And if you have to go always know that you shine brighter than anyone does. di daisichain (/viewuser.php?uid=117798)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My heart is your's. ***
Capitolo 2: *** You're my number one. ***
Capitolo 3: *** I don't wanna love you, but I do. ***
Capitolo 1 *** My heart is your's. ***
C’è un silenzio
infernale, che uccide i timpani. Quei silenzi che vorrebbero urlare, ma
che si
limitano a riempirti la testa di mille pensieri, e fanno rumore. Non
capita
spesso che nel tour bus tutti rimaniamo in silenzio, tranne quando
dormiamo,
ovviamente. Qualche volta Zac russa, ma la cosa è diversa.
Solitamente c’è sempre
qualcuno che ride, suona, o parlotta tra sé cercando di
capire se preferisce
mangiare i cereali per stare attento alla linea, oppure dei biscotti al
cioccolato, fregandosene della costante dieta.
Non
so bene
che fare, così continuo a leggere il libro che mi ha
regalato Taylor il Natale scorso,
soffermandomi sempre sulla stessa riga, incapace di concentrarmi.
Alzo
gli
occhi, quasi a sentirmi osservata, ed eccoli lì, i suoi
occhi nei miei. Sono
così intensi che, come sempre, non riesco a distogliere lo
sguardo, perché il
tocco in cui il suo mi avvolge è un posto in cui mi sento
bene, al sicuro, quasi.
Come quando da piccola guardavo Casper – era il mio cartone
preferito – e
volevo essere stretta tra le sue braccia, così inarrivabili
da star male.
Sorrido
a
Josh, con una scarica elettrica che parte dalle punte dei capelli e
finisce all’unghia
più piccola del piede. Succede sempre, e non riesco a farci
l’abitudine. Il
peggio però arriva quando lui risponde al sorriso,
inclinando in quel modo
terribilmente sexy le labbra. Dentro il mio stomaco comincia un rumorio
strano,
e credo siano le famose ali delle farfalle che sbattono forte. Il
cuore, poi,
prende fuoco.
‘My
heart, it beat. Beats for only you’ solo
per lui, continuo a ripetermi,
quello che ti ha stregato quando eri ancora una bambina, e che ancora
ti fa
sognare e soffrire allo stesso momento. Maledizione, non posso andare
avanti
così. Ora c’è Chad, e non voglio farlo
soffrire, non anche lui.
Distolgo
lo
sguardo rapidamente, tornando alla pagina del libro. Niente, non riesco
a
capire una parola di quello che leggo. E
sì che l’inglese lo parli da quando sei nata, Hay,
penso. Ma penso anche ad
altro, e pare che la mia testa sia improvvisamente diventata enorme e
pesante.
«Bomba,
che
succede?», chiede Jeremy abbracciandomi le spalle. Lui
è la cosa più preziosa
che mi abbiano donato, e se davvero è stato Dio, beh,
ringrazio Dio con tutta
l’anima.
Lui,
col suo
sorriso caldo e dolce, con le sue braccia forti che sono sempre pronte
a
cingermi le spalle, con le sue mani, che quasi istintivamente stringo
quando
gli cammino al fianco.
Allaccio
lo
sguardo con il suo, sicura che in pochi secondi troverà le
sue risposte dentro
i miei occhi verdi, che forse sono pure un po’ lucidi. Mi
accarezza i capelli,
avvicinando piano la fronte alla mia, poi chiude gli occhi e sospira.
«Che cosa
devo fare con te?», sussurra tra sé.
«Voglio vederti sorridere come quando sei
su quel palco, come quando tutti urlano il tuo nome».
«Sto
già
meglio», dico, e anche se la mia voce è quasi
impercettibile, esce con un tono
convinto.
Jerm
apre
gli occhi, e sorride debolmente. «Vestiti».
«Come?»,
chiedo sorpresa.
«Mettiti
qualcosa addosso – così ti scambierebbero per una
barbona pantofolaia – che ti
porto in un posto. Muoviti, dobbiamo anche prepararci per
stasera». Dicendolo
lancia un’occhiata agli altri, e io seguo il suo sguardo:
Josh, che è chino su
un block notes a righe ormai da ore, come se tutto ad un tratto avesse
avuto
l’ispirazione per una nuova canzone, come sempre continua a
succhiarsi il
pearcing al labbro; Zac, stravaccato a letto con la PSP in mano,
è tanto
eccitato dal nuovo gioco che gli abbiamo regalato, che ogni tanto si
sentono
degli urletti di vittoria, e poi c’èTaylor, che
è in contemplazione di non si
sa bene cosa, forse uno dei tanti libri d’arte che sua mamma
gli ha inviato.
Penso proprio di sì, dato che si rivolta il libro bianco in
mano, girandolo,
chiudendolo, e capovolgendolo di nuovo.
Io
e Jerm ci
guardiamo, e sorridiamo. Stasera ci sarà un concerto, ma a
quanto sembra non siamo
molto concentrati.
«Sono
pronta
in un secondo», dico, e corro ad acciuffare le prime cose che
trovo sopra al
letto. Metto anche un po’ di trucco, e pettino alla
bell’e meglio i capelli
tornati nuovamente rossi.
Jeremy
fa
una faccia strana vedendomi arrivare. «Già pronta?
Ma tu sei
miss-sono-sempre-in-ritardo- e-ci-metto-una-vita-a-prepararmi, non puoi
essere
già pronta!».
Rido
forte,
e lo prendo sotto braccio. Sono così piccola a confronto di
lui che mi sembra
quasi di abbracciare un orso di peluche. Il mio orso di peluche.
«Fammi
divertire», sorrido, e me ne vado, senza incrociare di nuovo
i suoi occhi.
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Capitolo 2 *** You're my number one. ***
Forse
mi sto
sbagliando, ma sembra proprio che Jeremy mi stia portando in un parco
giochi
per bambini. Mentre camminiamo mi cinge i fianchi con un braccio, e io
gli sono
grata, perché stargli così vicina mi fa stare
bene. M’impedisce anche di
sentirmi costantemente in bilico, come se dovessi sbriciolarmi da un
momento
all’altro. È una specie di attacca tutto, solo che
teneva unita me.
Varchiamo
la
soglia del parco, e mi blocco. «Perché mi porti in
un parco giochi?».
«Ti
sono
sempre piaciute le altalene», dice dolce. Mi prendee per
mano, e mi trascina
davanti ad un’altalena nera, poi mi invita a sedermi. Lui si
siede accanto a
me, guardando dritto davanti a sé, pensieroso.
«Ci
pensi
ancora tanto, eh Hayley? E non dirmi di no, vedo le occhiate che vi
scambiate».
Ovvio
che le
vede, sono all’odine del giorno. Dell’ora, del
minuto.
Annuisco.
«Non
so che fare. Abbiamo deciso tutto assieme, ma sembra che siamo incapaci
di
stare lontani, di mancarci. Oh sì, perché lui mi
manca. Mi manca anche se ci
vivo assieme, Jerm». Mi manca tanto che sembra impossibile.
Dormiamo su quei
letti a castello, e vivo con lui ventiquattro ore su ventiquattro in
quel
minuscolo bus, però sembra sempre troppo distante, come se
solo lo spazio tra
le sue braccia potesse essere casa.
«E
a Chad, a
lui non ci pensi?».
«Costantemente.
No, forse non penso proprio a lui, ma al modo in cui continuo a
ferirlo, perché
per quando bene gli voglia, Josh rimane Josh, e non so come togliermelo
dalla
testa».
Improvvisamente
Jeremy mi guarda, e nel suo volto vidi il mio dolore. «Devi
provare a
dimenticarlo, e so che non ce la farai, lo ami così tanto,
ma devi provarci,
perché lui non è il solo che ti vuole bene, che
vuole vederti star bene
soprattutto, e tu non stai bene, è così
evidente». Mi sfiora le occhiaie scure
sotto gli occhi, ed io appoggio la guancia al suo palmo.
Rimaniamo
così un po’, occhi chiusi, pensieri che si
mescolano nell’aria assieme ai
nostri fiati.
«Chiudilo
in
un cassetto per un po’, okay? Fin tanto che non ricordi come
si fa a sorridere
veramente, poi potrai anche ripensarci. Un pochino». Mi
guarda stanco, spossato
da quella conversazione – e situazione – quanto me.
«Me lo prometti, tesoro?».
«Te
lo
prometto», dico, e faccio qualcosa che sembra solo lo spettro
di un sorriso, ma
almeno è un passo avanti.
Sento
bussare alla porta del camerino, ma non ho voglia di parlare con
nessuno,
quindi lascio che il toc toc scandisca
il ritmo dell’ultima passata di mascara, quella che considero
una specie di
portafortuna.
Improvvisamente,
però, la porta si apre. «Ti costava tropppo aprire
la porta?», dice Chad, il
mio ragazzo. Il tuo ragazzo, il tuo
ragazzo. Quello che ami.
Mi
fisso un’espressione
felice in viso, e di slancio lo abbraccio stretto. Annuso il suo solito
profumo, che era un misto di Chad e dopobarba.
Sussurro
un «Mmh»
al suo orecchio che può voler dire tutto o niente, poi mi
stacco.
«Mi
sei
mancata», dice con una voce malinconica, sfiorandomi la
guancia con il pollice.
Disegna strani cerchi, lo fa spesso. D’un tratto, si
avvicina, e mi bacia, ma
con così tanto ardore da farmi girare la testa. È
come se bramasse il mio
respiro, e volesse intrappolarlo per sempre in esso. Lo fa, e rimango
senza
fiato.
«Anche
tu», sussurro,
ed ho la certezza sia vero. È stato in tour per alcuni mesi
con la sua band, i
New Found Glory, e sebbene mi sia intrufolata nel suo camerino prima di
un
concerto parecche volte, non si può dire che ci vediamo
tutti i giorni. Tante volte
mi sono unita al pubblico, con un cappuccio in testa per non farmi
riconoscere,
e lo guardavo da lì.
Piego
la
testa di lato per guardalo meglio. «Ti sono cresciuti i
capelli», dico passandoci
la mano attraverso. Sono ancora corti, ma decisamente più
lunghi dall’ultima
volta che l’avevo osservato bene. «Ti
donano».
Sospira.
Apoggio
le
mie labbra alle sue, restituendo il bacio di poco prima. È
sempre il mio
ragazzo-orso. È un bacio più dolce, quelli che
preferisco
«Hayley
vo…
ops, scusate».
Chiudo
gli
occhi, e sospiro. Chad si sposta al mio fianco e mi prende per mano.
«Non fa
nulla, Josh, me ne stavo andando», dice con un sorriso un
po’ forzato, poi,
dopo avermi baciato la guancia, se ne va.
«Non
era mia
intenzione disturbare». Se ne sta dritto come una scopa
vicino alla porta
aperta, e non so perché ma mi sembra che nella sua
espressiane ci sia parecchia
irritazione.
Faccio
una
faccia che dice “cosa dovrei farmene delle tue
scuse?”, e lui alza gli occhi al
cielo.
Si
avvicina
un poco, ma rimane ancora a distanza. Meno male. «Oggi ho
buttato giù qualcosa,
e ha l’aria di essere una specie di canzone. Volevo lavorarci
un po’ assieme,
se per te va bene».
«Certo»,
e
dicendolo continuo a fissare le sue labbra. Voglio baciarlo, e invece
sorrido,
lo prendo per mano, e lo trascino con me.
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Capitolo 3 *** I don't wanna love you, but I do. ***
Se
ci penso
bene, l’unica cosa che mi rende felice come salire su un
palco e cantare per
ore, è stare con la mia famiglia.
Sto
dietro
le quinte, e sento le voci dei tecnici scandire il tempo rimanente
prima che il
concerto cominci. Le voci più forti, però, sono
quelle dei nostri fans che ci
chiamano. Ci invocano, quasi come fossimo degli dei. Ma forse per loro
siamo degli
idoli, e questa responsabilità me la porto dietro in ogni
gesto che faccio.
«Mi
spiace
veramente per prima, so che non vedevi Chad da molto tempo»,
mi dice Josh a un
orecchio, strimpellando qualcosa con la chitarra per vedere se
è accordata
bene.
Annuisco.
Non riesco a capire se sia dispiaciuto a me, e al momento la cosa
è più grave.
«Jenna,
non
c’è stasera?», chiedo.
Jenna
Rice, la fidanzata ufficiale di Josh, quella adorabile
ragazza che gli sta
appiccicata come una seppia ogni momento possibile, che ha una
ricrescita
spaventosa, e una personalità pari a zero. Per non parlare
poi delle spalle da
lottatore di sumo che si ritrova.
Hayley, controllati, su, e so che quella
vocina dentro la mia testa ha ragione, ma non so se voglio ascoltarla.
Infine il
diritto di pensiero è ancora legale.
Josh
alza le
spalle. «Si trova dall’altra parte del paese, a
casa dei suoi, credo».
«Credi?
Ti
chiama mille volte al giorno». Forse questo non dovevo dirlo.
Miseriaccia.
Fortunatamente
sembra non farci molto caso, e alza le spalle di nuovo. «Ho
lasciato squillare
il telefono un po’ di volte. Sai, ero concentrato sulla
canzone».
«La
canzone,
sì», boffonchio tra me con una soddisfazione
indicredibile dentro.
«Si
comincia».
Mi sorride, e salta sul palco assieme a Jerm – che so ci ha
tenuti d’occhio
tutto il tempo – che mi fa l’occhiolino, Zac e
Taylor, che stasera sfoggia il
capellino rosso.
Alzo
gli
occhi al cielo, poi, con un sorriso sincero stampato in faccia, corro
fuori,
davanti a migliaia di persone che non aspettano altro che cantare con
me.
Faccio
un
respiro profondo, impugno stretto il microfono, e chiudo Josh, Chad, e
tutto il
dolore nel cassetto che oggi pomeriggio Jeremy ha aperto per me.
«Sorellina,
questa sera sei stata meravigliosa», disse Taylor
schioccandomi un bacio sulla
guancia.
Sorrido,
e
gli scompiglio i ricci. «Anche tu sei stato un fico,
puffo».
I
suoi occhi
s’illuminano, e io mi sento felice. Il mio Taylor, il mio
piccolo Taylor. Che
cos’è l’amore che provo per lui se non
quello che una sorella prova per un
fratello?
Ci
raduniamo
tutti dietro al palco, e abbracciandoci a cerchio, ci facciamo dei
grossi
sorrisi.
«E
andata
anche oggi, bravi ragazzi», dice Jerm.
Rimaniamo
qualche secondo in selenzio, poi ci sleghiamo e andiamo a farci delle
meritate
doccie. I ragazzi mi lasciano farla sempre per prima, e non so se sia
per un
atto di galanteria o cosa, ma è senza dubbio uno dei tanti
motivi per cui tutte
le sere, prima di dormire, li ringrazio.
Uscita
dalla
doccia, avvolta stretta stretta in un asciugamano bianco, vado a
sedermi sul
divano del bus affianco a Jeremy che sta controllando la posta nel suo
computer.
«Tutto
okay,
sì?», mi chiede.
Faccio
un
gran sorriso e annuisco. «Sto bene».
Guarda
la
mia faccia e qualcosa gli suggerisce che non sto mentendo.
«Bene, allora posso
andare in bagno dato che il mostriciattolo sta bene». Mi fa
una carezza sulla
guancia, e sparisce dalla mia visuale.
Chiudo
gli
occhi e appoggio la testa al grosso cuscino. È davvero
andato tutto bene. Ho
rivisto Chad – che se n’è andato subito
dopo il concerto – e dopo nemmeno pochi
minuto l’ho rinchiuso in un angolino della mia mente assieme
ad un altro
ragazzo che, riconoso il rumore dei passi, si sta avvicinando.
«Sonno,
Hay?»,
chiede con la sua voce irresistibilmente morbida.
Scuoto
la
testa, senza aprire gli occhi. «Sto bene». Ripeto
quelle due parole
continuamente, ormai.
Si
siede
vicino a me. «Sembri stanca». Mentre lo dice sfiora
con le dita le occhiaie che
ho in volto.
Lentamente,
apro gli occhi. «Un po’, in effetti. Troppo cose a
cui pensare». Dicendo quelle
parole lo inchiodo con lo sguardo, come per accusarlo, per fargli
capire che la
colpa è anche sua.
Lo
capisce. «Mi
mancano i tuoi sorrisi, Hay. Quelli per me». Gli sorrido,
falsamente, e lui mi
prende il volto fra le mani. «Davvero,
dov’è finita la ragazza che c’era in
te?».
Quelle
parole mi bloccarono. Rimango ferma a fissarlo per minuti interi, poi
la mia
voce esce. «Te la sei portata via tu».
Lui
chiude
gli occhi, senza mai mollare la presa sul mio viso. «Lo sai
che ti amo».
«Lo
vedi che
sei un idiota? Se ami me perché stai con lei?».
«Perché
tu
stai con Chad».
Rimango
in
silenzio, poi a stento la mia voce esce piena di speranza.
«Se io domani lo
lasciassi, tu torneresti di nuovo con me, Josh?».
Lui
mi
guarda, e sta in silenzio. Chiude gli occhi, fa un respiro profondo, e
afferrando la mia nuca, avvicina la mia testa alla sua. I nostri nasi
si
sfiorano. «Non voglio continuare a farti del male. Io non
sono quello giusto
per te».
Scuoto
la
testa. Stupida stupida stupida. «Vedi,
è qui che sbagli. Tu per me sei perfetto, e mi fai
più male dicendomi che mi
ami ancora quando invece non è così. Lascia solo
che io ti dimentichi, okay?». Dicendolo
mi alzo dal divano, e cercando qualcosa con cui coprirmi, esco dal
pullman
Una
lacrima
mi scende calda e lenta sulla guancia, fino a bagnarmi le labbra.
Prendo
l’Iphone
dalla tasca e premo il tasto due in chiamata rapida. Attendo qualche
secondo,
poi lei risponde. «Dak, io non ce la faccio
più».
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