Grow Old Together

di MaryLouise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. Sorpresa ***
Capitolo 3: *** II. Decisione ***
Capitolo 4: *** III. Preparativi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo

The book of love it's long and boring
No one can lift the damn thing
It's full of charts and facts and figures
And instructions for dancing
But I
I love it when you read to me
And you
You can read me anything
 


La bonaria voce di Albus Silente si propagò per il suo studio. «Minerva, ho portato la nuova copia di Trasfigurazione Oggi, so che apprezzi questo tipo di letture».
Zittì i propri gemiti di scatto. Rimase ferma, immobile come pietra.
Tuttavia ne era certa, il collega aveva notato qualcosa. Del resto, come si poteva non notare la sua figura curva sul tavolo in legno massiccio, a piangere sopra una foto babbana in bianco e nero?
Un fruscio al di sopra delle sue spalle.
Non si curò di girarsi, né d'asciugarsi le lacrime che le sconvolgevano il viso giovane e triste.
L'immagine ritraeva una Minerva McGranitt sorridente, vestita con un semplice abito di lino, ed i capelli scuri raccolti in una lunga e grossa treccia.
Al suo fianco, un ragazzo giovane quanto lei. Il viso gaio, rovinato dal sole, gli conferiva un aspetto più anziano. Le spalle curve, la schiena massiccia, le mani rovinate dal lavoro nei campi.
Tentò di nasconderne la figura con la mano.
Silente sospirò. «E' un bel ragazzo, non c'è che dire».
«Lo so. Ma non è più... mio».
Tentò di trattenere i singhiozzi, inutilmente.
Albus si sedette su una comoda sedia di velluto, comparsa all'improvviso.
«Beh, con tutto rispetto, deve essere proprio stupido allora».
Un lieve sorriso comparve sul volto della donna, subito rimpiazzato da un'espressione triste e malinconica.
All'uomo dalla barba rossa gli si strinse il cuore.  Le si avvicinò e, cautamente, la strinse a sé.
«A me puoi dire tutto, lo sai. Sono qui, se hai bisogno».
Minerva si rifugiò tra le braccia amiche, piangendo lacrime che scesero copiose sul vestito sgargiante del Preside.
«Sono qui, Minerva. Sarò sempre qui. Per te».

 

The book of love is long and boring
And written very long ago
It's full of flowers and heart-shaped boxes
And things we're all too young to know
But I
I love it when you give me things
And you
You ought to give me wedding rings




Salve!
Come promesso, dopo OneShot su OneShot, mi sono decisa a cominciare questa LongFic AlbusxMinerva.
La canzone utilizzata è The Book of Love - Peter Gabriel.
Avevo già cominciato a scrivere qualche capitolo, ma ho dovuto rivedere alcune parti dopo che la Rowling ha pubblicato su Pottermore la storia di Minerva McGranitt. (Dio è favolosa, la rileggerei centomila volte! *w*) .
Leggendola, potreste avere capire meglio come si svolgerà la storia.
I commenti sono ben accetti.
Buona giornata
Jo

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Capitolo 2
*** I. Sorpresa ***


Grow Old Together

I. Sorpresa

 

Il fuoco scoppiettava allegro nel caminetto, rompendo a scatti il silenzio serale.
Le fiamme dorate sfioravano le pareti di pietra della loro prigione ed illuminavano tenuamente il viso della persona che si riscaldava seduta in poltrona. 
Si trattava di una donna alta e magra, sulla ventina.
Il viso pallido e allungato era illuminato da un paio di brillanti occhi smeraldo, incastonati tra le sopracciglia scure e le guance scarne e rosee. Sul naso sottile giacevano eleganti occhiali dalla montatura quadrata. I lunghi capelli corvini le ricadevano lunga la spalla sinistra, intrappolati in una morbida treccia.
Le spalle larghe e ossute delineavano la corporatura minuta e  le dita lunghe ed affusolate reggevano una raffinata tazzina da tè in porcellana, colma di un tiepido liquido dorato dal profumo di limone.
L'orologio a pendolo sopra il caminetto battè le nove.
Le sue labbra sottili sfiorarono la superficie di porcellana per sorseggiare la delicata bevanda quando il campanello suonò.
Poggiò la tazzina sul tavolino davanti a lei con un'espressione contrariata sul viso e s'alzò di scatto. Attraversò il lungo corridoio dopo il salotto, tra fruscii di tulle della sua camicia da notte scura ed aprì la porta.
La vista dell'uomo che si trovò davanti la lasciò talmente sorpresa che dovette faticare per non lasciare teatralmente aperta la bocca dallo stupore.
Un luminoso sorriso comparve dalla barba rossiccia del visitatore. Sul naso adunco pendevano degli occhiali argentei, le cui lenti a mezzaluna celavano un paio di occhi azzurri come zaffiri.
«Professor Silente», mormorò vagamente turbata.
«Buonasera Minerva», salutò cordiale, «Spero di non averti disturbata».
«Oh, nient'affatto. Piuttosto mi domandavo che ci fa qui a Londra».
«Ti spiegherò tutto a tempo debito, posso entrare?».
Si scostò dalla porta, «Ma certo».
L'uomo si tolse il mantello da viaggio con nonchalance e lo appoggiò all'appendiabiti.
«Vuole una tazza di tè?», domandò cordialmente.
«Sì, grazie. Mi farebbe piacere».
La donna versò il liquido dorato in una nuova tazzina con fare esperto e l'offrì al suo ospite.
«Come te la passi qui?».
«Discretamente», affermò sorseggiando dalla tazza. «Ho trovato un lavoro al Ministero, Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale».
Un sorriso quasi beffardo comparve sul viso di Albus Silente. «A proposito di lavoro, sono venuto qui per un motivo preciso, come credo che la tua mente acuta abbia intuito».
«Mi dica».
«Andrò dritto al punto. Il professor Dippet è mancato in questi giorni e sono stato nominato Preside di Hogwarts».
«Congratulazioni professore!».
«Grazie cara», minimizzò con la mano magra. «Tuttavia sono venuto qui per proporti qualcosa d'interessante».
La donna si sistemò meglio sulla poltrona, come uno studente assonnato che è risvegliato da un argomento di suo interesse.
«Ricordo che avevi ottimi voti a scuola, specialmente in Trasfigurazione. Inoltre ho saputo che ti sei recentemente iscritta al registro Animagi del Ministero, poiché ti trasformi in uno splendido gatto soriano. Non starò qui a perdermi in quisquilie», affermò infine come per appuntarsi qualcosa mentalmente. «Vorrei che venissi ad Hogwarts per insegnare Trasfigurazione».
«Cosa?», esclamò stupita.
«Vedi, diventando Preside non potrò continuare ad insegnare. Capisco se non vorrai accettare,  hai un buon lavoro, una bella casa... magari anche una relazione».
Arrossì violentemente.
«Perdonami, non volevo essere indiscreto».
«Non si preoccupi. Comunque non c'è alcun uomo nella mia vita, non ancora», pronunciò la frase fissando il pavimento, quasi malinconica.
L'uomo diede un'occhiata all'orologio sul caminetto. «Dovrei andare», commentò bonario. «Fammi sapere  la tua decisione al più presto, via gufo possibilmente».
«Ma certo, professore», rispose mentre gli apriva la porta.
«Ah, Minerva?».
«Sì?».
«Chiamami pure Albus». Così dicendo svanì nella notte con un sonoro schiocco.
 
 
Il mattino seguente si svegliò turbata.
Non si preoccupò nemmeno di sistemare il letto sfatto e rassettare casa come di consueto; uscì di casa senza nemmeno fare colazione.
Era talmente sovrappensiero che fu una fortuna riuscire a Materializzarsi correttamente a Londra.
I bagni pubblici erano illuminati da fioche lampade  che sembravano volersi spegnere da un momento all'altro. Attraversò rapida il corridoio e scelse una porta a caso. L'aprì e infilò istintivamente i piedi nell'acqua del water. Dopodiché tirò la cordicella con un gesto meccanico.
Atterrò con grazia sul pavimento lucido dell'Atrium.
Dai caminetti di fronte al suo giungevano maghi e streghe ad ondate. Le donne erano vestite elegantemente, con lunghi vestiti dai colori brillanti e mantelli scuri. Alcune indossavano dei cappelli a punta. Gli uomini invece erano principalmente vestiti di nero, con panciotti bianchi che spiccavano tra la miriade di persone.
Accelerò il passo, i volti dell'enorme statua all'ingresso le sorrisero come tutte le mattine, tra gli zampillii argentei della fontana.
L'ascensore era pieno di gente, Minerva si strinse in un angolo vicino alla porta e trattenne il fiato, sperando di giungere al quinto livello il prima possibile. Finalmente le porte si aprirono di botto e una voce metallica le annunciò che era arrivata.
Sgomitò per uscire e respirare un centimetro cubo d'aria, evitando due gufi che volavano barcollanti reggendo promemoria tra le zampe.
Varcò la porta dell'ufficio davanti a lei. Al centro brillava una targhetta d'ottone: "Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale".
Un giovane uomo di corporatura robusta sedeva ad una larga scrivania. «Buongiorno Minerva!».
«'Giorno», salutò.
«E' appena arrivato un plico di pratiche da sbrigare. Te ne puoi occupare tu, per favore?».
Annuì, nascondendo il proprio disappunto, mentre il suo capo usciva fischiettando dalla porta.
Afferrò il primo fascicolo ed iniziò a compilarla pigramente con la penna d'oca. Mentre scriveva, quasi meccanicamente, non poté impedire alla propria mente di vagare.
Il lavoro al Ministero era stato l'unico che avesse mai intrapreso e da più di due anni -dalla sua assunzione in quell'ufficio- le sue mansioni consistevano nel compilare scartoffie da mattina a sera, per consentire al proprio superiore di dedicarsi ad attività più piacevoli.
Forse il professor Silente aveva ragione. Egli aveva supposto che la sua vita fosse perfetta: ma in realtà non amava il suo lavoro e persino la sua casa le pareva vuota e fredda senza qualcuno accanto. In realtà qualcuno lo avrebbe avuto. Se solo...
La punta del pennino raschiò la pergamena e una grossa goccia d'inchiostro macchiò la carta. Scuotendo la testa, estrasse la bacchetta e ripulì velocemente il disastro combinato.
Il resto della giornata trascorse così, tra noiose faccende burocratiche da sistemare con il Belgio e scartoffie da compilare che le costarono un forte dolore alla mano e tutte le dita sporche d'inchiostro.
Nonostante la mole di lavoro, la sua mente era tormentata a quel chiodo fisso.
Nel pomeriggio il capo fece il suo ritorno, solo per portare altri plichi di pratiche da compilare. Mentre sperava di riuscire a concludere tutto entro le sei e trenta, l'orologio sopra la porta scoccò le cinque. Sbadigliò e con un movimento annoiato della bacchetta fece comparire una tazzina ed una teiera di porcellana, colma di liquido fumante. Le sue labbra stavano per sfiorare la superficie tiepida, quando un gufo fece la sua entrata in ufficio.
Era piccolo e spelacchiato, una delle due ali corte sembrava si fosse rotta recentemente.
Nella zampa sinistra stringeva un promemoria interufficio. Lo srotolò nelle mani, mentre l'animale la fissava con gli enormi e sporgenti occhi gialli.
Sul foglio era vergato con inchiostro dorato: "Dovresti recarti all'Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, ci sono problemi con il Belgio".
Con il Belgio? Com'era possibile? Aveva lavorato tutto il giorno a quelle scartoffie!
Il gufo inclinò la testa di lato, pensieroso.
Contrasse il labbro, con disappunto. Strinse la tazzina da tè che aveva ancora in mano fino a far divenire bianche le nocche.
La poggiò sul piattino decorato e la spinse lontano da sé, disgustata. Agitò la mano davanti al gufo che volò via in un frullo d'ali, dopo averle rivolto un'occhiata scocciata.
Si alzò dalla sedia e si avviò verso la porta. Quest'ultima s'aprì di scatto, per lasciar passare l'ennesimo pacco di fogli candidi che sfrecciarono dal corridoio andandosi a posare sulla scrivania.
Afferrò la tazzina, per bere un ultimo sorso di tè e si avvicinò guardinga. Un piccolo biglietto sovrastava quella piramide, vergato dalla stessa calligrafia che Minerva conosceva fin troppo bene. "Puoi concludere queste pratiche? Grazie", recitava. I nervi della mano destra le si contrassero all'istante e ritrovò a terra i frammenti di porcellana. Rimase scossa da questa sua improvvisa reazione, si morse il labbro fino quasi a farlo sanguinare; doveva mantenere il controllo di sé stessa.
Fece Evanescere i resti della povera tazza ed uscì dall'ufficio in cerca del suo capo.
Il corridoio era in subbuglio; maghi e streghe sfrecciavano da un ufficio all'altro, con montagne di cartelle in mano. Uno di loro, alto, allampanato e sulla cinquantina, la fermò.
«Minerva, meno male che sei arrivata! Elphie ha detto che avrebbe mandato te».
«Dov'è ora?», domandò cercando di nascondere lo sguardo omicida negli occhi.
«Non ne ho idea», rispose, ma la donna aveva già intuito. Sicuramente era salito al settimo livello e stava giocando a Gobbiglie con il suo compare Ludo Bagman.
«Mi stai ascoltando?».
«Scusami Alfred. Dicevi?».
«Ci sono problemi in Belgio. Il nostro lavoro di stamattina non è servito a nulla».
«Com'è possibile?».
«Sembrava che quell'assassino fosse stato catturato, in realtà è appena riuscito a fuggire. Ha fatto fuori i due Auror di scorta; l'accordo è saltato».
Inspirò a fondo. «Dovremmo mandare più Auror a rafforzare quelli del Ministero Belga e a pattugliare la zona. Istituite immediatamente una linea di comunicazione tra i due Ministri, Leach dovrà spiegare la situazione».
«Stiamo sistemando la Metropolvere, ma forse il Ministro preferisce Materializzarsi. Ci farà sapere al più presto la sua decisione».
Quella frase immerse Minerva in un dejà-vù. Il professor Silente le sorrideva, affabile: fammi sapere  la tua decisione al più presto, via gufo possibilmente.
Il collega la riscosse di nuovo dai suoi pensieri. «Il Ministro è appena partito con la Metropolvere. Che facciamo adesso?».
Pronunciò la risposta con insolito piacere: «Non ci resta che aspettare. Ora, se non ti dispiace, ho delle pratiche da sbrigare, prima di cercare Elphistone per farlo a pezzi», concluse con uno sorriso malvagio sulle labbra, che fece raggelare il suo interlocutore.
 
Dopo aver terminato i fascicoli in breve tempo, gettò un'occhiata all'orologio.
Le sei e trenta spaccate. Si elogiò mentalmente; era riuscita a svolgere il lavoro di due persone e a risolvere un problema diplomatico con il Belgio.
La giornata era iniziata male ma pareva giungere ad una buona conclusione.
Raccolse la sua roba velocemente ma, mentre si allacciava il mantello al collo, la porta si aprì -di nuovo- ed un Elphistone Urquart fece la sua entrata con un sorriso divertito stampato in faccia.
«Stavi uscendo?».
«Sì», ribatté seccata. «L'orario lavorativo è terminato».
«Non potresti farmi un piccolo favore?».
La fulminò con gli occhi.
«Dovresti scrivere un resoconto del disastro in Belgio, Leach lo vuole per domani sulla sua scrivania, per archiviarlo».
Strinse le labbra, affondando i denti nella carne. Avrebbe voluto urlargli che un pessimo capo, che non meritava il posto in cui stava e che poteva scriversi da solo quel dannato resoconto sul Belgio.
Tuttavia si trattenne e lasciò che solo quattro parole trapelassero dalle sue labbra, definendo la sua decisione. «Io mi licenzio, Elphistone».




Buonasera!
Scusate l'assenza ma ero una settimana al mare. Ora che si riprende, come farò? ç_ç
Piccole puntualizzazioni:
E' il 1945, Minerva ha vent'anni, Albus sessantaquattro. Lo so che fa ribrezzo a sentirlo dire così, ma pensate che nel mondo dei maghi si vive più a lungo e le cose si svolgono diversamente.
Il Ministro della Magia non sarebbe Nobby Leach (1962-1968) ma siccome su Wikipedia ho trovato una lista di Ministri che va dal 1798 al 1819, dal 1865 al 1903 e poi non contando Leach dal 1980 in poi, non c'è il nome del Ministro in carica nel '45.
Ho scelto io il reparto del Ministero in cui Minerva lavora, mi sembrava il più adatto ad una come lei.
Nient'altro da dire, mi volatilizzo.
Buona serata a tutti.
Puff!


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Capitolo 3
*** II. Decisione ***



II. Decisione

 

Il mattino seguente non si presentò al lavoro, cosa che fece molto bene alla sua autostima.
Sistemò casa con un semplice movimento della bacchetta, si preparò una tazza di latte fresco con cereali e la trangugiò velocemente.
Prese una delle poche borse che aveva nell'armadio; andavano di moda nel mondo Babbano secondo il Settimanale delle Streghe. Non che lei lo leggesse, preferiva la Gazzetta del Profeta, ma una lettura civettuola non si disdegna mai.
Uscì di casa di buon ora e salutò la sua vicina, la signora Ames, con un cenno della mano.
I vestiti babbani che indossava le stavano abbastanza scomodi. Non le dava fastidio il maglioncino bianco -con uno scollo a V prudentemente coperto da uno spolverino chiaro abbottonato fino al collo- quanto i pantaloni, stretti in vita ed aderenti sul fondoschiena, di una stoffa che i non maghi chiamavano jeans.
Si recò al parco con insolita calma; una volta lì scelse di sedersi su una panchina poco distante da un laghetto cristallino, abitato da tartarughe e grossi pesci colorati.
Gli alberi dalle fronde verde acceso schermavano i raggi del sole, creando una lieve ombra intorno alla panca. Estrasse "Trasfigurazione Oggi" dalla borsa e s'immerse nella lettura.
La prime pagine trattavano il caso di un uomo che aveva provato a diventare Animago, rimanendo bloccato nelle fattezze di uno scoiattolo. Il Ministero stava lavorando per farlo ritornare umano.
Si ricordava perfettamente il giorno in cui, osservando un magnifico soriano, si era accorta di assomigliare alla razza felina.
Era forte, indipendente, spesso anche noncurante di ciò che le accadeva accanto, proprio come un gatto.
Aveva impiegato due anni per quella trasformazione perché parti del corpo rimanevano umane; a volte una gamba, a volte un braccio, ma finalmente c'era riuscita.
Utilizzava quella capacità per andare a zonzo indisturbata e funzionava, tranne con alcuni gatti sprovveduti e cani coraggiosi, che metteva in fuga assumendo un cipiglio severo e soffiando un poco.
«Che strano giornale», commentò una vocina.
Apparteneva ad un bambino, che si era appena seduto di fianco a lei.
Aveva il viso piccolo, accentuato dalle sopracciglia sottili, dalla fronte bassa e dai capelli castani a caschetto. Con gli occhi neri fissava il suo giornale, incuriosito. Avrà avuto una decina d'anni.
«Cos'è la Trasfigurazione?», domandò.
«E' una branchia della magia, grazie a cui i maghi si trasformano i animali», spiegò tranquillamente.
Le pupille del bimbo si allargarono dallo stupore. «Tu ne sei capace?».
«No», mentì, «Perché non sono una strega. Ma molte persone sì», aggiunse per ravvivare l'espressione delusa del ragazzino.
«Ne conosci qualcuno?».
«Certamente», rispose, prima di lanciarsi in una dettagliata descrizione degli Animagi che conosceva, mentre il piccolo ascoltava attentamente.
Gli stava raccontando di un mago che si trasformava in un alce maestosa, quando una donna alta e bionda irruppe nella loro conversazione.
«Eccoti qui, Charles! Dove ti eri cacciato?».
«Stavo ascoltando i racconti di questa signora, mamma, sono così divertenti!».
La madre parve stupita e la fissò da capo a piedi, poi esibì un sorriso stentato.
«La ringrazio di aver badato a mio figlio, l'ho perso di vista per un secondo ed è sparito».
«Non si preoccupi, sia io che lui siamo stati in buona compagnia».
«Che ti raccontava la signora, amore?».
«Di magia!», rispose eccitato il bambino, «e degli Animagi!».
«Ah», fu quello che riuscì a dire la bionda, «che bello, tesoro», concluse ricambiando il sorriso di cortesia di Minerva.
«A me piace la magia!», trillò Charlie.
La madre cercò di nascondere l'espressione di disappunto. «E' vero. A lui piace la magia. S'inventa cose strane e finge di averle compiute da solo», sussurrò rabbrividendo, in un momento di distrazione del figlio.
«Ma è impossibile che una persona normale compia qualcosa del genere», minimizzò con lo sguardo seccato e la voce imbarazzata.
Una strana luce brillò negli occhi di Minerva. «Che fa accadere?».
Sembrava che le desse fastidio parlare di ciò che Charles combinava,  come se odiasse tutto ciò che fosse al di fuori della sua comprensione. «Dice di essere riuscito a spostare oggetti, come matite o pennarelli, sostiene che i suoi capelli ricrescano in più in fretta del normale dopo glieli si taglia», mormorò a disagio.
«Ha controllato di persona se quello che dice Charlie è vero?».
«No», ammise la bionda.
«Lei non crede a quello che dice il bambino?».
«No».
«Perché mai? E' bugiardo di natura?».
«No», si affrettò a precisare, «Ma sono solo fantasie infantili».
Minerva non s'azzardò a dire altro.
Per sollevare quell'improvviso silenzio imbarazzante, la donna parlò di nuovo. «Lei è una maestra elementare?».
Fece segno di diniego con la testa.
«Insegna alle scuole medie o superiori?».
«In realtà non insegno».
«Strano, di solito sono abbastanza brava ad indovinare i lavori altrui. Lei ci sa fare con i ragazzini, a quanto pare, inoltre si pone proprio come una docente».
Non sapeva se considerarlo un complimento o meno ma tentò di sorridere comunque.
Se era effettivamente vero ciò che il bambino sosteneva -ma che la donna continuava a negare, o forse si ostinava a non vedere- Charles era un mago.
Ricordava perfettamente il giorno in cui era arrivata la sua lettera, l'attendeva con ansia da tutto l'anno. Finalmente sarebbe andata a scuola e sarebbe diventata una strega a tutti gli effetti.
La cosa che più le premeva era di possedere al più presto una bacchetta.
Al negozio di Olivander l'aveva trovata subito: legno di abete e corda di cuore di drago, nove pollici e mezzo, rigida.
Una leggera scossa elettrica l'aveva invasa, come se la bacchetta volesse indicare che era lei quella più adatta ad usarla.
E' la bacchetta che sceglie il mago, continuava a ripetere Olivander.
«Andiamo Charlie, papà ci sta aspettando», la voce della sua interlocutrice interruppe il flusso dei suoi pensieri.
La salutò velocemente e se ne andò seguita dal figlio, che continuava ad agitare la mano in sua direzione.
Tornò a casa turbata a causa di ciò che le aveva detto la mamma di Charles.
Ci sapeva fare con i ragazzi e pareva un'insegnante.
Aveva pensato di accettare l'offerta di Silente dopo il suo licenziamento al Ministero, ma non voleva intraprendere un lavoro per cui non era qualificata e, soprattutto, per cui non avrebbe provato passione, come nel caso del suo precedente impiego.
Tuttavia la pulce nell'orecchio formatasi alle parole del professor Silente: ricordo che avevi ottimi voti in Trasfigurazione, s'ingrandiva con le constatazioni della madre di Charlie.
La memoria dei suoi primi giorni ad Hogwarts si formò nella sua mente.
Varcava la soglia della Sala Grande tra una marea di ragazzi sconosciuti. Fu lì, davanti ai gradini che conducevano al Cappello Parlante, che lo vide per la prima volta.
Era seduto al tavolo degli insegnanti; indossava una tunica candida, intrecciata di fili d'argento, da cui spiccava la sua barba vermiglia ed ispida. Gli occhiali a mezzaluna velavano uno sguardo di zaffiro, luminoso e brillante.
Quando avevano chiamato il suo nome lei si era diretta verso lo sgabello, decisa. Si era seduta, con fare risoluto, poggiandosi il cappello in testa.
Lui non aveva esitato. «Grifondoro!».
Si era alzata, il viso inespressivo, dirigendosi al tavolo dei suoi compagni tra i consueti applausi.
Dopo essersi seduta sulla panca lo aveva guardato, senza che lui se ne accorgesse.
Ma quello sguardo azzurro non tardò a penetrare i suoi occhi smeraldini, curioso ed attento.
Da allora si rese conto che Albus Silente sarebbe stato più di un insegnante, per lei. Albus Silente sarebbe diventato il suo mentore.
Afferrò d'istinto una pergamena pulita ed intinse il pennino nel calamaio lì vicino.
 
Gentile professor Silente,
sono lieta di accettare la proposta da Lei formulata due giorni fa.
Attendo istruzioni.
Cordiali saluti
Minerva McGranitt
 
Affidò la missiva a Diane, una civetta dalle piume nere e lucide, comprata in una delle sue rare gite a Diagon Alley qualche anno prima.
L'animale volò leggiadro fuori dalla finestra e fu presto inghiottita dall'oscurità della notte che incombeva.
Si sedette in poltrona. Estrasse la bacchetta e sillabò: «Incendio».
La legna nel camino bruciò improvvisamente e fiamme dorate  presero a risplendere, diffondendo un tiepido calore nella stanza.
Minerva chiuse gli occhi, un torpore s'impossessò di lei e s'addormentò profondamente.
Rimase lì per tutta la notte e, la prima volta dopo tanti anni, sognò di nuovo Albus Silente.
 
 
Fu svegliata dal picchiettare del becco di Diane sul vetro della finestra e si accorse d'essersi addormentata con i vestiti babbani ancora indosso.
Si alzò con le membra indurite dalla notte passata in poltrona e s'affrettò ad aprire alla civetta.
Questa entrò elegantemente nella stanza, andandosi a posare sullo schienale di una delle sedie intorno al tavolo della cucina. Reclinò il collo e posò una busta bianca sulla superficie di legno, limitandosi poi a fissarla con sguardo severo e di rimprovero.
«Scusami, mi ero addormentata», si giustificò Minerva, grattando la testa all'animale ed accarezzandole le piume, per addolcirla.
Diane parve soddisfatta ed emise un pigolio di piacere.
Aprì la lettera con mani tremanti, sulla carta candida spiccava un fiume di parole vergato con una grafia sghemba.
 
Cara Minerva,
sono lieto che tu abbia accettato la mia proposta.
L'anno è cominciato il primo di settembre; solitamente gli insegnanti giungono al castello verso fine agosto, ma essendo il preside Dippet venuto a mancare a metà novembre non è un problema per te.
Potrai arrivare tranquillamente con la Metropolvere, dal tuo camino.
Svolgerai un periodo di prova di due settimane -non preoccuparti è solo burocrazia, ma anche per farti ambientare un poco- dopodiché sarai assunta a tutti gli effetti all'inizio di dicembre.
Dovrai procurarti i soliti libri "Guida alla Trasfigurazione per Principianti, Guida alla Trasfigurazione Intermedia, Guida alla Trasfigurazione Avanzata" il prima possibile.
Una volta giunta a Hogwarts riceverai eventuali istruzioni.
Io ed il resto del corpo insegnanti ti attendiamo nei prossimi giorni.
A presto
Albus
 
Dunque era successo. Sarebbe ritornata a Hogwarts, stavolta per insegnare.



Sera!
Eccomi qui con un aggiornamento, un po' breve, è vero, ma fondamentale. Spero vi sia piaciuto. *Se sì fatemelo sapere come un commentino, quello non lo disdegno mai xD*
Ringrazio tantissimo le 2 persone che hanno già inserito la storia nelle preferite e le 8 che l'hanno già inserita nelle seguite! GRAZIEEE *w*
Ora me ne vado, o qualcuno mi piglia a scarpate xP
Buona serata
Jo

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Capitolo 4
*** III. Preparativi ***




III. Preparativi

 

 

Le vie di Londra erano scarsamente illuminate. Il sole era scomparso tra le nuvole grigio plumbeo, si preannunciava pioggia. Svoltò nel viale a sinistra. Charing Cross Road.
Un piccolo bar comparve nella sua visuale. Il legno scuro delle pareti esterne era lucido, le finestre riflettevano il panorama della via; un grande mercato ortofrutticolo circondato da edifici alti, stretti e di colore grigio, che quasi si confondevano con il cielo.
Entrò al Paiolo Magico chiudendosi la porta alle spalle, certa che nessun Babbano l'avesse vista.
Il locale era immerso nella penombra. Piccoli tavolini tondi erano sparsi per la sala, attorniati da tre o quattro sedie di legno. Solo uno o due erano occupati.
Al bancone, lungo e di pietra, Tom il barista asciugava boccali di Burrobirra.
Camminò verso di lui, sorridendogli lievemente. L'ometto spalancò la bocca, quasi teatralmente.
«Minerva?».
«Proprio io, Tom».
«Per la barba di Merlino! Sono passati... Quanti anni, da quando ti ho vista l'ultima volta?».
«Più di tre».
«Mi ricordo quando sei passata di qui con tua madre, per l'occorrente per l'ultimo anno di scuola».
Sospirò. Erano già passati tre anni. Due, da quando non rivedeva la sua famiglia.
Il reverendo McGranitt, nato nelle Highlands scozzesi, era fuggito alla giovane età di diciotto anni con Isobel, la sua innamorata. Si erano stabiliti in una canonica nei pressi di Caithness, dopo essersi sposati.
Minerva fu la primogenita. Tuttavia la sua nascita fu motivo di sconforto per la madre.
La bimba iniziò a manifestare i propri poteri fin dal primo contatto con il mondo ed Isobel non aveva mai detto al marito d'essere una strega.
Un giorno, messa alle strette, confessò. Il reverendo rimase sgomento da quella dichiarazione, ma continuò ad amare la moglie. Tuttavia la fiducia tra i due si spezzò e Minerva, bambina acuta e brillante, se ne accorse. Nemmeno dopo la nascita dei Malcom e Robert Jr. i rapporti tra i genitori migliorarono anzi, Minerva dovette aiutare Isobel a mantenere il controllo dei fratelli e dei loro poteri.
Andare finalmente ad Hogwarts era stata una liberazione per lei. Per questo si era impegnata in qualunque cosa. Prefetto, Caposcuola, giocatrice di Quidditch, vincitrice del premio come migliore promessa di Trasfigurazione Oggi ed infine diplomata con ottimi voti ai G.U.F.O. e M.A.G.O.
Aveva intrapreso una carriera al Ministero della Magia ed ora era al Paiolo Magico, diretta a Diagon Alley.
«Che ti porto?».
Si appoggiò al bancone. «Un'Acquaviola, grazie».
Gliela servì in pochi secondi. «Allora, cosa ti porta qui? Devi andare a Diagon Alley, giusto? Non sei un tipo da pub».
«Devo comprare dei libri di Trasfigurazione».
«Lavoro importante?». Meditò un istante, «Sei stata assunta al Ministero alla fine?».
«Sì».
«Congratulazioni, allora!», gracchiò.
«Ho lasciato quel lavoro qualche giorno fa, Tom. Devo comprare i libri di Trasfigurazione per Hogwarts. Insegnerò lì, a partire da dicembre».
Parve un attimo confuso, ma si riprese subito. «E' fantastico! Ho letto sulla Gazzetta del Profeta che Dippet è venuto a mancare e Silente ha preso il suo posto. Congratulazioni Minerva, sarà davvero eccitante lavorare là».
Mentre Tom fantasticava a voce alta di come fosse cresciuta e si fosse realizzata mentre la nuova professoressa di Trasfigurazione si ritrovò a pensare a quanto strano fosse il destino.
Aveva sempre amato Hogwarts, era sempre stato un luogo dove esprimere se stessa. Casualmente, Hogwarts la riattirava a sé come una calamita. Di sicuro non sarebbe stato solo un luogo di lavoro, ma la sua casa, di nuovo.
«Se hai bisogno d'aiuto per qualche materiale, io ci sono», borbottava Tom dal retrobottega.
«Cosa? Oh, certo, certo», mormorò in risposta. «Credo di dover andare ora», concluse frettolosamente.
«Grazie per la compagnia, Tom», salutò posando sul bancone una falce. «Tieni il resto».
«Arrivederci, Minerva!».
Uscì dalla porta a lato. Davanti a lei stava un muro di mattoni. Estrasse la bacchetta e picchiettò sulle forme di fango cotto, seguendo un percorso marcato a fuoco nella propria mente da più di nove anni.
La parete si squarciò ed un fascio di luce la colpì.
Un' ampia e luminosa via in ciottolato si sviluppava davanti ai suoi occhi. La luce del sole che la invadeva filtrava verso i vicoli ombrosi che vi convergevano.
Le vetrine lucide riflettevano l'aura dorata, nell'aria si distingueva chiaramente persino il pulviscolo, che danzava con colori, profumi e sensazioni che gente normale non avrebbe mai provato.
Quella era Diagon Alley.
Maghi e streghe dalle vesti sgargianti affollavano la via principale, tersa di colori dalle accese tinte pastello. I negozi esponevano tutto l'occorrente del mondo della magia: calderoni di diverse fattezze e materiale, pozioni di ogni genere in ampolle colorate, scope nuove fiammanti da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, bacchette magiche da Olivander, vesti su misura per ogni occasione da Madama McClan, gufi, gatti ed altri animali da compagnia al Serraglio Stregato.
Minerva si rese conto di essere rimasta troppo lontano da Diagon Alley, dove era cominciata la sua avventura per Hogwarts.
Ricordava ancora la stretta forte in cui la madre stringeva la sua mano. Il suo sguardo luminoso e quasi commosso dai tanti anni di lontananza dal mondo magico, l'euforia con cui le indicava ogni negozio, spiegandole direttamente le sue funzioni.
Isobel McGranitt era una donna bellissima, non c'era mago che non si girasse a guardarla quando passava per strada.
Aveva lunghi e lucidi capelli neri, sempre raccolti in una grossa treccia. Il viso a cuore dalle fattezze sottili e delicate da cui spiccavano un paio d'occhi verde smeraldo, le guance piene e rosee in contrasto con il naso sottile e le labbra carnose, tese in una linea precisa.
Il suo corpo era minuto e sinuoso, quasi sempre avvolto in una veste dalla tinta chiara.
Aveva in parte ereditato quelle caratteristiche; la chioma scura, gli occhi verdi, il naso sottile, le labbra tese con precisione.
Il suo viso era un ovale aguzzo, le guance scarne, il colorito pallido, come il padre. Persino il suo fisico era più robusto ed allungato di quello della madre.
Il carattere rispecchiava l'irritabile e severa figura paterna, che le aveva donato anche numerose qualità, come l'intelligenza e la sagacia.
Lo zampino di Isobel invece s'intravedeva nella compassione e nella testardaggine che alimentavano il buon cuore di Minerva.
Si fermò di fronte all'insegna colorata del Ghirigoro, libreria fornita di libri e manuali su ogni argomento, persino i libri sulla Babbanologia, argomento sottoposto a studi magici da poco.
Entrò silenziosamente, in contrasto con la stanza affollata di gente e chiacchierii.
Scaffali in legno massiccio ricchi di libri dalle coste variopinte salutarono il suo arrivo.
Un ometto di bassa statura le si avvicinò. «Desidera?».
«Sto cercando i volumi di Trasfigurazione per Principianti, Trasfigurazione Intermedia, Trasfigurazione Avanzata per Hogwarts».
Strabuzzò gli occhi. «Complimenti signora, quanti figli!».
Irritata un poco dalle sue conclusioni affrettate, cercò di parlare con quanta più calma possibile. «Veramente servirebbero a me», ammise con un sorriso accennato a fatica.
«Tutti a lei?», esclamò sorpreso.
Annuì lentamente; quell'uomo cominciava a darle sui nervi.
L'uomo non ci mise molto a capire. «Vuol dire che sarà la prossima insegnante di Trasfigurazione a Hogwarts?».
«Per cortesia mi dia quei libri e facciamola finita», sbottò seccata.
Il commesso impertinente agitò la bacchetta borbottando tra sé, tre voluminosi manuali si posarono sul bancone.
«Sono due galeoni e cinque falci».
Minerva sborsò la somma, le labbra tirate più del normale, dopodiché uscì spedita dal negozio accompagnandosi la porta alle spalle.
Girovagò per le vie a lei tanto familiari ancora per un po', rifornendosi di materiale per insegnare. In seguitò si Smaterializzò, per comparire davanti alla soglia di casa verso sera.
Diane salutò il suo arrivo con un cinguettio compiaciuto.
Minerva le aprì la gabbia e la liberò nel cielo che imbruniva. La civetta scura s'avventò all'aria aperta attraverso la finestra, sbattendo le ali con grazia. In pochi secondi di lei rimase solo un puntino scuro nel cielo sfumato dal rosso al viola.
Si sedette al tavolo della cucina, iniziando a sfogliare i manuali.
La rilegatura di ognuno era spessa, le pagine dense d'inchiostro e informazioni.
Cominciò a leggere la spiegazioni di incantesimi basilari del primo anno e a prendere appunti sul sistema d'insegnamento, ignorando le palpebre che le si facevano pensanti ad ogni battito di ciglia.
Continuava a scrivere, indefessa, non badando alla stanchezza...
Si rese conto di essersi addormentata sulle pagine di Trasfigurazione per Principianti solo la mattina seguente, quando Diane la svegliò gracchiando allegramente.
Le si posò sulla spalla, lasciando cadere sulle pagine del libro il corpicino inerme di un topo di campagna.
Stortò la bocca. «Brava», disse a malavoglia, accarezzandole le piume, «Ora vai a mangiarlo da un'altra parte, eh?».
Diane obbedì, raccogliendo la propria preda e rintanandosi nella gabbia a mangiare tranquillamente.
Il calendario segnava il venti di novembre. Mancava un solo giorno alla sua partenza per Hogwarts.
Sarebbe ritornata a casa, la sua vera casa.
Prese un respiro profondo per calmare il cuore che le palpitava nel petto con insistenza.
Voleva tornare ad Hogwarts.
Lo desiderava con tutta se stessa.
Dedicò la mattinata alle faccende di casa. Pulì ogni centimetro quadrato della sua abitazione con accuratezza, senza utilizzare la magia, per perdere tempo. Avrebbe impiegato poco tempo a fare le valigie il giorno seguente, doveva trovare un modo per far passare la giornata.
Erano le quattro quando finì tutto il lavoro che si era prefissata. Leggermente indispettita dal fatto che mancasse ancora qualche ora al tramonto, decise d'immergersi nella lettura dei manuali d'insegnamento. Terminò di leggerli tutti e tre verso le otto.
Si alzò un poco dolorante, diretta in cucina. Per cena si preparò una zuppa di piselli, accompagnata da pane croccante.
Divorò tutto con appetito, rendendosi conto subito dopo che questo non avrebbe contribuito a far passare il tempo.
Per risolvere il suo problema decise di andare a letto presto; alle nove era già sotto le coperte e si perdeva in un sonno senza sogni.
Si risvegliò alle prime luci dell'alba che filtravano dalle tende di lino.
Rassettò quel poco che le rimaneva da sistemare e decise di fare la valigia senza usare la magia. Appena si rese conto che era inutile non farne uso per far passare il tempo, agitò velocemente la bacchetta nell'aria. I cassetti dell'armadio si aprirono di scatto, liberando una decina di tuniche di diverse sfumature di verde, con relativi mantelli e cappelli abbinati.
Impacchettò le sole tre paia di scarpe che aveva, dopo averle lustrate con cura.
Il primo era un paio di stivali in pelle con tacco alto e fibbia d'argento, seguivano un paio di scarpe basse verde scuro, simili a delle babbucce ed infine un'elegante paio di scarpe da sera, decolleté di vernice che non usava mai, ma aveva deciso di portarle per soddisfare un piccolo sfizio femminile.
Le inserì nel bagaglio, ormai strapieno. Era piccolo e rettangolare, di cartone spesso rivestito di pelle. Decise di provare a chiuderlo manualmente, giusto per provare un'esperienza nuova. Faticò non poco. Si sedette sopra, mentre contemporaneamente assicurava i ganci alle chiusure.
«Maledetta me», borbottò, «che per perdere tempo non uso la magia».
Nonostante avesse cercato di compiere il tutto nel maggior tempo possibile, queste operazioni occuparono circa tre ore del suo tempo. A metà mattinata Minerva McGranitt si ritrovò in cucina a fissare il vuoto, annoiata.
Diane dormiva profondamente appollaiata in gabbia, ogni tanto faceva schioccare il becco, persa in chissà quali sogni.
Alzandosi di scatto, la sua padrona decise che sarebbe uscita per una passeggiata. Afferrò il cappotto dall'appendiabiti e  si chiuse la porta di casa alle spalle. Un lieve foschia avvolgeva il cielo azzurro chiaro, sfumandolo verso il grigio.
Si strinse nel cappotto, infreddolita.
La strada in cui abitava era deserta, un gatto attraversò con aria impettita. Trovò curioso il suo comportamento, certa che non fosse un Animagus.
Un'idea le balenò in testa. Era molto tempo che non si trasformava.
Si nascose dietro una delle siepi che decoravano la via e mutò la propria forma in pochi secondi, silenziosamente.
Un gatto soriano prese il posto della giovane donna che camminava lungo l'asfalto fino a pochi secondi prima.
La sua prospettiva di vista cambiò radicalmente. Vedeva l'ambiente circostante da un'altezza notevolmente diversa, in compenso i suoi occhi riuscivano a distinguere tutti i  minimi particolari, ogni screziatura di ogni singolo colore.
Iniziò a zampettare lungo la via, le zampe aderivano perfettamente al terreno, anche se le minuscole particelle di polvere e asfalto le davano leggermente fastidio tra i cuscinetti.
Il suo olfatto era molto sviluppato, percepiva il profumo dei cornetti caldi del panettiere all'angolo e dei fiori nei prati curati delle villette, ma anche il puzzo delle fogne che saliva dal tombino lì accanto, o il consistente odore del cemento e catrame.
Trotterellò per un centinaio di metri, finché non trovò un albero dalle radici spesse e dai rami robusti. Si arrampicò con agilità, aiutandosi con gli artigli affilati.
Scelse un ramo abbastanza grosso su cui acciambellarsi. Fece penzolare le zampe dal ramo, appoggiando il muso sul legno. Rimase a fissare il vuoto per una buona mezz'ora fin oa quando i suoi occhi iniziarono a chiudersi piano ed iniziò a sonnecchiare alla luce del sole che filtrava tra le nuvole.
Si risvegliò a metà pomeriggio, sentendosi perfettamente riposata. L'essersi trasformata in un gatto le aveva liberato la mente, allontanando ansie e preoccupazioni.
Scese elegantemente dalla pianta, avviandosi verso casa. Riprese le proprie sembianze solo quando fu ben nascosta dalla siepe del suo giardino.
Entrò in casa lisciandosi il cappotto e sistemandosi i capelli. Le valigia attendeva in atrio, insieme a Diane nella sua gabbia. Le trascinò fino al salotto, vicino al caminetto. Dopodiché entrò nel focolare abbassando la testa, e prese una manciata di polvere.
Avvicinò i bagagli a sé, stringendoli forte ed urlò: «Hogwarts, Ufficio del Preside!».
Fu risucchiata, iniziando a girare vorticosamente come una trottola. Avvolta da fiamme verdi che bruciavano senza danneggiarla, arrivò ad Hogwarts in un battibaleno.
Fu catapultata sul pavimento della Presidenza tra centimetri di polvere, tossendo forte.
«Buonasera Minerva!», salutò il professor Silente dalla sua sedia.
Indossava una tunica blu chiaro, che risaltava la sua barba argentea, arrotolata per due volte intorno alla cintura.
«Buona...sera», tossì.
«Spero tu abbia viaggiato bene», commentò incrociando le dita.
Si scrollò la polvere di dosso, raddrizzando la caduta gabbia di Diane, che la ringraziò con un cinguettio ansante.
«Oh, certo», rispose con un sorriso ironico.
Albus sembrò non notarlo. «Il banchetto comincerà tra poco, ti conviene renderti presentabile, non vorrai spaventare gli studenti».
Solo allora notò la sua immagine riflessa in uno degli specchi dell'ufficio. Sporca di fuliggine, i capelli scarmigliati. Aveva proprio ragione.
Arrossì un poco, abbassando lo sguardo.
Silente si alzò ridacchiando, avvicinandosi. Le posò una mano sulla spalla e la guardò intensamente con gli occhi azzurro zaffiro. «Bentornata ad Hogwarts, professoressa McGranitt».





Potete picchiarmi, cruciarmi, avada kedavredarmi e avete ragione.
Più di un mese senza aggiornare, sono proprio imperdonabile!
Comunque ho rimediato subito con questo capitolo, spero sia di vostro gradimento. L'ho trovato personalmente non molto esaltante, forse uno dei peggiori che abbia mai scritto, ma pazienza, è venuto fuori così per quante correzioni abbia potuto fare.
Ringrazio Charlotte McGonagall per la sua recensione accurata in cui mi ha fatto notare micro e macro errori (ogni tanto dimentico che la storia è ambientata nel '45) che correggerò al più presto, postando la nuova versione dei capitoli (PS. Spero che questo vada bene!).
Ringrazio i 15 recensori della mia storia, oltre che alle 3 persone che l'hanno inserita tra le preferite, all'utente che l'ha inserita nelle ricordate e alle ben 18 persone che la seguono! Sono stata davvero felice di notare che qualcuno di nuovo commentava o seguiva la storia nonostante non aggiornassi da un po'!
Ora me ne vado o mi anatemizzate sul serio probabilmente.
Buona serata a tutti
Jo

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