Una nuova vita

di Brambra13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte insonne ***
Capitolo 2: *** Risveglio 1 ***
Capitolo 3: *** Il risveglio 2 ***
Capitolo 4: *** Nuova destinazione ***
Capitolo 5: *** Che difficile adattarsi! ***
Capitolo 6: *** Il nuovo lavoro ***
Capitolo 7: *** Che sorpresa! ***
Capitolo 8: *** Reazioni ***
Capitolo 9: *** Al lavoro ***
Capitolo 10: *** Finalmente un po soli ***
Capitolo 11: *** Il litigio ***
Capitolo 12: *** Il litigio 2 ***
Capitolo 13: *** Il giorno seguente ***
Capitolo 14: *** Prima della festa... ***
Capitolo 15: *** Alla festa ***
Capitolo 16: *** Sorpresa... ***
Capitolo 17: *** Il complotto ***



Capitolo 1
*** Notte insonne ***


Quella notte non riuscivano a dormire ripensando a poche ore prima, al lancio della moneta, e a quale era stato il risultato. “Cosa faremo adesso ? Come sarà la nostra nuova vita?”pensavano, ignorando entrambi che anche l’altro era sveglio e pensava le stesse cose.
I due erano nel loro letto: Mac aveva la testa poggiata sul petto di lui ascoltando i battiti del suo cuore; Harm la cingeva con un braccio e con l’altro le teneva dolcemente la mano. Non erano ancora riusciti a realizzare quello che era successo nelle ultime ore. Era accaduto tutto così in fretta che gli sembrava fosse stato tutto un sogno. Ma no, erano lì, insieme ed era solo quello che contava, tutto il resto non aveva importanza. Mac iniziò a segnare i contorni del suo petto con le dita.
–Pensavo dormissi!- Affermò Harm.
–Come mai non riesci a dormire?- le chiese, accarezzandole il braccio.
– Perché anche tu sei sveglio?- Ribattè lei. 
–Rispondi alla domanda “Marine”!-
-E tu rispondi alla mia “Capitano”- disse lei alzando il capo in modo da poterlo guardare negli occhi.
Harm inarcò un sopracciglio e sorrise. Mac scoppiò a ridere. –Cosa c’è di tanto divertente?-
-Niente! E’ solo che…-
-Solo che?-
-Che non cambieremo mai!-
-Già…E la cosa ti dispiace?-
-No, per niente!- Gli rispose appoggiando il mento sul suo petto e fissandolo intensamente negli occhi.-Abbiamo passato nove anni a punzecchiarci. Perché smettere adesso? Amo quando mi provochi.-
-Davvero?- le chiese lui lusingato da quelle parole. – Certo…Perché a te no?-
 - Ma certo! Ma ho sempre pensato che ti facesse innervosire.-
- Uhm… Qualche volta. Ma questo non vuol dire che non mi piaccia.- Disse sorridendo. Harm sorrise a sua volta. Mac si avvicinò di più al suo viso e, dopo averlo guardato per un istante, lo baciò caldamente. Quel bacio fu così intenso che sembrava si fossero detti un milione di parole. Quando si staccarono restarono molto tempo a guardarsi in silenzio, come se stessero guardando l’uno dentro l’altra, come se stessero comunicando. Dopo qualche minuto Mac prese a parlare. –Come credi sarà la nostra vita adesso?-
- Non lo so Mac, ma… ma  sono sicuro che, ovunque ci porti, sarà bella-
-Ovunque ci porti?... – Chiese Mac inarcando le ciglia. -Ma sappiamo già dove ci porterà!-
-Sì, ma non intendevo in quel senso.-
-Lo so. Comunque è meglio che ci mettiamo a dormire. Mancano solo quattro ore, cinquantasei minuti e ventid…-
-Ho capito, Mac-
-Ahaahahaha… Sapevo ti saresti alterato!-
Harm la guardò divertito. Mac si rimise con la testa sul suo petto e lo cinse con un braccio.
-Buona notte.- Disse Harm.
-‘Notte- E si addormentarono.  

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Capitolo 2
*** Risveglio 1 ***


Il  mattino seguente Mac si svegliò molto presto: era ansiosa. Erano le 5.15 del mattino e Harm dormiva ancora.
Per non svegliarlo, spostò molto lentamente il braccio che le circondava la vita, e si alzò. Si mise la vestaglia e andò in cucina a prepararsi del caffè. Quando fu pronto lo versò in una tazza e si spostò nel salotto.
Era all’in piedi a guardare  fuori dalla finestra di casa sua. Era così assorta nei suoi pensieri, che non riusciva nemmeno a distinguere le macchine sulla strada, le vedeva come delle macchie indistinte.
Mancano poche ore ormai alla nostra partenza. Poche ore ci separano dalla nostra nuova vita. Poche ore ancora e questo posto, questa città saranno solo un ricordo.” Pensava mentre sorseggiava il suo caffè.
Sentì il viso bagnarsi dalle lacrime che le scendevano incontrollatamente. Non aveva ancora abbandonato quel luogo che già ne sentiva la nostalgia. Quella partenza segnava la fine di una parte molto importante della sua vita. Forse l’unica parte che valeva davvero la pena ricordare.
Dopo le sofferenze dell’infanzia e dell’adolescenza, era lì che aveva trovato un senso alla sua vita. Lì per la prima volta si era sentita parte di un qualcosa: il JAG, gli amici, Cloe. Lì aveva conosciuto Harm. Anche se era felice perché quella partenza significava l’inizio di una vita con l’uomo che aveva desiderato e amato per nove lunghi anni, si sentiva al contempo triste per il resto che lasciava.
Ripensò a tutti i momenti passati a Washington. Dal primo giorno al JAG, alle missioni, ad Harriett e Bud, all’ ammiraglio, al generale, a Jennifer, ai momenti passati in quella casa. Si sentiva in un modo che nemmeno lei riusciva a spiegarsi, o forse sì.
Era la paura. La paura di quello che di lì a poco sarebbe successo.
Continuarono a scorrerle davanti agli occhi le immagini della sua vita passata mentre non riusciva a smettere di piangere, quando ad un tratto… 

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Capitolo 3
*** Il risveglio 2 ***


…La luce del sole che penetrava dalla finestra di fronte, lo destò dal suo profondo sonno. Si sentiva come non mai: appagato, felice e pieno di vita. Volse lo sguardo dall’altra parte e rimase deluso quando vide che lei non era più accanto a lui. Allora si sedette con la schiena poggiata al muro e cercò con gli occhi un orologio per sapere che ore fossero. Rise di sé stesso quando notò che nella stanza non c’erano orologi.
Così si alzò, si vestì e andò nel salotto. Vide Mac davanti alla finestra che beveva un caffè(lo aveva capito dall’odore) e guardava nel vuoto, assorta nei sui pensieri. Si appoggiò con la spalla sul margine della porta che divideva le due stanze, e la osservò per qualche minuto.
“ Come è bella” pensò. Anche se di profilo, riuscì a notare la sua espressione triste. Forse si sbagliava, ma la conosceva. Erano passati ormai ben nove anni dal loro primo incontro e in tutto questo tempo aveva imparato a conoscerla, e anche molto bene. Solo guardandola capiva se era triste, felice, nervosa, depressa. Conosceva ogni sua espressione, ogni suo sguardo, ogni suo gesto. Sapeva sempre che cosa voleva dire ancora prima che iniziasse a parlare. Gli bastava guardarla per capirlo. D’altronde ne avevano passate così tante insieme. Avevano condiviso tutto: gioia, dolore, rabbia, delusione, frustrazione.
La lacrima che vide scenderle sul viso fu la conferma della sua intuizione. In fin dei conti il suo intuito non l’aveva mai tradito! Le si avvicinò e la strinse con le braccia e appoggiò il mento sulla sua spalla. -Buon giorno- le disse quasi con un sussurro…

… Ad un tratto sentì delle mani che la circondarono e un viso che premeva sulla sua spalla. Era lui, Harm. E tutto scomparve: i pensieri e le lacrime.
-Buon giorno- ripose. Mac sorrise senza voltarsi, appoggiando la mano libera su quella di Harm, e continuando a sorseggiare il suo caffè con l’altra.
Il suo abbraccio e la stretta delle sue mani le avevano cancellato quelle immagini e la tristezza che aveva dentro. Era come se all’improvviso avesse rimosso tutto dalla sua mente, come se avesse avuto un’ amnesia. L’ unica cosa che ricordava era l’amore che provava per Harm. E quello che contava era che, ora, erano insieme e lo sarebbero stati per sempre.
– Vuoi del caffè? E’ ancora caldo.-
-Si, grazie.- rispose lui.
Mac si voltò per andare in cucina. I due si trovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra. I loro nasi si sfioravano. Le loro labbra erano così vicine. Rimasero fermi, immobili a fissarsi negli occhi. Erano come paralizzati. Pietrificati dai loro sentimenti. Nessuno dei due diceva nulla o si muoveva. Come se avessero paura che una parola o un gesto avrebbe potuto cancellare tutto. Tutto quello che era accaduto dalla sera prima fino a quel momento. Come se fossero preda di un incantesimo, che avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro.
Mac si sentiva mancare il fiato. Non riusciva ancora a controllare le emozioni e i sentimenti che, repressi per così tanto tempo, le erano esplosi improvvisamente.Era sempre stata una donna che cercava di far prevalere la ragione, ma in quel momento, assorta nel suo sguardo, non riusciva ad essere razionale. Aveva perso la nozione del tempo. La cosa non le dispiaceva: era Harm e l’effetto che aveva su di lei.
Lui si sentiva esattamente come lei. All’esterno il mondo non esisteva, c’erano solo loro due. La trasse a sé e lei poggiò le mani sul suo petto. La baciò intensamente.
Quando si staccarono per riprendere fiato, le sussurrò –Ciao.-
-Ciao- rispose lei sorridendo.
-Vado a prenderti il caffè-. Così disse. Lo baciò fugacemente e sparì nella cucina.
Harm la seguì. –E’ tutto pronto?- le chiese.
– Sì,tutte le mie valigie sono pronte. E tu? Hai finito di sistemare tutto?-
-Credo di sì.-
-Credi o ne sei sicuro?-
-Bèh… mi sembra di aver preso tutto...- Disse inarcando le ciglia.
-Sei sempre il solito, Harmon Rabb!-
-Cosa?-
-Niente… - Mac si mise a ridere. –Ah… A proposito. Mattie?-
-Ha detto che sarebbe venuta qui in taxi alle sei. Ma che ore sono?-
-Le sei in punto- Mac guardò l’espressione preoccupata di Harm e aggiunse –Stai tranquillo. Sarà solo un po’ in ritardo.-
-Si, forse hai ragione. E’ che da quando si è ripresa dall’incidente mi preoccupo molto più di prima.-
-E’ comprensibile.- Lo guardò un’altra volta e aggiunse. -Come sta andando con la riabilitazione?-
-Migliora di giorno in giorno. In poco tempo sarà di nuovo come prima. Anche se non potrà fare sport o cose troppo traumatiche per la sua schiena.-
-Bèh non è certo una tragedia! Ci sono tante cose che può fare. E poi per quello che ha passato, direi che è andata bene così, no?-
-Sì, assolutamente.-
-Stai tranquillo, arriverà. Ora bevi il caffè.- gli disse porgendogli la tazza. Gli poggiò una mano sul viso e lo baciò. –Io vado a cambiarmi e dovresti farlo anche tu. Non vorrai perdere l’aereo?-
-No di certo!- Harm sorrise. La osservò uscire dalla stanza. Finì di bere il suo caffè e andò a cambiarsi.

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Capitolo 4
*** Nuova destinazione ***


Mettie era sotto casa di Mac. Si era svegliata molto presto per finire di preparare le valigie e aveva preso un taxi. Ora era lì, pronta per la sua nuova vita. Quando Harm le aveva chiesto di andare con lui, “Ovunque ci porterà il destino.”- le aveva detto, era indecisa su cosa fare.
Lì era cresciuta, aveva una casa, la scuola, gli amici e, inoltre, andarsene sarebbe stato come lasciare andare per sempre sua madre. Ma le erano bastati pochi minuti per decidere. Sarebbe andata con lui. La sua vita era con Harm e ora anche con Mac. Era contentissima.
Alzò gli occhi e vide Mac alla finestra, pensierosa. Harm l’abbracciò e, poco dopo, si baciarono. “Come sono carini insieme.” Pensò ridendo. Vide che si allontanarono dalla finestra e decise di aspettare un po’ prima di entrare.
Voleva godersi ancora un po’ la brezza di quel mattino. Rimase lì per qualche minuto, fantasticando sulla sua nuova vita. “Ora avrò una vera famiglia e potrò lasciarmi tutto alle spalle.” Pensò.
Dopo qualche minuto si alzò, prese le due valigie che aveva con sé e si diresse all’appartamento di Mac. Harm si stava sistemando la cravatta, quando bussarono alla porta.
-Haaarm, puoi aprire tu?- Disse Mac dal bagno.
-Sarà sicuramente Mattie.- Così disse, si mise la giacca e andò ad aprire la porta. -Ciao Mattie. Ti stavamo aspettando.- disse e l’abbracciò.
–Come ti senti?- Chiese la ragazzina. Harm non rispose. Si limitò a sospirare per poi sorridere. Era un modo per dire che era felice e Mattie lo sapeva bene.
Dopo qualche istante entrò Mac. Le due si abbracciarono come due grandi amiche e si scambiarono qualche parola.
– Pronte?- le interruppe Harm.
–Sì!- risposero le due all’unisono.
Harm mise tutti i bagagli in macchina e si avviarono verso l’aereoporto. Erano le 8.00 ed era tutto pronto per il decollo. Ancora pochi istanti e sarebbero partiti per la loro nuova avventura. Harm mise la sua mano su quella di Mac , che intrecciò le dita con le sue. I due si guardarono per qualche istante e sorrisero. L’aereo decollò…

…Quando furono arrivati nella loro nuova dimora si apprestarono a sistemare il minimo indispensabile per viverci intanto che sarebbero arrivati gli altri pacchi da Washington. Una volta che tutti e tre ebbero finito di ordinare le proprie cose, mangiarono qualcosa. Avevano ancora mezza giornata davanti a loro, così decisero di andare in giro e conoscere la loro nuova città.
Passarono tutto il pomeriggio a camminare abbracciati per le strade di quella città incantevole e, con Mattie al loro fianco, si sentivano un vera e propria famiglia ed erano più felici che mai. La sera, decisero di andare a mangiare in un bel ristorante del centro per festeggiare la loro nuova vita insieme. Durante la cena tutti e tre discussero su come pensavano potessero essere le loro rispettive vite in quel posto.
Una volta rientrati a casa decisero di andare a dormire. Erano nella loro camera ed Harm era seduto con le gambe fuori dal letto, intento a guardare dalla finestra davanti a sé, mentre Mac era in bagno. Quando uscì e lo vide lì seduto rimase qualche secondo a guardarlo prima di andare da lui. Salì sul letto in ginocchio e lo raggiunse dall’altra parte del letto. Si inginocchio dietro di lui, gli passò le braccia sui fianchi per poi posare le mani sul suo petto. Gli diede un bacio sulla guancia e gli disse-Va tutto bene?-
Harm mise una mano su quella di Mac. –Si… stavo solo pensando.-
-Ne vuoi parlare?-
-Ok...- Si girò verso di lei e continuò. -Stavo pensando a come sarà la nostra vita da domani.-
-Sei sicuro di voler parlare di questo?-
-E perché di cos’altro dovremmo parlare?- Rispose lui con un’espressione smarrita.
-Bèh…- Mac si mise a cavalcioni su di lui. –Ci sono tanti argomenti di cui potremmo parlare sai?-
-Ah sì? Per esempio?- Chiese lui divertito.
Mac gli diede alcuni baci sul collo. –Per esmepiooo…- Poi lo baciò sulle labbra. –Di questo!- Disse sorridendo.
-Devo dire che ha degli argomenti molto validi colonnello.- E a sua volta la baciò.
–Ammetto che anche lei sa essere molto convincente capitano.- Risero entrambi, poi si scambiarono un altro bacio, ma stavolta più intenso. I due si adagiarono sul letto, pronti a trasmettersi tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra.

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Capitolo 5
*** Che difficile adattarsi! ***


Erano passati solo tre giorni da quando erano lì, eppure già si sentiva triste. Sentiva nostalgia della sua vecchia vita. Sentiva la mancanza del suo lavoro, del Jag, dei suoi vecchi amici e colleghi. Anche se per amore, aveva dovuto dare le sue dimissioni, ora se ne rammaricava. Non pensava che le conseguenze di quell’azione potessero essere così devastanti. Certo sul piano sentimentale era la persona più felice del mondo, ma sentiva un vuoto dentro di sé. Ora la sua vita si era svuotata di una parte che aveva sempre amato: il lavoro ed il far parte di un corpo militare. Finalmente aveva raggiunto ciò che per nove anni aveva inseguito e desiderato, ma ecco che ora si faceva spazio un'altra frustrazione. Una frustrazione a cui purtroppo non avrebbe potuto trovare una soluzione. Non si poteva tornare indietro. Ormai aveva preso quella decisione, ma non se ne pentiva perché amava profondamente la persona che aveva al suo fianco e non l’avrebbe più lasciata. Forse tra qualche tempo ci avrebbe riso su. Forse doveva solo abituarsi a quel cambiamento. Sì, probabilmente sarebbe stato così. In fin dei conti come poteva pretendere, dopo nemmeno una settimana, di potersi già abituare a quella nuova situazione. Fino ad allora aveva sempre avuto le giornate piene e ora invece non sapeva cosa fare. Almeno fino a quando Mattie non sarebbe tornata da scuola e poi, insieme, avrebbero aspettato che anche il terzo inquilino sarebbe rientrato a casa. Così passarono altri giorni e poi altri ancora. Era passato un mese. Nulla era cambiato. Quel vuoto continuava ad essere un tormento. Aveva provato a cercare un nuovo lavoro, ma non aveva avuto fortuna. “Dannazione!Possibile che con le mie referenze, il mio passato, non riesco a trovare un lavoro? E ora cosa faccio?” Pensava. Era in una nuova città ed era davvero molto difficile riuscire ad inserirsi in quella realtà. Quella mattina, come al solito, aveva fatto una lunga corsa. Erano ancora le dieci e non sapeva proprio che cosa fare per combattere la noia. Così dopo aver fatto la doccia, decise di andare a fare una passeggiata per la città. Stavolta non per cercare lavoro, ma per svagarsi e liberarsi di quel vuoto, almeno fino a quando era fuori casa. Più passava il tempo dentro quell’ appartamento vuoto e più quei sensi di frustrazione, di nostalgia, di noia aumentavano. “Se vado avanti così impazzisco!” Era una bella giornata e le strade erano affollate. Mentre camminava e osservava i negozi si sentì chiamare. Si voltò e vide una faccia familiare. –Ma che cosa ci fa qui?- -Lo stesso lo potrei chiedere a lei!?!- -Già- -E’ qui per lavoro?- -No. Ho dovuto dare le dimissioni per motivi personali.- -Capisco. E’ un vero peccato. Era davvero un ottimo avvocato.- -Davvero? Un po’ di tempo fa qualcuno mi ha detto esattamente il contrario.- -Sì, ma ho dovuto ricredermi dopo quella causa…Ricorda?- -Altroche, mi aveva dato del filo da torcere. Ho dovuto faticare molto, ma alla fine ce l’ho fatta.- -Sì e devo dire con un bel trucchetto.- -Di questo non me ne vanto, non amo usare giochetti nel lavoro. Ma l’importante è che abbia prevalso la verità. Soprattutto in un caso come quello!- -Sono pienamente d’accordo con lei.- -Che ne dice di continuare la conversazione da un’altra parte? Magari davanti a un caffè?- -E’ una buona idea. Perché no?!- Erano in una caffetteria molto elegante. Pareti nere e con gli arredamenti bianchi. –Ah…Mi ci voleva proprio un buon caffè.- -Qui fanno il caffè più buono della città. Passo sempre qui prima di andare a lavoro o durante una pausa.- -Quindi non è qui di passaggio?- -No, sono qui da un anno e mezzo. Sa non mi piaceva più stare a Washington e ho sempre amato questa città. Così eccomi qui- sorrise. - E suppongo che continui a fare il suo lavoro di avvocato.- -Già, come potrei rinunciarci.- nel dire ciò notò un pizzico di tristezza nello sguardo della persona che aveva di fronte. –Appena qui ho aperto un mio studio. E’ stato molto difficile ma, alla fine, ce l’ho fatta! Ora è uno degli studi più prestigiosi del posto.- -Bèh… Congratulazioni!- disse accennando un sorriso. -Mi dica di lei. Come mai ha lasciato la sua carriera militare?- -Per amore.- -Per amore? Mi sta prendendo forse in giro?- disse ridendo. -No, perché dovrei?- -Cioè vuole dirmi che ha buttato all’aria il suo lavoro e la sua brillante carriera per amore?- -Già!- -Pazzesco! E non le manca? Mmm… Voglio dire… il lavoro, la vita militare…- -Sì e devo dire anche molto. Ma non me ne pento se è questo che vuole sapere.- -Wow…Però! Ha avuto davvero un bel coraggio!- -Già. Sa come si dice,no? L’amore è folle. E per questo si fanno cose assurde!- -E adesso che cosa fa?- -A dire la verità… Assolutamente niente. E’ un mese che provo a trovare un lavoro, ma niente da fare.- -La capisco. Qui è davvero molto difficile farsi valere.- -Non lo dica a me! Praticamente ho un curriculum ineccepibile, eppure…- -Sa cosa le dico?- -Cosa? -Venga a lavorare per me. Ho proprio bisogno di qualcuno che abbia la sua esperienza, soprattutto quella militare.- -Non capisco.- -Vede… Il mio ufficio, oltre alle cause di routine, si occupa anche dei rapporti tra la marina e gli enti civili. Inoltre non ha idea di quante volte abbiamo dovuto rappresentare dei militari. Sa qui ci si fida più degli avvocati civili che di quelli militari. Ho ancora una stanza vuota se le interessa! - -Iooo…. non lo so. La proposta è molto allettante, ma devo pensarci su.- -Si prenda tutto il tempo che vuole. Ma ci pensi bene. In fin dei conti sarebbe un po’ come tornare al suo vecchio lavoro. Questo è il mio biglietto da visita. Quando avrà deciso mi chiami.- -Lo farò. La ringrazio- -Spero di rivederla presto- -A rivederci.- Non poteva credere a quello che era appena successo. Tanta fatica per trovare un lavoro e adesso aveva ricevuto una proposta molto interessante. Era di nuovo a passeggiare per la città, ma stavolta era diverso. Si sentiva felice. Pensava e ripensava a quella proposta. Poi all’ improvviso si fermò. Perché doveva pensarci? Che cos’altro stava aspettando? Stava cercando un lavoro e adesso aveva la possibilità di averne uno e per giunta simile a quello che aveva prima. Prese il biglietto da visita dalla tasca e compose il numero scritto in basso a destra. Il telefono bussò tre volte, poi qualcuno rispose. Era la segretaria dello studio. Dopo che questa l’annunciò, finalmente poté parlare con la persona interessata. -Come ha già deciso? Non ha detto che voleva pensarci prima?- -In effetti sì ed ho già preso la mia decisione.- -Ebbene?- -Accetto- -Mi fa davvero piacere. Una persona come lei è proprio quello che ci voleva in questo studio. Se non è un problema può iniziare domani stesso. Così potrà iniziare ad ambientarsi e a sistemare le sue cose.- -Nessun problema.- -A domani allora.- -A domani.- La telefonata terminò lì e decise di tornare a casa. Appena entrò si sedette sulla poltrona che dava sulla finestra e ripensò a quello che era appena successo. Ancora non riusciva a crederci. Si sentiva al settimo cielo. Adesso che aveva colmato quel vuoto, tutto sarebbe andato bene.

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Capitolo 6
*** Il nuovo lavoro ***


Il mattino seguente, alle otto in punto, si trovava nel suo nuovo ufficio. Era decisamente enorme. Sistemò tutte le sue cose e,una volta finito, si accomodò. Sentì un bip del telefono, premette un pulsante e rispose –Sì?- -Mi scusi, ma l’aspettano in sala riunioni.- -Grazie Julie. Vado subito!.- Si alzò e si diresse verso la sala riunioni. Sentiva le gambe tremare e le mani sudare, proprio come il primo giorno di lavoro al Jag. Quando entrò nella stanza si sentì addosso tutti gli occhi,sorpresi ed increduli, dei presenti. -Prego signori, accomodatevi.- Disse il capo.- Vorrei presentarvi una persona che da oggi entrerà a far parte del nostro studio, che si occuperà delle relazioni con la marina.- Dopo aver fatto le presentazioni passò all’assegnazione dei casi. -John…A te affido un caso di stupro. Mark ti tocca una lite coniugale. Sally a te invece tocca un caso molto delicato di un bambino che ha accusato il padre di maltrattamento nei suoi confronti e verso la madre.- Al nuovo membro aveva affidato un caso altrettanto delicato. Si trattava di un sottoufficiale della Marina in congedo, che chiedeva un risarcimento per le molestie ed i maltrattamenti subiti durante gli anni di servizio da parte dei suoi superiori. Era un caso davvero interessante, ma anche difficile. Quando fu di nuovo nel suo ufficio, prese subito a studiare i fascicoli del suo nuovo caso, per cominciare a delineare una linea d’attacco. Di lì a poco sarebbe arrivata la sua assistita e avrebbe avuto più informazioni per inquadrare il caso nel modo giusto. Dopo circa una mezz’ora aveva già un’idea di come affrontare la causa. Improvvisamente bussarono alla porta. –Avanti.- -Buon giorno. Sono Lorelai Melbourne.- -Prego, si accomodi.- -Bene signorina Melbourne, dai suoi fascicoli leggo che ha avuto una brillante carriera. Come mai ha deciso di congedarsi?- -Per lo stesso motivo per cui adesso sono qui a parlare con lei.- -Capisco.- -Bèh a dire la verità ho lasciato la marina anche perché ero stufa di fare una vita in continuo movimento, senza una dimora fissa e la possibilità di costruirmi una famiglia.- -Bene. Perché ha deciso di parlare solo adesso e non quando era ancora in servizio?- -E secondo lei a chi avrebbero dato ragione? Ad un tenente o a degli ufficiali?- -Mmm..E crede che adesso possa essere diverso?- -Ma lei da che parte sta?- -Dalla sua ovviamente.- -Bèh a me non sembra. Quindi se non le dispiace direi che questa conversazione può dichiararsi conclusa. Mi scusi se le ho fatto perdere tempo. La ringrazio ma mi rivolgerò a qualcun altro.- La donna, senza dare la possibilità all’avvocato di replicare, si alzò e si apprestò ad uscire. -Sì, mi dispiacerebbe moltissimo se la nostra conversazione finisse qui.- La signorina Melbourne si fermò e si voltò, guardando il suo avvocato. -Mi scusi se le mie domande l’hanno, come direee… confusa. Sto cercando solo di fare il mio lavoro al meglio. Per poterla difendere devo conoscere ogni dettaglio della sua vicenda e anche del suo passato. E poi se non sarò io a farle queste domande, sarà la controparte. Ora se vuole andarsene faccia pure. E ‘ stato un piacere.- La donna esitò qualche secondo, poi tornò a sedersi. –Mi scusi, ma questa situazione mi rende davvero nervosa.- -Lo so, ma se vuole che vada tutto per il meglio deve cercare di controllarsi e stare tranquilla.- -Va bene.- -Allora, vediamo un po’… Lei ha mosso delle accuse molto pesanti contro i suoi superiori. Mi racconti come sono andate le cose e nei minimi dettagli!- - Tutto quello che vuole sapere è già nei miei fascicoli?Non li ha letti?- -Sì, ma voglio sentirlo da lei. – Ma dall’altra parte nessuna risposta. -No… Forse non ha capito quello che le ho appena detto. Se non collabora con me non potrà mai dimostrare che ciò che dice è la verità. Perché è la verità quella che sta dicendo, non è vero?- -Secondo lei avrei fatto delle accuse su delle basi infondate? E per cosa poi?- -Non lo so. Me lo dica lei!- -E va bene. Ero stata da poco trasferita nella base per occuparmi dei nuovi sistemi informatici sulle intercettazioni radar. Il comandante Morris e il comandante Forrester erano grandi amici e non facevano altro che provocarmi. Inizialmente erano solo parole. Poi le parole sono diventate delle toccatine. E le toccatine sono diventate vere e proprie molestie.- -Continui.- -Quando ero sola passavano al mio fianco e mi toccavano in qualche parte del corpo. Poi quando questo cominciò a non bastargli mi mettevano a rapporto senza motivo, per farmi restare qualche ora in più del dovuto. Durante quelle ore non c’era nessun altro sul posto di lavoro e così ne approfittavano per dare sfogo alle loro voglie.- -Perché non si rivolse a qualcuno?- -Ero nuova in un altro paese e non conoscevo nessuno. Ero sola. Se avessi parlato nessuno mi avrebbe creduto, mi sarei messa tutti contro.- -Già… Mi sa dire se qualcuno ha potuto notare qualcosa?- -No. Ma anche se fosse, crede che qualcuno di loro possa mettersi contro un suo superiore?- -No. Va bene, per ora abbiamo finito. Ci rivedremo presto. Stia tranquilla ci risciremo.- -Lo spero, a rivederla.- Così disse ed uscì dall’uffico. Poco dopo anche l’avvocato uscì per conoscere il suo avversario.

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Capitolo 7
*** Che sorpresa! ***


Era ormai un mese che aveva iniziato a lavorare in quel posto. Fino ad allora non aveva avuto ancora un caso interessante tra le mani. Questi giorni li aveva passati a dare nuove disposizioni al suo staff, a impartire ordini. Doveva ammetterlo sentiva un po’ di nostalgia della sua vecchia vita al Jag. Forse era ancora presto per giudicare il suo nuovo lavoro. I suoi pensieri furono interrotti dal telefono. –Sì?- -Mi scusi ma c’è una chiamata urgente per lei.- -Va bene Jennifer, passamela.- -Pronto? … Sì signore … Capisco … Non si preoccupi, me ne occuperò io personalmente.- Le cose cominciavano a cambiare. Aveva per le mani un caso molto delicato. Premette un pulsante sul telefono. –Ha bisogno di qualcosa?- -Sì, Jennifer. Fa venire nel mio ufficio il tenente Martinez.- -Agli oridni.- Iniziò a leggere i fascicoli riguardanti il caso, mentre bussarono alla porta. -Avanti.- -Voleva vedermi?- -Sì, si accomodi. Ho appena ricevuto un fascicolo di un caso molto delicato- -Di cosa si tratta?- -Due comandanti della nostra Marina, Jason Forester e William Morris, sono stati accusati di molestie e maltrattamenti nei confronti di una loro sottoposta, il tenente Lorelai Melbourne.Il tenente si è congedata tre mesi fa e ha deciso di denunciare i suoi molestatori. Si è rivolta ad un avvocato d’ufficio, anche se qui non viene specificato il nome. A noi toccherà difendere gli accusati. Per questo caso lei mi affiancherà.- -Ne sono onorata.- -Tenente evitiamo i convenevoli e mettiamoci subito a lavoro. Cerchi di scoprire tutto quello che può sul tenente Melbourne. Voglio sapere vita, morte e miracoli. Più tardi andremo a parlare con i nostri assistiti.- Disse alzandosi all’in piedi, dandole le spalle e continuando a leggere il fascicolo del caso. -Si signo…- Il tenete Martinez fu interrotta da qualcuno che entrò nell’ufficio. -Jennifer quante volte devo dirti di bussare prima di entrare nel mio ufficio?- -Mi dispiace ma fuori non c’era nessuno e così ho fatto da me. Spero non le dispiaccia.- -Non si preocc…- “Un momento…questa voce..” Si voltò di scatto. Rimasero entrambi sorpresi nel trovarsi l’uno di fronte all’altra. –M…- -Piacere, sono Sarah Mackenzie. Avvocato del tenente Melbourne.- disse porgendo la mano. Harm rimase per qualche secondo senza parole, poi strinse la mano della donna. –Harm…Capitano Harmon Rabb- disse quasi senza fiato e pieno di interrogativi nella testa. In quel momento entrò Jennifer che rimase immobile, come in balìa di una allucinazione. Intanto il tenente Martinez, che aveva assistito a tutta la scena, stranita dal comportamento dei due, chiese –Signori vi conoscete già?- -No.- Rispose Mac. -Sì- Rispose nel contempo Harm. La stanza fu pervasa da un imbarazzante silenzio per pochi istanti, Mac alzò un sopracciglio e il Capitano intervenne –Mi scusi avvocato … Certo che non la conosco.- Mac si lasciò scappare una piccola risata. –Non si preoccupi è tutto a posto.- Nel vedere ciò il guardiamarina Jennifer Coats si sentì confusa. Non riusciva a capire perché il colonnello era lì e perché, sia lei sia Harm, avevano fatto finta di non conoscersi. –Prego avvocato, si accomodi.- Con un gesto della mano, indicando la sedia, Harm la invitò a sedersi. -Grazie.- Disse mentre si sedeva. Il Capitano poi si rivolse alla Martinez. –Tenente si accomodi anche lei. Farà dopo quello che le ho chiesto.- -Si signore.- Così disse e si accomodò anche lei. Mentre la donna si sedeva, Mac la scrutò per qualche istante. Era una bella donna. Più o meno sulla trentina, poco più bassa di lei, capelli lunghi e neri raccolti in una coda, occhi verdi, carnagione scura, snella e slanciata. –Lei è il tenente Francisca Martinez e mi affiancherà in questo caso.- Le due si scambiarono un’occhiata e si strinsero la mano. -Jennifer saresti così gentile da portarci un caffè?- -Subito, signore.- Il guardiamarina uscì dall’ufficio, chiudendo la porta dietro di sé. Mac guardò Harm e gli disse –La Marina americana deve avere molto a cuore questo caso per affidarlo a lei!- -Come prego?- Disse Harm con fare interrogativo. -Bèh … lei è un pezzo grosso! E per quel che so io non si scomodano gli alti ranghi per una cosa da niente.- -Sarà che sono il migliore!- sostenne assumendo il suo solito sguardo da uomo pieno di sé. “E’ sempre il solito…” Pensò Mac. –Questo è tutto da vedere! … Capitano.-replicò lei. Intanto il tenente Martinez, che li guardava scambiarsi quelle battute, non era convinta degli atteggiamenti di Rabb e dell’avvocato Mackenzie. Non si erano nemmeno conosciuti che già avevano cominciato a provocarsi. E poi i loro sguardi non gliela contavano giusta! ”Questi due fanno scintille. Ora sì che c’è da divertirsi!”. L’avvocato della controparte era una donna sulla quarantina, “bella, attraente e sexy” pensò, occhi marroni, capelli castani che le scendevano sulle spalle, e con qualche tratto orientale. Quello che la sorprendeva di più di quella donna era il modo in cui teneva testa al suo comandante, che le faceva trasparire un carattere forte e risoluto. -E’ venuta fin qui per dimostrare la sua bravura, avvocato?- Quella domanda l’aveva fatta irritare. –Certo che no Capitano.- -Bene. Allora che ne dice se iniziamo a parlare del caso?- -Sono qui per questo.- -Davvero?Non si direbbe!- Anche se lo aveva detto a bassa voce sia Mac che il tenente Martinez l’avevano sentito. -Come prego?- -Niente avvocato … Allora la sua cliente è davvero convinta di voler andare fino in fondo a questa storia?- -Se non fosse così crede che sarei qui a perdere il mio tempo?- Rispose lei in tono di sfida. Il capitano si limitò a guardarla di sottecchi. In quel momento entrò Jennifer per portare il caffè. Appena mise piede in quella stanza, avvertì immediatamente la tensione che si stava creando tra il capitano ed il colonnello. Lei lo sapeva bene. Era quello che succedeva quando Harm e Mac erano nella stessa stanza!

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Capitolo 8
*** Reazioni ***


Passarono tutta la mattinata a discutere del caso, poi verso l'ora di pranzo si salutarono e Mac ritornò nel suo ufficio, mentre Harm si godeva la sua pausa pranzo prima dell'incontro con i suoi clienti.Per tutta la durata di quel panino non fece altro che pensare a Mac, era furibondo perchè l'aveva tenuto all'oscuro di tutto,come aveva potuto non dirgli una cosa così importante,ora che finalmente faceva parte della sua vita si era di nuovo sentito escluso e la cosa lo fece stare male. Allo stesso tempo però era contento perchè,almeno per questo caso, avrebbe lavorato con Mac.Era un pò come tornare ai vecchi tempi, a quando le giornate lavorative erano più piacevoli e movimentate, fatte di battibecchi con Mac, dispute in tribunale, e poi se avava qualche problema bastava andare nell'ufficio accanto e lei era lì, pronta a dargli consigli. Ora era tutto diverso, non che il suo nuovo incarico non gli piacesse ma non era la stessa cosa.Finito il pranzo si diresse nella sala riunioni dove lo attendevano la Martinez e i suoi assistiti. Mentre tornava nel suo ufficio, nel tragitto in macchina, non fece altro che pensare a quanto le era successo negli ultimi due giorni. Aveva finalmente trovato un lavoro, aveva già un caso ed il suo avversario in aula sarebbe stato Harm. La cosa la entusiasmava ma era preoccupata di come avrebbe reagito quando sarebbe tornata a casa,sapeva che si sarebbe arrabbiato ma d'altronde era successo tutto così in fretta che non aveva nemmeno avuto il tempo di realizzare ciò che le era successo. Tra l'altro nel fascicolo non c'era scritto che la controparte era proprio Harm e neppure quando è arrivata nel suo ufficio ha avuto modo di scoprirlo. Quando se l'era trovato di fronte era spiazzata, non sapeva cosa fare o dire, avrebbe voluto scappare, e così ha detto la prima cosa che le era venuta in mente, e ha fatto finta di non conoscerlo. Ma pensandoci bene era stata una buona idea, lavorava in quello studio solo da qualche ora e come avrebbero reagito se avessero saputo che ha una relazione con la controparte. (nome professoressa) sapeva che lei ed Harm erano colleghi a Washington, ma non della loro relazione.Inoltre anche per Harm sarebbe stata una situazione scomoda se i suoi superiori avessero saputo della cosa. Qunidi per il momento era meglio lasciare le cose così come stavano. Arrivata nel suo ufficio si mise subito al lavoro per svolgere al meglio il suo compito. La sera Mac rientrò tardi a casa ed Harm era nel salotto che l’aspettava. -Ciao. Scusa ma dovevo finire di sistemare delle cose in ufficio.- Mac gli andò vicino per baciarlo, ma lui si allontanò e, dandole le spalle, si fermò davanti la finestra. Mac fece un profondo sospiro e gli si avvicinò. -Lo sapevo che sarebbe andata a finire così!- - Così come?- -Che ti saresti arrabbiato.- -E come pensavi che la prendessi?- -Io non lo so. Ma mi sarei aspettata un po’ più di comprensione da parte tua.- -Te l’avrei data se prima di prendere questa scelta ne avessi parlato con me. Hai idea di come mi sono sentito oggi?- Mac abbassò lo sguardo e non disse niente. -Mac per questo caso ho tutti gli occhi puntati addosso e sai come reagirebbero i miei superiori se venissero a sapere che la controparte è la mia donna?- -Non posso crederci…- -Cosa?- -Che mi stai attaccando così solo per paura dei tuoi superiori.- -Mac non è per questo e lo sai.- -No! A questo punto non lo so più, Harm. So solo che non era questo che volevo.– -Bèh dovevi pensarci prima, Mac.- -Già, ma tu a me ci hai pensato?- Harm la guardò alibito. Mac continuò. -Hai pensato a come mi sentissi io?- -In che senso?- -Harm da un giorno all’altro ho rivoluzionato la mia vita: ho lasciato la Marina, mi sono trovata senza un lavoro, senza la mia vita e tu dovresti saperlo come ci si sente, no?- -Sì, ma dovevi parlarmene e invece non lo hai fatto.- -Ci ho provato Harm, ma eri così preso da te stesso e dal tuo nuovo incarico che non hai pensato a me!- -Forse hai ragione.- -Sì che ho ragione!- -Ti chiedo scusa.- - Mi sono sentita esclusa dalla tua vita ed è questo che mi ha fatto più male. Lo hai fatto per nove anni e non voglio che continui a farlo ora che siamo insieme, ora che siamo io e te. Altrimenti che senso avrebbe tutto questo? Che ..- Harm la zittì con un dolce e passionale bacio. –Scusa. Lo sai che ti amo.- -Lo saprei se me lo dicessi più spesso, capitano.- Questa volta fu lei a baciarlo. -Ti amo colonnello.- -Non sono più un colonnello, lo hai dimenticato?- -No, ma vorrei che lo fossi ancora. Anche a me manca la nostra vecchia vita Mac. Lavorare insieme, i nostri battibecchi, confrontarmi con te in aula, discutere insieme dei casi. Mi manca non averti al mio fianco quando sono al lavoro.- -Davvero?- -Ma certo.- -Allora posso dire che ho rimediato bene a questa situazione.- -Almeno per ora!- -Già, ma forse no.- -Che intendi dire?- -Nel mio studio mi occupo delle relazioni tra civili e marina. Se siamo così fortunati che c’entri quella americana allora ci vedremo molto spesso!- -Ah sì? Relazioni hai detto eh?- Harm la strinse a sé e cominciò a baciarla qua e là. –Proprio così capitano.-

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Capitolo 9
*** Al lavoro ***


Harm, Mac ed il tenente Martinez erano nell’ufficio per parlare del caso. –Allora qual è la sua offerta avvocato Mackenzie?- -Un anno e sei mesi di reclusione con congedo immediato.- -Cosa? Sta scherzando spero?- -Affatto. Anzi direi che è una proposta vantaggiosa visto le accuse. Potrebbe andargli peggio!- -Ma potrebbe andargli meglio.- -Le ricordo che i suoi assistiti hanno perseguitato un loro sottoposto approfittando del loro grado superiore e mi sembra che non abbiano nessun argomento valido che li discolpi- -Non ci sono prove nemmeno del contrario, e nessuna testimonianza oltre a quella del tenente. E’ la sua parola contro quella dei miei clienti.- -Arrivi al punto capitano.- -Forse è meglio che la sua cliente ci pensi bene prima di andare avanti con questo processo. Potrebbe essere molto doloroso se sta mentendo- -Oh andiamo. Secondo lei il tenente sta facendo tutto questo per niente?- -Potrebbe anche essere una ripicca nei confronti dei suoi superiori.- -Una ripicca ha detto? E per cosa poi?- -Beh ci possono essere tanta ragioni.- -Congetture.- -E lei mi provi il contrario.- -Perché lei può provare il contrario?- -Ci può scommettere!- Harm abbassò la testa e scosse il capo sorridendo. Rialzò la testa e si rivolse nei confronti del tenente Martinez. –Tenente lei non ha niente da dire?- -Mi scusi?- -Vuole aiutarmi o vuole stare lì impalata ad ascoltare me e l’avvocato?- Mac guardò Harm con disappunto. Francisca rimase un attimo in silenzio e rispose. –Con tutto il rispetto signore lo farei se solo me ne desse il tempo!- Harm guardò fisso il tenente, mentre Mac rideva tra se e se. -Mi scusi capitano non volevo e solo che spesso mi faccio prendere dalle mie emozioni e non penso prima di parlare- -Non si scusi tenente in fondo me la sono cercata. E poi era proprio questa la reazione che volevo- Mac ed il tenente si scambiarono un’occhiata confuse. -Volevo solo dimostrare come basti poco per suscitare la sensibilità di una persona. Bene a me è bastato un semplice insulto ma se il tenente Melbourne si fosse risentita per qualcosa di più duro sarebbe spiegato il motivo delle sue accuse.- -Sono solo congetture capitano.- -Si ma potrebbe essere la strada giusta- -Non sono d’accordo con lei. Sono in grado di capire se una persona mi sta mentendo o se sta dicendo la verità- -Adesso non mi dirà che è anche una veggente?- -No capitano. Convengo con lei che c’è qualcosa di poco chiaro in questa storia ma sono convinta che la mia assistita stia dicendo la verità- -Tra poco la sua cliente dovrebbe essere qui e potrò constatare di persona se le sue impressioni sono giuste- -Bene- Il tenente Martinez continuava ad ascoltare la conversazione senza dire niente. Era confusa perché l’atteggiamento del capitano e dell’avvocato Mackenzie era ambiguo: da momenti di contrasti passavano a momenti di collaborazione, sembrava addirittura che entrambi accusassero il tenente Melbourne di mentire. C’era qualcosa che notava nel loro modo di lavorare insieme che non la convinceva. -Tenente mi scusi prima dell’incontro potrebbe portarci del caffè e poi dovrebbe procurarmi quel fascicolo che le avevo chiesto. So che non rientra nei suoi compiti ma questo pomeriggio Jennifer non c’è e non mi fido tanto del suo sostituto.- -Nessun problema signore.- -Grazie tenente- La Martinez si alzò e prima di svolgere le mansioni che il comandante le aveva richiesto gli chiese. -Capitano mi scusi ma l’ufficio voleva sapere se domani sera è libero.- Harm guardò il tenente Martinez con un espressione interrogativa. -Stavamo organizzando una festa di inaugurazione, sa come buon augurio per la nascita di questo nuovo ufficio e ci tenevamo che lei fosse presente, in fondo è il nostro capo- disse sorridendo. -In questo caso sono libero- -Allora posso chiederle se si può fare qui in ufficio? Non siamo riusciti a trovare nessun posto adatto dove poter dare la festa- -Ma certo non c’è nessun problema- -La ringrazio, signore- Così disse e si avviò ad uscire dall’ufficio. Improvvisamente si girò e aggiunse. –Sara se non hai impegni e ti va puoi venire anche tu, mi farebbe davvero piacere, ovviamente puoi portare chi vuoi e la stessa cosa vale per lei capitano- -Credo che accetterò il tuo invito- rispose Sarah -A domani allora- -A domani- -Tenente cosa fa?- La Martinez rimase impietrita. – Mi scusi signore?- -Familiarizza con il nemico?- Mac guardò Harm con un’espressione sorpresa ed il tenente era imbarazzata, proprio come chi viene colto con le mani nel sacco. -Tenente sto scherzando.- La Martinez si sentiva sollevata fece un lieve sorriso e uscì finalmente dall’ufficio.

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Capitolo 10
*** Finalmente un po soli ***


Dopo che il tenente uscì dall’ufficio Harm e Mac rimasero soli. -Ah un momento per rilassarci un pò- Harm si alzò dalla sua poltrona e si appoggiò sulla scrivania davanti a lei e con uno sguardo incuriosito le chiese: -Da quando in qua siete diventate amiche?- -Dovevo chiederti il permesso?- -Certo che no.- -Per quello che ho potuto vedere è una ragazza perbene, che ci tiene molto al suo lavoro e soprattutto alla divisa.- -Si l’ho capito anch’io. Mi piace!- -Ah sì?- -Dai non intendevo in quel senso- -Lo so però ammetto che sono un po’ gelosa- -Gelosa?- -Sì perché passi più tempo con lei che con me- -Mi è sempre piaciuto quando fai la gelosa- -Quando mai sono stata gelosa- -Andiamo Mac- -Potrei dire lo stesso di te!- -Touché- Entrambi si misero a ridere. Mac si alzò dalla poltrona, trovandosi a pochi centimetri da lui, e appoggio le mani sul suo petto. -Mac cosa stai facendo? Potrebbe entrare qualcuno!- -Lo so….- Mac prese il volto di Harm tra le mani e lo baciò. Fu un bacio intenso. Quei pochi istanti sembrarono un’eternità. –Volevo solo fare questo- Disse poggiando la sua fronte su quella del bel capitano. Harm avvicinò le sue labbra a quelle di Mac sfiorandole, stava per baciarla ma lei si staccò da lui, gli tolse il rossetto che gli aveva lasciato e tornò a sedersi. –E’ meglio tornare a lavoro!- -Si forse hai ragione.- Harm tornò a sedersi sulla sua poltrona. Un istante dopo rientrò il tenente con i caffè che le aveva chiesto. - ..........................................................................................................................................................................................................................................................Chiedo scusa per avervi fatto aspettare tanto ma quando si è occupati è un po difficile poter essere costanti..Spero di essermi fatta perdonare(almeno se a qualcuno stia piacendo)..vorrei delle vostre considerazioni..Vi sembrano veri? mi spiego possono sembrare davvero gli atteggiamenti di Harm&Mac?Grazie per la vostra attenzione spero di continuare presto!

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Capitolo 11
*** Il litigio ***


Quella sera Harm e Mack rientrano insieme. Mattie sarebbe rimasta da Jennifer e, così, erano soli. Cenarono seduti davanti al camino e per tutta la durata della cena, nonostante avessero parlato per tutto il tempo, Mack percepiva qualcosa di strano in Harm: era teso e nervoso, anche se cercava di nasconderlo. Mentre lui parlava, Sara si sedette al suo fianco si avvicinò al suo viso, fece un profondo sospiro e Harm si fermò. – Cosa succede, Mack?- -Bè questa è una domanda che dovrei farti io!- Harm rimase in silenzio. -Harm, cosa c’è che non va?- -Niente, niente- -Haaarm… Mi stai mentendo e la cosa non mi piace. Pensavo che oramai avessimo superato la fase.- -Quale fase?- -Quella in cui siamo come estranei.- -Bè quando hai deciso di lavorare per l’ufficio della tua professoressa non hai esitato a trattarmi come un estraneo!- -Ti ho già detto che mi dispiace. Ho agito di impulso, stavo così male che non ho riflettuto e ho sbagliato a prendere una decisione senza prima parlarne con te. E poi non potevo certo immaginare che mi sarei ritrovata te come avversario.— -E’ proprio questo il punto.- -Non ti seguo.- Disse Mack prendendo il suo viso tra le mani. -Il problema è proprio questo, Mack. Io e te.- Nel sentire quelle parole a Mack le si raggelò il sangue. Non riusciva a respirare, stava quasi per piangere. Sorpresa da quelle parole e, allo stesso tempo, attraversata da una fitta di dolore il suo unico pensiero era quello di andare via. Tolse le mani dal suo viso e si alzò. Harm le afferrò il braccio fermandola, ma lei rimase ferma di spalle. -Mack, aspetta. Non intendevo dire questo.- -Cosa intendevi, allora?- -Il problema è questo caso e che siamo io e te a doverlo affrontare.- -Mi sembra che fino ad ora ce la siamo cavata piuttosto bene.- -Lo so, ma mi stanno facendo molta pressione su questo caso. Ho appena iniziato un nuovo incarico e devo occuparmi in prima persona di questo caso, che rischia di diventare un problema serio. Ho gli occhi puntati su di me e non posso permettermi di sbagliare, non adesso.- -La tua paura è quella di perdere a causa mia?- -Si… Uhm… No. Ho paura di quello che succederebbe se venissero a sapere che la parte avversa è la donna con cui sto. Hai fatto proprio un bel casino, Mack.– Mack rimase per un istante interdetta poi disse. –Bene. Visto che ho creato io il problema te lo risolvo subito!- -Cosa intendi fare?- -Andarmene.- -Cosa?- -Me ne vado. Così non corri il rischio che si sappia di noi.- -Mack!- La donna prese il cappotto e la borsa, e si incamminò verso la porta. Prima di richiuderla dietro di sé si voltò verso Harm e disse. – Pensavo che cambiando la nostra vita sarebbe cambiato anche il nostro rapporto. Ma mi sbagliavo. Torniamo di nuovo al punto di partenza: cerchiamo sempre di dominare l’altro e di far valere noi stessi. – Dopo aver detto ciò chiuse la porta e andò via.

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Capitolo 12
*** Il litigio 2 ***


Harm rimase per qualche istante immobile, con gli occhi fissi sulla porta. Nella sua testa risuonavano sempre le parole di Sara e il suono della porta che si chiudeva. –L’ho lasciata andare di nuovo.- Pensò. Si sedette sul divano, dove restò per tutta la notte a pensare a quanto fosse stato stupido, di come aveva rovinato la serata con le sue inutili paure, di come aveva perso l’unica donna che avesse mai amato. In tutta la sua vita non si era mai sentito così felice come negli ultimi mesi passati con Mack. Da quando l’aveva conosciuta aveva sempre saputo che lei era la donna con cui voleva stare. In tutti questi anni aveva sprecato il tempo per colpa del suo stupido orgoglio e ora che finalmente era sua, aveva rovinato tutto. Aveva usato le parole sbagliate, l’aveva ferita e non riusciva a perdonarselo. Erano ormai passate poche ore e già sentiva la sua mancanza. Desiderava fortemente poter correre da lei, chiederle scusa, baciarla e stringerla forte a sé, ma non poteva: non aveva idea di dove potesse essere andata. Prese il telefono e la chiamò............................................................................................................................................................................... Una volta uscita di casa, Mack era sconvolta. Non riusciva ancora a realizzare ciò che era successo. Più volte ripercorse la sua discussione con Harm e, di volta in volta, le sembrava di non capire più perché se ne fosse andata. Sentiva crescere in lei il desiderio di ritornare indietro, ma non ci riuscì. Per quanto si fosse pentita , non poteva tornare da lui, non in quel momento. Sapeva che in fondo aveva preso la decisone giusta, anche se questo la faceva soffrire. Negli ultimi mesi le loro vite erano state sconvolte da numerosissimi eventi che ormai, entrambi, si erano persi. Si erano completamente immersi nel lavoro, si erano concentrati talmente su loro stessi che avevano finito per riversare la voglia di dominare l’altro sul loro rapporto. D’altronde questo era sempre stato l’ostacolo più grande che si fosse mai interposto tra lei ed Harm. Probabilmente la lontananza era l’unica soluzione che si potesse prendere. Forse così avrebbero avuto il tempo di riflettere sulle loro vite e su ciò che realmente volevano. Quando si destò dai suoi pensieri, si accorse di aver camminato per ore tra le vie della città. Non aveva nemmeno idea di che ora fosse. Si sentiva così vuota che nemmeno quello le riusciva. All’improvviso il suono del suo cellulare la face sobbalzare. Era Harm. Dentro di lei crebbe enormemente la voglia di sentire anche solo per un istante la sua voce, ma non rispose.

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Capitolo 13
*** Il giorno seguente ***


Il mattino seguente Harm andò a lavoro molto presto. Jennifer era anche lei in ufficio per organizzare il lavoro. Appena entrò il comandante, dalla sua espressione si accorse che c’era qualcosa che non andava. –Buongiorno, signore!-
Harm era assorto nei suoi pensieri e non si rese nemmeno conto della presenza della sua segretaria.
-Va tutto bene, comendante?-
-Come? Oh scusa Jennifer. Non mi ero accorto fossi qui.-
-Va tutto bene, signore? Ha l’aria stanca?-
-Va tutto bene, Coats. In effetti non ho dormito molto questa notte. Questo caso mi sta davvero portando via molto tempo. Dovrebbero pagarmi lo straordinario.-
-Sicuro sia questo?-
-Certo Jennifer. Cos’altro dovrebbe essere?-
-Questo dovrebbe dirmelo lei, signore! Anche se è molto bravo a mentire, la sua espressione la dice lunga-
Harm si limitò a guardarla con uno sguardo severo.
-Mi scusi comandante. Non sono affari miei….Le porto un caffè?-
-Ottima idea, Jennifer. Ne ho proprio bisogno!-
-Vado subito, signore.- Così disse e si diresse verso la macchina del caffè. Harm entrò nel suo ufficio e si sedette, abbandonandosi allo schienale della poltrona. Non era dell’umore adatto per lavorare. Il suo unico pensiero era rivolto a Mack. Non faceva altro che ripensare alla sera prima, a ciò che si erano detti. Sentiva un disperato desiderio di correre da lei. Era certo che se fosse andato nel suo studio l’avrebbe trovata lì, ma non poteva farlo. Cosa le avrebbe detto? Aveva sbagliato tutto e temeva che, andando da lei, avrebbe peggiorato le cose. Ma più di tutto aveva paura che lei potesse, ancora un volta, respingerlo. Forse, pensava, Mack si era pentita di aver rinunciato alla sua carriera per lui e per questo lo aveva lasciato. Il solo pensiero che non volesse più stare con lui, gli procurò un dolore indescrivibile. Ancora di più lo faceva soffrire che Mack potesse stare male a causa sua. I suoi pensieri furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. –Avanti.-
-Buongiorno, signore.- Disse il tenente Martinez, porgendogli una tazza di caffè. – Jennifer mi ha chiesto di portarle il caffè, visto che dobbiamo discutere del caso Melbourne.-
-Già il caso Melbourne…-
-Scusi?-
-Niente, pensavo a voce alta. Grazie tenente. Prego si accomodi.- La invitò con un gesto della mano. – L’avvocato Mackenzie ha chiamato per riferirci quando la sua cliente è disponibile ad un confronto con l’accusa?-
-Si. Mi ha chiamato poco fa per scusarsi perché ieri la sua cliente non è venuta. Ha detto che sono disponibili a farlo domani mattina, signore.-
- Bene. Sono proprio ansioso di sapere cos’ ha da dire il tenente a sua discolpa. Dovrà anche spiegarci perché ieri sia mancata all’appuntamento, tenendo all’oscuro di tutto anche il suo avvocato.-
-Crede nasconda qualcosa?-
-E’ evidente, tenente. Altrimenti perché mancare? Ha paura di noi e questo vuol dire che c’è qualcosa che non va.-
-Pensa si sia inventato tutto?-
-Non so, ma qualcosa non torna! Anche Mack….uhm…il suo difensore Mackenzie conviene con me.-
- Ha ragione, signore. Certo che non è una buona mossa da parte di Sarah collaborare con la controparte. Non trova, signore?-
-Perché pensa questo?-
-Bè, signore dirle che anche lei non è convinta della sua cliente non è una bella mossa.-
- Mackenzie è un ottimo avvocato, invece. Come ogni bravo avvocato cerca di arrivare alla verità. Visto che la sua cliente non collabora cerca di scoprire la verità da altre fonti, anche dalla controparte se necessario. Così una volta che ci è arrivata, può impostare la sua linea di difesa. E’ rischioso ma molto producente. Un bravo avvocato sa sempre come usare le armi a propria disposizione, portarle dalla sua parte e colpire al momento giusto.-
-Pensa che l’avvocato Mackenzie sia così brava?-
-Certo.-
-Come fa ad esserne così sicuro? Non la conosce nemmeno?-
-Quando avrai molta esperienza riuscirai anche tu a  capire subito se chi hai di fronte è uno in gamba o meno.-
-Si, signore.- Così disse ma non era molto convinta delle parole del comandante. Ogni volta che Rabb parlava di Sarah, avvertiva una strana sensazione. Ne parlava come se la conoscesse bene. E poi quando erano insieme c’era  una certa complicità tra i due, che solo chi si conosce da anni e ha un legame molto stretto può avere. Harm ed il tenente passarono diverse ore a discutere del caso e a preparare l’incontro del giorno dopo. –Ci vediamo stasera, signore-
-Stasera?-
-La festa ricorda?-
-Certo, non mancherò-
Il tenente, dopo essersi messo sugli attenti, uscì dall’ufficio del comandante.
 
Anche Mack quella mattina era andata molto presto a lavoro. Non aveva dormito, era stanca e triste. Non riusciva a togliersi dalla mente Harm. Così pensò che se si fosse dedicata al lavoro, si sarebbe distratta un po’. Cercò di fare luce sulle tante ombre del caso che stava seguendo, ma senza risultati. Verso le 8.00 chiamò la sua cliente per avere spiegazioni sul perché non si fosse presentata il giorno prima. Era furibonda. Quel caso le stava dando non poche noie e perlopiù era la causa dei suoi problemi con Harm. In fondo se l’era cercata. Era stata lei ad accettare quel lavoro senza parlarne con lui. Era colpa sua se Harm si trovava in difficoltà per la posizione che ricopriva. Aveva sempre cercato di  non essere impulsiva, visto che tutte le volte l’aveva portata a fare errori. Ma anche stavolta aveva fallito. Cercò ancora una volta di scacciare quei pensieri e si rimise a lavoro. Dopo la telefonata con la sua cliente, che non era stata esaudiente come sperava, aveva concordato con il tenente Melbourne di rinviare l’incontro all’indomani.
Alzò la cornetta del telefono e compose il numero.
-Tenente Martinez-
-Ciao Francy, sono Sarah-
-Oh si, dimmi.-
-Ho telefonato per dirti che la mia cliente è disposta a tenere l’incontro domani verso le dieci.—
-Va bene, lo riferirò al capitano.-
-Bene. Allora a domani.-
-A domani?-
-Come scusa?-
-Non vieni stasera?-
-Stasera?-
-Si. C’è la festa non ricordi?-
-Ah, sì è vero. Scusami me ne ero dimenticata.-
-Non fa niente. Quindi ci sarai?-
-In realtà non sono sicura di poter venire-
-Ma come? L’altro giorno mi hai detto che eri sicura di poterci essere.-
-Lo so, ma ho avuto un piccolo contrattempo e non so se riesco a liberarmi.-
-Capisco. Cerca di esserci. Qui in ufficio noi donne siamo davvero poche e, a parte Jennifer, non sono in buoni rapporti con le altre. E sarebbe bello avere un’amica in più con cui trascorrere una bella serata.-
-Okay, farò tutto il possibile per venire.-
--Bene. Allora ci vediamo stasera, altrimenti a domani.-
-Va bene.- Così disse e agganciò la cornetta.
I suoi pensieri tornarono di nuovo ad Harm. Aveva dimenticato della festa d’inaugurazione di quella sera e, dopo quanto successo, non era dell’idea di andare. Che senso aveva? Ormai non aveva più niente a che vedere con la vita militare e nemmeno con Harm.     

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Capitolo 14
*** Prima della festa... ***


Scusate per le lunghe attese ma l'università mi porta via molto tempo. Cercherò di finire la storia al più presto!..................................................................................................................Mancava meno di un’ora alla festa ed Harm era a casa a prepararsi. Era solo: Mattie era da una amica e Mack non era ancora rientrata, anche se probabilmente non lo avrebbe fatto. Dopo essersi fatto una doccia e vestito, andò alla finestra. I suoi pensieri erano sempre rivolti a Mack, chiedendosi se lei sarebbe venuta. In cuor suo sapeva che non si sarebbe presentata, ma non poteva fare a meno di sperarlo. Non la vedeva da quando avevano discusso la sera prima e la cosa lo preoccupava. Desiderava tanto vederla, poterle parlare e mettere a posto le cose. Avrebbe voluto restare a casa, ma non poteva mancare alla festa dell’ ufficio di cui era a capo. Così prese le chiavi dell’auto e andò via.
 
Una volta finito di lavorare, decise di tornare a casa per darsi una rinfrescata. Mancava poco alla festa e sperava che Harm se ne fosse già andato. Appena arrivata sotto casa vide che la sua  macchina era ancora lì e decise di aspettare che lui se ne andasse. Mentre aspettava, vide Harm alla finestra e sperava di non essere vista. Se avesse incrociato il suo sguardo non avrebbe resistito e sarebbe corsa da lui. Solamente vederlo le faceva girare la testa. Il desiderio di poter andare da lui e abbracciarlo era forte, ma non lo fece. Ad ogni modo lui non si accorse della sua presenza, e nemmeno lo fece quando andò via. Una volta salita fece un lungo bagno caldo. Si vestì con abiti comodi e si sedette sul divano, nel salotto. Non riusciva a togliersi dalla mente Harm. Non sapeva se presentarsi o meno alla festa. Poi pensò a Francisca e al modo in cui l’aveva pregata di andare. Dopo qualche istante prese una decisione. 

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Capitolo 15
*** Alla festa ***


Durante la festa Harm non riusciva a non pensare a Mack. Stava bevendo uno champagne e intanto, due dei suoi sottoposti, di cui non ricordava nemmeno il nome, erano accanto a lui e parlavano. Assorto nei suoi pensieri non capì quello che stessero dicendo. Non era dell’umore giusto per chiacchierare o divertirsi. Avrebbe voluto andare via, ma non poteva farlo. Quella era la festa per l’ufficio di cui era a capo e non poteva non essere lì. Anche se in realtà lui non c’era. Il suo corpo era costretto ad esserci, ma la sua testa e, soprattutto, il suo cuore erano da un’altra parte. Più volte guardò verso l’ingresso per vedere se lei sarebbe venuta. Ogni volta che qualcuno entrava, i suoi occhi, come molle, scattavano per vedere se fosse Mack. Tutte le volte, però, era rimasto deluso nel scoprire che non fosse lei e, ormai, la speranza che si presentasse si era quasi del tutto spenta.
-Signore?-
Si sentì chiamare e ritornò immediatamente alla realtà.
-Cosa?- Harm si girò alle sue spalle.
-Va tutto bene, signore?-  Chiese Jennifer con aria preoccupata.
-Oh si Jennifer, va tutto bene.- Disse, mentendo.
-Mi scusi se la contraddico, ma non sembra essere la verità.-
-E va bene. E’ impossibile nasconderti qualcosa!-
Jennifer arrossì e abbassò la testa sorridendo. –E’ un mio difetto, signore. Non so farmi gli affari miei.-
-Non voleva essere un rimprovero. Ho sempre apprezzato questa tua qualità.-
-Davvero?-
-Ma certo. Hai sentito Mattie?-
-Sì, signore. Poco fa. Ha detto che lei e Katy stavano ancora studiando.-
-Già, sta davvero studiando molto. La scuola la sta prendendo davvero tanto.-
-Si. Mi ha detto che è dura riprendere il passo. Ha molte cose da recuperare. E poi le scuole qui a Londra sono diverse, molto più esigenti.-
-Credo che dovrò fare un discorsetto ai suoi insegnanti.- Disse Harm sorridendo. – A causa dello studio, passa molto poco tempo con noi. O si chiude per ore nella sua stanza a studiare o è dall’amica per fare i compiti con lei. Mack si è proposta per aiutarla, ma lei ha sempre rifiutato.-
-Me lo ha detto, signore. Mi sono proposta anch’io, ma mi ha risposto che doveva farlo da sola o almeno con qualcuno della sua età.-
Harm rise di gusto. –Eh gli adolescenti.-
-Già, gli adolescenti. A proposito, Mack?-
-Credo che non possa venire. Starà sicuramente cercando un modo per battermi, visto che è praticamente impossibile!- Accennò un sorriso, ma Jen si era accorta della tristezza che si celava dietro quella battuta.
-Signore so che non dovrei chiederlo, ma va tutto bene con il colonnello .. uhm … con Mack?-
-Veramente no.-
-Capisco, signore.-
- Sai Jennifer tra di noi c’è sempre stato un grande problema dovuto soprattutto al lavoro o per colpa di uno dei due. Il fatto che ci troviamo di nuovo a doverci scontrare in tribunale, in questa situazione e con un caso così delicato, ci sta creando non pochi problemi.-
-O forse siete voi e crearli?-
-Scusi?-
-Posso parlare liberamente, signore?-
-Perché, non lo stava già facendo?- Disse Harm sorridendo, ma vedendo l’espressione dispiaciuta della ragazza cercò di riparare a quanto aveva fatto.- Certo che puoi farlo. Dopotutto sei l’unica amica che ci conosce davvero. Sei un’amica e un tuo parere sarebbe d’aiuto.-
Jennifer si sentì lusingata da quelle parole e prese a parlare.
-Vede signore, non capisco perché stiate facendo finta di essere due perfetti estranei. Se forse non vi foste nascosti, allora le cose sarebbero state più semplici.-
-E’ un caso molto delicato, i miei superiori hanno gli occhi puntati su di me e mi stanno facendo pressione. Sono stati loro ad affidarmi questo caso e cosa farebbero se lo venissero a sapere? E poi non sapevo nemmeno che la controparte sarebbe stata lei. Non sapevo nemmeno avesse trovato un lavoro.-
-Allora il problema è che l’ha tenuta all’oscuro di tutto o che ha paura di quello che penserebbero o farebbero i suoi superiori?-
-Entrambi, credo.-
- Per quello che so di Mack l’ama tantissimo e non credo che se avesse saputo di crearle dei problemi avrebbe accettato questo lavoro. Ha già rinunciato a tutto per stare con lei e non penso che la sua intenzione fosse quella di rovinare tutto. Probabilmente le mancava il suo vecchio lavoro e ha cercato un modo per rimediare. Forse l’ha tenuta all’oscuro di tutto perché non ha avuto il tempo. Forse le cose sono avvenute talmente in fretta che nemmeno lei ha avuto il tempo per riflettere.-
-Hai parlato con lei?-
-No, signore.-
-Come fai a saperlo, allora?-
-Gliel’ho detto conosco il colonnello. Mi scusi non riesco ancora ad abituarmi all’idea che non lo sia più.-
-Già nemmeno io.-
-Permette un’altra domanda?-
-Certo. Dimmi.-
-Non crede che i suoi superiori possano scoprire comunque chi è Mack. Insomma potrebbero informarsi su di lei e venire a conoscenza che lei era un Marine e che avete lavorato insieme per bene 10 anni a Washington?-
-Su questo non ci avevo pensato.-
- E poi penso che anche a Washington saranno a conoscenza del caso. Anche il generale Cresswell potrebbe saperlo no?-
-Bè non lo so. Le chiamate che ho ricevuto non erano da Washington. Ma ora che mi ci fai pensare potrebbe essere come dici tu. Cosa mi succede? Sto perdendo colpi. Come ho fatto a non pensarci? Forse fare il capo non mi si addice. Mack invece sarebbe stata perfetta.-
-Lo penso anch’io signore. Ma tutto sommato non se la sta cavando male.- Disse sorridendo.
-Grazie, Jennifer.- Sorrise a sua volta. – Che stupido sono stato.-
-Forse è solo stressato. Forse è troppo preoccupato a pensare a come dovrebbe agire in qualità di “Capo”.-
-Che vuoi dire?-
-Da quando svolge questo compito è cambiato da come invece era a Washington. Se solo fosse più sé stesso, andrebbe tutto per il verso giusto. Dovrebbe smetterla di cercare di comportarsi come i suoi superiori si aspettano che faccia. Non è questo il famoso capitano Harmon Rabb che tutti conoscono.- Così disse e senza dare modo al capitano di dire qualcosa se ne andò. Harm rimase a bocca aperta, mentre guardava Jennifer allontanarsi. Ripensò alle sue parole e si sentì stupido. Come aveva fatto a non capirlo da solo? Mentre continuava a pensare a quanto fosse stato stupido, con la coda dell’occhio notò che era arrivato qualcuno. 

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Capitolo 16
*** Sorpresa... ***


Era Mack e indossava un abito rosso. Harm l’aveva riconosciuto: era lo stesso che indossava la sera prima di partire, quando con tutti gli amici, avevano lanciati la moneta. Era bellissima. Era tanto bella che non riusciva a respirare. Le aveva sempre fatto quell’effetto, ma aveva sempre dovuto nascondere queste sue emozioni. Purtroppo avrebbe dovuto farlo anche questa volta. Voleva andarle incontro, ma non lo fece. Non poteva farlo, ma non era quello che il suo cuore gli ordinava di farlo. Infatti dovette fare uno sforzo enorme per restare lì, fermo, lontano da lei e guardarla solamente. Nella sua testa iniziò a prendere vita quello che avrebbe voluto fare. Se avesse potuto, le sarebbe andato incontro, l’avrebbe presa per mano per portarla in un posto dove fossero soli, l’avrebbe stretta a sé e, senza nemmeno darle il tempo di dire una parola, l’avrebbe baciata. Ecco cosa avrebbe fatto. Avrebbe voluto, con un bacio, cancellare quello che era successo negli ultimi giorni. Avrebbe voluto cancellare quello che le aveva detto e il modo in cui l’aveva fatto. Mentre pensava a tutto questo, non si era accorto che Jennifer ed il tenente Martinez l’avevano raggiunto insieme a Mack.
-Buonasera capitano.- Disse Sara.
Harm rimase un attimo senza dire niente. –Uhm…Buonasera avvocato.-
-La prego, mi chiami Sara.-
-Come?- Era confuso.
-Almeno per stasera, potremmo evitare di trattarci come avvocati e vederci come persone?-
-Certo è un’ottima idea, Sara. Lei può chiamarmi Harm.-
Jennifer e Francisca si guardarono ridendo. Poi la Martinez ruppe il silenzio. –Signore, pensavo che portasse anche la sua fidanzata questa sera.-
-In effetti sarebbe dovuta venire, ma ha avuto un contrattempo a causa del lavoro. – Harm si destreggiò bene e Mack lo guardò e fece un piccolo sospiro. –E quale lavoro svolge che la tiene così occupata?-
Insistette il tenente, che subito si rese conto di essere stata troppo invadente.  – Mi scusi, signore. Non sono affari miei.- Harm si sentì sollevato. – E’ vero signore. Non ci ha mai detto nulla su di lei.-
Harm guardò Jennifer sottecchi. Intanto, Mack, divertita, incrociò le braccia sul petto e lo guardò. Guardandola a sua volta, Rabb sapeva benissimo che la donna si stava divertendo in quella situazione.
-Va bene. Ma domani vi pentirete per avermelo chiesto!-
Mack scoppiò a ridere, Jennifer si trattenne dal non farlo, mentre Francisca assunse un’aria preoccupata. –Allora. Ci conosciamo da molti anni, più o meno dieci. Lei è intelligente, caparbia e devo dire anche troppo, è forte, leale, onesta ma in fondo è molto fragile.-
Harm si stava divertendo e ancora di più quando vide che Mack stava iniziando ad innervosirsi. –Ma quello che mi ha colpito di più è stata la sua bellezza. In verità ha sempre cercato di nasconderla e di non dargli peso, ma questa sua semplicità, la rende ancor più bella. Ha dei lunghi capelli biondi,  gli occhi verdi, è alta, magra e formosa.- Mack si stava innervosendo ancora di più, ma lui fece finta di non notarlo e continuò.  --Ma non ci siamo piaciuti subito, anzi. Per un po’ di tempo ci siamo scontrati, ma poi siamo diventati grandi amici. Con il tempo, però, ci siamo resi conto di essere molto più che amici e quindi siamo diventati una coppia. Da poco abbiamo deciso di sposarci. Questo è tutto!-
-Congratulazioni, capitano.- Dissero le tre donne, quasi all’unisono.
Harm si limitò a sorridere. Poi qualcuno iniziò a parlare ai presenti, ringraziandoli per essere venuti e invitò il capitano a fare un discorso. Harm si avvicinò alla donna che poco prima stava parlando, la ringraziò e fece un profondo respiro, pensando a ciò che doveva dire, e poi iniziò a parlare. –Grazie a tutti per essere venuti. E grazie per aver organizzato questa festa. Devo dire che sono un po’ in difficoltà, sono bravo con le arringhe finali, ma non sono certo di esserlo altrettanto con i discorsi di questo tipo. Quello che voglio dirvi è che sono contento di avere voi come assistenti. Ho avuto modo, in questi mesi, di conoscere le capacità di ognuno di voi e sono davvero contento di lavorare con voi, e avervi al mio fianco. Quando sono arrivato qui, non sapevo cosa aspettarmi. Devo dire che ciò che ho visto qui è stato anche migliore di quanto mi aspettavo. Spero che continuerete a lavorare con lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione con cui avete iniziato. E io mi impegnerò affinché lo siate sempre, così da diventare una grande squadra e, soprattutto una grande famiglia.- Non appena smise di parlare tutti applaudirono contenti delle sue parole. Poi ognuno riprese a festeggiare per conto proprio. Harm cercò con gli occhi Jennifer e quando la vide fu contento di vederla sola. Si avvicinò a lei. -Jennifer .-
-Si, signore?- La ragazza si voltò per guardare il capitano.
-Devi farmi un favore!- 

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Capitolo 17
*** Il complotto ***


Mack stava parlando con Francisca. Non si conoscevano da molto, ma sembravano due grandi amiche. Quando l’aveva vista la prima volta, nell’ufficio di Harm, aveva pensato che fosse molto intelligente e che avesse la stoffa per diventare un grande avvocato, ma che non se ne rendesse conto. Ebbe la conferma di ciò che aveva pensato, quando, poco dopo quell’incontro, si erano ritrovate nel bagno insieme. Francisca aveva colto l’occasione per chiederle dei consigli sul lavoro. Le aveva detto che per come si comportava con il capitano sembrasse una donna sicura e brava nel suo lavoro. Così Mack le aveva spiegato che in realtà non era così, ma che lo dava a vedere per far intimorire gli avversari e che il suo segreto era quello di non dare nulla per scontato, di cercare di dare sempre il meglio, ma soprattutto di far valere la giustizia, o meglio, la verità. Così le aveva dato diversi consigli e perciò erano diventate subito amiche. Mentre parlavano del più e del meno, si avvicinò Jennifer. –Avvocato, mi scusi.-
-Jen. Quante volte devo dirti di chiamarmi Mack e di darmi del tu? Non sono un militare e puoi essere meno formale.-
-Okay, scusami.- Disse Jen che ancora non riusciva ad abituarsi a non vederla più come ad un suo superiore.
-Scusa se ti disturbo, ma avrei bisogno del tuo aiuto.-
-Per cosa?-
-Bè forse è meglio se vieni con me. Non le dispiace vero tenente?-
-No, ma certo andate pure.-
-Grazie.-
Mack, sorridendo, salutò con un cenno del capo la Martinez e seguì Jennifer. La ragazza si stava dirigendo nel corridoio che portava agli uffici. –Jen? Mi spieghi che succede?-
-Ecco io ho fatto un pasticcio.-
-Cosa è successo?-
-Stavolta l’ho combinata grossa e il capitano mi ucciderà! Solo lei…tu puoi aiutarmi.-
-Se mi dici cosa hai combinato, allora, forse, potrò aiutarti.-
-E’ difficile da spiegare. Forse è meglio se lo vedi con i tuoi occhi.-
-Va bene, ma dove stiamo andando?-
-Nell’ufficio del capitano.-
-Ma cos’hai combinato, Jen?-
-Ora te lo mostro.-
Arrivate all’ufficio di Harm ,Jennifer le fece cenno di entrare. Mack entrò. Lo studio era completamente buio e non riusciva a vedere niente.
-Jen io non vedo nulla.-
Jennifer approfittò del fatto che lei fosse di spalle e chiuse la porta dell’ufficio a chiave.
-Jen? Cosa stai facendo? Apri!-
-Non, posso mi dispiace.-
-Jen, è un ordine.- Disse battendo i pugni contro la porta.
-Mi dispiace Mack ma non puoi più darmi degli ordini.-
-Jen se questo è uno scherzo non è per nulla divertente! Quindi, apri!-
Ma dall’altra parte non ci fu nessuna risposta. Se n’era andata. Nonostante la situazione, rimase calma. Si girò, appoggiandosi con le spalle sulla porta e fece un respiro profondo. Poi sentì un rumore. Ma, nonostante si sforzasse, non riusciva a vedere nulla. Sentì di nuovo quel rumore. Questa volta dovette sforzarsi per restare calma. In fin dei conti era comunque un Marine, pensava. Ma questo non l’aiutò. Improvvisamente sentì qualcosa che l’afferrava e la spingeva ancora di più contro la porta. La presa era così forte che non riusciva a reagire. Il suo corpo si irrigidì. Poi un bacio. Era lui, Harm. Quel bacio le fece dimenticare tutto: chi fosse, dove fosse, le discussioni, la rabbia, la tristezza. In quel momento non contava più nulla, solo loro due. Harm si allontanò e per un lungo periodo rimasero in silenzio, nell’oscurità, l’uno di fronte all’altra. Harm si avvicinò alla sua scrivania e accese la lampada per fare un po’ di luce. Poi andò a sedersi nella sua poltrona. –Scusa per tutto questo. Dovevo parlarti e sapevo che non avresti voluto ascoltarmi. Così ho ordinato a Jennifer di portarti qui e chiudere la porta a chiave. Non prendertela con lei, ha solo eseguito un mio ordine.-
Harm si lasciò andare lungo la poltrona e aveva un’aria distrutta. Mack si avvicinò a lui e gli si mise davanti poggiandosi al bordo della scrivania.
-Allora? Cosa volevi dirmi?-
-Sono stato uno stupido.-
-Davvero?- disse Mack con un tono ironico.
-Si e mi dispiace. L’altra sera non volevo dire quelle cose o almeno non in quel modo. Mi sono spiegato male e non ho reso il senso di quello che volevo farti capire.-
-E cosa volevi dire?-
-Non ha importanza. Perché ora so che stavo sbagliando. Io non me n’ero reso conto prima, ma Jennifer mi ha aperto gli occhi. Sono stato davvero uno stupido Mack.-
-In realtà sono stata io la stupida. Non dovresti scusarti. Sono stata io a sbagliare. Non avrei mai dovuto iniziare un lavoro senza prima parlarne con te. Avevi ragione ti ho escluso, mettendoti in una brutta posizione e mi dispiace. Ho deciso di lasciare lo studio.-
-Cosa? Perché?-
-Perché non voglio più litigare con te. Da quando ho accettato questo lavoro ci sono state molte tensioni tra di noi. E la cosa non mi piace. Non voglio che questo ci allontani di nuovo. Ci abbiamo messo dieci anni per stare insieme e non voglio rovinare tutto adesso.-
-Nemmeno io. Ma non voglio che tu lasci il tuo lavoro. Non voglio che sia infelice per causa mia.- Detto ciò Harm abbassò la testa.
Mack aveva un groppo in gola, ma lo mandò giù. Con un dito sollevò il volto del capitano per poterlo guardare negli occhi.
-Io sono felice. Con te lo sono davvero. E’ starti lontano che mi rende infelice.-
-Ma…- Mack prese il suo volto tra le mani, e senza lasciargli la possibilità di dire altro, lo baciò. Mentre continuavano a baciarsi, Harm si alzò dalla sua poltrona, le cinse la vita con un braccio, mentre con l’altra mano le accarezzava i capelli. La fece sedere sulla scrivania e si avvicinò ancora di più a lei. La sua bocca passò sul collo della donna e con la mano fece scivolare la spallina del vestito. Poi tornò sulle sue labbra. Quando smisero di baciarsi, Mack appoggiò la sua fronte a quella del pilota e disse. – Capelli biondi… occhi verdi… semplice… formosa? Vorrei proprio conoscere la sua fidanzata, capitano.-
Harm scoppiò a ridere. –Mi stavo solo divertendo un po’, colonnello.-
I due iniziarono a baciarsi con più passione e Mack gli sfilò la camicia dai pantaloni. I due si fermarono all’improvviso. Le urla provenienti dalla sala non gli consentirono di continuare. 














Per farmi perdonare della lunga attesa ho passato l'intera giornata a scrivere il seguito della storia. Spero vi stia piacendo. Sto cercando di riprodurre i personaggi così come li ricordo nel telefilm e mano mano che scrivo, sto anche cercando di risanare le parti confuse e piene di interrogativi che ho lasciato in precedenza. Vorrei continuare ancora mper molto questa storia così da riempire il vuoto che ci è stato lasciato con questo finale, tremendo, e far sì che i nostri tanto amati Harm&Mack coninuino a vivere anche se solo nelle nostre menti...Un bacio a tutti e buon proseguimento!!!!

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