Changing

di xMoonyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Scontri e confronti ***
Capitolo 3: *** All'ombra della foresta ***
Capitolo 4: *** Coperti e... scoperti ***
Capitolo 5: *** Vittima del destino... o dell'ira di Uther? ***
Capitolo 6: *** L'enigma del Drago ***
Capitolo 7: *** Vecchi Amici... ***
Capitolo 8: *** Chi sei veramente ***
Capitolo 9: *** Un bacio di troppo ***



Capitolo 1
*** Quando tutto ebbe inizio ***


Arlin 1 Titolo: Changing
Rating: Verde per ora, ma sicuramente più avanti passerà al giallo e chissà, forse sfocerà anche nell'arancione.
Genere: Fantasy, Commedia, Comico, Romantico e poi non saprei proprio xD
Contesto: Mmm io la collocherei più o meno a metà della seconda serie, anche se non ha un contesto preciso. Sicuramente, in ogni caso, non fa riferimento alla terza serie, infatti il drago è ancora nelle segrete del castello e Morgana non è passata al.. lato oscuro della forza xD.
Riassunto: A detta di Merlin Arthur è un borioso ed arrogante somaro regale, egoista e viziato, che si preoccupa solo di se stesso e non ha a cuore nessun altro. Dal canto suo Arthur pensa che il suo servitore sia incapace, idiota e logorroico, oltre che totalmente inutile; però entrambi sanno che senza l'altro la loro vita risulterebbe incredibilmente piatta e monotona. E se una fresca notte di primavera un mago in cerca di vendetta contro il regno di Camelot decidesse di mischiare le carte dei loro destini, scambiando le loro vite?
Avvertimenti: La seguente storia conterrà elementi slash in futuro, perciò se vi disturba il genere potete decidere di avventurarvi in questa follia o di cliccare sulla x rossa in alto a destra.

Infine, buona lettura! :)


Changıng


Capitolo I


Il cielo era di un azzurro limpido ed una brezza leggera accarezzava le creste e i merli del castello agitando gli arazzi a righe rosse e nere sormontate da un leone dorato.

Né caldo, né freddo.

Gli uccellini cantavano le loro armoniose melodie e il sole riscaldava tutto ciò che bagnava senza scottarlo troppo.

Una giornata perfetta, insomma; a meno che non ti chiami Merlin e sei il valletto personale del giovane principe Arthur Pendragon.

Con un gemito strozzato, infatti, il servo moro del gentile e altruista suddetto principe cadde a terra, avvolto da una nuvola di schegge. Tra le dita affusolate e tremanti reggeva uno scudo di legno.

«Insomma, Merlin, la vuoi finire di perdere l'equilibrio? Un mulo sarebbe più efficiente di te!»

Il più piccolo si rimise faticosamente in piedi con una smorfia e gli rivolse uno sguardo sarcastico. «Chiedete a lui la prossima volta, sire. Sono certo che sarà più che entusiasta di soddisfare i vostri capricci.»

«Almeno non parla.» fu la replica ironica, subito seguita da un affondo che colse il servo alla sprovvista.

Ancora una volta Merlin perse l'equilibrio per l'urto ed inghiottì la polvere.

La caduta fu più rovinosa delle precedenti ed il ragazzo rimase a terra col respiro affannoso.

«Stai familiarizzando col terreno per caso? Rimettiti in piedi!»

«Il terreno è più gentile di voi.» biascicò Merlin eseguendo l'ordine.

In realtà restare sdraiato a riprendere fiato era una prospettiva ben più allettante.

«Cosa hai detto?»

«Niente, niente!»

E fu così che l'allenamento riprese.

Dieci affondi, quattro parate e sette cadute di Merlin dopo, quando ormai il sole era calato all'orizzonte tingendo tutto di lilla, il giovane rampollo dei Pendragon ritenne finalmente saggio terminare l'allenamento.

Merlin sorrise alla notizia, rimettendosi in piedi in un attimo.

«Avete deciso di non farmi stancare inutilmente? Vi ringrazio!»

«Beh un servo moribondo non mi serve a niente.» si schermì il principe con orgoglio ed un sorriso sardonico «E i miei venti stivali desiderano tanto una ripulita!»

Il sorriso di Merlin si smorzò in un attimo.

Come non detto… pensò il ragazzo imponendosi la calma.

Ma non ci riuscì e la risposta mordace che premeva per liberarsi abbandonò le sue labbra prima che il moro riuscisse a frenarsi.

«Siete sempre il solito Asino.»

«E voi il solito servo idiota.» Arthur gli diede una sonora pacca sulla spalla tanto forte da sbilanciare il più piccolo e rischiare di farlo cadere di nuovo a terra. «E stasera per il grande banchetto ho bisogno dei miei stivali lustri.»

«Perché ovviamente indosserete tutte e dieci le paia di stivali, suppongo.» borbottò il servo superandolo a capo chino, diretto verso le stanze del principe.

«Cosa hai detto?»

«Niente, niente.»

«Ecco. Allora, invece di parlare a vanvera come fai sempre vedi di sbrigarti che l'ora della cerimonia si avvicina!»

Merlin non si arrabbiò neanche per la mole eccessiva del lavoro.

Ormai ne era avvezzo, ogni giorno era la stessa storia, e sebbene le sue membra stanche ne risentissero, non credeva fosse il caso di lamentarsi.

Proteggere Arthur era il suo destino, e l'unico modo che aveva per stargli vicino ed impedire che morisse in circostanze misteriose era fargli da servitore.

E poi Arthur, sebbene si mostrasse sempre arrogante e borioso -ed ovviamente anche asino- in fondo aveva un cuore puro.

Un po' in fondo.

Okay… molto in fondo.

Raggiunse la scalinata di pietra con uno sbuffo e si accinse a percorrerla; non sentendosi seguito, però, si voltò a cercare la familiare chioma bionda.

Arthur sorrise al suo sguardo interrogativo. «Sali pure senza di me, Merlin. Ho da fare.»

«Da fare, dite?» ripeté il mago col suo solito scetticismo divertito. «E cosa, abbronzarvi?»

«Non ne ho bisogno, a differenza di te che sei bianco come un morto.»

«Siete sempre gentilissimo.»

Arthur ghignò, ma non rivolse gli occhi al servitore: continuava a fissare un punto imprecisato nella piazzetta.

Il moro, perplesso, seguì la traiettoria dello sguardo e sospirò con un mezzo sorrisetto tirato.

Doveva immaginarlo. Gwen.

Arthur sorrideva come un citrullo ed avanzò con fare ebete verso la ragazza.

O almeno questi furono i pensieri del giovane mago, che si risolse decidendo di salire alle stanze del principe per terminare al più presto il suo compito e potersi concedere qualche minuto di riposo prima della cerimonia.

Al castello, infatti, era giunto il Re di un regno vicino, il regno di Evrard, per firmare un trattato di pace.

Re Leonard a causa della sua moglie sterile non aveva ricevuto un erede. La regina però era morta di malattia quando lui era ormai troppo vecchio per potersi risposare e provare ad avere un erede, ed era consapevole di dover lasciare il regno al suo fratello minore, Marcus.

A dire il vero non era una grande novità… ormai a Camelot giungevano spesso re dai paesi vicini per stipulare un accordo di tregua col regno, e non è che quei giorni fossero diversi dagli altri.

Anzi, se possibile Merlin aveva ancora più lavoro da fare, perché doveva servire da bere al banchetto invece di poter cenare in compagnia del caro Gaius nella tranquillità della loro modesta abitazione.

Però, a pensarci meglio… ora che Arthur era impegnato nel tentativo di ingraziarsi la serva di Morgana, Merlin sarebbe stato da solo nella stanza.

E fu con un sorrisetto che il moro si richiuse la regale porta alle spalle: per una volta poteva usare la magia senza paura di essere visto!




Finalmente sarà soddisfatto di me, quell'Asino! pensò Merlin mentre fissava compiaciuto la spugna imbevuta di schiuma strofinare gli stivali uno ad uno con meticolosa perizia.

Altro che maledizione, la magia era un dono!

«Merlin?»

«Eh?»

Merlin sussultò e la porta si aprì mostrando il volto tirato del principe Arthur.

In un attimo la spugna precipitò a terra e Arthur la fissò con fare perplesso, grattandosi la tempia come per assicurarsi di averci visto bene.

«Arthur!» ansimò Merlin sentendo la fronte imperlata di sudore freddo. Si stirò in un sorriso falso e raggiunse il principe, che continuò a fissare la spugna confuso.

«Che stavi facendo?»

«Pulivo i vostri stivali, sire.»

Arthur corrugò le sopracciglia.

«Assurdo… per un attimo ho creduto che la spugna si muovesse da sola…»

Poi scrollò le spalle ed alzò gli occhi sul servitore.

«Ottimo lavoro, Merlin, come premio ti esento dai tuoi doveri per oggi.»

«Ma adesso c'è la cerimonia!» gli ricordò Merlin spalancando le braccia, querulo. «Tutti i servi devono essere presenti! Non posso certo mancare!»

Arthur si finse sorpreso. «Ah che peccato, allora! E io che volevo essere magnanimo… sarà che non è destino!»

E con un sorrisetto innocente si volse a rimirare la sua armatura.

Merlin avrebbe voluto replicare qualcosa di duro, ma alla fine si limitò ad un semplice. «Non mi parlate di destino…»

«E tu non parlare e basta. La cerimonia sta per iniziare e devo essere pronto entro breve.»

Merlin tramontò gli occhi al soffitto raggiungendo il guardaroba: spalancò le due ante e rimirò l'interno, tuffando le mani tra le varie vesti alla ricerca di quella più adatta e del consueto mantello rosso.

«Com'è andata con Gwen?» chiese fingendosi disinteressato mentre recuperava anche i calzoni e la cintura.

Arthur sospirò mentre si toglieva la veste, rimanendo a torso nudo per aspettare che Merlin gli facesse indossare la tunica, e sorrise.

«E' andata.»

«I miei complimenti, sire.» replicò lo smilzo avvolgendogli la cintura attorno ai fianchi. «Allora non siete così asino come sembrate.»

«Dovrei mandarti alla gogna solo per questo, Merlin…»

«Ma non lo farete.»

«Solo perché oggi mi servi.» fu la replica.

Come se gli altri giorni non gli servissi… riflettè Merlin con una smorfia. Poi scelse una delle dieci paia di stivali e li portò al capezzale del principe.

«Che vi siete detti? Era contenta di vedervi?»

«Mmm sì.» rispose il principe vago, compiacendosi di vederlo fremere per avere più notizie.

«E vi siete baciati?» concluse Merlin mostrandosi indifferente mentre gli assicurava il mantello sulle spalle. Alzò un attimo gli occhi su Arthur, non vedendolo rispondere, e in quell'istante si accorse che erano particolarmente vicini.

«Non sono affari che ti riguardano.» rispose Arthur irritato. Poi fece un pallido sorriso. «Sono un principe, Merlin.»

«Un principe Asino.»

«E tu sei troppo indiscreto.»

«Ma almeno non sono un Asino.»

«Oh! Basta con questa storia, idiota!»

Merlin sorrise come al suo solito e si allontanò, per rimirare il risultato.

«State benissimo sire, sicuramente stasera farete colpo su qualche dama o… impressionerete quella che già avete.»

«Io non ho una dama!» replicò Arthur imbarazzato e Merlin sorrise del suo rossore.

«Adesso avete una faccia da rospo.»

«Ma sei zoofilo?!» scattò Arthur sarcastico. «Prima dici che sono un asino, poi che ho la faccia da rospo! Il prossimo insulto sarà che ho i piedi a papera?»

Merlin mosse un indice come se si fosse accorto di una cosa solo in quell'istante. «Avete ragione! Ora che ci faccio caso avete proprio i piedi a papera!»

«Oh santa pazienza!» Arthur mosse la braccia in un gesto esasperato. «Quanto ancora dovrò sopportarti?»

«Fino alla morte, temo.»

«Dio ce la scampi.» fu la replica sconfortata.




La cerimonia non durò a lungo, ma fu ugualmente stressante per tutti: per Uther, che dovette mantenere sempre il sorriso e mostrarsi gentile con tutti, per Arthur che fu costretto dall'Etichetta a confermare le parole del padre senza battere ciglio e dimostrarsi un figlio ed un erede degno, e per Merlin che si ritrovò a correre da un commensale all'altro per versare il vino o porgere qualche piatto di portata.

E non far cadere nulla non era certo un gioco da ragazzi!

Alla fine Uther richiamò l'attenzione di tutti alzandosi e quando ebbe ottenuto il silenzio annunciò che Camelot, in onore dell'arrivo di Leonard e del fratello, avrebbe organizzato una settimana di giochi a cui naturalmente il suo figlio Arthur avrebbe partecipato.

Il principe non sembrava molto entusiasta all'idea, anzi tutto il contrario, perché durante il tragitto di ritorno alle sue stanze non aveva aperto bocca.

Non che ce ne fosse bisogno, dal momento che Merlin stava snocciolando con fare logorroico tutte le richieste assurde dei commensali.

«E versami questo, passami quello, ma che pretese! A questi nobili di Evrard servirebbe una buona dose di umiltà. Solo perché ho fatto accidentalmente cadere una goccia di vino sulla regale manica di uno di loro mi sono meritato insulti e minacce…»

«Merlin…»

« E voi, nel vostro regale ozio, non vi siete nemmeno curato di difendermi! Ma no, ovvio, io sono solo il servo idiota, a voi cosa importa se…»

«Merlin!»

Il servo si zittì, quando il principe si voltò a guardarlo muovendo di scatto le mani.

«Sono stanco, non sono in vena di ascoltare le tue lamentele! Te ne rendi conto? Un altro torneo!»

Varcarono la soglia della stanza del principe e Merlin si affrettò a slacciargli il mantello rosso.

«Certo che lo so, non sono sordo!»

«Alle mie richieste sì.»

«Ma voi siete un forte e abile soldato, no? Vincete sempre quei tornei e questa volta non sarà diverso.»

Turno della cintura.

Il principe sospirò di nuovo.

«Ti ringrazio per la fiducia Merlin, davvero. Ma il punto non è che ho paura di non vincere. Il punto è che sono stanco del fatto che mio padre prende delle decisioni senza consultarmi!»

Il mago tacque, sapendo che se avesse parlato avrebbe peggiorato la situazione.

«E'… è frustrante, Merlin.»

Sembrava così fragile in quei momenti, ben lontano dall'arrogante e borioso Asino quale si mostrava in pubblico.

«Mi dispiace, sire. Posso capirvi… quando qualcun altro sembra sapere più di voi.»

«No che non puoi capire!» abbaiò il biondo a quel punto, tanto improvvisamente che Merlin indietreggiò, lasciando la presa sulla sua maglia.

Poche volte aveva sentito Arthur urlare, specialmente contro di lui.

Sembrava davvero sconvolto.

«Sei solo un servitore, Merlino!»

Fu quella frase, da sola, che lo travolse come un'onda.

In un lampo si accese tutta la frustrazione che aveva accumulato, giorno dopo giorno, ma che non aveva mai avuto il coraggio -o meglio, il buon senso- di palesare.

Ma questo era troppo.

Non riuscì a chiudersi la bocca, e le parole fluirono fuori come un fiume in piena, che non vedesse l'ora di straboccare.

«Certo, un povero servitore non potrebbe mai capirvi perché non è alla vostra altezza.» replicò acido e offeso. «E voi che siete un Asino cosa ne sapete di quello che devo sopportare io? Mentre voi state a giocare con le spadine insieme ai vostri soldatini io fatico giorno e notte per pulire le vostre cose e per giunta senza ricevere mai un grazie!»

«Quelli non sono giochi, ci rischio la vita io!»

«E la mia vita allora? E' venduta ai vostri capricci!»

«Ma se non vuoi farmi da servitore puoi andartene! Quella è la porta, nessuno ti trattiene!»

Merlin sbiancò, il respiro affannoso.

Entrambi stavano urlando.

Entrambi erano infuocati dall'ira.

Entrambi sapevano che il giorno dopo si sarebbero pentiti per quelle parole taglienti.

Ma a nessuno dei due importava, al momento.

«Voi siete un egoista, sire, e pensate sempre a voi stesso! Solo voi soffrite, solo voi siete incompreso, solo voi avete problemi! Ho sempre cercato di aiutarvi per attenuarvi le sofferenze ma voi per me cosa avete fatto a parte sommarmi altri compiti?»

Arthur gli diede le spalle. «Non potrai mai comprendere quali sono i doveri di un principe.»

«Vorrei poterli comprendere allora!» urlò il servo disperato, sentendosi ferito come non mai.

Ogni parola del biondo era stata come una pugnalata, e per colpa sua adesso gli occhi gli bruciavano incredibilmente.

«E vorrei che voi capiste come mi sento io!»

Arthur non replicò, e quella da sola fu una risposta. La conversazione era terminata, il principe lo stava congedando.

Merlin trattenne le lacrime, si voltò con un grande sforzo e raggiunse la porta. Infine se la richiuse alle spalle e corse attraverso il corridoio, come a porre la maggior distanza possibile tra lui e il somaro.

Si sentiva distrutto…

Non aveva mai litigato con Arthur… non così pesantemente, per lo meno.

Di solito si limitavano ad insultarsi e prendersi in giro, ma niente di grave perché loro erano… amici.

Amici?! Merlin, finalmente uscito all'aria aperta, calciò con violenza una pietra. Figurarsi se quel somaro mi considera un amico!

Come una furia raggiunse la porta della casa di Gaius e la aprì con una spallata.

«Merlin!» sobbalzò l'uomo rischiando di farsi sfuggire dalle mani una boccetta di liquido verde.

Il ragazzo si passò velocemente una manica sugli occhi per cancellare le lacrime di rabbia e senza una parola raggiunse la porta della sua stanza.

«Faccio tanto per aiutare quel somaro di Arthur e lui continua ad ignorare i miei sforzi! Io così non ce la faccio più, Gaius…» si aggrappò con una mano alla parete, rendendosi conto solo in quell'istante di quanto fosse stanco, e di quanto male gli facessero quelle parole.

«Non valgo niente secondo lui, niente di niente!»

«Merlin…»

«Vado a dormire!»

«Merlin, aspetta!»

Il cerusico gli poggiò una mano sulla spalla e il ragazzo fu costretto a voltarsi.

Ringraziò l'oscurità, che impedì al vecchio di intravedere le lacrime di rabbia sul suo viso: avrebbe voluto conoscere un incantesimo per rendersi invisibile, al momento, oppure per essere inghiottito seduta stante dal terreno.

«Merlin, non permettere a nessuno di farti dubitare di te. Non è vero che non sei nessuno, non importa se il principe Arthur lo pensa.»

Merlin abbassò lo sguardo, passandosi le dita sugli occhi per ricacciare indietro quelle maledette lacrime.

«E poi non credo che lo pensi, altrimenti ti avrebbe licenziato dopo il primo giorno.»

Gaius sospirò, stringendolo tra le braccia.

«Tu sei speciale, Merlin, non scordarlo mai!»

Il moro sorrise tra le lacrime e rispose con calore all'abbraccio.

«Grazie Gaius.»

«E ora vai a dormire, che domani ti aspetta un'altra giornata estenuante!»

Merlin, finalmente, si concesse una lunga risata. Quella era la sua casa.

Quella era la sua famiglia.




«Caro Merlin… sei così ingenuo!» celiò sadicamente una voce maschile.

 La figura a cui apparteneva sorrise in direzione di una sfera di cristallo: al suo interno veniva mostrato l'abbraccio del vecchio e del servitore «Non immagini neanche quanta magia possono contenere le parole. Ma lo scoprirai presto… te lo assicuro. E adesso: sogni d'oro.»

I suoi occhi si illuminarono d'oro così come la sfera, che lanciò diversi bagliori. Un attimo dopo l'interno della casa di Gaius e i due abitanti scomparvero, sostituiti dalla visione di intense volute di fumo.

E né Merlin né Arthur avrebbero potuto immaginare ciò che sarebbe accaduto da lì a qualche ora…


***


«Che state facendo, Gaius?»

Il vecchio cerusico sollevò la testa, insieme ad un folto sopracciglio, ma non degnò l'allievo se non per qualche attimo.

«Una pozione.» rispose laconico tornando a mescolare una crema dall'odore nauseabondo nel fondo di una ciotola di legno. Merlin avanzò cauto, tappandosi il naso, e allungò il collo scorgendo una pasta color verde muschio; distolse immediatamente lo sguardo, reprimendo un conato.

«Non sembra molto invitante.»

«Non deve esserlo, l'importante è che funzioni. Solo così il principe guarirà.»

Merlin fece una smorfia: il principe era sempre ferito o in punto di morte, ed era lui, il mago, a doverlo salvare ogni volta.

E nonostante ciò, mai un ringraziamento!

«Com'è fatta?»

«Acqua bollente, estratto di erica e, naturalmente, l'Essenza.»

«L'Essenza?»

«Varia da persona a persona, ed è un materiale legato in un qualche modo al paziente; nel caso del principe… ecco qui.» cincischiò dentro la tasca interna della tunica, poi estrasse qualcosa che sembrava un ciuffo di peli grigi.

«Cosa sono?» chiese Merlin, sospettando la risposta.

«Peli di asino.»

Il moro sorrise: ecco l'Essenza del prin-…


«Alzati!»

Quella voce…

Merlin mugghiò nel sonno, strofinando la guancia sul cuscino per ricevere calore e conforto.

«Ancora cinque minuti, Gaius…»

«E' un ordine, Merlin! Alzati!»

Quella voce era così familiare...

Sentendosi strattonato il giovane mago imprecò mentalmente contro chi stava osando disturbare il suo sonno.

Ma ormai era troppo tardi; lentamente la sua mente decifrò la realtà, abbandonando il mondo onirico e l'Essenza del principe.

Sbuffò contro il cuscino, mentre la mano molesta continuava a scuoterlo, sempre con più decisione.

«Ti butto giù dal letto, guarda! E non mi importa niente delle conseguenze!»

Quella voce… no, non apparteneva a Gaius.

Merlin grugnì di nuovo e si voltò aprendo piano le palpebre: così come i colori, inizialmente sfocati, presero nitidezza ed intensità, così i ricordi e la consapevolezza di sé tornarono a galla; litigio compreso.

La luce del sole lo ferì e lo costrinse a richiudere le palpebre, cercando la coperta per tirarsela via.

La trovò ammucchiata in un angolo, particolarmente soffice… ma con la mano sfiorò qualcos'altro, più leggero e setoso.

Merlin batté le palpebre, mentre la fastidiosa figura insisteva a torturalo, e si accorse di star stringendo qualcosa che assomigliava vagamente ad una tenda rossa.

Lo scocciatore lo richiamò ancora, schiaffeggiandolo.

«Ma ti ci vuole tanto per svegliarti, ogni giorno?! Santo cielo, povero Gaius!»

No, un momento… tende rosse? E da quando dormiva in un letto con tende rosse?

«MERLIN!»

Il ragazzo finalmente si voltò, scorgendo in volto l'uggiosa creatura.

Sussultò.

Di fronte a lui c'era… se stesso.

«Ma che diavolo?!»

«E' stata la mia stessa reazione!» convenne l'altro Merlin, disperato.

Il giovane mago si ritrovò a ridere della sua stupidità.

«Sto sognando… oh sì, sono ancora nel mondo dei sogni.»

«Non sai quanto vorrei che fosse così.» replicò l'altro se stesso, riottoso. «Ma invece quest'incubo è reale, dannazione!»

Merlin non riusciva a credere a quello che stava succedendo: un attimo prima sognava di Gaius che preparava una pozione con peli d'asino, un attimo dopo ecco che stava tranquillamente -o quasi- conversando con se stesso.

No, decisamente qualcosa non andava.

O il suo mentore gli aveva avvelenato l'acqua con qualche sostanza che provocasse allucinazioni, oppure era completamente uscito di senno.

«Tu non sei reale, sei nella mia testa…»

«Piantala di fare l'idiota, Merlin, e rispondimi: cosa ricordi di ieri?»

«Sei un'illusione… ora torno a dormire così sparisci!»

L'altro Merlin tramontò gli occhi al cielo col respiro corto ed un'evidente irritazione, e allungò la mano verso un cassetto.

Il vero Merlin invece fu colto da uno sbadiglio e si portò immediatamente la mano alle labbra. Qualcosa luccicò e lui si fissò perplesso le dita: da quando portava un anello?

E perché vi era inciso lo stemma dei Pendragon?!

Batté le palpebre diverse volte, col cuore che aumentava inesorabilmente i battiti.

No… pensò, sconvolto, guardandosi intorno disperatamente. No, no, no!

«Se tu sei me…» mormorò più a se stesso che all'altro, senza  sapere chi fosse di preciso il "tu".

«Io…»

Tutto ciò gli ricordava la stanza del somaro, ma non poteva essere reale…

Eppure... quello era il medesimo letto.

Quelle le medesime coperte.

Quelle le medesime tende rosse.

Si voltò cercando il se stesso e lo vide avanzare reggendo qualcosa tra le mani: uno specchio.

Prima ancora che potesse dire qualsiasi cosa l'altro Merlin gli aveva praticamente spiattellato l'oggetto sul naso.

«Adesso… mi vuoi… stare… a sentire?!»

Merlin batté le palpebre, dimenticandosi di respirare.

Di fronte a lui la superficie riflettente gli rimandava l'espressione pallida e sconvolta di Arthur Pendragon.

Un attimo di comprensione, poi accadde.

Merlin urlò.

Si era trasformato nel regale Somaro!



~To be continued~





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Angolo Autrice.


Avevo in mente da più di un mese di scrivere una fic su Merlin, naturalmente Methur (o Arlin, come preferite xD) e alla fine è uscita questa... cosa. E' un esperimento, ed è la prima volta che scrivo su questo fandom, quindi spero di non essere sprofondata nell'OOC, in quel caso chiedo venia e clemenza!
Piuttosto, mi farebbe mooolto piacere ricevere dei pareri da voi lettori, perciò... ai posteri l'ardua sentenza! u.ù

Note: 1. Non so quanto si dilungherà, ma sicuramente supererà i 10 capitoli. La mia idea è di scriverne 13, come gli episodi di ogni serie di Merlin, per il resto si vedrà! :)
2. L'idea dello scambio mi affascina... ho sempre pensato a quanto sarebbe stato comico se fosse successo in uno degli episodi. Non c'è stato e così mi sono presa la libertà di creare questa possibiltà! :)

Grazie in anticipo e arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Capitolo 2
*** Scontri e confronti ***


Arlin 2 Mi scuso innanzitutto per il ritardo, la prossima volta non vi farò aspettare tanto, o almeno spero! :) Da questo capitolo inizia il paradosso! E se avete delle idee divertenti, paradossali, bizzarre o romantiche in conseguenza allo scambio di corpo, mi raccomando, non esistate a dirle, così vedrò se posso inserirle nella storia in vostro onore! :)

Dedico il capitolo a Orchidea Rosa, elfin emrys, Your guardian Angel, _Sahara_, Il_Genio_del_Male, Sakura Nakamura, mindyxx e principessaotaku93 per le loro meravigliose recensioni! ^^
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Changıng


Capitolo II


Merlin ebbe bisogno di diverse boccate di ossigeno prima che il suo cervello registrasse il messaggio offertogli dallo specchio.

«Che bisogno hai di urlare?» lo redarguì l'altro se stesso, ovvero… Arthur.

«Dovresti solo fare i salti di gioia per avere la possibilità di rimirare il mio bellissimo viso!»

Era piuttosto assurdo sentirlo parlare usando la sua faccia.

Ed era altrettanto assurdo scorgere il volto del principe, nello specchio, in una posa sconvolta.

«Ma io rivoglio il mio di viso!» replicò, ostinato.

Arthur rise al suo fianco. «Te lo ritornerei volentieri, oggi ero quasi svenuto quando mi sono specchiato.»

«Eih!»

«Ma insomma, dico io… come fai a sopportarle?»

Merlin sollevò un sopracciglio, sarcastico, mentre cercava di mettersi in piedi.

«Cosa?»

«Le tue orecchie!» spiegò Arthur, ovvio, afferrandosi i lobi.

Il mago lo guardò male. «Che hanno le mie orecchie che non va?»

«Sono… come dire?… enormi!»

Doveva aspettarselo…

Tacque, mentre cercava una bacinella d'acqua: aveva bisogno di rinfrescarsi le idee, senza dubbio.

«Oh povero, come potrai sopravvivere con tali enormi difetti?»

«Me lo chiedo anche io. La natura non dovrebbe permettersi di fare certi scherzi, non avrebbe dovuto appioppare delle simili scodelle ad un essere umano!»

Okay, il moro stava decisamente per perdere la pazienza.

Avrebbe presto ucciso il principe… ma no, doveva contenersi.

Finalmente raggiunse la bacinella con l'acqua, e si affacciò: tuttavia non incontrò i suoi familiari occhi azzurri, o la chioma nera.

No, ancora una volta si ritrovò a fissare l'antipatico volto del principe.

Dunque non era un sogno…

Si voltò a guardare se stesso con l'anima di Arthur, che nel frattempo stava imprecando contro la Natura per gli scherzi che aveva fatto a Merlin, come dotarlo di quelle "scodelle" al posto delle orecchie, di un corpo ossuto, di due gambe assai gracili, di vestiti di terza -o forse centesima- mano, e di zigomi troppo pronunciati.

«Avete finito di insultarmi?» lo accusò, avvertendo una vena di rabbia pulsare nei suoi polsi. Sentire la voce del principe urlare le sue parole era semplicemente… incredibile.

Arthur sospirò. «Non ti stavo insultando!»

«No, figuriamoci…»

«Piuttosto, tu non c'entri niente con questa storia vero?»

Inutile: per quanto si sforzasse di contenersi, aveva perso la pazienza.

«Io? E perché dovrei aver fatto una cosa del genere? Non ci tengo per niente a vestire i vostri nobili panni, sire!»

Arthur distolse lo sguardo, non sapendo cosa dire.

«Lo so, è solo che… ho sperato fosse un sogno, uno scherzo, ma a quanto pare non lo è.»

«E' opera di stregoneria.» meditò Merlin, senza pensarci. Si accorse subito dopo dell'errore, quando Arthur gli lanciò un'occhiata perplessa.

«Beh è evidente, no? Sicuramente non è opera mia.»

«E chi potrebbe essere stato?» domandò il regale asino, mostrandosi un irrecuperabile somaro ancora una volta.

«La domanda non è chi ma perché!  Perché qualcuno vorrebbe scambiarci di corpo?»

Si guardarono per un attimo interminabile, poi la consapevolezza si fece strada nei loro sguardi, e impallidirono, urlando all'unisono:

«Il torneo!»

«Ma certo!» aggiunse Merlin, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ed iniziò a percorrere il perimetro della stanza. «Al torneo dovrò partecipare io, sire, e sicuramente verrò sconfitto!»

«E io non perdo mai i tornei!»

«In questo modo riceverete gli sguardi delusi di vostro padre…»

«E il popolo perderà fiducia in me!»

Si guardarono di nuovo, disperati.

«Dobbiamo fare qualcosa!» concluse Arthur, determinato e… beh, in fondo anche supplichevole.

«Se riuscissimo a spezzare l'incantesimo… ma come?»

Il mago ed il principe, ognuno nel corpo dell'altro, si sedettero sul letto del pupillo dei Pendragon, l'uno con le mani nei capelli, l'altro con i pugni serrati.

«Non abbiamo nessuna pista da seguire, è come cacciare una preda trasparente!» osservò Arthur, con le mani tra i capelli neri. «Non sappiamo da dove incominciare! Forse dovremmo dirlo a mio padre…»

«No!»

«Dobbiamo chiedergli di annullare il torneo! Tu non puoi gareggiare, mi faresti uccidere!»

«Nessuno deve saperlo!» sibilò Merlin, turbato. «Immaginate come reagirebbe vostro padre: in men che non si dica lo saprebbe tutto il regno e… nessuno si fiderà più di voi, vedendovi nelle vesti di un servitore!»

Arthur si lasciò allora cadere sul letto, sconfortato. «Hai qualche altra idea, genio?»

«Per adesso dobbiamo fingere.» spiegò Merlin, laconico. «Del resto non mi verrà difficile: basterà essere arrogante e borioso, guardare tutti dall'alto in basso e fare sorrisetti sarcastici che danno sui nervi ai servitori.»

Il principe lo guardò tra l'incredulo e il divertito.

«E a voi occorrerà solo apparire gentile e disponibile.»

«Perché tu saresti gentile e disponibile

«Ed anche di ottima compagnia, sire.»

«Deliri.»

«E voi non avete voce in capitolo, sire, perché…»

«Perché al momento sono un servitore, lo so.»

«Quello anche, ma intendevo che siete un asino.»

Si zittì solo quando il biondo -adesso moro- gli lanciò contro un cuscino.

«Per questa insolenza meriteresti la gogna, Merlin.»

«Ma voi non potete mandarmi alla gogna, sire.» replicò il mago, nascondendo il cuscino dietro la schiena in modo che il regale somaro non potesse recuperarlo.

«Ah no? E da quando si discutono i miei ordini?»

«Non rendereste mai il vostro nobile volto una cesta per la frutta!»

Arthur si rimise a sedere, colpito nel segno.

«Ovvio che no! Un principe alla gogna, non si è mai sentito!»

«Non ci siete mai finito, quindi…»

«E perché dovrei finirci, scusa? Quel posto è riservato ai comuni servitori come te… che non rispettano le regole.» assunse un'aria imperiale «che parlano a sproposito e -aihme- troppo… e che non fanno mai bene il loro dovere.»

«Ma al momento queste superbe qualità le incarnate voi.»

Arthur richiuse la bocca, improvvisamente cinereo. Si voltò immediatamente verso di lui, puntandogli un dito come monito.

«Non vorrai…»

Merlin sorrise, e Arthur si irrigidì.

«No… no! So cosa stai pensando ma… non oseresti

Il sorriso del mago si allargò. «Ne siete tanto convinto?»

«Non dirai sul serio?!» quasi urlò il principe, mettendosi in piedi. «Tu… tu… ma che insolenza! Quando torneremo normali, Merlin, ti giuro che…»

«Se torneremo normali.»

A quell'improvviso cambio di tono il principe richiuse la bocca, serio.

Merlin sospirò, consapevole di aver appena buttato a terra il morale dell'amico.

«Ma sì, certo che torneremo normali!» continuò, più rivolto a se stesso che all'altro, però. Si schiarì la gola, e si passò una mano tra i capelli. Quando li sentì più lunghi dei suoi e spettinati si ricordò che erano quelli del principe, e riabbassò la mano.

Eppure erano così morbidi…

«Comunque, come ha reagito Gaius stamattina? E… oh! Ho dimenticato di chiedervi come mai eravate già nelle vostre stanze quando mi sono svegliato!»

«Gaius non c'era, questa mattina.»

«Come no?»

«Non l'ho visto, poi beh… sai com'è, quando mi sono svegliato nella tua or-» lo guardò un attimo, imbarazzato, e finse un colpo di tosse. «nella tua stanza… ero abbastanza confuso. Mi chiedevo se non fossi svenuto e quindi tu, stupidamente, avessi pensato di medicarmi portandomi nella tua camera. Speravo di incontrare Gaius per chiedergli dove fossi finito ma fortunatamente non c'era. Immagina come avrebbe reagito vedendo il suo protetto chiedergli dove fosse se stesso!»

Rise e Merlin, suo malgrado, si ritrovò ad imitarlo. Quando entrambi si furono calmati, però, l'aria nella stanza si era fatta pesante e la tensione palpabile.

«Quando avete capito che…» Merlin si zittì, esortandolo con uno sguardo a continuare. Arthur lo fissò un attimo inebetito, batté le palpebre, e poi emise un flebile "Oh".

«Quando sono uscito fuori ed ho incontrato Gwen che si dirigeva a raccogliere l'acqua.»

«E cosa le avete detto?»

Arthur scrollò le spalle. «Le solite cose.. un sorriso accattivante e semplicemente irresistibile di qua, un "vuoi che ti aiuto?" di là…»

Merlin si batté una mano sulla fronte.

«Siete un asino.»

«E tu promesso alla gogna!»

«Un sorriso accattivante e semplicemente irresistibile?» ripeté Merlin, allargando le braccia. «Ma vi rendete conto che quello ero io?! Povera Gwen, chissà cosa starà pensando…»

Arthur guardò il soffitto, riflettendo. «Infatti quando ho tentato di baciarla lei si è sottratta.»

«Avete tentato di baciarla?!»

Merlin avrebbe voluto sprofondare nel terreno. «Oh mio dio… non avrò più il coraggio di guardare in faccia la povera Gwen!»

«Vedi il lato positivo, finché sarai nel mio corpo potrai guardarla quanto ti pare senza preoccuparti di nulla.» lo rincuorò il principe, distratto. Si accorse forse dopo dell'ambiguità di quella frase, perché arrossì.

«Non nel senso che devi guardarla! Anzi, te lo proibisco!»

Merlin tramontò gli occhi al soffitto. «Come se me importasse della vostra amata! Invece, ditemi come avete capito che qualcosa non andava.»

Arthur fece una smorfia. «Quando mi è caduto l'occhio sul catino che portava Gwen, e mi sono specchiato nell'acqua, immagina la mia reazione nel guardare la tua faccia lì dove sarebbe dovuta esserci la mia! Anche se a dirla tutta sospettavo che qualcosa non quadrasse già quando ho visto le mie mani.»

«Davvero?»

«Sono piccole, bianche ed ossute!» e gliele mostrò. «E io non ho le mani piccole, bianche ed ossute!»

«Notevole.» commentò Merlin, ironico. «Avete proprio occhio per i miei difetti, sire.»

«Non è un difetto, sono solo un po' femminili, ecco.»

«Femminili? Le mie mani non sono femminili!»

«Ma sì, invece!»

«Oh, voi siete un asino!»

«Non ti ho insultato, Merlin, non c'è niente di male ad avere mani femminili, anzi a molti uomini piacerebbero. Ho solo detto che io non ce le ho così…»

«Amoltiuominipiacerebbero?» ripeté Merlin tutto d'un fiato, arrossendo furiosamente. «Che intendete dire, sire?»

Arthur lo guardò senza capire, poi arrossì anche lui.

«Io non intendevo… oh accidenti, non è come pensi!»

«Lasciamo perdere. Piuttosto, pensiamo alla situazione in cui siamo finiti! Per adesso ci conviene fingere, anche perché ricordo di aver letto da qualche parte -o sentito dire, sinceramente non saprei- che questi incantesimi durano un giorno solo, e all'alba del giorno dopo svaniscono.»

«Intendi dire che dovrò stare in questo… dovremo stare in questo stato solo fino a domani?»

«Sì, se non erro.»

Il principe si picchiettò l'indice sul mento, riflettendo, l'altra mano dietro la schiena chiusa a pugno.

Poi iniziò a camminare avanti ed indietro e Merlin pensò che stesse veleggiando negli oscuri sentieri della sua mente, alla ricerca dei pro e dei contro che avrebbe comportato la sua scelta.

«Solo per oggi dovrò fingere di essere te.» ripeté ancora, e Merlin annuì.

«E tu dovrai -senza fare l'idiota come tuo solito- fingere di essere me.»

«Esattamente, sire.»

Arthur sospirò, voltandosi a guardarlo.

«Si può fare.»

Merlin sorrise, mettendosi anche lui in piedi, e gli porse una mano. «Perfetto!»

Arthur osservò la mano, poi guardò con cipiglio Merlin e quello ritrasse le dita.

«Come non detto, sire.»

«Spero davvero che tu abbia ragione, Merlin, perché non ho intenzione di sopportare le tue orecchie giganti per più di un giorno!»

«Vi diverte tanto insultare le mie orecchie?»

«No, certo, ma nessuno dovrebbe averle tanto grandi! Che poi, da tale grandezza uno si aspetta che tu senta meglio degli altri, e invece alle mie richieste rimani sordo!»

«Ma pensate ai vostri piedi a papera! Non so come fate, sinceramente, a correre senza inciampare!»

«Taci, Merlin, oppure…»

«Sì, lo so, quando torneremo nei nostri rispettivi corpi voi mi metterete alla gogna, sì. Come se fosse una novità.»

«Questo non cambia che hai delle orecchie sproporzionate!»

«E voi i piedi a papera!»

«Orecchie enormi!»

«Piedi a papera!»

«Orecchie enormi!»

«Piedi a papera!»

Qualcuno bussò alla porta, ma nessuno dei due lo sentì.

«Orecchie enormi!»

«Piedi a papera!»

«Emh…»

«Orecchie enormi!»

«Piedi a papera!»

«Non vorrei…»

«Orecchie enormi!»

«Piedi a pap-»

«Scusate!»

Entrambi si voltarono, irritati. «CHE C'E?!»

Morgana batté le palpebre, interdetta, con un mezzo sorriso perplesso.

«Ho interrotto qualcosa?»

I due avvamparono, e Arthur nel corpo di Merlin si massaggiò la nuca.

«Scusaci, Morgana.»

Morgana avanzò, sorridendo al suo indirizzo, poi si rivolse a Merlin nel corpo di Arthur con una breve riverenza simile ad un inchino.

«Buongiorno a te, Arthur, Uther mi ha mandato a chiamarti, voleva farti un discorsetto subito dopo colazione, a proposito del torneo di domani, credo. Così ho pensato di anticiparlo facendotene uno io.»

«Non dovevi, sei solo una donna!» rispose Arthur, e Merlin gli rivolse un'occhiataccia.

Morgana inclinò la testa, fingendosi offesa.

«Perdona l'insolenza del mio servitore!» si affrettò a rimediare Merlin, afferrando la spalla del giovane e guidandolo alla porta. «Non sa quello che dice, tende a parlare troppo! Concedimi un attimo, che gli offro alcune delucidazioni sul suo lavoro, e sarò immediatamente da te, lady Morgana.»

La donna annuì, con un sorriso, e Merlin si richiuse la porta alle spalle, lasciando la sorellastra nella sua stanza.

«Sire, d'ora in poi ricordate la nostra finzione!» lo biasimò, e Arthur lo guardò sdegnoso. «E da quando tu mi fai la ramanzina?»

«Non c'è tempo per reclamare le vostre regali condizioni! Ricordate che nessuno deve scoprire la verità!»

«Non posso lasciarti là dentro con quella vipera, sicuramente combinerai qualche idiozia!»

«Non combinerò nessuna idiozia, ve lo prometto, sire, e se chiederà qualcosa di irrimediabilmente personale vedrò di trovare una scusa per uscire dalla stanza. Voi nel frattempo… tornate da Gaius! Anzi no, venitemi a portare la colazione, dovremo imitare il più possibile la realtà!»

«Nella realtà io non ti porto la colazione!»

«Solo per un giorno!»

«E va bene, ma solo per oggi. E la colazione la mangerò io.»

«Fate come volete, ma sbrigatevi! Non intendo rimanere da solo con lady Morgana ancora a lungo!»

Arthur annuì, allontanandosi, poi si girò un attimo.

«Posso togliermi questo odioso fazzoletto dal collo? Come fai ad indossarlo ogni giorno, è scomodissimo! Insomma, sembra un cappio!»

«Perché naturalmente voi avete provato sul vostro nobile collo la stretta dell'impiccaggione.»

«Idiota, sai cosa intendo! Ricordati che se combini qualche disastro -come fai sempre- nessuno ti eviterà un mese di gogna, quando torneremo normali!»

«Chiarissimo.»

«Buona fortuna, allora.»

«Anche a voi, sire, sono sicuro che vi servirà.»

«Per cosa?»

«Per trovare la strada delle cucine.»

Arthur gli diede uno scappellotto sul collo, divertito, poi si allontanò nel corridoio.

Merlin si massaggiò il punto dolorante, con un lieve sorriso, seguendo con lo sguardo le movenze del principe.

Certo che era piuttosto strano parlare con se stesso e ricevere da se stesso colpetti sulla nuca.

«Arthur?»

«Arrivo subito, lady Morgana!»

***


Arthur percorse il corridoio con una lentezza voluta: un giorno, solo ventiquattro ore, e lui avrebbe rivisto i suoi capelli biondi allo specchio.

Ma intanto era un servo; ciò significava che non poteva dare ordini o imporre divieti.

Ma voleva significare anche che era esentato dall'onere di figlio del re e futuro erede al trono almeno per quel giorno.

Niente rimproveri paterni, niente allenamento coi cavalieri, nessun infinito discorso sulle responsabilità di un principe. Non era nemmeno costretto a camminare a testa alta; poteva correre, poteva urlare, poteva fare qualsiasi cosa… perché era solo un servo.

O meglio, no. Non era solo un servo. Era il suo servo, e non poteva permettersi di prendersi la gogna per comportamento sconsiderato.

Avrebbe approfittato di quella situazione solo quanto bastava.

Con un sorriso astuto Arthur accelerò il passo, diretto alle cucine.

C'era stato una volta, da bambino, e solo quella volta. Ma alla sua età praticamente gli impedivano l'accesso, e del resto non vi era stata occasione che lo volesse lì. I servi entravano nelle cucine; perché i servi portavano i piatti col cibo.

Cosa avrebbe dovuto fare un principe in quelle quattro mura, a parte impartire ordini?

Passò accanto a due soldati che stavano passeggiando nel corridoio del cortile interno, e non li salutò. Del resto quelli non gli rivolsero nemmeno uno sguardo.

Doveva essere così la vita di Merlin… semplicemente, "senza pensieri".

Svoltò l'angolo, e i due battenti della porta della sala regale si aprirono mostrando il re in compagnia di Gaius e di Sir Leon.

L'archiatra lo riconobbe immediatamente e gli sorrise. «Ben svegliato!»

«Buongiorno Gaius!» lo salutò Arthur distratto, affrettandosi ad allontanarsi. «Buongiorno anche a voi, padre.»

 Poi sparì oltre l'angolo.

«Sì, sì, buongiorno!» rispose sbrigativo il re.

Un attimo dopo batté le palpebre, perplesso, guardando i due amici.

«Padre?»








Arthur raggiunse finalmente le cucine e si richiuse la porta alle spalle con espressione da cervo spaventato con un branco di cani affamati al seguito.

Merlin aveva ragione, era un asino! Come poteva chiamare "padre" colui che per Merlin, ciò che era adesso, non era altro che il proprio re?

Doveva scordarsi di essere il principe. Doveva scordarsi di essere Arthur!

Si passò una mano sul viso pallido, sentendolo particolarmente spigoloso al tatto. Spigoloso e… incredibilmente liscio.

Possibile che Merlin non avesse la barba?

«Ti serve qualcosa? Che ci fai lì impalato?» chiese una voce.

Arthur sussultò, tornando al presente, e alzando lo sguardo incontrò il viso molle e grassoccio di un cuoco. Dietro di lui gli altri, già al lavoro a preparare strani intrugli in altrettanti strani calderoni, risero genuinamente.

Stava per replicare, irritato, che non era quello il tono di rivolgersi ad un principe quando si rese conto della cruda ed amara realtà.

E allora gli giunse spontaneo rispondere: «Ho bisogno della colazione per il principe Arthur.»

«Ma questo lo sappiamo già, smilzo!» ghignò il cuoco, dandogli una sonora pacca sulla spalla.

Arthur fu sicuro di aver sentito le proprie spalle scricchiolare, e si impose di offrire da mangiare metà della sua colazione al servo, quando sarebbe tornato normale. Se perfino i cuochi l'avevano definito "smilzo", non era solo una sua impressione: Merlin era troppo magro, sul serio!

Il pupillo dei Pendragon aspettò pazientemente che un giovane paggio preparasse il piatto con molta cura, e poi chiese di aggiungere qualcosina in più, perché il principe era particolarmente affamato quella mattina.

«Ah questi Pendragon! Padre e figlio, stessa solfa!»

Arthur si fece improvvisamente attento, guardando negli occhi il cuoco grasso, che stava affettando il prosciutto come se fosse la cosa più facile al mondo.

«Che intendi dire?»

«Ma sì, sempre così arroganti quei due! Non fanno altro che dare ordini, e ci fanno sgobbare come capre, a noi comuni mortali! Aaaah, sapessi smilzo, io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, se potessi sarei il primo a ribellarmi ma poi si sa come vanno a finire queste cose… il Re mi farebbe giustiziare ed un padre morto non servirà a nulla ai miei figli, così come un marito assente non farà che rendere ancora più povera mia moglie. E poi morirebbero tutti di fame.»

«Il Re non è così crudele!» replicò Arthur, offeso nell'orgoglio.

«Ah no? Quello farebbe giustiziare tutti, se solo ne avesse voglia. Gli basta schioccare un dito…»

«Non lo farebbe, ti dico!»

Il cuoco lo guardò con quella che ad Arthur parve… "compassione".

«Sei ancora così giovane… forse capirai più avanti, quando anche tu avrai una famiglia da tirare avanti.»

Un altro cuoco annuì, allungando la mano per disporre a cerchio i pezzi di formaggio.

«Eh, purtroppo questa è la nostra sorte!»

«Già, a loro che importa?» continuò il primo, con tanta enfasi che la fetta di prosciutto che stava tagliando scivolò sotto il tavolo.

«Il Re tiene molto alle sorti di Camelot, non farebbe mai giustiziare ingiustamente il suo popolo!» ribatté Arthur, deciso a difendere se stesso ed il padre.

«I fatti dimostrano il contrario.»

«E soprattutto, suo figlio non è come lui!» continuò Arthur convinto, e anche… arrabbiato. «Suo figlio è una brava persona e diventerà un buon re, forse il migliore -senza modestia- che Camelot abbia mai avuto l'onore di ospitare!»

Il suo breve monologo ottenne un improvviso silenzio, insieme a sguardi accigliati.

Il cuoco più grande si aprì in un sorrisetto sarcastico, e consegnò con sgarbo l'ultima fetta di prosciutto nel piatto.

«E da cosa lo deduci? Non mi sembra che ti abbia mai trattato bene, quel teppistello! Ordini di qua, rimproveri di là.»

«Lui è molto gentile con me.» rispose Arthur, sorpreso.

«Strano, fino a ieri ripetevi che era un somaro borioso ed insopportabile.» rispose tranquillamente il cuoco.

Arthur arrossì.

«Ha de-- ho detto così?» domandò, cercando di aprirsi in un sorriso tagliente.

Ma i muscoli facciali di Merlin non sembravano voler collaborare.

«Sicuro!» commentò il cuoco mentre gli altri annuivano vigorosamente. Due servi aggiunsero salame e pane nel piatto. «Ti lamenti sempre della mole di lavoro che ti tocca, e di quanto è frustrante non aver nessun ringraziamento.»

«Oh.»

Questa Merlin me la paga… pensò in un attimo di rabbia mista a soddisfazione il giovane rampollo biondo. «Beh ho cambiato idea.» rispose in fretta, prendendo il vassoio col piatto, la caraffa ed i calici. «Arrivederci.»

Si avvicinò alla porta e nel frattempo si mise in bocca un pezzo di formaggio, per sedare il buco nello stomaco nascente.

In quell'attimo, mentre assaporava l'aroma del cacio, gli venne un'idea. Si voltò, con ancora il pezzo di formaggio in bocca, e si indicò la guancia.

«Vedete?! Mi lascia persino mangiare un quarto della sua colazione! E' così nobile e gentile! Un principe coi fiocchi!»

Poi alzò le spalle ed uscì, saggiando anche la consistenza del prosciutto.

Nella cucina i cuochi si guardarono tra di loro.

«Quello è fuori.» commentò uno dei più giovani, le sopracciglia arrivate ormai all'attaccatura dei capelli.

«Forse il principe l'ha minacciato.» rifletté un secondo.

«O forse lo smilzo si è innamorato.» concluse il cuoco, mentre gli altri ridacchiavano. «Per parlare così bene di lui, per forza!» fu la sua spiegazione; poi il tutto fu soffocato dalle risa.

Ma nessuno pensò alla spiegazione più logica, ovvero che Arthur, per cause sconosciute ed incredibili, si trovasse imprigionato nel corpo del suo servitore e quindi stesse solo complimentando se stesso. Beh, a pensarci non era proprio la spiegazione più logica. Anzi, non lo era per niente.

Era più logica addirittura la scusa sentimentale… o forse no?

In ogni caso, fortuna che Arthur non fosse nei paraggi...




~To be continued~






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«Merlin? Non credevo che fossi tu ad… attentare alla salute del principe!»
Arthur arrossì furiosamente e Merlin abbassò la testa più imbarazzato di lui.
«No!» urlò il regale pupillo con le guance dello stesso colore di un pomodoro maturo. «Io e Me-…Arthur?! No, ma che accidenti…»
«Non dovete spiegarmi nulla!» cinguettò la mora, congiungendo le mani. «Anzi vi lascio soli!» e con una risatina uscì, richiudendosi la porta alle spalle.





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Angolo Autrice.


Ed eccomi tornata con un nuovo capitolo! Che ne pensate? Ancora una volta mi auguro di non essere sfociata nell'OOC.
Merlin ed Arthur inizieranno da qui la loro giornata da "scambiati", sperando che riusciranno a strapparvi almeno una risata!
Personalmente, la scena che preferisco è quella di Uther che viene chiamato "padre" da Merlin, anche se non so come sia uscita fuori. Quella che avevo in mente era semplicemente troppo spassosa, immaginate l'espressione di Uther, che all'improvviso batte le palpebre, perplesso, con la bocca semi aperta e gli occhi grigi puntati nel vuoto, che ripete "Padre?!" xD
Oltretutto stamattina ho abbozzato un discorso comico tra Gaius e Merlin... potrei scriverci una shot! *.*


Note: sinceramente non so se Arthur sia andato spesso nelle cucine, ma dal momento che è il principe ho pensato che le occasioni non richiedono la sua presenza lì, quindi spero di non aver scritto una fesseria troppo poco credibile! :3

Non so che altro dire se non che questa storia non è una Arthur-Cessifer (alias Gwen), per tranquillizzare qualche recensore.
Però, essendo ambientata più o meno a metà della seconda serie, potremo dire che Arthur ha sì baciato Gwen un paio di volte ma non è ancora fissato con lei in maniera morbosa (e falsa perché nata dal nulla -.-) come nella terza serie. Ma la fic è una MerlinxArthur, quindi non temete! Si capirà più avanti! :)
Per adesso, arrivederci
al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Capitolo 3
*** All'ombra della foresta ***


Arlin 3

Eccovi finalmente il terzo capitolo, ancora all'inizio della vicenda. Buona lettura! :)

Dedico il capitolo a elfin emrys, Pandora86, mindyxx, Il_Genio_del_Male, Your guardian Angel e valentinamiky per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo III



Il giovane mago era più che consapevole  della grandissima bugia che aveva esposto ai danni del biondo Pendragon, eppure non se l'era sentita di essere sincero con lui.

 No, l'incantesimo non si sarebbe limitato a durare un giorno… anzi, quella sera stessa sarebbe sgattaiolato nei meandri del castello per chiedere al drago se ci fosse qualche soluzione.

Non volle nemmeno pensare a ciò che sarebbe successo se la situazione non si fosse riappropriata dei parametri normali.

Era necessario che tornasse nel suo corpo, non tanto per capriccio quanto per amor della quiete pubblica. Immaginava già la reazione di Arthur nello scoprire che gli aveva mentito.

Ma adesso si presentava un problema più grande: Lady Morgana, col suo sorriso inquietante, lo sguardo luminoso ed il tono di voce sarcastico come se sapesse più di quanto le fosse consentito sapere.

Accidenti, stupido asino, sbrigati! si ritrovò a pensare mentre il vestito color melanzana della sorellastra di Arthur strusciava sul pavimento.





E Arthur, fortunatamente, non si fece attendere troppo.

Bussò velocemente alla porta e poi entrò, sebbene senza aver ricevuto il permesso.

Si bloccò sulla soglia, fissando la sorellastra.

«Oh Merlin!» celiò la donna, con un ampio sorriso «Ti dispiacerebbe lasciarci altri cinque minuti?»

Arthur portò gli occhi su Merlin e lo vide scuotere la testa, spaventato.

Aprì la bocca, cercando di convogliare tutte le idee e le scuse più plausibili per evitare ad entrambi inevitabili casini.

Ma dopo lunghe elucubrazioni se ne uscì con un semplice:

«La colazione si raffredda.»

Merlin sospirò con l'espressione esasperata e Morgana inclinò la testa.

«Perché notoriamente prosciutto e formaggio sono caldi?»

Arthur impallidì. Cercò l'aiuto tanto sperato nel piatto e con un lampo di genio afferrò la pagnotta, brandendola come un'arma.

«Il pane! E' stato appena sfornato! Non bisogna farlo raffreddare…»

Merlin sollevò un sopracciglio.

Morgana invece puntellò il dito sul mento.

«Vorrà dire che lo riscalderai dopo.»

Arthur aprì la bocca, per ribattere, ma la richiuse senza sapere cosa dire. Poi, però, vedendo la smorfia tesa nel suo volto -ormai occupato dall'anima di Merlin- quando Morgana si voltò per continuare la conversazione interrotta, si decise ad agire.

«Il principe Arthur sarà affamato, poverino, è così stancante essere l'erede al trono!» esclamò all'improvviso, come uno scoppio, con tanta enfasi che la lady rimase interdetta per un attimo.

«Perché dormire è faticoso?» chiese ironica lei, poi illuminandosi di un sorriso astuto. «Oh, ho capito, forse intendi… no, va bene, non voglio indagare sulla via privata del mio caro fratellino!» e gli diede una pacca sulla spalla, sbilanciandolo per un attimo -ma Arthur pensò più per la sorpresa che altro-.

E lui stesso rimase sconvolto inizialmente, nel comprendere cosa stesse insinuando la sorellastra.

«No, non è come pensi!» si schermì, senza pensare che Merlin avrebbe dovuto rispondere al posto suo.

Morgana infatti si voltò a guardarlo e nei suoi occhi passò una luce che no… non prometteva niente di buono.

«Merlin? Non credevo che fossi tu ad… attentare alla salute del principe!»

Arthur arrossì furiosamente e Merlin abbassò la testa più imbarazzato di lui.

«No!» urlò il regale pupillo con le guance dello stesso colore di un pomodoro maturo. «Io e Me-…Arthur?! No, ma che accidenti…»

«Non dovete spiegarmi nulla!» cinguettò la mora, congiungendo le mani. «Anzi vi lascio soli!» e con una risatina uscì, richiudendosi la porta alle spalle.

Arthur impiegò due minuti buoni per riprendersi, e dal canto suo Merlin non ebbe il coraggio di guardarlo.

«Pensate che stesse scherzando?»

«Non lo so.» rispose Arthur riprendendo un minimo di contegno. «Ma lo spero vivamente! Insomma non può davvero pensare che io e te… » scosse la testa, scandalizzato. «Io non ti farei mai una cosa del genere! Non sono come quei nobilotti da quattro soldi che se ne approfittano dei loro… dei loro servi!»

«Non preoccupatevi, sire, vi conosco.» borbottò Merlin incapace di credere che Morgana potesse essere tanto sfacciata. «Lei si diverte a stuzzicarvi, sicuramente voleva vedere la vostra reazione…»

«Il problema è che io al momento sono te, e quindi è come se tu… tu avessi reagito. E invece io… cioè tu… non ho reagito! Chissà cosa penserà quella vipera adesso!» Si aggrappò alla cornice del camino e sospirò, mentre si passava l'altra mano tra i capelli.

Non sentendo le ciocche lunghe tra le dita si ricordò della situazione e ritirò la mano con un sospiro.

«D'accordo, calmiamoci… non è successo niente. Almeno siamo sicuri che Morgana non sospetta nulla. A proposito, di che avete parlato?»

«Del torneo!» rispose Merlin subito, grato di poter sviare il discorso da quell'argomento imbarazzante. «Ha solo riferito i pensieri inespressi del re. Nel torneo ci saranno vari giochi, ed ogni cavaliere sceglierà in quale di questi partecipare. Naturalmente vostro padre si aspetta che li scegliate tutti.»

«Un classico.»

«E niente, lady Morgana ha promesso che vi regalerà il suo fazzoletto per augurarvi buona fortuna.»

«Non lo voglio!» replicò Arthur allargando le braccia, sorpreso.

«Penso che dovreste accettarlo sire, non potete fare altrimenti.»

«Ma se il fazzoletto è suo mi porterà sfortuna! Lei non vede l'ora di farmi fare la figura dell'idiota!»

«Figura che farete comunque dato che lo siete.»

«Oh sta un po' zitto!»

Poi, come ricordandosi il vero motivo per cui era tornato, si avvicinò al tavolo e afferrò il piatto, sbocconcellando la pagnotta.

«E adesso lasciami mangiare in pace, che muoio di fame.»

Merlin annuì, sedendoglisi di fronte, e lo osservò per diversi attimi.

Dopo momenti che parvero secoli Arthur scorse lo sguardo avido che il suo servitore stava lanciando al piatto e fece un sorrisetto divertito.

«Sai cosa ho scoperto nelle cucine?»

«Cosa?» chiese Merlin distratto riportando faticosamente lo sguardo su di lui, come un bambino che è stato scoperto con le mani nella marmellata.

Il sorriso del principe si allargò, e la sua mano iniziò a tamburellare sul tavolo.

«Che ti lamenti sempre del lavoro che ti do, e che -e non negarlo- mangi una parte della mia colazione.»

Merlin arrossì. «I-io… non è proprio come sembra, io…»

«Oh sì, invece, è  proprio come sembra. Ma lo sospettavo già, quindi ritieniti fortunato che non ti ho mandato alla gogna. Come puoi dire che non sono gentile quando ti lascio fare tutto questo?!» scrollò le spalle e riportò l'attenzione sul piatto, ricominciando a mangiare con gusto.

Merlin fece un sospiro vibrante e si impose di distogliere lo sguardo da quelle delizie, ma ci pensò il suo stomaco a tradirlo, reclamando cibo con un grugnito molto sonoro.

Arthur si soffocò con l'acqua, si affrettò a deglutire, si batté una mano sul petto e rise apertamente, reclinando addirittura la regale testa all'indietro..

«Sarete anche stato gentile, ma oggi vi state dimostrando il solito asino!» mormorò arrossendo Merlin, facendosi piccolo piccolo -ma per la stazza che aveva quel giorno risultò un tentativo piuttosto comico- «Se solo potessi andare da Gaius…»

«Merlin, Merlin, Merlin… non impari mai tu?»

«Non mi sembrate in condizioni di affermarlo, sire.»

«Io lo sto facendo per te!» rispose ovvio il principe, indicandosi. «Sei troppo magro, un colpo di vento ti spazzerebbe via come una piuma! Hai bisogno di mangiare, quindi ti sto aiutando!»

Merlin sollevò un sopracciglio. «Voi che fate qualcosa per me? Dovrei forse prostrarmi ai vostri piedi -che per inciso sono a papera- e sentirmi immensamente onorato?»

«Eccome!»

«Voglio andare da Gaius… potrei prendere la mia solita colazione.»

Gli occhi del principe brillarono. «Ecco un'altra dimostrazione della mia infinita gentilezza! Ti rendi conto che tu mangi due colazioni ed io solo una?»

«La vostra è dieci volte più sostanziosa della mia. A meno che non vi vadano bene pane ed acqua.»

Il biondo scosse la testa, annunciando in tal modo la fine del discorso.

«E poi non potrei andarci comunque.» rifletté Merlin ironico. «Risulterebbe strano che il forte, coraggioso e altezzoso principe di Camelot vada a reclamare una scodella di minestra al medico di corte, perché il suo povero stomaco è debilitato.»

«Potrei andarci io.»

«Meglio di no!» si affrettò a rimediare il moro, con un attimo di paura: doveva evitare più contatti possibile, e se poi Gaius avesse nominato la magia? Era troppo rischioso… quella sera, dopo essere andato dal drago, si promise, avrebbe discusso con Gaius e gli avrebbe spiegato la situazione.

«Ho un'idea!» fece ad un tratto Arthur, mentre, forse per spirito cavalleresco, forse perché era sazio, gli passava il suo piatto, pieno per un quarto.

«Sono tutto orecchi.» rispose Merlin senza pensarci e arrossì subito dopo, mentre Arthur rideva di nuovo.

«Oh andiamo, siete un babbeo! Sapete cosa intendo…»

Benché in quella situazione imbarazzante, Merlin si ritrovò a pensare che in fondo aveva proprio un bel sorriso.

Anche se il modo in cui Arthur rideva col suo viso era… diverso.

Arthur si calmò e, addirittura con le lacrime agli occhi, scosse la testa per riprendersi.

«Mi fai morire, potrei assumerti come giullare di corte!»

«La vostra idea, sire.» tagliò corto il mago, deciso a porre fine a quella presa in giro a suo danno.

«Pensavo… siccome oggi dovremo cercare di passare inosservati, forse potremmo fare in modo di non essere a Camelot, così da sfuggire sguardi indiscreti e domande pericolose.»

«Cosa intendete?»

«Dirò a mio padre che voglio andare a caccia, da solo.»

Merlin batté le palpebre, incredulo, poi scosse la testa.

«Non potete!»

«Tu verrai con me, naturalmente. Così in mezzo ai boschi nessuno potrà pensare che abbiamo qualcosa di strano, no?»

«No, avete ragione, però… come farete coi preparativi del torneo?»

Arthur mosse una mano, come per scacciare una mosca molesta. «Non preoccuparti, non ho bisogno di allenarmi, sono in forma! E riuscirò a convincere mio padre!»

Così, finalmente deciso, si avvicinò alla porta.

«Emh, Arthur, non state dimenticando qualcosa?»

«Non mi pare, io non dimentico le cose, a differenza di te.»

Merlin sospirò per costringersi a non rispondere in modo velenoso.

«Dimenticate che siete un servo, oggi.»

Arthur richiuse la bocca, interrompendosi. «Oh.»

«Già, "oh". Dovrò andare io da vostro padre, quindi vi prego di consigliarmi cosa dire.»

L'altra faccia della medaglia ci pensò intensamente, e alla fine giunse ad una sola conclusione.

«Lasciamo perdere mio padre, andremo da soli senza dire niente a nessuno.»

«Cosa?»

«Al massimo avviseremo Sir Leon. Così non ci saranno problemi.»

«Ma…»

«Per quanto adesso tu vesta i panni di un principe, io rimango quello che da' gli ordini. E adesso preparami.»

Merlin sospirò, rassegnato. «Certo… sire.»



*


«Non trovate che sia strano, milady?» domandò Gwen perplessa, attraverso lo spioncino.

«Cosa?»

«Guardate voi stessa.» si fece da parte e Morgana affacciò l'occhio attraverso la fessura.

«Intendete il fatto che il mio fratellastro sta correndo da una parte all'altra come una mosca impazzita per rassettare la stanza mentre il suo servitore si rilassa disteso sul letto dondolando le gambe incrociate?»

Gwen annuì, e Morgana sorrise. «Ma no, figurati!»

La bruna strinse le labbra, continuando a guardare la strana scenetta: adesso Arthur, pallido e provato, stava vestendo il suo servo.

«Se lo dite voi…» concluse infine, ancora confusa.



*


 «Il mio fisico è molto resistente, quindi non preoccuparti, non soffrirai la fame!» lo rassicurò Arthur mezz'ora dopo, mentre sellavano i cavalli pronti alla partenza. Lo stomaco di Merlin, infatti -o meglio, quello di Arthur posseduto dal servo- aveva lanciato un altro richiamo.

«Lo spero davvero.» commentò il mago, montando in sella.

Arthur per quella volta risparmiò il suo servo dall'onorevole lavoro di scaletta, ma solo perché non dovevano dare nell'occhio.

Merlin notò con un sorriso come fosse contraddittoria la questione, dal momento che il principe aveva insistito affinché indossasse i suoi abiti, e quindi la gente che passava scorgeva un Merlin coi vestiti migliori del principe, e il giovane Pendragon invece con quelli più sbiaditi.

«Te lo ripeto, Merlin, non devi preoccuparti. Il mio stomaco non ti darà nessun problema, te lo prometto.»


TRE ORE DOPO


«Accidenti a voi e alla vostra testa di legno!» imprecò Merlin stringendosi la pancia, ormai ridotta ad un continuo gorgoglio. «Se continuiamo così svengo!»

«Esagerato!» esclamò Arthur con una smorfia. «Non puoi svenire col mio fisico!»

«C'è sempre tempo per una prima volta.» biascicò il più piccolo, tra i denti.

Si trovavano in mezzo ad una radura, e Merlin stava smuovendo le ceneri del focolare con un ramo.

Avevano posteggiato i cavalli poco più avanti, legando i finimenti ad un albero. In quell'istante Merlin si diede dell'idiota per non aver pensato a portare delle provviste.

Lo fece notare al principe, e lui si limitò al suo classico sorriso strafottente.

«Non ci serviranno delle provviste, Merlin, siamo a caccia!»

Con quel solito tono di quando sa di avere ragione, sottolineato anche dal timbro con cui pronunciò il suo nome.

Quel "Merlin", che assomigliava tanto ad un sospiro di compatimento.

E il mago alla fine, come era inevitabile, tacque. Era impossibile contraddire il regale somaro, specialmente perché voleva avere sempre l'ultima parola.

«Non aspettatevi che mi metta a scuoiare conigli però.» precisò rabbrividendo al solo pensiero.

Arthur lo guardò con l'espressione più Merliniana che riuscì ad ottenere dai suoi nuovi occhi blu e sorrise.

«In un certo senso sarai tu a farlo. O meglio, le tue mani.» fece una pausa, scuotendole. «Le tue innocenti piccole mani bianche ed ossute!»

«Non sono piccole e ossute!»

Arthur rise, e il discorso cadde lì. Il silenzio che ne seguì fu scandito solo dallo scoppiettare delle fiamme.

«Sai,» considerò ad un tratto il biondo, serio. «in fondo non deve essere male la tua vita.»

Centinaia di repliche irritate salirono alla gola di Merlin ma lui le ingoiò tutte, concentrandosi piuttosto sulla strana forma del ramo che reggeva.

«Niente pensieri, niente responsabilità. E' l'ideale.»

«Niente pensieri?» reiterò il mago, apro. «Niente responsabilità? E come lo chiamate lo smuovere mari e monti per mantenere la vostra regale testa di fagiolo attaccata al collo?!»

«Beh, io non intendevo…»

«Oh sì che intendevate, voi pensate che sia facile passare quello che ho passato, ma non lo è. Avete visto la mia casa, avete visto i miei vestiti, avete visto la totale indifferenza con la quale vostro padre e i nobili mi guardano, e riuscite ancora a dire che non è poi tanto male?»

«Non volevo dire questo.» si sincerò l'altro, fissandolo per un attimo interminabile.

Merlin si impose di non guardare in sua direzione, trovando molto più proficuo seguire il movimento delle lingue di fuoco.

«Non deve essere facile nemmeno per te, certo. Però, insomma, tu non hai bisogno di partecipare ai tornei. Non sai cosa significa dover dimostrare ogni attimo, in ogni parola, in ogni gesto, in ogni combattimento, quanto vali. Non sai cosa vuol dire cercare di rendere tuo padre fiero di te.»

«No, infatti, non lo so.» concluse Merlin, scuro in volto. «Perché non ho un padre.»

Calò di nuovo il silenzio, questa volta teso come la corda di un violino.

Merlin fu sicuro che muovendosi l'avrebbe potuto spezzare, tanto era rigido.

Arthur, con lo sguardo basso a scavare il terreno con la punta dello stivale, aprì la bocca diverse volte per parlare, ma la richiuse ogni volta.

Alla fine alle orecchie di Merlin giunse un secco:

«Non pensiamoci, adesso. Godiamoci l'unico giorno della nostra vita in cui… beh, in cui non ci occorre vivere la nostra vita.»

Merlin si voltò finalmente a guardarlo e si sentì, non seppe bene perché, un verme.

Forse perché non aveva il coraggio di dirgli la verità, di ammettere che l'incantesimo con molte probabilità non sarebbe svanito quella sera insieme alla luce del sole.

Forse perché con le sue risposte riottose aveva smorzato quel principio di allegria e solidarietà che si era instaurato tra loro.

Forse perché sapeva benissimo quanto soffrisse Arthur per quel continuo mettersi alla prova, alla ricerca di uno sguardo, di un sorriso, di un complimento da parte di Uther.

Forse perché era difficile ammettere che avrebbe fatto di tutto purché vedesse spuntare sul viso del principe quel sorriso che tanto gli scaldava il petto.

Perché ogni volta che vedeva quel sorriso, quella lieve increspatura sulle sue labbra, correlata ad un paio di occhi lucidi e di capelli brillanti come fili d'oro si sentiva bene e… forte.

Sì, si sentiva forte.

Perché era riuscito, forse per pochi attimi, a far dimenticare al giovane Pendragon le mille preoccupazioni in cui, altrimenti, sarebbe presto annegato.

«Merlin?»

Il moro si riscosse dai suoi pensieri tornando al presente, e invece del suo consueto viso (da quella mattina gli sembrava di parlare con il suo riflesso allo specchio) riconobbe i lacci dei suoi stivali.

Rialzò gli occhi battendo le palpebre e finalmente riconobbe il suo volto, là, circondato dalle fronde degli alberi illuminate dal sole, più in alto.

Si affrettò ad imitarlo, alzandosi in piedi, e borbottò qualche scusa che uscì come un grugnito.

Arthur però continuava a scrutarlo, come se lo stesse studiando.

All'inizio il mago finse di non farci caso, anzi si affrettò a raccogliere le armi che servivano per la caccia -se il somaro si era alzato in piedi significava che era giunta l'ora del massacro- ma poi quegli occhi che sembravano bruciargli la nuca divennero troppo invadenti per poterli ignorare, e così si voltò, con un sospiro.

«Ho dimenticato forse qualcosa?» lo interrogò, sorprendendosi della fermezza della sua voce.

Anche Arthur parve riportarsi alla realtà all'improvviso perché batté le palpebre riscuotendosi impercettibilmente.

«Cosa? No… no.»

«Fatemi indovinare, allora.» continuò il mago, deciso a dimenticare quel breve scambio di battute di prima, che gli aveva ricordato tanto il loro litigio del giorno precedente. E per dimostrarlo si aprì nel suo ampio sorriso -domandandosi, ingenuamente, che effetto facesse nel volto di Arthur- «Stavate ammirando il vostro bellissimo e nobilissimo volto?»

Vide il biondo ridere in quel modo che tanto adorava… quel modo così sincero, così lontano da ciò che richiedeva l'etichetta.

Quel sorriso che poi era il suo sorriso: sapeva benissimo, dal modo in cui si increspavano le sue stesse labbra, che quel sorriso era sentito.

«Tu non smetterai mai di sorprendermi, Merlin.» fu il suo commento, seguito da una pacca amichevole sulla spalla. Quando ormai l'aveva superato, diretto ai cavalli, senza voltarsi aggiunse. «Quindi ammetti che ho un bellissimo viso?»

«Solo perché sono io ad animarlo. Solitamente assomiglia a quello di un rospo.»

Arthur si voltò, con quella sua classica espressione sorpresa -non per l'insulto, ma per la sfrontatezza- e fintamente offesa, che Merlin fu sicuro di non aver mai avuto nel proprio volto.

«Scommetto che stasera, di fronte allo specchio, ti struggerai d'amore per i miei sofisticati e nobili lineamenti.»

«E poi domani esulterò per essermene finalmente liberato.»

Stavano sorridendo entrambi, adesso, ma Arthur non demorse.

Non avrebbe mai ammesso che si divertiva da matti a stuzzicarlo.

«Ovvio, non potresti sopportare tale magnificenza. Probabilmente finiresti col non mangiare e non dormire pensando a quanto sia sfacciata e meravigliosa la mia eterea bellezza.»

«O forse non dormirò per la fame. E a quel punto i vostri sofisticati e nobili lineamenti si sciuperanno, e voi perdereste la vostra regale bellezza.»

«Quello non è possibile, è più forte della fame!»

Merlin tramontò gli occhi al cielo, divertito. «La vostra bellezza sarà anche più forte della fame, come dite, ma il vostro stomaco no. Quindi è meglio se lo riempite con qualcosa se non volete che si rattrappisca per il non-utilizzo.»

Arthur gli circondò le spalle con un braccino esile, e Merlin pensò a quanto fosse assurda quella situazione. Soprattuto a vederla da fuori: in effetti era troppo magro, come gli ripeteva sempre il somaro.

 Era molto più logico che fosse Arthur, più robusto ed alto, ad avvolgerlo con un braccio, no?

Un momento.

Ma perché Arthur avrebbe dovuto abbracciarlo, anche quando?

Arrossì quando ormai il suo braccino manovrato da Arthur si trasformò in una pacca sulla schiena, per fargli affrettare il passo, probabilmente.

Un attimo dopo, infatti, il regal somaro era salito in groppa al suo stallone, aspettando che lui lo imitasse.

Merlin abbassò lo sguardo per nascondere lo strano ed imbarazzante colore assunto dalle sue gote e salì sul sauro che prima aveva occupato il principe.

Per lasciare Camelot avevano preferito non destare sospetti, e quindi il cavallo migliore era stato destinato, come sempre, al giovane principe.

Nessuno poteva subodorare che quel corpo fosse guidato dall'anima del servo.

Ma Arthur era così: doveva imporre le sue scelte, le sue decisioni, e soprattuto, le loro posizioni.

Per quanto vestisse i panni di un servo -anzi, letteralmente parlando, quelli illustri del principe- era pur sempre l'erede al trono. Restava un gradino più in alto di Merlin e questo il giovane mago lo sapeva, sebbene ogni volta il pensiero gli provocasse uno strano groppo all'altezza dello stomaco.

Questi pensieri lo tormentarono mentre osservava la sua stessa schiena, sulla quale si alternavano giochi di luci ed ombre per via del sole che filtrava attraverso le fronde.

Si riscosse da quei pensieri solo molto tempo più tardi -ed era tanto concentrato che non calcolò quanto fosse passato, se minuti od ore- quando il principe tirò le redini del suo cavallo, frenandolo.

«Ho visto una lepre.» spiegò senza bisogno che Merlin gli chiedesse perché l'avesse fatto. In un attimo il giovane Pendragon smontò di sella, e cercò la faretra dalla sacca.

«Mi complimento per la vostra acutissima vista.» commentò Merlin scendendo da cavallo, dietro di lui.

Abituato al suo corpo mingherlino, non si capacitò della nuova mole che doveva sopportare, e un piede gli si impigliò nella briglia del cavallo, facendolo rovinare faccia a terra.

Alcuni passeri abbandonarono il loro sicuro nido sull'albero, destati dal rumore, e la lepre fuggì sparendo tra il fogliame.

Merlin si rialzò penosamente, sputando terra, ed ebbe paura ad alzare lo sguardo.

«Mi dispiace.» mormorò, vedendo Arthur fremere a denti stretti e mordendosi le labbra in tutti i modi possibili, probabilmente per non urlare.

«Fallo di nuovo e la prossima preda sarai tu.»

«Mi dispiace.» ripeté il mago rimettendosi in piedi e spolverando i vestiti sporchi di terra. «Ma non sono abituato ai vostri piedi a papera, sire!»

«Sei un insolente!» lo redarguì il biondo -ora moro-, sorpreso, ma Merlin notò suo malgrado che non era più divertito come prima.

Il primo lo superò arrabbiato, stringendo la faretra lungo il fianco, e aggiunse un semplice. «Muoviti. Andiamo a cercarne un'altra.»

Merlin sorrise: ormai conosceva il principe quasi meglio delle sue tasche, e no, non gli stava solo ingiungendo di eseguire l'ordine.

L'aveva perdonato, a modo suo.

In modo asinamente Arthuriano.

Si ritrovò così a continuare a sorridere, come faceva ogni volta che il principe mostrava quel suo lato gentile. Gentile solo per chi avesse inteso le sue vere intenzioni, per precisione.

Arthur non disse una parola, continuò ad avanzare acquattato tra le foglie ed i cespugli, avanzando a passo felpato, con una mano tesa indietro in un goffo tentativo di tenerlo dietro di sé.

Qualcuno avrebbe detto per toglierselo dalle scatole, evitando in tal modo che combinasse qualche altra idiozia.

Merlin avrebbe aggiunto che lo faceva per proteggerlo, in fondo.

«Qui.» sibilò ad un tratto Arthur, fermandosi, e gli indicò con un dito il roditore, che stava rosicchiando uno stelo d'erba indisturbato, come se non si fosse accorto di niente.

Poi l'asino portò entrambe le mani sulla faretra, la sollevò all'altezza degli occhi e la puntò sull'animale.

Fu pronto a far scattare la sicura quando all'improvviso la lepre rizzò le lunghe orecchie, quasi avvertendo un rumore, e fuggì via.

«Accidenti!» imprecò Arthur, guardando Merlin come se fosse colpa sua.

Ma il mago era impallidito improvvisamente, fissando impietrito il punto in cui un attimo prima era sparita la lepre.

Arthur si voltò confuso ed ebbe un tuffo al cuore: degli uomini armati alla meno peggio erano apparsi in quell'istante tra il fogliame, tutti con lo stesso sorriso giallastro.

Il primo della fila affilò le due spade che reggeva una contro l'altra e le fece roteare in aria, rivolgendo lo sguardo proprio nel punto in cui servo e padrone erano nascosti.

«So che siete lì dietro, e voi invece non sapete che questo è il nostro territorio. Adesso uscite e consegnateci le vostre cose, o vi uccideremo.»

Merlin si preparò a consigliare al principe il suo piano, ovvero fuggire. Ma quando allungò una mano per attirare la sua attenzione trovò solo il vuoto.

Con un gran brutto presentimento si girò e lo vide a pochi centimetri dal suo orecchio.

«Sta giù.»

Prima ancora che una parola di senso compiuto sorgesse tra le sue labbra il principe si era alzato, sicuro, mostrandosi agli avventori ed estraendo la sua spada.

«Bene, allora. Sono pronto.»

Lo stomaco di Merlin fece una capriola.

No, Arthur!





~To be continued~







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«E' incredibile quanta forza abbia la tua piccola e bianca mano ossuta.» mormorò Arthur quando si ritrovarono faccia a faccia.
Poi sorrise e si allontanò, rialzando il tono di voce. «Ho visto un fiume più in là. Non ho intenzione di rimanere ricoperto di sangue, prima che qualche strana creatura magica decida che siamo dei succulenti bocconcini invitandoci a cena!»






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Angolo Autrice.


Eilàà salve popolo Camelottiano, come va?? :)
Mi è iniziata la scuola, sfortunatamente, e spero solo di aver tempo per scrivere! -tranquilli, il tempo è sicuro che lo trovo, se si tratta di scrivere sono capace di mettere su word trenta pagine in tre orette o.o
Ed ecco che sta procedendo il piano di Arthur e Merlino, come faranno adesso a fuggire dai banditi? :P
In ogni caso, per chi non lo sappia, ho pubblicato una one-shot comica su Merlin, qualche giorno fa, il titolo è "Merlin in 1O minuti" e la trovate qui, se vi va di passare e far conoscere il vostro parare:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=813466&i=1 :]
Addirittura stamattina ho avuto ispirazione per una AU con Merlin e Arthur versione contemporanea, e devo ringraziare un cartello davanti al quale sono passata andando a scuola: il 20 settembre apriranno un ristorante dal nome, sentite un po', "Camelot" xD
In questa AU Merlin è un cameriere, Arthur un cliente abituale del locale, Gaius il cuoco e Morgana la proprietaria. Ditemi che ne pensate! **

Note: beh in questo capitolo, come noterete, Merlin inizia a fare pensierini un po' strani sul principe. Per adesso ho preferito focalizzarmi sul suo punto di vista, ma non mancherò di descrivere anche le riflessioni (??) del regal somaro. [e da quando lui riflette? Questa devo scrivermela... n.d.Merlin che tira fuori da dietro la schiena un diario con la copertina in pelle]
Tornando a noi. Se devo essere sincera non sapevo se, alla fine, far imbattere i due piccioncini in una delle pericolose bestie magiche che stranamente passeggiano indisturbate nella foresta di Camelot, oppure in un manipolo di banditi. Alla fine ho optato per la seconda opzione, anche perché se fosse stata una bestia penso che Arthur, per quanto voglia fare l'eroe e roba simile, non avrebbe esposto Merlin ad un così grande pericolo.

Anyway, spero di risentirvi presto! :)
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)




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Capitolo 4
*** Coperti e... scoperti ***


Arlin 4

Buonsalve a voi, popolo Camelottiano. Come state passando l'ultima settimana di settembre?? O meglio, come state trascorrendo questi ultimi giorni prima dell'arrivo della quarta stagione?? ** A fine della pagina vi porrò una domanda, più che altro un sondaggio... per adesso vi auguro buona lettura! ^^

Dedico il capitolo a elfin emrys, grinpow, MysticAsters, valentinamiky, mindyxx, Yaoithebest, SilviaMrsJonas, Your guardian Angel, Il_Genio_del_Male e Sakura Nakamura per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo IV



Ma era intervenuto troppo tardi.

Gli uomini risero, e Arthur mulinò la spada, gettandosi tra i loro ranghi.

Parate e affondi senza sosta, senza esclusione di colpi.

Per quanto gli dolesse dover venir meno ad un suo ordine, Merlin non poteva semplicemente restare a guardare.

Non poteva vedere Arthur morire, con la consapevolezza di non aver fatto niente quando avrebbe potuto.

Così puntò contro un albero il palmo aperto, convogliando le energie e prese una grande boccata di ossigeno prima di pronunciare l'incantesimo.

«Forbearnan Firgenholt!»

Non accadde niente.

Batté le palpebre, scosse la testa e riprovò, puntando di nuovo la mano.

«Forbearnan Firgenholt!»

Ancora una volta niente.

Arthur, nel suo corpo, girava su se stesso con la spada in aria, sferrando fendenti ovunque sentisse qualcuno avvicinarsi.

Non poteva lasciarlo da solo.

«Forbearnan Firgenholt!» quasi urlò, scandendo bene le parole.

Il ramo rimase intatto e Merlin ebbe un attimo di smarrimento: che avesse sbagliato a pronunciare l'incantesimo? Eppure l'aveva ripetuto tante di quelle volte!

Che la magia si rifiutasse di funzionare nel corpo di Arthur?

Per evitare di pensarci afferrò la prima cosa che trovò, ovvero la faretra, ed emergendo dagli alberi la puntò contro l'uomo che stava mirando alla testa di Arthur.

Scagliò un dardo, due, e l'uomo stramazzò al suolo.

Arthur si voltò a guardarlo piacevolmente sorpreso, e Merlin accennò un sorriso. Ma si guardarono appena per pochi attimi, perché poi Arthur riprese a combattere, e alcuni dei soldati si avvicinarono pericolosamente a Merlin.

Il ragazzo lanciò gli ultimi dardi rimasti, uccidendo altri due uomini e ferendone un altro, ma poi, quando cacciò indietro la mano e si accorse che le scorte di frecce erano finite, divenne cinereo.

E adesso? Puntò il palmo contro la spada del primo soldato.

«Fleoge gar!»

L'arma non si mosse.

«Ecg geteoh ping to!»

Ma nessun oggetto metallico si attaccò alla spada del nemico, che si stava avvicinando tanto pericolosamente.

Puntò le dita in direzione del grosso tronco caduto poco oltre i soldati.

«Aetslide bencpel!»

Ma il tronco non si scaraventò contro i nemici.

Merlin iniziò a sudare freddo: senza magia era perduto.

Senza magia sarebbe morto!

Poi accadde: l'uomo lanciò la spada, e Merlin indietreggiò quasi urlando.

«Culter, ic pe hate!»

Un ultimo tentativo di manovrare la magia che sembrava averlo abbandonato. Un ultimo tentativo di salvarsi la pelle.

Un ennesimo fallimento.

Riuscì quasi a specchiarsi nella lama che ormai gli aveva quasi raggiunto il petto. Indietreggiò ancora, spaventato, poi si ritrovò catapultato a terra da uno strano peso.

«Sei un idiota!» sbraitò Arthur, a pochi centimetri dal suo naso, il respiro affannoso e il volto sporco di sangue. «Perché non ti sei mosso, ti avrebbero ucciso!»

«Il servo che salva il suo padrone?» cinguettò con voce da bambino uno dei soldati, mentre riprendeva la spada che si era infilzata nel tronco di un albero -lì dove fino ad un attimo prima c'era la testa di Merlin-.

Arthur si rimise in piedi in un attimo, e si avventò contro l'uomo.

Merlin si sentiva totalmente inutile.

Se non poteva usare la magia per proteggere il suo padrone, l'avrebbe fatto con le unghie ed i denti.

Così, quando un altro uomo armato di pugnale corse verso di lui, gli diede un calcio in mezzo alle gambe, stupendosi dell'agilità dei piedi a papera del principe. Vide l'uomo strabuzzare gli occhi e cadere in ginocchio con un gemito strozzato, le mani tra le gambe.

«Ben ti sta!» gli sorrise Merlin, per poi avvicinarsi ad Arthur, che stava combattendo con gli ultimi tre soldati rimasti.

Afferrò per le spalle uno dei tre e, lodando l'altezza e la forza del corpo del principe, assestò un pugno nel naso al barbaro, che svenne.

Gli altri due, colti dal panico, lasciarono cadere a terra le armi e fuggirono spaventati, rincorsi dalla spada di Arthur che alla fine si infisse al suolo.

Arthur ansimò, riprendendo fiato, e Merlin sorrise, col cuore a mille, esausto.

«Ce l'abbiamo fatta!» esclamò sollevato, ma all'improvviso la voce gli venne a mancare come il respiro, e una fitta dolorosa gli partì dalla spalla.

La toccò con una mano e la sentì viscosa al tatto. Quando ritirò le dita grondavano di sangue.

Merlin distolse lo sguardo, imponendosi di calmarsi.

Arthur si era avvicinato alla propria spada, estraendola, e parve rimanere un attimo in più accovacciato a terra.

«Non ci crederai, Merlin, guarda cosa ho trovato!»

«Cosa?» domandò il giovane mago distratto, facendo correre lo sguardo verso la spalla: il sangue stillava copioso.

Ma quando si era ferito? E come?

La tastò e un brivido gli attraversò tutta la spina dorsale, costringendolo a serrare i denti per non gemere.

«Merlin?» Arthur si era voltato a guardarlo, perplesso, e il più piccolo sussultò colto alla sprovvista, nascondendo in fretta la ferita con un brandello di maglia.

«S-sì?

«Tutto bene laggiù?»

«Sì.» rispose in fretta, annuendo, ma non vedendolo convinto sorrise.

«Va alla grande, sono liscio ed illeso come la lepre di prima!»

«Se fossi come la lepre di prima…» replicò Arthur con un sorriso divertito. «Saresti morto con una lancia infilzata nel petto.»

«Cosa?»

«Guarda qui.» e sollevò quella che sembrava proprio la lepre, ormai più che stecchita.

«Qualcuna delle nostre armi deve averla colta mentre fuggiva. Beh, meglio per noi.» si alzò e si avvicinò. «Sicuro comunque di stare bene?»

Merlin non voleva sommare altre preoccupazioni al principe, e così annuì ancora una volta. Ci mancava solo che lo rallentasse lamentandosi per una stupidissima ferita.

«Sto benissimo, ve l'ho detto.»

«Bene, perché starai ancora meglio!» spiegò l'altro, sorridendo. «Finalmente il tuo stomaco avrà quello che si merita.»

Sollevò la lepre dalla coda e gliela mosse davanti agli occhi. «Grazie a questa. Anche se dovremo farcela bastare.»

 Merlin avrebbe risposto che andava benissimo anche così ma non ci riuscì perché si scoprì ad avere la nausea.

Non seppe dire se per via del dolore atroce che gli stava lanciando la ferita -sicuramente infetta- o per il modo assurdo in cui la lepre morta ondeggiava mentre Arthur la trasportava, ma seppe solo che più tardi, quando vide le sue immacolate e pallide mani ossute immerse nella creatura e piene di sangue, ebbe il fortissimo desiderio di rimettere, e si allontanò per prendere un po' d'aria.

Si appoggiò con le braccia all'albero ed abbassò la testa per riprendere fiato, incurante del dolore indicibile alla spalla.





In quello stesso momento, a chilometri di distanza, Re Uther era nella stessa posizione, con la sola differenza che la spalla era più che sana e ciò a cui si era appoggiato non era un albero ma lo schienale del suo trono.

«Dove accidenti è Arthur?» ripeté forse per la millesima volta, puntando gli occhi sul fedele Gaius, come se sperasse che il cerusico custodisse una risposta, come sempre. Ma il medico tacque, assottigliando le labbra.

Lui, di dove fosse il principe -e soprattutto, con chi- nutriva un sospetto.

«Morgana, tu ci avevi parlato prima, no?» continuò il re, rassegnato dal silenzio di Gaius, e volgendo lo sguardo alla figliastra che annuì senza ombra di timore o imbarazzo.

«Sì, per parlargli del torneo.»

«Mi stai dicendo che mio figlio è fuggito per codardia? Mio figlio?»

«Non sto dicendo questo.» lo corresse Morgana perfettamente calma, sollevando il mento. «Arthur non è un codardo, non lo farebbe mai.»

«Allora perché non è nelle sue stanze?»

Morgana scrollò le spalle. «Potrebbe essere semplicemente andato a far visita al mercato.»

«E a fare cosa?» quasi urlò il Re, incredulo. «Potrebbe essere ovunque! Gli altri cavalieri penseranno sicuramente che si stia ritirando dal torneo, e non posso permettere un simile disonore!»

«Forse è a caccia, sire.» meditò Gaius, prendendo finalmente parola. «Ed in tal caso tornerà al tramonto.»

«A caccia? E perché non ha avvisato gli altri cavalieri e soprattutto me?»

«Forse è voluto andare da solo.» Gaius si pentì subito di averlo detto, perché il Re lo guardò come se avesse capito qualcosa solo in quel momento. «Dov'è il tuo apprendista, Gaius?»

Il cerusico sbatté le palpebre ragionando velocemente: mentire non sarebbe servito a niente, quanto valeva dire la verità.

Del resto anche lui voleva vederci chiaro in quell'assurda vicenda.

«Non lo vedo da stamattina, sire. Sono uscito per delle commissioni quando ancora dormiva.»

«Era nelle stanze di Arthur quando sono andata a parlargli.» aggiunse Morgana. «Lo stava vestendo quando mi sono allontanata.»

«Quindi significa che si stavano preparando per uscire!» concluse Uther, allontanandosi finalmente dal trono per avvicinarsi alla figliastra. «E tu lo sapevi!»

«No, ti sbagli, sono sorpresa quanto te.»

«Bene, in ogni caso ora sappiamo con chi si trova Arthur.» Uther superò medico e figliastra, diretto alle porte d'ingresso, spalancandole con un gesto meccanico ed affrettato.

«Sir Leon, raduna i cavalieri e insieme partite alla ricerca di mio figlio. Lo voglio qui prima del tramonto.»



*

«Ti piace?» chiese Arthur con la bocca piena -e al diavolo l'etichetta- guardando l'altro da sotto in su.

Merlin annuì, deglutendo il boccone, con un sorriso sincero. «Non mangiavo così bene da secoli.»

Ed era vero, questo Arthur lo sapeva.

Si erano spartiti quella misera lepre, ma per spirito cavalleresco Arthur aveva concesso all'amico una porzione ben più abbondante.

La fame e la fatica sembravano averlo stremato, e Arthur ne ebbe la conferma quando guardò il proprio viso: pallido, sudato ed insanguinato.

Avrebbero dovuto sciacquarsi, prima di mangiare, ma l'aveva visto così provato che non se l'era sentita di ritardare ulteriormente il pranzo.

Lo osservò mangiare e si sentì in colpa nell'osservare il modo vorace in cui Merlin stava spazzolando le cosce della lepre, sputando solo le piccole ossa.

Di solito Merlin si rifiutava di mangiare gli animali cacciati, perché il momento dello scuioiamento gli provocava sempre una fortissima nausea.

Se stava mangiando senza commenti doveva essere proprio affamato!

«E' buono perché l'ho preparato io.»

«Non prendetevi tutti i meriti, sono stato io che l'ho cotto sul fuoco.»

«Ovvio, Merlin, questo perché a me hai lasciato la parte più difficile.»

«E più disgustosa.» biascicò guardandolo in tralice. «Non vi perdonerò mai per aver offeso le mie mani con quel sangue!»

«Le tue piccole bianche ed ossute mani.» puntualizzò Arthur, quasi divertito da come suonasse quella serie di aggettivi.

E si ritrovò a sorridere, fissandole: erano davvero così… piccole!

«Vi siete innamorato delle mie mani, sire?» ghignò Merlin e il principe si affrettò ad alzare lo sguardo, con il solito sorriso storto.

«Ti piacerebbe.»

«Non direi proprio.»

«Puoi anche ammetterlo, ormai non mi sorprendo più di niente.»

«Neanche del livello ormai irrecuperabile del vostro essere un somaro?»

Arthur scosse la testa, gli angoli della bocca increspati, le sopracciglia sollevate.

Ma non lo guardò: se l'avesse fatto sarebbe scoppiato a ridere.

«Tu sei irrecuperabile, Merlin. Come la tua separazione dalla gogna.»

«Però non mi avete ancora licenziato.»

Arthur gli lanciò contro una scarpa e il ragazzo non riuscì a spostarsi in tempo, beccandosela sulla fronte ed esalando un querulo: «Aih!»

«Andiamo a lavarci!» decise Arthur sempre sorridendo, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.

Merlin lo guardò male, imbronciato, poi sospirò afferrandola e rimettendosi in piedi, attento a non muovere la spalla.

«E' incredibile quanta forza abbia la tua piccola e bianca mano ossuta.» mormorò Arthur quando si ritrovarono faccia a faccia.

Poi sorrise e si allontanò, rialzando il tono di voce. «Ho visto un fiume più in là. Non ho intenzione di rimanere ricoperto di sangue, prima che qualche strana creatura magica decida che siamo dei succulenti bocconcini invitandoci a cena!»




Merlin lo seguì con lo sguardo, imponendo al proprio cuore di rallentare i battiti e alle sue orecchie di raffreddarsi.

Si sentiva intontito, con le guance in fiamme ed un tramestio nello stomaco.

Sicuramente per via della spalla, pensò, avvicinando una mano alla ferita.

Si trattenne per non destare sospetti, allungò il collo per assicurarsi che Arthur fosse ormai stato inghiottito dalle frasche e riportò l'attenzione sul taglio, sollevando cautamente la stoffa della maglia.

La ferita aveva fortunatamente smesso di sanguinare, ma si era gonfiata e doleva particolarmente.

«Merlin, dove sei finito? Muoviti, prima che ti fai cattuare da qualche altro malintenzionato!»

«Sì, sto arrivando!» urlò in risposta Merlin, ancora una volta nascondendo con la stoffa la vista del sangue.

Guardò un'ultima volta il focolare e poi si diresse verso il fiume: tendendo le orecchie poteva percepire lo sciabordio delle onde sui ciottoli muschiosi, avvertire sulla pelle la fresca umidità emanata dalle acque.

Eppure il calore alle orecchie non sembrava provocato da questo.

La voce roca di Arthur, in quel sussurro… perché gli aveva fatto quell'effetto?

Forse sentire la propria voce con quell'intonazione gli era parso troppo… strano.

Lui non aveva un tono così… così… così seducente!

Ma che diavolo stava pensando?

Il regal somaro seducente?!

E lui idiota che faceva questi pensieri! Sicuramente la lepre gli aveva dato alla testa!

Non si accorse nemmeno di aver raggiunto il fiume, e anzi continuò ad avanzare, fin quando qualcuno non gli schizzò l'acqua in faccia.

«Eih idiota, sei diventato cieco?!»

Merlin trasalì al contatto con l'acqua gelida e si voltò immediatamente, scorgendo se stesso a torso nudo, con i capelli sgocciolanti sul viso ed un sorrisetto storto.

Ecco come notare la piccola differenza: nessuno avrebbe notato che c'era qualcosa di diverso in quel Merlin, se non fosse per quel sorriso.

Merlin non si apriva in sorrisetti storti, quelli erano un'esclusiva del principe.

«Magari lo fossi.» fu la risposta sarcastica del mago, mentre si inginocchiava e immergeva le mani nell'acqua fresca -quale balsamo per la sua pelle surriscaldata! Adesso le sue stupide orecchie potevano anche raggiungere la temperatura normale, no?-.

«Vorresti essere cieco?» ripeté il principe, scettico.

«Così non vedrei il vostro riflesso, sire.»

Arthur scoppiò a ridere, avvicinandoglisi. «Sei un idiota, te l'ho già detto?»

«Lo fate ogni volta che ne avete l'occasione.» rispose Merlin, ironico, poi si sciacquò la faccia.

«Anche così attireresti gli animali.» gli fece notare Arthur sedendoglisi accanto. «Levati la mia maglia e lava via il sangue, altrimenti quando torneremo mio padre si preoccuperà esageratamente.»

Merlin si voltò a guardarlo e si rese conto solo in quell'istante che Arthur era a torso nudo.

Cioè, l'aveva già notato prima, ma non ci aveva fatto caso.

Insomma, era piuttosto imbarazzante, dal momento che quello lì era il suo corpo, e Arthur non si faceva problemi a mostrarlo in pubblico, sebbene avesse la decenza di tenersi i pantaloni.

Si schiarì la gola e tornò a guardare l'acqua raccolta nelle sue mani a coppa, per non pensare ulteriormente a quell'asino idiota.

In quell'istante anche Arthur si stava sciacquando la faccia: vedere le proprie mani passare sulle proprie guance, sul collo, sul petto, lo mise in una sensazione di…

Disagio? Imbarazzo? O qualcos'altro che non voleva nemmeno nominare?

Arthur non l'aveva mai toccato in quel modo, e ora le sue mani passavano tranquillamente sul suo corpo.

Erano le sue mani, le mani di Merlin, che pulivano il corpo di Merlin, cosa c'era da imbarazzarsi tanto? Arthur si limitava a guidarle, tutto qui.

Merlin scosse la testa, inabissando le dita tra i capelli: gli stava esplodendo la testa.

«Ti senti bene?» chiese Arthur, adesso sospettoso.

«Sì, sì, maledizione, sto benissimo!» quasi lo aggredì, facendo per voltargli le spalle, ma Arthur sorrise e gli afferrò la nuca, scuotendola.

«Allora non sarà che ti vergogni a spogliarti?!»

Merlin avvampò. «No!»

«Capisco che il mio corpo lascia senza parole, ma davvero, non preoccuparti. Sai com'è? Mi conosco alla perfezione. Non essere timido!»

Merlin tramontò gli occhi al cielo e si morse la lingua per non imprecare in tutte le lingue conosciute.

«Non è questo il punto!» scattò, per poi calmarsi e correggersi. «Il sangue mi fa venire la nausea, non vorrei vomitare di fronte ai vostri regali occhi, sire.»

Arthur cambiò espressione, improvvisamente comprensiva, e annuì.

«Come vuoi. Io sono al focolare, quando finisci di… fare quello che devi… puoi anche raggiungermi.» quel sorriso malizioso fece arrossire ancora di più Merlin.

Ma che stava pensando quell'asino?!

«Non ho in mente di fare niente di male, voglio solo lavarmi in pace!» quasi urlò, con voce isterica.

«Merlin.»

Ancora quel tono… quell'odioso tono da "come-devo-fare-con-te?".

«Te lo ripeto: ormai non mi sorprende più nulla.»

Gli diede una pacca sulla spalla e Merlin si morse le labbra per non urlare, ma un ansito traditore si levò dalle sue labbra, insieme ad un brivido.

Arthur impallidì all'improvviso, spalancando gli occhi quando si accorse che adesso le sue dita erano macchiate di sangue.

«Sei ferito!»

«No-non è niente.» cercò di rimediare Merlin, sottraendosi alla sua presa.

«Razza di idiota, perché non me l'hai detto?»

«Non volevo che vi preoccupaste…» si sincerò, provando ad alzarsi. «Avete già i vostri problemi.»

«Sei un idiota!» lo accusò semplicemente il principe, sconvolto.

Idiota, come se quella parola da sola spiegasse tutto.

Merlin lo guardò, stanco. «Sono stato uno sconsiderato, non ho pensato alle conseguenze: mi spiace che sarete destinato ad avere una cicatrice.»

«Non me ne frega niente della cicatrice, potresti morire dissanguato, te ne rendi conto?»

«Non esagerate… è solo un taglietto.»

«Fammi vedere.» senza aspettare risposta Arthur si mosse dietro di lui, sollevando la strisciolina di cotone ormai praticamente imbevuta di sangue: «Accidenti, altro che taglietto. Levati la maglia.»

Merlin la afferrò all'altezza del collo, per sfilarsela, ma quella strusciò contro la ferita, provocandogli una fitta di dolore, l'espressione tesa e sofferente.

«Lascia fare a me.» lo rassicurò il giovane Pendragon, afferrando la maglia e sfilandola con delicatezza, attento a non sfiorare la carne viva esposta.

Poi la immerse nel fiume, senza tante cerimonie, e con delicatezza tamponò la ferita.

Merlin rabbrividì al contatto con l'acqua gelida che scivolava in goccioline sulla sua schiena, ma ancora di più quando Arthur gli poggiò l'altra mano sulla spalla, per tenerlo fermo.

«Ti faccio male?» domandò fermandosi un attimo, e Merlin si affrettò a scuotere la testa.

«No.»

Ed era piuttosto strano… non credeva che Arthur, un soldato temibile, ed un cavaliere sempre disposto a prendere le armi, a uccidere uomini senza problemi e a scuoiare animali con movenze esperte, potesse avere un tocco tanto delicato.

Delicato quasi quanto quello di Morgana…

«Devi ringraziare le tue mani.» disse, ed il suo respiro caldo a contatto col suo collo lo fece fremere.

«Piccole, bianche ed ossute.» continuò per lui Merlin, riacquistando la lucidità.

«Sì.» convenne Arthur divertito. «Te l'ho detto che a molti uomini piacerebbero. Sono così delicate che sembrano quelle di una donna.»

Merlin non ebbe nemmeno la forza di arrossire. Si sentiva esausto, sfinito, privo di forze e di ossigeno, e il tocco di Arthur era così dolce che si sarebbe potuto tranquillamente abbandonare a quello strano torpore, chiudendo gli occhi.

Ma poi un rumore improvviso, uno scalpiccio di zoccoli e le urla di qualcuno spezzarono quel momento perfetto.

«Eccoli, li abbiamo trovati!»

Merlin riaprì gli occhi con un sussulto, e si rese conto che Arthur adesso l'aveva spinto dietro di sé, come al solito per difenderlo.

Ma si rilassò subito dopo, quando il primo cavaliere della fila smontò da cavallo ed avanzò in modo che il sole gli illuminasse il volto: sir Leon.

«Il Re vi cercava, sire. Dovete tornare subito al castello.»





~To be continued~







Next-> "Capitolo V"

«No!» si agitò Arthur, azzardando un passo; ma la mano che gli artigliò il braccio lo costrinse a voltarsi, fino ad incontrare lo sguardo severo di Gaius.
«Che vuoi fare, Merlin?» gli sibilò il cerusico e Arthur si costrinse a non urlare, stringendo i pugni.
«Dovrei andarci io, non lui! E' stata una mia idea!»
«Non importa chi è stato la mente del tutto. Non puoi fare niente per cambiare le cose, sei solo un servo!» fu il secco commento.




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Angolo Autrice.


Rieccomi qui! Orbene che ve ne pare di questo capitolo? A mia detta è uno dei più "dolci", in quanto a Merthur, Vi anticipo che nel prossimo ne vedremo delle belle, anche se l'angst è in arrivo! Ma non temete (nemici dell'erede) no... aspetta, non era così. Urgh... dicevo, non temete, altre scene simili a quelle di questo capitolo ci saranno comunque! :)

Note: in questo capitolo, ve ne sarete accorti, anche il regal somaro ha avuto la sua prima parte di interiorità, e sicuramente nemmeno l'ultima. Se devo essere sincera preferisco Merlin, perché come personaggio lo conosciamo di più, ma ritengo che Arthur sia in fondo altrettanto complessato, anche se ancora forse non si nota. Anyway, spero che non sia risultato ooc!
-Per non parlare della sfiga di quei due poveretti, che non riescono seriamente ad avere un momento di intimità che esso viene interrotto da cause di forza maggiore!
-Ah, gli incantesimi sono presi da un blog di Merlin, e di conseguenza dalle puntate del telefilm. Insomma, non li ho inventati io! xD
-E per finire... non so voi ma la mia scena preferita è l'ultima, mi sembrano così teneri che... ** ok basta v.v

Sondaggio: bene bene bene! Forse qualcuno non lo sa (tutti, cioè xD) ma sto rivedendo la serie di Merlin dall'inizio (e al momento sono alla terza della terza serie) perché davvero non so stare senza vedere qualche scena di quell'inguaribile maghetto! xD Però adesso sono davvero curiosa di leggere qualcosa su Artù e Merlino della leggenda, anche se so che non potranno stare assieme nella storia originale perché Merlin è un vecchietto ma ok... posso fangirlare lo stesso (e lo farò, probabilmente, a costo di rendere Merlin un pedofilo! xD) quindi... voi che romanzi avete letto sul ciclo arthuriano? Ne ho trovati tanti su internet ma sinceramente non so quale prendere, HELP ME!! Ok credo di aver finito, scusate l'eccessivo entusiasmo v.v

Per chi non l'avesse letta, ho pubblicato una nuova ONE-SHOT sempre della sezione di Merlin, qui il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=827531&i=1

Vabbeh, non mi resta che augurarvi un buon weekend! =)
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Capitolo 5
*** Vittima del destino... o dell'ira di Uther? ***


Arlin 5

So che sono imperdonabile, linciabile ed in ritardissimo, ma vi prego non speditemi alla gogna!! ç__ç In compenso il capitolo è più lungo dei precedenti e ricco di piccoli sottointesi che mi auguro cogliate! Buona lettura! :)

Dedico il capitolo a Il_Genio_del_Male, valentinamiky, elfin emrys, mindyxx, chimaira, SilviaMrsJonas,o0_CiSsY_0o, Pandora86, Sakura Nakamura, Hi_no_Koshka e Your guardian Angel per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo V



«Arthur Pendragon!» lo rimproverò Re Uther con gli occhi fissi su di lui.

Merlin deglutì, imponendosi di non abbassare lo sguardo.

Cavolo... perché doveva andare a finire sempre in quel modo?

Con la coda dell'occhio scorse Arthur al fianco di Gaius, attento e teso.

«Sono profondamente deluso dal tuo comportamento!» continuò il re, imperioso, con gli occhi grigi ricolmi di risentimento.

Merlin abbassò umilmente la testa. «Mi dispiace... padre.»

Come suonava strana quella parola..

La saggiava praticamente per la prima volta. Non sapeva cosa significava avere un padre, lui.

E per Arthur non doveva essere troppo diverso... in fondo era il figlio del Re: Uther doveva dimostrarsi imparziale perfino con lui.

«Ti dispiace?» sibilò Uther palesemente irritato.

«Tu sai cosa rappresenta il tuo gesto?»

«Era solo un'innocente battuta di caccia.» ribatté Merlin, pacato, ostentando un tono sicuro per mascherare il tremolio della sua voce.

Uther incavò le guance, come se si stesse mordendo l'interno di esse per non urlare.

«Arthur, non mi interessa che cos'era!» lo aggredì, con un tono che non ammetteva repliche. «Mi basta ciò che sembrava, e cioè un atto di vigliaccheria!»

Arthur spalancò gli occhi, oltraggiato, e Merlin scosse la testa con veemenza.

«No, padre...»

Le narici del re si allargarono e Merlin richiuse la bocca, cinereo. «Si-sire.» cincischiò. «Io e A... Merlin... stavamo solo...»

«Hai la più vaga idea di cosa sia potuto passare per la mente dei nostri ospiti?» sibilò il Re avanzando verso di lui e Merlin si costrinse a drizzare la schiena.

«Tra due giorni avrà inizio il torneo e tu, invece di allenarti, te ne vai a spasso con...» gli mancarono le parole, mentre agitava la mano in direzione di Arthur. «con il tuo servo!»

«Mi dispiace.» ripeté il moro non trovando niente di meglio da dire.

Uther sbuffò, gli diede le spalle con un svolazzo del mantello e strinse un pugno.

«Fin quando non ti renderai conto di cosa significhi essere un futuro re non sarai mai degno di meritare il titolo che porti.»

Quelle parole furono come una stilettata per il cuore di Merlin; non tanto per ciò che lo riguardava personalmente quanto piuttosto per il principe.

Il suo amico.

Si voltò appena per rintracciare Arthur e vide il proprio viso pallido e tormentato fissare con una cupezza incredibile le spalle del re.

Doveva fare qualcosa.

Non era giusto... non era per niente giusto.

«Sire, vi prego, sono sicuro che non vi deluderò! Mi impegnerò al massimo durante il torneo e darò il meglio di me.»

Uther spostò di poco la mascella, ma non si girò a guardarlo.

Merlin prese una grande boccata d'aria e si erse in tutta la sua nuova altezza.

Il movimento gli provocò una fitta, che tuttavia si curò di nascondere con un finto colpo di tosse.

«Sono sicuro che non mi deluderai, Arthur. Ma in ogni caso credo proprio che una notte in cella potrebbe schiarirti le idee, qualora meditassi di ripetere il tuo gesto.»





«No!» si agitò Arthur, azzardando un passo; ma la mano che gli artigliò il braccio lo costrinse a voltarsi, fino ad incontrare lo sguardo severo di Gaius.

«Che vuoi fare, Merlin?» gli sibilò il cerusico e Arthur si costrinse a non urlare, stringendo i pugni.

«Dovrei andarci io, non lui! E' stata una mia idea!»

«Non importa chi è stato la mente del tutto. Non puoi fare niente per cambiare le cose, sei solo un servo!» fu il secco commento.

Arthur aprì la bocca per replicare ma non riuscì a proferire parola.

Quelle constatazioni lo colpirono come un temporale a ciel sereno.

Era Merlin, adesso... solo un servo.

Guardò suo padre: come poteva rimanere di spalle, impassibile, mentre le guardie avanzavano verso suo figlio?




Merlin si guardò intorno, spaventato, riconoscendo i movimenti delle guardie. In un attimo gli afferrarono le braccia, gentilmente -ovvio-, e lo trascinarono indietro.

Ma quella delicatezza era dovuta solo dal fatto che era il principe Arthur, adesso.

Quando tuttavia una delle guardie gli tirò il braccio per guidarlo fuori dalla porta il giovane mago percepì distintamente i muscoli della spalla stirarsi, provocandogli una forte fitta che gli fece sfuggire l'aria dai polmoni.

Con la vista offuscata per il dolore cercò gli occhi di Arthur e lo riconobbe muoversi al fianco di Gaius, cercando di raggiungerlo.

Ma le guardie glielo impedirono, e ad un certo punto il vecchio cerusico si apprestò a stringerlo in una morsa per farlo stare fermo.

«Non potete portarlo via!» continuò Arthur, questa volta direttamente verso Uther.

Spinse via Gaius -che traballò sorpreso da quella reazione- e avanzò verso il Re.

Pendragon senior rilassò le spalle, sorpreso, e si voltò finalmente a guardarlo.

«Prego?»

«E' ferito!» spiegò Arthur, sconvolto dal fatto che nessuno sembrava accorgersi di niente. «Perde molto sangue, la sua spalla deve essere curata!»

Uther batté le palpebre, alzando lo sguardo sul figlio e Merlin temette per Arthur. Le guardie si fermarono, ma non lasciarono la morsa attorno alle sue braccia: di conseguenza la spalla continuò a lanciare fitte atroci.

Perché cerchi di metterti sempre nei casini, stupido babbeo?



Suo padre non avrebbe mai ammesso di sbagliare; così come non avrebbe mai ammesso di non essersi accorto di una ferita così ovvia. Questo Arthur lo sapeva.

Eppure sperò lo stesso che qualcosa potesse cambiare... che suo padre capisse la delicata situazione. Che risparmiasse altro dolore a Merlin, che in tutta quella faccenda era solo una vittima coinvolta, non l'artefice.

«Gaius si occuperà di lui più tardi, allora.»

«Ma...»

«Avrà tutto ciò che gli serve.»

«Ma non può stare in cella in quelle condizioni!» insistette Arthur, astioso.

«Come osi!» sibilò Uther sdegnato. «Tu, un.. un servitore! Io sono il tuo Re, mostra un po' di rispetto!»

Arthur strinse i pugni.

Non poteva contraddire suo padre, specialmente nel corpo di Merlin, ma nemmeno poteva accettare che il suo amico svenisse nel tragitto o perdesse troppo sangue.

«Vi prego, sire!»

«Se ci tieni così tanto,» concluse il re, irritato, congedando l'argomento. «farò rinchiudere anche te.»

«No!» urlò Merlin, e Arthur sussultò nell'ascoltare come la sua voce, guidata dal moro, risultasse così determinata.

Si volse a guardarlo: era forse impazzito?

Lui stava cercando di aiutarlo, dannazione!

«E' tutta opera mia.» continuò Merlin ignorandolo bellamente, gli occhi puntati solo sulla fronte di Uther. «Merlin non ha fatto niente.»

Gli occhi di Arthur si sgranarono.

Mi sta coprendo... di nuovo!

«Ma...»

«Molto bene.» Uther fece un mezzo sorriso vittorioso. «Che ti serva da lezione, Arthur. E poi una feritina superficiale non fermerà certo mio figlio!»

Le guardie strinsero di nuovo le braccia di Merlin, fin quando non scomparvero nel corridoio.

Gaius fece per imitarlo ma quando si rese conto di non essere seguito cercò dietro di sé il servitore, rendendosi conto che era rimasto perfettamente immobile.

«Sire.» ricominciò Arthur, cercando di trattenersi.

«Vai a casa.» fece Uther, massaggiandosi la fronte, senza guardarlo.

«Ma...»

«Gaius, portalo a casa.»

«Certamente, sire.» fu d'accordo il cerusico, prima di avvolgere la spalla del servo ed avvicinarlo in modo da potergli sussurrare: «Ma si può sapere cosa ti prende?»

Arthur non lo guardo: sospirò, con le labbra strette ed un grande turbamento all'altezza del petto, e tentò di riassumere una certa calma.

Ma essa era una preda troppo veloce perfino per lui.

«Non puoi lasciare che rimanga in cella in quello stato!» esplose sdegnato, quando uscirono dalla sala del trono attraverso i grandi battenti. Gaius sospirò, amaro. «Mi dispiace molto, ma lo sai che non ho granché voce in capitolo, al castello.»

«D'accordo, ma sei pur sempre il medico di corte! Mio padre si fida sicuramente di te, dai!»

Gaius strabuzzò gli occhi, guardandolo come se non lo riconoscesse e Arthur si accorse dell'errore troppo tardi.

Impallidì e si voltò immediatamente, con un rimestio allo stomaco.

«Intendevo il padre di Arthur. Mi stavo immedesimando nella parte.»

Il sopracciglio di Gaius si sollevò con scetticismo, poi l'uomo alzò il mento e distolse lo sguardo.

Arthur si maledisse in tutte le lingue che conosceva, poi si morse la lingua.

Fortuna che quella giornata infernale stava per concludersi...

Dopo attimi che parvero secoli il vecchio riprese a parlare.

«Arthur starà bene, Merlin. Rimarrà lì solo una notte... domani sarà tutto finito, vedrai.»

«Oh sì.» si aggregò Arthur, ispirato «Domani sarà veramente tutto finito. Ma proprio tutto.»

Domani riavrò indietro il mio corpo, tanto per fare un esempio.


*


«Dovresti mangiare, sai?» gli ricordò Gaius, comprensivo e Arthur, che stava svogliatamente impastando la sua zuppa, rispose senza smettere di muovere il cucchiaio.

«Non ho fame.»

O meglio, non aveva voglia di zuppa.

Non era mica tipo da zuppa, lui!

E poi... in parte era anche vero che non aveva fame. Non quando pensava all'amico chiuso in una buia, polverosa e fredda cella.

«Merlin.» cantilenò il vecchio sporgendosi per rintracciare i suoi occhi, adesso con la voce più calda. «Capisco come puoi sentirti, ma piuttosto che biasimare te stesso dovresti ringraziare il principe Arthur che ti ha evitato una punizione ben peggiore di quella che stata inferta a lui.»

«Peggiore della prigione?» fece sarcastico Arthur, aggredendo le verdure nel suo brodo. «Sono abituato alla gogna.» aggiunse, per entrare meglio nel personaggio.

Dopo la figuraccia di prima, doveva evitare in tutti i modi di apparire stravagante.

«Merlin, quante volte devo ripeterlo? Se il principe non ti avesse difeso avresti scontato più di un giorno in galera. Anzi, se ti veniva assegnato un mese ti saresti dovuto considerare fortunato.»

Arthur alzò finalmente lo sguardo su di lui, incredulo. «Non vorrai scherzare! Un mese, addirittura!»

«Per quanto tu possa essere il valletto personale del principe resti un comune servo. E sai come la pensa Uther a riguardo. Io, te, Gwen e tanti altri non abbiamo voce in capitolo a corte, lo sai.»

Arthur corrugò le sopracciglia. «Ho sempre pensato che Camelot si comportasse in modo dignitoso nei confronti dei suoi sudditi...» rifletté a voce alta, turbato. «Credevo che esistesse l'uguaglianza e la fratellanza. Forse sono stato cieco, per tutti questi anni...»

«Forse tutto cambierà.» si unì l'archiatra, abbozzando un sorriso incerto «Con Arthur.»

Il giovane principe avvertì distintamente un calore all'altezza del petto.

Sorpresa? Orgoglio? Gratitudine?

«Sono sicuro che sarà un Re migliore di suo padre.»

«Come fate ad esserne certo?» domandò, titubante.

Non vorrei doverti deludere, Gaius.

«Perché mi fido di te, Merlin.» fu la semplice risposta.

Arthur deglutì, abbassando di nuovo lo sguardo sul piatto.

Merlin... Gaius aveva fiducia in lui.

Forse non era così idiota come credeva.

«Speriamo.» sussurrò poi, sia in nome suo che in quello del servo.

Il pensiero di Merlin, tuttavia, risvegliò una parte di lui che sembrava essersi assopita nel fumo di quella minestra.

«In ogni caso non è giusto che il principe sopporti una nottata al freddo e al gelo, scomodo in quelle quattro pareti di pietra. La ferita era piuttosto profonda, l'ho constatato io stesso, e Uther non può...»

«Uther può tutto, perché è il re.» lo interruppe Gaius, con una certa urgenza nella voce, mista ad amarezza. «Che ti sia chiaro da subito. Ora, non ti ho nemmeno chiesto per quale ragione tu e il principe vi trovavate in un bosco senza aver avvertito nessuno, e non te lo chiederò neanche ora. Non voglio saperlo e ti ripeto, io mi fido di te. Ma devi capire che il Re si aspetta che tu obbedisca ai suoi ordini, in quanto reggente del regno, e non a quelli di suo figlio.»

«Ma Arthur ha il suo stesso diritto di essere rispettato!» controbatté, furioso ed offeso nell'orgoglio.

«Ma se vuoi mantenerti la testa sulle spalle» concluse il cerusico, col suo stesso tono «ti conviene far quello che ti dice il Re. Il principe è ancora immaturo.»

«Il principe non è immaturo!» smentì, oltraggiato.

Si stava parlando della sua dignità, dannazione!

«Merlin...»

«E' un uomo saggio, e due attimi fa hai detto tu stesso che sarà migliore di suo padre!»

«Merlin!»

Il principe tacque, sorpreso da quell'urlo.

Il vecchio lo fissava con gli occhi cupi, quasi a poterlo trafiggere da parte a parte.

«Io so che ti senti in dovere di conseguire il tuo destino proteggendo il principe Arthur, ma non voglio che tu ti esponga in questo modo ai pericoli! Già sacrifichi tutto il tuo tempo per lui, rischiare pure la vita non ti porterà da nessuna parte!»

Arthur sgranò gli occhi, spaesato. Destino? Proteggerlo? Sacrificare la vita? Ma di che diavolo stava parlando?!

«Ma...»

«A volte mi chiedo se tu ci tenga o no alla tua vita. Capisco che Arthur è importante per te, ma la tua vita viene prima di tutto, Merlin! Sono solo preoccupato... non è la prima volta che rischio di perderti perché tu sei disposto a gettarti tra le fauci della prima bestia feroce che incontri pur di salvarlo.»

Il cuore del principe iniziò a rintoccare agitato, come un piccolo tamburo scordato.

«Io...»

Si ritrovò a fissare il vuoto oltre la spalla di Gaius, scosso.

Arrivava a tanto la devozione di Merlin?

Aveva sempre creduto che in fondo il ragazzo lo considerasse un egoista viziato, e invece era pronto a dare la sua vita per lui.

Non che l'avrebbe permesso, certo...

Anzi. Non l'avrebbe permesso. Mai più.

Aprì la bocca per esporre la sua idea, ovvero liberare-assolutamente-Merlin-e-prendere-il-suo-posto-nella-cella quando la porta si spalancò con un tonfo mostrando la figura slanciata di Gwen.

«Gaius.» esordì la riccia dopo essersi inchinata umilmente per salutarli. «Uther ha richiesto la vostra presenza. Vi dovete recare nelle celle per medicare la spalla di Arthur.»

Gaius annuì e si mise immediatamente in piedi, prendendo gli occorrenti per la medicazione -boccette, garze, unguenti, fasciature- e rivolse un'ultima occhiata impenetrabile a Merlin.

Poi superò la ragazza, sull'uscio e con un secco «Grazie, Gwen.» scomparve nel corridoio.

Arthur rimase inchiodato sul posto con gli occhi fissi sul punto in cui il vecchio se n'era andato e quando fece scivolare lo sguardo sulla serva la vide fare un breve inchino.

«Buona cena, Merlin.»

«Aspetta!»

Non si chiese nemmeno quale istinto gli fece muovere le gambe e raggiungere la ragazza.

«Gwen, io...»

«Non devi spiegarmi niente.» lo precedette lei, rossa di imbarazzo, scuotendo le mani davanti alla faccia come per scacciare una mosca.

«Mi dispiace, stamattina... non ero in me.» convenne Arthur distogliendo lo sguardo. Che poi era vero, letteralmente parlando. «Non avrei mai fatto un simile torto ad Arthur.»

«Io non appartengo ad Arthur.» gli fece presente lei, imperturbabile, per poi scuotere la testa con gli zigomi in fiamme. «Cioè, non che voglia intendere che sono disponibile, nel senso... sto cercando di dire che comunque non appartengo a nessuno e...»

Arthur sorrise a quella reazione, tranquillizzandola con un cenno d'intesa. «Va tutto bene, Gwen, ho capito.»

La riccia sospirò, poi si morse le labbra e fece per voltarsi.

Solo quando ne scorse le spalle il pupillo Pendragon si ricordò la situazione e la richiamò nuovamente indietro.

«Gwen, devi assolutamente aiutarmi.»

«Cos...?» prima che la ragazza potesse chiedersi come mai l'amico aveva tutta quella fretta, Arthur l'aveva trascinata verso lo scaffale nel quale Gaius riponeva tutte le boccette con le varie pozioni.

«Dimmi, ricordi qual è la pozione che Gaius somministra a Morgana?»

Gwen scandagliò le varie bottigliette, con un dito sul mento, infine ne indicò una che conteneva un inquietante liquido blu elettrico.

«Dovrebbe essere quella.»

Un attimo dopo Arthur aveva già puntato la porta, la boccetta tra le dita.

«Ma non vorrei sbagliarmi!» gli corse dietro Gwen, spaventata. «A cosa ti serve?»

«E' una questione urgente.» spiegò semplicemente Arthur, fermandosi per aspettare che lo raggiungesse. «Molto urgente. Grazie di tutto Gwen e... oh.» tornò ancora una volta indietro, muovendo l'indice. «Non farne parola con Gaius, intesi?»

«Va bene...» rispose lei ancora confusa.

Arthur non aveva tempo di spiegare. Annuì un'ultima volta, poi si mosse e iniziò a correre.





Merlin si strinse le ginocchia al petto, per non essere attanagliato dal freddo provocato dalla ferita esposta.

Il sangue si era ormai asciugato, solidificandosi, ma rendendogli praticamente mezzo braccio appiccicoso.

L'odore pungente di esso, inoltre, gli solleticava le narici.

Aveva provato ad allungare le dita per tastare il taglio -del resto quello era il sangue del principe, non il suo!- ma ad ogni movimento l'omero sembrava attraversato da un chiodo che stirava dolosamente tutti i muscoli, strappando brandelli di pelle sanguinante; e così si risolse a rimanere immobile, col freddo incanalato tra le pietre che risaliva dal pavimento.

Qualche minuto dopo un rumoreggiare di voci e passi affrettati lo convinsero a rialzare lo sguardo. Fu in quel frangente che riconobbe il vecchio amico, affiancato da due guardie.

«Gaius.» lo salutò debolmente.

L'uomo annuì appena e per un attimo Merlin si chiese come mai apparisse così freddo e distaccato.

Poi ricordò, e si incupì, se possibile, ancora di più.

«Come state, sire?» gli chiese il vecchio facendo ingresso nella cella.

Come dovrei stare? Avrebbe sicuramente biascicato il babbeo, in preda alla collera.

Tuttavia Merlin era troppo esausto perfino per fare l'attore.

«Bene.» rispose, infatti, come avrebbe fatto se fosse stato in lui.

Mentendo, dunque.

Odiava far sentire in colpa gli altri.

L'archiatra si accucciò al suo fianco, estraendo da una sacca diverse garze, e una ciotola con uno strano infuso.

«Questo servirà per attenuare il dolore» spiegò premuroso, mentre con una mano allontanava il lembo di stoffa intriso di sangue che aveva coperto la ferita, stracciandosi.

Esaminò con sguardo attento la piaga per qualche attimo, poi immerse un pennellino nell'unguento giallastro e lo passò delicatamente sulla ferita.

Merlin rabbrividì al contatto e si ritrovò a pensare che in fondo il principe era stato molto più delicato, sebbene fosse conosciuta la sua goffaggine elefantina.

«Qualcuno ha provato a medicarvi, per caso?» gli giunse la domanda del vecchio, dietro le sue spalle.

Merlin, curvo per permettere alle mani esperte del medico di risanare la sua ferita, fu indotto a rispondere forse dalla stanchezza.

«Sì... cioè no... avrebbe voluto, ma non c'è stato tempo, sono arrivati i soldati e...»

«Merlin, immagino.» fu la supposizione.

Merlin deglutì ringraziando mentalmente la lungimiranza del vecchio.

Per un momento aveva temuto di potersi far sfuggire qualcosa.

"E' stato Arthur a curarmi", tanto per citarne una a caso.

In quello stesso momento, rimembrando la situazione assurda in cui si erano cacciati, gli tornò a mente anche la promessa che si era costretto a giurare solo poche ore prima.

Avrebbe dovuto parlare della faccenda con Gaius... e ora il vecchio era lì, doveva cogliere l'occasione al volo.

«Gaius...» iniziò, incerto, e immaginò il nominato allungare il collo oltre la sua spalla. «Sire?»

«Io... ecco... c'è una  cosa che dovrei dirvi.»

Fremette di nuovo, mentre il vecchio ripassava il pennellino su quel punto della ferita particolarmente sensibile.

«E cosa sarebbe, sire?»

Merlin prese una grande boccata di ossigeno, cercando di tranquillizzare tutte le cellule del suo cervello -con scarso successo, però-. «Io... in realtà...» si passò la lingua sulle labbra. «Sono...»

Sono Merlin.

Ci voleva tanto?

«Sentitevi libero di poter parlare con me, sire. Vi curo da quando eravate un esserino minuscolo.»

Merlin si ritrovò a sorridere, senza ben sapere il perché.

Immaginare Arthur versione piccolo fagottino minuscolo era... molto tenero.

Forse era asino già da allora, chissà.

«Cosa volevate dirmi, comunque?»

Fu in quell'istante che Merlin si pentì di aver iniziato il discorso.

Era ovvio, non poteva rivelare il tutto.

E se l'incantesimo non si fosse più spezzato? Avrebbe prima dovuto discuterne col drago, ed eventualmente dopo far presente il problema pure al vecchio.

Fu così che, con un sospiro depresso, continuò. «Sono molto riconoscente per i vostri servigi.»

«Ah.» commentò il vecchio, forse aspettandosi chissà quale altro importante argomento.

Oppure, meditò Merlin, ora che ci rifletteva meglio, poteva anche darsi che fosse semplicemente rimasto stordito da quell'improvvisa gentilezza.

Arthur non ringraziava mai nessuno, il suo orgoglio di somaro regale glielo impediva.

Sorrise anche a quel pensiero, adducendo la colpa alla stanchezza.

Non si rese nemmeno conto di quanto tempo impiegò il cerusico per fasciargli la spalla.

Si accorse della sua assenza solo quando avvertì un vuoto accanto a sé, un vuoto freddo e silenzioso.

Si abbandonò con le spalle al muro e chiuse gli occhi, invocando le braccia di Morfeo.






Un rumore improvviso lo fece agghiacciare. Si guardò intorno alla ricerca di un nascondiglio e ne rintracciò uno dietro un arazzo. Aspettò lì, avvolto dal buio, che il vecchio medico salisse le scale e attraversasse il corridoio, poi emerse fuori quando egli scomparve.

Infine, silenzioso come un gatto si avvicinò il parapetto di ferro e gettò un'occhiata di sotto.

Le due guardie, come spesso accadeva negli ultimi tempi, stavano silenziosamente giocando a dadi al fianco di due fumose tazze di tisana.

Arthur si inumidì le labbra, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse distrarre i due energumeni e così, si ritrovò a fissare il lampadario, augurandosi che cadesse.

Un attimo dopo abbassò lo sguardo sulla boccetta di sonnifero che reggeva in mano, biasimandosi con uno sbuffo sarcastico.

Figurati se sarebbe successo! Neanche un battito di ciglia dopo ecco che un ingente fracasso correlato all'acuto suono di ingranaggi rotti calamitò l'attenzione dell'erede al trono.

Le due guardie saltarono su come morse da uno spillo e accorsero immediatamente verso la fonte del frastuono.

Arthur rivolse appena un'occhiata al mucchio di ferro, sorprendendosi del fatto che, -per la barba di Taliesin, quello era davvero il lampadario!- e approfittò dell'attimo di distrazione per svitare la boccetta e rivoltarla in modo che il contenuto stillasse dritto all'interno delle due tazze.

«Ah, questo al Re non piacerà!» borbottò una delle guardie, tornando indietro con fare cospiratore. «Non piacerà proprio per niente.»

«Noi non c'entriamo.» la rassicurò l'altra, tornando a sedersi. «Quella catena sarà vecchie di secoli, non siamo mica stati noi a spezzarla!»

«Hai ragione.» convenne il primo, portando alle labbra la tazza.

Anche l'altra guardia lo seguì a ruota, e saggiò il calore della tisana.

Arthur sorrise esultante mentre scorgeva i due poveri incoscienti scivolare con la testa sul tavolo, russando rumorosamente.

Scacco matto! Si complimentò con se stesso. Poi si ricordò del vero motivo per cui era lì -che non era certo il dimostrare le sue abilità strategiche, proprio no eh- e scese velocemente le scale, a due a due.

Balzò giù, sfilò il mazzo di chiavi dalla cintura di una delle due guardie e raggiunse la cella nella quale il suo povero corpo giaceva abbandonato, con le braccia attorno alle ginocchia e la testa incassata tra esse, forse alla ricerca di conforto.

«Merlin, pssst, Merlin!» sibilò cercando di attirare la sua attenzione.

Se solo avesse avuto qualcosa a portata di mano, per lanciargliela addosso e farlo voltare!

Fortunatamente non ce ne fu bisogno.

Il giovane scudiero sollevò la testa, ancora intontito, e si guardò attorno fin quando non incontrò il suo sguardo.

Quando ciò accadde spalancò gli occhi e parve animato da un nuovo spirito.

«Arthur!» scattò in piedi di scatto, zittendosi di colpo con una smorfia sofferente.

Arthur immaginò fosse stata causata dalla spalla e fu incentivato a sbrigarsi.

«Cosa siete venuto a fare qui?» lo accolse severo Merlin, raggiungendo le sbarre e afferrandole con sorpresa.

«Secondo te?» Arthur inserì la chiave nella toppa e la fece scattare, spingendola in avanti ed entrando nella cella.

«E' ovvio, ti faccio uscire da qui.»

«E le guardie?» si sorprese Merlin, con le braccia aperte. Arthur scrollò le spalle, senza smettere di guardarlo, poi con un sorriso malandrino aprì il pugno e mostrò la boccetta vuota.

Merlin si fiondò praticamente su di lui, strappandogli l'oggetto incriminato dalle mani ed alzando lo sguardo scandalizzato su di lui.

«Cos'è?»

«Sonnifero.»

«E dove l'avete preso?»

«Da Gaius.»

Merlin aprì la bocca, sempre più sconvolto, ma la richiuse subito dopo.

«Voi?!» riuscì a dire, semplicemente.

«Sai? Essere te ha i suoi vantaggi.» insisté il principe, riafferrando la boccetta e agitandola di fronte al suo naso.

«Voi siete il futuro re!» strascicò Merlin per non farsi sentire -ma da chi, poi? pensò Arthur, ironico, le guardie sono nel mondo dei sogni-.

«No, ora come ora sono un comunissimo servo.»

«Che non rispetta le regole e commette reati.» lo corresse quello e Arthur ghignò.

«Quanto sei puntiglioso, Merlin. Piuttosto, hai forse intenzione di rimanere in questa cella muffita?»

«Certo che no!» fece l'altro, disgustato, per poi riscuotersi. «Ma non potete farlo! Vostro padre vi...»

«Mio padre non lo verrà mai a sapere, perché davanti ai suoi occhi io in realtà non sarò mai uscito da questa cella.»

Merlin sollevò un sopracciglio e Arthur si schiarì la gola, preparandosi ad illustrare il suo genialissimo piano.

«Domani mattina mi sveglierò all'alba e tornerò qui. Secondo i miei calcoli le guardie staranno ancora dormendo, dal momento che quel sonnifero permette a mia sorella di passare una notte nel sonno più completo. Quindi si sveglieranno poco dopo l'alba e mi ritroveranno nella cella. In realtà io in essa non avrò passato ore intere ma appena pochi minuti.»

Merlin lo fissò attento per un po', passandosi una mano sulla guancia, poi sospirò. «Non vi seguo, sire.»

«Oh, ma non è ovvio?» si spazientì il regal babbeo, muovendo le mani. «Domani torneremo nei nostri corpi. Dunque io mi sveglierò col mio corpo e tornerò qui. Tu invece ti risveglierai nel tuo e tutto tornerà alla normalità!»

Merlin era impallidito improvvisamente, e Arthur si domandò ingenuamente se non fosse invidioso del suo smisurato ingegno.

O forse non era contento di tornare alla sua vita di tutti i giorni?

In fondo i lussi dell'erede al trono dovevano rappresentare un balsamo per lui!

«Emh... Arthur...» iniziò Merlin, esitante. «A proposito di questo...»

«Va tutto bene, Merlin, non preoccuparti!» lo interruppe con una pacca sulla spalla ed un sorriso.

In un attimo, infatti, gli erano tornate in mente le parole di Gaius.

Una guardia grugnì qualcosa di insensato nel sonno e Arthur divenne un lenzuolo. Strinse il polso di Merlin -cioè il suo, in quel caso- e lo condusse su per le scale, e poi vicino all'arazzo, dove nessuno avrebbe origliato.

«Adesso è meglio se torno indietro, prima che Gaius si accorga che non ci sono.» gli comunicò.

Merlin aveva l'espressione colpevole e un po' combattuta e Arthur provò un improvviso sprazzo di affetto nei suoi confronti.

Quello stupido, stupidissimo servo pronto a dare la vita per lui.

«Merlin, hai già fatto abbastanza.» lo ringraziò, stringendogli  le spalle e avvicinando il proprio viso al suo per guardarlo negli occhi.

Quello, intento a mordersi il labbro, spostò gli occhi azzurri su di lui e... ed era ancora più stupidamente ingenuo di prima!

Qualcosa si agitò nello stomaco di Arthur.

«Tu non devi... pensare di essere inutile. La tua vita non lo è... la tua vita è importante.» cincischiò, cercando parole confortanti. Merlin continuava a fissarlo, senza battere ciglio e Arthur si sentì sempre più a disagio.

«Tu.. beh... insomma, non devi per forza sacrificarti per me, ogni volta.»

«Mi pareva di avervi già accennato che lo faccio con piacere.»

«Merlin!» sospirò Arthur, esasperato.

Quel ragazzo era... un'incognita! Un'incognita cocciuta e impertinente, per di più!

«Io non voglio che tu lo faccia, va bene?!»

Qualcosa negli occhi del servo cambiò: un accenno di sorriso ironico si aprì sulle sue labbra.

«Vi state preoccupando per me, sire?»

«Certo che no!» si inalberò Arthur, staccandosi all'improvviso da lui come scottato. «Ma ti ho già detto che non è facile trovare un servo inutile e idiota come te, quindi preferirei che non tirassi le cuoia così presto.»

«La vostra premurosità è commovente.» fece l'altro, sarcastico, per poi riprendere: «Due volte in uno stesso giorno? E' un nuovo record.»

«Idiota.» articolò il giovane Pendragon.

«Asino.»

«Idiota.» ripeté di nuovo Arthur, irritato.

Merlin si aprì in un sorriso e lo stomaco di Arthur ebbe di nuovo un capogiro.

Il biondo -ora moro- si schiarì la gola. «Bene, allora vado. A domani.»

A quella prospettiva Merlin fu colto di nuovo da quel pallore bestiale.

«Arthur, ascoltatemi, vi prego... riguardo all'incantesimo, c'è una cosa che...»

«Va tutto bene!» lo interruppe di nuovo Arthur. Non voleva ascoltare niente. Non voleva che il servo si sentisse costretto ad ammettere che avrebbe preferito restare ancora nel suo corpo, nella sua vita. «Posso capire che deve essere difficile per te, ma ricorda che le persone ti vogliono più bene di quanto tu creda.»

E pensò a Gaius, e a Gwen, che si erano dimostrati molto più gentili nei suoi confronti, da quando era nel corpo del servo.

Merlin aprì la bocca per replicare ma Arthur si era già voltato, sparendo nel corridoio, e continuando a ripetere:

«Stai tranquillo, e dimentichiamo tutto!»





Il mago richiuse la bocca, sconfortato.

«No, Arthur... non avete capito.» sussurrò al nulla. «L'incantesimo non si spezzerà domani.»

Le sue parole permearono l'aria ma tutto rimase immobile e silenzioso. Arthur non le aveva sentite ed esse furono inghiottite dalla semioscurità.

Merlin abbassò lo sguardo sulla punta dei suoi stivali: non voleva nemmeno immaginare la reazione del principe il giorno dopo, quando avrebbe scoperto che aveva mentito.

Se solo l'incantesimo potesse durare solo un giorno! pensò, disperato.

E poi riaprì gli occhi, di scatto, col cuore che mancava di un battito.

Ma certo! Non era ancora tutto perduto.

Sorrise, iniziando a correre, con una nuova speranza che scorreva nelle vene insieme al sangue.

Kilgarrah... lui avrà sicuramente una risposta!





~To be continued~







Next-> "Capitolo VI"

Merlin si abbassò in tempo per evitare la folata di fuoco, che in compenso gli incendiò le punte dei capelli.
Accidenti, l'asino mi ucciderà per aver rovinato la sua amata chioma bionda, pensò con una smorfia.
«Sono io!» urlò a gran voce, mentre il grosso rettile, ringhiando ed agitando la testa, appariva più temibile che mai.
«Sono Merlin!»


_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.


Eeeemh, sì lo so, non ho scuse. LO SO. Ma cercate di capirmi, ho avuto un mese intensissimo tra compiti, interrogazioni, storie per contest in procinto di scadere e altre per un concorso a scuola.
Pardòn, spero solo che questo capitolo sia di vostro gradimento, con le 24 [sudatissime D:] pagine di Word che lo compongono. E' il più lungo che ho scritto, nella mia storia di autrice di fanfiction e la cosa mi risulta poco convincente anche adesso.
Ho pensato addirittura di dividerlo in due ma poi mi sono detta "è da un mese che non posto.." e così è un po' un regalo, augurandomi che apprezziate! ^^

Note: posso indire la "caccia al dettaglio?" non so quante piccole paroline particolari (che d'ora in poi chiameremo PPP v.v) ho disseminato nel corso di questo capitolo, parole che potrebbero essere sfuggite accidentalmente ai due protagonisti, o fatti ispiegabili che invece una spiegazione ce l'hanno eccome, ma sta a voi scovarla! :P Altri ancora sono suggerimenti per capitoli futuri...Vediamo quante PPP riuscite a trovare, e nel prossimo capitolo nominerò un vincitore! :D
Comunque, l'ho scritto tutto tra oggi e ieri, perciò se trovate qualche errore vi prego di farmelo notare, così mi curerò di sistemarlo, e grazie in anticipo per tutti coloro che leggeranno! <3

Sono stanca -esausta, è meglio dire- ma soddisfatta per aver finito. Il sesto capitolo sarà pieno di fraintendimenti e scene imbarazzanti (qui ci colpa Morgana, eh eh, sempre lei! v.v) ma non preoccupatevi... anche se per adesso è un preslash il nostro amato slash vero e proprio arriverà! Già da adesso si nota qualcosina... :P (alcune PPP sono proprio queste!! °°)

Per quanto riguarda le mie altre fic in corso... posso solo dirvi questo: se tutto dovesse andare secondo i calcoli il secondo capitolo di Thief Lo_oks (la Brolin °w°) dovrebbe essere online tra sabato e domenica. Per la seconda parte di Mum&Dady forse dovrete attendere lunedì, ma se riesco a scriverla prima la posterò. A differenza della Brolin, però, quest'ultima sarà composta di TRE capitoli, e non due. Insomma, dopo il POV di Merlin e quello di Arthur ci sarà l'incontro tra Aithusa e i nostri amati cavalieri di Camelot, e ne vedremo delle belle! :D

Vabbeh, non mi resta che augurarvi un buon weekend! =)
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Capitolo 6
*** L'enigma del Drago ***


Arlin 6

Mi dispiace molto per il ritardo, ma come avevo già accennato nell'altra mia ff, sono stata impegnatissima. Avrò più libertà dal 6 dicembre in poi, quando cioè ci sarà l'incontro scuola-famiglia x°°D Anche perché dovrei riuscire a finire il mio libro originale (e magari provare a pubblicarlo, chissà! °?°)... ma vi prometto -e questa è una promessa D:- che il prossimo capitolo arriverà prima, anche perché penso che se andrà tutto bene dovrei riuscire a scriverlo oggi stesso.

 Buona lettura! :D

Dedico il capitolo a Puffet, Il_Genio_del_Male, Lily Castiel Winchester, mindyxx, Sakura Georgina Nakamura, susyko,Pandora86, valentinamiky, maraman e Orchidea Rosa per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo VI



Correva, come unici rumori ad accompagnarlo il suo respiro affannoso e il battito dei passi.

Aveva fretta, sebbene relativamente -poteva parlare col drago a qualsiasi ora di quella notte-.

Avanzava con timore di essere scoperto... eppure correva, aumentandone il rischio.

Semplicemente quell'idea gli si era affacciata in mente e se l'avesse nuovamente ignorata l'avrebbe rimpianto per tutto il giorno a venire.

Finalmente raggiunse la scalinata. Afferrò una torcia, come di consueto, e provò ad accenderla con un incantesimo. Poi ricordò amaramente quale fosse la situazione e accantonò l'idea, costringendosi ad utilizzare quella tradizionale, attingendo dunque dalle fiamme che guizzavano in un'altra torcia.

Immediatamente la luce giallognola si proiettò sulle pareti di nuda pietra e sui gradini impolverati che scendevano nell'oscurità.

Con un unico balzo il ragazzo si gettò nella discesa e in pochi attimi emerse nella cupa caverna.

Il drago, come sempre, non sembrava trovarsi acciambellato nel suo giaciglio di roccia, tanto che Merlin si chiese se per caso il lucertolone ci prendesse gusto a giocare a nascondino.

Perciò il giovane mago -che al momento era tutt'altro che un mago- avanzò nello spiazzo e agitò la torcia per rintracciare la spigolosa creatura.

«Dove sei?» domandò incerto.

Qualcosa si mosse nell'oscurità. Poi un tonfo, un battito di ali e un cupo latrato.

«Drago?» lo interrogò ancora, perplesso. Un'ombra scura gli passò davanti, tallonata dal tintinnio delle catene, poi un ringhio tonante fece tremare le pareti e piovere cascatelle di polvere dalle stesse. Qualcosa illuminò il muso di Kilgarrah... qualcosa che aveva un familiare color azzurrognolo ed un calore intenso.

Ma cosa...?

Merlin si abbassò in tempo per evitare la folata di fuoco, che in compenso gli incendiò le punte dei capelli.

Accidenti, l'asino mi ucciderà per aver rovinato la sua amata chioma bionda, meditò con una smorfia.

«Sono io!» urlò a gran voce, mentre il grosso rettile, ringhiando ed agitando la testa, appariva più temibile che mai.

«Sono Merlin!»

Kilgarrah interruppe il suo volo, battendo furiosamente le ali, e lo esaminò dalla testa ai piedi, senza ritirare gli artigli o nascondere i lunghi canini affilati.

«Sono Merlin!» reiterò il mago avanzando titubante, facendosi scudo con le mani. «Sono nel corpo del principe Arthur, per questo sono venuto da te.»

Il drago prese possesso della roccia al centro della caverna e continuò a fissarlo con fare scettico.

«Qualcuno deve avermi fatto... averci fatto... un incantesimo. Insomma stamattina mi sono svegliato e...»

Un gorgoglio rimbombò nella pietra -tanto che sembrava tremare- e quando Merlin alzò perplesso lo sguardo notò Kilgarrah quasi piegato in due dalle... risate.

«Guarda che non è divertente!»

Con le lacrime agli occhi e quasi senza fiato -e due minuti buoni dopo- il saggio e comprensivo dragone si calmò, dandosi un contegno.

«E così tu saresti il principe Arthur, giovane mago?»

«A quanto pare.» fu il commento sarcastico. Kilgarrah accennò ad una nuova risata ma un'occhiata furiosa del ragazzo lo convinse a rinunciare.

Si schiarì la grande gola e drizzò il collo.

«Perciò... vi siete svegliati ed eravate ognuno nel corpo dell'altro.»

«Esattamente.»

«Mmm.»

Merlin si morse il labbro, aspettando la risposta.

«E' frutto della magia antica.»

Non fu molto sorpreso di sentirselo dire... se l'era aspettato.

«Di conseguenza nel cuore del mago che l'ha scagliato scorre un'energia magica molto potente.»

«Come posso spezzarlo?» lo interruppe Merlin, sempre più ansioso. Lo sguardo penetrante che gli regalò il drago gli raggelò il sangue nelle vene.

Temeva persino la risposta...

«Te lo ripeto, giovane mago: è frutto di una magia molto antica... sicuramente dell'Antica Religione. Non sono incantesimi semplici, altrimenti li saprebbe lanciare chiunque. No... purtroppo ci vuole un grande potere, ed essendo magie legate all'antico culto e agli antichi misteri relativi alla Natura, è molto difficile poterli spezzare.»

«Ma deve esserci un modo!» lo supplicò Merlin, turbato.

E se non si fosse spezzato?

Non aveva mai pensato a quella possibilità: era convinto che Kilgarrah avesse sempre una risposta.

A quanto pareva non era così...

«Purtroppo, il mio aiuto può consistere solo in questa frase: Per un cambiamento è necessario un altro cambiamento.» abbassò il grosso testone, dispiegando le ali.

«Che cosa significa?»

Il drago scosse la testa. «Non posso dirti di più, giovane mago, poiché la magia antica me lo impedisce. Ma sono certo che capirai.» Fece per saltare, e Merlin, col cuore in gola, corse verso la sporgenza.

«Aspetta! Non capisco... se lo dico a qualcuno l'incantesimo non si spezzerà mai?»

«Puoi dirlo a chi vuoi, giovane mago, le leggi dell'antica religione non vietano l'uso della parola. Tuttavia te lo sconsiglierei vivamente. Immagina come reagirebbe Uther.» con una risatina bassa e gutturale scosse di nuovo la testa.

«In ogni caso ricorda queste parole: l'equilibrio si deve ristabilire. Per un cambiamento ne è richiesto un altro.»

Con una spinta delle ali si staccò dalla pietra, e Merlin fu investito da una folata di vento che rischiò di farlo cadere a terra.

«No, non andare, aspetta...»

«Ti ho già dato il mio aiuto... la prossima volta mi auguro che sia tu ad aiutare me. Ricorda il nostro patto, giovane mago.»

«Un momento, cosa devo fare? Come posso spezzare l'incantesimo?»

Il drago rimpiccioliva sempre di più, avvitato dall'oscurità.

«Cosa significa che è richiesto un altro cambiamento?»

Il silenzio rispose alle sue parole, come unico spettatore.

Merlin sospirò, sconfortato.

Perfetto, un altro enigma.

Credeva di poter risolvere tutto in poco tempo... e si era sbagliato.

Cosa accidenti significa? si chiese mentre risaliva mogio le scale. E soprattutto... chi ci avrebbe parlato, adesso, col Principe Isterico?

Sarebbe rimasto nel suo corpo per sempre?

E se non fosse riuscito a spezzare l'incantesimo entro il giorno del torneo? E se fosse stato costretto a partecipare alla giostra?

Rabbrividì al solo pensiero, con una sola certezza nella mente: avrebbe dovuto parlare con Gaius, e in fretta anche.

Percorse gli scuri corridoi accompagnato solo dall'eco dei suoi passi, riflettendo su come avrebbe dovuto iniziare il discorso, quando ad un tratto un movimento attirò la sua attenzione.

«C'è qualcuno?»

Trattenne il respiro, cercando un rifugio, e si nascose dietro un arazzo proprio mentre i soldati attraversavano in fretta il corridoio.

Merlin si abbandonò ad un sospiro di sollievo quando li vide lontani e ricordando la situazione immaginò cosa sarebbe successo se l'avessero visto.

Si sarebbero immediatamente chiesti per quale assurda ragione si trovasse in libertà, invece che dietro indistruttibili sbarre.

Doveva essere più prudente ed attento se non voleva mettere nei guai lui e il somaro.

Con ancora una smorfia amara percorse gli ultimi corridoi e l'ultima scala che lo separava dalla stanza del cerusico.

Sempre correndo aprì la porta e se la richiuse alle spalle, sbirciando dalla serratura per rintracciare la presenza di qualche soldato.

Non sembrava esserci nessuno.

Perfetto... sono a casa.

«Principe Arthur?»

Merlin sussultò voltandosi e rintracciò nel buio la figura assonnata di Gaius, che batteva le palpebre confuso, in piedi.

Probabilmente era stato svegliato dal fracasso.

Merlin si aprì in un grande sorriso. «Proprio la persona che cercavo!»

«Sire?»

Il sopracciglio del medico scattò verso l'attaccatura dei capelli e Merlin fu grato all'oscurità che avrebbe nascosto le emozioni che affollavano il suo volto -o meglio, quello dell'asino-.

Stava giusto per riaprire bocca, pronto ad iniziare il discorso così come si era prefissato, con un enfatico "Ti devo parlare" quando il medico lo interruppe, con l'espressione dapprima corrucciata e poi sorpresa.

«Vostro padre vi ha liberato?»

Merlin sbiancò, rendendosi conto dell'errore.

«Credevo che avesse previsto di farvi uscire di cella domani all'alba.»

Gli occhi di Gaius sembravano studiarlo e Merlin rimpianse il suo corpo.

Distolse lo sguardo, prendendo una grande boccata d'aria. Era giunto il momento.

Rifuggì tutti i possibili esordi che aveva costruito nella sua mente e, guardando fissamente il cerusico per infondergli sicurezza, rispose con un imbarazzato.

«Non è come sembra.»

Gaius, con le braccia incrociate sul petto, spostò il peso da una gamba all'altra sollevando appena il mento come se lo stesse esaminando.

Merlin conosceva fin troppo bene quell'espressione: non si fidava di lui.

«Gaius, io in realtà...»

«Oh, credo di aver capito, non ditemelo!» lo interruppe il vecchio, per poi scoccare un'occhiata alla porta della camera del maghetto, e tornare a rivolgersi verso di lui. «Merlin. E' stato lui a liberarvi, vero?»

«Non esattamente.»

Il sopracciglio tornò ad innalzarsi e Merlin si mise le mani sui fianchi, con un lungo e vibrante sospiro.

«Gaius, ecco... sono io Merlin.»

Nella stanza scese un silenzio teso: Gaius continuò ad osservarlo senza un movimento e Merlin stette pazientemente in attesa.

Dopo appena qualche attimo -quando probabilmente il medico di corte si rese conto che il ragazzo non era scoppiato a ridere- corrugò la fronte e gli si avvicinò.

«Anche questa è opera del mio allievo, per caso? O forse avete sbattuto la testa da...»

Merlin se ne uscì con una mezza risata accondiscende. «E' successo tutto all'improvviso, ma posso assicurarvi che sono Merlin. Posso provarvelo.»

Gaius si morse l'interno della guancia, diffidente.

«Chiedetemi qualcosa che solo io -cioè Merlin- posso sapere.»

Gli attimi che seguirono sembrarono passare lenti come millenni.

«Tu sei speciale, Merlin. Sai dirmi perché?»

Merlin sorrise: scacco matto. «Se fossi Arthur...» iniziò, ironico. «Risponderei che è perché sono un servo totalmente inutile ed incapace. Ma non essendo Arthur ve lo dico...» si avvicinò al vecchio, in modo che solo lui potesse sentire. «Ho poteri magici.»

Il vecchio trattenne il respiro, titubante, e levò un paio di occhi spaventati su di lui.

Merlin conosceva anche quell'espressione: possibilmente il vecchio si stava interrogando sulla situazione. Perché se la persona che gli stava davanti stesse mentendo -e quindi fosse Arthur e non Merlin- significava che il principe era a conoscenza dei poteri del mago.

O almeno questo fu ciò che pensò il moro mentre aspettava trepidante una reazione da parte dell'anziano.

Alla fine Gaius, come sempre riflessivo, indicò la porta con un cenno del mento.

«Se ciò che dici è vero, chi c'è dentro quella stanza?»

Merlin allargò le braccia, scuotendo la testa con fare divertito. «Arthur.»


*


Un chiacchiericcio irritante gli ronzò nell'orecchio, come il battito d'ali di una zanzara molesta, e inizialmente Arthur la scacciò con un irritato gesto della mano.

Quando tuttavia, invece di attenuarsi, il rumore si intensificò Arthur si rigirò nel letto, sentendolo cigolare sotto il suo peso.

Sicuramente erano suo padre e Morgana che parlottavano tra loro, come ogni mattina, o forse la sorella e Gwen, che tendevano a spettegolare di continuo, quasi ci avessero preso gusto a disturbarlo mentre dormiva.

O forse era Merlin... quell'imbranato e incapace servitore con le mani piccole.

Arthur grugnì contro il cuscino e un odore familiare gli entrò nelle narici.

Probabilmente Merlin aveva rassettato i suoi cuscini il giorno prima.

Le voci si alzarono e le sue orecchie lanciarono lamenti, in preda al dolore. Con un altro grugnito Arthur allungò le dita alla ricerca della tenda rossa, ma esse vagarono nel vuoto.

Si sporse per allungare il braccio di più, chiedendosi da quando il suo letto fosse diventato così grande, e all'improvviso il sostegno gli venne a mancare da sotto il petto.

Cadde a terra con un tonfo, e gemendo e ringhiando provò a rimettersi in piedi, dischiudendo le palpebre.

Tirò con un piede -rimasto avvitato dall'involto delle coperte- e le calde coltri gli ricaddero addosso, rendendolo cieco per un attimo.

Si agitò in preda al panico come un animale in gabbia e quando emerse dal guscio prese grandi boccate d'aria, guardandosi intorno.

Ma che diavolo...?

Dov'è la mia stanza?

Saltò su, turbato, facendo correre lo sguardo attorno, e passò in rassegna la stanza.

L'aveva vista poche volte, ma la riconobbe immediatamente.

Merlin.

Si passò le dita tra i capelli, mentre i ricordi tornavano a risvegliargli la memoria, e in quel frangente si accorse delle sue mani.

Piccole, bianche e ossute.

No, no, no...

Si girò di nuovo su se stesso, alla ricerca di uno specchio, ma non trovandolo si limitò a scorrere le mani sul volto.

Zigomi pronunciati, naso sottile, labbra carnose e... orecchie spropositatamente larghe.

Sospirò affranto, con ancora le mani nei lobi.

Perché non era di nuovo se stesso? Perché l'incantesimo non si era spezzato e basta?

Solo in quel frangente si ricordò del chiacchiericcio e non appena lo fece risentì le due voci che si sovrapponevano.

Si avvicinò alla porta della stanza di Merlin, poggiandovi sopra il suo grande padiglione auricolare: le voci attraversavano le fredde scanalature del legno, e Arthur comprese che appartenevano a Merlin -ovviamente, quel teppista bugiardo, l'avrebbe mandato alla gogna!- e... Gaius?

Come una furia spalancò la porta, attirando la loro attenzione e puntò un dito contro Merlin, che lo guardò pallido e perplesso.

«TU!» quasi gli urlò contro quando fu ad una spanna dal suo volto, con l'indice minaccioso a pochi centimetri dal suo naso. «Tu passerai il resto della vita sulla gogna!»

Merlin, che faceva guizzare lo sguardo un po' sul dito e un po' sul suo possessore, infine si voltò verso Gaius -che era rimasto in silenzio per tutto quel tempo- e disse l'unica cosa che Arthur non si sarebbe mai aspettato.

«Ora lo vedete con i vostri occhi, Gaius.» esclamò infatti, con un sorrisetto. «Secondo voi potrei mai essere io?»

Arthur corrugò la fronte, ritirando il dito, e fissò il cerusico per studiare il suo comportamento: quindi quell'idiota di Merlin non solo l'aveva ingannato, ma aveva anche scelto di rivelare tutto a Gaius senza prima consultarlo?

Perfetto... valeva così poco la sua opinione, dunque?

Arthur rivolse un'occhiata delusa e insieme furiosa al ragazzo, promettendo mentalmente a se stesso che, dal momento che le cose sembravano andare così, avrebbe evitato di chiedergli consigli o pareri.

Merlin non si fidava di lui, perché allora lui, Arthur, avrebbe dovuto prestargli fiducia?






Merlin avvertì il cambiamento improvviso di Arthur: all'espressione puramente isterica ne era subentrata una preoccupata.

Si accorse immediatamente di quel broncio, che nel suo stesso viso era così buffo -chiunque, con uno sguardo attento, si sarebbe reso conto che quello doveva essere necessariamente Arthur. Solo l'asino era in grado di mostrare il labbro inferiore in quel modo, come un bambino dispiaciuto-.

Merlin sorrise al pensiero e si promise di tranquillizzare lo stupido somaro, dopo.

Gaius guardava un po' l'uno e un po' l'altro, seriamente perplesso, forse sicuro del fatto che lo stessero prendendo in giro.

«E' tutto vero, e Arthur può confermartelo. Sire?»

Arthur si risvegliò dal suo stato comatoso e smise di fissare il vuoto, guardando prima lui e poi Gaius.

«Oh, sì, sì!» si affrettò a rispondere, poi, accompagnando le parole ad un cenno del capo affermativo. «Non sappiamo chi sia stato a scagliare l'incantesimo ma ho pensato... abbiamo pensato.» si corresse quando notò il sopracciglio di Merlin. «Va bene, ha pensato. Dicevo, ha pensato che voi, Gaius, avreste potuto aiutarci a risolvere il problema.»

Gaius guardò l'uno; poi l'altro. Infine puntò il vuoto... e svenne.






Fortunatamente Arthur e Merlin riuscirono ad afferrarlo prima che rovinasse a terra e si affrettarono a stenderlo; Arthur, seduto su uno sgabello, con l'espressione pensierosa e le dita delle mani intrecciate, probabilmente stava riflettendo sulla situazione in cui irrimediabilmente erano incappati, mentre Merlin sfrecciava da una parte all'altra della stanza recuperando garze, unguenti, pozioni e quant'altro potesse servire per far rinvenire il vecchio.

In realtà mettersi in movimento e fare attività fisica era il modo migliore per posticipare le meditazioni, perché era sicuro che sarebbe scoppiato se ci avesse pensato di nuovo.

L'incantesimo non si era spezzato, Gaius aveva faticato a credere loro, figurarsi poterli aiutare, e il drago gli aveva regalato nient'altro che enigmi criptici.

Aveva tutto l'aspetto di una situazione senza via di uscita, di un labirinto immerso nel buio e costellato di specchi, di una strada a fondo cieco.

E non potevano scappare più... avrebbero dovuto affrontare la realtà.

Merlin deglutì preoccupato, mentre passava una garza imbevuta di acqua gelida sulla fronte rugosa del vecchio, e Arthur doveva aver colto la sua espressione concentrata ed insieme assente perché gli chiese, premuroso:

«Vuoi che faccio io?»

«No, sto bene.» sospirò Merlin, ma il tremolio della sua voce lo tradì.

Arthur sospirò e anche se non poteva vederlo Merlin fu sicuro che lo stesse occhieggiando.

Sbirciandolo con la coda dell'occhio lo vide muovere nervosamente la gamba e passarsi una mano sui capelli.

«E' ancora buio fuori.»

«Già.»

Il silenzio si fece ancora più spesso, quasi tangibile.

«E non è ancora giunta l'alba.»

«No.»

«Quindi può darsi che l'incantesimo non abbia ancora compiuto esattamente un gio-»

Merlin sospirò, consapevole della delusione che avrebbe comportato ciò che stava per dire.

«No, Arthur.» lo bloccò, catturando il suo sguardo. Arthur smise di torturarsi i capelli -cioè quelli di Merlin- e batté le palpebre senza capire.

«Non durerà un giorno, purtroppo.»

Cercò di dirlo con tutta la calma possibile ma nonostante tutto Arthur scattò in piedi.

«Lo sapevi già.»

Merlin non riuscì a rimanere incatenato a quegli occhi così azzurri -che erano i suoi ma avevano una sfumatura tanto strana e lucida- e si morse il labbro.

Era difficile affrontare Arthur.

Preparandosi al peggio -ovvero un rimprovero e una minaccia alla gogna- chiuse gli occhi.

Tuttavia il tono calmo e pacato di Arthur lo lasciò incredulo, facendogli riaprire gli occhi di scatto.

«Perché non me l'hai detto?»

Era delusione che avvertiva in quel tono? Arthur sembrava sul serio... ferito?

«Volevo proteggervi!» rispose di slancio, sincero, e lo vide distendere le sopracciglia e sospirare.

«Merlin?»

«Mi dispiace, sire, io non volevo che vi preoccupaste...»

«Merlin...»

«Credevo di avere tutto sotto controllo!» confidò, affranto e...sincero. Tremendamente sincero.

Se fosse stato legato a quelli occhi azzurri, come sempre da una sorta di filo invisibile, probabilmente la sua lingua si sarebbe congelata.

Ma distogliendo lo sguardo era tutto così assurdamente semplice, accidenti!

«Merlin.»

«Credevo di poter risolvere tutto, come sempre, e invece...»

«Merlin!»

Il mago sobbalzò.

«Scusate, sire.» tornò a guardarlo e qualcosa gli bruciò nel petto.

«Merlin.» reiterò il biondo pupillo, con tutta la pazienza possibile. Il nominato si domandò se per caso non si divertisse a chiamarlo di continuo.

Forse gli piace come suona il mio nome, considerò senza sapere perché si stesse ponendo certi quesiti.

«A volte ci sono cose che, per quanto ci si sforzi affinché si risolvano, sono più grandi di noi. Voglio solo che tu sappia questo: io ci sono. Per qualsiasi cosa, puoi fidarti di me. Vorrei che lo facessi, a dire il vero.»

Merlin celò la sorpresa di sentire un tono così incerto e indifeso da parte del principe con un mezzo sorrisetto.

«Ma io mi fido di voi, sire...» quegli occhi sembravano urlagli di essere più chiaro. «più di chiunque altro.» concluse con un sussurro.

Riusciva a specchiarsi negli occhi dell'altro -i suoi, in un certo senso, anche se gli parevano estranei- e invece della sua immagine scorse quella di Arthur.

Arthur era dappertutto attorno a lui... quegli occhi azzurri come il cielo parevano seguirlo ovunque andasse.

Qualcos'altro si agitò nel suo stomaco.

Un attacco di tosse lo risvegliò dal suo torpore affogato nel mare delle iridi del somaro, e Merlin si schiarì la gola, accorrendo subito dal vecchio.

Gaius, infatti, tentava di rimettersi a sedere.

«Vi serve qualcosa?»

Il vecchio smise di tossire e li guardò entrambi, sconvolto.

Merlin fu sicuro che sarebbe svenuto di nuovo, ma a dispetto delle sue aspettative ciò non accadde.

«Adesso, Merlin, mi spieghi cosa accidenti sta succedendo e perché tu e il principe Arthur vi siete scambiati di corpo!»

Merlin sorrise, scoccando un'occhiata vittoriosa in direzione del giovane Pendragon.

Almeno erano riusciti a convincere qualcuno della veridicità delle loro tesi.

«Allora... dobbiamo partire proprio dall'inizio.»


 


~To be continued~







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[Oggi sarò innovativa e vi metto gli spoiler così come quelli che vedo su facebook nelle pagine su Merlin circa la puntata che dovrà uscire! :D Tanto per essere precisi uso le stesse parole v.v]

Qui ci sono [ben] 10 scambi di battute presi dal capitolo VII e spoiler vari

1. A Camelot giungerà una vecchia conoscenza dei protagonisti.

2. «Mi prendi in giro? Il viaggio deve avermi fatto male, avevo ragione a non fidarmi di quel vino che mi hanno offerto alla taverna!»

3. «La Giostra è un po' come un banchetto che offri al popolo: l'intrattenimento spetta ai potenti.»

4. Gaius commetterà un grande errore.

5. Gwen inizierà a sospettare di Arthur.

6. «Sono così contento di vederti, specialmente ancora vivo! Spunti proprio al momento giusto...»

7. Qualcuno sembrerà molto interessato alle mani di Merlin.

8. «Non sempre desiderare ardentemente qualcosa ci garantisce di poterla ottenere. A volte bisogna fare delle scelte... e spesso, aihme, ci si sbaglia.»

9. Arthur si mostrerà di malumore.

10. Il principe assisterà ad una magia.



_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.


Eilààà come ve la passate? Spero di avervi incuriosito almeno un pochino con questi spoiler, anche perché questo sesto capitolo non mi convince tanto, ma a voi l'ardua sentenza! :3

Note: Nello scorso capitolo ci avete visto bene... Arthur ha fatto una magia senza accorgersene. Si renderà mai conto della realtà? x°°D L'asino è un asino, ricordatelo.
E, per chi me l'avesse chiesto, le scene fluffose non mancheranno di certo, anzi oggi ne avete avuto un assaggino!
Sono contenta di aver ripreso a scrivere anche perché dopo le ultime puntate della quarta stagione, in astinenza da Merthur, mi sta venendo la depressione! Per non parlare dell'ultima puntata!!! T___T *scoppia a piangere* Ok non voglio spoilerare niente a chi non l'ha vista e quindi cambiamo argomento... oltre a queste puntate deprimenti il fatto che stiano girando delle foto che ritraggono Bradley in compagnia di una certa Georgia King (quella che ha fatto Helena in Merlin, la tizia changeling per intenderci, che era inabitata da una pixie.) ecco... insomma, dicono che stanno assieme!! D: BRAD DEVE STARE CON COLIN!! >__<
Ecco, mi sono sfogata! u_ù
Comunque, tornando a noi... fortunatamente ieri ho trovato dei video merthurosi circa le scene tagliate della quarta stagione e sono rimasta così: °ç° Insomma... vi mando il link, sono meravigliose! <3
Scene tagliate quarto episodio: http://www.youtube.com/watch?v=R5LG9WgoexE&feature=player_embedded
E queste invece quelle del primo, slashosissimo :3 http://www.youtube.com/watch?v=24f5wsWwbOI

Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


 



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Capitolo 7
*** Vecchi Amici... ***


Arlin 7

Mi scuso subitissimo per il ritardo! Avrei dovuto aggiornare ieri, ma causa stress post-scuola non ho potuto. Inoltre, oggi ho avuto il tempo di concludere il prossimo capitolo e dunque arriverà prima del previsto :3 Vi farà piacere sapere, inoltre, due cose: 

1. In questi mesi di assenza ho avuto tutto il tempo di organizzare al meglio la trama di questa fan fiction. Ora non solo so come finisce (la fine l'ho avuta in mente dal primo capitolo, del resto xD) ma anche come si svilupperà. 

2. Il rating forse si alzerà, e i contenuti diventeranno più, come dire... seri? :3 Insomma, non riesco a scrivere una "commedia" che non sia angst o fanta-horror, pardòn, ma spero che comunque continuerete a seguirmi perchè la trama si farà via via più intricata :D

 Buona lettura! :D

Dedico il capitolo a Puffet, Il_Genio_del_Male, xHepburnGhost, mindyxx, Pandora86, maraman, Sakura Georgina Nakamura e Icarus per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo VII



«Accidenti, potreste fare più piano?» si lamentò Merlin, in un soffio querulo, mentre si massaggiava la spalla dolorante: lo scudo si era ormai ridotto ad un moncherino scheggiato, ma nonostante questo Arthur non risparmiò al suo sottoposto ghigni e battute taglienti: mulinò la spada e menò una stoccata tanto calibrata che Merlin, per il contraccolpo, si abbatté al suolo come un birillo.

Tossì a causa della polvere ma invece di rimettersi in piedi rimase a prendere fiato con la schiena a terra.

«Come speri di migliorare se non in questo modo?» lo accusò il principe, palesando una certa irritazione all'idea di perdere tempo dietro a simili proteste. «Su, alzati.»

«Non ce la faccio.»

«Smettila.»

«Dico sul serio... non ho più forza.» si sincerò Merlin con il fiatone, passandosi una mano esausta sulla fronte imperlata di sudore.

«Preferisci farti infilzare come uno spiedo alla giostra?» si informò Arthur, sospettoso. Merlin non replicò: con uno sbuffo esasperato si rimise in piedi, e nonostante la buona volontà le gambe non si ritrassero dal tremare in preda allo sforzo di reggere il peso.

«Sempre se arrivo alle giostre...» mormorò poi con una smorfia di dolore, sistemandosi meglio lo scudo sul braccio e afferrando la spada smussata.

«Che vuoi dire?»

«Che, se continuiamo così, sarete voi ad uccidermi prima ancora della giostra.»

Arthur tramontò gli occhi al cielo e Merlin comprese di aver fatto un passo falso. Qualche sospiro, affondo e lamento dopo il maghetto -senza poteri magici- si ritrovò nuovamente con le spalle al suolo, in preda ai crampi e alle fitte lungo tutta la lunghezza della colonna vertebrale.

Gaius aveva promesso di aiutarli, era vero, ma per esperienza Merlin era consapevole dei limiti umani: Gaius non poteva fare miracoli, per loro disgrazia, e più di scorrere da cima a fondo vecchie pergamene ingiallite alla ricerca di una soluzione non poteva fare altro.


«Per un cambiamento è necessario un altro cambiamento.» aveva cantilenato l'archiatra, accarezzandosi il mento con la punta di una penna d'oca. «Il drago ha detto proprio così?»

«Sì,» aveva risposto lui, mentre provava a mettere qualcosa sullo stomaco: perfino quello stufano puzzolente pareva un cibo sfizioso, data la fame assurda che aveva iniziato a divorargli lo stomaco.

«Frutto della magia antica...» aveva continuato il vecchio, deciso a vederci chiaro in quella faccenda. «Farò del mio meglio: per adesso è meglio che nessuno venga a scoprire la verità, a meno che la situazione non lo richieda necessario.»

Dunque, per non destare sospetti, poco prima dell'alba Merlin ed Arthur, l'uno nei panni -e nel corpo, ovviamente- dell'altro, scesero per la seconda volta nelle segrete: qui Merlin sgattaiolò furtivamente nelle prigioni, e Arthur gli assicurò che avrebbe dovuto resistere ancora per poco e che entro una manciata di minuti avrebbe riconquistato la libertà. Nell'allontanarsi, infatti, fece cadere una sedia di proposito, e poi si defilò in fretta su per le scale, scomparendo nel pallore delle prime luci dell'alba filtrate dalle vetrate del corridoio.

I soldati, destati dal rumore, si erano in fretta sistemati le vesti e l'armatura e dopo aver insistito qualche minuto a domandarsi cosa fosse successo e per quale assurda legge della fisica tutti -e casualmente proprio tutti- avessero avvertito una strana forma di amnesia, tornarono a svolgere le loro faccende -cioè giocare a dadi. Appena pochi minuti dopo Uther li consultò e ordinò che il figlio venisse rilasciato.

A quel punto Merlin, finalmente libero, ripercorse la strada all'indietro ed insieme ad Arthur decise il da farsi: mentre Gaius, nelle sue stanze, cercava una cura, loro avrebbero dovuto occupare il tempo in qualche altra attività, che non comprendesse uscire dal castello, onde evitare di attirarsi l'ira di Uther.

E siccome il padre di Arthur, con discreta asprezza, aveva ricordato al nobile figlio quali fossero gli obblighi e i doveri di un erede al trono, il povero Merlin si era persuaso ad allenarsi, o meglio, chiedere al principe che l'allenasse.

«Dovresti ritirarti.» gli aveva suggerito il somaro, opponendo una strenua resistenza. «Ti farai solo uccidere.»

«Morireste voi, in quel caso.» aveva sogghignato il mago a quel punto, dilettandosi della vena che aveva iniziato a pulsare sul suo collo -mosso nervosamente da Arthur, che sembrava seguire con lo sguardo il volo di rondini trasparenti-.

«Ancora peggio! No, parlando seriamente, ti impedisco di gareggiare.»

«Non credo che siate nella posizione di porre divieti, sire.»

«E tu di ribattere. Potremo fingere che soffro di qualche grave malattia contagiosa che mi impedisca di gareggiare.»

Merlin aveva scosso la testa. «Lo escludo. Vostro padre richiederebbe il repentino intervento di Gaius e lui è già impegnato ad aiutarci, nel caso l'aveste dimenticato. E si noterebbe subito che siete sano come un pesce.»

Per i cinque minuti seguenti Arthur aveva ripercorso il perimetro della stanza con un dito sul mento, riflettendo.

«Dovresti almeno provare ad avvertire mio padre.» aveva concluso, dopo una lunga meditazione.

Merlin aveva riso, senza allegria.

«Sapete benissimo come ragiona vostro padre, e dopo la scenata di ieri è meglio se evitiamo di provocarlo. Non possiamo fare altrimenti: dobbiamo partecipare.»

«Ma non puoi, è biologicamente impossibile, tu non sai combattere! Anche se volessi, possono esserci due conseguenze: la prima è che ti fai scivolare da cavallo al primo impatto, coprendo di vergogna il mio nome finché campo. E in quel caso ti manderò alla gogna fino alla fine dei tuoi giorni.»

«Oppure?» lo aveva esortato lui, temendo la risposta.

«Oppure ti faresti uccidere, il che non esclude comunque l'eterno disonore. Di conseguenza anche in quel caso ti manderò alla gogna fino alla fine dei... ah, no, giusto, saresti morto.»

Merlin aveva fatto il muso. «Voi sareste morto, non io.»

«Oh, accidenti, è lo stesso!»

Era trascorso un minuto di silenzio.

«Cosa hai in mente di fare?» aveva domandato a quel punto l'asino, capitolando.

«Allenarci.»




E così era quello che stavano facendo o che, per lo meno, stavano tentando di fare in quel momento.

«Devi avvicinarti all'avversario e solo dopo colpirlo.»

Il sole era sorto ormai da un paio d'ore, tingendo le vallate tutt'intorno, i parapetti merlati e gli stendardi del castello della sua luce accecante.

Sebbene avesse spolverato una magra colazione, lo stomaco di Merlin grugnì e il moro attribuì la colpa al sistema digerente dell'asino.

«Ma possibile che avete sempre fame?»

«Non sono abituato ad affamarmi, come te.» ribatté il regal somaro, che per vendicarsi gli assestò un vigoroso affondo.

Merlin lo scansò spostandosi di lato ma scivolò sul prato umido di rugiada e ancora una volta cadde a terra con un gemito strozzato.

«E' facile, devi solo seguire questo schema: Affondo, parata, finta, stoccata, affondo.» recitò l'asino girandogli attorno, e solo quando Merlin ebbe ripetuto la sequenza almeno dieci volte gli concesse una mano per aiutarlo ad alzarsi.

«E devi tenerla più inclinata la spada.» gli afferrò il polso, ruotandolo appena verso l'esterno. «Così va meglio.» lo esaminò con gli occhi socchiusi per non farli ferire dalla luce del sole, passandolo in rassegna da capo a piedi. «La postura non va bene.» commentò dopo un'osservazione scrupolosa, raddrizzandogli le spalle e spingendogli il dorso qualche centimetro in avanti. «Sguardo fiero e spalle larghe.»

«Arthur?»

«E lo scudo, più alto.» gli picchiettò il gomito e Merlin eseguì, senza smettere di guardarlo. «Arthur?»

«Le gambe, più distaccate.» l'asino continuò ad ignorarlo, girandogli attorno e correggendo la postura di Merlin qualora trovasse qualcosa che non andava.

«Arthur!» quasi urlò il moro -ora biondo- per attirare l'attenzione e quando -finalmente, gloria agli dei celesti!- ebbe ottenuto il suo sguardo allargò le braccia. «Ma tutto questo non serve nella giostra! Lì devo solo reggere in mano una lancia e infilarla sotto l'elmo dell'avversario!»

«Nel caso dovessi superare quel turno.» si affrettò ad illustrare il biondo Pendragon, con lo sguardo che non tradiva nessuna emozione. «Probabilmente ti ritroverai a dover gareggiare nella lotta libera. A mio padre piacciono queste cose... e anche al pubblico.»

«Al pubblico piace vedere la gente ammazzarsi?»

«La Giostra è un po' come un banchetto che offri al popolo: l'intrattenimento spetta ai potenti.» annunciò Arthur, in una perfetta imitazione dell'austerità di Uther.

Merlin non riuscì a trattenersi dal ridere e il biondo -ora moro- lo fulminò con uno sguardo.

Gli assestò un breve scappellotto sulla nuca, borbottando un infastidito: «E dritto con quella testa.»; poi riprese a girargli attorno.

Merlin fu sicuro che fosse stata una scusa per colpirlo ma non replicò. Si allenarono nuovamente e il mago, davvero, provò a perseguire gli insegnamenti del somaro e a emulare i suoi movimenti, ma la conseguenza fu che, usando le parole di Arthur, familiarizzò nuovamente col terreno.


*


Gwen sbatacchiò le lenzuola e uno stuolo di polvere si sollevò nell'aria, illuminata dalla luce irradiata dal sole; Morgana, da qualche parte oltre le sue spalle, si stava spazzolando i capelli.

Fu mentre Gwen, annoiata, finiva di sbattere il lenzuolo bianco che lì, attraverso la coltre di polvere, un luccichio attirò la sua attenzione. Ridusse le palpebre a due fessure, aguzzò la vista e si sorprese di ciò che trovò.

«Lady Morgana?» chiamò immediatamente, titubante.

Morgana non si voltò neppure, si limitò ad alzare gli occhi sullo specchio e fissare il riflesso dell'ancella.

«Sì, Gwen?»

«Potreste venire un attimo?»

La mora, perplessa, abbandonò la spazzola sul comodino e raggiunse la serva accanto alla finestra, affacciandosi.

«Cosa c'è?»

«Laggiù.» mormorò Gwen, indicando qualcosa, e seguendo il suo sguardo Morgana intravide uno spiazzo erboso e sopra di esso due figure che si agitavano come formiche.

Li riconobbe immediatamente.

«Da quando Merlin butta giù Arthur con un colpo di spada?» formulò la mulatta, decisamente perplessa, probabilmente sicura di non vederci bene.

«Forse Arthur l'ha sempre addestrato in segreto... del resto ci sono molte cose di loro che non sappiamo.» azzardò Morgana, con un ghigno che non prometteva niente di buono. «E Merlin è diventato così bravo che il mio povero fratellino non riesce più a fare il prepotente con lui.» poi sospirò, voltandosi per riacciuffare la spazzola.

«Aaaah, ma lo sai, no? Sono maschi

Come se ciò spiegasse tutto.

Gwen continuò ad osservare la curiosa scena con la fronte aggrottata, poi scrollò le spalle, ritirò il materasso e chiuse le finestre.

«Avete ragione, milady.»

Sono maschi, si ripeté a mente, mentre finiva di sistemare il letto.


*


«Non così, quante volte devo dirtelo?»

Merlin sospirò, gettando a terra la spada sotto lo sguardo stravolto dell'erede al trono.

«Non ce la faccio.»

«Merlin, dannazione, smettila di fare l'idiota!»

«E' nella mia natura, lo ripetete sempre, no?» il moro -ora biondo- scrollò le spalle, in fondo incurante dello sguardo di fuoco del principe. Era esausto, indolenzito, infreddolito ed affamato, e personalmente non desiderava altro che immergersi in un catino bollente e lasciarsi andare su un materasso gonfio di piume morbide.

Il sole era ormai praticamente allo zenit e il suo calore, nonostante l'aria fresca, gli aveva fatto sudare la nuca.

Il polso, poi, non lo sentiva praticamente più.

«Non ho alcuna intenzione di morire!» gli sibilò Arthur a pochi centimetri dal volto, puntandogli contro un indice accusatore. Merlin seguì con lo sguardo quel dito minaccioso, infine alzò lo sguardo su Arthur e si specchiò nel suo stesso volto, adesso pallido e furente.

«Arthur, voi siete...»

Nessuno seppe cos'era Arthur, perché un servo richiamò l'erede al trono, scendendo di corsa nello spiazzo.

Merlin si allontanò dal somaro, andando incontro al paggio: sentiva su di sé lo sguardo confuso del biondo -ora moro- ma non si voltò a guardarlo.

«Che succede?»

«Sire, il Re richiede la vostra presenza per il ricevimento di alcuni ospiti importanti.»

«Di chi si tratta?» si intromise Arthur, e Merlin gli rivolse un'occhiataccia, che tuttavia l'altro non colse.

Il paggio, gentilmente, gli regalò un breve sguardo. «Sua altezza re Gregorovich e sua figlia, la principessa Lory.»

«Ti ringrazio.» lo congedò Merlin, affabile, e per un attimo il servo parve interdetto. «Puoi consegnare questa risposta a mio padre: che mi venga concesso il tempo di prepararmi e sarò subito da lui.»

Il servo si inchinò nuovamente e poi si defilò veloce come era arrivato.

Merlin scambiò un'occhiata con Arthur che sospirò irritato, tra i denti.

«Dannazione, ci mancava solo questa.»

«Chi è Lord Gregorovich?» domandò invece il mago, mentre procedevano spediti alla volta del castello.

«Re di Kyla, un paese collegato alla nostra penisola da una sottilissima striscia di terra. Sarebbe dovuto giungere qui ieri, insieme agli altri re, per firmare il contratto di pace.»

«A quanto pare ha avuto un imprevisto.»

Lo sguardo che gli rivolse Arthur -che si morse anche il labbro- non era uno dei più amichevoli del suo repertorio.

«Questa non ci voleva proprio.» commentò il somaro coi nervi a fior di pelle, assestando un pugno rabbioso al muro che costeggiarono.

Merlin si schiarì la gola, distogliendo lo sguardo. Fortuna che si trovasse nel corpo di Arthur: l'asino non avrebbe mai osato provocare lividi al suo stesso fisico atletico.


*


«Silenzio, per favore.»

Un tintinnio, un sorriso rassicurante, e Uther Pendragon si mise in piedi, con un calice in mano -quello che aveva colpito con il cucchiaio per richiamare l'attenzione- e scandagliò la sala, guardando i commensali uno per uno.

Merlin si agitò nel suo posto e con due dita sul mento -nel vano tentativo di contenere l'ansia-, lasciò vagare lo sguardo intorno: Morgana pareva perfettamente a suo agio nel suo abito color melanzana, e anzi gli indirizzò un sorriso splendente.

Merlin però stava cercando qualcun altro; e lo trovò, qualche battito di cuore dopo: Arthur lo stava fissando, al fianco di Gaius, e sembrava molto più nervoso e combattuto di lui.

Merlin si sentì in colpa, anche se pienamente consapevole di non poter fare nulla per alleviare il nervosismo del suo signore: il motivo dell'agitazione non era lo stesso che stava tormentando lui.

Non era la prospettiva di dover recitare un ruolo che non gli apparteneva, a turbare Arthur. No, lo era l'idea di star perdendo tempo prezioso, che altrimenti avrebbe potuto impiegare allenando Merlin in vista della giostra del giorno seguente.

«Signori e signore, sono lieto di presentarvi sua altezza sir Gregorovich e la sua adorabile figlia, la principessa Lory.»

Un coro di applausi accompagnò l'entrata in sala degli ospiti: Merlin si drizzò immediatamente sullo schienale, attento, e Arthur si irrigidì, puntando gli occhi sui due battenti di quercia che si erano appena spalancati verso l'interno a mostrare due figure.

Re Gregorovich era un uomo di mezz'età dall'espressione innocua e bonaria, che si guadagnò l'improvvisa simpatia di Merlin. Aveva una corta barba appena accennata, i capelli di un castano molto chiaro e sparsi come in una cascata sulle spalle larghe, su cui svettava un mantello verde con lo stemma della famiglia -un coccodrillo argentato.

Uther lo abbracciò come un vecchio amico, e solo quando la possente figura del nuovo arrivato si chinò per baciare la mano di lady Morgana Merlin poté intravedere la ragazza che lo tallonava.

La principessa Lory era di una bellezza da mozzare il fiato, c'era da ammetterlo: i capelli dorati erano legati in una complicata acconciatura che assomigliava ad una treccia, e il volto sembrava di porcellana; i grandi occhi, verdi come smeraldi, lo scrutarono a lungo ed erano così intensi che parevano poterlo attraversare da parte a parte.

Merlin cercò una posizione più comoda nella sedia, sentendosi all'improvviso in un imbarazzato disagio, quando la principessa corrugò le sopracciglia: nemmeno lei sembrava tanto contenta di trovarsi lì.

Fortunatamente ad allontanarlo da certe considerazioni ci pensò il padre della ragazza, che gli strinse la mano con un sorriso accattivante.

«Ho sentito molto parlare di voi, Arthur. Vostro padre è molto orgoglioso, anche se non lo ammetterebbe mai.»

«Ed io ho ascoltato a lungo il racconto delle vostre gesta.» mentì Merlin restituendo la stretta. Gregorovich rise sincero, scuotendo il capo come per sminuire la cosa.

«Allora è un bravo bugiardo, vostro padre.»

Merlin non poté fare a meno di ridere: sì, decisamente quel tipo gli stava simpatico.

«Oh, quasi dimenticavo. Questa è mia figlia Lory. Era entusiasta di conoscere di persona il figlio del caro Uther.»

Merlin annuì, aprendo la bocca, ma richiudendola subito dopo, a corto di parole, e strinse la mano candida della ragazza che, a dispetto delle sue aspettative, aveva una stretta ferrea.

Dopo uno sguardo da parte del padre la ragazza abbandonò la sua espressione imbronciata per aprirsi in un largo sorriso.

«Ho sentito a lungo decantare la vostra bellezza, ma mai avrei creduto che di persona foste ancora più avvenente.»

Merlin arrossì, colto totalmente alla sprovvista, e Gregorovich ruppe l'imbarazzo con una risatina divertita, per poi tornare a rivolgersi al Re.

«Anche voi siete molto affascinante.» si riuscì di dire Merlin, agognando la sua vita da servo. La ragazza annuì, e Merlin si chiese se dovesse per caso baciarle la mano: Arthur faceva sempre così, no?

Colto dal panico cercò l'amico tra la folla e lo vide fulminarlo con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.

Anche la ragazza seguì il suo sguardo e parve essersi accorta della presenza degli altri commensali solo in quell'istante.

Poi, con un sorriso imbarazzato e un gesto di scuse, andò a sedersi accanto al padre.

Gli altri re si riaccomodarono, e alcuni di loro ripresero a sorseggiare il rosso vino dolciastro.

Merlin deglutì, con lo stomaco chiuso, e si ritrovò a specchiarsi sul piatto dorato.

La bellezza di Arthur decantata in tutto il regno?

Neanche fosse una ragazza!

Certo, aveva il suo fascino, va bene, ma era come tanti altri, no?

Due occhioni azzurri da gatto gli restituirono lo sguardo, vagamente offesi, quasi volessero smentire i suoi pensieri e Merlin distolse lo sguardo, con le guance tinte di rosso.

Gli occhi del somaro sembravano trafiggerlo anche quando appartenevano a se stesso.

Era frustrante.



Quando il pranzo terminò, Arthur si diresse veloce alla porta, e con un solo sguardo gli comunicò i suoi piani: ritornare ad allenarsi.

E Merlin era più che sollevato di potersi finalmente allontanare da quel mondo fatto di principi, principesse, sorrisi falsi, brindisi e piatti dorati.

In un certo senso gli mancavano le ciotole di legno di Gaius, in cui non era costretto a sentirsi perennemente sotto torchio, a causa degli occhi del biondo.

Tuttavia, la fortuna sembrava aver voltato loro le spalle, quel giorno, perché Uther Pendragon aveva preteso che tutti si congedassero, raggiungendo le proprie camere, tranne lui.

E così Merlin fu costretto a vedere i battenti di quercia richiudersi di fronte all'espressione angosciata di Arthur.


*


Gaius era già scomparso nel corridoio da qualche minuto quanto Arthur, irritato sopra ogni limite ed anche esasperato, aveva smesso di fissare i battenti di quercia, decidendosi a tornare indietro.

Possibile che il destino si fosse accanito così tanto contro di lui?

Uscì fuori nel cortile e il vento freddo del primo pomeriggio lo fustigò facendolo rabbrividire. Si strinse nella giacca marrone di Merlin e si maledisse per non aver indossato abiti più imbottiti.

Ma come faceva il servo a sopportare quelle luride vesti così leggere? Era un miracolo che non si fosse ancora preso un febbrone da cavallo.

Calciò una pietra, ringhiando tra i denti, e bestemmiando contro il fato in tutte le lingue che conosceva, e fu così concentrato a mordersi il labbro e pestare i piedi che non sentì nemmeno che qualcuno lo stava chiamando.

«Psst, Merlin!»

Si fermò, sicuro di aver sentito male, e una pietruzza gli aggredì il capo facendogli lanciare un lamento strozzato.

«Merlin, da questa parte!»

«Ma cos...»

Avanzò perplesso verso il gargoyle di pietra, guardandosi intorno circospetto, quando ad un tratto si sentì afferrare alle spalle da due braccia muscolose e tirare dietro la statua: una mano ben stretta sulle sue labbra gli impedì di urlare di sorpresa, ma Arthur non si lasciò intimidire.

Si ribellò dalla presa del suo aggressore, avvertì una mano sul suo polso e gliela torse fino a porsi in posizione avvantaggiata, estraendo con un gesto fluido la spada -quella che aveva nascosto sotto la tunica, per ogni evenienza- e puntandola lì dove immaginò dovesse trovarsi il collo.

La figura -un giovane moro- cadde a terra, col filo della sua spada ad un soffio dal mento.

«Fermo, Merlin, sono io!»

Arthur si impietrì, rilassando la presa sull'elsa.

Fissò incredulo il giovane che aveva di fronte, poi ritirò la mano, incapace di credere ai propri occhi.

«Lancelot?»

Il ragazzo sputò polvere, e quando Arthur indietreggiò liberandogli la gola dal filo freddo della lama, si rimise in piedi massaggiandosi il collo.

«Accidenti, amico, non credevo fossi diventato così sospettoso. E non credevo nemmeno» aggiunse dopo un po', scrutandogli le mani, diffidente «che avessi così tanta forza, in quei polsi.»

Arthur allargò le braccia, con un sorriso incredulo, ancora incapace di crederci. «Che diavolo ci fai tu qui?»

«Ho pensato di venirti a trovare.» rispose vago quello, scrollando le spalle divertito.

«Come hai fatto ad entrare?»

«Niente di più semplice, è stato facile passare inosservato di fronte alle guardie, erano tutte sul punto di addormentarsi.»

Arthur strinse i pugni, lo sguardo inflessibile.

«Non dovresti stare qui. C'è una taglia sulla tua testa!»

Lancelot scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli scuri. «Ad essere sincero mi aspettavo un saluto più entusiasta da parte tua.»

Arthur aprì la bocca, col desiderio di biasimarlo ancora, ma il moro lo sorprese, stringendolo in un abbraccio fraterno, con tanto di pacche sulle spalle.

L'erede al trono si irrigidì, non sapendo bene come reagire in una situazione simile, e prima ancora di formulare l'idea di ricambiare l'abbraccio, Lancelot l'aveva già sciolto, con un sorriso contento.

«Sono felice di rivederti, Merlin, mi sei mancato. Tu che mi racconti?»

Arthur si guardò intorno preoccupato e quando si fu assicurato che nessuno li stesse osservando, fece segno all'altro di seguirlo.

«Non capisco perché tutta questa fretta...»

«Non qui.»

Arthur lo condusse attraverso i bui corridoi accanto al cortile, fino a raggiungere la stanza di Gaius, alché cacciò la testa fuori per rintracciare occhi indiscreti, ed infine si chiuse la porta alle spalle, con un sospiro di sollievo.

Gaius saltò in aria, e una boccetta rischiò di cadergli dalle dita.

«Accidenti, Arthur, si può sapere...» si interruppe bruscamente, pallido come un morto, quando si rese conto dell'altra presenza al fianco del biondo -ora moro-. «Lancelot!»

Il nominato corrugò la fronte, disorientato, e fece correre lo sguardo su Arthur, che si era appena passato la lingua sulle labbra, con ancora il fiato corto e il volto pallido.

«Oh, perdonami, credevo che fosse il principe.» cercò di rimediare Gaius, con un sorriso falsissimo, avanzando per abbracciare il ragazzo.

«Ma come sei entrato a Camelot?»

E mentre Lancelot narrava nuovamente la sua storia, dopo aver ricambiato la stretta con un cipiglio perplesso, Arthur ne approfittò per buttare giù l'aria che aveva trattenuto per tutto quel tempo.

«Dov'è... il principe?» domandò il cerusico in direzione di Arthur, quando l'ex cavaliere di Camelot ebbe concluso.

Il figlio di Uther si schiarì la gola prima di rispondere, per evitare di dire qualcosa di ambiguo che avrebbe potuto far ricadere i sospetti di Lancelot su di lui.

«Il Re l'ha trattenuto.» spiegò, cupo, e in un attimo dimenticò perfino di avere accanto il vecchio amico.

«Avremmo dovuto allenarci, domani c'è la giostra e...»

«Giostra?» lo interrogò Lancelot, interessato.

«Sì, è domani, in onore di...» Arthur si interruppe, col cuore che tamburellava nelle costole ed un'idea, folle e brillante, che si era appena fatta strada nella sua testa.

Spalancò la bocca, vittorioso, voltandosi in direzione di Lancelot.

«Ma certo!»

«Cosa?»

«E' perfetto!»

«Eh?»

«Tu sei la soluzione!»

«Di che stai parlando, Merlin?»

«Ascolta!» Arthur gli afferrò le spalle, al settimo cielo, ignorando bellamente le sue domande, -era troppo eccitato per potervi prestare attenzione-. «Insomma, sono... sono così contento di vederti, specialmente ancora vivo! Spunti proprio al momento giusto...»

«Momento giusto, ma di cosa parli? Merlin non ti seguo!»

«So che ciò che sto per dirti ti sembrerà assurdo, ma la verità lo è ancora di più: per un motivo che ora non posso spiegarti Arthur domani non può gareggiare alle giostre organizzate da Uther. E tu puoi sostituirlo!»

«Sostituirlo? Alla giostra?» ripeté Lancelot, scosso.

Arthur annuì, concitato. «Devi solo fingerti lui per qualche giorno!»

«No, aspetta...»

«E' l'occasione della tua vita! Non puoi rifiutarti!»

Lancelot socchiuse gli occhi, riducendo le labbra ad una linea sottile.

Poi si grattò una guancia, guardingo.

«Mi prendi in giro? Il viaggio deve avermi fatto male, avevo ragione a non fidarmi di quel vino che mi hanno offerto alla taverna!»

Arthur sospirò, allontanando le mani dalle sue spalle, poi fece un giro su se stesso, nel tentativo di calmarsi.

«Quando arriverà Arthur ti sarà tutto più chiaro.»

«Ma...»

«Ora, prima che qualcuno ti veda, faresti meglio a nasconderti nella mia stanza.»

«Ma io a dire il vero avevo in mente di rimanere solo per il tempo di un saluto.» si ribellò il ragazzo spinto a forza su per la breve scalinata.

«Dopo.» lo stroncò Arthur, laconico. Un attimo dopo gli chiuse la porta in faccia, con un tonfo sonoro.

Infine si voltò, spolverandosi le mani l'una contro l'altra, e fece una smorfia -che doveva essere un sorriso- in direzione di Gaius, che l'aveva fissato per tutto il tempo senza fiatare, come sola compagnia il sopracciglio sollevato.

«Problema risolto: abbiamo un sostituto.»

Gaius avanzò fino a fronteggiarlo, scuotendo il capo.

«Non dovreste prendere certe decisioni senza consultare Merlin, sire.» sibilò, così piano che l'altro fece fatica a sentirlo.

«Sono io il Re, e io prendo le decisioni.» ribatté l'asino, punto sul vivo. «E poi credevo che saresti stato contento! Insomma... Merlin è salvo. Conta questo, no?»

«Ma Merlin non avrebbe voluto che qualcun altro prendesse il suo posto.»

«Non importa!» Arthur allargò le braccia, con una risatina irriverente. «Rimarrà vivo.»

«E a vostro padre ci pensate?»

Arthur gli diede le spalle, incupito. «Quello è un problema secondario.»

«Oh no, no che non lo è.»

«Senti, è già abbastanza difficile così, ti prego, non ho bisogno di sentire anche le tue prediche.»

Gaius richiuse la bocca, con un sospiro, poi grugnì qualcosa tra i denti.

«Ricordate, sire, che non sempre desiderare ardentemente qualcosa ci garantisce di poterla ottenere. A volte bisogna fare delle scelte... e spesso, aihme, ci si sbaglia.»

«Non sbaglierò.»

Gaius continuò a fissarlo, poi si voltò con uno svolazzo del mantello, e raccolse un paio di boccette.

«Fate come credete, sire. Io continuerò a cercare un antidoto.»

«Bene.» borbottò Arthur, voltandosi a guardarlo con la coda nell'occhio.

Stava anche per scusarsi -perché odiava essere maleducato con quell'uomo che l'aveva visto nascere- ma ad un tratto uno scalpiccio di passi e il tonfo della porta che si spalancava fece sussultare entrambi.

A Gaius sfuggì di mano la boccetta di liquido verde che aveva appena artigliato, e Arthur, colto da uno strano istinto che gli ruggì nelle vene, allungò una mano nell'irrazionale tentativo di recuperarla in tempo.

Poi, come se una forza invisibile avesse creato un muro di fumo sotto la boccetta, essa si interruppe a mezz'aria.

Ma che diavolo...?!

Arthur ebbe un tuffo al cuore, ritirando come ustionato la mano. La boccetta riprese la caduta, esplodendo a terra in grappoli di cocci che si dispersero dappertutto, insieme al liquido verde acido che serpeggiò nelle scanalature del pavimento.

Il principe si fissò sconvolto la mano, poi alzò gli occhi e incontrò il volto agghiacciato di Merlin, che aveva appena fatto irruzione nella stanza.



~To be continued~







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Qui ci sono [ben] 10 scambi di battute presi dal capitolo VIII e spoiler vari

1. Merlin rimane incantato a fissare una ragazza.

2. «Vostro padre l'aveva sempre saputo.»

3. Qualcun altro verrà a conoscienza del segreto dei protagonisti.

4. «Ma sì, divertitevi pure. Tanto sarà la vostra ultima risata.»

5. Morgana ama origliare.

6. «Ma è la verità! Arthur, ha il diritto di sapere!»

7. «Siete così egocentrico che secondo voi il sole gira intorno alla vostra testa.»

8. Arthur e Merlin si spingeranno a vicenda per una lite.

9. «Sei... sei davvero stato tu?»

10. Il cuore di Gwen risulterà irrimediabilmente diviso.



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Angolo Autrice.


Ciao, cari! Vorrei potervi fare compagnia ma è da quando sono tornata a casa da scuola che scrivo e la mia mente reclama pietà o, al massimo, di vedere una puntata di supernatural °-° Perciò sarò breve, e passerò subito alle note ;)

Note: il mistero si sta infittendo e la trama si farà più adulta mano a mano che ci avviciniamo al momento cruciale. Ripeto ancora una volta che questa storia non è un'Arwen, perciò non temete. Ogni cosa ha il suo perchè u.ù Comunque, supernatural mi ha influenzata decisamente, e parte di questa storia ne risentirà :P Per quanto concerne questo capitolo, spero di avervi lasciato col fiato sospeso con questa fine ad effetto. Arthur scoprirà finalmente la verità di Merlin? E come reagirà? Beh, nel prossimo capitolo lo saprete -e siccome è già scritto non dovrete attendere troppo :P-!

Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)






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Capitolo 8
*** Chi sei veramente ***


Arlin 8

Sì sono in ritardo, come sempre, e non ho nemmeno una scusa da affibbiarvi, se non che ho visto nel giro di appena un mese ben sette stagioni di Supernatural, la mia nuova droga *-* 

Se avete visto questo telefilm (o meglio, capolavoro) vi chiedo... siete per il Wincest o il Destiel? (p.s: ho scritto due ff, che trovate qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=949067&i=1 e qui la seconda: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=959527&i=1

Se non l'avete visto invece vi invito caldamente a rimediare, non rimarrete delusi *-* E dovete ringraziare questo favoloso show se ho avuto ispirazione per la fine di questa fic. In ogni caso... eccovi il nuovo capitolo :D 

Dedico il capitolo a Shuura, Raen91, Puffet, Il_Genio_del_Male, Your guardian Angel, elfin emrys, maraman, mindyxx, Fatelfay, valentinamiky, Sakura Georgina Nakamura e Pandora86  per le loro meravigliose recensioni! ^^

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Changıng


Capitolo VIII



Merlin si era completamente dimenticato come si facesse a respirare.

Raggelato, con tutti i muscoli intorpiditi e il cuore in gola, il giovane mago desiderò tornare indietro nel tempo ed evitare tutto.

Evitare che Arthur vedesse.

Evitare che capisse.

Deglutì sentendosi vacillare, e i suoi stessi occhi lo trafissero con la forza di una freccia infuocata.

La magia.

Il più grande segreto che aveva custodito con cura e scrupolosa attenzione per tutti quegli anni, mostrata così, in appena pochi istanti.

La magia non apparteneva alla sua anima, come aveva sempre creduto, ma al suo sangue. Ma il peggio era che Arthur aveva appena assistito ad un incantesimo scagliato da lui stesso, sebbene inconsapevole.

E adesso lo fissava, sconcertato, pallido come un lenzuolo, e Merlin si sentì disgustoso, all'improvviso.

Si sentì sbagliato, inopportuno, pericoloso. E capì di averlo tradito.

Di avergli mentito, per tutto quel tempo. E Arthur aveva ormai capito.

Era troppo tardi per fare qualsiasi cosa.

«Mi dispiace!» intervenne Gaius, così all'improvviso che Merlin sobbalzò e Arthur distolse lo sguardo da lui, in un guizzo spaventato.

Una smorfia imbarazzata faceva bella mostra di sé sulle labbra del cerusico, a mo' di scusa.

«Perdono, quella pozione è piuttosto difficile e stancante da preparare. Non era certo mia intenzione spaventarvi, sire.»

Arthur ammiccò, ancora scombussolato. «Sei stato tu?»

Merlin si trattenne dall'emettere un sospiro di sollievo.

Gaius, quanto lo adorava.

Si ripromise di fargli una statua, in futuro, magari con la magia.

L'archiatra si grattò una guancia, poi annuì, e Arthur si rizzò sulla schiena, umettandosi le labbra.

«Sei... sei davvero stato tu?»

C'era sollievo anche nella sua voce?

In un attimo i suoi occhi blu si puntarono su Merlin che trattenne il respiro, a disagio.

Sembravano urlare per una conferma, quegli occhi blu, e Merlin si costrinse a donarla.

«Vostro padre l'aveva sempre saputo.» cercò di rimediare, ringraziando gli dei celesti e la vecchia religione per non avergli reso la voce tremula come si era aspettato. Deglutì, cercando di riordinare la mente.

Il pericolo è sventato, devi solo calmarti, Merlin, o lo noterà.

«Mi dispiace, sire.»

«Credevo...» Arthur aprì la bocca ma la richiuse subito dopo, tremendamente incerto. Merlin si tormentò l'interno della guancia, temendo il resto della frase.

Ma Arthur lo graziò, perché sospirò, scuotendo la testa.

«Niente, lascia perdere. Piuttosto, c'è qualcuno che dovresti salutare.»

Merlin sollevò un sopracciglio, scettico. «Qualcuno?»

«Nella stanza.»

«Nella mia stanza?»

«Sì, cioè... accidenti, parla piano. D'ora in poi sarà la mia stanza, è chiaro?»

Merlin annuì, non ancora del tutto convinto, e corrugò la fronte all'indirizzo della porta della sua stanza.

Stanza del somaro, perdono.

Anzi no, che bisogno c'era di convincersi pure nella sua mente?

Quando lo sorpassò, Arthur aveva lo sguardo basso, e si esaminava ancora le dita.

«E comunque non preoccuparti, Gaius. Non volevo reagire in questo modo, è solo che... ho come avuto la sensazione che... fossi stato io a farlo.»

«Non dovete spiegarmi nulla.» lo rassicurò Gaius gentile.

Merlin, che si era attardato sulla soglia della sua stanza, strinse i pugni: aveva ascoltato abbastanza quella conversazione, che come una coltellata gli penetrava il cuore.

Il suo segreto era salvo.

Per un momento aveva creduto di precipitare nel vuoto; il momento dopo aveva subìto un morbido atterraggio.

Nessuna costola rotta, quantomeno, rifletté mentre abbassava la maniglia.

Quando aprì la porta, il nervosismo lasciò il posto alla sorpresa, sul suo volto.

«Lancelot?!»

«Oh!» il cavaliere si alzò dal letto, con un ampio sorriso incredulo, quasi non si aspettasse tutto quell'entusiasmo. «Sire! Che piacere rivedervi.»

«Che ci fai qui?»

«Oh accidenti, non ditemi che devo ripeterlo per la terza volta!»

Il sorriso di Merlin divenne ancora più luminoso. Lanciò un'occhiata divertita al somaro.

«Dovete...» si schiarì la gola, accorgendosi in tempo dell'errore. «Devi spiegarmi un paio di cosette, Merlin.»


*


«E così.» ricapitolò Lancelot con le mani intrecciate sulle ginocchia e le sopracciglia ormai arrivate all'attaccatura dei capelli. «Volete che sostituisca Arthur per poi, al termine della giostra, sparire dentro la tenda e permettere al principe di reclamare il premio per la sua vittoria?»

Merlin e Arthur si scambiarono un'occhiata timorosa.

«Proprio così.» rispose Merlin in un soffio, aspettando trepidante l'attesissima risposta.

Lancelot li guardò entrambi, con un sorriso sbarazzino che sembrava cercar di trattenere la vera e propria risata, e infine scoppiò rumorosamente a ridere.

Accidenti! Pensò Merlin deluso, ma Lancelot oltrepassò le sue aspettative. Quando si calmò annuì, sempre con lo spettro del divertimento sul volto.

«E' la cosa più assurda che abbia mai sentito in vita mia.»

«L'hai già fatto una volta!» gli ricordò Merlin, disperato, mentre Arthur, al suo fianco, annuiva convinto.

«Mmm, non lo so.»

«Non farti pregare! Poi sei abile nelle giostre e...»

«Sire, siete troppo gentile. Comunque, vi vedo piuttosto in forma, non capisco per quale ragione vi rifiutate di gareggiare. Vendetta nei confronti di vostro padre?»

«Niente di tutto questo.» si affrettò a spiegare Merlin, laconico.

«Ma allora...»

«E' piuttosto difficile da spiegare.» li interruppe Arthur, con un tono che non ammetteva repliche.

Lancelot annuì, soprappensiero.

«Non vedo cosa ci sia di male, comunque. Va bene, vi farò questo favore. Ed eviterò di fare domande.»

Arthur accennò un sorriso e Merlin si morse il labbro.

Lancelot, così giovane, così pieno d'aspettativa, così... ricercato.

Stava sacrificando la sua stessa vita, senza chiedere nulla. Un eroe da lodare, dunque.

Eppure... seguì lo sguardo carico d'affetto che Lancelot indirizzava ad Arthur, credendolo il suo amico maghetto, e Merlin provò due sensazioni contrastanti: la prima fu di un'immensa gratitudine. La seconda di sottintesa inquietudine, invisibile ma presente, come un fumo sottile che si insinua sotto la porta.

Lancelot conosceva il suo segreto, quello che prima, e per puro miracolo, Gaius aveva protetto.

Eppure, la fortuna non bussa mai alla stessa porta due volte.

«La verità è incredibile.» iniziò, con voce tremula, cercando di farsi forza. «E il motivo per cui io non posso gareggiare lo è anche di più.»

Arthur si irrigidì e Merlin, più che certo dei suoi occhi infissi sulla sua nuca, si obbligò ad ignorarlo.

«Ti sembrerà assurdo, Lance, però, vedi, io non sono il principe Arthur, per questo non posso gareggiare.»

Arthur trattenne il respiro e Lancelot inclinò la testa.

«Scusa?»

«Al mio signore piace scherzare!» esclamò Arthur forse con troppa enfasi, avvolgendo le spalle di Merlin con un braccio stritolante.

La risata del somaro era piuttosto isterica.

«Perdonate l'ardire, sire, ma se dovete proprio affibbiarmi una scusa, che almeno sia plausibile.»

Arthur rise con Lancelot ma Merlin non demorse.

«Devi credermi, sono io Merlin! Uno stregone deve...»

«Arthur...» la risatina da ti-sto-per-ammazzare di Arthur si fece più forte, così come la presa sulle sue spalle.

«... aver fatto un incantesimo su- Aiha!»

Arthur ritirò il piede, fingendosi distratto e si schiarì la gola.

«Scusa un attimo, amico, ma al mio signore è andato di volta il cervello. Perdonami.» il principe allungò un braccio e artigliò il polso di Merlin, trascinandolo a forza verso la porta.

«No, aspetta!» si ribellò Merlin, consapevole che non avrebbe mai potuto superare in forza Arthur. Poi ricordò in che corpo si trovava e allontanò il proprio, guidato dal somaro, con sgarbo.

«Lancelot, aspetta, è vero! Posso dimostrartelo! Io so cosa è successo nella radura, con il grifone!»

Lancelot adesso era diventato cinereo.

«E anche tu lo sai e...» continuò Merlin, imperterrito, massaggiandosi ancora il piede pestato da Arthur, che adesso gli afferrò la maglia, con rabbia.

«Basta così!»

«Ma è la verità! Arthur, ha il diritto di sapere!»

«Di sapere cosa?» pigolò Lancelot, turbato.

«Che ci hanno scambiato di corpo!»

«Merlin!» gli urlò all'improvviso Arthur, perdendo la pazienza.

Si rese conto dell'errore troppo tardi, quando già Lancelot si era messo in piedi, agile come un gatto.

«Volevo dire... Arthur.» si corresse il principe, nervoso, abbassando il tono della voce e occhieggiando preoccupato Lancelot.

«Che cosa significa tutto questo?» domandò alché il cavaliere, frastornato. «Qualcuno si degna di spiegarmi?»

«Uno stregone ci ha fatto un incantesimo!» rispose immediatamente Merlin e Arthur gli infilò un gomito tra le costole.

«Devi smetterla di mentire!»

«Hai visto?» lo sfidò Merlin, disperato, cercando di liberarsi dal peso ingombrante di sua maestà, che stava tentando di trascinarlo fuori.

«Io non mi rivolgerei mai così ad Arthur!»

Lancelot sembrava volersi trovare ovunque tranne che lì.

Come una saetta raggiunse la porta e la chiuse, per poi girare la chiave nella toppa e guardarli con aspettativa.

«Scusatemi, Gaius!» gracchiò poi, in direzione del legno.

Dall'altra parte della porta giunse la voce soffusa di Gaius, che stava lavorando a qualche pozione.

«Fate pure con calma, avevo previsto anche questo.»

Lancelot si voltò finalmente a guardarli e Merlin e Arthur interruppero la loro lite, nervosi come non mai.

«Allora? Si può sapere che sta succedendo qui?»

Merlin sospirò ma Arthur lo precedette, cupo e sintetico come mai l'aveva visto prima.

«Qualcuno ha fatto un incantesimo su me e questo idiota e adesso siamo stati scambiati di corpo.»

Lancelot sembrava restio a credergli in parola.

«Ripeto: è la cosa più assurda che abbia mai sentito.»

«Devi crederci, Lancelot! Sai che non potrei mentirti.» insistette Merlin. «E devi anche promettere che ci aiuterai.»

«E' per questo che Arthur... cioè Merlin... cioè... vabbé avete capito. E' per questo che il principe non può gareggiare?»

«Merlin mi farebbe uccidere.» rispose semplicemente Arthur, come se fosse l'unica spiegazione possibile. «Già.»

Lancelot sorrise, scuotendo la testa.

«Oh, vi assicuro, sire, che vi sbagliate di grosso.»

La frase rimase arcana per Arthur ma Merlin volle ancora più bene a Lancelot, anche solo per quelle parole.

«Comunque... oh mio dio, quanto è assurdo... sapete chi è la mente di tutto?» aggiunse il cavaliere.

Merlin si grattò la testa, meditabondo. «Neanche una.»

«Ma sicuramente questo qualcuno desidera che io venga deriso o peggio, ucciso.» concluse Arthur, massaggiandosi il polso. «Dannazione.»

«Risolveremo il tutto.» li rassicurò Lancelot, non sapendo bene chi guardare. «E Merlin lo sa.»

«Merlin lo spera.» rispose il maghetto, colto dall'abitudine, per poi scuotere la testa. «Voglio dire, io lo spero.»

«Accidenti se è assurdo!» reiterò Lancelot, incapace di trattenere oltre le risate. «Sono di fronte alla figura del futuro re di Camelot e mi rivolgo a lui come ad un vecchio amico, e invece devo inchinarmi e chiedere perdono ad un servo!»

«Ci farai l'abitudine.» commentò Merlin con una smorfia.

Arthur sbuffò. «Non hai idea di quanto sia seccante.»

«Cavolo, ragazzi. Seriamente, è la cosa più assurda che...»

«...tu abbia mai visto, lo sappiamo.» completarono per lui Arthur e Merlin, annoiati.

Poi si guardarono, e scoppiarono contemporaneamente a ridere.




Una figura sorrise, osservandoli. Un sorriso crudele.

«Ma sì, divertitevi pure. Tanto sarà la vostra ultima risata.»


*


«Non trovo l'utilità di tutto questo!» si lamentò Merlin, querulo, tastandosi la spalla dolorante. «Oltretutto brucia ancora da morire.»

«Credevo che l'unguento di Gaius avesse fatto effetto.» Arthur lo aiutò ad alzarsi e gli spolverò l'armatura. «Riprendi la spada.»

Merlin eseguì, saggiandone il bilanciamento: sembrava il prolungamento del suo braccio, ed era più leggera di quella mattina.

«Sì, ma continuo a non capirne il senso.» protestò, ponendosi tuttavia in atteggiamento di difesa.

«Te l'ho già spiegato, idiota: se Lancelot dovesse realmente riuscire a farti vincere alla giostra... farmi, cioè... tu saresti costretto comunque a combattere nel duello con le spade.»

«E perché non può farlo lui?» Merlin ricevette un colpo ed alzò lo scudo in tempo per evitare il filo della spada del somaro.

«Perché se il suo avversario dovesse, per un fortuito caso, sfilargli l'elmo, la nostra copertura salterebbe. Devi farlo tu, sei l'unico che può.» e con un colpo particolarmente calibrato fece rotolare il moro a terra.

«La vostra preoccupazione nei miei confronti è commovente.» ironizzò Merlin rimettendosi in piedi. Arthur non finiva mai di sorprenderlo, in negativo si intende.

«Siete così egocentrico che secondo voi il sole gira intorno alla vostra testa.»

«E di fatto...» ridacchiò il biondo -ora moro-, condannandolo nuovamente a ripararsi dietro lo scudo.

Erano così concentrati a menare fendenti e a pestare la polvere, sotto il sole che lentamente calava oltre l'orizzonte, che non si accorsero di due occhi brillanti che li stavano osservando, profondamente colpiti, da lontano.

Merlin si ritrovò intrappolato tra lo scudo e la spada di Arthur, e con una manovra decisa e improvvisa gli passò sotto al braccio, sfuggendo al freddo metallo.

Fu in quell'istante che la vide, là, sulla collinetta, con i capelli biondi scossi dal vento e il vestito che si gonfiava attorno alle caviglie sottili.

Rimase così incantato e sorpreso che non avvertì in tempo il movimento di Arthur e con una fitta alla nuca ricadde a terra.

«Mai abbassare la guardia, Merlin.» lo biasimò il somaro, oltraggiato. «Se fossi stato in un vero duello ti avrebbero ammazzato!»

Merlin si rimise in piedi -maledicendo più le sue ginocchia che avevano ceduto, invece che l'asino- ma non staccò gli occhi dalla figura.

«Non siamo più soli, sire.»

«Eh?»

«Guardate là. Credo che abbiate fatto colpo su sua grazia reale.»

Arthur seguì la traiettoria del suo sguardo, perplesso, e quando incontrò la sagoma della fanciulla batté le palpebre.

«La principessa Lory?» domandò, quasi fosse una bestemmia. «Non dovrebbe stare su un campo di soldati!»

«Oh, andiamo, Arthur, vi sta solo osservando!» la giustificò Merlin. «Ha perso la testa per voi, credo.»

E come darle torto, si inserì una vocina nella sua testa, che finse di non sentire.

«Tu dici?»

«Ma ovvio, tutte le principesse perdono la testa per il principe Arthur, no?» fece, divertito, con un sorrisetto.

Arthur fece il suo solito broncio pensoso.

«Beh, ma adesso tu sei me quindi... non fare idiozie.»

«Non ho alcuna intenzione di fare niente, io.» lo rassicurò Merlin, con espressione innocente.

«Se Gwen dovesse venire a saperlo... oh, dannazione! Merlin, non fare nulla!»

«Come desiderate, sire, sono ai vostri ordini.»

«E non prendermi in giro!»

«Non vi sto prendendo in giro, sono serio.»

«Idiota.»

«Asino.»

«Incapace.»

«Testa di fagiolo.»


*


Ma Gwen non era venuta a saperlo.

A dire il vero, non stava minimamente pensando a nulla, se non a rassettare le stanze della sua padrona, che stava discutendo chissà di cosa con Uther.

Il re aveva prima richiamato Arthur, e Morgana aveva origliato dietro la porta -lo faceva spesso, ricordò Gwen-, raccontandole ciò che aveva colto dal dialogo dei due: il caro vecchio Uther voleva essere sicuro che suo figlio non scappasse nuovamente nella foresta, e per questo aveva dato l'ordine ai soldati di rimanere appostati ai cancelli, per bloccarlo qualora avesse sentito la necessità di defilarsi dalle mura del castello.

E proprio mentre ridevano al pensiero dell'espressione offesa  del principe, per la scarsa fiducia dimostrata dal padre, un servo aveva bussato alla porta annunciando che la lady era attesa dal re nella sala del trono, e scortata da Sir Leon era sparita oltre l'angolo.

E Gwen era rimasta sola, a rifare il letto, spolverare i pavimenti e ripulire le tende.

Fu proprio mentre sbatteva i cuscini che li vide, dalla finestra.

Merlin, con un colpo deciso di spada, aveva spedito Arthur per terra.

Ma era diventato un vizio?

Gwen corrugò la fronte, dondolando la testa: forse doveva farsi prescrivere una cura da Gaius.

Terminò in fretta di rimettere a sesto la camera, poi lisciò le pieghe della propria gonna e si affrettò ad uscire, stringendosi nelle braccia quando emerse all'aria fresca del tramonto.

Il cielo si era ormai tinto di una tonalità opaca.

Rabbrividendo e accelerando la corsa Gwen superò l'ultimo gradino e percorse a grandi falcate il cortile.

Qualche minuto dopo raggiunse la porta della sua casa e inserì la chiave nella toppa.

La porta cigolò, quando la  spinse per creare uno spiraglio che le permettesse di entrare. Era esausta, e non desiderava altro che una lunga dormita.

Casa dolce casa.

«Gwen.»

Sussultò, presa alla sprovvista, e alzò di scatto la testa.

I suoi occhi si sgranarono e le sue labbra si dischiusero quando riconobbe la figura che aveva parlato.

«Lancelot!»



~To be continued~







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Qui ci sono [ben] 10 scambi di battute presi dal capitolo IX e spoiler vari

1. Ci saranno ben due baci.

2. Gaius odia essere interrotto.

3. «La fiducia è ciò che conta veramente, sire. La magia non è cattiva; solo perché vostro padre non la capisce non significa che essa sia sbagliata.»

4. «Mio dio, credevo che fossi morto!»

5. Il principe rischia due volte di soffocare.

6. «Devi essere molto fiero di lui, vero?»

7. Qualcun altro è interessato alle mani di Merlin.

8. «Che vuoi dire? Hai tipo avuto una vita precedente da principe?»

9. Arthur non sa come comportarsi.

10. «E' assurdo! Ma parlate seriamente? Cioè, davvero... io?»


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Angolo Autrice.


Adorati lettori, un saluto a voi popolo Camelottiano! Come passate la vita? :) Mi dispiace per il ritardo, la prossima volta spero di fare più in fretta, anche perché il cap 10 è già pronto e l'11 è work in progress :D Non so se vi farà piacere o meno, ma all'inizio della fic avevo promesso che sarebbe stata di circa 13 capitoli. Beh, no, mi dispiace deludervi, ma siccome l'idea di fondo di questa fic mi piace (lo scambio di corpi offre tante di quelle scenette comiche che non posso liquidarla in poche pagine *-*) e quindi si allungherà... questo comporta una dose di azione/mistero e fantasy in più, mi auguro che apprezziate! ^^

Note: A dire il vero non ho tanto da dire su questo capitolo. A parte che è il SECONDO giorno in cui i nostri eroi sono scambiati di corpo e il giorno dopo avrà inizio la giostra. Questo è quanto. Oooh, eh, emh, ho utilizzato un po' di espressioni tipiche dei libri fantasy, quando ho parlato di spade (la questione del "bilanciamento", per esempio, o l'idea del "prolungamento del braccio"), per dare maggiore veridicità al tutto. Adoro scrivere storie ambientate nel medioevo e cerco sempre di immaginare come dovrebbe essere impugnare una spada vera e propria o stare a cavallo (uuuh magari facessi equitazione!! °-°), e... sto sclerando >> Ora volevo farvi una domanda, così, per curiosità. La componente slash di questa fic è moolto sottointesa ancora, ma già ce ne sono dei sentori. Ora, da quello che avete letto, secondo voi chi è che "realizzerà" la questione prima? Merlin o Arthur? :D

Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Capitolo 9
*** Un bacio di troppo ***


Arlin 9

Uccidetemi pure, me lo merito. Sarà un secolo che non aggiorno, e mi sento incredibilmente in colpa, perciò se volete attaccarmi fatelo pure. *si ripara dietro le braccia* Ho finalemnte deciso di aggiornare per farmi perdonare, ma so che sarà moooolto difficile, per giunta lasciandovi un capitolo Het come questo! Che poi mi chiedo, perché?! La scena Gwencelot doveva essere breve e invece è diventata quattro pagine -non chiedetemi perché o.o- quel giorno forse avevo voglia di scrivere het? O semplicemente è la solita cosa, cioè che sono fissata a descrivere ogni -singola- cosa? By the way, chiedo umilmente venia, spero di poter aggiornare prima possibile ma evito di darvi una data per timore di deludervi nuovamente xD Sappiate comunque che non vi ho dimenticati così come non ho dimenticato questa storia, e che presto risponderò alle vostre recensioni.

Buona lettura!

Dedico il capitolo a Fatelfay, EDVIGE86, Shuura, elfin emrys, Quainquie, mindyxx, Puffet, Raen91, Sakura Georgina Nakamura, Hi_no_Koshka e Pandora86 per le loro meravigliose recensioni, e Chiara per i suoi complimenti che mi hanno convinto ad aggiornare! ^^

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Changıng


Capitolo IX



Arthur si portò un cucchiaio di minestra alle labbra, pensieroso, consapevole solo in parte del sopracciglio dell'archiatra, levato con silenzioso cipiglio.

«Tutto bene, sire?»

Il principe, perso nelle acque profonde dell'immaginazione, dove era ancora un principe e si curava di assegnare ordini impossibili al suo servitore idiota, si affogò col brodo.

Bestemmiando e maledicendo la tutt'altro che profumata brodaglia, che aveva intrapreso senza il suo consenso la via della trachea -e niente e nessuno poteva permettersi tali libertà- l'erede al trono sollevò un paio di occhi lucidi, che avevano appena contemplato la morte in faccia.

«S-sì.» gracchiò con la voce rasposa per il troppo silenzio -e, ovviamente, il quasi affogamento-.

Si batté il pugno sul petto, deglutendo più volte.

Eppure Gaius non pareva fidarsi, e continuava ad esaminarlo con sguardo clinico.

«Se mi è lecito, posso chiedervi quali pensieri vi tormentano?»

«Abbiamo lasciato andare Lancelot.» illustrò il biondo -ora moro-, in parte mentendo. «Non è esattamente sicuro, fuori.»

«Era coperto dal cappuccio, nessuno lo riconoscerà.»

«Sì, ma... non si può mai sapere.» con una smorfia, il principe riprese ad azzannare la minestra con il cucchiaio. Gli occhi di Gaius erano ancora incollati sulla sua fronte.

«Andrà tutto bene, sire.»

Arthur si irrigidì, colto nel segno. Poi si schiarì la voce, come se niente fosse.

Deve andare tutto bene. Per forza, pensò

«Gaius.» lo chiamò dopo qualche istante, quando il silenzio si era fatto troppo soffocante.

«Ditemi, sire.»

«Come ha reagito mio padre quando... quando l'ha saputo?»

Il medico si aprì in un sorriso, cogliendo dove voleva andare a parare.

Arthur cercò di celare il proprio disagio abbassando nuovamente gli occhi sul brodo fumante, che glieli fece lacrimare per il calore.

«Vostro padre non odiava tanto la magia, quando lo venne a sapere. Anzi, non la odiava affatto. E' stato molti anni fa, prima che voi nasceste.»

«Mia madre era ancora viva, quindi?»

Gaius annuì, improvvisamente cupo.

«E'... strano.» borbottò Arthur, con lo sguardo perso nel vuoto. «Insomma... mio padre si fida ciecamente di te.»

«Non dovrebbe?»

«Non è questo che intendevo. Però... insomma, non temeva la magia?»

«Io ho abbandonato le pratiche magiche molto tempo fa, durante la Grande Purga. E in ogni caso vostro padre sapeva che la mia magia era impiegata a scopi medici, a fin di bene.»

Arthur non sembrava ancora del tutto convinto.

«La magia non è cattiva.» concluse, come un bambino che si affaccia per la prima volta al mondo delle tabelline.

«No, infatti.» convenne Gaius con una strana luce negli occhi che Arthur non seppe spiegarsi.

«Ci sono persone che la praticano con buoni propositi.» continuò, ispirato ed enfatico, il vecchio. «Che se ne servono per salvare le persone che amano.»

Arthur ascoltava, rapito.

«La fiducia è ciò che conta veramente, sire. La magia non è cattiva; solo perché vostro padre non la capisce non significa che essa sia sbagliata.»

«Ma...»

«In passato, le persone migliori che ho conosciuto erano maghi e streghe.»

Arthur tacque, sorpreso e in parte scosso da quella dichiarazione.

«La magia esiste ancora, sapete? E' intorno a noi, e ci aiuta a sopravvivere. Ci sono persone vicine a voi, sire, molto vicine, che hanno...»

Un bussare improvviso alla porta interruppe il discorso del cerusico. Arthur, totalmente assorbito dalla discussione, sobbalzò nella sedia.

«Perdonatemi.» Gaius si mise in piedi, solo vagamente infastidito, e andò ad aprire. Arthur rimase seduto, con le sopracciglia corrugate.

Gaius era stato un mago.

Gaius aveva avuto amici maghi, un tempo.

Gaius forse la praticava ancora, la magia.

Eppure, nonostante questo, nonostante tutto, suo padre si fidava ciecamente di lui.

Gli avrebbe affidato la propria vita, tanto profonda e totalizzante era la sua fiducia.

Per una ragione inspiegabile, Uther non diffidava della magia a tal punto da additare come nemici tutti coloro che la praticavano.

Arthur si grattò un sopracciglio, soprappensiero.

Gaius e Merlin si assomigliavano in maniera impressionante, rifletté, facendo correre lo sguardo fin sulle proprie mani.

Piccole, bianche ed ossute, si ripeté a mente, sollevando gli angoli della bocca in un muto sorriso, al solo pensiero di quanto quegli aggettivi facessero infuriare il suo servo.

Idiota.

Ma Merlin non era esattamente come Gaius, realizzò subito dopo. Merlin non era un mago.

«Merlin, c'è qualcuno per te.»

Arthur levò lo sguardo, richiamato dalle parole del vecchio, e quando quest'ultimo si fece da parte per far avanzare l'ospite, l'erede al trono si irrigidì.

«Principessa Lory!» esclamò, incredulo.

La ragazza si cacciò una ciocca di capelli dorati, sfuggita all'elaborata treccia, dietro l'orecchio, con un sorriso amichevole. «Sono proprio io.»


*

«Lancelot!» ripeté Gwen commossa, come se in questo modo potesse concretizzarlo. L'altro si aprì in un sorriso e la ragazza non resistette: lo raggiunse in un attimo e gli allacciò le braccia attorno al collo, con gli occhi lucidi di emozione.

«Mio dio, credevo che fossi morto!»

Lancelot rispose all'abbraccio, stringendola dolcemente, e facendo scorrere le dita tra i suoi riccioli scuri, affogando nel loro profumo di viole.

«Felice di deluderti, allora.»

Gwen si separò da lui, con un sorriso felice, tra le lacrime, e si portò una mano alla bocca.

Lancelot si perse nei flutti incandescenti dei suoi occhi scuri, e qualcosa si mosse nel suo animo.

«Mi sei mancata così tanto.» sussurrò a fior di labbra, tremendamente sincero. Tacque un attimo dopo, rimproverandosi: probabilmente la ragazza si era fatta una vita, nella sua assenza.

Non poteva tornare dopo più di un anno e pretendere che tra loro ci fosse ancora qualcosa.

Eppure, non poteva negare il sentimento che covava per lei. Non poteva metterlo a tacere, o sotterrarlo. Sarebbe emerso comunque, era troppo intenso.

Gwen reagì alle sue parole battendo le palpebre, e una lacrima di gioia le rotolò lungo la guancia.

«Sei mancato tanto anche a me.» rispose, tremula.

E Lancelot non resistette: vedendola così fragile, vicina e reale -fino a quel momento l'aveva incontrata solo in sogno, dove era una figura di fumo e immaginazione-, cedette all'impulso di chinarsi su di lei e accarezzare le sue labbra con le proprie, in un bacio tra le lacrime.

Gwen fremette, ma non si allontanò. Lancelot assorbì il suo respiro e portò l'altra mano alla nuca.

A dispetto delle sue aspettative, Gwen non si discostò. Certo, all'inizio non rispose, quasi che stesse valutando le possibilità, ma alla fine si lasciò andare.

Poi, proprio quando Lancelot stava per approfondire il bacio, dischiudendo le labbra, la ragazza ebbe un brivido tra le sue braccia e gli poggiò le mani sul petto, quasi a volerlo bloccare.

«Non posso!» soffiò Gwen quando si separarono, i respiri che si condensavano nell'aria. Lo fissò con gli occhi lucidi e pieni di lacrime, poi distolse lo sguardo, lasciando tuttavia le mani sul suo petto. «Mi dispiace ma non posso, scusa!»

Lancelot si umettò le labbra, rigido, e allontanò di poco il volto da quello di lei.

Continuò ad osservarla, col cuore che rallentava i battiti e le labbra che si stringevano in una linea sottile.

Se qualcosa si spezzò nel suo cuore, non lo diede a vedere.

«No, scusami tu.» rispose, con la voce più ferma di quanto si fosse aspettato. «Hai ragione. Scusa.»

Si schiarì la gola, indietreggiando ancora, e sfuggendo in tal modo alle sue dita.

Abbassò lo sguardo, deglutendo, e Gwen lo esaminò mordendosi il labbro.

Sembrava profondamente combattuta.

«Mi dispiace, Lancelot.»

«No.» il ragazzo si sforzò di sorridere, e se il risultato era calmare Gwen, l'avrebbe fatto più spesso. «Va tutto bene, non preoccuparti. Sto bene.»

Gwen annuì di nuovo, massaggiandosi il braccio.

«Bene!» ruppe il ghiaccio Lancelot, quando la tensione nell'aria si fece tangibile. «Forse è il momento che io vada, è pericoloso girare per Camelot nella mia situazione.»

Gwen lo seguì con lo sguardo, e quando si rese conto che era alla porta che si stava avvicinando, sbiancò.

«Dove vai adesso?»

Lancelot si fermò, con la mano già sulla maniglia. «Non lo so.» mentì, sperando che funzionasse. «Immaginò che vagherò senza meta come nell'ultimo anno.»

Gwen, tuttavia, si turbò ancora di più. «Non vorrai andar via di nuovo!»

Fu con un grande sforzo che Lancelot fece una smorfia, ringraziando la semioscurità che nascondeva la luce delusa dei suoi occhi. «E' necessario.»

«Ma sei appena arrivato!» obiettò la riccia, preoccupata, afferrandogli un polso.

Lancelot sospirò, scostando dolcemente il braccio da lei, e portando la mano ad accarezzarle una guancia.

«Ero passato soltanto per un saluto, non posso rimanere.»

Non trovando la certezza nei suoi occhi da cerbiatta, aggiunse: «Davvero, Gwen, sarò più al sicuro fuori da Camelot che qui. Se il Re dovesse scoprirmi la mia testa finirebbe su una picca.»

Gwen rabbrividì al pensiero ma, suo malgrado, dovette dargli ragione.

«Tornerai?»

Lancelot sorrise, triste.

Non poteva prometterle nulla. Non voleva.

Certo, non stava esattamente per lasciare Camelot, ma di sicuro la casa della ragazza.

Non poteva rovinargli la vita in quel modo, apparendo e scomparendo di continuo. Gwen aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei 24 ore su 24 e lui, un vagabondo ricercato, non era la compagnia adatta.

Gwen meritava di meglio... meritava di più.

 «Sono certo che ci rivedremo.» rispose invece, chinandosi nuovamente per scoccarle un veloce e casto bacio sulle labbra, ancora umide per le lacrime.

Un attimo dopo emerse di nuovo all'aria aperta, indossando il cappuccio, e un filo di vento insinuatosi a forza sotto di esso lo fece rabbrividire fin nelle ossa.

Si voltò un'ultima volta, scoprendo Gwen appoggiata alla porta, quasi aggrappata, che lo guardava tristemente andar via.

Di nuovo.

L'aveva ferita ancora.

Lancelot strinse le labbra, decidendosi a tornare sui suoi passi. Affondò il capo nel cappuccio, quasi a nascondere gli occhi, e ripararsi dal freddo, poi diede le spalle alla dimora di legno.

Ad una parte importante della sua vita.

Quel bacio aveva suggellato il loro addio.

O almeno così credeva...


*


Arthur rimase probabilmente immobile come uno stoccafisso con lo sguardo allucinato fisso su Lory per un paio di secondi, perché poi Gaius si schiarì la gola, come a ricordare la sua presenza.

Arthur aprì la bocca per parlare, alla ricerca di quelle formule di cortesia incise a fondo nella sua memoria che, tuttavia, proprio in quell'istante, sembravano inaccessibili.

«Sua altezza.» se ne uscì alla fine, non trovando niente di meglio, e messo alle strette dal tempo. Abbozzò un buffo inchino che dovette risultare piuttosto comico perché la principessa ridacchiò continuando a studiarlo.

Arthur si rimise in piedi imbarazzato, polemizzando mentalmente sulla reazione della ragazza.

Beh, che vuole, non sono mica abituato ad inchinarmi, io! Di solito sono gli altri a farlo, pensò per giustificarsi, collerico.

Se non si fosse capito, il principe odiava essere schernito e messo in imbarazzo.

«Oh, vogliate scusarmi, sua maestà.» si aggiunse Gaius -e Arthur si ricordò di lui solo in quell'istante-.

«Per cosa, Gaius?» domandò la ragazza, anche lei probabilmente presa alla sprovvista dalla presenza del cerusico, sebbene fosse stato lui ad aprirle la porta.

«Ho ricordato un affare urgente da sbrigare.» rispose in fretta l'anziano e Arthur gli lanciò un'occhiataccia, sentendo tutte le fibre del suo corpo paralizzarsi.

E meno male che Gaius era quello saggio!

Con un sorrisetto di scuse e... era un occhiolino, quello?... l'archiatra scomparve oltre la porta.

La ragazza rise per spezzare il silenzio e Arthur si stampò in faccia un sorriso per nulla intimorito, esaminando la sua ospite.

Beh, sì, era bella, ma nemmeno così tanto come sosteneva Merlin.

In quell'istante ricordò le parole dell'amico.

Almeno a sua detta, la bionda doveva aver perso la testa per lui.

Si massaggiò il collo, a disagio, occhieggiandola di tanto in tanto: non aveva smesso di fissarlo per un attimo.

Forse Merlin non aveva tutti i torti.

Poi, però, rimembrò anche di non essere nel suo corpo e il sollievo si liberò dalle sue labbra come una ventata d'aria calda.

«Principessa, sono sorpreso di vedervi qui.» chiosò educatamente, tanto per iniziare un discorso e interrompere quell'opprimente silenzio.

Non aveva mai avuto problemi ad affrontare un dialogo, lui.

E non aveva mai neppure avuto problemi con le ragazze, anche se la maggior parte delle volte fosse stato impiegato a far con loro ben altro che discutere.

Ma con Gwen era diverso, e lui stesso adesso era diverso.

«Tu devi essere il valletto del principe Arthur, dico bene?» si informò la giovane, camminando verso di lui e nel frattempo guardandosi intorno, valutando la stanza.

«Non è il massimo.» commentò il giovane Pendragon in risposta al suo sguardo, con un sorrisetto imbarazzato.

«No, anzi, trovo che sia bellissimo.»

Arthur annuì, più per darle man forte che altro: personalmente, la sorpresa lo stordiva.

«Comunque, temo che il principe Arthur al momento sia occupato.» continuò, e quando ebbe ottenuto di nuovo gli occhi della ragazza aggiunse: «Molto occupato. Tremendamente occupato.»

Giusto per far capire il concetto, tutto qui.

«Ma davvero?» la ragazza passò due dita sulla superficie del tavolo, fermandosi a tastare una delle boccette di Gaius.

Arthur la seguì con lo sguardo, dondolandosi sui talloni.

Era una frecciatina o cosa?

Feriva il suo orgoglio, in questo modo!

«Beh, sapete, la giostra non è esattamente una passeggiata. Bisogna impegnarsi, e anche se il principe è il favorito, non ha intenzione di fare brutta figura. Impugnare una lancia lo fa sentire completo.»

Si fece prendere tanto dal discorso che non si accorse nemmeno che la ragazza aveva interrotto il suo lavoro di esaminatrice critica per voltarsi a guardarlo, con l'ombra di un sorriso.

Il principe si fissò le dita, così piccole, bianche ed affusolate, e concluse. «Suo padre sarà fiero di lui. Deve esserlo...»

«Lo sarà.»

Sussultò, rialzando lo sguardo.

«Oh, sì.» biascicò, per riacquistare un po' di contegno. Aveva dato voce ai suoi pensieri ed era talmente immerso in essi da essersi distaccato dalla realtà, anche se per pochi istanti.

Lory si accarezzò distrattamente i braccialetti che le avvolgevano il polso destro.

«E anche se non lo fosse, Arthur ha sempre te.»

Fu in quel frangente che Arthur realizzò, realmente, chi era in quel momento.

Ancora una volta il ricordo della maledizione gli tornò in mente.

Cavolo, aveva rischiato di far saltare la sua copertura.

«Beh... emh... suppongo di sì.»

«Devi essere molto fiero di lui, vero?»

Arthur contrasse la mascella, scrutando le ramificazioni verde-acqua negli occhi di lei, pensieroso.

Merlin fiero di lui?

Personalmente, non se l'era mai chiesto. E preferì continuare a non farlo, dal momento che lui stesso stentava a essere fiero della propria persona.

«In ogni caso, non ero venuta qui per il principe Arthur.» celiò ancora, continuando a camminare, con un sorrisetto di sfida.

Arthur batté le palpebre, sicuro di aver sentito male.

«Ah... ah no?» tentò, alla ricerca di un senso.

La principessa, senza abbandonare il suo sorrisetto irriverente, continuò a camminare e non guardarlo, facendo ondeggiare la lunga treccia.

«No.» rispose, allegra, afferrando il cucchiaio di Arthur -abbandonato nella minestra- e accostandolo al naso.

«E' questo che mangi?»

«Sì, e fa schifo.» rispose ispirato Arthur, senza riflettere.

Quando lo fece si pietrificò.

«Cioè... quello che voglio dire è che... Gaius cucina molto bene e io non posso pretendere di meglio e quindi... lo trovate divertente?» si interruppe, quando ancora una volta la risata cristallina della ragazza lo raggiunse.

Lei scosse la testa, avvicinandosi ancora a lui.

«Non c'è bisogno che menti, con me.» spiegò poi, quando si fu calmata, fissandogli... le labbra?

Arthur sentì la temperatura salire, mentre la ragazza si avvicinò a lui.

Qualcosa non andava, dannazione!

Merlin aveva detto che la ragazza era attratta da lui, cioè il principe!

Che si fosse sbagliato?

Che la principessa avesse sempre fissato lui, un semplice servo?!

«Principessa, sentite, io...»

«La vita di corte è così noiosa!» la ragazza scosse la testa, con un sospiro provocatorio.

«A volte.» le concesse Arthur, sincero, grato che avesse ripreso a parlare. «Proprio noiosa.»

«Lo dici come se l'avessi sperimentata anche tu.»

«In fondo lo faccio.» si ridusse a dire Arthur, cogliendo al volo la questione della mancanza di tempo. E cercare una scusa non avrebbe fatto altro che produrre una nuova crepa nella sua maschera da valletto.

E la sua facciata doveva rimanere intatta, quanto valeva rischiare ogni tanto, pur di sembrare naturale!

«Che vuoi dire? Hai tipo avuto una vita precedente da principe?»

Arthur agghiacciò, sconvolto.

Era una battuta, vero?

Rise apertamente, forse con troppa enfasi, per nascondere la confusione, e quando vide la ragazza fare lo stesso si calmò.

Via libera, solo una battuta!

Un attimo dopo comprese di essersi comportato di idiota, di aver fatto la figura dell'idiota e di apparire tremendamente idiota.

Aveva già detto idiota?

Attribuì la colpa al nuovo corpo: Merlin era idiota nel profondo, in un certo qual modo doveva averlo guastato.

«Perdonate la mia maleducazione, principessa. Desiderate qualcosa, comunque?»

«No, volevo solo saggiare la tua compagnia.»

La sincerità della ragazza era disarmante, e quando si avvicinò ancora, troppo per i gusti del principe, l'erede al trono si ritrovò ad indietreggiare di riflesso.

«Oh, e cosa ne avete dedotto?» cercò di perder tempo, perché la ragazza insisteva a fissargli le labbra con una certa avidità.

Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine.

Il prossimo nodo che avrebbe punito sarebbe stato Merlin, per falsa testimonianza.

Per colpa sua, e solo per colpa sua, adesso si trovava in una situazione così imbarazzante!

«Che sei un tipo molto simpatico.» la ragazza sfarfallò le ciglia con fare suadente, rialzando gli occhi e incatenandoli nei suoi.

Ora che la vedeva da vicino Arthur dovette ammettere che fosse davvero bella come la dipingeva Merlin, anche con quel neo a sinistra del naso.

Ma questo non cambiava le cose, né tantomeno le giustificava!

«Simpatico?»

Beh, Merlin non era simpatico. Non esattamente... cioè era simpatico quando non parlava.

Però la ragazza aveva conosciuto solo il nuovo lato di Merlin... quindi Arthur lo accolse come un complimento.

Sta dicendo che io sono simpatico.

Sorrise, al pensiero dell'espressione offesa di Merlin quando gli avrebbe rinfacciato la questione, oltre al caricarlo di mille compiti impossibili che mai sarebbe riuscito a completare in serata.

«E anche molto carino.»

Arthur, ancora perso nelle ragnatele delle sue beghe mentali, si strozzò con la sua stessa saliva e impiegò un paio di attimi per liberare il passaggio e permettere l'accesso all'ossigeno nei suoi polmoni.

«Scusa?» gracchiò, con gli occhi lucidi.

Ed era la seconda volta nello stesso giorno che rischiava di soffocare.

«Sì, l'ho detto. E' poco regale, probabilmente, e affrettato, e forse imbarazzante per la situazione, ma anche vero. La sincerità è importante, ma anche così rara, nel nostro rango.» illustrò la principessa, inflessibile. «E comunque non ci trovo niente di male in un apprezzamento. La bellezza va lodata.»

Arthur si sforzò di non ridere.

Quella era decisamente la cosa più assurda che avesse mai ascoltato. E si sentì tanto Lancelot quando formulò quel pensiero.

«Vorrete dire il principe Arthur.» la corresse, nel vano tentativo di non scoppiare a ridere seduta stante.

Insieme al divertimento, l'oltraggio dilagava nella sua mente.

«No, intendo te. Perché sei così sorpreso?»

L'erede al trono non riuscì più a contenere le risate che, prepotenti, abbandonarono la sua bocca con tanta forza che fu costretto a piegarsi in due.

E al diavolo l'etichetta!

«State scherzando!» sbottò, sarcastico, ancora non del tutto ripresosi dalla risata.

La ragazza corrugò la fronte, probabilmente colta alla sprovvista da quella strana reazione.

«Dovrei?»

«E' assurdo! Ma parlate seriamente? Cioè, davvero... io?»

«Perché no? Avete dei begli occhi.»

«Oh ma per favore!»

Arthur si afferrò le orecchie, come a volerle mostrare. «Non avete visto queste!»

«Le ho viste, invece, e trovo che siano molto carine.»

Arthur era indeciso se ridere o... rimanere impassibile per l'assurdità del tutto.

«Carine? Carine? Ditemi che scherzate.»

«Ti donano un certo fascino, invece. Io le trovo adorabili.»

Arthur smise di ridere: era seria.

Adesso c'era da chiedersi se non fosse anche pazza.

Andiamo, le orecchie di Merlin carine ed adorabili?

Il mondo si era capovolto.

«Ma sono enormi!» si schermì il principe, come stupito da tanta mancanza di osservazione.

La principessa reclinò appena la testa, perplessa. «Non così tanto. Non ti piacciono?»

«Se mi piacciono?» Arthur trattenne altri sbuffi di risata -senza allegria, stavolta, solo tanta sorpresa  e incredulità. «Oh, le adoro. Davvero.»

Sarcasmo portami via.

Lory tramontò gli occhi al cielo. «E poi...» si fece più vicina, tanto che il suo respiro gli carezzò il collo -accidenti, Arthur non ricordava che Merlin fosse così alto! Cioè... era alto quanto lui, non era possibile! Merlin era più basso... doveva essere più basso, era lui il servo!

«Hai delle belle mani.» la principessa fece scivolare le proprie dita tra quelle di Arthur e alzò uno sguardo sensuale su di lui, che trattenne il respiro, in ansia.

«Ah sì?» pigolò, infastidito dal quella vicinanza non richiesta.

Tra un po' si sarebbe trovato con le spalle al muro, senza scampo.

«Sì.»

Ancora più vicina.

«Ma sono piccole...» si sorprese, piano. «E pallide... e scheletriche...»

«Ma molto morbide.»

Arthur ammutolì.

Le mani di Merlin morbide?

E perché Lory stava flirtando con così tanta perizia?

Arthur sfuggì dalla sua pressante vicinanza scartando di lato e sciogliendo la presa dalla sua mano.

Quando fu a debita distanza si concesse di respirare.

«Sicuramente vi state confondendo col principe Arthur.»

Andiamo, le mani di Merlin non erano morbide, e né tanto meno attraenti.

Per non parlare delle orecchie, poi!

E gli occhi... dei comunissimi occhi azzurri, niente di straordinario.

Subito dopo averlo pensato una coppia di occhi splendenti si materializzò nella sua mente, biasimandolo con una stoccata.

Arthur impallidì e si affrettò a scuotere la testa per scacciare la visione.

Okay, forse stava esagerando.

«Il principe Arthur è come tanti altri.» lo corresse la ragazza, cupa. «Di tipi come lui ne ho conosciuti a migliaia. Spocchiosi, arroganti e stupidi, e tutti che si credono degli eroi.»

«Arthur non è stupido!» sputò il principe, punto sul vivo, cambiando totalmente tono. «E nemmeno spocchioso o arrogante!»

«Già, dimenticavo che è tuo amico.» la ragazza sollevò le braccia, come per scusarsi, ma Arthur non ci andò per le leggere.

«E non è vero che si crede un eroe, lui lo è davvero!»

«Certo, come vuoi.»

Arthur provò all'improvviso un'antipatia feroce per quella principessa che credeva di poter giudicare senza conoscere.

Ma tu guarda questa... e io sarei arrogante? Ma per favore!

«Tu sei diverso da lui, Merlin. Capisco che è il tuo signore e ti senti in dovere di servirlo e riverirlo, e anche proteggerlo, ma certe cose sono chiare agli occhi di tutti. Il principe sarà anche coraggioso ma ho sentito parlare di come ti tratta. Io non sarei mai scortese coi miei servi, sono pur sempre degli esseri umani come me.»

Arthur ridusse gli occhi a due fessure, ragionando veloce: e così era di questo che avevano parlato Merlin e la ragazza, quando si erano presentati al pranzo?

Maledetto Merlin e la sua boccaccia! Era certo che fosse stato lui a farsi sfuggire, casualmente -ma proprio casualmente, eh!-, quei dettagli.

Meritava la gogna per un mese, se non di più!

«Il principe è gentile con me, e non è vero che mi tratta male! Sono storie che diffonde... che si diffondono, ma non c'è niente di reale. Alla gente piace parlare.»

La ragazza scrollò le spalle, ancora una volta più interessata alle boccette di Gaius che a lui.

Arthur desiderò che se ne andasse, ma non lo diede a vedere né accennò a parlarne.

«Non hai molta autostima, vero, Merlin?»

Arthur grugnì qualcosa dal suono indefinibile, poi distolse lo sguardo tormentandosi l'interno della guancia.

Quella ragazza era irritante.

«Emh, mi dispiace!» si scusò un istante dopo lei stessa, nervosa, sfiorandogli un braccio. «Oddio, scusami. Io... io non volevo che andasse a finire così, la conversazione. In realtà quando ti ho notato in sala mi hai subito stuzzicato la curiosità. Sembri così... dedito al tuo lavoro, al tuo padrone, che... ti ammiro. E' la verità, è questo. E' come se mi fossi già affezionata a te, anche senza conoscerti. Non voglio che tu ti senta sottovalutato... non è così, e sono sicura che in fondo in fondo anche Arthur ti apprezza, anche se probabilmente non lo ammetterebbe mai. So che si dice di lui che è molto orgoglioso, e del resto la maggior parte dei principi lo sono, figurati un Pendragon! Ho conosciuto Uther quando ero molto piccola e non è cambiato di una virgola.»

In seguito a quell'infinito monologo, Arthur rimase in silenzio, limitandosi a far scorrere lo sguardo sul suo viso, alla ricerca di un segno che gli annunciasse che stesse mentendo tanto per tenerselo buono.

Ma non ve ne trovò.

Anzi quegli occhi verde-acqua sprizzavano innocenza da tutti i pori.

Si sentì tremendamente in colpa.

No, non verso la ragazza.

Ma verso Merlin.

Perché Lory aveva ragione... probabilmente Merlin si sentiva sottovalutato. Dagli altri, certo.

Arthur era sicuro che l'idiota e lui avessero un legame particolare, che riuscissero a capirsi anche solo con uno sguardo: Merlin sapeva che lui lo stimava, anche se, come la principessa aveva giustamente ricordato, Arthur non l'avrebbe mai ammesso.

Ma il moro non aveva bisogno di parole, riusciva comunque a carpirlo dai suoi modi di fare... oppure no?

Si era sempre convinto che Merlin sapesse che lui, Arthur, si fidava.

Ma forse non era così... forse non lo era mai stato.

All'improvviso desiderò che la ragazza scomparisse e al suo posto entrasse Merlin, solo per creare l'occasione propizia per porgergli le sue scuse.

Ma fu un impulso che si protrasse per poco...

Un attimo dopo l'orgoglio si era scavato nuovamente il suo personale pertugio all'interno del suo cuore.

Lui non avrebbe mai chiesto scusa. In fondo non era colpa sua se Merlin non capiva...

Non era la stessa cosa dire che Arthur non apprezzasse l'amico e dire che lo apprezzasse ma non glielo avesse mai rivelato.

Per quanto lo riguardava, lui aveva la coscienza pulita.

«In ogni caso, temo proprio che si sia fatto tardi.»

Arthur riportò lo sguardo e l'attenzione su Lory e annuì distrattamente, ascoltando a stento le sue parole.

E la stanchezza di quella giornata gli piovve addosso in un sol colpo, stordendolo per un attimo.

«Buona notte, allora.» articolò, con un breve inchino -si ripromise di far pratica a riguardo- e un sorriso che doveva essere di gentile congedo.

Mai avrebbe potuto prevedere ciò che accadde.

«E questo è per la tua autostima.» soffiò infatti la bionda, e il suo profumo intenso lo spaesò, così come il calore della nuova ed improvvisa vicinanza, tanto che Arthur non ebbe il tempo di sottrarsi al bacio che ne seguì.

Di fatto, quando realizzò che quello era -dannazione!- proprio un bacio -a stampo ma pur sempre un bacio, dannazione!- la ragazza si era già distaccata con uno schiocco secco, aveva voltato i tacchi ed era sparita oltre la porta -dannazione!-.

Arthur rimproverò se stesso per la disattenzione e imprecò mentalmente all'indirizzo della principessa per aver attentato alla sua dignità.

Lui era un ragazzo impegnato, non si dica!

E aveva Gwen!

Non che fosse stato proprio un tradimento, ma il principe si stava crogiolando nelle sue abluzioni di neuroni, pregando per un perdono immediato delle divinità dell'antica religione, sebbene non fosse mai stato un devoto e a stento conoscesse i loro nomi.

E non poteva certo sapere che Gwen avesse commesso lo stesso -imperdonabile, per l'amor del cielo!- peccato, a qualche piede di distanza.




~To be continued~







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[Stavolta, perdonatemi, ma avrete lo spoiler alla vecchia maniera ;)]

«Non è esattamente così.» rispose immediatamente Merlin, pensando a Gwen e a come Arthur la rispettasse. «Magari non ho ancora trovato quella giusta.»
«O magari hai dei gusti particolari e non vuoi confidarmelo.» gli venne in aiuto lei, per poi alzare le spalle, con un sorriso sardonico.
Merlin ci impiegò diversi attimi per cogliere il sottinteso.
«No!» scattò, quando capì, e mosse così velocemente il braccio che il calice di vino volò via circondato da un ventaglio di liquido rosso.



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Angolo Autrice.


Devo correre a mangiare, perciò sarò breve: è inutile ripetere che mi dispiace per il ritardo, perciò passo direttamente a discutere della fic. Negli scorsi capitoli vi avevo chiesto chi tra Merlin e Arthur secondo voi scoprirà prima lo slash e chi deciderà per primo di metterlo in atto. Le vostre teorie sono tutte rispettabilissime ed interessanti, ma la verità è che la mia mente non sta mai ferma, perciò ancora adesso, anche se ne conosco le grandi linee, non ho impostato niente. Nel senso che probabilmente stupirò me stessa con qualche strana trovata, anche se ovviamente so benissimo chi farà cosa :P ma non vi dico niente, così rimanete nel dubbio u_ù In secondo luogo... questo capitolo è het, molto, ma non è questo che mi preoccupa -ne ho scritte tante-. No, mi preoccupa l'essermi concentrata sul Gwen/Lancelot xD La verità è che probabilmente non odio Gwen -è stato difficile, faticoso e deludente ammetterlo, ma ebbene è così >>- quanto la coppia che forma con Arthur. Detto in parole povere: se Gwen se ne stesse da sola, o con Lancelot, farebbe un favore a tutti; basta che sta lontana dal nostro asino e per me va bene.

 Note: Credo di aver già detto tutto più sopra. Per quanto riguarda Arthur, spero di non essere risultata OOC. Personalmente adoro descrivere i suoi POV, perché anche se mi risulta più difficile -perché è un personaggio molto particolare, non come Merlin che alla fine è simile al classico protagonista- ma mi diverto sempre tantissimo a descrivere i suoi pensieri. Mi auguro che lo stesso sia per voi, nel leggerli. Piccola parentesi: nessuno di voi ha notato la fissa quasi maniacale di Arthur con le mani di Merlin? Ormai è praticamente un MUST inserire la sequenza "piccole bianche ed ossute" in uno dei miei capitoli. Se non sto attenta finisce che lo scrivo anche nella mia storia originale. Well.

 Ordunque credo di aver terminato, miei cari! Vi piace il venerdì? Prima di scoprire Supernatural era un giorno come un altro, ma adesso non vedo l'ora che arrivi perché esce la nuova puntata! xD Ma mi sto dilungando troppo, e mia madre mi sbrana se non scendo subito a mangiare, ergo... alla prossima, che spero arrivi presto, e un mega abbraccio-bacio-ringraziamento a tutti coloro che leggono, che commentano, che inseriscono la storia da qualche parte -e non pensate male-, e anche a chi semplicemente ne parla. Grazie, siete la mia forza!! *___* E con questo commento sdolcinato vi saluto!

Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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