Fading Away - Scomparendo di bittersweet Mel (/viewuser.php?uid=121748)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In the morning ***
Capitolo 2: *** In the evening ***
Capitolo 3: *** A n o t h e r d a y ***
Capitolo 4: *** The next day ***
Capitolo 1 *** In the morning ***
F
a d i n g a
w a y -
i n
t
h e m o r
n i ng.
Un raggio di sole
penetrò
attraverso le tapparelle socchiuse, attraversò
l’intera stanza di Sora e si
fermò esattamente sopra la faccia del ragazzo.
Il
diciassettenne sollevò il
braccio sinistro portandoselo sopra alla faccia, cercando di ripararsi
da
quella luce fin troppo molesta.
No, ancora
cinque minuti di buio per favore.
He been gone since
three thirty
Eh, come? Non ditemi
che è già ora di alzarsi, uhm?
Been coming home lately at three thirty
Sora
sospirò, lasciando cadere il braccio lontano dal suo volto e
permettendo così al sole di illuminarlo ancora, o accecarlo
che dir si voglia.
Sbadigliò
sonoramente, mentre a tentoni cercava il bottone per spegnere
la sua piccola radio sveglia che non ne voleva proprio sapere di
zittirsi da
sola.
Ma infondo stava facendo solo bene il suo lavoro e doveva reprimere
l’istinto di buttarla fuori dalla finestra; non poteva mica
permettersi di
andare a comprarne un’altra, poi.
La musica si fermò e il moro rimase per un attimo in
silenzio,
dispiacendosi leggermente di non essere riuscito a finire di ascoltare
quella
canzone.
Ogni mattina gli dava la carica giusta e la musica pop era il massimo
per lui. Il suo gemello, però, non sembrava pensarlo allo
stesso modo.
Ma
infondo lui e Roxas non pensavano mai allo
stesso modo, nemmeno quando erano due piccoli cosini che se ne stavano
nella
culla assieme.
Così
come il gemello biondo non amava la musica pop, Sora non poteva non
detestare la fragorosa musica Rock che l’altro ascoltava
tutti i giorni.
E non la sopportava specialmente quando quella suonava la mattina
presto, come sveglia.
Solitamente le persone sono ancora addormentate quando la loro sveglia
suona, non è vero? Beh, il suo adorato fratello Roxas no,
era sveglio e
lasciava che le urla delle sue amate band si espandessero per tutta
casa finché
lui, Sora, stanco di dover ascoltare quelle canzoni non si alzava dal
letto e
lo andava a “svegliare”.
Il rituale mattutino di casa Kouno non si smentiva mai e veniva
rispettato fedelmente
tutti i giorni da circa tre anni.
Se solo non si reputasse un
pacifista-eroe-che-salva-la-situazione-convinto probabilmente, Sora,
avrebbe
già spaccato la faccia al fratello, magari picchiandolo
proprio con la sua
sveglia.
Sora si
decise finalmente a scendere dal letto, rabbrividendo
leggermente quando i suoi piedi nudi andarono a scontrarsi con il marmo
freddo.
-Un tappeto, devo comprare un dannato tappeto- pensò
cercando nel
cassetto più vicino, quello dove buttava tutto dentro alla
rinfusa, un paio di
calze.
Ne trovò giusto due, una rossa e l’altra bianca.
Bah, tanto nessuno si
metteva a guardargli le calze no? Poteva benissimo metterle.
Poi
passò a setacciare la stanza alla ricerca di un paio di
pantaloni e
una maglietta. Dopo circa cinque minuti di ricerche finalmente
trovò quella che
sembrava una maglietta pulita e un paio di pantaloni non troppo
stropicciati.
Ah, ma perché nella sua scuola non potevano mettere delle
dannate divise?
Sarebbe stato tutto molto più comodo.
Si stiracchiò pacificamente e rimase in silenzio ad
ascoltare gli
uccelli che cantavano dandogli il buon giorno, i raggi di sole che-
dopo aver
aperto la tapparella- lo inondavano della loro luce mattutina e
…
You
found me here, waiting for your chance
You would reach inside and
take all of me
… E la musica assordante del
fratello che gli raggiungeva le orecchie e
gli faceva arricciare il naso, dannazione!
Ma la parola “assordante” non era propriamente
l’aggettivo
giusto. Per la musica di Roxas serviva di più, un qualcosa
tipo “ palesemente,
atrocemente, dolorosamente rumorosa da far sanguinare i
timpani.”
Sì, quella definizione suonava talmente azzeccata che si
stupì non poco, il moretto, che non fosse stata scritta nel
dizionario, con
affianco la fotografia del fratello e della sua sveglia.
E allora, come tutte le mattine, si chiedeva come poteva
anche solo pensare, Roxas, di fingere di dormire con tutto quel casino.
Probabilmente il gemello voleva starsene a letto ad ascoltare la
continuazione
della canzone, con gli occhi chiusi e la mente altrove e un
po’ di bava agli
angoli della bocca. Ma no, Sora non glielo avrebbe permesso mai, mai!
----
Roxas
aveva un piano sicuro come l’oro per essere
svegliato ogni mattina; L’aveva messo in atto quasi per caso,
quando un suo
amico gli aveva fatto notare il suo sonno fin troppo pesante.
Il biondo, tra
l’altro, andava a letto tardi ogni notte e la mattina non si
svegliava
facilmente.
Niente e nessuno riusciva a
svegliarlo, probabilmente nemmeno la fine del mondo sarebbe riuscita a
fargli
aprire gli occhi, specialmente se lui desiderava continuare a
dormire.
E lui
voleva ovviamente stare nel letto
a
dormire. Non che fosse sfaticato, eh. Semplicemente la mattina la
reputava
troppo movimentata per uno come lui, preferiva di gran lunga la notte
per
uscire e mettersi al lavoro.
Non aiutava nemmeno il fatto che avesse il sonno pesante,
tra l’altro.
E da qui il motivo vero e proprio per il volume altro della sua
musica che, sicuramente, avrebbe svegliato chiunque nel raggio di
cinque
kilometri.
Quindi il piano di Roxas era semplice: se nemmeno il
forte rumore della sua sveglia riusciva a farlo svegliare ci poteva
pensare
Sora che, al contrario di lui, si svegliava facilmente.
Probabilmente era solo per questo che Roxas teneva ancora
vicino al letto la vecchia radiolina scassata che gli avevano regalato
anni
prima; tanto quando voleva ascoltare musica usava l’Ipod, no?
Però ogni giorno la sua sveglia iniziava a suonare le
canzoni che amava – e che Sora detestava- ad un volume
pericolosamente alto e
si prestava a dare fastidio al fratello maggiore.
Così quel rumore assordante svegliava Sora e Sora,
quindi, svegliava lui.
Un
piano
assolutamente geniale nel suo genere.
You
watch your lies smother me
again
Oh, mancava
davvero poco al suo pezzo preferito.
Roxas sorrise lievemente, il lenzuolo
attorcigliato intorno al torace scoperto e il piede che si muoveva a ritmo, dondolandolo per
quanto poteva nelle
coperte.
But
now you can't!
Michael
Barnes: probabilmente
una delle poche persone che
aveva la stima quasi assoluta di Roxas e che, con la sua voce, era
capace di
far smettere al cervello del biondo di pensare freneticamente.
Il rumore dei pugni sulla porta di camera sua
avvisarono
Roxas che Sora si era svegliato e gli stava urlando contro di muoversi
e di
alzarsi. Tutto come programmato, in pratica.
Don't
even try your wasting
time
Jump back I'll beat you
down and turn around
Roxas
tese l’orecchio e l’unica cosa che riusciva a
sentire, oltre il suono che usciva dalle due piccole casse della
radiolina, era
la voce ovattata del fratello che lo chiamava a gran voce.
« Roxas, diamine, alzati! E spegni quella diavolo di
sveglia che mi sta facendo impazzire!»
Con la porta solida di camera sua come barriera e la
schiena rivolta al soffitto aveva ancora, sì e no, un altro minuto di tempo
per riposarsi.
Chissà se sarebbe riuscito a riaddormentarsi …
Non sarebbe stata affatto una
cattiva idea quella di perdersi nel mondo dei sogni ancora una volta,
specialmente se a portarcelo c’era la voce di Barnes.
Si portò il cuscino sopra la testa soffocando
definitivamente le proteste del fratello maggiore, che adesso si erano
smorzate
quasi del tutto.
Certo, è vero che poteva anche alzarsi ma …
Questa era proprio la sua canzone
preferita, diamine.
« Roxas, muovi il culo. Tanto lo so che sei
sveglio!»
Il biondo sospirò, canticchiando il ritornello a bassa
voce mentre si toglieva il cuscino dalla faccia, lasciandolo cadere sul
pavimento.
Addio idea di riaddormentarsi
a quanto pare; Sora sarebbe entrato entro pochi secondi.
Il rumore della porta che si spalancò per poco non gli fece
aprire gli occhi,
ma solo per poco : infatti quelli rimasero chiusi, sigillati quasi
ermeticamente.
« Roxas muoviti. Dobbiamo andare a scuola. La scuola
è
importante.»
Il biondo si lasciò scappare una lieve risata, nascosta
per metà dalla voce ancora impastata dal sonno e per
metà dal viso schiacciato
sul letto.
Si rotolò su un fianco, strofinando la guancia contro il
materasso
con un sospiro.
In risposta al suo sbuffo-risata anche Sora rise, di una di quelle
risate
fragorose che facevano concorrenza alla musica rock del biondo.
« Ok, ok. Detta da me questa frase sembra quasi ridicola ma
hey, muoviti! Non
possiamo fare tardi, non oggi!»
Il moretto sorrise, osservando il volto di Roxas prendere
una strana forma, mentre dalle sue labbra usciva un grugnito
contrariato.
«Su, non puoi
non andare a scuola. Se non ci andrai non
diventerai intelligente, allora non supererai i test, poi sarai
bocciato e
quindi non troverai mai lavoro come ventriloquo e si
rovinerà il sogno della
tua vita.»
«Veramente io non ho mai detto di voler diventare un
ventriloquo, mi pare » borbottò il biondo, aprendo
un occhio per osservare in
tralice il fratello.
«Dettagli. Su, smettila di fare così e alzati. Hai
idea
di che ore siano? »
« 6:50 » replicò Roxas,
cercando di afferrare la radio per alzare ancora di
più il volume.
Eppure il fratello lo precedette: si fiondò sulla piccola
radiolina e se la
tenne stretta al petto.
«Ah ah. Adesso che ho io il potere che cosa fai, uh? »
domandò Sora sogghignando, mentre con un
colpo secco della mano mise fine definitivamente a quella dannata
canzone
spacca timpani.
« Beh, caro il mio fratellino, se la rivuoi indietro ti
consiglio di scendere dal letto, di vestirti e di venire a fare
colazione.»
---
Sora
sospirò leggermente, afferrando la scatola di cereali dalla
credenza e appoggiandola sul tavolo.
Poi si mise in punta di piedi e aprì
l’ennesimo cassetto della mattinata per riuscire ad afferrare
due tazze: una
rossa e una bianca.
Perché doveva sempre preparare lui il tavolo per la
colazione? Si domandò arricciando le labbra, mentre posava
lentamente le due
tazze sopra al tavolino di vetro.
Si passò una mano tra i capelli, rinunciando
già in partenza a dargli una forma un po’
più umana; maledetti i suoi capelli
che se ne andavano dove volevano loro.
In un certo senso invidiava quelli di
Roxas: biondi e un po’ più ordinati dei suoi. E
poi sembravano fare tanto colpo
sulle ragazze …
Gonfiò le guance arrabbiato e aprì il
frigorifero, afferrando il primo
cartone di latte che gli passò sott’occhio per poi
infilare direttamente la
testa dentro al frigo alla ricerca del succo di frutta alla pera. Roxas
beveva
solo quello, gli altri non gli piacevano.
Beh, Sora era già felice di aver
convinto il gemello a fare colazione, non si aspettava certo che
l’altro si
mettesse a bere latte e a mangiare cereali o biscotti come faceva lui.
Don't
even try your wasting
time
Uhm? Sora
sollevò lo sguardo verso il piano di sopra
sollevando un sopracciglio.
Jump
back I'll beat you down,
turn around
I'm
fighting my way through you
Dio no, suo fratello
stava davvero facendo quella cosa che
pensava stesse facendo? Pensiero contorto che però
rappresentava il vero.
« Roxas, giuro che se canti ancora la tua radio finisce
dritta nella lavatrice, capito?» Urlò Sora con un
sorriso, lanciando
un occhiata al soffitto come se ci
potesse scorgere il fratello che, intento a vestirsi, cantava con in
mano una
spazzola fingendo che fosse un microfono.
« Ma se sei in cucina come fai a metterla nella
lavatrice?» La risposta canzonatoria del gemello gli
arrivò alle orecchie
insieme a una piccola risata.
Oh, Roxas questa mattina era di buon umore. Solitamente
non rideva e faticava a parlare, ma per lo meno teneva compagnia al
fratello.
«Esiste sempre il forno a microonde, sai? » gli
rispose
prontamente il moretto, mentre un’altra risata si faceva
spazio tra le sue
labbra.
«Ho capito, ho capito. Adesso scendo »
Oh sì, la mattina era senz’altro il momento in cui
riuscivano in qualche modo a comunicare e, con il tempo, era diventata
il
momento preferito della giornata da entrambi anche se ancora non lo
sapevano.
---
« Allora? Dov’è al radio? »
Sora sollevò lo sguardo dalla tazza bianca in cui stava
versando il latte, spostando le iridi azzurre verso quelle altrettanto
azzurre
del gemello. Un sorriso, l’ennesimo della mattinata,
animò la sua faccia.
Un’alzata di spalle e una risata allegra «Mah, chi
lo sa
… »
«Ti conviene sforzarti di ricordare e ridarmela entro un
minuto » brontolò il biondo, raggiungendo il
tavolo della cucina e sedendosi
compostamente sulla sedia. Storse il naso alla vista del gemello che
versava
una manciata di Corn-flakes nella tazza, facendone cadere un
po’ sul tavolo.
«Uhm, come diamine fai a mangiare la mattina presto, si
può sapere? Mi viene la nausea solo a guardati »
Che poi il biondino non sapeva ancora se quella
sensazione di nausea era dovuta al cibo di prima mattina oppure dal
fratello,
che sembrava mangiare come un barbaro a digiuno da mesi.
«Sai che la colazione è il pranzo più
importante della
giornata? » spiegò Sora, alzando il dito indice
verso l’altro per sottolinea
quell’ovvietà.
Roxas si lasciò scappare un sorriso e si chinò
leggermente in
avanti, appoggiando il gomito sopra al tavolo e una guancia sopra il
palmo
aperto della sua mano.
«Intendevi dire pasto
al posto di pranzo, vero? » affermò osservando il
fratello moro che, dopo aver
ascoltato la risposta del fratello, arrossì lievemente.
«C-Certo. Sei tu che hai sentito male »
«Sì, come no » Roxas roteò
gli occhi e afferrò il succo
di frutta. « In ogni caso quella che stai usando è
la mia tazza, sappilo»
Il moretto sollevò nuovamente lo sguardo verso il
fratello e scosse la testa, indispettito.
«No, non è vero. Questa è mia.
» afferrò la tazza con
entrambe le mani e se la strinse al petto, come se da un momento
all’altro il
fratello potesse alzarsi e rubargliela da sotto il naso.
«E invece no. E’ quella bianca quindi è
mia »
« Ma il bianco è il mio colore preferito
» esclamò Sora,
punzecchiando la tazza con le dita. Il biondo sollevò un
sopraciglio.
« No, il rosso è il tuo colore preferito e si dia
il caso
che questa – si fermò dal parlare e
sollevò la tazza che aveva davanti- è rossa
e ti appartiene»
Sora borbottò qualche parola sconnessa, appoggiò
la tazza
bianca sul tavolo e sorrise verso il fratello.
«Eddaiiii, solo per oggi fammela usare. »
«Non credo di avere altre possibilità, sai? Visto
che ci
hai già versato il latte … »
Alla parola “latte” Roxas fece una smorfia, mentre
un
brivido di disgusto gli attraversò lo stomaco.
Quel coso bianco e nauseante non
lo riusciva a sopportare. Sarà che quando era piccolo lo
avevano cresciuto a
latte e passati di verdura e quindi adesso, dopo anni, non riusciva
più nemmeno
ad annusarlo.
Sora sorrise mentre
guardava il volto contrariato del
fratello e si limitò ad afferrare un cucchiaio e a
mangiare.
Rimasero per una
decina di minuti in silenzio, Roxas che trafficava con l’Ipod
e Sora che
mangiava i suoi cereali.
L’unico rumore che si sentiva era quello della musica
del biondo che usciva dalle cuffie e il suono del cucchiaio del moro
che andava
a sbattere contro la tazza.
« Oggi
pomeriggio esci con Axel, giusto?» il maggiore
spezzò il silenzio, mentre si alzava dalla sedia e portava
la tazza nel
lavandino.
Roxas sollevò lo sguardo dal suo Ipod e si tolse una
cuffia, sollevando un sopracciglio.
«Uh? Che hai detto? » era riuscito solamente a
sentire qualche
borbottio uscire dalla bocca del fratello, però non aveva
capito che cosa aveva detto.
Sora si voltò verso di lui velocemente, sorrise e si
grattò la nuca.
«Na, niente di importante; lascia stare. Adesso è
meglio
andare a scuola. Eccoti la tua radio »
Trafficò nelle tasche dei pantaloni e prese la radio
–
per fortuna che era piccola- e la lanciò al fratello.
Roxas sorrise lievemente
quando si ritrovò con la su adorata sveglia tra le mani; si
alzò anche lui da
tavola e si diresse verso l’uscita, senza rispondere al
fratello.
Il moro
sospirò, osservando la tazza rossa che il
fratello aveva lasciato sul tavolo: non ci aveva nemmeno versato il
succo di
frutta, cavolo.
La prese e la posò vicino all’altra, quella
bianca. Rimase per un attimo a
guardarle, pensando al fatto che assomigliavano un po’ a loro
due, quelle
tazze. Indugiò imbambolato li per un po’
finché non sentì il fratello aprire la
porta di casa e le ruote dello skateboard risuonare nel vialetto di
casa.
Allora anche lui uscì da casa, chiuse la porta e corse verso
il fratello,
affiancandolo.
«Hey, potevi
aspet- » « Sora, Roxas! Buongiorno»
Kairi, seguita da un impassibile Riku, si sbracciava
verso di loro con un sorriso sulle labbra.
Entrambi ricambiarono il saluto e da li si separarono:
Sora si fermò a parlare con i suoi due amici e Roxas
saltò sopra al suo
skateboard e si diresse verso la chioma rossa che aveva avvistato poco
distante
da lui.
---
Mi
ricordo che
quella notte, quando arrivò la chiamata da parte della
polizia, mi misi a
piangere.
Corsi verso la camera di mio fratello e, in lacrime, gli dissi tutto
quello che il colonnello, con la sua voce piatta e priva di emozioni,
mi aveva
riferito per telefono.
Io piansi tutta la notte e mi strinsi a lui, aggrappandomi al suo petto
e
stringendo i denti.
Mi ricordo che lui non mi scacciò, ma mi ricordo
altrettanto bene che non mi strinse di rimando.
The
lowest form of Mel
Bene, eccoci qui. E'
una long. Sì, proprio così. E' una follia,
è stupida e non so nemmeno io che cosa ne uscirà
alla fine.
E' nata perché ci sono poche, pochissime, Sora/Roxas nel
fandom italiano e quiiiiindi .... Eccomi qui. Però non ci
sarà solo questa coppia, l'AkuRoku non mancherà.
E' solo una shonen-ai diciamo, nulla di spinto -w-
Il rapporto andrà avanti lentamente, diciamo. Roxas
sarà combattuto tra l'amore fraterno con Sora e quello
d'amicia con Axel.
Rimarrà costantemente indeciso.
In ogni caso le canzoni che si sentono in questa storia sono:
- Breakin dishes - Rihanna ( Ascoltata da Sora )
- Wasting time - Red ( Quella di Roxas )
Beh, al prossimo capitolo e mi piacerebbe sapere le vostre opinioni,
visto che questa storia è sempre in bilico tra il " la
detesto" " Non posso non continuarla"
Mel.
|
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Capitolo 2 *** In the evening ***
-
I n t h e
e v e n i n g ( capitolo 2 )
«Oi,
Rox»
A quel richiamo, urlato
a dieci metri di distanza, la
testa del biondo si girò in cerca dell’amico.
Solamente dopo aver ruotato bene
la testa sia a destra che a sinistra riuscì a scorgere una
sagoma che, senza
ombra di dubbio, era quella di Axel.
La si distingueva per ovvi motivi, nonostante si trovava
circondata e quasi coperta da altre venti persone.
Punto primo: era rossa. Era una sottospecie di macchia
rossa – con un cappotto nero- che spiccava prepotentemente
come un petardo in
piena notte.
Punto secondo: quella persona, la sagoma sopracitata,
muoveva le mani in un modo del tutto singolare come solo, solamente, il
suo
amico sapeva fare.
Punto terzo: era Axel e basta.
Come non avrebbe
potuto non riconoscere la persona con cui trascorreva la maggior parte
del
tempo? E non è che erano migliori amici da qualche anno,
eh.
No, loro lo erano
da fin troppo tempo ,a detta di Roxas, e da dieci anni , secondo il
modesto
parere del rosso.
In ogni caso Roxas si
voltò, sollevando lievemente la
mano in segno di saluto e aspettò che l’altro
riuscisse a raggiungerlo.
Solamente dopo qualche minuto – durante l’ora di
pranzo la mensa era tutt’altro
che libera- Axel riuscì finalmente a stravaccarsi sulla
sedia di fianco a
quella del compagno, appoggiando un braccio sulla spalla del biondo.
«Allora, Rox, come andiamo?»
«Se mi chiami ancora così andrà male.
Per te,
ovviamente» sibilò il ragazzo più
piccolo, scostando malamente il braccio che gli pesava sulla spalla.
«E non
sono una sedia, sappilo»
«Ah, davvero?! – Domandò Axel sorridendo
sornione, mentre
il suo braccio ritornava nella stessa posizione di prima- pensa un
po’ che io
ti avevo scambiato per una poltrona. Forse una un po’ piccola
e scomoda, ma pur
sempre una poltrona»
Roxas socchiuse gli
occhi, maledicendo l’amico sia
mentalmente che a parole.
«Ma tu non dovresti essere in classe a studiare? Se non
sbaglio hai una verifica l’ora dopo eh»
«Oh, cespuglietto, hai per caso imparato a memoria i miei
orari? Sono onorato»
«No. Non mi chiamo mica Axel, io! Sei tu –
calcò sopra il
pronome e sollevò il dito indice, indicando
l’amico- quello che impara a
memoria gli orari altrui.»
L’altro sorrise, dondolandosi sulla sedia e facendo
ondeggiare, di conseguenza, anche Roxas.
«Touché. »
Rimasero per un
po’ in silenzio a squadrarsi, chi
sorridendo e chi maledicendo e, dopo tutti quegli sguardi, scoppiarono
entrambi
a ridere.
Con le lacrime agli occhi si piegarono sul tavolo,
attirando l’attenzione di qualche persona dei tavoli
affiancati al loro. Ma
nessuno ci faceva caso più di tanto, non più ora
mai.
All’inizio quella coppia
di amici aveva destato l’interesse di tutti, principalmente a
causa del
carattere esuberante del maggiore,
poi via
via l’interesse aveva iniziato a scemare
fino a scomparire quasi del tutto.
Certo, spesso i loro nomi erano sulla bocca degli altri, ma nel periodo
dell’adolescenza tutti parlano di tutti, nessuno escluso.
A partire dalla
tipica ragazza timida, Naminé, a finire con il ragazzo
simpatico e casinista,
Sora.
Così Axel e Roxas rimanevano solamente due amici,
migliori amici, sempre pronti a ridere oppure a farsi la
guerra.
L’unica cosa
che incuriosiva le persone era come faceva Axel a far sorridere Roxas,
quello
era un mistero per tutti. Fin da quando il biondino aveva
messo piede nella
scuola nessuno era riuscito ad avvicinarsi a lui per farci quattro
chiacchiere,
subito Roxas si chiudeva nel suo silenzio oppure rispondeva seccato.
«Avanti Axel,
che ci fai qui?» Una volta placate le
risate, Roxas, si risollevò dal tavolo della mensa e
guardò negli occhi il suo
amico, in cerca di risposte. Non che ci fosse nulla di strano nel fatto
che
Axel saltasse volutamente un’ora di studio per stare con lui,
quello lo faceva
spesso, però questa volta aveva in mente
qualcos’altro. Sicuramente nulla di
buono.
«Uhm? Ah, sì. Dimenticavo … Ho fatto
una scoperta
sensazionale e, ovviamente, sono così magnanimo da
condividerla con te. » esclamò
il rosso, puntellandosi il petto gonfio d’orgoglio con
l’indice.
Roxas trattenne un’altra risata, mentre con noncuranza
afferrò il succo di frutta – alla pera- e si
portò la cannuccia alle labbra.
«L’ultima volta che hai detto una cosa del genere
siamo
finiti in presidenza con l’accusa di aver riempito la piscina
di polvere
fluorescente, ricordi?»
Nonostante lo sguardo accusatore del più piccolo, Axel,
con uno sbuffo annoiato, si limitò ad afferrare il succo
dalle mani di Roxas
per poi berne un sorso.
«Hey, quello è mio. E poi a te neanche piace il
succo alla pera»
Axel storse il naso, socchiudendo la bocca per farne
uscire un verso di disgusto.
«Bleah,
sembra pieno di polvere. Che cavolo, perché non
hai preso quello alla mela?»
«Perché, si da il caso, questo sia il mio pranzo.
Non il
tuo» Sbottò
Roxas, riafferrando il suo
succo di frutta e finendolo in un unico sorso, rischiando anche di
strozzarsi.
«Come sei infantile. Si vede proprio che sei più
piccolo
di me» sbottò Axel, gonfiando le guance.
«Anagraficamente parlando lo sono, ma mentalmente ti
batto su tutta la linea, finto sapientone.»
ridacchiò il biondo, dando un lieve
pugno alla spalla del compagno.
«Allora, vuoi ascoltarmi oppure no?»
«Ok, ok. Dimmi tutto.»
Axel si
stiracchiò le braccia, alzandole in aria e
inclinando il capo all’indietro. Si lasciò
sfuggire un sospiro leggero, mentre il
solito sorriso balenò sul suo volto.
Possibile che quel sorriso significasse
solo e solamente guai?
«Bene. Circa
un’ora fa stavo camminando tranquillamente
per i corridoi e …- »
«Circa un’ora fa non avresti dovuto essere in
classe,
Axel?»
«Dovevo andare in bagno, ok? Anche io ho i miei bisogni e
non interrompermi più.» sbottò il
rosso, minacciando con la forchetta –quella
che doveva usare Roxas per mangiare- il ragazzo che lo guardava
accigliato.
Il biondo si
limitò a ruotare la mano sinistra per aria,
facendogli segno di continua a sproloquiare com’era suo
solito fare e
riprendendosi la forchetta.
«Dicevo, prima che qualche nano mi interrompesse …
– il
maggiore si concesse un’occhiata divertita- Circa
un’ora fa, dopo aver chiesto
il permesso di poter andare in bagno, stavo camminando per i corridoi
quando ho
sentito uno strano rumore. Cioè, non era poi così
strano per me ma dettagli. Si
sentivano dei gemiti, ecco. E indovina ?! Indovina chi era e che cosa
stava
facendo con chi?»
Roxas sollevò un sopracciglio, fingendosi interessato,
mentre con la forchetta aveva cominciato a punzecchiare quella che
doveva
essere della pasta al forno, anche se di quella conservava solamente il
nome.
«Beh? Chi erano, allora?»
«Perché non mostri un po’ di sano
entusiasmo, qualche
volta?»
«Va bene, va bene. Oh, Axel, ti prego: dimmi chi erano,
dimmelo» chiese supplicando fintamente il rosso, cercando di
sembrare il più “
entusiasta” possibile.
«Così sei inquietante, marmocchio.»
Ridacchiò Axel dando
qualche pacca sulla testa all’amico «Va beh, erano,
tieniti forte, Saix e
Xigbar»
Per poco Roxas non si
strozzò con la sua stessa saliva.
Completamente rosso come un pomodoro, il biondo, si diede qualche pacca
al
petto, cercando di placare l’attacco di tosse che
l’aveva investito in pieno.
Peggio di un camion di banane.
Al suo fianco, invece, Axel non riusciva a trattenersi dal ridere;
infatti
nella mensa risuonava
nuovamente la sua
assordante risata.
E ancora tutti si erano voltati ad osservarli, chi
ridendo, chi scuotendo la testa.
Una volta finito il piccolo pandemonio – dopo aver dato a
Roxas una bottiglietta d’acqua da bere- entrambi ritornarono
seri, per quanto
possibile, e rimasero a squadrarsi.
«S-Stavi
scherzando, vero?» Lo sguardo del biondo
sembrava quasi supplicare l’altro che, con un cenno negativo
del capo e una
risata, smontò le sue poche speranze che quello fosse uno
scherzo.
«Ma che … Che schifo! Oddio!»
«Non dirlo a me che ho pure visto …»
«Potevi anche evitare, eh?!»
«Perché, tu non avresti fatto lo stesso ? Andiamo
Rox, è
l’occasione di una vita!»
«Hai una strana percezione di “occasione”
Axel,
seriamente. Fatti qualche domanda e poi ne
riparliamo » borbottò Roxas, allontanando
il vassoio da sé .
Immaginare i suoi due
professori in certe posizioni non
aiutava a stimolare la fame.
Scosse la testa e si alzò, pronto ad andarsene via.
Immediatamente Axel lo seguì, afferrando il portavivande
al posto dell’altro ed iniziandosi ad incamminare verso la
porta.
Con un
sospiro rassegnato il più piccolo raggiunse
l’amico, strattonandogli la manica
della maglietta a maniche lunghe che indossava.
«In ogni caso
che cosa vuoi fare? Non vorrai mica
ricattare i professori, vero? E’ la volta buona che Saix ti
squarta per poi
darti in pasto ai suoi gatti mannari.»
«Ancora con questa storia? Andiamo Roxas, i gatti mannari
non esistono!»
«E allora come gli spieghi quei miagolii assatanati che
uscivano dall’aula di Saix quella mattin---
Oh, no. Oddio no, che orrore!» La faccia
schifata di Roxas, pensò Axel,
valeva più di diecimila yen.
Con un sorriso sornione il rosso appoggiò il vassoio
sopra al cestino, per poi appoggiare entrambe le mani sulle spalle
dell’amico,
scuotendo la testa con enfasi e facendo ondeggiare la massa rossa di
capelli.
«Eh sì, amico, hai capito bene. Quei rumori erano
Saix e
Xigbar che tromb-» «Sta zitto!»
Axel scoppiò nuovamente in una risata, questa volta aveva
persino le lacrime agli occhi il bastardo.
«Oh, andiamo. Solo perché tu non l’hai
ancora fatto non
vuol dire che non si può neanche più
nominare.»
«N-Non è questo il punto. E rispondi alla mia
domanda.»
«Quale?»
«Quella sui ricatti!»
«Ah, quella. Beh no, anche se l’idea mi ha
sfiorato. In
ogni caso non era quella di Saix e Xigbar
la notizia.»
«C-Cosa?» per poco Roxas non si
sbilanciò in avanti,
cadendo con la faccia a terra. «E allora perché
diamine me l’hai detto?»
«Così, giusto per vedere la tua
reazione.»
Avete presente i diecimila yen della faccia schifata di
Roxas? Bene, la sua faccia arrabbiata, per Axel, ne valeva ben il
doppio.
« Sei un … Idiota» sbottò il
biondo riprendendo a
camminare, ignorando Axel e le sue dannatissime risate.
Prima di uscire dalla stanza lanciò un’occhiata al
tavolo
dove Sora e i suoi amici stavano mangiando; sospirò e
scostò lo sguardo: di
vedere Sora che abbracciava Riku non ne aveva proprio voglia.
«Hey, aspettami. Devo ancora dirti la mia idea! »
Il fulvo rincorse l’amico e, insieme, uscirono
definitivamente dalla mensa battibeccando.
---
Sora osservava
attentamente il piatto di pasta al forno
che si trovava davanti ai suoi occhi, domandandosi se valeva davvero la
pena
rischiare la vita per riempirsi la pancia giusto per qualche ora.
Tanto entro nemmeno due
orette la sua pancia avrebbe ripreso
a brontolare in ogni caso, quindi non sarebbe cambiato nulla da come si
sentiva
adesso.
Già, un enorme buco nero nella sua pancia che continuava
a gorgogliare come lo sciacquone di un gabinetto.
Uhm, che pessimo paragone Sora, che pessimo paragone.
Sollevò la mano munita di forchetta e spostò un
pezzo di
pasta con il sugo, arricciando il naso.
« Riku, ti
propongo una sfida. » esclamò di punto in
bianco, alzando lo sguardo dal piatto per portarlo al ragazzo che
sedeva
davanti a lui.
Se fosse riuscito a convincere l’albino a mangiare quella
roba al suo posto avrebbe scoperto, per lo meno, se rischiava la morte
oppure
no.
Il ragazzo in questione sollevò lo sguardo irritato, come
se fosse stato interrotto dai piani della conquista del mondo.
Ovviamente i pensieri
di Sora erano questi, perché lui era l’eroe che
salvava tutti mentre Riku
finiva sempre per avere il ruolo del super cattivo nei suoi film
mentali.
«Che
c’è, Sora, hai così tanta voglia di
farti umiliare?
»
Il moretto arricciò le labbra e tirò fuori la
lingua, al
suo fianco Kairi ridacchiò.
«Andiamo Riku, ascolta quello che ha da dire »
Come sempre la rossa, con il suo carattere conciliante,
cercava di far andare d’accordo i suoi due migliori amici.
Ogni giorno non
poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto senza loro due.
«Mpf, smettila di dare opportunità a questo
essere. Prima
o poi finirà con il credere d’avvero di avere
qualche chance contro di me »
«Ah, non solo credo di poterti battere, ne sono proprio
sicuro! » esclamò il moro, battendosi un pugno sul
petto, rigonfio d’orgoglio.
«Come vuoi Bambi, adesso ritorna a contare le
margheritine ok? »
«Ah, sei davvero antipatico. Ci credo che nessuno vuole
avvicinarsi a te »
«Allora dimmi … Sei tu quello che riceve almeno
una
dichiarazione al giorno, oppure sono io ? »
domandò Riku sogghignando, mentre
entrambi i suoi gomiti si appoggiarono sopra al tavolo di plastica
rossa.
Sora ringhiò
arrabbiato verso la sua direzione. Si alzò
di scatto dalla sedia, pronto
a
saltargli al collo per ucciderlo quando il suo sguardo si
catapultò dalla parte
opposta della mensa, attratto da due risate che conosceva fin troppo
bene.
Axel e Roxas.
Il suo stomaco si contorse leggermente e lentamente si
lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo basso e il labbro
inferiore tenuto ben
stretto tra i denti.
Kairi sospirò lievemente, appoggiando una mano sulla
spalla dell’amico.
«Sora
… » non disse nient’altro, si
limitò a concedere al
moretto uno dei suoi sorriso speciali, di quelli che ti rendevano le
giornate
speciali.
«Io solo … Non capisco. Axel non è un
tipo ok, ha sempre
fatto danni e Roxas … Roxas merita di meglio, tutto qui.
»
«E’ il fascino del cattivo ragazzo, mi pare ovvio
» face
Riku, picchiettando due dita sopra al tavolo.
«Ma quale fascino e fascino, qui si tratta di amicizia.
Andiamo Sora, guardali! »
Esclamò la
rossa, facendo sollevare lo sguardo del moretto verso
l’estremità della mensa
che mostrava un Axel intento a bere un succo di frutta e Roxas che
cercava di
riprenderselo.
«Sai, mi ricordano te e Riku in un certo senso »
Entrambi i ragazzi
alzarono lo sguardo verso l’amica ed
esclamarono all’unisono : «No, non è
vero! »
La ragazza si lasciò sfuggire una risata un po’
più forte
delle altre, si portò entrambe le mani sulla pancia e la
strinse forte.
«Ah stupida Kairi, non sai quello che dici »
affermò Sora
dandole una piccola pacca sulla spalla, per farla smettere.
«Per una volta concordo con Capitan Idiozia »
«Hey ma la vuoi smettere con questi soprannomi? »
« Preferisci per caso che ti chiami Sorako(*) o qualcosa del
genere?»
«Aaaaah, smettila. Non sono una specie di ragazza sai?
Scommetto che c’è l’ho anche
più grosso del tuo »
«Se, come no. Sai Sora, esiste una cosa chiamata crescita
ma quella sembra non averti toccato mai. »
« R-Ragazzi, non avevate mica in sospeso una scommessa,
uh? » esclamò
Kairi leggermente rossa in
viso, mentre con la mano sinistra diede uno scappellotto sulla testa di
Sora.
« Ahi» si lamentò il ragazzo, portandosi
entrambe le mani
sopra la parte lesa.
«Oh mi ero quasi dimenticato della tua insulsa sfida.
Avanti, dimmi che vuoi » disse Riku, incitando Sora a parlare
con il movimento
rotatorio della mano.
« Insulsa ‘sti cavoli. Ti sfido a mangiare questa
pasta»
esclamò il moretto, stringendo forte i pugni e sorridendo.
«E per quale motivo dovrei farlo? Che ci guadagno?
»
domandò l’albino sollevando un sopracciglio,
osservando con sufficienza
l’amico.
«Ci devo ancora pensare ma … Se non lo fai vuol
dire che,
per caso, hai paura? Oh povero piccolo Riku, così spaventato
dalla pasta al
forno. Che farai adesso, eh? Chiami la mam- » «
Tappati la bocca o giuro che ci
penso io»
Il più
grande interruppe il monologo di Sora, sollevando
un pugno verso di lui minacciosamente.
Il moretto rispose con un sorriso ancora più grande,
sbatté un paio di volte le palpebre e lo canzonò
con voce più acuta del solito.
« Allora accetti, Riku-chan? »
L’albino gli lanciò un’occhiataccia,
augurandogli di
morire in un modo atroce, e afferrò la forchetta.
«Non si sia
mai detto che io mi tiri indietro ad una
stupida sfida, specialmente se questa viene dalla tua mente contorta
» sibilò,
prendendo un pezzo di pasta con la forchetta e portandosela alla bocca.
Masticò lentamente, socchiudendo gli occhi. Kairi e Sora
trattennero il fiato, come se il loro amico fosse sul punto di
disinnescare una
bomba a pochi secondi dall’esplosione.
Dopo qualche secondo Riku abbassò la forchetta, scuotendo la
testa.
«Non so ancora cosa mi devi per aver vinto, Sora,
però
sappi che se non è qualcosa di meraviglioso ti uccido
»
«Ah Riku! Sei ancora vivo! » Esclamò
Sora, buttandosi
sopra all’amico incurante del tavolo che li separava.
Il moretto strofinò la sua guancia contro quella
dell’amico, facendogli quasi le fusa.
Riku si limitò a fare una faccia disgustata,
mentre cercava di
allontanare Sora da lui con entrambe le mani.
« Aaaah – sospirò Kairi, passandosi una
mano sul volto-
voi due non cambierete proprio mai vero? »
Entrambi si voltarono verso di lei – Riku ancora che
tentava di scacciare Sora con entrambe le mani- e sbuffarono quasi
risentiti.
«Eddai Kairi, non mi hai visto? Mi sono alzato di qualche
centimetro rispetto all’anno scorso »
sbottò Sora gonfiando le guance.
«Oppure porta le scarpe con i tacchi »
suggerì l’albino
con un ghigno, cosa che portò il moretto a tirargli i
capelli.
«Sceeeeeemo »
«Pff, parla il piccolo genio eh? »
E tutti e tre risero di nuovo, dimenticandosi della pasta
al forno ancora nel piatto pronta per essere mangiata.
---
«Avanti,
dimmi qual è quest’idea e facciamola finita
»
« Pensavo a qualcosa tipo … Uhm, una fetta di
prosciutto
nel registro di classe o una cosa del genere, no? »
Roxas sospirò amaramente, chiedendosi come mai passava
ancora del tempo con quella sottospecie di uomo poco pensante.
Sollevò la testa
verso il cielo e si stiracchiò lievemente le braccia,
portandole verso l’alto.
Steso al suo fianco, Axel, lo guardò in attesa di una
risposta, sul suo volto
il solito sorriso sgargiante.
«Beh? Che ne
pensi? »
« Patetico »
Il fulvo sbuffò,
punzecchiando con un dito la faccia dell’amico.
«E allora dimmi qualcosa te, genio incompreso »
«Uhm boh? Che ne so io »
bofonchiò Roxas
girandosi su un
fianco per poter guardare meglio in faccia il compagno
d’avventure.
Il sole nel cielo iniziava a tramontare,
spandendo in tutte le direzioni raggi rossi con sfumature arancioni che
rendevano quella terrazza una delle cose più belle che ci
fossero nell’arco di
kilometri;
Axel e Roxas se ne stavano tranquillamente sdraiati sopra la superficie
calda di cemento a parlare come ogni giorno, aspettando giusto qualche
minuto
prima di dover tornare ognuno alla propria casa.
«Ah
sì, davvero molto utile blondie »
frignò il fulvo,
spintonando Roxas per farlo ricadere supino per terra.
Il ragazzo al suo fianco sospirò e rimase steso in quella
posizione, osservando il cielo con aria assorta.
« Sei stato tu a voler organizzare qualcosa, no? Quindi
si presume che tu dovresti essere la “mente” e io
solamente il “braccio”. –
mormorò tranquillamente, passandosi una mano tra i capelli
– e poi da come
parlavi oggi in mensa pensavo che un idea ce l’avessi
già»
«Si dia il caso che ce l’avevo, oggi in mensa.
Però me
l’hai rovinata te. »
«Ovvero che volevi fare? »
«Ricattare Saix e Xigbar » sogghignò
Axel, come se fosse
una cosa ovvia.
«Hey! Avevi detto che non volevi farlo »
«E tu ti fidi davvero di me? »
Roxas scosse la testa, tirandosi un due pugni sopra la
fronte « Già, come ho potuto commettere un errore
simile. Finirò sulla forca.»
«Tranquillo, quegli aggeggi infernali
non esistono più- esclamò il rosso
dandogli una pacca sulla spalla- però hey, braccio, che ne
dici di dare fuoco
alla scuola allora?»
«Idea bocciata »
«Polvere urticante sulla sedia? »
«Già vista »
«Che ne dici delle puntine sulla sedia? »
«Sei fissato con le sedie per caso? E comunque no,
è
squallida »
Axel si portò entrambe le mani sopra la fronte,
massaggiandola in cerca di idee. Batté i piedi per terra,
sollevando una lieve
polverina e dondolò la testa avanti e indietro.
«E sta’ fermo Axel! »
«Non riesco a pensare se non mi muovo »
esclamò il più
grande, prendendo a rotolarsi sopra la piazzola.
Al suo fianco Roxas ridacchiò, posando una mano sopra la
spalla del ragazzo per
fermalo.
«Senti, diciamo che io ho un piano. Però devi fare
esattamente
quello che ti dico, ok? »
Axel si fermò di colpo, sollevandosi da terra e puntando
i suoi occhi verdi sul viso di Roxas.
«Oh, come adoro quel sorriso sadico che hai quando pensi
agli scherzi da fare »
Il biondino arrossì leggermente, alzandosi a sua volta e
dando un piccolo pugno sulla spalla dell’amico.
«Zitto e ascolta: domani lo metteremo in atto. »
---
Passare
la serata
da solo con lui, per il maggiore, sembrava -e forse era - la cosa
più bella che
potesse accadere al mondo.
-Finalmente possiamo
stare un
po’ insieme - quello era
l’unico pensiero che girava per la sua mente mentre osservava
lo sguardo del
gemello che si perdeva fuori dalla finestra buia, intento ad osservare
i fari
dell’automobile allontanarsi.
.
.
--
Mel parla.
Beh, eccoci qui. Ufficialmente non avrei dovuto pubblicare
un bel niente e bla bla bla, però non ho resistito. Mi ero
detta che se non avessi ricevuto almeno un po' di opinioni su questo
mio "esprimento" non avrei pubblicato su internet ma mi sarei limitata
a scriverla per me, eppure ho voluto metterla qui lo stesso. Ci sono
delle persone che la seguono, quindi mi sembra giusto metterla.
Per quanto riguarda il capitolo è uno molto tranquillo.
Adoro far vedere i piccoli cambiamenti e i sentimenti nascosti che si
celano tra le persone.
Qui si intravede la forte amicizia tra Axel e Roxas ( solo amicizia,
mah! ) e il fatto che i due fratelli si cercano sempre e comunque,
* come tutti sapranno in Giappone si può aggiungere il
suffisso -KO ad un nome per renderlo femminile. Riku è molto
tenero, vero? Forse è per questo che forse lo
metterò con Kairi. Sono così carini insieme *^*
Al prossimo aggiornamento, eh.
Mel.
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Capitolo 3 *** A n o t h e r d a y ***
A
n o t h e r d
a y ( capitolo 3 )
« Svegliati
Roxaaaaas. »
« Cinque minuti … » mugugnò
il bozzolo di coperte,
contorcendosi lievemente.
Sora sbuffò contrariato, spegnendo la sveglia del
fratello con un colpo secco.
« Oggi sei ancora più in ritardo del solito. Prima
o poi
riuscirò a trovarti già sveglio prima di
me?»
Un altro movimento delle coperte e un nuovo mugolio
infastidito.
«Sparisci Sora, lasciami qui a morire »
Il moretto rise divertito e, senza preavviso, si buttò a
peso morto sopra il letto del fratello finendogli praticamente addosso.
«Aaaah, idiota scendi subito! » urlò il
biondo, sbucando
fuori dalle coperte con un diavolo per capello. Ringhiò
contro il gemello più
grande e tentò di buttarlo giù dal letto,
spingendolo con entrambe le mani.
Quello non era certamente il massimo per un risveglio.
«Non mi muovo di qui finché non ti svegli.
»
«Razza di cretino io sono sveglio. Altrimenti non
riuscirei a parlarti! »
«Magari sei sonnambulo. »
ribatté Sora tirando i capelli biondi del
fratello verso l’alto, cercando di svegliarlo dal suo stato
di “sonnambulismo”.
Roxas digrignò i denti, fulminando con lo sguardo il
ragazzo che non ne voleva sapere di levarsi da sopra di lui.
«No, idiota. Sono sveglio e tra l’altro tu pesi
peggio di
un maiale gigante.»
Il maggiore ridacchiò e continuò a scompigliare i
capelli
dell’altro, limitandosi a qualche risata.
«Di prima mattina gli insulti non ti escono molto bene,
Rox. »
Il biondo sospirò, afferrando la mano del gemello per
fermarlo.
«Che ci vuoi fare: è il sonno. E non
chiamarmi Rox, basta e avanza un’idiota a farlo.
Non ti ci
mettere anche te. »
«Se non ti alzi dal letto ti chiamerò
così per il resto
della tua vita. »
«Come no. »
Sora sollevò un sopracciglio, saltellando sul posto per
infastidire ancora di più il gemello. Roxas si
lasciò sfuggire un lamento di
dolore: la spina dorsale, cavolo! Non si poteva certo dire che Sora
fosse un
peso piuma e il fatto che gli saltasse sopra come se fosse un
materassino
gonfiabile non aiutava.
«Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Ro- »
«Ok, ok. Ho
capito, mi alzo e non faccio storie. »
«Bravo cagnolino »
«Fa silenzio »
---
Axel sollevò
lo sguardo dal suo quaderno di appunti per
poter osservare meglio l’ora che appariva sullo schermo del
suo cellulare: 9.30
Ottimo.
Sorrise divertito; la sola idea di mettere in pratica lo
scherzo di Roxas gli faceva drizzare i peli sulla schiena.
Cioè, sulla schiena
metaforicamente parlando. Fortunatamente sulla sua schiena cresceva
massimo
massimo qualche neo, nulla di disgustoso come dei peli.
Tossì un paio di volte, attirando l’attenzione di
Saix
verso di lui. L’uomo – nonché suo
professore- lo fissò intensamente, mentre con
calma abbassava la mano munita di gessetto.
Beh, per lo meno non glielo aveva tirato addosso come ogni volta che
interrompeva una sua spiegazione. Il sesso fa proprio dei miracoli, non
è vero?
« Professore, posso andare ai servizi?»
domandò il fulvo sorridendo
sbiecamente, iniziando già ad alzarsi con malagrazia dalla
sedia facendola
stridere contro il pavimento.
«Solitamente si aspetta l’ok da parte del
professore per
alzarsi, Koehn »
«Ma lei ha annuito, professor Saix. Io non potrei mai
alzarmi senza il suo permesso. » esclamò
portandosi una mano al petto,
fingendosi ferito per la “ non-fiducia” che il suo
professore gli riservava.
L’uomo lo guardò freddamente, limitandosi ad
alzare un
sopracciglio innervosito.
«Sparisci, prima che cambi idea »
«Thanks »
Axel uscì dalla classe con passo sicuro, dando uno
scappellotto a Demyx durante il breve percorso dal suo banco
all’uscio della
stanza.
Si richiuse la porta alle spalle e sorrise ancora, questa
volta cercando di trattenere una risata.
Roxas ancora si chiedeva come faceva, Axel, a fare tanti
scherzi se prima di
farli si metteva a ridere come un idiota. Insomma, come in quei film di
spionaggio in cui si vedono le spie che se ne vanno in giro
tranquillamente con
un impermeabile nero, cappello nero, occhiali neri e valigetta nera
anche se
sono in pieno giorno, sotto il sole cocente e con un centinaio di
persone
intorno. Come dare nell’occhio, insomma.
Ritornando ad Axel: stinse entrambe le mani a pugno e le
puntò verso l’altro, saltellando poi sul posto.
Finito questo suo piccolo rituale di gioia si limitò a farsi
un giretto per il
corridoio, cercando di non farsi vedere dai bidelli che giravano.
Dopo circa cinque minuti, in cui il suo cervello aveva
formulato tutte le possibilità di riuscita del piano,
rientrò in classe
passandosi una mano sopra i pantaloni, fingendo di asciugarsi le mani.
Si diresse verso il suo banco tranquillamente, quando a
metà strada si fermò.
«Ah professore …
In corridoio il professor Xigbar mi ha fermato e mi ha
detto di dirle se
riusciva a raggiungerlo in sala professori il prima possibile
»
L’uomo si girò lentamente verso il suo studente,
squadrandolo
dalla testa ai piedi e poi annuì.
« Leggete da pagina 134 a pagina 140. Quando torno voglio
vedervi con la faccia così appiccicata ai libri tanto che le
parole vi si
potranno leggere sulla fronte, chiaro? » come sempre il tono
freddo e privo di
emozioni usato fece annuire l’intera classe, in soggezione.
Oramai erano
quattro anni che “Faccia da X” –
così soprannominato da Demyx- terrorizzava gli
studenti, però adesso era arrivato il momento di cambiare.
Axel, dalla sua postazione al banco, tirò fuori il
cellulare e iniziò a scrivere un messaggio, sempre con il
sorriso sulle labbra.
Faccia da X sta
partendo. Good Luck, blondie.
Schiacciò il tasto verde e inviò il messaggio,
sogghignando.
Adesso non doveva far altro che uscire dalla classe come se niente
fosse e
aspettare Roxas.
---
Più facile
del previsto, dannatamente più facile del
previsto.
Roxas camminava per i corridoi dalla scuola in cerca di
uno dei tanti bidelli, in mano delle verifiche e nella testa soltanto
l’idea
che, così, era fin troppo facile e non ci si divertiva.
Insomma: aveva progettato tante di quelle scuse per essere mandato
fuori dalla
classe da Xigbar che adesso, dopo che il professore lo aveva mandato di
sua
spontanea volontà, si sentiva quasi preso in giro.
Che fine avrebbe fatto così
il suo cervello? Già che c’era poteva spegnerlo
definitivamente come
quell’idiota di Axel, allora.
Sbuffò, grattandosi la nuca innervosito.
Per niente
divertente.
Come se non bastasse poi, Sora, lo aveva costretto a fare
colazione quella mattina e si sentiva pieno peggio di un uovo e quello
certamente non lo aiutava a muoversi per i corridoi. Anche se infondo
le sue
erano tutte scuse perché le sue idee erano state smontante
così, puff, con
poche semplici parole.
« E diavolo! Possibile che non ci sia nemmeno un bidello
in questa scuola?! » sbottò quando, arrivato al
tavolo dove avrebbero dovuto esserci
dei bidelli, non vi
trovò nessuno.
«Sei tu che non ci vedi »
Roxas sobbalzò, rischiando di far cadere a terra le
verifiche che Xigbar gli aveva affidato. Ma che diavolo …?
Vexen, con un sorriso inquietante, gli si avvicinò e gli
posò una mano sulla spalla.
«Quindi? Che vuoi? Ti serve qualcosa? »
domandò l’uomo,
assottigliando gli occhi e squadrando il biondino come se fosse un
portatore di
germi.
«Eeeeehm, sì. Ma prima una cosa: come diavolo ha
fatto ad
apparire così?»
Il bidello ringhiò, stringendo la mano sopra la spalla
del ragazzo. Manca poco che gli esca
anche del fumo dal naso e siamo a posto.
«Monello, le parole. Porta rispetto per chi è
più adulto
e vaccinato »
«Woah, scusi … N-Non lo faccio più
» ridacchiò Roxas,
sollevando entrambe le mani davanti al volto sia per ripararsi sia per
mostrare
quanto gli dispiacesse.
Cosa, tra l’altro, totalmente falsa. Il rispetto la gente se
lo doveva meritare
e quello li – Vexen – non aveva mai fatto nulla di
che. Però il tempo stringeva
e mica poteva perdere tempo con il bidello psicopatico.
«In ogni caso, signor Vexen – calcò
sopra all’onorifico,
annuendo senza motivo- mi servirebbe la pinzatrice per queste verifiche
»
Gliele sventolò sotto il naso, mostrandogli che non stava
dicendo nessuna bugia e per intimarlo a portargli l’attrezzo
velocemente.
L’uomo si limitò a sbuffare, lasciandogli la
spalla, e andò
a trafficare dentro al cassetto della scrivania.
Rosax sbuffò mentalmente, massaggiandosi la spalla
nervosamente. Certo che, per
essere una specie di mummia in via d’estinzione, quel
vecchietto non era
affatto una mezza calzetta. Probabilmente era più arzillo di
quanto voleva
dimostrare.
Il bidello lo raggiunse nel giro di qualche secondo, in
mano la pinzatrice e un sorriso falso sulle labbra.
Il biondo si chinò leggermente, per ringraziarlo,
afferrò
la pinzatrice e, con passo veloce, si allontanò dal bidello.
Poté giurare di
averlo visto mentre gli alzava il dito medio contro, ma meglio lasciar
perdere.
Camminò per i corridoi velocemente e proprio mentre la
sua mano si appoggiava sulla maniglia della porta il
cellulare nei suoi
pantaloni vibrò due volte, avvisandolo del messaggio
arrivato.
Con uno sbuffo prese le verifiche tutte in una mano e,
con l’altra, afferrò il cellulare portandoselo
vicino agli occhi.
Uh?Axel aveva già
fatto?
Richiuse il cellulare e se lo mise in tasca; non c’era
affatto bisogno di rispondere all’amico, specialmente
perché non aveva
intenzione di spendere soldi.
Afferrò saldamente la maniglia e la spinse verso il
basso, aprendo la porta. Xigbar, seduto comodamente sulla cattedra, gli
rivolse
uno sguardo interessato.
« Puffo, come mai ci hai messo tanto? Qui in classe
sentivamo la mancanza della tua presenza saccente»
L’intera classe rise, facendogli imporporare leggermente
le guance.
«Sempre meglio saccente che stupida come mio fratello
»
sbottò Roxas, indicando con noncuranza il moro, che subito
protestò con un
“Hey”.
E ancora la classe rise all’unisono, alcuni diedero anche
delle pacche sulle spalle a Sora per consolarlo.
Il biondo si avvicinò alla cattedra, appoggiandocisi sopra
le verifiche e la pinzatrice.
«Comunque ho ritardato un po’ perché il
professor Saix –
con due puntini sulla i- mi ha fermato per dirmi una cosa »
Al nome di Saix, Xigbar, alzò la testa con falso
interesse. «Due puntini sulla i? »
Roxas fece spallucce, roteando gli occhi « E’
così che si
è presentato il primo giorno di scuola»
«E che cosa voleva il professor Saix- con due puntini
sulla i- ? » domandò il professore guercio,
prendendo in mano alcune verifiche e
spulciandole con finto interesse.
Il biondo, dentro di sé, sorrise vittorioso.
«Mi ha chiesto di dirle se riusciva a fare un salto
veloce in aula professori; ha detto un qualcosa riguardo al
“finire la
conversazione di ieri a pranzo” o cose del genere. Scusi, non
ricordo
esattamente le parole »
La faccia di Xigbar cambiò immediatamente espressione
–
certo che non era molto bravo a fingere indifferenza eh - e si alzò dalla
sedia.
«Adesso, intendeva? »
Roxas si limitò a mugugnare un “ mmh
mmh” e ad annuire.
Dentro di sé invece rideva fragorosamente. Diavolo, la
vicinanza con Axel lo
stava trasformando pian piano in un idiota come lui.
«Allora temo proprio di dover abbandonare la lezione di
Storia ragazzi. Non fatene un dramma, mi raccomando »
«Non si preoccupi professore: non c’è
nessun pericolo! »
ridacchiò Sora dal suo banco, portandosi le braccia dietro
la testa e
sorridendo.
Xigbar ridacchiò insieme al moretto per poi diventare
serio di colpo e lanciargli contro un gessetto.
« Punizione, Sora. Appena torno dovrai portarmi il
riassunto dell’intero capitolo che stavo spiegando»
Roxas scosse la testa, chiedendosi come faceva a essere
realmente il suo gemello. Magari era stato adottato …
Sora smise di ridere e lasciò cadere le braccia
mollemente sui fianchi, il labbro inferiore che sporgeva.
«Professoreeee – miagolò triste
– non so nemmeno a che
capitolo siamo arrivati
«Peggio per te, marmocchio. E voi –
indicò l’intera
classe con la mano- non ditegli nulla. Si deve arrangiare da
solo»
Detto questo uscì velocemente dalla classe, ignorando i
lamenti del moretto che si contorceva sul banco.
«Roxas, aiutami! » si lagnò Sora,
allungando la mano destra verso il gemello.
Quello si limitò ad un’alzata di spalle e ad un
“Arrangiati”. La sua attenzione, adesso, doveva
dedicarla tutta a Saix e a
Xigbar.
---
« Da questa
parte, nano» biascicò Axel afferrando Roxas
per una spalla, trascinandolo verso di lui.
Il biondo bofonchiò qualche insulto e scosse le spalle,
facendo mollare la presa all’amico.
«Lo so, idiota. Stavo solo controllando se c’era
qualcun
altro in giro »
«Beh?»
«Beh niente. Siamo solo noi due qui – si
fermò un attimo,
indicando con un cenno del capo la sala professori- e loro due,
ovviamente »
«Ah già. I piccioncini »
sghignazzò il fulvo, chinandosi
per poter osservare attraverso il buco della serratura.
Roxas lo guardò compassionevole, scuotendo la testa.
«Guarda che ci sono le finestre, sai? »
«Ma da li ci vedrebbero! » sbottò
ritornando in posizione
eretta, posando entrambe le mani sui fianchi.
«Non tutti sono appariscenti come te, sai? »
Detto questo, Roxas, scartò Axel e si diresse con passo
felpato verso la prima finestra, appoggiandosi al muro con la schiena
per non
essere visto.
Con la coda dell’occhio vide Xigbar avvicinarsi a Saix,
salutandolo allegramente.
«Hey Rox … »
Il biondo ignorò l’amico, sventolando la mano
destra come
per cacciare via un animale fastidioso.
«Ascoltami, puffo »
Il biondo scosse la testa, ignorando volontariamente il
rosso.
«Tanto io te lo dico lo stesso! Insomma … Io ho
mandato
Saix, tu Xigbar. Non credi che si domanderanno come mai si sono
incontrati e
bla bla bla? »
«Non credo. Infatti si stanno baciando »
sibilò Roxas,
assottigliando gli occhi alla vista della lingua del suo professore che
passava
sopra alla bocca dell’altro.
«Disgustoso … » scosse la testa,
voltandosi verso Axel. «Bene,
facciamo questa foto e poi andiamocene »
Il fulvo sorrise, grattandosi una guancia.
«Ho una domanda »
«Uhm? »
«Domani mattina quei due si ritroveranno con le aule
piene di foto, ok, però … Penseranno subito che
siamo stati noi due, no? »
Roxas sorrise debolmente, trafficando con il cellulare
per azionare la fotocamera.
«Certo che lo penseranno, però che prove hanno
infondo?
Nessuna. Quindi il preside non potrà dire nulla »
«Come mai così tranquillo? Solitamente quando
stiamo ( o
per meglio dire sto) per fare danni sei un fascio di nervi, mentre ora
… »
scosse la testa, ridacchiando lievemente, non sapendo che cosa
aggiungere.
Roxas scosse la testa e si scrollò le spalle, chiudendo
così l’argomento. Non lo sapeva nemmeno lui il
motivo. Aveva solo voglia di un
po’ di adrenalina, pensava, e magari di finire in qualche
casino.
Passò il cellulare ad Axel, alzando il pollice
vittorioso.
«Perché devo farlo io? » si
lagnò il maggiore, ruotandosi
tra le dita l’apparecchio.
« Hai per caso paura? » insinuò il
biondo, sollevando un
sopracciglio
«Ah, sia mai! »
Axel si avvicinò alla finestra furtivamente, adocchiando
con un ghigno le posizioni “poco consone” dei suoi
insegnanti e, velocemente,
premette il tasto per fare le foto.
Bip.
Oh cazzo.
Entrambi i ragazzi si guardarono negli occhi,
sgranandoli. Quel … Quel dannato cellulare aveva appena
fatto … bip?
I due uomini, dentro la stanza, a quel suono metallico e
rumoroso – perché sì, era fin troppo
rumoroso- si voltarono stupefatti.
Nello stesso momento Axel e Roxas scattavano veloce
verso i corridoi diretti alla propria classe.
Più veloce della luceeeeeeeeeeeee.
«
Com’è andata? »
«Ah, non male. Appena sono rientrato in classe Sora mi
è
praticamente saltato in braccio pregandomi di aiutarlo con il
riassunto, poi
Olette si è messa a ridere e mi ha offerto un biscotto fatto
da lei. Allora
Hayner mi ha dato una pacca sulla spalla, dicendomi che ci so fare con
le
ragazz- »
«Intendevo con Xigbar »
esclamò Axel, dandogli una manata sulla
schiena
«Tutto ok. E’ entrato in classe tutto trafelato, si
è
guardato intorno e poi niente. Saix? »
Axel si passò una mano tra i capelli, infastidito.
«Secondo te potrei denunciare alla polizia un uomo che mi
ha minacciato apertamente di scotennarmi come un tacchino? »
Roxas si lasciò sfuggire una risata, osservando il volto
imbronciato del suo migliore amico.
«No, non credo. E
poi, che ha fatto? »
Il fulvo si sollevò leggermente da terra, puntellandosi
sui gomiti.
«Niente di che, mi ha squadrato male tutto il tempo.
Secondo me adesso stanno discutendo di me e di te »
«Probabile »
Rimasero in silenzio per un po’, beandosi della calma del
momento. Sicuramente il giorno dopo non sarebbe stato così
tranquillo, anzi!
Axel si lasciò cadere nuovamente a terra con un sospiro,
sollevando un po’ di polvere e sabbia che ricopriva la
terrazza. Ancora si
chiedevano, i due, come mai ogni giorno quel posto si riempiva di
sabbia fine.
Colpa del vento?
«Hey Roxas … »
«Cosa? »
«Domani mattina dobbiamo venire a scuola presto,
così
sistemiamo le foto in classe. Ah sì, ricordati di stamparle
eh! »
« Questo significa che io dovrei …? » il
biondo lasciò in
sospeso la frase, guardando di sottecchi Axel
«Sì, dovrai svegliarti presto »
«Assolutamente no » rispose secco Roxas, puntando
lo sguardo
verso il sole che tramontava.
«E invece sì. Tranquillo, ti farò io da
sveglia personale
e verrò a casa tua a prenderti »
Il biondino ritornò a guardare l’amico,
imbonciandosi
lievemente e scuotendo la testa
« No, non importa»
« Tanto non mi costa niente, eh»
«No, mi sveglio e poi vengo a scuola »
Axel sollevò un sopracciglio, stranito. Si voltò
su un
lato, appoggiando il viso sul palmo aperto della mano.
«Ma se nemmeno la senti, la sveglia. Andiamo Rox! »
« Io non … tranquillo »
«Ma - »
«Ci penserà Sora a svegliarmi, come sempre
»
Già, Sora. Sarebbe stato suo fratello a svegliarlo,
com’era giusto che sia.
Axel sorrise mestamente, sospirando. Sora eh? Beh, forse
c’erano cose che Roxas non era ancora in grado di lasciarsi
alle spalle
dopotutto. Infondo chi meglio di Axel poteva capire quello che il suo
amico
provava?
«Uh, si è fatto tardi Blondie. Devo andare
»
«Già, anche io »
«A domani. E ricordati le foto! »
esclamò il fulvo,
alzandosi da terra e salutando con la mano l’amico
«E chi se le dimentica » bofonchiò
Roxas, osservando Axel
allontanarsi e sparire dietro la porta della terrazza.
Chissà se Sora era già arrivato a casa
…
«
Mi raccomando,
fate i bravi e non distruggetemi la casa »
La donna sorrise,
passando la mano delicata sopra la guancia di entrambi i piccoli. Uno
dei due
sorrise, annuendo felicemente. L’altro si
imbronciò, aggrappandosi al grembo
della madre.
« Devi proprio
andare insieme a papà? Non puoi restare qui?»
Il più
grande gonfiò le guance, avvicinandosi al
gemello e afferrandolo per un braccio.
«Sì, lei deve
andare. Adesso vai mamma, dai »
La donna sorrise,
raggiungendo il marito ed entrambi uscirono dalla porta, con un sorriso
sulle
labbra.
Mel's
Oddio, oddio, oddio. Potete uccidermi, scorticarmi, rendermi schiava a
vita e bla bla bla.
Da quanto tempo non aggiorno? Da quanto tempo nemmeno la cago questa
storia? ;A;
Nh, la mia SoRoku <3
Oddio, in questo capitolo Sora si vede pochissimo, ma nel prossimo lo
vedrete all'opera e si inizieranno ad intravedere i primi segni sulla
coppia.
Ah... E sì, questo era " lo scherzone" che aveva in mente
Roxas. Direi che sembra più una ripicca contro i professori
ma dettagli.
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito - fatelo ancora o vi
scotenno coof - e anche chi ha messo tra preferiti/seguite/ altro.
Thaaaanks =w=
|
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Capitolo 4 *** The next day ***
Okei.
E' passata una vita- dabbero una vita- ma questa storia è
ancora in
piedi. Non l'ho aggiornata per tanto tempo, me ne rendo conto, ma spero
lo stesso che i lettori che l'avevano inserita tra le storie seguite,
preferite o che semplicemente leggevano siano ancora qui.
Mi spiace
ma ... Non ho idea del perché questa storia sia finita nel
mio
dimenticatoio. A me piace. Posso dire di poche mie storie che
" mi
piacciono" , ma per questa è così. E' stata la
mia prima long su KH e
la prima Roxas/Sora/Roxas che abbia mai scritto.
Quindi nulla, adesso sono tornata e spero vi piaccia ancora.
Il
capitolo è semplice, comunque. Nel tempo ho cambiato stile
ma ho
cercato di mantenere quello vecchio, giusto per non cambiarlo
all'improvviso.
Finalmente iniziamo a vedere un capitolo un po' più
concentrato sulla coppia, con l'aggiunta di Axel e dei suoi sentimenti.
Buona lettura e scusate il ritardo colossale.
Mel.
T h e
n
e x t d a
y ( capitolo 4 )
L’assordante sveglia di
Roxas risuonava per la casa,
facendo sobbalzare Sora nel suo letto.
Il moretto in questione aprì gli occhi, sbattendo le
palpebre per almeno un
minuto. Era una sua impressione oppure la sveglia era suonata
maledettamente presto
quella mattina?
Si arrampicò sopra alla testata del letto, facendosi leva
per mettersi seduto.
Sonno, sonno e ancora sonno. Non riusciva nemmeno a
tenere gli occhi aperti, sentiva la bocca impastata e le mani
formicolare.
Spostò lo sguardo verso la sveglia e cercò di
mettere a
fuoco l’orario che lampeggiava sul piccolo schermo.
Le 5:20?
Strinse forte i pugni, arrabbiato. Tutto il sonno che
sentiva fino a poco prima era sparito lasciando posto alla rabbia.
Si scaraventò giù dal letto, finendo con la
faccia
schiacciata contro al pavimento.
Non se ne curò molto; si alzò da terra con la
stessa velocità con la quale era
sceso dal letto poco prima e si mise a correre verso la stanza del
fratello.
«Roxas sei un uomo morto.» urlò contro
la porta chiusa,
sbattendoci sopra i pugni.
Solo dopo un po’ di strepitio si rese conto che la porta
era aperta, dandogli la possibilità di entrare.
Infuriato come un mastino – se si fossero trovati in un
cartone animato avrebbe
avuto persino la bava alla bocca- entrò nella stanza,
saltando sopra al letto
del fratello.
Che fosse sveglio o meno non aveva importanza. L’unico scopo
che Sora aveva era
quello di uccidere il gemello, magari soffocandolo.
Sfilò il cuscino da sotto la testa di Roxas e lo
lanciò a
terra. Poi afferrò il biondo per le orecchie e
tirò più forte che poteva. Si
interruppe solamente quando l’urlo di Roxas non gli
fracassò le orecchie.
Il biondino, sotto il fratello, aveva il respiro affannato, le orecchie
paonazze e lo sguardo spaventato.
Solo quando si rese conto del fratello sul suo letto e delle sue mani
sopra le
sue orecchie, la sua espressione si trasformò diventando
rabbiosa.
«Si può sapere che diavolo vuoi,
deficiente!?»
«Cosa voglio io? IO? Cosa vuoi tu che mi fai svegliare a
quest’ora, diamine!»
«Uh?»
Roxas tramutò nuovamente la sua espressione, mentre con
lo sguardo vagava per la stanza in cerca di un orologio.
Oggi il biondo avrebbe potuto battere il suo record di
espressività se
continuava così.
«Sì Roxas, fai pure finta di non capire. Sono le
5:20 della
mattina. Le CINQUE!» piagnucolò il maggiore,
sporgendo il labbro inferiore.
«Ah, è vero. Axel.» esclamò
dopo Roxas, sbattendosi una
mano sopra la fronte.
Sora, che ancora manteneva la sua espressione offesa,
osservò il fratello.
«Che centra Axel?»
«Oggi devo incontrarmi con lui fuori da scuola per una
cosa » borbottò spintonando il fratello lontano da
lui per poter scendere dal
letto.
Sora saltellò da un piede all’altro per non
perdere
l’equilibrio e poi controbatté «Che cosa
dovete fare?»
«Cos’è questo tono
inquisitorio?» chiese il biondo,
afferrando una maglietta da dentro l’armadio e valutando se
indossarla o meno.
«Voglio solo saperlo, tutto qui.»
«E io non te lo dico.» concluse Roxas indossando la
maglietta azzurra che aveva in mano, convinto della sua scelta.
Poi si avventurò nell’armadio, cercando tra
centinaia di pantaloni quelli più
adatti da abbinare.
Se Sora aveva uno stile più da “ ragazzo da
campagna”, Roxas ne aveva uno molto
più ricercato come quello di un ragazzo viziato. Stava
attento ad abbinare i
colori giusti e non usciva di casa se non si sentiva a proprio agio con
quello
che indossava.
«Perché no?! Dovete combinare qualche
danno?»
«E anche se fosse?» ,proruppe il biondo,
riaffiorando
dall’armadio con in mano dei jeans bianchi .«Non
sono comunque affari tuoi.»
Sora si imbronciò, portando entrambe le mani al petto.
«Tu sei affar mio, Roxas»
Il gemello più piccolo si girò
sorpreso verso di lui, arrossendo lievemente sulle gote.
Deglutì a vuoto per un attimo,
imbarazzato. Stupide dimostrazioni di affetto; non servivano ad altro
che
metterlo in imbarazzo e a farlo cedere.
«E va bene … Te lo dico.»
«Me lo dici?»
«E’ quello che ho detto, mi pare.»
sbottò, lanciando un
occhiata in tralice al moro.
Sora saltellò eccitato sul letto, mettendosi poi seduto a
gambe incrociate. Tamburellò la mano destra sopra al
materasso, dicendo a Roxas
di sedersi vicino a lui.
«Dai, dai. Dimmi che dovete fare»
«Ieri abbiamo fatto una foto, come posso dire … Sconveniente a due nostri professori e
oggi dobbiamo appenderle in tutte le classi. Se facciamo in tempo
»
«Oooooh» fece Sora, ammirato. «Allora
erano quelle foto
che stavi stampando ieri sera, eh?»
Il biondino annuì, compiaciuto.
«Posso venire con voi?»
«Certo che no.» sbottò Roxas, quasi
inorridito all’idea. Insomma,
erano lui e Axel. Non lui, Axel e Sora.
Così come a casa erano solo i due gemelli e non il
migliore amico. Punto.
«Fratello deposta e
crudele.»
«Almeno sai cosa vuol dire quello che hai
appena detto?» domandò il biondo con un sorriso
sbieco sulle labbra, mentre con
gli occhi cercava il paio di scarpe azzurre che aveva visto il giorno
prima.
Possibile che sotto al letto ci fosse un mostro ghiotto di scarpe?
Si voltò verso il fratello che strepitava
un qualcosa sulla sua rinomata intelligenza, squadrandolo.
Certo che il mostro esisteva e si chiamava Sora.
Roxas sospirò e si avvicinò al gemello,
punzecchiandogli un fianco.
«Dammi le mie Converse. Quelle azzurre »
Il moretto arricciò le labbra in un
sorriso – sadico, a detta di Roxas – e scosse la
testa.
«Che ne sai che le ho prese io? E, nel caso
le avessi prese, cosa mi daresti in cambio?»
«Un calcio nel culo se non ti muovi a
ridarmele.»
Già il fatto di essersi svegliato presto
non aiutava l’umore del biondo, se poi ci si metteva pure il
gemello con i suoi
stupidi ricatti da terza elementare non riusciva a trattenere
l’acidità.
Per ricattare un tipo come Roxas ce ne
voleva, infondo passava praticamente tutte le giornata con Axel e
qualcosa
doveva pur averlo imparato dal rosso, no?
«Uffa, dai. Chiedimi che cosa voglio in
cambio.» piagnucolò il moro, gonfiando le guance e
dondolandosi sui talloni.
«Ma non ti senti nemmeno un po’ in
imbarazzo nel chiedermi queste cose?»
«No.» sorriso spontaneo e sincero, come
sempre.
Roxas sospirò e scosse la testa, ignorando
il sorriso che svettava sulla sua faccia nonostante cercasse di
trattenerlo.
«Ok, Sora: “ Che cosa vuoi in
cambio?!”»
Il moro sorrise, portandosi il
dito indice sotto il mento e fingendo di
pensare ad un possibile ricatto.
Roxas scosse la testa e si portò entrambe
le mani ai fianchi, non riusciva a credere ai suoi occhi; come poteva
essere
così stupido suo fratello?!
«Ok, ho trovato!»
« … » il biondo non rispose, si
limitò a
lanciargli un’occhiataccia.
«Non mi chiedi che cosa ho in mente?»
«MUOVITI.» urlò il gemello
più piccolo,
lo sguardo strabuzzato e il rischio di una crisi di nervi alle porte.
«Ok, ok. Dopo ti preparo una camomilla! »
ridacchiò della sua battuta, gettando un’occhiata
al fratello per vedere se l’aveva
capita anche lui. «Ehm, scherzavo. Comunque, dicevo
… Ti darò le tue scarpe
solo se mi porterai con te e con Axel.»
Doveva aspettarselo.
«Assolutamente no.»
«Eddai, ti pregooooo. Qui a casa mi
annoio e ormai sono sveglio. Non so che fare.»
«Tornatene a dormire, che ti devo dire.»
borbottò Roxas passandosi una mano sulla fronte, facendola
scendere subito dopo
sugli occhi per strofinarli. Chissà, magari il bruciore
sarebbe passato.
Nella mente del biondo passava solo e unicamente una parola: letto.
Di questo passo sarebbe svenuto a terra per mancanza di sonno e di
riposo,
diamine.
«Non riesco più a riaddormentarmi se so
che tu sei in giro a divertirti e io no.»
«Ma io non sono “ in giro a divertirmi”,
razza di stupido. Sono a fare una cosa rischiosa, ok? E tu non vuoi
mica
metterti nei casini, dico bene?» magari la persuasione era la
tattica migliore
con uno come Sora.
«Voglio venire con te.»
no, forse non era affatto la tattica
migliore; sembrava quella più sbagliata in assoluto, al
momento.
Roxas trattene un mugugno esasperato e gettò lo sguardo alla
sveglia, che
indicava le 5:35 del mattino.
Diamine, doveva muoversi e andare a scuola.
Si fermò per un attimo, facendo mente locale. Allora: i
cancelli della scuola
venivano aperti alle 7 del mattino esatte, subito dopo entravano i
bidelli che
sistemavano la mensa e i corridoio. Verso le 7:30 i professori
arrivavano e
stanziavano in sala professori a bere caffè e spettegolare
sugli studenti. E
infine arrivava l’orario di apertura per gli studenti, ovvero
le 7:45.
Quindi lui e Axel avrebbero dovuto
addobbare per bene la scuola dalle 6 alle 7, poi uscire e magari andare
in un
bar a fare colazione.
Sì, era fattibile. Sempre che Sora si decidesse a dargli
indietro le sue
adorate scarpe.
Non poteva mica mettersi addosso quelle rosse, altrimenti avrebbe
dovuto
cambiare combinazione di colore nei vestiti. E poi ogni volta che
indossava
qualcosa di rosso si ritrovava a pensare ad Axel, e questo non era un
bene.
«Oi Rox, ti sei imbambolato?» esclamò il
moretto, schioccando le dita davanti alla faccia del fratello.
Il biondo si riscosse subito,
lanciandogli un’occhiata che avrebbe potuto ucciderlo subito.
«No, stavo pensando. Hai presente, quella
cosa a te sconosciuta?»
«Oggi sei più acido del solito.»
bofonchiò Sora, voltando il capo offeso.
«E tu più insistente.»
contestò Roxas, muovendo
la mano avanti e indietro con nervosismo. «Ma senti un
po’, mica avevi un
impegno con Riku e Kairi più tardi?»
Il moretto ci pensò su per un attimo,
inclinando la testa di lato. Poi si voltò verso il gemello e
sorrise, scuotendo
la testa con veemenza.
«Eh no. Sono libero come un fringuello in
aria. »
Roxas storse il naso a quel paragone,
sospirando afflitto. Non poteva permettersi così tanto
ritardo e, magari, con
due mani in più avrebbero persino finito prima.
Per quanto quelle mani potessero essere considerati utili, poi.
«E va bene, puoi venire con me e Axel.»
disse, sconfitto.
«Evvai! » esclamò il gemello moro,
saltellando per la stanza e buttandosi sul letto.
«Vedi di non sfondarmelo e di andare a
vestirti, intesi? Ti voglio pronto tra cinque minuti »
«Signorsì signore» esclamò il
moro,
portandosi la mano destra sopra la fronte per mimare un saluto militare.
Roxas sorrise, lanciandogli contro un
calzino preso da terra «E ricordati le mie scarpe, razza di
scimmia ambulante.»
---
«Axel
non è ancora arrivato.» mormorò
Sora, allungando le braccia al cielo e stiracchiandosi.
Roxas, appoggiato al muretto poco distante, ruotò gli occhi
al cielo e sbuffò
appena.
«Me ne sono accorto anche io, Sherlok.»
Il moretto sorrise e calciò un sassolino per strada,
osservandolo mentre
rotolava in giro.
«Pensavo fosse più puntuale.»
continuò poco dopo, fischiettando una canzoncina
sconosciuta.
Roxas riprese a brontolare, muovendo la schiena per sistemarsi meglio
nonostante i sassi sporgenti.
«Solitamente lo è.» rispose secco,
socchiudendo gli occhi e cercando di
ignorare il suo gemello che poco distante, non la smetteva di
gironzolare
intorno come un cagnolino esagitato.
«Probabilmente deve aver avuto un contrattempo.»
mormorò poco dopo, aprendo gli
occhi azzurri e osservando la strada deserta con cura.
Scrutò la lunga strada
nella speranza di veder apparire la solita chioma infuocata, seguita da
uno
scalpitio e un “ Rox” urlato in lontananza.
«Sei preoccupato?» la domanda di Sora gli
arrivò addosso come una cascata
d’acqua fredda, gelata.
Il biondo sobbalzò sul posto, portandosi poi una mano al
petto.
Ma quando diavolo si era avvicinato a lui suo fratello? Non era mica in
giro
per la strada a rincorrere farfalle?
Comunque scosse la testa, arricciando le labbra in una smorfia.
«Affatto, non mi preoccupo per lui.»
«Ah no?» domandò ancora Sora,
assottigliandolo sguardo avvicinando il volto a
quello di Roxas. «Sicuro sicuro?»
Roxas sbuffò e appoggiò la mano destra sopra la
faccia del gemello, allontanandolo
lievemente da lui.
«Sicuro sicuro.»
Il moro sorrise soddisfatto, gongolando
lievemente e dondolandosi sui talloni.
Roxas sbuffò, scuotendo la testa mentre osservava il suo adorato gemello ridacchiare senza motivo.
Ma che diavolo aveva?
Decise di non pensarci e si portò una mano alla tasca,
afferrando il cellulare.
6:03
Digitò il numero di Axel a memoria e si portò il
telefonino all’orecchio,
ascoltando quell’irritante “tuu-
tuu”
seguito poco dopo dalla voce pre registrata che lo avvertiva che il
numero
chiamato non era al momento raggiungibile.
«Dannazione.»
Sora osservò attentamente il gemello e il suo sorriso si
incupì appena, mentre
il suo sguardo vagò per la strada.
Si portò entrambe le mani alla testa e decise di dover
rassicurare suo
fratello, che sembrava tanto triste.
«Sono sicuro che sta bene!»
Roxas si voltò verso di lui e incrociò le
braccia al petto.
«Ti ho già detto che non sono preoccupato per
lui.»
Il moretto gli si avvicinò, accostando la schiena al basso
muretto e sollevando
la testa verso il cielo.
«Non devi vergognarti, è normale essere
preoccupati per il proprio migliore
amico.»
«Ho detto che non son-»
«Poi tu e Axel siete molto uniti, vero?» lo
interruppe il fratello, abbassando
nuovamente la testa e voltandola verso Roxas, mentre negli occhi
appariva
un’ombra di gelosia.
Le gote del biondi si tinsero per un attimo di rosso,
mentre le guance si gonfiarono d’aria.
Questo era un aspetto che aveva in comune con il gemello: quando si
imbarazzava
o si offendeva tendeva ad assumere espressioni decisamente infantili.
«Sì, siamo abbastanza
uniti.» ammise a
bassa voce, tossendo poco dopo come per coprire le sue stesse parole.
Sora si morse il labbro inferiore,
annuendo.
«E … Quanto
siete uniti?» chiese con
voce flebile, per niente adatta ad un tipo esuberante come lui.
Roxas sgranò lievemente gli occhi, stupito da quella
domanda, e osservò dritto
negli occhi il fratello.
«Ma che razza di domanda è?»
«N-Niente, lascia stare. Era solo per
sapere, niente di che. Sì, insomma, nulla.»
esclamò il moro, muovendo le
braccia in aria come per scacciare via una mosca. Poi rise,
arrossì e ritornò
serio nell’arco di pochi secondi, abbassando il volto e
cercando di evitare gli
occhi del gemello biondo.
«E’ che … Sembrate tanto uniti. Vuoi
più bene a lui che …» non
finì la frase,
non vece in tempo, che Roxas gli tirò un piccolo pugno sulla
testa.
«Taci, idiota. Non potrei mai voler bene a qualcuno
più di te. Sei mio
fratello.»
Sora sollevò la testa, stupito, e osservò il
volto di Roxas.
Guardava dalla parte opposta alla sua, mentre un’espressione
seria cercava di
coprire quella imbarazzata che gli decorava la faccia.
Sora rimase fermo per un attimo, mentre mille idea scivolarono nella
sua testa.
Alla fine adottò quella che gli sembrava migliore:
saltò addosso al gemello e
lo abbraccio, strusciando la guancia paffuta contro la testa di Roxas.
«AH, SORA! Lasciami idiota, lasciami!»
sbottò il biondo, dimenandosi dalla
presa del fratello mentre l’imbarazzo ritornava a farsi
sentire.
Non era il tipo da contatto fisico, specialmente dopo aver proferito
qualcosa
di tanto imbarazzante come un “ ti voglio bene”.
Poco importava se la persona a
cui era riferito era Sora, suo fratello.
Anzi, non sapeva perché ma gli faceva contorcere le budella
il solo pensiero si
averlo detto proprio a lui.
Una strana sensazione all’altezza della
pancia non era proprio la cosa migliore quando si parlava di fratelli,
specialmente perché era la stessa che sentiva quando pensava
ad Axel.
«Su, staccati! Non voglio che qualcuno mi veda attaccato a
te.» continuò a
brontolare il minore dei gemelli, spingendo via Sora che, ovviamente,
ritornava
subito all’attacco.
«Tanto non c’è nessuno,
nessuuuuuno.»
E tra tante spinte e urla rimasero vicino all’entrata della
scuola, mentre Axel
non si fece vedere.
Sora
stava addosso a Roxas in modo fin
troppo evidente.
Gli parlava, lo toccava, lo abbracciava, lo scrutava.
Ad Axel non era mai piaciuto Sora, quantomeno quando nei paraggi
c’era Roxas.
Non sapeva il motivo ma detestava profondamente il rapporto che
sembrava legare
i due gemelli, specialmente quando Roxas faceva intendere di non voler
mischiare la sua vita scolastica con quella privata; e per privata
intendeva
quella con Sora, ovviamente.
Per di più il moro in questione sembrava stravedere per il
gemello e, secondo
gli occhi esperti di Axel, non lo faceva come un normale fratello
dovrebbe
fare.
Ma quelli non erano suoi problemi, non quel giorno per lo meno.
Quella mattina il rosso era felice di poter passare ancora
più tempo con il più
piccolo dei gemelli Kouno, lontano da sguardi indiscreti e altre
persone.
Non che gli piacesse Roxas, ovvio! Era il suo migliore amico e basta.
Magari un migliore amico con i benefici era meglio, no?
Scosse la testa e sospirò, girando l’angolo e
camminando per la strada deserta.
Axel era uscito di casa in perfetto orario, come sempre
d’altronde. Era un tipo
preciso e gli piaceva avere tutto sotto controllo. Aveva mille piani in
mente e
se era riuscita a scamparla talmente tante volte era solo grazie a
questo lato
del suo carattere.
Afferrò il cellulare nero e osservò
l’ora.
6: 00
Puntuale come al solito svoltò l’ennesimo
angolo, mentre un sorriso si scolpì sulla sua bocca e le
braccia si alzarono al
cielo.
Mancava solo la piccola strada in pianura e avrebbe visto Roxas, ed era
pronto
a farsi sentire con il suo solito saluto.
Eppure appena iniziò a camminare lungo la stradina si
bloccò, fermandosi sul
posto.
C’era Roxas e c’era Sora.
C’era il suo migliore amico appoggiato al muro, con un
sorriso tranquillo, e
vicino a lui c’era il suo gemello, tutto esagitato che gli
girava intorno.
Si sentì ferito e offeso. Non ne aveva motivo, certo, ma gli
fece male
ugualmente.
Era una cosa stupida, scontata e da pazzi, ma digrignò i
denti e fece dietro
front.
Senza dire una sola parola, senza lasciare un messaggio a Roxas e
niente
ritornò sui suoi passi e spense il cellulare.
Non voleva passare del tempo con loro due, perché ogni volta
che c’era Sora gli
occhi di Roxas erano solo per lui.
Ma la cosa che più infastidiva Axel era che quello sguardo
che il biondo aveva
era uguale identico a quello che Sora riservava a lui.
E non era una cosa tra fratelli.
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