Alcool & sentimenti

di kate95
(/viewuser.php?uid=138750)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flashback-Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Flashback-Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Flashback parte terza ***
Capitolo 4: *** Alcool ***
Capitolo 5: *** Il momento della verità ***
Capitolo 6: *** Sentimenti ***
Capitolo 7: *** Due mesi dopo-Prima parte ***
Capitolo 8: *** Due mesi dopo-Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Flashback-Parte Prima ***


 

Alcool & sentimenti

Capitolo 1- Flashback parte prima

Kate Beckett scese dall’auto davanti ad un piccolo pub.

L’aria della Grande Mela era fredda e un po’ pungente anche se era primavera inoltrata.

Si strinse un po’ nella sua giacchetta nera per rifugiarsi dal quel freddo mentre sentiva un braccio cingerle dolcemente la vita.

Guardò Josh camminare al suo fianco e gli sorrise.

Era tornato quella sera dall’Africa prima del previsto facendole una sorpresa e aveva insistito così tanto per uscire anche se lei non ne aveva voglia, non dopo ieri sera.

Non dopo che era accaduto ciò che Kate non avrebbe mai immaginato.

Ma era successo.

Flashback _ Ventiquattr’ore prima

Era una sera buia a New York, di quelle in cui non si riesce a scorgere la luna.

Nuvoloni neri e minacciosi scagliavano rumorosi tuoni, lampi e fulmini che squartavano il cielo illuminando a giorno per brevi istanti la città.

Beckett e Castle stavano uscendo dal distretto sprovvisti d’ombrello dato che la mattina non dava nessun segno di pioggia.

Un incessabile temporale si abbatteva su New York e sui suoi poveri cittadini sprovvisti d’ombrello come Castle e Beckett.

Stavano uscendo dal distretto a sera tarda e quella mattina erano venuti insieme al 12esimo: Kate era passata a prendere Castle e come se tutto ciò non bastasse avevano parcheggiato pure distante.

I due si misero a correre come pazzi sotto l’acqua rischiando più volte di cadere sull’asfalto scivoloso.

Risultato? Una volta in macchina si ritrovarono inzuppati da testa ai piedi, Castle al volante e Beckett passeggero: nella foga di mettersi al riparo erano entrati di fretta e la detective non si era accorta dell’errore.

"Le chiavi" le chiese Castle allungando il braccio verso la donna, attendendo.

"Scordatelo" rispose Beckett secca.

"Che cosa?"

"Andiamo Castle! Non sai neanche guidare normalmente, figurati con questa pioggia!"

"Ehi!!! Io so guidare!" disse indignato mettendo il broncio.

L’acqua scrosciava violentemente sulla macchina e batteva forte sui vetri facendo da sottofondo al battibecco dei due.

"Cosa vorresti fare?" domandò lui spazientito.

"Cambiamoci di posto" propose lei tranquillamente.

"Oh,no… no, no… non uscirò di nuovo sotto la pioggia… non ci tengo a fare un’altra doccia!" sbuffò.

"Ok, se non vuoi uscire ci scambiamo i posti stando dentro la macchina"

"Ci riuscivo a malapena quando ero bambino, figurati adesso che sono…"

"Ingrassato?" lo stuzzicò lei.

"…Cresciuto!" concluse Rick.

"beh, io su quello non sarei tanto sicura… in fondo resti ancora un bambino!" ribatté la donna inarcando un sopracciglio.

L’uomo si disse mentalmente che non avrebbe ceduto.

Non questa volta.

Insomma lui era pur sempre Richard Castle!

Qualche battuta e movimento impacciato dopo, l’uomo si ritrovò seduto nel posto del passeggero mentre Kate stringeva fiera il volante.

La odiava quando faceva così. Per quanto Castle potesse odiare la sua musa.

Ma mise il broncio.

Con lo sguardo rivolto verso la portiera restava in silenzio.

"Ti sarai mica offeso?" gli chiese lei dopo un po’.

Castle non parlò, si limitò a scrivere YES a caratteri cubitali sul finestrino appannato dell’auto.

Poi si voltò verso la donna mentre Kate leggeva ed interpretava lo sguardo enigmatico che aveva assunto lo scrittore.

Faceva la faccia da povero cucciolo indifeso, ma non era arrabbiato sul serio.

Beckett trattenne a stento una risata e lui sorrise.

Qualche tempo dopo giunsero sotto casa di Castle con non poche difficoltà: durante il tragitto Beckett aveva dovuto inchiodare di colpo per non investire un pedone sbucato dal nulla e la macchina aveva quasi sbandato.

Castle rimase immobile, pensieroso anche quando l’auto si fermò sotto il suo palazzo.

"Beh, che fai? Non vai?" chiese lei stupita di quel comportamento.

"Sali" rispose lui.

"Che cosa?" la detective, sorpresa, pensava di aver frainteso.

Castle allungò il braccio e fece scattare le chiavi dell’auto spegnendo il motore.

Mentre le sfilava scontrò le dita di Kate e per un attimo rimasero a fissarsi imbarazzati, ognuno perso negli occhi dell’altro.

Poi Rick riprese a parlare: "Sali. Per questa volta vieni a dormire da me"

"Non ci penso neanche" rispose lei quasi indignata e al tempo stesso spaventata da quella proposta.

Ma Rick continuò serio guardandola negli occhi: "Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare. Le strade sono troppo pericolose. Non voglio averti sulla coscienza"

Beckett rimase sorpresa da quella affermazione ma capì che lui diceva sul serio e si preoccupava per lei.

"Okay… Grazie" poi salirono in casa.

Una volta entrati nell’appartamento Kate scoprì che Alexis e Martha non c’erano e questo un po’ la preoccupò.

L’attrazione tra lei e Castle era aumentata molto negli ultimi mesi diventando quasi insopportabile.

Soprattutto dopo quel bacio durante il caso di sua madre.

Non ne avevano più parlato ma lei non aveva dimenticato.

Lui l’accompagnò nella stanza degli ospiti che aveva annesso bagno privato.

Beckett aveva voglia di farsi una doccia rigenerante e poi andare a riposare.

Una volta che Rick se ne fu andato si spogliò lasciando i vestiti sul letto e le scarpe in mezzo alla stanza; poi si infilò sotto la doccia.

Si rilassò moltissimo, forse troppo, tanto da non accorgersi di Castle che bussava alla porta.

Lo scrittore sentì l’acqua scorrere nel bagno così decise di entrare, lasciare il pigiama che aveva portato e uscire senza essere visto.

Appoggiò i vestiti per la notte sul letto notando quelli di Beckett sparsi qua e là.

Comprese le scarpe al centro della stanza in cui per poco non inciampò.

Kate sentì dei rumori provenire dalla stanza, pensò di esserseli immaginati ma poi uscì a controllare, tanto ormai aveva finito la doccia.

Aprì la porta che separava il bagno dalla camera con addosso solo un asciugamano bianco, avvolto intorno al corpo sopra il seno, corto abbastanza da lasciar vedere buona parte delle sue lunghe gambe.

A piedi scalzi e con i capelli bagnati si ritrovò davanti a Castle che, ancora in precario equilibrio dopo essere inciampato nelle scarpe, rischiò davvero di cadere.

Rimase paralizzato da quella vista e per qualche istante credette di svenire.

"Castle!" lo rimproverò lei.

L’uomo sembrò uscire dal suo momentaneo stato di trance e fissò la sua detective.

Era semplicemente stupenda.

"Che diavolo ci fai qui?"

"Beh, ecco io… sì… insomma… ero venuto per portarti il pigiama" balbettò.

"Perché non hai bussato?!"

"L’ho fatto ma non hai risposto, poi ho capito che eri sotto la doccia e non volevo disturbarti"

"Ah, ok. Beh, ora è meglio se vai. Grazie" disse aprendo la porta della stanza per esortarlo ad uscire.

Castle si avviò ma quando giunse di fronte alla porta notò che la distanza tra loro era minima.

Si persero nuovamente uno nello sguardo dell’altra, in silenzio.

Rick non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione, non questa volta.

Senza preavviso la baciò.

Assaporò quelle labbra, inizialmente prese alla sprovvista, aperte e immobili che dopo qualche istante si mossero in contemporanea alle sue.

Quel bacio, quel contatto desiderato da entrambi per molto tempo era qualcosa di altamente passionale, l’unico modo possibile per esprimere e lasciar fuoriuscire quell’amore che avevano sempre soffocato.

Kate in quell’istante capì quanto quel bacio sotto copertura durante il caso di sua madre fosse solo la punta dell’iceberg: per quanto si fosse lasciata trasportare dalle sue emozioni non era nulla in confronto a ciò che stava vivendo ora.

Kate sapeva che non avrebbe dovuto: lei aveva Josh e Castle era così inaffidabile… ma il desiderio di rimanere abbracciata a lui era troppo forte.

Rick non avrebbe desiderato altro che rimanere lì a baciare Kate, ad assaggiare le sue labbra.

Le loro bocche si cercavano desiderandosi ardentemente e Castle aprendo le loro labbra diede l’opportunità alle loro lingue di incontrarsi.

Quando il bisogno di ossigeno fu impellente si staccarono ansimanti e Beckett riprese un po’ di lucidità, seppure la distanza minima tra i loro volti non aiutasse.

"Rick, io.. non posso" disse senza fiato.

Sì, perché quel bacio, così intenso, era da togliere il fiato.

Ma lui non le diede il tempo di finire che le loro labbra erano di nuovo a contatto e ogni istante che passava rendeva Kate meno lucida.

Non era più in grado di ragionare: i suoi pensieri erano offuscati come se d’improvviso una fitta nebbia li stesse avvolgendo allontanandoli da lei.

Era come se lei li stesse cercando ma non riusciva a farli suoi, a raggiungerli.

Cosa apparentemente impossibile visto che senza di lei quei pensieri non sarebbero mai esistiti.

In quel momento soltanto il suo cuore governava il suo corpo, le sue azioni, i suoi desideri.

Voleva essere Kate per una notte e questo voleva dire restare lì dov’era tra le braccia del suo scrittore.

Rick dal canto suo sentiva un fuoco ardente bruciargli dentro, quello della passione per Kate che non si spegneva mai.

E ad ogni gesto, ad ogni carezza quel fuoco si ravvivava sempre più come se d’improvviso qualcuno avesse versato del fuoco sulla fiamma.

Passò le mani tra i capelli di lei per poi scendere e accarezzarle le spalle, la schiena in parte scoperta.

Beckett si aggrappò a lui lasciandolo fare: ogni suo tocco era qualcosa di indescrivibile, un turbinio di emozioni a cui non avrebbe potuto opporre resistenza.

Si spostarono e Kate finì con la schiena contro la parete.

Le labbra di lui scesero verso il collo di lei riempiendolo di baci e carezze.

Kate scese fino al bordo della t-shirt grigia di Rick che, aderente, evidenziava il suo fisico scolpito.

Infilò le mani al di sotto e avvertì il contatto con la sua pelle e poi i suoi pettorali.

Sfilò la maglia per poter ammirare completamente il fisico dell’umo mentre si avvicinavano al letto.

Castle slegò l’asciugamano, quell’inutile pezzo di stoffa che gli impediva di vedere il suo corpo e di sentirlo aderire perfettamente al suo.

Si coricò portandosi dietro Kate, stringendola dolcemente a sé e avvertendo un lungo brivido quando il seno di lei venne in contatto con il suo petto.

Passarono la notte così, tra baci e carezze mentre Kate non pensava a quello che sarebbe successo domani.

In quella notte buia e fredda voleva solo riscaldarsi tra le braccia di Castle mentre la pioggia picchiettava forte sulle finestre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Flashback-Parte seconda ***


 

Alcool & sentimenti

Capitolo 2-Flashback parte due

Erano le due di notte ed entrambi erano ancora svegli avvolti solo in parte dalle lenzuola.

Kate tentava di riposare sdraiata su un fianco dando le spalle a Rick che era coricato supino vicino a lei.

Castle si voltò verso di lei abbracciando la sua musa da dietro e facendo aderire il suo petto alla schiena scoperta di lei.

Con una mano cercò quella di Kate stringendola dolcemente.

Poi con l’altra mano scostò i suoi capelli e cominciò a baciarle il collo e a sfiorare la sua schiena alternando piccoli baci a carezze.

Kate rimaneva in silenzio godendo di quella dolce tortura che la faceva impazzire.

Inarcò la schiena soffocando un piccolo gemito di piacere.

Nella sua testa si alternavano mille pensieri ma bastò quel suo tocco delicato e poi poco alla volta più deciso per farla confondere fino a non riuscire più a concentrarsi su nulla se non su quel piacere che i baci Rick le provocavano in tutto il corpo.

"Rick.. io…" lo chiamò voltandosi verso di lui.

Castle le posò un dito sulle labbra interrompendola: "Sei bellissima, Kate"

Sentire quelle tre semplici parole fu come un colpo al cuore.

Poi lui continuò: "E’ tutto così bello. Voglio soltanto godere di questo tempo a disposizione, voglio viverlo con te, attimo dopo attimo, soltanto noi due, senza pensieri, solo io e te. Voglio poter tenerti stretta a me, ancora"

Poi riprese a riempirla di attenzioni, di carezze, Kate sentiva le sue labbra dischiuse posarsi sulla sua pelle e ripercorrere lentamente il percorso dal suo ventre al volto con estrema lentezza passando per il suo petto, baciandole e accarezzandole il seno, risalendo fino alle spalle, scorrendo con la bocca il collo e giunto al viso ponendo fine a quella piacevole tortura facendo incontrare le loro labbra, che per l’ennesima volta quella notte, si cercarono avidamente, mai sazie le une delle altre.

La mattina seguente Kate si svegliò alle prime luci dell’alba.

Si rigirò lentamente senza rendersi conto di non essere nel suo letto né da sola.

Al suo fianco sentì un respiro regolare solleticarle il viso e solo allora aprì gli occhi, vedendolo.

Rick era lì, accanto a lei, che le cingeva la vita con un braccio: le loro gambe erano intrecciate mentre lei aveva la testa appoggiata sul suo petto.

Senza far troppo rumore si mise a sedere rendendosi conto di essere ancora nuda insieme ad un uomo che non era il suo fidanzato.

Sì alzò e si diresse in bagno decidendo di riflettere sotto una doccia.

Rimase immobile sotto il getto della doccia con gli occhi chiusi mentre gocce d’acqua le bagnavano il volto e si mescolavano alle lacrime che le rigavano le guance.

Era strano. Era da tanto tempo che non piangeva.

Perché doveva farlo proprio ora?

Era consapevole di ciò che aveva fatto: aveva tradito Josh facendo l’amore con Castle.

Non era riuscita a resistere alla tentazione, non era stata capace di mettere da parte l’ardente desiderio di restare con Rick.

E ciò che la spaventava più di tutto era che le era piaciuto, era stato assolutamente fantastico.

Non aveva mai provato così tante sensazioni nello stesso istante e a quella intensità.

Josh non era mai riuscito a farla sentire così viva, mai.

E cosa faceva più male era la consapevolezza di aver commesso un terribile errore . Lei non avrebbe dovuto e ora avrebbe pagato caro il prezzo del suo sbaglio.

Come sarebbe riuscita a lavorare giorno dopo giorno con lui al fianco senza pensare a quella notte meravigliosa? Forse non era capace di farlo, forse avrebbe ceduto di nuovo e rischiare di compromettere tutto quello che avevano creato in quei tre anni.

La soluzione migliore era non doverlo più vedere per non cadere in quella trappola un’altra volta.

Forse la cosa da fare era interrompere la loro collaborazione, impedirgli di tornare da lei, di starle vicino.

Ma sapeva di non avere abbastanza coraggio, non ce l’avrebbe fatta.

La verità è che non avrebbe resistito senza di lui a lungo.

Era da egoisti, lo sapeva bene, ma era così: lei lo voleva accanto sempre, tutto per sé anche se non lo ammetteva, e quando lui baciava un’altra donna lei aveva sempre avuto un irrefrenabile istinto omicida nei confronti di coloro che si facevano stringere nel suo abbraccio, che lo toccavano, che lo accarezzavano.

Era gelosa e non ne comprendeva il motivo.

Non capiva perché lui avesse il potere di farla stare così bene e al tempo stesso male come nessun altro era in grado di fare.

Non si capacitava di come un suo tocco la mandasse in tilt, di come il suo cuore non rispondesse più ai suoi comandi quando lui le era vicino.

Non ci riusciva perché non ammetteva quello che da tempo provava dentro di sé, quell’amore così profondo e così passionale per quell’uomo un po’ infantile e pazzerello.

E poi c’erano quelle parole che più la confondevano, che la turbavano.

Quelle che lui le aveva sussurrato per tutta la notte, tra un gesto e l’altro, tra un bacio passionale e uno estremamente romantico e lento, tra una carezza e un suo tocco sulla pelle: "Ti amo, Kate"

Castle si stava risvegliando lentamente a poco a poco e, a differenza di Beckett, già quando era ancora in dormiveglia si ricordava tutto.

E in quei momenti si pregustava il piacere di potersi svegliare abbracciato alla sua Kate.

Prima ancora di aprire gli occhi la cercò accanto a sé, senza trovarla.

A tastoni con la mano sperava di toccare la sua morbida pelle ma si accorse che il letto al suo fianco era vuoto.

Di Kate neanche l’ombra.

Solo il suo intenso profumo sulla fodera del cuscino e le lenzuola un po’ ammucchiate nella parte di letto dove aveva dormito.

In quell’istante Castle si sentì solo e triste come non mai immaginando come sarebbe stata la sua vita senza di lei.

Terribile.

Non poteva più fare a meno della sua musa.

Avrebbe voluto svegliarsi vicino a lei tutte le mattine, passare ogni istante della sua vita con lei.

Notò l’asciugamano che aveva indossato una volta uscita dalla doccia per terra dove lui l’aveva lasciato cadere, dopo averglielo tolto di dosso desideroso di vedere e toccare il suo corpo dappertutto, anche dove non avrebbe mai pensato di arrivare.

Vide le sue scarpe abbandonate al centro della stanza e i vestiti qua e là insieme a i suoi.

Si accorse sul pavimento di quel pigiama che lui stesso le aveva portato ma che non aveva avuto alcun bisogno di indossare.

L’aveva appoggiato sul letto e gli venne in mente di come ora non era più al suo posto. Probabilmente doveva essere caduto durante la notte ma entrambi non se ne erano accorti.

Scese dal letto e si diresse in bagno da dove si sentiva lo scrosciare dell’acqua.

Sicuramente si stava facendo la doccia e si perse ad immaginare che avrebbero potuta farla insieme, certamente sarebbe stata più piacevole.

Kate si accorse subito che lui era entrato e per poco non prese un infarto.

"Castle che diavolo…" cominciò cercando qualcosa per coprirsi.

"Volevo assicurarmi che non fossi scappata" le rispose avvicinandosi alla doccia.

Kate ancora sotto il getto dell’acqua rimase immobile mentre pensava a cosa dirgli.

"Senti…" iniziò "…. Volevo dirti che…"

Aveva incrociato i suoi occhi e le parole le morirono in gola.

Abbassò o sguardo e continuò: "volevo dirti che stanotte è stato uno sbaglio, un grosso sbaglio. Siamo adulti, può succedere, tutto tornerà come prima. È un errore che non accadrà più, che non ricommetteremo"

Si guardarono un istante in silenzio.

Poi tutto accadde velocemente.

In un secondo i due corpi si ritrovarono di nuovo attaccati e le loro labbra a contatto.

Castle non sarebbe riuscito a resistere un minuto di più senza baciarla mentre Beckett sentiva la passione crescere insopportabilmente e un ondata di calore la invase.

Ormai Rick era entrato insieme a lei nella doccia e continuava ad accarezzarla delicatamente mentre le gocce d’acqua si depositavano sui loro corpi.

Beckett sapeva che se avessero continuato non sarebbe più riuscita a sciogliere quell’abbraccio e il senso di colpa nei confronti di Josh sarebbe stato ancora più duro da sopportare.

Non poteva farlo. Non di nuovo.

Appoggiò le mani sul petto di Castle cercando invano di allontanarlo da sé.

"Rick" lo chiamò cercando ancora una volta di aumentare la distanza tra loro.

Lui si fermò guardandola negli occhi in attesa di sentire ciò che doveva dirgli. Anche se già sapeva che cosa gli avrebbe riferito.

"No, Rick. Non posso. Non è giusto" la sua voce si affievoliva nascondendosi fin quasi a spegnersi sotto il rumore dell’acqua.

Lei fece per uscire ma lui la bloccò senza lasciarle via di scampo.

"Lasciami andare, ti prego" la sua era quasi una supplica, sapeva di essere sull’orlo delle lacrime e non voleva farsi vedere così di fronte a lui.

"Aspetta Kate" le rispose "perché? Perché fai così?"

"Castle, per favore. Non sarei mai dovuta venire qui"

"Stanotte è stata fantastica. Insieme per la prima volta. È qualcosa che non riesco neanche a descrivere"

"Io ho Josh… ed è lui il mio fidanzato"

"Josh non c’è mai per te. Non c’è mai stato. Quando tu avevi più bisogno di lui, dov’era?"

"E’ il suo lavoro, ed è qualcosa di straordinario, lui fa del bene a tanta gente"

"Lo so. E lo stimo moltissimo per questo. Ma lui fa del bene a tutti tranne che a te. Sei davvero felice con lui?"

"Josh mi ama ed è questo ciò che conta" sussurra.

"Anche io ti amo. Ti amo come nessun’altra prima"

"Castle, io non riesco a fidarmi di te! Non voglio soffrire ancora, non a causa tua. Che cosa ti dice che un giorno non trovi qualcun’altra su cui far colpo, qualcuna sicuramente più bella di me, qualcuna che preferisci? Io non ci riesco. Fa troppo male" in quell’istante quando le lacrime stanno per scendere prepotentemente scappa da quell’abbraccio ed esce dalla doccia.

Prima che esca dal bagno Castle la ferma bloccandola tra le sue braccia contro il muro.

"Kate aspetta. Perché non pensi a me? Come credi che mi senta? Non puoi andartene, ti prego non lo fare. Non lo sopporterei"

"Io non lo so. Non so più nulla a parte il fatto che non avrai nessuna difficoltà a trovare una donna disposta a darti quello che vuoi, una meno complicata di me"

"Ma non capisci? È vero: io posso avere tutte le donne che voglio ma non potrebbero mai darmi ciò che voglio. Forse potrebbero farmi dimenticare di te per qualche tempo ma poi nulla, proprio come Gina l’estate scorsa. Lei mi ha dato l’opportunità di non pensare a te e Demming insieme, ma la verità è che non l’amavo. Voglio te, soltanto te"

Kate sentiva la rabbia bruciarle dentro all’argomento Demming, non l’aveva ancora superata: "Castle!!! Io avevo lasciato Tom quel giorno. E l’ho fatto perché volevo te, volevo venire in vacanza con te e speravo che in quell’estate saremmo potuti diventare qualcosa di più che buoni amici. Ma mi sono illusa. Era quello che volevo dirti quando ti ho chiesto di parlare in privato ma poi è arrivata quell’oca di Gina e ho scoperto che mi avevi rimpiazzata!" confessò rendendosi conto solo in un secondo momento di aver dato dell’oca alla sua ex-moglie "non so perché ho detto che è un’oca. Mi dispiace, è che non la sopporto, forse non merita tutto quest’odio ma è più forte di me.

Forse non mi piace solo perché ti sta sempre addosso o perché lei ha potuto averti e io no, forse sono gelosa. Ma questo non cambia il fatto che non sono pronta. Non riesco a fidarmi. Non sai quanto mi abbia fatto male, non lo immagini neanche e pensare di dover riprovare quelle sensazioni mi spaventa. Sono terrorizzata che possa succedere di nuovo e con Josh ho la certezza che non capiterà mai"

Tutta quella rabbia e determinazione iniziale che l’aveva spinta a dire tutto ciò aveva lasciato spazio a tutto il dolore e l’incertezza che provava.

Non riuscì a contenere le lacrime che scesero copiosamente sul suo volto.

"MI dispiace tanto. Io non potevo sapere. Se solo…"

"Se solo cosa, Rick?"

"Se avessi saputo non sarei mai partito, non senza di te"

"Castle non mi basta, non ci riesco"

"Kate…" Castle si sentiva un grandissimo idiota, se solo avesse aspettato prima di invitare Gina.

Istintivamente avvicinò il viso a quello di lei e posò le labbra sulle sue guance asciugando le lacrime con dei piccoli baci.

Beckett, totalmente spiazzata, rimase immobile, in silenzio.

"Kate, non voglio che tu soffra, non lo sopporto"

Indugiò sul suo volto per un attimo, i loro nasi si sfioravano e le labbra di Kate erano così vicine, così invitati.

"No, Rick. Non lo fare" sussurrò Kate dopo aver intuito che lui l’avrebbe baciata "non posso, te l’ho detto"

"Kate, non dirmi che non puoi. Dimmi che non lo vuoi. Guardami negli occhi e dimmi che non hai provato nulla questa notte, che non hai desiderato neanche per un istante che accadesse. Io non credevo fosse possibile provare tante emozioni tutte insieme, mi mancava il fiato quando ti ho baciata e mi batteva forte il cuore quando ho capito che avremmo fatto l’amore.

Non posso pentirmi di quello che ho fatto e vorrei succedesse ancora. Kate, io ti amo"

Lei rimase in silenzio qualche istante senza riuscire a spiccicare parola.

"Io…"

Voleva poter andarsene da lì, non riusciva a riflettere di fronte a lui, così vicino.

Cercò tutto il coraggio che aveva e indossò la maschera che portava ogni giorno, quella cui celava dietro la vera Kate, e parlò sorreggendo il suo sguardo: "No. Non ho provato nulla e mi sono pentita di quello che ho fatto. Non voglio, io non provo niente per te. Amo Josh ed è lui quello giusto per me"

Mentre pronunciava quelle parole si sentì morire: faceva male continuare a mentire.

Vide l’espressione di Rick cambiare e nei suoi occhi lesse lo stesso dolore che lei aveva provato quando era partito con Gina.

Sì liberò dalla sua presa che era diventata quasi inesistente e corse a cambiarsi.

Rick non uscì dal bagno, né provò a fermarla.

Non riusciva a guardarla rivestirsi velocemente per scappare da lui, dal suo sguardo.

Era troppo.

Le sue parole erano giunte al suo cuore come una coltellata. Non avrebbe pensato che glielo avrebbe detto. Di sicuro mentiva ma era riuscita a farlo. E questo faceva male, da morire.

Rimase fermo fino a quando sentì la porta di casa chiudersi sbattendo.

Allora realizzò di averla persa, persa per sempre.

Note: ecco a voi il secondo capitolo!
Spero vi sia piaciuto =)
A presto e grazie a chi ha letto e recensito il primo capitolo, alla mia consulente Amy  per averlo letto in anteprima e a Foxi ;)
baci, Tiziana =D

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Flashback parte terza ***


 

Alcool & sentimenti

Capitolo 3-Flashback parte terza

Beckett tornò al distretto dopo aver pianto per tutto il tragitto in auto.

Non poteva credere che fosse successo davvero.

Non avrebbe mai dovuto cedere. Sapeva che non avrebbe mai dimenticato quella notte così bella e mentire era stato così difficile.

Quando arrivò al distretto sperò per la prima volta che qualche assassino avesse colpito durante la notte.

Era brutto da dire ma lei aveva bisogno di un caso, un di quelli complicati che non le avrebbero dato il tempo di pensare a lui.

Invece nulla. Solo un mucchio di scartoffie da firmare che di certo avrebbero lasciato moltissimo spazio alle sue riflessioni.

Kate si sedette alla scrivania ma le era impossibile concentrarsi su qualcosa di diverso da Rick.

Passò circa un’ora in quello stato fin quando Ryan ed Esposito si avvicinarono alla sua scrivania riferendole che Castle aveva mandato loro un messaggio: "Oggi non mi sento molto bene e non riesco a venire. Buon lavoro"

Questo non fece che incupire l’umore di Beckett che già rasentava terra.

Sentire quelle parole fu come una coltellata.

Pensare che lui non sarebbe venuto quel giorno né magari quelli successivi l’avrebbe dovuta rallegrare. Poteva pensare, riflettere senza avere lui in mezzo che di certo le era d’intralcio nella decisione che doveva prendere, ma in realtà l’unica cosa che provava era paura, paura che abbandonasse il suo posto al distretto per sempre.

Di lì a mezz’ora la detective andò a prendersi un caffè doppio cercando un po’ di conforto in quel liquido caldo, speranzosa che questo potesse donarle un po’ di lucidità in più.

Le sembrava di impazzire.

Ogni cosa del distretto le ricorda lui: la sedia accanto alla scrivania, la lavagna davanti alla quale formulavano le loro strane ipotesi, la macchinetta del caffè che lui le aveva regalato.

Poi mentre camminava verso la sala relax i suoi occhi si posarono su quella stanza, in quel momento vuota, ma lei in quei pochi secondi rivide se stessà e Castle qualche tempo prima dove lui leggendo le lettere dei due innamorati

le aveva detto: "Non ti libererai mai di me. Ti amo"

Pensare che la mattina stessa lui avesse ripetuto le stesse sillabe la mandava in crisi.

Si preparò una fumante tazza di caffè come quella che Rick le portava ogni giorno e si mise a sorseggiarla, pensando: "La verità è che mi manchi, da morire. Non ti vedo da solo poche ore e già non so come farei senza di te. È sempre colpa tua. Anche quando non ci sei è sempre colpa di Richard Castle! Perché sei l’unica persona che riesce a farmi stare tanto bene e quella che mi fa soffrire più di tutte?"

Improvvisamente Ryan ed Esposito irruppero nella stanza ma lei non se ne accorse. In piedi davanti ad un tavolino fissava un punto indefinito della stanza.

A far preoccupare ancora di più i due detective fu il gesto meccanico che ripeteva in continuazione: portava lentamente la tazza alle labbra, prendeva un sorso di caffè e deglutiva riportando la tazza sul tavolo senza mai lasciare la presa dal manico.

Rimaneva immobile qualche istante e poi riprendeva.

Gli occhi dei due uomini si sostavano dalla tazza al volto di lei osservando i suoi movimenti ripetuti all’infinito senza che si accorgesse che il caffè era finito da un pezzo.

Poi d’un tratto la donna sull’onda dei suoi pensieri sgranò gli occhi dando l’idea di aver appena visto qualcosa di spaventoso.

Kevin e Javier spostarono lo sguardo da quello di lei al punto dove stava fissando: il distributore delle bibite fredde.

Nulla di apparentemente spaventoso o fuori dalla norma.

Loro però non potevano sapere cosa passasse nella sua mente in quell’istante: un ricordo.

Qualche mese prima Beckett era entrata nella sala relax trovando Castle frustato e arrabbiato con il distributore.

"Ehi, Castle. Che c’è che non va?" gli aveva chiesto.

"la macchinetta mi ha mangiato i soldi!" piagnucolò "e ora che ne ho messi degli altri continua a risputarmeli fuori. È di gusti difficili questo coso, che cosa hanno le mie monetine da non piacergli?"

"beh, questo coso, è il mio distributore di fiducia e non ti permetterò di insultarlo. Non mi ha mai tradito" disse Kate prendendo le monete dalla mano dell’uomo.

Poi le infilò nell’apposita fessura e subito si sentì il tintinnio dei soldi all’interno della macchinetta.

Sul display apparve la scritta: CREDITO INSERITO – SELEZIONARE BEVANDA.

"Ehi!!! Non è giusto!!! Hai funzionato subito!" cominciò Rick intraprendendo una discussione con il distributore come se questo potesse rispondergli "d’accordo che Beckett è molto più bella di me ma non è il caso di fare queste discriminazioni"

Beckett arrossì:le aveva indirettamente detto che era bella.

Pigiò il tasto della bibita al posto di Castle e attese.

Nessun rumore. La lattina di coca-cola non usciva.

"Ah ah… detective!" esordì lui "anche la tua macchinetta di fiducia sbaglia!"

contemporaneamente come se si fossero messi d’accordo, si abbassarono fino ad arrivare entrambi con il volto uno vicino all’altro davanti all’apertura da dove uscivano i prodotti.

D’improvviso la macchina sputò fuori la lattina con un tonfo che fu recuperata al volo da Kate.

Soddisfatta e con un sorriso stampato sul volto disse: "Visto Castle, il mio distributore mi sarà fedele per sempre"

Ma appena sollevò un po’ il capo si trovò pericolosamente vicino a Rick e i loro sguardi si incatenarono per qualche istante.

Kate poteva percepire lui che si avvicinava sempre più, poi la detective sentì Montgomery che la chiamava dal suo ufficio lì vicino facendole riprendere il contatto con la realtà.

Si allontanò dallo scrittore e si rialzò, poi gli diede la lattina.

"Tieni" disse in un sussurro.

"Grazie"

Quel ricordo la estraniò dal mondo reale per qualche minuto.

Ryan ed Esposito la fissavano preoccupati: quel comportamento non era da lei.

Kevin sventolò la mano davanti agli occhi della donna senza successo.

"Beckett… tutto bene?" chiese Javier.

La detective parve risvegliarsi da un sono profondo: "Avete detto qualcosa ragazzi?"

"Okay… perché non ci racconti cosa è successo?"

"Che cosa vi fa pensare che stia succedendo qualcosa?"

"Il tuo atteggiamento. Non è da te. È successo qualcosa con Castle? Insomma, già non è normale che non venga al distretto, che poi avvisi noi della sua assenza e non la sua musa è alquanto strano"

Beckett dopo aver sentito quel nome si irritò: "Perché dovete tutti pensare che non possa passare un giorno senza di lui tra i piedi?! Anzi, sto meglio se non c’è, posso godere di qualche ora di silenzio!"

"Ci dispiace… non volevamo…"

Ma Kate li interruppe: "No, scusatemi voi. È che sono un po’ nervosa in questo periodo e mi arrabbio facilmente".

Poi detto ciò tornò alla scrivania e passò tutto il giorno a compilare moduli.

Alla sera, quando non ce la faceva più e voleva tornare a casa, arrivò qualcuno di totalmente inaspettato: Josh.

Fine flashback

In un piccolo pub di New York, Richard Castle fissava con aria spenta e afflitta il bicchiere pieno di liquore appoggiato al bancone di fronte a sé.

In un istante trangugiò tutto il liquido in un solo sorso.

Sullo sgabello a fianco stava seduto un uomo sulla sessantina con i capelli bianchi e dei lunghi baffi.

Gli occhi azzurri e un naso un po’ a patata al centro del viso solcato da qualche ruga gli conferivano un’aria simpatica e socievole.

Da quando lo scrittore aveva messo piede dentro il locale aveva cominciato a dire a quell’uomo parte della sua storia e più alcool ingeriva più raccontava dettagli che mai avrebbe rivelato in condizioni normali.

"Non mi ero mai sentito così male per una donna" confessò ad un certo punto, quando dentro di sé già scorrevano fiumi di alcool.

L’uomo al suo fianco, di nome Peter, lo ascoltava attentamente sembrando realmente dispiaciuto per lui.

Per quanto potesse essere simpatico aveva il naso completamente rosso, segno evidente che era un alcolizzato da tempo.

"Ehi, amico. Mi dispiace. Da come ne parli sembra davvero che tu sia innamorato cotto di lei" disse dandogli una pacca amichevole sulla spalla.

"Già" sopirò Rick.

Poi entrambi buttarono giù l’ennesimo bicchiere di vodka.

"E’ davvero la donna più straordinaria che abbia mai conosciuto… se solo non fosse…" cominciò Castle.

"….fidanzata?" concluse Peter.

Lo scrittore annuì tristemente ricordando di come molte volte lui e Kate completavano a vicenda l’una le frasi dell’altro.

Molti bicchieri dopo Richard si sentiva distrutto.

Non si teneva in piedi e se ancora non si era messo a cantare era un miracolo.

Peter ordinò un altro giro di un liquore speciale, a sua detta buonissimo, che Castle avrebbe dovuto assolutamente provare.

Se lui avesse saputo a che gusto fosse non l’avrebbe mai bevuto.

Rick portò alle labbra il bicchiere colmo di alcool, quelle labbra che per un’intera notte avevano avuto la possibilità di assaporare quelle di Kate, così morbide e delicate.

Fece entrare il liquido all’interno senza sapere cosa stesse per bere, non sapeva più nulla ormai se non che amava Kate e che lei se ne era andata.

L’aveva avuta sua per una notte soltanto e quel tempo non gli bastava.

Il liquidò che entrò dalle sue labbra aveva un buonissimo gusto, quello dolce di ciliegia ma poi lasciava in bocca solo quello pungente e forte dell’alcool.

E come quello scendeva nella sua gola bruciando così il ricordo di Kate scottava nel suo cuore.

Gli tornò alla mente ciò che era successo pochi mesi prima all’Old Haunt, quando erano sotto copertura.

Si ricordò di come il cameriere guardasse Kate dall’altra parte del bancone e di come lei flirtasse con lui per estorcergli informazioni.

Lei aveva portato alla bocca una ciliegia con fare estremamente sensuale per poi avvolgere il frutto tra le labbra.

In quel momento lui avrebbe voluto prendere il viso di Kate tra le mani e baciarla.

Sentire il gusto delle sue labbra mischiarsi con quello della ciliegia che aveva appena mangiato.

Invece era rimasto immobile soffocando quel desiderio per paura di mandare all’aria la copertura e che Beckett gli mollasse un grande ceffone.

Passarono molti minuti in cui Peter e Castle si persero in chiacchiere, ricordi e bicchieri di liquore fino a quando, ad un certo punto, il più anziano parve risvegliarsi dal suo mondo.

Castle che lo guardava senza capire tentava di seguire il suo discorso: "Ho trovato una ragazza fantastica, magari potrebbe farti dimenticare quella Kate!"

"Ne dubito" rispose sconsolato ma decise comunque di dare un’occhiata alla donna che l’uomo stava indicando.

Quando si voltò la vide.

Era davvero bellissima.

Indossava un paio di jeans neri, scarpe decolté tacco dodici e una maglia fantasia che le ricadeva morbida sui fianchi.

Sembrava avesse freddo perché si stringeva nella giacchetta nera che indossava.

I suoi capelli era castani, mossi e Rick ben sapeva quanto fossero morbidi al tocco da apparire seta, quella morbidezza che non avrebbe più dimenticato dopo la notte trascorsa con lei.

Quella donna era Kate.

E come se tutto ciò non bastasse c’era Josh al suo fianco e quella vista gli faceva venir voglia di vomitare nel bicchiere vuoto.

Si voltò nuovamente sperando di non essere visto.

"Che ne pensi?" chiese Peter.

"Quella è Kate"

L’uomo lo guardò confuso spalancando gli occhi: "Quella Kate? Amico, non hai un minimo di fortuna!"


Note: è in questa notte buia e tenebrosa tra porte che sbattono e fantasmi del passato che ritornano che io pubblico!!! XD Questa frase è dedicata a Cri & Federica, loro sanno a cosa mi riferisco!!!
Per gli altri lettori: spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!
Un ringraziamento alla mia consulente Amy che legge con attenzione ogni capitolo in anteprima e a Foxi con i suoi utili consigli =)
un bacio a tutte le ragazze del Castle Made of EFP Writers!!!
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Alcool ***


 


Alcool & sentimenti

 

Capitolo 4 - Alcool

Quando Kate entrò in quel pub in compagnia di Josh non si sarebbe mai aspettata di trovare lì Rick, seduto a fianco di uno sconosciuto a tracannare liquore.

Per un attimo i loro sguardi si incrociarono ed entrambi persero un battito.

Vedersi provocava ancora più male a quella ferita aperta dopo la notte trascorsa insieme.

Kate si chiese cosa stesse facendo lì seduto al bancone del bar con lo sguardo perso e un bicchiere vuoto di fronte a sé.

Josh indicò a Kate un tavolo libero dicendo: "Va bene se ci sediamo là?"

Ma non ottenne risposta.

Si accorse che lei era distratta e le domandò se andava tutto bene.

"Kate che stai guardando?" chiese seguendo lo sguardo di Beckett.

"C’è Castle" sussurrò lei.

Il dottor motocicletta sospirò sconsolato e adirato al tempo stesso.

Involontariamente lei si avvicinò allo scrittore seguita a ruota dal suo fidanzato.

"Castle che ci fai qui?"

Appena l’uomo aprì bocca la detective sentì che il suo alito puzzava di alcool.

"Kate!" disse totalmente brillo "vedo che ti sei portata dietro il tuo chirurgo"

"Castle" lo salutò il medico.

"Josh"

"Beh Kate, forse è meglio se ci andiamo a sedere" propose il suo fidanzato tentando di allontanarla da Richard, senza riuscirci.

"Sì, tu prendi posto, io arrivo subito" rispose volendo parlare liberamente con Castle.

Josh si allontanò controvoglia e quando lei fu sicura che non poteva più sentirla si rivolse allo scrittore che intanto aveva già ordinato un altro giro di liquore.

"Castle! Che diavolo stai combinando?!" domandò preoccupata.

"Credevo fosse abbastanza ovvio…" cominciò per poi essere interrotto da un improvviso singhiozzo "affogo i dispiaceri nell’alcool, quelli che tu stessa mi hai dato!"

Per Beckett quelle parole furono un duro colpo. Castle era completamente sbronzo ed era solo colpa sua.

Aveva preso davvero male quello che era successo, c’era da aspettarselo ma non pensava fino a questo punto.

"Richard sei completamente ubriaco!" disse proprio mentre lui portava un’altra volta il bicchiere alle labbra.

"No, non bere. Basta" gli ordinò portandogli via il liquore dalle mani.

"Perché ti interessa tanto quello che faccio? Se non ricordo male hai detto tu stessa che non ti importa nulla di me"

"Castle ti prego… non è bevendo che si risolvono i problemi" cercò di convincerlo.

"E’ buffo detto da te" riprese lui "anche io lo credevo. Pensavo che parlandone si sarebbe risolto tutto e invece non è stato così"

Le sue parole se pur pronunciate mentre era ubriaco erano veritiere per questo facevano ancora più male.

Non sapeva più che cosa dire.

Intanto Josh si era seduto ad un tavolino in disparte tamburellando fastidiosamente le dita sul legno e mandando di tanto in tanto qualche occhiata fugace ai due al bancone.

Li vedeva parlare un po’ animatamente ma era troppo lontano per cogliere il filo del discorso.

"Kate forse è meglio se te ne vai. Il tuo fidanzato" parlò pronunciando quell’ultima parola con disgusto "ti sta aspettando. E non è carino da parte tua farlo attendere. Pare che lui abbia bisogno di te, subito.

Lo credevo in Africa, comunque"

"E’ tornato oggi" disse lei senza una benché minima punta di felicità nella voce.

"E siete usciti questa sera anche se tu non ne avevi voglia"

"Come fai a sapere che non volevo uscire?"

"Ti conosco. Sei come un libro aperto per me e riesco a capire che non sei contenta"

Kate abbassò lo sguardo sentendosi vulnerabile ai suoi occhi: riusciva a capire tutto di lei ed era come se le stesse facendo una radiografia.

Poi lui continuò: "Beh sono settimane che non vi vedete. Forse lui aveva bisogno di passare un po’ di tempo con te ed è talmente impegnato che non può aspettare che tu abbia voglia di uscire, no? Scommetto che tra poco ripartirà" disse con voce dura come se lo stesse condannando.

"Castle… io…" esitò senza sapere realmente che cosa dire "… è meglio se ti accompagno a casa"

"No! Vattene, Kate. È meglio per entrambi"

"Che cosa?! Se me ne vado riprenderai a bere!" ribatté lei decisa.

"Forse. Ma è l’unico modo per non pensare a te. Tu andrai per la tua strada ed io per la mia. È la cosa giusta da fare"

"Ma che stai dicendo?" domandò allarmata.

"Sto dicendo che è più saggio non vedersi più. Terminerò la mia collaborazione con il distretto al più presto così che non ci saranno più problemi"

"Non puoi farlo" Kate era sull’orlo delle lacrime: pensare di non vederlo più la distruggeva.

"Sì invece. So abbastanza per scrivere altre mille gialli su Nikki Heat. Non è più solo per i libri. Credo che tu questo l’abbia capito. E stamattina quando ti ho dato la conferma hai rovinato tutto. Semplicemente non ti interessa, non ti importa il motivo per cui ti sono rimasto accanto tutto questo tempo. E allora è inutile che io continui a sprecarne altro"

Kate cercò tutto l’autocontrollo di cui disponeva per ricacciare indietro le lacrime.

"Io non ce la faccio più a continuare a vederti sapendo che tutto ciò che voglio non potrà mai avverarsi. Se proprio devo sprecare altro tempo allora preferisco farlo qui, magari bevendo un sorso di liquore alla ciliegia che mi ricordi i bei momenti passati insieme a te" concluse bevendo da quel bicchiere che stavolta Kate non riuscì a sottrargli.

Con l’ennesima dose di alcool assunta sentì la testa girargli e un gran sonno impossessarsi di lui.

Gli occhi si chiusero, sentiva le palpebre farsi estremamente pesanti.

Posò il bicchiere tentando di reggersi in equilibrio su quello sgabello particolarmente alto.

"E’ davvero meglio se ti riporto a casa" disse Kate determinata a trascinarlo fuori di lì "così Alexis e Martha si occuperanno di te"

Lui cercò inutilmente di protestare mentre Josh, insospettito da quanto stava succedendo, si era avvicinato per chiedere spiegazioni.

"Sta troppo male per poter tornare a casa da solo" disse Kate "lo accompagno"

"Che cosa stai dicendo? Insomma la nostra serata fuori, il nostro appuntamento salta così, senza motivo?" domandò Josh sconcertato.

Lui ha bisogno di aiuto e io non ho alcuna intenzione di negarglielo" rispose convinta che fosse la cosa da fare.

"Kate è più di un mese che non ci vediamo e tu adesso perdi tutto il tempo che potremmo passare insieme solo per portare lui a casa?!"

"Josh, è ubriaco! Non è in grado neanche di tenere gli occhi aperti, figurati guidare. Se tu non vuoi darmi una mano lo accompagno da sola, puoi anche restare qui se preferisci!"

Beckett era seriamente sconvolta dal discorso senza senso del suo ragazzo. Come poteva non capire?

Poi si rivolse a Castle: "Riesci a camminare?".

L’uomo non rispose e si lasciò aiutare dalla detective a scendere dallo sgabello.

Fece pochi passi verso l’uscita ma d’improvviso la testa gli girò e le gambe divennero molli tanto da non riuscire più a sorreggere il peso del suo corpo.

Rick perse l’equilibrio rischiando di cadere: si aggrappò con una mano al bancone del bar ma aveva pochissima forza.

Kate che aveva capito quello che stava per succedere lo sorresse per quanto le fosse possibile: era davvero pesante!

Castle le cadde quasi addosso facendosi tenere di peso.

Sentì il forte profumo di ciliegia invadergli le narici, i loro corpi erano così vicini che quasi lui si spaventò di quello che sarebbe potuto accadere.

Lui stesso poco prima aveva cercato di allontanare Kate da sé ma per quanto lei le avesse fatto del male quella mattina lui sapeva di amarla moltissimo ed averla così vicino era una grande tentazione, altamente destabilizzante per il suo autocontrollo.

Lei, il suo profumo, i suoi capelli morbidi che gli stavano sfiorando il viso erano qualcosa di irresistibile, come un bicchiere di liquore per un alcolizzato.

Kate Beckett per lui era diventata come un droga a cui non aveva mai saputo dire di no.

In quegli istanti in cui si rese conto di quanto la distanza tra loro fosse minima scordò ogni cosa, aiutato forse anche dall’alcool, dimenticò come Kate lo avesse rifiutato quella mattina e il suo cuore prese a battere forte, pulsando.

Il desiderio di stringerla a sé era forte ma poi, proprio come si era dimenticato quelle tremende parole, queste vennero di nuovo a fargli visita, a bussare alla soglia della sua mente per poi entrare con forza, quasi irrompendo nei suoi pensieri.

Il dolore che provò fu di nuovo fortissimo e capì che non doveva più cercarla, che non doveva più tentare di convincerla perché se avesse fallito ci sarebbe rimasto troppo male.

Sapeva che probabilmente Kate non avrebbe cambiato idea ma dentro di sé sperava che lei gli volesse almeno un po’ di bene, anche solo come amico, quel tanto che sarebbe bastato per farle capire che gli doveva delle scuse.

Beckett dal canto suo si accorse che erano di nuovo vicini e i ricordi di quella notte riaffiorarono portando con sé paure, riflessioni, dubbi e domande a cui lei non riusciva a trovare una risposta.

Si ricordò delle sue carezze, dei suoi baci, di quelle attenzioni che le aveva dato, di quelle parole sussurrate a bassa voce ma che erano giunte al suo cuore come se fossero state urlate.

Le sentiva ancora rimbombare nella mente, nelle orecchie, nel cuore.

"Stai bene?" gli chiese preoccupata.

Entrambi, nello stesso istante, voltarono la testa e si ritrovarono occhi negli occhi, estremamente attaccati.

I loro respiri irregolari, mozzati da quell’improvvisa vicinanza si infrangevano l’uno sul viso dell’altra.

I loro nasi quasi si toccavano e tutti e due persero la capacità di parlare, di pensare.

Irrimediabilmente persi ad osservarsi cercavano di capire che cosa stesse passando per la mente dell’altro comunicando con gli occhi come solo loro sapevano fare.

Non c’era alcun bisogno di parole, frasi per capirsi: entrambi erano rimasti inevitabilmente scottati dagli eventi delle ultime ore e i loro pensieri non andavano di pari passo con le proprie emozioni.

Erano così impegnati a guardarsi che nessuno si accorse né si ricordò che Josh stava assistendo a quella che per loro era diventata una cosa quasi normale.

Neanche per descrivere lo sguardo del dottore c’era bisogno di parole: si capiva chiaramente quanto quell’abbraccio gli desse fastidio, quanto disapprovasse il rapporto che si era venuto a creare tra i due. Spinto dall’irrefrenabile voglia di separare la sua ragazza da chi se la stava letteralmente mangiando con gli occhi, Josh prese sottobraccio Castle per non far affaticare Kate, o almeno questa era la sua versione ufficiale.

Richard sentì solo un poco delicato strattone allontanarlo dalla sua musa e da quel suo profumo.

Per quanto non riuscisse a capire più di tanto quello che succedeva dal momento che era totalmente sbronzo sapeva che la persona che lo stava aiutando era il suo più grande nemico, l’unico ostacolo che gli impediva di rimanere abbracciato a Kate per sempre.

Avvertì un conato di vomito risalire su e per poco si trattenne da farlo uscire sulle scarpe del medico.

Pensò che avrebbe preferito stramazzare al suolo piuttosto che farsi aiutare da lui.

E mentre nella sua mente si affollavano questi pensieri, i tre uscivano dal locale sotto lo sguardo attendo ed enigmatico di Peter.

Note: Ecco a voi il quarto capitolo =)
Voi vedete la foto? Io ho avuto qualche serio problema e non so se la visualizza correttamente...
Grazie a tutti coloro che leggono e che recensiscono =D
A presto

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il momento della verità ***


Alcool & sentimenti

Capitolo 5- Il momento della verità

Appena usciti dal pub un venticello leggero li accolse facendo scompigliare i capelli di Kate mentre Rick camminava lentamente sorretto da Josh.

Lo aiutarono ad entrare nella macchina e Kate si sedette di fianco a lui nei sedili posteriori mentre il dottor-motocicletta era alla guida.

Castle appena seduto chiuse gli occhi cercando una posizione abbastanza comoda. Aveva la testa che gli scoppiava. Non riusciva più a pensare a nulla se non a quel dolore continuo e sempre più forte, portò una mano alla fronte massaggiandosi le tempie con le dita senza rendersi minimamente conto che la donna lo stesse osservando.

Kate rimaneva in silenzio lanciando qualche occhiata di tanto in tanto al suo fidanzato alla guida per poi soffermarsi su Rick: aveva il capo ciondolante reclinato all’indietro, appoggiato al poggiatesta e si stava massaggiando le tempie con le dita come in preda ad un forte mal di testa.

Non sapeva come comportarsi: aveva paura che cercando di parlargli avrebbe peggiorato le cose, sia con lui che con Josh.

Castle avvertì d’improvviso la donna muoversi al suo fianco sempre più vicina e man mano poteva sentire il suo profumo farsi più intenso.

Rimase immobile quasi senza respirare in attesa: non capiva quali fossero le intenzioni della detective.

Lei appoggiò delicatamente la mano sul suo ginocchio proprio come aveva fatto quella volta dopo il caso del triplice omicida e lui ricordava perfettamente come si era comportato in quell’occasione: aveva ricambiato quel gesto prendendole a sua volta la mano. Questa sera però non era sicuro che avrebbe avuto il coraggio.

Kate non disse nulla, rimase in attesa di un gesto da parte dell’uomo: forse era un modo per fargli capire che lei c’era, che era lì con lui, oppure un metodo silenzioso per chiedergli scusa di ciò che aveva fatto o ancora un modo per capire se Rick era davvero arrabbiato con lei.

Lo scrittore dopo un attimo di esitazione decise che era meglio non fare finta di nulla. Portò la mano accanto a quella di lei, la avvicinò sempre più, lentamente, fino a sfiorare la pelle morbida di Kate per poi stringerla e far incrociare le loro dita.

Socchiuse appena gli occhi e notò che anche Beckett, proprio come lui, si era persa ad osservare le loro dita le une intrecciate alle altre: le loro mani giunte sembravano un incastro perfetto, come se fossero parti complementari di un unico inscindibile pezzo.

Quel contatto nonostante tutto era piacevole e per un attimo fece dimenticare ad entrambi il luogo e la situazione in cui erano.

Poi come se si fossero risvegliati bruscamente da un sogno allontanarono contemporaneamente le loro mani aumentando la distanza tra i loro corpi ed evitando ogni tipo di contatto fisico.

Kate imbarazzata abbassò lo sguardo mentre Rick si trovò ad osservare la città che scorreva veloce davanti a suoi occhi fuori dal finestrino.

Si rese conto che ormai mancava poco a casa sua e mentre si perdeva in inutili riflessioni sentì un conato di vomito risalire su.

La donna si accorse dell’improvviso cambiamento di espressione sul viso di Castle e realizzò che cosa stava per succedere.

Anche Josh, che continuava di nascosto ad osservare di tanto in tanto i due con delle rapide occhiate nello specchietto retrovisore, capì che lo scrittore stava per rimettere: "Castle non vorrai mica vomitare nella mia macchina?!" disse con tono severo e altamente preoccupato per la sua auto.

"Troppo tardi" sussurrò Kate constatando che ormai il danno era fatto.

L’uomo alla guida sbuffò rumorosamente esprimendo il suo disappunto e la sua rabbia.

Quando giunsero sotto casa di Rick la donna lo aiutò ad uscire e lo accompagnò nel suo appartamento mentre Josh rimase lì, impotente ad osservare la sua bella macchina, sporca. E con in mente un’immagine che aveva visto qualche minuto prima: la mano di Kate stretta in quella di Castle.

Beckett uscì dall’appartamento di Rick circa una decina di minuti dopo.

Aveva lasciato l’uomo ad una Alexis preoccupa ed a una Martha pensierosa.

La detective aveva volutamente omesso molti dettagli come il vero motivo per cui Rick era ubriaco e aveva cercato di eludere le domande delle due donne che si facevano sempre più insistenti.

Quando tornò in auto trovò Josh con uno sguardo sconsolato ed abbattuto ma Beckett non ci fece più di tanto caso perché troppo impegnata a pensare ad altro.

Aveva voglia soltanto di andare a casa, farsi una doccia e poi infilarsi sotto le coperte per una bella dormita. Ma il suo fidanzato non era dello stesso avviso.

Prese la strada opposta rispetto a casa di Kate.

"Dove andiamo?" chiese lei stupita.

"Al pub" disse convinto il dottore come se fosse così ovvio da non dover neanche essere chiesto.

"Senti magari è meglio rinviare. Ho voglia di andare a casa, sono un po’ stanca"

"No" la risposta del suo fidanzato fu secca, severa e quasi fece spaventare la donna.

"Perché no?"

"Perché non permetterò a Castle di rovinarmi la serata. Mi ha già fatto perdere fin troppo tempo e non era di certo così che avevo pensato di passarla. Non voglio fare l’autista per poi trovarmi anche la macchina sporca di vomito"

"Era ubriaco … e quando si è sbronzi capita di vomitare" gli fece notare lei.

"Kate perché cerchi sempre di giustificarlo?!"

"Non lo sto giustificando! Sto solo dicendo che …"

"Che può succedere! E questo a casa mia si chiama giustificare!" sbottò adirato.

"Josh che diavolo succede? Perché sei così arrabbiato?"

L’uomo non rispose, si limitò a parcheggiare davanti al pub.

Poi scese dall’auto costringendo Kate a fare altrettanto.

Rientrarono nel locale e quando lei passò di fianco al bancone per andare a sedersi ad un tavolo si sentì trattenere per un braccio.

Si voltò trovandosi faccia a faccia con Peter che, dopo averla osservata per qualche istante, parlò: "Il tuo nome è Kate, giusto?"

"È Beckett" precisò lei.

"Come vuoi, Beckett" cominciò lui "non ti conosco e non sono qui per giudicarti ma ho passato quasi due ore con Richard e, anche se non so molto di lui, sono sicuro che non si merita quello che gli hai fatto"

Kate non rispose, in silenzio cercava di "digerire" quelle parole, che avevano una base di verità.

Poi Peter allentò la presa intorno al braccio e tornò a prestare attenzione al bicchiere di liquore sul bancone.

Kate passò oltre raggiungendo il suo fidanzato e sedendosi di fronte a lui ad un tavolino per due.

Un barista venne a prendere le ordinazioni: Josh si limitò ad una birra, Beckett invece optò per una vodka. Aveva bisogno di qualcosa di forte per superare tutto quello che le era successo in quella serata.

Cominciarono a parlare del più e del meno, non vedendosi da diverse settimane avrebbe dovuto avere molte cose da dirsi, ma lei rispondeva a monosillabi alle domande dell’uomo.

Non riusciva a parlare con lui, era distratta e pensava a Richard.

E Josh se ne rese conto.

"Kate, che hai? Sei distratta e non è da te bere vodka!" disse lui.

La donna aveva già bevuto un bicchiere e ne aveva ordinato un altro.

"Va tutto bene" finse lei "sono solo un po’ stanca"

"No, non va tutto bene! Sei strana, non parli, pensi ad altro. Sono settimane che non ci incontriamo e dovresti essere contenta di vedermi, invece mi sembra che non ti faccia minimamente piacere che io sia tornato"

"Non è questo …"

"E che cos’è allora? È colpa di Castle, vero?"

"Che cosa stai dicendo? Perché deve essere colpa di Rick?"

"Sei già passata a chiamarlo Rick?!"

"Non ha alcuna importanza"

"Sì, ne ha invece. Questa sera è andato tutto storto ed è tutto a causa sua. Non riusciamo più neanche a parlare senza litigare"

"Beh questo non credo sia a causa sua!" disse Beckett bevendo tutto di un fiato il terzo bicchiere di vodka.

"No, certo. Lo giustifichi sempre. Sei cambiata in quest’ultimo periodo, Kate. E poi ho visto come lui ti stringeva la mano in macchina"

Beckett non pensava che lui l’avesse notato.

"Era soltanto un gesto d’amicizia. È un buon amico e mi ha aiutato parecchio in questo periodo. Ho sofferto molto negli ultimi tempi e lui a differenza tua c’è sempre stato per darmi una mano" disse lei.

"Mi dispiace, che cosa ti è successo? Non me ne hai parlato"

"Mi sembra che non ho avuto molto tempo per parlartene"

"Kate perché sei arrabbiata con me? Perché lo sei, vero?"

"Sì. Sono arrabbiata"

"Perché?"

"Come perché?! Sei sempre via, o in Africa o da qualche altra parte del mondo, non ci sei mai. Quando ho più bisogno di aiuto tu non ci sei!"

Kate era davvero arrabbiata. Lui aveva in testa solo il suo lavoro e quelle poche volte che tornava non riusciva neanche a capire che lei poteva non aver voglia di uscire o di passare la serata fuori.

"E’ il mio lavoro, lo sai. Abbiamo già fatto questo discorso"

"La verità è che tu metti il tuo lavoro al primo posto, prima di qualsiasi cosa! E non ti rendi conto che questo tuo comportamento mi fa male!"

"Kate che cosa ti è successo in questo periodo di così terribile che io non so?!

"Riguarda mia madre" disse Kate prendendo un altro sorso di liquore con un filo di tristezza nella voce.

"Non capisco: mi avevi detto che tua madre è morta. Come può aver a che fare con lei?"

"Sì mia madre è morta. Ma tu non sai come è successo"

"Non me l’hai mai detto. Non hai mai parlato volentieri di lei e io ho preferito non chiedere per non farti soffrire"

"Lei è stata uccisa. Molti anni fa, l’hanno pugnalata e lasciata a morire in un vicolo. L’assassino non è mai stato trovato. E nell’ultimo periodo sono uscite nuove informazioni sul suo caso irrisolto. Il suo omicidio è stato il motivo che mi ha spinto a diventare una poliziotta. Ho sempre voluto trovare chi me l’aveva portata via" raccontò Kate sentendo gli occhi riempirsi di lacrime al ricordo della morte di sua madre.

"Mi dispiace" sussurrò Josh.

"Ho passato moltissimi anni della mia carriera a studiare ogni singolo dettaglio del suo caso senza mai venirne a capo"

"E che cosa ha a che fare tutto questo con Castle?"

"Lui mi ha aiutato moltissimo. In questo periodo e anche prima. È il mio miglior amico e so che posso sempre contare su di lui"

"Quindi lui è al corrente di tutto? Hai detto ogni cosa a lui e non a me?!" domandò Josh irritato.

"Sì. Ma lo conosco da tre anni ormai e sapevo di potermi fidare. Mi ha aiutato molto confidarmi con lui. E pensare che la prima volta che l’ho incontrato lo odiavo. Era così insopportabile!" sorrise al ricordo del giorno in cui aveva conosciuto lo scrittore.

"Sì, come no. Come può mai averti aiutato così tanto?!"

"Josh se ora sono abbastanza spensierata è grazie a lui. Da quando sono entrata in polizia ho passato ogni secondo libero a indagare sul caso di mia madre fino a quando ho capito che se non avessi smesso sarei diventata matta. Ho lasciato perdere ma è stato un periodo difficilissimo della mia vita. Non avevo voglia né di ridere, né di scherzare. Andavo al lavoro tutti i giorni, tornavo a casa, facevo sempre le stesse cose. Ogni giornata era uguale all’altra, non avevo amici, non uscivo praticamente mai. Ero sempre completamente sola. Poi è arrivato Castle. Sono stata io a cercarlo. Avevano commesso un omicidio e la scena del crimine era identica a quella descritta da lui in un suo libro. Al tempo lo conoscevo solo di fama e avevo letto tutto quello che aveva scritto. Sono andata a prenderlo al party del suo libro e lo portato al distretto per fargli domande. Lui ha cominciato a collaborare con il dipartimento, diceva che gli avevo dato lo spunto per riprendere a scrivere dopo il suo ultimo libro su Derrick Storm. Si è fatto dare il permesso dal sindaco per seguirmi ovunque e da allora non me lo sono mai più scollato di dosso. All’inizio lo trovavo irritante, la sua presenza mi dava fastidio e odiavo le sue stupide battute. Ma poi a poco a poco mi ha fatto tornare la voglia di ridere. È l’unico che riusciva a strapparmi un sorriso e si è fatto strada lentamente ottenendo l’amicizia di tutti al distretto. Anche la mia!

Ma mi ha fatto arrabbiare così tante volte. Non obbedisce mai, fa sempre di testa sua ma è divertente. E ho imparato a conoscerlo meglio piano piano, a scoprire chi è veramente. Non è come dicono i giornali. È sì un bambino, scherza di continuo ma sa quando è il momento di essere seri. Mi ha salvato la vita moltissime volte ed è grazie a lui se ora parlare del caso di mia madre mi fa un po’ meno male. Mi ha portato via da quel baratro in cui ero caduta. Chissà come sarebbe la mia vita se non lo avessi mai incontrato, magari ne sarei uscita ugualmente ma sono sicura che non sarebbe così bella" spiegò Beckett persa nel suo discorso, quasi se fosse più una confessione fatta a sé stessa piuttosto che al suo fidanzato.

"Kate, io ho visto come lui ti guarda e non è come farebbe un semplice amico. Quindi vorrei solo che tu gli parlassi"

"Parlargli di cosa?"

"Devi dirgli la verità. Si vede lontano un miglio che è cotto di te. Non è mai riuscito a nasconderlo, anche se tenta di mascherarlo in tutti i modi. Si capisce da come ti osserva, da come si comporta quando ci sono io, è geloso marcio. Vorrei che tu gli dicessi che si mettesse il cuore in pace. Non deve provarci con te, devi dirgli che non c’è niente tra voi due e che deve smetterla di mangiarti con gli occhi. Lui può sperare fin che vuole ma non ti avrà mai"

"Che stai dicendo?!" chiese lei confusa da quel suo discorso.

"Andiamo, Kate! Non fingere di non essertene accorta. Non si può continuare così, e detto sinceramente mi da fastidio che lui guardi la mia fidanzata in quel modo"

"Josh io non …"

Beckett non sapeva più cosa dire, né riusciva più a pensare lucidamente. Forse per colpa dei troppi bicchieri di vodka che aveva bevuto e del mal di testa che il liquore le aveva provocato.

In quell’istante rifletteva sulle parole di Josh e si rese conto che non avrebbe mai potuto dire una cosa del genere a Castle, non di nuovo.

Perché l’aveva già fatto quella mattina, mentendo spudoratamente, e dirlo le era costato molto.

Rimase immobile senza riuscire a rispondere al dottore.

Lui si insospettì di quello strano silenzio che era calato tra loro rendendosi conto che forse non era soltanto Castle a provare quel sentimento.

Il dubbio che Kate corrispondesse quei sentimenti si fece largo nella sua mente facendogli ricordare diversi episodi che si mostrarono a lui sotto una prospettiva diversa. E ripensando a quegli eventi da quell’altro punto di vista ogni tassello andava al suo posto, tutto si incastrava perfettamente, assumendo un significato totalmente diverso.

"Perché tu non …" cominciò il medico.

Kate sollevò lo sguardo incrociando quello di lui, in silenzio.

Un silenzio che valeva più di mille parole.

"… tu non provi nulla per lui, vero?" continuò.

"Non lo so, Josh. Non so più nulla in questi giorni" sussurrò lei abbassando lo sguardo.

"Ora tutto ha un senso. Le vostre mani unite in macchina, gli sguardi che vi siete scambiati nel pub, la tua preoccupazione per lui quando beveva … da quanto va avanti tutto questo?! Da quando siete rimasti chiusi in quella cella frigorifera? Ora tutto ha senso. La posizione in cui eravate quando vi ho trovati per portarvi via da lì, completamente abbracciati, stretti l’uno all’altro"

"Faceva freddo, stavamo morendo congelati …."

"No, non era solo per quello. Lui aveva una mano tra i tuoi capelli come se li avesse appena accarezzati, e poi anche una volta fuori, appena lui si è svegliato ha chiesto di te. Io mi sono auto convinto che non c’era nulla tra voi ma forse mi sono sempre sbagliato" disse con aria infinitamente triste.

Kate fece per parlare ma lui la interruppe.

"Che cos’ho io in meno di lui?" domandò.

"Oggettivamente nulla. Non è colpa tua. Solo non sei lui. Non sei Richard Castle, e non posso farci nulla. Io lo amo e basta. Ho tentato di negarlo anche a me stessa ma non posso continuare a mentire. Mi dispiace" rispose.

L’uomo annuì in silenzio per poi alzarsi dal tavolo e sparire per sempre dalla sua vita.


 

Note: Buon giorno!!!!!

Ecco a voi il quinto capitolo!

Un rigraziamento a tutti coloro che leggono, recensiscono: siete fantastici/che!!!

A presto =)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sentimenti ***


 

Alcool & sentimenti

Capitolo 6- Sentimenti

Kate tornò a casa dopo la discussione con Josh.

Lui se ne era andato via con la sua auto lasciandola a piedi.

Fortunatamente, però, aveva convinto Castle a farsi dare le chiavi della macchina con cui era andato al pub, dicendogli che gliela avrebbe riportata il giorno seguente visto che lui non era assolutamente in grado di guidare.

Sorrise quando si trovò di fronte alla splendida Ferrari rossa.

Se lui fosse stato lì con lei si sarebbe assolutamente spaventato dopo la volta che lei l’aveva guidata per l’operazione in quella discoteca.

Kate pensò che un bel giro su quell’auto non poteva far altro che migliorare un pochino il suo umore e salì all’interno della lussuosissima decappottabile.

Premette il pedale dell’acceleratore sentendo sotto il suo piede quel potente motore al suo controllo.

Partì di scatto guidando spericolatamente per le vie di New York mentre l’aria le scompigliava i capelli dandogli la sensazione di essere libera.

Rallentò al semaforo rosso e mentre attendeva si rilassò contro quel comodissimo sedile in pelle appoggiando il capo al poggiatesta.

Improvvisamente sentì un profumo a lei famigliare riempirle le narici: quello di Rick.

Si ricordò del proprietario dell’auto e un triste pensiero attraversò la sua mente. Sapeva di non essersi comportata bene con lui: tutte quelle parole che gli aveva detto l’avevano ferito profondamente, molto più di quanto lei si aspettasse.

Si vergognava per ciò che aveva fatto soprattutto perché aveva mentito spudoratamente e poi era tutta colpa sua se lui aveva deciso di ubriacarsi.

Quando scattò il verde la donna premette l’acceleratore a tavoletta sfrecciando tra il traffico e arrivando a casa sua in un battibaleno.

Salì nel suo appartamento ripensando a come la sua vita era cambiata in poche ore.

Aveva lasciato il suo fidanzato e questo non la rattristava come avrebbe dovuto.

Si era davvero resa conto che non lo amava e improvvisamente capì che non poteva continuare ad illuderlo.

Poi le parole che Josh aveva pronunciato avevano fatto scattare in lei una molla facendogli confessare il suo amore per Castle.

Sapeva che aveva rifiutato Richard per paura: c’era sempre quella parte di lei che temeva di rimanere bruciata da quel sentimento così forte e così profondo che la legava allo scrittore.

Aveva sempre saputo di essere una donna complicata, anzi a volte neanche lei stessa comprendeva la ragione per cui si comportava in un certo modo.

Era difficile capirla, così tanto che mai nessuno ci era riuscito completamente. Nessuno tranne Rick.

Lui la comprendeva fino in fondo, la conosceva, sapeva perfettamente di cosa lei aveva bisogno in qualsiasi momento, sapeva quando voleva sentire parole di conforto e lui aveva sempre quelle giuste da dire.

Forse era per questo che una possibile relazione con Richard la spaventava così tanto, forse perché lo amava come nessun altro prima e sapeva per esperienza personale che tutte le persone a cui voleva più bene finivano ammazzate oppure scomparivano abbandonandola.

E il solo pensiero che questo potesse succedere anche con Richard la mandava in panico.

In fondo sapeva che poteva fidarsi, lui le aveva dimostrato la sua lealtà in moltissime occasioni.

Eppure c’era sempre qualcosa che la tratteneva.

Con lui tutto era diverso e lui era l’unico in grado di farle perdere il controllo.

Sì, era questo che faceva Richard Castle, minava alla sua razionalità, metteva a dura prova il suo autocontrollo ogni giorno.

Ogni volta che la stuzzicava con battutine provocanti e maliziose, ogni volta che invadeva il suo "spazio personale", ogni volta che i loro sguardi si incrociavano perdendosi l’uno dentro all’altro.

E Kate odiava perdere il controllo.

La faceva sentire vulnerabile, debole, umana.

Sì, la faceva come tutte le altre donne che non sapevano resistere al fascino dell’attraente scrittore, ma lei non era come tutte le altre.

Lei non cadeva ai piedi della prima persona famosa, lei non lo aveva mai fatto.

E sapere dentro di sé di essere inevitabilmente attratta da lui la mandava in tilt. Non riusciva a stare senza di lui per troppo tempo, aveva un bisogno costante della sua presenza, della sua allegria, delle sue occhiate insistenti.

Per quanto lei dicesse di non sopportare quando lui la fissava insistentemente non era affatto vero.

Adorava avere il suo sguardo puntato addosso, anche e soprattutto quando era vestita in modo più femminile, come quella sera in discoteca: sapeva perfettamente che lui le aveva fissato il suo fondoschiena e le aveva fatto molto piacere.

La faceva sentire bella, desiderata, amata e adorava vedere Rick pendere dalle sue labbra o ancora stuzzicarlo e sussurrare sensualmente al suo orecchio per poi deliziarsi di quel suo sguardo perso e un po’ sognante.

Sapeva di avere un certo effetto su di lui e la cosa era assolutamente ricambiata.

Ripensare a quella notte insieme le provocava ancora dei lunghi brividi ed era consapevole di desiderare ancora quelle sue carezze e attenzioni.

Beckett si coricò ritrovandosi a pensare a quanto sarebbe stato bello avere Rick al suo fianco, nello stesso letto, desiderò di rimanere abbracciata a lui e di sentire di nuovo le sue mani accarezzarle il corpo e percepire ancora le sue labbra dischiuse posare lunghi baci infuocati sulla sua pelle.

Sapeva che tutto ciò non era possibile e che lei stessa aveva gettato all’aria l’unica sua possibilità la stessa mattina.

E questo la faceva stare male, maledettamente male.

Mentre una lacrima scendeva giù rigando la sua guancia realizzò di sentirsi sola, come mai prima d’ora.

 

Il mattino seguente Rick si svegliò con un grandissimo mal di testa e nessuna voglia di spiegare a Martha ed Alexis il perché del suo gesto.

Per fortuna la figlia era già uscita per andare a scuola: per lui era un problema in meno in quell’istante.

La voce di Martha lo riportò alla realtà: "Richard ti sei svegliato!" disse sollevata sedendosi sul bordo del letto accanto al figlio.

Rick annuì semplicemente, già pronto ad una raffica di domande che non sarebbero tardate ad arrivare.

"Come stai?" gli chiese.

"Ho una maledetta emicrania che mi sta uccidendo" rispose l’uomo.

"Così impari ad ubriacarti! Che cosa ti è saltato in mente?! Che cosa pensavi di fare? Per quale motivo? Io e Alexis eravamo così preoccupate per te!"

"Mamma tu sei la prima ad ubriacarsi e accade sicuramente più spesso di quanto succeda a me …"

"E’ proprio questo il punto. Non è da te, quindi se l’hai fatto deve esserci un motivo particolare oppure eri più fuori di testa del solito"

"Grazie per la alta reputazione che hai di me" disse sarcastico "comunque ero depresso e completamente giù di morale"

"Perché?! Meno male che Kate è capitata per caso nello stesso locale e ti ha riportato a casa sano e salvo!"

La donna notò l’improvviso cambiamento di espressione del volto del figlio appena pronunciò quel nome.

"Non mi dire che lei c’entra con tutto questo! Che diavolo è successo?!" domandò sempre più allarmata.

"Nulla" disse lui vago.

"Richard Alexander Rodgers!" sbraitò "dimmi subito che cosa hai fatto!"

Quando pronunciava il suo nome per intero voleva dire una sola cosa: guai in vista.

Rick sospirò sconsolato: "L’altra sera quando siamo usciti dal distretto diluviava e Kate mi ha riportato a casa. Con quel tempo non me la sono sentito di lasciarla andare e così le ho proposto di salire. Eravamo bagnati fradici. Lei è andata a farsi una doccia e poi … beh alla fine ci siamo baciati. E non

solo …"

"Vuoi dire che …" la donna lasciò in sospeso la frase un po’ stupita.

"Sì" riprese lui "e la mattina dopo lei si è tirata indietro dicendo che era stato un terribile sbaglio"

Man mano che proseguiva nel suo racconto il dolore tornava a fargli visita.

"Forse ha solo paura. Insomma lei è fidanzata. Non è semplice"

"Lo so. Ma … Josh non c’è mai per lei, quando ha più bisogno di lui guarda caso non è mai a New York. Mette il suo lavoro prima di tutto e la trascura. Non è felice con lui, me lo ha quasi detto lei stessa quando siamo stati bloccati in quella specie di tenda dopo essere stati esposti alle radiazioni della bomba sporca. Lei vorrebbe un uomo al suo fianco che la protegga, che sia presente, con cui poter vivere una relazione. Eppure nonostante tutto rimane ancora con il suo dottor-motocicletta …"

"Dalle tempo. Vedrai che si risolverà tutto. Sono sicura che lei ti considera molto più di un buon amico"

E dopo quelle parole uscì dalla stanza lasciando Rick solo con i suoi pensieri.

 

Quel pomeriggio Kate decise di portare le chiavi della lussuosissima Ferrari al suo legittimo proprietario. Dopo aver preso l’ascensore ed essere arrivata al piano dell’appartamento dello scrittore indugiò appena fuori dalla porta.

Allungò il dito decisa a premere quel maledetto campanello ma poi si bloccò. Aveva troppo paura.

Sentiva il cuore in gola battergli forte dall’agitazione, non sapeva come avrebbe reagito Rick alla sua visita.

Prese un lungo respirò e suonò ripetendosi dentro la testa: "Non è difficile. Basta che sorridi gli dai le chiavi e scappi. Beh, magari potresti aggiungere un mi dispiace che non guasterebbe per niente"

La porta si aprì e a Kate mancò il respiro per qualche attimo. Sulla soglia di casa apparve Martha che indossava il suo inseparabile impermeabile verde.

"Ciao Kate!" la salutò "se cerchi Richard è in salotto. Scusa ma stavo uscendo perché ho un appuntamento. Stammi bene cara"

E sparì prima che la detective riuscisse a spiccicare parola.

Entrò con un po’ di paura in casa cercando l’uomo.

Era seduto sul divano ma appena capì che lei era entrata si alzò e le andò incontro.

"Ciao Castle"

"Beckett" rispose lui un po’ gelido.

Aveva decisamente una brutta cera.

"Come … stai?" chiese titubante.

"Bene" disse lui senza alcun sentimento nella voce "e tu?"

"Bene"

Poi il silenzio calò tra di loro.

"Ehm … ecco … ero venuta per darti le chiavi della macchina. L’ho parcheggiata di fronte al palazzo" disse la donna.

"Grazie" rispose l’uomo prendendo le chiavi dalla mano della donna.

Le loro dita si sfiorarono per un istante provocando ad entrambi un lungo brivido.

Un istante che bastò loro per far ricordare ad entrambi tutto quello che era successo in un rapido flash.

Si persero l’uno nello sguardo dell’altro consapevoli che stavano rivivendo le stesse forti emozioni che erano al tempo stesso tanto belle quanto dolorose.

Poi Beckett abbassò lo sguardo e quel contatto tra la loro pelle svanì così come era arrivato.

"Senti … ti sei ripreso dalla sbronza?"

"Sì da quella sì. È da qualcos’altro che non mi sono ancora ripreso" commentò.

Beckett si sentì malissimo a quelle parole. Sapeva perfettamente a cosa si riferiva.

"Senti … volevo dirti che mi dispiace per quello che ho fatto. Davvero tanto. È che …" sussurrò.

"E’ cosa, Kate?!"

"Io … è tutto così complicato che …"

"No, non è complicato. Sei tu che lo rendi difficile e non riesco a capire il perché"

"Io sempre avuto paura a lasciarmi andare … dopo che mia madre è morta ho sempre temuto che …"

"Kate so bene che è tutto difficile per te ma non puoi continuare così. So che hai sofferto e soffri tutt’ora moltissimo per quello che ti è successo ma non puoi continuare a mentire, a negare tutto ciò che provi …"

Voleva uscire di lì al più presto: sentiva le lacrime voler uscire e stare troppo vicino a lui faceva ancora più male.

"Sì, torna da Josh. Sono sicuro che ti sta aspettando!"

"Josh non c’entra nulla!"

"A davvero?!"

"L’ho lasciato, ieri sera" confessò sentendo una lacrima scivolare giù.

La asciugò velocemente con il dorso della mano e poi riprese: "Vorrei solo che tutto tornasse come prima. Vorrei che tutto questo non compromettesse la nostra amicizia, il rapporto che abbiamo creato in questi anni"

Castle si limitò a scuotere il capo con disapprovazione.

"Mi chiedevo se … quando ti sentirai meglio tornerai al distretto" disse la detective evitando di incrociare gli occhi dell’altro.

"Non ci riesco. Non ce la faccio …" la voce di Rick era incredibilmente triste e aveva gli occhi lucidi "… non posso pensare di tornare lì, guardarti lavorare, seguirti ovunque senza pensare a ciò che è successo. Fa troppo male sapere che non ti riavrò mai più, era meglio vivere con l’illusione che magari un giorno saresti potuta diventare mia. Ma così è troppo duro. Perché me lo chiedi?"

"Beh perché hai tanti amici al distretto e sono sicura che a Ryan ed Esposito dispiacerà molto perdere il loro amico …"

"Ryan ed Esposito non c’entrano nulla. Sono miei amici e continueranno ad esserlo anche se non verrò più al distretto. Tutto questo riguarda soltanto me e te, e nessun’altro. Quindi se il tuo unico problema è per i miei amici al distretto non credo che abbiamo altro da dirci"

Le sue parole erano estremamente dure ma veritiere.

"No. Non è l’unico problema. La verità è che so che non averti al distretto mi mancherà. Ma se non vorrai più venire, beh, posso capirlo" disse arrendendosi.

"Kate, io non lo so. Non riesco più a capire nulla. Vorrei solo che tu non fossi così incerta, indecisa. Quello che mi hai detto fa troppo male. Mi piacerebbe che smettessi di indossare quella maschera che caratterizza la fredda e gelida Beckett e che imparassi a comportarti come Kate. Quella che è fragile e forte al tempo stesso, quella che non molla mai, quella che nonostante tutto ha ancora voglia di ridere. Io sono sicuro che Kate non ha nessun problema ad amare, ha soltanto paura di lasciarsi amare. Ha paura che il ‘troppo’ amore possa far male e questo io non riesco a capirlo. Forse proprio come te ho bisogno di tempo per schiarirmi le idee, per capire e credo che in quel periodo sia meglio evitare di vederci" disse.

Beckett non rispose si limitò ad annuire per poi uscire al più presto da quell’appartamento.

Quando entrò in ascensore si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare giù fino a trovarsi quasi inginocchiata mentre le lacrime scendeva copiose sul suo viso.

 

Kate tornò al distretto il giorno dopo e continuò a farlo per altri due noiosissimi mesi.

Due mesi in cui non aveva avuto più nessun tipo di contatto con Castle e cercava sempre di evitare di parlarne.

Ryan ed Esposito sapevano che avevano litigato come mai prima d’ora e capivano quando Kate stesse soffrendo anche se tentava di non darlo a vedere. Loro cercavano in qualche modo di esserle d’aiuto e per questo evitavano di chiedere di lui.

La donna passava le sue giornate chiusa tra quelle quattro mura del 12esimo con aria afflitta e spenta. Sorrideva poco e rideva di rado, non passò giorno in cui non pensò a Rick e a quello che era successo.

Le capitava di piangere qualche volta ma solo a casa, come sempre al lavoro non si lasciava trasportare dalle emozioni.

Ma la mattina di due mesi esatti dopo l’ultimo incontro con Castle sembrava che tutto il mondo ce l’avesse con lei e tutte le sfortune si erano messe di comune accordo per minare l’umore di Kate Beckett.

Era rimasta imbottigliata nel traffico, aveva trovato parcheggio lontanissimo, si era rotta un tacco della scarpa, il suo computer si era rotto e ora quella maledetta fotocopiatrice si rifiutava di fare il suo lavoro.

Stava davvero perdendo la pazienza.

Litigava con quella stupida macchina e la voglia di tirarle un calcio era davvero tanta.

Chiuse gli occhi tentando di calmarsi e di respirare profondamente con l’unico risultato di emettere un acuto strillo di disperazione.

Ryan ed Esposito accorsero da lei in un battibaleno preoccupati.

"Va tutto bene?" chiesero contemporaneamente.

"Sì" sospirò lei con le mani tra i capelli "scusate, è che è una giornata no"

Poi si diresse verso il bagno tentando di riacquistare un minimo di autocontrollo.

Si lasciò sfuggire molte lacrime e qualche singhiozzo.

Poi dopo essersi ripresa tornò alla scrivania e riprese a firmare le sua carte.

Alle sei di sera uscì dal distretto esausta sognando una bella dormita rigenerante. Le porte dell’ascensore si chiusero e lei tirò un sospiro di sollievo.

Finalmente quella giornata era finita e non le avrebbe più rivelato grandi sorprese.

Ancora non sapeva quanto si sbagliava.

Note: ed ecco qui il sesto capitolo....
Ormai la fine è vicina... al prossimo...
e vi prego non tiratemi niente per il comportamento di Rick xD
Grazie a tutti sopprattutto alla mia consulente di fiducia =)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Due mesi dopo-Prima parte ***


http://i55.tinypic.com/2daztyt.jpg

 

Alcool & sentimenti

Capitolo 7- Due mesi dopo - Prima parte

Kate uscì dal distretto e si incamminò a piedi verso casa sua mischiandosi tra la folla della caotica città. Il sole splendeva alto nel cielo e finalmente si iniziava a sentire quel piacevole calore di fine primavera.

La detective camminava rapidamente a zig-zag tra la marea di gente che accalcava il marciapiede: turisti, distinti uomini d’affari, bambini, donne che ammiravano le vetrine e altre cariche di borse della spesa, pendolari di corsa che cercavano di non perdere la metro.

A Kate in un certo senso piaceva vivere in quella grande città dove praticamente nessuno ti conosce e soprattutto nessuno sa tutte le tue vicende personali.

Era raro passeggiare per New York ed incontrare qualche conoscente, anzi praticamente impossibile.

Ma a volte il destino fa si che vai incontro alla persona che non vorresti vedere, a quella che cerchi disperatamente di dimenticare, a volte il destino è crudele altre invece ti offre una seconda chance.

La donna continuava il suo cammino sovrappensiero mentre guardava distrattamente il sole fare capolino tra i grattacieli.

Non si accorse della persona che camminava in senso opposto al suo finché non andò a sbatterci contro.

"Ahia!" si lamentò la donna "guarda dove cammini!"

Solo quando alzò lo sguardo e incrociò due splendidi occhi azzurri realizzò chi era veramente.

"Castle?!"

"Beckett?!"

Si fissarono per qualche istante stupiti di trovarsi lì, l’uno di fronte all’altra.

"Che coincidenza!" dissero in contemporanea.

Di certo non erano bastati due mesi di forzata lontananza per sminuire la loro particolare ‘connessione’ che li caratterizzava.

"Come va?" chiese Kate.

"Bene e tu?" rispose l’uomo senza troppo entusiasmo.

Non stava affatto bene.

Quei due mesi erano stati un inferno.

Non aveva più voglia di uscire, né di scherzare, non riusciva neanche a scrivere senza che il dolore lo invadesse.

Era inevitabile: aveva perso la sua Kate nel peggiore dei modi e niente musa niente ispirazione.

"Bene" commentò lei.

Poi il silenzio calò tra loro.

Ad interrompere quel momento fu la voce insistente di una donna.

"Ma lei … lei è … è Richard Castle!" esclamò questa tutta contenta per aver incontrato il suo idolo.

"Mi fa un autografo?"

"Certo!" disse lui prendendo carta e penna che quella tipa gli stava porgendo.

Beckett la squadrò: abbastanza alta, bionda con gli occhi azzurri, vestita elegantemente con un’ampia scollatura.

A Kate non piaceva per niente.

Continuava a fissare Rick con aria adorante e sembrava volerselo mangiare con gli occhi. E come se non bastasse si mordeva anche il labbro inferiore.

Beckett sentì un’ondata di gelosia invaderla: solo lei si mordeva il labbro quando flirtava con lui.

Anche Castle lo notò.

E la prima cosa che attraversò la sua mente fu l’immagine di Kate che si comportava allo stesso modo e non poté non pensare che la sua musa era molto più bella, più accattivante e più sensuale di quella donna.

Si perché quando Beckett si perdeva nei suoi occhi, quando si mordeva il labbro, quando lo provocava con battute maliziose era davvero sexy e quella donna non poteva di certo reggere il confronto.

Ma all’uomo non sfuggì neanche l’espressione di Kate in quel momento.

Sapeva che Kate era gelosa e decise di infastidirla un po’ quasi come se fosse una piccola vendetta.

Forse voleva che anche lei provasse cosa volesse dire essere gelosi davvero, restare inerme ad osservare la persona che si ama flirtare con un’altra.

In fondo era quello che lui provava da tre anni: con Sorrenson, con Demming, con Josh.

Rivolse tuta l’attenzione a quella fan: "Come ti chiami?" le chiese con voce volutamente più sensuale del dovuto.

"Sandy"

"Bene, Sandy" commentò mentre cominciava il suo autografo con tanto di dedica.

Kate si sentiva morire dentro.

Vedere le occhiate che i due si scambiavano senza poter far nulla la faceva impazzire.

Quando concluse l’autografo Sandy gli lasciò un biglietto da visita: "Chiamami" disse.

"Contaci" rispose l’uomo intascando il biglietto e guardando andare via la donna che camminava in modo provocante solo per mettersi in mostra.

Quando smise di osservare Sandy si rivolse nuovamente a Kate: "Che fai? Vai a casa a piedi?"

"Io sì. Tu invece che fai? Segui Sandy?" chiese pronunciando quel nome con una punta di disprezzo.

"Che c’è detective? Sei gelosa per caso?"

"Certo che no" affermò orgogliosa.

Non l’avrebbe mai ammesso.

"Bene, allora non ti dispiace se stasera la chiamo e la invito a cena fuori"

"Certo che no" mentì.

"Bene!"

"Bene!"

E si allontanarono in direzione opposta.

Beckett ebbe il tempo di fare due passi che si sentì chiamare: "Kate"

Lei si voltò lentamente ritrovando Rick che la fissava.

"Che ne dici se ti accompagno a casa?"

"Non volevi chiedere un appuntamento a quella donna?"

"Posso anche farlo un’altra volta"

"Ok" acconsentì ma solo perché non voleva neanche immaginare Rick tra le grinfie di quella fan.

Camminarono fianco a fianco per un po’ in silenzio ma poi cominciarono a parlare del più e del meno quasi come ai vecchi tempi.

Era ormai ora di cena quando passarono di fronte al Remy che attirava la gente con il suo buon profumo e una grande insegna luminosa.

Rick indicò il locale ricordandosi di quella sera in cui ci era andato con Kate dopo aver risolto l’ennesimo caso, e soprattutto dopo aver abbandonato al ristorante il pompiere e la donna ritenuta da un famoso quotidiano la single più desiderata di New York.

"Che ne dici se ci fermiamo a prendere qualcosa?" domandò lui affamato.

"Sempre a pensare al tuo stomaco, eh Castle?" lo punzecchiò inarcando un sopracciglio "ok, d’accordo" acconsentì poi.

Poco dopo i due uscirono dal locale con due hot dog.

Durante il tragitto che mancava per arrivare a casa di Kate parlarono e scherzarono ridendo come matti.

Beckett non l’avrebbe mai ammesso ma rincontrarlo le aveva fatto molto piacere e quando arrivarono a destinazione avrebbe voluto che la casa distasse ancora chilometri solo per poter passare più tempo con lui.

Tirò fuori le chiavi ed aprì il portone voltandosi poi verso Rick: "Grazie. Per la compagnia e per la chiacchierata"

Lui sorrise, in realtà era un po’ triste al pensiero di doversi nuovamente separare da lei.

Nonostante gli avesse fatto male continuava ad amarla, ogni giorno di più.

"Senti …" iniziò lei " … è da un po’ che ho una buona bottiglia di vino in casa ma non so mai con chi berla e non ho voglia di farlo da sola. Pensavo che, se ti va, potresti salire cinque minuti e berla con me"

"Ok" rispose lo scrittore felice che la sua musa gli avesse chiesto di restare.

Lei gli sorrise e lui non poté che fare altrettanto perché tutte le volte che Kate Beckett gli sorrideva lo stregava e in quel momento capiva che non avrebbe voluto niente senza di lei.

Note: Buongiorno! Ecco a voi il penultimo capitolo.... è un po' più corto rispetto agli altri ma originariamente il capitolo doveva già essere l'ultimo, poi però si è allungato troppo mentre scrivevo e l'ho interrotto qui....

Mi sa che ho detto tutto anche perchè dopo la visione del nuovo promo non riesco a dire niente di più (di sensato xD)

Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno letto e/o commentato =)

Spero davvero che vi piaccia!

Un grazie particolare alla mia consulente Amy e a Foxi.

Buona giornata a tutti =)

Ps: sono riuscita a inserire la foto!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Due mesi dopo-Seconda parte ***


http://i55.tinypic.com/2daztyt.jpg 

Alcool & sentimenti

 

Capitolo 8- Due mesi dopo - Seconda parte

 

Kate e Rick salirono nell’appartamento e la donna andò a prendere la bottiglia stappandola.

Si sedettero sul divano, entrambi un bicchiere a calice tra le mani sorseggiando lentamente quel vino pregiato.

Per fortuna non c’era imbarazzo tra i due in quel momento e ciò permetteva loro di parlare tranquillamente del più e del meno.

Un paio di battute e bicchieri di vino dopo Kate scoppiò a ridere.

Una di quelle risate contagiose a cui presto anche Rick si unì senza mai però smettere di guardarla.

Adorava vederla sorridere spensieratamente, ascoltare la sua risata bellissima.

Quando lei tornò seria si voltò verso Rick incontrando il suo sguardo che già da qualche minuto la fissava.

"Che c’è?" domandò.

"Nulla" rispose vago lui.

"Oh, andiamo Castle! Mi stavi fissando e sai che odio quando lo fai, quindi che cosa c’è?"

"Niente è che pensavo …"

"pensavi?" lo esortò lei.

"pensavo che in questi due mesi ho dimenticato quanto sei bella quando ridi"

La donna, notevolmente in imbarazzo, sussurrò un debole: "Grazie"

I loro occhi si incrociarono di nuovo perdendosi ad ammirarsi e i loro volti si avvicinarono lentamente.

Le loro labbra si attiravano come due calamite desiderose di riprovare quel contatto, quelle sensazioni.

I loro respiri erano affannati come se avessero corso chilometri, i loro sguardi si spostarono automaticamente sulle loro bocche.

Quando i profili dei loro nasi si stavano per toccare Kate inclinò di lato il volto per rendere il tutto più facile.

Le loro bocche si toccarono, si sfiorarono lentamente con dolcezza.

Senza fretta, senza agitazione, senza paura.

Poi quel debole contatto non bastò più ed entrambi volevano di più.

Beckett morse il labbro inferiore di Rick e con infinita lentezza invitò la bocca di lui ad aprirsi.

Le loro lingue si incontrarono di nuovo danzando vorticosamente, ognuno esplorava ogni centimetro della bocca dell’altro.

Si abbandonarono a quel contatto così piacevole godendosi attimo per attimo.

Rick appoggiò la mano sul volto di Kate attirandola ancora più vicina.

Poi lo squillo del telefono interruppe quel momento magico.

"Rick" sussurrò lei a fior di labbra "il telefono"

Castle si allontanò per prendere quell’aggeggio e rispondere.

Kate aumentò notevolmente la distanza tra i loro corpi e chiese: "Chi è?"

"Gina" disse l’uomo per poi rispondere.

Kate al sentire quel nome si infastidì: sembrava che quella donna avesse il tempismo perfetto per interromperli.

Quando lui chiuse la chiamata aveva voglia di riprendere dove erano rimasti ma al tempo stesso non era sicuro che fosse una buona idea.

"Che cosa voleva?" domandò Beckett senza riuscire a tener freno alla sua curiosità. O forse era gelosia?

"Mi chiama quasi ogni giorno per minacciarmi di finire il libro"

"Ah già … il libro. Come procede?"

"Procede … a rilento"

Poi un silenzio imbarazzante calò tra loro.

"Mi chiedevo se …" dissero all’unisono.

Seguì una piccola risata per smorzare la tensione che si stava creando.

"Parla prima tu" disse gentile Rick.

"Ecco, mi chiedevo se … se in questi due mesi ti sei fidanzato"

"È così importante per te saperlo?" chiese guardandola negli occhi.

"Sì"

"No. E tu?"

"No"

Si persero ad osservarsi qualche istante poi lui si alzò: "Si è fatto tardi. E’ meglio che vada"

Kate lo accompagnò alla porta.

"Beh, buona notte Kate"

"Notte"

L’uomo posò la mano sulla maniglia e l’abbassò combattuto tra la voglia di restare e l’andar via.

"Rick" lo chiamò lei.

"Sì?" disse voltandosi.

"Pensavo che mi farebbe piacere tenerci in contatto di tanto in tanto" disse tutto d’un fiato.

"Hai il mio numero di telefono. Puoi chiamarmi quando vuoi"

"Eh, veramente intendevo vederci di persona"

"Detective non sapevo avessi qualcosa contro le chiamate"

"No, nulla. È solo che per telefono non posso … non posso sentirti vicino, non posso perdermi nei tuoi occhi né percepire il tuo profumo, non sento il tuo respiro sulla pelle quando mi sei molto vicino, non posso sfiorarti né toccarti. Non posso baciarti" si interrupe un attimo per poi riprendere "mi dispiace davvero per quello che ho detto perché erano tutte bugie, non era vero niente, mi spiace perché ti ho fatto male e non te lo meritavi"

Rick non credeva alle sue orecchie: quelle parole lo rendevano felice perché Kate si era resa conto dello sbaglio e gli stava chiedendo scusa.

Prima che lui potesse parlare Beckett prese la mano di lui facendo incrociare le loro dita "vorrei che tu non andassi via. Per questi due mesi ho pensato di poter tornare alla normalità, alla vita che avevo prima di conoscerti ma non ci sono riuscita. Quando ti ho visto stasera mi sono resa conto che non avrei mai potuto dimenticarti. Ho tentato di dirti addio di nuovo sotto casa ma in quel momento desideravo solo che il mio appartamento distasse ancora molto solo per poter passare più tempo con te"
Rick la guardò negli occhi consapevole di quanto fosse stato difficile per lei confessargli tutto ciò.

"Kate ti devo fare due domande. Ma voglio che tu sia assolutamente sincera"

Lei annuì attendendo in silenzio.

"Mi ami" chiese lui.

"Sì"

"Ti fidi di me?"

"Sì"

Lui sorrise e l’abbracciò stretta a sé cingendole la schiena con un braccio mentre con una mano accarezzava i suoi capelli lunghi e morbidi.

"Ti amo Kate" sussurrò al suo orecchio "e la verità è che ciò che mi hai detto quella mattina mi ha fatto malissimo ma starti lontano è la peggior sofferenza che mi possa capitare. Promettimi solo che non te ne andrai, mai più"

"Lo prometto" disse sicura sciogliendo l’abbraccio e guardandolo negli occhi.

"Ti amo" sussurrò poi vicinissima alle sue labbra per poi ricominciare a baciarlo con trasporto.

Quando entrambi avevano bisogno di ossigeno si staccarono.

Kate lo prese per mano e si sedettero abbracciati sul divano.

"Che ne dici se ci guardiamo un po’ di TV?" domandò la donna.

"Danno le repliche di Temptetion Lane?"

"No"

"Peccato"

Accesero la televisione su un film d’azione, uno tra i preferiti di Kate ma lei non riusciva a concentrarsi.

C’era qualcosa, o meglio qualcuno, che la distraeva.

Si strinse maggiormente nell’abbraccio di Castle appoggiandosi al suo petto.

Sollevò di poco il volto e la tentazione che le si mostrò davanti era fortissima.

Sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto.

Allungò il collo e posò le sue labbra su quelle di lui desiderosa di sentire nuovamente quel suo sapore.

Con un movimento rapido si sedette a cavalcioni sulle sue gambe cominciando a stuzzicarlo: gli morse il labbro per poi dar accesso alla sua lingua nella bocca di lui.

Era un bacio carico di passione ma molto lento.

"Che c’è?" domandò lui "non ti piace il film?"

"Diciamo che qualcosa che mi interessa di più" sussurrò maliziosa.

Ripresero a baciarsi con foga mentre le mani di lei scesero giù dalle spalle di lui percorrendo il suo petto per poi posarsi sulla sua vita.

Una mano rimase immobile mentre l’altra scese ancora, pericolosamente in basso, per poi, contro ogni aspettativa, infilarsi nella tasca dei pantaloni di lui.

Rick la guardò confuso mentre lei sorrideva soddisfatta stringendo un pezzo di cartoncino tra le dita.

Lo sventolò davanti agli occhi dell’uomo per poi strapparlo in mille pezzi.

Era il biglietto da visita di Sandy.

"Ormai non ti serve più, Castle. Ed è una tentazione in meno" spiegò.

"Tanto non lo avrei usato" disse lui.

Beckett lo guardò di storto: "Ah davvero?"

"Sì, non mi piaceva neanche"

"Certo, come no. Ho visto come la guardavi. E poi sentiamo: perché non ti piace?"

"Andiamo non mi dire che non te ne sei accorta?"

"Accorta di cosa?"

"Di come si mordeva il labbro … cosa che fai sempre tu quando flirtiamo insieme"

"Noi non flirtiamo insieme"

"Ah no? Comunque puoi stare tranquilla" cominciò per poi abbassare la voce fino a farla diventare un sussurro "nessuna riesce a farlo bene quanto te.

Tu sei molto più sexy"

La donna arrossì ma poi si riprese chiedendo: "Se non ti piaceva allora perché la guardavi in quel modo?"

"L’ho fatto appositamente. Avresti dovuto vedere la tua faccia: eri gelosa marcia"

"No, io non ero affatto gelosa" puntualizzò la donna ferita nell’orgoglio.

"E dai!!!! Che ti costa ammetterlo?" chiese lui con occhioni da cucciolo.

"Non ammetterò mai una cosa che non è vera"

"Sì che è vera. Per favore, fallo per me"

Beckett sbuffò consapevole che alla fine avrebbe ceduto: "Smettila di fare quella faccia da bambino adorabile!"

Sul volto di Richard apparve un sorriso spontaneo e inarcò un sopracciglio.

Fece per parlare ma la donna lo bloccò.

"No, non dire niente. E metti un freno al tuo ego che fra un po’ riempie tutta la stanza"

Ancora una volta lui fece per parlare e ancora una volta lei lo fermò, questa volta poggiando un dito sulle labbra e poi avvicinò la sua bocca all’orecchio di lui sussurrando sensualmente: "Ok, hai vinto tu. La verità è che sì, sono gelosa, da morire. Non sopporto che le donne possano lanciarti occhiate languide e mangiarti con gli occhi né tanto meno che tu ricambi quegli sguardi.

Ti voglio tutto per me e pensarti mentre ci provi con un’altra mi da fastidio, la sola di idea di doverti dividere con un’altra donna mi fa impazzire" concluse posando un leggero bacio vicino al suo orecchio per poi accarezzargli la guancia e tornare avida alle sue labbra.

"Sei soddisfatto, ora?" gli chiese dopo un piccolo bacio a fior di labbra.

Lui annuì e le baciò il collo lentamente poi con sempre maggior determinazione. Ritornò alle sue labbra e quasi le divorò mai sazio di quel sapore e di quel suo profumo intenso di ciliegia.

Quasi senza rendersene conto si trovarono sdraiati sul divano, Rick sopra di lei con le mani che accarezzavano la pelle di Kate sotto la t-shirt.

Alzò la maglia scoprendo la sua pancia e cominciando a riempirla di baci, carezze e piccoli morsi giocosi.

Beckett sbottonò la sua camicia per poi arrivare con le mani alla cintura dei pantaloni e cominciare a sfilarla lentamente.

Dopo poco entrambi furono liberi di maglia e camicia mentre Castle continuava a baciare il corpo di lei per poi sganciare e sfilare il suo indumento intimo. Scese giù posando le labbra dischiuse su ogni centimetro di pelle, accarezzandole il petto, poi il seno, la pancia, fino a privarla dei jeans.

Delicatamente arrivò al bordo degli slip mentre le loro labbra continuavano ad assaggiarsi e a desiderarsi ardentemente.

Entrambi si lasciarono guidare dai loro sentimenti e da quella passione che scoppiava dentro di loro ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, ogni volta che le loro mani si sfioravano, ad ogni singolo contatto tra i loro corpi che in quel momento aderivano perfettamente l’uno all’altro sembrando un cosa sola.

La televisione passata decisamente in secondo piano trasmetteva ancora quel film a cui nessuno aveva prestato attenzione e sul tavolino di fronte al divano vi erano due calici abbandonati e quella bottiglia di vino che aveva concesso loro una seconda opportunità.

Nessuno dei due ne fece parola con l’altro ma entrambi pensavano in quell’istante che quei sentimenti che provavano, troppo forti per essere nascosti, vivevano e si esprimevano al mondo tramite quella passione che ogni volta si riaccendeva come un grande fuoco alimentato con dell’alcool.

Quella scintilla che si accendeva all’improvviso e che per tutti i giorni della loro vita insieme non avrebbe mai abbandonato i loro occhi.

Fine!!!

 

Note: E anche questa storia è finita =(
va beh... allora un ringraziamento speciale a Amy Wendys e Foxi e a tutti coloro che hanno letto, recensito e inserito questa storia tra le preferite e le seguite =D
Bene, ora starete pensando: "Che bello, così per un po' ci liberiamo di lei!!!!" e invece no, tornerò a stressarsi moltooooooo presto XD
Grazie di cuore davvero a tutti, buona giornata!
Kate95

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=781018