Panic

di AntheaMalec
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Panic

 

                     E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                       

 

 

 

 

 

I libri stretti al petto, il passo lento e deciso, il volto imperscrutabile e pulito.

Gli studenti  di Hogwarts erano cambiati dopo la guerra e l’armonia e la familiarità del castello era stata in qualche modo rotta, o almeno incrinata.

Alcune porzioni del maniero erano ancora inaccessibili a causa degli incantesimi che avevano colpito, e quindi fatto crollare, le antiche mura di pietra.

Quando il Ministero della Magia aveva offerto a tutto il gruppo del settimo anno la possibilità di ritornare a studiare e prendere così i M.A.G.O.  tutti avevano osservato il Ministro della Magia con sguardo tra il sorpreso e il disgustato, per poi declinare la gentile offerta con più o meno eleganza.

Harry e Ron avevano intrapreso il corso per divenire Auror ed avevo riflettuto a lungo sulla possibilità di seguirli e continuare ad essere il solito trio pronto a tutti i pericoli, ma la mia voglia di sapere aveva deciso per me, rispedendomi ad Hogwarts, la casa che mi aveva visto crescere e combattere, per finire gli studi.

Insieme a me ci sarebbe stata Ginevra che avrebbe frequentato il settimo anno proprio come me.

La prima volta che rimisi piede dentro il castello dopo la fine di Voldemort non riuscii nemmeno a respirare e vidi tutti i ragazzi che avevano partecipato come me in quell’inferno, che avevano visto quello che avevo visto io, che avevano subito perdite che pochi avrebbero completamente superato, avere la mia stessa identica reazione.

Da quel momento ci fu solamente una reazione a catena.

Tutti cercavano di apparire i più naturali possibili e la Sala Grande non era più inondata da quel fragore di chiacchiere allegre che riscaldava l’animo nonostante fuori imperversasse la morte e il dolore.

Lutto.

Solo quella parola riecheggiava sui volti ancora infantili degli studenti di ogni anno, di solito nascosta da brevi sorrisi di circostanza.

Soffrivano, ognuno di loro, soffrivo anche io.

La morte di Fred era stato un duro colpo per ciascun componente della famiglia Weasley, ma soprattutto per George che era diventato l’ombra di sé stesso.

Era passata una sola settimana dall’inizio della scuola ed io avevo già compreso quale sarebbe stato il mio posto in quella recita.

La biblioteca era la stessa di sempre, semivuota e magica con la vecchia Madama Pince che richiamava il silenzio non appena udiva un minimo rumore.

Un porto sicuro nel quale annegare i propri pensieri.

Passavo tutto il mio tempo a studiare anche se ancora i compiti non erano eccessivi, mi portavo avanti con il programma e mi incantavo a guardare fuori dalla finestra il Lago Nero.

I libri stretti al petto, come protezione da un attacco che non sarebbe avvenuto, il passo lento e deciso, per non mostrare la fragilità che aveva dominato la mia anima dopo la guerra, il volto imperscrutabile e pulito, perché, nonostante tutto e tutti, Hermione Granger sarebbe rimasta sempre la stessa coraggiosa e saccente Grifondoro. 

Passai davanti al portone principale che dava sull’immenso giardino ancora colorato di verde e notai una calca innaturale di persone appostata a cerchio vicino alla capanna di Hagrid, probabilmente vuota.

Mi fermai un momento, percependo la curiosità e il senso del dovere prendere il sopravvento alla voglia di recarmi in biblioteca.

Un accertamento non avrebbe fatto male a nessuno, solo per restare tranquilla.

Marciai spedita verso il gruppo e, man mano che mi avvicinai, sentii un vociare elevarsi sempre più forte segno che non erano riuniti per un’amichevole partita a Gobbiglie.

Fermai un paio di ragazze di Grifondoro del quinto anno che stavano per ritornare nel castello.

« Cosa sta succedendo qui fuori? »

Timore negli occhi.

Riverenza nei gesti.

Era sempre quello l’effetto che ricevevo quando osavo parlare con qualcuno che non fosse Ginny.

Sembrava che l’intera gioventù mi venerasse ed era una situazione che mi creava non poco fastidio.

« Le solite litigate tra Serpeverde e Grifondoro. »

Rispose una giovane con dei penetranti occhi azzurri.

Le solite litigate.

Tanto solite non lo erano più, pensai con un moto di stizza.

L’unica nota positiva dalla fine della guerra era stata proprio la fine della rivalità tra case, o almeno all’apparenza.

Ogni casata viveva nella propria riservatezza e raramente si vedevano i bisticci a cui anche io avevo preso parte molto tempo fa.

Sembravano passati secoli dall’ultima futile litigata.

Sembravano passati secoli dall’ultima risata.

« Non dovreste nemmeno osare rivolgerci la parola! E’ colpa dei Serpeverde se i nostri familiari e amici sono morti! »

I miei preziosi libri quasi scivolarono dalle mie braccia a quella frase.

Alcuni spettatori applaudirono e fecero urla di incitamento per i compagni.

Mi avvicinai di più a quello spettacolo orrendo e notai che coloro che stavano insultando erano perlopiù ragazzini.

Che cosa aveva fatto la guerra? Come ci aveva ridotto?

 « Saranno morti per una ragione, non credete? Anche noi abbiamo subìto delle perdite, ma non andiamo a piagnucolare per la scuola. »

Cattiveria, questo continuava a scorrere nelle vene di ogni singolo essere magico.

Rabbia incontrollata, rabbia che esplodeva senza più freni.

Strinsi di più la presa sui libri, premendoli al petto, il vento leggero che scompigliava i capelli crespi.

Feci scorrere lo sguardo attento su tutti i ragazzini più o meno divertiti da quel piccolo siparietto.

Divertiti.

E poi c’era Malfoy, in disparte.

Draco Lucius Malfoy non aveva scelto di terminare gli studi, ma era stato obbligato dal Ministero, per lui non c’era stata nessuna opzione tra cui scegliere.

Nonostante, però, ci si aspettasse da lui il solito comportamento strafottente e da gradasso, un minimo di normalità non avrebbe guastato, lui pareva essere perso nel suo mondo.

Proprio come in quel momento, pensai.

Il volto affilato e pallido, gli occhi socchiusi per la luce troppo forte, le mani dentro alle tasche dei pantaloni scuri della divisa.

L’odioso Malfoy, ma più taciturno e sopportabile.

« Dov’è finita la vostra fedeltà verso Voldemort, ora che è morto? Perché non l’avete seguito anche in questo? »

Grifondoro feroci.

Parole taglienti.

Non riuscivo nemmeno a trovare la forza per fermarli.

Era uscita la verità, dopo giorni di finta cordialità e sorrisi.

Nessuno aveva superato, nessuno voleva perdonare.

« Voglio ben sperare che non ci sia nulla di cui debba preoccuparmi qui, giusto? »

La preside McGranitt era arrivata e guardava tutto con un cipiglio furibondo e subito calò un silenzio quasi religioso.

« Speravo di vedere alunni cresciuti e uniti dopo il disastro che abbiamo passato e invece ancora litigate! »

Le labbra sottili strette in una morsa controllata.

« Prima che incominci a togliere cinquanta punti per ogni Casa vi consiglio di dileguarvi subito. »

Molti ragazzi incominciarono a ritornare nel castello mentre le ultime parole della preside riecheggiavano nell’aria.

« E che non si ripeta mai più! »

Seguii la massa di gente che si divideva nei vari corridoi.

Era ora di ritornare in biblioteca.

Superai vari classi vuote e alunni che gironzolavano in cerca di un passatempo abbastanza divertente, una ragazza che sfogliava la Gazzetta del Profeta, due bambini del primo anno che mangiavano delle Gelatine tutti i gusti + 1.

Ricordai con particolare nostalgia i momenti passati con i miei migliori amici dentro quell’immenso castello.

Ne avevamo passate così tante e niente e nessuno era mai riuscito a separarci, nemmeno la morte aveva scalfito la nostra unione, ma crescere comportava anche a quello, a delle scelte, a delle nuove strade da intraprendere.

« Hermione? Hermione! »

La voce di Ginny mi riscosse dai miei pensieri.

Mi fermai per salutarla visto che, anche se lei era rimasta la mia unica amica lì dentro, non riuscivamo a parlare che per qualche minuto perché i vari impegni risucchiavano tutto il nostro tempo.

Per me la biblioteca era diventata la mia aria, la zona in cui potevo ritornare a vivere come prima, per lei era il campo da Quidditch, ritornare sulla scopa riusciva a farle dimenticare tutto ciò che aveva visto, anche se per pochi istanti.

« Ginny, che succede? »

Chiesi, vedendo il suo viso affannato per la corsa, ma anche con una luce interessata ad accenderle gli occhi.

« Hai sentito cos’è successo in giardino? Una zuffa tra Grifondoro e Serpeverde! »

« Sì, ho sentito. »

Sussurrai, abbassando lo sguardo e tornando a camminare piano.

Io c’ero e non era un bello spettacolo del quale sorridere, le avrei voluto rivelare, ma non lo feci.

« Dove devi andare? »

Mi chiese, affiancandomi ed evitando un Pix particolarmente annoiato che gironzolava tranquillo tra le teste degli studenti impauriti.

« Sto andando in biblioteca, vuoi venire? »

Le domandai, sapendo già la risposta. Se per me quello era un luogo quasi di culto, per tutto il resto della popolazione sembrava avesse all’interno l’intera gamma di malattie mortali e contagiose.

« Rifiuto gentilmente l’offerta, sai che non vado d’accordo con i libri all’infuori del necessario. »

Mi rivolse un piccolo sorriso di scuse che ricambiai affettuosamente.

« Non preoccuparti, vai a divertirti. »

« E tu cerca di non affondare nella malinconia più nera. »

Mi urlò, allontanandosi e andando a sbattere contro un bel giovane Corvonero.

Scossi la testa, affranta.

Ginevra era l’unica ragazza ad essere rimasta sempre la stessa, nel bene e nel male.

Certo, ogni tanto aveva i suoi crolli emotivi, vuoi per la mancanza di Harry, vuoi perché il suo carissimo fratello era morto, ma non aveva mai ceduto alla tristezza.

Era una donna forte, Ginevra Weasley, molto più matura della sua età.

La scrutai fino a quando la chioma rosso fuoco sparì dalla mia visuale, così mi girai e ritornai a seguire la strada per la biblioteca sperando di non incontrare più nessuno.

Arrivai davanti ad una sezione ancora distrutta e cambiai traiettoria, facendo il giro lungo e percorrendo un corridoio deserto.

Percepii un rumore di passi davanti a me, ma non me ne curai, sicura che fosse qualche studente o professore che si dirigeva in biblioteca.

Respiro affannato, un singhiozzo strozzato.

Mi fermai, cercando di capire che cosa stesse succedendo.

Piedi trascinati sul pavimento, passi che si avvicinavano a me.

Sfruttai l’oscurità che si era creata nel corridoio e mi nascosi vicino al muro, aspettando di vedere chi fosse e cosa stesse facendo.

Un volto ancora celato dal buio, capelli biondi appiccicati alla fronte, testa bassa come a celare un segreto disegnato sul volto.

Trattenni il respiro a vedere Draco Malfoy in quelle condizioni pietose.

Un braccio disteso fino a toccare il muro per reggersi in piedi, il respiro irregolare e l’altra mano ad allentarsi continuamente il nodo della cravatta.

« Dannazione! »

Restai ad osservare la scena, al metà tra la paura e la confusione.

Cos’era successo a Malfoy per ridurlo in quello stato?

Per un attimo pensai di aiutarlo, di farmi vedere e tendergli una mano, ma il pensiero della sua reazione mi fece restare al mio posto, mentre lui, arrancando, spariva dalla mia visuale.

Quando non sentii più i suoi passi risuonare tra le mura uscii dal nascondiglio e ripresi la mia passeggiata continuandomi a chiedere cosa diavolo fosse capitato a Draco Malfoy fino a piegarlo e renderlo umano in quel modo.

Prima long Dramione, non chiedo clemenza perchè so già che è una pietà, ma avevo voglia di scrivere Dramione e io faccio quello che voglio! u.u

Non tartassatemi di insulti ;D 

Aistra

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Panic

 

                         E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                       

 

 

 

 

 

 

Lunedì.

Le facce stanche e afflitte dell’intero corpo studentesco si accingevano a fare colazione, pregando che la mattina passasse il più in fretta possibile.

Stavo fissando con svogliatezza il piatto ancora vuoto mentre Ginny continuava a sciorinarmi maledizioni di ogni genere sul nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure, il signor Howard Cardew, amico di vecchia data della preside.

«  Ed è quasi più spregevole del professor Piton, quasi, ovviamente. »

Borbottò lei, gesticolando affannosamente e rischiando di far cadere la brocca stracolma di succo di zucca.

« Le prime due ore del lunedì mattina a sentirci sgridare perché non abbiamo la schiena abbastanza dritta o non osserviamo con devota e minuziosa attenzione la nostra bacchetta! »

Sbuffò, prendendo un paio di biscotti al cioccolato e affogando il proprio dispiacere in essi.

Anche io avevo conosciuto il nuovo insegnante e nonostante, dovevo ammetterlo, fosse un po’ puntiglioso e rigido, insegnava i concetti in modo semplice e lineare.

Un ottimo insegnante, senza dubbio, ma aveva riscontrato subito l’antipatia di tutti  gli studenti assonnati e stanchi dopo il week end di pace.

I gufi incominciarono a planare portando la posta ai propri padroni.

Un gufo color crema si depositò vicino al mio piatto, allungando la zampa sottile alla quale era legata una piccola pergamena.

« E’ la nuova civetta di Harry, mi pare. »

Osservò Ginny, un po’ delusa dal fatto che il suo amato non avesse scritto anche a lei.

Slegai il nastro e lessi tutto d’un fiato il messaggio scritto con una grafia piccola e veloce.

« Cara Hermione, sono riuscito ad avere cinque minuti di pausa dall’allenamento Auror. 
Non pensavo potesse essere così difficile e Ron sta rimpiangendo le giornate a giocare a scacchi nella Sala Comune. 
Spero che tu stia bene e che Ginny non soffra troppo per la mia mancanza. 
Vi vogliamo bene;
Harry e Ron. »

Recitai ad alta voce mentre il viso della mia amica diventava sempre più ombroso e scioccato.

« La povera innocente Ginevra distrutta per la mancanza del Bambino Sopravvissuto, certamente! Ma chi si crede di essere? »

Sbottò, prendendo con una foga mai vista una fetta biscottata e spalmandoci sopra una marmellata all’arancia.

« Stupidi uomini, ingrati, insensibili… »

Incominciò, usando epiteti poco affettuosi per suo fratello ed il suo fidanzato.

Provai a mangiare qualcosa ma lasciai subito perdere sentendo lo stomaco chiuso per chissà quale motivo.

Mi alzai dalla panca, prendendo la borsa stracolma di libri e carta e issandomela sulla spalla.

Barcollai appena sotto quel peso su una sola parte del mio corpo.

« Ci vediamo a lezione. »

Dissi, mentre Ginny si strafogava ancora di succo di zucca e con una torta dal colore terrificante.

Osservai il mio orologio da polso e notai che mancava ancora qualche decina di minuti prima dell’inizio della lezione.

Non sapendo che cosa fare incominciai a gironzolare per la scuola, sapendo ormai tutte le strade che quel castello celava.

Salii un paio di rampe e mi ritrovai davanti all’aula di Difesa.

Anche il mio inconscio voleva farmi studiare?

Ghignai, sedendomi per terra, vicino alla porta dell’aula, ancora chiusa.

Storia di Hogwarts giaceva placidamente sulle mie gambe mentre il silenzio inondava le mie orecchie, infondendomi una calma incredibile.

« Nel 993 D.C. Salazar Serpeverde, Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e Cosetta Corvonero decisero di fondare una Scuola di Magia. »

 Incominciai a leggere a bassa voce, passando i polpastrelli sulla carta opaca e ingiallita del libro.

« La costruirono in un castello, ben riparato dagli indesiderati sguardi dei Babbani, dove vi sono numerosissimi corridoi e scale, a cui piace cambiare posizione. »

Tirai un momento su lo sguardo e notai che gli studenti incominciavano ad arrivare producendo un chiacchiericcio fastidioso.

Chiusi il libro e lo rimisi diligentemente nella borsa già piena.

Dov’era Ginny?

La cercai, ma la sua chioma rossa sembrava essere invisibile tra tutta quella marmaglia.

Mentre mi facevo spazio tra gli studenti che parlottavano immusoniti dei prossimi punti tolti dal nuovo professore, i miei occhi si scontrarono con una chioma decisamente troppo bionda, che stava vicino al muro, solo.

Sembrava stare molto meglio del giorno precedente e quasi dubitai di aver visto veramente lui in quel corridoio.

Probabilmente era solamente malato, mi convinsi.

Passai oltre ai quei pensieri e continuai la mia ricerca, senza successo.

Di Ginevra nemmeno l’ombra.

Il professor Cardew arrivò con passo elegante, avvolto nel consueto mantello nero.

La sua figura aveva un che di austero che richiamava anticamente la  tenebrosità del professor Piton.

« Serpeverde e Grifondoro in aula! »

Borbottò, rimanendo in disparte intanto che tutti i miei compagni entravano in classe e si sedevano ai banchi, Grifondoro a sinistra e Serpeverde a destra.

Con passo sicuro mi diressi verso la prima fila e posizionai inchiostro, piuma, pergamena e bacchetta sul tavolo di legno.

« Oggi impareremo un nuovo incantesimo: L’incanto Patronus, dal latino “aspetto un protettore”. »

Arrivò vicino alla cattedra e si girò, muovendo agilmente la bacchetta.

La Cioccorana di Mark, un Grifone con la testa sempre tra le nuvole, scomparve con un leggero pop, facendo, però, comparire sul suo volto la solita faccia colpevole.

« Signor Wilson, devo credere che la mia lezione incomincia ad annoiarla già da ora? »

« No, nossignore, non potrebbe mai. »

« Che non ricapiti più, cinque punti in meno a Grifondoro. E dritto con quella schiena! »

Automaticamente raddrizzai anche la mia schiena e scarabocchiai appunti sulla carta.

Sapevo già come si evocava un Patronus, la mia lontra era rimasta fedelmente al mio fianco quando avevo combattuto contro i Dissennatori e non avevo alcuna paura di come avrei affrontato la lezione.

Eccellente, come sempre.

« Dicevo, l’incanto Patronus è un incantesimo molto complesso, che richiede estrema concentrazione. Consiste nell'evocare tramite la bacchetta magica una figura argentea, che difenderà l'evocatore per tutto il tempo in cui quest'ultimo resterà concentrato sul proprio intenso ricordo felice. Il Patronus può manifestarsi sotto forma di nebbiolina argentea, o sotto una forma definita: in tal caso si parla di "Patronus Corporeo". »

La mia mano si muoveva febbrile per incidere tutte le parole che uscivano senza nessun freno dalla bocca del professore.

« Ora, qualcuno di voi è capace di evocarne uno? »

Alzai subito la mano, contenta di poter dimostrare per l’ennesima volta quanto potessi conoscere nonostante le mie origini di nata Babbana.

Gli occhi scuri dell’insegnante si posarono su di me.

« Bene, signorina Granger, può darcene una dimostrazione? »

Il corpo appoggiato alla scrivania e le braccia incrociate.

Mi alzai dalla mia panca e mi spazzolai la gonna lunga, sentendo tutti gli occhi puntati sulla mia figura.

A disagio, per la prima volta.

Mi posizionai davanti a tutta la schiera di banchi e mi rigirai la bacchetta tra le dita leggermente umide di sudore.

« Signorina, vorrei poter far esercitare anche gli altri studenti prima della fine dell’ora. »

« Certo, signore. »

Presi un profondo respiro e mi concentrai su un ricordo felice.

Le braccia di Ron che mi tenevano stretta mentre il rumore degli incantesimi sembrava spazzare via ogni cosa.
Un bacio disperato, labbra contro labbra, con i denti che si scontravano per tutti i sentimenti che galoppavano senza ragione dentro di noi.
Pensieri tristi, dentro la testa e quell’unico appiglio di felicità a cui aggrapparsi.
Gli occhi azzurri socchiusi, come a voler imprimere quel momento per sempre nella mente.
Uno sfiorarsi di pochi secondi e poi il ritorno alla battaglia, con la speranza nei lineamenti stanchi del viso.
Non essere soli, nonostante la morte incombente.

« Expecto Patronum! »

Sillabai, puntando la bacchetta in aria.

Un lieve sbuffo di fumo bianco perlaceo e poi nulla.

Nulla.

I miei occhi si fecero vitrei per un momento nel vedere il fallimento evidente del mio incantesimo.

Bisbigli maligni dalla parte dei Serpeverde, sussurri sbalorditi da parte dei Grifondoro.

Hermione Granger che non riesce a produrre un incanto.

Mi prese il panico. Guardai spaventata il professore che si dimostrò più gentile del solito.

« Signorina Granger, è sicura di aver rivissuto un ricordo felice? »

No.

Ed in quel momento capii il mio errore.

Occorreva un ricordo molto felice e dopo il mio bacio con Ron la situazione era cambiata.


Consapevoli.

Consapevoli di non essere le persone giuste per formare una coppia.
Un sorriso, alla fine della guerra, a confermare che ciò che era accaduto fra di noi  era comandato soltanto dalla debolezza della battaglia, che forse ci avrebbe visti perdenti o, ancora peggio, morti.
« Sapevamo come sarebbe finita. »
Dissi, seduta sugli scalini distrutti di una Hogwarts ancora in fiamme.
« Lo sapevamo. »
Rispose lui, passando una mano nei miei capelli arruffati, in un muto gesto di affetto.

« Posso riprovare? »

Chiesi, non lasciando trasparire il mio timore.

« Certamente. »

Passai lo sguardo su tutta la classe e ogni singola persona ricambiava il mio sguardo.

Finti amici.

Arrivata all’ultimo banco dell’ultima fila a destra.

Una testa bionda era china a fissare il banco, scrivendo ininterrottamente su una sua pergamena, non rivolgendo la propria attenzione a me.


«
Hermione, figlia mia! »
Mia madre, commossa, mi stritolava facendomi quasi faticare a respirare.
Papà mi fissava da poco lontano, le braccia abbandonate lunghi i fianchi e gli occhi leggermente lucidi.
Avevo avuto il permesso dal Ministero per far ritornare la memoria alla mia famiglia ed il miscuglio di emozioni non mi faceva nemmeno parlare.
Mamma, che era sempre stata la prima a mostrarmi il suo affetto, alla mia vista aveva assunto un colore rosato in viso ed aveva incominciato a piangere così forte da incespicare nei suoi stessi singhiozzi.
Papà, invece, era un uomo che non mostrava mai i suoi sentimenti alle persone intorno a lui e poche volte lo avevo sentito confidare a sua moglie l’amore che provava per lei.
Felice di poter far parte nuovamente di una famiglia.
Desiderosa di crearne anche io una, un giorno.

Chiusi gli occhi, sentendo affluire come un fiume in piena, ogni singolo ricordo che mi aveva stretto il cuore in una morsa speciale, spontanea.


I piedi piccoli stretti in delle scarpine scure, abbinate alla divisa troppo larga e rigida che camminavano sul prato bagnato di rugiada.

Gli occhi curiosi che fissavano incantati l’enorme castello che si estendeva a perdita d’occhio davanti al Lago Nero.
Il mio primo giorno ad Hogwarts.
Ero sola mentre tutti chiacchieravano tra loro, cercando di non cedere al panico.
Io ero solamente affascinata da tutto quello.
Bello, magico.
Anche io avevo trovato un posto in cui poter essere me stessa.

« Expecto Patronum! »

Ripetei e finalmente la mia lontra apparve dalla punta della mia bacchetta, girandomi intorno felice.

Sorrisi mentre il professore mi faceva cenno di tornare a posto.

« Esatto, ragazzi. Questo è un Patronus, una lontra. Per evocare un Patronus dovete pensare al ricordo più felice che avete e pronunciare le parole Expecto Patronum. Forza, spostate i banchi e provate! »

Mossi lentamente la bacchetta e feci appoggiare il mio banco vicino al muro, in modo tale da avere lo spazio necessario per far librare la mia lontra in aria.

Mi misi un po’ in disparte, lasciando lo spazio a chi ne aveva più bisogno.

Guardai i miei compagni di corso che non riuscivano a far apparire altro che rari sprazzi di fumo.

Il gruppo E.S. che avevamo fondato al quinto anno aveva dato i suoi risultati, almeno.

Prima di essere scoperti dalla squadra di Inquisizione con a capo Draco Malfoy.

A quel pensiero irritante la mia attenzione si spostò su di lui che stava pochi centimetri lontano da me e sbatteva la bacchetta in maniera buffa.

Lo sguardo fisso davanti a sé, l’espressione irritata.

Sorrisi nel vederlo in difficoltà.

Aveva una postura rigida, con le spalle dritte e la camicia bianca troppo larga per lui, come a rimarcare quanto fosse diventato magro.

Il maglione sembrava essere stato torturato più volte e la cravatta era diligentemente stretta intorno al collo.

Come un cappio troppo stretto al collo dei processati.

« Expetto Patronom! »

Sussurrò lui, mentre agitava convulsamente la stecca di legno.

I capelli gli si ammucchiarono disordinatamente sulla fronte quando lui spostò la testa, sbuffando.

Gli occhi chiari assottigliati in una smorfia infastidita per i continui fallimenti, la pelle pallida, quasi traslucida che, in alcuni punti, mostrava il percorso di piccole vene blu dove scorreva il purissimo sangue di cui andava tanto fiero.

Mi persi scioccamente a fissarlo come se fosse un libro nuovo a cui non avevo mai mostrato particolare attenzione.

Mi chiesi dove fosse quella traccia di stanchezza che possedeva il suo viso lo scorso pomeriggio, in corridoio.

Non si curava così in fretta, una malattia.

Però il suo volto portava ancora il riflesso stonato di una sofferenza, probabilmente erano le occhiaie violacee che circondavano i suoi occhi, evidenziandone il colore particolare.

Cosa celava Draco Malfoy?

Per un attimo quella domanda mi destabilizzò, facendo sparire il mio Patronus.

« Si può sapere che cosa vuoi, Mezzosangue? »

 Guardai il suo viso rivolto verso di me, una traccia disgustata sulle labbra.

« Chi ti ha detto che io voglia qualcosa, Malfoy? »

« Il fatto che continui a fissarmi da minuti interi. Devi fare la maestrina anche con me, Mezzosangue? Non ti sei già messa abbastanza in rilievo, per oggi? »

Mandai giù il boccone amaro, sentendolo bruciare nell’esofago.

Era sempre lo stesso ragazzo di prima.

« Infatti, Malfoy, stai sbagliando come sempre. La formula è Expecto Patronum e tu sbagli pronuncia. »

Lo vidi serrare i denti e girarsi dall’altra parte.

« Expecto Patronum! »

Niente.

Nemmeno uno sbuffo di fumo.

Eppure, questa volta aveva pronunciato le parole correttamente e la bacchetta aveva la giusta inclinazione.

Era un problema di pensieri.

« Stai pensando ad un episodio felice? »

Mi diedi della stupida per aver instaurato ancora una volta una conversazione non voluta da entrambi.

« Certo che lo sto facendo. »

« Evidentemente non è abbastanza. »

« Evidentemente nessuno te l’ha chiesto, so tutto io. »

« Non sei cambiato affatto, Malfoy, sei sempre il viscido Serpeverde che non sa stare al suo posto. »

« Nessuno e niente può cambiare le persone, Granger. Nemmeno la guerra. »

Restai in silenzio dopo quell’affermazione tagliente.

Non era vero.

La guerra cambiava e molte persone avevano assaggiato questo cambiamento sulla propria pelle.

E la morte, la morte non cambiava le cose?

Cercai di osservare i suoi occhi, per capire se lo pensava davvero o fosse solo una frase fatta, ma le sue iridi sembravano fuggire continuamente a qualunque sguardo.

Il professore arrivò vicino a Malfoy, scrutandolo attentamente.

« Non sei riuscito a creare un Patronus? »

« No, signore. »

« Ti stai concentrando, Malfoy? »

« Sì, signore. »

Le risposte dure, di chi vorrebbe trovarsi in qualunque altro posto meno che in quello dove risiede.

« Magari stai sbagliando qualcosa con la pronuncia…  »

Prima che potessi tapparmi la bocca, le parole uscirono senza sosta e senza motivo.

« No, professore, non è un problema di formula. »

L’attenzione del Serpeverde e dell’insegnante piombarono su di me.

« Come dice, signorina Granger? »

« Non è un problema di formula e nemmeno di gestualità. Ha solo bisogno di provare continuamente. »

L’interesse del professore calò ancora su Malfoy.

« Eppure tuo padre diceva che fossi un ottimo duellante. »

Capii subito che quelle parole non sarebbero state di nessun aiuto ma, anzi, avrebbero peggiorato irrimediabilmente la situazione.

La schiena irrigidita, lo sguardo perso nel vuoto.

Draco Malfoy era stato pugnalato a sorpresa.

« Ho solo bisogno di esercitarmi, signore. »

Il professor Cardew se ne andò, lasciando dietro di sé un velo di tensione non indifferente.

Malfoy si girò verso di me, furioso.

« Potevi risparmiarti la tua opera di gentilezza, Sangue Sporco, non ho bisogno di favori da nessuno, tanto meno da te. Non ho bisogno di difese e la prossima volta pensaci bene prima di rivolgermi ancora la parola. Le so tutto io mi provocano l’emicrania. »

Si girò di spalle, provando insieme agli altri l’incantesimo e non potendomi dar modo di replicare.

Alcuni animali incominciarono a volare per l’aula, ma io me ne accorsi a malapena, tant’era lo sbigottimento dovuto a quella risposta.

Freddo, come in tutti quei sette anni.

Cattivo, perché non sapeva cosa volevano dire le parole gentilezza e affetto.

Meschino, come ogni Serpeverde che si rispetti.

Il suo silenzio dall’inizio della scuola era stata solo una copertura per celare la cattiveria che ancora fluiva in lui.

Degno figlio di suo padre.

Alla fine della lezione gli studenti uscirono in massa dalla stanza e si sparpagliarono per i vari corridoi, in attesa della prossima lezione.

Draco Malfoy si diresse quasi correndo giù per le scale che portavano alla Sala d’Ingresso.

Non c’erano aule, lì sotto, ma solo il corridoio che portava in Infermeria.

E poi la certezza, piena e completa, che quasi mi fece capitolare a terra.

Seguii la sua figura allontanarsi e poi presi la mia strada per Astronomia.

Nessuno aveva superato la guerra, nessuno voleva perdonare.

Nemmeno Draco Malfoy era uscito immune da quel disastro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Panic

 

                         E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                       

 

 

 

 

 

 

 
Da qualche giorno avevo lo strano presentimento che sarebbe successo qualcosa di negativo.

Tutto filava troppo liscio e la situazione mi turbava un poco.

Abituata com’ero a quella scarica di adrenalina e paura che aveva accompagnato i miei anni a scuola ora non riuscivo a capacitarmi di star frequentando un vero anno di scuola.

Senza Mangiamorte fanatici del potere e della monarchia, senza nessun basilisco pronto a far immobilizzare una persona con una singola occhiata.

Normale.

Quasi noioso.

Presi la lista delle lezioni per quel lunedì infinito e feci scorrere il dito fino alla scritta “Pausa pranzo.”

Erano già passate le prime due ore di lezione?

« Non riesco più a rendermi conto del tempo che passa! »

Alcuni studenti mi guardarono male, borbottando con commenti maligni.

Era forse sintomo di pazzia parlare da soli?

No, non quando non hai nessuno con cui parlare, mi rammentai.

Ginny non si era fatta vedere nemmeno per la lezione di Incantesimi e la cosa incominciava a divenire preoccupante.

Svicolai tra la marmaglia di gente appostata davanti al portone della Sala Grande e osservai attentamente il tavolo di Grifondoro, ma la chioma rossa non entrò mai nel mio campo visivo.

« Ehi, Hermione! »

Voltai la testa, trovando il viso sorridente di James Corris, un nuovo compagno del settimo anno, a pochi passi di distanza.

Era un ragazzo simpatico e più di una volta l’avevo visto ridere e scherzare con Ginny.

« James, ciao! Hai per caso visto Ginevra? Non la trovo da nessuna parte. »

« Oh, è in infermeria. Indigestione a causa delle schifezze che continua a mangiare a colazione. Dovrebbe essere ancora lì. »

Sorrisi, ringraziando.

Ingozzarsi di cibo era tipico per la mia migliore amica e l’avevo avvertita molte volte che, se avesse continuato così, si sarebbe sentita male.

Avevo un’ora di pausa prima dell’inizio della lezione di Erbologia e Aritmanzia.

Scesi le scale per trovarmi nella Sala d’Ingresso, completamente vuota.

Camminai svelta per il corridoio mentre alcuni ritratti si inchinavano togliendosi il cappello in un gesto galante.

Mi fermai qualche metro prima della porta dell’Infermeria, sentendo qualcuno sbraitare senza un minimo di educazione.

« Cosa significa che è finita? »

La voce roca di un ragazzo, probabilmente uno studente, rimbombò tra le mura del corridoio, lievemente attutito dal legno della porta.

« Vuol dire che è finita e non provi ad usare quel tono con me, giovincello, o sarò costretta a chiamare la Preside! »

« Io ho bisogno di quella pozione! »

Disse, il ragazzo con tono più pacato, ma non meno deciso.

« Non credo che ci voglia un calmante per far passare questi improvvisi mal di testa che ha, signor Malfoy! Le ho dato retta abbastanza in questi giorni di inizio anno, ma ora questa storia deve finire. Ora fuori da qui, ho dei pazienti da far riposare. »

Malfoy?

Uscì come un razzo dalla stanza, con il viso stanco e gli occhi puntati improvvisamente su di me.

« Piaciuto lo spettacolo, Mezzosangue? »

La voce roca, una lieve patina di sudore ad increspare tutta la pelle del volto.

Se ne andò, urtando intenzionalmente la mia spalla contro la sua.

Entrai con calma dentro l’ambiente candido dove si aggirava una Madama Chips furiosa.

« Salve, Madama, vorrei vedere Ginevra Weasley. »

Era meglio essere il più cortese possibile o la sua rabbia si sarebbe rivoltata anche su di me, obbligandomi ad andarmene dall’Infermeria.

Si girò verso di me e il cipiglio corrucciato si distese un po’.

« Certo cara, è nell’ultimo lettino nella corsia a destra. »

 Ginny era nascosta dalle pagine stropicciate della Gazzetta del Profeta.

In prima pagina c’era la foto di Harry mentre sparava incantesimi a raffica ad un uomo con una folta barba che si proteggeva con estrema agilità. "Harry Potter scelto per comandare la squadra Auror?"

« Ginny, di che cosa parla quell’articolo? »

Chiesi curiosa, facendo comparire il volto della ragazza da dietro al giornale.

« Harry sembra essere così bravo da aver letteralmente conquistato il cuore di tutti gli insegnanti. Credono che dirigerà presto una propria squadra. »

« Oh, ma è fantastico! »

 Esclamai contenta, avvicinandomi a lei.

« Sì, fantastico. »

Replicò piccata, continuando a fissare la pagina sinistra del giornale.

« Non sei contenta per lui? »

Ginny inarcò le sopracciglia e si mise un’espressione velenosa in volto.

« Certamente, come potrei dopo aver visto come si sta divertendo lui? Guardalo, il Prescelto, mentre sorride amichevolmente ad una sua compagna di corso! »

Mi sbattè il giornale in faccia, facendomi guardare la foto di Harry mentre dava consigli ad una ragazza più grande.

Sorridevano entrambi ed, in lontananza, si vedeva la chioma rossa di Ron che scagliava incantesimi ad un bersaglio a forma d’uomo.

« Non farti prendere dalla gelosia, Ginny. Sai che Harry non ti tradirebbe mai! »

« Lo spero per la sua salute. »

Borbottò, chiudendo la Gazzetta con uno strattone e appoggiandola sul comodino lì di fianco.

« Ti sei persa una importantissima lezione di Difesa oggi per la tua ingordigia! Spero che capirai la gravità del tuo gesto! »

Assentii, ritornando nei panni della studiosa studentessa del settimo anno.

Ginny alzò lo sguardo al cielo, esasperata dal mio carattere così pressante.

La fulminati con un’occhiata astiosa.

« Ci siamo esercitati sull’Incanto Patronus. »

Continuai, cercando una qualche forma di pentimento sul suo viso che non arrivò mai.

« So già usare l’Incanto Patronus senza bisogno di insegnamenti, Hermione. Saltare una lezione non mi cambierà assolutamente niente. »

Borbottai insulti alla sua intelligenza mentre prendevo la mia solita borsa rovinata e me la mettevo a tracolla.

« Ora devo andare a lezione, io. »

Dissi, calcando per bene sull’ultima parola.

« Riposerò anche per te. »

Sbuffai, abbozzando un sorriso.

Uscii dall’Infermeria e mi diressi spedita lungo i corridoi e poi all’aria aperta, verso la serra dove ci aspettava la professoressa Sprite.

Finalmente in giardino assaporai il clima ancora estivo esponendo il mio viso ai raggi del sole.

Libera, per un momento.

La lezione fu più noiosa e assordante del previsto.

La Mandragora urlò in continuazione e le mie povere orecchie, anche se coperte dalle cuffiette, fischiarono fin dopo il suono della campana.

Il cielo si stava annuvolando, portando con sé un lieve vento freddo che mi fece aumentare il passo per arrivare nel castello.

L’aula di Aritmanzia si trovava al quinto piano e le mie gambe erano così intorpidite dal freddo da far fatica a muoversi.

Salii una rampa di scale e mi ritrovai in un corridoio già oscurato dal tempo.

Scrutai fuori dalla finestra e vidi la pioggia incominciare a scendere lieve e bagnare l’erba.

Appoggiai una mano sul vetro della finestra che si appannò leggermente.

La magia sembrava nulla di fronte alla bellezza della natura.

Continuai la mia camminata per arrivare alla prossima lezione, ma l’ombra confusa di qualcuno nascosto in un’aula vuota mi fece fermare.

Santo Godric, la curiosità dei Grifondoro era impossibile da trattenere ed io lo sapevo molto bene.

Il respiro forte del ragazzo seduto sulla pietra dura del pavimento mi fece spaventare.

Se avesse avuto bisogno di soccorso?

Spalancai la porta, ma lo studente non sembrò accorgersene, troppo preso a fissare come impazzito il muro di fronte a lui, le mani strette a pugno sulle ginocchia piegate al petto.

I capelli biondi appiccicati alla fronte.

I capelli biondi.

Quel biondo così chiaro da essere inconfondibile.

Era la seconda volta che incrociavo Draco Malfoy mentre si aggirava agonizzante per la scuola.

Non era un caso e questa volta non avevo nessuna intenzione di andarmene senza capire che cosa gli stava succedendo.

« Malfoy… »

Sussurrai, più per paura di mostrare la mia presenza che per una sua reazione.

Tutti i suoi pregiudizi li avevo ancora attaccati alla pelle, con una colla che non si sarebbe mai sciolta.

Il suo volto scattò, girandosi verso di me.

La sua espressione mi spaventò.

Il volto contorto in una smorfia di dolore, gli occhi sgranati come se avesse visto il peggior fantasma di sempre piombargli addosso, le labbra socchiuse presentavano segni di morsi, forse inflitti da lui stesso.

Stava soffrendo.

Ci fissammo per un momento interminabile finchè non proferì parola.

« Granger… »

Un cognome.

Una preghiera.

E ancora una volta mi chiesi che cosa celasse Draco Malfoy per essersi ridotto in quello stato.

« Granger…Granger… »

Una nenia che continuava a ripetere con voce rotta.

Immobilizzata davanti alla porta, non seppi cosa pensare o cosa dire.

Nessuno aveva superato la guerra.

Nemmeno Draco Malfoy era uscito indenne da quel disastro.

Ma sapevo perfettamente che il dolore nei suoi occhi avrebbe infiammato la mia anima per sempre.

« Che cosa ti è successo? »

Quella domanda rimbombò per l’intera stanza desolata.

E Draco Malfoy, per la prima volta in sette anni di convivenza forzata, mi mostrò una parte dei lui che, forse, non aveva mai mostrato a nessuno.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Panic

 

                         E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                       

 

 

 

 

 

 

 

« Malfoy se non mi spieghi che cos’hai io non posso aiutarti! »

Sembrava essersi improvvisamente rilassato, forse segno che stesse migliorando, qualunque cosa avesse.

Si alzò lentamente, appoggiando una mano al muro per sostenersi.

« Non ho bisogno di alcun aiuto, Mezzosangue. Tantomeno da una come te. »

L’altruismo venne spazzato via con una fredda e vigorosa raffica di vento.

Aveva il coraggio di trattarmi male anche quando io gli porgevo una mano andando contro tutti i miei principi sulla sua persona?

« Molto bene, Malfoy, se vuoi continuare ad essere l’ostinato Serpeverde di questi sette anni sono problemi tuoi! Ma sia chiaro, se ti vedrò ancora moribondo nei corridoi quando dovresti essere a lezione mi vedrò costretta a togliere punti alla tua Casa, oltre ad un richiamo ufficiale alla preside McGranitt. »

Dissi con il mio solito cipiglio saccente sul volto.

Era uno stupido a pensare che avrei omesso al corpo insegnanti del suo comportamento solo perché era Draco Malfoy.

Anzi, quello era solo una motivazione valida in più per correre subito ad informare più professori possibili. Una smorfia disgustata si disegnò sul volto pallido di Malfoy.

« Se provi a dirlo a qualcuno, Mezzosangue, sarò costretto a stroncare la tua inutile vita prima ancora che tu esca da questa scuola. Tu manterrai questo segreto proprio come farò io. »

« E tu sei uno sciocco, Malfoy, se pensi che le tue minacce sortiscano una qualche reazione da parte mia. Non mi hai mai fatto paura e di certo non me ne fai ora. »

Fece un passo verso di me, preso dall’ira del momento.

« Stupido coraggio Grifondoro, ti farà finire sottoterra. »

« Sembra che ti stia preoccupando per me. »

Un sottile ghigno, lo sguardo più affilato.

« Non dirlo nemmeno per scherzo. Ho già passato troppo tempo in tua presenza, è meglio che vada via prima di essere contaminato dalla tua…intera esistenza. »

Si girò e si incamminò verso le scale, non proferendo più parola.

Era ora di scoccare la freccia finale ed aspettare che il serpente strisciasse nella trappola.

« Comunque volevo solo darti una mano con quella pozione Calmante, ho sentito che ne avevi bisogno… »

La sua marcia si fermò all’istante, come rapito dalle mie magiche parole.

Scacco matto.

« Non sai prepararla, non ci sono riuscito nemmeno io. »

« Vuoi mettere in dubbio l’intelligenza della migliore studentessa di Hogwarts? »

Risposi piccata.

Finalmente si degnò di girarsi verso di me, il viso cristallizzato in una espressione seria.

« Non fai niente per niente. Dimmi che cosa vuoi. »

« Sono una Grifondoro, non ho bisogno di stupidi ricatti per ottenere ciò che voglio. Hermione Granger aiuta la gente che ne ha bisogno, anche Draco Malfoy. »

« Non ho bisogno del tuo aiuto, né della tua compassione da Grifondoro altruista. »

« Ma hai bisogno della pozione ed io posso crearla quindi ti conviene non provocarmi, Malfoy, o potrei cambiare idea. »

« Chi sta facendo la Serpeverde ora? »

Mi zittii di fronte a quella domanda.

In realtà volevo scoprire cosa diavolo c’era dietro ai continui sbalzi d’umore di Draco Malfoy, ma la sua arroganza continuava a stuzzicare i miei nervi in maniera irritante.

Mi stavo già pentendo di essermi proposta come aiutante.

« Penso che per settimana prossima verrà pronta. »

Me ne andai senza nemmeno salutarlo.

Non se lo meritava nemmeno, quello stupido.

Nessun riguardo per una persona che cercava di aiutarlo! Sapevo benissimo che non l’avevo fatto solo per scoprire che cosa celava Draco Malfoy dietro quei momenti di agonia, sapevo che ciò che mi aveva convinto ad aiutarlo era stato lo sguardo di puro dolore in quei occhi così chiari, e lo smarrimento, la voglia di non restare solo, di non soffrire più.

E se quelle parole sembravano immonde per uno come Draco Malfoy, sempre controllato e intoccabile, era ciò che era trasparito da lui, fino ad arrivare come un’ondata addosso a me, travolgendomi senza nessun riguardo. 

Nessuno meritava di stare male, non dopo la guerra.

Nemmeno uno stronzo come Draco Malfoy.

E poi, la curiosità è donna.

 

***

 

Il bagno dove risiedeva Mirtilla Malcontenta era ormai desolato.

Quell’anno nessuno aveva voluto sentire il fantasma piagnucolare e impicciarsi dei fatti degli altri, quindi le poche persone che avevano voglia di chiacchierare con un morto andavano a cercare Nick quasi senza testa o il Barone sanguinario, se si aveva voglia di ascoltare una predica su quanto poco sangue puro fosse rimasto nel mondo magico.

Proprio come al secondo anno quello era l’unico posto che mi era venuto in mente per preparare una pozione, sperando di non avere nessuna complicazione come invece era successo la volta precedente.

I baffi e le orecchie da gatto non erano il mio forte e non avevo assolutamente voglia di ripetere l’esperienza né di peggiorarla.

Erano passate esattamente sette lune dall’inizio della pozione ed era giunto il momento di finire il lavoro.

Riempii qualche piccola fiala di vetro fino a finire il contenuto del calderone.

« Sapevo di trovarti qui. »

Mi girai svelta, trovandomi l’inconfondibile figura di Draco Malfoy a qualche metro di distanza.

« Sei venuto a controllare che non facessi brutti scherzi, Malfoy? »

« Fidarsi è bene non fidarsi è meglio. »

« No, non fidarsi è da Serpeverde. »

Lui inarcò le sopracciglia, per niente toccato dalla mia costatazione.

« La mia pozione, Mezzosangue. »

Mormorò Draco, esponendo il palmo aperto alla mia vista.

« Prima voglio sapere a cosa ti serve. »

Notai subito l’irrigidimento del suo corpo e la durezza inaccessibile del suo volto, tanto che mi chiesi se non fossi stata troppo diretta.

« Sapevo che sperare di non irritarmi con voi Grifondoro è come cercare di apprezzare uno Schiopiodo Sparacoda. »

Scrutai le sue espressioni, dal modo in cui continuava a muovere frenetico lo sguardo da una parte all’altra della stanza, in una via di fuga, o il modo in cui il solito pallore della sua pelle si era fatto più marcato, evidenziando le occhiaie sotto gli occhi.

Era agitato.

« Voglio una risposta, Malfoy. Dimmi che cosa ti causa quelle crisi. »

Respiri, muscoli contratti, freddezza.

Respiri, tensione, paura.

Respiri, silenzio, sguardi.

« Non mi importa nulla di quella stupida pozione, Granger, puoi anche conservarla per te. »

Fece per andarsene, ma sapevo per certo che per essersi abbassato ad accettare aiuto da una come me, allora quella pozione non era poi così tanto stupida.

Stetti in silenzio mentre si allontanava con passo quasi incerto, la schiena dritta sotto la camicia bianca.

Non sapevo nemmeno io perché tenessi così tanto alla salute di Draco Malfoy, o perché avevo anche solo speso del mio tempo per uno come lui, che mi avrebbe volentieri ucciso alla prima occasione possibile, ma lo stavo facendo e sapevo che era una cosa giusta.

Aiutare mi era sempre parso naturale, come studiare o leggere libri su libri.

Aiutare lui, però, andava contro tutto ciò che avevo subito per anni e non avevo la forza di perdonare tutti gli affronti alla mia persona che lui mi aveva malignamente inflitto.

Mi morsi il labbro, indecisa se fermarlo o meno, divisa da cos’era giusto e cosa era razionale.

E poi il ricordo di quegli occhi sperduti, come un cieco nel buio più totale, il viso spaurito e nessuno accanto che lo potesse aiutare.

Poi ancora rividi il Draco Malfoy dodicenne che mi soprannominava per la prima volta Mezzosangue, senza averne minimamente il diritto.

Draco Malfoy non aveva mai fatto nulla di buono per me o per i miei amici eppure avevo questo sentimento dominante di aiutarlo.

Perché io non ero come lui, e non lo sarei stata mai.

« Malfoy, tieni. »

Un braccio teso verso di lui, a donargli le boccette di quel liquido che sapevo lo avrebbe aiutato.

Il viso scarno rispuntò da dietro la sua spalla, coperto parzialmente dai capelli biondi.

« Non te lo dirò, Mezzosangue. »

Abbassai gli occhi, sapendo che quel piccolo cedimento da parte mia avrebbe portato ulteriori scherni in futuro.

« Non importa. Lo sto facendo per essere in pace con me stessa. So che ti potrebbe aiutare a far passare ciò che hai…almeno credo. »

Si riavvicinò a me con una velocità che mi sorprese, le labbra strette e gli occhi scrutatori, in cerca di qualche traccia di inganno sul mio viso o nel mio sguardo.

« Prova a dirlo a qualcuno, Mezzosangue, e sei morta. »

Mi strappò dalle mani le boccette stracolme di un liquido ambrato e se ne andò senza aggiungere altro.

Quando arrivò alla soglia osò parlare, il viso nascosto come a proteggere un segreto troppo grande per essere visto da occhi umani e nudi.

« Attacchi di panico. »

Uscì sbattendo la porta e quel rumore sembrò rimbombare all’infinito tra le mura del bagno o della scuola intera.

O solamente sembrò rimbombare nella mia testa fino a farmi diventare sorda.

Attacchi di panico.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Panic

 

  E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                        

 

 

 

      

 

 

 

 




Non ci si può smaterializzare o materializzare dentro i confini di Hogwarts, questa era la regola scritta nell’adorato libro Storia di Hogwarts.

Eppure ero fermamente convinta che Draco Malfoy usasse la smaterializzazione oppure non si sarebbe spiegata la velocità sorprendente con cui usciva dalle classi alla fine della lezione e scompariva per tutto il resto della giornata.

Malfoy era diventato un fantasma che si aggirava per la scuola solo ed esclusivamente guardandosi le spalle in continuazione per poi ritornare nella sua tana, al riparo da occhi indiscreti.

O occhi curiosi ed in cerca di risposte.

Ero più che sicura che stesse facendo quella pietosa sceneggiata per ripararsi dalle domande che gli avrei posto se mi avesse incontrato da qualche parte, senza una via di fuga da prendere o un qualche mezzo per sgattaiolare via, come al solito.

Come una serpe che non riusciva a mostrare un minimo di coraggio.

Nonostante Draco Malfoy non aveva voluto più rivolgermi la parola per ben una settimana, avevo deciso di cercare le risposte per conto mio.

La biblioteca era diventata il posto fisso dove mi recavo ogni giorno dopo la fine delle lezioni.

Mi ero fatta consigliare tutti i libri che avrebbero potuto essermi utili da Madama Pince, che, gentilmente, mi aveva mostrato lo scaffale adatto alla mia ricerca.

Il disturbo di panico era qualcosa di più complesso di quanto mi aspettassi e di certo non era un problema da prendere di sottogamba o da affrontare da soli.

Una mossa da stupidi non voler dire a nessuno dei propri problemi, una mossa verso un declino sociale e psicologico.

Nessuno poteva farcela con le proprie forze, bisognava sempre avere una mano amica che ci sorreggesse se fossimo caduti.

Ma Draco Malfoy era una serpe solitaria ed un Malfoy molto testardo ed arrogante, quindi cercava di rinchiudersi nella sua solitudine sperando di riuscire da solo a curarsi.

Completamente sbagliato.

“Un attacco di panico è un periodo di paura o disagio intensi, tipicamente con un inizio improvviso e solitamente della durata inferiore ai trenta minuti. I sintomi includono tremore, respirazione superficiale, sudore, nausea, vertigini, iperventilazione, parestesie, tachicardia, sensazione di soffocamento o asfissia. La manifestazione è significativamente diversa da quanto avviene negli altri tipi di disturbi di ansia, in quanto gli attacchi sono improvvisi, non sembrano provocati da alcunché e spesso sono debilitanti. Un episodio è spesso categorizzato come un circolo vizioso dove i sintomi mentali accrescono i sintomi fisici, e viceversa.”

Chiusi il libro mentre il volto accaldato e gli occhi azzurri incredibilmente lucidi prendevano il sopravvento nellaa mia mente.

Lanciai un’occhiata distratta alla finestra della biblioteca, notando il cielo già scuro ed il parco vuoto.

Raccattai tutti i libri e li rimisi al proprio posto, accarezzando con gentilezza le copertine di alcuni libri riposti con cura sul ripiano della grande libreria in fondo alla biblioteca.

Sentii il velo sottile della polvere sopra il cuoio scuro e sospirai per quel gesto di familiarità che mi era mancato in tutti quegli anni.

« Buona serata, Madama! »

Dissi, incamminandomi verso il grande portone che mi avrebbe portato alle scale.

« Buona serata a lei, signorina Granger. »

Un passo dopo l’altro arrivai fino al grande portone che dava sulla Sala Grande.

Il chiacchiericcio consueto riempiva l’aria di una musica chiassosa ma piacevole, come una vecchia nenia di una madre stonata.

Il chiacchiericcio di casa.

Dopo la fine della guerra avevo imparato a far tesoro di tutti i momenti ed i particolari che accadevano intorno a me.

L’aria accogliente della Sala Comune a notte fonda, quando si accendeva il camino e si poteva assaporare in silenzio le meraviglie di quelle mura magiche oppure quando, senza essere notata, fissavi intensamente una persona, ricordandotene i dettagli più inutili solo per poter dire, una volta finito l’anno, di aver assaporavo tutto, dal colore dell’erba in inverno alle varie tonalità di colore nelle iridi di Draco Malfoy.

Draco Malfoy?

Mi fermai, confusa, in mezzo alla sala, girandomi per incontrare gli stessi occhi stupiti che ricambiavano lo sguardo.

Ci mise pochi secondi a decidere che fosse meglio correre ai ripari prima che venisse attaccato in pieno pubblico da me, ma in quei pochi secondi potei percepire il lieve miglioramento nei tratti del suo volto.

Le occhiaie meno accennate dei giorni precedenti, segno che finalmente stava riposando, i capelli ordinati come di consueto e non sparpagliati in modo disordinato sulla fronte.

In un attimo si lanciò verso il corridoio e poi giù, verso le scale.

Ritornai a prestare attenzione ai tavoli delle Case, ma nessuno si era accorto della piccola e silenziosa parentesi che si era creata proprio sotto i loro nasi.

Raggiunsi Ginny che, educatamente, stava discutendo con un ragazzo dall’aria affranta e le mani incrociate in preghiera.

« Come fai a non capire l’importanza del Quidditch? »

« Questo è l’anno dei M.A.G.O. non posso spendere altro tempo nelle attività extracurricolari. »

« Tu devi entrare a far parte della squadra, Damian, è questione di vita di morte. Al diavolo lo studio! »

Mi sedetti vicino alla mia amica, incurante delle sue ormai quotidiane litigate per trovare nuovi giocatori per la squadra di Grifondoro.

Senza Harry non sarebbe più stata la stessa cosa e questo lo sapevano tutti, soprattutto i Serpeverde che si divertivano a mettere i bastoni fra le ruote a Ginny.

« Hermione, ciao. Anche tu, come noi comuni mortali, hai avuto bisogno di cibo per poter sopravvivere? »

Le lanciai un’occhiata fulminante, continuando a mangiare il poco cibo che era rimasto.

La verità è che la fame era diventata opprimente visto che il mio tempo libero lo suddividevo tra lo studio e la biblioteca.

Oltre che per le pozioni illecite nel bagno delle ragazze.

« Posso chiederti una cosa? »

Mi chiese Ginny, dopo qualche minuto di silenzio mentre si fissava insistentemente le mani, con il viso coperto dalla folta chioma rossa.

« Dimmi tutto. »

« Cos’era quell’occhiata penetrante a Draco Malfoy? »

« Quale occhiata penetrante? »

Dissi, tranquilla.

Avevo imparato a mentire in modo splendido e, nonostante non ne andassi molto fiera, apprezzavo questa caratteristica che mi aiutava nei momenti imbarazzanti come quello.

Non volevo che si facesse delle strane idee in testa, ma non volevo nemmeno rivelare un segreto così intimo di Malfoy, nonostante lui non avrebbe mai usato quel tipo di trattamento se i ruoli fossero stati invertiti.

« Mi era parso di vedere una certa intesa quando sei entrata. Molto…complici, ecco. »

Complici, forse quello era il termine più adatto per descrivere la situazione attuale.

« Non so di cosa tu stia parlando, ma se dovessi diventare complice di Draco Malfoy prova a lanciarmi uno schiantesimo, nel caso fossi sotto qualche incantesimo oscuro. »

Lei annuì, più rilassata.

« Quindi, visto che ti vedo così rilassata, posso chiederti anche un aiuto in Difesa contro le Arti Oscure? »

Mi chiese, sorridendo furba al mio viso vittorioso.

« Non avevi detto che eri assolutamente in grado di evocare un Patronus senza le istruzioni dell’insegnante? »

« Non mi è più così facile come credevo. »

Sembrava che il silenzio avesse congelato ogni cosa e non solo la mia espressione saccente.

Ginny era molto delicata quando si parlava della guerra e potevo capirlo, visto che aveva perso uno dei fratelli con cui si trovava più in armonia.

« Credo che andrò in Sala Comune ad aspettarti per le ripetizioni. »

« Certo… »

La osservai prendere le sue cose ed allontanarsi a passo svelto, come colta da un’improvvisa urgenza.

Forse andava a nascondersi sotto le coperte a piangere, come quando la sentivo, nel cuore della notte, singhiozzare senza alcun freno tenendo stretto il cuscino.

Odiavo vederla in quello stato ed odiavo me per averle fatto ricordare quel brutto momento della sua vita.

Finii l’acqua nel bicchiere e mi alzai a mia volta, pronta per ore di recupero al posto di riposare.

Sarei svenuta da qualche parte nella scuola se non mi sarei fermata un momento e in più, oltre al mal di testa dovuto alle poche ore di sonno, ci si mettevano anche gli occhi a bruciare in modo dannatamente fastidioso.

La borsa che sfregava insistentemente sul tessuto pungente del maglione, arrossandomi la pelle al di sotto, i capelli crespi ed elettrici che non volevano saperne di restare in una forma decente, i piedi che dolevano per il troppo camminare e le mani congelate.

Una pessima serata che si sarebbe conclusa nel modo più pessimo, decretai quando vidi spuntare qualcuno dall’angolo del corridoio al quarto piano.

« Granger. »

« Non credo tu abbia voglia di parlarmi, visto che non l’hai fatto per un’intera settimana e, nel caso tu avessi un improvviso desiderio di dialogare con me io non ne ho assolutamente intenzione. Ergo, addio. »

Feci per salire la nuova rampa di scale che mi avrebbe portata lontano da quell’egocentrica Serpe, ma lui fu molto più veloce di me ed io molto più stanca di quanto avevo avuto l’ardire di ammettere.

La sua bacchetta puntata contro la giugulare, il muro dietro di me mentre l’ombra celava i nostri corpi.

« Devi starmi ad ascoltare, Mezzosangue, non mi importa quello che vuoi tu. »

Lo guardai irosa negli occhi, percependo il pulsare alla testa farsi sempre più intenso.

« Che cosa diamine vuoi da me? »

« Un’altra dose di pozione, l’altra è finita. »

« Sono passati solo sette giorni, come è possibile che tu l’abbia già terminata? »

Lui abbassò gli occhi per un breve istante, quasi avesse vergogna di quell’ammissione a denti stretti.

« Non sono affari tuoi, devi solo prepararmela. »

« Credo proprio che non lo farò. »

La presa più stretta sul legno chiaro della bacchetta, gli occhi più stretti a palesare la sua irritazione.

Evidentemente non era abituato ad essere contraddetto.

« Tu lo farai, invece. Mi hai già aiutato una volta. »

« Questo è stato prima che tu mi minacciassi con una bacchetta, in un corridoio buio, di sera. Hai cancellato tutti i miei buoni propositi, probabilmente sono finiti con le tue buone maniere. »

Un momento di silenzio, il suo respiro che caricava l’aria di una suspense  tutta nuova.

Poi la sua mano che si abbassava lentamente, quasi come una carezza, fino allo scollo del maglione e della camicia, i suoi occhi che non perdevano mai il contatto con i miei.

Da quanto tempo era passato il mal di testa? Da quando la mia lucidità era ritornata così attiva?

« Va bene, non credo di aver bisogno di una Nata Babbana per fare una stupida pozione. Ho perso solo tempo. »

Nessun movimento da parte sua che accennasse veramente al fatto che volesse andarsene.

Brutto gioco, quello del guardarsi negli occhi senza poter mentire.

« Prima voglio sapere una cosa. »

Proruppi dopo uno scontro silenzioso.

Chi era la preda e chi il predatore?

« Che novità, Mezzosangue. Immaginavo che la tua curiosità non si fosse affievolita sotto i numerosi libri di Medicina. »

Un battito in meno, la mente che cercava una via di uscita valida dopo quella frase, ma l’unica verità che veniva impressa a fuoco dentro la pelle.

« Mi hai spiato? »

« Cosa? Certo che no! Ho solo rovistato nello scaffale davanti al quale passavi tutto il tuo intero pomeriggio. »

Oh, certo, pensai in un attimo di razionalità, era ovvio che lui non mi seguisse ed era altrettanto ovvio che avesse voluto accertarsi della mia fedeltà verso il suo segreto.

Fedeltà per una persona che non se la meritava affatto, in realtà.

« Ho bisogno di sapere perché non ti fai aiutare da un Medimago più esperto al posto di chiedere poco gentilmente la pozione calmante a me. »

« Non voglio che nessuno sappia. E’ una cosa privata, Mezzosangue, non so se riesci a comprenderlo. »

« Eppure l’hai detto a me e, se non  mi sbaglio, non sono proprio la tua migliore amica. »

« Io non ti sopporto, Mezzosangue, neanche fra vent’anni diventeremo amici. Avevo solo…necessità che qualcuno mi creasse quella pozione. »

« Avevi bisogno di qualcuno con cui parlarne, invece. »

« Non è così! »

Sbottò, allontanandosi da me e camminando a ritroso nel corridoio, ritornando alla fievole luce del fuoco.

Stava negando e potevo anche capirne la motivazione; insomma, non eravamo mai andati d’amore d’accordo e comunque lui aveva bisogno di qualcuno con cui potersi sfogare, anche solo per poterne parlare liberamente.

Stava cercando una persona con cui potersi alleggerire il carico opprimente di quel segreto.

Complici.

« Devi farti aiutare, non puoi combattere questa malattia da solo. »

« Che diavolo te ne importa, Granger? Non venire a fare la paladina della giustizia con me, perché noi non siamo uguali e non lo saremo mai. »

Rabbia, per la sua ostinazione nel non voler vedere quanto in realtà io non stessi facendo nessuna eroina, ma solo un’aiutante sconosciuta per poter risolvere il suo problema.

« La guerra ci ha reso tutti uguali, Malfoy. Nessun pregiudizio, nessuna ostilità, era questo che doveva accadere. »

« Oh, certo, è facile parlare per chi è stato etichettato come una invincibile ragazzina appena maggiorenne. Non hai mai guardato intorno a te stessa, Mezzosangue. Io ho scambiato un ruolo di comparsa nella guerra con il ruolo da protagonista in una gabbia* ed io non voglio più sentirmi in questo modo! »

Dovetti aggrapparmi ad una mattonella del muro per evitare alle mie gambe di cedere completamente.

Lui stava vivendo un altro tipo di guerra, ma ora non poteva più nascondersi dietro le parole fredde di Lucius Malfoy o di sua madre.

Era contro un mostro completamente da solo.

E aveva paura.

« Non ho più voglia di parlare con te. »

Se ne andò così, in una nube sfocata dovuta alle lacrime che, improvvisamente, avevano fatto capolino sulle mie guance.

Non sarebbe mai finita la guerra, non per tutti almeno.

Draco Malfoy era entrato in un mondo oscuro, senza nessuno ad aiutarlo ad alzarsi quando il suo corpo diventava troppo pesante per reggersi da solo.

E poi buio, svenuta sul pavimento di un corridoio per la maggior parte del tempo desolato.

Nel buio, le lacrime che continuavano a scendere.

Complici, di uno stesso dolore che logorava da dentro.

Complici, Draco Malfoy ed Hermione Granger.

 

 

 

 

 

 

 

La rabbia cieca che prendeva il sopravvento sulla paura.

Come si permetteva di giudicare le mie scelte, lei che si era sempre nascosta dietro scrivanie ingombranti e libri polverosi? Aveva lo sguardo perso, ora, come una ragazza che pensa di poter comprendere il mondo.

Illusa, perché nessuno si era mai preso il disturbo di capire veramente gli altri.

Ipocrita, perché la sua curiosità non era altro che una stupida facciata di altruismo e carità ed io non ne avevo bisogno.

Cosa poteva capirne lei della sensazione di crollare, di sentirsi sempre fuori posto come se in qualche modo non fossi adatto e nessuno ti capisca?

Cosa ne sapeva lei della continua speranza di poter scappare, di rinchiudersi in una stanza e poter urlare liberamente?

Non poteva sapere com’era quando niente era a posto, non sapeva com'era essere come me.

Essere ferito, sentirsi perso, essere lasciato fuori al buio, essere colpito quando sei giu', sentirti come preso in giro, essere sull'orlo di crollare e non c'e' nessuno li' a salvarti.**

Lei non poteva sapere com’era essere nella mia vita.

Le girai le spalle, incurante delle sue lacrime, preoccupandomi solo delle mie ferite sanguinanti, del duro muro che si era riempito di crepe, solo per potermi sentire un po’ più umano.

Nessuno poteva capire com’era essere Draco Malfoy.

Benvenuta nella mia vita, Granger.

.

 

 

 



 

*Tratta dalla canzone I wish you where here dei Pink Floyd.

**Tratta dalla canzone Welcome to my life dei Simple Plan.

 

 

 

 

 

 

 

Finalmente Aistra ha avuto la decenza di aggiornare dopo estenuanti giorni senza creavità e voglia di vivere! Un bell’applauso!

Comunque, bando alle ciance, questo capitolo è stato cancellato più e più volte e poi è arrivato il momento in cui si è praticamente scritto da solo, quindi non ho proprio avuto il coraggio di cancellare o modificare le frasi che fanno veramente veramente...ribrezzo.

Anche io sono diventata una di quelle tipe che riempiono i capitoli di citazioni di poeti o di canzoni, sì sono proprio uno schifo di scrittrice e volevo migliorare la qualità della storia.

Quindi, grazie a tutti coloro che recensiscono, grazie a tutti coloro che recensiranno, a quelli che metteranno mi piace, a quelli che la metteranno fra le seguite, tra le preferite o tra le ricordate. Grazie a tutti.

Aistra

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Panic

 

                         


E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                        

 

 

 

 

 

 

 




Il primo pensiero che attraverò la mia mente fu che i letti di Hogwarts erano inverosimilmente scomodi e che il silenzio innaturale che aleggiava nella camera in comune con altre quattro ragazze del mio stesso anno, era veramente ambiguo.
Aprii gli occhi, dando un buongiorno sgradevole e irritato alle mattonelle di fronte a me.
Mattonelle?

Aggrottai le sopracciglia, confusa da quel cambio di ambiente.
Dov'erano finite le bellissime mura rivestite con la carta da parati color rosso rubino? E da quando il mio letto era stato spostato contro un orrenda parete con mattoni a vista? Appoggiai una mano sotto di me, constatando brutalmente ciò che già stavo presumendo.
Non c'era nessun materasso sotto di me, solo pietra dura e fredda, per niente appropriata per una sana penichella in chissà quale angolo sperduto del castello.
Mi tirai a sedere, sentendo distintamente ogni ossa scricchiolare in modo allarmante mentre il collo sembrava urlare pietà per la posizione ignobile in cui era stato costretto fino a pochi minuti prima.
Non c'era stata nessuna dormita fuori dal mio dormitorio, nè un incontro piacevole o un amico con cui passare la serata.
Non era stata per nulla volontaria quella sosta in quel corridoio, non era stata volontaria la lite con un Serpeverde presuntuoso ed egocentrico e, ovviamente, non era stato volontario lo svenimento improvviso, causato dagli eccessivi sforzi di quella settimana snervante.
Quel deficiente non aveva avuto nemmeno la cortesia di portarmi in un posto dove qualcuno mi potesse notare ed aiutarmi. Portarmi in Infermeria sarebbe stato un gesto troppo cortese, quindi nemmeno a pensarci.
Per quanto tempo ero rimasta incosciente? Avevo, forse, saltato qualche lezione importante? Qualcuno mi stava cercando? Mi alzai in piedi e mi sistemai alla meglio la divisa ormai stropicciata del tutto.
Mi recai alle scale ma un improvviso dolore al piede sinistro fece arrestare la mia camminata.
Alzai la gamba e tastai la caviglia, non trovandola gonfia e senza nessun livido ad adombrare la pelle bianca.
Sicuramente aveva preso una brutta inclinazione durante la caduta a terra, pensai in un moto di stizza verso Malfoy che, nonostante non fosse la principale causa di quel male, se n'era comunque andato senza controllare in che condizioni fossi.
Maledetto disgraziato, degno di stare nelle schiere di Salazar.
Borbottai insulti a mezza voce contro di lui per tutto il tragitto verso la torre Grifondoro.
« Parola d'ordine? »
« Caput Draconis. »
Pronunciai attentamente, notando, scocciata, che la Signora Grassa era ancora intenta nelle sue prove canore.
« Caput Draconis. »
Riprovai, alzando la voce per farmi sentire.
« Ho sentito, ma la parola d'ordine è cambiata ieri pomeriggio. Allora, ho fatto progressi nel canto, non è vero? » « Non è possibile, è solo un brutto incubo e appena mi sveglierò ci riderò sopra senza farci troppo conto. »
Scrutai ancora il quadro che non voleva saperne di lasciarmi passare.
Feci l'unica cosa che mi parve più sensata in quel momento; guardai fuori da una graziosa finestra ad arco, notando che il cielo era limpido e senza nuvole, nonostante la stagione estiva fosse finita da un pezzo, ciò stava a significare che o era ora di lezione o ora di pranzo.
Mi diressi verso la Sala Grande, già stufa di dover strascicare il piede mentre la borsa a tracolla segava la pelle della spalla. Era tutto un terribile incubo, un incubo che non aveva una data di scadenza.
« Perchè capitano tutte a me?! »
Sbraitai contro un vecchio quadro vuoto raffigurante un prato verde e lucente.
 « Dicono sia il Karma. »
 Da quando i quadri vuoti avevano la facoltà di parlare? Osservai attentamente il paesaggio, alla ricerca di qualche personaggio che non avevo notato.
 « Granger, sono dietro di te. »
Mi girai velocemente, sperando con tutto il cuore che non fosse veramente Draco Malfoy quello ritto davanti a me in posizione di guerra, le braccia incrociate davanti al petto ed un ghigno che non aveva nulla di affascinante ma tutto di irritante.
Era solo un brutto incubo, solo un brutto incubo.
« Sai, dicono che ogni azione maligna che fai si ritorcerà contro di te.
Non ti sei comportata bene, Sangue Sporco, mi sembra evidente. » Strinsi i denti, cercando di tenere a freno la voglia di prendere la bacchetta ed affatturarlo.
Forse sarebbe stato meglio alla Babbana, in fondo sapeva bene com'era ricevere un pugno dalla sottoscritta, pensai in un misto di orgoglio e divertimento.
« Che hai da ridere? »
« Pensavo al mio terzo anno. Abbiamo passato dei momenti davvero indimenticabili. »
La sottile arte della provocazione non era posseduta da tutti e la giovane Hermione Granger di un tempo si sarebbe allibita del mostro di menzogne e sarcasmo che avevo creato intorno e dentro di me, però le cose erano cambiate e crescendo non possedevo più la visione ovattata e genuina del mondo.
Avevo capito che i cattivi non venivano mai smascherati del tutto e che bisognava attaccare prima di essere attaccati.
Osservai il suo viso tramutare in una smorfia arrabbiata e ne godetti appieno.
Non era lui ad avere in mano le redini del gioco contorto in cui mi aveva invischiato, non sarei mai diventata il suo burattino.
« Mi chiedo perchè tu stia qui a parlare con me al posto di fare qualcuna delle tue bravate infantili con i tuoi compagni di Casata. »
Restai a respirare il suo silenzio, beato e benedetto, provando a capire che cosa frullasse nella testa di quel completo imbecille.
Era timore quella smorfia delle labbra? Era debolezza quella mano che tremava, chiusa a pugno per non svelare quel dettaglio? Era stizza quel gesto di socchiudere gli occhi e puntarli su di me, come se fossi l'unica sua fonte di attenzione, nel bene e nel male.
Perchè Draco Malfoy doveva essere un puzzle così complicato? Quel silenzio e quella serie di domande silenziose mi aveva già fatto venire un'emicrania insopportabile.
Cercai di zoppicare un po' più in là, ritornando a concentrarmi verso la Sala Grande dove, probabilmente, ci sarebbero stati tutti gli studenti, compreso Ginny.
Non avevo tempo per stare dietro ad un Malfoy frustrato e incapace di gestire i propri affari.
Maledetto il Karma e l'intero mondo magico, non c'era nemmeno una nota positiva in quel contesto così ingarbugliato.
« Aspetta! »
Una mano, così calda da poter superare il tessuto del maglione e della camicia, afferrò il mio braccio nell'incavo del gomito, con una presa così ferrea da farmi sbalordire.
Non era una presa gentile, come un amico che ti ferma per salutarti più affettuosamente o come un amante che vuole un altro, ultimo, bacio, era una presa violenta, con le dita che premevano sulla carne del braccio fino a scontrarsi contro le ossa e i muscoli, una presa che imponeva e non chiedeva.
Mi voltai verso di lui, una muta richiesta per quel gesto così avventato e quel contatto che non c'era mai stato tra di noi.
E quella domanda, che per l'ennesima volta sfiorava la mia mente: che aveva da celare Draco Malfoy per ridursi in quello stato? Per confidarsi con una ragazza con cui non aveva mai legato per ragioni ovvie solamente a lui e ai suoi ragionamenti contorti? Eppure sembrava così diverso dal primo anno e non solo fisicamente.
Il suo modo di porsi, da quando era finita la guerra, era quello di un normale ragazzo, nonostante la normalità non fosse all'ordine del giorno.
Certo, non era diventanto l'esempio di maturità e intelligenza e il suo caratteraccio permeava ancora dentro di lui, ma non aveva più osato parlare con nessuno che non fosse della sua nuova cerchia e neanche loro sembravano capirlo pienamente.
Sembrava non capirlo più nessuno, ormai.
« Io...credo che... »
« Hermione! »
La voce di Ginevra fece sobbalzare entrambi e subito la sua mano si staccò da me, afflosciandosi vicino al fianco, come senza vita.
« Hermione, è da una vita che ti cerco, ma... »
Era forse la manifestazione delle frasi in sospeso o qualcuno ce l'aveva davvero con me?
« Ho interrotto qualcosa? »
Chiese in un sussurro imbarazzato.
Cercai qualcosa di intelligente da dire, ma la mia bocca era arida come un deserto e il mio sguardo continuava a cambiare traiettoria, deviando da Malfoy, impassibile e rigido come un tronco, a Ginny che continuava a spostarsi i capelli dietro l'orecchio.
« Non sta succedendo nulla, Weasley. Niente che possa riguardare te e la tua sudicia famiglia. »
Mi lanciò un'occhiata di puro disprezzo come se io c'entrassi effettivamente qualcosa con l'arrivo della mia amica, ed uscì di scena senza dire altro.
« Ginny, non è come pensi. »
« Lo spero bene, Hermione! Da quando frequenti tipi come lui? »
Da quando l'ho scoperto mentre aveva un attacco di panico, così ho pensato di non lasciarlo morire della solitudine.

« Non lo sto affatto frequentando. Stavo camminando e lui veniva dalla parte opposta, tutto qua. »
« Tutto qua? »
No, c'è da dire anche che l'ho aiutato a preparare la pozione calmante, per aiutarlo a controllare questi disturbi, quindi ora vorrebbe nuovamente il mio aiuto, ma non sono sicura che io stia facendo la cosa giusta.
« Tutto qua. »
Mi scrutò qualche secondo, forse per controllare la veridicità delle mie parole, poi sembrò convicersene e mi sorrise.
Bugiarda.
Codarda.

Proprio come lui.
Complici anche delle medesime azioni.
« Ora posso sapere dove sei stata per tutta la mattina? Denise mi ha detto che non sei tornata nella tua camera stanotte. »
« Sono tornata a tarda ora e mi sono messa a studiare nella Sala Comune, poi sono uscita presto per studiare e... »
Come poteva giustificare la sua assenza dalle lezioni? Non c'era nessuna scusante valida.
Lei era sempre stata puntigliosa sulla presenza alle lezioni e non perdonava la minima assenza, neanche malata.
« ...sono rimasta in Infermeria per tutto il resto della mattinata. Mi sono sentita poco bene. »
Mi toccai la pancia e la guardai di sottecchi. Bugiarda.
Mentivo per difendere colui che non meritava nemmeno un minimo di cortesia. Perchè lo stavo facendo?
« Ora stai bene? »
« Sì, è meglio se andiamo a lezione, non vorrei perdere altro tempo. »
Annuì, incamminandosi per andare nell'aula di Pozioni.
Dovetti strizzare gli occhi più di una volta per tenere il suo passo, mentre sentivo la caviglia pulsare violentemente fino a farmi vedere appannato.
Quando arrivammo ai Sotterranei tirai un sospiro di sollievo, accertandomi che non ci fosse alcun danno al piede dovuto allo sforzo.
Pessime notizie, visto che la caviglia era visibilmente gonfia anche sotto lo strato spesso di calze pesanti.
Mi sedetti al primo banco libero, lisciandomi la gonna stropicciata e accarezzandomi la caviglia, pronta ad apprendere le nuove nozioni utili per i M.A.G.O..
« Buongiorno ragazzi, oggi incominceremo a preprare la pozione Polisucco. Molti di voi sanno già gli ingredienti base e come usarla, ma un piccolo ripasso non farà male, giusto? »
Sorrisi, già pronta a sfoggiare tutto ciò che sapevo sulla pozione Polisucco.
Ad un'occhiata più attenta, notai che all'appello mancava una chioma bionda e, per la prima volta, mi preoccupai per la sua salute.
L'inizio della fine.



Erano state due ore infinite, per un certo punto di vista.
Il professor Lumacorno aveva sì elogiato la mia pozione, già del colore corretto per diventare perfetta, ma il fatto che mi fossi preoccupata per Malfoy, Draco Malfoy dannazione!, aveva scombussolato ogni mia cellula corporea, mandami in tilt su un unico pensiero: dove diavolo era finito?
Mi sarei sentita incommensurabilmente in colpa se gli fosse successo qualcosa per colpa mia e della mia testardaggine a non volerlo aiutare con altra pozione.
« Hermione, dove vai? »
La voce di Ginny mi riscosse dal torpore in cui ero caduta.
« In biblioteca, tu? »
« Ti ho detto che devo prepararmi per la partita di Quidditch di questo fine settimana. » Beccata a non ascoltare.
Abbassai la testa, non avendo scusanti per perdonare la mia disattenzione verso di lei.
Tutta colpa di quell'imbecille, ovviamente.
Riusciva a rovinarmi la vita anche a distanza, ora.
Perfetto.
Aspettai che svoltasse l'angolo prima di incamminarmi, zoppicando, verso la biblioteca.
Almeno non le avevo mentito del tutto, mi consolai, dando un'occhiata ai pochi ragazzi che erano seduti ai lunghi tavoli di legno scuro.
Verso sera si sarebbe riempita, visto che molti compiti avevano a che fare con ricerche approfondite su argomenti trattati in quei libri.
Scandigliai in lungo e in largo, cercando un tavolo solo per me e lo trovai in fondo alla biblioteca, vicino al reparto di Erbologia.
La prima cosa buona dopo una giornata stressante.
Partii subito alla ricerca del materiale per iniziare i compiti, aggirandomi per gli enormi scaffali come se li conoscessi da sempre.
« Immaginavo di trovarti qui. »
Un sussurro mi fece distogliere lo sguardo da una enciclopedia che aveva attirato la mia attenzione.
Dal buco dovuto alla mancanza di libri, poco più in là, era apparso il viso di Draco Malfoy.
« Mi stai seguendo? »
Chiesi, facendo finta di nulla, sentendo una parte di me rilassarsi per il sollievo di vederlo sano e salvo.
Purtroppo.

Purtroppo perchè la sua faccia così oziosamente sarcastica mi stava facendo saltare i nervi.
« Per chi mi hai preso? Non seguirei mai una Sangue Sporco. Ero solo in...perlustrazione. »
Sbuffai, sperando che la mia poca voglia di parlare con lui lo facesse desistere dalla sua impresa.
« Com'è andata la lezione di Pozioni? »
« Mi puoi spiegare che diavolo vuoi da me? »
Sbottai, lasciando perdere il tono di voce basso che obbligava Madama Pince. Il suo regno doveva essere costudito con molta dose di saccenza e poca dose di parlantina.
« Abbassa la voce, Sangue Sporco, non ho voglia di farmi rimproverare da quella vecchia bisbetica. »
« Madama Pince non è una vecchia bisbetica. »
Risposi, con calma quasi surreale. Sentivo il limite molto vicino e la voglia di staccargli la testa stava prendendo il sopravvento su tutto.
« Invece lo è. Smettila di fare quella faccia, Granger, hai un'espressione orribile. Più del solito, intendo. »
« Ora basta. »
Gli andai vicino, per quanto lo scaffalo me lo permettesse, gli occhi irosi riflessi nei suoi, chiari e tranquilli.
« Devi smetterla di offendermi, smetterla di crederti un Dio, perchè non lo sei. Sei solo una persona insensibile, egocentrica e viziata! Non ti sopporto più, Malfoy! Dopo sette anni di ossessività verso il mio sangue impuro e i miei genitori babbani mi sono finalmente stufata delle tue prese in giro! Basta, vattene e non rivolgermi più la parola. Trovati qualche schiavetto da insultare senza che dica nulla. Sei proprio un degno erede di tuo padre, non c'è che dire. »
Respirai profondamente, notando solo in quel momento il suo volto.
Avevo esagerato, ero stata accecata dalla rabbia e avevo sentito rimbombare nella mia testa gli echi di tutti gli insulti ingiusti che mi aveva rivolto.
Cattiva al suo stesso modo.
Aprii la bocca, cercando di dire qualcosa di sensato, ma sentivo a malapena il mio cuore battere furiosamente ed il respiro spezzarsi in gola ogni volta che provavo ad inspirare ossigeno.
Distolse lo sguardo, la sua mano che era comparsa ad afferrare il ripiano davanti ai nostri volti.
Come ancora o come sfogo? Mi resi conto di ciò che avevo realmente scatenato solo quando il suo sussurro mi raggiunse le orecchie.
« No, non ancora, non ora... »
Il viso che impallidiva, il respiro che stava accellerando senza sosta.
Stava per avere un nuovo attacco di panico e stavolta ero stata proprio io ad essere il fuoco per quella miccia già infiammabile di suo.
Senza pensarci oltre mi precipitai verso il lato opposto dello scaffale, sorpassando tavoli e ragazzini chini sui fogli di pergamena.
Si era seduto, le ginocchia strette al petto e la testa reclinata all'indietro mentre gli occhi sembravano persi nel nulla.
« Eccomi, eccomi. »
« Fallo smettere...fermalo... »
« Io...non so come fare. Devi tranquillizzarti, Draco. Respira. »
Sembrava un pesce lasciato fuori dall'acqua troppo a lungo e mi immaginai come dovesse essere affrontare tutte quelle emozioni, quei problemi, senza nessuno a cui affidarti.
« G-granger... »
« Calmo, respira insieme a me. »
Mi sistemai vicina a lui, nella stessa posizione e respirai piano e rumorosamente, cercando un modo per farlo tranquillizzare.
« Non riesco più a respirare. Granger, non riesco più a respirare... »
Il miglior modo per tranquillizzare qualcuno è infondergli quella serenità che è presente in ognuno di noi.
Feci la prima cosa che mi venne in mente per infondergli un po' di quella tranquillità che mi era rimasta.
Lo abbracciai, sapendo che lui sarebbe stato fermo e non mi avrebbe respinto, non in un momento del genere.
Affondò il viso contro la mia spalla, in un gesto così inaspettato da far mozzare il respiro anche a me.
Lo sentii calmarsi sotto le mie dita che stavano, leggere, sopra la sua schiena.
Non ci fu bisogno di parole, in quel momento.
Avevo già capito che quella persona a cui lui si sarebbe affidato d'ora in avanti sarei stata io.












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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Panic

 

 

 

                        

   E se Draco Malfoy celasse una debolezza?               

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 And you feel like falling down 
I'll carry you home
 
Tonight
 
We are young
 


[We are young - Fun]

 

 

 

 

 

 

La verdura è un termine gastronomico-nutrizionale che si riferisce a diverse parti di una pianta che vengono utilizzate nell'alimentazione umana. 
Già, proprio come la verdura che stava immobile dentro al mio piatto. Concentrati su quella Hermione, non pensare ad altro.
Il metro è la distanza che percorre la luce nel vuoto in un trecentomilionesimo di secondo circa. 
Ci sarebbero voluti solo pochi metri per avvicinarmi al suo tavolo e affatturarlo per sempre. Continua a fissare il piatto ed andrà tutto bene. Il mamba nero è considerato uno dei retili più velenosi e pericolosi del mondo, può raggiungere anche i quattri metri di lunghezza, una dimensione considerevole per un serpente velenoso; esso è famoso anche per la sua velocità imbattile. Già, anche lui era una serpe, un dannato figlio di Salazar. Uno stupido, ingrato, sconsiderato, ipocrita, subdolo, viziato, razzista...
« Hermione? » 
« Non sono agitata, dannazione! » 
Feci un movimento così brusco che la forchetta cadde per terra con un sonoro tonfo contro la pietra. 
L'espressione accigliata di Ginny mi fece capire una cosa assolutamente fondamentale: non andava tutto bene. Non andava, ad esempio, il fatto di star continuamente pensando ad un essere vivente, perchè soprannominarlo come essere umano era quasi comico, la cui importanza era pari a quella di un filo d'erba in un campo colorato dell'Irlanda, andava ancora peggio, poi, quando questo suddetto essere, perchè, ripensandoci, non potevo essere davvero certa che quel cumulo di capelli biondi e il suo ego spropositato potesse davvero comporre qualcosa di vivente, mi stava causando più problemi del previsto. Tanto da farmi cadere una forchetta dal tavolo, tanto da farmi ripassare ogni formula presente nel mio cervello, tanto da farmi innervosire. 
« Vuoi parlare di qualcosa, Hermione? » 
« Sì, vorrei parlare degli Elfi Domestici e del loro ingiusto sfruttamento. » 
Una mano sulla gonna, a riaggiustarla da pieghe immaginarie, una ad aggiustare una ciocca riccioluta dietro l'orecchio ed il respiro regolato a livelli maniacali. Niente deve intaccare la tua tranquillità, Hermione, rimani concentrata.
« Non credo che il tuo panico ne debba risentire. » 
« Il mio cosa? » Chiesi, osservandola sbalordita. 
« Il tuo panino, lo stai stritolando, non credo gli faccia piacere. » 
Panino. Panino, certo, non panico.
« Vuoi davvero parlare degli Elfi Domestici o vuoi dirmi cosa ti sta succedendo? » 
« Sinceramente non ho voglia di parlare di nulla. Sono solo molto stanca per i continui compiti che accumulo durante il giorno. » 
« Accumuli compiti? Ma non sei già a metà del programma? » 
Dannazione. 

« Sei infastidita dai miei continui Malfoy? » 
Dai suoi Malfoy? Da quando Ginny possedeva dei Malfoy? 
« Sai, ci pensavo da molto tempo...forse i miei elogi verso Harry e la mia relazione con lui ti hanno fatta sentire esclusa, non è stata assolutamente mia intenzione, lo giuro. » 
Elogi, non Malfoy. Perchè il mio udito si rifiutava di collaborare con il cervello? 
« No, Ginny, non preoccuparti, non mi sento affatto esclusa. E' il tuo momento di essere felice e te lo meriti, quindi sono contenta per tutti e due. » 
Mi diede un lieve abbraccio, percependo tutto il reale trasporto e affetto che voleva trasmettermi. Si allontanò appena, formulando un lieve sorriso che le illuminò gli occhi, leggermente lucidi. Era felice, lo era davvero, e non mi sentivo di essere così egoista da essere invidiosa di lei. 
Ne avevano passate tante, lei ed Harry, lui troppo concentrato su Voldemort e lei troppo concentrata sui suoi sentimenti continuamente rigettati. Ora che erano riusciti a trovare il loro equilibrio non potevo che fare un passo indietro e guardare da spettatrice l'amore tra due delle persone a cui volevo più bene. 
« Allora, oggi è il gran giorno, mia cara. » 
Asserì lei, afferando il mio patto abbandonato a se stesso e finendo la mia verdura. 
« Mi sono persa qualche passaggio. Cosa ci sarebbe oggi? » 
Il suo volto tra il sorpreso e l'arrabbiato mi fece fare fente locale sulla data di quel giorno. 
Il 2 ottobre, un venerdì, un'ora di Storia della Magia, due ore Difesa contro le Arti Oscure e un'altra ora di Incantesimi, la pausa pranzo che si stava svolgendo ora, le due ore di Trafigurazione e gli allenamenti di Quidditch alla quale Ginny aveva insistito tanto per portarmi...gli allenamenti di Quidditch! Al pensiero sul mio volto si palesò una faccia abbattuta che fece capire alla mia amica che finalmente avevo compreso ciò a cui si stava riferendo. 
« Hai promesso, Hermione! » 
La guardai storto, non essendo propriamente d'accordo con ciò che stava affermando. La sua era stata una minaccia vera e propria, senza contare che ad offuscare il mio giudizio e le mie parole c'era stato il delizioso camino che riscaldava le gambe e molte ore di sonno da recupare. 
« Le persone intelligenti possono cambiare idea. » 
« Ma Hermione Granger non vorrebbe mai vedere Ginevra Weasley arrabbiata, giusto? »
La luce ambigua che vidi nel suo sguardo mi fece subito comprendere che no, non avevo alcuna intenzione di essere presa di mira per una delle sue speciali fatture Orcovolanti. 
« Vedrai, ti divertirai! » 
Disse, prima di rifiondarsi sul dolce con un chè di fanciullesco. 
« Immagino... » 
Borbottai, lanciando distrattamente un'occhiata al tavolo Serpeverde. 
Se n'era andato.

 

Freddo. Come avevo fatto a non accorgermi che la temperatura fosse calata così drasticamente? Mi sarei sicuramente presa un malanno e tutto per colpa della mia poca autorità quando si trattava di Ginny. 
Freddo. Ginny mi aveva abbandonato sui gradini del campo, sparendo dentro agli spogliatoi con l'intera squadra. Quell'anno sarebbe stato più difficile, Harry era stato il miglior cercatore per sei anni ed ora avrebbero dovuto cavarsela da soli, con ancora la fama dei vincitori sulle spalle, ma senza alcun aiuto. Si sarebbero dovuti allenare molto, aveva detto Ginny, e forse non sarebbe bastato. Per questo aveva avuto il bisogno del sostegno della sua amica, per sentirsi brava e forte, per avere la sicurezza di potercela fare. Aprii il libro di Trasfigurazione, incominciando a studiare gli incanti per sciogliere le trasfigurazioni. 
Ogni tanto mi sistemavo il capellino di lana sulla testa, per ripararmi dal vento freddo, qualche volta mi perdevo ad osservare le mie dita coperte dai guanti sulle pagine ingiallite del libro di scuola, altre volte, invece, osservavo Ginny volare senza nessuna paura da una parte all’altra con l’espressione decisa che solo una ragazza Weasley poteva indossare. Mi soffermai a guardare un uccellino svolazzare a raso terra, sopra il prato, e poi spiccare il volo verso il cielo, in tutta la sua maestosità. Osservai due ragazzi abbracciati sotto ad un albero, nonostante il freddo, nonostante la miriade di compiti che li avrebbe aspettati al ritorno, scrutai con particolare attenzione un ragazzo, solo, che camminava verso il campo di Quidditch. La testa bassa, le mani in tasca, tutto sembrava dimostrare di una personalità fragile. Fino a quando non riuscii a distinguere la figura sottile e allungata, i capelli biondi che sembravano aver preso una tonalità più scura sotto quel cielo plumbeo. 
Era lui, ancora. Sembrava una persecuzione in quei giorni. Cercai di far finta di niente, concentrandomi ora sul libro, divenuto stranamente troppo noioso, ora sulla partita, troppo irrilevante, ora sul lago, troppo piatto. Era tutto troppo quando c’era lui di mezzo, mi soffermai a pensare. Quel miscuglio di sensazioni che accompagnava la sua entrata in scena non mi aveva lasciata stare dal primo anno. Le sue cattiverie, la sua stupidità, la sua ricchezza, la sua brutta reputazione, non avevano fatto altro che creare sentimenti negativi dentro di me. Ed ora pretendevo anche di aiutarlo, pretendevo da me stessa di essere gentile e dolce con un ragazzo che odiava la gentilezza e la dolcezza. Oltre ad odiare me, ovviamente. Improvvisamente riuscii a vedere il suo viso. Si era voltato e stava guardando nella mia direzione e quegli occhi, anche se così lontani, mi fecero ricordare quella sera.

 

Avevo aspettato pazientemente che si calmasse, che avesse la forza di rimettersi in piedi. Avevo aspettato, aspettato che lui stesse meglio. Avevo aspettato continuando a stringerlo, continuando a fargli capire che si poteva essere un po’ meno soli, se si voleva. Quando, poi, il suo respiro era tornato regolare, avevo voluto prolungare quello strano abbraccio, perché mi era sembrato giusto, perché avevo paura di rompere quel momento quasi cristallizzato nel tempo, o forse semplicemente perché non era stato così orribile come mi ero immaginata. La mia immaginazione aveva sempre pensato che Draco Malfoy fosse fatto di pietra dura e fredda, perché non poteva essere altrimenti, perché solo così poteva essere spiegata la sua totale incapacità di provare qualcosa di positivo. Eppure quando le mie braccia si erano strette intorno alle sue spalle come una madre protettiva, una stretta leggera per dargli i suoi spazi, avevo sentito il suo corpo e l’avevo trovato estremamente umano. Così caldo e morbido, così da uomo. Ero rimasta traumatizzata da quel contatto, il primo in otto anni di conoscenza. Lo osservai mentre riprendeva il controllo di se stesso, mentre si spostava bruscamente da me, lasciandomi scottata. Lo osservai sollevarsi senza il minimo tentennamento, perché era forte, perché aveva imparato ad esserlo. 
Il primo gesto che aveva compiuto era stato aggiustarsi il colletto della camicia e poi spazzolarsi il maglione. Fece per andarsene, senza una parola, come se non si fosse nemmeno accorto della mia presenza. 
« Un grazie sarebbe gradito. »Mormorai, nel silenzio tombale della biblioteca. Lui non disse nulla, restò solo fermo nella sua posizione, rigido come un chiodo. Le braccia lungo i fianchi e la testa dritta. Feci forza sulle braccia e mi tirai in piedi, facendo sostegno sullo scaffale della libreria. Sembravo io quella che aveva appena avuto un attacco di panico e non lui. 
« Stai meglio? » 
Ancora nulla, pareva essere caduto in una specie di coma. 
« Malfoy? » 
« Granger, la tua voce urta il mio apparato uditivo, oltre che tutto il mio intero corpo. Evita di parlare con me. » 
Stupido. Stupido, ecco che cos’era. Uno stupido bambino, uno stupido bambino cocciuto.
E stupida lo ero anche io che continuavo imperterrita ad aiutarlo quando era chiaro non volesse alcun aiuto. Infantile. Furiosa uscii dalla biblioteca a passo di marcia, borbottando maledizioni contro Malfoy. Come si permetteva di trattarmi così? Come se fossi un oggetto usa e getta di sua proprietà. Non volevo più sentire nulla di nulla sul suo conto e al diavolo gli attacchi di panico, se voleva stare da solo lo sarebbe stato. Draco Malfoy era ufficialmente un  capitolo chiuso e al diavolo la gentilezza.

 

Quando ritornai alla realtà di Draco Malfoy non c’era più nemmeno l’ombra, ma notai Ginny, già pronta, fuori dal campo che continuava a fare gesti frenetici per farsi notare da me. Scesi i gradini e aspettai il suo solito sfogo post allenamento. 
« Siamo andati molto bene, non credi? Siamo migliorati molto sul fattore tecnica e anche sulla velocità. Dovresti vedere James come parlava di me negli spogliatoi, diceva che stavo diventando il suo idolo. Ho sempre saputo che mi avesse una cotta per me, me l’aveva accennato Jhon, sai quello di Tassorosso? Hermione? » 
« Sì, Jhon di Tassorosso, ho capito. » 
Risposi, non prestando realmente ascolto a ciò che stesse dicendo. Ero molto più intenta ad origliare la conversazione di un gruppo di ragazze di Corvonero che stavano parlando animatamente di una nuova lite che stava avvenendo nel bagno di Mirtilla Malcontenta al secondo piano. 
« …e alla fine credo che avremo una buona probabilità di vincere la prossima settimana contro Serpeverde. Tu che dici? » 
« Dico che ora devo andare a fare una commissione urgente. Ti raggiungo in Sala Comune, va bene? » 
Non aspettai nemmeno la sua riposta che corsi a perdifiato fin dentro al castello, percorsi le scale ed arrivai davanti al bagno delle ragazze, intasato di gente che urlava e sventolava le braccia in aria. 
Pensavo avessero smesso di fare gli stupidi.
 Cercai di sorpassare gli studenti accalcati davanti alla porta a forza di scuse e gomitate. Ricorda che è proibito usare la bacchetta in mezzo ai corridoio, Hermione. Fallo per la tua media perfetta e la tua fedina pulita. Arrivai al centro del bagno, dove un piccolo gruppo di Serpeverde e Grifondoro, che novità! mi ritrovai a borbottare, stavano litigando verbalmente tra loro. 
« I Grifondoro non sono nient’altro che ragazzi egocentrici che pensano solo a loro stessi e alla loro gloria. Non riuscite a vedere ad un palmo dei vostri stupidi occhi. » 
« Non siamo noi ad avere tra la schiera un Malfoy. » 
Mi raggelai a quelle parole, sentendo tutta la tensione concentrarsi nelle mie ossa, immobilizzandomi, come se avessero pronunciato il mio nome e non il suo. Seppi subito dove guardare per trovarlo, lontano dalla folla, ma così vicino da potersi godere la nuova lite senza problemi. 
Come era sempre stato, d’altronde, mai in prima fila, solo spettatore di una guerra anche sua. Rimase stranamente in silenzio, come se niente e nessuno potesse scalfire la sua bolla di indifferenza. Tanto meglio, così avrei avuto meno persone da affatturare nel caso non avessero voluto seguire i miei ordini. 
« Oh, certo, Peter Minus era un santo, vero Chris? » 
« Siete tutti macchiati con il marchio nero e questo nemmeno la fine della guerra può cambiarlo. Rimarrete sempre servitori di Voldemort. » 
« Ora basta! Basta! » 
Urlai, senza che nessuno mi desse ascolto. Stupidi ottusi. Feci la prima cosa che mi venne in mente, mandando al diavolo l’educazione e la femminilità che cercavo di mantenere. Fischiai più forte che potei, facendo girare molte teste nella mia direzione. 
« Ogni studente ritorni nella sua Sala Comune e ci resti, chiaro? Come Caposcuola ho il potere di punire tutti coloro che continueranno a creare caos nella scuola. Cinquanta punti in meno a Grifondoro per le sgradevoli cattiverie che sono state pronunciate e cinquanta anche a Serpeverde, che si è dimostrata inopportuna quanto la precedente casata. Vi voglio fuori da questo bagno entro cinque minuti! » 
La minaccia sembrò scaturire l’effetto desiderato perché uscirono tutti fra borbottii e sbuffi. Si divertivano a urlarsi contro, ecco qual era il problema. La guerra aveva fatto uscire le loro parti più aggressive, li aveva inaciditi fino allo stremo, aveva ucciso ogni parte che riusciva a tenere unite le casate. 
Feci per uscire quando mi accorsi che una persona era rimasta nel bagno insieme a me, nonostante la mia sgridata. Draco. Quel nome rimbombò chiaro nella mia mente, facendomi quasi inciampare nei miei stessi piedi. 
« Non sono stato gentile con te, l’altra sera. » 
Mi fermai sulla soglia con le spalle girate verso di lui. Sorrisi appena, di nascosto. 
« Quando mai lo sei stato? » 
« Non eri obbligata ad aiutarmi eppure l’hai fatto comunque. Non sono…stato abituato a questo. » 
« All’aiuto? » 
« A te. » 
Destabilizzante. Quella sua risposta aveva avuto il potere di destabilizzare ogni singola particella del mio corpo.
Era un grazie nascosto in mezzo alle righe? O forse era molto di più. Capii che era più facile non guardarlo negli occhi, un po’ perché nascondere il mio volto mi facilitava il compito di simulare indifferenza, un po’ perché avevo paura di leggere nel suo qualcosa che preferivo non voler sapere, per ora. Illudersi era sempre stato il mio forte, dopotutto. 
« Ti stai scusando con me, Malfoy? » 
« Non chiedere troppo, Granger. Non mi abbasserò mai a chiederti scusa. » 
Ci fu un momento di silenzio, in cui capii di non poter rimanere voltata ancora a lungo senza fare la figura della stupida. 
« Posso chiederti una cosa?» 
Era ancora appoggiato alla parete, gli occhi puntati verso di me come un serpente che punta la propria preda. Come un mamba nero, così velenoso, così raro. 
« Che cosa vuoi chiedermi? » 
« Non dirai a nessuno quello che mi sta succedendo, vero? » 
« No, non lo dirò a nessuno. » 
« Quindi posso…contare su di te? » 
Fidarsi era una parola così grossa per lui? Probabilmente era una persona che soffriva di disturbo evitante di personalità, oltre che di disturbo di panico. 
« Solo tu puoi saperlo, Malfoy. Credo che la risposta io te l’abbia data molte volte in questi giorni. » 
« Quindi… » 
Un passo verso di me, un passo lontano da lui. « Hai detto che potevo contare su di te, ci sto provando. »
 Non riuscivo più a vedere il ragazzo che mi prendeva in giro dal primo anno, non riuscivo più a percepire l’irritazione che provavo nei suoi confronti. Riuscivo solo a vedere lui, lui che si avvicinava con uno sguardo imbarazzato e timoroso, come se fosse un animale braccato. E forse lo era davvero, senza che nessuno lo sapesse. 
« La prima volta in cui ho avuto un attacco sono andato da un medimago e…mi ha parlato del disturbo di panico. Diceva che deriva da molti fattori, ma che doveva essere scaturito da uno fondamentale. E’ questo, Granger, è questo il mio fattore. » 
Disse, prima di tirare su la manica della camicia immacolata e farmi vedere il Marchio Nero, inciso a forza sulla carne nivea. Sembrava un brutto sbaglio sul suo braccio, su di lui, come se non c’entrasse niente con tutto il suo essere. 
« Il Marchio nero è stato, è e sarà sempre il mio sbaglio più grande, Granger. Non volevo prendere una decisione in questa guerra, da reale codardo quale sono, ma sono andato dalla parte più comoda, dove mi sarei sentito più accettato. E io lo volevo, Granger, lo volevo da impazzire i primi tempi. Poi tutto si è fatto più scuro, più torbido, ed ecco la verità. Non esiste il potere, non è mai esistito. Tutto quello che ho fatto è stato per proteggere la mia famiglia e se avessi potuto scegliere, sarei scappato via subito, senza ripensamenti. Non sono come te, non ho la continua e insensata voglia di salvare il mondo. Penso per me e per la mia famiglia, l’ho sempre fatto. » 
Aveva abbassato gli occhi, durante il racconto, come se si vergognasse di ogni parola che stava sgorgando dalla sua bocca. Eppure sembrava tutto così tangibile, reale. Era lui, era lui Draco, lo sentivo. L’aveva nascosto per così tanto tempo, oppure era solamente nato dalle ceneri della guerra? Qualunque cosa fosse, era da togliere il fiato. 
« Anche io ho un fattore che mi porta a pensare, sai? E ce l’ho sul corpo, proprio come te. » 
Tirai su la manica del maglione, facendogli vedere la scritta che sua zia mi aveva intagliato nella carne a Malfoy Manor. Mudblood. A quella vista sembrò raggelarsi. 
« C’eri anche tu quella volta. Mi ricorda sempre che ci sono persone che non mi accetteranno mai, che sono una maga diversa dagli altri. Guarda, Draco, anche la mia è una cicatrice che porterò sempre con me. E’ ciò che siamo, sono le scelte che abbiamo fatto, piangerci sopra non aiuterà a recuperare nulla. » 
Stava ancora fissando il mio avambraccio, come traumatizzato da ciò che i suoi occhi stavano vedendo.  Mi afferrò rudemente il braccio con la mano destra mentre accostava il suo braccio sinistro al mio. Li stava paragonando. Capii di aver fatto io lo sbaglio più grosso, in quel momento.
Non avrei dovuto ricordargli Malfoy Manor, non avrei dovuto ricordargli lui poco tempo fa. 
« Questo, Granger, è ciò che sei, l’hai subìto per difendere te stessa e le tue convinzioni, il Marchio Nero è ciò che sono diventato, la scelta è stata mia e mia soltanto. Non siamo uguali, Granger. Non pensare che uno stupida macchia in comune ci faccia avvicinare, siamo troppo diversi per capirci. La tua fedina penale è pulita, resta lontano dai tipi come me. » 
Se ne andò via, senza dire nient’altro. Lo osservai andare via e sparire dietro l’angolo. L’avevo sconvolto, in qualche modo. Sentivo ancora il braccio bruciare per la sua presa ferrea. 
Ma era per questo che bruciava? Per la forza o per qualcos’altro? Mi appoggiai allo stipite della porta. 
L’ultima parola ancora impressa tra le labbra.
Draco.





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