Strange Adventure

di Jehanne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Start ***
Capitolo 2: *** Professor tonto Elm ***
Capitolo 3: *** Una corsetta fuori programma ***
Capitolo 4: *** Uovo o Omelette? ***
Capitolo 5: *** Rossino il rivale ***
Capitolo 6: *** Partenza ***
Capitolo 7: *** Gennaro e il suo Rattata ***
Capitolo 8: *** La torre Sprout ***
Capitolo 9: *** L'uccello di Valerio ***
Capitolo 10: *** Team Rocket ***
Capitolo 11: *** Pozzo Slowpoke ***
Capitolo 12: *** Trattato di pace Provvisoria ***
Capitolo 13: *** Devo stare zitta ***
Capitolo 14: *** Unexpected situation, strange solution ***
Capitolo 15: *** Seconda Palestra ***
Capitolo 16: *** Cosa non si fa per dei dolcetti ? ***
Capitolo 17: *** Boschi, rime, cavoli e pensioni ***
Capitolo 18: *** Welcome to Fiordoropoli ***
Capitolo 19: *** Chiara la rompiscatole ***
Capitolo 20: *** Danger ***
Capitolo 21: *** Notte Movimentata ***
Capitolo 22: *** Casa Dolce Casa ***
Capitolo 23: *** Colpo di Fulmine ***
Capitolo 24: *** Collaborazione (..più o meno..) ***
Capitolo 25: *** Quando i vestiti decidono spontaneamente di andarsene ***
Capitolo 26: *** Balletto ***
Capitolo 27: *** Don't call my name ***
Capitolo 28: *** Chi non viaggia in compagnia... ***
Capitolo 29: *** Troubles, solutions and troubles again ***
Capitolo 30: *** Farewell ***
Capitolo 31: *** A smooth sea never made a skilled sailor ***
Capitolo 32: *** Tu non sei più tu ***



Capitolo 1
*** Start ***


Disclaimer: i Pokemon non mi appartengono, ma sono proprietà del loro creatore Satoshi Tajiri ...e bla bla bla... ma alcuni personaggi sono frutto della mia mente malata .

Cap.1 Start

Una noiosa mattina di giugno, una come tante altre. Una di quelle in cui non avevo impegni e potevo starmene a letto a poltrire fino all'ora di pranzo, avrei potuto contarne a centinaia se solo ne avessi avuta la voglia.
Avrei potuto alzarmi e uscire a godermi quella bella giornata estiva ma amavo troppo il mio letto. Rimanere a crogiolarmi fra le lenzuola profumate di bucato mi piaceva da matti, che fosse estate o inverno non era importante.

Dopo aver mentalmente ripetuto la promessa di non passare le vacanze chiusa in casa che mi ero imposta, riuscii ad autoconvincermi ad aprire gli occhi, molto lentamente ed emettendo versi simili a mugolii.  
Sentii i raggi del sole che filtravano dalla mia finestra scaldarmi la pelle e mi stiracchiai pigramente, allungandomi e inarcando la schiena come facevano i gatti. Scalciai per allontanare le coperte diventate d'intralcio, mostrando il mio fantastico pigiama con i Mareep. Poi, scivolai giù dal materasso trascinando con me qualsiasi cosa ci fosse sul letto.
In effetti somigliavo più a un bruco che ad un gatto.
Strisciai sul pavimento della mia stanza, ancora troppo stanca per alzarmi in piedi, raggiunsi (lentamente) la finestra e l'aprii. L'aria tiepida e profumata di fiori mi riempì i polmoni e questo mi aiutò a trovare la voglia di tirarmi sù. Mi alzai, affacciandomi per guardare la piccola cittadina dove ero cresciuta.

A Borgofoglianova la vita scorreva ad un ritmo lento e tranquillo, rimasto immutato anche con il passare del tempo. Mi ero presto resa conto che questo non sempre corrispondeva ad un vantaggio, infatti Borgofoglianova era uno dei paesi più noiosi e squallidi di Jotho.
Non potevo dirlo con certezza, non avevo mai visitato altri luoghi a parte Violapoli e solo rare volte Olivinopoli, ma dubitavo che esistessero luoghi altrettanto scialbi e privi di qualsivoglia evento stimolante, o anche solo vagamente interessante. C'era da dire che io non ero certo una di quelle persone che vanno "a caccia di avventure", preferivo passare i pomeriggi nella mia comoda casa, o a leggere seduta sul ramo di un albero, anziché andarmene in giro per quello stupido paesello in cerca di chissà-cosa.
Da qualche giorno però non facevo altro che pensare alla mia vita e alla sua monotonia, e a come le giornate passassero sempre più lente; come il tempo tendesse a fermarsi del tutto qualche volta. Improvvisamente quelle giornate semplici e tranquille che tanto mi piacevano iniziarono a nausearmi, una parte di me temeva che prima o poi quella situazione mi avrebbe portato alla pazzia. Volevo di più, non sapevo neppure cos'era quel "di più" che mi ero accorta da un giorno all'altro di desiderare tanto, ma sentivo che mi mancava qualcosa.
E forse l'uomo avvolto in un camice bianco che avevo appena visto uscire da casa mia poteva darmi quel "qualcosa di più".
Ok, così non suona benissimo...
Lo seguii con lo sguardo il mentre attraversava il giardino, inciampando un paio di volte sui vasi sparsi per il vialetto, fino a che non sparì dietro un albero, fuori dalla mia vista.


“Elis ! Basta poltrire vieni a fare colazione !” Mia madre mi chiamò dal piano inferiore.
Sbuffai, mi allontanai dalla finestra e, infilate le pantofole a forma di Puchu, scesi le scale di malavoglia.
Al piano terra la mamma stava preparando la colazione “Ho delle novità interessanti per te Elis” canticchiò con un sorriso smagliante appoggiando un pacchetto di biscotti sul tavolo della cucina, davanti alla sedia dove mi ero appena accomodata.
“Novità ? Di che tipo ?” Chiesi prima di addentare un biscotto.
“Il professor Elm è venuto qui a cercarti, ma tu stavi ancora dormendo quando è entrato, ha detto che era una cosa importante e di passare da lui il prima possibile” spiegò continuando ad apparecchiare per la colazione.
Ecco la prima cosa della giornata che puzzava di già visto: qualcuno mi cerca ed io, tanto per cambiare, stavo dormendo.
“Un momento… Elm non è il tizio che studia i Pokemon ?” feci con ancora la bocca piena.
“Certo conosci altri professori in questo postaccio ?” S’intromise mio fratello.

Già, essere una patetica quattordicenne sfigata che abita in un paesello sperduto non era abbastanza, dovevo sopportare anche una piccola pulce isterica drogata di Tv!
Anche se, a dirla tutta, non era il mio vero fratello, eravamo fratellastri. Avevamo due padri diversi, e per qualche ragione non avevo mai conosciuto nessuno dei due, ma la cosa sembrava non pesare a nessuno nella casa.
“Chiudi il becco Marcus” Il nanetto sembrò ascoltarmi, tornò a guardare lo schermo della televisione con interesse (anche se davano la pubblicità dei materassi) e la discussione finì lì.
Quel rompiscatole era sempre fra i piedi, era da quando ero piccola che mia madre mi costringeva a portarlo in giro con me e con i miei amici. Superfluo dire che il mio gioco preferito era sfidarlo a fare prove vagamente rischiose e certe volte disgustose.

Ingoiai l’ultimo biscotto e mi avvicinai alla porta pronta per uscire alla ricerca di Elm e del laboratorio ma mia madre mi fermò “Non stai dimenticando qualcosa?” il suo sorriso era un po' troppo tirato...
“Mmh, non lo so, forse… non mi sono pettinata?” azzardai
“Sì anche quello.” dalla sua espressione intuii che dovevo essere meno attraente del solito questa mattina.
“Devo dare da mangiare al criceto?” altro tentativo
“Il criceto è morto, non te lo ricordi tesoro?” fece mia madre portandosi una mano al petto, temendo in una mia improvvisa amnesia.
“Ed è stata colpa tua!” mi ricordò Marcus acido, non aveva ancora superato la questione del criceto morto.
“Ehi non è stata colpa mia, lo stavo portando a spasso e si è gettato di sua spontanea volontà nella bocca del gatto del vicino! Si è suicidato!” dissi in mia difesa.
“Lasciando perdere il criceto…” continuai “Mi arrendo. Cosa mi sono dimenticata?”
“Sei ancora in pigiama scema ” Marcus aveva ragione, strano ma vero, ed io che credevo che si fosse bruciato le retine davanti alla play station.
Di certo non avrei fatto una buona impressione al prof. se mi fossi presentata in pigiama e ciabatte.
“Cacchio è vero !” Volai su per le scale (sì volai perché dire correre non era abbastanza per descrivere la velocità con cui salii le scale)
Entrata nella mia camera mi misi a frugare nell’armadio tirando fuori tutti i vestiti che avevo e facendoli volare in giro per la stanza, ma solo dopo aver rovesciato per terra tutto il contenuto dell’armadio trovai quello che stavo cercando.

Guardai soddisfatta i miei pantaloncini di jeans preferiti, erano comodi, sportivi, ed erano uno dei pochi indumenti che mi piacesse davvero, in sostanza erano perfetti.
Cercai una maglietta fra tutte quelle sul pavimento, rovistando faccia a terra come un cane da tartufo. Alla fine scelsi una canotta nera molto semplice con delle farfalle stampate davanti.
Mi guardai allo specchio per pettinare la massa informe di capelli scuri cercando di farli apparire decenti. Normalmente erano mossi ma appena scesa da letto sembravano sempre un cespuglio secco.
Fissai il mio riflesso con velato disappunto, non ero niente di speciale, ne bassa ne alta, ne bella ne brutta, ne magra ne grassa. Normale insomma, di ragazzine come me se ne trovavano a centinaia.
Almeno potevo vantarmi di non avere troppi complessi legati al mio aspetto come la maggior parte delle adolescenti, e questo forse mi rendeva leggermente diversa dalle centinaia di ragazze nella regione, potevo andarne fiera no?
Smisi di guardare lo specchio e mi infilai le scarpe, le prime che trovai erano dei sandali e, come tutte le scarpe nuove, mi erano un po' strette ma non avevo tempo ne voglia di cercarne altre.
Mamma apparve all’ improvviso sulla porta e per poco non le venne un infarto nel vedere la mia camera in quello stato, e già sapeva che sarebbe toccato a lei rimettere in ordine.
“Sei pronta o la tempesta che si è appena abbattuta sulla tua stanza ha spazzato via anche te ?” Scherzò
“Pronta!” Dissi scendendo le scale, afferrai la borsa con il pokegear preso in prestito senza garanzia di restituzione a mio fratello visto che il mio si era rotto (brutto incidente) e avevo dovuto mandarlo ad aggiustare, e mi diressi alla porta.
"La camera la metto in ordine io" promisi convinta delle mie stesse parole
"Devo crederci?" rise mia madre. Scossi la testa sorridendo e uscii, quello che mia madre chiamava "disordine" io lo chiamavo "arte" , avevamo opinioni abbastanza diverse.

Feci appena in tempo ad attraversare il giardino prima di inciampare, senza preavviso mi ritrovai per terra, coperta di polvere e ghiaia, a osservare i piedi del mio amico Armonio.
Certe volte mi chiedevo perché dovevo essere goffa come un elefante e inciampare praticamente su qualunque cosa.
“Elis ! Sei uscita dalla tua tana a quanto vedo, cosa ti ha spinto così lontana dal tuo computer?” Trillò quello scemo del mio amico d'infanzia.
Domanda legittima, io non uscivo molto, e se uscivo preferivo evitare di passare il tempo con Armonio che, senza offesa, aveva il quoziente intellettivo di una vongola di scoglio.
“Vado da Elm, mi cercava stamattina, pare che debba chiedermi un favore" spiegai "Spero che mi affidi il mio primo Pokemon” Dissi sognante con gli occhi sbrilluccicosi.
“Buona fortuna allora! Hey? Hai visto il mio nuovo amico?” Un topastro blu saltellava di qua e di là felice, mi resi conto che era stato proprio quel coso a farmi inciampare.
“Carino, davvero carino" Ringhiai guardando con odio il maledetto topo "è il tuo Pokemon ?”
“Sì” Rispose Armonio orgoglioso.
“Devo andare, ci vediamo” Lo salutai con un gesto della mano, poteva sembrare assurdo ma quella era la conversazione più intelligente che avessi fatto con quel mollusco.
Ma non avevo tempo per perdermi in chiacchiere, ne tanto meno per fargli i complimenti, volevo arrivare al laboratorio il prima possibile.



Angolo Autrice :
Per adesso fa schifo me ne rendo conto, spero di poter migliorare nei capitoli successivi; premetto che la trama della storia divergerà da quella del gioco con il passare dei capitoli.
Ovviamente critiche, consigli e commenti sono ben accetti.
P.s. Mi scuso infinitamente con il creatore/la creatrice di " Pokemon Journeys" entrambi abbiamo creato una storia basandoci su Pokemon Heart Gold e Soul Silver, non volevo copiare la fic di
qualcun altro e spero che non si somiglino troppo, di nuovo scusa.


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Capitolo 2
*** Professor tonto Elm ***


Professor Tonto Elm


Non ci impiegai molto per arrivare al laboratorio,Non ci impiegai molto per arrivare al laboratorio, Borgofoglianova era veramente piccola, anche a me che non avevo ancora visto niente del mondo poteva sembrare claustrofobica delle volte. Eppure avevo passato un sacco di bei momenti in quel paesello.

Ricordavo le corse per le stradine di ghiaia, tutte le volte che ero caduta e i sassi mi avevano graffiato gomiti e ginocchia, quando giocavo a nascondino con Armonio e gli altri bambini, le casette di legno con il tetto verde, le pale eoliche che vedevo vorticare quando si alzava il vento e il minuscolo sbocco sul mare, a est di casa mia, raggiungibile solo attraverso un minuscolo sentierino fra gli alberi.
Ricordavo persino ogni albero che avevo scalato e i giochi che mi inventavo per ingannare il tempo quando ero piccola, le storie sui Pokémon che i più grandi ci raccontavano, i giornalini con le foto degli allenatori più famosi e dei mitici Superquattro, tutte le volte che avevamo studiato la cartina geografica di Johto immaginando le avventure fantastiche che avremmo vissuto una volta partiti.
Ma ormai non ero più una bambina, avevo smesso di uscire di casa quasi del tutto quando avevo scoperto cosa era un computer e quanto fossero noiosi gli abitanti di Borgofoglianova. Già, il tempo in cui facevo la regina della giungla e fuggivo dalla finestra per andare a giocare erano finiti da un pezzo, e senza accorgermene da bambina iperattiva che ero mi ero trasformata un una quattordicenne dal culo pigro che passava il tempo chiusa in casa come Dracula a mangiare quantità industriali di schifezze.
Certo, poltrire tutto il giorno aveva un certo fascino, ma improvvisamente avevo sentito il bisogno di nuovi stimoli e per di più stavo mettendo su chili (il mio metabolismo era cambiato ed era meglio porre rimedio facendo un po' di movimento prima di ritrovarmi con la cellulite anche sulle caviglie...)
Una volta arrivata davanti alla porta del laboratorio bussai ed entrai. Era la prima volta che mettevo piede nel laboratorio di Elm, quel posto aveva perso ogni attrattiva quando la mamma di Armonio mi raccontò che lì dentro non studiavano gli alieni e i mostri dello spazio ma i Pokémon, e che non era abitato da fantasmi, scienziati pazzi e robot ma da normali esseri umani.

Dentro, infatti, c’erano solo alcuni uomini in camice bianco che lavoravano al computer, sembravano molto concentrati. Non credo che mi avessero visto o sentito entrare, impegnati com’erano a bruciarsi le retine davanti allo schermo. Cosa avrei dovuto fare per farmi notare? Tossire? Suonare la tromba? Oppure fare come se fossi a casa mia e girovagare per la stanza fino a che qualcuno non mi rivolgeva la parola?
Finalmente Elm si accorse di me “Elisa! Ti chiami così, giusto?”
“Tecnicamente è ‘Elis’ senza la ‘a’ alla fine” precisai.
Non era il primo che sbagliava, ma non era colpa né mia né sua se mia madre aveva sempre avuto molta fantasia per i nomi. Mamma era dell’idea che per la sua adorata bambina ci volesse un nome unico e che uno banale non sarebbe stato appropriato.
Un giorno mi aveva raccontato che in fondo in fondo le dispiaceva un po’ non avermi appioppato il nome che sognava di dare a sua figlia da quando era bambina, ovvero: Elizaveta Diane Gilbert Edward.
Quando me lo aveva raccontato avevo sentito il desiderio improvviso di scappare di casa, insieme a quello di ringraziare chiunque fosse riuscito a farle cambiare idea, evitandomi così una condanna ad una vita di prese per i fondelli e firme disumanamente lunghe.
Potevo dunque definirmi felice, dal momento che avevo rischiato di chiamarmi non solo Elizaveta e Diane (che pur essendo nomi che non suonavano molto bene insieme almeno erano da femmina), ma anche Gilbert e Edward, che non erano esattamente le cose più femminili che avessi sentito.
“Oh, scusa.” Disse il prof distraendomi dalle mie riflessioni sui nomi. “Se non ti dispiace, passo a spiegarti perché ti ho chiesto di venire qui. Dimmi, sei già al corrente delle mie ricerche?”
No, non sapevo un tubo su cosa facessero davvero là dentro.
“Ehm… io” però non potevo fare subito la figura dell’idiota, ero lì da appena un minuto e già mi facevano domande a cui non sapevo rispondere, che culo.
“Lei… lei studia i Pokémon vero ?” azzardai, stando quello che mi avevano detto qualche anno prima doveva essere così, ma per quanto mi interessava poteva essere diventata una panetteria..
"Esatto! Vedo che sei informata. Ho una missione per te, ma prima un po’ di teoria”
No teoria! Come a scuola, no per favore no! E io che speravo in qualcosa di stimolante. Dove erano gli scienziati pazzi con i loro robot apocalittici quando servivano? Si nascondevano tutti al gabinetto?
“Al giorno d’oggi tutti portano i Pokémon nelle pokéball, ma prima dell’invenzione ball tutti portavano i Pokémon a spasso a piedi”
Capitan ovvio a rapporto! Era chiaro che gli allenatori portassero i loro Pokemon a piedi, non potevano mica mangiarseli.
“Come il topo blu di Armonio?” Mi si accese una lampadina, non mi ero ancora dimenticata di quel maledetto Marill che mi aveva fatto inciampare appena uscita di casa.
“Già, proprio come il tuo amico Armonio” Confermò. Iniziavo a pensare che Elm fosse un po’ tonto.
“Naturalmente le pokeball rappresentano una comodità, ma io penso che una passeggiata insieme a un Pokémon abbia un qualche significato, può darsi che abbia a che fare con la crescita e l’evoluzione”
Basta chiacchiere e dammi il mio Pokémon così mene vado da questo posto dimenticato dal mondo. Pensai sbuffando come una pentola a pressione, stavo per addormentarmi, le sue chiacchiere erano peggio di un sonnifero.
A me i Pokémon piacevano, mi erano simpatici e avevo sempre sognato di averne uno fin da quando ero piccola e giocavo con Margaret (così si chiamava il Meganium di mia madre) e con i Pokémon selvatici che incontravo nel bosco, ma in tutta sincerità non mi importava un fico secco di quello che Elm e il suo manipolo di scienziati miopi facevano nel laboratorio.

Elm continuò a parlare ancora per una decina di minuti ed io non ascoltai una parola, ma alla fine del suo discorso disse qualcosa che attirò la mia attenzione.
"Dunque… Darò un Pokémon anche a te!” Finalmente, ecco quello che volevo sentire!
Dopotutto avevo poltrito anche troppo, di solito si diventa allenatori a dieci anni e io ne avevo già quattordici. Non mi rimaneva che sperare che partire più tardi degli altri mi rendesse le cose più semplici.
Mi piaceva crogiolarmi nella convinzione che fossi più matura e capace di un decenne che parte all’avventura.
Il professore mi indicò tre pokeball sul tavolo “Vorrei che mi aiutassi a scoprire se fra Pokémon e umani possono nascere legami speciali, accetti?” Ma che razza di domande faceva quello?
“Certo che sì!” esclamai guardando le ball sul tavolo con gli occhi scintillanti.
“Allora scegli il Pokémon che preferisci fra questi tre: Totodile il Pokémon tipo acqua, Cyndaquil un tipo fuoco oppure Chicorita di tipo erba?” il trio di Pokémon venne liberato.
Erano tutti e tre sul pavimento che mi guardavano incuriositi mentre io mi chinavo su di loro e farneticavo su quanto fossero carini con una vocetta da deficiente.
“Che dolci, sembrano pupazzi. Perché non posso prenderli tutti ?”
Alla fine scelsi Cyndaquil, era assolutamente adorabile con quelle fiamme sulla schiena e poi avevo sempre avuto un debole per i tipi fuoco, cosa che mia madre non approvava dal momento che a lei piacevano i tipi erba..
Elm fece rientrare gli altri che non sembravano particolarmente delusi, non potevo dargli torto, non ero neppure un allenatrice, e diventare i compari di una ragazzina incapace non era il sogno di nessun Pokémon.
Cyndaquil però sembrava abbastanza felice di essere stato scelto, o forse preferiva stare con me piuttosto che con Elm. L’animaletto si arrampico sulla mia testa spettinandomi i capelli, si mise comodo e spense le fiamme sulla schiena.
Il computer squillò (un momento: i computer non squillano) Elm si avvicinò allo schermo “Un messaggio!” Sai che mi importa…
“Ehi Elis ho una missione per te! Mi è appena arrivato un messaggio da Mr. Pokemon in cui dice che ha fatto una scoperta interessante, forse è un’ altro uovo, sembra affascinante; ci andrei di persona ma… sono troppo impegnato on le ricerche quindi… perché non ci vai tu?”
Ecco quello che temevo “Elis vai a fare il facchino del prof. Mentre lui se ne sta bello tranquilla in laboratorio, vai tu a fare il lavoro sporco mentre noi teniamo il culo saldamene attaccato alle nostre comode sedie”
“Sì vado io da questo tizio” non ero certo entusiasta all’idea di fare il postino ma era il mio primo incarico da allenatrice, non potevo aspettarmi chissà quale avventura.
“Benissimo” disse Elm “La casa di Mr. Pokemon si trova a nord di Fiorpescopoli, non sarà difficile arrivarci fra circa un ora dovresti essere di ritorno” Un ora mi sembrava un po’ esagerato… “Adesso vai, lo dirò io a tua madre”

Uscii dal laboratorio, Percorso 29 arrivo.

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Capitolo 3
*** Una corsetta fuori programma ***


Cap.3                                                                               Corsetta fuori programma
                                              
La mia dignità va in frantumi insieme ai miei sandali nuovi 
 


 Ero appena uscita dal laboratorio, mi guardai in torno: dovevo seguire il percorso 29, c’era solo un problema: dove era il percorso 29 ? Mentre continuavo a cercare il percorso per Fiorpescopoli notai un ragazzino con la faccia spalmata sul vetro del laboratorio, aveva dei curiosi capelli rossi e una giacca blu scuro mi avvicinai a lui incuriosita
“Allora è questo il famoso laboratorio Pokemon di Elm…” borbottò parlando al vetro. Appena mi vide si voltò  “..Ehi, che hai da guardare?” poi mi spinse via e tornò a spiare dalla finestra, che maleducato.
In situazioni normali mi sarei messa a discutere ma non stavolta: avevo una missione da compiere! 
 
 Non feci in tempo a finire il mio pensiero che mi ritrovai ancora una volta con la faccia a terra, maledissi le scarpe e soprattutto quello stupido topastro blu di Armonio per avermi fatto inciampare un’ altra volta.
Mi rialzai dolorante e per vendicarmi tirai un calcio nel sedere al topo che non era stato abbastanza furbo da svignarsela dopo aver visto la mia faccia incavolata nera. Il ragazzino della finestra si voltò verso di me “Che hai da guardare” sbottai ancora più nervosa di prima; quello neanche mi prese in considerazione e tornò alla sua missione di spionaggio.
“Marill !? Marill dove sei ?” chiamò Armonio “Elis, hai visto Marill si è allontanato qualche minuto fa e poi l’ho perso di vista”
“Non so dove è volato-… cioè dove è andato … da solo … con le sue zampette … Ma sono cerrrrrrrrrrrta che tornerà” spero proprio di no. Maledetto topo…
Armonio mi fissò “Oggi sei più strana del solito… Oh ma che carino ♥” disse notando il mio Cyndaquil “è così puccioso te l’ha dato il professor Elm vero?”
Che perspicacia “E chi sennò ?”
“Ehi ho un’idea, perché non vai a farlo vedere a tua madre?”
Ehi ho un’idea migliore, perché non ti fai gli affari tuoi ? “Sì adesso vado”.
Continuavo a sperare che il suo Marill, spedito in orbita dal mio calcio, gli ricadesse in testa con una forza tale da farlo diventare intelligente.
                                                                  *                             *                              *
 “Elis, sei già tornata ? Cosa voleva Elm ?” ecco il primo motivo per cui avrei preferito non andare subito a casa: le domande, odiavo dare spiegazioni e raccontare quello che facevo.
Con tanta pazienza raccontai della missione a mia madre e a Marcus che anche se non era minimamente interessato alla mia storia non faceva altro che interrompermi con frasi stupide o con altre domande ancora più stupide. Casualmente dimenticai di riportare alcuni fatti come il ragazzino maleducato e spione, la mia caduta sul topo di Armonio e il calcio che quello stupido Pokemon si era preso.
“Questa è una situazione particolare, se Elm conta su di te però è importante non deluderlo! Ah.. me ne stavo per dimenticare: hanno riparato il tuo pokegear eccolo qui” disse passandomi l’aggeggio “Ricordi come si usa?” Non lo usavo solo da una settimana, non ero così stupida da dimenticarmene “Certo che me lo ricordo” risposi sicura. “Comunque eccoti il libretto di istruzioni”.
                                                                  *                              *                            *
Finalmente ero libera di andare a Fiorpescopoli; almeno così credevo…
“Elis! Ho dimenticato di darti il mio numero di telefono” Elm uscì di corsa dal laboratorio e corse verso di me con in mano un affarino simile al mio Pokegear ma un po’ più malandato e un foglietto di carta.
Cliccai un po’ di tasti a caso sperando di premere quello giusto per accedere alla rubrica e registrare il numero di Elm “Fatto!” urlai felice di esserci riuscita prima che si facesse buio
“Bene.. ti chiamo se succede qualcosa” detto questo il professore se ne andò.
                                                                 *                               *                            *
Il percorso 29 era molto breve, ci avrei impiegato pochissimo ad arrivare a Fiorpescopoli se non fossi stata attaccata da qualche Pokemon selvatico circa ogni 2 secondi. Erano per lo più Sentret e Pidgey fastidiosi e debolissimi tanto che il mio Cyndaquil li batté a occhi chiusi; letteralmente, Cyndaquil non aveva mai aperto gli occhi.. mi chiedevo se ci vedesse, ma dato che durante la lotta non aveva sbagliato nemmeno un colpo doveva vederci bene. Dopo essermi lasciata alle spalle una scia di Pokemon esausti e con gli occhi a girandola arrivai a Fiorpescopoli.
“Ciao! Sei alle prime armi con i Pokemon vero?” Un vecchietto in tuta da jogging mi raggiunse.
“Emh..sì” ammisi, mi si doveva leggere in faccia che ero un’imbranata.
“Tranquillo giovanotto, ti spiego qualcosa Iooooo…” iniziò a correre ad una velocità sorprendente per uno della sua età. Lo rincorsi per qualche metro, ero lentissima, praticamente una lumaca, complici anche le scarpe: correre con i sandali non è una cosa molto furba. Non ero mai stata molto atletica e non mi era mai passato per la testa di cominciare ad allenarmi; correre era utile se si doveva andare da qualche parte o se si aveva fretta, ma correre solo per il gusto di correre totalmente inutile e non era affatto bello ritrovarsi sudati, appiccicosi e senza fiato, col cuore che batte talmente veloce che sembra voler uscire dal petto. No, non mi era mai piaciuto correre.
“Ah.. vedo che non hai le scarpe adatte, va bene… vedrò di andare piano” L’anziano mi fece l’occhiolino, era imbarazzante sentirsi dire certe cose da quello che potrebbe essere tuo nonno. Questo mi faceva sentire ancora più sfigata.
 
Dopo una breve corsetta ci fermammo davanti ad un edificio dal tetto arancione, o meglio, io mi fermai perché il nonnetto continuò a correre sul posto… iniziava a darmi sui nervi.
“Vedi questo? È il Pokemon Center o Centro Pokemon se preferisci, qui gli allenatori si fermano per far curare i loro Pokemon, affittano pure delle stanze a basso prezzo, sai … non è consigliato viaggiare di notte”
“Sì lo avevo intuito” avevo il sospetto che quell’atletico vecchietto mi avesse preso per una deficiente, ma sono dettagli…
Un'altra corsetta e un altro edificio questo dal tetto blu “Ecco il Pokemon market o pokemarket per abbreviare, come suggerisce il nome questo è un negozio, si comprano cose molto utili come le pokeball o le pozioni” Corremmo senza sosta fino alla spiaggia, vedendomi un po’ stanca si fermò ( lo ammetto ero a pezzi ma avevo la mia dignità da tenere stretta)
“Suvvia giovanotto, non dirmi che sei già stanco; io alla tua età correvo da Fiorpescopoli a Fiorlisopoli senza fermarmi un attimo”
Se la geografia non mi ingannava per arrivare a Fiorlisopoli c’era bisogno di attraversare il mare quindi o quel tizio mi stava raccontando un sacco di balle o da giovane camminava sull’acqua come Gesù.
“Siamo quasi arrivati figliolo” si sarà accorto che ero una ragazza ? iniziavo ad avere dei dubbi dato che parlava sempre al maschile.
Si fermò (finalmente) davanti a una casetta in riva al mare “Ok, siamo arrivati ! Grazie per avermi ascoltato ragazzo voglio farti un regalo” entrò in casa. Dopo un paio di minuti uscì tenendo in mano una scatola grigia “Ecco qua delle scarpe da corsa! Sono ancora calde le ho appena tolte” Il mio unico pensiero fu: Bleah.
“Sto scherzando sono nuove di zecca le ho ordinate su E-bay ma sono troppo piccole  per me, stupidi acquisti su internet” Mi perse la scatola e poi ripartì verso chissà dove.
 
Andai al centro Pokémon a far curare Cyndaquil, sempre meglio essere prudenti. “E ora andiamo sul percorso 30” dissi al mio Pokemon che tentava di salirmi sulla testa. Prima di uscire mi infilai le scarpe da ginnastica che avevo appena ricevuto, erano scarpe grigie e nere, erano perfette e mi calzavano a pennello.
 
Ero davanti ad un cartello con scritto “percorso 30 a nord” quando sentii gridare: “Aspettaaaaa …” era di nuovo il vecchietto atletico; mi raggiunse in pochi secondi, che rabbia nemmeno una goccia di sudore.
“Aspetta, puoi darmi il tuo pokegear per qualche secondo?”
“ok..” Mi frugai in tasca e gli passai quella specie di cellulare.
Il nonno si mise ad armeggiare con un cacciavite, si sentì un *clik* ed io temetti il peggio, già mi immaginano il mio povero pokegear in pezzi ma l’anziano mi guardò soddisfatto “Aggiornato!” Annunciò “Ora puoi vedere la mappa di johto direttamente sul tuo pokegear, bello vero? Ecco.. questo pallino lampeggiante sei tu e qui c’è Fiorpescopoli e queste sono le altre città più importanti” indicò il display, in effetti c’era una mappa.
“Grazie, mi sarà utile e grazie anche per le scarpe!” gli urlai mentre riprendeva a correre.
“Prego, è stato un piacereeeeee…”
Ok e adesso andiamo da Mr.Pokemon !  
     

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Capitolo 4
*** Uovo o Omelette? ***


Cap.4                                                                                        Uovo.       
                                                                                  O omelette di Pokemon ?
 

 Prima di arrivare da Mr. Pokemon incontrai una valanga di terribili, mostruosi, ferocissimi, weedle e caterpie.
Finalmente incontrai una casa. Bussai e la porta si aprì “Buongiorno, questa è la…” L’uomo che mi aveva aperto la porta mi interruppe “Oh.. delle visite” Quel tizio faceva paura, mi guardava come se volesse mangiarmi o io volessi mangiare lui (si comportava come Gollum de il Signore degli anelli).
“Sai tutti vengono qui pensando che questa sia la casa di Mr. Pokemon” continuò, non avevo il coraggio di dirgli che anche io avevo sbagliato casa “Ma tu no, tu sei venuta qui solo per me vero?!” Mi guardò facendo gli occhi da cucciolo.
“Veramente.. io ..Sì”
“Oh che bello, per ringraziarti della visita ti voglio fare un bel regalo!” Intanto il mio cervello pensava: “Soldi!”
“Un bellissimo …. Portaghicocche!”
“G-Grazie,  adesso devo proprio andare” Indietreggiai verso la porta afferrai la maniglia e uscii prima che potesse fermarmi.
Wow un PortaGhicocche, questo si che è un oggetto utile.. di vitale importanza direi. A quanto pare la casa che stavo cercando era ancora più a nord. Camminai per una decina di minuti costeggiando un laghetto di ninfee. Finalmente riuscii ad arrivare davanti a una baracca, non avevo il coraggio di chiamarla ‘casa’.
Anche se in pessime condizioni doveva essere abitata, c’era uno zerbino praticamente nuovo con scritto ‘Welcome’ e si vedeva una luce filtrare attraverso le tendine.
Suonai il campanello e un signore barbuto e baffuto mi accolse nella casupola.
“Elis! Sì tu devi essere Elis” mi salutò stringendomi la mano “Sì sono io” risposi
“Sono stato io a scrivere il messaggio a Elm”
“Io invece sono il facchino incaricato di venire da lei per ‘la scoperta sensazionale’ di cui parlava nell’ e-mail” dissi.
“Oh sì, giusto la scoperta… ecco qua” mi mise fra le mani un uovo dalle dimensioni si una palla da rugby con triangolino rossi e blu “Vorrei che se ne occupasse Elm, sai, è un vero esperto in fatto fatto di evoluzione e crescita dei Pokemon; Sì Elm è la persona più adatta per questo incarico.”
Chiunque avrebbe capito che quello voleva solo sbarazzarsi dell’uovo e che non gli importava un fico secco del talento di Elm (sempre che questo ‘talento’ ce lo avesse davvero). Ma io dovevo solo fare il postino del prof. Che mi importa?..
Nella baracca c’era anche un altro tizio che non aveva detto una parola da quando ero entrata si alzò dalla sedia e si presentò “Piacere di conoscerti Elis, io sono il Professor Oak, Samuel Oak!”
Tentai di non ridere sentendo il nome ‘Samuel’; forse era meglio chiamarlo solo Prof. Oak se non volevo rischiare di scoppiare a ridere ogni volta che dicevo il suo nome. Con delicatezza,non volevo ritrovarmi con un frittata di Pokemon, riposi l’uovo nella borsa. Oak mi mise fra le mani un aggeggio arancione, non lo studiai molto e me lo infilai nella tasca dei pantaloni, ero impegnata a guardare il professore che esaminava il mio Cyndaquil, non appena il prof lo prese in braccio per vederlo meglio quello tossì (anche se a me parve un rutto …) e una nuvoletta di fumo uscì dalla bocca del piccolo Pokemon andando ad affumicare Oak che iniziò a starnutire “Wow etciù! Ha imparato muro di fumo.. eetciùù !”
“Salute”
“Io devo andare, ero qui solo per salutare il mio vecchio amico Mr. Pokemon, Elis vieni a trovarmi al mio laboratorio a pallet town nella regione di Kanto”
“Sicuramente” risposi con entusiasmo “Allora arrivederci Professore”
“Arrivederci” salutò Oak uscendo
“Signore, credo che sia arrivata l’ora che io torni al laboratorio di Elm”
“Giusto giusto, ti saluto cara Elis” Uscii dalla stanza diretta a Fiorpescopoli.
*Driin Driin* il Pokegear squillò; (dovevo ricordarmi di cambiare suoneria) sul display vidi che la chiamata era di Elm, risposi “ELIS!” Urlò Elm dall’altro capo del telefono “è successo un disastro, una tragedia, che faccio che faccio…”
“Professore si calmi! La smetta di urlare come una gallina isterica e mi spieghi CON CALMA cosa diamine è successo!” Urlai al pokegear per farmi sentire
“Un disastro, un tragedia, una catastrofe!!” Ripete “Devi venire subito qui …. … .. tuu tu tuu” Quel tonto di Elm aveva riattaccato.
“Grrr!” 

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Capitolo 5
*** Rossino il rivale ***


Cap. 5                                                   Rossino il rivale

Mentre correvo per il percorso 30 con Cyndaquil sulla testa iniziai a considerare l’idea di strangolare Elm una volta arrivata al laboratorio, mi aveva fatto venire l’ansia, cosa poteva essere successo di così catastrofico e irreparabile per dovermi chiamare con tanta urgenza?
Ero davanti al centro Pokemon di Fiorpescopoli, il mio Pokemon si teneva forte per non rischiare di cadere durante la corsa, rallentai per riprendere fiato e attraversai il paese a passo svelto.

Una volta sul percorso 30  ripresi a correre fino a che non mi scontrai contro un ragazzo che andava nella direzione opposta.
Caddi sbattendo le chiappe per terra mentre il tizio contro cui avevo sbattuto mi guardava dall’alto (non si era fatto niente lui)
“Poco fa al laboratorio, ti hanno dato un Pokemon vero?” Annuii alzandomi da terra lo fissai per qualche secondo; lo avevo già visto da qualche parte.
“Ci conosciamo?” chiesi, ma quello non mi ascoltò e continuò a parlare “è sprecato per te che sei così debole”
“Hei! Come ti permetti? Maleducato!” Una lampadina mi si accese nel cervello “Tu sei il ragazzino antipatico che sbirciava dalla finestra di Elm”risi
“Non hai capito che ti ho detto?”
“Aspetta … com’ è che ti chiami … Ehm Rossino giusto? … no quello era il nome del mio pesce rosso … gli somigli sai ?”
“Somiglio al tuo pesce rosso?”
“Sì, povero pesce, mamma dice che è scappato strano i pesci non hanno le gambe quindi non scappano; ma  tornando a noi … cos’ è che vuoi?” Dissi con estremo menefreghismo. Rossino parve arrabbiarsi ancora di più e disse “Ti sfido a una lotta Pokemon!”
“Ok Rossino come vuoi tu”
 
Cyndaquil si sentì chiamato in causa e scese dalla mia testa can un balzo. Il ragazzino maleducato davanti a me  fece uscire dalla ball  il suo e con un lampo rosso un adorabile coccodrillo blu atterrò davanti a cyndaquil. Era identico a uno dei Pokemon che avevo visto da Elm, sì quello era proprio totodile il Pokemon di tipo acqua; e fuoco è in svantaggio contro acqua.
“Cyndaquil usa azione!” Ordinai, ma il colpo andò a vuoto e il Pokemon avversario schivò anche il colpo successivo.
“Tutto qui?”
“Zitto tu!” mi stavo innervosendo
“Totodile graffio” il suo Pokemon usò graffio a ripetizione e il mio cyndaquil non sapeva come schivare ne come contrastarlo così in breve tempo il mio piccolo amico finì al tappeto.
“NO!” gridai delusa
“Mhpf… tutto tempo perso, sei troppo debole, non meriti di avere un Pokemon nelle tue mani è sprecato!”
Mi inginocchiai per prendere in braccio cyndaquil esausto e pieno di graffi mentre il ragazzino dai capelli rossi continuava a snocciolare il suo intero repertorio di insulti e a farneticare su quanto io fossi debole, forse aveva anche ragione non ero certo una campionessa, ma non è così che si trattano le persone.
Avevo le lacrime agli occhi adesso mi odiavo per aver perso la sfida e mi facevo schifo perché stavo per piangere!
No … quell’antipatico non mi avrebbe visto nemmeno una lacrima non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi ferita.

Rossino si avvicinò, era a meno di un passo da me, sentivo la rabbia ribollire dentro di me; senza alzare lo sguardo feci rientrare il mio Pokemon nella ball poi mi rialzai da terra.
Guardai il mio avversario negli occhi per qualche secondo, lui ghignò, si stava prendendo gioco di me!
Così feci la cosa più sensata che quella poltiglia molliccia che chiamavo cervello riuscì a pensare; gli mollai un pugno in faccia con tutta la forza che avevo, ovviamente lui non si aspettava una reazione del genere, perse l’equilibrio e cadde a terra.
“Anna dai capelli rossi non è più in grado di combattere, Vince Elis!” Urlai. Nella mia testa rimbombavano gli applausi immaginari del mio pubblico immaginario, amavo il mio pubblico.
Mi piegai a raccogliere un foglietto da terra, era identica alla scheda allenatore che mi aveva dato la mamma ma invece della mia foto c’era quella di Rossino.
Lessi il nome in alto a sinistra –Silver- nato il 24/dicembre, lessi la sua data di nascita aveva circa 14 anni e non era molto più grande di me.
“Ridammela!” urlò vedendo cosa tenevo in mano, se non fosse stata plastificata probabilmente gliela avrei strappata e ridotta in coriandoli.
Rossino anzi Silver me la sfilò di mano e se la rimise in tasca “Non finisce qui !” fece minaccioso
“Certo che no! Voglio la rivincita!” gli gridai mentre quello si allontanava verso Fiorpescopoli massaggiandosi la guancia dove la mia mano era appena atterrata.
Wow ero un’allenatrice da neppure un ora e avevo già subito la mia prima sconfitta, Armonio e Marcus mi avrebbero preso in giro in eterno.

La strada di ritorno mi sembrò molto più corta. 

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Capitolo 6
*** Partenza ***


Cap. 6                                                       Prima rischio di finire in prigione poi parto per Johto                            



Aprii la porta del laboratorio ed entrai, subito vidi Elm che stava per scoppiare a piangere raccontare qualcosa ad un poliziotto.
Polizia?!
“Nooooo non voglio passare il resto della mia vita in prigione mi dispiace per averla chiamata Professor Tonto Elm e per averla presa per il suo amabile deretano, per essermi mangiata tutti i biscotti che mia madre aveva preparato per lei, per aver rischiato di fare una omelette con l’uovo che mi ha dato Mr. Pokemon; sì prof la scoperta sensazionale è solo uno stupidissimo uovo e se fossi in lei lo cucinerei domani a colazione, ma non mi faccia arrestare la prego”  pregai inginocchiandomi e versando lacrime falsissime (non credevo di avere questo talento da attrice)
“Elis alzati non è qui per te! Hai veramente fatto tutte queste cose ?!” Elm sembrava alquanto arrabbiato.
“Io? NoNoNoNoNo non potrei mai,non sarei mai stata capace di fare tali malefatte, non sapevo quello che stavo decendo mi sono fatta trascinare dall’emozione del momento” Con la mia vocina falsamente innocente e angelica avevo quasi convinto anche me stessa poi però ricordai i buonissimi biscotti con le gocce di cioccolato che dovevo consegnare a Elm e che invece mi ero mangiata per strada.
Il poliziotto mi guardò per un po’ come un ebete poi si decise a parlare “Hei giovanotto” Eccone un altro che non riesce a capire che sono una ragazza!
“Stiamo investigando su un caso di furto di Pokemon” continuò il poliziotto “Regola Numero Uno: Il colpevole torna sempre sulla scena del crimine” mi guardò strizzando gli occhi. 
 Aveva un' aria da scemo.
“Momento momento momento, lei mi sta accusando di furto ?!” Basta, adesso mi stavo veramente arrabbiando
“Sì è così, qualcosa in contrario?” disse beffardo.
“Grrr… Ok, oggi me ne sono capitate di tutti i colori: prima ho dovuto sopportare Elm che per spiegarmi due cavolate mi ha fatto perdere un' intera mattinata, poi l’incarico da faccino e l’atletico vecchietto che mi ha fatto correre per tutta Fiorpercopoli facendomi vergognare per la mia lentezza e mandando in frantumi la  mia dignità, posso tollerare Rossino/Silver che mi sfida, mio batte e mi insulta, ma tornare qui dopo essermi fatta un culo così per portare uno stupidissimo uovo e sentire un cretino in divisa che mi accusa di furto NO, no questo non lo accetto!” Sbraitai agitando il dito sotto il naso del poliziotto.
“Non mi meraviglio che nessuno abbia visto il ladro: i collaboratori di Elm sono troppo impegnati  a giocare a Tetris sul computer e il prof con quegli occhiali spessi come fondi di bottiglia è praticamente cieco, chiunque sia il ladro è stato solo furbo” borbottai fra me. Elm non mi sentì (oltre che cieco anche sordo) ma il poliziotto capì benissimo.
Armonio entrò indisturbato nel laboratorio mentre urlavo insulti contro il tizio in divisa e vedendo che stavo per finire il mio repertorio di parolacce e che se avessi continuato probabilmente in prigione ci sarei finita sul serio mi venne in soccorso.
“La perdoni non sa cosa dice è completamente pazza” disse avvicinandosi a me
“Pazza sarà tua sorella !” se voleva prendersi un calcio negli stinchi era sulla buona strada.
Armonio non mi considerò “Lei non c’entra con il furto” Mi tappò la bocca con una mano “Ho visto un tizio dai capelli rossi molto sospetto spiare da quella finestra, Ahi! ” gli morsi un dito e quello lasciò la presa.
“Che perspicacia Armonio, non so se l’hai notato caro il mio Sherlock Holmes ma quel tizio aveva la faccia spalmata sul vetro della finestra e dei capelli che si vedono a venti metri di distanza! Mi domando se ti sei servito di un cannocchiale, di una lente d’ingrandimento o di un microscopio per capire che quello aveva un’aria sospetta e comunque detective dei miei stivali io con quel ragazzino ci ho lottato e ho pure perso ma so il suo nome” pensai a quello che avevo appena detto… avevo confessato ad Armonio la mia sconfitta: merda,merda, merdissima!
“Aspetta quindi sai il suo nome?” fece il poliziotto
“L’ho appena detto, ma se vuole lo ripeto testa di granito: Si chiama Silver, SILVER, S-i-l-v-e-r !!!” sbottai acida, quanto odiavo quel poliziotto. Armonio mi guardava scioccato chissà se sarebbe venuto a trovarmi in prigione quando quel tizio mi avrebbe arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale.
L’uomo con la divisa invece di tirare fuori le manette mi guardò malissimo “Quindi il colpevole si chiama Silver giusto”
“Giusto, in che lingua devo dirglielo?” Ero sempre più acida.
“Avete contribuito molto alle indagini” Mi lanciò un’altra occhiataccia “Ma sappi che ti tengo d’occhio ragazzina!”
Ricambiai lo sguardo quasi a volerlo sfidare “Mi guardi pure quanto vuole, mi aspetto di trovarla sotto la mia finestra stile Romeo e Giulietta così le lancio un secchio d’acqua ghiacciata in testa !”
Il poliziotto se ne andò offesissimo. Ma almeno non ero finita in carcere.
 
Elm mi guardò critico ma prima che potesse rimproverarmi o anche solo aprire bocca tirai fuori la pokeball di Cyndaquil e gli chiesi il più gentilmente possibile se poteva rimettere in sesto il mio povero Pokemon.
Il professore prese la ball e la appoggiò su una macchina -che a me sembrava un frigo per i gelati- poi si mise a premere tasti a caso sul Pc e il macchinario si accese.
Una luce lampeggiante brillò sotto la mia ball poi si spense “Fatto” disse Elm spegnendo il computer “Quindi Mr. Pokemon ti ha dato un uovo ?”
Annuii, aprii la borsa e porsi al prof l’uovo; Elm lo guardò per qualche minuto studiandolo “Mmh… non ne avevo mai visto uno così prima d’ora … magari nasconde un segreto meraviglioso!” Era tutto felice di aver ricevuto quell’uovo “Ok lo terrò qui per un po’” stavo per andarmene ma il prof mi bloccò “Aspetta ma quello è … è un Pokedex”
“Pokedex ? cos’è un Pokedex ?” Chiesi non sapendo di cosa stesse parlando.
Elm si sbatté una mano sulla faccia esasperato.
Questo è un Pokedex !” disse prendendo il ‘coso’ che mi aveva dato Oak dalla tasca dei miei pantaloni, lo guardai stupita “Io credevo che fosse una calcolatrice con touch screen …” Non avevo ascoltato molto il professor Oak ero troppo impegnata a trattenermi dal ridere del suo nome.
“Domanda” dissi alzando la mano come a scuola “A cosa serve ?”
Dopo quella domanda Elm rimase a fissarmi balbettando “Non ci credo, non ci posso credere” rimase a boccheggiare guardandomi esasperato poi si riprese e da chissà dove partì la musichetta di Super quark.
“Il Pokedex è un congegno Altamente Tecnologico inventato da Oak è un enciclopedia universale dei Pokemon e registra automaticamente i dati di tutti quelli che vedi o catturi; gli allenatori che hanno una fortuna di possederne uno sono veramente pochi. Simon! Dacci un taglio con queste colonne sonore!”
“Sì capo” disse deluso uno dei suoi collaboratori.
“Se il professor Oak ti ha dato un Pokedex vuol dire che ha visto in te qualcosa di speciale” Si voltò dandomi le spalle per darsi un’aria mistica e seria “Elis … per completare il Pokedex dovrai viaggiare molto, sconfiggere i capopalestra e molti allenatori che incontrerai sulla tua strada, solo così potrai andare alla Lega Pokemon e ambire al titolo di campione della regione di Johto” mi guardò “Allora vuoi davvero intraprendere questo lungo viaggio?”
“Certo che sì” dissi sicura
“Sarà un viaggio molto lungo”
“Sì prof questo l’ha già detto”
“Scusa, la palestra più vicina è quella di Violapoli; ricordati di passare da casa prima di partire” concluse
“Non si preoccupi prof!”
 
Uscii dal laboratorio, Armonio mi stava aspettando fuori e iniziò a seguirmi “Così hai già subito la tua prima sconfitta eh?”
“Armonio per favore non infierire”
“La sconfitta brucia he?”
“Non quanto il pugno che gli ho tirato” dissi vantandomi silenziosamente della mia vendetta.
“Wow, hai perso e poi l’hai picchiato … mi inchino di fronte a cotanta sportività” Armonio fece un inchino talmente profondo da toccarsi le ginocchia con il naso.
“Mi ha fatto arrabbiare” tentai di giustificarmi
“Credo proprio che a Marcus piacerebbe sapere della tua sconfitta”
“Non oserai …”
“Oh si che oserò, a meno che tu non faccia qualcosa per me”
Non mi sarei fatta certo ricattare da Armonio
“Tu non dirai niente a Marcus sulla mia sconfitta e io non dirò niente a tua madre su quei giornalacci che tieni sotto al letto”
Armonio spalancò gli occhi incredulo
“Come fai a sapere delle mie riviste osé ?”
Io sorrisi beffarda “Siamo d’accordo allora?” il ragazzo annuì “Ciao ciao Armonio” Salutai e tornai a casa.
 
Arrivata davanti alla porta presi la chiave da sotto la zerbino, la girai nella toppa ed entrai in casa.
Mia madre era sul divano a guardare la tv con Marcus che non sembrava interessato alla televisione.
“Elis! Come è andata la tua prima missione?” chiese vedendomi entrare
“Bene, ho conosciuto il professor Oak e mi ha dato un pokedex.” Il resto della missione si poteva saltare;
“Un pokedex? Allora vuole che tu lo completi e che lo aiuti nelle ricerche, che bello! Però … adesso dovrai partire per affrontare le palestre” Annuii in fondo mi dispiaceva lasciarla sola con quel cretino di mio fratello. La guardai e lei si voltò verso di me sorridendo “Vuoi che ti aiuti a preparare l’occorrente per il viaggio ?” Feci di sì con la testa e insieme salimmo al piano superiore.
Tirai fuori dall’armadio uno zainetto, era uno dai miei preferiti perché ci entravano sempre più cose  di quanto immaginassi. Ci misi dentro un paio di pantaloni lunghi, una felpa, due magliette, una camicia/pigiama così lunga da arrivarmi appena sopra al ginocchio, biancheria e il mio bikini giallo. Mia madre mi passò una bottiglietta di disinfettante, dei cerotti e delle bende che conoscendo il mio talento per farmi male anche con le cose più stupide mi sarebbero serviti in diverse occasioni. Presi la borsa che avevo usato per andare da Mr. Pokemon e ci misi dentro un blocco da disegno, delle matite e una gomma, il portafoglio con un po’ di soldi e un quadernetto. Mamma finì di preparare lo zaino mettendoci alcuni rimedi per i Pokemon.La cosa strabiliante è che lo zaino sembrava quasi vuoto.
Mamma mi accompagnò alla porta “Ciao Elis e buona fortuna” mi guardò mentre attraversavo il giardino e mi dirigevo verso il percorso 29. 


Angolo Autrice
Nel prossimo capitolo : Gennaro Bullo

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Capitolo 7
*** Gennaro e il suo Rattata ***


Cap. 7                                                    Gennaro bullo può parlare per 2 ore di fila del suo Rattata senza riprendere fiato.


Arrivata al percorso 29  incontrai Armonio e il suo topo blu “Finalmente! Ti stavo aspettando, credevo che avessi cambiato idea e che non partissi più”
-Ti piacerebbe- pensai
“Guarda” indicò una pokeball vuota “Con questa puoi catturare Pokemon selvatici! Vieni, ti mostro come ti fa”  Lui e Marill mi trascinarono nell’erba alta e dopo pochi passi un Rattata ci attaccò.
Armonio ordinò al suo topo blu di attaccare l’altro topo che fu colpito in pieno ma sembrava non volersi arrendere, il Rattata passò al contrattacco e azzannò Marill con i suoi dentoni.
I 2 Pokemon si guardavano senza fare niente Armonio ordinò ancora di attaccare e questa volta l’avversario sembrò accusare il colpo, barcollò stordito e l’allenatore di Marill lanciò la sfera sul Rattata che venne risucchiato al suo interno. La ball ondeggiò per qualche secondo poi si fermò. Il Pokemon era stato catturato; il ragazzo esultò poi si rivolse a me “Hai visto come si fa?”
“Non sembra difficile, devo solo indebolirlo e lanciare la sfera pokè”
“Se lo indebolisci, lo addormenti o lo paralizzi è più facile catturarlo ma con un po’ fortuna e se il Pokemon è debole potresti riuscire a catturarlo senza lottare” spiegò Armonio “Adesso vado, ti saluto e vedi di non farti ammazzare da qualche Pokemon selvatico mentre cerchi di catturarlo!” mi mise in mano 5 pokeball vuote e iniziò a correre.
“Grazie della fiducia!” Gli urlai mentre correva a tutta velocità verso Fiorpescopoli.
 
Dopo essere entrata sul percorso 30 controllai che Rossino  non fosse nei paraggi, una volta essermi accertata che di lui non ci fosse nemmeno l’ombra  controllai la mappa del Pokegear; sembrerebbe che Violapoli si trovi dopo aver attraversato il percorso 30 e 31. Fin qui sembrava semplice. Entrai nell’ erba alta del percorso a nord di Fiorlisopoli e sconfissi tutti gli odiosi pokemon selvatici che incontravo sulla mia strada. 
“Hei!” Un bambino con dei pantaloncini gialli e una maglietta a righe mi chiamò “Ho appena perso, ma tu mi sembri abbastanza debole e voglio tirarmi su di morale, lottiamo!” il ragazzino lanciò la sua ball che si aprì facendo uscire un Rattata.
Puntai il pokedex verso il Pokemon avversario e sullo schermo apparvero i dati del topo viola - Rattata- lessi in fretta tutte le caratteristiche - Livello 4-
“Livello 4? Tu speri di vincere con un Rattata al livello 4? Hahahahah questa è bella” smisi di ridere quando il ragazzino mi guardò offeso “Quindi non è uno scherzo ?”
Il bambino scosse la testa “Gennaro Bullo non scherza! Voglio lottare sul serio e vincere e tu quando verrai sconfitta striscerai ai miei piedi implorando pietà dal grande Gennaro, il più grande allenatore di Pokemon di tutti i tempi” Sembrava veramente convinto di tutte quelle fesserie che stava dicendo
“Uff… e io che volevo arrivare a Violapoli in fretta;  va bene se ci tieni così tanto a fare questa lotta allora facciamola” dissi annoiata
“Hahaha ! Non venire a piangere da me quando perderai; Perché IO, il mitico Gennaro Bullo vincerò!” Gennaro assunse una posa stile Supermen: braccia sui fianchi, testa alta e sguardo da eroe.
La lotta iniziò “Cyndaquil usa azione !” ordinai, il mio Pokemon partì veloce verso l’avversario che rimase immobile mentre il suo allenatore sbraitava comandi insensati mandando in confusione persino me.
“Vai Rattata Vai Rattata” lo incitò il suo allenatore facendo un balletto come una ragazza pon pon, la sua danza non porto molti risultati a parte farmi innervosire.
“Cyndaquil ancora azione” dissi, volevo chiudere quella faccenda al più presto possibile.
Il Rattata di Gennaro cadde a terra esausto “ Ho vinto io! Ho vinto io!” canticchiai ballando come una cretina davanti al povero ragazzino sconfitto e traumatizzato dal mio sculettare.
“Nuuuuu !” urlò disperato mettendosi le mani nei capelli “Il mio bellissimo, fortissimo, carinissimo, altissimo, purissimo, levissimo Rattata!”
“Hai finito di pronunciare aggettivi senza senso?”
“Era così,.. così…- Scoppiò a piangere
“Non è mica morto! E poi è solo uno stupido Rattata” col senno di poi quella frase sarebbe stato meglio non pronunciarla.
Gennaro parve risvegliarsi dalla depressione nel quale era sprofondato dopo la sconfitta e si alzò “Il mio Rattata non è come gli altri Rattata! Non vedi che pelo lucido, le orecchie perfettamente rotonde, i baffetti simmetrici, il viola della pelliccia più acceso e vivo e…” Per circa 2 ore continuò a parlare del suo Rattata elencando le caratteristiche che lo rendevano diverso dagli altri della sua specie.

Dopo i primi venti minuti avevo iniziato a sperare che gli venisse il mal di gola.
Dopo 40 minuti speravo che gli cadesse la lingua.
Dopo 1 ora passata ad ascoltare Gennaro pensai che essere sordi avesse dei vantaggi.
Dopo un ora e mezza ero in una specie di coma, avevo la bava alla bocca gli occhi che fissavano un punto impreciso davanti a me e le orecchie che fischiavano.
Dopo 1 ora e 45 minuti iniziai a sperare che a uno dei due scoppiasse la testa (possibilmente a lui)
Poi dopo 2 ore avevo un condor appollaiato sulla spalla che aspettava paziente la mia morte imminente per potersi cibare dei miei poveri resti.
Gennaro smise improvvisamente di parlare mi guardò (prima che gli avvoltoi mi mangiassero) “Ma mi stai ascoltando? Se non hai capito ricomincio da capo..” Mi risvegliai dal coma e scattai in  piedi come un molla mentre gli uccellacci se ne volavano via delusi.
“Nonononono NO! Tranquillo Gennaro ho capito TUTTO” Non avrei potuto resistere un minuto di più.
“Ho un’ idea!” disse tutto sorridente.
“Devo preoccuparmi?” Il ragazzino mi prese il pokegear dalla tasca e inizio a premere i tasti
“Ho registrato il mio numero ne tuo pokegear! Adesso posso chiamarti per parlare del mio favoloso Rattata e…-”
“NOOOOOOO!!!!” Iniziai a correre verso Violapoli, ignorai gli allenatori pronti a sfidarmi che incontrai durante il percorso, i Pokemon selvatici che ogni tanto mi aggredivano venivano spediti lontano con un calcio nel fondoschiena.  



Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo Violapoli, una torre piena di monaci pelati e Valerio.

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Capitolo 8
*** La torre Sprout ***


 Una torre piena di monaci fanatici dei Bellsprout.
Scalo una torre e le mie mutande si sentono osservate.


Arrivai a Violapoli senza fiato e con le gambe doloranti, fortuna che la strada rimasta era breve o avrei avuto dei problemi a respirare al momento.
Mi trascinai verso il centro Pokémon, che non fu difficile da trovare perché la città era piccola e quel tetto arancione era riconoscibile. Entrai spingendo le porte a vetri e strisciai verso il bancone dove una signorina con i capelli rosa e un grembiulino bianco mi guardò preoccupata.
L'arredo all'interno era piuttosto semplice, solo alcune sedie che circondavano dei tavolinetti posti lungo le pareti, un solo divano dall'aspetto non proprio nuovo e un economico televisore appeso ad un muro trasmetteva notizie. Nella parete dove si trovava il bancone notai una porta color arancio vivo con il simbolo universale delle toilette. Nel complesso era accogliente ma i colori delle piastrelle e dell'arredo risultavano troppo sgargianti.
Ripresi fiato “Posso avere una stanza?” Quella continuò a fissarmi come se temesse che potessi svenirle davanti “per favore?” chiesi gentilmente.
La signorina mi passò una chiave con un numero inciso sul porta chiavi “Stanza numero 15 secondo piano” disse con una vocina angelica.
Ringraziai e iniziai a salire le scale che si trovavano alla mia sinistra. Scalino dopo scalino arrivai al 2° piano, una volta arrivata davanti alla porta feci rientrare Cyndaquil nella sua pokeball ed entrai nella stanza.
Mi sdraiai a pelle di leopardo sul letto, era colpa di Gennaro e le sue chiacchiere se adesso ero così stanca.
Mi addormentai mentre guardavo il tramonto fuori dalla finestra, se non avessi avuto la brillante idea di farmi tutta la strada di corsa avrei potuto sfruttare il mio tempo per esplorare la città o allenarmi con Cyndaquil, invece di crollare quasi all'istante come una che si è ingoiata dei sonniferi.

Fui svegliata alle sei del mattino dal pokegear che squillava, era Gennaro, in quel momento avrei voluto lanciare il telefono dalla finestra sperando di colpirlo in testa. Non risposi, preferivo evitare di ricoprirlo di insulti, anche se li meritava tutti.
Il mio stomaco si era già svegliato e reclamava con ragione la colazione, e visto che non mangiavo dall'ora di pranzo del giorno precedente la mia pancia ruggiva.
Lasciai lo zaino nella stanza e presi la comoda borsetta che mi ero preoccupata di portare da casa, ci misi dentro le pokeball e il borsellino con i soldi.
Uscii chiudendo a chiave la porta, volevo riporre la chiave nella tasca dei pantaloni e contemporaneamente continuare a camminare verso il piano terra. Ma ero affamata, sveglia da poco, naturalmente goffa e fare due cose insieme è  sempre stato fuori dalla mia portata: rotolai giù per le scale facendo una immensa figura di M.
Mi rialzai dolorante e rossa come un pomodoro raccolsi la mia dignità mentre tutti gli allenatori presenti nella sala mi guardavano, alcuni ridevano e uno di loro mi stava facendo un video. Mi rimisi in piedi e mi diressi fuori dal centro Pokèmon velocissima alla ricerca di un bar.
Dopo aver fatto colazione decisi che era ora di andare a cercare la palestra dal momento che non avevo idea di dove si trovasse. Comunque in quella città ci ero già stata alcune volte con mia madre, e non era una megalopoli, anzi, era piuttosto modesta e dall'aria un po' antica.
Girai per le strade per un po’, come si riconosce la palestra dagli altri edifici ? semplice: quella di Violapoli sembrava una gigantesca voliera. Entrai, sembrava davvero una voliera (c’erano anche le cacche di piccione per terra); ma non c’era nessuno, niente Capopalestra, niente simpatici allenatori/spettatori.
L’unico essere umano era un vecchietto con una scopa in mano che puliva il pavimento dalla cacca di uccello
“Scusi? Dove posso trovare il Capopalestra?” chiesi attirando l’attenzione dell’uomo
“Il Capopalestra Valerio non è qui”
“Cosa?”
“Tornerà solo domani, ma questa città è un ottimo luogo per gli allenamenti: potresti andare alla Torre Sprout, se non riesci a superare quella non hai speranze di battere il grande maestro di Pokemon uccello Valerio”
Uscii dalla palestra sbuffando, Cyndaquil mi seguiva trotterellando sembrava felice di allenarsi alla torre del “come si chiama”.

Non fu difficile trovare la torre del “come si chiama” dato che era l’edificio più alto della città.

All'interno era tutta di legno e un grosso pilastro che arrivava fino alla cima della torre oscillava a destra e a sinistra.
C’era molto silenzio gli unici rumori erano i passi leggeri delle poche persone presenti nella torre e lo scricchiolio del legno.
Mi avvicinai al cento della torre per guardare meglio il buco nel soffitto “Perché questo coso si muove” chiese un bambino alla mia destra a quella che probabilmente era sua madre “Quando il pilastro si muove vuol dire che qualcuno in cima alla torre si sta allenando” rispose la donna, il bambino guardò in alto meravigliato.
*Driin Driin* il mio pokegear squillò, il fastidioso trillo rimbombò nel silenzio della stanza. Tutti i presenti si voltarono verso di me chiedendomi di spegnere il cellulare.
Arrossii violentemente e mi scusai con i presenti mentre mettevo fine al fastidioso rumore. I monaci mi guardavano malissimo “Scusi, mi scuso è colpa di Gennaro, scusate di nuovo” salii una pericolante scaletta di legno ma appena vidi cosa mi aspettava al piano superiore decisi che era meglio arrivare in cima per un'altra via…
Scesi la scaletta, non ero disposta ad affrontare migliaia di monaci pelati con i loro Bellsprout, e nemmeno Cyndaquil sembrava averne voglia. Bene, il mio Pokémon era pigro quasi quanto me.
Fu mentre facevo il settimo giro della sala guardandomi intorno che notai qualcosa di interessante, accanto al pilastro centrale pendeva una corda che dondolava a ritmo.
Mi ci avvicinai di soppiatto facendo finta di niente, allungai la mano e tirai.
La fune oppose resistenza, fece un rumorino ma rimase solida e rassicurante. Mi guardai intorno così da essere sicura che nessuno mi vedesse o potesse impedirmi di darmi alla scalata.

“Cosa non si fa per evitare monaci pelati armati di rasoio e Bellsprout ?” chiesi al mio Pokémon saldamente aggrappato alla mia testa mentre io mi tenevo aggrappata alla corda e avanzavo “camminando”in verticale sul legno.
“Non sono così male nelle scalate eh?” Stavo facendo un fatica immensa e quasi mi chiedevo se prendere la strada classica non fosse stata una scelta migliore.
Ma ormai dovevo essere quasi arrivata, o almeno speravo, perché non ce la facevo davvero più. Cercai una posizione che mi consentisse di starmene un po' ferma a riprendere fiato
 *Craaak*
Fu lì che sentii un rumore orribilmente preoccupante, e quando mi accorsi che non proveniva dalla corda sulla quale mi stavo arrampicando ma bensì dai miei pantaloni non sapevo quanto mi sarei dovuta sentire sollevata.
Intuii cosa fosse successo alla stoffa quando uno spiffero di aria fresca mi gelò le chiappe “Merda, ma guarda tu che sfiga! Proprio oggi mi si dovevano strappare i pantaloni, ma porca miseria ! Sfiga sfiga sfiga !”
Imprecai a voce forse troppo alta, però ero arrivata in cima, avevo le mutande in bella vista ma ero arrivata, chiunque avesse messo lì quella corda aveva tutta la mia riconoscenza.
Con un ultimo sforzo mi issai sul pavimento dell'ultimo piano mentre continuava la mia sfilata di imprecazioni, mi alzai e cercai di vedere la grandezza dello strappo, cosa che si rivelò alquanto difficile costringendomi a girare intorno come un cane che si morde la coda.
Tutti i monaci presenti all’ultimo piano mi guardavano a bocca aperta qualcuno ridacchiava.
Com’è che non mi ero accorta della loro presenza ?
Cyndaquil fingeva di non conoscermi e tentava di nascondersi in qualche buco.
C’era anche Rossino che ovviamente mi guardava con lo stesso disprezzo con cui si guarda una cacca d’uccello sulla sua giacca nuova. Detestavo quell’espressione di superiorità, quel suo sguardo freddo mi metteva a disagio e odiavo le sue smorfie antipatiche.
-Ok… Stai calma, esci da questa torre, cambia nome e fuggi in un’altra regione magari fatti fare una plastica al viso o con quella faccia ti riconosceranno subito- Mi consigliò una vocina nella mia testa.
Purtroppo non ascoltai quei preziosi consigli che il mio cervellino bacato mi forniva, ero troppo impegnata a sostenere lo sguardo di Silver che chissà perché continuava a fissarmi; o forse ero io che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, continuavamo a guardarci in silenzio io ero interessata soprattutto alla sua faccia. Più precisamente alla sua guancia di colore rosso/viola dove era stampata la forma del mio pugno.
Per un momento mi sentii in colpa “Che ci fai qui mocciosa?” chiese con il suo solito tono arrogante.
I sensi di colpa scomparvero senza lasciare traccia.
“Non sono affari tuoi” Sbottai.
C’era un anziano davanti a Silver un signore con la barba lunga e una tunica colorata.
Non mi ero accorta che quei due avevano appena finito una lotta e sembrava che Rossino avesse avuto la meglio;
“Sei molto forte ragazzo ma il tuo stile di lotta è alquanto spietato, non hai rispetto per nessuno! Né per i tuoi Pokémon né per l’avversario, non diventerai mai veramente forte se continui a comportarti così” Il nonnetto stava facendo una bella ramanzina a Rossino.
“Chi sarebbe quel vecchietto?” chiesi sottovoce a uno dei minaci pelati. Quello mi guardò un po’ prima di rispondermi “è il Grande Saggio, un vero maestro della lotta” sussurrò un po’ spazientito.
A me e ai miei pantaloni sarebbe servito di più un maestro del cucito…
Silver strinse i pugni, ricevere quella predica non gli faceva certo piacere, si voltò a testa bassa senza dire una parola. Solo quando fu abbastanza lontano dall’anziano saggio borbottò qualche parola “Tzè.. non potevo perdere conto un tizio che predica cazzate come l’ amore e il rispetto verso i Pokémon e verso l’avversario, Se i Pokémon non sono abbastanza forti per vincere le lotte sono inutili e per quanto mi riguarda possono andare tutti a quel paese!”
Perché si comportava così? Per qualche motivo avevo voglia di indagare ma di chiederglielo apertamente non se ne parlava proprio.
“Spostati” mi spinse di lato rischiando di farmi cadere nel buco al centro del pavimento dal quale ero appena uscita mentre lui scendeva usando la corda che avevo utilizzato anche io.

Il Grande Saggio della torre sprout mi chiamò “Sei anche tu qui per sfidarmi”

Annuii velocemente, non ero del tutto sicura di essere arrivata lassù per sfidarlo o per guardare il panorama ma se Rossino aveva combattuto forse lo dovevo fare anche io. Non valevo certo meno di lui.
“Bene” fece il vecchio “Fammi vedere cosa sai fare” Lanciò in campo il suo Weepinbell che a quanto diceva il Pokedex era l’evoluzione di Bellspout.
Batterlo fu abbastanza semplice dal momento che il mio Cyndaquil aveva appena imparato una mossa di tipo fuoco; bastarono un paio di attacchi ben assestati per far finire al tappeto quella insulsa piantina.
Rossino aveva ragione, questo Grande Saggio Maestro della Lotta e della Torre Sprout non era forte come dicevano i pelati della torre.
“Il tuo stile di lotta è ottimo, sei forte e credo che combatterai ad armi pari contro il Capopalestra Valerio; io invece vado a farmi una vacanza alle hawaii, che rimanga fra noi ma ne ho fin sopra i capelli di questa torre traballante infestata da Rattata e Bellsprout” Si tolse la tunica rimanendo solo con un paio di mutandoni ascellari, si infilò una camicia a fiori e un paio di occhiali da sole “Adiossss” urlò mentre correva verso la scaletta di legno con in mano una valigia.

Scesi usando la corda che decise di rompersi mentre ero ancora appesa facendomi cadere da circa due metri di altezza, per fortuna ero ancora tutta intera ma non avevo nessuna voglia di fare nient'altro per il resto della giornata quindi tornai al centro Pokémon, camminando in modo strano e con una mano a tenere chiuso lo stappo che avevo dietro, volevo evitare di far sapere a tutta Violapoli di che colore avevo le mutande, lo sapevano quelli della torre ed era già abbastanza.



Angolo Autrice:
Ok questo capitolo fa schifo...
Lasciate delle recensioni pe favore =)

Nel prossimo capitolo: Valerio


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Capitolo 9
*** L'uccello di Valerio ***


Cap 9                                                        L’uccello di Valerio
                                                                      
“Non abbatterti Valerio” dissi mettendogli una mano sulla spalla “Le dimensioni non contano”
“Si invece!”
“Non fare così…”                            
“Sapevo che era piccolo, ma ho voluto provare lo stesso e guarda come è finita!” disse il ragazzo scoraggiato “Ci vorranno giorni prima che si riprenda”
“Mi dispiace” dissi convinta.
“Ti ho delusa vero?” aveva le lacrime agli occhi.
“No, no, ma che dici non mi hai affatto delusa”
“Scommetto che ti aspettavi di più da me” si soffiò il naso “Sono stato un disastro su tutti i fronti… è troppo piccolo”
Quella conversazione stava prendendo un brutta piega.
“Non è importante quanto è grande ma come lo si usa”
Mi correggo una bruttissima piega.
“Stiamo parlando della stessa cosa?”
“Credo di sì …. Ma ci deve essere un modo per tirarlo su, mi fa pena vederlo così”
“Anche a me” frignò Valerio guardando l’uccellino.
 
Cyndaquil  era riuscito a sconfiggere il suo primo pokemon senza troppa fatica poi Valerio aveva deciso di far combattere il più piccolo dei suoi Pidgey per farlo allenare ma era stato messo K.o. al primo colpo. Adesso il povero uccellino se ne stava esausto e bruciacchiato fra le braccia del suo allenatore.
“Ho sbagliato mi dispiace Pidgey” il ragazzo dai capelli blu si asciugò le lacrime e fece rientrare il pokemon nella sua ball.
“Ti accompagno al centro pokemon?”
“Sei gentile” disse prima di scoppiare di nuovo a piangere
“Grazie”
“è la verità”
Hem… forse avrebbe cambiato idea se fosse venuto a sapere del mio comportamento sconveniente nei confronti di Silver, del poliziotto, di Gennaro Bullo e anche di Elm.
“Mi hai battuto *Sigh* quindi tu consegno la medaglia Zefiro *Sigh* te la sei meritata”
Yuppy ! “La mia prima, medaglia che onore”
“Povero Pidgey”
Valerio consegnò la pokeball  all’ infermiera dai capelli rosa, spiegandomi che si chiamava Joy.
Superato il trauma del Pidgey svenuto Io e Vale andammo a prenderci una pizza… Io invece avevo voglia di pollo arrosto.  



Angolo Autrice:
Questo capitolo è tanto breve quanto scemo. Quindi molto scemo!
Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo Silvers'pov

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Capitolo 10
*** Team Rocket ***


Note: Questo capitolo non è comico, anzi è piuttosto cupo.


Cap 10                                 Team Rocket                         Silver's pov


Azalina, tizi in divisa nera che non tardai a riconoscere si aggiravano per la città.
“Silver! Ti stavamo aspettando” un uomo dai capelli azzurri camminava verso di me con un falso sorriso stampato in faccia.
Mi irrigidii istintivamente, tentai di ignorarlo sperando che mi lasciasse in pace.
“Che fai scappi ?” L’uomo rise pungente, sentii la rabbia salire fino a soffocarmi, strinsi i pugni.
“Vi ho detto mille volte che non voglio avere niente a che fare con voi”
Milas sorrise di nuovo, quanto odiavo quel suo brutto muso;
“Non mi importa quello che pensi ragazzino, so benissimo che ci disprezzi ma sappi che una volta che il Team Rocket avrà conquistato Johto il grande Giovanni prenderà il controllo assoluto della regione, tu verrai con noi con le buone o con le cattive”
Odiavo quel tizio, odiavo il team Rocket e chiunque avesse a che fare con quell’organizzazione di criminali.
“Mi fate schifo” sibilai fra i denti, il generale Milas tornò a guardarmi mostrando i denti
“Che cosa hai detto?”
Ripresi fiato “Ho detto che mi fate schifo, non verrò mai con voi, se speri di vedermi con una di quelle divise a fare servetto del capo ti sbagli di grosso Milas!” Le parole uscirono dalla mia bocca cariche di odio.
Il generale del team Rocket ruggì e mi afferrò per il colletto della felpa, mi trascinò per qualche metro fino a che non sbattei la schiena contro il tronco di un albero.
Urlai per il dolore, Milas rideva cattivo ma sembrava non avere nessuna intenzione di lasciarmi; mi dimenai cercando di scappare ma l’unica cosa che ottenni fu una stretta ancora più forte attorno al mio collo. Non riuscivo a respirare, mi mancava il fiato, sentivo le gambe che stavano per cedere mentre Milas sembrava volermi strangolare “Mi piacerebbe vederti cadere nel pozzo Slowpoke, ma purtroppo non posso farlo” mi lasciò andare “Il grande Giovanni non approverebbe” mi voltò le spalle; caddi a terra, l’aria tornò a riempirmi i polmoni tossii e mi massaggiai la gola che adesso mi faceva un male terribile.
“Sei uno stronzo!” la mia voce era distorta e strozzata, tossii di nuovo “Ti odio”
L’uomo mi lanciò uno sguardo assassino “Sì sì” ragionò “Tu finisci dritto nel pozzo Slowpoke” mi prese per i capelli costringendomi ad alzarmi; strillai qualche insulto cercando di liberarmi.
 Milas mi mollò una gomitata nello stomaco per farmi stare zitto mentre mi trascinava giù per una pericolante scaletta all’interno del pozzo.
Mi legò le mani dietro la schiena per assicurarmi che non fuggissi “Verrò a liberarti quando avrai imparato a rispettare il grande Team Rocket” sussurrò.
“Mi fai schifo”  quello rise di gusto e prese una delle sue pokeball dalla cintura facendo uscire un Koffing.
“Buonanotte tesoro; Koffing, sai cosa fare” il Pokemon mi si avvicinò avvolgendomi in una nuvola di gas puzzolenti.
La mia vista si fece sfocata, riuscivo a vedere solo il ghigno sulla faccia del generale Milas;  le mie gambe erano deboli e stanche, non mi reggevo più in piedi, crollai sulla pietra bagnata del pavimento.
Prima di svenire giurai a me stesso che quel verme me l’avrebbe pagata cara.

 
                                                               

Cosa avevo fatto  per meritarmi tutto questo?
La mia unica colpa era quella di essere il figlio di Giovanni, capo e fondatore del team Rocket… non lo avevo scelto io, i figli non si scelgono i genitori. Odiavo quell’uomo, mi vergognavo di essere imparentato con quel bastardo.
Non lo avrei mai perdonato per quello che mi aveva fatto passare.
Mi aveva rovinato l’infanzia con le sue manie di grandezza, le sue assurde ambizioni, diceva che la sua organizzazione avrebbe conquistato non solo la regione di Kanto ma tutto il mondo dei Pokemon invece poi si era ritrovato sconfitto da un ragazzino di appena 15 anni.
Era solo un perdente e questo mi rendeva  il figlio di un perdente.
Quanto lo odiavo, era colpa sua se mi trovavo sul fondo di un pozzo era colpa sua se avevo vissuto gli ultimi 4 anni da solo rubando per avere qualcosa da mangiare, perché in fondo ero un ladro anche se mi ostinavo a negarlo a me stesso non ero poi così diverso da mio padre, il mio primo Pokemon: Totodile lo avevo rubato nel laboratorio di Elm.
 
Ma i miei guai non erano solo gli scagnozzi del team Rocket che mi perseguitavano, adesso avevo un rivale, anzi una rivale: un fastidiosa mocciosa che avevo incontrato a Borgofoglianova mentre spiavo Elm dalla finestra del laboratorio.
Ci eravamo sfidati sul percorso 29, anzi io l’avevo sfidata, io e il mio stupido orgoglio, se fossi stato zitto e fermo senza lasciarmi irritare dalle parole della ragazzina avrei evitato molti problemi: non l’avrei sconfitta quindi non mi avrebbe tirato un pugno, non avrebbe mai saputo il mio nome e non mi avrebbe voluto una rivincita quindi se ci fossimo rincontrati non avremmo combattuto.
Che vita complicata…
 
Non me lo meritavo...

Stavo lentamente riprendendo conoscenza, iniziavo a sentire dolore dappertutto; avrei preferito rimanere privo di sensi ancora per un po’. 





Angolo Autrice
Questo capitolo manca di comicità, ma non potevo fare altrimenti... la vita del povero Silver mi sembra piuttosto triste.
Ok... adesso mi vengono in mente alcune domande:
- Il rating (o come si scrive) giallo va bene?  è troppo basso? Troppo alto?
- Dato che è la prima volta che racconto la vicenda dal punto di vista di Silver, è andata bene? dovrei scrivere altri Silver's Pov
o faccio scifo ed è meglio se mi concentro solo su Elis?
Fatemelo sapere con un commentino. Grazie.

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Capitolo 11
*** Pozzo Slowpoke ***


Il pozzo Slowpoke

“Cyndaquil, ricordami di non entrare MAI più in una grotta Ok?”

Il piccolo animaletto mosse la testolina per dire di sì. Erano due ore che camminavo per i cunicoli della Grotta di Mezzo, obiettivo? Trovare l’uscita il prima possibile ovviamente.
Valerio mi aveva detto che per arrivare alla prossima città quella era l’unica strada. Valerio era un bravo ragazzo (Pidgey a parte) mi aveva dato informazioni preziose su come si usa il pokedex e mi aveva spiegato per filo e per segno la strada per arrivare ad Amarantopoli andando a est dopo Violapoli.
Peccato che io non ci avevo capito un bel niente e un po’ era anche colpa sua; mentre mi illustrava tutti gli aspetti artistici e storici di Amarantopoli con l’abilità di una guida turistica aveva accennato al capopalestra della città… un certo Angelo, mi aveva mostrato una sua foto e il mio cervello era andato in vacanza.
Motivo ? quel suo caro amico capopalestra era bellissimo; insomma non ci avevo capito una mazza della spiegazione di Valerio, ero troppo impegnata a sbavare sulla foto di Angelo.
A Violapoli era successo un’altra cosa: Elm mi aveva telefonato, speravo che non fosse per avvertirmi di un altro furto perché questa volta non l’avrei aiutato.
Dopo aver ascoltato con somma attenzione tutti i motivi per cui io avrei dovuto portarmi dietro quello stramaledetto uovo iniziai a pensare che prima di fare un’altra chiacchierata con il professore avrei preferito fare il bagno in una vasca di piranha ricoperta di maionese.
Fatto sta che era riuscito ad appiopparmi l’uovo, non ero sicura di sapere come avesse fatto; ricordo che era stato ore a snocciolare frasi senza senso, poi era passato agli aggettivi e alle lusinghe fino a che, stanca di ascoltarlo, avevo abboccato accettando di portare l’uovo con me.
Ma le stranezze non erano finite, dopo aver ritirato l’uovo che un suo collaboratore mi aveva portato (diciamo che era stato costretto a portarmelo in cambio della nuova versione di Tetris per il computer) mentre tornavo al centro Pokemon per riprendere la mia roba e partire verso Azalina avevo incontrato una strana donnina che si era messa a fare i complimenti al mio uovo parlando in rima poi se ne era andata di nuovo facendo qualche giravolta…
Io certe volte la gente non la capisco

Le pietre su cui stavo camminando ringhiarono interrompendo il mio flusso di pensieri, guardai Cyndaquil pochi passi più avanti di me che muoveva la testa di qua e di là cercando la fonte di quel rumore.
I sassi si mossero e (chissà come) intuii che quelle non erano pietre.
“Geo? Geodud” fecero in una specie di fastidioso coretto; i Pokémon che avevo calpestato iniziarono ad agitare le piccole braccia grigie rotolando nella mia direzione, indietreggiai e Cyndaquil saltò sulla mia testa.
I Pok
émon-sasso continuavano a venire verso di me sempre più velocemente, iniziai a correre più veloce che potevo ma non sapevo dove andare e l’unica luce era la fiamma sul dorso del mio Pokémon.
“Cyndaquil usa braciere” ordinai ; sapevo che fuoco non avrebbe avuto molto effetto ma almeno li avrebbe rallentati un po’.
Quegli stupidi sassi viventi erano ovunque, rotolavano minacciosi avvicinandosi sempre di più, notai una luce provenire da una galleria alla mia destra.
Mi avvicinavo sempre di più all’uscita correndo come mai prima di allora.
La luce mi abbagliò, cercai di mettere a fuoco l’ambiente circostante, individuai un albero e mi ci arrampicai con un’agilità che non sapevo di avere.
Fortuna che avevo imparato a scalare gli alberi da piccola.
La vista si fece più chiara, stava piovendo anzi diluviava, guardai il branco di
Pokémon fuori dalla caverna. Mi stavano cercando. Non dovevano essere molto furbi, ero sopra di loro ma non mi avevano ancora visto.
*Eetcii* il mio Pokemon starnutì. Temetti che i Geodud (così diceva il dex) ci avessero sentiti e invece niente, passò qualche altro secondo poi infastiditi dalla pioggia tornarono nella grotta.

Tirai un sospiro di sollievo, poi mi resi conto che c’era ben poco da essere felici; dovevo fare ancora un bel po’ di strada prima di arrivare ad Azalina e non avevo l’ombrello.

Arrivai in città completamente fradicia, avevo freddo e al posto delle scarpe c’erano un paio di laghetti con tanto di pesciolini e paperelle.
Sentii un tuono e iniziai a correre verso il centro
Pokémon; morire fulminata non era certo in cima alla lista dei miei desideri, per ora il primo posto era riservato ad una doccia calda e dei vestiti asciutti.
La solita infermiera gentile mi accolse dentro il
Pokémon center che per altro era quasi vuoto.
“Stanza 4 piano terra” fece sintetica sorridendo mentre mi consegnava un paio di chiavi; Finalmente potevo godermi un po’ di meritato riposo.

Qualche ora dopo il mio arrivo ad Azalina aveva smesso di piovere , ma una fitta nebbia aveva avvolto tutta la città.
Il clima di Azalina non mi piaceva affatto, odiavo tutte le cose bagnate e umide, ma dato che non potevo mettermi a ballare cercando di far uscire il sole non mi rimaneva altra scelta che prendere la mia fedele felpa e adattarmi a tutta quell'acqua.
Dopo pranzo decisi di andare a cercare la palestra. Mentre facevo il mio solito giro di perlustrazione della città mi accorsi che ovunque guardassi trovavo uomini in divisa nera con delle - R- rosse stampate sulla maglietta e sul cappellino. Che fossi capitata ad una festa in maschera?
Per essere una festa era piuttosto noiosa, niente bibite e snack, niente giochi, niente palloncini e niente risate. C’era un silenzio quasi inquietante, si potevano sentire le gocce d’acqua ticchettare sul terreno e i richiami dei
Pokémon che abitavano nel bosco.
Il mio
Pokémon/cappello tremò, neanche a lui piaceva molto questo silenzio ma quello non era il problema principale di Cyndaquil. Essendo un tipo fuoco con tutta quell’acqua si sentiva molto a disagio ma era troppo curioso per rientrare nella sua ball quindi adesso era appollaiato sulla mia testa.

Mi bloccai di scatto, davanti a me c’erano due uomini che discutevano, uno indossava la divisa nera e rossa l’altro no, probabilmente non era stato invitato a quella strana festa in costume.
“Impossibile…” disse quello vestito normalmente
“E invece è così, il grande Team Rocket è tornato”
“Ma vi eravate sciolti tre anni fa”
“Vero… ma adesso siamo più forti e ancora più decisi a conquistare il mondo, ma tu non puoi capire… SPARISCI!” il tizio con manie di grandezza sferrò in calcio all’uomo con cui stava parlando fino poco prima.
Quest’ultimo cadde a terra e prima che l’altro potesse fare qualcosa corse via.
“E tu che ha da guardare?!” l’uomo vesti di nero notò la mia presenza e mi si avvicinò minaccioso
“Io? Niente, davvero signor Maniaco sono solo di passaggio, non ho nessuna intenzione di imbucarmi alla sua festa per cosplayer accaniti di non so cosa, adesso me ne vado e la lascio con le sue manie di onnipotenza…” Girai sui tacchi e feci per andarmene ma il maniaco mi afferrò per il cappuccio.
“Mi lasci andare ! Non ho fatto niente di male… non a lei almeno” protestai
“Ma che carino il tuo
Pokémon” quello prese il mio Cyndaquil che iniziò a scalciare per liberarsi dalla presa.
“Hei.. non so chi cavolo si crede di essere ma quello è il
Mio Pokemon e adesso ci lasci andare!” sbraitai, nessuno poteva toccare il mio piccolo Cyndaquil senza il mio permesso.
“Non sembri nelle condizioni adatte per dare ordini mocciosa” fece continuando a strapazzare il mio amico.
Guardai la mia posizione, il tizio si sbagliava, la mia posizione era a dir poco perfetta “Le consiglio di lasciarci andare, lo dico per la sua incolumità”
Quello mi guardò come se avessi appeno detto che gli asini volavano
“Dico davvero”
In risposta l’uomo scoppiò a ridere “Peggio per lei, io l’ho avvisata”
“Ma che ragazzina arrog…-”
Non gli diedi il tempo di finire a frase che gli mollai un calcio dritto sui gioielli di famiglia.
Gli passai accanto sorridendo e mi ripresi il mio
Pokémon mentre quello steso a terra rantolava insulti e imprecazioni “Gliel’avevo detto” feci spavalda.
“Brutta…-” un altro calcio
“Così impara!”

Mi allontanai sperando di poter stare tranquilla per un po’.
Speranza vana, poco dopo mi ritrovai a correre per tutta Azalina cercando di seminare i due amici del tizio vestito di nero che ce l’avevano con me per come avevo trattato il loro amato compare. Quei tizi in divisa nera parevano essere membri di un’ organizzazione di non ho ben capito cosa con manie di grandezza di nome Team Rocket.
“Fermati ragazzina” Urlò uno dei miei inseguitori
“Col cavolo!” gridai in risposta.
Un pozzo, decisi che mi sarei nascosta lì per un po’. Scesi la pericolante scaletta fino a che non arrivai in fondo

“E tu che ci fai qui?”


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Capitolo 12
*** Trattato di pace Provvisoria ***


 Trattato di pace provvisoria


“E tu che ci fai qui?”
Silenzio…
Mi avvicinai al ragazzo steso su un fianco  “Silver?” chiamai.
Nessuna risposta. Mi inginocchiai accanto al mio rivale, gli toccai una spalla facendolo voltare; sembrava addormentato. Ma nessuno con un po’ di cervello si sarebbe addormentato sul fondo di un pozzo e sicuramente la grossa corda che gli legava i polsi non era arrivata fin lì da sola.
Gli passai la mano sul collo dove aveva un grosso livido violaceo, Silver era insopportabile questo lo sapevo bene ma tentare di strangolarlo mi sembrava un po' troppo.
Frugai nella tasca dei miei pantaloni e tirai fuori un coltellino pieghevole che avevo acquistato al pokémarket di Violapoli.
Iniziai a tagliare la corda facendo particolare attenzione a come mi muovevo, non volevo rischiare di fargli male e avrei preferito terminare il lavoro con tutte e dieci le dita.
“Finito” gli liberai le mani mostrando i polsi graffiati. Mi dispiaceva vederlo così.
Il ragazzo si lamentò e aprì gli occhi. Si guardò intorno per qualche secondo prima di fermarsi a guardarmi negli occhi.
“…Cosa ?” si mise seduto, tossì per schiarirsi la voce “Cosa ci fai qui mocciosa?” tossì ancora, questa volta più forte.
“Stai bene?”
“Che ti importa?”
“Cercavo solo di essere gentile e giusto perché tu lo sappia il mio nome è Elis”
“Non mi interessa mocciosa”
“Smetti di chiamarmi mocciosa!”
Silver sbuffò “Cosa ci fai qui?”
“Potrei farti la stessa domanda”
“Rispondimi”
“Prima tu”
“No”
“Ma Vaff-” Rossino mi tappò la bocca sibilando di fare silenzio.
Non protestai, sentivo le voci dei tizi del team Rocket avvicinarsi al pozzo; Silver si alzò e mi trascinò in una galleria senza togliere la mano dalla mia faccia.
 
“Hmpf… ffff mhfff…” finalmente mi lasciò andare “Stavo per soffocare” sussurrai.
“Sta zitta”
“Guarda che non sono stupida, quei tizi ce l’hanno con me e non ho nessuna intenzione di farmi trovare da quei maniaci”
“Perché i team Rocket dovrebbe avercela con un esserino insignificante come te?”
“Perché eri legato in fondo a un pozzo? E per quale motivo qualcuno ha tentato di strangolarti?”
Domanda scomoda.
Si toccò il colletto della felpa
 “Sì caro ho notato quel segno viola che hai sul collo” feci in risposta.
“Sei acida” constatò cambiando argomento.
“Tu sei uno..-” Mi interruppe di nuovo premendomi la mano sulla bocca, mi cinse la vita con un braccio guidandomi dentro al tunnel.
Non riuscivo a camminare in quella posizione e ogni volta che c’era un sasso Silver lo oltrepassava io invece ci sbattevo le tibie, vidi un altro ostacolo avvicinarsi. Questa volta non dovetti fare niente per schivarlo, Rossino mi aveva sollevato evitandomi il doloroso impatto contro la pietra appuntita.
“Faffie…” doveva essere un  -Grazie- ma era difficile parlare con una mano davanti alla bocca.
Ci fermammo dopo qualche metro, tesi le orecchie. Nessun rumore.
“Non mi hai risposto” iniziò lui “Perché quelle due reclute ce l’hanno con te?”
“Nemmeno tu mi hai risposto”
Mi guardò nervoso “Ti ho detto che non sono affari tuoi, credevo di essere stato chiaro”
Sospirai “è inutile parlare con te, avrei ottenuto di più conversando con una sedia” quel ragazzo mi creava due reazioni diverse: prima mi inacidivo come uno yogurt poi mi faceva sentire un pessimo essere umano.
“Cosa hai intenzione di fare?” chiesi
“A proposito di cosa?”
“L’uscita è bloccata da quei due e non ho la minima idea di cosa ci sia in quel buco” feci cenno al tunnel alla mia sinistra dal quale provenivano strani rumori e delle voci.
Silver sembrò scattare sull’attenti quando udì l’eco di una voce più forte delle altre.
“Milas…” borbottò.
“Che?” di cosa diavolo stava parlando?

“Eccoti qui ragazzina!” tre uomini molto, molto arrabbiati mi si posizionarono davanti.
Stritolai il braccio di Silver e lo guardai supplicandolo di aiutarmi.
“Io e te abbiamo un conto in sospeso…” fece il tizio al centro, lo riconobbi subito: era quello a cui avevo tirato il calcio.
“Cosa hai combinato?” mi interrogò Rossino.
“è una storia un po’ lunga, ti basti sapere che il calcio nelle parti bassi se lo è meritato”
“Sei sempre così violenta?”
“Solo quando la situazione lo richiede…” feci con aria innocente.
“Ehi piccioncini, avete finito di spettegolare?”
“NO! Hai fretta ? Sto per caso infastidendo sua signoria il conte rompi scatole? Fino a prova contraria ho tutto il diritto di parlare con chi mi pare e piace! Problems ?” nessuno commentò.
“Così va meglio” tornai a guardare Rossino “Dicevamo..?”
La bocca di Silver si increspò in un mezzo sorriso, si voltò dandomi le spalle e si avviò verso la galleria da dove provenivano le voci “Ho un conto in sospeso con un certo Milas, ti lascio con questi simpatici maniaci”
Gli uomini iniziarono a ridere “Tu… Credi di poter sconfiggere il Generale Milas, hahahahahaha questa sì che è bella”
Il ragazzo ringhiò innervosito, prese una pokéball dalla cintura e la aprì.
Uno spettro fluttuò davanti a noi, il corpo gassoso gli permetteva di galleggiare a mezz’aria.
Si voltò verso il suo allenatore guardandolo con i suoi occhioni gialli in attesa di un comando “Gastly usa ipnosi”
Il Pokemon gas svolazzò per la caverna fissando intensamente le tre reclute che pochi secondi dopo si addormentarono profondamente.
Silver se ne andò sparendo nell’oscurità della galleria.

Cosa dovevo fare ? uscire da lì battere la palestra e andarmene per sempre da quella città oppure dovevo seguire il mio antipatico e un po’ malandato rivale mentre cercava di regolare i conti con un tizio di cui non avevo mai sentito parlare prima d’oggi ?
Che dilemma…
 
“Silver! Aspettami!” correvo per lo stretto e buio cunicolo cercando di raggiungere Rossino.
“Che ci fai ancora qui?”
“Non ci arrivi da solo? Voglio aiutarti.” Mi guardò stupito
“Perché vorresti aiutarmi?”
“Oh… hem…non lo so… però… io....”
“Smetti di balbettare e ascoltami”
Mi prese per le spalle costringendomi a guardarlo in faccia, il ragazzino stupido e maleducato che avevo visto la prima volta era sparito lasciando il posto a un Silver più serio e con uno sguardo troppo duro per qualcuno così giovane.
“Questo non è un gioco, il team Rocket è un gruppo di criminali intenzionati a conquistare il mondo; ci hanno già provato più di tre anni fa e ci sarebbero riusciti se Red non li avesse fermati”
“Stai parlando di Red il campione di Kanto?”
Lui annuì “Senti, tu non mi piaci e io non piaccio a te ma fidati se ti dico che quelli fanno sul serio, tu hai incontrato solo delle reclute e ti posso dare ragione se pensi che siano degli imbranati”
“In effetti…” commentai, uno di loro era così idiota da voler fare i prepotente con una ragazzina e poi riuscire a farsi mettere KO.
“Ma i generali non sono molto peggio, sono spietati e per raggiungere il loro obbiettivo farebbero di tutto, non si fermeranno davanti a niente”
“Generali?”
“Sono in quattro, tre anni fa erano considerati solo gli scagnozzi più fedeli di Giovanni e quando il team Rocket si è sciolto questi quattro hanno fatto di tutto per ritrovare il loro capo e rimettere insieme l’organizzazione, a quanto pare ce l’hanno fatta; ma dato che Giovanni non si è ancora fatto vivo sono i generali ad avere il comando”
“Chi è Giovanni ?”
Silver riprese fiato “Giovanni è… è…” sospirò e distolse lo sguardo “era il capo e fondatore del Team Rocket è lui il pazzo con manie di onnipotenza che tre anni fa ha tentato di conquistare Kanto e di uccidere Red”
Non sapevo cosa dire, guardai Rossino che sembrava più strano del solito.
“Ah… bello…”
“E' la cosa più intelligente che riesci a dire ?”
Era tornato il Silver di sempre.
“Ti do un consiglio mocciosa: esci di qui e tornatene a casa.”
“A dire la verità non posso andarmene…”
“Perché?”
“Mentre tu non c’eri io ho tentato di uscire ma ho incontrato un vecchietto di nome Franz che mi ha implorato di aiutare gli Slowpoke, a dire la verità non mi importa un fico secco di quei Pokemon e delle loro code, che a quanto dice Franz il team Rocket gli sta tagliando per rivendere a caro prezzo… Ho accettato solo perché mi ha promesso un ricompensa”
“E io che credevo che lo facessi solo per altruismo”
“Ma sei scemo, secondo te io scendo in un pozzo a rischiare la pelle in cambio di niente? E comunque non posso lasciarti da solo, se i generali sono come li hai descritti avere qualcuno che ti guarda le spalle non è male.” Constatai e il mio ragionamento sembrò convincerlo o forse non aveva più voglia di parlare con me.

 
“Cammina” quasi ringhiò
“Scivolo” protestai
Silver sbuffò “Stare con te è come fare da baby sitter” Mi rimise in piedi senza troppe cerimonie e mi spinse avanti.
“Non è colpa mia se è bagnato”
“Ma sei tu che hai avuto la fantastica idea di metterti un paio di ciabatte di gomma”
“Le altre erano fradice.”
“Scema”
“Adesso basta” mi fermai all'improvviso e mi voltai verso Silver “Allora, io ti aiuto con il tizio che ti ha legato quaggiù, uniamo le forze e cerchiamo di uscirne in buone condizioni e una volta fuori io riscuoto la mia ricompensa, questo era il patto.”
“Sì, lo abbiamo stipulato solo cinque minuti fa” sbuffò
“Nuove regole, consideralo un trattato di pace provvisoria: dal momento che dovremo collaborare per riuscire a combinare qualcosa sarà meglio non litigare ogni sette secondi”
Silver roteò gli occhi ma non obbiettò.
“Primo: tu non chiamarmi mocciosa ed io non ti chiamo Rossino e non uso nessun altro nomignolo ispirati ai tuoi capelli” alzi il pollice per tenere il conto.
“Il secondo punto lo stabilisco io.. tu stai attenta a dove metti i piedi e non ti cacci nei guai di proposito, capirai che è difficile garantire la salute ad una calamita per sfighe e che io non posso starti appiccicato ogni secondo”
Storsi la bocca  ‘calamita per sfighe’ mi si addiceva alla perfezione.
“Va bene… Terzo: conta fino a dieci prima di parlare perché se fai troppo l’antipatico e ti menano allora te le meriti, quindi non farò niente per impedire/fermare il tuo pestaggio”
“Uff…ok”
“Quarto: io mi impegno a farti portare a termine la tua vendetta contro Milas e tu mi guidi verso l’uscita… se la trovi… hai qualcosa da rettificare o da aggiungere?”
Sembrò pensarci su “No, adesso muoviti lumaca” mi sorpassò  e riprese a camminare seguendo le voci dei membri del team Rocket che si facevano sempre più vicine
.


Angolo Autrice
Reggerà il patto fra Elis e Silver?
Milas pesterà Rossino o Elis lo difenderà?
Qual'è la ricompensa che Franz ha offerto a Elis per convincerla a rischiare le penne per salvare degli stupidi Slowpoke?
Lo scoprirete nella prossima punt... Hem... devo smetterla di guardare la Tv...



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Capitolo 13
*** Devo stare zitta ***


 Devo stare zitta


“Hei Silver! Ti sei svegliato alla fine, Hahaha credevo di averti fatto male sul serio questa volta” l’uomo dai capelli indaco rise “Sinceramente ci speravo, ma a quanto vedo sei più forte di quanto pensassi”.
Silver si irrigidì e strinse i pugni, il generare si avvicinò a noi riponendo il gigantesco coltello che poco prima aveva usato per tagliare la coda a uno Slowpoke nella cuntura.
Mi allontani di qualche passo mentre quello si avvicinava pericolosamente a Silver. Avevamo un piano, era stupido, rischioso e sembrava essere stato ideato da due idioti, però con un po' di fortuna avremmo potuto cavarcela.
Strisciai dietro a Milas e allungai una mano verso la sua cintura, iniziai ad armeggiare cercando di estrarre il coltello dalla sua custodia senza che il proprietario se ne accorgesse.
Mi si intrecciavano le mani mentre i due discutevano senza curarsi di me (egoisti), ma almeno nessuno faceva caso ai miei mirabolanti gesti da rapinatore mancato.
“Ti vuoi aprire porca miseria!?” Urlai
Silver si sbatté una mano sulla faccia “Come fai ad essere così scema?” lo fulminai con lo sguardo.
Milas notò che avevo la mano sui suoi pantaloni “Ragazzina… so’ che il mio fascino è irresistibile ma tu mi sembri un po’ troppo giovane”
“Hem… mi dispiace deluderla ma lei non è il mio tipo”
Il generale del team Rocket si intristì e tirò fuori dalla tasca uno specchio “Hai ragione, non sono più bello come una volta, il tempo passa ed ogni ticchettio dell’orologio si porta via un po’ della mia bellezza” Sospirò guardando avanti, non curandosi affatto di me. Questo era un bene ma cavolo, mi offendeva!
“Oh quante storie… scommetto che lei è single”
Milas annuì
“Ecco cosa le manca! Ha bisogno di una fidanzata, di una bella donna da portare fuori a cena, scommetto che sotto sotto è un romanticone”
L’uomo annuì con più energia “Sarebbe bello avere una ragazza” guardò il soffitto sognante.
Per quanto mi riguardava ero riuscita ad aprire quella maledetta custodia e adesso stavo tentando di estrarre il coltello.
“Le comprerei tanti fiori” continuò
“Oh ma che dolce”
“… ma non so se potrei continuare la mia carriera nel team Rocket”
“Sono sicura di sì… tutti i migliori delinquenti avevano una fidanzata”
“Davvero”
“Si ceeerto, probabilmente anche il grande Gianfranco- hem- Giovanni ha avuto una storia d’amore, tu che dici Silver?”
Silver mi guardò malissimo… ecco un altro punto del contratto: mai parlare di Giovanni. O meglio, mai parlare con Silver in ogni caso, tanto tutto quello che dicevo gli dava solo fastidio.
“E' vero! Si dice che fosse innamorato di una bella recluta dai capelli… no questa è un informazione riservata”
Silver tirò un sospiro di sollievo, Un momento … perché lo ha fatto?
“Tu ti chiami Elis vero?”
“Sì, perché?”
“Raccontami, tu sei impegnata?” mi guardò con gli occhi lucidi aspettandosi forse altre perle di saggezza, che orrore…
“Ovviamente…”
“E con chi ?”
“Non lo conosci…” Il coltello cadde sul pavimento tintinnando. Merda!
“Ora ho capito…. Voi due volevate solo distrarmi eh?”
“La prenda con filosofia… io credo davvero che lei abbia bisogno di una ragazza, la gente normale il sabato va al cinema o a divertirsi non se ne sta a in fondo a un pozzo a tagliare la coda agli Slowpoke!”
“Me la pagherete! Vai Zubat!”
Perché tutti vogliono lottare contro di me?!
“Aspettate… mmmh siete in due quindi… Esci Koffing!” urlò Milas
Io e Silver ci guardammo, una lotta a doppio? Che razza di follia era questa?

“Sei un cretino!”
“Ha parlato quella furba con le infradito!”
“Ho un’ ottima ragione per portare le ciabatte, tu invece perché capisci così poco?”
“Chiudi il becco mocciosa!”
“Ma vai a farti pestare a sangue da Milas!”
Stavamo litigando… ancora.
Milas ci guardava impaziente “Vi decidete ad attaccare? È una lotta in doppio e voi siete in squadra insieme quindi collaborate!” Sbraitò
“STA ZITTO TU!!” urlammo in coro prima di tornare a ricoprirci di insulti.
Cyndaquil guardò il Croconaw di Silver indeciso sul da farsi.
“Stai zitta o giuro che ti faccio uscire dal pozzo a calci”
“Provaci e ti riempio di schiaffi!”
“Mocciosa”
“Maleducato”
“Deficiente”
“Dillo un’altra volta e ti picchio sul serio”
“Sei aggressiva e priva di cervello”
“Sei stronzo e solo come un cane”
“Acida”
“Bastardo”

Lo Zubat di Milas era al tappeto, la cosa sorprendente era che i nostri Pokemon avevano fatto tutto da soli mentre noi litigavamo.
Ma quel Koffing era più resistente di quanto pensassi e ormai ad entrambi rimanevano solo pochi PS.
“Silver…”
“Se è un altro insulto risparmiatelo”
“No, basta gli insulti. Dobbiamo collaborare, il tipo dai capelli azzurrini ha ragione quindi ti chiedo scusa” Gli tesi la mano.
“Va bene, e… sfdsdfrcuklmsa”
“Che?”
“dgjmyvpyseòsd”
“Non ho capito”
“Scdjfgregtreoijsvusa”
“I don’t understand”
Riprese fiato "scusa"
Sorrisi “E ci voleva tanto?”
La faccia di Silver diventò dello stesso colore dei suoi capelli. Risi, era troppo orgoglioso anche per dire la parola scusa.

“Cyndaquil muro di fumo”
“Croconaw pistolacqua”
Eravamo stanchi, i nostri Pokemon iniziavano a dare segni di cedimento mentre il Koffing sembrava non volersi arrendere.
“Non ce la faremo mai…è troppo forte” Mi lasciai cadere in ginocchio, Silver mi guardò con disappunto
“Alzati”
“è inutile Sil… siamo spacciati”
Mi prese per un braccio e mi rimise in piedi “Non dirlo nemmeno per scherzo non è ancora finita. Vuoi davvero lasciare che Milas ci batta?”
Sospirai “Forse non hai tutti i torti... Cyndaquil, braciere!”
“Croconaw morso”
“Ma che carini peccato che io sia molto più forte di voi” gongolò Milas “Non avete speranze Usa acido!”
L’attacco colpì il mio Cyndaquil ma invece di andare KO si illuminò, svelta presi il pokedex dalla tasca e lo puntai verso la fonte della luce -Cyndaquil si sta evolvendo- disse.
La luce diventò fortissima poi sparì permettendomi di vedere il mio Pokemon nella sua nuova forma -Congratulazioni il tuo Cyndaquil si è evoluto in Quilava-
“Wow… che forza… bene Quilava usa ruotafuoco” Ordinai leggendo sul dex la nuova mossa che aveva imparato.
Per qualche motivo la potenza degli attacchi sembrava raddoppiata; sullo schermo del dex continuava ad apparire la scritta -si attiva aiutofuoco-
Il nemico fu colpito in pieno con una forza tale da farlo rimbalzare contro la parete di roccia per poi sfrecciare verso di noi, finendo dritto dritto contro la faccia del povero Silver.
Milas ringhiò facendo rientrare il suo Pokemon "Questa volta avete vinto voi, ma ci incontreremo ancora statene certi!"
Detto questo il generale ordinò alle reclute di battere in ritirata. Vidi tutte le reclute uscire dalla caverna in fretta e furia. Alcune mi passarono accanto senza neppure guardarmi, e a me andava bene così perché nemmeno io guardai loro, avevo ben altre cose a cui pensare.

Silver era a terra con il viso contorto in una smorfia di dolore, ci guardammo un secondo, io ero in piedi e lui steso e probabilmente ferito, dovevamo essere spaventati allo stesso modo ma l'importante era non farsi prendere dal panico.
Mi piegai svelta per aiutarlo a rialzarsi “Ti sei fatto male?”
Lui si tirò su e mettendosi seduto, con cautela si toccò la testa ed entrambi inorridimmo nel vedere che le sue dita erano macchiate di rosso.
“Oh cavolo” fu l’unica cosa che riuscii a pensare “Mi dispiace, è colpa mia, ho voluto provare il nuovo attacco di Quilava anche se non conoscevo la sua potenza, mi dispiace tanto” farneticai.
Silver sorrise amaramente e mi guardò per qualche secondo “Non importa…” il ragazzo barcollò, i suoi occhi si chiusero lentamente e si riaprirono con altrettanta esasperante lentezza.
Perfetto, adesso sì che ero nel panico.
“Silver! Silver, ti prego riprenditi, non osare svenire o addormentarti!” Gli stavo urlando in faccia “Dobbiamo uscire e io non ce la faccio a portarti in braccio. E in questo postaccio non c'è nessuno che possa aiutarci, quindi vedi di restare cosciente e collaborare”
Se non sveniva lui svenivo io per iperventilazione.
Quello parve fare uno sforzo immenso ma si mosse e cercò di cambiare posizione “Dammi una mano, mocciosa” allungò il braccio e io lo afferrai, diedi uno strattone aiutandolo a rimettersi in piedi. Sapevo che la fatica non era finita lì, prima che perdesse l'equilibrio e cadesse di nuovo feci scivolare l'arto del rosso sopra la mia spalla così che potessi sorreggerlo meglio.
Dai Elis, lo sai per esperienza che le ferite alla testa sanguinano sempre un sacco anche se sono piccole.
Mi ricordai delle disavventure della mia infanzia e non sapevo bene se quello che mi ero appena detto dovesse tranquillizzarmi o no. Comunque non ci riuscì, ero ancora sul fondo di un pozzo con il peso del mio rivale che gravava sulle mie gambe, impaurita come raramente mi ero sentita.
Che cosa dovevo fare
?


Angolo Autrice:
Elis ce la farà ad uscire prima che Silver ci rimetta la pelle?
Dov'è l'atletico vecchietto quando serve?

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Capitolo 14
*** Unexpected situation, strange solution ***


Unexpected situation, strange solution

Silver’s pov


“E-Elis...” la mia voce uscì in un rantolo, la testa mi pulsava dolorosamente, mi sentivo disorientato e debole. 
“Ti prego dimmi che riesci a camminare” Mi sorpresi di averla chiamata per nome, ma lei non ci fece caso, la sua voce tremava, non avevo mai sentito quel tono.
“Sì, ce la faccio” A dire il vero non ero sicuro e avevo paura che se non ci fosse stata lei a tenermi in piedi sarei arrivato all'uscita strisciando.
“Per fortuna il sangue non mi fa nessun effetto o a quest’ora sarei già morta di paura.” C’era un che di acido nella sua voce resa acuta dalla paura ma riuscii a cogliere una nota di preoccupazione “Ma ho controllato e non sembra profonda” continuò a parlare mentre molto lentamente muoveva un passo in avanti ed io facevo lo stesso. In sincerità era piuttosto imbarazzante essere costretto ad aggrapparmi a lei per riuscire a restare in piedi.
“Dovrei disinfettarla...” e toccò la borsa meccanicamente.
“Non adesso, usciamo di qui e basta” Non avevo voglia di parlare, né di discutere e neppure di stare fermo a perdere tempo. Volevo un letto e volevo dormire.
Lei dovette intuire quello che stavo pensando o forse capì il mio disagio dal fatto cercassi di limitare il contatto fra i nostri corpi al minimo indispensabile.
“Questa situazione non piace neanche a me” fece  “Usciti di qui potrai ricominciare ad odiarmi, a farmi notare quanto sono debole, stupida e insignificante” ormai avevamo preso il ritmo e camminavamo con un andatura lenta e traballante ma in ogni caso stavamo avanzando “Ma per adesso, se ti viene voglia di insultarmi, non farlo” ridacchiò.
La ragazza era stanca, ansimava e la sentivo sempre meno sicura sulle sue gambe ogni metro che facevamo. Che situazione orrenda, non ci guardavamo neppure, Elis fissava la terra davanti a noi e si preoccupava di scegliere la via meno scivolosa e accidentata, io tenevo gli occhi fissi davanti a me incapace di guardarla in faccia, già, proprio una brutta situazione.

Per uscire dal pozzo l'ultimo ostacolo era una traballante e umida scala di legno, che chissà per quale miracolo era ancora in piedi dopo che tutte le reclute del team Rocket l'avevano usata. Salii per primo e ogni piolo che riuscivo a salire mi sembrava una benedizione, anche con la testa che girava e faceva un male tremendo riuscii ad arrivare in cima. Una volta fuori mi accorsi che non ero mai stato così felice di vedere la luce monocromatica dei giorni nuvolosi, mi appoggiai al bordo del pozzo per riprendere fiato, stando però ben attento a non perdere l'equilibrio.
Elis uscì subito dopo e mi guardò preoccupata "Stai bene?" chiese avvicinandosi.
Scossi la testa. Fanculo l'orgoglio, non era il momento giusto per fare i duri.
"Siamo quasi arrivati, resisti" Assumemmo la stessa posizione che avevamo usato per muoverci nel tunnel, non mi opposi mentre mi toccava e lasciai che mi aiutasse di nuovo. 
Vedevo il tetto rosso del centro Pokemon che si avvicinava sempre di più, Elis sorrise sollevata mentre io mi sentivo sempre più debole. Non mi ero mai sentito tanto stanco.
Le mie gambe cedettero poco prima di varcare la porta, l'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi fu il viso gentile dell'infermiera e quello sconvolto della mia rivale.


Elis’s pov


Nel centro Pokémon l'infermiera rattoppò Silver dopo averlo portato in una stanza apposita. A quanto pareva di allenatori che si facevano male ce n'erano più di quanto credevo, il pensiero non mi rassicurava per nulla.
Rossino apriva gli occhi ogni tanto ma li richiudeva subito dopo e tornava a dormire, la donna diceva che non dovevo preoccuparmi ma non era proprio semplice restare calma dopo quello che mi era successo poco prima.
Quando ebbe finito la signorina uscì dandomi il permesso di restare fino a che il ragazzo non fosse stato in grado di andarsene con le sue gambe in una delle stanze al piano superiore, cosa che a quanto diceva sarebbe dovuta accadere di lì a poco.
Era un vero peccato che la pazienza non fosse nella lista delle mie doti.
“Silver” lo chiamai piano punzecchiandogli il braccio con l'indice. Nessuna risposta.

Lo scossi leggermente e ricominciai a toccarlo ritmicamente.
“Come sei noiosa” borbottò spostando il braccio così che non ricominciassi ad infastidirlo.
Guardai l'orologio, era pomeriggio inoltrato, con uno sbuffo mi lasciai cadere sulla sedia girevole accanto al letto e iniziai a sfrecciare per tutta la stanza. Mi stavo annoiando.
“Ma quanti anni hai ? cinque?” chiese Rossino guardandomi come se fossi matta;
“No, ne ho sei, Weeeee!” ricominciai a girare per la stanza in sella a quello strano veicolo, Silver sembrava divertito, avrei giurato di averlo visto sorridere… No, impossibile, Silver non sorride mai.
“Silver”
“Che vuoi?” quando parlava strascicava un po' le parole ma doveva essere perché si era ridestato da poco.
“Andiamocene” Dissi sintetica “Questa stanzetta puzza di medicine e mi mette i brividi, ho chiesto all'infermiera di preparare due camere, sono ai piani superiori basta salire le scale, o forse c'è anche un ascensore, non ho controllato”
Quello roteò gli occhi e scese dal lettino (o era una barella?) sul quale era steso fino a poco prima e controllando il suo equilibrio si avviò verso la porta. 
Ok, camminava dritto e sembrava in salute, era stanco ma d'altra parte anche io ero distrutta, però sembrava tornato in se.
Lo seguii e una volta usciti dalla porta lo superai “Vado a prendere le chiavi”

Dietro il bancone c'era un tizio che non avevo mai visto,ma non mi interessava sapere chi fosse, mi porse le due chiavi che avevo chiesto e ci salutammo cortesemente.
Il rosso aveva già iniziato a salire le scale e appena lo raggiunsi gli consegnai la chiave della stanza che si trovava al primo piano, mentre io presi quella situata al secondo.
Mi sembrò di averlo sentito biascicare un “grazie” prima che si allontanasse nel corridoio ma forse me lo ero immaginata.



Angolo Autrice:
Dopo aver passato ore a fissare il foglio di word senza scrivere niente un' idea è caduta dal cielo (colpendomi dritta in faccia)
e questo è quello che è venuto fuori


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Capitolo 15
*** Seconda Palestra ***


 La seconda Palesta


Silver sembrava riprendersi in fretta, o almeno così diceva, con un tono sempre più irritato, ogni volta che glielo chiedevo.
Credo che il ragazzo stesse ricominciando ad odiarmi, e con più forza di prima. Anche l'infermiera Joy mi diceva che non avevo nulla di cui agitarmi ma non riuscivo a farne a meno, quello che era successo nel pozzo mi aveva scossa più di quanto pensassi.

Silver, posso farti qualche domanda?”
“Dipende” Rispose con il suo solito tono piatto.
“Tu eri legato in fondo al pozzo per colpa di Milas giusto?”
Silver annuì e abbassò lo sguardo;
“Ma perché se l’è presa proprio con te?”
“Non voglio parlarne”
“Altra domanda… Perché odi sentir parlare di Giovanni?”
Nessuna risposta, i suoi occhi erano tornati freddi e vuoti, quanto odiavo quello sguardo.
“Ho capito, non vuoi parlare neanche di questo… Ne ho un’altra : Perché hai rubato un Pokemon dal laboratorio di Elm?”
“Ci sono cose che preferiresti non sapere” disse dopo un po’.
“è questa la risposta migliore che sai darmi? Credevo ti fidassi di me” o che almeno mi fossi dimostrata degna di un po' di considerazione.
“Io non mi fido di nessuno”
Era inutile continuare quella conversazione, sapevo già come sarebbe finita e non mi andava di litigare, mi sembrava di lanciare sassi nel mare, sprecare tempo e fiato sapendo che in cambio non avrei avuto nulla comunque.
Silver si alzò dal tavolo della piccola caffetteria situata dentro al centro
Pokémon che stava occupando da solo prima che io invadessi il suo spazio e iniziassi a fargli domande, si voltò dandomi le spalle e se ne tornò nella sua stanza.
Lo guardai arrabbiata
mentre saliva usciva dalla mia visuale, poi stanca di starmene seduta a girarmi i pollici uscii dalla stanza.
Erano passati
due giorni da quando avevamo combattuto contro il team Rocket, speravo che Silver non mi considerasse più come “l’irritante mocciosa che mi ha tirato un pugno” e invece mi sbagliavo. Così come mi sbagliavo a credere che anche uno stronzo come lui in fondo avesse un cuore.
Scoprii che non mi importava poi così tanto di quello che pensava, se voleva odiarmi e continuare a vedermi come la sua rivale era libero di farlo,
ma ciò significava che io avrei fatto lo stesso.


In Palestra

Che schifo, che schifo, che schifo!” mi lamentai mentre salivo su un enorme ragno meccanico.
Gli insetti non mi facevano particolarmente schifo di solito, ma quello era un caso eccezionale, quel ragno era gigantesco e si muoveva su travi di legno come su una ragnatela,
producendo cigolii metallici e facendo scricchiolare le assi.
Bleah…
Il coso si fermò permettendomi di scendere e di raggiungere il Capopalestra, nessuno mi aveva detto che era una palestra di tipo coleottero ma probabilmente avrei dovuto intuirlo dopo aver visto che la medaglia aveva la forma di una coccinella.
“Buongiorno, io sono Raffaello il Capopalestra di Azalina”
Raffaello era un ragazzino bassetto con i capelli viola lunghi circa fino alle spalle, indossava un divisa verde da boy scout e in mano teneva un retino per farfalle, ma a giudicare dalla grandezza dovevano essere farfalle giganti.
“Sei sicuro di essere un maschio?” Chiesi ingenuamente notando il suo aspetto fin troppo femminile.
“Sì, sono un maschio perché non si vede?”
“No, a prima vista sembri proprio una ragazza, hai anche i pantaloncini tagliati sopra il ginocchio”
“Allora ti hanno fregato, è una divisa da femmina.”
“Sei qui per sfidarmi o no?”
“Ah giusto, iniziamo” Trattenni l’impulso di tirargli giù i pantaloni per verificare di persona se fosse o no un ragazzo.

“Sara una lotta 3 vs 2” Annunciò un arbitro spuntato fuori dal nulla “La prima mossa sta alla sfidante Elis, dal momento che è in svantaggio numerico”
- Che gentile – pensai sarcastica.

Raffaello mandò in campo il suo primo
Pokémon: un Kakuna.
Il pokedex diceva che fuoco era forte su coleottero quindi usare Quilava era la cosa migliore, avevo anche un altro
Pokémon: un Golbat che avevo catturato nella Grotta di Mezzo, ma non lo avevo ancora allenato e anche se il livello relativamente alto i suoi attacchi facevano pena.
“Quilava usa braciere!” ordinai
“Rafforzatore!” inutile, il mio
Pokémon attaccò prima che il Kakuna potesse difendersi e lo mandò Ko al primo colpo.
Il Capopalestra guardò deluso il suo
Pokémon esausto e lo ritirò nella ball.
“Vai Metapod” gridò.
Un bozzolo verde molto simile al primo si posizionò di fronte a Quilava, usai la stessa tecnica di prima e funzionò benissimo, che
Pokémon inutili… sapevano usare solo rafforzatore.
“Non hai ancora vinto!” Sbraitò Raffaello
Risi e borbottai sottovoce “L’importante è esserne convinti”anche se aveva più Pokémon io e il mio Quilava lo stavamo facendo a pezzi.
L’ultimo alleato di Raffaello era una gigantesca cavalletta alata con due grosse falci al posto delle braccia, aveva un aspetto inquietante, mostrava i denti appuntiti e mi guardava con i suoi occhi gialli ma ciò non bastava a scoraggiarmi.
“Quilava attacco rapido” la mia voce mi suonava più fredda e priva di entusiasmo, era apatica e piatta, troppo sicura e decisa per essere la mia. Ma ero stata io a pronunciare quelle parole ne ero sicura.
Lo Scyther del Capopalestra vanne colpito in pieno e fu costretto ad indietreggiare.
“Adesso ruotafuoco” Il mio
Pokémon si trasformò in una palla di fuoco e partì all’attacco, il nostro avversario schivò il colpo con maestria ma io ero troppo sicura di vincere per farmi mettere in difficoltà da quella mossa.
“Haha! Ti ho sorpresa eh?” Rise spavaldo Raffaello.
“Mi dispiace deluderti ma la nostra lotta si conclude qui” il mio Quilava cambiò improvvisamente direzione colpendo Scyther alle spalle. Sorrisi, ma non era un vero sorriso era più una smorfia cattiva che avevo già visto sul volto di Silver.
Raffaello mi consegnò la medaglia facendomi i complimenti, lo ringraziai per la bella lotta e me andai.
C’era un antipatico dai capelli rossi a cui dovevo dire due paroline…

“Dobbiamo parlare Rossino!” Dissi facendo irruzione nella sua stanza. Silver era in piedi che si allacciava la cintura dei pantaloni, appena mi vide roteò gli occhi e fece una smorfia irritata.
“Che vuoi?”
Prese la felpa che aveva appeso sull'anta dell'armadio e si chinò per raccogliere il suo zaino.
Hai fatto i bagagli...” notai assente, la cosa non mi stupì ma ero un po' delusa, credevo che avrei avuto più tempo per fargli un discorsetto, ancora speravo che se avessimo avuto modo di confrontarci senza urlarci contro avremmo potuto anche avere una convivenza pacifica. Rivali sì, ma senza odiarci.
Già, me ne vado, mi sto rammollendo e il fatto che stia parlando con te lo dimostra. Mi hai aiutato e ti sono riconoscente, ma niente di più. Se ti aspettavi un abbraccio o una bella chiacchierata a cuore aperto dove mi commuovo e ti ringrazio dedicandoti una poesia ti devo deludere, ma ho ancora una dignità che non me lo permette” fece caustico.
Sapevo cos'era il sarcasmo, dopotutto ero un'acida brevettata ma anche lui non scherzava. Mentirei se dicessi che quelle parole mi lasciarono completamente indifferente.

Per una volta nella mia vita mi morsi la lingua e non dissi nulla, mettermi ancora in ridicolo non mi andava proprio.
Quanto
ero stupida, come ho fatto anche solo a pensare che quel ragazzo potesse aver cambiato opinione su di me da un giorno all'altro, come mi era venuto in mente che saremmo potuti andare d'accordo?
Ad essere sincera ero più a
rrabbiata più con me stessa che con lui.
Mi si avvicinò, era sempre stato così alto o era cresciuto negli ultimi giorni? Possibile che non lo avessi mai notato?
Lanciai uno sguardo furtivo ai suoi piedi per controllare che non indossasse i tacchi. Mi guardò negli occhi, ecco un’altra cosa che non avevo mai notato: gli occhi, non l’avevo mai guardato davvero negli occhi e solo ora vedevo il loro colore, erano grigi e freddi come il ghiaccio ma c’era qualcosa che li rendeva bellissimi a mio giudizio.
Spostati, ti sei messa proprio sulla porta
In silenzio, senza fiatare, senza insultarlo girai sui tacchi e me ne andai. Non avevo niente da dire, non volevo arrabbiarmi, non volevo urlare, per questo restai zitta, la bocca sigillata per paura che qualche parola sfuggisse al mio controllo come sempre.
Attraversai il corridoio e senza voltarmi a guardare dove si trovasse entrai nella mia stanza e preparai il mio zaino. Avevo già deciso di non ripensare mai più a quella conversazione e che tutti i propositi per una civile convivenza con Rossino dovevano andare bruciati.
Uscii dal centro
Pokémon con il mio Quilava a fianco, pronti per partire.




Angolo Autrice:
Silver è più stronzo del solito in questo capitolo.

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Capitolo 16
*** Cosa non si fa per dei dolcetti ? ***


Cap 16                        Cosa non si fa per dei muffin al cioccolato?
                                                     
Silver sembrava scomparso e io potei proseguire verso il Bosco di Lecci in tranquillità.
Se mai la voce "perdona l'idiota dai capelli rossi" si fosse trovata nella mia lista delle cose da fare probabilmente l'avrei ignorata, iniziavo a pensare che lui avesse regione, che cosa mi aspettavo? Che improvvisamente diventassimo amici per la pelle? Forse davvero non era possibile, non per noi.
Ma trovare Rossino e fare altri tanto imbarazzanti quanti inutili tentativi di socializzare non era la mia priorità al momento. Mi ero persa, non avevo idea di dove fosse l’uscita da quel labirinto di alberi e come se non bastasse si stava facendo buio. Decisi di accamparmi, anzi non fu una mia decisione, ero costretta a fermarmi: camminare nel bosco di notte non mi piaceva per niente.
Quilava accese il fuoco (io non ne ero capace), odiavo il campeggio, odiavo dormire per terra e odiavo dover stare attenta ad ogni minimo rumore.
Preparai il sacco a pelo per la notte e mi sedetti , avevo camminato senza fermarmi un attimo per tutta la giornata e adesso non mi reggevo più in piedi dalla stanchezza.  Sentii un fruscio, Quilava scattò sull’attenti e si mise a ringhiare contro un cespuglio.
Il fruscio si ripeté e qualcosa fra le foglie e l’erba si mosse. Iniziavo a spaventarmi, Quilava continuava a ringhiare e a guardarsi intorno nervoso. Doveva esserci un Pokemon selvatico.
Le foglie si mossero ancora, questa volta più forte; il mio starter si gettò fra i cespugli e iniziò a rincorrere l’altro Pokemon fino a che non lo acchiappò.
L’altro sembrava stordito ed io colsi l’occasione per lanciargli un pokeball nella speranza di catturare un Pokemon interessante e non uno dei soliti Caterpie o Weedle che continuavo ad incontrare.
La ball vibrò, la guardai mentre vacillava poi si fermò; mi addentrai nel bosco per raccoglierla.
Tornai a sedermi vicino al fuoco fissando la sfera che tenevo in mano, guardai Quilava, anche lui sembrava curioso di vedere il nuovo membro della mia squadra.
Cliccai il pulsante al centro e la ball si aprì. Un Pokemon dal pelo grigio scuro sedeva sull’erba davanti a me, mi guardava negli occhi con aria di sfida.
Presi dalla borsa un po’ del panino che era avanzato dal mio pranzo e lo diedi a Pokemon che lo afferrò con gli artigli, lo annusò diffidente poi lo mangiò; sembrava davvero affamato.
Presi il pokedex  -Sneasel, tipo ghiaccio/buio;  vive sulle montagne, è famoso per la sua astuzia e per essere un grande ladro di uova.-
Di solito gli Sneasel vivono sulle montagne o dove c’è freddo, trovarne uno nel Bosco di Lecci era un evento più unico che raro, chissà cosa ci faceva quello lì.
Il mio nuovo Pokemon mi si avvicinò annusando l’aria, gli passai anche il resto del panino, adesso non avevo davvero più niente da mangiare.
Feci rientrare il miei Pokemon nelle loro ball e mi infilai nel sacco a pelo.
 
Erano circa le cinque del mattino quando fui svegliata da uno stupido ragazzino imbranato che aveva perso i suoi Pokemon. Non so cosa mi aveva convinto ad aiutarlo, ah sì… ora ricordo: ha promesso di pagarmi.
Non ero sempre così tirchia e superficiale ma avevo un disperato bisogno di soldi.
“Quei Farfetch’d non sono miei ma del mio capo, non mi ubbidiscono perché non ho nessuna medaglia” spiegò .
Io continuavo a sperare che un Ursaring affamato se lo mangiasse, nessuno può svegliarmi alle 5 e sperare di sopravvivere alla mia ira.
Camminavo pensando a come poterlo derubare e fuggire. Il ragazzino si fermò  all’improvviso, interrompendo il piano di vendetta numero 32. Mi fece segno di fare silenzio e di guardare alla mia sinistra; un uccellaccio marrone con un porro sotto l’ala passeggiava tranquillo nella radura, beccando l’erba.
“Cosa dovrei fare?” chiesi  guardando il Farfethch’d.
“Dovrebbe acchiapparlo”
“Grazie genio, quello lo avevo capito anche da sola”
“le hanno mai detto che è acida”
“Spiegami cosa devo fare o ti do in pasto agli Ursaring”
“Allora, deve avvicinarti senza fare rumore e prenderlo alle spalle”
“Ok ragazzino, ho un piano”
“Mi chiamo Cody”
“Ok, non mi importa come ti chiami, ho un piano, ed è lo stesso di prima ma se continui a interrompermi non concludiamo niente e io ho fretta di incassare la mia paga e tornare a dormire!”
“mi dica questo piano”
“Tu vai lì” indicai un punto fra gli alberi “e fai un po’ di rumore per distrarlo mentre io lo prendo alle spalle”
Il ragazzino si complimentò per la mia brillante idea e andò a nascondersi fra i cespugli.
Mi avvicinai di soppiatto al Pokemon intento a cercare la fonte dei rumori, mi lanciai con un balzo e lo acchiappai per le ali.
Quello lottò per liberarsi, dibattendosi e beccandomi le mani. Dopo qualche secondo si arrese e io lo riportai da Cody sputando le piume che mi erano finite in bocca.
“Dove sono i soldi?”
“Mi dispiace deluderla signorina ma c’è ancora un altro Farfethch’d da prendere”
A quanto pareva il mio lavoro non era ancora finito.
“Uff…  dov’è l’altro uccellaccio?”
Cody indicò un sentiero “L’ho visto correre in quella direzione”
 
“Eccolo lì” sibilai leccandomi le labbra, il ragazzino mi guardò
“Signorina, mi sta facendo paura” disse indietreggiando.
Risi “Facciamo come prima”
Il mio complice fece un po’ di rumore spezzando dei rametti mentre io mi avvicinavo piano piano.
Ancora un passo e lo avrei acchiappato, ma quell’uccellaccio maledetto si voltò e iniziò a picchiarmi in testa con quel gambo di sedano. Poi vedendomi molto arrabbiata iniziò a correre.
“Le è sfuggito per un pelo, ma dove corre signorina? Signorina?!” Mi gridò mentre io rincorrevo il Farfethch’d fra gli alberi.
Non mi sarei fatta seminare da quel maledetto Pokemon, presi la pokeball di Sneasel e feci uscire il mio nuovo compagno che si posizionò sulla mia spalla per evitare di correre.
“Usa ventogelato!” il mio Pokemon saltò e soffiò una brezza gelata verso il fuggitivo.
L’ altro Pokemon venne colpito e rallentò la corsa. Lo presi per la coda e lo tenni stretto mentre lo restituivo al suo proprietario.
Il ragazzino mi ringraziò e mi consegnò delle banconote. Adesso potevo tornare a dormire.
 
Riuscii a riposarmi per un paio d’ore poi sentii qualcosa che mi punzecchiava la schiena.
Aprii gli occhi e la luce del mattino mi abbagliò, costringendomi a richiuderli di nuovo.
“Svegliati!” Quella voce…
“Adesso devi spiegarmi un paio di cosette” biascicai ancora assonnata “Cosa ci fai alle…” guardai l’ora sul pokegear  “alle 7 e mezza del mattino nel Bosco di Lecci, dimmi perché mi hai svegliato ma soprattutto dammi un buon motivo per cui non dovrei ucciderti”
Mi ritrovai a urlare in faccia a Rossino, il mio naso ad appena un centimetro dal suo.
“Perché ho portato la colazione” Ecco una parola magica: cibo, avevo una fame tremenda.
Il mio stomaco brontolò “Ottimo motivo”
“Bene, se vuoi mangiare devi prima battermi”
“Cosa?!” urlai sconcertata “Senti Rossino, non mi va di scherzare… ho fame e io non scherzo quando ho fame”
“Niente scherzi, solo una lotta 3 contro 3 per vedere chi è il migliore”
“Ancora con questa storia? Non sei stanco di voler sempre dimostrare chi è il più forte?”
“Se non vuoi non importa, io e quella che potrebbe diventare la tua futura colazione ce ne andiamo” Si voltò e fece per andarsene.
“Aspetta!” Avevo troppa fame per rifiutare anche se non avevo nessuna voglia di combattere “Uff… ci sto facciamo questa lotta”
Silver tornò indietro, fermandosi a qualche passo da me. Staccò una delle ball dalla cintura e fece uscire il suo primo Pokemon.
“Uno Zubat? Tu speri di battere me e Quilava con uno Zubat?” Mi stavo rotolando dalle risate, lui mi guardò torvo. Mi ricomposi “Hem…fa come vuoi, Quilava usa ruotafuoco”
Il mio starter attaccò colpendo il povero Zubat e mandandolo Ko. Silver sembrava sconvolto.
“Già finito?” infierii “Rossino, sei un pappamolle” risi.
Se uno sguardo avesse potuto uccidere sarei già morta dopo l’occhiataccia che mi lanciò il mio rivale.
Il mio avversario ringhiò “Va bene mocciosa l’hai voluto tu! Croconaw!” Chiamò facendo uscire il suo coccodrillo, sorrisi e ritirai Quilava dalla lotta.
“Sneasel, pensaci tu”
“Quello è nuovo” constatò guardando Sneasel
“Già, l’ho catturato ieri notte, ti mostro di cosa è capace: Usa ventogelato” ordinai.
La brezza gelata avvolse il nemico, il coccodrillo rabbrividì mentre il ghiaccio che si stava piano piano formando gli fermava le zampe a terra.
Silver gli gridava comandi misti ad insulti “Guarda che così non risolvi nulla” lo ripresi.
“Sta zitta tu!” Sbraitò, sospirai
“Sneasel, finiamola qui, usa sfuriate” Vidi l’animaletto grigio annuire e lanciarsi a velocità sorprendente verso l’avversario, iniziò a sferrare colpi con gli artigli affilati, uno dopo l’altro sempre più veloce fino a che non lo fece andare al tappeto.
Rossino liberò il suo ultimo Pokemon, era il Gastly che aveva addormentato le reclute  del team Rocket nel pozzo.
“Gastly, usa maledizione!” Non conoscevo quell’attacco, ma a giudicare dalla faccia terribile che fece il suo Pokemon non prometteva niente di buono, per me…
Come previsto il mio Sneasel fu colpito dalla maledizione senza che l’altro Pokemon lo toccasse; si rialzò, era pronto a tornare all’attacco.
“Usa geloraggio”  Ko in un colpo.
Silver mi guardò con odio “Hai fatto progressi, mocciosa?” ritirò il suo Gastly esausto.
Mi avvicinai a lui di qualche passo, non avevo voglia di fargli la stessa ramanzina del vecchi saggio della torre Sprout.
Mi consegnò un sacchetto con dentro 2 muffin al cioccolato e si sedette per terra.
“Hai avuto la tua rivincita contenta?”
Non risposi, come potevo essere felice per averlo battuto ? dopo averlo visto così depresso?
“Diventerò sempre più forte puoi starne certa, voglio diventare l’allenatore più forte di tutta Jotho”
“Non è così che diventerai forte” Sospirai, era proprio quella la conversazione che volevo evitare, mi distesi sull’erba a pochi metri da lui e fissai il cielo azzurro del mattino.
“Non sei la persona adatta per darmi cosa devo fare”
“Lo so, era solo un consiglio, non sei obbligato ad ascoltarmi; dico solo che la forza non è tutto”
“Balle, se i Pokemon non sono forti sono inutili e …”
Gli ficcai uno dei dolcetti in bocca.
 “Mangia e zitto”
Silver borbottò qualcosa probabilmente un insulto che non capii
“E vedi di non strozzarti, voglio divertirmi ancora un po’ con te” Mi alzai, preparai lo zaino e me ne andai. 

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Capitolo 17
*** Boschi, rime, cavoli e pensioni ***


cap17                                                              Boschi, rime, cavoli e pensioni


Non avevo speranze di trovare l’uscita da quel labirinto verde.
Quilava tentava di consolarmi ma con scarso successo; mi sentivo uno schifo, il mio senso dell’orientamento era uno schifo.
Ovunque guardassi c’erano solo alberi, alberi, alberi, una donnina con il kimono, alberi, alberi, alberi, alberi…
Aspetta… una donna? Forse iniziavo ad avere le allucinazioni… Guardai meglio, fra gli alberi c’era davvero una signora con un vestito colorato che si guardava intorno spaesata.
Mi avvicinai, quella mi vide e mi venne incontro mettendosi a recitare frasi in rima.

“Ero in quella bella cittadina
mi pare si chiami Azalina…
Nel bosco mi addentrai
e la via più non trovai,
ma tu giovane allenatrice
potresti essere la mia salvatrice

“Hem… mi dispiace ma anche io mi sono persa”  era imbarazzante.
Quilava e iniziò ad annusare l’aria, probabilmente l' odore della mia depressione lo infastidiva.

“Perché questa strana posa?
Hai forse fiutato qualcosa?
Mi aiuteresti ad uscire da questo bosco
Mostrandomi la via che, haime!, io non conosco?”

Quilava fece un cenno d’assenso e iniziò a correre.
Io e la donnina lo inseguimmo, scoprii che anche con i tacchi quella era più veloce di me, che tristezza.
Il mio starter si fermò davanti a un sentiero, Tho! C’era il sentiero…

Grazie animaletto,
hai un fiuto di tutto rispetto” disse accarezzando il mio Pokemon
“Scusi, ho l’impressione di averla già incontrata… a Violapoli forse”

A Violapoli non credo
è la prima volta che ti vedo.
Adesso ti saluto con decisione
Ma ci rivedremo, forse, in un’ altra occasione
Fece qualche giravolta e si allontanò lungo il sentiero.
 
Sul percorso 34
Nessuno mi aveva detto che sul percorso 34 c’era una pensione Pokemon, così come nessuno si era degnato di avvertirmi che i proprietari erano i nonni di Armonio.  Quindi mi ero ritrovata quel cretino fra i piedi che mi presentava alla sua famiglia neanche ci dovessimo sposare domani.
“Nonno lei è Elis, è una mia amica” mi cinse le spalle con un braccio
 “Toglimi le mani di dosso” sibilai a denti stretti lanciandogli uno sguardo omicida.
“Oh ma che simpatico giovanotto” il nonno di Armonio mi guardò attraverso gli occhialoni spessi “Un Oddish! Da quanto non ne vedevo uno!” disse guardando il mio Quilava
“Signore mi dispiace deluderla ma questo non è un Oddish” lo corressi “E io sono una ragazza”
“Bubbole!” degli schizzi di saliva mi finirono in faccia “So riconoscere un Oddish quando lo vedo, ho molta esperienza lo sai ragazzo?” disse parlando al cancello; Armonio mi trascinò dentro la casetta lasciando suo nonno a parlare con un paletto di legno.
“Nonna ti presento Elis” La donna ci guardò da sopra il bancone, alzando appena lo sguardo dalle banconote che stava contando con gli occhi a forma di $.
“Ciao Armonio, se vuoi dei soldi non contare su di me!” lo avvertì
“Veramente volevo solo presentarti Elis…”
“Bene, piacere di conoscerti ragazzina, ma non sperare che ti faccia uno sconto solo perché sei la fidanzata di Armonio”
Mi venne da vomitare, io e Armonio, avrei preferito passare il resto dei miei giorni a guardare il culo di Silver prima di diventare la ragazza di quel coglione “Mi dispiace deluderla ma io e suo nipote siamo solo amici, mi creda”
“Tanto meglio, almeno non verrà a chiedermi soldi per portarti a spasso”
Portarmi a spasso? Ma cos’ero un cane, che ha bisogno di essere portato in giro al guinzaglio?
Tirai una gomitata al mio amico “Cosa le hai raccontato?”
“Niente, davvero niente, mia nonna ha pensato tutto da sola, figurati se vado a raccontare in giro che sei la mia ragazza” rise istericamente, il suo sguardo non mi convinceva per niente.
“Senti ragazzina, se vuoi lasciare qui qualcuno dei tuoi Pokemon per farlo crescere fai pure, basta che paghi” Quella fu l’ultima parola della signora prima di rimettersi a contare i soldi.
“Tua nonna è un po’ fissata con i soldi o sbaglio?” dissi uscendo.
Fuori il vecchio proprietario della pensione stava ancora parlando con il cancello di legno bianco
“E quella fu l’ultima volta che ho preso le pulci… dimmi ragazzo tu hai mai preso le pulci?”
Il cancello non rispose
“Sei un tipo silenzioso, Eh ragazzo?”
Continuò  imperterrito
“Hem… nonno io sono qui” lo chiamò Armonio “Quella è la staccionata”
“Bubbole! Questo simpatico giovanotto mi stava parlano del suo Metapod, o era un Oddish…” decise che non era importante e che la sua conversazione con il palo poteva aspettare, si rivolse a me “Se vuoi lasciare qui uno dei tuoi Pokemon fa pure ci prenderemo cura di lui, ho un idea scambiamoci i numeri di telefono! Certe volte troviamo delle uova e nessuno sa come ci siamo finite”
“Nessuno sa come ci siano finite?” risi “Signore non è un po’ grande per credere ancora alla storia della cicogna? Io l’ho capito ad otto anni come nascono i bambini”
Il vecchietto mi guardò incredulo io presi due legnetti e iniziai a mettere su uno strano teatrino pe spiegargli come funzionano certe cose.
Quello continuava a fissarmi sconcertato “Ma il cavolo….”
“Grrr il cavolo lo metti nella minestra! Non c’entra niente con le uova e con i bambini, per quelli si deve fare così, così e così”
“Oh cavolo” era traumatizzato
“E basta con questi cavoli! Le ho già spiegato che non serve il cavolo! Al massimo piselli e patate!”
“Oh… le hai mai mangiate le patatine fritte? Mia moglie le cucina benissimo”
Stavo per mettermi a piangere dalla disperazione, sarebbe stato più facile spiegarlo al cancello (che a quanto pareva era un buon ascoltatore).
“Lascia perdere, non sai quante volte ci ho provato a spiegarglielo” la nonna si Armonio uscì dalla pensione “ma questo ha la testa più dura del granito, credo che in tutti questi anni non abbia capito a cosa serva… il peggio è che era così anche da giovane! Non abbiamo mai combinato niente…”
“Aspetti… allora come fa ad essere suo nonno?” chiesi.
“Infatti ho seri dubbi a riguardo”
Armonio la guardò sconvolto
“Che vuoi ancora? Sono quasi sicura che lui non sia tuo nonno, ma non dirlo a tua madre non credo che la prenderebbe bene.”
Il mio amico e vicino di casa sembrava assimilare la sconcertante notizia; io colsi l’occasione per salutare in fretta e svignarmela.
Che famiglia   O.o 


Angolo Autrice:
è così che mi sono sempre immaginata il vecchietto della pensione: tonto, molto tonto.
Che capitolo scemo.
Forse aggiungerò il capitolo 0 con una breve introduzione ai personaggi e alla storia... forse...

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Capitolo 18
*** Welcome to Fiordoropoli ***


Welcome to Fiordoropoli


Fiordoropoli era veramente una bella città, non come Azalina che ad essere sinceri sarebbe stato molto più azzeccato il nome di Città delle zanzare e dell’umidità, con tutti quei fastidiosi Slowpoke poi….
Ma sorvoliamo e torniamo a parlare di questa nuova e splendida città.
C’erano così tante cose da vedere che non sapevo da dove iniziare.
Sarei potuta andare al centro globale… Mmh no.
Certamente avrei visitato anche quello, dovevo spedire delle lettere ad una mia amica che abita a Sinnoh.
Torre radio?
Non ancora…
Palestra?
No, troppo faticoso.
Centro commerciale?
Perfetto!

Entrai nel gigantesco negozio, era spazioso e colorato, mi piaceva quel posto anche se decisamente troppo caotico per i miei gusti, ma gli scaffali pieni di ninnoli e oggetti vari mi incuriosivano e avrei voluto osservarli tutti da vicino per capire a cosa servivano.
Mi infilai nell’ascensore stracolmo diretto all’ultimo piano e subito fui schiacciata contro la parete.
In quel momento iniziai a maledirmi per non aver preso le scale.
Per fortuna la folla nella cabina iniziò a diradarsi, dopo alcuni minuti eravamo rimasti solo in due in quel piccolo spazio.
Con me c’era un ragazzo che non conoscevo, ma aveva un non so che di familiare.
Teneva i capelli nascosti sotto un cappellino nero e il viso era semi-coperto da un paio di occhiali scuri, indossava una T-shirt nera e un paio di pantaloni bluastri.
Decisamente figo. Molto Figo. Con quel fascino cupo e misterioso…
Mi attraeva in modo particolare il suo silenzio e i suoi occhi che riuscivo a vedere anche se coperti da quegli occhiali scuri, erano argentati, freddi e per me erano due magneti.
Ebbi uno strano senso di déjà-vu, ormai ero sicura di averlo già incontrato da qualche parte, ma dove?
Un’idea terrificante si fece strada fra i miei neuroni con la forza di un treno in corsa….
No… non volevo nemmeno pensarci, mi rifiutavo di pensare che fosse lui.
L’ascensore sobbalzò interrompendo le mie riflessioni e per poco non andai a sbattere contro il tizio alla mia destra. Le luci si spensero e si riaccesero velocemente, poi l’ascensore si fermò.
Iniziai a guardarmi intorno spaventa … non poteva essersi bloccato… non mentre c’ero io dentro almeno.
Per fortuna non soffrivo di claustrofobia, ma il momento era comunque drammatico e la mia sanità mentale era messa a dura, durissima prova!
“Si è bloccato…” biascicai in preda al panico. Iniziai a sbattere i pugni contro la porta metallica “TIRATEMI FUORI DI QUI!!!” ormai ero andata fuori di testa.
Dopo qualche secondo passato a prendere a calci quella che doveva essere l’uscita sperando che qualcuno mi sentisse, capii che mi stavo solo rendendo ridicola.
Rassegnata mi appoggiai contro la parete e scivolai fino a sedermi per terra.
“Sei una calamita per sfighe mocciosa…” il ragazzo accanto a me si tolse il cappello lasciando che i capelli rosso fuoco gli ricadessero morbidi sulle spalle.
Ecco quello che temevo… Quell’idea che avevo tentato di scacciare: il ragazzo che avevo definito ‘figo’ era Silver. Mi sentii disgustata da me stessa e dai miei ormoni e iniziavo a credere che mi avrebbero fatto vedere come un bellimbusto anche il nonno di Armonio.
“Dimmi la verità… mi stai pedinando?” chiesi alzando lo sguardo mentre quello si toglieva gli occhiali e li rimetteva nello zainetto.
“Secondo te mi diverto ad incontrarti ovunque vada? Tu porti sfortuna! Soprattutto a me!” Iniziava ad irritarsi ed io non ero da meno, quel ragazzo aveva la capacità di farmi innervosire anche quando ero tranquilla e serena, figuriamoci quando sono chiusa in una scatola di metallo con una delle ultime persone che avrei voluto vedere.
“Quanto sei cretino” scossi la testa, non avevo voglia di parlare.
Questa situazione era una tortura psicologica per entrambi… eravamo bloccati in un’ ascensore in uno spazio di appena due metri quadrati, senza via di uscita, costretti a guardarsi negli occhi.
Sapevamo bene che sarebbe stato meglio non dire niente per non rischiare di ucciderci a vicenda.
Forse Rossino aveva ragione… io portavo davvero sfiga.

“Perché mi guardi?” mi scambiò un’occhiata interrogativa attraverso lo specchio/parete.
“Non ti stavo guardando” mentii, in realtà non avevo smesso di fissarlo neanche un secondo e la cosa che più mi dava fastidio era che non ne capivo il motivo, non riuscivo a non guardarlo. Studiavo il suo corpo e il suo viso alla ricerca di qualcosa che mi era sfuggito.
Silver era in piedi davanti a me, la testa girata verso il suo riflesso e le braccia incrociate.
Sbuffò voltandosi verso di me e ci guardammo negli occhi. Sarebbe stato romantico, se al posto nostro ci fossero state altre persone e lui fosse stato zitto, ovviamente.
Rossino stava quasi sempre in silenzio… parlava solo quando non era il momento o quando c’ero io nei paraggi, se lo faceva di proposito allora avevo un motivo in più per detestarlo.
“Smetti di fissarmi, è fastidioso sentirsi osservati”
Ma cosa credeva che lo stessi corteggiando con le mie imbarazzanti doti?
“Quando metterai il cervello in funzione capirai che non posso guardare altrove, la moquette non è molto interessante e il mio riflesso lo conosco anche troppo bene, sappi che neanche a me piace avere il tuo brutto muso davanti”
Avrei voluto essere gentile, dirli che dal momento che eravamo bloccati litigare era stupido… ma quando mi aveva rivolto la parola, con quel suo tono impertinente, tutti i miei buoni propositi erano evaporati, lasciando come unica traccia solo una nuvola di irritazione.
Erano quelli i momenti in cui odiavo il mio rivale. Di solito mi dava fastidio, era come un sassolino nella scarpa, non è piacevole ma se ti concentri riesci a ignorarlo.

Mi alzai guardandolo come a volerlo sfidare e lui si avvicinò di un passo, mi afferro i polsi e in un attimo mi ritrovai a terra con quel bastardo sopra.
“Lasciami” minacciai senza scompormi troppo, dovevo mantenere la calma.
“No” fu la sua risposta.
Mi dimenai cercando di liberarmi dalla sua presa.
“Ti ho detto di lasciarmi. Subito!” mi sforzai di far sembrare la mia voce autoritaria e calma, ma stavo solo fingendo, stavo tremando e quella distanza così ridotta mi stava uccidendo.
“No” ripeté serio.
La sua forza fisica era certamente superiore alla mia, continuai ad agitarmi nella speranza che mi lasciasse andare. La stretta sui miei polsi stava diventando dolorosa, era praticamente seduto sopra di me e non era certo leggero come una piuma.
“Vuoi umiliarmi ?” quella posizione era terribilmente imbarazzante, mi faceva sentire debole e impotente e lui lo sapeva bene, voleva dimostrarmelo. Eravamo due bambini che si spintonano per vedere chi è più forte. Eravamo tanto, tanto stupidi.
“Silver, spostati” sibilai.
Quello sorrise cattivo “Implorami”
Ed ecco qual'era il suo gioco, il suo unico scopo era umiliarmi, come del resto era stato il mio quando lo avevo picchiato a Fiorpescopoli.
“Mai!” per nessun motivo lo avrei supplicato, quello fra di noi era uno stupidissimo braccio di ferro e io non mi sarei arresa così. Perché testarda e orgogliosa lo sono sempre stata, ma con Silver tiravo fuori il meglio...
Lottai ancora per liberarmi e a forza di divincolarmi riuscii a riavere una delle mie mani. Il mio polso scivolò veloce fuori dalla stretta delle sue dita. Adesso quel figlio di buona donna era nei guai.
La mia bocca si contorse in un ghigno di chi la sa lunga e Rossino si accorse troppo tardi che la situazione stava per ribaltarsi… Letteralmente.
Il mio pugno andò a scontrarsi con forza sul suo povero naso che iniziò a sanguinare.
Svelta lo afferrai per un braccio e invertii le nostre posizioni. Silver era stordito, spalancò gli occhi e mi fissò a metà fra l'arrabbiato e lo sbalordito.

Mi aveva umiliato e mi aveva fatto sentire uno schifo e se fossi stata solo un po' più cattiva avrei infierito adesso che ne avevo l'occasione. Adesso ci eravamo scambiati di posti, lui aveva dimostrato di essere più forte di me e io che potevo tenergli testa.
Prima che potesse fare qualcosa per liberarsi o per riprendersi la posizione che ci eravamo scambiati. Mi alzai lasciandolo in pace, e mi allontanai quanto più mi era permesso dal momento che eravamo sempre rinchiusi in quell’ascensore.
Il gioco era finito ed eravamo in parità. Palla al centro.
 Silver si sedette davanti a me, più deciso che mai a non incrociare il mio sguardo mentre asciugava le poche gocce di sangue che stavano scendendo dal suo naso con il dorso della mano.
Eravamo entrambi in religioso silenzio, io non mi sarei scusata e lui nemmeno… quindi le parole erano inutili, la lite era finita così come era iniziata: senza preavviso.
Dovevamo solo sperare che ci tirassero fuori in fretta, prima che a uno dei due venisse la brillante idea di aprire bocca possibilmente.
-Calma Elis, sta calma….- mi ripeté una saggia vocina della mia coscienza
-La vita di quel povero ragazzo mi sembra abbastanza complicata senza che tu lo tormenti Elis-
-Non lo sto tormentando!-
-Davvero? Perché non sembra-

A quella voce con le sue opinioni se ne aggiunsero altre, e ognuna strillava una cosa diversa. La mia testa sembrava un’aula di tribunale ma non c’era nessuno che dicesse: “Ordine, Ordine!”, c’erano un sacco di voci che urlavano consigli su cosa avrei dovuto fare e dire in quel momento.
Non volevo ascoltare, ammettere che io non odiavo Silver sarebbe stato come una coltellata alla mia dignità, ma dire il contrario sarebbe stata un’enorme bugia...
Alla fine dei conti nessuno era davvero innocente, avevamo entrambi una lista di bastardate, volontarie e non, che avevamo fatto all'altro. Scendere a compromessi, piegarsi, e cercare di andare d'accordo non era nella nostra indole, ed era più facile dire "Siamo fatti così" che fare qualcosa per cancellare i nostri difetti. Forse eravamo solo troppo immaturi o troppo pigri o troppo arrabbiati per capirlo...
Io però non volevo più ascoltare la mia coscienza che mi faceva la predica, non avrei porto l'altra guancia né ora né mai. E ne avevo avuto davvero abbastanza di Rossino per quel giorno. Se il problema si fosse ripresentato avrei lasciato che se ne occupasse la me del futuro.


La cabina sobbalzò ancora come prima, ma più violentemente silenziando in un solo colpo tutti i miei pensieri e tutte le voci che avevo nella testa, e catapultandomi contro Silver.
Lui non fiatò, nonostante fosse molto infastidito dalla mia presenza.
Fece per allontanarmi ma l’ascensore riprese a muoversi a velocità terrificante verso il basso.
Eravamo in caduta libera. Urlai e mi strinsi a Rossino, anche lui pietrificato e visibilmente preoccupato, lo sentii afferrare il retro della mia maglietta.
Mi aspettano l’impatto violento con il suolo, il rumore del metallo che si accartoccia e il richiamo della morte…
Invece non accadde niente di tutto questo.
La discesa rallentò e tutto si fermò. Le porte argentate stavano per aprirsi e io non volevo certo farmi vedere così vicino al mi rivale. Mi alzai e cercai di ricompormi.
Due uomini vestiti di giallo apparvero non appena la porta si spalancò “State bene?” chiese uno di loro.
“Ma che domanda idiota” commentai
“Come scusa ?”
“Hem… niente … io sto bene, non posso dire lo stesso del cretino dai capelli rossi, credo che sia caduto in una specie di coma…” Il fatto che avessi recuperato la mia par lanina era un buon segno. Silver mi lanciò un’ occhiata assassina, si alzo e uscì in fretta dal centro commerciale.
“Permaloso….”
Gli uomini vestiti di giallo continuavano a fissarmi, probabilmente mi avevano presa per pazza anche loro.
“Arrivederci signori” Presi fiato e raccolsi tutto il mio coraggio che si era frantumato durante la discesa e me ne andai anche io.
Qualcosa mi diceva che non sarei salita in un'ascensore per un sacco di tempo...


Angolo Autrice:
Ok, questo capitolo non ha molto senso...
spero che il conflitto interiore della protagonista non sia troppo noioso...

Alla prossima, Elis Strange



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Capitolo 19
*** Chiara la rompiscatole ***


A Lady LxK che finalmente vedrà la scena che aspetta da tanto....

Cap 19 Chiara la rompiscatole
Silver’s pov

Elis, Elis, Elis… ecco il mio pensiero fisso da circa 24 ore, più o meno da quando ero uscito dal centro commerciale.
Quella mocciosa mi aveva tirato un pugno (di nuovo), ma non erano state quelle sue manine decisamente poco delicate a fare male… Vedere il mio orgoglio calpesto, come poco prima era successo al suo, era stato molto più doloroso degli schiaffi.
-Ma bravo Silver, sei riuscito a farti odiare anche da l’unico essere vivente su tutta la crosta terrestre che si era dimostrato minimamente gentile con te, i miei complimenti.-
Era sorprendente vedere come quella scema della mia rivale avesse il potere di farmi impazzire.
-Oh Silver, sei troppo stupido e orgoglioso per capire che in fondo la compagnia di un altro essere umano non ti dispiace poi così tanto… cosa potevo aspettarmi da uno come te, preferiresti attraversare un fiume di lava a nuoto pur di non ammettere che anche tu hai dei sentimenti!-
Decisi che quel giorno poteva anche finire lì, non avevo fatto gli acquisti che volevo ma non sarei rientrato in quel centro commerciale per nulla al mondo. Avrei potuto andare al centro pokémon e dormire, ma era ancora giorno e mi facevo schifo da solo a pensare che avrei passato il resto del pomeriggio sveglio sotto le coperte.
Ero stanco e ancora troppo turbato per andare in palestra. Sì, non stavo andando ad affrontare il capopalestra perché solo poco fa ero quasi morto spiaccicato in un ascensore, il motivo era questo, non perché non mi sentissi ancora all'altezza, no.
Umiliare i capopalestra era appagante ma farsi umiliare no. Per oggi ne avevo avute abbastanza di ferite nell'orgoglio, non ne volevo altre, non ancora.
Mi dissi che se non potevo andarmene a letto e poltrire fino al giorno seguente allora dovevo trovare un modo utile per tenermi impegnato. Mi fermai al primo negozio di panini che trovai e mangiai, insomma, staccai qualche morso dal panino che avevo comprato ma non arrivai neppure a metà, tutta colpa dell'ascensore che mi aveva chiuso lo stomaco.
Camminai svelto verso il percorso 34, almeno lì avrei potuto allenarmi. Volevo arrivare alla palestra preparato e la mia squadra doveva essere al massimo. Non avrei più accettato una sconfitta, non potevo permettermelo, dovevo diventare forte. I miei Pokémon dovavano diventare forti, ma per raggiungere lo scopo sarebbe servito impegno e fatica. Presi le pokéball, le aprii e liberai i miei compagni. Croconaw fece schioccare la mascella allegro e mi venne incontro, ma non c'era tempo per le smancerie, avevamo del lavoro da fare.

Arrivai alla palestra verso le dieci del mattino, mi ero concesso di fare le cose con calma, farmi una doccia più lunga del solito e perdere tempo come preferivo. Dopotutto oggi era un giorno importante.
Spinsi le porte della palestra e per poco non soffocai per colpa del profumo dolciastro che impregnava l’aria all'interno dell’edificio. I muri erano dipinti di rosa così come il pavimento e qualsiasi altro oggetto d’arredamento. Quel posto non mi piaceva per niente… era troppo lezioso.
“Dov'è il capopalestra?” Chiesi ad una signorina vestita di verde, intenta a gironzolare per la palestra senza un vero scopo
“Mi dispiace ma Chiara non è qui, questa mattina è arrivata una ragazzina che l’ha battuta, Chiara si è messa a piangere e per consolarla la sfidante è stata costretta a portarla a fare shopping… Credo che si trovino ancora al centro commerciale …e… dove sta andando?”
Quella donna mi aveva stufato, ci era riuscita in meno di dieci minuti, forse era un record. Ma non era tutta colpa sua, era bastata la notizia di aver fatto un viaggio a vuoto per innervosirmi e sapere che adesso sarei dovuto rientrare nel centro commerciale era stato il colpo di grazia. La capopalestra era andata a fare spese, ma io ero troppo impaziente di ottenere la mia terza medaglia, così impaziente che avrei fatto lo sforzo di ritornare nell'enorme negozio.

Entrai nel Centro commerciale e ispezionai tutto il piano terra senza trovare nessuna traccia di Chiara.
Pensa Silver, pensa… due ragazzine che vogliono fare shopping in che reparto vanno? Risposta banale.
Salii al terzo piano e iniziai a guardarmi intorno, zigzagai fra gli scaffali stracolmi di vestiti e accessori fino a che non intravidi una capigliatura fucsia. -Come le conosco le femmine-
Guardai meglio, avevo visto alcune sue foto in palestra: quella era senza dubbio Chiara.
Seguii la ragazzina fino a che non si fermò davanti ai camerini. Lei poggiò per terra le buste verdoline e bussò alla porta della cabina.
“Occupato” rispose una voce dall'altro lato.
“Dai Elis… non puoi rimanere lì per sempre, esci così posso vedere come ti sta questa gonna”
“Chiara, io non indosso gonne” la porticina si spalancò e una Elis vestita con una gonnellina rosa confetto e una maglietta molto corta e semi trasparente uscì con la faccia di una condannata a morte.
“E non mi vesto di rosa, odio i pizzi, i fiocchetti, i veli, le balze, tutto ciò che è sdolcinato e svenevole, e le scarpe con il tacco mi stanno già dando sui nervi!”
“Non fare tutte queste storie, sei così carina”
“Sembrare una caramella gigante non è quello che io definisco essere carina” Protestò.
Ma Chiara non la ascoltò e prese a trascinarla in giro alla ricerca di un “vestito carino”, Elis la seguiva rassegnata al suo triste destino, inciampando sui suoi stessi piedi, incapace di tenere il passo con quelle scarpe.
“Guarda che bel cappello!” Strillò la capopalestra prendendo un berretto lilla e mettendolo sulla testa della sua discepola “E qui c’è una cintura con i brillantini!!!”
“No, ti prego i brillantini no” implorò l’altra cercando di scappare.
Era una scena alquanto ridicola, Elis con una gonnellina, tacchi e maglietta trasparente rosa maialino che cercava di sfuggire dalle grinfie di Chiara la capopalestra. Trattenni le risate e ripresi a seguire le due.

Ero così impegnato a non perderle di vista che inciampai su una borsetta lasciata per terra.
Elis si guardò intorno, probabilmente mi aveva sentito imprecare. Non appena mi vide i suoi occhi si illuminarono, ma non sapevo se era una cosa positiva o no… Mi si avvicinò velocemente.
Dovevo iniziare a preoccuparmi?
“Silver!” mi abbracciò così forte da mozzarmi il respiro… un momento… ma perché mi abbracciava? “Non sono mai stata così felice di vederti, a dire la verità non sono mai stata felice di vederti, ma adesso non importa…”
“Cosa ti prende mocciosa? Hai sbattuto la testa?”
“Peggio, avrei preferito passare l’intera giornata chiusa in ascensore con te pur di non essere costretta a portare a spasso quella rompi scatole!”
“Ma perché non te la sei svignata?”
Quella mi guardò male ma non sciolse l’abbraccio “Perché non mi ha ancora sganciato la medaglia! Aiutami”
Elis mi stava chiedendo di aiutarla? Questo sì che era strano…
“Ti prego, ti scongiuro, guarda come mi sono ridotta! Questa. È. Una. Gonna. E io detesto le gonne! Sembro un confetto con le gambe e per di più sono rosa, ROSA! Non blu, rosso, giallo o verde, NO, Rosa ! non sopporto il rosa, sono allergica a questo colore” Stava dando di matto, si mise le mani fra i capelli castani adesso raccolti in due ridicoli codini “Guarda cosa ha fatto quel mostro ai miei poveri capelli! Aiutami per favore”
Doveva stare davvero male… fino a ieri avrebbe scalato il monte Argento in infradito prima di rivolgersi a me con quel tono supplichevole.
“ELIS!! Dove ti eri cacciata? …. E quello chi è?” fece con la sua vocetta stridula Chiara. La mocciosa impallidì, la sua faccia era divertente, aveva gli occhi spalancati in un espressione di terrore, come se dietro di lei invece di una ragazzina dai capelli fucsia ci fosse stato un mostro a tre teste.
“Lui è… è… lui …. È il mio fidanzato!” per poco non mi venne un infarto, adesso quello ad aver perso colore ero io, cosa diavolo stava dicendo quella matta?
“Davvero?” la ragazzina sembrava che non ci fosse cascata, ci guardò scettica poi gli angoli della bocca si sollevarono in un sorrisino diabolico “Allora baciatevi”.
Guardai Elis contrariato, non potevano chiedermi questo….
“Mi dispiace tanto ma non posso” Improvvisò la mia rivale “Ho il raffreddore -etcì- e non voglio rischiare di contagiare il mio ragazzo” dire "ragazzo" sembrava le costasse una fatica enorme, come se si stesse tirando fuori le parole con la forza, e anche per me era un po' come sentire il suono delle unghie sulla lavagna. La situazione era assurda e terribile allo stesso tempo.
Elis fece finta di tossire e tirò su col naso. Potevamo stere certi che nessuno le avrebbe dato un oscar per la recitazione ma con un po' di fortuna, forse, quella messa in scena sarebbe bastata a convincere la capopalestra… o almeno così speravo, anzi, speravamo.
“Ma se fino a due secondi fa stavi benissimo…” niente, quel mostriciattolo rosa non voleva crederci.
Elis ringhiò, ma solo io riuscii a sentirla, la conoscevo abbastanza bene per capire che fra un po’ avrebbe salutato il suo autocontrollo e dopo aver mandato a quel paese la ragazzina antipatica se ne sarebbe andata imprecando e lanciando insulti a chiunque gli capitasse vicino.
“Chiara, tesoro… non vengo certo a dirlo a te se ho il raffreddore!" stinse i pugni irritata e le sue labbra si fecero sottili... pessimo segno... "Vuoi che lo baci ? Allora lo faccio!" No, ti prego non lo fare. "Poi però chiudi quella cazzo di bocca e togliti dai piedi prima che mi arrabbi sul serio!”
Ok… forse l’autocontrollo di Elis se ne era andato insieme alla sua sanità mentale moooolto tempo fa ma non potevo crederci che lo facesse sul serio, non volevo crederci. Io non la sopportavo e l'ultima volta che avevo controllato lei non sopportava me. Solo il giorno prima io l'avevo spintonata e lei mi aveva tirato un pugno. Non possiamo baciarci. No.No.No.
Il mio flusso di pensieri fu interrotto da Elis che si alzò in punta di piedi per arrivare alla mia altezza, mi mise una mano sulla nuca e avvicinò il mio viso al suo, con una delicatezza che da lei non mi sarei mai aspettato.
Non poteva farlo davvero… Il mio cervello protestò, quella situazione era poco realistica… doveva essere un sogno, uno di quei sogni in cui ti ritrovi a fare cose che nella vita reale non faresti mai.
"Scusa" sussurrò svelta un attimo prima che le sue labbra incontrassero le mie. Le nostre bocche si toccarono e rimasero immobili. Solo un bacio statico e innocente, senza implicazioni.
Dopo pochi secondi si staccò, forse troppo presto per permettere ai miei neuroni di connettersi, lasciandomi pietrificato e con le gambe molli ma comunque ben piantate sul pavimento… tanto salde che credetti di avere la colla sotto la suola. Elis si allontanò di qualche passo voltandosi verso Chiara “Contenta adesso stupida bimbetta frignona?!? Ora dammi la medaglia e sparisci! E un’ultima cosa a me il rosa fa schifo! SCHIFO! SCHIFO!!!!”
La guardai sconcertato mentre urlava in faccia a quell'antipatica capopalestra tutto quello che si era tenuta dentro per l’intera mattinata. La ragazza dai capelli rosa scoppiò a piangere e prima di fuggire verso la toilette delle donne lanciò un paio di oggettini metallici. Elis li raccolse e ne diede una anche a me, avevo ottenuto la mia terza medaglia senza combattere, ma forse quel bacio a tradimento era stato il prezzo da pagare…
La mia rivale mi guardò con i suoi occhi neri, sembrava essersi calmata “Uff.. mi sono sfogata” sospirò. Si allontanò tranquilla verso le scale mobili come se non fosse successo niente.

“Ehi? Signorina non può uscire con indosso quella roba, prima deve pagarla” un poliziotto gli si parò davanti.
“Col cavolo che la pago!” sbottò acida come al solito “Silver tienimi il cappello” si tolse il berretto viola e me lo mise fra le mani mentre quella iniziava uno spogliarello davanti all'intero centro commerciale.
“Via la maglietta, via la gonna e anche questi stramaledetti tacchi!” si riprese il cappello e lo diede al poliziotto insieme a tutti gli altri vestiti che si era tolta “Il resto è roba mia!” disse indicando il reggiseno a pois gialli e neri e le mutande con sopra stampati dei Pikachu.
Quella era completamente, assolutamente, indiscutibilmente pazza!

“Hai finito di spogliarti?” le chiesi trascinandola sulle scale
“Credo di sì” Sorrise felice “e scusami per prima, per il bacio intendo, ma avrei fatto qualsiasi cosa per liberarmi di quella stupida, antipatica, pettegola capopalestra” Il suo viso si era colorato di rosso, a quanto pareva non ero l’unico a trovare la situazione molto imbarazzante.
“Va bene mocciosa, facciamo finta che non sia mai successo”
"Sì, assolutamente sì. Grande idea." affermò iniziando ad annuire furiosamente
Elis attraversò il piano saltellando, mentre la folla presente nel centro commerciale si voltava a guardarla. Forse sarebbe stato meglio prendere l’ascensore…
Ma lei non sembrava infastidita da tutti quegli sguardi, anzi, passeggiava tranquilla senza dare troppo peso al fatto che fosse semi-nuda.
Per quanto mi riguardava quegli slip gialli erano diventati una presenza irritante e non trovavo dignitoso passeggiare per un luogo pubblico indossando solo biancheria. “Mamma guarda! C’è una femminuccia con un Pikachu sulle mutandine!” trillò un bambino di circa 5 anni indicando il didietro di Elis con le dita paffute, sua madre dopo averla squadrata da capo a piedi mise una mano davanti agli occhi del figlio e lo trascinò via borbottando “I giovani d’oggi sono proprio senza vergogna”
La seguii verso i camerini, lei entrò e poco dopo uscì con indosso i suoi vestiti e con un largo sorriso soddisfatto stampato in faccia.

Elis si stiracchiò finalmente fuori dal negozio, eravamo entrambi diretti verso il centro Pokemon, tanto valeva fare la strada insieme. Una volta arrivati salimmo le scale, Elis girò la chiave nella toppa e spalancò la porta
Per una volta sentii la voglia di parlare con la mia rivale, il suo comportamento di oggi mi aveva incuriosito. “Perché hai questa allergia per il colore rosa?”
“è un colore troppo femminile, mi vengono i brividi solo a immaginarlo”
Alzai un sopracciglio, e lei abbassò lo sguardo “Ok, lo ammetto! Quel colore non mi è mai piaciuto ma ho iniziato ad odiarlo nel vero senso della parola ad un matrimonio…” La guardai mentre passeggiava per la stanza gesticolando, nel vano tentativo di rendere più concreto quello che stava raccontando “Erano tutti vestiti di rosa, anche lo sposo! Dopo un intera giornata passata con addosso un vestitino color maiale ho iniziato a dare di matto”
“In che senso?”
Elis mi guardò male “Nel senso che ho rovesciato il cheese-cake ai lamponi nella scollatura della sposa, il budino nei pantaloni del suo futuro marito e il padre di lei si è ritrovato della panna montata sul parrucchino… Mia madre per lo shock è svenuta cadendo di faccia sulla torta nuziale, non è stato un bello spettacolo… ho dato inizio ad una vera e propria guerra di dessert volanti”
Scoppiai a ridere immaginando Elis che lancia dolci sugli sposi e su tutti gli invitati…
“Non c’è niente da ridere! volevano chiudermi in una gabbia e portarmi dal veterinario, testuali parole della sposina”
Cercai di ricompormi, avevo le lacrime agli occhi e mi mancava il fiato… non mi divertivo così da anni, forse la mia fastidiosa vocina interiore aveva ragione, era stata una fortuna incontrare Elis. Ovviamente se non contiamo tutte le volte in cui mi aveva cacciato nei guai o nei quali mi aveva personalmente arrecato dolore fisico.
“Ho fame…” Si avvicinò all'armadio e lo aprì iniziando a frugare in cerca di qualcosa “Stupido uovo…” borbottò richiudendo le ante con un uovo in mano.
“Non vorrai mica mangiartelo?”
“Mmh.. no, ci avevo già pensato… voglio solo rifilarlo all'infermiera Joy mentre io sono in giro. O potrei portarlo alla pensione” si fermò a guardarlo pensierosa. Mentre decideva il da' farsi tamburellò sovrappensiero con le dita sul guscio dell’uovo e quello si illuminò
“Cosa hai combinato?”
“Io niente, forse non ha gradito stare chiuso nell'armadio per tutto il giorno…”
“Credo che si stia schiudendo…” sul guscio bianco si erano formate delle crepe.
Un Pokemon quasi identico all'uovo da cui era uscito guardò Elis facendo dei versetti teneri, poi il suo sguardo si posò su di me e mi fulminò con un’occhiataccia.
“Silver, non credo che tu gli sia tanto simpatico… a proposito… che Pokemon è ?”
“È un Togepi” sbuffai
“Ah ok.. cosa ne faccio?”
“Uff.. mettilo nella pokeball” non avevo la minima voglia di fare da baby-sitter al nuovo Pokemon di Elis, e nemmeno lei sembrava molto felice all’idea di dover fare la mamma, quindi prese una ball nuova dallo zaino e fece entrare il Togepi nella sferetta che appese alla cintura.
“Vado a farmi una pizza… vieni con me?” Annuii e uscii svelto dalla stanzetta.

“E un’ultima cosa Silver…” disse mentre camminava per le strade di Fiordoropoli “Ognuno paga per se!”
Feci un cenno d’assenso con la testa e tornai a guardare il tramonto mentre Elis riprendeva a cantare una strana canzoncina.
Perché la mia rivale doveva essere così fuori di testa?



Cara Lady LxK: spero che quel bacio privo di romanticismo non sia troppo deludente...
....abbi fede.... il bello deve ancora arrivare

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Capitolo 20
*** Danger ***


Cap 20                            Danger

“Non ci credo… non è possibile…” balbettai guardando il cartello sulla porta del negozio.
-Negozio di bici pieghevoli- sotto scritto più piccolo si leggeva - Sicure ma non troppo- e ancora più sotto e ancora più piccolo c’era una scritta che avevano tentato di cancellare
 -Basta poco e si accartocciano-
Strizzai gli occhi ma riuscii a leggere solo “pasta al topo che si scocciano” decisi che così non aveva senso ed entrai.
All’interno del negozio c’era un uomo che solo soletto lustrava i vari modelli appesi alle pareti “Oh un cliente… immagino che dovrei essere felice, è da tanto che qui non entra nessuno” si sforzò di sorridere ma la sua espressione era sempre triste e sconsolata.
“Forse dovrebbe farsi un po’ di pubblicità… io ho trovato questo posto solo perché mi sono persa”
‘Mi sono persa mentre cercavo Silver’ aggiungerei, quel bastardo se l’era svignata la sera prima, subito dopo aver finito di mangiare. I miei tentativi di fermarlo  erano risultati inutili, ma non mi ero arresa e dopo una dormita al centro Pokemon ero tornata a cercarlo. A quanto pareva Silver non era più a Fiordoropoli ed io mi ero persa fra i vicoli della città, avevo vagato per un po’ senza una meta precisa poi avevo trovato questo negozio.
“Forse hai ragione ragazzina, ti andrebbe di aiutarmi?”
“Va bene… cosa devo fare?”
L’uomo sorrise e prese una delle biciclette appese al muro, mi stupiva il fatto che la sollevasse come se fosse una piuma… che fosse un campione di sollevamento pesi?
“Devi solo andare in giro su questa e fare pubblicità al negozio, è una normale bici, qui c’è il cambio, il freno… sai andare in bicicletta no?”
Annuii svelta e il negoziante continuò la sua spiegazione.
“Solo una cosa… vedi questo pulsante rosso? Se lo premi il telaio si piega… attenta a non premerlo mentre ci sei sopra” Mi accompagnò all’uscita sorridendo, era una mia impressione o quello era felice di liberarsi di me?
Mi allontanai spingendo il mio nuovo mezzo di trasporto.
Wow, io e le cose pieghevoli non andavamo molto d’accordo, ma forse sarei riuscita a non schiantarmi contro un albero e a mantenere la bici intatta per almeno due giorni… forse…
 
Pedalai per tutta Fiordoropoli fino al percorso 35, dopodiché mi fermai per riprendere fiato. Mi aspettava un lungo percorso pieno di fastidiosi allenatori e per di più in salita. Sospirai e salii di nuovo sulla bicicletta.
 
Faceva caldo, l’estate si avvicinava a grandi passi e pedalare senza sosta per più di mezz’ora non aiutava certo a stare freschi.  Ero a pezzi, sudata fradicia e stavo letteralmente bruciando viva.
Il mio cuore batteva più veloce di quanto credevo fosse possibile, ero fuori allenamento, era troppo tempo che non facevo movimento… ecco uno di quei momenti in cui mi sentivo una patetica quattordicenne che non ha mai fatto più di 12 passi se non in caso di estrema necessità.
Il tratto in salita stava per terminare, ora mi aspettava la discesa. Che bello.
“Sì! Finalmente!” staccai le mani dal manubrio mentre la velocità del mio mezzo aumentava sempre di più.
Il vento soffiava leggero sulla mia faccia, era una bella sensazione, mi rilassai e cercai di godermi il panorama che sfrecciava veloce accanto a me.
Una macchiolina rossa e blu spuntò a pochi metri da me “Silver Spostati !” riuscii ad urlare. Ma ormai eravamo troppo vicini, frenai bruscamente schiacciando il freno con forza.
Forse troppo bruscamente... la bicicletta inchiodò poco prima di scontrarsi contro il ragazzo ma io venni catapultata in avanti. Urlai aspettandomi l’impatto violento con il suolo, mi preparai psicologicamente al dolore che sarebbe arrivato di lì a poco.
Ma l’atterraggio fu più morbido del previsto “Grazie Rossino, per fortuna c’eri tu ad attutire la caduta” mi alzai e mi spolverai i pantaloni “Adesso puoi alzarti…” mi aspettavo di sentire la sua voce, probabilmente un insulto e invece niente “Silver? Silver?!”
Rossino era a terra e non dava segni di volersi rialzare “Oddio..." impallidii di colpo "L’ho ucciso! Ho ucciso il mio rivale!”
Ero nel panico, mi inginocchiai accanto al corpo del ragazzo, cosa dovevo fare adesso? Seppellirlo? Nascondere le prove?
-Controlla almeno se è morto davvero cretina-
Giusto, giusto, la mia vocina aveva ragione.
Aprii la zip della felpa di Silver e misi la mano dove avrebbe dovuto trovarsi il cuore, non sentivo niente… (Era morto T_T)
Non poteva essere morto, no NO NO!
Mi avvicinai ed appoggiai l’orecchio sul suo petto.
-Tum…Tum..- il suo cuore batteva ancora.
“È Vivo!” esultai, sembravo il dottor Frankenstein. Quilava uscì dalla sua ball senza essere chiamato, guardò il ragazzo steso a terra e gli toccò la faccia con la zampetta, poi mi rivolse uno sguardo critico.
“Non giungere a conclusioni affrettate Quilava, non l’ho investito di proposito…” adesso dovevo dare giustificazioni per quello che facevo anche ai miei Pokémon?
“Respira?” chiesi.  Il mio starter annusò Rossino per un po’ poi annuì.
Per fortuna era solo svenuto, mi sentivo sollevata anche se probabilmente una volta sveglio ce l’avrebbe avuta con me perché l’ avevo investito.
Trascinai il corpo di Silver sotto uno degli alberi al lato della strada, non era salutare restare sotto quel sole cocente, soprattutto per lui, che indossa una felpa anche di giugno.
Cercai di sistemarlo in una posizione comoda, gli sfilai la giacca, stava sudando ed era più pallido del solito. Sbuffai, feci rientrare il mio Pokemon e mi sedetti  vicino a lui.
Ero stanca e non avevo voglia di rimettermi in cammino, la mia bici era andata letteralmente in frantumi… c’erano ruote e pezzi del telaio sparsi ovunque, lo sapevo che le biciclette pieghevoli non erano adatte ad una come me.

Guardai il mio rivale dormire tranquillo accanto a me, il suo viso era rilassato e tranquillo, mi sembrava strano vederlo senza quel suo solito broncio.
“Ma fra tutte le persone che potevo investire perché proprio te?” chiesi più a me stessa che al bell’addormentato.
Sospirai e appoggiai la schiena contro il tronco dell’albero che ci riparava dai raggi del sole “La mia solita fortuna, nemmeno tu ne hai molta eh?”
“Zzzz…”
“Wow, sto parlando da sola come una pazza”
Silver si lamentò e il suo viso rilassato si contorse in una smorfia di dolore “Tu sei pazza Elis... Tu…”
“Io..” lo incitai a continuare.
“Tu mi hai investito”
“Tu sei spuntato fuori dal nulla”
“Assassina”
“Quasi…” mi feci piccola piccola, povero Sil, in fondo ero dispiaciuta.
“Per quello che vale, sappi che mi dispiace di averti quasi investito, quasi schiacciato e quasi ucciso”
Silver mi guardò e per un attimo sorrise, era raro vederlo sorridere e se lo faceva durava appena un secondo poi tornava serio.
“Sarai la causa della mia morte mocciosa” si tirò a sedere e si appoggiò anche lui all’albero, scrutai il suo viso per qualche secondo, c’era qualcosa che non andava…
“Stai bene?” era una domanda ingenua, forse un po’ stupida ma ero preoccupata.
“Mi sei appena piombata addosso, come vuoi che mi senta?”
-Ok, me la sono cercata… anche io avrei risposto così al suo posto.-
Lo guardai tristemente e sospirai “Mi dispiace”
Rossino scosse la testa “Non sto così male… ho bisogno di dormire” appallottolò la felpa a mo’ di cuscino e si sdraiò poco distante da dove era prima.
“Posso rimanere qui?”
“Se proprio devi… basta che stai zitta” Mi diede le spalle e si sistemò meglio sull’erba.
Antipatico!
Chiedere a me di stare in silenzio era come chiedere a Silver di essere gentile o ad Armonio di farsi furbo.
L’aria calda e profumata di fiori mi confondeva le idee, ammesso che le mie idee fossero mai state chiare…  Rossino doveva essersi già addormentato, sentivo il suo respiro leggero vicino a me; era rassicurante vedere il mio rivale così calmo, a giudicare dalle sue occhiaie non dormiva da un po’.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a scacciare quella malinconia che mi assaliva lo stomaco ogni volta che gli stavo vicino, proprio non riuscivo a spiegarmelo…
Le mie vocine interiori iniziarono a cantare una canzone che non sapevo neppure di conoscere, probabilmente il mio subconscio se l’era inventata lì sul momento.
Più che una canzone era un minestrone di parole messe a caso tra cui ricorrevano spesso “Elis”, “Silver” e altre espressioni che non capivo a ritmo di olè olè, in effetti era inquietane; anche perché non sapevo da dove fosse uscita ne chi l’avesse creata.
Con la mie vocine interiori che cantavano stonate un’orribile e improbabile canzoncina che forse avrebbe dovuto essere dolce o in alternativa canzonatoria e che invece invece risultava solo grottesca e irritante. Piano piano scivolai nel sonno anche io, convincendomi che doveva essere colpa del caldo e del faticoso percorso in bici.

…….
 
“Elis?” qualcuno chiamava il mio nome, non sapevo chi fosse e non mi interessava scoprirlo.
Strinsi la stoffa sotto le mie dita… il mio cervello intorpidito dalla stanchezza fece un semplice calcolo:
stoffa = lenzuola, lenzuola = letto e letto = casa.
Ero a casa, nel mio letto…
“Mocciosa svegliati” riecco la voce di prima, protestai debolmente, non volevo svegliarmi.
“Mamma lasciami dormire” miagolai.
“Non sono tua madre!”
Giusto mia madre non mi chiamava "mocciosa". Un momento… ma se quella non era mia madre allora non ero a casa… e il mio cervello aveva sbagliato i calcoli.
Non ero mai stata un genio a matematica… però mi a madre cucinava ottime lasagne…
 I miei neuroni lavoravano alla velocità di una lumaca senza patente, quindi formulare una frase o anche solo un pensiero di senso compiuto era praticamente impossibile.
Aprii pigramente gli occhi, odiavo essere svegliata.
“Finalmente! Hai il sonno pesante eh?”
“Che diavolo vuoi Rossino…?” sbadigliai e lo guardai negli occhi.
“Mi stai schiacciando le gambe, alzati” ecco perché ero così scomoda… adesso si spiega il mio mal di schiena. Solo ora mi accorgevo di essergli praticamente sopra. Lo accontentai allontanandomi un po’ da lui.
Adesso dovevo solo riattivare cervello e neuroni “Zaino… Pokemon…” guardai Silver “Rompi palle-rovina sogni… lasagne... Fame…” anche le mie chiacchierone e invadenti  vocine interiori stavano russando.
“Lasagne?” Alzò un sopracciglio e continuò a massaggiarsi le gambe intorpidite.
“Sì… quelle di mamma… ho fame.” Mi venne in mente una domanda per Rossino. “Silver… posso chiederti una cosa?”
“Anche se ti dicessi di no tu non mi ascolteresti e faresti comunque la tua domanda quindi..”
“Ok, non mi importa te lo chiedo e basta. Dov’è casa tua?”
Silver impallidì “Perché vuoi saperlo?”
“Curiosità” feci tranquilla, fingendo di non notare il suo improvviso pallore.
“A Smeraldopoli”
“Nella regione di Kanto giusto?”
Lui annuì  “è da molto che non ci torno…”
“Quanto ?”
“Anni, ma non abbastanza per farmi dimenti-… hem… fatti gli affari tuoi mocciosa” la sua faccia era diventata verdina, iniziavo a preoccuparmi, quel cambiamento di colore non era normale.
“Non sono mica una ficcanaso, volevo solo fare conversazione! Ho avuto discussioni più articolate con il lavandino del bagno!”
“Grrrr”
“Sì Silver, Grrrr anche a te, dove sei diretto?”
-Forza Elis, forse puoi ancora fare due chiacchiere.-
“Amarantopoli”
- ma quanto parla questo qua…-
“Oh… io sono indecisa, non so’ se andare al Pokethlon o ad Amarantopoli… hai qualche consiglio?”
“Fa’ come vuoi…” che nervi! Quando faceva così l’avrei volentieri chiuso in un bagno pubblico per tutta la notte.
“Che ore sono?”
- Elis fa un altro tentativo!-
“Non ho l’orologio”
-per la cronaca… sono le quattro del pomeriggio-
Non c’erano speranze di mettere insieme un discorso. Silver si alzò e si incamminò verso il parco nazionale, io lo seguii, ero troppo pigra per andare al Pokethlon.
Saltellavo per il parco seguendo Rossino, avevo appena deciso che sarei andata ad Amarantopoli.
“Che bel posto…” dissi guardando i Pokemon coleottero nascosti fra l’erba.
Silver si voltò verso di me spazientito “Senti, se proprio devi starmi dietro almeno non parlare!”
Gli feci una linguaccia e lo superai con passo deciso “Se ti sto davanti posso parlare allora?”
“No”
Altra linguaccia.

 
Silver’s pov


Quella ragazzina mi stava facendo venire il mal di testa, era impossibile farla stare zitta, se non aveva niente da dire allora sparava la prima cosa che le passava per la testa.
La guardai minaccioso dopo l’ennesima battutina sui miei capelli e quella scoppiò a ridere.
Cosa. Diavolo. Aveva. Da. Ridere ?!
Tornai a camminare, più deciso che mai a non ascoltare gli stupidi discorsi che stava facendo con il suo Sneasel. Ma ignorare la sua voce era più complicato del previsto.
Mi girai di scatto e la afferrai per le spalle “Ci vuoi stare zitta?!”
Elis sbatté le ciglia un paio di volte sorpresa dalla mia reazione, poi passato l’attimo di stupore sorrise cattiva “No ♥”
Basta, di questo passo sarei finito in manicomio prima di potermi accorgere che stavo impazzendo.
“Chiudi il becco!”
“Solo se me lo chiedi per favore” Che grandissima  -BIP- !
“Mai!”
“Va bene, ti racconterò la storia della mia vita da quattordici anni fa a oggi” prese fiato e il suo Pokemon si tappò le orecchie “Sono nata il 16 febbraio a Smeraldopoli, so che sembra strano ma non è poi così strano… mia madre era in vacanza… ho vissuto per quattro anni felicemente, dando fastidio al mio coetaneo e vicino di casa Armonio, poi un triste giorno è nato mio fratello, fratellastro a dirla tutta, non ho idea di cosa sia accaduto fra le lenzuola di madre, fatto sta che non so’ chi sia mio padre e non mi sono mai posta questo problema e-”
Parlava e parlava senza riprendere fiato, ancora mi chiedo come diavolo facesse.
“BASTA!” non ero uno che si arrende facilmente ma mi stava uscendo del fumo dalle orecchie, respirai profondamente.
-Conta fino a 10 Silver, anzi no, è meglio fino a 100, o rischi di strangolarla-
“Per favore” mi costava un sacrificio enorme pronunciare quelle due misere, bastarde parole “Per favore stupida ragazzina, sta zitta!”
“Ok” mi saltellò allegramente davanti, ignorando il mio insulto come se non l'avessi mai pronunciato “Ci voleva tanto a dirlo?” le avrei volentieri tirato un calcio, ma mi trattenni.

Elis rispettò il patto fino a che non ci trovammo davanti ad un albero ballerino, non potevo pretendere che stesse zitta davanti a quel Pokemon/albero/ballerino di samba.
“Hei Silver guarda! C’è un albero che sculetta!”  
“Vedo… sta bloccando la strada…”
“Come lo convinciamo a spostarsi?” Mentre quella parlava io avevo già tirato fuori la ball di Gastly e ordinato allo spettro di usare ipnosi sul Pokemon.
“Se vuoi puoi farci due chiacchere, se è furbo scappa lontano, se no ti colpisce… in tutti i casi io ci guadagno qualcosa” lei non lo trovò divertente quanto me.
“Guarda che il tuo Gastly si è fatto battere! Quindi non criticare le mie idee!”
Feci rientrare il mio Pokemon messo al tappeto in un solo colpo “Sei inutile” sibilai contro la pokeball.
Fu così che mi presi una sberla.
“Perché mi hai dato uno schiaffo?!” Le gridai, ma Elis non si scompose e mi scambiò uno sguardo gelido.
“Per quello che hai detto! Sei uno stupido, è solo colpa tua se il tuo Gastly ha perso!”
“Non dire idiozie…”
“Sono sicura di quello che dico! Gli hai dato un ordine senza prima conoscere il tuo avversario e poi ti sei messo a parlare con me, è inutile che continui a auto convincerti che non è così, lo sai anche tu di chi è la colpa!”
Era inutile continuare a parlare con lei… sapevo già che avrebbe finito per convincermi.
“….”
“Bravo Silver! Continua pure ad ignorarmi” Una scintilla di rabbia le brillava negli occhi, dandole un aspetto stranamente sicuro. “Sudowoodo: tipo roccia…" borbottò fra sé "Sneasel usa ventogelato!”
Il Pokemon lamartigli soffiò e una nebbiolina gelida avvolse l’albero ballerino che ebbe un fremito, ma non  sembrava essere stato indebolito dall’attacco.
Agitò le braccia a ritmo di una musica che sentiva solo lui e fece uno strano gesto con le ‘mani’…
Poco dopo usò la stessa mossa dello Sneasel di Elis, soffiando una brezza gelida sull’avversario che schivò con agilità sorprendente, cosa che la sua allenatrice non riuscì a fare.
Mi avvicinai alla ragazza, stava tremando e aveva le labbra viola per il freddo, quando le fui accanto lei rispose ad una domanda che non le avevo ancora fatto “Quell’attacco -brr- è mimica, copia le mosse che subisce” e mi mostrò l'aggeggio arancione che teneva fra le mani che ancora vibravano visibilmente.
Annuii dovevo farmi venire un’idea… possibilmente una di quelle buone.
Il Pokemon si era riposizionato nello stesso punto e ci dava le spalle.
“C-Chiara mi aveva detto qualcosa a proposito di un Pokemon che bloccava questo percorso…”
“Parla, potrebbe essere qualcosa di utile"
“Un attimo… c-ci sto pensando!” Strizzò gli occhi come se si stesse concentrando, poi il suo viso si illuminò.
Mi guardò e i suoi denti smisero di battere “Prestami Croconaw, ho avuto un’idea fantastica” le cedetti la pokèball senza fare domande, era nel mio interesse quanto nel suo risolvere la faccenda e proseguire; si avvicinò al Sudowoodo facendo cenno a me e a Sneasel di non interferire.
“Ciao Croconaw, io e te non ci conosciamo molto bene ma adesso ho bisogno del tuo aiuto”
Il mio starter annuì, pronto ad eseguire i comandi di Elis “Bene, usa pistolacqua sul Pokemon che sculetta!”
Croconaw non capiva “E dai… su quel coso lì, non mi sembra complicato!” La ragazzina prese a gesticolare cercando di spiegare cosa doveva attaccare, alla fine il coccodrillo capì e sparò un getto d’acqua contro il finto albero.
Il Sudowoodo non gradì molto la doccia, anzi sembrava parecchio arrabbiato, guardava la mia rivale con occhi fiammeggianti. Elis indietreggiò mentre il Pokemon ballerino si gonfiava sempre di più, Croconaw se la diede a gambe, doveva aver intuito cosa sarebbe successo di lì a poco…
“Scappa!”
BOOM!!!
Aveva usato esplosione.

 
 
Elis’s pov

Rotolai sull’erba senza fare caso ai sassi e ai rametti che mi graffiavano le braccia. Mi fischiavano le orecchie così forte da farmi male la testa, non sentivo nessun rumore, solo il tuono che avevo udito subito prima di essere spinta indietro dalla forza dell’esplosione.
Quel suono assordante rimbombava impietoso nella mia testa dolorante, mi facevano male gli occhi per colpa della luce emessa da quello stupido Pokemon suicida, per fortuna però avevo avuto l’accortezza di chiuderli di scatto prima che la luce diventasse troppo intensa o a quest’ora sarei stata cieca.
 Invece vedevo benissimo, Silver era chino su di me, sul viso aveva qualche graffio e muoveva la bocca ma non usciva nessun rumore. Mi scrollò ed io strizzai gli occhi cercando di capire cosa stesse dicendo e perché proprio ora voleva mettersi a giocare al gioco dei mimi.
Mi scosse più violentemente, sembrava preoccupato… era carino a preoccuparsi per me… ma non ce n’era bisogno… forse… o forse sì?...

Ok mi stavo preoccupando anche io, avevo appena capito che Rossino non stava mimando parole, probabilmente stava urlando ed ero io che non lo sentivo.
Probabilmente quel rumore così forte mi aveva fatto diventare temporaneamente sorda, o almeno io speravo che fosse una cosa temporanea. Adesso sentivo i suoni ovattati e distanti.
Era fastidiosa quella situazione... avrei voluto dirgli che stavo bene… più o meno… ma non sentivo la mia voce.
Poi sentii un  *pop*
“ELIS!” il mio udito tornò a funzionare giusto in tempo per farmi trapanare il cervello dall’urlo di Silver
“Non gridare” biascicai, mi era venuto il mal di testa.
“Sei tutta intera?” chiese tornando in un attimo alla sua solita apatia.
“Non ho avuto il tempo di controllare, ma credo di sì” cercai di sorridere, ma ero troppo stanca anche per un’azione così semplice.
Mi alzai, accorgendomi che mi tremavano le gambe, non succedeva tutti i giorni di vedere un Sudowoodo sculettante e ballerino che decide di suicidarsi facendosi esplodere.
Adesso quello stupido Pokemon se ne stava in una delle ball di Silver, esausto e con gli occhi a forma di girella…
Mmh girella… questo mi ricordava che avevo fame.
“Amarantopoli non è lontana”
“Va bene, ce la faccio” risposi sicura di me “Non sono mica una ragazzina fragile e piagnucolosa!” scherzai.
Silver scosse la testa rassegnato, doveva aver capito che nemmeno un’ esplosione poteva fermarmi
“Muoviti mocciosa, voglio arrivare in città prima che faccia buio” 

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Capitolo 21
*** Notte Movimentata ***


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Notte movimentata

Spalancai le porte del centro Pokemon, era il tramonto, avevo bisogno di farmi una doccia e per di più non avevo ancora mangiato.
“Sei proprio una lumaca…” mi apostrofò il ragazzo dai capelli rossi.
“Ma senti… devo ricordarti tutto il tempo che mi hai fatto perdere per catturare quello stupido Magnemite?” brontolai "Hai anche voluto sfidare tutti gli allenatori del percorso 36!”
“Dovevo allenarmi” tagliò.
Che nervi… Ero irritabile, indisponente e se il mio sguardo avesse potuto uccidere Silver sarebbe già morto da un pezzo… Mi succedeva sempre quando avevo fame.
Mi avvicinai a grandi passi al bancone “Due camere singole per favore”
L’infermiera guardò il computer, storse la bocca e iniziò a premere tasti sulla tastiera, Rossino mi si avvicinò “Problemi?” chiese
“Non lo so…”
La signorina si voltò verso di noi “Mi dispiace ma le stanze sono tutte occupate”
“Ne è sicura?” Non avevo nessuna intenzione di dormire nel bosco.
Quella annuì.
“Aspetti, io me ne sto andando quindi la mia è libera!” un ragazzo con un Eevee sulla spalla si intromise nella nostra conversazione
“La ringrazio signor…” Come si chiamava quel simpatico tizio?
“Il mio nome è Bill, sono un inventore, hai presente il Box Pokemon?”
“Hem…” Guardai un attimo Silver, nemmeno lui sapeva rispondermi
“Oh… te lo spiego io, il Box Pokemon è un pc che usano gli allenatori per depositare il loro Pokemon o inviarli in altri luoghi, l’ho inventato io… anche se devo dire che il merito non è tutto mio, hanno collaborato anche Michela di Hoenn e Bebe di Sinnoh” L’Eevee che si portava dietro gli morse l’orecchio e saltò sul pavimento, e prese a strofinarsi contro la mia gamba.
Bill prese in braccio il piccolo Pokemon “Sembra che tu sia molto simpatica a questa pallina di pelo, mi dispiace Eevee ma dobbiamo andare…Bene, se vuoi venire a trovarmi io abito a Fiordoropoli, Ciao!” Detto ciò, uscì salutandoci con la mano.
“Allora non ci sono problemi, la stanza libera è una matrimoniale” mi fece l’occhiolino e mi lanciò le chiavi che Bill le aveva appena restituito.
Io invece il problema lo vedevo eccome! Un gigantesco, enorme, epico, problema dalle sembianze di un ragazzo maleducato dai capelli rossi, che adesso mi guardava tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni fingendosi indifferente. Avevamo pensato esattamente la stessa identica cosa: Io con questo/a non ci dormo!

"Non mi hai dato nemmeno il tempo di andare a mangiare”
“Non vedo niente che ti tiene incollata qui con me, quindi se vuoi puoi tranquillamente andare a mangiarti qualcosa… Sei ancora più fastidiosa quando hai fame, quindi mi faresti quasi un favore se ti togliessi di torno.” Gli lanciai un’occhiataccia e aprii la porta.
La stanzetta era piccola e semplice come le altre in cui avevo dormito da quando era iniziato il mio viaggio, ma al centro della camera c’era un grosso letto a due piazze.
Rossino lanciò i due zaini in un angolino e si gettò sul letto. Io entrai in bagno per sistemarmi i capelli, presi la Pokeball di Sneasel e il portafoglio e feci per uscire di nuovo.
“Aspetta…” mi fermò Silver.
“Che vuoi?”
Il ragazzo si alzò pigramente dal letto e si diresse verso il minuscolo tavolo sul quale avevo appoggiato le chiavi e me le lanciò.
“Non ho intenzione di uscire quindi è meglio che le chiavi le tenga tu, e un’ultima cosa…” si mise una mano nella tasca e ne tirò fuori una manciata di monete “Tieni, ho fame anche io ma non ho voglia di uscire” mi affidò i soldi e si sdraiò di nuovo sul letto.
“Mi hai preso per il tuo facchino?” chiesi stizzita dalla sua richiesta.
“Tu fallo e basta, e comunque vorrei ricordarti che poche ore fa mi hai quasi ucciso. Portami qualcosa da mettere sotto i denti.”
“Va bene… rompiballe” chiusi la porta alle mie spalle e feci uscire Sneasel dalla ball.

Amarantopoli di notte era bellissima, le lanterne sparse qua e là splendevano illuminando le strade.
Avevo già fatto i miei acquisti ma volevo esplorare meglio la città, il mio Pokémon saltellava allegro in giro “Sneasel, non allontanarti, sono stanca e fra poco voglio tornare al centro Pokémon”
Quello mi si avvicinò e si arrampicò sulla mia spalla dove si mise comodo, anche lui sembrava un po’ affaticato.
Girai sui tacchi e mi incamminai di nuovo verso il Pokémon center.
Camminavo sola per una stradina buia e spettrale, avevo una strana sensazione…
Mi sentivo osservata.
-Come sei paranoica Elis- mi dissi cercando di calmarmi -sei proprio una fifona, è solo una strada come le altre, non c’è motivo di spaventarsi- dovevo trovare qualcosa per distrarmi, dovevo pensare a qualcosa di stupido e inutile… per esempio quanti Pidgey ha Valerio, di che colore aveva le mutande Silver…
Cercavo di concentrarmi sulle mutande di Rossino quando sentii dei passi dietro di me.
Mi voltai di scatto ma non c’era nessuno, eppure ero sicura che qualcuno mi stesse guardando, presi a camminare sempre più veloce e il rumore di passi che ero sicura non fossero i miei accelerarono.
Mi ritrovai a correre per Amarantopoli, inseguita da qualcuno o qualcosa… Volevo solo tornare nella mia stanza e dormire. Corsi più che potevo in direzione dell’edificio dal tetto arancione.
Entrai nel centro Pokémon e mi concessi qualche secondo per riprendere fiato, mi voltai verso la porta ma fuori non c’era nessuno. Doveva essere tutto uno scherzo della mia fin troppo fervida immaginazione.
Salii le scale con calma aspettando che la sensazione di essere osservata se ne andasse, arrivata davanti alla porta presi le chiavi dalla borsa e la aprii.
Appena mi vide Silver attraversò svelto la stanza “Finalmente! Ho fame, mi hai portato qualcosa vero?” fece impaziente.
“T-Ti ho preso un panino al… Hei!” me lo sfilò di mano e tolse svelto la carta che lo ricopriva.
“Non mi importa cosa c’è dentro ho troppa fame per fare caso a certe cose”
Mangiava in fretta ma senza ingozzarsi, gli passai una bottiglietta d’acqua.
“Vedi di non strozzarti, da quanto è che non mangi?”
Prese un sorso d’acqua e si pulì le labbra con un gesto veloce “Da ieri sera, e non sono così idiota da strozzarmi con un panino” Prese una maglietta verde e un paio di pantaloni neri dallo zaino e si chiuse in bagno.
Colsi l’occasione per cambiarmi anche io, indossai una camicia a quadretti azzurra molto larga e dei pantaloni leggeri e attillati che non avrei mai indossato per andare in giro ma che per dormire erano perfetti.
Silver uscì quando mi ero già rivestita, si trascinò fino al letto e si mise sotto le coperte. Io seguii il suo esempio e mi accomodai il più lontano possibile da lui.
Che situazione assurda, dormire con Rossino, nello stesso letto per di più, non lo avrei mai creduto possibile.
“Voglio mettere in chiaro una cosa, se mi tocchi ti faccio volare fuori dalla finestra” ci tenevo a precisare certe cose.
“Vale la stessa cosa per te mocciosa”
Spensi la luce e appoggiai la testa sul cuscino cercando di dimenticare chi c’era a pochi centimetri da me.

Ero stanca e volevo dormire, ma ogni volta che chiudevo gli occhi per qualche motivo quelli si riaprivano e mi ritrovavo più sveglia di prima. Sospirai e accesi la lampadina sul comodino, Rossino dormiva, beato lui che ci riusciva.
Mi alzai lentamente, un bicchiere d’acqua mi avrebbe fatto bene. Aprii la porta del bagno e mi guardai allo specchio, ero più brutta del solito, avevo un paio di occhiaie scure sotto gli occhi e i capelli arruffati, sembravo una specie di vampiro. Ma non feci troppo caso al mio riflesso che ormai conoscevo a memoria, presi uno dei bicchieri di plastica sul lavandino e aprii il rubinetto.
Rientrai nell'altra stanza con il bicchiere ancora in mano, lanciai uno sguardo al ragazzo steso sul letto che si lamentò agitandosi sotto la coperta leggera. Stava sognando, ma non doveva essere qualcosa di bello, respirava velocemente e la sua espressione era tutt'altro che rilassata.
Mi avvicinai e rimasi a fissarlo, Silver sussultò e aprì gli occhi alzandosi di scatto.
Si guardò intorno spaventato le sue pupille argentate vagarono per la stanza fino a che non si posarono su di me “Stai sudando…” constatai.
Nessun commento, “Cosa stavi sognando?” chiesi per fare un po’ di conversazione.
“Niente di piacevole” la sua voce tremava, scosse la testa come a voler scacciare i pensieri. Si alzò dal letto e passeggiò nervoso per la stanza poi si diresse verso la porta-finestra che dava sulla minuscola terrazza ed uscì a raffreddarsi le idee.
Sbuffai, certe volte mi riusciva davvero difficile capire cosa passasse per quella testolina.
Mi buttai sul letto e rotolai fino a raggiungere il lato in cui fino a pochi minuti prima c’era Rossino, accesi la lampadina sul comodino e tornai nella mia porzione di materasso.
Sprofondai la faccia nel cuscino e chiusi gli occhi, poco dopo sentii dei passi, la porta della terrazza si aprì e si richiuse facendo un leggero rumore, seguii i movimenti silenziosi del ragazzo aprendo appena le palpebre.
Silver si rimise a letto e mi guardò per qualche secondo poi spense la luce e il buio ci avvolse completamente.

Mi ero quasi addormentata, non riuscivo più a stare sveglia e già la mia mente vagava chissà dove proiettando immagini senza senso ed elaborando strani ragionamenti contorti e privi di logica.
Poi Silver mi chiamò “Ragazzina?”
“Mmh?” mugolai senza riuscire ad articolare una frase, già non sentivo quasi più il mio corpo.
“Vedi di smetterla di tirarmi i capelli?”
“Non sto facendo niente, non sono nella posizione per poterlo fare…” La luce si accese e quel miscredente poté constatare che stavo dicendo la verità e che dato che gli stavo dando le spalle non potevo contemporaneamente toccargli i capelli.
La luce si spense di nuovo.
“Elis?”
“Che vuoi ancora?”
“Qualcuno mi sta toccando i capelli”
“E qualcuno mi sta toccando le chiappe, ma io non mi metto a importunarti nel cuore della notte!”
Ripensai a quello che avevo appena detto e alla “cosa” che si era posizionata sul mio culo.
“Silver, non credevo che lo avrei mai detto ma, ti prego, dimmi che la mano sul mio di dietro è la tua”
“No”
“Oh" e solo allora capii "Silver, ho paura che ci sia qualcuno in camera… qualcuno oltre noi …”
Con uno scatto accesi nuovamente la luce.
Due enormi occhi rossi mi apparvero davanti all'improvviso e lanciai un gridolino di sorpresa, di solito ci mettevo qualche minuto a connettere i miei neuroni, ma non ora, ragionai più in fretta del solito e mi fiondai ad aprire la porta-finestra. Il Pokemon viola scese dal letto e mi guardò cattivo, mentre un altro simile al primo fluttuava sopra la testa di Silver.
Afferrai una scopa che era stata abbandonata lì per un motivo a me ignoto (probabilmente dal tizio che faceva le pulizie) e iniziai a correre per la stanza, cercando di colpire il Gengar che invece di essere spaventato si stava divertendo un mondo a farmi le boccacce mentre provavo a colpirlo.
Rossino invece saltellava di qua e di là con un Haunter pervertito che lo inseguiva tentando di leccarlo.
In poche parole eravamo una gabbia di matti, se qualcuno fosse entrato in quel momento con tutta probabilità ci avrebbe spediti nello studio di uno psichiatra alla velocità della luce.
“Che fai scappi?!” il Pokemon spettro mi guardò offeso “Sei solo un codardo”
Insultare degli spettri non era una delle cose più intelligenti che potessi fare, ma quando avevo insinuato che era un fifone per un momento si era bloccato, così il mio cervello aveva elaborato un fantastico piano.
Decisi di rincarare la dose “Hai paura di una ragazzina e di una scopa? Come fantasma non vali niente!”
Silver mi guardò incredulo prima di tornare ad occuparsi del suo ectoplasma, non ero impazzita… non del tutto almeno.
Come previsto Gengar si fermò e rimase a fluttuare a mezz'aria scambiandomi sguardi di sfida.
Approfittai del fatto che si fosse fermato per colpirlo e con un colpo di scopa ben assestato lo feci volare fuori dalla porta.
-Elis sei un genio del male- La mia vocina interiore aveva maledettamente ragione.
“GOOOL!!!” esultai come un calciatore “Sono un genio, un mito, la campionessa assoluta del tiro del fantasma, hahahaha inchinatevi davanti alla mia superiorità!”
“Miss Modestia? Richiedo urgentemente la sua arma!” Mi urlò Silver interrompendo il mio bagno di autostima, sembrava abbastanza arrabbiato.
“Non so… vederti mentre scappi da un fantasma sbaciucchione è una cosa che mi riempie di gioia e felicità… potrei guardarvi per ore” dissi con un sorrisino malvagio sulle labbra.
Rossino mi guardò malissimo e schivò l’ennesimo tentativo di Haunter di leccarlo, raggiunse agile l’altro lato della stanza e il Pokemon fluttuò veloce nella sua direzione.
“Dammi. Quella. Scopa. ORA!” Scandì bene parola per parola come se lo stesse spiegando a un bambino di quattro anni. Risi e quello mi fulminò con un occhiataccia.
Vederlo correre da una parte all’altra della camera come un idiota era bellissimo. Mi stavo piegando in due dalle risate.
Sentii un gran fracasso e alzai lo sguardo. Silver era inciampato e adesso era a terra con il fantasma che gli leccava la faccia come un cane. Mi avvicinai in fretta ai due e colpii lo spettro come avevo già fatto con l’altro. Lo scaraventai fuori dalla finestra chiudendola subito dopo.
“Sua maestà del lancio del fantasma ha risolto la situazione, 2 a 0 per me! Conteggio delle vittime: il tavolo..” indicai il tavolino su cui Silver era inciampato rovesciandolo “.. e la faccia di Rossino! Missione compiuta!”
Il ragazzo si alzò da terra, mi prese di mano l’ arma brevettata anti-spettro e la scaraventò bruscamente in un angolo, era veramente arrabbiato… questa volta l’avevo combinata grossa. Ripensandoci non era stato molto carino da parte mia rimanere a guardarlo e ridere dei suoi salti mentre lui mi chiedeva aiuto inseguito da un Haunter.
Ops…
Silver andò a lavarsi la faccia poi si rimise a letto, si coprì completamente e seppellì la testa sotto il cuscino.
“Scusa…” sussurrai non ero sicura che mi avesse sentito, speravo di sì.
“Hn..” fu la sua unica risposta.
Per un attimo immaginai la stessa situazione ma scambiandoci di “posto”, immaginai di essere io quella inseguita da un fantasma con la lingua di fuori e Rossino che mi guardava e rideva senza avere la minima intenzione di aiutarmi. Ok, non mi ero comportata molto bene.
Adesso capivo che la risposta più ovvia al mio “Scusa” era un pacato “Io con le tue scuse mi ci pulisco il culo”. Doveva essergli costato parecchio trattenersi dall’insultarmi.
Per farmi perdonare domani gli avrei portato la colazione… forse…

La sveglia del pokegear trillò.
Afferrai svelta quell’aggeggio infernale e lo feci tacere premendo tasti a caso. Erano le 9 e mazza del mattino. Odiavo svegliarmi presto ma quello mi sembrava un orario ragionevole per alzarsi, peccato che dopo una nottata come quella appena trascorsa avrei preferito dormire fino all’ora di pranzo.
Rotolai assonnata sul materasso allontanando le coperte, allargai le braccia e la mia mano toccò qualcosa che non riconobbi subito. Mi spaventai e mi allontanai di scatto, ritrovandomi sul bordo del letto, le lenzuola si mossero, indietreggiai ancora un po’, persi l’equilibrio e caddi inevitabilmente sul pavimento.
Solo ora realizzavo che ero una cretina. Mi ero dimenticata che io e Rossino avevamo dormito nello stesso letto.
Mi alzai da terra e lanciai uno sguardo a Silver che riposava beatamente, mi cambiai cercando di fare meno rumore possibile per non svegliarlo. Una volta pronta presi la borsetta e le pokeball e uscii.

Superato il trauma della notte insonne e del risveglio problematico, mi si prospettava una bella giornata, il sole del mattino splendeva e l’aria era tiepida ma non umida. Già, proprio un’ottima giornata.
Speravo che anche Rossino si fosse svegliato di buon umore e che accettasse le mie scuse insieme alle brioche che avevo preso per farmi perdonare.
Aprii la porta della stanza con le chiavi che avevo rischiato di perdere più volte quella mattina e abbandonai la borsa sul tavolo insieme al sacchetto con la colazione. Sbuffai stanca e annoiata, mancava qualcosa… anzi qualcuno.
Lo zaino e le pokeball di Rossino erano ancora dove le aveva lasciate la sera prima, quindi non doveva essere lontano.
Tesi le orecchie e riuscii a sentire l’acqua scrosciare nell’altra stanza. Mistero risolto, si sta facendo una doccia.
Mi sedetti sul letto e guardi il panorama fuori dalla finestra, Amarantopoli era bellissima spettri a parte. Il mio sguardo si perse fra le colline in lontananza, sentii la testa farsi più leggera, pensieri illogici e confusi presero a vorticare all’impazzata. Lasciai che tutte quelle immagini mi ronzassero in testa senza fare nulla per scacciarle, rimasi a fissare il vuoto per un po’, tanto che non sentii che l’acqua aveva smesso di scendere.
La porta del bagno si aprì e Silver uscì per prendere i suoi vestiti. Aveva i capelli ancora bagnati appiccicati al collo, il fatto che fosse quasi nudo era un dettaglio… un piccolo, insignificante dettaglio… L’unico indumento che indossava era un asciugamano azzurro legato in vita. Pregai tutti gli dei in ordine alfabetico perché quello stramaledetto asciugamano non decidesse di slegarsi proprio davanti ai miei occhi. Non credo che avrei sopportato uno shock del genere.
Rientrò in bagno immediatamente dopo aver afferrato la sua biancheria.

Mi avvicinai alla porta di legno chiaro così che mi sentisse “Silver… mi dispiace per ieri notte, ho sbagliato e ti ho portato qualcosa da mangiare per chiederti scusa” Doveva ritenersi fortunato, era la prima volta che facevo qualcosa di carino per qualcuno, non ero neppure il tipo che ammette con facilità i suoi errori, figuriamoci il resto.
“Hn” 
“E dai Sil… ti ho chiesto scusa e ti ho preso la colazione, cosa vuoi di più da me?” gli gridai per farmi sentire anche da dietro la porta.
“Passami i pantaloni e la maglietta” Quello suonava tanto come un ordine, odiavo ricevere ordini. Sbuffai e feci quello che mi chiedeva aprendo la porta il minimo indispensabile perché il mio braccio riuscisse a passare, intanto il mio orgoglio protestava a gran voce.
Uscì di nuovo, si fermò davanti a me e mi guardò ancora arrabbiato. Incrociò le braccia senza smettere di fissarmi
“Perché vuoi farmi sentire in colpa?”
“Perché te lo meriti” che stronzo.
Alzai gli occhi al cielo e mi misi a braccia conserte “Non sei proprio la persona giusta per farmi la predica!”
“Nemmeno tu, ma non credo che tu ti renda conto di quanto sai essere insopportabile
o di quanti difetti tu abbia"
Rimasi a bocca aperta come una scema, lo ammetto, questa faceva male. Sentii la rabbia salire, se riuscivo a non ucciderlo con le mie mani e a non dare di matto sarebbe stata un’enorme vittoria.

“Santo cielo. Co- come...” balbettai senza riuscire a decidere come rispondere "E tu? Che dire di te. Sei la persona più egoista, cattiva, arrogante e irrispettosa che abbia mai conosciuto. Non ti permetto di parlarmi dei miei difetti quando sei privo di valori e morale! In compenso sei bravissimo a farmi sentire una merda!" quasi urlai, trovando finalmente il coraggio di sfogarmi. Forse avrei dovuto stare zitta. Certe volte parlavo davvero troppo, non era colpa mia, la mia bocca iniziava a muoversi senza che glielo avessi chiesto, i polmoni già pieni d’aria facevano vibrare le mie corde vocali e le parole uscivano come fiumi dalle mie labbra, complice era anche il mio cervello che forniva nuove frasi invece di mettere un freno e di ordinare di mordermi la lingua! Perché non riuscivo a stare zitta quando dovevo?
Silver si rabbuiò, serrò la mascella e stinse i pugni. Avevo toccato il tasto giusto, non era una cosa bella da parte mia rigirare il dito nella piaga ma se lo meritava, vedevo i suoi muscoli tendersi e rilassarsi al ritmo del suo respiro irregolare, i ciuffi di capelli rossi gli coprirono il viso, inespressivo come al solito. 
Subito dopo rise e la cosa mi mandò su tutte le furie "Grazie per l'elenco, davvero originale mocciosa. Te ne faccio uno anche io, anche tu sei un' egocentrica patentata ed enormemente ipocrita. Sei scontrosa, aggressiva, infantile e presuntuosa. In più mi hai dimostrato più volte di essere emotivamente instabile e di non saper badare
neppure a te stessa. Eppure credi di potermi guardare con quella superbia e giudicarmi? Non sei migliore di me, Elis" 
Sentire che aveva usato il mio nome alla fine del suo discorso su 'le ragioni per cui fai schifo' mi fece uno strano, stranissimo effetto. Non aveva smesso neppure per un attimo di guardarmi
negli occhi. Non era Silver a farmi sentire una merda, io ero una merda. 
Molte possibile reazioni e risposte si accavallarono nella mia testa a velocità inaudita, e in molte facevo ricorso alla violenza fisica ma alla fine non feci niente. Restai immobile e sorrisi amaramente "La mia opinione non cambia: sei disgustoso"
presi il pacchetto con le brioche e glielo lanciai bruscamente “Spero che ti vadano di traverso”


Silver’s Pov

Elis chiuse la porta dietro di se rumorosamente, adesso ero di nuovo solo.  C'erano così tante cose che avrei voluto dirle, tante altre cose che non sopportavo di lei e che le avrei sbattuto volentieri in faccia se fosse rimasta. Però se n'era andata ed ero solo. 
"Sei disgustoso"
Risi internamente, ero il primo a darle ragione. Ci eravamo detti cose orribili ma erano la verità, o almeno delle mezze verità. Perché eravamo umani e come tutti gli umani avevamo difetti ma anche pregi. Non riuscivo neppure a immaginare me e la mia rivale che ci scambiavamo complimenti, in fondo c'erano delle cose che io apprezzavo di lei e forse, chissà, se c'erano cose di me che a lei non dispiacevano. Fra i pessimi tratti che condividevamo c'erano un indiscutibile eccesso di orgoglio e la spiccata propensione a giudicare gli altri. 

Ero convinto di quello che avevo detto 'Non sei migliore di me' era difficile ammetterlo ma non eravamo poi così diversi. In fondo mi sentivo in colpa e sapevo che avevo sbagliato, non lo avrei mai detto ad alta voce ma era così. 

La stanza era vuota, quando era uscita aveva portato via il suo zaino, sembrava tutto un po' desolato e spoglio ora. Non avevo ragione per restare lì, misi le mie cose al loro posto, mi preparai e me ne andai anche io. 

Elis’s Pov

Chiusi la porta alle mie spalle e mi allontanai camminando, accellerai man mano che procedevo, quando mi accorsi che stavo correndo ero già in una parte della città che non avevo ancora esplorato. Era una via molto tranquilla, il largo marciapiedi era affiancato da alti alberi d'acero, credo che si trattasse di una vera e propria foresta, sotto ai quali vi erano molte panchine di metallo verniciate di verde brillante. 

Mi lasciai cadere su una di esse, tremavo ancora per la rabbia e stavo piangendo. Non per il modo in cui Silver mi aveva trattata ma perché dentro di me sapevo che aveva ragione. Cercai di calmarmi e far smettere i miei occhi di lacrimare guardando il cielo. Non ci volle molto, mi asciugai la faccia e mi alzai. Stavo ancora male e mi sentivo un vero schifo ma andava bene così, prima o poi mi sarebbe passata, era solo un altro colpo alla mia autostima e al mio amor proprio, sarei sopravvissuta. Saremo sopravvissuti, io e i miei terribili difetti e il mio caratteraccio. 

Ci volle un'altra lunga passeggiata per Amarantopoli per calmarmi, c’era il sole e questo mi faceva sentire già più leggera sciogliendo anche se di poco i nodi che avevo allo stomaco e alla gola. Inspirai profondamente, l’aria profumata di fiori mi riempì i polmoni, ero più tranquilla ma non ero molto felice.
La sensazione che Silver avesse pienamente ragione non voleva lasciarmi, la sua capacità di analizzarmi e descrivermi alla perfezione con poche parole mi aveva sorpreso. Dalla mia parte ero sempre convinta che quello che gli avevo detto era vero e che lo pensavo sul serio… ma era uno di quei pensieri che avrei preferito dimenticare, lasciare che uscisse dalla mia testa in silenzio … non urlarglielo in faccia. Accidenti alla mia boccaccia.
Attraversai la strada, camminando in direzione della Torre Bruciata, Valerio mi aveva detto che quella torre aveva un significato particolare e che era legata ad un’antica leggenda.
Salii le scalette di legno scricchiolante, l’odore della cenere e del carbone era quasi sparito con il tempo ma si sentiva ancora bene nell'aria e mi faceva pizzicare il naso.
La torre in passato doveva avere molti piani, adesso invece ne rimanevano solo due: quello su cui stavo camminando e l’altro più in basso che vedevo attraverso i numerosi buchi nel pavimento.
Il soffitto non c’era più, si poteva vedere il cielo azzurro e i Pokemon selvatici entravano liberamente e passeggiavano indisturbati per la torre.
Sul pavimento poco più avanti c’era un enorme buco, un uomo vestito di viola era inginocchiato lì vicino e guardava in basso con gli occhi luccicanti.
Mi avvicinai al tizio strano, ero troppo curiosa di sapere cosa c’era di così interessante in un buco.
Sbirciai da sopra la sua spalla “E tu chi sei?” chiese alzandosi “Non importa, io mi chiamo Eugenio e guarda laggiù!” Indicò il piano inferiore al nostro “Quello è il leggendario Suicune ♥”quel tizio era a dir poco inquietante.
“Chi?” Eugenio alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Vedi quello? Il Pokemon azzurro al centro? Ecco quello e Suicune… e tu saresti un allenatrice?”
Perché anche un maniaco vestito color lavanda doveva prendermi in giro ? trattenni l’impulso di rispondergli “No, io sono un allevatrice di polli”
“Gli altri due sono Entei e Raikou, sono il trio leggendario di Johto , io sto cercando di catturare il meraviglioso Suicune, mi basterebbe anche solo guardarlo da vicino, è così bello” Continuò con gli occhi a forma di cuore.
“Allora scendi a guardarlo…” che soluzione ovvia.
“Non posso, se mi avvicinassi scapperebbe di sicuro”
“Giusto… io vado a fare un giro turistico” mi volta e feci per andarmene.
I miei occhi di quattordicenne con gli ormoni ballerini si posarono su un meraviglioso ragazzo vestito di scuro, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri come il mare, lo riconobbi dopo essermi ricordata delle foto che mi aveva mostrato Valerio. Quello era Angelo il capopalestra.
Quel gran pezzo di figo mi guardò e sorrise, feci appello a tutte le mie forze per impedirmi di avere un attacco di cuore. Si avvicinò e una volta arrivato davanti a me sorrise di nuovo e mi tese la mano “Piacere di conoscerti io sono Angelo il Maestro dei Pokemon spettro, posso saper il tuo nome?”
“Mi chiamo Elis” Volevo essere sintetica o rischiavo di mettermi a sbavare.
“Che bel nome, vedo che hai conosciuto il mio amico Eugenio” Annuii
Il biondino sospirò “Io me ne torno i palestra, spero di rivederti Elis”
“Lo spero anche io…” Lo guardai mentre se ne andava, scossi la testa, volevo finire di esplorare la torre prima di andarmene.

Camminai facendo attenzione a dove mettevo i piedi per non rischiare di cadere in uno dei buchi sul pavimento, mi guardai intorno cercando una via sicura per avanzare e notai una
delle cose che avrei preferito non vedere: Silver e il suo Croconaw erano poco lontani da me, in piedi su un punto sicuro del pavimento.
“Silver, casa ci fai anche qui?”
“Volevo allenarmi” si voltò verso di me e mi fissò, prima che potessi dire qualcosa anche solo per mandarlo a quel paese lui continuò “Ti sfido a una lotta”
“No, non se ne parla neanche, mi sembra che fosse chiaro che non vogliamo avere niente a che fare l'uno con l'altro. E va benissimo così. Sono venuta qui per distrarmi quindi togliti dai piedi o me ne vado io”
Lui sembrava divertito, adesso volevo davvero spingerlo giù dalla torre bruciata "Devo aver danneggiato il tuo ego più di quanto pensassi se non vuoi neppure batterti"
Feci un respiro profondo "Sei insopportabile" sibilai, poi presi una ball e l'aprii.
“Senti chi parla” borbottò lui.
Croconaw si posizionò davanti al suo allenatore e io feci uscire Quilava, starter contro starter, come la nostra prima sfida. Fu lui ad attaccare per primo “Morso!” dava ordini con freddezza, non mi piaceva per niente come trattava i suoi Pokemon.
“Usa Attacco Rapido” Il mio compagno partì e schivato con agilità incredibile l’attacco del coccodrillo lo colpì con forza.
“Pistolacqua! E vedi di non sbagliare!” Un getto d’acqua si abbatté sul mio Quilava che non sembrò molto felice della doccia. Riaccese le fiamme sulla testa e sulla schiena, anche se aveva subito dei danni adesso era di nuovo pronto per l’attacco.
“Ancora Pistolacqua” a quanto pareva Silver aveva fretta di vincere.
Purtroppo per lui io non avevo nessuna intenzione di perdere, odiavo perdere, e dopo quello che era successo sentivo di meritarmi una piccola rivincita.
“Ruotafuoco” I due attacchi si scontrarono generando una nuvola di vapore. Sentii il pavimento scricchiolare ma non ci feci troppo caso, la nebbia si era diradata e adesso potevo di nuovo vedere i miei avversari.
Quilava drizzò le orecchie a punta e si allontanò dal campo di battaglia “Che stai facendo?” gli gridai.
Il ci fu uno scricchiolio più forte di prima, guardai Silver, il suo Croconaw se ne stava andando.
Sentii il suono del legno che si rompe poi mi accorsi che sotto di me il pavimento si stava sbriciolando come se fosse stato fatto di biscotti.
“Silver!” Corsi verso di lui per avvertirlo, avevo capito benissimo cosa stava per succedere, riuscii ad avvicinarmi abbastanza da spingerlo un po' più lontano prima che fosse troppo tardi.

Le travi sotto i miei piedi decisero di crollare mentre io ero ancora sopra, urlai sentendomi cadere nel vuoto. Perché capitavano tutte a me ? Perché?!
Qualcosa mi afferrò per un braccio fermando la discesa e lasciandomi a penzolare nel vuoto.
Aprii gli occhi che avevo chiuso per la paura, sotto c’era il vuoto, mi pentii di aver aperto gli occhi.
Guardai in alto “Silver…” mi stava evitando di cadere e spiaccicarmi, questo voleva dire che anche se mi disprezzava e io disprezzavo lui, considerava la mia vita meritevole di essere salvata? Aveva almeno un minimo di senso?
“Stupida mocciosa, hai così tanta fretta di morire?” Mi tese l’altra mano, quando l’ebbi afferrata mi tirò su.
Mi ritrovai seduta sul pavimento pericolante “Grazie” ero incredula ma felice di essere viva e tutta intera. 
“Niente” replicò piano. Dopodiché restammo in silenzio accanto al foro appena formatosi. 
“Mi dispiace”
“Anche a me” 
"Tregua?"
Lui annuì "Tregua" 
Forse fra noi sarebbe stato così per sempre. Forse eravamo destinati a dirci scomode verità a vicenda, a scontrarci e forse a spingerci inconsciamente a migliorare.

La sua attenzione fu catturata dai tre Pokemon al piano di sotto “Cosà c’è laggiù?”
“Sono i tre cani leggendari della torre bruciata, così ha detto Eugenio”
Lui non disse niente così ripresi io “Voglio scendere a guardarli, vieni con me ?” Rossino annuì.
Lo guidai fino ad una scaletta che portava al piano inferiore, scendemmo senza fare rumore. Ci avvicinammo ai Pokemon, visti da così vicino facevano paura.
Il mio pokegear squillò. Maledetto!
Il trio si voltò verso di noi, più che altro su di me, poi uno dopo l’altro salirono al piano superiore con qualche balzo rapido, rimase solo Suicune, si avvicinava piano piano a me senza smettere di fissarmi negli occhi.
Quando mi fu abbastanza vicino mi superò con un salto e salì come gli altri e se andò.
Guardai Silver , anche lui a bocca aperta “Vuoi deciderti a rispondere o vuoi lasciarlo suonare all'infinito?”
“Giusto” aprii il pokegear e premetti il tastino verde per accettare la chiamata “Pronto?”
“Elis! È da un po’ che non ci sentiamo, come sta l’uovo che ti ho affidato?”
Uff… era quel rompiscatole di Elm. “Bene, si è schiuso”
“COSA?!” mi spaccò un timpano con quella vocetta da soprano
“Sì prof. Si è schiuso”
“Devi subito portarlo da me! Voglio assolutamente vederlo! Allora ti aspetto, fai presto Elis, ciao”
Elm riattaccò senza darmi l’opportunità di ribattere. Rimasi a fissare lo schermo del cellulare boccheggiando. Stupido Elm..
Silver mi lanciò uno sguardo interrogativo “Chi era?”
“Elm… se ti dicesse che devo tornare a casa perché me lo ha chiesto il professore, tu verresti con me?”


Angolo Autrice:
Mi scuso per la mia lentezza ma per scrivere questo capitolo ho davvero sudato.
è difficile trovare l'ispirazione dopo la "settimana delle verifiche".
Spero che non sia deludente. Alla prossima.
Elis Strange.

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Capitolo 22
*** Casa Dolce Casa ***


Cap 22

Casa dolce casa


Silver’s pov

“Non ho ancora capito come hai fatto a convincermi…” dissi continuando a camminare dietro ad Elis.
Lei si voltò e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi “Nemmeno io, e so che ti sembrerà strano, ma mi fa piacere che tu abbia accettato di accompagnarmi” Per un attimo fui sorpreso dalle sue parole, mi accorsi che non mi dispiaceva averla seguita.
Le stupide canzoncine che non aveva mai smesso di cantare mi distraevano da i miei pensieri, e questo era un bene, non mi andava di essere tormentato dalla mia stessa mente.
Avevamo attraversato Violapoli e stavamo percorrendo il percorso 29 quando Elis si bloccò di colpo.
Si guardò intorno stando all’erta, anche il suo Pokemon era scattato sull’attenti.
“Che cosa ti prende mocciosa?” sbuffai vedendo il loro strano comportamento.
“Devo essere sicura che...” Un Rattata saltò davanti a noi, quando lo vide la ragazza impallidì ed iniziò a sudare freddo. Si sentì una voce, doveva appartenere a un ragazzino nascosto fra gli alberi, era possibile che fosse il padrone del Rattata.
Le foglie si mossero “Ratty, dove sei?” era la stessa voce di prima.
Elis deglutì, mi afferrò per un braccio e iniziò a correre a velocità incredibile verso Fiorpescopoli.
Attraversò velocemente tutto il percorso 29, senza mai perdere il ritmo, io la seguivo gridandole di fermarsi ma non mi ascoltava.
Si guardò indietro senza smettere di correre, mi vide e rallentò il passo fino a fermarsi del tutto una volta arrivati in città.
“Spiegami… cosa… diavolo ti è… preso!” Rantolai senza più fiato, anche lei sembrava affaticata.
“Gennaro…”
“Chi?”
“Gennaro, Gennaro bullo… brutti ricordi!” spostò i ciuffi di capelli che le ricadevano sul viso con un gesto, scrollò le spall e
tornò a camminare spedita verso casa sua.

Poco dopo eravamo arrivati a Borgofoglianova.
Era un piccolo paesino, ricordavo la prima volta che ero arrivato a Jotho…
… Avevo vagato per i cunicoli del monte Argento ero arrivato a Violapoli, ero solo, senza un soldo, non avevo niente… Ma ho imparato a badare a me stesso e ad arrangiarmi. Non mi importava di come mi vedeva la gente, ero un ladro, rubavo per avere qualcosa da mangiare… Un giorno sentii due allenatori parlare del laboratorio di Elm così avevo deciso di rubare un Pokemon. Volevo ricominciare, avevo un sogno: diventare l’allenatore più forte di tutta Jotho, più forte di mio padre…
Elis mi agitò la mano davanti agli occhi per attirare la mia attenzione  “Stai bene? Sei così cupo…”
Annuii e distolsi lo sguardo.
Elis sospirò, non le piaceva quando non sapeva cosa mi passasse per la testa, ma non erano affari suoi e non avevo intenzione di condividere i miei pensieri. Volevo che nessuno sapesse, non volevo dirle niente del mio passato, di quanto era stato difficile per un bambino di dieci anni ritrovarsi da solo in una regione che non conosceva.
“Siamo arrivati!” annunciò tornando a sorridere, davanti a noi c’era il laboratorio di Elm, Elis si avvicinò alla porta e si voltò verso di me che invece di seguirla ero rimasto immobile.
“Non posso entrare. Visto che sono io che ho rubato il Pokemon di Elm, non credo che sarebbe una scelta saggia farmi vedere”
“Giusto, hai ragione. Allora… potresti fare un giretto io purtroppo devo parlare con il prof, ci vediamo dopo Silver”
Annuii e mi allontanai.

A Borgofoglianova c’era ben poco da vedere, ma dovevo aspettare che Elis finisse di parlare con il professore prima di andarmene, era leggermente scocciante ma ormai avevo accettato di andare con lei.
Passeggiai un po’ per il paesello fino a che non mi ritrovai di nuovo davanti al laboratorio.
Sbuffai annoiato e sbirciai dalla finestra, vidi Elm saltellare nervoso da un piede all’altro, Elis era seduta poco distante, se ne stava scomposta sulla sua sedia con la faccia di chi preferirebbe correre per tutta Johto senza scarpe pur di non essere lì ad ascoltare le idiozie dell’uomo col camice.
Il professore invece sembrava felicissimo, gironzolava eccitato per la stanzetta esaminando il Pokemon uscito dall’uovo della mia rivale.
Quell’immagine mi creò un senso di déjà-vu, non ci feci troppo caso e mi cercai un posto tranquillo per riposare. Era qualche notte che non dormivo bene, avevo proprio bisogno di dormire un po’.
Mi sistemai all’ombra di un albero non molto lontano dal laboratorio e chiusi gli occhi.
L’aria era tiepida e profumata, sentivo i Pokemon uccello cantare fra gli alberi, abbastanza lontano da non darmi fastidio, come sussurri… mi piaceva quel silenzio.
Ma quella pace e tranquillità non durò molto.
Dopo neppure mezz’ora mi sentii punzecchiare, speravo che fosse Elis, così potevo andarmene da quel postaccio.
Aprii una palpebra e scrutai per bene la figura che mi sovrastava, sospirai “Chiunque tu sia, spero che tu abbia un motivo valido per avermi disturbato” mi misi seduto e guardai meglio il ragazzo che mi aveva importunato.
“Ciao! Tu chi sei?” Chiese con un sorriso a trentadue denti, era una mia impressione o quello non era molto sveglio?
“Che ti importa? Piuttosto, levati di torno e lasciami in pace” Non mi piaceva rispondere alle domande, soprattutto se a porle era uno con il quoziente intellettivo pari a quello di una ciabatta.
“Ok, io mi chiamo Armonio… tu come tu chiami?” se prima era solo una sensazione adesso ne ero assolutamente certo, stavo parlando con un cretino.
“Gertrude” bofonchiai ridacchiando
“Che bel nome… ma è da femmina… tu sei una ragazza?” A quella domanda avrei voluto sbattere la testa contro un albero, come faceva a non capire che stavo scherzando? ok, forse il fatto che avessi i capelli lunghi poteva confondere il suo cervellino minuscolo… ma così era troppo.
“Sì” già che c’ero potevo divertirmi un po’ “Tu conosci Elis?”
Armonio fece di sì con la testa.
“Elis mi ha detto che è perdutamente innamorata di un ragazzo moro, che è cresciuto con lei…” guardai il topo blu vicino ai suoi piedi “Un allenatore che possiede un Marill.”
-Muhahaha Silver sei perfido!-
Armonio arrossì e iniziò a saltare sul posto, sembrava agitato e alquanto confuso…
“Dici sul serio? Ti ha detto come si chiama?” Questo tizio era più scemo di quanto credessi.
“Mmmh… non ricordo molto bene, sai sono informazioni riservate, un po’ di contanti farebbero comodo alla mia memoria arrugginita”
-Vai Silver, Vai Silver! Vediamo se riesci a spillare qualche soldo a questo fesso-
Armonio si frugò nelle tasche e mi passò una banconota da 50 pokè
“Il suo nome iniziava con la lettera A..” allungai la mano e il ragazzo ci mise un’altra banconota
“A…r….” altra banconota
“A…r…m… questa lettera è molto difficile, non credo che 50 pokè possano bastare stavolta…”
Mi sganciò un gruzzoletto da circa 500 pokè.
“Ora ricordo! Il suo nome è Armando!” scoppiai a ridere e mi alzai, contando l’incasso della giornata.
Armonio sembrava stesse per mettersi a piangere “Su con la vita perdente, non è niente di personale, è solo che io avevo bisogno si soldi e tu eri un ottimo pollo da spennare… Ti saluto!”
Feci per andarmene ma il ragazzo mi chiamò “Ti sfido ad una lotta!” gridò .
Sbuffai, sapevo già che sarebbe stata solo una perdita di tempo, ma accettai ugualmente… “Come vuoi tu…” mi sedetti tranquillamente sull’erba e feci uscire Croconaw dalla ball, il quale andò a posizionarsi davanti a Marill che se la stava facendo sotto dalla paura.
-questi ragazzini sono sempre più antipatici quando si accorgono che li hai fregati-
“Usa morso” Ovviamente il colpo del mio Pokemon andò a segno facendo finire il povero topastro blu KO “Debole” commentai.
Armonio era arrabbiatissimo “Non è finita mi è rimasto un ultimo Pokemon! Vai Sneasel”
Anche Elis aveva uno Sneasel, non avevo idea di dove lo avesse catturato, ma era diventato uno dei componenti più forti della sua squadra assieme a Quilava.
Ma Armonio non sembrava essere un grande allenatore quindi il suo ultimo Pokemon non doveva essere un problema.
“Uff… vediamo di finirla in fretta, Croconaw usa graffio” Il mio avversario fu più veloce e schivò con maestria i vari colpi del coccodrillo. Ero impressionato da quella velocità, doveva essere una particolarità degli Sneasel.
Un’ idea mi balenò per la testa… No, mi ero promesso di non farlo mai più.
“Ha-ha! Sei sorpreso eh?” trillò l’allenatore di fronte a me.
“Nemmeno un po’”
Armonio strinse i pugni “Usa sfuriate!” il suo Pokemon non si mosse, si limitò a fissare il suo padrone con aria di sfida “Allora… Ventogelato” quello sbuffò e si sedette per terra.
“Sono il tuo allenatore! Devi obbedirmi hai capito?!” A sentire quella frase Sneasel si arrabbiò e si avventò sulla faccia del ragazzo riempiendola di graffi.
Poi dopo aver fatto a strisce il viso del ragazzino con le sue unghie affilate, venne verso di me e mi si arrampicò sulla spalla.
Ecco il Pokemon che faceva per me. Fanculo alle mie promesse di non rubare più i Pokemon degli altri.
Mi alzai da terra e ritirai Croconaw nella Ball “Ovviamente ho vinto io” dissi avvicinandomi al ragazzo ancora steso a terra dopo l’attacco inaspettato.
Con un gesto veloce staccai la pokeball, adesso vuota, di Sneasel dalla cintura del suo allenatore e fuggii.
Sentivo la voce di quello smidollato urlare di fermarmi “Quello è il mio Pokemon! Restituiscimelo!” Mi inseguì per un po’, ma ero troppo veloce per lui e finì per perdermi di vista.
Mi nascosi dietro ad una casa, aspettai che il mio respiro si calmasse e tornai al laboratorio, dovevo essere invisibile e silenzioso. Da bravo ladro quale ero sapevo come muovermi facendo meno rumore possibile, in più ero molto agile e veloce.
Sospirai. Anche se mi ostinavo a credere di essere diverso dai miei genitori non lo ero affatto. Dopotutto buon sangue non mente.
Allontanai il pensiero di mio padre e di mia madre che mi guardano e continuano a ripetere “Tu sei un delinquente, qualsiasi cosa tu faccia o farai sarai sempre etichettato come un poco di buono, prima lo capisci e meglio sarà per tutti” avevo solo sei anni quando le mie orecchie udirono quelle parole.
Poi le cose erano andate sempre peggio, spingendomi a credere che i miei genitori mi considerassero come un debole, qualcosa che non sarebbe dovuto esistere, un errore.
Scossi la testa, dovevo smetterla di tormentarmi.
La porta del laboratorio si spalancò facendomi sussultare “Sì prof ho capito tutto” concluse sbrigativa Elis prima di voltarsi verso di me e regalarmi uno dei suoi sorrisi luminosi.
“Elm è la persona più lenta che abbia mai conosciuto…. Tu cosa hai fatto mentre io subivo la tortura del professore? A parte fregare soldi e Pokemon ad Armonio?” mise le mani sui fianchi e prese a fissarmi critica.
“Come lo sai?”
“Semplice, Armonio è entrato cinque minuti fa nel laboratorio dicendo che un ladro da i capelli rossi si era preso il suo Sneasel” rise divertita, allora non voleva farmi la predica? “Quanti soldi sei riuscito a ottenere prima di dire il nome del mio amato?”
Strabuzzai gli occhi sorpreso “….Hem…”
“Sì, mi ha detto anche questo, poi mi ha chiesto chi era Armando” Rise di nuovo “Quanto hai guadagnato?”
“650 pokè..” dissi in tono piatto come al solito.
“Dilettante, il mio record è 2200 più un pacchetto di caramelle gommose, abbindolare Armonio era il mio gioco preferito, la cosa impressionante è che col tempo non è affatto migliorato, è sempre il solito stupido”
Mi prese per un braccio trascinandomi per una stradina che ero certo non portasse al percorso 29.
“Dove stiamo andando?” chiesi notando che Fiorpescopoli era dalla parte opposta
“A casa, è l’ora di pranzo e voglio salutare la mamma” disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Puntai i piedi e lei fu costretta a fermarsi “Cosa c’è ora?” si voltò spazientita.
“Perché mi stai portando con te?”
“È da quando sono partita che non rivedo mia madre e questa è un’ottima occasione per passare un po’ di tempo a casa, ma non posso lasciarti fuori dalla porta come un cane, anche se è quello che ti meriti, quindi ti porto con me”
Elis bussò alla porta e annusò l’aria “Polpettone… E dai Silver, non voglio trattenermi molto. Voglio solo fare un saluto alla mamma”
Mi guardò implorante, non sarebbe durato molto e potevo capire che la sua famiglia le mancasse così acconsentii.
La porta si aprì una donna con un grembiulino verde apparve davanti a noi. In mano teneva un mestolo di legno e fra i capelli aveva alcuni fermagli a forma di cuore.
“Tesoro!” Gridò la donna abbracciando la figlia “è bello riaverti a casa, cosa ti ha portato qui?”
“Dovevo parlare con Elm, per via dell’uovo…”
“Entrate, ho preparato il pranzo” trillò la madre e sorrise posando i suoi occhi color nocciola su di me.
Cercai di ricambiare il sorriso ma con risultati pessimi, per i muscoli della mia faccia era uno sforzo enorme a cui non erano abituati.
Elis mi venne in soccorso vedendo la mia espressione pietosa, mi prese per il polso e mi condusse in casa.

Guardavo la mia rivale seduta sul divano vicino a me, rideva e raccontava delle sue avventure alla madre che ascoltava in silenzio continuando a preparare il pranzo.
Avevo scoperto che Elis aveva anche un fratello… me lo aveva già detto ma non l’avevo ascoltata molto, impegnato com’ero a non farmi esplodere il cervello per colpa delle sue chiacchere.
Marcus, questo era il suo nome, era un fastidioso ragazzino di circa dieci anni, dopo aver accolto sua sorella con un “Sei ancora viva? Credevo che ti fossi fatta ammazzare da un Rattata selvatico di passaggio. E quello chi è? Il tuo fidanzato” Era scoppiato a ridere, poi Elis ,con il viso dello stesso colore dei pomodori che sua madre stava affettando, lo aveva colpito sulla testa con un pugno.
La donna con il grembiule iniziò a sistemare i piatti sul tavolo della cucina, aggiungendo una sedia alle tre già presenti, poi annunciò soddisfatta che il pranzo era pronto.

Giocherellai con il cibo, spostando il polpettone da una parte all’altra del piatto sovrappensiero.
Elis non aveva detto niente di me alla madre, non aveva parlato della nostra sfida, ne dei nostri incontri/scontri… non sapevo perché avesse deciso di tralasciare tutto quello che riguardava me, ma pensandoci era meglio così… Mi consideravano solo come “il ragazzino silenzioso che aveva accompagnato Elis a casa” non come “il ladro di Pokemon di Elm” e questo non mi dispiaceva.
“E così… tu sei Silver giusto?” chiese Marcus agitando la forchetta.
“Così pare…” risposi calmo senza alzare lo sguardo dal mio piatto.
“Cosa hai fatto per meritarti una punizione così grande?”
“Cosa intendi?”
“Devi esserti comportato davvero male per dover sopportare mia sorella” scoppiò a ridere sguaiatamente fino a che Elis lo zittì rovesciandogli addosso un bicchiere pieno d’acqua.
“Ops… oggi la forza di gravità fa brutti scherzi… bicchieri che si sollevano da soli… Ma dove andremo a finire” Suo fratello la guardò male ma lei non sembrava neanche vagamente intimidita dallo sguardo minaccioso del fratello.
Non sembravano intenzionati a continuare la discussione, ed io tornai a giocare con il cibo che avevo davanti, mangiando qualcosa di tanto in tanto, mentre la mia mente era persa altrove…
Mi faceva male stare lì. Non lo avrei mai ammesso, neppure a me stesso, ma in fondo mi mancava avere una famiglia… una vera, desideravo una casa con persone che mi volevano bene… non un paio di genitori squilibrati e con manie di grandezza, privi di qualsiasi sentimento positivo per il loro unico figlio…
Elis era stata fortunata, io no… era solo questione di culo…
Sospirai per circa la centesima volta quella mattina, lo sguardo della mia rivale si spostò svelto su di me.
Doveva aver intuito che c’era qualcosa che non andava, anche se non sapeva bene cosa… non era colpa di nessuno se oggi avevo più flashback del solito.

“Ciao tesoro, stai attenta mi raccomando” salutò amorevole la madre di Elis.
“Tranquilla, so di avere un talento naturale per mettermi nei guai ma cercherò di stare attenta”
“Buona fortuna… a tutti e due” mi ritrovai stritolato in un abbraccio senza preavviso.
La donna ci lasciò andare e dopo aver scambiato uno sguardo languido ad entrambi ci salutò e aprì la porta di casa.
Rimase ferma sullo zerbino, sorrideva guardando me e sua figlia attraversare il giardino e allontanarci sempre di più.

“Cos’hai oggi? Sei strano... Intendo più del solito” chiese la ragazza attraversando svelta Violapoli al mio fianco.
“Niente” feci sbrigativo, Elis non aveva smesso di fissarmi, capii che la mia risposta non le era bastata.
“Non mi piace quando fai così, mi da’ fastidio non sapere a cosa stai pensando. Insomma, sembri un morto che cammina è ovvio che io un po' mi preoccupi”
“Devi proprio imparare a farti gli affari tuoi” Risposi brusco
“Non mi sembra di avertelo chiesto di preoccuparti per me. Non ne ho bisogno"
“Devo avere il tuo permesso per interessarmi a te?”
“Senti mocciosa, tu non devi mettere il naso in questioni che non ti riguardano”
“Non ho messo il naso da nessuna parte! Ti ho solo chiesto se andava tutto bene, è da stamattina che sei più cupo del solito, volevo solo sapere se stavi bene, se potevo aiutarti…” la sua voce si affievolì, tanto che le ultime parole erano appena udibili “Ma forse è colpa mia visto che sono l’unica così masochista da starti a meno di dieci metri di distanza” Nei suoi occhi neri brillava quella scintilla di rabbia che avevo già visto altre volte.
"Sbaglio o mi hai chiesto tu di accompagnarti? La tua incoerenza è davvero sorprendente"
Le vidi cambiare nuovamente espressione, ringhiò, mi dette le spalle e iniziò a correre verso gli alberi del percorso 36 ignorando le mie proteste “Fermati!” gli gridai, la conoscevo da abbastanza tempo per sapere che non sarebbe successo nulla di buono.
“Fottiti Silver!” 

Elis si bloccò di colpo poco dopo essere entrata nel percorso 35, quello che portava a Fiordoropoli.
Era immobile, a bocca aperta davanti al gigantesco Pokémon che la scrutava minaccioso, la ragazza indietreggiò e quello ruggì e spiccò un balzo verso la mia rivale.
-Oh merda, lo sapevo che sarebbe finita così-



Note Autrice:
I due protagonisti continuano a litigare e non sembrano avere intenzione di smettere.
Nel prossimo cap li vedremo combattere ancora insieme.

So che sono una lentona quando si tratta di aggiornare ma quello che ho visto l'altra sera mi ha fatto passare la voglia di scrivere... spero di recuperarla al più presto.

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Capitolo 23
*** Colpo di Fulmine ***


Colpo di fulmine. (Non in senso metaforico)


Elis’s pov
La mia non era semplice sfortuna, la mia era la sfiga più nera, sciagure varie continuavano ad abbattersi su di me dal giorno in cui ero partita per diventare allenatrice. Perché mi succedeva questo? Cosa avevo fatto di male per meritarmi cotante sventure? Ero sicura che nemmeno quel So-tutto-io di Google avrebbe saputo rispondermi.
Ed eccomi qui, pietrificata davanti ad un gigantesco Pokemon che sembra intenzionato a sbranarmi.
Quel Pokemon somigliante ad un leone-tigre era a dir poco enorme, alto poco meno di un cavallo, sulla schiena aveva quella che mi parve un criniera viola e a giudicare da come mi guardava non dovevo essergli molto simpatica.
Una lampadina mi si accese nel cervello… avevo già visto quel Pokemon… era uno dei 3 cani leggendari che avevo incontrato nella Torre Bruciata. Adesso ne ero sicura: quello era Raikou.
Un brivido mi percorse la schiena, stavo sudando e non era colpa della corsa di qualche minuto prima. Indietreggiai lentamente e quello ruggì.
Ogni singolo muscolo del mio corpo si bloccò all’istante, sentivo come se le mie scarpe fossero diventate di cemento.
-Cosa fai lì impalata? Scappa!- urlò l’isterica vocina nella mia testa, con cui ormai avevo imparato a convivere.
Era un ottimo consiglio, ma ero sicura che pochi passi dietro di me ci fosse Silver, l’ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento. Avrei preferito che al suo posto ci fossero stati Gennaro bullo o Armonio, così li davo in pasto a Raikou e mentre quello li azzannava io me la svignavo.
E invece no! Se avessi continuato ad indietreggiare, oltre che a provocare la collera del Pokemon elettrico davanti a me, rischiavo che quello si accorgesse di Rossino. Neanche lui aveva molta fortuna, c’era la possibilità che Raikou decidesse di attaccare lui anziché me.
Sarei stata sicuramente capace di lasciare il rosso nei guai mentre io pensavo a salvarmi le chiappe… se il Pokemon leggendario l’avesse attaccato potevo approfittare della situazione per far uscire i miei Pokemon e distrarlo il tempo sufficiente per recuperare Silver ormai già masticato e scappare.
-ottimo piano Elis, poi riuscirai a convivere con i sensi di colpa?-
Vero, se Silver ci avesse rimesso le penne mi sarei sentita terribilmente colpevole, non ero brava a gestire i sensi di colpa.
Indietreggiai ancora un po’, un passo dopo l’altro… Sapevo che Rossino era dietro di me, sentivo la sua presenza, per un attimo il mio sguardo incontrò il suo prima di tornare a sostenere le occhiate minacciose che mi lanciava il grosso Pokemon a qualche metro da me.
“Scappa” sibilai a denti stretti.
“No” la sua voce era calma, molto più della mia che voleva sembrare autoritaria ma sotto sotto tremava.
“Non fare l’eroe, cretino che non sei altro e inizia a correre” gli intimai più minacciosa che potevo.
Incrociai ancora il suo sguardo, era sicuro e deciso, freddo come al solito… Non mi voleva ascoltare? Bene! Che si facesse fulminare allora!
Mi spostai lentamente di lato, con tutta l’intenzione di scappare non appena quella specie di tigre con un Haunter in testa si fosse decisa a staccarmi gli occhi di dosso.
- Non guardare me, stupido Pokemon, guarda il cielo, l’erba, le farfalle…quello che vuoi! Ma smetti di fissarmi-
Le mie suppliche silenziose non funzionavano.
-Guarda Silver! È antipatico e inutile mangia lui!-
-Vuoi una bistecca?-
… niente…
“La smetti di guardarmi Pokemon dei miei stivali? Non ce li ho i croccantini quindi puoi anche girare il culo e tornartene da dove sei venuto!”
… … Avevo parlato ad alta voce… …
… …Ma perché sono così stupida?? … …
Raikou ruggì, non so se capiva la mia lingua ma gli insulti li aveva capiti benissimo!
Mi si avvicinò mostrando i denti, adesso avevo veramente paura. Feci un passo indietro, un altro, volevo solo andarmene di lì, tutta intera possibilmente.
Iniziai a correre con quello che mi inseguiva.
Dovevo iniziare a contare tutte le volte che avevo rischiato la morte da quando ero partita, scommetto che sarebbe venuta fuori una lista orribilmente lunga.
-La prima è stata quella con Gennaro… stava per scoppiarti la testa- la mia vocina non si zittiva nemmeno mentre ero inseguita da un bestione elettrico assetato di sangue.
-Poi c’è stata la torre Sprout, per poco Silver non ti faceva cadere in quel buco sul pavimento, la disavventura con i Geodud nella Grotta di Mezzo, la recluta del team Rocket a cui hai tirato un calcio sui gioielli di famiglia, Milas, l’ascensore che hai preso assieme a Silver a Fiordoropoli per poco non si è schiantato, ti sei fatta esplodere un Sudowoodo in faccia… mi sono dimenticata qualcosa? AH… giusto! Chiara ti odia e trama segretamente vendetta, fossi in te non tornerei in quella città per un po’…-
-Aspetta non ho finito! Giusto stamattina stavi per far crollare tutta la torre bruciata e adesso stai scappando da un Pokemon che probabilmente vuole mangiarti!-
Sentirmi ripetere tutte le volte che avevo rischiato la pelle dalla mia voce immaginaria era abbastanza inquietante, non solo perché stavo praticamente parlando da sola ma perché mi ero messa nei casini decisamente troppe volte… ero in viaggio solo da poco più di un mese e avevo combinato solo disastri, uno dopo l’altro. I numeri parlavano chiaro: dieci volte erano davvero troppe.
Stavo correndo senza una destinazione, avevo solo un obbiettivo: seminare il Pokemon che mi stava inseguendo senza concedermi un attimo di tregua. Avevo finito per correre in tondo, gli alberi che avevo attorno mi impedivano di stabilire dove mi trovassi e dove stessi andando.
E per di più iniziavano a farmi male le gambe!
Mi voltai un attimo per controllare se fossi ancora inseguita, nel momento in cui i miei occhi incontrarono quelli rossi di Raikou sentii un boato. Un fulmine aveva colpito il terreno che vibrò per una frazione di secondo mentre l’elettricità lo attraversava.
Gridai in preda al panico e mi coprii la testa con le mani.
“Parliamone! Ti comprerò una fornitura di croccantini al pesce per un anno! Lo giuro!” Gli urlai senza smettere di correre.
In risposta quello ruggì, poi spiccò un balzo e in un attimo mi fu davanti, dovevo prenderlo per un “No” ?
Indietreggiai, ero troppo impaurita per fare altro o anche solo pensare razionalmente. Scappare sarebbe stato inutile.
Raikou agitò la coda nervoso e sfregò per terra gli artigli affilati creando piccole scintille, era una mia impressione o il cielo (che fino a poco fa era sereno) si era coperto di nubi temporalesche?
Un fulmine attraversò il cielo illuminando l’ambiente circostante, gridai ancora, avevo paura, era comprensibile, mi trovavo davanti a un Pokemon elettrico assassino, senza vie di fuga, senza nessuno che potesse aiutarmi.
“Sneasel usa Geloraggio, svelto!” ordinò una voce che non tardai a riconoscere.
Non credevo che l’attacco avesse sortito gli effetti desiderati, e se i miei calcoli erano giusti quello Sneasel e il suo allenatore erano nei guai.
Raikou si voltò versò il ragazzo e gli si avvicinò minaccioso, non era più la mia vita ad essere in pericolo… adesso quello che aveva bisogno di aiuto era Silver, lo odiavo per come si era comportato poco prima, ma non potevo lasciarlo da solo mentre veniva attaccato dal Pokemon della Torre Bruciata che continuava a scagliare fulmini un po’ dappertutto sperando di centrare il rosso.
Ero ancora pietrificata, i piedi incollati alla terra, non potevo fare altro che rimanere a guardare le mosse di Silver mentre cercava di schivare gli attacchi di Raikou, non volevo che lo fulminasse, non lo volevo davvero.
Rossino era agile, ma non poteva prevedere dove avrebbe tentato di colpirlo, e non poteva sapere per quanto ancora il suo fisico sarebbe resistito a quello sforzo.
Un tuono colpì il terreno, gridai e mi inginocchiai con le mani sopra la testa, questa volta credevo che sarei morta sul serio. Chiusi gli occhi, non volevo vedere nulla di quello che succedeva intorno a me, avevo troppa paura.
Non ero una ragazzina fifona, no, io non ero il tipo che si lascia intimorire facilmente o che rimane paralizzata davanti ai pericoli… Non riuscivo proprio a spiegarmi quel crollo improvviso di tutto il mio coraggio, e non capire cosa mi stesse succedendo mi mandava totalmente nel panico.
Sentii Silver imprecare. Aprii gli occhi di scatto, doveva essergli successo qualcosa.
Infatti eccolo lì, a pochi metri da me che continuava a lanciare insulti al Pokemon tuono, uno dei suoi attacchi lo aveva colpito alla gamba, sui pantaloni si notava un striscia nera dove la stoffa era stata bruciata, non sembrava niente di serio… ormai mi potevo ritenere un esperta di ferite e infortuni vari, sono cose che si devono imparare in fretta quando si è perseguitati dalla sfortuna o, come me, si è dotati del fantastico talento di: riuscire ad arrecare danni a me stessa o a gli altri anche con le cose più stupide.
Un fulmine apparve e scomparve veloce nel cielo, rischiarando le nuvole nere, il boato che si sentì dopo mi fece tornare alla realtà, scacciando la nebbia che mi aveva offuscato il cervello e facendo tornare (quasi) intatto il mio coraggio.
“Ehi tu!” mi alzai da terra con ritrovata energia, quel tuono era stato una benedizione “Solo io e sottolineo Io ho il diritto uccidere Silver, e intendo farlo al più presto, quindi levati dai piedi gatto troppo cresciuto!”
sbraitai.
“Io non mi faccio uccidere proprio da nessuno, tantomeno da te mocciosa!”
“Zitto Rossino, con te faccio i conti dopo!”
Non ero sicura se fosse solo sfiga o io che inconsciamente stavo cercando di suicidarmi.
Dopo tanti ragionamenti perlopiù inutili ero giunta alla conclusione che il mio subconscio volesse farmi fuori. 
Raikou probabilmente si stava divertendo, voleva solo divertirsi arrostendo una fragile umana. Sfregò ancora gli artigli per terra, mostrò i denti e ruggì. La paura mi assalì nuovamente ma questa volta non fuggii, sarebbe stato stupido, gli bastava un balzo per raggiungermi di nuovo.
I miei occhi si spostarono veloci da una parte all’altra della radura in cui mi trovavo in cerca di qualcosa che potesse salvarmi. Ma a parte Silver non vedevo che alberi ed erba. 
Questa volta ero davvero fottuta.
-Riprenditi Elis! Se devi morire almeno fallo con dignità!-
Almeno non stavo piangendo né implorando pietà, il che era una buona cosa.
“Silver?” chiamai il mio rivale, poteva concedermi un ultimo desiderio? “Sulla mia lapide fa scrivere -Elis, ragazzina sfigata con istinti suicidi/omicidi è morta mentre adempiva (che paroloni…) al suo dovere di allenatrice da quattro soldi quale era. Lascia questo mondo sperando che al suo rivale da i capelli rossi venga la diarrea, dal momento che ha fatto arrabbiare Elis anche nei suoi ultimi minuti di vita.-”
Raikou fece un passo verso di me, gli artigli affilati si erano caricati di elettricità.
Ero morta, ma morta morta, già sepolta direi.
“Un’altra cosa Silver… quando non ci sarò più ricorda a quel cretino di mio fratello che non ha il diritto di rovistare fra le mie cose, tantomeno di entrare nella mia stanza! Quella rimarrà Off-limits per chiunque anche dopo la mia dipartita. Di’ a mia madre che le volevo bene.
Sai Sil… mi sarebbe piaciuto strangolarti con le mie stesse mani ma a quanto pare non ne avrò più il tempo, mi dispiace.”
Il Pokemon sollevò una zampa, ecco ci siamo, oggi potevo scrivere la parola fine su quella che si era rivelata l’ultima pagina della mia vita.
“Rossino, dopo che questo qua mi avrà fulminato per bene, va a cercare le sette sfere del drago e fammi tornare in vita! Non posso schiattare! Ci sono troppe cose che devo ancora vedere! Devo sapere di che colore sono le tue mutande, voglio vedere Angelo senza maglietta, scoprire quanti Pidgey ha Valerio, se Eugenio è etero, cosa succederebbe se ti tagliassi i capelli mentre dormi, voglio vedere se Milas troverà mai l’anima gemella, devo finire di guardare Dragonball, non ho mai visitato la fabbrica di cioccolato di Willy Wonca! Ho ottime ragioni per continuare a vivere!”
Silver ascoltò in silenzio il mio monologo e le ragioni per cui valeva la pena sopravvivere, speravo che avrebbe esaudito i miei ultimi desideri.
Raikou mi toccò il petto con uno degli artigli, solo uno, lo appoggiò delicatamente sulla mia maglietta.
Una scintilla fece brillare l’unghia affilata e fui attraversata da una scarica elettrica.
Non fu abbastanza forte da farmi morire sul colpo, non abbastanza intensa da farmi svenire, sentivo l’elettricità che mi attraversava, la mia pelle bruciava, chiusi gli occhi e gridai.
Mi sentivo scuotere, il mio corpo tremava, non sentivo altro che le mie urla, faceva male, molto male.
Il mio cuore accelerò così tanto che mi aspettavo che esplodesse da un momento all’altro.
-Morire è uno schifo!- il mio ultimo grido interiore.
Poi il buio.

… …
… … …
… …




Note Autrice: un 8 al compito di fisica caduto dal cielo come una benedizione, può farmi tornare la voglia di scrivere cazzate ♥
Domande: (ora mi diverto!)
Elis morirà? è già morta? Sopravviverà?
Perchè non vuole che nessuno entri nella sua stanza?
Di che colore sono le mutande di Silver?
Questo e molto altro su Voyager!
[El]
Ho il sospetto di aver sbagliato qualcosa....


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Capitolo 24
*** Collaborazione (..più o meno..) ***


Collaborazione (...più o meno...)


Silver’s pov
Elis smise di gridare, rimasta senza più fiato. Stava morendo ed io non potevo fare nulla per impedirlo, assistevo come pietrificato a quell’orrendo spettacolo.
Ordinai a Sneasel di usare geloraggio, Raikou mi guardò e i suoi artigli lasciarono il petto di Elis che cadde a terra priva di forze.
Forse ora mi avrebbe fulminato, come aveva appena fatto con la mia rivale, in ogni caso ormai erano davvero poche le cose che potevo fare. Il Pokémon mi guardò e notai che più che arrabbiato Raikou sembrava annoiato. Era come un gatto che giocava con il topo, un grosso gatto elettrico e i topolini eravamo noi.
Elis era caduta e lui non si era divertito come sperava. Il Pokemon Tuono continuò a fissarmi ed io rimasi immobile, poi contro ogni mia previsione, si voltò e iniziò a correre scomparendo nella boscaglia. Tirai un sospiro di sollievo.
Elis era ancora a terra, non sapevo se fosse viva o morta. Mi avvicinai e mi inginocchiai accanto a lei. "Guarda che in situazione mi trovo..."
-Cosa ti importa di lei… è  solo una mocciosetta qualunque-
Sul petto, nel punto esatto in cui Raikuo l’aveva toccata, c’era un bruciatura, si intravedeva attraverso la scollatura della sua maglietta nera.
Mi si chiuse lo stomaco, non sapevo cosa mi stesse succedendo, adesso neppure io riuscivo a respirare. Come se avessi un peso invisibile che me lo impediva.
-È solo una stupida ragazzina, perché te la prendi tanto?-
Avvicinai il mio orecchio al suo viso per assicurarmi che stesse respirando, e sentii l'aria che entrava e usciva lentamente dalla sua bucca semichiusa. Almeno era viva. La scossi sperando che aprisse gli occhi, ma non successe niente, la sua testa si mosse voltandosi di lato come quella di una bambola.
La presi gentilmente fra le braccia, non potevo restare in quel bosco e aspettare che si riprendesse, così come non potevo lasciarla lì.
-Silver, Silver, Silver… cosa stai facendo?-
Iniziai a camminare in direzione di Fiordoropoli, la strada era in salita ma io conoscevo una scorciatoia. L’avevo già usata una volta.
Mi addentrai fra gli alberi del percorso 35 e percorsi la stradina che avevo scoperto qualche giorno prima. Almeno la mia rivale non era troppo pesante, certo non era piacevole camminare così ma almeno non mi costava una fatica eccessiva.
Guardai per una attimo il cielo coperto di nuvole nere, presto sarebbe arrivato un temporale coi fiocchi…

Elis si mosse appena e si lamentò, mi fermai. Aprì gli occhi e mi guardò confusa, senza capire dove si trovasse e perché
“Sono morta?” chiese con un filo di voce
“No, ma ci sei andata vicino” il mio tono era freddo come al solito, cercavo di non far trasparire nessuna emozione, cosa che spesso mi riusciva bene ma certe volte diventava difficile mantenere al mio volto inespressivo, non potevo negare di essere sollevato di saperla viva.
“Silver?” sbatté le palpebre un paio di volte, fece due calcoli veloci e la confusione sparì dal suo sguardo lasciando posto ad altro “Mettimi giù!” Urlò, o almeno ci provò perché la sua voce uscì innaturalmente acuta e soffiata.
“Smettila” Ma Elis non mi ascoltò e prese ad agitarsi ancora di più.
Sospirai e decisi di accontentare la mocciosa isterica. Ormai ero sicuro che non sarei mai riuscito a capirla, se la ignoravo si offendeva, se invece decidevo di aiutarla si offendeva di nuovo. Cosa dovevo fare?
La lasciai delicatamente, i suoi piedi toccarono terra ma le sue gambe ancora addormentate non la sorressero e si afflosciò sull’erba.
Elis si lamentò e borbottò qualche parola che non capii.
Feci per aiutarla ad alzarsi ma scosse la testa.
“Non mi toccare” Tentò di rimettersi in piedi senza buoni risultati, dopo qualche altro pessimo tentativo si rassegnò e si sedette tenendosi una mano sul petto, dove c'era la bruciatura.
Alzai un sopracciglio, scrutandola con aria interrogativa e quella ricambiò lo sguardo. Nonostante sembrasse che si fosse ripresa la sua espressione mal nascondeva la confusione della ragazzina.
"Sil, dove siamo? Che è successo?" I suoi occhi vagavano qua e la posandosi sugli alberi che ci circondavano per poi fermarsi sul cielo grigio.
"L'ultima cosa che ricordi" Adesso speravo che prendere la scossa non le avesse cancellato i ricordi, ma forse era 'normale' che ancora non avesse registrato quello che era accaduto quel pomeriggio.
"Io, tu, casa di mia madre..." Aveva il respiro affannoso, si prese la testa fra le mani "Noi che ce ne andiamo da Borgofoglianova..."
"Basta?" chiesi
"Ricordo che avevo paura ma non di che cosa. Ricordo di aver urlato, poi solo colori. Verde, bianco e poi nero" mentre parlava nella sua voce cresceva la preoccupazione "...E dolore. Che è successo?"
Sospirai "Abbiamo incontrato Raikou e tu ti sei quasi fatta ammazzare, niente di nuovo no?" stavo cercando di sdrammatizzare "Ti ha colpito con un attacco elettrico, ecco perché hai quella bruciatura, comunque non credo che volesse ucciderti, solo divertirsi "
"Oh" Disse solo. I suoi occhi sembravano assenti e distanti.
"E' probabile che fra qualche ora o qualche giorno tu riesca a ricordare tutto"
Annuì e cercò di nuovo di alzarsi ma ancora una volta fallì. Sbuffai e mi avvicinai per darle una mano e stavolta accettò il mio aiuto. Si rimise in piedi arreggndosi a me e sentii quanto forte stava tremando.
"Ce la faccio" ma lo disse più a se stessa che a me. Mocciosetta orgogliosa. "Ma, grazie."
Nel muovere il primo passo quasi cadde di nuovo a terra, quindi all'inizio continuò ad usarmi come sostegno per non crollare. Camminava oscillando ed appariva ancora instabile sulle gambe stanche, ma almeno camminava, e poteva essere un buon segno considerando che fino a poco prima appena respirava.
"Dove stiamo andando" mi chiese ad un certo punto del percorso. Adesso che ci pensavo lei questa strada non la conosceva ma mi stava seguendo lo stesso, fidandosi di me e del mio orientamento.
"A Fiordoropoli" E lei si accontentò della mia risposta ma forse non disse altro perché in quel momento parlare le costava troppa fatica.

 
Elis’s pov
... ...
… … …
Quando mi svegliai Silver non c’era, ero sola, sdraiata sul letto di una delle stanze del centro Pokemon. Mi stiracchiai pigramente e sbadigliai ancora assonnata.
Mi passai una mano fra i capelli arruffati, avevo le idee ancora confuse su come fossi arrivata lì, il mio ultimo ricordo era una stradina fra gli alberi e Rossino.
Alcune immagini confuse mi apparvero davanti agli occhi, Raikou, i fulmini, Silver che mi riporta a Fiordoropoli e io che mi rifiuto di farmi controllare dall'infermiera perché il desiderio di dormire era così forte da vincere sul buonsenso.
Le idee mi si erano schiarite un po’, come aveva detto Sil del resto, ma io ero più decisa che mai a non pensare a cosa fosse successo qualche ora prima, anche se la bruciatura che avevo sul petto era difficile da ignorare.
Dovetti fare uno sforzo enorme per riuscire ad alzarmi da quel letto così caldo, comodo e accogliente. Mi avvicinai alla finestra e aprii le tende che erano state tirate in modo che la luce non mi desse fastidio.  Fuori pioveva, anzi diluviava, il cielo era di un grigio scuro e cupo. La mia mano si posò sul vetro bagnato all’esterno dalle gocce di pioggia, mi misi ad osservare ciò che succedeva sotto alla mia finestrella.
Le strade erano quasi deserte, di tanto in tanto passava qualche tizio munito di ombrello o ragazzini con l’impermeabile. Solitamente mi piaceva la pioggia, mi aiutava a pensare, ma adesso di pensieri me avevo anche troppi e un po’ di sole mi avrebbe fatto bene.
Il sole riusciva sempre a mettermi di buon umore, o almeno a farmi sorridere.
Non avevo idea di che ore fossero e non mi interessava poi così tanto…
Scrutai fuori dalla finestra alla ricerca di qualcosa che neppure io conoscevo, mi chiesi che fine avesse fatto Silver, lo avrei cercato ma andarmene in giro senza una meta ben definita sotto quel diluvio solo per cercarlo non era una buona idea.
Sbuffai e richiusi nuovamente le tende, poi mi diressi verso il mio zaino, volevo farmi una doccia e darmi una sistemata, anche se non ne avevo molta voglia purtoppo dovevo passare al centro commerciale per fare alcuni “acquisti urgenti”, dopotutto non sapevo quanto ci saremo fermati in città e avevo bisogno di comprare pokeball, rimedi e altra roba da allenatore.
Avevo ancora l’odore di bruciato impresso sulla pelle e sui vestiti, e sinceramente mi faceva un po’ schifo, avevo lo stesso odore del pollo arrosto che cucinava la mamma (non era raro che il pennuto uscisse dal forno tutto bruciacchiato e puzzolente) e credetemi, avere quell’odore di cibo bruciato addosso non era piacevole.
 
Entrai in bagno e iniziai a togliermi i vestiti sporchi e puzzolenti mentre cantavo a squarciagola una canzone che avevo sentito alla radio. La mia voce era tornata e mi sembrava giusto festeggiare “*Dont wanna be an american idiot!”
Aprii l’acqua della doccia e iniziai ad insaponarmi i capelli “And can you hear the sound of hysteria… Che schifo! Ho ingoiato lo shampoo!”
 
Dopo aver sputato lo shampoo, essermi lavata per bene e rivestita con abiti puliti, presi le chiavi della stanza che qualcuno mi aveva lasciato sul comodino accanto alla lampada e uscii.
Scesi le scale che portavano al piano terra. L’infermiera era dietro il bancone come tutte le volte, la salutai con un gesto della mano e un “Buonasera”,  mi guardai intorno cercando fra gli allenatori nella sala quella capigliatura rossa che ormai conoscevo perfettamente.
Attraversai la stanza scrutando bene tutti i presenti, ma di Silver nemmeno l’ombra.
Mi avviai delusa verso l’uscita, le porte scorrevoli si spalancarono e un ventolino freddo mi fece rabbrividire. Indossai la felpa che fino a poco prima tenevo in mano e mi coprii la testa con il cappuccio, preferivo evitare un’altra doccia ma purtroppo non avevo nessun ombrello con me.
Ero ancora stanca e indolenzita ma almeno riuscivo a muovermi senza tanti problemi, fortunatamente il negozio che mi interessava non era molto lontano dal Centro Pokemon.
Iniziai a correre sotto la pioggia, rischiando di essere investita un paio di volte da qualche passante sbadato.
Attraversai veloce le strade piene di pozzanghere fino ad arrivare al centro commerciale.
Entrai e per poco le mie scarpe bagnate non mi fecero cadere. Dovevo salire al quarto piano ma non avevo nessuna intenzione di prendere l’ascensore. Brutti ricordi.
La prima cosa che presi fu un ombrello, poi cibo e pozioni per i miei Pokemon, un paio di magliette nuove e delle pokeball, pagai alla cassa e tornai di nuovo in strada.
Adesso potevo camminare più lentamente, l’ombrello giallo sole che avevo appena acquistato era perfetto, per di più quel colore mi metteva allegria e creava un ottimo contrasto con il grigio del cielo e i colori spenti della vegetazione e delle case.
Non volevo tornare subito al centro Pokemon così decisi di fare una deviazione e passare per il parco.
Mi piaceva la pioggia, quando avevo un ombrello o un posto dove ripararmi ovviamente, ed il ticchettio ritmico delle goccioline per me era come musica, mi sentivo quasi rinvigorita.
Fischiettai allegramente mentre attraversavo i giardini pieni di fiori e alberi ai quali l’acqua sembrava aver dato nuova vita dopo il caldo dei giorni precedenti.
L’acqua prese a scendere con più violenza, rovinando la mia passeggiata e costringendomi a fare dietrofront. Sbuffai delusa e ripresi la stradina che portava al Pokemon center.
Accelerai il passo, odiavo quando pioveva così forte.
“Etciu!” Mi fermai un attimo. Era una mia impressione o qualcuno aveva starnutito?
“Eetciù! Elis?” Quindi non me le ero immaginato. Un ragazzo mi si avvicinò velocemente per evitare di bagnarsi ulteriormente, ma rischiando anche di scivolare. Mi allontanai di un passo, poteva essere un maniaco omicida e io non avevo nessuna voglia di diventare la sua prossima vittima, quindi era meglio se stavo attenta.
“Chi sei?” Si stava facendo buio e non con le ombre proiettate dalle villette non riuscivo a vedere la faccia del mio interlocutore. Poteva essere chiunque!
- Non essere paranoica Elis, non sono molti quelli che conoscono il tuo nome -
L’individuo vestito di scuro si avvicinò ancora, adesso potevo vederlo benissimo.
“Silver?” quello rimase fermo a guardarmi “Cosa diavolo ci fai qui senza un ombrello? Vieni quì. Sei tutto fradicio” gli feci spazio sotto il mio parapioggia, era talmente bagnato che l’acqua gli scorreva dalle spalle fino alle mani e gocciolava dalle sue dita.
“A dire la verità quello ce l’avevo ma è volato via…”disse semplicemente, e fece un passo verso di me per ripararsi
“E non hai neppure la giacca!” suonavo un po' come mia madre...
“L’ho portata in lavanderia, non pioveva quando sono uscito”  I capelli rossi, anche quelli completamente bagnati, gli si erano appiccicati sul collo e sulla faccia.
“È da pazzi stare sotto questo diluvio, con una maglietta a maniche corte poi! ”
Silver mi guardò stupito “Cos’è questa improvvisa gentilezza?” Disse facendo cenno alla mia offerta di riparo. Il solito sospettoso…
“Consideralo un ringraziamento per non avermi lasciato a morire nel bosco”

“Cosa ci fai qui?” Chiesi riprendendo a camminare verso il centro Pokemon.
“...”
 Era odioso quando mi rifilava il trattamento del silenzio
“Stai tremando…” constatai cambiando discorso.
“..Hn..”
- Questa sì che è una conversazione interessante -
Un fulmine attraversò il cielo. Il sangue mi si gelò nelle vene, serrai le labbra per non rischiare di mettermi ad urlare.
“Silver, ti dispiace se acceleriamo il passo? Vorrei evitare di rimanere fulminata. Un’altra volta”
- Mantieni la calma, mantieni la calma, mantieni la calma - Mi ripetei per evitare di fare cose stupide come: fuggire come una pazza urlante, iniziare a parlare a vanvera per rilassarmi o dare di matto in un qualsiasi altro modo.
Rossino mi seguiva in silenzio facendo del suo meglio per riuscire a rimanere all’asciutto.
 
“Sì!” esultai una volta dentro al centro Pokemon. Silver mi rivolse un’occhiata di disappunto e salì le scale che portavano al piano superiore e alle stanze.
“Aspettami!” gli gridai, Silver sbuffò e alzò lo sguardo verso il soffitto, rimase fermo sulle scalette fino a che non lo raggiunsi, cosa alquanto difficile perché la sala era decisamente troppo affollata e si faceva fatica persino a camminare.
“Grazie” dissi appena gli fui abbastanza vicina da farmi sentire, quello sbuffò di nuovo come se lo stessi annoiando a morte e riprese a salire. Deviò verso il corridoio dove si trovava la sua stanza che mi accorsi essere affianco alla mia.
“Come hai fatto a bagnarti così tanto? Ti sei messo a cantare ‘singing in the rain’ sotto la pioggia?” ridacchiai mentre mi immaginavo Silver che ballava e cantava senza ombrello e con l’acqua che gli scorreva addosso inzuppandogli i vestiti. Ma quello non sembrava molto divertito, mi fulminò con un occhiataccia e aprì la porta della sua stanza con un calcio.
“Nervosetto eh?” Rossino prese dei vestiti asciutti dallo zaino poi si bloccò a guardarmi aspettando che me andassi per potersi cambiare. La maglietta e i pantaloni gli si erano appiccicati sulla pelle ed erano così bagnati che stavano gocciolando, ancora mi chiedevo come avesse fatto a ridursi così, per di più doveva avere molto freddo.
 I miei pensieri furono interrotti da uno starnuto di Rossino.
 “Ti consiglio di farti una doccia calda o rischi di ammalarti sul serio”
“Uff… va bene mocciosa…”
Lo salutai e chiusi la porta. Mi era venuta voglia di cioccolata calda.
 
Dentro al centro Pokemon c’era un piccolo bar, a dire la verità era un caffetteria come diceva l’insegna color panna. Qualsiasi cosa fosse facevano dell’ ottima cioccolata. Mi accomodai ad uno dei tavolinetti argentati e iniziai a sorseggiare la mia bevanda.
Qualche minuto dopo sentii la sedia di fronte alla mia spostarsi e un individuo di mia conoscenza ci si sedette sopra con la sua tipica calma.
Alzai lo sguardo dalla rivista che stavo leggendo per guardare in faccia il ragazzo seduto davanti a me. “Qualcosa che non va?” se Silver mi veniva a cercare l’unica spiegazione plausibile era che avesse bisogno di qualcosa. Non certo che volesse compagnia, la mia compagnia, poi.
“Non ho niente per….” Arrossì improvvisamente “…Per…”
“Per?” Era adorabile quando arrossiva, anche se non capivo cosa lo imbarazzasse così tanto.
“Non ho niente per asciugarmi i capelli. Il 'coso' nella mia stanza è rotto”
“Oh. Ma non hai freddo?”
Rossino abbassò lo sguardo e annuì con l'aria un po' scocciata. Sembrava un bambino quando faceva così “Seguimi” feci con una professionalità che anche nelle migliori aziende si potevano solo sognare. Risalii le scale con Silver alle spalle, aprii la porta della mia stanza facendo cenno a Silver di entrare. Il phon era attaccato al muro del bagno, accanto al lavandino. Lo staccai dall'apposito sostegno e glielo passai “Spero che tu sappia come usarlo...”
“Non sono stupido” Premette il pulsante rosso sul manico e un getto di aria calda uscì con un ronzio monotono.
“Forse dovresti pettinarli sai?” il ragazzo mi ignorò e continuò ad asciugarsi i capelli in silenzio.
Ormai mi ero rassegnata al mutismo di Silver, non mi piaceva parlare da sola, mi faceva sentire pazza. Ma, in tutta onestà, non lo avrei mai scambiato con Armonio e le sue chiacchere inutili.
 Ripresi a bere la mia cioccolata calda (adesso cioccolata tiepida) che mi ero preoccupata di portare con me, aspettando seduta sul bordo del letto che Rossino finisse l’operazione (che si preannunciava mooolto lunga).
“Hai mai pensato di tagliarli?” Silver mi guardò come se gli avessi chiesto se voleva farsi tagliare un braccio, doveva tenerci molto ai suoi capelli.
“No, non mi danno fastidio…”
“Va bene, contento te" I miei erano molto più lunghi dei suoi e anche se mi piacevano c'erano delle volte in cui erano un'impiccio tale che li avrei tagliati con un coltellaccio "In fondo non ti stanno neppure male così...” Stetti in silenzio ancora per qualche minuto, aspettando con pazienza il mio rivale “Sono asciutti?” chiesi dopo un po’.
Il ragazzo spense il phon, lo mise al suo posto e annuì, si sedette sul letto poco distante da me e si lasciò cadere all’indietro, poggiando la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
“Hai fame?”
“No…” oggi parlava ancora meno del solito, potevo capirlo, doveva essere molto stanco dopo avermi prima rincorso per tutto il percorso 36, poi aveva dovuto inseguirmi mentre scappavo da Raikou, e infine mi aveva portato verso Fiordoropoli in braccio per un bel pezzo di strada.  Era stato gentile … credevo che fosse molto più egoista.
“Silver?” anche se mi costava uno sforzo enorme dovevo ringraziarlo. Era il minimo “Ti ringrazio per non avermi lasciata nel bosco e per avermi portato qui”
Ma Silver non disse niente, nessun commento, nemmeno uno dei suoi soliti monosillabi “Hn”
“Mi stai ascoltando?” mi voltai a guardarlo irritata, odiavo essere ignorata. Ma appena lo vidi dormire tranquillo abbracciando il cuscino come un bambino, la mia irritazione svanì.
Avrei dovuto svegliarlo e dirgli di andare a dormire nella sua stanza ma dormiva così bene che sarebbe stato crudele da parte mia interrompere il suo sonno.
Un idea mi balenò per la mente…potevamo scambiarci stanza… non era una cattiva idea, a me non avrebbe fatto piacere essere svegliata, anzi probabilmente avrei ucciso chiunque avesse osato commettere tale azione tanto stupida quanto pericolosa.
Presi le chiavi della camera di Rossino dalla tasca dei suoi  pantaloni (azione che, per la cronaca, mi imbarazzava da morire), raccolsi tutta la mia roba sparsa in giro e la portai nella stanza di fianco alla mia. Silver era molto ordinato e preciso quindi tutti i suoi oggetti erano riposti nel suo zaino tranne i vestiti bagnati che aveva lasciato in bagno. Raccolsi la maglietta e i pantaloni e li portai al piano interrato che era sempre presente in ogni centro Pokemon che avevo visitato. Avevo da poco scoperto che c’erano delle lavatrici e anche delle asciugatrici su quel piano. Ma non volevo dirlo a Silver, non credevo che sarebbe stato molto felice di sapere che si era fatto una camminata sotto la pioggia per andare in lavanderia quando bastava scendere un paio di rampe di scale.
 
Gettai sgraziatamente i vestiti bagnati di Silver e i miei che puzzavano di bruciato nella lavatrice e inserii una moneta per farla funzionare, come si faceva con i distributori delle merendine, e mi sedetti su una delle sedie che erano state portate lì da chissà chi, guardando come ipnotizzata l’oblò della lavatrice che girava, girava, girava e girava … ok, basta.. mi era venuta la nausea.
Attesi la fine della centrifuga con una pazienza che non sapevo di avere, quando il lavaggio finì aprii lo sportello e mi ripresi i vestiti, adesso più bagnati di prima, li portai dall’altra parte della stanza e li infilai poco gentilmente nell’asciugatrice. Con un’altra moneta la macchina partì ed io tornai a sedermi sulla mia sedia.
Sbuffai annoiata da quell’attesa, quanto odiavo spettare, la pazienza non era una mia qualità, e non potevo farci nulla… A parte giocherellare con il pokegear per ammazzare il tempo.
“Uff, finalmente” borbottai piano per non farmi sentire dalle poche persone nella stanza, bene, adesso potevo tornare nella mia camera (o meglio quella di Silver) a poltrire. Non era un mistero: sapevo essere estremamente pigra quando volevo.
Ripiegai i vestiti adesso puliti, asciutti e profumati come meglio mi riusciva (non avevo mai voluto imparare a fare le faccende di casa, poi ero giunta alla conclusione che la carriera di massaia non faceva per me) e risalii le scale fino al secondo piano.
 Entrai nella stanza dove dormiva Rossino, grazie alle chiavi che avevo ancora con me, sistemai i suoi abiti freschi di bucato sul comodino vicino a lui, poi mi fermai un attimo a guardarlo.
Silver si era infilato sotto le coperte e adesso dormiva profondamente in quello che avrebbe dovuto essere il mio letto, abbracciato al cuscino come un bambino con il suo pupazzo, non ero abituata a vederlo così… senza quell’aria di superiorità, senza quel suo broncio… era così tenero che per un attimo mi dimenticai di chi era Silver e di quanto potesse essere cattivo, non solo con gli altri e con me, ma anche con se stesso, non potevo esserne sicura, d'altronde non sapevo ancora leggere nel pensiero, ma avevo sempre la sensazione che al suo comportamento scontroso, antipatico e strafottente ci fosse una spiegazione. Anche se per il momento non avevo idea di quale fosse.
Lanciai un ultimo sguardo al bell’addormentato e me ne andai lasciandolo solo a riposare, sbadigliai sonoramente mentre inserivo la chiave nella toppa e iniziavo a farla ruotare.
Dopo circa cinque minuti buoni passati a litigare con la porta che non voleva saperne di aprirsi, dopo aver imprecato più volte contro chiunque avesse costruito quella serratura difettosa ed aver poi aperto la porta a calci come aveva fatto anche Rossino, riuscii a sdraiarmi sul letto.
Chiusi gli occhi, non avevo intenzione di dormire adesso, probabilmente sarei rimasta un po’ lì sul letto a fissare il soffitto o a guardare la pioggia che cadeva. O almeno questo era quello che pensavo, perché il sonno mi colse alla sprovvista facendomi cadere in una specie di coma fino al mattino seguente.
 
Fu la sveglia del pokegear a svegliarmi, con il suo trillare fastidioso e monotono riuscì a convincermi a scendere da letto per mettere a tacere l’aggeggio infernale.
Erano le nove e mezza secondo il mini orologio che si trovava sullo schermo, mi stropicciai gli occhi ancora mezzi chiusi ed andai ad aprire la portafinestra per fare entrare un po’ d’aria fresca. Aveva smesso di piovere ed il sole era tornato a splendere, asciugando le pozzanghere sulle strade ancora bagnate.
 Mi guardai un attimo, la sera prima mi ero addormentata così in fretta che non avevo avuto neppure il tempo di cambiarmi, mi rifugiai in bagno sbadigliando.
Osservai tristemente la mia amata canottiera con le farfalle che indossavo da quando ero partita, ormai era da buttare, la stoffa era stata bruciata dall'attacco del Pokémon, i disegni si erano stinti e non sapevo più dire se quelle stampate sul davanti erano davvero farfalle o ragni. Che tristezza, era la mia preferita.
Fortuna che avevo comprato qualche vestito nuovo al centro commerciale. Uscii dal bagno per prendere una delle magliette nuove, mi guardai intorno senza trovarle, presi un momento per riflettere…
-Domanda del giorno: dove ho messo la borsa con i miei acquisti?-
La risposta mi cadde letteralmente in faccia. Silver fece irruzione nella mia stanza entrando dalla portafinestra che si apriva sul balcone, mi lanciò una busta di carta colpendomi sul naso.
Perché quel ragazzo non poteva comportarsi come una persona normale? O almeno non entrare dalla finestra e non lanciarmi oggetti?!
“Non dovresti lasciare la finestra aperta”
Respirai profondamente con la borsa che mi era atterrata in faccia adesso fra le mie mani, Silver mi osservava con le mani sui fianchi, gli avrei volentieri spaccato una sedia sulla schiena stile lottatore di Wrestling.
“Bussare come tutte le persone con almeno un neurone ti faceva tanto schifo ?”
“Così è più divertente” alzò le spalle e si sedette sul letto fregandosene altamente di me e dei miei istinti omicidi.
“Grrr!” tornai in bagno sbattendo la porta.
Mi sedetti sul tappetino rosa, un verso simile ad un ruggito uscì dalla mia bocca, mi concentrai sui miei vestiti, mi cambiai, indossando una t-shirt scura che avevo trovato nella borsa che mi aveva dato Silver.
“Calma Elis, calma.” Stavo parlando di nuovo da sola, osservai la porta e mi rialzai (stare seduti sul tappeto del bagno era squallido), misi la mano sulla maniglia con cautela come se bruciasse, e la girai con un gesto secco.
Rossino era ancora dove lo avevo lasciato, solo che adesso se ne stava comodamente sdraiato sul mio letto fischiettando una musichetta fastidiosa che mi penetrava nelle orecchie -Almeno si è svegliato di buon umore...-
Appena mi vide interruppe la canzoncina e iniziò a fissarmi con un sopracciglio alzato “Quella maglietta sembra una bandiera dei pirati” disse guardando con scarso interesse il teschio che avevo sulla t-shirt.
“È sempre bello ricevere complimenti da te.. adesso spiegami come ti è saltato in mente di entrare così nella mia stanza! Potevi anche cadere, sono solo due piani ma non credo che ti avrebbe fatto bene”
“Essere fulminata ti ha fatto diventare più gentile o me lo sto immaginando? Comunque a dire il vero doveva essere la mia”
Sbuffai e incrociai le braccia al petto “Sono stata anche troppo gentile ieri sera, potevo trovare mille modi, uno più crudele dell’altro per svegliarti e dirti di sloggiare dal mio letto, ma non l’ho fatto! Ti ho lasciato in pace perché eri carino e perché stavi abbracciando il cuscino come se fosse un orsetto di peluche, avrei potuto scriverti sulla faccia con un pennarello, fotografarti e mettere le foto su internet! Ma non ho fatto nemmeno quello! Pretendo un ringraziamento per il mio autocontrollo, che anche adesso mi sta impedendo di prenderti a calci.”
“Allora grazie autocontrollo di Elis” Fece con un mezzo sorriso. Avrebbe dovuto sorridere più spesso, il suo viso si illuminava quando lo faceva, peccato che era un evento rarissimo.
 
Mi ricordai che al laboratorio di Elm avevo preso una cosa per lui, iniziai a frugare nello zainetto, sentivo il suo sguardo sulla schiena ma non disse niente.
“Trovato!” Rossino mi guardò perplesso guardando l’oggetto che tenevo in mano
“Cos’è?” chiese senza alzarsi dal letto.
“È un pokedex, Elm ne aveva uno in più così l’ho preso per te”
“Oh… grazie…”
Strabuzzai gli occhi. Silver che dice grazie? O il mio udito stava perdendo colpi o oggi Rossino si era svegliato davvero di ottimo umore.
Il ragazzo si alzò e, raccolto lo zaino che aveva lasciato vicino al letto, uscì di nuovo dalla finestra. Andai in fretta sul balcone e guardai Rossino che rientrava nella sua stanza e si chiudeva la porta alle spalle. C'era da dire che il ragazzo avesse un'agilità fuori dal comune, chissà dove aveva imparato quelle mosse.
Mi limitai a seguirlo con lo sguardo senza dire niente, poi decisi di rientrare a mia volta, rimisi la mia roba al suo posto e mi preparai per ripartire, volevo andarmene da Fiordoropoli e tornare ad Amarantopoli per battere la palestra e ovviamente rivedere quel gran figo del Capopalestra Angelo.
*  *  * *  *  *  *
Avete presente quella sensazione che vi avverte che sta per succedere qualcosa di brutto? Quell’ansia che vi schiaccia il petto, quando sembra che l’aria che vi entra nei polmoni non basti?
Camminai più veloce verso il percorso 35, avevo paura, paura di qualcosa che non sapevo come definire, una sensazione? Perché non era altro che un presentimento.  O almeno lo speravo.
Speranza vana, svoltato l’angolo una mano sconosciuta mi tappò la bocca mentre un paio di braccia mi trascinavano in un vicoletto alla mia destra.
Morsi con forza la mano che mi impediva di parlare ma il mio rapitore non sembrava intenzionato a liberarmi.
Ci fermammo e potei vedere la faccia del tizio che mi aveva trascinato lì.
“Chiara?” questo non me lo aspettavo, insomma sapevo che ce l’aveva con me ma arrivare a rapirmi mi sembrava un tantino eccessivo.
“Esatto Elis!” trillò con la sua vocina squillante, percepivo una nota di rabbia ne suo tono.
“Cosa ti è saltato in mente stupida ragazzina fissata con il rosa?!” sbraitai decisamente irritata.
Forse insultarla non era molto furbo ma in quel momento la mia mente non era abbastanza razionale per poter pensare alle possibili conseguenze.
Chiara sorrise malvagia, ed io sentii l’impulso di mordermi la lingua e scappare.
“Psichico…” disse la ragazzina in rosa, non stava parlando con me ma ad un Pokemon che somigliava ad una fatina che aveva usato anche durante la nostra lotta in palestra.
Una corda che non avevo notato prima iniziò a muoversi come un serpente, doveva essere opera di quella fata/maialino che fluttuava vicino alla sua allenatrice. Indietreggiai inquietata da quell’ondeggiare decisamente poco rassicurante pronta a darmela a gambe.
Ma Chiara e la sua corda non me ne diedero il tempo e prima di poter fare qualsiasi cosa per evitarlo mi ritrovai appesa a testa in giù, il mio viso all’altezza di quello della Capopalestra che mi guardava con un sorrisetto cattivo.
“Sai cosa Chiara? C’è una cosa che non ti ho mai detto..” Feci cercando di non apparire intimorita dalla situazione scomoda in cui mi trovavo “Vaffanculo!”
La ragazzina smise un attimo di sorridere e appoggiò il suo dito indice sulla mia fronte, facendomi dondolare “Questo non dovevi dirlo” riecco il ghigno sadico di prima.
Fece un cenno al suo Clefairy di venire avanti, le unghie del Pokemon si illuminarono di una luce blu che non mi piaceva per niente.
La fatina rosa agitò le braccine e la corda a cui ero appesa per i piedi iniziò a muoversi, dondolai come il pendolo di un orologio per un po’ poi presi a roteare come su una giostra del Luna park.
Mi girava la testa, avevo lo stomaco letteralmente sottosopra e stavo per vomitare “giuro che appena scendo di qui prendo quei tuoi capelli rosa e te li strappo uno per uno!” Urlai.
La centrifuga si arrestò, lasciandomi però a testa in giù e in stato confusionale.
“A proposito di capelli…” Sfoderò un sorriso sadico e tirò fuori dalla borsetta una bomboletta spray di non-so-cosa e la agitò.
La guardai con terrore “Che vuoi fare??”
Quella premette il bottone sulla sommità della bomboletta e spuzzò della robaccia sui miei capelli.
Iniziai ad urlarle di smetterla e a minacciarla ma Chiara non mi ascoltò, presi a dimenarmi come una pazza, la Capopalestra mi guardò irritata “Smetti di agitarti!” schioccò le dita e la corda mi immobilizzò anche le braccia.
Chiara finì l’operazione e rise soddisfatta, prese uno specchio dalla borsa e lo puntò verso di me “Capelli blu elettrico! Volevo tingerteli di fucsia o di rosa confetto ma era finito…”
“Che culo..” Riuscii a guardare il mio riflesso nello specchio e per poco non svenni per la paura, i miei capelli castani adesso erano blu!
Gridai una valanga di insulti vari contro la Capopalestra, urlai così forte che anche mi sentirono da saturno.
Gli occhi di Chiara si inumidirono, ma io continuai a strillare imprecazioni ed a insultarla fino a che non scoppiò a piangere e corse via seguita dal suo Pokemon/fata/maialino.
Appena il Clefairy fu lontano la corda che stava sospesa grazie al suo potere psichico, tornò ad essere una normale corda e cadde a terra ed io con essa.
Mi rialzai dolorante, l’asfalto era più duro di quanto credessi, mi spolverai i vestiti battendoci sopra le mani.
“Riesci a tenerti lontano da i guai per almeno 24 ore?”
“Non è il momento per le tue battutine Silver!” Rossino era spuntato da dietro l’angolo e mi osservava con le mani nelle tasche dei pantaloni, notai che la sua felpa era tornata al suo posto fresca di lavanderia “Come mi hai trovato?” chiesi più tranquilla.
“Credo che tu sia l’unica che riesce ad urlare parolacce così forte da farti sentire da tutta Fiordaropoli” Alzò il sopracciglio “Cosa hai fatto ai capelli?”
“È colpa di Chiara! Quel piccolo mostro si è vendicato per quello che le ho detto nel centro commerciale!”
Silver scosse la testa “Cosa vuoi fare?”
“Ammazzarla” risposi tranquilla, ma quello mi guardò critico, sbuffai “Andarmene da questa città il più in fretta possibile”
“Andiamo mocciosa” mi dette le spalle e si incamminò.
“Cos’è questo plurale?” dissi mentre correvo per raggiungerlo
“Io vado ad Amarantopoli e tu anche, ma con il tuo strabiliante talento per trovare guai sono sicuro che ad Amarantopoli non ci arriveresti neppure fra mille anni, quindi ti accompagno…”
“Grazie della fiducia” anche se non potevo dargli torto.
Silver si fermò un attimo “Con questi capelli sembri una strega”
“Grrr!”
Rossino ridacchiò e riprese a camminare, in quel momento una delle idee più brillanti (ma allo stesso tempo stupide) che avessi mai avuto mi illuminò il cervello.
“Silver voglio proporti un patto” feci tirando fuori la mia parte diplomatica “Ricordi il pozzo Slowpoke?”
“Come potrei dimenticarlo? Sono successe un po’ troppe cose un quel buco”
“Ecco… ricordi il nostro trattato di pace?” Rossino annuì “E se.. se ne facessimo un altro?”
Silver sembrava esaminare la mia proposta “Spiegati”
“Io sono sfortunata e tu, a quanto ho capito, provi un certo rancore/sete di vendetta verso il team Rocket giusto?”
“Hn” Che tradotto significava -Sì-
“Bene tu mi aiuti a mantenere il mio corpo tutto intero ed a conservare la mia sanità mentale, io invece ti aiuto a prendere a calci nel culo quelli che ti hanno menato già una volta e che scommetto sono impazienti di rifarlo. Che ne dici? È vantaggioso per entrambi” Gli tesi la mano come fanno gli uomini d’affari.
Silver mi guardò un attimo pensandoci su poi guardò la mia mano e la strinse “Ok mocciosa, ci sto!”
Gli sorrisi soddisfatta della mia capacità di trattativa “Andiamo ad Amarantopoli?”
Lo vidi annuire prima di attraversare la strada e dirigersi verso il percorso 35, ero felice, e non mi importava se non voleva ancora parlarmi, ero troppo felice per il patto appena stipulato per badare a certi dettagli.
  



Spazio di un' Autrice notturna:
Finalmente i due protagonisti viaggiano insieme. Yuppy!
Mi spiace che questo capitolo sia così noioso (e lungooo) vedrò di rendere il prossimo più interessante.
*La canzone che canta Elis sotto la doccia è America Idiot dei Green day.


Alla prossima!
Elis Strange/gufo.

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Capitolo 25
*** Quando i vestiti decidono spontaneamente di andarsene ***


cap 25

Quando i vestiti decidono spontaneamente di andarsene

Silver’s Pov

L’idea di viaggiare con Elis mi era sembrata pazza. Ma cosa, se non un’idea matta, potevo aspettarmi da una come lei? Sicuramente nulla di buono.
Ma avevo accettato, avevo pensato che il suo aiuto mi avrebbe fatto comodo e che anche lei aveva un grosso bisogno di qualcuno che le evitasse di commettere stupidaggini, forse io non ero la persona più indicata, un bodyguard sarebbe stato più azzeccato conoscendo il suo talento per cacciarsi nei guai.
 Quella non era una ragazza, era una calamita per sfighe, non avevo ancora capito se davvero fosse una cosa involontaria o se, in un certo senso, le sciagure se le andasse a cercare.

Guardai Elis con estremo disappunto mentre piagnucolava frasi senza senso con la fronte appoggiata contro il tronco di un albero.
Alzai gli occhi al cielo scocciato.
“Sono una persona orribile!” Si lamentò abbracciando un povero arbusto che si trovava piantato lì per puro caso.
“Ho conosciuto gente peggiore” le dissi in un vano tentativo di consolarla.
Ovviamente non mi ascoltò e continuò a piagnucolare.
“Sono un mostro!” Iniziò a dare piccole testate contro il tronco, non abbastanza forti da farsi male considerando la testa dura che si ritrovava.
Presi un lungo respiro, lo trattenni per un paio di secondi e poi mi liberai dall’aria soffiandola rumorosamente con un’espressione annoiata.
Elis si voltò verso di me, la fronte e i capelli pieni di pezzettini di legno “Sei un’insensibile!” sbraitò, squadrandomi con il suo sguardo omicida.
Incrociai le braccia spazientito.
“Come pensavo!” Continuò staccandosi dal tronco ed avvicinandosi a me “Sei un’egoista!”
“Smettila… ti stai rendendo ridicola” dissi prima di voltare il viso da un altro lato.
Elis emise un verso simile al pianto di un bambino disperato “Io me ne torno da Pino! Lui mi capisce, non è come te!”

Mi passai una mano fra i capelli esasperato, la depressione di quella ragazzina mi stava facendo venire il mal di testa. Volevo risolvere quella situazione più in fretta possibile così da poter ripartire e sperare di arrivare ad Amarantopoli prima di cena.
E invece no! Ero ancora sul percorso 35 con un’ Elis che di allegro non aveva neppure le scarpe.

“E chi sarebbe questo Pino?” chiesi
“LUI!” rispose tornando ad abbracciare l’albero.
Sospirai, abbandonando parzialmente l’ipotesi di ripartire prima di notte.
Presi una bottiglietta d’acqua dallo zaino e la passai a Elis, magari un sorso d’acqua le avrebbe fatto bene.
 Quella guardò la bottiglia, poi il suo sguardo si posò su di me. Mi squadrò come se fossi un alieno verde a pallini con in mano una trombetta spaziale. Che non avesse mai visto dell’acqua?
Probabilmente avrei fatto meglio a rovesciargliela in testa.

Arricciò le labbra perplessa “Cosa doveri farci con quella”
Roteai gli occhi trattenendomi per non risponderle con una volgarità “Prova a metterla nelle mutande” Riascoltai mentalmente le parole appena pronunciate e tirai un sospiro di sollievo, potevo dire molto di peggio.
Elis mi fulminò con un’occhiataccia tagliente come un rasoio.
“Spiritoso…” commentò.
Si lasciò scivolare a terra con la schiena accostata al tronco dell’albero.
Allungò pigramente la mano e prese la bottiglia, la stappò e se la avvicinò alle labbra sempre molto lentamente.

Bevve un lungo sorso e mi restituì la bottiglietta.
Aprì la bocca e si esibì in un rutto da opera lirica prima di ricominciare a mugolare insulti contro se stessa.
“Sei proprio una principessa…” dissi riferendomi a quella specie di “ruggito da scaricatore di porto”
Elis sbuffò “Oggi ho lasciato il galateo sul comodino”
Altro rutto
“Si vede..” commentai sarcastico, sorpreso e allo stesso tempo schifato dalla poca finezza della mocciosa.

“Non rompere! Non sei tu quello che ha appena perso uno dei suoi Pokemon!” Detto ciò riprese a sbattere la testa contro il tronco del suo amico albero.
“Solo tu riesci a perdere un Togepi per Fiordoropoli”
“Non infierire! Non vedi che sono disperata?”
Mi avvicinai a lei spazientito “Elis!” la presi per le spalle costringendola a guardarmi negli occhi
“È solo uno stupido Pokemon!” Notai una certa sorpresa nel suo sguardo.
Sorpresa che si trasformò presto in altra tristezza.
“Povero Togepi” frignò “Lo sapevo che sarebbe stato meglio sotto forma di omelette che come mio Pokemon” Sbatté le ciglia e i suoi occhi si riempirono di lacrime “Sono un mostro!”

La lasciai andare e mi portai le mani alle tempie, come previsto mi aveva fatto venire il mal di testa.
“L’hai già cercato per tutta la città e non l’hai trovato, non sarebbe l’ora di abbandonare Pino insieme alle speranze di ritrovare quell’ovetto e andare ad Amarantopoli?”
Elis strinse ancora più forte l’albero e continuò a piagnucolare sconsolata.

“Guarda il lato positivo…” continuai “..Hai guadagnato un Eevee e hai ricevuto un pacco da una tipa di una regione di cui adesso non ricordo il nome..”
La ragazzina mi guardò tristemente “Sono l’allenatrice peggiore del mondo vero?”
“Questa è una domanda difficile…” borbottai senza farmi sentire
“Il destino mi odia!”
Non potevo darle torto, la sorte non doveva volerle molto bene.

Sospirò e si alzò da terra sotto il mio sguardo stupito.
Barcollò incerta sulle gambe stanche e le ginocchia piegate ad X, teneva la schiena curva e le braccia ciondolavano prive di forze.
Abbassò la testa e prese a camminare ondeggiando rischiando di cadere ad ogni passo.
Avanzava a testa bassa, quella postura storta la faceva sembrare ancora più depressa.
 

Era successo tutto poche ore prima, dopo aver superato la palestra aveva avuto una specie di “flash” o di illuminazione e aveva iniziato a frugare nel suo zaino con un’espressione di puro terrore stampata sul volto.
Dopo aver sparso tutti i suoi effetti personali per la strada mi aveva guardato con le lacrime agli occhi e aveva balbettato in preda al panico “To.. to.. Togepi…”
Per qualche motivo la pokeball del suo ultimo Pokemon era scomparsa.

 Lo aveva cercato per tutta Fiordoropoli, sperando che l’ovetto non fosse in pericolo o, peggio, che gli fosse successo qualcosa di brutto.
Io avevo seri dubbi che il Togepi fosse ancora vivo e in piena salute… Una città caotica e affollata come Fiordoropoli non era adatta per un Pokemon neonato.

E mentre nella mente di Elis si affollavano immagini di uova spiaccicate io non potevo fare altro che seguirla sbuffando.
Eravamo entrati anche in casa di Bill, ma il giovane inventore non aveva visto nessun Togepi, e dopo quella chiacchierata la ragazzina si era disperata ancora di più così le aveva regalato un Eevee per tirarla su, anche se non c’era riuscito.
Dopo aver controllato anche nei pressi del centro globale (ed aver ritirato un pacco che le aveva mandato una sua amica) ci eravamo incamminati verso il percorso 35 dove Elis, più depressa che mai, era crollata fra le “braccia” di Pino.
 

Il pokegear della mocciosa squillò un paio di volte ma quella continuò a camminare strusciando i piedi, senza la minima intenzione di zittire il monotono trillo.
La raggiunsi e le presi quella specie di cellulare dalla tasca. Quella fastidiosa suoneria non faceva che peggiorare il mio mal di testa.
La ragazzina mi guardò senza dire niente così risposi io.

“Chi è che rompe?” dissi parlando al microfono.
Una donna dalla voce sorpresa mi chiese dove fosse Elis
“È qui che si dispera… chi la cerca?” feci sbrigativo trascinando l’interessata per un braccio costringendola a camminare più veloce.
“Va piano Anna dai capelli rossi! Non ho mica i pattini!” sbraitò liberandosi dalla mia presa.
Quanto la odiavo quando mi chiamava così, odiavo tutti i nomignoli che mi aveva affibbiato per colpa dei miei capelli e odiavo anche i suoi sbalzi d’umore.
Non avevo nessuna voglia di iniziare una discussione di cui già conoscevo l’epilogo (ovvero io e Elis che sciogliamo il patto, ma poi veniamo tormentati dai sensi di colpa)

“Posso parlare con mia figlia ?”mi ricordò la donna dall’altro capo del telefono alzando la voce.
Sbuffai e restituii il pokegear alla mocciosa “è tua madre”
La ragazza prese l’apparecchio e salutò la madre con voce sconsolata “Ciao… perché mi hai chiamato?”
Elis rimase in ascolto rispondendo di tanto in tanto con monosillabi.
“Si… Ok… Ho capito” Roteò gli occhi annoiata
“Va bene… aspetta…” la sua attenzione fu catturata da qualcosa che le era appena stato detto.
“COSA?!” urlò incredula.

Non avevo idea di cosa stessero parlando ma a quanto pareva sua madre era riuscita e farle passare la depressione nel quale era caduta dopo la scomparsa del baby-Pokemon.
Vidi il viso di Elis illuminarsi e la sua bocca aprirsi in un sorriso, la tristezza di pochi minuti prima era completamente sparita, in fondo non odiavo così tanto i suoi sbalzi d’umore…
La guardai curioso di sapere cosa l’avesse resa tanto felice, quella chiuse il pokegear e prese a saltellare allegramente come una bambina davanti ad un negozio di caramelle.

La seguii mentre attraversava il percorso 35 verso il Parco nazionale con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
“A cosa devo questa tua allegria mocciosa?” le chiesi camminandole accanto.
“Togepi” disse semplicemente “Non sta vagando per le strade di Fiordoropoli, è a casa con la mamma. Ho lasciato lì la sua pokeball” mi rispose più che sollevata dopo aver saputo che il suo Pokemon non era sperduto chissà dove ma al sicuro a Borgofoglianova.
“Hai intenzione di andare a prenderlo?”
“No, non sono portata per il ruolo di babysitter, preferisco che rimanga con qualcuno che sa come prendersi cura di lui” Si stiracchiò e sbadigliò sonoramente smettendo di saltellare.
“Puoi camminare più veloce?”
“Hai fretta Anna?” Riprese a camminare dopo avermi rivolto un sorriso spavaldo.
“Non chiamarmi così” ringhiai irritato

Elis si voltò di scatto, offesa dal mio tono di voce.
“Non osare darmi ordini!” strillò mettendo le mani sui fianchi.
“Io faccio quello che voglio!”
-Fermo Silver, aspetta. Vuoi davvero litigare per una cosa così stupida?-
-Mi ha chiamato Anna! Quella mocciosa sta insinuando che sono una donna!-

“Quello che vuoi un corno! Non puoi comportarti come se non ti importasse niente dei sentimenti degli altri”
Ma di cosa stava parlando? Perché tirava fuori quest’argomento?
“Smetti di parlare a vanvera ragazzina” Infilai le mani in tasca e mi allontanai con noncuranza, sperando che la mia reazione le facesse capire che non volevo parlare.
Ma niente poteva far desistere Elis dal farmi una predica o dal costringermi a farmi uno stupido esame di coscienza che mi avrebbe portato inevitabilmente alla depressione più nera.
In poche parole mi aspettava una nottata all’insegna dell’autocommiserazione.

“Io non parlo a vanvera! E credo che tu abbia un problema.. anzi più di uno!”
Forse aveva ragione ma cosa avrei dovuto fare? Sedermi e raccontare tutto quello che avevo dovuto passare per colpa dei miei genitori? E poi magari piangere come in uno di quegli stupidi programmi dove tutti si abbracciano, mentre qualcuno mi dice roba del tipo -andrà tutto bene- o mi chiama tesoro?
No, non era nel mio stile. Era una delle cose che non avrei mai fatto.
Sorrisi amaramente e lei lo notò, prese a scrutarmi con ancora più curiosità.
“Non puoi immaginare quanto tu abbia ragione…”

Elis rimase sorpresa da quella frase e non disse niente.
Mi parve strano che avesse lasciato a me l’ultima parola, forse stava solo pensando ad una nuova serie di insulti.
La ragazzina mi rivolse un ultimo sguardo, ma non era critico, non voleva continuare quella discussione, sembrava interessata, preoccupata forse.
Quando i suoi occhi incontrarono i miei e sentii come se quelle iridi scure come la notte potessero leggermi dentro… Non mi piaceva quella sensazione, mi sentivo scoperto, come se fosse bastata un occhiata per far crollare tutti i muri che negli anni mi ero costruito per proteggermi da tutte le persone che mi avevano ferito.

Elis voltò il capo e iniziò a camminare con calma ma con passo veloce. Attraversò tutto il Parco nazionale svelta, senza fermarsi, senza nemmeno controllare se la stessi seguendo. Forse non le importava o forse era sicura che le sarai andato dietro.
Stupida ragazzina, aveva il potere di mandarmi in confusione.
*     *     *     *     *


Quando arrivammo ad Amarantopoli il sole era già tramontato.
Elis camminava con il naso all’insù ammirando la miriade di stelle che splendeva debolmente nel cielo color indaco.
Io preferivo guardare la cima dell’altissima Torre Campana, tutta la città aveva un colorito arancione-dorato che rispecchiava appieno il suo nome.
Sentii un tonfo e fui costretto a deviare velocemente la mia attenzione sulla mocciosa, afferrandola appena prima che si schiantasse a terra.

Quell’imbranata era inciampata di nuovo, cosa l’avesse fatta cadere, poi, era un mistero.
“Ma riesci almeno a reggerti in piedi?” sbuffai rialzandola senza troppa gentilezza.
“Non è colpa mia, è la forza di gravità che ce l’ha con me! Comunque grazie” Si spolverò i vestiti e si passò una mano fra i capelli blu elettrico.
“L’ultima volta era colpa dei marciapiedi che spuntavano dal nulla”
“È la verità.. e lo fanno anche le pietre, le zolle, perfino le stringhe delle mie scarpe si divertono a farmi inciampare” disse imbronciandosi.
Sorrisi guardando l’espressione offesa e infantile di Elis.
“Muoviti imbranata” la spinsi avanti riprendendo a camminare verso il centro Pokemon dove, secondo le mie previsioni, mi aspettava una dormita tutt’altro che piacevole.

A me non piaceva dormire, poteva sembrare stano, ma avevo ottime ragioni.
Ottime almeno per me, dubitavo che qualcuno potesse capire come mi sentivo ad essere tormentato da incubi orribili ogni volta che chiudevo gli occhi, era una routine che andava avanti da quando avevo circa otto anni.
Con il passare del tempo erano diventati meno frequenti, avevo scoperto che evitare di pensare a qualsiasi cosa mi ricordasse anche solo vagamente gli schifosi anni passati con quei malati di mente che chiamavo mamma e papà mi aiutava a tenere lontani gli incubi.

Vagavo nei meandri più scuri del mio stesso cervello quando Elis mi si avvicinò sventolandomi una mano davanti agli occhi.
“Bene… il rosso è andato..” fece sarcastica afferrandomi il polso e trascinandomi su per le scale del centro Pokemon.. non mi ero neppure accorto di essere già arrivato.
 “Silver? Sei ancora su questa terra?”
Non le risposi, perso com’ero nei miei pensieri.
“Pare di no…” si rispose da sola sospirando.
La vidi armeggiare con la serratura di una delle porte fino ad aprirla, mi mise la chiave che aveva usato per aprire la stanza fra le mani e mi fece cenno di entrare.
Sbuffai, mi stava trattando come un bambino.
“Buonanotte, anche se credo che il tuo cervello si sia già addormentato da almeno mezz’ora” mi salutò con un gesto della mano e riprese a salire le scale scuotendo la testa.
 Entrai, chiudendo la porta dietro di me con un calcio, mi tolsi la felpa e la gettai in una parte imprecisa della camera insieme al resto della mia roba.
Mi lasciai cadere sul letto, mi accomodai e spensi la luce sperando di poter dormire.
*     *     *      *     *

 

Non so che ore fossero, e non mi interessava. Due stupide lancette non erano il primo dei miei problemi.
Mi ero svegliato urlando, come non mi succedeva da tanto.

Di solito mi agitavo e mi svegliavo di cattivo (cattivissimo) umore ma erano mesi che non mi ritrovavo così.
Ero sudato, il fiato corto come se avessi appena terminato una corsa, le lenzuola intorno a me erano aggrovigliate e nel letto era tutto in disordine, neppure il cuscino era al suo posto.

Mi toccai il petto, sentivo il mio cuore battere come un tamburo.
Strinsi la maglietta quasi con rabbia, ero solo un bambino frignone, che si faceva tormentare da degli stupidissimi sogni.
Sogni che riaprivano ferite mai chiuse, riportando alla memoria ricordi che avevo inutilmente cercato di cancellare.
Il buio che mi avvolgeva non mi aiutava a calmarmi e la luce sinistra che filtrava dalle tende non faceva che peggiorare la mia ansia.
Scesi dal letto e, infilate le scarpe, uscii in fretta dalla stanza. Scesi le scale correndo.

Attraversai svelto le strade di Amarantopoli senza una meta precisa, il mio unico scopo era quello di schiarirmi le idee.
Credevo che una passeggiata e un po’ d’aria fresca mi avrebbero fatto bene.
Forse l’aria era un po’ troppo fresca, non avevo neppure la giacca, ero uscito dal centro Pokemon così velocemente che non avevo neppure pensato che potesse fare freddo fuori.
Rabbrividii ma non avevo nessuna voglia di rientrare subito, sapevo che non sarei riuscito a dormire quindi preferivo finire con calma il mio giro turistico.
Camminai per la città fino a che il cielo non si schiarì, fino a che non riuscii più a tenere gli occhi aperti.
Sentii le palpebre sul punto di chiudersi, mi sedetti su una panchina e senza accorgermene scivolai nel sonno.
 

“Silver?”
-Chi è che rompe? Mi sono appena addormentato!-
“Rossino?”

C’era solo una persona che mi chiamava così, sospirai rassegnato all’idea che la mocciosa non mi avrebbe lasciato in pace.
Aprii gli occhi lentamente per abituarmi alla luce del mattino, mi tirai su mettendomi seduto sul legno scomodo della panchina sul quale avevo dormito.
Mi stiracchiai sentendo tutte le mie articolazioni scricchiolare dolorosamente, mi stropicciai gli occhi che mi imploravano di chiudere di nuovo le palpebre e tornare a dormire.

Elis si sedette vicino a me, rimanendo però a distanza come se la inquietassi, non potevo darle torto.
Sorrise e mi porse una tazza di caffè “Sembri mio nonno” scherzò
“Ho la schiena a pezzi” mi lamentai prendendo svogliatamente la bevanda che mi veniva offerta.
“Non stento a crederci, hai dormito su una panchina come un barbone…”
“Che ore sono?” chiesi bevendo tutto il caffè  in un solo sorso.
“Circa le dieci… Perché non hai dormito nella tua stanza? Il letto del centro Pokemon non è adatto al tuo regale fondoschiena?” Rise, divertita da quello che aveva appena detto.
“Volevo fare un giro” tagliai
“Ti ho sentito stanotte, hai urlato”
Non sapevo che la mocciosa avesse un super-udito.

“Devi esserti sbagliata…”
“Avevo la finestra aperta e la mia stanza era sopra alla tua” si alzò e fece uscire i suoi Pokemon dalle loro ball “Vado alla palestra, vieni?”
La ringraziai segretamente di aver cambiato argomento.
“Sì, non ho niente da fare qui” sbadigliai di nuovo e mi alzai.
Seguii Elis verso la palestra maledicendomi ad ogni passo per aver dormito su quella maledetta panchina, mi facevano male le gambe ed avevo il sospetto che le vertebre avessero deciso di scambiarsi di posto, avevo dolore dappertutto, la ragazzina aveva ragione sembravo un vecchietto.
 *     *     *     *     *


Elis POV
“Silver?” chiamai stringendomi al suo braccio “Ho paura, tanta paura… voglio uscire di qui”
“Non fare la codarda, non sono venuto qui per niente” mi spinse avanti ed io puntai i piedi, terrorizzata da quello che mi aspettava poco più in là.

Perché nella regione di Jotho non poteva esserci una palestra normale? Una di quelle semplici, con solo un campo di battaglia e delle tribune?
Perché dovevano somigliare a giganteschi labirinti pieni zeppi di trappole mortali?
Quella di Violapoli era una gigantesca voliera e Valerio se ne stava appollaiato su un pilastro di legno a non-mi-interessa-sapere-quanti metri d’altezza circondato da Pidgey.
Ad Azalina mi ero trovata davanti ad un capopalestra vestito da femmina con la passione per gli insetti e i ragni meccanici giganti.
Preferirei non parlare di Fiordoropoli, la palestra era così rosa che avevo rischiato di vomitare ad ogni passo.
E adesso stavo camminando su una “striscia” di pietra sospesa su delle nuvole nere e viola piene di fulmini!

Ok, sapevo che Angelo era fissato con le cose macabre e spettrali ma questo mi pareva eccessivo.
Così come erano decisamente eccessive le nonnette con le candele in testa e collane d’aglio che vagavano di qua e di là nella palestra.
Avevo paura. Tanta paura.
E vi assicuro che camminare sospesi nel vuoto era un’esperienza assolutamente terrificante.
Silver era dietro di me ma questo non mi rassicurava più di tanto.
Che cavolo! Un piccolo incoraggiamento avrebbe fatto comodo, anche solo un misero “Calmati, è solo un illusione, se cadi ti ritroverai sul pavimento, non farai un volo di centinaia di metri”. Invece niente. Si limitava a seguirmi in silenzio, scrutava l’interno buio della palestra con interesse, mi domandavo come facesse a tenersi in equilibrio su quel minuscolo percorso.

Mi alzai in punta di piedi per vedere quanto mancasse alla fine del percorso, in quel posto c’era pure la nebbia! Come se le vecchiette che cantavano canzoncine grottesche e le nuvole violacee sotto di noi non fossero abbastanza.
Non vedevo niente, solo ombre e flebili luci di candele.
Allungai le mani in avanti e strizzai gli occhi per vedere meglio, feci un passo avanti moooolto lentamente, volevo essere sicura che sotto di me ci fosse il pavimento e non il vuoto.
Il mio piede toccò la pietra e mi tranquillizzai un po’, ripresi fiato e mi mossi di nuovo.
Un passo dopo l’altro vidi che la luce si faceva più forte e che la nebbia si stava diradando, non era una vista nitida ma i miei occhi riuscivano comunque a distinguere qualcosa.
Almeno così credevo.

Ma dovetti rivedere le mie convinzioni quando andai a sbattere contro qualcosa (o qualcuno… come facevo a sapere contro cosa avevo sbattuto se vedevo a malapena il mio naso!?)
“Tutto bene ragazzina?” Mi chiese una voce molto vicina.
“Sì grazie…” La nebbia se n’era andata quasi completamente come se fossimo appena usciti da una nuvola.
Silver apparve dietro di me qualche secondo dopo, mi squadrò un attimo e sorrise malefico “A quanto sembra hai trovato il capopalestra…” ridacchiò

Quelle parole mi colpirono come… come… Ecco ci sono! I giornalacci vietati ai minori che mi tirava in testa quel cretino di Armonio.
No, posso trovare paragoni migliori… Riprovo.
Come un tirannosauro con  i tacchi a spillo che fa shopping in panetteria! Se non colpisce quello…
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti il più bel viso che avessi mai visto.
“A-Angelo?” balbettai allontanandomi da lui.
Stava per venirmi un attacco di tachicardia.
“Ci rivediamo Elis” mi salutò sorridendo.
Sentii un improvvisa vampata di calore, all’inizio sospettai che fosse stato Quilava che tentava di arrostirmi, ma dato che il mio Pokemon era tranquillo nella sua ball non potevo dare la colpa a lui per quell’improvviso caldo.
Cercai un modo intelligente per rispondergli ma l’unica cosa che riuscii a fare fu una risatina scema e nervosa.
“Sei arrossita, che carina” Angelo mi mise una mano sulla testa e mi scompigliò i capelli già in disordine.

La mia faccia doveva essere color pomodoro. Più o meno come i capelli di Silver.
Già, Silver… quello stronzo si stava sicuramente sbellicando dalle risate vedendomi in quella situazione.
“Immagino che sei qui per sfidarmi” Continuò il biondino.
Annuii nervosamente, l’unico gesto che riuscii a fare in quella circostanza.
“Bene. Allora iniziamo” Rise e batté le mani.

Mi domandai a cosa servisse quel gesto e perché non avesse ancora preso le pokeball e messo in campo uno dei suoi Pokemon come avevo fatto io?
La risposta arrivò poco dopo, quando un Haunter uscì dal pavimento (è un fantasma.. cosa dovevo aspettarmi da un fantasma?) e si posizionò davanti ai miei occhi increduli.
Rimasi a fissarlo pietrificata, a metà fra lo stupore e il terrore per qualche secondo, poi ingoiai la paura e mi ripresi, mi concentrai riportando il mio quoziente intellettivo ad un livello accettabile resuscitando più neuroni possibili, che erano miseramente morti quando il capopalestra mi aveva sorriso.
Sperai di riuscire almeno a pensare ad una strategia di battaglia che mi permettesse di vincere.
“Sarà un 3 contro 3 va bene?” mi chiese Angelo sorridendo radioso.
Sentii i miei neuroni sciogliersi uno dopo l’altro.
*     *     *     *     *

 

“Perché non funziona?!” Urlai istericamente vedendo Eevee fallire di nuovo l’attacco.
“Calmati scema! Sto controllando!” mi sgridò Silver guardando il Pokedex.

Battere Haunter era stato facile, il mio Quilava era un talento naturale nelle lotte.
Purtroppo non si poteva dire lo stesso del mio ultimo Pokemon, che non faceva altro che farsi deridere da uno stupido Gastly ogni volta che i suoi attacchi non andavano a segno, cosa che era avvenuta già troppe volte.
Era la lotta più noiosa che avessi mai visto.
Il corpo di Eevee passava attraverso quello gassoso dello spettro che rideva di gusto come se gli stessero facendo il solletico. Quando veniva il suo turno attaccava lanciando sempre la solita sfera nera contro il mio Pokemon che, invece di colpirlo, scompariva senza arrecare nessun danno.

“Ti muovi Rossino? Ma quanto ti ci vuole?!” Sbraitai
“Scusa se non ho letto le istruzioni!”
“Devi solo puntare la telecamera contro i due Pokemon mentre uno di loro attacca! Non mi sembra difficile”
“Perché non lo fai tu miss So-tutto-io!?” Silver era più antipatico del solito.
“Perché ho lasciato il mio Pokedex sul comodino! Te l’ho detto mille volte!”
“Isterica!”
“Idiota!”

Angelo mi guardò con i suoi occhioni blu e la mia rabbia e la mia irritazione svanirono.
“Elis sembra arrabbiata”
Ok, forse poteva dire qualcosa di più intelligente, ma lo disse con una voce così ipnotica che le parole pronunciate non erano poi così importanti.
Scossi la testa, dovevo darmi un contegno.

“Eevee usa azione!” ordinai.
Il Pokemon si voltò e annuì convinto, poi saltò e come in precedenza attraversò indisturbato il corpo dell’avversario.
Sbuffai annoiata, quella lotta era troppo monotona.

“Uff.. pretendo dei ringraziamenti mocciosa, ho trovato il problema”
“Era ora Rossino”
“Faccio finta di non aver sentito” Disse Silver lanciandomi uno sguardo truce “Stai attaccando un tipo spettro con attacchi di tipo normale e stando a quanto dice questo aggeggio non hanno effetto”
Come era scientifico il mio rivale.
“Questo spiega  perché continua a passargli attraverso”
“Giusto” continuò il mio improvvisamente colto compare “Il tuo Eevee non è ancora finito al tappeto perché Gastly ha solo mosse di tipo spettro che non hanno effetto sul tuo mostriciattolo”
“Non chiamare il mio piccolo Eevee mostriciattolo! Offendi i suoi sentimenti!”
“Sentimenti… che idiozie..” mormorò scocciato.
Se non avessi avuto una medaglia da conquistare lo avrei preso a calci senza esitazione ma, ahimè, non mi era possibile.

“Bene…” Respirai profondamente, ero ancora in tempo per tirargli una sberla, ma era meglio evitare qualsiasi genere di discussione “Cosa mi consigli di fare Prof?”
Silver non capì subito che mi stavo rivolgendo a lui, poi con uno sbuffo riprese a studiare il pokedex.
Intanto i due Pokemon in campo non facevano che giocare a chiapparello senza però potersi toccare.
“Eevee sa usare solo azione, comete e turbosabbia… che sono attacchi inutili e tutti di tipo normale a parte turbosabbia ma te la sconsiglio se non vuoi ritrovarti a mangiare terra”
Non avevo capito l’ultima parte… in che senso “mangiare terra” ?

Decisi che non era importante e ritirai l’animaletto nella sua ball. Era inutile lasciarlo correre per il campo se non poteva fare nulla.
“Va bene Eevee… sarà per la prossima volta” Il mio Pokemon si imbronciò e si acciambellò nella sua sfera.
Adesso volevo fare sul serio, quel Gastly mi aveva stufato.
“Bentornato Quilava” Il mio starter si stiracchiò e le sue fiamme presero a bruciare con più forza “Bene, questa lotta è durata abbastanza. Usa ruotafuoco!”
“Sei carina con quello sguardo forte e sicuro…” Angelo mi aveva appena fatto un complimento.
Che bello che bello che bello! Riecco la tachicardia.
Silver sbuffò, rovinando quel momento così perfetto “Quante stupidaggini” sibilò.
Che idiota.

Intanto il mio adorato Pokemon aveva messo al tappeto lo spettro.
“Hahaha! Due a zero per me!”
“Complimenti” Angelo batté ancora le mani e un Gengar si materializzò sul campo di battaglia “È il mio ultimo Pokemon, quindi non aspettarti che ci vada leggero, non ho intenzione di perdere” annunciò con una risatina.
“Io invece ho voglia di ricevere la mia quarta medaglia” cantilenai allegramente “Braciere”
-♫♪ We are the champions… WE ARE THE CHAMPIONS!!  ♪ ♫-
Cantò la mia voce interiore.
-♪ ♫No time for losers…  'Cause we are the champions!! Of the World! ♫♪ -
La mia vocetta cantava come Freddie Mercury.

Purtroppo però fui costretta a interrompere il mio concerto immaginario.
Quilava aveva attaccato il Gengar che aveva respinto le fiamme con un potente pallaombra.
Spalancai la bocca incredula, assumendo un’espressione idiota e molto scioccata.
Merda… Riproviamo! Quilava usa ruotafuoco!”
Quilava obbedì, in una frazione di secondo si trasformò in una palla incandescente e sfrecciò verso il fantasma lasciando una scia di scintille.
Ma il Gengar di Angelo si smaterializzò un attimo prima che il mio starter lo colpisse, per poi ricomparire dalla parte opposta della stanza.
“Inverti la traiettoria Quil” urlai
Il Pokemon fuoco fece dietrofront e ripartì a tutta velocità contro Gengar colpendolo in pieno e facendolo volare lontano. Pochi secondi dopo riapparve davanti al suo allenatore.

Angelo aggrottò le sopracciglia e si passò una mano sul mento “Devo ammettere che ti ho sottovalutato… Mi dispiace cara, ma non ti farò vincere. Userò tutti i mezzi a mia disposizione”
Riflettei su quello che aveva detto, sperando che non volesse essere scorretto.
“Fa caldo non trovi?” Chiese il bellissimo biondino sventolandosi la mano davanti alla faccia.
“In effetti…” risposi meccanicamente, l’attacco del mio compagno aveva fatto alzare la temperatura ma non faceva caldo… l’aria era solo diventata leggermente più tiepida.

Angelo scosse la testa facendo ondeggiare i capelli dorati, le sue mani vagarono lungo la maglietta scendendo fino ai fianchi.
Adesso sentivo caldo anche io.
Con un gesto che nessuno dotato di occhi non avrebbe esitato a definire estremamente figo si tolse la maglietta rimanendo così a torso nudo.
Mi correggo, non era caldo, il clima era assolutamente bollente.
Rimasi a fissare quel bellissimo spettacolo con un poco dignitoso rivolo di saliva che gocciolava dalle mie labbra.
Una delle ragioni per cui secondo me valeva la pena vivere era lì davanti a me, perfetto come lo avevo immaginato nelle mie fantasie impure.

“Elis?”
Stupido Silver… perché doveva rovinare tutti i miei sogni più belli?
“Sta zitto imbecille” biascicai senza staccare lo sguardo dal corpo del capopalestra.
Dietro di me una voce maschile ringhiò irritata.

Un paio di mani mi afferrarono e mi voltarono così da trovarmi faccia a faccia con Rossino.
Interrompendo il contatto visivo fra me e quella specie di fotomodello dall’altra parte del campo, rovinando contemporaneamente il mio sogno pieno di stelline fosforescenti e l’ennesima fantasia da quattordicenne perversa.
“Io ti uccido! Come osi uccidere così la mia visione paradisiaca testa di cazzo!?” Sbraitai in preda ad una rabbia omicida mentre la mia testa si riempiva di insulti che non sapevo di conoscere.
Invece di schiaffeggiarmi, Silver ingoiò le mie offese con santa pazienza “Guarda” indicò il terreno davanti a noi dove Quilava giaceva privo di forze.
“Come è successo?” chiesi spaesata
“Mentre tu sbavavi dietro al belloccio il tuo Pokemon non sapeva cosa fare ed è stato sconfitto” spiegò pazientemente “Quindi metti da parte i tuoi ormoni e le tue ‘visioni’ e vedi di vincere questo incontro mocciosa”
Annuii e mi voltai di nuovo verso Angelo che rideva soddisfatto, non si era degnato neppure di rimettersi la maglietta.

Ritirai il mio starter nella sua ball e lo sostituii con Sneasel. Se quel gran figo voleva la guerra l’avrei accontentato.
Silver si avvicinò a me e mi mostrò il pokedex “Usa quest’attacco, non è molto forte ma il tipo buio è forte su quello spettro e considerando i danni che Gengar ha riportato dopo l’attacco di Quilava dovresti metterlo K.o. con un solo colpo”
Lo guardai scettica.
“Fidati!”
“Ok, Sneasel usa…” lessi il nome della mossa sullo schermo del dex “Usa Finta!”
L’animaletto spiccò un balzo, volando agilmente sopra a Gengar che si scansò, sospirai davanti ad un altro fallimento.
Il Pokemon lamartigli sorrise e con l’altro braccio colpì forte l’ectoplasma che cadde sul pavimento con una smorfia di dolore.
Approfittai del momento per attaccare di nuovo “Ventogelato!” L’ormai familiare nebbiolina azzurra soffiata dal mio compagno congelò per bene Gengar che rimase immobile con gli occhi a girella e con la brina sulla testa.

“Ho vinto!” Esultai “Anzi.. Abbiamo vinto” Gridai abbracciano Sneasel e Silver.
Quest’ultimo mi guardò sorpreso con la faccia dello stesso colore dei suoi capelli ma non si liberò dalla mia stretta “Grazie, a tutti e due” li lasciai andare e mi avvicinai ad Angelo.
Gli tesi la mano da vera sportiva e lui la strinse sorridendomi, poi si frugò in tasca e mi consegnò la medaglia.
“Questa è la medaglia nebbia, i miei complimenti Elis”

“Adesso c’è un problema..” dissi torturandomi le mani imbarazzata “Come facciamo a tornare indietro? Non si vede niente”
Angelo rise, una risata così musicale che mi riempì le orecchie come una splendida melodia.
“Conosco una scorciatoia”
Lo seguii verso lo “strapiombo”, mi fece cenno di voltarmi dando le spalle al vuoto, mi sistemò ad appena un millimetro dalla fine del pavimento e la stessa cosa fece con Silver.

Sorrise radioso e ci appoggiò una mano sul petto “Spero che torniate a salutarmi qualche volta”
Poi ci spinse facendoci cadere fra le nuvole scure.
“Contaci!” urlai sarcastica mentre cadevo nel nulla totale.
Angelo era un assassino! Figo, ma pur sempre un assassino!

 *     *     *     *     *

“Ouch!” fece la cosa su cui caddi.
“Chi ha parlato” chiesi aprendo gli occhi che avevo chiuso per la paura mentre cadevo.
“Togliti di lì mocciosa mi fai male!” protestò Silver sotto di me.
“Scusa” mi guardai intorno, non eravamo morti allora.
No, quello era l’ingresso della palestra di Amarantopoli.

“Che trucchetto simpatico eh?” disse una voce dietro di me.
Sobbalzai spaventata. Che scherzi sono questi?!
“Angelo?”
“In persona!” trillò raggiante il capopalestra aiutandomi ad alzarmi “Quando cadi nelle nubi di questa palestra gli spettri che ci sono dentro ti tele trasportano all’ingresso. Figo no?”
“M-molto” balbettai.
“Bene, ti saluto cara Elis, Vado a farmi una passeggiata ~” Canticchiò allegro uscendo a passo di danza.

“Certo che di persone strane è pieno il mondo…” commentò Silver aprendo la porta permettendomi di passare prima di lui “Andiamo al centro Pokemon?”
Annuii in risposta.

“Silver… posso… fare una cosetta?” chiesi con aria innocente.
“Fa quello che vuoi” Sbuffò.
Mi leccai le labbra in modo malvagio e a giudicare dall’espressione che assunse il rosso la mia faccia doveva essere poco rassicurante.
Fece per chiedermi spiegazioni ma le mie mani furono più veloci della sua lingua.
Scivolarono verso la sua cintura e la slacciarono con un gesto.
“PAZZA!” urlò iniziando a dimenarsi.
Ma per sua sfortuna io ero più che determinata a portare a termine ciò che avevo iniziato.
Con uno strattone gli calai i pantaloni rimanendo ad osservare con interesse quello che c’era sotto.
“Mutandine con i Pidgey? Che tenero ne hai anche un paio con i cuoricini?” scoppiai a ridere come una matta mentre Silver si rivestiva, la faccia di nuovo rossa come un pomodoro maturo.

“Se una pervertita!” Sbraitò arrabbiato e molto molto imbarazzato.
“Sono stupende ♥” ripresi fiato “Regalamene un paio”
“NO!”
“Per favore?” lo guardai facendo gli occhi dolci, tenendo le mani giunte.
“Scema” scosse la testa, che timido “Come ti è venuto in mente?”

Risi di nuovo “Quando Angelo si è tolto la maglietta ho ripensato alle cose che dovevo fare prima di morire e vedere di che colore sono le tue mutande era nella lista” trillai.
“Pazza” Si riallacciò la cintura e si avviò verso il centro Pokemon.
“Me le fai rivedere?”
“No”
“Solo una volta?”
“Nooo!”



 

Rieccomi! Dopo quasi un mese sono di nuovo quì! 
Speravate che fossi espatriata in Islanda? E invece no, sono tornata.

Forse non interesserà a nessuno ma delle spiegazioni per la mia assenza mi sembrano doverose.
Quindi se ve ne infischiate potete saltare queste righe.
Ho avuto il blocco dello scrittore (ed è una cosa strana perchè io non sono uno scrittore), di colpo mi sono trovata senza neppure un briciolo di fantasia, ho provato a scrivere qualcosa ma non ho concluso niente per giorni e dopo aver passato troppo tempo a fissare il foglio di Word finivo per chiudere il programma irritata dalla mia stessa incapacità.
Scusatemi.

Commenti di Fine capitolo: 

Elis è una pazza. Completamente fuori di testa.
E Silver è così dooooolce  , le mutande con i Pidgey, che carino.
Finalmente i due idioti imparano cos'è la collaborazione.

Domande:
Ruisciranno a combinare qualcosa di buono?
Elis riuscirà ad impossessarsi delle mutandine di Rossino?
Cosa si è fumato Angelo?

Alla prossima!
Elis Strange

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Capitolo 26
*** Balletto ***


Cap 26
Balletto 

Guardai la sfera fra le mie mani annoiata, seduta su uno dei cuscini-poltrona in una delle ultime file nel teatro di Amarantopoli. Neppure io conoscevo il motivo preciso per cui mi trovavo lì.

Ripensai a quella mattina e alla "sparizione" del mio compagno di viaggio.


Lo avevo trascinato a fare il giro turistico della città insieme a me, Silver aveva acconsentito riluttante e mi aveva seguito per un po'. Ad un certo punto però si era allontanato incuriosito da qualcosa, e con un "Continua pure la tua passeggiata, io vado a vedere cosa c'è là. Ci vediamo più tardi" Si era addentrato nella spoglia vegetazione che costeggiava il lato nord-ovest della città.

Quel ragazzo aveva la capacità di smaterializzarsi e scomparire dalla mia vista meglio di uno spettro. Mi chiedevo dove fosse e cosa avesse trovato di così interessante in un paio di cespugli e qualche albero rinsecchito.

Scossi la testa e tornai a studiare annoiata la pokeball vuota che tenevo in mano.
*Click*

Premetti il tasto al centro e quella si rimpicciolì fra le mie mani.

*Click* Grande.
*Click* Piccola.
 Avrei potuto continuare quello stupido gioco per ore.


Ormai ero un'allenatrice a tutti gli effetti. Avevo persino quattro medaglie (una delle quali vinta solo il giorno precedente) a dimostrare che l'idea di partire non era stata così cattiva.
Anzi... pensandoci bene era la migliore che mi fosse venuta da quando avevo scoperto di avere un cervello....

Ma c'erano ancora parecchie cose che non riuscivo a capire.

Per esempio come facevano in miei Pokemon ad entrare nelle pokeball;
Non avevo ancora scoperto tutte le funzioni del pokedex;
Né avevo compreso appieno il motivo perché Oak me lo aveva affidato.

 Se era vero che erano anni che il professore si dedicava allo studio dei Pokemon, come mi aveva detto, mi domandavo perché il mio dex fosse quasi vuoto a parte i dati di base!  E soprattutto perché avrei dovuto essere io a completarlo!

Si sà... I professori sono persone strane, quindi mi ero messa l'anima in pace e avevo smesso di farmi domande sul perché dovessi essere io a fare tutto il lavoro per catturare i Pokemon.

E poi il mistero più misterioso, quello che mi tormentava circa dal giorno in cui ero partita. Un mistero con un nome  e un caratteraccio.

Silver.
C'erano ancora molte cose che non avevo capito. Troppe per permettermi di dire che lo conoscevo.
Ero quasi certa che nessuno potesse dire di conoscere Silver.

Era senza ombra di dubbio una delle persone più singolari che avessi incontrato.
Riusciva a cambiare umore con la velocità di un lampo, trattarmi male e poi cercare un modo per farsi perdonare (senza ovviamente esplicitare le sue vere intenzioni... sarebbe stato troppo imbarazzante per lui ammettere di aver sbagliato)

Era orgoglioso, strafottente, antipatico, senza né cuore né sentimenti. Nascondeva qualsiasi emozione dietro una maschera di ghiaccio, fredda e inespressiva.

Chissà... forse quella che si sbagliava ero io... forse quella di Silver non era una maschera.

Eppure quei suoi modi di fare e il suo carattere scontroso che allontanava le persone, con me aveva l'effetto contrario. Invece di respingermi mi attraeva e mi incuriosiva, spingendomi a cercare una ragione al suo comportamento.

Distolsi lo sguardo dalla pokeball fra le mie mani alzando gli occhi verso il palcoscenico dove una donna con un kimono colorato ballava sulle note allegre di una melodia a me sconosciuta.

Scossi la testa come se quel semplice gesto potesse aiutarmi a non pensare al mio rivale adesso compagno Silver.

La mia mente era abbastanza intricata anche senza il suo aiuto.

D'un tratto la musica che aleggiava nella stanza si interruppe. La donna sul palco si era fermata e guardava allarmata un uomo in piedi fra il pubblico.
"Questo spettacolo è uno schifo!!" Gridò quest'ultimo "Vi faccio vedere io un vero spettacolo!"

Notai il cappello di forma quasi rotonda che quello portava sulla testa e la maglietta nera aderente.
-Quel tipo l'ho già visto da  qualche parte...Pensa testa di barbabietola, pensa!-

No, non ero mai stata brava a riconoscere le persone, a meno che non fosse davvero importante.


Il tizio vestito di nero si mosse, superando goffamente le persone sedute ai loro posti e rischiando di inciampare più o meno ad ogni passo.

Smisi di rovistare nell'archivio dei miei ricordi e mi alzai in piedi, c'era un modo semplice e immediato per capire chi diavolo fosse quell'uomo senza dovermi spremere le meningi.

Tossii per attirare l'attenzione "Scusi? Chi diavolo è lei?" L'uomo si voltò, guardandomi irritato per averlo interrotto
"Potrei farti la stessa domanda ragazzina..." fece una pausa per guardarmi meglio, una volta che ebbe capito che non somigliavo a nessuno di sua conoscenza piegò la testa di lato e scoppiò a ridere "Cosa ti è successo mocciosa? Hai litigato con il parrucchiere?"


Mi paralizzai, ogni singolo muscolo si era bloccato a causa della mia irritazione.
In quel momento avrei sbriciolato qualsiasi cosa avesse avuto la sfortuna di capitarmi fra le mani. Come si permetteva uno che va in giro vestito da spazzacamino di criticare i miei capelli e la loro colorazione?!

Finalmente capivo come doveva sentirsi Silver quando lo canzonavo per la sua originale capigliatura...

Giurai segretamente di ridurre al minimo le mie battutine e i nomignoli che il ragazzo aveva sopportato fino ad ora con una pazienza degna di un monaco tibetano. Dovevo essergli grata per non avermi polverizzata. Perché al suo posto io lo avrei fatto.

Se c'era una cosa che odiavo era essere derisa! Non che fossi una ragazza permalosa, ma vedere la gente che mi prendeva in giro così esplicitamente mi faceva letteralmente imbestialire.

"Sei la fata turchina?" Rincarò il tizio che aveva interrotto lo spettacolo. 

Adesso che guardavo meglio, potevo vedere una grossa "R" rossa sulla maglietta.
-Bene, un'altra recluta del Team Rocket...- Pensai.

L'uomo salì tranquillamente sul palco senza smettere di fissarmi "Sta' a vedere ragazzina, ti mostro come ballano i veri uomini! Quindi mettiti  seduta e ammira la mia performance!"

Obbedii e mi sedetti per terra sbuffando come una pentola a pressione. Intanto l'uomo si era posizionato al centro della scena e stava improvvisando un balletto saltellando quà e là, aggraziato quanto può esserlo l'incredibile Hulk con un tutù da ballerina.

Non sapevo se definire quella danza ridicola o ripugnante.

"Hop! Hop!" Strillò, sembrava un gabbiano a cui hanno appena rubato l'acciuga appena catturata "Avete visto? Hop, hop!"

Ad ogni -hop- saltava e divaricava le gambe in aria per poi riatterrare pesantemente nella stessa posizione in cui era partito.

"Passé, Plié " annunciò prima di eseguire i suddetti passi "Egalité, liberté, fraternité!" continuò convinto.
"Ho bisogno di un caffé..." continuai io, facendo rima con quello che aveva appena detto.

Per una combinazione di coincidenze fortuite, dopo l'ennesimo passo di danza, la recluta inciampò e cadde rovinosamente con un tonfo che rimbombò in tutta la sala.

"Grazie Arceus" sussurrai rivolta al soffitto. "Bene, lo spettacolo è finito!" dissi alzandomi i piedi e attirando l'attenzione di tutti. Persino il ballerino che ancora si contorceva per il dolore si voltò a guardarmi, storsi la bocca mentre quello mormorava imprecazioni miste a gemiti "Forse è meglio chiamare un medico..." ragionai.

"Ferma dove sei!" gridò il tizio ancora accasciato a terra.
"Neanche morta" risposi voltandomi verso l'uscita.
colpa tua se sono caduto, mi hai distratto!" ma io lo ignorai bellamente fingendomi sorda.

-Non ti sento, non ti sento...-

"Hey! Non fare la finta tonta, sto parlando con te!!" strillò di nuovo.
Le reclute del team Rocket erano davvero delle persone strane.

-Non sento...-


"Sei sorda mocciosa?!"
"SI! Problemi? Soffro di sordità momentanea!" e fu così che per colpa della mia boccaccia feci saltare una fantastica copertura.
"Allora ci senti..." Sorrise soddisfatto.

"Sì, ma non tempo per ascoltarti mi spiace..." mi guardai il polso fingendo di controllare un orologio invisibile "Devo...Io...Credo di..." balbettai senza sapere cosa dire, mentre indietreggiavo verso l'uscita

"Ho lasciato il gatto nel forno, ciao!" Aprii la porta e la richiusi svelta, poi mi allontanai il più possibile da quel teatro. Avevo parlato così in fretta che non sapevo neppure cosa avevo detto, ma chissà perché avevo la sensazione che non fosse niente di furbo.

*     *     *

Mi avvicinai al boschetto nel quale avevo visto entrare Silver qualche ora prima, sicura che si trovasse ancora lì, anche se mi aveva detto che ci saremmo incontrati al centro Pokemon non c'era traccia di lui nella hole e nemmeno nella sua stanza.

Spostai con la mano un cespuglio che mi intralciava il passaggio e proseguii fra l'erba che mi arrivava fin sopra le ginocchia alla ricerca del mio compagno.

"Crow!" Un uccello dalle piume nere svolazzò fra le foglie degli alberi, scegliendosi un bel ramo su cui posarsi, poco dopo sentii un fruscio e un cespuglio si mosse.
Mi fermai e mi misi in ascolto cercando di capire chi ne fosse la causa, ma il verde spento della vegetazione era tornato immobile e silenzioso.

"Crow... Crow" il Pokemon corvo ricominciò con il suo verso fastidioso interrompendo così il silenzio. Si guardò intorno, anche lui alla ricerca della fonte dei rumori.
Il fruscio si ripeté, questa volta più vicino e potei giurare di aver visto dei ciuffi rossi spuntare fra l'erba alta.

Il volatile nero iniziò ad agitarsi, aprì e chiuse il becco aguzzo facendolo schioccare. Mi avvicinai cautamente all'albero su cui si trovava il Pokemon, quello non mi degnò della sua attenzione, sembrava troppo impegnato a scrutare i dintorni.

Uno Sneasel balzò improvvisamente fuori dai cespugli e si lanciò contro l'uccellaccio, lo afferrò con gli artigli ed entrambi piombarono a terra. Quest'ultimo lottò per liberarsi sbattendo più volte le ali, tentò di riprendere il volo ma appesantito dall'altro Pokemon impiegò molte più energie e tempo per prendere quota.

Poco dopo l'animaletto grigio cadde di nuovo al suolo schiacciando un po' d'erba nell'impatto, si rialzò e si tolse di dosso le piume che aveva stappato al suo avversario, poi sparì anche lui.

 Non avevo ben capito cosa fosse successo durante quel piccolo scontro, ma non doveva essere particolarmente rilevante...
Adesso però una domanda mi sorgeva spontanea: perché uno Sneasel gironzolava per Amarantopoli invece di starsene sulle montagne? Forse il suo allenatore era nei paraggi, speravo che l'allenatore in questione fosse Silver, dopotutto anche lui aveva uno Sneasel.

Avanzai con difficoltà fra l'erba ancora più alta di prima, stavolta ero immersa nel verde fino alla vita. Camminavo piano, lenta e con cautela, non volevo rischiare di inciampare i qualche ostacolo nascosto dalle foglie.

Un passo dopo l'altro mi ritrovai nuovamente davanti al Pokemon corvo, anche stavolta era appollaiato sul ramo di un albero. Decisi di avvicinarmi per guardarlo meglio, non avevo ancora capito che specie fosse e intendevo rimediare ma da quella distanza non vedevo abbastanza bene.

Iniziai a muovermi ma prima che potessi rimettere il piede a terra qualcosa mi afferrò la caviglia e mi fece affondare nell'erba.
Stavo per urlare ma la stessa mano che fino a poco prima arpionava la mia gamba mi tappò la bocca.

"Guai a te se fai scappare quel Murkrow" mi sibilò all'orecchio il mio cosiddetto "rapitore".
"Sai Silver, certe volte mi chiedo se hai tutte le rotelle al posto giusto..." sussurrai in risposta una volta che ebbi riavuto la bocca libera.
Il rosso non disse altro e tornò a scrutare i dintorni spostando di poco un ciuffo verdastro davanti a lui.

"Cosa stai facendo?" chiesi sottovoce avvicinandomi un po'.
Mi guardò come se fossi scema "Secondo te?"
"Conti le formiche?"
Scosse la testa e le sue labbra su incurvarono in un mezzo sorriso "Adesso fai silenzio e lasciami lavorare, voglio catturare quel Murkrow" disse indicando lo stesso corvo che qualche minuto prima avevo visto lottare contro Sneasel.

Quindi l'uccellaccio dalle piume nere era un Murkrow, chissà perché non avevo tirato fuori il pokedex per controllare.

"E perché vuoi catturare quella specie di corvo?"
"Affari miei" rispose sintetico senza staccare gli occhi dall'albero.
Fare quattro chiacchiere con quell' individuo era impossibile, sospirai rassegnata e rimasi in silenzio aspettando che fosse Silver a fare qualcosa.

Ma quello se ne stava fermo, immobile acquattato fra l'erba alta a fissare un Pokemon altrettanto immobile.

La scena mi sembrava un quadro, dove le immagini erano state fissate sulla tela, catturate dalle pennellate di un anonimo pittore. La cosa che mi piaceva di più di quell'immagine era il bizzarro colore dei capelli del mio compare che risaltava in contrasto con i verde delle foglie, e il corpo nero dell'uccello che sembrava indossare un cappello per colpa della forma delle penne sulla sua testa.

Senza farmi notare scattai una foto con il dex (sì, il pokedex poteva fare questo e altro! Le immagini avevano anche un'ottima risoluzione, ed io che pensavo che fosse una calcolatrice*...).

Silver si mosse, provocando lo stesso fruscio che avevo sentito qualche minuto prima, avanzò lento verso il corvo rimanendo nascosto, mentre prendeva una sfera pokè vuota dalla tasca.

Fece uno strano gesto con la mano e preparò la ball, poi dal verde che ci circondava spuntò il suo Sneasel che si diresse svelto verso il Pokemon ma invece di attaccarlo si limitò a bloccarli le ali per impedire che fuggisse mentre il suo allenatore lanciava con precisione la pokeball e incrociava le dita sperando di catturarlo con successo.

La sfera assorbì il Murkrow, cadde a terra e oscillò come le avevo visto fare già altre volte. Vibrò e brillò per qualche secondo, desideravo ardentemente che non si liberasse, volevo uscire da quel mare di erba e visto che avevo già ottenuto la mia medaglia potevo anche andarmene da quella città.

Qualcuno ascoltò il mio desiderio e mi accontentò, la ball si fermò e venne raccolta dal ragazzo che ridacchiava soddisfatto.

"Adesso mi dici perché era così indispensabile catturare l'uccellaccio?" chiesi stiracchiandomi.
"Uff.." sbuffò "Solitamente i Murkrow non vanno in giro di giorno, mi sembrava il momento migliore per provare ad acchiapparlo, non è molto a suo agio alla luce del sole"
"Ooohh" feci annuendo come una scema, la logica del rosso non faceva una piega ma io rimanevo dell'idea che strisciare fra l'erba era un operazione piuttosto imbarazzante.

"Novità?" continuò il ragazzo assicurando il nuovo arrivato nella sua squadra in un posticino della cintura.
"Sono stata a teatro e ho visto una recluta del team Rocket che si credeva un ballerino di danza classica. Avresti dovuto esserci, era una scena ridicola" accennai un sorriso mentre ricordavo il tipo strambo che saltellava per il palco gridando "Hop!"

"Possiamo andarcene da questa città?" mi alzai e mi fermai ad aspettare una risposta da parte di Sil.
"No" fece secco.
Spalancai gli occhi incredula "Perché?! Devi catturare qualche altro uccello del malaugurio?"
"No"
"Che fantasia... Hai finito di rispondermi a monosillabi?" riecco la mia innata acidità che tornava a farsi sentire.
"Hn"
Quel ragazzo mi avrebbe portato sull'orlo di una crisi di nervi prima o poi.

Sbuffai e girai sui tacchi.
Stupido Rossino, perché era così difficile andare d'accordo con quell'idiota? E perché non poteva parlare come una persona normale?

"Bene, allora me ne vado. Quando avrai finito con le tue diavolerie mi troverai al centro Pokemon" Alzai la testa con un movimento secco e irrigidii il collo come una capricciosa ragazzina snob e ricominciai a nuotare nel mare di erba fino a che non ne fui uscita.

Stupido Silver... Possibile che avesse sempre cose importantissime e segretissime da fare?

 



Author's nook:
è un capitolo corto, stupido e inconcludente, lo so e me ne assumo la responsabilità ma devo riprendermi dal blocco dello scrittore.
Sepero che non sia terribile come lo vedo io, fatemelo sapere per favore.

Elis Strange
La regina del Sottoscala.



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Capitolo 27
*** Don't call my name ***


Don't call my name

 

Masticai con rabbia la caramellina rosa e vaporosa che tenevo fra le dita, senza neppure preoccuparmi di non sputacchiare in giro ne presi un'altra e la ghigliottinai con gli incisivi.
"Stupido Rossino" bofonchiai mentre frammenti di marshmallow venivano sputati qua e là, ma non me ne curai e continuai a ingozzarmi come un’anatra. 

Ecco il mio rimedio contro quasi tutti i problemi: dolci. L'unico cibo capace di mettermi di buon umore e ridarmi l'energia perduta come se mi avessero ricaricato le batterie.

Presi un'altra caramella e diedi una veloce occhiata ai dintorni per controllare che i Pokemon che avevo liberato ci fossero ancora. Come previsto i miei compagni gironzolavano tranquilli e spensierati davanti al centro Pokemon, portai il dolcetto alla bocca mentre allungavo il collo nella speranza di vedere riapparire Silver, ma niente da fare... Chissà se era tornato a nascondersi fra l'erba come un cretino o se aveva deciso di abbandonarmi al mio destino. In breve tempo il pacchetto di marshmallow si svuotò completamente, mi stupii della mia stessa voracità e mi chiesi perché non avevo ancora assunto le sembianze di uno Snorlax, viste le ingenti quantità ti schifezze che ingurgitavo di continuo.

Mi frugai in tasca e aprii con poca grazia l'ennesimo sacchetto di dolcetti, stavolta erano orsetti gommosi, iniziai a tirarne fuori uno dopo l'altro man mano che questi sparivano nella mia bocca e venivano masticati rumorosamente.

Ad un tratto, mentre davo una nuova occhiata al giardino del centro Pokémon, mi accorsi che fra i miei Pokemon ce n'erano due che ero certa di non aver mai visto prima. Erano due esserini dello stesso colore di un puffo, tranne che sulla pancia, quella era bianca con una spirale nera, somigliavano a dei girini con le zampe. Presi il Pokedex dalla tasca dei pantaloni per controllare di che specie fossero, ma nel compiere questo movimento le caramelle caddero tutte per terra.

“No!” mugolai vedendo il mio spuntino ormai immangiabile e sporco di terriccio misto a polvere. 

I due piccoletti zampettarono velocemente ai miei piedi per mangiarsi quello che fino a poco prima era destinato al mio stomaco. 
-Come si permettono questi due di spazzolarsi i miei orsetti?!-
 Guardai il Dex - Poliwag: Pokémon girino, è capace di indurre il sonno al proprio avversario con la mossa Ipnosi. Si trova molto di più a suo agio nell'acqua, dove può curarsi con l'Abilità Assorbacqua - lessi in fretta la parte che parlava della direzione della spirale senza dargli troppa importanza, feci per rimettere lo strumento al suo posto ma prima che potessi muovermi uno dei due Pokemon mi morse una gamba.

Non so perché lo fece.. forse l'avevo urtato involontariamente, forse non aveva gradito i miei orsetti gommosi oppure aveva scambiato il mio polpaccio per qualcosa di commestibile…

“Ahi!” esclamai, e quasi fosse un riflesso condizionato in risposta al pizzicotto poco piacevole appena ricevuto, scalciai e il girino volò un paio di metri più avanti con un mugolio di dolore. Mi pentii quasi subito di quello che avevo fatto, nell’esatto momento in cui quello per vendetta mi annaffiò con un getto d'acqua di una potenza che non credevo possibile per un esserino così piccolo.

Il getto mi fece cadere dalla panchina sul quale mi ero seduta, chiusi gli occhi di scatto e allungai le mani come a voler respingere tutta quella maledetta acqua che continuava ad entrarmi in bocca e nel naso.

Annaspai, tossendo e continuando a sputacchiare rivoli di acqua e saliva. Ci mancava solo che affogassi per colpa di una mezza rana!

Speravo tanto che quella che mi stava rovesciando addosso fosse solo acqua, perché se fosse stata bava di ranocchia o altre schifezze gli avrei fatti arrosto senza rimpianti.

Fortunatamente per me non durò molto e quando riaprii gli occhi riuscii a vedere i due Pokemon allontanarsi correndo, uno dei due si voltò e mi guardò in cagnesco (non ero sicura che una rana potesse guardare qualcuno in cagnesco, ma era vero anche che quel coso mi aveva appena morso eppure ero quasi sicura che non avesse denti in quella piccola e rosea bocca rotonda).
Da quello sguardo capii che quello era solo un assaggio e che erano intenzionati a vendicarsi come si deve...

"Bleah.." Mi liberai dell'acqua che avevo ancora in bocca, formando una fontanella e cercai di rialzarmi, ma non riuscii neppure a sedermi che scivolai di nuovo sbattendo la testa. Così mi ritrovai di nuovo immersa nella mia pozzanghera personale come uno strano pesce in punto di morte, e stavolta avevo anche un enorme bernoccolo a ricordarmi che se non facevo attenzione rischiavo di spaccarmi il cranio in due pezzi come un cocomero.

"Maledetti..." borbottai, se quella era una dichiarazione di guerra potevano stare sicuri che non sarei stata io a sventolare bandiera bianca per prima!

L'acqua intorno a me si era colorata di blu per colpa del colorante che Chiara mi aveva spruzzato sui capelli e che adesso si stava piano piano stingendo, avrei dovuto essere felice che finalmente i miei capelli potessero riprendere il loro colore naturale anziché quel blu elettrico che mi metteva in imbarazzo continuamente, chissà cosa avrebbe detto mia madre vedendo quell'eccentrica colorazione, probabilmente le sarebbe venuto un infarto.

Mi rialzai con più cautela rispetto al precedente tentativo e stavolta riuscii a rimettermi in piedi senza troppi incidenti. Mentre io imprecavo come qualcuno che ha mangiato cibo andato a male e ha trovato il bagno occupato, e mi rimettevo sulla panchina, il mio fin troppo silenzioso rivale era riapparso ma io me ne accorsi solo dopo averlo visto seduto accanto a me.
Il mio cervello annacquato non era ancora collegato come si deve (che avesse staccato la spina temendo un cortocircuito?) e quella apparizione inattesa mi spaventò.
E quando dico spaventare intendo dire che scattai come una molla, lanciai un gridolino isterico, scivolai e di conseguenza rotolai per terra, di nuovo (ok, questo non era nei miei piani, ma ero ancora bagnata, la panchina era stretta e il mio equilibrio faceva le bizze: in sostanza, la caduta era inevitabile...)

"Che mi sono perso?" chiese guardandomi dall'alto.

Grugnii, lanciandogli un’occhiataccia per fargli capire che non ero in vena di battutine e che l’ultima cosa di cui avevo bisogno era di sentire dire quanto fossi imbranata dal mio rivale. Ero un disastro su tutti i fronti e ne ero ben consapevole anche senza i suoi commenti.

"Un paio di Pokemon-ranocchia-puffo mi hanno dichiarato guerra" mi tirai su e notando il suo sguardo incredulo mi affrettai a spiegare la curiosa faccenda "Allora, io stavo facendo tranquillamente merenda su questa panchina, mentre due Poliwag scorrazzavano qui vicino. Poi mi sono cadute le caramelle, quelli sono venuti per mangiarsele, uno di loro mi ha morso e io gli ho tirato un calcio. Loro si sono arrabbiati, mi hanno annaffiato e se ne sono andati a preparare un piano diabolico per farmela pagare. Semplice" conclusi. Mi strizzai la maglietta completamente zuppa e lo guardai alzando le sopracciglia come se quello che mi era successo fosse una cosa normalissima. 

Quello mi scambiò uno sguardo scettico, cercando un segno che provasse che la mia sanità mentale era andata allegramente a quel paese. Non disse niente. Forse non aveva trovato il segno che stava cercando, o forse pensava che fossi sotto l'effetto di qualche droga pesante o aspettava che mi mettessi a ridere gridando "Sto scherzando!" 

Ma sfortunatamente, no, non era uno scherzo. Due girini mi avevano davvero giurato vendetta. 

Silver ormai si era rassegnato alla mia capacità di attirare sventure, disastri, imprevisti, incidenti e roba simile, quindi si limitò a sospirare e scuotere la testa.
"Prendo la mia roba e poi partiamo, ci ritroviamo qui fra qualche minuto." A quanto pareva il mio compare aveva già pianificato la partenza, ed era un ottima cosa, se me ne andavo in fretta da Amarantopoli forse i due Pokemon acquatici avrebbero rinunciato alla loro vendetta.

Silver entrò nel centro Pokemon, mentre io da fuori osservavo la sua figura camminare svelta verso le scale e salirle in fretta in direzione della sua stanza.

Sbuffai e mi sdraiai sulla panchina. Avevo già tutto pronto per la partenza, adesso dovevo solo asciugarmi un po' al sole estivo. Ero quasi sicura di non puzzare di pesce morto, né di rana e neppure di acquitrino. E questo era, forse, il solo lato positivo.
 Rimasi lì stesa a pelle di leopardo fino a che Silver non mi comparve davanti, lo zaino su una spalla e le mani nelle tasche, che mi guardava aspettando che mi riprendessi.
Mi alzai, ero ancora bagnata, abbastanza da farmi credere che mi stessero crescendo le alghe nei pantaloncini ma almeno non ero completamente zuppa.

"Muoviamoci" Disse il ragazzo voltandosi e imboccando la strada che portava fuori da Amarantopoli. 
"Agli ordini" sghignazzai, assumendo una posa militaresca. 
"Hn.." roteò gli occhi e non disse altro.

Sperai che il suo senso dell'orientamento fosse migliore del mio (che ero riuscita a perdermi nel Bosco di Lecci e che per trovare la palestra di Amarantopoli avevo impiegato una mattinata intera) e gli trotterellai dietro.

*    *    *


-Percorso 38. Proseguire a dritto-  
Questo diceva il cartello che stavo fissando da un tempo indefinito, con una faccia più ebete del solito e un rivolo di bava che mi usciva dalla bocca. La scritta era piuttosto chiara, ma io davanti a noi vedevo solo un insignificante sentierino di terra battuta, quasi invisibile fra gli alberi rigogliosi da un lato e la città dall'altro.

"Non potremo prendere un autobus per arrivare a Olivinopoli ?" chiesi, l'idea di dover attraversare un bosco così fitto su un sentiero che si vedeva appena non mi rassicurava per niente. Considerando la mia fortuna e la mia bussola interiore (che al posto del nord aveva una fetta di torta) saremmo finiti ad Atlantide...

In risposta Silver mi scambiò uno sguardo piuttosto semplice da interpretare, sembrava dire "Dove hai sbattuto la testa stavolta?". Ormai avrei dovuto sapere che Rossino mi considerava pazza. 
"Questa è l'unica strada -credo-" 
"Ehm.. Credi?" lui mi ignorò, manco fossi stata una zanzara e continuò il suo discorso che avrebbe dovuto convincermi a trascinare il mio culo pigro in quella foresta.
"Non lagnarti e inizia a camminare, mocciosa" grugnì spazientito (di bene in meglio, era già nervoso...).

“È la cosa migliore che sai dire? Col cavolo che ti seguo! Vado a cercare un autobus o un treno, un aereo, un deltaplano.. va bene anche un motoscafo, ma io non entro in un bosco buio e minaccioso, con te che credi di sapere la strada. Non voglio mica fare la fine di cappuccetto rosso. Con la fortuna che mi ritrovo è probabile che il lupo decida di farmi causa perché sono indigesta. No, grazie." Feci un gesto di saluto con la mano e girai sui tacchi, decisa a tornare in città e noleggiare un canotto per arrivare a Olivinopoli senza passare da quella stradina che non mi rassicurava per niente.

Non sapevo esattamente perché mi stessi rifiutando di proseguire dove il mio compagno mi stava indicando, semplicemente oggi ero più nervosa del solito e sentivo come se stesse per succedere qualcosa di orribile. Forse era colpa del caffè che mi ero bevuta poco prima, forse era colpa delle caramelle (chissà cosa ci mettono per farle così buone) oppure era stata la doccia che mi avevano fatto i due Poliwag.. Non ne avevo davvero idea, sapevo solo che io non avrei preso quel sentiero neppure se fosse stato coperto di pepite d'oro... Okay, per qualche pezzo d'oro l'avrei fatto (anche per della cioccolata, ma questi erano dettagli..)

Non feci in tempo a fare un passo che Silver mi afferrò per i capelli e mi strattonò, come si fa con i cani al guinzaglio, ma io non ero un cane e i miei capelli non erano un guinzaglio, cazzarola! 

"Cosa credi di fare? Lasciami subito! Io non ci voglio andare nel bosco, Noooo!" mugolai, iniziando un tiro alla fune decisamente poco vantaggioso per me.
"Non dire cazzate" fece pacato, per lui la conversazione era già chiusa, il suo tono non ammetteva repliche.
"NO!" mi sedetti e incrociai le braccia al petto. Se voleva farmi spostare avrebbe dovuto trascinarmi per le caviglie.

Vidi Sil massaggiarsi le tempie e sbuffare, poi si tolse lo zaino e ci infilò una mano dentro. Dopo pochi secondi tirò fuori un sacchetto di caramelle. Un delizioso, magnifico, dolce, gommoso, colorato sacchetto di liquirizie. 

Mi brillarono gli occhi, quello era meglio degli orsetti alla frutta che mi avevano rubato i girini. Mi alzai, scattando come una molla nel tentativo di afferrarli, ma Rossino si scansò all'ultimo momento lasciandomi a mani vuote e di nuovo con il sedere per terra.
"EHI!" protestai delusissima, avevo bisogno di quelle caramelle, ne andava della mia sanità mentale! E quell'insensibile me le aveva appena tolte da sotto il naso! 
Silver scosse la testa e rimise il pacchetto nello zaino, lo fulminai con lo sguardo ma lui rimase impassibile "Te lo darò quando saremo arrivati alla prossima città" 

Sapevo che quello poteva significare che avrei rivisto le liquirizie dopo un numero non calcolabile di giorni, ma quello che era davvero importante era che una volta arrivati in città le caramelle sarebbero state mie. Mandai tutti i miei presentimenti a farsi un giro e partii come un razzo per il sentierino su cui fino a un minuto prima non avrei messo nemmeno un piede.
"Sei ancora lì?" chiesi voltandomi verso il ragazzo, era rimasto impietrito, probabilmente non credeva che il suo piano potesse avere un effetto così immediato.

Rossino mi precedette, deciso a non lasciarsi guidare dalla "calamita per sfighe" e di affidarsi alla sua mappa. Io mi limitavo a seguirlo in silenzio anche se a dire il vero mi sarebbe piaciuto iniziare un discorso, ma non avevo niente da dire e non potevo sperare che lo facesse Silver bocca cucita, quindi non mi rimaneva che rimanere in silenzio e sperare che non sbagliasse strada.

Anche se avevo deciso di seguire Rossino in quel bosco, che trovavo sempre meno rassicurante, la sensazione che stesse per succedermi qualcosa che non mi sarebbe piaciuto affatto non se n'era a ancora andata, anzi, ad ogni passo il mio mal di stomaco da ansia peggiorava.

Silver mi ignorava, aveva deciso di fingere che non esistessi. Non staccava gli occhi dalla mappa tascabile della regione (che aveva avuto la buona idea di acquistare al negozietto). Cominciavo ad essere gelosa di quella mappa, cosa avrei dovuto fare per farmi notare? Tatuarmi la cartina geografica di Johto sul petto?
No, non credo che sarebbe bastato.

Secondo il nostro famoso contratto, lui avrebbe dovuto evitare che schiattassi. Nei limiti del possibile ovviamente. Silver non sapeva fare miracoli, e non era dotato di nessun super potere (purtroppo), però se neppure mi guardava come poteva salvarmi dai Poliwag inferociti?
Ok, lo ammetto ero convinta che le due ranocchie non si fossero dimenticate di me anche se non ero più in città. I miei sensi super sviluppati mi dicevano che quei cosi mi stavano seguendo. O forse ero diventata girinopatica. 

"Ehi?" chiamai, iniziando a camminare più veloce per raggiungerlo. Era sorprendente vedere come la distanza fra noi si era dilatata senza che me ne accorgessi... Ero davvero così lenta o Silver stava volutamente tentando di seminarmi? "Ti ho mai raccontato la storia della mia vita?" gli chiesi una volta che gli fui accanto mentre mi preparavo a snocciolare più parole possibili.

Non era colpa mia se sparare cretinate a casaccio fosse l’unico modo per farmi passare l’ansia.

"Sì, ci hai provato" mi ricordò con una calma che io in quel frangente potevo solo sognarmi. Ma come diavolo faceva a stare così tranquillo? Si era imbottito di camomilla?  Io già sentivo puzza di Poliwag e pensavo a cosa mettermi se mi avessero annaffiato di nuovo. Perché una sosta per potermi asciugare era fuori discussione, non sia mai che Elis la sfigata rallenti l'eroico cammino di Silver il Magnifico!

"Bene, allora colgo l'occasione per raccontarti la versione integrale delle mie avventure passate" la mia palpebra sinistra sbatté un paio di volte senza controllo, gli angoli della bocca si alzavano e si abbassavano senza che glielo ordinassi, invece di camminare saltellavo a destra e a sinistra, presi a torturarmi le mani rendendomi conto che non era da me avere tutti quei tic nervosi.

Presi fiato, sforzandomi di controllare i miei tic e aprii la bocca, pronta a mitragliare parole a raffica.

 "Prima di iniziare devo ringraziare mia madre, Emma, che mi ha cresciuta senza l'aiuto di nessuno, se non quello dei suoi fratelli, ovvero i miei zii che ogni tanto si intromettevano nella vita della sorellina, perché mio padre se l'era data a gambe poco dopo la mia nascita. Mamma dice che è scappato in una regione lontana per non avere responsabilità.

Non mi ha mai detto molto di lui, solo che era un uomo tanto avvenente quanto stronzo. Negli anni successivi ha cambiato fidanzati come se fossero calzini continuando a credere che prima o poi il suo principe sarebbe caduto dal cielo, poi è nato mio fratello e da allora ha deciso di smetterla di cercarsi un uomo con cui passare la vita, dato che tutti prima o poi se ne andavano. Dopo questo preambolo sulla mia famiglia, passo a raccontare la mia movimentata ed eccitante infanzia"

Feci una pausa per respirare “Ho passato i primi anni della mia vita tormentando quel povero sfigato di Armonio, giocando a fare l’esploratrice, la regina della giungla insieme ai pochi altri bambini di Borgofoglianova. È stato infatti durante questo felice periodo che ho imparato ad arrampicarmi sugli alberi (cosa che mi ha fatto capire quanto possa essere crudele la forza di gravità quando vuole farti cadere a terra), a riconoscere le bacche buone da quelle che fanno venire il mal di pancia, a fare scherzi senza essere scoperta e a scappare velocemente dopo aver combinato un pasticcio incolpando qualcun altro” Dissi tutto d’un fiato.

Riempii nuovamente i polmoni d’aria, preparandomi a ripartire in quarta con il mio racconto.

Silver parve impallidire, mi guardò malissimo e prima che potessi ricominciare a consumarmi le corde vocali con il mio chiacchiericcio e disintegrare definitivamente la sua già scarsa pazienza mi afferrò il polso così forte da lasciarmi un segno di un colore a metà fra il rosso, il bordeaux e il viola, e mi strattonò in avanti. Quando gli fui abbastanza vicino mi premette l’altra mano sulla faccia, inutile dire che non fu affatto delicato. Non sapevo se volesse assicurarsi che non uscisse nemmeno una parola o tentare di soffocarmi...

Mi stava tappando anche il naso e anche se capivo la sua repulsione verso il mio farneticare, questo sembrava davvero un attentato alla mia vita.

Gemetti infastidita e mi dimenai, ma non si accorse che mi stava impedendo di respirare. Dovevo solo sperare che non fosse davvero un tentativo di omicidio. Anzi, di Eli-cidio. Che era ancora peggio!

Per quanto mi agitassi, l’unica cosa che riuscii ad ottenere fu una stretta più forte attorno al mio braccio e sulla faccia. In quanto a forza fisica Silver era avvantaggiato, chiaro, io ero una ragazzina con i muscoli inflacciditi da anni di inattività mentre lui poteva avere un fisico da palestratissimo lottatore di wrestling sotto quella felpa e io non l’avrei mai scoperto..

La mancanza di ossigeno iniziava a diventare insopportabile, così gli morsi a sangue le dita che avevano avuto la sfortuna di trovarsi davanti alla mia bocca, riuscii a riavere il naso libero ma il mio morso non gli era bastato per convincerlo a togliermi quella mano, che adesso avrei voluto amputargli, dal viso.

“Non so cosa ti stia succedendo, e sinceramente non mi importa, ma se continui a parlare a vanvera cercando di fermi perdere il senno, giuro che ti seppellisco viva” detto questo mi lasciò e si infilò la mano che portava il segno sanguinante dei miei denti nella tasca dei pantaloni.

Sentii una rabbia omicida salire dalle punte dei piedi fino alle radici dei capelli, i muscoli delle braccia si irrigidirono mentre le ginocchia ebbero un fremito, lo stomaco mi si capovolse e per il mio già poco accentuato lato gentile fu l’inizio della fine.

Avrei tanto voluto urlare, magari sbattere i piedi per terra e agitare le braccia come se fossi in piena crisi di isterismo da “barattolo di nutella finito”. Oppure fare un grido animalesco come un vichingo che sta per lanciarsi contro un orda di nemici armato di martellone spacca-teste, o come Xena l’invincibile principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille battaglie (ok, ammetto che prima di partire come allenatrice passavo il mio tempo davanti al televisore).

Non sapevo neppure cosa urlare. Forse una valanga di parolacce degne dei peggiori scaricatori di porto della regione sarebbe stata appropriata.

 Anche se così facendo rischiavo di rivelare la mia posizione a i miei girini pedinatori, optai comunque per l’urlo animalesco seguito da una vagonata di imprecazioni.

“AAAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRG!!” Ecco, appunto, il declino della mia parte gentile era iniziato.

Silver si voltò giusto in tempo per vedere la mia trasformazione da ragazza quasi normale a completa pazza furiosa urlante.
Il ragazzo incrociò le braccia e scosse la testa, mi considerava come una bambina incapace di controllare le proprie emozioni, infantile e capricciosa. Forse lo ero, non ero mai stata famosa per il mio autocontrollo, né per la mia maturità. Ma non ero disposta ad ammetterlo né tantomeno a cercare di porvi rimedio.

Lo guardai con odio, quanto detestavo quella sua aria di superiorità, era una di quelle cose che ero sicura di non poter riuscire a sopportare neppure se fossero passati mille anni.

“Tu!” Strillai additandolo “Tu, enormissimo insensibile! Come fai a trattare così una povera ragazzina? Va bene, abbiamo le nostre divergenze, e so che non sopporti le mie chiacchiere.. Ma cerca di capirmi, perdindirindina! Ma cosa hai al posto del cuore? Una scatoletta di pomodori pelati??”

Mi avvicinai e gli sventolai sotto il naso il mio polso con sopra stampate le impronte delle sue delicatissime dita.

“Guarda cosa mi hai fatto maledetto uomo di latta! Guarda il mio povero braccio, fa male sai?”

Ok, dopo questo teatrino avrebbero potuto incoronarmi regina del dramma ed io avrei saputo di meritarlo. Avevo un certo talento per ingigantire (o all’occorrenza minimizzare) i fatti e torcere la realtà a mio vantaggio, era grazie a questa sottile arte che ero riuscita a farla franca in più di un occasione quando da piccola combinavo disastri e poi mi inventavo storie fantastiche su come avessi appena sventato la fine del mondo o la distruzione del paese e che quello fosse un piccolo prezzo da pagare per la salvezza di tutti.

Ma Silver non faceva un piega, alzò il suo solito sopracciglio che poteva significare tutto e niente. Maledetto. Un giorno di questi gli avrei rasato le sopracciglia nel sonno, chissà, magari così avrebbe smesso di usarli per comunicare e avrebbe iniziato ad usare la lingua.

“E non guardarmi a quel modo! Non è così che si trattano le ragazze” ecco che partivo per la tangente…
“Ma che vuoi saperne tu delle buone maniere e di come ci si comporta” continuai a strillare e lo additai nuovamente “Tu che hai la finezza di una palettata di sterco!” 
“Senti da che pulpito viene la predica…” borbottò, questa interruzione al mio monologo mi fece incavolare ancora di più. 
“AAAARGH-” gridai di nuovo, ma stavolta non riuscii a terminare il mio ruggito animalesco che mi ritrovai a indietreggiare colpita da un forte getto d’acqua.

Successe tutto troppo in fretta per permettermi di capire con esattezza cosa fosse appena successo. L’unica cosa che mi apparve chiara fin da subito era che quei piccoli girini indemoniati mi avevano appena trovato e l’attacco pistolacqua che mi aveva appena colpito faceva parte della loro vendetta.

 Mi tappai alla svelta la bocca, cercai di proteggermi gli occhi con una mano mentre con l’altra prendevo una pokeball a caso dalla cintura e cercavo di staccarla.

Tossii a corto d’aria e ripresi fiato, ingoiando un po’ d’acqua nel tentativo di non morire asfissiata. La sfera che avevo i mano scivolò via dalle mie dita bagnate e rotolò per terra, mi abbassai di scatto e tastai alla ceca per cercare la piccola palla e fare in modo che si aprisse, così da chiamare uno dei miei Pokemon per soccorrermi.

Dopo aver palpato un po’ a casaccio la terra sentii sotto il palmo della mano la forma familiare della ball, la strinsi nel tentativo di beccare il tasto che la facesse aprire e sperai con tutto il cuore di farlo in fretta.

Finalmente sentii un *click* e con un lampo di luce rossa e bianca, che a malapena riuscii a vedere attraverso la massa d’acqua che ancora mi stavano rovesciando addosso, il mio Eevee venne liberato poco lontano da me.

Adesso però c’era un altro problema: come facevo a dare ordini al mio Pokemon se ogni volta che aprivo bacca rischiavo di affogare? 
“Attacca i due puffi -blubb- pallina di pelo!” Gridai senza trovare nulla di meglio da dire.
Il mio cervellino se ne era andato a cercare un posto più asciutto dove abitare e mi aveva lasciata sola nel momento del bisogno, come al solito del resto.

L’attacco cessò all’improvviso, mi asciugai gli occhi, feci in tempo a vedere Silver che se ne stava lì impalato a guardare la scena cercando di capire se fosse lui ad avere le allucinazioni o io che diventavo più sfortunata ogni giorno che passava. Il mio Eevee, invece, mi dimostrava la sua fedeltà andando in cerca di farfalle, fregandosene di me e dei miei persecutori acquatici.
Traditore. 
Io rischio l’annegamento e il batuffolo scansafatiche annusa il vento, ma chiedere una cosa che vada per il verso giusto è pretendere troppo??

Mi tolsi lo zaino e scattai in avanti, evitando per un pelo l’attacco successivo, mi misi a correre a zig-zag, riparandomi di tanto in tanto dietro agli alberi, più che decisa a non diventare un bersaglio facile per quelle mezze rane.

Poco importava dove fossi diretta o se mi fossi persa, preferivo smarrirmi in un bosco che dargliela vinta. Non mi sarei fatta prendere per i fondelli anche da loro, c’erano già un sacco di Pokemon che ancora ridevano alle mie spalle dopo aver assistito a una delle mie fantastiche performance da perfetta allenatrice idiota.

Lanciai un gridolino e saltai di lato quando sentii l’ennesimo getto d’acqua sfiorarmi la gamba.

Grosso errore.

Perché con quel piccolo e insignificante saltino andai a sbattere contro un albero che non avevo visto, almeno fino a che non sentii la corteccia ruvida grattugiarmi la spalla.
Disorientata dalla botta inaspettata, ripresi a correre barcollando fino a che uno dei due Poliwag innaffiò la terra davanti a me trasformandola in fango.

“Oh cavolo!”

Come era prevedibile i miei piedi scivolarono e caddi nella melma impiastricciandomi vestiti, pelle e capelli con quello schifo. I miei inseguitori colsero l’occasione al volo e mi attaccarono di nuovo, stavolta invece del solito spruzzo d’acqua mi lanciarono delle palle di fango puzzolente.

-No, no, no. Non voglio crederci. Due girini stanno davvero tentando di seppellirmi? Ditemi che è solo un brutto sogno- piagnucolai mentalmente.

Tentai di rialzarmi ma quelli mi incollarono le braccia a terra con altre palle di mucillagine marrone. 
Gridai imprecazioni a random, le urlai talmente forte che gli uccelli volarono via spaventati e i Poliwag scossero la testa infastiditi dalla potenza delle mie corde vocali. Cacchio, ho un futuro come soprano… O come sirena della polizia, fa lo stesso.

Con uno sforzo titanico riuscii a liberare le braccia, una volta libere le usai per togliermi di dosso la fanghiglia che mi bloccava il busto e parte delle gambe, ma alla fine riuscii ad alzarmi e riprendere a correre.

Mentre mi muovevo più veloce possibile inseguita da due girini ancora più infuriati che pretendevano vendetta, notai che la vegetazione intorno a me iniziava a diradarsi, l’ambiente stava diventando meno verde e meno ombroso, e più soleggiato. non sapevo se fosse una cosa positiva oppure no, ma ero certa che significasse qualcosa.


La risposta mi venne sbattuta in faccia poco dopo, quando fui costretta a inchiodare per non finire dritta nel pauroso strapiombo che mi si parava davanti.

Per essere precisi non era un vero e proprio strapiombo… Non immaginatevi burroni neri e rocce che penzolavano nel vuoto. Quello con cui avevo a che fare era un ripido fianco della collina su cui avevamo passeggiato per tutta la mattinata.
Già, un bel discesone pieno di rovi, ortiche e tante altre di piante pungenti che non avevo la minima voglia di studiare da vicino.

Arretrai istintivamente e feci per tornare indietro, magari scegliendomi una strada meno tortuosa e senza troppi alberi per fuggire agevolmente.

“Pooooli~”  

Mi voltai terrorizzata verso i due Poliwag che mi sorridevano malignamente. 
“Parliamone…” farfugliai non troppo convinta della strategia appena adottata “Mi dispiace per avervi dato un calcio, per farmi perdonare posso darvi altre caramelle, che ne dite?”

Avevo già provato la tecnica corrompi i Pokémon infuriati con il cibo con Raikou e non si poteva certo dire che fosse finita bene, quel gattaccio elettrico mi aveva fulminato fino a che non avevo smesso di respirare, una quasi morte non poteva essere considerato come il successo del mio piano.

Ok, usare il cibo per farmi perdonare avrebbe funzionato solo se davanti a me ci fosse stato il mio clone, ma non era colpa mia se in certe ore era il mio stomaco a dettare le regole (e se il mio orologio interiore diceva il vero doveva essere l’ora di merenda).

I due girini si scambiarono un occhiata complice, poi guardarono me, poi il burrone pieno di rovi, poi si guardarono un'altra volta e infine si fermarono sul mio povero corpo. Li fissai cercando di entrare in telepatia con loro “Non fatemi del male nonfatemidelmale nonfatemidelmale nonfatemidelmale, vi prego, vipregovipregoviprego” pregai, sperando di influenzarli con la forza del pensiero.

Dopo una gara di sguardi fra me e le mezze rane realizzai che la girnopatia era un’idea cretina.

“Poli- poli- wag!” disse uno. 
“Waaaaaag” fece eco l’altro. 
“Poli-li” rispose.

“Senti cosino, io non parlo girinese e neppure la mistica lingua delle rane, quindi smettetela di fare versi e cerchiamo un’ altro modo per comunicare, ok?” ero stufa marcia di quei Poliwag, certo, fare in modo che mi lasciassero in pace era la mia priorità in questo momento, ma non avevo nessuna intenzione di intavolare una chiacchierata quando avrei potuto rimandarli ad Amarantopoli a calci.

-No Elis, non essere aggressiva. Non pensarci neppure, quando ti arrabbi non succede mai nulla di buono- Mi rimproverò la vocina della coscienza.

-Proprio ora ti fai risentire voce della malora? Dove diamine eravate tu e le tue frasi da bacio perugina quando ne avevo bisogno, eh? Cosa credi che la mia testa sia un albergo a ore dove tu puoi andare e venire quando ti pare?!-
-Ma..-

-Niente “ma”! Quando i Poliwag se ne vanno facciamo i conti- Non ci potevo credere, avevo appena messo in punizione la mia vocina interiore, probabilmente stavo impazzando, ma provavo una certa soddisfazione nel metterla a tacere.

“Poli-wag!” fecero in coro gli esserini.

Contro ogni mia più rosea previsione i due Pokémon mi sorrisero radiosi e dovetti darmi un pizzicotto per essere sicura che fosse reale. Osservai allibita i piccoletti che felici e contenti mi si strusciavano contro le gambe come gattini, sentire la loro pelle liscia e fresca contro la mia mi dava i brividi ma feci appello alle mie forze per cacciare la sensazione di schifo che provavo verso quelle creaturine.

Ringraziai la Dea della Fortuna, che fino a quel momento pareva avermi voltato le spalle, per avermi graziata evitandomi di essere spinta giù per la collina. Tesi una mano per accarezzare uno dei Poliwag, avvicinai l’arto titubante, quello lo guardò per un momento poi si mise a fare le feste come un cane davanti al padrone.

“Tutto è bene quel che finisce bene” erano secoli che sognavo di dirlo, peccato che non ne avevo mai avuto occasione. Mi gonfiai, quasi commossa da quel finale e dalla piega che stava prendendo la mia avventura. Sentivo che da adesso in poi le cose sarebbero andate meglio, non era solo una speranza di una ragazzina sfigata e rassegnata a morire prematuramente, stavolta ci credevo davvero.

I puffi acquatici zampettarono verso gli alberi, lanciando di tanto in tanto fischi striduli per palesare la loro gioia, li seguii altrettanto felice di poter riprendere il mio viaggio in pace. Sentivo che ritrovare Silver non sarebbe stato poi così difficile, dopotutto non avevo fatto un percorse tanto intricato, ero andata più o meno a dritto (zig-zag strategico a parte..) per tutto il tempo. 
Ero carica di ottimismo e buoni propositi, sprizzavo stelline colorate di entusiasmo anche dalle orecchie, il mondo aveva un colore diverso se lo si guardava dalla parte giusta, tutto era così splendidamente positivo che credetti che la mia sfiga mi avesse abbandonato una volta per tutte.

“POLIII!” Stridette uno di loro, sentii qualcosa di viscido sotto la scarpa e alzi il piede di scatto realizzando troppo tardi che gli avevo appena pestato la coda.

I due mi guardarono incavolati neri, tutto il loro affetto nei miei confronti andò a farsi benedire assieme al mio ottimismo, mi ringhiarono contro (dovevo rivedere le mie convinzioni, non solo i girini sanno mordere, guardare le persone in cagnesco e fare le feste come animali domestici, ma anche ringhiare!) strillando versetti pieni di odio.

Vidi la mia positività trasformarsi in altro cinismo mentre i due Poliwag si preparavano ad un attacco in contemporanea.
Nella mia testa c’era l’immagine della Dea Fortunella mi faceva la linguaccia e alzava poco elegantemente il dito medio mentre gridava “Ti ho fregata e tu ci sei cascata, sei solo una sfigata!” come una cantilena canzonatoria.

Meno di un secondo dopo fui colpita in pieno stomaco da un getto d’acqua di potenza inaudita e scaraventata giù per la collina.

“Nooooooooooooooooo!”

 

Atterrai sulla terra dura, feci un mugolio dolorante e mi portai le braccia al petto con la speranza di poter proteggere almeno una parte di me dalle spine mentre prendevo velocità e rotolavo meglio di una tronco giù per la scarpata.

Ortiche, rovi, sassi e altri odiosi arbusti mi facevano vedere le stelle ogni volta che ci passavo sopra. -Ma questa è una collina o il puntaspilli di nonna Gwendoline? Che cavolo, fa male! E parecchio anche…-

Qualche rotolata più tardi mi sentii sbattere contro qualcosa di duro, la cosa urlò e me la ritrovai sopra, poi sotto, poi ancora sopra, di nuovo sotto…
In quella centrifuga di cespugli spinosi, piante urticanti e corpi umani riuscii a vedere qualche ciocca di capelli biondi e un paio di occhi blu. Per un attimo temetti di aver investito Angelo ma poi mi resi conto che non era possibile e che il Capopalestra di Amarantopoli aveva di meglio da fare che trovarsi lì.

La caduta rallentò, smettemmo di rotolare e mi sentii scivolare ancora per un metro o due prima di fermarmi del tutto. Tastai la terra intorno a me per accertarmi che fosse davvero finita, non potevo esserne sicura, la mia testa continuava a girare e non sapevo più dove fosse il cielo e quale posto occupava la terra.

Avevo lo stomaco sottosopra, stavo per vomitare, me lo sentivo. Mi tappai la bocca con la mano, mi misi a quattro zampe e mi fissai le mani senza però vederle davvero, l’immagine era sfocata e roteava costantemente. Il peso che sentivo sulla pancia peggiorò.

Strisciai verso un albero che avevo intravisto fra una piroetta e l’altra del mio campo visivo e lo usai come appoggio per alzarmi. 
“Ok, sono viva, fisicamente a pezzi ed emotivamente distrutta, ma viva.” Mi dissi cercando di darmi fiducia. Sbattei le palpebre e mi massaggiai le tempie, tutto rallentò e smise di muoversi dopo pochi secondi. Mi guardai intorno per fare il punto della situazione. 
Ero stordita e barcollante, piena di spine, schegge di legno, la maglietta era a brandelli, avevo dolori dappertutto, non avevo più una scarpa e solo per miracolo non mi ero rotta l’osso del collo.

Mi ero dimenticata qualcosa? Ah, già, avevo perso il mio compagno di viaggio, il mio Eevee e lo zaino con il cibo, e avevo anche travolto un povero ragazzo innocente che adesso si lamentava con la faccia a terra,

“Ehi, tu… Stai bene?” domandai, muovendo qualche passo incerto verso di lui. Il ragazzo si tirò a sedere, ancora si massaggiava la testa con la mano e piagnucolava qualcosa. 
Appena mi vide spalancò gli occhi e mi guardò stupito “E- Eli- Elizaveta?!”

 


Il sottoscala di El: 
Riecco che dopo mesi di assenza ingiustificata torno ad infestare questo posto.
Ringrazio chi ancora mi segue nonostante la mia mediocrità e scarso rispetto degli impegni presi (come aggiornare regolarmente..) e chiunque abbia letto questo capitolo lunghissimo (almeno per me), spero che non sia una delusione.

Precisazioni:
- Io non so quale sia il vero nome della madre dei protagonisti nel gioco, così me lo sono inventata e l'ho chiamata Emma (a proposito, vi piace come nome ?) . Ho anche allargato la famiglia della protagonista, ho deciso che Emma avrà tre fratelli più grandi e di conseguenza Elis avrà vagonate di parenti sparsi un po' ovunque.
- Ho allungato un po' il percorso che Elis e Silver stanno percorrendo, aggiungendo anche qualche innocente collinetta e discese della morte... Nel gioco sembra che la regione sia grande quanto un francobollo, se dovessimo fare un rapporto con il mondo reale quanto sarebbe grande Johto? come una regione d'Italia o più piccola tipo, non so, l'isola d'Elba? (scusate i paragoni idioti) .
Non credo però che siano tanto grandi, voglio dire, mi rimane difficile immaginare dei ragazzini che esplorano a piedi una nazione intera, mi sembra un po' esagerato... Insomma mi rivolgo a voi perché io mi sono lambiccata il cervello fino allo sfinimento e non ci ho ancora capito niente.

- Quel "Elizaveta" alla fine è ricollegabile al nome che Emma sognava di dare alla figlia quando era ancora una ragazzina, è una cavolata che ho aggiunto quando ho modificato il secondo capitolo, lì è spiegato anche perché la protagonista ha un nome così insolito.
Un’ultima cosa: 
Come avrete notato sto modificando i primi capitoli perché non mi piacciono più. Bene, vorrei chiedervi se potreste tornare indietro a dare un'occhiata ai vecchi capitoli e scrivermi qualche consiglio per migliorarli, cosa fareste voi se foste al mio posto per dare una rinnovata ai vecchi scritti. Non è una trovata per avere recensioni, se preferite potete anche scrivermelo come messaggio personale o mandarmi un appello telepatico...
Spero che mi aiuterete, io sono un po' a corto di idee e tutto quello che faccio mi sembra sbagliato, quindi chiedo di nuovo a voi. 

Grazie. 

Elis Strange

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Capitolo 28
*** Chi non viaggia in compagnia... ***


Chi non viaggia in compagnia...


“Elizaveta, sei proprio tu?” trillò il ragazzo che avevo investito, mentre con una mano si toglieva di dosso i detriti che aveva raccolto durante la discesa.

C’erano solo tre persone che mi chiamavano in quel raccapricciante modo, una era mia madre (che lo cantava in sillabe solo quando era molto felice), poi c’erano la zia Ivy e suo figlio.
“Mi-Mihael?” era strano che non avessi riconosciuto subito la testolina bionda di mio cugino.
Io non mi ero ancora ripresa, la mia testa girava ancora come una trottola e l'unica cosa che volevo in quel momento era vomitare, e dopo se avanzava il tempo, salutare un qualsiasi membro della mia famiglia. Stavo malissimo, fra dolori vari e la nausea l'unica cosa che mi teneva ancora in piedi era l'albero a cui mi stavo appoggiando.
Mick si alzò e mi abbracciò stretta, sollevandomi da terra e sbatacchiandomi a destra e a sinistra con la forza di un giovane toro, provai a divincolarmi per riavere il mio spazio vitale ma non ottenni niente e mi rassegnai a quell’abbraccio/ tentativo di stritolamento.
“Mihael, ti prego, sto per vomitare e mi fa male dappertutto…” farfugliai con la bocca spiaccicata contro la sua maglietta (un’orrida magliettina, che prima della caduta doveva essere bianca, con sopra una camicia a scacchi verde terribilmente somigliante a una tovaglia da pic-nic, probabilmente avrebbe fatto meglio a togliersela e incenerirla prima che qualcuno oltre a me potesse vederla).
Solo quando fu sicuro di avermi piegato costole e clavicole come origami e fatto venire ancora più nausea di quanta ne avessi dopo la discesa della morte, mi allontanò dal suo petto permettendomi di riprendere fiato e mi posò di nuovo a terra, continuando però a tenermi per le spalle.
-Ha paura che tenti la fuga o crede che possa sparire come un fantasma?-
Come faceva lui a essere così vispo, va bene che si era fatto meno della metà della mia discesa rotolante, ma io vedevo ancora doppio e avevo lo stomaco attorcigliato su se stesso mentre lui rideva e aveva la forza di camminare, parlare e abbracciarmi.
“Dimmi Eliz, cosa ti ha portato a rotolare da queste parti?” ridacchiò alla sua battutina senza notare la mia smorfia disgustata, e continuò a sorridere come se avesse detto la cosa più brillante dai tempi del big bang.
 “È una storiella curiosa, se te la raccontassi mi prenderesti per pazza” mi grattai la nuca, sentendomi improvvisamente a disagio, nello stato fisico e mentale nel quale mi trovavo non ero esattamente in vena di chiacchiere. Avevo altre priorità al momento; dovevo ritrovare il mio compagno di viaggio, rientrare in possesso del mio zaino, mangiare, cambiarmi, magari far smettere di sanguinare tutti i tagli che mi ero procurata (-porca puttana come mi sono ridotta-) e ripartire verso Olivinopoli.
“Ti basti sapere che sto abbastanza bene e che non è una storia poi così interessante. Non preoccuparti cugino”
Evidentemente lui interpretò la mia sbrigativa risposta come “Ho bisogno di un abbraccio” perché nel giro di mezzo secondo avevo il naso conficcato nel suo sterno. Di nuovo.
-E quando è diventato così alto? Ah, le magie della pubertà.-

Io e Mihael non ci somigliavamo per niente, eravamo praticamente opposti, lui era biondo con gli occhi blu come il mare (tutto suo padre, dicevano), sembrava un modello uscito da una pubblicità di intimo maschile, mentre io al massimo, sarei potuta uscire dal pozzo di 'The ring'.
Era intelligente (anche se in anni passati con me non era mai riuscito a capire quando ero sarcastica), dotato di uno straordinario talento per la pittura e con una pazienza illimitata: sviluppata negli anni sopportando quella pazza scatenata di mia zia e quelle piccole pesti indemoniate e iperattive dei miei cuginetti.
Il povero ragazzo era mezzo santo, almeno a mio parere, sopportare Ivy e le sue stramberie era un’impresa in cui riuscivano in pochi, se poi aggiungiamo due fratelli di circa cinque anni (due gemellini simpatici come porcospini nei pantaloni) da tenere d’occhio, a Mihael sarebbe spuntata l’aureola un giorno o l’altro.
Ma questo molto dotato giovanotto pieno di talenti ce l’avrà pure un difetto, no?
Certo che aveva dei difetti, dopotutto la perfezione non era nei geni della nostra famiglia.  
Mio cugino era totalmente privo di spina dorsale, super-insicuro, troppo sensibile, e pauroso a livelli incredibili, il mio esatto contrario appunto. Sarebbe riuscito a farsi sottomettere perfino da Armonio e il suo quoziente intellettivo da vongola di mare, e nei giorni peggiori anche dalla vongola stessa.
Ricordo che quando eravamo piccoli dovevo difenderlo dalle prese in giro dei coetanei, un giorno gli avevo detto di tirare fuori le palle (ero già molto sboccata anche all'epoca) e lui mi aveva risposto che se si tirava giù i pantaloni avrebbe preso freddo e mi aveva anche fatto notare che le signorine non dovrebbero usare termini così volgari. Era partito alla scoperta della regione prima di me, era stata un’ottima mossa andarsene da quella casa prima di impazzire, la zia lo aveva incoraggiato a diventare allenatore come aveva fatto lei da giovane e suo padre gli aveva affidato uno dei suoi Pokémon come starter, aggiungendo che erano molto fieri di lui perché finalmente aveva deciso di partire per la sua avventura.
Riponevano grandi speranze in lui.
Peccato che Mihael fosse un completo disastro nelle lotte. Questo però era un particolare che sapevo solo io, non aveva mai avuto il coraggio di rivelarlo ai suoi genitori, il suo tenero cuoricino non avrebbe sopportato il senso di colpa per averli delusi. Più di una volta mi ero ritrovata a pensare a lui come un pappa-molle (e ripensandoci questo non mi faceva prudere la coscienza), comunque era il mio cugino preferito.

Un problema, un grosso problema di cui non mi ero accorta, probabilmente perché ero impegnata a reggermi in piedi e parlare senza rovesciare il contenuto del mio stomaco per terra, adesso mi colpiva in faccia ed non dare di matto diventò più difficile.
Ero senza Pokémon, avevo perso Silver e con lui la mappa e anche il mio zaino con dentro tutto quello che possedevo.
Rivolevo i miei compagni di viaggio. Rivolevo le mie cose.
“Sai per caso dove siamo?” Chiesi
Mihael mi guardò, spalancò gli occhi e scosse la testa con vigore “Mi dispiace ma...” Arrossì un poco, colto alla sprovvista, ma sulla sua pelle chiara si vedeva anche la minima sfumatura “-ma io mi sono perso, è da ieri ormai che cerco una via per arrivare a Olivinopoli, ovviamente senza successo” si guardò i piedi sconsolato.
Ecco quello che temevo di sentire. Era una brutta, bruttissima situazione.
-La stupidità deve essere di famiglia...-
Sorrisi al suo imbarazzo “Troveremo una strada, non preoccuparti. Adesso fammi pensare” cercai di essere rassicurante, in realtà a quelle parole non ci credevo neppure io, l'avevo detto solo per tirarlo su, perché mi sembrava la cosa migliore da dire invece che urlare in preda al panico.
Lui però annuì e mi guardò come se si aspettasse che facessi qualcosa che risolvesse tutto magicamente.
-Pensa Elis. Un po’ di concentrazione, ci sono delle vite in ballo. Perdiana!-
Ci trovavamo in mezzo agli alberi, ma ero sicura di essere ancora sul fianco di una delle colline vicino alla città. Mi sarebbe bastato trovare la posizione del mare per capire la direzione da prendere. Non sembrava difficile, la soluzione doveva essere a pochi passi.
Poi, l’illuminazione. Era stupida ma non potevo certo escludere quest’idea a priori, in una situazione del genere andavano provate tutte.
Cominciai a guardarmi intorno alla ricerca dell’albero giusto. Se mi fossi arrampicata abbastanza in alto da vedere oltre la vegetazione magari, e solo magari, avrei capito dove andare.
Ne scelsi uno bello alto e con dei rami che avrebbero sorretto il mio peso, Mick mi guardava interrogativo ma mi lasciò fare.
“Sta attenta Elli.” disse guardandomi ansioso.
“Non preoccuparti, sono brava in questo” ridacchiai, e salii sul ramo più basso, guardai in alto e mi aggrappai a quello successivo. Fortuna che nel frattempo mi era passata la nausea e presto mi accorsi che anche senza una scarpa me la cavavo benone.
Salii ancora,  e ancora, un poco alla volta. Senza mai guardare giù e senza fermarmi, fino a che i rami solidi finirono. Avevo paura di vedere a che altezza fossi arrivata perché se mi fossero venute le vertigini sarei rimasta bloccata lassù come un’idiota o peggio: sarei caduta di sotto. Però alzando la testa riuscivo a vedere chiaramente il cielo azzurrino e la luce penetrava senza problemi fra le foglie, dovevo trovarmi vicino alla cima.
Erano rimaste solo alcune frasche ad impedirmi di vedere cosa ci fosse oltre, se le fronde di alberi più alti del mio o il vuoto. Incrociai le dita e con cautela mi sedetti sul mio ramo, strisciai verso il bordo e nel fare ciò mi grattugiai la coscia dove questa non era coperta dai pantaloncini, benissimo adesso avevo altre schegge di legno dove non avrebbero dovuto stare, mi allungai il più possibile fino a quasi perdere l’equilibrio e con una mano spostai i rametti che mi bloccavano la visuale.
Una volta tolti di mezzo però mi si aprì davanti un panorama mozzafiato. Colline coperte di alberi rigogliosi che da qui avevano l'aspetto morbido di una coperta verde, ai piedi di esse una distesa blu intenso che si estendeva all'infinito verso l'orizzonte, l’acqua brillava di mille riflessi e nonostante fossi distante potevo vedere le onde che di tanto in tanto lo attraversavano. E in mezzo ai due, una macchiolina bianca dall’aspetto irregolare come un insieme disordinato di rettangoli color crema. Quella era Olivinopoli.
In quel momento risi forte e lanciai un grido di soddisfazione. Almeno una cosa buona l'avevo fatta quel giorno. Mentre mettevo il piede sul ramo sottostante per iniziare la discesa ebbi un'ultima idea, era una trovata cretina ma non avevo niente da perdere, tanto valeva tentare.
Presi fiato fino a riempire i polmoni d'aria “SILVEEEER!” e poi ancora “QUILAVA!” Non sapevo se potessero sentirmi, ma non dovevano essere poi così lontani, non avevo mica corso (e successivamente rotolato) per chilometri. Nemmeno in condizioni di emergenza non sarei riuscita a correre così tanto, ad un certo punto la pigrizia avrebbe preso il sopravvento anche sull'istinto di sopravvivenza.
Se Silver non mi sentiva dovevo sperare che lo facesse almeno Quilava con il suo udito da Pokémon.
Tesi le orecchie ma non sentii nessuna risposta, c'era solo il leggero sibilo del tiepido vento estivo e qualche verso di uccello che normalmente non avrei neppure notato perché troppo abituata a quel tipo di sottofondo sonoro.  
“Crow crow”
Corrugai le sopracciglia, di quel verso mi sarei di sicuro accorta anche in un altro tipo di situazione. Quel gracchiare macabro non era cosa di tutti i giorni, grazie al cielo aggiungerei.
“Crow!” Sinceramente in qualsiasi altro momento l'avrei trovato un rumore orrendamente fastidioso ma nella mia situazione attuale mi sembrava la cosa più bella che avessi mai udito. Mi guardai intorno freneticamente alla ricerca dell'uccellaccio, e infatti eccolo, volava disegnando larghi cerchi in aria. Ancora abbastanza distante da apparirmi poco più grande di un punto nero semi mimetizzato con lo sfondo verde intenso della foresta.
Non avevo mai amato tanto uno stupido Murkrow, forse perché sapevo –o speravo di sapere- a chi appartenesse. Ero così felice che mandai al quel paese la sicurezza, staccai le mani dal ramo e iniziai ad agitarle per farmi vedere dal pennuto.
“Yoooo! Uccellaccio!” Urlai, ma quello continuò con i suoi giri. Decisi che dovevo rischiare, mi arrampicai sul ramo superiore rispetto a quello dove mi trovavo e cercai la posizione più stabile prima di ricominciare a gesticolare sguaiatamente.
“Murkrow!” gridai ancora, ma ci vollero altri miei strilli e una tragedia sfiorata, perché ovviamente persi l'equilibrio e quasi finii per sfracellarmi, prima che il Pokémon mi avvistasse.
Il volatile si avvicinò a dove mi trovavo, ma rimase in alto e mi sorvolò degnandomi appena di uno sguardo. Sguardo neanche troppo velatamente scocciato, se posso aggiungere. Disegnò due ovali sopra di me, gracchiò forte e si allontanò velocemente.  Risi, se ci avevo visto giusto e con un po' di fortuna adesso stava andando a riferire a Silver la mia posizione.

Scendere dal maledetto albero fu difficile, lungo, laborioso e soprattutto doloroso. Prima di iniziare la discesa ebbi la fantastica (AH!) idea di guardare verso il basso, perché in fondo ero curiosa di sapere quanto in alto mi ero arrampicata. Ennesima pessima scelta della giornata.  Ero molto, molto, molto in alto. Con immagini di rami che si spezzano, cadute e morti orribili a riempirmi la testa come il peggior screensaver cerebrale della storia, quando cominciai a scendere le ginocchia mi tremavano così tanto che ci impiegavo il triplo del tempo per trovare l'equilibrio e una posizione stabile. Prima di arrivare a terra la mia collezione di graffi e ferite si era allargata significativamente, e per chiudere in bellezza arrivata davanti all'ennesimo ramo il mio corpo si rifiutò di fare un ultimo sforzo e la mia gamba cedette. Ed ecco che con la caduta finale si aggiungevano altri lividi all'involontaria collezione.  
Non mi ero fatta troppo male e il volo era stato di poco più di un metro, forse un metro e mezzo, ma Mihael lanciò un gridolino nel vedermi rovinare al suolo. In un battito di ciglia mi era accanto, a chiedermi come stavo e se mi ero fatto fatta male ad una velocità incredibile. Parlava sempre velocissimo quando era preoccupato o in imbarazzo.
"Tutto a posto, tutto a posto. Sono ancora tutta intera" dissi, eppure dopo tutti questi anni e tutti i gli incidenti a cui aveva avuto la sfortuna di assistere avrebbe dovuto capirlo che avevo la pelle dura. Ci voleva ben altro per abbattere Elis!
Per dimostrargli che stavo bene mi rialzai rifiutando la sua mano e, nascondendo eroicamente tutti i dolori che sentivo e cercando di non fare smorfie che tradissero la mia recita, sorrisi.
"Ti ho sentita urlare mentre eri lassù" aveva un espressione piuttosto perplessa, non doveva aver capito perché avevo cominciato a gridare.
"Giusto, ho visto un Pokémon di un allenatore che conosco, se tutto va per il verso giusto ci raggiungerà presto"
Sentii un fruscio lontano, mi voltai in direzione del suono, che presto da leggero sibilo si era trasformato in un rumore forte, provocato chiaramente da qualcosa che si muoveva a gran velocità nella nostra direzione. All'inizio pensai che fosse Silver che stava arrivando e fui invasa da un gran sollievo misto a gioia, ma non durò, qualsiasi cosa fosse era troppo veloce per essere un umano.
Mio cugino si agitava vicino a me e si toccava le tasche in cerca delle sue pokéball, io restai in attesa, pronta a scappare, non potevo fare altro visto che ero senza la mia squadra. Sentii un verso acuto provenire dal bosco, sì, era sicuramente un Pokémon quello che si stava avvicinando. Emise di nuovo lo stesso richiamo, ad ascoltarlo bene aveva un 'non so che' di familiare, non so come feci ad accorgermene con Mihael che frignava perché le sue pokéball erano nello zaino e che quindi era completamente indifeso, ma fra un suo mugolio impaurito e l'altro riuscii a riconoscere a che specie appartenesse quel verso.
Feci appena in tempo a capire cosa stava per succedere che il mio Quilava schizzò fuori dal sottobosco come una saetta, e prese a corrermi intorno felice di vedermi. Sentii Mick squittire ma non gli diedi troppa importanza perché Quilava mi era appena saltato in braccio e aveva iniziato a leccarmi la faccia. Se fossi stata anche io un Pokémon avrei festeggiato la nostra riunione con i suoi stessi gesti e lo stesso entusiasmo, non potevo esprimere quanto fossi felice di rivederlo. Ma mancava ancora qualcuno all'appello.
"Mihael tranquillo, non è un Pokémon selvatico inferocito, è il mio Quilava" dissi al coraggioso ragazzo che si era andato a nascondere dietro gli alberi. Il mio compare si sentì chiamato in causa, saltò a terra e le sue fiamme si alzarono di colpo, bruciando più calde e più brillanti di prima. Risi "E ti sta salutando" quello aveva calmato le fiamme ma continuava a ballarmi intorno felice di avermi ritrovato.
"Ah, okay, arrivo" Sembrava imbarazzato, poverino. "Che carino, è il tuo starter?" chiese e io annuii "Come si chiama?"
Questa domanda mi prese alla sprovvista, lo avevo sempre chiamato con il nome della sua specie e lui mi aveva sempre capito, quindi non mi era sembrato necessario dargli un nome, non ci avevo neppure pensato, tant'era che neppure gli altri miei Pokémon ne avevano uno. Feci una smorfia, sentendomi un'allenatrice mediocre, ma mio cugino aspettava una risposta.
"Eeemh, Quilava" adesso quella in imbarazzo ero io. Lui però se era rimasto deluso da me non lo dimostrò in alcun modo, annuì con fare pensoso.
"Credo che dovresti dargliene uno" sfoderò il suo bellissimo sorriso "Di 'Quilava' ce ne sono tanti, un bel nome lo renderebbe, beh, ancora più unico" scherzò.
Il mio Pokémon lo sentì e gli brillarono gli occhi, credo che nemmeno lui ci avesse mai pensato, sbatté le zampe a terra e ricominciò a saltellarmi davanti.
"E come faccio, scusa?" Domanda legittima, no?
Lui ridacchiò "Ne scegli uno e vedi se a lui piace" era più semplice di quanto credessi allora.
Fissai il mio starter negli occhi, quello capì la serietà del momento e si fermò per guardarmi a sua volta. "Fuoco è banale" dissi, e lui fece "sì" con la testa, "Ti ho chiamato Quil alcune volte..." batté la zampetta "Ma possiamo fare di meglio" e annuì. Mi concentrai "Quincy?" ma lui scosse la testolina fiammeggiante, "Ty?" proposi pensando alla sua evoluzione ma il giudizio fu di nuovo 'no', "Amber è da escludere perché sei un maschio..." e allora mi venne in mente un nome che molto probabilmente avevo letto da qualche parte "Ti piace Hiro?" sembrò che ci stesse pensando "suona un po' come hero: eroe. Oppure..." ma non mi dette il tempo di continuare, annuiva furiosamente e fiammeggiava eccitato. "Vada per Hiro?" un altro spruzzo di fuoco prima di iniziare a trotterellare in giro soddisfatto.
Anche Mick sorrideva "E' stato facile, no?"
"Mi sono spremuta le meningi" ammisi e guardai il mio Pokémon che si era fermato di colpo e guardava verso il bosco. Ci impiegai qualche secondo ma alla fine capii, e il gracchiare del Murkrow fu un indizio importante, poco dopo vidi spuntare il suddetto uccello dalla vegetazione, seguito a qualche passo di distanza dal suo allenatore. Silver aveva il fiatone, i suoi pantaloni erano sporchi di terra e sui capelli aveva delle foglie che dovano essergli rimaste incastrate durante il tragitto, provai una dispettosa soddisfazione nel vedere che anche per lui la discesa non era stata rose e fiori.
"Mocciosa..." fu la prima cosa che mi disse vedendomi
"Anch'io sono felice di rivederti Rossino" mi squadrò dall'alto in basso e non era difficile intuire cosa pensasse, non avevo uno specchio quindi non potevo comprendere appieno l'impressione che facevo a chi mi guardava, ma non era tanto difficile immaginarlo, mi mancava una scarpa e avevo i vestiti strappati, ergo: ero semi-nuda, sapevo di essere sporca di terra, fango, erba schiacciata, pezzi legno e sangue, perché forse non tutti i numerosi tagli che mi ero procurata avevano smesso di sanguinare. Dovevo essere davvero uno spettacolo, sì, pronta per la copertina di una rivista di moda.
Silver lasciò cadere a terra il mio zaino e la sua attenzione si concentrò su Mick, che a sua volta lo guardava rimanendo impalato a distanza di sicurezza. Giusto per rompere il silenzio, per una volta feci la ragazza educata e li presentai.
"Silver, il biondino vagamente spaventato dalla tua faccia è mio cugino Mihael, gli sono rotolata contro poco fa. Mick, lui è Silver e anche se non è molto simpatico, o chiacchierone, o amichevole, o allegro, o gentile ed effettivamente ha la faccia da criminale... e... non mi ricordo dove volevo arrivare. Ah sì, è il mio attuale compagno di viaggio e ultimamente ci sono stati momenti in cui non abbiamo tentato di ucciderci a vicenda, ed è un grande traguardo." Già, il rapporto che tutti vorrebbero avere, non amicizia o amore, no, troppo banale per noi. Molto meglio 'oggi sei quasi sopportabile' e 'riusciamo a stare più di un paio d'ore senza litigare solo se uno dei due dorme'.  
Mio cugino adesso posava lo sguardo un po' su entrambi, valutandoci, o forse stava solo cercando di capire quale combinazione di eventi improbabili ci avesse fatto incontrare e successivamente unito, domanda che ci eravamo posti anche noi, e più di una volta.
“È bello vedere che sei in buona compagnia, Elli” ok, conoscevo Mick e sapevo che era praticamente incapace di pensare o dire qualcosa di cattivo o anche solo vagamente maleducato, ma qui stavamo sfiorando la comicità.
Anche un sasso si sarebbe accorto che eravamo la “squadra” più disfunzionale che gli astri avessero mai creato, e anche lo stesso sasso ce lo avrebbe fatto notare, se avesse avuto la bocca ovviamente.
Per non ferire i sentimenti del biondino accennai ad un “Già” di cortesia, feci una smorfia che con un po' di fantasia poteva somigliare ad un sorriso, ma ero quasi sicura che la mia faccia finì per sembrare un Picasso.
Su quella di Silver invece si leggeva “Dopo questa affermazione ho bisogno di bere qualcosa di forte, tipo la varechina” o così interpretai gli occhi strabuzzati, la bocca che tremava leggermente e quell'espressione a metà fra disgusto, sorpresa e terrore.

Ero ancora destabilizzata dalle parole di Mick, però cercai di dire qualcosa. Era calato il silenzio e ogni secondo che passava il disagio generale aumentava esponenzialmente.
“Sì, allora, Silver.” -E cerca di ricomporti- “Ho visto Olivinopoli, non è troppo lontana e conosco la direzione, se hai ancora la mappa cerchiamo un sentiero” -Brava Elis, questa si chiama leadership-
“Certo che ce l'ho ancora” Rispose lui estraendo un foglietto spiegazzato dalla tasca “Ma ovviamente non siamo vicini a nessuna strada”
“Giusto, scusami. La prossima volta che vengo aggredita da un Pokémon gli chiederò se può gentilmente scaraventarmi sul percorso principale, chissà perché non ci ho pensato”
Tralasciamo poi il fatto che ero riuscita a far infuriare dei Poliwag, dei Pokémon così pacifici e innocui che anche i bambini potevano avvicinare. Era stato abbastanza umiliante anche senza rincarare la dose.
Silver finì di borbottare e mi fece cenno di avvicinarmi per guardare la mappa “Dove hai detto di aver visto Olivinopoli?”
“Sono salita su quell'albero, e sono quasi sicura che fosse di là” e indicai il punto con il braccio, lui studiava la carta, cercando una via che ci riportasse sul percorso giusto.
Alla fine delle sue silenziose riflessioni ne indicò una, tracciandola con il dito sulla mappa “Sembra quello più facile” a giudicare dalla sua faccia però non doveva essere molto soddisfatto della scelta.
Anche se quel 'sembra' non era rassicurante a me bastava per seguirlo, l'esperienza mi insegnava che come navigatore Rossino non era male. Dopotutto, una pista che 'sembra' buona è sempre meglio di nessuna pista.
“Va bene, facci strada” dissi comprendendo anche mio cugino che era rimasto in disparte, silenzioso e tranquillo come il più diligente degli scolari.
Silver lo guardò come se fosse l'ennesimo fastidio, poi iniziò a camminare svelto verso il bosco. Il biondino poteva esserne felice, io ero stata guardata molto peggio. Mi misi lo zaino sulle spalle e con Qilav- volevo dire Hiro- al mio fianco mi affrettai a seguirlo, lo conoscevo abbastanza da sapere che una parte di lui non vedeva l'ora di seminarmi, Mihael era ancora un po' confuso ma mi imitò, prese il suo bagaglio e ci mettemmo in marcia.


Note:
Chi non muore si rivede, eh?

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Capitolo 29
*** Troubles, solutions and troubles again ***


cap 29
Troubles, solutions and troubles again.



Man mano che procedevamo ci accorgemmo che eravamo sempre circondati dallo stesso paesaggio: alberi alti e sottobosco spinoso (fastidiosamente folto, fra l'altro) e noi lo attraversammo come gli esperti viaggiatori che ormai eravamo. Faceva caldo ma gli alberi offrivano un riparo dal sole cocente, e il lato positivo dei miei vestiti stracciati era che avevano un sacco di prese d'aria, quindi le ore passarono senza che ce ne rendessimo davvero conto.
Camminare a quella velocità non era faticoso, anche se per me era sicuramente impegnativo visto che ero senza una scarpa e con il sudore tutti i tagli che mi ero procurata bruciavano il doppio, ma non mi lasciai sfuggire neppure un lamento. Continuai ad avanzare senza dire una parola o fare una smorfia, se conoscevo bene il mio adorato cuginetto sarebbe stato disposto a portarmi in braccio a Olivinopoli se mi avesse visto in difficoltà, anche a costo di farsi venire un'ernia. E poi non mi dispiaceva mantenere la reputazione di ragazza tosta almeno con lui.
Durante il tragitto nessuno aveva voglia di parlare, io ero troppo impegnata a trattenere imprecazioni e lamenti, quindi procedemmo in silenzio. Riuscimmo a tornare sul sentiero quando ormai il sole stava tramontando, evidentemente Olivinopoli era molto più lontana di quanto pensassi.
Sul percorso la visibilità era decisamente migliore, anche se eravamo sempre circondati dagli alberi, si vedeva gran parte del cielo e non c'erano più tanti arbusti a infastidirci, in compenso però i raggi del sole che si accingeva a tramontare ci colpivano dritti negli occhi.
Visto che finalmente avevo capito che mi conveniva non parlare troppo con Silver, giusto per non dargli altre ragioni per odiarmi, cercai di comunicargli con lo sguardo che il mio povero corpo non avrebbe retto più di una decina di passi. Infatti poco dopo, miracolosamente, perché dopo quattordici anni di tentativi falliti ero abbastanza sicura di non avere poteri telepatici, lui disse: “È meglio se ci fermiamo, basta per oggi”
Ah, quanto lo amai in quell'istante per averlo detto.
Ci fermammo non appena riuscimmo a trovare una radura, era tranquilla e senza piante di rovi a rompere le scatole, solo erba soffice.
Mio cugino era l'unico ad avere avuto abbastanza cervello per comprarsi una tenda, la cosa non mi stupì poi troppo visto la sua paura per gli insetti e i boschi di notte, dormire sotto le stelle come facevo io gli avrebbe provocato come minimo attacchi di panico multipli. Lo aiutai a montarla e lui dette di nuovo prova della sua immensa gentilezza e galanteria offrendomi un posto al coperto, che rifiutai, soprattutto perché la tenda era così piccola che in due saremo morti di caldo lì dentro. Così distesi il mio sacco a pelo in uno spazio in cui il terreno era meno dissestato e feci uscire tutti i miei Pokémon, che al momento erano ben cinque anche se fino ad allora ne avevo usati solo tre, avevo avuto qualche problema a formare un legame con gli altri due... Dovevo rimediare.
“Io vado ad allenarmi, mi allontanerò abbastanza da non darvi fastidio” sistemai meglio il mio zaino così che il suo contenuto non si rovesciasse e allo stesso tempo non fosse invaso dalle formiche.
“Vengo anche io” sinceramente credetti di averlo immaginato, da Rossino mi sarei aspettata più qualcosa tipo: 'non dare fuoco a niente' oppure un 'se ti fai male ricordati di soffrire in silenzio'.
-Silver che di sua spontanea volontà passa del tempo con me? L'apocalisse è domani per caso?-
“V-va bene...” e in segreto mi pizzicai il braccio per assicurarmi che fosse reale. Però se entrambi tornavamo nel bosco Mihael sarebbe rimasto solo e mi dispiaceva davvero mollarlo così.
“Va bene anche per te Mick?” e con questo almeno facevo felice la mia coscienza. Era una che si accontentava di poco, lo ammetto.
Lui sorrise rassicurante “Certo! Andate pure, io intanto posso cucinare”. Nel sentire quella frase lanciai un occhiata veloce a Sil, nessuno dei due aveva l'occorrente per cucinare, io quando ero lontana dalla città sopravvivevo a panini, barrette energetiche e orribile cibo in scatola, e non avevo idea di cosa si nutrisse il rosso ma ero abbastanza sicura che non avesse utensili da cucina con sé.
Vidi mio cugino che estraeva un pentolino e un affare metallico che avrebbe dovuto tenerlo sollevato sopra il fuoco dal suo zaino. Allora faceva sul serio. Cercò delle pietre e le dispose in cerchio, dentro al quale mise erba secca e legnetti, poi prese una pokéball e la aprì. Era facile immaginare perché lo avesse fatto, ed infatti davanti a lui si materializzò un Pokémon che io non avevo mai visto, era di colore rosso e sembrava una lucertola/dinosauro a due zampe con la coda in fiamme.
“Buonasera Liz, potresti accendere il fuoco? Per favore” Sì, avere un Pokémon fuoco nella propria squadra offriva indiscutibili vantaggi, sempre se questo aveva voglia di fare come diceva il suo allenatore, la lucertola gigante lo guardò storto, sbuffò fumo e si voltò dalla parte opposta.
“Per favore, Liz” ripeté lui piagnucolando, ma quello (o quella?) lo ignorò di nuovo e andò a stendersi sotto un albero, Silver sghignazzò e io mi sentii triste per mio cugino. Guardai Hiro e lui capì al volo, si avvicinò al cerchio di pietre e dalla sua bocca uscì qualche scintilla che fu però sufficiente per far prendere fuoco all'erba secca.
Mick guardava ancora il suo Pokémon con la faccia triste e gli occhi da cucciolo, sentivo che era una faccenda che avrebbe dovuto sbrigare da solo, anche perché io non ero mai stata brava in quei campi che richiedevano una certa empatia.
“Io vado ad allenarmi, torno prima che faccia buio, quindi fra un paio d'ore, forse meno se mi annoio. A dopo” e mi dileguai.

Mi scelsi un posticino isolato nel bosco, dove gli alberi lasciavano abbastanza spazio per consentire ai miei Pokémon di muoversi. Ovviamente Silver era fuggito, era troppo strano che volesse stare in mia compagnia più del dovuto.
Io e la mia squadra riuscimmo a fare un buon lavoro, provare un sacco di mosse nuove e a perfezionare alcune di quelle vecchie. Mi concentrai sui due membri che ancora non avevo utilizzato, un Mareep iperattivo e un Golbat dalla testa dura come la pietra. Avevo scoperto che Mareep aveva degli attacchi piuttosto interessanti e che mi sarebbero tornati utili, mentre Golbat in quanto a forza faceva pietà ma non me la presi troppo, potevo comunque dire stavo facendo dei bei passi avanti anche con loro.
Poi c'erano Hiro e Sneasel, a cui mi sarebbe piaciuto dare un nome, che erano davvero bravi. Sneasel era agilissimo e così veloce che certe volte era difficile tenergli gli occhi addosso, il mio starter invece diventava sempre più bravo a controllare le sue fiamme. Lasciai che i due si allenassero insieme, mi limitai a tenerli d'occhio mentre si aiutavano a vicenda a migliorare.
Mentre Eevee, nonostante avesse tanta energia, non era ancora in grado di affrontare una lotta in palestra, al momento aveva solo tre attacchi e solo due di essi arrecavano effettivamente danno all'avversario. Dopotutto non potevo aspettarmi troppo da l'ultimo arrivato e sapevo che ci sarebbe stato tempo per allenarlo, ecco cosa ci serviva: tempo, pazienza e perseveranza. Io non ero mai stata un tipo molto paziente e più che perseverante ero testarda come un mulo, ma per il bene della mia squadra ero disposta a impegnarmi sul serio.
“Il tuo Eevee fa un po' schifo” il rosso mi apparve alle spalle costringendomi a fare una rotazione del collo stile gufo reale “Non che gli altri siano forti, ma sono comunque meglio della palla pelo”
Sneasel e Hiro lo sentirono ed entrambi si offesero parecchio, il primo lo squadrò con superiorità e decise di ignorarlo mentre le fiamme sulla schiena e sulla testa dell'altro si fecero più intense e alte, forse per mostrargli che si sbagliava oppure lo stava minacciando. Anche io mi sentii offesa, non eravamo perfetti, questo era certo, ma io mi sentivo fiera di loro e dei progressi che stavamo facendo.
“Che guastafeste” tornai a guardare la mia squadra “Siamo un gran team. Forse adesso non siamo i migliori, ma lo diventeremo, possiamo farcela. E la tua è solo invidia”
“Perché dovrei essere invidioso di te mocciosa? Sei debole”
“E allora com'è che continuo a batterti? Sai, non dovresti dire che sono debole, piuttosto di' che sono forte, così quando perdi contro di me puoi sentirti giustificato.” risi “Ti andrebbe di allenarti con me prima di tornare all'accampamento?”
“Ti odio e sei una spocchiosa, insopportabile attira-guai, però accetto”
Sorrisi, soprattutto perché non mi aspettavo una risposta affermativa. Allenarsi insieme si rivelò persino divertente, fra Hiro e Croconaw stava nascendo una strana amicizia ed erano molto divertenti da guardare mentre si infastidivano giocosamente a vicenda.
*     *     *

Il crepuscolo ci regalò due cose: una temperatura finalmente accettabile ed inestimabili momenti di imbarazzo durante la cena.
Mangiammo in silenzio quello che Mick aveva preparato e servito in poco eleganti piatti di plastica. Io mi complimentai con lui e lo ringraziai, forse fu un'allucinazione uditiva ma credo che anche Silver avesse borbottato un 'grazie'.
Dopo questo breve scambio di battute iniziammo a mangiare in totale silenzio, lanciandoci sguardi indecifrabili anche troppo spesso prima di tornare a fissare le nostre scodelle in tutta fretta. Eravamo tre umani incapaci di intavolare una conversazione qualsiasi.
Io volevo evitare di rompere il silenzio iniziando a parlare a vanvera e per impedirmelo mangiavo lenta come se quello fosse il mio ultimo pasto, iniziai pure a contare quante volte masticavo ogni boccone e mi imponevo, giusto per renderlo più interessante, che fossero di un numero multiplo di quattro.
Avevo anche finito per concludere, dopo averli osservati per tutto il lunghissimo pasto, che mio cugino era molto probabilmente spaventato da Silver. Mi fece pensare che lui a me non aveva mai fatto paura, non mi ero mai sentita intimorita e forse era una delle cose che lo irritavano di me.
La cena finì e senza dirci una parola fummo subito d'accordo di andare a dormire, io mi cambiai in un lampo, infilando l'enorme camicia che chiamavo pigiama. Mihael entrò nella sua tenda, mentre io rimasi fuori, stesa sul sacco a pelo, in balia delle zanzare e con il rosso a poca distanza.  
“Quanto manca a Olivinopoli?”
“Non lo so” sbuffò “forse se ci sbrighiamo arriveremo entro domani sera”
“Lo spero, ho bisogno di un paio di scarpe”
Sapevo che non gli piaceva troppo parlare, quindi non lo importunai oltre. Ma nessuno dei due si addormentò subito, restammo lì immobili e muti a guardare le stelle che punteggiavano il ritaglio di cielo visibile fra le punte degli alberi. Il buio in cui eravamo immersi le faceva risaltare e sembravano brillare più luminose. Forse ero diventata improvvisamente molto sentimentale ma non riuscivo a smettere di sorridere, mentre me ne stavo immobile sdraiata per terra con lo sguardo perso fra gli astri.
Mai come in quel momento mi sentii felice di essere partita. Avevo corso tenti pericoli, certo, ma non mi ero mai sentita così libera, così forte, così viva. Stringevo fra le mani le redini della mia vita e la cosa mi rendeva infinitamente felice.
Restai a guardare in alto e a godermi la bella sensazione che mi dava, poi sentii Silver fare un respiro profondo, capii che si era addormentato, quindi mi girai su un fianco e chiusi gli occhi anche io.
 *     *     *


Fui svegliata molto presto da mio cugino, mi scosse molto gentilmente ma niente e nessuno mi avrebbe impedito di mandarlo a quel paese. Aprii gli occhi e vidi che il suo naso era ad appena qualche centimetro dal mio. Mi fissava con i suoi occhioni blu e non tardai a notare il suo broncio, era difficile non notare la sua faccia da quella distanza.
“Perché?” brontolai non appena mi accorsi che il mio insulto non lo aveva allontanato.
“Mi devi aiutare, Elizaveta”
“Primo: piano con quell'imperativo che a quest'ora non rispondo delle mie azioni. Secondo: non chiamarmi così”
“Ti prego, ho davvero bisogno di una mano”
-Certo che hai bisogno di una mano, sei una collezione di problemi tu-
Borbottando sottovoce sgusciai fuori dal mio sacco a pelo e mi alzai traballando. Avevo gli occhi ancora semichiusi e sbadigliai tre volte in dieci secondi, cosa doveva fare una signorina per godersi il meritato riposo? Mi sentii morire di invidia quando vidi che Silver stava ancora dormendo tranquillo dove l'avevo lasciato la sera prima.
“Dimmi pure” gracchiai stropicciandomi gli occhi
-E prega che sia importante o potrei sbranarti-
“Sono due, a dire il vero, le cose che devo dirti. Ci sono due problemi...”
-Solo due?- Attesi che continuasse, intanto mi incamminai (con ai piedi le infradito malandate che avevo riesumato) verso il luogo dove mi ero allenata il giorno precedente, così avremo avuto un po' di privacy e Sil non rischiava di svegliarsi prematuramente per colpa nostra.
“...Il primo è più una semplice domanda, insomma, mi chiedevo soltanto se tu potessi aiutarmi con il mio Pokémon, Liz, il Charmeleon. Lo hai visto ieri sera, non mi ascolta e credo di non piacergli affatto.” Si sedette sul tronco di un albero caduto e restò lì con la testa china.
“Uhm, va avanti” sbadigliai. Ero troppo assonnata per mettermi a tirargli fuori le parole di bocca.
“Il secondo è che ho deciso che voglio partire” sembrava che dirmelo gli fosse costata una grande fatica “Sono stanco di provare a battere i capopalestra. Chi voglio prendere in giro? Non ne sono capace, non lo sono mai stato, ho sempre odiato le lotte”
 “Sì, lo so. E devi avere qualcosa in mente” lui annuì “Ma hai paura. Ecco perché mi stai dicendo tutto questo. Ti conosco cugino, per me sei un libro aperto” gli sorrisi e lo incoraggiai “Forza, continua.”
“Ho deciso che una volta arrivato a Olivinopoli prenderò il traghetto e andrò nella regione di Sinnoh. Non vado da solo, c'è un mio amico che mi aspetta a bordo, una volta arrivati a Sinnoh ci metteremo in viaggio per diventare coordinatori.”
“Ma è davvero necessario cambiare regione? Non puoi fare il coordinatore restando a Johto?” mi era sembrata una domanda legittima e anche piuttosto logica, a Mick però si inumidirono gli occhi, non volevo certo scoraggiarlo! Anzi, ero contenta che si fosse deciso a dare una svolta alla sua vita da allenatore.
“No. Se rimango qui non potrei riuscirci, avrei la sensazione di avere i miei genitori che mi osservano e scuotono la testa delusi ad ogni mio passo. Lo sai quanto vorrebbero vedermi diventare un bravo allenatore, l'idea che io possa fare il coordinatore non li ha mai sfiorati, neppure per sbaglio” fece un sorriso amaro che di allegro aveva ben poco. Mi avvicinai e mi inginocchiai davanti a lui.
“Allora, mio caro cugino, devi fare quello che c'è da fare. Devi prendere quel traghetto e partire con il tuo amico. Io sono con te Mihael, hai tutto il mio appoggio, se c'è qualcosa che posso fare per vederti felice la farò.” forse ci misi un po' troppo pathos e all'improvviso Mihael scoppiò in lacrime. Mi alzai maledicendomi per il casino che avevo combinato e lui mi abbracciò, seppellendo la testa nella mia camicia proprio all'altezza dello stomaco, ero quasi sicura che se fosse rimasto in silenzio avrebbe potuto sentire i rumori inquietantissimi che il mio apparato digerente produceva.
-La cosa più sensata da pensare mentre un tuo familiare piange sulla tua pancia...-
Io, come ho accennato in precedenza, ero un disastro nelle situazioni ad alta tensione emotiva, soprattutto quando c'era di mezzo qualcuno a cui tenevo, diventavo così nervosa per paura di dire o fare la cosa sbagliata che finivo per sembrare un uomo di latta. Mentre lui mi abbracciava io restai rigida come un palo, poggiai una mano sulla sua testa, voleva essere un gesto di conforto ma sembrava più che stessi accarezzando un cane, mentre l'altro braccio cadeva floscio e inutile al mio fianco, scosso da rari spasmi. Fortuna che si riprese relativamente in fretta, con gli occhi rossi e gonfi ma sorridente, si staccò da me tirando su con il naso.
“Grazie” singhiozzò “Grazie, grazie, grazie Elli.”
“Figurati. Hai già i biglietti?”
“Sì, è tutto pronto. Ho progettato bene questa fuga.”
“Cosa vuoi che faccia?” ecco, per me quella era la domanda cruciale, in risposta lo sentii sospirare.
“Dammi un po' del tuo coraggio” mi guardò “Cerca solo di fare in modo che io non rovini tutto all'ultimo momento. Mi conosco, potrei mandare all'aria il piano e poi non perdonarmelo mai più.”
“Tranquillo, se inizi ad avere ripensamenti e cerci di fuggire io ti imbavaglio e ti spedisco sulla nave a calci nel culo. Posso farcela, sì sì.”
Lui rise e per me fu come togliersi un gran peso di dosso. Capivo che per lui era davvero importante, quindi se potevo dargli una mano a realizzare il suo sogno e a renderlo felice non avrei esitato a farlo. Dopotutto chiedeva solo un po' di incoraggiamento e conforto, anche un uomo di latta come me poteva riuscirci.

“Posso affidarti Liz?”
Non eravamo ancora tornati all'accampamento, lui era rimasto seduto sullo stesso tronco ad aspettare di sentirsi meglio prima di iniziare la giornata. Siccome non volevo lasciarlo solo quando mi parlò io stavo raccogliendo fiorellini a poca distanza, ormai non avevo più sonno però ero sicura che gli effetti di questa levataccia si sarebbero fatti sentire prima o poi.
“In che senso, scusa?”
“Non mi ubbidisce, non mi rispetta e ormai ho capito che non gli sono simpatico. È forte ma con un incapace come me il suo talento è sprecato, vuole combattere, non vuole essere il Pokémon di un coordinatore. Ecco perché vorrei che stesse con te, così sarei sicuro che sta bene e tu avresti un alleato in più con te.”
“Uno scambio, quindi?”
“Sì, credo che si faccia così”
Spostai il peso da un piede all'altro, posai i fiori a terra, poi mi legai i capelli e li sciolsi subito, ripetei l'operazione un paio di volte, persa nelle mie riflessioni. C'erano delle cose da considerare come il fatto che avrei dovuto cedergli uno dei membri della mia squadra per Charmeleon, o che a scambio avvenuto avrei avuto ben due Pokémon di tipo fuoco, e dovevo poi chiedermi se mi avrebbe mai obbedito.
“Devo pensarci...” e presi a mordicchiarmi l'unghia del pollice “Ti va di tornare indietro ora? Io inizio ad avere fame”

“Se accendi il fuoco posso fare il caffè” disse Mick.
“Tu sei un dono del cielo” in meno di un secondo il fuoco era già acceso e pronto per essere utilizzato. Io rovistai nella sacca 'provviste' del mio zaino e tirai fuori un sacchetto di biscotti ancora mezzo pieno. Erano i miei preferiti e mi scocciava condividerli ma per una volta potevo anche essere altruista, no?
Silver dormiva ancora, cosa insolita per lui che di solito si alzava prestissimo. Guardai l'orologio nel pokégear e mi sembrò che fosse un'ora ragionevole per alzarsi (al contrario di quella indecente a cui ero stata svegliata io), l'aria era ancora fresca e dovevamo approfittarne per prepararci e partire prima che il sole iniziasse a torturarci.
Mi avvicinai a lui e lo toccai piano la spalla, lui sbuffò e mugolò ma non si svegliò. Lo scossi un po' più forte e riuscii nel mio intento, Sil sobbalzò leggermente e aprì gli occhi.
“Buongiorno raggio di sole” dissi in tono un po' canzonatorio, feci anche attenzione a non alzare troppo la voce, sapevo quanto davano fastidio i rumori forti appena svegli.
Si mise seduto e sbadigliò coprendosi elegantemente la bocca “Che ore sono?” chiese.
“ Le nove meno un quarto. Non è tardi” lui grugnì e sbadigliò di nuovo.
Uscì dal suo sacco a pelo ancora intontito e andò lentamente a sistemarsi su uno dei tre sassi che la sera prima avevamo usato come sedie. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose la testa fra le mani. Doveva essere ancora parecchio stanco, mi chiesi se avesse dormito bene le notti precedenti, a me era sembrato a posto ma chissà... Decisi che l'avrei tenuto d'occhio con discrezione, dopotutto era il mio navigatore e lo volevo al massimo della forza e con le idee belle chiare.
Assaggiai il caffè e con fare professionale meditai a lungo prima di etichettarlo come 'passabile', poi ne versai una generosa quantità nei due bicchieri di carta che avevo in mano.
Piantai un dito nel fianco di Silver per attirare la sua attenzione, lui girò di lato la testa molto lentamente e posò su di me i suoi occhi iniettati di sangue. Gli passai il caffè, il bicchiere più colmo, e lo zucchero, che accettò senza una parola.
“Attento che è bollente” ma con un sorso aveva già buttato giù un quarto della bevanda.
“Ma fai così schifo tutte le mattine o oggi è un giorno speciale?” aggiunsi ridacchiando e gli passai il pacco di biscotti.
Ne prese uno e borbottò “Da che pulpito...” bevve un altro sorso, adesso era a metà “Tu fai schifo per ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni.”
Maledetto rosso dalla risposta pronta.
Quando finì il suo bicchiere gliene offrii un altro (mio cugino doveva aver sbagliato le dosi e ne aveva fatto anche anche troppo) e lui lo accettò di nuovo. Io dovevo ancora finire il mio, lo avrei preferito con un po' di latte, e cercavo di compensare inzuppandoci un sacco di biscotti.
Lo osservai con velato divertimento “Credi che si possa andare in overdose con la caffeina?”
“Spero proprio di no” con una mano teneva il caffè mentre con l'altra si strofinava gli occhi. Nessuno dei due si accorse che Mihael ci osservava ridendosela di gusto.
Indossai una maglietta integra che avevo trovato sul fondo dello zaino e le infradito mentre anche gli altri si cambiavano. Dopodiché rimettemmo tutto a posto abbastanza in fretta, ma quando fummo pronti per ripartire l'aria era già fastidiosamente calda.
*     *     *

A differenza del pomeriggio precedente, quando eravamo viaggiato nel bosco, sul sentiero il sole ci cuoceva lentamente ma con ammirabile costanza, camminare così era una vera sofferenza. Erano appena passate le dieci che io mi stavo già facendo il bagno nel mio sudore, pensai che se continuavamo così sarei stata completamente disidratata prima delle cinque del pomeriggio.
Eravamo già sul percorso 39 quindi strinsi i denti, sbuffai e resistetti. Che altro potevo fare se non continuare ad andare avanti?
Guardando il lato positivo magari mi sarei abbronzata, da quando ero partita ero sicura di aver guadagnato un colorito più salutare di quello da vampiro che avevo quando stavo chiusa in casa, e forse camminare sotto quel sole mi avrebbe fatto perdere qualche etto, se non di grasso sicuramente di acqua.
Mi guardai i piedi per non essere abbagliata dal sole, afferrai le spalline del mio zaino e mi concentrai solo sui miei passi pregando solo di non prendermi un'insolazione. E che non se la prendessero neppure i due miei compari.
“Io credo...” Iniziai boccheggiando per l'afa di mezzogiorno “Che dovremmo adottare un nuovo metodo per viaggiare” mi stavo rivolgendo più che altro a Silver, visto che Mick ci avrebbe mollato appena arrivato a Olivinapoli, entrambi camminavano a testa bassa accaldati almeno quanto me.
“Sta zitta” notai che aveva il fiatone anche lui.
“Guarda che ho avuto una buona idea. È un suicidio stare sotto il sole a quest'ora” i capelli mi si erano appiccicati alla faccia, li staccai e cercai di prendere più ciuffi possibili per legarli insieme agli altri in una coda. Avere i capelli lunghi d'estate significava avere una coperta perennemente appoggiata sulle spalle.
Continuai ad esporre la mia teoria “Se viaggiassimo la mattina presto e la sera quando la temperatura si abbassa, evitando il pomeriggio sarebbe di sicuro più facile spostarsi”
“Perderemmo troppo tempo” poi si fermò e sembrò pensarci su “Ora lasciami stare, ne riparleremo”
Verso le una ci fermammo per un veloce pranzo, nessuno di noi mangiò molto, io e Sil ci dividemmo un panino mentre Mick aprì una scatoletta di qualcosa. Bevemmo un sacco in compenso e io stavo per mettermi a implorare il rosso di prestarmi Croconaw, per farmi rinfrescare da un getto d'acqua ma la mia dignità sudata me lo impedì. Ripartimmo poco dopo.
Ero abbastanza sicura che fossimo già sul percorso 39, ma per sicurezza stavamo controllando la mappa, ci eravamo persi anche troppe volte per permetterci di non farlo. In effetti non c'erano molti punti di riferimento, camminavamo su uno stradone di terra biancastra, circondati da erba alta fino alla vita, rocce alte e pochi alberi.
Stavamo marciando nel bel mezzo della strada assolata e deserta quando sentii che delle vibrazioni stavano attraversando il terreno. Per tranquillizzarmi mi dissi che il caldo mi aveva arrostito ben bene il cervello e che ero diventata ancora più paranoica di prima. Poi però mi dovetti ricredere perché le vibrazioni sembravano addirittura diventare più forti.
“Silver, c'è qualcosa che non va, la terra trema. O sto impazzendo o siamo nei guai” dissi con una certa urgenza. Lui era concentrato a camminare guardando la cartina, alzò il capo ma invece di dirmi che stavo impazzando si mise in attesa. La sua espressione mutò da seria a molto seria e vagamente preoccupata.
“Lo sento anche io”
Notai con la coda dell'occhio che Mihael stava iniziando a respirare un po' troppo velocemente e che era impallidito “È un terremoto?” chiese in un sibilo.
Istintivamente la mia mano andò a sfiorare le pokéball che tenevo sulla cintura, il rosso fece lo stesso. Avevamo entrambi intuito che non poteva essere un terremoto per più di un motivo.
“No, ma potrebbe essere anche peggio” se la mia intuizione era giusta si stava avvicinando qualcosa di grosso, non riuscivo a capire da quale direzione quindi non potevo sapere da che parte fuggire.
Notai dei rumori in lontananza, simili al rombo dei tuoni ma più secchi. Non mi aiutarono a capire la posizione però non ce n'era più bisogno, fu la polvere a rivelarcela.
Qualsiasi cosa si stesse avvicinando stava alzando così tanta polvere che riuscivamo a sentirne l'odore. Doveva essere un branco di Pokémon che correva, la cosa non mi tranquillizzò per niente, se ero riuscita ad avere la peggio contro due Poliwag chissà cosa avrebbe potuto farmi un branco intero.
“Scappiamo” mi sembrava l'unica cosa da fare in quella situazione, eppure era molto stupida, dovevamo saperlo che loro erano molto più veloci di noi.
Afferrai Mihael per il braccio e lo strattonai, scuotendolo dallo stato di catalessi in cui la paura lo aveva fatto cadere e costringendolo a correre.
“Credo di aver visto delle corna” quasi singhiozzò Mick. Io ero troppo impegnata a correre veloce come non avevo mai corso in vita mia per pensare a che tipo di Pokémon avesse le corna, fortuna che Silver sapeva ragionare e scappare contemporaneamente.
“Tauros, grandioso...” non credevo di aver sentito questa specie prima di allora ma non era difficile intuire che fossero pericolosi.
“Possiamo affrontarli?” chiesi ansimando e lui scosse la testa.
Mi voltai, non so cosa mi aspettassi di vedere, forse buone notizie. Per esempio che nessuno ci stava rincorrendo o che non erano Tauros ma Rattata cornuti, avremmo potuto affrontare dei Rattata. Invece vidi dei grossi bovini con corna appuntite e criniera al galoppo, non mi pentii di aver guardato perché quella vista mi spronò a correre ancora più forte. Anche se ai piedi avevo le infradito.
Sapevo bene che non potevamo continuare a scappare in eterno, erano più veloci e ci avrebbero presto raggiunto, in più noi eravamo già stanchi. Individuai una deviazione nel percorso, la strada si allargava per qualche metro e si restringeva poco dopo, con un po' di fortuna poteva diventare la nostra salvezza.
Allungai un braccio di scatto “Laggiù!” urlai e strattonai ancora mio cugino. Ci tuffammo letteralmente nell'erba alta e svelti ci allontanammo il più possibile dalla strada principale. La mandria ci passò accanto senza guardarci, la terra tremava ai colpi dei loro zoccoli e su di noi aleggiava una densa nuvola di polvere, nascosi bocca e naso nella maglietta per non respirarla.
Solo quando ci ebbero superato notai che mi faceva male il petto e ad ogni espirazione dalla mia bocca usciva un fischio preoccupante. Altra cosa strana era la mia posizione, stringevo ancora la mano di Mick e mi ero posizionata esattamente davanti a lui, come a volergli fare da scudo, per un'egoista brevettata come me era una cosa molto insolita, più unica che rara.
Fui la prima a tornare sulla strada una volta che del branco si sentiva solo il rumore gli altri mi seguirono cauti. L'aria era ancora piena di terra sottile e noi stavamo ancora cercando di riprendere fiato, io mi lamentavo nella mia testa per il dolore che sentivo ovunque, Silver ansimava ed era sudato fradicio e Mihael era troppo scosso e affaticato per fare qualsiasi cosa. O almeno credevo perché fra un fischio e l'altro del mio respiro lo sentii urlare.
Non potevo chiedergli perché lo avesse fatto ma lo scoprii da sola quando sentii che qualcosa si era avvicinata lentamente e silenziosa a me. Mi voltai di scatto e anche se c'erano quaranta gradi mi sentii gelare come se ce ne fossero stati tre. Un Tauros, grosso come i suoi compagni ma evidentemente troppo raffinato per correre con gli altri ci stava osservando con una certa insistenza.
“Oh no” rantolai e quello mi guardò. Non potevo fuggire, non ce l'avrei fatta a rimettermi in movimento adesso, sentivo come se il mio cuore volesse sfondare la gabbia toracica e andarsene.
Il Tauros abbassò la testa e scalpitò “No!” ma ormai era partito. Feci appena in tempo a rotolare di lato che quell'infame mi superò veloce. Si accorse subito che mi aveva mancato e ci riprovò, prese la rincorsa e si lanciò di nuovo contro di me. Sentivo le urla di Mick e il mio cuore che batteva fortissimo nelle orecchie, costrinsi le mie gambe a collaborare e corsi per qualche metro prima di schivarlo di nuovo nella stessa maniera, caddi fra la polvere con un leggero “Uff”. Fortuna che non era un esemplare troppo furbo.
Il Pokémon mi dava le spalle, prima che potesse voltarsi e partire di nuovo alla carica presi le sfere di Hiro e Sneasel e li feci uscire. Adesso dovevo solo racimolare abbastanza ossigeno per dargli degli ordini.
“Hiro” respiro “usa” respiro “ruotafuoco, e tu” respiro “Sneasel” pausa “usa ferrartigli!”
I due eseguirono senza esitazione e io strisciai lontano da loro. Un attimo dopo Silver era vicino a me e con i suoi abituali modi sgarbati mi rimise in piedi senza tante cerimonie, mi lasciò subito e liberò Croconaw, tutto sotto gli occhi terrorizzati di mio cugino cuor-di-leone. “Usa sgranocchio sul Tauros”
Tornata in posizione eretta mi accorsi con piacere che le mie gambe mi sorreggevano ancora, anche se sentivo più né i polpacci né i quadricipiti...
Il Tauros muggì forte e iniziò ad inseguire Quilava, ma essendo troppo veloce per lui tirava solo cornate a vuoto.
“Sneasel, ventrogelato” ordinai “Hiro, scarta a destra e poi di nuovo ruotafuoco”
Entrambi eseguirono ma la mucca con la criniera era un osso duro e non voleva saperne di andare al tappeto. Il Pokémon inferocito decise di evitare gli attacchi dei suoi avversari correndo verso di noi ma una volta capito il trucco evitarlo era relativamente semplice. Io e Silver ci lanciammo in due direzioni diverse e Tauros sfrecciò dritto dove prima eravamo noi.
“Hiro usa attacco rapido!” il mio Quilava lo raggiunse velocissimo e lo colpì in pieno.
L'ultimo attacco lo stordì abbastanza “Ci siamo quasi, Sneasel usa finta, Hiro tu di nuovo ruotafuoco”
“Usa pistolacqua, Croconaw” quest'ultimo attacco fu abbastanza per mandarlo KO.
Volevo essere sicura che non venisse a vendicarsi appena si fosse ripreso quindi gli lanciai una pokéball e lo catturai. Avevo già deciso che non lo avrei tenuto in squadra, una volta arrivata Pokémon center di Olivinopoli lo avrei inviato al professor Elm.
Raccolsi la ball e la infilai nello zaino, non avevo ancora ripreso a respirare normalmente ma almeno non facevo più quel fischio strano.
Mihael mi porse dell'acqua “Stai bene?” alzi il pollice in risposta mentre mi scolavo fino all'ultima goccia il contenuto della bottiglietta “Siete stati fantastici!” squittì poi.
Io ridacchiai e guardai Sil che fingeva di non ascoltare “Sei troppo gentile, cugino” stavamo riprendendo a camminare lentamente
“Sei imparentato con una disgrazia con le gambe”  




 Note:
Oplà! Rieccomi quà.         

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Capitolo 30
*** Farewell ***


30
Farewell


Silver il navigatore ci aveva visto giusto. Nonostante l'imprevisto con i Tauros eravamo ormai a pochi chilometri da Olivinopoli ed era tardo pomeriggio. Saremo sicuramente arrivati in città prima che facesse buio.  
Mentre camminavamo spediti verso la nostra meta Mihael mi si avvicinò, tirando fuori un argomento di cui avrei preferito non parlare dopo essere stata rincorsa da un grosso Pokémon con corna, criniera e ben tre code.
“Elli, ci hai pensato? Prenderai il mio Charmeleon?” la sua espressione era così piena di speranza e aspettative che dovetti guardare in un altra direzione per non farmi distrarre.
“Non è una decisione semplice, e oggi non ho esattamente avuto molte occasione di rifletterci bene. Lascia almeno che ci dorma sopra”
Lui sospirò e abbassò gli occhi “Lo capisco” e annuì, poi inaspettatamente cambiò argomento “Voi sembrate una bella squadra, viaggiate insieme da molto?”
Mi prese alla sprovvista e non trovai una risposta migliore di un laconico “Un po'” Mick non sembrava ancora soddisfatto quindi mi rivolsi al rosso “Silver, da quanto tempo viaggiamo insieme?”
“Da troppo” fece acido, senza neppure voltarsi a guardarci.
“Antipatico”
Mihael ripartì all'attacco “Come vi siete incontrati?”
Era una domanda innocente, era il suo modo per dimostrarmi che gli importava della mia vita, ma io a quelle domande non volevo rispondere.
“Gli ho tirato un pugno perché mi stava prendendo in giro per avermi battuto” replicai con sincerità, mio cugino restò spaesato dalla mia confessione e io approfittai del momento di silenzio per aggiungere “Dopo la corsa di oggi pomeriggio mi è venuta molta fame, appena arriviamo ho intenzione di spendere tutti i miei risparmi in cibo” e prima che ricominciasse a parlare affrettai il passo e mi finsi molto ansiosa di raggiungere Olivinopoli.  

Ero già stata a Olivinopoli, una sola volta con mia madre e mio fratello, per una settimana di vacanze. Non era successo molto tempo prima quindi ricordavo ancora qualcosa, come le strade di pietre chiare, le case bianche, il faro e il panorama mozzafiato. Ma niente di più purtroppo.
Ci fermammo al centro Pokémon come di consueto, per trovarlo avevamo dovuto chiedere informazioni a un passante perché eravamo troppo stanchi per cercarlo da soli, appena entrati affidammo le nostre squadre alle cure dell'infermiera addetta e prenotammo una stanza a testa. Aquel punto della giornata, con tutto quello che avevamo fatto, una doccia era indispensabile, accennai un “A dopo” ai miei compagni e mi allontanai.
Ero così impaziente di darmi una lavata che ci misi appena un minuto a entrare, sistemare la mia roba, spogliarmi e entrare sotto il getto d'acqua, che regolai perché fosse appena tiepida. Avevo un disperato bisogno di rinfrescarmi, mi sembrava di essere diventata un termosifone, appena guardai i miei piedi mi accorsi che l'acqua aveva un brutto colorito marroncino, colpa della polvere che mi si era appiccicata addosso, la cosa mi disgustò abbastanza quindi mi insaponai e iniziai a sfregarmi con energia. Rimasi a mollo per almeno un quarto d'ora, anche se ero pulita ero ancora molto accaldata.
Uscii dalla doccia, mi asciugai velocemente e mi sedetti a esaminai tutti i graffi e le escoriazioni che mi ero procurata, li disinfettai uno alla volta (soffrendo tremendamente), e su alcuni misi dei cerotti.
Una volta finito di rammendare i miei poveri arti lasciai il bagno, scoprii con disappunto che mi era rimasta una sola maglietta pulita e un solo paio di pantaloni, anzi a dire la verità era una salopette. Me li infilai senza fare storie, anche perché gli altri disponibili erano quelli del pigiama, sembravo un idraulico ma almeno il top a righe bianche e arancioni si intonava abbastanza bene al resto.
-Sempre meglio di niente...- pensai mentre mi chiudevo la porta alle spalle e scendevo le scale, non mi ero neppure degnata di asciugarmi i capelli ma con quel caldo non sarebbero rimasti bagnati a lungo.
Al piano di sotto trovai Mihael con vestiti puliti e senza lo zaino che mi aspettava.
“Ho trovato un posto dove cenare, ti va di venire con me?” la sua bocca si aprì in un sorriso
“Va bene, lo chiedo anche a Silver” Mick annuì e appena Silver scese l'ultimo scalino glielo proposi. Il rosso guardò prima me, poi mi cugino e disse “Non ci penso nemmeno” e sparì.
-Che amore di ragazzo-
Leggevo nell'espressione di Mihael che non sapeva se essere offeso o felice che avesse rifiutato, mi ci era voluto un po' ma adesso avevo capito che Silver lo metteva a disagio. Sinceramente non potevo dargli torto.
Il ristorante che aveva trovato il biondino era uno di quelli in cui si poteva mangiare fino a scoppiare pagando sempre la stessa somma. Non poteva farmi un regalo migliore, osservai la grande varietà di pietanze che il locale offriva con le lacrime agli occhi.
“Tu sei un dono del cielo” gli ripetei per la seconda volta della giornata prima di iniziare ad abbuffarmi.
 *    *    *

La mattina seguente mi ero pentita di aver mangiato per un esercito, mi sentivo ancora terribilmente appesantita e, cosa molto insolita, non avevo nessuna voglia di fare colazione.
Alzarsi dal letto fu un po' come fare sollevamento pesi, e il peso era quello del mio corpo. C'erano alte probabilità che pesassi almeno una decina di chili in più della sera prima.
Mi vestii con lentezza, senza fare nessun movimento che potesse alterare il delicato equilibrio raggiunto dal mio stomaco. Prima di uscire mi assicurai di avere tutto quello che mi serviva (-chiavi, borsa, pokeball-), dopodiché chiusi la porta e mi diressi al piano inferiore.
Quasi mi aspettavo di trovare mio cugino ad aspettarmi e invece non c'era nessuno, beh, nessuno di mia conoscenza almeno, il centro Pokémon era molto più affollato di ieri e io non avevo troppa voglia di starmene chiusa fra tutta quella gente. Feci uno slalom tattico per raggiungere l'ingresso, dove le porte automatiche percepirono la mia presenza e si aprirono per farmi passare.
Volevo farmi un giretto della città prima che iniziasse a fare troppo caldo, come del resto facevo ogni volta che arrivavo in un nuovo posto. Era molto utile, non solo per il mio spirito da turista/vagabonda, ma perché con un po' di memoria e senso dell'orientamento potevo imparare dove si trovavano i luoghi 'd'interesse', per così dire. Ovvero: la palestra, il pokémart, eventuali edifici con importanza storica o culturale e ovviamente i ristoranti e i bar con i prezzi migliori.
Ero intenta a bere da una fontanella pubblica quando nella mia visuale, storta per colpa della mia posizione, fece la sua entrata Silver. Deglutii l'acqua e mi raddrizzai, ora che lo guardavo per il verso giusto sembrava arrabbiato, più del normale almeno. Gli fischiai come se fosse una bella donna e io un marinaio appena sbarcato. Si voltò di scatto come se gli avessi mancato di rispetto così tanto da meritare un'aspra punizione, ma a me interessava solo essere riuscita ad attirare la sua attenzione quindi non ci feci caso.
-Forse credeva che qualche marinaio lo avesse davvero scambiato per una ragazza...-
Appena vide che si trattava di me si calmò un po, anche se rimaneva comunque molto nervoso, e si diresse verso di me.
“Ti sei alzato con la luna storta o ti è successo qualcosa?” chiesi con quanta più gentilezza riuscii a raccogliere.
Ebbi l'impressione che stesse per rispondermi male, con una raffica di insulti come solo lui e io sapevamo fare, poi che non volesse rispondermi affatto e tirare dritto verso chissà dove.
“Il capopalestra non c'è” ringhiò, sorprendendomi per avermi risposto come una persona quasi civile.
“Non mi sembra così grave. Vuol dire che ci fermeremo qui qualche giorno in più, non è poi così male, possiamo prenderci una vacanza e andare al mare”
“No. Non capisci. Non si tratta di solo qualche giorno, il Pokémon del faro si è ammalato e il capopalestra è lassù a perdere tempo con quello. Quindi sarà impossibile sfidarlo per un tempo indeterminato.”
“Oh, per tutti i cieli” sbuffai esasperata “Perché non può andarci una cosa cosa per il verso giusto di tanto in tanto?”questa volta capivo perfettamente l'irritazione di Silver e la condividevo.
 “Non lo capisco, se non possono combattere i Pokémon sono inutili, è solo tempo perso, del  mio tempo soprattutto”
Su questo punto non ero d'accordo con lui ma ormai ero partita in quarta con le lamentele “È il capopalesta, non il guardiano del faro o un medico, il suo dovere è stare in palestra. Sul serio non c'era nessun altro in tutta la città che potesse occuparsi del Pokémon del faro?!” brontolai “Cosa avrà mai di così grave da dover scomodare il capopalestra in persona?”

Dopo aver parlato a vuoto della nostra frustrazione, lamentandoci ognuno di cose diverse e senza ascoltarci davvero, decidemmo di tornare al centro Pokémon.
 Questa volta c'era davvero Mihael ad attenderci, era tranquillamente seduto su una sedia dall'aria comoda e guardava le notizie alla televisione nella sala.
Mi avvicinai e lo salutai, prima che potessi dire altro quello fiutò la mia tensione come un segugio “È successo qualcosa?”
“Ho appena scoperto che il capopalestra mancherà per un po'” sbuffai.
“In effetti ho sentito qualcosa, due allenatori ne parlavano stamattina. Forse dovresti andare al faro, magari riesci a dare una mano”
“E in che modo, scusa? Le mie conoscenze mediche si fermano agli umani, anche se con più di una lacuna, ma sui Pokémon non so praticamente nulla. E comunque non sono affari miei, non sono mica il facchino prescelto, che leva le baccastagne dal fuoco a tutti per vocazione. Non è di mia competenza e non mi interessa.”
Lessi chiaramente la delusione sul viso di Mick e, ancora incastrata nel vortice del mio egoismo, lo ignorai. Mi rivolsi a Silver perché sapevo che mi avrebbe capito, infatti non disse nulla per contestarmi e mi sentii piacevolmente soddisfatta di avere la sua complicità. Non credevo che mi sarebbe mai capitata una cosa del genere e invece il tempo mi aveva smentita, stavo iniziando a trattarlo come un amico.
“Visto che abbiamo tempo da perdere, vuoi venire ad allenarti sul percorso 39?” chiesi “L'ultima volta è stata proficua, mi sembra”
“Mh” sembrò pensarci per un attimo poi scrollò le spalle e mi superò, avviandosi verso la porta “Va bene”
A quel punto mi rivolsi a mio cugino che ancora non riusciva ad accettare il mio lato egoista. Prima si toglieva dalla testa l'idea che io ero una creatura perfetta e meglio era per tutti.
“Quando parte il tuo traghetto?” lui sbiancò. Non mi ero accorta che l'idea di partire lo sconvolgesse a tal punto da essere quasi terrorizzato, forse perché al suo posto io mi sarei sentita più eccitata che spaventata.
“Stasera”
“Ti va di venire con noi? Magari ti posso insegnare qualcosa” accettò e mi seguì fuori, Silver ci aveva aspettato ma appena ci vide uscire iniziò a camminare.
Una volta arrivati al percorso 39 imboccammo un piccolo sentiero laterale e ci sistemammo in uno spazio ombreggiato. Io liberai miei Pokémon, Rossino andò a posizionarsi a distanza di qualche metro e fece lo stesso.
“Vorrei lavorare un po' con Eevee e Mareep oggi”dissi di malavoglia, volevo portare la pallina di pelo e la palla di lana ad un livello di abilità che almeno si avvicinasse a quello degli altri.
Sil capì e lanciò Murkrow, quello che per quanto ne sapevo era l'ultimo arrivato nel suo team “Pronti”
E non capii bene se era una affermazione o una domanda, comunque non era importante. Feci cenno a Mareep di avvicinarsi, il quale era ben felice di mettersi alla prova e trotterellò davanti all'uccellaccio.
“Voglio avvisarti Mick: questa lotta sarà molto noiosa ma breve” lui sorrise tranquillo, guardandoci interessato, un po' mi metteva a disagio sapere che avevo uno spettatore così attento.
“Mareep, vai con tuonoshock” prima di eseguire batté i piedini a terra tutto eccitato, lo trovai adorabile.
Silver non attese un secondo di più per dare ordini al suo Pokémon “Usa inseguimento”
Con mia sorpresa i due attacchi andarono a segno quasi all'unisono, Murkrow era più veloce e colpì Mareep facendolo cadere a terra in una nuvoletta di scintille. Il Pokémon Lana riuscì comunque a lanciare un fulmine prima che il volatile si allontanasse troppo, colpendolo in pieno nonostante l'altro avesse tentato di schivarlo. Controllai il pokédex, a quanto pareva si erano fatti parecchi danni a vicenda e il prossimo attacco poteva essere quello decisivo.
“Di nuovo tuono shock, svelto!” cercai di metterci più enfasi possibile volevo che capisse che era importante che eseguisse in fretta il mio ordine.
“Ancora inseguimento” I movimenti di Murkrow erano rallentati visibilmente, anche Silver doveva averlo notato, si era innervosito, probabilmente si stava chiedendo chi avrebbe colpito per primo.
Vedendo il nemico avvicinarsi si spaventò, perse concentrazione e mancò il bersaglio, ci riprovò immediatamente a lanciare un altro attacco ma prima che potesse raccogliere abbastanza energia l'uccello lo aveva già colpito.
Ci fu una nuova scarica di scintille, più grossa della precedente, che scoppiettarono nell'aria insieme a un po' di polvere. Il mio Pokémon era stato sconfitto, si alzò e venne verso di me barcollando. Neppure Murkrow sembrava messo bene, nonostante avesse vinto sembrava molto stanco e si muoveva molto lentamente e con fatica. Ritirai Mareep nella sua sfera e presi quella di Eevee.
“Non vantarti troppo, stavolta è stata tutta fortuna” dissi al rosso
“Il tuo Pokémon è un incapace” alzò le spalle e osservò il suo pokemon saltellare stanco per il campo, con un gesto della mano gli ordinò di tenersi pronto quando mi vide liberare Eevee.
“Ti ho detto di non offendere la mia squadra” la pallina di pelo si strofinò affettuosamente ai miei polpacci, mi accorsi che non aveva intenzione di sostituire Murkrow “Credo che sarebbe meglio se lo facessi riposare” protestai.
“Fatti gli affari tuoi” neppure considerò la mie parole, come succedeva quasi sempre del resto.
“Volevo solo evitare che si facesse male, sei sicuro di volere che continui ad allenarsi?” fu come parlare al vento, mi rispose con uno sguardo assassino e mi lasciò la prima mossa.
“Eevee, azione”  eseguì senza esitazione, mi faceva piacere vedere che si impegnasse così.
“Beccata” Ordinò Sil. Vidi Eevee correre verso l'avversario e centrarlo perfettamente senza che  quello facesse niente, mi sembrò molto strano che fosse diventato improvvisamente così lento, e mi sembrò ancora più strano sentire di nuovo un rumore di scintille elettriche.
 “Di nuovo” Il mio Pokémon si stava divertendo molto e non se lo fece ripetere due volte. Il secondo colpo mandò Murkrow KO senza che potesse eseguire mezzo attacco. Eevee salterellò felicissimo della vittoria e andò a 'congratularsi' con il suo avversario leccandogli le piume sulla testa.
Il rosso emise un suono gutturale e ritirò il suo Pokémon “Te l'avevo detto che avresti dovuto metterlo a riposo prima” dissi, evidentemente il mio commento lo offese perché mi lanciò di nuovo lo sguardo del zitta-o-ti-uccido.
Mick alzò la mano, va bene che gli avevo detto che potevo insegnargli qualcosa ma non doveva  comportarsi come se fosse uno studente davanti alla maestra.
“Sì?”
“Che cosa è successo?” e non sapevo rispondere con chiarezza, anzi, ci avevo capito poco anche io ma non potevo farglielo intuire.
“Immagino ti riferisca al 'cambiamento' di Murkrow” feci con aria professionale e falsamente sicura mentre mi affrettavo ad afferrare il pokédex. Lui annuì scuotendo la massa di capelli biondi come un maraca. Lessi svelta e trovai una risposta in tempo record “Il Pokémon di Silver era stato paralizzato parzialmente dall'abilità di Mareep: statico. Ecco perché si muoveva molto più lentamente”
Mick sembrò soddisfatto della risposta e mi ringraziò, invece il mio momento da saputella avevo offeso ancora di più Silver che mi passò accanto a testa bassa farfugliando uno sei suoi soliti sproloqui dove insultava i più deboli senza pietà, ormai non ci facevo neppure più caso.
“Che spreco di tempo” riuscii a cogliere poche altre frasi poco gentili prima che fosse troppo lontano per il mio udito.
“Silver? Dove vai?” Nessuna risposta, nemmeno rallentò “Silver!” che era un tipo strano lo avevo capito da un pezzo ma questo genere di stranezza non l'avevo ancora vista.
Adesso che il mio compagno di allenamento mi aveva abbandonato non sapevo davvero cosa fare. Guardai Mihael in cerca di risposte, aveva la mia stessa espressione un po' stupita e un po' confusa allo stesso tempo, non potevo certo chiedergli di sostituire Rossino ma non volevo tornare al centro Pokémon e starmene con le mani in mano.
“Potremo andare al faro” mi sorprese lui.
Sembrava un opzione accettabile anche se sapevo che stava subdolamente cercando di convincermi ad aiutare il capopalestra, comunque al momento non avevo di meglio da fare ed ero ferma nelle mie convinzioni, i suoi occhietti dolci non mi avrebbero convinta a fare niente che non volessi.
“Va bene, ma prima prendiamo qualcosa per pranzare” e stupidamente, tutto ad un tratto mi venne da chiedere se Silver avrebbe mangiato o se avrebbe trascurato i suoi bisogni fisiologici pur di allenarsi. Quel pensiero se ne andò con la stessa velocità con cui era arrivato e mi impegnai per non farlo tornare, se iniziavo a preoccuparmi così per lui avrei dovuto iniziare a chiedermi chi ero, perché non potevo più essere tanto sicura di essere la stessa persona di qualche settimana prima.

Il faro si trovava su un promontorio ad est della città, le sue dimensioni e la sua posizione rialzata resero facile trovare la strada, per raggiungerlo però fummo costretti ad attraversare la città, fu piuttosto piacevole perché esplorammo la parte più vicina al mare di Olivinopoli, ma la passeggiata ci portò via più tempo del previsto.
L'ultimo tratto di strada era costituito da una serie di scalini bassi che con molta calma salivano verso la costruzione, non erano affatto ripidi, in compenso erano tantissimi, sembrava che non finissero mai e io avevo cominciato ad aver il fiatone già dopo le prime rampe. E pensare che pochi giorni prima credevo che la mia forma fisica stesse migliorando.
Una volta arrivati mi consolai per le mie scarse prestazioni quando mi accorsi che mio cugino era messo molto peggio di me.
 -Sono una brutta persona se trovo conforto nella sofferenza degli altri?-
La risposta probabilmente era sì e, essendo un pessimo essere umano, mi andava benissimo.
Con il fiato corto e le gambe molli Mick mi si avvicinò “Entriamo”
“Prima ricomincia a respirare normalmente, sono quasi sicura che dentro ci aspettino altre scale” io mi stavo già riprendendo, lui annuì soltanto. Aspettare lì fuori non era poi così male, il calore del sole era reso sopportabile dalla piacevole brezza che veniva dal mare.
“Pronto?” chiesi dopo un po'
“Sì, saliamo!” rispose con energia, mi fece sorridere.
Il piano terra non era affatto come me lo aspettavo, me lo ero immaginato molto più piccolo e vuoto, mi aspettavo mura circolari con dentro poco o nulla, magari qualche vecchio oggetto per la pesca. Invece era una bella stanza ordinata, pulita, molto luminosa e arredata con sedie, tavoli, qualche tappeto e anche due divani, sembrava un rifugio tenuto molto bene.
In fondo alla sala c'era una rampa di scale normalissima, come quella che si trovano nelle case a più di un piano, mi sorprese perché credevo di vedermi davanti un'infinita scala a chiocciola pericolante. Salimmo al piano superiore, era molto simile a quello inferiore solo un po' più spoglio e più piccolo. A poca distanza da noi faceva bella mostra di se la salvezza per le gambette da pollo di mio cugino (e i miei polmoni anche se non volevo ammetterlo): un ascensore.
Ci avvicinammo, premetti il pulsante senza pensarci troppo e poco dopo le porte si aprirono, fortuna che funzionava. Entrai dentro ad occhi chiusi e mi avvinghiai al braccio di Mihael, il quale selezionò l'ultimo piano come destinazione.
“Hai paura degli ascensori” mi toccò la spalla con la mano libera, cercando di rassicurarmi.
“Ho le mie buone ragioni, ma ti prego di non chiedermi di elencarle” ci stavo mettendo tutta me stessa per non ricordarmi della mia disavventura al centro commerciale di Fiordoropoli.
“Va bene” rispose comprensivo.
Appena l'ascensore cominciò a muoversi gli stritolai il bicipite e cominciai a cantare piano, rifiutandomi di aprire gli occhi. Fu una lunga salita, la mia voce diventata sempre più acuta e cantavo a volume sempre più alto, quando finalmente ci fermammo, con un piccolo sobbalzo, le note della canzone mi si bloccarono in gola ed emisi un ridicolo rumore strozzato. Aprii gli occhi solo dopo che Mick mi ebbe guidato fuori da quella trappola di metallo semovente.
Eravamo sulla cima del faro, la saletta era più piccola delle altre e molto più luminosa, la differenza fondamentale stava nelle pareti, infatti tre quarti della lunghezza del muro era occupata da grandi finestre di vetro molto spesso. L'effetto era mozzafiato, straordinario per qualcuno che non soffriva di vertigini, in quel caso diventava molto spaventoso.
Guardandomi introno notai due figure accucciate per terra, dovevano essere il capopalestra e il Pokémon del faro. Il primo si era voltato verso l'ascensore dopo aver sentito le porte aprirsi, non doveva aspettarsi visite.
Prima che potessi fare qualsiasi cosa Mihael si avvicinò piano ai due, non lasciandomi altra alternativa che seguirlo, rimasi a qualche passo di distanza di distanza mentre lui si inginocchiava accanto a loro.
“Buon pomeriggio” salutò, tenendo il tono di voce basso “Abbiamo sentito che il Pokémon del faro sta male, possiamo renderci utili?” che infame a coinvolgermi così.
Il capopalestra, o meglio: la capopalestra di Olivinopoli ci guardò con gratitudine, poi si rivolse esclusivamente a mio cugino.
“Mi fareste un enorme favore ragazzi” accarezzò quello che solo ora notavo essere un Ampharos, lo conoscevo perché mi ero informata sulle evoluzioni di Mareep “Ci sarebbe una cosa che potreste fare, lo farei io di persona ma non me la sento di lasciare Amphy da solo” in effetti aveva proprio l'aria di chi ha visto giorni migliori.
“Ci pensiamo noi, non si preoccupi” Mick era sempre più convinto di quello che diceva, al contrario di me.
La ragazza gli sorrise “Non mi permetterei di chiedervi di andare fino a Fiorlisopoli...” fece con infinita cortesia.
“Non c'è nessun problema, davvero” mi indicò e all'improvviso mi trovai coinvolta in una conversazione a cui non avrei mai voluto prender parte “Lei è un allenatrice e sta collezionando le medaglie di Johto, quindi Fiorlisopoli è una delle sue tappe”
In realtà le mie conoscenze geografiche si fermavano ad un immagine un po' sfocata della cartina della regione.
“Lo faresti, non è troppo disturbo?” mi chiese lei con gli occhi che brillavano di speranza, e chi ero io per infrangere le speranze di quella giovane capopalestra tanto gentile?
Maledetto cugino.
“Tranquilla, nessun problema” sentivo il mio viso che non sapeva qual'era l'espressione giusta da assumere, perché anche se mi sentivo presa per i fondelli e sfruttata dovevo mentire e apparire come se fossi effettivamente felice di aiutare.
La ragazza si alzò e mi si avvicinò “Ti ringrazio infinitamente...”
“Elis”
“Grazie Elis, grazie a tutti e due” sorrise a entrambi, molto più sollevata. Si mosse e prese un taccuino dalla borsetta che aveva abbandonato vicino al Pokémon “A Fiorlisopoli c'è una farmacia, non è difficile da trovare, è l'unica in città. Di' al proprietario che ti manda Jasmine, la capopalestra di Olivinopoli”  scribacchiò sul primo foglio libero alcune frasi e me lo consegnò.
La calligrafia era perfettamente leggibile nonostante avesse scritto in fretta, erano riportati un nome che non avevo mai sentito prima e la sua firma.  
“Ecco, se gli consegni questo sapranno cosa fare”
“Mi servirà del tempo...” balbettai, non avevo ancora idea di come avrei potuto raggiungere Fiorlisopoli, che a quanto ricordavo se ne stava su un isoletta a largo di Olivinopoli.
“Lo so. Mi state già aiutando tantissimo, non voglio mettervi fretta, quindi prendetevi tutto i tempo che vi serve. So che non è un viaggio semplice da affrontare e per questo vi ringrazio”
Lei parlava al plurale perché non poteva sapere che Mick sarebbe partito stasera, lasciando a me tutto il lavoro. Era più o meno questo che volevo evitare, e invece per colpa del mio cugino dal cuore tenero adesso mi sarei dovuta fare carico di una missione che non avrei voluto veder diventare una mia responsabilità.
“Arrivederci Jasmine, cercheremo di fare più in fretta possibile” dissi mettendo in tasca il foglietto, Mihael sembrava voler prolungare i saluti ancora un po', era un'abitudine di famiglia non riuscire a dire un chiaro e conciso “Ciao” e andarsene senza averlo ripetuto almeno venti volte.
Feci la parte della cugina bisbetica e lo spronai a sbrigarsi con un innocente colpo di tosse, per fortuna capì cosa volevo senza che fossi costretta a passare ad altri metodi di convinzione e mi seguì verso l'ascensore.
Avrei voluto sgridarlo, dirgli che non aveva il diritto di coinvolgermi, o almeno tenergli il muso per un po', invece non feci niente, dopotutto stava per partire ed era già agitatissimo anche senza il mio aiuto. Tornammo in città e scegliemmo un posto calmo e fresco dove parlare, mentre eravamo seduti a mangiare un gelato lui continuava a lanciare sguardi verso il mare o all'orologio.
“Ho deciso, accetto di occuparmi del tuo Pokémon” lo presi di sorpresa e per poco non si strozzò con i gelato.
“Davvero?” doveva essere molto felice di sentirmelo dire, aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Aveva già tirato fuori la pokéball di Charmeleon.
“Sì, ti ho detto che ti avrei aiutato e mi sembra un buon modo per farlo. Magari Liz mi tornerà utile, chissà” mi affrettai a prendere la sfera del Pokémon che avevo deciso di scambiare e la misi davanti a lui. “Qui dentro c'è Golbat, non l'ho allenato molto a dire il vero... Spero che sia felice con te” e in un attimo lo scambio era fatto.
Ci fu un momento di silenzio, mi aspettavo che iniziasse con i ringraziamenti a raffica e le lacrime di commozione, invece sospirò e fissò il tavolino.
“Credi che stia facendo la cosa giusta?” chiese ad un tratto.
“Ad affidarmi Liz? Se hai cambiato idea possiamo scambiarli di nuovo. Comunque non faccio poi così schifo come allenatrice...”
“No, non quello. Intendo a partire, non è una pazzia?”
“Certo che lo è!” a giudicare dalla faccia sconfortata che fece non doveva aspettarsi quella risposta, però non avevo ancora finito “Ma credo che questa pazzia sia esattamente quello che ti serve. Sei a un passo dal tipo di avventura che hai sempre voluto, vuoi davvero tirarti indietro adesso?”
“E se avessi fatto tutto per niente? Se arrivo a Sinnoh e sono lo stesso incapace che sono a Johto?” Mi fu chiaro che Mihael stava annegando nelle sue ansie, non poteva essere felice come meritava se prima non si dava una calmata e tornava a galla.
“Non vedo il problema Mick, se vuoi essere più forte allora impegnati per diventarlo, allenati e non arrenderti. Lo so che è più facile pensare che non ce la farai e non provarci neppure, piuttosto che lavorare sodo e vedere che comunque c'è qualcuno pronto a prenderti a calci nel culo. Fidati, lo so bene. Ma Mihael, non puoi vivere nella paura di non essere abbastanza, devi avere coraggio, buttati e se non va come sognavi pazienza, almeno ti sei dato una possibilità. Se resti qui non avrai neppure quella e lo rimpiangerai, perché potevi avere quello che volevi ma ti sei tirato indietro. Adesso basta chiacchiere e finisci il gelato, si sta sciogliendo a vista d'occhio.”
 *    *    *

Il tramonto si avvicinava, così anche l'ora 'X' per il biondino. Per distrarsi mi portò a fare spese, anche se avevo deciso di adottare il look idraulico in infradito durante la mia permanenza a Olivinopoli non potevo viaggiare in ciabatte, ecco perché ero alla ricerca di un paio di scarpe sportive. Grazie a lui che chiedeva indicazioni a chiunque trovammo un negozio sorprendentemente in fretta.
A me non importava un fico secco che le calzature si intonassero al mio outfit, a Mick invece sì e si sentì in dovere di togliermi dalle mani quelle che avevo scelto perché erano rosse e non stavano bene con la mia maglietta arancione. Aspettai con pazienza che lui scegliesse vari modelli e colori e me li sottoponesse, ne provai più di una dozzina prima di trovarne un paio comode ma dall'aspetto resistente. Erano bianche e questo mi fece storcere un po' il naso perché sapevo bene che quel candore sarebbe durato pochissimo ai miei piedi.
Riuscimmo a uscire prima dell'ora di cena perché io ero troppo stanca per contestare le sue scelte e la sua nave sarebbe arrivata a breve.
Tornammo al Pokémon center per lasciare il mie acquisti e prendere la sua roba. Prima di unirmi di nuovo a Mick andai a bussare alla porta della stanza di Silver, speravo che fosse rientrato, allenarsi così a lungo non poteva fare bene né ai suoi Pokémon né a lui.
Sentii dei rumori dietro la porta e poco dopo mi aprì, ero sollevata anche perché non avevo sbagliato porta, non avrei fatto una bella figura. Mise fuori la testa, non mi invitò ad entrare e non chiese niente, aspettò che fossi io a spiegarmi.
“Accompagno Mihael al porto, se vieni poi ci fermiamo a mangiare da qualche parte”
Sbuffò abbastanza sonoramente e si allontanò dalla porta, credevo di doverlo prendere per un rifiuto ma mi stupì, un attimo dopo era fuori con la giacca in mano e il portafoglio in tasca. Non so come avevo fatto a convincerlo, diamine, non sapevo neppure cosa mi era preso per invitarlo, qualsiasi cosa fosse non mi dispiaceva.
Quando Mihael vide che sarebbe venuto anche Sil perse una sfumatura di colore, l'espressione omicida del rosso lo spaventava davvero tanto, cosa che rendeva l'altro stranamente soddisfatto di se stesso.
“Hai preso tutto?”
“Tutto a posto, ho il bagaglio, il biglietto e ho riconsegnato la chiave della stanza all'infermiera” sorrise “E siamo in anticipo”

Arrivammo al porto che ancora mancavano dieci minuti all'arrivo del traghetto, decidemmo che c'era tempo per un ultimo giro turistico e passammo il tempo camminando sulla spiaggia. Fu una passeggiata molto breve, io facevo la scema saltellando sul bagnasciuga, fiera degli schizzi che producevo quando tiravo i calci alle onde, Mick rideva e Silver mi stava molto lontano per non rischiare che lo bagnassi.
Lontano fra le piccole onde apparve un puntino scuro, quando il puntino fu abbastanza vicino da assumere la forma di una nave tornammo al porto, ci sedemmo su un muretto e aspettammo che attraccasse.
I miei occhi si spostarono in alto verso la prua dove, appoggiato a una sottile ringhiera bianca, se ne stava un ragazzo dai capelli scuri, lo notai perché stava agitando una braccio e guardava nella nostra direzione. Anche Mihael se ne accorse e prese a salutarlo con altrettanta energia.
“È lui! È lui!” fece tutto eccitato.
“Lo avevo intuito” intanto il ragazzo era sparito solo per ricomparire qualche minuto dopo davanti a noi.
Era un tipo che rispondeva al mio concetto di 'attraente', aveva dei bei lineamenti non troppo duri, capelli neri e occhi chiari, snello e alto almeno una spanna più di me.
Mi feci passare la cotta-colpo di fulmine e tornai alla realtà dove i bei ragazzi non mi guardano nemmeno per sbaglio e si buttano fra le braccia di mio cugino, eseguendo uno degli abbracci più lunghi a cui avessi mai assistito. Si staccarono dopo un bel po' e si guardavano come se allontanarsi costasse loro molta fatica, erano più affiatati di quanto avessi capito dalle (poche) parole di Mick.
Era bello vederli felici ma sperai comunque con tutta me stessa che il momento delle smancerie fosse finito, era stato abbastanza imbarazzante per me e il rosso osservare il loro ricongiungimento, preferivamo non ripetere l'esperienza.
“André, lei è mia cugina Elis e lui è il suo compagno di viaggio Silver” come avesse fatto a guardarlo e dire il suo nome senza balbettare o svenire era un mistero, forse il suo amico esercitava un effetto benefico su di lui.
 Il ragazzo dagli occhi azzurri ci salutò con la mano, e io ero solo felice che mi avesse presentata come 'Elis' e non come 'Elizaveta'.
“Piacere di conoscervi”
“Piacere mio” in altre circostanze lo avrei accolto con i miei soliti modi rozzi ma stavolta volevo provare a non fare la figura della selvaggia.
Rossino era rimasto a debita distanza e ricambiò il saluto solo con un cenno.
“Mihael, credo che sia meglio andare” Aveva una voce così musicale...
“Giusto. Aspetta solo un attimo” Credevo volesse solo dirmi qualcosa prima di andarsene quindi non fui preparata per uno dei suoi abbracci piega costole. Siccome era l'ultima volta che lo vedevo decisi di smetterla di fare il tronco di legno e ricambiare la stretta.
Pessima idea, lo sentii singhiozzare piano sulla mia spalla, mi strinse ancora più forte, sollevandomi da terra e togliendomi quasi tutto l'ossigeno.
“Grazie” Un altro singhiozzo “GrazieGrazieGrazie” mi lasciò “Sei la migliore, Elli”
Non sapendo cosa dovevo dire feci un sorrisetto scemo e “Chiamami qualche volta”
“Certo, lo farò sicuramente” si asciugò le lacrime “È stato bello averi rivista”
“Vale lo stesso per me”
“Ti voglio bene”
“Anche io”  mi strinse ancora una volta, brevemente, appena sciolse l'abbraccio fece due passi indietro.
“Grazie. Arrivederci” si stava già allontanando.
“Fate buon viaggio!” gli gridai dietro prima che la distanza diventasse troppa.

La nave accese i motori e io non volevo rimanere lì a guardarla allontanarsi come la moglie di un marinaio, mi rivolsi a Silver che aveva aspettato pazientemente poco lontano per tutto quel tempo.
Fu lui a parlarmi per primo appena mi vide avvicinarmi “Forza, io sono venuto con te per il cibo non per la scena lacrimosa”
Risi, mi erano quasi mancate questo genere di frasi “Conosco un bel posto, seguimi”  



Note:
Lo ammetto, ho sfera emozionale di un sasso e in questo capitolo ero molto fuori dalla mia "comfort zone".
Spero che non faccia troppo schifo.

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Capitolo 31
*** A smooth sea never made a skilled sailor ***


Cap31 da rev.
A smooth sea never made a skilled sailor


Quella mattina mi svegliai presto, impiegando tutto il mio impegno per costringermi a lasciare il mio comodo letto, nella mia fresca stanza. Combattendo tutti gli istinti che mi ordinavano di tornarmene a dormire, mi preparai più velocemente che potevo nonostante fosse mattina. Riuscii a lasciare la stanza in un tempo decoroso e mi diressi al molo con una missione ben precisa.
Benché non fosse stata una mia idea ormai avevo fatto una promessa a Jasmine e per mantenerla sarei dovuta partire di lì a poco. Il problema era che non potevo arrivare a Fiorlisopoli a nuoto, non con le mie sole forze almeno, quindi avevo elaborato una strategia.
La mia prima idea era quella di chiedere un passaggio a un pescatore di buon cuore. Idea che purtroppo era stata bocciata dopo ore di ricerche sotto il sole. Sfortunatamente sembrava che nessun pescatore, marinaio o barcaiolo che fosse, avesse la minima intenzione di accompagnarmi. Acque troppo pericolose, dicevano, e non volevano rischiare lo scafo per una ragazzina che non poteva neppure pagare i danni. Anzi, una ragazzina che non avrebbe potuto pagare e basta.
Il piano di riserva, al quale avrei preferito non ricorrere, consisteva invece nel cercarmi un Pokémon acquatico e farmi aiutare da quello ad attraversare il tratto di mare. Sembrava fattibile, almeno in teoria, sicuramente sarebbe stato faticoso e una gran rottura.
Avevo dovuto fare gli occhi da cucciolo a un pescatore per estorcergli qualche informazione su dove trovare il Pokémon giusto, perché quando ci avevo provato da sola ad avventurarmi sugli scogli con una misera canna da pesca e tanta buona volontà non avevo ottenuto molto. Solo uno stupido Krabby e un principio di disidratazione.

Quindi eccomi qui, su una barca a remi grande quanto una canoa a largo di Olivinopoli armata di retino, esche e pokéball.
Avevo avuto la buona idea di comprarmi un cappello di paglia munito di tesa, sperando che potesse salvare il mio povero cervello da una lenta cottura, e della crema solare che visto il mio abbigliamento (avevo deciso di mettermi in costume da bagno) mi sarebbe servita.
Con il mio basso livello di pazienza la carriera del pescatore non faceva proprio per me, e un po' per la noia, un po' per il caldo iniziai addirittura una discussione a voce alta con me stessa su quanto mi avrebbe fatto comodo avere le branchie. Stringevo la canna da pesca con una mano e mezzo, perché con un paio di dita tenevo una sfera vuota, pronta a lanciarla appena qualcosa di buono avesse abboccato.  
Ero a caccia da ore e avevo trovato solo un paio di Tentacol e anche troppi Magikarp.
Mi dissi che con tutta probabilità non avrei visto niente di interessante ancora per un bel po' di tempo, quindi misi la borsetta con i miei pochi averi sotto l'asse di legno su cui ero seduta, lasciando fuori solo le ball vuote di riserva e quella dell'unico mio Pokémon che avevo portato con me. Mi sdraiai a prendere il sole con un lungo sbuffo annoiato, usando il cappello per coprirmi gli occhi.
Riuscii a starmene ferma con il cappello sulla faccia solo per poco prima di stufarmi dell'immobilità, presi il pokegear, selezionai il numero che avevo ottenuto solo la sera prima e lo misi all'orecchio. Nessuno aveva ancora risposto ma io già parlottavo fra me e me “Fa caldo. Mi annoio. Fa tanto caldo. E io sono su una zattera fatta di stuzzicadenti e sogni infranti, che sta a galla per grazia divina.”
“Chi parla?” fece la voce dall'altro capo del telefono. Silver non mi avrebbe dato il suo numero nemmeno sotto tortura, quindi me lo ero preso di nascosto appena aveva lasciato il cellulare incustodito.
“Sono quasi nuda e in mezzo al mareee” e risi sguaiatamente della traumatizzante immagine che gli avevo appena regalato. Non incolpai il caldo per la stupidaggine che avevo appena detto, anche se la mia attuale temperatura corporea fosse stata sotto i quaranta gradi lo avrei detto lo stesso, perché volevo dargli fastidio e quella era la prima cosa che mi era passata per la testa.
Lo sentii sospirare e me lo immaginai che si stringeva l'attaccatura del naso fra il pollice e l'indice e chiudeva gli occhi, gesti che faceva molto spesso quando era in mia compagnia.
“Come hai avuto il mio numero” Bella mossa tralasciare l'enorme cavolata (una delle tante per la verità) che mi era uscita dalla bocca.
“L'ho rubato ieri sera, sono stata un ninja”  Ero una creatura molesta e scocciante che si intratteneva con l'irritazione degli altri “Devo dirti una cosa” tornai seria per un attimo “Ieri ho accidentalmente accettato di aiutare la capopalestra di Olivinopoli con il Pokémon ammalato”
Lui sbuffò ma a parte questo non mi interruppe.
“È stata colpa di mio cugino, mi ha praticamente incastrato. Sono stata incaricata di andare a Fiorlisopoli per prendere una medicina che vendono solo lì. Comunque non è una cosa totalmente negativa, anche a Fiorlisopoli c'è una palestra quindi credo che sarebbe stata una delle nostre tappe in ogni caso... Non so quanto ti possa interessare, te lo dico perché se vuoi venire con me ti servirà un Pokémon acquatico ben allenato” pensai al suo Croconaw e aggiunsi “E che non morda” La canna si mosse fra le mie mani e lanciai un gridolino sorpreso.
“Silver? Non so neppure se ci sei ancora, e adesso non posso controllare se hai riattaccato oppure no, comunque ti saluto” qualsiasi cosa avesse abboccato doveva essere molto grosso perché mi stava letteralmente trascinando fuori dalla barchetta.
Puntai i piedi e strinsi il pokegear fra la guancia e la spalla così da liberare la mano “Se stasera non sono ancora tornata potresti farmi il favore di chiamare una squadra di soccorso marino? Grazie” dissi in fretta e furia, prima di lasciare che l'oggetto scivolasse dalla mia presa e cadesse sul legno.
Afferrai la canna da pesca ancora più saldamente notando che adesso la mia preda stava spostando l'intera barca con la sua forza. Con uno scatto aprii la ball di Sneasel, il quale apparve accanto a me con un'espressione molto confusa.
La lenza era tirata come la corda di un violino, la vedevo muoversi velocemente dove si immergeva nell'acqua ma dalla mia posizione non riuscivo a capire cosa si fosse ingoiato la mia esca.
Cercai di tirare con tutta la forza che avevo, che non era molta, non ero una sportiva e da quando ero partita ero stata troppo impegnata a sopravvivere per mettermi ad allenare i bicipiti. Sicuramente era troppo forte per essere un Tentacol o un Krabby, sperai che non fosse un Magikarp sotto steroidi o avrei potuto mettermi a urlare dalla disperazione. Avevo già pronta la sfera vuota e cercavo di non farmela sfuggire anche se era una vera impresa.
Cercai di riavvolgere la lenza e la sentivo muoversi sempre più veloce ad ogni giro che riusciva a fare il mulinello.
“Sneasel, riesci a vederlo?” il Pokémon si avvicinò al bordo e lanciò uno sguardo curioso sotto di se, poi si aggrappò al legno e infilò la testa sott'acqua, quando riemerse si voltò verso di me annuendo soddisfatto.
“Benissimo, credi di riuscire a colpirlo?” non era facile parlare mentre cercavo di non farmi strappare l'attrezzatura da pesca dalle mani.
La risposta di Sneasel non mi fu possibile vederla perché proprio mentre stava per farmi un cenno venni sorpresa da uno strattone molto più forte degli altri. Con un urlo più acuto di quanto avessi mai fatto venni sbalzata in acqua.
Non mollai comunque la presa né sul manico della canna né sulla sfera vuota, nonostante mi facessero male i muscoli delle braccia e delle spalle. Non ero caduta molto lontana dalla barca ma sentivo il Pokémon muoversi e sapevo che era solo questione di secondi prima che decidesse di ripartire a tutta velocità. Sneasel mi guardava sorpreso e un po' spaventato allo stesso tempo, indeciso se tuffarsi o no e in attesa di un ordine.
“Puoi colpirlo?” ripetei e stavolta quello annuì all'istante “Bene, fallo e per favore cerca di non fare male a me”
Sneasel si tuffò e io non potevo più vedere quello che stava facendo, tanto meno aiutarlo, dovevo pensare al mio braccio, che era ancora attaccato alla canna e veniva agitato a destra e a sinistra dal Pokémon, e a tenere la testa fuori dall'acqua. Capii che doveva aver usato ventogelato quando dei blocchi di ghiaccio mi galleggiarono accanto.
Non so che attacco usò il mio compagno per ottenere quell'effetto, senza nessun preavviso un gigantesco Pokémon acquatico dotato di ali schizzò fuori dall'acqua, veloce come un missile e stranamente aggraziato per la sua mole. Volò, sì perché dire che saltò non rende bene l'idea, sopra la mia testa con una forza tale che i ruoli si invertirono e fu lui a pescare me. Venni tirata su e prima che potessi fare niente se non spaventarmi a morte ero immersa solo fino alle ginocchia e lo guardavo come se fosse un'aquilone. Non gli lasciai il tempo di tornare giù e nascondersi di nuovo fra le onde e gli lanciai la pokeball. Feci in tempo a vedere la sfera che lo colpiva sulla pancia e si apriva, poi cominciai a cadere, chiusi gli occhi all'istante per evitare che l'acqua salata li irritasse.
Quando riemersi ero disorientata ma trovare un punto di riferimento fu facile per fortuna.
Sneasel nuotava vicino a dove la pokéball con dentro il nuovo Pokémon galleggiava, tremava e luccicava ancora, segno che non lo avevo ancora catturato.
Non persi tempo e nuotai verso la barca per prendere un'altra sfera nel caso si fosse liberato, mi sporsi appena oltre il bordo e cercai a tentoni quello che mi serviva senza risalire sull'imbarcazione e senza farla rovesciare.
Sentii uno schiocco, in un lampo di luce la sfera si aprì e quello si liberò. Io però ero pronta.
“Sneasel, ventogelato” l'attacco colpì il Pokémon marino, che venne ricoperto da uno strato di ghiaccio di spessore variabile, impedendogli la fuga
“Bene, ora usa finta” Il mio compare eseguì e io mi tenni pronta per la seconda pokéball, tirai il braccio fuori dall'acqua e cercai di stabilizzarmi, presi la mira e lanciai. Ero abbastanza vicino e non sbagliai il colpo, mi misi in attesa ma stavolta non successe niente, la sfera galleggiava statica fra le onde, ce l'avevo fatta.
Ululai di gioia e sollevai le mani al cielo, risi soddisfatta ma fui costretta a smettere perché l'acqua salata che stava entrando in bocca era un po' troppa per essere ignorata. Andai a prendere la sfera e tornai alla barca insieme a Sneasel, lo aiutai a salire prima di arrampicarmi a mia volta facendo attenzione che non si capovolgesse. Una volta a bordo riposi tutti gli oggetti che avevo sparpagliato sul fondo nella borsa, stando attenta a non bagnarli troppo, afferrai i remi e partii in direzione della costa.

In città mi infilai in uno dei bar sulla spiaggia e pranzai (anche se l'ora di pranzo era già passata) con una granita formato famiglia, sotto gli occhi un po' disgustati di Silver che ancora mi odiava per essermi impossessata del suo numero di pokegear e per quell'imbarazzante telefonata. Adesso potevo contattarlo quando volevo, per me era un vantaggio mentre per lui era tutto il contrario.
“Faceva un caldo tremendo, credo di essermi bollita i neuroni” la cosa positiva di trovarsi in un locale vicino al mare era che potevo starmene in bikini senza che nessuno ci facesse caso, non ero neppure l'unica in déshabillé.
“Lo sospettavo” ero sollevata di vedere che anche lui si fosse tolto degli strati di vestiario, se avesse continuato ad indossare quella felpa temevo che sarebbe andato in autocombustione.
“Almeno non ho sofferto per niente, ho catturato un Pokémon nuovo, non so ancora come si chiama...” sorrisi tutta contenta, avevo il permesso di vantarmi un po' dopo tutta la fatica che avevo fatto, no? “è enorme, credo che userò quello per andare a Fiorlisopoli”
Mi appoggiai il bicchiere di granita sulla fronte “A proposito, mi stavi ascoltando stamattina o hai riattaccato a metà discorso?”
Mi guardò male “Purtroppo sono rimasto in linea fino alla fine”
Ridacchiai “Mi sorprendi. Comunque, vieni a Fiorlisopoli con me o no?” una parte di me sperava che accettasse, anche se era un compagno di viaggio molto silenzioso e un po' scorbutico preferivo viaggiare con lui che da sola.
“È davvero possibile arrivarci a nuoto?” sembrava scettico.
“Jasmine e i pescatori che ho infastidito stamattina mi hanno detto di sì. Gli allenatori usano Pokémon acquatici ma ho sentito che c'è anche qualche nuotatore molto in forma che ci arriva con la sola forza delle sue bracciate”
“D'accordo” lo disse come se avesse faticato molto per decidere, incrociò le braccia al petto “Data di partenza?”
“Domani se va bene anche per te. Credo che la scelta migliore sia partire molto presto, all'alba, non so quanto durerà il viaggio ma dobbiamo assolutamente evitare di trovarci ancora in mare quando calerà la notte”
Sbuffò “Per ovvi motivi”
“Già” mi accigliai “Non fare il saputello”
“Ma senti chi parla” e forse avevo davvero i neuroni arrostiti ma mi sembrò divertito.
Finii il mio insolito pranzo e feci per alzarmi quando mi ricordai una cosa “Hai un costume da bagno?” chiesi “Perché se la risposta è no ti consiglio di comprartene uno”
Sil sembrò scocciato e questo mi fece pensare che in effetti non lo avesse, oppure era solo infastidito dal mio mettere il naso nella sua privacy.
“Bene, io vado a fare un bagno al mare prima di tornare al centro Pokémon a prepararmi, tu fa pure quello che preferisci”
“Hn” ero abituata a questo genere di 'risposte'.
“Però incontriamoci per cena, così elaboriamo la partenza nei dettagli mentre mangiamo” dopodiché sfoderai la mia miglior faccia di culo con tanto di ghigno da furfante e dissi “Ti chiamo” e fuggii via ridendo prima che potesse lanciarmi qualcosa per abbattermi.

*     *     *

L'alba arrivò troppo presto. Era servito a poco mettersi a letto prima del solito perché non ero riuscita ad addormentarmi fino a tarda notte, tutta colpa del caldo, mi sembrava di sudare lava. Quando la sveglia suonò fu come se mi fossi appena coricata, e forse non mi sbagliavo del tutto perché ero quasi sicura di non aver dormito più di cinque ore.
Andai in bagno muovendomi come uno zombie e mi lavai la faccia con l'acqua fredda sperando che mi svegliasse e che mi facesse sgonfiare gli occhi quanto bastava per non somigliare ad una rana. Mi vestii e raccolsi tutta la mia roba in un tempo accettabile nonostante il mal di testa e mi diressi al piano inferiore. Fortuna che Silver non si fece attendere o rischiavo di addormentarmi in piedi.
Insieme raggiungemmo la spiaggia che, a seguito di lunghi studi della cartina, avevamo selezionato come la più adatta per la partenza. Sil fece uscire Murkrow dalla sua ball come da piano, il compito dell'uccellaccio era quello di svolazzare a poca distanza da noi tenendo i nostri zaini lontani dall'acqua.
Mi spogliai, tenendo solo la cintura con le pokeball a tracolla e controllai che il mio modesto bagaglio fosse ben chiuso prima di affidarlo a Murkrow. Andai sul bagnasciuga e guardai una piccola onda avvicinarsi, mi preparai mentalmente all'impatto con l'acqua gelida. Mi bastò bagnarmi le dita dei piedi per rabbrividire fino alle ossa, saltai all'asciutto all'istante.
“Ci ho ripensato, rubiamo una barca”
Mi rivolse ancora una volta lo sguardo da basta-stronzate.
“Va bene, va bene” e feci un passo avanti strozzando un lamento “Adesso spogliati ed entra anche tu grand'uomo, è facile giudicare da quella posizione!” trattenendo il fiato e muovendomi mezzo millimetro al secondo ero arrivata dove l'acqua mi superava appena le caviglie.
Mentre si toglieva la maglietta non potei proprio evitare di canticchiare una musichetta da spogliarello. Non commentò e mi lasciò fare l'idiota, rassegnato. Quando fu pronto si avvicinò al bagnasciuga e anche se lo nascose bene potei comunque vedere che la sua reazione al freddo non era stata troppo diversa dalla mia.
Io ero riuscita ad entrare fino alle ginocchia quindi mi potevo permettere di guardarlo con superiorità mentre avanzavo ulteriormente “Soffri plebeo”
“Sta. Zitta.” scandì, e io risi per niente intimidita.
“Osserva la vera forza” sorrisi, spalancai le braccia e mi lasciai cadere all'indietro, cercando di generare più schizzi possibili, ovviamente.
Quando riemersi lui era arretrato parecchio, la bocca semiaperta e puro odio nei suoi occhi. Sì, l'avevo bagnato.
“Lo giuro, oggi ti affogo”
Liberai il mio nuovo Pokémon, un Mantine diceva il pokédex, che sguazzò felice di trovarsi di nuovo in mare. Spiegai anche a lui il piano per arrivare alla città e fui molto sollevata nel vedere che era disposto ad aiutarmi. Staccai i piedi dal fondo e nuotai ancora un po' più lontano dove l'acqua era più alta di me, speravo che muovermi un po' avrebbe aiutato a scaldarmi e a distrarmi dal dolore provocato dall'acqua salata sui miei graffi.
Silver, ancora arrabbiato e molto vicino alla riva, aveva liberato Croconaw “Sbrigati, non è poi così tremendo” lo incoraggia ma non suonai molto convincente perché stavo battendo i denti.
Il suo Pokémon mi raggiunse mentre anche lui faceva qualche piccolo passo avanti “Sei freddoloso, eh?” Mi fulminò “Lo prendo per un sì”
Aspettai con pazienza che riuscisse a entrare in acqua completamente, non appena mi fu vicino sogghignai divertita e dissi “Debole”
Lui mi mise una mano sulla spalla e spinse verso il basso, non ebbi il tempo di chiudere la bocca o prendere fiato che ero con la testa completamente sommersa. Tornai su sputacchiando e tossendo, mi tolsi i capelli dalla faccia e mi stropicciai gli occhi.
“La prossima volta mi impegnerò per non farti riemergere” si aggrappò a Croconaw e insieme nuotarono via.
“Sei una pessima persona” allungai una mano verso Mantine che dovette intuire cosa volevo fare e si posizionò in modo che fossi quasi sopra di lui “E aspettami! Andiamo Mantine”

I pescatori avevano ragione: non erano acque affatto sicure per una barca, ogni poco passavamo vicino a degli scoglio più o meno appuntiti, alcuni visibili mentre altri erano sommersi. In compenso erano proprio questi scogli che ci avrebbero portato sulla via giusta, o così ci avevano detto, secondo le loro indicazioni i percorsi 40 e 41 erano disseminati di rocce e seguendoli procedendo verso sud saremo riusciti ad incontrare delle isole rocciose, una volta viste le isolette avremmo dovuto cambiare direzione e andare verso ovest.
Il sole sorse quando noi eravamo già in acqua e verso le nove era già fastidioso, soprattutto per colpa del riflesso dell'acqua, tutto quel luccichio mi stava facendo impazzire. Dovevo immergere la testa a intervalli regolari per raffreddare il cranio, a differenza del giorno precedente non avevo il cappello. Non fummo in grado di vedere le isolette fino a tarda mattinata.
“Ti prego fermiamoci” dissi implorante, sospettavo che se fosse stato da solo lui avrebbe continuato fino a Fiorlisopoli senza sosta, cosa molto masochista e possibilmente dannosa per chiunque.
Lo sentii soffiare ma annuì “Arriviamo a quella roccia” e indicò uno scoglio molto più grande degli altri, sembrava un buon posto per fermarsi, potevo vedere anche delle piccole zone d'ombra.
Lascia andare Mantine quando arrivammo vicino, proseguii a nuoto per qualche metro e successivamente a piedi. Facendo moltissima attenzione a non scivolare mi diressi verso il frammento ombreggiato e notai con piacere che non aveva l'aria troppo scomoda. Mi sedetti e Silver mi raggiunse portando gli zaini, mi lanciò il mio prima di sistemarsi vicino a me.
Presi del cibo per Pokémon e tornai da Mantine per dargli da mangiare prima di rimettermi all'ombra e chiudere gli occhi.
“Non ti addormentare, non voglio fermarmi troppo”
“Stai tranquillo. Non siamo neppure in ritardo, anzi prevedevamo di arrivare alle isole più tardi”
“Meglio così, non mi va di stare immerso tutta la giornata”
“Va bene, hai ragione” frugai nello zaino e tirai fuori quello che sarebbe dovuto essere il mio pasto “Finisco e ripartiamo” azzannai un lato del mio sandwich.
Quando deglutii l'ultimo boccone rimasi molto delusa, non era stato sufficiente a placare il mio appetito ma non avevo nient'altro da mangiare. Rimisi tutto a posto, affidai nuovamente lo zaino a Murkrow, il quale sembrava riposato dopo la pausa, e camminai verso l'acqua. Stavolta mi sembrò più facile entrare, forse perché adesso faceva caldo al contrario di stamattina.

Viaggiare in mare non era un'esperienza che apprezzavo, ormai ero arrivata a questa conclusione, trovarmi senza punti di riferimento non mi piaceva. Ovunque guardassi vedevo sempre e solo blu (distinguibile in quello del mare e quello del cielo). Mi metteva ansia, ogni volta che giravo la testa mi sentivo più angosciata da tutta quell'acqua. La cosa peggiore era rendendosi conto che se avessimo sbagliato direzione non ce ne saremmo mai accorti e ci saremmo persi finendo chissà dove come dei naufraghi.
Sentii Silver fare uno strano gemito, mi voltai di scatto e il mio cuore raddoppiò la velocità (come se non stesse già battendo abbastanza veloce per colpa dell'ansia), si era allontanato da Croconaw e guardava l'acqua sotto di se.
“Che c'è?” chiesi abbastanza allarmata. Non rispose, cosa che peggiorò il mio stato, anche lui era visibilmente agitato. Ordinò qualcosa al suo Pokémon e venne verso di me.
O almeno questa era la sua intenzione perché prima di raggiungermi si bloccò e fece lo stesso verso di poco prima. Il suo volto si contorse in una smorfia di dolore e mi guardò preoccupato, poi vene strattonato verso il basso, sparendo con qualche zampillo. Croconaw si era immerso a sua volta e io ero ancora più impaurita ma non potevo starmene senza non fare niente.
“Seguiamoli Mantine” respirai profondamente e una volta sotto la superficie dell'acqua cercai di aprire gli occhi. Non era affatto piacevole, bruciavano e non riuscivo a vedere distintamente, riconoscevo solo figure sfocate e qualche colore.
Nonostante la scarsa visuale riconobbi comunque un branco di Tentacol e Croconaw che attaccava quelli che avevano afferrato il suo allenatore, il quale si agitava per liberarsi. Lo indicai a Mantine che partì e grazie alla sua agilità raggiungemmo Sil in un attimo, appena fummo abbastanza vicini lo afferrai per un braccio. Stavo per trascinarlo su ma un'altro Tentacool me lo impedì, avvolgendosi intorno alla mia coscia. Una manciata di bollicine uscì dalla mia bocca a causa del contatto improvviso con quel corpo freddo e viscido. Iniziai ad agitare la gamba per liberarmene ma lui strinse ancora di più la presa. Lasciai Manine e il braccio di Silver e usai le mani per costringerlo a staccarsi. 
Iniziava a mancarmi l'aria, ogni sforzo che facevo era reso doppiamente faticoso. Mi feci forza e mi concentrai sui tentacoli del Pokémon, ne agguantai uno per la sua estremità, assicurandomi di stringerlo molto forte per evitare che scivolasse via. Con un paio di mosse sgraziate e un pizzico di forza bruta riuscii a slegarlo parzialmente, e adesso che avevo capito quale fosse la tecnica giusta ci misi un attimo a
liberarmi del tutto e ancor meno a mollargli un calcio per renderlo inoffensivo. 
Con le ultime reserve di ossigeno mi aggrappai nuovamente a Mantine (che non si era mosso, probabilmente non aveva nemmeno capito che cosa stavo facendo), presi la mano di Silver e tirai. Il ragazzo scivolò dalla presa del Tentacool dopo pochi strattoni, e fu un bene perchè la mancanza di aria si stava facendo insopportabile.
Feci un segno al mio Pokémon e tornammo su velocemente.
Inspirai rumorosamente, e annaspai in cerca di aria, non credevo che respirare potesse essere così piacevole, dopo essere stati in apnea forzata l'ossigeno assumeva un buon sapore. 
Mi stropicciai gli occhi e mi tolsi i capelli dalla faccia, una parte di me già stava festeggiando lo scampato pericolo ma c'era che qualcosa non andava. 
Non avevo ancora lasciato andare Rossino, e cosa molto anomala, lui non aveva protestato in alcon modo. Lo guardai ed ebbi l'impressione che a malapena riuscisse a stare a galla. Sentii il cuore saltare un battito e poi ripartire a velocità raddoppiata.

Silver ansimava e tossiva, teneva la testa leggermente piegata quindi non riuscivo a vedere la sua espressione, e lasciare tutto quello spazio alla mia immaginazione non fu un bene. Lo fissai terrorizzata, non riuscivo a capire cosa gli stava succedendo. Ovviamente stava male ed io non sapevo cosa dovevo fare per aiutarlo.
Gli passai un braccio intorno alla schiena per tenerlo fuori dall'acqua, mi importava davvero poco se eravamo molto vicini e molto scomodi, soprattutto io che dovevo sorreggere entrambi aggrappandomi a Mantine con un solo arto.
Il suo petto era ancora scosso da spasmi e sembrava combattere per tenere l'aria nei polmoni per più di qualche secondo. Volevo chiedergli qualcosa, volevo che mi parlasse e mi dicesse che era tutto a posto. Ma in quel momento non ci riuscii a farlo e continuai a guardarlo con gli occhi spalancati e le labbra che tremavano per la paura.
“Allontaniamoci” ordinai appena vidi che anche il Pokémon di Silver era riemerso. Mantine eseguì e iniziò a trascinarci. Sil non opponeva nessuna resistenza, anzi, si stava aggrappando a me che a mia volta ero attaccata alla mia manta gigante. Si stava facendo aiutare da me senza neppure provare a insultarmi, mi preoccupai ancora di più (e non credevo che fosse possibile).
Qualcosa di molliccio mi sfiorò il polpaccio e ritrassi la gamba all'istante, d'istinto strinsi Silver ancora più forte. S
apevo per esperienza che non potevo permettere che la paura mi mandasse nel pallone, dovevo restare lucida e ragionare, di solito ci riuscivo ma adesso era più complicato che mai e avevo capito il motivo. Respirai lentamente per calmarmi e chiamai Croconaw.
“Croconaw immergiti, credo che i Tentacool ci abbiano seguito”
Mi obbedì e poco dopo sentii l'acqua sotto di me che si muoveva in modo innaturale, non sapevo dire se fosse per colpa dei Tentacool o di Croconaw, tanto meno di che tipo di attacco si trattasse. Quello che ero quasi sicura fosse un tentacolo si attorcigliò debolmente alla mia caviglia
e prima che la stretta potesse farsi più salda usai l'altro piede per liberarmi dalla viscida presa.
All'improvviso Silver gemette di dolore e mi stritolò, conficcando le unghie nella mia carne, mi lamentai a mia volta. Intuii che qualcosa doveva averlo colpito ma non avevo modo di capire di cosa si trattasse, capii però che dovevamo andarcene in fretta. Non persi altro tempo.
“Mantine più veloce!” e quando tornò a a galla urlai lo stesso ordine a Croconaw. Mi guardai introno e non vidi altro che scogli, il mio compagno intanto tremava e anche se non aveva una bella cera stava cercando di aggrapparsi al mio Pokémon e tenere la testa fuori dall'acqua con le sue forze, la cosa mi rincuorò ma non lasciai la presa su di lui.
Fortuna che tutte le varie sventure e imprevisti che mi capitavano continuamente mi avevano insegnato a pensare in fretta, almeno c'era un lato positivo. Vidi uno scoglio avvicinarsi e fu quello a darmi un'idea.
“Verso quella roccia, veloce” fece come avevo detto e mi posizionai in modo da sentire la roccia con i piedi prima che con il resto del corpo, dovevamo essere svelti se non volevamo essere attaccati.
Ci avvicinavamo sempre di più “Mantine, fermati non appena te lo dico. Silver, tu stai pronto che dobbiamo tornare sulla terra ferma per un po', ok?”
Sbattei le dita contro la roccia e mi morsi il labbro per non lamentarmi, feci atterrare anche il secondo piede e mi concentrai sul trovare l'equilibrio prima di ordinare a Mantine di fermarsi. Appena ci riuscii lascia la presa sul Pokémon e mi alzai sulle mie gambe, l'acqua mi arrivava poco sopra la vita ma le onde rendevano difficile mantenermi stabile.
Afferrai il polso di Sil “Andiamo” camminammo in precario equilibrio sulla roccia, cercando di avanzare più svelti possibile ma era un lavoro duro, scivolare era anche troppo facile e avrebbe significato farsi parecchio male a giudicare dall'aspetto del fondale.
Rossino era dolorante e camminava leggermente curvo e zoppicando un po', non potevo aiutarlo, non ero abbastanza forte per prenderlo sulle spalle e il massimo che potevo fare era dargli una mano se rischiava di perdere l'equilibrio, aspettarlo e non fare l'egoista come mio solito. Mantine ci seguì finché l'acqua non fu troppo bassa per lui, a quel punto decisi di farlo rientrare nella pokéball.
Eravamo stati abbastanza veloci quindi i Tentacool ci raggiunsero solo quando ormai eravamo all'asciutto e abbastanza lontani dal mare. Erano un piccolo gruppo, forse una dozzina, e tutti ci guardavano storto, ero già stata squadrata in modo analogo da altre specie di Pokémon. L'unica differenza era che stavolta avevo un piano per uscirne illesa, circa, perché era un tantino pericoloso come piano e Silver era già stato colpito.
Mi avvicinai a loro stando attenta a tenermi a distanza dall'acqua, presi una delle mie sfere e feci uscire Mareep.
“Mareep, usa tuonoshock su uno dei Tentacool” la coda del mio Pokémon si illuminò mentre raccoglieva energia, poi lanciò una scarica elettrica che invece di colpirne uno solo si propagò sull'acqua come avevo previsto.
“Brava Mareep, di nuovo” con quest'ultima scarica molti dei nostri avversari erano andati KO, gli altri erano scappati veloci come il vento dopo aver visto chi comandava davvero. Alzai il pugno in segno di vittoria, un'esultanza modesta che non era esattamente da me, ritirai Mareep e tornai da Silver e Croconaw (e Murkrow, che ci aveva appena raggiunti).
“Non sono poi così scarsa” mi auto elogiai “Tu come stai?” mi avvicinai per controllarlo ma lui si ritrasse di scatto.
“Bene” tagliò corto. Silver di solito era un bravo bugiardo, ma stavolta non mi ci volle molto per accorgermi che mentiva. Non avevo ancora capito con esattezza cosa gli avessero fatto i Tentacool, ero solo sicura che ovunque lo avessero colpito doveva fargli male. In ogni caso però stava in piedi e riusciva a parlare quindi poteva non essere grave.
“Comunque ho una buona notizia” Sorrisi e indicai l'orizzonte, dove si vedeva chiaramente il profilo scuro e inconfondibile della terraferma.
“Meglio così” fece un cenno a Croconaw e camminarono insieme fino alla fine dello scoglio “Hai avuto buona idea, elettro batte acqua”
-È un complimento questo?-
“G-g-grazie?” ero così poco abituata a questo genere di conversazioni che non sapevo come comportarmi e cosa dire.
“Però avresti potuto fartela venire anche più in fretta.” ecco, questo genere di frasi mi erano molto più familiari.
Sbuffai “Scusa. Ero nel panico, è successo tutto così velocemente...” liberai nuovamente Mantine e li seguimmo in mare “Comunque alla fine è andata bene, no? Adesso cerchiamo di arrivare a Fiorlisopoli senza incidenti”
Annuì e in un attimo eravamo di nuovo in movimento.



Note:
Qui lo dico e qui lo nego: io questi due idioti li amo.
Alla prossima *Baci*

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Capitolo 32
*** Tu non sei più tu ***


32 da rev
Tu non sei più tu


Anche se Silver mi aveva detto che stava bene non potevo fare a meno di lanciargli sguardi furtivi per controllarlo. Avevo paura che svenisse e scivolasse in acqua mentre non guardavo, con conseguente annegamento, di cui mi sarei accorta sicuramente troppo tardi, quando ormai il suo corpo giaceva sul fondo del mare.
Sì, l'ansia era tornata e il mio cervello si divertiva a torturarmi facendomi visualizzare gli scenari peggiori. La mia testa era proprio un posto divertente.
“Piantala” brontolò roteando gli occhi
“Dove? Di fare cosa?” dovevo essermi persa qualcosa mentre discutevo con la mia psiche.
“Di guardarmi in quel modo”
-Di preoccuparmi per la tua salute? No, ormai sono in modalità 'rompiscatole apprensiva' e non posso disattivarla-
Sbuffai “Mi sto solo assicurando che non ti succeda niente”
“Non ce n'è bisogno, mi sembrava di avertelo detto” sembrava quasi offeso.
“Sì, e mi hai anche detto di stare bene un secondo prima di zoppicare via. Non offenderti ma non mi fido troppo delle tue parole al momento” gesticolai “Lasciami fare” non fu molto felice della mia risposta ma era pressoché l'unica che avevo, avrebbe dovuto accontentarsi.
“Mi dai fastidio”
“Come sempre, no?”  risi.
La terra si avvicinava sempre di più, adesso viaggiavamo a velocità sostenuta, eravamo impazienti di tornare a camminare sulle nostre gambe. L'acqua mi aveva davvero stancato, dopo quasi un'intera giornata passata in mare ero contenta di sapere che presto avrei potuto tornare nel mio habitat.
“Non vedo l'ora di arrivare” avevo un largo sorriso stampato in faccia, finalmente riuscivo a vedere Fiorlisopoli in lontananza.
Il fatto che non avessi ricevuto nessuna risposta era abbastanza normale, soprattutto conoscendo la loquacità di Sil. Mi voltai lo stesso per guardarlo un po' agitata. Il suo Croconaw nuotava tranquillo, il suo allenatore era visibilmente stanco ma ancora sveglio e irritato dal mio comportamento.
“Guarda!” e indicai verso la città.
“Evviva” sbuffò senza entusiasmo, scuotendo la testa.

Richiamai Mantine all'interno della sua ball appena l'acqua fu abbastanza bassa da permettermi di toccare i piedi a terra. Avrei voluto mettermi a correre, uscire e andare a cercare un posto per lavarmi, mangiare e dormire, o anche solo sgranchirmi le gambe.
Silver fece lo stesso con Croconaw e ci avviammo verso la riva. Io mi rifiutai di perderlo d'occhio nonostante le sue minacce, quindi fu costretto a camminare al mio fianco. Dovevamo essere buffi da guardare, io che non riuscivo a tenere gli arti inferiori fermi e saltellavo a destra e a sinistra, e lui che mi fissava con la faccia da killer più seria che gli avessi mai visto. Fortuna che in questa città c'era poca gente a godersi il nostro spettacolo.
Ci fermammo sulla spiaggia per rivestirci prima di entrare in città, riprendemmo i nostri zaini accordando a Murkrow un po' di riposo. Il costume bagnato sotto i vestiti era fastidioso come poche altre cose su questa terra ma se ero fortunata non avrei dovuto sopportarlo a lungo.
Fiorlisopoli era più piccola Olivinopoli e molto più carina a mio avviso. Le abitazioni erano costruite poco lontano dalla grande spiaggia bianca e la città sembrava arrampicarsi sul fianco di una collina rocciosa.
Prima ancora di raggiungere la strada Silver era già rimasto indietro, camminava lento e ogni passo che riusciva a fare senza perdere l'equilibrio mi sembrava un miracolo.
“Va tutto bene?”
Aveva cominciato ad annuire velocemente molto prima che pronunciassi l'ultima sillaba “Vuoi una mano?” anche se sinceramente non avrei proprio saputo come potevo aiutarlo.
“No”
Cercai di rallentare e lasciare che decidesse lui il passo da tenere. Non potevo fare altro, e anche se avessi potuto probabilmente non me lo avrebbe permesso. Chiesi indicazioni per il centro Pokémon anche se trovarlo sarebbe stato semplice anche senza, volevo evitarle di farlo muovere più del necessario, avevo notato che stava peggio di quanto avevo calcolato poco prima. Speravo di essermelo immaginato ma non era così. Avevamo percorso forse duecento metri dalla spiaggia e si muoveva con più difficoltà.
Non gli dissi niente per rispetto al suo orgoglio, inoltre doveva essere anche piuttosto nervoso e irritabile al momento, meglio evitare di peggiorare il suo umore. Ero sicura che lo avesse notato anche lui ma non si era lamentato. Teneva la mano premuta sul fianco destro e barcollava, era evidente che camminare gli provocava dolore.
Quando finalmente entrammo nel Pokémon center fui io la prima a tirare un sospiro di sollievo. Mi diressi al bancone svelta e domandai se potevo parlare con un'infermiera. Silver si teneva a distanza, non capendo cosa avevo in mente, per fortuna, perché probabilmente mi avrebbe fermato.
Una donna di mezza età mi venne incontro “Chi ha richiesto di vedere un'infermiera?”
“Io” e alzai la mano. Mi pentii subito perché con quel gesto attirai l'attenzione di Sil, che si avvicinò lentamente.
“Cosa posso fare per te?” fece gentile
Il rosso fece una smorfia e iniziò a parlare “Nie-” fece in tempo a dire prima che gli tappassi la bocca.
“Siamo stati aggrediti da dei Tentacool, il mio amico è stato colpito ma non so bene da che attacco. Potrebbe dargli un'occhiata” lo dissi tutto d'un fiato per non rischiare di essere interrotta e sperai che mi avesse capito comunque.
Sembrò metterci qualche secondo per analizzare le mie parole poi sorrise “Certo, venite” e indicò il corridoio posto dietro al bancone.
Silver mi afferrò la maglietta attirandomi vicino a lui “Cosa stai facendo?” mi sibilò a pochi centimetri dalla faccia.
“Ti faccio un favore” tagliai corto.
“Ho detto che sto bene, devo solo riposarmi un po'” sembrava davvero convinto di quello che diceva
“Puoi riposarti quando saremo sicuri che non è niente di grave”
“No, non c'è bisogno” si stava già allontanando
Sospirai e dissi “Scusa” in anticipo, poi premetti il punto dove poco prima teneva la mano. Fu una mossa scorretta ma volevo dimostrargli che non stava bene e che doveva farsi controllare. Come avevo previsto la sua faccia inespressiva si contorse, strinse i denti e dalla sua bocca uscì solo un mezzo grido. Si piegò e veloce tornò a premere dove avevo appena toccato, con le mani che tremavano.
Appoggiai una mano sulla sua spalla “Silver, ti prego, almeno questa volta fa come dico”
Mi guardò con odio “Sei una-”
“Lo so, lo so. Sono un sacco di cose, molte delle quali non tanto positive. Oggi invece, tanto per cambiare, sono molto preoccupata per te. Mi dispiace per averti fatto male, ma tu sei testardo e volevo dimostrarti che ti sbagliavi e che hai bisogno di una mano, scusami. Ora vai con l'infermiera e non fare storie. Io ti prendo una stanza e mi offro anche per sistemare la tua roba, così quando hai finito devi solo portarci il culo, va bene?” Il mio tono però non ammetteva repliche.
Tenendogli la mano fra le scapole lo guidai verso la donna che era rimasta a guardare il nostro teatrino con una professionalità invidiabile. Aprì la porta e ci fece segno di entrare, lo accompagnai dentro e non me ne andai fino a che non fui sicura che non avrebbe tentato la fuga.
“Se è scortese con lei si senta pure libera di colpirlo, o anestetizzarlo, come preferisce” dissi all'infermiera, feci il gesto universale del 'ti tengo d'occhio' al rosso e uscii.

Come avevo promesso tornai al bancone e chiesi una stanza, presi le chiavi, mi caricai anche lo zaino di Silver sulle spalle e lo portai in camera. Mi ci volle un attimo per sistemare tutto quindi mi presi un paio di minuti per andare in bagno e togliermi il costume ancora bagnato.
Dopodiché tornai di sotto, affidai entrambe le nostre squadre all'addetta e mi sedetti nella hall del centro Pokémon, e aspettai. La poltrona su cui mi ero seduta era così comoda che avrei potuto addormentarmi, se non fossi stata ancora agitata per tutto quello che era successo quel pomeriggio ovviamente.
Silver uscì poco dopo, ero felice di vederlo uscire con le sue gambe, voleva dire che l'infermiera non aveva avuto bisogno di sedarlo per farlo stare buono. Scattai in piedi e gli andai in contro. Sil continuava a guardarmi male, come se gli avessi fatto un grosso torto, lo ignorai e preferii chiedere come stava alla donna piuttosto che a lui.
“Credevo che fosse stato avvelenato, è questo uno dei rischi maggiori quando ci si scontra con Pokémon veleno, ma sembra di no, in ogni caso se dovesse peggiorare tornate da me” mi sorrise “Non preoccuparti, tra qualche giorno starà bene”
“La ringrazio” ero sicura che quello scorbutico non avesse avuto la cortesia di dirle grazie, o anche di salutarla come da persona educata, se ne stava già andando. Lo raggiunsi e lo accompagnai al piano superiore, davanti alla porta della stanza, tirai fuori le chiavi e entrammo.
“No...” disse lui vedendo che c'erano due letti.
“Ok, ammetto di essere un tantino apprensiva”
“Tu sei stata creata per rendermi la vita impossibile” sospirò frustrato “Non c'è altra spiegazione”
“Adesso non farne una tragedia”
Spalancò gli occhi, aprì la bocca e la richiuse. Probabilmente non trovando l'insulto giusto. Scosse la testa e si toccò la fronte sbuffando “Per tua fortuna gli antidolorifici stanno facendo effetto. Adesso voglio soltanto dormire”
“Bravo, niente discussioni. Io vado a fare due passi e ti lascio in pace” si gettò letteralmente sul letto e io lo guardai storcendo il naso “Potresti anche toglierti il costume da bagno prima...”
Con mille occhiatacce in mia direzione e altrettanti brontolii si alzò, trascinò il suo zaino in bagno e si sbatté la porta alle spalle. Mi avvicinai così che mi sentisse “Ci vediamo più tardi, ti porto qualcosa di mangiare”
Dall'altra stanza sentii che non aveva ancora smesso di parlare sottovoce “Va bene” mi rispose, più acido del solito.
“Ciao ciao”
Tornai con un'intera borsa carica di cibo, mia madre mi aveva sempre detto di non fare spese quando si è affamati e finalmente capivo perché. Comunque saremo rimasti un po' più del previsto e la nostra stanza aveva un piccolo, adorabile e utilissimo frigo, quindi avere qualche provvista in più non era male.
Entrai senza fare rumore, Silver dormiva tranquillo, sistemai tutto nel frigorifero silenziosa come un ninja e uscii di nuovo. Il sole non era ancora tramontato e non avevo voglia di stare al chiuso, quindi decisi di andare ad allenarmi.
In città trovai un parco tranquillo, le linee bianche disegnate sul campo indicavano che la sua funzione era proprio quella di ospitare lotte Pokémon. Afferrai la ball di Liz, la nuova arrivata nella mia squadra, feci un respiro profondo e la liberai.
“Salve, sono la tua nuova allenatrice” liberai anche gli altri “Adesso lavoreremo un po'” Charmeleon mi guardava scettico e un po' annoiato. Lo lasciai fare e mi concentrai su Eevee, che nonostante i progressi continuava ad essere la più debole della squadra.
Decisi di farla allenare con Hiro, mentre Sneasel e Mareep si davano da fare a loro volta. Eevee aveva imparato delle nuove mosse e ne ero molto fiera, soprattutto perché adesso poteva finalmente attaccare l'avversario. Liz ci fissò per tutto il tempo, avevo provato a farla partecipare ma mi ignorava, non mi sorprendeva ma era lo stesso fastidioso. Almeno sembrava interessata.
Eevee, con sorpresa di tutti, era riuscita a colpire Quilava. La pallina di pelo venne avvolta da una luce bianca che avevo già visto, era abbagliante e non riuscivo a guardarla fissa anche se avrei voluto. In pochi secondi era finito e quando smise di brillare al posto di Eevee c'era un Pokémon diverso.
Aveva un bellissimo manto violetto molto chiaro, due grandi orecchie e una coda sinuosa con la punta a forma di 'V'. La fissai affascinata e senza staccargli gli occhi di dosso presi il pokedex.
Espeon, diceva. Si era appena evoluto in un Espeon.
Smettemmo di allenarci quando ormai era buio e tornai al centro Pokémon saltellando. Andai in camera e, silenziosa come sempre, mi cambiai e mi misi a letto. Mi voltai di lato per controllare Silver, dormiva ancora e non sapevo se si fosse svegliato per mangiare qualcosa o no. Scribacchiai su un foglio “Cibo quì” e lo appesi al frigo, così se gli fosse venuta fame avrebbe saputo cosa fare.

La sveglia era ancora regolata per poco prima dell'alba come la mattina precedente. Venni strappata dal mondo dei sogni con tanta violenza che mi spaventai e urlai. A Silver era toccata la stessa sorte per colpa mia e adesso mi malediceva.
“Scusami, scusami” biascicai mentre con le mani ancora poco funzionanti spegnevo l'aggeggio infernale.
“Ti odio” si coprì la testa con il cuscino.
“Anche io, adesso torna a dormire” e io stessa decisi di seguire il mio consiglio.

Senza la sveglia a rovinare il mio sonno fui comunque in grado di alzarmi prima della fine della mattinata. Mi stiracchiai e scesi dal letto, avere un compagno di stanza non mi impedì di grattarmi il sedere e togliermi la maglietta ancora prima di essere entrata in bagno.
Mi vestii e prima di andarmene toccai la fronte di Sil con il dorso della mano, giusto per controllare che non gli fosse salita la febbre durante la notte. Feci un rapido confronto con la mia temperatura e dopo aver constatato che io ero più calda di lui lo lasciai in pace.
Fortuna che non si era accorto di niente, avevo già avuto la mia dose di insulti quel giorno.
Uscii con in tasca il foglietto che mi aveva dato Jasmine. La prima tappa della giornata sarebbe stata la farmacia e avevo deciso che sarei andata in palestra. Poi, se c'era ancora tempo, avrei voluto andare in spiaggia.
Trovare la farmacia fu molto semplice, era a due passi dal centro Pokémon ed era un edificio da l'aria antica ma non trascurata. Anche l'interno era un po' rustico, all'interno un uomo solo si occupava di tutto.
Mi avvicinai e gli mostrai il pezzo di carta “Scusi, mi manda la capopalestra Jasmine. Il Pokémon del faro è malato e mi ha detto di venire da lei” non dovetti aggiungere altro.
L'uomo prese il foglio, lo lesse  e disse “Sei venuta nel posto giusto” sparì fra gli scaffali di legno e tornò poco dopo con un sacchettino di stoffa gialla in mano “Ecco qua, signorina. Con questo il Pokémon del faro guarirà in un attimo”
Mi sentivo soddisfatta, dopotutto era stata una missione facile da portare a termine, la cosa mi dava uno strano senso di realizzazione. Non avevo ancora perdonato del tutto mio cugino per avermi praticamente costretto ad aiutare Jasmine ma non era poi così male sentirsi utili.

La palestra non fu altrettanto facile da trovare, non avevo idea di come fosse fatta e dove si trovasse, e a quell'ora non c'era nessuno a cui potessi chiedere. Finii per girovagare senza meta per la periferia a nord. Avevo fatto molta strada e non avevo nessuna intenzione di farne altrettanta per tornare indietro e mettermi di nuovo a cercare.
Esplorai la zona e mi arrampicai sull'altopiano, avrei dovuto consigliare Fiorlisopoli come meta delle vacanze, era un bel posto. Feci delle foto con la fotocamera del dex e mi sedetti all'ombra.
“Tu sei Elis, giusto?” una voce maschile mi sorprese. D'istinto presi la ball di Hiro e mi tenni pronta. L'uomo rise e alzò le mani in segno di resa “Calmati, non ho cattive intenzioni. Ti ricordi di me?”
Adesso che lo guardavo meglio sì “Sei l'amico di Angelo, ci siamo incontrati ad Amarantopoli” ma il suo nome proprio non me lo ricordavo.
“Esatto, sono Eugenio”
“Quello che sbavava guardando Suicune” roteai gli occhi al ricordo, povero ragazzo ossessionato da un Pokémon che corre veloce “Lo stai ancora cercando?”
“Sì, sono qui per questo, credo che si trovi nei paraggi. Tu hai visto niente?”
“No, tempo fa sono stata quasi arrostita da Raikou” mi toccai il petto dove avevo ancora la cicatrice a ricordarmi il nostro incontro “Ma Suicune non l'ho più visto. Non voglio disturbare la tua ricerca, credo che me ne andrò” e mi alzai.
“No, ti prego, non volevo disturbarti” guardò la mia mano che ancora stringeva la sfera “La mia ricerca non sta andando troppo bene, ti andrebbe di lottare?”
Piegai la testa di lato “Mmh, perché no... Un po' di allenamento ci farà bene” sorrisi
“Tre contro tre?”
“Perfetto”

Trotterellai fiduciosa verso la palestra. Eugenio era stato un avversario degno ma non troppo difficile da battere alla fine. Potevo dire di essere diventata brava con i Pokémon. Dopo aver salutato il giovane, permettendogli di tornare all'inseguimento del povero Suicune, mi ero detta che era l'ora di andare a sfidare il capopalestra di Fiorlisopoli. La mia squadra era carica ed entusiasta di potersi cimentare in uno scontro ad alto livello. Con le indicazioni ricevute da un anziano signore trovai la palestra ed entrai con decisione.
Il capopalestra era un uomo muscoloso di nome Furio, aveva baffi cespugliosi e un sorriso enorme che sembrava impossibile da scacciare. Specializzato nel tipo lotta.
La battaglia iniziò e il suo Primeape venne subito colpito dal tuonoshock di Mareep, e credevo di essere passata in vantaggio. Mi sbagliavo, subito dopo aver incassato il colpo attaccò e mandò al tappeto il mio compagno con un solo centripugno.
“Mareep!” la feci rientrare nella sfera, non mi aspettavo che resistesse a un attacco di tale potenza, speravo che stesse bene.
Mandai in campo Espeon, il suo tipo avrebbe dovuto essere in vantaggio, peccato che aveva imparato solo una mossa di tipo psico.
“Espeon usa psicoraggio” un raggio di luce colorata  originata dalla pietra sulla fronte del mio Pokémon colpì l'avversario, che non ebbe il tempo di spostarsi. Non andò al tappeto ma era sicuramente provato.
“Primeape, frana” ordinò Furio. Una moltitudine di sassi di varie dimensioni si abbatté sul mio povero Espeon, era veloce e riuscì a schivarne qualcuno ma quando la raffica finì mi sembrò un miracolo che fosse ancora in piedi. Gli chiesi se voleva continuare e lei annuì decisa.
“Di nuovo psicoraggio” stavolta non fu altrettanto precisa, lasciando a l'altro l'opportunità di contrattaccare. Entrambi si accasciarono sul campo, esausti.
Due dei miei Pokémon erano fuori gioco ma me ne restavano ancora tre, mentre il capopalestra ne aveva solo uno. Avevo ancora delle speranza di farcela. O almeno credevo prima di vedere quale era il suo secondo Pokémon, non appena quello uscì dalla sua sfera controllai il pokedex. Poliwrath, tipo lotta e acqua, in altre parole ero fregata.
Ringhiai in preda alla rabbia e alla frustrazione, rifiutandomi di darmi per vinta, avremo combattuto fino alla fine. Se ci impegnavamo avevamo una speranza di vincere ma se ci arrendevamo non avremo avuto neppure quella.
Feci un profondo respiro “Liz, tocca a te” il Pokémon mi guardò “Questa è nostra prima lotta insieme, per favore fidati di me e fai come ti dico” si voltò per fronteggiare il suo avversario.
“Bene, usa-” stavo controllando le mosse che possedeva sul dex e non mi accorsi che era già partito all'attacco eseguendo braciere “NO!”
Ovviamente un attacco di tipo fuoco non indebolì Poliwrath quasi per niente e Charmeleon se ne accorse. Ci riprovò, con risultati analoghi. L'altro ne frattempo aveva preso bene la mira e usò corposcontro sul Pokémon. Liz venne sbalzata indietro quando il corpo dell'avversario le si abbatté contro. Scivolò per qualche metro sulla terra poi si fermo e dopo qualche secondo si rialzò dolorante, pronta a ricominciare la lotta.
 “Devi ascoltarmi!” urlai, furiosa “Se mi avessi ascoltato avresti potuto attaccare con efficacia, invece di fargli il solletico!” se era un braccio di ferro che voleva io non ero il tipo di allenatrice che si tira indietro.
“Adesso usa ira di drago” sorprendentemente, stavolta fece come avevo detto e Poliwrath si inginocchiò indebolito.
Furio sorrise “Avete grinta, non c'è dubbio, purtroppo non vi basterà. Surf!” ordinò. Un grosso getto d'acqua colpì Liz, e  ancora prima che ci rendessimo conto di cosa stava per accadere il mio Pokémon era stato sconfitto.
Ritirai Charmeleon e liberai il mio fedele starter “Hiro, attacco rapido, più volte” e lui eseguì, impeccabile e veloce come al solito, speravo solo che fosse abbastanza. Correva svelto per il campo, colpiva il Pokémon rivale e faceva inversione pronto per un nuovo attacco. Poliwrath resisteva, parando i colpi con le braccia e cercando di fermare Hiro.
“Usa Surf”
“Schivalo!” ma non ci riuscì. Con una sola mossa Poliwrath aveva messo KO il più forte della mia squadra. Avevo ancora un Pokémon e l'avversario aveva subito dei danni, guardai la ball fra le mie mani. Sneasel era forte e veloce ma Poliwrath lo era altrettanto. Per di più il suo tipo era in tremendo svantaggio e avevo già visto ben quattro dei miei compagni avere la peggio. Ero disposta a vedere Sneasel subire lo stesso destino?
“Ragazzina, sei pronta?” Mi spronò Furio. Annuii e mi preparai a lanciare la sfera, rimasi bloccata con il braccio a mezz'aria.
Avevo detto che avremmo lottato fino alla fine ma non ero più convinta che fosse la cosa giusta. Sentivo come se stessi mandando il mio Sneasel a combattere una battaglia persa.
 -Se mi arrendo adesso avremo solo sprecato tempo ed energie-
Era una situazione difficile, dovevo fare una scelta e non avevo idea di quale fosse quella giusta. Gli occhi mi si inumidirono, ero proprio stupida, non riuscivo neppure ad avere un minimo di autocontrollo.  
-Non voglio perdere-
“Ragazzina tutto bene? Forza, non abbiamo tutto il giorno” la voce del capopalestra mi scosse nuovamente, sottraendomi alle mie riflessioni.
-Ma non posso vincere-
 Tirai su con il naso “Sì tutto a posto” abbassai il braccio “Mi ritiro”
-Non oggi...-

Arrivai al centro Pokémon distrutta, mandando a quel paese la mia idea di andare in spiaggia dopo l'incontro in palestra. In compenso avevo frignato per tutta la strada di ritorno e adesso non volevo neppure provare a immaginare in che condizioni era la mia faccia. Consegnai la mia squadra all'infermiera perché li rimettesse in sesto. Andai in camera e se Silver non ci fosse stato mi sarei rintanata sotto il letto per la vergogna.
Aprii la porta e nascosi gli occhi e buona parte del viso fra i capelli. Speravo di trovarlo addormentato come il giorno precedente, ma il destino aveva deciso di farmi un altro dispetto e lo trovai mezzo sdraiato che guardava la televisione.
Attraversai la stanza a testa bassa e mi misi sul letto dando le spalle a Silver, senza dire una parola. Non avevo mai desiderato tanto essere ignorata.
Ero stata impulsiva e presuntuosa, non eravamo pronti per affrontare la palestra ma io ero così convinta del contrario che avevo dimenticato di usare la testa, non ero stata abbastanza prudente. Per non subire l'umiliazione della sconfitta mi ero ritirata, da un lato ero felice perché avevo risparmiato a Sneasel stress e sofferenza inutile, ma per me era stato un brutto colpo.
Io che non ero mai indietreggiata davanti a niente, io che ero sempre riuscita a cavarmela, con l'astuzia o con la forza, in ogni situazione. Oggi avevo scelto la via dei codardi. La mia ingenuità, la mia arroganza mi avevano portato al fallimento. La lotta con Furio mi aveva dato un forte schiaffo morale, così forte che mi faceva mettere in dubbio le mie capacità.
Prima che riuscissi a smettere di auto-lapidarmi avevo già ricominciato a piangere. Cercai di fermarmi e calmarmi ma non ebbi molto successo, presi ad insultarmi mentalmente. Ero così patetica.
Silver emise uno dei suoi lunghi sbuffi “Cos'è successo?”
L'universo doveva odiarmi. Silver che non mi considerava mai, neppure quando ne avevo bisogno, adesso aveva deciso di parlarmi e fare domande. Probabilmente era preoccupato che avessi incontrato il Team Rocket in città e non volessi dirglielo.
Non risposi perché se avesse ascoltato la mia voce avrebbe capito che razza di lagnosa che ero e non avevo proprio voglia di ascoltarlo mentre mi prendeva in giro. Certo avrebbe avuto ragione, ma non mi andava comunque.
Mi punzecchiò sulle costole, nello stesso modo che usavo io con lui, e attese una risposta. Allora mi schiarii la gola e mi sforzai di suonare il più normale possibile.
“Niente”
“Stai piangendo” non era una domanda, doveva essersene accorto. -Complimenti, Elis-
“Già” -Dignità? Cos'è? Si può mangiare?-
Mi voltai, sdraiandomi sulla schiena a guardare l'interessantissimo soffitto monocolore “Non sono stata malmenata da nessuno del Team Rocket, se è quello che ti interessa. Ho solo fatto un altro dei miei casini, ma non ti riguarda, quindi tutto a posto”
“Rimediabile?”
Mi asciugai gli occhi, in effetti sì, era qualcosa di rimediabile. In palestra potevo tornarci appena fossi stata abbastanza forte, mentre per quanto riguardava i dubbi sulle mie capacità, beh, per quelli potevo fare poco al momento. A parte provare a pensarci il meno possibile.
“Direi di sì”
“Non mi sembra che combinare un disastro dopo l'altro ti abbia mai fermata, mocciosa. Ma adesso riprenditi che così fai davvero schifo”
Mi uscì una mezza risata “Amo le tue parole gentili” mi girai per guardarlo “Tu come stai?”
Roteò gli occhi, visibilmente irritato “Bene”
“Lo dicevi anche ieri. Vuoi che usi la stessa tecnica dell'altra sera?” alzai l'indice come una minaccia.
“No!” e si spostò sul bordo del letto, lontano dalla mia portata “Mi fa ancora male anche se molto meno. Come ho già detto: sto bene” mi guardò malissimo “Contenta?”
Alzai le sopracciglia “Di vedere che le mie minacce funzionano sì, di sapere che non sei ancora in forma un po' meno” iniziai a ridere “Certo che è buffo”
“Tu che usi il mio dolore per ricattarmi? Esilarante...”
“No, il fatto che io sono stata fulminata da Raikou e il giorno dopo ero come nuova mentre tu ti sei fatto sbattere come un tappeto dai dei Tentacool”
“Tu da dei Poliwag, ragazzina lamentosa”
“Touchè Silver, touchè...”




Note:
Il titolo lo adoro. E' strano, un po' enigmatico, insolito ma azzeccato, ecco. Mi piace tanto.
Lo so che il capitolo è un po' corto, sorry.

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