Always

di apochan kenshiro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No matter what they think ***
Capitolo 2: *** After that, the deluge ***
Capitolo 3: *** The sound of silence ***
Capitolo 4: *** Wake me up when September ends ***
Capitolo 5: *** Iron woman ***
Capitolo 6: *** Lost ***
Capitolo 7: *** Strange loves ***
Capitolo 8: *** Frozen ***
Capitolo 9: *** Five weeks and half ***
Capitolo 10: *** Bloody Sunday ***



Capitolo 1
*** No matter what they think ***


No matter what they think

Lei c'era. Era di nuovo fra di loro. Con lui ... o con l'altro? Non seppe darsi davvero una risposta, ma in quel momento non gli importava più di tanto darsela: Kate Beckett si era svegliata dal coma farmacologico indotto, e lui, assieme a Ryan, Esposito e Lanie, era lì.

Solo, c'era un piccolo dettaglio: quello in prima fila, accanto al suo letto, non era lui, era Josh, dottor "Motorcycle boy", che con uno dei suoi sorrisi abbaglianti la guardava.

Lei guardava lui, gli amici e Castle, sorridendo a sua volta. Quello della detective Beckett, però, era un sorriso pallido, appena accennato, rivolto a chi l'aveva accolta calorosamente al suo risveglio ... in realtà non era nemmeno rivolto a nessuno in particolare, anche se la direzione del suo sguardo si era diretta soprattutto su Josh, il suo fidanzato, che era comunque il più vicino; lei si sentiva ancora molto debole, dopo essersi miracolosamente svegliata da appena un'ora.

La detective del dodicesimo distretto chinò quindi un attimo il capo, imbarazzata, mentre la fluente chioma castana andava a nasconderle il volto; poi dette segno di volersi sistemare più comodamente, tirandosi leggermente su, e Josh e Lanie la aiutarono ad issarsi, mentre Esposito sprimacciava il cuscino; Castle stava in disparte, con Ryan, in fondo al letto, dandole un sorriso tenue e sincero, mentre la guardava sistemarsi a sedere.

"Allora, signori, com'è che state così in disparte? Non venite a salutarmi come si deve?"

Kate aveva riparlato per la prima volta, con una voce leggermente stanca e roca. Dall'operazione al risveglio era passata più di una settimana ...

"Ma, come, Beckett, neanche ti rimetti, che già hai voglia di dare degli ordini?"

Fece il biondo scherzosamente.

"Veramente la mia era una richiesta amichevole, ma se la mettiamo così, detective Ryan, vieni subito qui a salutarmi!"

"Agli ordini capo!"

E Ryan andò subito a stringere la mano alla collega, mentre lei gli dava un debole pugno sulla spalla, provocando le risa dei presenti.

"E tu, Castle, cosa fai ancora là in fondo al letto?"

Lo sguardo castano chiaro di lei si fisse titubante negli occhi grigio – azzurri dello scrittore, che ora sembrava a disagio, almeno in quella specie di piccola calca.

"Oh, beh, io aspettavo ..."

Lei inarcò leggermente il sopracciglio destro, mentre lo sguardo di Josh si adombrò; gli altri parvero confusi.

"E cosa aspettavi, con precisione?"

"Beh, che il tuo ragazzo e gli altri ti strapazzassero a loro piacimento ... "

L'uomo fece qualche passo verso il letto e Lanie si scansò, facendogli spazio. Josh si fece istintivamente più vicino alla fidanzata, stringendole la mano, guardando ora lei, ora lo scrittore che avanzava.

"Beh, direi che mi hanno "strapazzato" a sufficienza, quindi ..."

Castle fece per avvicinarsi ancora, ma si fermò, causa la barriera invisibile che il chirurgo sembrava frapporre fra lui e la sua musa. Kate lanciò immediatamente uno sguardo interrogativo allo scrittore, poi notò il gioco silenzioso che si era instaurato. Guardò allora con dolcezza il fidanzato, lanciandogli un lieve segno di assenso; lui allentò la presa attorno alla mano di lei, carezzandogliela sul dorso, poi si avvicinò al suo volto, dandole un lieve bacio a fior di labbra e si allontanò dal suo posto.

Kate guardò allora lo scrittore, che dunque riprese la sua avanzata; si portò proprio di fianco a lei, posizionandosi sulla sedia che aveva precedentemente occupato Josh. Il contatto visivo che si instaurò fra i due sembrò escludere il resto dei presenti.

"Allora, niente da dirmi, Castle?"

Lui si avvicinò sbilanciandosi, poi la abbracciò. Lei, inizialmente colta alla sprovvista, sgranò gli occhi, poi, li richiuse, abbandonandosi a quel morbido contatto. Decise che per quella volta avrebbe potuto ignorare quel pungolo fastidioso, che le aveva dato alla vista la rigidità del fidanzato. In fondo era solo un innocente abbraccio ...

Castle si sporse ancora di più, incastrando il suo mento con la spalla di lei. Poteva avvertire il disappunto di Josh trapassargli la schiena e lo stupore dei suoi amici, fermi ed immobili, come statue di sale. Si avvicinò al suo orecchio, piegando gli angoli della bocca in un lieve ma sincero sorriso.

"Bentornata Kate ...".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi ancora qua, gente, dopo che l'ispirazione mi ha letteralmente fulminata! Stavolta si fa davvero sul serio, un long fiction sulla quarta stagione! Non voglio lasciare niente al caso nè troppo alla mia immaginazione, rischiando di allontanarmi dal telefilm e dai personaggi, quindi, come avvertito nell'introduzione, ci saranno degli spoiler sull'imminente serie, che inizierà in America il 19 di settembre ... ovviamente non potrò essere più precisa di tanto, visto che i pochi spoiler sono brevi spezzoni, che spesso fanno solo immaginare ed intuire cosa avverrà ...

Sperando di avervi incuriosito, eccovi arrivati in fondo al primo capitolo di "Always" (p.s. Provate ad indovinare perchè la ho intitolata così .. ;D ) ...

Alla prossima! 

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Capitolo 2
*** After that, the deluge ***


After that, the deluge

Al dodicesimo distretto c'era ancora fermento: da settimane quasi tutte le squadre erano impegnate, come tante piccole api operaie, a cercare di risolvere il mistero, mistero che aveva portato alla morte del capitano della omicidi, Roy Montgomery.

L'ormai famoso di nomea, ma non altrettanto realmente conosciuto Lockwood, era indiscutibilmente l'assassino del rinomato poliziotto, ma i suoi movimenti dal giorno dell'omicidio, se non dalla fuga dal carcere, erano sconosciuti. Quale fosse inoltre l'identità che si celava dietro allo spietato criminale non era dato conoscerla: buio assoluto, un uomo completamente avvolto nel mistero ... Si era così messo alla sua caccia l'intero distretto, pur di riuscire a scovare il minimo collegamento con qualsiasi altra faccenda, nella speranza di avere la stessa fortuna che aveva portato negli anni '30 all'arresto di Al Capone.

Nell'ultima settimana, però, la questione si era complicata: la detective Kate Beckett era stata ferita mortalmente, con un'arma da fuoco, proprio durante il funerale del proprio capitano, nel mentre porgeva le sue esequie alla salma di Montgomery. A quel punto l'intero distretto aveva dovuto raddoppiare le forze: si sarebbe dovuto scovare l'autore di un omicidio e di un attentato, che istante per istante poteva dare la seconda vittima. Fortunatamente così non era stato: in una tiepida mattina di qualche giorno prima, la notizia era arrivata ... Beckett era salva. Il lavoro era dunque ricominciato, con più zelo che mai, soprattutto da parte della Squadra Omicidi ...

 

Richard Castle, poco dopo aver lasciato l'ospedale la mattina successiva, si diresse spedito al Dodicesimo. Ormai la sua musa era scampata al pericolo di morte e lui non poteva stare con le mani in mano. Avrebbe voluto essere ancora all'ospedale, in tutta sincerità, ma non poteva e soprattutto, per quanto gli potesse dispiacere, non era GIUSTO. Con Kate c'era Josh: a quanto era riuscito a carpire, aveva chiesto il permesso al chirurgo di poter osservare clinicamente la situazione della fidanzata.

Lui quella mattina era arrivato presto per salutarla e poterle parlare in tutta tranquillità, dopo che il giorno prima si era defilato magistralmente: aveva biascicato qualcosa sulla "piccola" Alexis, che avrebbe rischiato di essere avvelenata dalla maldestria culinaria di Martha Rodgers, se lui non si fosse precipitato a casa. I presenti avevano più o meno riso e lui era scomparso dietro la porta bianca dell'anonima stanza di ospedale. Finché non era uscito dall'edificio, aveva potuto sentire sulle sue spalle lo sguardo incredibilmente astioso di Josh, che sicuramente non aveva apprezzato il suo bentornato alla detective.

Castle si era diretto su, al terzo piano, nel reparto di riabilitazione. Aveva nella sua mano destra l'immancabile caffè, mentre nella sinistra stringeva una composizione floreale dai colori caldi e vivaci. Aveva intenzione di salutare la detective in un modo decisamente più personale e caloroso. Era arrivato alla porta, aveva bussato, e con un sorriso sornione aveva aperto ... Kate era seduta sul letto, con le coperte che le arrivavano fin sotto l'addome, appoggiata ad una pila di cuscini, e Josh era lì accanto a lei, che le sorrideva dolcemente. La sua espressione felice era morta all'istante, lasciando posto ad una tesa ed indecifrabile.

"Castle ... come mai sei qui?"

Kate, leggermente stupita, aveva questa volta una voce più soffice e chiara.

"Salve Castle. Allora, qual buon vento?".

A rafforzare lo stupore della donna era intervenuto il fidanzato, aggiungendo anche una punta di falso interesse, correlata da un sorrisetto forzato.

Castle era lì, in piedi, che guardava come inebetito. La mano destra, ormai vuota, causa le rigide regole ospedaliere, ciondolava inerte lungo il fianco, mentre la sinistra cercava di nascondere ciò che stringeva. Kate lo squadrava da capo a piedi, attendendo una risposta, poi, sporgendosi leggermente, vide il mazzo di fiori, che lo scrittore stava cercando maldestramente di occultare.

"E quello cos'è?"

L'uomo come instupidito, portò davanti a sè la composizione floreale, osservandola come se l'avesse vista anche lui per la prima volta, e non sapesse come fosse finita lì, stretta nella sua mano.

"Questa? Ah, beh ... ecco ... è giusto un pensierino dei ragazzi ..."

"Esposito e Ryan?"

"Beh, sì ... sai, sono al distretto, davvero impegnati ... loro e Lanie mi hanno chiesto di venire, considerando che non sono impegnato ... quindi ... ecco qua ..."

Castle si avvicinò al letto, muovendosi in direzione dei due. Allungò la mano, porgendo il mazzo di fiori e lasciando che Josh lo prendesse per la fidanzata.

"Beh, allora grazie Castle ...".

Disse lei, prendendo a sua volta il mazzo ed odorandone il profumo.

"Di niente, è opera degli altri ... ora, credo che andrò, non vorrei disturbare il tuo riposo. Sei decisamente in ottime mani ... ciao ... Josh ...".

E senza che lei avesse la possibilità di replicare, lo scrittore sparì di nuovo dietro la porta.

 

Castle si trovava di fronte all'anonimo edificio che ospitava il Dodicesimo distretto, indeciso o meno se entrare. Sarebbe stato lo stesso stare attorno ad Esposito e Ryan? Dopo qualche tentennamento decise che ne valeva decisamente la pena, considerando l'obiettivo numero uno della squadra.

Attraversò in tutta fretta l'ingresso e si diresse spedito verso l'ascensore, premendo velocemente il bottone. Arrivò in pochi secondi al piano desiderato, uscendo poi all'apertura delle porte, dopo l'usuale campanello. Percorse la stanza, scansando scrivanie e poliziotti, poi raggiunse la stanza a vetri dove stanziavano le scrivanie di Esposito e Ryan.

"Ehilà, Castle! Siamo mattinieri stamani ..."

Fece Ryan, sollevando la mano in un cenno di saluto.

"Ragazzi ... ho fatto solo un giretto, per schiarirmi le idee ..."

I due detective della Omicidi si lanciarono un fugace sguardo d'intesa.

"Accidenti ... e come si chiama questo giretto? Deve avere un nome se è riuscito a svegliare lo scrittore di gialli più dormiglione di New York ..."

Fece Esposito esibendo un sorrisetto fintamente malevolo, ma carico di simpatia. Castle di rimando si lasciò scappare una lieve risatina, massaggiandosi la nuca.

"Beh, che dire ... potrebbe anche averlo, chissà ..."

"Lascia stare, fratello: oggi il nostro scrittore è decisamente enigmatico, e di enigmi ne abbiamo fin sopra i capelli ..."

"Concordo ... ma a proposito di enigmi: oltre al fatto di essere qui in piedi sveglio a quest'ora, com'è che sei qui al distretto, Castle?".

Intervenne l'ispanico, assumendo un tono più neutro e professionale.

"Diciamo che voglio contribuire a risolvere qualcuno di questi rompicapi. La mia passeggiata non ha dato i frutti che speravo ..."

I due detective si guardarono con sguardo interrogativo.

"Da quando hai deciso di seguirci, Castle? Non credevamo di interessarti così tanto ..."

Fece Ryan, sfoggiando un sorrisetto impertinente.

Allo scrittore scappò ancora una risatina: nonostante la serietà del lavoro e la gravità del momento, quei due riuscivano sempre ad essere distensivi. A volte un po' irritanti (beh, non quanto lui ...), ma decisamente tranquillizzanti.

"Dai, ragazzi, basta scherzare ... so che detto da me sembra ridicolo, ma voglio essere davvero d'aiuto. Quel bastardo di Lockwood è ancora in giro, e credo di volergliela far pagare almeno quanto voi ..."

"Come hai detto tu, scherzi a parte, grazie comunque per l'intenzione ... "

Cominciò Esposito.

" ... il fatto è che stavolta siamo davvero incasinati, Castle: siamo senza un capitano e le procedure burocratiche sono incontrollabili. I tempi per ottenere permessi raddoppiano o triplicano, a seconda di quello che richiediamo di fare ... il tuo caro sindaco preferirebbe farci fuori, piuttosto che ricevere ancora una delle nostre richieste di consulta dell'archivio ... "

"Inoltre ..."

Intervenne Ryan.

" ... le prove sembrano sparire, come le impronte sulla sabbia. Appena troviamo una pista, questa comincia a scomparire e non appena troviamo un qualsiasi pretesto o permesso, è già troppo tardi ... la buoncostume è fuori di testa: ci hanno trovato un mucchio di piste, che si sono risolte tutte in vicoli ciechi ... e come ha già detto Esposito siamo allo sbando: senza un capitano è il caos qui al distretto ..."

Castle sbuffò per poi afferrare un sedia e sedersi.

"In poche parole mi state dicendo che sarei inutile?"

"Non volevamo essere così brutali, ma il concetto era un po' quello"

Disse amaramente l'irlandese.

"Ok, messaggio ricevuto ragazzi. Però ho bisogno di chiedervi un favore: non mandatemi a casa. L'ansia di mia madre potrebbe uccidermi: dal funerale è in un continuo stato di nevrosi ... E se poi trovassi un maniera di aiutarvi? Prometto che stavolta sarò silenzioso, in un angolino, ma non ditemi di andare a casa, vi prego ..."

Esposito e Ryan si guardarono ancora. In fondo era stato un periodo duro per tutti quanti ed era fuori discussione che Castle fosse così stupido da rendersi indisponente.

"Va bene, amico, puoi rimanere. Però dovrai essere un'ombra, chiaro?"

"Chiarissimo Esposito."

"Bene. Ora io e Ryan andiamo: sembra si sia aperta una possibile pista sul traffico di droga di qualche uomo di Lockwood. Speriamo di arrivare in tempo prima che sfumi ..."

"Buona fortuna ragazzi."

"Garzie amico ..."

Ed i due detective si voltarono, dirigendosi verso l'ascensore.

"Ah, Castle ..."

Ryan si girò prima di svoltare fra le scrivanie.

" ... alla fine in qualche modo potresti essere utile. Se vuoi, puoi provare ad usare il mio computer ... Buona fortuna anche a te, scrittore.".

E levando la mano in cenno di ringraziamento, vide i due detective sparire, oltre le porte automatiche di metallo dell'ascensore.

Castle allora si alzò dirigendosi verso la scrivania di Ryan, posizionandovisi con molta flemma. In quella situazione avrebbe preferito qualcosa di adrenalinico, per scaricare la tensione e stancarsi al punto da smettere di pensare, ma stavolta niente. Avrebbe comunque trovato la maniera di poter dare il suo piccolo contributo.

Prese il suo inseparabile Iphone e lo posizionò accantò al mouse, poi, con gesti meccanici, dette l'avvio al computer, riaccendendo proprio sulla schermata. Trovò i file del caso, che si accamparono, uno sopra l'altro, sul desktop ad una velocità impressionante. Cominciò a sfogliarli uno ad uno, cliccando col mouse e facendo scorrere giù con le frecce. Beneficiò anche dell'ausilio del suo Iphone, trovando spesso interessanti delucidazioni. Quello che però riscontrò fu un assoluto punto interrogativo. Lockwood era fumo, inafferrabile, e quelle nuove strade di cui gli avevano parlato Esposito e Ryan erano dei veri specchi per allodole: più di una volta aveva trovato qualcosa, apparentemente interessante, ed aveva approfondito le ricerche con le sue applicazioni. Aveva trovato molti vicoli ciechi, che non conducevano assolutamente a niente, oppure, tra racket, prostituzione e giri di scommesse, dopo aver scovato dei possibili collegamenti, finiva sempre in un nulla di fatto, con nomi di piccoli pesci, il cui collegamento con il criminale sembrava essere solo il nome.

Castle si buttò indietro sulla sedia girevole, allungando le braccia e stiracchiandosi. Era proprio come gli avevano detto: tutto inutile. In quello stato di cose era assolutamente convinto di veder spuntare da un momento all'altro i due detective, irritati e stanchi, dopo aver fatto l'ennesimo buco nell'acqua. In realtà dei due non vide nemmeno l'ombra per tutta la mattinata ... forse questa volta erano sulla strada buona ... ma lui, ora, cosa avrebbe fatto?

Lo scrittore si sentì immensamente inutile in quel frangente. L'indagine era ad un punto morto, il distretto era nel caos e non aveva nemmeno potuto far qualcosa per Beckett ... Beckett, già ... sembrava che il Fato si fosse coalizzato con lui quella mattina, lo aveva reso decisamente l'inutilità in persona. Lei era in ospedale sotto le cure dei medici e del suo fidanzato; lui quella mattina non era stato nemmeno capace di dire che quei fiori erano da parte sua: di fronte a Josh si era sentito uno stronzo, forse un profittatore, ed aveva preferito sviare, improvvisando ... Chissà com'è l'avrebbe deriso la detective una volta tornata in forze, venendo a sapere di come era stato con le mani in mano, sbuffando e non tampinando l'intero distretto ... probabilmente gli avrebbe dato del rammollito, e questo pensiero lo fece sorridere un po'.

Castle pensò che tuttavia non aveva voglia di farsi deridere fino a tal punto, anche se bonariamente. Volse il suo pensiero ancora a Kate ed a tutti i loro battibecchi: prima di riavere tutto ciò avrebbe dovuto ancora aspettare un bel po', precisamente tutto il tempo della di lei riabilitazione. Immaginò l'esasperazione dei medici e l'impazienza della donna: avrebbe fatto i salti mortali pur di ritornare al Dodicesimo, ed anche di più, considerando la gravità del momento. La riabilitazione ... chissà se il caro dottorino ci aveva pensato o si era trovato troppo intento a fare il fidanzato in apprensione ...

Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero; sentiva che se avesse continuato ad assecondarlo, avebbe dato vita ad un torpiloquio mentale. Riportando l'attenzione sulla detective, pensò che forse avrebbe potuto provare a trovare il modo di renderle la permanenza in ospedale meno difficile. Tentare non avrebbe fatto male a nessuno ... Prese ancora il suo Iphone e compose velocemente un numero. Il telefono era libero.

"Studio privato di Fisioterapia Sunset & Soci. Posso esserle utile?"

Una voce femminile, neutra ed inespressiva, rispose all'altro capo del telefono.

"Buongiorno signorina. Sono Richard Castle. Vorrei parlare con il dottor Morgan se fosse possibile ..."

A sentire il nome dello scrittore la presunta segretaria parve animarsi.

"Ah, signor Castle! Le passo subito la linea interna, attenda qualche secondo."

"Grazie."

Alla voce della donna si sostituì quella tediosa e snervante tipica delle chiamate d'attesa. Come promesso, però, quella neanche molto sottile tortura cessò, e la comunicazione si aprì.

"Castle, vecchio mio! Cosa posso fare per te? La signora Rodgers ha ancora bisogno del nostro trattamento rilassante?"

"Mioddio, no, Thomas! In quel caso sia lei che tu risucireste a prosciugare il mio portafogli!"

Una risata rimbombò nel ricevitore.

"Ascolta, Thomas: ho bisogno di un grosso favore da parte tua, ok?"

"Tutto quello che vuoi Richard ... sono tutt'orecchi ..."

"Bene. Vedi, un'amica è finita in coma e solo ieri si è svegliata, senza conseguenze, fortunatamente .."

" ... ma ora deve intraprendere un lungo cammino di riabilitazione, giusto?"

"Esatto. Non è decisamente una persona paziente e non ama molto gli ospedali ... penso che con il tuo staff potrebbe essere molto diverso."

"Se hai pensato questo, hai visto giusto ... sai come la penso sul pubblico, vero Rick?"

"Lo so, Tom, lo so ... allora, mi dai la tua disponibilità?"

"Con piacere. Ma chi è questa tua "amica"? Deve essere abbastanza importante per farti scomodare ..."

Sulle labbra dello scrittore affiorò un lieve sorriso.

"Beh, diciamo che lo è, ma temo che dovrai attendere per scoprire la sua identità: devo ancora chiedere il permesso dei suoi medici ed il suo ..."

"Ah, il pubblico! Come siamo andati a rotoli nell'azienda sanitaria! Meno male che ci sono ancora liberi professionisti come me ... allora per il momento siamo per unb forse?"

"Precisamente. Se hai la pazienza di aspettare, entro qualche giorno ti faccio sapere."

"Volentieri Richard. In fondo è grazie a te se fuori da questo edificio è parcheggiata una Porsche!"

Ancora delle risate riecheggiarono da ambo le parti.

"Mh, aversti potuto avere di meglio, lo sai .... comunque, scherzi a parte, Thomas, questo è quanto. Ti faccio risapere il prima possibile."

"Perfetto Rick. Ah, se volessi evitare la "fila", chiama pure sul mio cellulare: almeno eviterai quell'orribile musichetta ..."

"D'accordo, ci sentiamo!"

"Arrivederci, Rick!"

E la telefonata si chiuse.

Castle si stiracchiò ancora sulla poltrona. Se la cosa non fosse riuscita ad andare in porto, beh, lui almeno sapeva che ci aveva provato ... era pur semrpe una maniera di rendersi utile ...

Mentre era ancora perso nei suoi pensieri, lo scrittore sentì l'inconfondibile campanello dell'ascensore. Fece per voltarsi, convinto di assistere al ritorno dei detective, invece ciò, o meglio CHI vide, lo lasciò un attimo perplesso: dalle porte automatiche era uscito Josh, nella sua usuale tenuta di pelle da motocicletta; sotto il pesante giubbotto poteva intravedere il celeste acceso della divisa ospedaliera.

Quello si diresse spedito verso di lui, con un sorriso appena accennato, scansando abilmente tutto il via vai del piano. Quando comparve di fronte a Castle quel minimo segno amichevole sul suo volto scomparve. Tra i due a separarli stava la scrivania di Ryan.

"Castle, noi dobbiamo parlare."

Lo scrittore avvertì stranamente un nodo in gola ed un brutto presentimento serpeggiargli lungo la schiena.

"Sediamoci.".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco qua il secondo capitolo! Il suo parto è stato decisamente faticoso, ma alla fine è venuto fuori XD

Allora, cosa ne pensate? State cominciando a nutrire degli istinti omicidi nei miei confronti? Beh, dovreste, perchè siamo solo all'inizio (ma non disperate ... non c'è alcun avvertimento "Triste" nell'introduzione, quindi ...).

Uno dopo l'altro si sono accampati molti interrogativi e propositi: cosa avverrà ora nel prossimo capitolo? La situazione precipiterà? Si complicherà? A voi scoprirlo ...

Al momento ringrazio tutti i miei lettori, Luli87 e bice_94, per aver recensito il primo capitolo, Tiziana68 e Francybubu, per aver messo la storia fra le loro preferite, ancora Francybubu e bice_94 ed anche CauseNothingEnds e Federicathebest, per aver messo la storia nelle seguite ...

Alla prossima, see you soon! 

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Capitolo 3
*** The sound of silence ***


The sound of silence

Silenzio. Per i primi cinque minuti ci fu assoluto silenzio. Sembrava che nessuno dei due uomini avesse intenzione di parlare. Eppure Josh era venuto fin lì ... non poteva essere niente di irrilevante ...

Dopo che il giovane dottore ebbe passato una mano nei suoi corti capelli neri, fisse il suo sguardo in quello dello scrittore. Castle deglutì.

"Senti, Castle ... Dobbiamo chiarire una faccenda ... una volta per tutte ... "

"Potrei almeno sapere di cosa stiamo parlando?"

"Stiamo parlando di Kate."

Replicò il dottore asciutto. Castle si irrigidì ... che qualcosa alla fine fosse trapelato alla vista dell'uomo?

"Bene, parliamone."

"So che tu collabori con la mia fidanzata da molto tempo, se non erro almeno da due anni, da prima che io e lei ci conoscessimo, giusto?"

"Giusto."

"E se ancora non sbaglio, spesso e volentieri lei passa molto più tempo con te che con me, anche a causa del mio lavoro ... So che tu e lei vi siete spesso trovati in situazioni difficili ..."

"Beh, quell'enorme freezer non era decisamente una passeggiata ..."

"Lo so. Vi ho trovati io che eravate quasi assiderati ... Comunque ... Intendevo dire che tu sei riuscito ad essere più presente di me, le sei stato vicino, nonostante non fosse un tuo dovere ..."

Castle alzò un attimo lo sguardo verso Josh, alzando le sopracciglia: dove voleva andare a parare?

":.. in definitiva, beh, ti sto ringraziando ..."

Lo scrittore strabuzzo gli occhi. Aveva sentito bene? Josh lo stava ringraziando?

"Scusa, non ti seguo."

Il tono usato da Castle era lievemente acuto.

"Semplice: il lavoro di Kate è uno dei lavori più pericolosi e difficili che si possa fare ... anche il mio lo è, ma al massimo metto a repentaglio le vite degli altri, non la mia. Le volte in cui sono stato assente so che alcuni frangenti hai letteralmente salvato la vita della mia Kate ..."

Quel "mia" fu detto con rimarcazione, ed allo scrittore non sfuggì.

" ... e perciò non posso fare altro che esserti grato."

"Beh, prego ... però .."

Il tono dell'uomo dai capelli castani si fece più serio e basso.

" ... non è tutto qua, giusto?"

"Infatti ..."

Josh si alzò dalla sedia, sgranchendosi. Si avvicinò alla finestra, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena. Stette alcuni secondi a fissare il folle traffico di Manhattan, poi volse nuovamente lo sguardo verso lo scrittore, lucido e freddo.

"So che tu e Kate siete buoni amici, ma solitamente un bentornato del genere si riserva a qualcuno di più di un amico. Ho visto come la guardi Castle, e nel tuo sguardo non c'è nulla di amichevole ..."

L'interpellato si sentì divenire rigido, un blocco di marmo.

"Che cosa stai insinuando Josh?"

"Non sto insinuando, sto affermando. Tu non vedi la mia ragazza come una semplice amica, non è forse vero? Ammettilo!"

L'uomo si sentì messo alle strette. L'unica scappatoia era la sincerità. Magari non tutta, magari un po' evasivamente ...

"Smettila di dire idiozie. A me sembra di mantenere le dovute distanze. Sei tu il suo fidanzato, no?"

"Vero. Ma come stiamo già dicendo da un pezzo, la mia presenza è spesso sfuggente ... Ma ora le cose cambieranno ..."

"Cosa vuoi dire?"

"Ho deciso di prendermi un periodo di congedo, per stare vicino a Kate."

"Ed io cosa c'entro in tutto questo?"

"Se sei, come dici, solamente un amico, che si tiene a debita distanza, allora ascoltami bene, Richard Castle: ti sono sinceramente grato per le volte che hai salvato la vita alla mia ragazza, ma non voglio più che tu collaborì con lei."

Castle gelò, sentendo le proprie orecchie ronzare. Gli ci vollero alcuni secondi per assimilare la richiesta del dottore. Quando il suo cervello ebbe elaborato tutto, divenne lievemente paonazzo, per poi esplodere:

"COSA?!

Molti agenti del distretto si fermarono osservando i due uomini. Lo scrittore si era alzato si scatto e stava stringendo i pugni sino a renderne bianche le nocche; l'altro lo fissava, serio e gelido, lasciando però trapelare una punta di stizza.

"Hai capito bene, Castle. Non voglio che tu venga più al distretto per lavorare con la mia ragazza ... se sei solo una amico, non credo che per te possa fare alcuna differenza ..."

Castle non riusciva ad aprire bocca. Quello che più lo faceva infuriare delle parole del dottore era il fatto che, tutto ciò che aveva detto, era maledettamente vero ... ma la sua richiesta appariva comunque insensata.

"Forse tu corri troppo con la fantasia, Josh ..."

"Quello sarai forse tu Castle. Io sono un medico, tu lo scrittore ... sono decisamente una persona pratica ..."

"Comunque stai esagerando. Siamo delle persone adulte e credo che possiamo sapere dove sono i limiti per ciascuna cosa."

"Appunto, Castle, limiti. E tu con Kate non ne hai. È tempo che invece tu ne ponga. Non ho niente contro di te, ma non voglio fraintendimenti, soprattutto ora che la mia ragazza si trova in una fase delicata di ripresa."

"Questo è ridicolo!"

Fede Castle gesticolando, ed aprendo le braccia in segno di esasperazione.

"Se non l'avessi capito, non ti sto chiedendo di scomparire dalla sua vita, ma semplicemente di farti parte! Sono io il suo ragazzo!"

"Lo so! Non sono uno stupido. È l'ennesima volta che me lo ripeti!"

Le loro voci si stavano gradualmente alzando, attirando sempre più l'attenzione dei poliziotti sul piano.

"Ma sembra che tu non voglia capire il concetto!"

"Oh, no, capisco benissimo, solo che non comprendo la tua richiesta esagerata! Pensi che non sia in grado di gestire i rapporti con le persone? Ti faccio presente che ho due ex mogli, e che per il bene di mia figlia e per il mio lavoro ho sempre cercato di mantenere buoni rapporti, visto che l'una è la madre e l'altra è il mio capo!"

Josh contrasse la mascella, diventando rosso; Castle, dal canto suo, già in uno stato sovraeccitato, stava stringendo spasmodicamente le proprie mani fino a sentirsele dolere.

"Mi sembra invece, mi caro scrittore, che tu dimostri di non sapere cosa sia un vero legame ...forse hanno ragione i giornali, anche se ogni tanto esagerano: sei proprio un playboy da strapazzo ..."

Castle sentì la mano formicolargli ed esplose: senza che l'altro potesse rendersi conto di quello che stava accadendo, lo scrittore caricò un destro, andando a colpire Josh alla mascella. Quello colto di sorpresa fece appena in tempo a vedere il colpo; poi barcollò, arreggendosi alla scrivania più vicina.

"Ma cosa ..."

"Stammi a sentire bene: non ti permetto di giudicarmi così senza conoscermi, soprattutto dopo quello che hai avuto il coraggio di chiedermi. Fammi indovinare: dopo avermi consigliato di sparire dal distretto, poi mi dirai anche che non ho il diritto di vederla?"

"Hai indovinato, Castle, se così vuoi metterla. Intendo prendermi cura della mia ragazza e non voglio presunti "amici" nei paraggi, soprattutto se hanno la faccia tosta di prendersi gioco di me ..."

"Io non mi sono mai preso gioco di te, Josh ... ti conosco a malapena ..."

"Ma hai tentato di distruggermi la mascella ... A questo punto sono ancora più deciso sulla mia richiesta: sparisci dal distretto, non ti voglio intorno alla mia ragazza ..."

"Non credo proprio, Josh: per il tuo lavoro la sacrifichi completamente e non appena puoi prenderti cura di lei, metti delle barriere, sperando di poterti liberare del resto ... Lo hai detto tu, non ci sei mai: come pensi, nonostante tutto, di avere il diritto di dirmi cosa fare o non fare? Non mi importa se tu sei il suo ragazzo, fidanzato o cos'altro: sono in grado di sapere cosa voglio e sono in grado di decidere della mia vita, sapendo in quale posto stare."

Josh lo guardò ancora per qualche secondo, mentre si teneva la mascella dolorante, che cominciava a mostrare i primi segni di un ematoma. Poi si mosse.

"Sembra che non vuoi capire ... stando così le cose, la nostra conversazione finisce qui."

"Concordo."

Ed il dottore se ne andò, muovendosi fra le scrivanie e dirigendosi verso l'ascensore, per poi scomparirvi dentro appena chiamato.

Castle si stropicciò la faccia, incredulo di quello che aveva fatto: aveva colpito Josh ... Prima o poi i nodi sarebbero tornati al pettine, se lo sentiva ...

Come se all'improvviso gli fosse crollato addosso il mondo, si buttò sulla girevole della scrivania di Ryan; prese allora il suo Iphone, mettendosi alla ricerca di qualcosa. Poco dopo sullo schermo comparve un numero e lui cliccò sul tasto di chiamata. Il telefono si rivelò libero.

"Ehilà, Rick, così presto? Allora, la tua amica ha accettato?"

"Mi spiace Thomas, ma temo che non conoscerai mai la tua paziente ..."

E mentre l'amico tentava di protestare all'altro capo del telefono, Castle mise giù, sperando che quella giornata passasse più in fretta possibile, sprofondando nel silenzio più assoluto ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci ad un altro sofferto capitolo! (piccolo inciso: in questo fandom vengono pubblicate almeno una decina di storie al giorno, è quasi allucinante! O_o)

La conversazione di Josh e Richard si è rivelata un alterco, che è finito abbastanza male ... cosa accadrà ora? Ci saranno ripercussioni? E la nostra detective? Che fine ha fatto?

Le risposte nel prossimo capitolo ... ;)

Colgo l'occasione per ringraziare i pazienti lettori, che avranno la bile alle stelle per colpa di questo Josh decisamente odioso; ringrazio inoltre 1rebeccam, per le sue due recensioni ai primi due capitoli, ed ancora bice_94, per la sua recensione al secondo; ringrazio infine 1rebeccam, DeMy92, kate95 e madeitpossible, per aver messo la storia fra le loro seguite.

See you soon! 

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Capitolo 4
*** Wake me up when September ends ***


Wake me up when September ends

Ancora una volta ci aveva provato ed ancora non ci era riuscita: sollevarsi a quel modo, con quella velocità, le faceva girare la testa, in modo tale da farle perdere l'equilibrio e farla ricadere sul cuscino.

Katherine Beckett sbuffò rumorosamente, mentre nella sua stanza regnava un silenzio quasi angosciante e dall'esterno venivano suoni appena percepibili ed ovattati. Da quattro giorni a quella parte stava versando nella noia più totale: le visite erano praticamente cessate dal suo primo risveglio e l'unica persona che vedeva, per circa mezz'ora al giorno, era Josh. Per il resto era dormire ed annoiarsi in quel bianco letto d'ospedale; di accendere la televisione non aveva il coraggio, troppa era la paura di sentire qualche notiziario; per il resto non c'era niente e nessuno con cui interloquire … una solitudine quasi assoluta …

Stava così ripiombando nelle sue elucubrazioni paranoiche, quando sentì bussare alla porta della sua camera. Chi poteva essere? Josh passava solo durante le visite pomeridiane ed il medico aveva già compiuto la sua visita di routine quella mattina presto. Esitò ancora un po' a rispondere, non capendo chi potesse trovarsi oltre la soglia nel corridoio. E se …

Kate, ehi, ci sei, stai dormendo?”.

Il lieve palpito che aveva animato il suo ancora debole cuore era immediatamente svanito, lasciando però un po' di calore ed un piccolo sorriso sulle sue labbra.

Lanie! Entra, non stavo dormendo.”

L'anatomopatologa si affacciò con un'espressione irriverente, mentre la sua mano agiva sulla maniglia quel tanto che le bastava per entrare. I lunghi capelli neri erano ancora raccolti in una coda bassa e l'abbigliamento semplice: doveva aver finito da poco di lavorare. Richiuse delicatamente la porta, avendo cura che la maniglia scattasse, poi si avvicinò all'amica distesa sul letto.

Allora, signorina Beckett, non mi invita a sedermi?”

La chiamata in causa finalmente si riscosse del tutto.

Oddio, Lanie, hai ragione, scusa. Piuttosto, mi faresti un favore?”

Tutto cara.”

Mi aiuteresti a sollevarmi? Ci ho già provato fin troppe volte oggi, ma sembra che il mio corpo non abbia intenzione di collaborare.”

Tranquilla, ragazza, ora rimettiamo in riga questo corpo così pigro”.

Disse con tono giocoso Lanie, facendole l'occhiolino; Kate scosse lievemente il capo, pensando che nessuno e niente avrebbe mai azzerato l'energia di Lanie Parish … beh, quasi niente. Dopodiché l'anatomopatologa aiutò l'amica a sollevarsi, sprimacciandole anche energicamente il cuscino; afferrò poi un'anonima sedia accanto al comodino e si accomodò vicino al bordo del letto.

Allora, cosa mi racconti? I medici sono clementi?”

Assolutamente no. Le visite mediche di accertamento avvengono sempre nei momenti più improbabili della giornata: pensa che stamani mi hanno svegliata alle sei per farmi aprire la bocca e dire 'ah'!”

Però, sembra proprio il trattamento di 'lusso' di cui mi avevano parlato ...”

E non è finita qui: c'è una ragazza, un'infermiera, sembra provarci non so quale gusto perverso nel bucare le mie braccia, ogni volta che hanno bisogno di analizzare il mio sangue. Ho capito che devono tenermi sotto osservazione, ma così mi dissangueranno di nuovo!”

Alla visitatrice scappò una risata sommessa, che ben presto coinvolse anche la sua interlocutrice, diventando decisamente sguaiata e liberatoria. Avevano decisamente bisogno di ridere su tutto l'accaduto, accantonando le lacrime.

Oh mio Dio, Kate! Ti avverto, non ti voglio vedere sul mio tavolo da obitorio, chiaro?”

Ricevuto il messaggio, dottore. Piuttosto, grazie.”

E di cosa dolcezza?”

Per essere venuta a trovarmi.”

Per così poco? Dai, non ci credo!”

La castana abbassò lievemente il capo, cominciando a giocherellare con le proprie dita. Stavolta un sorriso ben più amaro affiorò sul suo volto candido.

Vedi Lanie, dopo il risveglio non ho più rivisto nessuno … solo Josh … sai, si premura tanto per me, ma non appena compare un medico nel suo raggio, ci attacca bottone, parlando di tutte le possibili strade della mia riabilitazione … a quel punto io divento un po' trasparente, poi finisce il tempo previsto per le visite, bacetto a fior di labbra e lui torna a salvare vite in cardiologia ...”

Mi dispiace tesoro … siamo stati estremamente impegnati … ma tuo padre?”

Lasciamo perdere … sembra che il destino si sia accanito... quando è … successo tutto quanto e lo ha saputo, sembra abbia avuto un attacco cardiaco … morale della favola, è in un altro ospedale ancora sotto osservazione … credo che lì le infermiere somiglino a dei carcerieri: non mi ha nemmeno telefonato ...”

Cavolo, ragazza … ma … il nostro scrittore?”

Sul volto della prorompente dottoressa Parish si dipinse un sorrisetto maliziose, mentre dentro di Kate lottavano una serie di emozioni indistinte: imbarazzo? Rabbia? Indifferenza? Disappunto? Aspettativa? Poi scavò nella sua mente ancora leggermente scombussolata ed incastrò i pezzi del puzzle dei suoi giorni dal risveglio.

Oh, già, Castle … è venuto qui la mattina dopo, ma è scappato subito … a proposito, grazie per i fiori. Riferisci anche ad Esposito e … che c'è Lanie?”

L'espressione della bruna era stranita, indecifrabile. Aveva forse detto qualcosa di sbagliato? Le due restarono in silenzio per un po' mentre la detective studiava il volto dell'amica. Poi la dottoressa si riprese.

Scusa, dolcezza, quali fiori?”

Kate ebbe un improvviso tuffo al cuore: il respiro divenne appena affannoso.

I fiori che tu, Esposito e Ryan mi avete mandato ...”

Lanie scosse la testa con desolazione.

Spiacente, cara. Non siamo stati noi. Anzi, oggi avremmo voluto passare tutti e tre assieme, ma le indagini fervono ancora … sai, è un miracolo che io sia riuscita a venire: in questi giorni ho visto più io cadaveri sul tavolo del mio obitorio, che qualsiasi cimitero di Manhattan.”

Kate rimase ancora più interdetta.

Ma se non siete stati voi, allora ...”

La verità la coprì bruciante in pieno volto: lui era lì ed erano da parte sua … guardò allucinata l'amica, senza proferire parola e lei gli rese uno sguardo che diceva tutto: lui in qualche modo c'era … perché allora non era tornato? Il tempo non gli mancava …

La testa cominciò a ronzarle. Preferì optare per un cambio di argomento, altrimenti prevedeva la morte cerebrale dei suoi neuroni.

Cambiando argomento, come va al distretto?”

Lanie non volle replicare: l'argomento era delicatissimo sotto l'apparenza rozza e semplice. Era meglio seguire la richiesta della detective e rispondere.

Beh, te lo ho detto: tutto il distretto è in subbuglio. I ragazzi sono indaffaratissimi e sembra che siano impiegate la maggior parte delle squadre del Dodicesimo, se non tutte. Il problema è che la vostra risulta ancora scoperta …”

La bruna fece una pausa. Vide il volto dell'amica adombrarsi e lei stessa percepì un groppo in gola: una dipartita come quella che avevano subito era dura da mandare giù, soprattutto con un uomo come Montgomery … Kate, nonostante tutto quello che aveva scoperto, dopo il suo sacrificio aveva compreso ancora di più che quell'uomo era una guida insostituibile. Si domandò se a quel punto sarebbe stata più dura la riabilitazione, lunga ed estenuante, oppure il ritorno in al distretto, dove non avrebbe più visto uno dei suoi più saldi punti di riferimento.

Incredibilmente si sorprese a vagare nella sua memoria: aveva già perso uno dei suoi punti di riferimento, prima con il suo tradimento alla legge, poi con la sua morte … ricordava ancora la bruciante esperienza di Los Angeles, dove si trovò combattuta fra due fuochi: il ricordo e l'incertezza del futuro. Era avvenuto anche con lui: prima la scoperta del terzo poliziotto, poi il sacrificio … sembrava che dovesse accadere con tutti i suoi punti di riferimento, forse non le erano concessi …

Ehi, Kate, sei ancora qui con me?”

La voce argentina dell'amica la riscosse dal suo tuffo nei ricordi.

Mh, sì, dicevamo?”

Dicevo che il distretto è in agitazione ed ogni giorno se ne aggiunge una nuova … te lo ho accennato anche prima: il mio tavolo da obitorio è continuamente occupato da cadaveri.”

Ci sono novità su?”

Mi spiace, dolcezza, non so niente … sono incessantemente bloccata laggiù. Se anche incrocio i ragazzi o li sento, ci diciamo il minimo indispensabile … di questi tempi non c'è molto stimolo alla conversazione ...”

Capisco, mi spiace ...”

E di cosa?”

Le candide coperte del letto d'ospedale si ritrovarono ad essere stritolate senza alcuna pietà sotto le esili ditta della loro occupante.

Di non poter essere lì con voi ...”

E solitaria una lacrima fece capolino sulla guancia della castana.

Ehi, non piangere, Kate … per chi credi che corriamo così tanto, eh?”

Il nodo nella gola della detective accennò a sciogliersi, liberando un piccolo sorriso.

Così va meglio, dolcezza. Però … direi che ci vuole un bell'abbraccione!”

Stavolta la detective rise sommessamente.

Vacci piano però, dottoressa Parish, che qui faccio concorrenza alle bambole di porcellana.”

Ma sentitela come si sente importante!”

E le due amiche si scambiarono un affettuoso abbraccio. La detective sentì un flebile sussurro all'orecchio.

Rimettiti più in forze che puoi. Nel frattempo penseremo io ed i ragazzi a dare la caccia ai cattivi”

Grazie, Lanie ...”

Prego … ma smettila di ringraziarmi, te lo meriti ...”

Passarono ancora alcuni minuti, poi le due sciolsero l'abbraccio. Quell'avvicinamento era servito ad entrambe ed era valso più di mille parole: significava “fatti coraggio”, sia per l'una che per l'altra …

Dimmi una cosa Kate: quando ti dimetteranno da questa prigione con infiermierine psicopatiche?”

Beh, credo ci vorrà ancora un po' … forse ancora una settimana, forse due … sai, muovo i piedi, ma non ho ancora ripreso a camminare ...”

Allora spero che sia prima della fine di settembre … mi spiacerebbe che ti perdessi l'inizio dell'autunno ...”

Anche a me …”

Improvvisamente si sentì un trillo.

Uh, il mio cercapersone … mi vogliono al tavolo! Spero proprio per la loro incolumità che non sia ancora una prostituta … ne ho fin sopra i capelli dei loro corpi martoriati … Devo scappare, dolcezza, alla prossima ...”

Mi farebbe davvero piacere rivedere te ed i ragazzi un pomeriggio … qui mi sento in gabbia, ho proprio bisogno di distrarmi ..”

Contaci, torneremo ..”

E la bruna uscì dalla stanza, richiudendo la porta accuratamente e lasciando di nuovo Kate a quella specie di dormiveglia sospeso nell'anonima camera bianca.

Ci conto ...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco finalmente, dopo un lungo silenzio, il quarto capitolo! Chiedo davvero scusa, ma a fine ottobre ho subito il furto del mio portatile, così tantissime cose a cui tenevo, comprese le mie fanfiction, sono andate perse. Ma torniamo a noi …

Nel capitolo precedente Josh ha voluto mettere le cose in chiaro, ma per il nostro scrittore sembra aver oltrepassato il limite … Kate sembra essere ancora all'oscuro di tutto e nemmeno Lanie sembra essere al corrente dell'accaduto … cosa avverrà in seguito? I nodi cominceranno a venire al pettine? Come finirà? Ed al distretto? Lo scoprirete nel prossimo capitolo ;)

Colgo l'occasione per ringraziare madeitpossible per la recensione al capitolo precedente, paolakate e Teca98 per aver inserito la storia fra le loro preferite, mary_1989 per averla inserita fra le sue seguite ed infine (ma non ultimi) graceling, paolakate, principe delle stelle e Vulpix, per averla messa fra le loro seguite.

Ancora grazie ed alla prossima, ciao!

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Capitolo 5
*** Iron woman ***


Iron woman

Il campanello dell'ascensore suonò impercettibilmente e le porte si aprirono con il solito ronzio sommesso. Loro uscirono dall'abitacolo trascinandosi lungo la parete, con una flemma di cui credevano non sarebbero mai stati capaci.

I detective Ryan ed Esposito avevano davvero superato ogni limite e le loro forze li avevano abbandonati, come le loro energie e la loro voglia di fare.

Ancora per l'ennesima volta era stato un enorme buco nell'acqua e in quell'occasione avevano pure fatto una figura pessima: l'allibratore del giro che frequentavano gli uomini di Lockwood era scappato loro da sotto il naso, fortunatamente dopo che avevano potuto sapere tutto quel che di inutile per loro aveva da spifferare; una simpatica vecchietta inferocita si era frapposta fra loro ed il loro fuggitivo, imputabile comunque di un bel po' di crimini, e la faccenda era finita con Ryan atterrato da un ombrellata micidiale ed il loro amico abbastanza lontano per un addio.

 

Con lentezza si avvicinarono alle loro scrivanie, costatando che quella mattina un certo scrittore non era dalle loro parti … tanto meglio: non avevano voglia dell'ironia, anche se allo scopo di risollevare, di Castle

Javier Esposito lanciò un'occhiata rapida al suo computer, trovandolo in stand – by, come quando era uscito quella mattina col collega. Mosse il mouse e digitò veloce la password di accesso alla tastiera; la schermata si riaprì sull'archivio e sulla rete interna del Distretto, gettando sulla schermata le finestre; sopra le altre spiccava quella della casella postale, solitamente in uso per comunicazioni di servizio ed ufficiali. Il detective notò che fra tutte le richieste ed i permessi di quei giorni, bellamente incolonnati in una tabella grafica, lampeggiava una piccola busta color crema; l'oggetto della mail era così denominato:“URGENTE, SQUADRA OMICIDI”.

Ehi, bro, abbiamo posta”.

Il biondo emerse dalla sua scrivania, tenendosi con la mano destra il sacchetto di ghiaccio sintetico sulla fronte; si alzò e raggiunse il collega all'altra scrivania.

Cosa abbiamo di nuovo?”

Guarda qui.”

Kevin Ryan scorrette velocemente lo schermo con gli occhi, fino a vedere la nuova mail; lesse mentalmente tutto d'un fiato l'oggetto e poi si voltò verso l'altro.

Apriamola.”

Un clic, e lo schermo fu interamente riempito della finestra della casella postale, dove, a caratteri cubitali spiccava una breve, ma sicuramente esaustiva, mail.

Per favore leggi tu, perché ho la testa che mi martella.”

I detective Esposito Javier, Ryan Kevin e Beckett Katherine …”; l'ispanico fece una pausa; evidentemente ai piani alti si dimenticavano velocemente … “ … sono oggi convocati alle ore 15.00 nell'ufficio del capitano, allo scopo di uno scambio con il coordinatore della squadra; sarà interesse del nuovo capitano conoscere lo sviluppo delle attuali indagini.

Lo sguardo dell'ispanico cadde sull'orologio digitale della barra delle applicazioni: mancavano solo due minuti.

Merda, dobbiamo preparare tutta la documentazione del 'caso Lockwood'!”

I due non fecero in tempo a lanciarsi al recupero di cartelle e lavagna, che udirono il campanello dell'ascensore. Le porte si aprirono e l'unica cosa che udirono fu un lieve ma deciso rumore di tacchi sul pavimento del piano. Poco dopo apparve alla loro vista una donna di colore, sulla quarantina, dall'espressione seria in volto; aveva un portamento decisamente austero ed autoritario ed indossava un sobrio tailleur grigio, assieme a decolletté dall'altezza vertiginosa; camminava spedita verso la loro direzione. Quando arrivò di fronte ai due detective, i due costatarono che, nonostante la costituzione minuta, era una donna che incuteva un certo rispetto e timore.

I detective Esposito e Ryan, suppongo.”

Il suo tono di voce era asciutto ed inespressivo.

Il biondo e l'ispanico risposero all'unisono all'appello.

Entro cinque minuti nel mio ufficio. Voglio tutto sul 'caso Lockwood'.”

Sì, signora.”

Lei, da poco voltatasi di spalle, si girò nuovamente verso i detective; i suoi occhi erano brace.

'Signore', detective. Sono il vostro capitano ed esigo rispetto.”

E detto ciò si diresse verso il suo ufficio.

 

Dopo alcuni minuti, impiegati a raccogliere e riordinare coerentemente tutte le prove e le cartelle di file, Ryan es Esposito si diressero verso l'ufficio del loro nuovo capitano: questa volta speravano di ripartire con il piede giusto.

Arrivati alla porta videro una nuova targhetta di ottone, lucida: le lettere nere a caratteri cubitali rivelavano loro che la nuova occupante di quell'ufficio era il capitano Victoria Gates.

Bussarono ed una voce incolore li invitò ad entrare. Si ritrovarono in quella che era stata la stanza di Roy Montgomery, con un'atmosfera completamente diversa, di tensione assoluta. Victoria Gates stava seduta alla scrivania e lì stava invitando con un cenno a raggiungere il centro della stanza. Afferrò poi con movimenti studiati un astuccio, dal quale estrasse un paio di occhiali; scrutò in silenzio i due detective, poi rivolse lo sguardo al quadrante del suo orologio da polso; i suoi occhi, poco dopo rivelarono disappunto.

Dov'è la detective Beckett?”

Il gelo piombo in quella stanza, improvvisamente così anonima.

Signore, non credo l'abbiano informata adeguatamente ...”

Gli occhi neri del capitano sembrarono riservare stilettate di ghiaccio alla coraggiosa affermazione di Esposito.

Allora mi dica.”

Beckett è ancora in ospedale sotto osservazione: si è risvegliata da appena quattro giorni. Inoltre, una volta dimessa, dovrà intraprendere la riabilitazione.”

Ancora una volta il gelo regnò sovrano. Poi, dopo la surreale pausa, il capitano parlò:

Debbo allora dedurre che Beckett non sarà dei nostri ancora per molto?”

Esattamente, signore.”

Bene. Passiamo allora al motivo di questa vostra 'convocazione'.”

Signore, permette una domanda?”

Questa volta il glaciale sguardo della Gates si posò su Ryan.

Mi dica, detective.”

Perché così poco preavviso del suo arrivo?”

La donna si sporse in avanti sulla scrivania, incastrando fra di loro le dita delle sue mani; il suo sopracciglio destro si inarcò leggermente.

Vede detective, le indagini sono sempre la priorità, di conseguenza formalità come presentazioni e convenevoli sono inutili frivolezze, al loro confronto. Ora, invece, vorrei che lei ed il suo collega mi illustraste lo sviluppo delle indagini e le prove concrete che avete, perché fare il punto della situazione è altrettanto prioritario. Tutto chiaro, detective?”

Chiaro”.

Allora vorrei cominciare. Entro staserà sarei lieta di dare qualcosa di concreto in mano al procuratore.”

I due detective si guardarono repentinamente: forse non sarebbero usciti vivi da lì.

Cominciamo, detective Esposito?”

L'ispanico frugò fra i pacchi che teneva in braccio e ne pescò una cartelletta; posò il resto sulla poltrona adiacente.

Porse allora la cartella al capitano, attendendo che ne esaminasse il contenuto.

Inizi, detective, mi descriva il set di prove”.

Referto numero uno, scena del crimine ...”

 

“ … mi auguro quindi che mi portiate al più presto qualcosa di concreto! E sappiate una cosa: finché la detective non sarà di ritorno, dovrete lavorare per tre. Ora c'è un capitano, quindi, che sia la squadra omicidi ad occuparsi degli omicidi! Sono stata chiara?”

Sì, signore.”

Ora potete andare.”

Ed i due detective uscirono distrutti dal confronto.

Una volta richiusa la porta alle loro spalle e percorsi alcuni metri lungo il corridoio, poterono constatare che era stato un massacro. Li aveva ripresi continuamente, corretti, aveva obiettato più e più volte: li aveva trattati con sufficienza.

Bro, rimettiamoci al lavoro. Prevedo temporali in arrivo se non ci sbrighiamo.”

Concordo con te, bello.”

Mentre si accingevano a ritornare alle loro scrivanie, la loro strada incrocio quella di qualcun altro.

Salve ragazzi.”

Ehi, Demming, è un bel po' che non ci si vede, da quando ...”

“ … Beckett mi ha lasciato, lo so ...”

Ancora silenzio calò sulle teste dei detective.

Ryan osservò attentamente Tom Demming: il detective della sezione furti appariva impeccabile e curato come sempre, ma ad un esame più attento si vedeva che sotto i suoi occhi si celavano i segni della stanchezza, sotto forma di occhiaie violacee.

Allora, ho sentito che da oggi il distretto finisce di corrervi dietro.”

A quanto pare … Victoria 'Iron' Gates, ha dettato la sua legge.”

Il commento di Esposito suonò incredibilmente acido.

Cavolo, proprio come la chiamano anche ai piani alti. È davvero così rigida?”

Peggio … è il braccio destro del procuratore. Il che significa fare i salti mortali.”

Allora buona fortuna ragazzi. Penso che me ne servirà anche a me: le sto portando gli ultimi file che ci eravamo scambiati per quel confronto incrociato.”

Beh, allora grazie, anche a te.”

Rispose rapido Ryan.

Ci si vede in giro. Ah … salutatemi Beckett e portatele i miei auguri: ormai è passato più di un anno … il tempo passa e le cose cambiano.”

Lo faremo.”

E come si erano incrociati, sciolsero il loro incontro.

Andiamo, bro, prima che cominci a tuonare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed altre acque si sono mosse: al 12esimo c'è un nuovo capitano, più gelido ed agguerrito che mai. Vi resisteranno Esposito e Ryan? E Castle? Che fine a fatto? Cosa accadrà quando lui e la detective torneranno al distretto? … lo scoprirete prossimamente …

alla fine devo dirvelo: ho pubblicato velocemente, sono io stessa sbalordita (le sollecitazioni di bice_94 credo abbiano dato i suoi frutti) ! XD

Passiamo ora a cose più tecniche. Per chi non lo sapesse, Victoria “Iron” Gates non è di mia invenzione, ma è uscita proprio dall'immaginazione di Andrew Marlowe: è infatti lei, dalla 04x01, a sostituire Montgomery, ma non vi dico altro (se chi come me avesse visto qualcosa della quarta stagione e pensasse che il personaggio non è reso bene, mi farebbe piacere saperlo, le critiche fanno bene.). Ultima postilla sulla “donna di ferro” riguarda il suo soprannome, anche quello non mio, ma di invenzione dei creatori della serie.

Dopo questo lungo sproloquio voglio infine ringraziare madeitpossible e bice_94, che hanno recensito il capitolo precedente, pattyna82, che ha messo la storia fra le sue preferite, sweetvaly, zgzg, Lupo90, VioletLoveReid ed evelyn83, che hanno messo la storia fra le loro seguite.

Detto ciò vi saluto, alla prossima!

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Capitolo 6
*** Lost ***


Lost

Le dita ticchettavano nervose sulla scrivania, mentre il respiro minacciava di accelerare. No, lei non poteva, non DOVEVA. Il suo imperativo: mantenere la calma, sempre. Inalò profondamente l'aria viziata del suo ufficio, poi emise un profondo respiro. Doveva analizzare tutto a mente lucida.

Mai nella sua vita si era ritrovata a fronteggiare un caso simile, un … fallimento? Sì, un fallimento, come avrebbe potuto chiamarlo altrimenti? I suoi sottoposti non sembravano affatto uomini stupidi, eppure in quel frangente avevano l'aria delle galline che corrono impazzite nel cortile, senza capire cosa sta loro accadendo.

Erano già passate due settimane e tutto era ancora fumo, ombra, mistero. Aveva fatto più volte tremare, a ragione, le mura del Dodicesimo, ma ora era veramente seccata ed esausta. Tutto conduceva a niente, tutto era niente, ed il procuratore non era mai stato tanto brusco con lei. Eppure si conoscevano da una vita ed i loro rapporti lavorativi erano ottimi, come la sua efficienza dopo tutto. Ma quel caso, il caso Lockwood, stava frantumando tutto, i suoi sacrifici, la sua carriera, la sua posizione, OGNI cosa.

Si alzò dalla poltrona continuando ad inspirare ed espirare più lentamente possibile, per mantenere il suo autocontrollo; nel frattempo aveva preso a girare in cerchio attorno alla scrivania, mettendo insieme ogni pezzo …

Beckett, la detective … quella donna non era ancora tornata, eppure stava cominciando a credere che le sarebbe stata indispensabile. Si era informata bene: era stata l'ultima a vedere Lockwood e Montgomery, quella che aveva ricevuto un colpo in pieno petto dal criminale … ancora prima era stata sempre lei ad arrestarlo, ad andarlo costantemente a visitare in cella, a correre alla prigione alla sua evasione … sentiva che quella donna sapeva molto di più di quanto a lei fosse concesso in quel momento: lei sarebbe stata la sua chiave nel caso, la chiave per risollevare la squadra ed il distretto, per lavare l'onta che quell'assassino aveva gettato sull'NYPD.

Stavo così fermamente traendo le sue conclusioni, quando udì il squillare il telefono sulla scrivania. Respirò ancora a fondo, sperando che quel giorno i detective Esposito e Ryan le portassero qualcosa di concreto.

Si mosse rapidamente in cerchio, afferrando all'ennesimo squillo la cornetta; era calma e risoluta come sempre.

Gates.”

La sua voce risuonò atona e lievemente nasale. Quella che invece udì all'altro capo del telefono la sorprese: aveva un interlocutore inaspettato

Capitano, dobbiamo parlare. Mi duole dirglielo, ma questa faccenda non è più ammissibile ...”

La donna si sedette, ascoltando parola per parola quello il procuratore le stava dicendo. Sentì forse per la prima volta cederle le gambe.

 

Castle si stava rassettando per bene la giacca, dopo che l'ennesima fan sovreccitata lo aveva raggiunto aggrappandoglisi addosso. Finalmente anche quella giornata a firmare copie in libreria era finita.

Prese il suo telefono per controllare l'ora e vide la data … erano già passate due settimane e lui si era comportato da vigliacco, in un certo senso: dopo quella volta al distretto non aveva più messo piede lì, né era più tornato a visitare Kate. Non aveva ancora digerito l'uscita di Josh, ma ci aveva riflettuto: lei era ancora debole ed aveva bisogno di riprendersi, non di due uomini che si scazzottavano. Aveva deciso di farsi momentaneamente da parte, per il bene di lei … per il resto avrebbe atteso …

In quel periodo aveva trovato il modo di tenersi occupato: ormai era tempo di uscire per “Heat rises” e la sua casa editrice glielo aveva ricordato. Premier, gala, librerie, come l'ennesima ed anonima in cui si trovava quel giorno, assediato dai fan, in una delle tante strade di Manhattan.

Riscuotendosi e facendo mente locale, si ricordò che ormai era l'una passata e che il suo stomaco reclamava cibo. Fece dunque per dirigersi alla caffetteria di fronte, quando il suo Iphone cominciò a vibrare. Estrasse il telefono dalla tasca ed osservò un attimo lo schermo: le lettere recitavano “sconosciuto”. Rimase un attimo a soppesare l'apparecchio, poi aprì la comunicazione.

Castle. Chi è?”

Non è importante chi io sia signor Castle. Ma le posso dire che quello che so è importante”.

Quella voce baritonale e melliflua risuonò nelle orecchie dello scrittore, facendogli sentire un brivido lungo la schiena.

Le ripeto: chi è lei? E cosa vuole da me?”

Un sospiro basso, quasi esasperato riempì l'altoparlante.

Ed io le ripeto che non è importante la mia identità. Mi ascolti: riguarda qualcuno a cui tiene.

Castle sentì salire un groppo in gola.

Lei è un rapitore?”

No, signor Castle, niente di tutto ciò. Ma ho delle informazioni che in mano alle persone sbagliate potrebbero risultare fatali, mi segue?

Inconsapevolmente annuì col capo, ignorando il fatto che il suo interlocutore non gli era di fronte.

Lei conosce bene il caso Lockwood, vero?

Stavolta gli mancò il fiato. Erano due settimane che non ci pensava, nessuno a ricordarglielo, ed ora un emerito sconosciuto sembrava avere la chiave del mistero. In quel momento riuscì ad unire i tasselli del puzzle.

Lei mi sta dicendo che sa qualcosa riguardo a Beckett?”

Vedo che ora siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Apra bene le orecchie e si sieda. È a casa sua?

No.”

Per alcuni secondi dall'altra parte provenne solo il ronzio di sottofondo della rete.

Allora non è sicuro. Le consiglio vivamente di recarvisi, signor Castle. Quanto pensa di impiegarci?

Una decina di minuti, forse quindici ...”

Allora vada. Io la richiamerò fra mezz'ora.

E senza che potesse replicare, la chiamata si concluse.

Senza pensarci troppo, prese le chiavi dalla tasca dei jeans, e si diresse alla sua auto. Entrò sbattendo la portiera, poi mise le chiavi nel quadro. Tolse freno a mano ed innestò la retromarcia. Fece le dovute manovre e sfrecciò via, per quanto consentitogli, con la sua Ferrari. Svicolò inoltrandosi nelle strette strade perpendicolari, mentre la maggior parte dei newyorchesi arrancava a passo d'uomo per quelle principali ed affollate.

Arrivò a casa sua in dieci minuti, come pronosticato, gettandosi a rotta di collo per le scale. Prese le chiavi di casa ed aprì in tutta fretta il portone, per rinchiudersi dentro.

Ehi?”

Nessuno. Come consueto Alexis era in biblioteca, per prepararsi ai test d'entrata al college, sua madre alla scuola di recitazione. La casa era deserta.

Prese il suo Iphone e lo pose sul piano della cucina; si levò poi di scattò il cappotto, gettandolo sul divano, buttandosi quindi a sua volta sulla poltrona adiacente. Sentiva la sua testa ronzare terribilmente ed i suoi piedi battere freneticamente sul tappeto.

Chi era quell'uomo che aveva così urgentemente bisogno di parlargli? Cosa sapeva del caso? E di Kate? Perché non si era rivolto alla polizia di New York? Perché ancora lui? Le domande gli stavano affollando sempre di più la testa, minacciando si fargliela scoppiare.

Si alzò allora di scatto, deciso ed andò in cucina, recuperando una bottiglia di birra dal frigo: non era il momento di fare i sofisticati, aveva solo voglia di rinfrescarsi la gola, che sembrava essere appena diventata il deserto del Colorado.

Aprì la bottiglia e ne bevve un sorso, andando ad accostarsi alla grande finestra a vetri del suo salotto.

 

Dopo un'interminabile attesa, il telefono vibrò sul piano, producendo il caratteristico rumore. Castle si mosse, afferrando l'apparecchio al volo. Ancora una volta ai suoi occhi comparve la scritta “sconosciuto”.

Mi dica cosa sa.”

Niente nome. Niente formalità. Ora voleva sapere.

È in casa sua?

Parli.”

Ancora quel particolare sospiro riempì l'altoparlante dell'Iphone

Come le ho detto prima, si sieda signor Castle, mi dia retta.

Raggiunse immediatamente il divano.

Ora non mi faccia aspettare ancora. Parli.”

Come vuole. Conosce gli ultimi sviluppi del caso signor Castle?

Beh, non proprio.”

Ufficialmente suppongo di sì. Mi creda, non è ancora successo niente.

Ed ufficiosamente?”

Sono avvenuti grandi cambiamenti al distretto. Credo sapesse che nella squadra c'era un posto vacante, alquanto importante … Vede, poco più di una settimana fa quel posto è stato assegnato.”

Ancora un groppo in gola. Castle non avrebbe mai dimenticato quella notte, nell'hangar, dove Montgomery lo aveva chiamato, dove lui era arrivato, dove il capitano gli aveva chiesto di portarla via e dove quell'uomo aveva sacrificato la sua vita, mentre Kate disperata si dimenava e piangeva fra le sue braccia.

Chi è?”

Si tratta di Victoria Gates, una delle donne più influenti e rigide delle forze di polizia. Una carriera impeccabile … ma vede non è questo il punto.

Allora mi dica qual è.”

Victoria Gates e la sua squadra sono appena stati sollevati dal “caso Lockwood”. È stato detto che verrà riassegnato, probabilmente all'FBI, ma vuole sapere la verità? Finirà tutto nel dimenticatoio.

Ci fu un attimo di silenzio di tomba da entrambe le parti. Altri tasselli del puzzle si stavano aggiungendo.

Perché lei ha chiamato me? Perché non sta provvedendo lei stesso se queste informazioni sono così vitali?”

Perché so che tipo di persona è lei, una di cui fidarsi, e perché io non posso farlo. Se mi esponessi troppo sarebbe finita: tutto ciò che so morirebbe con me. Vede, non le dirò chi sono, ma posso dirle questo: la mia posizione è molto in alto, ma non abbastanza; c'è chi è più in alto di me ed ha il preciso intento di insabbiare tutto, e non solo da ora ...

Allora risponda ancora a questa mia domanda: perché non a Beckett? Non crede che sarebbe dovuta essere la prima a saperlo?”

Ci fu ancora un'altra pausa, che stavolta lo scrittore non seppe interpretare.

Non posso assolutamente dirlo alla detective Beckett, signor Castle. Ne va della sua vita.

Il gelo lo avvolse e la presa su telefono e bottiglia minacciò di cedere. No. Una volta in fin di vita era più che sufficiente. Non avrebbe più visto la sua musa sanguinante ed incosciente fra le sue braccia, mai più.

Con uno sforzo immane aprì ancora la bocca, deciso a dire ciò che voleva.

Cosa vuole che io faccia?”

Possiede un indirizzo mail sicuro?

 

Fu questione di quanto? Solo qualche minuto. Aveva dato il suo indirizzo, quello privato, che aveva deciso di rendere impenetrabile, a prova di qualsiasi curioso, forse anche degli hacker. Una serie di file si era improvvisamente accampata sul suo schermo, minacciando di intasare la memoria del PC.

Prese immediatamente una chiavetta USB e vi trasferì i dati, comprimendoli, poi li riverso sul suo vecchio fisso, ormai dimenticato dal resto della famiglia, a volte anche da lui.

Capì in poco tempo che quello che aveva in mano, in una serie di giga byte, era letteralmente la vita della sua partner.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Time shift … e le sorprese arrivano. Una Gates spazzata via dai piani alti, Castle che diventa un paladino in sordina. Cosa ci riserverà il futuro? E Kate? Cosa le sarà successo nel frattempo? A voi scoprirlo prossimamente … ;)

Come sempre ecco a voi alcune precisazioni. Lo ammetto, per questa scena mi sono accostata all'episodio “Rise”, ancora una volta, ma non ho seguito per filo e per segno l'andamento (anzi, probabilmente ho avuto qualche lacuna), ma mia intenzione non era replicare la scena originale, quanto riprenderla a grandi linee ed integrarla (i fatti della mia storia si discostano un po' da quello che poi succede nella Quarta Stagione, ma non vi dico altro …)

Ringrazio bice_94 ed 1rebeccam per aver recensito il precedente capitolo (un grazie particolare a 1rebeccam per aver scritto delle recensioni anche ai capitoli 3 e 4 =D), madeitpossible per aver inserito la storia fra le ricordate,Caskett96, 13_forever, Merryweather, sofiamauri96, ewrpsk, per averla inserita fra le loro seguite.

Non mi resta che salutarvi, see you soon!

p.s. Se vi piacesse ed interessasse, ho aperto una piccola pagina su facebook, “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”, ovviamente non ufficiale, né pretenziosa, ma una pagina dedicata a noi che gironzoliamo da queste parti (non molti la hanno visitata al momento, ma più siamo col tempo, meglio è!) =)

Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Strange loves ***


Strange loves

Stava lì alla televisione tentando di seguire una delle tante sit – com, per sorridere, ma non ce la faceva. Nella sua testa risuonavano solo tante domande ed una, mille e nessuna. Fino a quando sarebbe stata sola, di fronte all'unica luce azzurrina dello schermo, nell'attesa che Josh fosse di ritorno? Quell'attesa stava cominciando a sfiancarla: era quasi più corrosiva delle sue giornata in ospedale, ma ormai anche quelle erano finite. Assieme alle ore di riabilitazione motoria, aveva dovuto fronteggiare i lunghi momenti di vuoto, che nell'asettica camera bianca passava spesso dormendo.

Josh era premuroso con lei, vicino più possibile nei suoi esercizi e nei suoi sforzi, ma ora da una settimana a quella parte aveva ricominciato ad essere sfuggente. La sua “pausa” era finita prima del previsto: il primario lo aveva richiamato per condurre un intervento delicatissimo e lui era andato. Non poteva biasimarlo, era il suo lavoro, e c'erano in gioco molte vite, ma piano piano era sfuggito e lei era ripiombata nella solitudine. A volte Lanie ed i ragazzi erano venuta a trovarla, ma per tempi brevi: il caso prosciugava loro tempo ed energie, come anche il nuovo capitano, donna irreprensibile a quanto pareva. Chissà come sarebbe stato il ritorno con la Gates

Scosse il capo, concentrandosi sullo schermo luminescente, ma non riuscendo in alcun modo a seguire immagini e voci. Era già buio pesto, le undici passate, e lei era lì sola a pensare. Non era riuscita a dire al suo ragazzo che quello stato la metteva in apprensione, nel panico. Perché in quei momenti non c'erano più i sedativi ospedalieri, non c'erano più le notti ed il sonno senza sogni; i demoni fuoriuscivano, tormentandola, scuotendola, sorprendendola anche di giorno, in mezzo ad un semplice pensiero.

Distolse di nuovo lo sguardo e l'attenzione dalla televisione. Percorse con lo sguardo tutta la stanza, arredata con il minimo indispensabile. Aveva dovuto imparare a riconoscere quei mobili, quegli angoli nella casa di Josh, ma niente era riuscito in quelle settimane a risultarle familiare. Continuava ad inciampare negli stessi spigoli, continuava ad urtare gli stessi mobile ed a sbagliarsi con gli interruttori. Fisicamente stava molto meglio e camminare le era nuovamente semplice come prima, ma questi lapsus continuavano. Si domandava se fosse veramente causa dei postumi dell'intervento e del coma indotto.

Ancora assorta in questi pensieri, sentì girare la chiave nella toppa. La porta si aprì, facendo entrare il fascio di luce bianca della luce nel corridoio; ad impedire il totale irrompere della luce nel salotto, c'era la sagoma nera del suo fidanzato, nella sua sua usuale tenuta. Chiuse la porta alle sue spalle ed accese la luce della sala. Kate chiuse istintivamente gli occhi, proteggendoseli con il palmo della mano.

Kate, sei ancora alzata!”

Il tono apprensivo dell'uomo era quasi esasperato.

Beh, sì ...”

Dovresti essere a letto … non puoi stancare così il tuo fisico.”

Lo so … ma non ho molto sonno.”

Kate, è per il tuo bene.”

La donna sbuffò, poi stiracchiandosi si alzò. Si avvicinò al televisore e premette l'interruttore di accensione spegnendolo; poi si diresse nella direzione di Josh.

Sai, è stata una giornata grigia ...”

Mi spiace tesoro, ma non posso abbandonare il lavoro. Lo sai, ho fatto quello che ho potuto, ma hanno bisogno di me.”

Già ...”

Kate abbassò gli occhi e circondò le sue braccia con le sue stesse mani. L'uomo si avvicinò e la attirò fra le sue braccia, facendole appoggiare la testa sul suo petto. Il camice blu del cardiochirurgo aveva ancora addosso il caratteristico odore asettico degli ospedali.

Vedrai che prima o poi questa noia passerà. Non manca molto al tuo ritorno ..”

Vero ...”

Allora resisti, Kate. Sono convinto che quando sarai di nuovo al distretto, tutto tornerà alla normalità.”

Lo spero ..”

Detto ciò sollevò appena il suo mento e le dette un bacio a fior di labbra, delicato, ma inaspettatamente gelido. Poi sciolse l'abbraccio.

Vado a farmi una doccia, tesoro. Mi aspetti in camera?”

Sì.”

E Josh si defilò in fondo al piccolo corridoio dell'appartamento, scomparendo dietro la porta del bagno.

 

Era nel letto da quanto? Non lo sapeva. Sveglie ed orologi non c'erano nella stanza: chi assolveva il compito di svegliarli era la fastidiosa suoneria di un cellulare.

Il suo sguardo era fisso sul soffitto, dove si riflettevano le luci della mai dormiente New York. Non riusciva proprio a dormire.

Per contro Josh era profondamente addormentato al suo fianco, coperto fino all'addome dalle coperte. L'autunno stava avanzando ed aveva cominciato a fare discretamente freddo.

Stufatasi di osservare ossessivamente il bianco soffitto, decise di alzarsi, piano, con movimenti studiati, facendo attenzione a non svegliare il medico. L'uomo aveva il sonno pesante, soprattutto di ritorno dal lavoro, ma la prudenza faceva parte della sua indole.

Raccolse le pantofole accanto al letto ed in punta di piedi uscì dalla camera, richiudendo delicatamente la porta. Si diresse verso la stanzetta – studio di Josh, dove aveva messo molte delle sue cose che non fossero vestiario. Si sedette alla sedia della scrivania ed aprì il primo cassetto: lì c'era la sua scatola dei ricordi ed anche qualche libro che si era portata con sé. Era da tanto che non leggeva, ma ciò le piaceva; in quel periodo aveva pensato che avrebbe riempito il vuoto delle giornate con la lettura, ma non aveva avuto ancora lo stimolo; forse quello era il momento di ricominciare.

Afferrò il primo volume e lesse il titolo: si rese amaramente conto che lo aveva già letto. Passò quindi al seguente ed a quello dopo ancora; fra i libri che era riuscita ad afferrare al volo in quella giornata di uscita dall'ospedale, non ve ne era uno che non avesse letto. Sospirò delusa, indecisa su come avrebbe occupato le sue ore insonni. Si appoggiò alla scrivania, con la testa riversa sulle sue braccia incrociate. Scrutò le cose intorno a lei, illuminate dalla calda luce della lampada da tavolo. Il suo sguardo si focalizzò improvvisamente su di una serie di sottili buste bianche impilate all'angolo opposto del piano, poste accanto ad sacchetto rosso di carta lucida. La donna fece mente locale, scrutando nella sua memoria, poi il ricordo affiorò: una settimana e mezzo prima Josh era andato al suo appartamento, a recuperare la posta, ed era tornato con molte bollette e quella busta. Le aveva detto di averlo preso altri suoi libri, nel caso quelli che già aveva con sé non fossero bastati. Sorrise debolmente a quel ricordo recente, una delle ultime cose carine che il suo ragazzo aveva fatto per lei.

Si sporse sul piano della scrivania, dopo essersi alzata, poi afferrò la busta, decisa a scovarne il contenuto. Scoprì, soppesandola, suo malgrado, che era abbastanza leggera e che il contenuto doveva essere abbastanza esiguo: non più di due o tre libri e sicuramente nessuno dei suoi grossi thriller. Si pose dunque la busta in grembo e l'aprì: con amarezza scoprì che il libro era solo uno. Scrutò le sue fattezze: era un tomo abbastanza massiccio, con una copertina lucida, nera e gialla; era sicuramente nuovo … forse Josh non aveva preso uno dei suoi libri, forse le aveva comprato un libro … osservò ancora la busta: quello era un regalo. Sorrise nuovamente pensando alla tenerezza del pensiero.

A quel punto lo estrasse senza indugio dal sacchetto, curiosa di sapere quale libro fosse e chi fosse l'autore. Quando la copertina le si rivelò in tutti i suoi particolari le mancò il respiro: in rilievo a caratteri cubitali e nei colori giallo e bianco spiccavano il nome di Richard Castle e poco più sotto, dopo la sagoma nera di un profilo molto simile al suo, il titolo, “Heat Rises”. La sua capacità di pensare si azzerò immediatamente, lasciando campo all'istinto. Con le dita che febbrilmente scorrevano quella copertina, andò ad aprire sulla prima pagina; c'era scritto qualcosa, a mano, con una grafia elegante; il tratto era ora spesso, ora sottile, di un nero brillante che spiccava sul bianco crema della pagina; quell'inchiostro proveniva sicuramente da una stilografica. Lo sguardo scorse ansioso sulla pagina, assimilando con stupore quello che c'era scritto:

Ad un donna meravigliosa, senza la quale questo libro non potrebbe esistere.

Ad una musa ispiratrice, senza la quale io non lo avrei potuto scrivere.

Ad una detective magnifica, senza la quale avrei perso entrambe.

Per te Kate, la prima copia … buona guarigione …

Rick

La mani tremavano e le lacrime scorrevano libere sulle gote lievemente arrossate, andando ad infrangersi sulla copertina plastificata del libro, ormai richiuso.

Perché Josh non le aveva detto la verità? E perché Castle non si era fatto più vivo? Cosa le era stato nascosto? La testa le doleva ed i ricordi stentavano ad affiorare, come anche le motivazioni di tale comportamento. Solo un senso di amarezza la avvolgeva come un involucro soffocante: ora stava capendo cosa passavano molte vittime che morivano per asfissia, un dolore lento ed atroce.

Ora cominciava a metabolizzare: non era più in grado di stare con Josh, era quella situazione che la stava soffocando; stava rinchiusa in una piccola prigione dorata, con qualche visita “programmata” ogni tanto. Non era quella la sua vita,no, non lo era mai stata, e non avrebbe cominciato ad esserlo in quel momento … era vero, lei metteva un muro nelle sue relazioni, un muro che avrebbe voluto abbattere, ma l'uomo che dormiva profondamente nella stanza accanto non era quella persona con cui farlo.

Fu un lampo, come un illuminazione improvvisa, non piacevole, ma forse quasi necessaria: se ne sarebbe andata. Si sentiva un po' meschina, ma sentiva che il cuore in petto stava per scoppiarle, senza lasciarle scampo.

Asciugandosi le lacrime e riponendo con cura “Heat Rises” nella busta, si alzò senza far rumore e ritornò verso la camera da letto; aprì la porta tenendo la maniglia con fermezza, per evitare che i cardini cigolassero. Andò al borsone accanto al suo lato del letto, dove erano ancora la maggior parte dei suoi vestiti: viste le frequenti “gite” al centro di riabilitazione, non aveva mai posto le sue cose nell'armadio o in un cassetto. Ringraziò mentalmente, ritrovandosi a dover fare molte mosse in meno.

Raccolse il suo cellulare ed alcune cose sul comodino, poi afferrò il borsone ed uscì ancora dalla stanza a passo felpato. Tornò nello studio appoggiando il tutto. Si tolse allora la maglietta ed i pantaloni che le fungevano da pigiama e li scaraventò pigiandoli nella sua improvvisata valigia; ne estrasse poi una felpa e dei jeans, indossandoli. Si reco allora nel ripostiglio, accanto alla cucina, e recuperò quelle due essenziali paia di scarpe sportive che si era portata: niente tacchi ad ostacolare la sua riabilitazione. Ne prese uno dei due a caso e lo calzò, afferrando le pantofole e l'altro paio in mano; tornò allora nell'altra stanza.

Riuscì a legarsi in una coda improvvisata i lunghi capelli, decisamente scarmigliati ed arruffati, ma poco le importava: voleva essere fuori di lì il prima possibile. Recuperò allora le sue ultime cose dal cassetto nella scrivania, fra cui anche la sua preziosa scatola di latta. Mentre tutti i suoi vestiti e le bollette erano già chiusi nel borsone ed i suoi thriller erano già andati a far compagnia al regalo di Castle, quella semplice quanto preziosa scatola era ancora lì fra le sue mani: forse quel vecchio contenitore di biscotti al burro conteneva se non tutta la sua vita, almeno una buona parte.

Presa da una certa nostalgia, la aprì. In cima a quella piccola pila di bigliettini e fotografie stavano dei fogli ripiegati in quattro; Kate permise al ricordo di affiorare ed alla voglia di leggere di catturarla. Estrasse quegli apparentemente anonimi fogli e li dispiegò con cura fra le sue mani; l'ordine era sparso e delle parole spiccavano in fondo al primo foglio che aveva davanti sé. Quella non era una grafia elegante, ne sapientemente studiata: era semplice ed essenziale, dai tratti veloci e spigolosi, ma quelle ultime parole spiccavano come lettere scarlatte, lievemente marcate e più grandi dalla mano che aveva tenuto quella semplice biro che le aveva scritte:

If only ...

Più di tutte le precedenti parole, quel se ed una foto erano tutto ciò che rimaneva di Royce, e lei lo custodiva gelosamente; se però non si fosse affrettata ad uscire di lì, sarebbe rimasto anche il ricordo di qualcos'altro …

Ormai pronta per andarsene, si ricordò comunque di non essere una bastarda e per l'ultima volta si sedette alla scrivania; prese un foglio qualunque ed una penna e cominciò a scrivere:

Mi dispiace devo andare via

ma sapevo che era una bugia

quanto tempo perso dietro a lui

che promette e poi non cambia mai

strani amori

mettono nei guai

ma in realtà

siamo noi”

Era dispiaciuta, non riusciva a stare completamente bene con la sua coscienza, ma doveva farlo: non riusciva a continuare a mentirgli. Non riusciva a capire le bugie di lui, ma sorvolò, conscia di quello che stava turbinando nel suo animo.

Ricordò Royce, il suo primo punto di riferimento ed il primo uomo a darle un appiglio per uscire dal baratro. Quanto tempo aveva speso dietro a lui, scoprendo poi in quell'inverno di un anno fa che le cose erano cambiate: puntargli addosso quella pistola era stata la cosa più dura che avesse dovuto fare, ma lo aveva fatto, aveva rimediato all'errore di farlo fuggire, a quell'errore di avergli dato fiducia, che non meritava più.

In quel momento sentì il suo rapporto con Josh come un gioco di tradimenti, piccoli, ma sottili, di mille cose importanti non dette, che da quel momento avrebbero cambiato le cose …

E lo aspetti ad un telefono

litigando che sia libero

con il cuore nello stomaco

un gomitolo nell'angolo

lì da sola

dentro un brivido

ma perché lui non c'è”

Ricordò le volte al telefono, aspettando che l'uomo le rispondesse: niente. Inevitabilmente ripensò a tutte altre telefonate, a Rick: ogni volta un'attesa, un'aspettativa, ogni volta il cuore nello stomaco, attendendo che lui fosse dall'altra parte a dire “Castle” e che non molto dopo fosse lì con lei, a parlare di omicidi, con due caffè in mano. Incredibile, non ci aveva mai voluto fare caso, ma ogni volta in quel piccolo gesto si nascondeva un brivido, un brivido che ora non sentiva perché lui non c'era … perché era così?

... e sono:

Strani amori che

fanno crescere

e sorridere

fra le lacrime

quante pagine

lì da scrivere

sogni e lividi

da dividere

Sono amori che spesso a questa età

si confondono dentro a quest'anima

che si interroga senza decidere

se è l'amore che fa per noi”

Royce, Josh, Castle: chi era l'uomo per lei? E qual era davvero il tipo di relazione che voleva con loro?

Pensare al suo mentore era inutile: la fredda terra di uno dei tanti cimiteri lo ricopriva. Ma i ricordi di lui, ai tempi dell'accademia, erano stupendi, un susseguirsi di lacrime e sorrisi, dove “non mollare!” non mancava mai.

Josh? Ormai aveva deciso. Non sarebbe mai stato in grado di abbattere il suo muro. La loro relazione sarebbe stata solo costruirne un altro, più solido, senza accorgersene.

E Castle? Loro due cos'erano? Avevano davvero qualcosa? Abbassò momentaneamente, smettendo di scrivere … avevano qualcosa, ma non era ancora in grado di decifrarlo, nemmeno dopo tutto quel tempo … davvero per loro due ci sarebbero state pagine da scrivere?

Ripensò ai tre anni passati assieme, fra indagini ed avventure: sogni, realizzati ed infranti, come gli Hamptons, lividi, fra inseguimenti e momenti di tensioni, come quelli sulle nocche di Castle dopo aver colpito Lockwood in piena faccia e quelli sui loro volti semi congelati in quel frigo, oppure i suoi, affatto fisici, ma molto profondi, piuttosto delle ferite, come quella ancora sanguinante per la morte di Montgomery.

Cos'erano dunque quei sentimenti che si confondevano nella sua anima?

E quante notti perse a piangere

rileggendo quelle lettere

che non riesci più a buttare via

dal labirinto della nostalgia

Grandi amori

che finiscono

ma perché restano

nel cuore”

If only ...”, ancora le ultime parole di Royce affiorarono. Si ricordò le sue lacrime e quelle due notti insonni, prima di fuggire a Los Angeles; assieme a quella lettera erano incatenati nei suoi ricordi. Lui era stata la sua unica certezza dopo la morte di sua madre ed ora lui e quella certezza erano finiti, rimanendo ricordi aggrappati al suo cuore, con quelle parole a cui avrebbe dovuto trovare presto o tardi un continuo ...”

Strani amori che

vanno e vengono

nei pensieri che

li nascondono

storie vere che

ci appartengono

ma si lasciano come noi”

Non era mai riuscita davvero a legarsi a qualcuno, eppure non era una persona superficiale: non sarebbe mai stata in grado di costruire una relazione sul gioco, senza cercare qualcosa di più profondo, ma quelle che aveva intrapreso erano sempre finite. Sicuramente storie vere, ma finite, senza possibilità di appello …

Strani amori

fragili

prigionieri

liberi

Strani amori

mettono nei guai

ma in realtà siamo noi

Strani amori

fragili

prigionieri

liberi

Strani amori che non sanno vivere

e si perdono dentro di noi”

Pensò ancora a dove l'aveva portata la relazione con Josh: una gabbia dorata piena di se e di ma, una storia fragile che proprio in quel momento si stava rompendo. Proprio allora si rese conto di come dall'inizio quella relazione fosse debole e che suo era stato lo sbaglio: lei aveva deciso di imbarcarcisi, ma non aveva voluto guardare alle conseguenze. Ora tutto era nitido …

Firmò quella lettera improvvisata e se ne andò, raccogliendo le sue cose e spegnendo la luce. Si incamminò verso la porta e raccolse il suo cappotto, indossandolo. Afferrò allora il pomello della porta e lo girò, facendolo scattare. Prese ancora il suo borsone e lo pose con la busta rossa nel corridoio della piccola palazzina. Pescò allora il cellulare dalla tasca e preparò il numero del servizio taxi, che avrebbe chiamato a poco.

Rivolse ancora un ultimo sguardo a quell'appartamento: nessuno di quei mobili in legno le sarebbe mai stato familiare, ne era sicura. Chiuse allora la porta di ingresso, che fece scattare la serratura con un rumore secco e metallico: era tempo di andarsene.

"Addio, Josh ...”

Mi dispiace devo andare via

questa volta l'ho promesso a me

perché ho voglia di un amore vero

senza te ...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colpo di scena: Kate se ne va, frastornata, senza un confronto … come reagirà Josh a tutto ciò? Una piccola scoperta ha determinato una sostanziale svolta nella storia … cosa avverrà in seguito? Lascio a voi indovinare, per poi scoprirlo ;)

Allora, sembra proprio che in questo periodo scriva a ripetizione, no? Devo dirlo, la mia ispirazione è ad un buon livello, quindi spero di poter continuare ad aggiornare così velocemente, senza però tralasciare niente …

Questo capitolo, come avete visto, ha la struttura di una song – fic, cosa in cui mi sono cimentata per la prima volta: spero che abbiate gradito! La canzone, a scanso di equivoci, è “Strani amori” di Laura Pausini; so che forse può non esserci simpatia per la cantante (che io invece apprezzo, pur con qualche delusione in relazione ad alcuni suoi lavori …), ma questa canzone con il suo testo mi sembra estremamente adatta al contesto ed al personaggio di Kate.

Detto ciò, ringrazio bice_94, advocat ed 1rebeccam, che hanno recensito il capitolo precedente, più Junior99, che mi ha postato una recensione al capitolo 3; ringrazio inoltre AlwaysReading ed evelyn83, per aver messo la storia fra le loro preferite, Mari_Rina24, per averla inserita fra le ricordate e crixc23, minnie2287, CCSerena89 ed ancora AlwaysReading, che la hanno messa fra le loro seguite.

Ancora grazie a tutti!

See you soon!

p.s. Vi ricordo ancora la mia pagina su facebook, “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”. Bye!

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Capitolo 8
*** Frozen ***


Frozen

Din.

L'ascensore produsse il suo usuale suono secco e metallico mentre le porte si aprivano ed il suo occupante usciva.

Tlac. Tlac. Tlac.

Passi decisi, ma al tempo stesso leggeri risuonarono in tutto il piano, facendo voltare molti. La reazione di stupore fu generale, accompagnata anche da alcuni sorrisi e da qualche “oh...” sussurrato.

Quando arrivò alla sua scrivania, posò l'impermeabile, poi si appoggiò a quelle contigue dei suoi colleghi, schiarendosi rumorosamente la voce.

Ryan ed Esposito, appena discosti, oltre il dedalo di vetri e stanzette comunicanti, seguirono lo sguardo dell'agente semplice loro interlocutore, quando quello si era improvvisamente interrotto. Seguirono la scia delle scrivanie, fino alle loro, scorgendo una castana che a braccia incrociate sedeva lì appoggiata. Furono sufficienti pochi secondi perché l'aspetto dicesse loro qualcosa.

Scusaci Lars ...”

Lasciarono l'agente ammutolito nel corridoio, per raggiungere la donna, che ormai sfoderava un quanto più familiare sorrisetto sornione, mentre i suoi occhi brillavano insolitamente.

Arrivati di fronte a Beckett non seppero nemmeno cosa dirle. Una risatina sfuggì dalle labbra di lei.

Beh, vi hanno morso la lingua? Sembra che stiate guardando un fantasma … non si salutano più le vecchie colleghe?”

Il buon umore della donna fu contagioso e quel leggero imbarazzo si sciolse. Nel frattempo molti presenti al distretto si erano radunati curiosi. Il brusio non si fece attendere.

Ryan si mosse più vicino.

Beh, direi che hai fatto una comparsa d'effetto, collega. Bentornata.”

Inaspettatamente uno scroscio di applausi la investì, facendole regalare ai presenti un caldo sorriso, un muto ringraziamento.

Pochi minuti dopo la piccola folla si sciolse, lasciando i tre detective della omicidi a tu per tu.

Allora Beckett, com'è essere di nuovo al distretto?”

Mentre diceva ciò, l'ispanico afferrò la propria sedia e vi si poggiò.

Kate respirò a pieni polmoni. Odore di carta, di chiuso, un leggero sentore di polvere da sparo aleggiante, odore d'ufficio … ed era come ritornare a casa …

Decisamente stupendo, mi conoscete. Io devo muovermi, devo esserci ... Allora cosa mi raccontate di nuovo?”

L'espressione speranzosa della donna fu stroncata sul nascere. I due uomini davanti a lei si oscurarono in volto e l'ilarità scomparve. Tutto ciò non le diceva niente di buono.

Ryan si schiarì la voce.

Credo che non ti piacerà sentire le 'novità' … ti conviene sederti...”

Lei eseguì docile, mentre il cuore le andava in gola. Perché si stava agitando tanto? Non ne aveva il motivo. Eppure tutti i suoi sensi erano all'erta e le stavano mandando segnali inequivocabili. Inspirò e prese coraggio.

Cosa è successo in mia assenza? Il caso?”

I due si scambiarono un'occhiata ed il suo cuore prese a battere più forte.

Proprio quello … è un punto morto, letteralmente, e non possiamo farci più niente.”

Uno schiaffo. Un macigno. Non sapeva esattamente cosa fosse, ma sentiva che era doloroso. Faceva male da far paura … ed il suo cuore si era come fermato ...

Cosa … ? Parla chiaro Ryan.”

Siamo stati due settimane a morderci la coda, con il fiato del capitano sul collo ...”

Capitano … quella parola produsse un'eco nella sua testa. Le fece uno strano effetto sapendo che ormai non si riferiva più a Montgomery …

Esposito continuò al posto dell'altro.

Ti assicuriamo che abbiamo fatto il possibile, ma ...”

Improvvisamente Kate si animò.

Il possibile?! Lo sapete che non è mai abbastanza, che non bisogna mai mollare, che in realtà non si è mai troppo lontani ...”

Beckett ...”

... non possiamo permetterci di rinunciare, non posso … è importante, lo capite, vero?”

Beckett ...”

Cosa c'è?”

Un silenzio glaciale ed innaturale si stabili fra i tre … era raro un momento del genere.

Esposito cercò le parole più adatte, ma non ne trovò.

Respirò a pieni polmoni e sperando di risultare più convincente possibile parlò:

Ci hanno sollevato, Beckett. Siamo fuori.”

Quelle parole furono come lame taglienti. Gli occhi della donna si sgranarono.

Cosa significa?”

La voce le uscì flebile, un sussurro.

Significa che non possiamo farci più niente. Significa che io, tu, Ryan, la Gates siamo fuori da tutto ciò.”

Lo hanno archiviato?”

Non lo sappiamo ...”

Rispose con voce stanca Ryan.

“ … ma è altamente probabile … Solitamente si parla di riassegnazione ai piani alti, alle agenzie “più competenti”, ma lo trovo strano … nonostante tutto, non era un caso da Intelligence ...”

Beckett sospirò, sprofondando nella sedia girevole. Aveva intenzione di rimettere le sue energie in una cosa, sopra tutte, ed ora quella possibilità era sfumata … credeva le sarebbe scoppiata la testa, invece no … gelo, freddo, quasi impassibilità. Quando era stata l'ultima volta che si era sentita così? Non se lo ricordava, la sua memoria sembrava azzerata …

Pensò di trovarsi in uno strano mondo parallelo, catapultata chissà dove. Il suo sguardo guizzò lungo tutto il perimetro dell'ufficio chele era visibile, ma niente. Guardò le scrivanie, i computer, la lavagna, le scartoffie: niente di strano. Poi i suoi occhi si posarono sulle figure dei compagni di tante giornate … erano loro, niente da dire, ma stavolta erano rimasti indietro, la diligenza li aveva lasciati a piede, la aveva lasciata a piedi.

Prese ancora un respiro, imponendosi di non vacillare, ASSOLUTAMENTE. Avrebbe affrontato anche quello. Almeno finalmente era in un luogo che sapeva di familiare.

Cerco di ricomporsi mentalmente, sotto gli sguardi dispiaciuti di Ryan ed Esposito. Inspirò ancora.

Cosa abbiamo allora?”

Cosa hanno.”

Una voce nasale, calibrata, con un'inflessione monocorde, rispose inaspettatamente alla sua domanda.

Kate alzò lo sguardo, oltre i suoi colleghi, per scorgere una donna di colore, in un completo austero.

Detective Katherine Beckett, suppongo.”

Sono io.”

Capitano Victoria Gates, detective. La pregherei di seguirmi nel mio ufficio. Vorrei discutere in privato.”

Certo.”

E fra il silenzio attonito di Ryan ed Esposito si alzò, seguendo nel ben noto ufficio la donna, ora suo nuovo superiore.

 

Victoria Gates esaminava con movimenti studiati una cartelletta dall'aspetto immacolato, ma colma di materiali. Una detective Beckett dall'aria impassibile stava di fronte a lei, in piedi, con le mani morbide lungo le braccia. Il silenzio che le circondava la stava lentamente snervando, ma di stava imponendo di non cedere: qualcosa le diceva che avrebbe dato solo un buon motivo a quella donna, un motivo per tenerla sotto scacco …

Dopo alcuni interminabili minuti di stallo richiuse il suddetto fascicolo, riponendolo in bella vista sulla sua spartana scrivania. Sull'etichetta si poteva leggere a caratteri cubitali il nome di Katherine Beckett.

Bene detective.”

Lo sguardo che le rivolse era impenetrabile, indecifrabile. Represse un leggero brivido sulla pelle. No, non avrebbe ceduto, non avrebbe perso la calma.

Devo dire un curriculum invidiabile. La seconda donna poliziotto più giovane dopo di me in tutta New York ...”

Le parole suonarono taglienti. Un'accusa? Una rivincita? Quel “secondo” era stato ampiamente rimarcato, con intenzione.

Lo sguardo, di brace, tornò nuovamente sulla detective, con fermezza.

Se non erro, la vostra degenza è appena terminata.”

Esatto.”

La sua voce risuonò vuota, una vibrazione sorda delle corde vocali.

Vorrei potesse formularmi la sua richiesta, detective. Sa che deve passare attraverso la mia approvazione, vero? Non posso permettere, nelle file della mia squadra, che un suo membro non sia al centoventi per cento … Siamo poliziotti, siamo una squadra omicidi, tocca a noi il peggio di questa città. Le è chiara la mia spiegazione?”

Non un alito. Non una vibrazione dei suoi muscoli. Solo un monosillabo.

Sì.”

La donna dalla pelle scura fece allora un cenno alla sua interlocutrice, invitandola a parlare.

Dopo il mio periodo di riabilitazione intendo ritornare al mio lavoro. Penso che il tempo trascorso sia stato sufficiente per la mia personale ripresa. Le richiedo pertanto di essere riabilitata come detective della mia omicidi e di riavere la mia pistola.”

Prese fiato, compostamente, poi si mise in attesa.

Il capitano con aria enigmatica muoveva picchiettando sulla scrivania le dita sottili, facendo risuonare secco il rumore che ne scaturiva. Lo sguardo era serio, quasi contrito.

Improvvisamente sollevò il volto, gli occhi negli occhi dell'altra donna che aveva di fronte. Era affascinata dalla caparbietà che sembrava trapelare dalla carriera di quella Beckett, ma non riusciva a risultarle completamente a genio … c'era qualcosa che non le piaceva affatto nei rapporti del fascicolo che aveva letto. Non le era sfuggito come il numero di casi risolti in quegli anni risolti dalla squadra del suo predecessore fosse aumentato sensibilmente negli ultimi quattro anni, al pari della crescente avventatezza della detective, prima di allora apparentemente ligia alle regole. E non le era neppure sfuggita una certa presenza, decisamente fastidiosa ai suoi occhi ed assolutamente superflua, se non oltremodo oltraggiosa. Come poteva il procuratore aver tollerato una cosa simile? Come aveva potuto permettere al sindaco di arrivare ad ammettere una simile pazzia?

Ora avrebbe ricordato a Katherine Beckett cosa significava essere un poliziotto.

Mi fa piacere che lei voglia tornare quanto prima alla sua attività detective ...”

Una pausa. Un momento di tensione.

“ … ma come le ho appena detto voglio che gli agenti della mia squadra sia pienamente in forma. Lei starà bene fisicamente, ma dubito che sia già in grado di prendere in mano una pistola ...”

Il respiro bloccato, il sangue fermo: il corpo congelato. Si stava davvero stupendo della sua reazione. Cosa le stava accadendo?

“ … pertanto detective, preferirei che ancora mantenesse il suo stato di sospensione di servizio.”

Una crepa, una rottura. Era troppo.

Il sangue ribollì nelle sue vene, le membra fremettero ed in qualche modo Beckett esplose.

Io ho passato fin troppo tempo con le mani in mano! Non può giudicare così, su due piedi! Non ha le prove tangibili per dire che non sono in grado di usare la pistola!”

Due occhi glaciali la fulminarono.

Questa è la mia decisione.”

Ma signora ...”

Gli occhi di Victoria Gates si scurirono, divenendo pece. Kate ebbe un sussulto.

'Signore', detective Beckett. Io sono il tuo capitano.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un ritorno da scintille, fra fuochi e scontri glaciali. Come andranno a finire le cose tra capitano e detective? E quali sono le vere intenzioni della glaciale Iron Gates? Scopritelo prossimamente …

Allora, eccomi qua! Chiedo umilmente perdono per esser sparita, ma ero piena di impegni, a corto di ispirazione e con ben altre sei fanfiction da completare e mandare avanti …

Vi ringrazio davvero se avete seguito fin qua, con riferimento speciale a 1rebeccam, CCSerena89 e Junior99 per le recensioni, ancora Junior99 per aver inserito la storia fra le preferite ed infine kika91fr, per aver inserito la storia fra le seguite.

Detto ciò vi saluto ancora, ringraziandovi di nuovo, ciao!

P.s. Vi ricordo ancora la mia pagina, “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”. Buona notte!

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Capitolo 9
*** Five weeks and half ***


Five weeks and half

Merda.”

Continuava a sibilare a denti stretti quella parola, come una nenia, ogni qualvolta il proiettile sfiorava la sagoma.

No, non poteva essersi davvero ridotta in quello stato... quattro, cinque settimane, ma non poteva aver perso la sua capacità di sparare.

Strinse con forza la beretta M9 datale all'ingresso del poligono, impugnandola con entrambe le mani. Fece per premere il grilletto, ma niente.

Sbuffò, colta da un moto di rabbia. Buttò via in fretta e furia le cartucce ormai vuote, poi afferrò quelle nuove e le inserì. Fece arretrare il carrello, in modo da caricare il cane, poi impugnò nuovamente l'arma. Il braccio era fermo, teso ma fermo. Mirò al centro della sagoma: doveva farcela.

Uno. Due. Tre. Cinque. Dieci.

I colpi andarono ad incorniciare il perimetro del centro.

Undici. Tredici. Quindici.

Avevano sfiorato di poco il centro esatto.

Finalmente. Un piccolo sorriso affiorò sul suo volto. Era un buon iniziò, ma non bastava. Poteva far meglio, DOVEVA fare di meglio.

Svuotò ancora il caricatore e preparò i prossimi quindici colpi.

Sentiva l'adrenalina scorrerle sempre di più in corpo, mentre controllava i suoi movimenti. Riprese a sparare.

Sentiva scemare, momento dopo momento, la rabbia provata solo un'ora prima, mentre con concentrazione e freddezza colpiva il bersaglio bianco e nero sempre con più precisione, con più calma, con più lucidità. Bene …

Colpiva, svuotava, ricaricava, mirava. Più andava avanti con quel ciclo, più la sua mira sembrava normalizzarsi e perfezionarsi.

Doveva ammettere che era molto tempo che non metteva veramente piede in un poligono. In realtà non le piaceva più di tanto avere una pistola fra le mani, la considerava solo una marcia in più, giusto per essere più convincente, ma non per fare realmente male a qualcuno.

Un lieve ricordo affiorò. Un ghigno. La paura. Un urlo. Uno sparo. E poi tanto sangue e lacrime di impotenza, frustrazione. Aveva agito d'istinto, aveva agito con l'intento di difendere, ma aveva ucciso. Coonan era un bastardo, certo una pedina, ma pur sempre un bastardo, un assassino. Lei voleva assicurarlo alla legge ed il suo stesso gesto le aveva tolto quella possibilità. Ancora peggio: uccidendolo si era sentita quasi come lui, un verme.

Un proiettile si allontanò dal centro, lasciando la sua sagoma sul bordo esterno. No. Doveva tornare a concentrarsi.

Stava per sparare gli ultimi colpi della cartuccia, quando avvertì un lieve tocco sulla spalla. Si voltò.

Ehm, detective Beckett, io andrei in pausa pranzo …. sa è da stamani che sono qui e non ho ancora toccato cibo...”

Un sorriso distese le sue labbra.

Vai Harrison, non c'è problema. Non mi muovo di qui, tranquillo.”

Grazie detective, ci conto.”

A dopo Harrison.”

Si voltò di nuovo verso il suo obiettivo, sentendo il lieve rumore delle suole del poliziotto, che arrivava attutito attraverso le cuffie. Sistemò una ciocca ribelle e gli occhiali trasparenti. Era di nuovo pronta.

Stava per mirare alla sagoma, quando percepì ancora una mano sulla sua spalla. Sentì l'irritazione crescere. Essere solerti andava bene, ma quell'agente semplice stava sfidando la sua pazienza … non credeva alla sua parola data?

Cosa c'è ...”

Si voltò scoprendo che la mano sulla sua spalla non era dell'impacciato agente di prima. Pensò di avere un'allucinazione, mentre i piedi rimanevano inchiodati al suolo e le mani liberavano in fretta e furia il volto, dopo aver frettolosamente posato la beretta.

I suoi occhi spalancati scorrevano da capo a piedi la figura maschile, che le sorrideva appena, con uno sguardo apprensivo in volto. Niente ironia, niente malizia: solo un sorriso.

Quegli occhi trasparenti, acqua marina, si fissero nei suoi, agitandola. Sentiva la gola secca, mentre deglutiva a vuoto, cercando di trovare la forza, la forza di parlare.

Fu tutto così, per qualche interminabile secondo, poi la curiosità ebbe il sopravvento sulla sorpresa.

Castle ...”

Ti va se andiamo a prenderci un caffè?”

 

Stavano lì in quella caffetteria da almeno dieci minuti, ma non erano ancora riusciti ad aprir bocca. Avevano preso un tavolino, Castle aveva fatto la fila per tutti e due; poi le aveva porto la scura bevanda, quasi come da rituale, sedendosi infine di fronte a lei.

Beckett soffiava con leggerezza sulla tazza, facendo allontanare il vapore che esalava dal caffè bollente, mentre lui rigirava quasi nervosamente il recipiente fra le mani.

Mentre la guardava, distratta e china sulla bevanda, ripensava costantemente a quelle parole ovattate e taglienti, attraverso il telefono …

 

Perché lei ha chiamato me? Perché non sta provvedendo lei stesso se queste informazioni sono così vitali?”

Perché so che tipo di persona è lei, una di cui fidarsi, e perché io non posso farlo. Se mi esponessi troppo sarebbe finita: tutto ciò che so morirebbe con me. Vede, non le dirò chi sono, ma posso dirle questo: la mia posizione è molto in alto, ma non abbastanza; c'è chi è più in alto di me ed ha il preciso intento di insabbiare tutto, e non solo da ora ...”

Allora risponda ancora a questa mia domanda: perché non a Beckett? Non crede che sarebbe dovuta essere la prima a saperlo?”

Non posso assolutamente dirlo alla detective Beckett, signor Castle. Ne va della sua vita.”

 

Aveva contato le settimane, i giorni, le ore, domandandosi come avrebbe mai potuto, come mai sarebbe riuscito … si conoscevano da molto, ormai, ma alla fine, quella mattina dopo, aveva optato per la rabbia, ed in quel momento non sapeva proprio come affrontarla. Si era fatto nuovamente avanti, contro i suoi sensi di colpa per quel pugno, ma non sapeva lo stesso come rompere a dovere la punta dell'iceberg.

Allora, come stai?”

Beh, non era un gran esordio, ma comunque un buon tentativo.

Lo sguardo della detective rimaneva ancora saldamente ancorato al caffè.

Abbastanza bene. La terapia è finita. Sono tornata stamani, sai?”

Mentre diceva ciò le vide stritolare il manico della tazza …

Una bella coincidenza. Lei tornava, lui tornava. Avrebbe voluto ridere, ma il tremolio delle mani della donna glielo impedirono: c'era qualcosa.

Com'è andata?”

In quel momento lo guardò in volto.

Ho conosciuto il nuovo capo, il capitano Gates … sembra non apprezzi il mio sforzo ...”

Castle la guardò allibito.

Beckett messa da parte? Lei che avrebbe dato la vita per il suo lavoro? Lei che l'aveva davvero quasi data pur di trovare la verità? No, era pura follia …

Stai scherzando, vero?”

No, Rick, nessuno scherzo … sembra che per rientrare nella mia squadra debba diventare una specie di immortale ...”

Perché ha obiettato?”

Kate sbuffò.

Le scocciava ampiamente dover parlare a così poca distanza di tempo di quella sorta di alterco, ma vedeva anche un velato interesse da parte dell'uomo, del tutto lontano dal mero pettegolezzo.

Secondo lei non sono ancora in grado di tenere in mano una pistola … buffo, no?”

Castle apparve perplesso.

Allora … è per questo che non ti staccavi dal poligono ...”

La donna ebbe un sussulto impercettibile.

Castle, toglimi una curiosità: da quanto eri giù?”

Un sorrisetto da impunito si stampò in faccia all'uomo, mentre con una mano si grattava la nuca. Sembrava un bambino colto con le mani nella marmellata.

Ehm, qualche minuto, non di più … avevo fatto un salto su, ma Esposito e Ryan mi hanno praticamente spedito giù con una certa fretta … Ti avevo visto concentrata, non volevo disturbare ...”

Stop, ok. Ho capito, tranquillo.”

Soffiò ancora un poco sul suo caffè e ne bevve un sorso.

Le pareva surreale dopo tutto quel tempo avere lo scrittore di fronte a sé … quelle settimane le erano parsi anni …

Sai, sembra che in mia assenza molte cose siano cambiate … Pare che … anche il caso non sia più adatto a noi ...”

Una sensazione di gelo.

Allora era vero. Erano stati davvero sollevati dal caso al Dodicesimo.

Beckett osservò sospettosa lo scrittore, che aveva reagito fin troppo tiepidamente alla rivelazione. Quando lo sguardo di Castle incontrò gli occhi castani di lei sobbalzò. Cercò di mettere velocemente insieme qualcosa, pur di risultare convincente.

Che? Ma oggi sei proprio in vena di scherzi!”

Kate si rilassò, constatando di aver avuto solo una sensazione errata. I suoi sensi stavano davvero facendo cilecca quel giorno. Scosse la testa.

Niente scherzi … tutto sparito, materiale compreso ...”

Soppesarono entrambi la situazione in silenzio … cinque settimane ed il mondo si era ribaltato … davvero beffardo il destino ...

Castle?”

Sì?”

Ancora gli occhi cristallini dello scrittore si posero su quelli della sua interlocutrice.

Cosa hai fatto in questo tempo?”

La domanda voleva essere tutt'altra, ma non se l'era sentita. Troppo diretta, troppo personale … o forse, forse non voleva semplicemente sentire la risposta, scoprire che magari non le sarebbe piaciuta.

Castle assunse uno sguardo vacuo, sovrappensiero.

Niente di così importante. Ho cominciato la campagna per il mio libro, il terzo della serie, “Heat rises” ...”

Si fermò un attimo.

Ripensò ad i giorni in cui fiero mostrava la copertina a sua figlia. In quei giorni ci sarebbe stato il crollo di una parte del suo mondo e lui ancora non lo sapeva.

Sentì un groppo in gola salirgli veloce. Prese rapidamente il caffè e lo mandò giù, reprimendo ogni moto. Non poteva crollare in quel momento.

Già, il romanzo …”

Un pallido sorriso sorse sul volto di Beckett.

Lo ho trovato …”

Uno sguardo interrogativo prese piede sul volto dello scrittore.

Cosa intendi con “l'ho trovato”? Pensavo che ti fosse stato recapitato ...”

Cavolo. In fondo era un libro, cosa sarebbe costato a Josh? Nulla, ed in un certo senso lo doveva: la sua ragazza era la fonte di ispirazione …

Cominciò a tamburellare le dita sul tavolino, percependo il nervosismo della donna.

Lei inspirò, tornando ad osservare il bordo di porcellana bianca della tazza.

Sentiva che prima o poi un tasto particolarmente dolente sarebbe stato toccato. Lasciò che il silenzio passasse fra di loro, ma questo fece solo crescere la tensione.

Io e Josh … ci siamo lasciati ...”

Ancora silenzio, implacabile. Calò sulle loro teste e non poterono fare a meno di sottostarvi.

Io … mi spiace Kate ...”

Un sorriso amaro fece la sua comparsa sul volto di Beckett.

Non ti devi dispiacere … non è andata e basta … mancava qualcosa ed il fatto che nessuno si noi lo capisse penso sia significativo ...”

Sospirò ancora.

Quella giornata sembrava andare di bene in meglio …

Scosse la testa a scacciare quei pensieri, decidendo di invertire la rotta.

In ogni caso grazie per la copia, mi ha fatto piacere ...”

Castle, colto alla sprovvista, sorrise un po' inebetito, socchiudendo gli occhi e alzando gli zigomi.

Oh, beh, niente … direi il minimo per la mia musa ...”

Si sorrisero reciprocamente, alleggerendo il peso di ciascuno sul cuore …

Tanto da dire, tanto da spiegare, ma in quel momento bastava quello, un sorriso, niente di più.

Dopo qualche secondo, la donna si alzò, lasciando l'uomo interdetto.

Beh, partner, che ne dici se vieni a farmi compagnia al poligono?”

Ancora una volta un sorriso, un po' beffardo.

Kate stava tornando in sé, e sembrava non aver voglia di arrendersi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E rieccomi, a distanza di pochi giorni (beh, almeno a me è sembrato, no? ^^”).

Finalmente Beckett e Castle si ritrovano, ma niente di eclatante. Ci sono ferite da rimarginare, decisioni da prendere e svolte imprevedibili … come andrà? Beh, sta sempre a voi scoprirlo ;)

Vi ringrazio ancora tanto per l'immensa pazienza e per avermi seguito fin qui.

Un grazie di cuore a voi lettori, particolarmente a bice_94 e a 1rebeccam, che hanno recensito lo scorso capitolo, e a caskettfantasy97, che ne ha lasciata una al settimo (grazie davvero, sono contenta che ti abbia commosso). Un grazie infine a Constantine96, che ha messo la storia fra le preferite, e pure a maryleny, sil83 e graceling, che la hanno messa fra le seguite.

Alla prossima, bye!

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Capitolo 10
*** Bloody Sunday ***


Bloody Sunday

Riversa sulla moquette, respirava affannosamente. La gola era ormai piena, rigurgitante di quel calore opprimente. Se lo sentiva, stava accadendo ancora, mentre un gelo contrastante ed irreale cominciava ad intorpidire sempre di più le sue membra.

Ecco. Con tutta l'aria che le era rimasta nei polmoni, che ormai le bruciavano, aveva ripreso a tossire, e tossire, lasciando che quella sgradevole sensazione di soffocamento se ne andasse nella sua convulsa liberazione.

E la vide ancora. Una macchia, un lago cremisi che tingeva senza risparmio la moquette quasi immacolata, di un bianco glaciale. Avrebbe voluto piangere, ma aveva già consumato tutte le sue lacrime, e la sua gola ardeva di nuovo senza sosta, introducendola nel peggior stato febbricitante.

Sentiva scuotersi dai più profondi recessi dalle convulsioni, ma il suo corpo martoriato ed immobilizzato non rispondeva.

Con orrore tentò ancora di osservare, di capire, facendo vagare lo sguardo offuscato per la stanza, ma niente. Solo le lingue di fuoco di grottesche fiaccole ed i pallidi raggi lunari raggiungevano a malapena la sua figura, lasciando che il resto fosse inghiottito dall'oscurità. Quello che era visibile era sfuocato, come in un notturno dipinto ad olio.

Provò a muovere le mani ed i piedi, ma fitte lancinanti le squarciarono il corpo dalle caviglie ai polsi, lasciando che altri brividi gelidi la scuotessero. Sentiva la fronte imperlata di sudore freddo ed i suoi fini capelli castani appiccicarvisi senza pietà, come quell'assurda veste di lino che ricopriva il suo esile corpo.

Ancora brividi e l'impulso di piangere, mentre tra frammenti sconnessi ricordava come fosse nuda sotto quel tessuto, tanto fine quanto trasparente. Era quasi umiliante prima che doloroso, quello che le stava capitando, quello che una bestia sconosciuta le stava riservando. Una bestia, sì, perché la sua fragile mente non poteva definire altrimenti colui che la aveva ridotta in quel modo.

Stava così riversa in quella stanza, quando le parve di udire qualcosa.

Era un sibilo. No, uno scatto. Ma non importava più … sapeva chi era, se lo sentiva …

Tra convulsioni e brividi sperava solo che il suo carnefice fosse più rapido possibile, mentre avvertiva il soffio vitale abbandonarla a poco a poco.

Un fruscio secco risuonò sulla moquette. Lei voltò lentamente la testa, trovando che una figura dai contorni sfocati la osservava dall'alto. Era arrivato il momento.

Improvvisamente sentì la sua gola riempirsi di nuovo. Rigurgitò un imponente flusso di sangue, contorcendosi, mentre nel suo infernale oblio aveva la netta sensazione di essere osservata, con compiacenza.

Una risata secca e beffarda non si fece attendere.

Ma bene, non vorrai proprio morire così, come una plebea? No, non ti si addice, mia cara, non è una morte degna del tuo rango. Avrei pensato a qualcosa di maestoso per te ...”

Mentre impotente ascoltava, sentiva quella voce sconosciuta risuonarle nelle orecchie, come lame taglienti.

Roteò gli occhi, spalancandoli verso la figura in penombra del suo carnefice. Un'estrema richiesta scritta nei suoi ormai vitrei occhi verdi, una supplica, che forse a breve sarebbe stata esaudita.

In quella stanza, dove luce ed ombra danzavano freneticamente straniando i sensi, le parve di vedere un sorriso, su quello che aveva identificato come il volto del suo macellaio.

Non fece in tempo ad immagazzinare tale informazione che si sentì sollevare, con una delicatezza inaspettata, non una mano a sfiorare le sue nudità ben visibili. Non percepiva niente, non una sensazione dalla sua pelle martoriata e sfregiata, che a malapena sentiva su di sé l'esile lino.

Tutto cambiò, quando la sua schiena avvertì la superficie liscia e fredda del legno. Un brivido la percorse, costringendola ad arcuare il dorso in un moto quasi convulso.

Sentì delle mani, stranamente leggere, slegare polsi e caviglie dalla prigionia della corda.

Represse a stento un gemito e la sua ultima lacrima, nella disperata consapevolezza che nonostante i suoi arti fossero liberi, non avrebbe potuto fare più niente.

Sh ...”

Un caldo sussurro soffiò fra i suoi capelli, mentre gli ultimi gemiti sfuggivano spezzati dalla sua gola in fiamme.

Sentì che le sue braccia e gambe venivano stese con precisione metodica lungo il corpo, la sua chioma allontanata dal collo sottile.

Lingue di fuoco danzavano attorno al tavolo, confondendo gli ultimi barlumi di luce che avrebbe visto.

Una mano si insinuò sotto quell'insignificante veste, andando a rivelare il suo prosperoso seno, ormai nudo. Le dita sfiorarono leggermente il seno sinistro, con una senso di cura perverso.

Era la fine. Non più un suono, non più un fremito. Le sue membra era quasi completamente intorpidite e non più un soffio d'aria riusciva a far vibrare le sue corde vocali.

Solo i suoi occhi, mostruosamente spalancati, rimanevano a dialogare con l'oscurità. La condanna, il terrore, la rabbia, la supplica, la resa.

In poco, colui che avrebbe posto fine alla sua vita, si allontanò e tornò a lei, brandendo una lama lucente, quasi accecante.

Udì parole sconosciute, frenetiche e ritmate, mentre quella mano si posava di nuovo sul suo seno.

In un ultimo barlume di lucidità, levò un pensiero, quasi una preghiera, alla sua famiglia, a cui in quella domenica aveva negato l'abituale funzione.

Poi fu rapido, immediato. Vide la lama scintillare lì nel suo petto, affondata nel suo cuore, che si squarciava. Il sangue salì veloce, gorgogliando nella trachea, per poi riversarsi ancora fuori da lei.

Fu certa che prima del buio assoluto, nei suoi occhi spalancati, si fosse riflesso il sorriso più bianco e glaciale che avesse mai visto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono tornata! Lo so, è passato molto tempo, ma come si dice, tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare …

Chiedo davvero scusa, ma gli impegni sono stati tanti, a volte la voglia e l'ispirazione a zero ed ho dovuto fronteggiare anche l'ennesimo scherzo del computer (alimentatore bruciato e batteria ovviamente scarica …). Ora ho risolto la maggior parte dei problemi e un po' di ispirazione mi è tornata.

Questo capitolo penso cominci a dare un po' l'idea di quello che sarà il Leite Motiv da questo momento in poi, visto che in realtà fin'ora si è trattato di un assestamento dei personaggi, anche se tutt'altro che banale per le future dinamiche che ho intenzione di sviluppare.

È un primo assaggio di quel rating arancione che avevo “prescritto” per la storia e che effettivamente è rimasto decisamente latente per i primi nove capitoli. Spero che abbiate gradito questo mio primo esperimento in questo genere di descrizioni (sì, colpevole, prima scena truculenta della vita …) e se aveste dei suggerimenti o critiche sarei molto lieta di riceverli, soprattutto in materia di rating.

Posto questo, ringrazio ancora di cuore chi mi segue nonostante la mia allucinante discontinuità e forse l'ormai banalità della materia (ho iniziato a scrivere con gli spoiler della 4x01 ed ora mi ritrovo con le foto del set della 5x01 … non c'è male …). Mi riferisco in particolar modo, oltre che ai lettori, a 1rebeccam e Beckett66, che hanno recensito lo scorso capitolo, Beckett66, Martolilla96 e smack, che la hanno inserita fra le seguite.

Un saluto con affetto a tutti e spero al più presto alla prossima, ciao!

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