Per una scommessa di usagi_ (/viewuser.php?uid=143364)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. Un villaggio pericoloso: Il primo pirata per Ace ***
Capitolo 3: *** 3. Dentro la tana del nemico; il fuoco che brucia tutto viene rivelato ***
Capitolo 4: *** 4. L'isola della sventura; L'uomo Puzza ed il Principe Azzurro ***
Capitolo 5: *** 5. Nella villa in rosa; Il matrimonio di Isabel e l'Uomo Fungo ***
Capitolo 6: *** 6. Sorprese e problemi; fuggire dall'isola sfortunata ***
Capitolo 1 *** 1. Prologo ***
Mi vergogno tanto a
pubblicarla.. E' la prima storia che scrivo, e che faccio leggere a
qualcuno, non vogliatemi troppo male, è già tanto
se ho trovato la forza di pubblicarla! però, saranno ben
accette le critiche
costruttive, anche se non spero di far un grande
successo! :P grazie a chi la leggerà, mi
basterà solo questo ^^
___
Quella
notte la
spiaggia era più che mai colorata dal chiarore della luna,
rendendo irrealmente la spiaggia di un colorito quasi argentato.
Era la prima
notte solitaria per Ace, che era partito di casa poche ore prima,
lasciando dietro di lui tanti ricordi positivi e non.
Rufy, fu il primo
pensiero che gli invase il cervello. Nonostante lui si fidasse del suo
fratellino e della sua forza, era certo che da oggi fino al giorno in
cui si sarebbero rivisti, ne avrebbe combinate di tutti i colori.
Nonostante non fossero fratelli di sangue, si assomigliavano davvero
tanto, e forse anche troppo, se non fosse per
l’impulsività del fratello minore.
Entrambi,
nonostante le parole del nonno, erano intenzionati a diventare pirati,
e benché volessero bene al vecchio, non avrebbero mai
abbandonato la loro ambizione.
La loro fame era
la stessa, e non si poteva ricordare il giorno in cui non abbiano
tentato a vicenda, di rubarsi il cibo al piatto.
Nel mezzo di
questi pensieri, tra un miscuglio di momenti buoni e non, di avventure
pericolose e pugni amorevoli, un attacco di sonno lo prese alla
sprovvista, facendolo addormentare sulla sua piccola imbarcazione, che
se non fosse stato per il mare tranquillo, l’avrebbe di certo
portato all’altro mondo.
Dopo un tempo che
per lui era indefinito, trovo la sua piccola barca ferma tra la sabbia
ed il mare, ma comunque tra la terra ferma.
La piccola prua
era quasi affondata sulla sabbia, il che non lasciava di certo in
equilibrio l’imbarcazione, che per via di un brusco movimento
di Ace intento a controllare cosa rendesse la barca quasi verticale, si
capovolse con essa finendoci dentro, come se avesse un tetto sopra di
lui, o peggio ancora una bara.
Urlò
di dolore, tanto da invadere quella che poco prima era una spiaggia
tranquilla, mentre una ragazza seduta tra la sabbia, si prese un grande
spavento.
Si
alzò di scatto, e iniziò a correre verso la riva,
portando con se una piccola candela per farle luce.
Non era la tipa
che si avvicinava facilmente agli altri, un po’
perché non poteva definirsi molto amichevole, e un
po’ perché non si fidava neanche del suo pesce
rosso, ma vedendo che un ragazzo aveva avuto un incidente proprio
davanti a lei, non poteva far altri che soccorrerlo.
“mi
senti? Ti sei fatto male?” domando la ragazza inchinandosi
verso l’imbarcazione capottata, volgendogli uno
sguardo piuttosto spaventato.
Non ricevette
alcuna risposta, né un minimo movimento delle gambe del
ragazzo che spuntavano a stento fuori dalla barca, così
decise di sollevare l’imbarcazione con le sue forze.
Nonostante la sua
corporatura non pareva per nulla quella di una ragazza forte e capace
di sollevare qualcosa, afferrò con forza la barca dalle
estremità, stringendola forte con le sue mani esili e
candide, facendo pressione tanto da sentirle infuocate.
Con tutta la
forza di cui disponeva, alzò la barca facendola poggiare
sulla poppa e poi la girò per farla di nuovo galleggiare nel
mare, per fortuna calmo.
Fece un respiro
di sollievo, portandosi dietro alle orecchie i capelli castani che le
stavano coprendo la visuale.
Rivolse
nuovamente il suo sguardo verso quel ragazzo che, ancora non dava segni
di vita.
Poteva sentire
che respirava in maniera persino eccessiva, tanto da fare dei rumori
poco umani ed accompagnare il tutto con una enorme bolla che sbucava
dal naso, e cresceva ogni volta che espirava.
Probabilmente
svenuto, la ragazza decise di portare tutto quello che aveva in fondo
alla spiaggia vicino a lui, in modo di potergli far mangiare qualcosa
al suo risveglio.
Le ore passavano,
il cielo notturno ormai lasciava sempre di più il passo a
quello del giorno, colorando tutto di un arancio tenue.
Per tutta la
notte si occupò di curargli bene o male quei graffi che
decoravano il suo corpo, anche se lui più volte muovendosi
rischiò di non far bastare tutto quel disinfettante, per le
ferite che le avrebbe causato.
Non si udiva
nessun rumore, se non quello del russare del ragazzo, mischiato al
brontolio del suo stomaco, così decise di svegliarlo.
Iniziò
a chiamarlo, scuoterlo ed urlare, e più lui dormiva, e
più lei urlava quasi a perdere la voce.
I suoi capelli
ora mai erano sparati in aria, pieni di rabbia contro quel sonno
così forte che le aveva causato persino male alla testa, e
incubi per quelle poche volte che era riuscita a prender sonno.
Prima
sognò un rinoceronte che la rincorreva, poi un leone che la
squartava, ed infine tutti e due che facevano comunella per prenderla.
Chi
glielo aveva fatto? Perché non l'aveva lasciato al suo
destino?
Con queste
domande che perfidamente le gironzolavano in testa, iniziò
ad addentare un panino che si era portata proprio per farsi una
mangiata notturna, e che invece aveva lasciato successivamente per il
ragazzo.
“ben ti
sta!” urlò guardandolo male, facendo volar via
lontano tutti gli uccelli appena svegli, che volavano intorno alla
spiaggia.
Quasi in lacrime
di commozione per il suo stomaco, che aveva aspettato così a
lungo del cibo avendocelo sotto il naso da tutta la notte, la ragazza
strizzò gli occhi addentando il panino.
Non sentiva nulla
nella sua bocca, ed i denti avevano sbattuto tra di loro e non sul
pane, un secondo dopo si rese conto che tra le mani aveva ancora il
panino, ma era come incollato, non tra le sue mani, ma in quella strana
posizione, e benché con tutte le forza cercasse di
tirarlo verso la sua bocca, sembrava andare verso giù.
Spaventata, con
gli occhi sbarrati e la gola secca, guardò attentamente il
panino, rendendosi conto che sotto di esso, qualcosa lo teneva fermo
con la bocca.
Una bocca
così enorme da averne preso già la
metà, continuando a tirarlo a se con solo la forza della
mascella.
“non
solo sei sonnambulo, ma sei pure scroccone!” disse tirandogli
un calcio tra le costole, anche se lui, inginocchiato col panino in
bocca, non accennava a staccarsi da esso.
Le mani erano
sempre meno salde sul panino, fino a che non cedettero alla forza di
Ace che con un sol boccone lo finì.
Lui la
guardò confuso, non sapeva chi fosse, e non capiva
perché stava con lui, ne tanto meno capiva dove stava,
l’unica cosa che ricordava era l’incidente con la
barca, che ora tranquilla galleggiava in mare.
“chi
sei?” domandò non curante del fatto che lei non
era proprio quel che sembrava una persona amichevole e alzandosi e
sistemandosi i vestiti pieni di sabbia.
Si sentiva la
testa pesante, ed i granelli di sabbia ovunque, persino appiccicati
sulla pelle, tanto da avergli creato anche dei piccoli graffietti sulle
ginocchia ed i gomiti misteriosamente pieni di cerotti.
Lo stomaco
brontolava più che mai, tanto che sentiva che prima o poi
avrebbe preso lui il comando del suo corpo.
In risposta alla
sua domanda e la sua maleducazione, ricevette un altro colpo, questa
volta alla testa, ma molto più forte, tanto da creare sulla
fronte di lui, un enorme bernoccolo.
“io
sono quella che ti ha salvato la vita, ti ha accudito tutta la notte e
che tu in cambio hai rubato il panino senza chiedere il permesso!
Comunque piacere, Isabel!” rispose lei urlando come non mai,
e se prima si sentiva quasi senza voce, ora poteva dichiararsi muta per
almeno una giornata.
Prese il suo
zainetto e lo riempì di tutto quello che aveva lasciato per
quella che pensava sarebbe stata una persona educata: Fasce e
disinfettante in caso di ferite, acqua, cibo e tanto altro.
Si
sistemò la lunga gonna bianca piena di sabbia, e si mise lo
zaino su una spalla andandosene via tra la rabbia, ed una piccola vena
che pulsava spaventosamente sul collo, per fortuna coperta dai capelli
lunghi fino alle spalle.
Ace lo
guardò stralunato, e mentre si grattava la testa, la
guardava andar via con le mani strette a pugni e le gambe quasi
tremolanti di rabbia.
La testa gli
faceva più male di prima, e la fame l’avrebbe
fatto fuori da un momento all’altro.
Ieri era
così felice di iniziare una grande avventura, in cui si era
immaginato tante sorprese, cose nuove, compagni fantastici e cibo da
mettere sotto i denti almeno cinque volte al giorno, come il nonno gli
aveva insegnato per combattere al meglio.
Invece si
ritrovò con un bernoccolo, una fame insopportabile, da solo
in un posto che non conosceva, e in più con
l’unico abitante che aveva conosciuto, misteriosamente
infuriata con lui.
Non poteva cedere
per così poco, perciò si alzò in
piedi, con l'intenzione di scusarsi con quella ragazza e farsi aiutare
a trovare qualcosa da mangiare, e qualcuno per iniziare a formare la
sua ciurma.
“ehi,
mi potresti presentare qualcuno un po’ più grande
di te? Sto cercando aiuto per la mia ciurma!” urlò
Ace correndole in contro, fino a che non fu lei a fermarsi e girarsi a
guardarlo.
Isabel non era di
certo una ragazza che dimostrava i suoi sedici anni. Era piuttosto
bassa, dalla carnagione chiara e con un odio smisurato per tutto
ciò che poteva essere femminile, come i trucchi, i capelli
lunghi, i nastrini colorati, il colore rosa e le scarpe col tacco.
Nonostante
ciò, sapeva benissimo che se la andava a cercare quando la
chiamavano maschiaccio, ma di certo non avrebbe mai sopportato che
qualcuno la etichettasse come piccola. Odiava la sua statura, e
chiunque glielo facesse notare, aveva le ore contate.
Lei sorrise, ma
non di gioia.
Gli angoli della
sua bocca a stento creavano una smorfia tremante di rabbia, ma che Ace
aveva confuso con un atto di gentilezza, che ricambiò.
Intento a
sorridere di rimando e convinto di aver finalmente risolto i problemi
con la ragazza, si ritrovò al posto del sorriso
qualcos’altro, ed un urto tanto forte da farlo
cadere per suolo.
Si
toccò con la mano il volto, partendo dal bernoccolo nella
fronte, fino ad arrivare alla bocca, dove tirò via qualcosa
che non trovò mangiabile.
Lo
portò verso gli occhi, identificandolo.
Era una infradito
nera e piccola, probabilmente della ragazza che poco prima pensava
sorridesse.
Si mise seduto
con quella scarpa e la guardò, mentre di lei non
c’era più una traccia, probabilmente era scappata
via, anche se lui non aveva ancora capito cosa avesse fatto o detto di
tanto sbagliato.
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Capitolo 2 *** 2. Un villaggio pericoloso: Il primo pirata per Ace ***
Ed
eccomi qua! avevo intenzione di pubblicare per domani sera, ma dato che
le mie mini ferie inizieranno proprio domani, per sicurezza vi lascio
oggi questo capitolo.
Prima
di tutto ringrazio chi ha recensito, chi ha messo la FF tra i
preferiti, le seguite e quelle da ricordare, e chi anche solo gli ha
dato un occhiata, per la mia forte timidezza questa è stata
una marcia in più a continuare, vi sono grata per le vostre
belle parole ^^
Questo
capitolo forse è troppo lungo, ma non sapendolo lo lascio
così, ditemi vuoi se la lunghezza è accettabile!
Inoltre
ho inventato qualche cosa, come l'isola su cui si svolgerà
questo inizio storia, dato che molte delle isole conosciute nel mondo
di One Piece erano sotto comando di pirati da molto tempo, e queste
sono state liberate solo da Rufy, non mi pareva il caso che ci finisse
Ace, anche perché dubito sarebbe stato con le mani in mano,
in certi postacci! :P
spero
che il capitolo vi piaccia, grazie ancora a chi lo leggerà!
____
Il
villaggio di Mizu, situato in una minuscola isola a breve distanza
dall’Isola Dawn, era considerato un vero e proprio paradiso
dell’acqua in tutti i suoi numerosi utilizzi.
Erano molti i
pezzi grossi che di passaggio, si fermavano per approfittare delle
lussuose fonti termali e per fare provviste, soprattutto della
preziosa acqua che veniva considerata la più pura di tutti e
quattro i mari.
Le sorgenti
naturali d’acqua davano lavoro a quasi metà
popolazione, rendendo il posto uno dei villaggi più
tranquilli del mare orientale.
Ace girava da ben
mezz’ora nelle strette vie del villaggio, osservando con lo
stomaco sempre più chiassoso, i piccoli e ordinati
negozietti che infila mettevano in mostra i loro prodotti.
Il naso oramai
era diventata la sua bussola, e nonostante molti degli abitanti lo
guardavano con un espressione carica di pietà, lui
continuava a proseguire nonostante quella strada che stava percorrendo
gli sembrasse sempre più famigliare.
Si sedette su un
gradino di una vecchia abitazione asciugandosi con la mano la fronte
piena di sudore.
Il tempo in
questo villaggio era assai afoso, nonostante non fosse poi
così lontano dalla sua isola.
Tra le mappe che
si era portato appresso, non ne aveva neanche una con un qualche dato
di quest’isola, anche perché originariamente non
era una delle mete del viaggio.
Ace
sbuffò ripose le sue mappe nello zaino, mettendosi
nuovamente in marcia verso una qualsiasi locanda dove avrebbe trovato
cibo di qualsiasi genere e prezzo.
Quella
non mi dice
dove andare, ma è lei che si mangia me
Pensò
guardando una vecchia signora sovrappeso che lo guardava
lanciandogli occhiate ghiaccianti, ma per fortuna proprio a qualche
metro da lei, Ace trovò un signore che gli parve
un minimo tranquillo.
“ehi
vecchio, posso farti una domanda?” Ace prese a corrergli
contro sventolando la mano destra per rendersi il più
possibilmente visibile, di rimando, l’anziano signore si
girò a guardarlo sorridendo.
“dici a
me ragazzo?” rispose con voce squillante, non appena Ace si
trovò di fronte a lui.
Era parecchi
centimetri più alto di Ace che a malapena riusciva a
guardarlo in faccia, dove portava un cappello bianco intonato a tutto
il suo completo: camicia, pantaloni e persino le scarpe che risaltavano
ancora di più la pelle parecchio abbronzata ed il fisico
molto massiccio.
“si
vecchio, dicevo a te!” Il ragazzo lo guardò un
tantino imbarazzato dal sorriso enorme dell’uomo, che
all’affermazione del ragazzo scoppiò a ridere
mettendosi la mano sul cuore.
Ace si
grattò la testa un po’ imbarazzato, mentre tentava
di darsi una spiegazione a quello strano comportamento.
Non sarà mica una
donna?
Si chiese
ripensando alla donna che poco prima lo aveva guardato male e che aveva
solo gli abiti a suggerire che fosse donna.
“Voi
giovani d’oggi, siete tutti così
maleducati!” esclamò l’uomo colpendo con
una manata in testa Ace, che finì a terra sbattendo il
sedere sulla strada.
La manata era
stata così forte che per un attimo i suoi occhi si
appannarono e l’equilibrio cedette alla forza di quel colpo
che, era alla pari dei calci e della scarpa in bocca precedentemente
assestati da Isabel.
Domandandosi se
picchiare i nuovi arrivati fosse un usanza del villaggio, si
rialzò a fatica trovandosi ancora davanti
quell’uomo, che ora gli pareva ancora più alto
come se la manata ricevuta lo avesse privato di qualche centimetro.
Proprio
nell’istante in cui si era deciso a scappare a tutta
velocità da quel posto pieno di violenza, lo stomaco gli
fece uno sgambetto fatale, lamentandosi rumorosamente davanti
all’uomo che, scoppiò ancora in una grossa risata,
questa volta però, senza accompagnarla da una manata.
“hai
fame vero? Questo non cambierà mai! Vieni ti porto a
mangiare qualcosa!” La sua voce si era fatta più
calma, tanto da iniettare un po’ di fiducia dentro ad un Ace
sempre più sperduto.
I passi di
quell’uomo erano molto veloci e sicuri, tanto che per stargli
dietro dovette fare per tutta la strada una corsetta per non perderselo
di vista, ma per Ace ne valse la pena quando arrivò dentro
un lussuoso ristorante.
“questa
è la mia tranquilla attività da ormai
vecchio” spiegò l’uomo portando Ace
verso uno dei tavoli più grandi.
Il posto era
immerso nel verde, fiori e piante lo contornavano ovunque e creavano
dei giochi di colori con i raggi di sole che si poggiavano su di esse.
I muri giallini
erano ricoperti di dipinti di tutti i generi ed enormi finestre davano
sul mare.
I tavoli in legno
massiccio accompagnati da candide tovaglie bianche davano a quel posto
un aspetto caldo e quasi calmante, che Ace trovò bello quasi
quanto la tripla porzione di carne che si trovò davanti dopo
una minima attesa.
Mettendo da parte
la paura per gli abitanti, iniziò a trangugiare qualsiasi
cosa si trovasse davanti a lui rischiando ben due volte di addentare il
porta tovaglioli a forma di papera.
“come
mai ti trovi in questa piccola isola, ragazzino?”
domandò l’uomo mentre guardava quasi con orgoglio
Ace al suo terzo piatto a tripla porzione di carne, provando una certa
nostalgia dei tempi in cui da giovane lui e i suoi amici potevano
mangiare anche sei di quelle porzioni senza cadere nel grasso.
“io
sono venuto per cercare qualcuno che voglia unirsi alla mia
ciurma!” rispose Ace in uno dei rarissimi istanti in cui si
trovò senza cibo in bocca.
Nonostante per
lui fosse d’abitudine iniziare lunghi discorsi con la bocca
piena, non era sicuro che l’idea sarebbe piaciuta a quel
signore dalla manata facile.
“ciurma?”
esclamò scoppiando nella risata più forte che il
cuore gli consentiva di concepire, lasciando perplesso Ace, a cui
già doleva la testa immaginandosi un altro colpo.
Ad ogni pugno che
quell’uomo batteva nel tavolo, un brivido percorreva tutto il
suo corpo, causandogli quasi una paralisi dovuta alla paura di trovarsi
uno di quei pugni sulla sua faccia.
“tranquillo,
fortunatamente per te sono in pensione!” affermò
l’uomo tornando serio, facendo capire ad Ace il
perché di quel ‘
fortunatamente per te ’ .
Un silenzio quasi
surreale invase la stanza per un attimo, mischiando la paura di Ace con
il rumore dei passi di qualcuno che stava per entrare nella stanza.
L’uomo
che si trovava con lui sicuramente non era un semplice Marine, anzi
sicuramente è stato un pezzo grosso, dato che un colpo
così forte lo aveva ricevuto solamente dal suo vecchio nonno.
“Nonno,
la smetti di ridere? Lo sai che il medico ti ha proibito di fare tutto
quel chiasso, vuoi che ti scoppi il cuore?” una voce
femminile infranse il silenzio, ed una sagoma proveniente da quello che
forse era il corridoio che portava alla cucina, sbucò nella
stanza principale.
“Su
piccola non prendertela, ma ho appena conosciuto un aspirante
pirata!” rispose dando una pacca sulla schiena di Ace che
trattenne a stento le urla di dolore, immaginandosi la mano
dell’uomo tatuata sulla sua scapola sinistra.
“ecco
perché mangia così tanto, è uno sporco
pirata!” asserì la nipote dell’uomo, che
da così lontano si poteva a malapena identificare.
Ace si
alzò iniziando a frugare dentro il suo zaino alla ricerca
del piccolo sacchetto di stoffa che conteneva i suoi preziosi risparmi
di una vita.
Non aveva la ben
che minima intenzione di stare in un posto pieno di gente pericolosa,
con un ex marine ed una nipote altrettanto minacciosa. Era partito con
l’intenzione di esser un pirata, ma non di buttarsi nella
mischia da solo.
Immaginandosi
l’enorme cifra che si era mangiato, poggiò
l’intero contenuto del sacchetto sul tavolo rimettendosi lo
zaino sulle spalle e avvicinandosi alla porta, afferrando la maniglia
con un po’ d’amaro in bocca.
Non si immaginava
che questo inizio sarebbe stato così duro, e che sarebbe
finito per sbattere su ‘ un muro di cemento armato
‘.
Abbassò
la maniglia tirando verso di se la porta ma essa finì per
sbattere contro di lui mettendolo un’altra volta KO.
“signor
Neil, emergenza pirati!” la voce che probabilmente
apparteneva ad una donna, era di totale terrore e nonostante
Ace fosse steso a terra, poteva quasi vedere la preoccupazione nei
volti dei presenti.
Si alzo a sedere,
per accertarsi della sua ipotesi.
I presenti erano
come dei sassi, e persino la ragazza che stava in cucina, si
scambiò velocemente levandosi cappello e grembiule.
“ci
penso io a mandarlo via!” affermò Ace mentre
aggrappandosi alla porta aperta, tornava con i piedi per terra.
I presenti lo
guardarono parecchio perplessi come se si fossero trovati davanti ad un
alieno, ed il ragazzo parecchio offeso dalla poca fiducia datagli
decise di farsi strada ed andare a cercare questo pirata di persona.
“se lo
batto non voglio più prendere colpi!” disse Ace
prima di uscire dal ristorante seguito da una grossa risata di
quell’uomo che poco prima lo aveva solo spaventato.
Se
c’era anche un solo modo di farsi amici o anche solo alleati
quegli abitanti violenti, Ace doveva provarci sia per la sua
incolumità fisica e sia per trovarsi magari un compagno.
“ehi
aspetta!” un urlo fermò il rapido correre di Ace,
che nonostante avesse a mala pena corso per cento metri, era
già sicuro di essersi perso.
Egli si
girò incrociando il suo sguardo con uno molto meno
amichevole che si avvicinava sempre di più a lui.
Nonostante quelle
iridi erano di un comunissimo castano scuro, gli parve per un attimo di
vederli rossi come delle fiamme ardenti che si avvicinavano sempre di
più a lui.
“ma tu
sei quella della scarpa!” esclamò Ace puntando il
dito contro la ragazza che lo aveva ormai raggiunto.
Isabel in
risposta lo guardò male mormorando parole che Ace non
riusciva a comprendere, tanto era basso il tono di voce con cui le
pronunciava.
“quello
contro cui stai andando è un pirata con una taglia di 10
milioni di berry, lo sai?” domandò lei, scuotendo
per le spalle Ace, che di risposta iniziò a ridere.
Se la sua bocca
non fosse stata così spalancata e accompagnata da lacrime di
divertimento, non avrebbe mai potuto credere al fatto che stesse
ridendo di un pirata che a differenza sua, aveva una taglia.
“allora
se lo sconfiggo avrò una taglia?” Ace
tornò serio, asciugandosi le piccole lacrime che le risate
gli avevano fatto cadere.
Finalmente aveva
un opportunità di diventare a tutti gli effetti un pirata e
non l’avrebbe mai lasciata sfuggire.
“stai
scherzando vero? Sai che mostro di vuoi mettere contro? Lo chiamano
l’anaconda perché è capace di
strozzarti in 5 secondi, ha la mano così grande che per uno
come te gli basterebbero due dita!” Isabel cercò
di descrivere la ferocia di quell’uomo strozzando
l’aria e fingendo persino che essa stesse reagendo alle sue
mani strette sul nulla.
Ace la
guardò confuso, non aveva ben capito perché
quella ragazza stesse cercando di fermarlo in tutti i modi, quando
poche ora fa aveva tentato più volte di fargli del male.
“io
vado!” esclamò Ace girandosi e andando avanti,
avrebbe di certo trovato questo pirata che stava allarmando tutti e lo
avrebbe sconfitto, dimostrando anche a quella ragazza che uno strozza
collo non era nulla in confronto a lui e il suo sogno.
“aspetta
vengo anche io!” esclamò la ragazza correndo verso
di lui.
Da quando aveva
tredici anni lei e suo nonno erano specializzati nel cacciare via i
pirati o i delinquenti che infestavano l’isola.
Sin da piccola si
era sempre allenata nelle arti marziali nelle più pericolose
foreste, e oramai per lei era abitudine far scappare il pirata di turno
e riprendere tutto ciò che aveva rubato.
“se
corriamo verso ovest troveremo a pochi metri il porto, così
potremmo aspettarli là! E‘ passata già
una mezzora e non penso rimangano ancora molto in
città” spiegò la ragazza puntando il
dito verso occidente.
Il suo piano si
era ormai chiaro: si sarebbe imbucata nella nave, e avrebbe ripreso
tutto quello che i pirati avevano rubato mentre quel ragazzo veniva
massacrato da loro, poi appena i pirati si sarebbero distratti per
ridere di Ace, lei li avrebbe colpiti e battuti.
Così
due si diressero verso la nave pirata, di cui anche se di medie
dimensioni, si poteva scorgere qualche baule.
“quindi
sei forte?” domandò Ace fermandosi davanti
all’imbarcazione.
Isabel lo
guardò, il suo sguardo non diceva nulla di buono, nonostante
non fosse minaccioso, anzi sorridesse più che mai.
“non ti
sono bastati i colpi che ti ho dato? Devo dimostrartelo
ancora?” rispose lei schioccandosi le dita delle mani.
“allora
unisciti alla mia ciurma!” esclamò Ace battendo le
mani felice.
Forse avrebbe
trovato qualcuno che l’avrebbe senz’altro aiutato
molto nel viaggio, e che per di più poteva difenderlo da
quel villaggio di forzuti e pericolosi cittadini.
Isabel
salì a fatica sopra la nave senza dare una risposta, seguita
da un Ace scattante, caricato dalla curiosità di avere una
risposta ed una sempre più elevata eccitazione
all’idea di misurarsi con un pirata di quella taglia.
La nave
all’interno sembrava ancora più grande, e se non
fosse stato per tutto quel disordine e sporco, sarebbe stato
più facile apprezzarne lo stile raffinato ed un
po’ antico.
“perché
questo è così piccolo?”
domandò Ace inchinandosi verso un piccolo bauletto di legno
che tra tutti quelli enormi affianco, sminuiva e non poco.
“di
solito quello più piccolo è il più
sospetto” affermò Isabel chinandosi anche lei
verso di esso.
Poggiò
le mani sul freddo legno ed aprì con cautela il baule,
facendo ben attenzione all’eventualità che dentro
ci fosse qualcosa di pericoloso, come ad esempio un feroce serpente.
Strizzò
leggermente gli occhi, come a volerli riparare in caso stesse per
aprire una trappola, ma dentro al baule c’era uno strano
oggetto, o così pareva.
Era tondo, di uno
strano violaceo ed era composto da una specie di buccia a spirali.
“e’
un frutto del diavolo” esclamò Isabel mettendosi
le mani tra i capelli.
Suo nonno le
aveva parlato spesso di questi frutti portentosi, capaci di dare a chi
lo mangia dei poteri fuori dal comune e che molto spesso era causa di
litigi tra pirati, anche di alto livello a causa del loro elevatissimo
prezzo.
Scosse la testa
per svegliarsi dal suo stupore, mai avrebbe immaginato di trovarsene
uno davanti, anche se l’idea l’affascinava.
Ripose nuovamente
lo sguardo verso quel baule trovandolo stranamente vuoto. Si
voltò verso Ace per chiedergli se non fosse stato lui a
prenderlo, ma se lo ritrovò con l’intero frutto in
bocca, e con una faccia paonazza, probabilmente stava per soffocarsi.
“ben ti
sta cretino! Sei solo un ladro! Spero che quel frutto ti trasformi in
un verme peloso!” urlò Isabel scuotendo Ace per le
spalle, che per la forza degli urti riuscì finalmente a
inghiottire il frutto, finendo però a terra.
“non
fingere di essere morto per non prenderne, fifone!”
inveì lei schiaffeggiandolo ripetutamente.
Come accaduto
qualche ora prima, Ace aveva quella strana bollicina sul naso, ed i
strani rumori si erano ripresentati insieme allo stupore di Isabel, che
vide l’avvicinarsi una dozzina di sagome parecchio grandi,
sicuramente dei pirati.
“ti
sembra il momento di dormire? Mi vuoi morta?”
|
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Capitolo 3 *** 3. Dentro la tana del nemico; il fuoco che brucia tutto viene rivelato ***
ed eccomi qua, al terzo
capitolo! felice di arrivarci con tanti "seguitori".
In questo capitolo ci
sarà un po' di azione, spero non sia tutto complicato, dato
che è la prima scena movimentata della storia! Grazie a chi
legge e commenta, come sempre vi adoro e vi abbraccio virtualmente :)
_____
La banda
di pirati era ormai vicina e aveva preso di mira Isabel che si
trovava ancora sulla nave, intenta a svegliare un Ace dal sonno pesante.
“ti lascio
qui, e non sto scherzando!”
intimò a vuoto, arrendendosi al sonno del ragazzo ed
iniziando a tirarselo appresso trascinandolo dal colletto della sua
camicia giallina.
Nonostante le continue
minacce non lo avrebbe mai lasciato morire
davanti ai suoi occhi, anche se era tutto tranne che una persona
normale.
“Ti sei
persa, piccolina?” una voce inquietante
spezzò quel leggere silenzio che prima era solamente
disturbato dal russare di Ace.
I pirati erano ormai
arrivati al porto, e stavano iniziando a
scavalcare la nave.
Se Isabel fosse stata
sola sarebbe potuta andargli incontro e provare
ad affrontarli, o quanto meno tenerli a bada fino a che il nonno non
avrebbe chiamato aiuti, ma con Ace incosciente poteva solo fuggire e
neanche in maniera così semplice.
Infatti, le pareva di
portare un enorme sacco di patate pesante, tanto
da farle andare in fiamme le mani che lo tiravano, stringendo con
più forza possibile il tessuto della sua camicia.
Ormai si trovava
vicino alla porta che probabilmente conduceva alle
stanze interne dell’imbarcazione, dandole una piccola
speranza di poter nascondere Ace in qualche modo, tenendolo al sicuro.
“Se ti
svegli faccio quello che vuoi, ma ti prego alzati o ci
lasciamo la pelle!”.
Ormai era arrivata
persino a pregare qualcuno, cosa che mai e poi mai aveva fatto
nella sua vita, neanche davanti al nemico più spietato o
alla bestia più feroce.
Aprì la
porta che conduceva all’interno buttandoci
con forza Ace, che andò a sbattere contro un tavolo
apparecchiato.
Il rumore dei
bicchieri caduti al suolo attirarono
l’attenzione dei pirati che stavano osservando il baule vuoto
dove era custodito il frutto del diavolo.
Isabel
entrò anche lei dentro quelle stanze, chiudendo la
porta.
Il buio inondava la
stanza tranne due spiragli di luce scappati dalle
tendine, che andavano ad illuminare Ace poggiato su una gamba del
tavolo, e con un piatto metà rotto in testa.
Sorrise guardando quel
buffo ragazzo che non veniva svegliato neanche
da un assalto pirata.
E
questo vorrebbe fare il pirata? E se mentre si scontra con qualcuno
cade nel sonno?
Prese il tavolo su cui
era poggiato Ace portandolo verso la porta per
bloccarla anche se sarebbe servito per pochi secondi, era meglio di
nulla.
Da fuori poteva udire
le voci dei pirati che discutevano sul frutto:
gli uni con gli altri si accusavano di averlo rubato, per fortuna
nessuno era arrivato a pensare all’eventualità che
potesse essere stato rubato da loro due.
“sono
proprio degli idioti, questi pirati”
sussurrò lei andando nuovamente a trascinare Ace, se senza
l’appoggio del tavolo, era finito con le schegge di vetro in
tutto il corpo.
Questa volta lo
afferrò per l’orecchio con
decisione, finendo di proposito più volte a sbattere contro
muri e mobili sparsi qua e là tra le stanze.
Dopo aver attraversato
la cucina, una specie di salotto disordinato,
una saletta per fare ginnastica e allenamento ed un magazzino per le
armi, finì in una stanza da notte in cui mise Ace sotto il
grande letto, fregandosene se quel posto era sporco e probabilmente
pieno zeppo di polvere.
Osservò un
po’ la stanza decidendo sul da farsi.
Quella probabilmente era la stanza del capitano, dato che era ricca di
tesori, e con appesa al muro una lugubre lista di tutte le persone che
ha strangolato nella sua lunga carriera. Isabel ne contò ben
centotrentadue.
“cazzo”
esclamò lasciandosi sfuggire un
po’ troppo la voce, quel tanto che bastò ai pirati
per fargli capire che si trovavano all’interno della nave.
“tu vai nel
ripostiglio, io provo nella stanza del
capo” due scagnozzi del capo si stavano mettendo
d’accordo, ed uno di loro stava proprio venendo da loro.
‘Ed
ora cosa faccio? Se lo affronto tutti capiranno che siamo qua, e se
iniziamo una battaglia sicuramente Ace non ne rimarrà
indenne, la stanza non è poi così
spaziosa..’
In preda ai dubbi ma con una scadenza quasi al termine, Isabel decise
di buttarsi anche lei sotto il letto, trattenendo il respiro come se
stesse per immergersi in mare.
Era tutto così sporco, tanto che fu costretta a trattenere
le urla di schifo con entrambe le mani.
La polvere sembrava quasi nevicarle addosso, impedendole perfino di
guardare da sotto cosa stesse accadendo.
Poteva solo dedurre dagli stivaloni neri che improvvisamente le
coprirono quella poca visuale, che l’uomo era entrato nella
stanza e che probabilmente controllava con attenzione tutto il posto.
Improvvisamente un leggero movimento di Ace la fece sussultare.
Si era coricato sul fianco e aveva posato una mano sul seno di una
sempre più nervosa Isabel che stava ben pensando di uscire
da lì e prendere a calci tutti, fregandosene della loro
sporca vita da pirati.
Quando la presa di Ace si fece più salda, tanto da
appiccicare persino il suo petto alla schiena della ragazza
che divenne viola, con un movimento agile si distaccò
tirandolo ancora per le orecchie e facendolo uscire a fatica dal letto.
Sicuramente stava usando la scusa del sonno per vendicarsi dei calci di
poche ore fa, e questa non poteva fargliela passare liscia.
“e tu da dove sbuchi?” esclamò
l’uomo guardando storto verso Ace, che fuori dal letto
dormiva ancora beatamente.
La mano del pirata si avvicinò pericolosamente al collo di
Ace, afferrandolo e portandolo in posizione eretta.
“non fingere di dormire, non ho pietà dei
ragazzini!” intimò l’uomo mostrando un
ghigno diabolico che metteva in mostra i due orrendi denti
d’oro.
Isabel tremò lievemente, anche se infuriata una
parte di lei la scuoteva per andare a salvare Ace che, volutamente o
non stava facendo esattamente l’opposto, mettendola
più volte nei guai con il suo sonno.
“te la sei voluta tu, ragazzino!” disse il pirata
prendendo questa volta Ace per il volto.
La bolliccina sul suo naso scoppiò rumorosamente, lasciando
con gli occhi sbarrati Isabel che non vedendo bene quello che accadeva,
si immaginò che il cervello di Ace fosse già
scoppiato alla presa dell’uomo, che probabilmente aveva la
mano il doppio della testa di lui.
Isabel sbucò da letto, lasciando sotto di esso solo le
caviglie.
Ace era a penzoloni con il volto completamente coperto dalla mano
dell’uomo che rideva divertito, mentre le gambe del ragazzo
iniziavano a muoversi sempre di più, fino ad andare a
sbattere con un ginocchio nella pancia del pirata che mollò
la presa chinandosi leggermente con le mani a coprire la zona colpita.
“dannato moccioso!” esclamò lui
guardando male Ace, che non aveva capito bene dove si trovava e
perché era stato attaccato.
L’uomo gli andò incontro con la mano tesa e
l’intenzione di ripetere il gesto di poco fa ma con
più ferocia, ma Ace lo afferrò per il braccio e
con un grande sforzo di fianchi riuscì a ribaltarlo via,
facendolo finire nel letto dove prima era nascosto con Isabel.
Il letto si era fatto pesante, molto pesante, tanto che le gambe di
Isabel ancora sotto il letto sentirono dei dolori lancinanti.
Il ferro della branda che teneva in alto il materasso, le sbatteva
contro le caviglie, che non potè trattenere le urla di
dolore.
“io ti ammazzo!” esclamò cercando di
liberare le gambe.
“mm.. Perché stai sotto un
letto?” chiese Ace guardandola ancora un po’
stordito dal sonno, con gli occhi rossi ed i capelli arruffati e
sporchi di polvere e frammenti di vetro.
La sua concentrazione post sonno era davvero scarsa, tanto da non
fargli notare che probabilmente era incastrata con le gambe e sotto il
peso del pirata che aveva lui stesso buttato brutalmente sopra il
materasso con tanta forza da rompere persino la branda.
“non lo vedi che sono incastrata idiota? Devo farti il
disegnino? Alza questo letto prima che ti venga io ad
uccidere!!”.
Le urla di Isabel si erano fatte tanto forti da far suonare un
immaginario campanello che avvisava tutti i pirati alla loro ricerca,
che loro si trovavano in quella stanza. I passi degli uomini si
facevano sempre più forti e veloci, ed Isabel
iniziò a tentare nuovamente la fuga dal letto, dato che non
poteva di certo pretendere che quel ragazzino magrolino potesse
sollevare a peso morto l’uomo ed il letto per farla uscire.
Con le mani che graffiavano il suolo e grandi spinte per uscire dopo un
po’ ci riuscì, accasciandosi a terra dolorante.
“ce l’ho fatta senza di te, scemo!” si
vantò puntandogli il dito contro, ma rendendosi conto poco
dopo, che un piede di Ace teneva su il letto di una ventina di
centimetri.
La ragazza abbassò il dito fino a toccare anche con quella
mano il suolo.
Avevano fretta ma lei non riusciva ad alzarsi, come se si sentisse
ancora tutto quel peso gravare sulle gambe. Si sentiva debole e inutile
tanto da odiarsi a morte.
Ace le si avvicinò osservandola, aveva dei segni viola che
timbravano il punto in cui la branda aveva violentemente colpito le sue
gambe, a metà tra la caviglia ed il ginocchio.
Quei segni erano tanto pestati sulla sua pelle che probabilmente con
poco sarebbero peggiorati fino a farla sanguinare.
La afferrò per i fianchi sollevandola con
facilità come se stesse giocando con una bambolina, poi se
la buttò con la pancia di lei sulla sua spalla destra e
partì fuori dalla stanza, correndo a grande
velocità senza sapere bene a cosa stava andando incontro.
“ehi io non sono un sacco di patate!”
urlò Isabel aggiungendo alle sue parole qualche flebile urlo
ogni volta che andava a sbattere sul petto di lui e su quella dannata
lunga collana che si trovava.
Tentava in tutti i modi di liberarsi dalla presa.
Con le gambe cercava di colpirlo alla schiena in vari punti e con le
mani andava a picchiare lo stomaco a pugni ma lui non si voleva
fermare, almeno fino a quando lei sentì la sua
testa sbattere contro qualcosa di durissimo quasi quanto il cemento, e
misteriosamente lui si fermò.
“merda!” disse Ace che fece qualche passo indietro
per capire su cosa avesse sbattuto, gli sembrava impossibile che nel
bel mezzo di un corridoio ci fosse un enorme muro.
Alzò lo sguardo, davanti a lui non c’era proprio
un muro, ma ci era andato vicino.
Un uomo enorme gli bloccava la strada con le sue spalle che quasi
andavano a toccare i muri del corridoio, anche se piccolo, non lo era
di certo tanto da far stare stretta una persona
normale .
Ma infatti non era normale con i suoi occhi rossi da assassino e che
nonostante il colore ghiacciavano chiunque ne incontrasse lo sguardo.
“Ace scappiamo, è il pirata di cui ti parlavo! Da
solo non puoi farcela!”
Isabel si ricordò subito quel volto che aveva visto
nell’annuncio di taglia. I capelli lunghi, gli occhi rossi e
tutte quelle cicatrici erano senz’altro della famosa
‘anaconda’ da dieci milioni di berry, lui non era
come il suo sottoposto di prima, se avesse preso la faccia di Ace, in
due secondi l’avrebbe fatta scoppiare sul serio.
“siete stati voi a rubarmi il frutto del diavolo?”
domandò l’Anaconda guardando male prima Isabel e
poi Ace che iniziò a ridere.
“l’ho mangiato io !”
affermò Ace alzando la mano e indicandosi tranquillamente,
senza la ben che minima paura.
In diciassette anni aveva affrontato molti pirati anche grandi come
questo e non aveva paura di affrontarlo, anzi non vedeva
l’ora di batterlo e magari farsi dire che frutto del diavolo
aveva ingerito.
La mano del pirata andò a stringere il collo di Ace
portandoselo vicino con talmente tanta rabbia da far cadere malamente
Isabel che si trovava ancora a penzoloni sopra di lui.
Si rimise a fatica in piedi con le gambe tremanti di dolore, nonostante
ciò riuscì ad assestare un calcio nelle gambe
dell’uomo che perse un po’ l’equilibrio,
il tanto che bastava per liberare Ace che per fortuna era ancora
cosciente, anche se con una ferita alla fronte.
“che figata, l’hai colpito!”
esclamò Ace indicando il loro nemico che ancora si teneva il
punto in cui era stato colpito.
“non è il momento di parlare, dobbiamo”
.. Il discorso di Isabel venne interrotto dall’Anaconda che
questa volta aveva preso lei di mira, afferrandola ai fianchi con una
sola mano, e iniziando a stritolarla lentamente in agonia.
“Prima mi libererò di te e poi del tuo amichetto,
voglio fargli capire bene cosa vuol dire mettersi contro di
me” esclamò l’uomo accompagnando la
frase con una stretta di mano tanto forte da farle rompere
probabilmente qualche costola.
Lei non urlò, non voleva in nessun modo fare
pietà ad Ace o costringerlo a combattere da solo qualcosa
che non poteva affrontare. Per la seconda volta la fece pregare, questa
volta, per farlo scappare via da questo posto.
Di fronte a loro Ace li guardava pietrificato, con i pugni stretti per
la rabbia e l’inutilità che si sentiva addosso.
Era ferito, il sangue non gli lasciava molta visibilità ma
la rabbia fece tutto.
Sollevò il pugno che improvvisamente si sentì
bruciare, non capiva bene se fosse solo una sensazione portata dalla
rabbia o se stesse davvero bruciando ma in quel momento se ne
fregò.
Correndo verso il nemico colpì con forza tre o
quattro volte contro lo stomaco dell’Anaconda.
Riusciva a vedere poco o nulla di quello che stava succedendo, era come
se una forte luce gli stesse appannando la vista.
Si strofinò gli occhi con il polso, cercando di migliorare
un po’ la sua visuale.
Attorno a lui vedeva solo fiamme ed una Isabel accasciata al suolo
incosciente, che stava per essere presa dal fuoco.
Istintivamente Ace la afferrò senza paura di scottarsi,
portandola delicatamente tra le sue braccia.
_____
Era passata una settimana da quello scontro.
La nave fu completamente distrutta dalle fiamme e nessuno riusciva a
comprendere bene da dove fossero nate, neanche lo stesso Ace che
nonostante provò più volte a ripetere
quell’azione, non era mai riuscito a vedere una fiamma.
Passava le sue giornate ad allenarsi da solo sulla riva della spiaggia,
e andando a trovare Isabel che dopo due giorni di lungo sonno si era
svegliata.
Aveva due costole rotte che per fortuna non avevano toccato i polmoni,
ma nonostante tutto a letto la trovava solo di mattina, il resto del
giorno nessuno sapeva dove lo trascorresse, come nessuno si preoccupava
delle sue ferite.
Una donna che lavorava nel ristorante di lei e del nonno gli
raccontò tutti gli incidenti che aveva affrontato da quando
era piccola.
Sua madre era una marine caduta durante un combattimento pirata, di suo
padre non sapeva nulla e perciò era stata cresciuta dal
nonno, che all’età di sei anni la
lasciò un mese nella foresta da sola.
Non era mal voluta da lui, anzi, ma quella era una sorta di rito della
sua famiglia, per capire se erano degli o no di entrare nella marina.
Dopo un mese quando andarono a prenderla si era fatta amica un enorme
orso che più che altro aveva una grande paura verso di lei.
Aveva di certo ereditato la forza del nonno ma non aveva
intenzione di intraprendere la carriera di marine, che per lei era solo
una restrizione.
Voleva viaggiare per conto suo senza seguire le regole dei pirati o dei
marine, ma sapeva che era impossibile essere neutrali in un
mare di guerra dove il sangue versato ogni giorno la indignava.
Nonostante Ace tutte le sere che andava a trovarla, chi chiedesse di
diventare un pirata, lei lo riempiva di schiaffi e si girava
dall’altra parte del letto, anche se voleva dire fare
pressione sulla parte dove le costole non si erano ancora sistemate.
“non sarò mai un lurido pirata,
scordatelo!” urlava ogni sera, sempre più
disperata perché non riusciva a farlo entrare nella testa di
Ace che il giorno dopo ripeteva la domanda.
Una settimana dopo, Ace decise di partire anche senza di lei, ci aveva
provato per due settimane, ma non poteva andare avanti così.
“sei scemo, vuoi partire con quella bagnarola?”
domandò Isabel che ormai era quasi in perfetta salute.
Andò verso la barchetta di Ace e con un calcio ne distrusse
una buona metà, lasciando il ragazzo di stucco che guardava
la sua vecchia barca affondare.
“vieni, scemo!” disse poi iniziando a tirarlo per
l’orecchio, ormai ci aveva fatto l’abitudine a
trascinarlo.
Pochi metri più in là verso il porto, era
ormeggiata tra tante navi da pesca una più grande che Isabel
indicò.
“E’ una vecchia nave della marina che teneva mio
nonno. Era vecchia e mal ridotta, così ho deciso di darle
una sistemata. Naturalmente metà nave è riempita
di provviste dato che mangi come un maiale!”
spiegò lei felice di aver in poco tempo reso accettabile
quella vecchia nave.
Non era di certo un carpentiere, ma aveva imparato tutto ciò
che occorreva per navigare dai vecchi libri che da piccola rubava dalle
librerie del nonno.
“che figata!” esclamò Ace saltando sopra
la nave come se avesse le molle sui piedi.
Infatti la nave era altissima, ed era impossibile salirci senza usare
le scalette che erano a pochi centimetri dalla vista di Ace, che
naturalmente non se ne era accorto.
Isabel salì sulla nave e si sedette per terra, osservando
Ace che correva ovunque felice come un bambino.
Finalmente aveva la sua prima nave , avrebbe potuto scegliere
il nome della ciurma, il logo.. E sicuramente sarebbero arrivati tanti
nemici e si sarebbe fatto un nome! Non vedeva l’ora di avere
una taglia e far sapere così a Rufy che lui se la stava
cavando alla grande.
“ora partiamo!” avvisò Isabel iniziando
a salpare l’ancora con tanta fatica.
L’ancora non era di certo leggera, ma neanche tanto pesante
per metterla in seria difficoltà, infatti in pochi minuti la
sollevò.
“vieni anche tu?” domandò Ace
guardandola stupito. Ormai si era arreso all’idea di
convincerla, ed invece era lì con lui mentre la nave si
allontanava sempre di più dal porto.
“mi hai salvato la vita e purtroppo non sono così
egoista da lasciarti andare sapendo che con una botta di sonno potresti
morire facilmente. Perciò fino a quando non ti troverai un
nuovo compagno, ti aiuterò.” spiegò lei
avvicinandosi al centro della barca per andare a spiegare le vele.
“Che figata! Isa Chan sei una della mia ciurma!”
rispose Ace tirandole una pacca sulla spalla, lei in risposa lo
schiaffeggiò.
“quante volte ti ho spiegato che non devi toccarmi senza il
mio permesso? E cos’è tutta questa confidenza? Poi
ti ho solo detto che ti aiuto fino a che non trovi uno scemo pronto a
seguirti! Sai cosa succede appena mio nonno capirà che sono
andata via con un pirata? Ci seguirà a nuoto, ed
è molto veloce! Perciò lasciami andare a spiegare
le vele prima che ci noti!” disse lei sventolando il dito
destro in faccia al ragazzo che, fece entrare tutto da un orecchio e lo
fece uscire dall’altro.
“tranquilla se qualcuno tenta di portarti via lo
sconfiggerò! Ora che ho mangiato un frutto del diavolo non
mi batte più nessuno!” esclamò convinto
Ace seguendo la ragazza che sistemava le vele.
“Ah sì? A proposito, non mi hai detto che frutto
hai mangiato!” rispose lei guardandolo di sfuggita.
In effetti quelle di Ace erano solo supposizioni, non aveva ancora
capito che potere aveva. Era sicuro che quella nave non fosse in fiamme
per colpa di Isabel o di quei pirati, perciò doveva esser
stato lui. Ricordava anche che non si era bruciato portando via la
ragazza, ma ogni volta che tentava di richiamare a sé le
fiamme, non succedeva nulla.
Isabel lo vide incantato e se non fosse stato per gli occhi aperti
avrebbe pensato ad un attacco di sonno, ma per accertarsene prese un
pezzo di legno che aveva lasciato per sbaglio sulla nave, e
lo colpì in testa.
Il legno prese fuoco tra le mani di Isabel che dovette frettolosamente
buttarlo in mare prima che incendiasse anche l'imbarcazione.
“finalmente ci sono riuscito!” esclamò
Ace con la testa in fiamme.
Isabel lo guardò spaventata, stava prendendo fuoco
però festeggiava, solo pochi istanti dopo si rese conto che
probabilmente era quello il suo potere
Ora
dovrò stare attenta a come lo colpisco, accidenti.
“quindi non riuscivi a capire cosa fosse eh? Comunque attento
se dai fuoco a qualcosa ti butto in mare!” lo
avvisò allontanandosi dalle vele e trascinando Ace con se,
con la paura che non desse fuoco a quelle.
“cosa farai quando mi lascerai?” domandò
Ace facendo finta di approvare la decisione di abbandonare la ciurma
quando lui avrebbe trovato qualcun altro.
Isabel lo guardò pensierosa, in effetti non ci aveva
pensato, sapeva solo che non sarebbe potuta tornare facilmente nella
sua isola, non dopo essere fuggita di nascosto, ma non poteva fare
altrimenti suo nonno non gli avrebbe concesso di partire.
“ho sempre pensato che una vita senza sogni fosse vuota, ma
in questo momento la mia è così”
spiegò lei girandosi ad osservare il grande mare.
“da piccola volevo viaggiare ma ancora non sapevo che per
farlo dovevo appartenere ad una categoria, pirati, rivoluzionari o
marine.. Crescendo mi sono chiesta se questo fosse davvero
fatto per me. La mia pelle è così chiara e non
sopporta il sole che invece in mare è così forte,
in più ammetto di non sopportare per niente il mare agitato,
penso che se lo incontreremo entrerò nel panico.
L’unica cosa positiva e che in mare non troverei insetti
disgustosi. Comunque sia spero di capire cosa fa per me in questi
giorni, sperando di non doverti uccidere prima e dover scappare con una
taglia sulla testa per tutta la vita” finì di
spiegare, girandosi verso Ace che tremava vistosamente per le sue
parole.
Sapeva bene che non si faceva scrupoli a picchiarlo, e per lui quella
situazione era quasi
irreale dato che non aveva mai permesso a nessuno di
trattarlo in quel modo.
Però non poteva prendersela con una ragazza, anche se lei
era la prima
ragazza con fattezze non maschili con cui avesse mai litigato.
Nonostante la sua forza era così piccola e gracile che aveva
paura di toccarla, e spesso quell’aspetto
tutt’altro che di una persona forte lo ingannava.
Non poteva immaginarsi che avrebbe mai incontrato una ragazza
dall’aspetto così contrastante dal carattere,
anche se il suo modo di vestire e di comportarsi era
tutt’altro che consono a quelle del suo sesso, lasciava
quella scia di femminilità che non si spiegava.
“sai che ho perso il mio cappello?” disse lui
toccandosi la testa. Senza quel cappello si sentiva preda della luce
solare che gli appannava sempre di più la vista.
Isabel frugò nel suo zaino, tirando fuori un cappello
arancione, e lo schiacciò in testa ad Ace.
“l’ho trovato quando sei caduto nel sonno in
spiaggia qualche settimana fa e l’ho raccolto, tieni ed ora
zitto e controlla la nave, io vado a prendere il sole!”
rispose andandosene via.
Ace sorrise, finalmente aveva avuto il suo primo scontro anche se non
pieno di colpi di scena come se lo immaginava, aveva trovato una nave,
aveva mangiato un frutto del diavolo ed aveva qualcuno che lo avrebbe
accompagnato nel viaggio.. Beh anche se lo avrebbe portato in mare a
schiaffi, era meglio di stare da solo.
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Capitolo 4 *** 4. L'isola della sventura; L'uomo Puzza ed il Principe Azzurro ***
Ed eccomi al capitolo
quattro, un numero che avrà un piccolo ruolo sulla storia in
sé.
Per chi non lo
sapesse è giusto che faccia due precisazioni.
In Giappone il numero
4
è Shi che vuol dire morte,
mentre il nove è dolore.
Questi numeri sono evitati in Giappone, molto più del nostro
venerdì 17!
Ho voluto basarmi
sulla loro scaramanzia, anche se spesso One Piece non segue una precisa
linea culturale, anzi è un minestrone di tutto!
Infine mi scuso per
il ritardo ma questo capitolo è stato un po’
più complicato per via di tanti particolari che ho dovuto
apprendere per continuare (non voglio scrivere nulla che non sia
veritiero, preferisco informarmi su cosa voglio narrare), come quello
della superstizione, appunto.
Spero vi piaccia,
buona lettura e grazie a tutti voi che la seguite =)
____
“Avevo
caricato nella dispensa provviste di cibo sufficienti per almeno tre
settimane, mi spieghi perché ci è rimasta solo
una misera focaccia?” Urlò Isabel tirando per la
guancia Ace intento a scarabocchiare su un vecchio foglio giallastro.
Lo sguardo di lui era
bloccato sul quel foglio e nonostante le tirate fossero sempre
più forti, decise di non farci tanto caso.
“sei
più simpatico quando dormi!” concluse lei andando
a cercare nel suo zaino una cartina che potesse indicarle e descriverle
l’isola più vicina.
Aveva compreso che era
inutile discutere con lui quando pensava ad altro, anzi, lui aveva
imparato ad ignorare o reagire ai colpi ricambiano pizzicotti e tirate
di guancia, orecchie o quant’altro.
La cartina indicava
proprio poco più a sud della loro attuale posizione una
piccola isola, soprannominata come -isola sfortunata del mare
orientale-, in cui anche i pirati più valorosi avevano paura
di sostare.
Essa era delimitata da
un enorme foresta di forma rotonda, come un serpente che si morde la
coda.
Questa foresta
proteggeva la parte abitata situata centro, perciò per
arrivare alla parte abitata era necessario attraversare la foresta di
quarantanove chilometri esatti, che per i più superstiziosi
erano i numeri che portavano morte e sofferenza.
Molte leggende
giravano attorno a questo posto, c’è chi narrava
di aver perso parenti o amici che si fermarono nella foresta, ed altri
che affermarono di aver perso arti, vista o altro affrontando un enorme
mostro dalle sembianze demoniache.
La gola di Isabel si
trovò improvvisamente secca, faticando così la
respirazione che si faceva sempre più pesante.
Uno dei sui tanti
difetti era l’essere una fifona e scaramantica di livelli
sproporzionati, tanto da piangere ogni volta che sul suo cammino si
imbatteva un gatto nero, o da festeggiare il suo compleanno un giorno
dopo perché nata il quattro.
“cibo o
vita?” chiese ad Ace che aveva momentaneamente lasciato da
parte il suo disegno per curiosare sulla cartina.
Lui non rispose e
diede le veci al suo stomaco che iniziò a lamentarsi
fragorosamente.
“c’è
un isola ad un ora da qui, questo posto però non
è sicuro, anzi.. È probabile che sia pieno di
mostri e bestie feroci ed è anche molto lungo da percorrere,
dovremmo per forza passare attraverso una foresta pericolosa per
entrare nella città..” Isabel gli
spiegò la situazione, cercando di farla il più
grave possibile.
Agitando le mani come
ad ampliare il senso di pericolo che già si percepiva solo
dal nome dell’isola, dentro di se iniziò a pregare
che lui tirasse fuori la sua parte da gentiluomo stupendola con qualche
frase ad effetto.
E’
pericolo per una donna, andrò da solo.
..
Ti
porterò carne da quel posto maledetto e partiremo per la
prossima isola, non voglio che tu ti prenda questo enorme rischio.
“che figata!
È da tanto che non mi avventuro in una foresta, è
molto nostalgico! Non vedo l’ora di arrivare!”
esclamò Ace correndo verso la prua cercando di intravedere
l’isola con i suoi occhi.
Isabel si arrese,
ripiegando la cartina e riponendola nel suo zaino.
Preparò
tutto quello che sarebbe servito per tentare la sopravvivenza: Quel
pezzo di pane che era rimasto, dell’acqua, tutte le armi che
in quelle due settimane in mare era riuscita a costruire, come bastoni
e reti, ed infine raccolse tutti i medicinali e le erbe che sarebbero
servite per curarsi e per proteggersi dagli insetti.
Tirò da una
corda improvvisata come stendi abiti tutti i vestiti che aveva messo a
lavare compresa l’unica camicia di Ace e piegò
tutto dentro uno zaino che era diventato un’enorme sasso.
“Ace ho
preparato lo zaino, vieni a prenderlo che siamo quasi
arrivati!” esclamò lei iniziando a trascinare come
poteva lo zaino.
Lui affacciato verso
il mare, non sembrava dare ascolto alle parole della compagna,
così Isabel corse verso di lui per avvisarlo che a minuti
sarebbero sbarcati e che non era il momento di incantarsi, ma a pochi
metri dalla prua vide Ace cadere all’indietro come un sasso,
senza lamentarsi della botta.
“trovi
sempre il momento giusto per addormentarti!”.
Era disperata,
sembrava che lui tramasse in ogni maniera possibile pur di metterla in
difficoltà.
A malincuore prese
dall’enorme zaino il pezzo di pane che era rimasto custodito
in cucina e lo sventolò sul volto di Ace che inizialmente
non sembrava avere alcuna reazione, ma che poi allargò
spontaneamente la bocca cercando di addentare il cibo di cui poteva
solo sentire l’odore.
Piano Piano la sua
schiena iniziò a flettersi in avanti per afferrare il pezzo
di pane che si spostava sempre più fino ad arrivare vicino a
Isabel che prontamente gli mollò un ceffone per impedirgli
di mangiare l’unica provvista rimasta.
“cibo!”
strillò Ace buttandosi sopra alla ragazza che intanto
cercò di mettersi in piedi e fuggire da lì.
Sfortunatamente
però, Una mano di Ace la prese per la gamba facendola
rovinosamente scivolare fuori dall’imbarcazione, finendo
quasi in mare con le sole mani strette sul bordo della nave a reggerla
in aria.
“non so
nuotare, tirami su!” ordinò lei utilizzando il
tono di voce più alto che madre natura le avesse donato, ma
con una faticaccia che le costò un grosso mal di gola.
“che ci fai
là? È pericoloso!” rispose Ace
affacciandosi fuori dalla nave afferrando le braccia di Isabel ormai
sfinita.
Ignorò la
sua domanda cercando di tirarsi su ma perse l’equilibrio
finendo con solo un braccio stretto da Ace a tenerla in aria.
Ace la
guardò un po’ confuso, non aveva capito
nulla e non sapeva che fare, ma notando che la spiaggia era a pochi
metri da loro, con la mano ancora stretta sul braccio di Isabel, la
fece leggermente dondolare fino a tirarla di forza verso la spiaggia.
Lei dopo la pericolosa
acrobazia a cui era stata costretta a forza e con un volo assassino era
caduta sulla sabbia finendoci distesa e priva di sensi.
‘forse sono stato
troppo violento!’ ripensò Ace
mettendosi le mani sopra il suo cappello arancione.
__
“perché
devo portare oltre a questo zaino dieci volte più pensante
di me, anche te sopra?” domandò Ace che teneva
sulle spalle l’enorme borsone delle emergenze creato da
Isabel, che si trovava proprio sopra di esso muovendosi per accentuare
il più possibile il peso che il ragazzo portava sulle spalle.
La sua caviglia
sinistra era fasciata proprio come la fronte e la schiena, ferite dal
volo di poco fa.
“E’
colpa tua se mi sono fatta male! Questo sarà un esercizio
per rinforzare i muscoli” rispose lei mentre controllava con
circospezione la folta foresta in cui si erano addentrati.
La vegetazione era
così folta da lasciare poco o nulla ai raggi solari che
illuminavano a mala pena il tanto necessario per non inciampare sui
numerosi ostacoli.
Il terreno infatti era
instabile pieno di sassi e pozzanghere, radici di alberi che sbucavano
formando dei piccoli ponticelli ovunque rendendo molto pericoloso,
soprattutto, il passaggio di notte.
Nonostante la flora
insidiosa, non si poteva dire lo stesso della fauna, infatti in quattro
ore di cammino non avevano avvertito nulla di sospetto, ne tanto meno
visto un animale in tutto il tragitto.
“io sono
forte anche senza allenamento! Quando troveremo il One Piece dovrai
ricrederti!” affermò lui spostando
l’ennesima liana che penzolava sul loro cammino.
“ti ho detto
che appena trovi un compagno me ne vado!” rispose lei
tirandogli un piccolo pugno sulla testa.
Ace rise, non era mai
stato d’accordo con la sua idea e non l’avrebbe mai
accettata, anche se questo voleva dire obbligarla a stare con lui.
“e se prima
che trovo un compagno ti mettono una taglia sulla testa?”
domandò lui fermandosi ad osservare un albero con dei frutti
che però non ispiravano altro che morte, infatti Isabel
cogliendone uno, notò che era fatto di una sostanza viscida
e dall’odore pessimo.
“non ci ho
mai pensato! Però dubito di essere così idiota da
prendermela!” disse lei mentre ragionava su come non farsi
notare in questo piccolo viaggio.
Se per qualche
maledizione fosse riuscita a prendersi una taglia la sua vita avrebbe
avuto le ore contate, suo nonno sarebbe tornato in servizio per la
marina pur di prenderla e portarla in prigione.
Isabel
rabbrividì.
“Io
scommetto che avrai una taglia!” ribatté lui
ancora ridacchiando.
“e allora
scommettiamo che se mi becco una taglia prima che tu ti trovi un
compagno, io resto! Però quando arriverà mio
nonno dovrai vedertela tu! Ti giuro che in caso manterrò la
promessa, ma se non dovesse accadere tu dovrai lasciarmi andare come
avevamo detto sin dall‘inizio!“
controbatté lei intuendo le intenzioni tutt’altro
che comprensive di Ace riguardo al suo lasciare la ciurma.
“ci
sto!” confermò lui, iniziando a confabulare con se
stesso sul come farle avere una taglia.
“Ace fermati
è quasi notte, è ora di cercare del cibo o
morirai di fame!” disse lei facendo fermare il ragazzo che la
poggiò per terra con la schiena contro
l’enorme borsone.
Lei lo aprì
e tirò fuori tutto quello che aveva portato per difendersi:
reti, coltelli bastoni e quant’altro.
“portali con
te e non provare ad usare il fuoco in mezzo alla foresta, sono stata
chiara? Basta un scintilla ad appiccare fuoco a questo posto! Ace? Hai
capito? Esclamò lei tirandolo per i pantaloni, ma lui
guardava davanti a sé con gli occhi spalancati e sorpresi.
“non dirmi che
c’è qualcosa dietro di me!”
bisbigliò lei tirando sempre di più i pantaloni
di lui nella speranza di non essere trascinata via da quella cosa che
aveva dietro di lei e di cui aveva iniziato a sentire i passi.
Dei passi
lenti, che sembravano quasi meccanici per via dello strano suono che
producevano.
Tutto ad un tratto
quello strano essere prese con la bocca lo zaino, e con le mani
afferrò Isabel cercando di staccarla dalla presa sui
pantaloni di Ace, che si era ancorato ad un albero con una mano,
tentando con l’altra di tirare verso di se la compagna.
“lo sapevo
che c’erano dei mostri, aiuto!”.
Le urla della ragazza
si facevano sempre più intense come gli strappi di quello
strano essere di cui Ace riuscì a scorgere solamente gli
occhi di un rosso intenso, come se fossero due fari sempre accesi.
“ecco il
mostro Shin” esclamò una voce sconosciuta.
Da un cespuglio
sbucarono fuori due ragazzi vestiti con delle tute e proprio in
quell’istante Ace ed Isabel svennero, aiutando il mostro a
scappare via con la ragazza.
“te
l’avevo detto che il tuo potere non serve a nulla!”
dichiarò il ragazzo con la tuta arancione mentre scuoteva
per le spalle il suo interlocutore con la stessa identica tuta ma blu.
I due ragazzi erano
della stessa altezza e della stessa corporatura robusta, avevano gli
stessi capelli scuri e apparentemente corti.
“sei solo
invidioso perchè il diavolo l’ho mangiato
io!” rispose l’altro ragazzo liberandosi dalla
presa e andando a guardare Ace che dormiva con lo stomaco brontolante e
con un braccio ancora ancorato al tronco dell’albero.
“mi dispiace
rovinare i tuoi sogni, ma non vorrei essere un uomo puzzola come
te!” affermò il ragazzo seguendo l’amico
con la tuta blu che tirava su Ace.
“non sono
ancora capace di usare altri profumi, e quindi? Se il mostro fosse
stato più vicino, sarei senz’altro
riuscito a far svenire anche lui!” smentì lui
iniziando a camminare con Ace a peso morto sulla sua spalla.
“in
realtà non vuoi ammettere che sei un misero uomo
puzzola!” disse il ragazzo dalla tuta arancione mentre
ridacchiando, si avvicinava ad una strana vettura con le
ruote.
Era fatta di uno
strano metallo nero, non aveva nessun tettuccio ne sportello.
Era dotata solo di un
piccolo volante,un sedile il freno ed i pedali, dietro di esso
c’era un piano un po’ concavo su cui il ragazzo col
potere del frutto del diavolo si sedette poggiando Ace che dormiva
beatamente bisbigliando delle frasi confuse, in cui pareva prendersela
col mostro che cercava di rapire la compagna, minacciando che
l’avrebbe mangiato crudo.
“che strano
ragazzo, invece di svenire dorme beato!” ironizzò
il ragazzo al volante, mentre si faceva strada tra le piante che
rendevano il percorso pericoloso.
“Shin prova
a svegliarlo con la puzza!” suggerì subito dopo,
prendendo una curva tanto velocemente, quasi da buttare i due ragazzi
di dietro fuori dal veicolo.
I due amici erano
ormai abituati ad attraversare la foresta e non ci facevano ormai molto
caso, anche se Ace per un filo non finì fuori dalla vettura.
Il ragazzo di nome
Shin mise una mano sul volto di Ace, che subito reagì alla
puzza stendendo il ragazzo con un pugno.
“dov’è
il mostro? Lo farò alla brace!” sbraitò
Ace contro il nulla, mentre ogni centimetro del suo corpo si era
infiammato.
“merda
Taichi lo strano tipo ha preso fuoco!” disse il ragazzo
intontito dal pugno, ma capace di prendere degli stracci e
sbatterli su di Ace per cercare di far calmare le fiamme.
“cosa gli
hai fatto? Hai tirato una puzza esplosiva?” rispose
l’altro fermando il veicolo e avvicinandosi anche lui ad Ace,
buttandolo a terra per non rischiare di infiammare il suo mezzo di
trasporto.
“ora che lo
vedo, non mi pare soffrire, anzi sembra solo infuriato!”
commentò Shin guardando attentamente l’espressione
di Ace che si dimenava al suolo, rotolando tra fiamme e terra.
“calmati tu!
Il mostro è andato via con la tua compagna, ma se non ti
calmi non possiamo andare a salvarla!” spiegò il
ragazzo dalla tuta arancione, urlando a più non posso di
fronte ad Ace che finalmente spense le fiamme.
I due ragazzi lo
guardarono spaventati, non era di certo una cosa normale vedere
qualcuno che prendeva fuoco e si spegneva a comando.
“dov’è
Isabel?” domandò Ace mettendosi seduto per terra e
guardando i ragazzi.
I due sospirarono,
avevano capito che con lui sarebbe stato impossibile discutere in
maniera normale, così il ragazzo dalla tuta arancione si
addentrò nella parte più fitta della foresta alla
ricerca di cibo, così da calmare Ace e spiegargli la
situazione.
“La tua
compagna è stata portata via da quel mostro, o almeno tutti
dicono sia un mostro con le fattezze da demone, ma io e mio fratello
pensiamo sia solo un robot comandato dalla ciurma della
‘divina’ Yuu. Sono ben sette anni che si sono
insediati in quest’isola e rapiscono maschi e femmine a loro
piacimento per obbligarli a fare svariati lavori, probabilmente questo
enorme demone è un robot creato da loro.
Nessuno ha il coraggio
di venire in quest’isola per via della stupida maledizione
che tutti raccontano.
Comunque piacere io
sono Shin, io e mio fratello Taichi siamo due costruttori
dell’isola” spiegò il ragazzo levandosi
la spessa tuta blu, rimanendo con un pantalone ed una maglietta bianca.
“Io sono
Ace, e sono un pirata” si presentò lui
rimettendosi in testa il cappello che era sceso sulla schiena.
Il ragazzo lo
guardò divertito, non sembrava proprio un pirata, anzi era
proprio il contrario.
“dove posso
trovare Isabel?” continuò a chiedere Ace alzandosi
in piedi e guardandosi intorno, dove però vide solo e
soltanto natura.
“se
è carina e single ti aiutiamo a salvarla!” rispose
il ragazzo dalla tuta arancione, tornando con un enorme coccodrillo
morto sulla spalla.
Ace concentrato
più sul cibo che sulla domanda posta dal ragazzo, accese per
terra un fuoco e ci mise dei legnetti preparando velocemente un fuoco
dove arrostire la carne, prima che l’istinto lo prendesse in
velocità, facendoglielo mangiare crudo.
“sei fatto
di fuoco!” constatò Shin indicando il corpo di
Ace. “io purtroppo sono in grado di creare odori, ancora non
ne ho capito l’utilità” ammise lui
mettendosi le mani sulla testa disperato.
“anche mio
fratello, che è fatto di gomma, non trovava un modo utile di
usare il suo potere! Una volta da piccolo si era gonfiato ed io
l’ho usato come palla! Comunque penso che prima o poi
troverai il motivo per cui hai questo potere! Però figo puoi
coprire la puzza di quando vai al wc! Sai quante tirate
d‘orecchia mi prendo da Isabel quando esco dal
bagno!” rispose Ace accarezzandosi
l’orecchio che provocò dolore al solo ricordo.
“Ma allora
questa tua compagna è bella e single?”
continuò a chiedere Taichi intento a cuocere la carne
davanti allo sguardo rapito di Ace.
“si lo
è, però bisogna stare attenti è un
pò pazza!” affermò Ace mentre nella sua
testa galleggiavano i ricordi di tutti i momenti in cui la sua compagna
dava l’aria di avere qualche problema.
“Non si
parla così ad una dolce donzella! Comunque dato che
è single e carina ti aiuteremo, vero Shin?”
domandò il ragazzo, anche se il fratello sapeva che niente
gli avrebbe fatto cambiare idea, quando si trattava di ragazze lui
buttava all’aria la serietà ed il suo lato
pervertito prendeva le redini della situazione.
____
Isabel non si trovava
dentro lo stomaco del demone né in paradiso, per fortuna.
Non sapeva dove fosse
andata a finire, però poteva capire dalla stanza che era di
certo a casa di qualche riccone.
Si trovava in un
lussuosissimo letto a baldacchino dai veli rosa, dello stesso colore
delle coperte, delle fodere dei muri e dei tappeti. In tutto quel rosa
che le faceva maledettamente venire il mal di testa, c’erano
dei piccoli accostamenti di bianco come nei mobili e nelle piastrelle
del pavimento.
Notò che
anche lei era in tinta con la stanza, portando un leggero vestito rosa
scollato e lungo fino alle caviglie, con dei pizzi bianchi.
Disgustata da tale
abbigliamento la ragazza si alzò dal letto per andare a
cercare i suoi vestiti, che potevano essere vecchi, sporchi strappati e
ruvidi dalla lavata senza ammorbidente che non si era portata in nave,
ma erano senz’altro più sobri di quelli che
portava.
‘quando
becco chi mi ha messo questo schifo addosso lo faccio diventare una
polpetta di riso’
Cercò
ovunque persino sotto il letto e sopra i mobili ma nulla, non
trovò altro che pupazzi rosa e fiori del medesimo colore.
“oh, si
è svegliata!” esclamò una voce maschile
che Isabel poteva giurare di non aver sentito aprire la porta.
Era un uomo sulla
trentina, alto e biondo con due grandi occhi azzurri, insomma il
prototipo del tipico principe delle fiabe.
Indossava un completo
nero su cui risaltava dentro la giacca, una camicia rosa pallido
parecchio sbottonata.
Isabel storse
disgustata il naso, non aveva mai visto un abbinamento così
pessimo in vita sua, e non aveva intenzione di rimanere a lungo ad
ammirare tale orrore.
“ehi tu
dimmi dove sono i miei vestiti prima che metta fuoco a questa casa
dell’orrore!” intimò lei facendo segno
ai suoi vestiti ma senza toccarli, come se per lei avessero qualche
orrendo virus maledetto e incurabile.
“Non vestivo
di rosa da quando avevo tre anni, e non ho intenzione di indossare
ancora queste orrende vesti” inveì lei
strappandosi un lato della lunga e stretta gonna che non la faceva
camminare bene.
L’uomo la
guardò stupito e con uno sguardo tra l’incredulo e
lo spavaldo, come se sapesse già che l’avrebbe
vinta lui.
“Non ti
piaccio?” domandò lui indicandosi il volto.
Lei scosse la testa
schifata “non mi piacciono i biondi!” rispose
indicandogli la folta chioma d’orata.
Tutto ad un tratto
l’uomo che prima era biondo, diventò moro
lasciando senza parole Isabel.
“ma io non
sono biondo!” ribatté lui indicandosi i capelli
che infatti erano scuri.
Lei lo
guardò, era sicura che fosse biondo.. Anzi ne era certa.
“non mi
piacciono neanche gli occhi chiari” ammise cercando di capire
se magicamente anche gli occhi si sarebbero trasformati.
Ed infatti divennero
neri, lasciando di stucco la ragazza che era ancora più
intenzionata a fuggire.
“non mi
piace neanche la pelle troppo chiara! E la fronte stretta! E sei troppo
vecchio!” continuò a dire lei a casaccio, anche se
non aveva un vero modello di bellezza voleva accertarsi di non avere
un’allucinazione perenne.
“basta su,
non elencare i dettagli che non ti piacciono quando non li ho! Vieni
con me, dobbiamo provare gli abiti” asserì
l’uomo aprendo la porta a punta di piedi e con il braccio
alzato, anche se la maniglia era almeno 30 centimetri più
bassa di lui, ed a Isabel parve invece di vedere un’altra
mano stringere la maniglia.
“vestito per
cosa? Ehi così non va bene però, sei Ace senza
lentiggini!” urlò lei mettendosi le mani tra i
capelli e correndo verso la finestra che però
trovò sigillata da un lucchetto.
“come cosa?
Sarai la mia ventesima sposa, non sei contenta?”
domandò lui mentre sul suo viso apparvero delle lentiggini.
Isabel svenne.
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Capitolo 5 *** 5. Nella villa in rosa; Il matrimonio di Isabel e l'Uomo Fungo ***
..E dopo cinque giorni eccomi,
con tempi per me record ad aggiornare! Questo capitolo pensavo di
scriverlo con più difficoltà, ma quando
l’ispirazione viene, meglio prenderla prima che voli via!
Capitolo come sempre
enorme in cui vi levo qualche mistero dal precedente (forse sono stata
troppo misteriosa eh?) inoltre sto pensando di alzare il rating della
storia dal verde al giallo per quelle parolacce che ogni tanto servono,
e quel po’ di violenza che cerco di trattenere ma non sempre
fa. Che mi consigliate, voi più esperti di me?
Intanto come sempre
vi ringrazio perché siete davvero tanti a leggere questa mia
prima fanfiction! anche se non commentate, vedere quel numerino al lato
dei capitoli mi gasa!
Spero che
il capitolo vi piaccia, alla prossima ^^
____
Uno
strano odore risvegliò Isabel, che aprendo gli occhi si
trovò nuovamente spaesata.
Per fortuna non stava più in quella stanza tutta rosa, ma si
trovava sopra una strana poltrona bianca dove due donne le sbattevano
strani batuffoli nel volto, senza capire bene il perché.
“ehi che fate? Mi state soffocando con qualche sostanza
velenosa?” gridò lei scattando in piedi e
guadandosi intorno.
Era in una piccola stanza, tutto di un tranquillo color crema con dei
mobiletti in legno su cui erano poggiate delle scatolette con pennelli,
strane bottigliette, boccette e colori, dedusse così che
probabilmente si trattava di trucco.
“signorina la prego stia ferma abbiamo quasi
finito!” rispose allarmata una delle due donne cercando di
mettere al riparo tutto ciò che Isabel stava facendo cadere
in preda alla rabbia.
“perché ho le unghia smaltate? Perché
mi state truccando? Perché indosso ancora questo orrendo
abito, e perché ho questa acconciatura ridicola?”.
Era nel più totale panico, mentre su un enorme specchio si
osservava senza parole.
Aveva i capelli raccolti da tanti fermagli con perle luccicanti e
fiorellini bianchi, era truccata tanto da non riconoscersi, la sua
pelle era più lucida del normale con le guance rosa e due
ciglia lunghissime, la sua espressione era quella di una persona
disgustata.
“signorina si calmi, il matrimonio è tra due ore e
se non è pronta verremo mandate nel livello uno!”
pregò l’altra donna prendendo per le spalle Isabel
inferocita, che sembrava contornata dalle fiamme come Ace.
“io non mi sposo con nessuno, lo volete capire? Levatemi
queste cose dei capelli!” protestò lei tirandosi
via le varie decorazioni che ornavano i suoi capelli.
Le due donne così, sotto gli ordini del loro capo furono
costrette a spruzzare sul volto di Isabel una strana bomboletta che la
fece cadere al suolo incosciente.
“mi dispiace per questa ragazza, ma se rovina il trucco e
l’acconciatura il signore non ci
perdonerà” ammise una delle due donne, rimettendo
Isabel sopra la poltrona.
_____
Era ormai l’alba quando Ace, Shin e Taichi uscirono fuori
dalla foresta.
I due fratelli avrebbero aspettato anche tutta la notte prima di
partire, ma dopo un tentativo di fuga da parte di Ace, i due si
arresero all’idea di dormire e iniziarono a darsi il cambio
per guidare il veicolo che li avrebbe portati in città.
“ancora non mi è del tutto chiaro il
perché lo stiamo aiutando!” si domandò
Shin mentre osservava Ace durante la sua colazione a base di coniglio
preso durante il viaggio.
“vi farei entrare nella mia ciurma ma se venite poi Isabel se
ne va!” rispose Ace senza far caso ai due che non parlavano
proprio in maniera positiva di lui, figurarsi entrare nella sua ciurma
di pirati.
“parli della dolce donzella che oggi salverò?
Perché non vuole restare se veniamo anche noi?”
domandò Taichi che aveva chi occhi illuminati alla sola idea
di stare tutto il giorno con una bella ragazza, immersi nel pericolo in
cui lui avrebbe potuto sguazzare per irrobustire il suo dubbio fascino
su di lei.
“lei mi sta accompagnando fino a che non troverò
qualcun altro che stia attento a quello che combino”
spiegò lui buttando per terra i resti di quel coniglio,
ovvero le ossa rosicchiate.
Si rimise il cappello che aveva poggiato vicino a lui per non farsi
ombra, mentre le luci mattutine iniziavano ad irradiare la foresta.
“ora andremo verso il retro della villa che è
proprio alla fine di questa foresta verso est. Dobbiamo essere cauti
perché la tua compagna potrebbe essere ovunque e se facciamo
troppo baccano rischiamo di essere battuti!”
spiegò Taichi indicando la villa che iniziava a farsi vedere
tra gli alberi.
Era altissima ed il tetto di colore rosa lampeggiava tra le foglie.
“ma dove mi state portando?” Ace era impietrito con
lo sguardo rivolto a tutto quel rosa che non gli dava per nulla
l’aria di una temutissima villa abitata da gente pericolosa.
“lo so, è un po’ bizzarra, ma essendo
una donna a capo di tutto questo si può anche capire tutto
questo rosa” rispose Shin scendendo dalla piccola vettura che
si era appena fermata.
Fece un gesto ad Ace per seguirlo, anche se lui era impensierito.
Non sapeva che le donna potessero usare tutto quel rosa senza risultare
delle pazze, non aveva mai visto una donna vestire di rosa in vita sua
e sperava che questa fosse stata l’ultima volta che i suoi
occhi incontrassero tale colore lampeggiante.
I tre si nascosero dietro un cespuglio osservando la villa da vicino.
Stranamente fuori non c’era nessuno e non si udiva il ben che
minimo rumore se non quello degli uccelli che ogni tanto volavano
accanto a loro, così decisero di uscire allo scoperto, ogni
minuto era prezioso.
“non c’è davvero nessuno! Che qualcuno
si sia infiltrato prima di noi, e stia attirano
l’attenzione?” ipotizzò Taichi andando
verso il portone seguito dagli altri due.
Con una mano di ognuno poggiata sulla porta, la spinsero fino ad
aprirla e trovarsi davanti una strana stanza.
Era enorme e non sembrava avere scale né altro, era solo
contornata da tappeti rosa, muri d’orati e tre porte alla
fine della stanza, ognuna delle quali aveva stampato un numero da uno a
tre lampeggiante.
“ma siamo sicuri di non essere finiti dentro ad un
casinò?” domandò Shin tenendo Ace per
la sua collana fermando il suo tentativo di fuga furtiva verso le porte
luminose.
“probabilmente ogni porta conduce ad un piano, non sapendo
dove si trova la ragazza dovremmo dividerci, dato che siamo in tre
è perfetto!” rispose Taichi dandosi una sistemata
ai capelli castani, mentre aveva il presentimento che la ragazza
l’avrebbe salvata lui.
“Ace com’è questa ragazza?
Così se la trova uno di noi due la riconosce!”
continuò lui agitando Ace che ancora tentava di correre
strozzato dalla presa di Shin.
“E’ piccola, ha i capelli corti e scuri, e appena
le farete notare che è bassa vi tirerà una scarpa
su per la bocca fino a strozzarvi” descrivete Ace ricordando
il primo incontro, e poi abbassando la testa liberandosi dalla collana
e quindi dalla presa di Shin.
Arrivò con velocità davanti alle tre porte, in
cui al centro vi era un bottone rosso.
Ace lo premette, e le tre porte si aprirono automaticamente buttando
una grossa quantità di fumo in tutta la stanza.
“sei un pazzo!” urlò Shin iniziando a
strozzare Ace che era già stordito dal fumo, mentre suo
fratello cercava di staccargli le mani dal collo ripetendogli che ormai
il disastro era stato fatto.
“Shin non è ora per le tue crisi d’ira,
fermati” cercò di calmarlo il fratello.
Avevano un difetto molto simile, Taichi soffriva di strani tic che si
attivavano alla vista di belle ragazze e che lo facevano svenire,
mentre Shin nei momenti critici finiva per avere crisi violente e
picchiare la persona più vicina a lui.
“sarebbe stato
meglio aspettarli a fine scalinata, ma poi ci
saremo persi il matrimonio” delle basse parole fecero largo
nella stanza, mentre il rumore di passi si faceva sempre più
forte.
“e questo non
va affatto bene” rispose un altro
uomo che era alla stessa distanza dall’altro.
“cercate di
non sporcare il posto, non intendo pulire
un’altra volta!” un terzo uomo fece la sua
comparsa, e per primo sbucò dalla porta numero uno.
Dopo di lui uscirono altri due uomini dalle porte rimanenti.
Shin mollò la presa da Ace che continuava a tossire
affaticato, ed i tre anche se con un po’ di fatica dovuta
alla scarsa visibilità data da quello strano fumo, si
divisero uno davanti ad ogni porta dove era piazzato un uomo.
“io sono il giardiniere” si presentò il
primo uomo mostrando a Taichi davanti a lui delle enormi e aguzze
forbici da potatura.
“io sono il cuoco” continuò il secondo,
mostrando in una mano una pentola ed in un altro una frusta elettrica
più grande del normale. Shin davanti a lui lo
guardò a bocca aperta affamato, la notte scorsa Ace non gli
aveva lasciato neanche un osso e lo stomaco non ragionava
più.
“io sono il maggiordomo” finì il terzo
di fronte ad Ace con uno strano attrezzo sulle spalle ed una pompa tra
le mani.
“andate a lavorare, noi siamo in missione segreta!”
esclamò Ace avvicinandosi ancora di più alla
porta numero tre.
Aveva perso fin troppo tempo e non aveva intenzione ti sprecarne altro
con tre damerini.
“che ragazzino maleducato!” affermò il
maggiordomo attivando quello strano attrezzo che aveva tra le spalle e
puntando la pompa davanti Ace la cui testa venne risucchiata dal tubo,
come un aspirapolvere.
“Ace” esclamarono i due fratelli che non appena
cercarono di andare ad aiutarlo, furono fermati dal giardiniere e dal
cuoco.
Shin cercò di colpire con un pugno deciso il cuoco che con
agilità mise a proteggersi la pentola, che però
venne bucata dal pugno che finì nel suo volto.
“levatevi o vi uccido!” intimò il
ragazzo prendendo per il colletto il cuoco disteso a terra con il naso
colante di sangue, probabilmente la crisi violenta non gli era ancora
del tutto passata, visto che iniziò a picchiare in testa al
nemico la pentola che poco prima aveva bucato.
Intanto, Taichi con un graffio sul volto cercava di evitare il
giardiniere, che sicuramente non era solo un lavoratore dei giardini.
I suoi passi erano veloci quanto i suoi, e le sue braccia muovevano
quell’attrezzo con una forza spaventosa.
“tu non sei un giardiniere!” dedusse lui schivando
l’ennesima lama che cercava di colpirlo alla base dello
stomaco.
“io ed i miei colleghi abbiamo un piccolo passato da
pirata!” confermò l’uomo ridacchiando
per aver preso per la seconda volta il ragazzo la cui maglia venne
leggermente tagliata.
“Shin smettila di uccidere quell’uomo e vienimi ad
aiutare prima che Ace muoia soffocato da
quell’aspiratutto!” urlò Taichi
riuscendo finalmente a far perdere l’equilibrio del suo
nemico, facendolo cadere al suolo e dandogli qualche secondo per
guardare che stava facendo il fratello.
Shin era intrappolato con i capelli nell’enorme frusta del
cuoco, che lo faceva girare con una velocità spaventosa.
Taichi capendo che non c’era più tempo da
sprecare, con un piede fermò il polso del giardiniere,
rubandogli il potatore e staccando le due parti combacianti.
Con la prima lama puntata sul volto del giardiniere costretto alla
resa, usò la seconda per tagliare di netto i capelli di Shin
che vennero liberati dalla frusta elettrica.
“ehi mi hai tagliato i capelli! Se mi hai fatto calvo ti
uccido!” sbraitò Shin tirando un pugno verso il
cuoco che finì per sbattere al muro molto distante da lui.
Ace intanto per salvarsi si trasformò interamente in fuoco,
ustionando il maggiordomo ma non la pompa, che probabilmente era fatta
di un materiale resistente alle fiamme.
“sei tu l’esperto con le lame!”
affermò Taichi passando una lama della forbice da potatura
al fratello, che con un lancio preciso colpì la pompa
tagliandola proprio nel punto in cui Ace era incastrato.
I due si avvicinarono al ragazzo che non più infiammato, era
però con l’intera testa dentro quel pezzo di tubo
tagliato, così i fratelli dovettero tirarlo via con la forza
per diversi minuti, prima di liberare Ace dalla stretta del tubo che
modificò persino la forma dei suoi capelli, che erano
sparati in aria come il pelo di un porcospino.
Shin prese la lama restante tirandola contro il giardiniere che li
stava per prendere di sorpresa da dietro, appendendolo con la lama
conficcata nel muro sulla sua giacca.
“stiamo cercando una ragazza bassa dai capelli scuri ed un
po’ violenta, questa notte è stata portata via da
uno degli strani esseri che mandate nella foresta, dicci dove si trova
e non ti farò del male” asserì Shin
prendendo in mano la padella bucata del cuoco KO.
Il giardiniere li guardò prima contrari, ma non appena il
ragazzo gli si avvicinò con occhi diabolici aprì
la bocca spaventato, dicendo l’unica cosa che sapeva.
“ora c’è un matrimonio, probabilmente la
ragazza si trova lì! È alla fine della terza
porta. Io non so altro, giuro!” sostenne il giardiniere
dimenandosi per cercare di liberarsi, senza riuscirci.
I tre ragazzi si incamminarono velocemente verso la terza porta,
l’orologio segnava le 10:43 quindi probabilmente il tempo a
loro disposizione era sempre meno.
“e se qualcuno volesse sposare la mia dolce
Isabel?” esclamò Taichi scuotendo la testa
disperato.
“smettila di dire cazzate, non la conosci neanche!”
urlò di rimando Shin, colpendo con la pentola il fratello,
mentre Ace si faceva spazio tra i due per arrivare il prima possibile,
dentro si sentiva crescere sempre più enormemente, un
cattivo presentimento.
____
Il matrimonio era iniziato da ormai quarantacinque minuti e stava per
concludersi.
Isabel pregava perché a qualcuno -compresa lei- venisse un
infarto così da sospendere la cerimonia.
Seduta su una sedia con braccia legate da una corda,caviglie
ammanettate, con un enorme cerotto sulle labbra e gli occhi infuocati
la ragazza cercava di liberarsi dalla presa per uccidere quello che
davanti a lui aveva preso le sembianze di Ace, senza aver capito ancora
come e perchè stava per sposare.
Il prete dell’occasione era parecchio goffo ed imbarazzante,
tanto da non ricordarsi neanche le preghiere ed i riti
dell’occasione che si era disordinatamente appuntato in un
foglietto.
Aspetta che mi libero
e ve le faccio fare io le preghiere
L’unica cosa positiva della cerimonia era il suo vestito
bianco enorme dalla gonna piena di veli e la scollatura che
all’incirca avrebbe pagato le riserve di cibo per un anno di
Ace mentre con i gioielli e le scarpe avrebbe potuto comprare tre
dozzine di navi pirata.
La cerimonia per lei era solo un modo di farsi due calcoli su cosa
avrebbe potuto rubare da quella villa anche perché, trovava
fosse il minimo derubarli dopo questo rapimento in piena regola.
“beh, ora posso pronunciare la famosissima frase che conclude
tutti i matrimoni, anche se sono sicuro che nessuno avrà da
ridire su ciò” iniziò il prete
ridacchiando fastidiosamente, probabilmente sapeva già che
nessuno avrebbe detto una parola.
“se in questa sala c’è qualcuno che si
oppone al matrimonio parli ora o taccia per sempre”
terminò la frase riponendo il foglio dentro le vesti dove
probabilmente indossava un orrendo pantalone.
Nessuno fiatava o forse neanche respirava dentro quella sala, le
persone sembravano quasi terrorizzate all’idea di far sentire
un minimo cenno di rumore.
“obbiezione!” esclamò una voce lontana
dalla sala, che aveva appena aperto l’enorme portone della
stanza.
Con lui c’erano altre due persone, una delle quali cadde a
terra grondante di sangue al naso.
“maledetto Taichi, ti sembra il momento giusto di svenire
solo alla vista della sposa che è lontana anni luce? E tu
Ace, obbiezione si dice durante i processi, non i matrimoni!”
spiegò Shin incamminandosi verso in centro della sala
trascinando con una mano il fratello.
“Qua non c’è Isabel, non la
vedo!” disse Ace alzando un po’ il cappello come a
voler migliorare la visuale.
Guardò attentamente tutti i presenti compresa la sposa
legata che si muoveva nervosamente, fino a cadere con la sedia a testa
in giù mostrando le mutande a tutti gli invitati sconcertati
ed a un Taichi appena rispeso che svenne di nuovo.
La sposa con uno slancio di fianchi ribaltò un po’
la sedia coprendosi e tirando un calcio con le gambe ammanettate, verso
Ace che cadde qualche metro più in là.
Il ragazzo si rialzò avvicinandosi alla sposa e levandole il
cerotto dalla bocca, quei calci gli erano famigliari.
“brutto scemo non lo vedi che sono io? Perché non
sei venuto prima? Sai che stavo per sposarmi con un maniaco?
Chissà cosa mi avrebbe fatto! E invece tu, ammettilo ti
stavi facendo un pisolino da qualche parte con i tuoi nuovi amichetti,
per fortuna che te li sei trovati così posso andarmene da
qualche parte con i soldi che mi farò rivendendo questo
abito e bruciando queste mutande e queste calze fastidiose come la
carta vetrata!” urlò Isabel aggiungendo ogni tanto
delle parolacce per accentuare la rabbia.
Gli invitati rimasero tutti a bocca aperta scattando fotografie alla
sposa furiosa.
“calmati cara, ora mi libero di questi barbari e passiamo a
terminare le nozze” rispose l’uomo che stava per
sposare Isabel, avvicinandosi col prete a Shin, Ace e Taichi ancora
svenuto.
Il prete si levò con noncuranza la tunica mostrando i due
enormi fucili che teneva sulle spalle, e che senza preavviso
azionò sparando contro i tre ragazzi.
Ace per proteggere tutti dagli enormi proiettili innalzò una
barriera di fuoco tra di loro proteggendo così anche Isabel
la cui sedia stava però andando a fuoco.
“brucio!” esclamò lei che si dimenava
ancora legata.
Shin con una lama rubata ad uno delle guardie sconfitte poco prima
tagliò la corda che legava per le braccia e la sedia Isabel
liberandola almeno dal pezzo di legno che prese fuoco.
Le caviglie però erano legate da delle manette di un
materiale così solido da non farsi neanche un graffio,
così Ace se la caricò sulle spalle tentando la
fuga per non ferire qualche innocente nella sala.
“stai attento al vestito, con questo diventerò
ricca!” spiegò la ragazza battendo qualche colpo
sulla schiena di Ace che poco dopo si fermò notando che
nessuno parlava.
Tutti guardavano lo sposo con gli occhi a cuoricini, tutti tranne Ace
che si chiedeva perché ammirassero tanto
quell’uomo.
“come hai fatto a diventare donna ora! E cosa sono quelle
sembianze! Sono io versione donna di facili costumi! Togliti subito il
mio aspetto!” sbraitò Isabel che si muoveva e
contorceva tra le spalle di Ace per guardare meglio l’aspetto
orrendo che aveva assunto quel mostro.
“ma che dici, io vedo solo un nano ed un prete con due
fucili!” rispose Ace guardando dal basso quello che invece
gli altri guardavano col naso all’insù.
“io non sono un nano!” esclamò lei
tornando un lui con le sembianze del biondo che inizialmente Isabel
aveva visto.
“no io ti vedo nano!” ribatte Ace toccando la testa
dell’uomo per accertarsi della misura, anche Isabel con
fatica riuscì a notare che Ace stava toccano qualcosa con la
mano, anche se sembrava sfiorare il nulla.
“come fai a vedermi, ragazzino! Io sono un uomo allucinogeno,
ho il temibile potere del frutto del diavolo, posso farti vedere quello
che voglio!” rispose lui iniziando a mostrare ai presenti le
molteplici allucinazioni di cui era capace, tra unicorni e dinosauri
rosa.
“sei un uomo fungo!” comprese Ace ridendo di gusto
davanti all’uomo che puntò il dito contro di lui,
facendo capire al prete di sparare ancora.
Ace sollevò un’altra barriera di fuoco emergendone
con un pugno infuocato che colpì il presunto prete allo
stomaco facendolo sbattere all’altare che iniziò a
prendere fuoco.
“io sono il divino Yuu, un ex pirata la cui taglia
è di quindici milioni di berry e che tu puoi solo sognare di
battere! Grazie alle mie allucinazioni ho schiavizzato guerrieri
fortissimi oltre che un intera popolazione, tutti hanno paura solo di
avvicinarsi a me! Ora arriveranno senz’altro il giardiniere,
il cuoco ed il maggiordomo insieme a tutte le guardie, e la pagherai
per l’affronto!” intimò l’uomo
ridendo fastidiosamente.
La stanza si fece silenziosa, forse perché tutti gli
invitati stavano fuggendo ed anche Isabel ammutolì, non
avrebbe avuto scampo contro un uomo con così tanti alleati,
e lei era imprigionata e quindi un sacco di patate umano.
“ah quelli? Li abbiamo già sconfitti!”
rispose Ace facendo sbiancare il volto di quello che lui vedeva nano,
con un naso enorme e spelacchiato.
“Ace fammi scendere e dimmi dove devo mirare!”
ordinò Isabel che si fece mettere in piedi a fatica, con le
caviglie legate ed una ancora dolorante dalla volata fatta ieri.
“se vuoi farli male mira all’altezza delle tue
ginocchia!” spiegò Ace indicano la posizione del
nano, che Isabel colpì con un destro potente, mentre alcuni
degli invitati facevano ancora fotografie alla sposa.
“spero che le prossime allucinazioni che farai siano
all’inferno, porco!” gridò lei
rimettendosi con un saltello, sopra la spalla di Ace andando ad aiutare
Shin ed il rinvenuto Taichi che evacuavano gli schiavi innocenti
dell’uomo-allucinogeno.
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Capitolo 6 *** 6. Sorprese e problemi; fuggire dall'isola sfortunata ***
Aggiornamento
lampo!
Questo capitolo alla luce per miracolo, durante un pomeriggio afoso e
senza internet in cui non avevo altro da fare se non inveire sui tasti
del mio povero pc.
Il capitolo sarà un po’ più
spensierato, anche perché questi poveri non possono
combattere sempre, no?
Con indizi sparsi qua e là sul finale che lascerà
sicuramente il dubbio, come sempre ringrazio tutti i miei lettori
fedeli, e la mia bellissima triade di bellissime recensionistE (vi
adoro)!
Comunque se passiamo dal tre al quattro non mi dispiace eh, ma neanche
con i numeri dopo u__u
vabbè, buona lettura xD
Ps: se dopo aver letto vi chiederete “ma è
possibile trovarle su un vetro? La mia risposta è
sì, l’autunno scorso ne ho trovata una nel vetro
del mio salotto (dalla parte di fuori naturalmente) ed ho la foto per i
scettici! :O
Erano
passate ormai un paio d’ore dalla battaglia nella villa rosa,
ed Ace dormiva beatamente nella stanza degli ospiti a casa di Taichi e
Shin.
Nella cucina, Isabel
chiacchierava con i due fratelli informandosi su come avrebbe potuto
attraversare la foresta in poco tempo.
Dalla villa aveva
portato via insieme al suo abito da sposa costoso, due quadri ed un
porta candele in oro che avevano fruttato il loro bel bottino.
“Mio dolce
petalo di ciliegio, perché non lasci quella scimmia e usiamo
i soldi rubati per vivere felici in
eternità?” domandò Taichi ammirando la
ragazza sorseggiare una camomilla con sguardo assonnato.
La notte prima
l’aveva passata malissimo, tra rapimento e matrimonio non era
di certo in forma, ma comunque in grado di tirare uno schiaffo al
ragazzo che cadde al suolo toccandosi il volto e mormorando frasi
d’amore sulle sue mani vellutate, subito prima di svenire.
“ti ho detto
di non chiamarmi così!” rispose lei senza
distogliere lo sguardo da Shin che gli raccontava qualcosa sul posto.
Si narrava che
quest’isola fosse molto vicina alla rotta maggiore e
perciò avesse mantenuto la strana vegetazione inabitabile
per le persone normali.
Quando Yuu il pirata
allucinogeno si stabilì nell’isola capendo che
essa era molto insidiosa mise false voci su mostri tremendi che la
abitavano, e che invece lui costruiva per raccogliere la gente che si
addentrava e schiavizzarli per la costruzione di strani attrezzi
meccanici di cui però Shin e Taichi poterono solo vedere per
qualche istante prima di fuggire dalla villa in fiamme, questo era
tutto quello che avevano capitolo dalla breve comparsa.
“Per fortuna
che dopo sviene, è imbarazzante avere un fratello
così fissato con le donne” si scusò
Shin prendendo la tazza vuota di Isabel e dandogli una veloce lavata.
La ragazza si
alzò dalla sedia sistemandosi la lunga camicia gialla che
Ace gli aveva prestato per poter vendere il vestito da sposa, o almeno
lui ancora non sapeva di questo piccolo prestito.
Nonostante le
arrivasse fino alle ginocchia la trovava molto comoda, almeno tanto da
resistere fino a domani, dato che non intendeva fermarsi tanto in un
posto dove aveva attirato già troppo l’attenzione.
“Io al tuo
posto, l’avrei già ucciso”
scherzò lei tirando fuori da una delle tante buste un enorme
focaccia.
“che ci fai
con quella?” chiese Shin perplesso, ormai era quasi
mezzanotte e mangiare tutto quel pane non faceva tanto bene.
“E’
per Ace, di notte gli prende a brontolare lo stomaco e se non gli metto
qualcosa in bocca rischio di essere divorata”
spiegò dirigendosi verso una delle porte, quella in cui si
trovava la stanza dove avrebbe dormito.
I due si salutarono
augurandosi una buona notte e si diressero nelle loro stanze, Shin
trascinando Taichi a peso morto dato che non si era ancora ripreso
dalla manata.
“devi sempre
farci fare figuracce!” urlò dall’altra
parte della stanza Shin, facendo tremare persino i vetri della finestra
nella stanza di Isabel e Ace che avrebbero condiviso la stanza, Ace nel
pavimento e lei nel letto.
Però in
quella finestra che tremava c’era qualcosa di strano, e nel
dubbio di andare e spaventarsi, o non andare ma non dormire lo stesso
per la paura si diresse verso di essa dove vide attaccato al vetro
esterno, una piccola ranocchia.
Aveva paura di tante
cose, ed una di quelle erano le rane che fossero vicine, lontane anni
luce, piccole, grandi e persino finte lei non poteva averne una sotto
gli occhi.
Il loro sguardo fisso
e vuoto la poneva in agitazione tante da far cadere il pane tra le mani
ed iniziare a fissarla tremolante, mentre la rana sembrava ricambiare
tale sguardo ma con uno molto più diabolico.
La rana si mosse,
facendola cadere al suolo disperata.
“Ace vieni
qua!” esclamò lei tirandolo per il naso e
ricevendo come risposta un ‘lasciami dormire’ ,
così si trovò costretta a ricorrere al
peperoncino, un idea di Shin per svegliarlo a distanza.
Si era fatta preparare
delle piccole palline su cui fare canestro dentro la bocca di Ace e
svegliarlo tra i bruciori.
Aprì il
barattolino in vetro, con gli occhi un po’ strizzati per
avere una migliore concentrazione tirò una pallina finendo
al primo colpo sulla bocca spalancata del ragazzo, che si
svegliò iniziando a tossire.
“mi
è entrato un ragno in bocca?” domandò
lui voltandosi verso Isabel che istintivamente nascose il contenitore
del peperoncino.
Si
stava strozzando ma non gli bruciava? Maledetto fuoco! O
chissà quante schifezze avrà mangiato! Ormai non
deve fargli più effetto neanche il fiele!
“Chissà..
Chi lo vedrebbe con questo buio?!? Comunque vieni qua, Ace mi devi
aiutare contro Paquito” affermò lei rialzandosi e
indicando la finestra.
Ace si
avvicinò dubbioso, come se non capisse quale fosse il
problema.
“la
rana!” spiegò lei intuendo la confusione del
ragazzo, ma poi accorgendosi che ora le rane erano due.
“che nome
è Paquito?”
domandò lui mettendo l’indice destro sul vetro
come a voler toccare le due rane.
“bisogna
sempre dare un nome al nemico sprovvisto di ciò!”
sostenne lei accompagnando il gesto con un’espressione mezza
seria come a volersi proclamare grande guerriera dai monumentali
principi morali.
“ma non un
nome così brutto, è crudele!”
inveì lui, facendosi poi prendere dalla visione due
ranocchie sul vetro.
Isabel non rispose ma
gli diede un pugno sulla testa, facendolo inginocchiare per
l’impatto violento della mano.
Si sentiva un
po’ come una fisarmonica compressa, tanto era la forza delle
sue braccia che ogni giorno gli parevano sempre più pesanti.
“guarda come
giocano!” cambiò discorso tornando in piedi e
ridacchiando alla vista delle due rane una sopra l’altra.
Isabel
sbiancò capendo che probabilmente quello non era proprio un
modo di giocare delle rane.
“levale,
separale, mandale via ti supplico!” pregò lei
scuotendolo per le spalle nude e calde e proprio per questo staccandosi
subito, sentendosi già troppo in imbarazzo per le rane.
“perché
non vuoi che giochino?” domandò lui guardando a
scatti le rane, e poi la compagna.
Lei scosse la testa
disperata, non poteva dirgli cosa stavano facendo quindi doveva sperare
solo che la sua paura bastasse a fargli compiere quel favore.
“ho paura
delle rane che si acc..
Volevo dire delle rane che si.. Accoltellano!
Sì Ace si stanno uccidendo, l’ho visto in un
documentario delle rane killer con i loro pugnali tanto piccoli da
essere invisibili all’occhio umano! Salva Paquito!”
esclamò lei che si sentiva soddisfatta della sua perfetta
correzione del verbo accoppiare che le stava per uscire dalla bocca.
Ace aprì
subito la finestra prendendo per le mani le rane e staccandole, poi
buttandole in due direzioni diverse.
Isabel tirò
un sospiro di sollievo mentre Ace ancora con la finestra aperta mandava
una piccola preghiera al povero Paquito.
“E pensare
che sembravano tanto divertite!” esclamò lui
chiudendo la finestra e girando lo sguardo verso la ragazza, che tra
rane, accoppiamenti ed imbarazzo era pallida e tremolante come se fosse
dentro ad una cella frigorifera.
“tranquilla
Paquito è vivo, secondo me era lui sopra che spingeva col
pugnale” Ace cercò di consolare la compagna
tenendola in un piccolo abbraccio che la fece sussultare ancora di
più.
Dietro
alla porta di quella stanza, più precisamente con una
cannuccia infilata nella serratura, Shin e Taichi osservavano la scena,
allarmati dal primo urlo della ragazza.
“ora
lo fanno!” sussurrò Taichi che per poco non
versava lacrimoni vedendo svanire dalle sue mani l’ennesima
ragazza, affianco a lui, il fratello gli tirava pacche sulla spalla per
consolarlo.
“Ace..”
bisbigliò lei con voce debole e agitata, alzando il volto
che prima sbatteva contro i pettorali caldi di lui, ed incrociando gli
occhi del ragazzo, un po’ lucidi per la povera rana che aveva
fortunatamente salvato.
Anche lei aveva gli
occhi brillanti accompagnato dal suo piccolo labbro inferiore
tremolante come il resto del corpo.
“Io ti.. Io
ti am..”
non riusciva a pronunciare quelle parole che anche se sentiva dentro di
se fortissime, le parevano quasi imbarazzanti per l’ora e
soprattutto per la gente nella stessa casa che poteva udirle, ma
sentendosi sempre più strette le mani di lui contro la sua
schiena, non resistette più urlando con la voce
più sforzata possibile un “io ti
ammazzo” seguito da una mano che afferrò con forza
l’orecchio destro di Ace che subito cadde a terra
terrorizzato dalla sua compagna, ma non capendo cosa avesse sbagliato
in tutto ciò.
“come osi
toccarmi con le stesse mani con cui hai preso quelle cose
viscide?” inveì lei aprendo la porta per sbatterlo
fuori, ma notando che gli altri due ragazzi erano davanti alla porta
con due cannucce infilate nella serratura ed un occhio concentrato su
quel buco.
“mi
correggo, io vi
ammazzo” sbraitò tirando via Ace che
andò a sbattere su i due fratelli che a loro volta
incapparono sul muro.
“ora ho solo
questa maglietta schifosa, la dovrò togliere almeno la notte
per essere sicura di non metterci le mani!” spiegò
lei chiudendo la porta, e dopo accompagnandoci qualche mobile pesante
per essere sicura di non avere disturbi.
“si toglie
la maglia!” mormorò Taichi svenendo anche se
appiccicato al muro che portava una crepa proprio all’altezza
della sua testa.
Ace si
grattò la testa un’altra volta, non aveva capito
perché prima lei fosse preoccupata per quella rana, e subito
dopo la odiasse.
______
I quattro partiti
all’alba verso la foresta, erano ormai vicini al mare da cui
scorgevano già la vela piegata della loro imbarcazione.
I ragazzi viaggiavano
con il veicolo dei due fratelli che si erano decisi ad accompagnare i
due per ringraziarli dell’aiuto con Yuu.
Dietro il motore su
cui erano seduti Ace e Isabel, venivano trascinati altri tre pezzi
incatenati tra di loro come una sorta di treno, e che portavano tutte
le provviste ed i soldi che si erano guadagnati.
“guarda
Isabel, c’è un gabbiano dei giornali!”
esclamò Ace puntando un dito verso il cielo che
più ci si avvicinava al mare e più era luminoso e
senza foglie di enormi alberi a coprirlo.
Isabel
sollevò il braccio attirando l’attenzione
dell’uccello che scese per farsi prendere un giornale e
l‘incasso.
Lei gli mise le monete
sul taschino blu nel collo e lo accarezzò prima che
riprendesse il volo.
“guardala
com’è magnifica quando è
gentile!” esclamò Taichi alla guida, prima di
cadere vittima di uno dei suoi svenimenti, che prontamente fu intuito
da Shin che prese il suo posto a guidare.
Isabel aprì
il giornale leggendo le varie notizie, in prima pagina c’era
una delle tante imprese di Barbabianca che stava facendo come al solito
impazzire la marina con tutti i giovani che stava facendo crescere.
Qualche pagina
più in là lesse dell’incidente avvenuto
in quest’isola.
Rilesse tutto
più volte non credendo ai propri occhi.
La
divina Yuu -così conosciuta da tutti- la più
grande nobile e benefattrice dell’isola sfortunata era stata
sconfitta da quattro ragazzi il cui nome era tutt’ora
sconosciuto ma che andavano subito catturati per la violenza usata sul
nobile.
Dei
ragazzi sappiamo solo che due sono fratelli, e gli altri due
probabilmente amanti.
‘Era
un nobile? Ormai anche la marina si fa corrompere per due
soldi’ pensò lei riflettendo
sull’articolo.
ehi, aspetta.. c'è scritto amanti!
Staccata dalla pagina,
c’erano quattro volantini dalla carta gialla quasi vecchia ed
un po’ stropicciata.
Pugno
di Fuoco; 35 milioni di berry.
I
due fratelli: il sanguinolento e l’ esamine; 15 milioni di
berry
La
principessa impetuosa; 10 milioni di berry.
“ma che
cazzo!” esclamò lei rileggendo più
volte i nomi e la frase "amanti"
Era infuriata anchedal fatto che la sua foto fosse una inquadratura
imbarazzante di lei a penzoloni sopra le spalle di Ace, dove la
scollatura sembrava il doppio di quella che in realtà era, e
che il nome fosse così stupido e privo di fantasia.
“fammi
vedere!” rispose Ace guardando i volantini felice come non
mai.
Finalmente avrebbe
dato un segno al fratello di come stava procedendo la sua avventura.
“non
è possibile che tu abbia una taglia del genere!
Nell’articolo c’è scritto persino che
oltre ad un potente frutto del diavolo probabilmente utilizzi
l’haki! Questi vogliono farci fuori prima che arriviamo sulla
red line!” si infuriò Isabel buttando il giornale
dietro di se, dove c’erano le provviste, e pregando che
nessun'altro lo legga.
E’ vero che
Ace era riuscito a vedere oltre le illusioni, ma che persino
utilizzasse l’haki era assurdo, non ne aveva mai dato prova,
ma sperava fosse vero almeno per avere vita più longeva.
“che
cos’è l’haki?”
domandò Ace passando i volantini a Shin che ribolliva dalla
rabbia per il suo soprannome che rimarcava i suoi attacchi
d’ira.
Bene, e lui dovrebbe
possedere qualcosa che neanche conosce..
“l’haki
è l’abilità più rara e
potente che un uomo possa avere. E’ persino capace di fermare
i frutti del diavolo rogia come il tuo, o di prevedere gli attacchi
come mio nonno. È una cosa che richiede anni di allenamento
oltre naturalmente averlo nel sangue. Tutti i pirati più
forti lo posseggono, ed ora che la marina ha il dubbio che tu lo
utilizzi faranno di tutto per fermarti il prima possibile”
spiegò Isabel mentre il motore si spegneva.
Erano appena arrivati
nella spiaggia, dove la loro piccola imbarcazione li aspettava.
“noi due
dobbiamo scappare, o nostro padre verrà ad ucciderci, sapete
è un costruttore di navi della marina” ammise
triste Shin, poggiandosi con la schiena alla nave.
“venite con
noi, tanto Isabel ha perso la scommessa e deve restare con me! E poi
abbiamo una cosa in comune, anche i nostri nonni lavorano per la
marina” propose Ace facendo innervosire la ragazza che
sperava si fosse scordato di quella maledetta scommessa, ed in
più si era ricordata di suo nonno che sicuramente si era
già messo a cercarla e perciò doveva sbrigarsi
perché conoscendolo ci avrebbe messo la metà del
tempo impiegato da lei ed Ace per arrivare sull’isola.
“sì
ci avevi raccontato di quella scommessa! Hai trovato una buona compagna
grazie alla fortuna, eh? Comunque io..”
Shin fu fermato da una strana scossa che invase la spiaggia, facendo
cadere Isabel dalle scale che portavano al mare.
Si sentiva pesante e
affaticata, come se le stessero levando l’ossigeno intorno a
lei.
Ace la prese di scatto
per le braccia prima che svenisse, probabilmente il poco sonno
mischiato alla scossa l’aveva traumatizzata un po’,
ma quando vide anche Shin al suolo debole, e Taichi ancora svenuto,
dedusse che c’era qualcosa che non andava.
Isabel era mezza
cosciente, tossiva e cercava di parlare ad Ace che gli mise una mano
sulle labbra per non farla faticare.
“c’è
qualcosa che non va, dobbiamo fuggire! Tranquilla ti ho promesso che
sarei stato sempre a difenderti e così
sarà!” affermò lui poggiando la ragazza
a terra per accertarsi che anche Shin non fosse proprio svenuto, ma
purtroppo lo era.
“Come ti sei
permesso, Ace!” urlò una voce, accompagnata da
un’altra scossa.
Dall’oceano
il ragazzo vide una piccola nave avvicinarsi, a bordo sembrava esserci
solo una
persona.
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