Ad occhi chiusi

di England
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter one ***
Capitolo 2: *** chapter two ***
Capitolo 3: *** chapter three ***
Capitolo 4: *** chapter four ***
Capitolo 5: *** chapter five ***
Capitolo 6: *** chapter six ***



Capitolo 1
*** chapter one ***


Mi volto alla ricerca di Sakura, ma lei non c’è ancora; in compenso vedo lui.
E’ la prima volta che lo vedo qui, probabilmente non l’ho nemmeno mai visto in città.
Viene da fuori, sento dei sussurri, mi volto di nuovo ed un gruppo di ragazzine lo fissato parlottando tra di loro.
Non mi piace che la gente sparli, così mi avvicino, le osservo inarcando le sopracciglia.
< Bhè? Allora? Che avete tanto da parlare? > Loro mi guardano storto, sbuffano e se ne vanno.
Sorrido soddisfatto e torno a voltarmi, ma lui non c’è più. Questa cosa mi lascia l’amaro, e mi giro intorno per cercarlo, ma l’unica cosa che inquadro è la chioma chiara di Sakura che sventolando una mano in aria mi viene incontro.
< Naruto! Ma che ci fai qui? La campanella suona fra dieci minuti! > Ridacchia; io insieme a lei mentre scrollo le spalle.
< Non posso essere puntuale, per una volta? > Lei sorride, annuisce. < Certo, ma non farlo troppo spesso, poi mi spaventi. > E ci incamminiamo verso le scale, per entrare a scuola e dirigerci in classe.
Mi siedo al mio banco, Sakura al suo, mentre il posto vicino a me rimane vuoto.
Sono in prima fila, perché Kakashi-sensei ha deciso così per me, dice che è per aumentare la concentrazione, e almeno parlo meno.
Ancora non è arrivato in classe, ma non è una novità il suo essere ritardatario.
Il ragazzo l’ho già dimenticato, non ci ho pensato, ma quando vedo il prof entrare e ci alziamo tutti insieme, lui ha un gran sorriso sulle labbra.
Solitamente non sorride mai.
< Ragazzi, sedetevi. >
E noi ubbidiamo.
Dalla porta vedo entrare un ragazzo alto, dai lunghi capelli mori, benvestito, sulla ventina, probabilmente.
A stringere la sua mano un tipo leggermente più basso di lui , le dita saldamente intrecciate tra di loro e non sembra intenzionato a sciogliere quel nodo.
Tutti notiamo che c’è qualcosa che non va.
Mi giro verso Sakura, lei ricambia il mio sguardo interrogativo e il professor Kakashi richiama la nostra attenzione, schiarendosi la voce.
< Ragazzi, lui è Sasuke Uchiha e sarà il vostro nuovo compagno di classe per alcune delle ore scolastiche. >
Il ragazzo più alto si china leggermente a mormorare qualcosa all’orecchio dell’altro che tiene gli occhi bassi.
Sono curioso di sapere cos’è che gli dice, ma il pensiero di origliare scompare quasi subito, quando il ragazzo più basso alza il viso e fissa un punto impreciso dell’aula. In realtà mi volto indietro, forse guarda qualcuno; invece no.
< Ciao… > Il suo tono atono mi fa gelare, così torno a guardarlo e lui guarda me.
Allora capisco che forse c’è davvero qualcosa che non va’, e ho la conferma, quando l’altro ragazzo che lo tiene per mano lo fa avvicinare al posto vuoto vicino a me, mormorandogli:  < C’è il tavolo, siediti qui, c’è un ragazzo alla tua sinistra, stai attento. >  Sbatto le ciglia e li fisso indaffarati, mentre mi volto poi verso il professore che mi sorride.
< Sii gentile. > Non è che lo dice, ma lo mormora labilmente, e questo mi fa comprendere che dovrei davvero essere gentile, con il nuovo arrivato.
Il ragazzo alto ci sorride, unendo le mani dietro la schiena. < Spero che vi troviate bene con mio fratello, è di poche parole ma…  >
< Itachi. > la voce secca dell’altro interrompe le parole del moro, e mi volto a guardarlo, mentre tiene gli occhi fissi in direzione dell’altro, anche se probabilmente, non sa che si sbaglia di qualche centimetro.
Itachi, che se ho ben capito dovrebbe essere l’altro, si volta verso il professore che gli sorride rammaricato e poi si stringono la mano, parlottano di qualcosa, e Itachi se ne va.
Il Sensei inizia a parlare, non so bene di cosa, perché rimango voltato a guardarlo e mi chiedo se riesce a vedermi davvero.
< Smettila di fissarmi. > Sobbalzo, spalanco gli occhi, mentre il suo viso si volta di pochi centimetri in mia direzione, tenendo gli occhi bassi.
< M-ma… >
< Sento il tuo fiato, idiota. > M’acciglio e mi volto mettendo il broncio.
Non mi piacciono le persone scortesi.
Il professore nota il mio viso corrucciato e mi guarda torvo interrompendo il discorso, sbuffo e mi rilasso.
Per questa volta lo ignoro, preferisco stare a sentire la lezione, che essere insultato da un cieco.

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Capitolo 2
*** chapter two ***



la voce dell'irrazionalità:
; non lo so cos'è, quindi non chiedetemelo. non so da cosa sia nata e perchè, so solo che adesso è qui tra le mie fanfiction. Forse sto sbagliando a scriverla, forse era meglio usare un'altra persona, e forse un altro tempo verbale...diavolo, ma perchè? Fatemi sapere -vi prego- se così è troppo sempliciotta o può andar bene, altrimenti lo giuro, cambio tutto! La storia mi piace, o almeno mi piace l'idea che ho, e vorrei che si sviluppasse bene, quindi fatemi sapere cosa ne pensate e vedrò di apportare le giuste modifiche. Diciamo che tutto ciò è solo una bozza, finché non avrò conferme. xxx ~ diana.


Chapter two.
 
Quando la campanella suona mi porto una mano davanti la bocca e sbadiglio assonnato, mentre con quella libera mi stropiccio gli occhi.
Mi volto a guardare Sasuke, lui tiene le braccia incrociate al petto e lo sguardo assente fisso avanti a se. Chissà se i ciechi dormono con gli occhi aperti, chissà cosa vede lui, con quegli occhi.
Che domanda idiota, Naruto.
Mi schiarisco la voce e faccio per alzarmi prendendo la mia borsa. Il professor Kakashi gli si avvicina, lo osservo con la coda dell’occhio. < Ti faccio aiutare da un compagno per andare nell’altra aula, va bene? >
L’altro annuisce, io sospiro e mi volto, prima di sentirmi richiamare.
Qualcosa mi aveva detto che sarei dovuto scappare prima dall’aula, invece di dilungarmi in stiracchiamenti.
< Naruto! Vieni qui! > Alzo gli occhi al cielo e colmo i due passi che mi separano dal professore.
< Aiuta Sasuke ad arrivare nell’aula di Inglese per favore, io devo andare in presidenza. >
Annuisco. < Okay…  > Non posso rifiutarmi, purtroppo.
La classe lentamente si svuota, il professore mi da una pacca sulla spalla e se ne va dopo avermi sorriso, lasciandomi lì, con davanti Sasuke, con quei suoi due occhi scuri come la pece che fissano un punto impreciso, in mia direzione.
Sakura mi passa vicino, mi guarda e poi guarda lui, prima di uscire.
< Uhm… ti devo prendere per mano o cosa? > Lo dico con sufficienza e lui si alza  senza dire una parola. Lo vedo tastare il tavolo prendendo a camminare e allungando le mani per assicurarsi di non sbattere da qualche parte.
< Hey, io sono qui, che stai facendo? > M’acciglio mentre lui si volta verso di me. < Non ho bisogno del tuo aiuto, puoi andare. >
< Ma il pr- >
< Non ho bisogno del tuo aiuto. > Lo ripete, con più fermezza,  prima di vederlo sbattere contro la cattedra piegando il busto appena in avanti, puntando i palmi contro la superfice lignea di quella. < Maledizione… > Lo sento imprecare e mi avvicino di un passo, poggiandogli una mano sul braccio.
< Lasciami! > Lo urla divincolandosi ed io mi faccio indietro, fissandolo e non capendo.
< Vaffanculo, cavatela da solo, stavo solo cercando di aiutarti! > Lo dico arrabbiato e passo dietro di lui, sbattendo contro  la sua schiena forse volontariamente e superandolo, uscendo dall’aula. Mi metto dietro lo stipite e mi affaccio, per vedere cosa fa.
Volta il capo di qua e di là, come se si stesse assicurando di essere da solo. Lo osservo in silenzio, mentre a tastoni cerca il muro al quale appoggiarsi, per venire verso la porta.
Deve essere una cosa veramente brutta, non riuscire a vedere ciò che ci circonda. I colori, le forme, le persone a cui vogliamo bene. Chissà se è cieco fin dalla nascita o ci è diventato. Deglutisco, lo vedo fermarsi e abbassare il viso, sembra abbattuto. Mi dispiace averlo mandato a quel paese, non deve passare un bel momento. Faccio un passo in avanti, e lo vedo rizzare il capo, allarmato.
< C’è qualcuno? > I suoi occhi opachi e scuri si guardano attorno, cercando di capire da dove provenisse il rumore.
Schiudo le labbra, vorrei rispondergli, ma ho paura che mi respinga di nuovo, così rimango in silenzio. Restando immobile e non emettendo altri rumori lo vedo tranquillizzarsi.
Devo decidere su cosa fare, se resto qui a guardarlo farò tardi alla lezione, eppure se lo lascio qui e il professor Kakashi lo scopre, mi metterà sicuramente in punizione.
Scuoto il capo e mi faccio avanti.
< Vieni, ti porto in classe. > Lo vedo allarmarsi di nuovo, spalancando gli occhi.
Lo afferro per un braccio, lo tiro verso di me.
< Lasciami! Lasciami stupido idiota! Non ho bisogn- >
< Me ne frego se non hai bisogno del mio aiuto! Se non lo faccio il professore mi metterà in castigo e non ho intenzione di prendermi una punizione che non mi merito. >
Lo zittisco, ma vedo la sua espressione arrabbiata.
Se potesse mi ucciderebbe, ne sono sicuro.
< Vieni. > Lo dico con fermezza, mentre esco fuori dall’aula e me lo tiro dietro.
< Sai, sei veramente maleducato, uno cerca di aiutarti e tu subito sulla difensiva. Non dovresti fare così, è il primo giorno qui, finirai per farti odiare. > Comincio a parlare a raffica, senza rendermene conto e faccio i primi due scalini, prima di sentirlo crollare dietro di me.
Mi volto e lo vedo a terra, che cerca di rialzarsi. < Cazzo! Me lo devi dire se ci sono le scale, idiota! >
Spalanco gli occhi, mi fiondo ad aiutarlo e lui cerca di divincolarsi ancora. < M-mi dispiace scusa non…ci ho pensato! > Esclamo. Lo vedo sbuffare. < Proprio il più demente dovevano rifilarmi. > E’ scocciato, lo vedo chiaramente, e mi sento in colpa.
< Sasuke! > Sento la voce del professor Kakashi e mi volto giusto in tempo per vederlo avvicinarsi. Lo aiuta a rimettersi in piedi e gli chiede se sta bene. L’altro annuisce e poi, il professore guarda me.
< Sapevo che non eri in grado. Ma come mi è venuto in mente. > M’acciglio e lo vedo allontanarsi, tenendo per un braccio Sasuke che gli va dietro in silenzio.
Alzo gli occhi al cielo e voltandomi riprendo a fare le scale.
Se il professore era consapevole della mia incapacità, avrebbe potuto evitare di chiedere a me. Detesto queste cose, sembra che faccia di tutto, per mettermi in difficoltà e ricordarmi quanto io sia scarso certe volte. Salgo le scale imbronciato e in cima trovo Sakura che mi aspetta.
< Allora? >
< Allora cosa? > Lei scrolla le spalle. < Non dovevi aiutare Sasuke? Dove l’hai lasciato? >
Sbuffo. < L’ho fatto inciampare senza volerlo, è arrivato il Sensei e l’ha portato via. > Lei mi guarda un po’ dispiaciuta e mi sorride bonaria. < Dai… non sei abituato a queste cose, è normale. Avrei sbagliato anche io. > Non penso, ma glielo lascio credere.
La mattinata passa tranquilla, senza più traccia di Sasuke. Non ho idea di dove il professore l’abbia portato, forse in infermeria, forse l’ha fatto andare a casa, non lo so.
Quando esco da scuola, dopo aver salutato Sakura, mi dirigo a piedi verso casa, come tutti i giorni; ma qualcosa richiama la mia attenzione.
Dall’altra parte del marciapiede c’è un’auto scura, riconosco Itachi che aiuta Sasuke a salire sul sedile posteriore.
< Ce la faccio da solo! > Sento urlare il più piccolo, e mentre sale inciampa.
Fa così persino con suo fratello, questo mi dispiace.
Deve sentirsi veramente giù, per comportarsi in quel modo.
La macchina se ne va, mi lascia qui, con l’amaro in bocca, ed io torno a casa, sperando di farmi passare questo senso di inutilità che stranamente sento addosso.

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Capitolo 3
*** chapter three ***


Chapter three
 
Apro gli occhi di scatto e mi accorgo di essere tornato il solito ritardatario.
Impreco e mi alzo velocemente, per poi correre in bagno per darmi una lavata.
Infilo lo spazzolino da denti in bocca, due sfregate, ma lo lascio lì mentre mi lavo la faccia. Finisco di pulire i denti e sputo tutto nel lavandino. Ovviamente tutto questo, nel giro di un minuto e mezzo. Tempo record per me!
Torno in camera ed infilo la divisa scolastica tutta stropicciata che ho abbandonato su una sedia la sera prima. Afferro lo zaino, senza nemmeno controllare se i libri che ho dentro sono giusti e mi precipito giù dalla scale.
< Mamma! Diavolo ma fai a posta a non svegliarmi! >
La sento ridere dalla cucina. < Devi diventare responsabile! > Mi urla dietro mentre io esco sbattendo la porta.
Corro verso la scuola, fortunatamente non abito molto lontano.
Arrivo che sta suonando la campanella e mi precipito verso la mia classe che ha già la porta chiusa.
Busso ed apro. < Scusi il ritardo Sensei. > Abbasso il capo dispiaciuto e rimango lì, in attesa di sentire se sono scusato o meno.
Sento il professore sbuffare e come tutte le mattine, mi da il benarrivato. < Grazie per averci onorato della sua presenza, Uzumaki. > Sorrido amareggiato ed alzo il capo.
Noto Sasuke seduto nuovamente al posto vicino al mio. Mi avvicino e mi accomodo, sospirando. Ruoto leggermente il capo in sua direzione, tiene le mani unite sul banco e come al solito sembra assorto in tutt’altri pensieri.
Abbasso il viso, ed inizio ad ascoltare il professore.
Ad un certo punto della lezione qualcuno bussa alla porta. La segretaria chiede al Sensei di uscire, così ne approfitto. Mi volto verso Sasuke, lo guardo per un po’, osservo i suoi occhi, poi mi viene da sorridere.
Mi schiarisco la voce e lo vedo girare appena il viso in mia direzione.
< Forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Volevo chiederti scusa per ieri, per le scale e beh, sono stato poco carino con te. > Lui inarca le sopracciglia e schiude le labbra. < Non ci faccio niente, con le tue scuse, Uzumaki Naruto. > Pronuncia il mio nome scandendo bene le lettere, assaporandole e disprezzandole una ad una. Lui sarà pure cieco, ma io riesco ancora a vederci bene.
Sospiro. < Scusa ma se non ti piace venire a scuola perché diavolo non te ne resti a casa e fai da privato? > Lui ruota completamente il capo verso di me, vedo le sue iridi scure vagare appena, come se volesse cercare di vedermi, poi assottiglia lo sguardo. < Senti un po’, ragazzino, i tuoi non ti hanno mai insegnato a farti i fatti tuoi? Non devo di certo venire a dare spiegazioni a te di ciò che faccio. >
Il professore rientra proprio adesso, un sorriso sulle labbra e dei fogli in mano. Interrompe le parole che avrei voluto dire a Sasuke, ma finisco per ignorarle e dimenticarle.
< Ragazzi, finalmente una buona notizia. Sono arrivati i fogli per la gita scolastica e il programma. >
Dall’aula si alzano gridolini e urla di approvazione, tra le voci c’è anche la mia, felice. Mi ci voleva proprio, una gita.
Il professore incarica Hinata di distribuirli e lei lo fa’. Da’ un foglio anche a Sasuke, ma forse si è sbagliata.
Non credo sia il caso che lui venga. Leggo cosa c’è scritto, staremo fuori 6 giorni.
Questo è l’ultimo anno di scuola e questa è la -nostra- vacanza. Ce la meritiamo.
Quando Hinata torna a sedersi, il professore richiama la nostra attenzione.
< Dunque, portate i soldi Martedì e mi raccomando, che sia Martedì! Chi ritarda non viene, perché abbiamo già sforato con i giorni. Per oggi abbiamo finito. Buon fine settimana. >
E la campanella suona, chiudendo puntuale il discorso del Sensei.
Il professore prende la sua roba e se ne va, mentre io mi rilasso.
Adesso abbiamo matematica, quindi non dobbiamo cambiare aula. Mi volto verso Sasuke, e lo vedo un po’ spaesato mentre guarda a destra e a sinistra.
< Sasuke, è tutto ok? > Glielo domando, ma lui non risponde e fa per alzarsi.
Dalla porta vedo entrare il fratello che, con puntualità impressionante,  gli va incontro. < Sasuke, eccomi. > Allunga le mani in sua direzione per stringere le sue, e il moretto, quello più piccolo, non sembra intenzionato a divincolarsi, ma lo segue fino a superare il banco.
Osservo la scena in silenzio. La cosa che ancora mi sfugge è il motivo per cui un cieco venga a scuola, il motivo per cui un cieco vada in giro senza… un… bastone? O un cane? Insomma, ce ne sono di modi, per potersi muovere nel mondo, e molti di questi non comprendono l’intervento di terzi.
Scrollo le spalle risvegliandomi dai miei interrogativi e mi avvicino ad Itachi, preso da un attacco di perbenismo. < Posso aiutarti in qualche modo? >
Il ragazzo alza gli occhi scuri di me, mi ci specchio dentro per quanto liquidi e vitrei. Mi osserva e poi sorride pacato, scuotendo il capo. < No, faccio da solo… grazie lo stesso…. > Lascia la frase volutamente in sospeso, aspettando di sentirmi pronunciare il mio nome così da completare la frase, ma una voce che non mi appartiene colma il silenzio.
< Naruto. > Volto il capo verso Sasuke,  perché è lui che ha parlato, sorrido leggero, ma lui non può vederlo e lo so.
Itachi sorride insieme a me. < Grazie, Naruto. > E poi tira appena il fratello, per farlo avanzare al suo fianco.
Osservo le schiene dei due fratelli mentre superata la soglia si allontanano, ma d’un tratto mi viene un’idea.
Spalanco gli occhi e corro dietro i due. < Sasuke! > Itachi si volta, l’altro lo vedo sbuffare, ma non importa.
Il professore aveva detto di essere carini, gentili e di non escluderlo. Mi fermo ad un metro da loro, Itachi mi guarda perplesso, mentre Sasuke, come prevedibile, guarda un punto impreciso nella mia direzione. < Che vuoi, Uzumaki? >
< Mi chiedevo se… insomma, ho visto che te la cavi bene con letteratura. Ti va se ci vediamo, questo fine settimana? >
Itachi si volta verso Sasuke, il suo sguardo sembra incredulo. Possibile che nessuno avesse mai chiesto una cosa del genere a suo fratello?
Fratello che, al momento, vedo palesemente spaesato.
< Eh? Come ti passa per la testa una cosa simile, idiota? > Itachi gli da’ una gomitata, come ad intimarlo di essere più cortese. Io sorrido a quel gesto.
< Sakura ha da fare ed io ho bisogno di una mano, inoltre se non faccio bene il compito di Lunedì i miei non mi mandano in gita. > Sasuke si acciglia.
< Non è affar mio se tu hai difficoltà. Non siamo amici, non ho intenzione di studiare con te, soprattutto se è per farti guadagnare una vacanza. > Rimango in silenzio. In effetti, non ha tutti i torti. Itachi mi guarda leggermente dispiaciuto, forse si aspettava qualcosa di diverso.
< itachi, andiamo? Che stai aspettando? > Sasuke è impaziente. Il fratello maggiore mi guarda. < Aspetta un attimo. > Gli si allontana, Sasuke lo cerca con le mani, ma lui si avvicina a me.
Si piega e mi sussurra qualcosa all’orecchio che inizialmente non capisco, poi afferro e gli sorrido.
Mi da una pacca sulla spalla prima di tornare da Sasuke e poi, se ne vanno.
Io, con un sorriso a trentadue denti, giro i tacchi e torno in classe.
La mattina trascorre senza intoppi ed io non vedo l’ora di tornare a casa, questo pomeriggio.
 
< Naruto, lo sai che non ci vai in gita se non passi il compito di lunedì. > Annuisco mentre finisco di bere il brodo del ramen.
< Naruto, sono seria. >
Annuisco di nuovo, ma in realtà sto pensando a tutt’altro.
Mia mamma sbuffa, io alzo il viso e la guardo. < Lo so mamma, infatti adesso vado a casa di un compagno di classe per studiare. >
Lei inarca un sopracciglio, mi guarda perplessa. < Mh, e chi è ? >
Scrollo le spalle. < Uno nuovo. >
< Mh… speriamo bene. > E se ne va, uscendo dalla cucina. Seguo la sua figura finché non la vedo sparire dal mio campo visivo e poi mi alzo. La mia borsa è poggiata sul tavolo, la metto in spalla ed esco.
Itachi mi aveva sussurrato il loro indirizzo, dicendomi che, probabilmente, se passavo a trovare Sasuke, potevo solo fare del bene, almeno per la compagnia.
Suo fratello è veramente gentile, al suo contrario, e sembra premuroso e altruista.
Due opposti.
Lungo la strada penso a mille modi per far sorridere l’Uchiha. E’ talmente impossibile, come impresa -da quel che ho capito- che ho deciso di prenderla come una sfida.
Inoltre, dovrei convincerlo a studiare e, prima ancora di questo, dovrei convincerlo ad accettarmi come essere pensante al suo pari.
Mi fermo davanti al cancello che mostra il numero indicatomi da itachi, nella stessa via che mi sussurrò all’orecchio, allora sospiro e mi avvio all’entrata.
Suono, poi una voce.
< Itachi? Itachi? Hanno suonato!  > E quasi subito dopo la porta viene spalancata, mettendomi in mostra davanti al fratello maggiore. Mi guarda, sorride, e poi si fa da parte per farmi passare.
< Sasuke, hai una visita. > Lo sento dire, mentre mi accompagna verso il salotto. Prima di girare l’angolo, Sasuke fa la sua comparsa, poggiato allo stipite. Indossa una t-shirt grigia e un paio di pantaloni scuri di una tuta, per niente in tiro come tutte le mattine a scuola e il suo sguardo, così vuoto, rimane immobile, mentre le mani cercano appigli. < Itachi, chi è? > Chiede, il tono basso.
< Sono Naruto. > Mormoro, prima che possa intervenire il fratello.
< Che diavolo ci fai qui, ti ho detto che non stu- >
< Volevo solo venire a farti visita, tutto qui. > Lo interrompo, lui tace.
< Maledetto, gliel’hai detto tu dove abitiamo, vero?! > Urla contro il fratello, voltando il viso verso destra, anche se non sa che lui è lì vicino a me. Abbasso un momento il viso, rimango in silenzio e lui si volta. Il fratello mi indica di seguirlo, mentre lui, dietro di me, si allontana.
Seguo il suo consiglio ed entro nel salotto.
Guardo Sasuke che si muove con le braccia leggermente aperte, toccando ciò che ha intorno. Batte le gambe contro il divano, si piega leggermente in avanti e lo guardo mentre i suoi polpastrelli toccano la superfice ruvida della stoffa un po’ invecchiata.
< Vuoi una mano? > Chiedo, quasi d’impulso e lui ruota il capo in mia direzione. Non mi insulta.
< Devi essere proprio un testardo, se sei ancora qui. >
Lo mormora, questo mi fa felice, perché è come se avesse appena realizzato che io -esisto-.
< Esatto, Sono Uzumaki Naruto. Il mio nome è indimenticabile e sono famoso per la mia testardaggine, Uchiha Sasuke. >

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Capitolo 4
*** chapter four ***


Chapter four
 
Non sembra sorpreso dalla mia risposta. Anzi, forse è ovvia, probabilmente se l’aspettava.
Lo osservo sospirare mentre inclina il viso in avanti, e si massaggia le tempie.
Sta riflettendo. Non mi piace vederlo riflettere, è come se stesse tramando qualcosa.
Mi avvicino di un paio di passi e butto la borsa a terra vicino al tavolinetto bassa che c’è tra i due divani. Il tonfo della borsa che cade a terra cattura l’attenzione di Sasuke, distraendolo.
Alza gli occhi, perplesso.
< Dimmi che non sei inciampato, ti prego. > Il tono è molto vicino all’implorazione.
Mi considera davvero così stupido?
Ridacchio. < No, era la borsa. >
Sospira e finalmente incrocia le braccia al petto. < Facciamo così, io ti aiuto a studiare, ma se vai in gita, verrò anche io. Voglio essere un peso per te. > Spalanco gli occhi, lo fisso, mi mordo la bocca. < Ma Sasuke… insomma tu… >
< Io cosa? Sono come te in fin dei conti. Non posso venire in gita con la mia classe? >
In realtà, ad essere pignoli, nemmeno fa parte della classe.
Sasuke frequenta solo le ore che può permettersi di ascoltare e basta.
Tipo letteratura, o inglese. Questo ce l’ha detto il Sensei, in uno di quei momenti morti durante una delle sue lezioni.
Sospiro, mi lecco le labbra e devo riflettere subito ed in fretta. Le cose sono due: o sto a scuola, perché non passerò il compito, e ci starò con Sasuke, oppure vado in gita, mi diverto, ma ci sarà Sasuke.
< Ok, accetto. > E via, non ho molto da perdere.
Lui sorride soddisfatto. < Perfetto. Accomodati, è ora di studiare. >
Che tono fottutamente sadico. E sono certo che c’entri ben poco con lo studio, bensì con la gita. Non vede l’ora di rendermi la vita un inferno, per caso?
 
Mi accorgo subito che Sasuke deve essere d’indole uno studioso. Lo capisco dal modo in cui parla. Gesticola come se stesse facendo un discorso ad una nazione, è quasi teatrale. Parla un quarto d’ora e si ferma a chiedermi se ho capito, e poi mi fa ripetere.
Non è poi così male, il suo modo di insegnarmi, anche se finisce per correggere ogni virgola che sbaglio.
Mi diverte il suo essere così preciso, ce lo vedo bene, a fare il Professor Terrore, in una classe. Magari con un paio di occhialetti calati sul naso, mentre legge a...
Dio, ma cosa vado a pensare poi.
Sasuke non potrà mai portare occhialetti sul naso mentre legge un libro. Sono uno stupido, stavo persino per dirglielo.
Pensandoci, passa più tempo a chiamarmi -idiota- che a dire altro, ma non mi importa perché quelle altre cose che dice riesco a capirle e a ripeterle.
Continuiamo così per tutto il pomeriggio, finché il sole non cala senza nemmeno accorgermi, e il mio telefono squilla.
Sasuke si interrompe subito, ed io rispondo.
 < Pronto? Mamma? – ah – non mi ero reso conto, sì, ora torno. > Mi alzo in piedi infilando il telefono in tasca.
Lo guardo. < Scusa, ora devo andare, mia madre era preoccupata. > Lui annuisce, ma non si scomoda -ovviamente- per accompagnarmi alla porta.
< Sai dov’è l’uscita. > Dice, sorrido leggero. < Sì, mh… ci vediamo domani? >
Lui annuisce, storcendo le labbra in una smorfia. < Ovvio, ignorante. >
Scuoto il capo e gli do le spalle mentre esco dal salotto. < Salutami tuo fratello, a domani! > E mi precipito fuori.
Mi sono appena accorto di avere una fame tremenda.
 
Il giorno dopo sono ancora a casa sua. Domani c’è il compito e a me sembra di sapere già più cose, da quando lui me le spiega.
Oggi più di ieri non ho idea di come lui sappia tutte queste cose, non ho idea nemmeno di come faccia a studiare, però lo ascolto, mentre parla. Io sono seduto sul divano difronte a lui, non stacco i miei occhi dalla sua persona, mentre lo vedo gesticolare come al solito, riflettere, fare smorfie quando si accorge di sbagliare e correggersi.
Mi fa sorridere, qualche volta.
Mi rendo conto solo ora di quanto possa essere fragile, dietro quegli occhi vitrei e morti.
Tiene le gambe incrociate, sembra tranquillo, ma quando smetto di fare versi tipo “mh”, “sì” o “ho capito” lui si blocca.
Volge il viso da una parte come a cercare dei rumori.
< Naruto? > Mi chiama, inarco le sopracciglia.
< Sono qui… sono qui. > Lo rassicuro e lui batte le ciglia.
Lo vedo sospirare, annuire piano, e abbassa il viso. < Ok... dicevo… > Ma si blocca. < Mi stai seguendo? > Chiede.
Schiude le labbra, annuisco velocemente. Ovvio, lui non può vedermi, quindi aggiungo subito dopo. < Sì sì, ti seguo. Prendevo… appunti. > mento, lui s’acciglia di nuovo, poco convinto.
Fin troppo facile, con un cieco.
< Mh, ok… dicevo… >
E riprende il discorso. Si vede chiaramente che gli piace ciò di cui sta parlando. Mi mordo le labbra; vorrei chiedergli mille cose, difatti non mi smentisco.
< Hey Sasuke? >
Lui si interrompe, gli occhi si muovono verso di me.
< Che c’è? > Chiede, ed io rimango in silenzio un paio di secondi, schiarendomi la voce.
< Come le sai tutte queste cose? >
< Perché le studio, idiota. >
Alzo gli occhi al cielo. Era una risposta ovvia ma…
< Ma come le studi? Insomma tu… >
< Le ho studiate in passato e sai, il mondo si è evoluto razza di idiota. Anche i ciechi… hanno… metodi per lo studio. >  
< Quindi non sei cieco dalla nascita. > E’ un affermazione la mia, insomma, lui lo ha appena ammesso senza dirlo palesemente.
< Pff. > Lui sbuffa, sembra che non voglia affrontare l’argomento.
Istintivamente, il mio corpo si muove.
Mi alzo e vado vicino a lui, l’irrefrenabile voglia di abbracciarlo, forse un modo per consolarlo.
E’ tremendo.
E se mi svegliassi un giorno e non potessi vedere più niente? Rimarrei scioccato.
Sasuke, è capitato proprio a te e poteva succedere a me. Mi sento quasi male, non ho idea di come possa stare Sasuke -dentro- , l’angoscia, la paura, la difficoltà che prova ogni attimo della sua vita da quando il mondo gli è diventato un posto sconosciuto per la perdita della vista.
Mi siedo vicino a lui, lo abbraccio.
Lui rimane immobile e spalanca gli occhi quando si rende conto del mio gesto.
< Che diavolo stai facendo?! > Sbotta mentre prova a spingermi via, ma io lo stringo più forte. < Aspetta, aspetta Sasuke, ti prego, fermo un secondo… > Lo imploro. Sento il viso rosso, mentre lo nascondo contro la sua spalla.
Ho bisogno di consolarlo, vorrei farmi carico di quel dolore che prova, per alleggerirgli il peso di questa sorta di maledizione. Ma lui cerca ancora di divincolarsi, lo stringo più forte e sento le sue dita affondare nelle mie braccia.
< Uzumaki lasciami! Maledizione non mi toccare! > Lo urla quasi isterico, la sua voce si incrina e mi spinge via, con le mani poggiate sulle mie spalle adesso, sulle quali fa pressione.
Lo fisso, perché? Perché si comporta così?
Ha il fiatone, guarda verso di me, immaginando che io sia ancora lì, ovviamente.
< Sasuke posso immagin- >
Allunga le mani in mia direzione, non sa dove prendermi, però cerca di spingermi. < Vaffanculo! TU non puoi immaginare niente! Vattene da questa cazzo di casa. ORA. >
Rimango in silenzio, gli occhi spalancati a fissarlo e boccheggio, vorrei dirgli qualcosa, forse scusarmi, ma mi volto,  e Itachi è sulla soglia, ci guarda, mi guarda e sembra preoccupato. Fa cenno di no con la testa.
Forse non dovrei insistere.
< Ok… ok… me ne vado, scusa. > Mi alzo lentamente e prendo le mie cose, rimettendole nello zaino che mi porto in spalla.
 
Lo vedo con la coda dell’occhio che si massaggia le tempie, ed io passo vicino ad Itachi, superandolo e cercando di evitare i suoi occhi che mi seguono ogni passo che faccio.
Spera che lo guardi, ma si sbaglia.
<  Naruto… > mi chiama, prima che io apra la porta d’ingresso.
Stringo la maniglia nel palmo della mano.
Mi volto a guardarlo adesso, controvoglia, gli sorrido tranquillo e mi stringo nelle spalle. < E’ ok, mi spiace. > Lui si morde la bocca, mormora uno “scusalo”, prima di entrare in salotto, mentre io, esco da quella casa.
A questo punto, dovrebbe essere lui, a scusare me.

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Capitolo 5
*** chapter five ***


Chapter five
 
Il giorno dopo a scuola arrivo stranamente puntuale, ma assonnato.
Questo perché, dopo essere andato via da casa di Sasuke,  ho dovuto finire di studiare il resto -da solo- e questo mi ha occupato più tempo, ovviamente.
Inoltre i sensi di colpa e il groppo che avevo in gola per la reazione di Sasuke al mio gesto, mi impedivano di concentrarmi, di conseguenza ho faticato non poco, a ricordarmi le cose.
Quando entro in classe non tutti sono ancora dentro: molti sono in cortile a fumare, altri aspettano giù al cancello l’arrivo degli ultimi di cui solitamente faccio parte anche io.
Sakura è dietro di me, mi segue mentre ripete a se stessa le ultime date che, fino a prova contraria, dovrei sapere anche io, ma visto che non voglio disturbarla vado diretto al mio banco e mi siedo.
Ruoto il capo in direzione del posto vicino al mio, ma lui non c’è.
Forse sono arrivato troppo presto io, ma al suono della campanella, Sasuke ancora non è arrivato.
Mi mordo la bocca, il professore entra, siamo già tutti qui, tranne lui.
Tranne lui.
Che non sia venuto a causa mia?
L’unica cosa sensata che mi viene in mente per scusare la sua assenza è che, ovviamente, un cieco non possa fare un compito scritto.
Mentre spero che il motivo della sua mancanza sia questo sospiro e distolgo lo sguardo dal banco tristemente vuoto vicino a me.
Il professore passa tra i banchi lasciando ad ognuno di noi un paio di fogli.
< Girate i fogli solo quando ve lo dico io, via gli astucci, lasciate solo la penna. Se vi serve potete usare la matita. Sul banco non voglio vedere fogli o foglietti, non ne avete bisogno. Consegnerete tra due ore esatte. >
Mi giro un momento ad osservare il prof che guarda l’orologio, ci osserva e sorride. < Bene, potete cominciare. >
Quando volto il compito e leggo la prima domanda sorrido. Ok, la so.
Inizio a scrivere, e man mano che l’inchiostro lascia segno del suo passaggio sul foglio, mi torna in mente la voce di Sasuke.
Scrivo le sue parole su quel foglio come se fossero un libro stampato nella mia memoria.
Ricordo ogni cosa, e alla voce unisco i gesti, le espressioni, le smorfie. Sorrido e scrivo, rispondo alle domande una ad una come se ogni singola parola fosse nel mio DNA. Come se non mi fosse concesso il non saperle. Fanno parte di me, come il sangue.
Questa volta non può andare male. Ho fatto un grande lavoro.
Poggio la penna accanto al compito, sospiro soddisfatto e alzo gli occhi verso l’orologio. Ho finito con cinque minuti di anticipo, ma prima di consegnare rileggo ciò che ho scritto, per correggere eventuali errori.
Il Sensei cammina per i banchi e quando mi affianca si piega leggermente in avanti, sicuramente per leggere ciò che ho scritto. < Hai copiato le cose giuste almeno oggi, Uzumaki? > Alzo il viso, m’acciglio. < Non ho copiato. > Affermo, lui mi sorride. < Hai finito? > Ed annuisco, passandogli il foglio che prende e mette insieme agli altri.
Mi sento soddisfatto, perché è la prima volta che faccio qualcosa di veramente giusto. Nello studio intendo.
 
Durante tutta la mattina, il posto vicino al mio banco rimane vuoto. Sasuke non è venuto, non per letteratura, come per le altre materie.
All’ultima campanella, che segna la fine delle lezioni per oggi, mi volto ancora verso la sedia vuota accanto a me. Sospiro e mi mordicchio le labbra prima di alzarmi.
Sistemo le mia cose nello zaino e poi esco di lì, con un senso di angoscia che quasi mi opprime.
Ci mancavano i senso di colpa.
 
Quando arrivo a casa butto lo zaino a terra all’entrata e mia madre, sentendo il rumore, si affaccia dalla cucina.
Le sorrido, salutandola.  < Mamma, credo proprio che sarai costretta a mandarmi in gita. > Affermo e lei mi guarda perplessa. < Hai fatto bene il compito? > Chiede.
< Penso proprio di si, mi sono veramente impegnato questa volta. > Lei mi sorride, mi si avvicina a mi carezza i capelli.
Vorrei davvero sapere il motivo per cui Sasuke non si è presentato a scuola, vorrei sapere se è colpa mia, o se è stata solo una coincidenza, ma non posso iniziare a rodermi l’anima proprio ora. Avrò modo di chiedergli scusa.
 
Il giorno dopo, in classe, tutti coloro che venivano in gita avevano portato i soldi e il Sensei, ci aveva persino portato la risposta dei compiti.
Osservo il foglio che ha poggiato sul mio tavolo, e mi da una pacca sulla spalla, sorridendomi. < Bel lavoro, Naruto. > E allora sono felice e sono sicuro di meritarmela, questa gita.
Guardo al mio fianco, sorrido.
Il posto vicino a me non è vuoto, ma Sasuke non c’è e Sakura ne ha approfittato per mettersi seduta vicino a me.
< Non vedo l’ora di andare in gita. > Afferma, ed io annuisco per darle ragione.
Sasuke non c’è, quindi non può portare i soldi, quindi, non viene in gita. Forse un po’ mi dispiace, perché in fin dei conti la maggior parte delle cose che sapevo è stato grazie a lui. Durante il cambio dell’ora dobbiamo cambiare aula, quindi prendo la roba ed esco in corridoio affiancato da Sakura.
Lei parla, io la ascolto, ma ad un certo punto noto qualcuno di familiare, in direzione della presidenza.
Osservo in silenzio; Itachi sta parlando con il professor Kakashi, ma sono troppo lontano per capire cosa dicono. Deglutisco, c’è Itachi, ma Sasuke è due giorni che non viene a scuola. Gli sarà successo qualcosa?
< Naruto? Oi, mi ascolti? >
Mi volto verso Sakura e la guardo un po’ spaesato. < Eh? Ah… si…scusa ero.. sovrappensiero… >
< Perché? Che succede? >
Scuoto leggermente il capo e sospiro. < Credo di aver fatto una cavolata. >
Lei inarca le sopracciglia e ci fermiamo fuori dal laboratorio di chimica, o meglio, lei mi ferma, in modo che io possa parlare. < Sabato e domenica sono stato a casa di Sasuke, per studiare… solo che… mentre lo guardavo mi sono terribilmente dispiaciuto per lui e la sua situazione…e.. cioè… l’ho abbracciato ma lui non ha reagito per niente bene e mi ha cacciato da casa sua in modo… abbastanza brusco, ecco. > Mi stringo nelle spalle, lei sospira bonaria, come se fosse una cosa da aspettarsi.
< Naruto, sicuramente per lui è difficile convivere con la cecità, e non vuole fare pena a nessuno… forse ha frainteso il tuo gesto.. non vuole sentirsi compatito o simili… >
Mi mordo le labbra, ha ragione e lo so, ma la mia non è pietà…
O forse sì? Non ho mai convissuto con qualcosa di simile, non so come ci si comporta. Insomma, io ho sbagliato, ma Sasuke avrebbe potuto essere più delicato, invece di cacciarmi via in quel modo.
Ci sono modi e modi, no?
Così entriamo in aula ma prima, mi volto ad osservare Itachi che, mentre va verso l’uscita mi guarda. Alza una mano e scuote le dita, salutandomi.
Ricambio, ma rimango un po’ come un ebete, entrando poi in classe.
 
I giorni successivi si susseguono lenti, noiosi, e la mancanza di quella presenza incomincia a farsi sentire. Oggi è sabato e di Sasuke non c’è stata traccia per tutta la settimana.
Mi chiedo dove sia e che cosa stia facendo. Mi è capitato di rivedere itachi, ieri, ma lui non mi ha visto. Parlava di nuovo con il professor Kakashi e sono veramente curioso di sapere cos’è che si sono detti, quei due.
Questa cosa mi puzza, a dire il vero.
Tutto questo è stata colpa mia? Non lo so, spero di no, ma è iniziato tutto dopo quel giorno.
Oggi pomeriggio andrò a casa di Sasuke, devo parlarci, visto che lunedì partiamo per la gita e staremo fuori una settimana.
Ho bisogno di chiarirmi, magari scusarmi.
 
Finite le lezioni anche oggi non vado subito a casa, ma preferisco passare da Sasuke, così non ci penso più.
Lungo la strada non faccio soste e una volta all’ingresso busso un paio di volte. Aspetto, ma nessuno mi apre.
La casa sembra vuota, allora sospiro e a malincuore mi volto per rimettermi a camminare.
Alzo il viso e mi accorgo che proprio ora, da quel cancelletto, sta rientrando Itachi.
< Hey Naruto, ciao… > Mi saluta e mi sorride gentile, io, di cortesia, ricambio.
< Ciao… > Lui mi supera, va ad aprire la porta di casa.
< Sasuke non c’è. > Afferma e mi stringo nelle spalle.
< Sì, avevo… immaginato. Beh…. Io vado eh… magari salutamelo. > E mi volto, prendendo a camminare, anche se subito dopo la sua voce mi richiama indietro e mi volto.
< Devo… lasciargli detto qualcosa? > Io ci penso su, poi faccio di no con la testa e gli sorrido, sventolando una mano per salutarlo.
Sento il suo sguardo ancora addosso, anche se gli do le spalle e poi, chiude la porta.
Non so dove sia, avrei potuto chiederglielo, ma non l’ho fatto.
Mi sembra di essere invadente e fastidioso.
 
Domenica, domani mattina partiamo alle 5 dalla stazione degli autobus vicino alla scuola ed io questa notte non ho dormito mai. Ho sognato Sasuke, o forse no, ma io credo che fosse lui.
Mi dava le spalle e non mi parlava nonostante io lo chiamassi.
Non ho dormito perché ho paura di non riuscire a scusarmi con Sasuke, prima di partire.
Oggi, allora, decido di ritornare a casa sua, prima di mettermi a  fare la valigia.
Busso un paio di volte sulla superficie lignea e rimango lì, in silenzio, con gli occhi puntati sulla porta serrata. Aspetto che qualcuno venga ad aprirmi, e sono certo che accadrà fra non molto, perché sento dei passi all’interno.
Solo che la porta rimane chiusa e non sembra intenzionata ad aprirsi. Socchiudo gli occhi, mi volto e guardo in giro, controllo che non ci sia nessuno e mi avvicino con il viso alla porta, poggiando l’orecchio sulla superficie.
Dall’interno non provengono  voci, solo questi passi che sembrano fare avanti e indietro, sul corridoio.
< Sasuke? > Lo chiamo, e i passi si interrompono.
< Sasuke sono Naruto! Mi apri? > Ma i rumori dall’interno spariscono, e nessuno viene ad aprirmi.
Rimango lì anche troppo e quando capisco che nessuno verrà ad accogliermi, decido di ritornare a casa.
Quel pomeriggio inizio a fare la valigia, sistemo i vestiti che mi metterò per il viaggio in autobus e poi butto dentro il resto.
 
Fa freddo. Aprire gli occhi alle quattro del mattino non è mai piacevole, nemmeno se è per andare in gita con la scuola. La temperatura bassa mi punge fin dentro le ossa ed io rabbrividisco.
Sbadiglio e accucciandomi con il piumino mi metto a sedere sul letto. Mi stropiccio gli occhi e guardo l’orologio.
Devo solo alzarmi, vestirmi, lavarmi e poi posso uscire.
Mia madre, come mio padre d’altronde, non si scomoda per portarmi alla fermata dell’autobus, ma almeno si è svegliata per salutarmi. Sakura si è offerta di darmi un passaggio, visto che la porta suo padre, almeno lei.
Allaccio la felpa e tiro il cappuccio su in testa, tirando su con il naso.
Mia madre ancora assonnata mi abbraccia sulla porta. Il telefono ha già squillato un minuto fa, segno che Sakura è già di sotto.
< Mi raccomando fai attenzione e divertiti questa settimana. Ci vediamo quando torni. > Le do un bacio sulla guancia e poi esco.
Salgo in macchina dopo aver sistemato la valigia nel bagagliaio e saluto Sakura con un bacio sulla guancia.
< Hai parlato con Sasuke? >
Mi chiede, ed io sospiro.
< No. > E le faccio intuire che il discorso, può anche chiudersi qui.
Dopo aver salutato vari compagni e aver smaltito l’iniziale adrenalina del mattino iniziamo a caricare le valige nel grosso autobus a due piani che ci porterà su una città distante non poche ore da qui.
Sakura mi da una gomitata, io la guardo, lei sorride.
< che c’è? > Chiedo, lei con un gesto del capo mi indica un punto alla nostra destra.
< Il Sensei Naruto, ti sta chiamando. > M’acciglio e ruoto il capo.
E’ proprio adesso che lo vedo. Sasuke è lì, al suo fianco. Rimango imbambolato a guardarli, alternando lo sguardo tra l’uno e l’altro.
Diavolo, c’è Sasuke.
< Uzumaki! Ti dai una mossa? Vieni quì! >
Batto le ciglia, mi desto, e annuisco, prendendo a camminare verso di loro.
Questo è stato un brutto, orribile, tremendo scherzo, Uchiha.

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Capitolo 6
*** chapter six ***


la voce dell'irrazionalità:
; chi di voi segue anche tempere saprà di certo che questo è un periodo un po' confusionario per le fanfiction. tra una cosa e l'altra, sedermi al pc, o con un semplice foglio ed una penna, diventa veramente complicato. però eccomi qui, no, non ho abbandonato nessuno. ho solo bisogno di più  f o t t u t o  tempo. buona lettura e spero sia di vostro gradimento, se non lo è... va bene lo stesso, lol. xoxo~ diana.


Chapter six
 
Quando mi faccio abbastanza vicino, il sensei sorride, poggiando una mano sulla spalla di Sasuke.
< Uzumaki per favore, puoi dare una mano a Sasuke per salire? Magari mettetevi vicini, così se ha bisogno lo aiuti. > I miei occhi, sbalorditi, rimangono fissi sul professore e poi torno a guardare il moro che, con una faccia da schiaffi, ghigna soddisfatto.
M’acciglio e allungo una mano a prendere la sua.
< Vieni. > Mormoro, e me lo tiro dietro con davvero poca grazia.
Non appena siamo abbastanza distanti dal professore, lui lo intuisce, perché lo sento ridacchiare.
Mi volto, siamo in fila ad aspettare di salire, lo guardo perplesso. < Cosa c’è adesso? > Gli chiedo, e lui, in risposta, si stringe nelle spalle.
< Avrei voluto vedere la tua faccia. > Afferma, ed io taccio.
< Povero Naruto, speravi che non venissi eh? > deglutisco mandando giù la frecciatina e non rispondo.
< Oi, mi ascolti? > Sorrido io questa volta.
< Sì che ti ascolto, ma non mi va di risponderti. > mi volto di nuovo a dargli le spalle, lo sento sbuffare.
< Cosa c’è Sasuke? Hai bisogno di me, per i tuoi divertimenti? > Lo provoco e lui stringe leggermente la mia mano, affondando le unghie nella pelle. Mugolo di dolore. < Oh fai piano, mi fai male. > Lo ammonisco e lui allenta la presa.
< Non ho bisogno di te. > Dice ed io lo lascio stare.
Parlare con lui è impossibile.
Non lo abbandono lì solo perché non voglio essere sgridato dal professor Kakashi che, quando mi volto, ci sta fissando.
Alzo gli occhi al cielo.
Inoltre, smollarlo lì, farebbe di me una persona veramente cattiva, e non voglio passare da insensibile avanti agli altri.
Quando saliamo in autobus mi faccio avanti io per primo. Una volta salito vado a prendergli anche l‘altra mano.
< Ok, ci sono due scalini…. Sai attento. > Lui annuisce, mi stringe le mani, e sale.
Ovviamente non possiamo salire al piano di sopra -che sfiga- però va bene così.
Lo faccio sedere per primo, vicino al finestrino, sugli ultimi due posti in fondo.
Dopo i vari appelli e raccomandazioni e spiegazioni, l’autobus parte.
Mi volto un momento verso Sasuke, il viso inclinato in avanti, gli occhi spenti che fissano un punto impreciso. Sospiro.
< Hai bisogno di qualcosa? > Glielo chiedo gentilmente, lui scuote il capo e si volta dall’altra parte, dandomi quasi le spalle.
Come al solito, molto educato.
Allora prendo dalla tasca dei jeans l’mp3. Mi ci vuole un po’ per sciogliere il nodo delle cuffiette, ma finalmente le metto e faccio partire la musica.
Viaggiare in autobus mi mette sonnolenza, infatti dopo non molto, mi addormento.
 
Quando comincio a sentire la presenza del mondo, all’infuori di me, quando lo stato di dormiveglia si avvicina, sento una melodia leggera nelle mie orecchie.
Una melodia che parla di cose che non conosco, allora sorrido leggero e mi lascio cullare.
Sospiro leggermente , e dopo un po’ senza rendermene nemmeno conto, socchiudo gli occhi, e tra le ciglia ancora pesanti vedo la sagoma di Sasuke, lì vicino a me.
Lo fisso, con questa musica nella testa. Lui è lì, anche lui ascolta della musica e i suoi occhi fissano fuori, come se potesse vedere cosa c’è attorno a noi.
Lascio scivolare gli occhi dal suo viso al finestrino, osservo fuori e quasi automaticamente mi tolgo una cuffietta, abbassando il volume dell’mp3. Allungo una mano verso di lui, a togliergli una sua.
Lo vedo sobbalzare a quel tocco.
< Che diav- >
< Vuoi sapere cosa c’è fuori? > Lo dico leggermente assonnato, lui è voltato verso di me, ovviamente.
Lo vedo perplesso e poi, quasi ad ammetterlo, annuisce in modo quasi vago. Io sorrido e mi faccio più vicino a lui, per poter vedere bene fuori dal fin entrino. Lui quasi si ritira, voltando il viso di nuovo verso l’esterno.
Mi sembra di averlo visto arrossire, ma non sono sicuro.
< Siamo sull’autostrada, ma non sembrano esserci molte macchine al momento. Siamo… in mezzo a dei campi. Adesso stiamo passando un campo di… di…credo sia soia. Sai, foglioline verdi e… c’era una donna che vi camminava in mezzo, l’abbiamo passata. Ah… quelli sono pomodori, li stanno raccogliendo. Ci sono delle ceste gialle e dentro piene di pomodori. Abbiamo delle distese di campi che ci affiancano, qualche casetta e qualche albero, ma infondo ci sono le montagne. Sono davvero bellissime, verdi, e in cima hanno un po’ di neve qua e là, sembra un dipinto...  > Non  parlo molto veloce, ma cerco di rimanere al presente, come se volessi raccontargli le cose in -tempo reale- mentre ci passano accanto. Lui fissa fuori, non sorride, però mi ascolta.
< Queste, queste sono spighe ma… non so… >
< Orzo, o frumento. > Mi interrompe lui, così mi volto a guardarlo in viso, lui anche si è voltato, e me lo trovo molto vicino. Il suo odore mi colpisce forte ed io deglutisco. < S-sì credo che sia… orzo.. > Mormoro incerto sentendo il suo fiato sfiorarmi le labbra. Mi ritiro sul mio sedile, e fisso avanti a me, in silenzio.
Lui nota il cambiamento, sento i suoi occhi ciechi fissarmi. 
< Cos’è, il giro turistico è finito? > Mi ammonisce, sospiro.
< Sì. > Affermo e lo sento sbuffare, forse offendermi, ma non importa. Mi porto la cuffietta che avevo tolto all’orecchio e chiudo gli occhi. Voglio dormire ancora.
Non ci parliamo più per non so quanto tempo, ma ad un certo punto l’autobus rallenta e la voce del Sensei attira la nostra attenzione.
Abbasso il volume dell’mp3. Sta parlando al microfono.
< Ragazzi adesso faremo una sosta per sgranchirci le gambe. Fra venti minuti tornate all’autobus che ripartiamo, mi raccomando, puntuali. >
Dio che bello, scendiamo.
Spengo l’mp3, lo infilo in tasca e aspetto con ansia la sosta all’area di servizio. Quando l’autista apre la porte io mi alzo e mi precipito fuori, scendendo.
Mi stiracchio sbadigliando. Non ho pensato a Sasuke e non voglio pensarci.
Stargli troppo vicino mi ha fatto un brutto effetto.
Ad un certo punto vedo comparire Sakura al mio fianco che mi da una pacca sulla spalla. < Hey Naruto! > Mi volto e le sorrido. < Oh… non ti avevo ancora vista. > Affermo, lei si stringe nelle spalle. < Vieni a prendere qualcosa mangiare? > Annuisco ed iniziamo a camminare, prima di sentirmi richiamare dal professore.
< Naruto?! >
Mi volto, Kakashi mi guarda, con i pugni poggiati ai fianchi, come una madre alterata.
Deglutisco.
< Dov’è Sasuke? > Alzo gli occhi al cielo, sì, di nuovo.
< Dentro. > Rispondo, lui incrocia le braccia al petto. < Dentro perché ce l’hai lasciato, o dentro perché lo volveva lui? >
Non voglio mentirgli, così’ sospiro e mi volto verso Sakura. < Va’ pure da sola. Devo aiutare Sasuke. >
Lei annuisce e se ne va, mentre io, con sguardo poco contento, ritorno verso l’autobus.
Il professore segue ogni mio movimento, però io non lo guardo. Mi avvicino all’entrata posteriore, quella vicino alle scale che portano al piano di sopra dell’autobus e già lo vedo ancora prima di salire quei pochi gradini.
Affianco i sedili, lo guardo in silenzio qualche istante.
< Sasuke? > Lo chiamo, ma non risponde.
Allora noto che porta entrambe le cuffiette, probabilmente non mi sente.
< Sasuke? > Riprovo, ma niente.
Mi metto seduto su uno dei sedili che ci affiancano e lo guardo in silenzio.
In questo momento nella sua testa c’è solo della musica. L’unica delle sue consolazioni.
Non può vedere ciò che c’è fuori, non può vedere me, o chiunque altro.
I sorrisi, le smorfie, un viso e qualsiasi altra cosa.
Non può sapere quali sono le emozioni degli altri, è come se fosse in un limbo, e questo mi rattrista.
Sospiro; il viso ancora poggiato allo schienale del sedile e poi tossisco involontariamente.
Mi copro la bocca con la mano e istintivamente alzo il viso.
Lui si volta accigliato, si toglie una cuffietta  erimane zitto, in ascolto.
Ho la bocca tappata, gli occhi spalancati.
Non devo dirgli niente, non devo.
Fa per rimettersi la cuffietta, ma la mia voce esce incontrollata.
< Sasuke? > Lo chiamo, lui torna a voltarsi.
< Naruto? > Cerca una conferma, mi fa sorridere.
< Sì, sono io. Hai… bisogno di qualcosa? >
Lui si stringe nelle spalle, scuote il capo. < No. >
< Sicuro? Non hai fame? >
< No. > Mi mordo la bocca, mi alzo dal sedile sul quale ero seduto, e ritorno al mio,  affianco a lui.
< Che ascolti? >
< Musica. > Come al solito molto sgarbato.
< Mh, grazie, che musica? >
Mi passa una cuffietta senza dire niente, e la infilo.
Sono leggermente sporto in sua direzione, per evitare di farla cadere.
La melodia è chiaramente rock, ma le parole sono tremendamente strazianti.
Non conosco il gruppo, ma le prime cose che sento mi lasciano un po’ perplesso.
 
burning from the inside
crying with pain.
アナタニハスクエナ*
 
Mi sembra quasi di sentire la voce di Sasuke, in quell’ultima frase che dice *“tu non puoi salvarmi”.
Umetto le labbra, lo guardo di sottecchi.
< Non posso? > Lo mormoro, ma in realtà non volevo dirlo ad alta voce.
< Mh? > Lui si volta leggermente, allora mi accorgo di aver parlato.
M’acciglio e scuoto il capo. < Eh, no… niente… scusa… >
Lui torna a darmi la visuale del suo profilo, guarda fuori, morto.
< No, non puoi. >
Allora abbasso gli occhi, il suo tono atono mi toglie ogni parola di bocca e rimango a fissare i suoi lineamenti, in silenzio.
 
Lentamente le persone ricominciano a salire sull’autobus, ognuno riprende posto, mentre io e Sasuke restiamo così, in una sorta di crisi mistica personale, mentre le parole di un’ennesima canzone sembrano profetizzare una sconfitta.
Non so bene come e perché, ma sembra che ognuna di queste frasi siano semplici frecciatine destinate alla mia persona.
Purtroppo però, queste canzoni non sanno ancora che io sono Naruto Uzumaki, no?
A questo pensiero sorrido, dio, come sono stupido.
Una nuova frase mi colpisce, sorrido.
E’ diversa dalle altre, meno pessimistica.
 
Even so, I am trembling with the joy
Of having met you.
Please support my heart.

 
Allora mi tolgo la cuffietta. Lui si accorge dei miei movimenti e cerca la mia presenza, riprendendosi il filo che ho lasciato scivolare tra le sue mani.
< Sono felice, che tu sia venuto in gita. > E detto questo mi volto dall’altra parte, dandogli i tre quarti della mia schiena, anche se non può vederlo.
Sento i suoi occhi addosso, la sua presenza dietro di me, come se fosse confuso e spaesato.
Sorrido chiudendo gli occhi e ripenso alle ultime parole della canzone, quasi rincuoranti.
La speranza, così si dice, è l’ultima a morire.

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