Grow Old Together di MaryLouise (/viewuser.php?uid=92673)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. Sorpresa ***
Capitolo 3: *** II. Decisione ***
Capitolo 4: *** III. Preparativi ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
The book of love it's long and boring
No
one can lift the damn thing
It's
full of charts and facts and figures
And
instructions for dancing
But
I
I
love it when you read to me
And
you
You
can read me anything
La
bonaria voce di Albus Silente si propagò per il suo studio.
«Minerva, ho
portato la nuova copia di Trasfigurazione Oggi, so che apprezzi questo
tipo di
letture».
Zittì
i propri gemiti di scatto. Rimase ferma, immobile come pietra.
Tuttavia
ne era certa, il collega aveva notato qualcosa. Del resto, come si
poteva non notare
la sua figura curva sul tavolo in legno massiccio, a piangere sopra una
foto
babbana in bianco e nero?
Un
fruscio al di sopra delle sue spalle.
Non
si curò di girarsi, né d'asciugarsi le lacrime
che le sconvolgevano il viso
giovane e triste.
L'immagine
ritraeva una Minerva McGranitt sorridente, vestita con un semplice
abito di
lino, ed i capelli scuri raccolti in una lunga e grossa treccia.
Al
suo fianco, un ragazzo giovane quanto lei. Il viso gaio, rovinato dal
sole, gli
conferiva un aspetto più anziano. Le spalle curve, la
schiena massiccia, le
mani rovinate dal lavoro nei campi.
Tentò
di nasconderne la figura con la mano.
Silente
sospirò. «E' un bel ragazzo, non c'è
che dire».
«Lo
so. Ma non è più... mio».
Tentò
di trattenere i singhiozzi, inutilmente.
Albus
si sedette su una comoda sedia di velluto, comparsa all'improvviso.
«Beh,
con tutto rispetto, deve essere proprio stupido allora».
Un
lieve sorriso comparve sul volto della donna, subito rimpiazzato da
un'espressione triste e malinconica.
All'uomo
dalla barba rossa gli si strinse il cuore. Le
si avvicinò e, cautamente, la
strinse a sé.
«A
me puoi dire tutto, lo sai. Sono qui, se hai bisogno».
Minerva
si rifugiò tra le braccia amiche, piangendo lacrime che
scesero copiose sul vestito
sgargiante del Preside.
«Sono
qui, Minerva. Sarò sempre qui. Per
te».
The book of love is long and boring
And
written very long ago
It's
full of flowers and heart-shaped boxes
And
things we're all too young to know
But
I
I
love it when you give me things
And
you
You
ought to give me wedding rings
Salve!
Come promesso,
dopo OneShot su OneShot, mi sono decisa a cominciare
questa LongFic AlbusxMinerva.
La canzone
utilizzata è The Book
of Love - Peter Gabriel.
Avevo
già cominciato a scrivere qualche capitolo, ma ho
dovuto rivedere alcune parti dopo che la Rowling ha pubblicato su
Pottermore la storia di Minerva
McGranitt.
(Dio è favolosa,
la rileggerei centomila volte! *w*) .
Leggendola,
potreste avere capire meglio come si svolgerà la storia.
I commenti
sono ben accetti.
Buona giornata
Jo
|
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Capitolo 2 *** I. Sorpresa ***
Grow
Old Together
I.
Sorpresa
Il
fuoco scoppiettava allegro nel caminetto, rompendo a scatti il silenzio
serale.
Le
fiamme dorate sfioravano le pareti di pietra della loro prigione ed
illuminavano tenuamente il viso della persona che si riscaldava seduta
in
poltrona.
Si
trattava di una donna alta e magra, sulla ventina.
Il
viso pallido e allungato era illuminato da un paio di brillanti occhi
smeraldo,
incastonati tra le sopracciglia scure e le guance scarne e rosee. Sul
naso sottile
giacevano eleganti occhiali dalla montatura quadrata. I lunghi capelli
corvini
le ricadevano lunga la spalla sinistra, intrappolati in una morbida
treccia.
Le
spalle larghe e ossute delineavano la corporatura minuta e le dita lunghe ed
affusolate reggevano una
raffinata tazzina da tè in porcellana, colma di un tiepido
liquido dorato dal
profumo di limone.
L'orologio
a pendolo sopra il caminetto battè le nove.
Le
sue labbra sottili sfiorarono la superficie di porcellana per
sorseggiare la
delicata bevanda quando il campanello suonò.
Poggiò
la tazzina sul tavolino davanti a lei con un'espressione contrariata
sul viso e
s'alzò di scatto. Attraversò il lungo corridoio
dopo il salotto, tra fruscii di
tulle della sua camicia da notte scura ed aprì la porta.
La
vista dell'uomo che si trovò davanti la lasciò
talmente sorpresa che dovette
faticare per non lasciare teatralmente aperta la bocca dallo stupore.
Un
luminoso sorriso comparve dalla barba rossiccia del visitatore. Sul
naso adunco
pendevano degli occhiali argentei, le cui lenti a mezzaluna celavano un
paio di
occhi azzurri come zaffiri.
«Professor
Silente», mormorò vagamente turbata.
«Buonasera
Minerva», salutò cordiale, «Spero di non
averti disturbata».
«Oh,
nient'affatto. Piuttosto mi domandavo che ci fa qui a Londra».
«Ti
spiegherò tutto a tempo debito, posso entrare?».
Si
scostò dalla porta, «Ma certo».
L'uomo
si tolse il mantello da viaggio con nonchalance e lo
appoggiò all'appendiabiti.
«Vuole
una tazza di tè?», domandò cordialmente.
«Sì,
grazie. Mi farebbe piacere».
La
donna versò il liquido dorato in una nuova tazzina con fare
esperto e l'offrì
al suo ospite.
«Come
te la passi qui?».
«Discretamente»,
affermò sorseggiando dalla tazza. «Ho trovato un
lavoro al Ministero, Ufficio per la
Cooperazione Magica
Internazionale».
Un
sorriso quasi beffardo comparve sul viso di Albus Silente. «A
proposito di
lavoro, sono venuto qui per un motivo preciso, come credo che la tua
mente
acuta abbia intuito».
«Mi
dica».
«Andrò
dritto al punto. Il professor Dippet è mancato in questi
giorni e sono stato
nominato Preside di Hogwarts».
«Congratulazioni
professore!».
«Grazie
cara», minimizzò con la mano magra.
«Tuttavia sono venuto qui per proporti
qualcosa d'interessante».
La
donna si sistemò meglio sulla poltrona, come uno studente
assonnato che è
risvegliato da un argomento di suo interesse.
«Ricordo
che avevi ottimi voti a scuola, specialmente in Trasfigurazione.
Inoltre ho
saputo che ti sei recentemente iscritta al registro Animagi del
Ministero,
poiché ti trasformi in uno splendido gatto soriano. Non
starò qui a perdermi in
quisquilie», affermò infine come per appuntarsi
qualcosa mentalmente. «Vorrei
che venissi ad Hogwarts per insegnare Trasfigurazione».
«Cosa?»,
esclamò stupita.
«Vedi,
diventando Preside non potrò continuare ad insegnare.
Capisco se non vorrai
accettare, hai un
buon lavoro, una bella
casa... magari anche una relazione».
Arrossì
violentemente.
«Perdonami,
non volevo essere indiscreto».
«Non
si preoccupi. Comunque non c'è alcun uomo nella mia vita,
non ancora»,
pronunciò la frase fissando il pavimento, quasi malinconica.
L'uomo
diede un'occhiata all'orologio sul caminetto. «Dovrei
andare», commentò
bonario. «Fammi sapere la
tua decisione
al più presto, via gufo possibilmente».
«Ma
certo, professore», rispose mentre gli apriva la porta.
«Ah,
Minerva?».
«Sì?».
«Chiamami
pure Albus». Così dicendo svanì nella
notte con un sonoro schiocco.
Il
mattino seguente si svegliò turbata.
Non
si preoccupò nemmeno di sistemare il letto sfatto e
rassettare casa come di
consueto; uscì di casa senza nemmeno fare colazione.
Era
talmente sovrappensiero che fu una fortuna riuscire a Materializzarsi
correttamente a Londra.
I
bagni pubblici erano illuminati da fioche lampade che
sembravano volersi spegnere da un momento
all'altro. Attraversò rapida il corridoio e scelse una porta
a caso. L'aprì e
infilò istintivamente i piedi nell'acqua del water.
Dopodiché tirò la
cordicella con un gesto meccanico.
Atterrò
con grazia sul pavimento lucido dell'Atrium.
Dai
caminetti di fronte al suo giungevano maghi e streghe ad ondate. Le
donne erano
vestite elegantemente, con lunghi vestiti dai colori brillanti e
mantelli
scuri. Alcune indossavano dei cappelli a punta. Gli uomini invece erano
principalmente vestiti di nero, con panciotti bianchi che spiccavano
tra la
miriade di persone.
Accelerò
il passo, i volti dell'enorme statua all'ingresso le sorrisero come
tutte le
mattine, tra gli zampillii argentei della fontana.
L'ascensore
era pieno di gente, Minerva si strinse in un angolo vicino alla porta e
trattenne
il fiato, sperando di giungere al quinto livello il prima possibile.
Finalmente
le porte si aprirono di botto e una voce metallica le
annunciò che era
arrivata.
Sgomitò
per uscire e respirare un centimetro cubo d'aria, evitando due gufi che
volavano barcollanti reggendo promemoria tra le zampe.
Varcò
la porta dell'ufficio davanti a lei. Al centro brillava una targhetta
d'ottone:
"Ufficio per la Cooperazione Magica
Internazionale".
Un
giovane uomo di corporatura robusta sedeva ad una larga scrivania.
«Buongiorno
Minerva!».
«'Giorno»,
salutò.
«E'
appena arrivato un plico di pratiche da sbrigare. Te ne puoi occupare
tu, per
favore?».
Annuì,
nascondendo il proprio disappunto, mentre il suo capo usciva
fischiettando
dalla porta.
Afferrò
il primo fascicolo ed iniziò a compilarla pigramente con la
penna d'oca. Mentre
scriveva, quasi meccanicamente, non poté impedire alla
propria mente di vagare.
Il
lavoro al Ministero era stato l'unico che avesse mai intrapreso e da
più di due
anni -dalla sua assunzione in quell'ufficio- le sue mansioni
consistevano nel
compilare scartoffie da mattina a sera, per consentire al proprio
superiore di
dedicarsi ad attività più piacevoli.
Forse
il professor Silente aveva ragione. Egli aveva supposto che la sua vita
fosse
perfetta: ma in realtà non amava il suo lavoro e persino la
sua casa le pareva
vuota e fredda senza qualcuno accanto. In realtà qualcuno lo
avrebbe avuto. Se
solo...
La
punta del pennino raschiò la pergamena e una grossa goccia
d'inchiostro macchiò
la carta. Scuotendo la testa, estrasse la bacchetta e ripulì
velocemente il
disastro combinato.
Il
resto della giornata trascorse così, tra noiose faccende
burocratiche da
sistemare con il Belgio e scartoffie da compilare che le costarono un
forte
dolore alla mano e tutte le dita sporche d'inchiostro.
Nonostante
la mole di lavoro, la sua mente era tormentata a quel chiodo fisso.
Nel
pomeriggio il capo fece il suo ritorno, solo per portare altri plichi
di
pratiche da compilare. Mentre sperava di riuscire a concludere tutto
entro le
sei e trenta, l'orologio sopra la porta scoccò le cinque.
Sbadigliò e con un
movimento annoiato della bacchetta fece comparire una tazzina ed una
teiera di
porcellana, colma di liquido fumante. Le sue labbra stavano per
sfiorare la
superficie tiepida, quando un gufo fece la sua entrata in ufficio.
Era
piccolo e spelacchiato, una delle due ali corte sembrava si fosse rotta
recentemente.
Nella
zampa sinistra stringeva un promemoria interufficio. Lo
srotolò nelle mani,
mentre l'animale la fissava con gli enormi e sporgenti occhi gialli.
Sul
foglio era vergato con inchiostro dorato: "Dovresti recarti all'Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, ci sono problemi con il
Belgio".
Con
il Belgio? Com'era possibile? Aveva lavorato tutto il giorno a
quelle scartoffie!
Il
gufo inclinò la testa di lato, pensieroso.
Contrasse
il labbro, con disappunto. Strinse la tazzina da tè che
aveva
ancora in mano fino a far divenire bianche le nocche.
La
poggiò sul piattino decorato e la
spinse lontano da sé, disgustata. Agitò la mano
davanti al gufo che volò via in
un frullo d'ali, dopo averle rivolto un'occhiata scocciata.
Si
alzò dalla sedia e si avviò verso la
porta. Quest'ultima s'aprì di scatto, per lasciar passare
l'ennesimo pacco di
fogli candidi che sfrecciarono dal corridoio andandosi a posare sulla
scrivania.
Afferrò
la tazzina, per bere un ultimo
sorso di tè e si avvicinò guardinga. Un piccolo
biglietto sovrastava quella
piramide, vergato dalla stessa calligrafia che Minerva conosceva fin
troppo
bene. "Puoi concludere queste pratiche? Grazie", recitava. I nervi
della mano destra le si contrassero all'istante e ritrovò a
terra i frammenti
di porcellana. Rimase scossa da questa sua improvvisa reazione, si
morse il
labbro fino quasi a farlo sanguinare; doveva mantenere il controllo di
sé
stessa.
Fece
Evanescere i resti della povera
tazza ed uscì dall'ufficio in cerca del suo capo.
Il
corridoio era in subbuglio; maghi e
streghe sfrecciavano da un ufficio all'altro, con montagne di cartelle
in mano.
Uno di loro, alto, allampanato e sulla cinquantina, la fermò.
«Minerva,
meno male che sei arrivata! Elphie
ha detto che avrebbe mandato te».
«Dov'è
ora?», domandò cercando di
nascondere lo sguardo omicida negli occhi.
«Non
ne ho idea», rispose, ma la donna
aveva già intuito. Sicuramente era salito al settimo livello
e stava giocando a
Gobbiglie con il suo compare Ludo Bagman.
«Mi
stai ascoltando?».
«Scusami
Alfred. Dicevi?».
«Ci
sono problemi in Belgio. Il nostro
lavoro di stamattina non è servito a nulla».
«Com'è
possibile?».
«Sembrava
che quell'assassino fosse
stato catturato, in realtà è appena riuscito a
fuggire. Ha fatto fuori i due
Auror di scorta; l'accordo è saltato».
Inspirò
a fondo. «Dovremmo mandare più
Auror a rafforzare quelli del Ministero Belga e a pattugliare la zona.
Istituite immediatamente una linea di comunicazione tra i due Ministri,
Leach
dovrà spiegare la situazione».
«Stiamo
sistemando la Metropolvere, ma
forse il Ministro preferisce Materializzarsi. Ci farà sapere
al più presto la
sua decisione».
Quella
frase immerse Minerva in un
dejà-vù. Il professor Silente le sorrideva,
affabile: fammi sapere la tua decisione al
più presto, via gufo
possibilmente.
Il
collega la riscosse di nuovo dai suoi pensieri. «Il Ministro
è appena partito con
la Metropolvere. Che facciamo adesso?».
Pronunciò
la risposta con insolito piacere: «Non ci resta che
aspettare. Ora, se non ti
dispiace, ho delle pratiche da sbrigare, prima di cercare Elphistone
per farlo
a pezzi», concluse con uno sorriso malvagio sulle labbra, che
fece raggelare il
suo interlocutore.
Dopo
aver terminato i fascicoli in breve tempo, gettò un'occhiata
all'orologio.
Le
sei e trenta spaccate. Si elogiò mentalmente; era riuscita a
svolgere il lavoro
di due persone e a risolvere un problema diplomatico con il Belgio.
La
giornata era iniziata male ma pareva giungere ad una buona conclusione.
Raccolse
la sua roba velocemente ma, mentre si allacciava il mantello al collo,
la porta
si aprì -di nuovo- ed un Elphistone Urquart fece la sua
entrata con un sorriso
divertito stampato in faccia.
«Stavi
uscendo?».
«Sì»,
ribatté seccata. «L'orario lavorativo è
terminato».
«Non
potresti farmi un piccolo
favore?».
La
fulminò con gli occhi.
«Dovresti
scrivere un resoconto del
disastro in Belgio, Leach lo vuole per domani sulla sua scrivania, per
archiviarlo».
Strinse
le labbra, affondando i denti
nella carne. Avrebbe voluto urlargli che un pessimo capo, che non
meritava il
posto in cui stava e che poteva scriversi da solo quel dannato
resoconto sul
Belgio.
Tuttavia si trattenne
e lasciò che solo
quattro parole trapelassero dalle sue labbra, definendo la sua
decisione. «Io
mi licenzio, Elphistone».
Buonasera!
Scusate
l'assenza ma ero una settimana al mare. Ora che si riprende, come
farò? ç_ç
Piccole
puntualizzazioni:
E'
il 1945, Minerva ha vent'anni, Albus sessantaquattro. Lo so che fa
ribrezzo a sentirlo dire così, ma pensate che nel mondo dei
maghi si vive più a lungo e le cose si svolgono diversamente.
Il
Ministro della Magia non sarebbe Nobby Leach (1962-1968) ma siccome su
Wikipedia ho trovato una lista di Ministri che va dal 1798 al 1819, dal
1865 al 1903 e poi non contando Leach dal 1980 in poi, non
c'è il nome del Ministro in carica nel '45.
Ho
scelto io il reparto del Ministero in cui Minerva lavora, mi sembrava
il più adatto ad una come lei.
Nient'altro
da dire, mi volatilizzo.
Buona
serata a tutti.
Puff!
|
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Capitolo 3 *** II. Decisione ***
II.
Decisione
Il
mattino seguente non si presentò al lavoro, cosa che fece
molto bene alla sua
autostima.
Sistemò
casa con un semplice movimento della bacchetta, si preparò
una tazza di latte
fresco con cereali e la trangugiò velocemente.
Prese
una delle poche borse che aveva nell'armadio; andavano di moda nel
mondo
Babbano secondo il Settimanale delle Streghe. Non che lei lo leggesse,
preferiva la Gazzetta del Profeta, ma una lettura civettuola non si
disdegna
mai.
Uscì
di casa di buon ora e salutò la sua vicina, la signora Ames,
con un cenno della
mano.
I
vestiti babbani che indossava le stavano abbastanza scomodi. Non le
dava
fastidio il maglioncino bianco -con uno scollo a V prudentemente
coperto da uno
spolverino chiaro abbottonato fino al collo- quanto i pantaloni,
stretti in
vita ed aderenti sul fondoschiena, di una stoffa che i non maghi
chiamavano
jeans.
Si
recò al parco con insolita calma; una volta lì
scelse di sedersi su una
panchina poco distante da un laghetto cristallino, abitato da
tartarughe e
grossi pesci colorati.
Gli
alberi dalle fronde verde acceso schermavano i raggi del sole, creando
una
lieve ombra intorno alla panca. Estrasse "Trasfigurazione
Oggi" dalla borsa e s'immerse nella lettura.
La
prime pagine trattavano il caso di un uomo che aveva provato a
diventare
Animago, rimanendo bloccato nelle fattezze di uno scoiattolo. Il
Ministero
stava lavorando per farlo ritornare umano.
Si
ricordava perfettamente il giorno in cui, osservando un magnifico
soriano, si
era accorta di assomigliare alla razza felina.
Era
forte, indipendente, spesso anche noncurante di ciò che le
accadeva accanto, proprio
come un gatto.
Aveva
impiegato due anni per quella trasformazione perché parti
del corpo rimanevano
umane; a volte una gamba, a volte un braccio, ma finalmente c'era
riuscita.
Utilizzava
quella capacità per andare a zonzo indisturbata e
funzionava, tranne con alcuni
gatti sprovveduti e cani coraggiosi, che metteva in fuga assumendo un
cipiglio
severo e soffiando un poco.
«Che
strano giornale», commentò una vocina.
Apparteneva
ad un bambino, che si era appena seduto di fianco a lei.
Aveva
il viso piccolo, accentuato dalle sopracciglia sottili, dalla fronte
bassa e
dai capelli castani a caschetto. Con gli occhi neri fissava il suo
giornale,
incuriosito. Avrà avuto una decina d'anni.
«Cos'è
la Trasfigurazione?», domandò.
«E'
una branchia della magia, grazie a cui i maghi si trasformano i
animali»,
spiegò tranquillamente.
Le
pupille del bimbo si allargarono dallo stupore. «Tu ne sei
capace?».
«No»,
mentì, «Perché non sono una strega. Ma
molte persone sì», aggiunse per
ravvivare l'espressione delusa del ragazzino.
«Ne
conosci qualcuno?».
«Certamente»,
rispose, prima di lanciarsi in una dettagliata descrizione degli
Animagi che
conosceva, mentre il piccolo ascoltava attentamente.
Gli
stava raccontando di un mago che si trasformava in un alce maestosa,
quando una
donna alta e bionda irruppe nella loro conversazione.
«Eccoti
qui, Charles! Dove ti eri cacciato?».
«Stavo
ascoltando i racconti di questa signora, mamma, sono così
divertenti!».
La
madre parve stupita e la fissò da capo a piedi, poi
esibì un sorriso stentato.
«La
ringrazio di aver badato a mio figlio, l'ho perso di vista per un
secondo ed è
sparito».
«Non
si preoccupi, sia io che lui siamo stati in buona compagnia».
«Che
ti raccontava la signora, amore?».
«Di
magia!», rispose eccitato il bambino, «e degli
Animagi!».
«Ah»,
fu quello che riuscì a dire la bionda, «che bello,
tesoro», concluse
ricambiando il sorriso di cortesia di Minerva.
«A
me piace la magia!», trillò Charlie.
La
madre cercò di nascondere l'espressione di disappunto.
«E' vero. A lui piace la
magia. S'inventa cose strane e finge di averle compiute da
solo», sussurrò
rabbrividendo, in un momento di distrazione del figlio.
«Ma
è impossibile che una persona normale compia qualcosa del
genere», minimizzò
con lo sguardo seccato e la voce imbarazzata.
Una
strana luce brillò negli occhi di Minerva. «Che fa
accadere?».
Sembrava
che le desse fastidio parlare di ciò che Charles combinava, come se odiasse tutto
ciò che fosse al di
fuori della sua comprensione. «Dice di essere riuscito a
spostare oggetti, come
matite o pennarelli, sostiene che i suoi capelli ricrescano in
più in fretta
del normale dopo glieli si taglia», mormorò a
disagio.
«Ha
controllato di persona se quello che dice Charlie è
vero?».
«No»,
ammise la bionda.
«Lei
non crede a quello che dice il bambino?».
«No».
«Perché
mai? E' bugiardo di natura?».
«No»,
si affrettò a precisare, «Ma sono solo fantasie
infantili».
Minerva
non s'azzardò a dire altro.
Per
sollevare quell'improvviso silenzio imbarazzante, la donna
parlò di nuovo. «Lei
è una maestra elementare?».
Fece
segno di diniego con la testa.
«Insegna
alle scuole medie o superiori?».
«In
realtà non insegno».
«Strano,
di solito sono abbastanza brava ad indovinare i lavori altrui. Lei ci
sa fare
con i ragazzini, a quanto pare, inoltre si pone proprio come una
docente».
Non
sapeva se considerarlo un complimento o meno ma tentò di
sorridere comunque.
Se
era effettivamente vero ciò che il bambino sosteneva -ma che
la donna
continuava a negare, o forse si ostinava a non vedere- Charles era un
mago.
Ricordava
perfettamente il giorno in cui era arrivata la sua lettera, l'attendeva
con
ansia da tutto l'anno. Finalmente sarebbe andata a scuola e sarebbe
diventata
una strega a tutti gli effetti.
La
cosa che più le premeva era di possedere al più
presto una bacchetta.
Al
negozio di Olivander l'aveva trovata subito: legno di abete
e corda di cuore
di drago, nove pollici e mezzo, rigida.
Una
leggera scossa elettrica l'aveva invasa, come se la bacchetta volesse
indicare
che era lei quella più adatta ad usarla.
E' la bacchetta
che
sceglie il mago,
continuava a ripetere Olivander.
«Andiamo
Charlie, papà ci sta aspettando», la voce della
sua interlocutrice interruppe
il flusso dei suoi pensieri.
La
salutò velocemente e se ne andò seguita dal
figlio, che continuava ad agitare
la mano in sua direzione.
Tornò
a casa turbata a causa di ciò che le aveva detto la mamma di
Charles.
Ci
sapeva fare con i ragazzi e pareva un'insegnante.
Aveva
pensato di accettare l'offerta di Silente dopo il suo licenziamento al
Ministero, ma non voleva intraprendere un lavoro per cui non era
qualificata e,
soprattutto, per cui non avrebbe provato passione, come nel caso del
suo
precedente impiego.
Tuttavia
la pulce nell'orecchio formatasi alle parole del professor Silente: ricordo che avevi ottimi voti in
Trasfigurazione, s'ingrandiva con le constatazioni della
madre di Charlie.
La
memoria dei suoi primi giorni ad Hogwarts si formò nella sua
mente.
Varcava
la soglia della Sala Grande tra una marea di ragazzi sconosciuti. Fu
lì,
davanti ai gradini che conducevano al Cappello Parlante, che lo vide
per la
prima volta.
Era
seduto al tavolo degli insegnanti; indossava una tunica candida,
intrecciata di
fili d'argento, da cui spiccava la sua barba vermiglia ed ispida. Gli
occhiali
a mezzaluna velavano uno sguardo di zaffiro, luminoso e brillante.
Quando
avevano chiamato il suo nome lei si era diretta verso lo sgabello,
decisa. Si
era seduta, con fare risoluto, poggiandosi il cappello in testa.
Lui
non aveva esitato. «Grifondoro!».
Si
era alzata, il viso inespressivo, dirigendosi al tavolo dei suoi
compagni tra i
consueti applausi.
Dopo
essersi seduta sulla panca lo aveva guardato, senza che lui se ne
accorgesse.
Ma
quello sguardo azzurro non tardò a penetrare i suoi occhi
smeraldini, curioso
ed attento.
Da
allora si rese conto che Albus Silente sarebbe stato più di
un insegnante, per
lei. Albus Silente sarebbe diventato il suo mentore.
Afferrò
d'istinto una pergamena pulita ed intinse il pennino nel calamaio
lì vicino.
Gentile
professor
Silente,
sono lieta di
accettare
la proposta da Lei formulata due giorni fa.
Attendo
istruzioni.
Cordiali saluti
Minerva McGranitt
Affidò
la missiva a Diane, una civetta dalle piume nere e lucide, comprata in
una
delle sue rare gite a Diagon Alley qualche anno prima.
L'animale
volò leggiadro fuori dalla finestra e fu presto inghiottita
dall'oscurità della
notte che incombeva.
Si
sedette in poltrona. Estrasse la bacchetta e sillabò:
«Incendio».
La
legna nel camino bruciò improvvisamente e fiamme dorate presero a risplendere,
diffondendo un tiepido
calore nella stanza.
Minerva
chiuse gli occhi, un torpore s'impossessò di lei e
s'addormentò profondamente.
Rimase
lì per tutta la notte e, la prima volta dopo tanti anni,
sognò di nuovo Albus
Silente.
Fu
svegliata dal picchiettare del becco di Diane sul vetro della finestra
e si
accorse d'essersi addormentata con i vestiti babbani ancora indosso.
Si
alzò con le membra indurite dalla notte passata in poltrona
e s'affrettò ad
aprire alla civetta.
Questa
entrò elegantemente nella stanza, andandosi a posare sullo
schienale di una
delle sedie intorno al tavolo della cucina. Reclinò il collo
e posò una busta
bianca sulla superficie di legno, limitandosi poi a fissarla con
sguardo severo
e di rimprovero.
«Scusami,
mi ero addormentata», si giustificò Minerva,
grattando la testa all'animale ed
accarezzandole le piume, per addolcirla.
Diane
parve soddisfatta ed emise un pigolio di piacere.
Aprì
la lettera con mani tremanti, sulla carta candida spiccava un fiume di
parole
vergato con una grafia sghemba.
Cara Minerva,
sono lieto che
tu abbia
accettato la mia proposta.
L'anno
è cominciato il
primo di settembre; solitamente gli insegnanti giungono al castello
verso fine
agosto, ma essendo il preside Dippet venuto a mancare a metà
novembre non è un
problema per te.
Potrai arrivare
tranquillamente con la Metropolvere, dal tuo camino.
Svolgerai un
periodo di
prova di due settimane -non preoccuparti è solo burocrazia,
ma anche per farti
ambientare un poco- dopodiché sarai assunta a tutti gli
effetti all'inizio di
dicembre.
Dovrai
procurarti i
soliti libri "Guida
alla Trasfigurazione per
Principianti, Guida alla Trasfigurazione Intermedia, Guida alla
Trasfigurazione
Avanzata" il prima possibile.
Una volta giunta
a
Hogwarts riceverai eventuali istruzioni.
Io ed il resto
del
corpo insegnanti ti attendiamo nei prossimi giorni.
A presto
Albus
Dunque
era successo. Sarebbe ritornata a Hogwarts, stavolta per insegnare.
Sera!
Eccomi
qui con un aggiornamento, un po' breve, è vero, ma
fondamentale. Spero vi sia piaciuto. *Se sì fatemelo sapere
come un commentino, quello non lo disdegno mai xD*
Ringrazio
tantissimo le 2 persone che hanno già inserito la storia
nelle preferite e le 8 che l'hanno già inserita nelle
seguite! GRAZIEEE *w*
Ora
me ne vado, o qualcuno mi piglia a scarpate xP
Buona
serata
Jo
|
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Capitolo 4 *** III. Preparativi ***
III.
Preparativi
Le
vie di Londra erano scarsamente illuminate. Il sole era scomparso tra
le nuvole
grigio plumbeo, si
preannunciava pioggia. Svoltò nel viale a sinistra. Charing
Cross Road.
Un
piccolo bar comparve nella sua visuale. Il legno scuro delle pareti
esterne era
lucido, le finestre riflettevano il panorama della via; un grande
mercato
ortofrutticolo circondato da edifici alti, stretti e di colore grigio,
che quasi
si confondevano con il cielo.
Entrò
al Paiolo Magico chiudendosi la porta alle spalle, certa che nessun
Babbano
l'avesse vista.
Il
locale era immerso nella penombra. Piccoli tavolini tondi erano sparsi
per la
sala, attorniati da tre o quattro sedie di legno. Solo uno o due erano
occupati.
Al
bancone, lungo e di pietra, Tom il barista asciugava boccali di
Burrobirra.
Camminò
verso di lui, sorridendogli lievemente. L'ometto spalancò la
bocca, quasi
teatralmente.
«Minerva?».
«Proprio
io, Tom».
«Per
la barba di Merlino! Sono passati... Quanti anni, da quando ti ho vista
l'ultima volta?».
«Più
di tre».
«Mi
ricordo quando sei passata di qui con tua madre, per l'occorrente per
l'ultimo
anno di scuola».
Sospirò.
Erano già passati tre anni. Due, da quando non rivedeva la
sua famiglia.
Il
reverendo McGranitt, nato nelle Highlands scozzesi, era fuggito alla
giovane
età di diciotto anni con Isobel, la sua innamorata. Si erano
stabiliti in una
canonica nei pressi di Caithness, dopo essersi sposati.
Minerva
fu la primogenita. Tuttavia la sua nascita fu motivo di sconforto per
la madre.
La
bimba iniziò a manifestare i propri poteri fin dal primo
contatto con il mondo
ed Isobel non aveva mai detto al marito d'essere una strega.
Un
giorno, messa alle strette, confessò. Il reverendo rimase
sgomento da quella
dichiarazione, ma continuò ad amare la moglie. Tuttavia la
fiducia tra i due si
spezzò e Minerva, bambina acuta e brillante, se ne accorse.
Nemmeno dopo la
nascita dei Malcom e Robert Jr. i rapporti tra i genitori migliorarono
anzi,
Minerva dovette aiutare Isobel a mantenere il controllo dei fratelli e
dei loro
poteri.
Andare
finalmente ad Hogwarts era stata una liberazione per lei. Per questo si
era
impegnata in qualunque cosa. Prefetto, Caposcuola, giocatrice di
Quidditch,
vincitrice del premio come migliore promessa di Trasfigurazione Oggi ed
infine
diplomata con ottimi voti ai G.U.F.O. e M.A.G.O.
Aveva
intrapreso una carriera al Ministero della Magia ed ora era al Paiolo
Magico,
diretta a Diagon Alley.
«Che
ti porto?».
Si
appoggiò al bancone. «Un'Acquaviola,
grazie».
Gliela
servì in pochi secondi. «Allora, cosa ti porta
qui? Devi andare a Diagon Alley,
giusto? Non sei un tipo da pub».
«Devo
comprare dei libri di Trasfigurazione».
«Lavoro
importante?». Meditò un istante, «Sei
stata assunta al Ministero alla fine?».
«Sì».
«Congratulazioni,
allora!», gracchiò.
«Ho
lasciato quel lavoro qualche giorno fa, Tom. Devo comprare i libri di
Trasfigurazione per Hogwarts. Insegnerò lì, a
partire da dicembre».
Parve
un attimo confuso, ma si riprese subito. «E' fantastico! Ho
letto sulla
Gazzetta del Profeta che Dippet è venuto a mancare e Silente
ha preso il suo
posto. Congratulazioni Minerva, sarà davvero eccitante
lavorare là».
Mentre
Tom fantasticava a voce alta di come fosse cresciuta e si fosse
realizzata
mentre la nuova professoressa di Trasfigurazione si ritrovò
a pensare a quanto
strano fosse il destino.
Aveva
sempre amato Hogwarts, era sempre stato un luogo dove esprimere se
stessa.
Casualmente, Hogwarts la riattirava a sé come una calamita.
Di sicuro non
sarebbe stato solo un luogo di lavoro, ma la sua casa, di nuovo.
«Se
hai bisogno d'aiuto per qualche materiale, io ci sono»,
borbottava Tom dal
retrobottega.
«Cosa?
Oh, certo, certo», mormorò in risposta.
«Credo di dover andare ora», concluse
frettolosamente.
«Grazie
per la compagnia, Tom», salutò posando sul bancone
una falce. «Tieni il resto».
«Arrivederci,
Minerva!».
Uscì
dalla porta a lato. Davanti a lei stava un muro di mattoni. Estrasse la
bacchetta e picchiettò sulle forme di fango cotto, seguendo
un percorso marcato
a fuoco nella propria mente da più di nove anni.
La
parete si squarciò ed un fascio di luce la colpì.
Un'
ampia e luminosa via in ciottolato si sviluppava davanti ai suoi occhi.
La luce
del sole che la invadeva filtrava verso i vicoli ombrosi che vi
convergevano.
Le
vetrine lucide riflettevano l'aura dorata, nell'aria si distingueva
chiaramente
persino il pulviscolo, che danzava con colori, profumi e sensazioni che
gente
normale non avrebbe mai provato.
Quella
era Diagon Alley.
Maghi
e streghe dalle vesti sgargianti affollavano la via principale, tersa
di colori
dalle accese tinte pastello. I negozi esponevano tutto l'occorrente del
mondo
della magia: calderoni di diverse fattezze e materiale, pozioni di ogni
genere
in ampolle colorate, scope nuove fiammanti da Accessori di Prima
Qualità per il
Quidditch, bacchette magiche da Olivander, vesti su misura per ogni
occasione
da Madama McClan, gufi, gatti ed altri animali da compagnia al
Serraglio
Stregato.
Minerva
si rese conto di essere rimasta troppo lontano da Diagon Alley, dove
era
cominciata la sua avventura per Hogwarts.
Ricordava
ancora la stretta forte in cui la madre stringeva la sua mano. Il suo
sguardo
luminoso e quasi commosso dai tanti anni di lontananza dal mondo
magico,
l'euforia con cui le indicava ogni negozio, spiegandole direttamente le
sue
funzioni.
Isobel
McGranitt era una donna bellissima, non c'era mago che non si girasse a
guardarla quando passava per strada.
Aveva
lunghi e lucidi capelli neri, sempre raccolti in una grossa treccia. Il
viso a
cuore dalle fattezze sottili e delicate da cui spiccavano un paio
d'occhi verde
smeraldo, le guance piene e rosee in contrasto con il naso sottile e le
labbra
carnose, tese in una linea precisa.
Il
suo corpo era minuto e sinuoso, quasi sempre avvolto in una veste dalla
tinta
chiara.
Aveva
in parte ereditato quelle caratteristiche; la chioma scura, gli occhi
verdi, il
naso sottile, le labbra tese con precisione.
Il
suo viso era un ovale aguzzo, le guance scarne, il colorito pallido,
come il
padre. Persino il suo fisico era più robusto ed allungato di
quello della
madre.
Il
carattere rispecchiava l'irritabile e severa figura paterna, che le
aveva donato
anche numerose qualità, come l'intelligenza e la sagacia.
Lo
zampino di Isobel invece s'intravedeva nella compassione e nella
testardaggine
che alimentavano il buon cuore di Minerva.
Si
fermò di fronte all'insegna colorata del Ghirigoro, libreria
fornita di libri e
manuali su ogni argomento, persino i libri sulla Babbanologia,
argomento
sottoposto a studi magici da poco.
Entrò
silenziosamente, in contrasto con la stanza affollata di gente e
chiacchierii.
Scaffali
in legno massiccio ricchi di libri dalle coste variopinte salutarono il
suo
arrivo.
Un
ometto di bassa statura le si avvicinò.
«Desidera?».
«Sto
cercando i volumi di Trasfigurazione per
Principianti, Trasfigurazione
Intermedia, Trasfigurazione Avanzata
per Hogwarts».
Strabuzzò
gli occhi. «Complimenti signora, quanti figli!».
Irritata
un poco dalle sue conclusioni affrettate, cercò di parlare
con quanta più calma
possibile. «Veramente servirebbero a me», ammise
con un sorriso accennato a
fatica.
«Tutti
a lei?», esclamò sorpreso.
Annuì
lentamente; quell'uomo cominciava a darle sui nervi.
L'uomo
non ci mise molto a capire. «Vuol dire che sarà la
prossima insegnante di
Trasfigurazione a Hogwarts?».
«Per
cortesia mi dia quei libri e facciamola finita»,
sbottò seccata.
Il
commesso impertinente agitò la bacchetta borbottando tra
sé, tre voluminosi manuali
si posarono sul bancone.
«Sono
due galeoni e cinque falci».
Minerva
sborsò la somma, le labbra tirate più del
normale, dopodiché uscì spedita dal
negozio accompagnandosi la porta alle spalle.
Girovagò
per le vie a lei tanto familiari ancora per un po', rifornendosi di
materiale
per insegnare. In seguitò si Smaterializzò, per
comparire davanti alla soglia
di casa verso sera.
Diane
salutò il suo arrivo con un cinguettio compiaciuto.
Minerva
le aprì la gabbia e la liberò nel cielo che
imbruniva. La civetta scura
s'avventò all'aria aperta attraverso la finestra, sbattendo
le ali con grazia.
In pochi secondi di lei rimase solo un puntino scuro nel cielo sfumato
dal
rosso al viola.
Si
sedette al tavolo della cucina, iniziando a sfogliare i manuali.
La
rilegatura di ognuno era spessa, le pagine dense d'inchiostro e
informazioni.
Cominciò
a leggere la spiegazioni di incantesimi basilari del primo anno e a
prendere
appunti sul sistema d'insegnamento, ignorando le palpebre che le si
facevano
pensanti ad ogni battito di ciglia.
Continuava
a scrivere, indefessa, non badando alla stanchezza...
Si
rese conto di essersi addormentata sulle pagine di Trasfigurazione
per Principianti solo la mattina seguente, quando
Diane la svegliò gracchiando allegramente.
Le
si posò sulla spalla, lasciando cadere sulle pagine del
libro il corpicino
inerme di un topo di campagna.
Stortò
la bocca. «Brava», disse a malavoglia,
accarezzandole le piume, «Ora vai a
mangiarlo da un'altra parte, eh?».
Diane
obbedì, raccogliendo la propria preda e rintanandosi nella
gabbia a mangiare
tranquillamente.
Il
calendario segnava il venti di novembre. Mancava un solo giorno alla
sua
partenza per Hogwarts.
Sarebbe
ritornata a casa, la sua vera casa.
Prese
un respiro profondo per calmare il cuore che le palpitava nel petto con
insistenza.
Voleva
tornare ad Hogwarts.
Lo
desiderava con tutta se stessa.
Dedicò
la mattinata alle faccende di casa. Pulì ogni centimetro
quadrato della sua
abitazione con accuratezza, senza utilizzare la magia, per perdere
tempo.
Avrebbe impiegato poco tempo a fare le valigie il giorno seguente,
doveva
trovare un modo per far passare la giornata.
Erano
le quattro quando finì tutto il lavoro che si era
prefissata. Leggermente
indispettita dal fatto che mancasse ancora qualche ora al tramonto,
decise
d'immergersi nella lettura dei manuali d'insegnamento.
Terminò di leggerli
tutti e tre verso le otto.
Si
alzò un poco dolorante, diretta in cucina. Per cena si
preparò una zuppa di
piselli, accompagnata da pane croccante.
Divorò
tutto con appetito, rendendosi conto subito dopo che questo non avrebbe
contribuito a far passare il tempo.
Per
risolvere il suo problema decise di andare a letto presto; alle nove
era già
sotto le coperte e si perdeva in un sonno senza sogni.
Si
risvegliò alle prime luci dell'alba che filtravano dalle
tende di lino.
Rassettò
quel poco che le rimaneva da sistemare e decise di fare la valigia
senza usare
la magia. Appena si rese conto che era inutile non farne uso per far
passare il
tempo, agitò velocemente la bacchetta nell'aria. I cassetti
dell'armadio si
aprirono di scatto, liberando una decina di tuniche di diverse
sfumature di
verde, con relativi mantelli e cappelli abbinati.
Impacchettò
le sole tre paia di scarpe che aveva, dopo averle lustrate con cura.
Il
primo era un paio di stivali in pelle con tacco alto e fibbia
d'argento,
seguivano un paio di scarpe basse verde scuro, simili a delle babbucce
ed
infine un'elegante paio di scarpe da sera, decolleté di
vernice che non usava
mai, ma aveva deciso di portarle per soddisfare un piccolo sfizio
femminile.
Le
inserì nel bagaglio, ormai strapieno. Era piccolo e
rettangolare, di cartone
spesso rivestito di pelle. Decise di provare a chiuderlo manualmente,
giusto
per provare un'esperienza nuova. Faticò non poco. Si sedette
sopra, mentre
contemporaneamente assicurava i ganci alle chiusure.
«Maledetta
me», borbottò, «che per perdere tempo
non uso la magia».
Nonostante
avesse cercato di compiere il tutto nel maggior tempo possibile, queste
operazioni occuparono circa tre ore del suo tempo. A metà
mattinata Minerva
McGranitt si ritrovò in cucina a fissare il vuoto, annoiata.
Diane
dormiva profondamente appollaiata in gabbia, ogni tanto faceva
schioccare il
becco, persa in chissà quali sogni.
Alzandosi
di scatto, la sua padrona decise che sarebbe uscita per una
passeggiata.
Afferrò il cappotto dall'appendiabiti e
si chiuse la porta di casa alle spalle. Un lieve foschia
avvolgeva il
cielo azzurro chiaro, sfumandolo verso il grigio.
Si
strinse nel cappotto, infreddolita.
La
strada in cui abitava era deserta, un gatto attraversò con
aria impettita. Trovò
curioso il suo comportamento, certa che non fosse un Animagus.
Un'idea
le balenò in testa. Era molto tempo che non si trasformava.
Si
nascose dietro una delle siepi che decoravano la via e mutò
la propria forma in
pochi secondi, silenziosamente.
Un
gatto soriano prese il posto della giovane donna che camminava lungo
l'asfalto
fino a pochi secondi prima.
La
sua prospettiva di vista cambiò radicalmente. Vedeva
l'ambiente circostante da
un'altezza notevolmente diversa, in compenso i suoi occhi riuscivano a
distinguere tutti i minimi
particolari,
ogni screziatura di ogni singolo colore.
Iniziò
a zampettare lungo la via, le zampe aderivano perfettamente al terreno,
anche
se le minuscole particelle di polvere e asfalto le davano leggermente
fastidio
tra i cuscinetti.
Il
suo olfatto era molto sviluppato, percepiva il profumo dei cornetti
caldi del
panettiere all'angolo e dei fiori nei prati curati delle villette, ma
anche il
puzzo delle fogne che saliva dal tombino lì accanto, o il
consistente odore del
cemento e catrame.
Trotterellò
per un centinaio di metri, finché non trovò un
albero dalle radici spesse e dai
rami robusti. Si arrampicò con agilità,
aiutandosi con gli artigli affilati.
Scelse
un ramo abbastanza grosso su cui acciambellarsi. Fece penzolare le
zampe dal ramo,
appoggiando il muso sul legno. Rimase a fissare il vuoto per una buona
mezz'ora
fin oa quando i suoi occhi iniziarono a chiudersi piano ed
iniziò a
sonnecchiare alla luce del sole che filtrava tra le nuvole.
Si
risvegliò a metà pomeriggio, sentendosi
perfettamente riposata. L'essersi
trasformata in un gatto le aveva liberato la mente, allontanando ansie
e
preoccupazioni.
Scese
elegantemente dalla pianta, avviandosi verso casa. Riprese le proprie
sembianze
solo quando fu ben nascosta dalla siepe del suo giardino.
Entrò
in casa lisciandosi il cappotto e sistemandosi i capelli. Le valigia
attendeva
in atrio, insieme a Diane nella sua gabbia. Le trascinò fino
al salotto, vicino
al caminetto. Dopodiché entrò nel focolare
abbassando la testa, e prese una
manciata di polvere.
Avvicinò
i bagagli a sé, stringendoli forte ed urlò:
«Hogwarts, Ufficio del Preside!».
Fu
risucchiata, iniziando a girare vorticosamente come una trottola.
Avvolta da
fiamme verdi che bruciavano senza danneggiarla, arrivò ad
Hogwarts in un
battibaleno.
Fu
catapultata sul pavimento della Presidenza tra centimetri di polvere,
tossendo
forte.
«Buonasera
Minerva!», salutò il professor Silente dalla sua
sedia.
Indossava
una tunica blu chiaro, che risaltava la sua barba argentea, arrotolata
per due
volte intorno alla cintura.
«Buona...sera»,
tossì.
«Spero
tu abbia viaggiato bene», commentò incrociando le
dita.
Si
scrollò la polvere di dosso, raddrizzando la caduta gabbia
di Diane, che la
ringraziò con un cinguettio ansante.
«Oh,
certo», rispose con un sorriso ironico.
Albus
sembrò non notarlo. «Il banchetto
comincerà tra poco, ti conviene renderti
presentabile, non vorrai spaventare gli studenti».
Solo
allora notò la sua immagine riflessa in uno degli specchi
dell'ufficio. Sporca
di fuliggine, i capelli scarmigliati. Aveva proprio ragione.
Arrossì
un poco, abbassando lo sguardo.
Silente
si alzò ridacchiando, avvicinandosi. Le posò una
mano sulla spalla e la guardò
intensamente con gli occhi azzurro zaffiro. «Bentornata ad
Hogwarts,
professoressa McGranitt».
Potete
picchiarmi, cruciarmi, avada kedavredarmi e avete ragione.
Più
di un mese senza aggiornare, sono proprio imperdonabile!
Comunque
ho rimediato subito con questo capitolo, spero sia di vostro
gradimento. L'ho trovato personalmente non molto esaltante, forse uno
dei peggiori che abbia mai scritto, ma pazienza, è venuto
fuori così per quante correzioni abbia potuto fare.
Ringrazio
Charlotte
McGonagall
per la sua recensione accurata in cui mi ha fatto notare micro e macro
errori (ogni tanto dimentico che la storia è ambientata nel
'45) che correggerò al più presto, postando la
nuova versione dei capitoli (PS. Spero che questo vada bene!).
Ringrazio
i 15
recensori della mia storia, oltre che alle 3
persone che l'hanno inserita tra le preferite, all'utente che l'ha
inserita nelle ricordate e alle ben 18
persone
che la seguono! Sono stata davvero felice di notare che qualcuno di
nuovo commentava o seguiva la storia nonostante non aggiornassi da un
po'!
Ora
me ne vado o mi anatemizzate sul serio probabilmente.
Buona
serata a tutti
Jo
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