HetaOni

di Kurookami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 (1 di 2) ***
Capitolo 2: *** Parte 1 (2 di 2) ***
Capitolo 3: *** Parte 2 (1 di 3) ***
Capitolo 4: *** Parte 2 (2 di 3) ***



Capitolo 1
*** Parte 1 (1 di 2) ***


Non credo ci sia bisogno di spiegazioni.
In poche parole questa Fanfic sarà la trascrizione del videogioco fan-made HetaOni.
Cercherò di essere il più fedele possibile, anche se ovviamente qualche elemento di mio ci sarà!
Allora, buona lettura!


HetaOni.
 
Questo è un GDR di Hetalia basato su “Aooni”, un horror game creato da noprops.
L’obbiettivo principale è fuggire, ma questo gioco ha molte differenze rispetto al lavoro originale.

Essendo un GDR esso contiene numero elementi del genere, quali battaglie, collezione di oggetti, eccetera…
Non si desidera creare alcun disturbo al creatore di “Aooni”.
E questa è la fine della spiegazione di HetaOni.

 
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1 parte 1
 
Corse.
Corse come non aveva mai corso prima d’ora.

Doveva scappare.
FUGGIRE.
Ma come?
Raggiunse la porta d’ingresso, la speranza di salvezza che illuminava i piccoli occhi cerulei.
Speranza che morì subito, quando tentò di aprirla.
/Il respiro della Cosa si faceva sempre più vicino./
La luce cominciò a cedere, accendendosi e spegnendosi, come a voler aumentare l’angoscia che la povera creatura provava.
/Più vicino… Più vicino…/
Tentò un’ultima disperata volta di aprire la porta, senza successo.
/ Troppo tardi. /
 
Il piccolo Mochi gridò.
 
 
 
Una casa abbandonata su una montagna, a circa tre ore di cammino dal luogo in cui si è svolto il vertice delle nazioni.
Nessuno sa da quanto tempo questa casa sia lì o chi vi abitasse.
Si mormora che sia stregata.
 
L’italiano osservò l’imponente figura della casa, sorridendo allegramente.
“Veh-! E’ davvero qui!”
Esclamò, portandosi una mano sopra gli occhi.
Anche il giapponese accanto a lui analizzava con maggiore scrupolosità la struttura, una mano sul mento come perso in qualche ragionamento.
“Pensavo fosse solo una diceria… Non credevo che l’avremmo realmente trovata…”.
“Trasmette un forte senso di desolazione…” interruppe i suoi pensieri l’albino, che continuò “… Non male!”.
Il biondo al suo fianco non era dello stesso parere.
“Non credo sia poi così interessante.”.
“Nemmeno io…” gli accordò Giappone, osservando ora con aria critica la costruzione “Non potremmo semplicemente dare un’occhiata dall’esterno e andarcene?”.
“Awww, dopo tutti i problemi che abbiamo avuto per trovarla? Suvvia, andiamo dentro solo un pochino!”.
La lamentela di Italia venne accolta dal silenzio di Germania.
Ma alla fine…
Furono dentro.
 
I quattro si guardarono intorno, una volta all’interno.
“E’ più pulita di quanto credessi.”
Constatò Italia, piacevolmente sorpreso.
“E-Ehy, possiamo andarcene adesso?”.
Chiese, stranamente teso, Germania, lanciando occhiate attorno a se.
Non gli piaceva la strana sensazione che avvertiva…
Prussia lo guardò, vagamente stupito ma prendendolo in giro.
“Qual è il problema West? Sei spaventato?”.
Non fece in tempo a ricevere una risposta, che all’improvviso sentirono un rumore, provenire da qualche parte della casa.
Il tedesco sobbalzò, ora evidentemente preoccupato.
“G-Guardate, dovremmo veramente andarcene adesso…”.
Dire che Giappone era sorpreso dall’atteggiamento così… Da Italia, dell’altro, sarebbe stato un eufemismo.
“Oh, non essere ridicolo. Non ci sono fantasmi o cose simili, dov’è finito il tuo buon senso?”.
 
/Quanto si sbagliava…/
 
Decise allora di essere lui stesso ad andare a vedere quale fosse la causa di tale rumore.
Cominciò quindi ad incamminarsi nella direzione in cui aveva avvertito il suono.
“Fai attenzione, Giappone.”
Gli disse Prussia, ora anche lui con una strana sensazione in corpo.
“Tranquillo. Vado solo a vedere cos’è successo, tornerò il prima possibile.”.
Dopo questa piccola rassicurazione, il giapponese si allontanò dagli altri, inoltrandosi nella enorme casa.
Trovò un paio di porte, lungo il suo cammino.
“Sembra siano chiuse a chiave…”.
Ragionò, aggrottando lievemente le sopracciglia. Decise di soprassedere, continuando l’esplorazione e giungendo in una cucina.
Si guardò un po’ intorno, studiando i più piccoli particolari, notando ad un certo punto un piatto a terra.
“Il piatto è… Rotto. Devo fare attenzione a non farmi male.”.
Una strana sensazione però gli fece raccogliere un pezzo dell’oggetto –chissà, qualsiasi cosa in questa casa poteva rivelarsi utile-.
Concludendo che lì non c’era nulla per cui valesse la pena osservare, tornò all’ingresso, trovandovi però una brutta sorpresa.
“Ma che…?!”
Gli altri, che prima erano lì, non si vedevano da nessuna parte.
“Se ne sono andati veramente? … Che deplorevole atteggiamento.”
Fece una piccola smorfia di fastidio, dirigendosi verso l’uscita.
Quando però, poggiata la mano sulla maniglia, tentò di girarla scoprì con dispiacere che era bloccata.
“Non si vuole aprire…”.
Disse, provando qualche volta.
Che fosse uno scherzo degli altri?
Sospirando lasciò perdere, optando per la ricerca di un’uscita alternativa –inoltre, in questa maniera avrebbe potuto esplorare la casa, motivo per il quale erano venuti-.
La prima stanza in cui si trovò era una in stile giapponese.
Solo che anche lì vi erano porte che non volevano saperne di aprirsi.
“Che strano… Come mai così tante porte chiuse?”
Mise da parte quel pensiero, continuando a vagare.
 
Si era già stufato di camminare a caso.
Percorreva, lentamente, un corridoio –uno dei tanti uguali della casa- e proprio quando pensava che non ci fosse nulla di davvero interessante da giustificare quelle dicerie, lo vide.
 
Una figura, grigia e troppo grande per essere un umano, di spalle a lui.
 
Non fece però in tempo a poter formulare nulla, che l’essere era già sparito dietro una porta.
Il giapponese cercò di rilassare i muscoli che neanche si era accorto di aver teso, scuotendo piano il capo come in segno di negazione.
“C-Che cosa era proprio…”.
Cominciò, non volendo credere a quella che pareva quasi un’allucinazione.
“Io… Forse mi sono affaticato troppo…?”.
Poteva essere.
Di sicuro ciò che aveva visto non era reale… Vero?
Forse spinto da curiosità, provò a passare per quella porta nella quale aveva visto sparire il mostro, il cuore in gola.
 
… Era chiusa.


“… Non si apre.”.
Constatò, per poi lasciar stare e decidere di spostarsi in un’altra zona della casa.
Ormai il piano terra l’aveva esplorato come poteva.
Tanto valeva andare sopra.
Alcune porte, come sempre, erano chiuse.
“Chissà cosa c’è dietro di esse…”.
Però, proprio quando stava per lasciare una delle camere in cui era riuscito ad entrare, vide appoggiato sul letto un oggetto ben familiare.
Lo prese tra le mani, stranito.
“Questa è… La cintura di Germania? Che ci fa in un posto come questo?”.
Gli venne in mente un pensiero.
“Questo vuol dire… Che anche gli altri sono ancora qua dentro? Forse neanche loro sono riusciti ad uscire…”.
Portandosi dietro l’arnese, uscì dalla stanza, deciso a trovare i tre che probabilmente erano da qualche parte.
Altre porte chiuse… Quando finalmente ne trovò una aperta.
Sembrava normale, semplice come le altre.
Però…
Una tenda, quasi fuori posto rispetto al mobilio, attirò la sua attenzione.
Cautamente, la scostò.
E ciò che trovò lo scioccò.
“G-Germania!!”.
Il suddetto tedesco sembrava in crisi. Piccoli tremiti gli attraversavano il corpo, e lo sguardo sembrava… Vacuo. Come se avesse visto qualcosa di terribile.
“… Germania, dove sono gli altri?”.
Chiese urgentemente il giapponese.
Se il biondo era ridotto in quelle condizioni, doveva essere successo qualcosa…
“…”.
Tutto ciò che ricevette era silenzio.
“… Mi sembri… Scosso.” Constatò l’asiatico. “Vado a prenderti qualcosa da bere.”.
Uscì velocemente dalla stanza.
Già…
… Ma dove lo andava a prendere ora?
 

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Capitolo 2
*** Parte 1 (2 di 2) ***


Dove la poteva trovare, l’acqua?
Si ricordò di essere passato, all’inizio, in una cucina.
Magari poteva prenderla da lì.
Ora più fiducioso –il sapere la meta era una piacevole sensazione- scese le scale, ritrovandosi al pian terreno.
Ricordandosi fortunatamente la strada, arrivò ben presto in cucina.
 
Peccato però che la fortuna, a quanto pareva, non era dalla sua.
 
“Il rubinetto non funziona.”.
Pensò, abbastanza irritato, provando quasi per inezia ad aprirlo nuovamente.
Niente.
“Devo cercare l’acqua da qualche parte.”.
Sospirando un’ultima volta, prese un corridoio, cercando ovunque qualcosa da poter portare al tedesco che lo attendeva.
Passò anche in un bagno.
“…”.
Fissò il water.
“Beh… Anche questa è acqua.”
Sentenziò, molto propenso a mandare a quel paese tutto e prendere quella.
Purtroppo la sua nobiltà d’animo lo bloccò.
“Meglio non essere così precipitosi.”.
Stava quasi per ripartire alla ricerca, quando notò con sollievo che il rubinetto del bagno sembrava funzionare.
”Ah, grazie al cielo. Non sembra essere rotto.”
Pensò, facendola scorrere in un bicchiere precedentemente preso dalla cucina.
Anche se…
… A vederla non era così sicuro che fosse acqua.
… Meglio di niente.
Soddisfatto di aver raggiunto il suo obbiettivo, tornò velocemente nella stanza dove aveva trovato Germania, notando che era nelle stesse condizioni precedenti.
“Germania, ti ho portato un po’ d’acqua. Bevi e cerca di calmarti un po’.” Poi aggiunse, mentre gliela porgeva “Ecco. Non è stata filtrata, credo…”.
Il tedesco bevve, prima lentamente, poi quasi bisognoso, calmandosi ad ogni sorso.
Quando la finì, si poteva già notare un miglioramento.
“… E’ davvero acqua?”.
Chiese, fissando i rimasugli del liquido nel bicchiere.
“A giudicare dal colore… Credo di sì.”
Rispose Giappone, seppur dubbioso.
“Capisco… In ogni caso chiedo scusa per essere crollato in questo modo.”.
Si vergognava davvero di come si era comportato.
“Mi sento molto meglio ora, grazie a te.”.
“Questa è una buona notizia.”
Fece un piccolo cenno del capo, come in un muto “prego”.
“Dunque… Dove sono gli altri?”.
“Io… Non ne sono sicuro.” Sentenziò demoralizzato l’altro, massaggiandosi la nuca. “In ogni caso ci siamo messi a correre per salvarci la vita e quei due sono andati in direzioni diverse… Credo.”.
Poi scosse il capo, confuso.
“Scusami, dammi solo un secondo per riprendermi…”.
“Va bene” decise allora l’altro “Io andrò a cercare gli altri due, cerca di riposarti un poco.”.
“Scusami… Oh, in ogni caso… Ho trovato questo mentre correvo, magari ti potrà essere utile.”.
Disse, porgendogli una chiave dall’aria usurata.
Poi, d’un tratto si rinfilò dietro la tenda.
Anche se sorpreso da quell’atteggiamento, Giappone non potè fare altro che lasciar momentaneamente perdere e andare a cercare gli altri due.
Forse, però… Prima era meglio vedere dove conduceva la chiave che gli aveva dato il tedesco.
La chiave si rivelò essere quella della libreria al primo piano.
Ci andò, entrando nella stanza in modo guardingo.
 
La Cosa camminò a passi svelti, lungo il pavimento della libreria, per poi sparire. Chissà dove.
 
Il giapponese si passò un paio di volte la mano sugli occhi.
Era certo di aver rivisto quella… Cosa.
… Sarà stata un’altra allucinazione.
Esplorò la libreria, trovandovi soltanto una polpetta di riso (che diamine ci faceva lì?).
 
Non ebbe però il tempo di vedere altro.
All’improvviso, se lo ritrovò alle spalle.
 
Era a dir poco scioccato. Allora non era una fantasia della sua mente!
Troppo sorpreso per poter fare altro, scappò fino alla porta della stanza, non riuscendo a fuggire però in tempo.
Doveva affrontarlo.
Qualunque… Cosa fosse.
Uscì la sua katana, preparandosi allo scontro.
Fortunatamente per lui, sembrava abbastanza lento nei movimenti, riuscendo ad evitare i suoi colpi con facilità.
Dopo un paio di fendenti e qualche maledizione, la creatura fuggì.
Sollevato per essere riuscito a cavarsela, fece per uscire.
Però la porta era chiusa.
“L-La chiave…” disse preoccupato, tastandosi le tasche “Oh no… Devo averla fatta cadere da qualche parte.”.
Doveva fare in fretta però.
Quella Cosa poteva tornare in qualunque momento.
Setacciò la libreria, riuscendo dopo qualche minuto a ritrovarla, dietro ad uno scaffale.
“Trovata! Ora devo uscire di qui, presto!”.
L’essere gli era dietro.
Corse velocemente fuori dalla stanza, con il cuore in gola, chiudendosi la porta alle spalle.
… Era salvo.
“…  Che cosa diamine era quella cosa…?”.
Sussurrò, inquieto.
Non aveva mai visto una creatura del genere.
Eppure… Stranamente gli era familiare.
… Meglio non rimanere fermi in un punto.
“Devo trovare gli altri il prima possibile.”.
 

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Capitolo 3
*** Parte 2 (1 di 3) ***


Stava quasi per andarsene, quando si ricordò di aver visto qualcosa, nella libreria.
Come… Una chiave, forse?
“… Non vorrei, ma… Meglio andare a controllare.”.
Sospirando, tornò nella stanza dove aveva combattuto la cosa, cercando con lo sguardo intorno –anche se in maniera abbastanza frettolosa-.
Un luccichio sulla scrivania attirò la sua attenzione.
La chiave!
La prese sollevato, notando poi, sorpreso, una piccola incisione su di essa.
 
Chiave dell’attico del quarto piano.
 
Beh, almeno ora aveva la possibilità di cercare quei due in altri posti.
Si diresse nuovamente verso la porta, guardando quasi con rammarico le librerie.
“Ci sono così tanti libri qui. Se non fossi così di fretta di sicuro ne sfoglierei qualcuno.”.
Ne sfiorò uno con la punta delle dita, attratto.
“… Beh… Se ne guardo uno solo non causerà certo problemi, giusto?”.
Il pensiero era troppo allettante.
Prese uno che sembrava particolarmente interessante, e lo sfogliò, giusto il tempo per darne una semplice occhiata generica.
Stranamente, finito si sentiva come… Più forte.
Lo rimise al suo posto, uscendo dalla stanza senza per fortuna incontrare quell’essere.
Rimase un secondo a pensare alla prossima stanza dove cercare.
Teneva ancora in mano la chiave appena trovata.
“Mhm… Potrei già usarla.”.
Fece spallucce, dirigendosi allora verso il quarto piano.
Lì, entrò grazie alla chiave nell’attico, guardandosi intorno con aria curiosa.
Sembrava normale.
Nulla di insolito.
Osservò in giro, constatando che non c’era nulla di particolare.
Tranne…
Non appena passò accanto alla libreria, sentì uno strano rumore.
 
O meglio, dei versi.
 
Cauto, si sporse leggermente dietro di essa.
Lì, il suo sguardo venne ricambiato da quello di un povero Mochi.
“Oh, un Mochi. Sei incastrato?”.
Chiese il giapponese, pensando prima alla sicurezza della povera creatura, piuttosto che domandarsi che diamine ci facesse lì.
Allungò un braccio, cercando di aiutarlo ad uscire.
Tirò un paio di volte, ma niente.
Non si voleva smuovere.
“Ah, non riesco a tirarti fuori. Non così.”.
Constatò, piccato.
“Povera creatura… Penso che Germania potrebbe essere in grado di tirarti fuori, credo.” Riflettè, lisciandosi il mento con fare meditativo “Mi domando se vorrà venire fino a qui per questo.”.
Poi però si ricordò che il tedesco non voleva saperne di uscire da dietro quella tenda…
“Mh, forse dovrei trascinarlo fuori… No, in ogni caso prima glielo chiederò.”.
Lasciò a malincuore il Mochi, per tornare nella stanza dove era rimasto il tedesco.
Quando entrò, però, vide che c’era qualcosa di strano.
La tenda di prima era inspiegabilmente sparita, per lasciar posto ad una porta in ferro battuto.
“Cosa…? C’era già questa porta?” pensò, osservandola “E’ forse uno scherzo della mia immaginazione? Eppure sono sicuro che non fosse di ferro…”.
Confuso –prima creature strane, poi porte apparse dal nulla- bussò lievemente alla porta.
“Uh… Germania, hai un minuto?”.
Si sentì come un rumore di… Lavori? Che cosa stava combinando l’altro, al di là di quella porta?
“Sei tu Giappone? Qual è il problema?”.
Gli rispose la voce del tedesco, stranamente affaticata.
“Vedi, c’è un misterioso Mochi incastrato nel muro in una delle stanze al quarto piano” cominciò “Mi spiace un po’ per lui così mi chiedevo se potessi provare a tirarlo fuori da lì…”.
“Capisco. Okay, andrò a tirarlo fuori. Ho solo un favore da chiederti, credo.”.
Un favore?
Ma cosa prendeva al biondo?
“Certamente, se è qualcosa che io sono in grado di fare.”.
“Ecco, mentre stavo correndo, ho fatto cadere la mia frusta. Credo che noi dovremmo avere qualche tipo di arma nel caso quella Cosa si faccia vedere nuovamente.”.
La frusta?
“Per favore, potresti cercarla, se non è un eccessivo problema?”.
… Ah!
“Che coincidenza!” disse sorridendo piano l’asiatico “Ho trovato la tua frusta poco fa!”.
“Oh…”.
“Aspetta, te la passo…”.
Disse, riuscendo a dargliela dallo spiraglio che l’altro aveva lasciato con la porta, per poi richiuderla subito dopo.
Che comportamento strano…
“Era appoggiata sul letto vicino alla porta.”.
“Oh, capisco… Ehm, grazie…” fu tutto quello che proferì il tedesco.
“Di nulla. Dopotutto l’ho trovata per puro caso. Ora andiamo su al quarto piano…”.
“Oh! Giappone!” cominciò l’altro, stranamente agitato “Mi dispiace, ma…”.
“… Si? Cosa c’è?”.
“Ah… Io sono veramente, veramente dispiaciuto, ma…” Dal tono sembrava il contrario. “Al momento sono pure veramente affamato. Non è che hai da mangiare?”.
Il giapponese sospirò: il biondo era abbastanza difficile da accontentare.
“Da mangiare… Mi dispiace, ma non ho portato del cibo con me. Non ho nemmeno niente che possa essere usato per cucinare.”.
“Capisco! Quindi, se non è chiedere troppo, potresti andare a cercare qualcosa da mangiare?”.
“Sì, è troppo!”.
“Cosa?!” fece l’altro, indignato. “Qu-Questo è impossibile! Che possibilità ho di trovare del cibo in un posto come questo?!”.
Il tono del tedesco si fece allora lamentoso.
“Ti prego! Non ho più forze in questo momento. Qualsiasi cosa andrà bene, trovami solo del cibo, okay?”.
“…”.
Non riuscì a trattenere un sospiro di fastidio.
“Va bene, darò un’altra occhiata in giro. In ogni caso devo anche cercare Italia…”.
“Fantastico!! Ti ringrazio” esclamò il biondo, sempre da dietro la porta “In ogni caso, hai trovato mio fratello?”.
“No. Ma lui dovrebbe stare bene. Credo…”.
“Perdonami per tutti questi problemi. Oh, in ogni caso” intanto la porta si aprì di poco, giusto il necessario per mettere fuori il braccio “Prendi questo con te.”.
E così il giapponese si ritrovò con in mano una… Birra.
“… Una bibita?! E birra, oltretutto?!”.
“Ah, ti ringrazio. Ora vado allora…”.
“Okay, grazie.”.
Mentre se ne andava, dopo queste semplici parole di commiato, udì dietro la porta i rumori di prima.
Come… Se il tedesco stesse lavorando a qualcosa.
“Cosa diamine starà mai facendo lì dentro?”.

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Capitolo 4
*** Parte 2 (2 di 3) ***


Uscì dalla stanza, mettendo momentaneamente da parte le domande che aveva in mente.
Prima l’acqua, ora il cibo…
Dove glielo andava a prendere?
Vagò in giro, non sapendo davvero come fare.
Finchè non giunse nel bagno della volta precedente.
 
Il gabinetto sembrava strano.
“Questo gabinetto…” ponderò, fissandolo in maniera obliqua “Sembra che io ci possa comprare qualcosa se inserisco le monete, in qualche modo.”.
Anche questa volta, non volle farsi nessuna domanda, comprando da esso delle semplici polpette di riso.
Compiuto l’acquisto, dopo aver lanciato un’altra strana occhiata al sanitario, se ne andò.
 
Lo sguardò però, cadde sulla porta che, non molto prima, la Cosa aveva varcato.
… Poteva provare…?
Decise di fare un tentativo, vedendo che stranamente e rispetto a prima era aperta.
Entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Lo accolse il buio più totale.
“Wow, è completamente buio. Dov’è l’interruttore…?”.
Non avvertì il fiato della creatura, in agguato nell’ombra…
Lo trovò abbastanza facilmente, e lo premette senza particolare attenzione.
Quasi si prese un colpo, quando, una volta accesa, la lampadina illuminò la sagoma gigantesca dell’essere, che lo guardò con i suoi inespressivi occhi grigi.
Il giapponese non ebbe altra scelta che combattere contro di lui.
“Tu… NoN…fUg… Gi… RaI…”.
Rantolò esso, in direzione della nazione, che estratta la sua katana non perse tempo e la attaccò.
Il combattimento non andò in maniera totalmente diversa dalla volta precedente –anche se era una sua impressione, o la creatura sembrava più… Forte?- ma non riuscì a continuare che l’altro fece qualcosa di inaspettato.
Il buio di colpo tornò nella stanza.
“Ha spento la luce?!”.
Si chiese preoccupato il moro, spostando il capo da una parte all’altra, senza riuscire a vedere nulla.
“Sta per-!”.
La luce tornò.
Ma l’essere era scomparso.
“Cosa?!”.
Non osò rilassarsi, studiando ogni possibile nascondiglio della stanza.
Però, per una mole enorme come quella, non ce n’erano.
“E’ sparito.”.
“Sono preoccupato per Italia, è meglio che io mi sbrighi…”.
Un altro luccichio attirò la sua attenzione.
Una chiave giaceva sul fondo della vasca adiacente al muro.
La raccolse, osservando l’incisione su di essa.
 
Chiave della camera da letto.
 
La mise in tasca, tornando al secondo piano.
Cercò cautamente la porta che poteva essere aperta con l’oggetto appena trovato, e dopo qualche tentativo la trovò.
Appena entrato, decise di chiuderla a chiave –il mostro poteva venire in qualsiasi momento-.
Fece vagare lo sguardo, notando con sollievo la figura del prussiano, di spalle.
“Ah, menomale…!”.
Si avvicinò a lui, ma doveva averlo spaventato, perché si girò di scatto, urlando e menando un fendente con la sua spada.
“Chi va là?!”.
Il giapponese riuscì in tempo a bloccare il colpo con la sua katana.
“Whoa! C-Calmati! Sono io!”.
Appena riconobbe la nazione, il prussiano smise immediatamente di attaccarlo, portando poi la spada lungo il fianco.
“Oh, sei tu, Giappone? S-Scusa.”.
“Stai bene?”.
“C’era- C’era un mostro! Io l’ho visto!” disse concitato l’albino, con tanto di gesticolamenti, come a voler sottolineare le dimensioni sovrumane della creatura.
“Un gigante completamente nudo con lo stesso colore degli scones ammuffiti!”.
“…”.
Il silenzio del giapponese fu eloquente.
“Sto dicendo la verità! Tutti noi lo abbiamo visto! Io, West e anche Italia!”.
Insistette lui, fissandolo.
“Si, lo so.”.
“Prima che me ne accorgessi ero già corso qui, spaventato” cominciò allora, vergognandosi del suo comportamento “Quei due… Io non so dove siano andati. Ciò che dico ha un qualche senso?” aggiunse, grattandosi la nuca dubbioso.
“Si, abbastanza” gli rispose tranquillo il moro “Tutto ciò ha un senso. L’ho visto anche io.”.
“Che diavolo è quella Cosa? O-Oh, e che cos’è successo agli altri?”.
Era preoccupato, e più che sapere da cosa stavano fuggendo ora avrebbe voluto sapere se gli altri stessero bene.
“Ti prego, calmati. Vuoi che ti porti qualcosa da bere?”.
La cortesia del nipponico non cedeva neanche in momenti del genere.
“Cosa? Oh… Ora che me lo fai notare, in effetti, ho un po’ di sete. Non è che hai dell’acqua, o qualcos’altro?”.
“No, ma posso andare a prendertene un po’. Vuoi che lo faccia?”.
Infondo, lo aveva fatto per il tedesco, rifarlo per suo fratello non sarebbe stato un grande peso.
“Si… No, aspetta” ritrattò subito “Non ne ho davvero bisogno. Cos’è successo agli altri due?”.
“Germania è su questo stesso piano. Ha detto di essere affamato. Ma non ho trovato alcuna traccia di Italia” aggiunse, ora con un piccolo cipiglio preoccupato “Non hai idea di dove possa essere andato?”.
“Cosa?!” esclamò il prussiano, ora in pensiero come l’altro “Italia è disperso? Credi che sia stato attaccato da quel mostro…?”.
“Non possiamo essere sicuri al cento per cento…” cominciò, l’altro, analizzando le varie possibilità “Ma lui è davvero veloce ed in gamba quando si tratta di fuggire. Io credo che sia riuscito a scappare in qualche maniera.”.
“Okay, allora anche io darò una mano a cercarlo! Ma prima, andiamo dove c’è West. In ogni caso, cosa sta facendo?”.
“Ha detto che è troppo affamato per muoversi” disse Giappone, portando le mani sui fianchi “Prussia, non è che hai qualcosa da mangiare per lui?”.
“Qualcosa da mangiare…” riflettè allora lui “Ora che me ne parli, ho trovato alcuni funghi, mentre correvo. Credi possano andare?”.
“Dovrebbero andare…”.
“Bene! Allora andiam-“.
Non fece neanche un movimento che…
 
Un passo… Un altro…
 
“Qual è il problema?” chiese allora il giapponese, osservandolo confuso rimanere immobile.
“Non senti anche tu… Il rumore di come qualcosa che si sta avvicinando?”.
 
Il respiro pesante della Cosa, ormai in piedi al di là della porta, era ben udibile dai due.
 
“…”.
“Hey. Se quella cosa attaccata alla cintura non è solo lì per figura, allora tirala fuori dal fodero.” Disse allora il prussiano, un piccolo ghigno teso sulle labbra.
“Così si fa se non si vuole essere mangiati.”.
La sua spada già tratta davanti a sé.
 
Le sue prede erano al di là della porta… Così vicine…
 
“Concordo…”.
Anche il giapponese fu pronto, la katana ben in pugno e lo sguardo fisso sulla porta.
 
La maniglia calò lentamente, con uno scatto che sembrò rimbombare sulle pareti.
Ma…
La porta era chiusa a chiave.
 
“…!!”.
“…”.
 
Provò altre volte, ma inutilmente.
Il respiro sempre così profondo.
Non poteva entrare.
I passi della Cosa erano ben udibili, mentre si allontanava, per ora sconfitta.
 
“… Se n’è andato?”.
Si azzardò a chiedere Prussia, lo sguardo ancora fisso sulla porta.
“Si, probabilmente.”.
“Perfetto! Questo è stato un po’ spaventoso, ma ora dobbiamo raggiungere West. Troviamo Italia e usciamo di qui il prima possibile!”.
“Concordo.”.
Ora che finalmente aveva trovato uno dei due dispersi, il futuro sembrava un po’ più roseo, rispetto a prima.

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