Il sole le scioglie, le maschere di burro.

di _AmyBlack_
(/viewuser.php?uid=145650)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lei era una Mezzosangue. ***
Capitolo 2: *** L'unica eccezione. ***
Capitolo 3: *** Conferme. ***
Capitolo 4: *** Ricominciamo? ***
Capitolo 5: *** Grifondoro! ***
Capitolo 6: *** Ricordi. ***



Capitolo 1
*** Lei era una Mezzosangue. ***




Un’immensa distesa di azzurro si rifletteva nei verdi occhi di una piccola ragazza sedicenne, non c’era una sola nuvola ad impedirle di raggiungere il cielo, quel giorno. Distesa sul precipizio del terrazzo di casa sua, Nathalie osservava l’universo dal punto di vista del sole, semplicemente immaginando di poter allungare il braccio con l’indice teso verso quel cielo che sembrava tuffarsi nei suoi occhi verdi provocando sprizzi di gioia. Contava i minuti che la separavano da un’altra estate assieme al suo migliore amico, e in un momento si ritrovò trascinata nel proprio passato a rivivere per l’ennesima volta il giorno in cui si erano conosciuti, a ripensare ancora a quei momenti che più di tutti gli altri ricorrevano così spesso nella sua mente.

Nathalie passeggiava per il parco con aria annoiata, lo sguardo vitreo e indifferente. I suoi capelli castani lunghi fino alla vita, lisci, perfettamente pettinati, ondeggiavano nella leggera brezza mattutina. Ad un certo punto scorse, nascosto tra gli alberi, un bambino esile e pallido, vestito elegantemente di nero, i capelli di un biondo quasi bianco e due occhi di ghiaccio che ti gelavano il sangue al primo sguardo anche a distanza, e anche se li si vedeva solo di sbieco. Stava inginocchiato a terra, con un ghigno stampato in faccia, mentre guardava qualcosa di molto piccolo contorcersi nel terriccio a cui il bambino puntava il suo lungo e magro dito indice contro.
La curiosità s’impadronì di lei, e fu come se una calamita gigante la stesse trascinando verso quello strano individuo. Quando arrivò alle spalle della figura senza che essa se ne accorgesse, fece in tempo a scorgere tra le foglie una piccola lucertola muoversi appena dal dolore e abbandonarsi alla morte, sconfitta. Nathalie allungò la mano destra senza dire una parola e fece sollevare un rettangolino di terra, abbastanza grande e profondo perché la lucertola ora sospesa a qualche centimetro dal suolo grazie ad un lieve gesto del suo dito indice potesse andare a posarsi delicatamente in quella tomba improvvisata. Nel medesimo istante in cui la terra si sollevò, il ghigno del bambino scomparve, e girando la testa con uno scatto fulmineo si ritrovò faccia a faccia con la piccola Nathalie. Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, fu come se si fossero trapassati l’anima a vicenda.
«Sei una strega?»
«Non lo so, so solo che riesco a fare cose strane, a volte. Comunque mi chiamo Nathalie, e tu?»
Schietta, il suo tono era deciso come se stessero discutendo da ore.
«Mi chiamo Draco Malfoy. Ma se non sai che sei una strega vuol dire che nessuno della tua famiglia lo è. Sei una Mezzosangue. Non dovrei parlare con te.»
«Ma insomma, sono una strega o una Mezzosangue? Deciditi. E perché non puoi parlare con me?»
Draco non riuscì a trattenersi dal ridacchiare alla prima frase, e le rispose ghignando.
«Mio padre non vuole. Dice che i Mezzosangue non sono persone buone.»
«Ma io sono buona. E ho 5 anni. E tu?»
«Anch’io.» Le sorrise, non potè farne a meno, lei aveva un qualcosa che conquistava la sua fiducia incondizionatamente. Il modo schietto di presentarsi? O il fatto che non avesse detto niente quando aveva ucciso la lucertola, e anzi, gli era stata complice?
Da quel momento fu amicizia. I genitori di Draco, dapprima riluttanti all’idea, cominciarono a provare simpatia per quella piccola e strana bambina e finì che ci si affezionarono. Ogni estate, a partire da quella, Nathalie la passò a Villa Malfoy, e Draco diventò presto il suo migliore amico.

E ora era lì, a dondolare le gambe sull’orlo del precipizio, a sorridere al sole, con le mani appoggiate al proprio grembo e i lunghi capelli che penzolavano dal terrazzo. La maglietta troppo grande di una taglia con su scritto ‘Paramore’ e gli short di jeans, indossati da lei che era esile e fine, facevano pensare, chissà perché, alla libertà, e le conferivano tuttavia un’aria elegante e casual allo stesso tempo.
‘Pop’ e poi ‘Dreen!’
Eccolo era arrivato. Fuori dalla porta d’ingresso si alzava la figura alta e slanciata di un uomo dai capelli lunghi e lisci, rigorosamente biondissimi. Elegante, come sempre. Lucius Malfoy, il padre di Draco, era venuto a prenderla, e ora le stava sorridendo dolcemente.
«Ciao Nathalie. Sei pronta?»
«Assolutamente.» Un sorriso a trentadue denti le si aprì smagliante sul viso sottile.
I suoi genitori erano fuori con suo fratello David di nove anni, li aveva già salutati. Prese sotto braccio il signor Malfoy, e subito sentì come se un amo l’afferrasse dall’ombelico e le trascinasse a velocità supersonica. In meno di un nanosecondo si ritrovò davanti al cancello immenso di una villa altrettanto immensa. Non fece in tempo a rimettere a fuoco la vista che già vedeva la magra figura di Draco che le correva incontro, vestito di nero come in padre a eccezione di una candida camicia bianca e un sorriso che trasmetteva felicità stampato in faccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'unica eccezione. ***




«Nath! Come stai?» Stessa domanda, stesso sorriso, stessa voce, stessa felicità nel sentirla.
«Benissimo! E tu?» Stessa risposta, stesso sorriso di rimando, stesso sentimento di pura amicizia.
Quell’amicizia che il tempo e la lontananza rafforzano piuttosto che arrugginire, quel sentimento d’intimità che t’invade quando incontri una persona con la quale è inutile fingere, con la quale ad essere qualcun altro non ci riesci proprio, e lasci che la sua persona ti liberi dalle maschere e ti apprezzi per ciò che sei davvero.
«Tutto bene. Entriamo?» Si fanno domande per il puro piacere di sentirsi ripetere ancora una volta le stesse risposte, si danno risposte per il puro piacere di parlare con l’altro. Ci si è già detti tutto, ma ancora tutto c’è da dire. E quell’anno, forse, ce n’era anche di più.
Nathalie non ci pensava, troppo presa dall’euforia del momento, troppo presa a darsi spintoni affettuosi con il suo migliore amico e a giurarsi eterna fedeltà senza dire niente in ogni istante passato insieme, come solo gli amici sanno fare. Tuttavia, in un momentaneamente remoto angolino nella sua testa, milioni di domande e sperate risposte si accumulavano sovrastandosi l’un l’altra con le loro vocine stridule e dannatamente sgradevoli. C’era che quell’anno aveva sentito così tante voci di corridoio, e così tanti fatti accertati ma ironicamente incoerenti tra loro che avevano creato una confusione tale da farle sospettare persino di Draco.
Oh, che idea sciocca era quella, ora che ogni pensiero svaniva alla sola vista del suo volto! Lei era felice, e lui ricambiava, le voleva bene davvero. Lui non c’entrava niente con tutto ciò che aveva sentito dire sia dal Mondo Magico che da quello Babbano.
Eppure quella sera, verso cena, mentre i suoi occhi vagabondavano curiosi per il salotto come se si trovasse lì per la prima volta, l’attenzione di Nathalie andò a posarsi su Lucius Malfoy, vestito con una camicia bianca, pantaloni lunghi rigorosamente neri e una giacca, anch’essa nera, abbottonata con vistosa precisione.
Una giacca! Diamine, era estate! E perdipiù, si trovava in casa propria, vestito elegante, senza ospiti (Nathalie non si poteva proprio considerare un’ospite, per Lucius era più come una figlia) e persisteva a vestirsi di nero e in modo decisamente pesante per la stagione. Il signor Malfoy non dava segno di volersi rilassare nemmeno nel suo stesso rifugio, e questo non era mai successo.
Il che le fece tornare alla mente i pensieri che l’avevano assillata per l’intero anno scolastico a Henley, la Scuola di Magia e Stregoneria che Nathalie frequentava.
«Hai freddo, Lucius?» La sua voce era allegra e ironica, ma lasciava trasparire una punta di sospetto a cui Malfoy non fece caso. La guardò, invece, e con molta calma rispose che ultimamente non era stato particolarmente bene, e che doveva coprirsi se non voleva ammalarsi di nuovo. La sua versione tranquillizzò la ragazza, che tuttavia non ne restò completamente convinta. Con sforzo estremo si costrinse a distogliere lo sguardo dall’avambraccio sinistro dell’uomo sul quale – ne era convinta – era ancora impresso il simbolo della fedeltà assoluta che anni prima, Malfoy aveva giurato al suo padrone, l’Oscuro Signore. Così lo chiamava, le rare volte in cui si parlava di lui. E Lui era tornato, così dicevano i giornali, così dicevano tutti.
E Lucius? Che scelta aveva fatto, stavolta? E Draco, che strada avrebbe intrapreso, ora? E lei, sporca Mezzosangue qual’era, che fine avrebbe fatto? Non la rassicuravano i sorrisi che l’intera famiglia Malfoy le rivolgeva, loro erano il suo opposto, e lei era la ‘razza’ che loro disprezzavano, nonostante le svariate volte in cui le ricordavano che lei, Nathalie, era l’unica eccezione. L’unica Mezzosangue con il Sangue Puro.
‘The only exeption’, come la canzone dei Paramore.
Ma che fine avrebbe fatto se Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato si fosse messo in mezzo a undici anni di amicizia? No, non si sarebbe placato, non avrebbe provato pietà, e il fatto che i Malfoy fossero al suo servizio non sarebbe servito a nulla.
Ma quali complessi si stava facendo, lei, che mai si sarebbe immaginata di poter avere al proprio fianco un amico migliore di Draco, che seppur detestava dichiarazioni di affetto, nomignoli e parole sdolcinate varie – il che a Nathalie poteva fare solo piacere – , non mancava mai di dimostrarle quanto per lui fosse importante un qualcuno con il quale sentirsi pari, e non superiore, ed essere trattato come tale; un qualcuno con il quale leggere i propri libri preferiti ed catapultarsi assieme nella storia, qualcuno con cui ridere, prendersi in giro e insultarsi per il semplice voler mescolare le due risate e farne di esse un suono unico e melodioso, una musica, una magia. Un amico, insomma. Un’amica, in questo caso. Nulla di più, assolutamente, ma cosa può esserci di più di un’amicizia sincera e vera?
Mentre pensava, rivolse uno sguardo grato a Draco, che stava leggendo la trama del libro che avrebbero letto quella sera prima di andare ognuno nel proprio letto. Un horror, sembrava meritevole.
La cena fu allegramente vivacizzata dal pungente sarcasmo a cui erano ormai abituati, e le preoccupazioni di Nath scivolarono via come la sua risata cristallina scivolò dalle sue labbra, senza riuscire a smettere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Conferme. ***




Ed ora eccoli, entrambi seduti sul letto di Draco, distaccati ma abbastanza vicini da sentire uno il calore dell’altro. Il libro aperto sulle ginocchia di Nathalie da cui fuoriusciva la magia della lettura, che ti prende e ti porta in luoghi sconosciuti e in sogni da scoprire. Lessero insieme finchè non furono stufi del passatempo, e allora fu Nath a parlare.
«Sai, stavo pensando di venire a Hogwarts, quest’anno.»
«Davvero?» Draco sembrava sorpreso e felice, ma per un momento Nathalie avrebbe giurato di averlo visto preoccupato.
«Sì. Perciò ho bisogno del tuo aiuto per orientarmi. Com’è, lì? Com’è la gente?» Il suo tono era stanco, basso e roco, ma era curiosa, e anche tanto.
«Beh, già sai che ci sono quattro Case. Tu sei una Serpeverde, sicuramente. Non sei un’idiota come quelli delle altre Case. Di cosa vuoi che ti parli?»
«Dei professori, dei Serpeverde, delle altre Case…»
«Di professore ce n’è uno solo che si possa definire tale. Severus Piton, insegna pozioni. Degli altri non vale neanche la pena di parlare.» Il suo viso si contrasse in una smorfia di disgusto. «Per quanto riguarda le Case, ci sono i Serpeverde, i pappamolli Tassorosso, i cervelloni Corvonero e i presuntuosi Grifondoro. Vedi di non finire tra i Grifoni, o ti ritoverai compagni come Potter, Weasley, Granger, Paciock…»
«Potter? Intendi Harry Potter?»
«Sì.» Draco sbarrò gli occhi e arricciò il naso. «Non dirmi che sei anche tu una sua fan, ti prego.»
«Beh, ne ho sentito tanto parlare, soprattutto in questi giorni, e… »
«Ovviamente!» La sua voce era colma di esasperazione al solo ricordo di Harry Potter «Potter di qui, Potter di là, ecco a voi Potter il Magnifico… Potter si è scontrato con il Signore Oscuro, il Signore Oscuro è tornato, oh sì, è Potter è il ‘Prescelto’!»
«Draco…»
«Il Prescelto, ecco come l’hanno soprannominato! Dopo Il-Bambino-Che-È-Sopravvissuto, arriva Potter il Prescelto! Ma è solo un bambino viziato, ecco cos’è. Presuntuoso e arrogante come pochi, si crede di essere chissà chi solo perché ha quella ridicola cicatrice sulla fronte.» Ormai stava quasi urlando, questo Potter doveva essere davvero insopportabile.
«Sì, ma Draco, calmati…»
«E i suoi amichetti che lo seguono come dei cagnolini! Weasley, il suo ‘amico del cuore’ , è uno sfigato che pensa che se sta costantemente appiccicato a Potter la sua reputazione possa migliorare. Come tutti i Weasley, d’altronde. E la Granger? Quella sporca…» Si bloccò di colpo, e il suo sguardo, che fino ad allora era stato fisso sul vuoto, si precipitò su Nathalie, che invece distolse il suo.
Non c’era bisogno di spiegazioni, aveva capito cosa stava per dire.
«Stavo dicendo… la Granger, sì… quell’insopportabile ‘So-Tutto-Io’, ogni tanto mi viene il dubbio che abbia il braccio paralizzato, teso verso l’alto. Oppure è un tic che le viene ogni volta che un professore fa una domanda qualsiasi…Nath? Tutto… tutto bene?» Il suo tono di voce si era leggermente incrinato.
«Smettila. Lo sai.» Non aveva voglia di litigare, ma una ventata rabbia si era impossessata di lei, inondandole l’intero esile corpo. Teneva occupate le mani torturandosi i lunghi capelli castani e lottò per trattenere le lacrime. Fragile, si sentiva estremamente fragile, lei che non lo era mai stata.
«Io so…che cosa?» Ma sapeva anche questo. Bugiardo.
«Stavi per chiamarla sporca Mezzosangue.»
«Non è vero.» Mentiva.
«Bugiardo.»
Silenzio. Un silenzio che tentando di nascondere la verità in se stesso, la rendeva ancora più evidente.
«Scusa.» Biascicò d’un tratto, abbassando la sguardo sulle coperte.
Nathalie non rispose, se l’avesse fatto sarebbe esplosa in un urlo unico di parole a stento trattenute, accompagnate dalle lacrime.
«Nath…Non volevo… è che è talmente insopportabile…»
«Zitto.»
Draco serrò le labbra d’un colpo. Seppur tenesse lo sguardo chino, sul suo viso si scorgevano i sensi di colpa che lo insultavano al posto della ragazza.
«Vuoi… Vuoi che continui a raccontarti di Hogwarts?»
Nathalie tirò un forte sospiro prima di rispondere con feddezza. «Dimmi dei tuoi amici. Sono molto più furbi e rispettabili di questi Grifondoro?»
«Sicuramente. Anche se Tiger e Goyle…»
«Chi sono?»
«Due scemi.»
«Ah, ecco. E allora completiamo la scaletta: i Tassi sono pappemolli, i Corvi tutti cervelloni, i Grifoni dei presuntuosi e i Serpeverde sono scemi.»
«Ma loro sono due casi particolari…»
«Sì, certo, Draco. Senti, buonanotte, eh.» Fece per alzarsi ma si bloccò improvvisamente ricordando le miriadi di domande che avrebbe voluto fare ai Malfoy.
«Draco…»
«Sì?»
«Tu che cosa sai… intendo, di quello che è successo qualche settimana fa al Ministero… Quando Potter si è scontrato con Tu-Sai-Chi.»
«Hai letto la Gazzetta del Profeta?»
«Sì, ma pensavo…»
«Che mio padre, essendo un suo seguace, avesse raccontato qualcosa di più a me. No, ne so quanto te.»
«Aspetta. Tuo padre è un Mangiamorte?» La sua voce tremava appena.
Draco prese un profondo respiro senza guardarla negli occhi.
«Pensavi che sarebbe stato ancora vivo, altrimenti?»
Silenzio.
«Nath, lo sai che a te non farebbe mai del male.» Non c’era dolcezza nelle sue parole roche, sussurrate, quasi ne avesse paura, o se sapesse che non stavano raccontando tutta la verità.
La ragazza non rispose, guardava in basso e cercava di coprirsi il viso ancor più pallido del solito con i capelli lunghi.
«Sì.» Replicò senza convinzione. «Buonanotte.» Come un’anima in pena, si avviò verso la porta.
«’Notte.» Rispose cupo. Le loro voci erano vuote, senza vita.
E non era mai successo, in undici anni di estati passate assieme.
Così, alla fine, i suoi dubbi non erano stati completamente infondati. Fece fatica a prendere sonno come mai nella sua vita, mentre fissava il buio e i sentiva i suoi pensieri urlare nella sua testa, senza realmente ascoltarli, ma che le impedivano di addormentarsi. Si fece avvolgere dalla notte solo dopo molte ore, quando le sue consapevolezze che il suo cervello non aveva ancora del tutto assimilato smisero di tremare.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ricominciamo? ***




Quelli che seguirono furono giorni decisamente silenziosi e privi della solita allegria che in genere aleggiava nell’immensa Villa Malfoy. Immensa, sì, e questo era il pregio di quella casa in quei giorni che parevano volessero passare apposta più lenti, come un’interminamile tortura che non ti uccide mai. Immensa, da potercisi perdere dentro e scampare agli sguardi interrogativi dei signori Malfoy e dai loro fasulli ‘Come stai? Tutto bene?’ Draco cercava di risollevare il morale di Nathalie, ogni tanto; lei gli sorrideva – gli voleva bene, oh, se gli voleva bene a quel ragazzo! – ma era generalmente un sorriso poco convinto.
E pensare che Nath era sempre stata una brava attrice. Pensare a tutte le volte in cui persino con gli occhi era riuscita a mentire, con gli occhi, che dicono siano lo specchio dell’anima. Ma lei aveva un’anima pura, solo particolarmente portata per le bugie.
Cos’era, allora, che la bloccava? Perché c’era un qualcosa in quei giorni che inevitabilmente la bloccava e si divertiva a sbandierare i suoi sentimenti, qualcosa che la rendeva incapace davanti a sé stessa, inerme, fragile. Si guardava allo specchio e vedeva il suo corpo, nient’altro che il suo corpo; l’allegria, l’ironia, il ghigno che aveva negli anni preso da Draco, tutto era svanito, dentro di sé. Svanito lasciandosi dietro solo un corpo e due palpebre di piombo che a stento riuscivano a stare aperte.
Le sue lacrime, dov’erano? Erano già finite? Una vita che le accumulava non piangendo e ora si erano prosciugate? Nemmeno una piccola, minuscola, microscopica lacrimuccia nella quale poter posare… cosa? Cosa poteva metterci dentro? Il vuoto che aveva dentro? Si può riempire qualcosa con il vuoto? Supponiamo di sì. Dunque, nemmeno la più piccola parte di lacrima nella quale affogare il suo vuoto interiore e mandarlo a fare un viaggetto nel mondo esterno.
E la sua anima? Da quando c’erano dei Dissennatori nel suo corpo? A chi avevano chiesto il permesso di risucchiarle l’anima, eh?
No, fermati Nath. Fermati un’attimo. Pensa.
Che alternativa avrebbe avuto Lucius? Morire. E lasciare la famiglia? No.
E poi aveva sicuramente avuto paura, era troppo terrorizzato il giorno del Suo ritorno per tirarsi indietro. E poi era stato troppo tardi.
E Draco? Lui che cosa c’entrava? Nulla, era il suo migliore amico e non c’entrava assolutamente nulla.
Ecco, una semplice domanda fatta nella mente può essere la causa di mille conseguenze.
Uno scatto fulmineo delle gambe e della testa.
La porta che sbatte.
Il rumore dei passi frettolosi sugli gli scalini.
Un’altra porta che sbatte.
Ancora il rumore dei passi che corrono sul parquet.
Il fiatone davanti alla porta della cucina.
La porta che si apre.
Una voce decisa e che che non ammette risposte vaghe.
«Dov’è Draco?»
Narcissa Malfoy si voltò di colpo, dapprima con aria sicura, che andò a scemare nell’udire la domanda.
«E’ uscito con Lucius.»
«Dov’è andato?»
«A una riunione.»
«Una riunione? E per fare cosa?»
«Non so di cosa discutano. Ma lui non ti ha detto niente?»
«No. Quando torna?»
«E’ uscito da un po’, dovrebbe tornare tra non molto.»
«‘Non molto’ quanto?»
«Non lo so… dovrebbero essere di ritorno per pranzo. Ma come mai tutta quest’ansia?»
Per pranzo. Bene. Pranzo era vicino. E dopo pranzo avrebbe parlato con Draco.
Schivò lo sguardo inquisitore di Narcissa e ignorando completamente la domanda – che non sono certa che avesse proprio sentito – andò a buttarsi sul divano più grande del salotto.
Sprofondò in esso e la ruvida stoffa nera l’avvolse in un freddo abbraccio. La sua tuta da ginnastica bianca provocava un contrasto quasi abbagliante con il divano.
Si addormentò, forse. Quel che è certo è che si risvegliò. E si risvegliò al cigolio dell’enorme cancello all’entrata della villa. Non pensò nemmeno a ciò che stava facendo, si alzò di scatto e uscì nel giardino della casa, nel quale erano appena arrivati Lucius e Draco. Indecifrabili erano i loro volti, ma di certo non sembravano particolarmente allegri. Camminavano a testa china, Nathalie poteva scorgere le loro labbra muoversi impercettibilmente mentre si sussurravano chissà quale commento, avvertimento o complimento. Pigramente Draco alzò lo sguardo, che non altrettanto pigramente riabbassò all’istante. Parlava veloce, ora, con la testa leggermente inclinata verso suo padre. Lucius rispose altrettanto velocemente, sembrò quasi un’ordine, e alzò d’un colpo la testa. I lunghi capelli biondi ondeggiarono per un attimo, poi i suoi occhi si andarono a puntare su Nathalie e sul suo viso comparve un sorriso. Un sorriso ben costruito, la ragazza lo dovette ammettere, ma senz’altro costruito. Chi è che osa sfidare la regina delle attrici?
Appena furono abbastanza vicini, Draco fece per salutarla ma lei lo precedette decisa.
«Ti devo parlare.»
Lui rispose scettico. Erano giorni che lo evitava e ora gli voleva parlare. C’era da preoccuparsi.
«Va bene… ma ora si pranza, no?»
«Ora si pranza e poi vieni in camera mia che parliamo.»
«Ok.»
Se i giorni precedenti non fossero stati così silenziosi, certo Nathalie si sarebbe accorta dell’ammutinamento generale durante il pranzo. Sì, se non si fosse abituata, avrebbe senz’altro avuto qualche nuovo sospetto, qualche nuova inquietudine. Ma non ci fece caso. Nessuno mangiò molto, lei in particolare aveva troppa fretta di parlare con Draco. Perciò, non appena riuscirono a trovarsi da soli nella sua stanza, si sedettero una sul letto e l’altro su una sedia di legno, e lei attaccò a parlare guardandolo negli occhi.
«Mi sono lasciata prendere troppo dalla paura, e mi dispiace di aver rovinato così il nostro rapporto. Non era mai successo… e mi manchi. Scusa. D’altra parte tu non c’entri niente.– E a queste parole Draco abbassò lo sguardo verso il pavimento, lei non ci diede particolare importanza.– Ricominciamo? Come tutte le estati?»
Il ragazzo sospirò, poi sorrise. Quello era un sorriso sincero, finalmente. Ma era stanco, il sorriso, tanto stanco, e lui continuava a fissare il pavimento.
«C’è una cosa che voglio dirti, prima. Non dovrei, ma non posso nasconderlo, non a te. E poi mi dici se vuoi ancora ricominciare.» Non sembrava speranzoso, piuttosto rassegnato. Era certo che Nath non l’avrebbe più considerato suo amico, e questo lo lasciava intendere con ogni più insignificante cellula del suo corpo. Il fatto era: perché?
«Dunque, – riprese dopo qualche secondo di pausa – oggi mio padre mi ha portato a casa di Piton, quel professore di cui ti ho parlato l’altra sera, dove si è tenuta una riunione. Una riunione… tenuta da Lui. Il Signore Oscuro. Mi ha parlato per un po’, della situazione, di Potter, di sé stesso… E poi mi ha detto che avrei dovuto unirmi a Lui e che avrei dovuto portare a termine una missione. Mi ha costretto, minacciandomi che se avessi fallito, avrebbe ucciso me e i miei genitori. Non ho potuto rifiutare. Non ho avuto scelta.» Quindi alzò gli occhi e cercò di capire qual era stata la reazione di Nathalie. Nessuna reazione, solo il fiato sospeso per ascoltare ciò che lui aveva da dire. «Allora? Hai capito?»
«Mi dispiace tanto…»
«Vuoi ancora ‘ricominciare’?»
«Sì. Ma non vorrei crearti problemi. Insomma, se Lui venisse a sapere che la tua migliore amica è una nata Babbana…» Lasciò la frase in sospeso, tanto aveva capito.
«Tu sei diversa dalle altre nate Babbane.» Rispose con voce flebile.
«Non per Lui.»
Silenzio, di nuovo. Di nuovo lo stesso silenzio dell’altra sera, quel silenzio che urla la verità a squarciagola.
«Lui non sa di te.»
«Verrò a Hogwarts, quest’anno. E tu oggi sei andato a casa di Piton, giusto? Piton mi vedrà e Lo avvertirà.»
«C’è solo da sperare che tu sia una Serpeverde. Tanto lo sei.»
«E se non lo fossi? Qualcosa mi dice che mi odieresti a morte.» Lo disse scherzando, ma non era proprio sicura che ci fosse da scherzare.
«Oh, ma smettila. Ci conosciamo da undici anni e adesso ti viene in mente che io possa cambiare opinione su di te per una stupidissima Casa assegnatati da un vecchio e lurido cappello che parla?» Ghignò. Sì, aveva capito che lei ci credeva davvero e non perse l’occasione per prenderla in giro.
Lei sorrise timidamente.
«Ti voglio bene.» Sussurrò.
Draco arrossì violentemente e deglutì. Non rispose, ma il suo ghigno era scomparso, sostituito da un lievissimo sorriso, quasi invisibile.
Orgoglioso come pochi, eh, Nath? Ma ti vuole bene, in fondo lo sai.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Grifondoro! ***


I giorni seguenti passarono in un lampo, le conversazioni passate sembravano essersi dissolte nel nulla, come se non ci fossero mai state. E in un lampo, così, arrivarono la lettera di ammissione ad Hogwarts, il momento di fare compere a Diagon Alley, i bagagli da preparare e l’eccitazione per un’avventura completamente nuova agli occhi di Nathalie. Draco trovava buffa la sua emozione, non capiva come una persona potesse essere così felice di dover frequentare ‘quel vecchio castello in rovina gestita da quel vecchio, decrepito, stolto e ormai giunto alla fine di un preside’.
La ragazza, tuttavia, aveva l'impressione di scorgere una microcellula di preoccupazione che si stendeva negli occhi di Draco. Per forza, si diceva, è tutta l’estate che succedono cose impreviste, e ora mi metto a sospettare di tutto e di tutti.
In ogni caso, arrivò il momento. L’Espresso per Hogwarts occupava l’intera visuale di Nathalie, o forse era solo un’impressione. Non disse una parola, ma persino chi non la conosceva poteva facilmente intuire le milioni di parole che la neo-studentessa stava trattenendo dietro la barriera di trentadue denti splendidamente esposti al mondo per manifestare la sua immensa felicità.
Seguì Draco fino allo scompartimento, nel quale si sedette con innata leggerezza. Seguirono i suoi movimenti due ragazzi (entrambi tozzi, ma uno un po’ più alto dell’altro) e una ragazza magra, dai capelli corvini e lisci, non molto lunghi. I due la squadravano con aria piuttosto intontita (‘Tiger e Goyle, i due scemi’ pensò). La ragazza la fissava torva e sospettosa. Nath non aveva idea di chi fosse.
Mentre era impegnata a non farci caso, lo sguardo di Nathalie si fissò sul viso che pareva scolpito nella pietra, incredibilmente perfetto, freddo e altezzoso di Draco, dovendocisi soffermare per qualche secondo per riconoscerlo. Come se nel passaggio nello scompartimento l’avesse travolto un’ondata d’aria diversa che gli aveva fatto un lavaggio del cervello e l’avesse cambiato così, all’improvviso.
Quante volte si era sentita stupida per i pensieri che le passavano per la testa, soltanto durante quell’estate? Ecco, questa era l’ennesima. Dopodichè fissò gli occhi sul meraviglioso paesaggio in continuo cambiamento fuori dal finestrino e si rinchiuse dentro una bolla isolata dal mondo, perdendone ogni contatto.



Nathalie si trovava al nel centro di un’immensa sala, la chiamavano Sala Grande. E a dirla tutta, per quanto ansiosamente avesse aspettato quel momento, si sentiva impacciata come non mai tra i bambini del primo anno che aspettavano di essere smistati. Chi la guardava poteva vedere una ragazzina un po’ troppo alta rispetto agli altri che si chiudeva come un riccio nella speranza di rimpicciolirsi e che spostava lo sguardo lontano da quello dei nuovi compagni con evidente aria forzatamente indifferente. Si sentiva avvampare ogni secondo di più, la temperatura diventava sempre più alta. Ovviamente, proprio come in quelle occasioni che vorresti passassero il più in fretta possibile, Nathalie fu chiamata per ultima.
«…Ed eccezionalmente quest’anno abbiamo una studentessa che frequenterà i corsi degli studenti del sesto anno, essendosi spostata da un’altra eccellente scuola di magia. Sono certa che si rimetterà presto in pari con il programma degli altri compagni. Nathalie Stander.» Annunciò una donna a cui era difficile attribuire un’età e dall’aria severa e rigida. La chiamavano professoressa McGranitt, colei che le aveva spedito la lettera di ammissione a Hogwarts.
Fu un’impresa trascinare le gambe verso lo sgabello che l’aspettava davanti alla tavolata riservata ai professori. Una volta seduta, la professoressa le appoggiò un cappello vecchio e rattoppato più volte, che prese vita nell’istante in cui la sua stoffa toccò la testa della ragazza.
Un sibilo nell’orecchio le fece alzare d’istinto la mano per grattarsi, ma si trattenne non appena riconobbe in quel soffio delle parole.
«Scelta complicata, senz’altro… Quanto coraggio dentro di te. Questo sicuro. E quanta astuzia ed ambizione. Assolutamente brillante. E anche leale…»
Tremore folle. Draco la fissava. Immobile. Serio.
«Ma credo di sapere in quale casa ti troveresti meglio. GRIFONDORO!»
Dal tavolo dei Grifoni si alzò un boato e un applauso.
Quel sorriso scappò. Fu il sollievo del non sentirsi più sotto esame, sicuramente.
E’ difficile descrivere con precisione ciò che accade subito dopo, perché fu tutto in una frazione di secondo, eppure parve un’eternità. Il viso sorridente di Nathalie verso la tavolata dei Grifondoro, poi a quella dei Serpeverde; Draco, fino a un momento prima concentrato e convinto che lei sarebbe diventata una Serpe, ora si copriva il viso con entrambe le mani, deluso dalle parole del Cappello.
E il sorriso scomparve, e i sensi di colpa si fiondarono sullo stomaco, e di nuovo Nath non riusciva a muovere un passo verso il suo tavolo. Ci volle qualche secondo prima che Nathalie realizzò di essere sotto gli occhi di tutta la scuola e di doversi affrettare a raggiungere i suoi nuovi compagni.
Nonostante si sentisse già abbastanza delusa da sé stessa e non volesse aggravare la situazione, fu attratta dal posto libero accanto ad un ragazzo alto e slanciato, dal naso lungo e a punta e capelli color rosso fuoco. Capelli rossi. E lei sapeva che non era una buona cosa. Così non fu sorpresa, piuttosto disillusa, quando Draco strabuzzò gli occhi alla vista di Nath che con leggerezza si andava a sedere accanto al rosso e ad una ragazza dai capelli lunghi e nerissimi, legati con un elastico anch’esso nero.
«Ciao…» Disse infine con voce tremante, con un tono che sembrava più fare una domanda che un saluto vero e proprio. Il ragazzo rosso si voltò con una coscia di pollo in mano e con la bocca straripante le rispose.
«Ciao.»
Si voltarono anche le due ragazze di fronte: una dai capelli lisci e rossi come quelli del ragazzo – deve essere la sorella, pensò – e l’altra dai capelli castani e crespi. Quella dai capelli castani le sorrise. «Nathalie, giusto? Da che scuola vieni?»
«Da Henley, è più nel Nord dell’Inghilterra rispetto a Hogwarts.» ricambiò il sorriso.
Poi parlò la rossa, ma non si rivolse a Nathalie.
«Eccolo. E’ coperto di sangue. Perché è sempre coperto di sangue?»
«Stavolta pare sia il suo.» Rispose il fratello.
Tutta l’attenzione si rivolse ad un ragazzo alto e dai capelli neri e spettinati, coperto di sangue sul viso. Portava un paio di occhiali rotondi e un’espressione seria. Si andò a sedere accanto al ragazzo rosso.
«Cos’è successo?» Domandò la castana.
«Niente.» Rispose il nuovo arrivato. Poi si accorse che Nath lo stava osservando, così le rivolse un lieve sorriso che lei ricambiò.
«Oh, non ci siamo presentati!» Esclamò d’un tratto la rossa. «Io sono Ginny Weasley. E loro sono Hermione Granger, Ron Weasley e Harry Potter.» Li presentò indicandoli uno per uno. Ma Nath conosceva già i loro nomi.
Ah, eccoli di nuovo i sensi di colpa!
«Io sono Nathalie Stander.» Strinse la mano a tutti.
I suoi occhi rotearono verso la tavolata dall’altro lato della sala, e si scoraggiò vedendo Draco decisamente arrabbiato mentre cercava in tutti i modi di non guardarla e fulminarla con gli occhi.
Ma la conversazione cominciò ad animarsi, e Nath si sentiva ben accetta in quel gruppo. Il suo amico avrebbe dovuto accettare la situazione, e l’avrebbe fatto. Insomma, si conoscevano da undici anni oppure no? Perciò decise di lasciarsi andare e sorridere, godendosi il banchetto di inizio anno e i suoi nuovi amici.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ricordi. ***




BOOM!
Il fumo era scivolato nei polmoni ancora prima che gli occhi cominciassero a bruciare rendendosi conto di cosa fosse successo. Tutti i Grifondoro si precipitarono tossendo verso il quadro della Signora Grassa, il che non fece che peggiorare la situazione, perché oltre al fumo si erano aggiunte le pressioni di tutti i Grifoni di tutti e sette i corsi, ammassati, che piuttosto che organizzarsi preferivano spintonarsi come se stesse per scoppiare una bomba nel centro della Sala Comune. Effettivamente, la bomba era già scoppiata. La causa di tutto ciò aveva un nome, Seamus Finnigan, famoso in tutta la scuola per la sua abilità nelle arti pirotecniche, seppur inconsapevolmente. Aveva, evidentemente, sperimentato qualche nuovo incantesimo.
Nathalie – con i riflessi intorpiditi dalla lettura, interrotta a tratti da pensieri che tentava ogni volta di scacciare, agitando la mano come fossero mosche – si era trovata ad un certo punto nel mezzo del caos; sembrava avesse perso il controllo del suo corpo, che veniva spinto da una parte e dall’altra, finchè lei non si rese conto della situazione e si avviò verso l’uscita approfittando della sua piccola corporatura per sgattaiolare più in fretta. Nervosa, più che mai.
La verità era che l’esplosione aveva interrotto troppo bruscamente quei suoi pensieri, già stressanti di loro, e l’incidente di Seamus e tutte le sue conseguenze avevano peggiorato ulteriormente le cose. Pensieri che si facevano più violenti qualche volta più di altre, specialmente quando si ritrovava da sola con sé stessa, senza nessuno che le facesse dimenticare momentaneamente quello che era successo negli ultimi due mesi e mezzo.
Insomma, si conoscevano o no da undici anni? E in questi anni, non si c’era forse stato un rapporto di amicizia sincera e intima? O si era immaginata tutto?
Così erano andate le cose: nei primi giorni a Hogwarts lui le sorrideva mentre passava circondato dai suoi amici Serpeverde, ma sembrava un sorriso forzato, e anche un po’ nascosto. Poi si voltava e continuava a chiacchierare e a ridere con gli altri in un modo che Nathalie non aveva mai visto.
Con il passare dei giorni e delle settimane quei sorrisi forzati e di passaggio si trasformarono in sorrisi distratti, e infine, in sorrisi per sbaglio.
In ogni caso, Draco non si era degnato di rivolgerle una parola, se non quando Nath prendeva l’iniziativa e andava a cercarlo. «Hey» diceva sorridendo.
«Hey, senti, ora non posso parlare, ci vediamo a lezione, ok?»
Sì, certo, a lezione si vedevano . Si vedevano e basta. Così, verso gli inizi di novembre, era scoppiata. Lei aveva bisogno di mettere in chiaro le cose, perciò un pomeriggio, dopo pranzo corse in cortile dov’era sicura che avrebbe incontrato Draco.

«Ciao Serpe!» Il suo tono era più freddo e canzonatorio che scherzoso.
Lui stava ridendo malignamente di qualche scherzo fatto ai primini con i suoi compagni, ma non appena sentì la voce di Nath il ghigno sparì ancora prima che voltasse la testa verso di lei.
«Ciao.» Rispose freddo.
«Devo parlarti.»
«Non posso.»
«Perché?»
«Non sono affari tuoi.» Si voltò nuovamente verso gli altri come se avesse chiuso la questione.
A questo Nath non riuscì a trattenersi: si avvicinò a grandi passi e gli si pose davanti.
Seccato, Draco le rivolse l’attenzione, con l’aria di uno che la sa lunga e che non ha tempo né voglia di ascoltare le follie altrui.
«Mi dici chi accidenti sei?»
Lui sembrava estremamente sorpreso da quella domanda. «Scusa? Ah, per favore…»
«No, sul serio, dimmelo. Perché non capisco se sono io che mi confondo con qualcun altro, o se sei davvero tu, sempre tu, e io non me ne sono mai accorta.» replicò scontrosa.
Il suo sguardo freddo la fissò perplesso per qualche secondo poi le rispose sottovoce e lentamente.
«Non osare a parlarmi in questo modo.»
«Altrimenti che fai?»
I visi di entrambi si stavano contraendo in smorfie di rabbia. Dopo qualche lunghissimo secondo di silenzio, lei riprese a parlare, sottovoce, quasi un sibilo. L’alternativa sarebbe stata urlare a squarciagola. «Le possibilità sono due. Mi hai preso in giro. Tutto quello che dicevi, che mi raccontavi… quella storia dell’unica eccezione. L’hai fatto solo perché d’estate non avevi nessuno con cui stare. Oppure sei un codardo, e hai solo paura. Di te stesso.»
Draco rise. «E perché mai dovrei aver paura di me stesso
Tutti i Serpeverde risero con lui e Nath non potè che ghignare alla reazione dei compagni di Draco.
«Per questo.» rispose risoluta. «Tutto quello che vuoi è sentirti potente, adorato. E hai paura che se fossi te stesso questo non accadrebbe. E forse è vero, ma almeno avresti degli amici.» A questo punto il suo tono si abbassò ancora di più. «Guarda i tuoi amichetti, invece: ti seguono come delle ombre. Allora ricordati una cosa, Malfoy: le ombre spariscono non appena cala la notte. Gli amici veri no. E tu non ne hai più.»
Si fissarono con gli occhi colmi di odio ancora per tre secondi, poi Nathalie si voltò e se ne andò, sicura di sé e a testa alta.

Sì, era sicura di sé e di quel che aveva detto, aveva fatto bene.
In ogni caso, le lezioni erano cominciate, le piacevano, le trovava interessanti. E poi aveva trovato tra i Grifondoro persone che la facevano divertire, tanti studenti diversi, ognuno con la propria personalità. Nessuno portava nessuna maschera, e non si comportavano come fossero dei burattini, non c’era rivalità, nessuna barriera, nessun atteggiamento di superiorità verso gli altri.
Lei aveva sempre fatto attenzione nel legare con la gente, era fermamente convinta che ci fosse un abisso tra l’amare una persona e dipenderne completamente.
Certo, era inevitabile affezionarsi, specialmente se una persona la si conosce da quando si avevano soltanto cinque anni. Cercava in tutti i modi di non buttarsi giù e ricominciare, ma gli mancava, e c’erano momenti in cui non poteva fare a meno di pensare ai bei momenti passati e crearsi una seconda vita nella propria mente, nella quale a metà novembre, invece che rabbrividire guardando dalla finestra la pioggia fitta e gelida cadere a catinelle, se ne stava fuori, e riscaldarsi al pensiero che andava tutto bene, o leggendo una qualche lettera da parte dei suoi amici. O di quell’amico.

«Nathalie! Hey, Nath! Nath? Stander, ci sei?»
«Per me è partita per il mondo dei sogni, Ginny.»
«Ah, piantala, Ronald. Aiuta, piuttosto.»
«Che cos'ho detto adesso? Hermione, per me stai esagerando, ha solo la testa tra le nuvole»
«Piantala! Nath? Nathalie?»
Hermione diede un forte scossone a Nathalie che solo allora sembrò riprendere coscienza.
«Ah, sì, scusatemi. Dicevate?»
«Ci stanno aspettando, dobbiamo andare a Hogsmeade!»
«Oh, sì, è vero. E' sabato. Giusto. Andiamo.»

La giornata a Hogsmeade fu piacevole, la pioggia fu sostituita da leggeri fiocchi di neve e Nathalie si ritrovò a saltellare per le strade mentre gli altri la rincorrevano cercando di starle dietro, ridendo.
Si rifugiarono infine ai Tre Manici Di Scopa per scongelarsi. Con la sua solita goffaggine graziosa, Nath riuscì a rovesciarsi addosso parte della sua Burrobirra, il che tuttavia, la riscaldò.
«Miseriaccia, non ci credo che Malfoy fosse davvero tuo amico, e tu amica sua. Tu sei così… diversa?» Affermò Ron ridendo.
Il sorriso di Nathalie si incrinò leggermente ma rispose tranquilla e mettendo sullo scherzoso ciò che pensava sul serio da qualche tempo. «Me lo chiedo anch’io, sai?» Per poi aggiungere «Anche lui sembrava diverso, però.»
«Ah, mai fidarsi di un Malfoy! È l’essere più spregevole che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. Sinceramente, hai fatto bene ad allontanarti da quello lì, ti avrebbe rovinata.» Ron fece una pausa per addentare il suo panino, poi continuò con la bocca piena. «È un bambino viziato, presuntuoso ed arrogante che crede di poter controllare il mondo solo perché è ricco sfondato. Lui e il suo caro papà. E poi guarda Tiger e Goyle, quei due stupidi che ci vanno dietro. Lui li tratta come due schiavi, e loro sorridono come degli scemi e lo seguono comunque, credendo di avere una buona reputazione per essere ‘gli amici’ di Malfoy, che evidentemente considerano come il top dei Serpeverde. Tu sei diversa, per fortuna. Non sei una Serpe, tu sei una Grifondoro, e dovresti andarne fiera!»
Nathalie affogò all’istante la sua risata nella Burrobirra. Ronald Weasley aveva appena ripetuto le stesse parole che Draco Malfoy le aveva detto quell’estate, solo dal proprio punto di vista.
Gli altri parvero non accorgersi della risata divertita della ragazza, e la giornata si concluse tranquillamente.
Il lunedì seguente le giornate ripresero la loro solita routine, con le lezioni e tutto il resto. Ron sembrava sempre più agitato ed elettrizzato ogni giorno che passava, tuttavia non ne voleva rivelare il motivo, anzi, negava l’evidenza con un sorriso nervoso.
Quando invece gli occhi di Nathalie andavano a posarsi sul tavolo delle Serpi, non poteva fare a meno di notare, giorno dopo giorno, che Draco appariva sempre più rigido, distaccato dal mondo e pallido, più di quanto non lo fosse già. Pasticciava il pasto che si trovava davanti senza appetito, per poi abbandonarlo ancora pieno, andandosi a rifugiare chissà dove.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=796637