Quella Lunga Settimana

di PrincesMonica
(/viewuser.php?uid=32210)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Titolo: Quella Lunga settimana
Autore: PrincesMonica
Rating: Rosso/Arancio
Disclaimer: Scrivo per puro divertimento personale e non a scopo di lucro. Non conosco Jared Leto (per ora) quindi non so assolutamente se i pensieri che ho descritto e la sua personalità siano anche solo minimamente simili.
 
Capitolo 1
 
Stava cercando in tutti i modi di trovare una buona scusa per propinarle quel viaggio. Il problema, e lo sapeva anche lui, era che non ci sarebbe potuta essere nessuna scusa che teneva, più di quella assurda richiesta di sua madre. Adorava Costance, era merito suo se lui e Shannon erano cresciuti così bene... Ok, magari non perfetti gentleman come richiedeva il galateo, ma avevano delle basi solide e credevano in quello che facevano, cose che in quei giorni era quantomeno complessa.
Magari sua madre avrebbe preferito che fossero due uomini da casa e lavoro, solo che il loro lavoro era decisamente fuori dagli schemi e la parola casa non aveva mai avuto un grandissimo significato, soprattutto quando fin dalla tenera età di sei anni avevano preso a girare per mezza America. Non che gliene facesse una colpa, ma non poteva lamentarsi che i suoi figli non avessero una vita stabile quando lei per prima li aveva fatti girare come due trottole impazzite.
Scosse il capo: non era quello il momento per mettersi a fare i conti con il proprio passato e di certo quei pensieri non lo aiutavano a decidere come affrontare il discorso con la sua amica. Sospirò davanti un palazzo non troppo alto, ma ben tenuto, davanti ad una delle innumerevoli spiagge della città.
"Chi è?"
"Jared."
"..... Sali."
Con rapidità fece i tre piani di scale e si ritrovò davanti ad una porta in finto legno, in quanto blindata, ancora chiusa, quindi suonò il secondo campanello. Qualche giro di chiave dopo si trovò davanti una ragazza che lo fissava incuriosito. Indossava un paio di pantaloni della tuta grigi, due volte più grandi di lei, una maglietta a maniche corte blu elettrico e solo dei calzini multicolori ai piedi. Dietro gli occhiali azzurri, due occhi grandi e castani, che rivelavano, spesso, molto di più di quello che lei lasciava intendere. I capelli, normalmente mossi e lasciati liberi dietro la schiena, erano raccolti in una stretta coda.
"Entra. Scusa se non sono di tante parole, ma stavo cucinando." infatti dalla spaziosa cucina tutta in tinta azzurro chiaro, proveniva un delizioso profumino. Inconfondibile la cioccolata si impossessò del suo odorato: Jared quasi dimenticò il motivo della sua visita. Seguì la ragazza e si sedette sul tavolo, mentre lei prendeva un mestolo di legno per mescolare una crema scura che sobbolliva sul fornello. Aveva mangiato molto spesso quello che lei cucinava, ma di rado l'aveva vista mentre preparava i suoi manicaretti.
"Mi spieghi che ci fai qui? Dubito che sei sceso dalla collina solo per guardarmi in tenuta da casa mentre preparo una torta al cioccolato."
"No in effetti, Monica. Però è interessante vederti in tenuta da casalinga piuttosto che quella di efficiente star della letteratura che vedo di solito alle presentazioni dei tuoi libro."
Lei sorrise e lo fissò con la coda dell'occhio, sempre attenta a non far bruciare la copertura di quella che sarebbe diventata una perfetta sacher per la cena a cui era stata invitata quella sera. Il 2012 gli stava giovando parecchio. Da quando aveva finito il tour era finalmente riuscito a mettere su qualche chilo che da troppo tempo mancava e le occhiaie nere che per quasi due anni lo avevano accompagnato erano solo dei ricordi. I capelli decisamente lunghi e la barba lasciata crescere più del normale, rendevano il suo volto decisamente più maschio e più uomo di quanto non sembrasse. Capiva che era veramente in vacanza. E i vestiti trasandati le facevano capire che non aveva neanche la voglia di pensare di interessare a qualcuno. Peccato che pure con quei pantaloni blu e gialli dell'Adidas e la canotta dei Def Leppard, avrebbe attirato gli sguardi di chiunque. Si domandò, per l'ennesima volta, se Jared si rendesse conto quanto riusciva ad attirare la gente e di come, soprattutto, riuscisse a non passare inosservato. Era semplicemente troppo.
Troppo bello.
Troppo perfetto.
Troppo tutto.
"Quindi?"
"Che fai la prossima settimana?", chiese lui invece.
"Perchè?"
"Sai che non si risponde con una domanda ad un'altra domanda?"
Monica non si prese la briga di dire altro, ma tolse dal fuoco la glassa di cioccolato e la portò verso il piano di marmo dove, sopra un'apposita griglia di metallo, stava appoggiata una torta scura. Mescolò con lentezza facendo terminare tutto il bollore, fino a quando, con lentezza studiata, iniziò a versare il contenuto della pentola sulla torta. Con una spatola di metallo e pochi colpi di polso, coprì tutta la superficie che divenne lucida ed ancora più invitante. Jared non perdeva un solo movimento, anche perché era straordinario come la cioccolata scivolava ordinata sui bordi e come Monica riuscisse a non farne cadere troppo sul piano. Dopo un paio di minuti, versò quello che rimaneva del composto in un vasetto di vetro e lasciò che la glassa si rapprendesse.
Finalmente andò a sedersi davanti a lui sorridendo. "Sai che ti ho chiesto cosa vuoi?"
Jared la fissò torturandosi il labbro: era stata una follia venire lì. La conosceva da anni, sapeva che non era il tipo di donna che accettava simili progetti. Poi pensò a sua madre e alle urla che avrebbe tirato, oltre alla rottura di palle per almeno un anno. No, era qualcosa che non poteva decisamente sopportare.
Monica roteò gli occhi esasperata dal silenzio dell'amico.
"Ok, ok, va bene. Avrei bisogno che tu mi facessi un favore enorme."
"Del tipo?"
"Diciamo che dovresti farmi da fidanzata per una settimana, tò, dieci giorni al massimo."
Calò il silenzio: Monica lo fissó come se fosse impazzito del tutto, cosa che forse era vera. Non capiva se si era bevuto l'ultimo goccio di sanità menta e o se non l'avesse mai veramente avuta. Optò per la seconda. Poi si mise a ridere di gusto. La stava prendendo in giro, ovviamente. "E io ancora che ti sto ad ascoltare! Che scemo che sei."
"Non ti sto prendendo per il culo. Ho bisogno di una ragazza seria per qualche giorno. E tu sei l'unica che mi sia venuta in mente che può rispecchiare un po' quello che mi serve."
Adesso lo stava fissando in muto stupore. Jared fu tentato di chiuderle la bocca con un piccolo gesto del dito, prima che una mosca vi entrasse.
"Ok, questa è una situazione assurda.", mormorò Monica alzandosi e dirigendosi verso la sua camera da letto. Jared la seguì: forse era il caso che le spiegasse tutto dal principio. La trovò mentre si stava spogliando. Senza un minimo di pudore, la guardò "Scusa? Puoi uscire?"
"Ti ho visto spesso in costume. Non è una novità.", notò i segni chiari delle smagliature sulla pancia, ma anche il seno abbondante ben sostenuto da un reggiseno bianco sportivo. Spartana fino in fondo, pensò.
"lo so, ma non amo farmi vedere semi nuda dagli amici in camera mia."
"Paura che ti salti addosso? Tranquilla, non sei il mio tipo."
"Lo so, quindi é per questo che trovo assurda la tua idea. Vallo a chiedere ad una delle Barbie che ti scopi una notte sì ed una anche."
"Non ho questa vita sessuale così movimentata come credi tu. E comunque nessuna di loro va bene per quello che mi serve."
"Ah, ti serve una con il cervello?"
Lui sorrise: "Beh, più o meno sì. Senti, la situazione è questa. Ieri sera mamma è venuta da noi brandendo una lettera con fare alquanto minaccioso. Era una lettera di zia Margot, una specie di pro pro zia della Louisiana, una parente di secondo grado di nonna Ruby. Sta organizzando un super mega ritrovo di tutti i fottuti Metrejons e affini. Ovviamente fottuti solo perché la situazione è di merda."
"Ok, ma io che c'entro?"
"C'entri, perchè mamma vuole che io e Shannon ci presentiamo con due fidanzate serie al nostro fianco."
Monica era senza parole, non riusciva neanche a ridere. " E perché? Non mi è mai perso che le interessasse così tanto la vostra situazione sentimentale."
"Appunto, ma pare che al raduno ci sarà anche Zia Franny estremamente in competizione con mamma."
"Ancora non capisco."
Jared si schiarì la voce prima di intraprendere una incredibile imitazione di sua madre, dal modo di fare al tono. "Lo sapete quante volte vostra zia Franny mi ha ripetuto che il suo George é intelligente, con un lavoro stabile e che belli sono i suoi nipoti? Mica come i miei due debosciati! Questo ci ha detto, ti rendi conto?", finì con voce normale.
"Povera donna, ha anche ragione. Ormai avete entrambi varcato la soglia dei 40 e lei non vede piccoli Letini all'orizzonte."
"Ti prego non mettertici anche tu. Ho bisogno di un aiuto, non ho voglia di rotture di palle per un anno intero con lei che mi ripete quanto sia bravo George, quanto l'ho delusa per non aver portato una fidanzata e simili."
Monica sorrise. "È interessante vedere come l'unica donna che ti comanda a bacchetta é tua madre."
"Non scherzare. Quella é capace di ucciderci con la stessa facilità con cui ci ha fatti. Non voglio neanche sapere chi si porterà dietro Shannon, ma io vorrei avere al mio fianco qualcuno su cui possa fare affidamento. Quelle che tu chiami Barbie ancora un po' non sanno neanche il mio cognome o cosa faccio realmente nella vita."
"Appunto, ti serve una con il cervello. Perché non l'hai chiesto ad Emma?", bastò l'occhiata obliqua che le lanciò per capire l'antifona: Emma era tanto cara e tanto buona, ma di certo non era una ragazza che si lasciava trascinare in quelle follie. Senza contare che era tornata in Australia per un degno e meritato mese di ferie.
"Ok. Quindi spiegami che cosa dovrei fare."  
Jared sorrise: era fatta! "Niente di che, qualche effusione in pubblico, andare in giro mano della mano, dormire assieme al massimo."
"Si può fare, non mi sembra tragico. Ok, che ci guadagno io?"
Jared sbattè le palpebre incredulo. "Un viaggio pagato e vitto e alloggio gratis nella splendida Bossier city?"
"Non scherziamo. Vengo a fare la tua burattina per una settimana intera e non ho nulla in cambio? Andiamo Jay, sono una amica, non una santa."
"Non ti facevo così venale."
"Le ultime volte che hai chiesto il mio aiuto mi sono trovata sempre nei guai. E ci ho sempre rimesso qualcosa. Stavolta voglio tutelarmi."
Jared la fissò: alla fine era rimasta solo con i pantaloni e la biancheria. La discussione l'aveva tanto presa che non si era rivestita e in quel momento giocava con il bordo della maglietta ancora in mano. In fondo era carina, anche se non proprio per i suoi canoni estetici. "Cosa vuoi?"
"Mi accontento di poco, visto che conosco i tuoi agganci. Voglio solo due biglietti tribuna Vip per il concerto degli U2 del prossimo mese."
"Tu scherzi, vero?"
"No. Portami quei due biglietti e sarò la tua dolce fidanzatina per tutto il tempo che vorrai e non solo per una settimana."
"E come faccio ad essere sicuro che verrai quando li avrai in mano?"
Lo guardò perdendo il leggero sorriso che aveva avuto durante tutta la contrattazione. "Non ho mai tradito la tua fiducia, mi pare. Non ti ho mai paccato, anzi semmai è successo il contrario. La nostra relazione inizia proprio male."
Jared uscì dalla camera per recuperare il Blackberry che aveva lasciato sul tavolo della cucina e poi aprì la porta di casa. "Due biglietti area Vip? Li avrai. Tu prepara le valigie per il prossimo venerdì che si parte."
Monica lo vide chiudere la porta e sospirò: quello che gli aveva chiesto era praticamente impossibile. Da tempo tutti i biglietti erano andati sold out. Lei era riuscito a recuperarne uno solo per gli spalti. Nonostante i suoi contatti con le varie case editrici e la sua discreta fama, non era riuscita a recuperare nessun biglietto in più, quindi dubitava assai che Jared riuscisse, a meno di un mese dal concerto più atteso dell'anno, a trovare due biglietti e per giunta area Vip. Era riuscita, in modo anche abbastanza elegante, ad evitare quello strampalato viaggio. Inoltre, conoscendo Jareed, sarebbe stato capace che nell'arco di un'ora avrebbe cambiato idea e avrebbe rintracciato una delle sue amichette, magari Lauren che non vedeva l'ora di infilarsi nuovamente nel suo letto, e avrebbe invitato una di loro al mega raduno. In fondo loro non si sarebbero messe a discutere e dettare leggi e ricatti.
Andò in cucina sistemando la torta sul vassoio e riponendolo in frigo perchè si rapprendesse del tutto, poi terminò di pulire quello che aveva sporcato.
Non si sentiva minimamente in colpa per quello che aveva chiesto a Jay. Fosse stato qualsiasi altro uomo non avrebbe mai fatto una cosa simile, ma con lui le veniva naturale essere un po' acidina. Del resto lui non si era mai comportato alla perfezione con lei. Quando l'aveva conosciuto, anni ed anni prima, non era ancora una celebrità mondiale, ma era, come sempre, bellissimo. La sbandata era stata ovviamente potente e lui ci aveva anche giocato in po' su. Per fortuna che si era rimessa in carreggiata prima che lui le spezzasse il cuore. Erano diventati amici: non proprio quegli amici per la pelle dei film di Hollywood, ma abbastanza amici da farsi favori una con l'altro, uscire assieme quando erano entrambi in città, parlare di cose relativamente serie. Ma non così tanto amici da conoscersi fino a fondo.
Il problema di Jared, secondo lei, era che fosse troppo convinto che qualsiasi cosa volesse l'avrebbe ottenuta. Non che gli fosse sempre andata così bene, ma la notorietà aveva aiutato parecchio in quei ultimi anni a fargli riuscire ad avere quello che voleva. E Monica non era una ragazza che amava farsi raggirare troppo facilmente.
Si buttò sul divano, accese la Tv sul canale delle notizie sorridendo: la settimana prossima avrebbe iniziato la stesura del nuovo romanzo della sua eroina sfigata, Camilla, alle prese con una nuova storia e nuovi problemi.
La Louisiana era lontana e niente la toccava in quel momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
Il posto in aereo era ovviamente di prima classe e comodissimo, uno standard ben diverso dai quali lei era abituata. Quando girava per l'America per le sue presentazioni, Monica si muoveva con i voli low cost e i posti stretti. Jared no, sempre il meglio quando poteva approfittarne. Lo guardò seduto vicino a lei, con i rayban calati sugli occhi chiusi: non era calmo. Notava che era nervoso, in quanto si tormentava le unghie diligentemente ripulite da residui di smalto nero. Era anche vestito sobriamente, con dei jeans e una camicia con il primo bottone slacciato. Dietro di loro Shannon, che rideva molto sguaiatamente della sua accompagnatrice, una ragazza poco più che ventenne che lo fissava in tralice. La loro madre, ancora più dietro, passava da uno sguardo truce verso il figlio maggiore e quello deliziato verso il minore. Monica scosse il capo.
"Mi spieghi come hai trovato quei due biglietti?"
"Che ti importa, l'importante é che andrai a vedere gli U2. Anzi, sono curioso: con chi ci vai?"
"Non ne ho idea. Onestamente non credevo che ce l'avresti fatta."
"Donna di poca fede. Con chi credi di avere a che fare? Io sono Jared Leto, quando voglio qualcosa lo ottengo." si interruppe quando una risata sciocca si insinuò tra di loro. "Fanculo. Cosa crede di fare?"
"Portare una ragazza qualsiasi di bell'aspetto. Forse farà più bella figura lui di te con lei al suo fianco. A proposito, come si chiama. L'ho già dimenticato."
"Gabrielle. Come fai a scordare i nomi così velocemente?"
"Tendo a scordarmi chi non mi interessa. Non credo che quella bambina resterà una presenza costante nella vita di Shan.", il tono neutro rifletteva perfettamente quello che pensava del suo amico. Adorava Shannon, era con lui che si era fatta alcune delle più grandi risate della sua vita, ma l'uomo aveva un incredibile difetto che non si curava di correggere. Era assolutamente incapace di legarsi seriamente con qualcuno. Aveva talmente tanto fascino che non aveva problemi a trovarsi compagnia, ma non dovevano rimanere nel suo letto per più di un tot di notti. Monica trovava quella cosa un tantino squallida, ma non andava certo a parlare con lui delle sue scelte di vita. E del resto il discorso valeva anche per Jared. "Parlando di cose serie, ci sono cose che devo sapere? Come mi approccio con la nostra relazione?"
"Eh?"
"Mamma mia! Cosa diciamo ai tuoi parenti?" chiese spazientita.
"La verità. Ci conosciamo da tanto e abbiamo preso a frequentarci quando io sono tornato dal tour, che siamo appena all'inizio, che ci amiamo alla follia...", finì quasi schifato da quello che aveva detto. Monica storse il naso.
"Non so se sentirmi offesa per la tua frase. È così terribile l'idea di essere innamorato di me?"
"Ma no! Non è una cosa che riguarda te, è una cosa che riguarda tutta la situazione. L'idea stessa dell'innamorarsi mi fa venire l'orticaria. Mi domando perché perdere tempo con queste cose."
"Tipici discorsi da uomo. Sei stato ferito e hai paura di caderci di nuovo, vero?"
"Psicologia da quattro soldi. Resta fuori dalla mia vita privata."
"Impossibile, sono appena diventata la tua ragazza per la prossima settimana."
"Porca puttana. Mi sono messo nei guai con te. Forse sono ancora in tempo a farti restare a Los Angeles."
"Difficile, amore.... Stiamo atterrando."
Jared scosse il capo e sospirò. Monica aveva l'incredibile capacità di capirlo molto meglio di altre persone e questo lo infastidiva parecchio. E sempre per lo stesso motivo, tendeva ad allontanarla, anche in maniera poco elegante. Del resto lei faceva lo stesso. Non si era mai fatta problemi a destabilizzarlo. Sarebbe stata una lunghissima settimana.
 
Usciti dall'aereo Jared e Shannon si diressero al bar. Shan, come sempre, si prese una birra ghiacciata, mentre Jared si era concesso un the freddo alla menta, che, volente o nolente, gli ricordava il sud ogni volta che lo prendeva. Guardò suo fratello che sembrava piuttosto divertito dalla situazione che vedeva: sua madre cercare di interagire con Gabrielle.
"Sei uno stronzo. Si può sapere che cosa hai in mente con quella tipa?"
"Assolutamente nulla. La porto a Bossier e tra due giorni lei dovrà tornare a NewYork per un lavoro e io sarò libero e felice di farmi qualcuna. Se non ricordo male c'era una quarta cugina mica male a casa."
"Ma tu non stai bene. Cosa pensi che dirà mamma?"
"Onestamente? Non mi interessa. E non dovrebbe interessare neanche a te. In fondo hai la tua vita, che non sarà quella che lei vorrebbe per te, ma è tua e ti fa stare bene." Si interruppe per bere un sorso di bionda: "O almeno ti fa stare. ‘Bene’ sarebbe troppo mi sa." Poi fissò Monica mentre guardava lo schermo per capire dove avrebbe trovato la sua valigia. "Ammetto, però, che la tua scelta mi ha quantomeno stupito. Non pensavo che portassi Monica con te, anche se avrei dovuto immaginare che ti saresti complicato la vita."
"Onestamente non so cosa mi è preso. Monica neanche mi piace."
"Cazzate, ti é sempre piaciuta e lo sai."
"Mi piace come persona, non certo come donna in senso stretto. Non me la porterei mai a letto." Shannon sorrise malandrino.
Jared odiava quando faceva così: sembrava che si divertisse a stuzzicarlo. "Eppure credimi, non te ne pentiresti."
"Me lo hai ripetuto alla nausea. Non te la sei scopata tu più di una notte, perché dovrei farlo io?"
"Perchè lei non era il mio tipo. Anzi, diciamo che tra noi non c'è quella grandissima chimica che ci dovrebbe essere sotto le lenzuola. Comunque è una gran ragazza, simpatica.”
“Stai cercando di fare da agenzia matrimoniale, Shan?"
"Qualcuno dei due deve sposarsi e mandare avanti la famiglia, altrimenti mamma si mette a piangere e siccome io non ho voglia di farlo, sei tu il perfetto candidato."
"Stronzo."
Shannon rise e gli diede una pacca sulla spalla. "Andiamo a recuperare le nostre donne. La zia ci aspetta."
 
Monica vedeva scorrere lenta la lunga Highway che partiva dall'aeroporto di Bossier City intorno a sè. Il lungo serpente di metallo si dipanava lungo le grandi arterie della città. Riuscire ad uscirne sembrava più complesso di un problema di fisica quantistica e la compagnia non aiutava moltissimo nell'impresa di non annoiarsi. Costance aveva continuato per tutta la strada a tirare frecciatine alla povera piccola modella che non capiva nulla e rideva felice della situazione. Jared era alla guida e si era trincerato dietro ad un silenzio di tomba. Shan si limitava a suonare le sue cosce ad un ritmo tutto suo e ogni tanto parlottava con sua madre. Lei sentiva un incipiente mal di testa.
Finalmente, dopo un'ora abbondante passata ad ascoltare una improponibile radio locale, erano riusciti ad uscire dall'ingorgo e a muoversi in velocità sulle strade della Louisiana. Per Monica era una novità, lei non ci era mai stata prima e quel luogo pieno di acquitrini e sole le dava una sorpresa dietro l'altra. L'aria umida dell'esterno entrava nell'abitacolo dal finestrino di Jared completamente abbassato, in quando sua madre aveva chiesto di non attaccare l'aria condizionata. Man mano che si addentravano nei paesini da poche centinaia di abitanti, i profumi cambiavano. Lei aveva preso il suo piccolo blocco per segnarsi tutto: odore di paludi, eppure circondato anche dall'odore penetrante dei fiori, la terra bagnata insieme e il profumo del vento. Si accorse dopo molto di star sorridendo.
Quel luogo sembrava magico. La macchina aveva appena svoltato prendendo un lungo viale di selciato. Ai lati due file di pioppi muovevano con leggerezza le foglie alla brezza che soffiava perennemente. L'erba era di un verde scintillante, sciami di insetti si muovevano frenetici e l'aria era elettrica di aspettativa. Fissò Jared: aveva le labbra chiuse e tirate, come se essere lì fosse un peso, mentre Costance sembrava quasi commossa.
Finalmente vide in lontananza una casa. No, in realtà era una villa coloniale che improvvisamente le ricordò Tara, la casa di Rossella O'Hara in "Via col Vento". Un sogno, quel posto era un sogno. La casa era in mattoni rossi, con tre serie di finestre, una per piano. L'entrata era in marmo bianco, con un piccolo portico di legno dove, oh cielo, pensò Monica, c'era un dondolo.
"Quella é casa di tua zia?", mormorò.
"Diciamo che é la casa di metà dei Metrejons di tutta la Louisiana. Ci abbiamo passato quasi tutte le estati quando eravamo bambini e mamma lavorava. La zia Margot fa ancora i pancake con lo sciroppo di fragole di campo?"
"Conoscendola avrà messo in dispensa una bottiglia di sciroppo con il tuo nome.", il sorriso ormai era definitivamente radioso sul volto della donna che finalmente si sentiva a casa.
Jared parcheggiò in un piccolo spiazzo accanto ad un pick-up e nel mentre che stavano uscendo, arrivò una donna anziana, che Monica pensò si trattasse dell'incarnazione di Mami, però bianca. Era un donnone, con un vestito che non sarebbe sfigurato durante la guerra di secessione. La lunga gonna blu era coperta in parte da un grembiule bianco un po' sporco. Si stava asciugando le mani su uno strofinaccio che appoggiò sulla spalla e sorrideva radiosa. Aveva una cascata di capelli bianchi come la neve e il volto, rubicondo ed abbronzato, era solcato da una fitta rete di rughe sottili. Era decisamente vecchia, eppure gli occhi blu, scintillavano vivaci, come se gli anni non avessero inciso su di lei.
"Zia Margot!", tutti e tre i Leto esclamarono andando ad abbracciarla. In quel momento Monica si sentì leggermente di troppo in quella riunione familiare e per la prima volta si domandò se non avesse fatto una cazzata ad accettare l'assurda richiesta di Jared. Eppure in quel momento... il sorriso di lui sembrava sincero. Qualsiasi fosse il demone che lo aveva logorato durante tutto il viaggio era appena scomparso.
"Zia ti presento Monica, la mia...", Jared si bloccò quasi incapace di andare avanti.
"Ragazza. Piacere signora e grazie dell'ospitalità.", venne in aiuto lei lanciandogli un'occhiataccia.
"Lei invece è Gabrielle, l'accompagnatrice di Shannon.", Monica calcò sulla parola ‘accompagnatrice’, facendo apparire un mezzo ghigno sul volto di Jared, mentre Shan faceva finta di nulla.
"Venite su ragazze, chiamatemi Margot e datemi del tu. La cena è quasi pronta, avete giusto il tempo di darvi una rinfrescata. Costance, tesoro, la tua stanza sai qual'è, mentre voi due monellacci prenderete le due mansarde in ultimo piano. Domani arriveranno tutti gli altri e quindi devo capire come sistemarvi al meglio. La casa è grande, ma i Metrejons sono tantissimi."
Monica si trovò in un grandissimo atrio dove spiccava un quadro ad olio della campagna circostante. Davanti a lei una grande scalinata che portava al piano superiore, mentre a destra si entrava nella sala da pranzo dove già era apparecchiata la tavola per sei, mentre a sinistra c'era la cucina. Non riuscì neanche a dare un'occhiata curiosa che Jared la prese per mano e la trascinò su per le scale. Notò che in ogni corridoio c'erano tre porte, per un totale di cinque stanze da letto ed un bagno, quindi...
"Questa casa ha 15 stanze? Mamma mia è una reggia!"
"17 con le due mansarde e tre bagni. Noi dobbiamo usare quello del terzo piano."
"E tua zia vive da sola in una casa così grande?"
"Ovviamente no. La casa è un hotel, in realtà, ma in questa settimana ci siamo solo noi."
"Questo posto è stupendo. È incredibile." sul volto di Jared passò un'ombra.
"Già, splendido. Ecco, questa è la nostra mansarda. Shannon!!" urlò verso le scale "Noi prendiamo la mansarda a sinistra. Vedi di non rompere le scatole!"
"La cosa è reciproca. E mettetevi i tappi, non voglio lamentele per il rumore."
"Ma che cretino."
Monica rise, poi finalmente entrò in quella che sarebbe diventata la sua stanza per quella settimana.
Non era molto grande, ci stava a malapena un grosso e comodo letto matrimoniale con un armadio a due ante di legno chiaro. I muri erano dipinti di un tenue color panna e l'abbaino era coperto da una leggera tendina bianca. La parte mansarda arrivava fino a terra e le travi a vista erano tutte in legno che richiamavano il mobile. Una piccola porticina accanto alla porta d'entrata, dava su un WC.
"La doccia la dovremmo fare sempre giù, ma almeno non dovremmo fare le scale per pisciare.", spiegò Jared.
Lei annuì sorridendo. Accarezzò il copriletto leggero azzurro e guardò fuori una piccola finestra triangolare con la ribalta abbassata. Davanti a lei un prato che si estendeva a vista d'occhio, con degli alberi che si muovevano alla brezza serale e un laghetto scintillante sulla sinistra. "Questo posto è il Paradiso."
"Dici?"
"E lo chiedi anche? Guarda che perfezione! Quel giardino é enorme! E il lago sembra così delizioso... Non ci sono gli alligatori vero?"
Jared sorrise. "Non ci sono mai stati. Da piccoli io e Shan facevamo a gara a chi nuotava di più lì dentro."
"Ottimo, ho anche il costume. Mi sa che passeró molto tempo a mollo. Fa un caldo boia per essere maggio."
Jared si tolse le scarpe e si buttò sul letto a peso morto. Monica notò che, per fortuna, non era troppo morbido. Sarebbe riuscita a dormire tranquillamente. Accanto a loro, Shannon parlava a voce fin troppo alta. Monica fece una smorfia e si distese anche lei sulla sua parte del letto.
"Quindi cosa vuol fare Shan con la bambina?"
"Levarsela dai piedi a breve e poi buttarsi su una cugina figa."
"Vorrei credere che sia una cazzata, ma conoscendolo è praticamente certo che sia vero. Che idiota!"
Scese il silenzio: per un po' l'unico rumore che proveniva dall'esterno era il rumore del vento che muoveva le foglie. Entrambi erano presi dai loro pensieri.
Onestamente Monica si stava chiedendo se stare una settimana nello stesso letto con Jared le avrebbe fatto bene. Era sempre riuscita a tenerlo a distanza di sicurezza, anche ripetendosi mentalmente che lui non la voleva e mai l'avrebbe voluta. Però il suo fascino era indiscutibile. Solo quando le aveva presa la mano per salire, aveva provato una scossa che non sentiva da tempo e questo era un campanello d'allarme che non andava sottovalutato. Lui aveva già giocato abbondantemente con i suoi sentimenti.
Guardò Jared cercando di capire che gli passasse per la testa, ma era praticamente impossibile: teneva le mani dietro la testa e gli occhi chiusi. Si era fatto la barba qualche giorno prima e una ciocca di capelli gli ricadeva sul viso. Ebbe la fugace tentazione di togliergliela. Quelle labbra semi aperte, poi, erano una tentazione incredibile. Si ritrovò ad avvampare e fu salvata in corner da un gesto inconsulto quando sentirono un gemito fin troppo ovvio dalla camera adiacente.
"Imbecille, ha già iniziato." Mormoró Jared seccato.
"Ma è allucinante! Non si stufa di scopare con quelle ragazzine?", poi lo guardò e si corresse, "…cioè, non vi stufate di scopare con delle bimbe che potrebbero essere le vostre figlie? Mi domando che soddisfazioni riescano a darvi... Non rispondermi, ho paura di quello che potresti dirmi, giuro."
"Ci sono diversi motivi per il quale mi piace andare con le ragazze giovani."
"Non sapete cosa vi perdete. Io scendo in doccia."
"Bisogno di una mano, tesoro?"
Monica gli fece il dito medio e se ne scese, lasciandolo ridere.
Jared sentì ancora qualche suono soffocato dalla stanza di Shan, poi il silenzio. Evidentemente avevano terminato. Scosse il capo: sarebbe riuscito a condividere il suo letto con Monica? Non aveva mai avuto problemi ad affollare i suoi talami con una o più ragazze diverse, ma con nessuna ci aveva mai dormito. Anzi, quelle poche che erano rimaste la notte alla Mars house o in qualche suite, avevano inevitabilmente dormito da sole, perchè lui si alzava e andava a passare la notte a fare altro. Avere qualcuno al proprio fianco era una cosa troppo intima e ci voleva così tanta fiducia, che lui non riusciva a dare a chiunque. Aver portato Monica lì era un azzardo: nella migliore delle ipotesi, non avrebbe chiuso occhio, ma poteva anche darsi che litigassero già alla prima sera. Lei era troppo imprevedibile. Specie quando se la ritrovò solo con un asciugamano di spugna viola addosso.
"Scusa, ho dimenticato i vestiti."
"Se corri trovi Shannon ancora nudo."
"Cretino."
Sarebbe stata una lunga settimana.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Jared scese in cucina che Monica stava già aiutando zia Margot, o almeno ci provava. Siccome l'ospitalità del sud era una cosa sacra, nonostante la ragazza cercasse di preparare qualcosa, la vecchia zia la faceva sedere o addirittura andare direttamente in sala. La cucina non era cambiata di una virgola dall'ultima volta che l'aveva vista più di dieci anni prima. Stava già con Cameron quando aveva partecipato all'ultimo dei grandi raduni, ma non aveva voluto portarsela dietro, chissà se significava qualcosa.
Jared si appoggiò allo stipite della porta e osservò sua zia che si muoveva sicura, nonostante l'età, tra i fornelli e le pentole ricolme di cibo. La cucina era in pietra, annerita dal tempo, con le mensole cariche di oggetti polverosi ed utili soltanto se fossero tornati indietro di almeno un secolo. I piatti stavano tutti in una grossa e massiccia credenza di legno di noce scuro, con le maniglietta di ottone ormai ossidato dal tempo. La grande isola di marmo dove Margot usava preparare tutti i suoi manicaretti, era ingombro di verdure di tutti i tipi, pronte ad essere tagliate per cucinarle o, semplicemente, condirle e metterle in tavola. Proprio lì, Monica stava prendendo in mano un coltello, almeno per tagliare la grossa forma di pane, ma venne intercettata prima ancora che iniziasse il lavoro.
"Jared, tesoro, porta la tua deliziosa ragazza a fare un giro sul dondolo. Non voglio che si stanchi a lavorare. Su, su andate fuori."
"Deliziosa... si vede che proprio non ti conosce.", la prese in giro quando si sedettero sul dondolo. Il portico era illuminato dall'ultima luce della sera, qualche milione di insetti ronzava incessantemente e l'aria pareva si fosse arrestata. Faceva veramente caldo.
"Io sono fantastica, che tu non te ne renda conto, è un problema tuo." Silenzio. "Ok, in realtà pare essere un problema di tutti gli uomini."
"Troverai quello giusto, in fondo sei in gamba. Ma non montarti la testa, però.", con naturalezza le passò un braccio dietro le spalle e Monica si accorse che Margot li stava osservando soddisfatta da dietro la finestra. "Non avremo pace. Qualsiasi cosa ti dica zia Margot, tu non darle troppo spago."
"Del tipo?", quel braccio duro dietro al collo non era il massimo della comodità, preferiva il cuscino, ma il profumo di Jared non era per niente male. Era sempre lo stesso, quello che sapeva semplicemente di lui, quel tipico profumo di terra bagnata dopo una lunga siccità. Decise di rimanere ferma.
"Del tipo: avete già programmato dei bambini! Quando vi sposate? Lo sai che è il miglior ragazzo che puoi trovare etc etc.", sospirò.
"Figli? Oh mio Dio, ci manca solo questo. Stando con te ho già qualcuno a cui devo badare!"
"Ah, sì? È questo che pensi di me? Io sono bravissimo a badare a me stesso."
"Sì, certo... Comunque mi spieghi una cosa? Che faremo in questa settimana che siamo qui? Non è che mi dovrò limitare a mangiare come un tacchino a novembre, vero? Altrimenti scappo con Gabrielle."
"Guai a te se mi lasci da solo qui."
"Tanto solo non saresti, hai praticamente tutti i tuoi parenti."
Jared divenne serio e fissò un punto lontano, dove stava salendo della polvere. Qualcuno  stava arrivando a gran velocità. "Appunto." si limitò a dire. "Comunque ti porterò in giro. Il paese non è male e ci sono anche dei locali carini. Certo, non è Los Angeles, ma ce lo faremo bastare. Ovviamente non stasera perché non ho assolutamente voglia di guidare."
"Non ti preoccupare, fratellino, ci penso io a fare strada." Shannon, abbracciando Gabrielle, si erano presentati davanti a loro, sorridenti e chiaramente soddisfatti del loro riposino. "Mica vorremmo chiuderci in casa no?", poi vide anche lui la polvere del vialetto: "Arriva qualcuno. Eppure zia aveva detto che stasera non c'era nessuno oltre a noi."
Pochi minuti dopo si fermò una Ducati Monster nera, con il centauro tutto in tinta con una tuta della Dainese, che fece sbrilluccicare gli occhi a Shan che a breve si sarebbe messo a sbavare, soprattutto quando il guidatore si tolse il casco, facendo uscire una cascata di lunghi capelli biondi.
"Fammi indovinare, la cugina figa?"
"A quanto pare."
La ragazza si tolse la tuta nera rivelando un semplicissimo top fucsia e sotto degli shorts che avrebbero fatto invidia a Daisy Duke. In definitiva sembrava una modella. Monica riuscì a provare la giusta dose di invidia.
"Non ci posso credere, ci sono anche i due Leto. È un miracolo!"
"E tu chi saresti?", fece Shannon andandole incontro con un sorriso che avrebbe fatto tremare le gambe a parecchie echelon.
"Ma come? Passavamo giorni a tirarci fango nel laghetto!"
"Julie???" esclamarono insieme i due.
"Proprio io! Non mi dite che vi sembro cambiata!", e rise salendo i gradini. Baciò Jared sulle guance e poi diede la mano a Monica stringendogliela forte che pareva volesse staccargliela.
"Non credevo che avrei visto mai Jared sistemato."
"In effetti faccio fatica a crederci anche io.", le rispose Monica. Julie la stava soppesando: aveva due grandissimi occhi azzurri, merito, sicuramente, del gene della figaggine che pareva pervadere tutta la famiglia. Ma non le piaceva essere scrutata in quella maniera. "Qualcosa non va in me che mi guardi così?"
La bionda sorrise."Sei assolutamente perfetta. Benvenuta in famiglia. E a voi ben tornati. Si sentiva la vostra mancanza.", poi entrò urlando verso sua zia.
"Non mi ha neanche salutato.", fece Shannon piccato.
"Cosa intendeva per perfetta?"
"Cazzo è diventata uno schianto. Eppure quanti anni avrà? Trentacinque? Trentadue?", continuò Shannon.
"Ma senti che discorsi. Cioè dopo tot di età non si può più essere perfette?", fece Monica incazzata.
"Non ho detto questo.", si difese Shan. "Jared aiutami."
"Quella ragazza è veramente bellissima."
Monica si bloccò: forse era la prima volta che sentiva Gabrielle parlare, tolte le varie risatine. Si era perfino dimenticata che era lì con loro. Proprio una persona assolutamente inutile ed invisibile. Scosse la testa e rientrò in casa, seguita dalla modella.
"Ma tu guarda che modi. Comunque hai capito, vero, quello che ha voluto dirti Julie?" Domandò Shan.
"Andiamo. Ho stranamente fame." Fu l’unica laconica risposta di Jared.
Shannon represse a stento una risata.
 
La cena era stata decisamente più abbondante del previsto. Monica più mangiava e più si ritrovava il piatto colmo. Zia Margot non stava un attimo ferma e zitta: continuava a raccontare aneddoti che risalivano al massimo all'adolescenza di Jared e Shannon, facendola ridere da matti. Julie, invece, si divertiva a chiacchierare con Gabrielle di New York e del lavoro della ragazza e Costance osservava tutto in maniera piuttosto enigmatica.
"È così bello avervi tutti qui. Domani con tutti gli altri organizziamo per bene il pic-nic e poi potrete portare le ragazze a vedere i dintorni. Devono iniziare a conoscere casa anche loro, no?"
"Zia, stiamo qui una settimana, dubito che potranno vedere tutto." Fece Jay
"E poi Gabrielle tra due giorni se ne va. L'aspetta un lavoro importante." Rincarò
"Oh, mi spiace veramente tanto." Il tono di Margot non sembrava in realtà molto dispiaciuto, ma nessuno volle farci caso, men che meno la diretta interessata. "Intanto stasera rimanete qui a riposare. Julie, tu dormi qui o torni domani con mamma e papà?"
"Mah, volendo qui c'è un buon motivo per rimanere." Monica si sentì squadrata e fissò quella cugina che non capiva. Che diavolo voleva da lei? "Però potremmo andare a ballare. Chi viene?"
"Io!!", urlò deliziata Gabrielle battendo le mani come una bambina.
"Vengo pure io." La seguì a ruota Julie con un sorrisino malizioso
"Tu vuoi andarci?" le domandò Jared.
"Solo se ci vai tu, anche se mi sento parecchio stanca."
"Jared, è stanca, quindi rimanete a casa.", si intromise Costance sorridendole.
"Si, penso sia la cosa migliore.", rispose cautamente Jared. Aveva chiaramente intercettato delle occhiate tra sua madre e sua zia e sapeva per esperienza personale che non era una cosa buona.
"Ok, allora lasciamo i piccioncini a tubare, mentre noi ci troviamo al Paradise. Shan, ti ricordi dove sta, vero?" domandò Julie.
“Certo!"
"Julie, fottiti ok?", fu la replica di Jared che si beccò uno scappellotto in testa da sua madre.
"Contieniti con le parole."
Monica lo sentì borbottare qualcosa e gli prese la mano lasciandolo a bocca aperta, poi gli fece l'occhiolino senza essere vista. In fondo doveva fargli da fidanzata e quindi certi gesti li doveva fare, sperò soltanto che lui si rendesse conto che doveva cercare di rilassassi. Certo, stringerle la mano intrecciando le dita pareva un buon inizio.
"Noi andiamo a farci una camminata fuori.", senza troppi complimenti la trascinò fuori, mentre Julie partiva rombando per andare a cambiarsi.
"Ma lei abita qui vicino?", chiese Monica.
"Si, abita al paese. Saranno venti minuti andando con calma. Dieci se corri come lei."
La serata era dolcemente tiepida. Una trapunta di stelle stava sopra le loro teste e un piccolo spicchio di luna rischiaravano leggermente la stradina. Jared camminava sicuro nell'erba, sapendo perfettamente dove mettere i piedi, mentre Monica lo seguiva a debita distanza per cercare di vedere dove andava, cosa alquanto difficile, visto che la luce era veramente poca. Poi tutto ad un tratto si accorse che Jared si era fermato praticamente in mezzo al nulla.
"Senti, se te ne vuoi andare da qui ti capisco perfettamente. Lo farei pure io se potessi, quindi se vuoi domani fai buon viso a cattivo gioco e ti fai vedere da tutto il resto del parentado, ma dopo, se ti va, te ne puoi andare con Gabrielle."
"Non vedo perchè dovrei. Ti ho dato la mia parola e resterò. In fondo qui si sta benissimo, il cibo è ottimo e fin troppo abbondante, ma tua zia é una persona carinissima e un po' di aria sana mi fa solo che bene.", si sedette sull'erba e guardò il cielo. L'ultima volta che aveva visto così tante stelle era in mezzo all'oceano su una barca insieme al suo ex fidanzato e ora le rivedeva con il suo.... Attuale ragazzo? Lo si poteva definire così? Ovviamente no. Il loro rapporto era una bella farsa, eppure l'idea di starci assieme non era così brutta. Sorrise maliziosa, anche se lui non poteva vederla.
"A meno che tu non mi voglia lontana per provarci con Julie..."
" E sentiamo, perché dovrei?"
"Sembra la tua donna ideale. Bella, bionda, occhi azzurri, fisico da modella. Forse è solo l'età che non va bene, troppo vecchia per i tuoi standard."
Si sedette anche lui, appoggiando le mani dietro la schiena e tenendo le gambe allungate. Guardava in alto, come a contare le stelle. "Dici?", in lontananza un motore veniva acceso. "C'è comunque un qualcosa in Julie che non fa per me."
"Cosa?"
"È lesbica.", sorrise: era riuscita a zittirla. "È un problema per te?"
"Ovviamente no. Mi stavo solo chiedendo se Shan lo sa."
"Non credo."
"E quindi stasera?"
"Se tutto va bene Shannon ritorna un po' frustrato perchè non l'ha voluto. Così impara!"
"Sei terribile!"
Risero assieme.
"Perché vuoi che me ne vada? Non sono stata all'altezza di essere la tua ragazza?"
In realtà Jared era ben convinto che lei stesse dimostrando di essere più che perfetta per il ruolo. Durante la cena era stata gentile e rispettosa. L'aveva guardato un paio di volte con un sorriso dolcissimo, specie quando parlavano di lui quando era bambino. E poi si era dimostrata fin troppo preparata su quella che era stata la sua vita prima del riposo post Tiw. C'era qualcosa che non andava. Era abituato da troppo tempo ad essere solo, avere qualcuno al proprio fianco, doversene preoccupare e soprattutto doversi preoccupare che facesse buona figura davanti ai parenti, lo destabilizzavano. In quel preciso istante avrebbe voluto essere come Shannon ed avere la sua stessa faccia di bronzo. Invece si era intestardito e aveva fatto esattamente quello che voleva sua madre, cioè trovarsi una ragazza seria. Ovviamente Monica aveva la data di scadenza stampata sulla fronte e lo sapeva, eppure... C'era quel qualcosa che non andava.
"No, sei anche troppo perfetta. Non hai visto che occhiate di pura adorazione che ti lanciava la zia? Quella ci vede già sposati e stanziati qui in Louisiana."
Monica lasciò che qualche grillo riempisse il vuoto fra di loro. Onestamente non sapeva che dirgli, quindi era meglio tacere.
"E vuoi sapere la cosa peggiore? Domani sarà un delirio. Tutti vorranno chiedere cosa facciamo nella vita, tutti mi vorranno raccontare quanto mia madre sia stata stupida a lasciare Bossier e quanto inadatta ad essere madre." Gli cercò la mano al buio: era fredda e tesa segno che era nervoso. "Continueranno a dire che io e Shannon siamo due fannulloni. È successo esattamente questo l'ultima volta, ma almeno c'erano i nonni a prendere le nostre difese."
"Strano, non mi sei mai sembrato uno da dover difendere. Ho sempre pensato che ti difendessi perfettamente da solo."
"Di norma lo faccio, ma, come avrai capito, non voglio far dispiacere mamma. Lei, non so perchè, ci tiene a mantenere i rapporti con queste persone, non importa se loro non la considerano degna del clan."
Gli strinse ancora di più la mano. "Sembra strano, ma il sangue è un collante incredibile per qualcuno. Visto come sono i miei rapporti con una parte della mia famiglia, trovo difficoltà a capire come sia possibile, ma evidentemente per tua mamma è una cosa importante."
"Già. Torniamo indietro. Mi sembra strano dirlo, ma ho sonno."
"Wow, mi stai dicendo che proverai a dormire?"
"Credo che ci riuscirò pure, almeno per un paio di ore. Per il resto della notte magari mi metto a lavorare."
"Dovresti essere qui a riposare."
Erano arrivati al portico e solo in quel momento Monica si rese conto di avere ancora la mano di Jared nella sua e soprattuto che a lui non dava per nulla fastidio. Quello sì che era strano.
"Riposerò quando sarò morto."
"Tutto ok là fuori?", domandò Costance che stava uscendo dalla cucina per andare in salotto a chiacchierare ancora con la zia.
"Certo, è una notte bellissima. Sarei rimasta fuori ancora, ma mi sento veramente ko a causa del viaggio. Che fai tu? Vieni a letto o resti con tua madre?"
"Credo che verrò con te.", e le sorrise. "Notte mamma, a domani."
Quando si buttò sul letto, Monica si sentì in paradiso: era veramente stanca, non aveva detto una balla. Viaggiare le piaceva, ma la distruggeva anche. Si mise una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloncini e attese Jared leggendo un libro che le era stato consigliato dalla sua editor. Lui entrò con una delle sue canotte sbracciate e un paio di pantaloni lunghi. A Monica veniva da ridere: a quanto pareva proprio non amava mostrare le gambe secche.
"Non so se te l'ho mai detto, ma ho il vizio di denudarmi quando dormo. Normalmente quando c'è gente mi trattengo, ma se mi vedi nuda domani mattina non devi pensare che lo abbia fatto a causa tua, ma proprio perchè non sopporto i vestiti addosso quando dormo."
"Credo che sopravviverò, in caso dovesse succedere."
"Ci sono modi peggiori per morire, credo."
"Decisamente. In fondo mi é andata bene, non sei così male."
Monica gli lanciò una cuscinata che lo prese in pieno in faccia. "Fottiti."
"Ti piacerebbe eh?"
"Penso di sì." Jared la fissò stupito, mentre lei, prendendolo in contropiede, gli assestò una seconda cuscinata e rise come una bambina. "Monica uno, Jared zero!"
"Te la farò pentire a tempo debito!"
"Parole, parole, parole... Comunque è interessante questo viaggio, in meno di una serata ho scoperto più cose di te e Shannon che in dieci anni che ci conosciamo."
"Non amo parlare molto di me. Cioè, non mi piace che la gente sappia i fatti miei. Preferisco parlare di altro."
"Non è un problema. Dai dormiamo, domani ci aspetta una giornata di quelle da ricordare... O dimenticare, a seconda dei casi."
Jared spense la luce e la camera fu immersa dall'oscurità: avevano chiuso tutte le finestre e tirato le tende oscuranti, quindi l'unica luce che c'era, erano i piccoli led gialli dei due Blackberry che si stavano ricaricando. La casa sembrava dormisse, non un solo rumore proveniva dai piani sottostanti.
Monica si era quasi addormentata, quando sentì, distintamente, un grazie.
Sorrise.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
Monica aveva osservato tutta la mattina quel via vai incredibile in casa Metrejon. Fin da quando si era svegliata, era stata sballottata come una trottola a conoscere chiunque passasse per la porta. Aveva visto decine di volti e in tutti loro aveva trovato qualcosa che le ricordasse Jared, anche solo una piccola espressione. Purtroppo faceva una difficoltà estrema a ricordare i nomi di tutti quanti  soprattutto perchè Jared non aiutava assolutamente. E neanche Shannon. Se ne erano spariti nel bel mezzo della mattina e pareva che nessuno li avesse visti. Gabrielle aveva girato come un’anima in pena fino a quando una sorridente Julie non era andata a recuperarla. A quanto pare non solo Shan con lei sarebbe andata in bianco, ma era probabile che stesse giocando al gatto e al topo con la sua bambolina. Era decisamente una strana situazione.
“Va tutto bene?” Costance le stava porgendo l’ennesimo the freddo. Zia Margot insieme ad altre donne, si era chiusa in cucina per iniziare i degni festeggiamenti del raduno e lei era obbligata a non muovere un dito, in quanto super ospite della settimana.
“Diciamo di sì. Solo che non sono abituata ad avere così tanta gente intorno. Cioè... tutta una famiglia così grande.”
“Lo so, non siamo in pochi ed è questo il bello di questi raduni. Purtroppo credo di non essere riuscita a farli apprezzare anche ai miei figli.” E sospirò. “Per fortuna Shannon si diverte sempre, ma Jared... mi sembra un’anima in pena. Ammetto che mi sono stupita di vederlo prendere il volo, avrei scommesso che si sarebbe trovato qualcos’altro da fare.”
“Forse vuole semplicemente farti felice. Lo sai che ci tiene particolarmente.”
“O forse è per merito tuo.” Monica rischiò di strozzarsi con il the. “Da quando ti ho conosciuta, ho sperato che tra voi ci fosse qualcosa. Invece lui ha scelto... un’altra. E poi il suo lavoro. Avevo perso le speranze, lo giuro.”
Monica non sapeva cosa dire: era andata sul sicuro che Jared avesse detto a sua madre che lei era solo la ragazza della settimana per poter far contenti i parenti. Invece pareva che anche per lei fosse la sua fidanzata, quella... diamine, quella giusta!
Deglutì e sorrise. “Veramente non so neanche io dove arriveremo. In fondo stiamo assieme da pochissimo.”
“Ma lo conosci da anni, praticamente. Conosci i suoi pregi, ma anche i suoi tantissimi difetti.” Posò il bicchiere e la guardò seria: “Sono sua madre, ma non sono così cieca da non sapere che Jared è pieno di difetti che normalmente le sue fan tendono a voler dimenticare o a far passare in secondo piano. È per questo che sono molto felice di vedere te al suo fianco. Non sei una ragazzina, ma una donna adulta. Credo che potresti fargli molto bene.”
Monica sorrise imbarazzata: odiava quel genere di discorsi quando li affrontava con i genitori dei suoi veri ragazzi, figuriamoci con la madre di uno che manco lo era.
“Non credere, Constance, anche io sono piena di difetti. Magari sarà colpa mia se la storia non funzionerà.”
“Semmai non funzionerà a causa di entrambi. Oh Gesù... eccola.” Monica si voltò verso la porta, dove fece la sua apparizione una donna che aveva la stessa età di Costance, ma decisamente più appariscente. Aveva i capelli rossi chiaramente tinti e decisamente rovinati dal tempo, un top leopardato e un paio di jeans stretti. Aveva il fisico per portarli, ma alla sua età, che si denotava dalle rughe attorno agli occhi e alle labbra, erano fin troppo esagerati. Specie il top. Alla lunga a Monica sembrava addirittura ridicola e le scarpe rosse con i tacchi davano quel tocco di cafonaggine che non guastava mai.
“Costance, ma che bello è rivederti!”, urlò verso di loro e andò direttamente ad abbracciare Constance che non sembrava propriamente felice, ma rideva di circostanza.
“Franny, sono anni che non ti vedo e non sei cambiata per niente.”
“Che vuoi, il Botox può fare miracoli a volte.” Monica fece una smorfia. Era evidente che quella donna fosse particolarmente rifatta e si chiedeva come poteva andarne anche fiera. Il lavoro, alla fine, non era stato poi dei migliori. “E questa chi è? Non una Metrejon di certo.”
“Lei è Monica, la ragazza di Jared.” L’interpellata si sentì due oggi grigi, simile e assolutamente diversi da quelli del suo presunto fidanzato, puntati addosso. La stavano squadrando dalla testa e sembravano decisamente divertiti da quello che vedevano.
“Mi aspettavo qualcosa di diverso. Jared mi è sempre sembrato un tipo piuttosto selettivo.”
“E lo sono tutt’ora, zia Franny. Come sempre, è un piacere rivederti.” Jared aveva fatto la sua apparizione silenzioso come un gatto, stupendo tutti. Abbracciò Monica da dietro le spalle, poggiando il mento sulla sua spalla.
“Ovviamente è reciproco. Sei cresciuto.” La fiera della Banalità. “Del resto è ovvio, anche il mio George è diventato grande.”
“E immagino che sarà qui.”, chiese Costance.
“Certo, arriverà a breve. Sapete, lui ha un lavoro serio.” E se ne andò a fare gli onori di casa da zia Margot.
“Come a dire che io e Shannon non lavoriamo.” Digrignò tra i denti Jared e stringendo con forza Monica.
“Tesoro, mi fai male.” Gli disse prendendogli la mano e portandolo fuori casa. Constance li guardò con una punta di rammarico: forse aveva capito la pena che provava il figlio per quella riunione di famiglia. “Quindi quella è la fantomatica zia Franny. Capisco perchè non ti piace.” Si sedettero sugli scalini della porta posteriore, in modo da essere lontani dalla folla.
“Quello che mi dà più sui nervi è non poter risponderle a tono.”
“Ma che si fotta lei e suo figlio con il lavoro serio! Cazzo Jay, sei un musicista ed un attore famoso. Hai più soldi di tutti i tuoi parenti messi assieme, hai visto cose in giro per il mondo che loro se le sognano la notte e ti fai problemi per una bigotta rifatta? Dai, questo non è il Jared che conosco io e se ne frega.”
“Hai ragione, ma da quando sono qui... bha, è uno schifo. Perchè sono venuto?”
“Perchè nonostante quella facciata da cattivo ragazzo, sei un buono. E soprattutto vuoi tanto bene alla tua mamma.” Monica rise, cercando di stemperare la situazione. L’idea di avere Jay di cattivo umore per una intera settimana, non le faceva fare salti di gioia. “Sei un mammome, questa è la verità!” e lo abbracciò stretto, accarezzandogli i capelli lunghi.
Jared rimase stupito da quella cosa, annusò i capelli ancora leggermente umidi dalla doccia di quel mattino che sapevano di balsamo. Le sue dita lo accarezzavano dolcemente, in una maniera che ricordava fin troppo quello di sua madre quando lui e Shannon avevano la febbre.
“Il perchè di tutto questo?”
“Ci sono almeno cinque o sei parenti che ci stanno guardando dalla finestra del... credo che sia la sala grande.”
“Ottima motivazione. E poi ammetto che non è così male stare appoggiato a te. Sei morbida.”
“E immagino che per te sia una cosa assolutamente nuova.”
Jared si sistemò meglio, finendo con la testa sulle sue gambe e allungandosi lungo lo scalino.  “Non troppo, tutto sommato.”
“Ma per favore, il tuo standard è una tavola da surf bionda. Dubito che tu abbia mai palpato una tetta... a parte quelle di Natalie durante la lavorazione di hurricane.”
“Ti stai offrendo per farmi toccare le tue?”
“Certo che no. Idiota.”
“Finirà che implorerai perchè te le tocchi.”
Monica gli diede una sberla e poi si chinò: chiunque li vedesse da dietro, avrebbe visto una coppietta che si stava baciando. In realtà Monica gli era arrivata così vicina da toccarlo con il naso e da sussurrargli: “Sei un cretino.”
“E tu mi adori per questo.”
“Non dirlo in giro però.” Scoppiarono a ridere e questo fu il segnale per tutti gli spioni di lasciarli in pace. “Saremo stati abbastanza convincenti, secondo te?”
“Io sono un attore... sono stato perfetto.”
Monica neanche ripose, l’ego di Jared era qualcosa di assolutamente riconosciuto in tutto il mondo.
“Dici che dobbiamo rientrare?”, chiese Monica.
“Ovviamente, non vorrei farti perdere il piacere di parlare con Franny e il suo perfetto figliolo.”
“Dal tuo tono di voce, questo George deve essere uno spasso.” Jared guardò la porta sul retro della casa. Non aveva proprio voglia di tornare in quel covo di vipere che lo attendeva come un plotone di esecuzione.
“Vieni con me.” Mano nella mano camminarono per il parco, sotto l’ombra creata dagli alberi. “George sa essere veramente un tipo affascianante. È un affabulatore nato, non per nulla fa l’avvocato a New York. Ha un bel sorriso, un bel volto. Insomma, capisco perchè piaccia alla gente. Il problema è che sotto sotto è uno stronzo di merda.”
L’unica cosa che Monica sapeva di dover fare in quelle occasioni, era di rimanere in silenzio: la gente parlava quando aveva qualcosa da dire e Jared aveva bisogno di sfogarsi. “Si divertiva a prendermi a pugni quando era piccolo, ma stranamente scappava sempre quando arrivava Shannon. Lui aveva sempre i vestiti migliori, tutti i giochi che voleva... e noi vestivamo con cose trovate ai mercatini dell’usato.” Sospirò “Sembro uno stupido, vero?”
“No, mi sembri semplicemente un uomo con una gran voglia di rivalsa. E credo che questo ti abbia fatto diventare quello che sei, guardacaso un personaggio famoso. Gli hai dato punti a questo George. E comunque penso che per quanto possa essere affascinante, non sarà mai bello come te.”
“Oh, oh, detto da te è un complimento doppio. Come mai tutta questa gentilezza?”
“Solo perchè ti vedo frustrato. E poi perchè in fondo sai benissimo di essere bello e ti diverti a giocarci sopra. Sono una donna con gli occhi e gli occhiali che funzionano. È inutile che dica che fai schifo, quando sei considerato uno degli uomini più belli del pianeta. Insomma, sarei una falsa bugiarda.”
“Non saresti la prima, lo sai?”
“Non mi piacerebbe esserlo. Non voglio mentire a nessuno in generale men che meno al mio uomo. A proposito, tua madre è convinta che io sono la donna perfetta per te.”
“Ah sì? E come mai?”
“Perchè forse qualcuno non gli ha detto niente di noi?”
Jared sorrise: “Bhe, così siamo più spontanei. Dai, solo sei giorni e poi non sarai più la mia ragazza.”
“Non è che la cosa mi dia fastidio, è solo cercare di capire che cosa posso dire o meno. Quindi in definitiva solo Shan sa che tra me e te non c’è assolutamente nulla, no?”
“Esatto. E comunque lui sta spingendo sul metterci assieme.” Lo sguardo di puro stupore di Monica lo fece quasi ridere. “Vuole che mamma sia felice con almeno un figlio sposato e siccome lui non ha intenzione di infilarsi l’anello, dovrebbe toccare a me.”
“Un ragionamento che non fa una grinza.”
“Ma si fotta.”
Erano tornati in casa. Metà famiglia, la parte femminile, era rinchiusa in cucina. Se tutte loro avessero fatto da mangiare, pensò Monica, solo quel giorno avrebbe messo su due taglie di pantaloni.
Nel frattempo gli uomini stavano in salotto a guardare qualcosa alla TV o a parlare con un uomo che stava bellamente parlando a voce alta. Shannon dava loro la schiena, ma sembrava divertito dalla situazione.
“Eccolo qui, il fantastico George DeVille, mio cugino di secondo grado. Sta già dispensando consigli a tutti, non perde nessuna opportunità di trovarsi dei clienti.”
Seduto su una poltrona, stava comodo un uomo dall’età stimata di quarant’anni, o forse Monica sapeva che doveva essere così, dato che aveva passato l’infanzia a rompere le scatole a Jared. Aveva un bicchiere di bourbon in mano ed era vestito con un perfetto completo grigio piuttosto costoso, una camicia bianca, la cravatta e un paio di scarpe che da sole costavano quanto il suo affitto mensile a Los Angeles. Tutto di quello che indossava denotava soldi e potere. Quando vide che una ragazza era in sala, si alzò e molto galantemente le fece il baciamano.
“Una nuova Metrejon che non ho mai avuto il piacere di conoscere.” Monica rimase stupita: l’altezza e la prestanza fisica erano simili a quelle di Shan. L’uomo davanti a lei non era molto alto, anzi, la superava appena di poco. Inoltre aveva un fisico possente, le spalle larghe e la vita stretta. Eppure l’espressione era identica a quella di Jared. Gli occhi grigi erano grandi, quasi sproporzionati, ma a differenza di quelli del cantante, erano freddi e calcolatori. Monica non si sarebbe stupita se in quel preciso momento stesse contanto quanti soldi valeva lei e quello che portava addosso. La sua bocca sottile si schiuse in un sorriso seducente: se lei non fosse stata abituata ai Leto da tanti anni, ci sarebbe caduta con tutte le scarpe. “Io sono George DeVille, avvocato penalista. E lei è?”
“Monica Cross, scrittrice. Nonchè la fidanzata di Jared.” Mettiamo il carico da undici, pensò. Non vide Shannon sorridere sotto i baffi.
George fissò prima lei e poi Jared che la stava ancora tenendo per mano e fischiò fintamente ammirato. “Ma guarda che bravo il cugino, ci hai messo quanto? Dieci anni a trovartene una seria.”
Monica sentì la sua mano venir stretta più del dovuto.
“L’importante è che ci siamo trovati. L’amore non deve nascere a comando quando vuole uno.” La risposta della ragazza fece ammutolire più di qualcuno, fino a quando George scoppiò a ridere.
“Ma certo, che avevi capito? Sono felice che Jared non sia più solo. Dai cugino, vieni a farti una bevuta con noi, mentre le nostre donne cucinano.”
Monica scosse la testa e fu ben felice di lasciare la stanza: aveva parlato con quel pallone gonfiato per meno di un minuto e già aveva voglia di prenderlo a pugni. Lanciò un’ultima occhiata a Jay che la fissava disperato e se ne scappò in camera sua, convinta che, almeno lì, nessuno le avrebbe dato noia.
Intanto Jared, nella disgrazia, aveva avuto un po’ di fortuna: riuscì a defilarsi con Shannon che subito gli chiese: “Come stai fratellino?”
“Mi sembra di vivere in un incubo. Vorrei mandare tutta questa gente a cagare. Inoltre manco me li ricordo tutti. Credi che mamma ci abbia trascinato qui per vendicarsi di qualcosa di terribile che abbiamo fatto? Avanti, non ci meritiamo delle digrazie simili, ti pare?”
“Ma dai, non è poi tanto male! Te lo ricordi zio Paul? Quando avevi otto anni incendiò il tacchino della Festa del Ringraziamento. Mangiammo solo i contorni quella sera... quanto cazzo era sbronzo!”
“Sul serio? Perchè non me lo ricordo?”
“Perchè già all’epoca eri rincoglionito. Toh, bevi e dimentica.” Il liquido ambrato nel grosso calice, scese incendiando la gola di Jared: era da un po’ che non beveva super alcolici e quindi posò il bicchiere sulla mensola del camino.
“Ma sei pazzo?” chiese  Shan, che invece reggeva benissimo qualsiasi cosa fosse formata da alcool.
“Tu non stai bene.”, ribadì Jared.
“Invece sto da Dio. Credo che l’aria della Louisiana mi faccia bene. Non trovi anche tu che sono rinvigorito? E sì che stamattina ci ho dato dentro con Gabrielle. Quasi mi spiace che se ne vada, ma almeno avrò la possibilità di provarci con Sandra.”
Sandra? E chi era quella? Jared cercò di scartabellare nel suo cervello alla ricerca di questa fantomatica Sandra, ma era nebbia fitta.
“Sandra è la figlia del nipote di zio Lou, il fratello di Zia Margot.”
“E dovrei ricordarmela perchè?”
“Perchè ha un paio di tette da far risvegliare i morti.”
Jared scosse il capo. “Se dovesse andarti male la carriera di batterista, puoi tornare qui a metterti a scrivere le dannate memorie di questa famiglia.”
“Solo perchè tu non ti ricordi nulla al di fuori di quello che ti interessa, non significa che anche per gli altri è la stessa cosa. Senti, tu hai voluto onorare mamma portandoti una bella e brava fidanzatina? Bene, io l’ho fatto imparandomi a memoria nomi, discendenze e facce di tutti ‘sti cazzo di parenti.”
Suo malgrado Jared era sorpreso: fino a quel momento si era posto solo il problema della rispettabilità di coppia e aveva creduto che Shannon si fosse altamente fregato di quello che voleva sua madre. Invece aveva dimostrato di tenerci moltissimo a lei, tanto da voler farsi onere di ricordarsi tutti. Non era cosa da poco. “Hai pienamente ragione. Scusami, Shannon.”
“Tu che chiedi scusa? Dovrò segnarmelo sul calendario.” I due si sorrisero complici. “A proposito... carina la scenetta. Sai che mano nella mano siete veramente deliziosi?”
“Shannon, non metterti di nuovo a far discorsi che non stanno nè in cielo nè in terra.” Ma il batterista continuò: “E poi quella presa di posizione.... sono la ragazza di Jared. Era proprio convinta.”
“È una scrittrice, è ovvio che sa inventare le cose.”
“Secondo me non inventa nulla... e non devo neanche mettermi a fare agenzia matrimoniale con voi. Scommetto che entro la settimana finite a letto. L’aria della Louisiana fa miracoli.”
“Attento con le scommesse, potresti perdere le mutande sparando cazzate a nastro.”
Shannon prese il suo bicchiere e si versò altre due dita di bourbon: fissarono George che dal suo trono arringava la folla come se fosse in tribunale.
“Quanto mi sta sul cazzo quello.”, mormorò Shan prima di bere.
“A chi lo dici...”
“Ah Jay?”
“Dimmi.”
“Ti ricordo che non porto le mutande.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
Si sentiva piena come una botte. Zia Margot non le aveva mai lasciato il piatto vuoto. E il peggio era che non poteva rifiutare. L’unica soluzione era mangiare pianissimo, tecnica che stava attuando Jared. Non l’aveva mai visto piluccare il cibo in quella maniera.
Cibo ottimo, in realtà.
Tutta la famiglia si era messa insieme per creare quel pranzo, ormai diventato cena, e ognuno aveva portato qualcosa di particolare. A Monica pareva avessero attuato un rito, qualcosa di stranamente arcano. Assistere a determinati momenti era stato non solo interessante, ma l’aveva, lentamente, fatta entrare nel meccanismo dei Metrejon. Quando, per un breve glorioso istante, Costance le aveva passato il mestolo delle verdure cotte, si era sentita vincitrice. Una di loro.
Aveva capito troppo tardi che era qualcosa di assolutamente sbagliato: lei non si poteva permettere una cosa simile, lei aveva una data di scadenza. Eppure quella appartenenza famigliare era così bella, una sensazione che lei raramente aveva provato, visto che in casa sua le cose non erano mai state rose e fiori.
“Stasera devo uscire.”, sbottò Jared. “Ho bisogno di muovermi.”
“Fantastico, andiamo al Kiko club!”, propose Julie sorridendo felice.
“Fanno ancora musica truzza?”
“No, Jared, è diventato un locale prettamente pop e rock. Ogni tanto passano anche voi.”
“Allora credo che andrò a prepararmi e vi seguirò.”, disse Monica alzandosi. Faceva un po’ fatica a muoversi, si sentiva più piena di un uovo.
Cercò in valigia quello che poteva andare meglio per una serata in un club e trovò una maglietta nera con una profonda scollatura e leggermente aderente sul seno, che si accostava particolarmente bene ad una gonna rossa che le arrivava alle ginocchia. Avrebbe dovuto mettere le scarpe più carine che aveva portato, un paio di decoltè nere con un leggerissimo tacco, ma poteva farcela per quella sera. Le autoreggenti le stavano perfettamente e questo significava che per ora non aveva ancora messo su troppo peso e il trucco era leggero. I capelli le scendevano lungo la schiena, tranne quelli raccolti in una piccola mezzacoda.
“Vuoi trovare un fidanzato stasera?” Monica lanciò un’occhiata alla porta da dove era entrato Jared. Si stava togliendo la maglietta e rimase più che volentieri a guardarlo. Da quando lo aveva conosciuto, era sempre stato magro, tranne quando aveva dovuto girare Alexander, oppure Chapter 27. Spesso arrivava ad esagerare con la magrezza, tanto che si riuscivano a vedere chiaramente le ossa e i tendini, ma in quel periodo stava bene. I pettorali erano ben segnati e delimitati, c’era quella leggera strisciolina di peli che dall’ombelico scendeva sotto il bordo dei pantaloni e poi le braccia. Certo, non erano quelle possenti di Shannon, ma erano ricomparsi dei muscoli sani. Monica aveva una mezza voglia di palparglieli. Anzi aveva voglia di palparlo tutto.
“No, pensieri pericolosi...” Disse a bassa voce. “Io ho già il ragazzo, non ho bisogno di trovarmene un’altro.”
“E lui ne è consapevole?”
“Ahah, simpatico. Ti dirò di più, è stato lui a chiedermi di diventare la sua ragazza... forse è veramente innamorato di me.”
“Non meriti neanche una risposta.” Prese una delle sue canotte smanicate che lasciavano vedere praticamente tutto e sopra una camicia a quadri, sulle tonalità del rosso e del blu. “Che te ne pare?”
“A parte la camicia inguardabile, sei perfetto.”
“Anche tu non sei niente male. Stai attenta che Julie non provi ad infilarti la lingua in bocca.”
“Ho il vago sospetto che ti piacerebbe come scena.”
Jared rise di gusto e nel frattempo prese Monica per il fianco attirandola a sè.
“Mi sa proprio di sì.”
 
Il locale non era poi molto affollato, ma del resto era ancora presto. Anche Shannon e Grabrielle si erano uniti e stavano passando la serata a baciarsi sul divanetto rosso, dove Monica cercava di prendere le distanze da una situazione piuttosto imbarazzante. Julie, visto che sembrava essere di casa, stava andando in giro a chiacchierare con chiunque. Indossava un top molto stretto che sottolineava perfettamente il seno non costretto dal reggiseno. Monica la invidiò.
“Ti piace questo posto?”, le domandò Jared.
“Sì dai, carino. Tua cugina non sta un attimo ferma!”
“È sempre stata così. Da bambina si lanciava ovunque, sua madre la sgridava ogni volta perchè si ritrovava sempre con i vestiti sporchi. Era un maschiaccio.”
Monica lanciò un’occhiata a Shannon che era passato a poggiare la mano sulla coscia della ragazza ed accarezzarla. Si spostò ancora un po’ verso a Jared che le prese la mano e gliela accarezzò.
“Tuo fratello è senza pudore.”
“Lo so. Normalmente sta più attento, però qui non ci dovrebbero essere paparazzi o simili e quindi si lascia andare. Non lo hai mai visto durante i tempi del liceo.”
“Non voglio neanche sapere che cosa aveva coraggio di combinare. Uh... mi piace questa canzone.” Ed iniziò a canticchiarla felice. “E tu com’eri a scuola?”
“Io? Quando ci andavo ero bravo. Solo che non mi piaceva andarci. Ed ero preso in giro da tutti perchè avevo una faccia... bho, troppo angelica. Mi chiamavo sempre l’angioletto. Odiavo quel soprannome.”
“Quindi niente ragazzine?”
“Non ho detto questo. Ho avuto anche io le mie esperienze, solo molto più tardi rispetto ai miei compagni.” Poi sorrise diabolico “Ma rispetto a loro non mi sono mai fermato. Penso che tutti i miei compagni di scuola adesso siano sposati, con figli. Magari con la pancia e senza capelli... normali quarantenni direi. Loro fanno sesso con una donna, io con tutte quelle che voglio.”
“E trovi che sia una cosa di cui vantarsi?”
Jared la fissò: il tono con cui aveva fatto quell’ultima domanda sembrava neutro, come se gli stesse chiedendo del tempo, ma sotto sotto, c’era una note di biasimo.  “Certo. Io sono libero, loro no.”
“La verità è che tu sei solo e loro no.” Sorrise felice a Julie che le porgeva la mano per portarla in pista. Si ritrovò a saltare come non faceva da tempo, mentre Jared le osservava e pensava a quello che lei gli aveva detto e soprattutto al fatto che si fosse permessa di dirlo.
Nessuno si era mai azzardato a fare commenti sulla sua vita privata e su come lui si sentiva, neppure sua madre, e lei se ne usciva tranquilla a fare un’analisi degna di uno psicologo con una sola frase?
“Io non sono solo.” Borbottò, ma in realtà sapeva benissimo di esserlo.
Aveva sacrificato la sua vita personale per il lavoro. Non si era mai pentito veramente, perchè fare mille e cinquecento cose gli dava parecchia soddisfazione. Essere osannato dalla folla lo eccitava più di una bella ragazza. Però... sì, in definitiva era solo. Quando tornava a casa non c’era nessuno ad attenderlo, anche i cani ormai vivevano perennemente con sua madre perchè lui non se la sentiva di far cambiare loro ambiente una volta alla settimana.
Aveva qualche amico fidato e Shannon, ma niente di più. Del resto non aveva bisogno di altro: per le scopate facili aveva le sue donne disponibili. Aveva il mondo a portata di telefono.
Eppure quella sola frase l’aveva agitato. Lui non era solo.
“Fratellino, ti annoi?”
“Hai un po’ di rossetto sulla bocca, lo sai?” Shan fece spallucce e si bevette un lungo sorso di birra. “Come mai hai smesso le lezioni di apnea?”
“Gabrielle voleva ballare. Io non ho voglia, sarà l’età. A che pensavi?”
“A niente in particolare. Alla mia vita.”
“Qualcosa di più complesso mentre sei in discoteca non lo potevi trovare. Dai, cazzo, divertiti qualche volta, sei sempre a pensare alla salvezza del mondo, ai cuccili di foca e altre cose simili. Per una volta pensa a te. Ci sono tre belle ragazze in pista che attendono solo te. Buttati.... ti dò anche il permesso di palpare Gabrielle, in caso volessi.”
“Metti caso che voglio palpare qualcosa in pista, Gabrielle sarebbe la mia ultima scelta. Non ha niente che valga la pena di essere toccata.”
“In effetti meglio le tette di Monica, eh?”
“Decisamente.” Silenzio per un istante. “Non l’ho detto, vero?”
“Certo che l’hai detto, Jay.” Shannon ridacchiò “Sei fregato. Inizio a mettere via i soldi per la fede.”
“Ma fottiti, stronzo!” La risata di Shan riuscì a far girare più di qualcuno, incluse alcune ragazzine che stavano cercando di recuperare dell’alcol al bancone.
Con la solita andatura da bulletto, Shannon si buttò in pista: non era proprio un ballerino provetto, ma riusciva a seguire il ritmo, in quel momento dei Depeche Mode. Aveva preso per i fianchi Gabrielle, ma si divertiva a lanciare occhiate un po’ a tutte le donne presenti.
“Scusa, sei veramente tu?” Jared rimase sorpreso: le ragazze al bancone si erano avvicinate: non avevano raggiunto i ventun’anni, quindi niente alcol per loro.
“Io sono io e questa è una certezza. Cosa volete?”
“É proprio lui, non ci posso credere.” Il tono isterico di quella più lontana lo infastidì parecchio.
“Possiamo farci una foto con te?” Jared chiuse gli occhi: non ci poteva credere, anche lì. Poi annuì. Lanciò un’occhiata a Monica che lo intercettò perdendo parte del suo sorriso. Aveva capito che doveva fare.
“Monica, puoi farci una foto?”
“Certo. Mettetevi in posa ragazze.” Jared allargò le braccia e due si posizionarono al suo fianco, mentre la terza, scocciata, si mise vicino ad una amica. Il flash e poi le ragazze se ne andarono di nuovo al bancone ridacchiando.
“Perfino in Louisiana mi trovano.”
“Ormai sei diventato famoso.” Monica guardò verso il bancone dove le ragazze continuavano a lanciare occhiate adoranti a Jared. “Vieni a ballare. Là c’è abbastanza oscurità da non essere visto.”
“Lo sai che non ballo... sono ridicolo.” Monica lo prese per entrambe le mani e lo trascinò in pista. “Dai...”
“Dai lo dico io. E poi questa canzone è così carina, ti pare?” Stavano passando una vecchia hit di Bon Jovi che probabilmente Jared ballava quando era adolescente.
Come l’uomo aveva predetto, la sua mobilità era quanto meno imbarazzate: fingeva di saltellare sul posto, non riusciva a coordinare il movimento delle braccia con quello dei piedi e niente del suo corpo era in sincrocia con la musica.
In una parole: terrificante.
Non era la prima volta che lo vedeva “ballare”, ma Monica stava per rotolarsi dalle risate sul pavimento. Non poteva essere veramente così scoordinato, andava contro qualsiasi legge della fisica.
“Smettila di ridere! Così non mi aiuti.”
“Scusa, è più forte di me, sei allucinante. E ancora che sul palco te la viaggi come un dio.”
“Quando canto è tutto diverso. È la pista da discoteca che inibisce qualsiasi mio movimento.”
“Cugino, sembri un salame.” Julie era arrossata e sudata. Gli occhi brillavano di simpatica presa in giro. “Ti dobbiamo sciogliere un po’.”
“Ma anche no. Lasciatemi in pace, vado a sedermi e siamo tutti felici.”
“Soprattutto le ragazzine della foto. Non vedranno l’ora di offrirti da bere e attaccare bottone. É una cosa che non capita tutti i giorni trovarsi Jared Leto che beve qualcosa in discoteca.”
Quella opzione parve terrorizzarlo di più che stare a ballare, quindi continuò con i suoi movimenti inconsulti. Julie si mise a ridere ed andò a cercare di abbordare qualcuno per quella notte.
“Dai vieni qui, ti aiuto io ad imparare a muoverti, almeno un po’.” Gli mise le mani sulle spalle ancheggiando lievemente. “Dai, muoviti al mio ritmo.”
Il risultato era abbastanza scadente.
“Mi sento ridicolo.”
“Perchè lo sei. Devi essere più rilassato. Senti il ritmo della musica e seguilo. O segui me.” Monica si mise a ballare per scherzo con Shannon che si divertiva con Gabrielle. Jared la fissò: poteva invidiarla perchè sapeva ballare, o almeno, perchè sapeva muoversi un po’ più di lui? No, non poteva, anche perchè lui sapeva cantare bene, recitare bene e dirigere bene. Lei no.
“Ecco, questo rimette tutto sulla giusta carreggiata.”, mormorò cercando di seguire la musica molleggiando sul posto.
“Sei senza speranze!” Gli urlò Monica sovrastando la musica. Saltellò davanti a lui, la voce di Chester Bennington ad aiutarla. Le si alzava un po’ la gonna, ma non sembrava farci caso.
Poi la musica cambiò, divenne più lenta, più suadente. ‘Closer’ dei Kings of Leon si espanse per tutta la sala, portando una leggerissima ondata di gelo. La musica era quasi ipnotica e assolutamente sensuale, di una bellezza algida.*
Monica sorrise maliziosa e si avvicinò a Jared. Senza remore o paure, gli posò un braccio sulla spalla ed iniziò lentamente, seguendo la musica, ad usarlo un po’ come un palo. Gli passò la mano sul petto, sentendo la consistenza eterea del cotone liso da mille lavaggi. Al di sotto i muscoli guizzavano sotto le unghie. Jared la fissò incuriosito alzando un sopracciglio. La situazione non era del tutto nuova, ma lo incuriosiva il fatto che a farlo fosse proprio lei. Si stava divertendo parecchio e anche lei, lo capiva dal sorriso malandrino che le stava lanciando dall’inizio della canzone.
Ma lui era Jared Joseph Leto, non amava dover lasciare troppo il controllo, quindi, verso metà della canzone, la prese per i fianchi a la fece girare. La strinse a sè, appoggiando la testa sulla sua spalla ed annusando a fondo l’odore dei suoi capelli. Una mano scese in profondità, andando ad accarezzare la pelle sotto la maglietta.
Monica provò un brivido di chiara provenienza dai suoi ormoni. Lei portò le braccia dietro il suo collo, annullando del tutto le distanze. Sentì le labbra sottili e calde di Jared marchiarle il collo, lasciandole una scia umida. Se avesse continuato così si sarebbe ritrovata in ginocchio: aveva le gambe che sembravano fatte di gelatina.
“A che gioco stai giocando?”, domandò a Jared. Si maledì perchè sentiva che la voce le tremava leggermente.
“A quello che tu hai iniziato. Non ti piace?”
La mano scese ed iniziò a toccarle la coscia sotto la gonna: le dita si insinuarono sotto l’elastico delle autoreggenti e le accarezzavano la pelle nuda.
“Da quel che sento, piace parecchio anche a te.”
“In effetti.” Le lasciò un ultimo bacio sul collo, poi la musica cambiò tornando ad essere meno sensuale e più scatenata.
Jared tornò a sedersi sul divanetto, rinunciando, per quella sera a “ballare” di nuovo e forse, per la sua credibilità, era meglio così.
“Vieni, andiamo a prenderci da bere... io e te dobbiamo parlare.” Julie, stranamente seria, aveva preso Monica per il braccio e la stava tirando verso il bar. Senza esitare ordinò due Manhattan e prese a sorseggiare il suo scrutandola, con gli occhi tempestosi che prendevano il colore delle luci del locale.
“Io non bevo alcolici.”, le disse Monica cercando di capire cosa volesse.
“Tu e Jay non state assieme, vero?”
“Scusa?”
“Avanti, non  fare finta di niente. Da quando siete arrivati non ho visto un bacio, un segno, un niente. E la scena in pista mi è sembrato più un gioco per eccitarvi, per darvi disponibili, rispetto a quelli che fanno una coppia di fidanzati che passerebbe la serata a sbaciucchiarsi in un angolo.”
Monica la fissò a bocca aperta.  “È così ovvio?”
“Solo per chi vuole capirlo.”
“Cazzo, tutta colpa di Jared e delle sue cazzo di idee balorde. Fanculo!”  Le spiegò in breve il loro contratto ufficiale e Julie non potè che scoppiare a ridere.
“Siete ridicoli.”
“Non giudicare, prego.”
“Sono lesbica, io non giudico.”
“Tutti giudicano, è parte dell’animo umano, fa parte di noi. E comunque credo che tu abbia ragione, siamo ridicoli alla fine della fiera. È una buffonata che non funziona. Non riusciamo ad essere neanche un po’ credibili.”
Julie posò il suo bicchiere vuoto ed iniziò a bere quello che aveva preso per Monica, ma che era rimasto intatto.  “Invece credo che abbiate grosse potenzialità. Si capisce che forse non siete una coppia, ma di certo si capisce al volo che tra voi c’è un qualcosa di inespresso, che avete... come si dice... una chimica incredibile. C’erano scintille prima, su quella pista. Ti basta un nulla per starci assieme sul serio.”
“Alt, fermi tutti. Io non voglio diventare la sua ragazza.”
Julie rise di nuovo. “Certo, come no. E io sono la Regina d’Inghilterra.” Si passò la lingua sulle labbra, proprio come facevano sempre Jay e Shan. “Ascolta un consiglio da chi ne sa parecchio. Non nasconderti dietro idee preconcette, non aver paura di dimostrare quello che sei. Io ci ho messo troppo a dire al mondo chi ero e cosa volevo e me ne pento sempre. Avrei dovuto farlo prima, perchè nascondere i propri sentimenti è una rogna. Secondo me lui ti piace, eccome se ti piace, e la cosa è reciproca: si vede da come ti guarda, da come ti sorride e ti tocca. Solo che entrambi siete pieni di pregiudizi sulla relazione tra voi.”
Monica si grattò l’orecchio e scosse il capo.
“Senti, io e Jay siamo amici. Conquistare questo status non è stato facile e non voglio rovinarlo per una stupida cascata di ormoni. È indiscutibile che lui sia uno degli uomini più belli del mondo e che abbia anche la capacità di scombussolare la mia mente con un solo tocco di mano, ma deve rimanere un amico. Sarebbe troppo rischioso innamorarsene.”
“Troppo tardi, cugina, sei sulla buona squadra.”
Cugina? Ma da dove se ne usciva una cosa del genere? Neanche Jared le avesse messo un anello al dito. Scosse il capo. Non andava bene.
Mentre tornava a casa, in macchina con entrambi i fratelli, chiuse gli occhi facendo finta di appisolarsi. Su una cosa Julie aveva ragione: a Jared era piaciuta su quella pista. Aveva sentito la sua erezione premerle fra le natiche, come a cercare di sfogarsi in quel momento. Lui la voleva. Forse anche in quel momento.
Deglutì pesantemente: le cose stavano precipitando in una maniera fin troppo vorticosa.
 
 
 
*Ovviamente è quello che penso io della canzone. Magari a voi non piace…

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Il giorno dopo avevano deciso per una terapeutica seduta di shopping. Avevano prima accompagnato Gabrielle all’aeroporto e poi si erano gettati sui negozi del centro. Monica si era fatta una scorpacciata di libri, in modo di potersi documentare per il prossimo manoscritto, e poi, presa da un raptus femminista, si era comprata una decina di smalti dai colori diversi.

Jared aveva svaligiato vari negozi per recuperare nuove magliette, rigorosamente con lo scollo a V, così da poter mettere in mostra il tatuaggio sulla scapola, mentre Shannon era riuscito nell’impresa impossibile di comprarsi di tutto facendo in modo che niente stesse bene con un altro capo. Doveva essere un gene particolare dei Leto, quello di non sapersi vestire.

Nessuno aveva parlato di quello che era successo la sera prima. Nella loro stanza si erano semplicemente dati la buonanotte. Prima di addormentarsi, Monica aveva sfiorato la gamba, la dove Jared l’aveva accarezzata. Ci aveva pensato così tanto, che le stava venendo mal di testa. Lo guardò mentre parlava con Shannon tornando a casa, dopo aver, miracolosamente avuto il via libera da Zia Margot di mangiare fuori, e scosse il capo: la stava facendo impazzire dopo solo tre giorni. Non poteva assolutamente permettersi di perdere nuovamente la testa per lui.

Del resto anche Jared aveva pensato a quella strana attrazione che aveva provato per lei.

Si era eccitato e non aveva fatto niente per mascherarlo. Si era comportato nella stessa maniera di sempre: ci aveva provato, aveva flirtato e aveva fatto capire alla sua accompagnatrice che cosa voleva, ma Monica non era una delle sue solite bambine. Era innanzi tutto più vecchia e quindi molto più difficile da sottomettere e poi era mora. E con più curve rispetto a quelle che di solito toccava nelle sue ragazze.

Eppure in quel momento, con lei che gli si strusciava addosso e la canzone del Kol, l’unica cosa che avrebbe voluto farle, era toglierle gli slip e farla lì . Cosa che, per fortuna, aveva evitato. Ma perchè aveva così voglia di lei? Ci aveva pensato tanto, metà della notte mentre lei dormiva tranquillamente, respirando a fondo e con una specie di sorriso beato sulle labbra, e aveva capito che era soltanto a causa della situazione che l’aveva voluta. Esatto, soltanto il momento.

Quindi aveva semplicemente evitato di riparlarne, tanto non sarebbe successo mai più.

“Quindi adesso che Gabrielle se ne è andata, ci provi con Sandra?”

“Ovviamente! E lei non è lesbica. Mi hai tirato un bello scherzetto non dicendomi delle preferenze di Julie. Ci sono andato pesante con lei, ci ho provato in tutti i modi fino a quando mi ha riso in faccia.” Jay sorrise. 

“Cazzo Shan, è tua cugina.”, sbottò monica dal sedile posteriore.

“E allora? Intanto è una cugina di secondo o terzo grado. E poi mica ci devo mettere su famiglia no? Si chiamano scopate di passaggio, Monica, dovresti provare.” 

Fu lei a ridere in quel momento. “Chi ti ha detto che non ho mai provato sesso giusto per farlo? Non è che voi uomini avete l’esclusiva... noi donne, volendo, possiamo fare la stessa cosa.”

Shannon frenò e si girò verso di lei, incurante degli altri automobilisti arrabbiati che gli stavano suonando incazzati il clacson. “No, spiega un attimo? Non ci hai mai raccontato di questi incontri hot. Vogliamo sapere.”

“Non ve ne ho mai parlato perchè non sono fatti vostri.”

“E invece ora ci dici tutto.”

“Shannon, taci e guida che dobbiamo tornare a casa.”

Jared era l’unico che non stava parlando. Smanettava con il suo BlackBerry e si limitava a lanciare qualche occhiata incuriosita alla ragazza.

“Perchè, ti aspetta qualcuno? Mi pare che il tuo fidanzato sia qui.”

“Fottiti!”

“Shannon, lasciala in pace e guida.”, mugugnò Jared.

“Cosa? Non dirmi che non sei neanche un po’ curioso? Dai, quando ci capita di avere discorsi piccanti da una donna?”

“Appena trovi una disposta a farli.”, rispose Monica, “Andiamo a casa e vedi di non farti strani pensieri su di me, sotto la doccia.” La risata del batterista si espanse per l’auto.

 

L’unico posto decente per poter scrivere in santa pace era il giardino. La casa era un continuo via vai dei parenti e Monica era decisamente stufa di dover spiegare in continuo come avesse conosciuto Jared, quanto lo amasse, falsamente, dei loro improbabili progetti futuri. Dopo un po’ diventava noioso.

La cosa buona era che almeno stava pian piano imparando a riconoscerli. Non erano cattivi, erano solo invadenti come solo i parenti sapevano essere. A parte George e zia Franny. Loro erano i classici parenti serpenti, quelli che avresti voluto evitare per tutta la vita. In due giorni le avevano fracassato i timpani con tutte le chiacchiere inutili sulla loro vita. E la voce stridula di Franny era ancora peggio, almeno George, in maniera leggermente viscida, stava cercando di provarci con lei e conquistarla. Ovviamente senza raggiungere neanche la metà del suo scopo. Riusciva a risultare solo fastidioso.

E a quanto pareva a Jared dava parecchio fastidio quell’atteggiamento: quando George le si avvicinava, lui andava meccanicamente ad abbracciarla, o le prendeva la mano, come se.... bho, avesse paura di perderla. Stronzate del secolo: Jared odiava semplicemente che qualcuno potesse pisciargli sulle scarpe. Che modo di fare assolutamente inutile e terribilmente egocentrico. Sì, lo sapeva anche Monica, era tipico di Jared fare così.

Sospirò chiudendo il libro che si era portata dietro per le ricerche e si mise la penna in tasca: aveva troppi pensieri in testa per scrivere qualcosa di coerente, tutti pensieri che portavano verso un’unica direzione.

Direzione che stranamente stava arrivando direttamente da lei.

“Che ci fai qui?”

“Sono venuto a cercarti. Oltre al fatto che aspettavo la scusa giusta per uscire da là. Onestamente dopo un po’ non sopporto tutte quelle chiacchiere.”

Si sedette vicino a lei appoggiandosi al grosso tronco di un salice piangente secolare. I rami sottili arrivavano a toccare terra con le loro tende di foglie. La leggerissima brezza riusciva solo a smuovere gli apici creando una piccola onda lenta. Il laghetto azzurro scintillava sotto il sole cocente e ogni tanto qualche piccolo pesce saltava. Monica era certa che quel piccolo angolo di mondo poteva essere tranquillamente inserito nelle Sacre Scritture sotto la parola Paradiso.

“Sono simpatici i tuoi parenti, un po’ invadenti, ma il mondo è fatto così.”

“Se lo dici tu.”

Monica poggiò a terra tutte le cose che aveva in mano e, senza neanche troppo pensarci, andò a sedersi esattamente davanti a lui con le gambe incrociate.

“Vuoi parlarne?”

“Di cosa?” 

Monica alzò gli occhi al cielo. “Di quello che ti turba così tanto, o semplicemente di quello che vuoi. Hai la faccia di uno che vorrebbe tanto parlare e non lo fa e siccome tu sei quello che sei, mi preoccupa sta cosa. Non ti ho mai visto tanto silenzioso come in questi giorni, di solito sei sempre a sparare cazzate.”

“Tu si, Monica, che hai una parola gentile per tutti, soprattutto per me.”

Lei sorrise. “Devo stuzzicarti un po’, altrimenti sai che noia sarebbe la nostra storia.” Monica accarezzò un po’ l’erba con le dita. Le piaceva sentire le punte scivolarle addosso.

“É vero quello che hai detto oggi a Shannon?”

“Cosa?”

“La questione del sesso senza sentimenti.” Monica lo fissò decisamente stupita. “Allora?”

“Certo che è vera.”, si riprese lei, “Ci sono dei momenti per ognuno di noi, dove si fanno cose che non si pensava di poter fare in precedenza. Onestamente non pensavo che avrei potuto fare sesso come un uomo, come dicono in Sex And The City.” Poi rise forte: “Credo che quel telefilm mi abbia rovinato da quel punto di vista.”

“E perchè?” 

Lei tornò seria. “Tu perchè lo fai?” 

Lui fece spallucce. “Noia, voglia di provare qualcosa, necessità di scaricare l’adrenalina. Perchè ho voglia.” 

Monica lo fissò negli occhi grigi a lungo, poi riprese a parlare più lentamente, come a cercare di ponderare le parole. “Ho fatto sesso perchè avevo voglia di annullare me stessa, questa è la verità.” Jared aggrottò la fronte. “Venivo fuori da una storia che mi aveva distrutto sentimentalmente e psicologicamente. Avevo bisogno di qualcosa da fare per dimenticarlo e sentirmi nuovamente sicura di me stessa.”

“E ti ha aiutato?”

“Sì e no. Non ho dimenticato il mio ex, ma mi ha fatto capire che ci sono dei limiti. Che io, ho dei limiti, per la precisione. Il sesso così per fare può avere una soddisfazione, ovviamente se lui sa cosa deve fare, ma alla lunga... lascia un vuoto abbastanza deprimente.”

“Non la vedo così. Le scopate estemporanee sono utili.”

“Perdona la franchezza, ma sono utili per svuotarti i coglioni, amore. Sentimentalmente non danno niente e questo è il vuoto che crea.”

“Sbagli prospettiva. Il sesso occasionale è bello perchè occasionale, non deve darti nulla di sentimentale, deve solo darti piacere fisico. Il resto è superfluo.”

Silenzio, poi Monica ribattè. “Sei mai stato innamorato? Rispondimi seriamente, hai mai amato sul serio?”

“Sì.” Secco, senza esitazioni. 

Lei sorrise. “Prova a pensare ad uno dei tuoi rapporti con la ragazza che hai amato. Non importa se il primo, l’ultimo o il più bello. Uno qualsiasi. Ce l’hai?”

“Certo.” Sembrava perplesso, ma era curioso di sapere dove voleva andare a parare.

“E adesso pensa ad una qualsiasi scopata, anche la migliore, che hai avuto con una delle tue bambinette.”

“Ok.”

“Dovresti sentire senza ombra di dubbio quale ti è piaciuta di più.”

Jared rimase in silenzio guardando il laghetto. Monica aveva ragione su tutti i fronti e lo sentiva, lo sapeva, ma non le avrebbe mai dato la soddisfazione di darle ragione. Però non voleva neanche mentirle, quindi si rese che stare zitto in quel momento aiutava moltissimo.

“Avevo ragione vero?”, si divertì ad infierire Monica distendendosi sull’erba in modo da poterlo ancora vedere bene in faccia. Non le era sfuggito il luccichio commosso di pochi istanti prima.

Sapeva benissimo che Jared non la amava più. Lei, Cameron, era un qualcosa di lontano, una figura sbiadita dagli anni e dalle ragazze che aveva avuto dopo di lei, ma sapeva anche per esperienza personale che quando uno si innamorava portava quel sentimento in sè per sempre. Quello che faceva stare male, di solito, non era la mancanza della persona amata, ma la mancanza di quello che si provava stando con lei o lui.

Era quello che era successo a lei: non le mancava il suo ex, ma le mancava di essere innamorata, di sentirsi il cuore scoppiare di felicità, di sentirsi felice in qualsiasi momento, anche quando litigavano e piangeva disperata di frustrazione, la sensazione che tutto sarebbe andato bene al momento giusto.

“Forse.” 

“Mi basta. Già che siamo in fase di condivisione, mi spieghi perchè stare qui per te è così incredibilmente terribile? Posso capire tutto, ma mi sembri un disperato.”

“Non ho voglia di parlarne.”

“E dai, cazzo, ti ho parlato delle mie notti folli, adesso tocca a te.”

“Non mi hai detto quello che hai fatto... Sopra o sotto?”

“Di lato e a 90. Sono versatile, anche se mi piace stare sotto.” 

Jared sorrise malizioso: quel discorso gli piaceva molto di più di tutti quei ragionamenti filo romantici di prima. “Come mai?”

“Forse perchè mi piace vederlo negli occhi, averlo sopra, incatenarlo con le gambe. Questo non significa che disdegni anche le altre posizioni.”

“Strano, pensavo che fossi una che stava sopra.”

“Io sto sopra, vuoi vedere?” Si alzò di scatto e si inginocchiò su di lui, con le gambe vicine alle sue. Jared rise cercando di spostarsi, ma lei lo stava schiacchiando. “Parenti?”

“No, ne avevo semplicemente voglia. Adesso tocca a te parlare.” 

“Devo?” Lo sguardo di Monica non gli lasciava molte alternative a quanto pareva. “Stare qui in Luisiana mi piaceva da piccolo. Era casa. È sempre stato così, fino a quando non sono cresciuto. Una parte di me ama tornare a Bossier, ma l’altra vuole scappare appena possibile. È come se mi sentissi intrappolato e peggio ancora... giudicato. Mi sento...” Soffiò stizzito, più per i suoi pensieri che per una incazzatura contro Monica. “...mi sento additato da tutti come il figlio sbagliato.”

“E perchè mai?”, lo stupore era sincero.

Jared si morsicò le labbra e prima di tornare a parlare se le inumidì con la lingua come faceva sempre. “Quando ero piccolo dicevano a mia madre che papà se ne era andato per colpa mia. Mi nascondevo, ero piccolo e mingherlino, passavo parecchio inosservato, ed ascoltavo tutto. Shannon mi diceva sempre che erano sciocchezze, ma a sei anni quando tutti ti dicono la stessa cosa, alla fine ci credi.”

“Ma... ma è atroce! Ma che stronzi maledetti. Ma tu lo sai che non è per questo, vero? Insomma, un genitore non se ne va a causa di un figlio, soprattutto un bambino come te. Da quello che Margot mi ha raccontato in sti giorni eri praticamente un bambino delizioso.”

“Monica lo so che...” Si ritrovò a non saper come andare avanti. Da quanto non apriva quella scatola dolorosa? Troppo... e c’era un motivo. Odiava i fallimenti e quello era stato il suo primo cocente fallimento. “I tuoi sono divorziati, no? Non hai mai pensato per una volta sola che fosse stata colpa tua?”

“Sì, forse, non ricordo, ero piccola. E comunque nessuno mi ha mai rinfacciato niente.”

“Appunto. Ogni volta che vedo quella gente in salotto, soprattutto i parenti stretti, è come rivivere quei tempi.”

“É terribile. Tua madre non lo sa, vero?”

“Ovviamente no. Hai idea di come starebbe se venisse a saperlo? E non glielo devi dire neanche tu, capito?”

“Certo, non sono scema, queste sono cose che dovreste sistemare voi, io non c’entro, ho già i miei problemi famigliari, manca solo che mi occupo anche dei tuoi.” Poi gli sorrise dolcemente e gli accarezzò leggermente la guancia, lasciando la mano ferma sulla gota. “Prova a parlare con tua madre, magari è la volta buona che non ti fa più tornare qui, anche se zia Margot ci resterebbe male.”

Jared era un po’ stordito: l’argomento, di per sè, era terribile e normalmente ne parlava solo con Shannon e solo se era ubriaco. Parlarne da sobrio con qualcuno di diverso, lo destabilizzava del tutto. Si sentiva una persona diversa, come se non fosse Jared Leto, ma una qualsiasi persona. Perchè gli faceva quello? Monica non doveva capirlo, doveva semplicemente fare l’oca giuliva davanti ai suoi parenti e basta.

Inutile, lo sapeva anche lui che non sarebbe mai potuto succedere: lei non era così. Lei era quello che era, schietta, sincera, dissacrante. Ironica, sarcastica e senza troppi fronzoli. L’errore era stato suo, non di Monica.

Però... stava bene. Li (accento), seduto sotto quel salice piangente, con la ragazza sulle gambe che lo stava accarezzando, quella brezza e quel sole, si sentiva bene come non succedeva da parecchio tempo. Non accadeva spesso che trovasse qualcuno che riuscisse a mettersi in sintonia con lui in quella maniera come stava avvenendo con lei. Se fosse stato uno sciocco romantico, avrebbe detto che Monica lo completava. Siccome era cinico e realista, aveva deciso che Monica era semplicemente una ragazza che lo conosceva da tanto tempo, che aveva vissuto delle situazioni analoghe alle sue e che quindi aveva una sensibilità maggiore rispetto alle sue normali frequentazioni.

“Zia Margot è l’unica persona per cui valga la pena venire.”, mormorò.

Poi, lentamente, si avvicinò a lei: le mani la presero per i fianchi per tenerla ferma, in modo che non rischiasse di cadere, le dita le accarezzarono la pelle sotto il bordo facendole un leggero sollettico e facendola ridacchiare.

“Smettila.”, sibilò Monica, ma si vedeva che si stava divertendo.

Jared appoggiò la fronte su quella della donna e chiuse gli occhi, mentre con le mani iniziava una lenta esplorazione al suo torace. Si stava dando dell’imbecille da solo perchè sapeva che si stava eccitando e che avrebbe dovuto provvedere da solo a venire, eppure aveva sentito l’impulso fortissimo di toccarla, di sentirla vicina anche fisicamente e non solo mentalmente. Oltre al fatto che parlare con lei di sesso gli aveva dato comunque una scarica di ormoni che non guastava mai, soprattutto visto che da un bel po’ non aveva avuto la possibilità di farsi qualcuna. Il suo corpo la voleva.

“Mi sa che devo mettermi l’anima in pace.”, mormorò, sovrapensiero.

“A cosa?” domandò Monica. Neanche per lei era molto semplice stare tranquilla. Le dita con i leggeri calli stavano sfiorandole proprio quei punti che normalmente la facevano rabbrividire di piacere più che di fastidio. Che diavolo stava combinando? La stava stuzzicando, la stava... sentì l’erezione da sotto i pantaloni!

La voleva!

Si sentì avvampare e si alzò di fretta. Non poteva rischiare da fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita.

“Allora, domani che si fa?”, cambiare discorso, parlare di cose assolutamente slegate tra loro.

“C’è il primo grande pic nic. Si sta in giardino a mangiare, prendere sole, bere, nuotare.”

“Ti metti in costume?”

“Forse.”

“Allora ci sarà da ridere.” E gli mostrò la lingua prendendo le sue cose e cammiando verso casa.

Jared appoggiò la testa sul tronco: non sapeva se ringraziare o meno Monica per aver preso la decisione di andarsene. Aveva capito che anche lei lo voleva, aveva sentito il corpo tendersi, i brividi scendere lungo la schiena e il respiro leggermente affrettato sulle sue labbra. Però lei aveva avuto quel briciolo di cervello in più di lui rimettendo le cose dove dovevano stare.

“Vuoi smetterla? È andata via, niente soddisfazione per te, amico.”, borbottò sistemandosi al meglio il gonfiore nei pantaloni. “E io devo essere pazzo a parlare con il mio uccello.”

Sospirò frustrato: c’erano due cose che poteva fare. La prima era tornare a mettere le distanze, stare il più lontano da lei possibile, nei limiti del possibile, e tornare in California con la chiara idea di non vederla per molto tempo. La seconda era andare contro tutta la ragionevolezza del mondo e fare in modo di portarsela a letto il prima possibile.

Il cervello contro il resto del corpo.

Sorrise al laghetto: la scelta era scontata. E il pic nic l’avrebbe aiutato.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
Monica aprì gli occhi. La tenda era stata tirata e quindi filtrava pochissima luce nella mansarda e questo aveva fatto in modo che lei riuscisse a dormire più del solito. Guardò l’ora sul suo BlackBerry e notò che erano le dieci passate.
Senza neanche girarsi sapeva che la piazza di Jared era vuota. Non sentiva il suo profumo e tantomeno il suo respiro. Evidentemente si era svegliato presto, un po’ come sempre, ed era sceso senza svegliarla.
Si rigirò ancora qualche minuto fra le lenzuola che sapevano alla lontana di lavanda. Notò quasi subito di avere le gambe nude. Le era rimasta addosso solo la canotta e sperò con tutto il cuore che Jared non l’avesse notato o almeno non avesse sbirciato. Capace com’era, quello poteva anche voler mettersi a farle foto dal BB.
“Cazzo...”, mormorò nella semi oscurità della stanza. 
La sera precendente, a tavola insieme a tutta la famiglia, Jared non si era risparmiato di stuzzicarla a dovere. Stando vicini di sedia, le mani erano un continuo sfiorarsi e lui le sorrideva fin troppo spesso in maniera dolce e maliziosa. Quando Peter, un cugino, o era uno zio?, gli aveva domandato come e quando le avesse chiesto di stare assieme, Jared aveva inventato di sana pianta una serata quasi perfetta a Los Angeles. Con una faccia di bronzo assolutamente da Oscar, aveva farcito l’aneddoto di frasi sdolcinate, ma non troppo, perfettamente in linea con il personaggio e battutine allusive che quasi la facevano arrossire.
Quasi, perchè lei, in fondo, sapeva tenergli testa. Quando aveva capito che cosa stava facendo o almeno dove voleva andare a parare, si era premunita di faccia tosta e gli aveva dato corda.
Da un certo punto di vista era stato anche divertente, una specie di gioco di stile su chi era più bravo a mentire restando al limite della verità e Monica aveva capito che aveva davanti a sè un maestro della manipolazione della verità. Non diceva delle bugie colossali, ma piuttosto arricchiva con piccoli particolari, oppure ometteva certe cose che in un racconto tipo non ci sarebbero state. Gli avrebbe fatto un inchino, se non fosse stato il momento sbagliato.
Quando erano saliti in mansarda gli aveva anche chiesto come mai quel repentino cambio di comportamento e la risposta, laconica e divertita, era stata un semplice 'per calarsi meglio nella parte'.
Come se fosse un film.
Come se tra loro non ci fosse nulla.
E in fondo, pensò mentre nascondeva la testa sotto il cuscino, era proprio così. Non riusciva a capire perchè si stesse facendo tutti quei problemi e quelle seghe mentali. L’unica cosa che doveva assolutamente tenere a mente era la parola “Data di Scadenza”. In realtà erano tre parole, ma il succo non cambiava di molto.
Fra meno di tre giorni lei sarebbe diventata obsoleta nella vita di Jared. Lui si stava solo divertendo con lei, cercando di metterla in difficoltà, per fare qualcosa di diverso in quei giorni, in modo da spezzare la monotonia. Per prenderla in giro di certo.
Sospirò demoralizzata: errare era umano, perseverare diabolico. Ricascarci con tutte le scarpe, decisamente stupido e a lei non piaceva passare per stupida.
Si alzò e aprì le tende: davanti a lei una splendida, come sempre, giornata di sole. Inoltre vedeva che le prime tovaglie erano state stese sull’erba e i bambini della famiglia già si divertivano ad entrare ed uscire dal laghetto.
E non solo i bambini: non voleva sbagliare, ma quello che si tuffava da un ramo era Jared. Non aveva proprio un grandissimo stile, ma sembrava divertirsi: le bambine, poi, erano tutte intorno a lui a farsi prendere in braccio o sulle spalle. E come ti sbagliavi, qualsiasi ragazzina nell’arco di un chilometro era attratta da Jared, anche se dello stesso sangue.
Monica indossò il suo costume sportivo a due pezzi, decisamente poco sexy e una maglietta a maniche corte con dei pantaloncini. La borsa con i suoi perditempo era rimasta sull’appendino in salotto, quindi non aveva altro da fare che darsi una rassettata generale e scendere per la colazione. O il pranzo. O qualcosa che stava nel mezzo. Con zia Margot non c’era rischio di rimanere a digiuno, ma non sapevi neanche che cosa ti avrebbe rifilato nel piatto, specie alle dieci e mezzo del mattino.
Come aprì la porta si trovò davanti Shannon: non sembrava aver dormito moltissimo, aveva profonde occhiaie scure e nessun sorriso dei soliti.
“Sei andato in bianco ieri sera?”
“Fatti i cazzi tuoi.” 
Lei rise divertita. A quanto pareva la cugina Sandra non era così semplice da ammaliare. “Lo prendo come un sì.” Shannon mugugnò qualcosa. “Dai che una buona colazione ci aspetta.”
“E Jared?”
“L’ho visto che si tuffava nel laghetto insieme ai bambini. È sempre stato così?” 
Lo vide sorridere. “Da piccolo sì. Gli ho insegnato a nuotare che aveva cinque anni e si è sempre divertito un mondo a buttarsi. Adesso al mare è decisamente più schivo.”
“Non vorrà mostrare le gambe secche.”
“Poverino, gli trovi tutti i difetti.” 
Fu lei a sorridere ora. “Madre Natura gli ha dato troppi pregi e troppa bellezza. Ogni tanto va riportato con i piedi per terra e ridimensionato, ma in fondo...”, poi si bloccò convinta di aver detto fin troppo. Shannon la stava guardando malizioso e con un sorrisino di strafottenza che avrebbe voluto levargli a suon di sberle. “... ha le gambe secche.”
La colazione era filata liscia tra una tazza di caffè forte, che ebbe la facoltà di svegliarla del tutto, e due deliziosi pancake appena fatti da Zia Margot, sommersi di sciroppo d’acero. Monica si chiese se la vita di Margot non fosse semplicemente stare a cucinare tutta la vita: era un continuo accendere e spegnere ii fornelli, lavare e tagliare le verdure o battere la carne.
“Lo chiedo di nuovo, tanto so che mi dirai di no, ti serve una mano in qualcosa? Tutta la famiglia è fuori, forse hai bisogno di qualcuno qui.”, fece Monica verso Margot.
“Non serve, bambina, però se vuoi aiutare, potresti togliere dal forno la torta di mele?”
Monica fu felice di aiutare, anche per fare qualcosa di diverso dal solito, mentre Shannon, senza esitare, uscì a fare il bagno insieme agli altri. La piccola radio sopra il fornello spandeva musica classica.
Monica si occupò di preparare l’impasto per la crostata di marmellata di more, poi di tagliare dei peperoni rossi per il contorno ed infine della salsa di pomodoro. Stava quasi per mettersi a preparare qualche grissino, che entrò Jared lasciandola quasi senza fiato.
Era a petto nudo, con le goccioline d’acqua che scendevano dai capelli lunghi sui pettorali stranamente sodi. La pelle brillava e il tatuagggio sulla scapola era quanto più provocante non fosse mai stato. E poi il sorriso: così luminoso e... felice. Qualcosa che non vedeva da troppo tempo.
In quel momento le gambe secche erano perfette.
“Ecco dove sei finita. Mi stavo preoccupando che fossi morta nel sonno, poi Shannon mi ha detto che eri rimasta in cucina. Dai, vieni fuori con me.”
“Non posso, sto aiutanto tua zia.”, rispose Monica distogliendo lo sguardo e cercando di fissare un interessantissimo pezzo di pomodoro che nuotava nel sugo.
“Portala via Jared. È giusto che si diverta, non che lavori, anche perchè è una ospite.”
“Ma Margot, per me è un piacere.”
“Su bambina, vai.” 
Jared sorrise vittorioso e la prese per mano, praticamente trascinandola fuori. “Hai tempo per un bagno veloce, poi si mangia. Oltretutto ho visto verdure in abbondanza, cosa che mi rasserena.” Ecco, l’essere vegetariano era stato l’unico punto di discussione tra Jared e la padrona di casa, che si ostinava, ogni sera, a dargli almeno una cosa carnivora, che lui, puntualmente, metteva nel piatto a Monica. “Hai il costume vero?”
“Certo.”
“Peccato avrei voluto buttarti nel lago con tutti i vestiti... cosa che farò!”
“Cos..?”, non riuscì a finire la parola che Jared la prese in spalla come un sacco di patate, Monica si chiese dove tirasse fuori tutta quella forza, e in men che non si dica la fece volare verso l’acqua fredda. 
Ne uscì con l’ego spazzato via, la maglietta incollata addosso e una voglia incredibile di prendere a calci Jared. “Jared Joseph Leto, avrò il tuo scalpo.”
“Amore, lo sai che hai tutto di me.” 
Arrossì cercando di uscire a fatica dall’acqua e poi prese rincorrerlo, mentre intorno a loro tutti ridevano. Jared corse come se fosse sul palco, ancora un po’ si metteva a cantare: si stava divertendo un mondo quella mattina, aveva pensato per ore a cosa farle e quella le era sembrata la soluzione migliore. E infatti, quando si fermò,  si fece prima prendere e poi, tra le risate, la prese in braccio, con Monica che scalciava.
“Mettimi giù, ci stanno guardando tutti.”
“E chi se ne frega. Sei o no la mia ragazza?”
“Jared!”
Lui rise di gusto, andando poi a baciarle il collo. La mise a terra e corse dalle bambine che lo chiamavano per un altro bagno. Come sempre era decisamente richiesto dal pubblico femminile.
“Vieni con noi e lascialo a fare il cavaliere con le piccoline.” Julie aveva un bellissimo bikini rosso fiammante, piuttosto striminzito. Shannon sarebbe uscito fuori di testa, soprattutto sapendo di non poterla avere neanche fosse stato l’ultimo uomo sulla terra. “Togliti quella maglia che così si asciuga prima. Tranquilla, non ci sto provando.”
“Lo so, visto che puntavi a Gabrielle, credo di non essere nel tuo standard.”
“Non è per questo che non ci provo, ma solo perchè so che non ho speranze. Sei troppo etero. Oppure, semplicemente, sei troppo sua.”
“Io non sono sua!”
“Oh sì che lo sei, è palese. Basta vedere come ti guarda.” Si sedettero sotto il salice dopo che Monica aveva messo la maglietta e i pantaloncini al sole.
Sandra, in pudico costume intero nero, le passò un piatto carico di cibo.
“Mi guarda come sempre.”, riprese il discorso.
“No, ti vuole, molto più di prima.”, Monica non rispose. Julie aveva dannatamente ragione e lo sapeva.
“Che mangi?” Jared si sedette vicino a lei abbracciandola e rubando dal piatto un pezzo di pane.
“Ma ti pare il modo?”
“Stamattina ti sei svegliata con le palle girate, Monica?” Jared la lasciò e si sedette un po’ più distante: aveva paura di aver esagerato. Anche a lui fu dato un piatto e vide sua madre che parlava, lontana, con sua zia Franny. Poverina, non la invidiava.
“No, Jay, sono solo un po’ alterata perchè un cretino mi ha buttata in acqua completamente vestita. Per il resto tutto ok.”
Bugia, bugia, bugia! Voleva toccarlo, voleva sentirlo sotto le sue mani, ma non poteva farlo! Maledetto quel pic-nic! Non riusciva a staccare gli occhi da quel 'Provehito in Altum' sulla clavicola.
“È solo acqua. Rilassati ,dai...”
“Hai ragione, scusa.” E sospirò: non poteva avercela con lui perchè era bello e terribilmente attraente.
“Scusa Monica, posso chiederti un favore?” Una ennesima cugina, di cui lei non ricordava il nome, si era messa davanti a loro con in mano una copia del suo primo libro. “Me lo autografi? Farò un figurone al club del libro.”
“Certo, dammi qui!” Monica lasciò una leggera dedica e lo svolazzo e le sorrise: “Non pensavo di essere entrata anche nei club letterali.”
“Oh sì! Noi adoriamo Camilla, ci immedesimiamo tutte. Almeno una volta ogni due mesi ne parliamo. Stiamo pensando di fare un piccolo fanclub. Sei bravissima.”
“Oddio, così mi emozioni. Grazie mille.” Monica sorrise felice e Jared le accarezzò la guancia: era così... dolce. “Sono famosa anche io.”
“Non avevo dubbi! Vieni a fare un bagno con me? Stavolta non ti butto. Tanto non mi pare che hai mangiato tanto, no?” Si alzò e le porse una mano. “Vieni.” 
Lei gliela prese e si lasciò portare. Erano andati un po’ più lontani, con la scusa di voler fare stare un po’ in privato. Monica fu la prima a buttarsi per evitare il freddo dell’acqua e si ritrovò a nuotare lentamente con Jared che la seguiva.
“É proprio carino questo posto. Ci credo che da piccolo ti piaceva giocarci.”
“Già, io e Shannon passavamo ore così. E poi a giocare a nascondino per il parco. Oppure a fare a pugni con George e la sua cricca.”
Monica lanciò uno sguardo in direzione parenti: George li stava guardando con espressione dura e poco incline al sorriso, quindi lei si avvicinò a Jared e gli passò una mano intorno al collo appoggiandosi su una spalla.
“Ci avrò parlato in tutto una mezz’ora, ma già lo vorrei annegare. È così viscido.” Jared le passò le mani intorno alla vita per tenerla salda su di lui: si godette appieno il seno della ragazza che premeva sul suo torace. Si rammaricò che avesse un costume così costrittivo, se avesse indossato un bikini sarebbe stato molto più divertente. Le lasciò un leggero bacio sulla fronte.
“Ha lasciato a casa sua moglie e i bambini. Figurati, Bernadette è troppo in alto per i parenti poveri di George. Non può venire a contatto con la feccia. Bha.”
“Noi non siamo feccia.”, mormorò Monica con gli occhi chiusi. Si stava godendo il sole caldo che le batteva sul viso, il corpo muscoloso di Jared sul suo e l’acqua fresca intorno a lei. Poteva chiedere qualcosa di meglio?
“Per lei sì. Mamma mi ha raccontato di una sfuriata di zia Margot. Pare che Bernadette non abbia gradito moltissimo il cibo poco raffinato che prepara. Figurati, non sarebbe sopravvissuta ad una settimana qui. Meglio che se ne stia a New York.”
“Che donna amabile. Dio li fa e poi li accoppia sul serio.”
“Se è possibile, è peggio di Franny. In realtà con me e Shan è stata anche abbastanza gentile. Del resto ci siamo visti solo due volte, di cui una ad un nostro concerto, ma dubito che abbia apprezzato del tutto la musica e lo show in generale. Se ne è andata via con l’espressione scandalizzata.” Rise a ricordare quel momento e per Monica fu un colpo al cuore e all’ormone.
Quella risata, così spontanea e genuina, usciva di rado. Da anni le risate di Jared erano sarcastiche, di circostanza, a denti stretti, misurate. La risata pura e gioiosa, per pura voglia di farla, era un lusso che si concedeva di rado. Per questo era splendida. E sentirla la emozionava.
“Poverina, sarà rimasta scioccata da tutte le parolacce che dici.” 
Jared fece spallucce e le baciò una spalla. “Zia Margot ti ha detto qualcosa oggi?”, le domandò.
“Uhm?”, era così presa dalle labbra che la stavano accarezzando che neanche lo stava a sentire: gran brutto segno. “Cosa? Ah sì, cioè no, niente di nuovo. Credo che mi abbia raccontato aneddoti di tutta la famiglia, ma onestamente ne avrò ascoltati la metà. So per esperienza che gli anziani vogliono solo condividere i loro racconti, in realtà non importa chi hanno davanti.”
“Hai fatto bene. Senti, che ne dici se risaliamo? Mia madre ci sta facendo ampi gesti con la mano per andare là.”
“E allora saliamo.” Si sciolsero dall’abbraccio e mano nella mano raggiunsero tutti gli altri.
 
 
Era giunta la sera. Si erano tutti rivestiti, tranne Shannon che soffriva di caldo perenne. Zia Margot aveva fatto accendere non solo le luci del patio, ma anche un bel falò, appositamente per starci tutti attorno a chiacchierare. Qualche bambino ancora giocava a rincorrersi, mentre i più piccini dormivano tra le braccia dei genitori.
Monica era distesa a guardare le stelle sopra di lei: aveva passato un bel pomeriggio a giocare a pallavolo, leggere e nuotare. Oltre, ovviamente, a chiacchierare. La cucina innominata, alias Alyson, le aveva chiesto news sul prossimo libro, ma lei non sapeva bene che risponderle. Doveva ancora mettercisi di buona lena, aveva qualche idea confusa che doveva riannodare. Di certo appena sarebbe tornata a Los Angeles si sarebbe messa sotto di buona lena.
Ed, infine, mister Jared Leto, che non perdeva occasione per stuzzicarla e toccarla. Monica aveva capito che le stava chiaramente dicendo che la voleva e la cosa era ovviamente reciproca, solo che, doveva ammetterlo, era difficile fare il grande salto e poi sapere che non sarebbe andata mai avanti, primo perchè la settimana stava finendo e secondo perchè alla base non c’era sentimento, ma solo voglia di scopare. Quindi sarebbe stata una scopata di passaggio... ed era qualcosa che aveva già fatto in passato, quindi perchè Jared risultava essere così complicato?
Forse perchè è un tuo amico? Le ricordò la sua coscienza. Amico... le sembrava una palla colossale. Il suo corpo, maledetto corpo che remava contro, non lo vedeva di certo come un amico.
Shannon aveva ritrovato dei vecchi bonghi in soffitta, sicuramente ricordi di quando lui era un ragazzino, e stava passando la serata nel suo elemento, quello delle percussioni. Monica lo ammirava: era senza dubbio uno dei migliori batteristi del mondo. Quando suonava potevano passargli davanti mille ragazze nude che lui avrebbe continuato a suonare. In fondo quando si era innamorati tutto passava in secondo piano e lui era innamorato soltanto della sua batteria.
Dopo un po’ anche Jared era andato a prendere la chitarra e i due fratelli, insieme, avevano iniziato ad intrattenere uno dei pubblici più strani con cui avessero avuto a che fare. Non cantavano niente delle loro canzoni, anche perchè nessuno gliele chiedeva, ma sembravano tranquilli.
Monica si lasciò cullare dalla voce di Jared. Quando si curava e stava bene, ascoltarlo era più che un piacere. Era paradiso puro.
“E cosa canteresti alla tua ragazza?”, la voce sarcastica di George rovinò un po’ l’atmosfera, “Una delle tue canzoni da urlatore?”
“Non c’è nessuna canzone, ancora, adatta ad una ragazza come lei nel mio repertorio, ma credo che a breve colmerò la lacuna. E comunque per lei cercherei nei suoi artisti preferiti. So che le farei più piacere così.”
“Guarda che io sono qui e sono sveglia. Non parlare di me in terza persona come se non ci fossi…”, mugugnò Monica a denti stretti.
“Lo so che sei qui, amore.”, lei si perse il suo sorriso, “Spiegavo solo a mio cugino come vanno le cose tra noi.” Poi pizzicò un paio di corde. “Credo che le canterei questa canzone.”
 
Gonna take off all my skin, 
Tear apart all of my insides, 
When they rot from within, 
Mom I don't think you'll be saved, 
They never had the time, 
They gonna medicate your lives, 
You were always born a crime, 
We salute you in your grave. 

Monica sgranò gli occhi: quella era una canzone dei Chem che lei adorava e che trovava assolutamente perfetta per un rapporto di coppia.
 
Can't find my way home, 
But its through you and I know, 
What I'd do just to get back in her arms, 
Can't find my way home, 
But its through you and I know, 
What I'd do just to get back in her arms. 

I have markers, 
I seven different shades, 
Oh shit, 
So what's your favorite color, punk? 
[Spoken in background] 
Do you wanna hold my hand? 
Could you sign this photograph, 
Cause I'm your biggest fan, 
Would you leave me lying here?

Monica si alzò a sedere e lo fissò: lui era tranquillo con quel leggerissimo sorrisino sghembo al lato della bocca, come a sapere che quello che stava facendo le piaceva. Si mise a canticchiare con lui, mentre Shan, che evidentemente non conosceva la canzone, li stava a guardare.
 
We're not here to pay a compliment, 
Or sing about the government, 
Oxycodone genocide, 
Adolescent suicide, 
I’ll give you my sincerity, 
Don't give a fuck about a Kennedy, 
Here's what I've got to say.
Can't find my way home, 
But its through you and I know, 
What I'd do just to get back in her arms, 
Can't find my way home, 
But its through you and I know, 
What I'd do just to get back in her arms.  *
 
Finirono assieme e si presero gli applausi di coloro che li stavano ascoltando, tranne George che non pareva impressionato.
“Grazie, canzone bellissima.”, disse Monica.
“Sì, quasi mi spiace di non averla scritta io.”
“Ne hai scritte tante altre migliori, Jared. Solo che non sei specializzato in canzoni d’amore. Gerard, evidentemente, in quel momento era parecchio ispirato. Tu puoi cantare ‘The Fantasy’.”
“Vedremo, non so se il pubblico gradisce.”
“Io sono curiosa di sentire cosa canti, nipote.” Zia Margot era seduta sull’unica sedia a dondolo del giardino e, come una regina sul trono, osservava tutto.
Jared e Shan iniziarono a suonare qualche canzone vecchia ed alcune del nuovo album, con Monica che faceva loro da coro, fino a quando non si alzò per andare in bagno. L’atmosfera era simpatica, rilassata, tranquilla. Le piaceva molto. E Jared, forse per la presenza di troppa gente, si era limitato nel provarci spudoratamente come aveva fatto al pomeriggio. Sorrise al pensiero delle sue mani mentre la accarezzavano nell’acqua fredda del lago. In quel momento sembrava bollente per lei.
Appena uscita dal bagno si trovò davanti George con un sorrisino mellifluo e gli occhi a squadrarla, cosa che la rendeva nervosa.
“Hai bisogno di qualcosa?”
“In realtà volevo parlare con te. Ti ho capito e sono d’accordo.” Monica lo guardava senza capire. “Jared è un belloccio, ma dubito che saprebbe darti tutta la soddisfazione che meriti.”
“Credo che tu non abbia capito nulla, in verità.”
“Avanti, non prendiamoci in giro. Sei una ragazza giovane, indipendente, non puoi certo star dietro a lui e alle sue manie di protagonismo. Lo so che vuoi di più, lo capisco da come mi guardi.”
Monica stava per mettersi a ridere. “Credo che tu abbia capito male i segnali. Mi stai altamente sulle scatole, non ti sopporto. Inoltre, cosa che a quanto pare tu non vuoi digerire, io sono la ragazza di Jared e questo significa che non lo voglio tradire. E sai perchè? Perchè io lo amo. Non lo tradirei con nessun altro uomo al mondo. E ora vorrei uscire.”
Gli diede una leggera spinta, tornando verso il giardino. Ci era mancato poco che gli sputasse in un occhio. Che nervi, non aveva mai sopportato gli uomini così troppo sicuri di sè e soprattutto così arroganti. George poteva morire prima che lei decidesse di andare a letto con lui.
Si sedette davanti al fuoco inviperita mentre tutti la fissavano stupiti.
“Tutto ok, bambina?” domandò Costance.
“Sì, perfettamente. Che fine ha fatto Jared?”




*La canzone dei Chem è My way home is through you. Eccola in tutto il suo splendore http://www.youtube.com/watch?v=mNnWJjfX53M

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Mi chiedevano lo stile di Jared di questa FF.
Io lo immagino con i capelli lunghietti neri e con la barba. Perchè a me piace in versione barbone. Quindi siamo più o meno a questi livelli, solo senza il capello così biondo.

http://img2.timeinc.net/people/i/2009/galleries/chests/jared-leto.jpg


Capitolo 8
 
Jared tornò a prendere la chitarra poco dopo il ritorno di Monica. La guardò in maniera strana, lei rabbrividì. Che gli stava chiedendo?
La verità era che l’aveva seguita in casa e aveva sentito tutto il discorso che aveva fatto con George e prima aveva voluto tirargli un pugno per aver solo pensato di poter toccare la sua donna, poi avrebbe voluto prendere Monica e baciarla. Erano stati dei momenti di assoluto panico.
La sua ‘Donna’?
E da dove era uscita quella parola?
Minimo Monica l’avrebbe ucciso se avesse osato dirglielo. Averla sentita dire che l’amava con quella intensità, lo aveva colpito. Poi era tornato con i piedi per terra: stava recitando, esattamente come aveva fatto lui tutto il pomeriggio, anzi forse addirittura meglio di lui. Lui non mentiva quando la toccava: lui la voleva. Invece lei aveva dato prova di grande sangue freddo e capacità davanti a George.
Senza farsi vedere da nessuno dei due, era scivolato in soggiorno per poi tornare a sedersi vicino a lei. Era ancora arrabbiata: la guardò come se non l’avesse mai vista prima. Capelli castani leggermente arricciati per l’umidità, occhi che brillavano grazie alle fiamme, le labbra chiuse in un’espressione stizzita. Non riusciva a vederle bene le curve perchè la maglietta nera non aiutava, ma sapeva che erano abbondanti e morbide. In definitiva non era una ragazza che poteva definire di bellezza stratosferica, anzi era piuttosto banale e senza troppi fronzoli.
Eppure così reale, così vera.
“Avrei un’altra canzone e poi chiudo per stasera: ho voglia di andare a letto.”, e la guardò fissa negli occhi.
“Bravo Jared, cantaci qualcosa per conciliare il sonno.”
“O spero qualcos’altro.”, mormorò il cantante senza farsi sentire da nessuno.
 
N- n- now th- that don't kill me 
Can only make me stronger 
I need you to hurry up now 
cause I can't wait much longer 
I know I got to be right now 
Cause I can't get much wronger 
Man I've been waitin' all night now 
That's how long I've been on ya 
I need you right now 
I need you right now
 
A Monica venne un colpo.
Di tutte le canzoni che poteva cantare per dare la buonanotte, doveva usare quella a maggior carica erotica del suo repertorio? Neppure ‘Stranger in a Strange Land’ era così sottile eppure allo stesso modo diretta. Era una canzone che aveva sconvolto chiunque l’avesse ascoltata, completamente diversa dalle originali, dato che era una cover di una cover, eppure... unica. Perfetta. Fantastica.
E lui... la voce sussurrata, che poi diventava chiara e limpida quando voleva sottolineare un concetto più degli altri. I capelli lunghi gli stavano cadendo davanti agli occhi, ma dietro riusciva a vedere le iridi illuminate dalle fiamme fisse su di lei. Non stava cantando ai parenti, stava cantando per lei. Diamine, sentì le gambe diventarle gelatina e neanche era in piedi. Probabilmente sarebbe crollata come una bambina.
 
I don't know if you got a man or not, 
If you made plans or not 
God put me in the plans or not 
I'm trippin' this drink got me sayin' a lot 
But I know that God put you in front of me 
So how the hell could you front on me? 
There's a thousand you's, there's only one of me 
I'm trippin', I'm caught up in the moment right? 
This is Louis Vuitton Don night 
So we gonna do everything that Jay like 
Heard they'd do anything for a Klondike 
Well I'd do anything for a blonde-dike 
And we'll do anything for the limelight 
And we'll do anything when the time's right 
Baby, you're makin' it 
harder, better, faster, stronger
 
“Sì...”, mormorò. L’unica cosa che poteva dirgli in quel momento era un semplice ‘sì, farò tutto quello che Jay vuole’.
Quando il suono dell’ultima corda pizzicata svanì, iniziarono degli sparuti applausi: quell’esibizione aveva lasciato perplesso più di qualcuno, ma a Jared non importava. Quello che voleva era lei e avrebbe usato qualsiasi mezzo, possibilmente lecito, per fare in modo di averla. E sapeva per esperienza già provata che ‘Stronger’ aiutava benissimo in quello.
Mise a terra la chitarra, si avvicinò a Monica e le fece l’occhiolino: senza lasciarle il tempo di dire nulla, la prese per il collo, quasi artigliandola come un rapace e la portò a se. Lei si ritrovò le sue labbra sulle sue, già aperte. Riuscì a vedere, nell’ultima frazione di secondo prima di perdersi completamente nel bacio, che lui teneva gli occhi chiusi.
Poi il buio.
Chi si interessava dei parenti in quel momento?
Intorno a loro pareva esserci il nulla, c’era solo quella mano ferma che la teneva lì, e quella bocca che la stava letteralmente mangiando. Non c’era un momento di tregua, sentiva il cuore batterle in maniera spropositata e il suo corpo urlarle di avvicinarsi ancora, farle sentire tutto dell’uomo davanti a lei. La sua bocca sapeva di menta, forse della gomma che masticava prima e le pareva che Jared, in quel momento, avesse ancora più frenesia di lei. Le stava succhiando la lingua, accarezzandola con la sua, amandola e viziandola, finalmente.
Non aveva mai odiato tanto una maglietta come in quel momento. Voleva letteralmente strappargliela.
E la stessa cosa valeva per Jared. Quel momento si stava rivelando meglio del previsto e l’unica cosa che voleva era portarla sul letto e continuare là il bacio e magari qualcosa di più. Quelle labbra dolci, quelle mani che lo stavano accarezzando, i capelli lunghi che accarezzava quasi con devozione. Insomma, un gran bel momento che non voleva finisse mai.
Peccato che qualcuno li interruppe con un colpo di tosse decisamente più forte dei normali. Monica riaprì gli occhi e si trovò davanti due tempestosi laghi grigi un po’ contrariati per essere stati interrotti sul più bello.
“Scusate.”, sussurrò Jared. Il fiato caldo sapeva ancora di loro. “È una cosa nostra... piuttosto intima.”
“Abbiano notato.” Rispose stranamente diplomatico Shannon. “Direi che il concerto termina qui, non c’è bisogno di Kings and Queens stasera.”
“Decisamente no, io ho già la mia Regina per oggi.”, disse Jared alzandosi. Si guardò intorno: tutti li stavano fissando leggermente imbarazzati, come se avessero partecipato, non invitati, a qualcosa di fin troppo intimo e forse era stato proprio così.
Quel bacio era stato qualcosa di sconvolgente che lui non si aspettava: doveva essere un bacio controllato, a basso contenuto emozionale. Ovviamente non era accaduto nulla di ciò: si era lasciato andare per un tempo apparentemente infinito e gli era piaciuto, si era sentito leggero.
Qualcuno spense il falò e lentamente tutti tornarono in casa.
Jared aveva preso Monica per mano e la teneva stretta: la ragazza intimamente lo ringraziò. Probabilmente se l’avesse lasciata lei sarebbe finita a terra. Non si parlarono per tutto il tragitto fino alla mansarda, Jared si limitò a mandare a fanculo Shannon quando borbottò qualcosa riguardo a dei tappi per le orecchie.
Monica non riuscì neanche a mettere la stanza a fuoco che sentì nuovamente le mani di Jared stringerla a sé e la bocca prendere il possesso della sua. Quella terribile maglietta finì sul pavimento in men che non si dica e finalmente potè sfiorare con le unghie la sua schiena e sentire i muscoli dorsali reagire al suo tocco. La bocca di Jared scese sul collo mentre anche lei veniva esentata di inutili capi d’abbigliamento.
“Quindi, faremo tutto quello che vuole Jay?*”
“Sì, ma anche quello che vuole Monica.”, rispose nel suo ultimo momento di lucidità.
Si ritrovarono a letto: Jared troneggiava sopra di lei mentre lentamente le leccava i capezzoli per poi farli diventare duri come piccoli sassolini nella sua bocca. I gemiti che provenivano dalla bocca di Monica facevano chiaramente capire che il trattamento era apprezzato. Monica mosse la gamba, andando ad accarezzargli l’erezione che spingeva sul tessuto dei pantaloncini per uscire.
Gli infilò le mani dentro, andando ad artigliargli le natiche decisamente sode. “Dio che culo che hai!”, mormorò facendolo ridere. Ci si poteva eccitare con una risata? Evidentemente sì.
Jared si staccò e prese a respirare profondamente. Doveva riprendere il controllo o avrebbe fatto qualche cazzata di cui si sarebbe pentito per l’eternità. Monica si sistemò al centro del letto, completamente nuda, le gambe leggermente divaricate. La luce della luna illuminava fiocamente la stanza, ma quanto bastava per vederla perfettamente: era bella. E in quel momento gli sembrava la ragazza più carina con cui fosse stato a letto. Scosse il capo e finì di spogliarsi: inutile indugiare ancora.
Salì sul letto a gattoni, fino ad accarezzarle la guancia con la sua. La barbetta grattava leggermente e Monica ebbe i brividi ad immaginarsela in altre zone del corpo. Ormai non si poteva più tornare indietro.
Gli prese in mano l’erezione e la fece crescere lentamente mentre lui si dedicava al suo seno. Erano seduti uno di fronte all’altro, nessuno predominava, sembrava volessero essere equi, nessun padrone, solo una coppia.
Jared le accarezzò un fianco per poi scendere sulle cosce: sentì sotto le dita tutte le imperfezioni della pelle, i nei e le sottili linee delle smagliature, poi le accarezzò l’inguine. Monica si aprì alla sua mano, lasciandolo accarezzare le grandi labbra, per poi entrare in lei con le dita. Jared la vide chiudere gli occhi e gettare la testa indietro. Non riuscì ad evitare di prendere possesso del suo collo e leccarglielo e succhiarglielo, lasciandole chiari segni del suo passaggio.
“Ok, non ce la faccio più.”, le sussurrò all’orecchio e così dicendo prese in mano il suo membro e la penetrò. Rimase fermo dentro di lei un paio di secondi per godersi appieno la sensazione particolare. Era stretta, ma non troppo. Era giusta, era calda e tanto eccitata. Un bel mix che non voleva e non intendeva sprecare. La sentiva rabbrividire su di lui. Le passò un dito sulla guancia e lei semplicemente lo prese in bocca mordicchiandolo e succhiandolo, incatenando gli occhi con i suoi. Senza occhiali sembravano ancora più grandi.
“Sei una pazza, non sai cosa mi stai facendo.”
“Oh, lo so benissimo. E ora che ne dici di scoparmi?”
Jared rise: “Se me lo chiedi in questa maniera così casta e pudica, come faccio a dirti di no?”
“Mi piace dire le cose come stanno.” E siccome lui rimaneva fermo, fu Monica a prendere l’iniziativa. Cominciò ad alzarsi ed abbassarsi lentamente, facendolo uscire quasi tutto dal canale umido, per riprenderlo con dolcezza fino in fondo. Intanto lo aveva abbrancato per la schiena lasciandogli i segni delle unghie sulla pelle, mentre lui la prendeva per le natiche per essere più saldo prima di iniziare a muoversi con più velocità in lei.
“Urla.”, le disse.
“Non posso, c’è tutta la tua famiglia in sta cazzo di casa.”, ma gemette rumorosamente quando lui si impalò con più forza, “Cazzo sì!”
Jared la ribaltò sul letto riuscendo così a stare sopra di lei e dandole delle spinte più profonde e veloci. Stava iniziando a non resistere neanche lui, doveva assolutamente venire quanto prima. Inoltre i suoi piccoli gemiti e i brividi che aveva sotto di lui e che gli si propagavano per tutto l’uccello, non aiutavano a resistere. Era deliziosa con le labbra socchiuse e gli occhi che lo guardavano appannati dal piacere.
“Sbattimi.”, la sentì mugugnare tra un gemito e l’altro.
Con un paio di spinte la sentì irrigidirsi e gemere decisamente più a lungo, mentre i muscoli vaginali si contraevano intorno a lui. Era decisamente troppo e non resistette più: venne anche lui sparando una buona serie di parolacce. Probabilmente lo avevano sentito per tutta la casa, o almeno per tutto il piano superiore, ma onestamente non gliene fregava molto.
Crollò esausto su di lei, che nel frattempo, beata e soddisfatta, gli stava accarezzando la schiena. Praticamente era disteso su di lei, con il viso nell’incavo del suo collo a respirare attraverso i suoi capelli che sapevano ancora dei profumi del prato.
“Jay, pesi un po’…”, gli disse. A fatica rotolò sul letto e si mise a pancia sopra cercando la sua mano per giocarci.
“Direi che come nostro primo tentativo non è mica andato male.” Provò ad iniziare lui. Doveva ammettere che era caduto un leggero imbarazzo nella stanza. Erano partiti sapendo che non sarebbero arrivati al sesso, invece c’erano non solo arrivati, ma anche probabilmente rimasti. Ne aveva ancora voglia, assolutamente.
“Direi proprio di sì. Meglio che con tuo fratello.” Jared sorrise. “Del resto tra me e lui è inesistente la chimica sessuale. Siamo finiti a letto solo perchè eravamo un po’ sbronzi, altrimenti figurati…”
“Lui ha detto che si è divertito.”
“Abbiamo riso parecchio, effettivamente. Ma finiva lì. Ammetto che...”, si fermò. Non poteva andare avanti con la frase, o rischiava il tracollo di tutta la situazione.
“Ammetti cosa?”
“Niente... nulla di importante.”
Jared si girò di lato e si appoggiò con la testa sulla mano: “Secondo te ci siamo ficcati in un casino scopando?”
“No, non credo. In fondo ne abbiamo parlato non più tardi di ieri. Scopata estemporanea, no? Tra tre giorni torniamo a casa ognuno alla nostra vita e ci rimarrà il ricordo di questa vacanza con un certo beneficio. Nessun casino.”
“Si potrebbe sempre ripetere l’esperienza, no?”
Monica rimase un po’ in silenzio. Ripetere la cosa? Non le pareva una cosa così terribile, anzi... sarebbe stata decisamente interessante. “Sì, certo. In fondo sappiamo bene qual è il nostro limite, basta solo non attraversarlo.”
“Siamo amici, Monica, e deve rimanere così.”
“Sì, hai ragione.” Chiuse gli occhi. Lo sapeva, lo sapeva! Come sempre una parte di lei ci aveva sperato per un brevissimo secondo. Una fiammella le si era accesa nel cuore e lui prontamente gliel’aveva spenta. Era tornata ad essere la ragazza della scopata, non quella della storia. L’amica buona per una notte, quella che fa i favori, non quella per cui fare di tutto. Una nerd dell’amore.
“Tutto ok?”, chiese lui.
“Si, certo, perchè me lo chiedi?”, doveva tornare in fretta in sè, essere l’amante, non l’amore.
“Mi sei sembrata... dispiaciuta.”
Monica sorrise maliziosa e gli si mise sopra. Gli accarezzò con le dita la clavicola dove sapeva esserci il tatuaggio del ‘provehito in altum’. Non era quello il momento di pensare al suo fallimento, era il momento di pensare a godere ancora un po’ di quel bel corpo di quarantenne e dimostrargli che anche lei ci sapeva fare.
Lo baciò quasi con dolcezza e mise tutti i pensieri in soffitta.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 
La luce splendeva forte nella camera. La sera prima, presi da altre cose più importanti, avevano scordato di tirare le tende.
Jared aprì gli occhi e trovò il letto vuoto. L’orologio segnava le otto del mattino: in fondo non era troppo tardi, ma neanche troppo presto. Sbuffò infastidito: la piazza di Monica era ancora calda, quindi si era alzata poco prima di lui. La cosa non gli piaceva: avrebbe voluto trovarla nel letto, magari per darsi un degno risveglio dopo una degna notte.
Monica si era dimostrata una amante interessante. Si era lasciata fare certe cose, ma ne aveva pretese altre. Come al solito trovava immediatamente mille differenze tra lei e le sue normali amanti. Le sue bambine, come le chiamava Monica, non dicevano no e avevano quasi paura a chiedere. Lei non chiedeva: prendeva. Dava e riceveva. Le piaceva stare sotto, ma non voleva essere dominata. Insomma, rendeva la notte diversa ed era un qualcosa che Jared apprezzava. La monotonia lo annoiava.
Le sue bambine, dopo un po’, lo annoiavano.
Si stiracchiò spuntando fuori dalle lenzuola e si ritrovò Monica davanti. Era appena entrata, in mano teneva un asciugamano umido e il suo pigiama.
“Buongiorno Pisolo.”
“Ciao, simpaticona. C’era la fila in bagno?” Monica stese l’asciugamano su una sedia e poi tornò sul letto a sistemare i vestiti. Indossava solo una canottiera rossa scollata e un paio di shorts. 
Sembrava tranquilla e completamente a suo agio. “No, la casa sembra deserta. O almeno il secondo piano. E tuo fratello russa come un trombone. Come riesci a convivere con lui durante il tour?”
“Tappi per le orecchie. Molto sottovalutati, ma praticamente la sopravvivenza per la band.” Si allungò verso di lei e la prese per il braccio facendola avvicinare. “Come stai?”
“Bene, a parte i lividi che mi hai lasciato un po’ ovunque.”
“Non mi pare che ti fossi lamentata del trattamento.” E la baciò leggero.
“Certo che no, ma non mi ero ancora vista allo specchio. Ho una macchia viola sul seno oltre che gli arrossamenti sul collo. Per fortuna che non è previsto il costume oggi, altrimenti come lo maschererei?”
Jared rise e si alzò: Monica non potè che constatare, di nuovo, che era veramente perfetto, incluse le orecchie da Spock, le gambette secche e gli occhi un po’ troppo vicini. Era lui, perfetto. E lei no, forse anche per quel motivo non era quella giusta.
“Ehy, ma porca puttana, non potevi fare più piano con quella bocca? Che dico a mia madre?” Uscì dalla piccola toilette indicando una macchia rossa giusto alla base del collo.
“Le dici che è colpa mia, del resto è vero. Senti, sanno tutti che sei il mio ragazzo, quindi che problemi ti fai? È stata un’idea tua, oltretutto. Ci tengo a precisare.”
“Ti punirò per questo.”
“Non vedo l’ora.”
Risero assieme spezzando quell’ultima briciola di imbarazzo che era rimasta dopo la notte.
Scesero assieme in sala da pranzo, dove trovarono qualche bambino che mangiava e zia Margot che preparava la colazione per tutti. Li guardò con sguardo soddisfatto e fece cenno di sedersi.
“Vi porto subito i muffin appena fatti.”
“Bastava solo un po’ di pane, zia, non occorre che lavori così tanto, lo sai.”, fece Jared, ma la donna era già sparita in cucina. “Come se parlassi al vento.”
“Ma lasciala stare...”
“Ma tu e Jared vi sposate?”, domandò una bambina di forse sette anni con i boccoli, Rachel forse.
“Ma certo che si sposano. Si danno i baci, quindi si sposano.”, rispose una seconda bimba mentre mescolava i cereali nel latte.
“Ma Jared devi sposare me! Io sono più bella di lei.”, riprese la bionda stizzita.
“Certo che sei più bella.” Le diede ragione Jared. “Ma sei anche piccolina. Facciamo che cresci ancora un po’ e poi mollo Monica per te.”
“Ehy! Potrei essere gelosa.”
“Visto? Sono più bella di te.” Disse Rachel a Monica, che evitò di rispondere. Che dire ad una bambina di sette anni?
“Avrete anche dei bambini dopo che sarete sposati e porterete anche loro qui?”
Jared stava bevendo un po’ di succo di frutta e si ritrovò a sputacchiarlo tutto nel bicchiere.
“Oh, oh, piano. I figli non sono nelle nostre idee. Ragazzi, non dovreste andare a giocare fuori? O a fare i compiti? O a fare quello che normalmente fanno i bravi bambini?”
“Ma...”
“Niente ma. Lasciateli mangiare in pace.” Zia Margot era tornata con un vassoio pieno di muffins al cioccolato e ai mirtilli. I ragazzini uscirono per andare in giardino e l’unico rumore che c’era nella saletta erano quelli delle stoviglie e della musica lontana.
“Sono deliziosi.” Riuscì a decretare Monica dopo il secondo muffin e una tazza di caffè.
“Decisamente. Sbaglio o eri gelosa di Rachel?”
“Ma ti prego, parli di una bambina, se fossi gelosa di tutte le ragazzine che ti girano dietro sarei finita.” Jared spiluccava lentamente un muffin carico di cioccolata guardandola negli occhi. “È vero che non vuoi avere figli?”
“Sì, perchè lo chiedi?”
“Perchè credo che sia uno spreco che i tuoi geni non vengano dispersi nel mondo.” Jared spalancò la bocca stupito.”Insomma, ci sono orde di Echelon che non solo si divertono a scrivere storie su di te in versione papà, ma millemila altre che dicono che sei pronto e che saresti uno splendido genitore.”
“E secondo te la parola di alcune fan dovrebbero farmi cambiare quello che sono?”
“Non sia mai. Credo che dovresti cambiare perchè è arrivato il momento di farlo. E onestamente ti ci vedo anche con un bimbo in braccio.”
“Tu deliri. Io non so neanche come tenerlo un bambino. Fattelo tu un figlio, siete voi donne le specialiste della maternità.”
“Non voglio rovinare la vita ad un altro essere umano.”
“Allora evita di sposarti anche.” Monica non seppe rispondere. Fece la mossa di bere ancora un po’ dalla tazza, ma quella era vuota. Deglutì pesantemente, mentre lui sorrideva sardonico. “Ti avevo detto che te l’avrei fatta pagare. Ci ho messo un po’, ma la vendetta va servita fredda.”
Monica si alzò e se ne andò senza dire nulla, limitandosi a portare i piatti sporchi in cucina.
Stava scherzando, lo sapeva, eppure... non poteva non ammettere che le aveva fatto male quello che le aveva detto. Al di là del loro rapporto, sentirsi dire che avrebbe rovinato la vita a qualcuno non era bello.
Era così terribile come persona?
Ok, era caustica, sarcastica e spesso sapeva rompere le scatole in maniera perfetta. Era testarda, odiava essere contraddetta in pubblico e quelli erano solo i primi difetti a cui pensava, però sapeva anche di essere una brava ragazza. Era gentile, buona e simpatica. E si reputava abbastanza intelligente.
Jared l’aveva smontata.
Con una sola frase le aveva fatto capire che era l’ultima persona al mondo con cui lui avrebbe potuto imbastire una storia.
“Non vedo l’ora di andarmene da qui...”, mormorò lanciando un sasso nel laghetto.
 
L’atmosfera non poteva essere più diversa di quella della sera precedente. Monica praticamente non parlava, rispondeva con dei monosillabi e praticamente non calcolava un Jared stralunato, che non capiva quello che stava succedendo. Aveva anche provato a fare il dolce e carino, ma lei si voltava dall’altra parte e stava in silenzio. L’unica cosa che era riuscita a dire quella sera, era stato un insulto verso George poco prima di salire in mansarda, quando l’avvocato aveva poco elegantemente commentato il raffreddamento dei loro rapporti.
Costance interrogava Jared con lo sguardo, ma lui riusciva solo a risponderle facendo spallucce. Quel cambiamento così radicale, lo aveva preso completamente alla sprovvista. E il peggio era che non la conosceva così bene da sapere come fare per sistemare le cose con lei. Trovare la sua canzone preferita era stato facile: gli era bastato accendere il piccolo portatile e leggere su I-Tunes quali delle canzoni erano state suonate maggiormente. Poi aveva fatto una scelta e aveva cantato quella dei Chem, ma capire perchè Monica si era arrabbiata, era una cosa fin troppo complessa per lui.
“Ok, fratello, spiegami che cosa è successo.” Lui e Shannon  erano usciti in giardino perchè il batterista doveva fumare. Avevano camminato un po’, in modo da lasciarsi orecchie indiscrete alle spalle.
“Te lo direi se lo sapessi. Stamattina si è svegliata tranquilla, andava tutto bene, poi abbiamo fatto colazione e sbam, è cambiata dal giorno alla notte.”
“Ciclo?”
“No... oddio, non credo. Non mi pare.”
 Shan buttò fuori del fumo. “Scusa, ieri sera non hai fatto caso a dell’eventuale sangue.”
“Onestamente, avevo di meglio da fare.”
“Credo che questo lo abbiano sentito un po’ tutti gli occupanti della casa. Non siete stati silenziosi.” 
Jay sorrise ricordando alcuni dei momenti della notte precedente. “Si, bhe, scusate.”
“Non ti devi scusare, era ora. Dovevi vedere lo sguardo di mamma quando siete saliti in mansarda: già si vedeva nonna.”
“Oh ma la smettete con sta cosa dei figli? Oggi avete rotto!” Sbottò Jared tirando un sasso nell’oscurità. “Mi spiegate cos’è questa fissazione di me, Monica e un figlio. Non li voglio i figli.”
“Ok...”, Shannon sembrava piuttosto stupito. Lo lasciò sbollire qualche secondo e poi riprese “Perchè te la prendi così sul personale? Jay stai parlando con me, lo sai come la penso. Io e te siamo simili per quanto riguarda la discussione paternità. Sai che mamma si sente vecchia e che vorrebbe qualcosa da noi che non siamo disposti a darle, ma pazienza. Vai per la tua vita e fregatene. Se tu e Monica non volete figli, mamma si rassegnerà. In fondo la stai facendo felice solo standoci assieme.”
“Shannon, io e lei non stiamo assieme.”
Shan buttò il mozzicone a terra e gli posò una mano sulla spalla. “Da come vi comportate, sembra esattamente il contrario. E questa arrabbiatura sembra uscita da una sceneggiatura perfetta fra due innamorati. E ancora sto cercando di capire il perchè lei l’ha tirata fuori. Immagino che non l’avevate programmata assieme.”
“No, certo. È proprio arrabbiata.”
Shan sbuffò. “Ti pare che debba fare da consulente di coppia a voi due? Non mi sono mai preoccupato dei miei problemi con le donne e adesso devo pensare ai tuoi. Allora, ripercorriamo la mattina: dimmi quello che avete fatto.”
Jared prese a camminare in tondo mettendo le mani in tasca dei pantaloni. Cosa era successo quella mattina? “Ci siamo svegliati, anzi, lei prima di me. Chiacchiere, colazione, arrabbiatura. Tutto qui.”
“Credo che possiamo focalizzarci sulla colazione.”
“Eravamo io e lei, più un paio di bambinette che si sono messe a blaterare su matrimoni e figli, un po’ come te. Rachel diceva che mi avrebbe sposato lei perchè era più bella di Monica. Poi se ne sono andate e abbiamo parlato di maternità e paternità.” Guardò le stelle.
“Tutto qui?”
“Ci siamo presi un po’ per il culo a vicenda, come succede sempre.”
“E sei sicuro che per lei sei sia stata solo una presa in giro, vero?”
Ecco, forse Shan aveva ragione. Cazzo, si che aveva ragione. “Credo, forse, di averle detto qualcosa, ma era una battuta, una delle nostre solite. Non credevo se la prendesse così.”
Shannon alzò gli occhi e si accese una seconda sigaretta. “Vai da lei e spiegati. Tu sei un imbecille, ma lei ha capito male. Fate pace e scopate. Vi dò... facciamo un’ora, ok?Così poi posso dormire in pace.”
“Solo un’ora? Non ho neppure finito i preliminari in questo tempo.”
“Esagerato.”
 
La mansarda era completamente al buio. 
Monica aveva tirato la tenda e non entrava neanche un filo di luce lunare. Jared sospirò e si mosse nella stanza alla luce del suo telefono. Si spogliò e si infilò sotto il lenzuolo. Monica gli dava le spalle, addormentata e rannicchiata.
“Mi spiace. Stamattina stavo scherzando.” Lei non replicò, ma Jared sapeva che era sveglia. Aveva ascoltato il suo respiro durante le notti precedenti e come si muoveva, quindi sapeva benissimo che adesso lo stava ascoltando. “Io sono certo che tu sarai una mamma perfetta, soprattutto quando troverai l’uomo giusto per te.”
Monica non disse nulla.
Jared le mise una mano sulla spalla e gliela accarezzò.
“Lo so che non stai dormendo, dimmi qualcosa.”
“Io non sarò mai madre. Non voglio. Non ne sarei capace, rovinerei la vita a mio figlio per niente.” Parlava piano, ma seria, con calma e convinzione. “Sono incapace di interagire con i bambini, mi scazzo presto, sono troppo testarda e mi arrabbio facilmente se le cose non vanno come vorrei che andassero. I bambini sono troppo imprevedibili per poter mandare la vita nei binari che voglio io.”
“Questo solo perchè non hai ancora trovato la persona con cui condividerlo un figlio.”
“No, questo perchè io mi conosco.” Monica si girò e lo guardò alla luce del Black Berry. “Sembra strano, ma fare figli non è la massima aspirazione per tutte le donne del mondo. Io non sono una donna come tutte le altre. Forse non sono normale, anche se trovo che la normalità sia un concetto sopravvalutato e del tutto soggettivo.”
La luce si spense e rimasero al buio. Jared la sentiva respirare piano.
“Credo che sia dovuto al fatidico orologio biologico no?”
“Grazie al cielo il mio deve essersi fermato.” 
Jared rise: “Secondo me sei tu che non hai voglia di ascoltarlo.”
“Sei pedante e noioso. Va bene se tu dici che non vuoi figli, ma se lo dico io, non sono normale.”
“Non è questione di normalità. Monica, io ho una vita complessa, sempre in giro per il mondo, a fare mille cose. Come potrei prendermi cura di una famiglia?”, stava iniziando una nuova discussione. Non aveva immaginato una scena così: lui voleva chiederle scusa, magari parlottare un po’ delle sue seghe mentali e poi divertirsi per il resto della notte a discapito del sonno, invece, ovviamente, i suoi piani erano stati tutti sovvertiti.
“Eh certo... “Replicò Monica con sarcasmo “Perchè tu saresti l’unico musicista a vivere il suo lavoro ed avere una casa. Sì, sì, prima di te non l’avrebbe fatto nessuno. Ma per favore, non ti crederebbe nessuno. Anzi, non ti credo io, Jared.”
“Ah no? E secondo te cosa mi spingerebbe a rimanere single?” Silenzio. Probabilmente lo sentiva anche lui: quella era la quiete prima della tempesta.
“La stessa cosa che blocca tutti, Jared. La paura.” Monica lo sentì trattenere il respiro. Arrabbiato? Confuso? Rassegnato? Non lo sapeva. “La paura, innanzitutto, di dover di nuovo rischiare di stare male se una relazione andasse male. La paura di buttarti per sentirti di nuovo felice. La paura di cambiare il tuo stile di vita. La paura di dover condividere la tua vita con qualcun’altro. La paura di apparire vulnerabile. Devo continuare?”
“Pensi di conoscermi così bene?”
“Di certo meglio di quanto tu conosca me. E ora buonanotte.”
“No, buonanotte un cazzo. Mi psicanalizzi e speri che non risponda?” Ok, Monica capì: incazzato. "Io non ho paura di nulla ok?”
“Tutti hanno paura, Jared. E quando lo accetterai sarai pronto per riprovare ad amare.”
Adesso sì che il silenzio si era fatto spesso e profondo.
Jared doveva ammettere con sè stesso, piuttosto che a lei, che le sue parole l’avevano toccato nel profondo. Sapeva che in parte aveva ragione, perchè il dolore che aveva provato nel suo passato, non solo come compagno, ma soprattutto come figlio e bambino, lo aveva sempre bloccato. Quello che realmente gli dava fastidio era che lei si permettesse di spiattellarglielo così, come se nulla fosse. E la stessa domanda di sempre: perchè lo capiva più di chiunque altro?
“Io ho paura, Jared.”
“Uh? E di cosa?”
“Di quella che sono.” 
Jared rimase stupito in primis da quella sua ammissione e in secondis dal tono di pura sofferenza che aveva la sua voce. “Non capisco.”
“Ho trent’anni e non mi vuole nessuno. Ho il terribile sospetto che nonostante cerchi di fare del mio meglio, di essere al mio meglio, non basti. Cioè, basterebbe, ma la gente sembra volere qualcosa di diverso e io non sono in grado di esserlo. Devo essere terribile.”
“Non è vero. Sei in gamba e questo... questo inibisce gli uomini. Molti vorrebbero dominarti e non accettano che tu possa essere così forte.”
“Mi prendi per il culo.”
“No. Ti ho detto anche questa mattina che mi divertirei molto a punirti e sai cosa intendo.” 
La sentì ridacchiare. “Pensi veramente che sia in gamba?” 
Ma che domanda era? La sua amica si era completamente rintronata? Non aveva mai avuto crisi di identità così potente. “Certo, non mi credi?”
“Onestamente ho sempre pensato di starti sulle palle.”
Jared si avvicinò a lei, fino a riuscire ad abbracciarla. Le lasciò un leggero bacio sulla fronte, mentre l’abbracciava e le accarezzava la schiena. Apprezzò che fosse già senza vestiti. “A volte vorrei ucciderti, ma sei anche una persona che ammiro molto. E poi mi piace come scrivi.”
“Hai letto di Camilla?”
“Tutti e due i libri.”
“Grazie. È bello sapere che il proprio lavoro viene apprezzato.” 
La sentì sciogliersi nelle sue braccia, ritornare ad essere più a suo agio. E gli piaceva sentire il suo cuore che batteva sul suo petto. Stava diventando troppo romantico e non andava bene. La girò in modo che fosse con le spalle sul materasso e la baciò: all’inizio fu sorpresa e poco collaborativa, quasi infastidita, ma le ci volle ben poco per iniziare a collaborare al bacio e, non solo, anche a toccarlo in maniera inequivocabile.
L’ultimo pensiero coerente di Jared fu rivolto a Shannon: altro che un’ora, ti tengo sveglio tutta la notte se partiamo così.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
Era l’ultima sera in Louisiana. Ovviamente c’erano tutti, ma proprio tutti, ad affollare il giardino. Anche se era stata una giornata nuvolosa che minacciava pioggia, erano dovuti per forza trasferirsi fuori perchè in casa non ci stavano, almeno non nel grandissimo salotto. Per fortuna il tempo aveva tenuto, probabilmente la tempesta sarebbe arrivata quella notte, quando loro erano tutti al sicuro nel loro letti.
A Monica, da un certo punto di vista, dispiaceva andarsene: amava essere viziata e soprattutto amava essere 'di proprietà di Jared'. L’amicizia con benefici che aveva creato era incredibilmente appagante. Il miglior sesso della sua vita e, doveva ammettere, con tutta l’esperienza che si era fatta negli anni passati, era una cosa non da poco. Jared era il padrone del rapporto, questo era indiscutibile. Lui sapeva quello che faceva, anche quando non conosceva certe sue risposte, andava a colpo sicuro e sapeva strapparle qualche gemito. Sapeva e non la lasciava mai insoddisfatta. Che fosse con la bocca, o con le mani o con il suo uccello, la portava sempre alla pazzia. Questo non significava che lei ricevesse passiva e non facesse nulla, anzi, si prendeva le sue belle soddisfazioni a vedere Jared che si contorceva sotto di lei, però semplicemente Jared non era solo l’uomo, ma anche lo faceva, con sua somma gioia.
Però le mancava casa sua, le mancavano le amiche pazze e forse le mancava anche quella sicurezza di se stessa che, a contatto con lui, stava perdendo. La linea già di per sè sottile dell’amicizia, si stava logorando lentamente, portandola a scardinare alcuni punti che erano rimasti saldi negli anni. Questo, soprattutto, le faceva paura. Come sarebbe andava avanti a Los angeles? Anzi, sarebbe potuto andare tutto avanti come se niente fosse successo in quella settimana.
Scosse il capo: non aveva voglia di pensarci in quel momento. La focaccia davanti a lei reclamava attenzione.
Si erano seduti vicini, appoggiati al loro salice piangente, mentre Shannon in lontananza ci provava, più che altro per fare qualcosa, con la povera Sandra, ormai denominata Suor Sandra. Non gliela avrebbe mai data e Shan lo sapeva, semplicemente era nella sua natura fare il cascamorto, più per divertimento che per vero interesse.
“Con le stelle sarebbe stato perfetto.”, mugugnò Jared cercando di coprirsi da alcune raffiche di vento più fredde dell’usuale.
“Non può essere tutto perfetto, perchè altrimenti non riusciremmo poi ad apprezzarne la perfezione.”
“Wow, siamo in vena di filosofeggiare.”
“A stare con lo zoppo...”, ridacchiarono insieme prima di terminare quello che avevano nei loro piatti.
“Ma secondo te, se ci mettiamo al buio, zia Margot eviterà di darci altro cibo? Sono piena come un uovo.”
“Se ci mettiamo al buio penseranno che facciamo chissà che cosa. Pensandoci, non sarebbe male.” E si girò per andare a stuzzicarla sul collo.
“Dai, è già abbastanza imbarazzante sorbirmi gli sguardi maliziosi, slash, scandalizzati, slash, qualsiasi cosa, che mi tocca sorbire ogni mattina o pomeriggio, a seconda di quando lo facciamo.”
“Bhe, allora lasciamoli scandalizzarsi anche adesso.” Sentì la mano di Jared sotto la sua maglietta accarezzarle la pelle facendole venire i brividi.
“Jared, smettila!”
“No... mi diverto troppo.”
“Dai.” Le risate dei due fecero voltare più di qualche curioso, tra cui George che aveva passato la serata a parlare con chiunque volesse ascoltarlo e a bere birra. 
Era particolarmente alticcio e con la camicia spiegazzata e la cravatta allentata, perdeva molto del suo fascino da oratore. “Ma guarda come sei felice...” Iniziò a voce alta riferendosi a Jared. “Sembri un ragazzino, come quando eri a scuola. Sfigato come pochi.” La voce impastata non aiutava.
Jared si irrigidì, ma non disse niente, non valeva la pena prendersela per un idiota ubriaco.
“E tuo fratello non parliamone. È così stupido che non ha neanche finito le scuole.” E rise sguaiatamente.
“Maledetto imbecille.” Sussurrò  Jared a denti stretti. Strinse la mano di Monica fino a farle male. Lei lo guardò e notò chiaramente che negli occhi stava brillando la rabbia inespressa. Gli accarezzò la mano con il pollice.
“A girare il mondo come dei barboni, ecco quello che siete.”, continuò George.
“Non ascoltarlo.” Gli sussurrava Monica, ma Jared era teso come una corda di violino e stava per esplodere.
“George, non mi sembra il modo di comportarsi.” La voce di zia Margot sovrastò tutto, ma l’uomo non sembrava interessarsene per nulla. Ormai era partito con il veleno e non aveva intenzione di smettere.
“Fate musica di merda e arrancate nella vita come avete sempre fatto, solo perchè siete incapaci.” Barcollando era arrivato fino all’albero. Intorno a loro nessuno fiatava. Anche Shannon era accorso e cercava di capire cosa stava succedendo, anche se gli bastava vedere il fratello per capire che non era niente di buono. “Del resto cosa ci si poteva aspettare da due cresciuti in una comune di hippie schizzati e tutto grazie alla bravissima zia Constance.”
A quel punto Jared non resistette più e si alzò per affrontarlo, peccato che prima di arrivare a dargli un pugno si ritrovò Monica davanti che diede uno spintone a George che, sorpreso da quella reazione, finì a terra.
“Ma la smetti idiota?” Jared si bloccò a guardarla: era effettivamente incazzata quasi quanto lui. “Mi spieghi che problema hai? Fammi indovinare? Ti senti inferiore a loro?”
“Ma...ma... che cazzo dici? Inferiore di quei due? Semmai dovrebbe essere il contrario. Loro non sono così in alto neanche per leccarmi le scarpe.”
Monica rise, ma era una risata cattiva, sfrontata. “Non sono così in alto? Ma lo sai quanta gente li segue? Lo sai che riempiono i palazzetti da ventimila persone che urlano solo il loro nome? E hai anche il coraggio di dire che non sono in alto? Quello con le pezze al culo sei tu: sei venuto qui facendo il gran figo, con i vestiti costosi, la macchina di lusso, pensando che sono i soldi il metro di misura per la felicità. Bhe, mettiti in testa che i soldi non sono tutto. Hai lasciato tua moglie e i tuoi figli per fare il gran figo e provarci con me. Sai cosa sei? Un bambino che vuole tutto perchè è abituato ad avere tutto.” Era un fiume in piena. Shannon la fissava a bocca aperta, mentre Jared aveva azzerato il cervello e la stava ad ascoltare quasi rapito. Non importava che Franny la stesse guardando come un’aliena, o che il resto dei Metrejons si stessero muovendo a disagio, Monica non sembrava volesse fermarsi. “Hai rotto i coglioni!” urlò alla fine.
“Ma chi ti credi di essere!?”, strillò la zia Franny che era andata in soccorso del figlio. “Non sei neanche una di famiglia.”
“Famiglia? No forse non faccio parte della Famiglia dei Metrjons, ma i Leto sono la mia Famiglia, questo sì. Jared è il mio uomo e, anche se fa un po’ impressione dirlo, Shannon è mio cognato e Constance mia suocera. Sono parte della mia famiglia in una maniera che tu e tutta la plastica che ti sei fatta non potrete mai capire.” Prese un profondo respiro e finì di sputare tutto il nervoso represso della settimana. “Volete sapere la verità? Voi siete invidiosi, perchè sapete benissimo che Jared ha più talento in una sua sola unghia di quanto voi avete in tutto il corpo. Shannon è più leale di chiunque e Constance è talmente incredibile per quello che è riuscita a fare nella sua vita e a voi non va bene, perchè intimamente vorreste essere come loro.”
Scese un silenzio tombale, perfino i grilli avevano deciso di tacere.
Monica si guardò intorno e arrossì fino alla radice dei capelli, ma veramente dopo l’insulto a Constance non ce l’aveva fatta più a trattenersi. 
Fece un debolissimo sorriso a Jared. “Scusami.”, riuscì solo a dirgli.
“E di cosa?”
“Di averti rovinato la settimana.” 
Jared sorrise e la abbracciò con forza. “Tu l’hai resa indimenticabile.”, le sussurrò all’orecchio. 
Guardarono Shannon che sembrava una statua di sale con la sua miglior espressione da pesce lesso, mentre Constance si era così commossa che si mise a piangere quietamente.
“Signora Margot, mi spiace di tutto questo. Mi dia dieci minuti e me ne vado.”, fece Monica slacciandosi dall’abbraccio di Jay.
“Non vedo perchè dovresti, bambina. Hai espresso le tue opinioni con forza, ma educatamente. E comunque sono d’accordo su parecchie cose.”
Monica sorrise ancora più imbarazzata.
“Ma cosa dici zia?”, urlò Franny sempre più sconvolta.
“Quello che penso, cara. Ora che ne dite di tornare dentro? Sta per iniziare a piovere.”
Monica sospirò di sollievo: era meglio per lei scappare prima che qualcuno non decidesse a mettersi a litigare. Jared la prese per mano e alla chetichella salirono in mansarda, evitando i saluti di rito.
“Saremmo dovuti restare giù. Ci sono un sacco di parenti che non potrai salutare domani.”, fece Monica guardando in giardino. In lontananza avevano fatto la loro comparsa i lampi intrecciati in una fitta rete luminosa.
“Guarda, onestamente non mi interessa nulla. Le uniche persone che mi interessano sono zia Margot e Julie e le vedo domani mattina prima di andarcene. Gli altri sono solo ronzii rumorosi.”, poi rise: “sei stata favolosa, veramente. Vedere la faccia di zia Franny sgretolarsi man mano che le dicevi quello che pensavi, è stato esilarante. Per non parlare dello sguardo da beota che aveva George. Mio Dio, Monica, è stata la miglior scena da anni!”
“Ma ti prego, sembravo una pazza scatenata.”
Monica si buttò sul letto e si godette Jared che si toglieva la maglietta: doveva ammetterlo, a Los Angeles le sarebbe mancato da morire toccarlo. Era così bello palparlo, era sostanzioso nonostante la magrezza, perchè i muscoli c’erano e guizzavano in maniera deliziosa sotto le sue dita.
“In effetti tanto normale non sembravi, ma eri bellissima. E sembravi veramente convinta di quello che dicevi.” Si distese vicino a lei, con solo i pantaloncini addosso. Le baciò la spalla lasciata libera dalla spallina della canotta.
“Ma io sono assolutamente convinta di quello che ho detto.” Chiuse gli occhi: era difficile concentrarsi con Jared che lentamentente le toglieva i vestiti e la baciava sulla pelle nuda. “Io credo a tutto quello che ho detto. Ad ogni singola parola.” Gemette quando lui le leccò la base del collo.
“Quindi sarei pieno di talento?”
“Imbecille, lo sai che ho sempre detto che sei fantastico.”
“In tutto?” e portò una mano sotto il reggiseno, togliendolo dalla sua sede naturale per prendere possesso del capezzolo.
“Non proprio. Ballare non è il tuo campo e neanche abbinare i vestiti.” Jared rise “Però ci sono parecchie cose che ti riescono bene.” Si morse il labbro: si stava divertendo, il maledetto, a stuzzicarla. “Oh adesso basta!” Si sedette sul letto, facendolo rolotare via mentre rideva. “Così non è valido, mi distrai e non riesco a parlare.”
“Chi ti ha detto che devi parlare.”
“Hai ragione, ma adesso comando un po’ io.” Lui alzò un sopracciglio incuriosito, ma si lasciò fare. Monica si tolse innanzi tutto il reggiseno, che a metà come glielo aveva lasciato, le dava solo fastidio, poi con lo stesso andò a legare i due polsi di Jared alla testiera del letto cercando di immobilizzarlo. “Vedi di non tirare troppo, vorrei che restasse integro.”
“Non dipende da me.”
Monica si distese a lato, appoggiando la testa sull’incavo del collo, incollandosi a lui. Poggiò la mano sul petto iniziando a disegnare dei piccoli cerchietti sul suo petto. Trovò il piccolo capezzolo circondato da dei peletti che lei si divertì a tirare con delicatezza.
“Sai, quando quello stronzo si è messo ad insultare te e Shannon, ho capito che stava per succedere qualcosa.” La mano si spostò sull’altro capezzolo dove lei riprese il lavoro abbandonato. “Sapevo che dovevo tenerti calmo, perchè altrimenti saresti scoppiato e poi... bhe, te ne saresti pentito di certo, in fondo i parenti sono i tuoi, non i miei.” Vide che Jared teneva gli occhi aperti. I capezzoli erano diventati ancora più piccoli e duri, quindi lei scese. La mano si fermò sull’addome: lo accarezzò con l’unghia facendolo inarcare leggermente. “Ma quando ha parlato di tua madre... non ci ho visto più. Constance è troppo brava come donna per meritarsi quelle parole.”
“Ti sembra questo il momento di parlare di mia madre?”, stava biascicando e lei sorrise. Portò la mano sotto il bordi dei pantaloncini e le mutande e prese semplicemente ad accarezzargli l’inguine e tirare un po’ del pelo, stando ben attenta a non andare troppo vicino al suo membro, già diventato duro.
“Però sono felice se la cosa ti ha divertito.”
“Smettila di parlare... ti prego, fai altro.” Monica rise issandosi. Andò a togliergli quello che ancora indossava ed era di troppo e se lo ritrovò davanti. La cappella faceva capolino rossa e gonfia.
“Devo?”
“Sì, cazzo! Devi.” Lei ridacchiò e nel frattempo scese a leccarlo. Il suo solito sapore forte e salato, invase la sua bocca. Era una dolce occupazione, soprattutto perchè aveva intenzione di lavorarci per un bel po’, voleva che Jared arrivasse ad implorarla. Lo leccò lentamente, dall’alto in basso e a ritornare, soprattutto per cercare di coprire tutta la superficie di saliva per farlo scivolare al meglio. Siccome tendeva a non stare fermo, Monica mise una mano sull’anca come a tenerlo incollato al materasso, mente l’altra andava a prendergli l’asta per muoverla con dolcezza su e giù.
“Ti muovi, Monica?”
“No. Mi voglio divertire.”
“E io voglio venire." Strattonò la braccia, ma il nodo non si sciolse. “Se mi libero vedi cosa ti faccio.”
Monica si alzò e si denudò del tutto. Inforcò la sua coscia muscolosa facendogli chiaramente sentire quanto era eccitata anche lei dalla situazione e poi si distese su di lui andando a baciarlo con trasporto.
Monica aveva realizzato, forse troppo tardi, ma lo aveva fatto, che quella sarebbe stata l’ultima notte e se la voleva godere appieno. E voleva, soprattutto, fargli capire che forse tra loro non era stato mero sentimento, ma qualcosa di più. Almeno da parte sua. Se avesse percepito un minimo interesse di andare oltre anche da parte dell’uomo, forse non si sarebbe fermata.
Si staccò dalle sue labbra, decisa a smettere immediatamente di parlare e a venire entrambi. Senza troppi tentennamenti si impalò sul suo membro duro fino a sentirlo tutto a fondo e sospirò soddisfatta. Prese a muoversi già da subito con un ritmo sostenuto: in fondo sapeva benissimo che lui non sarebbe resistito a lungo. Portò un dito sul clitoride per massaggiarlo ed aiutarsi, mentre l’altra mano andava a palparsi il seno.
Per Jared era uno spettacolo incredibile: teneva la testa leggermente inclinata morsicandosi il labbro come faceva spesso, gli occhi socchiusi e quel corpo che andava su e giù. Avrebbe voluta prenderla, abbracciarla, magari ribaltarla e farle vedere chi comandava sul serio, ma quel dannato reggiseno non voleva slacciarsi. Voleva baciarla, voleva farla sua in tutti i modi possibili, ma lei glielo aveva impedito: eppure averla sopra lo stava facendo letteralmente impazzire. Stava scoppiando.
“Ti prego Monica, ti prego.” Tra una parolaccia e l’altra non riusciva a dire altro. La vide sorridere prima che iniziasse a muoversi con più velocità, alternando spinte forti ad alcune più leggere, ma ravvicinate. La sentì venire intorno a sè, con i muscoli vaginali che lo stringevano come un guanto di una misura troppo stretta e non ce la fece più. Si riversò in lei, senza preoccuparsi di farsi sentire da tutta la casa, gemendo quasi come un ragazzino arrapato.
Monica si distese su di lui, appoggiando la testa sul suo petto, stremato da un orgasmo decisamente intenso: le piaceva da matti sentirgli il cuore che batteva all’impazzata e pian piano, mentre i loro corpi si rilassavano, regolarizzarsi con il suo. Era una stronzata simil romantica, eppure le pareva che i duoi cuori battessero all’unisono.
“Sto decisamente esagerando.”, mormorò Monica piano.
“Direi che stai andando alla grande invece.” Per fortuna che lui non aveva capito nulla. “Mi puoi slegare?”
Monica gli tolse il reggiseno dai polsi, si distese al suo fianco lasciandogli la possibilità di abbracciarla e baciarla sulla nuca.
“Hai qualcuno che ti viene a prendere domani?” Le chiese Jared dopo un po’ di silenzio interrotto dalle loro coccole, ovviamente amichevoli.
“Credo che verrà Cris, ma in caso prendo un taxi.”
“O ti portiamo noi.”
“Non serve, hai già tua madre da accompagnare.” 
Jared sorrise. “Tua suocera... credo di averla vista tremare di gioia quando lo hai detto.” 
Monica sospirò: “Mi dispiace che ci rimarrà male, invece. Come faccio a dirle che tra noi non c’è nulla?”
“Non glielo devi dire. A Los Angeles ci lasciamo e dopo un po’ le dirò che non stiamo più insieme.” Lei non disse niente e lui rimase a pensare.
'Jared è il mio uomo': quelle quattro parole lo avevano scosso tantissimo in giardino. Si era perso alcune battute della ragazza proprio perchè era concentrato a risentire il suono di quelle quattro cazzo di parole. Ed era un suono stupendo. Perfetto. Lei sembrava veramente convinta di essere la sua donna e per un momento, un solo gloriosissimo momento, aveva sentito un calore fortissimo nel cuore e ne aveva avuto paura. Ma gli faceva ancora più strano che in quel preciso istante, stesse di nuovo sentendo quel tepore in sè. Non andava per nulla bene. Doveva spostarla di lì, farla rotolare dalla sua parte del materasso e mettere un limite alle effusioni. La guardò: stava muovendo pigramente la mano su di lui, con gli occhi chiusi e il respiro tranquillo. Cinque minuti, e poi la sposto, si disse.
Sì, certo, come no.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Capitolo 11
 
I bagagli erano già sistemati nell’auto. Monica aveva lanciato un ultimo sguardo malinconico alla piccola mansarda. Alla fine in quella stanza aveva vissuto alcuni dei momenti più belli della sua vita e di certo indimenticabili. Quella mattina si era svegliata abbracciata a Jared sentendo il suo respiro calmo sulla pelle e la mano a stringerle il fianco. Aveva chiuso gli occhi con forza cercando di immagazzinare ogni più piccola sensazione splendida di quel momento, magari per tirarla fuori al momento giusto, quando sarebbe stata sola nel suo, ormai, enorme letto vuoto a Los Angeles.
“Mi raccomando, non andare troppo veloce. Stai attento per strada.” Zia Margot dava le ultime raccomandazioni. Aveva già aggiustato il colletto della T-shirt di Shannon come se questo fosse un bambino delle elementari e aspettava solo di abbracciare Costance.
“Non credo che ci sarà pericolo. Troveremo sicuramente coda entrando a Bossier, come sempre.”
“E tu, bambina... “, continuò guardando Monica, “spero ti sia piaciuto stare qui.”
“È stato stupendo, signora. Il posto è un sogno e lei è stata fin troppo gentile con me che neanche faccio parte della famiglia.”
“Non dire sciocchezze. Tu ormai sei una di noi. Leto o Metrjons non cambia.” E le scoccò due baci sulla guancia. 
Monica si sentiva commossa e anche onorata, peccato che poi subentrava quella sensazione così spiacevole di consapevolezza. Aveva mentito per una settimana e si sentiva un po’ una merda: non solo Costance, ma anche Margot credeva in lei. Scosse il capo: era inutile pensarci troppo, sarebbe stato un problema di Jared, non suo. “Sei troppo gentile, ti ringrazio per tutto.”, rispose.
Monica entrò in macchina seguita da Shannon che le faceva compagnia sul sedile posteriore. Dallo specchietto vide il lungo abbraccio di Margot con Costance: alla fine per la signora Leto quella era l’ultima parente vicina, oltre i suoi figli, che le era rimasta dopo la morte dei genitori. Anche Jared guardò la scena con uno sguardo tenero. In fondo, lo aveva detto anche Monica, lui era un mammone.
La strada scivolò lenta e, come avevano immaginato, trovarono coda poco prima di entrare in aeroporto.
Monica aveva passato il tempo limitandosi ad ascoltare le chiacchiere di Shannon e Jared che avevano imbastito una discussione su come iniziare a fare per uscire con il nuovo album all’inizio del 2013 e quindi lei aveva potuto chiudere gli occhi e pensare. Anzi, forse evitare di pensare sarebbe stato meglio. Sentiva su di sè l’attenzione di Costance e questo le faceva aumentare il senso di colpa. Non se lo meritava.
In aereo Monica e Jared si erano seduti vicini, lei con le cuffie dell’i-pod nelle orecchie ad isolarsi dal mondo, mentre Jared leggeva annoiato una rivista di cinema raccattata all’aeroporto.
Aveva capito che Monica non stava bene. Cioè, fisicamente stava perfettamente, ma era rimasta silenziosa praticamente per tutto il viaggio. Le prese la mano e sentì che lei gliela strinse quasi in automatico. Le tolse una cuffietta e lei si voltò alterata.
“Stai bene?”
“Sì, certo, perchè non dovrei? Finalmente torno a casa.”
Jared rimase stupito dal tono malinconico della ragazza. “Bhe hai ragione.” Si bloccò: onestamente non sapeva cosa dire, quindi si limitò a stringerle ancora la mano. Sentiva che qualcosa si era rotto. Deglutì pesantemente: sentiva anche lui che il ritorno a Los Angeles stava portando ad un radicale cambiamento tra loro. Era pronto ad affrontarlo?
“Magari una di queste sere potremmo uscire assieme, che te ne pare?”, Monica lo fissò senza capire. “Lo sai, quello che fanno due persone normali. Una cena, cinema, una mostra d’arte. Ce ne dovrebbe essere una di fotografie molto bella.”
“Io... non vado matta per le foto.”, rispose Monica, sempre più confusa. Jared voleva uscire a Los Angeles con lei? Ma si rendeva conto del pericolo?
“Allora cinema. Ah sì, Katzuya prima. Ho voglia di un po’ di cibo Giapponese.”
“Ma tu non eri un vegano? E quindi com’è che mangi sushi?”
“Mi piacerebbe poter essere totalmente vegano, ma...”
“Ma non puoi, altrimenti non ti reggeresti in piedi, giusto?”
“Esatto. Almeno il pesce me lo devo mangiare, anche se una parte di me non vuole. Il medico è stato categorico e quindi, almeno per questa cosa, cerco di seguire le sue indicazioni. Oddio, dovrei anche mangiare carne fosse per lui, ma non me la sento.” Finì tranquillo.
“Sembra che la tua salute ti interessi fino ad un certo punto.”
“Sto bene. Dovrei solo mangiare qualcosa con più ferro, secondo lui. Ma il ferro lo trovo nella carne e non ho voglia di continuare a farmi di pastiglie.”
Monica aveva definitivamente messo le cuffiette nella sua borsa. Si era seduta in modo da poterlo guardare meglio. Notò quasi con tenerezza alcuni peli della barba bianchi e glieli accarezzò: erano l’unico segno distintivo che stava invecchiando.
“Secondo me dovresti più che altro trovare una tua dieta e seguirla. Avresti bisogno di una persona che ti cucini con regolarità qualcosa di sano. Hai bisogno di mettere su un po’ di carne.”
“Sembri mia madre.”
“É la cosa più carina che mi hai mai detto, lo sai?”, e rise.
“Non doveva essere un complimento, lo sai?”, la scimmiottò Jared un po’ contrariato.
“Da uno che ama la mamma come la ami tu, non puoi pretendere che io pensi che non mi stai dicendo qualcosa di carino.”
“Preferisci che ti dica che sei come mia madre, piuttosto di.... sei fantastica, continua così?” 
Monica gli diede un pugno sulla spalla. “Idiota! Quelle sono cose che dici a qualsiasi squinzia che ti scopi, non è un complimento.”
“E tu che ne sai?”
“Me lo immagino. Che scemo!” Jared rise facendo voltare anche l’hostess: Monica aveva notato che la donna praticamente non gli staccava gli occhi di dosso ogni volta che passava vicino a loro e non la poteva biasimare. Jared era di una bellezza imbarazzante. “Lo sai che dicono che nei nostri compagni ricerchiamo qualcosa che ricorda il genitore del sesso opposto? Quindi il fatto che io assomigli a tua madre è perchè tu in me cerchi un po’ di lei.”
“Ma che cavolata. Quindi io assomiglierei a tuo padre?”
“Un po’ sì... sei rompicoglioni come lui!”
Jared per vendetta andò a farle il sollettico. Stavano facendo tanto di quel rumore che parecchi si erano voltati a guardarli con indulgenza.
“Smettila, dai!”
“No!”, continuò a farle il sollettico, per poi baciarla. Monica rimase stupita, ma dopo un inizio titubante rispose. In fondo non stavano facendo niente di male e si godeva le ultime ore di “fidanzamento.”
Furono interrotti da un sospiro sognante: si voltarono e si trovarono la hostess decisamente imbarazzata che li guardava. Scappò via facendoli ridere.
“Meglio che ci mettiamo le cinture, tra un po’ dovremo scendere.”
Il LAX era come sempre stracarico di gente. Per Monica sembrava di essere in un enorme formicaio brulicante di vita e lavoro. Guardò da lontano Costance che parlava con Jared e Shannon: lei era in assoluto l’unica persona che i due fratelli guardassero con amore e devozione assoluta. Si capiva lontano un miglio che li legava un affetto profondo, vero e indissolubile. Quasi la invidiava, poi si dava della sciocca, dato che lei era la loro madre, mentre lei stessa era solo un’amichetta fra le tante.
“Ok, ora basta.”, mormorò a sè stessa: doveva smetterla con quei pensieri deprimenti. Lei adesso sarebbe tornata a casa sua, avrebbe disfato la valigia e buttando a lavare i vestiti, si sarebbe tolta di dosso tutta quella assurda settimana. Assurda e bellissima, unica ed inimitabile settimana. “Sono un caso disperato.”
Prese la sua valigia e seguì i Leto verso l’uscita. Come si aprirono le porte vide la sua amica farle ampi gesti con le mani: Cristel non passava mai inosservata. Non era molto alta, anzi era decisamente bassina, ma aveva un corpo tonico e scattante grazie agli allenamenti intensi di Karate. Aveva un bel seno sodo che, giustamente, metteva in mostra. I capelli scuri scendevano in morbidi boccoli dietro la schiena e il sorriso scintillava ovunque. Era di una bellezza radiosa e Monica l’adorava.
Ed era pazza. Totalmente: lo dimostrava l’enorme cartello rosso con una scritta nera che diceva “AAA cercasi scrittrice”
“Solo lei poteva fare una cosa simile.”, mormorò mentre Jared rideva.
Andò ad abbracciarla in modo da poter togliere quel cartello.
“Tu non sei normale, lo sai?”
“Certo! Allora andiamo? Ciao Jay, ciao Shan. Oh, signora Costance.” Come amica di Monica ed Echelon, Cristel li aveva conosciuti tutti e ogni volta, appena poteva, ci provava con Shannon che, in fondo, non disdegnava quello strano corteggiamento.
“Ciao Cris. Come va?”
“Di fretta, come al solito. Mi aspettano i miei bambini per la lezione e sono in ritardo.”
“Ok, ho capito l’antifona.”, fece Monica, “Ci vediamo presto.”
Non riuscì a prendere la valigia che si sentì prendere la mano e fu voltata con la leggerezza di un elefante, verso Jared. Sentiva la seconda mano prenderla per la vita.
“Ti chiamo appena arrivo a casa?” Monica lo fissò come se fosse un alieno. “C’è mamma... te lo ricordi?”, il suo arrossare gli fece capire che non ci aveva pensato.
“C’è anche Cristel e non vorrei dare spettacolo.” Troppo tardi, la sua amica la stava guardando decisamente interessata. “Ok, come non detto.”
Jared si abbassò toccandole la fronte, poi le accarezzò la guancia con la sua grattandola con la barba ed infine, per la gioia dei presenti la baciò e di gusto.
Era proprio un bacio vero, pensò Monica, assolutamente diverso dai soliti. Era un bacio... oh Dio, un bacio sentito, carico di sentimento. Sentiva come la voglia di Jared di portarsela via, di non lasciarla. Le mani la stavano artigliando quasi a farle male, mente con la bocca la stava divorando.
Si sentì sua come non era stata di nessun altro prima: pessimo, pessimo segnale.
Quando si staccarono, praticamente in contemporanea, si leccarono le labbra, come a voler sentire per un ultimo istante il sapore dell’altro.
“A dopo, allora.” Quell’ultimo sussurro sulle labbra riuscì anche a farla rabbrividire.
“Perfetto.”
Quando Jared si staccò, salutò con la mano Shannon e Costance: notò che la donna la guardava incredibilmente felice. Cercò di trovare la forza per camminare dritta e non barcollare come un’ubriaca e si avviò verso il parcheggio con Cristel che stava incredibilmente muta.
“Mi devi spiegare un paio di cose o sbaglio?”, le domandò Cris quando furono sedute in auto.
“Guida che è più importante. Posso mettere un po’ di musica decente?”
“Che cos’hanno i Take That che non vanno adesso?”
“Non li ascoltavo quando ero un’adolescente, li devo ascoltare ora?”
“Vuoi sentire Jared che canta? Dovrei avere da qualche parte un CD di canzoni porno. Ah no, quella scena in aeroporto bastava ad aumentare gli ormoni.”
Monica sospirò guardando fuori dal finestrino. “Forse i TT non sono troppo male, va bene.”
“Ne vuoi parlare?”
“No.” Poi si rese conto di essere stata un po’ troppo brusca con l’amica, in fondo chiedere era lecito. “Non c’è nulla da dire, in realtà.”
“E tu pensi anche che io ci creda? Avanti, te ne sei partita continuando a dire che Jared è un amico e tale deve rimanere, e ritorni con un bacio alla 'Via col Vento' che non stonerebbe in un film drammatico da Oscar e sai che io me ne intendo.”
“Jared aveva bisogno di una fidanzata immaginaria per andare dai parenti. Mi ha recuperato due biglietti per gli U2 e io sono andata con lui.”
“Non capisco la relazione tra i due eventi.” 
Monica sbuffò: “Non avevo voglia di fare questa pazzia assurda e quindi per liberarmene senza troppo senso di colpa, gli ho detto che avrei acconsentito a fargli da fidanzatina ideale per una settimana. Quello era solo l’ultimo bacio per far scena, per sua madre, capisci? Lei è convinta che stiamo veramente insieme.”
“See, l’ultimo bacio... come se ti credessi. Ma guarda dove vai, imbecille!” Gridò ad un tipo che era sbucato da una via laterale. “Quello non era un bacio qualsiasi: lo si sentiva a distanza. Quello era un bacio serio.” Poi sospirò. “Almeno tu hai aperto la serranda!”
“Ma no!! Non dovevamo fare niente di che. Qualche bacio, mano nella mano e basta. E questo è stato.” Perchè stava mentendo alla sua amica? In fondo amici con benefici, non c’era nulla di male in quello. Non si era mai vergognata. No, non era vergogna, era qualcosa di più sottile. Voleva tenersi i ricordi per sè. “Merda.” Sussurrò.
“Mi stai dicendo che non hai scopato con lui?”
“No.”
“Non ti credo.”
“Fai a meno.”
Monica sentì il mal di testa iniziare a batterle come un martello pneumatico.
Almeno stava arrivando a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 
Era una settimana che fissava quella schermata bianca senza riuscire a mettere insieme due frasi di senso compiuto. Camilla non voleva collaborare nonostante le abbondanti tazze di cioccolato con caramello che le arrivavano dallo Starbucks più vicino grazie alle sue amiche che non vedevano l’ora di sapere come si sarebbero evolute le mirabolanti avventure dell’alter ego di Monica.
Peccato che l’autrice stessa non sapeva come andare avanti. La settimana in Louisiana l’aveva confusa anche sotto quel versante.
“Non posso andare avanti in questa maniera.”
“Quale maniera?”, la sua amica Valeria era appena entrata in casa portando l’ennesimo bicchiere di carta colmo di bevanda bollente e una fetta di Cheesecake alla fragola.
“In questa maniera. Mi fate mangiare come se fossi una botte, mi sembra di essere tornata da zia Margot. E questo maledetto libro non vuole saperne di scriversi.”
Valeria la guardò confusa. “Non sei tu a scrivere il libro?”
“Scema.”
“Dai su. Spiegami cosa succede e vediamo se posso aiutarti.” 
Monica sbuffò e prese a camminare sgranchiendosi le spalle. “Lascia stare, il problema è solo mio. Ho perso la voglia di scrivere. Anzi, non so cosa andrebbe meglio per Camilla.”
“Dipende cosa va meglio per te. Insomma, sappiamo che Camilla sei tu. Quindi?”
“Quindi non lo so, Vale. Ah senti... ho i biglietti VIP per il concerto degli U2... vuoi venirci con me?”
Valeria sputacchiò il the che stava bevendo rischiando di soffocare. “Io credevo che il Santo Graal fosse perduto.”
“Per tutti, tranne che per Jared Leto.” E ridacchiò prima di tornare seria.
Jared.
Non lo sentiva da una settimana. 
Quando erano tornati l’aveva chiamata alla sera per capire se stava bene e quel 'mi manchi' finale le aveva fatto capire che vicino a lui c’era sua madre. Nonostante tutto il brivido era partito in automatico. Maledizione.
Nell’arco di due ore a Los Angeles, lui aveva abbandonato qualsiasi velleità di uscita. Altro che ristorante, cinema e cazzate simili. 
Nulla. 
Probabilmente a quell’ora lui era già tra le cosce di una starlettina dal QI pari a zero.
Che rabbia.
Sospirò: non era vero, la rabbia non la provava per lui, bensì per sè stessa: era colpa sua se si ritrovava in quella situazione terrificante. Si sentiva confusa e patetica. Innamorarsi di lui non le faceva bene.
“Merda.”
Come si diceva? Ammettere il problema è il passo per risolverlo. Ovviamente adesso si chiedeva come poteva risolverlo. L’unico modo era troncare qualsiasi rapporto di qualsiasi natura. Tanto non sapeva quasi nessuno della sua presunta storia.
Fu richiamata all’ordine dal suo cellulare che sparava a palla 'Solidarity' degli Enter Shikari, cosa che fece trasalire Valeria come sempre.
“Cris, dimmi.”
“Tu e Jared siete molto fotogienici mentre vi baciate.” 
Un senso di gelo le scivolò lungo la gola. “CHE COSA?”
“Guarda su Buzznet.” 
Monica si posizionò davanti al pc e in breve aprì il sito di gossip. In HQ si ritrovò sullo schermo avvinghiata, era il verbo che rendeva meglio, a Jared, mentre lo baciava all’aeroporto. Valeria, miracolo dei Miracoli, era ammutolita e senza parole.
“Sono finita.”
“Però siete proprio carini.”, sussurrò Valeria cliccando sulla foto sucessiva, dove si vedevano entrambi in viso.
“Monica, ci sei?”
“Sì Cris, siamo qui. Anche se lei è più che altro imbambolata.” Sentirono la risata dall’altra parte del telefono.
“Leggete i commenti e poi chiuditi in casa Monica. Fossi in te per un po’ non mi farei vedere in giro.” 
Scesero con il mouse e Monica impallidì: le fan di Jared avevano scritto di tutto, dai complimenti alle minacce di morte e tutto quello che poteva starci nel mezzo.
“Ma queste sono pazze.”
“E non sei ancora entrata su Twitter. Prova a farci un salto e vedrai se non ti spaventi.”
“Grazie Cristel, tu sì che sai dirmi le cose giuste al momento giusto.”
Cliccò sull’icona di Tweetdeck e arrivarono decine e decine di menzioni. Era un delirio di insulti e minacce. Per fortuna che non tutte le Echelon si limitavano a quello. Alcune facevano loro anche i complimenti. Andò a controllare anche in alcuni siti di gossip e una parte di fan sembrava decisamente felice che Jared avesse messo la testa apposto.
“Ma sono pazze? Come possono dire che ha messo la testa apposto? Noi non stiamo assieme. È solo una bugia, niente altro. Non ci vediamo da una settimana.”
“Monica, queste foto fanno capire tutt'altro. Sembrate due innamorati pronti all’altare.”, replicò Valeria che già aveva gli occhi a cuoricino.
“Ma non dire scemenze! E smettila di guardarmi in quella maniera.”
“Monica, guarda che ha ragione Valeria. Da quelle foto tutto sembra tranne che una bugia! Siete talmente presi bene che l’unica cosa che può dire la gente, è che siete innamorati.”
“Il problema è che non lo siamo.”
“E allora di cosa ti preoccupi? Entro un paio di giorni ti dimenticheranno, lui si farà vedere con un’altra e tu tornerai ad essere famosa solo per i tuoi libri. Ah, vedi di muoverti con Camilla: qui in ufficio tutti vogliono sapere come continui.”
“A saperlo.”
Mise giù il telefono e prese a massaggiarsi la fronte con la mano.
“Monica che succede?”
“Nulla, Vale. Sono solo confusa.” E squillò di nuovo il telefono. “Chi è adesso?”
“Ehm... lo schermo dice Jared.”
Monica si arrestò. Guardò lo schermo ed effettivamente stava lampeggiando il nome dell’uomo. Forse era arrabbiato per le foto.
“Ciao, Jay.” Iniziò fintamente tranquilla.
“Ciao. Come va?”, la voce dall’altra parte della cornetta non sembrava arrabbiata, anzi era piuttosto felice.
“Insomma...”, forse ancora non sapeva nulla delle foto.
“Mi spiace. Senti... allora facciamo questa uscita assieme?”
“Spero tu stia scherzando, Jared!” 
Lo sentì ammutolire dall’altra parte. “Perchè dovrei? Senti so che forse dovevo chiamare prima, ma ho avuto un po’ da fare e..”
“Ma non è quello il problema.”
“E allora?”
“Jared con quelle fottute foto che sono uscite, come puoi chiedermi di venire fuori con te?” Monica sentì chiaramente Jared muoversi per casa e smanettare con il suo Mac.
“Oh... queste foto. Carine.”
“CARINE?” Valeria ridacchiò prima di prendersi un’occhiata fulminante da Monica che si stava arrabbiando non poco per la situazione.
“Bhe sì, sono ben fatte e i soggetti meritano.” Sorrise guardandole. Jared doveva ammetterlo, rivedersi a baciare Monica in aeroporto lo fece felice. Senza esitazione le salvò tutte per tornare a guardarsele con calma più tardi. “Bhe, quindi usciamo o no?”
“No! Ma ti pare?”
“Mi spieghi quale è il tuo cazzo di problema, Monica?” Sentì che Jared si stava nettamente spazientendo, ma non capiva come fosse possibile che non ci arrivasse.
“Noi non stiamo assieme e ora tutto il mondo ci ha visto insieme. Cristo, vai a vedere quello che ti avranno scritto e cosa dovresti fare, per loro, a quella stronza e puttana che sono.”
“Ti vuoi calmare? Cosa ti preoccupa? La gente o il fatto che in quella foto ci sia io con te? Ti dà così tanta noia stare con me?”
“No, Jay, ma... è falso. Tutto quello che c’è tra noi lo è e tu lo sai.”
“Ah, quindi secondo te tra noi non c’è un cazzo.” Sentiva la rabbia dell’uomo crescere a dismisura.
“Non ho detto questo, Jared. Ma quel bacio...”
“Era vero. Un bel bacio, oltretutto.”
“Sì, sono d’accordo, ma un bacio tra amici.”
“Esatto. Quindi usciamo come amici. Ti passo a prendere questa sera e andiamo a cena. Non accetto un rifiuto.” Silenzio per farle recepire al meglio il messaggio “Vestiti elegante.”
“Eh?”
“Un bel vestito, scarpe con il tacco non troppo alto, truccati anche. Insomma, andiamo a fare vita mondana.”
“E tu sarai anche capace di presentarti con il mantello da Hogwarts.” Lo sentì semplicemente ridere e mise giù. “Sono nella merda più totale.” Riuscì a dire a Valeria che ormai stava ridendo a crepapelle. “Non ridere! Neanche so dove mi vorrà portare. E poi perchè?”
“Ti porterà all’evento più importante della sera.”
“E cioè?”
“Alla Festa di Victoria’s Secrets.”
Monica si mise a picchiare la testa sul tavolo.
 
Per l’ultima volta Jared si sistemò la cravatta: non la voleva troppo stretta, ma troppo allentata sapeva troppo di sciatteria. Aveva riutilizzato senza troppi problemi il completo che aveva usato sul set della pubblicità di Hugo Boss e ringraziò il cielo che la cravatta fosse sottile e poco ingombrante. Lanciò un’occhiata alla sua compagna per la serata.
Monica aveva indossato uno splendido vestito di seta verde smeraldo che le arrivava al ginocchio. Il corpetto sognava magnificamente tutte le curve del seno e poi la gonna si allargava nascondendole i fianchi. Cuciti addosso c’erano delle file di pailettes argentate che risplendevano ogni volta lei si muoveva. Sulle spalle portava una impalpabile sciarpa, sempre di seta verde e le scarpe, con un tacco leggerissimo, erano dello stesso colore del vestito.  
L’unica cosa che stonava, almeno che avrebbe stonato per tutti tranne che per lui, era la triad del merchandising dei Mars, ovviamente allacciata ad una collanina di argento. Il trucco sembrava fatto da una professionista del mestiere, così come la pesante treccia da cui sfuggivano, artisticamente, due piccole ciocche a lato del volto, invece era stato tutto merito di Valeria che da anni si divertiva a fare i make up delle amiche.
Jared lasciò la macchina a Macy’s Plaza in modo che il parcheggiatore potesse spostarla e andò a recuperare Monica che, prima di uscire, aveva preso un respiro profondo prima di sorridere debolmente ad un valletto che l’aveva aiutata ad uscire.
Una fiumana di flash lo abbagliò: gli sembrava di essere in pieno giorno. Sentì Monica rabbrividire al suo braccio.
“Stai tranquilla.”
“Sono finita.”
Entrarono seguendo il tappeto rosso lasciandosi fotografare davanti allo stemma di VS e poi entrarono nella grande sala dove già si muovevano centinaia di persone vestite o meno, e un sacco di Vip. Monica riconobbe le varie modelle che aveva visto esclusivamente nei rari giornali glamour e si sentì decisamente fuori posto. Ringraziò il cielo quando vide Shannon vestito con degli orridi pantaloni leggins che gli lasciavano scoperta la caviglia che spuntava da un monotono calzino bianco dalle scarpe da ginnastica fluo. Solo che lui si sentiva perfettamente a suo agio, anzi, aveva uno sguardo sbrilluccicante di felicità. Del resto c’erano belle ragazze in intimo un po’ ovunque.
“Ciao, ragazzi, come state?”
“Benissimo. Vedo che siamo in ritardo.”, fece Jared.
“In effetti sei arrivato tardi per accappararti la più bella per stanotte... mi diveritò pensandoti.” Monica scosse il capo e li lasciò soli: quei discorsi da uomini di Neanderthal poco le andavano a genio.
“Tieniti la modella, io sono impegnato stasera, anche se già l’ho persa.” Non riusciva più a vedere il vestito verde da nessuna parte.
“Come mai hai deciso di portarla qui? Ci hai messo una settimana a decidere di chiamarla e poi la porti qui? Mi aspettavo almeno una camminata sulle colline.” 
Jared prese un bicchiere di champagne che gli porgeva un cameriere e rimase in silenzio. Shannon aveva ragione, come poche volte nella sua vita. Appena tornato a casa, l’aveva chiamata per sapere se era tornata sana e salva, dicendosi che conoscendo la guida sportiva di Cristel, lui si era solo preoccupato. Ovviamente l’idea di volerla solo sentire di nuovo non gli era passato per l’anticamera del cervello.
I giorni dopo, quasi sempre la sera quando si ritrovava in cucina da solo a mangiucchiare qualche galletta di riso, più per fare qualcosa che per vera fame, guardava il suo BB e si fermava a leggere il nome di Monica sulla rubrica. Ogni sera la voleva chiamare e portarla fuori, ricordava il bacio all’aeroporto e si bloccava.
Ci aveva pensato fin troppo, ma quel momento era stato qualcosa di sbagliato. Il bacio ci stava per continuare la sceneggiata con sua madre, però avrebbe dovuto essere più distaccato, un po’ più freddo, invece sentendo il sapore delle sue labbra era partito per la tangente e il bacio era stato quello che era stato, cioè sconvolgente.
Sì, perchè si svegliava la notte convinto di averla ancora vicino nel letto, con il suo profumo nelle sinapsi. E lui sapeva che era una cosa impossibile, quindi, guardando il soffitto scuro, aveva pian piano capito che le mancava, e pure tanto.
Quindi quando aveva rivisto l’invito di VS per quella serata, aveva preso coraggio e l’aveva chiamata. Tanto ormai la loro presunta storia era già stata spiattellata ai quattro venti, quindi non sarebbe stato uno scandalo se l’indomani fossero uscite altre foto, anzi, aiutavano se non altro con la famiglia.
Aveva sentito Julie al telefono e gli aveva raccontato che George e Franny avevano montato su una scenata degna di un melodramma sulla maleducazione di Monica, su come si era permessa di giudicarli e di quanto fosse stato lui inopportuno a portarsela dietro. Insinuando, oltretutto, che ben presto si sarebbero lasciati perchè lei era solo alla ricerca di fama. Quella cosa lo aveva fatto ridere fino alle lacrime: quei due proprio non avevano capito un cazzo di lei.
“Vado a cercarla.” Si limitò a dire a Shannon, mentre lui scoteva il capo. Shan non era un genio nelle relazioni, ma sapeva di aver capito molto meglio di suo fratello tutta la situazione.
Jared fece un po’ di slalom tra i presenti: qualcuno lo fermava e quindi ci scambiava due parole o si lasciava fare qualche foto dai paparazzi. Sorrideva di circostanza, ma cercava sempre Monica, che sembrava scomparsa come Cenerentola a mezzanotte. La ritrovò in una stanza piuttosto piccola, mentre osservava un completo intimo nero e rideva con un ragazzo. Jared la guardò da lontano: strano, con lui non rideva mai così spontaneamente. Inoltre sembrava molto a suo agio con la mano di lui a sfiorarle leggermente il braccio quando si avvicinavano. Se ne andò al bar, prese due bicchieri pieni di liquido colorato e tornò da lei.
“Eccoti qui, finalmente.” Monica trasalì perdendo leggermente il sorriso. Jared guardò l’uomo con lei: elegante, orologio dorato, sorriso seducente e capelli impomatati. Lo avrebbe preso a pugni se avesse potuto. “Ti ho portato questo.” E le porse uno dei bicchieri da cui spuntava anche un ombrellino di carta.
“Lo sai che io non bevo.”
“Lo so, amore, ma ti ho preso un coktail analcolico alla frutta.” Monica notò come aveva calcato sulla parola amore e quanto forte la stava abbracciando. L’uomo la salutò e si spostò verso la sala grande.
“Grazie, Jared. Adesso mi spieghi il significato di questa sceneggiata?”
“Ma quale sceneggiata, ti stavo soltando salvando da quel viscido che ci provava.”
“Come se non fossi capace di pensarci io stessa. E comunque, per tua informazione, stavamo solo discutendo.”
“E su cosa?” Jared si spostò leggermente: gli pareva che Monica fosse un po’ seccata con lui.
“Su questo completo. Secondo lui mi sarebbe stato bene e io lo stavo smontando.”
Jay guardò l’argomento della chiacchierata e dovette dare atto che il tipo aveva ragione: Monica con quella sinfonia di seta traforata sarebbe stata un sogno.
“Provalo, magari ha ragione.” 
Lei scosse il capo e si godette il liquido fresco che le scendeva in gola: cosa rispondergli? “Io non sono una delle modelle di VS. Io sono ridicola con queste cose addosso, anzi, sono decisamente ridicola qui.”
“Sei perfetta qui, invece. Dai andiamo fuori.” Monica lo guardò. “Ma sì, abbiamo fatto quello che dovevamo fare, la musica è di una tamarraggine acuta, per questo Shannon si sta divertendo.”
“Oltre che per le gnocche pazzesche che gli girano intorno.”
“Giusto. Quindi... andiamo a farci un giro fuori, così possiamo parlare con calma.” Jared la prese per mano, portandola lontano dalle macchine fotografiche, anche quando una delle modelle, biondina e giovane, lo aveva fermato per chiedergli se sarebbe stato libero la sera dopo.
Uscirono dalla sala mano nella mano e furono immortalati anche quando lui le aprì la portiera per farla salire.
“Tu la conoscevi quella, vero?”, domandò Monica. Lontano dal locale stava iniziando a stare meglio.
“La bionda? Sì, certo. Me l’aveva presentata Brent tempo fa. Onestamente, però, non mi ricordo il nome. In quel periodo me ne presentava di continuo, dopo un po’ si assomigliavano tutte.”
“Non mi sembra che ti sia mai lamentato. Guarda che me le ricordo certe serate alla Mars House: sembrava un troiaio.”, vide Jared sorridere. “E ti divertiva un mondo.”
“Ammetto che non mi annoiavo in quei momenti.”
“Porco.”
“Gelosa.”
“Fanculo.”

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
 
La collina sovrastava la città. Era buio, l’unica luce proveniva solo dai fari dell’auto, visto che non c’era la luna. Monica guardò il cielo e si stupì di tutte le stelle che si riuscivano a vedere solo poche miglia lontani dalla città. Città che si estendeva sotto di loro brulicante di vita, mai addormentata.
Jared l’aiutò a scendere: con i tacchi Monica non ci sapeva camminare e sotto di loro c’era lo sterrato.
“Devo mettermi a lanciare un sasso urlando?*”
“Se vuoi. Potrebbe aiutarti, non mi sembri molto in te ultimamente.”
“Sto benissimo, sono solo in crisi con il libro.” Con attenzione si sedette sul cofano del SUV e guardò l’orizzonte. Le luci sapevano essere decisamente ipnotiche.
“Perchè?”
“Non so cosa vuole scegliere Camilla.” 
Jared si appoggiò alla macchina, in modo da esserle vicina. “Vuoi che ti do una mano?”
“Ti intendi di donne?”
“So qualche cosa. Allora, iniziamo.” Monica lo guardò perplessa. “Beh che c’è, ho una mente piuttosto portata a trovare idee. Dunque, la tua perplessità nasce da cosa?”
“Ok, va bene. Vediamo se l’amico Jared può aiutare. Allora, abbiamo lasciato, nello scorso libro, Camilla davanti ad una scelta da compiere. Ha ricevuto un’offerta di lavoro che la porterebbe da Los Angeles a Boston. Un lavoro come giornalista per una rivista musicale molto conosciuta, quindi, rispetto al suo lavoro di corretrice di bozze, un salto di qualità. E quindi lei vuole andare, ma il suo ragazzo le chiede, proprio all’ultima pagina, di sposarla, quando lei, invece, voleva lasciarlo.”
“A causa dell’ex bello e ribelle, giusto?” Lei sorrise.
“Ma allora li hai letti sul serio!”, e rise: “Il suo grande amore, l’uomo che l’ha cambiata. L’ha fatta uscire dal suo guscio di brava ragazza e le ha fatto conoscere i brividi della vita, soprattutto sessuale.” Monica ripensò quasi con nostalgia alla sua iniziazione sessuale tramite un bellissimo ragazzo che l’aveva adeguatamente usata e gettata via, come nelle migliori storie. E da notare che non era stato Jared: lui era arrivato poco dopo e forse era stata una fortuna. Se avesse conosciuto Jared prima di quei fatti, non ne sarebbe uscita viva, probabilmente si sarebbe innamorata senza possibilità di redenzione e sarebbe stata distrutta.
Un po’ come le stava capitando in quei giorni. Scosse il capo.
“Ehy, tutto ok?”
“Sì, stavo pensando a... Camilla.”
“E quindi?”
“E quindi Camilla non vuole incanalarsi in una vita piatta e senza prospettive se non quella di diventare una brava moglie e madre. Vuole sentirla in sè, la vita, non vederla che le passa accanto.”
“I will live my life.” Canticchiò Jared.
“Esatto, direi che ci calza a pennello. Quasi quasi la inserisco nel libro... ovviamente metto i crediti.”
“Minimo minimo voglio un pagamento in natura.”
“Imbecille.”
“Se la smettessi di insultarmi sarebbe fantastico, lo sai? Cristo, sembra che tu abbia il ciclo da quanto sei irritabile oggi.”
Monica non disse nulla, si limitò ad osservare le stelle. Altro che ciclo perenne, era lui che faceva uscire la parte peggiore di lei. Stava cercando in tutti i modi di tenerlo a distanza, con il risultato di essere una patetica stronza. Aveva una incredibile voglia di piangere per la frustrazione.
“Se fossi tu al posto di Camilla, che cosa faresti?” Fu Jared a spezzare il silenzio. C’era qualcosa che non andava in lei. Perchè si comportava così con lui? Forse era arrabbiata perchè non l’aveva chiamata prima?
“Non saprei.” Un sussurro. Jared provò a prenderle una mano, ma lei non collaborò. Sembrava avesse la mente lontana. “Io non sono una ragazza da matrimonio, ma Camilla ha sempre ripetuto di volersi sposare un giorno. Però, d’altra parte, sa che Peter non è quello giusto per lei.”
“E allora fai in modo che dica di no al matrimonio.”
“Già, è il momento per la mia bambina di crescere e di smettere di aver paura di essere sola. Volerà a Boston a farsi una vita.” Chiuse gli occhi. “Lontano dai casini.”
“Era questo il tuo problema?”
“Sì. Camilla ha sempre vissuto una vita relativamente standard. Studi buoni, lavori decenti, fidanzato carino e accomodante. Non è abituata all’idea di cambiare la sua vita. Andare in un’altra città abbandonando quello che c’è dietro è qualcosa... di destabilizzante, capisci?”
“Onestamente no, ma forse è dovuto al fatto che io fin da piccolo sono stato abituato a viaggiare e cambiare casa, vita, persone. Anche adesso, stare fermo per troppo mi manda in tilt. È fuori dal mio ordine naturale delle cose.”
Arrivò un’altra macchina, ma come si accorsero di loro, fecero una inversione ad U e cercarono un’altra piazzola.
“Coppietta in cerca di intimità.”
“Probabile. Qui ci sono molti posti dove poter scopare in tranquillità.”
“Immagino li conoscerai tutti. Ci avrai lasciato le bandierine, come a Risiko, come se fossero tuoi possedimenti.”
“Hai un’idea troppo libertina di me.” L’occhiata che lei gli lanciò gli fece roteare gli occhi “Ok, hai ragione, mi so divertire, ma non capisco perchè devo venire a pungermi il culo tra la sterpaglia quando ho casa mia che è tanto comoda e pulita.” La sentì finalmente ridacchiare. “Però ammetto che quando sono arrivato qui, con i pochi dollari che avevo non potevo permettermi stanze da hotel e allora o me le portavo qui o in spiaggia, a seconda di cos’era più vicino. Ero giovane, bei tempi.”  
“Ormai sei vecchio e decrepito, non ce la fai più eh?”, lo prese in giro.
“Guarda che sono capace di alzarlo ancora, non darmi per spacciato.”
“Mi ricordo come lo tiri su, tranquillo.” Jared scese dal cofano si mise davanti a lei, facendole allargare le cosce. Monica se lo trovò praticamente disteso sopra di lei, con le mani sui fianchi. “Jared, cosa stai facendo?”
“Mi hai dato un’ottima mano a tirarlo su.” 
Monica rise, leggermente. “Ci stai provando?”
“Sì. Ci sto riuscendo?” Era stupido dirgli che ci era da sempre riuscito? Probabilmente sì, quindi gli rispose con una carezza e alzandosi a sedere sul cofano.
“É bello qui, molto meglio di quella orribile festa.”, disse Monica per cercare di stemperare la situazione. Era incredibile come più lei cercasse di mantenere le distanze, lui si avvicinasse.
“Una scrittrice glamour come te dovrebbe imparare ad apprezzare quei momenti mondani, lo sai?”
“Ma quale glamour? Io sono quella che gira per casa con una maglietta stinta e pantaloni della tuta larghi, figuriamoci se posso essere inserita nella categorie delle scrittrici fashion e di tendenza.”, rispose quasi stizzita.
“Ma sei una delle più quotate dalle ragazze. In fondo ti guardano come ad un modello, anzi, vedono Camilla come un modello.”
“Ma tu tutte queste cose come le sai?”
“Io so leggere sai? E mi informo sulle cose che mi interessano. Ho letto molti blog letterari che parlano dei tuoi libri e sono in attesa di vedere se continuerai su questa strada. E poi è ovvio che sei tu sotto i riflettori, per questo sei tu che da Victoria’s Secrets dovresti sorridere ai fotografi e farti buone un paio di persone.”
Il discorso non faceva una grinza, ma Monica non ne era fisicamente capace. “Lo faccio nei miei salotti buoni, non in mezzo a modelle scosciate che mostrano la biancheria intima. Pur di qualità ottima, non è l’accessorio che accosterei ai miei libri. O a me.”
“Io credo che tu abbia la brutta tendenza a sminuirti troppo. Quelle modelle sono bellissime, inutile mentire, ma sono anche preconfezionate. Fanno una vita che porta in quella direzione: mangiare poco, allenarsi, vivere in relazione a tutto ciò.” Jared era serio, parlava con voce pacata e tranquilla. Di tanto in tanto le accarezzava le gambe.
“Sì e sono perfette.”
“Dici? Credi a me che ho una lunga esperienza di queste donne. Sono belle, ma sono vuote. Cioè, alcune di loro, magari quelle più vecchie, hanno un cervello che funziona bene, ma quelle che entrano nello star system sono... poca cosa. Durano il tempo di respiro e vengono rimpiazziate con ragazze giovani.” La luce era scarsa, ma Monica rimase inchiodata a guardare gli occhi grigi di Jared che si erano piantati su di lei. “Tu e tutte le donne come te, siete perfette proprio perchè siete donne, esulate dai soliti clichè.”
“E proprio perchè esuliamo che siamo sole. Guardami, ho trent’anni e nessuno mi vuole.”
“Io ti voglio, qui, ora.”
“Tu mi vuoi solo per scopare. Io vorrei un uomo, un compagno. Qualcuno su cui contare e per cui io conti. Sai, una coppia.”
 Jared scosse la testa: “L’amore è un sentimento sopravvalutato.”
“No, semmai è sottostimato da chi non vuole crederci. L’amore non è certo quel sentimento rosa e a cuoricini colorati. È qualcosa di doloroso, spesso, di soverchiante alla razionalità. E proprio per questo che spaventa: l’idea che ci possa essere qualcosa di più forte della ragione fa paura, perchè ti lascia senza difese e soprattutto in balia di qualcun’altro. É per questo che hai tanta paura, no? Perdere il controllo.”
“Non psicanalizzarmi.” Arrabbiato, deluso forse. Sicuramente non gli faceva piacere.
“Scusami, hai ragione. Non sono nessuno per giudicarti. Quando e se avrai voglia di innamorarti, lo farai.”
Passò un’altra macchina, ma stavolta senza fermarsi neppure e ripiombarono al buio.
“E tu quando ti innamorerai?”
“Io credo di essere già innamorata, Jared.”
“E di chi?”
“Dell’unico uomo che non potrò mai avere, come sempre. Lui... è un’utopia, un sogno. Qualcosa di troppo in alto per arrivarci.” Era inutile dirgli tutto, avrebbe rovinato anche quel poco di buono che c’era tra loro.
“Secondo me non ci metterai un niente per farlo innamorare di te.”
Le venne una voglia incredibile di prenderlo a schiaffi. Poi sospirò: era inutile, non l’avrebbe mai capita. “Mi porti a casa?”
“Sicura?”
“Sì. Domani provo a prendere in mano il libro.” Jared l’aiutò a farla scendere dal cofano. Quando fu in piedi davanti a lui, le prese una ciocca di capelli e se la rigirò sul dito. “La smetti?”
“No. Mi piace giocare con i tuoi capelli. Mi piacciono così lunghi.” Provò a sorriderle, ma lei sembrava immune alla sua espressione maliziosa. “Ok, andiamo.”, fece accomodante.
In macchina accesero la radio e Jared si divertì parecchio a sentirla canticchiare. Sembrava più tranquilla, controllava il BlackBerry e guardava fuori dal finestrino.
Avrebbe voluto fermarsi, in mezzo alla grande strada fregandosene di tutti e chiederle perchè era così malinconica, perchè così poco 'lei', ma sapeva che Monica non gli avrebbe mai risposto e quindi era inutile mettersi a fare manovre inutili.
“Sai che un po’ mi manca la Louisiana?”, disse Jared per spezzare quel silenzio scomodo.
“Ma dai? Nonostante tutto?”
“Assolutamente. O forse è semplicemente voglia di andarmene via. Vabbè, tanto domani parto, quindi non è un problema troppo grande.” 
Monica si voltò a guardarlo. “E dove vai?”
“A New York. Devo andare a parlare per un forse futuro film di Woody Allen che vuole tornare a girare nella Grande Mela e poi forse Hugo Boss vuole rinnovarmi il contratto: pare che abbia avuto parcchio successo il Just Different.” 
Lei rise. “Ti credo: con tutte le tue fan che ti hanno comprato il profumo, il cartellone, sponsorizzato su internet, era ovvio che avreste venduto l’impensabile. Beh non ti annoierai di certo in quel che resta nel 2012.”
“No, infatti.”
“E poi New York ti piace no?” 
Jared annuì: “La adoro. Credo che sia la mia città, quella in cui mi sento più a mio agio. É piena di stimoli di tutti i generi.”
“La città perfetta per chi non dorme mai, come te.”
“Dormire è inutile, perdi solo tempo.”
“Adesso capisco perchè sei così rincoglionito: dormire fa bene al cervello sai? Ti mette a posto i pensieri e stiva i ricordi. Dormi qualche volta, ti fa solo che bene.”
Risero assieme, un po’ come i vecchi tempi. Mancavano a Jared quei momenti.
“Posso dormire con te, stanotte?”
Monica lo fissò: Jared era concentrato alla guida, guardava la strada e sembrava totalmente rilassato. Eppure la domanda che le aveva fatto non aveva propriamente una risposta semplice. Sembrava le avesse chiesto di bere solo un caffè assieme, non di condividere lo stesso letto. “Perchè?”
“Perchè mi trovo bene.” 
Monicà riconobbe le luci della sua via e non disse nulla. Farlo entrare o no?
Jared parcheggiò con una manovra fluida, il parcheggio davanti casa della ragazza era praticamente vuoto, poi andò ad aprirle la portiera e tenderle la mano.
“Che cavaliere...”
“Io so essere un galantuomo, te lo ricordo. Il truzzo di famiglia è un altro.”
“Parla Mister dico un 'Fuck' in ogni mezza frase.”
Monica prese le chiavi dalla pochette e le infilò nella serratura del portoncino del suo condominio. Si guardò attorno, non c’era praticamente anima viva, non era zona di paparazzi. Sentì l’allarme della macchina scattare, facendole capire che Jared non aveva intenzione di andarsene molto presto. Si appoggiò alla porta.
Jared mise le mani dietro la schiena, si inchinò leggermente e le lasciò un leggero bacio sulle labbra. Era solo un tocco, uno sfiorarsi, ma lei non riuscì ad evitare di chiudere gli occhi. Riaprendoli, lo trovò mentre le chiedeva con gli occhi di essere sua quella notte.
“Hai solo intenzione di dormire, vero? non mi terrai sveglia, no?”, gli domandò facendo nascere sulla bocca dell’uomo il suo classico sorriso malizioso.
“Quando vorrai dormire, basterà che me lo chiedi. Non vorrei che domani fossi troppo stanca per non riuscire neanche a scrivere della nostra Camilla.”
“Va bene, sali, ma solo perchè sei un cuscino molto molto comodo.”
 
 
 
 
*Chi ha visto i 20 Minuti di Artifact non dovrebbe faticare a capire la citazione. Ad un certo punto Jared porta tomo su una collina e gli dice di lanciare un sasso urlando per liberari. Lo fanno entrambi.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
L’odore del caffè lo stava risvegliando. Aprì gli occhi e Monica, ovviamente, non c’era. L’orologio segnava appena le otto. Si rigirò tra le lenzuola tranquillo: aveva riposato finalmente bene, anche perchè Monica lo aveva ben stancato la notte prima. Si stiracchiò e andò a guardarsi allo specchio: aveva un grosso succhiotto proprio sotto l’orecchio. Gli venne da ridere.
Vide i suoi vestiti sistemati ordinatamente sulla sedia della scrivania: evidentemente Monica doveva averglieli ritrovati per la casa dove li aveva lasciati, o meglio gettati, mentre si spogliava per portarla quanto prima a letto. La camicia era un po’ spiegazzata e la cravatta aveva anche perso il nodo: decisamente divertiti.
Poi la sentì: stava cantando a piena voce qualcosa che lui non conosceva. Appena vestito andò in cucina e la trovò lì. Gli stava dando la schiena, vestita solo con una lunga canotta bianca e un paio di slip. Alle orecchie le cuffiette dell’i-pod. Era al fornello, stava cucinando e non si curava del resto del mondo.
Jared si appoggiò allo stipite del muro a fissarla, con le mani incrociate. Aveva cambiato canzone e la stanza si riempì delle parole di 'Turning Tables' di Adele. Ovviamente non aveva la stessa voce della cantante, calda e malinconia, però riusciva a tenere tutte le note senza stonare e non era cosa da poco. Era uno strano quadretto il loro, una scena di rara intimità che da tantissimo tempo non provava: quando erano stati a Bossier City avevano passato tanti momenti simili, ma tra loro c’era comunque sempre una sorta di freddezza dovuta alla bugia che avevano messo su a beneficio dei parenti. Invece lì, in quella cucina, erano solo loro, Monica e Jared, due persone che si erano svegliate nella stessa casa e che ora avrebbero fatto colazione.
Due persone normali, pensò Jared.
Per lui la normalità era sempre stata un concetto astratto, buono solo per le pubblicità delle famigliole felici. Per lui essere normale significava svegliarsi in una città diversa giorno dopo giorno, interminabili viaggi in bus con la band, i concerti e le serate ai party. Eppure non avrebbe cambiato quel momento con nessun altro della sua vita. Nessuno.
Era il momento perfetto e lo terrorizzava.
Scosse il capo e andò a spiare cosa stesse cucinando la ragazza.
“Uhm... pancake, buoni.”
Lei trasalì non aspettandosi di trovarlo lì. “Lo spero. Non saranno buoni come quelli di Margot, ma fanno la loro porca figura comunque. Ah prendi lo sciroppo e mettilo in tavola.”
“A saperlo ti aspettavo in camera.”
“Non si mangia a letto. Oddio, non è vero, qualche volta si fa anche quello.” Girò i pancake e si sentì lo sfrigolare della pasta.
“I tuoi vicini non si lamentano mai che canti la mattina presto?”
Monica gli porse il piatto e lui annaffiò i piccoli pancake di sciroppo: avevano un aspetto delizioso.
“E perchè dovrebbero? Li sveglio con qualche buona canzone.”
“Ma se sei stonata come una campana!”
Lei gli fece la linguaccia prima di bere un sorso di caffè. “Ah, ah, ah che ridere.”
“Dai che ti prendevo in giro. Non sei male, anche se, ovviamente, non sei ai miei livelli.”
Monica alzò gli occhi al cielo ed evitò di rispondere. “Vanesio.”, sussurrò prima di mangiare.
“Adorabile.” Rispose lui. “Non male. Brava, potrei abituarmi a fare colazione qui ogni mattina.”
“Non dire cazzate, stai per partire per New York, già la colazione di domani la farai da Tiffany.”
“Vero, ma quando torno potrei venire qui a mangiare.”
“Manca solo questo e la mia vita poi sarebbe perfetta eh?”
“Che simpatica.”
“Sarcasmo che cola, Leto.”
Terminarono la colazione parlottando del più del meno. Non era il momento per discorsi seri e pensieri su quello che era stato il tempo passato assieme.
“Credo che adesso dovrò andare a recuperare le mie valigie o rischio di perdere il volo per la costa est.”
“Non sia mai che la tua bimba bionda dell’altra città non ti trovi all’aeroporto, rischierebbe di perdersi se tu non arrivassi in tempo.”
“Vorrà dire che mi farò venire a prendere da Terry. O mi prenderò un taxi, così sarai felice e non sarai gelosa.”
“Io non sono gelosa!”, urlò Monica mentre lui si avviava verso la porta ridendo.
“Sì che lo sei e la cosa, ammetto, rinfranca il mio ego.” Aprì la porta e si girò verso di lei sorridendole. “Mi mancherai.”
“Ne dubito fermamente.”
Jared si voltò e le lasciò un bacio sulla fronte, talmente casto da farli rabbrividire entrambi. Era qualcosa di così estremamente dolce e rappresentativo che fece paura anche a lei. Oltre che a lui, ovviamente. La fissò sconvolto e toccandosi le labbra se ne andò, senza accorgersi che lei si era appoggiata alla porta a bocca aperta.
Che cosa gli stava facendo?
 
New York era sempre la stessa eppure per lui cambiava continuamente.
Gli piaceva andare in giro in bicicletta, sfrecciare fra le auto senza paura, lasciare i pensieri in soffitta per quella mezz’ora e preoccuparsi solo di evitare le macchine.
Il problema era che prima o poi si doveva fermare e allora tutti i suoi pensieri ritornavano.
Inoltre si stava annoiando fin troppo. Terry stava cercando di fare dei servizi fotografici a delle modelle mandate lì da Vogue e il lavoro stava andando fin troppo per le lunghe. Prese il suo BlackBerry e si mise a chattare via messenger con Julie che gli stava raccontando della sua ultima conquista. Gli sarebbe piaciuto rivederla e magari pure fare due chiacchiere con lei. Alla fine aveva recuperato un rapporto che da anni aveva perso... quasi quasi le avrebbe chiesto di andare da lui, non fosse stato per il suo lavoro.
Sbuffò quando le ragazze risero sguaiatamente: più le guardava e più le trovava insipide, non gli interessavano proprio.
Che diavolo gli stava accadendo?
Vide Terry mentre iniziava a sistemare la macchina fotografica: non gli era sfuggita l’occhiataccia che lui gli aveva lanciato quando si era permesso di fare qualche commento sarcastico verso le sue modelle. Non voleva offendere il fotografo: con lui aveva instraurato una strana amicizia, nata, ovviamente, per motivi lavorativi, ma cresciuta abbastanza per far diventare Terry uno dei pochi a cui Jared avrebbe affidato la sua amata chitarra. Lo stimava, nonostante sapesse che la sua reputazione non era esente da macchia, un po’ come tutta la sua pelle.
“Ciao. Tu sei Jared, vero? Io sono Annabelle e lei è Candice.”
Le due ragazze stavano ammiccando in maniera sexy, ma per lui erano solo ridicole.
“Ciao.”, si limitò lui.
“Stasera c’è una festa a Manhattan.”
“Solo una? Questa città sta perdendo smalto.”
Le due ragazze si guardarono interdette. “Veramente ci sono più feste.”, mise in chiaro la seconda. In lontananza Terry alzava gli occhi al cielo.
“Allora meglio così.”
“Esatto. Quindi ti va di venirci con noi? Siamo simpatiche sai? Ti piacerebbe conoscerci.” Con poca grazia si strusciarono su di lui, ma Jared non sentì nulla. Niente carne, niente curve, solo un cumulo di ossa coperte di pelle.
“Vedete quella cosa là?”, fece Jared indicando la porta.
“Sì, è la porta.”
“Apritela e andate lontano da me, grazie.” Le due, offese, se ne andarono facendogli il dito con poca femminilità sbattendo la porta dello studio. “Finalmente.”
“Ti sei sfogato?”, chiese Terry, avvicinandosi.
“Abbastanza.”
“Quindi puoi parlare tranquillamente, ora.”
“Sì, credo di sì.”
“Bene, allora scendiamo. Non andremo alla festa di Manhattan, ma possiamo andare a berci qualcosa. Io poi ho anche fame.”
Scesero in strada: nessuno, a vederli, poteva pensare che fossero una star della musica e il fotografo più conosciuto al mondo. Erano due semplici uomini, uno un po’ più avanti con l’età, che camminavano sotto una leggera pioggerellina primaverile. Terry si fumò una sigaretta e prima di entrare in bar, la spense in uno dei portacenere cittadini e fece entrare Jared in un pub. Non era uno dei locali glamour alla moda e lì non si trovavano paparazzi e giornalisti. Jared si guardò attorno: il bancone era di legno, pesantemente usurato dal tempo. Dietro stava il barista, un uomo alto e tarchiato che asciugava un bicchiere e che fece un cenno d’intesa a Terry.
I due si sedettero lontano, in modo da non essere disturbati da nessuno, tranne dal barista che arrivò da loro con due birre grandi.
“Lo sai che io non bevo tanto.”, disse Jared.
“Stavolta bevi. Lo sai che l’alcol aiuta. Un brindisi.” Alzò il bicchiere. “All’uomo innamorato.”
Jared, che stava iniziando a bene, rischiò di soffocarsi con la birra. “Innamorato? Ma stai scherzando?”
“No, anzi, non sono mai stato più serio di adesso. Insomma... siamo onesti, Jay, da quando in qua dici di no a due biondine appena ventenni? Avanti, puoi mentire agli altri, ma non ad un vecchio volpone come me. Ho più anni di te, Jared, e so come va il mondo.”
“Stai solo sparando cazzate. Io... solo non ho voglia di scopare.” Come disse quelle parole, capì di essere veramente nei guai.
“Parlami di lei.”
“Non c’è nessuna lei. Niente di importante.” Si rigirò la birra tra le mani.
“Passi la balla che stai raccontando a me, ma sei sicuro di riuscire a convincere te stesso con le tue bugie?”
“Senti, Terry, da quando sei diventato un’esperto di relazioni? Non mi sembri il tipo.” La sua voce era anche un po’ troppo acida, ma non riusciva a modularla al meglio.
“Solo perchè ho scelto una vita da single, non significa che non capisca niente di relazioni. E poi si dà il caso che anche io ho avuto qualche storia d’amore.”
“Perchè hai scelto di stare da solo?” Jared e Terry non avevano mai parlato di questo genere di cose, ma in quell’istante il cantante si sentiva di dover capire il suo amico e forse capire se stesso.
“Dico a tutti che è per il lavoro che non mi sono mai legato. Fare il fotografo ad alti livelli ti porta a girare ovunque, una settimana a Parigi, poi Londra per poi correre a Los Angeles. Una famiglia con questi ritmi, mi dico, come faccio a mantenerla?” Sospirò. “In realtà vorrei che fosse così semplice. Quando avevo l’età per trovarmi una donna, ho rinunciato, dicendo che non era il tempo, che non la volevo. Poi mi sono detto che andava bene così, che ho avuto una gran vita, il lavoro perfetto per me, il meglio che potessi sperare.” Si bevette un lungo sorso di birra fredda e riprese. “La verità è che avevo paura di cambiare la mia vita. Andava così bene, perchè rischiare di rovinarla? Scopavo abbondantemente, non avevo relazioni stabili, ero padrone di me stesso.”
“Lo sei ancora adesso.”
“Sono un padrone solo di me stesso. Quando torno a casa non ho nessuno ad aspettarmi, solo la cameriera che mi fa le pulizie e parla pure spagnolo e non la capisco. Normalmente non ci faccio caso, prendo ed esco, vado all’ennesima festa, ma ogni tanto sento che qualcosa mi manca.” Fece cenno al barista di portargli un’altra birra, mentre Jared doveva ancora terminare la sua.
“Sei ancora in tempo per fartela una famiglia, mica sei decrepito con un piede nella fossa.”
“Ma figurati, ormai sono troppo vecchio per adattarmi ad un nuovo modo di vivere. Ho preso questa scelta e in generale sto bene. Cerca di non perdere questo treno anche tu.”
Jared finì in un sorso tutto ciò che era rimasto e ne ordinò una seconda: se doveva dimenticare nell’alcol, tanto valeva farlo per bene.
“Allora, adesso mi vuoi parlare di lei? Sono curioso di conoscere la donna che è riuscito a farti sbarellare del tutto.”, riprese il fotografo.
Jared iniziò a smanettare con il BB e poi lo passò a Terry. “É lei.”
Terry guardò lo schermo: c’era Monica messa di tre quarti, mentre sorrideva. L’aveva scattata di nascosto durante il pic nic in Louisiana. Lei parlava con Julie e Sandra di non sapeva neppure cosa e sembrava tranquilla e rilassata, completamente a suo agio tra quelle persone che non conosceva. Quel sorriso così reale e dolce lo faceva stare bene. Quando si sentiva solo, fissava quella foto e stava meglio.
“Mi pare una ragazza carina. Non di una bellezza eccelsa, però, adulta e consapevole. E dimmi, cosa ti piace di lei?”, gli tornò il telefono sorridendo indulgente.
“Non lo so. Se ci penso, razionalmente, la trovo troppo sarcastica, troppo indipendente e sicuramente poco simile ai miei standard.”
“E se ci pensi così per pensare? Semplicemente chiudendo gli occhi?” La seconda birra stava per finire. Terry se la centellinò.
“La vedo perfetta. La ragazza che riesce a capirmi prima ancora che io capisca me stesso. Quella che mi fa i pancake quando mi sveglio o quella che mi trascina via dalle feste mondane a cui io stesso non voglio partecipare.”
“Sembra veramente interessante.”
“Sì, lo è, ma...”, Jared muoveva lento il bicchiere facendo strani giochi di luce sul tavolo rovinato.
“Ma? Troppo per te? Non ci sei abituato?”
“Se mi lasciassi andare di nuovo e poi non andasse bene? Cioè, se mi scaricasse?”
Terry ridacchiò. “Ti ha proprio distrutto del tutto. Quando mai tu ti sei fatto simili problemi? In fondo sei tu che lasci le ragazze, anzi, neanche ti preoccupi di spezzare o meno il cuore di qualcuno.”
Jared deglutì a vuoto. E per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, Terry vide in lui uno sguardo da disperato, quello di uno che non sa che cosa fare dei propri sentimenti, come se li trovasse improvvisamente scomodi. Gli faceva quasi tenerezza.
“Lei è una amica e forse a me va bene così.”, terminò Jared.
“Non è vero e lo sai anche tu. Ti stai facendo bloccare dalla paura e non è da te. Devi avere il coraggio di dirle quello che provi. Non farti dominare dalla paura, mettiti in gioco. E quando tu e lei starete assieme, venite da me che vi faccio un servizio fotografico degno. Lei sarebbe una sfida per me, essendo così diversa da quello che fotografo di solito.”
Jared ridacchiò. “Basta che non me la fotografi nuda.”
“Non sia mai. Al massimo vi fotografo nudi entrambi.”
Jared posò il bicchiere e si appoggiò allo schienale della sedia, pensando. Forse Terry non aveva tutti i torti, forse doveva provarci, perchè sapeva benissimo che l’unica con cui avrebbe potuto rischiare il tutto per tutto era solo Monica.
“Allora, film nuovo?”
Jared si risvegliò dai suoi pensieri. “Probabilmente. Il provino pare sia andato bene, mi sapranno dire a breve. Intanto torno a Los Angeles... abbiamo il mega concerto super segreto. Che poi non resterà segreto a lungo. Domani credo che lo scriveremo su Twitter. Anzi, parlando di Twitter, aspetta che la followo, così movimentiamo le acque.”
In breve Jared arrivò alla pagina di Monica: lo sfondo era sempre quello, un tramonto su una spiaggia simil tropicale, ma la foto era cambiata. Era sempre lei, ma era una foto più recente e con i capelli corti.
“Sta stronza si è tagliata i capelli...”, mormorò.
“Ed è un problema?”
“Le avevo detto che mi piacevano.”, sospirò, “E va bene, cresceranno di nuovo.”
“Dovresti essere il più indicato per capire quanto fa bene un taglio di capelli nuovo. Mi manca la cresta sai? Ti dava quel tocco di follia in più.”
Risero assieme. Terry stava per ordinare la terza birra per entrambi, quando Jared si bloccò. Aveva la bocca aperta, gli occhi spalancati che si muovavno in rapidità da un angolo all’altro del bar.
“Che succede?”, chiese, incuriosito.
“Eh? Oh, no, niente, devo fare una cosa. Io... devo tornare a casa. Ci vediamo dopo.” Senza dire altro, lasciò una banconota sul tavolo e andò a recuperare la bicicletta, mentre Terry decideva di stare lì da solo a bere ancora.
Jared fece una corsa in bici da record e appena varcata la porta, andò a recuperare la chitarra lasciata nell’angolo quella mattina e iniziò a suonare una melodia nuova. Prese anche il BlackBerry e tra un accordo e un altro, scrisse alcune parole.
“Ancora una volta...”, mormorò. Riprese lo stesso giro di note, canticchiando tra sè quello che aveva scritto sul cellulare, cancellò quello che non ci stava e mise alcune parti nuove.
Dopo una mezz’ora di lavoro, spedì la sua creatura a Shannon e si buttò sul letto soddisfatto. Appena sarebbe tornato a Los Angeles, di lì a due giorni, ci avrebbe lavorato seriamente alla Mars House. Non ci volle molto e il suo telefono squillò.
“Ciao Fratellone, che te ne pare?”
“L’hai scritta tu?”
“Certo, chi altrimenti?” Sentiva in sottofondo della musica da discoteca, probabilmente era fuori casa. “Sei con Antoine?”
“Sì, mi hai beccato fuori, ma sono andato nel priveè per immaginarmi la canzone e sembra decisamente interessante. La vuoi per il nuovo album?”
“In realtà stavo pensando di suonarla al concertone.” Ecco, aveva sganciato la bomba, infatti Shannon si era zittito di colpo. “Sei ancora lì?”
“Jared, ti rendi conto che il concerto è tra dieci giorni? Dobbiamo fare le prove perchè solo la solita scaletta sia perfetta, aggiungere una canzone nuova potrebbe essere... la rovina. Qui non parliamo di uno show qualsiasi, qui parliamo degli U2.”
“Lo so, ma per me è importante portarla lì. Tra due giorni sono in studio, cerca di farmi una partitura di batteria e dì a Tomo di provare la chitarra.”
“Jared, è una follia.”
“Come se non ne avessimo mai fatte prima.”

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
Mentre Jared stava seduto ad un tavolo di un pub a New York, Monica si stava preparando per uscire con Cristel e Valeria. Avevano optato per andare a mangiare al cinese, cibo che piaceva a tutte, per poi spostarsi sulla spiaggia ad una festa privata organizzata dalla società di Cristel.
Da una buona decina di minuti le sue amiche la stavano aspettando in soggiorno senza capire il perchè del ritardo, visto che Monica normalmente era la più puntuale tra loro.
“Non è che è svenuta, vero?”, domandò Valeria.
Cristel alzò gli occhio al cielo ed andò a bussare alla porta del bagno. “Monica è tardi, stai bene?”
“Sì, arrivo, un attimo.”
Uscì pochi minuti dopo vestita con un paio di jeans e una maglietta a maniche corte.
“Ci hai messo mezz’ora solo per uscire così? Stai male?”
“No, Cris, sto benissimo. Credo... Forse... Non lo so... Comunque andiamo che mi sta venendo fame.”
Le due amiche si guardarono senza sapere cosa dirsi.
Arrivarono al ristorante e si stupirono di trovare qualche fotografo all’entrata.
“Chissà chi ci sarà dentro. Magari Jackson!” urlò Valeria già in frenesia: girava mezza Los Angeles solo per trovare la sua star del cuore, con, purtroppo, ancora scarsi risultati.
“Speriamo, così la smetterai di sfracantarci le palle.”, la prese in giro Monica, ridacchiando.
“Solo perchè tu hai già trovato l’uomo della tua vita, non devi prendere in giro me povera, tapina e sola.”
“Ma quale uomo della mia vita...”
La discussione venne troncata da una cronista che con un piccolo registratore si avvicinò a Monica.
“Monica da questa parte!”, urlò uno dei paparazzi che la immortalò con una spettacolare faccia da fessa.
“Come mai non sei a New York con Jared? Vi siete lasciati? Storia in crisi?”
Monica non sapeva dove voltarsi, mentre Valeria e Cristel cercavano di fare da guardie del corpo. “Jared è via per lavoro. Non c’è nulla che non vada tra di noi.”, fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di entrare nel ristorante. Il cameriere le portò al loro tavolo e si scusò per il disturbo, ma non potevano mandarli via perchè i paparazzi erano su suolo pubblico. Le ragazze notarono che all’angolo del ristorante c’era una coppia di pseudo attori di serie TV: probabilmente aspettavano loro due e Monica era stata solo una fortunata coincidenza.
“Ma posso essere stata così deficente da dire perfino ‘va tutto bene tra di noi’?”
Avevano appena ordinato e quindi avevano un po’ di minuti per stare tranquille.
“Beh, non hai del tutto mentito, tra voi va tutto bene perchè siete amici e amici state rimanendo.”, rispose diplomatica Valeria, mentre Cristel sbuffava.
“Amici sto par di palle. Non si bacia in quella maniera un amico.”
“Ci siamo solo lasciati andare un secondo.”
“Anche più di un secondo, ti ricordo che ero lì e ho aspettato a lungo. E ci vogliamo dimenticare del party di Victoria’s Secrets? Eravate una coppietta deliziosa, tu addirittura con la sua triad al collo. È stata una dichiarazione al mondo”
“Tu deliri, Cris. Portavo la triad perchè mi piace, perchè in una maniera tutta mia, sono una Echelon che li segue praticamente da sempre. Ho conosciuto Jared e Shannon quando nessuno sapeva chi fossero.”
“Ciò non toglie che, mano nella mano eravate da eleggere coppietta dell’anno.”
“Bah.” Prese a bere un bicchiere d’acqua: Cristel non poteva capire, neanche Valeria probabilmente. In realtà non capiva neppure lei cosa voleva o cosa stesse facendo. Aveva deciso che doveva allontanarsi da Jared, si era tagliata i capelli per esorcizzarlo e per fargli un dispetto, lui stesso se ne era andato sull’altra costa dell’America e cosa era successo? Lei parlava con la stampa dicendo che andava tutto bene, Jared la followava su Twitter dando il via ad una lunga serie di interminabili chiacchiere su di loro e, dulcis in fundo, aveva appena letto che la band di apertura degli U2 sarebbero stati proprio i Mars. Insomma, praticamente era una persecuzione.
“Cris, sai perchè suonano i 30 Seconds to Mars all’apertura? Non dovevano essere gli Snow Patrol?”
Arrivò il primo: le ragazze staccarono le bacchette e presero a dividersi il cibo.
“Uhm... delizioso. Avevo proprio voglia di Cinese. Un gamberetto?” Fece Valeria distribuendo gli spaghetti.
“No, grazie. Comunque pare che il cantante degli Snow Patrol non stia bene, o era il bassista... non lo so. C’era un buco libero e ho detto al mio capo che avrebbe fatto un affare con i ragazzi. Infatti è stato così.”
“Sei stata tu a proporli?”, la voce di Monica era di un’ottava più alta del normale.
“Ovvio, è un modo di promozione anche questo, anzi, forse migliore di tanti altri. Lo sai quanta gente ci sarà a quel concerto? Un centinaio di migliaia di persone.”
Monica chiuse gli occhi e scosse il capo: quella era una cospirazione bella e buona contro di lei. Anche se, in effetti, Cristel aveva ragione su tutto: a livello di marketing era la mossa più azzeccata.
Sospirò: voleva dire che se li sarebbe ascoltati. In fondo la cosa le faceva piacere, dal vivo Jared sapeva essere una macchina d’intrattenimento.
“Va bene, lasciamo perdere, sarà comunque la più bella serata della mia Vita. Non ho mai visto papino così da vicino.”
“E vediamo se riusciamo a farti andare nel backstage... Io sarò lì, lo sai che il party l’ho organizzato io.”
“Sì, bravissima, così brava che non sei riuscita a recuperare dei biglietti di un certo peso per le tue amiche. Cosa, invece, che ha fatto Jared, Dio solo sa come...”, analizzò Valeria.
“Deve aver venduto l’anima al diavolo.”, fece pragmatica Monica. “Anche se sono piuttosto sicura che lui l’anima non ce l’ha da un bel po’ per rimanere così giovane sempre. Va per i 41 e sembra sempre il ragazzino della porta accanto, soprattutto quando si rade. Lo odio per questo.” Chiuse gli occhi: il riso all’ananas era spettacolare.
“E lo ami per altre mille maniere.”, insinuò Cristel che si beccò solo un’occhiataccia. “Dai, ammettilo, ti piace l’idea di stare con lui.”
“Cris, la smetti? Mi stai rovinando la cena più di sto maledetto mal di pancia.”
“Stai poco bene?”
“Sono un paio di giorni che non sto bene, ma questo non mi impedisce di mangiare. La fame rimane. Posso rubarti un po’ di spaghetti? Sono deliziosi...”
Valeria le passò il piatto. “Ma quindi non è semplice mal di stomaco.”
Monica scrollò la testa, con la bocca piena. “No, ho solo un ritardo del ciclo.”
Cristel sputacchiò nel bicchiere facendo in piccolo disastro.
“Che schifo.”, fu l’unico commento di Valeria.
“Sei incinta?”
“Ma figurati. Te lo devo ricordare io che prendo la pillola? Il ginecologo ha detto che a causa del viaggio e forse qualche interazione con gli antibiotici che ho preso per il dente, possa aver sballato. Quindi adesso devo aspettare che mi vengano e poi per un po’ disintossicarmi. Solo che mi fanno male le ovaie.” E prese a mangiare. “Spero solo che per il concerto mi siano venute e terminate. Vorrei saltellare in libertà.”
Le ragazze presero semplicemente a chiacchierare, soprattutto di lavoro. Valeria aveva qualche problema con la sua tesi di laurea dedicata alla figura letteraria dell’uomo nel settecento: lei voleva parlare di Darcy, soprattutto, ma pareva che la sua insegnante di letterature inglese non fosse del tutto d’accordo. Cristel, invece, era in frenesia non solo per il party degli U2 che stava rubando il tempo a chiunque in ufficio, ma soprattutto per una mostra d’arte contemporanea in una galleria di Downtown.
E ovviamente Monica alle prese con Camilla che, però, aveva deciso di riprendere a collaborare. In una settimana aveva già steso tutta la storia a grandi linee e aveva iniziato a darle forma concreta: la chiacchierata con Jared aveva decisamente dato i suoi frutti.
Jared... era un pensiero costante nella sua mente: quando lavorava, quando usciva con le ragazze, quando stava semplicemente a guardare la TV. Averlo fatto entrare in casa come amante le aveva appestato l’appartamento, lo vedeva ormai ovunque e la cosa risultava spesso deleteria. Non poteva andare avanti in quella maniera, doveva assolutamente dimenticarselo.
“Ah! Ti ho scoperta!” Valeria e Monica fissarono Cristel: la loro amica aveva appoggiato le bacchette sul piatto e fissava Monica trionfante.
“Eh?”
“Tu sei andata a letto con Jared. Per forza.”
Monica alzò una sopracciglia seriamente preoccupata. “E di grazia perchè?”
“La serranda... Tu non hai detto che la serranda è ancora chiusa, ma ‘Io prendo la pillola’ ergo, anche se ho fatto sesso sono protetta.” Monica la guardava a bocca aperta, con il cibo a mezz’aria in attesa di essere messo in bocca. Deglutì a vuoto. “Lo sapevo!!!”
“Tu hai mai pensato di dover farti vedere da uno bravo? Perchè spari cazzate una dopo l’altra.”, cercò di rimediare Monica, ma il suo tono di voce non era poi così sicuro.
“Monica, stai bene?”, rincarò la dose Valeria. “Sembra che tu abbia appena ingoiato un rospo, sei tutta rossa in volto.”
“Perchè sa che ho ragione.”
Monica sospirò: “Non la smetterai mai, vero?”
“No, fino a quando non mi dirai tutta la verità...”
“Ok, va bene, sono andata a letto con Jared.”, disse riprendendo a mangiare. Doveva stare calma.
“Tutto qui?”
“E cosa devo farti? Un disegnetto? Ok che non batti chiodo da un po’, ma le basi le dovresti sapere, amoruccio.” Cercava di fare la sarcastica sperando che l’argomento venisse messo da parte, ma le altre due amiche non sembravano intenzionate a mollare la presa.
“Mi stai prendendo per il culo perchè la smetta di romperti le scatole!”, esclamò Cristel.
“No, ti sto dicendo la verità. Volevo tenerlo per me perchè voi ne fate un caso di stato. Sì, ho fatto sesso con Jared. È stato bello, appagante, interessante. Ed è finito.”
“Col cavolo!”
“Sì, Cris, è finito perchè... non c’è altro. Sesso, amicizia e null’altro.” Posò le bacchetta a fianco del piatto ormai vuoto e sorrise alle amiche stranamente in silenzio.
“Monica...”, riprese cauta Valeria, “Sei sicura?”
La cameriera passò sparecchiando e rimasero in silenzio per un po’ ascoltando la finta musica cinese che riempiva la stanza.
“Onestamente, no... non sono sicura.”, mormorò Monica. “So che tra noi non c’è altro, è stato chiaramente deciso che tra me e Jared c’è una linea di confine che non va superata. Il problema nasce dal fatto che io... credo di averla superata e non ci posso fare niente. Mi porta un dolce? Grazie.”, sorrise alla signorina che era tornata al tavole per nuove ordinazioni.
“Ne hai parlato con il diretto interessato?”
“No. Non ha senso, lui ha già deciso. Farci vedere per un po’ assieme e poi ‘lasciarci’ in modo che sua madre non ci resti troppo male e non sbugiardare la settimana in Louisiana. È questo che ha detto che avrebbe fatto e credo che sarà quello che farà appena torna a casa. È inutile e sciocco da parte mia credere che possa esserci qualcosa di più: Jared non ha bisogno... anzi, non vuole una relazione seria, mentre io, per quanto possa essere appagante, non voglio una amicizia con benefici e basta. Lo vorrei totalmente mio, anima, cuore e corpo.” Fece spallucce e sorrise: dentro di sè tremava. Si era resa del tutto conto di quanto si era impantanata con Jared e di quanto stava inesorabilmente per soffrire: alla prima foto di lui avvinghiato ad una qualsiasi ragazzina sarebbe scoppiata in lacrime per la frustrazione di averlo definitivamente perso.
“E non credi che forse anche lui possa essere nella tua stessa posizione?”, continuò Cristel, “Cioè... che anche lui sia convinto che tu tenga le distanze, ma in realtà ti voglia alla follia?”
“No!”, categorica.
“Ma almeno prova a dirglielo.”
“Men che meno. Sentite, è andata così e va bene. Pian piano tornerà tutto come prima, in fondo siamo entrambi pieni di lavoro e questo mi aiuterà a sentirlo più lontano. Ci metterò un po’, ma andrà tutto bene.” Vide le sue amiche trattenersi dal parlare: le capiva benissimo, se fosse stata al posto loro non le sarebbe assolutamente bastato come scusa. “Avanti, cosa volete sapere ancora?”
“Come è stato? Dolce, stronzo? Lo fa strano?”
Monica rise. “È stato favoloso. Lui è piuttosto bravo, fa certi giochi con la lingua che non avevo mai provato prima e poi...”
“Ok, non voglio sapere i particolari più intimi!”, Cristel era arrossita.
“Voi tarpate le ali della mia creatività. Comunque non è stato bello perchè solo arrapante e incredibilmente hot, ma anche perchè, più andavamo avanti e più la cosa era... familiare. Si sapeva esattamente come toccarci e sfiorarci per ottimizzare al meglio ogni momento.”
“Sembra una bella cosa.”, analizzò Valeria.
“Stupenda. È stato nettamente il miglior sesso della mia vita, c’è... c’era qualcosa che mi lega inesorabilmente a lui, almeno fisicamente.”
“Innamorata...”, sussurrò Cristel e Monica la fissò.
“Sì, credo proprio di esserlo.” E così dicendo addentò la torta davanti a lei. Non era male, ma lei sapeva fare di meglio. “Sapete, credo che domani farò una Cheesecake... venite la sera a mangiarne una fetta?”
Aver finalmente condiviso con qualcuno i suoi tarli, le aveva solo fatto bene. Si sentiva più leggera e con meno problemi sul groppone.
“Sei sicura che vada tutto bene?”
“Sto benissimo ragazze. La prima cosa per stare meglio è essere consapevoli del problema. Quindi tutto ok. Secondo voi i giornalisti sono ancora fuori o siamo al sicuro?”
Si girarono tutte verso il tavolo delle due starlette del cinema e le trovarono ancora sedute al loro posto abbracciati come piovre mentre si baciavano appassionatamente.
“Saranno ancora fuori. Ma noi andiamo via comunque, o arriviamo troppo tardi alla festa.”
Si alzarono ed andarono a pagare. Come avevano previsto i fotografi erano ancora lì e si avvicinarono a lei appena mise il naso fuori dal ristorante. Le fecero ancora le stesse domande su lei e Jared, qualcuno si azzardò a dire che lui era stato visto con una ragazza in un locale, cosa che le fece indubbiamente male, ma Monica non rispose e andò velocemente a rifugiarsi nella sua auto.
Guidò cantando a squarciagola fino alla spiaggia e si divertì un mondo a ridere delle foto di vagine e peni esposti in questo nuovo pseudo locale chic, mentre Valeria si metteva le mani davanti agli occhi e Cristel balbettava frasi inconsulte. Si chiese nuovamente come era potuta diventare amica di due ragazze così pudiche, praticamente totalmente diverse da lei.
La sala era piena di presunti critici che si atteggiavano a personaggi di nicchia, vestiti molto simili con completi e maglioncino di cashmire che stava meglio d’inverno che con quel caldo di inizio primavera, ma a certi clichè non si cambia mai.
Ad un certo punto vide arrivare da lei Cristel: si era allontanata per parlare con uno dei curatori della mostra, quindi probabilmente a parlare di lavoro. Teneva in mano il suo BB nuovo modello e sembrava decisamente agitata.
“Che c’è?”
“Vieni con me, se devi svenire, fallo lontano dalle telecamere.”
“Svenire?”
Tirò Monica fino ad uno sgabuzzino e le passò il suo cellulare. “Guarda.”
Monica si ritrovò davanti ad un Tweet di Jared che diceva soltanto “I miss you” e con una sua foto, che non aveva mai visto, presa a Bossier City.
“Oh.”
“Tutto qui? Non ti pare un qualcosa di importante?”
Monica la guardò perplessa: aveva un’espressione decisamente confusa. “Non so cosa dire... mi ha spiazzato. Oh cazzo.”, sembrò che si fosse risvegliata.
“Appunto! Oh Cazzo! Insomma, ti sta dicendo che gli manchi... è... bello.” Cristel era esaltatissima come solo lei sapeva essere.
“Non stavo pensando a quello.”
“E a cosa?”
“Avrò bisogno di un assorbente.”

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 
Il Rose Bowl di Pasadena era ancora in parte vuoto. La gente si muoveva frenetica sugli spalti, dove ancora c’erano dei posti vuoti, mentre sul parterre, almeno nelle prime file, nessuno osava muoversi per paura di perdere il posto duramente conquistato facendo la fila da quella mattina.
Monica e Valeria erano arrivate con calma verso le sei della sera dall’entrata VIP. Erano sbiancate più di una volta vedendo certi nomi grossi del mondo dello spettacolo e, soprattutto Valeria, era andata in brodo di giuggiole quando aveva visto un cappello texano sopra un’ammasso di capelli biondi e un sorriso fanciullesco. L’idea di passare il concerto con Jackson quasi vicino a lei, la mandava completamente fuori di testa. Monica si era messa a ridere, ma aveva iniziato a programmare un incontro per l’amica. Del resto era più facile che saltellando durante le canzoni lei gli andasse “accidentalmente” addosso, magari con un bicchiere d’acqua in mano e da cosa nasceva cosa.
Cristel era nel backstage a sistemare le ultime cose e non si era fatta sentire per tutto il giorno: quello era l’evento del giorno per tutta la California o quasi. C’erano più di centomila persone attese e tutto doveva essere perfetto, senza considerare la festa che sarebbe stata fatta al termine.
Monica si controllò per l’ultima volta i vestiti: aveva optato per un vestito rosso che le arrivava al ginocchio, stretto al seno e che si allargava alla vittoriana. Le spalline che lo sorreggevano erano piccole e le scarpe avevano un leggerissimo tacco in modo che non inciampasse: si era addirittura truccata e tutto perchè forse, ma molto forse, avrebbe incontrato gli U2 dal vivo. Praticamente il sogno di una vita, voleva essere almeno decente.
Valeria indossava un delizioso vestito azzurro con il bordo della gonna giallo molto 'Colazione da Tiffany'. I capelli erano acconciati con cura in una mezza coda molto elegante. Insomma, si erano tirate a lucido, pronte per far schiantare qualsiasi uomo.
O quasi.
Si sedettero ai loro posti con il nome scritto sugli schienali ed attesero. La visuale era perfetta: avrebbero visto qualsiasi cosa a meno di un metro dal palco. Monica si sentiva emozionata come una bambina a Natale.
Prese il BlackBerry e trovò un SMS di Jared.
“Mi ha scritto Jay...” mormorò sorpresa: l’uomo scriveva raramente dei messaggi, piuttosto twittava o usava il Messenger. Siccome il suo pin non glielo aveva mai dato, normalmente la chiamava.
“E che dice?”
“Mi chiede di vederci subito dopo il suo concerto. Dice che scenderà lui nella zona VIP. E certo, io mi perdo il momento sublime di Bono che fa la sua entrata sul palco perchè devo andare da Jared. Certo, come no...” Sbuffò rumorosamente. Era più che altro preoccupata per la situazione: il messaggio in sè già la lasciava perplessa e considerando che lui sapeva quanto per lei era importante quella serata, la mandava ancora più in confusione.
“Bhe se lui viene qui che problemi hai? Lasciagli fare quello che vuole, ne va della sua sanità mentale, ammesso che ne abbia mai avuta una.”, rispose diplomaticamente Valeria.
“Te lo dico io, quello è più sano di te e me messe assieme. Solo che ragiona alla sua maniera, cosa che può provocare più danni di uno Tsunami.”
Tutto ad un tratto partì la musica: l’intro di Escape si espanse per tutto lo stadio provocando comunque un brivido lungo la schiena a Monica che si alzò dalla sedia. Vide entrare Shannon per una volta vestito come si doveva, quindi con un paio di jeans lunghi e non a tre quarti, delle scarpe curiosamente nere e una maglietta a maniche corte che, sicuramente si sarebbe tolto a breve. Al suo fianco il fedele Evan con i capelli tagliati più corti e la stessa energia di sempre.
Poi entrò Tomo, solitamente sobrio, senza barba lunga, tanto che sembrava più giovane di quello che era in realtà. L’unica cosa che stonava, ma grazie al correttore non si vedeva, era la stanchezza che gli portava ad avere due occhiaie da Panda. Evidentemente la paternità era più stancante di andarsene in giro per il mondo in tour con i Mars.
Riusciva a malapena a vedere Tim, leggermente nascosto da Shannon e dal fumo che lo copriva. Sperava di vederlo meglio durante il resto dello spettacolo.
E poi lui, la Divah. Era molto curiosa di vedere come si sarebbe vestito, se avesse voluto indossare una della sue solite camicie a quadri, oppure uno di quei orribili poncho, invece la sorprese. Indossava dei jeans skinny neri che non lasciavano nulla all’immaginazione e una maglietta celebrativa di The Joshua Tree, cosa che fece andare in visibilio praticamente tutti gli spettatori. Aveva ovviamente i Rayban, probabilmente non di marca, dato che normalmente dopo un paio di canzoni li gettava via come se fossero briciole. Ai piedi il residuato bellico delle Tiger che da un po’ sembravano finite nel dimenticatoio.
E aveva la barbetta non troppo folta, ma quel giusto che Monica adorava. Deglutì quasi a vuoto, ma si ripigliò appena decise di urlare quel 'This is War!' che terminava la loro prima canzone.
Per fortuna la voce di Jared sembrava più che perfetta e del resto con tutti quei mesi di vacanza non poteva essere altrimenti, anche perchè se si fosse presentato a quell’appuntamento malato, avrebbe perso molta della sua credibilità.
Scivolarono senza problemi in 'Night of The Hunter' facendo saltare quasi tutti i presenti. Monica non voleva scatenarsi subito, anche perchè in realtà era lì per un altro concerto e non per quello dei Mars, però era impossibile stare fermi. Jared aveva sempre avuto un’incredibile capacità di coinvolgere il pubblico, aveva un carisma pari solo a quello di Bono Vox in persona.
Erano tutti e cinque, compreso Braxton, presi più che bene: saltavano e cantavano come dei pazzi e Shannon picchiava sulla sua batteria con amore estremo. Erano eccezionali, probabilmente il miglior concerto della loro vita. Un’ora di assoluta energia, mancava solo il crow surfing, ma Jared lo aveva risparmiato, in quanto non era il suo pubblico. Avevano perfino riproposto 'Buddha For Mary' facendo quasi piangere di commozione Monica e Valeria.
“Grazie a tutti, siete stati fantastici e gentilissimi con noi. Tranquilli, a breve lasceremo il palco per... che band siete venuti a vedere?” Si sentì un mormorio. “Non ho sentito, che band siete venuti a vedere?”
“Gli U2!!”, urlarono tutti assieme.
“Eh sì, gli U2. Ma prima di loro, vogliamo suonare un’ultima canzone. È nuova, scritta appositamente per questa giornata indimenticabile ed è, ovviamente, la prima volta che la proponiamo al pubblico. Spero vi piaccia e soprattutto buon divertimento con la più grande Rock band del pianeta!” un boato e poi una batteria lenta, quasi oscura rispetto a quello a cui erano abituati gli Echelon con l’ultimo album, un ritorno alle origini. Le chitarre di Jared e Tomo creavano una sorta di atmosfera dark, ma anche malinconica, molto simile a quella dei Cure, ma più potente.

Only the stars were missing,
to make averything complete.
Only the lightning and rain
to bear us company.
 
Your body, nothing but your body,
the rest was only noise.

And I had to let you go
'cause fear was stronger than anything else.

I long to be in you,
to be in you
 
Ci fossero state le stelle,
sarebbe stato perfetto.
Invece un lampo e la pioggia
Ci hanno tenuto compagnia.
 
Non c’era altro che il tuo corpo,
il resto solo rumore.
E l’ho lasciato andare
Perchè la paura è stata più forte
Di tutto quanto.
 
Ma voglio trovarmi in te.
Trovarmi in te.
 
Monica rimase a bocca aperta.
“Ci fossero state le stelle, sarebbe stato perfetto.”, sussurrò. Glielo aveva detto lui in Louisiana! Sentì il brivido partire dalla base del collo ed arrivarle all’ultima unghia del piede. Stava... cantando per lei?
 
It was the best denial I've ever lived in
so real I thought I felt myself

The way I looked at myself was a denial
only you saw right through me,
through my merits, my faults,
through my fears.

This time I'm asking you:
don't be afraid.
 
È stata la più bella bugia
Che io abbia vissuto.
Così reale, che per la prima volta
Mi sono sentito me stesso.
 
Tutto ciò che ho pensato di me
Era sbagliato.
Solo tu mi hai visto veramente,
con i miei pregi e i miei difetti.
E soprattutto le paure.
 
Stavolta sono io che te lo chiedo:
Non aver paura.
 
Stava mettendo in canzone tutto quello di cui avevamo parlato e discusso in quella settimana.
Si stava aprendo al mondo, ma in realtà stava parlando solo a lei.
Monica guardò Jared: suonava con sicurezza, nonostante non dovesse aver provato molte volte quella canzone. Gli occhi erano chiusi, come a non voler sapere se le parole stessero facendo effetto.
Era possibile che lui sapesse esattamente dove stava?
No, ma probabilmente, come accadeva per la prima di un suo film, aveva paura dei commenti a caldo.*
Non ci poteva credere... cosa stava facendo Jared?
Cosa le stava dicendo?
“È una canzone d’amore!”, urlò Valeria.
“Sì, lo è.” Deglutì cercando di non piangere. Porca miseria, si stava commuovendo per una canzone. No, non era esatto, si stava commuovendo per una canzone scritta per lei su di loro, su quella settimana passata assieme a conoscersi fin nei loro recessi dimenticati.
“Strano...”, continuò Valeria non capendo quello che stava succedendo, “Non è la solita canzone di Jared su un amore terminato. Sembra più una su un amore che dovrebbe partire. Forse qualcosa che è già nato.”, guardò la sua amica e sorrise: “Qualcosa che entrambi non avete voluto ammettere.”
“Puoi smetterla, Puffola? Non mi aiuti a trattenere le lacrime, sai?”
“Sfogati allora, ti fa solo che bene.”
“No, mi si rovinerebbe il trucco."
 
Now that I've found you,
I realize it's you what I was looking for.
It is what we both deserve
'cause I know your aim is my aim.

I long to be in you,
to be in you
It was the best denial I've ever lived in
so real I thought I felt myself

Now I'm f***ing ready
to be there for you,
as you are there for me.
 
 
Ti ho trovato
Ed era quello che mi serviva.
Era quello che ci serviva,
perchè lo so,
tu vuoi le stesse cose
che voglio io.
 
Ma voglio trovarmi in te.
Trovarmi in te.
 
È stata la più bella bugia
Che io abbia vissuto.
Così reale, che per la prima volta
Mi sono sentito me stesso.
 
E sono fottutamente pronto
Ad esserci per te,
come tu ci sei per me. **
 
Il pubblicò applaudì educatamente, mentre Monica crollò sulla sedia. Li vide uscire dandosi pacche sulla spalla e le sembrò che Jared guardasse verso di lei, ma fu una sensazione durata un attimo. Lo vide mentre diceva qualcosa a Shannon.
Chiuse gli occhi e si passò la lingua sulle labbra: le sembrava di sentire ancora la sua voce su di lei, scivolarle addosso, come una carezza dolce e sensuale. Le pareva di sentirlo mentre la sfiorava con le dita la pelle nuda. Sentiva le lacrime premerle dietro le palpebre, ma non voleva piangere. Non poteva.
“Monica... c’è Jared.”, le sussurrò all’orecchio Valeria. Lei sbarrò gli occhi e lo vide poco lontano, subito dietro una invisibile linea che delimitava l’area VIP all’ingresso del Backstage.
E stava guardando lei.
No, guardare non era la parola giusta.
La stava chiamando, la stava volendo.
Era lì per lei.
Deglutì e si alzò: non poteva ignorarlo.
In fondo lo voleva anche lei.
“Ciao.”, iniziò Monica.
“Ciao.”, rispose Jared. Si stava mordendo in maniera spasmodica il labbro preso completamente dal nervosismo.
“Siete stati fantastici questa sera e la tua maglietta è incredibile...”, continuò lei.
“Monica... ecco, io non sono bravo in certe cose. Cioè, io sono bravo in tante cose, ma non a dirne altre. Mi capisci?” Un ragazzino delle medie sarebbe stato più a suo agio in quella situazione.
Monica sorrise. “Sì capisco. E ho capito perfettamente quello che hai voluto dirmi.”
“Sì? Completamente?” Monica gli posò la mano aperta sulla guancia: pungeva un po’ ed era umida dal concerto, piegò le dita leggermente e lo vide chiudere gli occhi e respirare a fondo. “Non sono capace di dirti queste cose parlandone faccia a faccia, la canzone mi pareva il modo migliore per espormi. Sapevo che avresti capito. Sei l’unica che lo ha sempre fatto.”
“Sono l’unica, forse, che se è permessa di farti notare certe cose.”
Jared riaprì gli occhi: a Monica sembravano due infiniti laghi calmi di montagna. Sembrava che stesse bene, felice, soddisfatto. “Probabile.” Acconsentì lui prendendole la mano. “Vieni con me, qui c’è troppa gente.”
“Jay, tra dieci minuti escono gli U2... credi sul serio che mi sposterei di qui?”
Jared scoppiò a ridere e la abbracciò: insinuò il volto tra i capelli, le accarezzò la schiena scoperta e si lasciò baciare la fronte da Monica. “Voglio stare con te, adesso e domani. E terminato domani, ricominciare. Voglio tutto di te, il tuo corpo e la tua psicoanalisi se serve. Voglio te. Sei d’accordo?”
“Fammici pensare, non sono mica convinta.”
“Che simpatica.”
“Lo sai che mi diverto con poco.” Monica lo abbracciò in vita e insieme andarono a sedersi. Dato che la sedia era una sola, Jared se la mise sulle ginocchia salutando Valeria che si ritrovava ad avere gli occhi a cuoricino come in un manga giapponese.
“Siete deliziosi.”
“Vale, smettila.”, sibilò Monica arrossendo. Non si era mai sentita deliziosa una volta in vita sua.
“No, è vero! Siete così bellini assieme. Ok, ho deciso, voglio essere felice come voi, quindi andrò da Jackson!” Si alzò, andò verso il bar e ordinò qualcosa di alcolico e partì in quarta verso il suo sogno.
“Prevedo risate cosmiche.”, borbottò Jared mentre guardava l’amica andare a porgere la mano all’attore.
“É probabile, anche perchè non ha paure reverenziali, al massimo ha la paresi alla bocca per il troppo ridere.” Rimasero entrambi ad osservare la ragazza approcciarsi e Monica sorrise.
“Ti Amo.” La voce di Jared arrivò quasi direttamente al cervello, come se non fosse passata per il canale uditivo, ma le arrivasse direttamente dentro. Si girò, si abbassò verso il suo viso e lo baciò leggera: solo un labbra contro labbra, un bacio stampo, come quelli che si davano da ragazzini fuori dalla scuola. Un bacio casto ed innocente, un qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che avevano mai provato in passato.
“Ti amo anche io. E grazie per quella canzone, è stata... incredibile.”
Jared non riuscì a reprimere un sorriso di puro trionfo e di ego alle stelle. Stava per rispondere con una frase sagace delle sue, quando fecero la loro apparizione gli U2. Monica si alzò e si avvicinò al palco saltellando e lui non potè far altro che andarle dietro.
 
Nel biglietto VIP non era assolutamente tenuto in conto l’eventuale incontro con la band.
Monica sarebbe dovuta uscire dallo stadio e sarebbe dovuta tornare semplicemente a casa grata della serata e felice per aver concluso qualcosa di serio con Jared.
Invece l’uomo, senza indugiare, l’aveva presa per mano e l’aveva trasportata nel backstage, mostrando il suo pass e sbandierando ovunque potesse un “lei è con me, non rompete le scatole.” Cosa buona e giusta era che Monica non si era presa la briga di fare discussioni su eventuali favoritismi o simili, ma con un sorriso scintillante se l’era portata nel camerino del Dio sommo della musica rock ancora vivente.
Bono Vox.
O come lo chiamava lei, 'Papino'.
Jared si era divertito molto a vedere come Monica improvvisamente era ammutolita ed impallidita. All’inizio era stato lui a fare gli onori di casa, traducendo i farfugliamenti della ragazza a Bono che la guardava con quieta pietà. Il cantante si era prestato a fare la foto e stava per andarsene, quando Monica riuscì a ringraziarlo. Aveva preso tutto il suo coraggio e si era buttata, iniziando, finalmente, ad usare la parola. E Jared ne stato decisamente soddisfatto.
Sapeva che quell’incontro non gli serviva per fare bella figura su di lei, si erano abbondantemente dichiarati e avevano anche deciso cosa fare per il resto della notte, per fortuna che la musica era alta e copriva i loro scambi di battute lascive, però l’aveva resa felice e si era reso conto, mentre lei sorrideva a Bono Vox, che per rivederla così scintillante, sarebbe stato disposto a tagliarsi una mano. Si rendeva conto da solo che stava diventando patetico.
“Jared, dammi un pizzicotto. Non può essere vero, io non posso aver incontrato Bono Vox. Io... è un sogno. Ahi!” Jared l’aveva pizzicata su un braccio. “Fa male.”
“Il che significa che sei sveglia. Quindi... hai incontrato Bono Vox.” L’abbracciò: il corridoio era semivuoto: stavano andando verso i parcheggi.
Avevano lasciato Valeria a chiacchierare non solo con Jackson, ma anche con i suoi amici delle 100 Scimmie che erano, cappelli da Texani inclusi, arrivati per il grande concerto. Onestamente Monica non aveva voglia di fare l’alba con quei ragazzi, quando aveva il suo uomo a portata di mano.
Si fermò un attimo, mentre Jared la guardava incuriosito: il suo uomo.
Suo.
Di lei.
Faceva uno strano effetto associare il nome 'Jared' al pronome possessivo 'suo'.
Aveva fatto sesso con lui, aveva parlato e condiviso alcuni momenti di assoluta pace, ma lo aveva sempre e solo considerato come un amico.
Adesso era diventato il suo ragazzo.
No, il suo uomo e basta.
Sorrise.
“Che hai?”
“Niente, sto cercando ancora di metabolizzare il fatto che siamo una coppia. Insomma, che stiamo assieme.”
“È difficile da credere?”
“Direi. Chi se lo aspettava che tu volessi me? Insomma, sei uno degli uomini più belli in circolazione... tutti ti vogliono e schiere di donne e uomini farebbero follie per te e tu che fai? Scegli me... Insomma... è una bella sorpresa.”
Jared stava per replicare, quando si aprì di botto una porta e si ritrovarono Shannon a petto nudo, con dei chiari segni di rossetto sbavato addosso.
“Oh, ciao piccioncini. Come va?”
Monica lo guardò senza sapere cosa dire: non si poteva girare un momento che lui si ritrovava avvinghiato ad una donna.
“A noi bene e deduco anche a te.” Rispose Jared con tranquillità. “Ci vediamo domani, non..”
“Shannon, la canotta...” Dalla stanza uscì Cristel trafelata. Si capiva chiaramente che si era rivestita di fretta, aveva la camicetta allacciata male e la gonna storta, oltre che il rossetto sbavato attorno alle labbra ed ai capelli che andavano per conto loro, spettinati come una PR non avrebbe mai potuto portare. “E ricorda... Monica!”
“Ciao, Cris.”
“Io stavo... insomma... portando la canotta a Shannon... sai... se prende freddo...”
“Sì, sì, certo, immagino. Anche perchè a Giugno, quasi luglio, in California si fa presto a stare male. Certo, coprilo, povero caro, che mi sa che per stasera te lo sei spogliato a sufficienza.” Shannon rise, mentre Cristel prendeva una interessante sfumatura rossa in volto.
“Non è mai abbastanza, credo che a breve la spoglierò di nuovo.”, fece Shan tranquillo.
Jared scosse il capo. “Divertitevi, ma a casa di Cristel. La nostra è occupata da me e Monica.” Prese la sua ragazza per mano e la portò fuori, mentre suo fratello rideva e scherzava con Cristel che balbettava per il modo in cui i suoi amici l’avevano beccata.
“Spero solo per Shannon che non la faccia soffrire.”, disse Monica salendo in macchina
“Cristel non può usare la sua cintura nera di Karate, lo sai.”
“Lo so, ma io non ho vincoli. Se fa del male alla mia amica, gli strappo i testicoli e glieli faccio ingoiare.”
“Chiara e limpida.”
La strada era tranquilla, la maggior parte della gente era già tornata a casa. Monica non riusciva a vedere le stelle, troppe luci ancora li circondavano. Jared teneva una mano posata sul pomello del cambio e lei ne approfittò per coprirla con la sua continuando a canticchiare 'Sunday Bloody Sunday'.
“Ce la faremo vero?”, domandò Monica.
“A fare cosa?”
“A stare assieme. Intendo, ce la faremo a non ucciderci tra di noi perchè litighiamo ogni due minuti o a gestire la lontananza? Insomma, queste cose qui.”
Jared sentiva la mano di Monica tremare leggermente. “Credo che siamo abbastanza adulti per non scivolare in una relazione che ci incateni l’uno all’altra. Io so di amarti, lo sento, lo capisco, credo da molto tempo, anche se non volevo ammetterlo, e proprio grazie a questo so con certezza che tra noi funzionerà. O almeno, io farò di tutto per farla funzionare. Ovvio, nessuno di noi dovrà lasciare nulla della vita precedente, ma, come io non voglio abbandonare le tourneè con i Mars, non credo che tu voglia lasciare i tuoi libri.”
“Esattamente.”
“Sarà il compromesso che ci aiuterà ad andare avanti come coppia adulta e non come coppia di ragazzini arrapati.”
Lei annuì: il discorso non faceva una piega. “Da quanto lo prepari, questo discorso?”
“Da un paio di giorni. È venuto bene?”
“Perfetto, non avrei saputo fare di meglio. Tranne per una cosa.”, insinuò sibillina Monica.
“Cosa?”
“Io sono arrapata lo stesso.”
 
 
 
 
*Alla prima di Mr Nobody a Venezia, Jared è uscito subito dopo i titoli di testa ed è rientrato il secondo prima dell’accensione delle luci a termine della proiezione.  
**Ovviamente Jared non ha mai scritto questa canzone, per vari buoni motivi:
1-    
Non scrive orrori simili
2-      Non mi ha ancora incontrato
3-      Non sono una scrittrice di canzoni, io mi limito alla prosa con risultati altalenanti. Ma mi serviva. Ringrazio la mia amica Daniela che mi ha tradotto la canzone dall’italiano all’inglese per renderla più reale e musicale.
 
Ordunque, non è terminata qui. C'è ancora l'Epilogo.
Che ne pensate della dichiarazione? E' stata come ve la immaginate? Non credo.
Niente di smielato, niente di dolciottina o similare. Insomma, molto più Monica/Jared Addicted vero? Bhe fatemi sapere... sono curiosissima XD

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Epilogo ***


Siamo giunti alla conclusione anche per questa FF. So che alcune di voi avrebbero voluto che andasse avanti per sempre, ma io non sono una ragazza prolissa e quindi eccomi qui a postare l'epilogo: in fondo 16  capitoli mi par che bastino per una storia così XD 

Vi Ringrazio tutte per aver commentato e supportato questa FF: In questa storia, più che nelle altre, ho messo molto di me stessa. Molte cose che Monica sice al suo interno, le dico io stessa nella vita reale. Scrivere questa FF è stato un po' come fare un po' di autoanalisi. Il che mi fa capire che devo essere messa molto molto male -.-

Anyway, vi lascio con un abbraccio fortissimo dalla fredda ed umida Cardiff e vi riporto alla Fine, dove scriverò ancora qualcosina per voi lettrici. See you SOON!

Epilogo
 
Le era sempre piaciuto accarezzare l’erba fresca: le dava un senso di leggerezza, di ritorno alle origini, quando da bambina correva felice al parco a piedi nudi o in campagna dai nonni, senza paura di calpestare vetri rotti o peggio siringhe infette. Del resto nel giardino di Zia Margot era difficile trovare qualcosa di pericoloso.
Tranne Jared, ovviamente: lui sapeva sempre essere un pericolo, ma, per fortuna, sedersi a chiacchierare con Constance aiutava a tenerlo lontano da gesti malandrini. Davanti alla mamma non si può fare niente di male, si sarebbe sfogato la notte.
Monica sorrise: non le era mai dispiaciuto, in quei due anni assieme, il modo in cui Jared gliela faceva pagare.
“Ecco qui, ho preso una caraffa di thè freddo.” Cristel quell’anno era venuta con loro, la sua prima volta al raduno dei Metrejons e si stava divertendo un mondo. A differenza di lei e Jay, Cristel e Shannon non si erano mai fatti scrupoli ad amoreggiare davanti a tutti e avevano deciso, inoltre, di stare in paese piuttosto che in casa, dato che sapevano essere parecchio rumorosi.
Invece loro due, più romantici forse, dormivano nella loro piccola mansarda.
“Hai fatto benissimo, cara, fa piuttosto caldo per essere maggio.”, pontificò Margot dalla sua poltrona. “Monica, avete deciso la data per il matrimonio?”
“Quale matrimonio?”, si era improvvisamente risvegliata dai suoi pensieri.
“Il tuo e di Jared. In fondo state insieme da più di due anni, non è ora per voi di mettere su famiglia?”
Cristel ridacchiava senza farsi vedere, mentre Monica si ritrovò inizialmente pallida per poi arrossire alla velocità della luce. “Veramente non è nostra intenzione sposarci. Non ci serve, stiamo bene così.”
“ Sciocchezze.”, fece la vecchia zia. “Vi sposerete qui, ovviamente. Metteremo un gazebo... diciamo vicino al salice. So quanto vi piaccia stare lì. E poi prepareremo i tavoli con il buffet. Mi occuperò del cibo personalmente. Settembre, che dite? Fa ancora caldo e si sta bene fuori.”
Monica la guardò con terrore: la donna era completamente impazzita?
“Zia, basta! Non vedi che la metti in imbarazzo? Se Jared e Monica si vorranno sposare, te lo verranno immediatamente a dire.” Era arrivata Julie, con il suo bellissimo bikini rosso fiammante che ben si accostava alla pelle scura ed abbronzata da una settimana di relax dai parenti. Si era tinta i capelli di nero e sembrava ancora più sexy di quando era bionda.
“Non la sto mettendo in imbarazzo, le spiego soltanto che qui è benvenuta per fare la festa. Del resto dove potrebbe sposarsi altrimenti? A Los Angeles? In mezzo allo smog? No, qui staranno benissimo.”
“Julie, portami via di qui!” Monica si aggrappò alla ragazza che, ridendo, la accompagnò a fare in bagno nel piccolo lago. “Quando sei single ti chiedono di trovare un fidanzato, quando lo trovi, vogliono vederti sposata. Ma non va mai bene niente?”, sbottò Monica mettendo un piede nell’acqua. Un brivido le partì fino ad arrivare alla punta dei capelli: era gelida.
“E vedrai che appena ti sposerai, ti chiederanno di fare un piccolo Leto.”
Monica si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Quello era un altro argomento che odiava e che, stranamente, tutti tiravano fuori nei momenti meno opportuni.
Incluso Jared.
Forse era l’età, si stava avvicinando ai quarantatre, forse era l’idea di avere un discendente, ma ogni tanto, a tradimento, parlava di come sarebbe stato carino averne uno. Monica gli rideva in faccia, lui si accodava e finiva lì. Almeno fino al giorno dopo quando ricominciava. Jared le aveva chiaramente detto che avrebbe preferito avere un figlio, piuttosto che un matrimonio che, alla fine, non significava nulla. Lui l’amava senza dimostrarlo con una cerimonia o con un pezzo di carta e Monica lo approvava in pieno, anche se, internamente, sapeva che l’idea di lei vestita di quel bellissimo abito di Armani azzurro cielo, con un boquet di rose bianche e l’acconciatura elaborata con un Jared più che elegante al suo fianco, la attirava in arditi sogni. Ma non le importava, l’unica cosa che contava era stare bene e loro stavano benissimo.
Il lavoro di Jared andava a gonfie vele e Monica, molto spesso, viaggiava con lui. Poteva scrivere comunque e, inoltre, dava anche una enorme mano alla povera Emma che ogni tanto impazziva a stare dietro a tutti.
“Mi sa che non faccio il bagno, troppo fredda.”, decretò Monica.
“Mi sa che se non ti butti tu, ci penserà Jared a farlo per te.” E si spostò velocissima.
“Cos...?”, riuscì praticamente solo ad urlare prima di sentire due braccia che la sollevarono di forza per poi scaraventarla in mezzo all’acqua. Era così fredda che per un attimo pensò di non riuscire a muoversi. Per fortuna che Jared la tirò anche fuori, oltre ad averla buttata dentro. “Io ti ammazzo!”, riuscì a sputacchiare Monica mentre lui rideva senza ritegno.
“Su, su è solo un po’ di acqua.”
“Ma vaffanculo!”
“Non dire parolacce davanti ai bambini. Non è bello.”
“Ma senti chi parla.” Quella primavera, per i concerti che stava per andare a fare in Europa, aveva deciso di tenersi i capelli corti, ma tinti di un improbabile color puffo. Per fortuna, almeno, non aveva quel colore malaticcio del 2010 e quindi alla fine non gli stavano neanche troppo male. Monica aveva usato l’altra metà di tinta per farsi le punte blu elettrico, anche se non sapeva quanto sarebbero durati, dato che tendevano a scolorirsi presto.
Si era sbarbato per bene per quel pic-nic e magari non sembrava avere diciotto anni come accadeva fino a pochi mesi prima, però sembrava sempre quasi più giovane di lei. Era frustrante a volte.
Jared la riprese in braccio, bagnandosi tutto pure lui, per riportarla a riva, sotto il loro salice, dove avevano steso il telo da mare.
“In effetti è fredda, ma se vuoi ti scaldo.”
“Non ti azzardare, lascio questo onore al sole.” Jay sorrise, ma si stese vicino a lei. La piccola Rachel li osservava ancora sospirando e sperando che lui, prima o poi, lasciasse quella vecchiaccia e si mettesse con lui, nonostante il piccolo Peter Bishop* le avesse dato il primo bacio a scuola.
“Ingrata.”
“Semplicemente ti conosco. Mi metteresti in imbarazzo di fronte a tutta la tua famiglia.”
Jared le prese una ciocca di capelli e se la attorcigliò attorno al dito. “In realtà è anche la tua famiglia, ormai. Sei una Leto, anche se ancora non hai cambiato il cognome. Sei una di noi, amore.”
“Questo sì che è preoccupante.”
“Scema!”
“Dai che scherzo. Ma senti un po’, e Zia Franny? Quasi mi manca la sua presenza.” Jared stava continuando a giocare con i suoi capelli, mentre lei pigramente si distendeva sull’asciugamano per farsi baciare dal sole.
“Ha saputo da un uccellino biondo, anzi, ormai tinta di nero, che ci saremmo stati anche noi e dopo quello che è successo due anni fa... diciamo che non se l’è sentita di un secondo round. Del resto non ha neppure George a darle man forte, visto che è rimasto a New York a cercare di sistemare i cocci delle sue corna.”
“Poverino... e sì che lui era così sicuro di essere il maschio alpha della famiglia Metrejons.”
Jared sbuffò sonoramente. “Maschio alpha i miei co...nigli.”, finì: due bambini si erano avvicinati a Monica con dei fiori: erano dei figli di cugini di secondo o terzo grado, nessuno dei due aveva ben capito il grado di parentela, ma erano dei ragazzini simpatici.
“Questi sono per te.” E le passarono i fiori.
“Grazie. E perchè?”
“Perchè sei bella.” E scapparono via rincorrendosi.
“Visto, sono bella!” Esclamò Monica ridendo ed annusando i fiori di campo. “Ho anche io i miei fans!”
“Però io sono il primo della lista.”
“Uhm.... non ne sono sicura. Robert mi pareva molto molto interessato.”
“Ha solo otto anni.”
“Bene, lo coltivo.”
“Scema.”
“Geloso... perfino di un bambino.” Jared la fece stendere sotto di sè e le fece il sollettico. “Smettila! Lo sai che poi urlo!”
Lui ridacchiò. “Meglio che ti faccia urlare in altre sedi.”
“Jared!!!”
“Ehy, voi due piccioncini, la smettete? Qui vorremmo mangiare in pace, senza i vostri mugolii.”, urlò Shannon dal tavolo del buffet.
“Fratello, vedi di andare a quel paese ok?”, poi sospirò, “Che ne dici di continuare più tardi la nostra piccola sciarada e andare a farci due chiacchiere familiari?”
“Ho paura di quello che potrebbero chiederci o dirci in generale, ma... andiamo.”
Camminando a piedi nudi sull’erba fresca, mano nella mano, si avviarono a mangiare, senza un solo pensiero per la testa.
 
*Piccolo Omaggio a Fringe
 
FINE
Come avete notato, la storia è finita *Ma dai???* 
Comunque il finale è particolarmente aperto, lascia il campo libero a tutte le idee del mondo, quindi, siccome la coppia mi piace e mi ispira, vi chiedo: vorreste vedere qualcosina ancora? Se sì, cosa? Magari, pensandoci, mi viene fuori qualche capitolo Extra. 
Accetto qualsiasi richiesta, tranne la morte di qualche personaggio. Ci sono troppo affezionata u.u 
A PRESTO :-************

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=796444