L'attacco della Mary Sue

di SimplyMe514
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo arrivo ***
Capitolo 2: *** Nuove reclute ***
Capitolo 3: *** Strani incidenti ***
Capitolo 4: *** Continuano i complotti ***
Capitolo 5: *** Piani malvagi: maneggiare con la supervisione di un adulto ***
Capitolo 6: *** Una Mary Sue non troppo perfetta ***
Capitolo 7: *** Scambio di persona ***
Capitolo 8: *** L'ultimo atto ***



Capitolo 1
*** Un nuovo arrivo ***


 Era un giorno qualsiasi alla famosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Un tranquillo, meraviglioso giorno qualsiasi, in cui perfino il cielo scozzese – che era di un blu terso e perfetto spruzzato solo da qualche nuvoletta passeggera simile a panna montata, come avrebbe potuto notare chiunque si fosse dato la pena di guardare in su verso il soffitto incantato della Sala Grande – sembrava felice. Ma gli studenti no, loro non erano affatto felici. Al posto delle chiacchiere, degli scherzi, dei ripassi dell'ultimo istante e del gran strappare di buste e involucri vari che di solito caratterizzava l'ora di colazione, regnava un brutto silenzio teso, spezzato soltanto da qualche sussurro preoccupato. Diversi piatti erano pieni, come se i proprietari non avessero avuto appetito. Stava per succedere qualcosa di terribile, come aveva annunciato addirittura la professoressa Cooman, che – com'era noto – non scendeva mai, mai dalla sua torre per i pasti a meno che non fosse assolutamente necessario. Ma di cosa si trattasse, non aveva saputo o voluto dirlo.

Proprio allora fece il suo ingresso in Sala una ragazza, e non una ragazza qualunque. Non si scusò per il ritardo, ma in ogni caso nessuno sembrava avere la minima intenzione di rimproverarla. Erano tutti troppo occupati a fissarla, parecchi anche a bocca aperta, alcuni – e questo valeva per la popolazione maschile della scuola – con inequivocabili rivoli di bava agli angoli delle labbra, il che in tutta franchezza dava loro l'aria di bulldog molto stupidi a cui fosse appena stato praticato un Incantesimo di Memoria. L'espressione ebete in fondo era la stessa.

Non che non ci fossero ragionevoli motivi per seguirla con lo sguardo mentre raggiungeva ancheggiando spudoratamente il tavolo di Grifondoro: aveva curve degne di una Venere che non avrebbero sfigurato su un calendario osé Babbano – un paragone che per qualche ragione sconosciuta venne in mente a tutti gli esseri dotati di cromosoma Y presenti, anche quelli che essendo Purosangue duri e puri avrebbero dovuto trattare i Babbani e tutto ciò che li riguardava come escrementi – e un visetto di bambola incorniciato da una cascata straordinariamente lunga di capelli di un biondo chiaro che sembrava brillare di luce propria (e che, almeno nei pochi che avevano ancora un cervello funzionante, causò non pochi sospetti che fosse almeno in parte una Veela). I suoi occhi, come notò anche chi teoricamente si trovava troppo lontano da lei per vederli chiaramente, avevano una strana sfumatura viola. La cravatta rossa e oro slacciata le dava un'aria sbarazzina, e portava la camicia dell'uniforme legata in modo da mostrare l'ombelico, come quella cantante Babbana, Britney Swords... no, Spears... in uno dei suoi video musicali, ma nessun professore ebbe alcuna reazione di fronte alle sue... ehm... personalizzazioni della divisa.

«È bellissima...»

«Ho deciso: giuro che le chiedo di venire a Hogsmeade con me il prossimo weekend».

«Credo di amarla...»

«Come ho fatto a non notarla finora?»

I bisbigli e le mezze frasi che rimbalzavano per la Sala erano tutti di questo tenore. Solo una, la voce della razionalità (che guarda caso era una voce femminile, forse perché al momento gli uomini stavano pensando con una parte del loro corpo che non era l'encefalo), si levò sopra le altre per porre l'unica domanda sensata: «Chi è quella?»

L'interessata doveva averla sentita, perché si schiarì la gola e rispose a beneficio di tutti, con una voce d'usignolo che si accordava perfettamente al suo aspetto angelico: «Sono Avalon Blossom Chantelle Destinee Elinor Felicity Guinevere Hazel Ivory Jemima Kaycee Lexi Mabelle Nerissa Opal Penelope Queenie Robyn Serenity Tara Unity Vanessa Wynter Xena Yasmin Zelda La Croix». Incredibilmente, l'aveva detto tutto d'un fiato, e sembrava avere ancora abbastanza aria nei polmoni per continuare a raccontare la sua storia, anche se probabilmente qualcuno dei suoi nuovi ammiratori non la stava più ascoltando, essendosi addormentato a metà della sequela di nomi. «Sono arrivata da poco, vedete, perché finora ho studiato da privatista. Essendo metà inglese e metà francese, per me sarebbe stato indifferente frequentare Hogwarts o Beauxbatons, e la mia famiglia non riusciva a mettersi d'accordo. Ma ora i miei genitori sono morti in un attacco dei Mangiamorte, sono rimasta sola al mondo e sono stata costretta a scegliere perché non avevo un posto dove andare». A nessuno parve neppure remotamente strano che ne parlasse con tanta freddezza, senza che i suoi meravigliosi occhi d'ametista si riempissero di lacrime. «Ho sostenuto qualche piccolo test per valutare la mia preparazione, niente di così terribile, e il Preside mi ha concesso di entrare direttamente al sesto anno».

«Wow» commentarono in coro due voci tanto, troppo familiari. Anche Harry e Ron, essendo dotati di organi genitali maschili, sembravano ugualmente ipnotizzati da Avalon Blossom Chantelle Eccetera Eccetera.

«Be', è andata abbastanza bene, credo» disse tra sé quella divina apparizione, sedendosi proprio tra i nostri due eroi. «Che ve ne pare dei miei capelli? Cioè, sono una Metamorfomagus, naturalmente, e ho pensato che per stamattina sarei stata carina in versione bionda... avevo seriamente pensato al rosa shocking, ma aveva un non so che di sbagliato...»

«Quel colore ti dona moltissimo» la rassicurò prontamente Harry in un tono che nessuno l'aveva mai sentito usare prima. Se non fosse stato comunemente noto che si era dimostrato in grado di resistervi alla tenera età di quattordici anni, tutti coloro che lo udirono avrebbero potuto giurare che fosse sotto l'effetto della Maledizione Imperius.

«A dirla tutta staresti bene anche senza capelli, bellezza, ma perché non provi l'arancione Cannoni di Chudley per me?» Per una certa cervellona di nostra conoscenza, per la quale tra l'altro l'argomento capelli poteva rivelarsi un tantino sensibile, questo fu davvero, davvero troppo.

«Oh, no» gemette Hermione. «Io lo so che cos'è!» risuonò la sua voce, magari non melodiosa come quella della signorina La Croix, ma chiara e cristallina quanto bastava. «Ho letto tutto sull'argomento! Lei è una... lei è una...» Si bloccò, come se non osasse nominare quell'abominio, come se la parola successiva che avrebbe dovuto uscirle di bocca fosse stata dieci volte più spaventosa del nome proibito di Lord Voldemort.

«Una cosa?» la spronò Ginny da qualche posto di distanza, lanciando sguardi di fuoco al fratello maggiore e al ragazzo di cui era innamorata da sempre, furiosa all'idea che si lasciassero influenzare entrambi da quella... quella... quella che cosa, dato che Hermione sembrava avere qualche difficoltà a dirlo?

«Una Mary Sue! Donne di Hogwarts, unitevi! Dobbiamo fare qualcosa!»

 

Note dell'Autrice: oh, sì. L'ho fatto anch'io. La milionesima, assurda parodia dell'undicesima piaga d'Egitto, il fenomeno Mary Sue. *assume tono di voce da documentario alla SuperQuark* La Mary Sue è di solito il prodotto della mente di “scrittori” che si credono Dante Alighieri ma ignorano cosa significhi inventare un personaggio ben costruito, e si riconosce da una caratteristica fondamentale: è perfetta. Altri elementi ricorrenti sono i molti, di solito bizzarri, secondi e terzi nomi, un passato tormentato che non sembra avere alcuna influenza sul suo amabile carattere, e un aspetto bellissimo che sconfina nell'assurdo. Rating Giallo per i riferimenti alla cosa con cui pensano i ragazzi in presenza di Avalon e perché probabilmente nei capitoli successivi la beccheremo in atteggiamenti compromettenti.

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Capitolo 2
*** Nuove reclute ***


«Hermione! Sapevo che ti avrei trovata qui!» Se c'era una cosa che una particolarmente trafelata, infangata e furiosa Ginny Weasley, ancora in divisa da Quidditch, sapeva fare bene, era attirare l'attenzione. Anche e soprattutto quando non avrebbe dovuto. Madama Pince le fu addosso così in fretta da dare l'impressione di aver trovato una scappatoia alla famigerata regola del “niente Smaterializzazione nel castello”.

«Signorina Weasley, in biblioteca bisogna rispettare il silenzio. E ti sarei grata se non ricoprissi di sporcizia i libri!»

«Ma è un'emergenza!»

«Un'emergenza che può sicuramente aspettare. Per stavolta passi, ma se disturberai ancora dovrò prendere seri provvedimenti».

«Qual è il problema?» sussurrò Hermione una volta che l'avvoltoio se ne fu andato, forse sperando che l'amica abbassasse la voce per imitazione. Ginny l'aveva colta nel bel mezzo della lettura di Fatture per Affatturati, un genere di libro che era molto poco probabile dover usare per i compiti. Che cercasse ispirazione per una fattura ben assestata che facesse abbassare la cresta ad Avalon Perfezione La Croix?

«Harry» rispose semplicemente, mettendo in quel nome tutto il suo risentimento. Se qualcuno avesse detto a Hermione che un giorno l'avrebbe sentita pronunciarlo con quel tono, difficilmente ci avrebbe creduto.

«Harry cosa?»

«Harry è il problema. È ufficialmente impazzito».

«Questo l'avevo già capito stamattina a colazione. Cos'è successo ancora?»

«Lui... lui mi ha... buttata fuori dalla squadra!» Tremava di rabbia.

«Stai scherzando?» Chiuse il volume con un colpo secco. Il Quidditch era una delle poche cose di cui sapeva solo le nozioni fondamentali, ma dopo sei anni a strettissimo contatto con due fanatici aveva imparato a riconoscere un buon giocatore quando lo vedeva, e Ginny lo era, punto e basta. Harry aveva reagito alla nomina a capitano più o meno nello stesso modo in cui aveva preso la responsabilità dell'ES: non si vedeva come un leader, ma accidenti se lo era! Teneva moltissimo a spremere dai suoi compagni ogni possibile goccia di impegno e di talento, e rinunciare a un elemento come Ginny, che non solo segnava da sola un numero consistente dei gol totali a ogni singola partita, ma teneva alto il morale della squadra, era decisamente una mossa stupida. Ma che Harry fosse improvvisamente diventato un emerito idiota era di dominio pubblico, e Hermione, la cui mente lavorava sempre a ritmo febbrile, non impiegò molto per fare due più due.

«Magari scherzassi...»

«Non dirlo neanche: Avalon?»

«Precisamente. Io arrivo agli allenamenti come se niente fosse, e cosa vedo? Che i ragazzi sono già in sette, tutti in divisa e pronti a scattare... non chiedermi dove quella lì abbia preso l'uniforme, perché non lo so... e Harry dice che, aspetta, com'erano le parole esatte? “Che la nostra nuova arrivata ha dimostrato da subito un vivo interesse per il Quidditch, e vuole darle la possibilità di farsi valere, ma i posti in squadra sono limitati”...»

«E ti ha buttata fuori così, senza pensarci due volte?»

«Oh, ci ha pensato, ma non col cervello. Ci ha fatto fare una sottospecie di provino... proprio la Cacciatrice doveva fare, poi? Scommetto dieci Galeoni, e non ce li ho, che ha deciso così solo perché le nostre Cacciatrici sono tutte ragazze, i maschietti vuole ingraziarseli...»

«Ma scusa, se vi ha messe tutte alla prova non avresti dovuto perdere il posto. Ti ho vista giocare, e anche se il mio giudizio magari non conta un granché, ci sai fare».

«Grazie» sorrise debolmente. «Ma il problema è proprio questo. Ha vinto onestamente, più o meno. Cioè, il fatto che il Portiere, che poi sarebbe il mio stramaledetto fratello, fosse troppo occupato a sbavare per preoccuparsi di dove fosse la Pluffa probabilmente l'ha aiutata, ma a parte quello è oggettivamente fantastica. Be', non proprio, visto che vuole solo mettersi in mostra e non sa fare un gran gioco di squadra, ma non ho mai visto una mira così».

La risposta fu l'ultima che Ginny si sarebbe aspettata: «Quand'è il prossimo allenamento?» C'era una luce strana negli occhi della sua amica, una luce che aveva già visto da qualche parte... probabilmente al Ministero, sul viso folle di Bellatrix Lestrange.

«Hermione... tu stai tramando qualcosa». Era un'affermazione, non una domanda. «È tra due giorni».

«Oh, be', è poco per prepararmi, ma ce la posso fare. È aperto al pubblico?»

«È aperto a noi. Capitan Scemo non vuole spie da altre Case».

«Tu ci vieni, punto e basta. Ho bisogno di un complice. Con un po' di fortuna riavrai il tuo posto in squadra in men che non si dica. E sai una cosa? Ho come l'impressione che tu non sia né la prima né l'ultima vittima della Signorina Perfettina. In capo a una settimana ci sarà una gran sete di vendetta, e noi la sfrutteremo tutta».

«Vuoi reclutare gente contro di lei? Cosa farai, delle spille con su scritto “Cancelliamo Avalon La Croix dalla Faccia della Terra”?»

«Meglio. Creerò un esercito di ragazze. Semplice ma geniale. Faremo una guerriglia costante, e la bambolina di porcellana andrà finalmente in pezzi. Potremmo chiamarci “Lega Anti-Mary Sue”, oppure “Le Amazzoni di Hogwarts”».

«Fai paura. Lo sai, sì?»

«Mai quanto lei. Muoviamoci».

«E dove andiamo, scusa?»

«A caccia di cuori spezzati».

«Oh, per i dannatissimi calzini puzzolenti di Merlino, Hermione! Sei completamente fuori di testa!»

«No che non lo sono. Ho studiato a fondo i segni distintivi e le abitudini della Mary Sue. Per trovarla, devi solo seguire il suono dei pianti delle ragazze a cui ha distrutto o la relazione, o l'autostima o tutte e due le cose».

«Sembra di sentire la descrizione di chissà quale creatura Oscura» commentò Ginny, lasciandosi trascinare come una bambola di pezza a grandezza naturale verso una destinazione sconosciuta.

«Infatti per circa mezzo secondo ho pensato che la si potesse respingere con un Patronus, dato che succhia via la felicità, ma... no».

«Dove stiamo andando?»

«Dov'è che vanno le ragazze quando hanno bisogno di sfogarsi senza essere viste? Sei una donna anche tu, Ginny, metti in moto i neuroni».

«In bagno?»

«Elementare, Watson».

«Scusami?»

«Ah, un personaggio Babbano, non ho tempo di spiegarti» tagliò corto Hermione. Ed esattamente come aveva previsto, dal bagno delle ragazze provenivano dei singhiozzi.

«Oh, no! Questo è quello di Mirtilla Malcontenta!» Era di nuovo allagato, tra l'altro. «Ti aspetto qui fuori, non voglio sorbirmi le sue lamentele...»

«E invece no. Tu sei il comandante in seconda, Ginny. Devi stare sempre, ripeto sempre, in prima linea, è chiaro?»

«Ma io non ho mai chiesto di essere il comandante in seconda!»

«Quando tutte le tue amiche cominceranno a cadere come mosche sotto i colpi della Mary Sue, pregherai di esserlo». Ginny sospirò e, forse ricordando che Hermione conosceva un numero spropositato di incantesimi e non era molto saggio averla come nemica, fece buon viso a cattivo gioco ed entrò, le scarpe che facevano orribili rumori umidicci a ogni passo.

«Mirtilla? Sei lì?» esordì cauta Hermione.

Il fantasma della giovane occhialuta uscì da un cubicolo attraversandone la porta, tirò su teatralmente col naso e rispose, di malumore come sempre: «Che c'è?»

«Non per essere indiscreta, ma noi...», Ginny stava per intimarle di parlare al singolare, ma una potente gomitata in zona costole le fece cambiare idea, «noi ci chiedevamo perché stessi piangendo».

«Oh, che strano. Non è quello che faccio sempre? Non è vero che v'importa, volete solo prendervi gioco di me!»

«Non dire così! Mirtilla, sul serio... stanno succedendo brutte cose, e crediamo che potresti esserci d'aiuto».

«Stupidaggini. Il Basilisco è morto anni fa. Sono stata interessante per cinque minuti, e ora sono di nuovo solo l'inutile Mirtilla Malcontenta. Come potrei mai aiutarvi?»

«La Camera dei Segreti non c'entra niente, questa volta. Abbiamo solo bisogno di sapere perché piangi, tutto qui».

«E va bene» concesse infine Mirtilla con un lungo sospiro tremulo. «Piango perché prima ogni tanto mi capitava qualcuno di simpatico, che mi ascoltava, mentre ora a nessuna delle ragazze che vengono qui importa più nulla di me! Non fanno altro che lamentarsi dei loro, di problemi, e pretendono che io passi le giornate a sentire un resoconto dopo l'altro di come i loro ragazzi le hanno lasciate perché sono innamorati di lei, o di come i professori le trattino ingiustamente perché adesso adorano lei, o di come lei le faccia sentire brutte e imbranate... Io lei non l'ho nemmeno mai vista, ma immagino che abbia di meglio da fare che qualcosa di volgare come andare in bagno».

«Visto?» commentò Hermione con un mezzo sorriso. «Come volevasi dimostrare».

«Be'? C'è altro? Perché se avete finito, fatemi il favore di tirare lo sciacquone, così finirò nel lago. Avevo in mente di fare una visitina al calamaro gigante».

«Veramente potresti esserci ancora più utile, Mirtilla. Poi potrai andare, promesso».

«Ancora?»

«Riguardo a quelle ragazze disperate... le conosci? Sai dirci qualche nome?»

«Oh, sì, penso di sì. C'era Eloise Midgen, quella a cui non è ancora passato l'acne, che si sentiva più brutta che mai. E Hannah Abbott, di Tassorosso, che diceva di essersi messa a studiare Erbologia più del solito per farsi notare da Paciock, ma ora non le serve più a niente perché lei è troppo brava anche in quello». Ginny avrebbe fatto volentieri a Mirtilla un bel discorsetto sul significato della parola “privacy”, ma la sola minaccia di una seconda gomitata la zittì all'istante. «E avete presente Luna Lovegood? Piangeva pure lei, ma era un po' arrabbiata e un po' commossa, perché a quanto pare quella lì è riuscita a trovare, disegnare in dettaglio, catturare e dissezionare un Ricciocorno Schiattoso. Da sola. Né lei né suo padre c'erano mai riusciti».

«Ma il Ricciocorno Schiattoso non esiste!» sbottò Hermione. «Come diamine si fa a studiare qualcosa che non esiste?» L'assoluta perfezione della signorina Avalon Eccetera aveva ufficialmente superato il livello di guardia.

«Non chiederlo a me. Là fuori ci sono un sacco di Babbani che credono che non esistano neanche i fantasmi, eppure io sono qui».

«Grazie mille, Mirtilla. Se ti viene in mente qualcun altro, chiunque, ricordati di dircelo la prossima volta che passiamo». Ginny inorridì all'idea che ci fosse una prossima volta, ma rimase prudentemente in silenzio.

«Ooooh, lo so! Lo so io un nome che v'interessa! Pansy Parkinson!»

«Ah, sì? Dicci tutto!»

«Be', è da un po' che le interessa Malfoy, o almeno così ho capito. Anche lui dev'essere rimasto folgorato da lei».

«Interessante... Ci sei stata di grandissimo aiuto, davvero. Ginny, andiamo».

«Ehi! Aspettate! E io come ci vado, nel lago?»

«Segui le tubature, noi abbiamo molto da fare» replicò secca Hermione, uscendo dal bagno a passo di carica.

«Ah, sì?»

«Sì, esatto. Mirtilla ci ha appena dato una bella lista di nuove reclute».

«Anche quella cagna della Parkinson?»

«In guerra e in amore tutto è concesso. E questo è un po' di tutti e due».

Rintracciare le ragazze costrinse il Generale Granger e il Colonnello Weasley a fare parecchia ginnastica su e giù per le centoquarantadue scalinate di Hogwarts, ma alla fine si ritrovarono tutte – col fiatone, ma sane e salve – al settimo piano, proprio di fronte a un certo arazzo di Barnaba il Babbeo intento a insegnare la danza classica a dei troll.

Abbiamo bisogno di un posto dove pianificare in pace la nostra vendetta contro la Mary Sue, pensò disperatamente Hermione.

La Stanza delle Necessità aveva davvero dato il meglio di sé: poltrone e grossi cuscini dove sedersi a discutere i dettagli, infiniti scaffali di libri di piccoli incantesimi perfidi che sarebbero certamente tornati utili, una lavagna e una pregevole collezione di gessetti colorati con cui il Generale potesse illustrare più chiaramente i suoi progetti, una scorta a vita di fazzolettini usa e getta per le poverine con la fiducia in se stesse sotto i tacchi e... sì, una gigantografia di lei appesa a un muro, con tante freccette tentatrici che invitavano a usarla come bersaglio per il tiro a segno.

«Diamo inizio alla Fase Uno!» E la risata malvagia di Hermione non ebbe nulla da invidiare a quella del Mangiamorte più incallito.

 

Note dell'Autrice: probabilmente un capitolo un po' debole, ma era solo di transizione. Dal prossimo, le ragazze cominceranno a mettere dei meritatissimi bastoni fra le ruote a Miss Perfezione, lo giuro.

PS: “In guerra e in amore tutto è concesso. E questo è un po' di tutti e due”. La riconoscete? Oh, sì, ho fatto molto, molto apposta a mettere in bocca a Hermione una citazione che nel settimo libro sarà di Ron. Lo so che lui non l'ha ancora detta (spero di aver fatto capire a questo punto che si svolge in un sesto anno alternativo più tranquillo di quello vero), ma è proprio questo il punto. Si “imitano” inconsapevolmente. <3 Sono una romantica senza speranza.

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Capitolo 3
*** Strani incidenti ***


Buona parte della Fase Uno, come si scoprì, consisteva in un'accurata opera di pedinamento. La Signorina Perfettina preferiva di gran lunga la compagnia dei ragazzi, ma le divenne estremamente difficile ritrovarsi da sola con un qualsiasi essere senziente di sesso maschile. Qualche ragazza che camminava in punta di piedi sullo sfondo dell'idilliaca scenetta c'era sempre, e ogni volta che accadeva, Avalon sembrava perdere di colpo il favore della dea bendata, e con esso tutta la sua vomitevolmente perfetta compostezza. Come quella volta che, proprio mentre Neville rileggeva con grande ammirazione il suo dettagliatissimo tema su come distinguere il Frullobulbo dal Tranello del Diavolo a prima vista, una piuma svolazzò tranquilla e discreta verso il di lui preziosissimo cactus Mimbulus mimbletonia, sfiorandolo in un punto particolarmente sensibile e ricoprendoli entrambi di una generosa e stomachevole dose di Puzzalinfa. Testimoni oculari giurarono in seguito di aver visto Hannah Abbott riporre la bacchetta mormorando con aria profondamente dispiaciuta: «Scusa, Neville, non volevo coinvolgerti, ma se ti aiuta a svegliarti ben venga...»

O come quell'altra volta che, colpevole di aver fatto un occhiolino con parecchi sottintesi a Draco Malfoy alla fine di una particolarmente massacrante lezione di Pozioni da cui tutti – tutti tranne lei, che quel giorno sfoggiava nei capelli ancora in gran parte biondi un improbabile arcobaleno di mèches che probabilmente doveva stare a significare quant'era felice di avere tutti gli uomini di Hogwarts ai suoi piedi – erano usciti bruciacchiati, col fiato grosso e disgustosi pezzetti d'ingredienti nei punti più impensabili, inciampò senza ragione apparente, tuffandosi di testa nel proprio calderone pieno fino all'orlo del miglior Distillato della Morte Vivente che il professor Lumacorno avesse mai visto, bevendone inavvertitamente un po' e cadendo addormentata. Draco si sarebbe volentieri offerto di trascinarla di peso in infermeria per un antidoto solo per poter toccare quel corpo scolpito in posticini che finora gli erano stati inaccessibili, ma Pansy, smettendo di borbottare qualcosa su quanto fosse utile l'Incantesimo d'Inciampo, s'inserì di prepotenza tra i due annunciando: «Faccio io, professore... Granger, ti dispiace... ? Mi sa che dobbiamo trasportarla in due...» Parecchi occhi uscirono dalle rispettive orbite al vedere Pansy che, in modo molto poco caratteristico, chiedeva aiuto proprio a lei; forse fu per lo shock che nessuno fece molto caso al fatto che nessuna delle due infermiere improvvisate fu particolarmente gentile con la paziente, o che si fossero date segretamente il cinque prima di afferrarla.

«Questo è lo spirito giusto!» si complimentò il Generale. «E suggerire di portarla in due... forse qualcuno comincerà a pensare che pesi qualche chiletto in più di quel che sembra... Pansy, sei un vero genio del male!»

«Così pare. Lo sai che per me è un complimento, vero, Hermione?»

«Lo immaginavo. Ehi, aspetta, frena, ci siamo appena chiamate per nome?» A giudicare dalle identiche espressioni schifate, entrambe avevano intenzione di scaricare la Bella Addormentata in uno sgabuzzino delle scope e correre al bagno più vicino a lavarsi la bocca col sapone, ma ora che avevano promesso a Lumacorno di portarla in infermeria, sarebbe stato un disastro se Madama Chips non le avesse viste arrivare.

«Siamo in guerra. Sono cose che capitano».

«Parole sante. Con questa diventi almeno Tenente Parkinson, comunque. Se solo avessimo un modo di far vedere a più gente questi “incidenti”...»

«E farle delle foto compromettenti no, eh? Sei troppo nobile per questo, cuor di leone?»

«Se io sono un cuor di leone, tu sei una serpe. Una serpe molto furba. So dove prendere una macchina fotografica».

«Musica per le mie orecchie».

«Se questo ti piace, aspetta solo di scoprire cos'ho in mente per gli allenamenti di Quidditch...»

«Farai tornare in squadra la tua amichetta Weasley?»

«Lo spero».

«Ecco, questo non lo volevo sentire. Pel di carota è un osso duro, anche se odio ammetterlo».

«Oh, andiamo... siamo in piena battaglia e tu pensi alla Coppa del Quidditch? Potrei degradarti, lo sai?»

«Non fare la voce grossa con me, Generale dei miei stivali. 'Sta cosa dei gradi te la sei inventata di sana pianta perché suona bene».

Depositarono – o forse sarebbe meglio dire “gettarono come un sacco di patate” – Avalon su un letto libero dell'infermeria; Madama Chips stava per disapprovare la loro scarsa delicatezza, ma ciò che invece le uscì di bocca fece subire a entrambe un discreto shock. Non fu: “Fate piano!”, e nemmeno “Su, ditemi che le è successo”, e neppure “È molto grave?”

No, fu esattamente: «Quella lì in infermeria? Oh, ma guarda un po', avrei giurato che fosse in grado di curarsi da sola anche nel bel mezzo del deserto del Sahara...»

«Lei... lei pensa veramente quello che ha appena detto?»

«Perché non dovrei? Solo qualche ora fa è entrata di corsa trascinandosi dietro un tizio che aveva quasi spappolato con un incantesimo, mentre si esercitavano in Difesa, credo, e ha preteso di insegnare a me come rimetterlo a posto... E allora perché diamine non l'ha fatto e basta, dico io?»

«È un affronto!» convenne Hermione, un po' perché ne era sinceramente convinta, un po' perché sapeva che mettersi contro Poppy Chips era come affrontare a mani nude una mamma orsa a cui fossero stati portati via i cuccioli.

«Qui le strade si dividono, Tenente Parkinson. Ci si vede stasera tu sai dove. Io intanto indagherò un po': se l'infermiera è dalla nostra parte, forse ci conquisteremo anche il favore di qualche professoressa».

«A chi lo dici... vorrei essere lì quando lei pretenderà di saperne più della McGranitt di Trasfigurazione, quella è un drago... giura che me lo racconterai...»

«Parola di Generale. A dopo».

Hermione si avviò a passo di marcia verso la Sala Comune, dove Ginny era pressoché sepolta dai libri. Mancava ancora moltissimo, ma gli studenti del quinto cominciavano a sentire la pressione dei G.U.F.O.

E a proposito di quinto anno... «Ginny, tu sei amica di Colin Canon, giusto?»

«Mmm, be', ci sediamo vicini in parecchie classi, cosa vuoi da lui? Ti avverto, è completamente andato. A quanto pare non è ancora riuscito a decidere quale sia il profilo migliore di Miss Perfetta, perché sono tutti e due divini».

«Prendigli la macchina fotografica. Chiedigliela in prestito, strappagliela di mano, rubagliela con un Incantesimo d'Appello, non m'importa. Devo averla».

«Che ci vuoi fare?»

«Quello che ci fa lui, foto di Avalon. Solo meno lusinghiere delle sue. Si comincia domani, all'allenamento. E assicurati che Luna venga all'incontro di stasera, qualche dritta dalla figlia del direttore di una rivista ci fa proprio comodo».

«Mi piace come suona questo piano».

«Ti piacerebbe ugualmente se ti dicessi che l'idea è della Parkinson?»

«Me lo farò piacere» grugnì Ginny, con l'esatta espressione di chi cercava di deglutire una Gelatina Tuttigusti+1 al sapore di caccole. «Non mi dire che vuoi metter su un giornalino anti-Avalon, perché non ci credo».

«Non un giornalino... per ora. Ma se si renderà necessario, faremo anche quello. E un'ultima cosa, Colonnello Weasley».

«Dimmi tutto».

«Hai qualcosa, qualsiasi cosa, del negozio di Fred e George? Ci vogliono dei diversivi belli potenti».

«Signorsì, signora!» esclamò la rossa, corredando la frase con un accenno di saluto militare. «Tutta la collezione, sai come sono fatti quei due pazzi. Fuochi d'artificio, Merendine Marinare, tutto. Me ne mandano appena possono, come se volessero incoraggiarmi a combinare guai». Fu più forte di lei: Hermione le scoccò uno sguardo di gelida disapprovazione. «Ma ho avuto troppo da studiare per pensarci, il quinto anno è un incubo, quindi è ancora tutto lì a fare la muffa».

«Bene. Non avrei mai creduto di doverli ringraziare, ma tu al campo di Quidditch ci vieni armata, meglio se con la macchina di Colin».

«Sarà fatto. E a proposito di Quidditch, sai cosa sono riuscita a combinare mentre tu facevi comunella con Faccia da Carlino Parkinson?»

«Cosa?» la pungolò Hermione, dimenticando il tono da Generale Granger e assumendo più l'aria di una bambina in un negozio di giocattoli.

«Ho arruolato Demelza Robins e Katie Bell, le altre due Cacciatrici. La odiano da morire, e credimi se ti dico che Katie è un portento. Dolce gattina quando ha i piedi per terra... tigre dai denti a sciabola appena decolla. Spero che ci metta la stessa furia di quando gioca».

«Questa sì che è una notizia! Dovremmo chiedere anche alle altre di cercare reclute».

«Magari qualche ragazza del Lumaclub, scommetto quello che vuoi che Miss Guardate-Quanto-Sono-Fantastica ne fa già parte...»

«Mi hai appena dato un'idea geniale! Oh, credevo di dover sprecare un mese... Ginny Weasley, ti adoro. È ufficiale».

«Un mese? Che cosa... ?» Poi un'espressione di orripilata comprensione le balenò sul viso. «Oh, no».

«Oh, sì. Per adesso non preoccuparti, non ho ancora pensato nemmeno io ai dettagli. Tu assicurati di avere quella maledetta macchina».

Quella sera, nella Stanza delle Necessità, Hermione annunciò in tutta serietà: «Siamo ancora poche».

«Io posso dirlo a Susan» si offrì Hannah. «È pur sempre la nipote di Amelia Bones: potrebbe scoprire che essere così perfetta è illegale».

«Ci sarebbe anche Cho» propose Luna. Ginny emise un grugnito inintelligibile al pensiero di lavorare gomito a gomito con una vecchia fiamma di Harry, ma la bionda la blandì: «Un cervello in più. “Un ingegno smisurato per il mago è dono grato”».

«Molto bene, complimenti a tutte e due. Potreste unire le forze e farmi un favore? Sono quasi certa che domani lei finirà in infermeria, e ho bisogno che le arrivi un biglietto anonimo di “pronta guarigione” pieno di pus di Bubotubero puro. Ce la fate?»

«Signorsì, signora!» scattarono entrambe.

«Perfida» disse Pansy, facendolo suonare come un complimento.

«Se un giorno mi avessero detto che ti avrei ringraziata per l'idea, non ci avrei creduto» rispose Hermione in un tono amabile molto, molto finto, facendo arrivare una freccetta proprio sulla boccuccia di rosa della gigantografia della signorina La Croix per sfogarsi.

 

Il giorno fatidico era arrivato. Molto sportivamente, Avalon Eccetera aveva i capelli per metà biondi e per metà scarlatti, divisi da una scriminatura apparentemente tracciata col righello.

«Oh, che carina, sei venuta a vedere come me la cavo...» cinguettò, notando Ginny che si avviava verso gli spalti. «Sì, capisco benissimo, sarai preoccupata per le sorti della squadra... scoprirai che sono una degna sostituta, davvero, altrimenti il capitano non mi avrebbe scelta!» Ginny sembrava avere una gran voglia di lasciare su quella pelle d'alabastro l'impronta di cinque dita, ma si trattenne e girò sui tacchi, raggiungendo il Generale Granger.

«Era ora! Ce l'hai?»

«Scusa, c'è voluto un po' prima che Colin si voltasse... non potevo mica Appellargliela da sotto il naso!»

«Diversivi?»

Ginny aprì il mantello, dando l'impressione di avere due grosse ali di stoffa che penzolavano sotto le braccia tese. L'interno della sua divisa sembrava una versione portatile dei Tiri Vispi Weasley, Diagon Alley numero 93: da una quantità spaventosa di tasche che Hermione non aveva idea che fossero mai state lì (forse Ginny se le era cucite da sola per l'occasione) spuntavano piccoli razzi, scatolette di dolciumi, Detonatori Abbindolanti e una discreta riserva di Polvere Buiopesto, che probabilmente non avrebbe dato il meglio di sé all'aperto, ma era sempre carino avere con sé in circostanze del genere.

«Fantastico. Adesso aspettiamo che comincino, poi tu mi passi la macchina – sii ragionevole, Ginny, io sono figlia di Babbani, tu invece sei proprio sicura di saperla usare? – e ti liberi di Madama Bumb in qualsiasi modo ti salti in testa. È una bella cosa che sorvegli gli allenamenti, ma in questo momento la supervisione di un adulto è l'ultima cosa che vogliamo». Con Ginny che quasi fumava dalle orecchie come se avesse preso una generosa dose di Decotto Tiramisù, lasciarono provare a Miss Perfezione prima qualche semplice passaggio, poi una Manovra di Porskoff da manuale, al che la rossa ringhiò: «Ora basta. Quello era compito mio». Le ficcò in mano di malagrazia la macchina fotografica di Colin e al grido di: «Cosa non si fa per il Quidditch!» spezzò una Merendina Marinara, intascò l'antidoto e ingoiò l'estremità che l'avrebbe fatta star male. L'effetto fu immediato: cominciò a vomitare anche l'anima sulle gradinate. Hermione si concesse una frazione di secondo per pensare che in realtà la sua coraggiosa amica avrebbe voluto dire “Cosa non si fa per amore”, dato che la sua impresa eroica, guarda caso, aveva coinciso esattamente con lo sguardo un po' ammirato e un po' ebete che Harry aveva scoccato ad Avalon facendole un gesto di approvazione; poi spense l'interruttore del romanticismo e strillò in modo molto convincente: «Madama Bumb! Presto! Si sente male!»

L'insegnante, che stava controllando a vista un pericoloso tentativo di Peakes di farsi passare un Bolide dietro la spalla senza colpirsi da solo, accorse immediatamente e, borbottando tra sé: «Oh, per Morgana, cos'ha mangiato questa qui?», si fece aiutare a issarla direttamente dagli spalti alla scopa, schizzando via in direzione del castello. Libertà, finalmente!

L'occasione era imperdibile: Demelza aveva appena diretto ad Avalon un passaggio impossibile che la costrinse a deviare proprio verso il punto dov'era seduta Hermione per afferrare la palla. Il Generale Granger le puntò contro la bacchetta con tutta la discrezione che le riuscì e, osando appena muovere le labbra, sussurrò: «Confundus». Con una virata alquanto ridicola, la nuova stella del Quidditch ignorò beatamente la Pluffa e si gettò volontariamente contro il Bolide di Coote che le stava venendo addosso, perdendo la presa sulla scopa e colando a picco... e naturalmente l'indomita macchina (presa in prestito... più o meno) della nostra reporter preferita era lì a documentare l'accaduto.

Hermione terminò la spettacolare serie di scatti, finse un'aria preoccupata e si precipitò di sotto.

«Oh... oh... oh, no, credo di essermi rotta qualcosa, devo essere caduta con tutto il peso sul braccio...»

«Oh, andiamo, per una come te risistemarsi un osso rotto sarà una sciocchezza!» trillò, pregustando la dolce vendetta.

«C-certo...» rispose Miss Perfezione, il bellissimo viso deturpato da una smorfia di dolore, estraendo la bacchetta... e non notando che Hermione faceva lo stesso. Cominciò a mormorare formule complicate degne di una Guaritrice del San Mungo, ma non aveva fatto i conti con l'intervento del Generale Granger, che non per niente era l'unica del suo anno – l'unica prima del suo arrivo, s'intende – ad aver padroneggiato in modo decente gli incantesimi non verbali. Sugli occhi d'ametista dell'odiata Mary Sue calò una patina di confusione.

«Oh, no, non è possibile... io... io... non mi ricordo più come si fa!» Ed esattamente com'era successo anni prima a colui che ora era il suo capitano, il suo braccio si ridusse a un'appendice gommosa e inutile. Neppure una Mary Sue era più così perfetta con trentatré ossa in meno.

Jemima (dato che aveva tutti quei nomi, tanto valeva sceglierne uno a caso) si dimostrò anche una grande attrice drammatica, oltre a un'ottima Cacciatrice, e Hermione si assunse l'ingrato compito di farsi passare il braccio sano sulle spalle e sorreggerla fino al castello, anche se, indolenzimento generale a parte, non ne avrebbe avuto bisogno.

«Due volte in due giorni?» commentò l'infermiera quando la affidò alle sue abili mani. «Credevo che Potter fosse sfortunato, ma questa qui batte tutti i record!»

«Non penso che sia sfortuna, Madama Chips» mentì spudoratamente Hermione. «Più un'incredibile mancanza di senso dell'equilibrio, che combinata all'ignoranza delle più elementari regole del Quidditch e, al contrario di quanto affermava, delle basi della Guarigione, ha portato a questo disastro».

«Ma come ti permetti? Sapevo perfettamente quel che facevo!» Tombola! Il bello degli incantesimi che interferivano con le capacità cognitive del malcapitato era che costui (o nel nostro caso, costei) non si rendeva minimamente conto che qualcosa nella sua testa non andava.

«Mi permetto eccome. Ti ricordo che sei caduta dalla scopa e hai ammesso tu stessa di non ricordarti più come risistemarti. E la prossima volta, cerca di prendere la Pluffa, non di buttarti sulla prima cosa semovente che ti viene incontro. Quella grande e rossa, hai presente?» Avalon boccheggiò, ma di fronte ai fatti non riuscì a farsi venire in mente La Risposta Perfetta. Hermione girò sui tacchi. Non appena fu al sicuro fuori dalla loro vista, il suo passo spedito divenne una corsa in piena regola: per una volta, doveva andare al bagno di Mirtilla a ridere, non a piangere.

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Capitolo 4
*** Continuano i complotti ***


 Nei dormitori ci fu un gran pettinarsi di capelli altrimenti indomiti e lisciarsi addosso di divise quella sera, per l'ennesima cena speciale del Lumaclub. Con gran soddisfazione di Hermione, a cui non sarebbe dispiaciuto vederla umiliata ma che preferiva di gran lunga non averla tra i piedi, Madama Chips fu categorica nella sua decisione di far pernottare Avalon in infermeria in attesa che le ricrescessero le ossa, per quanto lei avesse insistito di essere perfettamente in grado di presentarsi all'appuntamento anche con un braccio gommoso al collo e la mano sana completamente fasciata per aver tentato di aprire una misteriosa lettera, tra i tanti bigliettini di fan che le erano stati recapitati sul comodino, che le aveva fatto brutti scherzi alla pelle. Diceva, in lettere accuratamente ritagliate dalla Gazzetta del Profeta (e chiunque fosse l'autore doveva essersi affrettato a bruciare la copia tagliuzzata, perché nessuno in tutta la scuola ne fu trovato in possesso): “Guarisci presto, tesoro! Anche se con questo potresti aver bisogno di un po' d'aiuto in più per rimetterti in sesto...”.

E così, con un perentorio: «Eh, no, signorina, tu te ne resti qui e ti riposi!», Madama Chips l'aveva costretta a letto; a qualche posto di distanza, una ragazzina del primo anno con delle brutte ustioni dovute a un tentativo fallito miseramente di riprodurre il fuoco portatile in cui Hermione era tanto brava la udì chiaramente mormorare mentre se ne andava: «E come avresti intenzione di mangiare con tutte e due le mani fuori uso, comunque? Ti fai imboccare dai tuoi spasimanti? Bah...»

Hermione e Ginny avevano segretamente esultato al pensiero della sua assenza, dato che erano matematicamente certe che il suo ingresso nell'élite avrebbe reso le serate un'autentica tortura (non che prima fossero uno spasso). Con loro sommo orrore, scoprirono che Avalon aveva il misterioso potere di rendere il Lumaclub doppiamente noioso anche senza esserci. Lumacorno fece le domande di rito sullo stato di salute del padre di questo, dello zio di quello e del nonno di quell'altro, ma non riuscì a trattenersi dal chiedere a intervalli regolari: «Oh, ma come sta la signorina La Croix? Ho sentito che è in infermeria, sono tanto preoccupato... una così cara ragazza... diventerà qualcuno, ve lo garantisco io! Mai visto un elemento così... ha talento in tutto! Tra qualche anno ci ritroveremo a chiederle l'autografo!»

Per fortuna era così preso dalle sue sperticate lodi da non notare che Ginny fingeva di dare di stomaco.

La cena si trascinò interminabile tra un patetico tentativo e l'altro di fare conversazione; poi finalmente, dopo un'attesa che parve loro infinita, il professore guardò l'orologio ed esclamò: «Gargoyle galoppanti, è tardissimo! Come vola il tempo quando ci si diverte!» Hermione e Ginny non furono le uniche presenti ad avere parecchio da ridire su quest'ultima affermazione, ma furono tutti saggi abbastanza da restare zitti e annuire con sorrisi falsissimi. «Su, ragazzi, andate... non vorrei mai che vi sorprendessero fuori dal letto a quest'ora per colpa mia!»

La maggior parte dei convitati obbedirono, ma il Generale e il Colonnello si attardarono, e con loro enorme sorpresa, Harry fece lo stesso.

«Ginny, ti devo parlare». Dannazione! Per fortuna si era fatta passare dall'amica qualche diversivo, nel malaugurato caso in cui avesse dovuto agire da sola.

«Okay... fuori di qui, magari? Hermione, tu fa' quello che devi fare e raggiungimi dopo, va bene?» Attese che l'altra annuisse e si eclissò insieme a Harry. Chissà, magari c'erano buone notizie in arrivo.

Hermione ispezionò rapidamente l'ambiente. Sì! Eccola! La parte che non era dedicata alle foto autografate degli ex-studenti diventati famosi era inequivocabilmente la stanza di un pozionista, e lì, in bella mostra in una credenza a vetri, c'era l'oggetto dei suoi desideri. L'unico intoppo era che se avesse rubato la preziosa mistura ora che era sola con Lumacorno, i sospetti sarebbero inevitabilmente ricaduti su di lei. Perché Ginny doveva sparire proprio ora? Eppure, forse la soluzione c'era. Azzardata, folle, ma il Generale Granger era pur sempre una Grifondoro, ed era ora di tirar fuori il fegato. In teoria quell'incantesimo duplicava qualsiasi cosa, giusto? Anche quelle molto complesse. Valeva la pena di provare.

«Signorina Granger, che ci fai ancora qui?»

«Oh, niente, volevo solo ringraziarla per la cena» cominciò, voltandosi apparentemente per caso verso il suo obiettivo. «Professore, quella è la Pozione Polisucco che ci aveva mostrato durante la prima lezione?»

«Oh, sì. Eri stata la più veloce a riconoscerla, se non vado errato». Hermione puntò tutto su un fascino che non era del tutto certa di possedere e abbassò pudicamente lo sguardo al complimento. «Sì, sì, è ancora lì... non vedo proprio in che occasione potrei usarla, era solo a scopo dimostrativo, ma ti aspetti davvero che la butti via dopo tanti sforzi? Un mese di lavoro andato in fumo, e tanti ingredienti di valore... non so se lo sai, ma alcuni sono davvero difficili da trovare...» Hermione stava per tradirsi con un commento su quest'ultimo punto che avrebbe messo terribilmente nei guai lei e i suoi amici di sempre, ma si trattenne in tempo e finse di andare ad ammirarla, osando addirittura aprire un'anta della credenza. «T'interessa così tanto?» chiese Lumacorno, sospettoso.

«Sto guardando bene qual è il suo aspetto ideale, casomai...» Tre, due, uno, via. Con una sveltezza di mano che non sapeva di avere, Hermione liberò nella stanza un Detonatore Abbindolante.

«Per la barba di Merlino, che cos'è tutto questo fracasso?»

Hermione afferrò l'ampolla – che tra parentesi era di dimensioni considerevoli, un punto decisamente a favore – e tentò il tutto per tutto: «Geminio». Sì! Era riuscita a lasciare una copia al suo posto. Se fosse anche una pozione funzionante, non lo sapeva, ma l'estetica era perfetta. Intascò l'originale e, stando bene attenta a dargli già le spalle in modo che non notasse il rigonfiamento sospetto, salutò l'insegnante con un frettoloso: «Ci vediamo a lezione, professor Lumacorno!» Era fatta, e per di più ad aspettarla fuori c'era una Ginny particolarmente raggiante.

«Be'? Com'è andata?» chiesero l'una all'altra in coro.

«Prima tu» concesse la rossa. Per tutta risposta, Hermione sollevò la Pozione come un trofeo.

«E tu?»

«Ah, aspetta, me lo sono imparato a memoria parola per parola, è impagabile... “Non hai idea di quanto io e Avalon abbiamo in comune: tutti e due orfani, e sembra che capitino tutte a lei... ma è proprio questo il punto: di questo passo finirà infortunata troppo seriamente per giocare, soprattutto se continua con quella strana tendenza a non distinguere la Pluffa dai Bolidi... senza contare poi che Demelza e Katie la detestano, chissà perché, e questo non fa per niente bene all'umore...”».

«E quindi?»

«Morale della favola, sono di nuovo in squadra!» strillò, coinvolgendola in una goffa danza celebrativa. «Ah, alla prossima partita voglio almeno uno striscione “Weasley for President”. Già è abbastanza che grazie a quegli schifosi Serpeverde tutti chiamino mio fratello “il re”... e io chi sono, scusa?»

Risero insieme e, quando si furono calmate, Hermione spiegò il resto del piano: «Okay, ascolta: questa la terremo a turno finché non sarà il momento di usarla, così se qualcuno verrà a cercare la refurtiva non sarà sempre nello stesso posto. Ce n'è abbastanza per diverse persone. Tutti pensano che lei sia perfetta, giusto? Allora mostriamo loro che non lo è. La faremo sparire dalla circolazione un'ora alla volta e ci trasformeremo in lei a turno, facendoci sorprendere negli atteggiamenti meno perfetti possibili, e intendo tutte le volgarità più disgustose che ci salteranno in testa. E vediamo di non finirla tutta con questo sistema, perché con l'ultima dose le sferreremo il colpo di grazia».

«Wow. Tu dovevi essere a Corvonero, ragazza. Sei fin troppo intelligente per i miei gusti».

«Infatti sono a Grifondoro per un pelo, te l'ho già detto».

 

La Stanza delle Necessità, servizievole per quanto una stanza potesse esserlo, si trasformò docilmente in una camera oscura, producendo da sé una buona dose della particolare pozione che avrebbe fatto muovere le foto una volta sviluppate – il lato da studentessa modello di Hermione tornò a galla per un attimo e ne concluse che secondo le Cinque Principali Eccezioni alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Elementi ciò doveva significare che il composto non conteneva niente di remotamente commestibile, ma era il momento di accantonare la secchiona e far emergere il Generale – e delle istruzioni a prova d'idiota su come fare, il che era un bene, dato che, figlia di Babbani o no, aveva sempre delegato il compito a un fotografo e non ci aveva mai provato da sola. Ne uscì trionfante con una considerevole collezione di foto di Avalon: alcune, quelle scattate da Colin all'inizio del rullino, la facevano apparire come una top model; altre, quelle rubate da una mano ben più impietosa, la ritraevano lanciata contro la palla sbagliata o addirittura in caduta libera. Con le prove tra le braccia, fece ritrasformare la stanza nella sala riunioni dell'esercito anti-Mary Sue, che – come aveva sperato – aveva ora l'aggiunta inedita di penne, inchiostro e pergamena.

«Capitano Lovegood, è ora di vedere se papà ti ha insegnato bene i segreti del mestiere».

«Agli ordini!» trillò Luna, sedendosi e infilando dietro l'orecchio la piuma che avrebbe dovuto usare per scrivere.

«Che fai?»

«Mi aiuta a pensare».

«Allora ben venga» sospirò Hermione, abituata alle sue piccole stranezze (e anche a quelle grandi, a dirla tutta).

«Che ne dici di “La Vita Segreta di una Studentessa Troppo Perfetta”?»

«No, vogliamo farla sembrare un'idiota, non una spia internazionale».

«Ooooh, colpo di genio in arrivo!» Sfilò la penna dal suo alloggiamento un po' particolare, la intinse nell'inchiostro – quello che cambiava colore mentre si scriveva, perché fosse più d'effetto – e intestò il foglio a caratteri cubitali:

È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA?

«Ora sì che si ragiona! Hai anche una bella grafia, tra l'altro, il che non fa affatto male».

«Ah, no, silenzio assoluto mentre la nuova responsabile del Gazzettino delle Amazzoni pensa!» la redarguì Luna con un'autorevolezza insospettabile. «E grazie, tra parentesi».

«Il che cosa?»

«Non è così che ci chiamiamo? “Le Amazzoni di Hogwarts”? Sbaglio o era uno dei nomi che avevi in mente?»

«Sì, ma quello che hai detto un attimo fa...»

«Sto cercando di emulare papà».

Si gettò a scrivere ed Hermione, forse per controllare i progressi, forse perché aveva sviluppato un riflesso condizionato che la obbligava a fermarsi a dare almeno un'occhiata a qualsiasi scritta comprensibile le capitasse sotto gli occhi, lesse avidamente da sopra la sua spalla:

Alla luce dei recenti avvenimenti, pare di no. Che la talentuosa e ammirata nuova studentessa, Avalon Blossom Chantelle Destinee Elinor (i lettori ci perdonino se interrompiamo l'elenco di nomi per mancanza di spazio) La Croix, non sia altro che una moneta d'oro prodotta dai Lepricani, allettante a prima vista ma destinata a scomparire nel breve giro di qualche ora?

«Qui mettiamo una delle foto di Colin» la istruì Luna, indicando il punto dove voleva l'immagine.

«Quale?»

«La più stomachevolmente adorabile che trovi, se non ti dispiace». La consueta espressione sognante della ragazza assunse un'insolita sfumatura malvagia mentre Hermione sfogliava la serie di scatti, optando alla fine per un primissimo piano in cui la Mary Sue ammiccava in maniera provocante all'osservatore sfoggiando un sorriso smagliante che avrebbe fatto impallidire perfino i suoi genitori, che per l'amor del cielo, erano dentisti!

«Bene» approvò la bionda, raddrizzando con attenzione la foto. «Sai fare un Incantesimo di Adesione Permanente?» Hermione non sprecò il secondo prezioso che avrebbe impiegato a dire di sì e si produsse nel suddetto incantesimo.

«Non verrà via neanche se cascherà il mondo».

«Che? Pensi che il mondo cascherà? Aspetta che lo senta papà, vedo già i titoli del Cavillo... “Una Profezia Inaspettata”... “Tutti ai Ripari!”...»

«No! Santo cielo, Luna, calmati! È un modo di dire!»

«Oh, okay. Sarebbe stata una prima pagina niente male, però».

Di certo tra le tante inclinazioni naturali che può vantare non figurano né il Quidditch né la Guarigione, continuò a scrivere Luna con rinnovata foga. Una nostra reporter, qui alzò la testa per sorridere al Generale Granger, era sul posto per documentare la sua spettacolare caduta, apparentemente dovuta a un ingiustificabile vuoto di memoria sulle regole fondamentali del gioco che ogni mago o strega che si rispetti conosce a menadito, e il malaugurato incidente che ne è seguito, che resterà negli annali della scuola come “La Tentata Imitazione del Bambino Sopravvissuto”. La signorina La Croix in persona ha ammesso di aver dimenticato proprio al momento cruciale la procedura corretta per saldarsi l'osso rotto; che soffra di amnesie o che sia tanto affamata d'attenzioni da procurarsi volontariamente la stessa disavventura vissuta dal celeberrimo Harry Potter all'età di dodici anni, la sua immagine impeccabile ha appena subito un duro colpo.

«Qui un paio delle più ridicole che hai scattato tu». La scelta cadde su una che ritraeva il momento in cui Avalon, con una poco caratteristica espressione vacua e per nulla intelligente dovuta all'Incantesimo Confundus, accoglieva il Bolide a braccia aperte, e su una delle ultime, che la riprendeva mentre annaspava nell'aria senza alcuna grazia, agitandosi comicamente per un attimo prima di precipitare come un sasso. Hermione non aveva mai apprezzato tanto le foto in movimento.

«Semplicemente grandiose!» E se lo pensava Luna, il cui occhio esperto non era da tutti, l'avrebbe pensato l'intera scuola.

A presto, con le prossime imprese della più amata e odiata delle bellezze che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ha da offrire!

Firmato, Le Amazzoni

Luna decorò il nome con un simpatico svolazzo e chiese: «Il prossimo passo?»

«Geminio» disse semplicemente il Generale Granger, puntando la bacchetta verso il foglio. Ripeté la procedura parecchie volte, fino a ottenere un discreto numero di copie identiche dell'articolo. «Una me la tengo io, una la prendi tu, altre due le passiamo a Hannah e Pansy. Devono finire nelle bacheche delle quattro Sale Comuni. Altre ancora le lasceremo in qualche altro posto strategico dove va molta gente, tipo la biblioteca», qui Luna aprì bocca per interromperla, ma Hermione, che in biblioteca era di casa, la prevenne, «... be', è vero, anche a quelli che la odiano prima o poi tocca! E poi le faremo circolare ai pasti, e Cho, che almeno sa volare come si deve, andando o tornando dagli allenamenti potrebbe farne cadere qualcuno dall'alto nel parco, come volantini».

«Mai pensato di lavorare per il Profeta? Se c'è una cosa che sai fare, è far arrivare un messaggio».

«Ah, il potere dell'informazione... a volte fa più della magia!»

«Con la faccenda dei Nargilli non ha ancora funzionato, però. Non abbiamo molto seguito». Luna era così soddisfatta di vedere la piccola pila di copie della sua pregevole opera che Hermione non ebbe cuore di dirle che i suoi allarmismi nei confronti di creature inesistenti e la crociata contro la Mary Sue erano due questioni molto, molto diverse.

«Sono sicura che di questo tuo padre sarebbe fiero».

 

Note dell'Autrice: approfitto di questo spazio per ringraziare di cuore tutti i miei lettori e recensori per le belle parole e la pazienza. Un milione di sentiti ringraziamenti a:

Blood, Miss_Slytherin e _Jenna_, che hanno inserito questa storia tra le loro preferite;

_Jo, che l'ha messa sia tra le preferite sia tra le seguite;

HollyCupcake, che ha voluto averla sia tra le seguite sia tra le ricordate;

calamityjane, ChibiRoby, Didyme, elbarto, ErinMalfoy, Giuls_Dancer, gossip_girl, Grace98, Marciu96, milly92, mrs snape, Queen_, ronnie_serpe, Roxanne Potter, Shade Owl, Shygirl92, SunnySideOfTheStreet, thera, virginiawoolf, _Annina, _Gardis_ e _hush, che la seguono.

Non ho mai avuto un seguito così ampio. Grazie di cuore a tutti. Non ci sono parole. Sono commossa.

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Capitolo 5
*** Piani malvagi: maneggiare con la supervisione di un adulto ***


«Si può sapere perché, di tutte le persone al mondo, hai affidato a Cho l'operazione volantini? Mi pare di saper volare altrettanto bene...» A Hermione parve di udire distintamente il “se non meglio” inespresso alla fine della frase.

«Per non sovraccaricarti di lavoro, tanto per cominciare. Hai una vita al di fuori delle Amazzoni, che tra l'altro include degli esami importanti. In più ero con Luna, ed è stata lei a proporre di arruolare Cho, quindi ho pensato che sarebbe stato carino farla sentire utile. Per non dire poi che se continuo a usare te come complice, qualcuno si accorgerà che c'è del marcio in tutto quello che sta capitando ad Avalon. In effetti mi è venuto in mente che avresti potuto essere gelosa, ma...»

«Gelosa io? Ma figurati!» sbottò Ginny. «È che ho pensato che sarebbe stato il genere di lavoro adatto al Colonnello Weasley, non credevo che avresti scelto il... il...»

«Sergente. Sergente Chang» la soccorse. Colta in flagrante: negare di essere gelosa, e per di più con quel tono pericolosamente vicino alla crisi isterica, era il modo migliore per ammettere di esserlo. «E poi ho immaginato che avresti voluto goderti gli allenamenti senza troppi altri pensieri per la testa, ora che sei di nuovo in squadra... ho ragione?»

«E va bene... ma se mi passi una copia o due le lascio negli spogliatoi, tanto per non restare con le mani in mano».

In capo a pochi giorni non ci fu più nessuno a scuola che non avesse almeno visto di sfuggita il primo numero del Gazzettino delle Amazzoni, e anche se il novantanove per cento dei ragazzi continuavano a venerare la Mary Sue come una dea, tra le femmine si diffuse l'abitudine di imitare platealmente una caduta dalla scopa quando passava e di fare commenti a voce un po' troppo alta perché fossero casuali, tutti sul genere: «Vedi di non lanciarle niente, potrebbe decidere di afferrare te, invece!», oppure: «Ahi! Ho battuto la testa! Dovrei chiederle aiuto? Nah, meglio di no, potrebbe farmene crescere una in più...». Per delle soddisfattissime Amazzoni che spuntavano a ogni angolo, battendosi il cinque e scambiandosi gesti d'approvazione mentre la loro vittima non guardava, non c'era miglior spettacolo per cominciare la giornata di una Mary Sue molto, molto arrabbiata.

Ma che il corpo insegnante non reagisse era troppo bello per durare a lungo.

«Sono io, o Piton è diventato anche maschilista oltre che ingiusto?» si lamentò Susan.

«Oh, per le mutande di Merlino! L'ha fatto anche a voi?» saltò su Ginny, tra l'indignato e l'impietosito. «“Mi è giunta voce” – sì, certo, dì pure che ne parla tutta la scuola, ne siamo stramaledettamente fiere! – “di un gruppo di ragazze che stanno facendo opera di diffamazione” – okay, magari abbiamo imbrogliato un tantino, ma della sua opera di distruzione delle nostre vite non tieni conto? – “nei confronti di una loro compagna sotto il nome di Amazzoni”». Convennero tutte che il Colonnello Weasley avesse un talento straordinario per le imitazioni.

«“Pertanto, se la leader non si farà avanti spontaneamente” – ci crede davvero così idiote? – “mi vedrò costretto a... dissuadere tutti gli eventuali membri con dei compiti aggiuntivi, nella speranza che così resti loro meno tempo da dedicare a queste azioni riprovevoli”», continuò Cho al suo posto, trovandosi d'accordo con lei per la prima e probabilmente unica volta.

«“Tema sull'aspetto, i poteri e il miglior modo di affrontare i Dissennatori per la prossima settimana, e dalle ragazze pretendo due rotoli di pergamena”» proseguì Hannah, dimenticando di imitare il professore e suonando semplicemente sconsolata. «Menomale che ne abbiamo parlato l'anno scorso... proprio in questa stanza, tra l'altro... altrimenti sarei disperata».

«“Tranne che dalla signorina La Croix, naturalmente, dato che essendo vittima non può essere anche colpevole”» terminò acida Pansy, visibilmente spiazzata all'idea di aver perso i favoritismi di Piton da un giorno all'altro. «A quanto pare ha imparato a memoria il discorsetto e l'ha rifatto identico a tutte e quattro le Case».

«Oh, non preoccupatevi, domani è un altro giorno» cinguettò Hermione con una poco caratteristica alzata di spalle.

Ci fu un'esplosione generale di: «Cosa?»

«Domani il sesto ha Trasfigurazione, e credetemi, Avalon finora ha resistito anche troppo a lungo senza mettersi in mostra davanti alla McGranitt. Secondo me cederà».

«E la professoressa la prenderà malissimo» gioì il Tenente Parkinson, che era stata la prima a chiedersi cosa sarebbe accaduto quando la Mary Sue si fosse scontrata con una certa gatta soriana di loro conoscenza.

«Precisamente».

Hermione ricordava esattamente il giorno di qualche anno prima in cui la professoressa Cooman le aveva detto senza troppe cerimonie che aveva “pochissima sensibilità agli echi del futuro”; a quanto pareva si era sbagliata di grosso, dato che la sua previsione si realizzò. I primi dieci minuti passarono in relativa tranquillità, con la McGranitt che dettava appunti di una complessità terrificante sulla difficile e potenzialmente pericolosa branca della Trasfigurazione umana. Un solo microscopico errore era la promessa di un lungo periodo di degenza al San Mungo, e ciò bastava e avanzava a far scambiare qualche sguardo nervoso anche a quegli esempi viventi di “audacia, fegato e cavalleria”.

Poi avvennero in rapida successione tre cose ancora più spaventose. Uno: la professoressa lasciò in sospeso una frase. Due: il grattare delle penne sui fogli s'interruppe e calò un silenzio soffocante. Tre: la McGranitt assunse l'espressione livida di rabbia che era il suo marchio di fabbrica, labbra strette e sguardo glaciale.

«Solo perché sei nata con il particolare dono di cambiare aspetto a piacimento, signorina La Croix, non significa che tu abbia il diritto di non prestare attenzione. L'abilità di Metamorfomagus e la Trasfigurazione umana, ti ricordo, non sono esattamente la stessa cosa».

«Oh, ma non è per quello che mi sono permessa di non scrivere proprio ogni parola che ha detto, professoressa» rispose prontamente Colei-Che-Ha-Troppi-Nomi-Per-Essere-Nominata, passando dal biondo al rosa shocking che aveva promesso il primo giorno come per sfidarla. «È che, vede, so già farlo. Non c'era niente di veramente nuovo negli appunti che ha dettato».

«Dimostracelo» le intimò freddamente. «Se sei così avanti col programma, dovresti essere perfettamente in grado di eseguire una trasformazione per la quale essere una Metamorfomagus non basta, quella in un animale. Non ti sto chiedendo di diventare anche un Animagus così, sui due piedi, perché la differenza tra chi sviluppa quest'abilità e chi invece si trasforma solo temporaneamente con un incantesimo è... ?» Finì in tono interrogativo e la mano di Hermione scattò in aria quasi automaticamente.

Al suo cenno, rispose con sicurezza: «Che un Animagus si trasforma sempre nello stesso animale mantenendo capacità cognitive abbastanza umane da tornare indietro, mentre chi usa un altro incantesimo può diventare qualsiasi creatura, ma dimentica immediatamente di essere mai stato un mago e ha bisogno di essere ritrasformato da qualcun altro».

«Cinque punti a Grifondoro per il dono della sintesi», sorrise la professoressa. Poi ricompose il volto a una maschera indignata e spronò Miss Perfezione: «Allora? Perché non ci mostri che aspetto hai nelle vesti di... vediamo un po'... una gatta?»

«Siamese, persiano, certosino, Maine Coon, Devon Rex...», ribatté lei con tutta calma, «... o magari un soriano come lei, professoressa?»

«Sorprendimi» la invitò con un sarcasmo non troppo velato. «Io sarò qui a ritrasformarti, ammesso e non concesso che tu ci riesca».

E di lì a poco, facendo uscire parecchi occhi maschili dalle orbite, la bacchetta lucidata di fresco di Avalon cadde a terra con un rumore secco, dato che le adorabili zampette della micia bianca che era diventata non riuscivano più a reggerla. Perfino il suo «Miao» ebbe un vago tono di sfida. La McGranitt emise una sorta di ringhio che ricordò a tutti che in lei si nascondeva un felino e mormorò qualcosa di abbastanza complicato da far spalancare qualche altra bocca, anche se forse ciò era dovuto al fatto che il suo incantesimo aveva appena restituito alla classe il sensuale corpicino della Mary Sue, che si stiracchiò teatralmente come se non si fosse ancora del tutto scrollata di dosso la “gattitudine” (era una parola di senso compiuto? Probabilmente no, ma bisognava accontentarsi).

«Oh, grazie, professoressa. È sempre così fastidioso...» E tornando a posto ne approfittò per fare in direzione di Harry e Ron il gesto di graffiarli come una gattina molto, molto cattiva, il che fece arrossire violentemente quest'ultimo in zona orecchie (e fece voltare a Hermione una pagina di Guida alla Trasfigurazione Avanzata con una violenza molto poco necessaria che quasi la strappò).

«Signorina Granger, posso rubarti un minuto?» chiese a sorpresa la professoressa dopo aver sprecato il resto della lezione nell'inutile tentativo di far stare attenti degli studenti alquanto distratti dalla recente impresa di Avalon.

«Certo» rispose Hermione, restando indietro rispetto alla piccola folla di Grifondoro che uscivano.

«Testimoni oculari, e intendo Madama Bumb, mi dicono che eri a quell'allenamento». Le sue viscere precipitarono da qualche parte sotto il pavimento. Si metteva davvero male. Si stava già lambiccando il cervello per trovare una scusa credibile, quando la McGranitt proseguì nell'ultimo modo che aveva previsto, facendole dimenticare quel breve istante di fiducia che aveva avuto nelle proprie inesistenti capacità divinatorie: «Sapevo che eri l'unica del tuo anno in grado di produrre un Incantesimo Confundus di quel livello». Che cosa? Questa non era assolutamente una reazione che ci si poteva aspettare dalla severa ma giusta Minerva McGranitt.

«Ma... ma...» boccheggiò Hermione, sentendosi meno Generale Granger che mai.

«Niente “ma”. Onestamente, era ora che qualcuno facesse qualcosa. Di tutte le persone possibili, perfino il professor Vitious ne è rimasto affascinato! Ho difficoltà a riconoscere i miei colleghi maschi. Ci sono parecchie cose che disapprovo nei vostri, diciamo così, metodi... mettere in pericolo una compagna, insomma, le sarebbe potuto accadere ben di peggio quando ha misteriosamente dimenticato come aggiustarsi l'osso... e un biglietto anonimo, credevo che una Grifondoro dovesse avere il coraggio di prendersi la responsabilità delle proprie azioni... ma dopo oggi, doveste anche infrangere un centinaio di regole, quella ragazza dovrà o moderarsi o andarsene. La mia aula è vostra. Quando è libera, s'intende. E mi premurerò di ricordare a Severus che non ha prove contro di voi... vero, Ippolita

«La regina delle Amazzoni» disse Hermione senza pensare. I nomi in codice mitologici suonavano ancora più carini dei gradi militari, in effetti, ma era troppo tardi. «Grazie, professoressa!»

«Non una parola, signorina Granger». E se ne andò borbottando qualcosa che somigliava molto a: «Non mi riconosco più nemmeno io».

 

«L'ho sempre pensato, io, che quella avesse una marcia in più!» ruggì Ginny, che essendo un anno più indietro si era persa la scena.

«L'ho detto e lo ripeto: un drago!» convenne Pansy. «Così avremo un posto dove andare se qualcuno sta usando questo come gabinetto, o per andare a imboscarsi con qualche ragazza o che so io».

«Ma i maschi di questa scuola non vogliono più imboscarsi con nessuno che non sia lei!» gemette Hannah.

«Infatti, credo che la useremo per andare a dare di stomaco per lo schifo» intervenne il Generale Granger nel tono perfido che tutte avevano imparato a conoscere e amare. «I tempi sono maturi, ragazze. Chi vuole interpretare la Mary Sue meno perfetta del mondo?»

Una mano scattò in aria prima di tutte le altre. «Io. Voglio sapere come ci si sente in un corpo così». Era Eloise Midgen. L'ultima cosa che le Amazzoni volevano era offenderla, ma in tutta onestà somigliava tremendamente a Marietta Edgecombe dopo aver tradito l'Esercito di Silente, con la differenza che i suoi brufoli non formavano alcuna parola di senso compiuto.

«Aggiudicato, il primo turno è tuo» acconsentì Hermione. «Oh, ma guardatemi... vi sto praticamente invitando a bigiare! È chiaro che dovrete fare qualche assenza, i nostri orari sono un gran pasticcio. Il che significa che dovremo far passare almeno alcuni giorni tra un turno e l'altro: se tutti i membri del nostro gruppo cominciano a sparire misteriosamente a distanza ravvicinata non ci vorrà molto prima che i professori si accorgano che qualcosa non quadra. Ci state?» Ci fu un mormorio generale di consenso.

«Per vendicarsi di quella, questo e altro» riassunse Ginny.

«La pozione così com'è è inutile. Abbiamo bisogno di qualcuno dei suoi setosi capelli in technicolor». Non tutte capirono cosa diamine fosse il technicolor, ma avevano afferrato il concetto.

«Se cerchiamo di Appellarli si strapperanno di sicuro» rimuginò il Colonnello Weasley.

«Sì, ma magari ne verrebbero via troppi... non che mi dispiaccia poi tanto il pensiero di vederla mezza calva» obiettò Cho. «E poi fa male. Tu te ne accorgeresti se qualcosa d'invisibile ti tirasse i capelli senza ragione apparente, no?»

«Giusto anche questo» ammise, aggiungendo mentalmente: Al diavolo lei e il suo “ingegno smisurato”.

«Dobbiamo farlo alla vecchia maniera, senza magia» si rassegnò Hermione. «C'è ancora qualcuno in questa stanza di cui lei non possa sospettare minimamente?»

«Probabilmente non sa di me» si fece avanti Susan.

«La missione è tutta tua».

Susan prese il suo compito decisamente sul serio e il giorno dopo si curò di inciampare apposta nella serra, causando secondariamente un certo furore tra le piante di Tentacula Velenosa, che tentarono di strangolare l'essere intruso che aveva fatto rovinare loro addosso. La professoressa Sprite fu troppo impegnata a salvare Miss Perfezione in extremis – mostrandosi peraltro piuttosto stupita che non si fosse tirata fuori dai guai da sola – per accorgersi che un'altra sua allieva, che avrebbe decisamente preferito ucciderla inavvertitamente, nascondeva in una tasca interna una fiala con un campione delle sue splendide chiome.

 

Note dell'Autrice: estendo i miei ringraziamenti a:

AlexJimenez e Ringo22, che hanno inserito questa storia tra le preferite;

asia94, Blankette_Girl, Colly, Syra94 e _Milady_, che l'hanno messa tra le seguite;

Grace98, che l'aveva già nelle seguite e ha deciso di inserirla anche nelle preferite;

Luna_LoveDark, che l'ha messa in entrambe.

Grazie. Thank you. Merci. Danke. Gracias. Arigato. Quando mi verranno in mente altre lingue andrò avanti con l'elenco. È la prima volta che sono costretta a scrivere ringraziamenti così lunghi, rischiando anche di fare un po' di confusione tra le liste: direi che è un buon indicatore del fatto che per me questi numeri siano assolutamente vertiginosi. XD

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Capitolo 6
*** Una Mary Sue non troppo perfetta ***


 

Le ragazze avevano convenuto di comune accordo che se la falsa Avalon fosse stata vista uscire dalla Stanza delle Necessità con tutte loro, la copertura sarebbe saltata ancor prima di cominciare; l'aiuto segreto della McGranitt, che nonostante dalla sua posizione d'autorità non potesse esporsi troppo aveva continuato a esprimere con tutta la discrezione possibile la sua approvazione dimostrandosi insolitamente carina con le Amazzoni e ignorando completamente Miss Perfezione, dato che sovraccaricarla di lavoro e chiederle pubbliche dimostrazioni degli esercizi più difficili sarebbe stato solo un modo di farla mettere ancora più in mostra, capitava proprio a fagiolo.

«La Pozione ce l'ho io, era rimasta nella stanza del sesto troppo a lungo» disse Ginny. «Hermione si è fatta passare i capelli da Susan e dovrebbe arrivare a mo...» Stava per dire “a momenti”, quando il Generale Granger fece irruzione nell'aula libera, si chiuse la porta alle spalle e annunciò trionfante: «Schiantata e rinchiusa, l'unico che può trovarla è Gazza, ma è dall'altra parte dell'edificio, e ho anche la sua divisa. Non pensavo che sarei mai stata così felice di dormire nella sua stessa stanza».

«Che ne sai tu di dov'è il custode?» s'intromise Eloise, che finora non aveva fatto altro che spostare nervosamente il peso da un piede all'altro all'idea dell'esperienza poco piacevole che stava per fare.

«Oh, una cosina interessante che c'è nel dormitorio dei maschi».

«Ehm, okay».

«Tre... due... uno... via». E lasciò cadere il biondissimo campione nell'ampolla. Che ci fosse un certo ribollire e agitarsi era normale, ma il liquido reagì così forte che per un attimo le ragazze trattennero il fiato, temendo che perfino la Pozione Polisucco fosse troppo disgustata dalla sua stucchevole perfezione e che l'avrebbe risputato fuori. Poi la superficie della mistura si calmò e la povera Eloise, che si era coperta il viso altamente brufoloso con le mani per non guardare, osò dare un'occhiata. L'essenza di Mary Sue era diventata non di uno dei brutti colori malsani simili a vomito che Hermione aveva già visto, ma se possibile era anche peggio: aveva assunto una stomachevole tonalità rosa confetto che ricordò a tutte un certo flagello di nome Dolores Jane Umbridge.

«Credo che darò di stomaco» si lamentò flebilmente Eloise.

«Dai, un piccolo sacrificio per il bene del quieto vivere della scuola».

«Posso trattenere il fiato?»

«Fallo e basta». Eloise prese un gran respiro preparatorio e bevve una lunga sorsata. Il suo viso cominciò immediatamente a contorcersi, e non si trattava solo di un'espressione di disgusto. Crebbe di diversi centimetri, i suoi chiletti di troppo si sciolsero come cera, i capelli si schiarirono e gli odiati brufoli scomparvero.

«Ecco, cambiati, la tua divisa ti è cortissima». La ragazza ebbe qualche esitazione prima di prendere il fagotto di vestiti. «Il tempo passa! Forza, la porta è chiusa, siamo tutte femmine e il corpo non è tuo, datti una mossa». Eloise ubbidì in fretta.

«Be'? Come ci si sente nei panni della Mary Sue?» indagò Ginny.

«Non so... questo corpo è strano. Bellissimo, ma non è mio. Non avrei mai pensato di rivolere indietro la mia faccia».

«Eloise, scusami, scusami tanto, ma questo non è il momento delle insicurezze adolescenziali».

«Va bene, dove andiamo?» si rassegnò lei.

«A pranzo, davanti a tutti. E tesoro, prendi il galateo e fallo a pezzi, okay? Lo so che mammina ti ha detto che non si parla con la bocca piena, ma oggi butterai tutte le regolette... diciamo nel posto preferito di Mirtilla» la istruì il Generale Granger con un brillio malvagio negli occhi.

«E cammina un po' più come lei. Lo so che vogliamo farla sembrare diversa dal solito, ma devi essere credibile. Su la testa, sguardo fiero, distruggili tutti» la esortò Ginny.

«E visto che ci sei, l'hai mai vista portare la camicia tutta abbottonata? Non credo proprio».

«Oh, scusatemi» disse Eloise sulla difensiva, armeggiando con i bottoni.

«Una Mary Sue non chiede scusa».

«È che... è che... non ho mai avuto un granché da mostrare da quelle parti».

«Adesso ce l'hai, usalo».

Eloise fu così memorabile che Hermione fece l'appunto mentale di chiedere al Preside per quale misteriosa ragione a Hogwarts non ci fossero corsi di teatro. Si servì di quantità di cibo tali che non pochi si posero domande senza risposta su come facesse Avalon a restare così magra, ma una buona percentuale di ciò che si era messa nel piatto finì sul davanti della sua divisa. Rovesciò calici, coinvolse i maschi che l'adoravano tanto in una gara di rutti e una volta addirittura, all'evidentissimo tentativo di uno di loro di conquistarla facendo lo spiritoso, esplose in un boato di risate sguaiate che mostrò in dettaglio il contenuto parzialmente masticato di quella che fino a un attimo prima era stata la cavità orale più baciabile della scuola. E Ginny, che si era prudentemente seduta vicino a Colin e per una volta gli aveva effettivamente chiesto in prestito la sua fedele macchina, documentò tutto fotogramma per fotogramma, cieca e sorda ai suoi tentativi di farla smettere. Forse in fondo sapeva usare quell'aggeggio: ecco i vantaggi di avere un amico fotografo e un padre ossessionato dai Babbani. Riuscì perfino a rubare uno scatto un attimo dopo che un'estremamente vendicativa Lavanda Brown, che dopo quell'exploit avrebbero decisamente dovuto reclutare, ebbe fatto notare: «Scusa, Avalon... quello è un brufolo

Fu esattamente la copertura che cercavano: anche la vera Mary Sue, all'idea di non avere più una pelle perfetta, avrebbe assunto la stessa espressione scioccata che balenò sul viso di Eloise e si sarebbe alzata in fretta e furia borbottando: «Bagno».

Con discrezione, Hermione lasciò a sua volta il tavolo di Grifondoro e la seguì.

«Cambiati e dammi la divisa sporca, credo di fare in tempo a scambiarla con quella immacolata che aveva addosso. Saprà sicuramente pulirsela, ma abbiamo già provato che agli Incantesimi di Memoria è parecchio suscettibile. Se tutto va bene riuscirò addirittura a farle credere di aver fatto veramente tutte quelle schifezze. Non saprà spiegarsene il perché, ma almeno non andrà in giro a smentire il secondo numero del Gazzettino. Spicciamoci».

Hermione andò a recuperare il peso morto della Mary Sue svenuta nello sgabuzzino delle scope, illuminò la punta della bacchetta per vedere ciò che stava facendo e riuscì con non poca difficoltà a cambiarla. Per buona misura, le impiantò i falsi ricordi mentre era ancora priva di sensi: era una procedura complicata, e se si fosse ribellata avrebbe potuto ottenere un secondo Allock... il che non sarebbe stata una pessima idea, ma l'avrebbe messa più nei guai del necessario.

«Innerva».

«Uh? Eh? Ma cosa... ?» Gli occhioni da cerbiatta che aveva appena riaperto si fissarono su Hermione. «Granger, potresti gentilmente spiegarmi cosa ci facciamo io e te chiuse», si guardò intorno, «in uno sgabuzzino? E... e... oh, per Merlino, è successo veramente? Comportarmi così, io? Perché l'ho fatto?»

«Questo non lo so» mentì il Generale Granger con la voce più melliflua che le riuscì, «ma ho visto che stavi scappando dalla Sala Grande e ho pensato che potessi aver bisogno d'aiuto».

«Io non ho bisogno del tuo aiuto».

«Oh, be', scusami se ho cercato di essere carina. Sono passata su alla Torre a prenderti un ricambio di vestiti», ed esibì la divisa pulita che le aveva appena tolto, «e poi sono venuta nel posto più strano e meno frequentato che mi saltasse in testa, pensando che ti fossi nascosta per la vergogna».

«Sono perfettamente in grado di ripulirmi, grazie» rispose piccata Miss Perfezione.

«L'ultima volta che mi hai dato una risposta del genere ti sei ritrovata con trentatré ossa in meno, tesoro». Hermione non aveva mai saputo prima di allora che rigirare il coltello nella piaga potesse essere così piacevole. «Magari sei un po' troppo scossa, capisci? Cosa vuoi fare stavolta, finire nuda come un verme davanti a tutta la scuola?» E mentre la Mary Sue annaspava per cercare una risposta, il Generale Granger aggiunse: «Ma forse, vista la scenata da gattina sexy che hai fatto a Trasfigurazione, ti ci troveresti benissimo». Le gettò ai piedi la divisa e la lasciò lì, sola nello sgabuzzino di Gazza, avviandosi a passo di marcia verso la lezione successiva, per la quale probabilmente era già in ritardo. Perlomeno, a giudicare dalla distanza che aveva già messo tra sé e... vediamo un po', l'ultimo era carino, Zelda, lei lo sarebbe stata ancora di più, a meno che non fosse anche un'eccellente scattista.

 

«Ragazze, qui c'è l'originale. Hermione, ti dispiacerebbe preparare le copie?» Luna sventolò l'articolo come una bandiera.

«Prima fammelo leggere, voglio godermelo tutto».

In tutta la stanza esplose un coro di: «E noi?»

«Oh, e va bene!» concesse il Generale Granger. «Geminio». Presto ci furono copie più che sufficienti per distribuirle a ciascuna delle avide mani che le richiedevano.

LEZIONI DI BUONE MANIERE CON MADEMOISELLE LA CROIX

Cari lettori, recentemente è avvenuto uno scandalo che ci costringe a riprendere in mano la penna. Da una studentessa modello come [scegliete il vostro nome preferito tra i ventisei che porta], che appena arrivata ha vantato un'ascendenza per metà francese – e sappiamo tutti come le parole “Francia” e “raffinatezza” siano pressoché sinonimi nel sentire comune – ci saremmo certamente aspettate la perfetta conoscenza di ogni minuzia dell'etichetta.

«Luna... non so come ho fatto a non farci caso... hai studiato l'Incantesimo di Adesione Permanente da sola?»

«Sì, perché?»

«Non ne avevo idea».

«Vederti mi ha fatto venir voglia d'impararlo, così, per non chiedere sempre a te».

«Complimenti». Sotto il trafiletto c'era una delle vecchie foto scattate da Colin, che Luna aveva saggiamente conservato perché il confronto tra il “prima” e il “dopo” fosse ancora più scioccante. Avalon salutava l'osservatore come una reginetta di bellezza che avesse appena vinto un concorso.

A quanto pare, ci eravamo sbagliate di grosso. Mademoiselle sembra non sapere che parlare con la bocca piena e ruttare sono pessime idee in una sala piena di gente che non desidera farsi passare l'appetito, e pare avere anche le idee confuse su dove esattamente debba andare a finire il cibo che tenta di ingerire.

Seguivano un paio di particolarmente disgustosi esempi di quanto Luna aveva scritto.

E per finire, una notizia shock che farà risalire vertiginosamente il livello d'autostima di tutte le altre donzelle della scuola: chi ha prestato fede alle dicerie secondo le quali quella pelle liscia e rosea sarebbe tutta naturale, senza l'aiuto di un filo di trucco, si ricreda. A giudicare da questa prova schiacciante, forse anche la signorina La Croix ogni tanto deve affidarsi al magico potere della cipria.

Concludeva trionfalmente l'articolo la foto in cui “Avalon” aveva cominciato da un solo, enorme brufolo a ritrasformarsi in Eloise.

A presto, con nuove incredibili rivelazioni sul più grande mistero dopo la caduta e il ritorno di Voi-Sapete-Chi!

Firmato, le Amazzoni

«Oh, Luna, la chiusura è un tantino azzardata» squittì Susan, ricordando improvvisamente a tutte che aveva recentemente subito gravi perdite a opera dei Mangiamorte. Si ritrovò avvolta dall'abbraccio di Ginny prima che chiunque potesse aprire bocca.

«Shh, va tutto bene. Se qualcuno si lamenta, faremo come Fred e George e diremo che la gente ha solo bisogno di tirarsi su il morale, che poi è anche vero, non trovate?» Al Tenente Parkinson ci vollero parecchi sguardi di fuoco per unirsi ai cenni d'assenso, ma per il bene dell'unità del gruppo la rossa ebbe il tatto di assicurarsi che Susan non ci facesse caso.

Al racconto di quanto si era divertita Eloise nei panni della Mary Sue, le ragazze, ignorando coraggiosamente il sapore disgustoso della Pozione, dolciastro con un orrendo retrogusto bruciacchiato, cominciarono a litigarsi i turni. Impersonata di volta in volta da un'Amazzone diversa, “Avalon” pronunciò parolacce irripetibili, inciampò in modo molto teatrale, respinse avances in un modo che fece passare a parecchi altri aspiranti la voglia di provarci, evitò per un pelo le impietose sferzate di un Platano Picchiatore molto irritato (Hannah aveva la “misteriosa” tendenza a fare in modo che tutti gli incidenti in cui aveva una parte avessero a che vedere con le piante, ma se si fosse fatta vedere in giro con ferite che coincidevano con i colpi dell'albero la copertura sarebbe andata in pezzi), disse cose poco piacevoli sui trascorsi dei Cannoni di Chudley di fronte a un indignato Ron – lasciamo al lettore il compito di indovinare chi la stesse interpretando – e sbagliò incantesimi con gran scoppi e sbuffi di fumo. Tutto puntualmente documentato dal Gazzettino, s'intende.

«E adesso voglio sbizzarrirmi anch'io!» esclamò il Colonnello Weasley mentre il suo rosso fiammante diventava biondo.

«Divertiti anche da parte nostra» la esortò Hermione.

«Fa' del tuo peggio» ghignò Pansy, compiaciuta. «Be'? Lo sapete anche voi che in questo caso “peggio” significa “meglio”, no?»

 

Note dell'Autrice: go raibh maith agat (sarebbe “grazie” in gaelico, non potevo non usarlo prima o poi) anche a:

Bells358, calimeli, Mystique e _Qwerty_, che hanno inserito la storia tra le seguite, e siamo a 34, che per me è una cifra da svenimento;

sesshoyue, che l'ha messa tra le ricordate.

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Capitolo 7
*** Scambio di persona ***


 

Era di dominio pubblico che il piano malvagio del Colonnello, qualunque fosse, avrebbe incluso in qualche modo Harry, perciò nessuna delle Amazzoni rimase particolarmente sorpresa di vederla avvicinarsi a lui a colpo sicuro.

Ma Ginny, apparentemente, non fece niente. Non ci fu alcuna gaffe clamorosa né volgarità, nessun comportamento di segno completamente opposto rispetto agli spudorati flirt della vera Avalon. Semplicemente, ben prima che la sua preziosa ora scadesse, Ginny scomparve dalla circolazione.

«Ragazze, qualcosa è andato storto» disse Hermione, dando voce all'ovvietà che tutte stavano pensando.

«Hai bisogno di una spedizione per andare a cercarla?» si offrì Katie. «Perché dopo che Capitan Cretino l'ha buttata fuori, se le è successo ancora qualcosa non resterà molto del Bambino Sopravvissuto, e non sto scherzando. Metterò Voi-Sapete-Chi in imbarazzo». Il Generale Granger capì improvvisamente cosa avesse inteso dire la sua fedele comandante in seconda quando aveva intessuto le lodi della sua compagna Cacciatrice. Dovevano essere più vicine di quanto dessero l'impressione di essere: forse inseguire una palla ad alta velocità creava legami che una non-giocatrice non poteva capire.

Ma il fatto che Katie, con un'ammirevole prova d'intuito femminile, avesse toccato il delicatissimo tasto di Harry, spinse Hermione – che non era più il Generale Granger, ma semplicemente un'amica – a dare l'unica risposta possibile: «No, niente spedizione. Ci vado io. Credo proprio di sapere dove trovarla».
Che importava se era la peggiore sensitiva che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts avesse mai visto? C'erano poteri più importanti della Vista, e la sensazione di sapere esattamente dove fosse Ginny le proveniva dal cuore, non dall'Occhio Interiore.

«Ginny? Ci sei?» Nessuna risposta comprensibile, ma i singhiozzi che riecheggiavano per tutto il bagno non somigliavano a quelli di Mirtilla. Hermione bussò piano alla porta chiusa del cubicolo.

«Vattene, sono in uno stato pietoso» ringhiò.

«Che è successo?»

«Ti ho detto di andartene».

«Se non vuoi farti vedere, allora non apro, ma sappi che non mi muoverò di qui finché non mi avrai detto qual è il problema».

«Harry è il problema» rispose, esattamente come il primo giorno della loro guerra personale. «Di nuovo».

«Mi rendo conto che qualsiasi cosa sia ti farà male raccontarmela, ma per l'amor del cielo, parlami, okay? Se no come faccio ad aiutarti?»

«Lui...» Pausa. Hermione la udì chiaramente prendere fiato, come per liberarsi del resto della frase alla massima velocità possibile. «Lui m-mi ha detto... che mi ama». In un giorno qualsiasi, sarebbe stata una notizia degna di aprire la porta di legno sottile che le divideva e abbracciarsi, e le sue lacrime sarebbero state di gioia, ma non quel giorno. Aveva già intuito il resto, e non era affatto piacevole. «Ma me l'ha detto quand'ero nel suo corpo. Credeva che fossi lei. Non ce l'ho fatta, l'ho mollato lì senza rispondere e sono corsa qui, a piangere come un'idiota».

«Ginevra Molly Weasley, non voglio mai più sentirti dire una cosa simile. Piangere non è da idioti». E, al diavolo le promesse, aprì la porta, trovando l'Amazzone meno battagliera che avesse mai visto, con gli occhi rossi e gonfi e l'aria molto scossa.

«Sì che lo è. Già non avevo grandi speranze prima, ma adesso, con lei, è da idioti anche solo pensare di poter...», le tremò la voce, ma riuscì a costringere le ultime tre parole a uscire, «stare con lui».

«Ginny, guardami». Quella invece abbassò la testa, sconfitta come mai prima di allora. «Non sto scherzando, Ginny, guardami». Si protese verso di lei e le sollevò il mento. Ci volevano le maniere forti. «Harry non è in sé in questo momento. Può avere l'impressione di pensare veramente quello che ha detto, ma non è così. Quello non è l'Harry Potter che conosci tu. Lui tornerà solo e soltanto quando avremo cacciato quella là dalla scuola una volta per sempre, e ti farà piacere sapere che non manca molto all'ultimo atto».

«Ma lui non mi ama».

«Lo dice adesso, ma è una specie d'incantesimo che parla».

«Ma anche se lei non sarà più qui, cos'è il meglio che può capitare? Che le cose tornino come prima? Che io sia la patetica sorellina del suo migliore amico che da sei anni si sente mancare quando sente anche solo nominare il famoso Harry Potter? Non mi pare un gran miglioramento».

«Allora, primo: non dire “se”. La frase giusta è “quando lei non sarà più qui”. E secondo, ma non meno importante, se credi di essere solo questo per lui, chiedigli da che oculista Babbano è andato, perché hai bisogno di farti controllare la vista».

«Hermione, lo so che le amiche sono state inventate per far stare meglio, ma non devi dirlo solo perché sai che voglio sentirlo. Sul serio, che cosa vede lui in me?»

«I giorni in cui eri “la sorellina di Ron” sono storia antica, tesoro. Io passo più ore con lui di quante riesca a trascorrerne tu...», era un dato di fatto, ma un cambio di rotta era assolutamente necessario, «... e tanto per mettere le cose in chiaro, per me è come un fratello. Quello che intendo dire è che vedo dettagli che magari a te sono sfuggiti. Sei troppo occupata a non fargli notare come lo guardi per far caso a come lui guardi te. L'Harry di adesso... è come se avesse preso un filtro d'amore, né più né meno. Quello di sempre, invece, alla sola idea di saperti in compagnia di un qualsiasi maschio che di cognome non faccia Weasley ha tutta l'aria di voler distruggere qualcosa. La Ginny che non riusciva a rivolgergli la parola è scomparsa. Vuoi sapere cosa vede in te? Direi proprio che, soprattutto dopo l'Esercito di Silente e il Ministero, vede una strega coi fiocchi e una donna forte e combattiva, cosa che adesso invece non sembri proprio. E il fatto che tu sia ancora più battagliera in sella a una scopa non può certo farti male».

«Grazie. Non hai idea di quanto significhi per me». Hermione credeva invece di avere ben più di un'idea, ma rimase prudentemente in silenzio, rivolgendole quello che sperava essere un sorriso rassicurante. «Hai detto che manca poco all'ultimo atto, giusto?»

«Proprio così».

«Cos'hai in mente?»

«Voglio sconvolgervi tutti. Ti dico solo che, dato che è molto improbabile che siano i professori a cacciarla, sarà lei a decidere di andarsene».

«Siamo all'ultima dose di Pozione?»

«Quasi, e l'ultima me la tengo io, ne ho bisogno per il colpo di grazia».

«Se la razioniamo ce n'è ancora per due?»

«Penso di sì, perché?»

«C'è una cosa che devo fare». Hermione non era del tutto certa di aver compreso il suo piano, ma qualcosa nel suo tono – qualcosa di ancor più tagliente e determinato di quand'era il Colonnello Weasley, qualcosa che era semplicemente Ginny – la convinse.

«Questa è la Ginny che conosco» approvò. «Ce la faremo bastare».

 

In realtà, Ginny non aveva un piano. O meglio, ce l'aveva, ma a giudicare dal gran movimento nelle sue viscere, l'avrebbe dimenticato nell'istante esatto in cui fosse giunta la fatidica ora di metterlo in pratica. Con la sensazione di andare veramente in battaglia ad affrontare un nemico dieci volte più grosso di lei, buttò giù un'altra dose di orrida fanghiglia rosa e si produsse in un'emulazione impeccabile della camminata spudoratamente sexy di colei che le aveva strappato la sua unica chance. Non per niente era in grado di imitare fedelmente pressoché chiunque, soprattutto le persone che detestava (come dimenticare il famigerato “hem, hem” della Umbridge?).

«Posso parlarti, Harry?»

«Oh... ehm... certo». Se solo avesse potuto vederlo così imbarazzato, così in difficoltà con le parole, di fronte al suo vero aspetto, proprio come lei lo era stata per lui...

«Credo proprio di doverti una risposta... una che però non ti posso dare qui, davanti a tutti». Temporeggiare la stava uccidendo: la parte di lei a cui mancava il coraggio era decisamente d'accordo, mentre l'altra metà, quella che – per quanto poco romantico fosse – voleva togliersi il pensiero in fretta, fremeva e scalpitava. Ma aveva bisogno di calcolare i tempi con precisione assoluta, come a lezione di Pozioni: se la procedura fosse stata corretta, a sentire Hermione avrebbe ottenuto qualcosa di ancora meglio di un filtro d'amore; un secondo in più o in meno, e il risultato sarebbe stato velenoso.

E così, una precisissima falcata sensuale dopo l'altra – non troppo veloci, o l'effetto non sarebbe stato esattamente quello che voleva, e per Merlino, Morgana e tutti gli altri, non troppo lente, altrimenti si sarebbe ritrasformata nel momento sbagliato – eccoli al settimo piano, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo.

«Come sai di questo posto?»

«So cose di questa scuola che ti farebbero rizzare ancora di più quei capelli indomiti». E, credendo a malapena lei stessa al proprio coraggio, fece per passargli una mano non sua tra le chiome sregolate. Sforzandosi di ricordare che era ancora “Avalon”, camminò davanti al punto dove sarebbe comparsa la porta come su una passerella e, segretamente felice che l'esperienza di Harry con l'Occlumanzia fosse stata un fiasco su tutti i fronti, pensò: Ho bisogno di un posto dove nessuno possa ascoltarci o interromperci... un posto perfetto per una dichiarazione d'amore.

«Dopo di te» offrì lui, come un perfetto gentiluomo.

La Stanza delle Necessità sembrava aver percepito che Ginny non era il genere di persona che amava le atmosfere stucchevoli e troppo rosa in stile San Valentino, nemmeno quando doveva dichiarare i propri sentimenti al ragazzo che amava da sempre. Per una frazione di secondo, prima di entrare, aveva temuto di ritrovarsi in una sdolcinata riproduzione del locale per coppiette felici di Madama Piediburro, ma questa versione della Stanza non vi somigliava neanche lontanamente. Le ricordava più un'edizione ridotta, solo per due, della Sala Comune, calda e confortevole, senza leoni rampanti, ma decorata nei due colori che erano abituati a vedersi intorno più spesso. Un posto dove parlarsi a cuore aperto, in modo naturale, proprio come aveva tanto voluto che fosse, perché era stato così, naturalmente, senza che ci pensasse né lo pianificasse in alcun modo, che la sua cotta infantile per un “famoso Harry Potter” che in realtà non conosceva affatto era cresciuta insieme a lei e, mentre la bambina timida di una volta sbocciava in una donna fatta e finita, si era evoluta in amore per il vero Harry, quello che non aveva chiesto di essere famoso.

Ma non era il momento di perdersi nei ricordi: l'ora stava per scadere, e non osava neanche cominciare a concepire cosa sarebbe successo se non avesse agito.

«Riguardo a una certa cosa che mi hai detto...», cominciò, «... ti amo anch'io, Harry». Ecco, l'aveva detto. Come avrebbe dovuto sentirsi? Trionfante per avercela fatta? Arrabbiata per aver dovuto aggiungere quell'“anch'io”, anche se la dichiarazione di lui non era davvero rivolta a lei? Strano, perché non sentiva né l'una né l'altra cosa. Era solo esausta, svuotata, come quando atterrava dopo una partita difficile e l'adrenalina che l'aveva mandata avanti a viva forza lasciava il suo corpo. Gli concesse qualche istante perché la notizia raggiungesse anche il cervello, oltre all'organo un po' più in basso con cui di solito ragionava in presenza della Mary Sue, poi proseguì imperterrita: «Credo di amarti dal primo istante in cui ti ho visto, tanto tempo fa...»

«Non ci conosciamo da così tanto tempo». Quasi si morse la lingua. Che errore da dilettante! Stupidi sentimenti.

«Ma a me sembra di conoscerti da sempre» riparò in extremis, ora decisamente nauseata da quella farsa. Avrebbe dovuto essere più semplice. Avrebbe voluto dirglielo nei panni di Ginny. Non meritava di dover recitare, non dopo tante attese, tante occasioni sprecate, tante fantasie non troppo segrete.

«Capisco cosa intendi». Avrebbe desiderato guadagnarsi quel sorriso ebete con il suo viso, il suo corpo, non quelli di qualcun altro.

«Vediamo un po' se capisci questo». Prima di fissare nei suoi degli occhi che non le appartenevano, scoccò un rapidissimo sguardo all'orologio da polso (e menomale che quelli del tipo giusto funzionavano anche al castello): precisamente quello che voleva. E lo baciò. Così, semplicemente, cogliendosi di sorpresa non meno di quanto avesse scioccato lui. E proprio in quel lunghissimo, magico istante, il suo falso viso si sciolse come una maschera di cera. Harry se ne accorse, ma Ginny si rifiutò caparbiamente di lasciarlo andare, e quando si staccarono era di nuovo una se stessa con una divisa un po' troppo grande.

«Oh. Sei tu». E probabilmente fu quel “sei tu” deluso, amareggiato, sputato fuori controvoglia, che la spinse ad andare avanti con la forza disperata della rabbia. L'esperienza di Cho l'aveva già ampiamente provato: non voleva essere seconda a nessuno, non quando si trattava di Harry.

«Sì, sono io. E intendo veramente ogni parola di quello che ho detto, per tua informazione, anche se ho usato un'altra faccia».

«Oh, Ginny». Le ribolliva il sangue. L'aveva detto esattamente nel tono che aveva temuto di più: come per far ragionare una bambina capricciosa. Ma Ginny Weasley non era più una bambina, era una donna. E rivoleva il suo uomo, anche se avesse dovuto strapparlo a forza dai disgustosamente perfetti artigli della più schifosamente impeccabile ragazza del pianeta. «Io... non so come dirtelo...»

«Non dire niente, allora. Ero io anche quando ti sei dichiarato a lei».

«Oh. Io... io...» Almeno aveva la magra consolazione di averlo lasciato senza parole, anche se per il motivo sbagliato.

«Non mi dire: stai già pensando che ora dovresti andare a confessare il tuo eterno amore a quella vera, non è così? Be', prima lasciami finire, e ti prego di ascoltarmi, Harry, perché è molto importante: potresti scoprire presto che non è poi così eterno, e quando succederà – perché lo vedrò succedere, cascasse il mondo – io sarò lì ad aspettarti».

«Io...» cominciò di nuovo, poi fece cambiare direzione alla frase. «Non sai quante volte Ron ha insinuato che avessi una cotta per me. Credevo che stesse come minimo esagerando. E... Ginny, sarò sincero con te... dopo tutto quello che ci è successo l'anno scorso, pensavo anch'io che qualcosa tra di noi stesse cambiando. In meglio. Diciamo che ce l'hai quasi fatta. Ma lei... non so, è diversa, nemmeno la conosco veramente, non so come fosse la sua famiglia, cosa le piace, non so niente, ma ha qualcosa... qualcosa in più. Mi dispiace tanto».

«No, dico, ma ti sei sentito? Anche ammesso che tu creda nel colpo di fulmine, ti sembra normale quello che hai detto?»

«Be'... non proprio. Ma è successo. Non devo capirlo per forza. E cosa ti fa pensare che cambierò idea?»

«Tu aspetta e basta. Aspetta e vedrai» promise Ginny, fidandosi ciecamente di un piano di cui nemmeno conosceva i dettagli, pregando che “l'ultimo atto”, qualunque cosa fosse, filasse liscio. «E quando vorrai venire a dirmi che avevo ragione, sai dove trovarmi».

E lo lasciò lì, a riflettere, sempre che ne fosse ancora capace.

 

«Com'è andata?»

«Sbrigati con quell'ultimo atto e dopo saprò dirti com'è andata».

«Qualsiasi cosa sia successa in quella Stanza dev'essere importante, vero?»

«Ma non mi dire... come hai fatto a indovinare?» chiese con un interesse che era tutto sarcasmo.

«Benissimo. Si va in scena. Domani». E negli occhi di Hermione alla luce perfida del Generale Granger si sommò quella di una ragazza pronta a tutto per farla pagare cara a chi aveva fatto soffrire un'amica, e con gli interessi.

 

Note dell'Autrice: se volete i ringraziamenti anche in russo e in cinese, li cercherò su Google, ma per adesso GRAZIE, in italiano, a:

_Charlie e Ringo22, che hanno inserito questa storia tra le preferite;

Anya20 e KikaRose, che l'hanno messa tra le ricordate;

Bells358 e gossip_girl, che l'avevano già nelle seguite e l'hanno messa tra le ricordate (special thanks a Bells che ha anche inserito me tra i suoi autori preferiti);

Angel_98_, Dorthy, Julie_Ciucius_Malfoy, nthea, prelude10, Sky17 e Sweet Pink, che la seguono;

MyPassion, che non solo la segue ma mi ha illuminato la giornata segnalandola per le Storie Scelte;

Heath Queen Bee, che ha fatto l'exploit di inserirla in tutte e tre le liste.

Grazie, grazie, grazie dal profondo del cuore. Ragazzi, queste cifre sono così alte che ho le vertigini.

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Capitolo 8
*** L'ultimo atto ***


 

Hermione non era mai stata vanitosa, ma quella mattina, mentre l'alba si affacciava timida alla finestra del dormitorio femminile, era segretamente felice di sapere che la Pozione Polisucco avrebbe nascosto le occhiaie almeno per la prima parte dell'operazione. Aveva dormito a malapena: era troppo occupata a rivedere il piano una, due, tre, cento volte, e a ripassare febbrilmente gli incantesimi che le sarebbero serviti con la sola luce della punta della propria bacchetta, nascosta sotto le lenzuola come in una tenda da campeggio. Alle ragazze non aveva detto niente, ma era da un po' che studiava i dettagli, e nessuno di essi era semplice. Tanto per cominciare, avrebbe avuto bisogno che la Mary Sue non si svegliasse, o almeno non fino al momento giusto. Aveva meditato di rifilarle una comune pozione soporifera, ma Avalon, viste le amare esperienze, avrebbe sicuramente rifiutato qualunque cosa dall'aria anche solo vagamente potabile o commestibile le avesse offerto, e a ragione. Restava un solo modo (c'era sempre il caro vecchio Schiantesimo, ma era un tantino violento, e un ingiustificabile lampo di luce rossa diretto alla più detestata occupante di quella stanza non sarebbe stata una buona idea, dato che non aveva allertato Calì e Lavanda e non ci teneva affatto a svegliarle a quell'ora impossibile), e l'unico ricordo che ne aveva era piuttosto confuso. Sapeva soltanto che la sola persona che avesse mai visto eseguire con successo quell'incantesimo era nientemeno che il professor Silente, poco prima della seconda prova del Torneo Tremaghi, e questa da sola era la garanzia che non fosse affatto facile. Ma la biblioteca non la tradiva mai, ed era riuscita a farsi un'idea più che accettabile di come far scivolare Miss Perfezione in un sonno incantato che avrebbe semplicemente fatto credere alle altre che non si fosse alzata in tempo (e nessuna delle due, Lavanda in particolare, era mai stata abbastanza carina con Avalon da farle proprio ora il favore di tentare di svegliarla per non farla arrivare in ritardo). E poi aveva un altro paio di assi nella manica per dopo... ma era meglio rimandare quei pensieri di dolce vendetta a un momento più opportuno e concentrarsi completamente sulla parte più difficile: eseguire correttamente quella stramaledetta magia senza strappare nessuno alle braccia di Morfeo. Scivolò fuori dal letto con movenze feline di cui non si credeva capace, scostò i pesanti tendaggi che nascondevano la figura ancora placidamente addormentata di Avalon e, sentendosi tremendamente simile alla classica strega cattiva delle fiabe Babbane con cui era cresciuta – diffamazione, nient'altro che diffamazione! – le si accucciò accanto, osando a malapena appoggiarsi al bordo del letto per timore che il movimento la svegliasse.

Aveva avuto dannatamente ragione: non fu facile, neanche un po', e probabilmente il risultato finale non le avrebbe guadagnato un “Eccezionale” in classe, ma era ragionevolmente sicura che nemmeno una scarica di cannonate l'avrebbe svegliata.

S'infilò di nuovo nel letto e probabilmente si riaddormentò, perché quando riaprì gli occhi il sole era più alto di come lo ricordasse, come se il tempo fosse passato troppo in fretta. Era ora di andare in scena.

La testa di Lavanda sbucò da dietro i tendaggi del suo letto e si guardò intorno.

«Be'? La Signorina Perfettina non è ancora in piedi? Non è sempre la prima?»

«Non oggi» ghignò Hermione, divertendosi a usare un tono che sottintendeva: “Io so qualcosa che tu non sai”. «Ben svegliata, tra parentesi. Bellissima giornata, non trovi?»

«Ah, non sarò certo io a buttarla giù dalle brande. Se vuole arrivare in ritardo, che si arrangi». Precisamente l'atteggiamento in cui il Generale Granger sperava. Pregò mentalmente che Calì facesse lo stesso, saltò giù dal letto con un sorriso a trentadue denti (di cui due rimpiccioliti, un vile imbroglio per il quale i suoi l'avevano quasi uccisa) e si preparò a scendere per la colazione.

«Com'è che sei così felice tutto d'un tratto?»

«Aspetta e vedrai, Lavanda, aspetta e vedrai. Sappi solo questo: quando non mi vedrai in Sala Grande, non sarò sparita nel nulla, okay? Vi raggiungo dopo».

Attese che tutte (tranne qualcuno di sua conoscenza) fossero sveglie, vestite e scomparse giù per le scale e accarezzò l'ampolla con gli ultimi resti di Pozione con lo stesso affetto con cui coccolava Grattastinchi prima di svuotarla.

E con un urlo mentale di Per Merlino, che schifo, addio, Generale Granger, e benvenuta, Mary Sue. Su un pezzo di pergamena che aveva provvidenzialmente lasciato sul comodino la sera prima scribacchiò: “Il Generale è sotto copertura”. E scese in Sala Grande, incontro al suo destino.

Il modo in cui fu guardata quando fece il suo ingresso le ricordò da vicino il Ballo del Ceppo, quando ben pochi l'avevano riconosciuta solo perché aveva indossato una cosa comunemente detta “un bel vestito” invece della solita divisa e non aveva con sé neanche un libro. Prese posto, agitandosi a disagio sulla panca sotto le occhiate di fuoco di Ginny. Era davvero strano essere fissata con tanto odio da un'amica; per un minuscolo, irrazionale attimo temette di aver fatto qualcosa per offenderla, poi ricordò che al momento il Colonnello Weasley non vedeva lei, ma qualcun altro. Accartocciò il biglietto e glielo fece arrivare senza troppe cerimonie. Altro sguardo al veleno, poi Ginny capì finalmente che doveva essere importante e lesse il messaggio con tanto d'occhi. “Sei tu?” chiese, solo con il labiale. Hermione annuì impercettibilmente. Ora doveva solo attendere. La parte importante della farsa sarebbe durata ben meno di un'ora, e doveva cominciarla esattamente al momento giusto. Si schermì con la stessa modestia falsissima della Signorina Perfettina ogni volta che ricevette un complimento, sbocconcellò una minima frazione della sua sostanziosa colazione all'inglese facendo mostra di non apprezzarla molto, e poi finalmente – era la prima vera scena della sua simpatica recita – spinse via il piatto con aria moderatamente schifata.

«Non hai appetito?» La preoccupazione di Harry era davvero melodrammatica. Non era quella di un compagno di scuola un po' preoccupato: sembrava che avesse appena scoperto che la persona a cui teneva di più al mondo era in fin di vita. Per l'amor del cielo, diventavano tutti così idioti in presenza di Avalon?

«Non mi piace questa roba. Ma d'altronde la cucina non è l'unico aspetto di questa scuola che mi ha delusa... fosse per me, questo sarebbe il mio ultimo pasto qui».

«Che cos'è che non ti piace di Hogwarts?» domandò Ron, facendole ribollire il sangue. Quello che conosceva lei magari sarebbe stato distratto dalle enormi quantità di cibo che aveva davanti e l'avrebbe biascicato a bocca piena, ma avrebbe già fatto notare la sua assenza da un pezzo. Con la Mary Sue tra i piedi, invece, lei sarebbe anche potuta scomparire nel nulla e nessuno se ne sarebbe accorto per molto, molto tempo.

«Cosa non mi piace? Farei prima a elencare cosa mi piace. Avevo sentito dire che Hogwarts fosse assolutamente grandiosa, ma gli standard di questo posto non sono stati neanche lontanamente all'altezza delle mie aspettative». A questo punto parecchi Grifondoro stavano ascoltando, alcuni con un boccone sospeso a metà tra il piatto e la bocca, in attesa di scoprire esattamente cosa intendesse il loro idolo. «Anzi», e qui alzò la voce per farsi sentire al di sopra delle chiacchiere sonnolente del primo mattino, «se ricevere un'istruzione completa in una scuola di magia significa questo, mi piaceva molto di più studiare da privatista. I riconoscimenti ufficiali sono solo pezzi di pergamena, dopotutto. Me ne vado». Aveva attirato perfino l'attenzione del corpo insegnante al gran completo; parecchi maschi sembravano assolutamente disperati all'idea che lasciasse la scuola. Solo uno, Harry, più che sull'orlo delle lacrime sembrava tra lo scioccato e il rassegnato.

E in quel preciso momento, un animaletto nel petto di Ginny si svegliò, si stiracchiò e ruggì di gioia. Forse qualcosa del discorsetto del giorno prima gli era rimasto in quella testa vuota. Be', non era proprio vuota, ma offuscata dagli ormoni sicuramente sì.

Da più punti provennero cori di: «Sta scherzando

Hermione fece tintinnare la forchetta contro il proprio calice per assicurarsi che l'intera Sala pendesse dalle sue labbra, si alzò e, con un respiro profondo, si preparò all'ultimo atto. «Non sto affatto scherzando», dichiarò. Si issò sulla panca per guardarli tutti dall'alto. Ogni singolo paio d'occhi era fisso su di lei. «Me ne sto andando. Sul serio. Per sempre. Qui non ho imparato niente. Onestamente...», e si voltò verso il tavolo dei professori, fissandoli uno per uno con quella che sperava fosse un'aria di sfida, «... fate pena, tutti quanti». Il professor Silente si alzò da quella sua sedia che era più un trono ed Hermione si costrinse con ogni briciolo di forza di volontà che aveva a reprimere l'istinto di farsi piccola piccola, coprendosi le orecchie per prepararsi all'esplosione. Ma l'esplosione non venne, anche se forse sarebbe stato meglio se avesse urlato.

«Molto bene», disse con quel suo mezzo sorriso ironico che probabilmente nessuno in tutta la scuola aveva mai capito. Ma l'ilarità non gli raggiunse gli occhi, glaciali, immobili e terrificanti dietro gli occhialetti a mezzaluna che erano il suo marchio di fabbrica. «Se davvero desideri lasciarci, signorina La Croix, sappi che non sei più la benvenuta in questo istituto. Considerati espulsa. Scendi da lì e fa' i bagagli, se non ti dispiace».

«Non mi avreste più vista comunque. Non mi meritate». Saltò giù e si avviò, ancheggiando senza alcun ritegno come la Mary Sue originale aveva fatto il primo giorno, ma in direzione opposta. Per circa mezzo secondo meditò di coronare l'impresa con un gestaccio, ma non sarebbe stato abbastanza perfetto. E solo quando fu abbastanza lontana si concesse a mezza voce un: «Sì!» celebrativo.

Fece irruzione nel dormitorio femminile e, stentando a credere alla sua gentilezza, fece i bagagli al posto suo con qualche piccolo incantesimo domestico, poi si accovacciò di nuovo accanto al letto della Bella Addormentata (letteralmente... avrebbe decisamente dovuto fare qualche ricerca in proposito, magari Charles Perrault era o aveva conosciuto un mago e si era ispirato proprio a quello che aveva appena fatto. L'idea le diede uno strano brivido di soddisfazione) e la svegliò.

«Ehilà» la salutò con un ghigno di trionfo. «Sei in ritardo, carina». Quella si drizzò a sedere come se il letto le avesse appena dato la scossa.

«Oh, per Merlino! Tu... tu sei me? Ma che diamine... ?» Hermione era decisamente orgogliosa di se stessa: per lasciare una Mary Sue senza parole, e addirittura più di una volta, ci voleva talento.

«No, io non sono te» disse, proprio mentre sentiva arrivare i primi sintomi della fine dell'effetto della Pozione. «E ne sono dannatamente felice, grazie tante».

«Granger?» Oh, quanto adorava quell'espressione perplessa. Peccato solo che divenne subito un sorrisetto di superiorità. «Che c'è, sei così invidiosa che hai voluto trasformarti in me per un po'? Oh, sì, capisco la sensazione, brutta come sei... be', veramente no, non sono mai stata brutta. E poi io sono me, come farei ad essere invidiosa di me stessa?»

E anche se era perfetta, non fu perfetta abbastanza da schivare lo schiaffo.

«Se ti fossi data la pena di conoscere un po' le tue compagne di dormitorio, avresti già capito da un pezzo che primo, se l'ho fatto avevo un motivo più importante dell'estetica, e secondo, non ti devi permettere di parlarmi così. Ripeto, sei in ritardo, muoviti. Ah, PS: tu sei brutta dentro».

«Io non sono mai in ritardo!» squittì, ma non ne era poi tanto sicura. C'erano parecchie cose che non sapeva di Hermione, ma una l'aveva capita: quando era in circolazione, per lei si metteva male.

«Oggi invece sì. Noterai che ti ho fatto i bagagli. Ti consiglio di portare giù il baule e tutto il resto, perché te ne andrai da questo posto seduta stante».

«E chi è che dovrebbe cacciarmi? Tu?»

«Il professor Silente, in realtà».

La Mary Sue represse una risata. «Certo, come no... il professor Silente è quello che mi ha ammessa al sesto con i suoi più vivi complimenti, perché dovrebbe mandarmi via?»

«Oh, non so...» rispose il Generale Granger, fingendo di riflettere. «Forse perché ti ho appena fatta espellere?» Per un'infinitesimale, meravigliosa frazione di secondo, Hermione ebbe la soddisfazione di vedere quegli occhioni dalle ciglia troppo lunghe sgranati come quelli di un animale che si vedesse venire incontro i fari dell'auto che era sul punto di investirlo.

«Lo dici solo per spaventarmi. Facciamo così: io porto giù la mia roba, e se ho ragione – e tesoro, io ho sempre ragione – e tutti mi chiederanno perché l'ho fatto, dirò semplicemente che stavo facendo loro un simpatico scherzetto e dimenticheremo tutto... o forse no, perché da oggi renderò la tua vita un inferno».

«Troppo tardi, l'ho già fatto io con te». Attese che si preparasse; entrambe avevano stampato sul viso lo stesso sorrisetto che indicava che erano sicure di vincere.

«Allora, vieni giù o no?» sbottò Avalon, già sulla porta del dormitorio.

«Ti seguo, ma preferisco godermi la scena da una distanza di sicurezza». E le concesse qualche passo di vantaggio prima di cominciare la discesa verso la Sala Grande.

«Ah, signorina La Croix» l'accolse il Preside, come salutando una vecchia amica. «Mi hai preso alla lettera, vedo. Già pronta per il viaggio di ritorno?»

Dalla sua posizione – non era tornata al tavolo di Grifondoro, e solo le Amazzoni, allertate da Ginny, sembravano aver notato la sua presenza discreta, come se il semplice fatto di essere entrata dopo Miss Perfezione rendesse chiunque invisibile rispetto a lei – non vedeva bene l'espressione sul suo viso, ma stava sicuramente boccheggiando in cerca di una risposta che non sarebbe arrivata.

«Sorpresa, signorina?» risuonò la voce della McGranitt. «Tenti forse di negare che appena poco fa hai gravemente mancato di rispetto a questa scuola e all'intero corpo insegnante, affermando davanti a tutti che, e cito esattamente le tue parole, “qui non hai imparato niente”, e che “facciamo pena”?»

«Quando sei arrivata, e in circostanze piuttosto misteriose, devo aggiungere», proseguì Silente, «mi sono visto costretto, in via del tutto eccezionale, a sottoporti a una serie di prove per valutare a che punto fosse la tua istruzione magica, e ho infine preso la decisione di collocarti nell'anno corrispondente alla tua età, il sesto, anche se a giudicare dalle conoscenze che avevi appena dimostrato possedevi già qualificazioni da M.A.G.O. in tutte le materie, e in tutta franchezza non avevo idea di cosa ci facessi qui. Di rado ho visto qualcuno fare cose del genere con una bacchetta a sedici anni, e quando dico “di rado”, parlo di me stesso». Qui Avalon si voltò impercettibilmente verso il punto dove sapeva che Hermione stava osservando, trionfante.

«Ma», continuò imperterrito il Preside, e la forza di quell'unica sillaba, l'aura di autorità di cui vibrava, diffuse un brivido in tutta la Sala come i cerchi concentrici causati dal lancio di un sasso in uno stagno, «c'è un “ma”. Molte delle tue prestazioni sono state pari agli eccellenti risultati dei test, ma presto hai cominciato a commettere errori da dilettante», e qui a Hermione e alle altre Amazzoni ci volle non poca determinazione per non scoppiare a ridere, «che ti hanno resa indegna del mio giudizio iniziale e di certo non all'altezza delle arroganti affermazioni che hai fatto poco fa sugli “standard di questo posto”, sì, credo che la scelta di parole sia stata questa. Quando i miei colleghi, uno a uno, hanno cominciato a riferirmi del crollo del tuo rendimento, ho seriamente considerato l'idea di degradarti a un anno inferiore al sesto, ma alla fine ho deciso di darti la possibilità di tornare ad essere la strega di talento che avevo visto quel giorno nel mio ufficio con le tue forze. Evidentemente è stato un errore. Sono sinceramente rammaricato che tu ci stia lasciando, dato che, per quanto tu possa affermare di non aver appreso nulla, hai ancora molto da imparare sia per quanto riguarda la magia, sia una cosa che mi piace chiamare umiltà. Ora, se non ti dispiace», fece una pausa carica di significato e ad un suo ampio gesto la massiccia porta della Sala Grande si aprì, «ho approfittato della tua breve assenza per contattare il conducente. Il tuo treno di ritorno è pronto. Quella è l'uscita».

«Oh, al diavolo!» strillò la Mary Sue in tono molto poco perfetto. «Prima o poi me ne sarei andata comunque! Nessuno mi ha capita qui dentro! Sono stata presa di mira, calunniata e messa in ridicolo. Ci sono stati seri attentati alla mia incolumità. L'intera scuola ha complottato contro di me! Se questo è il trattamento che riservate ai nuovi arrivati, mi stupisco che in questo maledetto posto ci siano ancora degli studenti vivi! Addio!»

Si voltò e fece un'uscita che non era né sensuale né impeccabile, battendo i piedi a ogni passo come una bambina capricciosa. Quando la porta si richiuse magicamente alle sue spalle, fu come se un altro brivido collettivo avesse attraversato la Sala, ma Hermione sapeva esattamente cos'era appena successo: la strana magia che si era impossessata di tutti gli organi genitali maschili della scuola, rendendone i proprietari degli idioti servizievoli e sbavanti, si era spezzata. E come un'esplosione, da tutte le bocche femminili si levò un grido di gioia che minacciò di buttar giù il castello. Molti dei maschi si alzarono come un sol uomo e, in una mischia generale in cui qualcuno dei più piccoli quasi rischiò di rimanere schiacciato, corsero a chiedere scusa alle rispettive fidanzate.

Le parole più ricorrenti che riecheggiavano in una Sala Grande improvvisamente molto disordinata, in cui quasi nessuno sedeva più al tavolo giusto, erano:

«Mi dispiace tanto!»

«Potrai mai perdonarmi?»

«Per il più consunto paio di mutandoni di Merlino, chi accidenti era quella là?»

«Non riesco a credere di essermi comportato così!»

«Ma dico, ha fatto un incantesimo a tutta la scuola o cosa?»

Il Generale Granger puntò la bacchetta verso il soffitto e – diamine, un'altra parte molto complicata – inventò delle nuove decorazioni che non avevano niente a che vedere con gli stendardi della Casa vincitrice che di solito pendevano dall'alto a fine anno. Da un capo all'altro della Sala ora si estendeva la scritta:

A MAI PIÙ RIVEDERCI, MARY SUE!

E per coronare la vittoria fece qualcosa di cui non si sarebbe mai, mai ritenuta capace: infranse una regola. Non per il bene della scuola, ma semplicemente perché così sarebbe stato più divertente. Accese un paio di Fuochi Forsennati Weasley che aveva sempre avuto sotto la divisa, e perfino quelli, schizzando in giro come impazziti tra gran scintille e fischi, sembrarono felici che Colei-Che-Ha-Troppi-Nomi-Per-Essere-Nominata se ne fosse andata.

E finalmente la notarono. Hermione non fu più invisibile, e prima che potesse rendersi conto di cosa stesse succedendo si ritrovò travolta da un abbraccio di gruppo delle Amazzoni. C'erano proprio tutte, da Eloise, la cui camminata dopo quel giorno aveva assunto un che di più sicuro, a Pansy, che ora che era tutto finito aveva l'aria di non sapere cosa ci facesse lì, a festeggiare beatamente insieme a una persona che detestava con tutto il cuore. E tra il mare di ragazze che cercavano di raggiungerla, di toccarla, forse addirittura di sollevarla e portarla in trionfo, c'era un maschio infiltrato, Ron.

«Miseriaccia... dimmi che non sono stato così tanto idiota».

«Sai benissimo che dovrei mentirti, Ronald Bilius Weasley. Ma l'inferno è finito, no? Sono proprio contenta che tu sia di nuovo quello di sempre».

«E da che cosa l'hai capito?»

«Hai detto “miseriaccia”. Basta e avanza». Poi notò qualcosa di sbagliato nel quadretto. «Dove si è cacciata Ginny?»

«Lei, ehm... aveva da fare». Qualsiasi cosa fosse, se la tratteneva dall'unirsi alle celebrazioni generali doveva essere molto importante, e il tono non esattamente entusiasta del suo iperprotettivo fratello maggiore le dava una mezza idea di cosa fosse.

«Con Harry?»

«Così pare» rispose Ron, come rassegnato. «Meglio lui che il primo sconosciuto che passa. Almeno di Harry mi fido».

 

«Ehi, Ginny».

«C'è qualcosa che devi dirmi, vero?» sorrise lei, in attesa.

«Be'... sì. Devo farti una domanda». Ginny aggrottò la fronte. Non era esattamente quello che si era aspettata. «Come sapevi che se ne sarebbe andata? Cioè, che tramassi qualcosa l'avevo capito, ma...»

«È una storia troppo lunga, e prometto che te la racconterò con dovizia di particolari più tardi. Ma adesso speravo che ci fosse qualcos'altro che dovevi dirmi».

«Be'... sì» ripeté per la seconda volta in pochi istanti. E tra i rumorosi festeggiamenti dei Grifondoro intorno a loro, che avevano appena trovato una ragione in più per sgolarsi dalla gioia, la baciò. Così, semplicemente, senza recite né travestimenti. Solo due persone che si conoscevano da sempre, e adesso avrebbero dovuto imparare di nuovo a conoscersi daccapo, in una luce diversa.

«Il nostro secondo primo bacio» commentò. «Il che non ha molto senso, ma sarai d'accordo anche tu che l'altro non era valido».

«Questa è la prima cosa intelligente che ti sento dire da un po'» scherzò Ginny, trovando nel suo trionfo personale, ancora più grande di quello delle Amazzoni, la forza di fare la spiritosa.

«A proposito», continuò Harry, ricacciando indietro l'orgoglio e sforzandosi di farsi sentire sopra gli applausi per la nuova coppia felice, «avevi ragione. E... ti amo, Ginny».

«Ti amo anch'io, Harry». Stavolta l'“anch'io” nella frase aveva senso. E ora avrebbe anche potuto svenire in pace, se necessario. Tutto era esattamente come avrebbe dovuto essere.

 

«Quindi... hai avuto anche tu una parte in tutto questo».

«Già. Ho passato questi ultimi tempi a tramare alle spalle di tutti quanti per cacciare la Signorina Perfettina da Hogwarts. Mi chiamavano “Tenente Parkinson”».

«“Tenente”? Questa è buona. E adesso spiegami, se non ti dispiace».

«Cosa?» chiese Pansy, anche se la risposta le era venuta in mente nell'istante esatto in cui l'inutile domanda le era uscita di bocca: se qualcuno le avesse detto che avrebbe passato così tanto tempo con Hermione Granger per un motivo che non fosse strettamente scolastico, e che ci avrebbe addirittura collaborato senza insultarla, gli avrebbe riso in faccia, forte.

«Pansy... per i Fondatori, e intendo tutti e quattro, che ci facevi abbracciata alla Mezzosangue un attimo fa?»

«Perché mi aspettavo una risposta del genere?»

«Oh, non so, magari perché le grandi menti tendono a pensare in modo simile?»

«“Le grandi menti”? Hai un ego più grosso di tutta casa tua, Draco, e considerate le dimensioni di Villa Malfoy è proprio tutto dire. Ma mi piaci così».

 

Ci volle del bello e del buono per richiamare la Sala Grande all'ordine e ricordare a tutti che in fondo quello era solo un altro comunissimo giorno di scuola, ma nessuno dei professori parve particolarmente scandalizzato dalle reazioni degli studenti. Non ci furono punizioni, e gli insegnanti finirono per rassegnarsi al fatto che in tutto il castello non si parlasse d'altro che dell'incredibile cacciata del flagello Mary Sue.

Quella sera, per festeggiare, ci fu l'ultima riunione delle Amazzoni, e dato che la Stanza delle Necessità non poteva produrre cibo per la solita ragione che Hermione si affrettò a spiegare come se avesse ingoiato il libro di testo, le ragazze di Tassorosso, che erano le più vicine alle cucine, portarono i viveri per tutte dall'esterno, con il Generale Granger che borbottava qualcosa di estremamente simile a: «Lavoro da schiavi».

«Ehi, avete fatto caso a una cosa?» saltò su il Colonnello durante il terzo riassunto consecutivo di cosa fosse successo esattamente che una Hermione alquanto assetata a furia di parlare stava concedendo con gran gesti teatrali e inchini di ringraziamento.

Rispose un coro unanime di: «Cosa?»

«Silente è un maschio, ma l'ha inquadrata quasi subito».

«Ginny, il professor Silente sarà anche un maschio, ma ha circa centocinquant'anni, annetto più, annetto meno. Ti aspetti davvero che ragioni come uno di sedici?» rise il Generale Granger.

«Oppure...» cominciò Luna nel suo solito tono sognante.

«Oppure che?» la spronarono diverse voci.

«Oh, niente. Ci crederete il giorno in cui vi convincerete che esiste il Ricciocorno Schiattoso, ragazze, davvero».

«Luna, non ti capiremo mai. Lo sai, sì?» sospirò Hermione. Certe avventure creavano un legame indissolubile, ma a volte aveva ancora l'impressione che tra il mondo di Luna e quello di tutti gli altri ci fosse un abisso.

«E c'è un'altra cosa che non ho capito» disse Hannah. «La Pozione Polisucco ce l'avevi da un secolo. Perché non hai fatto tutto questo appena l'hai presa a Lumacorno? Ci saremmo sorbite la sua presenza per molto meno».

«Non è ovvio?» sbottò Pansy, alzando gli occhi al cielo. Poi le scrutò ad una ad una e vide sui loro volti che no, non per tutte era così scontato.

«Be'... sarebbe stato molto meno divertente, non trovate?» spiegò Hermione con una traccia della vecchia luce maliziosa negli occhi, trovandosi d'accordo con il Tenente Parkinson per quella che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta in vita sua.

Scoppiarono tutte a ridere e al segnale esclamarono in coro: «Le Amazzoni hanno vinto! A mai più rivederci!»

E non vissero affatto felici e contenti, ma almeno la loro storia tornò ad essere il pasticcio d'amore, odio e incantesimi di sempre, senza personaggi troppo perfetti tra i piedi.

 

Note dell'Autrice: un ultimo, gigantesco ringraziamento a:

Alyssia98, che ha inserito questa storia tra le ricordate;

bambolinazzurra, BWeasley e Jack and Carly love, che la seguono;

Grace98, che già la seguiva e mi ha inserita tra i suoi autori preferiti.

Ho l'orribile sensazione di aver saltato qualcuno, e se è così chiedo venia in tutte le lingue del mondo. Se qualcuno avrà piacere di inserire questa storia in qualcuna delle sue liste anche dopo la parola “fine”, si consideri ringraziato/a di cuore con un bell'abbraccio virtuale anche se il suo nickname non comparirà nelle Note.

Ragazzi, è stata un'esperienza incredibile, meravigliosa, da batticuore. Vi adoro. Vi ringrazierei pure in Serpentese, Troll, Goblin e Maridese (o Marino che dir si voglia, dipende dalla traduzione), se ci riuscissi. Ho gli occhi lucidi.

BONUS: per chi non ci fosse arrivato, il video di Britney Spears di cui parlavo durante la mitica entrata in scena della Mary Sue è Hit Me Baby One More Time.

Per una vaga idea di come sia la versione gatta di Miss Perfezione, pensate a Yzma alla fine del film a cartoni animati Le follie dell'imperatore.

Fatto il misfatto. Nox. Fine.

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