Glee Senior Year

di ColferAddict
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Un nuovo membro ***
Capitolo 3: *** Un nuovo bisogno ***
Capitolo 4: *** Conoscenze ***
Capitolo 5: *** Punizione ***
Capitolo 6: *** Serata tra donne ***
Capitolo 7: *** Sfide ***
Capitolo 8: *** Avvertimenti ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Non è salutare ***
Capitolo 11: *** Avvenimenti inaspettati ***
Capitolo 12: *** Favori ***
Capitolo 13: *** Novità ***
Capitolo 14: *** Provocazioni ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


Glee Senior Year

 

Capitolo 1: Un nuovo inizio

 

“Due anni fa un volo nel cassonetto, l’anno scorso una granita dritta in faccia... speriamo di cominciare meglio almeno l’ultimo anno...”.

Il suo sguardo fu catturato immediatamente dalle file di armadietti di quella strana tonalità di grigio con i lucchetti in rosso che gli sembravano così familiari nonostante non li vedesse da tre mesi. In quell’istante si rese conto che quei corridoi non avevano mai abbandonato la sua quotidianità, tanto da sembrare che non avesse mai smesso di percorrerli ogni santo giorno. Neanche il tempo di raggiungere il suo armadietto che il cellulare che aveva in tasca vibrò.

Kurt devi venire in auditorium, subito! recitava il messaggio di Mercedes. Cosa poteva esserci di così urgente il primo giorno di scuola da dover accorrere così in auditorium? Forse era una riunione straordinaria del Glee Club prima dell’inizio delle lezioni per annunciare la città in cui si sarebbero tenute le Nazionali di quell’anno! Kurt sperava vivamente che si tenessero in qualche città famosa come Los Angeles o San Francisco, anche se sapeva che la sua anima d’artista era rimasta per sempre a New York... spesso di soffermava a ripensare a quei pochi giorni trascorsi nella Grande Mela e a sorridere da solo al pensiero di doverci necessariamente tornare un giorno. Con Blaine avevano già affrontato ripetutamente l’argomento, decidendo che entrambi avrebbero fatto domanda per la Columbia, una delle scuole d’arte più famose del Paese. Non vedeva l’ora! Al solo pensiero della loro vita insieme, gli si scaldò il cuore, sentendo il bisogno di sentire la voce del suo ragazzo mentre si dirigeva in teatro. Prese l’i-phone e premette il tasto 2, sul quale era registrato il numero di Blaine come chiamata rapida.

- Kurt, ciao! - rispose subito il ragazzo riccioluto, entusiasta e stranamente frenetico.

«Spero che alla Dalton le lezioni non siano ancora cominciate, avevo bisogno di sentirti» spiegò Kurt.

- Non preoccuparti, sono ancora in corridoio. C’è qualcosa che non va? -

«Non lo so, sinceramente. Mercedes mi ha convocato d’urgenza in auditorium. Speravo di non doverti dare troppo presto la notizia di dove andrò quest’anno per le Nazionali...» lo prese in giro, sorridendo.

- Non cantare vittoria troppo presto, tenore dei miei stivali - scherzò l’altro. - I Warblers sono agguerriti! -

«E’ controtenore! Lo vedremo, comunque. Devo andare: sto entrando in teatro».

- Va bene. Buon primo giorno di scuola! -

«Blaine...» lo chiamò Kurt.

- Si? -

«Ti amo» disse con voce improvvisamente seria.

- Non credere che così ti renda più facile vincere le Provinciali! - esclamò Blaine. Kurt non poté fare a meno di sorridere, pensando alla faccia che doveva aver fatto in quel momento il suo ragazzo.

- Ti amo anch’io - si riprese immediatamente Blaine, proprio mentre Kurt apriva le porte dell’auditorium, interrompendo la chiamata, con un sorriso. Osservò le file di poltrone scure completamente vuote, il palco deserto e nell’ombra e si chiese dove fossero gli altri.

«C’è nessuno? Mercedes?» urlò, camminando verso le prime file. Giunto quasi sotto il palco, si girò verso la porta da dove era entrato, con intenzione di tornare indietro. Magari Mercedes aveva sbagliato a dargli le indicazioni ed erano tutti nell’aula di canto a discutere.

«In realtà...» sentì dietro di lui, una voce familiare provenire dal palco. «Ci sono solo io». Per poco gli occhi non gli schizzarono fuori dalle orbite mentre il cuore perdeva un battito e ricominciava a martellare all’impazzata.

«Volevo sapere se ti andava di duettare con me alla prima sessione del Glee... avevo pensato a qualcosa del tipo “As long as you’re mine”, dal musical Wicked. So che ti piace quel genere di canzoni». Kurt si girò lentamente senza credere ai suoi occhi: cosa ci faceva lui lì, con il suo solito sorriso stampato in faccia a chiedergli di duettare insieme?

«Che ci fai qui?» sussurrò Kurt, con voce stridula. Stava per saltargli addosso dalla gioia ma voleva essere sicuro di non aver frainteso tutto.

«Sai com’è... a scuola mi mancavi e, sinceramente, non ne potevo più di quella divisa!» spiegò il ragazzo dal palco, sfoggiando un jeans con una semplice camicia nera a maniche corte. Cominciò a scendere le scalette al centro del palco e, quando fu in platea, guardò Kurt con aria interrogativa.

«Credevo che saresti stato felice di vedermi» disse, con una punta di finta amarezza nella voce.

«Dammi un minuto per elaborare la notizia...» mormorò l’altro, immergendosi nello sguardo del suo ragazzo, così profondo e così allegro.

«Vediamo se così è più facile» sussurrò il ragazzo riccioluto, prendendo il viso di Kurt tra le mani e baciandolo dolcemente sulle labbra. Dopo un istante, si staccò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, quegli occhi azzurri che erano ancora chiusi, in attesa di un seguito a quel momento di intimità.

«Non mi è ancora proprio chiaro...» ammise sorridendo Kurt, prima di sentire di nuovo il contatto con le sue labbra. Ma questa volta non lo lasciò andare così facilmente: si aggrappò al colletto della sua camicia e lo strinse a sé, in quel momento di totale stupore e felicità.

«Ehy ragazzi!» urlò qualcuno, dietro di loro. «Farete tardi a lezione!». Kurt riconobbe all’istante quella voce matura e guastafeste che li stava disturbando.

«Mr. Schue, non potrebbe chiudere un occhio, solo per questa volta?» gridò di rimando Kurt, senza spostare il suo sguardo da quello di colui che aveva di fronte.

«Blaine, te l’avevo detto: cinque minuti al massimo!» rispose il professore, ignorando la richiesta del ragazzo.

«Lo sapeva anche Schuester?».

«Qualcuno doveva aprirmi l’auditorium... anche se Noah si era offerto di rubare le chiavi dalla presidenza».

«Quindi lo sapevano tutti tranne me?».

«Più o meno... Finn non lo sa ancora, non sarebbe riuscito a tenere il segreto» ammise Blaine con aria colpevole ma al tempo stesso divertita.

«Quindi è ufficiale?» chiese Kurt.

«Assolutamente. Da oggi sono uno studente del McKinley» sussurrò Blaine, entusiasta. Kurt non gli diede il tempo di finire, che gli buttò le braccia al collo, quasi urlando di gioia e stringendo il suo ragazzo fino a farlo soffocare.

«Kurt! Così mi uccidi!» strepitò Blaine, tenendolo stretto a sé, ma l’altro non allentò la presa.

«Ragazzi!» urlò Schuester, spazientito. In quel momento Kurt avrebbe voluto ucciderlo ma, tra le braccia di Blaine, non riusciva a pensare al suo guastafeste momentaneo personale.

Blaine gli posò un bacio sulla base del collo, stringendolo più forte per qualche attimo.

«Andiamo, dai. Non vorrai farmi prendere una sgridata il primo giorno di scuola» disse poi, sciogliendo l’abbraccio.

«Dimmi che hai matematica alla prima ora». Kurt prese il suo ragazzo per mano, incapace di dividersi totalmente da lui, e cominciarono a camminare verso l’uscita del teatro con il professore che continuava ad intimare loro di sbrigarsi.

«Ho già previsto tutto: abbiamo quasi le stesse lezioni, tranne alla terza ora... non ho assolutamente intenzione di fare francese con te!» assicurò Blaine, sorridendo.

«Ti ho mai detto che sei il fidanzato migliore del mondo?» gongolò entusiasta Kurt, posando un bacio sulla guancia di Blaine.

«Sarà il caso che cominci subito!». Risero insieme quando suonò la campanella della prima ora come a volerli riportare alla realtà. Kurt condusse Blaine nella classe di matematica dove la professoressa li guardò indignata come per dire: “Già in ritardo il primo giorno di scuola? Cominciamo bene!”. Blaine le rivolse un’occhiata di scuse mentre Kurt lo trascinò nel posto accanto al suo, tenendolo sempre per mano.

«Ehy, Hummel! Hai trovato chi ti regge il gioco?!» urlò una voce alle loro spalle, ridendo a crepapelle e subito seguita dall’intera classe, tranne da Sam, che in un angolo si limitava a scuotere la testa mortificato.

«Almeno io lo trovo qualcuno che mi sopporti» rispose per le rime il ragazzo, riconoscendo Azimio come colui che aveva intaccato l’aura di gioia pura che l’aveva investito qualche minuto prima. In classe si sollevarono un sacco di «Ooooh!» sorpresi per la veemenza della risposta mentre Sam si alzò per battere il cinque a Kurt e fingere di rassicurare Azimio con una pacca sulla spalla e un’espressione che la diceva lunga. Durante quell’estate Kurt e Sam si erano avvicinati molto, anche grazie alla relazione di quest’ultimo con la migliore amica del primo, e avevano scoperto di trovarsi molto simpatici a vicenda. Sam non si era mai comportato male nei confronti di Kurt, nemmeno quando gli aveva chiesto di duettare insieme l’anno precedente, ed era addirittura arrivato a prendersi un pugno in pieno viso per proteggerlo dalle angherie di Karofsky. La professoressa riportò la classe all’ordine e Blaine rivolse al suo vicino di banco un sorriso incoraggiante proprio mentre Kurt mimava un “Mi dispiace” con le labbra. Inutile dire che Kurt non prestò la minima attenzione alla lezione, occupato com’era ad inglobare la notizia del giorno, o forse dell’anno. Blaine sarebbe rimasto a scuola con lui per tutto il corso dell’anno, sarebbero stati insieme per tutta la giornata, a lezione, a mensa, al Glee Club, dappertutto.

Poteva esserci un primo giorno di scuola migliore?

E poi Blaine gli aveva proposto di cantare insieme dopo e l’avrebbe sicuramente accontentato. “As long as you’re mine” era una delle canzoni che più amava del suo musical preferito e avrebbe sicuramente reso giustizia al personaggio di Elphaba, come avrebbe fatto Blaine per Fiyero. Cominciò a pensare a come affrontare l’esibizione, scegliendo qualche passo per la coreografia, ripassando, senza che ce ne fosse reale bisogno, le parole della canzone. Non riusciva a pensare ad altro che al regalo che gli aveva concesso Blaine venendo nella sua scuola, entrando a far parte del Glee Club e quindi delle New Directions. Pensando a questo Kurt realizzò che i Warblers dovevano sentirsi persi senza il loro cantante solista di sempre. Sarebbe stata una passeggiata batterli alle Provinciali e arrivare alle Nazionali anche quest’anno era quasi scontato con anche Blaine in squadra.

Il Glee Club aveva comunque indetto delle audizioni, per dare una possibilità a chiunque volesse unirsi al gruppo ma la verità era che, sebbene elementi come Blaine fossero quasi parte della famiglia e quindi sempre ben accetti, il Glee Club era completo così, unito e forte come non mai. Quando suonò la campanella, Kurt si ritrovò subito in piedi, porgendo la mano a Blaine per raggiungere la prossima lezione. Appena usciti dalla classe con Sam al seguito che aveva salutato calorosamente Blaine dandogli il benvenuto a scuola, i tre si ritrovarono di fronte Mercedes, super eccitata e in fibrillazione come non mai.

«Blaine! Te l’avevo detto che non avrebbe sospettato nulla!» esordì la ragazza, carezzando con dolcezza la guancia di Kurt.

«Mi ha anche chiamato un secondo prima che entrasse in auditorium! Credevo che avesse scoperto tutto!» rise Blaine, rivivendo l’ansia di quando il suo telefonino aveva squillato.

«Eppure io ero convinto che fossi alla Dalton, nella tua bella divisa blu e grigia e con i capelli perfettamente incollati da quella schifezza che puoi usare solo tu...» precisò Kurt, sorridendo alle ultime parole. Dopo un attimo si sentì spingere con forza verso gli armadietti, trattenuto dal bavero della giacca di Alexander McQueen che indossava.

«Non osare mai più rispondere alle mie provocazioni in classe, hai capito frocetto dei miei stivali?!» intimò minacciosamente Azimio, a pochi centimetri dal volto di Kurt, tenuto quasi a mezz’aria da quelle mani enormi. Quando aveva riposto per le rime a quel bisonte dalla pelle scura non credeva di aver attentato alla propria vita.

«Lascialo subito!» urlò Blaine, tentando di mettersi in mezzo. Ma Sam fu più veloce, prendendo Azimio per la giacca dei Titans e staccandolo da Kurt quel tanto che bastava perché appoggiasse di nuovo i piedi a terra.

«Levati di torno, checca schifosa, se non vuoi che me la veda anche con te!» minacciò. Blaine non la smetteva di strattonarlo insieme a Sam, continuando come se le sue parole valessero nulla. Quando Azimio si stancò di sopportare le spinte che stava subendo, lasciò andare Kurt, scaraventandosi su Blaine e sferrandogli un pugno in pieno viso.

Mercedes era scappata a chiedere aiuto a Finn e Puck, che stavano arrivando correndo in quel preciso istante alle spalle di Blaine che era caduto sul pavimento, stordito.

«Lascialo stare!» urlò Kurt con tutta la forza che aveva in corpo, gettandosi su Blaine per controllare se fosse ancora cosciente. Gli sembrava di si...

Proprio mentre Finn e Puck li stavano raggiungendo, Kurt sentì un forte schianto contro gli armadietti. Qualcuno li aveva preceduti. David Karofsky era arrivato, caricando Azimio come se fossero sul campo da football e facendolo sbattere contro gli armadietti grigi. Lo scontro fu così duro che alcuni si ammaccarono. Finn e Puck lo tennero fermo mentre Dave lo guardava con furia omicida.

«Che cazzo fai, Dave?!» gridò Azimio, ancora intontito dall’azione dell’amico.

«Devi lasciar stare quei due, è chiaro?» intimò Dave, indicando Blaine che si stava riprendendo e Kurt che lo sorreggeva dalle spalle.

«Tu sei pazzo, Karofsky!».

Kurt aiutò Blaine a rialzarsi e gli chiese come stava, come andava la testa, se voleva che lo portasse in infermeria o in bagno, insomma tutto quello che gli sembrava sensato in quel momento.

«Ma che diamine sta succedendo?!» urlò Sue Sylvester, spuntata dietro Sam e Mercedes che si stavano ricomponendo. Nel frattempo Kurt notò che si era raccolta una folla intorno a loro, comprendente Rachel con un’espressione preoccupata stampata in volto e la povera Becky accorsa insieme alla coach.

«Azimio ha sbattuto Kurt contro gli armadietti, coach e poi ha dato un pugno in faccia a Blaine» spiegò Mercedes, ancora terrorizzata.

«Hudson, Puckerman, lasciatelo andare» ordinò la coach, sorprendendosi di aver ricordato i cognomi di quei due. «Ben presto capirai che nella mia scuola non accetto atti di bullismo contro quel ragazzo! Non più!» sibilò la Sylvester, indicando Kurt, che la guardava sbalordito.

«Mi ha provocato!» rispose Azimio.

«Non è vero! Tu lo hai preso in giro e lui ti ha risposto!» controbatté Sam, cercando di scansare Mercedes per fare chissà cosa.

«Non crederà a tutti i suoi amichetti del cuore, vero coach?» la sfidò Azimio, tentando di evitare la sospensione. Sfortunatamente per lui, la coach Sylvester non era il tipo da cedere alle sfide. Li obbligò a seguirli tutti nel suo ufficio, Finn e Puck compresi mentre Karofsky si teneva a debita distanza dal gruppo. Convocò anche Schuester prima di entrare nel suo ufficio che, subito, si fece affollato. La Sylvester si accomodò dietro la scrivania mentre Schuester prendeva posto alle sue spalle, appoggiato alla sua sedia. Kurt si premurò di far sedere Blaine, il cui zigomo cominciava a gonfiarsi.

«Partiamo dalla questione più semplice» esordì la coach. «Voi quattro» disse indicando Finn, Puck, Sam e Dave. «Cosa diamine c’entrate in questa storia?».

«Abbiamo solo aiutato Kurt» spiegò Puck, poggiando una mano sulla spalla dell’interessato.

«Perché chiamare un professore sarebbe stato troppo responsabile da parte vostra, vero?» fece Schuester.

«Non ci abbiamo pensato...» sussurrò Finn.

«Perché voi non pensate! Non bisogna rispondere alla violenza con altra violenza! Azimio poteva farsi male sul serio contro quegli armadietti!» continuò il professore, aggiornato da Sue sugli ultimi avvenimenti.

«Sta scherzando?! Sono Kurt e Blaine che potevano farsi male!» esclamò Sam, rimasto in silenzio fino ad allora.

«Calma, bocca di rosa» lo interruppe Sue. «A quello arriveremo dopo».

«Comunque voi quattro potete andare» aggiunse Schuester.

«Ma come?! Dave mi ha sbattuto contro l’armadietto!» protestò Azimio.

«Per tutte le volte che lo hai fatto tu con Kurt, non puoi proprio parlare!» rispose prontamente Puck, avvicinandosi a lui minacciosamente con Finn e Sam che lo trattenevano.

«Non ne vale la pena, Puck» sussurrò Finn. Schuester scosse il capo, come rassegnato, mentre la coach continuava a parlare.

«Ebbene, Porcellana, puoi spiegarmi cosa è successo, precisamente?». Kurt pensò che gli anni passavano ma il suo soprannome persisteva.

«Lui mi ha insultato alla prima ora e io gli ho risposto».

«Del tutto normale» lo interruppe lei. «Continua».

«Ma quando siamo usciti mi ha inchiodato all’armadietto dicendomi che non dovevo mai più permettermi di rispondergli in quei toni. Blaine e Sam hanno cercato di togliermelo di dosso e lui ha dato un pugno a Blaine» concluse Kurt, guardando il suo ragazzo in silenzio.

«E’ andata così, Azimio?» chiese Schuester.

«Oh, andiamo, Schuester! E’ evidente che sia andata così. Scommetto che gli altri sono intervenuti quando la tua amichetta di colore è andata a chiamarli» rispose Sue al che Kurt si limitò ad annuire.

«Blaine, perché non vai in infermeria a farti vedere quell’occhio?» fece l’altro professore, infastidito dal comportamento della sua collega.

«Lo accompagno» si offrì subito Kurt.

«No, Porcellana. Dobbiamo prima concludere questa questione». Blaine si alzò malvolentieri e si avviò fuori, accompagnato dal professore e guardando Kurt che ricambiò il suo sguardo sedendosi dove era stato il suo ragazzo prima di lui. La coach indicò ad Azimio di accomodarsi sull’altra sedia di fronte a lei e cominciò a parlare con il suo solito tono altezzoso e inconfondibile.

«Primo: non mi interessa se fuori le mura di questa scuola intendete massacrarvi di botte fino a che uno di voi due non diventi cibo per cani ma, quando siete nel mio territorio, non accetto comportamenti del genere. E volete sapere il perché?».

Kurt e Azimio non si guardarono nemmeno, senza annuire né muoversi di un millimetro.

«Perché mi sono appena candidata per entrare a far parte del Governo di questo Paese che sta cadendo a pezzi e, visto che ho gli occhi di tutti gli Stati Uniti d’America puntati su di me e di riflesso su questa scuola, non tollero che due ragazzini mi rovinino la campagna elettorale perché non sono capaci di ignorarsi a vicenda nei corridoi ma preferiscono beccarsi continuamente come due stupidi piccioni!».

Kurt capì improvvisamente da dove proveniva tutta quella comprensione: la coach non voleva problemi per la sua preziosa campagna, non gliene importava nulla di lui o del suo ragazzo. Ergo: non era cambiato nulla.

«Visto che mi sono già stancata di avere di fronte agli occhi voi due, terminiamo questa faccenda con un richiamo verbale per entrambi ma sappiate che, se dovesse presentarsi un nuovo caso di bullismo in questa scuola, sospenderò a tempo indeterminato o espellerò il colpevole a costo di fare da testimone ad un fatto mai accaduto solo per vedere il diretto interessato buttato fuori a calci come meriterebbe».

Azimio fece finta di non capire che la minaccia fosse nei suoi confronti ma si limitò a chiedere se poteva andare. Sue accordò il permesso e il ragazzo uscì, lasciando Kurt al cospetto della coach.

«Buona giornata, allora» sussurrò Kurt prima di congedarsi.

«Porcellana» lo chiamò la Sylvester. «Se quell’animale dovesse ancora darti fastidio sappi che lo farò sbattere fuori da questa scuola. Non lascerò correre come l’anno scorso».

Kurt si vide costretto a ricredersi su ciò che aveva pensato poco prima: forse qualcosa era davvero cambiato.

«Grazie, coach» sussurrò.

«E adesso vai dal tuo fidanzatino, forse sarà preoccupato». Kurt si limitò a sorridere amaramente a quel commento ma non aggiunse altro. Uscì velocemente e si diresse in infermeria dove trovò Blaine con un po' di ghiaccio premuto sul suo zigomo.

«Kurt» disse, appena lo vide sulla soglia. L’infermiera era andata a prendere un po' di pomata per evitare che si formasse un livido troppo evidente.

«Blaine, mi dispiace così tanto! Come ti senti?» chiese l’altro, ansioso di porgergli le sue scuse.

«Molto meglio» sorrise l’altro, tentando di rassicurarlo. «Cosa ha detto la coach? Ti ha punito?».

«No, ci ha congedati con un richiamo verbale» tagliò corto Kurt. «Ma tu sei sicuro di stare bene? E’ stata tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto rispondere a quello stupido bisonte».

«Non è stata colpa tua, Kurt. E comunque mi ero preparato agli insulti e cose così solo non ero proprio pronto per un pugno in faccia il primo giorno di scuola alla fine della prima ora» lo rassicurò Blaine, sorridendo. Ma l’altro non riusciva proprio a ricambiare l’ottimismo del suo ragazzo. In quel momento riusciva solo a pensare che non si sarebbe mai sentito libero di poter baciare o anche solo di tenere per mano Blaine senza scattare ad ogni armadietto che si chiudeva o senza pensare che chiunque li stesse fissando.

Odiava quella situazione: perché lui e Blaine non potevano essere solo loro stessi e basta?

“Due anni fa un volo nel cassonetto, l’anno scorso una granita dritta in faccia... e quest’anno il mio ragazzo riceve un pugno in faccia a causa mia... Perfetto come sempre, Hummel” pensò tra sé e sé prima che l’infermiera tornasse con la pomata.

 

Continua...

NDA: Salve a tutti!!! Questa è la mia prima fan-fiction su Glee ed è nata come una mia visione della terza stagione. Ho cominciato a scriverla quando si sparse la voce che Darren Criss non sarebbe tornato a Glee per la terza stagione che è stata poi smentita (fortunatamente!!!). Il mio intento in quel momento, fu di dover scrivere un seguito alla storia di Kurt e Blaine ma poi, con il passare del tempo, ho ampliato il discorso, aggiungendo tutti gli altri personaggi a partire da Artie Abrams fino a Lauren Zizes! Come avete potuto notare non manca nemmeno il personaggio di Sam Evans che è uno dei miei preferiti e che non poteva certo essere omesso dalla mia terza stagione personale! Spero che la storia vi interessi e che vi abbia in qualche modo intrigato anche perchè questo è solo l'inizio! Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ci terrei a precisare una cosa: non ho inserito negli avvertimenti la nota OOC perchè, secondo il mio modesto parere, i personaggi sono descritti come appaiono ai miei occhi. Ovviamente non tutti possiamo avere la stessa visione di un singolo personaggio e per questo non voglio dire che i miei personaggi siano IC. Ci terrei comunque a conoscere il vostro parere a riguardo!

Infine, dedico questo mio primo capitolo a Lusio che è il miglior beta che si possa desiderare e che mi sopporta quando gli propongo ogni nuovo capitolo! Grazie per avermi spronato a pubblicare questa storia! Ti voglio bene!!! =)

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Capitolo 2
*** Un nuovo membro ***


Capitolo 2: Un nuovo membro

 

«Prima di tutto vorrei cominciare dando il benvenuto ad un nuovo membro delle New Directions: un bell’applauso per Blaine Anderson!» annunciò Schuester, in piedi di fronte alle prime file della platea dell’auditorium, dove erano seduti tutti i membri del Glee Club.

Blaine si alzò, abbassando il capo in segno di saluto mentre tutti gli altri applaudivano entusiasti del nuovo acquisto.

«Perché non ci fai vedere cosa sai fare?» lo invitò il professore.

«Visto che conoscete già la mia voce e il mio stile, ho deciso di stupirvi con un magnifico duetto...» disse Blaine, posando lo sguardo sul suo ragazzo seduto al suo fianco. «Se Kurt vuole, io sono pronto».

Lui si limitò ad annuire, salendo con Blaine sul palco. Prima di dividersi per entrare da due quinte opposte, Blaine gli posò un tenero bacio sulla guancia.

«Saremo perfetti» sussurrò Kurt.

«Puoi scommetterci».

Entrarono in scena sulle prime note della canzone, posizionandosi al centro esatto del palco. Le luci erano spente e non riuscivano quasi a vedersi nella penombra ma quando Blaine gli prese le mani nel buio, Kurt lo aiutò a sedersi sulla superficie scura e liscia del palco, uno di fronte all’altro come aveva visto fare tante volte nei video su YouTube. Poi cominciò, stringendo le mani del suo ragazzo mentre le luci si concentravano sulle loro figure...

 Kiss me too fiercely
Hold me too tight
I need help believing
You’re with me tonight
My wildest dreamings
Could not foresee
Lying beside you
With you wanting me
 

Just for this moment
As long as you’re mine
I’ve lost all resistance
And crossed some borderline
And if it turns out
It’s over too fast
I’ll make ev’ry last moment last
As long as you’re mine

Blaine continuava a guardarlo negli occhi, senza perdere per un attimo la concentrazione e sorridendogli incoraggiandolo ad andare avanti. Quando fu il suo turno, Kurt gli accarezzò la guancia, sfiorandolo solo con le dita, un po' perché lo imponeva la scena ma soprattutto perché desiderava sfiorare quel viso che gli stava concedendo quel momento unico...

Maybe I’m brainless
Maybe I’m wise
But you’ve got me seeing
Through different eyes
Somehow I’ve fallen
Under your spell
And somehow I’m feeling
It’s “up” that I fell…

A quel punto si inginocchiarono uno di fronte all’altro, mostrando le loro mani intrecciate e preparandosi al ritornello...

Every moment
As long as you’re mine
I’ll wake up my body
And make up for lost time…

Per la prima volta Blaine chiuse gli occhi, abbassandosi un po’ sulle ginocchia per continuare da solo, come se non volesse accettare le parole che stava per pronunciare...

Say there’s no future
For us as a pair...

Kurt, con una delicata carezza, riportò i suoi occhi ad incrociarsi con quello sguardo fiero e dolcissimo, mentre riprendevano insieme...

And though I may know
I don’t care...

Just for this moment
As long as you’re mine
Come be how you want to
And see how bright we shine
Borrow the moonlight
Until it is through
And know I’ll be here holding you
As long as you’re mine…

Kurt sentì, a quelle parole, di non riuscire più a trattenere le lacrime e così le lasciò scorrere sul suo viso pallido, provando a rimanere concentrato nonostante tutte le emozioni stupende che stava provando in quegli istanti, anzi che Blaine gli stava facendo provare...

Blaine gli prese il volto rigato di lacrime tra le mani calde e gli chiese, come da copione: «What is it?».

«It’s just... for the first time, I feel wicked”.

Blaine avvicinò con veemenza le loro labbra, chiudendo quella poca distanza che si era creata tra loro e baciando Kurt con tutto l’amore di cui era capace in quel momento, come anche l’esibizione richiedeva. Si separarono quasi subito, fin troppo consapevoli di essere di fronte a tutti i loro compagni oltre che al professor Schuester. Kurt quasi non si accorse degli applausi dei suoi compagni, impegnato com’era ad immergersi negli occhi stupendi di Blaine, che stava tentando di asciugare quelle scie lasciate dalle gocce salate scivolate sul suo volto. Quando le mani di Blaine strinsero di nuovo le sue, si alzarono insieme, girandosi verso il loro pubblico ristretto e sorridendo. Solo in quel momento Kurt si rese conto che i suoi compagni erano tutti in piedi e che Rachel stava piangendo come una bambina, commossa da quella scena perfetta. Anche Puck si era visibilmente emozionato insieme a Quinn e Tina. Si inchinarono velocemente e scesero dal palco, ancora mano nella mano. Tornarono al loro posto originario e si accomodarono, beandosi di tutti i commenti positivi con i quali i loro compagni li stavano elogiando. A quel punto, prima che Schuester potesse riprendere a parlare, Rachel si alzò dal suo posto al fianco di Finn, salendo sul palco e asciugandosi gli occhi.

«Prima di proseguire nella nostra riunione, vorrei presentarvi anch’io qualcuno».

Tutti si guardarono intorno straniti, pensando a quale sorpresa potesse avere in mente.

«Direttamente dai Vocal Adrenaline, la voce solista che ha permesso loro di arrivare e di vincere alle Nazionali di New York, e che, se non fosse stato per me, ci avrebbe condotto alla vittoria già l’anno scorso» cominciò Rachel, entusiasta nella prima parte ma mortificata nella seconda. Tutti non riuscivano a crederci.

«Signore e signori, è qui con noi per unirsi alle New Directions, Sunshine Corason!» esclamò Rachel, felice e indicando un punto dietro tutti i suoi compagni, dove Sunshine apparve. Tutti applaudirono entusiasti, alzandosi per dare il benvenuto al nuovo e, questa volta per tutti, inaspettato membro del Glee Club. La ragazzina salì sul palco e abbracciò Rachel, che subito e stranamente le lasciò la scena, scendendo e tornando al suo posto mentre Sunshine cominciava a cantare...

If I should stay,
I would only be in your way.
So I'll go, but I know
I'll think of you ev'ry step of the way.


And I will always love you.

I will always love you.
You, my darling you.

Bittersweet memories
That is all I'm taking with me.
So, goodbye. Please, don't cry.
We both know I'm not what you, you need.

And I will always love you. 
I will always love you. 

Tutti conoscevano il suo talento e la sua voce ma nessuno poté fare a meno di alzarsi per applaudire a quella ragazzina che, nel suo fisico così minuto, aveva sviluppato una voce da fare invidia alla stessa Whitney Houston. Sentendo Sunshine cantare, Kurt posò il capo sulla spalla di Blaine, stringendogli la mano e mimando le parole della canzone con le labbra. Più o meno era quello che avevano fatto tutte le ragazze, compresa Santana che si appoggiava a Brittany che stringeva la mano di Artie. In quel preciso istante tutti capirono che quello sarebbe stato l’anno delle New Directions. Non potevano perdere con degli elementi del genere in squadra. Se l’anno prima non si erano qualificati nei primi dieci posti per le Nazionali per colpa di uno stupido bacio, quest’anno non avrebbero potuto fare a meno di vincere. Sunshine scese dal palco e tutti le diedero il benvenuto, per la seconda volta.

«Ragazzi, quest’anno non ci batte nessuno!» urlò Finn, supercarico per le rivelazioni della giornata.

«Basta che non ti fai prendere di nuovo dagli ormoni» rispose Santana acida che non aveva ancora dimenticato la delusione dell’anno precedente. Proprio in quel momento suonò la campanella che avvertiva della fine del primo giorno di scuola.

«Aspettate un attimo!» urlò Schuester quando tutti cominciarono a recuperare i propri effetti personali.

«Non volete sapere dove vinceremo le Nazionali?» chiese, con un sorriso sghembo. Sapeva perfettamente di aver attirato l’attenzione di tutti. Detto questo però non continuò a parlare, creando una suspense insopportabile.

«Andiamo, professore! Dove andiamo?» chiese Mercedes impaziente.

«Tenetevi pronti!» avvertì Schuester. «Le Nazionali di quest’anno si terranno a...». Finn picchiettò insistentemente su una delle poltroncine per enfatizzare quel momento. Come se non fossero già tutti protesi verso il professore con le orecchie ben aperte.

«Orlando, Florida!» esclamò alla fine Schuester. Si alzò un fracasso di applausi e urla, pensando che sarebbero stati tutti insieme in Florida a godersi il sole estivo e un po' di mare prima di stracciare tutti gli altri cori della Nazione.

«Non ci posso credere!» stava urlando Tina abbracciando Mike.

«Dobbiamo festeggiare!» propose quest’ultimo. Si alzò un coro di assensi, ma Kurt guardò Blaine e il suo zigomo che si stava gonfiando nonostante la pomata che gli aveva dato l’infermiera e così gli chiese se preferisse andare a casa.

«Forse sarebbe meglio... ma, se vuoi, tu vai con i tuoi amici. Io posso prendere un autobus o qualcosa del genere per tornare a casa».

«Primo: sono anche i tuoi amici ormai» rispose Kurt risoluto. «Secondo: non ti lascerei mai tornare a casa in quelle condizioni in autobus. Terzo: Blaine ex Warbler, credi che potrei mai preferire una qualunque serata tra amici a una bellissima cena con te?».

«Ti andrebbe?» sussurrò l’altro avvicinandosi al suo ragazzo.

«Più di ogni altra cosa». Kurt provò ad avvicinarsi a Blaine per posargli un dolce bacio sulle labbra ma, a un centimetro dalla sua bocca, fu bruscamente interrotto.

«Allora, piccioncini, voi che fate?» domandò Quinn, sorridendo.

«Ma non li vedi che non vedono l’ora di appartarsi da qualche parte?» scherzò Puck. Kurt gli lanciò un’occhiataccia, non tanto per la frase in sé ma perché era stata pronunciata di fronte a Schuester che cominciò a sorridere divertito.

«Porto Blaine a casa. Non credo che la pomata sia bastata per l’occhio».

«Bella scusa!» lo canzonò ancora Puck.

«Smettila! Lascia che facciano ciò che vogliono» rispose Tina, dandogli un piccolo schiaffo sul braccio.

«Non sul mio letto, vi prego! O sul divano!» supplicò Finn mentre Kurt sentiva le orecchie in fiamme.  Rachel gli assestò una gomitata nello stomaco, facendolo piegare per finta in due.

«Okay, adesso basta» li riprese sempre lei, guardando specialmente Puck.

«Posso venire anch’io?» chiese Sunshine timidamente per cambiare discorso.

«Cara, tu sei l’ospite d’onore!» le ricordò Artie, facendola sorridere.

«Siete sicuri di non voler venire?» provò Sam per l’ultima volta. Prima che Kurt potesse anche solo elaborare una risposta, Blaine li liquidò con un semplice: «Divertitevi».

Entrambi attesero pazientemente che se ne fossero andati tutti, prima di salutare il professore e dirigersi al SUV nel parcheggio.

«Come sei arrivato, stamattina?» domandò Kurt all’improvviso prima che aprisse il suo sportello.

«Mi ha accompagnato mia madre. Doveva sbrigare qualche faccenda burocratica».

«La conoscerò mai?» sussurrò a quel punto Kurt, allacciandosi la cintura per non dover incrociare gli occhi di Blaine. Non gli aveva mai chiesto di conoscere i suoi genitori e ogni volta che proponeva di andare a casa sua, Blaine trovava sempre una scusa per evitare.

«Certo, quando vuoi» rispose con entusiasmo, senza precisare che non era sua madre che temeva.

«Che ne dici di passare da me prima di accompagnarti a casa?» continuò Kurt, infilando le chiavi nel quadro. Blaine, dal posto del passeggero, si sporse verso il suo ragazzo, baciandogli la pelle sotto l’orecchio e facendolo irrimediabilmente arrossire.

«Credevo che non me l’avresti mai chiesto» sussurrò, ammiccando e tornando a sedersi dritto. Kurt, ancora accaldato, mise in moto e abbandonò il parcheggio della scuola, ignaro che ci fosse qualcuno che non si era perso nemmeno un attimo della scena che aveva visto protagonisti i due innamorati.

 

***

Mike non si era staccato nemmeno per un secondo dalla nuova arrivata del Glee Club.

Non che Tina fosse gelosa, ma le dava non poco fastidio che Mike la stesse trascurando per una ragazza che conosceva appena nonostante l’avessero praticamente salvata da un covo di drogati una volta. Tutti i suoi amici si stavano divertendo a chiacchierare amabilmente tutti riuniti al Lima Bean per un caffè mentre lei se ne stava in disparte, sola con il suo cappuccino scremato.

«Ti diverti?» sussurrò qualcuno vicino a lei. Tina distolse lo sguardo da Mike per concentrarsi sull’unico che si fosse interessato a lei in quel momento.

«Non molto, ad essere sincera» rispose. «Che fine ha fatto Brittany?».

«Sai, credo che non abbiamo più molto da dirci, io e lei...». Artie abbassò lo sguardo, come rassegnato. Sapeva che Santana aveva messo gli occhi sulla sua ragazza da parecchio ormai e non poteva certo credere di poter competere con lei, insomma veniva da Lima Heights.

«Davvero? Brittany ha la capacità di fare un discorso?» lo prese in giro Tina, sorridendo.

«Ehy! E’ diventata più intelligente dall’anno scorso!» la difese Artie ridendo con lei. «E tu e Mike?».

«Sembra che sia preso dalla nuova arrivata».

«Oh» commentò Artie, notando la situazione. In quel preciso istante Sunshine rise, probabilmente ad una battuta di Mike e gli posò una mano sul braccio. Tina non poté fare a meno di provare una forte sensazione di rabbia a quel contatto ma si rese conto che non fosse perché quella ragazzina stava toccando Mike ma solo per una questione di principio. Non le interessava che Mike le stesse parlando ma solo che, in questo modo, le stesse mancando di rispetto.

Ciò le dava fastidio con chiunque.

Stava mentendo a se stessa dicendo che non le importava che Mike parlasse con lei, oppure era la pura e semplice verità?

E se era la pura e semplice verità, perché non le importava?

Era il suo ragazzo, avrebbe dovuto importargliene!

«Perché non andiamo a fare una passeggiata più tardi?». Artie interruppe i suoi pensieri, riportandola alla loro conversazione.

Era il caso di fare una passeggiata con il suo ex ragazzo mentre Mike continuava a parlare con Sunshine come se Tina non esistesse?

«Certo, mi farebbe piacere».

Decisamente sì.

 

Continua...



NDA: Ecco a voi il secondo capitolo! Mi scuso in primis perchè è abbastanza breve e perchè è occupato in parte da versi di due canzoni, ma aggiungere altro sarebbe stato un troppo... ma ci rifaremo con il prossimo capitolo, non preoccupatevi!
Visto che è tornata la nostra cara Charice?! Non potevo crederci quando è stata divulgata la notizia che non sarebbe più tornata nella terza stagione e, così, eccola qui! E come regular aggiungerei! =)
La canzone che canta Sunshine è, per chi non l'avesse capito, "I will always love you" di W. Houston e vi lascio il link di una sua esibizione che mi piace particolarmente: http://www.youtube.com/watch?v=AJQYZJd3TKw 
Se riuscite a sopportare il tizio che parla all'inizio, fatemi sapere cosa ne pensate!
La canzone che cantano Kurt e Blaine è "As long as you're mine" tratta dal bellissimo musical di Wicked e vi lascio il link di un'esibizione di Idina Menzel (stupenda! **) e Norbert Leo Butz dal cast originale di questo musical: http://www.youtube.com/watch?v=lYGEz4UJJkY
Per chi inoltre volesse ascoltare la canzone per intero, ecco il link della versione originale cantata sempre da Idina e Norbert: http://www.youtube.com/watch?v=z4tWBetHvsA&feature=fvwrel
Non so voi, ma io credo che questa canzone sia perfetta per Kurt e Blaine e, per chi non masticcasse l'inglese a sufficienza da capire il significato della canzone, vi lascio una mia traduzione (visto che su Internet non se ne trova una decente), premettendo che non sono una traduttrice e che probabilmente non sono stata in grado di rendere al meglio il testo...

Baciami con troppa veemenza
Stringimi con troppa forza
Ho bisogno di aiuto per credere
Che tu sia con me stasera
I miei sogni più selvaggi
Non potevo prevedere
Sdraiata accanto a te
Con te che mi desideri

Solo per questo momento
Fintanto che sei mio
Ho perso tutta la resistenza
E ho superato qualche limite
E se si dovesse scoprire
E’ finita troppo in fretta
Farò in modo che duri ogni ultimo momento
Fintanto che sei mio

Forse sono stupido
Forse sono saggio
Ma tu hai ottenuto che io ti guardi
Con occhi diversi
In qualche modo sono caduto
Nel tuo incantesimo
E in qualche modo sento
Che sono caduto verso l’alto

Ogni momento
Fintanto che sei mio
Sveglierò il mio corpo
E rimedierò al tempo perduto
Dì che non c'è futuro
Per noi come una coppia
E sebbene lo sappia
Non mi interessa... 

Solo per questo momento
Fintanto che sei mio
Diventa ciò che vuoi
E guarda quanto splendentemente brilliamo
Catturando la luce della luna
Prima che finisca
E sappi che sarò qui a stringerti
Fintanto che sei mio

Invece alla fine della canzone Blaine chiede, come da copione: "What is it?" ovvero "Cosa c'è?" e Kurt risponde con "It's just for the first time I feel wicked" ovvero "E' solo che per la prima volta mi sento malvagio". Probabilmente agli occhi di molti di voi non avrà senso ma nel musical vi garantisco che un senso ce l'ha! 

Una nota ancora: ho scelto Orlando in Florida come location per le Nazionali semplicemente perchè quest'anno sono stata a New York e ad Orlando e quindi, non potendo usare la prima per cause maggiori, ho optato per la seconda, sperando che sia di vostro gradimento!

Per finire volevo ringraziare lievebrezza per avermi fatto notare che alla Julliard sono ammessi solo cantanti lirici, permettendomi di cambiare la scuola con la Columbia (comunque molto prestigiosa). Purtroppo non avevo notato questo particolare perchè il nostro caro Ryan Murphy aveva indicato la prima università come un possibile futuro di Kurt e Blaine. Ma comunque, ancora grazie per avermelo fatto notare!

Lo sapevo che alla fine le note sarebbero state più lunghe del capitolo ma non posso farci niente!

Ancora un rigo per ringraziare tutti coloro che hanno recensito e che leggono questa storia! Grazie mille, mi rendete felice! Fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo capitolo, mi raccomando!!! ^^

Un bacio a tutti e alla prossima,

Federica!

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Capitolo 3
*** Un nuovo bisogno ***


Capitolo 3: Un nuovo bisogno

 

«Sai, credo che potrei abituarmi alla tua presenza a scuola...» sussurrò Kurt per spezzare quel silenzio in cui erano caduti dopo che aveva cominciato a guidare, beandosi semplicemente delle note della canzone che stavano trasmettendo alla radio.

«Oh, grazie tante» lo canzonò Blaine, spostando il suo sguardo su di lui.

«Mi dispiace per quello che è successo» continuò l’altro. «Non avrei mai voluto che il tuo primo giorno di scuola fosse così». Kurt era riuscito a pronunciare quelle parole guardando la strada, stringendo con forza il volante e sforzandosi di credere che non fosse stata tutta colpa sua.

«Kurt, smettila» lo rimproverò Blaine. «Il mio primo giorno è stato stupendo perché tu sei stato al mio fianco e non c’è giorno migliore, per quanto mi riguardi...» disse, stringendo la mano che Kurt aveva spostato sul cambio. «E poi mi è sembrato che il duetto sia piaciuto...».

«E’ stato stupendo» assicurò Kurt, sorridendo al suo ragazzo. Parcheggiò nel vialetto di casa sua e scesero.

«Non c’è nessuno?» chiese Blaine, notando l’assenza della macchina del padre di Kurt e anche di quella di Finn.

«Papà e Carole sono a lavoro e Finn è rimasto con il resto del Glee». Subito un pensiero affiorò nella mente di Blaine: sarebbero stati da soli a casa di Kurt per la prima volta in tutta l’estate? Non poteva farsi scappare un’occasione del genere. Sì, perché in tutta l’estate non erano stati capaci di ritrovarsi nemmeno una volta da soli. C’era sempre Burt nei paraggi, Carole in cucina, Finn parcheggiato sul divano e i luoghi pubblici erano ovviamente off-limits in quanto avevano paura di essere fissati anche solo se si prendevano per mano. Blaine non aveva mai proposto di andare a casa sua perché lì le sue inclinazioni sessuali non erano proprio ben accette...

Entrarono e Kurt posò la sua cartella sull’appendiabiti, dirigendosi subito verso il bagno. Lasciò Blaine da solo all’ingresso e lui si guardò intorno, beandosi di quella sensazione di tranquillità. Quando Kurt fece ritorno, ostentava un tubetto di pomata in una mano.

«Due volte al giorno sulla zona interessata e, in meno di una settimana, quel livido resterà solo un brutto ricordo» sorrise, porgendo a Blaine il contenitore.

«Grazie» sussurrò lui. A quel punto, però, non sapeva più cosa dire, considerando che evidentemente Kurt non aveva fatto la sua stessa pensata.

«Ti va di vedere un film?» chiese, eccitato, muovendosi già verso il salotto per selezionare qualcosa di decente.

«Kurt, veramente...» cominciò Blaine, non sapendo come proseguire. Nel frattempo il suo ragazzo era già immerso in una serie di titoli di musical, film d’amore e cose del genere.

«Ti andrebbe “Burlesque”?» lo interruppe. «So che l’abbiamo già visto al cinema, ma lo adoro». Come poteva dirgli che non gliene fregava un fico secco di quel film senza ferirlo? Blaine desiderava solo chiudersi la porta della stanza di Kurt alle spalle e provare ciò che si erano preclusi per tutta l’estate.

«Non dovremmo approfittare del fatto di essere finalmente soli?» mormorò alla fine Blaine. Kurt si girò verso di lui, sorpreso. Come l’altro aveva immaginato, Kurt non aveva minimamente pensato a quel particolare.

«Oh... scu-scusa...» balbettò, sentendo le sua guance andare a fuoco. «Cosa ti andrebbe di fare?».

«Sei adorabile quando sei in imbarazzo» sussurrò Blaine, ottenendo solo come risultato che Kurt si sentisse ancora di più a disagio. Gli prese una mano e lo aiutò ad alzarsi, poggiando le mani sulle sue spalle e cercando il suo sguardo, irrimediabilmente concentrato sul pavimento.

«Non avevo capito che...» cominciò Kurt per scusarsi ancora.

«Shh» sussurrò Blaine, poggiandogli un dito sulle labbra socchiuse. Poté sentire il sospiro caldo di Kurt accarezzargli l’indice e, inebriato da quella sensazione, avvicinò le sue labbra a quelle del suo ragazzo, accarezzandogli la guancia. Il contatto fu dolce e delicato all’inizio ma, dopo qualche secondo, Blaine socchiuse le labbra, in una richiesta muta. Nonostante l’imbarazzo, Kurt non poté fare a meno di accontentarlo, schiudendo le labbra e accogliendo la sua lingua. Continuarono a baciarsi per diversi minuti, così, in piedi nel salotto fino a quando Blaine gli prese la mano, staccandosi dalle sue morbide labbra.

«Vieni con me». Lo accompagnò su per le scale, entrando nella stanza di Kurt e spingendolo all’interno.

«Che stiamo facendo?» chiese Kurt, come spaventato dalla veemenza di Blaine. Ma non ebbe risposta, perché il ragazzo gli serrò di nuovo le labbra con le sue, spingendolo contro il muro con forza. Le mani di Blaine erano sul suo viso e quelle di Kurt lo cingevano sui fianchi. Le loro lingue si accarezzavano con dolcezza e le loro labbra si staccavano solo per prendere aria. Kurt si sentiva così bene, così inebriato dal sapore del suo ragazzo sulle labbra da dimenticare che si trovavano nella sua stanza, da soli e che avrebbero potuto fare tutto quello che volevano, senza rischiare di essere interrotti. Poi Blaine prese lentamente, seppur con passione, a baciargli la gola, giungendo fino a sotto l’orecchio e mordicchiandone il lobo con fare sensuale. Kurt, che non aveva mai vissuto momenti così intimi, si sentì subito accaldato e si rese conto di essersi inevitabilmente eccitato a quel tocco così passionale. Riuscì a ritrovare le labbra di Blaine, con maggiore passione e stringendolo fino a far combaciare i loro corpi, schiavo di quelle bellissime sensazioni. Blaine fu entusiasta di aver provocato una reazione del genere nel suo ragazzo e ricambiò il bacio con eguale trasporto. Inutile dire che appena poté accorgersi dell’eccitazione di Kurt, la sua non tardò a formarsi, piacevole e dolorosa allo stesso tempo. Ma ciò che non avrebbe mai potuto prevedere in quel momento, fu che Kurt gli si aggrappò alle spalle, cingendogli la vita con le gambe e tenendosi ben ancorato con la schiena al muro.

Blaine non riusciva a credere ad una cosa del genere ma non gli dispiacque per nulla. Continuò a baciarlo con foga, premendo il suo bacino contro quello di Kurt, e tenendolo da sotto le cosce.

Kurt voleva farlo impazzire? Bhè, lo avrebbe accontentato. Sentiva già quel misto di dolore e piacere che si prova prima di raggiungere l’orgasmo. Le braccia di Kurt si tenevano strette al suo collo fino a quando Blaine non liberò le labbra per posarle sul collo, cominciando a baciarlo e leccarlo con lentezza calcolata.

«Blaine...» mugolò Kurt, schiavo del suo tocco. Gli bastò sentire un piccolo gemito uscire dalla gola di Kurt, che Blaine venne, sentendo la scossa di piacere partire dalla punta delle dita dei piedi e giungere ad ogni fibra del suo corpo. Fortunatamente Kurt aveva riappoggiato i piedi a terra, perché Blaine gli si appoggiò completamente addosso, facendo aderire la sua schiena al muro, come pochi secondi prima. Non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa fosse successo, che l’altro si scostò di scatto.

«Oddio! E adesso? Non puoi uscire così conciato!» esclamò subito Kurt andando verso l’armadio. Come poco prima, Blaine rimase totalmente sconcertato dalla reazione di Kurt.

«Kurt, calmati... non è successo nulla» tentò di dire, ma lui gli aveva già preso un paio di jeans per farlo cambiare. Ciò che però lo stupì particolarmente fu il fatto che Kurt si posò una mano sugli occhi prima di voltarsi verso di lui e porgergli il capo accuratamente selezionato. Poteva vedere le guance e le orecchie del suo ragazzo in fiamme dietro la mano.

«Tieni. Si intonano alla camicia».

«Kurt, togli quella mano davanti agli occhi, per favore!» supplicò Blaine, provando fastidio per quel gesto di Kurt. Non era successo nulla di male, no?

«Non vuoi prima cambiarti?» chiese lui, innocentemente.

«Non mi vergogno di quello che è accaduto... e nemmeno tu dovresti» rispose Blaine, prendendo la mano che Kurt aveva sugli occhi e spostandola.

Quando Kurt poté guardare Blaine negli occhi, capì che si era offeso per quel gesto e che non c’era nulla di male se, mentre si stavano baciando appassionatamente, il suo ragazzo aveva avuto un orgasmo... anzi, forse, doveva sentirsi lusingato. Il tutto però era così lontano dalla sua concezione che non riuscì ad accettarlo, limitandosi a sorridergli forzatamente.

Blaine, solo per evitare di discutere, prese il paio di pantaloni che Kurt gli stava offrendo e si diresse in bagno, scuotendo la testa.

«Giusto per la cronaca» urlò Blaine dal bagno. «Sai che i miei boxer sono completamente zuppi, vero?».

«Aspetta! Dovrei averne un paio nuovi». Kurt si precipitò verso un cassetto e tirò fuori una scatola di cartone contenente dei boxer neri. A quel punto aprì un po' la porta del bagno e tese la scatola intera a Blaine, facendo in modo che vedesse solo il suo braccio.

«Accidenti Kurt, non credevo di farti così schifo!».

Quelle parole ferirono Kurt più di quanto Blaine avesse immaginato, perché si lasciò cadere a sedere sul letto, pensando a cosa avesse mai fatto di male per far credere al suo ragazzo che gli facesse schifo.

In compenso Blaine si sentiva offeso per il comportamento di Kurt che sembrava disgustato da tutto ciò che stava succedendo. Il ragazzo si cambiò velocemente e poi, prendendo sottobraccio i suoi jeans e, ben nascosti tra loro, i suoi boxer, temendo un’ulteriore reazione isterica di Kurt, uscì.

«Blaine...» sussurrò Kurt, mortificato, alzandosi.

«Non fa niente, okay? L’importante è che tu capisca che non c’è nulla di male in quello che è successo». Kurt lo guardò negli occhi per qualche secondo, prima di abbassare lo sguardo.

«Lo so...».

«E allora qual è il problema?» domandò Blaine.

«Il problema è che nessuno mi ha mai fatto provare sensazioni come quelle che ho provato poco fa e ho paura di lasciarmi andare perché temo che tu possa giudicarmi o prendermi in giro per la mia inesperienza! Non potevo immaginare che non ti saresti imbarazzato e che ti saresti sentito respinto!» disse tutto d’un fiato Kurt, trattenendo le lacrime a stento. Blaine sentì la rabbia sbollire all’improvviso e provò solo un moto di compassione nei confronti del suo ragazzo che cercava di non guardarlo. Blaine appoggiò su una sedia ciò che aveva tra le mani e si avvicinò a Kurt, facendolo sedere sul letto. Avevano esagerato entrambi ma era stato un cambio di atmosfera così repentino che Blaine non era riuscito a trattenersi dall’arrabbiarsi. Si sentiva così stupido per aver trattato Kurt in quel modo...

«Kurt... potevi dirmelo...». Quando notò che non riusciva ancora ad incrociare i suoi occhi, si accovacciò in corrispondenza del letto, tentando di catturare lo sguardo di Kurt e, solo quando ci riuscì, gli sorrise incoraggiante, cominciando a parlare: «Kurt, non c’è bisogno che tu ti senta così a disagio. Tu puoi dirmi tutto, ogni cosa che ti passa per la testa, ogni cosa che ti tormenta... Io ti ascolterò sempre e non ti giudicherò, chiaro?».

Lui annuì, stringendo le mani di Blaine.

«E sai perché?» continuò quest’ultimo. «Perché ti amo». Entrambi si scambiarono un sorriso, soddisfatti di aver risolto quel piccolo malinteso.

«Ti amo anch’io». In quel preciso istante sentirono la porta d’ingresso aprirsi.

«Ehy, c’è nessuno?» urlò Finn.

«Kurt, Blaine, se state facendo quello che credo, rendetevi presentabili!» continuò Puck, ridendo. Senza commentare, scesero entrambi in salotto, dove trovarono Finn e Puck sul divano con la televisione accesa sintonizzata su una partita di football.

«Chi sta giocando?» chiese subito Blaine.

«Non ne ho idea, abbiamo appena acceso» rispose Finn. Blaine si soffermò per qualche secondo sulla partita prima guardare Kurt negli occhi e di dire: «Ora devo andare».

«Come, così presto? Non rimani a cena?» replicò l’altro.

«Non posso. Mia madre mi aspetta a casa».

«Okay...» sussurrò Kurt, mettendo un accenno di broncio. «Allora ti accompagno a casa».

«Mi date uno strappo?» chiese Puck all’improvviso riemergendo dall’universo del football.

«Non sei di strada» gli ricordò Kurt, velocemente.

«Dai, Kurtie! Non vi accorgerete nemmeno che ci sono!». Blaine sorrideva mentre Finn sembrava completamente preso dalla partita da non accorgersi cosa gli accadeva intorno.

«Non chiamarmi così!» sbottò Kurt, indignato.

«Ti prego!» supplicò ancora Puck. Kurt guardò Blaine di sottecchi, come a voler chiedere un consenso e, quando l’altro annuì, sospirò, acconsentendo alla richiesta dell’amico. Salutarono Finn e si diressero in macchina, dove Puck prese posto sui sedili posteriori. Kurt accompagnò prima Blaine a Westerville così da tornare a Lima e scaricare Puck a casa sua.

«Allora ci vediamo domani» sussurrò Kurt mentre Puck commentava con un fischio d’approvazione la villa degli Anderson.

«Ti dispiace se ti do un passaggio a scuola?».

«No, per niente» rispose Kurt, entusiasta.

«Allora ti passo a prendere per le otto».

«Non vedo l’ora». Blaine si sporse per baciare Kurt dolcemente su una guancia, prese la busta che conteneva i suoi pantaloni, i boxer e la pomata che Kurt gli aveva prestato, il suo zaino e poi aprì lo sportello, salutando Puck. Kurt lo osservò raggiungere la porta d’ingresso e salutare ancora con la mano quando il portone si aprì. Kurt sorrise e poi attese che Puck si trasferisse sul sedile del passeggero per mettere in moto la macchina e andare via.

«La prossima volta avvertimi» disse Puck.

«Di cosa?» chiese Kurt, confuso.

«Del fatto che rischio un attacco di diabete acuto ogni volta che vi guardo, per esempio».

 

***

«Mamma, sono a casa!» urlò Blaine appena entrato.

«Ciao tesoro! Come mai hai fatto così tardi?» chiese una donna bassina, magra e dalla pelle olivastra come il figlio.

«Sono stato da Kurt» rispose Blaine, entrando in cucina dove trovò la madre intenta a cucinare qualcosa per cena. Le si accostò per darle un bacio sulla guancia e poi andò dritto verso il frigo. Lo aprì e ne tirò fuori una bottiglia di succo d’arancia. Ne versò in un bicchiere per sorseggiarlo lentamente.

«Cos’hai sotto l’occhio?» esclamò la madre quando lo ebbe guardato con attenzione.

«Non è niente» mentì Blaine, evasivo.

«Blaine, non dirmi bugie. Ti ha picchiato qualcuno?». In quel preciso istante il ragazzo non sapeva cosa fare: se avesse detto alla madre della piccola rissa in cui si era ritrovato, lo avrebbe sgridato o sarebbe stata dalla sua parte?

«Un ragazzo mi ha dato un pugno...» spiegò alla fine. «Ma è già tutto risolto, non preoccuparti».

«Non posso credere che il primo giorno di scuola in quel maledetto liceo ti abbiano già picchiato!» urlò la madre, dimenticando i fornelli e avvicinandosi al figlio per controllare il livido che si stava formando.

«Kurt mi ha già dato una pomata... andrà via in una settimana al massimo».

«Non è questo il punto Blaine: io non posso accettare che mio figlio venga trattato in questo modo».

«Non abbiamo altra scelta, mamma. Il McKinley non è la Dalton Accademy...» sussurrò Blaine.

«Magari se cominciassi a lavorare potremmo permetterci quell’istituto...» meditò la donna, preoccupata per le sorti del figlio.

«Non fa niente, mamma. Io sono felice al McKinley. Posso vedere Kurt ogni giorno e...». Non c’erano altri motivi per essere felice al McKinley. La verità era che a Blaine, per quanto potesse far piacere frequentare quella scuola, mancavano già i suoi compagni della Dalton, i Warblers specialmente. Wes, David, Thad e le loro riunioni... Jeff, Nick e le loro festicciole serali nei dormitori... Trent e i suoi spuntini ad ogni ora... Nicholas, James e le loro stupide barzellette che, però, ad una certa ora e con una certa quantità di alcool in circolo, facevano anche ridere... Inutile prendersi in giro: gli mancava tutto dei Warblers ed era al McKinley da solo un giorno.

«Come vuoi» disse la madre, dopo un po' che Blaine si era interrotto. «A proposito della Dalton, alcuni dei tuoi amici sono passati prima...».

«Cosa?! Quando?!» esclamò Blaine.

«Poco più di un’ora fa. Ho detto loro che non c’eri e mi hanno chiesto di riferirti che ti aspettano all’Accademia». La donna aveva ripreso a cucinare lentamente, forse proprio perché non era il suo forte, mentre il cuore di Blaine cominciava a pompare più forte.

«Mamma, io vado alla Dalton. Ti dispiace se salto la cena?» domandò Blaine e, senza attendere risposta, si fiondò fuori dalla cucina prendendo le chiavi della sua auto e uscendo di tutta fretta.

«Sta’ attento!» sentì la madre urlare ma non ci fece caso. In quel momento doveva solo pensare a cosa avrebbe detto ai suoi migliori amici per giustificare il fatto che avesse abbandonato l’Accademia. Sì, perché non aveva detto niente a nessuno e poteva immaginare che fossero piuttosto arrabbiati. Immaginava già lo sguardo accusatorio che gli avrebbero riservato una volta giunto alla Dalton. Li aveva abbandonati: era questa la verità. Non fece altro che pensare a come avrebbe potuto giustificarsi di fronte ai Warblers che, proprio mentre lui stava arrivando alla scuola, dovevano essere in riunione. Forse stavano già pensando a come rimpiazzarlo... non voleva pensarci.

Blaine parcheggiò in quello spiazzo che per lui era così familiare e si diresse subito verso la sala prove dei Warblers. Incrociò qualche ragazzo che lo salutò amabilmente. Alcuni gli chiesero anche che fine avesse fatto e lui rispose evasivamente che si era trasferito. Quando si ritrovò di fronte alla porta chiusa della sala prove, Blaine trasse un respiro profondo e bussò.

«Avanti» rispose dall’interno la voce di David.

«Posso?» sussurrò Blaine, schiudendo la porta e infilando solo la testa nella sala.

«E’ Blaine!» urlò Jeff che si fiondò su di lui, abbracciandolo. Subito lo seguirono anche David, Wes, Thad, Trent e Nick, urlando frasi del tipo: «Ci sei mancato, amico!» o «Da quanto tempo!».

«Anche voi mi siete mancati, ragazzi» assicurò Blaine.

«Ma che fine avevi fatto?!» domandò Nick. «Prima non ti fai sentire né vedere per tutta l’estate e poi ci molli anche il primo giorno di scuola?».

«No, dai, non può essere. Sarà successo qualcosa, magari inizierà la scuola in ritardo per qualche problema di cui non sappiamo nulla, vero Blaine?» controbatté Jeff, visibilmente convinto delle sue parole. Wes e David annuirono, sicuri che ci fosse una spiegazione simile all’accaduto.

«In realtà...» sussurrò Blaine, abbassando lo sguardo. «Non sono più uno studente della Dalton». Nonostante non potesse vederle, percepì le espressioni di tutti i suoi ex compagni passare dall’essere speranzose alla delusione più totale.

«Ma non puoi abbandonarci!» urlò Thad, dando il via ad una serie di mormorii generali.

«Blaine, se abbiamo fatto qualcosa, sappi che non era nostra intenzione» chiarì subito David.

«No, ma cosa dici?!» rispose subito Blaine. «Voi siete fantastici, ragazzi! E so che mi mancherete tantissimo!». Tutti lo fissarono con espressione interrogativa.

«E allora perché te ne vai?» mormorò Nicholas, rimasto in disparte fino a quel momento. I suoi occhioni azzurri non nascondevano una profonda tristezza, specchio di quella di tutti i Warblers. Di sicuro le sue parole avevano dato voce alla domanda che si stavano ponendo tutti i ragazzi in quella sala.

«Non posso più restare qui...». Blaine era evasivo, come lo era stato con Kurt. In realtà non voleva che si sapesse perché non poteva restare alla scuola che gli aveva cambiato la vita.

«Blaine, sai che puoi parlarci di tutto...» disse Wes, tentando di calmare gli animi dei ragazzi che continuavano a bisbigliare.

«Lo so, lo so... ma ormai è già tutto concluso. Mi sono trasferito al McKinley e sono entrato a far parte ufficialmente delle New Directions... mi dispiace tanto». Doveva dirlo. Doveva far sapere ai suoi compagni che sarebbe stato nelle schiere nemiche alle prossime Provinciali e che non si sarebbe risparmiato. Dovevano sapere che non potevano più contare su di lui. Blaine, però, anche se era difficile ammetterlo, sapeva che i Warblers sarebbero stati bene senza di lui, che magari più ragazzi avrebbero avuto la possibilità di esibirsi come solisti...

«Ma non puoi farci questo!» urlò Thad.

«Blaine, come puoi farlo?! Sappiamo che vuoi bene a Kurt ma non significa che dobbiate stare insieme per forza tutta la giornata! L’anno scorso non sembravi così infelice di stare qui!» continuò Jeff.

«Non è per Kurt!» tentò di giustificarsi Blaine. «Ragazzi non posso dirvi cosa sia successo, ma non è stata una mia decisione!».

«Blaine, qualsiasi sia il tuo problema, noi siamo qui e siamo i tuoi migliori amici... ti capiremo». David non riusciva a rassegnarsi all’idea di non avere più Blaine con loro e, con lui, anche gli altri.

«Lo so che sareste molto comprensivi, è solo che non mi va di parlarne» chiarì il ragazzo.

«Kurt sta bene, vero?». Nicholas probabilmente aveva inteso che fosse successo qualcosa a Kurt che avesse comportato il fatto che Blaine volesse stargli più vicino.

«Benissimo» assicurò lui. «Qualche volta verremo a trovarvi... sempre se vorrete». Lo sguardo di Blaine era triste e malinconico e ovviamente tutti intuirono il perché. Nonostante il trasferimento, era più difficile del previsto dire addio alla propria famiglia.

«Certo!» esclamò David, convinto. «Tanto Kurt non vale niente come spia». Tutti sorrisero al ricordo.

«Ma non sappiamo se il nostro Blaine potrebbe dare informazioni alle New Directions» obbiettò Thad, sorridendo.

«Oh, non ne abbiamo bisogno! Siamo imbattibili!» rise Blaine, stando al gioco.

«E noi siamo agguerriti! Vogliamo andare a Orlando!» aggiunse Nick. «Sai quante ragazze ci sono a Orlando? O, scusa, tu non puoi saperlo» continuò, prendendolo in giro bonariamente.

«Ah, ah» rispose il ragazzo. «So per certo che non ci arriverete a Orlando».

«Sogna, sogna» ribatté Trent. Tutti risero di gusto a questo scambio di battute prima di ritornare alle espressioni tristi di poco prima.

«Mi mancherete, ragazzi» sussurrò Blaine.

«Anche tu, Blaine. Ma almeno adesso ho qualche possibilità per un assolo. La settima volta sarà quella buona, me lo sento!» fece Jeff, cercando di spezzare quella malinconia generale.

«Blaine, perché non resti con noi stasera? Come ai vecchi tempi, andiamo a prendere una pizza tutti insieme...» propose David, speranzoso.

«Mi farebbe molto piacere» accettò subito l’ex Warbler.

«Ma prima» aggiunse Wes. «Permettici di dirti quanto ci mancherai». I Warblers si lanciarono segni d’intesa l’un l’altro e tutti si disposero come durante un’esibizione, cominciando ad intonare una melodia che Blaine conosceva molto bene ma che mai avrebbe pensato di sentirsi dedicare. Riconoscere la canzone lo portò immediatamente a sorridere mentre Jeff si faceva largo tra gli altri per cantare da solista.

I call you when I need you, my heart's on fire
You come to me, come to me wild and wild 
[…]

Tutti i ragazzi si muovevano a tempo con la canzone e, solo quando fu il momento del ritornello, una parte del coro si accodò alla voce di Jeff per esaltarne le parole.

In quel momento, Blaine sentì di non potersi più trattenere dalle lacrime che iniziarono a scendere lentamente sulle sue guance. Voleva bene ad ogni singolo ragazzo di quel gruppo ed erano sempre stati una squadra, una squadra unita.

Quando terminò anche la seconda strofa della canzone, Jeff gli fece cenno di alzarsi per concludere al posto suo. Blaine non se lo fece ripetere e, guardando ogni membro dei Warblers, cantò le ultime parole della canzone di Tina Turner.

You’re the best
Better than all the rest 
Better than anyone 
Anyone I've ever met 
I'm stuck on your heart 
I hang on every word you say 
Tear us apart, no, no
Baby, I would rather be dead
Oh, you’re the best!

Nessuno riuscì più a trattenersi e i Warblers si gettarono addosso a Blaine, abbracciandolo con foga. La maggior parte di loro stava piangendo e, quelli che riuscivano a trattenersi, avevano gli occhi umidi.

«Vi voglio bene ragazzi e non vi dimenticherò mai!» disse Blaine.

«Saremo sempre una squadra» concordò David, mentre tutti si stringevano a Blaine.

No, non avrebbe mai dimenticato quei ragazzi che gli avevano cambiato la vita.

 

Continua...

NDA: Ecco il terzo capitolo!!! Sono tornati i Warblers!!! Avverto che non saranno molto presenti tranne per qualche comparsa ma non potevo davvero eliminarli! La canzone che hanno dedicato a Blaine è "Simply The Best" di Tina Turner. 

Vorrei ringraziare Chemical Lady che, con i suoi Pips, mi ha insegnato praticamente tutti i nomi dei Warblers! Grazie davvero!!! =)

Iniziano a comparire i primi dettagli sulla situazione familiare di Blaine ma siamo ancora lontani dall'effettiva verità! Non ho potuto dirlo prima per non dare spoiler ma anche io credo che Blaine non lascerebbe la Dalton se non per un motivo valido che vada oltre Kurt (per quanto possa amarlo!)... scopriremo in seguito il vero motivo!!!

Che ne dite inoltre della prima scena? Io spero di non aver sconfinato nell'OOC ma, sinceramente, dopo un'estate durante la quale si sono scambiati sì e no qualche bacio, un po' di passione ci sta, no?

In conclusione, ringrazio tutte le persone che recensiscono e che leggono!!! Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione anche su questo capitolo! Grazie mille a tutti!!!

Un bacio e al prossimo capitolo,

Federica

 

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Capitolo 4
*** Conoscenze ***


Capitolo 4: Conoscenze

 

Blaine suonò il campanello di casa Hummel-Hudson prima di vedere Carole, la matrigna di Kurt, aprirgli la porta d’ingresso con un sorriso.

«Ciao Blaine, come stai?» chiese subito per essere gentile.

«Bene, grazie signora. Kurt è pronto per la scuola?».

«Vado a chiamarlo subito». Una cosa che Blaine non aveva mai capito era perché Finn e Kurt non andassero mai a scuola insieme. Era vero: Finn doveva andare a prendere Rachel, ma, alla fine, cosa importava di una piccola deviazione? Magari avrebbe chiesto a Kurt di andare tutti insieme in futuro ma non quel giorno perché la macchina di Finn era già scomparsa dal vialetto, segno evidente che si era già avviato.

«Perché non ti accomodi nel frattempo? Hai fatto colazione?» continuò Carole, facendogli segno di entrare.

«Sì, signora. Grazie comunque». Blaine si piantò in salotto mentre osservava la matrigna di Kurt chiamarlo a gran voce dall’ultimo gradino delle scale. In quel momento Burt uscì dalla cucina con il suo solito berretto in testa e una busta marrone in mano, probabilmente il pranzo.

«Buongiorno, signor Hummel» disse Blaine cortese.

«Ciao Blaine». Burt non era ancora molto aperto nei confronti di Blaine, come potrebbe esserlo un padre che vede portarsi via la figlio all’improvviso da un ragazzo che si è presentato consigliando di intraprendere un discorso sul sesso con il suo futuro fidanzato. Blaine si sentiva solo un po’ a disagio quando era in compagnia di Burt ma riusciva a non pensarci, dato che il padre del suo ragazzo non aveva mai fatto problemi per la loro relazione.

«Ti sei trasferito al McKinley anche tu, eh?» disse all’improvviso.

«Sì, signore».

«Come mai?». Blaine non sapeva come rispondere: se avesse detto che lo aveva fatto per Kurt sarebbe sembrato superficiale nello studio? Oppure Burt avrebbe apprezzato pensando che fosse seriamente innamorato di lui? Non poteva permettersi di sbagliare di nuovo, ma la verità era fuori discussione.

«Ho preferito frequentare una scuola pubblica, per affrontare tutto ciò che affrontano i ragazzi della mia età...» buttò lì, preso dall’ispirazione. In quel momento Kurt si fiondò giù dalle scale, urlando un «Buongiorno!» e buttandosi tra le braccia di Blaine, che lo accolse un po’ imbarazzato.

«Bhè, buona giornata allora». Così il padre di Kurt uscì dalla porta d’ingresso dopo aver salutato con un bacio leggero Carole.

«Andiamo anche noi» disse Kurt dopo aver dato un leggero bacio a Blaine sullo zigomo violaceo.

«Buona giornata!» augurò Carole prima di guardarli salire in macchina e allontanarsi. Blaine evitò di fare presente a Kurt di non mostrarsi così caloroso nei suoi confronti quando c’era suo padre in giro perché il suo ragazzo non lo avrebbe mai accontentato.

«Ieri sono stato alla Dalton» disse, invece.

«Davvero?». Kurt era intento a guardarsi nello specchietto dell’auto, sistemandosi il ciuffo accuratamente acconciato.

«Sì, non avevo detto loro del mio trasferimento».

«Ci saranno rimasti male» ipotizzò Kurt, guardando finalmente Blaine che sembrava stranamente malinconico quella mattina.

«Non volevano crederci all’inizio».

«Ti mancano già» sussurrò Kurt, comprensivo. Blaine si sforzò di restare concentrato sulla strada per non fare deviazioni ma i suoi occhi divennero presto umidi al pensiero della serata passata con i suoi amici storici e che si era conclusa con un «Ci vediamo presto». Blaine non rispose all’affermazione del suo ragazzo, consapevole di averlo già fatto con la sua espressione.

«Blaine, perché ti sei trasferito al McKinley? Dimmi la verità». Blaine si aspettava una domanda del genere prima o un poi ma sapeva che non poteva rispondere, non se la sentiva di dire a Kurt la verità: era umiliante.

«Per stare con te, lo sai» rispose con convinzione. Quella era la verità, ma solo in parte.

«Ma eravamo d’accordo che ci saremmo visti spesso. Io quando sono venuto alla Dalton l’ho fatto per necessità».

«Ma io non posso pensare di non vederti ogni giorno». Kurt rimase un attimo spiazzato da quella rivelazione, sgranando per qualche secondo gli occhi. «E se tu avessi trovato un altro ragazzo a scuola che ti piaceva, e ti fossi dimenticato di me?».

«Non ti ricordi cosa ti dissi quando tornai al McKinley? Non ti dirò mai addio» gli ricordò Kurt, sorridendo e sporgendosi verso di lui mentre guidava. Gli posò un dolce baciò sul collo e gli accarezzò i capelli alla nuca.

«Mi piacciono i capelli più corti» sussurrò, allontanandosi e tornando sul sedile del passeggero. Blaine sorrise, pensando di averla scampata, almeno per il momento. Tutto quello che aveva detto a Kurt era vero e quei dubbi gli avevano attanagliato la mente ma non aveva comunque pensato di trasferirsi fino a quando non era stato necessario.

Giunti fuori scuola, Kurt scese immediatamente e Blaine lo seguì, avvolgendogli la vita con un braccio. Incrociarono subito Tina e Mike che li salutarono ed entrarono insieme. La giornata proseguì tranquillamente senza nessun atto di bullismo e senza nessuno sfottò nei confronti della coppia che si separò alla terza ora. Kurt andò alla classe di francese mentre Blaine aveva educazione fisica. Entrò nello spogliatoio e si diresse al suo armadietto. Seduto su una delle panchine, mentre si allacciava una scarpa c’era Dave Karofsky, imponente come sempre ma stranamente solo. Di solito era circondato dai suoi amici della squadra di football.

«Ciao» lo salutò Blaine, aprendo il suo armadietto e tirandone fuori la sua tuta.

«Che vuoi?» fece subito Dave, guardandolo con fare intimidatorio.

«Niente» rispose immediatamente Blaine. «Volevo solo ringraziarti per ieri, tutto qui».

«Oh». Il ragazzo rimase sconvolto dalle reali intenzioni del ragazzo di Hummel, pensando che ormai avessero cominciato con il piede sbagliato.

«Ascolta, l’anno scorso sono stato uno stupido a sfidarti. Non era mia intenzione».

«Sì che lo era. Volevi proteggere Hummel». Dave si era alzato, appoggiandosi agli armadietti rossi e aspettando che Blaine finisse di cambiarsi.

«Forse hai ragione, ma vorrei ricominciare con te. Io sono Blaine Anderson». Solo in quel momento Dave si rese conto di non aver mai saputo il nome di quel ragazzo, nonostante si potesse dire che lo conoscesse.

«Dave Karofsky» rispose stringendo la mano che Blaine stava porgendo.

«Oh, so come ti chiami» assicurò quest’ultimo con un sorriso.

«Immagino che Hummel ti abbia parlato di me» ipotizzò Dave con aria colpevole.

«Solo un po’. Ma ricordati che ti ho visto essere eletto Re del Ballo di fine anno».

«Ah, giusto». Dave ricordò quel momento con tristezza, pensando al momento che si era fatto scappare per dichiararsi. Non avrebbe mai avuto un’occasione come quella di nuovo. Non aveva ancora trovato il coraggio di fare coming out, ma almeno adesso era consapevole di ciò che era. Diciamo che l’estate con tutti i suoi amici in costume era stata un’immagine piuttosto rivelatrice.

Blaine nel frattempo aveva finito di prepararsi e continuava a guardare Dave che sembrava alquanto pensieroso.

«Non vieni?» chiese, avviandosi verso la palestra e strappando Dave dai suoi pensieri.

«Ehm... sì» rispose quest’ultimo, seguendolo. L’ora trascorse piacevolmente mentre la coach Beiste ordinava di correre più veloce o sudare di più, come se dipendesse dalla volontà dei ragazzi. Quando tutti furono nelle docce, Blaine fu uno dei primi ad aprire l’acqua. Voleva sbrigarsi perché voleva evitare qualsiasi tipo di contatto troppo prolungato con i suoi compagni in condizioni piuttosto intime.

«Ehy, Anderson!». Blaine si girò verso colui che lo aveva chiamato, per nulla sorpreso quando identificò la voce. «Hummel ti lascia fare la doccia con noi? Non ha paura che tu lo tradisca?» urlò, così che tutti potessero sentirlo e accompagnando la battuta con dei gesti piuttosto eloquenti. Tutti risero di gusto tranne qualche ragazzo che rimase indifferente. Blaine si chiese se dovesse limitarsi a finire di lavarsi e uscire, senza rispondere oppure mandare quel cretino di Azimio a quel paese una volta per tutte. Erano passati solo due giorni dall’inizio della scuola e quel ragazzo si era già impuntato contro di lui? No, non lo avrebbe permesso. Pensò di mettere in atto quello stesso consiglio che aveva dato a Kurt l’anno precedente.

«Kurt si fida di me. E poi sa che non c’è nessuno che mi attrae qui» rispose riprendendo ad insaponarsi i capelli.

«Solo perché qui non ti si fila nessuno» ribatté l’altro ridendo ancora. Alcuni dei suoi amici gli batterono il cinque, entusiasti. «Ora esci da qui, non voglio che mi spii mentre mi spoglio!» continuò.

«Non credo ci sia molto da vedere». Blaine stava per perdere la pazienza. Kurt doveva essere un santo per aver sopportato tutto questo. Ecco i momenti in cui più rimpiangeva la Dalton.

«Credo che abbia ragione, Az, non sei proprio nelle condizioni di poter parlare» intervenne Dave, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Blaine, che non aveva realizzato ancora che qualcuno avesse preso le sue parti, si girò in direzione dei due, strabuzzando gli occhi. Azimio sembrava su tutte le furie e da un momento all’altro sarebbe scoppiato.

«Ma che cazzo dici, Dave?!» urlò, scrollandosi la mano dell’amico di dosso.

«La pura e semplice verità». Blaine si strinse l’asciugamano sui fianchi e uscì dalla doccia, ancora sorpreso di quello che Dave stava facendo. Tutti sghignazzavano divertiti, tentando di non farsi vedere ma, esclusi quei suoni indistinti, regnava il silenzio nello spogliatoio.

«Che succede qui dentro?» urlò la coach Beiste, notando che quasi nessuno si era già fatto la doccia.

«Niente, coach» rispose qualcuno.

«E allora muovetevi! Cosa state aspettando?». Al suo ordine tutti ripresero a fare ciò che avevano lasciato prima dello scambio di battutine. Blaine si vestì velocemente e tentò per quanto possibile di asciugarsi i capelli senza usare il phon. Voleva evitare la furia omicida di Azimio finché era in tempo, anche perché ne portava un assaggio sullo zigomo.

«Appena finiscono le lezioni, prendi Hummel e vattene subito» disse una voce dietro di lui, facendolo sobbalzare.

«Cosa? Perché?» chiese, girandosi e scoprendo Dave, ancora una volta.

«Stanno progettando di fartela pagare. Non sarà un bello spettacolo». Dave tentava di non far notare che stessero parlando.

«Grazie». Blaine era veramente riconoscente a quel ragazzo che, pur non conoscendolo, lo stava aiutando così nei suoi primi giorni in quella scuola infernale. Fortunatamente per quel giorno non erano previste le prove con il Glee e poteva trascinare subito via Kurt con una scusa. Uscì velocemente dallo spogliatoio e incrociò Kurt e Finn nel corridoio.

«Perché diamine hai scelto il corso di francese quest’anno?» chiese Kurt al suo fratellastro, esasperato.

«Lo spagnolo non faceva per me» si giustificò l’altro.

«Perché il francese invece sì?». Si portò una mano al viso, in un gesto teatralmente esasperato e sospirò.

«Dai Kurt, ti prego! Tu parli benissimo il francese!». Blaine si avvicinò ai due fratelli, prendendo Kurt alla sprovvista, visto che aveva ancora una mano sul viso.

«Oh, Blaine mi hai spaventato!».

«Scusami» sussurrò lui, baciandogli il collo. «Di che parlavate?».

«Finn vuole delle ripetizioni di francese».

«Ma siamo solo al secondo giorno di scuola!».

«Appunto!» ribatté Finn. «Se comincio prima posso smettere prima, no?». Entrambi lo guardarono con espressioni eloquenti che dicevano: “Stai scherzando, vero?”.

«Vedi con chi mi tocca avere a che fare?!» esclamò Kurt, appoggiando la fronte sulla spalla di Blaine e fingendo di singhiozzare.

«Non essere così melodrammatico! Mi aiuti o no?» rispose il fratellastro.

«Voglio qualcosa in cambio». Kurt si fece improvvisamente serio, alzando lo sguardo, e ciò fece ridacchiare Blaine.

«Cosa?».

«Ogni volta che ne avrò voglia, il telecomando in salotto sarà mio». Finn sbatté le palpebre due volte prima di rendersi conto della portata della richiesta.

«Non esiste, Kurt! Non ci tengo a sorbirmi ogni giorno ore di Project Runway ed Extreme Makeover!».

«Prendere o lasciare».

«Andiamo, Kurt. E’ pur sempre tuo fratello» intervenne Blaine.

«Ehy, ma tu da che parte stai?». Finn sorrise alla rabbia del fratellastro, pregustando una vittoria certa con Blaine dalla sua parte.

«Ti prego, Kurtie!».

«E va bene» si arrese. «Ma non chiamarmi così». Finn stava già esultando e quindi non sentì nemmeno l’ultima frase di Kurt che stava già correndo via.

«Hai fatto una buona azione» lo rincuorò Blaine.

«Sì, adesso devo solo attendere che il Karma faccia il suo corso». Blaine rise, pensando ai pomeriggi che Kurt avrebbe sprecato alle prese con Finn e il francese.

«Comunque avevo una sorpresa per te, ma ora non so se te la meriti...» riprese Kurt.

«Quale sorpresa?».

«Ho detto che non so se te la meriti» ripeté il suo ragazzo. Allora Blaine scatenò tutto il suo fascino su Kurt, ponendosi di fronte a lui e avvicinandosi alle sue labbra. Socchiuse la bocca e sospirò dolcemente mentre Kurt arrossiva violentemente. Gli posò un piccolo bacio all’angolo estremo delle labbra, accarezzando la guancia di Kurt con la mano.

«Mi perdoni?» alitò senza spostarsi di un millimetro. Kurt deglutì, senza lasciare la sua posizione rigida, e poi annuì velocemente e con convinzione. In corridoio c’era qualcuno che li stava guardando insistentemente o che si scambiava battutine ma nessuno dei due sembrò curarsene.

«Bene» riprese Blaine con il suo tono abituale e spostandosi dal viso arrossato di Kurt. «Allora quale sorpresa?». Kurt era ancora pietrificato e poco dopo riuscì a rilassarsi anche se difficilmente.

«Un’altra di queste tue tattiche contorte e dovranno ricoverarmi» sussurrò con il suo solito sarcasmo marcato. Blaine lo fissò con insistenza come a volergli far capire quanta curiosità nutrisse in quel momento e finalmente Kurt si decise a parlare: «Ho chiesto ad alcuni dei Warblers di uscire con noi stasera, per stare un po’ tutti insieme. Verranno anche Finn, Rachel, Mercedes e Sam».

«Perché non chiamiamo anche Tina e Mike?». Blaine non sembrava molto sorpreso ma era sicuramente felice della serata che si prospettava.

«Certo» rispose Kurt riprendendo a camminare. Blaine lo seguì, dritti verso i loro armadietti e poi in classe, parlando della serata e pensando se fosse il caso di andare in un locale oppure in un ristorante.

«Chi hai chiamato dei Warblers?».

«David. Ha detto che avrebbe chiesto a qualcun altro di venire. Sinceramente non so chi».

«Magari più tardi mi informo». Kurt annuì e, progettando l’uscita perfetta, la giornata trascorse velocemente. Quando le lezioni terminarono, Blaine trascinò fuori nel parcheggio Kurt con una scusa stupida e lo riaccompagnò subito a casa, pigiando sull’acceleratore come se ce ne fosse ancora bisogno.

«Perché tutta questa fretta?» chiese Kurt una volta fuori il portone d’ingresso.

«Perché non vedevo l’ora di fare questo» disse Blaine prima di prendere il suo viso tra le mani e baciarlo con dolcezza. “Niente male come scusa” pensò Kurt, inebriato dal sapore di Blaine sulla lingua. Le mani di quest’ultimo si spostarono sul suo collo e Kurt tentò, per quanto possibile nell’abitacolo della macchina di Blaine, di stringerlo a sé, ponendo le sue mani sui fianchi del ragazzo. Mentre si stavano ancora godendo il momento, una macchina entrò nel vialetto, suonando il clacson. Entrambi si staccarono nello stesso momento, temendo potesse essere Burt. Solo dopo si resero conto che fosse Finn con Rachel sul sedile del passeggero. Lei abbassò il finestrino mentre Kurt e Blaine scendevano.

«Scusate, ragazzi, ho provato a fermarlo».

«Non fa niente, Rachel. Mio fratello dimentica che dipende da me per superare l’anno» ribatté Kurt, facendosi minaccioso mentre Blaine lo affiancava. Anche Finn e Rachel scesero dall’auto.

«Un giorno mi spiegherete perché continuate ad andare a scuola con macchine separate» riprese Rachel.

«Me lo sono chiesto anch’io stamattina».

«Cos’è questo? Un complotto?» fece subito Kurt sulla difensiva mentre gli altri ridacchiavano.

«Perché domani non andiamo tutti con la mia macchina? Passo a prendere voi due e poi Rachel a casa sua» propose Blaine.

«Per me va bene» acconsentì subito Rachel.

«Okay». I due fratelli non erano esattamente entusiasti all’idea ma non fecero una piega.

«Ora devo andare». Blaine strinse per un secondo i fianchi di Kurt con le braccia e poi gli diede un bacio sulla guancia prima di dirigersi di nuovo verso la portiera della sua auto.

«Di già?». Rachel costrinse Finn ad entrare in casa per lasciare ai due ragazzi un po’ di privacy per salutarsi come si deve e salutò Blaine sbrigativamente.

«Mia madre mi aspetta a casa».

«Okay». Kurt mise il broncio e Blaine non poté fare a meno di pensare che fosse adorabile.

«Ci vediamo stasera» gli ricordò. «Ti passo a prendere alle otto».

«Va bene». Blaine lo baciò con dolcezza sulle labbra prima di salire in auto e salutarlo con un colpo di clacson. Kurt pensò che quelle ore senza il suo Blaine sarebbero state interminabili.

***

L’appuntamento era prefissato di fronte al Lima Bean, un luogo comune d’incontro e Kurt, Blaine, Rachel e Finn arrivarono quando alcuni dei Warblers già li attendevano.

«Ehy, ragazzi!» li salutò immediatamente Blaine, stringendo la mano di Kurt.

«Ciao Blaine» rispose subito David. «Questi sono quelli che sono riuscito a reclutare» continuò indicando i suoi compagni. Wes, Thad, Jeff, Nick, Trent e Nicholas sorrisero e lo salutarono a turno.

«Quasi non vi si riconosce senza la divisa» commentò Kurt, dopo aver terminato il giro dei saluti. «Loro sono Rachel e Finn... il mio fratellastro».

«Sì, siete nelle New Directions» rispose Wes, stringendo la mano di Finn.

«E’ un vero piacere. La tua voce è stupenda» si complimentò Nick con Rachel, facendola arrossire.

«Grazie...». Finn si accostò a Kurt che stava per chiamare Mercedes per chiedere dove fossero finiti tutti gli altri.

«Ma non erano tutti gay?». Kurt non mascherò un’espressione esasperata evitando di rispondere al fratello mentre si allontanava per telefonare guardando Blaine ridacchiare.

«Vacci piano, Nick! La ragazza è fidanzata!» fece Jeff, nascosto dietro la spalla di Trent. Tutti risero mentre Nick lanciava uno sguardo truce ai suoi compagni.

«Mercedes ha detto che stanno arrivando» disse Kurt, tornando.

«Perfetto! Allora cosa vogliamo fare? Locale o ristorante? O, magari, cinema?». Rachel stava vagliando le varie proposte, pensando che aveva davvero voglia di vedere un bel musical al cinema.

«Non ho intenzione di rinchiudermi in un cinema, in questa bella serata» ribatté Kurt.

«Ha ragione. Andiamo in un bel locale» intervenne Thad.

«Non vogliamo vederti ubriaco, ancora» rispose Trent, con un’espressione che la diceva lunga. In quel momento una macchina parcheggiò vicino alle loro e Sam, Mercedes, Tina e Mike scesero dall’auto, salutando la compagnia.

«Che stavate dicendo, ragazzi?» chiese Mike dopo che gli furono presentati tutti i Warblers ad uno ad uno.

«Thad voleva andare in un locale» replicò Blaine, un po’ scettico.

«Sì, sono d’accordo!» intervenne Mercedes al che Kurt la fissò sconcertato.

«Ragazzi, vi rendete conto che noi, teoricamente, non dovremmo bere?» ricordò loro, spostando lo sguardo dai Warblers ai suoi compagni.

«Scherzi, Kurt, vero?» domandò Jeff. «Scherza, vero?» ripeté rivolto a Blaine che scosse la testa con sguardo basso come di chi la sa lunga.

«Visto quest’ultimo chiarimento del signor Hummel, io direi di andare in un locale qui vicino che conosco» lo prese in giro Thad. Tutti furono finalmente d’accordo tranne Kurt che si fece trascinare, ovviamente. Presero le loro auto e si avviarono dietro la macchina di Thad, una Porche Carrera nera. Il ragazzo si trattava bene.

Una volta arrivati tutti si diressero al bancone: Blaine prese solo una birra e Kurt una semplice Diet Coke ma gli altri si diedero alla pazza gioia. Finn iniziò con una birra per poi degenerare in bevande ben più forti anche se Rachel gli intimava di non ubriacarsi. I Warblers non facevano altro che brindare mentre Thad li guardava maledicendoli per averlo pescato come autista designato. Mike e Tina si stavano scatenando sulla pista da ballo e Mercedes stava tentando di convincere Kurt a prendere qualcosa di meglio di un’insulsa coca-cola quando Sam la trascinò sulla pista da ballo.

Kurt ringraziò il cielo e si appoggiò al bancone.

«Ti stai divertendo?» gli chiese Blaine, avvicinandosi al suo orecchio.

«No».

«Perché?».

«Non mi immaginavo una serata del genere. Come farò a spiegare a papà che Finn si è ubriacato?». Kurt si stava già preoccupando per le conseguenze di quella serata.

«Rilassati» disse Blaine, alzandosi e massaggiandogli le spalle. «Si sta solo divertendo un po’».

«E tu perché non bevi? Strano».

«Non ne ho voglia stasera. Per divertirmi mi basta stare con te». Kurt sorrise per la prima volta da quando erano entrati in quel posto e lo guardò negli occhi. Blaine sembrava felice quella sera e non voleva che il suo insano odio per i locali scalfisse l’espressione nel suo sguardo. Le loro labbra si sfiorarono dolcemente e, nonostante quelle di Blaine sapessero di birra, Kurt le trovò deliziose.

«Ehy, ragazzi, che fate di bello?» li interruppe Sam, avvicinandosi.

«Niente». Kurt non voleva essere scortese ma evitò di rispondere con il suo solito sarcasmo solo perché prima il ragazzo lo aveva liberato di Mercedes.

«Come mai un’acqua tonica?» chiese Blaine ridendo.

«Altro autista designato» spiegò Sam. «Non potete immaginare che palle». In quel momento si avvicinò anche Rachel, stanca di combattere con l’improvvisa dipendenza di Finn dall’alcool.

«Che fate di bello?».

«Cos’è, abbiamo creato il club degli autisti designati?» aggiunse Thad, accostandosi anche lui al gruppetto.

«In realtà io, Blaine e Rachel siamo venuti con la stessa macchina» rispose Kurt.

«Scusa Thad» fece Rachel. «Ma di tutti voi, ci sei solo tu come autista designato?». In effetti i Warblers erano piuttosto numerosi.

«Anche Jeff, in effetti. Ma lui non conta! Sembra ubriaco ventiquattro ore al giorno!».

«Senti chi parla!» lo schernì Blaine, difendendo il suo amico.

«Non ho proprio voglia di rimanere qui come un cretino a guardarli mentre si scatenano come pazzi!» continuò Thad, all’improvviso. Tutti si girarono a guardarlo. «Andiamo a ballare!». Prese la mano di Blaine, che prese quella di Kurt che trascinò Rachel che portò con sé Sam verso la pista da ballo. E fu allora che la serata cominciò anche per chi non poteva bere. Si scatenarono sulle note di ogni canzone che veniva in mente al dj e, al tempo stesso, sopportavano i loro amici ubriachi fradici ormai. Quando Kurt guardò lo schermo del suo i-phone notò che erano già le undici passate e che suo padre si era raccomandato di non tornare più tardi delle undici e trenta, visto che il giorno seguente entrambi i ragazzi avevano scuola. Dato che Finn era incapace di intendere e volere, chiamò a rapporto Rachel, dicendo che forse era ora di andare.

«Blaine, è tardi» disse poi all’orecchio del suo ragazzo.

«Vuoi andare a casa?». Kurt annuì e insieme salutarono tutti prima di andare fuori. Il clima si era rinfrescato e salirono tutti in macchina. Blaine prese il posto del guidatore e Kurt era al suo fianco mentre Rachel tentava di far calmare Finn e al tempo stesso di non farlo vomitare nell’abitacolo.

«Finn, ti prego, ti prego, non nella mia macchina!» supplicò Blaine, vedendo che il ragazzo non riusciva a trattenersi.

«Finn, contieniti, siamo quasi arrivati!» continuò Kurt. «Come farò a dirlo a papà?!».

«Magari potrebbe rimanere da me» propose Rachel. «Fino a domani».

«Come se questa fosse una soluzione! Come faccio a dirgli che il mio fratellastro è rimasto a casa della sua ragazza, completamente ubriaco?!». Kurt stava per perdere la pazienza.

«Scusa, volevo solo essere d’aiuto».

«Andiamo, non litigate» intervenne Blaine, spostando lo sguardo dalla strada a Finn. «Siamo arrivati Rachel». La macchina si fermò di fronte alla porta d’ingresso della ragazza.

«Grazie per il passaggio. Buona notte» salutò lei. «Kurt, fammi sapere come sta Finn».

«Certo, certo» la liquidò lui subito. Senza aggiungere altro, Blaine ripartì, tentando di non superare i limiti di velocità solo per salvare i suoi sedili in pelle. Arrivarono a casa Hummel in pochi minuti e, nonostante tutto, Finn riusciva ancora a trattenersi. Kurt scese subito e scortò Finn in casa. Carole, sfortunatamente, era ancora in piedi che li aspettava e, alla vista del figlio, per poco non si faceva venire un infarto. Una volta in bagno, Finn vomitò anche l’anima con la madre piegata sopra di lui e Kurt che non sapeva cosa fare.

«Ma cosa è successo?!» urlò Burt, guardando la scena.

«Gli avevo detto di non farlo!» si giustificò subito Kurt.

«Va’ a prendere un’aspirina». Burt si accostò a Carole, aiutandola a sostenere il ragazzo ubriaco. Kurt eseguì e riempì anche un bicchiere d’acqua, portandolo in bagno.

«Papà, Blaine è qui fuori. Vado a salutarlo e torno subito» disse Kurt e, prima che il padre potesse dire anche solo una parola, sparì dalla sua vista. Uscì dalla porta d’ingresso e trovò Blaine che lo attendeva in piedi di fronte alla sua macchina, con uno sguardo preoccupato.

«Lì dentro è l’inferno!» esordì Kurt.

«Immagino» ribatté Blaine. «Tuo padre si è arrabbiato molto?».

«Il meglio deve ancora venire. Ti farò sapere domani». Blaine sorrise e si avviò al bagagliaio della sua macchina, aprendolo e tirandone fuori una busta di plastica.

«Ti devo un paio di jeans. Mia madre li ha lavati».

«Non era necessario».

«Per i boxer, bhè...».

«Puoi tenerli» assicurò subito Kurt, prendendo la busta e arrossendo. Blaine rise piano e poi si avvicinò al suo ragazzo.

«Posso darti il bacio della buona notte?».

«Certo che puoi». Blaine si accostò a lui e accarezzò la guancia di Kurt, dolcemente. Quando le loro labbra di sfiorarono, Kurt seppe, nel suo inconscio, che quella notte avrebbe fatto bei sogni. Le mani di Kurt furono sul collo di Blaine che si era avvicinato a far toccare le punte dei loro piedi. Le loro labbra si fondevano alla perfezione mentre le loro lingue danzavano insieme. Qualcuno, però, alle loro spalle si schiarì la voce. Entrambi sobbalzarono e Blaine si tirò subito indietro, arrossendo.

«Kurt, è ora di rientrare» disse Burt, con il tono più autoritario di cui era capace. «Buona notte Blaine».

«Buona notte signor Hummel». Kurt incrociò un’ultima volta lo sguardo imbarazzato di Blaine prima di vederlo andare via con la macchina. Rientrò in casa con sguardo sognante mentre dimenticava già di avere un fratello che stava vomitando anche l’anima in bagno.

«Kurt, non mi piace questo tuo atteggiamento» sentenziò Burt una volta dentro casa.

«Cosa? Quale atteggiamento?».

«Il fatto che tu non abbia occhi che per Blaine mentre tuo fratello si riduce in quello stato».

«Non sono la sua babysitter! Gli ho detto di non esagerare, non mi ha dato ascolto!». Kurt non riusciva a capire da dove uscisse quella ramanzina che stava subendo. Non avrebbe dovuto essere Finn quello nei guai?

«Avresti dovuto prenderti più cura di lui» sentenziò il padre. «Per questo siete entrambi in punizione».

«Cosa?! Io non ho fatto nulla! Non puoi incolpare me perché Finn si è scolato tutto il locale!».

«Sì che posso! Non potrai vedere Blaine per una settimana».

«Cosa?! Papà, non puoi farmi questo!».

«Non essere così melodrammatico! Andate a scuola insieme!».

«Papà, per favore! Ti chiedo scusa! Accudirò Finn fino a quando non sembrerà di nuovo normale, ma non farmi questo! Non posso resistere senza Blaine!». Solo all’idea di non vedere Blaine per una settimana, di non poterlo baciare liberamente, il cuore di Kurt tremava.

«Spero che tu lo abbia salutato come si deve allora». Con questo Burt si congedò, lasciando il figlio da solo in salotto, tanto sconvolto da non riuscire nemmeno a pensare razionalmente. Quando il cellulare nella sua tasca vibrò, Kurt, in un gesto automatico, guardò lo schermo.

Sogni d’oro Kurt... Ti amo. –B

E, senza riuscire a fermarsi, Kurt corse in camera sua sbattendo la porta. Si gettò sul letto e pianse l’equivalente in lacrime di quello che Finn aveva bevuto.

 

Continua...


NDA: Eccomi qui con il quarto capitolo!!! ^^
Allooooora... Blaine in questo capitolo ha ringraziato Dave, ha salvato la vita scolastica di Finn, non si è ubriacato e qual è il ringraziamento? Burt che mette in punizione il suo ragazzo!!! Questo è ingiusto, lo so! =)
Ma non ci pensiamo: i Warblers sono tornati ancora una volta, seppur per breve! Guardateveli bene perchè non li rivedremo tanto presto! Sorry for that! ^^
Informazione di servizio: spoilers sulla terza stagione quindi se non volete sapere nulla non leggete!
Allora... avevo deciso di far cantare alle New Directions "You can't stop the beat" da Hairspray alle Provinciali, ma ovviamente, Ryan Murphy doveva battermi sul tempo!!! Quindi non so più che fare anche se, ascoltando la versione Glee, mi rendo conto che è molto diversa da come l'avevo immaginata (molto più bella, a dire il vero xD) ma io non avevo messo in conto Kurt, capirete perchè! Vorrei un vostro parare su quest'argomento! Ovviamente su chi ha letto questo delirio totale! ^^
Fine spoiler!!!!
Infine vorrei ringraziare tutti coloro che mi seguono e che hanno permesso al mio primo capitolo di raggiungere le 400 visualizzazioni!!! *-* Vi adoro!!!
E poi, anche se probabilmente non lo leggeranno tutti, voglio dedicare questo capitolo a tutte le persone meravigliose che ho conosciuto a Napoli venerdì sera al FlashMob e al cinema!!! Non vedo l'ora di rivedervi!!! Già vi voglio bene!!! Best Gleeks ever, WOOOH!!!!! (Giusto per citare il nostro caro Darren xD)
Grazie in anticipo a tutti coloro che commenteranno, ci tengo tantissimo alle vostre recensioni e prometto che risponderò a tutti anche se un po' in ritardo ma purtroppo è cominciata la scuola anche per me!!!! Che trauma!!! ^^
Un bacio,
Federica

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Capitolo 5
*** Punizione ***


Capitolo 5: Punizione

 

La mattina dopo Kurt non scese per fare colazione: era entrato nella fase di mutismo estremo nei confronti di suo padre. Dopo una notte trascorsa tra lacrime e rabbia alternate, senza chiudere occhio, era finalmente riuscito a rendersi presentabile e a scendere le scale per aspettare che Blaine facesse la sua comparsa direttamente fuori il portone d’ingresso.

«Kurt» lo chiamò il padre appena lo vide. «Devi accompagnare Finn a scuola. E’ troppo stanco per guidare». A quell’ordine, perché non era una richiesta, Kurt rispose con freddezza calcolata, senza voltarsi ad incontrare il suo sguardo.

«Tra poco Blaine sarà qui e ci accompagnerà tutti e due».

«Non credo proprio» ribatté Burt. «E’ passato cinque minuti fa e gli ho detto che vi sareste visti direttamente a scuola». Kurt strabuzzò gli occhi, girandosi verso il padre con estrema lentezza prima che il suo cervello cominciasse a ragionare e gli saltasse addosso dalla rabbia.

«Tu cosa?!» urlò furioso.

«Non alzare la voce con me, Kurt! Sei in punizione!». Anche Burt stava cominciando a scaldarsi. Finn scese in quel momento le scale più traballante del solito e con un’espressione che a Kurt sembrò quella di un cretino, non quella di un ubriaco.

«Possiamo andare» disse, senza avere nemmeno la decenza di scusarsi per tutto l’accaduto della sera prima. In uno scatto d’ira, Kurt prese le chiavi della macchina grugnendo e si diresse fuori senza salutare suo padre. Sentì solo l’eco smorzato della voce di Carole che augurava loro buona giornata. Accese il motore e partì come un razzo alla volta della scuola, sperando di trovare conforto al più presto tra le braccia di Blaine. Sentì il suo cellulare squillare insistentemente dalla sua borsa sul sedile posteriore e pregò che fosse il suo ragazzo che volesse sapere cosa stava succedendo.

«Fallo smettere, Kurt!» pregò Finn dal sedile del passeggero. «Mi scoppia la testa!» continuò portandosi due dita alle tempie.

«Peggio per te!» ribatté il fratello, senza sforzarsi di abbassare il tono di voce. «Ora, se non ti dispiace, potresti allungare una delle tue mani chilometriche e afferrare quell’aggeggio?!». Come poteva anche solo credere che Kurt potesse prenderlo mentre stava guidando?

Finn eseguì mugolando per il dolore alla testa e lesse il mittente della chiamata.

«E’ Blaine».

«Dammelo!» esclamò Kurt, strappando il telefono dalle mani del fratello. «Blaine!» lo salutò subito.

- Buongiorno, Kurt! – nonostante tutto Blaine sembrava non aver perso il buon umore.

«In realtà se il buongiorno si vede dal mattino, oggi sono rovinato». Blaine rise. Subito Kurt si sentì più rilassato: la voce allegra di Blaine era una cura per ogni brutta situazione.

- Come mai tuo padre mi ha detto che saresti venuto da solo oggi? -

«Sono in punizione» spiegò Kurt. «Sì, esattamente come i bambini di tre anni che non mangiano tutte le verdure».

- Divertente -

«Non credo proprio».

- In cosa consiste questa fantomatica punizione? -

«Non posso “vederti” per una settimana».

- Un po’ difficile, non credi? Andiamo alla stessa scuola -

«Ed è qui che viene il bello: mio padre sostiene che per stare con te io trascuri questo morto-vivente che mi porto appresso!».

- Dai, magari, era solo arrabbiato... - tentò di dire Blaine ma, allo sfogo totale di Kurt, capì che era meglio limitarsi ad assecondarlo.

«Kurt, vuoi smetterla di blaterare, per favore!» urlò Finn all’improvviso. «Dobbiamo anche andare a prendere Rachel e Dio solo sa quante me ne dirà!».

«Finn, forse non te ne sei reso conto...». Okay, Kurt era senza alcun dubbio furioso. «Ma sono in punizione per colpa tua!» urlò con tutta la forza che aveva in corpo, rischiando di perdere il controllo dell’auto.

- Kurt, calmati - sussurrò Blaine a quel punto, con fare rassicurante.

«Mi scoppia la testa!» si lamentò Finn.

«Si chiama Karma, caro mio!» continuò a urlare Kurt, senza curarsi minimamente delle condizioni del fratello.

- Kurt, dai, smettila. Starà malissimo, poverino – lo pregò Blaine affinché la smettesse. Nel frattempo erano giunti nel vialetto di Rachel che li attendeva impaziente sull’uscio di casa. Kurt salutò Blaine dicendogli che si sarebbero visti tra poco mentre Finn pensò tra sé e sé “Grazie a Dio!”. Rachel salì subito, salutando amabilmente e preoccupandosi delle condizioni del suo ragazzo.

«Finn, come stai? Sembri uno zombie».

«E’ un complimento rispetto a come mi sento davvero».

«Ti avevo detto di non bere troppo».

«Un secondo» scattò Kurt all’improvviso, interrompendoli e realizzando una cosa che non gli andava proprio a genio. «Papà non ti ha punito?» chiese voltandosi verso Finn.

«Sì» rispose quello, senza guardarlo.

«E allora perché Rachel è qui?». Rachel lo fissò interrogativa ma Kurt la ignorò volutamente.

«Che c’entra Rachel? Non posso uscire per una settimana».

«Cosa?!» gridò Kurt istericamente.

«Lo vedi come fa?!» esclamò esasperato Finn guardando Rachel e indicando il ragazzo accanto a lui. Kurt non riusciva davvero a credere che Burt non avesse adottato lo stesso metro di giudizio per loro due. Odiava il due-pesi-due-misure! Perché Finn poteva vedere Rachel quanto voleva e lui non poteva stare con Blaine se non a scuola? Non era giusto! Finn poteva starsene a casa con la sua Rachel tra le braccia e Kurt, invece, poteva uscire senza Blaine... in pratica: non poteva uscire! Perché doveva subire due punizioni in una?! Non lo avrebbe accettato! Aveva ripreso a guidare verso la scuola, sempre più desideroso di rifugiarsi nell’abbraccio di Blaine ma, quella mattina, arrivò così tardi da doversi limitare ad un saluto veloce prima di correre in classe con Finn e Rachel. Fortunatamente suo fratello non aveva le sue stesse lezioni e lo rivide solo alla terza ora, mentre tentava di ignorare il più possibile la sua presenza. In quel momento sentiva di odiarlo: era solo colpa sua se non poteva stare con Blaine come al solito e se suo padre si era impuntato sul fatto che non passasse abbastanza tempo a fargli da balia perché, a quanto pareva, ne aveva assoluto bisogno ad ogni ora del giorno. Kurt non vedeva l’ora che arrivasse l’ora di pranzo, per poter almeno parlare liberamente con Blaine e sfogarsi con qualcuno che lo ascoltasse.

«In punizione, eh Kurt?» chiese Puck sedendosi senza essere stato invitato al tavolo dove erano già seduti lui, Blaine, Mercedes e Sam.

«Come fai a saperlo?».

«Finn mi ha raccontato tutto. Sono offeso: organizzate una serata in un locale e non invitate me, l’unico in grado di divertirsi». Mercedes lo guardò accigliata, rivivendo cosa aveva passato quella mattina per una stupida sbornia.

«E pensare che noi non ci siamo nemmeno ubriacati!» fece Sam, sorridendo a mo’ di scuse verso la sua ragazza che gli lanciò un’occhiata truce.

«Infatti! Posso capire la punizione di Finn ma io non ho fatto nulla!». Kurt non si dava ancora per vinto.

«Proprio per questo sei in punizione... avresti dovuto controllare Finn» intervenne Tina, accomodandosi con Mike al tavolo.

«E a te chi lo ha detto?» domandò Kurt, iniziando a perdere la pazienza. In quel gruppo non si aveva un minimo di privacy.

«Mike». Kurt guardò il ballerino con un’occhiata eloquente e lui indicò Sam che puntò il dito verso Mercedes. Eppure Kurt era sicuro di non averne parlato alla sua migliore amica prima dell’ora di pranzo.

«Me l’ha detto Rachel. Voleva un consiglio per qualche film da affittare per vederlo con Finn a casa tua» spiegò la ragazza risoluta.

«Perfetto!» sbottò Kurt. «Così adesso tutti sanno che sono in punizione!». Blaine gli prese la mano per calmarlo: sembrava che quel giorno fosse in piena crisi isterica.

«Che hai fatto, Kurt?» chiese Santana accomodandosi con Brittany al seguito.

«I fatti tuoi?». Kurt non ebbe il tempo di terminare la frase che Puck disse: «Non ha impedito che Finn si ubriacasse».

«Come? Vi ubriacate e non ci invitate?! Mi reputo offesa!» rispose Santana, guardandoli con astio. Kurt sbatté la testa sul tavolo, volontariamente, più e più volte fino a quando Blaine non gli posò una mano sulla fronte impedendo che ripetesse il gesto.

«C’erano perfino i canarini!» aggiunse Puck, come scandalizzato.

«Usignoli, semmai» lo corresse Blaine.

«Oh, scusami, Anderson, ma le specie animali non sono il mio forte».

«E qual è il tuo forte, Puckerman?» chiese Lauren avvicinandosi.

«Far impazzire le ragazze come te, piccola». Kurt si portò una mano sulla fronte, scuotendo la testa per la battuta squallida alla quale nessuno ebbe la forza di rispondere. Continuarono a mangiare, scambiandosi qualche battutina senza senso ogni tanto mentre si accomodavano allo stesso tavolo anche Finn, Rachel, Sunshine, Quinn e Artie. Solo in quel momento Kurt notò che non si erano mai seduti tutti insieme a mensa, nel corso degli anni passati. Si erano sempre considerati una famiglia ma non avevano mai condiviso momenti come quelli. Di solito si ritrovavano nell’aula di canto per le prove e si salutavano nei corridoi, ognuno di loro c’era quando qualcuno aveva bisogno d’aiuto o di conforto, si accettavano e si rispettavano ma, non si sa perché, durante l’orario scolastico avevano sempre di meglio da fare.

Invece adesso erano una vera e propria famiglia.

Con quel pensiero, Kurt appoggiò la testa alla spalla di Blaine che gli baciò la fronte, godendosi la tranquillità che si era istaurata nel suo gruppo dopo tanto tempo passato insieme.

 

***

«Non ce la faccio più! Un altro pomeriggio passato a fare nulla e impazzisco!» si lamentò Kurt con Rachel, in macchina mentre Finn guidava alla volta della scuola.

«Ma perché non esci con Mercedes?» propose l’amica.

«Mercedes ha Sam. E io ho Blaine, dannazione!».

«Oggi è venerdì. Quando finisce la punizione?».

«Martedì. Mancano ancora quattro lunghissimi giorni» sospirò Kurt.

«Allora perché stasera non facciamo un pigiama-party da me? Così ti distrai un po’ e lasci la tua camera per una sera». Kurt ci pensò qualche secondo su, realizzando che non passavano una serata tutti insieme, lui, Rachel e Mercedes, da una vita praticamente.

«Ti hanno mai detto che sei un genio?».

«E’ un sì?».

«Tesoro, non me la perderei per nulla al mondo».

«Evviva!» gongolò Rachel, felice. Kurt non perse tempo a mandare un messaggio a Mercedes con i dettagli sulla serata.

«Ma stasera non dovevi venire a casa? Dovevamo vedere quel film...» si ricordò Finn all’improvviso, rivolgendosi a Rachel.

«Finn, tuo fratello ha bisogno di conforto. Non essere così egoista» lo ammonì subito lei, ammutolendolo. Sentendo le parole dell’amica, Kurt si girò verso Finn al posto del guidatore e gli fece una linguaccia, sorridendo. Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che i suoi due passeggeri cominciarono a parlare alla velocità della luce dei dettagli della serata, completando le frasi dell’altro e provocando una forte emicrania al povero Finn che tra frasi del tipo:

«Dobbiamo assolutamente vedere “Rent”».

«No, preferisco “Funny Girl”, c’è Barbra».

«Non esiste! In quel film canta praticamente da sola!».

«Ma non puoi paragonare canzoni come “My man” a “Seasons of love”!».

... non ci capiva più nulla. Non sapeva nemmeno se quelli fossero film o musical o semplici canzoni. Si limitò ad alzare il volume della radio fino a quando non giunsero nel parcheggio della scuola. Arrivati lì uscì velocemente dall’auto e si fiondò subito su Puck, vedendolo passare da lì.

«Parliamo di football, macchine, anche compiti se necessario ma portami via da qui!» esclamò esasperato guardando l’amico negli occhi e prendendogli le spalle con forza. Puck, teatralmente, gli avvolse le spalle con un braccio e lo portò via dal parcheggio guardandosi intorno come a volerlo proteggere. Kurt e Rachel ridacchiarono e, subito dopo, incontrarono Mercedes, intenta come loro a precisare qualche dettaglio sulla serata. Quando intravidero Blaine avvicinarsi, le ragazze si dileguarono sapendo che i due avevano bisogno di un po’ di privacy almeno a scuola.

«Buongiorno!» esordì Blaine con un sorriso a trentadue denti.

«Buongiorno» rispose Kurt, prendendogli la mano.

«Di che parlavate?». I due cominciarono ad incamminarsi verso i loro armadietti per prendere i libri per la prima lezione, mano nella mano come facevano ormai ogni giorno. Si rendevano conto che dopo neanche una settimana di scuola i ragazzi che camminavano di fianco a loro tendevano già a non farci più caso come se fosse una cosa normale.

«Stasera vado da Rachel per un pigiama party!».

«Divertente... almeno tu hai qualcosa da fare». Blaine mise per un secondo il broncio ma poi notò qualcosa nell’armadietto di Kurt che lo fece sorridere.

«Puoi chiamare David o Wes e uscire con loro... o magari andare a una partita di football con Sam...». Kurt non si era reso conto che Blaine non lo stava più ascoltando.

«Cos’è quello?» lo interruppe quest’ultimo, indicando l’interno del suo armadietto. Kurt spostò lo sguardo sulla foto all’interno della porta del suo armadietto, con la scritta Courage incollata sotto e un foglietto con i loro nomi incorniciati da un cuore appeso vicino.

«Niente... solo un modo per averti sempre vicino...». Kurt si strinse nelle spalle. «Non l’avevi mai notato?».

«No» rispose subito Blaine. «A quando risale?».

«Bhè...». Kurt abbassò lo sguardo imbarazzato. «A quando ci siamo conosciuti...» ammise infine. «Ma il foglietto a San Valentino» si affrettò a precisare. Blaine rise del suo imbarazzo e gli prese una mano.

«E’ una cosa adorabile» sussurrò, guardandolo negli occhi. «Credo che tu sia adorabile». Blaine si sporse per dargli un leggero e casto bacio sulla guancia quando Kurt sorrise, ricordando quelle parole che lo avevano così rassicurato prima di salire sul palco delle scorse Regionali.

«Meno male, credevo che fosse patologico». Blaine rise e lo condusse verso la classe dopo che Kurt ebbe chiuso la porta del suo armadietto. Per tutta la durata delle lezioni Kurt non smise di pensare al fatto che per tutto il week-end non avrebbe visto Blaine e che gli sarebbe mancato da morire. Gli lanciava sguardi di continuo ai quali Blaine rispondeva con un sorriso prima di tornare a prendere appunti. Non sapeva se lui avesse pensato allo stesso ma era convinto che Blaine avrebbe provato a rassicurarlo dicendogli che si sarebbero sentiti sicuramente tramite telefono e messaggi ogni ora. Ma questo non rassicurava Kurt. Voleva vedere Blaine, baciarlo senza doversi trattenere e poter stare con lui senza riserve, ne aveva bisogno. Lui stesso si sorprese di questo suo pensiero. Davvero desiderava così tanto del contatto fisico con Blaine? Bhè, dall’ultima volta che si erano spinti oltre, si era fermato spesso a ripensare a quel momento e, sinceramente, desiderava che Blaine approfondisse il contatto sempre di più ultimamente mentre si baciavano.

Era lecito?

Era normale?

Si tormentò con domande del genere per tutta la durata della quarta ora e quando fu il momento di andare alla mensa, Blaine lo sorprese prendendogli la mano e trascinandolo in disparte dai loro amici che si stavano già avviando alla sala comune.

«Hai molta fame?» sussurrò Blaine.

«No, perché?». Kurt sembrava confuso.

«Ti dispiacerebbe saltare il pranzo?». Kurt si limitò a dissentire, attendendo una qualche spiegazione dal suo ragazzo. Blaine lo trascinò via, senza aggiungere altro e lo condusse in cortile, sul retro della scuola.

«Dove mi stai portando?» domandò finalmente Kurt, sorridendo dell’imprevedibilità di Blaine.

«E’ solo che non potrò vederti per tutto il week-end e non ce la faccio più a starti lontano...» sussurrò Blaine, avvicinandosi e posando le sue labbra su quelle di Kurt, in un gesto tanto dolce quanto bisognoso. Kurt si limitò a stringergli le braccia al collo, desideroso quanto Blaine di quello che stavano condividendo in quel momento. Quest’ultimo gi avvolse i fianchi e lo spinse verso il muro della scuola. E a quel punto il corpo di Blaine aderì a quello di Kurt e lui iniziò a pensare che avrebbe potuto finalmente sperimentare che quello su cui si era scervellato non era così sbagliato in fondo. Anzi, accarezzando la lingua di Blaine con la sua, tutto sembrava così giusto...

Si staccarono per riprendere fiato e Kurt, armandosi di coraggio, si sporse verso il collo di Blaine, cominciando a baciarlo con dolcezza e dopo poco a leccarlo, sperando di non sembrare stupido o, peggio ancora, troppo irriverente. Ma Blaine sembrava apprezzare, portandogli una mano dietro la nuca e gemendo piano. Kurt percepì la sua erezione che cominciava a formarsi contro la sua coscia mentre continuava a baciarlo e leccarlo, sorridendo. Perché aveva creduto che tutto quello fosse in qualche modo indecoroso o sporco? Era così bello ed appagante! Blaine spostò piano la mano dalla nuca alla schiena di Kurt, desiderando di arrivare più giù. Si chiedeva se Kurt glielo avrebbe permesso o lo avrebbe respinto. Ma doveva tentare perché con le sue labbra che lo tenevano prigioniero del loro tocco, si sentiva più sicuro. Abbassò con calma la mano e sentì le labbra di Kurt interrompersi per qualche secondo. Pensò subito di spostare la mano prima che Kurt decidesse che per quel giorno si erano dati da fare abbastanza, ma lui lo baciò prima che potesse farlo. Era un buon segno, no?

Lo attirò a sé, stringendo quella parte così intima del corpo di del suo ragazzo e soffermandosi a pensare su quanto fosse stupendo il sedere di Kurt. In quel momento anche lui aveva cominciato ad eccitarsi e Blaine decise che non si sarebbe fatto scappare l’occasione di aver trovato Kurt bendisposto. Doveva fargli capire come potessero essere stupendi quei momenti insieme: privi di vergogna o imbarazzo ma solo passionali seppur romantici.

«Ti amo, Kurt» sussurrò all’orecchio del suo ragazzo Blaine, prima di mordicchiarne il lobo. Sapeva che quella era una cosa che faceva andare Kurt in fibrillazione, lo aveva capito dall’ultima volta che si erano trovati in una situazione simile. Lo baciò di nuovo e indirizzò la sua mano verso la cerniera dei pantaloni di Kurt, facendolo sobbalzare. Si aspettava una reazione del genere ma non per questo si fermò. Doveva far capire a Kurt che non c’era nulla di male in quelle carezze, seppur intime.

«Shh» mormorò, accarezzandogli i capelli alla base della nuca. «Rilassati». Kurt non lo fece subito ma quando sentì la mano di Blaine sui suoi boxer si irrigidì di nuovo, spaventato all’idea di concedersi così tanto. Per quanto Blaine tentasse di tranquillizzarlo con carezze e baci lungo la gola, non riusciva proprio a calmarsi. La sua erezione, però, pulsava dal desiderio di quel contatto e c’era una parte di lui che non desiderava altro.

«Kurt...». La sua voce era rassicurante, pronta, calma. Kurt non poteva immaginare che il cuore di Blaine batteva all’impazzata perché stava toccando un uomo così intimamente per la prima volta nella sua vita e aveva una paura tremenda di sbagliare qualcosa... di risultare ridicolo... di fargli male...

Kurt sapeva che Blaine stava attendendo una sorta di incoraggiamento per andare avanti ma nella sua testa c’erano così tanti pensieri confusi che non riusciva a fare altro che starsene lì, immobile. Blaine lo baciò sull’incavo del collo, spostando leggermente la mano verso il fianco di Kurt, attraverso i pantaloni aderenti.

«Va tutto bene, Kurt...» mormorò con fare rassicurante. Fu a quel punto che Kurt si disse che non poteva più essere quello che si tirava indietro, che aveva paura del contatto, che non desiderava il suo ragazzo... perché non era così! Lui desiderava Blaine! Lo amava da morire e lo desiderava! Ma, per qualche strana ragione, non riusciva a sbloccarsi in situazioni del genere.

Durante l’estate era stato tutto così facile, così tranquillo... non si erano mai trovati abbastanza in intimità con Blaine per poter arrivare a quello. Ma Kurt sapeva che quel momento sarebbe arrivato e voleva viverlo, voleva che Blaine lo toccasse, voleva che approfondisse il contatto. Ciò di cui però aveva più paura era il semplice fatto che lui, Kurt Hummel, fosse arrivato a pensare a qualcosa del genere.

Istintivamente nascose il volto nel collo di Blaine per non fargli cogliere il suo conflitto interiore e, con una richiesta muta, lo invitò ad andare avanti.

Blaine non aveva bisogno di altro: con lentezza calcolata portò la mano sull’erezione di Kurt, ancora prigioniera dei boxer e cominciò a massaggiarla con calma, delicatamente. Senza nemmeno rendersene conto, Kurt cominciò a gemere piano sull’orecchio di Blaine, facendolo sorridere sommessamente.

Solo quando Blaine sentì una leggera spinta del bacino di Kurt verso la sua mano, osò pensare di poter infilare la mano nei suoi boxer, approfondendo il contatto. Questa volta non sussultò né si ritrasse ma sembrò solo rilassarsi. Blaine, piacevolmente sorpreso, lo baciò, trionfante. Kurt ricambiò con slancio fino a quando Blaine non strinse la mano sulla sua erezione. Spalancò gli occhi, provando una scarica di piacere lungo tutto il corpo.

«Oh!» sussurrò, colto di sorpresa e Blaine continuò nella sua carezza devastante fino a quando le gambe di Kurt cominciarono a tremare. Non riusciva quasi a tenersi in piedi, lanciando gemiti sempre più acuti che facevano lentamente impazzire anche Blaine.

«Blaine... Blah-ine...» gemeva Kurt, una mano stretta al braccio di Blaine e l’altra che gli cingeva un fianco. La sua testa era appoggiata alla sua spalla e ogni tanto Kurt lasciava un bacio sul collo di Blaine, facendosi distrarre per qualche secondo dalla morbidezza della sua pelle. Quando Kurt venne, lanciò quasi un urlo di piacere, non curandosi di trovarsi in un edificio scolastico o del fatto che qualcuno avrebbe potuto sentirlo. Si aggrappò alle spalle di Blaine per sorreggersi e nascose il viso tra la sua spalla e le sue braccia. Non realizzò che Blaine non avesse ancora trovato il suo piacere se non quando la sua erezione toccò la sua coscia.

«Blaine...» mormorò piano, accarezzandogli il collo con la punta del naso. L’altro rispose istintivamente con un bacio, senza aggiungere altro e staccandosi da Kurt che aveva finalmente ricominciato a pensare con la testa.

«Andiamo un attimo in bagno e poi torniamo dagli altri» disse Blaine, staccandosi da Kurt. Lui lo guardò e poi annuì, senza aggiungere altro. Ora che aveva realizzato cosa avevano appena fatto, non riusciva a credere di non essersi sottratto ad un gesto del genere.

Ma non se ne pentiva.

Stava forse accettando il fatto che potesse piacere a qualcuno in quel senso?

Blaine lo prese per mano mentre nascondeva l’altra in tasca e si ritrovarono di nuovo nei corridoi del McKinley, sperando che l’ora di pranzo non fosse ancora finita. A loro sembrava fossero passate ore da quando si erano allontanati dai loro amici. Si infilarono nel primo bagno per uomini che riuscirono a trovare e si sorpresero nel trovarlo quasi vuoto. C’era solo qualcuno che si stava lavando le mani. Senza nemmeno guardarli, si avviò all’uscita con le cuffie ancora nelle orecchie.

«Tu vai in bagno e cerca di ripulirti alla meglio mentre io mi lavo le mani». Fortunatamente Blaine riusciva a gestire la situazione e a parlarne senza imbarazzo mentre Kurt non tentava nemmeno di aprire bocca, sapendo che ne sarebbe uscito solo qualche rantolo indefinito per l’imbarazzo. Fece come gli era stato detto e dopo poco uscì di nuovo e si lavò le mani, asciugandole in fretta e furia. Blaine non gli tolse gli occhi di dosso per un secondo, sorridendo del suo ritrovato imbarazzo.

«E ora?» chiese Kurt, abbassando lo sguardo e sentendo le guance che gli si imporporavano di rosso. Blaine non smise di sorridere nemmeno quando si avvicinò al suo ragazzo e gli posò un dolce bacio sulla guancia, sistemandogli un ciuffo di capelli che era sfuggito alla lacca.

«E ora torniamo in classe» disse semplicemente, allontanandosi e cominciando a correre nel corridoio, sentendo la campanella che squillava.

Come avrebbero fatto a concentrarsi sulla lezione dopo quello che era successo?

Entrambi sapevano che non avrebbero pensato ad altro per tutto il week-end.

 

***

“Eccola lì, perfetta come sempre” pensò Santana guardando la ragazza bionda di fronte a lei. Brittany non poteva vederla perché si stava avviando in classe con Artie, spingendo la sua sedia e permettendo che le portasse i libri.

“Come diamine è possibile che, dopo tutto quello che è successo, lei non sappia ancora dirmi se sta con Quattrocchi oppure no?

Insomma, guardatemi!

Non c’è paragone!

Anche se fossi un ragazzo sarei meglio di quello lì!

Nemmeno quando ha pomiciato con Kurt è caduta così in basso! Artie la guarda ancora con quegli occhi sognanti, e ci credo! Quando gli ricapita un’occasione come questa? La ragazza più desiderata della scuola, con quegli occhi stupendi, un sorriso adorabile e l’ingenuità di una bambina...”.

Santana si rese conto di essersi immobilizzata nel bel mezzo del corridoio, con la testa reclinata osservando la sua Brittany salutare con un cenno della mano il ragazzo sulla sedia a rotelle.

“Comunque” si ridestò subito. “Conquisterò Brittany. Questa è la mia ultima occasione e ce la farò. Anche a costo di dover rovesciare quella stupida carrozzella!”.

Annuì a sé stessa, ignorando gli sguardi curiosi di coloro che la circondavano e si avviò in classe, contenta di aver preso una decisione.

Perché quando Santana Lopez decideva qualcosa, niente e nessuno avrebbe interferito con i suoi piani.

 

Continua...

 

NDA: Ecco il quinto capitolo!!! Povero Kurt, vero? Ma diciamo che si è preso una sorta di rivincita, non credete? ^^
Sulla scena in mensa: vorrei dire a mia discolpa che l'ho scritta circa un mese e mezzo fa e non avevo idea che anche nel primo episodio si sarebbero riuniti tutti in mensa appassionatamente! Chiedo venia!!!
In ogni caso... abbiamo il grande ritorno di Santana Lopez con il suo stile impeccabile! Questo monologo dovrebbe avere la funzione di una patetica imitazione di quello della puntata di San Valentino (chi non lo ricorda deve andare a ricoverarsi immediatamente!) ma so che non è riuscito al 100%...
Voglio ringraziare tutti coloro che mi recensiscono con assiduità e tutti quelli che leggono in silenzio! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della mia storia e se può risultare in qualche modo realistica! Grazie ancora!!!
PS: Vista l'improvvisa febbre-da-pubblicità, mi piacerebbe segnalarvi la storia del mio amico, non che beta migliore del mondo, Lusio!
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=760764 ---> ecco a voi il link della sua ff "Il conte - Fiaba nera". E' una bellissima storia basata sulla vita reale di una contessa del '600 piuttosto particolare. Kurt è ovviamente il conte della situazione e qualcuno si ritroverà ad essere ai suoi servigi, circondato da servi multietnici e con dei caratteri a dir poco strani! E' una delle AU più stupende che io abbia mai avuto il piacere di leggere e, se volete, fateci un salto!
PPS: Se qualcuno di voi fosse di Napoli e particolarmente Warblers-addicted, non potete perdervi il primo FlashMob a loro intitolato! A chi dovesse interessare: http://www.facebook.com/event.php?eid=226370207407324
Vi aspettiamo in tanti!!! =)
Un bacio,
Federica

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Capitolo 6
*** Serata tra donne ***


Capitolo 6: Serata tra donne

 

«Come faccio a sapere che non è solo una scusa per stare con Blaine?».

Kurt stava davvero per perdere la pazienza ma non voleva darlo a vedere. Da sempre sapeva che doveva mantenere la calma in ogni situazione, impedendo di dare soddisfazione a chi lo faceva arrabbiare. Ma in quel caso era un’impresa davvero ardua.

«Papà, devi solo fidarti di me. Rachel e Mercedes potranno confermarti che non ho intenzione di uscire con Blaine di nascosto».

«Sono le tue migliori amiche, Kurt. Non credo che la loro opinione conti molto».

«Andiamo papà! Non ti sto chiedendo nulla di strano!». Burt non stava guardando il figlio ma stava esaminando il frigo, cercando qualcosa di decente da mangiare mentre Kurt lo inseguiva ovunque andasse come un cagnolino che ti accarezza le gambe fino a quando non ottiene ciò che vuole.

«Perché non le inviti qui, invece?».

«Perché qui c’è Finn!».

«Allora niente da fare». Kurt si portò una mano alla fronte, sapendo che, se fosse stato necessario, avrebbe potuto implorare il padre. Non voleva arrivare a tanto, gli sembrava ridicolo.

«Perché non inviti Blaine qui a guardare una partita di football con Finn, invece?» intervenne Carole che aveva ascoltato tutta la conversazione, cucinando per la cena.

«Questo andrebbe bene?» chiese Kurt al padre speranzoso, allungando il collo.

«Potrebbe».

«Carole, sei un angelo!» esclamò Kurt, abbracciando la matrigna da dietro e posandole un bacio dolce sulla guancia.

«Che cosa ha fatto per essere un angelo?» domandò Finn, entrando in cucina con il borsone di football in spalla. Lo gettò sul pavimento senza ritegno e tirò fuori dal frigo una bottiglia di succo d’arancia, bevendo direttamente da quella.

«Finn Hudson, quante volte ti ho detto di non bere direttamente dalla bottiglia e di non lasciare le tue cose in giro per casa?!».

«Scusa» rispose Finn immediatamente, incurante.

«Allora vado a chiamare Blaine per stasera!» annunciò Kurt saltellante prima di uscire.

«E’ stato scagionato per buona condotta?». Finn sembrava scettico.

«No. Blaine verrà qui per guardare la partita con te stasera». Al ragazzo servirono due minuti buoni per elaborare la notizia che il fidanzato di suo fratello sarebbe venuto a passare del tempo con lui per una serata intera. Gli stava simpatico Blaine, non era quello il problema, quanto il fatto che temeva la reazione di Kurt se gli avesse fatto o detto qualcosa di sbagliato. Addio ad una serata piacevole.

«Cosa?! No, non esiste!» tentò di dire, ma in quel preciso istante Kurt rientrò dicendo che Blaine era entusiasta della proposta e che aveva accettato. Finn pensò che solo i suoi amici potevano aiutarlo in una situazione del genere.

«Io vado a chiamare i rinforzi» sussurrò ancora sconvolto prima di andare in camera sua. Mandò un messaggio a Puck e Sam, implorandoli di venire a casa sua a vedere una partita di football quella sera e senza specificare la presenza di Blaine. Non poteva sapere come avrebbero reagito, ma sapeva che i suoi amici sarebbero arrivati in suo aiuto e così fu. Quando arrivarono, qualche minuto dopo, Kurt andò ad aprire il portone d’ingresso per trovarsi di fronte i due ragazzi.

«Che ci fate voi qui?» chiese immediatamente, senza invitarli nemmeno ad entrare.

«Ci ha invitato Finn» spiegò Sam.

«Hai intenzione di farci entrare o no?» fece subito Puck, sentendo l’odore che proveniva dalla cucina. Kurt si spostò dalla soglia di casa e chiamò Finn a gran voce, incurante dei poveri timpani di Sam e Puck.

«Ragazzi!».

«Perché li hai invitati?» passò subito all’attacco Kurt.

«Tu vai ad una serata tra donne e io ho organizzato la mia serata per soli uomini» si giustificò Finn.

«Vai ad un pigiama-party, Hummel? Così ti trucchi e ti fai bello?» lo canzonò Puck, ridendo.

«Finiscila!» esclamò Kurt, liquidandolo con un gesto della mano. «Finn, tra poco Blaine sarà qui e non mi fido a lasciarlo nelle vostre mani!».

«Un momento: viene anche il fringuello?».

«Usignolo!» lo corressero Kurt, Finn e Sam automaticamente.

«Quello che è!».

«Finn ti giuro che se Blaine mi riferirà qualcosa che non quadra in questa serata ti ucciderò con le mie stesse mani! Sono già in punizione per colpa tua e non mi serve che mini anche alla salute mentale del mio ragazzo!». Finn lo guardava sbalordito: Kurt sembrava un bambino isterico che parlava come un trentenne. Non aveva colto il significato proprio di tutte le parole che aveva usato ma la minaccia era chiara. Puck e Sam si limitavano a guardarsi tra loro sorridendo e mimando dei fischi per commentare la reazione del piccolo Kurt che sembrava spaventare Finn in quel momento.

«Adesso capisco chi porta i pantaloni in questa casa» commentò Sam, bonariamente.

«Lo puoi dire forte» assicurò Kurt, riacquistando la calma e aggiustandosi i capelli. «E ora, se volete scusarmi, devo andare a prendere il set di creme idratanti e sistemarle nel borsone».

Entrambi i ragazzi gli fecero un cenno con la mano per salutarlo mentre Finn tentava di riprendersi dalla sfuriata del suo fratellastro.

«Ora capite perché vi ho chiamato d’urgenza».

«Ma se viene il fringuello non è più una serata tra uomini» si lamentò Puck.

«Usignolo» lo corressero di nuovo.

«Quello che è!».

«E comunque non è vero. A Blaine piace il football».

«Ma a Blaine non piace una cosa essenziale...» disse Puck lasciando la frase in sospeso, eloquente.

«Sei da censura» rise Finn.

«Grazie». Pochi minuti dopo erano spaparanzati chi sul divano e chi sul pavimento a guardare senza attenzione la televisione attendendo l’inizio della partita o che la madre di Finn li chiamasse per la cena o che Blaine facesse la sua comparsa. Quando Kurt scese con il suo borsone mastodontico lo salutarono senza staccare gli occhi dallo schermo e sentirono le ruote del suo SUV stridere sulla strada mentre faceva manovra per uscire dal vialetto. Trenta secondi dopo che fu uscito, i cellulari di Finn e Sam squillarono quasi nello stesso momento. Entrambi si alzarono scusandosi e dicendo che erano le rispettive ragazze. Puck rimase da solo, di fronte al televisore, guardando lo schermo con sguardo perso.

«Devo assolutamente trovarmi una ragazza».

 

***

Blaine non era esattamente contento di come era stata organizzata la sua serata. Perché Kurt non gli aveva chiesto di andare a casa sua a vedere la partita con Finn, gli aveva semplicemente detto che ci sarebbe andato.

Il che era molto diverso.

Era contento di avere qualcosa da fare quella sera ma temeva che avrebbe messo in imbarazzo Finn. In fondo l’unica volta che erano stati insieme da soli era stato mentre Kurt provava il suo abito per il ballo e Blaine gli aveva solo chiesto se poteva cantare con loro al ballo. Non si era ancora fatto un’idea di Finn: era un bravissimo ragazzo, ovviamente, ma non sapeva come approcciarsi con lui anche perché non gli sembrava condividessero molti interessi.

Blaine stava guidando comunque alla volta di casa Hummel, canticchiando come suo solito la canzone alla radio, quando squillò il suo telefono. Riconobbe subito la suoneria e rispose con entusiasmo.

- Ehy, Kurt! Già immerso in pop-corn e lotta con i cuscini? -

«Spiritoso» commentò l’altro, sorridendo. «In realtà ti ho chiamato per avvertirti. Finn ha invitato anche Puck e Sam a casa stasera. Non temere: li ho già minacciati a dovere».

Blaine rise di gusto pensando alla scena di Kurt che ammoniva il suo fratellastro e i suoi due amici.

- Mi sento molto più tranquillo ora -

«Ne sono felice. Non esitare a chiamarmi se fanno qualsiasi cosa che possa infastidirti».

- Kurt, non sono dei serial-killer - rise Blaine. - Starò bene - Ora che sapeva della presenza di Sam e Puck era decisamente più tranquillo. Insomma con il primo aveva un rapporto più stretto, per quanto potesse esserlo, e Puck sembrava essere simpatico e capire Finn al volo. Si prospettava sicuramente una serata quantomeno interessante.

«Grazie ancora per aver accettato».

- Non che avessi scelta -

«Ti prometto che quando sarò libero ti porterò ovunque vorrai per una settimana intera».

- Ci conto -

«Sto entrando nel vialetto di Rachel».

- Buona serata -

«Anche a te» disse Kurt. «Non vedo l’ora di rivederti». Blaine percepì che quella frase era costata molto a Kurt perché la sua voce tradiva un certo imbarazzo.

- Anche io, Kurt. Ti amo - rispose con tono sicuro, prima di chiudere la chiamata. Dopo tutto quello che era successo a scuola non la smetteva di sorridere e, quando sua madre gli aveva chiesto cosa avesse, aveva risposto solo che era stata una bella giornata a scuola e che si era divertito molto alla riunione del Glee Club. Ricordava fin troppo bene l’imbarazzo provato nel dover spiegare alla madre di chi erano i jeans con i quali era tornato da scuola qualche giorno prima e, soprattutto, perché i suoi si fossero sporcati. Nonostante le scuse accampate, Blaine sapeva perfettamente che sua madre non era una stupida e che probabilmente si era resa conto di ciò che era successo. Non aveva voluto indagare, però, e di questo Blaine gliene fu grato.

Immerso nei propri pensieri si rese conto di essere arrivato nel vialetto degli Hummel e smontò subito dalla sua macchina, infilando le chiavi in tasca. Bussò al portone di ingresso e Carole venne ad aprirgli quasi come sempre, d’altronde.

«Ciao Blaine. Accomodati» lo invitò gentilmente. Lui non poté fare a meno di sorriderle e si avviò in salotto con lei dove trovò Finn e Puck seduti sul divano mentre Sam era ancora al telefono con Mercedes. Probabilmente stavano litigando perché Sam teneva una mano sulla bocca per evitare di disturbare con sussurri nervosi e irritati.

«Salve ragazzi» disse subito, abbassando il tono della voce per non dare fastidio a Sam. Carole si congedò dicendo di dover finire di preparare la cena.

«Vieni, Blaine, siediti» disse Finn, tentando di mettere il ragazzo a suo agio. Non aveva ancora dimenticato le parole di Kurt e il fatto che anche Rachel, dopo che le aveva parlato della serata che si prospettava, si fosse raccomandata con lui, lo aveva messo ancora più in agitazione. Cosa avrebbe potuto fare di male a Blaine? Non era mica un maniaco o cose del genere!

«Grazie». Si accomodò accanto a loro sul divano, dopo una lotta interiore piuttosto accesa.

Poltrona o divano?

La poltrona sarebbe sembrata troppo distante e quindi lo avrebbe fatto apparire come freddo e lui non era di certo così. Aveva optato infine per il divano nonostante gli altri potessero pensare che così stavano più stretti di quanto non fossero già prima. Ma nessuno disse nulla. Si limitarono solo a guardare il televisore in attesa che Sam si staccasse da quel telefono e li raggiungesse. Cosa che avvenne da lì a qualche minuto mentre Puck e Finn si erano lanciati in una fitta discussione su un touch-down che secondo Finn era stato memorabile seppur Puck sostenesse di aver fatto di meglio. Blaine aveva riso ogni tanto delle battute che si scambiavano i due ragazzi ma non li aveva interrotti fino a quando Finn non gli aveva chiesto se aveva mai giocato a football.

«Andiamo, ti sembro tipo da giocare a football?» rispose lui, dando il via ad un altro ciclo di risate quando Sam si avvicinò.

«Che mi sono perso?» domandò, sfoggiando il miglior sorriso falso che si potesse fare.

«Amico, tutto bene?» si informò subito Finn.

«Io non la capisco proprio!» iniziò a sfogarsi il ragazzo, probabilmente lieto a Finn di avergliene dato la possibilità. «Prima le chiedo di venire con me al cinema e accetta con piacere e ora mi dice che non può venire solo perché in televisione danno uno stupido speciale su Aretha Franklin e mi ha chiesto di andare a casa sua per vederlo insieme. Ma cosa cavolo me ne importa a me di Aretha Franklin?!».

«Magari voleva solo restare a casa da sola con te» ipotizzò Puck, credendo di conoscere a fondo l’animo femminile.

«Ci avevo pensato anch’io ma quando ha detto che sua sorella sarebbe rimasta con noi, ho perso le staffe».

«Ti capisco». Finn non riusciva ancora a rassegnarsi sul fatto che Rachel fosse sempre più fermamente convinta della sua posizione riguardo l’argomento “sesso”.

«Almeno le hai detto che volevi stare da solo con lei?» intervenne Blaine al che tutti lo fissarono, increduli.

«Perché avrebbe dovuto?» chiese Puck, scettico.

«Perché così l’avrebbe addolcita e magari avrebbe accettato di andare al cinema» spiegò Blaine risoluto.

«Ma poi che film volevi andare a vedere?» domandò Finn.

«Final Destination 5 in 3D, ovvio». Blaine scosse la testa capendo perfettamente perché Mercedes avesse rifiutato l’invito.

«Non puoi portare una ragazza a vedere un film del genere».

«Ascoltalo» suggerì Puck all’amico. «Lui in fatto di ragazze se ne intende» lo schernì. Finn gli diede una gomitata nelle costole, come a volergli ricordare la minaccia di Kurt.

«Sto solo dicendo che magari sarebbe stata più incline a venire se l’avessi portata a vedere un film diverso, più romantico».

«Ma credevo che alle ragazze piacesse aggrapparsi al nostro braccio nel momento terrificante del film» disse Sam, grattandosi la testa con fare confuso.

«Partendo dal presupposto che questo avveniva anni fa, ora le ragazze sono più orgogliose. E poi Final Destination non è un horror. Ti mostra solo tanti modi per morire e fa schifo, non paura». Blaine sembrava così padrone dell’argomento da lasciare a bocca aperta gli altri tre che, più lo ascoltavano, più si rendevano conto di quanto le cose che dicesse fossero giuste.

«Hai capito il fringuello!» esclamò Puck.

«Usignolo!» dissero in coro Finn e Sam.

«Ragazzi, non preoccupatevi: ormai ci ho rinunciato» rise Blaine, contento che la serata stesse prendendo quella piega.

«La cena è pronta!» urlò Carole dalla cucina e i quattro ragazzi si diressero a tavola. Blaine salutò Burt che gli rispose educatamente, prima di sedersi di fronte a lui. Parlarono di tutto e di niente, soprattutto di scuola e di football, facendo di Carole una povera martire.

«Mi manca Kurt!» asserì prima di alzarsi e sparecchiare. Tutti risero prima di alzarsi e riprendere posto in salotto. Questa volta non accesero il televisore, però. Puck aveva avuto una delle sue idee strampalate e avevano deciso di assecondarlo.

«Visto che l’usignolo qui è così esperto, perché non approfittarne?».

«Non voglio responsabilità su rotture o litigi futuri» si affrettò a dire Blaine, sorridendo. Tutti risero e lo fecero sedere sul divano con Sam al suo fianco e Puck sulla poltrona con Finn sul bracciolo.

«Allora... come fa Finn a farsela dare da Rachel?» esordì Noah, facendo ridere Sam e Blaine.

«Che ne sai che non lo abbiamo già fatto?» si difese subito l’interessato.

«Andiamo, amico! Con quella faccia, tu non hai fatto nulla dopo la scappatella con Santana». Tutti risero ancora di più mentre Finn arrossiva imbarazzato.

«Io credo che Rachel sia semplicemente frenata dalle sue convinzioni. Magari crede nel sesso dopo il matrimonio o cose così» ipotizzò Blaine. «Non credo che sia particolarmente pudica».

«Ma io sto impazzendo! E’ sempre la stessa storia, anche con Quinn» si lamentò Finn.

«In effetti non è che con Mercedes sia molto diverso».

«Vi prego non parliamo di Lauren! Ha fatto la preziosa per un anno intero e poi, quando finalmente sono riuscito a farla smuovere, è finita la scuola e non mi ha calcolato per tutta l’estate!».

Blaine si limitò ad ascoltare, non aggiungendo nulla semplicemente perché non aveva nulla da dire a riguardo.

E fu la peggior cosa che potesse fare.

«Qui il fringuello non apre bocca! Mi sa che qui quello che se la passa meglio è proprio lui!». Puck si alzò e lo affiancò, facendo cadere Sam dal divano e dando a Blaine una pacca sulla spalla.

«Andiamo, vogliamo i dettagli sconci!». Blaine arrossì immediatamente pensando anche solo a quello che era successo quella mattina.

«Ma che dici?! Non c’è nessun dettaglio sconcio!» mentì spudoratamente, attirando ancora di più l’attenzione dei suoi amici.

«Oddio! Io credevo di scherzare quando facevo riferimento ad un rapporto intimo tra te e Kurt!» esclamò Finn scandalizzato.

«Ma se Kurt è più pudico di tutte le ragazze messe insieme!» dissentì Sam.

«Non stavamo parlando di ragazze?» provò a cambiare argomento Blaine, sempre più rosso in viso.

«Eh, no! Tu non me la racconti proprio giusta! Ora vogliamo sapere tutto! Avete già fatto sesso?». Puck sembrava così interessato da spaventare Blaine che prese seriamente in considerazione la proposta di Kurt di chiamarlo quando ce ne fosse stato bisogno.

«No!» urlò scandalizzato. «Puoi abbassare la voce? Non oso immaginare se dovesse sentirti il signor Hummel».

«Cosa devo sentire?» chiese lui, entrando in salotto con una bacinella di pop-corn tra le mani.

«Niente!» si affrettarono a dire tutti in coro.

Blaine pensò che forse il terzo grado era finito per il momento. Tirò un sospiro di sollievo e si chiese se i discorsi delle ragazze con Kurt si avvicinassero minimante ai loro.

 

***

«Basta! Non vi sopporto più! Aboliamo il film! Facciamo qualcos’altro!» esclamò la povera Mercedes esasperata. Credere che la discussione in macchina su quale film scegliere si fosse esaurita lì era una speranza vana anche perché il litigio era imperversato fino alla sera, quando nonostante fossero arrivati a contendersi solo due titoli, non riuscivano ancora a farla finita.

«Va bene, va bene» rispose Kurt, gettandosi sui tanti cuscini disposti a terra.

«Cosa facciamo allora?» chiese Rachel, per nulla scoraggiata. Sia lei che Mercedes erano già provviste di treccine e Kurt aveva già fatto le unghie ad entrambe, rammaricandosi di non potersele far fare anche lui. Rachel aveva detto che c’erano molti ragazzi con le unghie curate ma lui non aveva voluto sentire ragione: un conto era limarle alla perfezione, un altro metterci dello smalto.

«Che ne dite di una sana sfida di karaoke?» buttò lì Kurt, vagliando già le sue possibili scelte nella sua mente. Rachel aveva tutte le tracce che lui adorava e sarebbe stata una passeggiata battere lei e Mercedes.

«Non ho voglia di sentire voi due che cantate le vostre canzonette da musical» ribatté la ragazza di colore, acida. Entrambi la fissarono quasi scandalizzati, senza capire quale fosse il problema perché Mercedes non era così: aveva sempre sopportato di buon grado le isterie dei suoi due migliori amici, aveva sempre apprezzato le loro esibizioni e non si era mai spazientita così velocemente con loro.

«Mercedes, c’è qualcosa che non va?» sussurrò Kurt avvicinandosi a lei.

«Tutto a posto». Il ragazzo le passò un braccio intorno alle spalle e si sforzò di catturare il suo sguardo, rivolto verso il pavimento dove erano comodamente seduti.

«Andiamo, tesoro» continuò Rachel. «Si vede che ti è successo qualcosa».

«Io e Sam abbiamo discusso prima che venissi qui» confessò tutto d’un fiato Mercedes a quel punto. Kurt e Rachel si guardarono come se avessero finalmente realizzato la fonte del malumore della loro amica.

«Non vi sarete lasciati?» domandò Rachel, improvvisamente più interessata.

«No! Certo che no!».

«Che cosa è successo esattamente?» chiese Kurt con più delicatezza.

«Mi aveva invitata al cinema a vedere Final Destination 5 in 3D» spiegò Mercedes, fissandoli con uno sguardo eloquente. Entrambi sgranarono gli occhi con aria indignata come se il gesto di Sam fosse stato un affronto.

«Se Finn mi avesse mai invitata a vedere un film del genere, non gli avrei rivolto la parola per giorni! Sembra che non ti conosca!» inveì Rachel, per dare supporto all’amica senza rendersi conto di star peggiorando le cose.

«E’ lo stesso che ho detto anch’io!» concordò l’altra.

«Okay, okay. Non scendiamo a conclusioni affrettate!» le frenò Kurt, pur sapendo che avrebbe reagito allo stesso modo con Blaine se gli avesse proposto di vedere un film del genere. «Magari voleva solo stare un po’ da solo con te».

«Kurt, tu non sei mai venuto al cinema con noi: non stacca gli occhi dal film per un secondo e quando accenno a dire qualcosa mi intima di stare zitta!».

«Inaccettabile!».

«Rachel, vuoi chiudere il becco?!» esclamò Kurt esasperato. «Siamo qui per aiutarla, non per aizzarla contro il suo ragazzo!».

«Scusa».

«Comunque ha ragione» disse Mercedes.

«Forse ma, andiamo, non vorrai lasciare Sam per così poco! E’ un bravo ragazzo! L’unico forse che è sempre gentile con tutti e che non ha mai attaccato volontariamente nessuno!» cercò di difenderlo Kurt.

«Lo so, Kurt... Ma questo per me significa un amico non un ragazzo. Io ho delle esigenze».

«Tutti ne abbiamo» rispose il ragazzo risoluto. «Ma guardaci adesso e pensa a come stavamo l’ultima volta che abbiamo fatto un pigiama-party. Rachel pensava di pagare cento dollari alla bancarella dei baci di Finn per ottenere cento baci. Io sbavavo dietro a Blaine che aveva in  programma di cantare una canzone d’amore ad un altro e tu... bhè, tu non avevi nessuno che ti interessasse».

«L’anno scorso sembravamo disperati» commentò Rachel.

«Tu, semmai, cara mia!» la schernì subito Kurt.

«Parla quello che prese un due di picche a San Valentino!». Il ragazzo fece una linguaccia alla sua migliore amica non che fidanzata di suo fratello per evitare di aggiungere altro e di offenderla. Una cosa del genere avrebbe decretato la fine della serata e non aveva voglia di sorbirsi Finn e le sue prediche. Mercedes sorrise del loro battibecco ma non commentò, limitandosi a fare da spettatrice come spesso accadeva.

«Comunque non voglio più parlarne. Cambiamo argomento».

«Okay! Vi ho parlato di quell’assolo che...» cominciò subito l’altra ragazza, alzandosi sulle ginocchia entusiasta.

«Rachel!» la ammonirono in coro Mercedes e Kurt, stanchi di sentire sempre gli stessi discorsi.

«Okay, okay!».

«Allora, Kurt, parlaci piuttosto di te e Blaine. Come va?» chiese Mercedes, informandosi sugli ultimi gossip.

«Bene» rispose Kurt immediatamente, arrossendo leggermente. «Benissimo» aggiunse, ripensando immediatamente a ciò che era successo quella mattina.

«Oooooh!» fecero subito Mercedes e Rachel, avvertendo qualche pettegolezzo piccante nell’aria.

«Tu non ce la racconti giusta!» lo accusò la prima.

«Sono d’accordo!» continuò la seconda.

«Cosa volete che vi dica?».

«Per esempio cosa avete fatto perché la tua relazione vada, e cito testualmente, “benissimo”».

«Non sarete mica arrivati già a quello?!» esclamò Rachel, curiosa e scandalizzata allo stesso tempo.

«NO!» urlò quasi Kurt, vedendo il suo colorito passare dal bianco più candido al rosso più puro.

«Meno male, sei troppo giovane per quello». Mercedes e Kurt la fissarono come se stesse scherzando, seppur non sorpresi da Rachel che aveva da sempre difeso la sua posizione sull’argomento.

«E tu, quanto tempo avrai ancora intenzione di far penare Finn?» domandò Kurt, felice di aver rigirato la frittata in suo favore.

«Non sono affari tuoi e comunque Finn è felice così com’è».

«Glielo hai mai chiesto?». Mercedes come Kurt era scettica a riguardo.

«Non ne ho bisogno. Noi ci capiamo senza bisogno di parole» assicurò lei, alzando lo sguardo con fare superiore e incrociando le braccia. Kurt e Mercedes scoppiarono a ridere senza riuscire a trattenersi mentre Rachel continuava a sostenere che fossero solo gelosi di quello che avevano lei e Finn.

«Rachel, sei davvero esilarante!» commentò Kurt, tentando di calmare le risa.

«Ma cosa vuoi saperne tu?».

«So che vi siete lasciati tante di quelle volte perché non riuscivate a capirvi che uscirsene con una frase del genere è stato esilarante!» continuò, sghignazzando.

«E ci siamo rimessi insieme tante volte quante ce ne siamo lasciati» gli ricordò lei.

«Non ne dubito» rise Mercedes, godendo dell’espressione semi-offesa di Rachel. Continuarono a scherzare in quel modo per qualche altro minuto quando Kurt ricevette un messaggio sul suo i-phone.

Serata conclusa. E’ stato divertente passare un po’ di tempo con i ragazzi per conoscerli meglio. Spero ti stia divertendo. Buona notte. Un bacio –B

Sorrise all’istante, immaginando il suo ragazzo che tornava a casa e si infilava sotto le coperte per riposare. Al solo pensiero che quel week-end sarebbe passato senza che potesse vederlo, si incupì per un po’ ma le sue amiche seppero come tirarlo su di morale, iniziando a commentare tutti gli abiti di tutti gli invitati dell’ultimo matrimonio reale di Montecarlo, a detta di Kurt imparagonabile a quello dei reali inglesi.

D’altronde aveva pur sempre trascorso l’estate a scrivere un musical sulla sorella della neo-duchessa di Cambridge.

 

Continua...


NDA: Niente Klaine questa volta, eh? Ma vabbè, non preoccupatevi! Tra poco ne avremo in abbondanza! =)
Questo capitolo inizialemente doveva essere solo la fine di quello precedente ma poi mi sono resa conto che insieme erano veramente troppo lunghi e ho dovuto separarli! 
Quindi, ricampitolando un po': Puck ha perso di vista Lauren. Sam e Mercedes non vanno proprio d'accordo su tutto (non sono una fan della Samcedes, deal with it! xD). Finn e Rachel... bhè, loro sono sempre allo stesso punto!  Ma, non temete, si smuoveranno anche lì! 

Questa volta, eccezionalmente, vi darò un piccolo spunto di immaginazione sul prossimo capitolo: 

"«Che vuoi? Sei di nuovo incinta, per caso?»."

"«Ma se è dovuto arrivare a chiederti se state ancora insieme vuol dire che le cose non stanno andando tanto bene!»."

"Sarebbe uscito allo scoperto e avrebbe vissuto la sua vita libero di essere se stesso.
Mentre anche lui usciva dallo spogliatoio si chiese solo se questo fosse umanamente possibile..."

"«Ho intenzione di riproporre la sfida di ogni anno! Ragazzi contro ragazze!» annunciò quando ebbe ottenuto il silenzio. Tutti si fissarono con delle espressioni del tipo “Ma non è capace di inventare niente di meglio?”, senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo."

Okay!! Forse ho esagerato!!! Vediamo un po' chi indovina a chi si riferiscono le frasi e chi le dice! Sfida aperta! 
Ovviamente, Lusio, sei pregato di astenerti! xD

Infine un grazie speciale a Medea00, Crisscolferaddict, KlaineLover e LaTuM, oltre che al mio mitico beta Lusio, che hanno recensito con assiduità ogni santo capitolo!!! Grazie mille!

E poi ad aurinella ed Evy78 che commentano sempre seppur abbiano scoperto la storia un po' più tardi!!! Grazie mille anche a voi!

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate anche voi che leggete in silenzio! Per me sarebbe un vero piacere conoscere la vostra opinione! =)Al prossimo capitolo!!!

Un bacio,
Federica

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Capitolo 7
*** Sfide ***


Capitolo 7: Sfide

 

Sto ufficialmente per irrompere a casa tua e portarti via con me. –B

Sì, magari in sella ad un cavallo bianco e indossando un mantello! –K

Perché no! Sono quasi sicuro che un mantello mi donerebbe! –B

Non ne dubito, mio principe. –K

Stai ridendo a crepapelle, vero? –B

Colpevole. –K

Mi manchi. –B

Anche tu. Quando avrà fine questa tortura?! –K

E’ solo sabato sera! Manca ancora un giorno intero a lunedì! –B

Non ho mai voluto così tanto che ricominci la scuola! –K

Kurt aveva trascorso il week-end così, mandando un’infinità di messaggi al suo ragazzo e tempestandolo di chiamate. Non che Blaine fosse da meno, anzi. Non riuscivano a stare separati per così a lungo, non ci erano mai riusciti. Nemmeno quando Kurt era tornato al McKinley avevano dovuto sopportare così a lungo la lontananza anche perché si vedevano ogni pomeriggio, anche a costo di trascurare gli studi.

Ma il week-end era finito. Kurt non riusciva a stare fermo mentre Finn guidava con la massima calma verso la scuola. Rachel era seduta sul sedile del passeggero e stava parlando con lui amabilmente ma Kurt non avrebbe saputo dire nemmeno di cosa stavano parlando. Fortunatamente arrivarono a scuola in poco tempo nonostante Finn, a detta di Kurt, avrebbe potuto schiacciare anche un po’ sull’acceleratore, ma era questione di punti di vista. Sceso dalla macchina, Kurt si guardò subito in giro, aspettando di vedere Blaine arrivare o parcheggiare con la sua macchina. E, invece, nulla.

«Kurt, posso parlarti?» sentì una voce familiare dietro di lui. Si voltò immediatamente scoprendo Quinn, la sua coda perfetta come sempre e i suoi occhi chiari incollati al pavimento.

«A cosa devo l’onore? Saranno due anni che ci conosciamo e questa sarà la seconda volta che mi rivolgi la parola» rispose il ragazzo piuttosto acido. In realtà si stava ancora guardando intorno nella speranza di trovare Blaine che sembrava in ritardo quel giorno. Ma che diamine, proprio quel giorno doveva fare tardi?!

«Non c’è bisogno di essere così brusco».

«Scusa» fece Kurt, senza smettere di scrutare il parcheggio alle spalle di Quinn. «Che vuoi? Sei di nuovo incinta, per caso?».

«Ho capito» ribatté la ragazza indignata. «Grazie per la tua attenzione» disse e si voltò per andarsene. Fece giusto qualche passo prima di girarsi di nuovo verso di lui e gridargli contro: «Potresti anche evitare di pomiciare in macchina dove tutti possono vederti invece di lamentarti di essere vittima di bullismo!». Detto questo si allontanò correndo, stringendo i suoi libri per paura di farli cadere. Kurt non riuscì nemmeno a trovare le parole per risponderle per le rime, tanto era rimasto scioccato dalla frase di Quinn. I suoi occhi si erano sgranati e le sue labbra erano sigillate, la sua espressione sconvolta. Come si permetteva Quinn Fabray di trattarlo così dopo averlo ignorato per anni?! E quando lui e Blaine avevano pomiciato in macchina?!

Si sentì all’improvviso stringere i fianchi da due braccia forti. Le sue erano ancora bloccate a stringere la sua tracolla e non accennavano a muoversi.

«Buongiorno!» sussurrò una voce calda al suo orecchio, baciandogli il lobo, tranquillamente. Solo in quel momento Kurt si riprese dal suo stato di semi-trance, per tornare a pensare razionalmente e prestare attenzione a Blaine, che gli era mancato per due giorni interi.

«Buongiorno» rispose, girandosi verso di lui che lo liberò delle sue braccia. Appena poté incontrare i suoi bellissimi occhi nocciola, Kurt lo abbracciò di slancio, facendo quasi cadere Blaine che non si aspettava una reazione così calorosa.

«Mi sei mancato tanto» sussurrò Kurt nascondendo il viso nel collo di Blaine.

«Non ci vediamo da soli due giorni» rispose il ragazzo stringendolo. Kurt si staccò da lui, guardandolo con falso disappunto.

«Disse colui che progettava di rapirmi in groppa ad un cavallo bianco».

«Ehy, aspetta un momento!» fece Blaine, sorridendo. «Sei tu che hai messo in mezzo il cavallo!». Risero insieme per qualche secondo fino a quando Kurt ricordò ciò che gli era successo qualche secondo prima e si rabbuiò pensando alle parole di Quinn. Era stata dura nei suoi confronti, sapendo ciò che aveva passato.

«A cosa pensi?» chiese Blaine, prendendogli la mano mentre si avviavano all’interno della scuola.

«Prima che arrivassi Quinn mi ha chiesto di parlare...» cominciò Kurt andando avanti a spiegare tutto ciò che si erano detti lui e la ragazza. Nel frattempo erano arrivati davanti all’armadietto di Blaine e lui stava prendendo i suoi libri continuando ad ascoltare e a commentare con semplici vocali.

«Non sei stato proprio gentile...» disse alla fine.

«Nemmeno lei».

«Hai cominciato tu» gli ricordò Blaine. «E poi noi non abbiamo mai pomiciato in macchina. Me lo ricorderei» aggiunse con un sorrisetto sghembo.

«Ah-ah» commentò Kurt, ironico. «E’ comunque colpa tua! Se non fosse stato per il tuo ritardo non sarei stato di cattivo umore».

«E’ sempre colpa mia, eh?».

«Ovviamente».

«Perché non provi a parlarle più tardi alle prove del Glee?» propose Blaine. Kurt pensò che fosse una buona idea, sempre che Quinn volesse parlargli. Non si era ancora chiesto cosa avesse potuto volergli chiedere prima che si arrabbiasse, e comunque non riusciva ad immaginarlo.

Cosa poteva volere Quinn Fabray da lui?

«Forse è solo arrabbiata perché le ho soffiato la corona l’anno scorso».

 

***

Brittany sapeva che tutti i suoi insegnanti preferivano non averla in classe se non per le verifiche scritte e così, anche quel giorno, stava vagando per i corridoi senza una meta ben precisa quando vide Santana avanzare verso di lei, un libro tra le mani e gli stivali alti che provocavano un fastidioso rumore nel corridoio deserto.

«Ehy!» la salutò.

«Ciao Santana».

«Cos’è quella faccia?» le chiese immediatamente, preoccupata. Santana era stata più che un’amica in quegli ultimi giorni: le era sempre accanto e la faceva divertire raccontandole di come continuava a torturare Rachel ogni giorno per quello che aveva fatto alle Nazionali.

«Niente».

«Andiamo, Britt, lo sai che puoi dirmi tutto».

«Ho detto ad Artie che stiamo ancora insieme».

In quel momento fu come se un masso gigante da cento tonnellate cadesse dal cielo e prendesse in pieno Santana, rimasta senza fiato per rispondere. Tutto quello che aveva fatto per conquistarla, per dirle che l’amava, per farle capire cosa provasse era stato inutile?! No, non poteva permetterlo!

«E perché lo hai fatto?» domandò con evidente rabbia.

«Perché me lo ha chiesto» rispose come se fosse ovvio.

«No, Brittany. Intendo perché vuoi stare ancora con quel parassita?!».

Ormai Santana aveva quasi del tutto perso il controllo e stava cominciando ad urlare.

«Perché lo amo». La semplicità della risposta spiazzò la ragazza ispanica. Era tentata di chiederle se amasse anche lei ma lo aveva già fatto così tante volte che non voleva essere ripetitiva.

«Ma mi avevi detto che se le cose tra te e Artie non fossero andate per il verso giusto, saresti venuta da me!».

«Infatti stiamo ancora insieme».

«Ma se è dovuto arrivare a chiederti se state ancora insieme vuol dire che le cose non stanno andando tanto bene!».

«Mi stai confondendo» ammise Brittany in un sussurro. Santana si sforzò di non pensare a quanto fosse adorabile quando assumeva quell’espressione.

«Vediamo se così ti è più chiaro: chi ti è stata vicina tutta l’estate?».

«Tu».

«E quando arrivi a scuola, chi desideri vedere per prima, me o lui?».

«Te».

«E allora perché ti ostini a voler stare con lui?!» urlò Santana esasperata.

«Forse dovrei dirgli che è finita». Brittany non sapeva più perché aveva rassicurato Artie dicendogli che stavano ancora insieme. In realtà non sapeva nemmeno perché glielo avesse chiesto.

«Alleluia!».

«Ma non posso».

«E perché?».

«Non voglio ferirlo». Santana strabuzzò gli occhi di fronte a quella dichiarazione. Non voleva ferire lo storpio, ma a lei non ci pensava? Non pensava al fatto che, ogni volta che la sentiva parlare di lui, il suo cuore andava in mille pezzi?

«Allora non abbiamo più nulla da dirci» disse e si allontanò a grandi passi, ferita. Sentì Brittany che le urlava di fermarsi ma che si teneva comunque a debita distanza, temendo che lei scoppiasse. E lo avrebbe fatto, lo avrebbe fatto sicuramente. Ma al momento giusto, riuscendo a trovare un modo perché Brittany non si sentisse obbligata a lasciare Artie. Non voleva ferirlo, eh? Bene, avrebbe trovato il modo per far sì che Artie lasciasse Brittany. Cosa praticamente impossibile, si disse, ma, d’altronde, era già successo una volta, no?

«Non è finita qui».

 

***

Ormai Dave era sicuro di una cosa: si era preso una bella sbandata per gli addominali di Sam Evans.

Da notare: i suoi addominali e nient’altro perché non ci teneva proprio a provare a baciare quella bocca da trota. E poi aveva avuto la conferma che Sam era etero dalle sue relazioni, prima con Quinn Fabray e poi con quella ragazza di colore amica di Hummel.

Ma ciò non gli impediva di ammirarli ogni qualvolta ne avesse l’occasione, discretamente. Come stava facendo in quel preciso istante, mentre Sam stava uscendo dalla doccia dopo la sua ora di educazione fisica.

«Dovresti andarci piano con le occhiate». Dave ebbe appena il tempo di girarsi dalla parte opposta a Sam, quando notò Anderson che entrava nello spogliatoio per cambiarsi.

«Non stavo guardando nessuno» si difese subito.

«Certo». Blaine lo guardò mentre abbassava lo sguardo, confuso su cosa fare o su come rispondere. Invece di rimanere lì a fissarlo come uno stupido, pensò bene di sfilarsi la maglietta e mettere quella della tuta.

“Certo che Kurt non se l’è scelto male” pensò Dave, pentendosi subito di averlo fatto. Iniziò a scuotere la testa come per non dover pensare e, allo stesso tempo, per distogliere lo sguardo dall’addome di Blaine.

«Tutto bene?».

«Ehm... sì» rispose velocemente per non farsi scoprire. Quel ragazzo sembrava intuire ogni suo pensiero e ciò lo turbava perché non voleva che qualcuno capisse cosa stava provando in quel periodo.

«Comunque riguardo a quello che hai fatto la settimana scorsa... non ho ancora avuto occasione di ringraziarti come si deve...» continuò Blaine, sfilandosi i pantaloni e indossando quelli della tuta.

Dave non avrebbe mai voluto farlo, ma i suoi occhi si trovarono inevitabilmente a dare uno sguardo alle parti intime del ragazzo di Hummel. Chiuse gli occhi con forza quando se ne accorse, contento che Blaine non lo avesse notato e si limitò a rispondere con un: «Non ti preoccupare» piuttosto agitato.

Blaine ripose la sua roba nel suo armadietto con cura e gli passò accanto prima di andare in palestra.

«Sai, rinnegando ciò che sei, non farai molta strada» disse prima di uscire verso il campo da football dove si allenavano i ragazzi. Dave non ebbe il tempo di rispondere ma si fermò qualche secondo a pensare alle parole di Anderson. In sostanza, erano le stesse parole che Hummel gli aveva rivolto l’anno precedente solo che, dall’anno scorso, era lui ad essere cambiato. Non riusciva più a sopportare il peso che gravava nel suo cuore, come se fosse un masso che aveva nel petto. Temeva la reazione dei suoi genitori ad una rivelazione del genere, anche perché, dopo tutto quello che aveva fatto, era forse l’unica cosa che potevano aspettarsi. Eppure non era di loro che aveva paura, non quanto aveva paura dei suoi compagni. Avrebbero cominciato a sfotterlo e a buttarlo nei cassonetti come avevano fatto con Kurt? Gli avrebbero reso la vita impossibile? Lo avrebbero annaffiato di granita ogni volta che attraversava un corridoio? Non avrebbe potuto sopportare di passare da bullo a vittima.

Non poteva e basta.

La sua unica soluzione, forse, era quella di trovare un collage lontano dall’Ohio. Da qualche parte dove i gay fossero quantomeno accettati e trasferircisi.

Sarebbe uscito allo scoperto e avrebbe vissuto la sua vita libero di essere se stesso.

Mentre anche lui usciva dallo spogliatoio si chiese solo se questo fosse umanamente possibile...

 

***

«Allora, ragazzi!» richiamò tutti all’ordine Schuester. Il Glee Club era riunito nell’aula di canto in attesa di cominciare: era appena la seconda settimana di scuola quindi si limitavano ad esibirsi su un tema assegnato dal professor Schue giusto per tenersi impegnati visto che le Provinciali erano ancora lontane.

«Ho intenzione di riproporre la sfida di ogni anno! Ragazzi contro ragazze!» annunciò quando ebbe ottenuto il silenzio. Tutti si fissarono con delle espressioni del tipo “Ma non è capace di inventare niente di meglio?”, senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo.

«Con qualche piccolo miglioramento visto che qualcuno già l’anno scorso mi aveva fatto notare quanto poco stimolante fosse questa competizione...». Lo sguardo del professore cadde irrimediabilmente sul povero Kurt che abbassò lo sguardo con un sorrisetto colpevole.

«Quindi...» riprese tirando fuori dalla sua borsa un sacchettino blu scuro. «Pescherò due nomi che saranno i capitani delle due squadre e loro verranno qui a sorteggiare tutti gli altri componenti».

«Non ho capito» ammise Brittany.

«Non ci pensare» la rassicurò Finn, seduto vicino Rachel. «Tanto dopo lo rispiega». Il professor Schue pescò il primo nome che fu proprio quello di Brittany che si alzò esultante nella sua divisa delle Cheerios e lo raggiunse entusiasta.

«Cosa ho vinto?» chiese con la gioia di una bambina. Tutti la guardarono con sguardi rassegnati ma non commentarono. Ormai erano abituati all’ingenuità di Brittany.

Anche il professore proseguì senza risponderle: «Mercedes!». La ragazza di colore si alzò fronteggiando la cheerleader con sguardo di sfida.

«Non avete chance» sussurrò, già sicura della vittoria della sua squadra.

«Ora, Brittany, pesca un nome» ordinò Schuester. La ragazza non se lo fece ripetere e infilò la mano nel sacchettino che il professore le porgeva con sguardo pieno d’aspettativa.

«Mike!» urlò felice. Il ragazzo asiatico la raggiunse. Mercedes disse mentalmente addio ad ogni accenno di coreografia che avrebbero potuto fare.

«Puck» disse quando toccò a lei tirare fuori un nome.

«Finn». Brittany sembrava contenta del nuovo acquisto ma il ragazzo, sicuro che lo avrebbero costretto a ballare, si lamentò, rassegnato, prima di raggiungere i suoi compagni.

«Lauren». Mercedes era indifferente di fronte a quel nome: aveva sperato in qualcuno come Kurt o Quinn.

«Santana!» annunciò con orgoglio Brittany. La ragazza le corse incontro, abbracciandola e l’ispanica dimostrò subito la sua felicità con un «Non avete scampo!».

«Quinn» disse Mercedes tirando un sospiro di sollievo.

«Blaine!» cinguettò Brittany. Finn gli cinse le spalle con un braccio e gli scompiglio i capelli con le nocche mentre lui tentava di liberarsi dalla stretta del giocatore di football.

Continuarono a sorteggiare i nomi e, quando le squadre furono complete, il professor Schue ricapitolò tutti i nomi dei componenti dei due team.

«Quindi Mercedes è il capitano della squadra composta da: Puck, Lauren, Quinn, Rachel, Kurt, Artie e Sunshine». I ragazzi che aveva chiamato non lo ascoltarono minimamente, già impegnati nelle loro macchinazioni per rendere la loro esibizione stupenda.

«E Brittany invece è il capitano della squadra composta da: Mike, Finn, Santana, Blaine, Sam e Tina». Questi ultimi esultarono come dei bambini e si ricomposero solo quando i loro compagni lanciarono loro delle occhiatacce.

«Infine volevo solo dirvi che dovete esibirvi su una canzone da musical!». I componenti della squadra di Brittany sbiancarono completamente tutti insieme, tranne Blaine, sicuro della sua preparazione. Kurt e Rachel iniziarono a ridere subdolamente, battendosi il cinque.

«Abbiamo già vinto!» esultò Kurt, ritenendosi il più esperto in materia insieme a Rachel.

«Non cantare vittoria troppo presto! C’è un gay anche in questa squadra!» ribatté Santana, indicando Blaine dietro di lei. Lui sorrise, pensando che quei ragazzi si facevano prendere veramente molto facilmente dalla competizione.

«Ma voi non avete Barbra Streisand!» precisò Puck sogghignando.

«E voi non avete i ballerini migliori della scuola!». Mike, alla risposta di Sam, fece fare una piroette a Brittany e si inchinò con lei.

«Avete una settimana per prepararvi, dopodiché vi esibirete di fronte all’altra squadra e a me che vi giudicherò».

«Cosa si vince, professore?» domandò Tina, curiosa.

«Il capitano e due membri della sua squadra vincente scelti da lui avranno un assolo assicurato alle Provinciali».

«Sembra tanto American’s Next Top Model» commentò Kurt. Al suono della campanella tutti si alzarono per riprendere le loro cose e andare via, dirigendosi al parcheggio. Blaine salutò Kurt con un bacio leggero sulle labbra prima di salire sulla sua auto e andare via mentre quest’ultimo si avvicinava a Quinn, desideroso di mettere in chiaro ciò che era successo quella stessa mattina.

«Quinn!» la chiamò prima che potesse scappare e rifugiarsi nella sua macchina.

«Che vuoi, Hummel?» gli rispose lei, senza smettere di camminare. Kurt, seccato dal comportamento della ragazza, la seguì fino a quando arrivarono al posto dove aveva parcheggiato.

«Volevo scusarmi per come ti avevo risposto stamattina. Stavo aspettando Blaine e non lo vedevo da venerdì quindi ero molto nervoso...» si spiegò velocemente Kurt, gesticolando con una mano. «Mi perdoni?» chiese, sicuro di essere stato convincente.

«Solo perché siamo nella stessa squadra e io voglio vincere» precisò Quinn. Sapeva che la spiegazione di Kurt era stata molto sbrigativa ma, in fondo, avevano esagerato entrambi.

«E poi nemmeno io sono stata carina con te».

«Già. Mi spiegheresti quand’è che hai visto me e Blaine pomiciare in macchina? Sai com’è, non mi risulta».

Quinn abbassò lo sguardo dagli occhi del ragazzo, arrossendo leggermente mentre ammetteva: «In realtà lui ti ha solo dato un bacio. E’ successo il primo giorno di scuola».

Kurt ripensò alla scena di Blaine che si avvicinava al suo collo per baciarlo delicatamente e un brivido gli percorse la spina dorsale, come se fosse stato proprio lì, a godersi la vicinanza del suo ragazzo.

Era decisamente in astinenza da Blaine Anderson.

«Oh... adesso capisco».

«Non volevo spiarvi. Mi sono trovata solo a guardarvi mentre entravate in macchina. Siete molto dolci insieme» ammise la ragazza, sorridendo a Kurt. Questa volta fu lui ad arrossire e ad abbassare lo sguardo.

«Non ti preoccupare. Cosa volevi chiedermi stamattina?» domandò il ragazzo per cambiare discorso. Solo allora si rese conto che Finn lo stava chiamando dalla sua auto, intimandogli di andare via.

«Nulla di importante» rispose Quinn sbrigativa. «Ci vediamo domani». Entro in macchina e si allontanò con un colpo di clacson. Kurt non poté fare altro che dirigersi dal fratello e sedersi sui sedili posteriori, ripensando a ciò che gli aveva detto Quinn. Lei non si era mai soffermata così tanto su lui e Blaine, non tanto da rivolgere a loro la sua attenzione quando era con il resto del gruppo. Kurt avrebbe voluto saperne di più ma non riusciva nemmeno ad immaginare cosa la ragazza avrebbe potuto chiedergli.

«Allora Kurt? Ma mi stai ascoltando?!» esclamò Rachel attirando la sua attenzione.

«Ero distratto. Dicevi?».

«Credo che tocchi a noi scegliere la canzone per la competizione» disse lei, ricevendo un immediato consenso da Kurt. «Che ne dici di...?».

«Rachel!» la rimproverò subito lui. «Non davanti alla concorrenza!».

Finn sbuffò continuando a guidare verso casa di Rachel quando il cellulare di Kurt squillò.

Un giorno alla fine di questa tortura e non siamo nemmeno nella stessa squadra! Questa è sfortuna! –B

Sorrise, consapevole che finalmente la sua punizione stava volgendo al termine.

Non vedo l’ora di rivederti! Ma non credere che ti renderò facile battermi! –K

Ci conto! –B

 

Continua...

NDA: Ecco il nuovo capitolo!!!!! Allora... vediamo un po', da dove comincio? ^^

Prima di tutto un grazie infinito a Lusio che mi ha gentilmente concesso la sua assistenza per il titolo di questo capitolo! Non so cosa farei senza di te!

So che probabilmente in questo momento starete odiando Burt per la presenza di una Klaine quasi inesistente (o almeno una parte di voi xD)  e Brittany che sembra non voler lasciare andare Artie! Povera Santana!!! Ma, non preoccuparvi qualcosa smuoverà il tutto! 

In quanto a Quinn e Dave... bhè la prima è strana, non c'è che dire, anche se relativamente rispetto a come l'abbiamo vista nella vera terza stagione! 

E Dave, well, Dave è in astinenza! Gli ormoni non colpiscono solo Kurt, ragazze! ^^

Ma veniamo alla questione principale: nessuno è riuscito ad indovinare precisamente tutte le frasi a chi si riferissero! Alcune erano veramente facili ma, come avrete potuto constatare da sole, con le altre non ci avete proprio azzeccato! (Mercedes in primis non c'entrava proprio niente! xD)

Non so se andarne fiera o disperarmi per il fatto che non siate riuscite a prevedere l'andamento della storia! xD

In ogni caso ho deciso di dare comunque un premio (primi 20 righi dell'ottavo capitolo) alla prima che ha risposto a questo "indovinello" che è...

aurinella!!!!

Brava! Avete risposto tutte allo stesso modo quindi non posso nemmeno dire chi si sia avvicinata di più! ^^

In ogni caso ringrazio tutte coloro che hanno partecipato attivamente e vedrò di riproporre qualcosa del genere per i prossimi capitoli!

Ringrazio inoltre tutti coloro che continuano a recensire e coloro che leggono in silenzio! Mi piacerebbe tantissimo conoscere anche la vostra opinione!!! ^^

Al prossimo capitolo!

Un bacio,

Federica

PS: La Klaine sta per tornare!!!!! *-* Wait and see!

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Capitolo 8
*** Avvertimenti ***


Capitolo 8: Avvertimenti

 

Quella mattina Santana si era svegliata male.

Non capiva perché non fosse riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Forse era solo una giornata no e doveva immediatamente tornare a casa e rinchiudersi nella sua stanza, sotto le sue coperte.

Ma al solo pensiero di tornare in quel quartiere malfamato dove viveva da quando la sua famiglia aveva perso tutto, le si rivoltò lo stomaco.

Si stava dirigendo verso il suo armadietto quando notò Quattrocchi in compagnia di Tina, nel corridoio adiacente a quello dove si trovava lei.

Senza fare rumore si avvicinò al muro, perdendo la visuale ma tendendo le orecchie per cogliere la conversazione dei due.

«Lo hai detto a Mike?».

«Non ho potuto! Si è presentato con questa collanina per il nostro anniversario e mi ha chiesto scusa per averlo dimenticato!».

«E se dovesse scoprirlo qualcuno?».

«Io non lo dirò a nessuno e neanche tu... siamo apposto! Io voglio stare con Mike e tu vuoi stare con Brittany. Quello che abbiamo fatto è stato uno sbaglio».

Una consapevolezza si fece strada nella mente diabolica della ragazza ispanica: se quei due se la spassavano e Brittany fosse venuta a saperlo, avrebbe avuto la scusa perfetta per mollare Due-Ruote e poter stare con lei! Doveva diffondere la notizia! Era un colpo di fortuna enorme!

Improvvisamente il sonno arretrato e il mal di stomaco sparirono, pensando che di lì a pochi giorni Brittany sarebbe stata finalmente sua.

C’era solo un problema: lei era pronta a dichiararsi al mondo intero?

 

***

La divisa di football non ne voleva proprio sapere di entrare nell’armadietto. Non era la prima volta che ci provava e ormai stava quasi per rinunciarci, riponendola di nuovo nel borsone sulla panchina, quando uno scatto improvviso lo fece sobbalzare.

«Dio, Az! Mi hai spaventato» esclamò notando il suo amico con ancora una mano sul suo armadietto.

«Ti spaventi per così poco ora, Dave?» lo prese in giro l’altro, guardandolo negli occhi.

L’espressione nel suo sguardo fece capire a Dave che Azimio era venuto per dirgli qualcosa e che quello non era stato un incontro casuale.

«Che cosa vuoi?» chiese allora.

«Ricordarti da che parte stai».

«Vuoi picchiarmi, Az?» rise Dave, scettico.

«Sarei venuto in compagnia in quel caso» ribatté l’altro, tranquillamente. Dave rabbrividì inconsapevolmente senza darlo a vedere al suo interlocutore. Azimio non poteva sapere che quello era uno dei suoi incubi più ricorrenti.

«Allora cosa vuoi da me?».

«Devi smetterla di difendere quei due frocetti» sentenziò il ragazzo di colore. «Non dico che tu debba fare quello che facevamo una volta, perché rischieresti grosso, ma non frenare il mio divertimento».

«Ma quale divertimento?!» sbottò Dave. «Il fatto che tu ti senta forte solo perché tormenti Kurt e Blaine significa solo che sei insicuro».

«Oh. Mio. Dio! Parli come uno psicologo affiliato del Glee Club!» urlò Azimio, sconvolto. «E poi, da quando quei due hanno un nome?! Per noi sono sempre stati “damigelle” o “fatine”!».

«Sono delle persone normali!».

«No, Dave!» sbraitò Azimio, perdendo la pazienza. «Sono tutto fuorché normali! Un ragazzo a cui piace il cazzo non è normale! Mi fanno schifo, sono disgustosi! Hummel se ne va in giro come una signorina in calore quando ha il suo fidanzatino vicino! Il solo pensiero di cosa possono fare quando sono da soli, mi fa venire da vomitare! E il fatto che ci obbligano ad assistere alle loro pomiciate in pubblico, mi fa venire voglia di spaccar loro la testa contro il muro ogni volta che li vedo!».

Dave stava tremando.

Provò a frenare il tremore alle mani ma non ci riusciva. Il suo migliore amico aveva appena definito la sua natura come una cosa anormale, che suscitava ribrezzo, orrore quasi.

Non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi infiammati di Azimio mentre lui lo scrutava per capire se e quanto il suo discorso avesse fatto effetto.

«Una volta tu non eri così. Dov’è finito il mio migliore amico?» proseguì dopo un po’ ritrovando la calma.

«Davvero la nostra amicizia era basata sullo sfottere Hummel?».

Azimio non rispose, limitandosi ad un sorriso amaro.

«Questo era un avvertimento, Dave. Difendi un’altra volta quei due e ti sarà riservato lo stesso trattamento».

«Non puoi semplicemente ignorarli?» supplicò lui, avvertendo il suo stomaco che si chiudeva improvvisamente in una morsa poco piacevole.

«Potrei. Ma sono così appariscenti che le granite se le chiamano». Sorrise.

«Ma non capisci che così non fai altro che rafforzare la loro autostima?» tentò un’ultima volta Karofsky di dissuadere il suo amico.

«Io non credo in questa dannata psicologia, Dave» ribatté Azimio. «Devono imparare a stare al loro posto e conosco un solo modo per insegnarglielo».

Detto questo, Azimio se ne andò, lasciando Dave di nuovo da solo.

Quest’ultimo sentì il bisogno di sedersi immediatamente. Quelle panchine rosse non gli erano mai sembrate più accoglienti come in quel momento.

Si rese conto che quello era esattamente lo stesso punto dove aveva trovato il coraggio di baciare Kurt, di ammettere per la prima volta il suo vero essere a se stesso e ad un’altra persona.

Era forse uno scherzo del destino che, a distanza di mesi, il suo migliore amico gli avesse ricordato in quello stesso punto quanto lui fosse sbagliato e contro natura?

 

***

L’ora di educazione fisica si era appena conclusa e Blaine stava cercando Kurt per chiedergli quando suo padre avesse avuto intenzione di lasciarlo libero di nuovo. Non sopportava di rimanere a casa ogni pomeriggio ora che i professori non assegnavano nemmeno tanti compiti da fare, anche perché nel momento in cui avessero cominciato a farlo, sarebbe dovuto rimanere a studiare fino a tardi.

Dave non gli aveva rivolto la parola per tutta l'ora precedente e lo aveva trovato abbastanza strano, senza però preoccuparsi più di tanto... magari aveva altro per la testa.

«Blaine!» urlò qualcuno dietro di lui. Si girò e vide Brittany che correva verso di lui con Santana mano nella mano come loro solito.

«Ehy, ragazze!» le salutò appena furono abbastanza vicine. «Come va?».

«Abbiamo bisogno della tua consulenza gay» asserì Santana senza perdersi in inutili giri di parole. Entrambe presero Blaine sotto braccio, avviandosi nella direzione opposta a quella che stava percorrendo il povero ragazzo.

«Mi fate paura».

«Allora...» lo ignorò Santana. Si sarebbe abituato al modo di fare del McKinley. «E’ risaputo che noi siamo la squadra più forte».

«Sì» confermarono subito Blaine e Brittany in perfetta sincronia.

«E quindi, come squadra migliore, dobbiamo assolutamente vincere».

«Sì» ripeterono i due interlocutori della ragazza ispanica. Blaine era curioso di sapere dove volesse arrivare Santana. E se gli avesse chiesto di prendere informazioni sull’altra squadra da Kurt? Bhè, di sicuro sarebbe rimasta delusa.

«Ma abbiamo un problema: la squadra Hummelberry è sicuramente più ferrata di noi in campo di musical».

«E cosa volete da me?» chiese Blaine, troppo curioso per altri preamboli.

«Vogliamo una canzone imbattibile, ballabile e che li faccia piangere» sentenziò Santana. «E poi noi tre avremo un assolo assicurato alle Provinciali». Brittany annuì eccitata. Era evidente che il comando della squadra fosse passato letteralmente nelle mani di Santana a causa dell’ingenuità della povera ragazza bionda. Blaine cominciò a scorrere mentalmente la lista di tutte le canzoni di gruppo più belle e suggestive del repertorio musicale di Broadway o quelle, come le avrebbe definite Kurt, da TOP40.

«Che ne dite di “You can’t stop the beat” da Hairspray?» domandò Blaine dopo qualche secondo.

«Tesoro, ma ci hai viste?!» esclamò Santana con un’indignazione ironica. «Secondo te io potrei mai essere credibile nel cantare una canzone che elogia l’essere grassi?!».

«Non elogia l’essere grassi!» rispose Blaine inorridito di fronte all’ignoranza della ragazza ispanica in campo di musical.

«Comunque non posso cantarla» aggiunse Brittany. «Sono terrorizzata dalla lacca».

Entrambi preferirono sorvolare a quest’ultima affermazione.

Blaine continuò a pensare e, proprio quando ebbe l’illuminazione per la canzone perfetta per loro, sentì qualcosa di maledettamente ghiacciato infrangersi sulla sua faccia. Chiuse gli occhi istintivamente ma ciò non impedì al liquido appiccicoso di bruciargli sotto le palpebre e di scendere sulla sua maglietta fino a gocciolare fino al pavimento, provocandogli dei brividi poco piacevoli lungo la spina dorsale.

«Buongiorno signorina!» urlò Azimio passandogli accanto. «Finalmente sei stato inaugurato, Anderson!» aggiunse, dalle sue spalle, ridendo con i suoi compagni di squadra. Santana e Brittany erano rimaste di sasso ma la prima a riprendersi fu proprio la ragazza bionda che assaggiò la granita rossa prendendola dalla spalla di Blaine.

«Uhm, ciliegia».

«Blaine, non preoccuparti» disse subito Santana notando che la rabbia di Blaine stava montando quasi a voler sciogliere tutto quel ghiaccio che aveva in testa. «E’ assolutamente normale. Adesso andiamo a chiamare Kurt. Tu aspettalo in bagno. Prima o un poi doveva succ-... Blaine! Dove diamine stai andando?!» urlò la ragazza quando lui cominciò a seguire i giocatori di football lungo il corridoio.

«Ehy!» gridò Blaine rivolgendosi ad Azimio. «Si può sapere cosa vuoi da me?!». Un gruppetto di curiosi si era già messo ad assistere alla discussione: probabilmente qualcuno sperava che degenerasse in un rissa e conoscendo Azimio non sarebbero rimasti delusi.

Qualche metro distante da lui, Blaine notò Dave che, andando in classe, si era imbattuto nella loro disputa. L’espressione del giocatore di football gli fece capire che questa volta non lo avrebbe difeso come aveva fatto fin’ora ma, a differenza di come avrebbe dovuto essere, tutto ciò lo incoraggiò ad andare avanti. Non aveva bisogno di Karofsky che lo difendeva con il suo corpo possente. Poteva farcela da solo. Avrebbe fatto capire a quel bulletto che doveva stare lontano da Blaine Anderson.

«Mi stai schizzando, fatina. Perché non vai in bagno a darti una pulita?» ripose Azimio, ridendo del suo tentativo di ribellione. Santana e Brittany osservavano la scena senza poter fare nulla, bloccate dagli amici di Azimio, mentre tentavano in ogni modo di portarlo via.

«Non dovrei darmi una pulita se tu non avessi deciso di farmi un bagno di granita alla ciliegia!». Di nuovo tutti si presero gioco di lui, ridendogli in faccia.

Immaginando che non sarebbe finita bene, Santana e Brittany erano andate in cerca di qualcuno che potesse aiutarlo oppure che lo facesse ragionare. In particolare solo uno ci sarebbe riuscito, gli altri si sarebbero limitati a portarlo via di peso oppure a ingigantire la rissa che si stava venendo a creare.

«Mi hai stancato, Anderson» sibilò minaccioso Azimio, avvicinandosi a Blaine. «Quando io faccio qualcosa, tu devi incassare in silenzio».

«Altrimenti?». I loro visi erano a pochi centimetri di distanza mentre si fissavano con odio.

Un segno che Blaine non notò, perso negli occhi scuri del suo rivale, fece sì che due dei giocatori che fino ad ora si erano tenuti a distanza, lo inchiodassero alla parete ricoperta di armadietti, facendogli sbattere violentemente la nuca contro la superficie grigiastra. Azimio di avvicinò con l’intenzione di sferrare un pugno nello stomaco del più piccolo e lasciarlo lì prima che qualche professore potesse arrivare. Ormai intorno a loro si era formata una piccola folla.

Ma Blaine fu più veloce. Con una forza e precisione che poteva essere generata solo da anni e anni di salti su mobili di ogni genere, assestò un calcio potentissimo in mezzo alle gambe di Azimio che cadde immediatamente in ginocchio dal dolore.

Il ragazzo di colore prese a gemere distintamente mentre dalla folla si levavano delle esclamazioni di stupore e mentre i due Titans liberavano Blaine per soccorrere l’amico. Blaine non aveva mai dato né ricevuto un calcio da quelle parti ma, da quello che poteva vedere, doveva fare davvero male.

Era fiero di se stesso per quanto non sapesse dove avesse tirato fuori tutto quel coraggio e quella decisione.

Forse adesso lo avrebbero lasciato in pace. O forse lo avrebbero ucciso. Le possibilità erano due.

Ma non ebbe il tempo di pensarci perché, tra il suono della campanella, i lamenti di Azimio e le domande di Puck appena arrivato che gli chiedeva cosa gli fosse preso, distinse la voce della coach Beiste che intimava ad Azimio di alzarsi e di non fare la femminuccia.

«Blaine, mi senti?! Ti hanno fatto male?».

«No, no. Sto bene» assicurò lui, scuotendo la testa come in trance. Nell’istante in cui la coach era arrivata la folla si era subito dispersa, entrando ognuno nella propria classe. Erano rimasti solo Blaine, Azimio, Puck e Santana e Brittany in corridoio oltre alla Beiste.

«Anderson, Adams, immediatamente nell’ufficio del preside» sentenziò lei, congedando gli altri con un gesto della mano. Azimio non riusciva ancora a camminare bene, tenendo una mano sulle sue parti intime, dolorante.

Era solo la seconda settimana di scuola ed era già la seconda volta che si ritrovava nei guai.

“Bel colpo, Anderson...”.

***

«I vostri genitori stanno arrivando» annunciò Figgins una volta che i due ragazzi si furono accomodati sulle poltroncine del suo ufficio.

«Cosa?!» esclamò Blaine, terrorizzato all’idea che sua madre vedesse dove era costretto a stare.

«Si calmi, signor Anderson. Mi dica piuttosto perché ha aggredito il signor Adams».

«Io non ho aggredito proprio nessuno! Non è evidente?!» urlò lui, arrabbiato.

«Blaine!» lo riprese il professor Schuester, sorpreso da tanta veemenza.

«Mi scusi» sussurrò lui, abbassando lo sguardo. Doveva decisamente darsi una calmata.

«Andiamo Figgins, è evidente che il ragazzo non c’entra. E’ colpa di questo bisonte che si diverte a prendersela con i più piccoli» intervenne Sue Sylvester, seduta sul divanetto rosso come suo solito. «Non è la prima volta che succede una cosa del genere. Come la settimana scorsa».

Gli occhi di Figgins si spalancarono leggermente, sorpreso.

«E come mai io non ne so nulla?» domandò, conoscendo già la risposta.

«Non ho ritenuto necessario informarti visto che non avresti fatto nulla di più di quello che ho fatto io» rispose Sue, con il suo solito tono menefreghista.

«Tu lo sapevi, William?». Il professore di spagnolo non riusciva a rispondere, borbottando qualcosa di sconnesso dimostrando la sua colpevolezza.

«Non è questo il punto, signor Preside» intervenne la Beiste con grande sollievo di Schuester.

Ma non ebbe il tempo di aggiungere altro perché in quel preciso istante entrò un uomo molto alto e robusto con la pelle della stessa identica tonalità di Azimio, evidentemente irritato.

«Che cosa è successo?».

«Papà...» sussurrò Azimio, come intimorito. Era la prima volta che Blaine lo vedeva con quell’espressione in volto: sembrava preoccupato.

«C’è stata solo una piccola rissa...» cominciò il preside, desideroso di calmare l’uomo piuttosto alterato.

«Che cosa gli hai fatto?» fece il signor Adams, indicando Blaine mentre parlava direttamente con il figlio, fregandosene delle altre persone nella stanza.

«Il ragazzo ha solo fatto uno stupido scherzo senza pensare alle conseguenze» asserì la Sylvester.

«Ovvero?».

«Conosce la legge della giungla, signor Adams? Il più forte regna e non sempre il più forte è quello più grosso» continuò Sue, con un sorrisetto mentre si alzava per congedarsi. «Ora, mi piacerebbe intrattenermi con voi a discutere del nulla, ma l’essere nella stessa stanza con William e il facocero per così tanto tempo è troppo per la mia vista e la mia sanità mentale».

Detto questo uscì dalla porta a vetri mentre una donna si apprestava ad entrare, di fretta.

«Blaine!» esclamò subito quella che non poteva che essere la signora Anderson. «Che ti hanno fatto? Cos’è questa roba?». Solo in quel momento Blaine si ricordò di essere ancora ricoperto da quella schifezza appiccicosa.

Odiava mostrarsi così alla madre. Era la dimostrazione lampante di quello che stava passando in quell’istituto.

«Signora, la prego si calmi» intervenne Schuester.

«Non mi calmo per nulla!» urlò improvvisamente la madre di Blaine, irata. «Non posso tollerare che mio figlio sia sottoposto a tutto questo solo per la sua omosessualità!».

Blaine non l’aveva mai vista così arrabbiata, nemmeno con suo padre. Il padre di Azimio spalancò gli occhi come se tutto fosse improvvisamente più chiaro ai suoi occhi e guardò il figlio con quello che si poteva definire solo orgoglio.

Sì, orgoglio. Non rabbia o frustrazione. Orgoglio.

«Signor preside» cominciò a quel punto. «I ragazzi sono ragazzi. Se a mio figlio danno fastidio atteggiamenti particolari, deve poter intervenire ed eliminare il fastidio».

Figgins stava per ribattere ma la signora Anderson fu più veloce.

«Suo figlio non deve permettersi di toccare il mio con un solo dito!».

«Infatti gli ho tirato solo una granita» grugnì Azimio, sperando di non essere sentito. «Ma lui mi ha dato un calcio!» aggiunse alzando la voce.

Solo in quel momento la signora Anderson notò il pacco di ghiaccio che il ragazzo di colore teneva premuto in mezzo alle gambe, provando a nasconderlo con la mano enorme.

«Si chiama legittima difesa» intervenne per la prima volta Blaine, deciso a non fargliela passare liscia.

«Basta così!» urlò Figgins, vedendosi scavalcato dai ragazzi. «Entrambi hanno sbagliato».

«Blaine, tu avresti dovuto chiamare me invece di affrontare Azimio» gli ricordò Schuester.

«Evidentemente mio figlio non si sente tutelato dai suoi insegnanti» lo difese la madre. «Cosa avrebbe fatto se lui fosse venuto da lei, eh? Uno stupido richiamo verbale come il primo giorno di scuola quando l’ho visto tornare a casa con un occhio nero?!».

«La signora sta veramente esagerando!» commentò il signor Adams, più tranquillo. «Quelli come lui hanno anche fin troppi diritti per essere ulteriormente compatiti!».

«”Quelli come lui”?! Cosa sta insinuando?!». Blaine non riusciva più a riconoscere la madre, schiava della sua crescente furia.

«Che suo figlio non dovrebbe sorprendersi se gli altri ragazzi lo deridono o lo escludono».

«Soltanto perché non è come tutti gli altri?».

«Lo ha detto lei stessa. Non è come gli altri. E’ anormale, sbagliato».

Solo in quel momento Blaine capì da dove nascesse l’omofobia di Azimio. Ce l’aveva nel sangue.

Discorsi di quel genere non gli facevano più effetto ma quelle parole...

Quelle parole continuavano a rimbombare nella sua testa.

È anormale, sbagliato.

«Non si permetta mai più di definire mio figlio in quel modo!».

«Okay, okay. Credo che abbiamo parlato abbastanza della questione» intervenne Schuester prima che le acque si scaldassero ulteriormente.

«Signor Adams, il McKinley come istituto non discrimina nessuno e la prego di non fare discorsi di questo genere tra queste mura» continuò Figgins, come se avesse imparato un copione a memoria. «I ragazzi hanno sbagliato ma concordo con lei quando afferma che è normale...».

Normale? Eravamo davvero giunti a questo punto? Un ragazzo gay soggetto a bullismo era normale?!

«Quindi direi di congedarvi entrambi con una settimana di punizione».

«Non se ne parla! Blaine non può mancare alle prove!» controbatté Schuester.

«E Azimio ha gli allenamenti» aggiunse la coach Beiste, rimasta in silenzio fino ad allora.

«Un richiamo verbale!» si corresse subito Figgins. Il signor Adams diede una pacca sulla spalla al figlio, chiedendo se per quella giornata poteva portarlo a casa, permesso che fu subito accordato.

«Il consiglio studentesco mi sentirà» avvertì la signora Anderson prima di dirigersi verso l’uscita chiamando il figlio e senza stringere la mano a nessuno di loro come aveva invece fatto il padre di Azimio.

Blaine la seguì, silenzioso e con la testa bassa. Non andava fiero del fatto di aver messo la madre in una situazione del genere, anzi se ne vergognava molto. Ma non ebbe il tempo di esprimerle il suo dispiacere che una voce cristallina lo chiamò appena fuori la presidenza.

«Blaine!». Kurt lo raggiunse in un balzo, prendendogli la mano. «Cosa è successo?! Mi sono spaventato a morte quando quel cretino di Puck mi ha detto che avevi picchiato Azimio!». Blaine sorrise all’istante all’espressione scettica e al tempo stesso terrorizzata del suo ragazzo.

«Sto bene» sussurrò, stringendogli le dita in una morsa d’acciaio. Decisamente si sentiva meglio. Qualcuno alle sue spalle si schiarì la voce, richiamando l’attenzione di Blaine ormai irrimediabilmente perso negli occhi di Kurt.

«Ehm...» mormorò, prima di condurre Kurt al cospetto della madre. «Kurt, lei è mia madre».

Gli occhi azzurri del ragazzo si spalancarono, la bocca cominciò ad aprirsi e chiudersi a intervalli regolari e la mano strinse più forte quella di Blaine.

«E’ un vero piacere fare finalmente la tua conoscenza, Kurt» sorrise la donna.

«Ehm... anche per me, signora Anderson...» rispose il ragazzo, prendendo la mano che la madre di Blaine gli porgeva e stringendola con gentilezza. Sentiva le mani stranamente sudaticce e il cuore accelerare i battiti.

«Blaine mi ha parlato tanto di te». Entrambi abbassarono lo sguardo imbarazzati da tali parole. «Mi rendo conto che questo non sia il momento adatto per le presentazioni...».

«Mi scusi, ma sono un po’ sorpreso...» si giustificò Kurt, abbassando lo sguardo.

«E’ comprensibile» sorrise la donna. «Ho avuto un’idea! Blaine, perché non inviti Kurt a casa qualche giorno di questi? Magari per pranzo, così ci conosciamo meglio».

«Perché no» rispose Blaine, gli occhi che brillavano d’aspettativa mentre guardava il suo ragazzo attendendo una risposta. Non vedeva l’ora che sua madre conoscesse quel miracolo personale che era stato Kurt nella sua vita.

Le sue guance continuavano a prendere colore ma sembrava piacevolmente sorpreso dall’accoglienza della madre del suo fidanzato.

«Sarebbe perfetto, signora» accettò Kurt, grato.

«Allora è deciso» concordò con un sorriso la signora Anderson. «Blaine, perché non vai a scrollarti un po’ di quella roba di dosso? Ti aspetto in macchina».

«Vai via?» domandò Kurt, allarmato.

«Torno a casa per oggi. Mi dispiace» rispose Blaine. «Ma oggi potrei venire da te nel pomeriggio?» chiese speranzoso, fin troppo consapevole della fine della punizione di Kurt.

«Certo! Papà non dovrebbe avere problemi a riguardo».

«Ragazzi, io allora vado in macchina. È stato un piacere Kurt, davvero» li salutò la madre di Blaine.

«Altrettanto, signora».

I due ragazzi osservarono la donna allontanarsi per qualche metro prima di allontanarsi verso lo spogliatoio maschile. In quel momento dovevano essere tutti in classe quindi i corridoi erano deserti.

«Che figura!» esclamò Kurt dopo qualche secondo di silenzio.

«Per cosa?».

«Non hai visto come ho risposto a tua madre?! Sembravo un ritardato mentale! Oddio, che figura!».

«Smettila! Già ti adora!».

«Per quello che le hai detto tu! Ma probabilmente una volta che sarete da soli ti chiederà che cosa mi fosse preso oggi o se sono sempre così menomato!».

«Stai decisamente esagerando» assicurò Blaine, entrando nello spogliatoio. «E comunque non vedo l’ora che sia sabato».

Kurt sorrise, felice di star per conoscere i genitori del suo ragazzo finalmente. Insomma era anche ora!

Condusse Blaine verso i lavandini e gli abbassò la testa gentilmente sotto il getto d’acqua per liberare i capelli dalla granita rossastra. Gli lavò anche il retro del collo e il viso alla meno peggio prima di decretarsi soddisfatto.

«Grazie» sussurrò Blaine, alzandosi dalla sua posizione scomoda e sorridendo a Kurt che gli porgeva un asciugamano.

«Non hai una maglietta pulita, vero?» chiese Kurt, osservando quella rovinata che aveva indosso Blaine.

«Sì, è nell’armadietto. Puoi prendermela?».

«Certo». Kurt andò all’armadietto che Blaine gli aveva indicato, aprendolo con la combinazione che gli aveva suggerito e trafficando al suo interno per trovare la maglietta rossa che Blaine utilizzava per l’ora di educazione fisica. Quando chiuse lo sportellino rosso, Kurt si ritrovò di fronte ad una scena che mai avrebbe voluto perdersi.

Blaine gli dava le spalle ostentando in tutta la sua bellezza la sua schiena nuda mentre cercava di ripulire la sua maglietta della macchie più evidenti. Kurt osservò le sue spalle squadrate, i suoi muscoli definiti, la curva perfetta dei fianchi...

«Trovata?» chiese Blaine, girandosi verso di lui. E Kurt si rese conto di aver trattenuto il respiro fino ad allora perché non riuscì ad articolare di più di un suono strozzato.

I suoi addominali, incastonati perfettamente e quelle fossette che scendevano direttamente verso l’inguine erano una delle cose più sexy che avesse mai visto...

Okay, la cosa più sexy che avesse mai visto, si corresse dopo un’altra breve occhiata.

Senza rendersene realmente conto, Kurt si ritrovò con le labbra premute sul collo di Blaine, bramose di assaggiare quella pelle olivastra dall’aria così invitante e assolutamente deliziosa con quell’aroma di ciliegia che la caratterizzava dopo la doccia di granita.

Nonostante la sorpresa di fronte alla reazione di Kurt, Blaine fu incredibilmente felice della piega che stava prendendo la situazione.

Lo sguardo di Kurt mentre ammirava il suo petto era stata una delle cose più sexy che avesse mai visto.

Okay, la cosa più sexy che avesse mai visto, si corresse quando sentì la lingua di Kurt esplorare il suo collo completamente scoperto.

«Dio, Kurt...» ansimò il ragazzo, affondando le dita nei suoi capelli spingendolo ad andare più in fondo. Kurt prese a lasciare piccoli baci lungo la sua scapola fino a scendere sul suo petto, strofinando il naso contro il sottile strato di peli che ricoprivano il suo petto. Risalì con le labbra fino al suo pomo d’Adamo, stuzzicandolo con i denti.

Ma dove diamine aveva imparato a fare quelle cose?! Altro che cucciolo di pinguino!

In un secondo di lucidità Blaine si ricordò del luogo in cui si trovavano e che la madre lo stava aspettando nel parcheggio. Ma in quello stesso secondo le labbra di Kurt raggiunsero le sue e... buona notte ad ogni buon proposito!

Le loro lingue continuarono ad intrecciarsi con ardore fino a quando Kurt non pose fine a quel dolce tormento. Si scostò di qualche centimetro dal viso di Blaine e gli accarezzò i capelli ancora bagnati.

«Ora mettiti qualcosa addosso per favore».

Blaine era ancora sconcertato ma riuscì ad articolare parola solo perché doveva sapere cosa stava per chiedere: «Da dove nasce tutta questa irruenza?».

«E’ solo colpa tua. Se tu non fossi così dannatamente perfetto non dovrei fare i conti con tutto questo!».

Il ragazzo indossò la maglietta in un gesto meccanico senza distogliere lo sguardo da Kurt, che si era allontanato di qualche passo.

«E’ solo e sempre colpa mia, no?».

«Vedo che impari in fretta, Anderson» lo prese in giro bonariamente Kurt. «Ora vai, prima che tua madre chiami la polizia per la tua scomparsa».

Blaine iniziò a camminare, riprendendo tutte le sue cose, e, passando al suo fianco, gli lasciò un dolce bacio a stampo sulle labbra, prima di allontanarsi nel corridoio.

“Ci sto prendendo decisamente gusto!” pensò Kurt, accarezzandosi le labbra con due dita prima di tornare in classe.

 

Continua...








NDA: Ottavo capitolo!!! Vi assicuro che è stato un parto!!! ^^
In ogni caso è qui, di fronte a voi! Allora... che dire? Prima di tutto: Santana! Che cosa farà ora? Dirà a Brittany di Artie e Tina? E cosa hanno fatto precisamente Artie e Tina? Wait and see, guys!!! ^^
E poi... bhè c'è quel mito di Dave! "Davvero la nostra amicizia era basata sullo sfottere Hummel?" ma quanto mi sono amata per questa frase!!! Scusatemi: il mio momento da fan accanita ha avuto per un secondo il sopravvento! Ritorno in me! (Io attendo impaziente che una frase del genere esca dalle labbra di Dave! **)
In ogni caso... il rapimento di Blaine! Santana e Brittany che vogliono vincere ad ogni costo sulla squadra Hummelberry! Per quanto riguarda il riferimento a "You can't stop the beat" non è assolutamente casuale perchè, ora posso dirlo senza dare spoiler (Anche perchè se c'è ancora qualcuno tra voi che non ha visto la prima puntata ha bisogno di un ricovero istanteneo!!!) era mia intenzione che le New Direction cantassero questo pezzo alle Provinciali nella mia ff! Per non parlare del fatto che RM mi stia precedendo in molte altre idee! Lo odio!!! Ma perchè le nostre menti devono essere collegate in quasi tutto ma quando si tratta di una bella e sana pomiciata Klaine il segnale è disturbato?! *8 novembre vieni a me!!!*
A proposito di questo argomento, visto che tra poco sarà la volta delle Provinciali, mi appello a voi! Potrei inserire comunque il pezzo oppure no? Vi anticipo che potrei anche decidere all'improvviso di cambiarlo anche se voi mi date il via libera! Dipende dalla mia mente contorta!!! ^^
Fatemelo sapere in un commentino qui sotto... ^^ (Okay, adesso sembro tanto Guglielmo Scilla! xD)
Poi, tornando al capitolo, abbiamo avuto un assaggio del padre di Azimio e della madre di Blaine (vedi Lea Salonga **) e dei loro caratteri completamente opposti! E poi, finalmente!, Kurt ha conosciuto la signora Anderson!!! Che ne dite? Io la adoro già!!! ^^
Ma perchè ogni volta che commento il capitolo devo sempre farci il riassuntino?!
Bhè, comunque, dedico la parte finale a KlaineLover e Crisscolferaddicted che mi hanno ispirata con le loro continue e apprezzatissime richieste di una Klaine più presente! L'ho fatto per voi, ragazze!!! ^^
Inoltre volevo dirvi che questo capitolo è stato quasi interamente concepito (soprattutto la scena di Dave) nel corso delle mie ore di Storia dell'Arte (in qualche modo devono pur essere utili xD) perchè ho scoperto che la voce del mio professore mi concilia le scene drammatiche! Tutto questo solo per chiedervi di commentare per sapere se devo continuare a partorire idee mentre parliamo della Cupola di Santa Maria del Fiore oppure risparmiare l'immaginazione per quando mi trovo con il pc di fronte!
Infine ringrazio ancora una volta tutti coloro che mi recensiscono e che leggono con assiduità! Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni!!! ^^
Un bacio e al prossimo capitolo!
Federica

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Capitolo 9
*** Rivelazioni ***


Capitolo 9: Rivelazioni

 

Abigail Anderson stava attendendo pazientemente che il figlio arrivasse nel parcheggio per tornare a casa. Aveva conosciuto finalmente Kurt, quel ragazzo per cui Blaine stravedeva. La donna lo aveva capito dalla prima volta che era tornato a casa dopo il loro primo incontro che erano fatti l’uno per l’altro.

 

«Qualche giorno fa ho conosciuto un ragazzo... si chiama Kurt...» sussurrò Blaine, giocherellando con i piselli che aveva nel piatto.

«Oh, è un nuovo allievo dell’Accademia?» chiese la madre che sedeva di fronte a lui, felice di quel breve periodo di intimità che potevano di nuovo permettersi da quando...

No, non voleva pensarci in quel momento. Blaine era lì, per la prima volta dopo settimane, ancora con la sua divisa indosso, e stava parlando con lei.

Non poteva permettersi di pensare ad altro che non fosse suo figlio.

«No, lui... lui va a scuola a Lima. Era... diciamo... in visita...».

«Bene...». Abigail attese con pazienza che ricominciasse a parlare.

«Mi ha sentito cantare... con i Warblers...».

«Allora sarà rimasto folgorato!» commentò la madre di Blaine, tentando di riportare il sorriso su quel volto fin troppo serioso per la sua età.

«Puoi scommetterci...». Finalmente Blaine sorrise, seppur senza alzare gli occhi verso la madre, probabilmente perso in qualche pensiero che riguardava quel ragazzo.

«Ti piace?» chiese la signora Anderson a bruciapelo. Non sapeva perché, ma lo sguardo negli occhi del figlio le aveva lasciato intendere questo.

«No!» esclamò lui, negando immediatamente. «E’ solo che mi ha fatto tenerezza... anche lui ha problemi a scuola come li ho avuti io...».

«Vuoi dire che anche Kurt è omosessuale?». Blaine si limitò ad annuire, continuando a non alzare gli occhi da quello che solo una volta poteva definirsi il suo pranzo.

«Dovresti aiutarlo, allora» disse la madre.

«Cosa?» domandò Blaine, incontrando finalmente il suo sguardo.

«Devi aiutarlo. Forse si sente solo, spaventato... Tu sai cosa fare in questi casi, o almeno in parte».

«Gli ho consigliato di non limitarsi solo a subire».

«Hai fatto bene». Proprio in quel momento una suoneria di “Firework” si diffuse nella stanza, facendo sì che Blaine si alzasse da tavola scusandosi con Abigail.

«Pronto Kurt?» chiese con il ricevitore all’orecchio. «Va tutto bene?».

La signora Anderson non poteva immaginare cosa stava passando quel ragazzo in quel momento ma sapeva che il figlio lo avrebbe aiutato e non solo in nome della tenerezza che provava nei suoi confronti. Forse non se n’era ancora accorto, ma c’era molto di più nei suoi occhi quando parlava di lui.

Una luce diversa. Una luce particolare.

“Se ne accorgerà da solo...” pensò Abigail mentre imboccava un pezzo di carne.

«Ha fatto cosa?!» urlò Blaine all’improvviso...

 

Una portiera che si apriva riscosse la donna al volante dai suoi pensieri mentre il figlio entrava in macchina sul sedile del passeggero.

«Scusa...» mormorò, consapevole dell’attesa che aveva fatto patire alla madre.

«Hai preso tutto?».

«Sì, possiamo andare». Blaine prese a fare zapping sulle varie stazioni radio mentre Abigail continuava a lanciargli occhiatine per carpire qualcosa di più su cosa lo avesse trattenuto: sembrava stranamente silenzioso ed assorto.

«Blaine...» esordì dopo un po’ la donna. «Che problema ha il padre di Kurt con te?». Il ragazzo non riuscì a rispondere subito alla domanda della madre, concentrato com’era su ciò che era successo poco prima con Kurt. Possibile che quel ragazzo lo sorprendesse sempre?

«Ehm... cosa? Perché dovrebbe avere dei problemi con me?».

«Perché prima ha detto...». Ma Blaine non la lasciò terminare, capendo al volo a cosa si riferisse. Non riusciva a credere che la madre si fosse impressionata per una frase detta così, a caso.

«No, Kurt era solo in punizione per aver permesso che Finn si ubriacasse l’altra sera» chiarì velocemente.

«Chi è Finn?». Abigail era un po’ confusa a riguardo: lei non aveva mai messo in punizione suo figlio perché un altro ragazzo si era ubriacato. In realtà non aveva mai messo in punizione Blaine. Solo una volta c’era andato veramente vicino: una notte non era tornato a casa ma, a quel tempo, aveva altro che le passava per la testa per arrabbiarsi con lui.

«Il suo fratellastro».

«E la punizione consisteva...?».

«Kurt non poteva vedermi per una settimana» sorrise Blaine al pensiero di come avessero tentato in ogni modo di eludere quell’insignificante regola a scuola. La donna ci pensò un po’ su, studiando anche l’espressione del figlio, in qualche modo soddisfatta.

«Oh... Bene, allora» rispose Abigail. «Da quanto mi hai parlato di Kurt mi sembrava di conoscerlo ma, in realtà, non so assolutamente nulla di lui...».

«Quando verrà a pranzo, sabato, potrai recuperare» assicurò Blaine, felice che la madre fosse come mai bendisposta verso il suo ragazzo.

«Lo spero tanto».

 

***

“«Io ti voglio sposare... un giorno. Intanto accetta questo anello come simbolo». Quinn fissò quel ragazzo così dannatamente carino e al tempo stesso impacciato con una smorfia di terrore e imbarazzo sul volto.

«Cos’hai? Sei anni?» chiese, tentando di riportarlo alla realtà.

«Se lo accetterai» continuò Sam imperterrito, alzandosi. «Questo anello simboleggerà la mia promessa di esserti fedele, di non insistere mai per andare oltre i baci, di ascoltare i tuoi problemi, di dirti se hai il cibo tra i denti o qualche caccola, di venirti ad aiutare a spostare i mobili pesanti... E ti prometto che sarai fiera di me quando mi indicherai nei corridoi e dirai ‘Quello è il mio ragazzo’. E ti prometto che farò tutte queste cose senza fare mai l’imitazione di Matthew McConaughey».

Quinn non riusciva a credere alle sue orecchie: nessun ragazzo, nemmeno Finn, aveva fatto mai una cosa del genere per lei. Sam si inginocchiò di nuovo di fronte a lei, brandendo un anellino dorato.

«Io ti voglio bene, Quinn. E voglio che stiamo insieme».”

 

Quinn sospirò beata, perdendosi in quel ricordo in quella stessa classe che era stata la location perfetta per una proposta totalmente inaspettata.

Tutto quello che ne era conseguito era stato totalmente sbagliato.

Si era messa con Sam solo per tradirlo con Finn e poi per sentirsi dire che non l’aveva mai perdonata realmente e che non l’aveva mai preferita a Berry.

Il solo pensiero le faceva rivoltare lo stomaco. Cosa c’era di sbagliato in lei?

Doveva scoprirlo. Perché non riusciva a stare con un ragazzo per più di un paio di mesi? Perché i ragazzi la consideravano solo come un’avventura passeggera e poi preferivano buttarsi tra le braccia di altre?

Per questo aveva avvicinato Kurt qualche giorno prima: per chiedergli di Sam. Si sentiva incredibilmente in colpa per averlo fatto soffrire... anche se non le sembrava che ci fosse rimasto tanto male mentre baciava Santana davanti a lei quasi a ricordarle cosa avesse perso.

Ma era stata colpa sua. Se quello stupido di Finn non l’avesse incantata di nuovo, sicuramente adesso sarebbe stata con Sam e probabilmente sarebbe stata felice come lo erano Kurt e Blaine.

Li aveva osservati quel primo giorno di scuola: avevano tutto contro di loro, eppure erano felici quando erano insieme, riuscivano ad estraniarsi dal mondo, riuscivano a capirsi con uno sguardo, riuscivano ad amarsi... Erano forse l’unica coppia in tutto il Glee Club che aveva resistito all’estate illesa e più forte di prima da quando Blaine si era trasferito al McKinley.

Rachel e Finn non contavano per i loro precedenti e Sam e Mercedes sembravano poter scoppiare da un momento all’altro. Ed era questo a cui era interessata Quinn.

Non poteva chiederlo a Mercedes senza destare in lei qualche sospetto anche perché le voleva molto bene da quando l’aveva aiutata durante la sua gravidanza ma lei non era fatta per Sam.

Quinn era fatta per Sam.

Giurò a se stessa che questa volta non era un capriccio: voleva davvero tornare con quel ragazzo biondino che le aveva proposto di sposarlo dopo poco più di un mese che si erano conosciuti.

Era stato così dolce! Così romantico! E lei? Lei lo aveva quasi rifiutato per poi presentarsi di fronte a lui indossando quell’anellino che oggi portava al collo, sotto la camicetta, come un simbolo di quello che sentiva di dover fare...

Ovvero?

Riconquistare Sam. Ad ogni costo.

 

***

«Ti ha tradita».

Brittany fissò la ragazza ispanica di fronte a lei non capendo dove volesse arrivare.

«Chi?».

«Come chi?!» esclamò Santana, guardandola stranita. «Abrams, no?».

«Non è possibile».

«Ti ha tradita con Tina! E’ così ovvio che l’abbia fatto! Andiamo, Brittany, non puoi non crederci! Era quello che stavi aspettando! Quello che stavamo aspettando! Tu non volevi ferirlo, giusto? Non dovrai farlo, basta solo che lo lasci dicendogli che non ti fidi più di lui o una stupidaggine del genere!».

Brittany sembrava totalmente smarrita, continuava a fissarsi le mani senza dire nulla. I suoi occhi si stavano inumidendo. Santana non aveva messo in conto che potesse rimanerci male. Non credeva che potesse ancora essere innamorata di Artie. Si era forse sbagliata?

«Che cos’hai Britt?» sussurrò quest’ultima, prendendole una mano.

«Non credevo che sarebbe mai stato capace di farlo... Darmi della stupida va bene, ma questo...».

Una piccola lacrima solcò la guancia di Brittany, scendendo lenta sul suo collo. Si sentiva presa in giro: con quale coraggio Artie le aveva chiesto se stavano ancora insieme per poi tradirla con la sua ex? Era stato crudele!

Santana raccolse con il dito la goccia sul collo della biondina e le asciugò la guancia, sorridendo a mo’ di conforto.

«Significa che non ti merita» disse. «Non ti ha mai meritata. La tua dolcezza, la tua innocenza, la tua bellezza, erano tutte sprecate con lui».

«Lo credi davvero?».

«Certo Brittany. Io ti voglio bene. Non ti farei mai nulla del genere. Mai». Santana sperava che quelle parole facessero un certo effetto a Brittany perché erano pronunciate davvero con il cuore in mano.

«Grazie» sussurrò quest’ultima con un sorrisino.

Tutti potevano anche dirle che Santana era cattiva, malvagia, priva di scrupoli e un’adescatrice (anche se non aveva mai capito il significato proprio della parola) ma per lei sarebbe stata sempre la sua migliore amica.

 

***

«Allora, dobbiamo scegliere la canzone... cosa proponete?».

Mercedes si trovava di fronte alla sua squadra al completo. Li osservò ad uno ad uno: tutti erano in attesa che Rachel cominciasse a parlare a macchinetta come suo solito, imponendo le sue scelte a tutta la squadra e prendendo le redini della situazione. Solo Kurt sembrava pronto a dire qualcosa quando la ragazza del suo fratellastro lo interruppe bruscamente.

«Io voto per “Memory” da Cats. Un classico che fa sempre il suo effetto. Non possiamo perdere con quella». Rachel annuì alla sua stessa proposta, convinta che non avrebbe riscontrato obiezioni.

«Che ne dici, magari, di una canzone che non implichi te al centro del palco che canti con noi che ti facciamo da scenografia?» sbottò quasi immediatamente Mercedes.

«Perché vuoi perdere, Mercedes?» rispose prontamente Rachel, indignata.

«Stai insinuando che non siamo bravi quanto te?» sibilò la ragazza di colore. “Ma perché ho dovuto pescare il bigliettino con il suo nome?!” aggiunse mentalmente.

«Okay, okay. Basta così» intervenne Artie, desideroso di calmare le acque. «Perché non pensiamo a qualcos’altro?».

«Sono d’accordo» rispose Kurt, ponendosi con eleganza una mano sotto il mento.

«”Aquarius”?» propose Puck, comodamente spaparanzato su una delle sedie rosse con i piedi appoggiati su un’altra e la chitarra tra le braccia.

«Sei serio?» lo schernì subito Kurt.

«Andiamo, è simpatica! E poi la conosco solo perché era in una pubblicità!».

«Non ne dubito. In pratica ci hai appena proposto di vestirci da hippy!».

«Ma cosa ne posso sapere io, Hummel?! Qui siete tu e Berry gli esperti eppure non avete ancora detto niente di utile!». I due ragazzi si guardarono in cagnesco, senza concludere nulla di meglio che una proposta impraticabile. Artie li interruppe di nuovo prima che la discussione potesse degenerare.

«“Mamma mia”?» chiese Lauren, sperando di non dare il via ad un’altra serie di battutine stupide. Ma due occhiate da parte di Rachel e Kurt la decisero a tacere definitivamente.

Stavano andando avanti già da un bel po’ quando Santana e Brittany fecero irruzione nell’aula canto, mano nella mano.

«SPIE!» urlò immediatamente Rachel, facendo tappare le orecchie a tutti.

«Seriamente, sorella, tu devi smetterla!» urlò Quinn, infastidita.

«Cosa volete?» chiese invece Mercedes, rivolgendosi alle due cheerleaders. 

«Ci serve Kurt solo per un minuto» rispose Santana mentre l’altra tentava in ogni modo di evitare lo sguardo di Artie. Quest’ultimo non riusciva a capire cosa fosse successo alla sua ragazza ma avrebbe potuto scommettere che ci fosse lo zampino di Santana sotto.

«Cosa volete da me?» domandò Kurt, con l’imitazione di un’espressione spaventata in volto.

«Non vogliamo farti del male, stupido!» assicurò Santana prendendolo per mano e facendolo alzare. «Dobbiamo solo chiederti una cosa innocente».

Kurt si congedò per qualche secondo dai suoi compagni, seguendo le due ragazze in corridoio.

«Ci serve il numero di cellulare di Blaine» disse Brittany.

«Perché?».

«Secondo te perché?» esclamò subito Santana esasperata.

«Non abbiamo idea di dove cominciare con questi musical» ammise la biondina.

«E abbiamo bisogno di Blaine per capirci qualcosa» completò l’altra.

«Okay... va bene». Kurt scrisse il numero del suo ragazzo sul cellulare di Brittany ricordandolo senza bisogno di controllare e pensò che avrebbe avvisato Blaine prima che lo chiamassero. In realtà era solo una stupida scusa per risentire la sua voce o per leggere qualche suo messaggio. Le due Cheerios se ne andarono soddisfatte, Brittany ringraziandolo e Kurt impugnò subito il suo iPhone. Decise che i suoi compagni di squadra non sarebbero morti per un altro minuto della sua assenza.

- Kurt! – rispose subito Blaine dall’altro lato del telefono. – Si sente già la mia mancanza? –

«Ovviamente, perché ti avrei chiamato se no?» gli resse il gioco Kurt, sorridendo.

- Che state facendo al Glee? Mi dispiace non poterci essere –

«A proposito del Glee. Santana e Brittany stanno per chiamarti. Mi hanno chiesto il tuo numero».

- Oh – rispose Blaine. – Meglio così. Almeno non mi sento in colpa per averli abbandonati con la scelta della canzone –

«Ad essere sincero, un po’ ci avevo sperato» sghignazzò Kurt.

- Sei diabolico – lo canzonò il suo ragazzo.

«Tua madre ti ha già proibito di vedermi per il prossimo decennio?» chiese Kurt, sorridendo. Magari poteva anche essere sembrato spensierato nel porre la domanda ma, in realtà, era molto in ansia per responso della madre di Blaine al loro breve incontro.

- Smettila! Anzi non vede l’ora che sia sabato come me! –

Kurt si sentì immediatamente sollevato alle parole di Blaine e glielo fece capire con un lieve sospiro di sollievo.

- Davvero eri preoccupato? Non si può non amarti – lo rassicurò Blaine spontaneamente.

Kurt rimase a bocca aperta per qualche secondo. Blaine, con la più assoluta leggerezza, gli aveva fatto uno dei complimenti più belli che una persona potesse aspettarsi.

«Conosco qualcuno che sarebbe in disaccordo con te». Blaine ridacchiò e Kurt poté bearsi della sua dolce risata fino a quando questi lo avvisò di avere un’altra chiamata e che doveva lasciarlo per adempiere ai suoi doveri di squadra.

- Ci vediamo dopo allora –

«A dopo». Kurt tornò in aula giusto in tempo per assistere all’ennesima discussione che vedeva protagoniste Rachel, Mercedes e Quinn. Prevedibile.

Puck e Artie sembravano arresi all’evidenza che non sarebbero mai giunti ad un accordo e che avrebbero inevitabilmente perso.

«Che ne dite di “Seasons of love”?» chiese all’improvviso Sunshine. Il silenzio scese su tutti i componenti della squadra, chi chiedendosi da dove diavolo fosse uscita quella canzone, chi sperando che la nuova arrivata avesse trovato una soluzione, chi valutando la proposta.

«E’ una canzone di gruppo. Emozionante, semplice ma d’effetto e possiamo cantarla divinamente secondo me» aggiunse la ragazza, sempre più convinta della sua pensata.

«Tesoro, credo che tu abbia appena trovato la nostra canzone» asserì Mercedes.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo mentre Rachel e Kurt cominciavano con il loro capitano a rendere quell’idea un’esibizione.

 

***

- Pronto? –

«Blaine! Alleluia! Senza di te questa squadra non gira, amico!» esclamò subito Sam. Il cellulare di Santana era stato posto su un pianoforte al centro del palco in auditorium dove si erano riuniti i componenti della squadra di Brittany. Blaine rise di fronte alla disperazione dei suoi compagni.

«Bando alle ciance! Allora, Usignolo, illuminaci con la tua sapienza!» ordinò Santana, con un sorriso.

- Prima di essere annaffiato oggi – rispose subito il ragazzo dall’altro capo del telefono. – Ho trovato la canzone che fa per noi. –

«Sarebbe?» chiese Finn, sperando segretamente che non fosse qualcosa di ballabile.

- “Steal your rock and roll” –

«Per i comuni mortali?» domandò Mike, sporgendosi verso il cellulare.

- E’ una canzone dal musical “Memphis” ed è orecchiabile, ballabile e schiaccerà l’altra squadra. Esattamente come mi avevate chiesto. –

«Ora la questione è un’altra» intervenne Tina. «Dobbiamo trovare il modo di non far ballare Finn». Quest’ultimo la ringraziò di cuore mentalmente per aver pensato alla sua condizione.

- Già fatto. Canterà il primo assolo e chi canta il primo assolo non balla. Sta semplicemente fermo a lato della scena. Poi Santana può fare il secondo assolo e io il terzo, mentre Brittany, Tina, Mike e Sam, che sono i ballerini migliori, fanno una serie di acrobazie da rock and roll acrobatico alle nostre spalle –

«Hai capito l’Usignolo!» esclamò Santana. «Ha già pensato a tutto!».

- Mi piace fare le cose come si deve – sorrise Blaine.

In quel preciso istante il pensiero comune di tutti i componenti della squadra era semplice da immaginare.

“Vinceremo”.

 

***

Finite le prove quel pomeriggio tutti stavano andando via con le rispettive auto. Santana e Brittany, però, avevano un allenamento straordinario indetto dalla coach Sylvester e Quinn le stava aspettando sul campo da football per cominciare.

Santana sapeva che Brittany non si era ancora ripresa dalla rivelazione che le aveva fatto in giornata, ma sperava che non ci fosse rimasta così male quanto dava a vedere.

Britt aveva perso il sorriso spensierato di sempre. Forse si sentiva presa in giro o qualcosa del genere, qualcosa che Santana però non riusciva a capire. Ma forse l’espressione della ragazza quando si sentì chiamare da una voce familiare l’aiutò a fare chiarezza.

Brittany sembrò rassegnata in un certo senso e, al tempo stesso, scocciata.

«Ehy, Brittany! Possiamo parlare un attimo?» chiese Artie, guardando Santana come per intimarle di lasciarli soli. La ragazza ispanica non solo colse troppo bene il messaggio ma se ne fregò altamente.

«Okay...».

«Da soli magari?» ribatté Artie, guardando di nuovo male Santana. Quest’ultima stava davvero per non rispondere più di se stessa, quando la sua amica le chiese gentilmente di lasciarli soli. Dopo un’occhiataccia d’avvertimento rivolta al ragazzo in carrozzella, Santana raggiunse Quinn sul campo.

«Perché mi stai evitando?».

«Mi hai tradita» rispose Brittany con una schiettezza disarmante, tipica di lei.

«Cosa?! Chi te lo ha detto, Santana per caso?!» esclamò Artie, punto nel vivo.

«Non incolpare sempre lei» sussurrò la ragazza, guardandolo dall’alto al basso. «Vuole solo il mio bene».

«No, Brittany! Santana vuole solo il suo bene!».

«Si da il caso che le due cose coincidano» gli fece notare. Artie rimase a bocca aperta: non poteva crederci! Cosa stava cercando di dirgli?

«Che significa?».

«Io voglio bene a Santana e voglio bene a te. Ma è diverso» spiegò Brittany.

«In che senso diverso?».

«Credo di amarla» disse.

“Lo sapevo, lo sapevo!” pensò Artie disperato senza darlo a vedere. “Lo sapevo che Satana avrebbe penetrato le sue unghie nel cuore di Brittany e l’avrebbe convinta a ricambiare il suo sentimento! Lo sapevo! Che sciocco che sono stato!”.

«Spero che siate felici insieme» disse invece, prima di manovrare le ruote della sua sedia in modo che si girasse per poter andare via. Il solo fatto che Brittany non avesse nemmeno provato a fermarlo, gli fece realizzare che ancora una volta Santana aveva vinto.

Aveva perso Brittany. Che l’avesse tradita o meno, non importava. Santana sarebbe riuscita a tenersela tutta per sé anche senza il suo aiuto.

Forse era stato questo il suo errore: l’aveva aiutata nel suo intento servendole su un piatto d’argento l’occasione di conquistare il cuore di Brittany.

Che stupido che era stato!

 

Continua...


















NDA: I'm back!!!!!!!!!!
Mi scuso per non aver aggiornato in tempo ma posso dire a mia discolpa che il computer ha deciso di non connettersi!!! -.-'
Stendiamo un velo pietoso sul fatto che stia aggiornando da quello di mia sorella!
Cooooooomunque... allora che ve ne pare di questo capitolo? Dai flashback di Abigail (ho deciso di chiamare così la madre di Blaine insieme al mio caro beta Lusio che non smetterò mai di ringraziare per il suo prezioso aiuto) e quello di Quinn fino ad arrivare alla fatidica scelta delle canzoni per la sfida e alla discussione tra Brittany e Artie!
Devo ammettere che non ho assolutamente nulla contro questa coppia ma sono decisamente più a favore della Santittany, quindi... =)
Inoltre voglio solo ringraziare le cinque persone che hanno recensito il capitolo precedente! Davvero, mi donate sempre un sorriso o una risata con le vostre stupende recensioni!
E infine volevo farvi sapere che sento di andare incontro ad una sorta di blocco dello scrittore... -.-'
L'ispirazione probabilmente è volata via verso pascoli più verdi, non so...
Fatto sta che vi anticipo che potrei essere di nuovo in ritardo con la pubblicazione dei capitoli... spero ovviamente che non sia così...
Magari con qualche recensione in più mi incentivate ad andare avanti! xD Tanto per dire! xD
Al prossimo capitolo!!!
Federica

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Capitolo 10
*** Non è salutare ***


Capitolo 10: Non è salutare

 

Decisamente non era salutare.

No, decisamente no.

Era impossibile che durante l’ora di educazione fisica fosse ancora con quel sorrisino ebete con il quale era tornato a casa la sera prima.  Tutti lo squadravano come se avesse qualcosa di diverso quella mattina.

Ed effettivamente era così.

Anche se solo Santana con una delle sue battutine hard era riuscita a centrare il punto.

Il punto era che il pomeriggio precedente, a casa di Kurt... o, più precisamente, in camera di Kurt era stato...

Magico.

Magico perché non aveva mai pensato che potessero arrivare a quello. Non si aspettava minimamente che Burt lasciasse loro abbastanza privacy per fare quello. Ma lo aveva adorato quando si era limitato ad annuire alla frase di Kurt: “Noi andiamo in camera mia”, urlata quasi per far capire di stare alla larga.

Aveva o no il miglior fidanzato del mondo?

Decisamente. Quello stesso fidanzato che gli aveva fatto toccare il paradiso con un dito quando lo aveva massaggiato proprio , come lui aveva fatto una volta a scuola... ma tutto era stato più rilassato, più giusto... Perfetto. Per questo Blaine aveva ancora quel sorriso ebete dalla sera prima quando sua madre aveva preferito non fare domande una volta rincasato.

«Te la sei cavata bene, ieri, eh?». Dave Karofsky interruppe i suoi pensieri piacevoli. Era fradicio per la doccia che aveva appena fatto, rigorosamente in boxer e si stava asciugando con un asciugamano rossa mentre fissava Blaine riporre le sue cose nell’armadietto con sguardo assente.

«Cosa?» chiese quest’ultimo tutt’altro che presente.

«Ho detto che ti è andata bene ieri» ripeté Dave, scandendo ogni parola. «Ma che hai oggi? Sembra che tu abbia appena scoperto l’ottava meraviglia del mondo!».

“In un certo senso...” pensò Blaine sorridendo. Ma poi si riscosse, realizzando che forse non era molto normale il suo atteggiamento in quel momento.

«Sì, solo un richiamo verbale. In compenso ho conosciuto il padre di Azimio... un vero piacere....».

«Immagino» concordò il più grande con ironia. «Fu lui a consigliare a mio padre di fare ricorso al consiglio d’istituto quando Kurt mi fece espellere».

Blaine recepì il messaggio fino a quando Dave pronunciò il suo nome. Possibile che avesse sentito una fitta di bisogno lungo tutto il corpo al solo pronunciare quel nome?! Doveva darsi una calmata.

«E’ una persona molto particolare...» commentò Blaine, cercando di trattenersi dal dare un giudizio aperto sul padre del migliore amico di Karofsky.

«E’ uno stronzo. Lo so. Puoi dirlo».

«Effettivamente hai ragione».

«Scusami se te lo chiedo: ma tu non ti scomponi mai, Anderson?» domandò Dave, incredulo. «Hai mai detto una parolaccia in vita tua? O dici ancora cose tipo “perbacco”?!».

Blaine si sentì in un certo senso offeso. Lui non era un damerino e non aveva mai detto “perbacco”! Ma perché doveva per forza usare un linguaggio scurrile se non gli si addiceva?

«Non credo che con le parolacce si risolva qualcosa» rispose con un tono altezzoso, ereditato sicuramente dai momenti migliori del padre.

«Ma ogni tanto sono l’unico modo per definire qualcosa. Tipo il padre di Azimio».

«Non è vero. Posso anche dire che è un uomo maleducato e irrispettoso».

«Lo hai ucciso!» rise Karofsky, prendendosi gioco di Blaine. Quest’ultimo stava davvero cominciando a perdere le staffe. Perché Dave gli era stato mandato per intaccare quell’aura di felicità in cui si era rifugiato dal pomeriggio precedente?!

«Se proprio ci tieni a saperlo, non uso parolacce perché mio padre le usava con me e non ci tengo ad assomigliargli nemmeno un po’» asserì con una calma disarmante.

Dave spalancò gli occhi, il suo viso coperto dalla stoffa della maglietta che stava indossando.

Perché doveva sempre parlare troppo?!

«Ehy, amico...» cominciò, tentando di riparare.

«Lo so: ti dispiace. Non devi, non è necessario». Blaine, che fino a quel momento era stato sorridente, si era rabbuiato per colpa sua. Dave non poteva non sentirsi in colpa.

«E tu lo sopporti ogni giorno?» sussurrò allora.

«No, se n’è andato di casa da luglio più o meno» rispose monocorde, come se la cosa non lo riguardasse. Blaine non riusciva a credere di aver detto una cosa del genere a David Karofsky. Non lo aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a Kurt. Già, perché il suo ragazzo non sapeva che i suoi genitori erano separati, non sapeva nulla della sua situazione familiare. Ed era meglio, molto meglio così. Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma si vergognava di essere stato la causa di un divorzio.

Dave annuì. «Almeno non devi più ascoltarlo».

«Già, ma ogni tanto le sue parole ritornano».

«Cosa significa?».

«Che ieri il signor Adams mi ha definito come “anormale, sbagliato”» rispose Blaine, guardando Dave negli occhi. «E sono le stesse parole che ha usato mio padre quando se n’è andato».

«Oh...». Dave non seppe più cosa aggiungere. Chi era lui per sapere cosa Blaine stesse passando? Chi era lui per confortarlo? Per dirgli che aveva fatto la scelta giusta nel fare coming-out?

Ma una sola piccola cosa poteva farla.

«Ascolta...» continuò, dopo un po’. «Io non posso dirti che ti capisco né riesco a darti consigli su come andare avanti. Probabilmente Hummel è molto migliore di me in questi casi, ma voglio che tu sappia che, se mai volessi parlarne con qualcuno... cioè, qualcuno che non sia Kurt... cioè, puoi... insomma, puoi contare su di me». Non era mai stato così in difficoltà con le parole. Certo, non era uno che parlava molto, ma di solito non affrontava argomenti così delicati.

«Kurt non sa nulla di tutto questo» aggiunse Blaine, abbassando lo sguardo.

«Cosa? Perché?». Dave non riusciva a credere alle sue orecchie. Davvero Blaine teneva nascosta a Kurt una parte della sua vita così importante? Non poteva essere. Loro erano sempre così affiatati, così innamorati, così... All’improvviso si rese conto che Kurt era così innamorato di Anderson da non accorgersi nemmeno se abbinava il giallo al verde. Per lui contava che fossero insieme probabilmente. Ma Blaine avrebbe dovuto dirglielo.

«Non sono affari tuoi!» sbottò quest’ultimo all’improvviso. «Perché stai fingendo di essere mio amico? Tu non mi conosci e probabilmente l’unica cosa che sai di me riguarda il mio orientamento sessuale!».

«Hai ragione» controbatté subito Dave, sorpreso negativamente dalla reazione di Blaine. Perché doveva fare male anche quando voleva fare bene? «Ma conosco Hummel e so che non vorrebbe che tu gli tenessi nascosta una cosa del genere!».

«Tu non sai nulla di Kurt» sibilò Blaine, facendo per andarsene, raccogliendo le sue cose. Dave era riuscito non solo a scalfire ma a distruggere quell’aura di felicità in cui si era rifugiato facendogli venire i sensi di colpa.

«Te ne accorgerai».

Blaine era stanco di doverlo ascoltare: non aveva bisogno di qualcun altro che gli dicesse cosa fare e cosa non fare. Per quello aveva sua madre. Uscì dallo spogliatoio senza aggiungere altro.

 

***

Non era salutare. Non lo era per niente.

Possibile che proprio lui, in una squadra colma di prime donne, aveva ottenuto un assolo per la gara interna più spietata della storia della New Directions?

Se fosse stato per lui non si sarebbe mai proposto ma la squadra aveva espresso la sua decisione: la sua voce era quella più adatta alla canzone e non c’era stato modo di discutere. Non che ci avesse provato: gli faceva piacere avere un assolo. Si sentiva apprezzato e poi lui era sempre stato consapevole del suo talento. Ma tutto cambiava in quei dieci minuti prima di salire in scena, durante i quali il panico dominava su di lui, come se fosse un principiante.

Ma, nonostante tutto, Puck era sempre riuscito a trasformare l’ansia in grinta, regalando al suo pubblico un’esibizione da professionista. Ed era sicuro che anche in quel caso non sarebbe andata diversamente.

Santana non aveva fatto altro che intimidirlo con i suoi insulti e le sue battutine, sperando di farlo sgarrare in qualche modo ma non gliel’avrebbe data vinta.

Avrebbe superato anche questa.

In quel momento, nascosto dietro la terza quinta, separato dalla platea solo da un pesante tendone rosso, osservava alcuni tecnici che sistemavano un pianoforte nero al centro del palco. Sentiva Rachel fare vocalizzi dall’altra quinta affianco alla sua e Mercedes e Quinn che discutevano con Sunshine su qualcosa che non riusciva a capire. Kurt si stava stiracchiando le dita per cominciare a suonare mentre Artie e Lauren parlottavano, osservando oltre il sipario.

Lauren.

Ecco il motivo per cui l’ansia che lo aveva sempre tormentato era peggiorata gravemente nell’ultimo periodo. Un ricordo assalì la sua mente prepotentemente: si rivide in una stanza estranea, con poster alle pareti raffiguranti campioni di wrestling di cui non conosceva nemmeno il nome, completamente esposto.

Poteva ricordare benissimo l’umiliazione subita, l’imbarazzo provato, il desiderio di scappare incessante che aveva poi avuto la meglio sul suo corpo e l’aveva convinto a raccogliere le sue cose e a rifugiarsi nella sua auto aspettando che le sue mani smettessero di tremare per mettere in moto.

Okay, nemmeno questo era salutare.

Angosciarsi con ricordi del passato che non sarebbero dovuti essere dissotterrati non era il modo migliore per farsi passare l’ansia.

Si concentrò piuttosto su Hummel che aveva preso posto sullo sgabello di fronte al piano e stava cominciando a suonare piano. Era il suo momento: ora o mai più, si disse.

 

Five hundred twenty-five thousand

Six hundred minutes,

Five hundred twenty-five thousand

Moments so dear.

 

Tutti erano usciti dalle rispettive quinte posizionandosi in cerchio intorno al pianoforte, accompagnando le note che ne uscivano con le loro voci melodiose. Puck era uno di loro e, nel momento esatto in cui un riflettore aveva illuminato il suo viso, si era reso conto che l’ansia era sparita. Quando l’incipit della canzone si fu concluso agguantò una chitarra, passandone una seconda ad Artie, e insieme accompagnarono Kurt nella musica mentre gli altri musicisti cominciavano a suonare.

Il primo ritornello fu perfetto e anche quando fu il turno di Mercedes di deliziare tutti con il primo assolo, non sbagliò nemmeno una nota, forte della sua sicurezza sul palco. E, poco dopo, fu il suo turno di strabiliare tutti. Si voltò per la prima volta verso il loro pubblico ristretto e li osservò ad uno ad uno mentre cantava le parole della canzone.

 

In truths that she learned,

Or in times that he cried.

In bridges he burned,

Or the way that she died.

 

Era stato perfetto. Perfetto anche sull’acuto finale. Non poteva dirsi più soddisfatto e lo capì anche dagli sguardi dei suoi compagni che cominciarono a battere le mani a tempo. Subito il ritornello successivo fu accompagnato dalla voce angelica di Sunshine che concluse con un acuto perfetto, lasciando tutti a bocca aperta.

 

Share love, give love, spread love

 

Rachel concluse con l’ultimo verso della canzone e tutti sentirono subito gli applausi dei loro compagni. Il professor Schuester sembrava soddisfatto e ovviamente ognuno di loro, dalla platea, aveva occhi solo per il proprio migliore amico o fidanzato/a.

Finn applaudiva solo per Rachel come Sam per Mercedes e Blaine per Kurt. Santana e Brittany lanciavano segni d’intesa a Quinn mentre tutti loro si inchinavano dal palco, sorridendo e abbracciandosi.

«Bravissimo Puck» gli disse Mercedes, dandogli una pacca sulla spalla. Il ragazzo si limitò ad annuire, soddisfatto della sua performance.

 

***

Blaine era già pronto da un po’ mentre osservava i suoi compagni di squadra ridere e scherzare mentre finivano di vestirsi.

Sì, perché Santana aveva espressamente voluto che fossero vestiti nello stile del musical. Ergo indossava un completo beige con tanto di panciotto e cappello in tinta. Probabilmente Kurt avrebbe apprezzato.

«Blaine!». Si girò e si ritrovò proprio il suo ragazzo di fronte, sorridente e stupendo come sempre.

«Kurt! Via di qui!» urlò Santana dal camerino comune dietro il palco. «Portalo via di qui!» aggiunse, rivolgendosi a Blaine. Lui, senza risponderle si chiuse la porta della stanza alle spalle e andò incontro a Kurt che lo aspettava.

«Non facevo mica niente di male» sussurrò con un piccolo adorabile broncio.

«Santana è paranoica» tagliò corto Blaine. «Sei stato magnifico».

Kurt sorrise all’istante, prendendo la mano di Blaine. «Grazie!» disse tutto contento, come un bambino. Blaine non poté fare a meno di riderne.

«Ma che cosa diamine stanno combinando lì dentro?» chiese poi, indicando con un cenno del mento il camerino dove i suoi compagni erano rinchiusi da almeno un quarto d’ora.

«Forse Santana non ha tutti i torti» sorrise Blaine, tenendo Kurt sulle spine. «Lo vedrai tra poco».

«Uffa!» esclamò l’altro. «Anche se questo vestito mi suggerisce qualcosa...» continuò, allontanandosi e squadrando Blaine da capo a piedi, il quale si esibì anche in una piccola giravolta.

«Non avrete mica preparato qualcosa di Chicago?!».

«Aspetta e vedrai». Blaine si sentì chiamare da Sam e Brittany e così portò Kurt alla sua portata e, con un movimento repentino, gli baciò le labbra.

«Augurami buona fortuna!» gridò, correndo via e guardandolo ancora con le guance in fiamme e l’espressione stupita.

Kurt lo osservò fuggire verso Santana che stava aggiustando il colletto della camicia di Finn e scambiare qualche parola con gli altri.

«Buona fortuna, Blaine...» sussurrò prima di prendere posto in platea per godersi lo spettacolo.

 

***

Sam osservò Santana e Finn prendere posto al centro del palco, lei che abbracciava le spalle di lui come l’esibizione che avevano visto su YouTube.

Era pronto. Era il suo debutto come ballerino e non avrebbe deluso la sua squadra anche perché ci teneva alla pelle. Blaine, Mike e Brittany avevano aiutato lui e Tina ad imparare i passi alla perfezione e, con l’aiuto dei costumi, sarebbero stati perfetti. Non che le prove fossero state facili. Decisamente non era stato salutare dover sollevare Brittany trecento volte in un paio d’ore, rischiando un ernia del disco ogni volta. Non che la cheerleader fosse pesante, anzi. Era una vera piuma ma il fatto che lui non sapesse dove mettere le mani non aiutava di certo. Mike glielo aveva fatto vedere almeno un centinaio di volte e, dopo ore e ore di prove, le prese erano state tutte perfezionate.

 

I listened to advice from folks smarter than me,

And I ignored it...

I listened to hatred from folks richer than me,

And I deplored it...

I listened to music from folks darker than me,

And you know I adored it!

 

Finn stava facendo il suo lavoro benissimo, limitandosi a cantare e a lasciare la scena a Santana che, con la sua bravura, stava letteralmente dominando la scena. Quando fu il loro turno, entrarono in scena posizionandosi come avevano provato: Blaine al centro tra Finn e Santana che governavano il palco dalla posizione più avanzata. Sam e Brittany alla sinistra di Blaine e Tina e Mike alla sua destra. Stavano ballando tutti benissimo e ne erano consapevoli ma la parte difficile doveva ancora venire. Sì, perché Santana, Mike, Brittany e Blaine avevano scelto la versione live della canzone nella quale c’era tutto un pezzo dedicato alla danza.

 

And if ya listen to the beat,

And hear what's in your soul,

You'll never let anyone steal your rock n' roll!

 

Toccava a loro. Blaine fece una pirouette al centro e lasciò la scena a Mike e Tina che si distinsero con una serie di acrobazie da rock and roll. Quando fu la loro volta, Brittany lo prese per mano e lo condusse al centro del palco, saltellando e eseguendo le prese con lui con una sicurezza che non apparteneva a Sam. Quest’ultimo poté percepire il fatto che Brittany si fidasse di lui mentre saltava e rimbalzava ad altezze incredibili. Entrambe le coppie continuarono ad alternarsi, quando Mike e Brittany guadagnarono il centro del palco, sfidandosi in una gara muta di salti e spaccate da far accapponare la pelle.

Santana e Finn ripresero a cantare da dove si erano interrotti, ai lati del palco, lasciando spazio alle due coppie che continuavano ad eseguire la coreografia concordata senza il minimo cenno di insicurezza.

All’improvviso Blaine tornò in scena, armato anche lui di microfono mentre concludeva cantando insieme ai due e al corpo di ballo che faceva anche da coro, l’ultimo ritornello della canzone. Saltellava e accennava qualche passo di danza come suo solito e gli altri due lo imitarono, rendendo l’esibizione perfetta fino a quando tutti si fermarono per l’ultimo verso e alzarono le mani contemporaneamente, a mo’ di finale d’effetto, ritrovandosi in prima fila di fronte ai loro spettatori.

 

And if you listen to the beat 

And hear what's in your soul-

You'll never let anyone,

Never let anyone,

Never let anyone steal...

...Your rock n' roll!

 

Tutti si inchinarono prendendosi le mani, entusiasti e felici di aver portato a casa un’esibizione del genere. Il professor Schuester fu subito in piedi ad applaudire come tutti gli altri tranne Rachel, Mercedes e Kurt che non riuscivano a muovere un solo muscolo.

Le loro facce erano così spassose che Santana lanciò loro un’occhiata eloquente come a voler dire loro che li avevano assolutamente sottovalutati. Ed era così.

«Fantastici!» urlò Artie, dal suo posto e tutti i ragazzi scesero dal palco, ringraziando ancora una volta.

 

***

Non era assolutamente salutare.

Farsi distruggere in questo modo non era assolutamente salutare.

Rachel se ne rendeva conto ma non voleva ammettere nemmeno a se stessa di aver sottovalutato la squadra avversaria. Non ricordava che Santana e Brittany fossero così determinate a vincere, anzi, di solito, erano sempre quelle che non volevano fare nulla.

Forse, anzi sicuramente, l’influenza di Blaine aveva fatto male alle due cheerleaders!

E Finn? Finn era stato superlativo. Aveva addirittura accennato qualche passo di danza senza rovinare l’intera performance.

Lei, Kurt e Mercedes erano rimasti così scioccati da non riuscire nemmeno ad applaudire!

Bhè, non c’erano dubbi a questo punto: doveva solo sperare in un quarto assolo alle Provinciali.

 

***

Ma come gli era venuto in mente?!

Chi diavolo glielo aveva fatto fare?!

Come diamine avrebbe scelto adesso a chi dare la vittoria?!

Non era per niente salutare avere a che fare con dei ragazzi così talentuosi!

«Allora, professor Schue? Chi ha vinto?» chiese Finn, ancora vestito stile anni ’50 e seduto in aula canto con tutti i membri delle New Directions. William aveva notato che le squadre si erano immediatamente mischiate non appena avevano raggiunto il loro solito ritrovo. Le coppie si erano ricongiunte e gli amici seduti uno di fianco all’altro. Tutto ciò gli faceva piacere: magari non si sarebbero arrabbiati troppo quando avrebbe decretato i vincitori. Nella sua mente la squadra vincente già figurava chiara ma c’era una cosa che lo turbava. Se non avesse scelto la squadra di Mercedes come avrebbe fatto a battere i loro avversari alle Provinciali? I Warblers erano bravissimi e loro avevano bisogno dei loro elementi migliori per vincere.

Ma forse aveva sottovalutato gli altri.

«Professore?».

«Sì, Rachel?».

«Io vorrei chiedere alla mia squadra se è d’accordo a concedere la vittoria alla squadra di Brittany» rispose, alzandosi in piedi e raggiungendo Schuester per poi girarsi di fronte ai suoi compagni.

Tutti, nessuno escluso, rimasero a bocca aperta.

«Cosa?!» esclamò Mercedes.

«Berry, sei uscita di senno?!» continuò Lauren.

«Non abbiamo bisogno della vostra carità, nanetta! Vinceremo comunque!» asserì Santana.

«Lasciatela parlare!» urlarono Blaine e Finn all’unisono.

«Non è per carità. Siete stati nettamente migliori e lo sappiamo tutti, credo...». L’affermazione di Rachel lasciò di nuovo tutti basiti. E chi se lo sarebbe mai aspettato dalla prima delle prime donne?

«Sono d’accordo» disse Kurt, alzandosi e affiancando l’amica. «Siete stati perfetti» aggiunse, guardando Blaine.

«Aspettate un secondo!» ordinò Santana, alzandosi a sua volta. «Voi due, i più pompati di tutta la scuola, state davvero ammettendo la vostra sconfitta, rinunciando ad un assolo?».

Kurt e Rachel si guardarono per un secondo prima di annuire con convinzione. Finn si alzò, prendendo tra le braccia Rachel e facendola volteggiare mentre lei rideva contenta di aver fatto la cosa giusta.

Blaine guardò Kurt con orgoglio e si rammaricò di non poter ostentare il suo amore per il suo ragazzo come suo fratello. Ma, dal suo sguardo, capì che tanto quanto avevano bastava.

«Quindi abbiamo vinto?» chiese Tina, stringendo la mano di Mike.

«Bhè, direi che è ufficiale, se nessuno dell’altra squadra ha nulla da ridire». Tutti scossero la testa, sorridendo. Brittany e i suoi compagni si abbracciarono gioiosi, saltellando e urlando di gioia mentre gli altri li guardavano sorridenti.

«Brittany!» la chiamò poi Schuester. «Hai ottenuto un assolo alle Provinciali. Chi ti farà compagnia?».

«Mmh...» fece la ragazza, fingendo di pensarci. «Santana perché è stata la miglior assistente della storia e mi ha aiutata tantissimo. E poi Blaine perché senza di lui e la sua conoscenza di musical non ce l’avremmo mai fatta!».

I due ragazzi la ringraziarono sentitamente e poi tutti applaudirono.

La competizione era terminata, ma aveva avuto un esito decisamente positivo.










NDA: Sono tornata!!!!! Lo so: sono in ritardo di settimane praticamente ma non ho potuto farne a meno! Vi avevo avvertite sul blocco dello scrittore! Poi si è messa la scuola (-.-), l'uscita di The Twilight Saga: Breaking Dawn Part 1 (*-*) e un lutto canino (T.T) in mezzo e sinceramente non ce l'ho fatta ad aggiornare prima... =)
Coooomunque in questo capitolo troviamo parecchi personaggi, non credete?
Allora, vorrei precisare un paio di cosette:
1°) Il fatto che Santana abbia "perseguitato" Puck non è assolutamente ispirato al sesto episodio. Vi avevo detto che io e RM abbiamo una linea diretta di pensiero? Sì, me ne sto convincendo sempre di più... tranne quando riguarda scene di sesso a quanto pare! Stendiamo un velo pietoso! -.-'
2°) Il fatto che Rachel vada a discapito della sua squadra non è ispirato alla 3x06... ma, vi ho già parlato della linea diretta di pensieri, vero? Credo di sì... xD
In ogni caso vi lascio i link delle due canzoni sulle quali si sono esibite le New Directions... Vi consiglio davvero di guardare i video, perchè sono, ognuno a loro modo, stupendi!
Seasons of love - RENT --> http://www.youtube.com/watch?v=x8iTeDl_Wug     (anche se le New Directions nella mia mente l'hanno un po' riadattata come avete potuto vedere... In poche parole? Non potevo lasciare Kurt solo nel coro! Dovevo dargli una parte di spessore! E' un mito!!!)
Steal your rock and roll - MEMPHIS --> http://www.youtube.com/watch?v=eJ3nG5jGfPk     (l'esibizione di cui parla Sam che hanno visto su YouTube *-*)
Detto questo credo di dover concludere ringraziando tutte le persone splendide che hanno recensito lo scorso capitolo e tutte coloro che lo hanno letto!
Vi adoro, davvero!
Fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo! E' sempre un piacere rispondere alle vostre recensioni!!! =)
Un bacio e al prossimo capitolo che arriverà sicuramente con più celerità!
Federica

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Capitolo 11
*** Avvenimenti inaspettati ***


Capitolo 11: Avvenimenti inaspettati

 

Il giorno tanto atteso era finalmente arrivato.

Stava per conoscere i genitori di Blaine. Non poteva crederci.

Cioè, la madre la conosceva già, ma era stato più che altro un incontro fortuito, un gioco del destino, nient’altro. Adesso invece Blaine lo avrebbe presentato ufficialmente come suo ragazzo. Suo ragazzo...

Non riusciva a pensare ad altro da quella mattina. Si era svegliato alle otto in punto, nonostante fosse sabato, solo per prepararsi. Che ci avesse impiegato quattro ore per decidere cosa indossare era un dettaglio trascurabile tranne per il fatto che, sebbene si fosse svegliato così presto, fosse irrimediabilmente in ritardo.

Avrebbe fatto una pessima figura, lo sapeva. Era da maleducati presentarsi giusto in tempo per il pranzo?

Non era il momento per una ripassatina del galateo e quindi sperò di non doverlo scoprire proprio quel giorno. Scese al piano di sotto per la prima volta quella mattina e si diresse in cucina per recuperare le chiavi della macchina.

«Kurt, stai attento» disse subito il padre, vedendolo così indaffarato ed eccitato.

«Per favore, papà! Cosa potrebbe mai succedere? E’ solo un pranzo!».

«Io so che il padre di Blaine non è proprio felice di lui...» ricordò Burt, pensando a quella volta in cui Blaine era andato in officina a parlargli per la prima volta. Kurt fu sorpreso di questa confessione, ma non lo diede a vedere. Come faceva Burt a sapere qualcosa di Blaine di cui nemmeno lui era a conoscenza?

«Ma se mi hanno invitato significa che non ci sono problemi...» rispose Kurt, eludendo l’affermazione di suo padre. Avrebbe chiesto più tardi a Blaine.

«Tu comunque stai attento».

Kurt lo liquidò con un “Va bene” poco convinto e se ne andò, salutandolo velocemente.

Nemmeno suo padre con la sua apprensione avrebbe potuto rovinare quella giornata che si prospettava perfetta.

 

***

Brittany stava fissando un peluche in una vetrina di giocattoli, incantata da un cavallino bianco con la criniera color arcobaleno particolarmente adorabile che sembrava fissarla e richiamare la sua attenzione per comprarlo.

«Ti prego, possiamo entrare?» supplicò la biondina prendendo la mano di Santana e fissandola con occhi imploranti. La ragazza si limitò ad annuire sorridendo e lasciandosi trascinare all’interno del negozio, sotto lo sguardo gentile della commessa. Brittany corse immediatamente verso l’angolo dedicato ai peluche e agguantò quello che aveva destato la sua curiosità. Ne accarezzò la criniera, lo strinse al suo petto come se già lo amasse e lo mostrò a Santana con tanto di espressione imitatrice.

«Ti prego, posso tenerlo?» chiese con un piccolo broncio misto a un grande sorriso.

«Britt, hai la stanza piena di peluche! Andiamo!». Sembrava di avere a che fare con una bambina nel Disney Store di Times Square. In effetti Brittany aveva costretto tutti i suoi compagni a passare almeno un’ora in quel posto quando avevano concorso alle Nazionali. Inutile dire che Finn, Puck e gli altri si erano divertiti almeno quanto lei. Santana sorrise al ricordo di quella pazzia stile “ritorno al passato”.

«Ti preeeeeego! Guarda che faccino che ha!». Santana non riusciva a trattenersi dal ridere.

«Devi salutarlo adesso... andiamo». La ragazza lo ripose con un tristissimo broncio, trattenendo le lacrime. Accennò un saluto con la mano e poi rimase lì, infelice, ad osservarlo. Santana, ovviamente, si risentì della tristezza dell’amica e l’abbracciò da dietro. Le baciò la guancia e la cullò per un po’ tra le braccia.

«Te lo regalo per Natale. Promesso» sussurrò con un sorriso sperando così da portarla via da quel negozio.

«Non disturbarti. Appena arrivo a casa lo aggiungo alla letterina a Babbo Natale!».

 

***

Blaine aveva preparato ogni cosa. Aveva sistemato la sua stanza e incollato i suoi capelli con una dose extra di gel, ma non era comunque in grado di stare fermo per meno di un secondo. Continuava a girare per casa, osservando ogni minimo dettaglio e raddrizzando quadri già dritti o sbattendo cuscini già gonfi. Non sapeva se era colpa del nervosismo ma tutto in quella casa sembrava aver bisogno di un ritocco. Si guardò allo specchio in camera sua per tipo la settantesima volta da quando aveva finito di prepararsi e prese ad abbottonarsi e sbottonarsi il secondo bottone della camicia, non sicuro di come lasciarlo. A Kurt come sarebbe piaciuto di più?

Optò per lasciarlo slacciato, in fondo faceva ancora piuttosto caldo per essere inizio ottobre.

«Blaine! Hanno bussato!» urlò la madre dalla cucina. Sì, perché sua madre aveva cucinato quel giorno. Non sapeva se questo fosse o meno un buon segno. C’erano due possibilità: Kurt sarebbe morto intossicato facendo buon viso a cattivo gioco oppure Blaine avrebbe ordinato tutto al ristorante più vicino alla prima smorfia del suo ragazzo alla vista del cibo.

Si catapultò di sotto, aprendo la porta con il suo sorriso migliore e trovandosi davanti un Kurt incredibilmente eccitato e nervoso, nonché bellissimo.

«Ciao...» sussurrò quest’ultimo, torturandosi le mani. Avrebbe dovuto portare qualcosa, qualsiasi cosa, ma se n’era completamente dimenticato!

«Sei splendido» rispose Blaine, invece, prendendogli una mano ed attirandolo a sé. Bramava quel contatto da quando si era svegliato. Lo baciò con impeto, incrociando le dita con le sue. Kurt gli portò una mano sul collo, stringendosi a lui e sciogliendo i nervi con quel contatto.

«Perché ci hai messo tanto?» sussurrò Blaine, labbra contro labbra.

«Volevo essere perfetto...» rispose Kurt, passandogli un dito sul petto fino al bordo della camicia. Blaine sentì un brivido ed improvvisamente fu contento della sua scelta sul bottone.

«Ci sei decisamente riuscito». Blaine posò di nuovo le labbra su quelle di Kurt in un bacio a stampo, stringendogli un po’ di più la mano e conducendolo oltre la soglia della porta. Trovarono di fronte a loro la signora Anderson, che si puliva le mani con un straccio da cucina con un enorme sorriso.

Kurt arrossì immediatamente e Blaine abbassò lo sguardo, imbarazzato anche lui.

«Mamma potresti anche avvisare» disse quest’ultimo, grattandosi i capelli sotto la nuca.

«Eravate impegnati: non mi avreste nemmeno sentita» rispose sagace Abigail. Kurt non poté che arrossire ancora di più.

«Ci scusi» sussurrò, stringendo la mano di Blaine.

«E perché? Siete così dolci». Entrambi abbassarono lo sguardo ridacchiando. «Ciao Kurt. E’ un piacere rivederti» aggiunse subito.

«Anche per me, signora».

«Chiamami Abigail. Blaine, fai fare a Kurt il giro della casa mentre io preparo i piatti».

«Va bene, mamma» sorrise Blaine. «Andiamo». Abigail tornò in cucina: prese le pietanze che aveva opportunamente ordinato al suo ristorante preferito e le servì a tavola, apparecchiata per tre persone. Visto che il tavolo era per sei sarebbero stati comodi. Mentre sistemava la pasta in tre piatti del servizio di porcellana, ripensò a quello che aveva visto pochi minuti prima all’ingresso...

La luce negli occhi di Blaine mentre teneva stretto a sé quel ragazzo e, soprattutto, il fatto che Kurt lo ricambiasse in tutto e per tutto, era la cosa più soddisfacente che avesse mai visto. Lei non aveva mai avuto alcun motivo di guardare qualcuno con quello sguardo, nemmeno il padre di Blaine. Il loro era stato un matrimonio sicuramente voluto ma che aveva presentato i primi difetti già dal primo anno. Blaine aveva ormai diciotto anni e il suo matrimonio ne era durati esattamente venti. Non riusciva a crederci.

Abigail si sentì stringere lo stomaco a tale pensiero: lei non aveva mai amato il padre di Blaine. Si era sempre convinta di averlo fatto. Quando era stata più giovane, si ripeteva che ogni coppia aveva i suoi momenti di crisi ma che avrebbero superato anche quelli. Entrambi poi avevano una venerazione innata per il loro unico figlio e tutto ciò aveva sicuramente calmato le acque fino a quando era durato.

Poi Blaine aveva fatto coming out.

 

«Mamma... devo parlarti...» sussurrò suo figlio mentre Abigail si stava preparando per andare a letto. Quella sera il padre di Blaine era a Phoenix per lavoro e non sarebbe tornato prima del weekend.

«Che c’è, Blaine? Sembri preoccupato. E’ successo qualcosa?».

«No, no...» si affrettò a chiarire Blaine. «Ma voglio dirti qualcosa che non riesco più a tenermi dentro...». Il ragazzo aveva appena cominciato il liceo e Abigail pensò che riguardasse qualche problema con un professore o qualche litigio con un compagno. Non si sarebbe mai aspettata di sentirsi dire quelle quattro parole.

«Mamma, io sono gay». Blaine stava piangendo. Le lacrime bagnavano il suo viso mentre teneva lo sguardo basso, gli occhi chiusi, in attesa di una qualche reazione che non arrivò. Nonostante questo la sua voce era stata ferma e decisa, segno che non era una sciocchezza quella che stava dicendo ma che piuttosto derivava da un attento esame di se stesso.

 Abigail si sedette sul bordo del letto matrimoniale, scossa. Non riusciva a dire nulla: continuava ad aprire e chiudere la bocca senza che qualche suono ne uscisse. Non avrebbe mai sospettato che fosse questo che attanagliava il cuore di suo figlio.

«Per favore, dì qualcosa...» implorò Blaine, ancora le lacrime che percorrevano il suo bellissimo viso.

«Vieni qui» mormorò Abigail, facendogli segno di sedersi accanto a lei. Blaine lo fece mantenendo lo sguardo sui suoi piedi con le lacrime che diminuivano lentamente. Bastarono pochi attimi per trovare le parole che Abigail aveva bisogno di dire a Blaine.

«Tu sei mio figlio, Blaine». La donna gli prese il mento tra le dita e fece in modo che alzasse lo sguardo ad incrociare i suoi occhi. «E lo sarai sempre. Non devi aver paura di parlare con me, sono stata chiara? Non voglio più vedere quella paura insana di essere giudicato da me nei tuoi occhi. Okay?».

Blaine annuì, sentendo nuove lacrime che si formavano nei suoi occhi.

«Va bene. Adesso abbracciami». Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, stringendo le braccia intorno al corpo di sua madre. Sentiva un peso che lentamente si stava sciogliendo all’altezza del suo stomaco. Sua madre era stata più che comprensiva. Non riusciva ancora a credere di essere riuscito a farlo, a fare coming out con sua madre. Ci aveva pensato un milione di volte: come avrebbe potuto dirlo, se in maniera secca oppure addolcendo la medicina prima di somministrarla, in che contesto, a casa o magari al ristorante...

Ma solo allora si era reso conto che tutto ciò che aveva pensato era stato solo frutto del suo timore del giudizio dei suoi genitori.

«Grazie, mamma».

Abigail sciolse l’abbraccio e asciugò le guance del figlio con una mano.

«Io voglio dirlo anche a papà...» sussurrò Blaine dopo un po’, abbassando nuovamente lo sguardo.

«Certo» assicurò la madre. «Glielo diremo appena sarà tornato. Insieme».

 

Peccato che il padre di Blaine non avesse reagito come sperato. E quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso che rappresentava il loro matrimonio. Fino ad allora Blaine era stato il collante che li aveva tenuti insieme perché, nonostante le loro divergenze, entrambi sapevano che Blaine doveva vivere serenamente in una famiglia normale. Ma questo non era stato più possibile...

«Ed ecco che terminiamo il nostro tour con la cucina! Anche detta sala da pranzo, dove mia madre ha sperimentato la sua arte culinaria per la prima volta nella sua vita in occasione della tua venuta!» stava dicendo Blaine, entrando nella stanza dove si trovava anche Abigail.

Kurt non poté fare a meno di ridere delle parole del suo ragazzo.

«In realtà» dissentì Abigail. «Dove sua madre ci ha provato fallendo miseramente e quindi ordinando il pranzo al ristorante». Blaine tirò un sospiro di sollievo, senza darlo troppo a vedere.

«Kurt è un ottimo cuoco».

«Non esagerare» ribatté Kurt. «Me la cavo, al massimo».

«Allora la prossima volta ti lascerò l’onore di cucinare» intervenne Abigail, sorridendo e invitandoli a sedersi a tavola dove già figuravano gli antipasti.

«Il signor Anderson non pranzerà con noi?» chiese Kurt, rivolgendosi più che altro a Blaine, memore del discorso con suo padre.

«No, papà è... fuori città». Abigail guardò suo figlio con uno sguardo di rimprovero. L’aveva avvertita che Kurt non sapeva nulla della sua situazione ma non era molto d’accordo con lui sul tenerlo all’oscuro di una parte della sua vita. Se Kurt ci teneva davvero a lui ci sarebbe rimasto male quando lo avrebbe scoperto. Perché era fuori discussione che non lo scoprisse.

Abigail solo non si aspettava che succedesse così in fretta...

 

***

Santana passò il gelato a Brittany, ancora poco convinta dalla scelta dei gusti della sua amica. Cioccolata e fragola era sempre stato un abbinamento che lei odiava.

«Che ne dici se lo mangiamo passeggiando nel parco?».

«Sì, che bello!». Brittany era entusiasta di fronte ad ogni proposta di Santana. Quel pomeriggio era stato solo uno dei tanti in cui le due ragazze si incontravano dopo la scuola per passeggiare, chiacchierare e perdere tempo divertendosi insieme. A volte spettegolavano anche sui loro compagni ma Santana non aveva mai voluto introdurre l’argomento “Artie” per non turbare l’amica, per questo rimase ancora più sorpresa quando Brittany disse: «La settimana scorsa ho lasciato Artie».

L’amica rischiò di soffocare con il suo gelato alla crema. «Davvero?».

«Sì» confermò Brittany, sedendosi su un’altalena sul prato che cominciava ad imbrunire a causa delle foglie che cadevano dai rami. «Non potevo più stare con lui».

«Perché ti ha tradita?» sussurrò Santana, sedendosi sull’altalena accanto alla sua, facendo attenzione a non rovinare il vestitino che indossava e a non rovesciarsi il gelato addosso nello stesso tempo.

«No» rispose Brittany con convinzione. «Perché sono innamorata di qualcun altro». Il cuore di Santana cominciò a battere all’impazzata dopo quelle parole dette con tale leggerezza.

«Qualcun altro?» riuscì a dire Santana. In realtà si sentiva nervosa come non mai. La sua mente si stava preparando ad ogni possibile risposta della sua migliore amica mentre il suo cuore non riusciva a smettere di battere speranzoso di sentire quelle parole uscire dalla bocca di Brittany.

«Sì... cioè in realtà questa persona mi piace da tanto... solo che non ho mai saputo dimostrarglielo...». Santana sentiva di stare per svenire. Perché Brittany non poteva semplicemente arrivare al punto?!

«Lei mi ha detto che mi ama ma io non le ho detto “Ti amo anch’io” quando potevo...». Brittany si alzò, gettando la coppetta che una volta conteneva il suo gelato in un cestino lì vicino, si avvicinò a Santana e la guardò negli occhi con uno sguardo speranzoso e al tempo stesso dispiaciuto.

«Spero solo che non sia troppo tardi» concluse. Il petto di Santana rischiava di scoppiare per quanto il suo cuore stesse battendo forte e velocemente. Sentiva la testa leggera e le gambe pesanti: non riusciva a muoversi.

«Se questa persona ti ama, non sarà mai troppo tardi» mormorò, deglutendo mentre tentava di riacquistare tutte le facoltà mentali. Missione decisamente impossibile dato che Brittany, ascoltando la sua risposta, si era accostata al suo viso premendo le sue labbra su quelle di Santana.

Le mani di quest’ultima la cercarono immediatamente, raggiungendo il suo viso e attirandola a sé, desiderosa di un contatto più profondo.

Santana e Brittany si erano baciate tante volte. Ma quello era il loro primo bacio. Quello che avrebbero ricordato per sempre, quello che sarebbe stato un faro di speranza nei momenti difficili, quello che avrebbe reso i loro sguardi sognanti ogni volta che ci avrebbero pensato.

Perché quel bacio, quel primo bacio, segnava l’inizio non solo della loro relazione, ma del loro amore...

Si staccarono dopo qualche minuto che era sembrato eterno e al tempo stesso troppo breve, entrambe con il cuore a mille e i respiri accelerati.

«Britt?».

«Sì?».

«Promettimi che non lo dirai a nessuno».

E il sorriso sul volto della biondina si spense per la prima volta quel pomeriggio...

 

***

Il pranzo si era svolto nella tranquillità più totale, a dispetto di come aveva potuto prevedere Blaine. La madre non si era mostrata né scortese né inopportuna. Alla fine quella era solo una preoccupazione infondata ma aveva attanagliato lo stomaco di Blaine per tutta la durata del pranzo. Kurt era stato perfetto come sempre: non una parola fuori posto, non un atteggiamento sbagliato, un’espressione strana...

«Perché non ci spostiamo in salotto, così parliamo più tranquillamente?» propose Abigail dopo il dolce che Kurt, sotto lo sguardo stupito di Blaine, non aveva rifiutato.

«Certo» rispose Kurt, prendendo il suo piatto e facendo per portarlo al lavandino.

«Non preoccuparti» fece subito Abigail, sorprendendolo. «Sparecchio tutto io più tardi». Si accomodarono in salotto, Kurt e Blaine sul divano e Abigail in poltrona, cominciando a parlottare, come avevano fatto finora, del più e del meno.

«Allora siete entrambi decisi per la Columbia?».

«Assolutamente!» rispose Kurt euforico, prendendo la mano di Blaine. «Abbiamo già scaricato i moduli di ammissione. Abbiamo tempo fino a novembre per compilarli e spedirli».

«Non avete intenzione di provare in nessun’altra università?» chiese la signora Anderson, sapendo quanto potesse essere difficile essere accettati. Ma un altro pensiero affiorò nella sua mente...

Sarebbe stato difficile per Blaine andare alla Columbia... più che difficile: quasi impossibile se fosse stato accettato. Ovviamente questo Kurt non lo sapeva e, immerso nei pensieri che riguardavano la sua futura vita a New York, non si rese conto che Blaine aveva abbassato lo sguardo.

E poi il campanello suonò.

«Aspettavi qualcuno?» chiese Blaine, rivolto alla madre. Quando Abigail dissentì, il ragazzo si alzò, lasciando la mano di Kurt e avviandosi ad aprire la porta. E quello che vide lo lasciò di sasso.

Non poteva essere.

Quella persona era scomparsa dalla sua vita da mesi ormai. Non lo aveva mai chiamato, non aveva mai voluto sapere nulla di lui, del suo rendimento scolastico, della sua felicità...

Come poteva presentarsi adesso lì come se nulla fosse?

«Avete cambiato la serratura. Mossa intelligente».

«Papà...» sussurrò Blaine indietreggiando.

«Ciao Blaine. Puoi anche smetterla di guardarmi come se fossi un fantasma. Non ero mica morto». Abigail riconobbe la voce di suo marito e il suo tono pungente che aveva assunto da quando non viveva più con loro. Si alzò dal divano, lanciando uno sguardo di scuse a Kurt e si avvicinò all’ingresso dove suo figlio era ancora in stato di shock.

«Tom» disse con tono calmo e sicuro. «Che ci fai qui?».

«Per te sono Thomas, Abigail. Sono tornato solo a casa mia per prendere alcuni miei effetti personali che avevo lasciato qui dopo il trasloco». A quel punto Kurt si alzò, tenendosi comunque alle spalle della signora Anderson, ma troppo curioso di conoscere effettivamente il padre di Blaine. Anche se l’accoglienza non era stata delle migliori. Non aveva capito molti punti della conversazione, come il signor Anderson che parlava di cambio della serratura o di trasloco.

«Non hai il diritto di presentarti così a casa mia» gli ricordò Abigail, iniziando ad infuriarsi com’era solita fare quando il marito usava quel tono con lei. Ma gli occhi di Tom erano già vagati altrove e si erano posati sulla strana figura alle spalle dell’ex moglie. Il ragazzo, se così si poteva definire, abbassò lo sguardo, imbarazzato dall’occhiata indagatrice di Tom e spostò il peso del corpo da un piede all’altro.

Kurt aveva esaminato l’uomo alla porta. Blaine aveva davvero poco di lui: suo padre era alto, robusto nel senso che sembrava in forma ma non atletico e nemmeno appesantito dagli anni, altezzoso nello sguardo e incuteva un certo timore.

«E tu chi saresti?» domandò con voce che poteva essere definita solo come sprezzante. Anche solo il fatto che avesse usato il condizionale invece che un semplice presente non lasciava spazio a fraintendimenti.

«Papà...» intervenne Blaine, allungando una mano verso Kurt incoraggiandolo a raggiungerlo.

«Lui è Kurt...». Il ragazzo intrecciò le dita con le sue e si accostò al suo corpo. «Ed è il mio ragazzo».

L’espressione di Thomas rimase impassibile seppur mascherando un certo disgusto.

«Certo che, dopo tutto quello che hai fatto per dichiarare la tua omosessualità, potevi anche scegliertene uno che non sembrasse una donna uscita male» dichiarò, squadrando Kurt dalla testa ai piedi e facendolo imbarazzare ancora di più. Kurt si sentì ferito da quelle parole: sapeva di avere atteggiamenti femminili ma non era mai stato umiliato così, non davanti a Blaine...

«Ma come ti permetti?!» urlò subito la signora Anderson, schifata dal comportamento del suo ex marito.

«Io lo trovo bellissimo, invece» assicurò Blaine, stringendo la mano di Kurt e avanzando verso il padre. «Non puoi venire qui dopo tutto questo tempo e sputare sentenze così». Blaine sembrava timoroso ma convinto di ciò che diceva. Kurt si sentiva fuori posto: era l’oggetto di una discussione che al tempo stesso non riguardava lui direttamente. Non si era immaginato così il finale di quella giornata.

Ma non poteva prevedere che, ciò che era andato male, poteva anche andare peggio.

«Non parlarmi così, Blaine. Non te lo consento».

«Cosa intendi farmi?!» urlò Blaine. In quel momento si sentiva come se tutto quello che aveva nascosto nel profondo stesse riaffiorando in superficie. Era arrabbiato per la sua situazione familiare, perché aveva abbandonato i suoi migliori amici alla Dalton, perché stava mentendo a Kurt da tanto tempo, perché Azimio gli aveva gettato una fredda granita in faccia, perché in quella scuola dimenticata da Dio non avevano la minima idea di cosa significasse essere presi di mira e bollati come diversi, sbagliati.

«Mi hai già privato di tutto quello che avevo! Tutto! Non mi porterai via anche Kurt!».

Il ragazzo, sentendosi chiamato in causa, alzò lo sguardo solo per avere una visuale perfetta del gesto che conseguì a quelle parole.

Il signor Anderson diede un sonoro schiaffo al figlio, facendolo spostare di qualche centimetro per la violenza dell’azione.

La cosa che Kurt avrebbe ricordato per tutta la vita era il suono delle urla di Abigail unito a quello di Blaine che deglutiva tentando di trattenere un’ulteriore reazione. Non voleva piangere. Non poteva.

E Kurt, che assisteva impotente a tutto quello, si sentì rimpicciolire al livello di un granello di polvere sul tappeto del salotto di casa Anderson...

 

Continua...



NDA: No, non è un'allucinazione! E' veramente un aggiornamento di Glee Senior Year che avete letto!!!
Lo so: sono in un ritardo pazzesco!!! Chiedo immmensamente scusa ma purtroppo il mio preside ha avuto la brillante idea di cambiare l'ordinamento scolastico degli anni precedenti (due quadrimestri) in uno innovativo (un trimestre e un pentamestre)...
Stendiamo un velo pietoso!!!
Soprattutto sul fatto che probabilmente non interessava a nessuno!
Ma prima di proseguire e parlare un po' del capitolo, vorrei ringraziarvi tantissimo perchè VOI angeli che avete la pazienza di leggere e alcune di voi di commetare la mia storia avete fatto sì che il primo capitolo raggiungesse le 1146 visualizzazioni!!! Non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza!!! GRAZIE!!!
E adesso passiamo al capitolo: completamente Klaine e Santittany!
Per quanto riguarda la prima coppia non ho molto da dire: aspetto le vostre impressioni! Ma devo comunque ringraziare Lusio per avermi aiutata nella scelta del nome del signor Anderson che abbiamo finalmente conosciuto! Che ne dite? La condizione di Blaine si sta delineando??? ^^
Per quanto riguarda la Santittany io le ho sempre immaginate così: dolci, romantiche e con quel pizzico di comicità che non guasta mai! Mentirei se dicessi che non mi è piaciuto come RM ha sviluppato la loro storia nella serie! Insomma due parole ed è fatta! Relazione sigillata da una stretta di mano sotto un tovagliolo... -.-'
Non mi aspettavo certo un "There you are. I've been looking for you forever" però che cavolo!
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo!!!
Giuro che in queste feste di Natale scriverò tipo 10 capitoli così da non farvi aspettare più!!!
Un ringraziamento speciale a tutte coloro che leggeranno e recensiranno! Mi fate felice!!!
Un bacio,
Federica

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Capitolo 12
*** Favori ***


Capitolo 12: Favori

 

La notte era trascorsa lasciandolo completamente sveglio e profondamente stanco. Non riusciva a non pensare a tutto ciò che era successo. Aveva avuto un sovraccarico di informazioni in pochi minuti che, invece di lasciargli qualche risposta, lo avevano inondato di domande. Avrebbe voluto chiamare Blaine per chiedergli spiegazioni ma quella cosa chiamata orgoglio glielo impediva categoricamente.

Lui avrebbe dovuto essere arrabbiato.

Ma che arrabbiato? Furioso.

Blaine lo aveva tenuto all’oscuro di una parte fondamentale della sua vita e non aveva avuto nemmeno la decenza di informarlo del fatto che i suoi fossero separati. Non era stato sincero con lui.

Eppure... non gli aveva mai mentito.

Kurt si rese conto che anche questo era vero: lui non gli aveva mai fatto domande sulla sua famiglia, dando per scontato che fossero una normalissima famiglia di ricchi imprenditori o qualcosa del genere. Questo lo aveva dedotto dalla casa in cui viveva il suo ragazzo. Forse aveva sbagliato nel non interessarsi alla vita di Blaine... forse avrebbe dovuto pensarci prima di presentarsi a casa sua... forse avrebbe dovuto...

No. Blaine aveva sbagliato. Kurt non poteva certo chiedergli delucidazioni sulla sua condizione familiare! Sarebbe sembrato un arrampicatore sociale!

Solo quando Kurt si rese conto del livello di stupidità al quale erano arrivati i suoi pensieri, riuscì ad alzarsi dal letto, dirigendosi al suo specchio per il rituale d’idratazione mattutino. Ma appena la superficie fredda gli restituì l’immagine dei suoi occhi segnati da profonde occhiaie a causa della notte insonne, ricordò lo sguardo di Blaine del pomeriggio precedente, quando lo aveva accompagnato alla macchina per salutarlo...

«Ti spiegherò tutto... Te lo prometto...» aveva detto, con lo sguardo basso e le mani incapaci di stare ferme. Kurt aveva sentito le urla provenienti dall’interno della casa dove la signora Anderson stava ancora attaccando il suo ex marito per aver “anche solo sfiorato con un dito mio figlio”... o qualcosa del genere. Non se l’era sentita di rispondere e aveva solo annuito, salutando Blaine con una carezza sul volto prima di salire in macchina e allontanarsi velocemente. Tornare a casa era stato abbastanza difficile perché sapeva che avrebbe trovato lo sguardo indagatore del padre ad attenderlo. Si era sentito come se avesse fatto qualcosa di sbagliato e la cosa non lo aveva fatto stare meglio quando il padre gli aveva chiesto com’era andata la sua giornata e lui non aveva potuto fare a meno di raccontargli tutto per filo e per segno. Burt almeno non aveva ribattuto “Te l’avevo detto” come si sarebbe aspettato Kurt. Gli aveva solo consigliato di andare a letto e di dormirci su. Come se fosse facile.

Mentre ancora Kurt stava rimuginando sulle condizioni di Blaine quando lo aveva lasciato con i suoi genitori, Finn entrò nella sua stanza senza bussare.

«Non ti avevo detto che potevi entrare!» disse subito Kurt alterato. Finn capì subito che quella mattina suo fratello era isterico: di solito si limitava ad un semplice “Che vuoi, Finn?”. Non ci diede peso però. Rachel in camera sua che lo attendeva per rompergli l’anima un altro po’ era abbastanza per una sola mattina.

«Ti vuole Santana al telefono».

«Santana?». Finalmente Kurt si girò a guardarlo, incuriosito e sorpreso da quella chiamata.

«Rispondi» ordinò Finn, passandogli il cellulare con insofferenza.

«Ma che problema hai?!». Ecco l’isteria.

«Rachel, di là, per poco non si faceva venire un infarto quando ha scoperto che ho il numero di Santana!» spiegò in fretta Finn, felice che Kurt avesse finalmente preso il cellulare liquidandolo con un gesto della mano perché se ne andasse.

«Pronto?». Dall’altro capo del telefono gli giunse solo una risata tutt’altro che soffocata.

- Un secondo, Hummel. Mi sto riprendendo dalla soddisfazione di aver fatto quasi prendere un colpo alla Berry! - Kurt attese che Santana parlasse con una certa impazienza: aveva anche lui i suoi drammi e non poteva certo aspettare i comodi di Santana.

- Okay, mi sono ripresa - annunciò lei, dopo qualche secondo. Kurt poteva quasi immaginarsela mentre si ravviava i capelli all’indietro, come nella migliore delle interpretazioni.

«Posso sapere il motivo della tua chiamata?» chiese Kurt.

- Non ti rispondo per le rime solo perché mi servi, Hummel -

«Non ho detto nulla!».

- E’ il tono! -

«Vogliamo parlare del tuo tono ogni volta che ti rivolgi a qualcuno che non sia Brittany?!». Il fatto che quella mattina non fosse proprio dell’umore adatto per sopportare anche solo se stesso, non aiutava affatto.

- Ecco - disse secca Santana. - Hai centrato il punto. Brittany. Ho bisogno del tuo aiuto con lei - ammise la ragazza, sapendo che se ne sarebbe pentita amaramente.

«Scusami Santana non sono mai stato un grande Cupido, meno che mai in questo periodo».

- Non ho certo bisogno del tuo aiuto per mettermi con lei, Hummel. Non sono così disperata -

«Allora dimmi qual è il punto per favore!».

- Sei isterico – commentò Santana.

«Me lo hanno già detto» ribatté Kurt.

- Non è una questione di cui discutere al telefono, posso passare da te uno di questi giorni? –

«Kurt! Hanno bussato!» urlò Finn dalla sua stanza, rendendo Kurt ancora più nervoso.

«Scusami un attimo» sussurrò al telefono. «Sono al telefono e in pigiama, idiota!» strillò rivolto a suo fratello.

«Sono impegnato!» rispose Finn dalla sua camera. Visto che Burt e Carole erano andati al centro commerciale, Kurt non poté fare altro che gettare un’ultima occhiata allo specchio, fare una smorfia di disgusto e avviarsi alla porta d’ingresso. Passando davanti alla porta di Finn notò che era chiusa e ebbe il tempo di urlare un ultimo “Ti odio” prima di riprendere il telefono e chiedere scusa a Santana per l’attesa. Aprì la porta di scatto per trovarsi Blaine davanti con un’espressione che avrebbe fatto invidia al cucciolo del Gatto con gli Stivali.

«Blaine, che ci fai qui?» chiese, ancora il telefono accanto all’orecchio. Santana non faceva che commentare ogni parola che gli usciva dalle labbra ma lui non l’ascoltava più.

«Posso entrare?» sussurrò il suo ragazzo, rafforzando il potere dei suoi occhi. Kurt si spostò dalla soglia e gli fece cenno di accomodarsi in salotto mentre lui concludeva la telefonata.

«Stavi dicendo, Santana?».

- Ti ho chiesto se posso passare da te uno di questi giorni – gli ricordò la ragazza, cominciando a perdere la pazienza.

«Hai detto che devi parlarmi di qualcosa di importante... Non credi che casa mia non sia un posto sicuro? C’è Finn e Rachel che va e viene...».

- Non puoi venire da me, Hummel –

«E perché? Se mi dai l’indirizzo passo martedì pomeriggio che non abbiamo nemmeno le prove con il Glee» disse Kurt, molto più tranquillo ora che osservava Blaine nel suo salotto. Tra poco avrebbe potuto chiedergli quello che gli passava per la testa da ore.

- Non credo sia il caso e poi martedì ho l’allenamento con le Cheerios – Perché Santana era così riluttante all’idea che Kurt andasse a casa sua? In quel momento non gli era passato nemmeno per l’anticamera del cervello che lei veniva da Lima Heights.

«Ascolta, Lopez. Non ho tempo da perdere. Decidi tu dove e quando e fammelo sapere». Ecco l’isteria e l’impazienza che tornavano. Non si sarebbe mai permesso di parlare così a Santana, mai. Anche Blaine se ne accorse e lo guardò sorpreso.

- E va bene! Ci vediamo da me alle sei martedì pomeriggio. Domani ti do l’indirizzo. Ciao – E chiuse la chiamata. Kurt guardò per qualche secondo il telefono, chiedendosi cosa avesse quella ragazza che non andava, ma poi l’immagine di Blaine nel suo salotto lo riportò alla realtà.

Dopo la discussione con Finn e quella con Santana ci mancava solo questo!

“Vai con il terzo round”.

 

***

«Ti odio». Rachel sentì Kurt passare davanti alla porta della camera del suo ragazzo con passi pesanti come se stesse camminando a passo di marcia. Ma Finn reclamava la sua attenzione, baciandole con insistenza il collo mentre le teneva una mano sul fianco. Come erano arrivati a quello non se lo ricordava nemmeno. Sapeva solo che un secondo prima era furiosa per il numero di telefono di Santana memorizzato sulla rubrica del suo fidanzato e un secondo dopo si era ritrovata con le labbra di quest’ultimo incollate alle sue. Finn voleva solo farsi perdonare e ci stava riuscendo egregiamente, fino a quando non portò una delle sue mani a coppa sul seno di Rachel, facendola sussultare nel bacio.

«Va tutto bene?» chiese Finn, staccandosi un attimo. Rachel si leccò le labbra e gli sorrise, annuendo senza troppa convinzione. Ma Finn era fin troppo entusiasta per accorgersene. Nonostante lui non le gravasse particolarmente addosso, Rachel si sentiva schiacciata contro il materasso.

Non voleva che finisse così quella mattina: non era pronta.

Non voleva che succedesse quello che stava per succedere.

Sapeva perfettamente che Finn avrebbe fatto qualche gesto troppo intimo per i suoi gusti e l’avrebbe fatta inevitabilmente tirare indietro, dando il via ad una nuova, seppur sempre la stessa, discussione. E lei non aveva voglia di discutere. Doveva trovare un modo per uscirne.

«Finn...» sussurrò, approfittando della libertà delle sue labbra.

«Uhm...?».

«Forse dovremmo scendere da Kurt...». Okay, era una scusa stupida, ma era la prima che le era venuta in mente.

«Kurt se la cava benissimo anche senza di noi».

«Ma non l’ho nemmeno salutato...».

«Lui non si fa tutti questi problemi quando è con Blaine». Finn non riusciva a capire perché la sua ragazza dovesse preoccuparsi tanto per suo fratello. Anche se a fatica, Rachel riuscì ad alzarsi e a scostarsi dal letto, lisciandosi la gonna.

«Non sappiamo nemmeno chi è che ha bussato» ricordò a Finn.

«Ma che ti importa?».

«Non sento più Kurt, se fosse un maniaco?!» domandò Rachel con la sua migliore espressione spaventata e completamente falsa.

«Andiamo! In quel caso avrebbe cominciato ad urlare! E sappiamo a che livelli può arrivare la voce di Kurt!».

«Io voglio scendere di sotto». E Finn sapeva che quando Rachel cominciava una frase con “io voglio”, non c’era più spazio per le repliche. Così, molto riluttante, si alzò dalla sua posizione e aprì la porta di camera sua, lasciando il passo a Rachel per farla uscire per prima. Quando furono sulla scala, però, la ragazza si bloccò all’improvviso, rischiando che Finn le cadesse addosso. Solo lei riusciva a vedere qualcosa dal salotto e ciò che vedeva non era rassicurante: Kurt e Blaine stavano discutendo.

Sapeva che, se li avesse interrotti, Kurt l’avrebbe uccisa, ma non voleva tornare in camera di Finn...

«Ciao ragazzi!» esclamò tutta contenta, mentre faceva la sua comparsa. Entrambi trasalirono al suono della sua voce. «Non vogliamo disturbarvi... Prendiamo qualcosa da mangiare. Volete qualcosa?».

«Rachel» esordì Kurt. «Ti ricordo che sei a casa mia. Non ho bisogno del tuo permesso per prendermi qualcosa da mangiare». Blaine e Finn ridacchiarono, nonostante il ragazzo fosse assolutamente serio.

«Bene» rispose la ragazza, senza perdere il sorriso. «Vi lasciamo da soli, allora». E trascinò Finn in cucina. Chiuse la porta e tese l’orecchio verso il salotto dove i due ragazzi avevano evidentemente ricominciato da dove avevano concluso.

«Cosa vuoi da mangiare?» chiese Finn, guardandola stranito.

«Non ho fame, Finn» rispose lei, ovvia. «E ora fai silenzio!».

Al ragazzo non rimase che sbuffare e sedersi al tavolo con una busta di biscotti lasciata aperta.

 

***

«Va tutto bene?» mormorò Blaine appena Kurt lo guardò dopo aver concluso la telefonata.

«Non credo tu sia qui per parlare di Santana» gli ricordò. Solo quando Kurt ebbe il tempo di osservare davvero il suo ragazzo si rese conto del suo stato: dei suoi capelli, delle sue occhiaie, del suo pigiama, persino delle sue pantofole. In un tentativo disperato di rendersi presentabile, si portò le mani ai capelli cercando di dar loro una piega quanto meno decente ma Blaine si alzò e gli venne incontro, prendendogli le mani e riportandole lungo i fianchi.

«Sei già perfetto così».

«Non starai mica cercando di adularmi?».

«No, è la verità».

«Sto ancora aspettando le spiegazioni che mi devi» disse Kurt, cambiando radicalmente argomento. Sapeva che, se la conversazione avesse preso quella piega, in men che non si dica si sarebbero ritrovati a baciarsi sul divano.

Ma lui voleva delle risposte, ne aveva bisogno.

«Hai ragione» acconsentì Blaine, sedendosi sul divano e invitando Kurt a fare lo stesso. «Come avrai capito anche da solo, quell’uomo che ieri è piombato a casa mia è mio padre. Non siamo mai stati in buoni rapporti da quando ho fatto coming out...». Blaine prese aria e sospirò, perdendosi per un attimo nei suoi pensieri. Alzò lo sguardo verso Kurt che lo osservava perdendo lentamente l’espressione sostenuta che aveva tenuto da quando era arrivato. «Il matrimonio dei miei aveva già tante crepe, ma la mia rivelazione fu il colpo finale ad un muro già pericolante. Crollò tutto senza che nemmeno me ne accorgessi. In un attimo mio padre fu un estranio nella sua stessa casa e, quando si convinse che non poteva curarmi, la lasciò definitivamente. Le pratiche per il divorzio arrivarono subito e tutto avvenne nella maniera più veloce possibile grazie alle conoscenze di mio padre. Io fui affidato a mia madre senza che lui muovesse un muscolo, anzi... Fu lui stesso a far presente al giudice che non aveva intenzione di combattere per un affidamento congiunto che a lui non interessava minimamente». Blaine parlava tenendo lo sguardo basso, come se ogni parola fosse troppo pesante per uscire fuori ma al tempo stesso una liberazione.

«Quando è successo tutto questo?». Kurt si limitava ad assimilare tutte le informazioni che Blaine gli stava concedendo senza commentare in alcun modo, se non con qualche sorriso incoraggiante e qualche espressione sorpresa che non riusciva a contenere.

«Ho fatto coming-out quando ero al mio primo anno... Mi trasferii alla Dalton per il secondo e durante il terzo ho conosciuto te... Mio padre se n’è andato poco prima della fine del terzo anno e quest’estate i miei hanno divorziato...» ammise Blaine, ripensando a in quanto poco tempo la sua famiglia fosse andata in pezzi. Mentre Blaine stava ancora finendo di parlare, Rachel entrò in salotto e, dopo aver chiesto un paio di cose inutili, trascinò Finn in cucina. Kurt era sicuro che stesse ascoltando ogni singola parola che dicevano ma non se ne curò più di tanto. Aveva altro per la testa.

«Perché non me lo hai mai detto, Blaine?». Ecco la domanda che desiderava porgergli da quando se n’era andato da quella casa il pomeriggio precedente.

«Perché tu avevi le New Directions, stavi per andare a New York e non volevo essere una distrazione per te...». Blaine si disse che quella era stata la verità per i primi tempi... Con il divorzio le carte in tavola erano cambiate un po’, ma non era il caso di arrivare anche a quello.

«Ma durante l’estate avresti potuto dirmelo».

«Sapendo che poi ogni volta che ci vedevamo ci saremmo ridotti a parlare di me? Di mio padre? Io avevo bisogno di te per uscire per qualche ora da quello che mi circondava... Per non impazzire...».

«Ti capisco, ma...» sussurrò Kurt. «Quando hai saputo che sarei venuto a casa tua, avresti potuto informarmi. Mi hai detto che tuo padre era in viaggio per lavoro».

«Non volevo rovinare una giornata così bella...». Blaine si avvicinò a Kurt e gli prese il viso tra le mani, guardandolo dritto negli occhi. «Dimmi che quello che è successo non cambia nulla, per favore...».

Kurt appoggiò la sua mano su quella di Blaine e scosse la testa lentamente, come imprigionato dallo sguardo del suo ragazzo.

«Ma non devi più mentirmi» ordinò. «Mai più».

«Te lo prometto».

 

***

Domenica pomeriggio.

La sua vita stava per cambiare radicalmente.

Dopo il trasferimento era sicuro che niente sarebbe stato più come prima ma sembrava che, per la prima volta, non avesse predetto che le cose stavano per migliorare nettamente.

Per gentile concessione di sua madre, con cui aveva sì e no spiccicato due parole da quando era arrivato, si era ritrovato a frequentare un istituto dall’aspetto tutt’altro che divertente ma che prometteva scappatelle notturne irresistibili. L’unica cosa che non aveva previsto era quella di avere un compagno di stanza ma... poco male, magari gli sarebbe piaciuto assistere.

Per adesso, però, doveva concentrarsi.

Aveva già trovato il suo obbiettivo: quello stupido Glee Club sarebbe stato ai suoi piedi in un batter d’occhio dopo la sua esibizione fissata per il pomeriggio seguente. Non che gli interessasse di vincere un’inutile competizione di canto coreografato ma poteva essere un valido aiuto per essere ammesso alla Tish o alla Columbia...

Magari lo avrebbero adorato come una rockstar.

E un po’ di fama non fa mai male, no?

 

***

Camminare per i corridoi forte della sua giacca dei Titans dava a Dave l’impressione che nulla fosse cambiato ma, in realtà, nulla era rimasto come prima.

Si sentiva come Finn, Puck, Sam e Mike, ancora nella squadra di football ma privi della popolarità che essa donava a chiunque indossasse quella divisa. Si rese conto ancora di più della sua condizione quando Azimio e la sua compagnia gli passarono davanti senza degnarlo di uno sguardo. Tutti tranne il suo ex migliore amico che gli scoccò un’occhiata di puro disprezzo. Magari tra poco sarebbero arrivate anche le granitate...

“Non vedo l’ora!” pensò sarcastico Karofsky, accostandosi al suo armadietto per posare dei libri. Ad un certo punto una voce lo fece sobbalzare.

«Ehy, ciao Dave!». Era lo hobbit saltellante. Se non andava errato avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui, quindi perché lo salutava con tanta foga?

«Ciao» rispose monocorde.

«Ho ripensato alle tue parole... Avevi ragione su Kurt...» disse Blaine, senza aspettarsi un saluto più entusiasta. Dave si voltò a guardarlo per la prima volta e notò che lo hobbit era assolutamente serio mentre parlava. Beh, almeno era un passo avanti.

«Te ne sei accorto».

«Sì... beh, diciamo che sono stato costretto...» lasciò la frase in sospeso come se stesse attendendo una domanda per lanciarsi in un resoconto dettagliato.

Ma perché doveva essere in vena di chiacchiere proprio quella mattina?!

«Perché stai facendo di tutto per farmi interessare a cosa ti è successo?» chiese Dave, voltandosi completamente verso di lui e fronteggiandolo nella sua imponenza.

«Speravo che...» cominciò Blaine, alzando lo sguardo per incrociare quello del giocatore di football. «Che la tua proposta fosse ancora valida...».

«Quale proposta?». Dave chiuse il suo armadietto e cominciò a camminare per il corridoio, verso la classe nella quale aveva lezione all’ora successiva. Blaine lo seguì mantenendo il suo passo a fatica, vista la lunghezza della sua falcata rispetto a quella di Dave.

«Avevi detto che potevo parlare con te... se ne avessi sentito il bisogno» gli ricordò.

«Hai appena detto che Hummel sa tutto. Perché non ti confidi con il tuo fidanzatino?».

«Lui non sa proprio tutto... diciamo la parte essenziale...». Karofsky non riuscì più a trattenersi: si voltò di scatto verso Blaine, facendo sì che lui sbattesse contro il suo petto.

«Perché lo fai? Perché continui a mentirgli? E soprattutto perché vorresti dire tutto a me?». Ma perché gli importava così tanto?! Dave non riusciva a darsi una risposta. Se si fosse trattato di una qualsiasi altra persona avrebbe tranquillamente risposto con un “Mmm” disinteressato.

«Non riesco a dire tutto a Kurt... Lui ha dei sogni, delle speranze, degli obbiettivi... Con i miei problemi lui potrebbe in qualche modo rinunciare ad alcune di queste cose e io non posso permetterlo».

«Quindi agisci nel suo interesse, non è così?». Blaine lo guardò stranito, non più molto convinto di quello che stava dicendo.

«Io... credo di sì...».

«Sei un illuso». Dave si stava arrabbiando sempre di più ogni volta che aveva una conversazione del genere con Blaine. Perché non riusciva a capire che Kurt desiderava solo che lui fosse sincero? Era così difficile arrivarci?

«E sentiamo, cosa faresti tu al mio posto?». Anche Anderson stava cominciando a scaldarsi: non poteva lasciare che Dave gli parlasse in quel modo.

«Gli direi tutta la verità e mi prenderei le conseguenze così come vengono!» sbottò Karofsky.

Blaine abbassò lo sguardo di fronte all’onestà disarmante di Dave. «Io... io non posso rischiare...».

«Me lo hai detto tu stesso: rinnegandomi non sarei arrivato da nessuna parte. Beh, lo stesso vale per te!».

«Blaine!» sentirono una voce squillante provenire da dietro Dave. «Ti ho cercato ovunque!». L’espressione del ragazzo cambiò in un istante quando Kurt li raggiunse, ritornando serena e composta. «Ciao Dave» aggiunse.

«Ehy».

«Di che parlavate?». Gli occhi di Blaine furono immediatamente in quelli di Karofsky, in una richiesta muta.

«Dell’allenamento che ci aspetta alla terza ora con la Beiste» buttò lì quest’ultimo.

«Oh...». Kurt non sembrava sorpreso ma nemmeno interessato. «Blaine, è tardi... Dobbiamo andare a lezione».

«Certo» rispose lui, con un sorriso. «Ci vediamo, Dave». Karofsky li osservò allontanarsi insieme, mano nella mano e, per la prima volta, pensò che Hummel meritasse di meglio di quel nanetto bugiardo.

Ma lui non poteva farci nulla quindi si limitò a riprendere la sua strada verso la classe. Non appena si fu girato, però, ebbe giusto il tempo di notare uno dei suoi compagni di squadra che si avvicinava pericolosamente con un bicchiere rosso tra le mani prima di sentire un fortissimo getto di ghiaccio tritato dritto in faccia. Karofsky imprecò arrabbiato mentre si dirigeva in bagno per ripulirsi.

“Ci mancava solo questa”.

 

***

«Fabray, Lopez e Pierce!» urlò la Sylvester, dal suo inseparabile megafono. «Siete desiderate nell’ufficio del Preside!».

Le tre ragazze interruppero l’allenamento e si diressero negli spogliatoi, uscendone un attimo dopo per andare in presidenza. Ciò che non si sarebbero mai aspettate, però, le attendeva fuori la palestra.

«Ce l’avete fatta ragazze!» esclamò felice la figura di fronte a loro.

«E lei che ci fa qui?!» domandò Quinn, sorpresa piacevolmente.

«Sono venuta per farvi una sorpresa! So che avete bisogno d’aiuto per le Provinciali».

«La sorpresa è decisamente riuscita» commentò Santana, felice. Tutte e tre la abbracciarono, completamente dimentiche della convocazione da Figgins, tranne la piccola Brittany.

«Ci scusi, ma dobbiamo andare dal Preside» disse, con tutta l’ingenuità possibile.

«Non preoccuparti, Britt, era uno scherzo».

«Oh».

«Mi sono rivolta a voi perché so che sapete tenere un segreto». A queste parole, le orecchie delle tre Cheerios si tesero inevitabilmente. «Voglio fare una sorpresa anche al resto del gruppo, con un’esibizione memorabile. Vorreste darmi una mano?».

Quinn, Santana e Brittany si scambiarono qualche occhiata d’intesa e poi intonarono la loro risposta senza esitazione.

«Speravamo in questa richiesta».

 

Continua...



NDA: Lo so che mi state odiando! Se vi può fare stare meglio mi sto odiando anche io!!! Cioè... io volevo aggiornare il 29 dicembre in quanto giorno del mio compleanno e così mi sveglio tutta contenta e noto che la connessione è assente! Solo ora è tornata!!! -.-'
Stendiamo un velo pietoso!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un pochino e, se è così, fatemelo sapere! Vi annuncio che ho già cominciato a lavorare sul prossimo visto che non avevo molto da fare senza Internet e sarà pronto quanto prima!
Ringrazio inoltre le 5 persone che hanno recensito il capitolo precedente e anche tutti coloro che lo hanno solo letto!
E infine, anche se in ritardo, vi auguro un 2012 da ricordare! Ricco di sorprese, esperienze da vivere e tanto tanto tanto GLEE!!! (Sia il telefilm che gioia pura! xD)
Un bacione,
Federica

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Capitolo 13
*** Novità ***


Capitolo 13: Novità

 

«Sebastian Smythe!».

Il ragazzo nominato si alzò da uno dei divanetti dell’aula di canto dove si riunivano i Warblers, aggiustandosi i lembi della giacca.

«Quale pezzo canterai, Sebastian?». I capi-consiglio non erano cambiati dall’anno precedente e tutti gli avevano fatto presente che potevano essere piuttosto severi a volte, ma che fondamentalmente erano tre pezzi di pane. Lui li aveva conosciuti solo quella mattina e gli erano sembrati abbastanza normali per i canoni di quella scuola. Visti tutti insieme, gli studenti, sembravano un esercito di damerini in divisa ma, presi singolarmente, potevano anche andargli a genio.

«“Runaway with me”» rispose semplicemente e, posizionatosi al centro della sala, cominciò a cantare. Non voleva perdersi le reazioni dei suoi futuri compagni di gruppo e così notò qualcuno che si scambiava segni d’intesa indicandolo e altri che gli sorridevano con fare incoraggiante. Non si sbilanciò molto, muovendosi a tempo o mostrandosi troppo spavaldo. Non gli era sembrato il caso in un gruppo del genere, fin troppo basato sull’uguaglianza delle parti. Dire che aveva volato basso sarebbe stato un eufemismo. Finì di cantare e osservò i suoi compagni applaudirlo, entusiasti di aver trovato un nuovo membro. Era convinto che lo avrebbero preso, non c’erano dubbi.

«Bene, Sebastian» riprese Wes, colui che aveva parlato fino ad ora. «Credo che siano tutti d’accordo sul fatto che sei decisamente ammesso nel nostro Glee Club».

Il ragazzo sorrise, compiaciuto. «Grazie».

«Passiamo al prossimo punto all’ordine del giorno» continuò Thad. «Le Provinciali».

«Ci è stata consegnata la lista dei nostri avversari e, com’era prevedibile, siamo contro gli Aural Intensity e le New Directions» proseguì David. Tutti in quella sala, ad esclusione del nuovo arrivato, sbuffarono, guardandosi le scarpe.

«Non abbiamo scampo» asserì un ragazzo corpulento che gli pareva si chiamasse Trent.

«Le New Directions sono imbattibili» aggiunse Nick. «Soprattutto ora che hanno Blaine».

«E hanno anche quella ragazzina dei Vocal Adrenalin».

«Okay, siamo ufficialmente fottuti».

«Non ce la faremo mai!».

«Siamo spacciati!».

«Dovremmo ritirarci?».

Tutto era un grande caos. La saletta era piena di voci sovrapposte totalmente estranee a Sebastian. Le uniche parole onnipresenti che riusciva a cogliere erano “Provinciali”, “perderemo” e “Blaine Anderson”.

L’identità di quest’ultimo gli era, peraltro, completamente sconosciuta.

Wes continuava a battere il martelletto sul tavolo in legno scuro per richiamare l’attenzione dei Warblers ma si vedeva che condivideva praticamente tutto quello che stavano dicendo.

Sebastian allora si rese conto di dover intervenire. Voleva impossessarsi di quel Glee Club? Beh, era il momento di cominciare a farsi valere. Si alzò e, battendo le mani, tentò di attirare l’attenzione di tutti i presenti. Qualcuno continuò a disperarsi in silenzio ma non poteva non dirsi soddisfatto delle reazioni.

«Scusatemi ma non riesco a capire quale sia il problema. Sono appena arrivato, è vero, ma mi hanno detto che siete sempre stati un gruppo unito e fenomenale. Non avremo problemi a battere questi due Glee Club alle Provinciali, ne sono sicuro».

«Abbiamo perso il nostro solista» disse Nick. Ecco, questo poteva essere un problema.

«Allora troviamone un altro» rispose.

«Non è così facile» dissentì un ragazzo dai penetranti occhi azzurri. Nicholas, se non andava errato.

«Se non c’è nessuno all’altezza, significa che distribuiremo più assoli in una sola canzone».

«Smythe ha ragione» intervenne Thad, uno dei capi-consiglio. «Non dobbiamo abbatterci così solo per la dipartita di Anderson».

«Dobbiamo reagire» continuò Wes.

«Domani sceglieremo i pezzi da portare alle Provinciali e poi decideremo a chi assegnarli» terminò David, con tono autoritario. Sebastian sorrise, consapevole di aver fatto un’ottima impressione e, recuperata la sua tracolla, si avviò nel corridoio dopo che li ebbero congedati.

Sorrideva pensando già che uno di quegli assoli, o forse qualcosa di più, sarebbe stato suo, quando uno dei ragazzi che era stato con lui nella sala gli si avvicinò.

«Sebastian Smythe?».

«Sì» rispose lui immediatamente, guardando stranito quel ragazzino biondo. Aveva tutta l’aria di essere un fan di Justin Bieber.

«Jeff Sterling». Gli porse la mano in attesa di risposta. «Il tuo compagno di stanza».

Sebastian spalancò leggermente gli occhi, rendendosi improvvisamente conto di non essersi posto nemmeno il problema di capire come mai non fosse tornato questa notte.

«Oh...» rispose. «Stanotte non sei rientrato».

«Sono tornato a casa per il week-end e sono andato direttamente a lezione oggi».

«Certo...». Non sapeva più cosa dire, d’altronde era stato Jeff a chiamarlo.

«Comunque volevo solo presentarmi... e dirti che sei stato bravo prima. Solo Blaine riusciva a motivarci così». Di nuovo quel nome: Blaine. Doveva scoprire al più presto chi fosse.

«Chi è questo Blaine?» chiese. «Insomma, non fate che parlare di lui».

«Sì, beh, è stato il nostro solista per tutto l’anno scorso. Poi quest’anno ha cambiato istituto».

«Come mai?».

«Per Kurt».

«Kurt?».

«Oh, giusto. Non puoi sapere chi è... Scusa» disse subito Jeff, ricordandosi in quel momento con chi stava parlando. «Kurt è il suo ragazzo. Si sono conosciuti l’anno scorso e da allora sono stati inseparabili».

«Ed ha abbandonato i suoi migliori amici e la sua scuola dove era praticamente una star per inseguire un amore adolescenziale?». Sebastian era alquanto scettico: si poteva essere tanto stupidamente romantici?

«A quanto pare». Si vedeva che nella voce di Jeff c’era una nota di tristezza, forse era un suo amico. «Era il mio compagno di stanza». Ah. Questo spiegava tutto. «In effetti avevo sperato di avere la camera tutta per me... ma poi...».

«Ho distrutto le tue speranze» concluse Sebastian al suo posto.  Jeff ridacchiò annuendo.

Il neo-Warbler era soddisfatto del suo primo giorno nel suo nuovo gruppo: era riuscito a farsi apprezzare e aveva realizzato di avere un compagno di stanza già provato dalla convivenza con un altro ragazzo omosessuale.

Diciamo che mancava solo l’assolo alle Provinciali e poteva dirsi realizzato. Per il momento.

 

***

Trovare l’abitazione dei Lopez fu un’impresa abbastanza ardua. Santana si era limitata a dargli solo l’indirizzo, senza indicazioni di alcun genere e ritrovarsi in un quartiere di cui non sapeva nulla non era una cosa da tutti i giorni. Ma Kurt si impose di stare tranquillo e di pensare con razionalità. Il fatto che fosse buio e che stesse piovendo non aiutava molto...

Poteva chiamarla. Magari sarebbe uscita di casa e gli avrebbe fatto un cenno. Tanto valeva provare.

- Hummel, ma che fine hai fatto?! – rispose prontamente la ragazza.

«Scusa, Santana, ma credo di essermi perso».

- Cosa vedi davanti a te? –

«Sono quasi sicuro che sia una scuola... anche se ci sono le sbarre alle finestre». Kurt rabbrividì.

- E’ un ospedale, Hummel – lo corresse Santana con un tono esasperato.

«Avrei detto manicomio».

- Quasi – commentò l’altra. – Comunque devi solo svoltare a sinistra. La terza casa sulla destra è la mia –

«Okay. Sto arrivando». L’altra chiuse la comunicazione senza aggiungere altro. Kurt seguì le indicazione di Santana ma, quando si ritrovò di fronte alla terza casa sulla destra, non riuscì a credere ai suoi occhi.

Era una piccola villetta di un piano con un piccolo giardino sul davanti. Ma non fu questo a sorprenderlo, quanto lo stato pietoso in cui era. Nonostante la poca luce si potevano distinguere delle enormi scritte sulle mura e sulla porta, della lanterna sopra l’ingresso restava solo la lampadina e il giardino si trovava in uno stato pietoso. Kurt parcheggiò nel vialetto e scese per raggiungere il portone d’ingresso velocemente. Bussò al campanello e attese per qualche secondo prima che Santana in persona gli aprisse.

«Ciao» disse lui.

«Vieni, accomodati» rispose Santana con una nota sarcastica nella voce che forse colse soltanto lui.

«Tesoro!» sentirono una voce all’improvviso mentre la ragazza stava trascinando Kurt verso una stanza che, dedusse lui, doveva essere la sua camera. «Chi era alla porta?».

«Solo un mio amico, mamma». Una donna spuntò subito dalla cucina, sorridendo a Kurt dolcemente.

«Piacere. Io sono la madre di Santana» si presentò con accento spagnolo.

«Lui è Kurt. Noi andiamo in camera mia» fece sbrigativa la ragazza, prendendolo per un braccio e chiudendo la porta della sua stanza alle loro spalle.

«Così mi fai sembrare maleducato» si lamentò Kurt, sedendosi sul letto senza essere stato invitato. Era rimasto ancora più sorpreso da quel poco di arredamento che aveva potuto cogliere nella “residenza” dei Lopez. Sembrava un altro mondo rispetto a ciò che era la sua facciata esterna: ammobiliata con gusto, seguendo la linea dell’essenziale e soprattutto integra. Non come la lanterna sull’ingresso.

«Non preoccuparti. Non tornerai molto presto».

«Lo spero. Questo posto mette i brividi! Con quale coraggio abiti qui?». Kurt aveva sentito vari miti su Lima Heights, dalla ragazza ispanica stessa, ma non aveva mai immaginato che potesse arrivare a quei livelli.

«Mio padre lavora nell’ospedale che hai visto poco fa e spero che questa motivazione sia abbastanza perché non ne avrai altre» rispose Santana, guardandolo male.

«Okay!» disse Kurt, sopraffatto dalla risposta lapidaria della ragazza. «Comunque di cosa volevi parlarmi di così importante da farmi venire qui?».

«Cominciamo dalle cose facili» iniziò Santana, parlando più a se stessa che a Kurt. «Ho bisogno del tuo aiuto per un’esibizione».

«Un’esibizione?» chiese Kurt, scettico. «Mi hai scomodato per un’esibizione?».

«Attento, Hummel. Mi stai facendo perdere la pazienza».

«Va’ avanti» la esortò lui, senza perdere la sua espressione cinica.

Santana gli raccontò del grande ritorno che c’era stato al McKinley e, subito dopo, lo mise al corrente della canzone che le ragazze volevano cantare per rendere tutte le New Directions partecipi di tale notizia.

«E ci serve il tuo aiuto per i costumi» concluse la ragazza ispanica.

«Beh, direi che per domani sarà un’impresa... Ma d’altronde hai avuto il buon senso di rivolgerti a Kurt Hummel. E si da il caso che niente è impossibile per Kurt Hummel».

«Quella non era Kim Possible?» lo schernì Santana, facendo cadere la sua arroganza. Il ragazzo la ignorò e prese a descriverle nel dettaglio la sua idea, lasciandola veramente soddisfatta.

«E’ perfetto!» commentò.

«Grazie, grazie».

Kurt ripose il quaderno che aveva usato per qualche schizzo nella sua tracolla e poi tornò a sedersi sul letto della ragazza.

«Allora, cos’altro volevi dirmi?».

Santana esitò, insicura, e a quel punto si alzò, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, rischiando di far venire un forte mal di testa a Kurt che la seguiva con lo sguardo.

«Vedi, Hummel... Qualche giorno fa... Io... Ecco, insomma...».

«Santana?».

«Sì?».

«Calmati» ordinò. «Puoi dirmi tutto. Hai fatto qualcosa di male a Rachel?».

«No!» esclamò immediatamente lei, incredula. Come aveva fatto ad arrivare ad una conclusione così sbagliata?! «La Berry non c’entra assolutamente nulla».

«E quindi questa cosa riguarda...?».

«Te l’ho detto: Brittany».

«Ah, giusto».

«Lei ha detto di amarmi» disse Santana tutto d’un fiato. Ciò che non si aspettava era la reazione di Kurt alle sue parole.

«Davvero?» esclamò tutto contento. Iniziò a battere le mani come un bambino. «Ma è una cosa stupenda!».

«La cosa non ti lascia nemmeno un po’ sorpreso?».

«Santana, è evidente che tu provi qualcosa per lei». La ragazza strabuzzò gli occhi: non si aspettava che i suoi sentimenti fossero così evidenti.

«Davvero?». Kurt annuì, arrivando a capire quale fosse il problema.

«Ma tu hai paura» dedusse infatti.

Santana si sedette nuovamente al suo fianco. «Come fai a sopportarlo?» chiese. «Insomma, gli sguardi, le frecciatine, le prese in giro continue...».

«Dopo un po’ ci si fa l’abitudine».

«Io non voglio farci l’abitudine!» rispose la ragazza, alzandosi. «Non voglio vivere nella paura o nella rabbia! Voglio solo stare con Brittany».

«Santana, tu non vivrai mai nella paura. Sei una cheerleader. Il massimo che potrai sopportare sarà qualche battutina sciocca... Non puoi rischiare di perdere Brittany per questo».

«Temo di averlo già fatto...» sussurrò lei. Era quello che la tormentava da quel fatidico pomeriggio: e se Brittany si fosse già stancata di lei? Le aveva dato molte possibilità di fare passi avanti e Santana si era sempre tirata indietro. A volte avrebbe voluto essere come lei: dolce, ingenua, capace di farsi scivolare qualsiasi cosa di dosso, coraggiosa.

«Che cosa puoi mai aver fatto per temere che sia troppo tardi?» chiese Kurt comprensivo ma al tempo stesso scettico.

«Le ho detto che volevo che la nostra relazione restasse segreta» ammise.

Il ragazzo ci pensò su per qualche istante. «Nulla a cui non possiamo rimediare».

«Davvero?». Kurt non era abituato a vedere Santana così esposta, soprattutto non con lui, ma doveva ammettere a se stesso che la cosa non gli dispiaceva affatto. Che fosse l’inizio di un’amicizia più profonda?

«Assolutamente».

E quando le descrisse nel dettaglio il suo piano, la ragazza non poté fare a meno di sorridere, pensando che forse questo era l’inizio di una nuova Santana Lopez.

 

***

Quel mercoledì pomeriggio si erano ritrovati tutti in auditorium e, di tutti i componenti del Glee Club, solo Kurt sapeva il perché. Persino Schuester ignorava il vero motivo di quella trasferta; sapeva soltanto che Quinn, Santana, Brittany e Tina si sarebbero esibite di lì a poco.

Kurt fremeva sulla sua poltroncina e Blaine non poteva fare a meno di chiedersene la ragione. Che sapesse qualcosa?

«Ehm...» esordì Schuester, rivolgendosi ad un sipario calato. «Ragazze? Siete pronte?».

«Prontissime» assicurò la voce di Santana e, anche solo dal tono, si poteva intuire che stesse sorridendo.

«Musica!» urlarono in coro. Il sipario si alzò immediatamente, rivelando le quattro figure disposte su una fila orizzontale.

 

Where's all my souls sisters

Let me hear ya'll flow sisters

 

Subito dopo i primi versi intonati da Santana, il coro cominciò a farsi sentire, armonizzando le loro voci in maniera impeccabile. Tutte indossavano dei body striminziti, con tanto di paillettes e merletti posti in punti strategici. Santana e Tina erano in nero con, intorno al collo e alle spalle, un boa di piume rispettivamente rosso e giallo, mentre Brittany e Quinn risaltavano sotto le luci con i loro body bianchi con tanto di boa blu e verde. Erano tutte molto appariscenti, tanto da guadagnarsi qualche fischio di approvazione dai ragazzi che si entusiasmarono immediatamente. Alle loro spalle, una conchiglia gigante figurava in mezzo alla band, senza un motivo apparente.

Mentre le ragazze intonavano il ritornello, Blaine si rese conto che Kurt stava ancora fremendo sulla poltroncina, quasi portando il tempo della canzone.

«Che ti prende?» chiese, incapace di  contenersi oltre.

«Lo vedrai».

In quel preciso istante una nuova voce si aggiunse alle loro.

 

Hey, hey, heeeeeey

 

Su quell’ultimo acuto la conchiglia alle spalle delle ragazze si alzò, rivelando una donna bionda con un body dorato e due boa sulle spalle, uno nero e uno bianco, intrecciati.

Touch of her skin feeling silky smooth, hey

Colour of café au lait (all right)

Made the savage beast inside roar until he cried

More (more) more (more) more (more)

 
Tutto il pubblico, seppur ristretto, andò in visibilio alla vista della loro ex supplente. Solo Blaine e Sunshine non sapevano chi fosse, ma senza alcun dubbio sapeva tenere un palco.

Kurt, e non solo, invece, erano balzati in piedi per applaudire la mitica Holly Holiday.

Le ragazze si scambiarono un paio di sguardi d’intesa e, mentre ancora cantavano, scesero in platea, arrivando in platea e raccogliendo alcuni dei ragazzi. Santana si diresse immediatamente verso Puck che fu ben contento di accontentarla, salendo sul palco con lei; Tina raggiunse Mike e lo trascinò per la cravatta lungo le file di poltroncine; Brittany, nonostante l’occhiata omicida di Rachel, della quale praticamente non si curò, riuscì a coinvolgere Finn; Quinn non poté fare a meno di lanciare un’occhiata alla sua amica Mercedes mentre indicava a Sam di seguirla, consapevole di star facendo qualcosa di male; Holly, invece, trascinò sul palco proprio Will, piacevolmente sorpreso dalla sua presenza nonostante il modo in cui si fossero lasciati l’ultima volta. I ragazzi si godettero le attenzioni delle cinque ragazze che continuarono a cantare fino alla fine della canzone, divertendosi molto.

 

Creole Lady Marmalade ooh yes!

 

Tutti applaudirono per il finale di quell’esibizione stupenda e i ragazzi che non lo avevano ancora fatto, salirono sul palco per salutare e abbracciare la professoressa.

«Ho sentito che avevate bisogno di una mano per le Provinciali!» disse lei, scuotendo la sua chioma bionda e, per l’occasione, acconciata a mo’ di anni ’20.

«Saremo onorati di averti con noi questa settimana» rispose pronto il professore, scatenando urla di approvazione nei ragazzi.

«Diciamo solo che speravo in questa richiesta».

 

***

Quinn si era già cambiata. Era felice del ritorno della Holiday, almeno così le lezioni sarebbero state più piacevoli, e questa volta sperava davvero in un assolo per il suo ultimo anno, ma adesso aveva qualcosa di più importante a cui pensare.

Sapeva di non essersi comportata nel migliore dei modi nei confronti di Mercedes ma non poteva più tornare indietro ormai. Così si avviò verso dove sapeva avrebbe trovato Sam a trafficare nel suo armadietto. Prima di avvicinarsi, però, si concesse qualche secondo per studiare le sue abitudini come non aveva mai fatto prima. In quel momento stava scrivendo qualcosa su un quaderno che teneva in equilibrio con l’avambraccio, socchiudendo gli occhi per la concentrazione e mordicchiandosi il carnoso labbro inferiore.

Dio, quanto avrebbe voluto avere di nuovo quelle labbra...

A quel pensiero, Quinn decise che era il momento di agire e, accostandosi velocemente a lui, lo salutò con entusiasmo.

«Ehy» rispose Sam, sorpreso. Chiuse il quaderno e, dopo averlo riposto, anche l’armadietto. Non sembrava particolarmente incline ad intavolare una conversazione e così Quinn fu costretta a seguirlo lungo i corridoi, mentre camminava verso lo spogliatoio.

«Volevi chiedermi qualcosa?» chiese il ragazzo, notando che lo stava seguendo.

«Nulla di particolare. Volevo solo sapere cosa fai stasera...».

«Perché?» domandò lui, sospettoso.

«Potremmo uscire».

«Uscire?». Ora il sospetto era diventato scetticismo.

«Già. E’ da tanto che non lo facciamo».

«Forse perché io sto con Mercedes e tu sei presa da altro?». Quinn non poteva arrendersi così: quando si prefissava un obbiettivo, difficilmente non riusciva a raggiungerlo. Così gli si piantò davanti, bloccando la sua andatura e facendo sì che la guardasse direttamente negli occhi.

«Ascolta...» esordì, esitando solo per qualche secondo. «So quello che ti ho fatto e mi dispiace tanto».

«E’ stato quasi un anno fa, Quinn. L’ho superato» la interruppe.

«E sono felice che sia così... ma mi chiedevo... se non potessimo lasciarcelo completamente alle spalle...?».

Sam la fissò per qualche istante, stralunato. «Che intendi dire?».

«Che forse potremmo tornare come una volta...» si spiegò meglio lei. Sam non poteva credere alle sue orecchie: Quinn si stava scusando per averlo tradito e, allo stesso tempo, gli stava forse proponendo di tradire Mercedes?

«Io sto con Mercedes».

«Lo so» assicurò lei. Eccome se lo sapeva. «Ma mi stavo chiedendo se ci fosse una possibilità per me... per noi» aggiunse.

«Sei incredibile!» sbottò Sam. «Mi stai davvero proponendo di tradire Mercedes con te!».

«Non l’ho mai detto!» si difese immediatamente Quinn.

«Era chiarissimo, credimi» ribatté lui, innervosito. «Proprio tu che hai provato sulla tua stessa pelle cosa vuol dire tradire ed essere tradita!».

«Non puoi accusarmi di qualcosa che non ho detto!» urlò lei, arrabbiandosi a sua volta. Ma Sam stava già andando via, lasciandola sola nel corridoio deserto.

«Mi fai tanta pena, Quinn» asserì prima di scomparire dietro l’angolo.

La ragazza cercò subito un sostegno negli armadietti alla sua destra, accasciandocisi contro, la testa tra le mani. Perché aveva dovuto fraintendere? Perché non aveva creduto alla sua buona fede? Perché l’aveva trattata così male?

E, soprattutto, perché faceva così male?

 

***

Mercedes si stava tranquillamente avviando alla macchina con Tina affianco, chiacchierando del più e del meno, quando vide Sam correre nella sua direzione. Bastò un’occhiata all’amica perché si allontanasse lasciando loro un minimo di privacy.

«Ehy, Sam, cosa è successo? Tutto bene?» chiese, mentre lui si piegava su se stesso con il fiatone per la corsa. Quando si alzò e incrociò il suo sguardo, non poté fare a meno di notare i suoi occhi quasi spaventati.

«Ti amo» disse senza fiato.

Mercedes rimase sconcertata per qualche secondo. Sam la osservò mentre sembrava mettere a fuoco ciò che aveva appena ascoltato, non sembrava una cosa facile.

«Non me lo avevi mai detto» sussurrò.

«Lo so» spiegò lui, riprendendosi completamente dalla corsa. «Ma è così. Io ti amo. Voglio stare con te e non potrei mai tradirti».

Sam sentiva il bisogno di dirglielo, di farle sapere che poteva contare su di lui, che non l’avrebbe mai fatta soffrire; solo quando Quinn gli aveva proposto di tornare insieme si era reso conto di tutto ciò. Lui amava Mercedes con tutto il cuore e non voleva in alcun modo essere fonte di dispiacere per lei.

«Wow» commentò soltanto Mercedes, prima di abbandonarsi alle labbra del suo ragazzo, sorridente di fronte alla sua reazione stupita e ignaro della vera motivazione.

 

Continua...




NDA: Sì, non è un'illusione! Sono davvero tornata! In primis vorrei scusarmi tantissimo con quei pochissimi lettori che mi saranno rimasti per il mio ennesimo ritardo nella pubblicazione! Non ho scusanti, davvero! Vi dico che il prossimo capitolo ce l'ho tutto scritto in testa ma non farò promesse sulla pubblicazione! Non voglio darvi false speranze! Farò di tutto per pubblicare il prima possibile!
In aggiunta, cosa ne pensate del capitolo??? Quasi tutte voi avevate indovinato chi erano i due personaggi misteriosi! E vi anticipo che, se tutto va bene, il prossimo capitolo sarà sulle Provinciali!!!
Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto e ringrazio tantissimo tutti coloro che continueranno a seguirmi!
Un bacio,
Federica

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Capitolo 14
*** Provocazioni ***


NDA: Si consiglia l'ascolto delle canzoni citate nel capitolo durante la lettura. Sono "Love on top" di Beyoncé e le altre due lascio a voi scoprirle. 

Capitolo 14: Provocazioni

 

Okay.

Il momento era giunto. Adesso toccava a lei. Osservò i quattro ragazzi che si aggiustavano le giacche attendendo l’inizio dell’esibizione. Si erano già posizionati di fronte ai rispettivi microfoni e la stavano guardando probabilmente in attesa di un segno per cominciare.

Ma lei non era pronta. No, assolutamente.

Tutto il resto del Glee stava aspettando la sua esibizione che aveva chiesto straordinariamente di fare durante la settimana che precedeva le Provinciali. Ma ora se ne stava pentendo.

L’ansia le chiudeva lo stomaco e le seccava la gola.

Giusto! Aveva la gola secca: non poteva più cantare! Peccato...

No, non poteva farlo.

Aveva ragione Kurt. Non ne valeva la pena. Perdere Brittany per una sua paura non era accettabile.

E così, prima di cambiare nuovamente idea, raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e sorridendo ai ragazzi che ricambiarono, fece segno all’assistente di scena di alzare il sipario. Ascoltò la musica iniziare a diffondersi nella sala e dopo essersi lisciata sensualmente la giacca bianca esattamente come quella di Beyoncé, si girò verso il suo pubblico intonando il primo verso della canzone.

 

Bring the beat in!

 

Iniziò a muoversi come avevano provato e tutti applaudirono riconoscendo la canzone. Non sapeva dove fosse la sua ragazza e quindi squadrò velocemente il suo pubblico ristretto, soffermandosi su Finn e Rachel sempre ridicolmente appiccicati, su Mercedes seduta accanto a Tina e Lauren, su Puck, Artie, Quinn e poi finalmente su di lei: Brittany. Era vicina alla professoressa Holliday e guardava incantata Santana, che sul palco stava facendo del suo meglio per farle capire che la canzone era tutta per lei. Assolutamente per lei.

 

Baby it’s you.

You’re the one I love.

You’re the one I need.

You’re the only one I see.

Come on baby it’s you.

 

Tutti a quel punto erano in piedi e portavano il tempo battendo le mani. Quella era l’esibizione del secolo per Santana e non solo perché la canzone si adattava perfettamente al suo timbro o perché stava ballando particolarmente bene, ma soprattutto perché, per la prima volta quell’anno, stava mettendo tutta se stessa in quella canzone, in quelle parole che sentiva così sue, in quel testo che dedicava con tutto il cuore a quella ragazza seduta in platea che l’amava con tutta se stessa.

 

Now everybody asks me why I’m smiling out from ear to ear.

(They say love hurts)

But I know

(It’s gonna take the real work)

Nothing’s perfect, but it’s worth it after fighting through my fears.

And finally you put me first.

 

Kurt, Mike, Blaine e Sam l’accompagnavano con il coro mentre continuavano a muoversi a tempo. Anche il professor Schuester sembrava rapito mentre lanciava segni d’intesa alla professoressa al suo fianco. E quando l’esibizione terminò e Santana indicò senza vergogna Brittany, tutti, già in piedi, applaudirono con entusiasmo, urlando il loro apprezzamento.

 

Finally you put my love on top!

 

Santana riprese fiato per qualche secondo quando si rese conto che Brittany era salita sul palco dalle scalette presenti in platea e l’aveva raggiunta, allacciandole le braccia al collo. La ragazza ispanica, completamente dimentica della stanchezza, ricambiò l’abbraccio.

«Mi perdoni?» sussurrò al suo orecchio.

Brittany non rispose, si staccò da lei tanto abbastanza da posarle un dolce e casto bacio sulle labbra. «» disse con convinzione. Santana sorrise e l’abbracciò di nuovo, più stretta di prima. Aprendo gli occhi mentre il suo mento era ancora appoggiato alla spalla della biondina, vide Kurt che sorrideva trionfante e mimò un “Grazie” con le labbra che, era sicura, lui avrebbe percepito. Infatti abbassò impercettibilmente la testa come per dirle “Prego” prima di scendere dal palco insieme a tutti gli altri.

«Allora ragazzi!» prese la parola Schuester a quel punto. «Ringraziamo Santana e i ragazzi per quest’esibizione senza precedenti, ma adesso dobbiamo passare alle cose serie».

«La scaletta per le Provinciali» chiarì la Holliday.

«Io stavo pensando a...» cominciò Will, ma fu prontamente interrotto dalla bionda.

«Non ci provare, Schue. Questa volta le canzoni le scelgono i ragazzi» asserì convinta. All’applauso da parte dei componenti del Glee, lui non poté far altro se non alzare le mani e lasciare tutto nelle mani dei suoi allievi.

«Cosa vi piacerebbe cantare?» chiese allora il professore.

«Qualcosa da mozzare il fiato» rispose immediatamente Puck.

«Che li lasci tutti di stucco» concordò Mike.

«Che faccia capire che siamo migliorati» aggiunse Mercedes.

«Che siamo cresciuti» precisò Kurt.

«Che non siamo dei perdenti» sorrise Artie. «Non più».

Will Schuester li guardò ad uno ad uno. «Cosa volete dire ai giudici in pratica?».

«Non fermateci ora» assicurò Sam con sicurezza.

«Perché noi siamo i campioni» completò Finn.

Tutti si guardarono annuendo. In quelle due frasi c’era il succo di tutto ciò che volevano trasmettere alla giuria e al pubblico. Ne avevano passate così tante ormai da non pensare più di essere perdenti. L’anno precedente erano arrivati alle Nazionali e avevano perso solo per un impulso momentaneo, altrimenti si sarebbero piazzati sicuramente. E, in quell’anno, si sentivano veramente dei campioni. Per come era stata allestita la squadra erano invincibili.

«Ragazzi?» attirò la loro attenzione Holly. «Esiste solo una band che può trasmettere tutto questo». Tutti, nessuno escluso, si protesero verso di lei.

«I Queen».

 

***

Sebastian stava seriamente valutando l’idea di cominciare a sbattere la testa contro il muro.

Tutto gli dava una prospettiva migliore rispetto a quella di starsene seduto per un altro secondo ad ascoltare Trent e Thad urlarsi contro perché “Welcome To My Life” è troppo deprimente come canzone, no invece, è stupenda! e cose così.

Tirò un teatrale sospiro di sollievo quando Wes impugnò il martelletto e zittì entrambi. Jeff, al suo fianco, gli sorrise, quasi colpevole: non gli aveva detto di come i Warblers impazzissero la settimana prima di una competizione. Stranamente, con il suo compagno di stanza si era istaurato un rapporto piuttosto normale: convivevano tranquillamente e non sentivano il bisogno di essere amici. Sebastian non voleva amici, non ne aveva bisogno. Lui voleva solo qualcuno di compagnia che non rompesse le scatole nei momenti meno opportuni. Con Jeff non erano giunti ancora a discutere dell’argomento “visite-notturne” ma Sebastian sperava che il suo compagno fosse fidanzato così da averlo più facilmente in pugno.

«Usignolo Smythe» lo chiamò Wes. «Avevi una proposta da fare per un assolo?».

«» rispose prontamente lui. «Io vorrei cantare “If I Had You”».

Trent, che stava bevendo un sorso d’acqua, iniziò a tossire; Thad lo guardò quasi con ammirazione, come a dire “Finalmente!”; Wes e David si scambiarono un’occhiata scandalizzata.

«”If I Had You”?» ripeté Nicholas.

«Sta scherzando?» domandò Nick, rivolto a Jeff che si strinse nelle spalle.

«Non è il nostro genere» commentò David.

«Secondo me Smythe ha ragione».

La sala, prima popolata da voci, piombò nel silenzio all’affermazione di Thad Harwood.

«Che cosa abbiamo fatto l’anno scorso? Il coro ad un Blaine Anderson che cantava una semplice “Hey Soul Sister”. Il nostro inno? “Raise Your Glass”. Davvero, ragazzi, siamo il massimo della trasgressione».

Nessuno riusciva ancora ad articolare una parola, tutti erano allibiti di fronte alle parole del capo-consiglio.

«Se vogliamo vincere, dobbiamo stupire i giudici. Sono sicuro che le New Directions lo faranno». Solo in quel momento cominciarono alcuni mormorii di approvazione. «Quindi, chi è a favore della proposta dell’usignolo Smythe?» chiese Thad e subito dopo alzò la mano. Sebastian, che non aveva tolto gli occhi da Thad per un secondo, si guardò intorno, notando che alcuni dei suoi compagni alzavano timidamente le mani. Un ghigno soddisfatto si formò spontaneo sulle sue labbra.

Wes diede qualche colpo di martelletto. «Allora è deciso. Congratulazioni Sebastian».

Tutti applaudirono e gli diedero pacche sulle spalle mentre lui si scambiava un’occhiata con Thad.

Perché lo aveva aiutato così?

 

***

I ragazzi si stavano preparando per lasciare la Dalton Accademy e raggiungere il liceo McKinley, ognuno nelle proprie stanze. Jeff era particolarmente nervoso: dopo la settima volta che ci aveva provato, era riuscito ad ottenere un assolo durante una gara importante. Il suo primo assolo!

E tutto grazie a Trent che si era dibattuto per ottenere di poter cantare Welcome To My Life alle Provinciali. Una canzone che, modestamente, gli calzava a pennello. Fino a quel momento era stato semplicemente entusiasta dell’occasione che gli si era presentata ma adesso, che era arrivato il momento di dimostrare quanto valesse, si sentiva ansioso. In realtà era terrorizzato.

«Ehy, Jeff» lo chiamò Sebastian dopo un po’, completamente disinteressato alle sue condizioni. «Non mi hai mai parlato a fondo di quei due... come si chiamano? Ah, sì. Kurt e Blaine».

Jeff si risvegliò dal suo stato di coma apparente e, senza aver davvero capito cosa intendesse il suo compagno di stanza, gli chiese delucidazioni.

«Sì, insomma» rispose lui. «Come si sono conosciuti, chi dei due porta i pantaloni nella loro relazione, chi sta sopra in pratica» precisò allo sguardo interrogativo di Jeff. Bastò questo riferimento sessuale a far risvegliare completamente il povero ragazzo che arrossì.

«E io che ne so».

«Come, non eri il compagno di stanza di Blaine?».

«Sì, ma non so cosa faceva quando era con Kurt!» esclamò il ragazzo, sempre più rosso.

«Ma quindi non eri il suo migliore amico...» ragionò Sebastian.

«Certo che lo sono!».

«Ma non ti dice nulla!».

«Mi ha detto che ha avuto un assolo!» ribatté Jeff. «Oh! Merda, questo non avrei dovuto dirlo...». Il ragazzo si coprì il volto con le mani, sicuro di aver combinato un casino.

«Interessante» commentò Sebastian, soddisfatto. «Nient’altro?».

«Dalla mia bocca non uscirà più una parola!».

«M-mm. Blaine è, per caso, un tipo geloso?».

Aveva trovato il modo di vincere alle Provinciali. Tutti alla Dalton erano a conoscenza del punto debole di Blaine e adesso che lo aveva trovato anche lui non si sarebbe fatto scappare l’opportunità di batterlo alle Provinciali. Sebastian si sorprese di se stesso per non esserci arrivato prima. Conoscendo quel ragazzo dalle chiacchiere dei suoi compagni, era così ovvio.

Il punto debole di Blaine Anderson aveva un nome: Kurt Hummel.

 

***

I Warblers erano arrivati. Rachel li osservò mentre camminavano – sfilavano, si corresse mentalmente – all’entrata del loro misero liceo pubblico. In testa i tre capi consiglio che subito si avvicinarono alla loro segreteria per controllare la loro iscrizione alla gara. Un ragazzino biondo, dopo aver urlato i nomi di Blaine e Kurt, si avvicinò a loro, abbracciandoli calorosamente e Rachel si accostò per ascoltare di cosa stavano parlando. Anche altri ragazzi si erano avvicinati a loro, sia dei Warblers che delle New Directions. Diciamo che queste ultime stavano dando il loro personale benvenuto.

«Abbiamo anche un nuovo membro quest’anno» disse Nick, che la salutò con un cenno.

«Davvero?» chiese Kurt. «E chi è?».

«Quello lì» indicò quello che Rachel riconobbe come uno dei tre capi consiglio. Thad, se non andava errata. Diamine, prima o un poi avrebbe dovuto imparare i nomi di quei ragazzi! Erano suoi avversari dopotutto.

Tutte le New Directions che avevano ascoltato si girarono verso il nuovo ragazzo e Rachel notò immediatamente il ghigno di Santana.

«Ve li scegliete tutti gay per un motivo ben preciso o è solo un caso?» chiese con finto scetticismo. Blaine e Kurt le lanciarono un’occhiataccia. Ma ciò che Santana non aveva calcolato era che il ragazzo in questione era a portata d’orecchio. Aveva sentito tutto, realizzò Rachel.

«Decisamente un caso» intervenne. «Scegliamo i nostri solisti in base a carisma, sensualità e talento. Tre cose che sembrano mancare a buona parte del vostro gruppo» aggiunse, squadrando Lauren, Mercedes e Artie che erano rimasti più in là a riscaldarsi.

Rachel, come anche Kurt, era rimasta a bocca aperta e non fece in tempo ad ascoltare la risposta di Santana che il professor Schuester la portò via, ricordandole di qualche cosa che non capì in quel momento.

Quello che Schuester non sapeva era che da lì a poco si sarebbe scatenato l’Inferno.

In perfetto stile Lima Heights.

 

***

Blaine non conosceva quel ragazzo nuovo. Né avrebbe voluto conoscerlo. Da come aveva risposto a Santana non doveva essere esattamente uno stinco di santo. Anzi, sembrava piuttosto presuntuoso. Dopo che Sam e Puck ebbero portato via di peso Santana e dopo una notevole opera di convincimento da parte di Brittany per non uccidere quel ragazzo nuovo, si era tornati a respirare un’aria tranquilla. Ma Blaine non poteva beneficiarne, perché quel ragazzo aveva trattenuto lui e Kurt a parlare.

«Voi due dovete essere Kurt e Blaine, giusto?» chiese, quando Santana fu portata via come se nulla fosse successo.

«Blaine Anderson» disse, porgendogli la mano. Quel ragazzo la strinse con noncuranza, voltandosi immediatamente verso Kurt.

«Quindi tu devi essere Kurt Hummel» continuò immediatamente. «Ho sentito tanto parlare di te».

«Oh...». Kurt non sapeva evidentemente cosa rispondere. «Spero solo cose buone».

«Assolutamente. Vero, ragazzi?» fece lui rivolgendosi ai suoi compagni di squadra che annuirono, straniti dal suo comportamento. «Sono Sebastian Smythe» si presentò.

Perfetto, pensò Blaine, anche il nome è viscido.

«Piacere di conoscerti».

«Come mai hai lasciato la Dalton, Kurt? Da quanto mi è stato detto ti sei trovato piuttosto bene» asserì Sebastian lanciando una breve occhiata eloquente a Blaine che osservava la scena mentre la rabbia montava dentro di lui. Cosa stava cercando di fare quel ragazzino?!

Kurt arrossì. «Beh, il McKinley è la mia casa. E poi, ora che anche Blaine si è trasferito, è tutto perfetto».

Blaine sorrise. Uno a uno, palla al centro.

«Già, immagino» continuò lui, senza dare impressione di aver colto il significato della frase di Kurt. «Eppure credo che tu avresti fatto grandi cose nei Warblers».

«Kurt è felice qui» intervenne Blaine, deciso a rendere ridicolo quello stupido che, appena arrivato, già si sentiva il Dio incontrastato dell’universo.

«Già. Immagino come starà quando perderete».

«Non accadrà».

«Certo» sorrise Sebastian. «Ci vediamo ragazzi. Tra poco tocca a noi».

Tutti i Warblers si allontanarono, richiamati da un assistente di scena. Kurt guardò Blaine che non staccava gli occhi dalla schiena del nuovo ragazzo. Gli sfiorò il dorso della mano con le dita ma Blaine non distolse lo sguardo.

«Ah, Kurt!» urlò Sebastian dall’ingresso diretto al backstage, girandosi di nuovo verso di loro. «Se dovessi stancarti di perdere, sai dove trovarmi» lo invitò, facendogli l’occhiolino con un sorriso provocante.

Blaine avrebbe voluto ucciderlo. Stava quasi per farlo quando Kurt strinse la presa intorno al suo polso.

«Andiamo, stanno per cominciare» disse e lo trascinò in platea dai loro compagni.

***

I Warblers erano stati semplicemente bravissimi. Finn lo sapeva benissimo. L’aveva capito quando Rachel aveva cominciato a ripetere il doppio delle volte i suoi vocalizzi e quando Mercedes aveva cominciato ad aggiustare ossessivamente i papillon di tutti i ragazzi. Ma più di tutto, avevano fatto arrabbiare Blaine. Blaine che doveva cantare, sul quale contavano tutti per la prima canzone che avevano in scaletta. Quello stesso Blaine che era diventato di tutte le gradazioni di rosso quando Kurt si era visto indicato durante l’esibizione di “If I Had You” da quel ragazzo sul palco. E a Blaine questo non era andato a genio. A dire poco. Un eufemismo sarebbe stato dire che stava preparando una spedizione con Santana per ucciderlo seduta stante.

«Andiamo, Blaine, ti prego!» esclamò Kurt quando non riuscì più a sopportare le urla dei due ragazzi. «Non è successo nulla di grave! L’unica cosa che possiamo fare per vendicarci è batterlo!».

Beh, Finn la pensava come lui. Ma non si azzardò a dirlo.

Anche perché Blaine non aveva tutti i torti. Quello si era permesso di fare occhiolini, di lanciare occhiate provocanti e ammiccanti in direzione del suo fratellastro; aveva fatto persino qualche gesto abbastanza esplicito con il bacino! Se ne era accorta anche Brittany che di solito non si accorgeva di nulla!

«Tu non capisci Kurt!» urlò Blaine. «Quello lì si è permesso di indicarti per tutto il tempo! Sa che siamo fidanzati! Lo sa, Cristo Santissimo!».

Tutti i ragazzi, compresi i professori, si voltarono verso Blaine che aveva gridato così tanto da diventare rosso.

«Andiamo amico... calmati» sussurrò Puck, dandogli una pacca sulla spalla. Ma Blaine si scostò.

«Non dirmi di calmarmi» sibilò.

«Blaine, ti prendo un bicchiere d’acqua?» mormorò Sunshine, intimorita.

«Grazie, Sun» rispose Kurt al suo posto. Si avvicinò a Blaine e gli prese il viso tra le mani. «Calmati, amore. Va tutto bene. Quello lì è solo un ragazzino montato» scandì tranquillamente guardandolo negli occhi.

Blaine sembrò risvegliarsi da uno stato di trance. «Come mi hai chiamato?» chiese sbattendo le palpebre.

«Come, amore?».

«Sì». Blaine si era decisamente calmato. «Non mi avevi mai chiamato così».

«Beh, significa che comincerà ora!» intervenne Puck. «Ti ha steso in due parole!». Tutti risero.

Le luci si spensero e si riaccesero per un paio di volte. Toccava a loro.

«Facciamo vedere loro di che pasta sono fatte le New Directions» ordinò Finn e, detto questo, tutti urlarono la loro approvazione prima di dirigersi verso il palco.

Tonight I'm gonna have myself a real good time

I feel alive and the world it's turning inside out Yeah!

I'm floating around in ecstasy

 

Finn, dal centro del palco aveva cominciato a cantare. Dave si sorprese di aver riconosciuto la canzone: non che non conoscesse i Queen, anzi, ma si aspettava qualche canzonetta da musical ad essere sincero. In quel momento tutti i ragazzi sul palco furono illuminati dalle luci sul palco, divisi in tre gruppi e abbassarono la testa all’unisono a tempo con la musica per poi rialzarla lentamente tutti insieme.

 

So don't stop me now don't stop me

'Cause I'm having a good time having a good time

 

In quel momento Blaine prese il posto di Finn al centro del palco, alla sua sinistra si posizionò Brittany e, alla sua destra, Santana. Quest’ultima cominciò a cantare, dando il meglio di sé e ammaliando il pubblico con il suo carisma e il suo sorriso smagliante. Persino Dave ne rimase colpito.

 

I'm a shooting star leaping through the skies

Like a tiger defying the laws of gravity

I'm a racing car passing by like Lady Godiva

I'm gonna go go go

There's no stopping me

 

I ragazzi sullo sfondo ballavano a tempo e rendevano l’esibizione senza precedenti. Erano veramente bravi. Sembravano nati per stare su quel palco, per regalare al pubblico momenti di stupore e meraviglia, per donare il loro meglio.

 

I'm burning through the skies Yeah!

Two hundred degrees

That's why they call me Mister Fahrenheit

I'm trav'ling at the speed of light

I wanna make a supersonic woman out of you

 

Continuò Brittany, muovendosi a tempo come una vera professionista, a Dave ricordava le movenze di Beyoncé. A quel punto fu il turno di Blaine di intonare il ritornello, accompagnato dalle voci di tutto il coro formato dagli altri ragazzi. Solo in quel momento Dave si rese conto di essere in piedi a portare il tempo con le mani. Non si sarebbe mai aspettato di essere così preso da un’esibizione di quei ragazzi.

 

Don't stop me don't stop me don't stop me

Hey hey hey!

Don't stop me don't stop me

Ooh ooh ooh (I like it)

Don't stop me have a good time good time

Don't stop me don't stop me

Ooh ooh Alright

 

L’assolo di chitarra che ne seguì, eseguito a regola d’arte da Artie, quel ragazzo sulla sedia a rotelle e poi di nuovo la voce di Blaine, completarono l’esibizione della prima canzone.

Dave tirò quasi un sospiro di sollievo, come se fosse lì attendendo solo la proclamazione della loro vittoria.

Sul palco ci fu il buio per qualche secondo fino a quando non si riaccesero le luci, lentamente, col suono della voce di Rachel accompagnata dalla band.

 

I've paid my dues

Time after time

I've done my sentence

But committed no crime

 

Dave sentì le lacrime agli occhi al solo pensiero che stessero per regalare al pubblico una canzone di quel calibro. Non poteva essere. Artie, posata la chitarra, la raggiunse al centro del palco, continuando la strofa.

 

And bad mistakes

I've made a few

I've had my share of sand kicked in my face

But I've come through

 

Il coro dei ragazzi introdusse il ritornello benissimo, dando spazio a Sam perché lo cantasse magistralmente insieme a Puck. Da quando in qua quei due avevano quelle voci?! Dave non ricordava che fossero così bravi!

 

We are the champions, my friends

And we'll keep on fighting, till the end

We are the champions 

We are the champions

No time for losers

'Cause we are the champions

 

La musica si fermò per più del necessario, permettendo a Mercedes e a quella ragazzina nuova di nome Sunshine, probabilmente, di venire fuori dal pubblico.

 

Of the world!

 

Dave stava piangendo. Non era riuscito a contenersi. Vedeva i suoi compagni abbracciarsi ed inchinarsi di fronte al pubblico in visibilio e non riusciva a smettere. Erano stati bravissimi, superlativi, tutti gli aggettivi più belli che esistono a questo mondo. Gli altri due gruppi non avevano scampo. Il sipario si abbassò per qualche minuto e le luci in sala si riaccesero, così che Dave poté accorgersi di non essere stato l’unico ad emozionarsi. Dovevano vincere. Dovevano.

La tenda rossa si rialzò, mostrando i tre gruppi schierati perfettamente con i rispettivi rappresentanti davanti a tutti.

I giudici salirono sul palco, il primo dei quali con una busta bianca tra le mani.

Dave, le cui lacrime si erano placate, cominciò a tremare.

«Al terzo posto...» cominciò un uomo sulla sessantina al centro del palco con tutta l’intenzione di portarla per le lunghe. «Gli Aural Intensity!».

E questo lo sapevamo, pensò Dave, va’ avanti!

Il gruppo chiamato avanzò, prendendo il trofeo e ringraziando i giudici. A Dave sembrava di vedere tutto al rallentatore. Non si era nemmeno reso conto di essere rimasto in piedi con le mani che si torturavano a vicenda. Vide Kurt, che stringeva la mano di Blaine e che, notandolo nel pubblico, gli sorrise, nervosamente. Dave tentò di ricambiare. Tentò di dirgli, in uno sguardo, siete stati i migliori, vincerete. Non c’è dubbio.

Il giudice con la busta si ricompose e riprese posto davanti al microfono. «E vincono, straordinariamente all’unanimità...».

Dave smise di respirare.

 

Continua...




NDA: Eccomi qui!!! Straordinariamente dopo poco più di una settimana di distanza dall'ultima pubblicazione! Con questo capitolo ci siamo gustati la mia visione delle Provinciali! Che ne pensate? Chi vincerà?
Lo saprete con il prossimo capitolo! Anche se so che molti di voi lo avranno già capito!
Avvertenza: domattina alle 06:30 parto per la mia gita scolastica a Firenze e, sì, sono qui a pubblicare a mezzanotte! Che volete farci? Ci tenevo a pubblicare prima di partire!
Comunque fatto sta che dovrete aspettare un po' per il prossimo capitolo anche se porterò il pc con me! ^^
Visto che il capitolo precedente non vi è piaciuto particolarmente, da come ho visto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo... anche se dovete dirmi che fa pena! Ditemelo! ^^
Vi lascio un ringraziamento a tutti coloro che leggeranno e commenteranno!
Un bacio,
Federica

PS: Il video di Beyoncé da cui è tratta l'esibizione di Santana --> http://www.youtube.com/watch?v=Ob7vObnFUJc&ob=av2e
I costumi che indossano Santana e i ragazzi sono il terzo cambio di Beyoncé e i ballerini! Personalmente adoro Santana in bianco! (vedi Me Against The Music *-*)

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