Panic di AntheaMalec (/viewuser.php?uid=87426)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Panic
E
se Draco Malfoy
celasse una debolezza?
I libri stretti al
petto, il passo lento e deciso, il volto imperscrutabile e pulito.
Gli studenti di Hogwarts erano cambiati
dopo la guerra e
l’armonia e la familiarità del castello era stata
in qualche modo rotta, o
almeno incrinata.
Alcune porzioni del
maniero erano ancora inaccessibili a causa degli incantesimi che
avevano
colpito, e quindi fatto crollare, le antiche mura di pietra.
Quando il Ministero
della Magia aveva offerto a tutto il gruppo del settimo anno la
possibilità di
ritornare a studiare e prendere così i M.A.G.O. tutti avevano osservato il
Ministro della
Magia con sguardo tra il sorpreso e il disgustato, per poi declinare la
gentile
offerta con più o meno eleganza.
Harry e Ron avevano
intrapreso il corso per divenire Auror ed avevo riflettuto a lungo
sulla
possibilità di seguirli e continuare ad essere il solito
trio pronto a tutti i
pericoli, ma la mia voglia di sapere aveva deciso per me, rispedendomi
ad
Hogwarts, la casa che mi aveva visto crescere e combattere, per finire
gli
studi.
Insieme a me ci
sarebbe stata Ginevra che avrebbe frequentato il settimo anno proprio
come me.
La prima volta che
rimisi piede dentro il castello dopo la fine di Voldemort non riuscii
nemmeno a
respirare e vidi tutti i ragazzi che avevano partecipato come me in
quell’inferno, che avevano visto quello che avevo visto io,
che avevano subito
perdite che pochi avrebbero completamente superato, avere la mia stessa
identica reazione.
Da quel momento ci fu
solamente una reazione a catena.
Tutti cercavano di
apparire i più naturali possibili e la Sala Grande non era
più inondata da quel
fragore di chiacchiere allegre che riscaldava l’animo
nonostante fuori imperversasse
la morte e il dolore.
Lutto.
Solo quella parola
riecheggiava sui volti ancora infantili degli studenti di ogni anno, di
solito
nascosta da brevi sorrisi di circostanza.
Soffrivano, ognuno di
loro, soffrivo anche io.
La morte di Fred era
stato un duro colpo per ciascun componente della famiglia Weasley, ma
soprattutto per George che era diventato l’ombra di
sé stesso.
Era passata una sola
settimana dall’inizio della scuola ed io avevo già
compreso quale sarebbe stato
il mio posto in quella recita.
La biblioteca era la
stessa di sempre, semivuota e magica con la vecchia Madama Pince che
richiamava
il silenzio non appena udiva un minimo rumore.
Un porto sicuro nel
quale annegare i propri pensieri.
Passavo tutto il mio
tempo a studiare anche se ancora i compiti non erano eccessivi, mi
portavo
avanti con il programma e mi incantavo a guardare fuori dalla finestra
il Lago
Nero.
I libri stretti al petto, come protezione da un
attacco che non
sarebbe avvenuto, il passo lento e deciso,
per non mostrare la fragilità che aveva dominato la mia
anima dopo la guerra, il volto
imperscrutabile e pulito,
perché, nonostante tutto e tutti, Hermione Granger sarebbe
rimasta sempre la
stessa coraggiosa e saccente Grifondoro.
Passai davanti al
portone principale che dava sull’immenso giardino ancora
colorato di verde e
notai una calca innaturale di persone appostata a cerchio vicino alla
capanna
di Hagrid, probabilmente vuota.
Mi fermai un momento,
percependo la curiosità e il senso del dovere prendere il
sopravvento alla
voglia di recarmi in biblioteca.
Un accertamento non
avrebbe fatto male a nessuno, solo per restare tranquilla.
Marciai spedita verso
il gruppo e, man mano che mi avvicinai, sentii un vociare elevarsi
sempre più
forte segno che non erano riuniti per un’amichevole partita a
Gobbiglie.
Fermai un paio di
ragazze di Grifondoro del quinto anno che stavano per ritornare nel
castello.
«
Cosa
sta succedendo qui fuori? »
Timore
negli occhi.
Riverenza
nei gesti.
Era
sempre quello l’effetto che ricevevo quando osavo parlare con
qualcuno che non
fosse Ginny.
Sembrava
che l’intera gioventù mi venerasse ed era una
situazione che mi creava non poco
fastidio.
«
Le
solite litigate tra Serpeverde e Grifondoro. »
Rispose
una giovane con dei penetranti occhi azzurri.
Le solite
litigate.
Tanto
solite non lo erano più, pensai con un moto di stizza.
L’unica
nota positiva dalla fine della guerra era stata proprio la fine della
rivalità
tra case, o almeno all’apparenza.
Ogni
casata viveva nella propria riservatezza e raramente si vedevano i
bisticci a
cui anche io avevo preso parte molto tempo fa.
Sembravano
passati secoli
dall’ultima futile litigata.
Sembravano
passati secoli
dall’ultima risata.
«
Non
dovreste nemmeno osare rivolgerci la parola! E’ colpa dei
Serpeverde se i
nostri familiari e amici sono morti! »
I miei
preziosi libri quasi scivolarono dalle mie braccia a quella frase.
Alcuni
spettatori applaudirono e fecero urla di incitamento per i compagni.
Mi
avvicinai di più a quello spettacolo orrendo e notai che
coloro che stavano
insultando erano perlopiù ragazzini.
Che cosa
aveva fatto la guerra?
Come ci aveva ridotto?
« Saranno morti
per una ragione, non credete?
Anche noi abbiamo subìto delle perdite, ma non andiamo a
piagnucolare per la
scuola. »
Cattiveria, questo
continuava a scorrere
nelle vene di ogni singolo essere magico.
Rabbia
incontrollata, rabbia
che esplodeva senza più
freni.
Strinsi
di più la presa sui libri, premendoli al petto, il vento
leggero che
scompigliava i capelli crespi.
Feci
scorrere lo sguardo attento su tutti i ragazzini più o meno
divertiti da quel
piccolo siparietto.
Divertiti.
E poi
c’era Malfoy, in disparte.
Draco
Lucius Malfoy non aveva scelto di terminare gli studi, ma era stato
obbligato
dal Ministero, per lui non c’era stata nessuna opzione tra
cui scegliere.
Nonostante,
però, ci si aspettasse da lui il solito comportamento
strafottente e da
gradasso, un minimo di normalità non avrebbe guastato, lui
pareva essere perso
nel suo mondo.
Proprio
come in quel momento, pensai.
Il volto
affilato
e pallido, gli occhi socchiusi per la luce troppo forte, le mani dentro
alle
tasche dei pantaloni scuri della divisa.
L’odioso
Malfoy, ma più taciturno e sopportabile.
«
Dov’è
finita la vostra fedeltà verso Voldemort, ora che
è morto? Perché non l’avete
seguito anche in questo? »
Grifondoro
feroci.
Parole
taglienti.
Non
riuscivo nemmeno a trovare la forza per fermarli.
Era
uscita la verità, dopo giorni di finta cordialità
e sorrisi.
Nessuno aveva
superato, nessuno voleva perdonare.
« Voglio ben sperare che
non ci sia nulla di
cui debba preoccuparmi qui, giusto? »
La
preside McGranitt era arrivata e guardava tutto con un cipiglio
furibondo e
subito calò un silenzio quasi religioso.
«
Speravo
di vedere alunni cresciuti e uniti dopo il disastro che abbiamo passato
e
invece ancora litigate! »
Le labbra
sottili strette in una morsa controllata.
«
Prima
che incominci a togliere cinquanta punti per ogni Casa vi consiglio di
dileguarvi subito. »
Molti
ragazzi incominciarono a ritornare nel castello mentre le ultime parole
della
preside riecheggiavano nell’aria.
«
E che
non si ripeta mai più! »
Seguii la
massa di gente che si divideva nei vari corridoi.
Era ora
di ritornare in biblioteca.
Superai
vari classi vuote e alunni che gironzolavano in cerca di un passatempo
abbastanza divertente, una ragazza che sfogliava la Gazzetta del
Profeta, due
bambini del primo anno che mangiavano delle Gelatine tutti i gusti + 1.
Ricordai
con particolare nostalgia i momenti passati con i miei migliori amici
dentro
quell’immenso castello.
Ne
avevamo passate così tante e niente e nessuno era mai
riuscito a separarci,
nemmeno la morte aveva scalfito la nostra unione, ma crescere
comportava anche
a quello, a delle scelte, a delle nuove strade da intraprendere.
«
Hermione? Hermione! »
La voce
di Ginny mi riscosse dai miei pensieri.
Mi fermai
per salutarla visto che, anche se lei era rimasta la mia unica amica
lì dentro,
non riuscivamo a parlare che per qualche minuto perché i
vari impegni
risucchiavano tutto il nostro tempo.
Per me la
biblioteca era diventata la mia aria, la zona in cui potevo ritornare a
vivere
come prima, per lei era il campo da Quidditch, ritornare sulla scopa
riusciva a
farle dimenticare tutto ciò che aveva visto, anche se per
pochi istanti.
«
Ginny,
che succede? »
Chiesi,
vedendo il suo viso affannato per la corsa, ma anche con una luce
interessata
ad accenderle gli occhi.
«
Hai
sentito cos’è successo in giardino? Una zuffa tra
Grifondoro e Serpeverde! »
«
Sì, ho
sentito. »
Sussurrai,
abbassando lo sguardo e tornando a camminare piano.
Io
c’ero
e non era un bello spettacolo del quale sorridere, le avrei voluto
rivelare, ma
non lo feci.
«
Dove
devi andare? »
Mi
chiese, affiancandomi ed evitando un Pix particolarmente annoiato che
gironzolava tranquillo tra le teste degli studenti impauriti.
«
Sto
andando in biblioteca, vuoi venire? »
Le
domandai, sapendo già la risposta. Se per me quello era un
luogo quasi di
culto, per tutto il resto della popolazione sembrava avesse
all’interno
l’intera gamma di malattie mortali e contagiose.
«
Rifiuto
gentilmente l’offerta, sai che non vado d’accordo
con i libri all’infuori del
necessario. »
Mi
rivolse un piccolo sorriso di scuse che ricambiai affettuosamente.
«
Non
preoccuparti, vai a divertirti. »
«
E tu
cerca di non affondare nella malinconia più nera. »
Mi
urlò,
allontanandosi e andando a sbattere contro un bel giovane Corvonero.
Scossi la
testa, affranta.
Ginevra
era l’unica ragazza ad essere rimasta sempre la stessa, nel
bene e nel male.
Certo,
ogni tanto aveva i suoi crolli emotivi, vuoi per la mancanza di Harry,
vuoi
perché il suo carissimo fratello era morto, ma non aveva mai
ceduto alla
tristezza.
Era una
donna forte, Ginevra Weasley, molto più matura della sua
età.
La
scrutai fino a quando la chioma rosso fuoco sparì dalla mia
visuale, così mi
girai e ritornai a seguire la strada per la biblioteca sperando di non
incontrare più nessuno.
Arrivai
davanti ad una sezione ancora distrutta e cambiai traiettoria, facendo
il giro
lungo e percorrendo un corridoio deserto.
Percepii
un rumore di passi davanti a me, ma non me ne curai, sicura che fosse
qualche
studente o professore che si dirigeva in biblioteca.
Respiro
affannato, un singhiozzo
strozzato.
Mi
fermai, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
Piedi
trascinati sul pavimento,
passi che si avvicinavano a me.
Sfruttai
l’oscurità che si era creata nel corridoio e mi
nascosi vicino al muro,
aspettando di vedere chi fosse e cosa stesse facendo.
Un volto
ancora celato dal buio,
capelli biondi appiccicati alla fronte, testa bassa come a celare un
segreto
disegnato sul volto.
Trattenni
il respiro a vedere Draco Malfoy in quelle condizioni pietose.
Un
braccio disteso fino a toccare il muro per reggersi in piedi, il
respiro
irregolare e l’altra mano ad allentarsi continuamente il nodo
della cravatta.
«
Dannazione! »
Restai ad
osservare la scena, al metà tra la paura e la confusione.
Cos’era
successo a Malfoy per ridurlo in quello stato?
Per un
attimo pensai di aiutarlo, di farmi vedere e tendergli una mano, ma il
pensiero
della sua reazione mi fece restare al mio posto, mentre lui,
arrancando,
spariva dalla mia visuale.
Quando
non sentii più i suoi passi risuonare tra le mura uscii dal
nascondiglio e
ripresi la mia passeggiata continuandomi a chiedere cosa diavolo fosse
capitato
a Draco Malfoy fino a piegarlo e renderlo umano in quel modo.
Prima long Dramione, non chiedo
clemenza perchè so già che è una
pietà, ma avevo voglia di scrivere Dramione e io faccio
quello che voglio! u.u
Non tartassatemi di insulti
;D
Aistra
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Panic
E se Draco Malfoy
celasse una debolezza?
Lunedì.
Le
facce stanche e afflitte dell’intero corpo studentesco si
accingevano a fare
colazione, pregando che la mattina passasse il più in fretta
possibile.
Stavo
fissando con svogliatezza il piatto ancora vuoto mentre Ginny
continuava a
sciorinarmi maledizioni di ogni genere sul nuovo professore di Difesa
contro le
Arti Oscure, il signor Howard Cardew, amico di vecchia data della
preside.
«
Ed
è quasi più spregevole del professor Piton,
quasi, ovviamente. »
Borbottò
lei, gesticolando affannosamente e rischiando di far cadere la brocca
stracolma
di succo di zucca.
« Le
prime due ore del lunedì mattina a sentirci sgridare
perché non abbiamo la
schiena abbastanza dritta o non osserviamo con devota e minuziosa
attenzione la
nostra bacchetta! »
Sbuffò,
prendendo un paio di biscotti al cioccolato e affogando il proprio
dispiacere
in essi.
Anche
io avevo conosciuto il nuovo insegnante e nonostante, dovevo
ammetterlo, fosse
un po’ puntiglioso e rigido, insegnava i concetti in modo
semplice e lineare.
Un
ottimo insegnante, senza dubbio, ma aveva riscontrato subito
l’antipatia di
tutti gli studenti
assonnati e stanchi
dopo il week end di pace.
I
gufi incominciarono a planare portando la posta ai propri padroni.
Un
gufo color crema si depositò vicino al mio piatto,
allungando la zampa sottile
alla quale era legata una piccola pergamena.
« E’
la nuova civetta di Harry, mi pare. »
Osservò
Ginny, un po’ delusa dal fatto che il suo amato non avesse
scritto anche a lei.
Slegai
il nastro e lessi tutto d’un fiato il messaggio scritto con
una grafia piccola
e veloce.
«
Cara
Hermione, sono riuscito ad avere cinque minuti di pausa
dall’allenamento Auror.
Non pensavo potesse
essere così difficile e Ron sta rimpiangendo le giornate a
giocare a scacchi nella Sala Comune.
Spero che tu stia
bene e che Ginny non
soffra troppo per la mia mancanza.
Vi vogliamo bene;
Harry e Ron. »
Recitai
ad alta voce mentre il viso della mia amica diventava sempre
più ombroso e
scioccato.
«
La
povera innocente Ginevra distrutta per la mancanza del Bambino
Sopravvissuto,
certamente! Ma chi si crede di essere? »
Sbottò,
prendendo con una foga mai vista una fetta biscottata e spalmandoci
sopra una
marmellata all’arancia.
«
Stupidi
uomini, ingrati, insensibili… »
Incominciò,
usando epiteti poco affettuosi per suo fratello ed il suo fidanzato.
Provai
a mangiare qualcosa ma lasciai subito perdere sentendo lo stomaco
chiuso per
chissà quale motivo.
Mi
alzai dalla panca, prendendo la borsa stracolma di libri e carta e
issandomela
sulla spalla.
Barcollai
appena sotto quel peso su una sola parte del mio corpo.
«
Ci
vediamo a lezione. »
Dissi,
mentre Ginny si strafogava ancora di succo di zucca e con una torta dal
colore
terrificante.
Osservai
il mio orologio da polso e notai che mancava ancora qualche decina di
minuti
prima dell’inizio della lezione.
Non
sapendo che cosa fare incominciai a gironzolare per la scuola, sapendo
ormai
tutte le strade che quel castello celava.
Salii
un paio di rampe e mi ritrovai davanti all’aula di Difesa.
Anche il mio inconscio voleva farmi studiare?
Ghignai,
sedendomi per terra, vicino alla porta dell’aula, ancora
chiusa.
Storia
di Hogwarts giaceva placidamente sulle mie gambe mentre il silenzio
inondava le mie orecchie, infondendomi una calma incredibile.
«
Nel
993 D.C. Salazar Serpeverde, Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e
Cosetta
Corvonero decisero di fondare una Scuola di Magia. »
Incominciai a leggere a
bassa voce, passando i
polpastrelli sulla carta opaca e ingiallita del libro.
«
La
costruirono in un castello, ben riparato dagli indesiderati sguardi dei
Babbani, dove vi sono numerosissimi corridoi e scale, a cui piace
cambiare
posizione. »
Tirai
un momento su lo sguardo e notai che gli studenti incominciavano ad
arrivare
producendo un chiacchiericcio fastidioso.
Chiusi
il libro e lo rimisi diligentemente nella borsa già piena.
Dov’era
Ginny?
La
cercai, ma la sua chioma rossa sembrava essere invisibile tra tutta
quella
marmaglia.
Mentre
mi facevo spazio tra gli studenti che parlottavano immusoniti dei
prossimi
punti tolti dal nuovo professore, i miei occhi si scontrarono con una
chioma
decisamente troppo bionda, che
stava
vicino al muro, solo.
Sembrava
stare molto meglio del giorno precedente e quasi dubitai di aver visto
veramente lui in quel corridoio.
Probabilmente era solamente
malato, mi convinsi.
Passai
oltre ai quei pensieri e continuai la mia ricerca, senza successo.
Di
Ginevra nemmeno l’ombra.
Il
professor Cardew arrivò con passo elegante, avvolto nel
consueto mantello nero.
La
sua figura aveva un che di austero che richiamava anticamente la tenebrosità del
professor Piton.
«
Serpeverde
e Grifondoro in aula! »
Borbottò,
rimanendo in disparte intanto che tutti i miei compagni entravano in
classe e
si sedevano ai banchi, Grifondoro a sinistra e Serpeverde a destra.
Con
passo sicuro mi diressi verso la prima fila e posizionai inchiostro,
piuma,
pergamena e bacchetta sul tavolo di legno.
«
Oggi
impareremo un nuovo incantesimo: L’incanto Patronus, dal
latino “aspetto un
protettore”. »
Arrivò
vicino alla cattedra e si girò, muovendo agilmente la
bacchetta.
La
Cioccorana di Mark, un Grifone con la testa sempre tra le nuvole,
scomparve con
un leggero pop, facendo,
però,
comparire sul suo volto la solita faccia colpevole.
«
Signor
Wilson, devo credere che la mia lezione incomincia ad annoiarla
già da ora? »
«
No,
nossignore, non potrebbe mai. »
«
Che
non ricapiti più, cinque punti in meno a Grifondoro. E
dritto con quella
schiena! »
Automaticamente
raddrizzai anche la mia schiena e scarabocchiai appunti sulla carta.
Sapevo
già come si evocava un Patronus, la mia lontra era rimasta
fedelmente al mio
fianco quando avevo combattuto contro i Dissennatori e non avevo alcuna
paura
di come avrei affrontato la lezione.
Eccellente, come sempre.
«
Dicevo,
l’incanto Patronus è un incantesimo molto
complesso, che richiede estrema
concentrazione. Consiste nell'evocare tramite la bacchetta magica una
figura
argentea, che difenderà l'evocatore per tutto il tempo in
cui quest'ultimo
resterà concentrato sul proprio intenso ricordo felice. Il
Patronus
può manifestarsi sotto forma
di nebbiolina argentea, o sotto una forma definita: in tal caso si
parla di
"Patronus Corporeo". »
La
mia mano si muoveva febbrile per incidere tutte le parole che uscivano
senza
nessun freno dalla bocca del professore.
«
Ora,
qualcuno di voi è capace di evocarne uno? »
Alzai
subito la mano, contenta di poter dimostrare per l’ennesima
volta quanto
potessi conoscere nonostante le mie origini di nata Babbana.
Gli
occhi scuri dell’insegnante si posarono su di me.
«
Bene,
signorina Granger, può darcene una dimostrazione?
»
Il
corpo appoggiato alla scrivania e le braccia incrociate.
Mi
alzai dalla mia panca e mi spazzolai la gonna lunga, sentendo tutti gli
occhi puntati
sulla mia figura.
A disagio, per la prima volta.
Mi
posizionai davanti a tutta la schiera di banchi e mi rigirai la
bacchetta tra
le dita leggermente umide di sudore.
«
Signorina,
vorrei poter far esercitare anche gli altri studenti prima della fine
dell’ora. »
«
Certo,
signore. »
Presi
un profondo respiro e mi concentrai su un ricordo felice.
Le braccia
di Ron che mi
tenevano stretta mentre il rumore degli incantesimi sembrava spazzare
via ogni
cosa.
Un bacio disperato,
labbra
contro labbra, con i denti che si scontravano per tutti i sentimenti
che
galoppavano senza ragione dentro di noi.
Pensieri tristi,
dentro la testa
e quell’unico appiglio di felicità a cui
aggrapparsi.
Gli occhi azzurri
socchiusi,
come a voler imprimere quel momento per sempre nella mente.
Uno sfiorarsi di pochi
secondi e
poi il ritorno alla battaglia, con la speranza nei lineamenti stanchi
del viso.
Non essere soli,
nonostante la
morte incombente.
«
Expecto
Patronum! »
Sillabai,
puntando la bacchetta in aria.
Un
lieve sbuffo di fumo bianco perlaceo e poi nulla.
Nulla.
I
miei occhi si fecero vitrei per un momento nel vedere il fallimento
evidente
del mio incantesimo.
Bisbigli
maligni dalla parte dei Serpeverde, sussurri sbalorditi da parte dei
Grifondoro.
Hermione
Granger che non riesce a produrre un incanto.
Mi
prese il panico.
Guardai spaventata il professore che si
dimostrò più gentile
del solito.
«
Signorina
Granger, è sicura di aver rivissuto un ricordo felice?
»
No.
Ed
in quel momento capii il mio errore.
Occorreva
un ricordo molto felice e dopo il mio bacio con Ron la situazione era
cambiata.
Consapevoli.
Consapevoli di non
essere le
persone giuste per formare una coppia.
Un sorriso, alla fine
della
guerra, a confermare che ciò che era accaduto fra di noi era comandato soltanto dalla
debolezza della
battaglia, che forse ci avrebbe visti perdenti o, ancora peggio, morti.
«
Sapevamo
come sarebbe finita.
»
Dissi, seduta sugli
scalini
distrutti di una Hogwarts ancora in fiamme.
«
Lo
sapevamo.
»
Rispose lui, passando
una mano
nei miei capelli arruffati, in un muto gesto di affetto.
«
Posso
riprovare? »
Chiesi,
non lasciando trasparire il mio timore.
«
Certamente. »
Passai
lo sguardo su tutta la classe e ogni singola persona ricambiava il mio
sguardo.
Finti amici.
Arrivata
all’ultimo banco dell’ultima fila a destra.
Una
testa bionda era china a fissare il banco, scrivendo ininterrottamente
su una
sua pergamena, non rivolgendo la propria attenzione a me.
«
Hermione,
figlia mia!
»
Mia madre, commossa,
mi
stritolava facendomi quasi faticare a respirare.
Papà mi
fissava da poco lontano,
le braccia abbandonate lunghi i fianchi e gli occhi leggermente lucidi.
Avevo avuto il
permesso dal
Ministero per far ritornare la memoria alla mia famiglia ed il
miscuglio di
emozioni non mi faceva nemmeno parlare.
Mamma, che era sempre
stata la
prima a mostrarmi il suo affetto, alla mia vista aveva assunto un
colore rosato
in viso ed aveva incominciato a piangere così forte da
incespicare nei suoi
stessi singhiozzi.
Papà,
invece, era un uomo che
non mostrava mai i suoi sentimenti alle persone intorno a lui e poche
volte lo
avevo sentito confidare a sua moglie l’amore che provava per
lei.
Felice di poter far
parte
nuovamente di una famiglia.
Desiderosa di crearne
anche io
una, un giorno.
Chiusi
gli occhi, sentendo affluire come un fiume in piena, ogni singolo
ricordo che
mi aveva stretto il cuore in una morsa speciale, spontanea.
I piedi piccoli stretti in delle
scarpine scure, abbinate alla divisa troppo larga e rigida che
camminavano sul
prato bagnato di rugiada.
Gli occhi curiosi che
fissavano
incantati l’enorme castello che si estendeva a perdita
d’occhio davanti al Lago
Nero.
Il mio primo giorno ad
Hogwarts.
Ero sola mentre tutti
chiacchieravano tra loro, cercando di non cedere al panico.
Io ero solamente affascinata
da tutto quello.
Bello, magico.
Anche io avevo trovato
un posto
in cui poter essere me stessa.
«
Expecto
Patronum! »
Ripetei
e finalmente la mia lontra apparve dalla punta della mia bacchetta,
girandomi
intorno felice.
Sorrisi
mentre il professore mi faceva cenno di tornare a posto.
«
Esatto, ragazzi. Questo è un Patronus, una
lontra. Per evocare un Patronus dovete
pensare al ricordo più felice che avete e pronunciare le
parole Expecto
Patronum. Forza, spostate i banchi e provate! »
Mossi
lentamente la bacchetta e feci appoggiare il mio banco vicino al muro,
in modo
tale da avere lo spazio necessario per far librare la mia lontra in
aria.
Mi
misi un po’ in disparte, lasciando lo spazio a chi ne aveva
più bisogno.
Guardai
i miei compagni di corso che non riuscivano a far apparire altro che
rari
sprazzi di fumo.
Il
gruppo E.S. che avevamo fondato al quinto anno aveva dato i suoi
risultati,
almeno.
Prima
di essere scoperti dalla squadra di Inquisizione con a capo Draco
Malfoy.
A
quel pensiero irritante la mia attenzione si spostò su di
lui che stava pochi
centimetri lontano da me e sbatteva la bacchetta in maniera buffa.
Lo
sguardo fisso davanti a sé, l’espressione irritata.
Sorrisi
nel vederlo in difficoltà.
Aveva
una postura rigida, con le spalle dritte e la camicia bianca troppo
larga per
lui, come a rimarcare quanto fosse diventato magro.
Il
maglione sembrava essere stato torturato più volte e la
cravatta era
diligentemente stretta intorno al collo.
Come un cappio troppo stretto al
collo dei processati.
«
Expetto
Patronom! »
Sussurrò
lui, mentre agitava convulsamente la stecca di legno.
I
capelli gli si ammucchiarono disordinatamente sulla fronte quando lui
spostò la
testa, sbuffando.
Gli
occhi chiari assottigliati in una smorfia infastidita per i continui
fallimenti, la pelle pallida, quasi traslucida che, in alcuni punti,
mostrava
il percorso di piccole vene blu dove scorreva il purissimo sangue di
cui andava
tanto fiero.
Mi
persi scioccamente a fissarlo come se fosse un libro nuovo a cui non
avevo mai
mostrato particolare attenzione.
Mi
chiesi dove fosse quella traccia di stanchezza che possedeva il suo
viso lo
scorso pomeriggio, in corridoio.
Non
si curava così in fretta, una malattia.
Però
il suo volto portava ancora il riflesso stonato di una sofferenza,
probabilmente
erano le occhiaie violacee che circondavano i suoi occhi,
evidenziandone il
colore particolare.
Cosa
celava Draco Malfoy?
Per
un attimo quella domanda mi destabilizzò, facendo sparire il
mio Patronus.
«
Si
può sapere che cosa vuoi, Mezzosangue? »
Guardai il suo viso rivolto
verso di me, una
traccia disgustata sulle labbra.
«
Chi
ti ha detto che io voglia qualcosa, Malfoy? »
«
Il
fatto che continui a fissarmi da minuti interi. Devi fare la maestrina
anche
con me, Mezzosangue? Non ti sei già messa abbastanza in
rilievo, per oggi? »
Mandai
giù il boccone amaro, sentendolo bruciare
nell’esofago.
Era
sempre lo stesso ragazzo di prima.
«
Infatti,
Malfoy, stai sbagliando come sempre. La formula è Expecto
Patronum e tu sbagli
pronuncia. »
Lo
vidi serrare i denti e girarsi dall’altra parte.
«
Expecto
Patronum! »
Niente.
Nemmeno
uno sbuffo di fumo.
Eppure,
questa volta aveva pronunciato le parole correttamente e la bacchetta
aveva la
giusta inclinazione.
Era
un problema di pensieri.
«
Stai
pensando ad un episodio felice? »
Mi
diedi della stupida per aver instaurato ancora una volta una
conversazione non
voluta da entrambi.
«
Certo
che lo sto facendo. »
«
Evidentemente
non è abbastanza. »
«
Evidentemente
nessuno te l’ha chiesto, so tutto io. »
«
Non
sei cambiato affatto, Malfoy, sei sempre il viscido Serpeverde che non
sa stare
al suo posto. »
«
Nessuno
e niente può cambiare le persone, Granger. Nemmeno la guerra.
»
Restai
in silenzio dopo quell’affermazione tagliente.
Non
era vero.
La
guerra cambiava e molte persone avevano assaggiato questo cambiamento
sulla
propria pelle.
E
la morte, la morte non cambiava le cose?
Cercai
di osservare i suoi occhi, per capire se lo pensava davvero o fosse
solo una
frase fatta, ma le sue iridi sembravano fuggire continuamente a
qualunque
sguardo.
Il
professore arrivò vicino a Malfoy, scrutandolo attentamente.
«
Non
sei riuscito a creare un Patronus? »
«
No,
signore. »
«
Ti
stai concentrando, Malfoy? »
«
Sì,
signore. »
Le
risposte dure, di chi vorrebbe trovarsi in qualunque altro posto meno
che in
quello dove risiede.
«
Magari
stai sbagliando qualcosa con la pronuncia… »
Prima
che potessi tapparmi la bocca, le parole uscirono senza sosta e senza
motivo.
«
No,
professore, non è un problema di formula. »
L’attenzione
del Serpeverde e dell’insegnante piombarono su di me.
«
Come
dice, signorina Granger? »
«
Non
è un problema di formula e nemmeno di gestualità.
Ha solo bisogno di provare
continuamente. »
L’interesse
del professore calò ancora su Malfoy.
«
Eppure
tuo padre diceva che fossi un ottimo duellante. »
Capii
subito che quelle parole non sarebbero state di nessun aiuto ma, anzi,
avrebbero peggiorato irrimediabilmente la situazione.
La
schiena irrigidita, lo sguardo perso nel vuoto.
Draco
Malfoy era stato pugnalato a sorpresa.
«
Ho
solo bisogno di esercitarmi, signore. »
Il
professor Cardew se ne andò, lasciando dietro di
sé un velo di tensione non
indifferente.
Malfoy
si girò verso di me, furioso.
«
Potevi
risparmiarti la tua opera di gentilezza, Sangue Sporco, non ho bisogno
di
favori da nessuno, tanto meno da te. Non ho bisogno di difese e la
prossima
volta pensaci bene prima di rivolgermi ancora la parola. Le so tutto io
mi
provocano l’emicrania. »
Si
girò di spalle, provando insieme agli altri
l’incantesimo e non potendomi dar modo di replicare.
Alcuni
animali incominciarono a volare per l’aula, ma io me ne
accorsi a malapena,
tant’era lo sbigottimento dovuto a quella risposta.
Freddo,
come in tutti quei sette anni.
Cattivo,
perché non sapeva cosa volevano dire le parole gentilezza e
affetto.
Meschino,
come ogni Serpeverde che si rispetti.
Il
suo silenzio dall’inizio della scuola era stata solo una
copertura per celare
la cattiveria che ancora fluiva in lui.
Degno
figlio di suo padre.
Alla
fine della lezione gli studenti uscirono in massa dalla stanza e si
sparpagliarono per i vari corridoi, in attesa della prossima lezione.
Draco
Malfoy si diresse quasi correndo giù per le scale che
portavano alla Sala
d’Ingresso.
Non
c’erano aule, lì sotto, ma solo il corridoio che
portava in Infermeria.
E
poi la certezza, piena e completa, che quasi mi fece capitolare a terra.
Seguii
la sua figura allontanarsi e poi presi la mia strada per Astronomia.
Nessuno
aveva superato la guerra,
nessuno voleva perdonare.
Nemmeno Draco Malfoy era
uscito
immune da quel disastro.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Panic
E se Draco Malfoy
celasse una debolezza?
Da
qualche giorno
avevo lo strano presentimento che sarebbe successo qualcosa di
negativo.
Tutto filava troppo
liscio e la situazione mi turbava un poco.
Abituata
com’ero a
quella scarica di adrenalina e paura che aveva accompagnato i miei anni
a
scuola ora non riuscivo a capacitarmi di star frequentando un vero anno
di
scuola.
Senza Mangiamorte
fanatici del potere e della monarchia, senza nessun basilisco pronto a
far
immobilizzare una persona con una singola occhiata.
Normale.
Quasi noioso.
Presi la lista delle
lezioni per quel lunedì infinito e feci scorrere il dito
fino alla scritta
“Pausa pranzo.”
Erano già
passate le
prime due ore di lezione?
«
Non
riesco più a rendermi conto del tempo che
passa! »
Alcuni studenti mi
guardarono male, borbottando con commenti maligni.
Era forse sintomo di
pazzia parlare da soli?
No, non quando non hai
nessuno con cui parlare, mi rammentai.
Ginny non si era fatta
vedere nemmeno per la lezione di Incantesimi e la cosa incominciava a
divenire
preoccupante.
Svicolai tra la
marmaglia di gente appostata davanti al portone della Sala Grande e
osservai
attentamente il tavolo di Grifondoro, ma la chioma rossa non
entrò mai nel mio
campo visivo.
«
Ehi,
Hermione! »
Voltai la testa,
trovando il viso sorridente di James Corris, un nuovo compagno del
settimo
anno, a pochi passi di distanza.
Era un ragazzo
simpatico e più di una volta l’avevo visto ridere
e scherzare con Ginny.
«
James,
ciao! Hai per caso visto Ginevra? Non
la trovo da nessuna parte.
»
«
Oh,
è in infermeria. Indigestione a causa
delle schifezze che continua a mangiare a colazione. Dovrebbe essere
ancora lì.
»
Sorrisi,
ringraziando.
Ingozzarsi di cibo
era tipico per la mia migliore amica e l’avevo avvertita
molte volte che, se
avesse continuato così, si sarebbe sentita male.
Avevo un’ora di
pausa
prima dell’inizio della lezione di Erbologia e
Aritmanzia.
Scesi le scale per
trovarmi nella Sala d’Ingresso, completamente vuota.
Camminai svelta per
il corridoio mentre alcuni ritratti si inchinavano togliendosi il
cappello in
un gesto galante.
Mi fermai qualche
metro prima della porta dell’Infermeria, sentendo qualcuno
sbraitare senza un
minimo di educazione.
«
Cosa
significa che è finita?
»
La voce roca di un
ragazzo, probabilmente uno studente, rimbombò tra le mura
del corridoio,
lievemente attutito dal legno della porta.
«
Vuol
dire che è finita e non provi ad usare
quel tono con me, giovincello, o sarò costretta a chiamare
la Preside! »
«
Io ho
bisogno di quella pozione!
»
Disse, il ragazzo con
tono più pacato, ma non meno deciso.
«
Non
credo che ci voglia un calmante per far
passare questi improvvisi mal di testa che ha, signor Malfoy! Le ho
dato retta
abbastanza in questi giorni di inizio anno, ma ora questa storia deve
finire.
Ora fuori da qui, ho dei pazienti da far riposare. »
Malfoy?
Uscì come un
razzo
dalla stanza, con il viso stanco e gli occhi puntati improvvisamente su
di me.
«
Piaciuto
lo spettacolo, Mezzosangue?
»
La voce roca, una
lieve patina di sudore ad increspare tutta la pelle del volto.
Se ne andò,
urtando
intenzionalmente la mia spalla contro la sua.
Entrai con calma
dentro l’ambiente candido dove si aggirava una Madama Chips
furiosa.
«
Salve,
Madama, vorrei vedere Ginevra Weasley.
»
Era meglio essere il
più cortese possibile o la sua rabbia si sarebbe rivoltata
anche su di me,
obbligandomi ad andarmene dall’Infermeria.
Si girò verso
di me e
il cipiglio corrucciato si distese un po’.
«
Certo
cara, è nell’ultimo lettino nella corsia
a destra. »
Ginny era
nascosta dalle pagine stropicciate della Gazzetta del Profeta.
In prima pagina
c’era
la foto di Harry mentre sparava incantesimi a raffica ad un uomo con
una folta
barba che si proteggeva con estrema agilità. "Harry
Potter scelto per comandare la squadra
Auror?"
«
Ginny,
di che cosa parla quell’articolo? »
Chiesi curiosa,
facendo comparire il volto della ragazza da dietro al giornale.
«
Harry
sembra essere così bravo da aver
letteralmente conquistato il cuore di tutti gli insegnanti. Credono che
dirigerà
presto una propria squadra.
»
«
Oh,
ma è fantastico!
»
Esclamai
contenta, avvicinandomi a lei.
«
Sì,
fantastico. »
Replicò
piccata,
continuando a fissare la pagina sinistra del giornale.
«
Non
sei contenta per lui?
»
Ginny inarcò
le
sopracciglia e si mise un’espressione velenosa in volto.
«
Certamente,
come potrei dopo aver visto come
si sta divertendo lui? Guardalo, il
Prescelto, mentre sorride amichevolmente ad una sua compagna
di corso! »
Mi sbattè il
giornale
in faccia, facendomi guardare la foto di Harry mentre dava consigli ad
una
ragazza più grande.
Sorridevano entrambi
ed, in lontananza, si vedeva la chioma rossa di Ron che scagliava
incantesimi
ad un bersaglio a forma d’uomo.
«
Non
farti prendere dalla gelosia, Ginny. Sai che
Harry non ti tradirebbe mai!
»
«
Lo spero per la
sua salute. »
Borbottò,
chiudendo
la Gazzetta con uno strattone e appoggiandola sul comodino
lì di fianco.
«
Ti sei persa una
importantissima lezione di
Difesa oggi per la tua ingordigia! Spero che capirai la
gravità del tuo gesto!
»
Assentii, ritornando
nei panni della studiosa studentessa del settimo anno.
Ginny alzò lo
sguardo
al cielo, esasperata dal mio carattere così pressante.
La fulminati con
un’occhiata astiosa.
«
Ci
siamo esercitati sull’Incanto Patronus. »
Continuai, cercando
una qualche forma di pentimento sul suo viso che non arrivò
mai.
«
So
già usare l’Incanto Patronus senza bisogno
di insegnamenti, Hermione. Saltare una lezione non mi
cambierà assolutamente
niente. »
Borbottai insulti
alla sua intelligenza mentre prendevo la mia solita borsa rovinata e me
la
mettevo a tracolla.
«
Ora
devo andare a lezione, io.
»
Dissi, calcando per
bene sull’ultima parola.
«
Riposerò
anche per te.
»
Sbuffai, abbozzando
un sorriso.
Uscii
dall’Infermeria
e mi diressi spedita lungo i corridoi e poi all’aria aperta,
verso la serra
dove ci aspettava la professoressa Sprite.
Finalmente in
giardino assaporai il clima ancora estivo esponendo il mio viso ai
raggi del
sole.
Libera, per un
momento.
La lezione fu
più
noiosa e assordante del previsto.
La Mandragora
urlò in
continuazione e le mie povere orecchie, anche se coperte dalle
cuffiette,
fischiarono fin dopo il suono della campana.
Il cielo si stava
annuvolando, portando con sé un lieve vento freddo che mi
fece aumentare il
passo per arrivare nel castello.
L’aula di
Aritmanzia
si trovava al quinto piano e le mie gambe erano così
intorpidite dal freddo da
far fatica a muoversi.
Salii una rampa di
scale e mi ritrovai in un corridoio già oscurato dal tempo.
Scrutai fuori dalla
finestra e vidi la pioggia incominciare a scendere lieve e bagnare
l’erba.
Appoggiai una mano
sul vetro della finestra che si appannò leggermente.
La magia sembrava nulla
di fronte alla bellezza della natura.
Continuai la mia
camminata per arrivare alla prossima lezione, ma l’ombra
confusa di qualcuno
nascosto in un’aula vuota mi fece fermare.
Santo Godric, la
curiosità dei Grifondoro era impossibile da trattenere ed io
lo sapevo molto
bene.
Il respiro forte del
ragazzo seduto sulla pietra dura del pavimento mi fece spaventare.
Se avesse avuto
bisogno di soccorso?
Spalancai la porta,
ma lo studente non sembrò accorgersene, troppo preso a
fissare come impazzito
il muro di fronte a lui, le mani strette a pugno sulle ginocchia
piegate al
petto.
I capelli biondi
appiccicati alla fronte.
I capelli biondi.
Quel biondo
così
chiaro da essere inconfondibile.
Era la seconda volta
che incrociavo Draco Malfoy mentre si aggirava agonizzante per la
scuola.
Non era un caso e
questa volta non avevo nessuna intenzione di andarmene senza capire che
cosa
gli stava succedendo.
«
Malfoy…
»
Sussurrai, più
per
paura di mostrare la mia presenza che per una sua reazione.
Tutti i suoi
pregiudizi li avevo ancora attaccati alla pelle, con una colla che non
si
sarebbe mai sciolta.
Il suo volto
scattò,
girandosi verso di me.
La sua espressione mi
spaventò.
Il volto contorto in
una smorfia di dolore, gli occhi sgranati come se avesse visto il
peggior fantasma
di sempre piombargli addosso, le labbra socchiuse presentavano segni di
morsi,
forse inflitti da lui stesso.
Stava soffrendo.
Ci fissammo per un
momento interminabile finchè non proferì parola.
«
Granger…
»
Un cognome.
Una preghiera.
E ancora una volta mi
chiesi che cosa celasse Draco Malfoy per essersi ridotto in quello
stato.
«
Granger…Granger…
»
Una nenia che
continuava a ripetere con voce rotta.
Immobilizzata davanti
alla porta, non seppi cosa pensare o cosa dire.
Nessuno aveva superato la
guerra.
Nemmeno Draco Malfoy era
uscito indenne da
quel disastro.
Ma sapevo
perfettamente che il dolore nei suoi occhi avrebbe infiammato la mia
anima per
sempre.
«
Che
cosa ti è successo? »
Quella domanda
rimbombò per l’intera stanza desolata.
E Draco
Malfoy, per
la prima volta in sette anni di convivenza forzata, mi
mostrò una parte dei lui
che, forse, non aveva mai mostrato a nessuno.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Panic
E se Draco Malfoy celasse una debolezza?
«
Malfoy
se non mi spieghi che cos’hai io non
posso aiutarti! »
Sembrava
essersi improvvisamente rilassato, forse segno che stesse migliorando,
qualunque cosa avesse.
Si
alzò lentamente, appoggiando una mano al muro per
sostenersi.
«
Non
ho bisogno di alcun aiuto, Mezzosangue. Tantomeno da una come te. »
L’altruismo
venne spazzato via con una fredda e vigorosa raffica di vento.
Aveva
il coraggio di trattarmi male anche quando io gli porgevo una mano
andando
contro tutti i miei principi sulla sua persona?
«
Molto
bene, Malfoy, se vuoi continuare ad essere l’ostinato
Serpeverde di questi
sette anni sono problemi tuoi! Ma sia chiaro, se ti vedrò
ancora moribondo nei
corridoi quando dovresti essere a lezione mi vedrò costretta
a togliere punti
alla tua Casa, oltre ad un richiamo ufficiale alla preside McGranitt. »
Dissi
con il mio solito cipiglio saccente sul volto.
Era
uno stupido a pensare che avrei omesso al corpo insegnanti del suo
comportamento solo perché era Draco Malfoy.
Anzi,
quello era solo una motivazione valida in più per correre
subito ad informare
più professori possibili. Una smorfia disgustata si
disegnò sul volto pallido
di Malfoy.
«
Se
provi a dirlo a qualcuno, Mezzosangue, sarò costretto a
stroncare la tua
inutile vita prima ancora che tu esca da questa scuola. Tu manterrai
questo
segreto proprio come farò io.
»
«
E
tu sei uno sciocco, Malfoy, se pensi che le tue minacce sortiscano una
qualche
reazione da parte mia. Non mi hai mai fatto paura e di certo non me ne
fai ora. »
Fece
un passo verso di me, preso dall’ira del momento.
«
Stupido
coraggio Grifondoro, ti farà finire sottoterra. »
«
Sembra
che ti stia preoccupando per me.
»
Un
sottile ghigno, lo sguardo più affilato.
«
Non
dirlo nemmeno per scherzo. Ho già passato troppo tempo in
tua presenza, è
meglio che vada via prima di essere contaminato dalla
tua…intera esistenza.
»
Si
girò e si incamminò verso le scale, non
proferendo più parola.
Era
ora di scoccare la freccia finale ed aspettare che il serpente
strisciasse
nella trappola.
«
Comunque
volevo solo darti una mano con quella pozione Calmante, ho sentito che
ne avevi
bisogno… »
La
sua marcia si fermò all’istante, come rapito dalle
mie magiche parole.
Scacco
matto.
«
Non
sai prepararla, non ci sono riuscito nemmeno io. »
«
Vuoi
mettere in dubbio l’intelligenza della migliore studentessa
di Hogwarts? »
Risposi
piccata.
Finalmente
si degnò di girarsi verso di me, il viso cristallizzato in
una espressione
seria.
«
Non
fai niente per niente. Dimmi che cosa vuoi. »
«
Sono
una Grifondoro, non ho bisogno di stupidi ricatti per ottenere
ciò che voglio. Hermione
Granger aiuta la gente che ne ha bisogno, anche Draco Malfoy. »
«
Non
ho bisogno del tuo aiuto, né della tua compassione da
Grifondoro altruista.
»
«
Ma
hai bisogno della pozione ed io posso crearla quindi ti conviene non
provocarmi, Malfoy, o potrei cambiare idea. »
«
Chi
sta facendo la Serpeverde ora?
»
Mi
zittii di fronte a quella domanda.
In
realtà volevo scoprire cosa diavolo c’era dietro
ai continui sbalzi d’umore di
Draco Malfoy, ma la sua arroganza continuava a stuzzicare i miei nervi
in
maniera irritante.
Mi
stavo già pentendo di essermi proposta come aiutante.
«
Penso
che per settimana prossima verrà pronta. »
Me
ne andai senza nemmeno salutarlo.
Non
se lo meritava nemmeno, quello stupido.
Nessun
riguardo per una persona che cercava di aiutarlo! Sapevo benissimo che
non
l’avevo fatto solo per scoprire che cosa celava Draco Malfoy
dietro quei
momenti di agonia, sapevo che ciò che mi aveva convinto ad
aiutarlo era stato
lo sguardo di puro dolore in quei occhi così chiari, e lo
smarrimento, la
voglia di non restare solo, di non soffrire più.
E
se quelle parole sembravano immonde per uno come Draco Malfoy, sempre
controllato e intoccabile, era ciò che era trasparito da
lui, fino ad arrivare
come un’ondata addosso a me, travolgendomi senza nessun
riguardo.
Nessuno
meritava di stare male, non dopo la guerra.
Nemmeno
uno stronzo come Draco Malfoy.
E
poi, la curiosità è donna.
***
Il
bagno dove risiedeva Mirtilla Malcontenta era ormai desolato.
Quell’anno
nessuno aveva voluto sentire il fantasma piagnucolare e impicciarsi dei
fatti
degli altri, quindi le poche persone che avevano voglia di
chiacchierare con un
morto andavano a cercare Nick quasi senza testa o il Barone
sanguinario, se si
aveva voglia di ascoltare una predica su quanto poco sangue puro fosse
rimasto
nel mondo magico.
Proprio
come al secondo anno quello era l’unico posto che mi era
venuto in mente per
preparare una pozione, sperando di non avere nessuna complicazione come
invece
era successo la volta precedente.
I
baffi e le orecchie da gatto non erano il mio forte e non avevo
assolutamente
voglia di ripetere l’esperienza né di peggiorarla.
Erano
passate esattamente sette lune dall’inizio della pozione ed
era giunto il
momento di finire il lavoro.
Riempii
qualche piccola fiala di vetro fino a finire il contenuto del calderone.
«
Sapevo
di trovarti qui. »
Mi
girai svelta, trovandomi l’inconfondibile figura di Draco
Malfoy a qualche
metro di distanza.
«
Sei
venuto a controllare che non facessi brutti scherzi, Malfoy? »
«
Fidarsi
è bene non fidarsi è meglio. »
«
No,
non fidarsi è da Serpeverde.
»
Lui
inarcò le sopracciglia, per niente toccato dalla mia
costatazione.
«
La
mia pozione, Mezzosangue.
»
Mormorò
Draco, esponendo il palmo aperto alla mia vista.
«
Prima
voglio sapere a cosa ti serve.
»
Notai
subito l’irrigidimento del suo corpo e la durezza
inaccessibile del suo volto,
tanto che mi chiesi se non fossi stata troppo diretta.
«
Sapevo
che sperare di non irritarmi con voi Grifondoro è come
cercare di apprezzare
uno Schiopiodo Sparacoda.
»
Scrutai
le sue espressioni, dal modo in cui continuava a muovere frenetico lo
sguardo
da una parte all’altra della stanza, in una via di fuga, o il
modo in cui il
solito pallore della sua pelle si era fatto più marcato,
evidenziando le
occhiaie sotto gli occhi.
Era
agitato.
«
Voglio
una risposta, Malfoy. Dimmi che cosa ti causa quelle crisi. »
Respiri,
muscoli contratti,
freddezza.
Respiri,
tensione, paura.
Respiri,
silenzio, sguardi.
«
Non
mi importa nulla di quella stupida pozione, Granger, puoi anche
conservarla per
te. »
Fece
per andarsene, ma sapevo per certo che per essersi abbassato ad
accettare aiuto
da una come me, allora quella pozione non era poi così tanto
stupida.
Stetti
in silenzio mentre si allontanava con passo quasi incerto, la schiena
dritta
sotto la camicia bianca.
Non
sapevo nemmeno io perché tenessi così tanto alla
salute di Draco Malfoy, o perché
avevo anche solo speso del mio tempo per uno come lui, che mi avrebbe
volentieri ucciso alla prima occasione possibile, ma lo stavo facendo e
sapevo
che era una cosa giusta.
Aiutare
mi era sempre parso naturale, come studiare o leggere libri su libri.
Aiutare
lui, però, andava contro tutto ciò che avevo
subito per anni e non avevo la
forza di perdonare tutti gli affronti alla mia persona che lui mi aveva
malignamente inflitto.
Mi
morsi il labbro, indecisa se fermarlo o meno, divisa da
cos’era giusto e cosa
era razionale.
E
poi il ricordo di quegli occhi sperduti, come un cieco nel buio
più totale, il
viso spaurito e nessuno accanto che lo potesse aiutare.
Poi
ancora rividi il Draco Malfoy dodicenne che mi soprannominava per la
prima
volta Mezzosangue, senza averne minimamente il diritto.
Draco
Malfoy non aveva mai fatto nulla di buono per me o per i miei amici
eppure
avevo questo sentimento dominante di aiutarlo.
Perché
io non ero come lui, e non lo sarei stata mai.
«
Malfoy,
tieni. »
Un
braccio teso verso di lui, a donargli le boccette di quel liquido che
sapevo lo
avrebbe aiutato.
Il
viso scarno rispuntò da dietro la sua spalla, coperto
parzialmente dai capelli
biondi.
«
Non
te lo dirò, Mezzosangue.
»
Abbassai
gli occhi, sapendo che quel piccolo cedimento da parte mia avrebbe
portato
ulteriori scherni in futuro.
«
Non
importa. Lo sto facendo per essere in pace con me stessa. So che ti
potrebbe
aiutare a far passare ciò che hai…almeno credo. »
Si
riavvicinò a me con una velocità che mi sorprese,
le labbra strette e gli occhi
scrutatori, in cerca di qualche traccia di inganno sul mio viso o nel
mio
sguardo.
«
Prova
a dirlo a qualcuno, Mezzosangue, e sei morta. »
Mi
strappò dalle mani le boccette stracolme di un liquido
ambrato e se ne andò
senza aggiungere altro.
Quando
arrivò alla soglia osò parlare, il viso nascosto
come a proteggere un segreto
troppo grande per essere visto da occhi umani e nudi.
«
Attacchi
di panico. »
Uscì
sbattendo la porta e quel rumore sembrò rimbombare
all’infinito tra le mura del
bagno o della scuola intera.
O
solamente sembrò rimbombare nella mia testa fino a farmi
diventare sorda.
Attacchi
di panico.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Panic
E se Draco Malfoy celasse
una debolezza?
Non
ci si può smaterializzare o materializzare dentro i confini
di Hogwarts, questa
era la regola scritta nell’adorato libro Storia di Hogwarts.
Eppure
ero fermamente convinta che Draco Malfoy usasse la smaterializzazione
oppure non
si sarebbe spiegata la velocità sorprendente con cui usciva
dalle classi alla
fine della lezione e scompariva per tutto il resto della giornata.
Malfoy
era diventato un fantasma che si aggirava per la scuola solo ed
esclusivamente
guardandosi le spalle in continuazione per poi ritornare nella sua
tana, al
riparo da occhi indiscreti.
O
occhi curiosi ed in cerca di risposte.
Ero
più che sicura che stesse facendo quella pietosa sceneggiata
per ripararsi
dalle domande che gli avrei posto se mi avesse incontrato da qualche
parte,
senza una via di fuga da prendere o un qualche mezzo per sgattaiolare
via, come
al solito.
Come
una serpe che non riusciva a mostrare un minimo di coraggio.
Nonostante
Draco Malfoy non aveva voluto più rivolgermi la parola per
ben una settimana,
avevo deciso di cercare le risposte per conto mio.
La
biblioteca era diventata il posto fisso dove mi recavo ogni giorno dopo
la fine
delle lezioni.
Mi
ero fatta consigliare tutti i libri che avrebbero potuto essermi utili
da
Madama Pince, che, gentilmente, mi aveva mostrato lo scaffale adatto
alla mia
ricerca.
Il
disturbo di panico era qualcosa di più complesso di quanto
mi aspettassi e di
certo non era un problema da prendere di sottogamba o da affrontare da
soli.
Una
mossa da stupidi non voler dire a nessuno dei propri problemi, una
mossa verso
un declino sociale e psicologico.
Nessuno
poteva farcela con le proprie forze, bisognava sempre avere una mano
amica che
ci sorreggesse se fossimo caduti.
Ma
Draco Malfoy era una serpe solitaria ed un Malfoy molto testardo ed
arrogante,
quindi cercava di rinchiudersi nella sua solitudine sperando di
riuscire da
solo a curarsi.
Completamente
sbagliato.
“Un
attacco di panico è
un periodo
di paura o disagio intensi, tipicamente con un inizio improvviso e
solitamente
della durata inferiore ai trenta minuti. I sintomi includono tremore,
respirazione superficiale, sudore, nausea, vertigini, iperventilazione,
parestesie, tachicardia, sensazione di soffocamento o asfissia. La
manifestazione è significativamente diversa da quanto
avviene negli altri tipi
di disturbi di ansia, in quanto gli attacchi sono improvvisi, non
sembrano
provocati da alcunché e spesso sono debilitanti. Un episodio
è spesso
categorizzato come un circolo vizioso dove i sintomi mentali accrescono
i
sintomi fisici, e viceversa.”
Chiusi
il libro mentre il volto accaldato e gli occhi azzurri incredibilmente
lucidi
prendevano il sopravvento nellaa mia mente.
Lanciai
un’occhiata distratta alla finestra della biblioteca, notando
il cielo già
scuro ed il parco vuoto.
Raccattai
tutti i libri e li rimisi al proprio posto, accarezzando con gentilezza
le
copertine di alcuni libri riposti con cura sul ripiano della grande
libreria in
fondo alla biblioteca.
Sentii
il velo sottile della polvere sopra il cuoio scuro e sospirai per quel
gesto di
familiarità che mi era mancato in tutti quegli anni.
«
Buona
serata, Madama! »
Dissi,
incamminandomi verso il grande portone che mi avrebbe portato alle
scale.
«
Buona
serata a lei, signorina Granger.
»
Un
passo dopo l’altro arrivai fino al grande portone che dava
sulla Sala Grande.
Il
chiacchiericcio consueto riempiva l’aria di una musica
chiassosa ma piacevole,
come una vecchia nenia di una madre stonata.
Il
chiacchiericcio di casa.
Dopo
la fine della guerra avevo imparato a far tesoro di tutti i momenti ed
i
particolari che accadevano intorno a me.
L’aria
accogliente della Sala Comune a notte fonda, quando si accendeva il
camino e si
poteva assaporare in silenzio le meraviglie di quelle mura magiche
oppure
quando, senza essere notata, fissavi intensamente una persona,
ricordandotene i
dettagli più inutili solo per poter dire, una volta finito
l’anno, di aver
assaporavo tutto, dal colore dell’erba in inverno alle varie
tonalità di colore
nelle iridi di Draco Malfoy.
Draco
Malfoy?
Mi
fermai, confusa, in mezzo alla sala, girandomi per incontrare gli
stessi occhi
stupiti che ricambiavano lo sguardo.
Ci
mise pochi secondi a decidere che fosse meglio correre ai ripari prima
che
venisse attaccato in pieno pubblico da me, ma in quei pochi secondi
potei
percepire il lieve miglioramento nei tratti del suo volto.
Le
occhiaie meno accennate dei giorni precedenti, segno che finalmente
stava
riposando, i capelli ordinati come di consueto e non sparpagliati in
modo
disordinato sulla fronte.
In
un attimo si lanciò verso il corridoio e poi giù,
verso le scale.
Ritornai
a prestare attenzione ai tavoli delle Case, ma nessuno si era accorto
della
piccola e silenziosa parentesi che si era creata proprio sotto i loro
nasi.
Raggiunsi
Ginny che, educatamente, stava discutendo con un ragazzo
dall’aria affranta e
le mani incrociate in preghiera.
«
Come
fai a non capire l’importanza del Quidditch? »
«
Questo
è l’anno dei M.A.G.O. non posso spendere altro
tempo nelle attività
extracurricolari. »
«
Tu
devi entrare a far parte della squadra, Damian, è questione
di vita di morte.
Al diavolo lo studio!
»
Mi
sedetti vicino alla mia amica, incurante delle sue ormai quotidiane
litigate
per trovare nuovi giocatori per la squadra di Grifondoro.
Senza
Harry non sarebbe più stata la stessa cosa e questo lo
sapevano tutti,
soprattutto i Serpeverde che si divertivano a mettere i bastoni fra le
ruote a
Ginny.
«
Hermione,
ciao. Anche tu, come noi comuni mortali, hai avuto bisogno di cibo per
poter
sopravvivere? »
Le
lanciai un’occhiata fulminante, continuando a mangiare il
poco cibo che era rimasto.
La
verità è che la fame era diventata opprimente
visto che il mio tempo libero lo
suddividevo tra lo studio e la biblioteca.
Oltre
che per le pozioni illecite nel
bagno delle ragazze.
«
Posso
chiederti una cosa? »
Mi
chiese Ginny, dopo qualche minuto di silenzio mentre si fissava
insistentemente
le mani, con il viso coperto dalla folta chioma rossa.
«
Dimmi
tutto. »
«
Cos’era
quell’occhiata penetrante a Draco Malfoy? »
«
Quale
occhiata penetrante?
»
Dissi,
tranquilla.
Avevo
imparato a mentire in modo splendido e, nonostante non ne andassi molto
fiera,
apprezzavo questa caratteristica che mi aiutava nei momenti
imbarazzanti come
quello.
Non
volevo che si facesse delle strane idee in testa, ma non volevo nemmeno
rivelare un segreto così intimo di Malfoy, nonostante lui
non avrebbe mai usato
quel tipo di trattamento se i ruoli fossero stati invertiti.
«
Mi
era parso di vedere una certa intesa quando sei entrata.
Molto…complici, ecco.
»
Complici,
forse quello era il termine più adatto per descrivere la
situazione attuale.
«
Non
so di cosa tu stia parlando, ma se dovessi diventare complice di
Draco
Malfoy prova a lanciarmi uno schiantesimo, nel caso fossi sotto qualche
incantesimo oscuro. »
Lei
annuì, più rilassata.
«
Quindi,
visto che ti vedo così rilassata, posso chiederti anche un
aiuto in Difesa
contro le Arti Oscure?
»
Mi
chiese, sorridendo furba al mio viso vittorioso.
«
Non
avevi detto che eri assolutamente in grado di evocare un Patronus senza
le
istruzioni dell’insegnante?
»
«
Non
mi è più così facile come credevo. »
Sembrava
che il silenzio avesse congelato ogni cosa e non solo la mia
espressione
saccente.
Ginny
era molto delicata quando si parlava della guerra e potevo capirlo,
visto che
aveva perso uno dei fratelli con cui si trovava più in
armonia.
«
Credo
che andrò in Sala Comune ad aspettarti per le ripetizioni. »
«
Certo…
»
La
osservai prendere le sue cose ed allontanarsi a passo svelto, come
colta da
un’improvvisa urgenza.
Forse
andava a nascondersi sotto le coperte a piangere, come quando la
sentivo, nel
cuore della notte, singhiozzare senza alcun freno tenendo stretto il
cuscino.
Odiavo
vederla in quello stato ed odiavo me per averle fatto ricordare quel
brutto
momento della sua vita.
Finii
l’acqua nel bicchiere e mi alzai a mia volta, pronta per ore
di recupero al
posto di riposare.
Sarei
svenuta da qualche parte nella scuola se non mi sarei fermata un
momento e in
più, oltre al mal di testa dovuto alle poche ore di sonno,
ci si mettevano
anche gli occhi a bruciare in modo dannatamente fastidioso.
La
borsa che sfregava insistentemente sul tessuto pungente del maglione,
arrossandomi la pelle al di sotto, i capelli crespi ed elettrici che
non
volevano saperne di restare in una forma decente, i piedi che dolevano
per il
troppo camminare e le mani congelate.
Una
pessima serata che si sarebbe conclusa nel modo più pessimo,
decretai quando
vidi spuntare qualcuno dall’angolo del corridoio al quarto
piano.
«
Granger. »
«
Non
credo tu abbia voglia di parlarmi, visto che non l’hai fatto
per un’intera
settimana e, nel caso tu avessi un improvviso desiderio di dialogare
con me io
non ne ho assolutamente intenzione. Ergo, addio. »
Feci
per salire la nuova rampa di scale che mi avrebbe portata lontano da
quell’egocentrica Serpe, ma lui fu molto più
veloce di me ed io molto più
stanca di quanto avevo avuto l’ardire di ammettere.
La
sua bacchetta puntata contro la giugulare, il muro dietro di me mentre
l’ombra
celava i nostri corpi.
«
Devi
starmi ad ascoltare, Mezzosangue, non mi importa quello che vuoi tu. »
Lo
guardai irosa negli occhi, percependo il pulsare alla testa farsi
sempre più
intenso.
«
Che
cosa diamine vuoi da me?
»
«
Un’altra
dose di pozione, l’altra è finita. »
«
Sono
passati solo sette giorni, come è possibile che tu
l’abbia già terminata? »
Lui
abbassò gli occhi per un breve istante, quasi avesse
vergogna di
quell’ammissione a denti stretti.
«
Non
sono affari tuoi, devi solo prepararmela.
»
«
Credo
proprio che non lo farò.
»
La
presa più stretta sul legno chiaro della bacchetta, gli
occhi più stretti a
palesare la sua irritazione.
Evidentemente
non era abituato ad essere contraddetto.
«
Tu
lo farai, invece. Mi hai già aiutato una volta. »
«
Questo
è stato prima che tu mi minacciassi con una bacchetta, in un
corridoio buio, di
sera. Hai cancellato tutti i miei buoni propositi, probabilmente sono
finiti
con le tue buone maniere.
»
Un
momento di silenzio, il suo respiro che caricava l’aria di
una suspense tutta
nuova.
Poi
la sua mano che si abbassava lentamente, quasi come una carezza, fino
allo
scollo del maglione e della camicia, i suoi occhi che non perdevano mai
il
contatto con i miei.
Da
quanto tempo era passato il mal di
testa? Da quando la mia lucidità era ritornata
così attiva?
«
Va
bene, non credo di aver bisogno di una Nata Babbana per fare una
stupida
pozione. Ho perso solo tempo.
»
Nessun
movimento da parte sua che accennasse veramente al fatto che volesse
andarsene.
Brutto
gioco, quello del guardarsi negli occhi senza poter mentire.
«
Prima
voglio sapere una cosa.
»
Proruppi
dopo uno scontro silenzioso.
Chi
era la preda e chi il predatore?
«
Che
novità, Mezzosangue. Immaginavo che la tua
curiosità non si fosse affievolita
sotto i numerosi libri di Medicina.
»
Un
battito in meno, la mente che cercava una via di uscita valida dopo
quella
frase, ma l’unica verità che veniva impressa a
fuoco dentro la pelle.
«
Mi
hai spiato? »
«
Cosa?
Certo che no! Ho solo rovistato nello scaffale davanti al quale passavi
tutto
il tuo intero pomeriggio.
»
Oh,
certo, pensai in un attimo di razionalità, era ovvio che lui
non mi seguisse ed
era altrettanto ovvio che avesse voluto accertarsi della mia
fedeltà verso il
suo segreto.
Fedeltà
per una persona che non se la meritava affatto, in realtà.
«
Ho
bisogno di sapere perché non ti fai aiutare da un Medimago
più esperto al posto
di chiedere poco gentilmente la pozione calmante a me.
»
«
Non
voglio che nessuno sappia. E’ una cosa privata, Mezzosangue,
non so se riesci a
comprenderlo. »
«
Eppure
l’hai detto a me e, se non
mi sbaglio,
non sono proprio la tua migliore amica.
»
«
Io
non ti sopporto, Mezzosangue, neanche fra vent’anni
diventeremo amici. Avevo
solo…necessità che qualcuno mi creasse quella
pozione.
»
«
Avevi
bisogno di qualcuno con cui parlarne, invece. »
«
Non
è così!
»
Sbottò,
allontanandosi da me e camminando a ritroso nel corridoio, ritornando
alla
fievole luce del fuoco.
Stava
negando e potevo anche capirne la motivazione; insomma, non eravamo mai
andati
d’amore d’accordo e comunque lui aveva bisogno di
qualcuno con cui potersi
sfogare, anche solo per poterne parlare liberamente.
Stava
cercando una persona con cui potersi alleggerire il carico opprimente
di quel
segreto.
Complici.
«
Devi
farti aiutare, non puoi combattere questa malattia da solo. »
«
Che
diavolo te ne importa, Granger? Non venire a fare la paladina
della
giustizia con me, perché noi non siamo uguali e non lo
saremo mai. »
Rabbia,
per la sua ostinazione nel non voler vedere quanto in realtà
io non stessi
facendo nessuna eroina, ma solo un’aiutante sconosciuta per
poter risolvere il
suo problema.
«
La
guerra ci ha reso tutti uguali, Malfoy. Nessun pregiudizio, nessuna
ostilità,
era questo che doveva accadere.
»
«
Oh,
certo, è facile parlare per chi è stato
etichettato come una invincibile
ragazzina appena maggiorenne. Non hai mai guardato intorno a te stessa,
Mezzosangue. Io ho scambiato un ruolo di comparsa nella guerra con il
ruolo da
protagonista in una gabbia* ed io non voglio più sentirmi in
questo modo! »
Dovetti
aggrapparmi ad una mattonella del muro per evitare alle mie gambe di
cedere
completamente.
Lui
stava vivendo un altro tipo di guerra, ma ora non poteva più
nascondersi dietro
le parole fredde di Lucius Malfoy o di sua madre.
Era
contro un mostro completamente da solo.
E
aveva paura.
«
Non
ho più voglia di parlare con te. »
Se
ne andò così, in una nube sfocata dovuta alle
lacrime che, improvvisamente,
avevano fatto capolino sulle mie guance.
Non
sarebbe mai finita la guerra, non per tutti almeno.
Draco
Malfoy era entrato in un mondo oscuro, senza nessuno ad aiutarlo ad
alzarsi
quando il suo corpo diventava troppo pesante per reggersi da solo.
E
poi buio, svenuta sul pavimento di un corridoio per la maggior parte
del tempo
desolato.
Nel
buio, le lacrime che continuavano a scendere.
Complici,
di
uno stesso
dolore che logorava da dentro.
Complici,
Draco Malfoy ed
Hermione Granger.
La
rabbia cieca che prendeva il
sopravvento sulla paura.
Come
si permetteva di giudicare le mie
scelte, lei che si era sempre nascosta dietro scrivanie ingombranti e
libri
polverosi? Aveva lo sguardo perso, ora, come una ragazza che pensa di
poter
comprendere il mondo.
Illusa,
perché nessuno si era mai preso
il disturbo di capire veramente gli altri.
Ipocrita,
perché la sua curiosità non
era altro che una stupida facciata di altruismo e carità ed
io non ne avevo
bisogno.
Cosa
poteva capirne lei della sensazione
di crollare, di sentirsi sempre fuori posto come se in qualche modo non
fossi
adatto e nessuno ti capisca?
Cosa
ne sapeva lei della continua
speranza di poter scappare, di rinchiudersi in una stanza e poter
urlare
liberamente?
Non
poteva sapere com’era quando niente
era a posto, non sapeva com'era essere come me.
Essere
ferito, sentirsi perso, essere
lasciato fuori al buio, essere colpito quando sei giu', sentirti come
preso in
giro, essere sull'orlo di crollare e non c'e' nessuno li' a salvarti.**
Lei
non poteva sapere com’era essere
nella mia vita.
Le
girai le spalle, incurante delle sue
lacrime, preoccupandomi solo delle mie ferite sanguinanti, del duro
muro che si
era riempito di crepe, solo per potermi sentire un po’
più umano.
Nessuno
poteva capire com’era essere
Draco Malfoy.
Benvenuta
nella mia vita, Granger.
.
*Tratta
dalla canzone I wish you where
here dei Pink Floyd.
**Tratta
dalla canzone Welcome to my
life dei Simple Plan.
Finalmente
Aistra ha avuto la decenza di aggiornare dopo estenuanti giorni senza
creavità
e voglia di vivere! Un bell’applauso!
Comunque,
bando alle ciance, questo capitolo è stato cancellato
più e più volte e poi è
arrivato il momento in cui si è praticamente scritto da
solo, quindi non ho
proprio avuto il coraggio di cancellare o modificare le frasi che fanno
veramente veramente...ribrezzo.
Anche
io
sono diventata una di quelle tipe che riempiono i capitoli di citazioni
di
poeti o di canzoni, sì sono proprio uno schifo di scrittrice
e volevo
migliorare la qualità della storia.
Quindi,
grazie a tutti coloro che recensiscono, grazie a tutti coloro che
recensiranno,
a quelli che metteranno mi piace, a quelli che la metteranno fra le
seguite,
tra le preferite o tra le ricordate. Grazie a tutti.
Aistra
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Panic
E
se Draco Malfoy celasse una
debolezza?
Il
primo pensiero che attraverò la mia mente fu che i letti di
Hogwarts erano inverosimilmente scomodi e che il silenzio innaturale
che aleggiava nella camera in comune con altre quattro ragazze del mio
stesso anno, era veramente ambiguo.
Aprii gli
occhi, dando un buongiorno sgradevole e irritato alle mattonelle di
fronte a me.
Mattonelle?
Aggrottai le
sopracciglia, confusa da quel cambio di ambiente.
Dov'erano
finite le bellissime mura rivestite con la carta da parati color rosso
rubino? E da quando il mio letto era stato spostato contro un orrenda
parete con mattoni a vista? Appoggiai una mano sotto di me, constatando
brutalmente ciò che già stavo presumendo.
Non c'era
nessun materasso sotto di me, solo pietra dura e fredda, per niente
appropriata per una sana penichella in chissà quale angolo
sperduto del castello.
Mi tirai a
sedere, sentendo distintamente ogni ossa scricchiolare in modo
allarmante mentre il collo sembrava urlare pietà per la
posizione ignobile in cui era stato costretto fino a pochi minuti
prima.
Non c'era
stata nessuna dormita fuori dal mio dormitorio, nè un
incontro piacevole o un amico con cui passare la serata.
Non era stata
per nulla volontaria quella sosta in quel corridoio, non era stata
volontaria la lite con un Serpeverde presuntuoso ed egocentrico e,
ovviamente, non era stato volontario lo svenimento improvviso, causato
dagli eccessivi sforzi di quella settimana snervante.
Quel
deficiente non aveva avuto nemmeno la cortesia di portarmi in un posto
dove qualcuno mi potesse notare ed aiutarmi. Portarmi in Infermeria
sarebbe stato un gesto troppo cortese, quindi nemmeno a pensarci.
Per quanto
tempo ero rimasta incosciente? Avevo, forse, saltato qualche lezione
importante? Qualcuno mi stava cercando? Mi alzai in piedi e mi sistemai
alla meglio la divisa ormai stropicciata del tutto.
Mi recai alle
scale ma un improvviso dolore al piede sinistro fece arrestare la mia
camminata.
Alzai la gamba
e tastai la caviglia, non trovandola gonfia e senza nessun livido ad
adombrare la pelle bianca.
Sicuramente
aveva preso una brutta inclinazione durante la caduta a terra, pensai
in un moto di stizza verso Malfoy che, nonostante non fosse la
principale causa di quel male, se n'era comunque andato senza
controllare in che condizioni fossi.
Maledetto
disgraziato, degno di stare nelle schiere di Salazar.
Borbottai
insulti a mezza voce contro di lui per tutto il tragitto verso la torre
Grifondoro.
«
Parola d'ordine? »
«
Caput Draconis. »
Pronunciai
attentamente, notando, scocciata, che la Signora Grassa era ancora
intenta nelle sue prove canore.
«
Caput Draconis. »
Riprovai,
alzando la voce per farmi sentire.
« Ho
sentito, ma la parola d'ordine è cambiata ieri pomeriggio.
Allora, ho fatto progressi nel canto, non è vero?
» « Non è possibile, è solo
un brutto incubo e appena mi sveglierò ci riderò
sopra senza farci troppo conto. »
Scrutai ancora
il quadro che non voleva saperne di lasciarmi passare.
Feci l'unica
cosa che mi parve più sensata in quel momento; guardai fuori
da una graziosa finestra ad arco, notando che il cielo era limpido e
senza nuvole, nonostante la stagione estiva fosse finita da un pezzo,
ciò stava a significare che o era ora di lezione o ora di
pranzo.
Mi diressi
verso la Sala Grande, già stufa di dover strascicare il
piede mentre la borsa a tracolla segava la pelle della spalla. Era
tutto un terribile incubo, un incubo che non aveva una data di
scadenza.
«
Perchè capitano tutte a me?! »
Sbraitai
contro un vecchio quadro vuoto raffigurante un prato verde e lucente.
«
Dicono sia il Karma. »
Da
quando i quadri vuoti avevano la facoltà di parlare?
Osservai attentamente il paesaggio, alla ricerca di qualche personaggio
che non avevo notato.
«
Granger, sono dietro di te. »
Mi girai
velocemente, sperando con tutto il cuore che non fosse veramente Draco
Malfoy quello ritto davanti a me in posizione di guerra, le braccia
incrociate davanti al petto ed un ghigno che non aveva nulla di
affascinante ma tutto di irritante.
Era solo un
brutto incubo, solo un brutto incubo.
«
Sai, dicono che ogni azione maligna che fai si ritorcerà
contro di te.
Non ti sei
comportata bene, Sangue Sporco, mi sembra evidente. » Strinsi
i denti, cercando di tenere a freno la voglia di prendere la bacchetta
ed affatturarlo.
Forse sarebbe
stato meglio alla Babbana, in fondo sapeva bene com'era ricevere un
pugno dalla sottoscritta, pensai in un misto di orgoglio e
divertimento.
«
Che hai da ridere? »
«
Pensavo al mio terzo anno. Abbiamo passato dei momenti davvero
indimenticabili. »
La sottile
arte della provocazione non era posseduta da tutti e la giovane
Hermione Granger di un tempo si sarebbe allibita del mostro di menzogne
e sarcasmo che avevo creato intorno e dentro di me, però le
cose erano cambiate e crescendo non possedevo più la visione
ovattata e genuina del mondo.
Avevo capito
che i cattivi non venivano mai smascherati del tutto e che bisognava
attaccare prima di essere attaccati.
Osservai il
suo viso tramutare in una smorfia arrabbiata e ne godetti appieno.
Non era lui ad
avere in mano le redini del gioco contorto in cui mi aveva invischiato,
non sarei mai diventata il suo burattino.
« Mi
chiedo perchè tu stia qui a parlare con me al posto di fare
qualcuna delle tue bravate infantili con i tuoi compagni di Casata.
»
Restai a
respirare il suo silenzio, beato e benedetto, provando a capire che
cosa frullasse nella testa di quel completo imbecille.
Era timore
quella smorfia delle labbra? Era debolezza quella mano che tremava,
chiusa a pugno per non svelare quel dettaglio? Era stizza quel gesto di
socchiudere gli occhi e puntarli su di me, come se fossi l'unica sua
fonte di attenzione, nel bene e nel male.
Perchè
Draco Malfoy doveva essere un puzzle così complicato? Quel
silenzio e quella serie di domande silenziose mi aveva già
fatto venire un'emicrania insopportabile.
Cercai di
zoppicare un po' più in là, ritornando a
concentrarmi verso la Sala Grande dove, probabilmente, ci sarebbero
stati tutti gli studenti, compreso Ginny.
Non avevo
tempo per stare dietro ad un Malfoy frustrato e incapace di gestire i
propri affari.
Maledetto il
Karma e l'intero mondo magico, non c'era nemmeno una nota positiva in
quel contesto così ingarbugliato.
«
Aspetta! »
Una mano,
così calda da poter superare il tessuto del maglione e della
camicia, afferrò il mio braccio nell'incavo del gomito, con
una presa così ferrea da farmi sbalordire.
Non era una
presa gentile, come un amico che ti ferma per salutarti più
affettuosamente o come un amante che vuole un altro, ultimo, bacio, era
una presa violenta, con le dita che premevano sulla carne del braccio
fino a scontrarsi contro le ossa e i muscoli, una presa che imponeva e
non chiedeva.
Mi voltai
verso di lui, una muta richiesta per quel gesto così
avventato e quel contatto che non c'era mai stato tra di noi.
E quella
domanda, che per l'ennesima volta sfiorava la mia mente: che aveva da
celare Draco Malfoy per ridursi in quello stato? Per confidarsi con una
ragazza con cui non aveva mai legato per ragioni ovvie solamente a lui
e ai suoi ragionamenti contorti? Eppure sembrava così
diverso dal primo anno e non solo fisicamente.
Il suo modo di
porsi, da quando era finita la guerra, era quello di un normale
ragazzo, nonostante la normalità non fosse all'ordine del
giorno.
Certo, non era
diventanto l'esempio di maturità e intelligenza e il suo
caratteraccio permeava ancora dentro di lui, ma non aveva
più osato parlare con nessuno che non fosse della sua nuova
cerchia e neanche loro sembravano capirlo pienamente.
Sembrava non
capirlo più nessuno, ormai.
«
Io...credo che... »
«
Hermione! »
La voce di
Ginevra fece sobbalzare entrambi e subito la sua mano si
staccò da me, afflosciandosi vicino al fianco, come senza
vita.
«
Hermione, è da una vita che ti cerco, ma... »
Era forse la
manifestazione delle frasi in sospeso o qualcuno ce l'aveva davvero con
me?
« Ho
interrotto qualcosa? »
Chiese in un
sussurro imbarazzato.
Cercai
qualcosa di intelligente da dire, ma la mia bocca era arida come un
deserto e il mio sguardo continuava a cambiare traiettoria, deviando da
Malfoy, impassibile e rigido come un tronco, a Ginny che continuava a
spostarsi i capelli dietro l'orecchio.
«
Non sta succedendo nulla, Weasley. Niente che possa riguardare te e la
tua sudicia famiglia. »
Mi
lanciò un'occhiata di puro disprezzo come se io c'entrassi
effettivamente qualcosa con l'arrivo della mia amica, ed
uscì di scena senza dire altro.
«
Ginny, non è come pensi. »
« Lo
spero bene, Hermione! Da quando frequenti tipi come lui? »
Da quando l'ho scoperto mentre aveva un attacco di panico,
così ho pensato di non lasciarlo morire della solitudine.
«
Non lo sto affatto frequentando. Stavo camminando e lui veniva dalla
parte opposta, tutto qua. »
«
Tutto qua? »
No,
c'è da dire anche che l'ho aiutato a preparare la pozione
calmante, per aiutarlo a controllare questi disturbi, quindi ora
vorrebbe nuovamente il mio aiuto, ma non sono sicura che io stia
facendo la cosa giusta.
«
Tutto qua. »
Mi
scrutò qualche secondo, forse per controllare la
veridicità delle mie parole, poi sembrò
convicersene e mi sorrise.
Bugiarda.
Codarda.
Proprio come
lui.
Complici anche
delle medesime azioni.
«
Ora posso sapere dove sei stata per tutta la mattina? Denise mi ha
detto che non sei tornata nella tua camera stanotte. »
«
Sono tornata a tarda ora e mi sono messa a studiare nella Sala Comune,
poi sono uscita presto per studiare e... »
Come poteva
giustificare la sua assenza dalle lezioni? Non c'era nessuna scusante
valida.
Lei era sempre
stata puntigliosa sulla presenza alle lezioni e non perdonava la minima
assenza, neanche malata.
«
...sono rimasta in Infermeria per tutto il resto della mattinata. Mi
sono sentita poco bene. »
Mi toccai la
pancia e la guardai di sottecchi. Bugiarda.
Mentivo per
difendere colui che non meritava nemmeno un minimo di cortesia.
Perchè lo stavo facendo?
«
Ora stai bene? »
«
Sì, è meglio se andiamo a lezione, non vorrei
perdere altro tempo. »
Annuì,
incamminandosi per andare nell'aula di Pozioni.
Dovetti
strizzare gli occhi più di una volta per tenere il suo
passo, mentre sentivo la caviglia pulsare violentemente fino a farmi
vedere appannato.
Quando
arrivammo ai Sotterranei tirai un sospiro di sollievo, accertandomi che
non ci fosse alcun danno al piede dovuto allo sforzo.
Pessime
notizie, visto che la caviglia era visibilmente gonfia anche sotto lo
strato spesso di calze pesanti.
Mi sedetti al
primo banco libero, lisciandomi la gonna stropicciata e accarezzandomi
la caviglia, pronta ad apprendere le nuove nozioni utili per i
M.A.G.O..
«
Buongiorno ragazzi, oggi incominceremo a preprare la pozione Polisucco.
Molti di voi sanno già gli ingredienti base e come usarla,
ma un piccolo ripasso non farà male, giusto? »
Sorrisi,
già pronta a sfoggiare tutto ciò che sapevo sulla
pozione Polisucco.
Ad un'occhiata
più attenta, notai che all'appello mancava una chioma bionda
e, per la prima volta, mi preoccupai per la sua salute.
L'inizio della
fine.
Erano state
due ore infinite, per un certo punto di vista.
Il professor
Lumacorno aveva sì elogiato la mia pozione, già
del colore corretto per diventare perfetta, ma il fatto che mi fossi
preoccupata per Malfoy,
Draco Malfoy dannazione!, aveva scombussolato
ogni mia cellula corporea, mandami in tilt su un unico pensiero: dove
diavolo era finito?
Mi sarei
sentita incommensurabilmente in colpa se gli fosse successo qualcosa
per colpa mia e della mia testardaggine a non volerlo aiutare con altra
pozione.
«
Hermione, dove vai? »
La voce di
Ginny mi riscosse dal torpore in cui ero caduta.
« In
biblioteca, tu? »
« Ti
ho detto che devo prepararmi per la partita di Quidditch di questo fine
settimana. » Beccata a non ascoltare.
Abbassai la
testa, non avendo scusanti per perdonare la mia disattenzione verso di
lei.
Tutta colpa di
quell'imbecille, ovviamente.
Riusciva a
rovinarmi la vita anche a distanza, ora.
Perfetto.
Aspettai che
svoltasse l'angolo prima di incamminarmi, zoppicando, verso la
biblioteca.
Almeno non le
avevo mentito del tutto, mi consolai, dando un'occhiata ai pochi
ragazzi che erano seduti ai lunghi tavoli di legno scuro.
Verso sera si
sarebbe riempita, visto che molti compiti avevano a che fare con
ricerche approfondite su argomenti trattati in quei libri.
Scandigliai in
lungo e in largo, cercando un tavolo solo per me e lo trovai in fondo
alla biblioteca, vicino al reparto di Erbologia.
La prima cosa
buona dopo una giornata stressante.
Partii subito
alla ricerca del materiale per iniziare i compiti, aggirandomi per gli
enormi scaffali come se li conoscessi da sempre.
«
Immaginavo di trovarti qui. »
Un sussurro mi
fece distogliere lo sguardo da una enciclopedia che aveva attirato la
mia attenzione.
Dal buco
dovuto alla mancanza di libri, poco più in là,
era apparso il viso di Draco Malfoy.
« Mi
stai seguendo? »
Chiesi,
facendo finta di nulla, sentendo una parte di me rilassarsi per il
sollievo di vederlo sano e salvo.
Purtroppo.
Purtroppo
perchè la sua faccia così oziosamente sarcastica
mi stava facendo saltare i nervi.
«
Per chi mi hai preso? Non seguirei mai una Sangue Sporco. Ero solo
in...perlustrazione. »
Sbuffai,
sperando che la mia poca voglia di parlare con lui lo facesse desistere
dalla sua impresa.
«
Com'è andata la lezione di Pozioni? »
« Mi
puoi spiegare che diavolo vuoi da me? »
Sbottai,
lasciando perdere il tono di voce basso che obbligava Madama Pince. Il
suo regno doveva essere costudito con molta dose di saccenza e poca
dose di parlantina.
«
Abbassa la voce, Sangue Sporco, non ho voglia di farmi rimproverare da
quella vecchia bisbetica. »
«
Madama Pince non è una vecchia bisbetica. »
Risposi, con
calma quasi surreale. Sentivo il limite molto vicino e la voglia di
staccargli la testa stava prendendo il sopravvento su tutto.
«
Invece lo è. Smettila di fare quella faccia, Granger, hai
un'espressione orribile. Più del solito, intendo.
»
«
Ora basta. »
Gli andai
vicino, per quanto lo scaffalo me lo permettesse, gli occhi irosi
riflessi nei suoi, chiari e tranquilli.
«
Devi smetterla di offendermi, smetterla di crederti un Dio,
perchè non lo sei. Sei solo una persona insensibile,
egocentrica e viziata! Non ti sopporto più, Malfoy! Dopo
sette anni di ossessività verso il mio sangue impuro e i
miei genitori babbani mi sono finalmente stufata delle tue prese in
giro! Basta, vattene e non rivolgermi più la parola. Trovati
qualche schiavetto da insultare senza che dica nulla. Sei proprio un
degno erede di tuo padre, non c'è che dire. »
Respirai
profondamente, notando solo in quel momento il suo volto.
Avevo
esagerato, ero stata accecata dalla rabbia e avevo sentito rimbombare
nella mia testa gli echi di tutti gli insulti ingiusti che mi aveva
rivolto.
Cattiva al suo
stesso modo.
Aprii la
bocca, cercando di dire qualcosa di sensato, ma sentivo a malapena il
mio cuore battere furiosamente ed il respiro spezzarsi in gola ogni
volta che provavo ad inspirare ossigeno.
Distolse lo
sguardo, la sua mano che era comparsa ad afferrare il ripiano davanti
ai nostri volti.
Come ancora o
come sfogo? Mi resi conto di ciò che avevo realmente
scatenato solo quando il suo sussurro mi raggiunse le orecchie.
«
No, non ancora, non ora... »
Il viso che
impallidiva, il respiro che stava accellerando senza sosta.
Stava per
avere un nuovo attacco di panico e stavolta ero stata proprio io ad
essere il fuoco per quella miccia già infiammabile di suo.
Senza pensarci
oltre mi precipitai verso il lato opposto dello scaffale, sorpassando
tavoli e ragazzini chini sui fogli di pergamena.
Si era seduto,
le ginocchia strette al petto e la testa reclinata all'indietro mentre
gli occhi sembravano persi nel nulla.
«
Eccomi, eccomi. »
«
Fallo smettere...fermalo... »
«
Io...non so come fare. Devi tranquillizzarti, Draco. Respira.
»
Sembrava un
pesce lasciato fuori dall'acqua troppo a lungo e mi immaginai come
dovesse essere affrontare tutte quelle emozioni, quei problemi, senza
nessuno a cui affidarti.
«
G-granger... »
«
Calmo, respira insieme a me. »
Mi sistemai
vicina a lui, nella stessa posizione e respirai piano e rumorosamente,
cercando un modo per farlo tranquillizzare.
«
Non riesco più a respirare. Granger, non riesco
più a respirare... »
Il miglior
modo per tranquillizzare qualcuno è infondergli quella
serenità che è presente in ognuno di noi.
Feci la prima
cosa che mi venne in mente per infondergli un po' di quella
tranquillità che mi era rimasta.
Lo abbracciai,
sapendo che lui sarebbe stato fermo e non mi avrebbe respinto, non in
un momento del genere.
Affondò
il viso contro la mia spalla, in un gesto così inaspettato
da far mozzare il respiro anche a me.
Lo sentii
calmarsi sotto le mie dita che stavano, leggere, sopra la sua schiena.
Non ci fu
bisogno di parole, in quel momento.
Avevo
già capito che quella persona a cui lui si sarebbe affidato
d'ora in avanti sarei stata io.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Panic
E se Draco
Malfoy celasse una
debolezza?
And
you feel like falling down
I'll carry you home
Tonight
We are young
[We
are young - Fun]
La verdura
è un termine gastronomico-nutrizionale che si riferisce a
diverse parti di una
pianta che vengono utilizzate nell'alimentazione umana.
Già, proprio come la verdura che stava immobile dentro al
mio piatto. Concentrati
su quella Hermione, non pensare ad altro.
Il metro è la distanza che percorre la luce nel vuoto in un
trecentomilionesimo
di secondo circa.
Ci sarebbero voluti solo pochi metri per avvicinarmi al suo tavolo e
affatturarlo per sempre. Continua a fissare il piatto
ed andrà tutto
bene. Il mamba nero è considerato uno dei
retili più velenosi e
pericolosi del mondo, può raggiungere anche i quattri metri
di lunghezza, una
dimensione considerevole per un serpente velenoso; esso è
famoso anche per la
sua velocità imbattile. Già,
anche lui era una serpe, un dannato
figlio di Salazar. Uno stupido, ingrato, sconsiderato, ipocrita,
subdolo,
viziato, razzista...
« Hermione? »
« Non sono agitata,
dannazione! »
Feci un movimento così brusco che la forchetta cadde per
terra con un sonoro
tonfo contro la pietra.
L'espressione accigliata di Ginny mi fece capire una cosa assolutamente
fondamentale: non andava tutto bene. Non andava, ad esempio, il fatto
di star
continuamente pensando ad un essere vivente, perchè
soprannominarlo come essere umano era
quasi comico, la cui importanza era pari a quella di un filo d'erba in
un campo
colorato dell'Irlanda, andava ancora peggio, poi, quando questo
suddetto
essere, perchè, ripensandoci, non potevo essere davvero
certa che quel cumulo
di capelli biondi e il suo ego spropositato potesse davvero comporre
qualcosa
di vivente, mi stava causando
più problemi del previsto. Tanto da
farmi cadere una forchetta dal tavolo, tanto da farmi ripassare ogni
formula
presente nel mio cervello, tanto da farmi innervosire.
« Vuoi parlare di qualcosa,
Hermione? »
« Sì, vorrei parlare degli Elfi Domestici
e del loro ingiusto
sfruttamento. »
Una mano sulla gonna, a riaggiustarla da pieghe immaginarie, una ad
aggiustare
una ciocca riccioluta dietro l'orecchio ed il respiro regolato a
livelli
maniacali. Niente deve intaccare la tua
tranquillità, Hermione, rimani
concentrata.
« Non credo che il tuo panico ne debba
risentire. »
« Il mio cosa? » Chiesi,
osservandola sbalordita.
« Il tuo panino, lo stai stritolando, non credo gli
faccia piacere. »
Panino. Panino, certo, non panico.
« Vuoi davvero parlare degli Elfi
Domestici o vuoi dirmi cosa ti sta
succedendo? »
« Sinceramente non ho voglia di parlare di nulla.
Sono solo molto stanca
per i continui compiti che accumulo durante il
giorno. »
« Accumuli compiti? Ma non sei già a
metà del programma? »
Dannazione.
« Sei infastidita dai miei continui
Malfoy? »
Dai suoi Malfoy? Da quando Ginny possedeva dei Malfoy?
« Sai, ci pensavo da molto tempo...forse i miei
elogi verso Harry e la mia
relazione con lui ti hanno fatta sentire esclusa, non è
stata assolutamente mia
intenzione, lo giuro. »
Elogi, non Malfoy. Perchè il mio udito si rifiutava di
collaborare con il cervello?
« No, Ginny, non preoccuparti, non mi sento affatto
esclusa. E' il tuo
momento di essere felice e te lo meriti, quindi sono contenta per tutti
e due. »
Mi diede un lieve abbraccio, percependo tutto il reale trasporto e
affetto che
voleva trasmettermi. Si allontanò appena, formulando un
lieve sorriso che le
illuminò gli occhi, leggermente lucidi. Era felice, lo era
davvero, e non mi
sentivo di essere così egoista da essere invidiosa di
lei.
Ne avevano passate tante, lei ed Harry, lui troppo concentrato su
Voldemort e
lei troppo concentrata sui suoi sentimenti continuamente rigettati. Ora
che
erano riusciti a trovare il loro equilibrio non potevo che fare un
passo
indietro e guardare da spettatrice l'amore tra due delle persone a cui
volevo
più bene.
« Allora, oggi è il gran giorno, mia
cara. »
Asserì lei, afferando il mio patto abbandonato a se stesso e
finendo la mia
verdura.
« Mi sono persa qualche passaggio. Cosa ci sarebbe
oggi? »
Il suo volto tra il sorpreso e l'arrabbiato mi fece fare fente locale
sulla
data di quel giorno.
Il 2 ottobre, un venerdì, un'ora di Storia della Magia, due
ore Difesa contro
le Arti Oscure e un'altra ora di Incantesimi, la pausa pranzo che si
stava
svolgendo ora, le due ore di Trafigurazione e gli allenamenti di
Quidditch alla
quale Ginny aveva insistito tanto per portarmi...gli allenamenti di
Quidditch!
Al pensiero sul mio volto si palesò una faccia abbattuta che
fece capire alla
mia amica che finalmente avevo compreso ciò a cui si stava
riferendo.
« Hai promesso,
Hermione! »
La guardai storto, non essendo propriamente d'accordo con
ciò che stava
affermando. La sua era stata una minaccia vera e propria, senza contare
che ad
offuscare il mio giudizio e le mie parole c'era stato il delizioso
camino che
riscaldava le gambe e molte ore di sonno da recupare.
« Le persone intelligenti possono cambiare
idea. »
« Ma Hermione Granger non vorrebbe mai vedere
Ginevra Weasley arrabbiata,
giusto? »
La luce ambigua che vidi nel suo sguardo mi fece subito comprendere che
no, non
avevo alcuna intenzione di essere presa di mira per una delle sue
speciali
fatture Orcovolanti.
« Vedrai, ti
divertirai! »
Disse, prima di rifiondarsi sul dolce con un chè di
fanciullesco.
« Immagino... »
Borbottai, lanciando distrattamente un'occhiata al tavolo
Serpeverde.
Se n'era andato.
Freddo. Come
avevo fatto a non accorgermi che la temperatura fosse calata
così
drasticamente? Mi sarei sicuramente presa un malanno e tutto per colpa
della
mia poca autorità quando si trattava di Ginny.
Freddo. Ginny mi aveva abbandonato sui
gradini del campo, sparendo
dentro agli spogliatoi con l'intera squadra. Quell'anno sarebbe stato
più
difficile, Harry era stato il miglior cercatore per sei anni ed ora
avrebbero
dovuto cavarsela da soli, con ancora la fama dei vincitori sulle
spalle, ma
senza alcun aiuto. Si sarebbero dovuti allenare molto, aveva detto
Ginny, e
forse non sarebbe bastato. Per questo aveva avuto il bisogno del
sostegno della
sua amica, per sentirsi brava e forte, per avere la sicurezza di
potercela
fare. Aprii il libro di Trasfigurazione, incominciando a studiare gli
incanti
per sciogliere le trasfigurazioni.
Ogni tanto mi sistemavo il capellino di lana sulla testa, per ripararmi
dal
vento freddo, qualche volta mi perdevo ad osservare le mie dita coperte
dai
guanti sulle pagine ingiallite del libro di scuola, altre volte,
invece,
osservavo Ginny volare senza nessuna paura da una parte
all’altra con
l’espressione decisa che solo una ragazza Weasley poteva
indossare. Mi
soffermai a guardare un uccellino svolazzare a raso terra, sopra il
prato, e
poi spiccare il volo verso il cielo, in tutta la sua
maestosità. Osservai due
ragazzi abbracciati sotto ad un albero, nonostante il freddo,
nonostante la
miriade di compiti che li avrebbe aspettati al ritorno, scrutai con
particolare
attenzione un ragazzo, solo, che camminava verso il campo di Quidditch.
La
testa bassa, le mani in tasca, tutto sembrava dimostrare di una
personalità
fragile. Fino a quando non riuscii a distinguere la figura sottile e
allungata,
i capelli biondi che sembravano aver preso una tonalità
più scura sotto quel
cielo plumbeo.
Era lui, ancora. Sembrava una persecuzione in quei giorni. Cercai di
far finta
di niente, concentrandomi ora sul libro, divenuto stranamente troppo
noioso,
ora sulla partita, troppo irrilevante, ora sul lago, troppo piatto. Era
tutto
troppo quando c’era lui di mezzo, mi soffermai a pensare.
Quel miscuglio di
sensazioni che accompagnava la sua entrata in scena non mi aveva
lasciata stare
dal primo anno. Le sue cattiverie, la sua stupidità, la sua
ricchezza, la sua
brutta reputazione, non avevano fatto altro che creare sentimenti
negativi
dentro di me. Ed ora pretendevo anche di aiutarlo, pretendevo da me
stessa di
essere gentile e dolce con un ragazzo che odiava la gentilezza e la
dolcezza.
Oltre ad odiare me, ovviamente. Improvvisamente riuscii a vedere il suo
viso.
Si era voltato e stava guardando nella mia direzione e quegli occhi,
anche se
così lontani, mi fecero ricordare quella sera.
Avevo
aspettato pazientemente che si calmasse, che avesse la forza di
rimettersi in
piedi. Avevo aspettato, aspettato che lui stesse meglio. Avevo
aspettato
continuando a stringerlo, continuando a fargli capire che si poteva
essere un
po’ meno soli, se si voleva. Quando, poi, il suo respiro era
tornato regolare,
avevo voluto prolungare quello strano abbraccio, perché mi
era sembrato giusto,
perché avevo paura di rompere quel momento quasi
cristallizzato nel tempo, o
forse semplicemente perché non era stato così
orribile come mi ero immaginata.
La mia immaginazione aveva sempre pensato che Draco Malfoy fosse fatto
di
pietra dura e fredda, perché non poteva essere altrimenti,
perché solo così
poteva essere spiegata la sua totale incapacità di provare
qualcosa di
positivo. Eppure quando le mie braccia si erano strette intorno alle
sue spalle
come una madre protettiva, una stretta leggera per dargli i suoi spazi,
avevo
sentito il suo corpo e l’avevo trovato estremamente umano.
Così caldo e
morbido, così da uomo. Ero rimasta traumatizzata da quel
contatto, il primo in
otto anni di conoscenza. Lo osservai mentre riprendeva il controllo di
se
stesso, mentre si spostava bruscamente da me, lasciandomi scottata. Lo
osservai
sollevarsi senza il minimo tentennamento, perché era forte,
perché aveva
imparato ad esserlo.
Il primo gesto che aveva compiuto era stato aggiustarsi il colletto
della
camicia e poi spazzolarsi il maglione. Fece per andarsene, senza una
parola,
come se non si fosse nemmeno accorto della mia presenza. « Un
grazie sarebbe gradito. »Mormorai,
nel silenzio tombale della
biblioteca. Lui non disse nulla, restò solo fermo nella sua
posizione, rigido
come un chiodo. Le braccia lungo i fianchi e la testa dritta. Feci
forza sulle
braccia e mi tirai in piedi, facendo sostegno sullo scaffale della
libreria.
Sembravo io quella che aveva appena avuto un attacco di panico e non
lui.
« Stai meglio? »
Ancora nulla, pareva essere caduto in una specie di coma.
« Malfoy? »
« Granger, la tua voce urta il mio apparato
uditivo, oltre che tutto il
mio intero corpo. Evita di parlare con me. »
Stupido. Stupido, ecco che cos’era. Uno stupido bambino, uno
stupido bambino
cocciuto.
E stupida lo ero anche io che continuavo imperterrita ad aiutarlo
quando era
chiaro non volesse alcun aiuto. Infantile. Furiosa uscii dalla
biblioteca a
passo di marcia, borbottando maledizioni contro Malfoy. Come si
permetteva di
trattarmi così? Come se fossi un oggetto usa e getta di sua
proprietà. Non
volevo più sentire nulla di nulla sul suo conto e al diavolo
gli attacchi di
panico, se voleva stare da solo lo sarebbe stato. Draco Malfoy era
ufficialmente un capitolo chiuso e al diavolo la
gentilezza.
Quando
ritornai alla realtà di Draco Malfoy non c’era
più nemmeno l’ombra, ma notai
Ginny, già pronta, fuori dal campo che continuava a fare
gesti frenetici per
farsi notare da me. Scesi i gradini e aspettai il suo solito sfogo post
allenamento.
« Siamo
andati molto bene, non credi? Siamo migliorati molto sul fattore
tecnica e anche sulla velocità. Dovresti vedere James come
parlava di me negli
spogliatoi, diceva che stavo diventando il suo idolo. Ho sempre saputo
che mi
avesse una cotta per me, me l’aveva accennato Jhon, sai
quello di Tassorosso?
Hermione? »
« Sì,
Jhon di Tassorosso, ho capito. »
Risposi,
non prestando realmente ascolto a ciò che stesse dicendo.
Ero molto
più intenta ad origliare la conversazione di un gruppo di
ragazze di Corvonero
che stavano parlando animatamente di una nuova lite che stava avvenendo
nel
bagno di Mirtilla Malcontenta al secondo piano.
« …e
alla fine credo che avremo una buona probabilità di vincere
la
prossima settimana contro Serpeverde. Tu che
dici? »
« Dico
che ora devo andare a fare una commissione urgente. Ti raggiungo in
Sala Comune, va bene? »
Non
aspettai nemmeno la sua riposta che corsi a perdifiato fin dentro al
castello, percorsi le scale ed arrivai davanti al bagno delle ragazze,
intasato
di gente che urlava e sventolava le braccia in aria.
Pensavo avessero smesso di fare gli stupidi. Cercai
di sorpassare gli
studenti accalcati davanti alla porta a forza di scuse e
gomitate. Ricorda
che è proibito usare la bacchetta in mezzo ai corridoio,
Hermione. Fallo per la
tua media perfetta e la tua fedina pulita. Arrivai al
centro del
bagno, dove un piccolo gruppo di Serpeverde e Grifondoro, che
novità! mi
ritrovai a borbottare, stavano litigando verbalmente tra loro.
« I
Grifondoro non sono nient’altro che ragazzi egocentrici che
pensano
solo a loro stessi e alla loro gloria. Non riuscite a vedere ad un
palmo dei
vostri stupidi occhi. »
« Non
siamo noi ad avere tra la schiera un
Malfoy. »
Mi
raggelai a quelle parole, sentendo tutta la tensione concentrarsi nelle
mie
ossa, immobilizzandomi, come se avessero pronunciato il mio nome e non
il suo.
Seppi subito dove guardare per trovarlo, lontano dalla folla, ma
così vicino da
potersi godere la nuova lite senza problemi.
Come
era sempre stato, d’altronde, mai in prima fila, solo
spettatore di una
guerra anche sua. Rimase stranamente in silenzio, come se niente e
nessuno
potesse scalfire la sua bolla di indifferenza. Tanto meglio,
così avrei avuto
meno persone da affatturare nel caso non avessero voluto seguire i miei
ordini.
« Oh,
certo, Peter Minus era un santo, vero
Chris? »
« Siete
tutti macchiati con il marchio nero e questo nemmeno la fine della
guerra può cambiarlo. Rimarrete sempre servitori di
Voldemort. »
« Ora
basta! Basta! »
Urlai,
senza che nessuno mi desse ascolto. Stupidi ottusi. Feci la prima cosa
che mi venne in mente, mandando al diavolo l’educazione e la
femminilità che
cercavo di mantenere. Fischiai più forte che potei, facendo
girare molte teste
nella mia direzione.
« Ogni
studente ritorni nella sua Sala Comune e ci resti, chiaro? Come
Caposcuola ho il potere di punire tutti coloro che continueranno a
creare caos
nella scuola. Cinquanta punti in meno a Grifondoro per le sgradevoli
cattiverie
che sono state pronunciate e cinquanta anche a Serpeverde, che si
è dimostrata
inopportuna quanto la precedente casata. Vi voglio fuori da questo
bagno entro
cinque minuti! »
La
minaccia sembrò scaturire l’effetto desiderato
perché uscirono tutti fra
borbottii e sbuffi. Si divertivano a urlarsi contro, ecco qual era il
problema.
La guerra aveva fatto uscire le loro parti più aggressive,
li aveva inaciditi
fino allo stremo, aveva ucciso ogni parte che riusciva a tenere unite
le
casate.
Feci
per uscire quando mi accorsi che una persona era rimasta nel bagno
insieme
a me, nonostante la mia sgridata. Draco. Quel
nome rimbombò
chiaro nella mia mente, facendomi quasi inciampare nei miei stessi
piedi.
« Non
sono stato gentile con te, l’altra
sera. »
Mi
fermai sulla soglia con le spalle girate verso di lui. Sorrisi appena,
di
nascosto.
« Quando
mai lo sei stato? »
« Non
eri obbligata ad aiutarmi eppure l’hai fatto comunque. Non
sono…stato abituato a questo. »
« All’aiuto? »
« A
te. »
Destabilizzante.
Quella sua risposta aveva avuto il potere di destabilizzare
ogni singola particella del mio corpo.
Era
un grazie nascosto in mezzo alle righe? O forse era molto di
più. Capii che
era più facile non guardarlo negli occhi, un po’
perché nascondere il mio volto
mi facilitava il compito di simulare indifferenza, un po’
perché avevo paura di
leggere nel suo qualcosa che preferivo non voler sapere, per ora.
Illudersi era
sempre stato il mio forte, dopotutto.
« Ti
stai scusando con me, Malfoy? »
« Non
chiedere troppo, Granger. Non mi abbasserò mai a chiederti
scusa. »
Ci
fu un momento di silenzio, in cui capii di non poter rimanere voltata
ancora
a lungo senza fare la figura della stupida.
« Posso
chiederti una cosa?»
Era
ancora appoggiato alla parete, gli occhi puntati verso di me come un
serpente che punta la propria preda. Come un mamba nero,
così velenoso,
così raro.
« Che
cosa vuoi chiedermi? »
« Non
dirai a nessuno quello che mi sta succedendo,
vero? »
« No,
non lo dirò a nessuno. »
« Quindi
posso…contare su di te? »
Fidarsi
era una parola così grossa per lui? Probabilmente era una
persona che
soffriva di disturbo evitante di personalità, oltre che di
disturbo di
panico.
« Solo
tu puoi saperlo, Malfoy. Credo che la risposta io te l’abbia
data
molte volte in questi giorni. »
« Quindi… »
Un
passo verso di me, un passo lontano da
lui. « Hai detto che potevo
contare su di te, ci sto provando. »
Non
riuscivo più a vedere il ragazzo che
mi prendeva in giro dal primo anno, non riuscivo più a
percepire l’irritazione
che provavo nei suoi confronti. Riuscivo solo a vedere lui, lui che si
avvicinava con uno sguardo imbarazzato e timoroso, come se fosse un
animale
braccato. E forse lo era davvero, senza che nessuno lo
sapesse.
« La
prima volta in cui ho avuto un attacco sono andato da un medimago
e…mi ha parlato del disturbo di panico. Diceva che deriva da
molti fattori, ma
che doveva essere scaturito da uno fondamentale. E’ questo,
Granger, è questo
il mio fattore. »
Disse,
prima di tirare su la manica della camicia immacolata e farmi vedere il
Marchio Nero, inciso a forza sulla carne nivea. Sembrava un brutto
sbaglio sul
suo braccio, su di lui, come se non c’entrasse niente con
tutto il suo
essere.
« Il
Marchio nero è stato, è e sarà sempre
il mio sbaglio più grande,
Granger. Non volevo prendere una decisione in questa guerra, da reale
codardo
quale sono, ma sono andato dalla parte più comoda, dove mi
sarei sentito più
accettato. E io lo volevo, Granger, lo volevo da impazzire i primi
tempi. Poi
tutto si è fatto più scuro, più
torbido, ed ecco la verità. Non esiste il
potere, non è mai esistito. Tutto quello che ho
fatto è stato per proteggere la
mia famiglia e se avessi potuto scegliere, sarei scappato via subito,
senza ripensamenti.
Non sono come te, non ho la continua e insensata voglia di salvare il
mondo.
Penso per me e per la mia famiglia, l’ho sempre
fatto. »
Aveva
abbassato gli occhi, durante il racconto, come se si vergognasse di
ogni
parola che stava sgorgando dalla sua bocca. Eppure sembrava tutto
così
tangibile, reale. Era lui, era lui Draco, lo sentivo. L’aveva
nascosto per così
tanto tempo, oppure era solamente nato dalle ceneri della guerra?
Qualunque
cosa fosse, era da togliere il fiato.
« Anche
io ho un fattore che mi porta a pensare, sai? E ce l’ho sul
corpo,
proprio come te. »
Tirai
su la manica del maglione, facendogli vedere la scritta che sua zia mi
aveva intagliato nella carne a Malfoy Manor. Mudblood. A quella vista
sembrò
raggelarsi.
« C’eri
anche tu quella volta. Mi ricorda sempre che ci sono persone che
non mi accetteranno mai, che sono una maga diversa dagli altri. Guarda,
Draco,
anche la mia è una cicatrice che porterò sempre
con me. E’ ciò che siamo, sono
le scelte che abbiamo fatto, piangerci sopra non aiuterà a
recuperare nulla. »
Stava
ancora fissando il mio avambraccio, come traumatizzato da
ciò che i suoi
occhi stavano vedendo. Mi afferrò
rudemente il braccio con la mano
destra mentre accostava il suo braccio sinistro al mio. Li stava
paragonando.
Capii di aver fatto io lo sbaglio più grosso, in quel
momento.
Non
avrei dovuto ricordargli Malfoy Manor, non avrei dovuto ricordargli lui
poco tempo fa.
« Questo,
Granger, è ciò che sei, l’hai
subìto per difendere te stessa e
le tue convinzioni, il Marchio Nero è ciò che
sono diventato, la scelta è stata
mia e mia soltanto. Non siamo uguali, Granger. Non pensare che uno
stupida
macchia in comune ci faccia avvicinare, siamo troppo diversi per
capirci. La
tua fedina penale è pulita, resta lontano dai tipi come
me. »
Se
ne andò via, senza dire nient’altro. Lo osservai
andare via e sparire dietro
l’angolo. L’avevo sconvolto, in qualche modo.
Sentivo ancora il braccio
bruciare per la sua presa ferrea.
Ma
era per questo che bruciava? Per la forza o per
qualcos’altro? Mi appoggiai
allo stipite della porta.
L’ultima
parola ancora impressa tra le labbra.
Draco.
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