selling your body won't fix your heart

di alessiasc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Don't be so shy, play with me. ***
Capitolo 3: *** Love ends, friendship lasts forever. ***
Capitolo 4: *** I know I'll never die alone because of you. ***
Capitolo 5: *** Music can fix everything. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


selling your body won't fix your heart

                  PROLOGO
Un tavolo, una porta, la porta si chiude e non vedo ciò che succede dall'altra parte. La apro. Cazzo, cazzo, chiudila.
Due mani intrecciate. Due labbra che si esplorano. Due corpi che si sfiorano. Una mano sotto la gonna.
Un uomo. Una donna. In piedi.
L'insegna di un bagno.
Un tavolo, una porta. Apro la porta, ancora..

Aprii gli occhi di colpo e mi misi a sedere. Mi coprii il viso con entrambe le mani. Non potevo credere di aver fatto lo stesso fottuto sogno un'altra volta. Continuavo a sognare le stesse persone, nello stesso posto, che facevano la stessa fottuta cosa.
Mi alzai e mi diressi nell'angolo cucina del tour bus. Accesi una luce e aprii il frigo. Ne estrassi una birra e l'appoggiai sul tavolo, prima di stravaccarmi sulla panca davanti ad esso, aprire la bottiglia e bere un lungo sorso di fresca birra. La sentii scendere nello stomaco, non mi faceva più niente.
Ci fu un rumore e poi nella stanza comparve il mio migliore amico, che mi imitò.
«Dovresti smetterla di sognare, sai, amico? Dovresti smetterla anche di bere alle 5 del mattino dopo un concerto e prima di un altro..» cercai di interromperlo ma lui alzò la voce. Sembrava più scocciato del solito. «Dovresti anche smetterla di pensare a quella puttana, sai? Dovresti smetterla perché oltre a distruggerti, distruggi me, distruggi Rian e Zack. E la band. E distruggi anche il nostro sonno. "Lisa, Lisa", Lisa sto cazzo, Alex. Piantala, ti prego» sospirò, e poi continuò abbassando il tono di voce: «Con questo non ti sto criticando e non sono arrabbiato con te, lo sai bene. Ti capisco e vorrei fare qualcosa. Ma sai anche che non posso fare niente, se non prenderla e sbatterla giù da un monte. Cioè, sbatterla nel senso buttarla giù non sbatterla..sbatterla.. beh, hai capito. Se ti ha tradito, è cogliona lei. Ha perso tanto, ha perso te. Non c'è nessuno come te nel mondo, che valga quanto vali tu. E forse questo discorso avrei dovuto farlo un mese fa, quando l'hai scoperta. Ma te lo faccio ora e stammi a sentire: fregatene. Ti prego Alex, torna a vivere. Esci, bevi, scopa. Alex, cazzo, scopa con qualcuna che ti faccia dimenticare quella vacca. E, per l'amor di Dio, torna ad amare la musica come l'amavi un mese fa. Torna a scatenarti sul palco e sfogati là sopra» mi si avvicinò e mi stampò un bacio sulla fronte.
«E' così.. così difficile Jack. Non so se posso farcela» mi battè forte una mano sulla spalla.
«Cazzo sì che ce la fai. Domani dopo il concerto usciamo. Andiamo in un fottuto pub e non usciamo se non te ne sei fatto almeno una. Per Dio, prima di Lisa ti era così semplice. Entrare, fare, uscire. Non è una domanda, è un'affermazione. E ora, buonanotte Alex.» non mi lasciò nemmeno l'opportunità di aggiungere qualcos'altro. Mi prese la bottiglia dalle mani e la mise a testa in giù nel lavandino di modo che si svuotasse completamente. Poi spense la luce e mi lasciò lì, da solo, nel buio, a pensare.
Non so per quanto tempo rimasi lì seduto a guardare il nero davanti a me, e non so nemmeno quando presi la decisione di voltare pagina per sempre, di lasciare Lisa e il suo nuovo compagno di scopate alle spalle, ma la presi, e poi mi alzai, mi asciugai il viso dalle lacrime che mi rendevano poco uomo, e tornai a letto.



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Eccomi qui, con una fanfiction che spero di continuare fino alla fine. Beh, che dire, è la mia prima FF sugli All Time Low e spero di fare bene. So che in questo prologo è tutto un po' confuso ma cercherò di rendervi le idee più chiare andando avanti. La "Lisa" nominata è Lisa Ruocco, la ex fidanzata di Alex, che non mi ispira tanta simpatia ma... whatever, non è importante. 
Beh, mhm, ditemi cosa ne pensate, che sia una critica o meno :)
PS: notiamo quanto è dolce Jack che si preoccupa *ç* Jalexforevaaah.
 

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Capitolo 2
*** Don't be so shy, play with me. ***


      #1  DON'T BE SO SHY PLAY WITH ME
«I'm not coming back, I've done something so terrible
I'm terrified to speak, but you'd expect that from me
I'm mixed up, I'll be blunt; now the rain is
Washing you out of my hair and out of my mind
Keeping an eye on the world,
So many thousands of feet off the ground
I'm over you now I'm at home in the clouds
Towering over your head

I guess I'll go home now, I guess I'll go home now, I guess I'll go home now,
I guess I'll go home..»

Il concerto era andato bene, per la prima volta dopo settimane sul palco mi ero sentito vivo. Durante Lost In Stereo avevo dato il meglio di me, mi ero rotolato sul palco come un idiota ma l'avevo fatto con naturalezza e non avevo forzato nessun sorriso, nessun salto, nessun acuto nè niente. Dear Maria, Count Me In era stato il gran finale come sempre e quando lo show finì e seguii Jack, Rian e Zack dietro le quinte sentii una strana pressione nello stomaco. Era andato tutto bene, mi ero divertito ed ero felice.
«Allora, ragazzo con il cuore a pezzi, direi che sei andato piuttosto bene là sopra stasera?» Rian mi circondò le spalle con un braccio. Lo guardai storto.
«Piuttosto bene? Piuttosto bene!? Sono andato decisamente bene là sopra, man. JACK! Dove andiamo?» dissi circondando la vita di Rian. Ci incamminammo abbracciati verso Jack e Zack.
«Direi che andiamo a farci una doccia e poi Zack dice di aver trovato un buon locale in cui sfogarci un po', vero Zacky?» lo baciò sulla guancia e Zack lo allontanò ridendo.
«Mi ha leccato! Leccato ragazzi! Mi lecca la guancia! Jack, che schifo!» scoppiammo tutti a ridere prima di riunirci in un abbraccio.
«Stasera è la sera in cui si ricomincia tutto, vero Alex?» disse Rian. Annuii. «Si ricomincia. Niente Lisa, niente cazzate. Let's have fun!»
Detto questo, Zack prese le chiavi del tour bus e aprì la porta. Si fecero tutti una doccia e lasciarono me per ultimo. Quando entrai l'acqua era bollente. Mi buttai sotto il getto d'acqua e lasciai che mi lavasse via tutte le preoccupazioni che si erano accumulate nella mia testa mentre aspettavo.

Un mese prima, ero in giro per le strade di New York con Jack e siamo passati davanti ad uno Starbucks. Aveva un'enorme vetrata e si poteva vedere l'interno. Mi sono fermato davanti a quell'invitante vetrina perché ero riuscito ad intravedere una ciambella caramellata sotto i pancakes esposti. Sfortunatamente, o fortunatamente, proprio dietro alla mia così tanto desiderata ciambella, c'era il tavolo più nascosto del locale. Ero riuscito ad intravedere i capelli di Lisa, poi il suo sorriso. Avevo preso Jack per un gomito e l'avevo fatto entrare nel locale. Mi ero appoggiato al bancone, avevo ordinato la ciambella ed ero rimasto lì a guardare la mia ragazza che rideva alle battute di un altro. Era un tipo alto, biondo, sembrava un atleta o qualcosa di simile ma non mi ero soffermato sul suo viso. La sua mano destra aveva sfiorato la gamba mezza nuda di Lisa per salire fino all'orlo della gonna. Si era guardato intorno e poi lentamente l'aveva infilata sotto la stoffa di jeans. La gonna di jeans che avevo regalato io alla mia ragazza. La gonna che avevo slacciato così tante volte. Si erano alzati in piedi, si erano presi per mano ed erano entrati nel bagno che avevano affianco. Senza voltarsi indietro. Senza nemmeno rivolgere uno sguardo nella mia direzione. Jack mi aveva messo una mano sulla spalla e mi aveva preso un braccio per portarmi fuori, ma io avevo già fatto qualche passo verso il bagno. Avevo aperto la porta con violenza e avevo cominciato a bussare violentemente sull'unica porta chiusa a chiave. Poi avevo preso la maniglia e l'avevo tirata con tutta la forza che avevo. Speravo solo di aprire quella porta e trovarla da sola. Speravo che fosse un incubo. Ero riuscito ad aprire la porta e Lisa non era sola. Avrei voluto urlarle così tante cose, avrei voluto tirarle tanti schiaffi e allo stesso tempo avrei voluto prenderla, abbracciarla e baciarla. Ero riuscito a guardarla negli occhi con la bocca aperta e l'espressione schifata. Ero riuscito solo a vedere la sua espressione sorpresa e il suo sguardo dispiaciuto, ma non abbastanza. Le mani di Jack mi avevano preso per la giacca e mi stava tirando fuori da quel bagno con tutta la forza che aveva.
«Lisa, sei una puttana!» aveva detto, o meglio, urlato Jack, e fu l'unica cosa che continuai a ripetere io finchè il mio migliore amico non mi portò fuori da quel cazzo di Starbucks e mi tirò uno schiaffo. Le avevo urlato «puttana» fino a che la porta del locale non fu chiusa. E Jack mi aveva tirato uno schiaffo, prima di abbracciarmi.

Mi accasciai a terra e le piastrelle fredde della doccia mischiate all'acqua bollente mi fecero venire i brividi. Scoppiai a piangere come un bambino. L'acqua lavò via tutte le mie lacrime e cercai di legare ad esse tutto il dolore che stavo provando in quel momento. Andare a letto con qualche ragazza non avrebbe cambiato niente. Niente avrebbe cambiato niente. Avrei sofferto per Lisa tutta la vita. Così mi sentivo. Come se un bastardo mi avesse tatuato il dolore sulla pelle. Presi a pugni il muro fino a che non cominciò a farmi particolarmente male la mano. Come cazzo ero riuscito a finire in una situazione del genere? Cosa avevo sbagliato? Cosa avevo detto, o fatto?
Ero io quello sbagliato, non quello che facevo o dicevo. Io ero sbagliato e non sarei mai andato bene per nessuno al mondo. Stupido, io che volevo anche chiederle di sposarmi. Cosa cazzo avevo in mente? Cosa avevo progettato, per una relazione che non sarebbe durata in ogni caso? Cosa pensavo di poter fare, io, Alexander Gaskarth? Niente, non potevo fare niente. Non ero niente, ecco tutto. Non sarei mai stato niente.
Con questa convinzione mi alzai in piedi e finii di lavarmi. Quando chiusi la doccia fu come una coltellata in pieno petto, e non riuscii a capire perché in quel momento mi venne in mente la telefonata, l'ultima, che avevo ricevuto da Lisa.
«Alex.. okay, non vuoi parlarmi. Mi dispiace, sai? Non volevo ferirti è solo che.. Beh, dai, ammettiamolo, il tutto non andava bene ormai da qualche mese... Pensavo di dirtelo, sai, di finirla ma una parte di me diceva che saremmo tornati quelli che eravamo una volta..»
«E quindi hai continuato a tradirmi senza nessun.. rimpianto? Nessuno scrupolo? Nessun senso di colpa, cazzo?! Parlarne, Lisa?!»
«Ma piccolo..» «Non chiamarmi piccolo, Lisa. Anzi sai cosa, non chiamarmi e basta. Sei morta per me.»
E dopo quest'affermazione la telefonata era finita. Solo che quello che avrei voluto dire era sono morto, sono morto per te, ma questo pensiero rimase solo mio.

Il locale era un posto enorme con un'insegna altrettanto grande tutta illuminata. C'era scritto qualcosa tipo "TRIP", ma non ci feci caso. Infilai entrambe le mani nelle tasche dei jeans a vita bassa e seguii i miei amici fino all'entrata. Bastò che Zack dicesse «All Time Low» per far cambiare espressione al bodyguard all'entrata, che subito tolse la catena che chiudeva il passaggio per farci passare e ci augurò una buona serata. Speriamo, pensai.
Il posto era esageratamente enorme e la musica era esageratamente alta. Entrammo nella folla uno dietro l'altro fino ad arrivare al bar. Riuscii a trovare qualche sgabello libero e li occupai in attesa che i miei amici si sedessero ma solo Rian prese posto affianco a me mentre Jack e Zack si guardavano intorno e sceglievano il loro drink. Io sapevo già cosa volevo: una vodka liscia. Da buttare giù in un sorso. Velocemente, molto velocemente. Ordinai, per me, e per gli altri tre, e il barista ci passò subito i nostri bicchieri. Buttai giù in un sorso ciò che nel bicchierino trasparente sembrava acqua e sentii bruciare per qualche minuto.
«Pronto a far casino e a dimenticare la troia? Vai a ballare, Gaskarth» Jack mi prese per la maglia grigia e mi spinse tra la folla. Mi guardai in giro. Effettivamente, era pieno di ragazze niente male. Sentii qualcuno dietro di me e chiusi gli occhi. Poi mi buttai. Cominciai a ballare come un idiota e quando mi girai verso la ragazza che mi si era incollata dietro, costatai che era davvero un gran pezzo di ragazza e cominciai a ballare con lei. Era così piena di energia che mi fece dimenticare qualsiasi cosa. Ballava, mi guardava, rideva e ballava. Muoveva i capelli a ritmo di musica e ciò la rendeva davvero davvero sexy. Le presi i fianchi e lei si sporse per avvicinarsi al mio collo. Cominciò ad assaggiare la mia pelle, centimetro per centimetro, e la temperatura aumentò. La musica cambiò e lei mi passò le mani tra i capelli mentre passava la lingua sul mio collo. Presi la sua testa tra le mani e portai la sua bocca alla mia, desideroso di baciarla e spingermi oltre. Molto oltre. E lei non sembrava essere troppo contraria. Mi infilò una mano sotto la maglia e ricambiò il bacio. Una scossa elettrica percorse il mio corpo dalla testa ai piedi e la vodka cominciò a fare effetto sul serio. Aprii gli occhi e tutto era alquanto sfuocato. «Gioca con me» mi sussurrò lei nell'orecchio prima di mordermi il lobo. Mi eccitai. La presi per mano e la portai lontano dalla folla. Mi appoggai ad un muro - non sapevo nemmeno dove stessi andando, camminavo senza meta e quel muro fu la prima cosa lucida che riuscii a vedere - e lei mi si mise addosso. Cominciò a baciarmi con foga, la presi in braccio e mi girai per farla appoggiare al muro.
«In bagno» disse lei, si scrollò di dosso le mie mani e ne afferrò una, mi trascinò dietro ad una porta e poi ad un'altra. Era un luogo piccolo e poco illuminato ma sicuramente era più luminoso e meno chiassoso della sala da ballo. Chiuse la porta a chiave e il water mi fece capire di trovarmi in un bagno. Mi abbassai e le misi entrambe le mani sotto il vestito, la palpai e lei riprese a baciarmi. Si sfilò le mutandine di pizzo e le infilò nella borsetta che teneva al braccio. La appese alla maniglia della porta e, facendo questo, mi slacciò i pantaloni e me li fece cadere alle caviglie, seguiti dai boxer che lasciarono libera la mia erezione.
«Emily, piacere» disse lei, facendosi prendere in braccio. La spinsi contro il muro e le tirai giù il vestito senza spalline lasciandole scoperto il seno. Lo baciai, lo leccai e poi la segnai di baci dal seno all'orecchio.
«Alex, il piacere è mio» sussurrai. Sembrò quasi che lo tirò fuori dal nulla, ma un secondo dopo mi ritrovai ad indossare un preservativo.
La penetrai con forza e cominciai a spingere dentro di lei. Le sue urla di piacere mi eccitavano e mi facevano venire voglia di muovermi nel suo corpo per sempre. Anche se la posizione era piuttosto scomoda e mi cedevano le gambe per il piacere e per la fatica, non smisi di muovermi fino a farla venire. Venni subito dopo di lei e appoggiai la testa sulla sua spalla. Lei mi accarezzò i capelli e fece una risata affannosa.
«Grazie, Alex» sussurrò, baciandomi la fronte, poi la punta del naso, poi la bocca. E la bocca, e ancora la bocca.
«Grazie a te Emily» detti un'ultima spinta e poi uscii dal suo corpo e la lasciai a terra. Ci rivestimmo con un leggero imbarazzo rendendoci conto solo in quel momento che eravamo due perfetti estranei. Entrambi scoppiammo a ridere ogni tanto, ripensando a tutto. Lei mi baciò il collo e mi baciò così forte da lasciarmi sicuramente il segno. La baciai di nuovo e poi la lasciai uscire dal bagno.
Forse davvero sarebbe andato tutto bene, dopotutto.

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Capitolo 3
*** Love ends, friendship lasts forever. ***


La mattina seguente, cercai di capire dove mi trovassi senza aprire gli occhi. Avevo la testa che pulsava e mi faceva male ovunque. Sentivo un peso eccessivo sulla schiena e il piano su cui ero sdraiato era troppo duro per i miei gusti. C'era puzza di alcool e faceva caldo. A quel punto spalancai gli occhi - con un dolore terribile per la luce - e mi guardai intorno. Sopra di me, era sdraiato Jack, affianco a me c'erano Rian, seduto, con la testa di Zack sulle gambe. Dormivano tutti. E Zack russava. Il suolo era così duro perché eravamo sdraiati sul tappetino davanti ai letti del tour bus. Stretto, sporco e scomodo. Guardai in alto e accarezzai i capelli di Jack, che aprì gli occhi.
«Alex!» esclamò. Ma non si alzò, rimase a guardarmi stupito fino a che io non ricambiai il suo sguardo con uno confuso. A quel punto mi sorrise e mi baciò sulla guancia. 
«Amico mio.. cosa ci facciamo sdraiati uno sopra l'altro per terra?» chiese, guardandosi intorno con un sorriso strano dipinto sul viso. Poi, finalmente, si decise ad alzarsi e lasciò la mia povera schiena libera di fare tutti quei crack che amavo tanto. Poi mi alzai in piedi reggendomi al letto. 
Il tour bus era la nostra seconda casa, e così tutti quanti ci sentivamo: a casa. Era lungo ma stretto. C'erano quattro letti nel nostro. Due da una parte, uno sopra l'altro come un letto a castello, dove dormivamo io e Jack e gli altri due poco più avanti, dove stavano Rian e Zack. Alla fine tra i primi due e i secondi, c'era poco più di un metro di distanza. Davanti ai letti c'erano gli armadi per i vestiti, e più avanti, dopo le stanze, c'era la zona cucina. Era come un camper, ma più grande.
Mi abbassai, provocando alla mia schiena un terribile strappo che sottolineai con un verso di dolore, e svegliai Rian e Zack.
«Che succede?» disse Zack alzando la testa improvvisamente.
«Oddio la mia testa, la mia povera testa..» si lamentò invece Rian. Scoppiai a ridere e tirai due schiaffetti sulla guancia paffuta e ricoperta dalla barbetta di Rian.
Mi diressi verso la cucina con l'intenzione di preparare un caffè. Il mio Iphone cominciò a vibrare sul tavolino di marmo proprio mentre tiravo fuori quattro tazze dall'armadietto. Mi avvicinai e lo sbloccai senza prenderlo in mano. "6 chiamate perse, 3 messaggi non letti" «Cazzo, ma chi è?» esclamai tra me e me. La macchina per il caffè fece uno strano suono che mi fece intuire che il caffè era pronto, così, dopo aver preso il cellulare in mano, presi la brocca piena di caffè e ne versai un po' in ogni tazza. Le portai tutte sul tavolo e mi stravaccai sulla panca.
«Hey fratello, grazie per il caffè!» Zack mi mise una mano sulla spalla prima di sedersi. «Sono l'unico che ha la testa che pulsa in un modo tremendo e che ha tanta voglia di prenderla e strapparla via dal collo?» si lamentò, aggiungendo una montagna di zucchero nella tazza. Nessuno rispose, ognuno era occupato a pensare al proprio dolore fisico e, io in particolare, ero preso dalle chiamate perse, tutte da parte di Kate.
Kate Voegele era forse la mia migliore amica. O comunque, una persona con cui mi piaceva passare il tempo, con cui riuscivo a parlare che mi ascoltava e che mi piaceva ascoltare. Come si chiama una persona in questi casi? Era quasi come un Jack al femminile. Quasi, perché Jack è Jack. In ogni caso, le chiamate erano tutte da parte sua, e i messaggi anche, a parte uno, da parte della compagnia telefonica. Normalmente avrei detto qualcosa come: «Menomale che c'è almeno la mia compagnia telefonica che mi pensa», ma direi che con le chiamate e i messaggi non letti, non era decisamente l'unica a pensarmi.
Senza nemmeno leggere i messaggi, cercai il numero di Kate in rubrica e la chiamai.
Dopo il secondo squillo, rispose: «Alexander William, quale onore vedere il tuo numero sul display» 
«Kate Elizabeth, lo so, sono un Dio e questo è un miracolo. Mi hai percaso cercato?»
«Sì, ma tranquillo, Dio, niente di importante. Sono a Boston e mi chiedevo se foste già ripartiti...» 
«Siamo a Boston, partiamo stasera perché non abbiamo nessun concerto. Dove sei?» chiesi, bevendo un sorso di caffè.
«Veramente.. qua fuori. Da tipo un secolo..» quasi sputai tutto quello che avevo in bocca. Mi alzai in piedi, aprii la porta del bus ed eccola lì, bellissima come sempre, con il cellulare in mano e un sorriso sulle labbra. Chiuse la chiamata e mi venne incontro.
«Sai, sono tipo due ore che ti chiamo e busso alla porta, ti mando sms e cose varie. Non volevo perseguitarti, ma passavo di qui è ho visto il bus... quindi, eccomi!» la strinsi in un caloroso abbraccio e le baciai la fronte.
«Ciao bellissima, entra!» la feci salire e ci ritrovammo entrambi in cucina. Jack, Zack e Rian sembravano tre morti e così mi resi conto che nemmeno io ero messo bene. 
«Ma.. cos'è successo qui? Hanno ucciso qualcuno.» Jack annuì.
«Il cuore di Alex, allora lui per ripararlo beve e scopa, e noi siamo costretti a seguirlo e a ritrovarci così la mattina dopo. Penso di dover vomitare...» disse alzandosi di scatto e correndo verso il bagno. Tornò subito indietro dichiarando che era solamente un falso allarme. Scoppiai a ridere e la mia risata mi rimbombò in testa. Kate si sedette affianco a Rian e gli baciò la guancia. «Ciao smile, come stai?» Rian annuì e pucciò un biscotto nel caffè per poi metterlo in bocca.
«Diciamo che sono stato meglio...» Jack si rimise a sedere così Kate lo guardò. «Cosa intendi dire con "beve e scopa"?» scoppiai a ridere. Non volevo sentire la risposta così mi allontanai, rinchiudendomi in bagno per fare una doccia. Mi spogliai e specchiai il viso allo specchio. Non ero conciato così male. La sera prima, dopo quel bicchiere di vodka mi avevano fatto bere chissà che cos'altro. Mi ricordavo poco per il resto. Mi ricordavo bene Emily, e un'altra.. Cassy, o qualcosa del genere. Poi era tutto confuso e alla fine buio totale. Come diavolo eravamo tornati a casa? Scoppiai a ridere e mi infilai sotto l'acqua. Era ghiacciata ma non mi importava. Mi lavai così velocemente da non lasciarmi il tempo di pensare, uscii e mi asciugai per poi circondarmi la vita con un asciugamano bianco.
Dopo la doccia, stavo decisamente meglio. Aprii la porta del bagno e mi ritrovai davanti Kate. Feci per parlare ma lei mi prese per un braccio e mi spinse verso i letti, aprì la stanza-magazzino in fondo al bus e mi ci spinse dentro per entrarci subito dopo. Sembrava arrabbiata, così cercai di sdrammatizzare mentre lei si chiudeva la porta alle spalle. «Mhm, sono nudo, hai intenzione di stuprarmi?» le feci l'occhiolino. Lei mi tirò una pacca piuttosto forte sulla spalla. Mi lamentai.
«Che cazzo hai intenzione di fare!?» mi disse, riprendendo il controllo.
«Cosa ho intenzione di fare...?» le chiesi, confuso.
«Lisa ti ha tradito, oh, che peccato, ora vai a scoparti metà mondo a cazzo solo per trovarne una che, secondo te, sia alla sua altezza? Oh, no, non è quello che farai!» 
La guardai storto. Cosa ne sapeva lei? «No, infatti, non è quello che farò Katie!»
«Ah, no. E allora ieri sera che hai fatto? Hai fatto questo, ti sei scopato quante tipe, ieri sera, Alex?!»
Scossi la testa. Mi stavo innervosendo, sentivo i muscoli tirati. «Sai cosa farò? Andrò a letto con chi mi pare per la ragione che mi pare, e poi, non sto cercando nessuno all'altezza di Lisa. Anzi, non cerco proprio nessuno. Ora lasciami uscire di qui prima che cominci ad urlare, poi urli anche tu, e sappiamo come va a finire!» cercai di sorpassarla ma lei rimase ferma al suo posto. 
«No, ora stai qui e parli con me! Che cazzo stai dicendo? Non vedi che è sbagliato!?»
«No, sbagliato era andare a letto con un sacco di gente mentre stavo con Lisa cosa che poi, ha fatto lei. Ora, non è sbagliato, per niente!»
«Sei un coglione Alex!» mi passai una mano sul viso e le dita sulle tempie.
«Non capisci, Kate, se.. cazzo, se Jack avesse il coraggio di chiederti di stare con lui, e poi ti tradisse che cazzo faresti?! EH!? Niente è semplice! NIENTE! Piantala di farmi lezioni come se tutto fosse così maledettamente semplice come lo fai sembrare tu! Fa tutto schifo, lo vedi?! Riesco a stare bene solo su un fottuto palco o da ubriaco. O scopando, oh sì, lì sto bene. Chi sei tu per togliermi quesa felicità, Kate?» urlai. 
«Io...» ma non sentii cosa stava per dire. Afferrai la maniglia dietro la sua schiena, con gli occhi lucidi e il cuore a mille, e uscii dallo stanzino. 
 
Quella sera, eravamo in viaggio. Mancavano poche ore per arrivare a destinazione ed eravamo tutti riuniti sul divanetto. Jack aveva la chitarra in mano e io cantavo, mentre Zack e Rian tenevano il tempo, Zack con il basso, Rian tamburellando un po' ovunque con le bacchette. «Say you mean it!»
Prima che la canzone potesse finire, il mio cellulare prese a vibrare. Risposi, subito dopo aver letto il numero sul display.
«Mi dispiace» sussurrò Kate dall'altra parte della cornetta.
«Lo so, anche a me, tanto..» Mi misi seduto più comodo e sorrisi.
«Mi manchi già, e puoi fare quello che vuoi con il tuo corpo, solo non rovinarlo, okay? Perché è davvero un bel corpo!» scoppiò a ridere e risi con lei.
«Un giorno sarà tuo!»
«E' già mio. Buonanotte bello, scusa ancora!» sussurrò lei.
«Buonanotte Katie!» le dissi, e sorridendo chiusi la chiamata. 

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Capitolo 4
*** I know I'll never die alone because of you. ***


In tre ore circa arrivammo ad Hartford. Il traffico era stato intenso  e ci avevamo messo circa un'ora in più. Questo però non cambiava i nostri programmi. Il bus si fermò davanti ad un piccolo e modesto hotel. Non volevamo spendere troppo, ma allo stesso tempo, eravamo troppo stanchi e poco riforniti per dormire un'altra notte in quello spazio ristretto. Presi la mia borsa con una mano e con l'altra mi appoggiai allo scorrimano per scendere gli scalini che mi dividevano da terra. L'aria fresca mi pizzicò il viso. Sorrisi. 
«Alex ti levi?» si lamentò Jack, dietro di me. Lo guardai storto e feci di no con la testa, poi scoppiai a ridere e mi spostai dal passaggio. Scesero tutti quanti, compreso Matt che aveva fatto il viaggio con noi. Jack mi lanciò il suo borsone che presi al volo e si diresse verso l'entrata dell'hotel con quell'atteggiamento gay che voleva assumere quando faceva il coglione. Le porte automatiche si aprirono e lui le oltrepassò come se fosse in passerella. Tutti scoppiammo a ridere quando si girò verso di noi passando le mani sulla maglia grigia e facendoci l'occhiolino. Gli alzai il dito medio mentre barcollavo verso di lui. 
«Bassam, che cazzo ti sei portato? Stiamo via una notte, non sei anni. Sembri una donna, sei peggio di Lis..» mi fermai improvvisamente. Jack spalancò gli occhi come per dire oh-oh e mi raggiunse per togliermi il peso. 
«Ci sono dentro wii, play station e xbox, pensavo potesse tornarci utile. Ah, e anche una bottiglia di birra. Vedi? Non sembra affatto la valigia di Lisa. Quindi, chiudiamo il discorso» sorrise e si allontanò. Doveva smetterla di comportarsi come se Lisa fosse un argomento tabù. Era un'amica da anni, sia mia che sua, ed era stata la mia ragazza per così tanto tempo. Non potevo semplicemente eliminarla, i ricordi rimanevano, le abitudini anche. Lei no. Lei era con quell'altro tipo. E io stavo bene. Forse.
Su quest'ultimo punto, ci stavo lavorando.
Quando raggiunsi gli altri, avevano già in mano la chiave della camera e si stavano dirigendo verso gli ascensori. Entrai con loro e Zack schiacciò il tasto del secondo piano. L'ascensore si mosse lentamente e sembrò volerci un'eternità ad arrivare. Raggiunsi la stanza prima degli altri. 110. Mi feci lanciare le chiavi da Rian ed aprì la porta. C'era una stanza per me e Jack, e una per Rian e Zack. L'entrata era spaziosa, era una specie di salotto attaccato alla cucina ma la cosa migliore era il televisore che occupava tutta la parete. Mi girai verso il mio migliore amico che aveva già gli occhi fuori dalle orbite, sorrisi e misi il borsone davanti alla stanza a me predestinata.
Una decina di minuti dopo il televisore era già collegato a tutto ciò che Jack aveva portato nella sua valigia, ognuno di noi aveva in mano un joystick e stavamo per cominciare a giocare a Mario Kart quando Zack propose di prendere qualche birra. Chiamai il servizio in camera - quella di Jack era calda, e aveva un colore che non prometteva niente di buono - e solo dopo qualche minuto bussarono alla porta con il carrello pieno di Stella Artois, Heinekein e Beck's. 
«Ahhh, questa è vita!» dissi, stappando la prima bottiglia e sorseggiando un po' di birra.
«Io sono Mario, stavolta!» esclamò Zack, prendendo in mano il joystick e scegliendo il personaggino rosso. Io presi Yoshi, il dinosauro verde, Rian Luigi mentre Jack la principessa Daisy. Scoppiammo tutti a ridere.
«E' bellissima, okay? Me la scoperei per tutta la vita. E in più, mi rispecchia» fece finta di piangere prima di ridere.
Il gioco cominciò, e mentre, tutti schiacciati sul divanetto minuscolo a eccezione di Rian che era seduto per terra tra le mie gambe, ci spingevamo e ridevamo, bestemmiavamo tutti gli dei e lottavamo per il primo posto, mi presi un secondo per guardare quella scena. Io, e i miei migliori amici, stavamo giocando alla wii alle due di notte. Quei coglioni dei miei migliori amici, sempre, obbligatoriamente presenti ogni giorno della mia vita.
In quel momento non c'era il cuore spezzato, Lisa, il biondo, nè il ricordo che ogni tanto riaffiorava di Tom, mio fratello, nè niente di brutto. Eravamo io e i miei migliori amici, i migliori del mondo, e il mio cuore era così pieno di gioia che...
«Cazzo Alex sei ultimo!» risero tutti e Jack mi diede una gomitata nello stomaco. 
«Che sfigato!»
«Vaffanculo!» scoppiai a ridere «Ora vi faccio il culo!» presi il joystick e mandai a cagare tutti i miei ragionamenti sdolcinati. 
Arrivai primo, dopo averli doppiati tutti. L'ultimo questa volta era Jack.
«Sei uno sfigato, fratello, sei stato doppiato da tutti. Non rendi onore a questa famiglia» scoppiò in finti singhiozzi.
 
Dopo il sesto giro di birra e almeno il dodicesimo di Mario Kart, eravamo tutti un po' brilli. Io mi misi in braccio a Jack urlando qualcosa come: «L'intervista! Jack ricordi l'intervista!?» e lui mi riempiva le guance di baci senza alcun motivo. Rian e Zack guardavano sdraiati sul pavimento e scossi dalle risate. Sembravamo quattro pazzi.
«Cazzo ragazzi domani siamo a New York!» dissi tornando serio, ma durò poco. Nessuno aveva ascoltato la mia affermazione e Jack mi baciò sulle labbra. Lui aveva bevuto più di tutti noi, perché si era scolato anche la sua bottigliona di birra calda.
Mi sdraiai e cominciai a ridere così forte che mi faceva male la pancia. 
«Jalex estiste sempre!» esclamò Rian, ridendo più forte. Jack annuì.
«Ovvio che esiste. Quest'uomo è il mio amante!» disse, prendendomi il viso tra le mani e stampandomi un altro bacio.
«Oh, sì Jack sei la mia puttana!» gli tirai i capelli e gli morsi la punta del naso.
«Sì okay basta non esagerare sempre! So che sono estremamente sexy.. ma.. mi piacciono le donne!» 
«No Jack lo sappiamo bene che tu sei sessualmente attratto da Alex da sempre. E lui ricambia!» disse Zack, bevendo ancora.
«Io direi che questa conversazione dovrebbe finire...» disse Jack arrossendo. «E' ovvio che sono attratto da Alex, no, amore?» Lo baciai, ridendo. Poi entrambi ci passammo una mano sulle labbra.
«Okay basta fare i gay, andiamo a dormire!» dissi, alzandomi in piedi. Mi girava un sacco la testa. Mi trascinai fino alla stanza e inciampai nella mia stessa borsa. Feci un balzo in avanti e una capriola, per poi ritrovarmi in piedi. Mi girai di scatto. Jack stava ridendo come un idiota sdraiato per terra. Risi anche io, presi il borsone e lo spostai. Mi sfilai la maglia e i pantaloni e mi infilai sotto le coperte. Sarebbe stata una notte troppo corta, e volevo dormire ogni singolo minuto.

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Bene, ecco il quarto (?) sì, quarto capitolo. Beh, che dire? Ci vorrà ancora un po' per arrivare al succo della storia ma ci arriveremo, promesso. Mhm, non so cosa dire. Addio :3
Grazie a chi legge e commenta, ailoviu.

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Capitolo 5
*** Music can fix everything. ***


Una settimana era passata. Eravamo a New York. Avevamo fatto tappa a New Haven e a Bridgeport ed eravamo nella grande mela da due giorni. Il concerto, il secondo in città, si sarebbe svolto quella sera stessa e Matt, quel gran figo, aveva anche organizzato un after-party con i fiocchi. O almeno così diceva.
Ero seduto sul letto della mia lussuosissima camera d'hotel e ripensavo a quella modesta in cui ci eravamo fermati ad Hartford. Pensai alla sbronza che ci eravamo presi e a quanto ero stato agitato al pensiero di arrivare a New York il giorno dopo, quando invece mancava quasi un'intera settimana.
«Jasey, say you mean it!» cantai, intonando la canzone. Le mie dita scorrevano velocemente sulle corde della chitarra e le pizzicavano. Ogni volta che da quel tocco usciva una nota mi sentivo più completo.
Ogni tanto, mi fermavo a chiedermi come mai avessi scelto proprio questo lavoro, questo impegno nella vita, ed erano esattamente momenti come questi a dare la risposta alla domanda. La musica mi faceva sentire completo. Vivo. Me stesso. E solo Lisa mi aveva fatto sentire così durante gli anni. Avere la musica, la mia musica, per ritrovare quel senso di pace, era la cosa più bella che potessi chidere. Anche meglio di riavere Lisa indietro. Anche meglio di.. tutto.
Jack bussò alla porta prima di entrare e sedersi affianco a me. Rimase in silenzio a guardarmi suonare e cantare fino a quando non appoggiai la chitarra a terra e mi girai a guardarlo, ovvero molto tempo dopo.
«Agitato?» mi chiese, sorridendo.
«Un po'... tu?» lui annuì. Tutte le volte che ci esibivamo più volte in una città, soprattutto una città grande e famosa come New York City, eravamo agitati. Credevamo che i nostri fans si aspettassero un grande show, ma quando salivamo sul palco, ed eravamo solo noi stessi, ci facevano sentire amati come sempre. Amavamo i nostri fans, ognuno di loro.
«Ho sentito Kate, sai?» mi disse, dopo una pausa di silenzio. Annuii. Poi analizzai la sua domanda-barra-informazione, e mi voltai verso di lui.
«Non che non lo so! Che ti ha detto?» lui alzò le spalle.
«Mi ha chiesto come sto..» era decisamente strano. Lo guardai e feci cenno di andare avanti con un'espressione confusa. «Cosa ti devo dire? Mi ha chiesto come sto! Dice che è in California, che farà un concerto in un piccolo locale a Los Angeles e che le manc...hiamo!» sorrisi. Era strano pensare a Kate e Jack insieme.
Non stavano insieme, oh, no. Erano amici. Che si piacevano. Però non era mai successo niente. Jack lo giustificava con un "se le cose andassero male complicheremmo la tua vita" e Kate con un "siamo sempre troppo distanti andrebbe a finire male", ma nessuno dei due ci stava male e, soprattutto, nessuno sapeva di piacere all'altro. Io ero il ragazzo nel mezzo.
«Wow. Come ti senti?» alzò di nuovo le spalle.
«Come al solito. Ho voglia di bere! Andiamo a farci una birra?» mi alzai, misi la chitarra nella custodia e, seguito da Jack, la portai fino all'entrata dove, su un carrello, c'erano già gli altri strumenti musicali che ci eravamo portati in stanza, pronti ad essere trasferiti nel backstage del concerto.
«Che fate, voi, venite?» chiesi a Zack e Rian. Loro annuirono, chiusero il gioco a cui stavano giocando e si alzarono. Buttarono i joystick sul divano e Rian spense la televisione.

Il bar era proprio affianco al teatro in cui ci saremmo esibiti. Era già sera, ma era presto. Mancava un'ora allo spettacolo. Avevamo giusto il tempo di bere una birra e dire due cagate, prima di prepararci. Ci sedemmo al bancone. Ordinai una Stella Artois, per rimanere in tema con la musica, e cominciai a berla appena il barista mi mise il bicchiere davanti. Mi guardai intorno mentre Jack, Rian e Zack cominciavano una discussione sicuramente senza nessun senso. Nessuno in quel bar aveva un aspetto particolarmente notabile, ma il mio sguardo si posò su una ragazza seduta con alcune amiche, girate di schiena, in un angolo. Era bionda, aveva i capelli lunghi fino alle spalle e forse un po' di più, gli occhi chiari. Sorrise e riuscii a vedere un bel sorriso sulle labbra di quella ragazza. Non era bella.
Certo, non era brutta, ma non era una gnocca. Era particolare. Aveva il viso non troppo magro, il collo sottile e.. due belle tette, in effetti.
Mi sarei avvicinato volentieri per scambiare qualche parola se Zack non mi avesse preso per la maglia dicendo che eravamo in ritardo e che dovevamo scappare. Prima di uscire dal locale, però, lanciai uno sguardo nella sua direzione e incrociai i suoi occhi. Mi sorrise e poi la sua immagine sparì dalla mia visuale.

Quella ragazza mi aveva un po' turbato. Non riuscivo a togliermi dalla testa quegli occhi. Non avevo un ricordo ben preciso del colore, li ricordavo semplicemente come due fari. Come quando ascolti una canzone, di cui non sai le parole, e ti rimane in testa tutto il giorno, e non riesci a dormire perché quella stupida canzone ti distrae dal sonno. Stupida, maledetta canzone!
Il concerto andò davvero bene, eravamo tutti carichi. Jack continuava a saltellare da una parte all'altra del palco, lanciando plettri ovunque. Quando arrivò il momento di Remembering Sunday e mi lasciarono solo sul palco mi sentii un po' abbandonato. Era una strana sensazione, e cercai di scacciarla via.
Ad un certo punto, ero riuscito a vedere quello sguardo tra il pubblico, ma non ci prestai troppa attenzione. Quante possibilità c'erano che fossero davvero quegli occhi?
Dopo il concerto, come promesso da Matt, ci fu l'after party. Io e gli altri tornammo in hotel per cambiarci. Mi infilai dei pantaloni bianchi a sigaretta e una maglia leggermente stretta nera. Infilai un cappellino grigio sulla testa e delle scarpe abbinate. Mi guardai allo specchio e mi passai una mano tra i capelli che spuntavano sulla fronte, per metterli in ordine. Gli altri mi urlarono di muovere il culo, così uscii e li raggiunsi.
L'after party era in un locale vicino a times square. Era uno di quei locali enormi, da vip - noi eravamo vip, cazzo! - e con il nome tutto illuminato, i buttafuori all'entrata e il tizio, ridicolo, con in mano l'elenco degli invitati che diceva «sì» «no, stronzo, non ci sei, vattene!» Ovviamente non era il nostro primo after party, ma era sempre bello vedere quanta organizzazione c'era dietro tutto quello che potevamo vedere e, soprattutto era bello sapere che era tutto per noi.
Entrammo dalla porta principale, e il tizio alzò la catenella che bloccava il passaggio per farci passare. Era un posto davvero grande, con le luci soffuse e da discoteca, il bar illuminato, i tavoli appartati, i bagni, e anche degli stanzini inutili che però così inutili forse non erano, a mio parere.
«Cazzo, Matt ha fatto un bel lavoro!» disse Rian, guardandosi intorno.
«Davvero! Guarda, c'è Vinny!» urlai. La musica sovrastava ogni cosa. C'era un remix di Stay Awake, e sentii la mia voce che da normale che era, diventava una serie di suoni metallici. Risi e presi Vinny, gli circondai le spalle con un braccio.
«Allora, co-organizzatore, figa la festa! Ti diverti?» lui annuì. Aveva aiutato Matt con tutto.
«Siete appena arrivati ragazzi, la festa è iniziata ora! E' pieno di fan, però sono tutte sopra i 17, penso..» lo guardai storto.
«Quindi mi stai dicendo che da ubriaco potrei andare con.. una tredicenne?» lui scosse la testa e scoppiò a ridere.
«Niente sotto i 16, giuro!» risi e gli sfregai la testa con le nocche. Lui si lamentò e ci trascinò verso il bar. Ordinai un mojito e una piña colada. Li presi entrambi, uno in una mano e l'altro nell'altra, e cominciai a girare per la pista da ballo osservando la gente che ballava. C'era davvero tanta gente.
Alzai il bicchiere pieno di mojito e ne bevvi un po'. Poi un altro po' fino a finirlo tutto. Una ragazza mi si avvicinò. Era bassina, con i capelli lunghi neri, lisci come spaghetti, gli occhi marrone chiaro, tendenti al verde e le labbra rosee, abbastanza carnose. Aveva l'accento inglese.
«Ciao!» ricambiai il saluto e appoggiai il bicchiere vuoto su uno dei vassoi che teneva in mano un cameriere che passava tra la folla. Sfiorai il braccio alla ragazza e le chiesi il nome.
«Christine!» esclamò lei. Bevvi qualche sorso di piña colada, e rimasi lì con lei a parlare qualche minuto fino a quando anche il secondo bicchiere fu svuotato.
«Senti Christine ti va di ballare?» le chiesi. Lei annuì, soddisfatta. Ballai con lei per qualche canzone e l'atmosfera si fece più calda. Lei cominciò a muoversi su di me a ritmo di musica. Le presi i fianchi e accompagnai i suoi movimenti. Ad un certo punto lei alzò lo sguardo e mi baciò a stampo. Si fece tutta rossa in viso e abbasso gli occhi. Le presi il viso tra le mani e cominciai a baciarla. Il mio stomaco fece una capriola mentre lei si appendeva ai passanti della cintura dei miei pantaloni.
Le baciai la guancia e il collo e le morsi l'orecchio. Lei fece lo stesso, poi mi avvicinò di più a se. «Bagno?» sussurrò.
Poi si allontanò e, prima di scomparire tra la folla, si girò verso di me e mi fece uno sguardo provocante. La seguii. Nel tragitto notai Rian e la sua ragazza, Cassedee, seduti su un divanetto che amoreggiavano. Poco più in là, Jack flirtava spudoratamente con una biondina, e dall'altra parte della sala, Zack era con Matt e Vinny in compagnia di un gruppo di ragazze che non facevano altro che ridere. Sorrisi e seguii Christine fino a dietro la porta del bagno. Mi abbassò i pantaloni in un millesimo di secondo, non feci in tempo nemmeno a chiudere la porta a chiave che lei era in ginocchio davanti a me e mi stava abbassando i boxer.
Feci un sospiro prima che cominciasse a toccarmi tra le gambe. Quando lo mise in bocca pensai di morire dal piacere e dalla sorpresa. Appoggiai la schiena al muro e le presi la testa tra le mani accarezzandole i capelli. Perché, perché non erano tutte così le ragazze, che ti conoscevano e dopo un'ora erano già in un bagno a farti un pompino? Avrei voluto dirle qualcosa come «Dovrebbero essere tutte come te!» ma non riuscivo a parlare.
La testa cominciò a girarmi, e mentre venivo nella sua bocca sentii le gambe cedere. Ero brillo e sessualmente quasi soddisfatto, la serata poteva continuare.

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