Quella Lunga Settimana di PrincesMonica (/viewuser.php?uid=32210)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Titolo:
Quella Lunga settimana
Autore:
PrincesMonica
Rating:
Rosso/Arancio
Disclaimer:
Scrivo per puro divertimento personale e
non a scopo di lucro. Non conosco Jared Leto (per ora) quindi non so
assolutamente se i pensieri che ho descritto e la sua
personalità siano anche solo
minimamente simili.
Capitolo
1
Stava
cercando in tutti i modi di trovare una buona
scusa per propinarle quel viaggio. Il problema, e lo sapeva anche lui,
era che
non ci sarebbe potuta essere nessuna scusa che teneva, più
di quella assurda
richiesta di sua madre. Adorava Costance, era merito suo se lui e
Shannon erano
cresciuti così bene... Ok, magari non perfetti gentleman
come richiedeva il
galateo, ma avevano delle basi solide e credevano in quello che
facevano, cose
che in quei giorni era quantomeno complessa.
Magari
sua madre avrebbe preferito che fossero due
uomini da casa e lavoro, solo che il loro lavoro era decisamente fuori
dagli
schemi e la parola casa non aveva mai avuto un grandissimo significato,
soprattutto quando fin dalla tenera età di sei anni avevano
preso a girare per
mezza America. Non che gliene facesse una colpa, ma non poteva
lamentarsi che i
suoi figli non avessero una vita stabile quando lei per prima li aveva
fatti
girare come due trottole impazzite.
Scosse
il capo: non era quello il momento per mettersi
a fare i conti con il proprio passato e di certo quei pensieri non lo
aiutavano
a decidere come affrontare il discorso con la sua amica.
Sospirò davanti un
palazzo non troppo alto, ma ben tenuto, davanti ad una delle
innumerevoli
spiagge della città.
"Chi
è?"
"Jared."
".....
Sali."
Con
rapidità fece i tre piani di scale e si ritrovò
davanti ad una porta in finto legno, in quanto blindata, ancora chiusa,
quindi
suonò il secondo campanello. Qualche giro di chiave dopo si
trovò davanti una
ragazza che lo fissava incuriosito. Indossava un paio di pantaloni
della tuta
grigi, due volte più grandi di lei, una maglietta a maniche
corte blu elettrico
e solo dei calzini multicolori ai piedi. Dietro gli occhiali azzurri,
due occhi
grandi e castani, che rivelavano, spesso, molto di più di
quello che lei
lasciava intendere. I capelli, normalmente mossi e lasciati liberi
dietro la
schiena, erano raccolti in una stretta coda.
"Entra.
Scusa se non sono di tante parole, ma
stavo cucinando." infatti dalla spaziosa cucina tutta in tinta azzurro
chiaro, proveniva un delizioso profumino. Inconfondibile la cioccolata
si
impossessò del suo odorato: Jared quasi dimenticò
il motivo della sua visita.
Seguì la ragazza e si sedette sul tavolo, mentre lei
prendeva un mestolo di
legno per mescolare una crema scura che sobbolliva sul fornello. Aveva
mangiato
molto spesso quello che lei cucinava, ma di rado l'aveva vista mentre
preparava
i suoi manicaretti.
"Mi
spieghi che ci fai qui? Dubito che sei sceso
dalla collina solo per guardarmi in tenuta da casa mentre preparo una
torta al
cioccolato."
"No
in effetti, Monica. Però è interessante
vederti in tenuta da casalinga piuttosto che quella di efficiente star
della
letteratura che vedo di solito alle presentazioni dei tuoi libro."
Lei
sorrise e lo fissò con la coda dell'occhio, sempre
attenta a non far bruciare la copertura di quella che sarebbe diventata
una
perfetta sacher per la cena a cui era stata invitata quella sera. Il
2012 gli
stava giovando parecchio. Da quando aveva finito il tour era finalmente
riuscito a mettere su qualche chilo che da troppo tempo mancava e le
occhiaie
nere che per quasi due anni lo avevano accompagnato erano solo dei
ricordi. I
capelli decisamente lunghi e la barba lasciata crescere più
del normale,
rendevano il suo volto decisamente più maschio e
più uomo di quanto non
sembrasse. Capiva che era veramente in vacanza. E i vestiti trasandati
le
facevano capire che non aveva neanche la voglia di pensare di
interessare a
qualcuno. Peccato che pure con quei pantaloni blu e gialli dell'Adidas
e la
canotta dei Def Leppard, avrebbe attirato gli sguardi di chiunque. Si
domandò,
per l'ennesima volta, se Jared si rendesse conto quanto riusciva ad
attirare la
gente e di come, soprattutto, riuscisse a non passare inosservato. Era
semplicemente troppo.
Troppo
bello.
Troppo
perfetto.
Troppo
tutto.
"Quindi?"
"Che
fai la prossima settimana?", chiese lui
invece.
"Perchè?"
"Sai
che non si risponde con una domanda ad
un'altra domanda?"
Monica
non si prese la briga di dire altro, ma tolse
dal fuoco la glassa di cioccolato e la portò verso il piano
di marmo dove,
sopra un'apposita griglia di metallo, stava appoggiata una torta scura.
Mescolò
con lentezza facendo terminare tutto il bollore, fino a quando, con
lentezza
studiata, iniziò a versare il contenuto della pentola sulla
torta. Con una
spatola di metallo e pochi colpi di polso, coprì tutta la
superficie che
divenne lucida ed ancora più invitante. Jared non perdeva un
solo movimento,
anche perché era straordinario come la cioccolata scivolava
ordinata sui bordi
e come Monica riuscisse a non farne cadere troppo sul piano. Dopo un
paio di
minuti, versò quello che rimaneva del composto in un vasetto
di vetro e lasciò
che la glassa si rapprendesse.
Finalmente
andò a sedersi davanti a lui sorridendo. "Sai
che ti ho chiesto cosa vuoi?"
Jared
la fissò torturandosi il labbro: era stata una
follia venire lì. La conosceva da anni, sapeva che non era
il tipo di donna che
accettava simili progetti. Poi pensò a sua madre e alle urla
che avrebbe
tirato, oltre alla rottura di palle per almeno un anno. No, era
qualcosa che
non poteva decisamente sopportare.
Monica
roteò gli occhi esasperata dal silenzio
dell'amico.
"Ok,
ok, va bene. Avrei bisogno che tu mi facessi
un favore enorme."
"Del
tipo?"
"Diciamo
che dovresti farmi da fidanzata per una
settimana, tò, dieci giorni al massimo."
Calò
il silenzio: Monica lo fissó come se fosse
impazzito del tutto, cosa che forse era vera. Non capiva se si era
bevuto
l'ultimo goccio di sanità menta e o se non l'avesse mai
veramente avuta. Optò
per la seconda. Poi si mise a ridere di gusto. La stava prendendo in
giro,
ovviamente. "E io ancora che ti sto ad ascoltare! Che scemo che sei."
"Non
ti sto prendendo per il culo. Ho bisogno di
una ragazza seria per qualche giorno. E tu sei l'unica che mi sia
venuta in
mente che può rispecchiare un po' quello che mi serve."
Adesso
lo stava fissando in muto stupore. Jared fu
tentato di chiuderle la bocca con un piccolo gesto del dito, prima che
una mosca
vi entrasse.
"Ok,
questa è una situazione assurda.",
mormorò Monica alzandosi e dirigendosi verso la sua camera
da letto. Jared la
seguì: forse era il caso che le spiegasse tutto dal
principio. La trovò mentre
si stava spogliando. Senza un minimo di pudore, la guardò
"Scusa? Puoi
uscire?"
"Ti
ho visto spesso in costume. Non è una
novità.", notò i segni chiari delle smagliature
sulla pancia, ma anche il
seno abbondante ben sostenuto da un reggiseno bianco sportivo. Spartana
fino in
fondo, pensò.
"lo
so, ma non amo farmi vedere semi nuda dagli
amici in camera mia."
"Paura
che ti salti addosso? Tranquilla, non sei
il mio tipo."
"Lo
so, quindi é per questo che trovo assurda la
tua idea. Vallo a chiedere ad una delle Barbie che ti scopi una notte
sì ed una
anche."
"Non
ho questa vita sessuale così movimentata
come credi tu. E comunque nessuna di loro va bene per quello che mi
serve."
"Ah,
ti serve una con il cervello?"
Lui
sorrise: "Beh, più o meno sì. Senti, la
situazione è questa. Ieri sera mamma è venuta da
noi brandendo una lettera con
fare alquanto minaccioso. Era una lettera di zia Margot, una specie di
pro pro
zia della Louisiana, una parente di secondo grado di nonna Ruby. Sta
organizzando un super mega ritrovo di tutti i fottuti Metrejons e
affini. Ovviamente
fottuti solo perché la situazione è di merda."
"Ok,
ma io che c'entro?"
"C'entri,
perchè mamma vuole che io e Shannon ci
presentiamo con due fidanzate serie al nostro fianco."
Monica
era senza parole, non riusciva neanche a
ridere. " E perché? Non mi è mai perso che le
interessasse così tanto la
vostra situazione sentimentale."
"Appunto,
ma pare che al raduno ci sarà anche Zia
Franny estremamente in competizione con mamma."
"Ancora
non capisco."
Jared
si schiarì la voce prima di intraprendere una incredibile
imitazione di sua madre, dal modo di fare al tono. "Lo sapete quante
volte
vostra zia Franny mi ha ripetuto che il suo George é
intelligente, con un
lavoro stabile e che belli sono i suoi nipoti? Mica come i miei due
debosciati!
Questo ci ha detto, ti rendi conto?", finì con voce normale.
"Povera
donna, ha anche ragione. Ormai avete
entrambi varcato la soglia dei 40 e lei non vede piccoli Letini
all'orizzonte."
"Ti
prego non mettertici anche tu. Ho bisogno di
un aiuto, non ho voglia di rotture di palle per un anno intero con lei
che mi
ripete quanto sia bravo George, quanto l'ho delusa per non aver portato
una
fidanzata e simili."
Monica
sorrise. "È interessante vedere come
l'unica donna che ti comanda a bacchetta é tua madre."
"Non
scherzare. Quella é capace di ucciderci con
la stessa facilità con cui ci ha fatti. Non voglio neanche
sapere chi si
porterà dietro Shannon, ma io vorrei avere al mio fianco
qualcuno su cui possa
fare affidamento. Quelle che tu chiami Barbie ancora un po' non sanno
neanche
il mio cognome o cosa faccio realmente nella vita."
"Appunto,
ti serve una con il cervello. Perché
non l'hai chiesto ad Emma?", bastò l'occhiata obliqua che le
lanciò per
capire l'antifona: Emma era tanto cara e tanto buona, ma di certo non
era una
ragazza che si lasciava trascinare in quelle follie. Senza contare che
era
tornata in Australia per un degno e meritato mese di ferie.
"Ok.
Quindi spiegami che cosa dovrei
fare."
Jared
sorrise: era fatta! "Niente di che, qualche
effusione in pubblico, andare in giro mano della mano, dormire assieme
al
massimo."
"Si
può fare, non mi sembra tragico. Ok, che ci
guadagno io?"
Jared
sbattè le palpebre incredulo. "Un viaggio
pagato e vitto e alloggio gratis nella splendida Bossier city?"
"Non
scherziamo. Vengo a fare la tua burattina
per una settimana intera e non ho nulla in cambio? Andiamo Jay, sono
una amica,
non una santa."
"Non
ti facevo così venale."
"Le
ultime volte che hai chiesto il mio aiuto mi
sono trovata sempre nei guai. E ci ho sempre rimesso qualcosa. Stavolta
voglio
tutelarmi."
Jared
la fissò: alla fine era rimasta solo con i
pantaloni e la biancheria. La discussione l'aveva tanto presa che non
si era
rivestita e in quel momento giocava con il bordo della maglietta ancora
in
mano. In fondo era carina, anche se non proprio per i suoi canoni
estetici. "Cosa
vuoi?"
"Mi
accontento di poco, visto che conosco i tuoi
agganci. Voglio solo due biglietti tribuna Vip per il concerto degli U2
del
prossimo mese."
"Tu
scherzi, vero?"
"No.
Portami quei due biglietti e sarò la tua
dolce fidanzatina per tutto il tempo che vorrai e non solo per una
settimana."
"E
come faccio ad essere sicuro che verrai quando
li avrai in mano?"
Lo
guardò perdendo il leggero sorriso che aveva avuto
durante tutta la contrattazione. "Non ho mai tradito la tua fiducia, mi
pare. Non ti ho mai paccato, anzi semmai è successo il
contrario. La nostra
relazione inizia proprio male."
Jared
uscì dalla camera per recuperare il Blackberry
che aveva lasciato sul tavolo della cucina e poi aprì la
porta di casa. "Due
biglietti area Vip? Li avrai. Tu prepara le valigie per il prossimo
venerdì che
si parte."
Monica
lo vide chiudere la porta e sospirò: quello che
gli aveva chiesto era praticamente impossibile. Da tempo tutti i
biglietti
erano andati sold out. Lei era riuscito a recuperarne uno solo per gli
spalti.
Nonostante i suoi contatti con le varie case editrici e la sua discreta
fama,
non era riuscita a recuperare nessun biglietto in più,
quindi dubitava assai
che Jared riuscisse, a meno di un mese dal concerto più
atteso dell'anno, a
trovare due biglietti e per giunta area Vip. Era riuscita, in modo
anche
abbastanza elegante, ad evitare quello strampalato viaggio. Inoltre,
conoscendo
Jareed, sarebbe stato capace che nell'arco di un'ora avrebbe cambiato
idea e
avrebbe rintracciato una delle sue amichette, magari Lauren che non
vedeva
l'ora di infilarsi nuovamente nel suo letto, e avrebbe invitato una di
loro al
mega raduno. In fondo loro non si sarebbero messe a discutere e dettare
leggi e
ricatti.
Andò
in cucina sistemando la torta sul vassoio e
riponendolo in frigo perchè si rapprendesse del tutto, poi
terminò di pulire
quello che aveva sporcato.
Non
si sentiva minimamente in colpa per quello che
aveva chiesto a Jay. Fosse stato qualsiasi altro uomo non avrebbe mai
fatto una
cosa simile, ma con lui le veniva naturale essere un po' acidina. Del
resto lui
non si era mai comportato alla perfezione con lei. Quando l'aveva
conosciuto,
anni ed anni prima, non era ancora una celebrità mondiale,
ma era, come sempre,
bellissimo. La sbandata era stata ovviamente potente e lui ci aveva
anche
giocato in po' su. Per fortuna che si era rimessa in carreggiata prima
che lui
le spezzasse il cuore. Erano diventati amici: non proprio quegli amici
per la
pelle dei film di Hollywood, ma abbastanza amici da farsi favori una
con
l'altro, uscire assieme quando erano entrambi in città,
parlare di cose
relativamente serie. Ma non così tanto amici da conoscersi
fino a fondo.
Il
problema di Jared, secondo lei, era che fosse
troppo convinto che qualsiasi cosa volesse l'avrebbe ottenuta. Non che
gli
fosse sempre andata così bene, ma la notorietà
aveva aiutato parecchio in quei
ultimi anni a fargli riuscire ad avere quello che voleva. E Monica non
era una
ragazza che amava farsi raggirare troppo facilmente.
Si
buttò sul divano, accese la Tv sul canale delle
notizie sorridendo: la settimana prossima avrebbe iniziato la stesura
del nuovo
romanzo della sua eroina sfigata, Camilla, alle prese con una nuova
storia e
nuovi problemi.
La
Louisiana era lontana e niente la toccava in quel
momento.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Il
posto in aereo era ovviamente di prima classe e
comodissimo, uno standard ben diverso dai quali lei era abituata.
Quando girava
per l'America per le sue presentazioni, Monica si muoveva con i voli
low cost e
i posti stretti. Jared no, sempre il meglio quando poteva
approfittarne. Lo
guardò seduto vicino a lei, con i rayban calati sugli occhi
chiusi: non era
calmo. Notava che era nervoso, in quanto si tormentava le unghie
diligentemente
ripulite da residui di smalto nero. Era anche vestito sobriamente, con
dei
jeans e una camicia con il primo bottone slacciato. Dietro di loro
Shannon, che
rideva molto sguaiatamente della sua accompagnatrice, una ragazza poco
più che
ventenne che lo fissava in tralice. La loro madre, ancora
più dietro, passava
da uno sguardo truce verso il figlio maggiore e quello deliziato verso
il
minore. Monica scosse il capo.
"Mi
spieghi come hai trovato quei due
biglietti?"
"Che
ti importa, l'importante é che andrai a
vedere gli U2. Anzi, sono curioso: con chi ci vai?"
"Non
ne ho idea. Onestamente non credevo che ce
l'avresti fatta."
"Donna
di poca fede. Con chi credi di avere a che
fare? Io sono Jared Leto, quando voglio qualcosa lo ottengo." si
interruppe quando una risata sciocca si insinuò tra di loro.
"Fanculo.
Cosa crede di fare?"
"Portare
una ragazza qualsiasi di bell'aspetto.
Forse farà più bella figura lui di te con lei al
suo fianco. A proposito, come
si chiama. L'ho già dimenticato."
"Gabrielle.
Come fai a scordare i nomi così
velocemente?"
"Tendo
a scordarmi chi non mi interessa. Non
credo che quella bambina resterà una presenza costante nella
vita di
Shan.", il tono neutro rifletteva perfettamente quello che pensava del
suo
amico. Adorava Shannon, era con lui che si era fatta alcune delle
più grandi
risate della sua vita, ma l'uomo aveva un incredibile difetto che non
si curava
di correggere. Era assolutamente incapace di legarsi seriamente con
qualcuno.
Aveva talmente tanto fascino che non aveva problemi a trovarsi
compagnia, ma
non dovevano rimanere nel suo letto per più di un tot di
notti. Monica trovava
quella cosa un tantino squallida, ma non andava certo a parlare con lui
delle
sue scelte di vita. E del resto il discorso valeva anche per Jared.
"Parlando di cose serie, ci sono cose che devo sapere? Come mi
approccio
con la nostra relazione?"
"Eh?"
"Mamma
mia! Cosa diciamo ai tuoi parenti?"
chiese spazientita.
"La
verità. Ci conosciamo da tanto e abbiamo
preso a frequentarci quando io sono tornato dal tour, che siamo appena
all'inizio, che ci amiamo alla follia...", finì quasi
schifato da quello
che aveva detto. Monica storse il naso.
"Non
so se sentirmi offesa per la tua frase. È
così terribile l'idea di essere innamorato di me?"
"Ma
no! Non è una cosa che riguarda te, è una
cosa che riguarda tutta la situazione. L'idea stessa dell'innamorarsi
mi fa
venire l'orticaria. Mi domando perché perdere tempo con
queste cose."
"Tipici
discorsi da uomo. Sei stato ferito e hai
paura di caderci di nuovo, vero?"
"Psicologia
da quattro soldi. Resta fuori dalla mia
vita privata."
"Impossibile,
sono appena diventata la tua
ragazza per la prossima settimana."
"Porca
puttana. Mi sono messo nei guai con te.
Forse sono ancora in tempo a farti restare a Los Angeles."
"Difficile,
amore.... Stiamo atterrando."
Jared
scosse il capo e sospirò. Monica aveva
l'incredibile capacità di capirlo molto meglio di altre
persone e questo lo
infastidiva parecchio. E sempre per lo stesso motivo, tendeva ad
allontanarla,
anche in maniera poco elegante. Del resto lei faceva lo stesso. Non si
era mai
fatta problemi a destabilizzarlo. Sarebbe stata una lunghissima
settimana.
Usciti
dall'aereo Jared e Shannon si diressero al bar.
Shan, come sempre, si prese una birra ghiacciata, mentre Jared si era
concesso
un the freddo alla menta, che, volente o nolente, gli ricordava il sud
ogni
volta che lo prendeva. Guardò suo fratello che sembrava
piuttosto divertito
dalla situazione che vedeva: sua madre cercare di interagire con
Gabrielle.
"Sei
uno stronzo. Si può sapere che cosa hai in
mente con quella tipa?"
"Assolutamente
nulla. La porto a Bossier e tra
due giorni lei dovrà tornare a NewYork per un lavoro e io
sarò libero e felice
di farmi qualcuna. Se non ricordo male c'era una quarta cugina mica
male a
casa."
"Ma
tu non stai bene. Cosa pensi che dirà
mamma?"
"Onestamente?
Non mi interessa. E non dovrebbe
interessare neanche a te. In fondo hai la tua vita, che non
sarà quella che lei
vorrebbe per te, ma è tua e ti fa stare bene." Si interruppe
per bere un
sorso di bionda: "O almeno ti fa stare. ‘Bene’
sarebbe troppo mi sa."
Poi fissò Monica mentre guardava lo schermo per capire dove
avrebbe trovato la
sua valigia. "Ammetto, però, che la tua scelta mi ha
quantomeno stupito.
Non pensavo che portassi Monica con te, anche se avrei dovuto
immaginare che ti
saresti complicato la vita."
"Onestamente
non so cosa mi è preso. Monica
neanche mi piace."
"Cazzate,
ti é sempre piaciuta e lo sai."
"Mi
piace come persona, non certo come donna in
senso stretto. Non me la porterei mai a letto." Shannon sorrise
malandrino.
Jared
odiava quando faceva così: sembrava che si
divertisse a stuzzicarlo. "Eppure credimi, non te ne pentiresti."
"Me
lo hai ripetuto alla nausea. Non te la sei
scopata tu più di una notte, perché dovrei farlo
io?"
"Perchè
lei non era il mio tipo. Anzi, diciamo
che tra noi non c'è quella grandissima chimica che ci
dovrebbe essere sotto le
lenzuola. Comunque è una gran ragazza, simpatica.”
“Stai
cercando di fare da agenzia matrimoniale,
Shan?"
"Qualcuno
dei due deve sposarsi e mandare avanti
la famiglia, altrimenti mamma si mette a piangere e siccome io non ho
voglia di
farlo, sei tu il perfetto candidato."
"Stronzo."
Shannon
rise e gli diede una pacca sulla spalla. "Andiamo
a recuperare le nostre donne. La zia ci aspetta."
Monica
vedeva scorrere lenta la lunga Highway che
partiva dall'aeroporto di Bossier City intorno a sè. Il
lungo serpente di
metallo si dipanava lungo le grandi arterie della città.
Riuscire ad uscirne
sembrava più complesso di un problema di fisica quantistica
e la compagnia non
aiutava moltissimo nell'impresa di non annoiarsi. Costance aveva
continuato per
tutta la strada a tirare frecciatine alla povera piccola modella che
non capiva
nulla e rideva felice della situazione. Jared era alla guida e si era
trincerato dietro ad un silenzio di tomba. Shan si limitava a suonare
le sue
cosce ad un ritmo tutto suo e ogni tanto parlottava con sua madre. Lei
sentiva
un incipiente mal di testa.
Finalmente,
dopo un'ora abbondante passata ad
ascoltare una improponibile radio locale, erano riusciti ad uscire
dall'ingorgo
e a muoversi in velocità sulle strade della Louisiana. Per
Monica era una
novità, lei non ci era mai stata prima e quel luogo pieno di
acquitrini e sole
le dava una sorpresa dietro l'altra. L'aria umida dell'esterno entrava
nell'abitacolo dal finestrino di Jared completamente abbassato, in
quando sua
madre aveva chiesto di non attaccare l'aria condizionata. Man mano che
si
addentravano nei paesini da poche centinaia di abitanti, i profumi
cambiavano.
Lei aveva preso il suo piccolo blocco per segnarsi tutto: odore di
paludi,
eppure circondato anche dall'odore penetrante dei fiori, la terra
bagnata
insieme e il profumo del vento. Si accorse dopo molto di star
sorridendo.
Quel
luogo sembrava magico. La macchina aveva appena
svoltato prendendo un lungo viale di selciato. Ai lati due file di
pioppi
muovevano con leggerezza le foglie alla brezza che soffiava
perennemente. L'erba
era di un verde scintillante, sciami di insetti si muovevano frenetici
e l'aria
era elettrica di aspettativa. Fissò Jared: aveva le labbra
chiuse e tirate,
come se essere lì fosse un peso, mentre Costance sembrava
quasi commossa.
Finalmente
vide in lontananza una casa. No, in realtà
era una villa coloniale che improvvisamente le ricordò Tara,
la casa di Rossella
O'Hara in "Via col Vento". Un sogno, quel posto era un sogno. La casa
era in mattoni rossi, con tre serie di finestre, una per piano.
L'entrata era
in marmo bianco, con un piccolo portico di legno dove, oh cielo,
pensò Monica,
c'era un dondolo.
"Quella
é casa di tua zia?", mormorò.
"Diciamo
che é la casa di metà dei Metrejons di
tutta la Louisiana. Ci abbiamo passato quasi tutte le estati quando
eravamo
bambini e mamma lavorava. La zia Margot fa ancora i pancake con lo
sciroppo di
fragole di campo?"
"Conoscendola
avrà messo in dispensa una
bottiglia di sciroppo con il tuo nome.", il sorriso ormai era
definitivamente radioso sul volto della donna che finalmente si sentiva
a casa.
Jared
parcheggiò in un piccolo spiazzo accanto ad un
pick-up e nel mentre che stavano uscendo, arrivò una donna
anziana, che Monica
pensò si trattasse dell'incarnazione di Mami,
però bianca. Era un donnone, con
un vestito che non sarebbe sfigurato durante la guerra di secessione.
La lunga
gonna blu era coperta in parte da un grembiule bianco un po' sporco. Si
stava
asciugando le mani su uno strofinaccio che appoggiò sulla
spalla e sorrideva
radiosa. Aveva una cascata di capelli bianchi come la neve e il volto,
rubicondo ed abbronzato, era solcato da una fitta rete di rughe
sottili. Era
decisamente vecchia, eppure gli occhi blu, scintillavano vivaci, come
se gli
anni non avessero inciso su di lei.
"Zia
Margot!", tutti e tre i Leto
esclamarono andando ad abbracciarla. In quel momento Monica si
sentì
leggermente di troppo in quella riunione familiare e per la prima volta
si
domandò se non avesse fatto una cazzata ad accettare
l'assurda richiesta di Jared.
Eppure in quel momento... il sorriso di lui sembrava sincero. Qualsiasi
fosse
il demone che lo aveva logorato durante tutto il viaggio era appena
scomparso.
"Zia
ti presento Monica, la mia...", Jared
si bloccò quasi incapace di andare avanti.
"Ragazza.
Piacere signora e grazie
dell'ospitalità.", venne in aiuto lei lanciandogli
un'occhiataccia.
"Lei
invece è Gabrielle, l'accompagnatrice di
Shannon.", Monica calcò sulla parola
‘accompagnatrice’, facendo apparire
un mezzo ghigno sul volto di Jared, mentre Shan faceva finta di nulla.
"Venite
su ragazze, chiamatemi Margot e datemi
del tu. La cena è quasi pronta, avete giusto il tempo di
darvi una rinfrescata.
Costance, tesoro, la tua stanza sai qual'è, mentre voi due
monellacci
prenderete le due mansarde in ultimo piano. Domani arriveranno tutti
gli altri
e quindi devo capire come sistemarvi al meglio. La casa è
grande, ma i
Metrejons sono tantissimi."
Monica
si trovò in un grandissimo atrio dove spiccava
un quadro ad olio della campagna circostante. Davanti a lei una grande
scalinata
che portava al piano superiore, mentre a destra si entrava nella sala
da pranzo
dove già era apparecchiata la tavola per sei, mentre a
sinistra c'era la
cucina. Non riuscì neanche a dare un'occhiata curiosa che
Jared la prese per
mano e la trascinò su per le scale. Notò che in
ogni corridoio c'erano tre
porte, per un totale di cinque stanze da letto ed un bagno, quindi...
"Questa
casa ha 15 stanze? Mamma mia è una
reggia!"
"17
con le due mansarde e tre bagni. Noi dobbiamo
usare quello del terzo piano."
"E
tua zia vive da sola in una casa così
grande?"
"Ovviamente
no. La casa è un hotel, in realtà, ma
in questa settimana ci siamo solo noi."
"Questo
posto è stupendo. È incredibile."
sul volto di Jared passò un'ombra.
"Già,
splendido. Ecco, questa è la nostra
mansarda. Shannon!!" urlò verso le scale "Noi prendiamo la
mansarda a
sinistra. Vedi di non rompere le scatole!"
"La
cosa è reciproca. E mettetevi i tappi, non
voglio lamentele per il rumore."
"Ma
che cretino."
Monica
rise, poi finalmente entrò in quella che
sarebbe diventata la sua stanza per quella settimana.
Non
era molto grande, ci stava a malapena un grosso e
comodo letto matrimoniale con un armadio a due ante di legno chiaro. I
muri
erano dipinti di un tenue color panna e l'abbaino era coperto da una
leggera
tendina bianca. La parte mansarda arrivava fino a terra e le travi a
vista
erano tutte in legno che richiamavano il mobile. Una piccola porticina
accanto
alla porta d'entrata, dava su un WC.
"La
doccia la dovremmo fare sempre giù, ma almeno
non dovremmo fare le scale per pisciare.", spiegò Jared.
Lei
annuì sorridendo. Accarezzò il copriletto leggero
azzurro e guardò fuori una piccola finestra triangolare con
la ribalta
abbassata. Davanti a lei un prato che si estendeva a vista d'occhio,
con degli alberi
che si muovevano alla brezza serale e un laghetto scintillante sulla
sinistra. "Questo
posto è il Paradiso."
"Dici?"
"E
lo chiedi anche? Guarda che perfezione! Quel
giardino é enorme! E il lago sembra così
delizioso... Non ci sono gli
alligatori vero?"
Jared
sorrise. "Non ci sono mai stati. Da piccoli
io e Shan facevamo a gara a chi nuotava di più lì
dentro."
"Ottimo,
ho anche il costume. Mi sa che passeró
molto tempo a mollo. Fa un caldo boia per essere maggio."
Jared
si tolse le scarpe e si buttò sul letto a peso
morto. Monica notò che, per fortuna, non era troppo morbido.
Sarebbe riuscita a
dormire tranquillamente. Accanto a loro, Shannon parlava a voce fin
troppo
alta. Monica fece una smorfia e si distese anche lei sulla sua parte
del letto.
"Quindi
cosa vuol fare Shan con la bambina?"
"Levarsela
dai piedi a breve e poi buttarsi su
una cugina figa."
"Vorrei
credere che sia una cazzata, ma
conoscendolo è praticamente certo che sia vero. Che idiota!"
Scese
il silenzio: per un po' l'unico rumore che
proveniva dall'esterno era il rumore del vento che muoveva le foglie.
Entrambi
erano presi dai loro pensieri.
Onestamente
Monica si stava chiedendo se stare una
settimana nello stesso letto con Jared le avrebbe fatto bene. Era
sempre
riuscita a tenerlo a distanza di sicurezza, anche ripetendosi
mentalmente che
lui non la voleva e mai l'avrebbe voluta. Però il suo
fascino era indiscutibile.
Solo quando le aveva presa la mano per salire, aveva provato una scossa
che non
sentiva da tempo e questo era un campanello d'allarme che non andava
sottovalutato. Lui aveva già giocato abbondantemente con i
suoi sentimenti.
Guardò
Jared cercando di capire che gli passasse per
la testa, ma era praticamente impossibile: teneva le mani dietro la
testa e gli
occhi chiusi. Si era fatto la barba qualche giorno prima e una ciocca
di
capelli gli ricadeva sul viso. Ebbe la fugace tentazione di
togliergliela.
Quelle labbra semi aperte, poi, erano una tentazione incredibile. Si
ritrovò ad
avvampare e fu salvata in corner da un gesto inconsulto quando
sentirono un
gemito fin troppo ovvio dalla camera adiacente.
"Imbecille,
ha già iniziato." Mormoró Jared
seccato.
"Ma
è allucinante! Non si stufa di scopare con
quelle ragazzine?", poi lo guardò e si corresse,
"…cioè, non vi
stufate di scopare con delle bimbe che potrebbero essere le vostre
figlie? Mi
domando che soddisfazioni riescano a darvi... Non rispondermi, ho paura
di
quello che potresti dirmi, giuro."
"Ci
sono diversi motivi per il quale mi piace
andare con le ragazze giovani."
"Non
sapete cosa vi perdete. Io scendo in
doccia."
"Bisogno
di una mano, tesoro?"
Monica
gli fece il dito medio e se ne scese,
lasciandolo ridere.
Jared
sentì ancora qualche suono soffocato dalla
stanza di Shan, poi il silenzio. Evidentemente avevano terminato.
Scosse il
capo: sarebbe riuscito a condividere il suo letto con Monica? Non aveva
mai
avuto problemi ad affollare i suoi talami con una o più
ragazze diverse, ma con
nessuna ci aveva mai dormito. Anzi, quelle poche che erano rimaste la
notte
alla Mars house o in qualche suite, avevano inevitabilmente dormito da
sole,
perchè lui si alzava e andava a passare la notte a fare
altro. Avere qualcuno
al proprio fianco era una cosa troppo intima e ci voleva
così tanta fiducia,
che lui non riusciva a dare a chiunque. Aver portato Monica
lì era un azzardo:
nella migliore delle ipotesi, non avrebbe chiuso occhio, ma poteva
anche darsi
che litigassero già alla prima sera. Lei era troppo
imprevedibile. Specie
quando se la ritrovò solo con un asciugamano di spugna viola
addosso.
"Scusa,
ho dimenticato i vestiti."
"Se
corri trovi Shannon ancora nudo."
"Cretino."
Sarebbe
stata una lunga settimana.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Jared
scese in cucina che Monica stava già aiutando
zia Margot, o almeno ci provava. Siccome l'ospitalità del
sud era una cosa
sacra, nonostante la ragazza cercasse di preparare qualcosa, la vecchia
zia la
faceva sedere o addirittura andare direttamente in sala. La cucina non
era
cambiata di una virgola dall'ultima volta che l'aveva vista
più di dieci anni
prima. Stava già con Cameron quando aveva partecipato
all'ultimo dei grandi
raduni, ma non aveva voluto portarsela dietro, chissà se
significava qualcosa.
Jared
si appoggiò allo stipite della porta e osservò
sua zia che si muoveva sicura, nonostante l'età, tra i
fornelli e le pentole
ricolme di cibo. La cucina era in pietra, annerita dal tempo, con le
mensole
cariche di oggetti polverosi ed utili soltanto se fossero tornati
indietro di
almeno un secolo. I piatti stavano tutti in una grossa e massiccia
credenza di
legno di noce scuro, con le maniglietta di ottone ormai ossidato dal
tempo. La
grande isola di marmo dove Margot usava preparare tutti i suoi
manicaretti, era
ingombro di verdure di tutti i tipi, pronte ad essere tagliate per
cucinarle o,
semplicemente, condirle e metterle in tavola. Proprio lì,
Monica stava
prendendo in mano un coltello, almeno per tagliare la grossa forma di
pane, ma
venne intercettata prima ancora che iniziasse il lavoro.
"Jared,
tesoro, porta la tua deliziosa ragazza a
fare un giro sul dondolo. Non voglio che si stanchi a lavorare. Su, su
andate
fuori."
"Deliziosa...
si vede che proprio non ti
conosce.", la prese in giro quando si sedettero sul dondolo. Il portico
era illuminato dall'ultima luce della sera, qualche milione di insetti
ronzava
incessantemente e l'aria pareva si fosse arrestata. Faceva veramente
caldo.
"Io
sono fantastica, che tu non te ne renda
conto, è un problema tuo." Silenzio. "Ok, in
realtà pare essere un
problema di tutti gli uomini."
"Troverai
quello giusto, in fondo sei in gamba.
Ma non montarti la testa, però.", con naturalezza le
passò un braccio
dietro le spalle e Monica si accorse che Margot li stava osservando
soddisfatta
da dietro la finestra. "Non avremo pace. Qualsiasi cosa ti dica zia
Margot, tu non darle troppo spago."
"Del
tipo?", quel braccio duro dietro al
collo non era il massimo della comodità, preferiva il
cuscino, ma il profumo di
Jared non era per niente male. Era sempre lo stesso, quello che sapeva
semplicemente di lui, quel tipico profumo di terra bagnata dopo una
lunga
siccità. Decise di rimanere ferma.
"Del
tipo: avete già programmato dei bambini!
Quando vi sposate? Lo sai che è il miglior ragazzo che puoi
trovare etc
etc.", sospirò.
"Figli?
Oh mio Dio, ci manca solo questo. Stando
con te ho già qualcuno a cui devo badare!"
"Ah,
sì? È questo che pensi di me? Io sono
bravissimo a badare a me stesso."
"Sì,
certo... Comunque mi spieghi una cosa? Che
faremo in questa settimana che siamo qui? Non è che mi
dovrò limitare a
mangiare come un tacchino a novembre, vero? Altrimenti scappo con
Gabrielle."
"Guai
a te se mi lasci da solo qui."
"Tanto
solo non saresti, hai praticamente tutti i
tuoi parenti."
Jared
divenne serio e fissò un punto lontano, dove
stava salendo della polvere. Qualcuno stava
arrivando a gran
velocità. "Appunto." si limitò a dire. "Comunque
ti porterò in
giro. Il paese non è male e ci sono anche dei locali carini.
Certo, non è Los
Angeles, ma ce lo faremo bastare. Ovviamente non stasera
perché non ho
assolutamente voglia di guidare."
"Non
ti preoccupare, fratellino, ci penso io a
fare strada." Shannon, abbracciando Gabrielle, si erano presentati
davanti
a loro, sorridenti e chiaramente soddisfatti del loro riposino. "Mica
vorremmo chiuderci in casa no?", poi vide anche lui la polvere del
vialetto: "Arriva qualcuno. Eppure zia aveva detto che stasera non
c'era
nessuno oltre a noi."
Pochi
minuti dopo si fermò una Ducati Monster nera,
con il centauro tutto in tinta con una tuta della Dainese, che fece
sbrilluccicare gli occhi a Shan che a breve si sarebbe messo a sbavare,
soprattutto quando il guidatore si tolse il casco, facendo uscire una
cascata
di lunghi capelli biondi.
"Fammi
indovinare, la cugina figa?"
"A
quanto pare."
La
ragazza si tolse la tuta nera rivelando un semplicissimo
top fucsia e sotto degli shorts che avrebbero fatto invidia a Daisy
Duke. In
definitiva sembrava una modella. Monica riuscì a provare la
giusta dose di
invidia.
"Non
ci posso credere, ci sono anche i due Leto.
È un miracolo!"
"E
tu chi saresti?", fece Shannon andandole
incontro con un sorriso che avrebbe fatto tremare le gambe a parecchie
echelon.
"Ma
come? Passavamo giorni a tirarci fango nel
laghetto!"
"Julie???"
esclamarono insieme i due.
"Proprio
io! Non mi dite che vi sembro
cambiata!", e rise salendo i gradini. Baciò Jared sulle
guance e poi diede
la mano a Monica stringendogliela forte che pareva volesse
staccargliela.
"Non
credevo che avrei visto mai Jared
sistemato."
"In
effetti faccio fatica a crederci anche
io.", le rispose Monica. Julie la stava soppesando: aveva due
grandissimi
occhi azzurri, merito, sicuramente, del gene della figaggine che pareva
pervadere
tutta la famiglia. Ma non le piaceva essere scrutata in quella maniera.
"Qualcosa
non va in me che mi guardi così?"
La
bionda sorrise."Sei assolutamente perfetta.
Benvenuta in famiglia. E a voi ben tornati. Si sentiva la vostra
mancanza.", poi entrò urlando verso sua zia.
"Non
mi ha neanche salutato.", fece Shannon
piccato.
"Cosa
intendeva per perfetta?"
"Cazzo
è diventata uno schianto. Eppure quanti
anni avrà? Trentacinque? Trentadue?", continuò
Shannon.
"Ma
senti che discorsi. Cioè dopo tot di età non
si può più essere perfette?", fece Monica
incazzata.
"Non
ho detto questo.", si difese Shan.
"Jared aiutami."
"Quella
ragazza è veramente bellissima."
Monica
si bloccò: forse era la prima volta che sentiva
Gabrielle parlare, tolte le varie risatine. Si era perfino dimenticata
che era
lì con loro. Proprio una persona assolutamente inutile ed
invisibile. Scosse la
testa e rientrò in casa, seguita dalla modella.
"Ma
tu guarda che modi. Comunque hai capito,
vero, quello che ha voluto dirti Julie?" Domandò Shan.
"Andiamo.
Ho stranamente fame." Fu l’unica
laconica risposta di Jared.
Shannon
represse a stento una risata.
La
cena era stata decisamente più abbondante del
previsto. Monica più mangiava e più si ritrovava
il piatto colmo. Zia Margot
non stava un attimo ferma e zitta: continuava a raccontare aneddoti che
risalivano al massimo all'adolescenza di Jared e Shannon, facendola
ridere da
matti. Julie, invece, si divertiva a chiacchierare con Gabrielle di New
York e
del lavoro della ragazza e Costance osservava tutto in maniera
piuttosto enigmatica.
"È
così bello avervi tutti qui. Domani con tutti
gli altri organizziamo per bene il pic-nic e poi potrete portare le
ragazze a
vedere i dintorni. Devono iniziare a conoscere casa anche loro, no?"
"Zia,
stiamo qui una settimana, dubito che
potranno vedere tutto." Fece Jay
"E
poi Gabrielle tra due giorni se ne va.
L'aspetta un lavoro importante." Rincarò
"Oh,
mi spiace veramente tanto." Il tono di
Margot non sembrava in realtà molto dispiaciuto, ma nessuno
volle farci caso,
men che meno la diretta interessata. "Intanto stasera rimanete qui a
riposare. Julie, tu dormi qui o torni domani con mamma e
papà?"
"Mah,
volendo qui c'è un buon motivo per
rimanere." Monica si sentì squadrata e fissò
quella cugina che non capiva.
Che diavolo voleva da lei? "Però potremmo andare a ballare.
Chi
viene?"
"Io!!",
urlò deliziata Gabrielle battendo le
mani come una bambina.
"Vengo
pure io." La seguì a ruota Julie con
un sorrisino malizioso
"Tu
vuoi andarci?" le domandò Jared.
"Solo
se ci vai tu, anche se mi sento parecchio
stanca."
"Jared,
è stanca, quindi rimanete a casa.",
si intromise Costance sorridendole.
"Si,
penso sia la cosa migliore.", rispose
cautamente Jared. Aveva chiaramente intercettato delle occhiate tra sua
madre e
sua zia e sapeva per esperienza personale che non era una cosa buona.
"Ok,
allora lasciamo i piccioncini a tubare,
mentre noi ci troviamo al Paradise. Shan, ti ricordi dove sta, vero?"
domandò
Julie.
“Certo!"
"Julie,
fottiti ok?", fu la replica di Jared
che si beccò uno scappellotto in testa da sua madre.
"Contieniti
con le parole."
Monica
lo sentì borbottare qualcosa e gli prese la
mano lasciandolo a bocca aperta, poi gli fece l'occhiolino senza essere
vista.
In fondo doveva fargli da fidanzata e quindi certi gesti li doveva
fare, sperò soltanto
che lui si rendesse conto che doveva cercare di rilassassi. Certo,
stringerle
la mano intrecciando le dita pareva un buon inizio.
"Noi
andiamo a farci una camminata fuori.",
senza troppi complimenti la trascinò fuori, mentre Julie
partiva rombando per
andare a cambiarsi.
"Ma
lei abita qui vicino?", chiese Monica.
"Si,
abita al paese. Saranno venti minuti andando
con calma. Dieci se corri come lei."
La
serata era dolcemente tiepida. Una trapunta di
stelle stava sopra le loro teste e un piccolo spicchio di luna
rischiaravano
leggermente la stradina. Jared camminava sicuro nell'erba, sapendo
perfettamente dove mettere i piedi, mentre Monica lo seguiva a debita
distanza
per cercare di vedere dove andava, cosa alquanto difficile, visto che
la luce
era veramente poca. Poi tutto ad un tratto si accorse che Jared si era
fermato
praticamente in mezzo al nulla.
"Senti,
se te ne vuoi andare da qui ti capisco
perfettamente. Lo farei pure io se potessi, quindi se vuoi domani fai
buon viso
a cattivo gioco e ti fai vedere da tutto il resto del parentado, ma
dopo, se ti
va, te ne puoi andare con Gabrielle."
"Non
vedo perchè dovrei. Ti ho dato la mia parola
e resterò. In fondo qui si sta benissimo, il cibo
è ottimo e fin troppo
abbondante, ma tua zia é una persona carinissima e un po' di
aria sana mi fa
solo che bene.", si sedette sull'erba e guardò il cielo.
L'ultima volta
che aveva visto così tante stelle era in mezzo all'oceano su
una barca insieme
al suo ex fidanzato e ora le rivedeva con il suo.... Attuale ragazzo?
Lo si
poteva definire così? Ovviamente no. Il loro rapporto era
una bella farsa,
eppure l'idea di starci assieme non era così brutta. Sorrise
maliziosa, anche
se lui non poteva vederla.
"A
meno che tu non mi voglia lontana per provarci
con Julie..."
"
E sentiamo, perché dovrei?"
"Sembra
la tua donna ideale. Bella, bionda, occhi
azzurri, fisico da modella. Forse è solo l'età
che non va bene, troppo vecchia
per i tuoi standard."
Si
sedette anche lui, appoggiando le mani dietro la
schiena e tenendo le gambe allungate. Guardava in alto, come a contare
le
stelle. "Dici?", in lontananza un motore veniva acceso. "C'è
comunque un qualcosa in Julie che non fa per me."
"Cosa?"
"È
lesbica.", sorrise: era riuscita a
zittirla. "È un problema per te?"
"Ovviamente
no. Mi stavo solo chiedendo se Shan
lo sa."
"Non
credo."
"E
quindi stasera?"
"Se
tutto va bene Shannon ritorna un po'
frustrato perchè non l'ha voluto. Così impara!"
"Sei
terribile!"
Risero
assieme.
"Perché
vuoi che me ne vada? Non sono stata all'altezza
di essere la tua ragazza?"
In
realtà Jared era ben convinto che lei stesse
dimostrando di essere più che perfetta per il ruolo. Durante
la cena era stata
gentile e rispettosa. L'aveva guardato un paio di volte con un sorriso
dolcissimo, specie quando parlavano di lui quando era bambino. E poi si
era
dimostrata fin troppo preparata su quella che era stata la sua vita
prima del
riposo post Tiw. C'era qualcosa che non andava. Era abituato da troppo
tempo ad
essere solo, avere qualcuno al proprio fianco, doversene preoccupare e
soprattutto doversi preoccupare che facesse buona figura davanti ai
parenti, lo
destabilizzavano. In quel preciso istante avrebbe voluto essere come
Shannon ed
avere la sua stessa faccia di bronzo. Invece si era intestardito e
aveva fatto
esattamente quello che voleva sua madre, cioè trovarsi una
ragazza seria.
Ovviamente Monica aveva la data di scadenza stampata sulla fronte e lo
sapeva,
eppure... C'era quel qualcosa che non andava.
"No,
sei anche troppo perfetta. Non hai visto che
occhiate di pura adorazione che ti lanciava la zia? Quella ci vede
già sposati
e stanziati qui in Louisiana."
Monica
lasciò che qualche grillo riempisse il vuoto
fra di loro. Onestamente non sapeva che dirgli, quindi era meglio
tacere.
"E
vuoi sapere la cosa peggiore? Domani sarà un
delirio. Tutti vorranno chiedere cosa facciamo nella vita, tutti mi
vorranno
raccontare quanto mia madre sia stata stupida a lasciare Bossier e
quanto
inadatta ad essere madre." Gli cercò la mano al buio: era
fredda e tesa
segno che era nervoso. "Continueranno a dire che io e Shannon siamo due
fannulloni. È successo esattamente questo l'ultima volta, ma
almeno c'erano i
nonni a prendere le nostre difese."
"Strano,
non mi sei mai sembrato uno da dover
difendere. Ho sempre pensato che ti difendessi perfettamente da solo."
"Di
norma lo faccio, ma, come avrai capito, non
voglio far dispiacere mamma. Lei, non so perchè, ci tiene a
mantenere i
rapporti con queste persone, non importa se loro non la considerano
degna del
clan."
Gli
strinse ancora di più la mano. "Sembra
strano, ma il sangue è un collante incredibile per qualcuno.
Visto come sono i
miei rapporti con una parte della mia famiglia, trovo
difficoltà a capire come
sia possibile, ma evidentemente per tua mamma è una cosa
importante."
"Già.
Torniamo indietro. Mi sembra strano dirlo,
ma ho sonno."
"Wow,
mi stai dicendo che proverai a
dormire?"
"Credo
che ci riuscirò pure, almeno per un paio
di ore. Per il resto della notte magari mi metto a lavorare."
"Dovresti
essere qui a riposare."
Erano
arrivati al portico e solo in quel momento
Monica si rese conto di avere ancora la mano di Jared nella sua e
soprattuto
che a lui non dava per nulla fastidio. Quello sì che era
strano.
"Riposerò
quando sarò morto."
"Tutto
ok là fuori?", domandò Costance che
stava uscendo dalla cucina per andare in salotto a chiacchierare ancora
con la
zia.
"Certo,
è una notte bellissima. Sarei rimasta
fuori ancora, ma mi sento veramente ko a causa del viaggio. Che fai tu?
Vieni a
letto o resti con tua madre?"
"Credo
che verrò con te.", e le sorrise.
"Notte mamma, a domani."
Quando
si buttò sul letto, Monica si sentì in
paradiso: era veramente stanca, non aveva detto una balla. Viaggiare le
piaceva, ma la distruggeva anche. Si mise una maglietta a maniche corte
ed un
paio di pantaloncini e attese Jared leggendo un libro che le era stato
consigliato dalla sua editor. Lui entrò con una delle sue
canotte sbracciate e
un paio di pantaloni lunghi. A Monica veniva da ridere: a quanto pareva
proprio
non amava mostrare le gambe secche.
"Non
so se te l'ho mai detto, ma ho il vizio di
denudarmi quando dormo. Normalmente quando c'è gente mi
trattengo, ma se mi
vedi nuda domani mattina non devi pensare che lo abbia fatto a causa
tua, ma
proprio perchè non sopporto i vestiti addosso quando dormo."
"Credo
che sopravviverò, in caso dovesse
succedere."
"Ci
sono modi peggiori per morire, credo."
"Decisamente.
In fondo mi é andata bene, non sei
così male."
Monica
gli lanciò una cuscinata che lo prese in pieno
in faccia. "Fottiti."
"Ti
piacerebbe eh?"
"Penso
di sì." Jared la fissò stupito,
mentre lei, prendendolo in contropiede, gli assestò una
seconda cuscinata e
rise come una bambina. "Monica uno, Jared zero!"
"Te
la farò pentire a tempo debito!"
"Parole,
parole, parole... Comunque è
interessante questo viaggio, in meno di una serata ho scoperto
più cose di te e
Shannon che in dieci anni che ci conosciamo."
"Non
amo parlare molto di me. Cioè, non mi piace
che la gente sappia i fatti miei. Preferisco parlare di altro."
"Non
è un problema. Dai dormiamo, domani ci
aspetta una giornata di quelle da ricordare... O dimenticare, a seconda
dei
casi."
Jared
spense la luce e la camera fu immersa
dall'oscurità: avevano chiuso tutte le finestre e tirato le
tende oscuranti,
quindi l'unica luce che c'era, erano i piccoli led gialli dei due
Blackberry
che si stavano ricaricando. La casa sembrava dormisse, non un solo
rumore
proveniva dai piani sottostanti.
Monica
si era quasi addormentata, quando sentì,
distintamente, un grazie.
Sorrise.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
Monica
aveva osservato tutta la mattina quel via vai incredibile in casa
Metrejon. Fin
da quando si era svegliata, era stata sballottata come una trottola a
conoscere
chiunque passasse per la porta. Aveva visto decine di volti e in tutti
loro aveva
trovato qualcosa che le ricordasse Jared, anche solo una piccola
espressione.
Purtroppo faceva una difficoltà estrema a ricordare i nomi
di tutti quanti soprattutto
perchè Jared non aiutava
assolutamente. E neanche Shannon. Se ne erano spariti nel bel mezzo
della
mattina e pareva che nessuno li avesse visti. Gabrielle aveva girato
come
un’anima in pena fino a quando una sorridente Julie non era
andata a
recuperarla. A quanto pare non solo Shan con lei sarebbe andata in
bianco, ma
era probabile che stesse giocando al gatto e al topo con la sua
bambolina. Era
decisamente una strana situazione.
“Va
tutto bene?” Costance le stava porgendo l’ennesimo
the freddo. Zia Margot
insieme ad altre donne, si era chiusa in cucina per iniziare i degni
festeggiamenti del raduno e lei era obbligata a non muovere un dito, in
quanto
super ospite della settimana.
“Diciamo
di sì. Solo che non sono abituata ad avere così
tanta gente intorno. Cioè...
tutta una famiglia così grande.”
“Lo
so,
non siamo in pochi ed è questo il bello di questi raduni.
Purtroppo credo di
non essere riuscita a farli apprezzare anche ai miei figli.”
E sospirò. “Per
fortuna Shannon si diverte sempre, ma Jared... mi sembra
un’anima in pena.
Ammetto che mi sono stupita di vederlo prendere il volo, avrei
scommesso che si
sarebbe trovato qualcos’altro da fare.”
“Forse
vuole semplicemente farti felice. Lo sai che ci tiene
particolarmente.”
“O
forse
è per merito tuo.” Monica rischiò di
strozzarsi con il the. “Da quando ti ho
conosciuta, ho sperato che tra voi ci fosse qualcosa. Invece lui ha
scelto...
un’altra. E poi il suo lavoro. Avevo perso le speranze, lo
giuro.”
Monica
non sapeva cosa dire: era andata sul sicuro che Jared avesse detto a
sua madre
che lei era solo la ragazza della settimana per poter far contenti i
parenti.
Invece pareva che anche per lei fosse la sua fidanzata, quella...
diamine,
quella giusta!
Deglutì
e sorrise. “Veramente non so neanche io dove arriveremo. In
fondo stiamo
assieme da pochissimo.”
“Ma
lo
conosci da anni, praticamente. Conosci i suoi pregi, ma anche i suoi
tantissimi
difetti.” Posò il bicchiere e la guardò
seria: “Sono sua madre, ma non sono
così cieca da non sapere che Jared è pieno di
difetti che normalmente le sue
fan tendono a voler dimenticare o a far passare in secondo piano.
È per questo
che sono molto felice di vedere te al suo fianco. Non sei una
ragazzina, ma una
donna adulta. Credo che potresti fargli molto bene.”
Monica
sorrise imbarazzata: odiava quel genere di discorsi quando li
affrontava con i
genitori dei suoi veri ragazzi, figuriamoci con la madre di uno che
manco lo
era.
“Non
credere, Constance, anche io sono piena di difetti. Magari
sarà colpa mia se la
storia non funzionerà.”
“Semmai
non funzionerà a causa di entrambi. Oh Gesù...
eccola.” Monica si voltò verso
la porta, dove fece la sua apparizione una donna che aveva la stessa
età di Costance,
ma decisamente più appariscente. Aveva i capelli rossi
chiaramente tinti e
decisamente rovinati dal tempo, un top leopardato e un paio di jeans
stretti.
Aveva il fisico per portarli, ma alla sua età, che si
denotava dalle rughe
attorno agli occhi e alle labbra, erano fin troppo esagerati. Specie il
top.
Alla lunga a Monica sembrava addirittura ridicola e le scarpe rosse con
i
tacchi davano quel tocco di cafonaggine che non guastava mai.
“Costance,
ma che bello è rivederti!”, urlò verso
di loro e andò direttamente ad
abbracciare Constance che non sembrava propriamente felice, ma rideva
di
circostanza.
“Franny,
sono anni che non ti vedo e non sei cambiata per niente.”
“Che
vuoi, il Botox può fare miracoli a volte.” Monica
fece una smorfia. Era evidente
che quella donna fosse particolarmente rifatta e si chiedeva come
poteva
andarne anche fiera. Il lavoro, alla fine, non era stato poi dei
migliori. “E
questa chi è? Non una Metrejon di certo.”
“Lei
è
Monica, la ragazza di Jared.” L’interpellata si
sentì due oggi grigi, simile e
assolutamente diversi da quelli del suo presunto fidanzato, puntati
addosso. La
stavano squadrando dalla testa e sembravano decisamente divertiti da
quello che
vedevano.
“Mi
aspettavo qualcosa di diverso. Jared mi è sempre sembrato un
tipo piuttosto
selettivo.”
“E
lo
sono tutt’ora, zia Franny. Come sempre, è un
piacere rivederti.” Jared aveva
fatto la sua apparizione silenzioso come un gatto, stupendo tutti.
Abbracciò
Monica da dietro le spalle, poggiando il mento sulla sua spalla.
“Ovviamente
è reciproco. Sei cresciuto.” La fiera della
Banalità. “Del resto è ovvio, anche
il mio George è diventato grande.”
“E
immagino che sarà qui.”, chiese Costance.
“Certo,
arriverà a breve. Sapete, lui ha un lavoro serio.”
E se ne andò a fare gli
onori di casa da zia Margot.
“Come
a
dire che io e Shannon non lavoriamo.” Digrignò tra
i denti Jared e stringendo
con forza Monica.
“Tesoro,
mi fai male.” Gli disse prendendogli la mano e portandolo
fuori casa. Constance
li guardò con una punta di rammarico: forse aveva capito la
pena che provava il
figlio per quella riunione di famiglia. “Quindi quella
è la fantomatica zia
Franny. Capisco perchè non ti piace.” Si sedettero
sugli scalini della porta
posteriore, in modo da essere lontani dalla folla.
“Quello
che mi dà più sui nervi è non poter
risponderle a tono.”
“Ma
che
si fotta lei e suo figlio con il lavoro serio! Cazzo Jay, sei un
musicista ed
un attore famoso. Hai più soldi di tutti i tuoi parenti
messi assieme, hai
visto cose in giro per il mondo che loro se le sognano la notte e ti
fai
problemi per una bigotta rifatta? Dai, questo non è il Jared
che conosco io e
se ne frega.”
“Hai
ragione, ma da quando sono qui... bha, è uno schifo.
Perchè sono venuto?”
“Perchè
nonostante quella facciata da cattivo ragazzo, sei un buono. E
soprattutto vuoi
tanto bene alla tua mamma.” Monica rise, cercando di
stemperare la situazione.
L’idea di avere Jay di cattivo umore per una intera
settimana, non le faceva
fare salti di gioia. “Sei un mammome, questa è la
verità!” e lo abbracciò
stretto, accarezzandogli i capelli lunghi.
Jared
rimase stupito da quella cosa, annusò i capelli ancora
leggermente umidi dalla
doccia di quel mattino che sapevano di balsamo. Le sue dita lo
accarezzavano
dolcemente, in una maniera che ricordava fin troppo quello di sua madre
quando
lui e Shannon avevano la febbre.
“Il
perchè di tutto questo?”
“Ci
sono
almeno cinque o sei parenti che ci stanno guardando dalla finestra
del... credo
che sia la sala grande.”
“Ottima
motivazione. E poi ammetto che non è così male
stare appoggiato a te. Sei
morbida.”
“E
immagino che per te sia una cosa assolutamente nuova.”
Jared
si
sistemò meglio, finendo con la testa sulle sue gambe e
allungandosi lungo lo
scalino. “Non
troppo, tutto sommato.”
“Ma
per
favore, il tuo standard è una tavola da surf bionda. Dubito
che tu abbia mai
palpato una tetta... a parte quelle di Natalie durante la lavorazione
di
hurricane.”
“Ti
stai
offrendo per farmi toccare le tue?”
“Certo
che no. Idiota.”
“Finirà
che implorerai perchè te le tocchi.”
Monica
gli diede una sberla e poi si chinò: chiunque li vedesse da
dietro, avrebbe
visto una coppietta che si stava baciando. In realtà Monica
gli era arrivata
così vicina da toccarlo con il naso e da sussurrargli:
“Sei un cretino.”
“E
tu mi
adori per questo.”
“Non
dirlo in giro però.” Scoppiarono a ridere e questo
fu il segnale per tutti gli
spioni di lasciarli in pace. “Saremo stati abbastanza
convincenti, secondo te?”
“Io
sono
un attore... sono stato perfetto.”
Monica
neanche ripose, l’ego di Jared era qualcosa di assolutamente
riconosciuto in
tutto il mondo.
“Dici
che dobbiamo rientrare?”, chiese Monica.
“Ovviamente,
non vorrei farti perdere il piacere di parlare con Franny e il suo
perfetto
figliolo.”
“Dal
tuo
tono di voce, questo George deve essere uno spasso.” Jared
guardò la porta sul
retro della casa. Non aveva proprio voglia di tornare in quel covo di
vipere
che lo attendeva come un plotone di esecuzione.
“Vieni
con me.” Mano nella mano camminarono per il parco, sotto
l’ombra creata dagli
alberi. “George sa essere veramente un tipo affascianante.
È un affabulatore
nato, non per nulla fa l’avvocato a New York. Ha un bel
sorriso, un bel volto.
Insomma, capisco perchè piaccia alla gente. Il problema
è che sotto sotto è uno
stronzo di merda.”
L’unica
cosa che Monica sapeva di dover fare in quelle occasioni, era di
rimanere in
silenzio: la gente parlava quando aveva qualcosa da dire e Jared aveva
bisogno
di sfogarsi. “Si divertiva a prendermi a pugni quando era
piccolo, ma stranamente
scappava sempre quando arrivava Shannon. Lui aveva sempre i vestiti
migliori,
tutti i giochi che voleva... e noi vestivamo con cose trovate ai
mercatini
dell’usato.” Sospirò “Sembro
uno stupido, vero?”
“No,
mi
sembri semplicemente un uomo con una gran voglia di rivalsa. E credo
che questo
ti abbia fatto diventare quello che sei, guardacaso un personaggio
famoso. Gli
hai dato punti a questo George. E comunque penso che per quanto possa
essere
affascinante, non sarà mai bello come te.”
“Oh,
oh,
detto da te è un complimento doppio. Come mai tutta questa
gentilezza?”
“Solo
perchè ti vedo frustrato. E poi perchè in fondo
sai benissimo di essere bello e
ti diverti a giocarci sopra. Sono una donna con gli occhi e gli
occhiali che
funzionano. È inutile che dica che fai schifo, quando sei
considerato uno degli
uomini più belli del pianeta. Insomma, sarei una falsa
bugiarda.”
“Non
saresti la prima, lo sai?”
“Non
mi
piacerebbe esserlo. Non voglio mentire a nessuno in generale men che
meno al
mio uomo. A proposito, tua madre è convinta che io sono la
donna perfetta per
te.”
“Ah
sì?
E come mai?”
“Perchè
forse qualcuno non gli ha detto niente di noi?”
Jared
sorrise: “Bhe, così siamo più
spontanei. Dai, solo sei giorni e poi non sarai
più la mia ragazza.”
“Non
è
che la cosa mi dia fastidio, è solo cercare di capire che
cosa posso dire o
meno. Quindi in definitiva solo Shan sa che tra me e te non
c’è assolutamente
nulla, no?”
“Esatto.
E comunque lui sta spingendo sul metterci assieme.” Lo
sguardo di puro stupore
di Monica lo fece quasi ridere. “Vuole che mamma sia felice
con almeno un
figlio sposato e siccome lui non ha intenzione di infilarsi
l’anello, dovrebbe
toccare a me.”
“Un
ragionamento che non fa una grinza.”
“Ma
si
fotta.”
Erano
tornati in casa. Metà famiglia, la parte femminile, era
rinchiusa in cucina. Se
tutte loro avessero fatto da mangiare, pensò Monica, solo
quel giorno avrebbe
messo su due taglie di pantaloni.
Nel
frattempo gli uomini stavano in salotto a guardare qualcosa alla TV o a
parlare
con un uomo che stava bellamente parlando a voce alta. Shannon dava
loro la
schiena, ma sembrava divertito dalla situazione.
“Eccolo
qui, il fantastico George DeVille, mio cugino di secondo grado. Sta
già
dispensando consigli a tutti, non perde nessuna opportunità
di trovarsi dei
clienti.”
Seduto
su una poltrona, stava comodo un uomo dall’età
stimata di quarant’anni, o forse
Monica sapeva che doveva essere così, dato che aveva passato
l’infanzia a
rompere le scatole a Jared. Aveva un bicchiere di bourbon in mano ed
era
vestito con un perfetto completo grigio piuttosto costoso, una camicia
bianca,
la cravatta e un paio di scarpe che da sole costavano quanto il suo
affitto
mensile a Los Angeles. Tutto di quello che indossava denotava soldi e
potere.
Quando vide che una ragazza era in sala, si alzò e molto
galantemente le fece
il baciamano.
“Una
nuova Metrejon che non ho mai avuto il piacere di conoscere.”
Monica rimase
stupita: l’altezza e la prestanza fisica erano simili a
quelle di Shan. L’uomo
davanti a lei non era molto alto, anzi, la superava appena di poco.
Inoltre
aveva un fisico possente, le spalle larghe e la vita stretta. Eppure
l’espressione era identica a quella di Jared. Gli occhi grigi
erano grandi,
quasi sproporzionati, ma a differenza di quelli del cantante, erano
freddi e
calcolatori. Monica non si sarebbe stupita se in quel preciso momento
stesse
contanto quanti soldi valeva lei e quello che portava addosso. La sua
bocca
sottile si schiuse in un sorriso seducente: se lei non fosse stata
abituata ai
Leto da tanti anni, ci sarebbe caduta con tutte le scarpe.
“Io sono George
DeVille, avvocato penalista. E lei è?”
“Monica
Cross, scrittrice. Nonchè la fidanzata di Jared.”
Mettiamo il carico da undici,
pensò. Non vide Shannon sorridere sotto i baffi.
George
fissò prima lei e poi Jared che la stava ancora tenendo per
mano e fischiò
fintamente ammirato. “Ma guarda che bravo il cugino, ci hai
messo quanto? Dieci
anni a trovartene una seria.”
Monica
sentì la sua mano venir stretta più del dovuto.
“L’importante
è che ci siamo trovati. L’amore non deve nascere a
comando quando vuole uno.”
La risposta della ragazza fece ammutolire più di qualcuno,
fino a quando George
scoppiò a ridere.
“Ma
certo, che avevi capito? Sono felice che Jared non sia più
solo. Dai cugino,
vieni a farti una bevuta con noi, mentre le nostre donne
cucinano.”
Monica
scosse la testa e fu ben felice di lasciare la stanza: aveva parlato
con quel
pallone gonfiato per meno di un minuto e già aveva voglia di
prenderlo a pugni.
Lanciò un’ultima occhiata a Jay che la fissava
disperato e se ne scappò in
camera sua, convinta che, almeno lì, nessuno le avrebbe dato
noia.
Intanto
Jared, nella disgrazia, aveva avuto un po’ di fortuna:
riuscì a defilarsi con
Shannon che subito gli chiese: “Come stai
fratellino?”
“Mi
sembra di vivere in un incubo. Vorrei mandare tutta questa gente a
cagare.
Inoltre manco me li ricordo tutti. Credi che mamma ci abbia trascinato
qui per
vendicarsi di qualcosa di terribile che abbiamo fatto? Avanti, non ci
meritiamo
delle digrazie simili, ti pare?”
“Ma
dai,
non è poi tanto male! Te lo ricordi zio Paul? Quando avevi
otto anni incendiò
il tacchino della Festa del Ringraziamento. Mangiammo solo i contorni
quella
sera... quanto cazzo era sbronzo!”
“Sul
serio? Perchè non me lo ricordo?”
“Perchè
già all’epoca eri rincoglionito. Toh, bevi e
dimentica.” Il liquido ambrato nel
grosso calice, scese incendiando la gola di Jared: era da un
po’ che non beveva
super alcolici e quindi posò il bicchiere sulla mensola del
camino.
“Ma
sei
pazzo?” chiese Shan,
che invece reggeva
benissimo qualsiasi cosa fosse formata da alcool.
“Tu
non
stai bene.”, ribadì Jared.
“Invece
sto da Dio. Credo che l’aria della Louisiana mi faccia bene.
Non trovi anche tu
che sono rinvigorito? E sì che stamattina ci ho dato dentro
con Gabrielle.
Quasi mi spiace che se ne vada, ma almeno avrò la
possibilità di provarci con
Sandra.”
Sandra?
E chi era quella? Jared cercò di scartabellare nel suo
cervello alla ricerca di
questa fantomatica Sandra, ma era nebbia fitta.
“Sandra
è la figlia del nipote di zio Lou, il fratello di Zia
Margot.”
“E
dovrei ricordarmela perchè?”
“Perchè
ha un paio di tette da far risvegliare i morti.”
Jared
scosse il capo. “Se dovesse andarti male la carriera di
batterista, puoi
tornare qui a metterti a scrivere le dannate memorie di questa
famiglia.”
“Solo
perchè tu non ti ricordi nulla al di fuori di quello che ti
interessa, non
significa che anche per gli altri è la stessa cosa. Senti,
tu hai voluto
onorare mamma portandoti una bella e brava fidanzatina? Bene, io
l’ho fatto
imparandomi a memoria nomi, discendenze e facce di tutti ‘sti
cazzo di
parenti.”
Suo
malgrado Jared era sorpreso: fino a quel momento si era posto solo il
problema
della rispettabilità di coppia e aveva creduto che Shannon
si fosse altamente
fregato di quello che voleva sua madre. Invece aveva dimostrato di
tenerci
moltissimo a lei, tanto da voler farsi onere di ricordarsi tutti. Non
era cosa
da poco. “Hai pienamente ragione. Scusami, Shannon.”
“Tu
che
chiedi scusa? Dovrò segnarmelo sul calendario.” I
due si sorrisero complici. “A
proposito... carina la scenetta. Sai che mano nella mano siete
veramente
deliziosi?”
“Shannon,
non metterti di nuovo a far discorsi che non stanno nè in
cielo nè in terra.”
Ma il batterista continuò: “E poi quella presa di
posizione.... sono la ragazza
di Jared. Era proprio convinta.”
“È
una
scrittrice, è ovvio che sa inventare le cose.”
“Secondo
me non inventa nulla... e non devo neanche mettermi a fare agenzia
matrimoniale
con voi. Scommetto che entro la settimana finite a letto.
L’aria della
Louisiana fa miracoli.”
“Attento
con le scommesse, potresti perdere le mutande sparando cazzate a
nastro.”
Shannon
prese il suo bicchiere e si versò altre due dita di bourbon:
fissarono George
che dal suo trono arringava la folla come se fosse in tribunale.
“Quanto
mi sta sul cazzo quello.”, mormorò Shan prima di
bere.
“A
chi
lo dici...”
“Ah
Jay?”
“Dimmi.”
“Ti
ricordo che non porto le mutande.”
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Si
sentiva piena come una botte. Zia Margot non le aveva mai lasciato il
piatto
vuoto. E il peggio era che non poteva rifiutare. L’unica
soluzione era mangiare
pianissimo, tecnica che stava attuando Jared. Non l’aveva mai
visto piluccare
il cibo in quella maniera.
Cibo
ottimo, in realtà.
Tutta
la
famiglia si era messa insieme per creare quel pranzo, ormai diventato
cena, e
ognuno aveva portato qualcosa di particolare. A Monica pareva avessero
attuato
un rito, qualcosa di stranamente arcano. Assistere a determinati
momenti era
stato non solo interessante, ma l’aveva, lentamente, fatta
entrare nel
meccanismo dei Metrejon. Quando, per un breve glorioso istante,
Costance le
aveva passato il mestolo delle verdure cotte, si era sentita
vincitrice. Una di
loro.
Aveva
capito troppo tardi che era qualcosa di assolutamente sbagliato: lei
non si
poteva permettere una cosa simile, lei aveva una data di scadenza.
Eppure
quella appartenenza famigliare era così bella, una
sensazione che lei raramente
aveva provato, visto che in casa sua le cose non erano mai state rose e
fiori.
“Stasera
devo uscire.”, sbottò Jared. “Ho bisogno
di muovermi.”
“Fantastico,
andiamo al Kiko club!”, propose Julie sorridendo felice.
“Fanno
ancora musica truzza?”
“No,
Jared, è diventato un locale prettamente pop e rock. Ogni
tanto passano anche
voi.”
“Allora
credo che andrò a prepararmi e vi
seguirò.”, disse Monica alzandosi. Faceva un
po’ fatica a muoversi, si sentiva più piena di un
uovo.
Cercò
in
valigia quello che poteva andare meglio per una serata in un club e
trovò una
maglietta nera con una profonda scollatura e leggermente aderente sul
seno, che
si accostava particolarmente bene ad una gonna rossa che le arrivava
alle
ginocchia. Avrebbe dovuto mettere le scarpe più carine che
aveva portato, un
paio di decoltè nere con un leggerissimo tacco, ma poteva
farcela per quella
sera. Le autoreggenti le stavano perfettamente e questo significava che
per ora
non aveva ancora messo su troppo peso e il trucco era leggero. I
capelli le
scendevano lungo la schiena, tranne quelli raccolti in una piccola
mezzacoda.
“Vuoi
trovare un fidanzato stasera?” Monica lanciò
un’occhiata alla porta da dove era
entrato Jared. Si stava togliendo la maglietta e rimase più
che volentieri a
guardarlo. Da quando lo aveva conosciuto, era sempre stato magro,
tranne quando
aveva dovuto girare Alexander, oppure Chapter 27. Spesso arrivava ad
esagerare
con la magrezza, tanto che si riuscivano a vedere chiaramente le ossa e
i
tendini, ma in quel periodo stava bene. I pettorali erano ben segnati e
delimitati, c’era quella leggera strisciolina di peli che
dall’ombelico
scendeva sotto il bordo dei pantaloni e poi le braccia. Certo, non
erano quelle
possenti di Shannon, ma erano ricomparsi dei muscoli sani. Monica aveva
una
mezza voglia di palparglieli. Anzi aveva voglia di palparlo tutto.
“No,
pensieri pericolosi...” Disse a bassa voce. “Io ho
già il ragazzo, non ho
bisogno di trovarmene un’altro.”
“E
lui ne
è consapevole?”
“Ahah,
simpatico. Ti dirò di più, è stato lui
a chiedermi di diventare la sua
ragazza... forse è veramente innamorato di me.”
“Non
meriti neanche una risposta.” Prese una delle sue canotte
smanicate che
lasciavano vedere praticamente tutto e sopra una camicia a quadri,
sulle
tonalità del rosso e del blu. “Che te ne
pare?”
“A
parte
la camicia inguardabile, sei perfetto.”
“Anche
tu non sei niente male. Stai attenta che Julie non provi ad infilarti
la lingua
in bocca.”
“Ho
il
vago sospetto che ti piacerebbe come scena.”
Jared
rise di gusto e nel frattempo prese Monica per il fianco attirandola a
sè.
“Mi
sa
proprio di sì.”
Il
locale non era poi molto affollato, ma del resto era ancora presto.
Anche
Shannon e Grabrielle si erano uniti e stavano passando la serata a
baciarsi sul
divanetto rosso, dove Monica cercava di prendere le distanze da una
situazione
piuttosto imbarazzante. Julie, visto che sembrava essere di casa, stava
andando
in giro a chiacchierare con chiunque. Indossava un top molto stretto
che
sottolineava perfettamente il seno non costretto dal reggiseno. Monica
la
invidiò.
“Ti
piace questo posto?”, le domandò Jared.
“Sì
dai,
carino. Tua cugina non sta un attimo ferma!”
“È
sempre stata così. Da bambina si lanciava ovunque, sua madre
la sgridava ogni
volta perchè si ritrovava sempre con i vestiti sporchi. Era
un maschiaccio.”
Monica
lanciò un’occhiata a Shannon che era passato a
poggiare la mano sulla coscia
della ragazza ed accarezzarla. Si spostò ancora un
po’ verso a Jared che le
prese la mano e gliela accarezzò.
“Tuo
fratello è senza pudore.”
“Lo
so.
Normalmente sta più attento, però qui non ci
dovrebbero essere paparazzi o
simili e quindi si lascia andare. Non lo hai mai visto durante i tempi
del
liceo.”
“Non
voglio neanche sapere che cosa aveva coraggio di combinare. Uh... mi
piace
questa canzone.” Ed iniziò a canticchiarla felice.
“E tu com’eri a scuola?”
“Io?
Quando ci andavo ero bravo. Solo che non mi piaceva andarci. Ed ero
preso in
giro da tutti perchè avevo una faccia... bho, troppo
angelica. Mi chiamavo
sempre l’angioletto. Odiavo quel soprannome.”
“Quindi
niente ragazzine?”
“Non
ho
detto questo. Ho avuto anche io le mie esperienze, solo molto
più tardi
rispetto ai miei compagni.” Poi sorrise diabolico
“Ma rispetto a loro non mi
sono mai fermato. Penso che tutti i miei compagni di scuola adesso
siano
sposati, con figli. Magari con la pancia e senza capelli... normali
quarantenni
direi. Loro fanno sesso con una donna, io con tutte quelle che
voglio.”
“E
trovi
che sia una cosa di cui vantarsi?”
Jared
la
fissò: il tono con cui aveva fatto quell’ultima
domanda sembrava neutro, come
se gli stesse chiedendo del tempo, ma sotto sotto, c’era una
note di
biasimo. “Certo.
Io sono libero, loro
no.”
“La
verità è che tu sei solo e loro no.”
Sorrise felice a Julie che le porgeva la
mano per portarla in pista. Si ritrovò a saltare come non
faceva da tempo,
mentre Jared le osservava e pensava a quello che lei gli aveva detto e
soprattutto al fatto che si fosse permessa di dirlo.
Nessuno
si era mai azzardato a fare commenti sulla sua vita privata e su come
lui si
sentiva, neppure sua madre, e lei se ne usciva tranquilla a fare
un’analisi
degna di uno psicologo con una sola frase?
“Io
non
sono solo.” Borbottò, ma in realtà
sapeva benissimo di esserlo.
Aveva
sacrificato la sua vita personale per il lavoro. Non si era mai pentito
veramente, perchè fare mille e cinquecento cose gli dava
parecchia
soddisfazione. Essere osannato dalla folla lo eccitava più
di una bella
ragazza. Però... sì, in definitiva era solo.
Quando tornava a casa non c’era
nessuno ad attenderlo, anche i cani ormai vivevano perennemente con sua
madre
perchè lui non se la sentiva di far cambiare loro ambiente
una volta alla
settimana.
Aveva
qualche amico fidato e Shannon, ma niente di più. Del resto
non aveva bisogno
di altro: per le scopate facili aveva le sue donne disponibili. Aveva
il mondo
a portata di telefono.
Eppure
quella sola frase l’aveva agitato. Lui non era solo.
“Fratellino,
ti annoi?”
“Hai
un
po’ di rossetto sulla bocca, lo sai?” Shan fece
spallucce e si bevette un lungo
sorso di birra. “Come mai hai smesso le lezioni di
apnea?”
“Gabrielle
voleva ballare. Io non ho voglia, sarà
l’età. A che pensavi?”
“A
niente in particolare. Alla mia vita.”
“Qualcosa
di più complesso mentre sei in discoteca non lo potevi
trovare. Dai, cazzo,
divertiti qualche volta, sei sempre a pensare alla salvezza del mondo,
ai
cuccili di foca e altre cose simili. Per una volta pensa a te. Ci sono
tre
belle ragazze in pista che attendono solo te. Buttati.... ti
dò anche il
permesso di palpare Gabrielle, in caso volessi.”
“Metti
caso che voglio palpare qualcosa in pista, Gabrielle sarebbe la mia
ultima
scelta. Non ha niente che valga la pena di essere toccata.”
“In
effetti meglio le tette di Monica, eh?”
“Decisamente.”
Silenzio per un istante. “Non l’ho detto,
vero?”
“Certo
che l’hai detto, Jay.” Shannon ridacchiò
“Sei fregato. Inizio a mettere via i
soldi per la fede.”
“Ma
fottiti, stronzo!” La risata di Shan riuscì a far
girare più di qualcuno,
incluse alcune ragazzine che stavano cercando di recuperare
dell’alcol al
bancone.
Con
la
solita andatura da bulletto, Shannon si buttò in pista: non
era proprio un
ballerino provetto, ma riusciva a seguire il ritmo, in quel momento dei
Depeche
Mode. Aveva preso per i fianchi Gabrielle, ma si divertiva a lanciare
occhiate
un po’ a tutte le donne presenti.
“Scusa,
sei veramente tu?” Jared rimase sorpreso: le ragazze al
bancone si erano
avvicinate: non avevano raggiunto i ventun’anni, quindi
niente alcol per loro.
“Io
sono
io e questa è una certezza. Cosa volete?”
“É
proprio lui, non ci posso credere.” Il tono isterico di
quella più lontana lo
infastidì parecchio.
“Possiamo
farci una foto con te?” Jared chiuse gli occhi: non ci poteva
credere, anche lì.
Poi annuì. Lanciò un’occhiata a Monica
che lo intercettò perdendo parte del suo
sorriso. Aveva capito che doveva fare.
“Monica,
puoi farci una foto?”
“Certo.
Mettetevi in posa ragazze.” Jared allargò le
braccia e due si posizionarono al
suo fianco, mentre la terza, scocciata, si mise vicino ad una amica. Il
flash e
poi le ragazze se ne andarono di nuovo al bancone ridacchiando.
“Perfino
in Louisiana mi trovano.”
“Ormai
sei diventato famoso.” Monica guardò verso il
bancone dove le ragazze
continuavano a lanciare occhiate adoranti a Jared. “Vieni a
ballare. Là c’è
abbastanza oscurità da non essere visto.”
“Lo
sai
che non ballo... sono ridicolo.” Monica lo prese per entrambe
le mani e lo
trascinò in pista. “Dai...”
“Dai
lo
dico io. E poi questa canzone è così carina, ti
pare?” Stavano passando una
vecchia hit di Bon Jovi che probabilmente Jared ballava quando era
adolescente.
Come
l’uomo aveva predetto, la sua mobilità era quanto
meno imbarazzate: fingeva di
saltellare sul posto, non riusciva a coordinare il movimento delle
braccia con
quello dei piedi e niente del suo corpo era in sincrocia con la musica.
In
una
parole: terrificante.
Non
era
la prima volta che lo vedeva “ballare”, ma Monica
stava per rotolarsi dalle
risate sul pavimento. Non poteva essere veramente così
scoordinato, andava
contro qualsiasi legge della fisica.
“Smettila
di ridere! Così non mi aiuti.”
“Scusa,
è più forte di me, sei allucinante. E ancora che
sul palco te la viaggi come un
dio.”
“Quando
canto è tutto diverso. È la pista da discoteca
che inibisce qualsiasi mio
movimento.”
“Cugino,
sembri un salame.” Julie era arrossata e sudata. Gli occhi
brillavano di
simpatica presa in giro. “Ti dobbiamo sciogliere un
po’.”
“Ma
anche no. Lasciatemi in pace, vado a sedermi e siamo tutti
felici.”
“Soprattutto
le ragazzine della foto. Non vedranno l’ora di offrirti da
bere e attaccare
bottone. É una cosa che non capita tutti i giorni trovarsi
Jared Leto che beve
qualcosa in discoteca.”
Quella
opzione parve terrorizzarlo di più che stare a ballare,
quindi continuò con i
suoi movimenti inconsulti. Julie si mise a ridere ed andò a
cercare di
abbordare qualcuno per quella notte.
“Dai
vieni qui, ti aiuto io ad imparare a muoverti, almeno un
po’.” Gli mise le mani
sulle spalle ancheggiando lievemente. “Dai, muoviti al mio
ritmo.”
Il
risultato era abbastanza scadente.
“Mi
sento ridicolo.”
“Perchè
lo sei. Devi essere più rilassato. Senti il ritmo della
musica e seguilo. O
segui me.” Monica si mise a ballare per scherzo con Shannon
che si divertiva con
Gabrielle. Jared la fissò: poteva invidiarla
perchè sapeva ballare, o almeno,
perchè sapeva muoversi un po’ più di
lui? No, non poteva, anche perchè lui
sapeva cantare bene, recitare bene e dirigere bene. Lei no.
“Ecco,
questo rimette tutto sulla giusta carreggiata.”,
mormorò cercando di seguire la
musica molleggiando sul posto.
“Sei
senza speranze!” Gli urlò Monica sovrastando la
musica. Saltellò davanti a lui,
la voce di Chester Bennington ad aiutarla. Le si alzava un
po’ la gonna, ma non
sembrava farci caso.
Poi
la
musica cambiò, divenne più lenta, più
suadente. ‘Closer’ dei Kings of Leon si
espanse per tutta la sala, portando una leggerissima ondata di gelo. La
musica
era quasi ipnotica e assolutamente sensuale, di una bellezza algida.*
Monica
sorrise maliziosa e si avvicinò a Jared. Senza remore o
paure, gli posò un
braccio sulla spalla ed iniziò lentamente, seguendo la
musica, ad usarlo un po’
come un palo. Gli passò la mano sul petto, sentendo la
consistenza eterea del
cotone liso da mille lavaggi. Al di sotto i muscoli guizzavano sotto le
unghie.
Jared la fissò incuriosito alzando un sopracciglio. La
situazione non era del
tutto nuova, ma lo incuriosiva il fatto che a farlo fosse proprio lei.
Si stava
divertendo parecchio e anche lei, lo capiva dal sorriso malandrino che
le stava
lanciando dall’inizio della canzone.
Ma
lui
era Jared Joseph Leto, non amava dover lasciare troppo il controllo,
quindi,
verso metà della canzone, la prese per i fianchi a la fece
girare. La strinse a
sè, appoggiando la testa sulla sua spalla ed annusando a
fondo l’odore dei suoi
capelli. Una mano scese in profondità, andando ad
accarezzare la pelle sotto la
maglietta.
Monica
provò un brivido di chiara provenienza dai suoi ormoni. Lei
portò le braccia
dietro il suo collo, annullando del tutto le distanze. Sentì
le labbra sottili
e calde di Jared marchiarle il collo, lasciandole una scia umida. Se
avesse
continuato così si sarebbe ritrovata in ginocchio: aveva le
gambe che
sembravano fatte di gelatina.
“A
che
gioco stai giocando?”, domandò a Jared. Si
maledì perchè sentiva che la voce le
tremava leggermente.
“A
quello che tu hai iniziato. Non ti piace?”
La
mano
scese ed iniziò a toccarle la coscia sotto la gonna: le dita
si insinuarono
sotto l’elastico delle autoreggenti e le accarezzavano la
pelle nuda.
“Da
quel
che sento, piace parecchio anche a te.”
“In
effetti.” Le lasciò un ultimo bacio sul collo, poi
la musica cambiò tornando ad
essere meno sensuale e più scatenata.
Jared
tornò a sedersi sul divanetto, rinunciando, per quella sera
a “ballare” di
nuovo e forse, per la sua credibilità, era meglio
così.
“Vieni,
andiamo a prenderci da bere... io e te dobbiamo parlare.”
Julie, stranamente
seria, aveva preso Monica per il braccio e la stava tirando verso il
bar. Senza
esitare ordinò due Manhattan e prese a sorseggiare il suo
scrutandola, con gli
occhi tempestosi che prendevano il colore delle luci del locale.
“Io
non
bevo alcolici.”, le disse Monica cercando di capire cosa
volesse.
“Tu
e
Jay non state assieme, vero?”
“Scusa?”
“Avanti,
non fare finta di
niente. Da quando
siete arrivati non ho visto un bacio, un segno, un niente. E la scena
in pista
mi è sembrato più un gioco per eccitarvi, per
darvi disponibili, rispetto a quelli
che fanno una coppia di fidanzati che passerebbe la serata a
sbaciucchiarsi in
un angolo.”
Monica
la fissò a bocca aperta.
“È così ovvio?”
“Solo
per chi vuole capirlo.”
“Cazzo,
tutta colpa di Jared e delle sue cazzo di idee balorde.
Fanculo!” Le
spiegò in breve il loro contratto
ufficiale e Julie non potè che scoppiare a ridere.
“Siete
ridicoli.”
“Non
giudicare, prego.”
“Sono
lesbica, io non giudico.”
“Tutti
giudicano, è parte dell’animo umano, fa parte di
noi. E comunque credo che tu
abbia ragione, siamo ridicoli alla fine della fiera. È una
buffonata che non
funziona. Non riusciamo ad essere neanche un po’
credibili.”
Julie
posò il suo bicchiere vuoto ed iniziò a bere
quello che aveva preso per Monica,
ma che era rimasto intatto. “Invece
credo che abbiate grosse potenzialità. Si capisce che forse
non siete una
coppia, ma di certo si capisce al volo che tra voi
c’è un qualcosa di
inespresso, che avete... come si dice... una chimica incredibile.
C’erano
scintille prima, su quella pista. Ti basta un nulla per starci assieme
sul
serio.”
“Alt,
fermi
tutti. Io non voglio diventare la sua ragazza.”
Julie
rise di nuovo. “Certo, come no. E io sono la Regina
d’Inghilterra.” Si passò la
lingua sulle labbra, proprio come facevano sempre Jay e Shan.
“Ascolta un
consiglio da chi ne sa parecchio. Non nasconderti dietro idee
preconcette, non
aver paura di dimostrare quello che sei. Io ci ho messo troppo a dire
al mondo
chi ero e cosa volevo e me ne pento sempre. Avrei dovuto farlo prima,
perchè
nascondere i propri sentimenti è una rogna. Secondo me lui
ti piace, eccome se
ti piace, e la cosa è reciproca: si vede da come ti guarda,
da come ti sorride
e ti tocca. Solo che entrambi siete pieni di pregiudizi sulla relazione
tra
voi.”
Monica
si grattò l’orecchio e scosse il capo.
“Senti,
io e Jay siamo amici. Conquistare questo status non è stato
facile e non voglio
rovinarlo per una stupida cascata di ormoni. È indiscutibile
che lui sia uno
degli uomini più belli del mondo e che abbia anche la
capacità di scombussolare
la mia mente con un solo tocco di mano, ma deve rimanere un amico.
Sarebbe
troppo rischioso innamorarsene.”
“Troppo
tardi, cugina, sei sulla buona squadra.”
Cugina?
Ma da dove se ne usciva una cosa del genere? Neanche Jared le avesse
messo un
anello al dito. Scosse il capo. Non andava bene.
Mentre
tornava
a casa, in macchina con entrambi i fratelli, chiuse gli occhi facendo
finta di
appisolarsi. Su una cosa Julie aveva ragione: a Jared era piaciuta su
quella
pista. Aveva sentito la sua erezione premerle fra le natiche, come a
cercare di
sfogarsi in quel momento. Lui la voleva. Forse anche in quel momento.
Deglutì
pesantemente: le cose stavano precipitando in una maniera fin troppo
vorticosa.
*Ovviamente
è quello che penso io della canzone. Magari a voi non
piace…
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Il
giorno dopo avevano deciso per una
terapeutica seduta di shopping. Avevano prima accompagnato Gabrielle
all’aeroporto e poi si erano gettati sui negozi del centro.
Monica si era fatta
una scorpacciata di libri, in modo di potersi documentare per il
prossimo
manoscritto, e poi, presa da un raptus femminista, si era comprata una
decina
di smalti dai colori diversi.
Jared
aveva svaligiato vari negozi per
recuperare nuove magliette, rigorosamente con lo scollo a V,
così da poter
mettere in mostra il tatuaggio sulla scapola, mentre Shannon era
riuscito
nell’impresa impossibile di comprarsi di tutto facendo in
modo che niente
stesse bene con un altro capo. Doveva essere un gene particolare dei
Leto,
quello di non sapersi vestire.
Nessuno
aveva parlato di quello che era
successo la sera prima. Nella loro stanza si erano semplicemente dati
la
buonanotte. Prima di addormentarsi, Monica aveva sfiorato la gamba, la
dove
Jared l’aveva accarezzata. Ci aveva pensato così
tanto, che le stava venendo
mal di testa. Lo guardò mentre parlava con Shannon tornando
a casa, dopo aver,
miracolosamente avuto il via libera da Zia Margot di mangiare fuori, e
scosse
il capo: la stava facendo impazzire dopo solo tre giorni. Non poteva
assolutamente permettersi di perdere nuovamente la testa per lui.
Del
resto anche Jared aveva pensato a
quella strana attrazione che aveva provato per lei.
Si
era eccitato e non aveva fatto niente
per mascherarlo. Si era comportato nella stessa maniera di sempre: ci
aveva
provato, aveva flirtato e aveva fatto capire alla sua accompagnatrice
che cosa
voleva, ma Monica non era una delle sue solite bambine. Era innanzi
tutto più
vecchia e quindi molto più difficile da sottomettere e poi
era mora. E con più
curve rispetto a quelle che di solito toccava nelle sue ragazze.
Eppure
in quel momento, con lei che gli
si strusciava addosso e la canzone del Kol, l’unica cosa che
avrebbe voluto
farle, era toglierle gli slip e farla lì . Cosa che, per
fortuna, aveva
evitato. Ma perchè aveva così voglia di lei? Ci
aveva pensato tanto, metà della
notte mentre lei dormiva tranquillamente, respirando a fondo e con una
specie
di sorriso beato sulle labbra, e aveva capito che era soltanto a causa
della
situazione che l’aveva voluta. Esatto, soltanto il momento.
Quindi
aveva semplicemente evitato di
riparlarne, tanto non sarebbe successo mai più.
“Quindi
adesso che Gabrielle se ne è
andata, ci provi con Sandra?”
“Ovviamente!
E lei non è lesbica. Mi hai
tirato un bello scherzetto non dicendomi delle preferenze di Julie. Ci
sono
andato pesante con lei, ci ho provato in tutti i modi fino a quando mi
ha riso
in faccia.” Jay sorrise.
“Cazzo
Shan, è tua cugina.”, sbottò
monica dal sedile posteriore.
“E
allora? Intanto è una cugina di
secondo o terzo grado. E poi mica ci devo mettere su famiglia no? Si
chiamano
scopate di passaggio, Monica, dovresti provare.”
Fu
lei a ridere in quel momento. “Chi
ti ha detto che non ho mai provato sesso giusto per farlo? Non
è che voi uomini
avete l’esclusiva... noi donne, volendo, possiamo fare la
stessa cosa.”
Shannon
frenò e si girò verso di lei,
incurante degli altri automobilisti arrabbiati che gli stavano suonando
incazzati il clacson. “No, spiega un attimo? Non ci
hai mai raccontato di
questi incontri hot. Vogliamo sapere.”
“Non
ve ne ho mai parlato perchè non
sono fatti vostri.”
“E
invece ora ci dici tutto.”
“Shannon,
taci e guida che dobbiamo
tornare a casa.”
Jared
era l’unico che non stava
parlando. Smanettava con il suo BlackBerry e si limitava a lanciare
qualche
occhiata incuriosita alla ragazza.
“Perchè,
ti aspetta qualcuno? Mi pare
che il tuo fidanzato sia qui.”
“Fottiti!”
“Shannon,
lasciala in pace e guida.”,
mugugnò Jared.
“Cosa?
Non dirmi che non sei neanche un
po’ curioso? Dai, quando ci capita di avere discorsi piccanti
da una donna?”
“Appena
trovi una disposta a farli.”,
rispose Monica, “Andiamo a casa e vedi di non farti strani
pensieri su di me,
sotto la doccia.” La risata del batterista si espanse per
l’auto.
L’unico
posto decente per poter scrivere
in santa pace era il giardino. La casa era un continuo via vai dei
parenti e
Monica era decisamente stufa di dover spiegare in continuo come avesse
conosciuto Jared, quanto lo amasse, falsamente, dei loro improbabili
progetti
futuri. Dopo un po’ diventava noioso.
La
cosa buona era che almeno stava pian
piano imparando a riconoscerli. Non erano cattivi, erano solo invadenti
come
solo i parenti sapevano essere. A parte George e zia Franny. Loro erano
i
classici parenti serpenti, quelli che avresti voluto evitare per tutta
la vita.
In due giorni le avevano fracassato i timpani con tutte le chiacchiere
inutili
sulla loro vita. E la voce stridula di Franny era ancora peggio, almeno
George,
in maniera leggermente viscida, stava cercando di provarci con lei e
conquistarla. Ovviamente senza raggiungere neanche la metà
del suo scopo.
Riusciva a risultare solo fastidioso.
E
a quanto pareva a Jared dava parecchio
fastidio quell’atteggiamento: quando George le si avvicinava,
lui andava
meccanicamente ad abbracciarla, o le prendeva la mano, come se.... bho,
avesse
paura di perderla. Stronzate del secolo: Jared odiava
semplicemente che
qualcuno potesse pisciargli sulle scarpe. Che modo di fare
assolutamente
inutile e terribilmente egocentrico. Sì, lo sapeva anche
Monica, era tipico di
Jared fare così.
Sospirò
chiudendo il libro che si era
portata dietro per le ricerche e si mise la penna in tasca: aveva
troppi
pensieri in testa per scrivere qualcosa di coerente, tutti pensieri che
portavano verso un’unica direzione.
Direzione
che stranamente stava
arrivando direttamente da lei.
“Che
ci fai qui?”
“Sono
venuto a cercarti. Oltre al fatto
che aspettavo la scusa giusta per uscire da là. Onestamente
dopo un po’ non
sopporto tutte quelle chiacchiere.”
Si
sedette vicino a lei appoggiandosi al
grosso tronco di un salice piangente secolare. I rami sottili
arrivavano a
toccare terra con le loro tende di foglie. La leggerissima brezza
riusciva solo
a smuovere gli apici creando una piccola onda lenta. Il laghetto
azzurro
scintillava sotto il sole cocente e ogni tanto qualche piccolo pesce
saltava.
Monica era certa che quel piccolo angolo di mondo poteva essere
tranquillamente
inserito nelle Sacre Scritture sotto la parola Paradiso.
“Sono
simpatici i tuoi parenti, un po’
invadenti, ma il mondo è fatto così.”
“Se
lo dici tu.”
Monica
poggiò a terra tutte le cose che
aveva in mano e, senza neanche troppo pensarci, andò a
sedersi esattamente
davanti a lui con le gambe incrociate.
“Vuoi
parlarne?”
“Di
cosa?”
Monica
alzò gli occhi al cielo. “Di
quello che ti turba così tanto, o semplicemente di quello
che vuoi. Hai la
faccia di uno che vorrebbe tanto parlare e non lo fa e siccome tu sei
quello
che sei, mi preoccupa sta cosa. Non ti ho mai visto tanto silenzioso
come in
questi giorni, di solito sei sempre a sparare cazzate.”
“Tu
si, Monica, che hai una parola
gentile per tutti, soprattutto per me.”
Lei
sorrise. “Devo stuzzicarti un
po’, altrimenti sai che noia sarebbe la nostra
storia.” Monica accarezzò un po’
l’erba con le dita. Le piaceva sentire le punte scivolarle
addosso.
“É
vero quello che hai detto oggi a
Shannon?”
“Cosa?”
“La
questione del sesso senza
sentimenti.” Monica lo fissò decisamente stupita.
“Allora?”
“Certo
che è vera.”, si riprese lei, “Ci
sono dei momenti per ognuno di noi, dove si fanno cose che non si
pensava di poter
fare in precedenza. Onestamente non pensavo che avrei potuto fare sesso
come un
uomo, come dicono in Sex And The City.” Poi rise forte:
“Credo che quel
telefilm mi abbia rovinato da quel punto di vista.”
“E
perchè?”
Lei
tornò seria. “Tu perchè lo
fai?”
Lui
fece spallucce. “Noia, voglia
di provare qualcosa, necessità di scaricare
l’adrenalina. Perchè ho
voglia.”
Monica
lo fissò negli occhi grigi a
lungo, poi riprese a parlare più lentamente, come a cercare
di ponderare le
parole. “Ho fatto sesso perchè avevo
voglia di annullare me stessa, questa
è la verità.” Jared aggrottò
la fronte. “Venivo fuori da una storia che mi
aveva distrutto sentimentalmente e psicologicamente. Avevo bisogno di
qualcosa
da fare per dimenticarlo e sentirmi nuovamente sicura di me
stessa.”
“E
ti ha aiutato?”
“Sì
e no. Non ho dimenticato il mio ex,
ma mi ha fatto capire che ci sono dei limiti. Che io, ho dei limiti,
per la
precisione. Il sesso così per fare può avere una
soddisfazione, ovviamente se
lui sa cosa deve fare, ma alla lunga... lascia un vuoto abbastanza
deprimente.”
“Non
la vedo così. Le scopate
estemporanee sono utili.”
“Perdona
la franchezza, ma sono utili
per svuotarti i coglioni, amore. Sentimentalmente non danno niente e
questo è
il vuoto che crea.”
“Sbagli
prospettiva. Il sesso
occasionale è bello perchè occasionale, non deve
darti nulla di sentimentale,
deve solo darti piacere fisico. Il resto è
superfluo.”
Silenzio,
poi Monica ribattè. “Sei
mai stato innamorato? Rispondimi seriamente, hai mai amato sul
serio?”
“Sì.”
Secco, senza esitazioni.
Lei
sorrise. “Prova a pensare ad
uno dei tuoi rapporti con la ragazza che hai amato. Non importa se il
primo,
l’ultimo o il più bello. Uno qualsiasi. Ce
l’hai?”
“Certo.”
Sembrava perplesso, ma era
curioso di sapere dove voleva andare a parare.
“E
adesso pensa ad una qualsiasi
scopata, anche la migliore, che hai avuto con una delle tue
bambinette.”
“Ok.”
“Dovresti
sentire senza ombra di dubbio
quale ti è piaciuta di più.”
Jared
rimase in silenzio guardando il
laghetto. Monica aveva ragione su tutti i fronti e lo sentiva, lo
sapeva, ma
non le avrebbe mai dato la soddisfazione di darle ragione.
Però non voleva
neanche mentirle, quindi si rese che stare zitto in quel momento
aiutava
moltissimo.
“Avevo
ragione vero?”, si divertì ad
infierire Monica distendendosi sull’erba in modo da poterlo
ancora vedere bene
in faccia. Non le era sfuggito il luccichio commosso di pochi istanti
prima.
Sapeva
benissimo che Jared non la amava
più. Lei, Cameron, era un qualcosa di lontano, una figura
sbiadita dagli anni e
dalle ragazze che aveva avuto dopo di lei, ma sapeva anche per
esperienza
personale che quando uno si innamorava portava quel sentimento in
sè per
sempre. Quello che faceva stare male, di solito, non era la mancanza
della
persona amata, ma la mancanza di quello che si provava stando con lei o
lui.
Era
quello che era successo a lei: non
le mancava il suo ex, ma le mancava di essere innamorata, di sentirsi
il cuore
scoppiare di felicità, di sentirsi felice in qualsiasi
momento, anche quando
litigavano e piangeva disperata di frustrazione, la sensazione che
tutto
sarebbe andato bene al momento giusto.
“Forse.”
“Mi
basta. Già che siamo in fase di
condivisione, mi spieghi perchè stare qui per te
è così incredibilmente
terribile? Posso capire tutto, ma mi sembri un disperato.”
“Non
ho voglia di parlarne.”
“E
dai, cazzo, ti ho parlato delle mie
notti folli, adesso tocca a te.”
“Non
mi hai detto quello che hai
fatto... Sopra o sotto?”
“Di
lato e a 90. Sono versatile, anche
se mi piace stare sotto.”
Jared
sorrise malizioso: quel discorso
gli piaceva molto di più di tutti quei ragionamenti filo
romantici di
prima. “Come mai?”
“Forse
perchè mi piace vederlo negli
occhi, averlo sopra, incatenarlo con le gambe. Questo non significa che
disdegni
anche le altre posizioni.”
“Strano,
pensavo che fossi una che stava
sopra.”
“Io
sto sopra, vuoi vedere?” Si alzò di
scatto e si inginocchiò su di lui, con le gambe vicine alle
sue. Jared rise
cercando di spostarsi, ma lei lo stava
schiacchiando. “Parenti?”
“No,
ne avevo semplicemente voglia.
Adesso tocca a te parlare.”
“Devo?”
Lo sguardo di Monica non gli
lasciava molte alternative a quanto pareva. “Stare qui in
Luisiana mi piaceva
da piccolo. Era casa. È sempre stato così, fino a
quando non sono cresciuto.
Una parte di me ama tornare a Bossier, ma l’altra vuole
scappare appena
possibile. È come se mi sentissi intrappolato e peggio
ancora... giudicato. Mi
sento...” Soffiò stizzito, più per i
suoi pensieri che per una incazzatura
contro Monica. “...mi sento additato da tutti come il figlio
sbagliato.”
“E
perchè mai?”, lo stupore era sincero.
Jared
si morsicò le labbra e prima di
tornare a parlare se le inumidì con la lingua come faceva
sempre. “Quando
ero piccolo dicevano a mia madre che papà se ne era andato
per colpa mia. Mi
nascondevo, ero piccolo e mingherlino, passavo parecchio inosservato,
ed
ascoltavo tutto. Shannon mi diceva sempre che erano sciocchezze, ma a
sei anni
quando tutti ti dicono la stessa cosa, alla fine ci credi.”
“Ma...
ma è atroce! Ma che stronzi
maledetti. Ma tu lo sai che non è per questo, vero? Insomma,
un genitore non se
ne va a causa di un figlio, soprattutto un bambino come te. Da quello
che
Margot mi ha raccontato in sti giorni eri praticamente un bambino
delizioso.”
“Monica
lo so che...” Si ritrovò a non
saper come andare avanti. Da quanto non apriva quella scatola dolorosa?
Troppo... e c’era un motivo. Odiava i fallimenti e quello era
stato il suo
primo cocente fallimento. “I tuoi sono divorziati, no? Non
hai mai pensato per una
volta sola che fosse stata colpa tua?”
“Sì,
forse, non ricordo, ero piccola. E
comunque nessuno mi ha mai rinfacciato niente.”
“Appunto.
Ogni volta che vedo quella
gente in salotto, soprattutto i parenti stretti, è come
rivivere quei tempi.”
“É
terribile. Tua madre non lo sa,
vero?”
“Ovviamente
no. Hai idea di come
starebbe se venisse a saperlo? E non glielo devi dire neanche tu,
capito?”
“Certo,
non sono scema, queste sono cose
che dovreste sistemare voi, io non c’entro, ho già
i miei problemi famigliari,
manca solo che mi occupo anche dei tuoi.” Poi gli sorrise
dolcemente e gli
accarezzò leggermente la guancia, lasciando la mano ferma
sulla gota. “Prova a
parlare con tua madre, magari è la volta buona che non ti fa
più tornare qui,
anche se zia Margot ci resterebbe male.”
Jared
era un po’ stordito: l’argomento,
di per sè, era terribile e normalmente ne parlava solo con
Shannon e solo se
era ubriaco. Parlarne da sobrio con qualcuno di diverso, lo
destabilizzava del
tutto. Si sentiva una persona diversa, come se non fosse Jared Leto, ma
una
qualsiasi persona. Perchè gli faceva quello? Monica non
doveva capirlo, doveva
semplicemente fare l’oca giuliva davanti ai suoi parenti e
basta.
Inutile,
lo sapeva anche lui che non
sarebbe mai potuto succedere: lei non era così. Lei era
quello che era,
schietta, sincera, dissacrante. Ironica, sarcastica e senza troppi
fronzoli.
L’errore era stato suo, non di Monica.
Però...
stava bene. Li (accento), seduto
sotto quel salice piangente, con la ragazza sulle gambe che lo stava
accarezzando, quella brezza e quel sole, si sentiva bene come non
succedeva da
parecchio tempo. Non accadeva spesso che trovasse qualcuno che
riuscisse a
mettersi in sintonia con lui in quella maniera come stava avvenendo con
lei. Se
fosse stato uno sciocco romantico, avrebbe detto che Monica lo
completava.
Siccome era cinico e realista, aveva deciso che Monica era
semplicemente una
ragazza che lo conosceva da tanto tempo, che aveva vissuto delle
situazioni
analoghe alle sue e che quindi aveva una sensibilità
maggiore rispetto alle sue
normali frequentazioni.
“Zia
Margot è l’unica persona per cui
valga la pena venire.”, mormorò.
Poi,
lentamente, si avvicinò a lei: le
mani la presero per i fianchi per tenerla ferma, in modo che non
rischiasse di
cadere, le dita le accarezzarono la pelle sotto il bordo facendole un
leggero
sollettico e facendola ridacchiare.
“Smettila.”,
sibilò Monica, ma si vedeva
che si stava divertendo.
Jared
appoggiò la fronte su quella della
donna e chiuse gli occhi, mentre con le mani iniziava una lenta
esplorazione al
suo torace. Si stava dando dell’imbecille da solo
perchè sapeva che si stava
eccitando e che avrebbe dovuto provvedere da solo a venire, eppure
aveva
sentito l’impulso fortissimo di toccarla, di sentirla vicina
anche fisicamente
e non solo mentalmente. Oltre al fatto che parlare con lei di sesso gli
aveva
dato comunque una scarica di ormoni che non guastava mai, soprattutto
visto che
da un bel po’ non aveva avuto la possibilità di
farsi qualcuna. Il suo corpo la
voleva.
“Mi
sa che devo mettermi l’anima in
pace.”, mormorò, sovrapensiero.
“A
cosa?” domandò Monica. Neanche per
lei era molto semplice stare tranquilla. Le dita con i leggeri calli
stavano
sfiorandole proprio quei punti che normalmente la facevano rabbrividire
di
piacere più che di fastidio. Che diavolo stava combinando?
La stava
stuzzicando, la stava... sentì l’erezione da sotto
i pantaloni!
La
voleva!
Si
sentì avvampare e si alzò di fretta.
Non poteva rischiare da fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita.
“Allora,
domani che si fa?”, cambiare
discorso, parlare di cose assolutamente slegate tra loro.
“C’è
il primo grande pic nic. Si sta in
giardino a mangiare, prendere sole, bere, nuotare.”
“Ti
metti in costume?”
“Forse.”
“Allora
ci sarà da ridere.” E gli mostrò
la lingua prendendo le sue cose e cammiando verso casa.
Jared
appoggiò la testa sul tronco: non
sapeva se ringraziare o meno Monica per aver preso la decisione di
andarsene.
Aveva capito che anche lei lo voleva, aveva sentito il corpo tendersi,
i
brividi scendere lungo la schiena e il respiro leggermente affrettato
sulle sue
labbra. Però lei aveva avuto quel briciolo di cervello in
più di lui rimettendo
le cose dove dovevano stare.
“Vuoi
smetterla? È andata via, niente
soddisfazione per te, amico.”, borbottò
sistemandosi al meglio il gonfiore nei
pantaloni. “E io devo essere pazzo a parlare con il mio
uccello.”
Sospirò
frustrato: c’erano due cose che
poteva fare. La prima era tornare a mettere le distanze, stare il
più lontano
da lei possibile, nei limiti del possibile, e tornare in California con
la
chiara idea di non vederla per molto tempo. La seconda era andare
contro tutta
la ragionevolezza del mondo e fare in modo di portarsela a letto il
prima
possibile.
Il
cervello contro il resto del corpo.
Sorrise
al laghetto: la scelta era
scontata. E il pic nic l’avrebbe aiutato.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Monica
aprì gli occhi. La tenda era stata tirata e quindi filtrava
pochissima luce nella mansarda e questo aveva fatto in modo che lei
riuscisse a
dormire più del solito. Guardò l’ora
sul suo BlackBerry e notò che erano le dieci
passate.
Senza
neanche girarsi sapeva che la piazza di Jared era vuota. Non sentiva
il suo profumo e tantomeno il suo respiro. Evidentemente si era
svegliato
presto, un po’ come sempre, ed era sceso senza svegliarla.
Si
rigirò ancora qualche minuto fra le lenzuola che sapevano
alla lontana
di lavanda. Notò quasi subito di avere le gambe nude. Le era
rimasta addosso
solo la canotta e sperò con tutto il cuore che Jared non
l’avesse notato o
almeno non avesse sbirciato. Capace com’era, quello poteva
anche voler mettersi
a farle foto dal BB.
“Cazzo...”,
mormorò nella semi oscurità della
stanza.
La
sera precendente, a tavola insieme a tutta la famiglia, Jared non si
era
risparmiato di stuzzicarla a dovere. Stando vicini di sedia, le mani
erano un
continuo sfiorarsi e lui le sorrideva fin troppo spesso in maniera
dolce e
maliziosa. Quando Peter, un cugino, o era uno zio?, gli aveva domandato
come e
quando le avesse chiesto di stare assieme, Jared aveva inventato di
sana pianta
una serata quasi perfetta a Los Angeles. Con una faccia di bronzo
assolutamente
da Oscar, aveva farcito l’aneddoto di frasi sdolcinate, ma
non troppo,
perfettamente in linea con il personaggio e battutine allusive che
quasi la
facevano arrossire.
Quasi,
perchè lei, in fondo, sapeva tenergli testa. Quando aveva
capito che
cosa stava facendo o almeno dove voleva andare a parare, si era
premunita di
faccia tosta e gli aveva dato corda.
Da
un certo punto di vista era stato anche divertente, una specie di gioco
di stile su chi era più bravo a mentire restando al limite
della verità e
Monica aveva capito che aveva davanti a sè un maestro della
manipolazione della
verità. Non diceva delle bugie colossali, ma piuttosto
arricchiva con piccoli
particolari, oppure ometteva certe cose che in un racconto tipo non ci
sarebbero state. Gli avrebbe fatto un inchino, se non fosse stato il
momento
sbagliato.
Quando
erano saliti in mansarda gli aveva anche chiesto come mai quel
repentino cambio di comportamento e la risposta, laconica e divertita,
era stata
un semplice 'per calarsi meglio nella parte'.
Come
se fosse un film.
Come
se tra loro non ci fosse nulla.
E
in fondo, pensò mentre nascondeva la testa sotto il cuscino,
era proprio
così. Non riusciva a capire perchè si stesse
facendo tutti quei problemi e
quelle seghe mentali. L’unica cosa che doveva assolutamente
tenere a mente era
la parola “Data di Scadenza”. In realtà
erano tre parole, ma il succo non
cambiava di molto.
Fra
meno di tre giorni lei sarebbe diventata obsoleta nella vita di Jared.
Lui si stava solo divertendo con lei, cercando di metterla in
difficoltà, per
fare qualcosa di diverso in quei giorni, in modo da spezzare la
monotonia. Per
prenderla in giro di certo.
Sospirò
demoralizzata: errare era umano, perseverare diabolico. Ricascarci
con tutte le scarpe, decisamente stupido e a lei non piaceva passare
per
stupida.
Si
alzò e aprì le tende: davanti a lei una
splendida, come sempre, giornata
di sole. Inoltre vedeva che le prime tovaglie erano state stese
sull’erba e i
bambini della famiglia già si divertivano ad entrare ed
uscire dal laghetto.
E
non solo i bambini: non voleva sbagliare, ma quello che si tuffava da
un
ramo era Jared. Non aveva proprio un grandissimo stile, ma sembrava
divertirsi:
le bambine, poi, erano tutte intorno a lui a farsi prendere in braccio
o sulle
spalle. E come ti sbagliavi, qualsiasi ragazzina nell’arco di
un chilometro era
attratta da Jared, anche se dello stesso sangue.
Monica
indossò il suo costume sportivo a due pezzi, decisamente
poco sexy e
una maglietta a maniche corte con dei pantaloncini. La borsa con i suoi
perditempo era rimasta sull’appendino in salotto, quindi non
aveva altro da
fare che darsi una rassettata generale e scendere per la colazione. O
il
pranzo. O qualcosa che stava nel mezzo. Con zia Margot non
c’era rischio di
rimanere a digiuno, ma non sapevi neanche che cosa ti avrebbe rifilato
nel
piatto, specie alle dieci e mezzo del mattino.
Come
aprì la porta si trovò davanti Shannon: non
sembrava aver dormito
moltissimo, aveva profonde occhiaie scure e nessun sorriso dei soliti.
“Sei
andato in bianco ieri sera?”
“Fatti
i cazzi tuoi.”
Lei
rise divertita. A quanto pareva la cugina Sandra non era
così semplice
da ammaliare. “Lo prendo come un
sì.” Shannon mugugnò qualcosa.
“Dai che
una buona colazione ci aspetta.”
“E
Jared?”
“L’ho
visto che si tuffava nel laghetto insieme ai bambini. È
sempre stato
così?”
Lo
vide sorridere. “Da piccolo sì. Gli ho
insegnato a nuotare che
aveva cinque anni e si è sempre divertito un mondo a
buttarsi. Adesso al mare è
decisamente più schivo.”
“Non
vorrà mostrare le gambe secche.”
“Poverino,
gli trovi tutti i difetti.”
Fu
lei a sorridere ora. “Madre Natura gli ha dato
troppi pregi e
troppa bellezza. Ogni tanto va riportato con i piedi per terra e
ridimensionato, ma in fondo...”, poi si bloccò
convinta di aver detto fin
troppo. Shannon la stava guardando malizioso e con un sorrisino di
strafottenza
che avrebbe voluto levargli a suon di sberle. “... ha le
gambe secche.”
La
colazione era filata liscia tra una tazza di caffè forte,
che ebbe la
facoltà di svegliarla del tutto, e due deliziosi pancake
appena fatti da Zia
Margot, sommersi di sciroppo d’acero. Monica si chiese se la
vita di Margot non
fosse semplicemente stare a cucinare tutta la vita: era un continuo
accendere e
spegnere ii fornelli, lavare e tagliare le verdure o battere la carne.
“Lo
chiedo di nuovo, tanto so che mi dirai di no, ti serve una mano in
qualcosa? Tutta la famiglia è fuori, forse hai bisogno di
qualcuno qui.”, fece
Monica verso Margot.
“Non
serve, bambina, però se vuoi aiutare, potresti togliere dal
forno la
torta di mele?”
Monica
fu felice di aiutare, anche per fare qualcosa di diverso dal solito,
mentre Shannon, senza esitare, uscì a fare il bagno insieme
agli altri. La
piccola radio sopra il fornello spandeva musica classica.
Monica
si occupò di preparare l’impasto per la crostata
di marmellata di
more, poi di tagliare dei peperoni rossi per il contorno ed infine
della salsa
di pomodoro. Stava quasi per mettersi a preparare qualche grissino, che
entrò
Jared lasciandola quasi senza fiato.
Era
a petto nudo, con le goccioline d’acqua che scendevano dai
capelli
lunghi sui pettorali stranamente sodi. La pelle brillava e il
tatuagggio sulla
scapola era quanto più provocante non fosse mai stato. E poi
il sorriso: così
luminoso e... felice. Qualcosa che non vedeva da troppo tempo.
In
quel momento le gambe secche erano perfette.
“Ecco
dove sei finita. Mi stavo preoccupando che fossi morta nel sonno, poi
Shannon mi ha detto che eri rimasta in cucina. Dai, vieni fuori con
me.”
“Non
posso, sto aiutanto tua zia.”, rispose Monica distogliendo lo
sguardo
e cercando di fissare un interessantissimo pezzo di pomodoro che
nuotava nel
sugo.
“Portala
via Jared. È giusto che si diverta, non che lavori, anche
perchè è
una ospite.”
“Ma
Margot, per me è un piacere.”
“Su
bambina, vai.”
Jared
sorrise vittorioso e la prese per mano, praticamente trascinandola
fuori. “Hai tempo per un bagno veloce, poi si
mangia. Oltretutto ho visto
verdure in abbondanza, cosa che mi rasserena.” Ecco,
l’essere vegetariano era
stato l’unico punto di discussione tra Jared e la padrona di
casa, che si
ostinava, ogni sera, a dargli almeno una cosa carnivora, che lui,
puntualmente,
metteva nel piatto a Monica. “Hai il costume vero?”
“Certo.”
“Peccato
avrei voluto buttarti nel lago con tutti i vestiti... cosa che
farò!”
“Cos..?”,
non riuscì a finire la parola che Jared la prese in spalla
come
un sacco di patate, Monica si chiese dove tirasse fuori tutta quella
forza, e
in men che non si dica la fece volare verso l’acqua
fredda.
Ne
uscì con l’ego spazzato via, la maglietta
incollata addosso e una voglia
incredibile di prendere a calci Jared. “Jared Joseph
Leto, avrò il tuo
scalpo.”
“Amore,
lo sai che hai tutto di me.”
Arrossì
cercando di uscire a fatica dall’acqua e poi prese
rincorrerlo,
mentre intorno a loro tutti ridevano. Jared corse come se
fosse sul palco,
ancora un po’ si metteva a cantare: si stava divertendo un
mondo quella
mattina, aveva pensato per ore a cosa farle e quella le era sembrata la
soluzione
migliore. E infatti, quando si fermò, si
fece prima prendere e poi,
tra le risate, la prese in braccio, con Monica che scalciava.
“Mettimi
giù, ci stanno guardando tutti.”
“E
chi se ne frega. Sei o no la mia ragazza?”
“Jared!”
Lui
rise di gusto, andando poi a baciarle il collo. La mise a terra e corse
dalle bambine che lo chiamavano per un altro bagno. Come sempre era
decisamente
richiesto dal pubblico femminile.
“Vieni
con noi e lascialo a fare il cavaliere con le piccoline.”
Julie
aveva un bellissimo bikini rosso fiammante, piuttosto striminzito.
Shannon
sarebbe uscito fuori di testa, soprattutto sapendo di non poterla avere
neanche
fosse stato l’ultimo uomo sulla terra. “Togliti
quella maglia che così si
asciuga prima. Tranquilla, non ci sto provando.”
“Lo
so, visto che puntavi a Gabrielle, credo di non essere nel tuo
standard.”
“Non
è per questo che non ci provo, ma solo perchè so
che non ho speranze.
Sei troppo etero. Oppure, semplicemente, sei troppo sua.”
“Io
non sono sua!”
“Oh
sì che lo sei, è palese. Basta vedere come ti
guarda.” Si sedettero
sotto il salice dopo che Monica aveva messo la maglietta e i
pantaloncini al
sole.
Sandra,
in pudico costume intero nero, le passò un piatto carico di
cibo.
“Mi
guarda come sempre.”, riprese il discorso.
“No,
ti vuole, molto più di prima.”, Monica non
rispose. Julie aveva
dannatamente ragione e lo sapeva.
“Che
mangi?” Jared si sedette vicino a lei abbracciandola e
rubando dal
piatto un pezzo di pane.
“Ma
ti pare il modo?”
“Stamattina
ti sei svegliata con le palle girate, Monica?” Jared la
lasciò
e si sedette un po’ più distante: aveva paura di
aver esagerato. Anche a lui fu
dato un piatto e vide sua madre che parlava, lontana, con sua zia
Franny.
Poverina, non la invidiava.
“No,
Jay, sono solo un po’ alterata perchè un cretino
mi ha buttata in
acqua completamente vestita. Per il resto tutto ok.”
Bugia,
bugia, bugia! Voleva toccarlo, voleva sentirlo sotto le sue mani, ma
non poteva farlo! Maledetto quel pic-nic! Non riusciva a staccare gli
occhi da
quel 'Provehito in Altum' sulla clavicola.
“È
solo acqua. Rilassati ,dai...”
“Hai
ragione, scusa.” E sospirò: non poteva avercela
con lui perchè era
bello e terribilmente attraente.
“Scusa
Monica, posso chiederti un favore?” Una ennesima cugina, di
cui lei
non ricordava il nome, si era messa davanti a loro con in mano una
copia del
suo primo libro. “Me lo autografi? Farò un
figurone al club del libro.”
“Certo,
dammi qui!” Monica lasciò una leggera dedica e lo
svolazzo e le
sorrise: “Non pensavo di essere entrata anche nei club
letterali.”
“Oh
sì! Noi adoriamo Camilla, ci immedesimiamo tutte. Almeno una
volta ogni
due mesi ne parliamo. Stiamo pensando di fare un piccolo fanclub. Sei
bravissima.”
“Oddio,
così mi emozioni. Grazie mille.” Monica sorrise
felice e Jared le
accarezzò la guancia: era così... dolce.
“Sono famosa anche io.”
“Non
avevo dubbi! Vieni a fare un bagno con me? Stavolta non ti butto.
Tanto non mi pare che hai mangiato tanto, no?” Si
alzò e le porse una mano.
“Vieni.”
Lei
gliela prese e si lasciò portare. Erano andati un
po’ più lontani, con
la scusa di voler fare stare un po’ in privato. Monica fu la
prima a buttarsi
per evitare il freddo dell’acqua e si ritrovò a
nuotare lentamente con Jared
che la seguiva.
“É
proprio carino questo posto. Ci credo che da piccolo ti piaceva
giocarci.”
“Già,
io e Shannon passavamo ore così. E poi a giocare a
nascondino per il
parco. Oppure a fare a pugni con George e la sua cricca.”
Monica
lanciò uno sguardo in direzione parenti: George li stava
guardando
con espressione dura e poco incline al sorriso, quindi lei si
avvicinò a Jared
e gli passò una mano intorno al collo appoggiandosi su una
spalla.
“Ci
avrò parlato in tutto una mezz’ora, ma
già lo vorrei annegare. È così
viscido.” Jared le passò le mani intorno alla vita
per tenerla salda su di lui:
si godette appieno il seno della ragazza che premeva sul suo torace. Si
rammaricò che avesse un costume così costrittivo,
se avesse indossato un bikini
sarebbe stato molto più divertente. Le lasciò un
leggero bacio sulla fronte.
“Ha
lasciato a casa sua moglie e i bambini. Figurati, Bernadette
è troppo
in alto per i parenti poveri di George. Non può venire a
contatto con la
feccia. Bha.”
“Noi
non siamo feccia.”, mormorò Monica con gli occhi
chiusi. Si stava
godendo il sole caldo che le batteva sul viso, il corpo muscoloso di
Jared sul
suo e l’acqua fresca intorno a lei. Poteva chiedere qualcosa
di meglio?
“Per
lei sì. Mamma mi ha raccontato di una sfuriata di zia
Margot. Pare che
Bernadette non abbia gradito moltissimo il cibo poco raffinato che
prepara.
Figurati, non sarebbe sopravvissuta ad una settimana qui. Meglio che se
ne stia
a New York.”
“Che
donna amabile. Dio li fa e poi li accoppia sul serio.”
“Se
è possibile, è peggio di Franny. In
realtà con me e Shan è stata anche abbastanza
gentile. Del resto ci siamo visti solo due volte, di cui una ad un
nostro
concerto, ma dubito che abbia apprezzato del tutto la musica e lo show
in
generale. Se ne è andata via con l’espressione
scandalizzata.” Rise a ricordare
quel momento e per Monica fu un colpo al cuore e all’ormone.
Quella
risata, così spontanea e genuina, usciva di rado. Da anni le
risate
di Jared erano sarcastiche, di circostanza, a denti stretti, misurate.
La
risata pura e gioiosa, per pura voglia di farla, era un lusso che si
concedeva
di rado. Per questo era splendida. E sentirla la emozionava.
“Poverina,
sarà rimasta scioccata da tutte le parolacce che
dici.”
Jared
fece spallucce e le baciò una
spalla. “Zia Margot ti ha detto
qualcosa oggi?”, le domandò.
“Uhm?”,
era così presa dalle labbra che la stavano accarezzando che
neanche
lo stava a sentire: gran brutto segno. “Cosa? Ah
sì, cioè no, niente di nuovo.
Credo che mi abbia raccontato aneddoti di tutta la famiglia, ma
onestamente ne
avrò ascoltati la metà. So per esperienza che gli
anziani vogliono solo
condividere i loro racconti, in realtà non importa chi hanno
davanti.”
“Hai
fatto bene. Senti, che ne dici se risaliamo? Mia madre ci sta facendo
ampi gesti con la mano per andare là.”
“E
allora saliamo.” Si sciolsero dall’abbraccio e mano
nella mano
raggiunsero tutti gli altri.
Era
giunta la sera. Si erano tutti rivestiti, tranne Shannon che soffriva
di caldo perenne. Zia Margot aveva fatto accendere non solo le luci del
patio,
ma anche un bel falò, appositamente per starci tutti attorno
a chiacchierare.
Qualche bambino ancora giocava a rincorrersi, mentre i più
piccini dormivano
tra le braccia dei genitori.
Monica
era distesa a guardare le stelle sopra di lei: aveva passato un bel
pomeriggio a giocare a pallavolo, leggere e nuotare. Oltre, ovviamente,
a
chiacchierare. La cucina innominata, alias Alyson, le aveva chiesto
news sul
prossimo libro, ma lei non sapeva bene che risponderle. Doveva ancora
mettercisi di buona lena, aveva qualche idea confusa che doveva
riannodare. Di
certo appena sarebbe tornata a Los Angeles si sarebbe messa sotto di
buona
lena.
Ed,
infine, mister Jared Leto, che non perdeva occasione per stuzzicarla e
toccarla. Monica aveva capito che le stava chiaramente dicendo che la
voleva e
la cosa era ovviamente reciproca, solo che, doveva ammetterlo, era
difficile
fare il grande salto e poi sapere che non sarebbe andata mai avanti,
primo
perchè la settimana stava finendo e secondo
perchè alla base non c’era
sentimento, ma solo voglia di scopare. Quindi sarebbe stata una scopata
di
passaggio... ed era qualcosa che aveva già fatto in passato,
quindi perchè
Jared risultava essere così complicato?
Forse
perchè è un tuo amico? Le ricordò la
sua coscienza. Amico... le
sembrava una palla colossale. Il suo corpo, maledetto corpo che remava
contro,
non lo vedeva di certo come un amico.
Shannon
aveva ritrovato dei vecchi bonghi in soffitta, sicuramente ricordi
di quando lui era un ragazzino, e stava passando la serata nel suo
elemento,
quello delle percussioni. Monica lo ammirava: era senza dubbio uno dei
migliori
batteristi del mondo. Quando suonava potevano passargli davanti mille
ragazze
nude che lui avrebbe continuato a suonare. In fondo quando si era
innamorati
tutto passava in secondo piano e lui era innamorato soltanto della sua
batteria.
Dopo
un po’ anche Jared era andato a prendere la chitarra e i due
fratelli,
insieme, avevano iniziato ad intrattenere uno dei pubblici
più strani con cui
avessero avuto a che fare. Non cantavano niente delle loro canzoni,
anche
perchè nessuno gliele chiedeva, ma sembravano tranquilli.
Monica
si lasciò cullare dalla voce di Jared. Quando si curava e
stava
bene, ascoltarlo era più che un piacere. Era paradiso puro.
“E
cosa canteresti alla tua ragazza?”, la voce sarcastica di
George rovinò
un po’ l’atmosfera, “Una delle tue
canzoni da urlatore?”
“Non
c’è nessuna canzone, ancora, adatta ad una ragazza
come lei nel mio
repertorio, ma credo che a breve colmerò la lacuna. E
comunque per lei
cercherei nei suoi artisti preferiti. So che le farei più
piacere così.”
“Guarda
che io sono qui e sono sveglia. Non parlare di me in terza persona
come se non ci fossi…”, mugugnò Monica
a denti stretti.
“Lo
so che sei qui, amore.”, lei si perse il suo sorriso,
“Spiegavo solo a
mio cugino come vanno le cose tra noi.” Poi
pizzicò un paio di corde. “Credo
che le canterei questa canzone.”
Gonna
take off all my skin,
Tear
apart all of my insides,
When
they rot from within,
Mom
I don't think you'll be saved,
They
never had the time,
They
gonna medicate your lives,
You
were always born a crime,
We
salute you in your grave.
Monica
sgranò gli occhi: quella era una canzone dei Chem che lei
adorava e
che trovava assolutamente perfetta per un rapporto di coppia.
Can't
find my way home,
But
its through you and I know,
What
I'd do just to get back in her arms,
Can't
find my way home,
But
its through you and I know,
What
I'd do just to get back in her arms.
I
have markers,
I
seven different shades,
Oh
shit,
So
what's your favorite color, punk?
[Spoken
in background]
Do
you wanna hold my hand?
Could
you sign this photograph,
Cause
I'm your biggest fan,
Would
you leave me lying here?
Monica
si alzò a sedere e lo fissò: lui era tranquillo
con quel
leggerissimo sorrisino sghembo al lato della bocca, come a sapere che
quello
che stava facendo le piaceva. Si mise a canticchiare con lui, mentre
Shan, che
evidentemente non conosceva la canzone, li stava a guardare.
We're
not here to pay a compliment,
Or
sing about the government,
Oxycodone
genocide,
Adolescent
suicide,
I’ll
give you my sincerity,
Don't
give a fuck about a Kennedy,
Here's
what I've got to say.
Can't
find my way home,
But
its through you and I know,
What
I'd do just to get back in her arms,
Can't
find my way home,
But
its through you and I know,
What
I'd do just to get back in her arms.
*
Finirono
assieme e si presero gli applausi di coloro che li stavano
ascoltando, tranne George che non pareva impressionato.
“Grazie,
canzone bellissima.”, disse Monica.
“Sì,
quasi mi spiace di non averla scritta io.”
“Ne
hai scritte tante altre migliori, Jared. Solo che non sei specializzato
in canzoni d’amore. Gerard, evidentemente, in quel momento
era parecchio
ispirato. Tu puoi cantare ‘The Fantasy’.”
“Vedremo,
non so se il pubblico gradisce.”
“Io
sono curiosa di sentire cosa canti, nipote.” Zia Margot era
seduta
sull’unica sedia a dondolo del giardino e, come una regina
sul trono, osservava
tutto.
Jared
e Shan iniziarono a suonare qualche canzone vecchia ed alcune del
nuovo album, con Monica che faceva loro da coro, fino a quando non si
alzò per
andare in bagno. L’atmosfera era simpatica, rilassata,
tranquilla. Le piaceva
molto. E Jared, forse per la presenza di troppa gente, si era limitato
nel
provarci spudoratamente come aveva fatto al pomeriggio. Sorrise al
pensiero
delle sue mani mentre la accarezzavano nell’acqua fredda del
lago. In quel
momento sembrava bollente per lei.
Appena
uscita dal bagno si trovò davanti George con un sorrisino
mellifluo
e gli occhi a squadrarla, cosa che la rendeva nervosa.
“Hai
bisogno di qualcosa?”
“In
realtà volevo parlare con te. Ti ho capito e sono
d’accordo.” Monica lo
guardava senza capire. “Jared è un belloccio, ma
dubito che saprebbe darti
tutta la soddisfazione che meriti.”
“Credo
che tu non abbia capito nulla, in verità.”
“Avanti,
non prendiamoci in giro. Sei una ragazza giovane, indipendente,
non puoi certo star dietro a lui e alle sue manie di protagonismo. Lo
so che
vuoi di più, lo capisco da come mi guardi.”
Monica
stava per mettersi a ridere.
“Credo
che tu abbia
capito male i segnali. Mi stai altamente sulle scatole, non ti
sopporto.
Inoltre, cosa che a quanto pare tu non vuoi digerire, io sono la
ragazza di
Jared e questo significa che non lo voglio tradire. E sai
perchè? Perchè io lo amo.
Non lo tradirei con nessun altro uomo al mondo. E ora vorrei
uscire.”
Gli
diede una leggera spinta, tornando verso il giardino. Ci era mancato
poco che gli sputasse in un occhio. Che nervi, non aveva mai sopportato
gli
uomini così troppo sicuri di sè e soprattutto
così arroganti. George poteva
morire prima che lei decidesse di andare a letto con lui.
Si
sedette davanti al fuoco inviperita mentre tutti la fissavano stupiti.
“Tutto
ok, bambina?” domandò Costance.
“Sì,
perfettamente. Che fine ha fatto Jared?”
*La canzone dei Chem è My way home is through you. Eccola in
tutto il suo splendore http://www.youtube.com/watch?v=mNnWJjfX53M
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Mi
chiedevano lo stile di Jared di questa FF.
Io lo immagino con i capelli lunghietti neri e con la barba.
Perchè a me piace in versione barbone. Quindi siamo
più o meno a questi livelli, solo senza il capello
così biondo.
http://img2.timeinc.net/people/i/2009/galleries/chests/jared-leto.jpg
Capitolo
8
Jared
tornò a prendere la chitarra poco dopo il ritorno di Monica.
La
guardò in maniera strana, lei rabbrividì. Che gli
stava chiedendo?
La
verità era che l’aveva seguita in casa e aveva
sentito tutto il discorso
che aveva fatto con George e prima aveva voluto tirargli un pugno per
aver solo
pensato di poter toccare la sua donna, poi avrebbe voluto prendere
Monica e
baciarla. Erano stati dei momenti di assoluto panico.
La
sua ‘Donna’?
E
da dove era uscita quella parola?
Minimo
Monica l’avrebbe ucciso se avesse osato dirglielo. Averla
sentita
dire che l’amava con quella intensità, lo aveva
colpito. Poi era tornato con i
piedi per terra: stava recitando, esattamente come aveva fatto lui
tutto il
pomeriggio, anzi forse addirittura meglio di lui. Lui non mentiva
quando la
toccava: lui la voleva. Invece lei aveva dato prova di grande sangue
freddo e
capacità davanti a George.
Senza
farsi vedere da nessuno dei due, era scivolato in soggiorno per poi
tornare a sedersi vicino a lei. Era ancora arrabbiata: la
guardò come se non
l’avesse mai vista prima. Capelli castani leggermente
arricciati per l’umidità,
occhi che brillavano grazie alle fiamme, le labbra chiuse in
un’espressione
stizzita. Non riusciva a vederle bene le curve perchè la
maglietta nera non
aiutava, ma sapeva che erano abbondanti e morbide. In definitiva non
era una
ragazza che poteva definire di bellezza stratosferica, anzi era
piuttosto
banale e senza troppi fronzoli.
Eppure
così reale, così vera.
“Avrei
un’altra canzone e poi chiudo per stasera: ho voglia di
andare a
letto.”, e la guardò fissa negli occhi.
“Bravo
Jared, cantaci qualcosa per conciliare il sonno.”
“O
spero qualcos’altro.”, mormorò il
cantante senza farsi sentire da
nessuno.
N-
n- now th-
that don't kill me
Can
only make
me stronger
I
need you to
hurry up now
cause
I can't
wait much longer
I
know I got to
be right now
Cause
I can't
get much wronger
Man
I've been
waitin' all night now
That's
how long
I've been on ya
I
need you
right now
I
need you
right now
A
Monica venne un colpo.
Di
tutte le canzoni che poteva cantare per dare la buonanotte, doveva
usare
quella a maggior carica erotica del suo repertorio? Neppure
‘Stranger in a
Strange Land’ era così sottile eppure allo stesso
modo diretta. Era una canzone
che aveva sconvolto chiunque l’avesse ascoltata,
completamente diversa dalle
originali, dato che era una cover di una cover, eppure... unica.
Perfetta.
Fantastica.
E
lui... la voce sussurrata, che poi diventava chiara e limpida quando
voleva sottolineare un concetto più degli altri. I capelli
lunghi gli stavano
cadendo davanti agli occhi, ma dietro riusciva a vedere le iridi
illuminate
dalle fiamme fisse su di lei. Non stava cantando ai parenti, stava
cantando per
lei. Diamine, sentì le gambe diventarle gelatina e neanche
era in piedi.
Probabilmente sarebbe crollata come una bambina.
I
don't know if
you got a man or not,
If
you made
plans or not
God
put me in
the plans or not
I'm
trippin'
this drink got me sayin' a lot
But
I know that
God put you in front of me
So
how the hell
could you front on me?
There's
a
thousand you's, there's only one of me
I'm
trippin',
I'm caught up in the moment right?
This
is Louis
Vuitton Don night
So
we gonna do
everything that Jay like
Heard
they'd do
anything for a Klondike
Well
I'd do
anything for a blonde-dike
And
we'll do
anything for the limelight
And
we'll do
anything when the time's right
Baby,
you're
makin' it
harder,
better,
faster, stronger
“Sì...”,
mormorò. L’unica cosa che poteva dirgli in quel
momento era un
semplice ‘sì, farò tutto quello che Jay
vuole’.
Quando
il suono dell’ultima corda pizzicata svanì,
iniziarono degli sparuti
applausi: quell’esibizione aveva lasciato perplesso
più di qualcuno, ma a Jared
non importava. Quello che voleva era lei e avrebbe usato qualsiasi
mezzo,
possibilmente lecito, per fare in modo di averla. E sapeva per
esperienza già
provata che ‘Stronger’ aiutava benissimo in quello.
Mise
a terra la chitarra, si avvicinò a Monica e le fece
l’occhiolino:
senza lasciarle il tempo di dire nulla, la prese per il collo, quasi
artigliandola come un rapace e la portò a se. Lei si
ritrovò le sue labbra
sulle sue, già aperte. Riuscì a vedere,
nell’ultima frazione di secondo prima
di perdersi completamente nel bacio, che lui teneva gli occhi chiusi.
Poi
il buio.
Chi
si interessava dei parenti in quel momento?
Intorno
a loro pareva esserci il nulla, c’era solo quella mano ferma
che la
teneva lì, e quella bocca che la stava letteralmente
mangiando. Non c’era un
momento di tregua, sentiva il cuore batterle in maniera spropositata e
il suo
corpo urlarle di avvicinarsi ancora, farle sentire tutto
dell’uomo davanti a
lei. La sua bocca sapeva di menta, forse della gomma che masticava
prima e le
pareva che Jared, in quel momento, avesse ancora più
frenesia di lei. Le stava
succhiando la lingua, accarezzandola con la sua, amandola e viziandola,
finalmente.
Non
aveva mai odiato tanto una maglietta come in quel momento. Voleva
letteralmente strappargliela.
E
la stessa cosa valeva per Jared. Quel momento si stava rivelando meglio
del previsto e l’unica cosa che voleva era portarla sul letto
e continuare là
il bacio e magari qualcosa di più. Quelle labbra dolci,
quelle mani che lo
stavano accarezzando, i capelli lunghi che accarezzava quasi con
devozione.
Insomma, un gran bel momento che non voleva finisse mai.
Peccato
che qualcuno li interruppe con un colpo di tosse decisamente
più
forte dei normali. Monica riaprì gli occhi e si
trovò davanti due tempestosi
laghi grigi un po’ contrariati per essere stati interrotti
sul più bello.
“Scusate.”,
sussurrò Jared. Il fiato caldo sapeva ancora di loro.
“È una
cosa nostra... piuttosto intima.”
“Abbiano
notato.” Rispose stranamente diplomatico Shannon.
“Direi che il
concerto termina qui, non c’è bisogno di Kings and
Queens stasera.”
“Decisamente
no, io ho già la mia Regina per oggi.”, disse
Jared alzandosi.
Si guardò intorno: tutti li stavano fissando leggermente
imbarazzati, come se
avessero partecipato, non invitati, a qualcosa di fin troppo intimo e
forse era
stato proprio così.
Quel
bacio era stato qualcosa di sconvolgente che lui non si aspettava:
doveva essere un bacio controllato, a basso contenuto emozionale.
Ovviamente
non era accaduto nulla di ciò: si era lasciato andare per un
tempo
apparentemente infinito e gli era piaciuto, si era sentito leggero.
Qualcuno
spense il falò e lentamente tutti tornarono in casa.
Jared
aveva preso Monica per mano e la teneva stretta: la ragazza
intimamente lo ringraziò. Probabilmente se
l’avesse lasciata lei sarebbe finita
a terra. Non si parlarono per tutto il tragitto fino alla mansarda,
Jared si
limitò a mandare a fanculo Shannon quando
borbottò qualcosa riguardo a dei
tappi per le orecchie.
Monica
non riuscì neanche a mettere la stanza a fuoco che
sentì nuovamente
le mani di Jared stringerla a sé e la bocca prendere il
possesso della sua.
Quella terribile maglietta finì sul pavimento in men che non
si dica e
finalmente potè sfiorare con le unghie la sua schiena e
sentire i muscoli
dorsali reagire al suo tocco. La bocca di Jared scese sul collo mentre
anche
lei veniva esentata di inutili capi d’abbigliamento.
“Quindi,
faremo tutto quello che vuole Jay?*”
“Sì,
ma anche quello che vuole Monica.”, rispose nel suo ultimo
momento di
lucidità.
Si
ritrovarono a letto: Jared troneggiava sopra di lei mentre lentamente
le
leccava i capezzoli per poi farli diventare duri come piccoli sassolini
nella
sua bocca. I gemiti che provenivano dalla bocca di Monica facevano
chiaramente
capire che il trattamento era apprezzato. Monica mosse la gamba,
andando ad
accarezzargli l’erezione che spingeva sul tessuto dei
pantaloncini per uscire.
Gli
infilò le mani dentro, andando ad artigliargli le natiche
decisamente
sode.
“Dio
che culo che hai!”, mormorò facendolo ridere. Ci
si poteva eccitare con una risata? Evidentemente sì.
Jared
si staccò e prese a respirare profondamente. Doveva
riprendere il
controllo o avrebbe fatto qualche cazzata di cui si sarebbe pentito per
l’eternità. Monica si sistemò al centro
del letto, completamente nuda, le gambe
leggermente divaricate. La luce della luna illuminava fiocamente la
stanza, ma
quanto bastava per vederla perfettamente: era bella. E in quel momento
gli
sembrava la ragazza più carina con cui fosse stato a letto.
Scosse il capo e
finì di spogliarsi: inutile indugiare ancora.
Salì
sul letto a gattoni, fino ad accarezzarle la guancia con la sua. La
barbetta grattava leggermente e Monica ebbe i brividi ad immaginarsela
in altre
zone del corpo. Ormai non si poteva più tornare indietro.
Gli
prese in mano l’erezione e la fece crescere lentamente mentre
lui si
dedicava al suo seno. Erano seduti uno di fronte all’altro,
nessuno
predominava, sembrava volessero essere equi, nessun padrone, solo una
coppia.
Jared
le accarezzò un fianco per poi scendere sulle cosce:
sentì sotto le
dita tutte le imperfezioni della pelle, i nei e le sottili linee delle
smagliature, poi le accarezzò l’inguine. Monica si
aprì alla sua mano,
lasciandolo accarezzare le grandi labbra, per poi entrare in lei con le
dita.
Jared la vide chiudere gli occhi e gettare la testa indietro. Non
riuscì ad
evitare di prendere possesso del suo collo e leccarglielo e
succhiarglielo,
lasciandole chiari segni del suo passaggio.
“Ok,
non ce la faccio più.”, le sussurrò
all’orecchio e così dicendo prese
in mano il suo membro e la penetrò. Rimase fermo dentro di
lei un paio di
secondi per godersi appieno la sensazione particolare. Era stretta, ma
non
troppo. Era giusta, era calda e tanto eccitata. Un bel mix che non
voleva e non
intendeva sprecare. La sentiva rabbrividire su di lui. Le
passò un dito sulla
guancia e lei semplicemente lo prese in bocca mordicchiandolo e
succhiandolo,
incatenando gli occhi con i suoi. Senza occhiali sembravano ancora
più grandi.
“Sei
una pazza, non sai cosa mi stai facendo.”
“Oh,
lo so benissimo. E ora che ne dici di scoparmi?”
Jared
rise: “Se me lo chiedi in questa maniera così
casta e pudica, come
faccio a dirti di no?”
“Mi
piace dire le cose come stanno.” E siccome lui rimaneva
fermo, fu
Monica a prendere l’iniziativa. Cominciò ad
alzarsi ed abbassarsi lentamente,
facendolo uscire quasi tutto dal canale umido, per riprenderlo con
dolcezza
fino in fondo. Intanto lo aveva abbrancato per la schiena lasciandogli
i segni
delle unghie sulla pelle, mentre lui la prendeva per le natiche per
essere più
saldo prima di iniziare a muoversi con più
velocità in lei.
“Urla.”,
le disse.
“Non
posso, c’è tutta la tua famiglia in sta cazzo di
casa.”, ma gemette
rumorosamente quando lui si impalò con più forza,
“Cazzo sì!”
Jared
la ribaltò sul letto riuscendo così a stare sopra
di lei e dandole
delle spinte più profonde e veloci. Stava iniziando a non
resistere neanche
lui, doveva assolutamente venire quanto prima. Inoltre i suoi piccoli
gemiti e
i brividi che aveva sotto di lui e che gli si propagavano per tutto
l’uccello,
non aiutavano a resistere. Era deliziosa con le labbra socchiuse e gli
occhi
che lo guardavano appannati dal piacere.
“Sbattimi.”,
la sentì mugugnare tra un gemito e l’altro.
Con
un paio di spinte la sentì irrigidirsi e gemere decisamente
più a
lungo, mentre i muscoli vaginali si contraevano intorno a lui. Era
decisamente
troppo e non resistette più: venne anche lui sparando una
buona serie di
parolacce. Probabilmente lo avevano sentito per tutta la casa, o almeno
per
tutto il piano superiore, ma onestamente non gliene fregava molto.
Crollò
esausto su di lei, che nel frattempo, beata e soddisfatta, gli stava
accarezzando la schiena. Praticamente era disteso su di lei, con il
viso nell’incavo
del suo collo a respirare attraverso i suoi capelli che sapevano ancora
dei
profumi del prato.
“Jay,
pesi un po’…”, gli disse. A fatica
rotolò sul letto e si mise a
pancia sopra cercando la sua mano per giocarci.
“Direi
che come nostro primo tentativo non è mica andato
male.” Provò ad
iniziare lui. Doveva ammettere che era caduto un leggero imbarazzo
nella
stanza. Erano partiti sapendo che non sarebbero arrivati al sesso,
invece
c’erano non solo arrivati, ma anche probabilmente rimasti. Ne
aveva ancora
voglia, assolutamente.
“Direi
proprio di sì. Meglio che con tuo fratello.” Jared
sorrise. “Del
resto tra me e lui è inesistente la chimica sessuale. Siamo
finiti a letto solo
perchè eravamo un po’ sbronzi, altrimenti
figurati…”
“Lui
ha detto che si è divertito.”
“Abbiamo
riso parecchio, effettivamente. Ma finiva lì. Ammetto
che...”, si
fermò. Non poteva andare avanti con la frase, o rischiava il
tracollo di tutta
la situazione.
“Ammetti
cosa?”
“Niente...
nulla di importante.”
Jared
si girò di lato e si appoggiò con la testa sulla
mano: “Secondo te ci
siamo ficcati in un casino scopando?”
“No,
non credo. In fondo ne abbiamo parlato non più tardi di
ieri. Scopata
estemporanea, no? Tra tre giorni torniamo a casa ognuno alla nostra
vita e ci
rimarrà il ricordo di questa vacanza con un certo beneficio.
Nessun casino.”
“Si
potrebbe sempre ripetere l’esperienza, no?”
Monica
rimase un po’ in silenzio. Ripetere la cosa? Non le pareva
una cosa
così terribile, anzi... sarebbe stata decisamente
interessante.
“Sì,
certo. In fondo
sappiamo bene qual è il nostro limite, basta solo non
attraversarlo.”
“Siamo
amici, Monica, e deve rimanere così.”
“Sì,
hai ragione.”
Chiuse
gli occhi. Lo sapeva, lo sapeva!
Come sempre una parte di lei ci aveva sperato per un brevissimo
secondo. Una
fiammella le si era accesa nel cuore e lui prontamente
gliel’aveva spenta.
Era
tornata ad essere
la ragazza della scopata, non quella della storia. L’amica
buona per una notte,
quella che fa i favori, non quella per cui fare di tutto. Una nerd
dell’amore.
“Tutto
ok?”, chiese lui.
“Si,
certo, perchè me lo chiedi?”, doveva tornare in
fretta in sè, essere
l’amante, non l’amore.
“Mi
sei sembrata... dispiaciuta.”
Monica
sorrise maliziosa e gli si mise sopra. Gli accarezzò con le
dita la
clavicola dove sapeva esserci il tatuaggio del ‘provehito in
altum’.
Non
era quello il
momento di pensare al suo fallimento, era il momento di pensare a
godere ancora
un po’ di quel bel corpo di quarantenne e dimostrargli che
anche lei ci sapeva
fare.
Lo
baciò quasi con dolcezza e mise tutti i pensieri in soffitta.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
La
luce splendeva forte nella camera. La
sera prima, presi da altre cose più importanti, avevano
scordato di tirare le
tende.
Jared
aprì gli occhi e trovò il letto
vuoto. L’orologio segnava le otto del mattino: in fondo non
era troppo tardi,
ma neanche troppo presto. Sbuffò infastidito: la piazza di
Monica era ancora
calda, quindi si era alzata poco prima di lui. La cosa non gli piaceva:
avrebbe
voluto trovarla nel letto, magari per darsi un degno risveglio dopo una
degna
notte.
Monica
si era dimostrata una amante
interessante. Si era lasciata fare certe cose, ma ne aveva pretese
altre. Come
al solito trovava immediatamente mille differenze tra lei e le sue
normali
amanti. Le sue bambine, come le chiamava Monica, non dicevano no e
avevano
quasi paura a chiedere. Lei non chiedeva: prendeva. Dava e riceveva. Le
piaceva
stare sotto, ma non voleva essere dominata. Insomma, rendeva la notte
diversa
ed era un qualcosa che Jared apprezzava. La monotonia lo annoiava.
Le
sue bambine, dopo un po’, lo
annoiavano.
Si
stiracchiò spuntando fuori dalle
lenzuola e si ritrovò Monica davanti. Era appena entrata, in
mano teneva un
asciugamano umido e il suo pigiama.
“Buongiorno
Pisolo.”
“Ciao,
simpaticona. C’era la fila in
bagno?” Monica stese l’asciugamano su una sedia e
poi tornò sul letto a
sistemare i vestiti. Indossava solo una canottiera rossa scollata e un
paio di
shorts.
Sembrava
tranquilla e completamente a
suo agio. “No, la casa sembra deserta. O almeno il
secondo piano. E tuo
fratello russa come un trombone. Come riesci a convivere con lui
durante il
tour?”
“Tappi
per le orecchie. Molto
sottovalutati, ma praticamente la sopravvivenza per la band.”
Si allungò verso
di lei e la prese per il braccio facendola avvicinare. “Come
stai?”
“Bene,
a parte i lividi che mi hai
lasciato un po’ ovunque.”
“Non
mi pare che ti fossi lamentata del
trattamento.” E la baciò leggero.
“Certo
che no, ma non mi ero ancora
vista allo specchio. Ho una macchia viola sul seno oltre che gli
arrossamenti
sul collo. Per fortuna che non è previsto il costume oggi,
altrimenti come lo
maschererei?”
Jared
rise e si alzò: Monica non potè
che constatare, di nuovo, che era veramente perfetto, incluse le
orecchie da
Spock, le gambette secche e gli occhi un po’ troppo vicini.
Era lui, perfetto.
E lei no, forse anche per quel motivo non era quella giusta.
“Ehy,
ma porca puttana, non potevi fare
più piano con quella bocca? Che dico a mia
madre?” Uscì dalla piccola
toilette indicando una macchia rossa giusto alla base del collo.
“Le
dici che è colpa mia, del resto è
vero. Senti, sanno tutti che sei il mio ragazzo, quindi che problemi ti
fai? È
stata un’idea tua, oltretutto. Ci tengo a
precisare.”
“Ti
punirò per questo.”
“Non
vedo l’ora.”
Risero
assieme spezzando quell’ultima
briciola di imbarazzo che era rimasta dopo la notte.
Scesero
assieme in sala da pranzo, dove
trovarono qualche bambino che mangiava e zia Margot che preparava la
colazione
per tutti. Li guardò con sguardo soddisfatto e fece cenno di
sedersi.
“Vi
porto subito i muffin appena fatti.”
“Bastava
solo un po’ di pane, zia, non
occorre che lavori così tanto, lo sai.”, fece
Jared, ma la donna era già
sparita in cucina. “Come se parlassi al vento.”
“Ma
lasciala stare...”
“Ma
tu e Jared vi sposate?”, domandò una
bambina di forse sette anni con i boccoli, Rachel forse.
“Ma
certo che si sposano. Si danno i
baci, quindi si sposano.”, rispose una seconda bimba mentre
mescolava i cereali
nel latte.
“Ma
Jared devi sposare me! Io sono più
bella di lei.”, riprese la bionda stizzita.
“Certo
che sei più bella.” Le diede
ragione Jared. “Ma sei anche piccolina. Facciamo che cresci
ancora un po’ e poi
mollo Monica per te.”
“Ehy!
Potrei essere gelosa.”
“Visto?
Sono più bella di te.” Disse
Rachel a Monica, che evitò di rispondere. Che dire ad una
bambina di sette
anni?
“Avrete
anche dei bambini dopo che
sarete sposati e porterete anche loro qui?”
Jared
stava bevendo un po’ di succo di
frutta e si ritrovò a sputacchiarlo tutto nel bicchiere.
“Oh,
oh, piano. I figli non sono nelle nostre
idee. Ragazzi, non dovreste andare a giocare fuori? O a fare i compiti?
O a
fare quello che normalmente fanno i bravi bambini?”
“Ma...”
“Niente
ma. Lasciateli mangiare in
pace.” Zia Margot era tornata con un vassoio pieno di muffins
al cioccolato e ai
mirtilli. I ragazzini uscirono per andare in giardino e
l’unico rumore che
c’era nella saletta erano quelli delle stoviglie e della
musica lontana.
“Sono
deliziosi.” Riuscì a decretare
Monica dopo il secondo muffin e una tazza di caffè.
“Decisamente.
Sbaglio o eri gelosa di
Rachel?”
“Ma
ti prego, parli di una bambina, se
fossi gelosa di tutte le ragazzine che ti girano dietro sarei
finita.” Jared
spiluccava lentamente un muffin carico di cioccolata guardandola negli
occhi.
“È vero che non vuoi avere figli?”
“Sì,
perchè lo chiedi?”
“Perchè
credo che sia uno spreco che i
tuoi geni non vengano dispersi nel mondo.” Jared
spalancò la bocca
stupito.”Insomma, ci sono orde di Echelon che non solo si
divertono a scrivere
storie su di te in versione papà, ma millemila altre che
dicono che sei pronto
e che saresti uno splendido genitore.”
“E
secondo te la parola di alcune fan
dovrebbero farmi cambiare quello che sono?”
“Non
sia mai. Credo che dovresti
cambiare perchè è arrivato il momento di farlo. E
onestamente ti ci vedo anche
con un bimbo in braccio.”
“Tu
deliri. Io non so neanche come
tenerlo un bambino. Fattelo tu un figlio, siete voi donne le
specialiste della
maternità.”
“Non
voglio rovinare la vita ad un altro
essere umano.”
“Allora
evita di sposarti anche.” Monica
non seppe rispondere. Fece la mossa di bere ancora un po’
dalla tazza, ma
quella era vuota. Deglutì pesantemente, mentre lui sorrideva
sardonico. “Ti
avevo detto che te l’avrei fatta pagare. Ci ho messo un
po’, ma la vendetta va
servita fredda.”
Monica
si alzò e se ne andò senza dire
nulla, limitandosi a portare i piatti sporchi in cucina.
Stava
scherzando, lo sapeva, eppure...
non poteva non ammettere che le aveva fatto male quello che le aveva
detto. Al
di là del loro rapporto, sentirsi dire che avrebbe rovinato
la vita a qualcuno
non era bello.
Era
così terribile come persona?
Ok,
era caustica, sarcastica e spesso
sapeva rompere le scatole in maniera perfetta. Era testarda, odiava
essere
contraddetta in pubblico e quelli erano solo i primi difetti a cui
pensava,
però sapeva anche di essere una brava ragazza. Era gentile,
buona e simpatica.
E si reputava abbastanza intelligente.
Jared
l’aveva smontata.
Con
una sola frase le aveva fatto capire
che era l’ultima persona al mondo con cui lui avrebbe potuto
imbastire una
storia.
“Non
vedo l’ora di andarmene da qui...”,
mormorò lanciando un sasso nel laghetto.
L’atmosfera
non poteva essere più
diversa di quella della sera precedente. Monica praticamente non
parlava,
rispondeva con dei monosillabi e praticamente non calcolava un Jared
stralunato, che non capiva quello che stava succedendo. Aveva anche
provato a
fare il dolce e carino, ma lei si voltava dall’altra parte e
stava in silenzio.
L’unica cosa che era riuscita a dire quella sera, era stato
un insulto verso
George poco prima di salire in mansarda, quando l’avvocato
aveva poco
elegantemente commentato il raffreddamento dei loro rapporti.
Costance
interrogava Jared con lo
sguardo, ma lui riusciva solo a risponderle facendo spallucce. Quel
cambiamento
così radicale, lo aveva preso completamente alla sprovvista.
E il peggio era
che non la conosceva così bene da sapere come fare per
sistemare le cose con
lei. Trovare la sua canzone preferita era stato facile: gli era bastato
accendere il piccolo portatile e leggere su I-Tunes quali delle canzoni
erano
state suonate maggiormente. Poi aveva fatto una scelta e aveva cantato
quella
dei Chem, ma capire perchè Monica si era arrabbiata, era una
cosa fin troppo
complessa per lui.
“Ok,
fratello, spiegami che cosa è
successo.” Lui e Shannon erano usciti in giardino
perchè il batterista
doveva fumare. Avevano camminato un po’, in modo da lasciarsi
orecchie
indiscrete alle spalle.
“Te
lo direi se lo sapessi. Stamattina
si è svegliata tranquilla, andava tutto bene, poi abbiamo
fatto colazione e
sbam, è cambiata dal giorno alla notte.”
“Ciclo?”
“No...
oddio, non credo. Non mi pare.”
Shan
buttò fuori del
fumo. “Scusa, ieri sera non hai fatto caso a
dell’eventuale sangue.”
“Onestamente,
avevo di meglio da fare.”
“Credo
che questo lo abbiano sentito un
po’ tutti gli occupanti della casa. Non siete stati
silenziosi.”
Jay
sorrise ricordando alcuni dei
momenti della notte precedente. “Si, bhe,
scusate.”
“Non
ti devi scusare, era ora. Dovevi
vedere lo sguardo di mamma quando siete saliti in mansarda:
già si vedeva
nonna.”
“Oh
ma la smettete con sta cosa dei
figli? Oggi avete rotto!” Sbottò Jared tirando un
sasso nell’oscurità. “Mi
spiegate cos’è questa fissazione di me, Monica e
un figlio. Non li voglio i
figli.”
“Ok...”,
Shannon sembrava piuttosto
stupito. Lo lasciò sbollire qualche secondo e poi riprese
“Perchè te la prendi
così sul personale? Jay stai parlando con me, lo sai come la
penso. Io e te
siamo simili per quanto riguarda la discussione paternità.
Sai che mamma si
sente vecchia e che vorrebbe qualcosa da noi che non siamo disposti a
darle, ma
pazienza. Vai per la tua vita e fregatene. Se tu e Monica non volete
figli,
mamma si rassegnerà. In fondo la stai facendo felice solo
standoci assieme.”
“Shannon,
io e lei non stiamo assieme.”
Shan
buttò il mozzicone a terra e gli
posò una mano sulla spalla. “Da come vi
comportate, sembra esattamente il
contrario. E questa arrabbiatura sembra uscita da una sceneggiatura
perfetta
fra due innamorati. E ancora sto cercando di capire il
perchè lei l’ha tirata
fuori. Immagino che non l’avevate programmata
assieme.”
“No,
certo. È proprio arrabbiata.”
Shan
sbuffò. “Ti pare che debba
fare da consulente di coppia a voi due? Non mi sono mai preoccupato dei
miei
problemi con le donne e adesso devo pensare ai tuoi. Allora,
ripercorriamo la
mattina: dimmi quello che avete fatto.”
Jared
prese a camminare in tondo
mettendo le mani in tasca dei pantaloni. Cosa era successo quella
mattina? “Ci siamo svegliati, anzi, lei prima di me.
Chiacchiere,
colazione, arrabbiatura. Tutto qui.”
“Credo
che possiamo focalizzarci sulla
colazione.”
“Eravamo
io e lei, più un paio di
bambinette che si sono messe a blaterare su matrimoni e figli, un
po’ come te.
Rachel diceva che mi avrebbe sposato lei perchè era
più bella di Monica. Poi se
ne sono andate e abbiamo parlato di maternità e
paternità.” Guardò le stelle.
“Tutto
qui?”
“Ci
siamo presi un po’ per il culo a
vicenda, come succede sempre.”
“E
sei sicuro che per lei sei sia stata
solo una presa in giro, vero?”
Ecco,
forse Shan aveva ragione. Cazzo,
si che aveva ragione. “Credo, forse, di averle detto
qualcosa, ma era una
battuta, una delle nostre solite. Non credevo se la prendesse
così.”
Shannon
alzò gli occhi e si accese una
seconda sigaretta. “Vai da lei e spiegati. Tu sei un
imbecille, ma lei ha
capito male. Fate pace e scopate. Vi dò... facciamo
un’ora, ok?Così poi posso
dormire in pace.”
“Solo
un’ora? Non ho neppure finito i
preliminari in questo tempo.”
“Esagerato.”
La
mansarda era completamente al
buio.
Monica
aveva tirato la tenda e non
entrava neanche un filo di luce lunare. Jared sospirò e si
mosse nella stanza
alla luce del suo telefono. Si spogliò e si
infilò sotto il lenzuolo. Monica
gli dava le spalle, addormentata e rannicchiata.
“Mi
spiace. Stamattina stavo
scherzando.” Lei non replicò, ma Jared sapeva che
era sveglia. Aveva ascoltato
il suo respiro durante le notti precedenti e come si muoveva, quindi
sapeva
benissimo che adesso lo stava ascoltando. “Io sono certo che
tu sarai una mamma
perfetta, soprattutto quando troverai l’uomo giusto per
te.”
Monica
non disse nulla.
Jared
le mise una mano sulla spalla e
gliela accarezzò.
“Lo
so che non stai dormendo, dimmi
qualcosa.”
“Io
non sarò mai madre. Non voglio. Non
ne sarei capace, rovinerei la vita a mio figlio per niente.”
Parlava piano, ma
seria, con calma e convinzione. “Sono incapace di interagire
con i bambini, mi
scazzo presto, sono troppo testarda e mi arrabbio facilmente se le cose
non
vanno come vorrei che andassero. I bambini sono troppo imprevedibili
per poter
mandare la vita nei binari che voglio io.”
“Questo
solo perchè non hai ancora
trovato la persona con cui condividerlo un figlio.”
“No,
questo perchè io mi conosco.”
Monica si girò e lo guardò alla luce del Black
Berry. “Sembra strano, ma fare
figli non è la massima aspirazione per tutte le donne del
mondo. Io non sono
una donna come tutte le altre. Forse non sono normale, anche se trovo
che la
normalità sia un concetto sopravvalutato e del tutto
soggettivo.”
La
luce si spense e rimasero al buio.
Jared la sentiva respirare piano.
“Credo
che sia dovuto al fatidico
orologio biologico no?”
“Grazie
al cielo il mio deve essersi
fermato.”
Jared
rise: “Secondo me sei tu che
non hai voglia di ascoltarlo.”
“Sei
pedante e noioso. Va bene se tu
dici che non vuoi figli, ma se lo dico io, non sono normale.”
“Non
è questione di normalità. Monica,
io ho una vita complessa, sempre in giro per il mondo, a fare mille
cose. Come
potrei prendermi cura di una famiglia?”, stava iniziando una
nuova discussione.
Non aveva immaginato una scena così: lui voleva chiederle
scusa, magari
parlottare un po’ delle sue seghe mentali e poi divertirsi
per il resto della
notte a discapito del sonno, invece, ovviamente, i suoi piani erano
stati tutti
sovvertiti.
“Eh
certo... “Replicò Monica con
sarcasmo “Perchè tu saresti l’unico
musicista a vivere il suo lavoro ed avere
una casa. Sì, sì, prima di te non
l’avrebbe fatto nessuno. Ma per favore, non
ti crederebbe nessuno. Anzi, non ti credo io, Jared.”
“Ah
no? E secondo te cosa mi spingerebbe
a rimanere single?” Silenzio. Probabilmente lo sentiva anche
lui: quella era la
quiete prima della tempesta.
“La
stessa cosa che blocca tutti, Jared.
La paura.” Monica lo sentì trattenere il respiro.
Arrabbiato? Confuso?
Rassegnato? Non lo sapeva. “La paura, innanzitutto, di dover
di nuovo rischiare
di stare male se una relazione andasse male. La paura di buttarti per
sentirti
di nuovo felice. La paura di cambiare il tuo stile di vita. La paura di
dover
condividere la tua vita con qualcun’altro. La paura di
apparire vulnerabile.
Devo continuare?”
“Pensi
di conoscermi così bene?”
“Di
certo meglio di quanto tu conosca
me. E ora buonanotte.”
“No,
buonanotte un cazzo. Mi
psicanalizzi e speri che non risponda?” Ok, Monica
capì: incazzato. "Io
non ho paura di nulla ok?”
“Tutti
hanno paura, Jared. E quando lo
accetterai sarai pronto per riprovare ad amare.”
Adesso
sì che il silenzio si era fatto
spesso e profondo.
Jared
doveva ammettere con sè stesso,
piuttosto che a lei, che le sue parole l’avevano toccato nel
profondo. Sapeva
che in parte aveva ragione, perchè il dolore che aveva
provato nel suo passato,
non solo come compagno, ma soprattutto come figlio e bambino, lo aveva
sempre
bloccato. Quello che realmente gli dava fastidio era che lei si
permettesse di
spiattellarglielo così, come se nulla fosse. E la stessa
domanda di sempre:
perchè lo capiva più di chiunque altro?
“Io
ho paura, Jared.”
“Uh?
E di cosa?”
“Di
quella che sono.”
Jared
rimase stupito in primis da quella
sua ammissione e in secondis dal tono di pura sofferenza che aveva la
sua
voce. “Non capisco.”
“Ho
trent’anni e non mi vuole nessuno.
Ho il terribile sospetto che nonostante cerchi di fare del mio meglio,
di
essere al mio meglio, non basti. Cioè, basterebbe, ma la
gente sembra volere
qualcosa di diverso e io non sono in grado di esserlo. Devo essere
terribile.”
“Non
è vero. Sei in gamba e questo...
questo inibisce gli uomini. Molti vorrebbero dominarti e non accettano
che tu
possa essere così forte.”
“Mi
prendi per il culo.”
“No.
Ti ho detto anche questa mattina
che mi divertirei molto a punirti e sai cosa
intendo.”
La
sentì ridacchiare. “Pensi
veramente che sia in gamba?”
Ma
che domanda era? La sua amica si era
completamente rintronata? Non aveva mai avuto crisi di
identità così
potente. “Certo, non mi credi?”
“Onestamente
ho sempre pensato di starti
sulle palle.”
Jared
si avvicinò a lei, fino a riuscire
ad abbracciarla. Le lasciò un leggero bacio sulla fronte,
mentre l’abbracciava
e le accarezzava la schiena. Apprezzò che fosse
già senza vestiti. “A
volte vorrei ucciderti, ma sei anche una persona che ammiro molto. E
poi mi
piace come scrivi.”
“Hai
letto di Camilla?”
“Tutti
e due i libri.”
“Grazie.
È bello sapere che il proprio
lavoro viene apprezzato.”
La
sentì sciogliersi nelle sue braccia,
ritornare ad essere più a suo agio. E gli piaceva sentire il
suo cuore che
batteva sul suo petto. Stava diventando troppo romantico e non andava
bene. La girò in modo che fosse con le spalle sul
materasso e la baciò:
all’inizio fu sorpresa e poco collaborativa, quasi
infastidita, ma le ci volle
ben poco per iniziare a collaborare al bacio e, non solo, anche a
toccarlo in
maniera inequivocabile.
L’ultimo
pensiero coerente di Jared fu
rivolto a Shannon: altro che un’ora, ti tengo sveglio tutta
la notte se
partiamo così.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
Era
l’ultima sera in Louisiana.
Ovviamente c’erano tutti, ma proprio tutti, ad affollare il
giardino. Anche se
era stata una giornata nuvolosa che minacciava pioggia, erano dovuti
per forza
trasferirsi fuori perchè in casa non ci stavano, almeno non
nel grandissimo
salotto. Per fortuna il tempo aveva tenuto, probabilmente la tempesta
sarebbe
arrivata quella notte, quando loro erano tutti al sicuro nel loro
letti.
A
Monica, da un certo punto di vista,
dispiaceva andarsene: amava essere viziata e soprattutto amava essere
'di
proprietà di Jared'. L’amicizia con benefici che
aveva creato era
incredibilmente appagante. Il miglior sesso della sua vita e, doveva
ammettere,
con tutta l’esperienza che si era fatta negli anni passati,
era una cosa non da
poco. Jared era il padrone del rapporto, questo era indiscutibile. Lui
sapeva
quello che faceva, anche quando non conosceva certe sue risposte,
andava a
colpo sicuro e sapeva strapparle qualche gemito. Sapeva e non la
lasciava mai
insoddisfatta. Che fosse con la bocca, o con le mani o con il suo
uccello, la
portava sempre alla pazzia. Questo non significava che lei ricevesse
passiva e
non facesse nulla, anzi, si prendeva le sue belle soddisfazioni a
vedere Jared
che si contorceva sotto di lei, però semplicemente Jared non
era solo l’uomo,
ma anche lo faceva, con sua somma gioia.
Però
le mancava casa sua, le mancavano
le amiche pazze e forse le mancava anche quella sicurezza di se stessa
che, a
contatto con lui, stava perdendo. La linea già di per
sè sottile dell’amicizia,
si stava logorando lentamente, portandola a scardinare alcuni punti che
erano
rimasti saldi negli anni. Questo, soprattutto, le faceva paura. Come
sarebbe
andava avanti a Los angeles? Anzi, sarebbe potuto andare tutto avanti
come se
niente fosse successo in quella settimana.
Scosse
il capo: non aveva voglia di
pensarci in quel momento. La focaccia davanti a lei reclamava
attenzione.
Si
erano seduti vicini, appoggiati al
loro salice piangente, mentre Shannon in lontananza ci provava,
più che altro
per fare qualcosa, con la povera Sandra, ormai denominata Suor Sandra.
Non
gliela avrebbe mai data e Shan lo sapeva, semplicemente era nella sua
natura
fare il cascamorto, più per divertimento che per vero
interesse.
“Con
le stelle sarebbe stato perfetto.”,
mugugnò Jared cercando di coprirsi da alcune raffiche di
vento più fredde
dell’usuale.
“Non
può essere tutto perfetto, perchè
altrimenti non riusciremmo poi ad apprezzarne la perfezione.”
“Wow,
siamo in vena di filosofeggiare.”
“A
stare con lo zoppo...”, ridacchiarono
insieme prima di terminare quello che avevano nei loro piatti.
“Ma
secondo te, se ci mettiamo al buio,
zia Margot eviterà di darci altro cibo? Sono piena come un
uovo.”
“Se
ci mettiamo al buio penseranno che
facciamo chissà che cosa. Pensandoci, non sarebbe
male.” E si girò per andare a
stuzzicarla sul collo.
“Dai,
è già abbastanza imbarazzante
sorbirmi gli sguardi maliziosi, slash, scandalizzati, slash, qualsiasi
cosa,
che mi tocca sorbire ogni mattina o pomeriggio, a seconda di quando lo
facciamo.”
“Bhe,
allora lasciamoli scandalizzarsi
anche adesso.” Sentì la mano di Jared sotto la sua
maglietta accarezzarle la
pelle facendole venire i brividi.
“Jared,
smettila!”
“No...
mi diverto troppo.”
“Dai.”
Le risate dei due fecero voltare
più di qualche curioso, tra cui George che aveva passato la
serata a parlare
con chiunque volesse ascoltarlo e a bere birra.
Era
particolarmente alticcio e con la
camicia spiegazzata e la cravatta allentata, perdeva molto del suo
fascino da
oratore. “Ma guarda come sei felice...”
Iniziò a voce alta riferendosi a
Jared. “Sembri un ragazzino, come quando eri a scuola.
Sfigato come pochi.” La
voce impastata non aiutava.
Jared
si irrigidì, ma non disse niente,
non valeva la pena prendersela per un idiota ubriaco.
“E
tuo fratello non parliamone. È così
stupido che non ha neanche finito le scuole.” E rise
sguaiatamente.
“Maledetto
imbecille.” Sussurrò
Jared a denti stretti. Strinse la mano di Monica fino a farle
male. Lei lo
guardò e notò chiaramente che negli occhi stava
brillando la rabbia inespressa.
Gli accarezzò la mano con il pollice.
“A
girare il mondo come dei barboni,
ecco quello che siete.”, continuò George.
“Non
ascoltarlo.” Gli sussurrava Monica,
ma Jared era teso come una corda di violino e stava per esplodere.
“George,
non mi sembra il modo di
comportarsi.” La voce di zia Margot sovrastò
tutto, ma l’uomo non sembrava
interessarsene per nulla. Ormai era partito con il veleno e non aveva
intenzione di smettere.
“Fate
musica di merda e arrancate nella
vita come avete sempre fatto, solo perchè siete
incapaci.” Barcollando era
arrivato fino all’albero. Intorno a loro nessuno fiatava.
Anche Shannon era
accorso e cercava di capire cosa stava succedendo, anche se gli bastava
vedere
il fratello per capire che non era niente di buono. “Del
resto cosa ci si
poteva aspettare da due cresciuti in una comune di hippie schizzati e
tutto
grazie alla bravissima zia Constance.”
A
quel punto Jared non resistette più e
si alzò per affrontarlo, peccato che prima di arrivare a
dargli un pugno si
ritrovò Monica davanti che diede uno spintone a George che,
sorpreso da quella
reazione, finì a terra.
“Ma
la smetti idiota?” Jared si bloccò a
guardarla: era effettivamente incazzata quasi quanto lui. “Mi
spieghi che
problema hai? Fammi indovinare? Ti senti inferiore a loro?”
“Ma...ma...
che cazzo dici? Inferiore di
quei due? Semmai dovrebbe essere il contrario. Loro non sono
così in alto
neanche per leccarmi le scarpe.”
Monica
rise, ma era una risata cattiva,
sfrontata. “Non sono così in alto? Ma lo
sai quanta gente li segue? Lo sai
che riempiono i palazzetti da ventimila persone che urlano solo il loro
nome? E
hai anche il coraggio di dire che non sono in alto? Quello con le pezze
al culo
sei tu: sei venuto qui facendo il gran figo, con i vestiti costosi, la
macchina
di lusso, pensando che sono i soldi il metro di misura per la
felicità. Bhe,
mettiti in testa che i soldi non sono tutto. Hai lasciato tua moglie e
i tuoi
figli per fare il gran figo e provarci con me. Sai cosa sei? Un bambino
che
vuole tutto perchè è abituato ad avere
tutto.” Era un fiume in piena. Shannon
la fissava a bocca aperta, mentre Jared aveva azzerato il cervello e la
stava
ad ascoltare quasi rapito. Non importava che Franny la stesse guardando
come
un’aliena, o che il resto dei Metrejons si stessero muovendo
a disagio, Monica
non sembrava volesse fermarsi. “Hai rotto i
coglioni!” urlò alla fine.
“Ma
chi ti credi di essere!?”, strillò
la zia Franny che era andata in soccorso del figlio. “Non sei
neanche una di
famiglia.”
“Famiglia?
No forse non faccio parte
della Famiglia dei Metrjons, ma i Leto sono la mia Famiglia, questo
sì. Jared è
il mio uomo e, anche se fa un po’ impressione dirlo, Shannon
è mio cognato e
Constance mia suocera. Sono parte della mia famiglia in una maniera che
tu e
tutta la plastica che ti sei fatta non potrete mai capire.”
Prese un profondo
respiro e finì di sputare tutto il nervoso represso della
settimana. “Volete
sapere la verità? Voi siete invidiosi, perchè
sapete benissimo che Jared ha più
talento in una sua sola unghia di quanto voi avete in tutto il corpo.
Shannon è
più leale di chiunque e Constance è talmente
incredibile per quello che è
riuscita a fare nella sua vita e a voi non va bene, perchè
intimamente vorreste
essere come loro.”
Scese
un silenzio tombale, perfino i
grilli avevano deciso di tacere.
Monica
si guardò intorno e arrossì fino
alla radice dei capelli, ma veramente dopo l’insulto a
Constance non ce l’aveva
fatta più a trattenersi.
Fece
un debolissimo sorriso a
Jared. “Scusami.”, riuscì solo
a dirgli.
“E
di cosa?”
“Di
averti rovinato la settimana.”
Jared
sorrise e la abbracciò con
forza. “Tu l’hai resa
indimenticabile.”, le sussurrò
all’orecchio.
Guardarono
Shannon che sembrava una
statua di sale con la sua miglior espressione da pesce lesso, mentre
Constance
si era così commossa che si mise a piangere quietamente.
“Signora
Margot, mi spiace di tutto
questo. Mi dia dieci minuti e me ne vado.”, fece Monica
slacciandosi
dall’abbraccio di Jay.
“Non
vedo perchè dovresti, bambina. Hai
espresso le tue opinioni con forza, ma educatamente. E comunque sono
d’accordo
su parecchie cose.”
Monica
sorrise ancora più imbarazzata.
“Ma
cosa dici zia?”, urlò Franny sempre
più sconvolta.
“Quello
che penso, cara. Ora che ne dite
di tornare dentro? Sta per iniziare a piovere.”
Monica
sospirò di sollievo: era meglio
per lei scappare prima che qualcuno non decidesse a mettersi a
litigare. Jared
la prese per mano e alla chetichella salirono in mansarda, evitando i
saluti di
rito.
“Saremmo
dovuti restare giù. Ci sono un
sacco di parenti che non potrai salutare domani.”, fece
Monica guardando in
giardino. In lontananza avevano fatto la loro comparsa i lampi
intrecciati in
una fitta rete luminosa.
“Guarda,
onestamente non mi interessa
nulla. Le uniche persone che mi interessano sono zia Margot e Julie e
le vedo
domani mattina prima di andarcene. Gli altri sono solo ronzii
rumorosi.”, poi
rise: “sei stata favolosa, veramente. Vedere la faccia di zia
Franny
sgretolarsi man mano che le dicevi quello che pensavi, è
stato esilarante. Per
non parlare dello sguardo da beota che aveva George. Mio Dio, Monica,
è stata
la miglior scena da anni!”
“Ma
ti prego, sembravo una pazza
scatenata.”
Monica
si buttò sul letto e si godette
Jared che si toglieva la maglietta: doveva ammetterlo, a Los Angeles le
sarebbe
mancato da morire toccarlo. Era così bello palparlo, era
sostanzioso nonostante
la magrezza, perchè i muscoli c’erano e guizzavano
in maniera deliziosa sotto
le sue dita.
“In
effetti tanto normale non sembravi,
ma eri bellissima. E sembravi veramente convinta di quello che
dicevi.” Si
distese vicino a lei, con solo i pantaloncini addosso. Le
baciò la spalla
lasciata libera dalla spallina della canotta.
“Ma
io sono assolutamente convinta di quello
che ho detto.” Chiuse gli occhi: era difficile concentrarsi
con Jared che
lentamentente le toglieva i vestiti e la baciava sulla pelle nuda.
“Io credo a
tutto quello che ho detto. Ad ogni singola parola.” Gemette
quando lui le leccò
la base del collo.
“Quindi
sarei pieno di talento?”
“Imbecille,
lo sai che ho sempre detto
che sei fantastico.”
“In
tutto?” e portò una mano sotto il
reggiseno, togliendolo dalla sua sede naturale per prendere possesso
del
capezzolo.
“Non
proprio. Ballare non è il tuo campo
e neanche abbinare i vestiti.” Jared rise
“Però ci sono parecchie cose che ti
riescono bene.” Si morse il labbro: si stava divertendo, il
maledetto, a
stuzzicarla. “Oh adesso basta!” Si sedette sul
letto, facendolo rolotare via
mentre rideva. “Così non è valido, mi
distrai e non riesco a parlare.”
“Chi
ti ha detto che devi parlare.”
“Hai
ragione, ma adesso comando un po’
io.” Lui alzò un sopracciglio incuriosito, ma si
lasciò fare. Monica si tolse
innanzi tutto il reggiseno, che a metà come glielo aveva
lasciato, le dava solo
fastidio, poi con lo stesso andò a legare i due polsi di
Jared alla testiera
del letto cercando di immobilizzarlo. “Vedi di non tirare
troppo, vorrei che
restasse integro.”
“Non
dipende da me.”
Monica
si distese a lato, appoggiando la
testa sull’incavo del collo, incollandosi a lui.
Poggiò la mano sul petto
iniziando a disegnare dei piccoli cerchietti sul suo petto.
Trovò il piccolo
capezzolo circondato da dei peletti che lei si divertì a
tirare con
delicatezza.
“Sai,
quando quello stronzo si è messo
ad insultare te e Shannon, ho capito che stava per succedere
qualcosa.” La mano
si spostò sull’altro capezzolo dove lei riprese il
lavoro abbandonato. “Sapevo
che dovevo tenerti calmo, perchè altrimenti saresti
scoppiato e poi... bhe, te ne
saresti pentito di certo, in fondo i parenti sono i tuoi, non i
miei.” Vide che
Jared teneva gli occhi aperti. I capezzoli erano diventati ancora
più piccoli e
duri, quindi lei scese. La mano si fermò
sull’addome: lo accarezzò con l’unghia
facendolo inarcare leggermente. “Ma quando ha parlato di tua
madre... non ci ho
visto più. Constance è troppo brava come donna
per meritarsi quelle parole.”
“Ti
sembra questo il momento di parlare
di mia madre?”, stava biascicando e lei sorrise.
Portò la mano sotto il bordi
dei pantaloncini e le mutande e prese semplicemente ad accarezzargli
l’inguine
e tirare un po’ del pelo, stando ben attenta a non andare
troppo vicino al suo
membro, già diventato duro.
“Però
sono felice se la cosa ti ha
divertito.”
“Smettila
di parlare... ti prego, fai
altro.” Monica rise issandosi. Andò a togliergli
quello che ancora indossava ed
era di troppo e se lo ritrovò davanti. La cappella faceva
capolino rossa e
gonfia.
“Devo?”
“Sì,
cazzo! Devi.” Lei ridacchiò e nel
frattempo scese a leccarlo. Il suo solito sapore forte e salato, invase
la sua
bocca. Era una dolce occupazione, soprattutto perchè aveva
intenzione di
lavorarci per un bel po’, voleva che Jared arrivasse ad
implorarla. Lo leccò
lentamente, dall’alto in basso e a ritornare, soprattutto per
cercare di
coprire tutta la superficie di saliva per farlo scivolare al meglio.
Siccome
tendeva a non stare fermo, Monica mise una mano sull’anca
come a tenerlo
incollato al materasso, mente l’altra andava a prendergli
l’asta per muoverla
con dolcezza su e giù.
“Ti
muovi, Monica?”
“No.
Mi voglio divertire.”
“E
io voglio venire." Strattonò la
braccia, ma il nodo non si sciolse. “Se mi libero vedi cosa
ti faccio.”
Monica
si alzò e si denudò del tutto.
Inforcò la sua coscia muscolosa facendogli chiaramente
sentire quanto era
eccitata anche lei dalla situazione e poi si distese su di lui andando
a
baciarlo con trasporto.
Monica
aveva realizzato, forse troppo
tardi, ma lo aveva fatto, che quella sarebbe stata l’ultima
notte e se la
voleva godere appieno. E voleva, soprattutto, fargli capire che forse
tra loro
non era stato mero sentimento, ma qualcosa di più. Almeno da
parte sua. Se
avesse percepito un minimo interesse di andare oltre anche da parte
dell’uomo,
forse non si sarebbe fermata.
Si
staccò dalle sue labbra, decisa a
smettere immediatamente di parlare e a venire entrambi. Senza troppi
tentennamenti si impalò sul suo membro duro fino a sentirlo
tutto a fondo e
sospirò soddisfatta. Prese a muoversi già da
subito con un ritmo sostenuto: in
fondo sapeva benissimo che lui non sarebbe resistito a lungo.
Portò un dito sul
clitoride per massaggiarlo ed aiutarsi, mentre l’altra mano
andava a palparsi
il seno.
Per
Jared era uno spettacolo
incredibile: teneva la testa leggermente inclinata morsicandosi il
labbro come
faceva spesso, gli occhi socchiusi e quel corpo che andava su e
giù. Avrebbe
voluta prenderla, abbracciarla, magari ribaltarla e farle vedere chi
comandava
sul serio, ma quel dannato reggiseno non voleva slacciarsi. Voleva
baciarla,
voleva farla sua in tutti i modi possibili, ma lei glielo aveva
impedito:
eppure averla sopra lo stava facendo letteralmente impazzire. Stava
scoppiando.
“Ti
prego Monica, ti prego.” Tra una
parolaccia e l’altra non riusciva a dire altro. La vide
sorridere prima che
iniziasse a muoversi con più velocità, alternando
spinte forti ad alcune più
leggere, ma ravvicinate. La sentì venire intorno a
sè, con i muscoli vaginali
che lo stringevano come un guanto di una misura troppo stretta e non ce
la fece
più. Si riversò in lei, senza preoccuparsi di
farsi sentire da tutta la casa,
gemendo quasi come un ragazzino arrapato.
Monica
si distese su di lui, appoggiando
la testa sul suo petto, stremato da un orgasmo decisamente intenso: le
piaceva
da matti sentirgli il cuore che batteva all’impazzata e pian
piano, mentre i
loro corpi si rilassavano, regolarizzarsi con il suo. Era una stronzata
simil
romantica, eppure le pareva che i duoi cuori battessero
all’unisono.
“Sto
decisamente esagerando.”, mormorò
Monica piano.
“Direi
che stai andando alla grande
invece.” Per fortuna che lui non aveva capito nulla.
“Mi puoi slegare?”
Monica
gli tolse il reggiseno dai polsi,
si distese al suo fianco lasciandogli la possibilità di
abbracciarla e baciarla
sulla nuca.
“Hai
qualcuno che ti viene a prendere
domani?” Le chiese Jared dopo un po’ di silenzio
interrotto dalle loro coccole,
ovviamente amichevoli.
“Credo
che verrà Cris, ma in caso prendo
un taxi.”
“O
ti portiamo noi.”
“Non
serve, hai già tua madre da
accompagnare.”
Jared
sorrise. “Tua suocera...
credo di averla vista tremare di gioia quando lo hai
detto.”
Monica
sospirò: “Mi dispiace che ci
rimarrà male, invece. Come faccio a dirle che tra noi non
c’è nulla?”
“Non
glielo devi dire. A Los Angeles ci
lasciamo e dopo un po’ le dirò che non stiamo
più insieme.” Lei non disse
niente e lui rimase a pensare.
'Jared
è il mio uomo': quelle quattro
parole lo avevano scosso tantissimo in giardino. Si era perso alcune
battute
della ragazza proprio perchè era concentrato a risentire il
suono di quelle
quattro cazzo di parole. Ed era un suono stupendo. Perfetto. Lei
sembrava
veramente convinta di essere la sua donna e per un momento, un solo
gloriosissimo momento, aveva sentito un calore fortissimo nel cuore e
ne aveva
avuto paura. Ma gli faceva ancora più strano che in quel
preciso istante,
stesse di nuovo sentendo quel tepore in sè. Non andava per
nulla bene. Doveva
spostarla di lì, farla rotolare dalla sua parte del
materasso e mettere un
limite alle effusioni. La guardò: stava muovendo pigramente
la mano su di lui,
con gli occhi chiusi e il respiro tranquillo. Cinque minuti, e poi la
sposto,
si disse.
Sì,
certo, come no.
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Capitolo 11 *** capitolo 11 ***
Capitolo
11
I
bagagli erano già sistemati nell’auto.
Monica aveva lanciato un ultimo sguardo malinconico alla piccola
mansarda. Alla
fine in quella stanza aveva vissuto alcuni dei momenti più
belli della sua vita
e di certo indimenticabili. Quella mattina si era svegliata abbracciata
a Jared
sentendo il suo respiro calmo sulla pelle e la mano a stringerle il
fianco.
Aveva chiuso gli occhi con forza cercando di immagazzinare ogni
più piccola
sensazione splendida di quel momento, magari per tirarla fuori al
momento
giusto, quando sarebbe stata sola nel suo, ormai, enorme letto vuoto a
Los
Angeles.
“Mi
raccomando, non andare troppo
veloce. Stai attento per strada.” Zia Margot dava le ultime
raccomandazioni.
Aveva già aggiustato il colletto della T-shirt di Shannon
come se questo fosse
un bambino delle elementari e aspettava solo di abbracciare Costance.
“Non
credo che ci sarà pericolo.
Troveremo sicuramente coda entrando a Bossier, come sempre.”
“E
tu, bambina... “, continuò guardando
Monica, “spero ti sia piaciuto stare qui.”
“È
stato stupendo, signora. Il posto è
un sogno e lei è stata fin troppo gentile con me che neanche
faccio parte della
famiglia.”
“Non
dire sciocchezze. Tu ormai sei una
di noi. Leto o Metrjons non cambia.” E le scoccò
due baci sulla guancia.
Monica
si sentiva commossa e anche
onorata, peccato che poi subentrava quella sensazione così
spiacevole di
consapevolezza. Aveva mentito per una settimana e si sentiva un
po’ una merda:
non solo Costance, ma anche Margot credeva in lei. Scosse il capo: era
inutile
pensarci troppo, sarebbe stato un problema di Jared, non
suo. “Sei troppo
gentile, ti ringrazio per tutto.”, rispose.
Monica
entrò in macchina seguita da
Shannon che le faceva compagnia sul sedile posteriore. Dallo
specchietto vide
il lungo abbraccio di Margot con Costance: alla fine per la signora
Leto quella
era l’ultima parente vicina, oltre i suoi figli, che le era
rimasta dopo la
morte dei genitori. Anche Jared guardò la scena con uno
sguardo tenero. In
fondo, lo aveva detto anche Monica, lui era un mammone.
La
strada scivolò lenta e, come avevano
immaginato, trovarono coda poco prima di entrare in aeroporto.
Monica
aveva passato il tempo
limitandosi ad ascoltare le chiacchiere di Shannon e Jared che avevano
imbastito una discussione su come iniziare a fare per uscire con il
nuovo album
all’inizio del 2013 e quindi lei aveva potuto chiudere gli
occhi e pensare.
Anzi, forse evitare di pensare sarebbe stato meglio. Sentiva su di
sè
l’attenzione di Costance e questo le faceva aumentare il
senso di colpa. Non se
lo meritava.
In
aereo Monica e Jared si erano seduti
vicini, lei con le cuffie dell’i-pod nelle orecchie ad
isolarsi dal mondo,
mentre Jared leggeva annoiato una rivista di cinema raccattata
all’aeroporto.
Aveva
capito che Monica non stava bene.
Cioè, fisicamente stava perfettamente, ma era rimasta
silenziosa praticamente
per tutto il viaggio. Le prese la mano e sentì che lei
gliela strinse quasi in
automatico. Le tolse una cuffietta e lei si voltò alterata.
“Stai
bene?”
“Sì,
certo, perchè non dovrei?
Finalmente torno a casa.”
Jared
rimase stupito dal tono
malinconico della ragazza. “Bhe hai
ragione.” Si bloccò: onestamente non
sapeva cosa dire, quindi si limitò a stringerle ancora la
mano. Sentiva che
qualcosa si era rotto. Deglutì pesantemente: sentiva anche
lui che il ritorno a
Los Angeles stava portando ad un radicale cambiamento tra loro. Era
pronto ad
affrontarlo?
“Magari
una di queste sere potremmo
uscire assieme, che te ne pare?”, Monica lo fissò
senza capire. “Lo sai, quello
che fanno due persone normali. Una cena, cinema, una mostra
d’arte. Ce ne
dovrebbe essere una di fotografie molto bella.”
“Io...
non vado matta per le foto.”,
rispose Monica, sempre più confusa. Jared voleva uscire a
Los Angeles con lei?
Ma si rendeva conto del pericolo?
“Allora
cinema. Ah sì, Katzuya prima. Ho
voglia di un po’ di cibo Giapponese.”
“Ma
tu non eri un vegano? E quindi com’è
che mangi sushi?”
“Mi
piacerebbe poter essere totalmente
vegano, ma...”
“Ma
non puoi, altrimenti non ti reggeresti
in piedi, giusto?”
“Esatto.
Almeno il pesce me lo devo
mangiare, anche se una parte di me non vuole. Il medico è
stato categorico e
quindi, almeno per questa cosa, cerco di seguire le sue indicazioni.
Oddio,
dovrei anche mangiare carne fosse per lui, ma non me la
sento.” Finì
tranquillo.
“Sembra
che la tua salute ti interessi
fino ad un certo punto.”
“Sto
bene. Dovrei solo mangiare qualcosa
con più ferro, secondo lui. Ma il ferro lo trovo nella carne
e non ho voglia di
continuare a farmi di pastiglie.”
Monica
aveva definitivamente messo le cuffiette
nella sua borsa. Si era seduta in modo da poterlo guardare meglio.
Notò quasi
con tenerezza alcuni peli della barba bianchi e glieli
accarezzò: erano l’unico
segno distintivo che stava invecchiando.
“Secondo
me dovresti più che altro
trovare una tua dieta e seguirla. Avresti bisogno di una persona che ti
cucini
con regolarità qualcosa di sano. Hai bisogno di mettere su
un po’ di carne.”
“Sembri
mia madre.”
“É
la cosa più carina che mi hai mai
detto, lo sai?”, e rise.
“Non
doveva essere un complimento, lo
sai?”, la scimmiottò Jared un po’
contrariato.
“Da
uno che ama la mamma come la ami tu,
non puoi pretendere che io pensi che non mi stai dicendo qualcosa di
carino.”
“Preferisci
che ti dica che sei come mia
madre, piuttosto di.... sei fantastica, continua
così?”
Monica
gli diede un pugno sulla
spalla. “Idiota! Quelle sono cose che dici a
qualsiasi squinzia che ti
scopi, non è un complimento.”
“E
tu che ne sai?”
“Me
lo immagino. Che scemo!” Jared
rise facendo voltare anche l’hostess: Monica aveva notato che
la donna
praticamente non gli staccava gli occhi di dosso ogni volta che passava
vicino
a loro e non la poteva biasimare. Jared era di una bellezza
imbarazzante. “Lo
sai che dicono che nei nostri compagni ricerchiamo qualcosa che ricorda
il genitore
del sesso opposto? Quindi il fatto che io assomigli a tua madre
è perchè tu in
me cerchi un po’ di lei.”
“Ma
che cavolata. Quindi io
assomiglierei a tuo padre?”
“Un
po’ sì... sei rompicoglioni come
lui!”
Jared
per vendetta andò a farle il
sollettico. Stavano facendo tanto di quel rumore che parecchi si erano
voltati
a guardarli con indulgenza.
“Smettila,
dai!”
“No!”,
continuò a farle il sollettico,
per poi baciarla. Monica rimase stupita, ma dopo un inizio titubante
rispose.
In fondo non stavano facendo niente di male e si godeva le ultime ore
di
“fidanzamento.”
Furono
interrotti da un sospiro
sognante: si voltarono e si trovarono la hostess decisamente
imbarazzata che li
guardava. Scappò via facendoli ridere.
“Meglio
che ci mettiamo le cinture, tra
un po’ dovremo scendere.”
Il
LAX era come sempre stracarico di
gente. Per Monica sembrava di essere in un enorme formicaio brulicante
di vita
e lavoro. Guardò da lontano Costance che parlava con Jared e
Shannon: lei era
in assoluto l’unica persona che i due fratelli guardassero
con amore e
devozione assoluta. Si capiva lontano un miglio che li legava un
affetto
profondo, vero e indissolubile. Quasi la invidiava, poi si dava della
sciocca,
dato che lei era la loro madre, mentre lei stessa era solo
un’amichetta fra le
tante.
“Ok,
ora basta.”, mormorò a sè stessa:
doveva smetterla con quei pensieri deprimenti. Lei adesso sarebbe
tornata a
casa sua, avrebbe disfato la valigia e buttando a lavare i vestiti, si
sarebbe
tolta di dosso tutta quella assurda settimana. Assurda e bellissima,
unica ed
inimitabile settimana. “Sono un caso disperato.”
Prese
la sua valigia e seguì i Leto
verso l’uscita. Come si aprirono le porte vide la sua amica
farle ampi gesti
con le mani: Cristel non passava mai inosservata. Non era molto alta,
anzi era
decisamente bassina, ma aveva un corpo tonico e scattante grazie agli
allenamenti intensi di Karate. Aveva un bel seno sodo che, giustamente,
metteva
in mostra. I capelli scuri scendevano in morbidi boccoli dietro la
schiena e il
sorriso scintillava ovunque. Era di una bellezza radiosa e Monica
l’adorava.
Ed
era pazza. Totalmente: lo dimostrava
l’enorme cartello rosso con una scritta nera che diceva
“AAA cercasi
scrittrice”
“Solo
lei poteva fare una cosa simile.”,
mormorò mentre Jared rideva.
Andò
ad abbracciarla in modo da poter
togliere quel cartello.
“Tu
non sei normale, lo sai?”
“Certo!
Allora andiamo? Ciao Jay, ciao
Shan. Oh, signora Costance.” Come amica di Monica ed Echelon,
Cristel li aveva
conosciuti tutti e ogni volta, appena poteva, ci provava con Shannon
che, in
fondo, non disdegnava quello strano corteggiamento.
“Ciao
Cris. Come va?”
“Di
fretta, come al solito. Mi aspettano
i miei bambini per la lezione e sono in ritardo.”
“Ok,
ho capito l’antifona.”, fece
Monica, “Ci vediamo presto.”
Non
riuscì a prendere la valigia che si
sentì prendere la mano e fu voltata con la leggerezza di un
elefante, verso
Jared. Sentiva la seconda mano prenderla per la vita.
“Ti
chiamo appena arrivo a casa?” Monica
lo fissò come se fosse un alieno.
“C’è mamma... te lo ricordi?”,
il suo
arrossare gli fece capire che non ci aveva pensato.
“C’è
anche Cristel e non vorrei dare
spettacolo.” Troppo tardi, la sua amica la stava guardando
decisamente
interessata. “Ok, come non detto.”
Jared
si abbassò toccandole la fronte,
poi le accarezzò la guancia con la sua grattandola con la
barba ed infine, per
la gioia dei presenti la baciò e di gusto.
Era
proprio un bacio vero, pensò Monica,
assolutamente diverso dai soliti. Era un bacio... oh Dio, un bacio
sentito,
carico di sentimento. Sentiva come la voglia di Jared di portarsela
via, di non
lasciarla. Le mani la stavano artigliando quasi a farle male, mente con
la
bocca la stava divorando.
Si
sentì sua come non era stata di
nessun altro prima: pessimo, pessimo segnale.
Quando
si staccarono, praticamente in
contemporanea, si leccarono le labbra, come a voler sentire per un
ultimo
istante il sapore dell’altro.
“A
dopo, allora.” Quell’ultimo sussurro
sulle labbra riuscì anche a farla rabbrividire.
“Perfetto.”
Quando
Jared si staccò, salutò con la
mano Shannon e Costance: notò che la donna la guardava
incredibilmente felice.
Cercò di trovare la forza per camminare dritta e non
barcollare come un’ubriaca
e si avviò verso il parcheggio con Cristel che stava
incredibilmente muta.
“Mi
devi spiegare un paio di cose o
sbaglio?”, le domandò Cris quando furono sedute in
auto.
“Guida
che è più importante. Posso
mettere un po’ di musica decente?”
“Che
cos’hanno i Take That che non vanno
adesso?”
“Non
li ascoltavo quando ero
un’adolescente, li devo ascoltare ora?”
“Vuoi
sentire Jared che canta? Dovrei
avere da qualche parte un CD di canzoni porno. Ah no, quella scena in
aeroporto
bastava ad aumentare gli ormoni.”
Monica
sospirò guardando fuori dal
finestrino. “Forse i TT non sono troppo male, va
bene.”
“Ne
vuoi parlare?”
“No.”
Poi si rese conto di essere stata
un po’ troppo brusca con l’amica, in fondo chiedere
era lecito. “Non c’è nulla
da dire, in realtà.”
“E
tu pensi anche che io ci creda?
Avanti, te ne sei partita continuando a dire che Jared è un
amico e tale deve
rimanere, e ritorni con un bacio alla 'Via col Vento' che non
stonerebbe in un
film drammatico da Oscar e sai che io me ne intendo.”
“Jared
aveva bisogno di una fidanzata
immaginaria per andare dai parenti. Mi ha recuperato due biglietti per
gli U2 e
io sono andata con lui.”
“Non
capisco la relazione tra i due
eventi.”
Monica
sbuffò: “Non avevo voglia di
fare questa pazzia assurda e quindi per liberarmene senza troppo senso
di
colpa, gli ho detto che avrei acconsentito a fargli da fidanzatina
ideale per
una settimana. Quello era solo l’ultimo bacio per far scena,
per sua madre,
capisci? Lei è convinta che stiamo veramente
insieme.”
“See,
l’ultimo bacio... come se ti
credessi. Ma guarda dove vai, imbecille!” Gridò ad
un tipo che era sbucato da
una via laterale. “Quello non era un bacio qualsiasi: lo si
sentiva a distanza.
Quello era un bacio serio.” Poi sospirò.
“Almeno tu hai aperto la serranda!”
“Ma
no!! Non dovevamo fare niente di
che. Qualche bacio, mano nella mano e basta. E questo è
stato.” Perchè stava
mentendo alla sua amica? In fondo amici con benefici, non
c’era nulla di male
in quello. Non si era mai vergognata. No, non era vergogna, era
qualcosa di più
sottile. Voleva tenersi i ricordi per sè.
“Merda.” Sussurrò.
“Mi
stai dicendo che non hai scopato con
lui?”
“No.”
“Non
ti credo.”
“Fai
a meno.”
Monica
sentì il mal di testa iniziare a
batterle come un martello pneumatico.
Almeno
stava arrivando a casa.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
Era
una settimana che fissava quella
schermata bianca senza riuscire a mettere insieme due frasi di senso
compiuto.
Camilla non voleva collaborare nonostante le abbondanti tazze di
cioccolato con
caramello che le arrivavano dallo Starbucks più vicino
grazie alle sue amiche
che non vedevano l’ora di sapere come si sarebbero evolute le
mirabolanti
avventure dell’alter ego di Monica.
Peccato
che l’autrice stessa non sapeva
come andare avanti. La settimana in Louisiana l’aveva confusa
anche sotto quel
versante.
“Non
posso andare avanti in questa
maniera.”
“Quale
maniera?”, la sua amica Valeria
era appena entrata in casa portando l’ennesimo bicchiere di
carta colmo di
bevanda bollente e una fetta di Cheesecake alla fragola.
“In
questa maniera. Mi fate mangiare
come se fossi una botte, mi sembra di essere tornata da zia Margot. E
questo
maledetto libro non vuole saperne di scriversi.”
Valeria
la guardò confusa. “Non sei
tu a scrivere il libro?”
“Scema.”
“Dai
su. Spiegami cosa succede e vediamo
se posso aiutarti.”
Monica
sbuffò e prese a camminare
sgranchiendosi le spalle. “Lascia stare, il problema
è solo mio. Ho perso
la voglia di scrivere. Anzi, non so cosa andrebbe meglio per
Camilla.”
“Dipende
cosa va meglio per te. Insomma,
sappiamo che Camilla sei tu. Quindi?”
“Quindi
non lo so, Vale. Ah senti... ho
i biglietti VIP per il concerto degli U2... vuoi venirci con
me?”
Valeria
sputacchiò il the che stava
bevendo rischiando di soffocare. “Io credevo che il
Santo Graal fosse perduto.”
“Per
tutti, tranne che per Jared Leto.”
E ridacchiò prima di tornare seria.
Jared.
Non
lo sentiva da una settimana.
Quando
erano tornati l’aveva chiamata
alla sera per capire se stava bene e quel 'mi manchi' finale le aveva
fatto
capire che vicino a lui c’era sua madre. Nonostante tutto il
brivido era
partito in automatico. Maledizione.
Nell’arco
di due ore a Los Angeles, lui
aveva abbandonato qualsiasi velleità di uscita. Altro che
ristorante, cinema e
cazzate simili.
Nulla.
Probabilmente
a quell’ora lui era già
tra le cosce di una starlettina dal QI pari a zero.
Che
rabbia.
Sospirò:
non era vero, la rabbia non la
provava per lui, bensì per sè stessa: era colpa
sua se si ritrovava in quella
situazione terrificante. Si sentiva confusa e patetica. Innamorarsi di
lui non
le faceva bene.
“Merda.”
Come
si diceva? Ammettere il problema è
il passo per risolverlo. Ovviamente adesso si chiedeva come poteva
risolverlo.
L’unico modo era troncare qualsiasi rapporto di qualsiasi
natura. Tanto non
sapeva quasi nessuno della sua presunta storia.
Fu
richiamata all’ordine dal suo
cellulare che sparava a palla 'Solidarity' degli Enter Shikari, cosa
che fece
trasalire Valeria come sempre.
“Cris,
dimmi.”
“Tu
e Jared siete molto fotogienici
mentre vi baciate.”
Un
senso di gelo le scivolò lungo la
gola. “CHE COSA?”
“Guarda
su Buzznet.”
Monica
si posizionò davanti al pc e in
breve aprì il sito di gossip. In HQ si ritrovò
sullo schermo avvinghiata, era
il verbo che rendeva meglio, a Jared, mentre lo baciava
all’aeroporto. Valeria,
miracolo dei Miracoli, era ammutolita e senza parole.
“Sono
finita.”
“Però
siete proprio carini.”, sussurrò
Valeria cliccando sulla foto sucessiva, dove si vedevano entrambi in
viso.
“Monica,
ci sei?”
“Sì
Cris, siamo qui. Anche se lei è più
che altro imbambolata.” Sentirono la risata
dall’altra parte del telefono.
“Leggete
i commenti e poi chiuditi in
casa Monica. Fossi in te per un po’ non mi farei vedere in
giro.”
Scesero
con il mouse e Monica impallidì:
le fan di Jared avevano scritto di tutto, dai complimenti alle minacce
di morte
e tutto quello che poteva starci nel mezzo.
“Ma
queste sono pazze.”
“E
non sei ancora entrata su Twitter.
Prova a farci un salto e vedrai se non ti spaventi.”
“Grazie
Cristel, tu sì che sai dirmi le
cose giuste al momento giusto.”
Cliccò
sull’icona di Tweetdeck e
arrivarono decine e decine di menzioni. Era un delirio di insulti e
minacce.
Per fortuna che non tutte le Echelon si limitavano a quello. Alcune
facevano
loro anche i complimenti. Andò a controllare anche in alcuni
siti di gossip e
una parte di fan sembrava decisamente felice che Jared avesse messo la
testa
apposto.
“Ma
sono pazze? Come possono dire che ha
messo la testa apposto? Noi non stiamo assieme. È solo una
bugia, niente altro.
Non ci vediamo da una settimana.”
“Monica,
queste foto fanno capire
tutt'altro. Sembrate due innamorati pronti
all’altare.”, replicò Valeria che
già aveva gli occhi a cuoricino.
“Ma
non dire scemenze! E smettila di
guardarmi in quella maniera.”
“Monica,
guarda che ha ragione Valeria.
Da quelle foto tutto sembra tranne che una bugia! Siete talmente presi
bene che
l’unica cosa che può dire la gente, è
che siete innamorati.”
“Il
problema è che non lo siamo.”
“E
allora di cosa ti preoccupi? Entro un
paio di giorni ti dimenticheranno, lui si farà vedere con
un’altra e tu
tornerai ad essere famosa solo per i tuoi libri. Ah, vedi di muoverti
con
Camilla: qui in ufficio tutti vogliono sapere come continui.”
“A
saperlo.”
Mise
giù il telefono e prese a
massaggiarsi la fronte con la mano.
“Monica
che succede?”
“Nulla,
Vale. Sono solo confusa.” E
squillò di nuovo il telefono. “Chi è
adesso?”
“Ehm...
lo schermo dice Jared.”
Monica
si arrestò. Guardò lo schermo ed
effettivamente stava lampeggiando il nome dell’uomo. Forse
era arrabbiato per
le foto.
“Ciao,
Jay.” Iniziò fintamente
tranquilla.
“Ciao.
Come va?”, la voce dall’altra
parte della cornetta non sembrava arrabbiata, anzi era piuttosto
felice.
“Insomma...”,
forse ancora non sapeva
nulla delle foto.
“Mi
spiace. Senti... allora facciamo
questa uscita assieme?”
“Spero
tu stia scherzando, Jared!”
Lo
sentì ammutolire dall’altra
parte. “Perchè dovrei? Senti so che forse
dovevo chiamare prima, ma ho
avuto un po’ da fare e..”
“Ma
non è quello il problema.”
“E
allora?”
“Jared
con quelle fottute foto che sono
uscite, come puoi chiedermi di venire fuori con te?” Monica
sentì chiaramente
Jared muoversi per casa e smanettare con il suo Mac.
“Oh...
queste foto. Carine.”
“CARINE?”
Valeria ridacchiò prima di
prendersi un’occhiata fulminante da Monica che si stava
arrabbiando non poco
per la situazione.
“Bhe
sì, sono ben fatte e i soggetti
meritano.” Sorrise guardandole. Jared doveva ammetterlo,
rivedersi a baciare
Monica in aeroporto lo fece felice. Senza esitazione le
salvò tutte per tornare
a guardarsele con calma più tardi. “Bhe, quindi
usciamo o no?”
“No!
Ma ti pare?”
“Mi
spieghi quale è il tuo cazzo di
problema, Monica?” Sentì che Jared si stava
nettamente spazientendo, ma non
capiva come fosse possibile che non ci arrivasse.
“Noi
non stiamo assieme e ora tutto il
mondo ci ha visto insieme. Cristo, vai a vedere quello che ti avranno
scritto e
cosa dovresti fare, per loro, a quella stronza e puttana che
sono.”
“Ti
vuoi calmare? Cosa ti preoccupa? La
gente o il fatto che in quella foto ci sia io con te? Ti dà
così tanta noia
stare con me?”
“No,
Jay, ma... è falso. Tutto quello
che c’è tra noi lo è e tu lo
sai.”
“Ah,
quindi secondo te tra noi non c’è
un cazzo.” Sentiva la rabbia dell’uomo crescere a
dismisura.
“Non
ho detto questo, Jared. Ma quel
bacio...”
“Era
vero. Un bel bacio, oltretutto.”
“Sì,
sono d’accordo, ma un bacio tra
amici.”
“Esatto.
Quindi usciamo come amici. Ti
passo a prendere questa sera e andiamo a cena. Non accetto un
rifiuto.”
Silenzio per farle recepire al meglio il messaggio “Vestiti
elegante.”
“Eh?”
“Un
bel vestito, scarpe con il tacco non
troppo alto, truccati anche. Insomma, andiamo a fare vita
mondana.”
“E
tu sarai anche capace di presentarti
con il mantello da Hogwarts.” Lo sentì
semplicemente ridere e mise giù. “Sono
nella merda più totale.” Riuscì a dire
a Valeria che ormai stava ridendo a
crepapelle. “Non ridere! Neanche so dove mi vorrà
portare. E poi perchè?”
“Ti
porterà all’evento più importante
della sera.”
“E
cioè?”
“Alla
Festa di Victoria’s Secrets.”
Monica
si mise a picchiare la testa sul
tavolo.
Per
l’ultima volta Jared si sistemò la
cravatta: non la voleva troppo stretta, ma troppo allentata sapeva
troppo di
sciatteria. Aveva riutilizzato senza troppi problemi il completo che
aveva
usato sul set della pubblicità di Hugo Boss e
ringraziò il cielo che la
cravatta fosse sottile e poco ingombrante. Lanciò
un’occhiata alla sua compagna
per la serata.
Monica
aveva indossato uno splendido
vestito di seta verde smeraldo che le arrivava al ginocchio. Il
corpetto
sognava magnificamente tutte le curve del seno e poi la gonna si
allargava
nascondendole i fianchi. Cuciti addosso c’erano delle file di
pailettes
argentate che risplendevano ogni volta lei si muoveva. Sulle spalle
portava una
impalpabile sciarpa, sempre di seta verde e le scarpe, con un tacco
leggerissimo, erano dello stesso colore del vestito.
L’unica
cosa che stonava, almeno che
avrebbe stonato per tutti tranne che per lui, era la triad del
merchandising
dei Mars, ovviamente allacciata ad una collanina di argento. Il trucco
sembrava
fatto da una professionista del mestiere, così come la
pesante treccia da cui
sfuggivano, artisticamente, due piccole ciocche a lato del volto,
invece era
stato tutto merito di Valeria che da anni si divertiva a fare i make up
delle
amiche.
Jared
lasciò la macchina a Macy’s Plaza
in modo che il parcheggiatore potesse spostarla e andò a
recuperare Monica che,
prima di uscire, aveva preso un respiro profondo prima di sorridere
debolmente
ad un valletto che l’aveva aiutata ad uscire.
Una
fiumana di flash lo abbagliò: gli
sembrava di essere in pieno giorno. Sentì Monica
rabbrividire al suo braccio.
“Stai
tranquilla.”
“Sono
finita.”
Entrarono
seguendo il tappeto rosso
lasciandosi fotografare davanti allo stemma di VS e poi entrarono nella
grande
sala dove già si muovevano centinaia di persone vestite o
meno, e un sacco di
Vip. Monica riconobbe le varie modelle che aveva visto esclusivamente
nei rari
giornali glamour e si sentì decisamente fuori posto.
Ringraziò il cielo quando
vide Shannon vestito con degli orridi pantaloni leggins che gli
lasciavano
scoperta la caviglia che spuntava da un monotono calzino bianco dalle
scarpe da
ginnastica fluo. Solo che lui si sentiva perfettamente a suo agio,
anzi, aveva
uno sguardo sbrilluccicante di felicità. Del resto
c’erano belle ragazze in
intimo un po’ ovunque.
“Ciao,
ragazzi, come state?”
“Benissimo.
Vedo che siamo in ritardo.”,
fece Jared.
“In
effetti sei arrivato tardi per
accappararti la più bella per stanotte... mi
diveritò pensandoti.” Monica
scosse il capo e li lasciò soli: quei discorsi da uomini di
Neanderthal poco le
andavano a genio.
“Tieniti
la modella, io sono impegnato
stasera, anche se già l’ho persa.” Non
riusciva più a vedere il vestito verde
da nessuna parte.
“Come
mai hai deciso di portarla qui? Ci
hai messo una settimana a decidere di chiamarla e poi la porti qui? Mi
aspettavo almeno una camminata sulle colline.”
Jared
prese un bicchiere di champagne
che gli porgeva un cameriere e rimase in silenzio. Shannon
aveva ragione,
come poche volte nella sua vita. Appena tornato a casa,
l’aveva chiamata per
sapere se era tornata sana e salva, dicendosi che conoscendo la guida
sportiva
di Cristel, lui si era solo preoccupato. Ovviamente l’idea di
volerla solo
sentire di nuovo non gli era passato per l’anticamera del
cervello.
I
giorni dopo, quasi sempre la sera
quando si ritrovava in cucina da solo a mangiucchiare qualche galletta
di riso,
più per fare qualcosa che per vera fame, guardava il suo BB
e si fermava a
leggere il nome di Monica sulla rubrica. Ogni sera la voleva chiamare e
portarla fuori, ricordava il bacio all’aeroporto e si
bloccava.
Ci
aveva pensato fin troppo, ma quel momento
era stato qualcosa di sbagliato. Il bacio ci stava per continuare la
sceneggiata con sua madre, però avrebbe dovuto essere
più distaccato, un po’
più freddo, invece sentendo il sapore delle sue labbra era
partito per la
tangente e il bacio era stato quello che era stato, cioè
sconvolgente.
Sì,
perchè si svegliava la notte
convinto di averla ancora vicino nel letto, con il suo profumo nelle
sinapsi. E
lui sapeva che era una cosa impossibile, quindi, guardando il soffitto
scuro,
aveva pian piano capito che le mancava, e pure tanto.
Quindi
quando aveva rivisto l’invito di
VS per quella serata, aveva preso coraggio e l’aveva
chiamata. Tanto ormai la
loro presunta storia era già stata spiattellata ai quattro
venti, quindi non
sarebbe stato uno scandalo se l’indomani fossero uscite altre
foto, anzi,
aiutavano se non altro con la famiglia.
Aveva
sentito Julie al telefono e gli
aveva raccontato che George e Franny avevano montato su una scenata
degna di un
melodramma sulla maleducazione di Monica, su come si era permessa di
giudicarli
e di quanto fosse stato lui inopportuno a portarsela dietro.
Insinuando,
oltretutto, che ben presto si sarebbero lasciati perchè lei
era solo alla
ricerca di fama. Quella cosa lo aveva fatto ridere fino alle lacrime:
quei due proprio
non avevano capito un cazzo di lei.
“Vado
a cercarla.” Si limitò a dire a
Shannon, mentre lui scoteva il capo. Shan non era un genio nelle
relazioni, ma
sapeva di aver capito molto meglio di suo fratello tutta la situazione.
Jared
fece un po’ di slalom tra i
presenti: qualcuno lo fermava e quindi ci scambiava due parole o si
lasciava
fare qualche foto dai paparazzi. Sorrideva di circostanza, ma cercava
sempre
Monica, che sembrava scomparsa come Cenerentola a mezzanotte. La
ritrovò in una
stanza piuttosto piccola, mentre osservava un completo intimo nero e
rideva con
un ragazzo. Jared la guardò da lontano: strano, con lui non
rideva mai così
spontaneamente. Inoltre sembrava molto a suo agio con la mano di lui a
sfiorarle leggermente il braccio quando si avvicinavano. Se ne
andò al bar,
prese due bicchieri pieni di liquido colorato e tornò da lei.
“Eccoti
qui, finalmente.” Monica trasalì
perdendo leggermente il sorriso. Jared guardò
l’uomo con lei: elegante,
orologio dorato, sorriso seducente e capelli impomatati. Lo avrebbe
preso a
pugni se avesse potuto. “Ti ho portato questo.” E
le porse uno dei bicchieri da
cui spuntava anche un ombrellino di carta.
“Lo
sai che io non bevo.”
“Lo
so, amore, ma ti ho preso un coktail
analcolico alla frutta.” Monica notò come aveva
calcato sulla parola amore e
quanto forte la stava abbracciando. L’uomo la
salutò e si spostò verso la sala
grande.
“Grazie,
Jared. Adesso mi spieghi il
significato di questa sceneggiata?”
“Ma
quale sceneggiata, ti stavo soltando
salvando da quel viscido che ci provava.”
“Come
se non fossi capace di pensarci io
stessa. E comunque, per tua informazione, stavamo solo
discutendo.”
“E
su cosa?” Jared si spostò
leggermente: gli pareva che Monica fosse un po’ seccata con
lui.
“Su
questo completo. Secondo lui mi
sarebbe stato bene e io lo stavo smontando.”
Jay
guardò l’argomento della
chiacchierata e dovette dare atto che il tipo aveva ragione: Monica con
quella
sinfonia di seta traforata sarebbe stata un sogno.
“Provalo,
magari ha ragione.”
Lei
scosse il capo e si godette il
liquido fresco che le scendeva in gola: cosa
rispondergli? “Io non sono
una delle modelle di VS. Io sono ridicola con queste cose addosso,
anzi, sono
decisamente ridicola qui.”
“Sei
perfetta qui, invece. Dai andiamo
fuori.” Monica lo guardò. “Ma
sì, abbiamo fatto quello che dovevamo fare, la
musica è di una tamarraggine acuta, per questo Shannon si
sta divertendo.”
“Oltre
che per le gnocche pazzesche che
gli girano intorno.”
“Giusto.
Quindi... andiamo a farci un
giro fuori, così possiamo parlare con calma.”
Jared la prese per mano,
portandola lontano dalle macchine fotografiche, anche quando una delle
modelle,
biondina e giovane, lo aveva fermato per chiedergli se sarebbe stato
libero la
sera dopo.
Uscirono
dalla sala mano nella mano e
furono immortalati anche quando lui le aprì la portiera per
farla salire.
“Tu
la conoscevi quella, vero?”, domandò
Monica. Lontano dal locale stava iniziando a stare meglio.
“La
bionda? Sì, certo. Me l’aveva
presentata Brent tempo fa. Onestamente, però, non mi ricordo
il nome. In quel
periodo me ne presentava di continuo, dopo un po’ si
assomigliavano tutte.”
“Non
mi sembra che ti sia mai lamentato.
Guarda che me le ricordo certe serate alla Mars House: sembrava un
troiaio.”,
vide Jared sorridere. “E ti divertiva un mondo.”
“Ammetto
che non mi annoiavo in quei
momenti.”
“Porco.”
“Gelosa.”
“Fanculo.”
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
La
collina sovrastava la città. Era
buio, l’unica luce proveniva solo dai fari
dell’auto, visto che non c’era la
luna. Monica guardò il cielo e si stupì di tutte
le stelle che si riuscivano a
vedere solo poche miglia lontani dalla città.
Città che si estendeva sotto di
loro brulicante di vita, mai addormentata.
Jared
l’aiutò a scendere: con i tacchi
Monica non ci sapeva camminare e sotto di loro c’era lo
sterrato.
“Devo
mettermi a lanciare un sasso
urlando?*”
“Se
vuoi. Potrebbe aiutarti, non mi
sembri molto in te ultimamente.”
“Sto
benissimo, sono solo in crisi con
il libro.” Con attenzione si sedette sul cofano del SUV e
guardò l’orizzonte.
Le luci sapevano essere decisamente ipnotiche.
“Perchè?”
“Non
so cosa vuole scegliere
Camilla.”
Jared
si appoggiò alla macchina, in modo
da esserle vicina. “Vuoi che ti do una
mano?”
“Ti
intendi di donne?”
“So
qualche cosa. Allora, iniziamo.”
Monica lo guardò perplessa. “Beh che
c’è, ho una mente piuttosto portata a
trovare idee. Dunque, la tua perplessità nasce da
cosa?”
“Ok,
va bene. Vediamo se l’amico Jared
può aiutare. Allora, abbiamo lasciato, nello scorso libro,
Camilla davanti ad
una scelta da compiere. Ha ricevuto un’offerta di lavoro che
la porterebbe da
Los Angeles a Boston. Un lavoro come giornalista per una rivista
musicale molto
conosciuta, quindi, rispetto al suo lavoro di corretrice di bozze, un
salto di
qualità. E quindi lei vuole andare, ma il suo ragazzo le
chiede, proprio
all’ultima pagina, di sposarla, quando lei, invece, voleva
lasciarlo.”
“A
causa dell’ex bello e ribelle,
giusto?” Lei sorrise.
“Ma
allora li hai letti sul serio!”, e
rise: “Il suo grande amore, l’uomo che
l’ha cambiata. L’ha fatta uscire dal suo
guscio di brava ragazza e le ha fatto conoscere i brividi della vita,
soprattutto sessuale.” Monica ripensò quasi con
nostalgia alla sua iniziazione
sessuale tramite un bellissimo ragazzo che l’aveva
adeguatamente usata e
gettata via, come nelle migliori storie. E da notare che non era stato
Jared:
lui era arrivato poco dopo e forse era stata una fortuna. Se avesse
conosciuto
Jared prima di quei fatti, non ne sarebbe uscita viva, probabilmente si
sarebbe
innamorata senza possibilità di redenzione e sarebbe stata
distrutta.
Un
po’ come le stava capitando in quei
giorni. Scosse il capo.
“Ehy,
tutto ok?”
“Sì,
stavo pensando a... Camilla.”
“E
quindi?”
“E
quindi Camilla non vuole incanalarsi
in una vita piatta e senza prospettive se non quella di diventare una
brava
moglie e madre. Vuole sentirla in sè, la vita, non vederla
che le passa
accanto.”
“I
will live my life.” Canticchiò Jared.
“Esatto,
direi che ci calza a pennello.
Quasi quasi la inserisco nel libro... ovviamente metto i
crediti.”
“Minimo
minimo voglio un pagamento in
natura.”
“Imbecille.”
“Se
la smettessi di insultarmi sarebbe
fantastico, lo sai? Cristo, sembra che tu abbia il ciclo da quanto sei
irritabile oggi.”
Monica
non disse nulla, si limitò ad
osservare le stelle. Altro che ciclo perenne, era lui che faceva uscire
la
parte peggiore di lei. Stava cercando in tutti i modi di tenerlo a
distanza,
con il risultato di essere una patetica stronza. Aveva una incredibile
voglia
di piangere per la frustrazione.
“Se
fossi tu al posto di Camilla, che
cosa faresti?” Fu Jared a spezzare il silenzio.
C’era qualcosa che non andava
in lei. Perchè si comportava così con lui? Forse
era arrabbiata perchè non
l’aveva chiamata prima?
“Non
saprei.” Un sussurro. Jared provò a
prenderle una mano, ma lei non collaborò. Sembrava avesse la
mente lontana. “Io
non sono una ragazza da matrimonio, ma Camilla ha sempre ripetuto di
volersi
sposare un giorno. Però, d’altra parte, sa che
Peter non è quello giusto per
lei.”
“E
allora fai in modo che dica di no al
matrimonio.”
“Già,
è il momento per la mia bambina di
crescere e di smettere di aver paura di essere sola. Volerà
a Boston a farsi
una vita.” Chiuse gli occhi. “Lontano dai
casini.”
“Era
questo il tuo problema?”
“Sì.
Camilla ha sempre vissuto una vita
relativamente standard. Studi buoni, lavori decenti, fidanzato carino e
accomodante. Non è abituata all’idea di cambiare
la sua vita. Andare in
un’altra città abbandonando quello che
c’è dietro è qualcosa... di
destabilizzante, capisci?”
“Onestamente
no, ma forse è dovuto al
fatto che io fin da piccolo sono stato abituato a viaggiare e cambiare
casa,
vita, persone. Anche adesso, stare fermo per troppo mi manda in tilt.
È fuori
dal mio ordine naturale delle cose.”
Arrivò
un’altra macchina, ma come si
accorsero di loro, fecero una inversione ad U e cercarono
un’altra piazzola.
“Coppietta
in cerca di intimità.”
“Probabile.
Qui ci sono molti posti dove
poter scopare in tranquillità.”
“Immagino
li conoscerai tutti. Ci avrai
lasciato le bandierine, come a Risiko, come se fossero tuoi
possedimenti.”
“Hai
un’idea troppo libertina di me.”
L’occhiata che lei gli lanciò gli fece roteare gli
occhi “Ok, hai ragione, mi
so divertire, ma non capisco perchè devo venire a pungermi
il culo tra la
sterpaglia quando ho casa mia che è tanto comoda e
pulita.” La sentì finalmente
ridacchiare. “Però ammetto che quando sono
arrivato qui, con i pochi dollari
che avevo non potevo permettermi stanze da hotel e allora o me le
portavo qui o
in spiaggia, a seconda di cos’era più vicino. Ero
giovane, bei tempi.”
“Ormai
sei vecchio e decrepito, non ce
la fai più eh?”, lo prese in giro.
“Guarda
che sono capace di alzarlo
ancora, non darmi per spacciato.”
“Mi
ricordo come lo tiri su,
tranquillo.” Jared scese dal cofano si mise davanti a lei,
facendole allargare
le cosce. Monica se lo trovò praticamente disteso sopra di
lei, con le mani sui
fianchi. “Jared, cosa stai facendo?”
“Mi
hai dato un’ottima mano a tirarlo
su.”
Monica
rise, leggermente. “Ci stai
provando?”
“Sì.
Ci sto riuscendo?” Era stupido
dirgli che ci era da sempre riuscito? Probabilmente sì,
quindi gli rispose con
una carezza e alzandosi a sedere sul cofano.
“É
bello qui, molto meglio di quella
orribile festa.”, disse Monica per cercare di stemperare la
situazione. Era
incredibile come più lei cercasse di mantenere le distanze,
lui si avvicinasse.
“Una
scrittrice glamour come te dovrebbe
imparare ad apprezzare quei momenti mondani, lo sai?”
“Ma
quale glamour? Io sono quella che
gira per casa con una maglietta stinta e pantaloni della tuta larghi,
figuriamoci se posso essere inserita nella categorie delle scrittrici
fashion e
di tendenza.”, rispose quasi stizzita.
“Ma
sei una delle più quotate dalle
ragazze. In fondo ti guardano come ad un modello, anzi, vedono Camilla
come un
modello.”
“Ma
tu tutte queste cose come le sai?”
“Io
so leggere sai? E mi informo sulle
cose che mi interessano. Ho letto molti blog letterari che parlano dei
tuoi
libri e sono in attesa di vedere se continuerai su questa strada. E poi
è ovvio
che sei tu sotto i riflettori, per questo sei tu che da
Victoria’s Secrets
dovresti sorridere ai fotografi e farti buone un paio di
persone.”
Il
discorso non faceva una grinza, ma
Monica non ne era fisicamente capace. “Lo faccio nei
miei salotti buoni,
non in mezzo a modelle scosciate che mostrano la biancheria intima. Pur
di
qualità ottima, non è l’accessorio che
accosterei ai miei libri. O a me.”
“Io
credo che tu abbia la brutta
tendenza a sminuirti troppo. Quelle modelle sono bellissime, inutile
mentire,
ma sono anche preconfezionate. Fanno una vita che porta in quella
direzione:
mangiare poco, allenarsi, vivere in relazione a tutto
ciò.” Jared era serio,
parlava con voce pacata e tranquilla. Di tanto in tanto le accarezzava
le
gambe.
“Sì
e sono perfette.”
“Dici?
Credi a me che ho una lunga
esperienza di queste donne. Sono belle, ma sono vuote. Cioè,
alcune di loro,
magari quelle più vecchie, hanno un cervello che funziona
bene, ma quelle che
entrano nello star system sono... poca cosa. Durano il tempo di respiro
e
vengono rimpiazziate con ragazze giovani.” La luce era
scarsa, ma Monica rimase
inchiodata a guardare gli occhi grigi di Jared che si erano piantati su
di lei.
“Tu e tutte le donne come te, siete perfette proprio
perchè siete donne,
esulate dai soliti clichè.”
“E
proprio perchè esuliamo che siamo
sole. Guardami, ho trent’anni e nessuno mi vuole.”
“Io
ti voglio, qui, ora.”
“Tu
mi vuoi solo per scopare. Io vorrei
un uomo, un compagno. Qualcuno su cui contare e per cui io conti. Sai,
una
coppia.”
Jared
scosse la
testa: “L’amore è un sentimento
sopravvalutato.”
“No,
semmai è sottostimato da chi non
vuole crederci. L’amore non è certo quel
sentimento rosa e a cuoricini
colorati. È qualcosa di doloroso, spesso, di soverchiante
alla razionalità. E
proprio per questo che spaventa: l’idea che ci possa essere
qualcosa di più
forte della ragione fa paura, perchè ti lascia senza difese
e soprattutto in
balia di qualcun’altro. É per questo che hai tanta
paura, no? Perdere il
controllo.”
“Non
psicanalizzarmi.” Arrabbiato,
deluso forse. Sicuramente non gli faceva piacere.
“Scusami,
hai ragione. Non sono nessuno
per giudicarti. Quando e se avrai voglia di innamorarti, lo
farai.”
Passò
un’altra macchina, ma stavolta
senza fermarsi neppure e ripiombarono al buio.
“E
tu quando ti innamorerai?”
“Io
credo di essere già innamorata,
Jared.”
“E
di chi?”
“Dell’unico
uomo che non potrò mai
avere, come sempre. Lui... è un’utopia, un sogno.
Qualcosa di troppo in alto
per arrivarci.” Era inutile dirgli tutto, avrebbe rovinato
anche quel poco di
buono che c’era tra loro.
“Secondo
me non ci metterai un niente
per farlo innamorare di te.”
Le
venne una voglia incredibile di
prenderlo a schiaffi. Poi sospirò: era inutile, non
l’avrebbe mai
capita. “Mi porti a casa?”
“Sicura?”
“Sì.
Domani provo a prendere in mano il
libro.” Jared l’aiutò a farla scendere
dal cofano. Quando fu in piedi davanti a
lui, le prese una ciocca di capelli e se la rigirò sul dito.
“La smetti?”
“No.
Mi piace giocare con i tuoi
capelli. Mi piacciono così lunghi.”
Provò a sorriderle, ma lei sembrava immune
alla sua espressione maliziosa. “Ok, andiamo.”,
fece accomodante.
In
macchina accesero la radio e Jared si
divertì parecchio a sentirla canticchiare. Sembrava
più tranquilla, controllava
il BlackBerry e guardava fuori dal finestrino.
Avrebbe
voluto fermarsi, in mezzo alla
grande strada fregandosene di tutti e chiederle perchè era
così malinconica, perchè
così poco 'lei', ma sapeva che Monica non gli avrebbe mai
risposto e quindi era
inutile mettersi a fare manovre inutili.
“Sai
che un po’ mi manca la Louisiana?”,
disse Jared per spezzare quel silenzio scomodo.
“Ma
dai? Nonostante tutto?”
“Assolutamente.
O forse è semplicemente
voglia di andarmene via. Vabbè, tanto domani parto, quindi
non è un problema
troppo grande.”
Monica
si voltò a guardarlo. “E
dove vai?”
“A
New York. Devo andare a parlare per
un forse futuro film di Woody Allen che vuole tornare a girare nella
Grande
Mela e poi forse Hugo Boss vuole rinnovarmi il contratto: pare che
abbia avuto
parcchio successo il Just Different.”
Lei
rise. “Ti credo: con tutte le
tue fan che ti hanno comprato il profumo, il cartellone, sponsorizzato
su internet,
era ovvio che avreste venduto l’impensabile. Beh non ti
annoierai di certo in
quel che resta nel 2012.”
“No,
infatti.”
“E
poi New York ti piace no?”
Jared
annuì: “La adoro. Credo che
sia la mia città, quella in cui mi sento più a
mio agio. É piena di stimoli di
tutti i generi.”
“La
città perfetta per chi non dorme
mai, come te.”
“Dormire
è inutile, perdi solo tempo.”
“Adesso
capisco perchè sei così
rincoglionito: dormire fa bene al cervello sai? Ti mette a posto i
pensieri e
stiva i ricordi. Dormi qualche volta, ti fa solo che bene.”
Risero
assieme, un po’ come i vecchi
tempi. Mancavano a Jared quei momenti.
“Posso
dormire con te, stanotte?”
Monica
lo fissò: Jared era concentrato
alla guida, guardava la strada e sembrava totalmente rilassato. Eppure
la
domanda che le aveva fatto non aveva propriamente una risposta
semplice.
Sembrava le avesse chiesto di bere solo un caffè assieme,
non di condividere lo
stesso letto. “Perchè?”
“Perchè
mi trovo bene.”
Monicà
riconobbe le luci della sua via e
non disse nulla. Farlo entrare o no?
Jared
parcheggiò con una manovra fluida,
il parcheggio davanti casa della ragazza era praticamente vuoto, poi
andò ad
aprirle la portiera e tenderle la mano.
“Che
cavaliere...”
“Io
so essere un galantuomo, te lo
ricordo. Il truzzo di famiglia è un altro.”
“Parla
Mister dico un 'Fuck' in ogni
mezza frase.”
Monica
prese le chiavi dalla pochette e
le infilò nella serratura del portoncino del suo condominio.
Si guardò attorno,
non c’era praticamente anima viva, non era zona di paparazzi.
Sentì l’allarme
della macchina scattare, facendole capire che Jared non aveva
intenzione di
andarsene molto presto. Si appoggiò alla porta.
Jared
mise le mani dietro la schiena, si
inchinò leggermente e le lasciò un leggero bacio
sulle labbra. Era solo un
tocco, uno sfiorarsi, ma lei non riuscì ad evitare di
chiudere gli occhi.
Riaprendoli, lo trovò mentre le chiedeva con gli occhi di
essere sua quella
notte.
“Hai
solo intenzione di dormire, vero?
non mi terrai sveglia, no?”, gli domandò facendo
nascere sulla bocca dell’uomo
il suo classico sorriso malizioso.
“Quando
vorrai dormire, basterà che me
lo chiedi. Non vorrei che domani fossi troppo stanca per non riuscire
neanche a
scrivere della nostra Camilla.”
“Va
bene, sali, ma solo perchè sei un
cuscino molto molto comodo.”
*Chi
ha
visto i 20 Minuti di Artifact non dovrebbe faticare a capire la
citazione. Ad
un certo punto Jared porta tomo su una collina e gli dice di lanciare
un sasso
urlando per liberari. Lo fanno entrambi.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
L’odore
del caffè lo stava risvegliando.
Aprì gli occhi e Monica, ovviamente, non c’era.
L’orologio segnava appena le
otto. Si rigirò tra le lenzuola tranquillo: aveva riposato
finalmente bene,
anche perchè Monica lo aveva ben stancato la notte prima. Si
stiracchiò e andò
a guardarsi allo specchio: aveva un grosso succhiotto proprio sotto
l’orecchio.
Gli venne da ridere.
Vide
i suoi vestiti sistemati
ordinatamente sulla sedia della scrivania: evidentemente Monica doveva
averglieli ritrovati per la casa dove li aveva lasciati, o meglio
gettati,
mentre si spogliava per portarla quanto prima a letto. La camicia era
un po’
spiegazzata e la cravatta aveva anche perso il nodo: decisamente
divertiti.
Poi
la sentì: stava cantando a piena
voce qualcosa che lui non conosceva. Appena vestito andò in
cucina e la trovò
lì. Gli stava dando la schiena, vestita solo con una lunga
canotta bianca e un
paio di slip. Alle orecchie le cuffiette dell’i-pod. Era al
fornello, stava
cucinando e non si curava del resto del mondo.
Jared
si appoggiò allo stipite del muro
a fissarla, con le mani incrociate. Aveva cambiato canzone e la stanza
si
riempì delle parole di 'Turning Tables' di Adele. Ovviamente
non aveva la
stessa voce della cantante, calda e malinconia, però
riusciva a tenere tutte le
note senza stonare e non era cosa da poco. Era uno strano quadretto il
loro,
una scena di rara intimità che da tantissimo tempo non
provava: quando erano
stati a Bossier City avevano passato tanti momenti simili, ma tra loro
c’era
comunque sempre una sorta di freddezza dovuta alla bugia che avevano
messo su a
beneficio dei parenti. Invece lì, in quella cucina, erano
solo loro, Monica e
Jared, due persone che si erano svegliate nella stessa casa e che ora
avrebbero
fatto colazione.
Due
persone normali, pensò Jared.
Per
lui la normalità era sempre stata un
concetto astratto, buono solo per le pubblicità delle
famigliole felici. Per
lui essere normale significava svegliarsi in una città
diversa giorno dopo
giorno, interminabili viaggi in bus con la band, i concerti e le serate
ai
party. Eppure non avrebbe cambiato quel momento con nessun altro della
sua
vita. Nessuno.
Era
il momento perfetto e lo
terrorizzava.
Scosse
il capo e andò a spiare cosa
stesse cucinando la ragazza.
“Uhm...
pancake, buoni.”
Lei
trasalì non aspettandosi di trovarlo
lì. “Lo spero. Non saranno buoni come quelli di
Margot, ma fanno la loro porca
figura comunque. Ah prendi lo sciroppo e mettilo in tavola.”
“A
saperlo ti aspettavo in camera.”
“Non
si mangia a letto. Oddio, non è
vero, qualche volta si fa anche quello.” Girò i
pancake e si sentì lo
sfrigolare della pasta.
“I
tuoi vicini non si lamentano mai che
canti la mattina presto?”
Monica
gli porse il piatto e lui
annaffiò i piccoli pancake di sciroppo: avevano un aspetto
delizioso.
“E
perchè dovrebbero? Li sveglio con
qualche buona canzone.”
“Ma
se sei stonata come una campana!”
Lei
gli fece la linguaccia prima di bere
un sorso di caffè. “Ah, ah, ah che
ridere.”
“Dai
che ti prendevo in giro. Non sei
male, anche se, ovviamente, non sei ai miei livelli.”
Monica
alzò gli occhi al cielo ed evitò
di rispondere. “Vanesio.”, sussurrò
prima di mangiare.
“Adorabile.”
Rispose lui. “Non male.
Brava, potrei abituarmi a fare colazione qui ogni mattina.”
“Non
dire cazzate, stai per partire per
New York, già la colazione di domani la farai da
Tiffany.”
“Vero,
ma quando torno potrei venire qui
a mangiare.”
“Manca
solo questo e la mia vita poi
sarebbe perfetta eh?”
“Che
simpatica.”
“Sarcasmo
che cola, Leto.”
Terminarono
la colazione parlottando del
più del meno. Non era il momento per discorsi seri e
pensieri su quello che era
stato il tempo passato assieme.
“Credo
che adesso dovrò andare a
recuperare le mie valigie o rischio di perdere il volo per la costa
est.”
“Non
sia mai che la tua bimba bionda
dell’altra città non ti trovi
all’aeroporto, rischierebbe di perdersi se tu non
arrivassi in tempo.”
“Vorrà
dire che mi farò venire a
prendere da Terry. O mi prenderò un taxi, così
sarai felice e non sarai
gelosa.”
“Io
non sono gelosa!”, urlò Monica
mentre lui si avviava verso la porta ridendo.
“Sì
che lo sei e la cosa, ammetto,
rinfranca il mio ego.” Aprì la porta e si
girò verso di lei sorridendole. “Mi
mancherai.”
“Ne
dubito fermamente.”
Jared
si voltò e le lasciò un bacio
sulla fronte, talmente casto da farli rabbrividire entrambi. Era
qualcosa di
così estremamente dolce e rappresentativo che fece paura
anche a lei. Oltre che
a lui, ovviamente. La fissò sconvolto e toccandosi le labbra
se ne andò, senza
accorgersi che lei si era appoggiata alla porta a bocca aperta.
Che
cosa gli stava facendo?
New
York era sempre la stessa eppure per
lui cambiava continuamente.
Gli
piaceva andare in giro in
bicicletta, sfrecciare fra le auto senza paura, lasciare i pensieri in
soffitta
per quella mezz’ora e preoccuparsi solo di evitare le
macchine.
Il
problema era che prima o poi si
doveva fermare e allora tutti i suoi pensieri ritornavano.
Inoltre
si stava annoiando fin troppo.
Terry stava cercando di fare dei servizi fotografici a delle modelle
mandate lì
da Vogue e il lavoro stava andando fin troppo per le lunghe. Prese il
suo
BlackBerry e si mise a chattare via messenger con Julie che gli stava
raccontando della sua ultima conquista. Gli sarebbe piaciuto rivederla
e magari
pure fare due chiacchiere con lei. Alla fine aveva recuperato un
rapporto che
da anni aveva perso... quasi quasi le avrebbe chiesto di andare da lui,
non
fosse stato per il suo lavoro.
Sbuffò
quando le ragazze risero
sguaiatamente: più le guardava e più le trovava
insipide, non gli interessavano
proprio.
Che
diavolo gli stava accadendo?
Vide
Terry mentre iniziava a sistemare
la macchina fotografica: non gli era sfuggita l’occhiataccia
che lui gli aveva
lanciato quando si era permesso di fare qualche commento sarcastico
verso le
sue modelle. Non voleva offendere il fotografo: con lui aveva
instraurato una
strana amicizia, nata, ovviamente, per motivi lavorativi, ma cresciuta
abbastanza per far diventare Terry uno dei pochi a cui Jared avrebbe
affidato la
sua amata chitarra. Lo stimava, nonostante sapesse che la sua
reputazione non
era esente da macchia, un po’ come tutta la sua pelle.
“Ciao.
Tu sei Jared, vero? Io sono
Annabelle e lei è Candice.”
Le
due ragazze stavano ammiccando in
maniera sexy, ma per lui erano solo ridicole.
“Ciao.”,
si limitò lui.
“Stasera
c’è una festa a Manhattan.”
“Solo
una? Questa città sta perdendo
smalto.”
Le
due ragazze si guardarono interdette.
“Veramente ci sono più feste.”, mise in
chiaro la seconda. In lontananza Terry alzava
gli occhi al cielo.
“Allora
meglio così.”
“Esatto.
Quindi ti va di venirci con
noi? Siamo simpatiche sai? Ti piacerebbe conoscerci.” Con
poca grazia si
strusciarono su di lui, ma Jared non sentì nulla. Niente
carne, niente curve,
solo un cumulo di ossa coperte di pelle.
“Vedete
quella cosa là?”, fece Jared
indicando la porta.
“Sì,
è la porta.”
“Apritela
e andate lontano da me,
grazie.” Le due, offese, se ne andarono facendogli il dito
con poca femminilità
sbattendo la porta dello studio. “Finalmente.”
“Ti
sei sfogato?”, chiese Terry,
avvicinandosi.
“Abbastanza.”
“Quindi
puoi parlare tranquillamente,
ora.”
“Sì,
credo di sì.”
“Bene,
allora scendiamo. Non andremo
alla festa di Manhattan, ma possiamo andare a berci qualcosa. Io poi ho
anche
fame.”
Scesero
in strada: nessuno, a vederli,
poteva pensare che fossero una star della musica e il fotografo
più conosciuto
al mondo. Erano due semplici uomini, uno un po’
più avanti con l’età, che
camminavano sotto una leggera pioggerellina primaverile. Terry si
fumò una
sigaretta e prima di entrare in bar, la spense in uno dei portacenere
cittadini
e fece entrare Jared in un pub. Non era uno dei locali glamour alla
moda e lì
non si trovavano paparazzi e giornalisti. Jared si guardò
attorno: il bancone
era di legno, pesantemente usurato dal tempo. Dietro stava il barista,
un uomo
alto e tarchiato che asciugava un bicchiere e che fece un cenno
d’intesa a
Terry.
I
due si sedettero lontano, in modo da
non essere disturbati da nessuno, tranne dal barista che
arrivò da loro con due
birre grandi.
“Lo
sai che io non bevo tanto.”, disse
Jared.
“Stavolta
bevi. Lo sai che l’alcol
aiuta. Un brindisi.” Alzò il bicchiere.
“All’uomo innamorato.”
Jared,
che stava iniziando a bene,
rischiò di soffocarsi con la birra. “Innamorato?
Ma stai scherzando?”
“No,
anzi, non sono mai stato più serio
di adesso. Insomma... siamo onesti, Jay, da quando in qua dici di no a
due
biondine appena ventenni? Avanti, puoi mentire agli altri, ma non ad un
vecchio
volpone come me. Ho più anni di te, Jared, e so come va il
mondo.”
“Stai
solo sparando cazzate. Io... solo
non ho voglia di scopare.” Come disse quelle parole,
capì di essere veramente
nei guai.
“Parlami
di lei.”
“Non
c’è nessuna lei. Niente di
importante.” Si rigirò la birra tra le mani.
“Passi
la balla che stai raccontando a
me, ma sei sicuro di riuscire a convincere te stesso con le tue
bugie?”
“Senti,
Terry, da quando sei diventato
un’esperto di relazioni? Non mi sembri il tipo.” La
sua voce era anche un po’
troppo acida, ma non riusciva a modularla al meglio.
“Solo
perchè ho scelto una vita da
single, non significa che non capisca niente di relazioni. E poi si
dà il caso
che anche io ho avuto qualche storia d’amore.”
“Perchè
hai scelto di stare da solo?”
Jared e Terry non avevano mai parlato di questo genere di cose, ma in
quell’istante il cantante si sentiva di dover capire il suo
amico e forse
capire se stesso.
“Dico
a tutti che è per il lavoro che
non mi sono mai legato. Fare il fotografo ad alti livelli ti porta a
girare
ovunque, una settimana a Parigi, poi Londra per poi correre a Los
Angeles. Una
famiglia con questi ritmi, mi dico, come faccio a
mantenerla?” Sospirò. “In
realtà vorrei che fosse così semplice. Quando
avevo l’età per trovarmi una
donna, ho rinunciato, dicendo che non era il tempo, che non la volevo.
Poi mi
sono detto che andava bene così, che ho avuto una gran vita,
il lavoro perfetto
per me, il meglio che potessi sperare.” Si bevette un lungo
sorso di birra
fredda e riprese. “La verità è che
avevo paura di cambiare la mia vita. Andava
così bene, perchè rischiare di rovinarla? Scopavo
abbondantemente, non avevo
relazioni stabili, ero padrone di me stesso.”
“Lo
sei ancora adesso.”
“Sono
un padrone solo di me stesso.
Quando torno a casa non ho nessuno ad aspettarmi, solo la cameriera che
mi fa
le pulizie e parla pure spagnolo e non la capisco. Normalmente non ci
faccio
caso, prendo ed esco, vado all’ennesima festa, ma ogni tanto
sento che qualcosa
mi manca.” Fece cenno al barista di portargli
un’altra birra, mentre Jared doveva
ancora terminare la sua.
“Sei
ancora in tempo per fartela una
famiglia, mica sei decrepito con un piede nella fossa.”
“Ma
figurati, ormai sono troppo vecchio
per adattarmi ad un nuovo modo di vivere. Ho preso questa scelta e in
generale
sto bene. Cerca di non perdere questo treno anche tu.”
Jared
finì in un sorso tutto ciò che era
rimasto e ne ordinò una seconda: se doveva dimenticare
nell’alcol, tanto valeva
farlo per bene.
“Allora,
adesso mi vuoi parlare di lei?
Sono curioso di conoscere la donna che è riuscito a farti
sbarellare del
tutto.”, riprese il fotografo.
Jared
iniziò a smanettare con il BB e
poi lo passò a Terry. “É lei.”
Terry
guardò lo schermo: c’era Monica
messa di tre quarti, mentre sorrideva. L’aveva scattata di
nascosto durante il
pic nic in Louisiana. Lei parlava con Julie e Sandra di non sapeva
neppure cosa
e sembrava tranquilla e rilassata, completamente a suo agio tra quelle
persone
che non conosceva. Quel sorriso così reale e dolce lo faceva
stare bene. Quando
si sentiva solo, fissava quella foto e stava meglio.
“Mi
pare una ragazza carina. Non di una
bellezza eccelsa, però, adulta e consapevole. E dimmi, cosa
ti piace di lei?”,
gli tornò il telefono sorridendo indulgente.
“Non
lo so. Se ci penso, razionalmente,
la trovo troppo sarcastica, troppo indipendente e sicuramente poco
simile ai
miei standard.”
“E
se ci pensi così per pensare?
Semplicemente chiudendo gli occhi?” La seconda birra stava
per finire. Terry se
la centellinò.
“La
vedo perfetta. La ragazza che riesce
a capirmi prima ancora che io capisca me stesso. Quella che mi fa i
pancake
quando mi sveglio o quella che mi trascina via dalle feste mondane a
cui io
stesso non voglio partecipare.”
“Sembra
veramente interessante.”
“Sì,
lo è, ma...”, Jared muoveva lento
il bicchiere facendo strani giochi di luce sul tavolo rovinato.
“Ma?
Troppo per te? Non ci sei
abituato?”
“Se
mi lasciassi andare di nuovo e poi
non andasse bene? Cioè, se mi scaricasse?”
Terry
ridacchiò. “Ti ha proprio
distrutto del tutto. Quando mai tu ti sei fatto simili problemi? In
fondo sei
tu che lasci le ragazze, anzi, neanche ti preoccupi di spezzare o meno
il cuore
di qualcuno.”
Jared
deglutì a vuoto. E per la prima
volta da quando l’aveva conosciuto, Terry vide in lui uno
sguardo da disperato,
quello di uno che non sa che cosa fare dei propri sentimenti, come se
li
trovasse improvvisamente scomodi. Gli faceva quasi tenerezza.
“Lei
è una amica e forse a me va bene
così.”, terminò Jared.
“Non
è vero e lo sai anche tu. Ti stai
facendo bloccare dalla paura e non è da te. Devi avere il
coraggio di dirle
quello che provi. Non farti dominare dalla paura, mettiti in gioco. E
quando tu
e lei starete assieme, venite da me che vi faccio un servizio
fotografico
degno. Lei sarebbe una sfida per me, essendo così diversa da
quello che
fotografo di solito.”
Jared
ridacchiò. “Basta che non me la
fotografi nuda.”
“Non
sia mai. Al massimo vi fotografo
nudi entrambi.”
Jared
posò il bicchiere e si appoggiò
allo schienale della sedia, pensando. Forse Terry non aveva tutti i
torti,
forse doveva provarci, perchè sapeva benissimo che
l’unica con cui avrebbe
potuto rischiare il tutto per tutto era solo Monica.
“Allora,
film nuovo?”
Jared
si risvegliò dai suoi pensieri.
“Probabilmente. Il provino pare sia andato bene, mi sapranno
dire a breve.
Intanto torno a Los Angeles... abbiamo il mega concerto super segreto.
Che poi non
resterà segreto a lungo. Domani credo che lo scriveremo su
Twitter. Anzi,
parlando di Twitter, aspetta che la followo, così
movimentiamo le acque.”
In
breve Jared arrivò alla pagina di
Monica: lo sfondo era sempre quello, un tramonto su una spiaggia simil
tropicale, ma la foto era cambiata. Era sempre lei, ma era una foto
più recente
e con i capelli corti.
“Sta
stronza si è tagliata i
capelli...”, mormorò.
“Ed
è un problema?”
“Le
avevo detto che mi piacevano.”,
sospirò, “E va bene, cresceranno di
nuovo.”
“Dovresti
essere il più indicato per
capire quanto fa bene un taglio di capelli nuovo. Mi manca la cresta
sai? Ti
dava quel tocco di follia in più.”
Risero
assieme. Terry stava per ordinare
la terza birra per entrambi, quando Jared si bloccò. Aveva
la bocca aperta, gli
occhi spalancati che si muovavno in rapidità da un angolo
all’altro del bar.
“Che
succede?”, chiese, incuriosito.
“Eh?
Oh, no, niente, devo fare una cosa.
Io... devo tornare a casa. Ci vediamo dopo.” Senza dire
altro, lasciò una
banconota sul tavolo e andò a recuperare la bicicletta,
mentre Terry decideva
di stare lì da solo a bere ancora.
Jared
fece una corsa in bici da record e
appena varcata la porta, andò a recuperare la chitarra
lasciata nell’angolo
quella mattina e iniziò a suonare una melodia nuova. Prese
anche il BlackBerry
e tra un accordo e un altro, scrisse alcune parole.
“Ancora
una volta...”, mormorò. Riprese
lo stesso giro di note, canticchiando tra sè quello che
aveva scritto sul
cellulare, cancellò quello che non ci stava e mise alcune
parti nuove.
Dopo
una mezz’ora di lavoro, spedì la
sua creatura a Shannon e si buttò sul letto soddisfatto.
Appena sarebbe tornato
a Los Angeles, di lì a due giorni, ci avrebbe lavorato
seriamente alla Mars
House. Non ci volle molto e il suo telefono squillò.
“Ciao
Fratellone, che te ne pare?”
“L’hai
scritta tu?”
“Certo,
chi altrimenti?” Sentiva in
sottofondo della musica da discoteca, probabilmente era fuori casa.
“Sei con
Antoine?”
“Sì,
mi hai beccato fuori, ma sono
andato nel priveè per immaginarmi la canzone e sembra
decisamente interessante.
La vuoi per il nuovo album?”
“In
realtà stavo pensando di suonarla al
concertone.” Ecco, aveva sganciato la bomba, infatti Shannon
si era zittito di
colpo. “Sei ancora lì?”
“Jared,
ti rendi conto che il concerto è
tra dieci giorni? Dobbiamo fare le prove perchè solo la
solita scaletta sia
perfetta, aggiungere una canzone nuova potrebbe essere... la rovina.
Qui non
parliamo di uno show qualsiasi, qui parliamo degli U2.”
“Lo
so, ma per me è importante portarla
lì. Tra due giorni sono in studio, cerca di farmi una
partitura di batteria e
dì a Tomo di provare la chitarra.”
“Jared,
è una follia.”
“Come
se non ne avessimo mai fatte
prima.”
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo
15
Mentre
Jared stava seduto ad un tavolo
di un pub a New York, Monica si stava preparando per uscire con Cristel
e
Valeria. Avevano optato per andare a mangiare al cinese, cibo che
piaceva a
tutte, per poi spostarsi sulla spiaggia ad una festa privata
organizzata dalla
società di Cristel.
Da
una buona decina di minuti le sue
amiche la stavano aspettando in soggiorno senza capire il
perchè del ritardo,
visto che Monica normalmente era la più puntuale tra loro.
“Non
è che è svenuta, vero?”,
domandò
Valeria.
Cristel
alzò gli occhio al cielo ed andò
a bussare alla porta del bagno. “Monica è tardi,
stai bene?”
“Sì,
arrivo, un attimo.”
Uscì
pochi minuti dopo vestita con un
paio di jeans e una maglietta a maniche corte.
“Ci
hai messo mezz’ora solo per uscire
così? Stai male?”
“No,
Cris, sto benissimo. Credo...
Forse... Non lo so... Comunque andiamo che mi sta venendo
fame.”
Le
due amiche si guardarono senza sapere
cosa dirsi.
Arrivarono
al ristorante e si stupirono
di trovare qualche fotografo all’entrata.
“Chissà
chi ci sarà dentro. Magari
Jackson!” urlò Valeria già in frenesia:
girava mezza Los Angeles solo per
trovare la sua star del cuore, con, purtroppo, ancora scarsi risultati.
“Speriamo,
così la smetterai di
sfracantarci le palle.”, la prese in giro Monica,
ridacchiando.
“Solo
perchè tu hai già trovato l’uomo
della tua vita, non devi prendere in giro me povera, tapina e
sola.”
“Ma
quale uomo della mia vita...”
La
discussione venne troncata da una
cronista che con un piccolo registratore si avvicinò a
Monica.
“Monica
da questa parte!”, urlò uno dei
paparazzi che la immortalò con una spettacolare faccia da
fessa.
“Come
mai non sei a New York con Jared?
Vi siete lasciati? Storia in crisi?”
Monica
non sapeva dove voltarsi, mentre
Valeria e Cristel cercavano di fare da guardie del corpo.
“Jared è via per
lavoro. Non c’è nulla che non vada tra di
noi.”, fu l’unica cosa che riuscì a
dire prima di entrare nel ristorante. Il cameriere le portò
al loro tavolo e si
scusò per il disturbo, ma non potevano mandarli via
perchè i paparazzi erano su
suolo pubblico. Le ragazze notarono che all’angolo del
ristorante c’era una
coppia di pseudo attori di serie TV: probabilmente aspettavano loro due
e
Monica era stata solo una fortunata coincidenza.
“Ma
posso essere stata così deficente da
dire perfino ‘va tutto bene tra di noi’?”
Avevano
appena ordinato e quindi avevano
un po’ di minuti per stare tranquille.
“Beh,
non hai del tutto mentito, tra voi
va tutto bene perchè siete amici e amici state
rimanendo.”, rispose diplomatica
Valeria, mentre Cristel sbuffava.
“Amici
sto par di palle. Non si bacia in
quella maniera un amico.”
“Ci
siamo solo lasciati andare un
secondo.”
“Anche
più di un secondo, ti ricordo che
ero lì e ho aspettato a lungo. E ci vogliamo dimenticare del
party di
Victoria’s Secrets? Eravate una coppietta deliziosa, tu
addirittura con la sua
triad al collo. È stata una dichiarazione al
mondo”
“Tu
deliri, Cris. Portavo la triad
perchè mi piace, perchè in una maniera tutta mia,
sono una Echelon che li segue
praticamente da sempre. Ho conosciuto Jared e Shannon quando nessuno
sapeva chi
fossero.”
“Ciò
non toglie che, mano nella mano
eravate da eleggere coppietta dell’anno.”
“Bah.”
Prese a bere un bicchiere
d’acqua: Cristel non poteva capire, neanche Valeria
probabilmente. In realtà
non capiva neppure lei cosa voleva o cosa stesse facendo. Aveva deciso
che
doveva allontanarsi da Jared, si era tagliata i capelli per
esorcizzarlo e per
fargli un dispetto, lui stesso se ne era andato sull’altra
costa dell’America e
cosa era successo? Lei parlava con la stampa dicendo che andava tutto
bene,
Jared la followava su Twitter dando il via ad una lunga serie di
interminabili
chiacchiere su di loro e, dulcis in fundo, aveva appena letto che la
band di
apertura degli U2 sarebbero stati proprio i Mars. Insomma, praticamente
era una
persecuzione.
“Cris,
sai perchè suonano i 30 Seconds
to Mars all’apertura? Non dovevano essere gli Snow
Patrol?”
Arrivò
il primo: le ragazze staccarono
le bacchette e presero a dividersi il cibo.
“Uhm...
delizioso. Avevo proprio voglia
di Cinese. Un gamberetto?” Fece Valeria distribuendo gli
spaghetti.
“No,
grazie. Comunque pare che il
cantante degli Snow Patrol non stia bene, o era il bassista... non lo
so. C’era
un buco libero e ho detto al mio capo che avrebbe fatto un affare con i
ragazzi. Infatti è stato così.”
“Sei
stata tu a proporli?”, la voce di
Monica era di un’ottava più alta del normale.
“Ovvio,
è un modo di promozione anche
questo, anzi, forse migliore di tanti altri. Lo sai quanta gente ci
sarà a quel
concerto? Un centinaio di migliaia di persone.”
Monica
chiuse gli occhi e scosse il
capo: quella era una cospirazione bella e buona contro di lei. Anche
se, in
effetti, Cristel aveva ragione su tutto: a livello di marketing era la
mossa
più azzeccata.
Sospirò:
voleva dire che se li sarebbe
ascoltati. In fondo la cosa le faceva piacere, dal vivo Jared sapeva
essere una
macchina d’intrattenimento.
“Va
bene, lasciamo perdere, sarà
comunque la più bella serata della mia Vita. Non ho mai
visto papino così da
vicino.”
“E
vediamo se riusciamo a farti andare
nel backstage... Io sarò lì, lo sai che il party
l’ho organizzato io.”
“Sì,
bravissima, così brava che non sei
riuscita a recuperare dei biglietti di un certo peso per le tue amiche.
Cosa,
invece, che ha fatto Jared, Dio solo sa come...”,
analizzò Valeria.
“Deve
aver venduto l’anima al diavolo.”,
fece pragmatica Monica. “Anche se sono piuttosto sicura che
lui l’anima non ce
l’ha da un bel po’ per rimanere così
giovane sempre. Va per i 41 e sembra
sempre il ragazzino della porta accanto, soprattutto quando si rade. Lo
odio
per questo.” Chiuse gli occhi: il riso all’ananas
era spettacolare.
“E
lo ami per altre mille maniere.”,
insinuò Cristel che si beccò solo
un’occhiataccia. “Dai, ammettilo, ti piace
l’idea di stare con lui.”
“Cris,
la smetti? Mi stai rovinando la
cena più di sto maledetto mal di pancia.”
“Stai
poco bene?”
“Sono
un paio di giorni che non sto
bene, ma questo non mi impedisce di mangiare. La fame rimane. Posso
rubarti un
po’ di spaghetti? Sono deliziosi...”
Valeria
le passò il piatto. “Ma quindi
non è semplice mal di stomaco.”
Monica
scrollò la testa, con la bocca
piena. “No, ho solo un ritardo del ciclo.”
Cristel
sputacchiò nel bicchiere facendo
in piccolo disastro.
“Che
schifo.”, fu l’unico commento di
Valeria.
“Sei
incinta?”
“Ma
figurati. Te lo devo ricordare io
che prendo la pillola? Il ginecologo ha detto che a causa del viaggio e
forse
qualche interazione con gli antibiotici che ho preso per il dente,
possa aver
sballato. Quindi adesso devo aspettare che mi vengano e poi per un
po’
disintossicarmi. Solo che mi fanno male le ovaie.” E prese a
mangiare. “Spero
solo che per il concerto mi siano venute e terminate. Vorrei saltellare
in
libertà.”
Le
ragazze presero semplicemente a
chiacchierare, soprattutto di lavoro. Valeria aveva qualche problema
con la sua
tesi di laurea dedicata alla figura letteraria dell’uomo nel
settecento: lei
voleva parlare di Darcy, soprattutto, ma pareva che la sua insegnante
di
letterature inglese non fosse del tutto d’accordo. Cristel,
invece, era in
frenesia non solo per il party degli U2 che stava rubando il tempo a
chiunque
in ufficio, ma soprattutto per una mostra d’arte
contemporanea in una galleria
di Downtown.
E
ovviamente Monica alle prese con
Camilla che, però, aveva deciso di riprendere a collaborare.
In una settimana
aveva già steso tutta la storia a grandi linee e aveva
iniziato a darle forma
concreta: la chiacchierata con Jared aveva decisamente dato i suoi
frutti.
Jared...
era un pensiero costante nella
sua mente: quando lavorava, quando usciva con le ragazze, quando stava
semplicemente a guardare la TV. Averlo fatto entrare in casa come
amante le
aveva appestato l’appartamento, lo vedeva ormai ovunque e la
cosa risultava
spesso deleteria. Non poteva andare avanti in quella maniera, doveva
assolutamente dimenticarselo.
“Ah!
Ti ho scoperta!” Valeria e Monica
fissarono Cristel: la loro amica aveva appoggiato le bacchette sul
piatto e
fissava Monica trionfante.
“Eh?”
“Tu
sei andata a letto con Jared. Per
forza.”
Monica
alzò una sopracciglia seriamente
preoccupata. “E di grazia perchè?”
“La
serranda... Tu non hai detto che la
serranda è ancora chiusa, ma ‘Io prendo la
pillola’ ergo, anche se ho fatto
sesso sono protetta.” Monica la guardava a bocca aperta, con
il cibo a
mezz’aria in attesa di essere messo in bocca.
Deglutì a vuoto. “Lo sapevo!!!”
“Tu
hai mai pensato di dover farti
vedere da uno bravo? Perchè spari cazzate una dopo
l’altra.”, cercò di
rimediare Monica, ma il suo tono di voce non era poi così
sicuro.
“Monica,
stai bene?”, rincarò la dose
Valeria. “Sembra che tu abbia appena ingoiato un rospo, sei
tutta rossa in
volto.”
“Perchè
sa che ho ragione.”
Monica
sospirò: “Non la smetterai mai,
vero?”
“No,
fino a quando non mi dirai tutta la
verità...”
“Ok,
va bene, sono andata a letto con
Jared.”, disse riprendendo a mangiare. Doveva stare calma.
“Tutto
qui?”
“E
cosa devo farti? Un disegnetto? Ok
che non batti chiodo da un po’, ma le basi le dovresti
sapere, amoruccio.”
Cercava di fare la sarcastica sperando che l’argomento
venisse messo da parte,
ma le altre due amiche non sembravano intenzionate a mollare la presa.
“Mi
stai prendendo per il culo perchè la
smetta di romperti le scatole!”, esclamò Cristel.
“No,
ti sto dicendo la verità. Volevo
tenerlo per me perchè voi ne fate un caso di stato.
Sì, ho fatto sesso con
Jared. È stato bello, appagante, interessante. Ed
è finito.”
“Col
cavolo!”
“Sì,
Cris, è finito perchè... non
c’è
altro. Sesso, amicizia e null’altro.”
Posò le bacchetta a fianco del piatto
ormai vuoto e sorrise alle amiche stranamente in silenzio.
“Monica...”,
riprese cauta Valeria, “Sei
sicura?”
La
cameriera passò sparecchiando e
rimasero in silenzio per un po’ ascoltando la finta musica
cinese che riempiva
la stanza.
“Onestamente,
no... non sono sicura.”,
mormorò Monica. “So che tra noi non
c’è altro, è stato chiaramente deciso
che
tra me e Jared c’è una linea di confine che non va
superata. Il problema nasce
dal fatto che io... credo di averla superata e non ci posso fare
niente. Mi
porta un dolce? Grazie.”, sorrise alla signorina che era
tornata al tavole per
nuove ordinazioni.
“Ne
hai parlato con il diretto
interessato?”
“No.
Non ha senso, lui ha già deciso.
Farci vedere per un po’ assieme e poi
‘lasciarci’ in modo che sua madre non ci
resti troppo male e non sbugiardare la settimana in Louisiana.
È questo che ha
detto che avrebbe fatto e credo che sarà quello che
farà appena torna a casa. È
inutile e sciocco da parte mia credere che possa esserci qualcosa di
più: Jared
non ha bisogno... anzi, non vuole una relazione seria, mentre io, per
quanto
possa essere appagante, non voglio una amicizia con benefici e basta.
Lo vorrei
totalmente mio, anima, cuore e corpo.” Fece spallucce e
sorrise: dentro di sè
tremava. Si era resa del tutto conto di quanto si era impantanata con
Jared e
di quanto stava inesorabilmente per soffrire: alla prima foto di lui
avvinghiato
ad una qualsiasi ragazzina sarebbe scoppiata in lacrime per la
frustrazione di
averlo definitivamente perso.
“E
non credi che forse anche lui possa
essere nella tua stessa posizione?”, continuò
Cristel, “Cioè... che anche lui
sia convinto che tu tenga le distanze, ma in realtà ti
voglia alla follia?”
“No!”,
categorica.
“Ma
almeno prova a dirglielo.”
“Men
che meno. Sentite, è andata così e
va bene. Pian piano tornerà tutto come prima, in fondo siamo
entrambi pieni di
lavoro e questo mi aiuterà a sentirlo più
lontano. Ci metterò un po’, ma andrà
tutto bene.” Vide le sue amiche trattenersi dal parlare: le
capiva benissimo,
se fosse stata al posto loro non le sarebbe assolutamente bastato come
scusa.
“Avanti, cosa volete sapere ancora?”
“Come
è stato? Dolce, stronzo? Lo fa
strano?”
Monica
rise. “È stato favoloso. Lui è
piuttosto bravo, fa certi giochi con la lingua che non avevo mai
provato prima
e poi...”
“Ok,
non voglio sapere i particolari più
intimi!”, Cristel era arrossita.
“Voi
tarpate le ali della mia
creatività. Comunque non è stato bello
perchè solo arrapante e incredibilmente
hot, ma anche perchè, più andavamo avanti e
più la cosa era... familiare. Si
sapeva esattamente come toccarci e sfiorarci per ottimizzare al meglio
ogni
momento.”
“Sembra
una bella cosa.”, analizzò
Valeria.
“Stupenda.
È stato nettamente il miglior
sesso della mia vita, c’è... c’era
qualcosa che mi lega inesorabilmente a lui,
almeno fisicamente.”
“Innamorata...”,
sussurrò Cristel e
Monica la fissò.
“Sì,
credo proprio di esserlo.” E così
dicendo addentò la torta davanti a lei. Non era male, ma lei
sapeva fare di
meglio. “Sapete, credo che domani farò una
Cheesecake... venite la sera a
mangiarne una fetta?”
Aver
finalmente condiviso con qualcuno i
suoi tarli, le aveva solo fatto bene. Si sentiva più leggera
e con meno
problemi sul groppone.
“Sei
sicura che vada tutto bene?”
“Sto
benissimo ragazze. La prima cosa
per stare meglio è essere consapevoli del problema. Quindi
tutto ok. Secondo
voi i giornalisti sono ancora fuori o siamo al sicuro?”
Si
girarono tutte verso il tavolo delle
due starlette del cinema e le trovarono ancora sedute al loro posto
abbracciati
come piovre mentre si baciavano appassionatamente.
“Saranno
ancora fuori. Ma noi andiamo
via comunque, o arriviamo troppo tardi alla festa.”
Si
alzarono ed andarono a pagare. Come
avevano previsto i fotografi erano ancora lì e si
avvicinarono a lei appena
mise il naso fuori dal ristorante. Le fecero ancora le stesse domande
su lei e
Jared, qualcuno si azzardò a dire che lui era stato visto
con una ragazza in un
locale, cosa che le fece indubbiamente male, ma Monica non rispose e
andò
velocemente a rifugiarsi nella sua auto.
Guidò
cantando a squarciagola fino alla
spiaggia e si divertì un mondo a ridere delle foto di vagine
e peni esposti in
questo nuovo pseudo locale chic, mentre Valeria si metteva le mani
davanti agli
occhi e Cristel balbettava frasi inconsulte. Si chiese nuovamente come
era
potuta diventare amica di due ragazze così pudiche,
praticamente totalmente diverse
da lei.
La
sala era piena di presunti critici
che si atteggiavano a personaggi di nicchia, vestiti molto simili con
completi
e maglioncino di cashmire che stava meglio d’inverno che con
quel caldo di
inizio primavera, ma a certi clichè non si cambia mai.
Ad
un certo punto vide arrivare da lei
Cristel: si era allontanata per parlare con uno dei curatori della
mostra,
quindi probabilmente a parlare di lavoro. Teneva in mano il suo BB
nuovo
modello e sembrava decisamente agitata.
“Che
c’è?”
“Vieni
con me, se devi svenire, fallo
lontano dalle telecamere.”
“Svenire?”
Tirò
Monica fino ad uno sgabuzzino e le
passò il suo cellulare. “Guarda.”
Monica
si ritrovò davanti ad un Tweet di
Jared che diceva soltanto “I miss you” e con una
sua foto, che non aveva mai
visto, presa a Bossier City.
“Oh.”
“Tutto
qui? Non ti pare un qualcosa di
importante?”
Monica
la guardò perplessa: aveva
un’espressione decisamente confusa. “Non so cosa
dire... mi ha spiazzato. Oh
cazzo.”, sembrò che si fosse risvegliata.
“Appunto!
Oh Cazzo! Insomma, ti sta
dicendo che gli manchi... è... bello.” Cristel era
esaltatissima come solo lei
sapeva essere.
“Non
stavo pensando a quello.”
“E
a cosa?”
“Avrò
bisogno di un assorbente.”
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo
16
Il
Rose Bowl di Pasadena era ancora in
parte vuoto. La gente si muoveva frenetica sugli spalti, dove ancora
c’erano
dei posti vuoti, mentre sul parterre, almeno nelle prime file, nessuno
osava
muoversi per paura di perdere il posto duramente conquistato facendo la
fila da
quella mattina.
Monica
e Valeria erano arrivate con
calma verso le sei della sera dall’entrata VIP. Erano
sbiancate più di una
volta vedendo certi nomi grossi del mondo dello spettacolo e,
soprattutto
Valeria, era andata in brodo di giuggiole quando aveva visto un
cappello texano
sopra un’ammasso di capelli biondi e un sorriso fanciullesco.
L’idea di passare
il concerto con Jackson quasi vicino a lei, la mandava completamente
fuori di
testa. Monica si era messa a ridere, ma aveva iniziato a programmare un
incontro per l’amica. Del resto era più facile che
saltellando durante le
canzoni lei gli andasse “accidentalmente” addosso,
magari con un bicchiere
d’acqua in mano e da cosa nasceva cosa.
Cristel
era nel backstage a sistemare le
ultime cose e non si era fatta sentire per tutto il giorno: quello era
l’evento
del giorno per tutta la California o quasi. C’erano
più di centomila persone
attese e tutto doveva essere perfetto, senza considerare la festa che
sarebbe
stata fatta al termine.
Monica
si controllò per l’ultima volta i
vestiti: aveva optato per un vestito rosso che le arrivava al
ginocchio,
stretto al seno e che si allargava alla vittoriana. Le spalline che lo
sorreggevano erano piccole e le scarpe avevano un leggerissimo tacco in
modo
che non inciampasse: si era addirittura truccata e tutto
perchè forse, ma molto
forse, avrebbe incontrato gli U2 dal vivo. Praticamente il sogno di una
vita,
voleva essere almeno decente.
Valeria
indossava un delizioso vestito
azzurro con il bordo della gonna giallo molto 'Colazione da Tiffany'. I
capelli
erano acconciati con cura in una mezza coda molto elegante. Insomma, si
erano
tirate a lucido, pronte per far schiantare qualsiasi uomo.
O
quasi.
Si
sedettero ai loro posti con il nome
scritto sugli schienali ed attesero. La visuale era perfetta: avrebbero
visto
qualsiasi cosa a meno di un metro dal palco. Monica si sentiva
emozionata come
una bambina a Natale.
Prese
il BlackBerry e trovò un SMS di
Jared.
“Mi
ha scritto Jay...” mormorò sorpresa:
l’uomo scriveva raramente dei messaggi, piuttosto twittava o
usava il
Messenger. Siccome il suo pin non glielo aveva mai dato, normalmente la
chiamava.
“E
che dice?”
“Mi
chiede di vederci subito dopo il suo
concerto. Dice che scenderà lui nella zona VIP. E certo, io
mi perdo il momento
sublime di Bono che fa la sua entrata sul palco perchè devo
andare da Jared.
Certo, come no...” Sbuffò rumorosamente. Era
più che altro preoccupata per la
situazione: il messaggio in sè già la lasciava
perplessa e considerando che lui
sapeva quanto per lei era importante quella serata, la mandava ancora
più in
confusione.
“Bhe
se lui viene qui che problemi hai?
Lasciagli fare quello che vuole, ne va della sua sanità
mentale, ammesso che ne
abbia mai avuta una.”, rispose diplomaticamente Valeria.
“Te
lo dico io, quello è più sano di te
e me messe assieme. Solo che ragiona alla sua maniera, cosa che
può provocare
più danni di uno Tsunami.”
Tutto
ad un tratto partì la musica:
l’intro di Escape si espanse per tutto lo stadio provocando
comunque un brivido
lungo la schiena a Monica che si alzò dalla sedia. Vide
entrare Shannon per una
volta vestito come si doveva, quindi con un paio di jeans lunghi e non
a tre
quarti, delle scarpe curiosamente nere e una maglietta a maniche corte
che,
sicuramente si sarebbe tolto a breve. Al suo fianco il fedele Evan con
i
capelli tagliati più corti e la stessa energia di sempre.
Poi
entrò Tomo, solitamente sobrio,
senza barba lunga, tanto che sembrava più giovane di quello
che era in realtà.
L’unica cosa che stonava, ma grazie al correttore non si
vedeva, era la
stanchezza che gli portava ad avere due occhiaie da Panda.
Evidentemente la
paternità era più stancante di andarsene in giro
per il mondo in tour con i
Mars.
Riusciva
a malapena a vedere Tim,
leggermente nascosto da Shannon e dal fumo che lo copriva. Sperava di
vederlo
meglio durante il resto dello spettacolo.
E
poi lui, la Divah. Era molto curiosa di
vedere come si sarebbe vestito, se avesse voluto indossare una della
sue solite
camicie a quadri, oppure uno di quei orribili poncho, invece la
sorprese.
Indossava dei jeans skinny neri che non lasciavano nulla
all’immaginazione e
una maglietta celebrativa di The Joshua Tree, cosa che fece andare in
visibilio
praticamente tutti gli spettatori. Aveva ovviamente i Rayban,
probabilmente non
di marca, dato che normalmente dopo un paio di canzoni li gettava via
come se
fossero briciole. Ai piedi il residuato bellico delle Tiger che da un
po’
sembravano finite nel dimenticatoio.
E
aveva la barbetta non troppo folta, ma
quel giusto che Monica adorava. Deglutì quasi a vuoto, ma si
ripigliò appena
decise di urlare quel 'This is War!' che terminava la loro prima
canzone.
Per
fortuna la voce di Jared sembrava
più che perfetta e del resto con tutti quei mesi di vacanza
non poteva essere
altrimenti, anche perchè se si fosse presentato a
quell’appuntamento malato,
avrebbe perso molta della sua credibilità.
Scivolarono
senza problemi in 'Night of
The Hunter' facendo saltare quasi tutti i presenti. Monica non voleva
scatenarsi subito, anche perchè in realtà era
lì per un altro concerto e non
per quello dei Mars, però era impossibile stare fermi. Jared
aveva sempre avuto
un’incredibile capacità di coinvolgere il
pubblico, aveva un carisma pari solo
a quello di Bono Vox in persona.
Erano
tutti e cinque, compreso Braxton,
presi più che bene: saltavano e cantavano come dei pazzi e
Shannon picchiava
sulla sua batteria con amore estremo. Erano eccezionali, probabilmente
il
miglior concerto della loro vita. Un’ora di assoluta energia,
mancava solo il
crow surfing, ma Jared lo aveva risparmiato, in quanto non era il suo
pubblico.
Avevano perfino riproposto 'Buddha For Mary' facendo quasi piangere di
commozione Monica e Valeria.
“Grazie
a tutti, siete stati fantastici
e gentilissimi con noi. Tranquilli, a breve lasceremo il palco per...
che band
siete venuti a vedere?” Si sentì un mormorio.
“Non ho sentito, che band siete
venuti a vedere?”
“Gli
U2!!”, urlarono tutti assieme.
“Eh
sì, gli U2. Ma prima di loro,
vogliamo suonare un’ultima canzone. È nuova,
scritta appositamente per questa
giornata indimenticabile ed è, ovviamente, la prima volta
che la proponiamo al
pubblico. Spero vi piaccia e soprattutto buon divertimento con la
più grande
Rock band del pianeta!” un boato e poi una batteria lenta,
quasi oscura
rispetto a quello a cui erano abituati gli Echelon con
l’ultimo album, un
ritorno alle origini. Le chitarre di Jared e Tomo creavano una sorta di
atmosfera dark, ma anche malinconica, molto simile a quella dei Cure,
ma più
potente.
Only
the stars were missing,
to
make averything complete.
Only
the lightning and rain
to
bear us company.
Your
body, nothing but your body,
the
rest was only noise.
And
I had to let you go
'cause
fear was stronger than anything else.
I
long to be in you,
to
be in you
Ci
fossero state le stelle,
sarebbe
stato perfetto.
Invece
un lampo e la pioggia
Ci
hanno tenuto compagnia.
Non
c’era altro che il tuo corpo,
il
resto solo rumore.
E
l’ho lasciato andare
Perchè
la paura è stata più forte
Di
tutto quanto.
Ma
voglio trovarmi in te.
Trovarmi
in te.
Monica
rimase a bocca aperta.
“Ci
fossero state le stelle, sarebbe
stato perfetto.”, sussurrò. Glielo aveva detto lui
in Louisiana! Sentì il
brivido partire dalla base del collo ed arrivarle all’ultima
unghia del piede.
Stava... cantando per lei?
It
was the best denial I've ever lived in
so
real I thought I felt myself
The
way I looked at myself was a denial
only
you saw right through me,
through
my merits, my faults,
through
my fears.
This
time I'm asking you:
don't
be afraid.
È
stata la più bella bugia
Che
io abbia vissuto.
Così
reale, che per la prima volta
Mi
sono sentito me stesso.
Tutto
ciò che ho pensato di me
Era
sbagliato.
Solo
tu mi hai visto veramente,
con
i miei pregi e i miei difetti.
E
soprattutto le paure.
Stavolta
sono io che te lo chiedo:
Non
aver paura.
Stava
mettendo in canzone tutto quello
di cui avevamo parlato e discusso in quella settimana.
Si
stava aprendo al mondo, ma in realtà
stava parlando solo a lei.
Monica
guardò Jared: suonava con
sicurezza, nonostante non dovesse aver provato molte volte quella
canzone. Gli
occhi erano chiusi, come a non voler sapere se le parole stessero
facendo
effetto.
Era
possibile che lui sapesse
esattamente dove stava?
No,
ma probabilmente, come accadeva per
la prima di un suo film, aveva paura dei commenti a caldo.*
Non
ci poteva credere... cosa stava
facendo Jared?
Cosa
le stava dicendo?
“È
una canzone d’amore!”, urlò Valeria.
“Sì,
lo è.” Deglutì cercando di non
piangere. Porca miseria, si stava commuovendo per una canzone. No, non
era
esatto, si stava commuovendo per una canzone scritta per lei su di
loro, su
quella settimana passata assieme a conoscersi fin nei loro recessi
dimenticati.
“Strano...”,
continuò Valeria non
capendo quello che stava succedendo, “Non è la
solita canzone di Jared su un
amore terminato. Sembra più una su un amore che dovrebbe
partire. Forse
qualcosa che è già nato.”,
guardò la sua amica e sorrise: “Qualcosa che
entrambi non avete voluto ammettere.”
“Puoi
smetterla, Puffola? Non mi aiuti a
trattenere le lacrime, sai?”
“Sfogati
allora, ti fa solo che bene.”
“No,
mi si rovinerebbe il trucco."
Now
that I've found you,
I
realize it's you what I was looking for.
It
is what we both deserve
'cause
I know your aim is my aim.
I
long to be in you,
to
be in you
It
was the best denial I've ever lived in
so
real I thought I felt myself
Now
I'm f***ing ready
to
be there for you,
as
you are there for me.
Ti
ho trovato
Ed
era quello che mi serviva.
Era
quello che ci serviva,
perchè
lo so,
tu
vuoi le stesse cose
che
voglio io.
Ma
voglio trovarmi in te.
Trovarmi
in te.
È
stata la più bella bugia
Che
io abbia vissuto.
Così
reale, che per la prima volta
Mi
sono sentito me stesso.
E
sono fottutamente pronto
Ad
esserci per te,
come
tu ci sei per me. **
Il
pubblicò applaudì educatamente,
mentre Monica crollò sulla sedia. Li vide uscire dandosi
pacche sulla spalla e
le sembrò che Jared guardasse verso di lei, ma fu una
sensazione durata un
attimo. Lo vide mentre diceva qualcosa a Shannon.
Chiuse
gli occhi e si passò la lingua
sulle labbra: le sembrava di sentire ancora la sua voce su di lei,
scivolarle
addosso, come una carezza dolce e sensuale. Le pareva di sentirlo
mentre la
sfiorava con le dita la pelle nuda. Sentiva le lacrime premerle dietro
le palpebre,
ma non voleva piangere. Non poteva.
“Monica...
c’è Jared.”, le sussurrò
all’orecchio Valeria. Lei sbarrò gli occhi e lo
vide poco lontano, subito
dietro una invisibile linea che delimitava l’area VIP
all’ingresso del
Backstage.
E
stava guardando lei.
No,
guardare non era la parola giusta.
La
stava chiamando, la stava volendo.
Era
lì per lei.
Deglutì
e si alzò: non poteva ignorarlo.
In
fondo lo voleva anche lei.
“Ciao.”,
iniziò Monica.
“Ciao.”,
rispose Jared. Si stava
mordendo in maniera spasmodica il labbro preso completamente dal
nervosismo.
“Siete
stati fantastici questa sera e la
tua maglietta è incredibile...”,
continuò lei.
“Monica...
ecco, io non sono bravo in
certe cose. Cioè, io sono bravo in tante cose, ma non a
dirne altre. Mi
capisci?” Un ragazzino delle medie sarebbe stato
più a suo agio in quella
situazione.
Monica
sorrise. “Sì capisco. E ho capito
perfettamente quello che hai voluto dirmi.”
“Sì?
Completamente?” Monica gli posò la
mano aperta sulla guancia: pungeva un po’ ed era umida dal
concerto, piegò le
dita leggermente e lo vide chiudere gli occhi e respirare a fondo.
“Non sono
capace di dirti queste cose parlandone faccia a faccia, la canzone mi
pareva il
modo migliore per espormi. Sapevo che avresti capito. Sei
l’unica che lo ha
sempre fatto.”
“Sono
l’unica, forse, che se è permessa
di farti notare certe cose.”
Jared
riaprì gli occhi: a Monica
sembravano due infiniti laghi calmi di montagna. Sembrava che stesse
bene,
felice, soddisfatto. “Probabile.”
Acconsentì lui prendendole la mano. “Vieni
con me, qui c’è troppa gente.”
“Jay,
tra dieci minuti escono gli U2...
credi sul serio che mi sposterei di qui?”
Jared
scoppiò a ridere e la abbracciò:
insinuò il volto tra i capelli, le accarezzò la
schiena scoperta e si lasciò
baciare la fronte da Monica. “Voglio stare con te, adesso e
domani. E terminato
domani, ricominciare. Voglio tutto di te, il tuo corpo e la tua
psicoanalisi se
serve. Voglio te. Sei d’accordo?”
“Fammici
pensare, non sono mica
convinta.”
“Che
simpatica.”
“Lo
sai che mi diverto con poco.” Monica
lo abbracciò in vita e insieme andarono a sedersi. Dato che
la sedia era una
sola, Jared se la mise sulle ginocchia salutando Valeria che si
ritrovava ad
avere gli occhi a cuoricino come in un manga giapponese.
“Siete
deliziosi.”
“Vale,
smettila.”, sibilò Monica
arrossendo. Non si era mai sentita deliziosa una volta in vita sua.
“No,
è vero! Siete così bellini assieme.
Ok, ho deciso, voglio essere felice come voi, quindi andrò
da Jackson!” Si
alzò, andò verso il bar e ordinò
qualcosa di alcolico e partì in quarta verso
il suo sogno.
“Prevedo
risate cosmiche.”, borbottò
Jared mentre guardava l’amica andare a porgere la mano
all’attore.
“É
probabile, anche perchè non ha paure
reverenziali, al massimo ha la paresi alla bocca per il troppo
ridere.”
Rimasero entrambi ad osservare la ragazza approcciarsi e Monica
sorrise.
“Ti
Amo.” La voce di Jared arrivò quasi
direttamente al cervello, come se non fosse passata per il canale
uditivo, ma
le arrivasse direttamente dentro. Si girò, si
abbassò verso il suo viso e lo
baciò leggera: solo un labbra contro labbra, un bacio
stampo, come quelli che
si davano da ragazzini fuori dalla scuola. Un bacio casto ed innocente,
un
qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che avevano mai
provato in
passato.
“Ti
amo anche io. E grazie per quella
canzone, è stata... incredibile.”
Jared
non riuscì a reprimere un sorriso
di puro trionfo e di ego alle stelle. Stava per rispondere con una
frase sagace
delle sue, quando fecero la loro apparizione gli U2. Monica si
alzò e si
avvicinò al palco saltellando e lui non potè far
altro che andarle dietro.
Nel
biglietto VIP non era assolutamente
tenuto in conto l’eventuale incontro con la band.
Monica
sarebbe dovuta uscire dallo
stadio e sarebbe dovuta tornare semplicemente a casa grata della serata
e
felice per aver concluso qualcosa di serio con Jared.
Invece
l’uomo, senza indugiare, l’aveva
presa per mano e l’aveva trasportata nel backstage, mostrando
il suo pass e
sbandierando ovunque potesse un “lei è con me, non
rompete le scatole.” Cosa
buona e giusta era che Monica non si era presa la briga di fare
discussioni su
eventuali favoritismi o simili, ma con un sorriso scintillante se
l’era portata
nel camerino del Dio sommo della musica rock ancora vivente.
Bono
Vox.
O
come lo chiamava lei, 'Papino'.
Jared
si era divertito molto a vedere
come Monica improvvisamente era ammutolita ed impallidita.
All’inizio era stato
lui a fare gli onori di casa, traducendo i farfugliamenti della ragazza
a Bono
che la guardava con quieta pietà. Il cantante si era
prestato a fare la foto e
stava per andarsene, quando Monica riuscì a ringraziarlo.
Aveva preso tutto il
suo coraggio e si era buttata, iniziando, finalmente, ad usare la
parola. E
Jared ne stato decisamente soddisfatto.
Sapeva
che quell’incontro non gli
serviva per fare bella figura su di lei, si erano abbondantemente
dichiarati e
avevano anche deciso cosa fare per il resto della notte, per fortuna
che la
musica era alta e copriva i loro scambi di battute lascive,
però l’aveva resa
felice e si era reso conto, mentre lei sorrideva a Bono Vox, che per
rivederla
così scintillante, sarebbe stato disposto a tagliarsi una
mano. Si rendeva
conto da solo che stava diventando patetico.
“Jared,
dammi un pizzicotto. Non può
essere vero, io non posso aver incontrato Bono Vox. Io... è
un sogno. Ahi!”
Jared l’aveva pizzicata su un braccio. “Fa
male.”
“Il
che significa che sei sveglia.
Quindi... hai incontrato Bono Vox.” L’abbracciò:
il corridoio era semivuoto:
stavano andando verso i parcheggi.
Avevano
lasciato Valeria a chiacchierare
non solo con Jackson, ma anche con i suoi amici delle 100 Scimmie che
erano,
cappelli da Texani inclusi, arrivati per il grande concerto.
Onestamente Monica
non aveva voglia di fare l’alba con quei ragazzi, quando
aveva il suo uomo a
portata di mano.
Si
fermò un attimo, mentre Jared la
guardava incuriosito: il suo uomo.
Suo.
Di
lei.
Faceva
uno strano effetto associare il
nome 'Jared' al pronome possessivo 'suo'.
Aveva
fatto sesso con lui, aveva parlato
e condiviso alcuni momenti di assoluta pace, ma lo aveva sempre e solo
considerato come un amico.
Adesso
era diventato il suo ragazzo.
No,
il suo uomo e basta.
Sorrise.
“Che
hai?”
“Niente,
sto cercando
ancora di metabolizzare
il fatto che siamo una coppia. Insomma, che stiamo assieme.”
“È
difficile da credere?”
“Direi.
Chi se lo aspettava che tu
volessi me? Insomma, sei uno degli uomini più belli in
circolazione... tutti ti
vogliono e schiere di donne e uomini farebbero follie per te e tu che
fai?
Scegli me... Insomma... è una bella sorpresa.”
Jared
stava per replicare, quando si
aprì di botto una porta e si ritrovarono Shannon a petto
nudo, con dei chiari
segni di rossetto sbavato addosso.
“Oh,
ciao piccioncini. Come va?”
Monica
lo guardò senza sapere cosa dire:
non si poteva girare un momento che lui si ritrovava avvinghiato ad una
donna.
“A
noi bene e deduco anche a te.”
Rispose Jared con tranquillità. “Ci vediamo
domani, non..”
“Shannon,
la canotta...” Dalla stanza
uscì Cristel trafelata. Si capiva chiaramente che si era
rivestita di fretta,
aveva la camicetta allacciata male e la gonna storta, oltre che il
rossetto
sbavato attorno alle labbra ed ai capelli che andavano per conto loro,
spettinati come una PR non avrebbe mai potuto portare. “E
ricorda... Monica!”
“Ciao,
Cris.”
“Io
stavo... insomma... portando la
canotta a Shannon... sai... se prende freddo...”
“Sì,
sì, certo, immagino. Anche perchè a
Giugno, quasi luglio, in California si fa presto a stare male. Certo,
coprilo,
povero caro, che mi sa che per stasera te lo sei spogliato a
sufficienza.”
Shannon rise, mentre Cristel prendeva una interessante sfumatura rossa
in
volto.
“Non
è mai abbastanza, credo che a breve
la spoglierò di nuovo.”, fece Shan tranquillo.
Jared
scosse il capo. “Divertitevi, ma a
casa di Cristel. La nostra è occupata da me e
Monica.” Prese la sua ragazza per
mano e la portò fuori, mentre suo fratello rideva e
scherzava con Cristel che
balbettava per il modo in cui i suoi amici l’avevano beccata.
“Spero
solo per Shannon che non la
faccia soffrire.”, disse Monica salendo in macchina
“Cristel
non può usare la sua cintura
nera di Karate, lo sai.”
“Lo
so, ma io non
ho vincoli. Se fa del
male alla mia amica, gli strappo i testicoli e glieli faccio
ingoiare.”
“Chiara
e limpida.”
La
strada era tranquilla, la maggior
parte della gente era già tornata a casa. Monica non
riusciva a vedere le
stelle, troppe luci ancora li circondavano. Jared teneva una mano
posata sul
pomello del cambio e lei ne approfittò per coprirla con la
sua continuando a
canticchiare 'Sunday Bloody Sunday'.
“Ce
la faremo vero?”, domandò Monica.
“A
fare cosa?”
“A
stare assieme. Intendo, ce la faremo
a non ucciderci tra di noi perchè litighiamo ogni due minuti
o a gestire la lontananza?
Insomma, queste cose qui.”
Jared
sentiva la mano di Monica tremare
leggermente. “Credo che siamo abbastanza adulti per non
scivolare in una
relazione che ci incateni l’uno all’altra. Io so di
amarti, lo sento, lo
capisco, credo da molto tempo, anche se non volevo ammetterlo, e
proprio grazie
a questo so con certezza che tra noi funzionerà. O almeno,
io farò di tutto per
farla funzionare. Ovvio, nessuno di noi dovrà lasciare nulla
della vita
precedente, ma, come io non voglio abbandonare le tourneè
con i Mars, non credo
che tu voglia lasciare i tuoi libri.”
“Esattamente.”
“Sarà
il compromesso che ci aiuterà ad
andare avanti come coppia adulta e non come coppia di ragazzini
arrapati.”
Lei
annuì: il discorso non faceva una
piega. “Da quanto lo prepari, questo discorso?”
“Da
un paio di giorni. È venuto bene?”
“Perfetto,
non avrei saputo fare di
meglio. Tranne per una cosa.”, insinuò sibillina
Monica.
“Cosa?”
“Io
sono arrapata lo stesso.”
*Alla
prima di Mr Nobody a Venezia, Jared è uscito subito dopo i
titoli di testa ed è
rientrato il secondo prima dell’accensione delle luci a
termine della
proiezione.
**Ovviamente
Jared non ha mai scritto questa canzone, per vari buoni motivi:
1- Non
scrive orrori
simili
2- Non
mi ha ancora incontrato
3- Non
sono una
scrittrice di canzoni, io mi limito alla prosa con risultati
altalenanti. Ma mi
serviva. Ringrazio la mia amica Daniela che mi ha tradotto la canzone
dall’italiano all’inglese per renderla
più reale e musicale.
Ordunque,
non è terminata qui. C'è ancora l'Epilogo.
Che ne pensate della dichiarazione? E' stata come ve la immaginate? Non
credo.
Niente di smielato, niente di dolciottina o similare. Insomma, molto
più Monica/Jared Addicted vero? Bhe fatemi sapere... sono
curiosissima XD
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Capitolo 17 *** Epilogo ***
Siamo
giunti alla conclusione anche per questa FF. So che alcune di voi
avrebbero voluto che andasse avanti per sempre, ma io non sono una
ragazza prolissa e quindi eccomi qui a postare l'epilogo: in fondo 16
capitoli mi par che bastino per una storia così
XD
Vi
Ringrazio tutte per aver commentato e supportato questa FF: In questa
storia, più che nelle altre, ho messo molto di me stessa.
Molte cose che Monica sice al suo interno, le dico io stessa nella vita
reale. Scrivere questa FF è stato un po' come fare un po' di
autoanalisi. Il che mi fa capire che devo essere messa molto molto male
-.-
Anyway,
vi lascio con un abbraccio fortissimo dalla fredda ed umida Cardiff e
vi riporto alla Fine, dove scriverò ancora qualcosina per
voi lettrici. See you SOON!
Epilogo
Le
era sempre piaciuto accarezzare
l’erba fresca: le dava un senso di leggerezza, di ritorno
alle origini, quando
da bambina correva felice al parco a piedi nudi o in campagna dai
nonni, senza
paura di calpestare vetri rotti o peggio siringhe infette. Del resto
nel
giardino di Zia Margot era difficile trovare qualcosa di pericoloso.
Tranne
Jared, ovviamente: lui sapeva
sempre essere un pericolo, ma, per fortuna, sedersi a chiacchierare con
Constance aiutava a tenerlo lontano da gesti malandrini. Davanti alla
mamma non
si può fare niente di male, si sarebbe sfogato la notte.
Monica
sorrise: non le era mai
dispiaciuto, in quei due anni assieme, il modo in cui Jared gliela
faceva
pagare.
“Ecco
qui, ho preso una caraffa di thè
freddo.” Cristel quell’anno era venuta con loro, la
sua prima volta al raduno
dei Metrejons e si stava divertendo un mondo. A differenza di lei e
Jay,
Cristel e Shannon non si erano mai fatti scrupoli ad amoreggiare
davanti a
tutti e avevano deciso, inoltre, di stare in paese piuttosto che in
casa, dato
che sapevano essere parecchio rumorosi.
Invece
loro due, più romantici forse,
dormivano nella loro piccola mansarda.
“Hai
fatto benissimo, cara, fa piuttosto
caldo per essere maggio.”, pontificò Margot dalla
sua poltrona. “Monica, avete deciso
la data per il matrimonio?”
“Quale
matrimonio?”, si era
improvvisamente risvegliata dai suoi pensieri.
“Il
tuo e di Jared. In fondo state
insieme da più di due anni, non è ora per voi di
mettere su famiglia?”
Cristel
ridacchiava senza farsi vedere,
mentre Monica si ritrovò inizialmente pallida per poi
arrossire alla velocità
della luce. “Veramente non è nostra intenzione
sposarci. Non ci serve, stiamo
bene così.”
“
Sciocchezze.”, fece la vecchia zia.
“Vi sposerete qui, ovviamente. Metteremo un gazebo... diciamo
vicino al salice.
So quanto vi piaccia stare lì. E poi prepareremo i tavoli
con il buffet. Mi
occuperò del cibo personalmente. Settembre, che dite? Fa
ancora caldo e si sta
bene fuori.”
Monica
la guardò con terrore: la donna
era completamente impazzita?
“Zia,
basta! Non vedi che la metti in
imbarazzo? Se Jared e Monica si vorranno sposare, te lo verranno
immediatamente
a dire.” Era arrivata Julie, con il suo bellissimo bikini
rosso fiammante che
ben si accostava alla pelle scura ed abbronzata da una settimana di
relax dai
parenti. Si era tinta i capelli di nero e sembrava ancora
più sexy di quando
era bionda.
“Non
la sto mettendo in imbarazzo, le
spiego soltanto che qui è benvenuta per fare la festa. Del
resto dove potrebbe
sposarsi altrimenti? A Los Angeles? In mezzo allo smog? No, qui
staranno
benissimo.”
“Julie,
portami via di qui!” Monica si
aggrappò alla ragazza che, ridendo, la accompagnò
a fare in bagno nel piccolo
lago. “Quando sei single ti chiedono di trovare un fidanzato,
quando lo trovi,
vogliono vederti sposata. Ma non va mai bene niente?”,
sbottò Monica mettendo
un piede nell’acqua. Un brivido le partì fino ad
arrivare alla punta dei
capelli: era gelida.
“E
vedrai che appena ti sposerai, ti
chiederanno di fare un piccolo Leto.”
Monica
si limitò ad alzare gli occhi al
cielo. Quello era un altro argomento che odiava e che, stranamente,
tutti
tiravano fuori nei momenti meno opportuni.
Incluso
Jared.
Forse
era l’età, si stava avvicinando ai
quarantatre, forse era l’idea di avere un discendente, ma
ogni tanto, a
tradimento, parlava di come sarebbe stato carino averne uno. Monica gli
rideva
in faccia, lui si accodava e finiva lì. Almeno fino al
giorno dopo quando
ricominciava. Jared le aveva chiaramente detto che avrebbe preferito
avere un
figlio, piuttosto che un matrimonio che, alla fine, non significava
nulla. Lui
l’amava senza dimostrarlo con una cerimonia o con un pezzo di
carta e Monica lo
approvava in pieno, anche se, internamente, sapeva che l’idea
di lei vestita di
quel bellissimo abito di Armani azzurro cielo, con un boquet di rose
bianche e
l’acconciatura elaborata con un Jared più che
elegante al suo fianco, la
attirava in arditi sogni. Ma non le importava, l’unica cosa
che contava era
stare bene e loro stavano benissimo.
Il
lavoro di Jared andava a gonfie vele
e Monica, molto spesso, viaggiava con lui. Poteva scrivere comunque e,
inoltre,
dava anche una enorme mano alla povera Emma che ogni tanto impazziva a
stare
dietro a tutti.
“Mi
sa che non faccio il bagno, troppo
fredda.”, decretò Monica.
“Mi
sa che se non ti butti tu, ci
penserà Jared a farlo per te.” E si
spostò velocissima.
“Cos...?”,
riuscì praticamente solo ad
urlare prima di sentire due braccia che la sollevarono di forza per poi
scaraventarla in mezzo all’acqua. Era così fredda
che per un attimo pensò di
non riuscire a muoversi. Per fortuna che Jared la tirò anche
fuori, oltre ad
averla buttata dentro. “Io ti ammazzo!”,
riuscì a sputacchiare Monica mentre
lui rideva senza ritegno.
“Su,
su è solo un po’ di acqua.”
“Ma
vaffanculo!”
“Non
dire parolacce davanti ai bambini.
Non è bello.”
“Ma
senti chi parla.” Quella primavera,
per i concerti che stava per andare a fare in Europa, aveva deciso di
tenersi i
capelli corti, ma tinti di un improbabile color puffo. Per fortuna,
almeno, non
aveva quel colore malaticcio del 2010 e quindi alla fine non gli
stavano
neanche troppo male. Monica aveva usato l’altra
metà di tinta per farsi le
punte blu elettrico, anche se non sapeva quanto sarebbero durati, dato
che
tendevano a scolorirsi presto.
Si
era sbarbato per bene per quel
pic-nic e magari non sembrava avere diciotto anni come accadeva fino a
pochi
mesi prima, però sembrava sempre quasi più
giovane di lei. Era frustrante a
volte.
Jared
la riprese in braccio, bagnandosi
tutto pure lui, per riportarla a riva, sotto il loro salice, dove
avevano steso
il telo da mare.
“In
effetti è fredda, ma se vuoi ti
scaldo.”
“Non
ti azzardare, lascio questo onore
al sole.” Jay sorrise, ma si stese vicino a lei. La piccola
Rachel li osservava
ancora sospirando e sperando che lui, prima o poi, lasciasse quella
vecchiaccia
e si mettesse con lui, nonostante il piccolo Peter Bishop* le avesse
dato il
primo bacio a scuola.
“Ingrata.”
“Semplicemente
ti conosco. Mi metteresti
in imbarazzo di fronte a tutta la tua famiglia.”
Jared
le prese una ciocca di capelli e
se la attorcigliò attorno al dito. “In
realtà è anche la tua famiglia, ormai.
Sei una Leto, anche se ancora non hai cambiato il cognome. Sei una di
noi,
amore.”
“Questo
sì che è preoccupante.”
“Scema!”
“Dai
che scherzo. Ma senti un po’, e Zia
Franny? Quasi mi manca la sua presenza.” Jared stava
continuando a giocare con
i suoi capelli, mentre lei pigramente si distendeva
sull’asciugamano per farsi
baciare dal sole.
“Ha
saputo da un uccellino biondo, anzi,
ormai tinta di nero, che ci saremmo stati anche noi e dopo quello che
è
successo due anni fa... diciamo che non se l’è
sentita di un secondo round. Del
resto non ha neppure George a darle man forte, visto che è
rimasto a New York a
cercare di sistemare i cocci delle sue corna.”
“Poverino...
e sì che lui era così
sicuro di essere il maschio alpha della famiglia Metrejons.”
Jared
sbuffò sonoramente. “Maschio alpha
i miei co...nigli.”, finì: due bambini si erano
avvicinati a Monica con dei
fiori: erano dei figli di cugini di secondo o terzo grado, nessuno dei
due
aveva ben capito il grado di parentela, ma erano dei ragazzini
simpatici.
“Questi
sono per te.” E le passarono i
fiori.
“Grazie.
E perchè?”
“Perchè
sei bella.” E scapparono via
rincorrendosi.
“Visto,
sono bella!” Esclamò Monica
ridendo ed annusando i fiori di campo. “Ho anche io i miei
fans!”
“Però
io sono il primo della lista.”
“Uhm....
non ne sono sicura. Robert mi
pareva molto molto interessato.”
“Ha
solo otto anni.”
“Bene,
lo coltivo.”
“Scema.”
“Geloso...
perfino di un bambino.” Jared
la fece stendere sotto di sè e le fece il sollettico.
“Smettila! Lo sai che poi
urlo!”
Lui
ridacchiò. “Meglio che ti faccia
urlare in altre sedi.”
“Jared!!!”
“Ehy,
voi due piccioncini, la smettete?
Qui vorremmo mangiare in pace, senza i vostri mugolii.”,
urlò Shannon dal
tavolo del buffet.
“Fratello,
vedi di andare a quel paese
ok?”, poi sospirò, “Che ne dici di
continuare più tardi la nostra piccola
sciarada e andare a farci due chiacchiere familiari?”
“Ho
paura di quello che potrebbero
chiederci o dirci in generale, ma... andiamo.”
Camminando
a piedi nudi sull’erba
fresca, mano nella mano, si avviarono a mangiare, senza un solo
pensiero per la
testa.
*Piccolo
Omaggio a Fringe
FINE
Come avete notato, la storia è finita *Ma dai???*
Comunque il finale è particolarmente aperto, lascia il campo
libero a tutte le idee del mondo, quindi, siccome la coppia mi piace e
mi ispira, vi chiedo: vorreste vedere qualcosina ancora? Se
sì, cosa? Magari, pensandoci, mi viene fuori qualche
capitolo Extra.
Accetto qualsiasi richiesta, tranne la morte di qualche personaggio. Ci
sono troppo affezionata u.u
A PRESTO :-************
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