvicinarsi a me.

Sono una stupida fan impazzita che ogni volta che li vede crede di avere avanti a se Dio. Che idiozia.

Ma quei pensieri, come tutte le sensazioni, sparivano, si dissolvevano a mano a mano che Jared si avvicinava al muretto. Quando fu vicino, osservò divertito la mia posizione. Molto femminile, davvero.

- Allora, signorina.. Donia - riuscì a ricordarsi il mio nome, tendendomi la mano in modo galante. Peccato che il suo sorriso da finto ingenuo smascherò la sua aria scherzosa. M'alzai con la schiena, rimanendo seduta. Stordita.

Ero stordita dalla presenza del mio gruppo preferito e dal sole che era riuscito a cucinarmi per bene. Sarei stata commestibile in quel momento.

- entra con noi nella Limousine o se la fa a piedi? - disse avviandosi verso il mezzo. Lo guardai darmi le spalle e scorazzare verso il resto del gruppo. Lo seguii.

Avevo la sensazione che, forse, l'avrei seguito anche in capo al mondo. Ovunque. Anche in un burrone. Anche sotto un treno. Insomma, ovunque.

M'avvicinai a loro, seguendo Jared. Nel frattempo, anche Shannon era arrivato e mi guardava sorridente. Indosso uno dei suoi soliti capelli strani, a mo' di Cow Boy. Ricambiai il sorriso. - Allora, tu sei quella pazza dell'Ippodromo... sei stata fantastica! Non ho mai visto un Echelon riuscire a sovrastare la security per dare la mano ad uno scemo... - disse, indicando Jared.

Un momento, Shannon mi sta dicendo che sono fantastica?! Anche una pazza. Ma va beh..

quello lo sapevo da un po'.

Cercai di rimanere seria e lucida, fin quando Jared non mi cinse il fianco.

Jared mi sta abbracciando. Jared Leto, il cantante dei 30 seconds to mars,quello della mia band preferita, lui, l'irraggiungibile, il ' Dorian Grey ', Peter Pan.. lui, sta appoggiando la SUA mano sul MIO fianco. Sto morendo. Aiuto. Aiuto. Non mi sento le gambe. AIUTO!

- Allora, piccola... diglielo che è stata una bella sensazione stringermi la mano. - bisbigliò avvicinandosi al mio orecchio. ' Sensazione', lo disse con quel picco di sensualità amara, come chi sapesse che quel momento mi sarebbe mancato per il resto della mia vita. Un brivido. Lo sentì anche lui e sorrise. Il suo respiro coccolava il mio orecchio, quasi sembrava lo facesse appositamente. Il mio invece.. il mio respiro non c'era. Io.. non respiravo.

Non ne avevo bisogno. Avevo la mia band preferita davanti e Jared Leto che provava gusto nel farmi impazzire. Potevo morire felice, adesso. Oh, ti prego Dio Minore... lasciami morire adesso.

Tomo diede una gomitata a Jared - Si, certo... Proprio una bella sensazione, come no! -

- Effettivamente, se non dovessi considerare che sei il cantante della mia band preferita... non è nulla di... eccitante - trattenni una risata, guardando la sua faccia mutare in una smorfia divertente. - ma è stato eccitante cantare con te. - sussurrai a mia volta, nonostante la mia voce fosse ben udibile. Jared mi strinse per l'ultima volta, prima di lasciarmi andare.

Ritornai a respirare. Shannon fu il primo a mettere piede nella Limousine, dopo Jared. Tomo mi fece cenno di salire tendendo la mano verso la porta. Deficienti. Come se non li conoscessi. Tanto l'ho capito che mi stanno prendendo in giro. Non me lo lasciai ripetere due volte e salì, in silenzio. Rimasi con la bocca aperta, guardando l'interno del mezzo di trasporto. Ma quello non è un mezzo di trasporto,pensai,questo è un pezzo d'albergo che cammina!

Non sapevo che dire; pensai di non potermi nemmeno sederci, in quei divanetti in pelle bianca e lucida! C'era posto per... che ne so, forse una ventina di persone! Luci e lucette ovunque facevano luce, poiché i vetri scuri non permettevano nemmeno al sole di entrare. Era stupefacente. Altro che Edward Cullen. Stupefacente. Piano Bar, con tanto di calici in vetro di murano che spuntavano dalla vetrinetta. Champagne, Vino bianco e rosso, Birra forse anche Vodka. Sigari e sigarette, in quella limousine potevano dare un party. Shannon notò la mia faccia stupita e scoppiò a ridere - Scommetto ch non sei mai entrata in una Limousine... - lo guardai con sguardo indecifrabile. Sarà che non sono un fottutissimo membro di una fottutissima rock band con soldoni che piovono dal cielo.

- No... mai. - commentai guardandomi ancora intorno a mo' di cucciolo dall'aria dispersa. Improvvisamente sembrò che ci stessimo muovendo. - Oddio! - esclamai in italiano, sgranando gli occhi e rannicchiandomi sulla poltrona. Jared e Shannon scoppiarono a ridere, Tomo mi guardò con aria interrogativa. - Stiamo partendo? Oddio, 'sta cosa si muove. - sempre in italiano e a quel punto Jared, Tomo e Shannon mi guardarono con aria curiosa. Ah, giusto. They don't speak Italian.

Cercai di rimanere lucida e silenziosa per il resto del viaggio. Non volevo dargli altro fastidio.. stavano già rischiando troppo, con un Echelon assatanata come me. E pazza. Tanto pazza.

Non sapevo dove stessimo andando, in realtà. Mi fidavo di loro e questo bastava. Jared improvvisamente spezzò quell'assordante silenzio, come se non tollerasse di non palarmi. Di non parlare in generale. Di non stare al centro dell'attenzione.

- Ti è piaciuto il concerto? Anche se.. ero veramente uno schifo. - sospirò, come se fosse rimasto un po' deluso dalla sua performance.

- Lo stai chiedendo alla ragazza che ieri sera è salita sul palco, ti ha stretto la mano e ha cantato con te.. secondo te, come potrei risponderti? - domandai sorridendo mentre Shannon scoppiò improvvisamente a ridere. Senza motivo, risi anche io. La sua risata contagiosa. Wow, l'ho sentita dal vivo!

- Ah, beh... Non lo so... era per parlare... - disse lievemente preso alla sprovvista dalla mia risposta. Gli sorrisi, domandandogli. - E' stato divertente girare la pubblicità della Hugo Boss? Voglio dire.. io.. sinceramente mi aspettavo qualcosa di più... - ma lasciai morire la frase lì, lievemente imbarazzata. Porno,io speravo in una pubblicità sensuale... Non porno ma.. Sensuale, insomma.. all'altezza di Mr. Leto, ecco.

Jared scoppiò a ridere. Mi feci lievemente rossa... Beh, era vero. Mi aspettavo qualcosa di più.. non lo so, ma certamente non Jared che cammina per una città in giacca e cravatta, ecco.

- Già.. la prossima volta farò una pubblicità più Sexy. - sussurrò ridendo mentre la Limousine di colpo si fermò. Il pannello di vetro scuro, che separava l'autista dalla 'sala' dove eravamo, s'abbassò accompagnato da un lieve rumore tipico del finestrino che scende per dare possibilità all'aria di entrare in macchina. - Siamo arrivati. - annunciò e le porte della Limousine s'aprirono.

Non so come,ma poco dopo ero su aereo privato dei Thirty Seconds to Mars e guardavo Roma allontanarsi e farsi sempre più piccola.

Goodbye, Rome. Thank you for all. E chiusi gli occhi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Casa 'dolce' casa ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

Capitolo 3 - casa 'dolce' casa.

Quando riaprì gli occhi vidi da un ovale in vetro il sole splendere ed illuminare le nuvole bianche. Sto ancora viaggiando. Tomo e Shannon ridacchiavano tra loro a bassa voce, per non svegliarmi. Jared,invece, mi osservava come un bambino. Scossa. Rimasi scossa. Ma perché ha il vizio di fissarti? Lo fa sempre. Ti fissa con quegli occhioni luminosi. Le echelon si perdono in quegli occhi, certe volte.. Io non mi ci perdo, semplicemente me lo immagino che cammina sulle pareti e gira la testa a trecentosessanta gradi. Chiamate un esorcista.

Quando s'accorse - a scoppio ritardato - che mi sero svegliata, velocemente si ricompose: si sedette vicino a me, senza perdere quella curiosità da bambino che gli offuscava il viso troppo giovane per mostrare trentanove anni. Trentanove.. mica quaranta. Anche Shannon e Tomo s'accorsero del mio risveglio e subito s'apprestarono ad occupare i sedili avanti al mio, come dei bambini che stanno per ascoltare una storia troppo interessante, una puntata del loro cartone animato preferito da guardare, che non possono perdere.

Jared prese coraggio. Ma che mi devono domandare? Se ho l'AIDS? Si voltò verso di me e con voce interessata - fin troppo interessata, così interessata da sembrare disinteressata per chi conosce la tecnica della 'psicologia inversa' - mi chiese con un sorrisetto ingenuo

- Ci parli un po' di te? - rimasi accigliata da quella domanda. Parlare di me a loro?! Perché?!

- Ehm.. che.. che dovrei dire? - lo guardai mentre Shannon smise finalmente di tartassare lo schienale del sediolino con le sue percussioni e rispose - Della tua vita. Cosa fai quando non gironzoli con noi? - domandò ridacchiando e Tomo aggiunse - Insomma.. se sei depressa, quanti caffè prendi al giorno, sei single, ti è morto il gatto di recente?! - scoppiai a ridere. Non credevo Tomo fosse così simpatico. - E soprattutto dove abiti.. sai com'è, non sappiamo dove portarti. - concluse Jared serio. Giusto.. io non gli avevo detto dove abito!

Mi schiarì la voce e cominciai. - Ehm.. il mio nome è Donia Luggieri,ma per le mie amiche sono Morgue. Lo so, Donia è un nome strano, ma a mia madre piaceva perché è il nome di un protagonista del suo libro preferito.. il mio secondo nome è Maria Alice, ma non lo sa quasi nessuno che mi chiamo così.. ho un fratello, Gabriele, mio padre è a lavoro fuori dalla mia città.. mamma invece è la direttrice di una scuola materna.. ah, sì, vivo in provincia di Napoli.. quindi credo dobbiate fermarvi lì... - Jared Leto m'interruppe guardandomi con curiosità.

- come hai conosciuto la nostra band? -

- Uh, questa è una bella domanda. Lex, è stata lei a farmi conoscere voi. Lei è... pazza di voi, in un certo senso. Ero al concerto grazie a lei.. è lei che ha proposto di andare insieme e... - la mia mente in quel momento captò che avevo dimenticato di fare delle cose importanti.

A) Avvisare Wry che ero andata via da Roma e che sarei passata un altro giorno a prendere le mie cianfrusaglie - Wry ormai da due anni viveva a Roma con la sua famiglia, si era trasferita lì, si era fidanzata ed era felice - e a salutarla;

B) Avvisare le altre che stavo per tornare a Casa - LEx non m'avrebbe perdonato il fatto che stessi con i 30 seconds to Mars e lei no... dopotutto, non glielo perdonerei nemmeno io, in caso contrario;

- Cazzo! Ho dimenticato di avvisare che andavo via!!! - urlacchiai improvvisamente, nel mio solito italiano poco raffinato, e la Band scoppiò a ridere. Chissà che faccia avevo.. dovevo essere proprio buffa. Jared mi guardò con aria stranita mentre Shannon con lo sgaurdo mi implorava di tradurre. Tomo continuava a ridere, come se dal mio guardo avesse percepito cosa intendevo dire; sbuffai accorgendomi che dimenticavo troppo spesso del fatto che i Thirty seconds to mars in realtà non parlavano la mia stessa lingua come nei film mentali che facevo.

Mi sforzai di tradurre e ci riuscì. A quel punto tutti e tre ritornarono a ridere. Ma guardali, si divertono proprio a prendermi in giro,pf. Jared mi diede il mio cellulare. CHe caaaa...?!?!? Che ci fa Jared con il mio cellulare in mano?! Gliel'ho dato io?!

- Ti era caduto mentre dormivi. - bisbigliò come a volersi scusare di averlo preso. Ah,ecco.

- Grazie. - risposi sorridente, mentre premendo il tasto della chiamata veloce, la prima persona a cui caricare l'addebbito di chiamata fu Alessia.

- Buongiorno! Pay for me di Tim. Attendere prego -

E attendiamo. Shannon e Jared mi guardavano curiosi, Tomo con aria divertita.

- Siamo spiacenti di comuncicarvi che il cliente non ha accettato la chiamata a proprio carico. - Staccai. Tutti e tre scoppiarono a ridere in contemporanea.

- Tanto adesso mi richiama. - sussurrai e dopo nemmeno mezzo secondo il cellullare squillò.

A beautiful lie? Chi aveva cambiato la suoneria? Fino a poco tempo fa ero convinta di avere ' Welcome to the universe' . Jared fece finta di niente. Probabilmente, l'aveva cambiata lui, anche se non so spiegarmi il motivo. Perché A beautiful lie? Sarei andata a fare qualche ricerca.

- Wry! perdonami, sono su un aereo, direzione Napoli. -

- Donia! Santo Dio! Sei viva! Ma.. come?! che stai dicendo?! Come partita per NApoli? Aereo? Che cazzo dici?! E le tue cose?! -

- Hey, Wry! Calmati le verr...-

- calmarmi un cazzo! Sono venuta a prenderti al concerto e non c'eri. Cosa potevo pensare? Dove sei stata tutta la notte?! CIoè! ti ho chiamato un sacco di volte, ma nulla. Ti sembra normale? Mbah. Adesso quando ritorni a prenderti le tue cianfrusaglie? casa mia non è così grande e la tua valigia da fastidio. - borbottò acida.

- Calmati, cazzo. Ho..ho...incontrato Jared, Ale. Non sto scherzando. Sono in aereo con loro, mi..mi hanno trovata mezza delirante dopo il concerto e.. mi accompagnano loro a casa! - tutto d'un fiato, con un po' d'incertezza. Non m'avrebbe creduto,ovviamente. Chi mi avrebbe creduto se avessi raccontato una storia simile?

Mr. Nobody. Signor Nessuno. Solo lui, Jared Leto.

- 'Ste stronzate valle a dire a tu sorella, Morgue! Sto incazzata nera. Non farti sentire per un po', grazie. - stava per attaccare quando chiesi alla band di salutare.

- Hiiiiii! - e loro lo fecero, in coro. Dall'altra parte cominciai a sentire le urla di Wry che scioccata non riusciva nemmeno a parlare.

- No..cioè...i..ja...t...Shhaaann... Lii..tu...valigie... - le uniche cose comprensibili di un discorso di mezz'ora tagliato da singhiozzi, pianti isterici,risate e OH MY FUCKIN' GOD!

- Sì..ehm...facciamo così, riprenditi e..ti richiamo quando arrivo. - dissi,ma lei mi fermò.

- Tu hai una botta di culo enorme, Morgue. Nemmeno immagini. Ma.. Lex? Lex è lì? -

- No, purtroppo. Non era con me quando li ho incontrati... -

- ah... mi spiace. -

- A chi lo dici... - sospirai e lei lo sentì. - Ci sentiamo dopo... - e staccai.

Quando poggiai il cellulare sulla mia gamba, qualcuno dalla camera di volo entrò, guardando Shannon Jared e Tomo con aria di rimprovero. Jared sospirò, Shannon gli fece un sorrisino fintamente ingenuo, Tomo stette in silenzio, a fissarmi.

Ecco,lo sapevo. Adesso questo se ne esce con un ' SCHERZI A PARTE!'. Lo sapevo. Non potevo essere così fortunata. Insomma, nemmeno nei miei viaggi mentali ho avuto così tanta fortuna.

- Spegnete i cellulari! Quante volte devo dirvelo?! - domandò spazientito, guardandomi. - E tu, stai buona, che non potremmo nemmeno portarti qui dentro. Intesi? - mi sentì lievemente scossa e minacciata da quella presenza. Annuì e chiesi scusa, come un cucciolo impaurito. Jared mi accarezzò i capelli e guardò l'assistente di volo.

- Andiamo, Mark, calmati. Non succederà più. era urgente. - Ancora una volta l'aria paterna di Jared Leto. Ancora una volta il cuore che si ferma al tocco della sua mano. Ancora una volta sbianco. Non mi faccio rossa, sbianco. Poi, divento blu. Poi sbianco ancora. Poi rossa e verde. E la faccia divertita di Jared è sempre la stessa; Così limpida... come quella di un bambino. Tzè, io lo dico che 'sto qui è Peter Pan.

Voglio essere Trilly. No, niente Wendy. Wendy alla fine va via... lei vuole crescere, non vedrà mai più Peter. Io.. io invece voglio stare al suo fianco, al fianco della band. Voglio essere la fatina che lo accompagna nelle sue avventure.

Per un momento pensai che se io fossi Trilly e Jared Peter pan, Shannon sarebbe stato spugna e Tomo Capitano Uncino. Beh, effettivamente ce lo vedo con l'uncino e il capello che balla ' Poooorta in altoooo la manoooo! Seeguiii ill tuooo capppiitanno! Muoooovi a teeempo illl bacinooo...' oppure ' CIUUUUUUURMA! QUESTO SILENZIO COS'é? SVEEEEEEEGLIA! TUTTI A RAPPORTO DA ME! SPUUUGNA...' e Shannon che arriva tutto indaffarato.

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA.

Mark ritornò a parlare, interrompendo la scenetta di Spuhnnon che segue gli ordini di Uncinoslav e tenta di afferrare Jared Pan che continua a volare spensierato sul vascello dei due.

- Bene, per il resto.. la ragazza è diretta a Napoli, giusto? Bene, allora ci torna domani, perché dobbiamo fermarci un attimo.. Abbiamo problemi con l'aereo. D'accordo? - non aspettò che i Thirty seconds to Mars oppure io annuissimo, se ne andò e basta, spazientito.

No, dico. Ho sentito bene?

Sarei restata un giorno intero con loro. Cazzo. Cioè. Non.. non ci sono parole.

Anche nella sfortuna, sono fortunata. Mi guardai attorno spazientita alla ricerca di telecamere. Jared m'interruppe. - Che cerchi? -

- Telecamere. Insomma, ho capito che sono su scherzi a parte, sapete? Susu, le telecamere adesso possono anche uscire. - ero seria. Tanto, seria.

Shannon scoppiò a ridere - Bellezza, nessuno scherzo. Sei solo tanto fortunata e troppo simpatica allo scemo qui presente. - disse, indicando il fratello.

Ma Jared sembrò imbarazzarsi appena. Uh, ma che dolce. S'imbarazza. JARED LETO SI IMBARAZZA SIGNORI E SIGNORE!

- Hm, comunque, stai dicendo a proposito di come ci hai conosciuti... - Tomo sviò discorso ed io annuì.

- Giah. Lex.. lei mi fece conoscere la vostra musica. Eravamo a scuola quando arrivò tutta felice con un CD tra le mani; il vostro. Mi fece vedere le foto... mi fece sentire l'album mentre tornavamo a casa a piedi... e mi fece vedere il DVD. Vedeva che a differenza delle altre io la ascoltavo quando mi parlava dei suoi idoli.. che ridevo con lei quando diceva qualcosa di divertente su di voi. Poi ho cominciato, grazie a lei, ad appasionarmi anche io... e... adesso.. come vedete... - dissi, indicando il mio tatuaggio sul braccio.

Tomo e Jared annuirono, Shannon guardò il mio tatuaggio.

- Wow. Originale. Mai vista una cosa simile. Complimenti. - Esultai per mezzo secondo. E' già la seconda volta che Shannon mi esalta e si complimenta con me.

Jared annuì semplicemente, mentre smise di tartassarmi i capelli. Amen.

- Solo tu e Lex siete echelon? - lo guardai inarcando lievemente un sopracciglio. Oddio,che minchia ha detto? Un inglese più lento non sai parlarlo, peter pan?

Jared scoppiò a ridere, parlando lentamente - S o l o T u e L e x s i e t e e ch e l o n ? -

Domandò scoppiando a ridere; A rallentatore non era un po' esagerato? Mah.

- Ah, no. Anche Yra, Evey, la Cobain - alla parola 'Cobain' gli si illuminarono gli occhi. - Wry e Fluo. Al concerto di ieri c'eravamo più o meno tutte. - annuì e lui attese un momento, prima di guardare Shannonn e Tomo che fecero 'Sì' con la testa.

Mise le mani nella tasca del pantalone, quella posteriore. Mi inclinai per guardare, ma lui si spostò. - Ahah! no. Non si guarda, eheh. -

Non volevo vedere cosa stessi tirando dalla tasca, idiota. Volevo vedere il tuo Lato B. Pfffff.

Ma preferì non sapere cosa fossero quei.. 'cosi'. Mi limitai a capire che erano Biglietti.

D'accordo. Ha in mano..uno,due,tre...quattro,cinque..sei. Sei biglietti. E quindi?

Jared lasciò scorrere tra le mani QUEI biglietti. Golden. Golden Ticket. Erano i Golden Ticket,quelli che le Echelon cercavano di comprare con i soldi che non utilizzavano il sabato sera; quei fatidici biglietti che tutti vorrebbero avere, l'ingresso la felicità di ognuno di noi.

Quei biglietti erano la chiave per il Paradiso. E un angelo li teneva tra le mani, sorridendomi.

- Un regalo. Un piccolo regalo. Ci stai simpatica, ragazzina. - disse porgendomi i biglietti.

No, non ho capito bene. I golden Ticket sono MIEI? TUTTI MIEI? Cioè, sei golden ticket tutti per me? E' uno scherzo, vero?

La faccia di Jared si fece preoccupante. Anche io cominciai a preoccuparmi, quando non mi sentii più le gambe. Mi gira la testa. Cazzo, non riesco a parlare. Oddio, che mi succede?

- Jare...Aiut.. - non riesco a tenere gli occhi aperti. Oddio. Sto male.

Sto svenendo. No, occhi. Non posso permettere che vi chiudiate. NO. Jared, Jared aiutami a tenere gli occhi aperti. Mi prese la mano che gli tendevo, prima di collare.

Bene, grazie THirty Seconds To Mars.

Sappiatelo: sono svenuta a causa vostra, ecco.

______________________________________________________________

* S'INTROMETTE*

Shalve Echelon ! Premettendo che 'sto capitolo fa veramente schifo..

Sì, non sapevo come concluderlo.. e perdonatemi se ho fatto passare un casino di tempo, ma mi ero bloccata e non sapevo più come continuare! Ad ogni modo...

spero che anche se fa schifo, sia piaciuto.

Un grazie particolare ad Emanuele. Cristo, qui posso dirlo che sei un figo della madonna?

Ah,ma io te l'ho già detto che sei Bbbono. Non Bono Vox, però.

Addio,

Iamintothewild.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - A modern Myth ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

 

Capitolo 4 - A modern Myth.

Quando gli occhi si riaprirono, ciò che vedevo era lo scenario che si vede oltre un vetro appannato per il freddo. Oltre un vetro completamente ghiacciato. Le palpebre si chiusero e riaprirono più volte, come a voler inumidire l'occhio dandomi la possibilità di vedere. Nonostante fossi in stato confusionale,chissà perché,ricordavo benissimo ogni singola cosa accaduta in quegli ultimi giorni.

Il fatto che mi trovassi in un letto, mi lasciò intendere che avevo sognato ogni cosa.

Ogni fottutissima cosa è immaginazione, è la mia mente malata che tesse la tela, che scrive un copione che nessuno leggerà; e che fa male al cuore.

Mi guardai un attimo intorno rimanendo spaesata: stranamente, quella non era la mia camera. Era completamente azzurra, con qualche strano ghirigoro in pittura blu; il letto blu anch'esso era in ferro battuto come i piedi della scrivania in vetro. Un computer portatile nero era poggiato e chiuso sul comodino accanto al mio letto. M'alzai pian piano, presi le coperte che tenevano al caldo le mie gambe e scesi dal materasso.

Ma dove sono finita? E' un albergo.

Per un momento pensai che era appena finito il concerto; ero nell'albergo che aveva prenotato Wry per me? Era carino, colorato del mio colore preferito. Ha scelto bene.

Mi guardai un attimo addosso, notando che ero vestita perfettamente come dopo il concerto. Tastai le mani del pantalone sentendo la sagoma delle sigarette nella tasca assieme al cellulare e mi rallegrai. C'è tutto, non mi ha rapito nessuno. Credo.

Ma quel sorrisino di sollievo svanì, nel momento in cui pensai che - se davvero non fosse successo nulla di quello che i miei occhi avevano visto, era tutto davvero un sogno - allora Golden Ticket e le parlate con i Mars in realtà non c'erano mai state. Ecco, lo sapevo. Se non c'erano telecamere, allora era un sogno.Giusto.

Mentre mi osservavo intorno, notai qualcosa di lievemente giallo sulla scrivania, sottile, come dei biglietti. ALLUCINAZIONI POST CONCERTO E DIANA.Dovrò smetterla di fumare.

Stavo per avvicinarmi alla scrivania, nel tentativo di capire cosa fosse quel colorito giallastro sulla chiazza di vetro, quando il cellulare cominciò a squillare.

A beautiful lie. Sembrò strano.. anche nel mio 'sogno' avevo la suoneria di ' A beautiful lie' eppure ricordavo benissimo di aver avuto - in raltà - welcome into the universe.

Sorvolai quel piccolo ed insignificante, quando il mio respiro si bloccò. Il nome che apparì sullo sfondo mi mise ansia; rispondere o non rispondere? Questo è il problema.

Il nome ' Ax' continuava ad illuminare la schermata, e il cellulare ormai canticchiava a più non posso, tanto che il cervello cominciò a pulsare nella testa come se volesse uscire e rispondere lui al cellulare. ' Pronto sono il cervello di Donia, in questo momento la ragazza non ha voglia di rispondere è ancora troppo stordita dal bel sogno che ha fatto.. puoi richiamare più tardi, quando mi sarò attivato anche io.. magari. '

Il dito tenni premuto sul tasto con la cornetta verde. - Pronto? - risposi assonnata e la voce da quell'altra parte, limpida e squillante, dolce e premurosa, mi rispose. - Donia! Finalmente. Avevi detto che mi chiamavi dopo il concerto.. invece sono due giorni che non ti fai sentire! Ma quand'è che torni a casa, hm? -

- Du.. Due giorni? Alessà sei sicuro che siano già due giorni? -

- Ahm.. il concerto è stato ieri sera.. ma adesso sono le otto di sera del diciannove giugno,cara. Sono quasi due giorni, comunque.. allora? Sei riuscita a dare la mano a Jared, Piccola? - la sua voce era dolce, ma non paterno come il Jared dei miei sogni. La voce di Alessandro - chiamato Ax poiché è un fan gasato di JAx - era innamorata, piena di riconoscenza e venerazione. Ma io non sono la sua fidanzata. Lui è con un'altra.

- Sono salita sul palco, Ax. Anche se non ne sono molto sicura.. mi sono appena svegliata, sono ancora convinta che sia tutto frutto della mia mente malata. - sospirai e lui scoppiò a ridere.

- Credo di sì.. magari è tutto un sogno, in realtà sei in camera mia e... - si bloccò ed immaginai che sorrise. - E.. abbiamo appena finito di fare l'amore. - continuò malinconico. - Mi manchi, Morgue.. quando torni? - domandò impaziente, mentre dall'altra parte sentì bussare alla porta.

- Non so ancora quando.. mi manchi anche tu.. ma.. chi è? - domandai, e in quel momento sentì quell'odiosa voce femminile starnazzare come una papera

- Con chi sei a telefono, Alessandro? -

- Con tu sorea. - risposi io seccata. - Non dirle che sono io. Digli che è... la TIM - inclazai seccata, lasciando palesare l'amarezza che fino a tre secondi prima ancora non mi aveva del tutto avvolta. Adesso ci manca solo che la parlata con i Mars è stata realmente un sogno e tornerò a casa più depressa di come sono partita...

- La tim, Melà. - rispose Ax, per poi attaccare senza nemmeno salutare. Cinque secondi dopo il mio cellulare vibrò un nuovo messaggio.

' Scusami. Scusami. Scusami. E' Melania, sì. Perdonami, Amore. Prima o poi troverò il coraggio di parlarle.. prima o poi glielo diko che amo te. Solo te.

Promesso, Un Bacione. '

Rimasi a fissare lo schermo con gli occhi lucidi. No, cazzo.Non devo piangere. La storia tra me e Alessandro ormai andava così; Melania era stata la più facile da sedurre, io ero troppo ingenua e fragile, non voleva prendermi in giro. Ma era troppo tardi, ormai e il signorino lo sapeva bene. Ormai ero innamorata, partita, il mio cervello era in tilt per lui. Ma lui non sa rinunciare.. non è ' o Donia o Melania' è ' Melania ufficialmente, Donia praticamente.'.. ormai andavamo avanti da mesi così. Era incominciato con uno stupido bacio alla stazione. E' stata colpa mia, lo so, ma cosa potevo farci? Lui era li, era l'unico a consolarmi e mi stava troppo vicino. TROPPO. Non ho resistito.Non ha resistito a tentazione.

Un bacio.

Un altro. Ancora. Ancora.

Baciami ancora.

Ancora. Ancora.

Le mani. I jeans. Una panchina.

Affanni. Ancora mani. Maglia.

Cominciava ad accarezzarmi le gambe, le sue mani con tanto coraggio e delicatezza cominciavano a farsi largo dentro di me. Sudati, forse era perché faceva caldo. Forse perché eravamo tesi. Forse perché quella tensione ci piaceva. Ancora le mani, cominciano ad accarezzare le labbra, si fanno spazio, fino in fondo, scomparendo nei meandri del mio essere. Del mio corpo. Le spinte docili e mansuete, i battiti accellerati e i sussulti sulle labbra rosse e accese, sottili. I sorrisi, le parole dolci. I baci.

Abbiamo cominciato su quella panchina una sera di Marzo mentre aspettavo l'ennesimo Bus che poi persi. Abbiamo cominciato con un bacio dicendo che sarebbe stato l'ultimo. Mi sbottonava il jeans e diceva che sarebbe stata l'ultima volta che mi avrebbe fatto provare tutto quel piacere. Eppure ogni volta quelle promesse andavano a farsi fottere, perché le lenzuola si stropicciavano quando andavo a casa sua. Non sempre, ma accadeva spesso. Sempre più spesso. Però lui è fidanzato. Sono l'amante. E lui è fidanzato.

Gli occhi ricolmi di amarezza e dolore si voltarono ad osservare la porta ormai spalancata da un po'; la visione angelica che mi ritrovai dinnazi mi fece sussultare. A quel punto le lacrime non si trattennero e scesero invadenti sul viso. Mi stropicciai gli occhi e guardai la porta. Di solito quando lo facevo sulla porta non c'era nessuno, palesando così che avevo avuto un'allucinazione. Adesso, invece, l'immagine di Jared a torso nudo era davanti ai miei occhi. Mi sarei voluta muovere volentieri con i piedi verso di lui ma rimasi impalata al centro della stanza con il cellulare tra le mani a piangere. Jared accigliò le sopracciglia mentre senza dire nulla si avvicinò a me, portando l'indice a catturare le mie lacrime, sorridendomi. Prese il mio cellulare tra le mani, lo poggiò sulla scrivania.

- Hey.. - mi sussurrò all'orecchio, abbracciandomi. Jared Leto mi sta abbracciando. Era strano, ma quel pensiero non mi balenò il cervello nemmeno per un attimo. Mi strinsi a lui, quasi fosse un amico d'infanzia, il mio confidente, la persona a cui ho sempre detto tutto. Mi diede un bacio tra i capelli, mentre le sue braccia liscie mi accarezzavano e mi cingevano i fianchi.

- Cazzo, sto abbracciando Jared Leto. - sussurrai sorridendo appena e lui scoppiò a ridere.

- Domani ci rivedrai in TV che racconterai tutto quello che hai vissuto con i Mars. - disse lievemente ironico, anche se in quella frase accennava con sarcasmo tutto quello che farebbero le fan. Dopotutto, chi non si vanterebbe di aver abbracciato Jared Leto?

Scoppiai a ridere tra i singhiozzi e lui mi guardò. - Siamo a Napoli, dovresti chiamare i tuoi genitori e dire che sei qui.. noi aspetteremo che loro ti vengano a prendere. - sussurrò al mio orecchio.Sembrò sensuale. Un brivido mi attraversò la schiena e le mie mani sussultarono per lei. - Mi dici cos'hai? - mi domandò con la stessa tonalità di prima, mentre si avvicinava a letto, guardandolo curioso.

- Pomegranate era un colore più figo. - aggiunsi io, ridendo. Lui mi gaurdò arricciando il nasino, comprendendo la mia presa in giro. Mi sedetti accanto a lui e gli raccontai tutto. Rossa in viso. Lui mi guardò sgranando gli occhi, quasi non ci credeva a quello che dicevo. Eppure era vera, ogni singola parola che avevo pronunciato trattenendo lacrime di amarezza. Non disse altro, ma fu tentato ad avvicinarsi a me e gli occhi blu mi fissavano con qualcosa di strano dentro di loro, come se avessero letto qualcosa che io non ho mai scritto, qualcosa che non ho mai percepito nel mio 'io' e che non ho mai detto nè pensato.

- Vieni qua, Echelon. - mi disse aprendo le braccia. - Non ti mordo, tranquilla. Voglio solo... consolarti. - Devo farmi consolare da Jared più spesso, pensai. Mi accucciolai tra le sue braccia, mentre lui insolente mi fece coricare sulle sue gambe, accarezzandomi i lineamenti del volto. Mi sorrideva ingenuo. Forse non stava pensando a tutto...ehm, tutto quello che pensavo Io, in qualità di brava echelon.

Lui forse pensava seriamente di volermi solo ed esclusivamente coccolare, ma io pensavo che avrei fatto volentieri altro in quel momento.

Alzai la mano - la stessa mano che mi accarezzò la mattina prima, la stessa mano con cui mi afferrò e mi fece salire sul palco - e lui si lasciò accarezzare le labbra, prima di accovacciarsi di poco, portando il viso verso il mio, sorridendo. Ingenuità, in questo momento te ne vai direttamente a fare in culo, giusto?!

Gli accarezzai i lineamenti e la mia mano arrivò fin dietro la nuca. Lui si avvicinò ancora di più a me. - Ti piace così tanto questo Ax? - domandò a pochi centimetri da me. I suoi fari azzurri mi contemplavano assatanati, le mani mi accarezzavano il volto, sfioravano il nasino all'insù, le labbra, senza lasciarmi parlare. - Sì.. No. Cioè.. Se fosse il mio fidanzato gli darei anche l'anima.. ma lui ama anche Melania, io sono la ruota di scorta.. sono la ragazza per quando lei non c'è, per quando litigano. Mi fa soffrire, se potessi lo cancellerei dalla mia vita. Lo odio, non lo amo. Ma lo amo, e lo odio. - bisbigliai, e in quel momento Jared diminuì le distanze.

Jared cosa cazzo stai combinando? HO DICIASSETTE ANNI, Jared. NON FARE IL PEDOFILO, JARED! Che.. che.. Oddio, le sue labbra. Soffici. Mi sfiorano. Mi sfiorano. ODDIO. MI STA BACIANDO. Muoio. Se prima sono svenuta per i GT, adesso muoio direttamente.

Le mie mani si ancorarono alle sue spalle, il mio voltò s'alzò dalle sue gambe. Non so descrivere la scena, non riesco a capire niente.. solo che Jared mi sta baciando. Che sensazione è questa che sento nelle vene? la chiamano adrenalina? Cos'è? Mi sento.. nata diversa, nata marziana.

- Hey hey, vacci piano. Ho 39 anni, io. - bisbigliò, staccandosi. - volevo solo darti un bacio, non mangiarti la bocca. - scoppiò a ridere, ma sembrava felice della mia reazione.

Oh, ma mi scusi tanto Mr. Leto, il problema è che mi hai preso alla spovvista?

- Scusa. Ehm.. mi.. mi sono lasciata prendere dall'eufo.. - mi da un altro bacio sulle labbra, facendo segno di restare in silenzio. - Mon cher, non una parola, intesi? Spero che con questo bacio capirai cosa devi fare.. cosa devi afferrare e cosa devi lasciare andare. - aspettò che io m'alzassi dalle sue gambe e annuissi, prima di continuare.

- Piccola, devi chiamare i Tuoi. Domani ho un concerto fuori ITTTTaly, e sono ancora qua. Non posso trattenermi ancora. - bisbigliò dandomi il suo BlackBerry. Lo guardai spaesata. Poi guardai il suo BB. Esatto, il suo BlackBerry. Non sapevo nemmeno come usarlo; lo maneggiavo tra le mie mani, ne guardavo ogni minimo paricolare, avanti, indietro, destra sinistra, proprio come Jared faceva con il profumo della Hugo Boss durante la pubblicità, restando praticamente immobile, sconcertata; Il BB di Jared Leto, il suo futuro marito, è nelle mie impotenti mani.

Eh, e come cazzo si usa?

Jared mi capiì dallo sgaurdo e scoppiò a ridere. Prese il suo cellulare e me lo pose indicandomi dov'è che dovevo comporre il numero.

- Ah. ecco. - sospirai e digitato il numero poggiai il BB al mio orecchio. - Sono arrivata, Mamma. sono Donia. Sono a Napoli. - sussurrai e mia madre mi chiese quasi con tono preoccupato se stessi bene, se mi fosse successo qualcosa.

- Benissimo, ho solo dormito un po'. Sono all'Hotel... - mi bloccai per qualche istante mentre chiesi a Jared il nome dell'hotel, e mia madre ne sentì la voce - Con chi sei? - domandò preoccupata ed io sorrisi. - Poi lo vedrai quando mi vieni a prendere. Hotel Vesuvio, è sul lungo mare. -

- Perfetto. Arrivo adesso. immediatamente. Con papà. - e staccò.

Ridiedi il cellulare e Jared mi gaurdò. - Che hanno detto? - domandò impaziente, quasi un po' volesse farsi sentir dire che non potevano venire a prendermi, che avrebbe dovuto aspettare un po', ancora qualche altra ora, ancora una giornata intera. Gli occhi mi supplicavano di dire quelle parole, ma io non potevo mentirgli; sospirai, bisbigliando.

- stanno partendo da casa, tra un quarto d'ora saranno qua. - lui sorrise appena, avvicinandosi a me. - Abbiamo ancora un quarto d'ora. - sussurrò guardando la porta spalancata.

- e io ho diciassette anni, tu trentanove. Se mi sei ancora così vicino domani sarai costretto a venire al mio funerale, Jared. - sussurrai a mia volta ma quando mi si avvicinò lo strinsi a me, quasi gli pregassi di non andare via.

No, ti prego, non andare via. Sento il bisogno di te. Non dei 30 seconds to mars. Di te. Mi faresti dimenticare tutto, se solo volessi. Tu potresti portarmi via dal pozzo, potresti essere la fune che mi permette di rivedere la luce. Non allontanarti, resta ancora qui. Solo adesso, non dimentichiamoci di respirare. Perché poi dovremmo dirci addio.

- Mi sento un pedofilo. Effettivamente, mi sento un pedofilo. Very Soon. - sussurrò stringendomi a sè.

- Beh, infatti, i numeri non sono dalla nostra parte in questo momento però.. pazienza, non ci rivedremo mai più dopo, no?! tanto vale prendere la palla al balzo. - e lui annuì, baciandomi il collo - Ma non oltre i baci. Ricordiamoci di respirare. -

- The last mistake before We died. So don't forget to breath tonight. tonight is the last I said 'Good Bye' - canticchiai sussurrando ' A Modern Myth ' . Lui mi baciò, prima che Shannon entrasse nella stanza e ci guardasse con aria decisamente scettica ed incredula.

- Porco Tofu! - urlò quasi terrorizzato, e Tomo entrò in stanza guardando Shannon.

- Ma ti pare il caso di bestemmiare sul mio Santo nome? - trattenni una risata, poggiando il mio volto tra la spalla e il collo di Jared, immaginando angeli che scendevano dal cielo cantando ' Osanna Ehhh! Osanna Ehhh! Osanna è Tofu il Signoooo - o- or! Osanna Ehhh! Osanna Ehh! Osanna a Tofu cristo! '

- SHIT! - urlò subito dopo, vedendo me e Jared completamente attaccati,senza un briciolo di distanza. - SLEGATEVI SUBITO! - urlò anche lui, guardando Jared con una nota di disapprovazione, me con disgusto. Stavo per staccarmi da lui e scattare in piedi, ma Jared mi attirò nuovamente a se, facendo il broncio a Tomo e Shan. Lo guardai con un cenno di disapprovazione, ma quegli occhi fintamente limpidi e da bambino riuscirono a stregarmi e lo lo guard divenìo quasi con..Amore. Non sono innamorata, sia chiaro. Ma jared fa questo effetto a tutti.

- Jared, Hai quarant'anni.. e.. e... basta. Slegatevi immediatamente! - disse Shannon guardando il fratello con aria di rimprovero.Aquel punto setti ad ascoltare Shannon: m'alzai sorridendo a Jared e rimasi in piedi a fissare i tre, rossa come un pomodoro.

- Gli hai dato i golden? - chiese Tomo e Jared annuì. Mi gaurdò per un istante quasi mortificato. Effettivamente, aveva cominciato lui con i suoi giochetti subdoli.

- I Golden sono miei? - Sapevo che erano i miei, altrimenti non sarei mai svenuta. Ma.. ma, preferivo non crederci, insomma. Non saperlo, avevo paura di svenire ancora.

- Certo che sono i tuoi.. sono sulla scrivania. - disse Jared sorridendomi e alzandosi prese i sei biglietti che avevo già visto precedentemente. Me li pose, dando le spalle ai due e sorridendomi dolcemente. Cavolo, ma che BELLO STRONZO che sei, Dio Santissimo.

- Sono per te e le tue amiche. Dovrebbero esserne sei.. E' per il concerto in Francia, a Parigi. Ti ho dato quello perchè la Francia... - pronunciò la parola 'Francia' con tanto amore ed enfasi che nemmeno un francese riuscirebbe a dire Egalitè, Fraternitè e Giocagiuè con così tanta convinzione - La Francia è molto vicina all'Itttttaly diciamo così. - mi sorrise e io lo guadai stranamente irritata.

- sai Jared.. devo dirti una cosa che milioni di Echelon italiane vorrebbero dirti... - mi schiarì la voce, e la divah mi guardò incuriosita - CAZZAROLA INFAME, ITTTTTALY IS BETTER THAN FRANCEEEEEEEEEEEEEEEEE! - non lo urlai, ma avrei voluto farlo. I tre scoppiarono a ridere Shannon mi rispose.

- Beh.. - ma si fermò, forse non sapendo come giustificarsi. Il mio cellulare squillò e sullo schemo apparì la scritta 'Papuzzo'.

- Papà! - risposi e mio padre ,irato ma contentissimo di sentirmi, disse - Siamo nella Hole. Non ci fanno salire, dicono che non ci credono che siamo qui perché nostra figlia e con i cosi là... -

- I mars, Papà. Perché non sapete pronunciare il nome? - domandai sbuffando, rispondendo. - Scendo, voglio salutare la Band. -

- Sbrigati, ti stiamo aspettando da un po' ormai. - attaccai.

Jared non aspettò che io dicessi qualcosa fece cenno alla band di uscire dalla stanza. Ingenuamente, Shannon e Tofu annuirono e uscirono, insieme. E fu quando i due soppassarono la porta e si voltarono credendo che anche Jared uscisse con loro, e il cantante sbattè la porta in faccia ai due e la chiuse a chiave.

- Cazzo, Jared! NON FARE STRONZATE! - urlò Shannon dall'altra parte dando un calcio alla porta. - INTESI, CAZZO? - urlò da fuori la porta, ma Tomislav sembrò bloccarlo. Non sentì più nulla. Jared si voltò verso di me.

- ascoltami bene. A nessuna , e dico NESSUNA, ho dato questa opportunità che voglio dare a te. Sembri la persona giusta. I miei occhi sono caduti subito su di te, prima ancora che salissi sul palco. Ti do un'altra possibilità per scavalcare tutto e tutti, per arrivare da me. Un'altra possibilità per riabbracciarmi ancora, Donia. Morgue, o come vuoi che ti chiami? Stella? Echelon? - lo guardai senza capire e lui continuò. - Hai un Golden Ticket tra le mani. Ma cerca di arrivare oltre. Soppassa tutto e tutti, arriva da me. Se lo fai, giuro che ti ripagherò. E ripagare non vuol dire finire a letto con me.. ma.. altro. - disse prima di stamparmi un bacio sulla guancia e indicare i Ticket. - Adesso ci dobbiamo salutare. One day Maybe We'll meet again. - quella frase di Closer to the Edge la pronunciammo insieme.

- No! No! No! No! I will NEVER FORGET. - dissi io, mentre lo seguii e insieme prendemmo l'ascensore per scendere nella Hole.

L'avevo fissato per tutto il tempo dallo specchio, quando eravamo nell'ascensore.

Per un attimo avevo pensato seriamente di bloccare l'ascensore per restare ancora con lui.

Poi però me lo sono immaginato che urlava come una femminuccia in preda alla paura e quindi ho lasciato stare.

Mentre l'ascensore si muoveva lentamente verso il basso, Jared mi fissava e si tratteneva dal voler dire e fare qualcosa. Si mordicchiava l'interno della guancia, mentre con la coda dell'occhio mi osservava fingendo di guardare in un punto fisso. Cercai di ammazzare il silenzio con un colpo di tosse. A quel punto fu Jared a fare quello che io pensai: premette il pulsante 'Stop' e fermò l'ascensore.

Cazzo. E adesso?

Mi si avvicinò, cancellando anche l'ultimo millimetro che ci divideva con un semplice bacio. Un bacio e la sua mano coraggiosa mi accarezza i fianchi e scende sfiorando le gambe; le sua labbra tracciano il collo, i denti sfiorano la pelle, le mani disegnano le sue carezze sul busto e oltrepassano la camicetta, ma si ferma.

Ora l'Universo trattiene il respiro, mentre noi qui sopra camminiamo sul filo. ( Jovanotti )

E' un attimo, un lungo attimo di silenzio, in cui ci guardiamo negli occhi, ci fissiamo e studiamo la posizione in cui ci siamo tuffati. Le mie spalle allo specchio, le mie gambe che gli accarezzano i fianchi, le sue che tengono ferme le gambe e il petto che tiene ancorato il mio allo specchio. E affanno.

- No, stavo pensando.. ma dopo come diavolo si riaziona questo arnese? - domandai addocchiando l'ascensore.

- Ahm, bella domanda. Non lo so. - sorrise lui e il nasino ritornò sulla mia pelle.

- Jared cosa hai fumato? - domandai seria. Beh, me le sto facendo due domande: non mi conosce, ho diciassette anni e vuole scoparmi. 'Nsomma, non è da persona normale. Avrà fumato qualcosa, no?!

- Non ho fumato niente, mi piaci. - sussurrò lasciandomi andare quando sentimmo improvvisamente l'ascensore ritornare a muoversi. - Ops. - disse lui, smettendo di tartassarmi il collo con incessante voglia di possesso.

- Ti piaccio come tutte le intervistatrici a cui fai il filo? - domandai ridendo e lui scosse il capo.

- No, quello è per prendere in giro la gente. Con te sono schifosamente serio. - aggiunse mentre vedemmo le porte dell'ascensore aprirsi in modo scorrevole e le faccie dei miei genitori spaesate che mi videro di fianco al mio cantante preferito.

- DONIA! - urlò mia madre gettando a terra la borsa di Roberto cavalli e correndo su tacchi a spillo in mia direzione. M'abbracciò e mi odorò i capelli. - Puzzi di fumo e di.. sudore. E di uomo. - disse ma nonostante ciò mi strinse a sè, come se per un attimo avesse dimenticato la marachella compiuta. Il mio sguardo fluttuò su Jared alla parola ' e di uomo' . Lui sviò lo sgaurdo concentrandosi su Shannon e Tomo che, a loro volta, lo squadrarono ma non compresero.

Probabilmente nemmeno lui comprese quello che mia madre stava urlando furiosa. E la cosa più bella di tutto ciò è che io fissavo la band senza degnare mamma nemmeno di un bisbiglio, come a volergli far capire che è sempre così. E che quando di solito è così loro sono le cuffiette e le chiavi per un mondo differente. Per Marte.

- Donia, mi stai ascoltando? - mia madre mi prese per le braccia e posò il suo viso dallo sgaurdo azzurro sui miei occhi. Mi voltai. - No. - risposi sincera e volò uno schiaffo.

Jared mosse un passo verso di me, ma Shannon gli prese la mano.

Rimasi immobile con gli occhi lucidi e lo sgaurdo perso in una qualsiasi direzione dell'albergo adesso caduto nel più stressante dei silenzi. La guancia pulsava lievemente arrossata, lasciando echi di dolore che cercavo di non ricordare; Jared non si trattenne e mi venne vicino poggiando la sua mano sulla guancia arrossata. Rimasi immobile, mentre mia madre lo osservava scossa.

- Adesso hai anche degli avvocati silenziosi, Donia? Non mi è piaciuto per niente il tu comportamento... Sei andata a Roma nascondendomi che saresti andata al... loro concerto! - disse indicando furiosa i Mars. Jared osservò il dito e mi chiese di tradurre. Lo feci al suo orecchio, mentre mia madre mi osservava. - Che stai confabulando? -

- Mi aveva chiesto di tradurre. - Jared s'allontanò dandomi un bacio sulla fronte. Mio padre si fece avanti e guardò Jared con la sua crestaccia appiattita sul visetto da finto giovane baldo (cit) prima di sospirare. - Donia, sai già la lezione che ti meriti. - disse addocchiando i GT che tenevo tra le mani. - Never Concert. - disse e Jared s'irrigidì nello stesso momento in cui anche io sussultai sgranando gli occhi.

- No, lo sapete. TUTTO tranne questo. No. - ma mio padre con rapidità mi prese i biglietti, anche se prima che potesse farne in mille e piccoli coriandoli Jared,come se avesse capito il tutto della faccenda, bloccò la mano di mio padre senza il minimo timore.

Ancora un attimo di assoluto silenzio. In bilico. Gli occhi di mio padre si accecarono di rabbia, mentre una sua mano si alzò in direzione della faccia di Jared.

- PAPà NON TI PERMETTERE DI PICCHIARLO! - urlai isterica mentre tentai di fermargli il braccio. E mio padre lo fece, si fermò. Shannon in quel momento corse vicino al fratello, Tomo a mantenere Shannon in caso fosse scoppiata una rissa.

- PAPà, D'accordo non vado al concerto. NON CI VADO. Andiamo via, lasciali in pace. Loro non hanno colpe. LASCIALI! - dissi e mio padre si ammorbidì, abbassando il braccio. Jared guardò i Golden Ticket che aveva afferrato e me li pose.

- Sono i suoi biglietti. E lei viene al concerto. - disse. Mio padre l'inglese lo capiva benissimo, non aveva bisogno di traduzioni.

- Il padre sono io. Prova di nuovo ad avvicinarti a mia figlia e ... - si bloccò, guardandomi.

- Signorina, con voi non abbiamo finito. Il resto vi aspetta a casa. - sussurrò e Jared mi afferrò il braccio per mezzo secondo, quasi a mettere alla prova le parole di mio padre.

- Echelon, tu ci credi. - mi disse prima di lasciare il mio braccio da quella morsa snervante. Mi aveva stretto così forte che dopo poco mi sarebbe uscito un livido.

Mio padre cercò di non fare caso a quella presa e lasciandomi tra le mani i Golden Ticket si avviò assieme a mia madre, sapendo che li avrei seguiti.

Diedi le spalle ai Mars con le lacrime agli occhi, guardando i miei genitori arrivare alla macchina. Mi voltai, e loro erano lì che mi fissavano. Non mi trattenni. Una corsa ed ero lì ad abbracciarli e implorarli di dimenticare.

- I'm Sorry. - sussurrai e Jared mi accarezzò i capelli.

- Torna al concerto. Ti prego... torna. - mi sussurrò, prima di lasciarmi definitivamente andare.

* S'INTROMETTE *

Sì, mi intrometto anche questa volta ùù

Shalve Echelons!

A) Perdonatemi.

B) ero scettica su questo capitolo! Cioè..l'avrò riletto milioni di volte.. il punto è che sembrava troppo romantico, troppo.. hm, jared sembrava troppo spinto. Secondo voi si comporterebbe in questo modo il vero Jared?

Io non lo so, ma ho scritto quello che il cuore e la musica mi hanno dettato.

Ho avuto un po' di perplessità, ma grazie a Rossella ( Grazie, Grazie, Grazie) - la mia carissima assorellata <3 - sono riuscita a convincermi che potrà andare.

A lei, A Rox. Questo capitolo è anche per te. Ti devo ispirazione.. e anche il copyright del padre che vuole prendere a pugni Gerardo! (Ma sai ho chiesto a mio padre.. e ha detto che mi scomunicherebbe direttamente come figlia! XD)

Grazie a chi recensisce.. a chi critica. Soprattutto alle criticone: vi voglio bene perché mi correggete <3 ! Grazie a Jared che.. boh, ma grazie bello.

Ah, sì.. Grazie a Rossella ( ANCORA! ) e.. beh, sì.. v.v Grazie a.. Antonio, ovvero Ax, ovvero Alessandro. Perché fortunatamente siamo rimasti solo amici, anche se avrei voluto qualcosa di più!

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Sotterrami, io sono finita con te ***


 

 Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 5 - Sotterrami, io sono finita con te

Non so quanto tempo è passato; So solo che i ricordi raffiorano la mia mente, la stuzzicano anche adesso che probabilmente è stanca di avere sempre lo stesso chiodo fisso da appendere al muro: I thirty seconds to Mars.

Sono passate ore, giorni, mesi da quando la figura dei tre si allontanava sempre di più e sparì oltre le portiere dell'albergo Napoletano. Sono passati tre mesi. Il problema non è che sono passati.. ma COME sono passati. Mi ritrovo nel letto dell'ospedale, non so perché ci sono arrivata, in realtà. O forse lo so, ma preferisco non ricordarmi il motivo di tanta sofferenza. Ho passato le mie vacanze a rimpiangere di credere sia stato tutto un sogno, ho passato giorni interi in una camera buia con le finestre serrate e le tende chiuse, a fissare il loro poster e a sentire sempre la stessa canzone: A Modern Myth. E' la mia preferita, ma il motivo per il quale decidevo di ascoltarla non era perché la mia preferita.. c'è altro, sotto.

C'è la promessa di un cambiamento e di un incontro. C'è la promessa di potermi sentire ancora viva dopo tutti questi mesi di incredula e benefica sofferenza.

Mi piace soffrire, sono sincera. Quando mi accade qualcosa di brutto, quasi sento la necessità di soffrire. E' odioso ammettere di essere autolesionisti, ma se ci penso, chi non è autolesionista? Chi non è pronto a farsi del male? E' come una specie di difesa: quando senti la necessità di difenderti da quello che ti sta accadendo decidi di punirti.. e la sofferenza è l'arma migliore per ricordarti che hai sbagliato. Che adesso devi patirle tutte, le pene dell'inferno.

Spesso credo che questo sia solo un mio pensiero, una mia supposizione. Ma il mondo lo vedo sempre più autolesionista, ogni giorno che passa. Diventa masochista come me. Chissà se anche lui finirà il Trenta Agosto in uno ospedale per Anoressia.

Non è la prima volta che cado in questo buco per dirla tutta. Ma questa volta il motivo - per quanto scontato potesse sembrare ai miei genitori e ai dottori - è il motivo più serio di questo mondo: I Thirty Seconds to Mars e un Golden Ticket bruciato dinnanzi ai miei occhi. L'occasione di poter riabbracciare la felicità.. si era fatta cenere sotto i miei occhi. Da quel giorno non ho più vissuto; la ricerca della felicità è un movente per rendere l'uomo vivo.. ed io che credevo di aver trovato la felicità, l'ho vista volare via con il vento. Allora, c'è ancora un motivo per vivere, se la felicità - unica sede di vita - è stata bruciata? No, non c'è un motivo. Allora che cazzo mangio a fare se non ho motivo per farlo?

Mi rinchiusi in camera con le lacrime agli occhi e la consapevolezza che stavolta dal baratro non sarei più uscita. Perchè la fune, che credevo mi regesse e mi tirasse fuori dal pozzo, è stata spezzata e portata via. I Mars erano l'unica speranza, l'ultima dea uscita dal Vaso di Pandora. Adesso mi manca anche il coraggio di vivere, pensando che non li rivedrò più.

Drammatica? Tragica? Comica?

No, stranamente realista. La stanza buia mi ricordava la notte del diciotto giugno a Roma e il sottofondo dei CD le urla delle echelon, i 'JUMP!' di Jared e infine la sua mano che tocca la mia. Ogni volta che sentivo le canzoni mi piazzavo al centro della stanza semivuota, seduta e gli occhi chiusi e lucidi a farmi da palcoscenico. A volte urlavo di dolore ma non me ne accorgevo. Mamma cercava di entrare in camera, ma era difficile riuscire ad entrare se la porta era chiusa. Una volta la fece sfondare.

Una volta provarono anche a portarmi via i CD.

Una volta chiamarono uno psicologo.

Una volta mi legarono alla sedia per farmi mangiare.

Andai in bagno e vomitai tristezza e sogni amari.

Una volta, ancora, decisero di assecondarmi: non credevano riuscissi in breve tempo a non mangiare più nulla che non siano lacrime. Ma nonostante tutta la sofferenza che andavo a creare attorno a me - che vado ancora adesso a creare attorno a me - i miei genitori non hanno pensato di ridarmi nulla indietro. Nulla. Avevano dato i GT alle mie amiche, ma di me non c'era nemmeno l'ombra. Non le vedevo da quella sera di adrenalina e Salti, da quella sera in cui mi sono sentita viva e libera da ogni catena che la società impone.

Ma oggi forse, le avrei riviste. E loro, sarebbero state costrette a rivedere quella figura sterile e sciupata legata al filo di una flebo e tubi alle narici. Eppure mi piace restare rinchiusa in una stanza bianca e luminosa, pallida come me. Sterile come me. Senza ombra di vita. Improvvisamente il rumore del 'toctoc' alla porta mi fece sobbalzare.

E ancora, il ricordo di Jared sulla porta che mi guardava mentre piangevo. Adesso anche, piango. Ma non è per lo stesso motivo di allora. Anche adesso piango, ma da quella porta non sbucherà Jared. Sarà assurdo. Per tre giorni di fila ho sperato che - tutte le volte che bussavano alla porta - comparisse uno della band a consolarmi e a sorridermi. Ad accarezzarmi i capelli, come hanno fatto tempo fa. L'occhio spento scorre sul braccio dove una volta c'era il tatuaggio di una freccia: Non era un vero tatuaggio a per dirla tutta, era uno di quei disegni ad inchiostro che ti fanno i cinesi che passano sulla spiaggia.. quelli che dopo quindici giorni spariscono senza lasciare traccia. Anche il tatuaggio era sparito come il resto del presente. Dissolto, come la fine di una canzone la cui tonalità si abbassa sempre di più fino a confondersi con il silenzio.

Appositamente decisi di non rispondere al rumore di mani sulla porta. Sapevo che chiunque fosse sarebbe entrato anche senza sentirmi parlare. E dalla porta, sbucò lui: Ax. Uno sguardo neutrale, forse ricorda ancora le mie ultime parole :

- Devi smetterla di giocare, Ale. O me o lei, io non attendo. Non sono la tua ruota di scorta. Mi sono scocciata di essere sempre cancellata dal posto numero uno della lista delle persone a cui si vuole bene di più per dare spazio a quelle che aprono le gambe più facilmente. Che poi, c'è da dire... anche io ho aperto le gambe. Non è stato semplice, ma alla fine sei riuscito in tutto quello che volevi. Bravo. Adesso, se hai un briciolo di umanità e se davvero tieni a me come dici, lasciati dimenticare. Sei solo un 'amaro desiderio e un dolce rimpianto. Lasciati dimenticare. -

Quelle parole lo turabrono, ma erano la verità: Jared mi aveva aperto gli occhi a quello che non volevo vedere. Ax stava con me perché gli piaceva fare l'amore, come Jared mi aveva dimostrato di baciarmi perché gli andava. Perché gli piaceva. Era quello, il suo scopo. Farmi capire che c'è gente che - forse - mi merita. E quella persona non è il ragazzo che adesso senza spiccicare una parola è seduto accanto a me con gli occhi bassi.

- Ti faccio così pena che non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia? -

- Non è questo. - ribattè lui, con sicurezza. Ma lo sguardo è ancora basso, come se non volesse guardami in faccia. E' che la verità fa male. E' che si ricorda che caddi in questo stato già una volta a causa sua. Eppure avevo deciso di non cancellarlo dalla mia vita, perché lui mi aveva implorato che sarebbe cambiato tutto; a distanza di sette mesi posso dire che non è cambiata 'na cippa. Anzi, mi sento sempre più presa per il culo, ripensando che siamo nello stesso ospedale di qualche tempo fa, dove mi face la promessa di farmi sentire meglio.

- E allora cos'è? Non sentirti in colpa, stavolta non è colpa tua. Stavolta è qualcosa per cui vale DAVVERO la pena soffrire. - acida e cattiva, mi va di essere così. Tutti i miei buoni e dolci sentimenti li ho vomitati assieme al cibo. Ciò che resta è l'amarezza di non essere ancora morta.

- Lo so che non è solo colpa mia. Io.. io... - non sapeva cosa dire, si trovava troppo dal lato della vergogna per poter pulirsi la faccia con seta bianca.

- che sei venuto a fare, Ax? Non ho bisogno di te. Quella è la porta. -

- ho lasciato Melania. Donia, ho lasciato Melania, le ho detto tutto. Sono qui per restare con te. - rimasi immobile a fissarlo, incredula, con un sorrisino non di felicità ma limpido sarcasmo.

- Troppo tardi. Mi hanno già aperto gli occhi. E tu non mi meriti. - la sua ira in quel momento sfociò insieme alla mia, ci guardammo come un cane guarda un gatto.

- E dimmi, chi è che ti merita Morgue? Jared leto? oooh, ccerto. Lui ti merita. - non attese che quelle parole fecero il suo effetto. Sapeva che stavo male per loro, sapeva che quando se ne sarebbe andato probabilmente sarei stata ancora più male di adesso. Voleva farmi soffrire, quel lurido bastardo. Come io avevo fatto soffrire lui quando tornai dal concerto.

- Scusa - partì così, di punto in bianco, con un sospiro. Mi gaurdò ricolmo di dolore e forse anche con qualche senso di colpa. Per un attimo mi crollò il mondo addosso, vedendolo così lacerato da una sofferenza che in realtà volevo far patire solo a me stessa. Forse si sentiva così perché mi aveva già visto soffrire, perché sapeva che sarebbe stato difficile ripartire, che probabilmente sarei ricaduta nel baratro, che forse stavolta non sarei mai più uscita.

E sapeva anche che lui più che aiutarmi a ripartire, era la casella del gioco dell'oca che mi faceva ritornare al punto di partenza.

- Scusa, senti.. non volevo farti sentire ancora più male di quello che già sei! Ma ti rendi conto che sei finita nuovamente qui per un stupido gruppo musicale? Vuoi capirlo che la musica non è tutto nella vita, che c'è altro al di fuori delle pareti dei CD? Donia, non è la prima volta che diventi anoressica, e sai che se sei riuscita a farcela prima, adesso potresti anche non... guarire. E non voglio che tu.. che tu.. muoia d'anoressia per una stronzata del genere! E' una stronzata, Morgue. Una grande cazzata. I Mars per te non farebbero tutto questo, non sposterebbero un dito se sapessero che è per loro che stai per finire sotto un pullman.. sotto una macchina o quello che vuoi! Riprenditi, apri quei cazzo di occhi e guarda alla verità, smettila di rifugiarti dietro delle parole bugiarde, cazzo! Basta, cresci santa miseria! Cos'è che non ti piace della tua vita? Hai tutto! Delle amiche stupende, dei genitori che ti permettono di possedere tutto ciò che desideri. io ti amo, tu mi ami, possiamo stare insieme anche in eternità se proprio vogliamo fare i romantici! Ma ti prego,reagisci, smettila di fare la depressa: al mondo c'è gente che sta peggio di te e lo sai! -

lo gaurdai stupita: Ax non si era mai arrabbiato e disperato nello stesso momento, nè si era mai permesso di guardare nella mia vita con i suoi occhi; di solito capitava che gli raccontavo gli aneddoti di quando i miei genitori dimenticavano la mia esistenza, ma rammentavo a me stessa che capitava perché erano troppo stanchi, o solamente perché ormai mi ritenevano abbastanza matura e grande da poter fare tutto da sola, senza bisogno del loro aiuto.

E invece io mi sento sempre più sola senza di loro; a volte vorrei poter ritornare piccola solo per ricordarmi il profumo dei capelli di mamma che si confondevano sul mio viso quando mi abbracciava, oppure la ninna nanna che mi canticchiava papà.. quella di Pino Daniele, che adesso mi sfugge.

- Basta, smettila. Basta. Quella è la porta, ma non solo quella per andare via da questa stanza: vai via dalla mia vita, Alessandro, vattene. Sai tutto di me, e ancora ti ostini a pretendere di potermi gestire la vita. Non ti è bastato avermi come amante? No? Se mi mettessi con te, dopo essere stata la tua amante, cosa non mi farebbe pensare che faresti come hai fatto con Melania? Cosa non mi farebbe pensare che sei un grande stronzo e bastardo, che sei un egoista di merda, senza scrupoli, che essenzialmente fa tanto il dolce ma alla fine ciò che vuole è vincere?! Vattene, non farti più vedere. E soprattutto, non parlare dei Mars così. Vattene. Io non mi demoralizzo, sappilo. Io andrò a quel - la mia mente non ragionò più, cominciai a sparare cazzate, sì, ma l'ho fatto solamente perché lui capisse che io non sono debole. Che ce la farò. - Io andrò a quel fottutissimo concerto, perché BISOGNA SEMPRE MIRARE VERSO L'ALTO! - urlai, mentre lui senza nemmeno gaurdarmi in faccia uscì dalla porta, senza salutare.

Forse non l'avrei più rivisto nè sentito. Una voglia matta di alzarmi dal letto e corrergli incontro si mescolò al sangue che circolava nelle vene. Ma rimasi sul letto, troppo fragile per reggermi in piedi.

In quello stesso istante una figura esile, bianca con due occhioni verdi e puri, i capelli corti e vestita di blu, entrò nella stanza. In un primo istante mi parve di non conoscerla, la Bella Fluo: era sempre con quei capelli lunghi che le nascondevano il visino angelico, ed ora invece si presentava ai miei occhi completamente diversa; Per un attimo ebbi paura che Fluo non era più la 'Fluo' che conoscevo da anni, che fosse cambiata. E la sua espressione rassegnata e triste, mi diede la conferma: adesso mi aspettava la botta finale; delle mie amiche avrei visto solo le spalle, d'ora in poi?

- Lo chiamo? - nessun ' ciao, come stai? Tutto bene? ' Probabilmente era anche assurdo chiedermi come stavo: bastava guardarmi. E quel 'ciao' me l'avevano sussurrato i suoi begli occhi; potevi innamorarti dei suoi occhi, tanto erano grandi e belli. Mi aveva sussurrato tutta la sua tristezza con uno sguardo, mentre cercava di nascondere quella timidezza che si forma quando due persone che si conoscono da tanto tempo hanno litigato e per anni non si sono mai parlate. Per noi, adesso, probabilmente era come ricominciare,era ritornare alle origini: al tredici settembre 2006. O 2007?

- No. - Fredda, distaccata,a come il primo giorno di scuola.. adesso però non c'erano banchi nè libri a dividerci: solo un letto e qualche flebo, a dividere sei anni di fiducia e mani che si stringono.

- Ok. - si sedette accanto a me, senza dire niente. I silenzi valevano , il più delle volte nei casi di Fluo, come il verdetto finale. A volte avevo paura quando stava zitta per troppo tempo.

- Ok. - sospirai, sviando lo sguardo altrove. Cosa avrei potuto fare?

- Mi dispiace, Morgue. davvero mi... -

- Basta, sei l'ennesima che si scusa e magari in cuor suo pensa che sia un'idiota. Come il coglione che è arrivato prima. - mi riferivo ad Alessandro, ovviamente. E a chi, sennò? Alice mi guardò per qualche momento spaesata, chiudendo e riaprendo le palpebre, non comprendendomi.

- Perché l'hai fatto? Non credo che non sia una cosa seria il motivo che ti ha spinta a ritornare qua dentro.. ma... mi piacerebbe saperlo.. magari ti capisco, Ali, magari.. magari io posso stare dalla tua parte, sai? come sempre. Come è sempre stato. Mi sei mancata in questi tre mesi.. se avessi saputo che fine stavi facendo io.. -

- Eri in vacanza, Fluo. Non sentirti in colpa. -

- Mi sento in colpissima, Morgue. Eccome. tu..tu.. ci hai portati i Golden e.. e.. adesso... - non riusciva a completare la frase, effettivamente. Ma quelle parole balbettate, spezzate, tagliate ed incollate in modo da non dare filo logico al discorso, stranamente continuavano a ferirmi. Mi ferivano più delle parole di Ax. Perché quella di Ax poteva essere una supposizione, il suo punto di vista. Alice, invece, mi stava dicendo la verità. Un dato oggettivo. Il dato - dado che ha dato inizio al gioco.

- I miei mi hanno bruciato il GT, avanti ai miei occhi. - scoppiai a piangere silenziosamente, improvvisa, senza nemmeno che me ne accorgessi, senza che il mio cervello desse comando alle lacrime di scendere e rigare il viso. Pierrot.

- Cazzo. - unico commento, mille commenti e significati. S'alzò dalla sedia e balzò ad abbracciarmi. Era così minuta, lei, eppure quell'abbraccio era il più caloroso che avessi mai ricevuto. Perché Fluo,Evey,Lex,Yra, Eden e Wry sarebbero state le uniche a capire quanto fosse importante un biglietto. Siamo nate per quello, noi. Per le transenne e i salti. Per l'odore di concerto. Per le lacrime e le mani che si alzano. Per le ore di fila (Il massimo è stato di venti ore più cinque senza bere, il diciotto giugno). Per il volto di chi amiamo. Per la musica, che è ciò che più di tutto ci fa vivere.

- Stanno arrivando le altre! - mi sussurrò all'orecchio dopo l'ennesimo messaggio di Lex.

' Cazzo, non solo i treni.. anche gli ascensori ci hanno sui coglioni! Arriviamo. '

Quel messaggio rievocò nella mia mente due ricordi:

1) Me e Jared chiusi in ascensore, troppo stretti nonostante l'ascensore fosse praticamente una stanza. E questo ricordo mi fece tutto, tranne che bene.

2) la prima volta che io e le ragazze prendemmo un treno per arrivare a Caserta, ma che sfortuantamente non fermò dove doveva, e ci portò in un luogo sconosciuto perfino alle cartine politiche e alle mappe topografiche . Questo mi fece sussultare di Felcitià, e Fluo scoppiò a ridere, quasi m'avesse letto nel pensiero.

Evey improvvisamente scoppiò a piangere, non so se di gioia o cosa, urlando

- Wellà!! PEPPAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! - l'intero ' Girls Hurdles ' scoppiò a ridere, ricordando i bei momenti passati alle transenne, con CaneSecco che ci dava a parlare e Gian Paolo ( Quelli del Cast di Freaks!, per chi non li conoscesse) che mandava un bacio a Lex, ricordandosi di lei e della sua richiesta di un'autografo col sangue. B E I M O M E N T I , EH?!

Parlammo a lungo, rimasero in silenzio ad ascoltare parole monotone che la mia voce continuava a ripetere, piangevano anche; mi sussurravano che le dispiaceva, che al concerto mi avrebbero chiamata, mi avrebbero pensata.

Che avrebbero parlato con Jared, che gli portavano i miei saluti. ILLUMINAZIONE.

- UNA LETTERA! Gliela consegnate, la lettera? -

lo sguardo delle ragazze, abbagliato dalla mia enorme stronzata , mi fece capire che infondo Donia non era stata vomitata assieme al cibo. La sognatrice di sempre, la bella morgue, era ancora viva e scoppiettante dentro di me.Parlammo a lungo, di tutta un'estate passata dietro bestemmie ai nostri idoli, concerti dei subsonica, mangiate dai parenti a Formia, San Remo con le Triad, Giffoni Film Festival e Salento.

Quando andarono via rimase indelebile l'odore della musica, quello che ci siamo sempre portate dietro, il DNA di folli pazzoidi che in tutti i loro concerti erano sempre legate ad una staccionata in ferro, pronte a saltarla, a piegarla e a correre verso il palco se necessario. Quando andarono via, assieme al loro finto buon umore, lasciarono l'indelebile traccia di tristezza. Quando anche loro varcarono la porta, mi sentì le gambe voler scendere dal comodo materasso e toccare il pavimento freddo, a testare che anche il mio corpo è ancora vivo. Non sono ancora morta. Non ancora. Morirò solo quando avrò scavalcato tutti e tutto. Solo quando riabbraccerò ciò che credo mi appartenga. E dormirò solo quando morirò.(Cit)

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« Se Cenerentola avesse saputo che i sogni possono fare male

probabilmente per questa Domenica non piangerebbe nascosta qui »

( Evey dedicò ' Tra gli Dei ' dei Subsonica a Morgue )

 

 

 

I piedi continuavano a solleversi dal suolo, tutti all'unisono, al suon di 'Jump! Jump! Jump!' che echeggiava dal palco. Affannata, alla fine della moltitudine di gente, mi facevo spazio, senza saltare. Soppassavo ogni persona, che provava a mettermi il bastone tra le ruote. Continuano a farmi largo nei meandri di Echelon impazziti, tra le gambe che volevano e le mani che si accarezzavano producendo suoni che sentivo in lontananza, come ovattati.

Continuavo a spostarmi tra la gente, facendomi sempre più avanti: una donna mi si pose dinnanzi e al tentativo di soppassarla, mi mollò una gomitata che mi fece indietreggiare.

- Di qua non passi. -

- Devo arrivare alla transenna. -

- Anche io vorrei stare alle transenne. -

- Beh, io lotto per quello che voglio. -

Continuavano a saltare tutti, tranne me. Continuavo a camminare verso il palco, tra la gente che bestemmiava il mio passaggio e altri che con gomitate o spintoni mi riprotavano indietro. Ma io non mollo. Search and Destroy mi dava la carica per continuare a farmi spazio, per cercare. E distruggere. Ogni singolo piccolo attimo di quella canzone mi donava vitalità e la possibilità di rialzarmi. Il terreno mi sporcava le ginocchia, ma le mani mi aiutavano a rialzarmi e a camminare. Pogano. Siamo i re e le regine della promessa. SIAMO non ERAVAMO. SONO. Corro, adesso, mentre tutti continuano a saltare. C'è spazio. Sottile come una sottiletta m'infilo tra la gente.

Una botta dietro la testa. Cado a terra. - Hey, ragazzina sta attenta! -

Mi rialzo. Mi guardo a destra e a sinistra. Quasi a rallentatore. E di nuovo, cado a terra.

Ma Mi rialzo. Mi alzo sopra di esso e vedo. Acciaio. Le transenne. Le vedo tra le maglie delle echelon, tra i piedi che saltano, tra le mani che si poggiano, i busti che si sporgono. Come, break me down, bury me bury me. The Kill. Ancora qualche passo. Ed eccola, adesso la tocco.

Sono arrivata alla transenna. Mi guardo alle spalle, e la gente continua a farmi domande. Tutti quelli che ho soppassato con lo sguardo amareggiato mi chiedono chi cazzo fossi per esser riuscita a soppassare ogni cosa ed arrivare sotto il palco. Ma la mia attenzione non è focalizzata su di loro. E' su di Lui.

Sul suo viso che si sporge a guardarmi. Jared.

- THIS IS WHO REALLY I AM INSIDE! -

- THIS IS WHO REAL I AM! -

E ancora la mia mano che tocca la sua. Afferrami, portami via con te. Ce l'ho fatta.

La sua mano fredda mi sussurra carezze, i suoi occhi ricolmi di dolcezza e il busto proteso verso di me. La mano mi accarezza il volto. Tra tutta quella gente che improvvisamente si ferma, a fissarci.

- Troppo tardi. -

Sussurra Jared, prima di rialzarsi. Ed eccola, sul palco, una ragazza alta.. uguale a me. Ero io. Identica e precisa. La copia sputata. Per un attimo mi sentì sollevata. Ci sono io sul palco.

Poi Panico. Jared bacia quella persona che tanto mi somiglia. Ed io urlo il suo nome.

- NON è TARDI! - urlo. - JAREDD! JARED NON è TARDI! - ma in quel silenzio lui è con lei. Le urla pian piano ricominciano ad echeggiare nella mia testa; tra di loro una voce che io non conosco, ma che continua a dire ' Rachaele?! Morgue?! Smettila di urlare! ' che si fa sempre più vera, che soppassa la cappa di vetro che ovatta ogni parola, assieme al mio busto che si alza.

Mi sveglio. E Gemma è lì, accanto a me che mi sorride sospirando di sollievo. Gemma,non l'avevo mai vista prima d'ora. Un sorrisone mi spuntò sulle labbra, mentre il cuore si calmava, percependo che quello era stato l'ennesimo brutto incubo.

- E.. Elga. - la chiamai così, come ci conoscemmo. Strano dirlo, ma sul gioco di ruolo Extremelot.it ci sono anche Echelons. E lei è una di queste: la mia Echelon preferita. Anche lei sorrise, quando la chiamai 'Elga.'

- Recel! - pronunciò bene il nome del mio personaggio, che in realtà si scriveva ' Rachaele'. - O meglio.. Morgana Recel Hysteria! Echelon a tutti gli effetti, anche in una stupidissima community medioevale a sfondo fantasy! La mia assorellata! - scoppiai in un pianto di gioia silenzioso e quasi le balzai al collo,abbracciandola. Mi strinse forte forte a sè, come una vera e propria sorella. Parlavamo spesso noi due, delle storie che a volte scrivevo, dei Mars, oppure della vita di tutti i giorni. Parlavamo spesso e ridevamo con poco.

E io non l'avevo mai vista!

- Che ci fai qua? Sei scesa per me? - domandai egocentrica fingendo di non aver capito la situazione.

- Certo tata! Sono venuta a vedere come stai! Mi ero preoccupata! E poi te l'ho detto che sarei passata a trovarti, prima o poi. -

- Sì, e lo farò anche io! Verrò da te...e... vedremo un concerto insieme, ecco! -

- Non 'un' concerto. Il concerto. -

- Giah. QUEL concerto. In francia... -

- con o senza biglietto. - aggiunse lei, dandomi il cinque.

 

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

* POst IT attaccato sul foglio della storiella v.v*

Ma.. perdono se quel che ho fatto ho fatto io però chiedo scusa! :/

Ok, questo capitolo non mi piace.

E' pieno di errori, vero? non fate caso se i verbi sono... bah, sbagliati, se prima è presente poi passato e poi futuro. L'ho scirtto in momenti.. differenti e beh, che devo dirvi, mi scocciavo di rileggere e corregere!

Grazie e perdontemi. La storia è stroncata così.. per un valido motivo, eh!
Baci,

La Morgue (NON) anoressica.

  

 

  

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - A Million little pieces : Gemma ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

Capitolo 6 - A million little pieces : Gemma.

« E' così,è come se la musica mi proteggesse. Sento che gli effetti negativi di tutti gli anni di chiusura e rifugio verso il mondo sono stati in realtà Stemperati dalla capacità che ho avuto di creare un mondo solo mio fatto di canzoni, in cui tutto aveva un senso, un linguaccio, una completezza che non andavano toccati. Qualcosa mi dice che dovrei rimanere com'ero e tornare a vivere chiuso in quel microcosmo in cui ci siamo solo io e le canzoni, perché fuori di lì non so cosa potrebbe succedermi. Ma quello è un mondo a metà, seppur affascinante. Non ci si può votare al dolore, non c'è niente per cui valga la pena farlo.»

( Tiziano Ferro - Trent'anni e una chiacchierata con Papà. )

 

 

Oblivion risuonava nella stanza luminosa. Quella stanza non l'avevo mai fatta vedere a nessuno prima di qualche settimana fà, quando Gemma aveva deciso di restare a farmi compagnia fin quando la scuola non fosse cominciata. Ovvero Domani.Ma portavo già il conto. Ci mancano altri 199 giorni e finirà.

Ma adesso che ero rinchiusa nella mia stanza preferita e mi sentivo al sicuro, lonana da ogni specie di incubo tra cui la scuola. Non mi sentivo morta e sepolta lì dentro, nè anoressica nè depressa: mi sentivo Donia Luggieri, la bella Morgue. L'artista che lancia i palloncini alla parete e... beh, colora il mondo! Ma nessuno aveva mai visto il mio mondo colorato. Nessuno tranne Gemma. Lei era l'unica che avesse visto quella strana stanza, eppure l'effetto che fece su di lei mi fece sorridere: era rimasta stupita dall'idea di una stanza completamente colorata dei tuoi pensieri. I miei pensieri. Ecco perché non la vedrà mai nessun'altro. A Nessuno avrei concesso questa possibilità. Forse. Perchè c'è sempre la possibilità che ci ritorni con i Mars in questo buco di colori.

Mia nonna ci accolse dolcemente, aprendo il cancello e urlacchiando cominciando a gesticolare - come ogni napoletano che si rispetti!

- Wèèèè! Donietta bell! Allorrr...Si turnat?! Comme staie? - Gemma non si trattenne; ancora poco e sarebbe scoppiata in una risata isterica. Credo che in realtà Napoli e dintorni le piacessero... infondo siamo calorosi, no?!

- Wèè nonnetta mia!!! -le stampai un bacione sulla guancia e l'abbracciai forte, il più che potevo. Quanto mi era mancata la nonna! Da quando nonno non c'era più, tra i trentatrè nipoti che possiede, io ero l'unica che andava a trovarla almeno tre volte a settimana, anche in piena notte se necessario! Ero sempre lì e lei mi coccolava come desideravo che facessero i miei genitori. Mi viziava proprio come una nonna fa con i suoi nipoti: mi aveva addirittura concesso una camera bianca per cominciare a pittare le pareti come meglio desideravo! Ed era quella, la stanza che nessuno ha mai osato vedere. Nessuno per davvero. Tranne la nonna. La nonna ed Elga. E forse - un giorno - Jared, Shannon e Tomo. E magari anche la moglie del Sig. Milicevic!

La nonna ci lasciò sole spalancando la vecchia porta in legno che cigolava procurando un suono che mi mancava: era confortevole, anche se non so il motivo. Confortevole ritornare a percepire il suono di qualcosa che sento mi appartiene, come il resto della stanza colorata: enorme, vuota. Al centro solo un piccolo tavolino incartato dal celofan, con colori di ogni sfumatura possibile ed immaginabile, pennelli, tempere, pittura, pastelli, acquerelli.. una cartolibreria a soqquadro. Le pareti erano quasi tutte bianche tranne una. L'unica era colorata dei colori dell'arcobaleno che si schiantavano sulla parete a significare il nulla. Il nulla dai molteplici significati.

Mi avviai verso l'unico armadio nella stanza, antiquariato, ornato di piccoli ghirigori disegnati da me di colore azzurro e sfondo bianco. Le porte cigolarono, procurando un rumorino che ancora una volta mi fece sentire a casa; Gli scaffali impolverati erano vuoti se non fosse per quella camicia da uomo ripiegata solennemente tra la polvere. Colorata, ornata di schizzi che sembravano essere su quell'indumento appositamente, somigliava quasi ad un camice per la sua lunghezza. La indossai velocemente e chiusi tutti i bottoni nelle apposite fessure, prima di voltarmi verso Gemma che mi guardava sorridente.

- Ahhhh ecco adesso sembri Rachaele! - ammise ridendo, mentre mi sfilavo il pantalone per indossarne uno più comodo, colorato anche lui ovunque, stracciato e rattoppato più di una volta. Le sorrisi, guardandomi allo specchio posto sull'anta sinistra dell'armadio: Ero uguale alla Morgue del gioco, identica e sputata. Mi preoccupai per qualche secondo. Quella Morgue è una pazza, scatenata, pronta a tutto e tutti. Come dovrei fare io per incontrare i Mars. Di Nuovo. Devo essere come la bella Rachaele, senza macchie di paura; pura come una stoffa di seta nera, bellissima e malvagia.

Non ci sarei mai riuscita.

- Bene, adesso che hai finalmente conosciuto il mio mondo, passiamo alla cosa più importante! - scacciai dalla mente il pensiero di Rachaele Du Lac, impegnandomi assieme ad Elga a trovare una soluzione. Dalla tasca del pantalone colorato tirai fuori tre pennelli dalla punta differente: il primo era di misura 4, con la punta quadrata. Il secondo era un pennello gigantesco, non so nemmeno che punta sia, in relatà! Il terzo era una grandezza 8 oppure sedici ed aveva la punta triangolare. Il pennello più piccolo lo utilizzai per alzarmi i capelli. Il medio si tuffò nel colore e per qualche attimo mi persi nelle piccole pieghe che si componevano laddove il pennello si rigirava su se stesso. Sorrisi. Il pennello cominciò lentamente a baciare la parete bianca con il colore, mentre i miei occhi come telecamere imprigionavano ogni singola goccia di pittura, cercando di dare vita a qualcosa di ispiegabile, che sarebbe tornato utile solo al mio essere, importante e perfetto solo alla mia persona.

Gemma continuava ad osservare le date sullo schermo, pensando.

- Allora, io il biglietto l'ho preso per il Diciotto Novembre, in Francia. Mi ospiano i miei zii.. e ovviamente ci sarebbe un posto anche per te. - commentò a voce bassa, quasi avesse paura di essere sentita.

- Tranquilla, alza pure il volume della voce: mia nonna non dirà nulla, nemmeno se ci sente. Lei è l'unica che mi asseconda in tutto quello che faccio. - sorrisi appena, continuando con il pennello a graffiare la parete, cominciando ad incontrarmi con altri colori. - Le mie amiche ed io abbiamo... avevamo... il Golden per l'unidici Novembre... un po' prima, direi. - arricciai lievemente il naso, sospirando. - Ma, Gè, il punto non è questo... Se... se io venissi, scappassi o tutto quello che volete... se riuscissi anche ad arrivare in francia.. senza biglietto, come farò ad entrare e soppassare tutto e tutti? Mi prenderanno, non sono brava in questo genere di cose! -

- Scusami, non puoi utilizzare i risparmi? -

- E come faccio? Quelli mi servono per il treno! O l'aereo.. quello che prenderemo! Sono cinquanta euro, su per giù.. come faccio ? I miei non danno scorte, sanno che sono capace di raccimolare denaro per comprare i biglietti per un concerto. -

- E da dove li trovi i soldi per il treno? - La mia capoccia fece segno verso la porta, indirizzando lo sguardo verso la parete che divideva la stanza in cui eravamo dalla cucina. - Nonna. Ma non posso chiedergli tutta la sua penzione, sai?! E' orribile già questo prestito! credo che dopo lavorerò per dargli indietro ogni centesimo. -

- Tua nonna è.... una super nonna! - rispose ridendo Elga, mentre chiuse il portatile e s'alzò. - Ma il tuo sguardo non è per niente convinto e la tua testa ancora di meno. - sospirò, chiudendo per un attimo gli occhi ed avvicinandosi alla parete, guardandola. - Morgue, in te c'è l'ostinazione di andare nuovamente a vederli; te lo si legge negli occhi quando intraprendiamo il discorso. Ti prego.. ascoltami. Io non so cosa sia successo quella volta a Roma, non l'hai voluto dire a nessuno. E tutti rispettiamo la tua decisione. - Balzò per qualche attimo con lo sguardo sulla mia persona, prima che una mano si intingesse nel colore azzurro e si posasse sulla parete. - Un piccolo ricordo di me. - sussurrò accennando ad un sorriso. - Io ti dico che devi lottare. Superare tutto e tutti . - Quelle parole mi lasciarono con il fiato sospeso. Le sue stesse parole. Identiche e precise. Tutto e tutti, Morgue.

- Tutto e tutti, Morgue. - ripetè lei, sorridendomi. - So che hai già un piano in mente... folle. Lo so. Dimmelo, per favore! Io potrei aiutarti, lo sai! Lo sai che ti aiuto! Andiamooo! Sei la mia assorellata si o no?!??! E allora dimmelooooo! - insisteva come una bambina di tre anni, nonostante ormai ne avesse... hmm, credo diciannove, oppure venti.

- D'accordo. - sospirai, sedendomi a terra, tra i giornali di mesi e mesi fa, quando c'era ancora in prima pagina il rock in Rome! Quando si parlava degli esami di Maturità, delle solite faccende politiche, che sembrano sempre le stesse. Sospirai ancora una volta, ed Elga con un calcio lieve mi spostò il piede. - Sono curiosa. Avanti. Dillo! - mi incitò ed io cominciai.

- D'accoooooordo! Allora. Io devo andare con le mie amiche. Loro hanno il Golden, di conseguenza se le seguissi... Beh, sì, potrei rivederli e avere possibilità di parlare. Quindi, la sera o il pomeriggio in cui loro partono, io vado con loro.. senza dirlo a nessuno. PArto, viggio con loro.. loro non sapranno niente, ovvio... mi troveranno lì con valigia e sorrisino bastardo. - sorrisi appena, immaginandomi la scena: le ragazze tutte eccitate e magari un po' dispiaciute per la mia assenza, che improvvisamente sentono la mia voce stridula per tutta la stazione ' Ragazzeee aspettatemiii parto con voiii! ' ovviamente senza dirle che non ho un biglietto per entrare al concerto. Quello me lo terrei per me.

- Quando arrivo ai cancelli, cercherò di fare il più possibile per rimediare qualche biglietto.. - mi morsi il labbro al solo pensiero che dovevo rubare il biglietto ad un'altra echelon. - Sarà sicuramente nelle borse, in un posto al sicuro. Di conseguenza dovrò avere la fiducia cieca di qualche echelon, prendere il biglietto con la scusa di rimediare qualcosa nella sua borsa ed evaporare il prima possibile con una scusa. - sospirai. Ma gli Echelons non erano una famiglia? Sì. E se io mi comportassi in questo modo squallido e vergognoso.. il concetto di famiglia dove ce lo piazziamo? Donia ma per favore! Quando ci sono i concerti si sa che il concetto ' Echelon Famiglia' va completamente a farsi fottere, no? Giusto. Mi sento meno in colpa adesso.

- Hmmm. - Gemma mi guardava con disprezzo e ammirazione. Non sapevo quale dei due sguardi cogliere, in realtà. Il disprezzo potevo capirlo, dopotutto rubare un biglietto non è una cosa bella. Dall'altra parte l'ammirazione mi dava forza, stava lì a palesare che nessuno avrebbe il coraggio di tradire una famiglia per arrivare alla 'cosa' più importante che - forse - gli resta in tutta la sua vita. Ma mi sentivo vile ugualmente.

- Se poi non riesco a prendere biglietti.. quando ci saranno i cancelli aperti cercherò di soppassare tutti.. e mentre quello della security mi guarda lo zaino, io scappo. Corro. E poi.. vabbeh, poi cercherò l'entrata del Backstage con gli omini in nero alle calcagna. - arricciai lievemente il nasino. Stavo per continuare, ma Elga mi bloccò.

- Ma tu non dovevi andare con le tue amiche? -

- Sì, ma risulta parecchio difficile.. lì ci saranno poi bodyguard da soppassare. Al massimo mi farò dire dove sono, e cercherò di raggiungerle. Posso farcela. - sospirai, ed alga si sedette accanto a me, abbracciandomi.

- Ce la farai. Provehito in altum. Sempre. - sorrisi ricambiando l'abbraccio. Restammo così per un po', giusto il tempo di farmi capire quanto in poco tempo Gemma fosse diventata importante. Sembrava strano, ma nonostante la lontananza, certe volte sembrava essermi più vicina di chiunque altro sulla faccia della terra. Genitori, amici, parenti, cani, gatti. Tutti. Lei, nonostante abitasse a Milano, era la persona più vicina che avevo. Quella che mi capiva meglio. Sarà che siamo Echelon? Forse. Ma ormai avevo già deciso che le volevo bene come una vera sorella. Che l'avrei risentita quando domani lei sarebbe partita ed io - ahimè - avrei ricominciato scuola.

- E nel caso non funzionasse il piano? - domandai sospirando. Elga sciolse l'abbraccio gaurdandomi con un sorrisino poco ingenuo e sospettoso. - No, che hai in mente? - domandai preoccupata.

- Vieni con me. Con o senza biglietto. E ritenti. Ancora. Ritenterai tutte le volte che sarà necessario, Dò! - annuì convinta a quell'affermazione, ritornando ad abbracciarmi. Abbiamo la stessa capocchia di merda, pensai. Ecco perché dobbiamo assorellarci su Lot!

Sorridemmo assieme. Probabilmente avevamo pensato la stessa cosa.

- Provehito In altum. - ripetemmo insieme con vitalità.

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

* Esce da un buco, come i bruchi fanno con le mele.*

Allora, sono una precisazione: La citazione iniziale è di Tiziano ferro, come avete potuto vedere. Bene, l'ho piazzata lì, perché quando la lessi ebbi la senzazione che Tiziano fosse entrato dentro la mia mente e avesse riportato i pensieri nel suo libro. E' così che si sente Donia, più o meno. Il suo mondo sono i Mars. E' la musica.

Solo questa piccola precisazione, magari forse perché la citazione (e chiamala citazione, avrò scritto mezza pagina! XD) potrebbe sviare da quello che è il contenuto della storiella :)
Spero vi piaccia, contatndo che adesso scriverò ogni capitolo per le persone più importanti a DOnia, e ovviamente procederò con la storiella :))

E - OVVIAMENTE - Continuero a parlare dei 30STM <3

UN bacio, grazie per esserci.. come sempre.

La Ila :)

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Starlight: Evey. ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

Capitolo 7 - Starlight: Evey.

'Starlight
I will be chasing your starlight
Until the end of my life
I dont know if
it’s worth it anymore'

(Muse)

 

I MUSEcology continuavano il loro 'concerto' al St Patrick, mentre un gruppo di ragazzuoli fuoriosi - ecchissà chi erano, quei ragazzi - urlava le parole di Starlight, quasi come se dinnanzi a loro ci fosse seriamente Matt Bellamy assieme a Dom e Chris. Ma Evey mi teneva la mano, mentre in quel miscuglio chimico di sillabe e note mi sentivo nuova, nata e libera. Newborn,se proprio vogliamo rimanere in tema Muse.

La serata si era conclusa con i miei piedi doloranti a causa dei salti fatti con i trampoli, un goccetto di troppo che ha lievemente guastato i pochi neuroni rimasti nel mio cervello e la bella faccia del batterista figo a suggellare un bel patto con l'incoerenza. Nella macchina di Evey albergava il silenzio, forse perché le nostre teste andavano ancora a tempo con le canzoni che riecheggiavano nella nostra testa. I capelli riccioluti e rosso fuoco di Evey si muovevano a tempo con la testa altrove, nel pianeta musica. Un maglione rosso e nero di Beshka colorava il suo viso pallido, contornate di occhiaie per il poco sonno. E anche la mia testa andava a tempo con la sua, addirittura gli stessi movimenti assieme a braccia e gambe, come se stessimo suonando alla batteria. Ce ne accorgemmo, che stavamo facendo la stessa azione. Ci voltammo. Ci guardammo. Scoppiammo in silenzio a ridere, credendoci delle idiote. Mi sentivo felice in quel momento e forse Evey l'aveva notato, perché mi fissava felice; contenta di vedermi sorridere, forse.

- Allora, ragazze, che canzoni hanno suonato? - domandò il fratello di Evey, la nostra cara Eva. - Sono curioso, susu. -

- Troppe, nemmeno me le ricordo. - sorrisi appena, guardando Evey. - Ma lei le ricorda tutte, solo che non vuole dirle. Ad un certo punto il cantante voleva una ragazza che cantasse starlight, ma non è voluta andare!!! - una pernacchia ed Eva mi guardò con sguardo assassino.

- Sei un'idiota, Evey. Sai che sai cantare. Altrimenti Davide non ti avrebbe mai presa!! - la sua occhiataccia mi fece zittire. Sospirai. - Ci vediamo domani a scuola. - sussurrai, aprendo la portiera. Ero arrivata a casa in pochi minuti. Il fratello di Evey è veramente un fenomeno.. lui, la musica e i motori.

- Domani.. oddio, è vero. Domani c'è scuola. - Evey fece una smorfia e mi salutò con la manino, mostrando il suo tatuaggio strano, una specie di stella. Risi, camminando sola soletta per il marciapiede di casa.

E stavo ancora ridendo, fin quando quella figura fuori casa mia mi lasciò pietrificata sull'orlo. Rimasi inacidita con delle parole avvelenate ben nascoste dalla lingua, serrate in gola e gli occhi ricolmi di odio e dolore.

- Che ci fai qua a quest'ora, sotto casa mia? - domandai, osservando Ax che non sembrava intenzionato a spostarsi dal cancello. Presi le chiavi e cercai di infilarle nella serratura ma lui mi prese la mano. Lo fissai. - Senti, Ale, sono le undici e mezzo. Sono stanca. Domani ho scuola. Cosa vuoi? - non disse nulla. Si chinò su di me, mi fissava con gli occhi lucidi. Non farlo. Dannazione, non farlo.Non utilizzare le tue mosse segrete per addolcirmi, non ci riuscirai. NO.

L'unico lampione gli illumianva solo parte del viso: mi persi per qualche minuto a fissare i suoi lineamenti; ogni tratto sembrava ricordarmi perché mi piaceva così tanto, ogni piccolo dettaglio stava a rappresentare tutti i momenti in cui lo guardavo allo stesso modo.

Ma io sono ancora innamorata di Ax? No. Ma è sempre lo stesso effetto, il suo.

Il suo profumo inebriava l'ambiente, fino a confondersi con il sapore delle sue labbra. Non resistetti, lo strinsi a me e lui mi abbracciò.


" Mon cher, non una parola, intesi? Spero che con questo bacio capirai cosa devi fare.. cosa devi afferrare e cosa devi lasciare andare. "

Le parole di Jared risuonarono nelle mie vene arrivando al cuore e l'immagine di quell'uomo perfetto mi piombò addosso, nel buio degli occhi chiusi. Quelle nuvole colorate formavano il suo fascino, la mia mente ricordava ogni suo dettaglio di realtà.. nessuna foto, ricordava l'immagine di Jared Leto in carne ed ossa accanto a me. Sussultai e Alessandro mi lasciò.

- Ti amo. Lo vuoi capire che ti amo? - bisbigliò prendendomi per le braccia, stringendomi.

E io ho una confusione nella testa. Lo vuoi capire che ho una confusione assurda nella testa?

- E' tardi. Io devo rientrare. - l'incoerenza tra parole e azioni fece andare Ax in collera.

- Ah. Buona notte, allora. - ma rimase calmo, allontanandosi. Osservai inerme quella figura sempre più lontana.

- No, aspetta. - non urlai, ma lui mi sentì. Si sentiva ogni minimo dettaglio in quella strada oscurata. Anche il passo felpato di un gatto, silenzioso ed agile, si sentiva come un urlo nel bel mezzo del silenzio. - Scusami. Tu sei venuto qui..e.. io ti ho trattato di merda... - dissi, sospirando.

- Dov'eri andata? - domandò inarcando un sopracciglio. - ti ho cercato per tutto il paese. - sorrisi appena - anche al parco... - continuò lui, ridendo.

-ah, quindi hai capito dov'è il parco? - domandai fintamente stupita.

- No, in verità mi ero perso e ci sono arrivato per caso... - scoppiai a ridere, ma lui mi tappò la bocca con un bacio. - Scema, è quasi mezzanotte.. ti pare il caso di ridere a quest'ora? - sussurrò sulle labbra. Restai a fissarlo. In silenzio. Le sue labbra poggiavano ancora sulle mie, prima di scendere lungo il collo, delineando il suo sensuale tragitto; chiusi gli occhi ai suoi dolci morsi, alle sue carezze con le labbra, ai suoi respiri confortevoli. Gli accarezzai appena il viso, mentre lui scendeva più giù, lungo la spalla.

- no, fermati. - Le parole di Jared mi risuonavano nelle orecchie quasi fossero musica da i - pod con cuffiette. - Non so nemmeno io cosa voglio, Ale. - si staccò dalla mia pelle, osservandomi. Poi sospirò e mi lasciò andare.

- Ho capito. Senti.. abbiamo già parlato dei Mars. E.. sai cosa penso. -

- sì.. pensi che sia una pazza, come tutti. Magari anche che sono malata.. ma, tu non mi capisci, Ax! Tu e il resto di questo mondo, non riuscite a capirmi! Non so nemmeno come spiegarvi cosa significano per me, non ci riesco. Pensavo che ciò che era successo qualche mese fa.. pensavo che l'anoressia vi avrebbe fatto capire che i Mars sono per me qualcosa di importante.. sono loro che mi hanno rialzato quando sono caduta la prima volta.. e adesso guardami, nonostante cerchi di rialzarmi..senza di loro non ce la faccio, Alessà! Sono la parte essenziale di me, sono la mia corazza. Non è difficile da comprendere che mi fanno stare bene. Non ho capito cosa ci trovate di male... Conosco una frase, sai? se vuoi te la dico. -

Ax mi sorrise, quasi come se gli facessi pena. Odio quando fa così. Ma perché non capisce nessuno, nemmeno lui, quanto siano importanti per me i Mars?

- Dici pure, allora. - sembrava farmi contenta e ci riusciva.

- Some people believe in God. I Believe in Music. Some people pray. I turned up the radio.-

Non aveva capito. Sospirai.

- molte persone credono in Dio. Io credo nella Musica. Molte persone pregano. Io accendo la radio - E qul viso si stirò in un lieve sorriso. Ma non mi aveva compreso, nulla poteva far comprendere quello che provavo.

E' così difficile, per gli altri, capire cosa provo io? E' così difficile far capire che anche una solo loro foto riesce a farmi sorridere; che anche il solo pronunciare il loro nome mi fa sorridere, dimenticare tutto quello che di più brutto c'è al mondo e ridere, ridere spensierata? Ogni loro canzone parla di me, come se mi conoscessero a fondo. Ogni nota è sposata perfettamente con la sillaba, così da creare un libro dalla copertina illustre, un libro che leggerei tutte le volte che lo finisco.

- D'accordo, io... - sospirò. - sei un caso perso, Morgue. E io adoro i casi persi. - sussurrò ridendo. Sospirai: non mi capirà mai nessuno. Mi sento sola.

- Smettila di prendermi in giro, io sono seria! La musica per me è tutto; La musica è il mio Dio. - e con quella conclusione poco affrettata e davvero sentita, aprì il cancello dietro di me con le chiavi. Ax mi bloccò ancora una volta. - Ti amo. Proviamoci. -

Proviamoci.Quella parola risuonava subito dopo quelle di Jared. Proviamoci. Tentar non nuoce. Proviamoci. Mi voltai verso di lui che si coricò, avvicinandosi al mio viso.

- Dammi una chance, morgue. Mi hai permesso di entrare nella tua vita nel momento meno opportuno; ti ho delusa, ti ho uccisa e messa in vita più volte.. dammi la possibilità, ti prego. Dammi l'opportunità di farti capire che tutto quello che ho fatto non è stato perché sono stronzo ma perché volevo stare davvero con te... ti prego, Donia. Perdonami, sono capace di mettermi anche in ginocchio se necessario, anche farti una serenata rap. - sorrisi appena - anche di scriverlo su tutti i muri. Ti prego, perdonami. Proviamoci. Provaci. ti prego, Amore. Provaci. Non te ne pentirai, provaci. - mi sussurrò a mano a mano che le sue labbra si avvicinavano al mio collo; un brivido percorse il tragitto della spina dorsale, sfumando. Cercai di rimanere impassibile, senza essere scalfita dalla sua violenta dolcezza.

- Proviamoci. Va bene.. ma... - mi interruppe nel bel mezzo del discorso con un bacio. Il mio dito indice gli carezzò la guancia, prima di scendere a delineare la forma del suo viso, fino al collo.

- Si.. se Jared Leto ti chiederà la mano, ti lascerò andare. - rise appena, ma io sorrisi. Lui sta scherzando, ma io stavo per dirgli questo. Lui non sa cosa è successo, a Roma.. nè all'albergo.

 

 

« Molto spesso la crisi è tutt'altro che folle

è un eccesso di Lucidità.»

( Bluvertigo )

 

- La lezione è finita, andiamo in pace! - urlò Fluo varcando la porta dell'aula; io come al solito ero la solita bradipa/lumacona e scansafatiche, infatti fui l'ultima ad uscire e richiudere l'ammasso giallastro su cui noi - bravissimi alunni - avevamo scritto " Ceseificio 3B Cl - We're going to do RICOTTAS! " un modo carino per esprimere tutto il nostro interesse per lo studio: praticamente, siamo convinti che siamo più bravi nel fare le ricotte, che nel studiare greco e latino.

Evey mi aspettò, come sempre; Wry quest'oggi sarebbe ritornata a casa da Roma, sarebbe ritornata a scuola, alla sua vita normale accanto ai nostri nomi. Ma adesso non era con noi, non se la sarebbe fatta a piedi canticchiando per strada assieme a me, evey e Eden che era assente.

- nooo, ma quella di arte oggi ci ha fatto proprio la palla! - disse Lex, maneggiando il suo Android, unico mezzo di comunicazione con il mondo durante le sei ore di Lagher.

- Ohhh, senti non me ne parlare! - Yra era vestita color rosa confetto, Jeans attillato e, chissà perché, scarpe da tennis. - Per non parlare della puffola proffola! - aggiunse poi, facendoci scoppiare a ridere. Le ascoltavo in silenzio, mentre scendevamo le scale dell'immensa scuola, lamentandoci delle ore passate ad ascoltare le voci monotone dei prof.

- ODDIOOO! - l'urlo di LEx ci fece fermare tutte: ci voltammo e la osservammo quasi lacrimare di gioia. - che succede, Lè? - domandò Fluo, togliendosi le cuffiette del cellulare: la voce lontana di Hayly si sentiva benissimo, assieme al coretto di voci maschili: Brick by borin brick, meglio conosciuta come ' BBBB '. Gli occhi nocciola di Lex si riportarono sulla mia figura. Sgranai gli occhi.

- Che succede? - domandai impaurita.

- JARED HA RISPOSTO AL TUO TWEET, DONIA! - Un momento. Ferma.

Sentì la mia testa pesare e le gambe flettersi.Delle mani afferrarmi. Delle voci implorarmi di riaprire gli occhi. Ma non volevo: di fronte a me l'immagine di Jared che mi abbraccia, le parole di Lex che risuonano nel silenzio, tra le voci.

Ha risposto al mio tweet,pensai. Aprì gli occhi, ritrovandomi ancora a scuola, nell'infermeria. Le ragazze mi erano accanto preoccupatissime, ma la mia unica preoccupazione era altro.

- Lex. Hai salvato il tweet? - domandai con la voce secca, ricolma di speranza e vitalità.

- Sì.. ma posso sapere cosa gli avevi scritto? perché la sua risposta è...- non le diedi il tempo di finire di parlare, che presi il suo android e controllai.

Iam_intothewild : @JaredLeto I'm Donia. Remember? Rome. Miss u, guys. My parents have burned the ticket. But I will come.

JaredLeto: @Iam_intothewild Yeaaaaah! Passes all. Everyone and everything.

 

Sorrisi. Rimasi in silenzio ad osservare con le lacrime agli occhi il display. Le altre mi fissavano non capendo. Alzai lo sguardo, ripetendo - Passes all. Everyone and everything. - e loro non capirono il senso di tutto. - Sù, ragazze. Mettiamoci al lavoro.. come ci andiamo al concerto? - improvvisamente i loro volti furiono schiariti da un sorrisone. Mi abbracciarono. E in quel momento non mi sentì più sola.

Ce l'avrei fatta. Avrei superato tutto e tutti. Anche senza biglietto. Ce l'avrei fatta, sarei riuscita a vederlo, accarezzarlo. A parlargli, a dirgli che voglio restare con loro, andare via. Non tornare indietro.

 

 

Aereo del giorno prima.

Partenza H 16.00 gg 10/11/11

Partenza H 13.00 con treno aereo.

Fissavo il foglietto dichiarandomi folle, ma senza dirlo. Evey a mia volta osservava il biglietto che anche io osservavo, prima di cominciare a canticchiare una canzone.

- E' la nuova dei Demo? - domandai sorridendo appena, e lei annuì in silenzio.

- E' bella. - sussurrai, prima di guardarla con la coda dell'occhio.

- Non me la conti giusta, morgue. - era serio il suo tono di voce, talmente serio che mi soaventò. La osservai con attenzione,s tudiando nei suoi lineamenti che aveva capito cosa stessi nascondendo. - Cosa è successo a Roma? - domandò curiosa, lasciando che le labbra per qualche attimo assumessero la posa di un sorriso, prima di scemare in un'espressione neutrale. Sospirai. sapevo che ad Evey non potevo mentire, mi conosceva bene e cone tutti gli scrittori che si rispettino, lei sapeva quando un suo personaggio mentiva. E io stavo mentendo.

- Quello che sai. Ho incontrato la band e mi hanno dato i golden. - ormai quella frase non mi faceva più lo stesso effetto; nonostante ci rimanessi malissimo, nonostante avevo voglia di piangere disperatamente per quel biglietto, me n'ero fatta una ragione e adesso camminavo in silenzio su quelle parole. Evey sospirò, avvicinandosi a me: io sono più grande di lei, ma in quel momento sembrava volesse proteggermi; mi diede uno schiaffetto sulla spalla. - Lo sai che puoi dirmelo. - sorrise. - Siamo delle groupie, noi. - sussurrò, centrando forse un punto che ancora non conoscevo.

- No, Evey. Sei tu la groupie dei Demo. Io non sono la groupie di nessuno. -

- sei un echelon, questo basta. E sei anche una Muser. - la guardai arricciando il naso.

- nè l'uno nè l'altro amor mio se ti dispiacciono. - esclamai come Romeo disse a Giulietta di non chiamarlo nè Montecchi nè Romeo, se poteva in quelche modo ferirla.

- Andiamo, smettila e sii seria. Sei un echelon pazzoide.. e una muser. sei una muser. E se non ti senti muser, sappi che lo sei per indole di deficit. - scoppiammo a ridere.

- Ohhhhh Mimmo, Mimmo.. perché sei tu, un Mimmo? Rinnega la tua eterosessualità e rifiuta le tue tutine leopardate!! - recitai Evey, ricordando le ore buca a scuola, passate a modificare la romanticità di SceSHpir, come pronunciava il nostro amato professore.

- Oppure, se non vuoi, giura di essere gay e smetterò io di fingere di amare Kateeeeee!! - e scoppiammo a ridere, come due idiote. Ridevamo come dei cani. Ci guardammo in faccia. Pausa di risata. Pensammo la stessa cosa. Scoppiammo a ridere di nuovo, come due sceme.

- Ma piano, quale luce irrompe da quel palco? E' il ramarro marrone, è lo Squalo, è Matt! Ohhh, sorgi bel Matt e sconfiggi Kate, già pallida e piena di rabbia, perchè tra noi due, il vero biondo sono io! - e ancora qualche risata, le lacrime agli occhi, prima di smettere. - Bene, abbiamo deciso tutto, quindi. - disse Evey guardando il biglietto.

- Ma tu non hai il biglietto per il concerto, vero? - chiese subito dopo, tagliente. La osservai annuendo. Lei sospirò, fissandomi. - Sei una pazza, Morgue. Te l'ho detto. Come fai ad entrare? -

- Un modo lo trovo. Anzi, lo avrei già in mente, ma non è per nulla dignitoso, quindi non te lo dico. - Evey annuì, forse aveva capito. - ti piazzerai con la tenda il giorno prima e non appena apriranno i cancelli ti intrufoli senza mostrare un cappero? - domandò squadrandomi.

- No. - sospirai io. - Ruberò un biglietto.. oppure quando sarà il mio turno picchierò la security ed entrerò. - risi - No, vabbeh. Picchiarla no. Ma il biglietto... - feci una pausa, ed evey si scostò da me. - Morgue, non è leale. Nè sportivo. Non è da vera ragazza transenna! - la osservai per qualche attimo.

- Tanto lo so che lo faresti anche tu, Eva. - dissi annuendo e lei sorrise.

- é arrivato tuo padre? - domandò guardandomi. il mio cellulare seganva un nuovo messaggio. Lo lessi.

- No. - annunciai sconfitta. - Ma devo andare a piedi.. meglio che mi avvii, prima che si faccia troppo freddo e buio. - dissi, mentre Evey alzandosi mi conduceva alla porta, soppassando il famossisimo 'cesso con scalini. Con Echelon.'

- Oddio, ma si muore dal freddo!! Aspetta, vedo se i miei possono darti un passaggio. - intrufolai la mano nelle tasche della tuta confortevole e calda, misi la Kefiah e mi avviai all'uscita. I cani di Eva mi osservavano scodinzolando, Nuvola mi saltellava attorno, Luna mi osservava in silenzio. Lara dormiva. Quella mucca.

- No, Evey. Davvero. Don't worry. Mio padre si scoccia di venirmi a prendere, erché dovrebbero scomodarsi i tuoi? Io a piedi non mi scoccio di camminare. Mi piace ascoltare i rumori della strada, lo sai. - sorrisi appena, aprendo la porta e salutandola con la manino.

- Avvisami quando sei a casa. - disse Evey, ed io annuì, prima di avviarmi verso casa.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Orociok ***


Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 8 - Orociok

 

Sentivo il mio cuore battere a tempo con i repiri dell'ansia ma allo stesso modo credevo fosse fermo, perché sembrava non lo sentissi. Guardavo di fronte a me il tramonto color Marocco e mi sentivo meglio, consolata da quel bel colore che mi ricorda Lui. Le gambe sul cruscotto della macchina, una coperta a nasconderle e una cioccolata calda presa al bar, con il fumo caldo che mi accarezzava la punta del nasino all'insù, gelata e rossa per il freddo. Il posto guida era vuoto ma mi sentivo ugualmente in compagnia grazie all'album This Is War, che rumoreggiava a tutto volume. La montagna su cui eravamo fermi era abbastanza alta, tanto da rendere in bella vista parte del paesaggio campano che sia io che Ax conoscevamo bene.

Alessadro aveva notato la mia ansia, le mie mani che tremavano e facevano gesti senza che me ne rendessi conto, aveva fiutato che qualcosa non quadrava. Ecco perché aveva detto ai miei che oggi non sarei nè andata a scuola nè sarei restata a casa: mi avrebbe tenuto compagnia lui, per rassicurarmi un po'. Tutti erano convinti che fosse la scuola ad impaurirmi, che i professori nuovi mi incutevano ancora terrore. Ma la verità, è che domani pomeriggio salirò su un mezzo che in meno di un'ora mi poterà in Francia. Mi sarei accampata ai cancelli, perché oggi è il NOVE novembre. Tra due giorni avrei potuto risentire la loro voce... forse.

Stranger in a strange land continuava il suo monologo, mentre chiusi per un attimo gli occhi immaginandomi le solite scene del concerto. I coretti di sottofondo, la voce lievemente rauca di Jared, il profumo di famiglia che si confondeva con la cioccolata ormai tiepida tra le mie mani, l'atmosfera delle luci erano l'illusione che da tempo riuscivo a riprodurre in modo migliore. Cominciai a cantare e da Stranger in a strange land ascoltai silenziosa L490, quando Ax entrò in macchina e chiuse il CD.

- Lo bruci, così. Ed io ho speso una miriade di soldi per 'sti cosi. - disse, indicando con un accenno del mento anche i primi due CD. Io non li avevo, avevo solo This Is War. Parlo al passato perché, si sa, mia madre li ha nascosti da quando tornai quel diciotto giugno.

- Sorry. E' da tempo che non li ascoltavo fino allo sfinimento. - feci una pausa bevendo l'ultimo sorso di cioccolata calda, poi poggiai il bicchiere nell'apposito recipiente che la Nissan di Ax possedeva. Bella la sua nuova auto, i suoi gliel'hanno regalata qualche giorno fa. E' confortevole. Ed è nera. A me piacciono le macchine nere. E i finestrini non sono scuri, così il sole può entrare. Amo questa macchina.

- L'ho notato. Sei stata tre ore e mezzo a sentirli. Le ho contate.- fece una pausa. - Però mi fa piacere.. insomma li ho comparti appositamente, per farti sentire meglio. - mi sorrise accarezzandomi il capo, scompigliandomi i capelli. - Hai ancora freddo? Ti riscaldo io sennò.. eh. - sussurrò subito dopo, avvicinandosi a me. Mi diede un lieve bacio sulla guancia, mentre cercava con la mano di accarezzarmi le gambe. Quando notò che non lo risposi ma che, anzi, feci finta di non averlo nemmeno sentito, lui sospirò.

-Hai l'ansia. - dichiarò subito dopo. - Sei sovrappensiero. Ma non capisco per cosa, Donia. - mi chiamò per nome e fu allora che mi voltai. - Mi dici cos'hai? - ma non risposi, mi limitai prendere in mano i CDs e a fissarli, come se fossero la meta irragiungibile.Gli occhi mi si fecero di poco lucidi.

Ingoiai saliva.

Portai lo sguardo sul Tramonto marocco.

Poi su Ax. Sorrisi.

Lui mi baciò. Mi tranquillizzò. - Scusa. - sussurrai sulle sue labbra, ma lui tacque e mi baciò di nuovo. Un altro bacio. Un altro ancora. Mi avvicinai, ma meglio non dirgli cosa stessi pensando in quel momento, altrimenti m'avrebbe lasciato sulla montagnina e sarebbe corso via con la macchina comoda. Quando vide che m'alzai dal sedile per sedermi su di lui, sorrise stringendomi i fianchi. Spinsi il mio volto contro il suo che poggiò sul sedile. Girò la manovella, il posto guida s'abbassò e poco dopo mi ritrovai su di lui.

- Se ti chiedessi di fare una cazzata per me, la faresti? - domandai, interrompendo il momento magico. Lui sorrise lievemente sarcastico, sospirando. - Solo dopo che abbiamo fatto quello che dico io, però. - sussurrò malizioso. - Avanti, spara. - m'incoraggiò ed io non esitai. - Mi porti a Sorrento? - dissi con un sorrisone puerile e una faccia da schiaffi abnorme.

- SEI IMPAZZITA?! - scoppiò a ridere, scuotendo il capo. - E che ci andiamo a fare a Sorrento? A comprà i Limoni? - domandò e scoppiai a ridere. I limoni della OROCIOK peppina!! - No. Volevo.. incontrare un echelon. - sussurrai e lui mi tappò la bocca con un bacio. - Dormi da me stasera? - inarcai un sopracciglio. - Se i miei acconsentono, volentieri. -

- Uhm. Hai una scusa plausibile per dormire da me? -

- Certo che ce l'ho! Sorrento. Torniamo tardi e io dormo a casa tua, nella stanza degli ospiti - sottolineai e lui scoppiò a ridere. - A casa mia c'è anche una camera degli ospiti adesso? Hm, interessante. - rise ma il mio schiaffo amorevole lo fece zittire. - Mi porti a sorrento si o no? - lo incoraggiai baciandogli il collo.

- Donia, così ti incastro alla poltrona e ti faccio quello che voglio. - susurrò morendosi il labbro e chiudendo gli occhi. Non mi fermai, cercando di sfidarlo. I miei baci dal collo salirono al mento, poi scesero lungo il petto sbottonandogli la camicia.

- Ok. Vorrà dire che non andremo a Sorrento. - sussurrò Ax, slacciandomi lentamente la cintura. Mi fermai subito, non appena finì la frase. Scoppiò a ridere.

- Ecco, adesso si ragiona. Aggiustati, metti le scarpe e la cintura, che si parte. - annunciò a mo' di CapoReparto dei surgelati Coop, mentre rialzava con la manovella il sedile. - Chiama... da chi dobbiamo andare? - si chiese distrattamente, coperto dal rombo della macchina che si accese.

- Si chiama Annalisa,ma io la chiamo Orociok.- Ax si voltò verso di me e mi scrutò con attenzione. - Ah. - annuì solamente. - Beh, chiamala e digli che stai arrivando. Sorrento non è lontana da qui. E.. poi, devi avvisarla. 'N sia mai che non sta a casa, camminiamo a vuoto. - sentenziò mentre voltatosi e poggiata la mano sul mio sediolino, mise la retromarcia per uscire dal parcheggio. Guardai per l'ultima volta il bel paesaggio con il tramonto Color Marocco come sfondo, mentre la canzone ' A modern Myth' partì nello stereo.

- Jared, aspettami ancora un po'... - sussurrai e l'unico orecchio che mi sentì fu quello del cuore, che al mio pronunciare quel nome esultò come se fosse stato chiamato da Dio.

 

 

 

 

« E' la limonata della Stolker Peppina (?) un pieno di energia

effetto Jaredina (?) Bevuta frasca con Tofu (!!)

Fatti il pieno con Shannone anche tu!! .»

( La Limonata della Stolker Peppina - Morgue e Orociok su Msn )

 

 

 

Quando scesi dalla macchina, non ebbi nemmeno il tempo di gaurdarmi attorno. Il mio Orociok preferito mi saltò addosso abbracciandomi forte e urlando come una pazzoide, nemmeno l'avesse visto sul serio Jared Leto.

- MUGLIERAAAA! JAREDDAHHH!!!! CRICETINOOOOOO MIOOOOOO! - scoppiammo entrambi a ridere mentre Ax ci guardava in assoluto silenzio, sconcertato. Cercai di non ridere alla sua smorfia per i nostri comportamenti: la cosa più bella di quando si incontrano Echelons, è che non hai bisogno di comportamenti o di fingere... ci sentiamo a nostro agio anche con chi non abbiamo mai visto prima d'ora,perché sappiamo che - anche se non ci si conosce - abbiamo qualcosa che appartiene ad entrambi, qualcosa che va ben oltre la simpatia o l'antipatia per una persona. Essere Echelon non vuol dire sapere a memoria le canzoni dei Mars.. è essere sensibile con il mondo, toccare tutto ciò che ci unisce e portarlo sopra ogni cosa, ogni pretesto. Essere echelon è mettere al primo posto la musica, parlare attraverso le note di un gruppo che ti fa stare bene. Essere echelon è capire Jared Shannon e Tomo, essere Echelon è dargli la mano anche solo con il pensiero. E' sentirli sempre accanto, anche quando io vivo in Italia e loro no.

- Come mai da queste parti? - domandò Annalisa, sorridendomi mentre passeggiavamo per le stradine quasi buie della bella Sorrento. Il mare - nonostante turbolento - lasciava quel suono armonioso di sottofondo che mi fece sentire libera. Catturavo con le narici quell'odore che stranamente mi faceva sentire a casa. Mi è sempre piaciuto il mare. Mi ha sempre fatto sentire a casa, come se fosse lui il mio generatore. Ho una certa affinità con lui.

- Domani parto per il concerto dei mars. - dissi velocemente, senza pensare ad Ax dietro di noi che a quell'affermazione stava quasi per strozzarsi con la mia CocaCola che decisi di non bere più.

- WOW! - disse Annalisa, guardandomi sgranando gli occhi. - Ma per te i 30 Seconds to Mars non erano OFF LIMITS? - domandò incurvando appena il capo verso sinistra, come fosse un cucciolo che vede per la prima volta un altro cucciolo. - Infatti. - annuì Alessandro, mentre si strofinava il naso sulla giacca, poiché la CocaCola gli era seriamente andata di traverso. Mi voltai ad osservarlo e sorrisi. Ma lui non fece nulla, mi fissava incredulo.

- Lo sono ancora, off limits. - annunciai anche quella notizia e a quel punto Ax trattenne un urlo - CI RISIAMO ! Vuoi rimetterti nei guai?! - Annalisa mi sorrise - Fai bene. - mi dette la manino dicendo - La tua orociok ti è mentalmente vicina. Salutameli, eh! - ridacchiò ed io sorrisi. - Se riesco ad entrare. - sussurrai in modo che solo lei potesse sentirmi. Se Ax avesse saputo che andavo ad un concerto in Francia e senza biglietto, m'avrebbe ammazzato e avrebbe fatto di tutto per rimediare un biglietto. E ci sarebbe riuscito, anche se erano in SOULD OUT. Ma la verità è che io volevo varcare quei cancelli senza un biglietto, senza una possibilità. Volevo arrivare da Jared con le mie sole forze, senza l'ausilio di un biglietto.

- In che senso riesci ad entrare? - sussurrò a sua volta, guardandomi sgranando gli occhi.

- Wèèè! Che state bisbigliando voi dueeeee ?!?!? - Ax s'avvicinò per cercare di sentire. Io mi voltai verso di lui facendogli una sorfia. - Stiamo dicendo che domani mi verrà il ciclo e passerò un concerto di merda!! - dissi e Ax sbuffò, capendo di doversi allontanare. Ritornai a guardare Orociok, sorridente. - nel senso che non ho il biglietto per il concerto, ma cerco di entrare lo stesso. - sussurrai e la sua risposta fu un abbraccio. - Non morirmi, Mugliera. - bisbigliò dandomi un bacino sulla guancia. Ricambiai l'abbraccio sospirando. - Ti saluterò Jared e gli canterò la nostra canzone sui Limoni di Sorrento. - ridacchiai e lei mi sorrise . - Cacchio, mi hai fatto mangiare come un porcellino, ragazza!! - dissi notando sul visino di Annalisa un sorrisino compiaciuto. - Mi sento soddisfatta,allora!! - rise abbracciandomi un'ultima volta. - Ci sentiamo. Divertiti. Scavalca tutto e tutti. Tocca la transenna anche per me e... - continuai la frase - DAI A JARED UN LIMONE DA PARTE MIA! - ridemmo ancora come due idiote e fu in quelle risa che mi sentì libera di piangere. Piangere per l'ansia. Piangere per il timore di non riuscire a farcela. Piangere per essere allontanata ancora. Piangere perché vedrò il mio desiderio realizzarsi. PIANGERE.

 

« Ci sono quelle sere che sono più dure dove serve bere via le paure e dentro ci si sente piccoli per sempre....

Ci sono quelle sere belle da morire dove puoi giocare invece di dormire quando ci si sente piccoli per sempre.... .»

( J Ax - Piccoli per Sempre )

 

Il trombettio dei tuoni e il picchiettare della pioggia sulle tegole di casa Cutienzi mi dava un senso di libertà. Sentivo la pioggia schiantarsi contro i vetri coperti dalle porte di ferro, la stanza era buia se non fosse per il lumetto che, poggiato sul comodino, illuminava solo parte dei nostri volti. Eravamo seduti sul suo letto, abbracciati per il freddo. Tra le gambe divaricate di Ax, la mia schiena poggiava sul mio petto e il suo volto si rifugiava tra il mio capo e la spalla, accarezzando il collo. Io continuavo a fissare il poster dinnanzi a me, mentre sentivo le mani di Ax accarezzarmi il ventre. Percorrevano sempre la stessa strada; si fermavano all'ombellico, poi scendevano lungo le gambe e risalivano sulle braccia, sfiorando il ventre.

- Che ore sono? - bisbigliai per non interrompere quel momento così serio e silenzioso. - Non lo so. - intervenne sospirando, baciandomi il collo - Non è l'ora che tu vada via. E' ancora notte. - sorrise appena, mordendomi appena il collo. Chiusi gli occhi sorridente. - Adesso arriva Giulietta che urla che in realtà è giorno? - domandai ridacchiando e lui mi accarezzò la guancia. - L'ammazzo se mi dice che è giorno. Non andare già via, Donia. Qui è ancora notte... non lo vedi il buio? - sussurrò, accarezzandomi la schiena con dei lievi baci. - Qui non è giorno mai, se tu decidi di non far diventare giorno. Qui.. diventa tutto ciò che vuoi, se lo desideri. - osservai nuovamente il poster, sospirando. - Perciò mi sono ritrovata un poster dei Thirty Seconds to Mars, con tanto di maglia e Cds in camera tua? - Domandai ricambiando un lieve bacio sulle labbra. - Sì.. cioè.. No. - ammise mordicchiandomi il labbro. - La verità è che.. Donia, io non voglio che tu vada a quel concerto. Non voglio.. perché so già cosa accadrà. Tu.. quando parli di Jared, di lui in particolare, mi spaventi. Lo vedi come.. una sorta di Dio, da cui non vuoi liberarti. Vuoi appartenere a lui e mi spaventi. Ho paura che ti allontanerai da me.. cioè è una certezza in relatà. Lo so che lo farai, che andrai via e mi lascerai. E io.. ho messo quel poster li per ricordarmi che coloro che ti porteranno via... sono quelle facce. Ma non lo faccio per odiarli, anche se pensandoci li odierei a morte per avermi portato via te, lo faccio perché.. guardandoli mi rendo conto che tu sorridi e sorrido anche io. Voglio che tu sia felice e ... se loro sono la tua felicità.. allora vai, allontanati e corri verso un prato più rigoglioso... anche se quel prato sarà vietato ai cani. E io sarò un cane. - sorrise appena, ma a quelle parole io rimasi decisamente sorpresa; lo osservai sorridere maliconicamente, guardando quel poster che - forse - non gli andava davvero tanto giù. Mi voltai verso di lui, guardandolo con gli occhi lucidi, di chi sa che tutto quello che le hanno detto purtroppo è vero. Lasciai che si distendesse tra i cuscini del letto da una piazza e mezza e mi distesi sopra di lui. Spinse lentamente il mio bacino contro il suo, poi continuò a parlare chiudendo gli occhi all'impatto del mio volto che accarezzava il suo. Confuse il suo naso con l'odore dei miei capelli, le mani modellavano i miei fianchi mentre i miei piedi cercavano riparo caldo tra i suoi. - Donia.. non serve che tu finga.. so che appena ti ritroverai Jared davanti, perché te lo ritroverai non diciamoci cazzate, non mi vedrai più. Scomparirò dalla tua vista. Starai con lui, perché.. perché è così, non c'è altra via. Voglio goderti fino in fondo, adesso... perché è l'ultima volta che ti parlo questa... - sussurrò, cercando di divaricare appena le mie gambe, cercando di trovare una strada per sentirsi ancora una volta una sola cosa con me. - Non dire stronzate. - dissi, sentendo un nodo in gola. Non volevo ammetterlo in quel momento, ma effettivamente se fossi riuscita ad arrivare fin da Jared, probabilmente non l'avrei più rivisto. Non sapevo cosa il futuro mi riservava, ma speravo vivamente di non tornare in Italia. Non mi sarebbe mancata. Non mi sarebbe mancato nulla. Forse Alessadro, lui sì. Ma per il resto.. le mie amiche, forse la mia famiglia.. ma nemmeno. Se fossi restata con i Mars , non mi sarebbe mancato mai nulla.

Lasciai che le sue mani mi accarezzassero le gambe, che i corpi si incastrassero, senza lasciare nessuno spazio vuoto, completamente uniti e perfetti, come due pezzi di puzzle. Lo sentii pian piano sorridere sulla mia pelle, mentre le mani adesso mi accarezzavano la schiena. Improvvisamente le sue parole mi fecero chiudere gli occhi, quando il mio bacino cominciò a spingere verso di lui, senza che io gli dessi consenso. Pelle contro pelle, strusciavamo uno sull'altra sentendo a vicenda i battiti accellerati dei cuori, ascoltando i respiri affannati, qualche gemito, qualche sensazione di lebertà, qualche miscuglio di ribellione e trasgressione. Pian piano quelle spinte cominciavano ad aumentare, le voci si confondevano tra loro, dettando un canto poco puro e abbastanza erotico, un canto fatto di sussurri e confessioni che non ci saremmo mai detti in momenti di vera e propria lucidità; quando ormai non sembrava più farcela, la posizione cambiò.. mi ritrovai con la schiena lievemente inarcata a pochi millimetri dalle lenzuola, il capo inclinato assieme al collo sul cuscino, non poggiato sul materasso, con i capelli che toccavano il pavimento. Ax continuava a spingere affannato contro di me, ma nello stesso tempo mi sussurrava che mi amava con quei baci delicati sul ventre, sui fianchi, sul collo. - Tu, non...dire...stronzate. - riuscì a pronunciare quelle parole tra una spinta e l'altra, mentre i miei occhi chiusi erano ormai lucidi e riuscivano a captare la luce del giorno traforare le persiane chiuse. - Fingi di non sapere cosa ti accadrà. Ma dimmi.. adesso pensa che qui non ci sia io. E' Jared. Jared ti sta facendo impazzire. Jared ti tiene stretto i fianchi. - e continuava a spingere, le sue mani fredde mi bloccarono i fianchi, pian piano i pollici cominciarono ad accarezzare la pelle per poi spingere con forza verso l'ombellico. - Dimmi.. adesso, immagina che ci sia Jared qua, a farti impazzire. Dimmi Donia, quante volte l'hai immaginato? Cosa non ti fa credere che quando sarete soli non farete questo? - sussurrò al mio orecchio, al suono delle mie labbra, al gemito che non riuscì a trattenere. Sorrise, notando che riuscisse a farmi impazzire. Poi s'adombrò, realizzando che stessi pensando: non mi era difficile immaginare la scena, me la stava servendo su un piatto d'argento, con tanto di vere sensazioni; sentivo la voce ombrosa e sensuale di Jared stuzzicarmi l'orecchio, le sue mani accarezzarmi, il suo respiro sorridere alla voce che tremava.

Lui continuava a farsi spazio tra le mie labbra, continuava a bisbigliarmi all'orecchio - Dimmi, uccideresti per salvare una vita? Dimmi, uccideresti per provare che hai ragione? - sussurrava, mi baciava, fin quando non ne potè seriamente più; ormai anche la sua voce era quella di Jared, anche il suo profumo, pian piano sembrava ricordarmi il lontano sapore della presenza di Mr Leto. - Jar... - mi bloccai. Stavo per chiamarlo Jared, e lui se ne rese conto. Non confondere. Lui è Ax. Eppure ormai la mia testa aveva ben focalizzata la figura di Jared, non riuscivo a trattenermi nemmeno da non pensare più a lui in quel momento. - Jared.. - mi accorsi di aver sbagliato ancora, ma non mi corressi. Affannavo, mentre il corpo di Jared ormai sudato strusciava lentamente contro il mio. - Jared. - sussurrai ancora una volta, prima che la mente non connettesse più, prima di dare libero sfogo alla fantasia. - Jared. - ripetei ancora una volta, quando lentamente le spinte cominciavano a diminuire. - visto? - mi sussurrò all'orecchio, con un accenno ad una lieve risata. Ricominciò subito dopo, veloce; Basta, non resisto più. - Jar...jared. B..Basta. - sussurrai a malapena, mentre la risata gli si fece più ampia. - Jared? - domandò e a quel punto aprì gli occhi: Ax mi guardava indignato, ma allo stesso tempo sembrava contento di se e lasciava trapelare sul viso un lieve sorriso. - Jar.. - mi bloccai, respirando a fondo, mentre Ax mi gaurdava negli occhi, aspettando che parlassi. - Ax. Smettila. - sussurrai e a quel punto si fermò. - Te l'ho detto, che se ti ci metti, riesci a pensare solo a lui, dimenticandoti del resto. Anche che stavi facendo l'amore con me, non con Jared. - sussurrò, mentre prese il mio telefono. - Rispondi? - solo in quel momento mi resi conto che stava vibrando sul comodino. Lo presi tra le mani, mentre Ax ricominciò a baciarmi, ad accarezzare le gambe, a spingere lentamente, respirando. - Pro..pronto? - la mia voce affannata rispose e Eden che rise appena - Hai deciso di fare filone anche oggi? - mi domandò, ma io non capii - Eh? - Ax emise un lieve gemito dalle labbra ed Eden lo sentì - Donia, ma dove sei? -

- a casa di Ax... - sussurrai, senza trattenere la mia voce che aumentò appena, tremante. - Ah. Capisco.. oggi ci raggiungi all'aereoporto alle tre? - domandò ridacchiando, sentii la voce di Evey ' Niente figli maschiii!! ' erisi appena - Non preoccupatevi, sì.. vi.. raggiungo. - Eden scoppiò a ridere. - Ho.. capito, vi lascio alle vostre zozzerieee!! State attenti eh! Ciao! - e attaccò. Guardai l'orario sul cellulare e sgranai gli occhi. - Cazzo, Ax. Devo preparare la valigia, salutare i miei! - dissi e lui si fermò. - Salutarmi. - sorrisi. - NO, tu mi accompagni alla stazione. - sussurrai e lui mi baciò. - Dobbiamo per forza fermarci? E' l'ultima volta che farò l'amore con la ragazza di cui mi sono innamorato.. per la prima volta. - ammise mordendosi il labbro. Gli accarezzai lentamente la guancia sospirando. - La ragazza che hai fatto penare come un cane. - sussurrai lievemente arrabbiata. - La ragazza che non hai scelto fin da subito, ero troppo timida e seria per te.. e adesso gaurdami, sono nel tuo letto, tra qualche ora ad un concerto, e forse è vero.. non mi rivedrai più. Sono la ragazza sesibile che non parla mai.. - sussurrai mentre m'alzai pian piano dal letto, indossando la maglietta, il pantalone e quant'altro. - Sono la perfetta imbecille che puoi scoparti quando vuoi, perché mi hai stregata. - lui s'alzò, sospirando. - Anche Jared può scoperti. - ringhiai. - Smettila di mettere sempre jared in mezzo, porco giuda! - urlai, infilandomi le scarpe ed allacciandole. - Ti rendi conto che diventi insopportabile? - gli dissi, osservandolo. - Sono insopportabile, perché è la verità. - rumoreggiò lui, ombroso. Non lo guardai in faccia uscendo dalla stanza, accarezzando la maglia dei Thirty seconds to Mars, quella che riuscì a salvare dalla strage delle forbici.

 


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Time to go to Hell ***


this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

 

Capitolo 9 - Search and Destroy

IL CONCERTO.

 

Non era la prima volta che il mio sguardo si soffermava oltre l'oblò dell'aereo. L'ansia questa volta era la cornice perfetta tra quelle nuvole bianche e pompose come la panna; veniva voglia di tuffarmi tra le nuvole, assaporare il sapore sciapito e umido.. l'umidità si può assaggiare? I polpastrelli suonavano una muta sinfonia sull'orlo del poggiamano su una poltrona color carota, ogni tanto fermati dalla mano di Yra che mi guardava sfregando i denti tra loro. Ma io non riuscivo a stare ferma e puntualmente ritornavo con le mani a suonare silenziosamente. Sentivo già il pizzicare forte dell'adrenalina nelle vene, il coraggio fumare attraverso le pareti dei miei muscoli e la voglia di vincere tenermi gli occhi lucidi e brillanti. Ma ogni emozione svaniva come un lontano bisbiglio sbranato dalla paura... di non farcela o solamente di giocarmi il tutto per tutto e magari anche vincere? Non sapevo rispondere.. alle domande che mi pongo, io, non so rispondere mai.

Il cielo azzurro aveva quel morto presagio di libertà che io ormai da tempo non riuscivo a sentire nè a leggere: davvero ridicola, sarei andata in Francia..

Egalitè. Libertè.Fraternitè.

Egalitè non so cosa significhi, dunque me ne sbatto altamente; Libertè.. beh, l'unica libertà è stata il permesso di soggiorno a casa Zonk, da Evey..poi da Ax... e adesso mi sarei ritrovata ad un concerto senza biglietto; la Frateritè verso gli echelon sarebbe andata a puttane.. contando che avevo intenzione di entrare al concerto senza biglietto.

Avevo così tanta paura che cominciavo a fingere di non sentire le vocine interiori che continuavano a bisbigliare presagi futuri eloquenti e apatici 'E se i Mars non fossero la Libertà? Se ti stai illudendo? Se arriverai lì e Jared non si ricorderà di te? perché diciamocelo.. come fa a ricordarsi di te?Quante altre ragazze avrà visto prima di te e le avrà detto la stessa cosa? E quelle dopo? ti stai illudendo, Donia.. Morgue, molla tutto, sei ancora in tempo. '

Le avevo tappate con la musica, cercando di pensare a cosa era successo mezz'ora prima: il saluto ad Ax. Il suo volto da cane bastonato mi aveva fatto pena; ma non quanta pena mi fossi fatta io in quell'angolo remoto di me stessa che qualche sentimento - forse - riusciva ancora a perceprilo. Sì, mi sentivo soddisfatta e piena di me nel vederlo penare con il viso sofferente mentre guardava avviarmi all'aereo dopo i vari passaggi al Ceck in. Se da una parte sentivo l'irrefrenabile bisogno di non voler partire - un po' per paura, un po' perché il suo volto sembrava quello di Maria Maddalena sotto la croce di Cristo, pentito e piagnucolante - solo per stargli accanto e accarezzargli il volto sussurrandogli che non sarei andata via; dall'altra avevo sinceramente voglia di vederlo patire come ho fatto io.

Eppure, quando ho visto quella lacrima scendergli sul viso in macchina, quando ho visto l'amarezza con cui ha giudato e con cui ha chiuso la propria Nissan in parcheggio.. Beh, tutta la cattiveria per un momento era svanita, riempiendomi di tenerezza. Quella gelosia patita e nascosta, quella sofferenza palpabile come le parole che pungevano i miei sentimenti, riuscivano a darmi un senso di tristezza e tenerezza, di amore quasi materno, che mi frenò nel momento in cui poggiai il piede sulla scalinata.

- Non tornerai. Quindi sappi che ti amo. - mi sussurrò, con gli occhi lucidi; non avevo mai visto Ax piangere e adesso che l'ho fatto, non me ne faccio una ragione.

Ma se da una parte ancora un po' mi sento in colpa di averlo lasciato così, su due piedi, insicura delle mie scelte, dall'altra sono talmente sadica, malvagia e masochista che rivivrei la scena altre mille volte ancora. L'avrei voluto vedere soffrire e piangere per me come avevo fatto io. L'avrei voluto vedere attaccato alla flebo, nel letto remoto di quell'ospedale sterile ed opaco, come lo sono stata io. PER LUI. Volevo vederlo crepare, schiattare, morire per me, solo per sentirmi soddisfatta... riscattata. In quel momento non mi sentii di amarlo, ma di volerlo vedere morto per tutto quello che ho sofferto a causa sua. Ma nello stesso tempo mi rendevo conto che se non fosse stato per lui, i Mars non sarebbero stati così importanti per me nè sarei diventata un echelon.

Ma adesso era tutto finito e il suo volto dolorante era lontano. Non era qui a consolarmi se avessi fallito nè a sorridermi teneramente se fossi uscita vittoriosa da questa storia infinita. Sarebbe stato il fantasma che mi accompagnava lungo la prova, tentato nel mettere inside. Satana, il diavolo che non vuole obbedire a Dio e decide di crearsi un mondo tutto suo: Ax mi ricordava la trasgressione del mio volere, il prostrarmi di fronte ad una scelta non certo desiderata ma forse più semplice e felice.Jacob di Twilight, Paride. Se facessi questo paragone probabilmente in questo istante mi sentirei di dire che so cosa provi Bella, so cosa significhi voler ritrovare Edward scomparso, il desiderio di averlo accanto a se, stare con lui ed essere come lui. E sento anche quanto sia combattuta lei stessa, nel scegliere Paride o Romeo.

Adesso cominciavo a chiedermi cosa potessero regalarmi i Mars che lui non potrebbe: tanto. Troppo. Edward potrebbe regalare l'immortalità e un'anima dannata, Jacob potrebbe regalarle una vita serena e piena di Luce. I Mars potrebbero regalarmi la felicità. E ALessandro? Ax era il tutto il nulla, la terra tra i mondi che non volevo affrontare, i mondi che non volevo essere tenuta a scegliere.

- Sei troppo pensierosa. C'è qualcosa che non va. - l'abilità di Fluo nel comprendere anche solo i miei sguardi era sorprendente. Sospirai facendo un movimento rapido con le spalle, alzandole. - Giah, non sei contenta di venire al concerto? - mi voltai verso Eden, guardandola lievemente scettica. - Sarei stata più contenta se avessi avuto anche io il Golden ticket. - sussurrai acida, incorciando le braccia al petto. Evey e Lex erano sedute avanti a noi e parlucchiavano di qualcosa che non riuscivo seriamente a comprendere . - Andiamo tesoro, sempre meglio che niente! - disse Yra tentando un sorriso incoraggiatore. - Giah. - aggiunse Fluo, sorridendomi - Hai ugualmente un biglietto. - m'irriggidii. No, non ho un biglietto in realtà.

- Non ho il biglietto in realtà. - dissi improvvisamente con lo sguardo assorto dai mille pensieri e la consapevolezza di averlo detto; a quell'affermazione diventai rossa di vergogna. Fluo sgranò gli occhioni verdi, Yra spalancò la bocca e mi gaurdò stranita. Eden scoppiò a ridere istericamente attirando l'attenzione degli altri passeggeri mentre Evey si voltò senza particolare espressione: lei era l'unica che lo sapeva già. Lex si voltò di scatto osservandomi sorridente ' Vabbeh, ma tu sei una pazza, mica un echelon' erano le parole del suo sguardo.

- PAZZA! - urlò Yra, attirando per la seconda volta l'attenzione dei passegeri che si scambiarono qualche parolina sulla nostra presenza. Pure sopra l'aereo aggià fa sti figur e merd, jamm. - Ma ti rendi conto? Come cazzo fai ad entrare senza biglietto? E' una pazzia Donia! Ma quindi.. i tuoi genitori non sanno nulla di tutto questo casino?! - annuii solamente e vidi la faccia di Fluo sbiancare. - Ti prego, qualsiasi pazzia farai, tienici informate. - sussurrò più pallida di quello che già non fosse. Eden continuava a ridere pazzamente, quasi fosse presa più da un attacco di sfogo per il concerto che dalla sorpresa che avevo rivelato. Lex non disse niente e ri girò in avanti, commentando - Dovrai soppassare tanti King Kong - probabilmente si riferiva alla security. - Ma ce la farai. - concluse Evey, voltandosi anche lei, ridacchiando.

Rimasi forse un po' delusa dal loro comportamento. Mi aspettavo qualcosa di più.. non so, di più. Credevo che quella notizia le avesse sconvolte - non che non l'abbia fatto, certo, ma forse immaginavo le loro facce e i loro sguardi in modo differente. O ancora, forse la verità è che un po' se lo sarebbero aspettati da una pazza come me una reazione del genere. Non era anarchia né voglia di evadere, solo voglia di rinascere. Loro se n'erano accorte, perché nonostante la cazzata che stavo per fare, mi erano vicine e sapevano che tutto ciò che avrei tentato di fare avrebbe riscosso su di me qualcosa di tutt'altro che negativo: continuando a tentare mi sarei sentita più forte, in grado di sopportare il masso sulle spalle di una vita pesante e che ogni giorno diventa sempre più cupa e insopportabile.Fredda.

A me piacciono le grida, amo la confusione e il calore, il sole e l'afosità, l'umidità del tempo d'estate. Il deserto. Il contatto con dei corpi durante il concerto, i fianchi che si scontrano con gli altri, la polvere che s'alza per il saltare tutti insieme, l'unisona voce di un coro che disperato cerca la libertà e la certezza in delle parole che finalmente può sentire dal vivo, dette da ciò sembra l'unico appiglio che riesce ancora a farci sorridere e vivere.

 

Amo sentire la pioggia aderirmi le piume del giubbino sul viso, il chiacchiericcio assorto dei gruppi di Echelon seduti tra il fango, l'odore della pioggia che si confonde con il palpabile senso d'ansia che ci avvolge; i capelli che aderiscono sugli occhi, alcuni volti che si protendono al cielo parlando il francese, altri che cantano le canzini di This is war consapevoli che sarebbe stata una sfacchinata.

Consapevoli che aspettare sotto la pioggia fuori i cancelli era una follia. Ma ormai il cielo a pois di nuvole e pioggia illuminava i volti disperati che guardavano assieme verso quel accumulo di ferro scorrevole.

- Diamine, peggio del diciotto! Siamo sotto l'acqua e nemmeno ci aprono!! - la voce di Yra era il megafono dei nostri lamenti, la voce più schietta e possente che riecheggiava in un vociferare di anime assorte a guardare verso l'unica meta: tutti, osservavano attenti i cancelli con lo scopo di correre come cavalli impazziti non appena avessero visto il minimo movimento.

- Ramona, ti prego smettila!! - sussurrai verso di lei, portando gli occhi al cielo. - siete voi che avete insistito tanto visto che avete i... - Eden mi tappò la bocca giusto in tempo, dandomi un lieve schiaffetto sulla tempia.

- Stai zitta, lo sai che lo facciamo per te. -

- di fatti mi sento anche in colpa, sappiatelo. -

- mavvah, per una volta che facciamo qualcosa di buono per te hai anche da sentirti in colpa? No lo distraiamo e ... - Evey non smise di dire la frase che Lex tremando guardò verso quella folla di echelon pazzoidi che cominciò a correre verso i cancelli.

- CAZZO HANNO APERTO! - urlò Fluo, cominciando a correre e spingere tra le gente; lei è una sardina, dunque riusciva ad intruflorasi anche negli spazi più piccoli e nascosti. E noi la seguivamo sentendoci dietro le bestemmie in lingue sconosciute, maldicenze e scongiure alle nostre famiglie.

- fateci spazio, abbiamo IL GOLDEN TICKET!!! - urlavano Eden e Yra mentre la folla si spostava alle nostre suppliche di un inglese mal pronunciato. Io in tutto quel casino capivo ben poco.. Quando sentì la voce di Fluo mi sembrò di essere stata avvisata di un'imminente fine del mondo; lo stomaco saltò, bucandosi e cominciando a risucchiare ogni tipo di sensazione, tralasciando la nausea; la pelle diventò bianca e i miei occhi si fecero nocciola ma assenti, lucidi e inermi guardavano fissi quella marmaglia di echelon, onde, che fluttuavano tutte urlando verso i cancelli. Le gambe tremavano, quasi non me le sentivo per la corsa frenetica tra la folla, le mani stringevano quelle di Evey in una silenziosa confessione che lei stranamente capì - Sta calma, ce la farai Echelon - eppure più mi avvicinavo a quello che sarebbe stato lo 'Start' di una pazzia, più mi rendevo conto che fisicamente e psicologicamente forse avrei perso.

La pioggia picchiettava sulla mia testa, il cappuccio abbassato lasciava che i capelli si confondessero con le goccie lasciando il mio volto coperto da qualche ciocca, nascosto per la vergogna di quello che stavo per fare. Non mi sarei mai data per vinta- ovvio!! - ma quando vidi dinnazi a me i bestioni della Security che ci guardavano con aria indubbiamente stranita, allora pensai davvero di fuggire.

- Abbiamo i Goldent Ticket, dove dobbiamo andare? - Il Gorilla della Security si avvicinò al gruppo di ragazze. Lo osservai in ogni suo movimento, i miei occhi si confusero nella muscolatura sviluppata e accarezzata dalla maglia nera e attillata. Lo sguardo rude e distaccato, un auricolare all'orecchio e i capelli rasati. Un tatuaggio di morso da vampiro sul collo, alla parte sinistra; Mi incuteva timore, ma cercai di non pensare che - semmai m'avesse preso - mi avrebbe ridotto in cenere. Parlucchiava all'auricolare, mentre le mie amiche si osservavano dubbiose tra di loro, voltandosi di tanto in tanto verso di me. In quel momento di distrazione, quando si voltò e fece cenno di seguirle mentre con la radiolina chiamava qualche suo collega - fu quell'attimo fulmineo, istantaneo, fuori da ogni logica e retorica. Follia era pura follia.. Adrenalina nelle vene e tanto coraggio, con il cuore in gola che pulsava e bloccava il respiro asmatico - e osservava attentamente i Golden Ticket di Yra e Lex, le mie gambe partirono in una frenetica corsa. Veloce, ero veloce, non so speigarmi nemmeno quanto sia riuscita ad essere veloce. Non mi sono mai posta lo sforzo di correre così tanto in vita mia come se stessi per superare Flash. Le mie gambe seguivano le altre Echelon, soppassandole - Sorry, I'm sorry, I'm late! I've lost my friend! - sentivo le voci degli agenti che bestemmiavano qualcosa in francese: si avvicinavano sempre di più e le mie gambe invece di divenire sempre più veloci cominciavano a rallentare. Ero stanca, non mi sentivo più i polmoni che continuavano ad ansimare in quel contesto che mi faceva paura. Adesso mi prendono, cazzo. E' a vota bon che mi prendono!

Ma continuavo a correre con le gambe che ogni tanto si distraevano, concendendosi un momento di flessione lasciandomi balcollare. Fu in quel momento che sentì una mano afferrarmi lo zaino dietro le spalle, bloccandomi. Non può essere finita la corsa.

Restai in quell'attimo con la gamba alzata che voleva continuare a correre, il cuore fermo in gola e tutta la mia vita che passò dinnanzi in mezzo secondo; quando lo straccio di vita più bello mi passo davanti come un fulmine i miei occhi diventarono lucidi di rabbia e rancore, mentre l'omone della security cercava di trascinarmi indietro con lo zainetto. Continuava a riportarmi indietro, verso i cancelli, con i miei talloni che strusciavano a terra nel tentativo di impiantarsi al suolo. I'LL ATTACK. Mi sarebbe servita la colla, altro che attaccare. Peccato solo che quella guardia era tanto muscoloso e gigante quanto scemo: nll'unico momento di lucidità in cui il mio cervello si prese la briga di funzionare, ricordai che lo zaino dalle spalle si scollava. Velocemente, mollai lo zaino e il giubbino restando con la maglia dei Mars adosso e ritornando a correre. Vidi la guardia gettare tutto all'aria e - proprio come nei film - cominciare a parlare alla radiolina e correre.

Continuavo la mia frenetica corsa verso l'ingoto: la verità è che non sapevo nemmeno dove stessi andando, continuando a seguire la marmaglia di gente che camminava tranquilla, altri che correvano oppure si fermavano stanchi.

- Tra poco iniziano perché piove! - in inglese, ma lo capii. Aumentai la corsa, nonostante le mie gambe avessero voluto voglia di gridare per dirmi di stare ferma, rallentare per lo meno. Ma ovviamente, chi le sta a sentire? Continuavo ad avere la Security alle calcagna, quando improvvisamente sentì un boato di ragazzine impazzite uralare: e dinnanzi a me la vidi, quella folla immensa di persona che mi divideva dal palco. M'intrufolai tra la gente, che si appiccicava a me per la pioggia e mi bestemmiava anche contro: se continuano a bestemmiare così tanto, non durerò per la fine della serata. La secuirty ormai sembrava non trovarmi più e ricordai di guardarmi le tasche, sentendo la sagoma del cellulare sotto il jeans. Ah, menomale. Credevo di averlo lasciato nello zainetto. Peccato per l'acqua. Continuavo a farmi spazio tra le gente, sentendo nuovamente le voci dei King Kong avvicinarsi.

- SHIT! - urlai in inglese, ricorminciando a farmi spazio, spingendo tra la gente. A volte addirittura gattonavo, cadevo a terra mi strusciavo contro i corpi con la scusa di aver perso il cellulare, la macchina fotografica, facendomi sempre più avanti, ora più centralmente per disperdere le mie tracce. Quando mi voltai mi accorsi di aver superato già metà della marmaglia di gente che mi si era presentata davanti inizialmente; sospirai di sollievo. Per la metà del concerto ce la farò ad arrivare avanti... se non mi prendono.

- Oh, tra poco iniziano. E' questione di minuti dicono. -

- Ah, ma come mai non ci sono i gruppi spalla? -

- Piove e per velocizzare cantano direttamente i Mars. -

Quella notizia mi fece fermare per qualche secondo. Nello stesso attimo sentì il cellulare squillare dalla tasca, ma non lo presi. Rimasi a fissare il palco in silenzio, ammutolita. Mi ero pietrificata senza sapere il motivo, con le gambe che non riuscivano a muoversi e lo stomaco bloccato da un colpo secco: una gomitata. Questa scena l'ho sognata. Sentii le gambe afflosciarsi e il busto inclinarsi e piegarsi in due, con le mani poggiate sul ventre e gli occhi lucidi ma appannati. Stavo per crollare però qualcuno mi prese la spalla, sussurrandomi parole che non compresi.

- de..de..devo anda..andare avanti... - sussurrai, cominciando a prolungare la mano avanti a me, mentre sentivo pian piano il sangue che sembrava fermarsi e non circolare più nelle vene. Ma i miei piedi compivano ancora qualche passo, mentre sentì dalla gabbia toracica i polmoni sussurrare qualche respiro instabile prima che s'annullassero completamente, sentendo alla gola un nodo che mi impediva di respirare. Ma continuavo a camminare e stavolta la gente sembrava farmi passare. Forse c'era ancora la Security dietro che cercava di pedinarmi, quando improvvisamente non sentì più nulla: tutti i suoni pian piano cominciavano ad essere echeggiati ma lontani, ovattati da una campana di vetro. Gli occhi lucidi lasciavano una panoramica appannata e a stento riuscivo a intravedere le figure. Tutto ciò che per qualche attimo sentì fu un sapore ferroso in gola; poi un tonfo sordo con il terreno. Sono caduta, mi sento morire. E sono cosciente. Le mie gambe erano una parte inesistente che ormai non sentivo, il busto era qualcosa che indolensito pulsava e batteva forte dentro di me. Ma sembravo morta, perché non sentivo il battito del mio cuore. I miei polmoni ormai non respiravano più e sentivo il sangue fermo nelle vene, senza circolare. Chiusi gli occhi e in quel momento vidi un'immagine strana: Jared che mi tendeva la mano, nel tentativo di aiutarmi per rialzare.

Quando riaprì gli occhi, guardai le persone che mi guardavano a terra. Ma soprattutto notai un particolare che mi fece ricordare perché dovevo rialzarmi e combattere: a pochi metri da me, piazzata lì di color argento - quasi ad indicare la salvezza - sembrava esserci una transenna. Mi rialzai lentamente, nonostante mi sentissi completamente azzerata. Affaticata- con la pelle bianca e smorta, il corpo a novanta gradi piegato e le fitte nello stomaco - mi scusai con gli echelon mentre mi dirigevo alla transenna .

- S..sto.. stt..o.. m..male... d..devo...pass..are. - un italiano mi capì e mi diede la mano, aiutandomi. Non riuscivo a vedere bene, ma da quel po' di lucidità che rimaneva, riuscì a riconoscere i suoi tratti somatici: biondo, occhi forse scuri e labbra rosee. - Ti aiuto io. - mi sussurrò gentilmente, prendendomi sotto spalla.

Poi, quasi come se avessi toccato la libertà, il contatto con qualcosa di ferroso. Rigido, freddo. La transenna. Mi accasciai su quel appoggio a me così familiare. Mi sentii stranamente a casa. Il ragazzo sorrise - perché lo sentì - e si accasciò al mio orecchio, sussurrando

- Tu sei la pazza del 18 giugno. Vero? - annuii lentamente, mentre gli occhi mi si chiusero. Sentii le lacrime solcare il viso e le labbra stirarsi in un sorriso. - Sta venendo la Securitty. - continuò a sussurrare e a quel putno m'irrigidì. - Tranquilla son... - si bloccò, sentendo quell'improvviso boato di ragazzine urlanti che gridavano quel nome. - Sei fortunata, sentirai Escape. Stanno cominciando. - disse il ragazzo ma io non lo compresi. Captavo solo il nome Shannon, che continuava a rompere i timpani.

Poi, improvvisamente... mi accasciai. Non respiravo. Non sentivo il mio corpo. Vuoto. Annullata. Solo una mano afferrarmi e gli occhi chiudersi. Non ce l'ho fatta. Le voci in lontananza. Sto andando via.

 

 

E' tutto quello che ricordo, di quel concerto.

Un susseguirsi rapido di eventi, come un catalogo di ingredienti per cucinare la torta.

Nessun dettaglio, arrivo subito al dunque..

perché tutto ciò che ricordo di questo giorno,in realtà, è che fui consapevole di essere morta, per un momento.

Morta e poi resuscitata. Grazie a Loro.

 

 

 

 

« Se potessi semplificare il battito del mio cuore

sentirete il batterista di una Band in metallo pesante.»

( Jovanotti - Serenata Rap )

 

 

In quel silenzio austero una parte del mio ormai morto corpo - le mie orecchie cominciarono a sentire delle percussioni. Ovattate, ma le sentivo. Pian piano accarezzavano il timpano facendosi sempre più vicine. Attraversavano le vene ormai vuote di sangue che non circolava, quelle note percosse cominciavano a farsi spazio nei meandri del mio corpo. Lente, accarezzavano la pelle fredde e cercavano di rompere la gabbia toracica, traforando il mio cuore. E ci riuscirono.

Improvvisamente il mio cuore sembrò ritornare a battere, come se quelle percussioni avessero fatto da defibrillatore ad un organo ormai spento, non funzionante.

 

Percussione. . .

. . . Battito.

Battito . . .

. . . Percursione.

 

La batteria di Shannon delineava il mio battito cardiaco; in quel momento sembrava che fosse lui a decidere cosa fare della mia vita: mi sentivo come se fossi la batteria di quel batterista, avevo la sensazione che se lui avesse smesso di toccare con le bacchette la pelle della grancassa e i piatti giallastri, io avrei smesso di vivere nuovamente.

 

 

 

« Ho preso la chitarra senza saper suonare,

volevo dirtelo adesso stai a sentire.»

( Jovanotti - Il più grande spettacolo dopo il big Bang)

 

Il battito del cuore andava a ritmo con le percussioni di Escape, quando improvvisamente sentì Tomo arrivare in compagnia del suo strumento: in quel momento sentì il nodo in gola sciogliersi brutalmente in una tosse funesta, che mi fece sgranare gli occhi e alzare il busto da terra, ritornando ad aggrapparmi alla transenna. Una tosse funesta mi fece risentire i polmoni rinascere e assieme a loro l'udito, che adesso riusciva a distinguere tutti gli strumenti - uno per uno - e anche le note della canzone. Con fatica mi aggrappai al ragazzo italiano che continuava a sorridermi: adesso i miei occhi vedevano di lui ogni forma, ogni piccola imperfezione che lo rendeva immancabilmente dolce e gentile. Rialzandomi pian piano ricominciai a sentire i polmoni respirare a piena vita, ma la vista mi si offuscò di nuovo. Non osavo parlare perché nonostante sentissi di nuovo il mio corpo nascere, quel sapore ferroso non riusciva da andare via dalla lingua e dalle papille gustative.

Una fitta di dolore mi fece nuovamente piegare in due e fui costretta a chiudere gli occhi, lasciando rigarmi il viso da qualche lacrima. Ma Tomo sembrava con le sue corde rimettermi in vita, darmi la forza di aggrapparmi alla transenna.

- Tutto bene? La security sta venendo a prenderti, cosa vuoi fare? - la voce del ragazzo dolce e le sue parole mi ferirono mortalmente. Sentì un'altra fitta oltrepassarmi il costato, ma il cuore continuava ad andare a tempo con la batteria. Io ero viva, grazie ai loro strumenti. Loro manipolavano la mia esistenza come se fossi la loro marionetta con i fili ancorati agli strumenti.

 

« Look at my eyes, you're killing me.

All I wanted was You..»

( 30 Seconds to Mars - The Kill )

 

Le fitte continuavano ad aumentare, riducendomi ad un piccolo riccio pendente sulla transenna. Nonostante mi sentissi viva, il mio corpo sembrava non digerire quella gomitata ricevuta durante la mia scalata verso il palco, ma certo non voleva arrendersi nemmeno adesso che ero così vicina al palco che mi ci sarei potuta aggrappare e sfiorare i piedi di Jared.

La batteria avevo dato motivo al mio cuore di ritornare a battere, mentre i polmoni grazie alle corde di Tomo erano ritornati a portare aria al corpo, cervello compreso nonostante ancora fosse mal funzionante.

Quella voce, poi, rituonò tra le note della batteria e del basso, tra gli echelon impazziti che adesso urlavano quel nome come se fosse la loro unica e suprema ancora di salvezza. L'unico salvagente che avevamo su una barca che era in procinto di affondare. Era la voce di Jared che m'illuminò lasciando ogni singolo globulo bianco e rosso fermarsi.

Stavo morendo di nuovo, al suono caldo e melodico della sua voce, al suo sensuale tono basso e accattivante che ti attira e coinvolge. Jared improvvisamente mi fece spalancare gli occhi, sentendo nuovamente l'anima vibrare in questa prigionia corporea, la sentivo fare a pugni con la pelle e i muscoli, ogni singolo pezzo di me che la intralciava. Alzai lo sguardo verso la sua angelica figura e scoppiai in lacrime: silenziosa, le mie labbra sorrisero beatamente e gli occhi avevano finalmente la visuale limpida e lucida.

- THIS IS WAAAAAAAAAAAAAAAAAAR! - urlò Jared dal palco e portando i suoi fari azzurri su di me.

- JAR... - provai ad urlare il suo nome ma quel disgustoso sapore ferroso mi bloccò la voce e sputai sangue. Mi ripiegai nuovamente alla transenna, mentre sentì qualcuno afferrarmi il braccio. Sentivo il sangue colarmi dalle labbra e cadere a terra come il ticchettio incessante di un orologio a pendolo, mentre nell'ultimo briciolo di razio che rimaneva, la mia mano prese il bracciale sul quale era inciso 'Donia' e alzandosi lanciò la catenina sul palco - talmente vicino che Jared sentì il bracciale arrivargli sulle scarpe.

In quel momento una nuova fitta mi prese le viscere, tanto da farmi piegare sulla transenna. Chiusi gli occhi.

- DONIA! - sentì la voce di Jared pronunciare il mio nome dal microfono con in mano il bracciale, prima di perdere completamente conoscenza.

Sentì delle mani afferrarmi e il mio viso essere calpestato dalla pioggia velenosa; sentì la voce di Jared echeggiare nella mia mente, mentre qualcuno con poca gentilezza mi allontanò dalla folla.

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Mi scuso per il ritardo, ma il problema è che la scuola mi impegna tantissimo e non ho nemmeno il tempo di gaurdarmi in faccia! >.< Scusate se questo capitolo complessivamente fa schifo, soprattutto per la punteggiatura! Avrei voluto farlo molto ma molto più bello e appassionante e soprattutto più lungo.. ma per non farvi aspettare troppo l'ho diviso, quindi il continuo lo leggerete nel prossimo capitolo che vi avviso.. potrà essere strappalacrime v.v

 

PS. Oggi 2.12.11 ho apportato delle piccole modifiche al capitolo. Mi hanno detto che non è piaciuto granchè, perché sono arrivata subito al dunque. Avete ragione, a me nemmeno piace principalmente per questo.. Ma purtroppo l'ho immaginato così fin dal primo momento; Donia ricorda poco e niente di questo evento. Ho preferito farvi avere.. un'ottica a metà,ecco. Chiamiamola così. Narratore interno alla vicenda. Se il narratore non sa o non ricorda, nemmeno il lettore potrà sapere e leggere.

Spero che questo appunto possa farvi capire :3 Sto scrivendo il prossimo capitolo.

Giuro che vi farà piangere. O almeno, provo v.v

WIld <3 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Isole negli occhi ***


Capitolo 10 - Isole Negli Occhi

 

« Tell me did you see her face? Tell me did you smell her taste? Tell me what’s the difference? Don’t they all just look the same inside?. »

( Buddha For Mary - 30 Seconds to Mars)

 

Le mie mani si confondevano con la melodia dolce e rilassante di Shannon - L490 - che suonava sul palco alle mie spalle, aiutato dalle strilla degli echelon. Il mio sguardo era fermo sui polpastrelli che delineavano il suo viso fragile, mentre le orecchie cercavano di decifrare cosa si stessero dicendo dall'altra parte le voci miste di rabbia, timore e stupore. Gli occhi di Ax mi guardavano incessantemente. Alessandro, ma preferisce Ax. Leggevo nei suoi movimenti invisibili quasi, quanta rabbia stesse accumulando in quel momento; incurante, continuavo ad accarezzarle il viso: le labbra secche e sottili erano velate di un rosa tenue; e c'era quella strana sensazione che mi attirava verso le sue labbra, una sensazione che macinavo tra i denti, cercando di farla tacere. Gli occhi chiusi avevano delle palpebre stanche, lievemente arricciate per la pioggia e il freddo, credo; e in quegli occhi ci vedevo il cielo, come Mary vedeva il cielo sul muro. In quegli occhi ho visto il mondo che ho sempre cercato, che ho sempre scritto e disegnato ma che non ho mai veramente vissuto. Il suo nasino sottile, che si confondeva così beatamente con il viso paffuto, da angelo demoniaco; era freddo ma anche questa volta dovetti premere la mia fantasia di avvicinarmi al suo volto per scaldare la punta del suo naso. E ancora una volta mi chiedo perché faccia questo strano e intollerante effetto.

Le mie mani si confusero tra i suoi capelli lisci, lievemente sfibrati e ancora bagnati dalla pioggia di qualche oretta fa, quando da sopra il palco il 'THIS IS WAAAR!' urlato mi fece poggiare gli occhi sulla figura che avrei voluto vedere più di tutta la miriade di Fan che c'era in quel momento. Li spostavo dal viso biancastro, portandoli sulle mie gambe, dove avevo poggiato il suo capo quando l'avevo vista accasciata a terra, ancora circondata dalla Security.

- Hai finito di accarezzarla? - la voce inacidita mi fece alzare lo sguardo. Lo squadrai per qualche istante, poi ritornai ad accarezzarle il viso. Il rumoroso respiro di Ax mi fece sorridere, come un bambino felice di aver fatto un dispetto. Mi accovacciai appena al suo viso, socchiudendo gli occhi. La mia mano si fermò sulla Triad che portava al collo, accarezzandola.

Dopo pochi secondi, Ax era lì di fronte a me, che mi fissava rigido con le mani chiuse in pugno e lo sguardo sgranato e fuori dalle orbite.

- Non ci provare. Non davanti a me. - sussurrò, prima di accovacciarsi su Donia, ancora priva di conoscenza, che dormiva. Sorridendo mi allontanai dal suo viso ma le mani le si avvicinarono ancora una volta, accarezzandole le braccia. Mi sarei voluto fermare, lo ammetto; Jared, smettila. Avrei voluto che lei fosse sveglia per potermi allontanare e vederla sorridere ad Ax. Era strano, ma l'idea che lei potesse abbracciarlo mi faceva venire la pelle d'oca; ogni istante che stavo passando adesso, mi faceva sentire giovane e nuovo. La osservavo e sorridevo, come se dentro di lei leggessi quello che ho sempre ricercato per me.

Ax le accarezzò le labbra e sorrise lieve, ma quando vide la mia mano accarezzarle il braccio le labbra formarono una smorfia poco gentile, scemando così quel sorriso dolce comparso poco prima; s'irrigidì ancora accovacciandosi sulla sua fronte per salutarla con un bacio. In quel momento notai qualcosa di lievemente lucido solcargli la guancia e sorrisi.

- La ami? - fu una domanda scontata. Scontata come la sua risposta. - Tanto. - e sorrise, accarezzandole i capelli. Poi alzò lo sguardo e mi fissò, con un sorriso scarcastico. - ma lei non mi ama. Non più. - fece una pausa - E se tu le dicessi di andare via con la band, lei non esiterebbe. Se tu le dicessi che gli asini volano.. lei ci crederebbe. - e s'allontanò quando il cigolio della porta del camerino che si spalancò. Smisi di accarezzare Donia, quando sua madre entrò in stanza osservando la scena con aria disgustata.

- THank you. - mormorò il padre ed io annuii. La madre si avvicinò alla ragazza. - Da quanto tempo dorme? - Non capii la sua domanda, giacchè era in italiano.

Ax tentò di tradurre. Apprezzo lo sforzo.

- Quando sono venuto a vedere come stava, dormiva già. - chiarii e Ax sembrò per qualche istante rilassarsi, anche se non compresi il motivo. Improvvisamente, dall'altra parte della stanza il padre uscì, facendo cenno alla moglie di seguirlo. Non voglio che paghino la multa, non voglio che vadano via dalla Francia. La porteranno di nuovo via e per lei sarà ancora più difficile ritornare. Osservai Ax ritornare a sedersi sulla poltrona di fronte alla mia, osservando Donia che continuava a dormire. E ritornai ad accarezzarla, come una bambina fa con la sua bambola preferita. Sorrisi appena. Potrei sembrare suo padre. Potrei sembrare suo fratello. Suo Zio.

- Donia... - Ax s'avvicinò nuovamente, sentendo Donia pian piano muoversi. Le presi la mano e le sorrisi, ma lei ancora si rannicchiò, si strinse lentamente a me. Respirò e bisbigliò qualcosa, come se stesse sognando. Diede le spalle ad Ax, poggiandosi sul fianco; strusciò la guancia sul mio pantalone in pelle e ancora dormiva. Ritornai ad accarezzarla lentamente, mentre Ax rimase ad osservarle le spalle, sospirando.

- Hai detto di amarla davvero, no? - domandai, cercando all'interno della tasca del giubbino qualcosa. - Allora dimostralo. A lei. A Me. Dimostraci che è vero che la ami. - portai i Golden Ticket dinnanzi ai suoi occhi. - Uno per te. Uno per lei. Sappiamo già che i genitori la porteranno in Italia. Ma tu aiutala. La ami, sai cos'è che le fa bene; e non è di certo questo. - dissi, indicando con un cenno i mormorii che si sentivano dall'altra parte dei camerini.

- Non lo farei mai. Tutto questo la uccide. Stava per morire qualche oretta fa, a causa di una gomitata. Stava per sentirsi male.. a causa tua. E tu saresti la cosa giusta per lei? - Alessandro scoppiò in una finta risatina e sospirai, cercando di comprendere l'inglese confuso dalla rabbia e dalla poca conoscenza.

- Se i genitori non le avessero tolto il GT, adesso lei non sarebbe ridotta così, ti pare? - e sorrisi al suo sguardo di smarrimento. - La ami, no? La farai sorridere, riacquisterai quella fiducia che lei non ha più nei tuoi confronti. - e a quel punto le sue mani afferrarono i Golden Ticket, prima di uscire dalla stanza. Sbattè la porta ed io scoppiai a ridere, scuotendo il capo divertito.

E finalmente smisi di reprimere me stesso, accovacciandomi sul suo viso.Lo scrutai in ogni invisibile imperfezione, in ogni semplice lineamento. E sorridendo ne sentii il profumo, domandandomi quale fosse la differenza; Cosa aveva lei che non avevano le altre Echelon? Perché lei per me era perfetta, era come desideravo che fosse? Cosa, COSA DESIDERAVO LEI FOSSE? Perché continuo a chiedermi il motivo della scelta, perché lei. Nessuno era uguale a lei.

Le labbra annusarono il sapore della pelle fredda e morbida, il naso si confuse con il sapore del suo silenzioso dormire.

 

 

« Odio tante cose da quando ti conosco e non ne conosco neanche il perché ma lo intuisco
Odio...il mio nome senza il tuo, ogni fottuto addio. Odio quando ti Odi e mi allontani perché
hai delle isole negli occhi... E il dolore più profondo riposa almeno un`ora se ti incontro
e ti AMO e con le mani dico quello che non so e tu mi AMI [...] tutto è perfetto tutto, tutto somiglia a TE.[...] Dici che esisotono solo persone buone e quelle cattive sono solamente SOLE.. e forse è così. »

( Tiziano Ferro - Hai delle isole negli occhi; L'Amore è una cosa Semplice )

 

Riecheggiavano ancora le strilla e il suo nome si confondeva tra i pensieri disordinati della mia mente. Il sapore del sangue accarezzava la gola in un amaro ricordo. Nel buio del sonno riuscivo a ricordare quanto odio avessi provato per quegli istanti di gioia, forse passati troppo in fretta. E sentii scorrere la paura di non ritrovarli quando aprirò gli occhi.

Ma le labbra morbide che si posarono sulla fronte mi fecero ridestare. Ax, o chiunque fosse stato, mi fece capire che ero ancora viva, che niente era perduto. O che tutto era solo uno dei soliti sogni, che ti lasciano illudere e quando ti svegli senti solo attorno a te l'odore agrodolce dell'angoscia.

Alzai lentamente la mano, poggiandola sul suo viso.

Sentii le unghia confondersi tra la barba di poco folta, i polpastrelli pizzicarsi e un quel dolce profumo - di quelli che nemmeno Chanel o Hugo Boss riuscirebbe a creare; il profumo della sua pelle , quell'indimenticabile odore - mi accarezzò le narici.

Sorrisi.

Sembra Jared. Sento il suo profumo.

Le dita si spostavano lentamente sul suo viso, contornandogli le labbra.

Sorrisi ancora. E ancora il suo profumo.

Jared. Sto ancora sognando.

Le sue labbra catturarono il mio indice e sentii la sua risata dolce e provocante. E ancora sorrisi, con gli occhi sempre chiusi.

Se sto sognando, capisco perché non voglio svegliarmi.

Lasciò andare via il dito, che adesso scendeva a definirgli il collo. Non riuscivo a senire le fitte che mi trapassavano lo stomaco; troppo impegnata ad immaginare chi ci fosse lì.

Sentii le sue mani abbracciarmi e prendermi per i fianchi.

E quel profumo indimenticabile aderire sulla mia pelle. Non era profumo di marca.. era il suo. L'odore della sua pelle, quella dello sfinimento di un concerto.

La mano si confuse tra i capelli, mentre un'altra fitta allo stomaco mi fece avvinghiare a lui. Ma ancora non aprivo gli occhi. Come una cieca, scrutavo la persona che mi teneva tra le braccia.

La mia mano si confuse sulle braccia morbide e toniche, sulla sua maglia stracciata. Sentii una lacrima solcarmi il viso e le sue labbra catturarla.

- Open your eyes. - mi sussurrò. - The devil's inside. - Quella voce fece sì che le braccia andassero al collo. Lo abbracciai. Lentamente la luce penetrò nelle mie pupille e il mio naso accarezzò la superficie della pelle pallida. E quando lo sguardo sfocato si posò sui suoi occhi azzurri e lucidi, belli come il mare, sentii ancora una volta lo stomaco contorcersi, aggrapparsi alle ossa e al dolore.

- Jared. - sussurrai, cercando di tenere gli occhi aperti. Ma loro continuavano a desiderare di vedere il buio; di chiudersi e così fecero. Ma sentivo ancora il suo profumo, ancora le sue mani accarezzarmi il volto. Parlava, la sua voce era lontana e confusa, ma non mi dispiaceva ascoltare quel mucchio di parole per me senza senso. Mi accasciai con il volto sulla sua spalla, mentre lo sentivo respirare sul mio volto.

- Dormi se hai sonno. - mi sussurrò e sorrise, stringendomi appena a sè. E' sbagliato il comportamento che ha. E' sbagliato e probabilmente lo sa. Ne è consapevole. E io sto sbagliando. Io gli do corda. Ma è più forte di me.

- Se mi addormento tu poi vai via. - mi accarezzò le palpebre degli occhi e sorrisi.

- No. Forse quando ti sveglierai sarò ancora qua. Shan e Tomo stanno ancora intrattenendo il pubblico.. abbiamo fermato il concerto. Ho fermato il concerto. Per te. - puntualizzò. - Dormi, davvero. Non voglio che tu sia stanca. Sei la nostra Groupie. E devi tenerti in forma. - sussurrò quelle parole, che non capii inizialmente. LA LORO GROUPIE. Mi si fermò il cuore. Non lo sentivo più. - La vostra Grou.. - mi bloccò. - Lo sarai. Dormi. - mi accarezzò i capelli e a quel punto non riuscii a tenermi sveglia. Mi addormentai nuovamente, tra le sue braccia.

Tra il profumo di Jared e ancora il sapore di concerto tra le dita.

 

« Mentre dormi ti proteggo e ti sfioro con le dita
ti respiro e ti trattengo per averti per sempre [...]

Questa notte senza luna adesso vola.. tra coriandoli di cielo
e manciate di spuma di mare Adesso vola »

 

( Max Gazzè - Mentre Dormi)

 

 

Dormiva ancora,accarezzata dal giubbino in pelle che la copriva, nascondendole in parte il piccolo volto. La fissavo in un angoscioso silenzio, con la paura di poter svegliarla anche solo respirando; mi sentivo come un bambino che per la prima volta tiene tra le braccia il suo fratellino, ed ha paura di farlo cadere. Le mie mani continuavano a carezzarle il volto, le occhiaie sotto gli occhi, senza fermarsi. Avevo la sensazione di volerla proteggere, come se su di lei ci fosse inciso qualcosa che m'avrebbe reso libero; mi sentivo stupido a pensare di essere così sentimentalmente legato ad una sconosciuta - una ragazzina. Ricordo quando dissi ' Se dovessi diventare l'idolo delle ragazzine, m'ammazzerei' ed eccomi adesso, che ne tengo una tra le braccia con la paura che vada via. Illogicamente, anche quando Ax entrò nuovamente in camerino, seguito da Shannon e Tomo, feci finta di non averli nemmeno visti; e guardavo lei, l'ammiravo e sorridevo.

- sembri suo padre. - sussurrò Shannon e in quel momento mi rabbuiai appena. Le labbra si scontrarono tra di loro in una silenziosa smorfia di dissenso, prima di lasciarsi accarezzare dai denti, energicamente. - Ma non lo sono. - sentenziai, ritornando ad osservarla.

- Jared, per favore, smettila. Ritorna serio! - Tomo credeva scherzassi ma quando alzai lo sguardo mi capì e rimase zitto, osservando Shannon perdere la pazienza. - SENTI, C'é UN CONCERTO CHE DEVE ANDARE AVANTI! E NON PUò FERM... -

- Sh! La svegli. - portai l'indice al nasino e Shannon trattenne un ringhio, alzando gli occhi al cielo. - Lascia la tua bam... -

- La mia? ... La nostra. - e lo corressi ancora, al chè Shannon sospirò, quasi avesse perso le speranze di farmi ragionare. - Jared. La nostra, sì. La nostra groupie. Sì. Però.. abbiamo un concerto. Alza quelle fottute chiappe. -

- E CAMMINA! - fu Ax ad urlare ed io mi voltai di scatto verso di lui; non m'alzai, restai fermo continuando ad osservare Donia. Poi Shannon e Tomo. Poi Ax, che cominciava davvero a non digerire la situazione nè a trattenere la gelosia.

- Andiamo. - dissi, osservandola per un'ultima volta. Non pensai a chi mi osservava né se fosse giusto o sbagliato. Me lo sentivo scorrere nelle vene quel gesto sconsiderato ed ingenuo. Era per me normale salutare la Groupie. Mi accovacciai sul suo volto, accarezzando con il mio naso il suo. Le sfiorai delicatamente le labbra e sentii un colpo di tosse lontano: Ax. M'allontanai di qualche millimetro, lasciando che le mie labbra si posassero giusto all'angolo, in quel posticino remoto e segreto. Poi m'alzai tenendola tra le braccia; era leggera. Accennai l'uscita a Tomo e Shannon, che s'avviarono per riprendere il concerto ormai fermo da dieci minuti . Sentivo echelon gridare il mio nome, ma non m'interessava. LAsciai che Ax la prendesse ma non smisi di tenerla tra le braccia. - Puoi lasciarla,adesso. - bisbigliò torvo. - Remember: The tickets. - Mi preoccupai di dire solo questo. Poi la lasciai, osservandola. Mi si disegnò sul volto una smofia di dolore, quasi una tortura allontanarmi da lei.

Un perfetto idiota, direi; un quarantenne che scodinzola dietro una diciassettenne; sono un coglione,proprio. Mi sento un perfetto coglione. Un pedofilo! ANche un pedofilo! Un pedofilo.

M'allontanai verso la porta, lasciandole il mio giubbino. Sorrisi infine, accarezzandomi la cresta; un sorrisino sarcastico, di quelli rassegnati. Avevo paura di non vederla più, è vero. Avrei parlato con i genitori ma sapevo già che qualunque cosa avessi detto, qualunque proposta avessi fatto, loro non m'avrebbero ascoltato. Dopotutto, chi manderebbe la figlia con tre pazzoidi in giro per il mondo a fare concerti? Nessuno. Ma io la desideravo con noi più di ogni altra cosa e al solo pensare che non possa avverarsi quello che bramo, mi scazzo. Ci riuscirò, però. Avrò quella fottuta ragazzina con me. Per me.

 

« Do you have the time to listen to me whine About nothing and everything all at once.

I am one of those Melodramatic fools Neurotic to the bone No doubt about it »

« Hai un momento per ascoltare il mio lamento Su niente e tutto Tutto in una volta

sono uno di quegli sciocchi Melodrammatici Nevrotici fino alle ossa non c’è dubbio su questo»

 

( Green Day - Basket Case )

 

E finalmente potetti tenerla con me, mentre il Taxi ci portava all'Hotel. Saremmo restati lì ancora per una settimana, giusto il tempo per aspettare l'altro concerto. Il Diciotto Novembre. Mi sentivo egoista, nel pensare di gettare i biglietti e non dirle nulla. Egoista perché.. nonostante l'odio provato, Jared aveva ragione: non potevo negarle quella falicità che l'avrebbe fatta davvero sorridere. PErché,sì, esistono vari tipi di felicità. Ma quella di Donia è finta, è una maschera incollata sulla pelle, che lei vuole solo staccare. Una maschera che non la lascia vivere e respirare; la tristezza è una brutta malattia.. perché non si vedono i sintomi, quando arriva. E ti cattura, ti trascina in basso senza che tu te ne accorga. Ma Donia è sempre stata speciale, Donia si era resa conto della trappola in cui stava cadendo. Donia voleva imparare a volare, voleva uscire fuori dalla Depressione.. perché me la ricordo, Donia: era la ragazza a cui, più di tutti, piaceva sorridere e giocare molto. E adesso, invece, a stento la vedo accennare a cosa possa essere la felicità. Ride, ride perché sente il bisogno di vedere quella maschera contorcersi sul volto, ma essenzialmente non lo fa perché crede davvero di dover sorridere; non le fa ridere niente, ninete le dona la felicità. Finge che sia felice, perché vuole fare la depressa - anticonformista, perché non vuole far vedere quanto dentro si sia lacerata, si sia data alle fiamme. Ed è anche colpa mia, di questo. Mi sento in colpa, tremendamente.Sono stato lo stronzo di turno che le ha spezzato il cuore e poi, tornando in punta di piedi, mi sono finto un sarto professionista per ricucirle le ferite; si è fidata di me, lo ha sempre fatto.. lo farà sempre, non mi abbandonerà mai. La conosco. Ma dovrei prendere le mie responsabilità. Dovrei pagarla per tutto il male che le ho fatto. E i Thirty Seconds to Mars sono il giusto prezzo che deve ricevere. Anche se..

La vidi muoversi e sussultai. La mia mano smise di accarezzarle il braccio coperto dalla pelle nera, intrufolandosi tra i capelli, contornando i suoi lineamenti. Si voltò e ritornò a dormire. Sorrisi. Devo farla sorridere. La vidi nuovamente accucciolarsi tra il giubbino di Jared. Mi rabbuiai. La vidi sorridere nel sogno e capii che quello era uno dei pochi sorrisi sinceri che avevo visto. Chissà cosa sta sognando, adesso.

- Adesso è un bel casino. - le sussurrai, nonostante stesse dormendo. Come un codardo, le parlavo mentre dormiva, così non avrebbe mai sentito ciò che pensavo davvero. - Sei Fortunata, sai? La tua fortuna è.. - feci una pausa, facendo una smorfia. - Mah, diciamo la verità: la tua non è proprio fortuna, eh. LA tua è proprio una botta di culo enorme!! - precisai e sorrisi appena, imbarazzato, quando l'autista mi guardò dallo specchietto retrovisore. Salutai e lui sorrise. Ritornai ad osservarla. - Adesso, con questa cosa del concorso in Francia.. resteremo qui altra settimana, Morgue.. ti rendi conto? Avrai ancora una volta la possibilità di fare questa pazzia... - feci una pausa, pensando. - Sinceramente, credo che questo sia tutto un sogno, sai? - risi appena. - Insomma, chi ragazzina , chi EKelon - pronunciai il nome 'Echelon' in modo sbagliato appositamente, per prenderla in giro. Ma lei ancora dormiva. Lei non mi sentiva. - chi persona sulla faccia della terra, della sua vita si aspetterebbe un cambiamento così difficile da fare? Contro tutto e tutti ti sei messa per loro.. sei una scema. - dissi, accovacciandomi. Le diedi un bacio sulle labbra. La scena di Jared qualche manciata di minuti prima. Rabbrividii.

- Ma ho anche capito che Jared a te ci tiene davvero.. anche se ho paura, sai? Ho paura che dandoti questa opportunità tu butterai via un'opportunità più sicura.. hai vinto un concorso in Francia, Donia.. l'hai vinto. I tuoi disegni, i tuoi dipinti sono piaciuti. Se non andrai a questa premiazione per un concerto..per loro... ti rovinerai la vita. Ma ... sono solo un depresso che , in realtà, non vuole che tu vada via con loro. Ti voglio tenere con me. Per sempre. Ma tanto.. tu non resterai per sempre con me. Non vuoi. Non puoi. Sei speciale. E io non ti merito. - feci una pausa, arricciando il naso. - Nemmeno Jared, Shannon e Tomo ti meritano, oh. - sorrisi. -tanto Speciale che non ti meriterebbe nemmeno Dio in persona. - conclusi e ancora la vidi muoversi. Continuavo ad accarezzarla, mentre lei pian piano riapriva gli occhi. Sussultai, vedendola accarezzare il giubbino in pelle. Sorrsi, quando notai che era ancora viva. Che si era finalmente svegliata.

Svegliata, sì. Tra le MIE braccia.

 

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Bien. Buon Natale :3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Scelte ***


 this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita
per la Musica.

 
Capitolo 11 - Scelte 


Gocce di pioggia velenosa solcavano quel vetro lievemente appannato dal mio corpo ancora caldo per la doccia. Nella stanza dell'albergo, mi gaurdavo attorno spaesata, cercando di raccimolare tutte le forze perdute e restare in piedi. Dalla finestra decorata s'intravedeva, tra le facciate delle gocce che scendevano, la Tour Effeil ornata di tante piccole luci che la rendevano più maestosa ed imponente, tra quelle piccole lucciole interpretate da locali, case e macchine.
Osservavo il tutto in silenzio,lasciando che la mia mano percorresse solamente il bordo del giubbino in pelle. " Sì è il giubbino di Jared." mi aveva detto Ax qualche minuto prima, mentre sbatteva la porta dell'albergo e andava via, lasciandomi sola. Con il silenzio. Mi specchiavo nella finestra, delineando le borchie di quel giubbino che tante volte avevo visto nelle foto, e aspettavo che m'accorgessi di essermi fatta scappare l'ennesima opportunità. Accarezzai con la punta del naso il colletto, sentendo il profumo di Jared. Qualcosa nacque dallo stomaco crescendo pian piano fino ad arrivare al cuore. Si fermò per qualche istante. Sentii il respiro venire meno e l'immagine sfocata di Jared che mi dice di addormentarmi e non temere. Lo stomaco contorcersi, chiudersi e la gabbia toracica quasi appiattirsi per il dolore. Barcollai per qualche secondo, mi stropicciai gli occhi.  P a n i c o .
Mi ricomposi, lentamente, cercando di non pensare a cosa indossassi. I miei occhi si spostarono sul riflesso alla finestra - il mio - osservando il corpo ancora bagnato e nudo con le gocce che scendono sulla pelle delle gambe, condonfondendosi con quelle che in realtà accarezzavano il mio 'specchio'. Lasciai che gli occhi umidi si possassero sull'orlo del mobiletto vicino a me, ricordando della sigaretta poggiata lì e accesa da un bel po'. La presi portandola alla bocca. Mi guardai per qualche lungo istante. Con questo giubbino e la sigaretta, i capelli bagnati e l'atteggiamento serioso potrei fare un calendario porno. Sospirai, aspirando lentamente. CHiusi gli occhi. Portai la mano all'orlo del mio cellulare. Aprii gli occhi. Cacciai via il fumo. Osservai il cellulare. L'unidici novembre è passato. Adesso.. adesso c'è il diciotto.
Premetti il tastino al centro, notando le centotrentordici chiamate perse di Eden, i duocentoventintordici messaggi di Lex e il tutto, sommato alle chiamate di Fluo per i Messaggi in segreteria della Yra, fratto le bestiemmie in cinese della Evey, che non poteva contattarmi perché non aveva campo.


" Morgue, allora ? Ce l'hai fatta? Ti prego rispondici! Siamo in pensiero!"
" PORCO CAZZO! Perché ha URLATO IL TUO NOME? Ha detto DONIA! Giusto? HA URLATO DONIA!!!! "
" MALEDIZIONE! Ma perché non ritorna Jared? Shan e Tomo non sanno come fare! Ma tu dove cazzo sei? Lo hai incontrato? Aliceeeeeeeeeeeee! "
" Cazzo, ti prego, rispondi. Cominciamo a preoccuparci! "
" Dove cazzo sei? "
" Donia. Jared è ritornato. Ha detto che la Groupie sta bene.
Aspetta. Un momento. Ha detto che DONIA - la groupie - sta bene. HA DETTO DONIAAAAAAAA! "
" adesso il concerto è finito. TU PERò ANCORA NON TI FAI SENTIRE
. "
" Ha chiamato Ax. Ha detto che è arrivata la lettera.. congratulazioni amore!"

Arricciai il naso, ma nulla di più. Spensi frettolosamente il cellulare, prima che mi tempestasse con nuove ed esilaranti scoperte. La verità è che quella parola - lettera - non mi piaceva. Per niente. Spensi velocemente la sigaretta nel portacenere, mentre mi lasciai cadere sul materasso. Duro. Scomodo. Sbuffai. Passai le mani sulla faccia, cercando di non pensare a quello che era successo: ancora non avevo visto i miei genitori da questa grandissima bravata, nè avevo quell'intenzione. Tantomeno di vedere Ax.. sembrava veramente giù di corda, come se dovesse portare sulle spalle il peso di un gran macigno. E forse è così.
Mi stiracchiai strusciandomi contro le lenzuola fredde, sorridendo appena. Il profumo di Jared mi invase le narici quando, cercando un posto caldo, m'intrufolai con il viso e il nasino all'insù nel giubbino. A quel punto sentii bussare alla porta.
- Donia? -
mia madre. Sospirai, mentre mi voltai ad osservare la porta.
- ciao. -
risposi solamente, alzandomi e poggiando la schiena sulla ringhiata del letto matrimoniale, eppure solo ed unicamente prenotato per me. A proposito, mi chiedo chi sia stato a mandarci in questo albergo così.. lussuoso. Tende rosse in seta, parquet e letto a baldacchino. Niente male.
 Immaginai mia madre che confusa - come nei film - si mangiucchiava le mani, sospirava, apriva bocca come a voler dir qualcosa ma forse le parole erano troppo futili e per lei inappropriate, quindi preferiva tacere. Si mangiucchiava il labbro, lo so, lo faccio anche io, mentre cercava il modo per cominciare una discussione senza litigare.
- scusa. - mi sentì di dire, così, su due piedi.
- Apri la porta. - rispose ma io non m'alzai da quel letto. - C'è la lettera dall'Accademia delle Belle arti in Francia. Quella per cui hai fatto il concorso. -
La lettera. Le congratulazioni. Sono ancora qui in Francia per un solo motivo: i miei disegni. Sospirai rumorosamente, strusciando il bacino contro le lenzuola, distendendomi; trattenni le lacrime, forse di gioia, mentre chiesi a mia madre di cosa parlava. Cosa diceva quella lettera.
- Hai vinto il concorso, Donia. Hanno promosso i tuoi disegni. Voglio farti fare uno stage. Il diciotto novembre, tra una settimana, dobbiamo andare a ritirare il premio. Al galà delle nove. Ovviamente nove di sera. - quelle parole si schiantarono contro la mia mente violentemente, come il mare fa contro lo scoglio; respira, Donia, respira lentamente.
- Passami la busta sotto la porta. -
- non vuoi proprio aprirmi? -
- sono appena uscita dalla doccia. -
- Hai vergogna? -
- Lo sai che ho vergogna di farmi vedere anche in costume. -
non ci fu risposta. Vidi una lettera dalla carta colorata, con schizzi di colore ovunque, passare sotto la porta. Mi alzai e la pescai, portandomela tra le mani. Un respiro, profondo.
- Vado nella mia stanza. Sono lì se vuoi parlare. Abbiamo da discutere su quello che hai combinato. Lo sai. -
- Se l'ho fatto un motivo c'è. Jared non te l'ha detto? -
- Abbiamo parlato con quello, là.. quello con i capelli lunghi.-
- Gesù Cristo. Si chiama Tomo. -
- Tomislav, sì. -
la sentii allontanarsi, così. Mentre aprivo la busta, notai la mia mano tremare sull'orlo della carta ruvida; Donia, ti prego, calmati. L'aprii lentamente, gettai a terra la busta e sedendomi a gambe incrociate, osservai l'invito al gala. Ed è fissato il Diciotto Novembre, alle 21.00. Lo stesso giorno del prossimo concerto dei Mars. Lo stesso giorno in cui andrà Gemma.
A proposito di Gemma.. devo chiamarla, mi aveva esplicitamente chiesto di farle sapere come me la sarei cavata senza biglietto. Direi che me la sono cavata bene, parte il fatto che stavo per morire.. ma morire quasi è il giusto prezzo da pagare, se volevo vedere Jared, Shannon e Tomo. Che poi, alla fine ho visto solo Jared. Tomo non sono riuscita a vederlo perché era con i miei, a quanto pare, mentre Shannon intratteneva la folla con L490.
Cercai ad ogni modo di non piangere, senza pensare. Presi il cellulare e composi il numero, ma qualcuno bussò alla porta.
- Sono Alessandro. - sospirai. - E' aperto. - e lui entrò.
Mi ritrovò senza vestiti, ma non si scandalizzò. Assottigliò appena la sguardo sul giubbino in pelle e borchiato di Jared ma non si sentì di dire niente. C'era qualcosa in lui che però non andava: era sovrappensiero quasi, preoccupato, come se dovesse dirmi qualcosa. Si mordeva l'interno della guancia mentre silenziosamente mi osservava. Intanto io chiamai Gemma e le raccontai tutto. Mentre raccontavo, mi accorsi che sorridevo. Sorridevo ma malinconicamente, pensando che tutto fosse già passato o molto più semplicemente sorridevo perché non sapevo che fare. Il gala e la premiazione dall'accademia rappresentava per me un futuro pieno di possibilità di lavoro. Un lavoro che amavo fare, perché disegnare è l'unica cosa che mi piace e che so fare. Disegnare, colorare, dipingere il mondo. Gemma mi confidò che non vedeva l'ora di andare al concerto.
- Donia, tu che hai intenzione di fare? - mi chiese la voce dall'altra parte del telefono. Sospirai. - Non chiedermelo. Non so cosa ho intenzione di fare. - Ax mi osservava in silenzio, cercando di captare la voce dall'altra parte della cornetta. - Beh, io intanto che ci penso, vado a vestirmi. - guardai Ax fare una smorfia. E stranamente gli sorrisi. - Ci sentiamo, Sister. - dissi. - A presto, Echelon. - e attaccò. Quando posai il cellulare sul comodino, Ax mi si avvicinò alle spalle e mi abbracciò. - Che hai, Donia? - domandò, dandomi un bacio sulla guancia. Nel guardare il suo volto che poggiava sulla mia spalla dovetti voltarmi: il profumo di Jared m'invase e un brivido mi fece sobbalzare. Ax non capì e sorrise, mentre le sue mani scesero sui miei fianchi. - Niente. - bisbigliai, osservando il biglietto. Ax però non si lasciò persuadere e grazie alla presa sui fianchi, mi fece voltare verso di lui. - sai benissimo che non ti credo. - lo guardai arricciando il naso. - E fosse 'na vota ca' me crerisse. - E ci fosse una volta in cui mi credessi. Ax scoppiò a ridere, provando a baciarmi. Mi voltai con il viso. Lui intese. Sospirò. - hai intenzione di fare un'altra cazzata e l'ho capito. Quando c'è il prossimo concerto.. ? - il suo viso s'incupì, come se sapesse già la risposta. Mi tirò verso di se, ma io provai ad allontanarmi; la sua presa era forte e mi trattenne. - Non ti lascio, è inutile. - sussurrò, con un sorrisino malandrino sul volto. - Il diciotto novembre, comunque. - deglutì, mentre lui con la mano mi sfilò il giubbino di Jared. - No. - sussurrai, provando a rimettere quella corazza in pelle che mi faceva sentire forte. - Sì. - bisbigliò, lasciando cadere a terra il giubbino. - Lo so che non mi ami più, Donia. - continuò, mentre mi spinse contro il letto. - ma io ti amo ancora. - Mi sentì compressa compressa tra il materasso duro e il corpo di Ax che non voleva lasciarmi andare. - Ho intenzione di non andare al concerto, comunque. - sussurrai, mentre sentì le lacrime scendere lungo la guancia e acccarezzare i capelli. Ax sgranò gli occhi. - Non ho un biglietto. Non posso rinunciare a migliorare il mio futuro, Ale. I Mars possono darmi tutta la vita che desidero, ma se non ci riesco? Se non sarò mai la loro groupie? Sarò costretta a rimpiangere sia i Mars che il lavoro che desidero svolgere nel futuro. No, non posso permettermi di rovinare la mia vita in questo modo. - singhiozzavo, mentre pronunciavo quelle parole così amare. - Devo andare da mamma, dobbiamo comprare i vestiti per il gala. - chiusi gli occhi, respirando profondamente. - I tuoi sono a cena. Gabriele è con l'animazione dell'abergo. La porta è chiusa a chiave. Ci siamo solo io e te. E io ti amo. Ti amo perché stai facendo la scelta giusta, Donia. La scelta sana. Quella che avresti dovuto fare tempo fa. - in quel momento i miei occhi si poggiarono sul giubbino di Jared e Alessandro lentamente iniziò a baciarmi il collo. - Non è la scelta giusta, Ale. Se fosse stata tale, mi avrebbe fatto sorridere. - commentai a voce bassa e ancora una volta provai a staccarmi da lui. - Ti prego, non ho voglia. - Ax mi trattenne bloccandomi con le braccia. - Io sì però. - mi baciò le lacrime e mi guardò. - Donia, tu mi ami ancora e io ti amo. Lo so che mi ami ancora. Smettila di farti convincere dal tuo alter ego da Echelon. - lo osservai sopra di me, sussurrando. - Echelon non è un alter ego. Io sono Echelon. Sono nata umana.. - continnuò. - ma sei cresciuta marziana. Lo so. - mi teneva ancora bloccata sul letto, mentre mi obbligava a sentire ancora qualcosa per lui.
Non so perché ancora piangevo, forse per molti motivi.
Non amavo più Ax e lui non se ne rendeva conto.  Non lo amavo più ma lui mi costringeva ad amarlo ancora. Non volevo andare al Gala, era ovvio, ma ero costretta a farlo, per il mio futuro. Continuavo a scusarmi con i Mars, per la scelta che stavo per fare. Continuavo a scusami con me stessa e con Jared, mentre lasciai che Ax mi trascinasse sotto le coperte, controvoglia.

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Saaalve, Echelon! Come state? Qui tutto bene, più o meno. Sto schiattando nel letto della mia camera verde, per questo sono riuscita a finire questo stramaledettissimo capitolo che avevo in bozza da BEN tre MESI! Mi perdonate vero? MA la scuola impegna, e quest'anno come non mai mi manda in manicomio. Non ho più una vita sociale, sapete? Il mio migliore amico si chiama Durante de Aligheris. Lo conoscete? No? Sappiate solo che io avrei preferito che restasse all'inferno! Sì, sto parlando di Dante.
Bene, Echelonuzzoli, scusandomi ancora per il ritardo perpetuo, spero che vi piacerà questo capitolo anche se io lo reputo assai mmmmerdoso, soprattutto per la forzatura che ho fatto: scusatemi se è abbastanza arronzato, ma volevo finirlo oggi! Sennò, l'avrei pubblicato direttamente a maggio! XD Ma il prossimo capitolo sarà.. una bomba, ve lo giuro.. e.. no, NON FACCIO SPOILER! u.u

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Got back up again. ***


 this War? No, this isn't. This is Love.
A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita
per la Musica.



Capitolo 12 - ut got back up again.


Tirò su le coperte, baciandomi. Per qualche attimo mi sentì al sicuro là, sotto la matassa di lenzuola e piumone pesante, sotto il suo corpo. Ma poi, pensandoci, capì che quella sicurezza in realtà era solo paura di uscire allo scoperto, di alzare la testa oltre quelle lenzuola e guardare i tanti post it appesi alla parete e non sapere quale scegliere. Abbracciai quel corpo caldo che ansimava, di poco, mentre le sue labbra secche percorrevano il collo in tanti morbidi baci; le mie gambe strinsero i suoi fianchi e lui spostò le ciocche dei miei capelli dal viso sudato. Mi sorrise, per un breve istante ci guardammo negli occhi, fermandoci. Mi baciò e lo fece intensamente, come se stesse rispondendo a tutte le domande esistenziali  che il mio cervello si stava ponendo. Mi rassicurò, cancellò ogni mia preoccupazione con quel bacio, mentre le mie mani si confusero tra la cresta ammaccata sul volto. Mi sfiorò con il suo naso all'insù e le labbra sfiorarono le mie, prima di ritornare a scendere sul petto. Disse qualcosa ma non lo capì. Dopo poco i battiti contro il mio bacino cessarono e ci fermammo, di nuovo. Non c'erano più spinte, adesso, le coperte del letto si riposavano e asciugavano i nostri corpi sudati. Il letto aveva cessato di muoversi e la sua mano non si teneva più ferma alla ringhiera del letto: era scesa a stringere la mia in una morsa d'amore che non avevo accettato. Non ti amo più - dicevano gli occhi di Jared Leto - è inutile che continui a mentirti. Mi piace solo scoparti, ormai. Quelle parole non mi avevano ferita, sapevo che Jared non mi amava da un po',ormai. Pensava a tutt'altro che a me e questo mi manda in bestia, lo ammetto... ma la sua sincerità degli occhi che va in contrasto con i suoi modi di fare da bastardo egoista mi piacciono. Mi piace, Jared. Ma non lo amo nemmeno io. Eppure quando lo guardo negli occhi, c'è un barlume che mi acceca, qualcosa simile ad una piccola luce.. piccola ma estremamente intesa. Passionale. Lui è innamorato. Non di me.
Addio, Jared. - dissi quando pian piano le coperte si alzarono e fummo accecati dal sole che sbatteva contro le finestre. - scusami per ieri sera.. ma quel vestito.. credevo.. -
- Non importa, Ashley. Davvero... non era per te, era evidente.. la taglia era troppo piccola. - sospirò, cupo. - Mi spiace averti detto.. quelle parole. Ma è la verità... -
- Jared, l'avevo capito da un po' che ti eri.. boh, sviato, ecco. Quindi, davvero.. non preoccuparti per me, sopravviverò. - Ovviamente, la mia non era la verità: sarei sprofondata, morta, avrei chiuso la mia bara. Avevo perso la persona più bella del mondo. Jared.


Il sole batteva sulle palpebre e il rumore delle tende che s'aprivano sul loro binario mi diede un buongiorno malinconico; che giorno era? Non volevo saperlo, per la prima volta il numero diciotto non ricordava nulla di bello. Presi il piumone che in parte scendeva dal letto e mi coprì il viso, mugugnando e chiudendomi in posizione fetale, sfregando il capo contro il cuscino: sentì il profumo di Alessandro invadermi e sorridendo malinconicamente rifeci quel gesto ancora una volta.
- Donia, andiamo. Alzati, c'è una cosa per te. - bisbigliò mio padre che stranamente calmo, mi accarezzò la spalla e mi rimboccava le coperte. - Andiamo, sennò faremo tardi. - Tardi per che cosa? Ah, sì, la colazione. Gli hotel non mi sono mai piaciuti per questo. Ognuno ha le proprie abitudini e i propri orari, come può un Hotel permettersi di stabilire lui pranzo, colazione e cena? Capisco che c'è bisogno di organizzazione, ma colazione alle otto di mattina è,cavolo, un suicidio! - Alessandro ti aspetta nell'altra stanza. Io, Gabriele e Mamma cominciamo a scendere.. ok? -
- Hmm. - annuì lentamente strusciando il capo contro il cuscino. Ovviamente, non m'alzai. Aprì gli occhi una decina di minuti dopo, quando ero sicura che il Sole non avrebbe infastidito la mia vista. Quando calarono le coperte, mi osservai in intimo e provai per qualche istante freddo. Allora sgattaiolai  via dalle coperte e, cercando di non scendere dal letto, m'allungai verso la poltrona, afferrando il giubbino di Jared. Dopo svariate e strane acrobazie, riuscì ad afferrarlo e perdendo anche l'equilibrio - ho rischiato di sbattere con il mento sull'orlo del letto - mi sono riposizionata tra quelle onde di coperte, accarezzando la pelle lucida. Osservai lungo l'orlo delle maniche lo sgretolarsi dolce della pelle, andava via piano, segno che Jared spesso aveva usato quella giacca. E successivamente le dita scesero lungo le borchie sulle spalle. Sorrisi portandola al viso e ispirando ancora quel profumo. Sì, lo ammetto, forse un po' mi eccita. Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere con la schiena sul materasso. In quel momento Alessandro aprì la porta.
- andiamo, dormigliona, mai possibile che debba venirti a chiamare? Ho fame, andiamo a fare colazione! - sbuffò, sedendosi sulla poltrona della camera osservandomi. Sbuffai anche io e mi rintrufolai sotto le coperte. Non parlavo molto con Ax da quando mi 'costrinse' a fare quello che abbiamo fatto. Certo, non mi ha proprio costretto: se avessi rifiutato ancora una volta, lui mi avrebbe lasciata andare. Ma non l'ho fatto e mi sto chiedendo perché. Forse perché sono una bastarda egoista, come il personaggio di 'Was it a dream?' che pur di non restare solo fa del male agli altri. Io ho paura di restare sola, è vero. Ed ho paura che non vedendo più i Mars, resterei sola e anche depressa. Meglio restare solo depressa ma non sola. E fare l'amore con Alessandro, è stato un po' come.. consolarsi? E' una cosa brutta da dire e infatti non voglio più pensarci.
- E poi.. devi provarti questo.. vestito. - lentamente alzai una mano e il dito medio in bella vista; scoppiò a ridere. Eppure sapeva di aver mosso la mia curiosità, soprattutto quando cominciò a toccare qualche busta e il rumore attirò la mia attenzione: il vestito. Ma quale vestito? in questi giorni avevo fatto di tutto, e dico di tutto , per non andare a compare nessun vestito per il  Gala. Non avevo intenzione di ritrovarmi con uno strascico chilometrico, una montagna di trucco e dei trampoli al piede. Decisamente NO. Eppure quel rumore di buste che si stropicciavano tra le mani di Ax mi fece alzare la testa dal cuscino, osservando la stanza. Sbadigliai, portai la mano davanti alla bocca e successivamente mi accarezzai i capelli. Aprì gli occhi ma stavolta non 'tonfai' sulle lenzuola. La mia bocca restò aperta. I miei occhi si sgranarono. E la mia mente cercava di capire da dove avessero pescato quel vestito. Era.. bellissimo.
- Non è possibile. - borbottai, mentre velocemente, inciampando nelle lenzuola, m'alzai dal letto e mi scaraventai di fronte all'anta dell'armadio, dove il vestito ancora appeso alla sua cruccia, riposava tranquillo e imbustato. Era nero, ornato di fiori bianchi in organza, credo si dica così. Non riesco a descriverlo in verità, non so farlo.
Era lungo e blu notte, non nero in raltà. Il tessuto di base era il raso, che scendeva sul busto e lo delineava, assottigliando le forme. L'organza invece copriva le spalle e faceva da maniche, in un gioco di fiori che sembravano stampati sulla pelle, nel caso avessi indossato quel vestito. I fiori si diramavano, piccoli e semplici, dalle maniche al corpetto, lasciando che il tessuto si infrangesse anche con l'oranza e creasse un gioco di 'vedo e non vedo' della pelle. I fiori erano piccoli, di un colore nerato che sembrava volesse avvicinarsi al blu oltremare e le paiettes che li coloravano, davano lucentezza alla seta. Il retro vedeva la schiena fintamente scoperta: l'organza, infatti, copriva in realtà la pelle di chi lo indossava, lasciando che i soliti fiori perdessero petali anche su quella zona del vestito. I petali erano poggiati anche sulle maniche del vestito, ma assumevano a quel punto un blu più vivace e spensierato. Il vestito aveva uno spacco: quello spacco era delineato dal fiore più grande e da sotto di esso si vedeva la gonna bianca del vestito, che richiamava il colore delle paiettes, tutta in seta. Guardandolo, mi stupivo di quello che i miei occhi riuscissero a vere. chissà se a Jared, tomo e Shannon piacerebbe, pensai.
- Dai, sbrigati. Vestiti, facciamo colazione.. così poi quando risaliamo, lo misuri. - sbrigativo il tono di voce di Ax, che poco dopo sparì dalla stanza.
- Porco cazzo. - mi lasciai sfuggire, ancora guardando quel capolavoro con gli occhi increduli. - Menomale che avevo detto ' non esagerate' - sbuffai, immaginandomi con quell'abito addosso. - Andiamo, a chi voglio far ridere? Mi starà uno schifo. - arricciai il naso e vestitami osservai l'orologio: 18 Novembre duemilaundici, ore dodici e trenta.
- Ma come faccio a fare colazione a mezzogiorno?! - mi vestì di una maglia nera, un pantalone nero e le scarpe rosse. Indossai la triade, sciarpa rossa e cappello rosso. Non misi il giubbino di Jared, indossando un cappotto rosso e nero. Mi truccai con un leggero filo di matita e il lucidalabbra. Cercai di sorridere guardandomi allo specchio : il cappello rosso alla Picasso scendeva verso sinistra e il mio nasino all'insù mi dava tanto l'aria da francesina. Sospirai e chiusa la porta della stanza, m'avviai verso la Hole, dove Alessandro mi aspettava sbuffando.

Sentivo le guardie fare indietro quella marmaglia di Echelon impazzite. Sorrido, ascoltandole e pensando che abbiano speso davvero troppo per un Golden ticket. Quei soldi, magari, saranno stati i loro risparmi di serate e serate passate a digiunare mentre gli amici si ingozzavano al Mc Donald's e tutte quelle serate di digiuno, per arrivare oggi e guardarmi per mezzo secondo, fare una foto buffa e ricevere un mio graffio sul foglio. Shannon continuava a battere le mani sul tavolino in legno giovane della stanza, mentre Tomo parlava per telefono a sua moglie, cercando di tranquillizzarla. Le occhiate nascoste di Shannon in realtà le vedevo e capivo che lui sentiva la mia ansia: già una volta provai ansia nell'incontrare i Fan del golden ticket. Ma, ovviamente, la mia ansia era dovuta ad un incontro in particolare. Un incontro che già la volta precedente non era accaduto, o meglio, non come io avevo progettato accadesse. Avevo incontrato le sue amiche, mi avevano raccontato la storia del biglietto andato a farsi fottere, del fatto che sarebbe arrivata fino alle transenne senza un biglietto. Avevo amato le parole di.. Lex, in quel momento, quando mi disse che la loro Donia non si sarebbe mai arresa tanto facilmente. Ed io aiutavo lei a non farla vacillare; spero vivamente che Ax gli abbia dato quel maledetto Golden Ticket.
- Jared, tra poco dobbiamo uscire da qui. - disse Tomo, sorridendomi, dopo aver attaccato.
- Come sta Milo? - chiesi, cambiando discorso.
- Bene. - sospirò. - Probabilmente non ci sarà, lo sai vero? -
- Se non ci sarà, due sono le opzioni: A) Quell'ax è una puttana di merda e non gli ha detto niente. B) lei ha scelto di non venire.. sappiamo che doveva fare la scelta tra noi e il Gala e sappiamo che non ci sorprenderemo più di tanto se avrà deciso il Gala a noi. Accetterò la sua scelta, qualunque sia, anche se.. beh, se non sceglierà noi, non so se potrò ancora chiamarla Echelon. -
- Jared, non fare il bambino. E' una scelta difficile e compromette il suo futuro. Magari ci resterà male a vita, se decidesse di venire da noi e non al gala. Oppure viceversa. Deve vedere ciò che è giusto per il suo futuro, non deve pensare ai tuoi capricci. E tu, che di anni ormai ne hai quasi quaranta.. beh, dovresti capire! - Shannon a quel punto s'alzò, dandomi una pacca sulla spalla e sorridendomi. - Forza, Bro, questa strana.. digressione e fissa sulla ragazzina ti passerà presto! - disse, mentre aprendo la porta, mi fece cenno di andare. LE urla delle fan si facevano insistenti. Erano miste di stanchezza ed euforia. Non erano le grida degli Echelon con il golden Ticket: era il canto dell'ammasso di echelon li fuori, ammucchiate davanti ai cancelli.
- Posso farcela, sono Jared Leto. - sentenziai, mentre velocemente, uscì dalla stanza seguendo Tomo e Shannon. - Avete deciso che pose fare quando faremo le foto con gli echelon? -
- Uhm. No, ne inventerò alcune al momento! - rise Tomo. - tu cerca di non far spaventare i bambini, con il tuo sguardo da psicopatico!! - fece una pausa - e tu! - indicando Shannon - non fare troppo il cascamorto! Sembrate due.. boh, non saprei! - scoppiò a ridere, mentre quelli della security si posizionarono avanti, di lato e indietro a noi tre. Sospirai. Mentre scendevo le scale che mi avrebbero portato nella piazzetta, osservai la folla. Sospirai ancora.
- Me lo sento, non c'è. - bisbigliai e Shannon mi posò ancora una volta la mano sulla spalla. - Jared, mai dire mai. - e si zittì, mentre i flash cominciavano a scoppiare sulla retina dei miei occhi azzurri.


Strusciai i piedi sull'asfalto della piazzetta, arrivando al tavolino prenotato da Alessandro. Lenta, mi sedetti sullo sgabello e addentai il cornetto - o meglio, la briosc - all'amarena. Una smorfia.
- è all'amarena eccheccazz. - lo poggiai con il tovagliolo accanto al cappuccino fumante. Alessandro arricciò il naso. - vedi, allora è questo quella alla crema. - scambiammo i cornetti. Lo addentai. - no, è all'amarena pur chist! - sbuffai. Alessandro rise.
- eppure credevo di essermi espressa bene in inglese. CREMA, mannaggj. - nonostante tutto, scazzata, mangiai quel cornetto e bevvi d'un sorso il cappuccino.
- Donia. - disse Ale - smettila di essere così ombrosa e triste.
- non sei tu quello costretto a fare una scelta. -
- Non c'entra. Tu non devi pensare che sei un echelon. I gusti musicali cambiano nel corso del tempo. Magari domani ti svegli, conosci un nuovo gruppo musicale e dimenticherai che sei un echelon! Allora capirai che non è valsa la pena andare li ancora una volta, oggi, perché è qualcosa di momentaneo.. che passa. -
- Ale, ma per favore! chiudi quella bocca! - sbuffando mi ripulì le labbra e con un balzo scesi dallo sgabello. Guardai il cielo, di un grigio acceso grazie al sole che si nascondeva tra le nuvole. - oggi io sarei dovuta stare là.. con i Mars. E invece sono qua, con un vestito che non sono sicura di voler indossare per un gala a cui non ho mai voluto partecipare. Stupendo! - ringhiai e Alessandro fu costretto a prendermi per il braccio.
- fai poco la bambina! La scelta è semplice: Un futuro sicuro con il Gala e la premiazione o una vita demmerda, passata a rincorrere tre deficienti che magari da un giorno all'altro si dimenticheranno di te! - strillò e la gente si voltò ma lui che, rosso di rabbia, mi osservava da capo a piedi. - Donia, questa è una scelta seria. Io rispetterò qualcunque cosa deciderai di fare.. ma sappi che un passo falso non può essere cancellato. La tua vita non è un foglio bianco, non è come i disegni che puoi cancellare se non ti piacciono. Puoi scegliere solo una volta, dopodichè devi accettare le conseguenze.. belle o brutte. - mi lasciò mentre mi aprì la porta del Taxi. - vuoi andare dai Mars? Fai pure. Vacci. Vuoi un futuro di merda, però. Vuoi andare al Gala? Vacci. Ma sappi che dopo i Mars non ti daranno un'altra chance. Sappi, però, che il Gala è l'opportunità che aspetti da tempo. Tutti vedranno i tuoi disegni, quanto sei brava.. sapranno chi è l'artista che li ha tanto coinvolti quando hanno visto i colori spiaccicarsi sulla tela. La scelta è tua, Morgue. Devi solo capire che cazzo di vita vuoi fare! - mi chiuse la portiera in faccia, senza chiedermi di rispondere. Si siedette di fianco a me mentre al tassista disse che strada imboccare. - ti porto a vedere la Torre Effeil, visto che quando sono andati i tuoi  hai preferito restare rinchiusa nella camera dell'albergo. E non voglio sentire obiezioni: stai zitta, non voglio sentirti parlare. - concluse, voltandomi la faccia. Quello che partì poco dopo fu uno schiaffo, da parte mia. - Zitta lo dici a tua sorella, uno. Io so cosa voglio dalla vita, infatti stasera andremo al Gala, due. Tre, prova di nuovo a zittirmi quando sto scazzata e giuro, Alessandro, che non vedrai la luce del sole. Intesi? - mi guardò con aria nervosa ma allo stesso tempo felice. Reagisco ancora, piangendo, ma reagisco.
Quando arrivammo osservai quella gigantesca torre sovrastare i cieli. Annuii al - Bellissima, vero? - di Alessandro, ma niente di più: la mia attenzione si focalizzò su una ragazza che passò. Occhiali da sole anche se il sole non c'era, pantalone in pelle come il giubbino, maglia rigata bianca e nera e una triade come collana. Un echelon. Quando mi passò di fianco sussurrai ' Proveito in altum' e lei si voltò di scatto. Mi rispose mostrandomi la triade e io feci altrettanto. Poi proseguì per conto suo, mentre io mi voltai verso Alessandro. - Beata lei che vive qua. Sai quante volte li avrà visti? - sospirai. Ax si strinse nelle spalle, abbracciandomi successivamente. - Io... - si bloccò. Arricciai il naso. - Tu? - lo guardai. - No.. niente. Volevo chiederti se eri sicura di aver scelto il Gala.. ecco.. -
- Ax, non ho biglietti per entrare al concerto. La security ormai mi conosce. Non posso rinunciare a qualcosa di sicuro come il Gala per una corsa sfrenata. E comunque.. credo che se anche avessi un biglietto.. non ci andrei comunque. -
- Perché?- mi osservò sgranando gli occhi.
- Perché deluderei mamma e papà. Non posso afrlo di nuovo. - scossi il capo. - Jared capirà. - sospirai. - Saliamo sulla torre? -
- Se vuoi... - disse sorridendomi appena. - Ma dimmi.. se avessi due Golden Ticket, quindi, non ci andresti? -
- difficile da dirsi. Credo di no.. - sospirai con le lacrime agli occhi. Soffocai la voglia di piangere ingoiandola. - Andiamo.. è meglio. -

Sfregavo i denti in assoluto silenzio. Shannon mi osservava sospirando, Tomo non c'era. Mi accarezzavo la cresta ammaccata, la barba rasa e mi stropicciavo gli occhi di continuo. Sospiravo e poi ricominciavo. Cercavo di calmarmi e non ci riuscivo. Infine, sferrando un pugno sul tavolo in legno m'alzai di scatto. - non ci credo. - sussurrai. - non c'era. Non c'era. Non ci credo. - cominciai a ciondolare per la stanza come un'anima in pena. Shannon non faceva una parola, mentre osservava una foto sulla tavola. - E' stato lui! Quella puttana! Non gli ha detto dei biglietti, ne sono sicuro! - mi fermai di scatto, preso da un illuminazione. Shannon alzò lo sguardo, quasi fosse terrorizzato. - ho deciso, Shan. Andiamo a trovarla al suo albergo. So dov'è, gliel'ho pagato io. - Shannon sospirò. - Jared, abbiamo promesso ai suoi genitori che non ci saremmo intromessi. Basta con questa storia. -  disse, mentre con lo sguardo castano inchiodò la porta. -  che succede? - sentivo le parole sbriciolate dai singhiozzi di un accento dalle "e" aperte, squillanti. Shannon s'alzò ed aprì la porta, nello stesso istante in cui un Echelon fece per fare a pugni con la stessa. Ovviamente, colpì mio fratello.
- Ma che dannazione succede qua? - domandò, osservando una ragazza alta, dai capelli neri e gli occhi truccati con un filo di matita che li rendevano sorridenti, quasi a mandorla. Le labbra rosee e sottili erano lievemente aperte, in una smorfia di sorpresa. - Merda. - sussurrò la ragazza, quando osservò Shannon rimasto immobile. - Shannon. - Si raddrizzò di colpo, portando le mani dietro la schiena. Shannon fissò per qualche momento i fianchi lievemente larghi della figura; apparentemente avrebbe avuto non più i vent'anni.. Ne osservò i lineamenti dolci e sconvolti, il corpo liscio e snello. Sorrise. - Che succede qua? - ma l'echelon non rispose, portando gli occhi su di me. - Jared. - concluse, sgranandoli maggiormente. La Security  riuscì ad acciuffarla poco dopo. - Eccola qua!Mi spiace sei in ritardo, non puoi vederli! - L'Echelon tornò a dimenarsi  - andiamo, per un quarto d'ora di ritardo! - urlò, in italiano credo. Shannon scoppiò a ridere ed indicò alla security di lasciarla andare. Gli orsoni obbedirono e la ragazza s'aggiustò la maglietta con una triade incisa sopra; sorrise entrando, sfacciata, con gli occhi fissi sul batterista. - Il tuo nome? - domandai, in inglese e lei prontamente mi rispose. - Gemma. - annuì e preso un foglio le feci l'autografo. Lo stesso però non fece Shannon che la invitò a sedersi. - Perdona Jared. E' nervoso oggi. - disse strizzandole l'occhio. Alzai gli occhi al cielo sospirando e ridacchiando. - Ho il ciclo. - bluffai - Lo so - rispose lui, ritornando su Gemma. - Tomo non c'è, mi spiace.. questo è il prezzo da pagare per quando si fa tardi! - disse ridendo, fingendo aria di rimprovero. L'echelon sorrise e timidamente si sedette a tavolino con noi, rossa in viso. - Grazie.. - solamente rispose, quando le porgemmo il foglio. - Hm, una foto? - domandò Shannon e cominciarono a farsi le più svariate e buffe fotografie. Stranamente non partecipai, ritornando a pensare a Donia. Continuavo ad accarezzare le lettere del suo bracciale, quando Gemma si bloccò di colpo. - Donia? - domandò, leggendo sul bracciale. Preso alla sprovvista, lo riposi in tasca, ricomponendomi - Eh? Sì.. ehm. Me lo hanno lanciato sul palco, sì.. - Gemma sorrise. - Quella Donia pazzoide che è arrivata in transenna senza biglietto? Un mito, la mia amica. Sapevo ci sarebbe riuscita. - sgranai gli occhi. - Come fai a sapere di lei? - m'alzai di scatto, credo tremassi. Respiravo a fondo, forse sudavo e tremavo, perché lo sguardo di quell'echelon si fece inquietante. - Dimmi dov'è. Dimmelo! - urlai, avvicinandomi a lei. - E'.. è qua.. non.. non lo so.. -  rispose Gemma, mordendosi il labbro e restando di pietra ad una reazione strana,insolita. Shannon bloccò la sceneggiata.
 - jared. stop. E' la prima volta in quarant'anni che ti comporti così.. - scoppiò in una finta risata, mentre invitava l'echelon ad alzarsi. - l'ho detto che ha il ciclo! Vieni.. facciamo un giro mentre lui.. si calma. - disse mentre s'alzarono e scomparirono dietro la porta. Rimasi in quella postura da persona autoritaria, con gli occhi sgranati e la rabbia che mi ribolliva dentro. - HOLY SHIT! - bestemmiai, sedendomi sulla sedia.


- Donia, stà ferma o non riesco a chiuderti il vestito! - le dita gelide di mia madre erano ferme sulla pelle nel losco tentativo di chiudere il vestito. Mantenevo il corpetto, io, per non farlo scivolare via dal seno quasi assente. - Avete preso la taglia troppo grande.. - sbuffai, mentre mia madre s'allontanò. - La taglia è perfetta, Donia. E' la cerniera che faceva la difficile. - rise per qualche secondo, guardandomi. - Che figlia stupenda che ho. - sussurrò avvicinandosi e regalandomi un bacio sulla fronte. - Stai facendo la scelta giusta, figlia mia. So quanto ti costa questa scelta.. ma finalmente vedo che hai capito. Sono fiera di te. - sorrise, mentre gettando il mozzicone di sigaretta nel water, s'avviò verso l'uscita della mia stanza e poi scomparve. La osservai nel suo camminare a mo' di T - rex: a mia madre non sono mai piaciute le scarpe alte, ma non essendo alta nemmeno lei ha dovuto abituarsi all'idea di conviverci.. almeno ai gala. Rimasi impalata davanti allo specchio per una buona mezz'ora, immersa tra i ghirigori di quel vestito che, lo ammetto, sembrava a tratti disegnato per il mio fisico asciutto. Sospirai e con la mano sfiorai la Triade che portavo al collo. Sentì quella maledetta lacrima scendere dall'occhio, rigare la guancia e poi nascondersi ai margini del volto, restando immobile; Ax entrò guardandomi, senza parole. Lo osservai in silenzio, lasciando che le lacrime continuassero a scendere. - Sei bellissima. anche quando piangi.. però con questo vestito, scommetto che sei più bella quando sorridi. - un sorriso di incoraggiamento il suo, mentre prendendomi per i fianchi avvicinò le sue labbra al mio orecchio, spostando una ciocca di capelli dietro la cartillagine - Dio, questo vestito ti sta da favola.. sembra fatto appositamente per.. - si bloccò mentre sentì la sua mano scendere lungo lo spacco alla gamba ed intrufolarsi ad accarezzarla. Scese fino al ginocchio e poi si bloccò, osservandomi ancora piangere. Mi diede un bacio tra i capelli, per poi allontanarsi. - Donia, non piangere più. Ormai è fatta. - annuii in silenzio, asciugandomi le lacrime con il palmo della mano. Successivamente presi la triade e la indossai. Respirai, profondamente. - .. Donia. Devo dirti una cosa. - Ax mi interruppe ed io lo incastrai con lo sguardo. Lo osservai dallo specchio per troppo tempo, mentre le mani si stringevano all'orlo del mobile che mi affiancava. Osservavo i suoi occhi e leggevo il tormento. - Non voglio sapere cosa sia. Ho già capito. - un singhiozzo. - Riguarda i Mars, vero? - continuai, mentre lasciando lo specchio mi avvicinai al letto, prendendo un sacchetto. - .. avete pensato proprio a tutto! Pure i cosmetici.. perfino lo smalto della Dior! - ridacchiai, fintamente. n altro singhiozzo, al che Ax mi bloccò mentre continuavo le mie stupide riflessioni sul mascara. - Sì. Riguarda i Mars. -
- Allora non voglio saperlo. - risposi, secca, con un sorriso di circostanza. - Meglio non sapere cosa hai da dirmi. In questo momento ho un istinto omicida non indifferente. - conclusi, quindi, mentre la mano stese lentamente il fondotinta pallido quasi, come il colore della mia pelle. - Morgue, io.. devo dirtelo, per favore. Ho questo peso sullo stomaco da.. -
- .. da quando hai incontrato Jared? - domandai con gli occhi lucidi, mentre mordendomi le labbra, la matitia delineava la forma dell'occhio. Blu come il cielo e brillantinata come le sue stelle; lasciai che l'ombretto bianco cadesse sull'orlo delle palpebre, all'esterno; poi il mascara allungò le ciglia. - .. Donia.. sì. - rispose Ax e io lo guardai solamente, mentre il rossetto colorava delle labbra spente. Lasciai che si unissero e che il colore si uniformasse, poi mi voltai verso Ax. - Come sto? - domandai infine, sospirando. - Sei bellissima, come sempre. - fece una pausa - però.. - indicò la triade. - quella non c'entra molto con il resto.. il vestito, dico. Forse è meglio se la togli solo per stasera, no? - il mio sguardo divenne illegibile, come quello di un cristiano che sente la bestemmia più dura al suo dio. Fredda, la risposta. - Non c'entrerà un cazzo con il vestito, è vero.. ma sta benissimo abbianta alla mia persona. Rappresenta quello che sono. Li ho rinnegati abbastanza. Non farò anche questo errore. Per quanto possa sembrare stupido.. lasciare la triade qua è come decidere di abbandonare il culto a cui sono più affezionata. Mi avete chiesto già troppo stasera, concedetemi di odiarmi in silenzio e di tenere almeno qualcosa di loro, che mi ricordi di amarli ancora nonostante la scelta che ho fatto! - conclusi, mentre indsossate le scarpe, la mia voce si volse a mamma. - Dov'è la piastra? - urlai, mentre mi dirigevo nella sua stanza, lasciando Ax con le mani nelle tasche, che stringeva qualcosa.


- Dove sono i CB7? Digli che si preparino, che dopo è il loro turno come gruppo spalla. - erano voci lontane, ovattate dal camerino chiuso rigorosamente a chiave. Il mio silenzio era assordante, le mie dita impazzite. Continuavano, insolenti, ad accarezzare quel bracciale e il mio respiro irregolare si confondeva con i pensieri cupi, angosciosi.
- Jared? Vestiti. - fu la voce di Shannon, che interruppe i miei pensieri.
- No. - replicai, con la voce capricciosa come quella di un bambino. Quando, come credono, si fa un patto con il demonio, oltre che l'età fisica non cambia nemmeno quella celebrale.. in certi casi.
- Per favore, Jared. Non fare il bambino. - replicò Tomo. - hai quarant'anni, per favore. - si sentì il rumore del mio pugno sul tavolo. - Ne ho ancora trentanove. - puntualizzai. - e.. ritarderemo. Di poco, ma ritarderemo. - continuai, balbettando, mentre i miei occhioni azzurri posarono lo sguardo sull'armadio. - Dio, non so cosa mettere. - mi morsi il labbro come una di quelle donnette che non sa scegliere tra una borsa Gucci o D&G. E poi, alla fine, sceglie Chanel, andando sull'eleganza. Così feci. - Shannon. Dì ai CB7 che intrattengano il pubblico ancora per un.. bel po'. Una mezz'oretta, tipo. Non voglio sentire repliche. - Shannon sbuffò, ma non rispose. Gemma, che gli era ancora accanto, gli posò una mano sulla spalla, forse. - Andiamo, dai. vedrà che si calmertà e... Jared, se può esserti d'aiuto: Donia è una ragazza che non si arrende facilmente. L'ho letto dai suoi disegni, questo. E' tenace. Ha la testa dura... e secondo me, verrà. Ma non voglio darti false speranze e.. so, quanto, forse, è speciale quella ragazza. Lo è per me che sono un echelon e tu, Jared, l'hai capito più di tutti quanto vale. E per quel po' di persona che ho potuto conoscere, quel piccolo pezzo di te che adesso mi appartiene.. beh, sei talmente cocciuto che sai che Donia con te vivrebbe meglio. Mi chiedo solo, come mai la vuoi per te. Non è da tutti i giorni essere presa di mira dal tuo cantante preferito. L'amore è cieco. E non sa fare nemmeno i calcoli. Dico bene? - la voce di Gemma fu sovrastata dal mio ringhio. - Io... io.. io non sono innamorato di lei! E adesso, andate tutti via! Shan, per favore, fai come ti dico.. per favore. - Sentì i  loro passi allontanarsi. Mi tolsi il bracciale. ' Donia'. - non lo dirò mai a nessuno, se non a te prima, che mi sono innamorato di te da quando ti ho sfiorato la mano, quel diciotto giugno. -



Assaporai la spinta del vento che mi scompigliò i capelli, mentre Ax spiegava al taxista dei miei genitori dove dovesse dirigersi. Impresa ardua, pensai, dato che Ax a stento conosce l'inglese. Sospirai, vedendo mia madre stressata e ansiosa, che con gli occhi azzurri e lucidi lentamente osservava il mio volto, forse spento. E' che proprio non volevo andarci a questo Gala, il diciotto novembre, con questo freddo e un ombrello tra le mani in caso di pioggia.
- Bene, tutto risolto. Adesso si parte. - disse Ax ai miei, che subito con mio fratello si intrufolarono in macchina. Quando vidi mio fratello chiudere la porta del taxi un crampo mi arrivò alla gola e un gemito, un singhiozzo strozzato, un pianto ucciso, uscì dalle mie labbra. E Ax lo sentì, Ax sospirò. Sfiorai la triade, costretta a restare sul mio polso a mo' di bracciale, perché anche se si intonava alla mia personalità, non si intonava a quel vestito. Vedendo il taxi dei miei genitori partire, mi sentì male. Ho perso ogni speranza, adesso, sto perdendo la mia ultima opportunità. Un messaggio accese il monitor del mio cellulare, facendo illuminare il mio volto e di conseguenza quella lacrima che lentamente scendeva e rovinava il filo di matita sotto l'occhio. Gemma. Non risposi. Ax mi guardò.
- Guarda che il taxi aspetta noi... - sospirò. - Non piangere più. Ti si sbava tutto. - disse, aprendomi la portiera per farmi salire. - Sì. Ti chiedo.. scusa. - sussurrai. - Smettila di scusarti per qualcosa che nemmeno hai fatto. - rispose lui, chiudendomi la portiera. Aggiustai il vestito, osservando i numeri rossi che comparivano sullo schermo rossastro, sotto lo specchietto retrovisore. - Andate qui. - disse improvvisamente Ax, mostrando due biglietti giallastri, con la scritta in oro. - Non ce la faccio più a vederti così. Ti ho messo alla prova. Nemmeno ci credevo quando mi hai detto che pur avendo i biglietti del golden ticket, non saresti andata. Non sei la Donia che conosco, nonostante sei quella che vorrei... credo che, non sia mai stato innamorato di questa parte che ti appartiene, che ti divora lentamente. Amavo la Donia che mi faceva sentire al sicuro, ma quello era solo un mantello sotto il quale ti nascondevi. Tu sei questo. - disse, indicando un Golden Ticket. Il taxi improvvisamente sterzò, deviando la strada che faceva quello poco più avanti. Io, ero immobile. Io, non respiravo. Io, non avevo preso in mano quel golden ticket. Io, guardavo Ax incredula, con un odio che mi assaliva il cervello e mi impediva di ragionare, di far arrivare l'ossigeno agli organi vitali; piano piano, quell'odio, quella pazzia, quel sentirmi improvvisamente di nuovo viva vedendo quel biglietto, mi fece ritornare a respirare, affannosamente, mentre le lacrime scendevano. - Lo so. Lo so che non mi perdonerai mai. Credo che l'ho fatto per questo. Se ti lasciassi andare.. così, con dolcezza, avrei sempre la speranza di rivederti e di poter passare il resto della mia esistenza con te. - si voltò - allo stesso tempo, però, sono talmente realista da capire che.. che non è così, donia. Che tu non mi ami già, che a letto con me ci vieni perché ti piace immaginare Jared.... - sussultai. - No, tranquilla, non sentirti in colpa. Me lo merito, dopo tutto il male che ti ho fatto. Spero che con questa.. sorpresa, ti sentirai meglio. spero di aver espiato i miei peccati nei tuoi confronti, l'aver riscattato per tutto questo tempo.. in cui ti ho usato per puro egosimo, e tu te ne accorgevi, lo sapevi, ma il tuo amore era anche tanto incondizionato che.. fingevi di non vedere. Ti ringrazio. Questo è l'unico modo che ho per renderti felice. Jared Leto. Shannon Leto. E Tomo Milicevic. - sussurrò, metre spense il telefono. - spegni anche il tuo. Tua madre ci tartasserà. - sussurrò. - Quanto a me, sparirò dalla circolazione appena tu varcherai il cancello. - lo bloccai, singhiozzando. - No, caro. Tu verrai con me. E starai lì, a soffrire, fino alla fine della serata. Perché, ormai, è questo quello che ti meriti. - le mie labbra si strinsero in un sorriso cupo, dolce e malvagio allo stesso tempo. - Perché con te sono stata buona fino ad adesso, sì, mi sono sempre servita del mantello; adesso, ho voglia di uscire fuori. E tu sarai il primo ad assaggiarmi. -

«  Ma se un bel giorno, affacciandomi alla vita,
tutta la tristezza fosse già finita...
io verrei da Te..»

( Tiziano Ferro, La differenza tra Me e Te - L'amore è una Cosa semplice )


I fell apart, But got back up...again.
Lasciai cadere le scarpe fuori dal taxi mentre le mani con poca cortesia presero i lembi del vestito. Ax correva assieme a me, attraversando i cancelli. Mostrai i Golden Ticket. Ma la Security, forse, rimase spaesata dal mio abbigliamento. Dopotutto, chi andrebbe ad un concerto con un vestito del genere? Ma mi lasciarono passare, così, semplicemente. Quando arrivai tra la folla di Echelon, fu la security stessa che spiegò la situazione, facendo da Mosé a quella marmaglia di gente che, come le acque del mar rosso, si dividevano metà a destra e metà a sinistra. Anche i CB7 sul palco si fermarono, smisero di cantare guardando la scena; era che tutto sembrava strano, o semplicemente gli echelon si erano stufati del loro intrattenimento inopportuno? Arrivai così semplicemente sul palco, che quasi mi sentì... delusa. Non avevo fatto sforzi per loro, stavolta. Era stata una cosa così.. semplice, naturale, che quasi mi stupivo. Le mie guance erano rosse per gli occhi della folla che guardavano il mio vestito e invarie e curiose lingue bisbigliavano e si domandavano cosa cavolo ci facessi sopra un palco conciata in quel modo. Ci fecero sedere nell'angolo dove altre ragazze, anche loro con il golden ticket, avevano il loro posto riservato: Ax mi restava accanto e mi dava la mano, che tremava. Mi guardava assorto, mentre io sospiravo. - devo andare da Jared. Adesso. - sussurrai. - Se ti intrufoli così sarai troppo visibile. -  sussurrò Ax - Pazienza. - ammiccai io. E lo scatto, a quel punto, fu rapido: Ax mi prese la mano mentre m'alzai e lo tirai con me, cominciando a correre verso il Backstage. La security scattò, veloce, verso di noi. Aprì velocemente la porta, presi ancora una volta i lembi di quel vestito che - in quel momento - giuro, odiai.
- Hey, voi! FERMI! - sentivo la security parlare tramite le radioline, successivamente, d'improvviso, il vicolo cieco: solo una porta davanti a me. La mano di Ax mi lascia. Lo hanno preso. Non mi volto, scaraventandomi contro la porta. A pugni.
- Apritemi. PER FAVORE! DEVO VEDERE JARED! apritemi! - continuavo ad urlare, nella mia lingua natia, ma poco importava. Le lacrime mi catturavano gli occhi. - Where is Jared? I need he. Ho bisogno di Jared. Shannon. Dov'è Shannon? Tomo! Per favore, fatemi parlare con uno di loro! Per favore apritemi!! - continuavo ad urlare, sentendo Ax che implorava di lasciarlo andare. E poi, velocemente, la porta si aprì. E con quella figura che avevo davanti, il mondo ritornò a sorridere. - Ja.. jared. - sussurrai. E ancora, tutto accadde troppo velocemente: le sue mani mi presero i miei fianchi e mi tirò verso di lui, chiudendo la porta. Il viso di Ax sparì in quella fessura, mentre il profumo che tanto amavo e desideravo mi invase il cuore e l'anima. Sorrisi. - Credevo tu non venissi più. Credevo avessi scelto il gala. Credevo non mi amassi. - sussurrò Jared, veloce, mentre mi sbattè contro la porta chiusa, portando le mani sulle spalle, incastrandomi. - Credevo avessi scelto di dimenticarci. Credevo non ci tenessi a me. Credevo mi lasciassi solo. Io ti amo. - continuavo a guardarlo, con gli occhi spalancati, in silenzio, assorta, ancora sconvolta. - Ja.. Ja- Ja.. Jared. - alla fine riuscì a dire quel nome e i miei occhi ebbero quel barbaro coraggio di staccarsi dai suoi, ipnotizzanti, e osservare le mani che mi tenevano legata a quella porta. - Scusa. - balbettai, sotto voce, ritornando come un ebete, a fissarlo. E il suo sguardo torturava il mio vestito. - Sapevo che ti sarebbe andato benissimo. L'ho fatto disegnare appositamente per te.. - E la mia sorpresa fu maggiore. E ricordai quando pensai che questo vestito sembrava disegnato per me. E ricordai di quando pensai se a lui fosse piaciuto. E ricordai che lui era pià grande con me. Sussultai, ricordando che mi aveva appena finito di dire che... - ti amo anche io jared. Non so se ti amo come tu ami me. Non so come tu mi ami. Non so se ti amo perché sei Jared Leto, il figone. O perché semplicemente mi stai aiutando a vivere.. di nuovo. So solo che non andrò più via. Rapiscimi. Non so. Portami lontano dal mondo in cui sono intrappolata. Io voglio restare... con te. - mi abbracciò, sfiorandomi il vestito. Mi strinse a se. - Benvenuta su Marte. Ben tornata a casa, Groupie. Ben tornata a casa, Donia. - sentì le sue labbra posarsi sulle mie. E allora, sì, mi sentì a casa.


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Doveva essere il capitolo della svolta, lo so.
Ma proprio non ce la faccio. sarà che non ho più fantasia.. sarà che un anno fa, poco più, troppo più, ero sotto un palco ed era LUI, era JARED, che mi osservava con quegli occhioni così vivi.
Mi spiace, avrei voluta pubblicarla il 18 giugno, con tanto di scopata tra donia e jared.
E mi dispiace, sul serio, se proprio.. non ci riesco. Non ci riesco.
Non riuscivo nemmeno più a scrivere... spero possiate capirmi. Non è vivo, fa schifo questo capitolo, come ogni altro. Volevo sbalordirvi, ma non ci sono riuscita e ... i'm sorry. Ma davvero, è troppo difficile per me scrivere su di loro, pensando che dovrò aspettare troppo tempo  prima di sentirmi viva di nuovo. Mi scuso ancora, per il tempo passato, ma la scuola mi ha prosciugato pure la fantasia perversa... scusate, davvero,avevo fatto una promessa a tanti lettori e non l'ho mantenuta.. non ho giustificazioni. Mi mancano. E questa mancanza, stranamente, non mi fa immaginare. Prendere questa storia, scrivere di loro e .. beh, pensarli così vicini mi distrugge. E' una sensazione orrenda, che spero di reprimere per poter continuare. ANche perché tra poco questa storia finirà - già - anche perché ne ho una in testa, i cui protagonisti non sono i Mars (infatti sarà scritta in generale) però vi consolo dicendo che è ispirata a Night of the Hunter e Vampire Knight (spero conoscete). Bene.. adesso.. prima che pià ci pensi e più mi deprima..

vi lascio, echelon. I love u. See u.. soon. quindi, immaginate tra quanto.
Ila / wild :)

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