Love to dance in the dark

di Black Mariah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Deep inside your eyes ***
Capitolo 2: *** It's a kind of magic ***
Capitolo 3: *** I miss your lips ***
Capitolo 4: *** Carelessly dating ***
Capitolo 5: *** Do you kiss on the first date? ***
Capitolo 6: *** And everytime I look inside your eyes, you make me wanna die ***
Capitolo 7: *** Why we must wait until tonight? ***
Capitolo 8: *** There's something strange I see ***
Capitolo 9: *** What happens to us? What happens to me? ***
Capitolo 10: *** I've got a sin to confess ***
Capitolo 11: *** Baby love to dance in the dark ***
Capitolo 12: *** And if heaven wants to take us they can try ***
Capitolo 13: *** There's a man who's telling me I'd might be dead ***



Capitolo 1
*** Deep inside your eyes ***


Un matrimonio può essere molto stressante da organizzare, soprattutto se non è il tuo e quindi non devi lasciar fare tutto agli altri. Se poi ci aggiungi anche il fatto che sei il testimone dello sposo, le cose cambiano, e stressarti l'anima per una cerimonia diventa inevitabile perchè anche se qualche volta vorresti mandare tutto a puttane e sbattertene dei fiori, dello smocking e di tutte le stronzate da matrimonio, non puoi farlo perchè rendere felice il tuo migliore amico è la priorità maledettamente necessaria.

Per quanto riguardava i fiori, i vestiti, il luogo e argomenti vari, io, Mikey e Ray avevamo pensato bene di affidarli a Christa e ad Alicia, probabilmente se noi ci fossimo messi a decidere se ornare i tavoli con rose o con orchidee a Jamia sarebbe venuto un colpo, perchè di certo non avremmo mai pensato ad abbellire i tavoli del buffet con quattro fiori.

Apparentemente a noi era toccata ciò che Alicia aveva definito "il compito che più vi si addice": organizzare l'addio al celibato.

In teoria io mi ero preoccupato solo di accompagnare Frank dalla sartoria, di farlo girare per Los Angeles alla ricerca di un abito da cerimonia decente, e di spiegargli che avere l'ansia prima di un matrimonio avrebbe dovuto essere una cosa abbastanza normale. Mikey, il più serio, aveva scelto di occuparsi delle fedi e Ray, che ultimamente era alquanto ilare e dedito a festini californiani, si era occupato della festa in onore di Frank, lasciando noi all'oscuro di tutto. Questa è la ragione per cui quando due mattine prima del matrimonio, cioè oggi, mi ha chiamato, dicendomi che sarei dovuto andare non so a quale agenzia per "prenotare l'animazione", l'ho mandato a fanculo.

-Dai Gee, devi andare da Clive e parlare con lui- mi aveva detto quella testa di minchia riccioluta -Se ci vado io ci faccio brutta figura...sai no, sono sposato. Se mi vedono in un locale per spogliarelli mi fanno nero!-

Sì, eh, bell'amico! Solo perchè sono single e loro tutti accasati, secondo loro posso permettermi di andare in pieno giorno in un club e mettermi a scegliere le spogliarelliste per l'addio al celibato di Frank...Come se per me non esistono i paparazzi...Che palle. E adesso mi ritrovo imbottigliato nel traffico, ad ascoltare musica pop allo stereo e mi ritrovo a pensare che cazzo devo dire a Clive. Cioè...io non so come funzionano queste cose, non ti capita tutti i giorni di andare da delle spogliarelliste e di sceglierle per una festa. E se mi scambiano per un pervertito? O se vengo fotografato e si mettono in giro strane voci su di me?

Parcheggio dopo essere stato in coda per una buona mezz'ora e mando un messaggio a Clive. Non so dove sia questo locale quindi mi ci faccio accompagnare da lui in persona.

Quando entra in macchina, mi sorride e chiudo subito lo sportello. Ci salutiamo e chiedo indicazioni stradali su questo night club.

-Sai, questi locali vivono solo di notte. Di giorno ci spacciamo per una normale agenzia che recluta ragazze- mi dice ridendo, anche se io non capisco che cosa ci sia da ridere. -Nel senso...- continua guardando fuori dal finestrino. -...che il giorno stiamo in ufficio, abbiamo cataloghi con foto e alterniamo l'agenzia di modelle con quella invece di animazione per party...- conclude spiegandomi.

-Capisco- dico solo. Non avevo cosa dirgli.

-Puoi accostare. Siamo arrivati.- mi dice. Io eseguo.

Scendiamo dalla macchina e io mi accendo una sigaretta. Stamattina sono alquanto scazzato. Non ho ancora che cazzo mettermi e porca puttana, sono il testimone, e non capisco perchè mi devo sempre ridurre all'ultimo.

Io credevo, tipo, che mi avrebbe portato in pieno giorno in un locale con luci soffuse e stronzate varie, invece mi ritrovo in un vero e proprio ufficio, con tanto di segretarie con le divise, computer e scrivanie con i divisori. Sulla parete di fronte a me ci sono delle ragazze sedute, alte e magre, probabilmente modelle.

Quest'ambiente mi infastidisce ulteriormente e sono molto tentato di dire a Clive "Senti, veditela tu con quelle. Chi ci vuoi mandare ci mandi e falle fare lo spettacolino che vuoi..." Non me frega un cazzo delle spogliarelliste e soprattutto devo andare a comprarmi un fottutissimo vestito da cerimonia.

Prendo coraggio e dico in una maniera più gentile le cose che ho appena pensato al titolare. Lui mi guarda un po' titubante e mi fa -Sei sicuro? Possiamo sceglierle insieme!-

-Si, Clive sul serio. Anzi, scusami è che sono ancora senza abito. Comunque manda chi vuoi...e non so...falle fare lo spettacolo che viene meglio! Io non ne capisco di queste cose!- gli faccio sincero e con un mezzo sorriso per rassicurarlo.

-Ok, mi spiace averti fatto venire fin qui.-

-No, figurati! - gli rispondo comprensivo. -Anzi scusami tu!-

Ci salutiamo alla svelta, e in un batter d'occhio mi ritrovo fuori da quell'agenzia, pronto per entrare nel mio Suv e andarmene a Rodeo Drive per comprarmi un abito decente.

Mentre sono in macchina a fumare, mi viene in mente che forse è inutile comprare un abito nuovo, e che mi conviene fittarlo. Non credo ci saranno altre cerimonie in grande per il prossimo anno. Ray si è sposato, Mikey anche e Frank lo sarà dopo domani. Io invece sono sempre il solito cazzone che adesso non ha proprio testa di pensare ad una donna, anche se ad essere sincero un po' mi scazza che dopo i concerti tutti sono impegnati con le loro compagne e io devo aggirarmi da solo per gli alberghi per perdere tempo.

Devo trovarmi un amico single, cazzo. O forse devo trovarmi una donna.

L'aria condizionata del negozio di Calvin Klein mi da un po' alla testa, ma è rilassante e soprattutto evita di farmi sudare, che è una cosa che odio.

Vengo accolto da numerose commesse, alcune mi riconoscono e mi fanno i complimenti. Le altre chiedono alle amiche il perchè mi facciano i complimenti, così alla fine tutti capiscono che sono un personaggio pubblico e sono tutte smaniose di servirmi. Ad un certo punto arriva una signora più grande, un po' più attempata delle altre e molto educatamente mi chiede cosa mi serve.

Dopo averle spiegato la situazione, mi porta in un'altra stanza, molto grande anche questa, piena di specchi e di fari, al che mi sento molto a disagio con i miei jeans strappati, le mie sneackers consumate, i Ray-Ban e il giubotto di jeans.

La donna con il tuppo e gli occhiali chiama a sè un'altra commessa e a bassa voce le spiega la situazione.

-Mi raccomando, è Gerard Way. Trattalo bene.- le sussurra. Cioè, non sussurra molto se lo riesco a sentire ma credo che il suo intento fosse quello.

La commessa mi da' le spalle, intenta a riordinare qualcosa in un cassetto. Portano tutte la stessa divisa. Una gonna nera che arriva fin sopra il ginocchio, delle calze color carne, tacchi neri, una camicia bianca e una giacca coordinata alla gonna.

-Un attimo solo- mi fa la donna sorridendomi.

-Si figuri.- dico io con tono un po' piatto.

Mi concentro a guardare l'altra commessa. Ha dei lunghi capelli neri, ricci, che le arrivano a metà schiena.

La donna si allontana e mi sorride dicendomi -Buon proseguimento, sono sicura che qui da noi troverà quello che cerca.-

Io le sorrido in segno di ringraziamento. E' assurdo quanto le persone sappiano fingere quando hanno un tornaconto alla fine della cosa.

-Ne sono certo- le dico e si allontana.

-Arrivo subito!- mi fa un'altra voce, quella della commessa girata. Che cazzo sta facendo che ci vuole tutto questo tempo?

-Oh, tranquilla. Si sta bene con l'aria condizionata!- le dico guardandomi intorno. Ha una bella voce.

-Ecco. Allora in cosa le posso essere utile?- mi chiede girandosi.

Per un attimo rimango sconvolto.

-Ehm...sì. Allora...mi serve un abito da cerimonia. Sono il testimone dello sposo.- farfuglio.

Porca puttana, ha degli occhi celesti come l'oceano. E la cosa strana è che non è bionda o chiara di carnaggione. Ha dei capelli praticamente nero corvino e la pelle ambrata.

-Ok. Di che colore lo vuole vedere?-

Si sofferma qualche secondo a guardarmi. Deglutisce e poi inizia a camminare svelta.

-Nero- dico senza pensarci e iniziando a seguirla. Porta un sacco di profumo. Lascia la scia. E ha anche un culo favoloso. Come fa a camminare così bene su quei tacchi? E perchè corre?.

-Comunque mi puoi dare del tu- le dico.

Perchè mi sento un po' a disagio?

-Cosa?- mi risponde fermandosi a guardarmi.

-No...dico...Che puoi darmi del tu...Non sono un signore...- ripeto quasi timido.

I suoi occhi sembrano spalancarsi. Dio, sono due pozzanghere celesti, ma no, che dico, quali pozzanghere...Sembrano due oceani. Mi sento quasi in soggezione a guardarla.

Lei accenna un sorriso, mostrando dei denti bianchissimi e perfetti.

-Hai sentito il capo, no?- mi fa, sorridendo sul serio questa volta. -Devo trattarti bene- Lo dice con un tono ilare e capisco che d'ora in poi non mi darà più del lei.

-Sono sicuro che lo farai...- le faccio. Appena ho pronunciato questa frase mi sono accorto di stare flirtando.

Mi sorride di nuovo e si gira. Apre un armadio. Inizia a rovistarci dentro e inizia a prendermi una decina di abiti da cerimonia.

-Allora di nero ci sono questi.- Mi fa dirigendosi verso il bancone. -Te li faccio vedere prima e poi prendiamo le taglie di quelli che ti piacciono, ok?- mi chiede quasi comprensiva. Io a dir la verità mi sono abbioccato a guardare il suo completo e la camicia bianca leggermente aperta sul petto.

-Emh...Sì certo.- Le dico, mentre guardo come sistema gli abiti.

-Che taglia porti?- mi domanda mentre sfila il primo abito dal celofan. -Una cinquanta? Cinquantadue?-

-Mi credi se ti dico che non lo so?- le faccio sorridendole per sembrare meno scemo. I suoi occhi sono totalmente puliti, non c'è un filo di trucco, solo del mascara suppongo...

Lei mi sorride apertamente e io faccio la figura del cazzone che mi imbambolo a guardarla. Sarei dovuto andare più spesso da Calvin Klein.

-Non preoccuparti, adesso vediamo insieme- dice con occhi bassi. Perchè non mi guarda? Sembra imbarazzata.

Mi passa il primo abito e mi porta verso i camerini.

-Ecco, puoi provarlo qui- mi dice aprendomi la porta a specchio del piccolo abitacolo e porgendomi il vestito.

Mi accorgo del piccolo cartellino che ha appuntato sulla giacca. C'è scritto il suo nome sopra.

-Grazie...Annabelle...-pronuncio lentamente sorridendo e guardandola nuovamente nei suoi diamanti celesti.

Erano due acquamarine, ecco.

Lei mi sorride abbassando lo sguardo. Diventa un po' rossa. Non volevo farla imbarazzare...

-Prego- mi dice. -Se hai bisogno di aiuto...chiamami.-

Entro nel camerino e inizio a spogliarmi. Era grande quanto il mio secondo bagno di casa, ovvero quasi una quindicina di metri quadrati.

Dopo essermi provato due abiti, esco dalla stanza alla ricerca di Annabelle.

"Annabelle" Non ci avevo mai fatto caso ad un nome del genere. Continuavo a ripetermelo nella testa e non so perchè assumeva un suono strano. Era praticamente perfetto per quella ragazza.

Ritorno nella sala con le luci e con gli specchi di prima, e trovo Annabelle a parlare al telefono. Più che parlare mi sembra che stia quasi bisbigliando, magari non le è concesso stare al telefono.

Mi avvicino di più a lei e inizio ad ascoltare qualche parola. Lei è girata di spalle e non mi vede arrivare.

-Ok, per quando hai detto che è? Domani? Dio, potevi avvisarmi prima, avevo preso già un altro impegno.- dice. Chissà con chi sta parlando. -E quanto mi da? Sul serio? E chi paga così tanto?- esclama. -Ok, allora ci vediamo domani. Passa tu a prendermi.-

Chiude la chiamata in fretta e furia. Non si è accorta che ci sono.

-Annabelle- le dico per farla girare. Lei si spaventa un po' nel sentire la mia voce. -Non mi piacciono molto come vanno. Forse sono un po' piccoli.- le dico porgendole delicatamente gli abiti.

-Sicuro?- mi fa. -Non preoccuparti, se ti piacciono prendiamo la taglia più grande.- mi dice.

Sembra più tesa di prima. Forse quella chiamata l'ha turbata. O forse è stato il fatto che ero dietro di lei che l'ha turbata...

-Mi piacerebbe vedere anche qualcos'altro se è possibile.-

-Ma certo!- esclama cordiale e va a prendere altri abiti. Nel farlo si sfila la giacchetta e si alza le maniche della camicia.

Dio, ha anche un fisico da urlo.

Non è magrissima, cioè non è come quelle ragazze che ho visto da Clive, alte uno e ottanta per quaranta chili. E'...Non so nemmeno io com'è. E' bella e basta.

Scelgo l'abito a malincuore. Avrei voluto rimanere più tempo in quel negozio.

Mi riprometto già di tornare a comprare altre cose, solo per vederla. Chissà quanti anni ha. Non sembra molto grande, avrà un ventiquattro, venticinque anni.

Lei e la signora con il tuppo mi salutano cordialmente, ed Annabelle mi porge il pacco con dentro il mio abito.

-Allora, buona cerimonia.- mi augura. -E tanti auguri allo sposo!- aggiunge sorridendomi timidamente.

Io guardo di nuovo quegli occhi celesti e rimango quasi folgorato. Balbetto qualcosa e sia lei che il suo capo mi guardano in un modo strano.

La donna matura mi saluta, guardandomi con comprensione dai suoi occhiali in osso.

-Spero che ritorni al più presto!- mi dice.

"Certo, che vuoi che ritorni" penso. "Ho speso duemila dollari per un completo che userò una volta sola"

Le sorrido ricambiando.

-Ciao Annabelle- dico rivolto alla mora.

-Ciao- mi dice lei sorridendomi e accompagnandomi alla porta d'uscita.

Mi ritrovo a camminare da solo sul marciapiede. Non ricordo dove ho messo la macchina.
Cammino ancora un po' e poi la ritrovo, ci salgo dentro e accendo il motore. Ho bisogno di una birra.
Prendo la tangenziale per ritornare a casa. Sto pensando ancora al negozio. Sto pensando ancora ad Annabelle...
Mi sono appena accorto di quanto io ami Calvin Klein.

 

*NOTA DELL'AUTRICE*
Ecco diciamo che la mia fantasia non si estingue mai e che questa fanfiction non lo so da dove mi è uscita, però mi piaceva scriverne una in questo modo, dal punto di vista di Gerard e usando il presente come tempo di scrittura. Io credo che oltre ad essere una ff per me sia anche un esperimento di scrittura dato che non mi sono mai cimentata in questo tipo di narrazione. Spero che questo capitolo sia stato abbastanza esaudiente e che vi piaccia! Il secondo non tarderà ad arrivare!
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Capitolo 2
*** It's a kind of magic ***


Il semaforo è rosso, decellero, freno e mi fermo. Una signora attraversa la strada. Aspetto che la luce diventi verde per ripartire.

Che strano. Non mi ha chiesto nulla. Nè cose riguardo la band, nè su di me. Di solito anche chi non è interessato a noi, nel senso che non ci segue, qualche domanda la fa sempre, e lei, Annabelle, sapeva chi fossi ma non mi ha chiesto nulla. Magari non le è concesso fare domande ai clienti. E magari ogni giorno in quel negozio vanno persone molto più famose e molto più importanti di me e ci ha fatto l'abitudine. Oppure semplicemente non si comporta come tutte le altre che iniziano ad emettere gridolini perchè...boh, magari è più matura, è più abituata, è più seria.

"Che cazzo Gerard non puoi stare a pensare ancora a lei" mi dico accendendomi l'ennesima sigaretta. E' la seconda che mi fumo da quando sono in macchina. Fino alla fine morirò di tumore ai polmoni, lo so. E' colpa di Frank e del suo abitare lontano, in un posto isolato, che sì sarà tranquillo quanto vuole, ma è quasi nel deserto, cazzo.

Accendo lo stereo. Sto andando da lui a scroccare una birra, a vedere come sta, a tenergli compagnia e anche a fargli vedere l'abito. Non sia mai che non gli piaccia!

Prendo una strada interrata, non capisco come Jamia non gli abbia detto niente su questo posto, cioè...vedo i cactus come se fossi al Gran Canyon! Entro nel suo immenso giardino e vengo accolto da sette cani ululanti che mi abbaiano e scodinzolano. Dio, vivere con tutti quegli animali...certe volte mi chiedo come cazzo faccia.

Busso alla sua porta e dopo qualche secondo mi viene ad aprire. Indossa una t-shirt bianca, ha una birra nella mano destra e contemporaneamente tra le dita una sigaretta. Sta parlando al telefono. Mi apre e mi fa segno con il capo di entrare.

-Certo, piccola- dice comprensivo. Sembra felice cazzo. E io non posso non esserlo. E' il mio migliore amico, è il mio secondo fratello. E si sposa. Ed è felice. Gli sorrido. Sta parlando con Jamia, si vede. I suoi occhi brillano.

Parla ancora un po' con lei, stanno decidendo quando vedersi per domani. E' buffo assistere a questa telefonata. Ed è buffo sentire da Frank dire certe cose.

-Jamia, sai che non posso vederti il giorno prima delle nozze!- dice alla cornetta.

Scoppio a ridere. E' un romanticone del cazzo. Fa tanto il duro e poi si attacca ancora a queste tradizioni metropolitane.

Dopo qualche minuto riattacca e si gira a guardarmi. E' splendido, raggiante, mi sembra che intorno a lui ci sia un'aura come quella di Goku super sayan.

-Vado a prendermi una birra- gli faccio dirigendomi verso la cucina.

-Sì, fai pure- mi dice alle spalle.

Apro il frigo: è completamente vuoto. Il bello è che sono totalmente assenti cibi, ma ci sono una miriade di bottiglie di birra.

-Jamia dovrà fare un po' di spesa lunedì!- gli dico stappando la bottiglia. Lui scoppia a ridere.

-Ehi hai fatto spese?- mi chiede indicandomi la busta di Calvin Klein.

-Ma va! Ho comprato l'abito per il matrimonio di una testa di cazzo!- gli dico bevendo. La birra è fresca. E le bollicine mi danno un po' alla testa.

Frank mi sorride. Apre la busta e esce fuori l'abito.

Nel momento in cui vedo il completo nero mi ritorna di nuovo in mente la commessa. Glielo dico? Anzi, che cazzo gli dico? Che era bella e che tipo da quando sono uscito da Calvin Klein non ho pensato a lei solo per mezz'ora?

-Mmm elegante...- mi fa. -Sarai un figurino. Però che cazzo Gee, sono lo sposo, non puoi essere più bello di me quel giorno!-

Gli scoppio a ridere in faccia. Sempre il solito Frank.

-Cravatta? Papillon? Non ne hai presi?- mi chiede cercando nella busta.

-Cravatta?- ripeto.

Cazzo la cravatta. Avevo comprato solo la camicia e l'abito. E non la cravatta.

-Non ti preoccupare. Te la presto io!- dice Frank.

Per un secondo penso di ritornare da Annabelle, con la scusa di aver dimenticato la cravatta.

-Ehm...no la vado a comprare!- gli dico.

-Ma dai, per una cravatta di merda devi ritornare da Calvin Klein!- esclama.

Io lo guardo titubante. Glielo dico? Non c'è nè bisogno.

Boh, io non ho mai capito ciò che ci lega. Gli basta guardarmi negli occhi, notare che ho assunto un'espressione strana e poi dirmi -C'è qualcosa che non so?-

"Beh, a dire il vero non c'è nulla che non sai. E' una cazzata e basta" penso.

-Nah...- dico facendogli un segno con la mano.

Mi guarda titubante.

**

-Dove stiamo andando?!- urla Frank da dietro il cofano dell'auto.

-Ditemi dove cazzo stiamo andando!- ripete da dentro un sacco di tela.

-La smetti di gridare!- gli dice Ray che cerca di mantenerlo fermo. Io mi guardo la scena riflessa nello specchietto retrovisore. L'abbiamo rapito, cazzo. E mi viene da ridere solo a pensarci.

"Frank ti passiamo a prendere alle dieci." Gli aveva detto Mikey per telefono. Noi ci siamo presentati a casa sua di soppiatto, alle nove. Naturalmente Frank non aveva nemmeno iniziato a prepararsi. Siamo entrati in silenzio nel suo salotto e mentre lui era seduto sul divano a fare zapping, Ray gli ha messo sulla bocca un tovagliolino imbevuto di cloroformio. Cloroformio, cazzo! Ci rendiamo conto?! Frank si è agitato e poi ha ceduto. E' caduto sul pavimento, sembrava quasi stecchito! Io e Ray gli abbiamo legato le mani e i piedi e l'abbiamo messo in un sacco. Ce lo siamo caricati sulle spalle e ora siamo sulla tangenziale, diretti verso il locale che abbiamo prenotato per l'addio al celibato.

Frank non si aspettava nulla del genere poichè secondo lui la sua festa di addio al celibato c'era già stata, o meglio gliel'abbiamo fatto credere. Una settimana fa abbiamo fatto una grigliata nel giardino di Ray e secondo Frank quella era la sua festa. Certe volte è proprio un po' cazzone.

Ora si e' svegliato. Il cloroformio che abbiamo usato non era poi così tanto dato che ha dormito solo per mezz'ora. Sembra impazzito.

-Frank finiscila!- gli dice Mikey tirandoli un cazzotto su quella che ipoteticamente deve essere la sua spalla.

-Dov'è Gerard?!- urla Frank. -Dov'è quel frocio?-

Io scoppio a ridere. Non gli ho ancora detto niente.

-E' stata tutta opera sua! Ci scommetto!-

La voce dolce di Ray è unita alle risate di Mikey.

-Dove cazzo mi state portando? Aiuto! Jamia!- urla. Al che scoppiamo tutti quanti a ridere.

-Cristo, domani mi sposo, figli di puttana non potete farmi questo! Sono in un sacco, porco cane!- continua a urlare.

-Ma secondo te Frank la grigliata a casa di Ray poteva essere la tua festa di addio al celibato? La cosa più alcolica che c'era era un Heineken!- gli dice Mikey girandosi verso di lui.

Frank sembra calmarsi.

-Come mi avete messo qui dentro?- dice. E io posso scorgere le sue braccia conserte vicino al petto. -Mi avete dato una botta in testa, scommetto! Avrei potuto morire! Appena esco vi picchio!-

-Uffa- esclamo. -Avremmo dovuto mettergli anche del nastro adesivo sulla bocca per farlo stare zitto.-

-Ah! Tu, sottospecie di testimone! Sei un bastardo!- mi dice additandomi per quanto può, essendo chiuso nel sacco.

Dieci minuti dopo ci ritroviamo davanti alla discoteca che abbiamo affittato, gremita di gente che abbiamo invitato.

-Frank, ora sta' buono...- gli fa Ray.

Il riccioluto apre il sacco e contemporaneamente Mikey mette una benda sugli occhi di Frank.

-Ecco, non solo il sacco. Anche la benda!- dice sbuffando.

-Frank che cazzo vai trovando?- dico io ridendo -E' gia tanto che ti stiamo slegando!-

Gli facciamo strada e aperte le porte della discoteca, veniamo accolti tutti con un fragoroso saluto.

Ray conduce Frank verso una specie di trono. Oddio, è ridicolissimo seduto là sopra.

Qualche minuto dopo qualcuno mi bussa alle spalle. Mi giro. E' Clive. Ci allontaniamo da tutto quel caos e ce ne andiamo in una parte più riservata, dove non serve urlare per farsi sentire.

-Allora- mi dice allegro. -Tutto pronto. Le ragazze sono arrivate!-

-Perfetto!- gli faccio. Stasera sono allegro. Anzi, che cazzo dico. Stasera sono felice. Troppo.

-Unica regola- mi fa poi prima di allontanarsi.

-Spara!- dico. Il cocktail che sto sorseggiando inizia a darmi già alla testa. Cazzo, è fatto davvero bene.

-Le donne non si toccano- mi dice serio.

-Cosa?- chiedo confuso. In che senso non si toccano?

-Fate quello che volete, chiedete quello che volete, fatele spogliare, fatevi accarezzare, ma non le toccate. Nemmeno per una carezza.-

Abbiamo pagato questa cazzo di animazione venticinquemila dollari e adesso ci viene a dire che le spogliarelliste non possono essere sfiorate?

-Ok!- gli faccio un po' stranito. "Mah..." penso.

-Detto ciò...Buon proseguimento!- mi augura cambiando totalmente tono di voce.

Io ritorno tra la folla. Ancora un po' confuso. Frank è sul trono e gli stanno facendo fare di tutto, è ancora bendato ed è proprio quella la cosa assurda.

Apro una bottiglia di spumante e inizio a scuoterla in alto, intonando canzoni inventate sul momento e cercando di formulare assieme a Ray brindisi che non contengano frasi sconce. Quando sto per versare dello spumante direttamente nella bocca di Frank, bagnandogli tutta la maglia, le luci calano e mi spavento. E per lo spavento lascio la bottiglia che cade direttamente sul naso di Frank, al che scoppio a ridere e lui invece inizia a bestemiare mandandomi a fanculo.

-Che succede?! Ce succede?!- domanda Frank da sopra il trono massaggiandosi il naso. E' ancora bendato.

-Non lo so che cazzo succede!- gli esclamo. E' tutto buio quindi non è che io veda molto in più di lui!

Sentiamo una voce al microfono che ci raccomanda di sederci. Tutti. Io trovo una sedia vicino a Frank e procedendo a tentoni mi siedo.

Parte una musica strana, molto soft. Le luci si accendono, cioè non sono luci, sono dei fari blu e davanti a noi, ad un tre metri, ci sono le sagome nere di sette ragazze.

Le spogliarelliste suppongo.

Iniziano a ballare e tutti fischiano e fanno versi di approvazione. Frank continua a muoversi e a parlare di fianco a me ma nessuno gli presta più attenzione. Una ragazza esce dall'ombra e si dirige verso di lui. Si muove a ritmo di musica e inizia a sporgersi verso di lui portandogli le mani sul petto. Frank capisce che è una donna e si irrigidisce. Diventa muto tutt'una volta e inizia a dire -Oddio, Oddio- .

Io scoppio a ridere.

La spogliarellista indossa una maschera nera ma la cosa strana, e che non capisco come sia potuta accadere, è che tutte le ragazze indossano un mantello nero, come le uniformi di Harry Potter. Guardo meglio e poi spalanco gli occhi. Cazzo, sono vestite da studenti di Grifondoro!
E chi cazzo glielo ha detto a Clive che a Frank piace Harry Potter?

La ragazza prende una bottiglia di spumante e aprendo la bocca a Frank gliene versa un po'. Tutti quanti applaudiamo.

Ne arriva un'altra che  con molta sensualità gli slega la benda attorno gli occhi.

Frank è allibito.

-Oddio spogliarelliste!-esclama come un bambino che per la prima volta vede una donna nuda. -Oddio spogliarelliste con le divise di Hogwarts!- ripete ancora più eccitato.

Le due ragazze scoppiano a ridere e dopo averlo stuzzicato un'altro po' ritornano tra le altre.

-Grazie, grazie, grazie!- continua a dire Frank muovendosi da sulla sedia, battendo le mani e assumendo un'espressione da bambino.

Io e Ray scoppiamo a ridere.

Le ragazze mettono su uno spettacolino niente male. Sono tutte coperte dai mantelli, con le maschere e con i cappelli da strega. Lentamente si tolgono i cappelli, lentamente poi si sfilano i lacci delle mantelline. Un'altra si avvicina a Frank di nuovo. Il suo piede, con un tacco praticamente altissimo, si trova a circa cinque centimetri dal cavallo dei suoi pantaloni. Scorgo Frank sudare a freddo. Mi viene da ridere.

Lentamente lo sfiora e poi si porta le mani al petto, per slacciare meglio il fiocco della mantella. L'indumento nero cade a terra, mostrando una ragazza da un fisico praticamente perfetto.

Anche le altre si spogliano, gettano le mantelle a terra, una mi arriva persino addosso. Vedo la ragazza che me l'ha lanciata ridere timidamente e continuare il suo balletto. Io le sorrido. La testa un po' mi gira. Sarà colpa del terzo cocktail che sto bevendo.

La verità è che sono preso dalla ragazza che sta giocando sensualmente con Frank. Non riesco a vederla in viso perchè ha una maschera e poi ha anche una strana acconciatura, ma boh, c'è qualcosa in lei che mi attira.

Frank ride compiaciuto e ci credo che ride se una come quella sta giocando con la tua maglietta. Lei gli porta la gamba vicino il guanciale di quella specie di trono e delicatamente inizia ad abbassarsi la giarrettiera. Porta delle autoreggenti rosse, e indossa un corpetto di raso nero rigido pieno di rose rosse. Gli porta la giarrettiera attorno al collo a mo' di sciarpa e poi si sfila anche i guanti. Va giù con le mani e non so perchè mi sento un brivido dietro la schiena. Forse vorrei che lo faccia a me.

Ha le labbra truccate di rosso e una maschera piena di piume e sorride, e ha dei denti perfetti e bianchissimi. E anche Frank sorride come un cazzone.

Lei si sporge su di lui e mi mostra una spalla. Ha un tatuaggio giusto sopra l'articolazione, credo sia una composizione floreale o roba del genere. E' colorato. A me non piacciono i tatuaggi ma le sta molto bene. Cerco di vederglielo meglio ma non faccio a tempo. Si è già girata, anzi se n'è andata dietro Frank. Tutte le altre spogliarelliste accorrono e completano il loro numero e adesso tutti  i ragazzi che ci sono qui, o quasi, ne hanno una a loro disposizione. E io rimango a guardare sorseggiando il cocktail.

Cazzo.

Mi irrigidisco perchè sento due mani che mi scivolano dal petto verso il basso. Al che mi riprendo e mi faccio più rigido. Lei mi ridacchia nell'orecchio e mi sfiora la guancia con le labbra. Cazzo è bravissima. In teoria non mi sta facendo niente, solo accarezzando ma, cazzo, mi piace. Ha un profumo forte, molto buono, mi piace e non riesco ancora a vederla. Continuo a pensare che mi piace. Non faccio che ripetermelo. Spero che sia la ragazza di prima, quella con il tatuaggio e con il rossetto rosso. Se ne viene davanti, mi cammina praticamente in faccia e le sue autoreggenti sono molto eccitanti. Alzo leggermente lo sguardo. E' lei. Quella con il tatuaggio. Praticamente si siede sopra di me. Le luci sono soffuse e credo che sto per eccitarmi, sul serio, e cazzo me ne vergogno quasi. Il suo corpetto di raso sembra liscio, e i suoi fianchi invece sono perfetti, vorrei tanto toccarla, metterle le mani sulla vita, ma mi viene in mente quella stupida regola di Clive perciò mi sto fermo e trattengo le mie voglie.

Ad un certo punto, mentre la sto guardano, le luci si fanno più forti e tutti siamo più illuminati. Credo che abbia gli occhi pesantemente truccati di nero. Ma perchè non si toglie quella maschera che indossa?

Per un attimo i nostri sguardi si incrociano e io sento un brivido dietro la schiena. I suoi occhi mi fulminano. La cosa strana però è che anche lei prova qualcosa. Cambia atteggiamento, cambia movenze. Si irrigidisce. Inizia a non guardarmi più, ad allontanarsi e cerca di non incrociare il mio sguardo. Io non capisco...non le ho fatto niente. Non l'ho nemmeno sfiorata. Mi sembra che abbia cambiato espressione, come se si sia agitata. Va letteralmente via da me. Troppo velocemente prima che me ne renda conto. In meno di cinque secondi sono solo sulla sedia. Ancora.

Non capisco perchè se ne sia andata.
Bastarda.
Decido di andarmi a prendere qualcos'altro da bere. Uffa, sono tutti con una spogliarellista e io sono da solo qui. Guardo Mikey e Ray: due gran teste di cazzo, se la stanno spassando i due maritini felici, voglio proprio vedere se tra i paraggi ci fossero state Alicia e Christa cosa avrebbero fatto...

-Taylor mi dai un Vodka Redbull...- gli faccio appoggiandomi al bancone.

Le luci sono ancora soffuse ma riesco a vedere tutti. La mia ex-spogliarellista personale ora è da Ray...Anche lui è seduto sulla sedia e la guarda ridendo come un coglione, ovvero come solo Ray sa fare. Non è proprio giusto. Adesso lei sembra ritornata normale. Cioè non è più rigida come prima. Vedo che si guarda attorno, come se stesse alla ricerca di qualcuno. Magari mi sta cercando. Sì, bella storia...
Incrocio di nuovo il suo sguardo e nel momento in cui vede che la sto guardando gira di scatto la testa, torna da Ray, ma è di nuovo rigida. Che cazzo le ho fatto?
Continuo a guardarla e scorgo il suo tatuaggio. Le guardo il corpetto e poi vedo che ritorna a fare un sorriso all'uomo sotto di lei. A me non ha sorriso.
Forse il problema con le donne sono io, e forse non sto abbastanza bene se alla festa di addio al celibato del mio migliore amico, sto a pensare a queste cose e al fatto che una spogliarellista se n'è letteralmente scappata dopo che ci siamo guardati negli occhi.

Butto giù cio che resta del quarto...quinto cocktail forse. Poi mettono a palla la mia canzone preferita e vanno tutti in pista a ballare. Anche le spogliarelliste lo fanno. Si prendono Frank e lo trascinano al centro.

Decido di aggregarmi a lui. Chi se ne fotte se non so ballare.

La musica è così alta che mi rincoglionisco ancora di più e quindi probabilmente è vero anche che Ray si sta togliendo la maglia e la sta sventolando a mo' di lazo sopra le ragazze.

Spero solo di alzarmi domani. C'è un matrimonio, cazzo.

 

****
ebbene anche questo capitoletto è terminato!
devo dire che mi è piaciuto infinitamente scriverlo, e immaginare i ragazzi che si scatenano all'addio al celibato di Frank!
ringrazio tutti coloro che hanno letto e in particolar modo i nuovi recensori <3 siete carinnissime!!!
Come sapete la mia pagina facebook è: Black Mariah Efp da cui potete seguire ogni aggiornamento!
un bacio!

 

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Capitolo 3
*** I miss your lips ***


La mia immagine riflessa nello specchio è un disastro. Sembro un cadavere con le occhiaie e i capelli nerissimi sparati, che se ne vanno a cazzi loro. Mi sciacquo, mi lavo, mi rinfresco ed ho ancora più sonno di prima. Meno un'occhiata all'orologio. Sono le sette di sera. Ho dormito ininterrottamente dalle sei di stamattina fino ad ora. E mi sento ancora uno schifo. Ho la testa che mi gira e ogni singolo muscolo del mio corpo indolensito.

La festa è andata alla grande, Frank era felice come un bambino, anche Jamia, ed entrambi erano splendidi sull'altare e nella sala ricevimenti.

Abbiamo mangiato, abbiamo bevuto e abbiamo suonato. Già, abbiamo anche suonato e più di stare ad un matrimonio mi sembrava di stare ad un vero e proprio concerto a quanto gli invitati si scatenavano.

Finisco di vestirmi e mi butto sul divano. La donna delle pulizie dovrebbe venire domani. Non è così sporca come credevo, è abitale ancora per qualche giorno questa casa.

Per fortuna mi sono svegliato in tempo. Mikey e Ray dovrebbero venire a momenti. Dobbiamo andare da Clive a dare l'assegno, poi ci facciamo un giro in centro, magari andiamo a mangiare qualcosa in qualche fast food. Ora che ci penso ho una fame da lupi.

Me ne vado in cucina e apro il frigo. Ci sono le ragnatele. Perchè è completamente vuoto? Mi giro alla ricerca di un po' di caffè. Magari mi riprendo e abbandono quest'aria da sfattone che ho stasera.

Sento il cellulare vibrare sul tavolo a quella parte. Dovrebbe essere uno dei ragazzi che mi dice di prepararmi.

-Sì, col cazzo che devo prepararmi!- esclamo da solo qualche minuto dopo. Ho letto il messaggio. Il lavoro sporco lo lasciano fare sempre a me.

Devo andarci io. Da solo. Da quella testa di cazzo di Clive.

Sto passando a darti i soldi. Ci vediamo più tardi così andiamo al California Pizza Kitchen?

-Ray, sei una testa di cazzo!- aggiungo dopo aver letto tutto il messaggio. Non mi va nemmeno la pizza stasera. Avrei preferito un enorme hamburger da Burger King.

Gli rispondo in maniera molto spicciola. Anzi ho deciso di non rispondergli proprio. Vaffanculo.

Dieci minuti dopo sento suonare al campanello. Sarà lui sicuramente. Vado ad aprire.

-Ehilà!- mi saluta. Sembra molto più sveglio di me. -Oddio, Gee sembra che sei stato investito da un tram. Hai dormito?- mi fa anche.

-Mi sono svegliato mezz'ora fa- gli rispondo facendolo entrare.

-No, lascia stare.- mi dice. -Non posso trattenermi. Devo accompagnare Christa dalla sorella. E' stato un imprevisto. Per questo non posso venire!- dice giustificandosi.

-Ah, tranquillo- rispondo. Lo scazzo se ne un po' andato. Se ha da fare con sua moglie potrei anche capirlo.

-Mikey invece?- gli chiedo. A quanto ne sapevo non aveva impegni lo stronzetto per stasera.

-Ci raggiunge al California!- mi fa. Ecco. Piacere.

-E perchè non viene con me?- gli chiedo.

-Ah, non lo so! Dai Gee, che sarà mai. Consegni un assegno e te ne vieni!- mi dice sorridendo. Ray è sempre allegro. Io non capisco come cazzo faccia.

-Mmm...dimenticavo, due cose- inizia.

-Vai- gli dico accendendomi la prima sigaretta della giornata o meglio dire, della serata.

-La prima è che dal California abbiamo prenotato verso le undici e mezzo. Era tutto pieno prima. - mi fa con molta nonchalance, come se mi avesse detto un orario abbordabile.

-Le undici e mezzo?!- esclamo.

Lui fa con la testa di sì.

-Ok, e l'altra?- gli chiedo ritornando scazzato. Ho troppa fame per aspettare fino alle undici e mezzo, minchia.

-Ehm...beh, l'altra è che...- inizia a dirmi titubante assumendo un'espressione di cazzo. Sono certo che sta per dirmi una cosa che non mi piacerà.

-L'altra?- gli dico invogliandolo a parlare.

-L'altra è che devi andare da Clive...-

-Sì, Ray. Lo sapevo già.- gli dico alzando un sopracciglio e inspirando dalla sigaretta.

-...e lui stasera è...diciamo nel locale notturno. Devi andare là.-

Locale notturno?

-E' al night?- gli chiedo quasi scandalizzato. Cioè, dovrei andargli a portare questo maledetto assegno in un night club? In un locale ufficialmente dedito a spogliarelli?

Ray mi guarda con una faccia che avrei voluto prendere a pugni. Mi sorride, come se facendomi così evita che lo mandi a quel paese.

-Mmm...sì- mi fa. -Ma guarda il lato positivo, puoi assistere allo spettacolo di stasera!- mi dice ridendo.

Lo fulmino con lo sguardo.

-Ok! Ok!- dice portando le mani avanti e iniziando a camminare al contrario. -Me ne vado!- fa dirigendosi con le spalle verso l'ingresso. Io avanzo verso di lui con un espressione indefinita.

-Ricorda alle undici e mezza da California!- urla sul vialetto di casa. -Ma soprattutto, non ti far abbindolare da tu sai cosa!- mi dice riferendosi probabilmente a quelle cazzo di spogliarelliste.

-Ray vaffanculo!- gli urlo. -Christa, portalo lontano da me altrimenti lo ammazzo!- faccio, vedendo che in macchina c'è anche sua moglie. Lei mi sorride. Ray sale in macchina e parte suonando il clacson a tutto spiano.

Merda.

Che odio.

Lo odio.

Anzi gli odio. Anche Mikey. Traditore.

Rientro e guardo l'orologio. Sono solo le otto meno venti. Che cazzo faccio fino all'orario dell'appuntamento? Ah, già. Clive. Clive e il suo assegno del cazzo. Non so nemmeno dove diavolo sia questo posto della minchia.

Lo chiamo. Mi risponde e gli chiedo dov'è che devo andare. Lui mi dice il nome del locale: Red Bunnies. Cazzo, un nome più appropriato non poteva esserci. Ci manca solo che è frequentato da Hugh Hefner con le sue conigliette da strapazzo.

Ci vuole un'ora e mezza per raggiungere questo locale da casa. Si trova a Brentwood.

Salgo nel Suv e vado a fare benzina, non sia mai che rimanga a piedi, e prendo la strada per andare al Bunnies. Chissà che diavolo mi aspetta.

Quando arrivo fuori dall'entrata mi sento un maniaco. Cazzo se qualcuno mi riconosce può credere che io frequenti locali del genere. Il mio scazzo sta aumentando.

C'è un buttafuori all'ingresso e una coda discreta di ragazzi e uomini. Mi guardo attorno nervoso. Mi alzo il cappuccio. Spero solo di non essere riconosciuto. Arrivo davanti al gorilla dell'ingresso. Che gli dico?

-Ehm...salve- esordisco guardandolo. "Oh cazzo quanto è alto. Se vuole mi uccide con un pugno" penso. -Devo consegnare un assegno a Clive- gli dico.

Lui mi guarda titubante.

-Lei è?- mi chiede con una voce da uomo primitivo. E' un buttafuori di colore.

-Ehm...Gerard Way- gli faccio abbassando un po' la voce.

-Come scusi?- mi ripete. Diavolo, sa' chi sono.

-Gerard Way- ripeto più ad alta voce e chiudendomi di più il cappuccio della felpa.

-Un attimo- mi fa. Io continuo a guardarmi intorno, si è creata una fila consistente. Cazzo.

Il tipo della security parla dentro un walkie-talkie e borbotta qualcosa. Non capisco niente di ciò che viene detto ma so solo che mi guarda e mi fa segno di entrare.

Entro nel club, l'aria è praticamente opaca a quanto fumo c'è. In pratica è come se fumi senza sigaretta. E' possibile una cosa del genere? Beh, qui sì.

Mi guardo intorno, i faretti emanano luci soffuse, adesso sono sul rosso e sul viola. Non vedo un cazzo. Clive non c'è. Inizio a scrutare tutti quelli presenti e mi viene in mente che forse quello del bancone lo sa dov'è.

-Stavo cercando Clive- gli faccio appoggiandomi. -Sai dove posso trovarlo?-

Lui mi guarda. Ha un braccio completamente tatuato. -Era qui fino ad un minuto fa- mi dice asciugando dei bicchieri. -Ah, eccolo!- aggiunge indicandolo. Lo chiama e lo fa venire dalla nostra parte.

-Gerard!- esclama salutandomi e mi porge la mano che stringo.

-Sono venuto a portare l'assegno per l'altra sera.- gli faccio spicciolo. Non vedo l'ora di andarmene da questo posto.

-Ah, di già! Non c'era bisogno di venire così subito!- mi fa gentile. Io gli porgo l'assegno e lui lo prende. Alla fine non è che mi stia sul cazzo lui, è questo posto che non mi piace.

-Grazie- mi dice -Posso offrirti qualcosa? Un drink?- chiede.

-No, sei gentilissimo, ma non mi va niente!- gli rispondo. Mi sono alzato da due ore, credo che non sia il caso di iniziare a bere di già. In teoria per il mio corpo è come se fossero le dieci di mattina.

-Nemmeno una Coca Cola?- mi fa sorridendo. Al che accetto.

-Vada per la Coca Cola...- gli dico ricambiando il sorriso. Faccio per uscire i soldi dal portafoglio ma Clive mi ferma.

-Non lo pensare nemmeno- mi dice.

-No, macchè...- inizio per gentilezza io. Non sia mai che mi faccio offrire cinque dollari di bevanda.

-No- mi fa deciso. -Insisto. Anzi, perchè non ti trattieni un po'? Sta per iniziare lo spettacolo delle dieci.- mi fa molto calmo, come se stesse parlando di un film al cinema invece di ragazze che si spogliano.

Io non lo so come lo guardo, forse con gli occhi un po' spalancati.

Che cazzo gli dico? Che ho paura di essere riconosciuto?

-Ehm...- inizio titubante. Devo inventarmi una scusa bella e buona, al momento.

-Dai!- continua scuotendomi un po'. -Le mie ragazze sono le migliori!- mi dice facendomi l'occhiolino.

Mi viene in mente che probabilmente c'è anche la spogliarellista dell'addio al celibato di Frank. Quella con il tatuaggio. Quella stronza che mi ha sfanculato alla grande.

-Se il problema sono roba di paparazzi e cose così, stai tranquillo. Qui è sicuro come la Casa Bianca- dice.

-Ok, dai...- dico persuaso. -Ma solo per un po'- aggiungo.

-Certo! Accomodati pure dove vuoi!- mi consiglia, facendomi dirigere verso il centro del locale dove ci sono tavolini, divanetti in stile ottocentesco e divani tondi di legno e stoffa. Devo ammettere che però è un bel posticino. Arredato bene.

Dopo qualche minuto che mi sono seduto, le luci calano. Mi agito. Cazzo, non sono mai stato ad uno spogliarello. Mi vergogno, Cristo santo.

Parte una musica che conosco, o almeno mi sembra di avere già sentito. Inizio a scorgere le sagome delle ragazze che escono dal piccolo sipario. E' buio e la musica si fa più alta.

Mi faccio più dritto da sopra la poltroncina. Perchè cazzo ho accettato? Per una spogliarellista del cazzo con un tatuaggio. Ecco perchè. A cosa mi sono ridotto. Ora queste cose le posso pensare. Non sono più alla festa di Frank.

Mentre mi sto deprimendo da solo, intravedo la ragazza che cercavo.

E' lei, con quel tatuaggio in bella vista. Vorrei tanto vederlo più da vicino, non ho ancora capito che diavolo è. Certo che se mi vede e mi riconosce penserà che sono proprio un maniaco o un amatore di questi locali, o più semplicemente che sono uno sfigato.

Questa sera sono vestite da Catwoman.

Catwoman, cazzo.

Da personaggi di fumetti.

Io odio me stesso.

Hanno tutine nere di pelle con cerniera, aderenti. Stivali di pelle fin sopra il ginocchio. Maschera con orecchie che fa vedere solo gli occhi e il mento. E poi hanno una frusta in vita. Una frusta...

Saranno una quindicina, le ragazze intendo, e si stanno dirigendo verso ogni uomo e ragazzo seduto sulle sedie. Oddio, ne verrà anche una da me suppongo.

La cerniera delle tute è abbassata fino a metà petto. Si vede il reggiseno di pizzo, si vedono le scapole, e si vede parte del tatuaggio della mia spogliarellista.

"Vieni da me" continuo a pensare quando vedo che sta vedendo verso la mia direzione. Sulle sedie vicino a me ci sono altri due tipi. Non voglio nemmeno vederli. Mi rendo conto di avere ancora il cappuccio in testa.

Sta venendo da questa parte. Passa dritta. Porca puttana, vaffanculo. Non ho mai pensato così tante parolacce nello stesso momento.

Mi sento morire. Gira la testa e mi vede. Forse mi riconosce. Si ferma qualche istante e mi guarda. Anzi ci guardiamo. Davanti a lei ne passa un'altra e viene dalla mia parte ma lei la blocca. Viene verso di me. Verso di me cazzo.

Sono sicuro che si ricorda.

Si avvicina con movenze feline. La sa fare bene la parte del gatto. Le sue anche si muovono in una maniera così sensuale...Dio.

Continua a guardarmi negli occhi. Gli ha celesti. Non ha le labbra di rosso, anzi sono di una tonalità molto chiara. Mi si fionda davanti. Porta i guanti. I miei occhi si dirigono verso il suo petto, voglio vederle il tatuaggio. E' di nuovo buio, e non vedo più un cazzo, o almeno non vedo quello che voglio vedere.

Mi è davanti, è a trenta centimetri da me. E sento il suo profumo nonostante la puzza di sigaretta che ci sia qui. E' forte. Lo stesso dell'altra sera.

Deglutisco. Non so praticamente come sia di viso, ma mi sento che è bella, deve essere bella.

Si avvicina. Mi sfiora il petto. E mi abbassa il cappuccio.

Rabbrividisco. E sono immobile. Non riesco a muovermi e lei mi sfiora, prima il petto e poi il viso. Si leva i guanti e poi fa una cosa pazzesca. Si slega la frusta dalla vita. E me la mette dietro il collo e mi avvicina di più a lei. Io ubbidisco. Mi annullo totalmente. La guardo. Con gli occhi sgranati. Non capisco perchè l'altra volta se ne sia andata e oggi invece è qui. A sfiorarmi per sua volontà. Poteva far venire la sua amica. Ma non l'ha fatto.

Credo che quella stupidissima regola di Clive valga anche qui. Quindi mi faccio passare dalla testa la voglia di accarezzarla.

La frusta dietro il collo è fresca, ed è eccitante. Deglutisco di nuovo e mi accorgo di avere la bocca completamente arsa.

Non so come la sto guardando. Specialmente ora che si sta abbassando la cerniera della tuta. E' perfetta. Il suo fisico è perfetto.

Forse si accorge che mi sto eccitando. Forse si accorge che la sto guardando come se fosse una specie di miraggio. Mi sorride. E mi sento bene. E anche il suo sorriso è fottutamente perfetto.

E forse le sorrido anche io. Non lo so.

Lascia cadere a terra la parte di sopra della tuta e rimane in reggiseno davanti a me.

Si sporge di più. Mi porta un dito sulla bocca e segue il contorno delle mie labbra. E' splendida. Il mio cuore sta galoppando nel petto. Lo sento. A momenti mi esplode. Mi guarda di nuovo neglio occhi. Vorrei tanto che si tolga quella maschera del cavolo.

Con la mano scende giù seguendo il tratto della cerniera del mio golfino. Le posso vedere il tatuaggio finalmente. Le dona che è una meraviglia.

E' una specie di fiore, ci avevo visto bene. Ma non è colorato. Credo che l'altra sera fossi proprio ubriaco.

Non è un fiore normale, è caratterizzato da qualche intreccio. L'ho già visto da qualche parte. Sembra un simbolo elfico.

Ma certo che l'ho visto da qualche parte. Mi viene in mente che è davvero il fiore elfico. L'ho visto sulle ultime pagine del "Signore degli anelli".

Le guardo ancora un po' il tatuaggio e poi mi riconcetro su di lei.

Deglutisco quando lei si avvicina di più con il viso al mio e forse lo sente. E sorride di nuovo. La sto letteralmente penetrando con gli occhi. Non mi interessa che sia quasi nuda sopra di me. Non mi interessa che si sia seduta a cavalcioni e che adesso mi stia sfiorando di nuovo le labbra e che ogni tanto avvicini la mia testa alla sua tirando la frusta. Riesco soltando a guardarla negli occhi.

-Come ti chiami?- le chiedo a bassa voce quando le sue labbra sfiorano la mia guancia. Non so manco io come ho fatto a parlare. Credo che stia sorridendo. O forse ridendo di me.

-Non te lo posso dire- mi bisbiglia nell'orecchio e io rabbrividisco di nuovo. Si allontana. Forse non dovevo chiederglielo. Si alza e va dietro di me.

Sento le sue mani tra i capelli e mi reclina il capo. La sto guardando dall'alto. Anche lei deglutisce.

Le dita mi solleticano l'incavo del collo.

Alza una gamba. Porta il piede vicino la mia mano e inizia ad abbassarsi i pantaloni.

Non voglio vederla. Non di nuovo con le autoreggenti e l'intimo nero.

Ritorna davanti a me.

La vedo. Ed è splendida. E il tatuaggio che ha sulla spalla, per quanto bizzarro sia, è eccitante. E le sta bene. E non faccio altro che ripeterlo.

E' perfetta. Perfetta.

Mi sfiora il mento con le mani e si avvicina di nuovo. Vorrei tanto baciarla. Perchè deve avere delle labbra così carnose? Così invitanti? E soprattutto, così vicine alle mie?

Sono in un favoloso stato onirico. Non riesco più a pensare lucidamente. Vorrei toglierle quella maschera e vedere chi è ma mi basta anche lei così. Sono totalmente sgombro di mente che le chiedo anche qualcosa di assurdo. Mi chiedo come non abbia fatto a non andarsene nel momento stesso in cui gliel'ho chiesto.

-Posso baciarti?- le chiedo senza pensarci.

Sono un coglione.

La sua reazione è inaspettata. Mi sorride e mi guarda. Forse i miei occhi verdi l'hanno colpita.

Mi passa di nuovo una mano tra i capelli e il mio cuore ritorna ad accelerare.

Naturalmente so che non la posso baciare e che ho appena detto una cazzata.

Si avvicina di più al mio viso. Con le labbra. Al che impazzisco perchè credo che mi stia per baciare veramente, ma non lo fa. Anche se quello che mi fa forse è meglio di ciò che le ho appena chiesto. Prima sfiora le mie labbra con le sue, in una maniera quasi impercettibile, e poi mi da un bacio, giusto al lato della bocca, giusto in corrispondenza della fine delle labbra e l'inizio della guancia.

Esco da quel locale che sono totalmente rincoglionito. Devo andare da Ray. Sono in un quarto d'ora di ritardo.

E' come se mi sia ubriacato. Ubriacato del suo profumo. Oddio. Mi sono bevuto il cervello.

Chiamo Ray.

-Dove siete?- gli chiedo.

-Io sono a casa, mi sto avviando- mi dice. Il bastardo è anche lui in ritardo ma non mi ha avvisato.

-Gli altri?- faccio.

-Intendi Mikey e Alicia? Chiamali forse hanno bisogno di essere presi.- mi dice.

Dopo un po' riattacco e chiamo mio fratello. Sono ancora un po' frastornato. Per fortuna Ray non mi ha chiesto niente di Clive. Questa storia non si deve sapere in giro.

Mikey vuole essere preso. Devo fare un giro del cazzo ora. Ed è quasi mezzanotte.

Mi sento ancora il suo profumo addosso. Non è possibile. Non posso andarmene di testa per una spogliarellista. Il punto in cui mi ha baciato sembra bruciarmi. Non fa male, anzi. Mi piace. Mi ricorda che è stato vero. Ripenso al suo tatuaggio. Il Signore degli anelli, porca puttana. Mi viene un'improvvisa voglia di rileggerlo per la sesta voglia. Magari le piace, magari è il suo libro preferito e per questo se l'è fatto tatuare, o magari è solo un simbolo che le piaceva semplicemente senza sapere che cosa fosse.

Arrivo sotto casa di Mikey. Loro sono già giù. C'è anche Alicia. Per fortuna Ray è da solo altrimenti avrei fatto il single del cazzo. Frank è partito in viaggio di nozze la sera stessa del matrimonio. Chissà se è arrivato a destinazione.

-Ehilà, fratellone!- mi dice Mikey aprendo lo sportello.

-Ciao- dico io con un po' meno di entusiasmo.

Alicia si mette dietro e l'intero abitacolo si impregna del suo profumo. E io non riesco più a sentire quello della mia spogliarellista.

-Hai consegnato l'assegno a Clive?- chiede Mikey mentre parto.

Deglutisco. Ora devo fingere.

-Sì, certo-

-Dove sei stato fino ad ora? Ti aspettavo per le undici e mezza...- dice Mikey.

-Già, è vero. Di solito non fai ritardo- fa Alicia da dietro.

-Sì scusatemi.- dico un po' preoccupato. -Il locale di Clive è dall'altra parte della città e dopo che gli ho consegnato l'assegno mi sono fatto un giro per ammazzare il tempo- mento. Spero che se la bevino. -Poi ho chiamato Ray perchè credevo fosse già lì invece lui doveva ancora partire!- dico con nonchalance cercando di essere il più vero possibile. Tecnicamente l'ultima parte era vera.

Sto pensando ancora a quella ragazza e alle emozioni che mi provocava nonostante mi sfiorasse solamente.

"Finiscila" penso tra me e me.

Dopo una decina di minuti arriviamo davanti al California Pizza Kitchen e troviamo Ray davanti all'entrata.

-Era ora!- fa lui. Era ora un corno, anche lui è in ritardo.

Entriamo nella pizzeria e prendiamo posto. Non c'è molta gente, forse perchè è lunedì sera.

Mi siedo in un angolino e di fianco a me ho Ray e Alicia. Mikey mi è di fronte.

-Ordiniamo subito? Io ho una fame da matti!- esclama Mikey toccandosi la pancia.

Annuiamo.

-Voi che prendete?- chiede Alicia ad alta voce.

-Non saprei, chiediamo il menù- fa Ray. Da vicino al nostro tavolo passa una cameriera e ci porge i menù. Probabilmente ci riconosce perchè ci guarda per tipo dieci secondi senza dire nulla.

A dire il vero a me la fame è totalmente passata. Può essere pure che se inizio a mangiare mi ritorni, ma in questo momento il mio stomaco è completamente chiuso.

Clive del cazzo. E' tutta colpa sua.

I ragazzi attorno a me iniziano a parlare ma io non gli ascolto. Sto ripercorrendo mentalmente la serata e ciò che è successo nel Bunnies. Il mio cuore ritorna a battere forte.

-Direi che possiamo ordinare- dice Ray all'improvviso. Io sto guardando ancora il menù.

Probabilmente fa qualche segno alla cameriera perchè dopo qualche minuto si avvicina una ragazza.

"Magari mi prendo una pizza semplice e una birra. Così non mi appesantisco" penso.

-Cosa vi posso portare?- chiede una voce femminile davanti a noi.

E' una voce che ho già sentito qualche giorno fa...Non può essere lei.

Alzo lentamente lo sguardo.

Annabelle.

Che diavolo ci fa qua?

Scrive veloce sul tacquino ciò che Ray le dice, non alza lo sguardo. Guarda solo sul suo blocchetto.

Continuo a guardarla, a fissarla, a squadrarla.

-Gerard, tu che prendi?- mi chiede Ray dandomi un colpetto con il gomito.

Quando Ray pronuncia il mio nome deglutisce, e alza lentamente lo sguardo. I suoi occhi blu si intrecciano con i miei.

Riesco a vedere che stringe più forte la penna in mano e che diventa nervosa. Indossa la divisa del California. Una polo nera con la scritta della catena alimentare in rosso.

Ha il viso stanco ma sempre bellissimo. I capelli sono raccolti in una coda e i suoi occhi sembrano spenti, inoltre mi sembra come se si sia appena struccata, con i residui di matita e ombretto neri attorno agli occhi.

-Sì...- dico dopo qualche secondo quando lei ritorna ad abbassare lo sguardo. Perchè non mi saluta?

-Una pizza e una birra...- rispondo continuando a guardarla.

La mano sul tacquino trema scrivendo.

Forse tutte queste reazioni me le sto immaginando io.

-Ok...- dice sempre con lo sguardo basso. -Appena è...pronto vi porto tutto- conclude. Scappa letteralmente.

Io continuo a guardarla. E' totalmente diversa da come l'ho incontrata da Calvin Klein.

-Hai finito di sbavare sul menù?- mi chiede Alicia.

-Cosa?!- chiedo stranito dopo aver seguito con lo sguardo Annabelle fino al bancone.

-Sì, sì. Certo- fa lei sorridendo. Gli altri mi stanno guardando.

-Perchè dici così?- le faccio cercando di fare l'indifferente. Mikey sorride.

-Gerard, l'hai spogliata con gli occhi- dice mio fratello mettendo un braccio attorno alla schiena di Alicia.

-Non è vero- dico io.

-Ok, allora guardandola le hai solo fatto capire che la volevi spogliare- dice Ray.

-Ah, per piacere. Finitela!- taglio corto. -E' solo che l'ho già incontrata da un'altra parte e non mi aspettavo di vederla qui.-

-Ah, la conosci?- mi chiede Ray.

-Più o meno...- dico. Che palle. Odio gli interrogatori quando l'argomento sono le donne.

Guardo di nuovo verso il bancone. E' di spalle. Mi viene il mal di stomaco a pensare a lei. Cazzo, sono sintomi che non dovrei avere.

Perchè non mi ha salutato? Perchè ha fatto finta di non vedermi? E' impossibile che non mi abbia riconosciuto o che si sia dimenticata di me.

Uffa.

-Forse è meglio che riporti i menù indietro- esordisco cercando di essere il meno equivoco possibile.

-Sì, magari glieli porti a lei, no?- mi dice Alicia sorridendo.

-Oh, fottetevi!- esclamo facendo un gesto con la mano. Non me ne frega niente di quello che pensano. Mi alzo, prendo i menù tra le risatine generali e vado da lei.

Sto per arrivare al bancone quando un'altra cameriera mi incrocia e mi da' a parlare.

-Posso esserle utile?- mi chiede. Vaffanculo. Nessuno che si fa i cazzi suoi. Sento quei tre idioti ridere dal loro tavolo.

-Ehm...no volevo solo consegnare questi- le dico mostrando i menù. Che diavolo.

-Può darli a me!- dice contenta lei. Che cazzo si ride?

-Ma lei non è...ehm...Gerard...Way?- mi chiede timida. Ecco lo sapevo.

-Sì- le dico fingendo un sorriso. La ragazza emette un gridolino strozzato. Mi guardo intorno. Annabelle mi sta guardando e quando incrocio il suo sguardo gira la testa da un'altra parte.

-Posso posso chiederle un autografo?- mi domanda contenta.

-Ma certo!- rispondo io apparendo il più vero possibile e il meno scazzato...possibile. Le prendo il blocchetto delle ordinazioni dalle mani e le firmo l'autografo. Gli riconsegno i suoi strumenti da lavoro.

-Grazie!- mi dice.

-E di che!- le dico sorridendo. Si gira e ritorna dalle altre. Annabelle è ancora lì. Per qualche secondo rimango in piedi. E ora che faccio? Mi ero alzato per andare da lei. Improvvisamente mi viene in mente una cosa.

Continuo a dirigermi verso di lei. Si trova dall'altra parte del bancone e forse ci sta preparando la cena.

Perchè lavora anche qui?

E' girata. Secondo me sta cercando di evitarmi. Non si gira ancora al che non mi lascia scelta.

-Ehm...Annabelle...- la chiamo. Lei si ferma per un attimo e si gira lentamente. I suoi occhi sono meravigliosi, porca miseria.

Mi guarda per qualche secondo. E' agitata, ed evita il mio sguardo.

-Scusami...è che...non ti ho detto che birra volevo- le dico. Lei non dice nulla, va verso il suo blocchetto, lo riprende e mi viene vicino. Fra di noi c'è il bancone.

-Sì, dimmi.- mi dice solo.

Io non capisco. Magari è imbarazzata.

-Volevo una Tennent's...- dico. Ha ancora lo sguardo basso.

-Ok. Te la porto subito.- dice rigirandosi.

Mi da' terribilmente al cazzo quando non vengo calcolato.

-Che è successo?- le chiedo. -Sei arrabbiata?- aggiungo. Non me ne fotte un cazzo se non mi faccio gli affari miei e se la conosco da due giorni. Semplicemente non voglio che mi tratti così, anzi che non mi tratti proprio, dato che fa l'indifferente.

La vedo lasciare il vassoio sul davanzale della cucina. Si gira lentamente.

-No, scusami. E' che ho molto lavoro da fare- mi dice vaga. Facendolo si aggiusta meglio il colletto della polo. Se lo abbottona.

Si rigira e ritorna a preparare il vassoio. Mette le birre che abbiamo ordinato e viene con me verso il nostro tavolo.

-Ti do una mano...- le chiedo. Mi sembra l'unica cosa da dire per attirare la sua attenzione.

-No, Gerard. E' il mio lavoro- mi dice. Finalmente si è degnata di chiamarmi per nome. Almeno se lo ricorda.

Io mi metto a sedere al mio posto. Tutti ci guardano arrivare. Magari è molto stanca e non vede l'ora di ritornare a casa.

Mette le birre sul tavolo chiedendo a tutti chi avesse preso cosa, arrivata alla mia Tennent's me la porge delicatamente, e accenna una curvatura delle labbra. Magari si sente in colpa. Chissà.

-Com'è andata?- mi fa Ray bevendo la sua Gordon dopo che Annabelle se n'è andata.

-Le ho detto che birra volevo- dico spicciolo.

-E basta?- mi fa.

-E basta- ripeto.

Guardo ancora verso la sua direzione. E se gli stessi antipatico?
 

ed ecco il terzo capitolo! Questa storia mi affascina moltissimo e sono orgogliosa e soprattutto contenta che piaccia anche a voi!
Ringrazio davvero tutti, siete bellissimi! e in particolar modo Terexina e Love is like suicide!
<3
Ora il quarto capitolo non so quando lo posterò perchè devo aggiornare prima Starless, che ahimè mi guarda e mi dice "aggiornami" :D
e so anche che devo aggiornare Give you hell, ma anche quella mi guarda e mi scongiura di aggiornarla!
Sicuramente tutti gli aggiornamenti slittano a dopo l'otto settembre perchè il 7 ho il test di architettura all'uni ^.^
un bacione a tutte!

 

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Capitolo 4
*** Carelessly dating ***


-Gerard tu devi vedere che casino c'è qui!- mi dice Frank dall'altro capo della cornetta e anche del mondo.

-Davvero? Sono contento che ti piaccia!- gli faccio. Mi sta aggiornando sul suo viaggio di nozze. Assieme a Jamia sono andati a finire in Australia.

-Oggi ci aspetta la pesca subaquea nella barriera corallina, poi partiamo per la Polinesia.- continua. Credo che si stia proprio divertendo lì, con la sua novella moglie. Jamia è innamorata dell'Australia e a Frank non dispiace quel posto. Sono fantastici insieme. Sono felice per lui.

La nostra conversazione dura un po', fa' niente che spendo un sacco di soldi, sono cinque giorni che non lo sento, precisamente dal suo matrimonio.

Chiudo il cellulare. Sono appena arrivato sotto casa di mio fratello. Oggi mi sentivo molto attivo quindi ci sono andato a piedi. Suono il campanello e Alicia mi apre. E' ancora in ciabatte. Odio le persone che fanno ritardo.

Mikey per fortuna è già pronto, anzi indossa già gli occhiali da sole e non ho capito bene il perchè.

-Ehi, Gee!- mi fa venendomi a salutare.

-Ciao Mikey- rispondo dandogli una pacca sulla spalla. -Alicia non sei ancora pronta?- aggiungo rivolgendomi alla ragazza tatuata di fronte a me.

-No, Gerard. Non mi sento molto bene oggi. Andate solo tu e Mikey...- dice. Ha un po' di mal di testa e non se la sente.

-Ok, come vuoi!- ribatto.

Qualche minuto dopo ci ritroviamo in macchina di Mikey a sentire un cd degli Strokes. Ultimamente voglio molto bene a mio fratello.

-Allora, dove andiamo a fare spese?- mi chiede tamburellando con le mani sul volante della sua Jeep.

-Ehi, ti sei fatto un tatuaggio?- dico all'improvviso senza rispondere alla sua domanda.

Lui si guarda prima il polso e poi stranito si gira verso di me.

-Non lo sapevi?- mi chiede. Riesco a vedere il suo sopracciglio alzato che spunta da sotto i Ray Ban neri.

-Mmm, no- gli dico cercando di capire che cosa sia quel disegno.

-Sì, ce l'abbiamo uguale io e Alicia. Ma davvero non lo sapevi che me l'ero fatto?-

Gli rispondo dopo qualche secondo. Le ragioni sono due: la prima è che penso che la sua pelle sia stata traforata migliaia di volte da un ago, e ciò mi fa rabbrividire; la seconda è che ultimamente non sono circondato altro che da persone che hanno tatuaggi. Il mio incoscio va direttamente al Red Bunnies e alle mie sere trascorse lì. Sì, ci sono andato di nuovo. Ieri sera. E la mia spogliarellista è stata più sensazionale dell'altra volta. Secondo me le piaccio, altrimenti cambierebbe persona come fanno le altre.

-Ah, no...- rispondo in ritardo. -Comunque non lo so- continuo ritornando alla domanda sulle spese da fare. -Dove vuoi.-

-Mi servirebbero un po' di vestiti seri, che non siano roba da rocker...- dice Mikey.

Non volevo sentire che questo.

-Beh, andiamo da Calvin Klein?- gli domando molto vago. Lui non sa che c'è un secondo fine nella mia domanda.

-Tu dici? Ha messo i saldi per caso?- mi chiede. Come ha messo i saldi? Perchè mi domanda ciò?

-Ah, non lo so!- rispondo un po' sorpreso.

-E perchè ci vuoi andare?- mi continua a chiedere. Uffa, che domande...Ci voglio andare e basta.

-Beh, se non vuoi andiamo da un'altra parte- gli rispondo facendo l'indifferente e guardando dal finestrino.

-No, ok- mi fa, stando attento ad una signora che sta attraversando.

Spero con tutto me stesso di andare da Calvin Klein, anche perchè non vedo Annabelle da un giorno. Lo so, me ne sto andando in paranoia, ma è più forte di me. Non ce la faccio a non resistere. Credo che mi piaccia, lei... In queste sere sono sempre andato dal California a cenare e ho scoperto molte cose. Fa il turno di notte, quello dalle undici e trenta fino alle due e trenta. Ok, non è vero. Ho scoperto solo questa cosa. E in più dovrebbe lavorare anche da Calvin Klein durante la mattinata.
L'altra sera non era arrabbiata come la prima volta che l'ho incontrata in quella pizzeria, anzi mi ha dato anche un po' di corda, e probabilmente è questo che ha contribuito a farmene andare di testa per lei.

-Gee?-

Mio fratello mi chiama. Probabilmente si è accorto che sono assorto nei miei pensieri.

-Sì, dimmi- replico.

-Come è andata a finire con quella ragazza poi?- mi chiede. A me sale un po' l'ansia.

-Quale ragazza?- gli domando. Tempismo perfetto...

-Quella del California-

-Ah, Annabelle?-

Già pronunciare solo il suo nome mi fa venire i torciglioni allo stomaco. Inizio a sudare a freddo se penso che adesso andrò di nuovo da lei.

-Ehm...- sono un po' in imbarazzo. Non so che dirgli. Anche perchè ultimamente mi si è rivoltato proprio il cervello. Cioè mi piace una ragazza, e magari posso anche provarci con lei, ma da qualche giorno a questa parte frequento un locale di spogliarelliste in cui c'è una che...non è che mi piace, perchè non so nemmeno come sia fatta di viso, ma boh, a cui penso sempre. E il che mi risulta squallido perchè non posso stare alle dipendenze di una spogliarellista quando ho trovato finalmente una ragazza che mi piace.

-Ti piace, eh?- aggiunge Mikey sorridendo. Perchè deve capire sempre tutto? E soprattutto perchè devo sembrare sempre io il fratello minore e lui il maggiore?

-Ahah, lo sapevo!- continua davanti al mio silenzio. Così decido di parlargli di lei.

-Lei...lavora anche da Calvin Klein...- dico a bassa voce guardando fisso la strada davanti a me. Mikey sorride.

-Lo sapevo che c'era un secondo fine- mi dice sorridendo. -Ma lei sospetta qualcosa?- mi chiede anche.

-Ma non penso...- faccio. -E' che...boh, è un po' strana. La prima volta che l'ho vista era cordiale, e forse anche un po' imbarazzata...- continuo -Poi al California, la sera dopo del matrimonio di Frank, mi sembrava arrabbiata, del tipo che mi evitava, ma non credo fosse dovuto a me...cioè non le ho fatto niente! Poi ci sono andato di nuovo, da solo, al California intendo, ieri e avanti ieri e non lo so, ieri mi sembrava felice di vedermi, rideva, scherzava, e abbiamo anche un po' parlato del più e del meno...- riassumo pensando alla serata trascorsa.

-E' fidanzata?- chiede Mikey parcheggiando.

-Non lo so. Questo è il punto. Non so niente su di lei, solo dove lavora e come si chiama. Non so nemmeno il cognome o quanti anni ha!- gli dico quasi rassegnato.

-Beh, chiedile di uscire, no?- mi fa il fratellino, come se invitarla a cena fuori fosse una cosa facile.

Io rimango in silenzio, sono pieno di dubbi. E se non le piaccio? O magari si vede già con qualcun altro...

-Da quando ti fai così tanti problemi?- aggiunge Mikey di fronte al mio silenzio.

-Con le ragazze mi sono sempre fatto problemi...- gli rispondo.

-Ok, è vero...Ma da quando facevi il liceo fino ad ora ne è passato di tempo.- mi fa aprendo lo sportello e scendendo dalla macchina. -E poi, diamine, Gerard, sei il frontman di una band abbastanza famosa, c'è chi venderebbe l'anima al diavolo per uscire con te. Perchè mai dovrebbe rifiutare?-

-Già...perchè mai dovrebbe?- ripeto io a bassissima voce, in modo tale che Mikey non mi senta.

Forse ha ragione.

Entriamo nel negozio e già l'ansia mi assale. Non la vedo. Ci sono decine di commesse anatre che ci fanno gli occhi dolci e lei no. Voglio lei, cazzo. Dov'è?

-Salve signor Way!- mi dice educatamente la signora dirigente. Quella con il tuppo e gli occhiali, per intenderci...

-Buon giorno!- le faccio accennando un sorriso.

La tipa è subito disponibile e cordiale, e una volta detto che cosa ci serve, ci porta nella sala abbigliamento.

Mi vergogno a chiedere a lei di Annabelle, perciò aspetto un momento. Ci serve una ragazza che è l'esatto opposto di lei. Bionda, super truccata e con la faccia arancione a quanto fondotinta ha.

-Credo ti stia facendo il filo...- mi sussurra Mikey in disparte, dopo che la commessa è andata a prenderci le cose.

-Già, me ne sono accorto...- gli faccio. E ciò mi irrita parecchio. Sono io che devo provarci oggi. E non con lei.

Quando la bionda ritorna, non sono nemmeno interessato a come si chiama, ci porta tutti i capi che le abbiamo chiesto e inizia a mostrarceli sul bancone. Decido di sfruttare il mio sex appeal per quanto ci riesca, per ricavarne informazioni.

-Ehm...posso chiederti una cosa?- Esordisco con una voce molto sensuale e sfoderando il mio sguardo più sexy.

Lei mi guarda per qualche secondo e mi fa -Certo...-

-Dove posso trovare Annabelle?- Arrivo subito al sodo, non mi va di stare a flirtare con lei, potrebbe farsi strane idee.

I suoi occhi luminosi e pieni di speranza si rabbuiano e sembra quasi che mi stia mandando a quel paese quando mi risponde -Al piano di sotto-

Io la guardo e le sorrido, magari mi perdona, e la ringrazio.

-Mikey vengo subito!- dico già avviandomi per le scale. Sento mio fratello ridere.

Inizio a scendere velocemente le scale. Non vedo l'ora di vederla.

Entro nella stessa ampia stanza in cui ero stato per comprare l'abito del matrimonio e subito la vedo. Il mio cuore inizia a battere più forte. Mi sembra quasi di sentire le ginocchia tremare. E' impegnata. Sta servendo già un altro cliente così aspetto in disparte che finisca.

Non si è accorta che ci sono, non si è ancora girata dalla mia parte. Meglio così, voglio vedere che effetto le fa vedermi.
Sono proprio ridotto male...

-Posso aiutarla?- mi fa un'altra ragazza. Mi giro e mi riprendo dalla specie di trance in cui sono finito.

-Umh? Oh, no, grazie. Sto aspettando Annabelle...- le dico. Tutte che vogliono servirmi...

-Ok- mi fa la ragazza sorridendomi. Si chiama Shirley. Anche lei porta il cartellino appuntato sulla giacca. -Se vuole gliela chiamo...- mi dice anche.

-Grazie, ma non ce n'è bisogno- le dico. E' stata gentile a chiedermelo. -C'è mio fratello sopra quindi devo aspettare lo stesso- aggiungo giusto per non sembrare sgorbutico.

-Ok. Comunque se ha bisogno di aiuto, noi siamo qui- aggiunge.

La prima ragazza oltre ad Annabelle che in questo negozio non ci prova spudoratamente con me...

Dopo che Shirley se n'è andata, meno un'occhiata verso la ragazza con gli occhi azzurri: sta salutando i clienti.

Mi avvicino. Sta per dire qualcosa, magari la frase di rito che riserva ai clienti, ma io l'anticipo.

-Ciao, bellissima...- esordisco.

"Gran testa di cazzo, Gerard" penso nello stesso momento in cui pronuncio quelle fottute parole.

Sono quasi annebbiato dal suo profumo. E non me ne fotte una minchia se ho detto che è bellissima. E' la verità. E lei mi guarda arrossendo e abbassando lo sguardo. Dio, se la voglio.

-Ciao...- mi dice imbarazzata.

-Scusa, non volevo farti imbarazzare...- aggiungo. E' rossa come un pomodoro. Perchè arrossisce così tanto? Non le ho detto niente di che!

Le sorrido e lo fa anche lei.

Non è bellissima, maledizione, è perfetta.

Si gira e torna a piegare le robe.

-Sei, sei impegnata?- le dico. -Se vuoi me ne vado...-

-No, tranquillo...- risponde continuando a piegare le robe. Adoro quella divisa da segretaria. -Scusami, ti serve qualcosa?- aggiunge. Crede che mi serve qualche vestito...Mi serve lei ecco cosa.

-Ah, no. Ho accompagnato mio fratello Mikey a fare spese. Lui è di sopra e sono passato a salutarti...-

Mi piace l'aria da marpione che sto assumendo, e mi piace anche il fatto che lei provi qualcosa. E' agitata, si vede, altrimenti mi guarderebbe negli occhi e non arrossirebbe.

-Oh...- dice solo, sorpresa.

Ha quella cazzo di camicia bianca abbottonata fin sotto il collo...Ma riesco a intravederle il reggiseno nero. Dio, sto impazzendo.

-Se ti disturbo me ne vado...- le faccio, anche se so che non la disturbo.

-No, che distrubi...- dice subito. Mi sorride. E lo faccio anche io.

"Ok, Gerard, non puoi passare tutto il tempo a sorriderle..." penso. "Chiediglielo, chiediglielo" continuo a ripetermi.

Mi passo una mano tra i capelli e lei mi guarda, in una maniera molto strana devo dire.

-Senti...mi stavo chiedendo...- inizio a dire. Qualcosa mi interrompe.

-Annabelle, puoi venire un attimo?- dice un'altra ragazza. Entrambi ci giriamo.

La ragazza va verso di lei e insieme se ne vanno in un altro reparto.

"Ok, prendi fiato." mi faccio "E pensa bene a cosa dire".

Non so quanto tempo sia passato da quando se n'è andata ma quando la vedo ritornare, vengo assalito dalle stesse sensazioni di prima. Mi fa male lo stomaco, e mi tremano le gambe.

Questa mattina i suoi occhi sono di un blu intenso, come l'abisso. Che cazzo dico l'abisso non so nemmeno lontanamente come sia fatto...Però sono blu, di un blu luminoso, e quei suoi due occhi mi fanno morire.

-Cosa mi stavi dicendo?- mi dice mentre ritorna vicino a me. Mi arriva una ventata di profumo. Lo adoro.

Faccio una cosa avventata, lo so. Ma mi viene spontanea. Non mi va più di parlarle solamente.

La prendo per un polso. Ed è come se vengo attraversato da una scossa elettrica, da un brivido che mi arriva direttamente al cervello. E mi sembra che a lei accada la stessa cosa.

Delicatamente mi avvicino a lei. Ora fra le mani non ho più il suo polso. Ho i suoi fianchi. Sì, le porto le mani sui fianchi e siamo vicini. Molto vicini. E non mi interessa niente. Perchè sto scoppiando. La sua bellezza è troppo devastante.

Lei non se l'aspetta, rimane spiazzata. Sinceramente lo sono anche io. Non so da dove mi sia uscita questa sfacciataggine, ma mi piace. E' quello che mi serve.

Sta respirando veloce. E io le sorrido e mi sento accaldato. Forse sto arrossendo anche io.

-Esci con me...- le dico solo. Non vuole essere una domanda.

Lei sorride imbarazzata, di nuovo. Dio, perchè è così umile? Una come lei, così bella, così perfetta, non dovrebbe essere così. Dovrebbe tirarsela.

La sto guardando come se fosse un diamante. Secondo me lo è, ma è lei che non se ne rende conto.

-E'...complicato...- mi fa. Non voglio un rifiuto. Gira la testa, di lato, abbassando un po' gli occhi.

-Ti prego- le dico con voce più sensuale. Le alzo il mento con un dito. Le faccio gli occhi dolci e credo che funzioni.

-Ok...- dice alla fine. I suoi occhi sono qualcosa di indescrivibile. Ora che li vedo più da vicino non sono solo azzurri, sono anche sfumati e quasi non riesco a guardarli.

All'inizio mi sembra di non aver capito bene la sua risposta.

-Come?- le dico quasi in catalessi.

-Ehm...si va...va bene...- dice timida. Mi porta le mani sul petto, anzi no, una è sul petto e l'altra è sulla pancia. Lo fa per guardarmi meglio perchè ora non le ho le mani sui fianchi, la sto proprio abbracciando.

Le sue mani mi fanno rabbrividire e mi convinco sempre di più che è perfetta, che è quella perfetta per me, dico. E che mi sto sciogliendo. Letteralmente.

Nel momento in cui sento le sue parole mi sento improvvisamente più leggero. E' possibile? Mi ha detto di sì, porca miseria. Di sì!

Non so che dirle. Cioè la ringrazio e le sorrido e non smetto di farlo, non riesco a smettere di farlo.

-Quando e a che ora?- le chiedo. Oh, cielo. Voglio uscirci oggi, anzi adesso stesso. -Stasera va bene?- aggiungo speranzoso.

Forse ho detto qualcosa di sbagliato o si è ricordata lei di qualcosa. Mi allontana. Non l'abbraccio più, si sta torturando le mani e ha di nuovo gli occhi bassi.

-Ehm...Stasera non posso...- mi dice solamente.

-Se il problema è per il California ritorniamo prima, anzi ti accompagno io lì...- le dico.

Lei aspetta un po' prima di rispondere. Sembra come se mi voglia dire qualcosa ma non ci riesce.

-No, non è per quello...Stasera ho un altro impegno.- mi dice spicciola, cambiando quasi voce.

-Ok, dimmi tu quando...- le faccio. La guardo un po' confuso. Questo sbalzo d'umore mi lascia perplesso.

-Non lo so...magari hai impegni anche tu...- Ora se n'è tornata dietro il bancone.

Odio quando fa così, e forse è per questo che mi piace. E' come se prima mi facesse assaggiare il gelato e poi quando ho scoperto che è buono e che lo voglio me lo toglie da sotto gli occhi.

-Macchè impegni!- le dico seguendola. -Dai, dimmi tu un giorno!- Le dico incitandola a parlare.

E' come se ci sta pensando un po' sù.

-Venerdì va bene?- mi chiede piegando una camicia.

-E' andata. A venerdì!- le dico contento e adesso mi sorride di nuovo.

Alle mie spalle sento la voce di mio fratello. E' sempre inopportuno.

-Ehm, Gerard...- mi fa grattandosi un po' la testa. Ha in mano tipo quattro buste di vestiti. Io mi giro un po' scazzato.

-Io...avrei finito...- mi dice solo e poi sparisce. Magari si rende conto che sto marpionando pubblicamente e che non mi deve interrompere.

-Mio fratello!- dico solo rivolto ad Annabelle che guarda Mikey andarsene.

-Non vi assomigliate molto...- dice solo.

-Mmm...già- dico io sorridendole. Faccio il giro del bancone e la raggiungo di nuovo.

-Allora ci vediamo venerdì...- le dico. Giusto per ricordaglielo.

-Ok- mi dice solamente e ritorna alle sue camicie. Si sente osservata, da me naturalmente, e alzando timidamente la testa mi chiede -A che ora?-

-Quando vuoi, verso le sette ti va bene? O anche un po' prima- dico. Magari ha problemi al lavoro poi.

-Anche per le sei e mezzo va bene- mi risponde. Ora mi sta guardando di nuovo. Con quei due suoi occhi che sembrano due pianeti azzurri mi viene quasi la voglia di fissarla in ogni momento.

-Ok!- le dico contento e sorridendole. Mi passo un'altra volta la mano tra i capelli. Secondo me le piace quando faccio così. -Dove abiti? Ti passo a prendere.-

-Ehm...- mi inizia a dire titubante. Ho paura che faccia di nuovo come prima -Per quell'ora esco da scuola...-

Da scuola?!

Oddio, per un attimo mi viene il terrore che vada ancora al liceo. Credo che la stia guardando un po' confuso.

-...Sì, esco dall'università- aggiunge per chiarire.

Università. Va all'università. Bella e intelligente...

-Oh- dico sorpreso -Cosa studi?- le chiedo immediatamente.

-Sono all'ultimo anno di architettura...- mi risponde abbozzando un sorriso.

Io la amo. Lo so. E' lei la mia donna.

-Fantastico!- esclamo entusiasta. -Allora ti passo a prendere da lì? Che università è? L'UCLA?- le chiedo.

-Sì, quella- mi dice sorridendomi.

Non voglio lasciarla in quel negozio. Voglio stare ancora con lei. Perchè Mikey ha già finito? A proposito di Mikey...Forse è in macchina che aspetta.

-Ehm...credo che dovrei andare a vedere se c'è qualche cliente che ha bisogno di aiuto...- mi fa anticipandomi.

-Certo, Mikey mi sta aspettando anche...E'...è meglio andare-

La guardo qualche altro secondo imbambolato poi mi decido e mi do' una mossa.

-Allora...a venerdì!- dico.

-A venerdì- ripete sorridendo.

Non voglio lasciarla senza averla salutata come si deve. E non mi interessa niente se lei non vuole. Insomma...prima le ho messo le mani sui fianchi e non mi ha detto nulla...Mi avvicino e, così all'improvviso, prendendola di nuovo per i fianchi le do' un bacio sulla guancia anche se avrei voluto darglielo sulle labbra. Il suo viso è così morbido...così liscio. Le mie labbra bruciano e secondo me anche la sua guancia. Rimane immobile, sorpresa da questo mio gesto. Arrosisce di nuovo. E io adoro quando lo fa. Il suo profumo mi resta nelle narici, e mi sembra quasi una droga.

Mi stacco dalla sua guancia e le sorrido. Se le rimango ancora vicino non saprei come trattenermi dal non baciarla in bocca.

Ancora guardandola e sorridendole mi avvio verso l'uscita principale.

Non vedo l'ora che arrivi venerdì.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Do you kiss on the first date? ***


Ok. Da quanto tempo non ho un appuntamento? Anzi, rettifichiamo. Da quanto tempo non esco con una ragazza che mi piace sul serio? Beh, è da un po' e questa sensazione di ansia, di terrore e di incontrollabile voglia di stringere Annabelle tra le braccia mi piace, anzi la adoro.

Sono così contento che non mi è servito nemmeno andare al Bunnies queste sere. Non ci vado dal giorno prima quando ho accompagnato Mikey a fare spese, e la cosa bella è che sono felice, felicissimo, perchè in tutto questo tempo non ho avuto necessità di pensare di andare in quel locale per tirarmi sù e soprattutto, perchè non ho pensato nemmeno una volta alla spogliarellista tatuata. Il suo pensiero, la sua immagine, sono stati soppressi da quella di Annabelle, decisamente migliore.

Non so che cazzo mettermi, forse dovrei uscire così, come sono vestito ora. Mi sento a mio agio in questi abiti: Converse, pantalone e maglia neri e una felpa nera con il cappuccio. Lo so, sono lugubre, sembro che sto per andare ad un funerale. Non me ne fotte un cazzo.

Sono agitato.

Guardo l'orario. Sto andando a prenderla dall'UCLA. Dall'UCLA! Decido di uscire così, con queste robe. Il nero alla fine mi sta bene. Mi rende sexy. Scoppio a ridere per i pensieri che ogni tanto mi passano per la testa.

Più si avvicinano le sei e mezza e più mi agito. Il tempo sembra non passare mai e poi provo un fastidioso dolore allo stomaco. Respiro veloce. Ok, dove la porto? Esce dall'università...sarà affamata...Potremmo andare sul molo. Oddio, l'università. Sarà circondata da maschi atletici e muscolosi.

"No, Gerard. Non abbandonarti a questi pensieri idioti" mi dico.

Alla fine ha accettato di uscire con me, magari le piaccio anche io. Forse dovrei dirglielo che sono attratto da lei. Così, boh, magari sa che c'è qualcuno che l'aspetterebbe. Chissà com'è vestita stasera. Ora che ci penso è la prima volta che la vedrò al di fuori delle vesti lavorative, ovvero al di fuori della polo nera e del pantalone rosso che indossa al California e del completo nero con camicia che porta da Calvin Klein. Quanti cazzi di lavori ha? E soprattutto perchè gli ha se studia? Magari è per mantenersi agli studi o per sanare subito il debito scolastico...E la famiglia? Dov'è? E se avesse una brutta storia alle spalle fatta di una famiglia che non le da' abbastanza?

Oddio, sto decisamente pensando troppo. Credo di dovermi rilassare di più...Sto pensando a troppe cose tutte in una volta. Dovrei prendere più alla leggera le cose che faccio...

Ho pensato così tanto e così a fondo che non mi rendo conto di essere arrivato praticamente davanti all'entrata dell'UCLA. Che coglione, non le ho nemmeno chiesto il numero di telefono. E se non riesco a rintracciarla o a vederla?

Aspetto davanti all'entrata dell'università circa dieci minuti. Cazzo, mi sento molto osservato, anche perchè stanno iniziando a riconoscermi e quindi sono tutti attratti da me. Cioè vedo persone bisbigliare e indicarmi e qualcuno di più sfrontato mi viene anche a chiedere un autografo.

"Oh, Annabelle fai veloce" penso quando scrivo la mia firma sull'ennesimo quadernetto.

Sentire la sua voce alle mie spalle mi manda in estasi. Anzi, crea in me un misto di emozioni indefinite. Felicità, ansia e leggerezza.

Mi chiama e io mi giro dalla sua parte. Mi sorride. Ed è davvero splendida in tutta la sua semplicità.

I suoi occhi sono splendidi, ma quello lo so già. E' lei nel complesso che è splendida. Sembra un angelo, anzi una divinità ecco.

Ha i capelli raccolti in una coda, con un ciuffo che le cade sulla guancia, poi indossa un vestitino, un vestitino nero...E al che mi sciolgo letteralmente. E accollato fino al collo, a maniche corte che lascia intravedere le ginocchia...E' nero!

Ha rapito il mio cuore.

Porta in mano una cartellina, forse qualcosa che riguarda progetti o chissà cosa.

-Scusami se ti ho fatto aspettare!- mi dice venendo dalla mia parte. Tutti la stanno guardando, e spero che la ragione sia perchè è splendida e non perchè si sta avvicinando a me.

Per un decimo di secondo non so cosa dire perchè la guardo immerso totalmente nelle sue movenze. Ha un fisico stupendo.

-Ma no figurati...Non ho aspettato per niente!- le dico e lei mi sorride. Sembra contenta oggi. Per fortuna.

Si avvicina e si guarda attorno. Si accorge che viene guardata da tutti e stringe di più tra le braccia la cartellina che ha tra le mani. L'adoro. Non faccio che continuare a pensarlo. E' troppo modesta e umile, Dio santo.

-Ehm...Possiamo andare da un'altra parte?- mi fa sorridendo come una bambina e guardando a terra. Come posso dirle di no?

-Sì, credo sia una buona idea!- le dico. Non so se abbracciarla, mettere una mano dietro la sua schiena o camminare così...normalmente.

In men che non si dica saliamo in macchina e vedo che rimane colpita dal mio Suv.

-Allora com'è andata in facoltà?- le dico. Mi rendo conto che ora che siamo da soli posso anche salutarla come si deve e mi sporgo un po' di più verso di lei. Lei mi guarda sorridendo, sempre abbassando lo sguardo e si lascia dare due baci sulle guance. Inspiro il suo profumo. Mi da' un senso di assefuazione.

-Bene...- mi dice solo. E chiude lo sportello. Arrosisce.

Devo dirglielo che mi piace. Non riesco più a trattenerlo.

-Se vuoi puoi mettere dietro tutto- le faccio riferendomi alla cartellina -...e poi se hai problemi ti accompagno io dal California- aggiungo gentile. La guardo negli occhi e il mio cuore aumenta i suoi battiti. Perchè ogni volta che la guardo rischio di avere un infarto?

-Oh, grazie sei gentilissimo- mi dice sorridendo e a me sembra di stare in paradiso -...ma oggi non lavoro...- mi risponde e l'unica cosa che riesco a pensare è che allora la terrò con me il più tempo possibile.

-Perfetto!- esclamo. -Allora stasera si fa tardi!- Le faccio l'occhiolino e lei ride di nuovo. -A proposito...- continuo. -Vuoi andare da qualche parte a mangiare? Non so magari sei affamata...-

-Ah, no grazie!- mi dice mentre sta poggiando la cartellina sul sedile posteriore. Il suo collo è vicino, troppo vicino. Le vorrei schioccare un bacio. Serio questa volta.

-Non ho per niente fame!- mi fa ritornando a posto. Meno un'occhiata sulle sue gambe. Sono scoperte fino a tre quarti di coscia ora che è seduta...Oddio, mi sembro un pervertito per questi pensieri ma non posso farci niente. Mi vengono è basta. E' colpa sua. E' troppo bella.

-Senti, avevo pensato...magari ti va di andare al molo, o sul mare...Non lo so, dimmi tu!- le faccio.

-Ah, come vuoi!- mi dice subito.

-Lo so che sono pessimo...- le dico. Magari se mi faccio vedere umile mi dice qualcosa che mi possa far capire se le piaccio o no...

Ok, lo ammetto sono pervertito e anche perverso.

-...Perchè non so dove portarti anche se ti ho chiesto di uscire, ma non sapevo davvero dove portarti!- concludo sincero. Lei ride di cuore.

-Ma tranquillo! A che stai a pensare! Non sei affatto pessimo- dice, e a questo punto i miei occhi sono due cuori. Oggi mi sembra davvero allegra, senza pensieri per la testa.

Vorrei chiederle il perchè ha due lavori ma una vocina dentro di me mi continua a ripetere di non farlo e io la seguo, non voglio farla indispettire, nè tanto meno rabbuiare. In questo momento mi importa solo che sia qui con me.

-Comunque qualsiasi cosa mi va bene! Sono aperta a tutto!- mi dice incurvando le labbra. -Però...una passeggiata sul molo mi andrebbe...- aggiunge qualche secondo dopo.

-Ok, allora è fatta- dico contento. -E poi magari ci prendiamo un bel gelato-

Chissà cosa le piace.

Qualche decina di minuti più tardi stiamo camminando per il lungo mare di Los Angeles. E' una serata bellissima e si sta da Dio, o forse è lei che mi fa stare da Dio, non lo so.

Chiacchieriamo del più e del meno, mi ha spiegato qualcosa sulla sua università e io le ho parlato della mia band. E' straordinario il fatto che non sia una psicotica che sa tutto su di me e sugli altri. Ultimamente mi capitano tutte così. Mi dice anche che da Calvin Klein lavora solo due volte a settimana. Il martedì e il giovedì, e nel momento stesso in cui mi dice ciò so già che in quei giorni io starò fisso in quel negozio.

Forse è il momento di dirglielo, ora è perfetto, non c'è nessuno attorno a noi e poi c'è il crepuscolo, contribuisce ad un'atmosfera romantica...magari le piacciono le romanticherie.Però non posso dirglielo subito, credo dovrei aspettare un po'. Almeno conquistarla, farla interessare a me...

-Posso farti una domanda?- le chiedo mentre stiamo camminando.

-Certo- mi riponde lei.

-Sei...sei fidanzata?- le chiedo, giusto per mettermi sul sicuro. Non dovrebbe esserlo, o meglio, spero che non lo sia.

La guardo per qualche secondo. Sorride e abbassa lo sguardo.

-No, niente ragazzo- mi dice con una voce dolce.

-E come mai?- le dico. Chissene frega se sono inopportuno. Una così quando mi ricapita.

-A dire il vero non lo so...- mi risponde a sorpresa. -E' da un po' che ho smesso di relazionarmi con il sesso maschile...- aggiunge. Non è nervosa, nè tanto meno se l'è presa, anzi mi sorride girando a guardarmi. Io la guardo con gli occhi quasi spalancati ma sorridenti.

-Siamo in due allora!- esclamo sincero. Lei ride e la sua risata è come una lancia che mi trafigge lo stomaco.

-Non l'avrei mai detto!- mi dice -Non è vero!-

-Sì che è vero!- rispondo davanti alla sua sorpresa.

-E perchè?- mi fa allora sempre ridendo.

-Ah non lo so!- rispondo io stuzzicandola -E' da un po' che ho smesso di relazionarmi con il sesso femminile!- dico ripetendo le sue stesse parole. Lei sorride e scuote la testa. -No, sul serio.- aggiungo poi, con aria più lige. -Ultimamente con le donne è andata proprio male...- faccio -Ma, naturalmente...ci sono sempre le eccezzioni...-

Mentre pronuncio queste parole mi giro a guardarla per farle capire che l'eccezione a cui mi sto riferendo è lei. Forse lo capisce e abbassa lo sguardo, sul viso ha un sorriso misto a non saprei cosa...So solo che arrosisce e mi piace, credo sia un buon segno.

-Beh...per te non dovrebbe essere molto difficile avere una ragazza no?- mi dice. Questa domanda mi lascia perplesso. Cosa intende? Che sono bello e che posso avere qualsiasi ragazza? O che siccome sono famoso tutte mi vengono dietro? La guardo un po' confuso. Anche lei è confusa, probabilmente imbarazzata e inizia a torturarsi le mani.

-Nel senso...- inizia -...che beh, tutte vorrebbero uscire con te, no?- mi dice tutto d'un fiato.

Effettivamente ha ragione.

-Beh, questa è la ragione per cui non mi ci relaziono più!- le rispondo sincero. E abbozzo un sorriso. Ora sta guardando fisso davanti a lei. Non voglio che pensi che mi abbia detto qualcosa di inappropriato.

-E a te invece? Qual'è la causa?- le dico.

Sorride. Ma mi sembra un sorriso amaro.

-Qualcosa del genere anche a me- commenta solo e il mio sangue si congela. Non sembra triste nè dispiaciuta.

-Ok, basta parlare di argomenti depressivi!- le faccio prendendola per mano. Mi piace l'effetto che le fa.

-Ti posso offrire...Mmm...Un gelato? Frullato? Zucchero filato?- le chiedo guardandola negli occhi. Le sto sorridendo e lei ora sembra fare lo stesso. Anzi no, che sorridere, scoppia proprio a ridere.

-Non c'è n'è bisogno!- mi dice con il sorriso sulle labbra. Le sue mani sono di nuovo sul mio petto.

Sì, le sue mani sono di nuovo lì perchè ho di nuovo le mani sui suoi fianchi. Certe volte mi meraviglio di come passiamo dal gelo alla confidenza. Secondo me a lei piace tutto ciò, io le faccio un bell'effetto ma non ha il coraggio nè di dirlo, nè di approcciarsi con me. Alla fine lei ci sta solo se inizio io. E la cosa bella è che a me non mi interessa, cioè interessa solo che ci stia, non se sia lei a fare la prima mossa.

Così stretta tra le mie braccia, con il suo corpo molto vicino al mio, la guardo sorridendo e lei ricambia. E' uno scambio di sguardi intenso, e io la voglio baciare. Almeno voglio provarci, se poi mi allontana o si arrabbia fa' niente, le chiederò scusa...

Mentre la guardo, anzi mentre la sto per mangiare con gli occhi, il mio cuore batte ancora più veloce di prima, forse è colpa del suo seno e del fatto che la sto tenendo così stretta a me, che riesco a sentirlo contro il mio petto. Lei arrossisce, forse capisce cosa sto per fare anche perchè mi sto avvicinando lentamente alle sue labbra, chinando un po' la testa. Mentre mi sporgo sempre di più verso il suo viso, sento il suo respiro farsi sempre più veloce, sta guardando le mie labbra e l'unica cosa che riesco a pensare è che non mi sta fermando, che mi vuole baciare anche lei.

La stringo un po' di più e lei si alza sulle punte. Cerco di essere delicato e di essere dolce quando appoggio le mie labbra sulle sue, ma nel momento stesso in cui lo faccio, sono consapevole che trattenermi sarà molto difficile. Cerco la sua lingua con insistenza, e le sue labbra sono calde e il loro contatto con le mie è semplicemente perfetto.

Non sono l'unico che non si riesce a trattenere. Anche lei cerca le mie labbra, anche lei mi cerca. Ciò mi rende felice.

Continuo a muovere la lingua, a intrecciarla con la sua fino a quando non ho più aria nei polmoni. A malincuore mi stacco da lei per respirare. Il suo profumo è così vicino...e anche il suo respiro, mi sfiora l'incavo del collo e mi vengono i brividi dietro la schiena.

Ora mi sta guardando imbarazzata, con le guance colorate di rosso, forse non si aspettava di reagire così anche lei.

Gliene voglio dare un altro. Ma non riesco a capire cosa sta provando. Guarda le mie labbra e respira veloce. O si incazzerà di brutto oppure...non lo so.

Deglutisco e non resisto. Le prendo di nuovo il viso tra le mani e la bacio ancora. Questa volta con meno forza, ma con molta delicatezza. Sento le sue mani attorno al collo e una sale tra i miei capelli e si intreccia ad essi. La stringo di più a me, anzi la spingo più verso di me. Cazzo, ora non è solo il mio cuore a pulsare...

Mi stacco da lei. Non riesco a trattenermi. Le do un bacio sul collo e la sento rabbrividire.

Che diavolo le dico?

-Davvero non lo vuoi il gelato?- le faccio. Sono un coglione lo so. E con le donne non ci so fare proprio. Lei scoppia a ridere e mi tranquillizzo. Non è arrabbiata per il bacio, per fortuna.

-No...- dice solo si allontana dalla mia stretta.

Ricominciamo a camminare e io la prendo per mano.
L'ho appena baciata.
Era da quella mattina da Calvin Klein che sognavo di farlo.

Lei rimane un po' intontita da questo mio gesto. Gira la testa a guardare le nostre mani intrecciate e sorride debolmente. Il rossore dal suo viso è sparito.

-Ti va di andare sulla spiaggia?- le domando. Ormai è calata la sera e siamo illuminati dai lampioni.

Dopo qualche secondo mi dice di sì, e ci incamminiamo verso la prima passerella che porta alla spiaggia.

Sto ancora pensando al fatto che l'ho baciata. L'ho baciata. Finalmente. E tutto ad un tratto mi rendo conto che non mi basta più, non voglio solo il contatto con le sue labbra. Voglio anche qualcos'altro. Voglio il suo corpo. Voglio lei.Ma non so che pensare, e lei non mi mdice nulla. Ok, le sarà piaciuto perche altrimenti mi avrebbe fermato, ma il fatto che non mi dica niente e che ogni tanto si gira a guardarmi mi fa innervosire, cioè più che altro mi tiene sulle spine.

Mi ritrovo a camminare lungo la spiaggia. Sento la sabbia entrare fastidiosamente nelle mie scarpe. La sua mano tra la mia è liscia e calda e respiro veloce, come se ho l'affanno, e ogni istante che passo a pensare a lei senza vestiti il mio cuore mette la quinta.

Stiamo in silenzio, ogni tanto ci guardiamo e sorridiamo. Lei ha un'espressione indefinita, sembra pensierosa e se non mi guarda, fissa la sabbia oppure il mare di fronte.

-Questo lido è praticamente deserto...- commento ad un certo punto. Non mi va di non dire nulla. Vorrei chiederle così tante cose, vorrei sapere tutto su di lei ma non ci riesco a parlare.

-Già- conferma guardandosi un po' intorno. -Sarà la spiaggia libera...-

-Che ne dici di andarci a sedere sulla torretta di salvataggio?- le dico indicando la costruzione in legno tinta di celeste a qualche decina di metri da noi.

-Ok- mi risponde solo.

Mentre ci dirigiamo verso la cabina prendo coraggio e le dico qualcosa.

-Non...non te la sei presa per...per il bacio...vero?- le chiedo a voce bassa, timido e anche un po' titubante.

Lei abbassa lo sguardo e fa un sospiro.

-No, certo che no- dice solamente, piano. Sospira di nuovo. Stiamo salendo le scalette della torretta.

-Senti...è che...forse l'hai capito...- inizio a dire. Glielo devo dire. Non ce la faccio più. E' la prima volta che sento il bisogno di dire ad una ragazza che mi piace e credo anche di saperne il motivo. Meglio dirglielo adesso, e non dopo quando forse sarà coinvolto di più.

Mi giro a guardarla e la blocco. Ho le sue braccia tra le mani. Guarda un po' me e un po' a terra. Sì, che sa cosa sto per dirle.

-...ma...- aggiungo piano, deglutendo. Cazzo ho la bocca completamente secca. -...insomma se non l'avessi inteso...la questione è che...- mi fermo a vedere che cosa lei stia facendo. E' immobile. E respira veloce. E ora mi sta guardando negli occhi, con quei suoi due occhi magnifici, con quelle acquamarine che si ritrova.

-...non faccio che pensare a te dalla prima volta che ti ho incontrata in quel negozio...- dico tutto d'un fiato. Sono agitato. Sono spaventato. Temo un rifiuto.

-E quindi volevo dirtelo...cioè tu...mi piaci...- aggiungo frettoloso. Lei non dice niente. Ha gli occhi spalancati. Magari è emozionata.

-Per favore...di' qualcosa...- le faccio. Senza accorgermene le sono più vicino di quanto credessi. Ha le spalle contro la parete della torretta e io le sono a qualche palmo di distanza. E' buio qui.

Il mio cuore perde la sua accelerazione iniziale. Mi sembra che abbia smesso di battere. Perchè non dice nulla?

Ora mi sta guardando le labbra e mi sta per dire qualcosa.

-Io...ehm...- inizia a dire. Io la guardo speranzoso. "Non mi rifiutare. Ti prego" penso.

Mi avvicino di più verso di lei. Se non vuole dirmi niente fa nulla. L'importante è che non mi allontani da lei. Sono tra le sue gambe. Lo sento, perchè ho il bacino contro il suo. Le sto guardando anche io le labbra, e si muovono e mi dice qualcosa che io non sento, o forse faccio finta di non capire.

Spero non venga nessuno qui.

Prima che aggiunga qualcos'altro la bacio di nuovo. Questa volta con prepotenza, le ficco la lingua in bocca e non mi interessa nulla del resto. Lei si oppone leggermente, fa uno strano gemito ma poi si rilassa, si lascia andare, e quando mi fermo io, perchè non riesco più a respirare, inizia lei. Mi prende il viso tra le mani e se lo avvicina di più alle labbra e si avvicina anche di più a me, al mio corpo intendo, e ciò mi fa andare su di giri. Mi sto eccitando e non capisco lei cosa vuole fare.

La sto baciando ancora, con una passione che non ho mai provato prima d'ora e sono quasi spaventato dal desiderio che sta crescendo dentro di me.

Mi bacia il collo e...e poi fa qualcosa che mi terrorizza. Dopo avermi baciato, scende giù con le mani, fino ai pantaloni, fino alla cinta, fino alla cerniera. Ho bisogno di respirare quando mi accorgo che me la sta abbassando. La guardo. E' accaldata. Respira veloce ed è bellissima. Il rumore dei suoi respiri mi fa andare in estasi e quando le porto una mano sotto il vestito e geme leggermente, mi abbandono a qualsiasi cosa. Mi spingo di più verso di lei. Magari dovrei dirle qualcosa o magari la devo smettere di pensare cose assurde proprio in questo momento.

-Sei sicura?- le chiedo semplicemente. Glielo sussurro nell'orecchio. Prima sospira e poi mi risponde con un sì soffocato. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che le ho sfilato gli slip e che sto risalendo con la mano verso il suo reggiseno. Non posso spogliarla, non possiamo e devo accontentarmi di ciò.

Sento l'eccitazione crescere dentro di me e anche tra le mie gambe. Spingo Annabelle di più verso la torretta e il solo contatto con il suo inguine mi fa gemere.

-Io ti voglio...- le dico baciandola di nuovo e quando mi risponde -Anche io- non capisco più nulla.O almeno mi pare di aver sentito una cosa del genere, cioè deve averlo detto per forza, perchè ora mi sta baciando con più foga e mi stringe i fianchi. E' lei che mi sta avvicinando di più a sè...

La sollevo leggermente, dischiudendole le gambe e lei si aggrappa alle mie spalle.

Mi abbasso un po' di più i pantaloni, giusto il necessario per stare comodo e non resisto, veloce mi spingo dentro di lei e inizio a muovermi. Per i primi secondi davvero non capisco nulla, mi muovo solamente, in preda al piacere, sentirla affannata mi incita ad andare avanti.

La guardo un attimo in faccia, ha gli occhi chiusi, sospira e ha la bocca un po' dischiusa. Per qualche secondo ho paura di farle male, perchè forse ho fatto tutto con troppa fretta, magari non era ancora pronta o forse mi sto muovendo troppo velocemente, poi però asseconda anche lei i miei movimenti e mi bacia, al che ogni mio dubbio e paura scompaiono. Non fa molto rumore, respira solamente, ogni tanto, quando gli spasmi di piacere si fanno più forti, geme leggermente e questo mi piace. Mi piace perchè ho sempre odiato le ragazze che ansimano molto, che fanno tutto quel rumore, rovinano l'atmosfera.

Mentre spingo di nuovo la bacio, e lei mi stringe un braccio e poi mi porta una mano sulla guancia. Mi bacia ripetutamente e si muove insieme a me. Vorrei farla sdraiare e mettermi su di lei, ma non mi va di interrompere questa catena di piacere che si è creata. E' vero sto un po' scomodo, ma posso spingerla contro la parete e posso anche sentirla vicino. Le riporto una mano dentro il vestito e mi insinuo dentro il suo reggiseno. E' così liscio e morbido...

Le mordo le labbra, non lo faccio a posta e la spingo ancora di più verso la parete. Inizio a muovermi di nuovo, non velocemente ma in una maniera più calma. E' come se fossi tutto quanto dentro di lei, non mi era mai capitato, e capisco anche che sto per esplodere, proprio lì, dentro di Annabelle. Lei mi guarda di nuovo, respira veloce, ogni tanto geme e chiude gli occhi, deglutisce. Le piace, e io sto quasi per venire e spero che lo faccia anche lei. La sollevo un po' di più e l'aggiusto, in modo tale che siamo perfettamente incastrati, in modo tale da essere una cosa sola, e quando capisco che è il momento giusto, che è nel posto e nella posizione giusta, non mi trattengo più, mi abbandono del tutto a lei e al suo corpo.

Non capisco più niente, sento solo i miei e i suoi respiri, e va bene così, perchè non ho mai provato nulla del genere e non lo voglio più provare se quella dentro cui sono non è lei.

Ecco i pensieri disconnessi di Gerard durante la sua performance ^.^
ringrazio tutti, dal primo all'ultimo, mi piace che quasta storia sia apprezzata :D
Scusate per l'assenza e anche per il fatto che non ho recensito le ultime storie ma ho avuto un po' di problemi, ma non preoccupatevi perchè mi rimetterò in pari con le letture di tutte. Nel frattempo ecco questo capitoletto!

 

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Capitolo 6
*** And everytime I look inside your eyes, you make me wanna die ***


Mi rialzo la cerniera. Chiudo il bottone dei pantaloni. Mi riallaccio la cinta.

Dio, e ora che cosa le dico?

Sto guardando le mie scarpe. Sono un po' insabbiate e sono innaturalmente attratto dalle venature del legno colorato di celeste della torretta.

Alzo timido la testa. Annabelle è a qualche passo da me. Anche lei ha lo sguardo basso. Si sta aggiustando il vestito. Non posso stare in silenzio, non voglio stare in silenzio. Devo dirle per forza qualcosa. Cioè non possiamo aver fatto sesso e poi non fare e non dire più nulla.

E' bellissima in questo momento, così scombussolata, così agitata. Scommetto che il suo cuore sta ancora battendo all'impazzata nel suo petto, così come faceva mentre la stringevo.

Si scioglie la coda e se la riaggiusta. Non vorrei essere inopportuno e non vorrei nemmeno che lei pensasse che il mio scopo era quello di scoparmela e basta. Non sono quel genere di persona.

Non mi sono mai trovato in una situazione del genere ed è davvero difficile concentrarmi per trovare qualcosa di carino da dirle.

Che devo fare? Devo dirle che mi è piaciuto? Devo baciarla? Devo abbracciarla?

Non so nemmeno io come diavolo è successo. E'...E' stata lei a fare tutto...cioè a me l'idea di stare insieme in quel modo, in questo momento e soprattutto in questo luogo non mi aveva proprio sfiorato. E' stata lei ad abbassarmi la cerniera e io poi non ho capito più niente.

-Annabelle...- dico piano. Devo pur dirle qualcosa. Mi fa una tenerezza assurda. E' qui di fronte a me, con lo sguardo basso, e si sta torturando il braccio dal nervosismo.

Mi avvicino di più a lei e le alzo il viso con la mano. Un altro brivido mi attraversa la schiena. La luce della luna dietro di noi le colpisce il viso e i raggi penetrano dritti nei suoi occhi che assumono una sfumatura di blu mai vista.

Lei abbassa lo sguardo. Non lo so che le prende. Sembra spaventata, timida. Sembra che si stia vergognando di quello che è successo...

-So quello che stai per dirmi- mi dice a sorpresa e la sua voce mi sembra diversa, quasi triste, rassegnata.

Io la guardo in maniera strana. No, non credo che sappia cosa le sto per dire.

Inizia a parlare a raffica, quasi non capisco, e cerca anche di allontanarmi da lei ma io la trattengo tra le mie braccia.

-Ma che stai dicendo?- le chiedo quasi incredulo. Ha pronunciato più parole ora che in tutta la serata.

-Semplicemente che non devi giustificarti...Io...io capisco che hai una vita complicata e che non hai tempo per cose del genere, e che probabilmente sono solo una delle tante...- Non mi sta guardando in faccia. Non mi guarda negli occhi. E non voglio che pensi che lei sia una delle tante. Ma quali tante...

-Annabelle...- le faccio calmo per fermarla ma lei continua a parlare. -Annabelle...- ripeto di nuovo scuotendola un po'. Sembra non darmi ascolto. Ora mi sta dicendo che non sono tenuto a dirle niente, che va tutto bene così e che lei sa che questa cosa che abbiamo fatto è stata una cosa istintiva e che quindi capirà le mie azioni future. Dio ma che cazzo sta dicendo?

-Annabelle basta!- le faccio una volta per tutte. Il contatto delle mie mani sulla sua pelle liscia mi da' una sensazione di freschezza. Lei si zittisce e si decide a guardarmi una volta per tutte.

-Che diavolo stai dicendo?- le chiedo di nuovo abbassando un po' la testa, giusto per arrivare all'altezza dei suoi occhi. -Tu...tu non devi pensare nemmeno per un secondo che sei una delle tante...- aggiungo prendendole il viso tra le mani. Lo so, ci conosciamo da poco, anzi non ci conosciamo proprio, ma io so quando una cosa mi colpisce e lei mi ha colpito. E non è una delle tante, perchè se fosse stato così, non mi verrebbe la tachicardia ogni volta che incontro i suoi occhi, o ogni volta che mi sfiora.

E' perfetta. Il suo viso...la sua fisionomia...è semplicemente...unica.

Rimane in silenzio, cerca di interrompere il contatto visivo che abbiamo instaurato, ma io glielo impedisco.

-Lo so che...- inizio a dire facendo un respiro -...che forse è stato un po' impulsivo...- farfuglio -...ma dire che è stato impulsivo non significa che mi sia pentito o che...non lo so...è stato uno sfizio!- concludo cercando di essere il meno grezzo possibile.

Ora è di nuovo muta. Oh Signore, come devo fare con lei?

Mi guardo un po' intorno e poi torno a fissarla.

-Tu...tu ti sei pentita?- le chiedo giusto per sapere. Insomma non deve farne una tragedia.

-Non lo so...- mi risponde solo.

-Ti aiuterebbe sapere che io non lo sono? O che ti voglio? O che ogni volta che ti guardo negli occhi mi sento morire? O che sei così bella da farmi mancare il respiro?-

Non so nemmeno io come faccio a dirle tutte queste cose. Non l'ho mai fatto prima d'ora. Ho un fottutissimo mal di stomaco ma improvvisamente mi sento più leggero.

Spalanca gli occhi. Perchè sembra sorpresa? Non l'aveva capito? O non sa di essere così bella?

-Davvero?- chiede con voce bassa. Deglutisce e inizia a respirare veloce. Gira la testa dall'altra parte e chiude le palpebre. Perchè fa così? Dovrebbe essere felice di quello che le ho detto...

-Sì..- dico solo. La lascio. Mi sembra molto fredda. E mi ritorna il mal di stomaco.

-Io..io...- inizia a parlare e ora ho quasi paura di ciò che mi sta per dire.

-Se per te non è lo stesso...io...lo capisco- le dico semplicemente. Può capitare una cosa del genere. E preferisco che me lo dica ora e non dopo.

-Ma no...non è per quello- mi risponde. Alzo gli occhi e torno a guardarla. E' in difficoltà, ma almeno ora mi guarda.

-E qual'è il problema allora?- chiedo. Non capisco. E non capisco che cazzo pensa.

-E' complicato...- mi risponde.

-E allora fammi capire. Ti prego- le supplico quasi. -Sono io? Perchè cambi comportamento da un momento all'altro?-

-No Gerard, che vai a pensare...- mi dice e mi zittisco. -No, che non sei tu...- mi fa quasi mortificata.

Non la capisco, Dio santo!

-Senti- le dico deciso. -Io voglio solo dirti che mi piaci sul serio. Non voglio che pensi che ti voglia solo scopare o qualsiasi altro film mentale che ti sei fatta. Non pretendo che tu provi le stesse cose per me, ti chiedo solo se posso avere qualche possibilità! E se non posso averla basta che me lo dici, non me la prenderò. L'importante è che non mi menti.- Dico queste cose tutte d'un fiato. Wow, questa presa di posizione improvvisata mi piace parecchio.

Sto aspettando la sua risposta. Scruto i suoi atteggiamenti. Sta cercando di dirmi qualcosa.

-Ma non me le devi dire nemmeno queste cose, Gerard.- mi dice. Continuo a non capire però il suo tono di voce non è arrabbiato anzi, è quasi limpido quindi un po' mi rilasso.

-In che senso?- chiedo. Non lo so se sto facendo la parte del coglione cotto fino all'osso ma da quanto ho capito lei non parla se io non le chiedo qualcosa, quindi...

-Certo che hai una possibilità...- farfuglia, si sta ritorturando le mani. Stento a crederci per ciò che ho sentito. -Anzi...possibilità è riduttivo...- aggiunge.

Mi sento molto più leggero ora. Sto volando ecco cosa sto facendo!

"Possibilità è riduttivo" mi ripeto in mente. Detto da lei poi...con quegli occhi blu. Con quel viso angelico. Faccio un passo. Voglio abbracciarla e lei mi vede, ma indietreggia. La guardo strano.

-E' che è la prima volta che mi capita...- aggiunge. E io mi fermo. Voglio ascoltarla. -...Io non ho mai fatto...- dice a stento, il tono della sua voce è bassissima che quasi faccio fatica a sentire-...così presto con un ragazzo...- e capisco a cosa si sta riferendo. Non sembra stare a parlare con me. Sta dicendo queste cose più a se stessa. -...qui...io non sono una...- sta per dire.

-Annabelle, ma certo che non lo sei!- la fermo prima che dica cose insensate. Ora la tengo di nuovo tra le mie braccia. -Io non l'ho pensato nemmeno per un momento!- la rassicuro. Ed è vero cazzo. Cioè la voglio più di qualsiasi altra cosa e se abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto...non voglio nemmeno dire che abbiamo fatto sesso perchè risulterebbe una cosa solo carnale...è perchè la volevo e non andrei mai a pensare che solo perchè ci conosciamo da nemmeno dieci giorni e lei si è data a me, è una facile.

La riabbraccio e il calore del suo corpo mi provoca una sensazione di piacere.

-Non lo pensare nemmeno per un secondo...- le sussurro all'orecchio per rassicurarla. Le sue mani sono di nuovo sul mio petto e un brivido mi riattraversa la schiena. Sono io quello che deve sentirsi male non lei.

-Senti vogliamo andare da un'altra parte?- le chiedo gentile alzandole il viso con la punta dell'indice. Mi sorride quasi, anzi, sembra quasi serena. Annuisce con la testa e riabbassa lo sguardo. Mi sembra che sia arrossita. Mi viene il dubbio che creda che voglia portarla a casa o da qualche altra parte per...non lo so...stare di nuovo insieme, così chiarisco la cosa.

-Cioè nel senso, andiamo da un'altra parte per parlare non per...- dico e mi imbarazzo un po', però la vergogna svanisce quando la sento ridere.

-Sì avevo capito...- mi dice e io non posso trattenermi dal non darle un bacio. Le prendo il viso tra le mani, le sfioro le labbra e poi dischiudo un po' la bocca e sento lei alzarsi di nuovo sulle punte e ricambiare il mio bacio. Adoro quando mi intreccia le dita tra i capelli.

-Se...se vuoi casa mia è qui vicino- mi dice dopo, quando ci siamo staccati. La mia fronte è appoggiata alla sua e la guardo con un sorriso. Io la adoro.

-Sei sicura? Se è un problema...- inizio a dirle, e non lo faccio per cortesia, giusto per dire qualcosa di rito, ma perchè lo credo veramente.

-No, nessun problema!- mi dice sorridente e a me manca di nuovo il respiro, anzi mi manca ogni cosa, il pavimento sotto le mie scarpe, mi manca l'aria e mi mancano anche i battiti del cuore. -L'unica cosa...- aggiunge -...è che non devi badare al disordine. E' da stamattina che non torno a casa!- conclude e mi fa un sorriso.

Ma secondo lei io bado al disordine ammesso che ci sia davvero?

Rido. -Certo che non ci baderò!-

In men che non si dica siamo a casa sua, o meglio stiamo salendo le scale. Non è mai passato così veloce il tempo durante un tragitto in macchina. Non abbiamo parlato molto ma a me basta vederla più rilassata e meno pensierosa.

Ora che ci penso, non siamo molto distanti dalla sua università, anche se mi sto rendendo conto che la zona che abbiamo appena percorso in macchina mi era familiare, per una ragione ben precisa tra l'altro. Nei dintorni di questo rione c'è il Bunnies.

Scaccio dalla mente i momenti in quel locale, anche perchè ora che ci penso sono stato davvero un coglione ad andarci. Trovare conforto in una spogliarellista...per cui sono solo un uomo schifoso che sgancia soldi per vedere una ragazza spogliarsi. Dio, come cazzo ho fatto...Me ne vergogno quasi.

Mi distraggo vedendo Annabelle che fa scattare la serratura della porta marroncina davanti a noi. E' carino qui. Cioè è un portone normale e ben tenuto. Quando studiavo arte a New York ricordo che per pagare di meno l'affitto stavo in una bettola disumana che scalangava da tutte le parti.

E' buio ma la riesco ad intravedere. Si sta dirigendo verso una parete e accende la luce.

-Beh, sicuramente tu sarai abituato a ben altro...- mi dice sorridendo. -Ma aspetta che diventi un architetto di successo e poi vedrai che reggia mi costruirò!- dice tutto in una volta. Non l'ha detto sul serio e non capisco il perchè. Sembrava molto sarcastica, nei suoi stessi confronti intendo.

-Guarda che invece è molto bello qui!- ribatto. Ed è vero. Cioè si vede a prima vista che la ragazza ha stile. E' un monolocale. Gli architetti, visto che siamo in tema, lo definirebbero un "open space", ovvero un'unica stanza in cui c'è tutto. La cucina è al lato e di fronte c'è un tavolo con un divanetto. Alle spalle del divano è appoggiato il letto, a due piazze anche, sfatto.

Ora capisco. Per lei disordine significa non aver rifatto il letto.

-Non devi mentire!- mi dice con un sorriso. -Sicuramente il tuo bagno è grande quanto tutto questo locale!-

Io la guardo e le sorrido.

-Nah...- le rispondo facendo un gesto con la mano. -E' un po' più piccolo!-

Mi tolgo il giubbotto e lo poggio sulla sedia. Le pareti sono ricoperte di libri.

-Accomodati pure...- mi dice un po' imbarazzata. -E ribadisco, non far caso al disordine!-

-Beh, Annabelle...- dico -...mi devi proprio spiegare qual'è la tua concezione di disordine allora...Perchè se vieni a casa mia o nel nostro tour bus...ti viene un colpo...- concludo guardandomi intorno.

Arrossisce. Oh cielo, quanto cazzo è bella quando arrossisce.

-Beh...c'è il letto sfatto...- farfuglia dirigendosi verso quest'ultimo, io la seguo.

Inizia ad aggiustare le lenzuola e io le vado dietro e la fermo. A modo mio.

Non resisto, la colgo di sorpresa, allungando le mie mani sulla sua pancia e dandole un bacio all'incavo del collo. Lei non se lo aspetta e rabbrividisce e mi piace questa cosa.

-Non c'è bisogno che lo fai...- le sussurro nell'orecchio riferendomi al letto. -Non muore mica qualcuno...-

Sono totalmente assuefatto dal suo profumo. Non ragiono più.

Mi prende le mani, sono calde e gira un po' la testa verso di me. Mi sta guardando le labbra, di nuovo. Lo fa sempre.

E' di nuovo in silenzio. Devo cavarle le parole dalla bocca ogni volta!

-Se ti infastidisce che io ti...- le dico lasciandola.

-No!- dice di getto lei al che le sorrido. Sì, sono praticamente cotto dalla testa ai piedi. E forse piaccio anche a lei.

-Cioè...volevo dire...- inizia a balbettare e io mi avvicino sempre più a lei con il viso e sempre di più alle sue labbra.

-Volevi dire cosa?- ripeto con voce un po' maliziosa. Mi piace stuzzicarla. La stringo un po' più forte, giusto il necessario per attaccarla di nuovo al mio corpo e lei continua a guardarmi le labbra e mi sorride un po'.

-A me piace fare sempre una cosa...- mi dice mentre la sto per baciare e per un attimo mi fermo.

La guardo un po' spaesato e, detto sinceramente, inizio a farmi tutti i film di questo mondo.

-Co...cosa?- le chiedo. Il mio cuore ha messo la quinta.

Si libera dalla mia morsa e gira dall'altra parte del letto. Riprende ad aggiustare le lenzuola. Io rimango imbambolato a guardarla e se ne accorge. E ride. E io amo quando ride. Soprattutto in quel modo.

-Dammi cinque minuti- mi fa dopo aver finito di rifare il letto. -Intanto puoi toglierti le scarpe!-

Le scarpe?!

La guardo titubante e ride di nuovo.

-Sì, mi piace cenare nel letto- mi dice svelta quasi come avesse paura della mia reazione. Scappa in cucina.

-Ok!- dico a bassa voce. La seguo con lo sguardo.

-Che cosa ti piace?- mi chiede mentre inizia ad aprire scaffali.

-Ma no, non ti preoccupare...- le dico molto confuso.

-No, sul serio...- mi dice. -So cucinare!- aggiunge con una risata.

-Ah, ne sono sicuro- farfuglio -E' che...non...mi era mai capitato!- le dico sincero. Soprattutto di mangiare nel letto. Di solito faccio altre cose nel letto.

Si ferma un attimo e mi sorride.

-Beh, se non vuoi fa' nulla!- esclama molto serena.

-No! Cioè...mi va! E' che non l'avevo mai fatto- rispondo e le sorrido, non le sto mentendo. Mi avvicino a lei.

-Non c'è bisogno che sporchi tutto...Prendiamo una pizza!- propongo.

Mezz'ora dopo siamo sul suo letto a mangiare. Sopra il lenzuolo ha messo una specie di tovaglia, in pratica è come se stiamo facendo un pic-nic, solo che invece di stare seduti sull'erba, stiamo seduti sul materasso del suo letto.

Stiamo parlando da tanto tempo, ed è questa la cosa mi sta piacendo di più di questa serata. Finalmente si sta aprendo e mi sta raccontando un po' di lei. Come io sto facendo di me. E per me questo significa molto, più del sesso, più della sua bellezza. Voglio che si fidi di me, che mi dica tutto di lei, che mi faccia entrare nella sua vita, ecco.

Tiro un morso alla mia pizza e da quando mi sta parlando c'è solo una domanda che vorrei farle. Prendo coraggio.

-Perchè...lavori sia al California che da Calvin Klein?- le chiedo con molto tatto.

La scruto attento, non vorrei farla innervosire o rattristare. Abbassa un po' lo sguardo e respira un po' più rumorosamente.

-Se non vuoi dirmelo, non ti preoccupare...- le dico rassicurandola.

-Lo faccio per mantenermi agli studi- mi dice semplicemente. -E per pagarmi l'affitto-

Era come immaginavo e tutt'ad un tratto mi accorgo di volerla ancora di più. Piccola. Fa tutti quegli orari assurdi ogni giorno per poter studiare...

-Diciamo che la mia famiglia non è proprio benestante, cioè siamo una famiglia normale...- aggiunge e io sto attento a ciò che dice. -Lo faccio per non pesare molto su di loro, io ho altri due fratelli che studiano anche, solo che loro sono rimasti in Oregon e quindi pagano solo le tasse universitarie. Io invece ho deciso di spostarmi e faccio qualche sacrificio in più...tutto qui...- conclude. Credo che la sto guardando come un pesce lesso. Ho il viso appoggiato sul palmo della mano stretta a pugno. E' affascinante e straordinaria.

Mi abbozza un sorriso e mi riprendo dal mio trance.

-Sei ammirevole...- le dico alla fine. E queste parole mi vengono dal cuore.

Sembra imbarazzarsi perchè ora abbassa di nuovo lo sguardo e le sue guance diventano di nuovo rosse.

-Vado...vado a prendere un po' di acqua...- mi dice frettolosa alzandosi da sul letto. -Ti va una birra?- mi chiede quando è già in cucina.

-Sì grazie- le rispondo pensando che forse le ho detto qualcosa di male. Magari non è abituata a tanti complimenti...magari ha incontrato solo ragazzi idioti che non hanno apprezzato nemmeno una briciola di lei.

Sento un rumore.

-Tutto ok?- dico girandomi.

-Ehm...sì.- mi risponde dopo qualche secondo. -Mi...mi è sferrato un piatto dalle mani.- dice da lontano.





ebbene come promesso ecco il nuovo capitolo! Non è niente di speciale lo so, ma boh, mi è uscito così e ci tenevo a sottolineare il fatto che Annabelle si è aperta un po' di più a Gerard. La reazione finale della ragazza credo che l'abbiate capito tutti a cosa sia dovuta!
Vi ringrazio per aver messo la storia tra le seguite le preferite e per il fatto che la recensiate costantemente! è molto importante per me! <3
questa è la mia pagina facebook!

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Capitolo 7
*** Why we must wait until tonight? ***


-Quindi mi puoi raccontare la ragione di tanta ilarità stamattina?- mi chiede Mikey da dietro una tazza di caffè fumante.
Mi faccio una risata. Non so se dire ciò che ho fatto ieri sera oppure mentire inventandomi che non ho nulla e che la ragione per cui sembro drogato da LSD è solo perché mi sono alzato con il piede giusto.
Apro il frigo. Cazzo, ho bisogno di fare la spesa.
-Mmm…a niente…- dico cercando di sembrare il più sincero possibile. Sto cercando un po’ di latte.
-Siamo sicuri?- mi richiede Mikey con un tono di voce che mi fa girare dalla sua parte.
-Si?!- gli rispondo io guardandolo e lo pronuncio come se gli volessi dire “Vuoi saperlo meglio di me?”
-Ah, ok- fa dando un sorso al caffè. Stamattina è più Mikey del solito… Nel senso, fa domande alla cazzo, mi guarda con quegli occhi da “so tutto io” e mi parla come se il più grande fosse lui. –Quindi suppongo che quello che hai sul collo non sia un succhiotto ma solo un livido…Che so…magari ti sei fatto male…disegnando?! O cantando forse…-
Al sentire quelle sue parole sarcastiche mi fermo un attimo. Premettendo che io sia ancora in pigiama e che non mi sia ancora guardato allo specchio, spero che questo sia solo un modo da parte di mio fratello per farmi vuotare il sacco. Mi dirigo verso uno scaffale la cui anta è in vetro in modo tale da potermi specchiare e poter constatare l’esistenza di questo succhiotto, senza farmene accorgere naturalmente…
Per circa venti secondi il mio cuore batte all’impazzata perché mi vengono in mente tutti i momenti  che ho trascorso ieri sera, e soprattutto mi viene in mente Annabelle. Passano alcuni secondi prima che risponda a quello stronzo e li passo cercando di intravedere la macchia viola sul mio collo. Se mi avesse fatto un succhiotto di certo me lo sarei ricordato…
-Che stronzate spari Mikey…- dico alla fine. –Non ho nessun succhiotto sul collo- continuo deciso. Il ragazzo di fronte a me mi guarda con un mezzo sorrisino e mi dice qualcosa.
-Già…ma ci hai pensato prima di rispondere. Quindi devi dirmi che cosa hai fatto...Perchè è palese che hai fatto qualcosa…-
Certe volte mi meraviglio della sua perspicacia.
-Non ho fatto niente- gli dico sfilandomi la vecchia maglia degli Iron Maiden che uso per pigiama.
-Quand’è che dovevi uscire con la commessa di Calvin Klein?- chiede ancora. Uffa, perché gli ho chiesto di non andarsene subito e di rimanere per un caffè? Al sentire quella domanda mi viene un colpo, comunque. Faccio finta di non aver sentito.
-Allora?- mi richiede sorridendo.
-Se non c’è Frank ci sei tu, eh Mikey?- gli dico.
-E anche Ray se non mi dici niente…-
Mi arrendo. E’ un bastardello. Altro che il fratellino dolce e indifeso che tutti si immaginano. Mikey Way è un vecchio volpone, ecco qual’ è la verità.
-Oh!- impreco alzando le mani al cielo. -E va bene!-  esclamo. Non glielo sto dicendo per la disperazione o per il fatto che poi possa diventare assillante, semplicemente perché mi va.  -Sì, ci sono uscito ieri…- faccio un po’ scazzato. –E comunque si chiama Annabelle- concludo. Giusto per precisare. Non mi va che la classifichino come la commessa di Calvin Klein o come la cameriera al California, soprattutto da quando ho scoperto il perché ha due lavori. Lei è Annabelle e basta.
-Oh, scusa.- dice prendendomi in giro, e io me ne accorgo dal fatto che mi guarda e ride come un coglione. –Allora, che avete fatto tu e Annabelle ieri? L’hai portata a prendere un gelato?- continua.
-Beh, l’intento era quello…- dico vago.
-E quale è stato poi l’atto?- chiede ancora scrutandomi con un sorrisino stampato in volto.
-Beh…- inizio a dire. Non voglio dirgli cos’è successo ma sicuramente  anche se gli dicessi una bugia lo capirebbe e alla fine sarei costretto a dirglielo lo stesso. –Ci siamo conosciuti meglio-
-Conosciuti meglio?-ripete scettico. –E in che senso?-
Alzo gli occhi al cielo. Quante ne vuole sapere!
-Sì, mi ha parlato di lei e io le ho parlato di me. Alla fine siamo andati a casa sua a mangiare una pizza. Nulla di che…-
-Ah- dice sorpreso Mikey. –Quindi niente gelato?- dice malizioso.  Che stronzo. Spero che non sia un doppio senso. Lo guardo, anzi lo fulmino. Sa che mi da’ fastidio che gli altri, anche loro, facciano battutine a sfondo sessuale su di me e sulle persone con cui vado a letto. Davanti al mio silenzio scoppia a ridere.
-Ahah! Lo sapevo!- mi fa. Io continuo a guardarlo in malo modo. –Bravo, bravo…e brava anche lei…- dice ridendo sotto i baffi.
-Ah, finiscila!- gli dico tra l’arrabbiato e il compiaciuto.
-E ora?- mi chiede.
-Non lo so…-
-A quando la prossima?-
-Prossima cosa?!-gli chiedo quasi scandalizzato. Da quando è diventato così impiccione? E soprattutto da quando può permettersi di chiedermi queste cose?
-La prossima uscita, Gerard!- esclama come se quello che ha pensato a male fossi io. Mi da’ terribilmente al cazzo quando sorride compiaciuto. No che non intendeva la prossima uscita…
-Fottiti, Mikey!- gli faccio e me vado in bagno a lavarmi. Entro nella stanza con le pareti bianche. Ora che la guardo meglio mi accorgo che è enorme e che è vero, casa di Annabelle è più piccola del mio cesso, e improvvisamente mi sento molto in colpa per questo. Cioè, mi rattristo a pensare che lei debba fare tutti quei sacrifici per mantenersi e per pagare l’affitto in quel buco di monolocale, per carità lei lo tiene come un gioiellino, ma non so…mi da’ fastidio, soprattutto quando io non me ne faccio un cazzo di un bagno così grande. Cioè ho una piscina al posto della vasca…Mi immergo nell’acqua e proprio quando mi sto per rilassare mio fratello bussa alla porta, entra, io sono nudo tra l’altro, e non preoccupandosi di nulla mi dice come se niente fosse che oggi pomeriggio dobbiamo suonare e che lui se ne sta andando. Io annuisco scazzato, non è che sia molto bello essere interrotti nel bel mezzo di un bagno caldo…
-E mi raccomando con la tua Annabelle…- mi dice anche alla fine, preoccupandosi di chiudersi la porta alle spalle.
Io lo guardo uscire e lo mando mentalmente a quel paese. Perché deve essere sempre una notizia di stato quando trovo una ragazza?
Mi ritrovo da solo in questo bagno enorme, con la schiuma che galleggia sull’acqua e che si muove, coprendo il mio corpo. Che devo fare oggi? A parte suonare con gli altri ragazzi oggi pomeriggio praticamente un cazzo. Ora che ci penso, non combineremo nemmeno molto dato che Frank è ancora in viaggio di nozze. Chissà in che parte dell’Australia si trova…Non so nemmeno quando torna, ho perso la cognizione del tempo da quando non faccio che pensare ad Annabelle.
Forse la dovrei chiamare. E’ sabato, magari andiamo al cinema, oppure la porto a cena fuori. Non ricordo se aveva da fare qualcosa, ieri ho dimenticato di chiederglielo. Per un attimo me la immagino con me, qui, nella vasca. La sua pelle nuda al contatto con la mia, il rumore dell’acqua che si sposta, io che la stringo tra le braccia, il suo profumo, i suoi capelli bagnati… Sto cercando di dire a me stesso di non farmi coinvolgere più di tanto, di interessarmi a lei ma non in maniera ossessiva, ma non ce la faccio. La penso sempre, è ovunque, anche stanotte l’ho sognata. Forse ero troppo entusiasta di ciò che è successo durante la sera e mi sono impressionato…
-Ehi bellezza che hai da fare dopo le sette?- le chiedo quando la chiamo. Sono quasi sicuro che è arrossita e che sta sorridendo timidamente dall’altra parte della cornetta.
-Mmm…- mi dice –Credo di avere un appuntamento.-
Per un nano secondo taccio. Un appuntamento? Con chi?
-Ah- dico solo. Il mio cervello sta fumando. Il mio cuore sta battendo a tremila.
-Con…c…on chi?- le chiedo balbettando.
La sento ridere. Cazzo, che si ride? E’ normale che sia terrorizzato, ho capito che non stiamo insieme ma non voglio che veda altri ragazzi, diavolo!
-Mmm…con un certo Gerard Way …Lo conosci per caso?-  mi fa.
Ricomincio a respirare, chiudo gli occhi e getto tutta l'aria che avevo trattenuto nei polmoni.
Stavo per avere un infarto, porca puttana.
-Allora?- mi chiede di nuovo. Forse sono stato troppo tempo in silenzio prima di rispondere.
-Ah...sì...- le dico solo. Credo di aver ripreso controllo di me stesso.
-Hai da fare?- mi dice qualche secondo dopo -Non sei obbligato a venire...-
-Ma no Annabelle, stai scherzando?- le faccio mentre mi infilo i boxer. -Non vedo l'ora di vederti- aggiungo anche e so che a queste mie parole si è sciolta letteralmente. -Ti passo a prendere io, ok?-
-Daccordo- mi risponde e poi riattacchiamo.
Mi specchio e mi accorgo di essere raggiante, sereno e forse anche felice, anzi, felice è un parolone però...posso dire di essere sulla strada della serenità, almeno per quanto riguarda la mia vita sentimentale.
Penso a cosa farle fare, magari la posso portare dai ragazzi, oppure la porto qui, o semplicemente faccio scegliere a lei, fatto sta che non voglio che vada a finire come ieri pomeriggio che faccio la figura del cretino che non sa dove portare la sua donna quando la invita ad un appuntamento.
Una cena fuori però è troppo scontata, insomma la posso anche portare nei ristoranti più belli di Hollywood o di Beverly Hills ma non è il mio stile...Forse ne potrei parlare con i ragazzi e chidere a loro, sempre che non mi prendano in giro.
Il pomeriggio passa subito e anche l'incontro a casa di Ray, come avevo ben previsto non abbiamo concluso molto data l'assenza di Frank.
Dopo aver salutato tutti e dopo aver incassato la mia meritata buona dose di insulti da parte loro, mi metto in macchina e mi dirigo presso la casa di Annabelle.
La trovo già giù ad aspettarmi. E mi sorride. E io le sorrido come un beota e scendo anche dalla macchina per andarle incontro, avanza e si avvicina e io non le do nemmeno il tempo di salutarmi perchè la bacio.
E' bellissima con quel blazer nero, gli stivali e una maglia nera di pizzo. E' meravigliosamente perfetta.
Il suo profumo mi abbraccia e io non faccio altro che accoglierlo. Mi stacco da lei e le sorrido, aggiungo un -Ciao- e lei ricambia. Ha il rossetto rosso, non me n'ero accorto ma non me ne frega niente, la bacio di nuovo e probabilmente mi sporco, anzi no, le sbavo il rossetto dalle labbra.
-Scusami- le dico quando mi accorgo che parte del rossetto se n'è venuto. I suoi occhi blu mi guardano e poi lei mi sorride.
Le sue dita sono sulle mie labbra.
-Ah, sei tutto sporco!- mi dice divertita. Voglio proprio vedere come sembro con il suo rossetto sulla bocca.
-Beh, anche tu- le faccio e le accarezzo una guancia.
-Aspetta- mi dice allontanandosi un po' e cercando qualcosa nella borsa. Esce un fazzolettino di carta e si prende la premura di pulirmi le labbra.
-Non vorrai uscire così?- mi sussurra mentre delicatamente mi sta togliendo il rossetto. Cazzo, lo so che non mi sta facendo niente ma io mi sto eccitando, e non posso nemmeno farglielo notare perchè altrimenti mi prende per un esaurito con gli ormoni troppo esuberanti.
Le riesco solo a fare un sorriso. Sto cercando di trattenere il fiatone.
Quando ha finito le blocco la mano e le prendo il fazzoletto un po' sporco.
-Non volevo rovinarti il trucco- le dico a bassa voce mentre mi avvicino prendendole con la mano libera il viso tra le mani.
-Ah...non fa niente- mi dice portando lo sguardo da un'altra parte. Le appoggio delicatamente il fazzoletto sulle labbra e cerco di rimediare al danno che ho fatto.
-Così dovrebbe andar bene...- le dico sorridendo e lei ricambia.
"Non pensare a cose oscene, non pensare a cose oscene..." continuo a ripetermi mentre saliamo in macchina. La verità è che la voglio tutta per me, solo per me, sempre.
-Allora, ti sembrerà strano ma oggi sono partito organizzato!- le faccio mentre esco dalla strada.
La sento ridere, e la adoro.
-Ah sì? In che senso organizzato?- mi domanda guardandomi.
Ha i capelli sciolti, fluenti, ricci, neri...Oh Dio.
-Allora, ho pensato, anzi mi sono consulato...- inizio. -Essendo tu una studentessa di architettura...-
-Ah, ah!- mi fa -Rettifica, una laureanda!-
-Ok, una laureanda...- faccio -Ho supposto che ti piacesse l'arte...e hanno aperto una galleria  in cui espongono alcuni pezzi di Warhol. Ci lavora un amico che ha studiato con me a New York, perciò possiamo pagare all'ingresso senza aver prenotato i biglietti...ti va?- concludo e mi giro qualche secondo a guardarla.
I suoi occhi brillano.
E il mio cuore si ferma per poi partire agguerrito.
-Davvero?- mi dice quasi sussurrando. -E non è un problema per te andare...non so...in luoghi pubblici?- dice.
-Ma non ci pensare nemmeno!- esclamo. Questo è l'ultimo dei miei pensieri, anzi, non lo è proprio.
Rimango pietrificato. Per fortuna non perdo il controllo della macchina. Mi ha baciato. Mi ha preso il viso tra le mani e mi ha baciato. Lei. E non sono stato io a stuzzicarla.
-Grazie...- mi dice anche e ritorna al suo posto.
-E...e...di che- le dico balbuziente. Ha la capacità di farmi andare in palla.
 
**
 
Siamo nel bar della galleria d'arte. Siamo appena usciti dalla mostra, è stata bellissima e Annabelle era molto entusiata, sembrava un libro, mi ha detto un sacco di cose riguardo tantissimi quadri che abbiamo visto. A quanto pare il suo artista preferito è Klimt e qui oltre a Warhol ce n'erano esposti alcuni quadri. Non solo è bella ma è anche brava perchè ne sapeva persino anche più di me che ho fatto la scuola d'arte.
Adesso stiamo sorseggiando un cappuccino, il che è molto rilassante, e io non perdo l'occasione di scrutarla e di ammirarla allo stesso tempo.
-E' stata bellissima, Gerard, grazie.- mi dice riferendosi alla mostra. Io sono contento per me stesso e felice per lei. Mi riempie il cuore di gioia il fatto che ho le ho mostrato qualcosa che le sia piaciuto.
Impazzisco quando pronuncia il mio nome, soprattutto se lo fa con il sorriso sulle labbra. A proposito è passata un'ora buona e solo adesso mi è venuto in mente di nuovo che ho una voglia matta di andare a letto con lei. Un bel record dato che ci pensavo ogni cinque secondi.
I suoi pantaloni sono aderentissimi e la giacca lunga le sta molto bene, come potrebbe non starle bene...sarebbe sessualmente attraente anche in pigiama.
-Mi sono dimenticato di dirti che anche stasera sei bellissima...- le faccio prendendola per mano, mentre scanziamo le persone. -Mi sento in soggezione- aggiungo con un sorriso.
Lei si gira di scatto confusa.
-Come in soggezione?- mi fa.
Rido.
-Non sono abbastanza bello per te!- esclamo sincero e ne sono profondamente convinto.
Si ferma e mi si para davanti.
-Cosa?- mi dice quasi fulminandomi.
Le sorrido e le porto le mani sui fianchi, me l'avvicino e il mio naso è vicino al suo, mi chino un po' perchè è più bassa.
Faccio per darle un bacio ma lei si scanza.
-No, ora mi devi spiegare...- mi ripete.
Sorrido -Non c'è molto da spiegare...- Mi sta guardando negli occhi. -Sei bella e basta. E lo sei troppo per me.- dico semplicemente.
-Io sarei troppo?- mi fa scettica. Sono davvero divertito da tutto ciò e anche eccitato. -Guarda che qui quella che si deve ritenere fortunata sono io. Una semplice cameriera che esce con una rockstar...Mi sa che devi rivedere qualcosa, Gerard...-
Io scoppio  a ridere e la voglia di farle tutto quello che mi passa per la mente ritorna.
-Ok, allora riteniamoci entrambi fortunati, ok?- faccio. Ho bisogno di baciarla. Lei mi sorride e io non resisto, la bacio in mezzo a tutta questa gente che forse si incuriosisce, che forse mi riconosce ma non me ne frega niente. La stringo a me e le porto un braccio dietro la schiena e l'altro sul viso. Non ho mai voluto una persona così tanto.
-Vuoi venire a casa?- le chiedo dopo essermi staccato.
Annuisce e ci incamminiamo verso la macchina.
-Mmm...finalmente constaterò con i miei occhi se il tuo bagno è davvero più piccolo di casa mia!- mi dice una volta che parcheggio nel vialetto di casa.
Io rido di gusto e di cuore.
-E' più grande non è vero?- mi fa con il sorriso sulla faccia guardandomi.
-Mmm...sì- le dico scendendo. -Ma ho fatto una cazzata! Un bagno così grande non mi serve!-
Apro la porta ed entriamo. Da quanto tempo non porto una ragazza a casa? Sono quasi eccitato, come un'adolescente, come quando ero al college.
-Wow- esclama non appena accendo le luci. Modestamente casa mia mi piace, anche se è un po' troppo grande solo per me, però è spaziosa, è luminosa, è molto personale.  -E'...è fantastica...- aggiunge guardandosi intorno.
-Beh, questo è il soggiorno.- faccio. Non voglio ostentare la mia posizione economica.
Rimane molto colpita dal camino, dal pavimento di marmo bianco a terra, e dai mobili. La porto in cucina, poi le faccio salire le scale e la porto nel mio studio.
-Qui c'è un po' di casino- le dico per avvisarla. Infatti sembra un campo di battaglia, fogli di carta, pennarelli, pennelli, colori, tempere...c'è di tutto.
-E' la stanza che preferisco invece...Sa molto di te!- mi dice sorridendo.
-Ahah, che vuol dire che sa molto di me?- le domando curioso, questa è bella.
-Che ti rispecchia, no? La musica, l'arte...sei tu!- E poi fa qualcosa che non avrebbe dovuto fare, più che altro per i miei ormoni. Mi da' un bacio sul collo. E a me i baci sul collo fanno rabbrividire, impazzire...eccitare.
-Ok- dico agitato. -Ti faccio vedere la stanza da letto-
Mi soffermo poco sui vani che seguono, anche perchè se mi soffermassi troppo, soprattutto sulla mia camera, finiremmo senza vestiti. Le mostro ancora i terrazzi, i balconi e poi il giardino che da' sul retro con tanto di piscina.
-Beh, mi correggo, il mio appartamento è quanto la tua piscina!- mi dice sorridente.
Le sorrido. -Se vuoi...insomma se magari non vuoi stare nel tuo appartamento...potresti venire qui tutte le volte che vuoi...- le dico quasi timido. -Non c'è bisogno di chiedere-
Abbassa lo sguardo e sorride, arrosisce un po'.
-Lo terrò presente- mi dice con le guance infuocate.
Ritorniamo nel soggiorno e la faccio accomodare sul divano. Si sfila la giacca mostrando una maglietta che è altamente provocante anche se non è scollata o roba del genere.  E' una camicetta nera con le maniche di pizzo e il collo vittoriano. Le sta davvero bene.
La guardo un po'.
-Ehm, vuoi vedere la tv?- le faccio.
Sono un emerito coglione. Come cazzo si fa a chiedere una cosa del genere? Quando imparerò, santo Dio?
-Oh...come vuoi!- mi dice timida.
Prendo in mano la situazione. Voglio stare con lei.
Mi siedo sul divanto al suo fianco e le metto un braccio sulle spalle.
-Ceniamo qui?- le domando.
Lei in risposta mi da' un bacio.
"Ok, non ceniamo" penso sul momento.
Adoro quando fa la prima mossa. Cerco di prolungare di più il contatto con le sue labbra, mi insinuo di più. Cerco di essere delicato ma il fuoco mi assale, divampa dentro di me. Mentre sto cercando di trattenermi, lei intreccia le sue dita tra i miei capelli, e si spinge di più con la lingua nella mia bocca. Le sue labbra sono troppo morbide, troppo carnose, non resisto, gliele prendo tra le mie e la vedo sorridere. Le porto l'altra mano dietro la schiena e la sua pelle, sotto le mie mani, diventa d'oca. Bene.
Mi spinge un po' verso il guanciale del divano e io continuo a baciarla. Cazzo, quella camicia è troppo accollata.
Quando ci avviciniamo ancora mi viene in mente che possiamo stare a terra, almeno è più spazioso.
Con delicatezza la faccio spostare sul tappeto e prendo un cuscino del divano, mettendoglielo dietro la testa. Voglio che stia comoda. So che è meglio se stiamo nel letto, ma ora non mi va di salire fin sopra.
Lei mi sorride e io faccio lo stesso. La sto ancora baciando, ma voglio di più. Non voglio farlo subito, voglio un po' giocare prima, voglio stuzzicarla.
Lascio correre una mano lungo il suo collo, per poi scendere fino alle clavicole. Arrivo al suo petto. Si alza e si abbassa velocemente, ha già il fiatone.
Voglio spogliarla lentamente.
Le porto una mano sul seno e prendo ad accarezzarglielo e a massaggiarlo, con indosso ancora la maglia è un po' scomodo ma è solo quiestione di tempo. La bacio di nuovo e sento che emette un sospiro. Le mordo le labbra. Scendo giù con le mani. E' presto per sbottonarle i pantaloni. Gioco per qualche secondo con l'orlo della sua camicia e poi metto la mano dentro. Risalgo fino all'ombelico, sento le costole sotto il mio tocco e poi arrivo al reggiseno. Mi respira nell' orecchio e io mi eccito ancora di più, ma devo aspettare, devo resistere. Incontro il ferretto dell'intimo e lo supero. Questa volta lo stringo, non molto forte, giusto il necessario per farla gemere un po' e poi riprendo il mio massaggio sensuale. E' eccitata, ha la pelle d'oca e posso sentire i capezzoli sotto il mio tocco. Non mi basta più toccarglieli, voglio baciarli, voglio leccarglieli, voglio farle di tutto. Mi metto sopra di lei, cercando di non farle male, e lei intreccia subito le gambe con le mie. Mi accorgo solo ora che quella cosa che indossa ha i bottoni.
-Gerard...- mi sussurra tra un gemito e un altro.  Alzo la testa e le impedisco di parlare. La sto baciando prepotentemente.
Faccio scorrere le dita lungo il suo busto, stacco il primo bottone, quello che si trova più in basso.
La sola vista della sua pelle mi fa andare su di giri ancora di più di come non lo sono ora.
Stacco il secondo.
-No...aspetta...- mi dice di nuovo all'orecchio. Non voglio aspettare. Io la voglio, e le mi vuole. E' inutile aspettare.
Fa per fermarmi quando le sto per sbottonare il terzo bottone ma io la precedo. Le do un altro bacio e nel frattempo le apro il quarto. Abbasso lo sguardo e le vedo parte del reggiseno. Un'ondata di libido attraversa tutto il mio corpo. Era questo che mi mancava ieri sera: il suo corpo nudo.
Non ce la faccio a resistere. Rimangono altri tre bottoni ma non mi importa. Va bene così.
La bacio di nuovo, le lascio le mani.
Mi sta baciando lei ora e si porta una mano sulla spalla sinistra. Io riesco a vedere l'incurvatura del suo seno e faccio qualcosa di avventato. Glielo alzo.
E' una venere.
Affondo il viso nel suo petto e le bacio i seni come se fossero la sua bocca. La sento respirare veloce e anche io respiro veloce. La mordo e geme, forse per il dolore misto al piacere. Senza nulla in dosso accarezzarla e baciarla è tutt'unaltra cosa. Faccio scendere le mani verso i suoi jeans e inizio a sbottonargli il pantalone.
Ha gli occhi chiusi e mi ferma di nuovo. Forse vuole che continui a baciarla, a giocare con lei...
Ha un seno bellissimo, tondo, sodo, pieno...è perfetto come lei e non resisto. Mi concentro di nuovo su di esso. Le porto le mani vicino al collo e le sbottono il primo bottone della camicia. Deglutisce.
Sto per aprirle il secondo, non so  chi mi sta dicendo di non strapparle quella dannatissima camicia, ma voglio fare le cose per bene.
-Gerard- mi fa di nuovo. Mi vuole dire qualcosa. Io vorrei ascoltarla ma l'idea di fermarmi non me lo permette.
-No, asp...- sta per dirmi ma un suono metallico la precede e interrompe tutto.
Il campanello.
Non ci credo.
Il campanello.
Il fottutissimo campanello.
Alzo la testa. Lei è rossa, affannata ed accaldata. Si gira da un'altra parte e io sono costretto ad alzarmi. Cazzo, ho un'erezione paurosa che quasi mi fa male tra i pantaloni e chiunque sia fuori dalla porta suona come un coglione.
Interrotto da un campanello...ma si può essere più sfigati?
Lancio un'occhiata ad Annabelle, si sta chiudendo la camicia.
Vaffanculo.
Mi dirigo agguerrito verso la porta, appena vedo chi è gli urlo addosso.
Spalanco con rabbia la porta blindata dell'ingresso pronto a dire un sacco di parolacce e a tagliare il dito con cui quella testa di cazzo sta suonando innumerevoli volte al campanello.
-Ma si può sapere che cazz...- inizio ad urlare. -Frank?!- esclamo spaventato.
-Gerard!- urla lui con gioia.
Sono allibito, incredulo e incazzato.
C'è anche Jamia, cazzo.
Rimango qualche secondo senza parole. Mi ricompongo anche perchè sto cercando di pensare a come possa nascondere, beh, come dire...l'eccitazione? Ok, ora un po' è passata però...cioè credo che si veda.
-Ehm…ehm…cia…ciao- dico io. Perché è qui? E il viaggio di nozze? E’ già finito? Che cazzo di giorno è oggi?
Frank viene verso di me e mi abbraccia. Quasi non respiro. Io gli do’ una pacca sulla spalla. Mi sta dicendo qualcosa. Forse sul perché è qui. Anche Jamia mi saluta, sono entrambi abbronzati.
-Allora…che stai facendo?- mi chiede Frank entrando in casa tutto pimpante.
Bene, che stavo facendo?
Mi giro lentamente, spero che Annabelle si sia ricomposta.
-Ehm…- inizio a dire cercando di fermare il mio amico.
-Oh- fa lui.
Annaballe si alza da terra in fretta e furia e rimane immobile.
Frank l’ha vista, e ha visto anche i cuscini a terra immagino. Ora inizierà a ridere come un cretino, lo so. Spero solo che non metta in imbarazzo Annabelle…
Entra anche Jamia, è al mio fianco. Dio, sembra che stiano vedendo uno spettacolino.
Meno un’occhiata a Frank. Sorride. Ha capito. E io lo ammazzo se inizia a fare lo scemo.
-Ehm…Lei è Annabelle…- dico, giusto per non far regnare il silenzio.
-Ciao Annabelle!- dice Frank porgendole la mano. Ha un sorriso da ebete stampato in faccia.
Annabelle è tipo color porpora. Piccola, quanto vorrei evitarle tutto questo imbarazzo…
Risponde a fatica. La vedo porgere lentamente la mano a Frank e la sento deglutire. E’ molto agitata. Magari non si è mai trovata in una situazione del genere.
Anche Jamia si presenta a lei. Ora entrambi i coniugi Iero ci guardano sorridendo.
-Ehm…Non volevamo interrompere niente…- dice Frank facendo il finto gentile ad Annabelle.
-No…- inizia a dire Annabelle ma io la interrompo.
-Sì, sì- faccio io scettico. So che non s’immaginava niente di tutto quello che stava succedendo prima, ma lui è sempre il solito…il suo tempismo è sempre il solito.
Gli faccio entrare. So che finiremo per cenare assieme.

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Capitolo 8
*** There's something strange I see ***


Frank fa come se si trovasse a casa sua, un classico, ci sono abituato. Dopo avermi quasi sbeffeggiato e preso in giro  davanti alla mia donna e alla sua, butta tutte le cose sul divano e si dirige in cucina. Noi lo seguiamo. Annabelle è in silenzio, Jamia invece gli urla contro, gli sta dicendo che non sono modi questi, che non si entra in casa delle persone così e che non si fruga nel loro frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare.
-No, tranquilla Jamia. Non preoccuparti- le faccio non appena mi sono ripreso.
-Ah, devi scusarlo Gerard. Fa sempre così, lo conosci.  E’ solo contento di vederti- mi dice la moglie che sembra davvero dispiaciuta, ma non deve preoccuparsi più di tanto, lo è solo perché non è a conoscenza di tutte le cose che io e Frank combiniamo durante il tempo libero…
Le sorrido.
-Allora?! Possibile che in questa casa non c’è nulla da mangiare? Gerard, ma che razza di gentiluomo sei? Non fai trovare nulla alla tua signora?- esclama Frank aprendo il frigo e vedendo che è completamente vuoto eccetto le birre. Per la verità non capisco se quel “signora” sia riferito ad Annabelle oppure proprio a lui…Certe volte è alquanto criptico.
Me lo dice con un tono ilare e da presa in giro al che tutti ci mettiamo a ridere. Meno un’occhiatina verso Annabelle. Sta guadando a terra. Forse è ancora un po’ scossa o imbarazzata, non saprei dirlo, così mi avvicino verso di lei e le cingo i fianchi. Appena Frank avrà abbassato la guardia chiarirò con lei.
-Beh, se vuoi possiamo ordinare qualcosa…- dico rivolto al mio chitarrista mettendo le mani sui fianchi della ragazza. Lei gira un po’ la testa e mi sorride debolmente.
Frank ci guarda e sorride sghembo.
-Certo che non posso lasciarti da solo dieci giorni, che mi combini il casino!- dice.
-Ahah, ma che casino!- dico spostandomi una ciocca di capelli davanti agli occhi.
-Beh, me ne sono andato che eri un uomo libero e single e ti ritrovo con questa bellezza!- aggiunge facendo l’occhiolino ad Annabelle.
Io guardo Jamia e scoppio a ridere.
-Ahah, scusa amore!- dice lui guardando il finto sguardo minaccioso della sua consorte. Va verso di lei e le schiocca un bacio e la donna sembra perdonarlo.
-Allora cinese o messicano?- aggiunge poi.
Circa un’ora dopo siamo tutti nella mia sala da pranzo, seduti a tavola, a mangiare delle cose astruse provenienti da non so quale parte del Messico e  a guardare un po’ di tv.
Una delle mie mani è sulla coscia di Annabelle e ogni tanto la muovo delicatamente, accarezzandole la gamba. Lei non batte ciglio, forse perché non vuole farsene accorgere, ma tutta questa situazione mi risulta eccitante, e poi mi piace farle le carezze.
Jamia e Frank sono di fronte a noi e ci stanno raccontando del viaggio di nozze. Annabelle ogni tanto ha fatto qualche domanda riguardo le cose che hanno visto, sui musei e sui monumenti e a loro volta i coniugi Iero hanno chiesto qualcosa riguardo lei.
La serata procede bene, io e Frank tracanniamo birra e nella foga del momento non mi accorgo che Annabelle ha cambiato comportamento, è di nuovo muta e guarda fisso davanti a lei. Per distrarla dai suoi preconcetti mentali, che sono sicuro che si sta facendo in questo momento, le porto un braccio attorno al collo e mi avvicino a lei appoggiando la testa sulla sua guancia. Impazzisco quando mi da un bacio sulla tempia. Il suo profumo è più vivo che mai.
-Ehm…Gerard…- mi dice Jamia ad un certo punto.
-Dimmi.- Le faccio un po’ stranito dal suo tono di voce.
-Frank…come dire…- inizia a dirmi con il sorriso stampato sulla faccia.
-Sì?-faccio per incitarla a parlare. Guardo Frank. Il coglione sta ridendo. Già ha capito cosa la moglie mi deve chiedere…
-…Del suo matrimonio ricorda tutto…tranne un momento preciso- dice.
Io continuo a guardarla con sospetto. Credo di sapere a cosa si sta riferendo. –Si ricorda del rapimento, della macchina…si ricorda persino di come Mikey e Ray l’abbiano caricato sulle spalle la sera prima del matrimonio per accompagnarlo a casa…-
-No, Jamia ti prego…- dice Frank ridendo, cercando di fermare la donna.
-Ma proprio non si ricorda…del suo addio al celibato- conclude. –Della festa, intendo- ci tiene a precisare qualche secondo dopo.
 Io rido. Ecco, e ora che le diciamo?
-Non è che non mi ricordo, è che non c’era nulla di cui valeva la pena tenere a mente!- si difende Frank.
-Mmm…sì, sì- dice Jamia ridendo ma allo stesso tempo decisa a scoprire di più su quella serata. –Alicia mi ha detto che è stata una festa piena di “magiche sorprese”- dice questa volta rivolgendosi a me.
Io sto ridendo in silenzio. Si può ridere in silenzio?! Sento le mie guance infuocarsi, sono troppo divertito dalle visioni di quella sera mi passano per la mente.
Guardo Frank e anche lui sta facendo la stessa cosa, forse perché è molto buffo il modo in cui Jamia ha definito le spogliarelliste o forse perché anche lui, come me, si sta ricordando delle pessime condizioni in cui tutti eravamo quella sera. A pensarci rido come un cretino: Ray e la sua maglia svolazzante, Frank sul trono, la bottiglia in testa e poi…lei. La spogliarellista con il tatuaggio, quella che ho avuto nei miei pensieri per giorni.
-Allora?- chiede Jamia con tono inquisitorio guardando prima Frank e poi me.
-C’erano le spogliarelliste non è vero?!- esclama ad alta voce.
Mi sembra una candid camera.
Annabelle si libera dal mio braccio e si mette dritta sulla sedia. Io la guardo per qualche secondo. Ha le guance rosse. Forse ha caldo.
-Sì…-dice Frank con un tono di voce udibile solo se si è dotati di un apparecchio acustico. Jamia sta per partire in quarta.
-Ma giuro che erano delle cesse! Erano basse, brutte, tozze e con i baffi!- inizia a dire senza nemmeno respirare.
Io mi sto per strafocare dalle risate.
Basse, brutte, tozze e con i baffi! Ahah, erano tutto fuorchè quello!
-Ah sì?- chiede Jamia. –Scommetto che lo era anche quella che ti ha versato lo spumante direttamente in bocca, non è vero? O che ti ha sfilato la maglietta…-
Naturalmente Jamia sta facendo la finta arrabbiata ma è divertente assistere a questa conversazione.
Annabelle è ancora muta, seduta accanto a me. Sta picchiettando con le unghia sul tavolo e trema con la gamba.
Io la guardo di sfuggita ma Frank mi chiama in causa a difenderlo.
-Certo!- esclama il tatuato. –Era la spogliarellista di Gerard quella con il fisicaccio! Lei mi si era anche avvicinata ma io le ho detto “No, vai da Gerard che è libero! Io domani mi sposo!”- esclama imitandosi da solo. E’ proprio uno scemo burlone.
-A parte che era la stessa!- esclamo sentendomi tirato in causa.
Jamia ride e guarda me, come se quello con cui se la deve prendere ora sono io!
Alzo le mani in segno di innocenza.
-E tu Annabelle?! Non gli dici niente?- dice per scherzo Jamia.
-Uhm…cosa?- chiede la ragazza come se fosse appena scesa dalle nuvole.
Che le prende? Non sarà mica arrabbiata o gelosa?
-Sì, Annabelle. Dì qualcosa al tuo uomo che fa il figo. Chiedigli che faccia aveva quando la spogliarellista figa era sopra di lui!- aggiunge Frank.
La sento deglutire. Forse non si aspettava una cosa del genere. Non capisco se è per me e per l’addio al celibato di Frank, perché magari è gelosa, o se si sta comportando così per cose sue.
Ride, ma mi sembra una risata molto finta. Quasi stentata.
La sto guardando. Non è arrabbiata. Mi sembra agitata, che è diverso.
-Di Gerard non mi interessa!- esclama Jamia ritornando a concentrarsi su Frank.  
–Tu sei mio marito non lui!- dice con voce ironica.
Per tre secondi non bado ad Annabelle e faccio lo stronzo anche io.
-Sì, infatti. Il maritino novello sei tu! E comunque non dico a Jamia cosa è successo quando la mia spogliarellista è venuta da te…Ti devo ricordare una certa bottiglia di spumante? O magari i mantelli di Hogwarts?-
Frank mi guarda riducendo gli occhi a fessure. Mi alza il dito medio.
-Ah, ecco come si scoprono le tombe!- dice Jamia e da’ uno scappellotto alla nuca del chitarrista. Ridiamo tutti. Tranne lei. Annabelle. Ora sta guardando le sue mani nascoste sotto il tavolo. E se le sta ritorturando come sa fare solo lei quando è agitata o in imbarazzo. Ma perché?
-Ah, tra l’altro lo sai che anche Sam si sposa?- dice Frank facendo finta che Jamia non abbia detto niente. –E pensa un po’! Siamo invitati anche noi al suo addio al celibato!- conclude rivolto a me. Jamia lo guarda con rimprovero. Questa volta seriamente.
-Ehm, volete il dolce?- dico all’improvviso, mettendo fine a quella conversazione demenziale.
I miei ospiti annuiscono e io mi alzo, faccio segno anche ad Annabelle di alzarsi e di venire con me. Voglio vederci chiaro e capire cosa le prende, o meglio più che altro spiegarle la storia delle spogliarelliste. Cioè…non le ho detto niente perché non lo ritenevo importante, insomma era un addio al celibato…
Per un attimo mi ritornano le sere al Bunnies passate proprio per rincrontare la ragazza con il tatuaggio. Cazzo, mi faccio schifo da solo. Squallidissimo. Figuriamoci se solo scoprisse che cosa ho fatto la settimana scorsa…
Mi dirigo in cucina seguito a ruota da lei, è ancora muta.
-Tesoro, che succede?- le chiedo dolce, prendendola dai fianchi e avvicinandomela.
-No, niente…- mi risponde a bassa voce, discostandosi un po’ da me.
-Non ti ho detto niente della festa perché non era importante…- le dico per giustificarmi. Suppongo stia così per quel motivo.
-Ma no, non preoccuparti…Era la festa del tuo migliore amico. E’ normale.- me lo dice con un tono strano. Con un tono che  mi fa capire che è sincera quando mi dice che non sta così per quello, ma che mi dice anche che il motivo di quella reazione è un altro. Continua ad avere lo sguardo basso. Le alzo il viso con una mano. Guarda da un’altra parte. I suoi occhi blu sono quasi spenti e improvvisamente, non so perché, ho una fitta allo stomaco.
-Sei sicura? Se è per le spogliarelliste posso spieg…-
-No, Gerard. Non è per quello- mi dice brusca, allontanandosi da me.
Io la guardo imbambolato. Ci sono rimasto male per questa reazione.
-Scusa…- aggiunge qualche istante dopo, rendendosi conto forse di aver usato un tono arrabbiato. –E’ che…ho alcuni pensieri per la testa…e me ne sono ricordata…- aggiunge con voce più calma, anzi quasi tremante. –Sono fatta così. Mi devi scusare. Mi ricordo delle cose e poi non riesco a togliermele dalla testa- conclude.
-Ok- dico solo io. Questa volta mi avvicino deciso. Non mi manderà di nuovo via.
Si lascia abbracciare, ma rimane immobile sotto di me. Le do’ un bacio sulla fronte e poi, incontrando le sue perle azzurre, le dico –Promettimi però che se hai bisogno di qualcosa, me lo dici, ok? Anche il più stupido dei problemi, voglio che me ne parli…- concludo con voce rassicurante anche se lei mi sembra poco convinta. E’ come se fosse da un’altra parte ecco cosa.
Annuisce debolmente. Non so perché la tensione è alta, e ciò non è dovuto a causa mia.
-Beh, ora o torno di là e faccio una figura di merda…- inizio a dire con il sorriso sulle labbra per far riprendere Annabelle. –…Oppure nel freezer avrò davvero qualche cosa di dolce da offrirgli-
La ragazza scoppia a ridere.
-Che significa?- mi chiede ancora un po’ tesa.
-Che non lo so se ho il dolce!- esclamo sincero. –L’ho detto solo per farti alzare…- confesso e mi sforzo di fare gli occhi da cucciolo in modo tale che anche lei sia pazza di me come lo sono io in questo momento di lei.
Ride. Non solo con le labbra. Anche con gli occhi, ed è per questo che l’adoro.
-Sei unico- mi dice e per qualche secondo i suoi occhi sembrano brillare per rabbuiarsi subito dopo.
Il dolce non ce l’ho, quindi rimando Annabelle nella stanza e io nel frattempo chiamo una pasticceria qui vicino e in meno di un quarto d’ora mi faccio recapitare la torta a casa. Dico al fattorino di venire sul retro e non dalla porta principale così Frank e Jamia non lo vedono e crederanno che il dolce ce l’avevo già in casa.
La serata continua a procedere. Ogni tanto distraggo Annabelle dai suoi pensieri. Sinceramente sono un po’ perplesso riguardo al suo comportamento. E’ come se non riuscisse a stare in questa stanza con noi…con Frank. Non lo guarda mai in faccia e non gli rivolge mai la parola, eccetto quando lui le chiede qualcosa. Pongo attenzione a questo comportamento, non me lo faccio sfuggire, ma decisamente non riesco a spiegarmelo.
A fine serata saluto la felice coppietta e Annabelle mi segue davanti la porta. Abbraccia Jamia, sorridendole anche, e poi passa a Frank. Lui le sorride e fa per avvicinarsi ma lei gli porge la mano e gliela stringe, senza stabilire un ulteriore contatto. Frank non sembra mettere attenzione a questa cosa né tanto meno se la prende.
Dopo qualche minuto chiudo la porta e sono solo con Annabelle. Di nuovo. Nel momento esatto in cui tiro la maniglia mi ritorna un pensiero. E’ più forte di me. Mi ritorna in mente che voglio finire quello che avevamo iniziato. Ora potremmo anche farlo, non ci sarebbero impedimenti, a meno che Frank non ritorni oppure mio fratello non venga a rompermi il cazzo…Ma non ci scommetterei su quest’ultima cosa, Mikey è imprevedibile.
Mi giro ma lei non c’è, è nel soggiorno a prendere le sue cose dal divano.
Vado verso di lei. Non vorrà andarsene?
La guardo un po’ imbambolato, poi parlo.
-Ehi…che fai?-
Lei si ferma e si gira.
-Ehm…stavo aggiustando le mie cose- mi risponde con voce innocente. Mi avvicino a lei e le tolgo una ciocca di capelli dal viso. I suoi occhi mi fanno rabbrividire.
-Mi stavo chiedendo…- le dico mentre le porto le mani sui fianchi. –Se vuoi restare qui…stanotte…- concludo a bassa voce. La sento sospirare e la guardo. Ha le guance rosse. Mi avvicino e le schiocco un bacio sulle labbra. Sanno di torta alla fragola, quella che abbiamo mangiato poco fa.
Si stacca quasi subito e io la trattengo, almeno vicino al mio corpo.
-Allora?- le chiedo con voce un po’ roca e bassa.
-Domani dovrei studiare…- mi dice forse giustificando l’imminente rifiuto alla mia proposta.
-Studia qui, oppure ti accompagno a casa domani mattina.- propongo abbassando un po’ il capo e appoggiando la fronte sulla sua.
E’ un po’ titubante.
-Non ho il pigiama…- mi dice a voce bassa, sorridendo, consapevole forse che io dirò qualcosa a riguardo. Le sorrido malizioso.
-Beh…non è un problema- le sussurro nell’orecchio. La sento sospirare e chiudere gli occhi. Le piace quando faccio il sexy, ci scommetterei tutto.
Le bacio il collo, la guancia e poi le labbra, sto cercando di corromperla.
Mi guarda. Non vuole restare, l’ho capito.
-Ok, dai ti riporto a casa- mugolo un po’ triste. I miei ormoni davanti la sua reazione nulla hanno avuto un calo. Perché non vuole stare qui con me? Non dico che dobbiamo per forza andare a letto insieme, ma almeno stare insieme dato che lei è sola a casa e io anche…
-No, non te la prendere…ti prego- mi dice bloccandomi quando la libero dalla mia presa. Si avvicina di nuovo e questa volta è lei che mi prende per i fianchi e una strana sensazione mi parte dal fondo schiena fino ad arrivare dietro al collo. Dio santo, non deve toccarmi in questa maniera.
Ok, i miei ormoni si sono ripresi.
-E’ che…devo studiare domani, seriamente.- ripete. –E se rimango qui…beh, sappiamo come va a finire- mi sussurra quasi, abbassando lo sguardo e sorridendo imbarazzata.
Beh, ora però ha ragione.
-Va bene- le dico comprensivo. Preferisco che studi e che faccia bene qualsiasi cosa abbia da fare e che io rimandi le mie voglie sessuali, e non il contrario.
-Scusami- mi ripete. Sembra sincera.
-Nah- dico per sdrammatizzare e per farle capire che non me la sono presa. –Prima il dovere.- aggiungo stampandole un bacio sulla fronte. –Domani ci vediamo? O hai da fare?- le chiedo un po’ deluso dal suo rifiuto. Mi ero fatto dei viaggi mentali assurdi…
-No, in serata sono libera. Possiamo vederci appena ho finito.- replica quasi vivace.
-D’accordo- le dico. –Vuoi che ti accompagni ora? O vuoi restare ancora un po’? Oppure potremmo farci un giro in macchina…- propongo.
-Mmm…un giro in macchina mi andrebbe- risponde.
-Ok. Prendo le chiavi!- dico dirigendomi verso il mobile dell’ingresso.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** What happens to us? What happens to me? ***


Sono chiuso in studio con Ray da tipo due ore, non connetto più e non sto capendo un cazzo di tutto ciò che il chitarrista mi sta dicendo in questo momento riguardo i giri di do, riguardo il nuovo motivetto che ha ideato e riguardo tutto ciò che gli passa per la testa.
Gli altri non ci sono, non sono venuti. Oggi non era una prova importante, Ray aveva delle idee più o meno buone che andavano sviluppate e prima di esporle agli altri voleva parlarne con me perché si è improvvisato anche cantautore e ha buttato giù un testo, che non è molto malvagio devo dire…
Stiamo entrambi fumando. Lui è seduto con la chitarra tra le braccia e io sono buttato su una poltrona, con le gambe aperte, totalmente rilassato e totalmente ignaro di ciò che mi sta continuando a dire. Se non sbaglio ha cambiato argomento.
Sono perversamente attratto dal fumo che esce lentamente dalla mia bocca, sembra un disegno, e la mia mente è invasa da pensieri quasi sconci dovuti probabilmente alla posizione in cui mi trovo.
Ho davanti i riccioli marroni di Ray ma non li sto veramente guardando, i riccioli che ho in mente sono altri, color corvino.
In questo momento mi sto facendo un film mentale assurdo: io qui sulla poltrona, rilassato, totalmente perso nelle movenze feline di Annabelle e del suo strusciarsi sul mio corpo. Mi sbottona la camicia, poi mi bacia, poi scende giù con le mani e gioca con la mia cinta, e io sono totalmente assuefatto dal suo profumo, chiudo gli occhi e poi…e poi…Ray ripete il mio nome e io torno a guardarlo.
-Ma mi stai ascoltando?- mi domanda dopo che ha notato il mio sguardo perso nel vuoto.
-Mmm…? Ah, sì.- dico. No, che non lo sto ascoltando.
Ray mi guarda scettico, sa che non lo stavo ascoltando, e secondo me non sa se chiedermi a cosa sto pensando o se è meglio fare finta di niente.
Io lo guardo e continuo a fumare, faccio finta di niente, tanto tra un po’ riattacca a parlare.
I miei pensieri giungono di nuovo ad Annabelle…Wow, è passato quasi un mese…Noi, ci stiamo frequentando da quasi un mese e questa cosa mi piace, ma ho come la sensazione che ci sia qualcosa che non vada…
Ho bisogno di Annabelle in questo momento. Non ci siamo visti molto ultimamente, sta studiando molto, sta preparando la tesi e sì e no nelle ultime due settimane ci siamo visti tre quattro volte.
Mi passo una mano tra i capelli. H0 bisogno di scopare, cazzo. Anzi, detto così sembra brutto, ho semplicemente bisogno di andare a letto con lei, la voglio con tutto me stesso e lei è sempre fugace, scappa sempre. L’ultima volta, che tra l’altro è stata l’unica e sola, è quando siamo stati insieme al molo…poi nulla.
Io non voglio sembrare un malato di sesso cronico, ma non mi ero mai sentito così, non avevo mai avuto un bisogno così forte di stare con una persona. Non lo so, sarà perché lei è sempre innocente, è bella, è studiosa, è brava…Mi rende un malato ecco cosa, e questo fatto che non stiamo molto insieme ultimamente mi fa perdere la testa perché ci passerei notte e giorno con lei.
-Ok, Gee ho capito. Vaffanculo- mi dice Ray ad un certo punto.
-Eh? Che cazzo ti prende?- dico io sorpreso e leggermente scazzato.
-Ma se non stai ascoltando una parola di quello che ti sto dicendo!- mi dice.
Effettivamente ha ragione.
Io gli sorrido inebetito e lui mi fulmina con lo sguardo.
-Dai!- dico per smuoverlo un po’ – E’ che ho dei pensieri per la testa!-
-Sì sì.- mi fa lui.-Scommetto che questi pensieri iniziano con la A e finiscono con …nnabelle!- esclama sorridendo. Forse non è arrabbiato.
-Ah ah- rido per finta. Vaffanculo però ha ragione. Ma com’è che riescono a capire sempre tutto?
-Allora? Che si dice?- mi domanda.
-Mah…nulla di che- gli rispondo. –Ultimamente studia sempre…-
-Mmm…un classico…- borbotta lui intento a strimpellare la sua chitarra.
-Eh?- ribatto io. Che significa che è un classico?
-Nel senso che…è una classica scusa. Secondo me ha capito che sei un pervertito e ora vuole allontanarsi!-
-Fanculo Ray!- dico serio. Che cazzo mi dice queste cose…Non me le deve dire. Già sospetto che ci sia qualcosa sotto, se poi lui mi dice queste cose non è che mi aiuta!
-Ma dai Gee sto scherzando!- esclama con quella faccia di cazzo che si ritrova. Lo sto fulminando con lo sguardo.
-Chiamala no? Oppure presentatati a casa sua senza dirle niente! Non sono mica io che devo dirti come fare! E poi si sa come sono le ragazze…vogliono essere pregate, si devono sempre far desiderare…- mi dice.
-Non è sempre così…io, boh, è come se non vuole rimanere con me da sola…è distante e non capisco il perché- commento guardando in basso.
Spero solo sia una mia sensazione.
Catapultarmi a casa sua mi sembra quasi un’idea decente.
-In che senso non vuole rimanere da sola con te?- mi chiede Ray.
-Non lo so…- rispondo sincero. –Ogni volta che cerco di avvicinarmi…in quel senso…si ritrae…-
-Oh- commenta semplicemente il riccioluto dopo qualche secondo. –Non sarà…-
-No- rispondo secco anticipandolo. Certo che non è vergine.
Lui sorride, come se capisce che tra noi c’è stato qualcosa.
-Beh, magari vuole semplicemente aspettare…forse non se la sente…Ne hai parlato con lei?-
Da quando Ray è diventato così apprensivo? E soprattutto da quanto sembra essere così esperto di donne?
Le sue parole mi colgono di sorpresa. Forse dovrei parlarne a quattr’occhi con lei, capire se stiamo davvero insieme, se lei vuole stare davvero insieme…perché io voglio…ma boh. Sono confuso.
Forse dovrei fare qualcosa che la colpisca davvero, magari non ha capito che io la voglio sul serio, più di qualsiasi altra cosa al mondo…mi inventerò qualcosa.
 
**
Sto sfrecciando sulla tangenziale, mi sto dirigendo da lei. Sono le dieci, dovrebbe essere ancora a casa se non sbaglio, al California attacca alle undici e mezza.
Suono al citofono. Sto picchiettando con la punta del piede a terra…dove cazzo è?
Risuono. Passano dieci secondi…
Non c’è.
Automaticamente prendo il telefono dalla tasca e la chiamo. Il rumore del telefono mi rimbomba nell’orecchio. Parte la segreteria telefonica. Riattacco.
Dov’è?
Perché non mi ha detto niente?
Sto diventando troppo fissato…magari aveva da fare.
Risalgo in macchina un po’ deluso. Speravo in una serata carina, anzi no, speravo soltanto di vederla e basta. Forse ha anticipato il turno ed è già andata alla tavola calda.
Perché non risponde?
Mi passo una mano tra i capelli. Sono impelagato nel traffico delle dieci di sera. Che odio.
Mi guardo intorno, il semaforo è appena fatto rosso e sto aspettando di ripartire. E’ un rione familiare, ci sono già stato.
Metto attenzione agli edifici che mi circondano e capisco il perché di quella sensazione. Alla fine del vicolo a destra c’è il Bunnies…
Avevo già notato che Annabelle abitava da queste parti…
Una voce dentro di me mi sta urlando di andare dritto, di non girare a destra ma non riesco ad ascoltarla. Metto la freccia, svolto e parcheggio.
“Bravo Gerard. Sei una testa di cazzo. Avevi detto niente più spogliarelliste.” Penso tra me e me.
Lo so, lo so…ma Annabelle non c’è. E’ strana, è fugace e l’unica donna che mi fa sentire qualcosa oltre a lei è…quella spogliarellista. Mi manca la mia ragazza se mai lo è. Mi mancano i suoi occhi blu…
Mi avvicino all’ingresso ed entro furtivamente. Ogni volta è sempre la stessa storia…non posso e non voglio essere riconosciuto.
Sono tremendamente frustrato, Dio santissimo.
Evito di incontrare e di incrociare qualsiasi altra persona. Mi siedo su una poltroncina in seconda fila e mi faccio gli affari miei. C’è già in corso uno spettacolo e se non erro la mia donna non c’è. Non vedo nessuna con un tatuaggio sulla spalla sinistra.
Spero di non essere arrivato in ritardo. Di solito inizia sempre per le dieci e mezza.
Qualche minuto dopo altre ragazze iniziano ad uscire. Indossano una maschera di pizzo, un impermeabile di pelle nera e degli stivali con un tacco da far paura. Come diavolo fanno a camminare? E soprattutto ora come diavolo riconosco la spogliarellista?
Si posizionano al centro e poi le mie preghiere vengono esaurite. Tutte le ragazze lentamente fanno scivolare una mano sulla cinta del giaccone. Si girano di spalle e..e si sfilano il nastro di seta lasciando cadere a terra il cappotto.
E’ molto di più di uno spogliarello. E’ nudismo vero e proprio.
Non mi soffermo molto sulle coulotte nere che indossano, ma sulla loro schiena nuda. E’ impossibile che non indossino nulla da sotto l’impermeabile.
Quando si girano mi viene un colpo al cuore. Io non volevo assistere ad uno spogliarello vero e proprio. Inizio a sentirmi davvero male, non voglio vedere ragazze interamente nude.  Mi sto quasi per alzare ma le luci diventano più forti e per mia fortuna le donne non sono in topless. Indossano un reggiseno particolare, senza elastici né bretelle. E’ nero, in latex.
Sono ancora combattuto. Mi passo una mano tra i capelli. Sono agitato e mi tremano le gambe. Che cazzo sto facendo? Io voglio Annabelle, santo Dio, e non ho bisogno di una spogliarellista tatuata per sentirmi meglio.
Le luci si spengono e la musica inaspettatamente cessa. Non penso sia già finito.
Il mio cuore inizia a battere all’impazzata nel petto quando mi accorgo che c’è qualcuno alle mie spalle. Mi respira nell’orecchio e poi mi sfiora la guancia con le labbra.
Ora credo mi stia davanti, non lo so, è tutto buio.
-E’ da un po’ che non ci vediamo- mi sussurra nell’orecchio.
Credo di non sentirmi molto bene.
Il mio cuore è un martello pneumatico e la mia gabbia toracica la strada da rompere.
E’ lei, mi ha riconosciuto, ha notato la mia assenza in queste settimane…Non ci credo.
Porca puttana allora veniva da me volontariamente. E se mi ha riconosciuto e ora mi vuole ricattare? Scaccio questi pensieri idioti dalla testa…anche se a pensarci bene potrebbe anche essere così.
Davanti al suo bisbiglio rimango muto, non riesco a parlare, ho la gola seccata.
Le sue braccia mi avvolgono il collo. La luce è fioca e sta crescendo debolmente, riesco solo ad intravederla. Sembra nuda, invece ha quel minuscolo top di latex, E’ sexy maledizione e mi sto eccitando.
Non devo, non posso.
La sua voce è un debole suono, ce l’ho ancora nel cervello. Mi passa una mano tra i capelli e rabbrividisco. Rimango fermo, immobile sotto di lei. Quella stupida regola di Clive…
Respira lentamente e il mio sguardo è in direzione delle sue clavicole. Non vorrei guardarle altro, ho paura che mi prenda per un pervertito anche se forse già lo pensa. Le guardo di sfuggita il tatuaggio che con il buio è ridotto ad una macchia indefinita sulla sua spalla, gliela vorrei accarezzare.
La sento respirare e inalo il suo profumo. Mi gira la testa…Sto ancora pensando a ciò che mi ha detto.
“E’ da un po’ che non ci vediamo”
Non deve fare così, non può.
Un brivido mi attraversa tutta la schiena quando le sue mani fredde mi entrano nella maglia, dietro il collo.
Realizzo qualche secondo dopo che mi sta sfiorando e che la sua bocca mi sta sfiorando la punta del naso.
Il suo viso è vicinissimo e siamo ancora nella penombra. Sto boccheggiando. Sono pietrificato e lei continua a sfiorarmi la schiena con le unghie.
Si avvicina e mi sfiora le labbra con le sue. Che le prende? Non è mai stata così avventata…Non resisto e cerco di protendermi verso di lei per assaggiarle le labbra ma non faccio a tempo. Si ritrae e tutto ciò che mi rimane sono dei graffi dietro la schiena che mi bruciano. Quando ho sentito le sue unghia sulla mia pelle ho emesso un leggero gemito per il dolore. Se n’è accorta e mi guarda con uno sguardo indefinito, tra l’arrabbiato e qualcos’altro che non riesco a definire. Si gira e se ne va proprio quando le luci si riaccendono…
Fugge via anche lei come Annabelle.
Devo andarmene da qui.
 
**
-Allora dov’eri ieri sera?- chiedo ad Annabelle quando finisce di sorseggiare il suo caffè latte. Finalmente siamo usciti insieme.
-Ho avuto degli impegni al campus e appena ho finito sono andata al California verso le dieci e mezza…Perché? Tu che hai fatto?- mi risponde. Stamattina è un po’ giù di morale o forse è arrabbiata per qualcosa, magari è stressata per la tesi… Non mi guarda, sta fissando la sua tazza marroncino chiaro…Perché non guarda me? Credo di essere più interessante di una tazza in ceramica…
Al sentire la sua domanda mi irrigidisco, le devo mentire…per forza.
-Perché avevi il telefono spento?- chiedo invece di risponderle. Cerco di guadagnare un po’ di tempo per inventare una scusa decente. In questo momento, mentre sto ripensando a quella spogliarellista e al nostro…scambio di non so cosa…mi sento in colpa. Sono una merda, ecco cosa sono.
-Ero con dei professori, non potevo tenerlo acceso- mi risponde un po’ fredda. Per lo meno ora guarda me e non più la tazza da caffè.
-Quindi tu dove sei stato?- mi chiede di nuovo. Ha degli occhi strani e delle leggere occhiaie.
-Buttato sul divano di casa…- sparo.
Lei mi fissa e per un momento ho paura. Non so perché, avverto una strana sensazione. E se mi avesse visto in quel locale ed ora sta cercando di farmi confessare? E’ impossibile che mi abbia visto…cioè…no. Non può essere.
-Anche se prima ero venuto a casa a cercarti…- dico. Almeno questa è la verità. Se lei ci fosse stata io non sarei andato al…Bunnies.
Mi fa un cenno con la testa per farmi intendere di aver capito.
-Quando vai da Calvin Klein ora?- le chiedo.
-Domani mattina- mi risponde sorseggiando il caffè.
-Annabelle è tutto, ok? C’è qualche problema?- mi azzardo a chiedere. Poggia la tazza sul tavolo e la vedo fare un lungo respiro.
-No, sono solo un po’ stanca…scusami- mi dice.
-Ma no, non ti devi scusare…- le faccio tenero. –E’ solo che sono un po’ preoccupato…questo mese non ti ho visto molte volte e non capisco se è per me che stai così…cioè che magari non lo so…ci hai ripensato- dico sincero. –Può capitare…- dico sconsolato. E se ha deciso una cosa del genere posso anche capirla, non dovrebbe stare con un tipo che va a spogliarelliste…
-Ma no Gerard…che dici…- mi risponde debolmente. –Non è colpa tua…è che è un periodo un po’ no…ecco.- mi dice solo. –Sono un po’ stressata tra lavori vari, tesi e famiglia…- continua.
Spero che non le sia successo nulla di grave…
La guardo. I suoi occhi sono qualcosa che vanno al di sopra del bello oggettivo.
-Ok- dico solo. Non sono molto convinto anche perché  nemmeno lei sembra esserlo. –Ti voglio chiedere solo una cosa…- faccio. Ho preso alla lettera il consiglio di Ray. Voglio sputtanarmi alla grande e voglio chiederle cos’è che la frena ad avere qualcosa che vada al di sopra di baci e strusciamenti.
Sembra irrigidirsi e deglutire debolmente. Si sta guardando le mani, come fa sempre quando è agitata o imbarazzata.
-Sì- mi dice corrucciando un po’ le sopracciglia. Mi sembra quasi un cucciolo spaventato.
-Io…- inizio a dire. Cerco di trovare le parole migliori…è difficile, cazzo. –Ehm…non so, forse è solo una mia impressione…ma mi sembra come se…non vuoi avvicinarti a me.- dico inizialmente. Penso nel frattempo per cercare di aggiustare un po’ il pensiero.
-Cioè- riprendo davanti al suo sguardo un po’ confuso. –Ogni volta che andiamo oltre un bacio…mi sembra come se tu scappi via, se non mi vuoi…- dico con gli occhi bassi. –E…ti ripeto, io non capisco se è per colpa mia…se magari non sei pronta e non vuoi dirmelo perché credi che mi possa arrabbiare…io non lo so…Ci tenevo a dirti che, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi…possiamo anche non farlo per me. A me basta stare con te…- concludo.
E’ il meglio che riesco a fare. Una merda lo so.
La guardo, sembra pensierosa, e ora ha ripreso la tazza in mano e la stringe.
-Scusami se ti ho dato questa impressione…-risponde. Sono davvero ansioso di starla a sentire e di capire che le passa per la testa. –E’ che…non è che non sono pronta…- continua facendo un respiro. –…Io…tu non sai tutto di me, Gerard- mi dice poi così, all’improvviso.
La guardo confuso.
Sta iniziando di nuovo a parlare, la vedo dischiudere le labbra e prendere aria, ma una voce al mio fianco mi distrae interrompendomi.
-Gerard!- esclama.
Annabelle si interrompe e si gira a guardare chi mi ha chiamato. A me viene una fitta allo stomaco.
Cazzo.
-Oh, Clive!- esclamo isterico scattando in piedi. Che diavolo ci fa qui? E perché mi è venuto a salutare? Che gran testa di cazzo.
Per un secondo penso che la mia agitazione è inutile, o forse no. Clive sa che io sono andato nel suo locale e non mi va che mi veda con Annabelle. Chissà cosa potrebbe pensare.
L’uomo biondino di fronte a me manda un’occhiata ad Annabelle. Non vorrei pensare a male, ma mi sembra…sorpreso? Incuriosito? Forse non credeva di trovarmi con una ragazza…
In risposta ai miei sospetti guardo Annabelle. Respira veloce e ha le guance rosse. Ha portato lo sguardo da un’altra parte.
Che diavolo sta succedendo?
-Ehm…allora come stai?- mi fa Clive. Ora è tornato a guardare me. Ho una strana impressione sul suo comportamento…
-Bene…grazie- dico solo. Sto continuando a guardare Annabelle…
-Non ci siamo più visti in questo periodo…- mi dice solo. Che coglione.
-Sì.- dico quasi scazzato per quel suo commento. Non credo parlerà del locale ma devo metterlo a tacere per non rischiare.
-Non sono più interessato…- gli dico e con gli occhi gli indico Annabelle. Entrambi ci giriamo a guardarla…voglio presentargliela a scanso di equivoci.
-Lei è Annabelle- dico un po’ agitato.
Annabelle mi guarda con uno strano sguardo ma subito dopo si gira a guardare Clive e gli porge la mano.
-Ciao Annabelle…- dice Clive stringendogliela, il suo sguardo è interdetto quasi quanto quello della ragazza.
-Salve…- risponde lei veloce e ritraendo subito la mano.
Questo silenzio è imbarazzante.
-Scusate, non volevo interrompere niente… volevo solo salutarti - aggiunge Clive rivolto a me.
Perché continua a guardare Annabelle?
-No, tranquillo- dico sospettoso. Cerco di non farmene accorgere. –Mi ha fatto piacere vederti- mento.
Ci salutiamo di nuovo e se ne va.
-Gerard, devo andare- mi dice Annabelle all’improvviso. Sta già raccogliendo la sua roba- Io sono un po’ confuso. Dove eravamo arrivati con la nostra conversazione?
Lascia i soldi del caffè sul tavolo prende la borsa e se ne va.
-Ti chiamo io- mi dice. Si china e mi da un bacio sulla guancia.
Se ne va. E mi lascia imbambolato come un deficiente.
E non capisco un cazzo di quello che le succede.

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Capitolo 10
*** I've got a sin to confess ***


Sono alquanto depresso e scazzato e sinceramente mi sono rotto le scatole di questa storia. Del suo comportamento criptico e sfuggente e di tutto il resto. Ho capito che è bella. Ho capito che ha rubato il mio cuore e la mia mente…ma non può comportarsi in questa maniera ogni volta…cioè io non ho da perdere tempo, e non voglio nemmeno essere preso in giro soprattutto.
Mi scaravento sul mio divano e faccio zapping con il telecomando. Ripenso alla caffetteria e alla strana cosa capitata…lei che mi sta per dire qualcosa, quella testa di cazzo di Clive che esce dal nulla e inizia a parlare a vuoto, Annabelle che è alquanto sconvolta e imbarazzata e che poi fugge via così…come se a farle qualcosa fossi stato io…Boh, non so più che pensare…
Mentre sono assorto nei miei pensieri sento suonare il campanello…chi cazzo è? Ok, sono decisamente scazzato e incazzato con il mondo.
Apro la porta come se dietro ci fosse qualcuno con cui prendermela e rimango quasi colpito e sorpreso…
-Gerard scusami…- mi dice con quegli occhi blu da far paura…quasi dispiaciuta.
Non credo di essermi mai comportato male con lei fino ad ora ma per non risponderle male mi giro e basta, ritornando  sul divano.
Lei entra e si chiude la porta alle spalle. Mi sta guardando mortificata.
Io mi giro a guardarla. Non ce la faccio a fare il duro, con lei soprattutto.
-Non…non preoccuparti…- mento.
Fa un passo verso di me.
-Non è vero…- mi dice come se ha capito che sono arrabbiato, come se ha capito che sono stufo di questa situazione. -...e hai ragione su ogni cosa…sul mio comportamento e su tutto il resto…ma Gerard…io…devo dirti una cosa…- mi dice avvicinandosi di più vero di me. Non mi interessa cosa ha da dirmi. Il fatto è che io quasi la amo e lei gioca a scappare e ad avvicinarsi a me.
Mi passo una mano tra i capelli e questo forse desta qualcosa in lei o semplicemente inizia a respirare più velocemente…così, per gusto.
-No…non devi dirmi niente…- brontolo -…anzi, sono io che devo dirti una cosa…è vero…mi sono stufato di questa situazione e stamattina è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…ma non mi interessa…e lo sai perché? Perché mi sono innamorato di te…e tutto il resto non conta…perché a me basta guardarti negli occhi…e…io credo di amarti…anzi no…io ti amo…Ma tu no invece…ed è questo che mi tormenta…- dico tutto velocemente, guardando il suo viso che cambia espressione.
E’ emozionata quasi come una bambina davanti alle caramelle, davanti al suo primo giocattolo…Adesso deglutisce e respira velocemente…di nuovo.
-Tu…cosa?- mi chiede di nuovo come se non avesse capito, anche se lo ha fatto benissimo.
-Hai sentito…io ti amo…ma tu no…per questo mi eviti…te ne sei accorta e ti comporti di conseguenza…-
Ok, ora me la sto tirando un po’. Sicuramente lei non si comporta così volontariamente ma fare la parte del cucciolo indifeso che non riceve cure mi piace…anzi, magari la smuove un po’.
-E chi ti dice che per me non è la stessa cosa?- mi domanda lei, a sorpresa devo ammettere. La sua voce è anche arrabbiata, come se avessi detto una sciocchezza.
-Me lo dicono i fatti- ribatto con le mani ai fianchi. Le mi guarda quasi come se mi volesse…non so…sono sicuro che mi vuole fare qualcosa…di preciso non so.
-Quali fatti? Solo perché non ti sbavo dietro come fa tutto il resto della popolazione femminile, vuol dire che non sono interessata a te? O che non provi niente nei tuoi confronti? Dio, Gerard ma che ti devo fare i cartelloni?- mi dice.
Io la ascolto quasi allibito…cioè ora da vittima sono passato al carnefice?
-Beh…dato che ti ho detto di amarti mi aspettavo una reazione un tantino diversa da parte tua! Se davvero mi ami avresti dovuto rispondermi “ Gerard, anche io ti amo”, ma a quanto mi pare non l’hai fatto!- dico. Non sono nemmeno arrabbiato…sono semplicemente curioso di sentire cosa mi dice.
Mi guarda un momento in silenzio e poi mi dice qualcosa a bassa voce.
-Ti amo anche io…e non lo dico solo perché sei stato tu a dirmelo…è solo che io sono fatta così…le cose non le dico, me le tengo tutte dentro…-
La sua voce è dolce e quasi le credo, anzi…in questo momento non mi interessa. Mi avvicino verso di lei…e non mi interessa nemmeno che mi ha detto che mi ama.
-Ripetilo…- mi dice facendo un passo verso di me. –Senza essere arrabbiato questa volta- aggiunge facendo un sorriso.
Io la guardo avvicinarsi e sorridere delicatamente…come ho potuto arrabbiarmi con lei?
-Cosa devo ripetere?- le dico stringendola fra le braccia e sorridendole…so che il mio sorriso le piace.
-Lo sai cosa…- mi dice respirando veloce.
-Perché dovrei farlo? A te non interessa…- dico con voce bassa. La sua mano è sul mio viso e i suoi occhi sono incatenati ai miei. Sento le sue curve sul mio corpo e sono quasi estasiato.
-Finiscila di dire cretinate…- mi sussurra.
-E tu finiscila di far finta che ti importi- le dico.
-Ti amo- mi dice sfiorandomi le labbra con le sue, e provo qualcosa di già sperimentato, qualcosa che ho già provato in precedenza…Inizio a perdere un appoggio sicuro sotto i piedi…
-Non ci credo…ma ti amo anche io…- rispondo inspirando il suo profumo.
-Ho detto che ti amo…e quando lo dico vuol dire che è vero…altrimenti non te l’avrei detto…- mi dice passandomi una mano tra i capelli e stringendoli tra le dita.
-E’ una sciogli lingua per caso?- dico ironico.
-Devo dedurre che nemmeno tu mi ami…dato che mi aspettavo una risposta un tantino diversa…- mi dice, alludendo alle stesse parole che le ho detto prima.
Chino un po’ di più la testa e la bacio…era da tanto che non lo facevo. Le schiudo le labbra con la lingua e poi inizio a muovermi dentro la sua bocca e lei fa lo stesso…fino a non respirare più.
-Ti amo anche io…- le rispondo sussurrandoglielo nell’orecchio e con la coda dell’occhio la vedo sorridere.
Lei si protrae di più verso di me e mi bacia ancora, portando le mani sulla mia vita e avvicinandosi di più a me.
E’ la prima volta che la bacio così, forse è la prima volta che do’ un bacio così. La sua mano sul mio petto e l’altra sul collo mi creano tanti brividi dietro la schiena.
Forse questa è la prima volta che mi desidera davvero, più di quella volta a casa mia quando ci interruppe Frank, più della prima volta sul molo, quando accadde quella cosa inaspettata per entrambi.
Mi bacia il collo e sento la sua lingua calda sulla pelle. Le stringo i fianchi e la avvicino di più verso di me. Solo ora mi accorgo che il vestito nero che porta è leggero, così leggero al punto tale da poter sentire l’intimo che porta sotto di esso.
Ci baciamo ancora, il suo respiro affannato mi eccita, come mi eccitano le sue mani dietro la mia schiena. Mi spinge verso il divano e mi fa sedere. E’ a cavalcioni sopra di me e io le tengo le gambe. Faccio scivolare le mie mani sul suo bacino, toccandola dappertutto. La sua pelle è morbida e profumata e non ho mai visto Annabelle in questo modo, così sfrontata, così volenterosa…di me. Non lo so se quello che sta facendo è vero, come se è vero che mi ama, e per quanto io la desideri, non voglio che lei lo stia facendo per me, per quello che le ho detto. Lei non ha da dimostrarmi niente, né tanto meno deve assecondare le mie voglie. Ma le sue labbra…il suo respiro…i suoi seni sul mio petto…io non resisto…
Mi accarezza delicatamente il viso mentre con le labbra cerca le mie, le sue mani scendono lungo la mia pancia, fino ai jeans. Mi esce la maglia fuori dai pantaloni e cerca di tirarmela via.
Non è l’unica che si vergogna di qualcosa...
Prima che mi sfili la maglia del tutto la blocco…c’è una cosa che devo farle vedere…lei probabilmente non capirà, ma voglio che veda…il mio corpo non è perfetto.
-Aspetta- le dico tra un respiro e l’altro. Le fermo le mani e lei si ferma, continuando a respirare veloce.
Mi guarda negli occhi in una maniera strana e io penetro le sue iridi azzurre come non ho mai fatto con nessuna.
-Io…non ho un bel fisico…- le sussurro quasi spaventato, come se volessi metterla in guardia da quello che potrebbe vedere da ora a cinque minuti.
-Ma che diavolo dici?- mi dice con voce bassa, guardandomi le labbra e rubandomi un altro bacio.
-No davvero- le dico più convinto. –Da piccolo io ero…alquanto…grassoccio- aggiungo imbarazzato. Non mi era mai successa una cosa del genere prima, ma lei mi inibisce, lei è perfetta e io no, quindi deve saperlo.
Mi sfilo la maglia e le mostro i segni della mia infanzia, ancora indelebili sulla mia pelle. Lei mi guarda e poi con fare dolce, come se non gliene importasse nulla di quello che ero, mi accarezza il petto per poi seguire con le dita, come se suonasse il piano, la linea di una smagliatura.
-Non mi interessa…- mi sussurra nell’orecchio. –Ti voglio così come sei- aggiunge e mi bacia il petto, le clavicole, il collo e poi le labbra.
Credo che i miei pantaloni stiano per scoppiare.
Senza dire niente le sollevo il vestito, giusto il necessario per scoprirle le gambe e poi inizio a sbottonarmi i pantaloni. Non voglio farlo qui, sul divano, vorrei stare comodo sul letto, tra le lenzuola di seta pulite e profumate, ma non mi va nemmeno di spostarmi e di staccarmi da lei.
Mi aiuta a tirare giù la cerniera e poi si avvicina di più a me, mettendosi direttamente sul mio bacino. Geme leggermente sentendomi sotto di lei e poi mi sorride debolmente, come a volermi dire che le piace, che io le piaccio.
Salgo con le mani fino al suo petto e le abbasso le maniche a sbuffo del vestito, prima la destra baciandole la clavicola, poi mi dirigo verso l’incavo del collo seguendo il suo profilo con la punta del naso e la bacio di nuovo, la sento spingersi di più tra le mie gambe, sulla mia erezione che quasi mi fa male e poi…poi succede qualcosa di strano. Qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
Mentre la tocco e la bacio, le abbasso l’altra spallina e con la coda dell’occhio vedo qualcosa, qualcosa che avevo già visto tra la penombra.
La sento respirare veloce, non vuole fermarsi dal baciarmi, ma io invece devo, perché c’è qualcosa che non va.
Giro gli occhi e guardo di sfuggita quella macchia nera che ha sulla spalla sinistra…
-Hai…hai un tatuaggio?- le chiedo quasi spaventato continuando ad avere l’affanno.
Sente questa mia domanda e si blocca, come se avesse appena fatto una cazzata, come se si fosse fermata a pensare su qualcosa.
Dischiude un po’ le labbra e poi inizia a respirare più velocemente, non per me, non per l’eccitazione…per qualcos’altro.
Le guardo di nuovo il tatuaggio e mi sento quasi morire…
Non è una coincidenza, né tanto meno un caso.
E’ un fiore, è lo stesso fiore che mi tormenta da quasi un mese.
Si aggiusta il vestito, si rialza le spalline e poi si leva da sopra di me. Si passa le mani tra i capelli e continua a respirare veloce.
Io rimango sul divano, senza maglia, con i pantaloni slacciati e quasi immobile, con una consapevolezza in più e con migliaia di certezze in meno.
Improvvisamente squilla il telefono, il mio telefono, e non so se rispondere o rimanere a guardarla mentre è ancora davanti a me.
Allungo la mano sul tavolino di cristallo affianco al divano e rispondo al telefono.
-Che c’è Mikey?- dico atono. Lei è ancora davanti a me. Girata di spalle.
Non ascolto nemmeno una parola di quello che mi dice mio fratello. So solo che lo liquido dicendo che ho da fare, che lo richiamerò più tardi e sono anche sicuro che di certo non lo farò.
-Annabelle…- dico piano, cercando di trovare le parole giuste…non voglio crederci…è…impossibile…
-Devo andare…- mi dice a bassa voce, non girandosi dalla mia parte.
-No- le dico una volta per tutte. Non può andarsene.
-Per favore…- quasi mi supplica –Mi dispiace…- aggiunge.
In un baleno mi rimetto la maglietta, mi alzo e vado verso di lei.
Non voglio nemmeno pensare a cos’è, a cosa fa la sera, e a tutte le bugie che mi ha detto.
-Per tutto questo tempo…Sei sempre stata tu…- dico più a me stesso che a lei.
Lei è…Dio santissimo, è la spogliarellista…tutti quegli uomini, tutti quei ragazzi che ogni sera la guardano mentre è quasi nuda…tutti quegli uomini…come me...La mia Annabelle…indifesa, dolce e pura…
Come un puzzle tutto si ricollega nella mia mente e lentamente capisco…tutto questo tempo…ha avuto una doppia vita.
Mentre penso, mentre i pensieri affollano la mia mente come il traffico di Los Angeles alle otto di mattina, sento chiudere la porta d’ingresso, e non appena alzo gli occhi, davanti a me non trovo nessuno.
Se n’è andata di nuovo, lei e le sue bugie, lei e le sue menzogne.
E pensare che le ho appena detto di amarla…e lei l’ha detto a me…non sono più convinto di niente, non credo più a niente.
Una spogliarellista.
La mia spogliarellista.
Annabelle.
Che diavolo stai facendo?



***
Ebbene eccomi ritornata anche con questa storia :D beh, che dire questo capitolo è un po' sconclusionato però, non so, a me piace parecchio! spero che vi piaccia e che non vi abbia deluso! come sapete a questo link potete trovare la mia pagina facebook da dove potete seguire tutti gli aggiornamenti! Un bacio!!
 
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Capitolo 11
*** Baby love to dance in the dark ***


Sento il vento freddo che entra dalla porta sbattermi sulla pelle del viso. Non ci credo ancora. Non è possibile.
Cinque minuti fa stavo per avere finalmente la ragazza che amo. Ora ho scoperto che non è la persona che credevo che fosse.
E’ lei. La spogliarellista tatuata. Quella che mi faceva eccitare. Quella che desideravo quando ero seduto lì, davanti a lei.
Mi sento male, mi sento uno schifo, non riesco quasi a respirare.
Mi ha detto che mi ama ma come posso crederle? Mi viene quasi da piangere. E’ sempre colpa mia, mi fido sempre delle persone sbagliate.
Le sue parole mi rimbombano ancora in testa, mi sento il suo profumo addosso, sento il calore della sua pelle sotto le mani.
Mi passo le dita tra i capelli. Ripenso a lei. A quello che le ho detto. A quello che credo, a quello che provo, ma soprattutto a quello che ha fatto per tutto questo tempo.
Non credo mi volesse sfruttare per la mia fama, o almeno lo spero. Non so spiegarmi la cosa e non so dare un senso al suo comportamento, alla ragione di questo lavoro al night.
Lentamente inizio a ricordare tutti gli avvenimenti strani che ho vissuto quando ero con lei.
Mi ricordo tutte le occasioni in cui ci siamo incontrati mentre lei non era veramente lei.
La festa di Frank.
La prima volta in cui l’ho vista, quando mi accorsi che c’era una ragazza con un tatuaggio, quando ha messo per la prima volta le mani su di me. Era la sera in cui mi aveva riconosciuto per la prima volta perché il giorno prima ero andato da Calvin Klein. E poi il giorno dopo, direttamente al locale di Clive, quando mi sono seduto su quella dannatissima poltrona e ha iniziato a fare il suo spettacolo sexy davanti a me. Era la stessa sera in cui sono andato al California con Mikey e Ray e in cui ho rivisto Annabelle. Annabelle che era arrabbiata e quasi sconvolta, Annabelle che si era appena struccata da quel maquillage pesante e che era andata a lavorare. Annabelle che mi ordinava la cena.
E poi? Poi la scopata sul molo, perché a questo punto è stato solo quello solo una gran scopata, e la cena a casa mia in cui è venuto Frank.
Era così in imbarazzo perché l’aveva riconosciuto, perché era stata la sua spogliarellista alla festa di addio al celibato.
Clive.
Clive ed Annabelle al bar. Che hanno entrambi una reazione strana, come se conoscessero i segreti dell’altro, ma che fanno finta di non conoscersi.
Ora è tutto più chiaro. Tutto più limpido, e il bello è che anche se mi sento tradito nel profondo, anche se vorrei odiarla per quello che mi ha fatto, per avermi mentito per tutto questo tempo, non ci riesco. E forse è perché in tutta questa faccenda nemmeno io sono innocente. Ho la mia dose di errori anche io.
Vorrei andare da Frank, a raccontargli tutto, ma parlarne con qualcuno mi farebbe vergognare ancora di più della cosa e questo mi farebbe ancora più male.
Vorrei andare da Annabelle, perché voglio sentire dalla sua bocca pronunciare quelle parole.
“Sì, Gerard. Sono io la spogliarellista. E l’ho fatto perché volevo approfittare di te. Volevo che cadessi ai miei piedi, volevo strapparti il cuore dal petto dopo che ti avevo fatto innamorare follemente di me e volevo buttartelo a terra e saltarci sopra.”
Mi accendo una sigaretta e me la finisco in dieci secondi e perciò me ne accendo un’altra, cercando di farla durare un po’ di più.
Che cazzo devo fare?
Io ora vorrei solo chiamarla, vorrei solo parlare con lei e chiederle il perché l’ha fatto, che cosa pensava di fare…
Non mi interessa nemmeno che forse non è vero che mi ama. Non ne ero sicuro nemmeno prima, figuriamoci ora che ho scoperto che per guadagnare si spoglia.
Penso al suo fisico, al suo seno, a quei completi di pizzo, ai reggicalze, agli stivali alti di pelle che indossa durante i suoi numeri, e penso a tutti gli uomini che la guardano, penso a tutti gli uomini a cui si avvicina e ripropone il suo numero, proprio come faceva con me.
Improvvisamente mi sale una rabbia strana, un sentimento mai provato prima.
Devo andare in quel locale. Devo impedire che lo faccia di nuovo stasera. Devo impedirglielo perché prima voglio che mi dia una spiegazione e poi può fare quel che cazzo che le pare.
 
Ho corso come un pazzo per tutta l’autostrada e ho lasciato anche la macchina in un posto in cui non può stare. Che cazzo me ne frega. Mi facessero anche la multa.
Scendo dall’auto e non mi dirigo verso l’entrata principale, ma cerco quella secondaria.
Voglio andare da lei prima dello spettacolo, voglio fermarla. Voglio vedere cosa ha nel camerino, voglio vedere che cosa fa prima di andare in scena, perché proprio non riesco a capirlo.
Vado dietro il grande edificio in cui si trova il Bunnies e vedo una porta spalancata e delle ragazze che sostano sull’uscio della porta fumando.
Indossano delle semplici maglie bianche ma sono truccate pesantemente. Trucco tipico delle loro scenette.
Mi avvicino con fare indiscreto, non è loro che sto cercando.
Una delle due ragazze, vedendomi arrivare, getta a terra la sigaretta e mi guarda con un sorriso.
E’ tipo di un biondo scuro, con i capelli lunghi.
-Ehi…- mi fa prima che io arrivassi davanti all’uscio.
-Sto cercando Annabelle…- dico un po’ incazzato senza nemmeno guardarla.
-Adesso è impegnata.- mi risponde l’altra ragazza verso cui nemmeno mi giro.
Io faccio finta di non sentirla e continuo ad andare avanti per entrare, quando quella bionda mi si para con un braccio davanti e mi ostruisce il cammino. La fulmino con lo sguardo.
Il bello è che lei non sembra né infastidita e né preoccupata…magari dal fatto che sono un uomo.
-Non puoi entrare- mi dice con voce acida.
-E chi lo dice?- rispondo provocato. Non ho affatto intenzione di perdere tempo con quelle due, quindi sono motivato e deciso ad entrare.
Faccio un altro passo avanti per mostrarle la mia determinazione ma lei, anzi loro, sembrano non curarsene.
-Non puoi entrare e basta. Se non te ne vai chiamiamo la sicurezza. Se cerchi Annabelle, o la aspetti dopo oppure vai alle poltrone.-
La guardo quasi con odio. Non posso farmi intralciare da due ragazze, ma di certo non posso nemmeno rischiare che chiamino quegli scimmioni e che mi facciano buttare fuori del tutto.
Sospiro. Mi giro e mi incammino verso l’ingresso.
Inizialmente sono intenzionato a mettermi dietro, poi ci ripenso e mi siedo in prima fila. Davanti a tutti così è sicuro che mi vede. Voglio che lo faccia davanti a me. Voglio vedere se adesso ha il coraggio di farlo, ora che so.
Tutte le volte che sono stato in questo posto, nel momento immediatamente precedente l’uscita delle ragazze ero sempre super agitato ed eccitato al pensiero di rincontrarla. Ora sono solo ansioso e curioso di vedere che razza di reazione assume.
Quando è qui non diventa mai rossa, non le tremano le mani dall’imbarazzo. Quando è qui è totalmente un’altra persona, è una predatrice, un’ammaliatrice.
Aspetto che una ragazza con una parrucca rossa smetta di cantare del leggero Jazz e se ne vada.
Improvvisamente montano sul palco un pianoforte nero. E’ una cosa strana perché non l’hanno mai fatto le altre volte.
Come di rito si cala il sipario, e io mi preparo ad essere il più rigido possibile, a non farmi influenzare dalle sue moine sexy e a non cedere ai suoi giochi perversi.
Almeno spero.
Si accende un riflettore giusto sopra il piano forte ed illumina un uomo, anzi un ragazzo, con dell’eyeliner agli occhi, un cappello nero ed un gilet dello stesso colore.
Non vedo le sue dita scorrere sulla tastiera ma inizio a sentire una melodia molto soft. Come tanti spiriti le ragazze, immerse nel buio iniziano ad uscire. Sono abbastanza sicuro di sentire il rumore dei loro tacchi, o forse è il cuore che mi sta esplodendo nel petto, non lo so.
A mano a mano che si posizionano al centro della pista si accendono altri riflettori di luci colorate ma di tonalità fredde. Blu, viola, bordò. Le loro movenze sono amplificate da quelle luci e sembrano ancora più attraenti di come già non lo sono. Con gli occhi scorro ogni santa ragazza che è sul palco alla ricerca di Annabelle, quando ad un certo punto mi viene un colpo al cuore.
Esce dall’entrata principale e non va al centro con le altre ragazze ma si ferma dietro il tipo che sta continuando a suonare. Ha i capelli sciolti e ondulati, di un riccio più morbido di quello a cui sono abituato e sono molto lunghi.
Non porta un eccessivo trucco, ma la sua faccia è nascosta dalla solita maschera di pizzo. Porta un corpetto di raso nero e dei reggicalze altissimi, e poi degli stivali neri lucido. Sale sul piano e inizia a muoversi in maniera sinuosa e sembra che le note del pianoforte le girino intorno. E io non posso fare a meno di notare che la sua è una bellezza strabiliante e allo stesso tempo delle più pericolose.
Si porta lentamente una mano alla cerniera degli stivali, e con fare felino la cala giù e si sfila la scarpa, per ripetere la stessa cosa per l’altra gamba.
Inizio a respirare più velocemente perché non voglio che si spogli davanti a tutti, o meglio inizio a credere che non si avvicinerà alle poltrone.
Per fortuna i miei pensieri vengono contraddetti con i fatti.
Scende delicatamente dal piano, quasi come fosse sollevata e adagiata da qualcuno e inizia a camminare lungo il par terre seguita dalla luce blu del riflettore.
Spero solo che passi davanti a me.
Fa un giro strano, uno spettacolo insolito, mentre cammina tra le varie poltrone si sfila un indumento alla volta. Prima un guanto, poi l’altro, poi una collana molto vistosa.
Credo che il mio viso sia coperto dal buio perché benché abbia guardato numerose volte nella mia direzione non ha battuto ciglio.
Ora si sta dirigendo verso la fila centrale, ovvero verso la mia fila e quasi inizio a tremare e mi sto quasi pisciando sotto dalla paura.
Capisco che è arrivato il momento. Capisco che adesso sceglierà l’uomo davanti a cui proporrà il suo streap tease.
Mi passa accanto e non mi vede, o forse fa finta di non vedermi non lo so. E poi infrango ogni regola, non mi interessa delle stupidissime regole di Clive, e non mi interessa di tutti gli altri che ci stanno guardando. Mi passa accanto e io allungo una mano e le prendo il polso.
E il contatto con la sua pelle è come fiamme sulla mia, e sento ribollire il sangue nelle vene. Il cuore mi martella nel petto.
Le prendo il polso e poi mormoro in maniera tale che mi senta solo lei “Vieni da me”.
Non so se ha riconosciuto la mia voce. So solo che quei secondi in cui è rimasta ferma, per me sono stati un’eternità.
Come se la scelta fosse stata un caso, gira da dietro e inizia a fare il suo show.
Le sue mani mi corrono lungo tutta la schiena, fra i capelli e poi entra nel colletto della camicia. Faccio di tutto per rimanere calmo, faccio di tutto per non pensare che potrei eccitarmi da un momento all’altro ora che so che lei è Annabelle.
Quel pensiero scaccia dalla mia mente ogni preoccupazione e soprattutto ogni stimolo sessuale che la ragazza mi sta provocando.
Quella che si sta spogliando, quella che mi ha mentito, è Annabelle. E questo mi basta.
Non mi guarda come faceva le altre volte, ora sta solo recitando la sua parte. Non riesco a capire quale delle sue due vite è quella falsa.
Deglutisco perché mi rendo conto solo ora che l’incavo del suo seno è davanti ai miei occhi e posso quasi contare i respiri che sta emettendo.
-Annabelle- dico cercando di sembrare convinto –perché lo stai facendo?-
Vedo i suoi occhi sgranati anche da dietro la maschera.
No, probabilmente non mi aveva riconosciuto prima.
Esita per qualche secondo, ma poi si guarda intorno e vede tutte le sue amiche continuare a fare quello che stavano facendo e non ha scelta.
Deve continuare la sua danza nel buio.
Chiude gli occhi e inizia a slacciarsi il corpetto, sfilandosi i nastri di seta nera che lo tengono stretto al suo busto.
Io vorrei solo fermarla e dirle che se ha bisogno di soldi, la posso aiutare io. Non deve perdere la sua dignità in questo modo.
-Fermati.- Le dico sempre a bassa voce, quasi glielo imploro, ma lei non dice niente, anzi mi getta delicatamente il nastro di seta completamente tolto dal corpetto. Sta respirando quasi a fatica e se potessi vederle interamente il viso sicuramente sarebbe completamente arrossato.
-Per favore…perché lo stai facendo? Perché fai…- e deglutisco –la spogliarellista in questo maledettissimo locale?-
Si toglie il corpetto gettandolo a terra e rimane in reggiseno, in un  maledettissimo e bellissimo reggiseno nero ricamato.
-Smettila- mi sussurra nell’orecchio, con un tono quasi di pietà. Mi passa una mano sulle labbra e poi inizia a sfilarsi la giarrettiera. Il suo piede è tra le mie gambe, a pochi centimetri dal mio cavallo.
-Solo quando la smetterai di recitare questa parte. Fermati- le dico prendendole le mani. Non ho paura che qualcuno mi veda, perché fino a prova contraria quella che ho davanti è ancora la mia ragazza, e mi comporto di conseguenza.
-Gerard, lasciami- dice solo –Ti farai sbattere fuori se ti vedono- mi dice come se me lo stesse supplicando.
-Solo quando la smetterai tu- rispondo serio e adesso le mie mani salgono sul suo bacino nudo. Non l’avevo mai toccato, non avevo mai sentito quanto fosse morbida la sua pelle sotto la vita in giù.
Lei sobbalza sotto il mio tocco, e sento la pelle farsi d’oca. Mi prende i polsi e mi ferma le mani mettendo le sue sopra, ma io non mi arrendo.
-Voglio semplicemente capire- le sussurro ancora mentre si sta sfilando la seconda calza.
La mia psicologia inversa va avanti ancora per qualche minuto, quando poi, fa qualcosa di inaspettato, e io assieme a lei.
Benchè lo spettacolo non sia finito, benché le altre ragazze stiano ancora chine sulle loro poltrone e benché la musica continui ancora, lei si allontana, mi lascia seduto su quella poltroncina e si incammina verso l’uscita secondaria della sala.
Interpreto questa cosa come una richiesta di aiuto così, senza pensarci due volte, mi alzo anche io. Non me ne fotte niente se mi vedono, se interrompo qualcosa e se mi sbattono fuori, mi possono fare quello che vogliono, ma nessuno mi impedirà di seguirla.
Mi alzo e la seguo sotto gli occhi di tutti, mi alzo e la seguo nel buio e lei percepisce la mia presenza.
Esco dall’accesso secondario al palco e mi trovo nei camerini. Annabelle sta ancora camminando mezza nuda e si strappa la maschera dalla faccia gettandola a terra.
Le prendo il polso e la faccio girare verso di me.
Noto solo i suoi occhi pesantemente truccati di nero e il suo mascara, sciolto dalle lacrime che stanno scendendo dalle sue perle azzurre.

 
 

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Capitolo 12
*** And if heaven wants to take us they can try ***


Il mascara le sta colando sul volto e io mi sto sciogliendo. Mi sto sciogliendo perché non l’ho mai vista piangere e ciò mi provoca un’orrenda sensazione allo stomaco.
Sono io che l’ho fatta piangere e mi sento in colpa per questo, eppure ho ancora bisogno di capire, eppure non faccio altro che notare il suo reggiseno di pizzo, la sua coulotte, il suo addome nudo e le sue cosce toniche.
Con un movimento brusco si libera dalla mia presa e inizia a camminare veloce, dandomi le spalle. Io la seguo in silenzio e così come il primo giorno che la vidi, non posso non notare come sa camminare bene e veloce sui tacchi altissimi che porta.
Apre una porta, forse è il suo camerino, e si intrufola dentro. Io fermo la porta con la mano e la seguo. Sto ancora aspettando.
-Non…non puoi stare qui…- mi dice con voce tremante. Sta ancora piangendo, eppure continua ad essere bellissima anche con il viso sporco.
-Secondo te mi interessa cosa posso fare e non?- le dico con voce bassa, quasi rassegnato.
Una parte di me la vorrebbe mandare al diavolo, vorrebbe urlale che probabilmente è un’approfittatrice, mentre un’altra parte di me vorrebbe solo abbracciarla e asciugarle le lacrime dal volto.
Davanti al suo silenzio, faccio un passo in avanti e mi avvicino di più a lei. Mi sfilo la giacca e gliela metto sulle spalle per coprirla. Probabilmente ha freddo.
Quando le metto la giacca sulle spalle quasi sussulta, mi guarda quasi incredula per quello che  ho appena fatto.
Si stringe nella mia giacca e chiude gli occhi mostrando le palpebre nere, colorate dal trucco pesante. Questa sua reazione quasi mi rassicura. Si dirige verso lo specchio e con un fazzolettino di carta si pulisce il mascara sciolto ed è insolitamente bellissima.
-Perché non mi hai detto nulla?- mormoro guardandola –Anzi, perché fai la spogliarellista? Spiegamelo per favore…per tutto questo tempo…tu hai avuto una doppia vita. Con me sei stata due persone diverse…- le dico piano.
Sembra ricominciare a piangere. Il suo non è un lamento, è un semplice scendere di lacrime che le rigano il volto. E questo silenzio è assordante.
Mi avvicino a lei e la prendo tra le braccia. Mi dimentico che qualche momento prima si stava spogliando di fronte a me, continuando a fare il suo gioco.
La cosa che mi rende più frustrato è il fatto di non sapere quale delle due persone che ho conosciuto lei sia veramente.
Annabelle non si muove così io la tengo stretta a me. Le accarezzo i capelli ma lei è immobile fra le mie braccia
Improvvisamente mi allontana.
-Gerard, devi andartene- mi dice seria, con un filo di voce.
Le sue parole sono lame affilate. Non posso andarmene, almeno fin quando non mi spiega come stanno le cose.
-No- le rispondo fermo. Non ho nessuna intenzione di farlo. –Dimmi solo perché…Dimmi che cosa volevi fare con me…dimmi la verità…e poi me ne andrò- continuo a malincuore.
-Che cosa ti dovrei dire?- mi fa togliendosi la mia giacca di dosso.
-Intanto perché fai la spogliarellista, perché proprio non lo capisco. Hai due lavori decenti…che bisogno c’è di fare questa cosa? E poi…ammetti che mi hai preso in giro. Tu non mi ami, non mi hai mai amato. E…non so quali fossero le tue intenzioni su di me…io non so più cosa credere. Non so più chi sei, non so più cosa vuoi…eppure non riesco a lasciarti andare, non riesco a non fare a meno di volerti aiutare…-
Il mio tono è apparentemente calmo. La verità è che ora sono sull’orlo di una crisi di nervi e che aspetto solo il granello di polvere da sparo che mi faccia esplodere.
-E’ questo che pensi? Che ti abbia preso in giro solo perché hai scoperto qualcosa di me che non ti aspettavi?- mi domanda anche un po’ infastidita. Sta indossando una felpa.
-Secondo te che dovrei pensare?!- le faccio meravigliato. –Come posso fidarmi di una che di giorno è la mia ragazza, lavora e studia, e di notte poi per guadagnare si spoglia davanti ad un gruppo di uomini arrapati?- le faccio arrabbiato.
Scuote la testa.
-E tu invece che ci fai qui? Non fai parte anche tu di quel gruppo di uomini arrapati che pagano trecento dollari per vedermi nuda?- mi dice arrabbiata. –Secondo te perché molte volte ero nervosa o scazzata? Perché ero consapevole che il mio ragazzo invece di venire da me si consolava con una sera in un night club!-
-Adesso sarebbe mia la colpa? Secondo te perché venivo qui? Solo perché tu eri quasi inafferrabile! Ammettilo. Sei scappata sempre da me, non ti facevi toccare, non ti facevi baciare…avevi quasi paura di stare da sola con me…-
-Perché sapevo che cosa facevi nel tempo libero- mi dice rassegnata. –Secondo te come mi sono sentita quando ti vedevo in prima fila? Oppure quando mi spogliavo e mi chiedevi di baciarti mentre eri così eccitato che non riuscivi nemmeno a parlare? Sai quanto pagano al California? Sai quanto costano le tasse universitarie? Sai quanto costa vivere in un appartamento in affitto? Non potevo far pagare tutto ai miei genitori così ho scelto la via più breve…Da Calvin Klein ci lavoro da due mesi e lo sai quanto guadagno in mezza giornata? Quaranta dollari! Da California ne prendo quattrocento al mese che mi bastano a stento per pagare l’affitto. E poi ci sono le bollette, i libri, il mangiare, e le spese universitarie. Secondo te come cazzo potevo fare a far tutto?-
Lo dice tutto d’un fiato quasi perdendo aria. Io la guardo e ripenso a tutto ciò che ho appena sentito.
-Io non sapevo nemmeno chi fossi quando sei venuto quella mattina al negozio…- aggiunge ricominciando a piangere. -…Come facevo a prenderti in giro? Come posso prendermi gioco di te o approfittare di una persona come te? Potevo benissimo allontanarti quando ho iniziato a vedere che frequentavi il night, ma non l’ho fatto per il semplice motivo che sapevo che ero in torto anche io, che probabilmente anche tu ti saresti infuriato una volta scoperta la mia doppia vita. Eppure non ti ho detto niente, non ho mai sospettato di te, anzi preferivo che fossi io quella che si spogliava di fronte a te piuttosto che altre ragazze…-
La guardo in silenzio e mi ricordo solo in quel momento che una volta aveva deviato una sua amica che stava venendo verso di me prendendo il suo posto.
-Questo è quello che sono…- mi dice abbassando lo sguardo. –E non vorrei esserlo…Ho sbagliato a non dirti nulla…ma…sapendolo mi avresti guardato con gli stessi occhi? Io non credo. Mi avresti guardato come mi stai guardando in questo momento, con uno sguardo disgustato- aggiunge.
Non è vero. Non la sto guardando in quel modo. Non ho pensato nemmeno una volta che lei mi facesse schifo.
Non so cosa dire, o meglio vorrei dirle tante cose ma non riesco a parlare. Lei ricambia il mio sguardo e poi si gira, infilandosi dei pantaloni di tuta e raccogliendosi i capelli in una coda.
-Vai via prima che venga qualcuno- mi dice rassegnata.
-Annabelle io…- inizio a dire –…non è vero quello che hai detto.- faccio –Io…vieni a vivere da me…te li do io i soldi…se davvero mi ami come mi hai detto…non farlo più…ti prego- le supplico. E questo sembra smuoverla ancora di più tanto che quasi ricomincia a piangere. –Tu hai ragione su quello che mi hai detto. Avevo ribrezzo per me stesso dopo che uscivo da questo locale...io non sono diverso da quegli uomini, è vero, ma io lo facevo solo perché non riuscivo ad averti tutta, e non solo fisicamente, anche mentalmente. Io sapevo che non mi stavi dicendo tutto…e non ho pensato nemmeno una volta che fossi una poco di buono, nemmeno quando sono venuto stasera. Solo mi chiedo perché perdi la tua dignità così…-
-Secondo te a me piace? Credi che mi senta bene con me stessa dopo che ho finito il mio spettacolino e dopo che mi strucco?- mi dice.
Improvvisamente la porta del camerino si apre  mostrando a me e ad Annabelle un personaggio inaspettato: Clive.
Apre prepotentemente la porta e senza nemmeno vedermi inizia ad urlare contro Annabelle.
-Che diavolo ti è saltato in mente? Sai che non devi lasciare il palco fino a quando non finisce il tempo! Ti pago cinquecento dollari a settimana e voglio che tu finisca il tuo spettacolo!- sbraita quasi.
Annabelle lo sta guardando quasi spaventata e io mi sento in dovere di difenderla, o più che altro di non permettere ad una testa di cazzo come quella di parlare in quel modo alla mia ragazza.
-Clive mi dispiace…- inizia a dire Annabelle ma io la interrompo.
-Ehi- dico alzando un po’ la voce –Non ti azzardare ad usare quel tono con lei.- aggiungo avanzando. Sento Annabelle prendermi per un polso ma io la allontano.
-Gerard, mi dispiace ma questi non sono affari tuoi. Anzi non puoi nemmeno stare qui.-
-No, invece sono affari miei eccome- dico infastidito dal suo tono di voce che adesso sta usando con me. –Se urli un’altra volta, giuro che ti spacco la faccia.- dico.
Cazzo, non so nemmeno io da dove mi è uscita questa perla, considerando che non ho mai minacciato nessuno, né tanto meno fatto a botte.
Clive mi guarda interdetto e poi mi dice –Mi spiace, ma vuoi che chiami la sicurezza?-
-Clive, se ne stava andando…- dice a sorpresa Annabelle. -Non…- inizia a dire mettendomi una mano sul petto per allontanarmi da lui.
-E’ la mia ragazza.- faccio arrabbiato a Clive –E non ti azzardare a trattarla mai più così né tanto meno di rivolgerti a lei in quel modo-
Il biondino sciapito mi guarda quasi con odio ma faccio più attenzione alla voce di Annabelle.
-Peccato per te, avresti dovuto scegliertene un’altra- commenta in maniera terribilmente fastidiosa.
-Gerard, basta. Vai via.- mi dice di nuovo Annabelle probabilmente spinta dal fatto che sto fulminando quel coglione con gli occhi. –Per favore- aggiunge a voce più bassa guardandomi.
-Sì, vai via.- fa Clive –Mi spiace, sei mio amico, ma il lavoro è lavoro. E Annabelle è il mio lavoro.-
Amico di sto cazzo. “Clive, tu non sei amico mio” penso.
Annabelle è il “suo” lavoro. Non è un oggetto, né una fonte di guadagno. Quella ragazza è una persona cazzo. E non è di nessuno. Se mai è solo mia.
-Annabelle tu vieni con me.- dico risoluto girandomi dalla sua parte. La prendo per un polso per dirigermi verso l’uscita, ma rimango quasi terrorizzato dal fatto che lei è immobile e guarda fisso a terra.
-Annabelle- la chiamo di nuovo –Andiamo- faccio.
-Non…non posso- mi dice con voce soffocata e il bello che adesso guarda quasi terrorizzata Clive. Come se fosse costretta. Ma non deve essere più costretta perché le ho offerto un’alternativa, o almeno credo.
Clive fa un sorrisino quasi impercettibile ma soddisfatto e qualche secondo dopo esce e chiude la porta.
Io guardo la porta chiusa che mi è davanti e metabolizzo il fatto che lei non voglia venire con me o che forse non può.
-Forse il fatto è che sei tu che non vuoi smettere questa farsa- dico capendo che non mi seguirà. –E spero solo che quando sarai pronta a mettere fine a questa cosa, io sarò ancora disposto ad accoglierti- le dico con voce bassa.
Le ho offerto il mio perdono, le ho offerto i miei soldi, le ho offerto qualsiasi cosa. Ma lei è ferma dietro di me e non vuole venire. Io non sono la sua alternativa.
Non la guardo nemmeno negli occhi, mi giro e me ne vado, lasciandola in quella fredda stanzetta e chiudendomi la porta alle spalle.
Ho bisogno di una sigaretta. Ho bisogno di una birra. Probabilmente non appena mi metterò in macchina deciderò di andare da Frank.

**

-Dio Gerard, che diavolo ti è successo?- mi domanda con fare confuso e sorpreso il mio chitarrista.
Non ho idea dell’aspetto che posso avere in questo momento, probabilmente è orribile, e Frank mi guarda con un sopracciglio alzato probabilmente cercando di capire cosa mi è capitato.
-Senti, lo so che è tardi…- dico. –Ma mi faresti entrare?-
-Frank apre di più la porta e mi lascia attraversare l’uscio.
-Jamia non c’è?- chiedo guardandomi attorno e non scorgendo nessuno. Una birra stappata è sul tavolino e la tv è accesa. Probabilmente era stravaccato sul divano a guardare la televisione.
-No, è uscita con le amiche…Gerard, che è successo? Sembri sconvolto…- mi fa.
Io mi accendo una sigaretta. L’ennesima. Forse in macchina ne ho fumate cinque di fila.
Lo guardo negli occhi e poi giro la testa da un’altra parte. Mi sembra quasi incredibile dire una cosa del genere a qualcuno.
-Ohi?! Allora?- mi dice scuotendomi. –Ti prendo una birra…- aggiunge andandosene nella cucina.
Ritorna dopo qualche secondo e mi porge la bottiglia già stappata. Io non esito a prenderla e a iniziare a bere.
Rimango in piedi. Non mi va di sedermi.
Non so da dove devo iniziare a raccontare anche perché mi sembra una cosa assurda, ma volente o nolente mi faccio forza e inizio a parlare.
-E’ per Annabelle. Ho scoperto una cosa…-
Frank mi guarda curioso e interdetto. Non mi interrompe.
Faccio un respiro profondo e continuo.
-Lei…lavora in un night club. E’…una spogliarellista.- dico a voce molto bassa. Non riesco a dirlo ad alta voce.
-C…cosa?!- esclama Frank con gli occhi sgranati.
-Sì…- mugolo –Lei lavora per l’agenzia da cui abbiamo preso le spogliarelliste per la tua festa di addio al celibato…- dico sapendo di aver suscitato in lui incredulità e divertimento… -Era quella che ti ha versato lo champagne in bocca, quella che era vestita da strega, quello che vuoi…era lei. E’ sempre stata lei.- concludo.
Frank mi guarda come se stesse facendo mente locale poi sul suo volto c’è un’espressione di stupore.
-Il mio addio al celibato?- dice tra sé e sé immaginandosi la scena e ricordandosi della ragazza mozzafiato che gli ballava di fronte.
-Ti rendi conto?!- sbotto. –E’ una spogliarellista, porca puttana. E lo sai qual è stata la cosa che più mi ha sconvolto? E’ che io le ho offerto una possibilità, le ho detto che può venire a vivere da me, che l’aiutavo io con i soldi  e tutti i casini che crede di avere e lei non ha fatto niente. E’ rimasta lì, mi ha mandato via perché gliel’ha detto quello stronzo di Clive. Cioè ha preferito rimanere in quel posto piuttosto che venire con me!- urlo tutto d’un fiato.
-Aspetta, aspetta, aspetta…- mi dice Frank. –Come hai fatto scoprire che è una spogliarellista?- mi chiede.
Io deglutisco. No, non voglio rispondergli. –L’ho scoperto e basta…- dico e lui sembra non accorgersi del fatto che c’è qualcosa in più oltre alla mia risposta.
-Non so che fare. Non so che pensare- aggiungo sedendomi sul suo divano. Frank si siede accanto a me dandomi delle piccole pacche sulla spalla e quasi sorrido.
-Tu la ami?- mi chiede.
-Credevo di sì- gli rispondo. Adesso non sono certo più di nulla.
-Nella vita possiamo sbagliare tutti quanti…- inizia a dirmi. –Prendi noi per esempio, prendi te. Fino a sette anni fa eri un fattone che si drogava di Xanax ed era perennemente ubriaco. Adesso hai una vita strepitosa, sei qualcuno, sei una persona migliore. E tutto ciò l’hai avuto perché qualcuno ti ha aiutato, perché qualcuno ti ha capito. Avevi bisogno di qualcuno che ti mettesse sulla retta via…E magari anche lei ha bisogno di quel qualcuno…Magari non vuole essere aiutata perché pensa di ricevere l’elemosina, magari vuole farcela da sola e poi la situazione le è sfuggita di mano…- conclude.
Stento quasi a crederci che certe parole sono uscite dalla sua bocca. Di solito escono sempre stronzate.
Lo guardo esterrefatto sia per il consiglio, sia per lui.
-Ma sei davvero Frank Iero?- domando interdetto guardando nei suoi occhi nocciola.
-No, sono un alieno che si è impossessato del suo corpo…ma certo che sono io testa di cazzo!- esclama. Sì. Decisamente è lui.
Sorrido debolmente. Magari ha ragione.
-Se davvero la ami, non arrenderti fin quando non è finita. Anche se lei ti allontana, anche se ti caccia. Vai e prenditi ciò che vuoi- mi dice facendo spallucce. Si accende una sigaretta anche lui.
Sono perplesso. Forse ha ragione, tutto quello che dovrei fare è continuare a provarci.
-Dai- aggiunge. –Sei Gerard Way, diavolo. Tutte vogliono stare con te!- mi sorride facendomi l’occhiolino.
-Sì certo…tutte tranne lei- dico malinconico.
-Andiamo. Scommetto che adesso è in lacrime chissà dove…-
-O è nuda davanti ad un altro.- mugolo.
-Facciamo così. Vacci un’ultima volta. Aspettala, riprovaci e poi se ti allontana è finita. Ma almeno puoi dire di averci provato davvero- dice con tono serio.
-Tu dici? Dovrei andare da lei di nuovo al night?- chiedo.
-Beh, tornerà anche a casa questa ragazza, non credi?- mi fa sorridendo e per qualche strana ragione sorrido anche io.
-Grazie- dico mettendogli un braccio sulla schiena e abbracciandolo come se fosse mio fratello.
-Fammi sapere com’è andata poi- aggiunge.
E in meno di due minuti mi ritrovo nella mia auto.



Non mi dilungo, questo capitoli lo dedico  a Terexina e a Felicia *-* senza di loro non so come farei! e poi questo è il link alla mia pagina facebook! take a look!

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Capitolo 13
*** There's a man who's telling me I'd might be dead ***


Salgo le scale del suo condominio a due a due, cercando di non cadere. Non sono mai stato molto atletico.
Arrivo davanti la porta del suo appartamento, busso forte sperando che mi apra. Non so che ore sono, non ho il cellulare, non ho un orologio, non ho niente di niente.
Quando realizzo il fatto che non è ancora a casa, quasi mi sento perso. Mi accascio a terra, inginocchiandomi di fronte la grande porta marrone scuro.
Probabilmente questa sarà l’ultima volta che aspetto. Sarà l’ultima volta che aspetto lei.
Mi siedo, appoggiandomi con la schiena al muro. Ora che sono qui, non so che fare. Sembra che tutta la convinzione e la voglia di lottare che avevo prima di arrivare, sia scomparsa.
Io, Gerard Way, mi ritrovo seduto su una moquette di un palazzo, mi ritrovo ad aspettare fuori la porta il ritorno di una ragazza che mi ha letteralmente fottuto il cervello.
I momenti della serata scorrono lenti nella mia mente: sembrano così lontani.
Forse non gli ho vissuti veramente, mi sto semplicemente inventando tutto. Quello che è accaduto negli ultimi due mesi è semplicemente frutto della mia fantasia.
Magari fosse così, o meglio, magari fosse in parte così.
Vorrei solo che l’ultimo giorno non fosse mai trascorso. Vorrei rimanere fermo al momento in cui Annabelle era a casa mia, sul divano, quando non sapevo ancora la verità su di lei.
Me la immagino vestita di quelle poche cose che indossava stasera, e un improvviso dolore mi prende lo stomaco.
Sento le palpebre pesanti.
La mia respirazione si è calmata, o meglio, non ho più l’affanno e sento crescere in me la voglia di addormentarmi.
Probabilmente ho chiuso gli occhi, e probabilmente adesso mi addormenterò. Cerco di lottare contro questa sensazione di pesantezza e di stanchezza, ma a quanto pare sono fin troppo stanco per resistere.
Sento il capo reclinarsi un po’ all’indietro e mi appoggio con la nuca alla parete.
Spero solo di riuscire a riaprire gli occhi subito.
 
Non so quanto tempo sia passato, so solo che inspiro un profumo particolare. Forse sto sognando, o forse Annabelle è davvero china su di me e mi sta parlando.
Mi sveglio di soprassalto e cerco di rialzarmi velocemente.
Annabelle mi guarda, e vedo le sue labbra muoversi. Mi stropiccio gli occhi per vedere meno sfuocato, e sento la voce della ragazza.
-Gerard, che ci fai qui?- mi dice con fare comprensivo.
-Annabelle…- sussurro con un po’ di imbarazzo. Sto facendo la figura dello scemo. Mi sono addormentato, diavolo.
-Vieni- mi dice dandomi la mano.
Afferro il palmo della sua mano, è freddo, anzi quasi gelido.
Mi alzo lentamente, sento le vertebre della schiena allungarsi.
La guardo di sfuggita, indossa un giubbotto nero, lungo fino alle ginocchia, dei jeans scuri e degli stivali. Ha gli occhi stanchi, le palpebre con un leggero residuo di ombretto nero, e a stento mi guarda negli occhi. Non so se è arrabbiata per quello che ho fatto, so solo che apre la porta e mi lascia entrare.
Getta le sue cose sul tavolo e io guardo l’orologio: sono le tre e mezza.
-Perché eri fuori?- mi chiede con un filo di voce.
Accende la luce e i miei occhi ne soffrono un po’, ma ci impiego poco ad abituarmi all’illuminazione della stanza.
Sono in piedi, aspettando non so cosa, e la sto guardando. Lei si sta levando il soprabito e mi da’ le spalle. E’ come se mi stesse ignorando.
Vorrei dirle tanto qualcosa di sensato, vorrei dirle che le posso dare un’altra possibilità, vorrei chiederle anche perché ha scelto di rimanere in quel posto ascoltando Clive e non me.
La sto guardando. E’ appoggiata alla cucina, continua a darmi le spalle.
Il silenzio che c’è in questa stanza è insopportabile, riesco persino a sentire il ronzio dell’elettricità.
-Perché fai così?-
La sua voce mi fa venire i brividi. Mi fa questa domanda all’improvviso, e io non me l’aspetto, a dire il vero non so nemmeno come risponderle.
-Così come?- le chiedo scioccamente.
Sento un grosso peso sulle spalle, lo so che non ho fatto nulla, ma non saprei…è una cosa strana, non l’avevo mai provata prima.
Si gira e adesso si decide a guardami negli occhi. Noto con ancora più chiarezza quanto sia stanca, forse ha anche pianto di nuovo.
Mi guarda e sospira. Sembra che quello da convincere a fare qualcosa sia io e non lei.
-Non devi preoccuparti per me- mi dice, e questa frase risuona più come un rimprovero che come un consiglio.
Mi avvicino, mi da’ fastidio parlarle a tre metri di distanza.
Lei mi guarda come se le stesse nascendo una nuova consapevolezza, non vorrei che pensi che mi stia avvicinando a lei per corromperla fisicamente o altro. Mi appoggio leggermente al tavolo e metto le mani in tasca. Ho la testa bassa e mi guardo le scarpe.
-E se non riuscissi a farne a meno?- sussurro, quasi imbarazzato da queste stesse parole che ho pronunciato. Mi risuonano troppo sdolcinate.
Qualcosa le sferra di mano e cade a terra. Non mi prendo nemmeno la briga di alzare la testa e vedere cos’è finito per terra.
-Io…io non sono quella giusta per te.- mi dice. La sua voce sembra quasi sicura. Non è tremante o flebile come tutte le altre volte. Sembra che sia davvero convinta di ciò che sta dicendo. Fantastico.
-E questo chi lo stabilisce?- chiedo infastidito.
-Lo stabiliscono i fatti, Gerard. Non puoi stare con una come me- risponde.
Alzo la testa e la guardo. Anche lei ha gli occhi bassi e si sta guardando le scarpe.
-E tu come sei?- chiedo secco. Adesso voglio proprio sentire cosa mi dice.
-Come sono?!- mi risponde guardandomi. –Faccio la spogliarellista in un night club. Non ti basta come ragione?- aggiunge alzando un po’ la voce. Adesso è tremante, e probabilmente sta lottando contro se stessa per non far scendere le lacrime.
-Secondo te, se davvero mi fosse importato, adesso sarei qui? Credo proprio di no- dico secco. Sinceramente mi sono stancato di questa situazione: di me che la inseguo e di lei che scappa.
Chiude gli occhi e fa un respiro profondo. Li riapre e poi mi dice –Allora perché ti importa così tanto?-
La guardo, mi soffermo sui suoi capelli sciolti, ricci, neri e lunghi, che le ricadono sulle spalle e sul petto.
-Non lo so nemmeno io. So solo che da quando ti ho visto in quel negozio, ogni volta che penso a te mi sento meglio…Ma credo che queste cose tu le sappia già.- dico a voce bassa ma lo stesso sicura.
La guardo, cercando di cogliere qualche movimento facciale: sembra impassibile.
-E’ un errore- mi dice.
-Questo lo stabilisco io- faccio secco. Ho ancora le mani in tasca e sono ancora appoggiato al tavolo, e lei è di fronte a me, appoggiata alla cucina.
Questo tono così severo sembra impressionarla, adesso i suoi occhi blu mi penetrano.
-Ora spiegami che cosa è successo in quella stanza con Clive- aggiungo. E’ arrivata la resa dei conti.
La sento deglutire.
-Perché sei voluta rimanere lì?- le chiedo curioso e un po’ infastidito.
-Semplicemente non potevo andarmene.- mi risponde secca.
-Perché?- chiedo senza battere ciglio. Non mi risponde e questo mi infastidisce. Vorrei tanto urlarle addosso che non sopporto la maniera in cui si sta comportando. Mi sono fatto in quattro per lei, ho fatto anche la parte del coglione, e questo è il ringraziamento.
-Annebelle degnati almeno di rispondermi. O almeno, dimmi qualcosa. Dimmi che non mi vuoi. Dimmi che mi hai preso per il culo per tutto questo tempo, ma cazzo, guardami negli occhi e dimmi qualcosa!- esplodo avvicinandomi a lei. Ok, ho gridato un po’ e lei sembra essere un po’ sconvolta da questo, ma a quanto ho capito le piace essere trattata male, perciò le do quello che vuole.
-Che cosa ti devo dire?!- mi chiede alzando la voce. –Che non potevo seguirti perché altrimenti Clive mi avrebbe licenziato? E’ già tanto che non l’ha fatto prima, quando ci ha incontrati nella caffetteria! E no, non ti sto prendendo per il culo...E’ solo che è…- dice abbassando la voce. -…E’ complicato…-
-Non è complicato…- le dico avvicinandomi. –Se lasci che mi prenda cura di te, non è complicato- ripeto poggiando le mani sulle sue braccia. Ha la testa bassa e non riesco a guardarle gli occhi.
-Ma come puoi ancora volerlo?- mi sussurra –Ti ho deluso fin troppe volte. Ti rovinerei la carriera…- aggiunge.
Alzo gli occhi al cielo. Fosse quello il problema…
-Mi devi solo promettere che non lo farai più…Non serve spogliarti- dico con voce tremante. Come sempre la mia poca determinazione scompare quando mi ritrovo vicino a lei: dovrei farglielo presente prima o poi.
Senza che io faccio nulla, la sento avvicinarsi e sento le sue braccia attorno alla mia schiena. Mi sta abbracciando.
Appoggio la testa sulla sua e ricambio l’abbraccio. Non so cosa significa davvero per lei questo gesto. I suoi capelli profumano e io rimango immobile, assuefatto da quell’odore.
-Mi dispiace- mi sussurra tra le braccia, e io vorrei solo baciarla. –Non credevo che la situazione avrebbe preso una piega del genere.- aggiunge discostandosi da me.
-Quale piega?- le domando confuso. Ha le guance rosse.
Sembra imbarazzata, guarda a terra e sembra fare ancora più rossa.
-Non credevo che mi sarei innamorata di te- mi risponde.
Mi sento morire.
Perdo l’appoggio sotto i piedi. Mi manca il respiro e sento il mio cuore battere come non mai nel petto.
Rimango senza parole. Forse è più vera questa frase e non quando mi ha detto “ti amo” la prima volta.
-Quando ti ho visto alla festa di Frank, e poi al club e poi ancora al California…sembrava mi stessi perseguitando. Ma poi sei stato dolce e gentile…Credevo che non sarebbe durata molto tutta quella situazione…- mi dice con gli occhi e la testa bassì.
-Non mi hai inquadrato subito, allora- le rispondo con il cuore che mi scoppia nel petto.
Mi sorride debolmente. Non riesco a capire subito se questa sua nuova espressione è una cosa positiva o no.
In teoria quello che ci siamo detti non vale niente. Non vale niente perché non mi ha detto che smetterà di fare ciò che ha fatto fino a stasera. Non mi ha detto perché ha scelto di rimanere in quel posto e di non seguirmi. Mi ha detto solo che è complicato e che non credeva che si sarebbe innamorata di me, ma non mi ha detto cosa potremmo essere da qui a dieci minuti, o da qui a domani.
Non mi ha detto “Gerard, voglio stare con te e lasciarmi tutto alle spalle”. Non mi ha detto nulla. Solo che si è innamorata di me. E questo fino a oggi pomeriggio andava bene, perché l’avrei creduta, ma adesso non lo so…Il cuore mi batte forte, ma non sono felice, sto provando qualcosa di indefinito.
La guardo negli occhi e le mie iridi penetrano le sue. Le prendo la mano e intreccio le nostre dita. Le ha ancora fredde.
Questo è uno di quei momenti in cui vorresti dire o fare tante cose, ma alla fine non ne riesci a concluderne una. Avrei altre cose da dire, altre domande da fare, ma semplicemente l’intensità del momento non me lo permette, e credo che per lei sia la stessa cosa.
Non mi sento meglio, non mi sento più leggero, anzi. So solo che forse adesso è meglio così. Preferisco ascoltare il silenzio piuttosto che ascoltare parole che non mi piacciono.
-Gerard?- mi chiede all’improvviso. Il sentire pronunciare il mio nome in quella maniera mi mette i brividi.
-Sì?- le dico.
-Puoi abbracciarmi di nuovo?-
 
**
Apro gli occhi e vengo travolta da un’ondata di luce proveniente dalla finestra. Do un sguardo alla sveglia sul tavolino e leggo con poca sorpresa che sono le dodici e mezza. Non ricordo a che ora mi sono addormentata, so solo che non riuscivo a farlo, date le tante emozioni che ho vissuto.
Mi giro prima a guardare il soffitto bianco sopra di me, e poi guardo la sagoma che mi si trova affianco.
Tiro su le lenzuola, ho leggermente freddo, appoggio la testa al cuscino e rimango ferma a guardare Gerard.
Sta dormendo come un bambino, vedo il suo petto nudo alzarsi e abbassarsi al ritmo del suo respiro.
Mi fermo a guardare il suo profilo, i suoi lineamenti delicati, il suo naso all’insù e le sue labbra rosee. Non è mai stato così bello come in questo momento e io non mi sono mai sentita più sporca.
Mai nessuno mi ha dato le attenzioni che mi da lui, nessuno si è fermato a lottare e a cercare di raccogliere i cocci della vita che mi sono scelta. E forse è proprio questa la ragione per cui mi sento un verme.
Se fosse stato meno perfetto, sarebbe stato diverso…

I suoi capelli neri sembrano una macchia in confronto al candore delle lenzuola.
E’ bello. Il più bello che io abbia mai incontrato, e adesso vorrei soltanto perdermi nei suoi occhi verdi per un’ultima volta. Vorrei perdermi in lui come ho fatto stanotte per la prima volta, senza pensare a niente, solo a lui.
Parte di me vorrebbe restare in questo letto, aspettare il suo risveglio, baciarlo, dirgli “ti amo” e rimanere per tutto il giorno  stretta tra le sue braccia, mentre un’altra parte vorrebbe alzarsi, rivestirsi e lasciare un biglietto.
Devo scegliere se fare l’egoista o la ragazza di cui Gerard ha bisogno, e quest’ultima cosa richiede che io me ne vada per sempre dalla sua vita, perché di certo non sono io quella che merita.
Rimango qualche altro minuto a fissarlo, forse per l’ultima volta e quasi con le lacrime agli occhi mi alzo, sedendomi sul bordo del letto. Sento le lenzuola scivolare e percepisco il freddo sulla mia schiena nuda.
Chiudo un attimo gli occhi, cercando di trovare la forza di fare quello che ho in mente, e proprio quando sto per alzarmi, decisa ad uscire per sempre dalla sua vita sento un rumore, e poi una voce.
-Annabelle- mi dice con voce un po’ roca –Dove stai andando?- 


***
E' finita. Dopo ben sette mesi ho finito questa storia. 
E' nata un po' per gioco, un po' per caso. Come ho detto all'inizio era un esperimento, perchè era la prima volta che scrivevo sotto un punto di vista maschile, usando il presente come tempo di scrittura, e non nascondo che ad ispirarmi a farlo è stata What a wonderful caricature of intimacy di Terexina, che ringrazierò a breve isieme a tutte le altre. 
Arrivata a questo punto mi scuso se in questi tredici capitoli ci sono errori grammaticali o di punteggiatura o qualsiasi altra cosa, non sono mai stata bravissima ad usare la grammatica correttamente. 
Detto ciò vi ringrazio singolarmente tutti, da tutti quelli che hanno recensito e che facendolo hanno fatto nascere un mio sorriso, a tutte le venti persone che hanno seguito la storia, da tutti quelli  che l'hanno messa tra i preferiti a tutti quelli che l'hanno solo letta. 
Per me è stata una grande gioia e un motivo di orgoglio. 
Questa è la seconda fan fiction che concludo e quindi mi sento un po' male, perchè con ogni storia che si conclude va via una parte di noi scrittori, ma era arrivato il momento di congedarla, se mi permettete il termine. 
Ok, questo momento è stato decisamente melenso quindi ci do un taglio.
Siete stati tutti fantastici <3  
Sapete oramai che questa è la mia pagina facebook:

https://www.facebook.com/pages/Black-Mariah-Efp/105133312907556
E
 se percaso vi mancassi xD vi consiglio le altre due storie che ultimamente ho iniziato a scrivere:
The right side of the bed e Ten things I hate about you.
Alla prossima 
<3

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